TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 468 di Mercoledì 16 aprile 2025
MOZIONI CONCERNENTI IL MONITORAGGIO E LO STATO
DI ATTUAZIONE DEL PNRR
La Camera,
premesso che:
1) il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) rappresenta un'occasione unica di rilancio per il nostro Paese, nonché un nuovo e virtuoso paradigma di programmazione, monitoraggio e rendicontazione della realizzazione dei progetti e della effettiva spesa dei fondi;
2) a tal fine, l'articolo 2, comma 2, lettera e) del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 108 del 2021, prevede che il Governo trasmetta alle Camere con cadenza semestrale, per il tramite del Ministro per i rapporti con il Parlamento, una relazione sullo stato di attuazione del PNRR;
3) la sesta relazione sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che illustra i risultati raggiunti fino al 31 dicembre 2024, è stata pubblicata solo il 27 marzo 2025, in grave ritardo rispetto alle relazioni precedenti;
4) i nuovi dati pubblicati mostrano, in linea con quanto aveva già evidenziato la relazione semestrale della Corte dei conti, che a fine 2024 risultavano messe a terra il 33 per cento delle risorse complessive, per una cifra pari a 63,9 miliardi di euro su 194,4 miliardi totali;
5) si sottolinea come questo risultato sia stato raggiunto a distanza di tre anni e mezzo dall'approvazione del Piano e quando alla sua conclusione manca poco più di un anno, essendo prevista la fine di questo ingente piano di investimenti per giugno 2026;
6) per riuscire a spendere tutti i fondi previsti, da gennaio 2025 a giugno 2026 sarà necessario spendere in media circa 7,2 miliardi di euro al mese;
7) nel 2024 risulta una capacità di spesa mensile media pari a 1,5 miliardi di euro: ciò significa che per riuscire a mettere a terra tutti i fondi previsti entro la data di scadenza del piano la capacità di spesa mensile dovrà quintuplicare rispetto agli ultimi dati disponibili;
8) secondo i dati presentati nell'ultima relazione semestrale del Governo al Parlamento sullo stato di attuazione del PNRR, nel 2024 sono stati spesi poco più di 18 miliardi di euro: nei prossimi tre semestri la spesa dovrà arrivare in media a più di 43 miliardi di euro ogni sei mesi, più del doppio di quanto è stato speso in tutto il 2023, l'anno con i dati migliori per quanto riguarda la spesa di fondi PNRR;
9) analizzando i dati presentati nella sesta relazione, si evince come nel 2024 siano stati spesi complessivamente 18,1 miliardi di euro, di cui 9,4 miliardi di euro nel primo semestre e 8,7 miliardi di euro nel secondo semestre;
10) dunque, l'andamento della spesa per semestre, invece di aumentare, diminuisce, così come è in diminuzione la spesa complessiva per anno, che, dopo essere cresciuta costantemente fino al record di 21,2 miliardi di euro del 2023, è per la prima volta diminuita nel 2024 rispetto all'anno precedente, tutto questo nonostante le rassicurazioni pronunciate dall'ex Ministro Fitto in sede di presentazione della quinta relazione, quando disse: «Ci sono stati progetti e gare e sono in corso gli avvii dei lavori; quindi, tra sei mesi ci rivedremo e la spesa crescerà»;
11) secondo i dati presentati dalla Corte dei conti, risultano particolarmente problematici gli obiettivi legati agli investimenti, mentre per quanto riguarda le riforme la situazione è maggiormente in linea con il cronoprogramma: al giugno 2024 risultava ultimato il percorso degli obiettivi europei da raggiungere per il 63 per cento delle 72 misure di riforma, a fronte del 6 per cento degli investimenti;
12) nei prossimi tre semestri, sarà necessario completare 284 traguardi e obiettivi per ottenere le ultime rate previste dall'accordo con l'Unione europea, che rappresentano il 45 per cento del totale;
13) una delle priorità trasversali del Piano riguarda il contrasto ai divari di genere e generazionale. Con il decreto-legge n. 77 del 2021 è stata istituita, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, la Cabina di regia per il PNRR, la quale – tra i vari compiti – è incaricata di trasmettere alle Camere anche ogni elemento utile a valutare lo stato di avanzamento degli interventi, il loro impatto e l'efficacia rispetto agli obiettivi perseguiti, con specifico riguardo anche alle politiche di sostegno per l'occupazione;
14) l'articolo 47 del medesimo decreto-legge ha stabilito che le stazioni appaltanti prevedano, tra le altre, specifiche clausole sulla parità di genere, sull'assunzione di under 36 e di donne – categorie generalmente penalizzate dal mercato del lavoro – anche al fine di raggiungere l'obiettivo qualitativo e trasversale del miglioramento delle condizioni occupazionali dei giovani e delle donne;
15) tra il 2021 e il 2022 il Governo Draghi aveva pubblicato due relazioni sugli obiettivi del PNRR di miglioramento delle condizioni di giovani e donne, ma ad oggi non si sa molto di più sugli effetti delle riforme e degli investimenti del Piano in tale ambito;
16) come sottolineato anche dalla Corte dei conti, l'attuazione delle misure su donne e giovani è stata fino all'anno scorso sostanzialmente in linea con il programma, ma è anche vero che le varie revisioni del PNRR hanno di fatto posticipato molti adempimenti verso gli ultimi anni del Piano, e ci ritroviamo ormai nei sedici mesi finali di attuazione del PNRR;
17) un'altra priorità del Piano è la coesione territoriale, in particolare per favorire il rilancio del Mezzogiorno, a cui è previsto che vengano assegnate il 40 per cento delle risorse cosiddette «territorializzabili»;
18) la sesta relazione non presenta dati aggiornati sul rispetto della quota Mezzogiorno, riportando i dati relativi al 31 dicembre 2023, e, fatto più preoccupante, illustrando solo i dati complessivi della ripartizione delle risorse prevista dal Piano e i dati di dettaglio sul rispetto della quota relativamente ai fondi assegnati alle varie amministrazioni titolari di risorse PNRR, senza presentare altri dati fondamentali, in particolare la ripartizione dei fondi territorializzabili divisi per missione, quanti dei 63,9 miliardi di euro effettivamente spesi siano risorse territorializzabili e in che percentuale siano stati spesi nel Mezzogiorno;
19) dopo la corposa modifica del 2023, con la quale è stato anche aggiunto un ulteriore capitolo finanziato dal RePowerEU, nel 2024 sono state apportate altre due modifiche, la prima il 14 maggio 2023 e la seconda il 18 novembre 2024;
20) il nuovo capitolo introdotto nel 2023 e finanziato con i fondi del RePowerEU prevede l'investimento 15 «Transizione 5.0» con una dotazione finanziaria di 6,3 miliardi di euro, misura che consiste in un regime di crediti d'imposta con l'obiettivo di sostenere la transizione dei processi di produzione verso un modello efficiente sotto il profilo energetico, sostenibile e basato sulle energie rinnovabili;
21) il Piano Transizione 5.0, approvato dal Governo nell'ottica di incentivare gli investimenti che prevedono una riduzione dei consumi energetici, non sta funzionando: la fruizione dei benefìci non è automatica, essendo subordinata a complesse procedure amministrative, tra cui l'attesa di comunicazioni ufficiali e certificazioni sia ex ante che ex post, con un conseguente aumento delle tempistiche e degli oneri a carico delle imprese;
22) sono previste, inoltre, soglie minime di risparmio energetico che escludono dalla misura investimenti potenzialmente utili e molti settori strategici, tra cui quelli legati all'economia circolare e alle industrie ad alta intensità energetica;
23) secondo i dati più recenti, a gennaio 2025 erano arrivate richieste di accesso ai fondi di questo strumento per soli 500 milioni di euro, poco meno dell'8 per cento totale delle risorse a disposizione,
24) l'8 aprile 2025, la Presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni, ha dichiarato che, per rispondere ai dazi imposti dagli Stati Uniti all'Unione europea, erano stati individuati nell'ambito della dotazione finanziaria del PNRR circa 14 miliardi di euro da rimodulare per sostenere l'occupazione e aumentare l'efficienza della produttività;
25) la sospensione di 90 giorni annunciata dal presidente Trump il 9 aprile 2025 riguarda i dazi cosiddetti «reciproci», imponendo comunque a tutti i Paesi colpiti da questa misura un dazio del 10 per cento, che, nel caso dell'Unione europea, è comunque molto superiore rispetto al passato, considerando che nel 2023 i dazi imposti dagli Usa ai Paesi dell'Unione europea erano pari all'1,4 per cento,
impegna il Governo:
1) ad inviare al Parlamento la successiva relazione sullo stato di attuazione del PNRR in tempi più ragionevoli ed utili ad un tempestivo monitoraggio, e comunque entro 30 giorni la conclusione del periodo di riferimento;
2) ad illustrare quali strumenti intenda adottare per aumentare la capacità di spesa dei fondi fino a quintuplicarla, per consentire la messa a terra di tutte le risorse di cui è dotato il piano entro il termine perentorio di giugno 2026;
3) nel caso di una conferma da parte del Governo sull'incapacità di rispettare il termine di giugno 2026, a rendere noto quanto prima al Parlamento l'eventuale intenzione di chiedere e ottenere una proroga della scadenza del Piano oltre tale termine e gli eventuali margini di azione che il Governo ritenga di poter utilizzare in una contrattazione con la Commissione europea;
4) a chiarire se intenda adottare iniziative volte ad apportare ulteriori modifiche al Piano, in particolare per utilizzare una parte dei fondi PNRR per misure a sostegno delle imprese colpite dai dazi statunitensi e, in caso affermativo, quali misure intenda definanziare, o se la versione attuale possa essere considerata definitiva e, dunque, da tenere in considerazione per un puntuale e definitivo monitoraggio dello stato di avanzamento della spesa, dei traguardi e degli obiettivi;
5) ad illustrare le motivazioni che hanno portato la spesa complessiva del 2024 e quella dell'ultimo semestre ad una diminuzione rispetto all'anno e al semestre precedenti, contrariamente a tutte le rassicurazioni precedentemente offerte dal Governo, e come intenda porre rimedio a questa situazione per invertire la tendenza;
6) a trasmettere con la massima celerità al Parlamento una relazione aggiornata sul rispetto delle clausole in materia di pari opportunità e inclusione lavorativa di donne e giovani, nonché sugli effetti e il raggiungimento degli obiettivi in tale ambito conseguenti all'attuazione del Piano;
7) ad adottare iniziative normative volte a semplificare le procedure di richiesta del credito d'imposta previsto dal Piano Transizione 5.0, riducendo i passaggi autorizzativi attraverso l'eliminazione di duplicazioni burocratiche e l'introduzione di strumenti digitali per l'autocertificazione delle imprese, garantendo comunque un adeguato controllo ex post, per rendere il beneficio quanto più automatico possibile, sul modello del Piano «Industria 4.0»;
8) ad inviare al Parlamento informazioni esaustive sul rispetto della quota Mezzogiorno, in particolare fornendo i dati aggiornati al 31 dicembre 2024 e illustrando, oltre ai risultati complessivi e per amministrazione titolare, anche la divisione dei fondi territorializzabili per missioni con relativa percentuale di fondi destinati al Mezzogiorno e la percentuale di fondi effettivamente già spesi nel Mezzogiorno.
(1-00410) (Nuova formulazione) «Richetti, Bonetti, Benzoni, D'Alessio, Grippo, Sottanelli, Onori, Pastorella, Rosato, Ruffino».
(6 marzo 2025)
La Camera,
premesso che:
1) a meno di un anno e mezzo dalla sua conclusione, prevista per giugno 2026, i ritardi fatti registrare dal Governo nello stato di avanzamento delle riforme e degli investimenti contenuti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza rimangano allarmanti, così come il mancato rispetto degli obiettivi prefissati e i rallentamenti nella messa a terra delle relative risorse finanziarie;
2) dalla consultazione della banca dati ReGiS emerge come i dati che riguardano il nostro Paese, aggiornati al 31 dicembre 2024, siano oltremodo preoccupanti: dei 120 miliardi di euro già incassati dall'Unione europea, ne risultano essere stati spesi appena 62,2 miliardi, pari a solo il 32 per cento dei 194 miliardi complessivi ottenuti grazie all'operato del Governo Conte; ma il dato più allarmante è quello riferito al drastico rallentamento della spesa negli ultimi mesi: dalla fine di settembre 2024 a gennaio 2025, sono stati messi a terra solo 5 miliardi di euro in quattro mesi, un ritmo assolutamente insufficiente a garantire la spesa di tutti i fondi previsti per raggiungere gli obiettivi prefissati entro giugno 2026;
3) il completamento del Piano nazionale di ripresa e resilienza richiede ancora la realizzazione di 284 traguardi e obiettivi previsti nei prossimi tre semestri, di cui 177 da conseguire nell'ultimo semestre che avrà scadenza il 30 giugno 2026; secondo le valutazioni economiche effettuate dall'Osservatorio Recovery plan, ipotizzando un andamento costante del regime di spesa, sarebbero infatti 94 i miliardi di euro di spesa a rischio del Piano nazionale di ripresa e resilienza;
4) questo trend negativo è confermato anche dall'ultima Relazione semestrale della Corte dei conti al Parlamento sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza pubblicata il 9 dicembre 2024, in cui si evidenzia come l'avanzamento finanziario del Piano, seppur in linea con le scadenze concordate, continui a segnalare – come peraltro già messo in luce in occasione di precedenti relazioni – scostamenti significativi rispetto al cronoprogramma: al 30 settembre 2024, il livello della spesa si era attestato sui 57,7 miliardi di euro, il 30 per cento delle risorse del Piano e circa il 66 per cento di quelle che erano programmate entro il 2024;
5) il Piano nazionale di ripresa e resilienza è stato oggetto di successive modifiche – che hanno comportato il definanziamento totale o parziale di numerose misure – e il Governo sembrerebbe intenzionato, in tempi brevi, ad avanzare alla Commissione europea l'ennesima richiesta di revisione del Piano, la quinta in due anni, a pochi mesi dall'approvazione da parte del Consiglio dell'Unione europea – nel novembre del 2024 – dell'ultima modifica, con il rischio di un ulteriore posticipo degli obiettivi o una loro revisione al ribasso, con conseguente complessiva rimodulazione che coinvolgerebbe inevitabilmente anche gli investimenti del Piano destinati al Mezzogiorno;
6) finora, le modifiche apportate hanno infatti determinato uno spostamento generalizzato della spesa negli ultimi anni di attuazione del Piano medesimo, diffondendo incertezza tra i soggetti attuatori. Secondo l'Ufficio parlamentare di bilancio, l'ultima modifica avrebbe ritardato la pubblicazione dei bandi e il loro affidamento, rallentando l'esecuzione dei progetti del 14,2 per cento; criticità sono inoltre state riscontrate dagli enti locali nel funzionamento della piattaforma ReGiS – tra cui disallineamenti nelle informazioni, difficoltà nell'accesso alla piattaforma, nonché di navigazione, inserimento dati e ritardi nella registrazione delle operazioni – che, se da un lato rischiano di sottostimare i risultati raggiunti, dall'altro includono nella spesa anche le anticipazioni finanziarie, ovvero investimenti non ancora realizzati;
7) a differenza del preoccupante andamento della spesa fatto registrare a livello nazionale, parte del successo del Piano nazionale di ripresa e resilienza è dovuto invece ai comuni, che stanno dando un contributo decisivo nel rispetto della riserva del 40 per cento di investimenti destinati al Mezzogiorno: il 54 per cento di tutti i progetti comunali viene infatti proprio dal Sud. Il problema principale in questo momento, come denunciato a livello degli enti locali, risiede nella certezza e nella puntualità dei pagamenti dall'amministrazione centrale verso i comuni che hanno anticipato dalle proprie casse e che spesso sono in grave difficoltà, così come nelle difficoltà riscontrate dai medesimi enti locali nel monitoraggio della spesa delle risorse destinate alle regioni del Mezzogiorno, ai fini del rispetto del richiamato vincolo di destinazione di almeno il 40 per cento delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza alle regioni del Sud;
8) nonostante il vincolo di destinazione di almeno il 40 per cento delle risorse complessive a favore dei territori del Mezzogiorno previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza – che si aggiunge alle soglie del 37 per cento delle risorse per interventi per la transizione ecologica e del 25 per cento per la transizione digitale – preoccupano i divari fra i territori a livello di macroaree e fra le regioni del Mezzogiorno che continuano a sussistere, mettendo in dubbio uno dei pilastri del Piano, ovvero la coesione territoriale: la riduzione delle disuguaglianze territoriali è infatti un elemento essenziale non solo dei fondi strutturali e di investimento europei ma anche del Next generation EU e, quindi, dei Piani nazionali di ripresa e resilienza;
9) proprio con riguardo alla clausola di salvaguardia si denuncia inoltre la mancata pubblicazione della Relazione periodica sul rispetto della clausola di almeno il 40 per cento delle risorse territorialmente allocabili del Piano nazionale di ripresa e resilienza da destinare al Mezzogiorno, con dati relazionati fermi ormai al dicembre 2022, nonostante le numerose richieste in sedi formali e atti di sindacato ispettivo del MoVimento 5 Stelle;
10) la mancanza di trasparenza e l'assenza di informazioni sui dati sull'avanzamento finanziario della spesa dei progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza pregiudica ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo le stesse prerogative del Parlamento, oltre che rappresentare una violazione dei fondamentali diritti di informazione e partecipazione democratica. L'accesso a queste informazioni è essenziale per verificare quale sia l'effettivo stato di realizzazione degli interventi e, di conseguenza, per ricostruire a che punto siano le misure del Piano. La pubblicazione tempestiva e completa di questi dati in formato aperto consentirebbe, inoltre, di verificare le informazioni prodotte e quindi segnalare eventuali problemi nei dati e, soprattutto, intervenire nei processi attuativi tempestivamente;
11) le risorse finanziarie del Piano nazionale di ripresa e resilienza sono preziose e limitate e consentono anche di intervenire sui nodi storici dei divari territoriali, favorendo lo sviluppo, la coesione sociale e la competitività economica e accelerando i processi di transizione ecologica e digitale; per questo motivo è imprescindibile, anche nell'ottica di un corretto impiego dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, scongiurare l'ipotesi contenuta nel piano di riarmo «Rearm EU» dell'utilizzo dei suddetti fondi, su cui poggia anche la programmazione dell'intero Piano nazionale di ripresa e resilienza, per il finanziamento delle spese militari;
12) affinché il Piano nazionale di ripresa e resilienza rappresenti effettivamente un'occasione storica, probabilmente unica e irripetibile, per investire sul futuro, per fornire ai giovani nuove opportunità di lavoro e, più in generale, disegnare, innestare e realizzare, a tutti i livelli di governo, un nuovo percorso di crescita sostenibile del Paese, sia essa di tipo economico, sociale che ambientale, è fondamentale che il Parlamento, istituzione rappresentativa per eccellenza, svolga maggiormente una funzione di indirizzo e controllo sugli atti del Governo connessi alla relativa attuazione secondo il cosiddetto cronoprogramma; in questo senso, la funzione di monitoraggio, indirizzo e controllo parlamentare sull'attuazione del Piano rimane centrale ed imprescindibile, anche per fornire indicazioni al Governo sui profili sostanziali inerenti al processo di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e al monitoraggio dei relativi traguardi e obiettivi;
13) anche con riferimento al Piano Transizione 5.0 si ravvisa inoltre come, ad oggi, solo il 6,3 per cento del totale dei fondi disponibili sia stato allocato, segnale evidente delle difficoltà incontrate dalle imprese nell'accesso agli incentivi previsti; numerose aziende continuano, infatti, a segnalare criticità burocratiche che ostacolano la fruizione della misura, con particolare riguardo alla rendicontazione e alla certificazione dei progetti e del conseguente risparmio energetico;
14) rimangono infine alte le preoccupazioni dovute al rischio di un uso irregolare dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza – quantificabili in circa 1,8 miliardi di euro – e delle indebite interferenze della criminalità organizzata sulle risorse, come denunciato da ultimo dalla Commissione europea nella relazione annuale dell'Unione europea 2024 sullo Stato di diritto, che fanno dell'Italia il Paese dell'Unione europea con più indagini per frodi, rispetto ai livelli delle altre nazioni;
15) il fallimento nell'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza significherebbe far perdere al sistema Paese la possibilità del suo definitivo rilancio, lasciarsi sfuggire una capillare rivoluzione in termini di riforme e maggiori investimenti nella sanità, nelle scuole, nelle infrastrutture, in tutto ciò che può consentire all'Italia di affrontare una impegnativa transizione ecologica e digitale, nel segno di una maggiore inclusione sociale, nonché al sistema sovranazionale europeo di tradursi in un'Europa più solidale, capace di allontanare lo spettro di tagli e politiche di austerità, suscettibili solo di rinnovare il senso di sfiducia verso l'Italia e verso l'Europa intera,
impegna il Governo:
1) a pubblicare senza indugio, nel rispetto dell'articolo 2, comma 2, lettera e), del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, la sesta relazione sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, recante ogni elemento utile a valutare lo stato di avanzamento degli interventi, il loro impatto e l'efficacia rispetto agli obiettivi perseguiti, con specifico riguardo alle politiche di sostegno economico-sociali;
2) ad adottare ogni iniziativa utile, anche di carattere normativo, al fine di garantire l'integrale, tempestivo ed efficiente utilizzo da parte dell'Italia dei fondi europei del programma Next generation EU, come previsto da Piano nazionale di ripresa e resilienza e Piano nazionale complementare in tempi celeri e rispettosi del cronoprogramma, in particolare assicurando prioritariamente il raggiungimento di obiettivi trasversali, come la sostenibilità economica, sociale e ambientale degli interventi, incluso il rispetto delle clausole in materia di pari opportunità e inclusione lavorativa dei giovani e delle donne, nonché la relativa attuazione nell'ambito delle transizioni digitali e green e del riparto bilanciato delle risorse con la destinazione minima del 40 per cento delle stesse al Sud;
3) a pubblicare e ad inviare senza indugio al Parlamento la IV Relazione istruttoria sul rispetto del vincolo di destinazione alle regioni del Mezzogiorno di almeno il 40 per cento delle risorse territorialmente allocabili, al fine di mantenere l'ambizione di riequilibrio territoriale del Piano nazionale di ripresa e resilienza, nonché ad assicurare il rispetto della destinazione minima del 40 per cento dei finanziamenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza al Sud ed il vincolo di concentrazione delle risorse nelle regioni del Mezzogiorno previsto dal Fondo di sviluppo e coesione, al fine di consentire, nell'ottica dell'obiettivo della coesione territoriale, il pieno superamento delle disuguaglianze e dei divari territoriali a livello di macroaree e fra le regioni del Mezzogiorno, che rappresenta proprio uno degli obiettivi più qualificanti del Piano nazionale di ripresa e resilienza;
4) ad opporsi, altresì, in tutte le competenti sedi istituzionali nazionali ed europee, alla possibilità di reindirizzare i fondi della politica di coesione verso le spese relative alla difesa, distogliendo tali fondi dalla finalità del rafforzamento della coesione economico e sociale, in quanto pilastro fondamentale su cui poggia la programmazione e il contenuto dell'intero Piano nazionale di ripresa e resilienza, che ha tra i suoi obiettivi proprio il riequilibrio territoriale e il rilancio del Sud, come priorità trasversale a tutte le missioni del Piano;
5) ad adottare, per quanto di competenza, le necessarie iniziative volte ad imprimere un deciso miglioramento nella gestione della spesa a valere sulle risorse di provenienza europea di cui al Piano nazionale di ripresa e resilienza, anche favorendo, per quanto di competenza, l'iter dell'iniziativa legislativa riferita all'istituzione di una Commissione parlamentare per l'indirizzo, la vigilanza e il controllo dell'attuazione del suddetto Piano, al fine di superare le difficoltà nell'utilizzo dei fondi del Next generation EU, a partire dalla scarsa capacità del loro impiego integrale;
6) a garantire, altresì, per quanto di competenza, il coinvolgimento pieno e tempestivo del Parlamento nel processo di definizione di un'eventuale proposta di modifica del Piano nazionale di ripresa e resilienza, assicurando una puntuale e corretta informazione nei confronti delle competenti Commissioni parlamentari, su quali siano i cambiamenti richiesti, nonché le conseguenti previsioni in termini di effetti degli investimenti e di crescita del sistema Paese, così come sulla definizione del capitolo dedicato al piano REPowerEU all'interno del Piano nazionale di ripresa e resilienza, al fine di assicurare la coerenza dello stesso rispetto all'evoluzione dell'economia verso un modello sostenibile;
7) a fronte delle segnalazioni di cui alla citata relazione della Corte dei conti, ad assumere altresì tutte le iniziative di competenza volte a contrastare con azioni effettive le irregolarità e le frodi a danno del bilancio europeo, per scongiurare la possibilità di perdere, anche parzialmente, i fondi già ottenuti, essenziali per il nostro Paese per investimenti in sanità, nell'istruzione, nelle infrastrutture, verso una autentica transizione ecologica e digitale, nel segno di una maggiore inclusione sociale;
8) ad assumere urgenti iniziative, anche di carattere normativo, affinché vengano superate le difficoltà legate alla rendicontazione degli investimenti e ai criteri di risparmio energetico ad essi correlati, nonché quelle connesse, laddove non sia ottenuto il risparmio energetico richiesto per l'accesso al Piano 5.0, del passaggio dal medesimo al Piano 4.0, prevedendo per quest'ultimo uno stanziamento aggiuntivo oppure una riserva di fondi utili a scongiurare che le imprese restino escluse da entrambi i benefici fiscali.
(1-00416) «Scerra, Torto, Appendino, Bruno, Cantone, Carmina, Dell'Olio, Donno».
(17 marzo 2025)
La Camera,
premesso che:
1) i Piani nazionali di ripresa e resilienza sono i programmi di riforme e investimenti per il periodo 2021-2026 che gli Stati membri definiscono per accedere ai fondi del Dispositivo per la ripresa e la resilienza (Recovery and resilience facility), nel quadro di Next generation EU (Ngeu);
2) il Piano nazionale di ripresa e resilienza dell'Italia è stato approvato a livello europeo il 13 luglio 2021, con decisione di esecuzione del Consiglio dell'Unione europea. La decisione di esecuzione contiene un allegato con cui vengono definiti, in relazione a ciascun investimento e riforma, precisi obiettivi e traguardi (milestone e target), cadenzati temporalmente, al cui conseguimento è vincolata l'assegnazione delle risorse, che è, a sua volta, articolata in dieci rate entro il 30 giugno 2026;
3) il Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano prevedeva, nella sua originaria formulazione, 132 investimenti e 59 riforme, cui corrispondevano 191,5 miliardi di euro finanziati dall'Unione europea attraverso il Dispositivo per la ripresa e la resilienza, suddivisi tra 68,9 miliardi di euro di sovvenzioni a fondo perduto e 122,6 miliardi di euro di prestiti, da impiegare nel periodo 2021-2026 attraverso l'attuazione del Piano;
4) in data 8 dicembre 2023 è stata approvata la proposta italiana di revisione del Piano nazionale di ripresa e resilienza;
5) a seguito della revisione, il Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano prevede: una dotazione finanziaria incrementata a 194,4 miliardi di euro, di cui 122,6 miliardi di euro in prestiti e 71,8 miliardi di euro in sovvenzioni; investimenti aggiuntivi per 25 miliardi di euro (di cui 11 miliardi afferenti ai nuovi interventi del capitolo REPowerEU e 14 miliardi derivanti dall'ampliamento di investimenti già previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza); sette missioni, di cui una relativa al capitolo REPowerEU, che prevedono 66 riforme (sette in più rispetto al piano originario) e 150 investimenti, diretti a promuovere la competitività e la resilienza dell'Italia, nonché la transizione verde e digitale; un numero complessivo di milestone e target pari a 617 (a fronte delle 527 originarie);
6) allo stato attuale risulterebbero spesi circa il 21 per cento dei prestiti e il 52 per cento di sovvenzioni;
7) il 23 dicembre 2024 la Commissione europea ha versato all'Italia la sesta rata del Piano nazionale di ripresa e resilienza pari a 8,7 miliardi di euro e il 30 dicembre 2024 l'Italia, primo Paese europeo, ha inviato alla Commissione europea la richiesta di pagamento della settima rata, pari a 18,3 miliardi di euro. In termini di milestone e target, con la richiesta di pagamento della settima rata, l'Italia ha dimostrato di aver conseguito il 54 per cento degli obiettivi previsti dal Piano, ovvero 337 obiettivi su 621. I restanti 284 obiettivi sono, infatti, collegate alle ultime tre rate del Piano;
8) il pagamento della settima rata costituirà, ancora una volta, la prova tangibile dell'impegno profuso dal Governo nell'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, consolidando ulteriormente il primato dell'Italia in termini di rate incassate, di obiettivi raggiunti e di importo ricevuto che supererà i 140 miliardi di euro, corrispondente a oltre il 72 per cento della dotazione complessiva del Piano;
9) nonostante si continui a leggere di ritardi nell'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, la Commissione europea, fino ad oggi, ha ritenuto raggiunti tutti gli obiettivi e i traguardi rendicontati dal nostro Paese, come attestato dall'erogazione delle risorse collegate alle rate oggetto di richieste di pagamento; ciò a conferma dell'efficacia dell'azione del Governo e delle iniziative dallo stesso assunte, fin dalla data del suo insediamento, per assicurare il tempestivo raggiungimento delle milestone e dei target previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza;
10) per effetto delle revisioni del Piano nazionale di ripresa e resilienza proposte dal Governo e condivise con la Commissione europea, è stato possibile, in coerenza con le indicazioni del Parlamento e in attuazione degli orientamenti in materia della Commissione europea, correggere alcuni errori materiali, apportare alcune modifiche fisiologiche a fronte di circostanze oggettive ed imprevedibili e proseguire nella piena attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che vede l'Italia al primo posto in Europa per numero di obiettivi conseguiti e di rate richieste, per investimenti realizzati e per importo complessivo ricevuto;
11) avuto riguardo all'attuale scadenza del Piano nazionale di ripresa e resilienza e agli obiettivi collegati alle ultime tre rate, è indispensabile proseguire nell'attività di monitoraggio e di confronto costante con le amministrazioni titolari delle misure in ordine allo stato di attuazione e all'andamento dei singoli investimenti per individuare, per tempo, le eventuali criticità e le possibili soluzioni; al contempo, è necessario continuare nel dialogo e nell'attività di confronto con la Commissione europea, che ha caratterizzato l'operato del Governo fin dal suo insediamento, al fine di superare le eventuali criticità, con l'obiettivo di assicurare la piena realizzazione degli investimenti programmati nel rispetto delle condizionalità e delle scadenze previste, anche mediante un'ulteriore revisione del Piano nazionale di ripresa e resilienza ove ritenuto necessario;
12) è indispensabile che il Governo assicuri un'adeguata informazione del Parlamento in ordine allo stato di attuazione e all'andamento dei singoli investimenti, anche mediante l'invio della relazione periodica prevista dall'articolo 2, comma 2, lettera e), del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, con l'evidenziazione dei risultati conseguiti relativamente all'asse strategico dell'inclusione sociale, che individua come priorità la parità di genere, la parità generazionale, il riequilibrio territoriale e il rilancio del Sud;
13) è parimenti indispensabile che il Governo assicuri un adeguato coinvolgimento del Parlamento in ordine ai contenuti di un'eventuale nuova proposta di aggiornamento del Piano nazionale di ripresa e resilienza diretta a mantenere inalterate la portata e l'impatto del Piano medesimo e ad assicurare un impiego razionale, efficiente ed efficace delle risorse ad esso assegnate,
impegna il Governo:
1) a proseguire nell'attività di attuazione delle riforme e degli investimenti previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, assumendo tutte le iniziative ritenute necessarie al fine di assicurare il tempestivo raggiungimento entro il 2026 delle milestone e dei target;
2) a proseguire nell'attività di informazione del Parlamento in ordine allo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e alle eventuali problematiche di tipo attuativo, nonché ad assicurare, per quanto di competenza, un adeguato coinvolgimento delle Camere con riguardo alla nuova proposta di aggiornamento del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ove effettivamente necessaria;
3) ad assicurare che la proposta di aggiornamento del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ove realmente necessaria, sia coerente con le finalità e le condizionalità, anche temporali, stabilite dai regolamenti europei, garantendo al contempo l'attuazione delle riforme previste e il raggiungimento degli obiettivi trasversali, quali la parità di genere, il miglioramento delle competenze e delle prospettive occupazionali dei giovani, il riequilibrio territoriale e lo sviluppo del Mezzogiorno, assicurando, a tal fine, per quanto di competenza, l'attuazione della clausola che destina almeno il 40 per cento delle risorse allocabili territorialmente alle regioni del Meridione;
4) a proseguire nell'azione diretta a garantire un utilizzo sinergico, più razionale ed efficiente delle risorse europee e nazionali destinate alla realizzazione degli investimenti pubblici, con particolare riguardo al rafforzamento dell'autonomia energetica, al sostegno alle attività produttive, alla transizione clean e digitale, in linea con la nuova strategia annunciata dalla Commissione europea, nonché all'attuazione delle politiche di coesione.
(1-00429) «Lucaselli, Candiani, Pella, Romano, Mantovani, Comaroli, Pisano, Cannata, Giglio Vigna, Cannizzaro, Giorgianni, Bagnai, D'Attis, Mascaretti, Barabotti, Mangialavori, Rampelli, Cattoi, Angelo Rossi, Frassini, Trancassini, Ottaviani, Tremaglia, Ambrosi, Di Maggio, Donzelli, Gabellone, Giordano, Rotondi, Rachele Silvestri».
(8 aprile 2025)
La Camera,
premesso che:
1) l'Unione europea ha risposto alla crisi pandemica con il Next generation EU (Ngeu), un programma di portata e ambizione inedite che prevede investimenti e riforme per accelerare la transizione ecologica e digitale, migliorare la formazione delle lavoratrici e dei lavoratori, conseguire una maggiore equità di genere, territoriale e generazionale, e che segna un cambiamento radicale sia per la modalità di messa a terra e di attuazione dei relativi progetti e sia per l'entità di risorse messe in campo pari a 750 miliardi di euro, di cui oltre la metà (390 miliardi) costituita da sovvenzioni a fondo perduto;
2) per un Paese come l'Italia, che deve modernizzare la sua pubblica amministrazione, rafforzare il suo sistema produttivo e intensificare gli sforzi nel contrasto alla povertà, all'esclusione sociale e alle disuguaglianze, il Next generation EU può essere l'occasione per riprendere un percorso di crescita economica sostenibile e duraturo attraverso la rimozione di quegli ostacoli che negli ultimi decenni ne hanno bloccato la crescita;
3) l'Italia è la principale beneficiaria, in valore assoluto, dei due strumenti del Next generation EU: il Dispositivo per la ripresa e la resilienza (Rrf) e il Pacchetto di assistenza alla ripresa per la coesione e i territori d'Europa (React-EU);
4) il solo Dispositivo per la ripresa e la resilienza garantisce risorse totali (ossia per tutti i Paesi dell'Unione europea) per 191,5 miliardi di euro, da impiegare nel periodo 2021-2026, delle quali 68,9 miliardi costituiscono sovvenzioni a fondo perduto. L'Italia intende utilizzare appieno la propria eccezionale dote finanziaria riservatale dal l'Unione europea, stimata in 122,6 miliardi di euro, dietro la presentazione di un pacchetto di investimenti e riforme denominato Piano nazionale di ripresa e resilienza;
5) il Piano nazionale di ripresa e resilienza, in quanto parte di una più ampia e ambiziosa strategia, può, pertanto, rappresentare una straordinaria occasione per l'Italia, una sorta di «tornante storico» per rispondere ai problemi che la attanagliano, in primis una crisi economica e sociale aggravata dalla pandemia globale, affrontando le grandi trasformazioni determinate dalle transizioni digitale e verde, colmando i persistenti e marcati divari territoriali, recuperando le fratture sociali che minano i rapporti civili, riducendo le disuguaglianze e, soprattutto, rispondendo alla principale emergenza del Paese: la diffusione di tipologie contrattuali di lavoro meno tutelate, precarie e atipiche che interessano quote elevate di donne, giovani e stranieri;
6) per garantire il corretto andamento del Piano nazionale di ripresa e resilienza, il Governo ha messo in piedi una complessa struttura di governance per monitorare l'attuazione dei progetti e la dinamica della spesa, il cui compito consiste, a seconda dei casi, nel fornire linee di indirizzo, risolvere i conflitti politico-istituzionali, monitorare l'andamento dei progetti e superare eventuali stalli ed elementi di criticità che possano compromettere il rispetto delle scadenze, una condizione essenziale, dirimente ed imprescindibile affinché l'Italia si aggiudichi effettivamente le risorse previste per la realizzazione del Piano;
7) la suddetta governance prevede che per la concreta attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza non è sufficiente la sola ed esclusiva azione del Governo, ma anche quella degli enti territoriali (tra cui regioni, province e comuni) individuati, in solido, quali soggetti attuatori del Piano che possono, nel caso in cui non operino correttamente o comunque non rispettino le tappe del cronoprogramma, essere soppiantati dai poteri sostitutivi del Governo (che nel frattempo sono stati progressivamente accentrati e rafforzati), attraverso i quali può attribuire a un altro organo l'esecuzione dei progetti;
8) nonostante l'esistenza di tale apparato, quella dell'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano continua a rappresentare una corsa contro il tempo che accresce gli interrogativi e legittima timori e perplessità circa la capacità di rispettare le scadenze e portare a compimento tutti gli investimenti entro la deadline fissata al 30 giugno 2026. Numerose relazioni ed analisi curate da soggetti istituzionali a ciò preposti (Corte dei conti, Ufficio parlamentare di bilancio ed altri) testimoniano, infatti, come, a fronte di progressi formali, con riferimento a numerosi e fondamentali obiettivi lo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano registra ritardi significativi nella spesa che non legittimano l'inspiegabile ottimismo del Governo rispetto alla capacità di spesa dei prossimi sedici mesi;
9) le vere criticità del Piano nazionale di ripresa e resilienza risiedono anche nella poca trasparenza e nello scarso coinvolgimento della società civile: la situazione – paradossale per un Piano performance-based – sconta la mancanza di un sistema strutturato per la verifica dello stato di avanzamento di milestone e target. A fronte di qualche dato percentuale sulla spesa complessiva, si registra, in particolare, la carenza di informazioni essenziali circa l'efficacia e la qualità dei singoli esborsi che rendono alquanto opaco il processo attuativo;
10) con la sesta Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, presentata il 31 marzo 2025, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo il Governo continua a rivendicare, con toni trionfalistici, risultati che poco hanno a che vedere con la sua azione politica e la sua fallimentare gestione del Piano, tra cui il primato che il nostro Paese occuperebbe nella realizzazione in termini di obiettivi raggiunti, di risorse complessivamente ricevute e di richieste di pagamento formalizzate. Inoltre, il documento metterebbe in evidenza che l'Italia ha ricevuto finora dalla Commissione europea l'importo economico più rilevante, pari a 122 miliardi di euro in termini assoluti e al 63 per cento della dotazione complessiva del Piano, a fronte di 337 traguardi già dichiarati raggiunti su 621 totali e progetti attivati che cumulano il 92 per cento delle risorse disponibili, un'affermazione, quest'ultima, palesemente fuorviante visto che il nostro Paese, pur essendo primo in termini assoluti per numero di obiettivi e traguardi raggiunti, non lo è in termini percentuali, avendo negoziato un numero di milestone e target più elevato rispetto agli altri Paesi membri;
11) il documento precisa, inoltre, che il Governo, il 30 dicembre 2024 ha avanzato alla Commissione europea la richiesta di pagamento della settima rata, del valore di 18 miliardi e 300 milioni di euro, la più impegnativa tra quelle rendicontate finora, legata al raggiungimento di 67 obiettivi (32 target e 35 milestone), con la cui riscossione l'avanzamento finanziario del Piano dovrebbe superare quota 140 miliardi di euro, corrispondente a oltre il 72 per cento del finanziamento complessivo del Piano nazionale di ripresa e resilienza;
12) altro primato riguarderebbe il ritmo di implementazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano, che sembra essere superiore a quello di altri Paesi europei, essendo il più importante in termini di risorse totali: 194,4 miliardi di euro, seguito da quello spagnolo (163), polacco (60) e francese (42), una condizione che dovrebbe costituire una sfida notevole perché aumenta la pressione sulla struttura amministrativa per la messa a terra dei progetti;
13) il confronto internazionale restituirebbe il dato che l'Italia si colloca tra i paesi dove il Piano sta procedendo più celermente, in relazione agli accordi stabiliti con la Commissione europea: il 43 per cento dei traguardi e obiettivi sarebbero stati raggiunti, rispetto al 28 per cento medio dei Paesi i cui piani hanno un valore di almeno 5 miliardi di euro; il 64 per cento delle risorse sarebbero già state erogate all'Italia dall'Europa, un valore ben sopra al 48 per cento della media europea, anche se occorre tener presente che, con l'approssimarsi della scadenza del Piano, quei Paesi che hanno ricevuto un importo più limitato di risorse potrebbero rapidamente colmare il vantaggio maturato fino ad oggi dal Piano italiano;
14) di contro, sotto l'aspetto sostanziale l'avanzamento finanziario a fine 2024 indica pagamenti effettivi per 63,9 miliardi di euro, cioè appena 18,3 miliardi di euro sopra i livelli di fine 2023, pertanto resterebbero da riconoscere in soli due anni 130,5 miliardi di euro, dunque, al ritmo di 65 miliardi di euro l'anno e di 5,5 miliardi di euro al mese: un'accelerazione nella spesa per investimenti (che, tra l'altro, riguardano asili, scuole, ospedali, residenze universitarie, dissesto idrogeologico, linee ferroviarie nel Mezzogiorno e alta velocità) difficile da immaginare rispetto alla capacità di spesa mostrata nell'ultimo biennio, che potrebbe indurre il Governo a rinunciare, in sede di prossima richiesta rimodulazione del Piano già avanzata alla Commissione europea, a qualche finanziamento;
15) per sua stessa ammissione, secondo il Governo, delle risorse stanziate finora per la missione 7 «Repower EU» è stato speso l'1,45 per cento, per la missione 6 «Salute» il 18 per cento, per la missione 5 «Inclusione e coesione» il 18,6 per cento, tutti dati certificati anche dalla Ragioneria generale dello Stato e che sembrerebbero voler indurre il Ministro dell'economia e finanze a chiedere alla Commissione europea la proroga al 2027 della scadenza del Piano;
16) un'ulteriore ammissione indiretta di ritardi e difficoltà di completa attuazione del Piano da parte del Governo è anche la proposta di rimodulazione del Piano avanzata alla Commissione europea. Per rispettare il cronoprogramma stabilito, l'Italia deve infatti completare, con la riscossione delle ultime tre rate, 284 traguardi e obiettivi nei prossimi tre semestri, di cui 177 da conseguire nell'ultimo semestre che avrà scadenza il 30 giugno 2026;
17) i dati riportati dalla sesta Relazione, pur se hanno squarciato parte di quel velo di opacità che ammanta l'iter attuativo del Piano, rivelano che sempre sul fronte dell'avanzamento finanziario si addensano, in realtà, ulteriori nubi ben evidenziate anche con l'ultima Relazione al Parlamento dalla Corte dei conti, secondo la quale il livello attuale di spesa è pari ad un terzo di quello programmato. Inoltre, nonostante il raggiungimento degli obiettivi qualitativi e quantitativi, stabiliti a livello nazionale e concordati a livello europeo, sia in linea con le previsioni, permangono alcune criticità che richiedono attenzione costante e interventi mirati, soprattutto in vista della scadenza del Piano. La magistratura contabile ha, inoltre, rimarcato che i dati della piattaforma Regis mostrano un rinvio di spese programmate per il biennio 2023-2024 pari a circa 2,4 miliardi di euro, con un conseguente incremento della spesa di 1,2 miliardi nel 2025 e 680 milioni nel 2026, e come la carenza di personale negli uffici di rendicontazione e controllo abbia avuto quale conseguenza un rallentamento nelle verifiche di spesa;
18) la Corte dei conti ha, inoltre, puntato il dito sul mancato regolare aggiornamento dei dati sulla piattaforma Regis da parte di alcune amministrazioni coinvolte anche a causa di frequenti disallineamenti tra dati interni e ufficiali, una circostanza che rappresenta un ulteriore elemento di criticità, soprattutto alla luce della normativa volta a rafforzare le responsabilità nella gestione degli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza;
19) secondo un'analisi della Fondazione «Openpolis», basata sui dati riportati nell'ultima «Relazione semestrale sullo stato di attuazione del PNRR al Parlamento» della Corte dei conti, i progetti più ritardatari sul fronte della spesa riguardano: la transizione ecologica, con solo l'8 per cento dei fondi spesi a fronte dell'85 per cento delle riforme attuate, la cultura e il turismo, per cui è stato speso l'11 per cento dei fondi a fronte di riforme completate, e la salute, con una spesa del 14 per cento dei fondi a fronte di tutte le riforme completate. Seguono, nella fallimentare classifica, i progetti per la digitalizzazione, con le riforme completate ma la spesa ferma al 22 per cento, e quelli per istruzione e ricerca, per cui è stato speso il 26 per cento dei fondi a fronte del 94 per cento di riforme completate. A trainare, invece, la classifica sarebbero i progetti destinati alle infrastrutture, per cui è stato speso il 46 per cento dei fondi, e quelli destinati alle imprese, con il 47 per cento;
20) dalla consultazione della banca dati Regis (sistema gestionale unico del Piano nazionale di ripresa e resilienza) emerge che, al 31 dicembre 2024, risultano spesi 62,2 miliardi di euro (appena il 32 per cento delle risorse complessive). Le misure per le quali risulta la maggiore spesa, in termini assoluti, sono il rafforzamento dell'ecobonus per l'efficienza energetica (14 miliardi di euro), il credito d'imposta per i beni strumentali 4.0 (8,8 miliardi di euro), la linea di collegamento ad alta velocità Brescia-Verona-Vicenza-Padova (3 miliardi di euro). La missione 2 («Rivoluzione verde e transizione ecologica») risulta, invece, quella in cui residuano le maggiori risorse da spendere (circa 36 miliardi di euro), nonostante rappresenti uno dei pilastri del progetto Next generation EU e direttrice imprescindibile dello sviluppo futuro;
21) sin dalle prime previsioni ufficiali, si è assistito ad uno slittamento in avanti della pianificazione annuale di spesa, spesso motivato dalla necessità di tempistiche più lunghe per avviare i progetti, rinvio che oggi potrebbe essere considerato come un vero e proprio ritardo nell'utilizzo delle risorse, una preoccupazione, tra l'altro, che sembra essere compatibile con le stime contenute nell'ultimo Piano strutturale di bilancio dove l'impatto annuale del Piano nazionale di ripresa e resilienza sul prodotto interno lordo registra una percentuale di crescita aggiuntiva per il 2024 di appena 0,1 per cento, rispetto allo 0,9 per cento indicato nel documento di economia e finanza del mese di aprile 2024;
22) i probabili ritardi hanno un'implicazione ovvia, ossia quella di rinviare l'impatto sulla crescita del prodotto interno lordo, poiché, spostando la pianificazione delle risorse, si spostano gli effetti sul prodotto interno lordo. Infatti, le stime di impatto del Piano sui primi anni di implementazione sono state abbassate dal Governo di pari passo con la revisione della distribuzione temporale della spesa per anno, anch'essa sistematicamente spostata in avanti. Finché si è potuto rinviare le spese agli anni futuri, l'impatto finale del Piano nazionale di ripresa e resilienza è rimasto, per una questione puramente automatica, elevato, ragion per cui nel Piano strutturale di bilancio la stima di impatto cumulato al 2026, nell'ipotesi di efficienza alta, è stata rivista leggermente al rialzo (+0,3 per cento) rispetto all'ultimo documento di economia e finanza di aprile 2024, passando dal 3,4 per cento al 3,7 per cento;
23) il suddetto rinvio, a due anni dalla conclusione del Piano, può costituire un problema poiché i punti percentuali di crescita aggiuntiva «spariti» dal 2024 sono stati quasi completamente attribuiti all'ultimo anno, il 2026, tanto che la stima di impatto del Piano nazionale di ripresa e resilienza sul prodotto interno lordo 2026 è raddoppiata, da 0,8 per cento a 1,6 per cento. Tuttavia, una stima di crescita aggiuntiva così ampia fa sorgere molte perplessità, poiché prendendola alla lettera e immaginando che al 2026 lo scenario senza l'impatto del Piano nazionale di ripresa e resilienza sia allineato con la crescita media annua pre-pandemia (+0,5 per cento), con un calcolo molto approssimativo ci si dovrebbe aspettare una crescita del prodotto interno lordo oltre il 2 per cento, per quanto, come pure riportato in audizione da Banca d'Italia, si tratti di «prospettive circondate da incertezza straordinaria, su cui gravano forti rischi al ribasso»: una stima che confligge con quella dei maggiori previsori nazionali e internazionali che prevedono una crescita nel 2026 intorno all'1 per cento e non paiono, quindi, scontare uno scenario di impatto del Piano così ampio;
24) il ritmo di implementazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano sembra essere superiore a quello di altri Paesi europei essendo il più importante in termini di risorse totali: 194,4 miliardi di euro, seguito da quello spagnolo (163), polacco (60) e francese (42), una condizione che dovrebbe costituire una sfida notevole perché aumenta la pressione sulla struttura amministrativa per la messa a terra dei progetti;
25) il confronto internazionale restituirebbe il dato che l'Italia si colloca tra i paesi dove il Piano sta procedendo più celermente, in relazione agli accordi stabiliti con la Commissione europea: il 43 per cento dei traguardi e obiettivi sarebbero stati raggiunti, rispetto al 28 per cento medio dei Paesi i cui piani hanno un valore di almeno 5 miliardi di euro; il 64 per cento delle risorse sarebbero già state erogate all'Italia dall'Europa, un valore ben sopra al 48 per cento della media europea, anche se occorre tener presente che, con l'approssimarsi della scadenza del Piano, quei Paesi che hanno ricevuto un importo più limitato di risorse potrebbero rapidamente colmare il vantaggio maturato fino ad oggi dal Piano italiano;
26) sul fronte delle politiche sulla casa volte ad incidere sul problema della tensione e del disagio abitativo, il Piano nazionale di ripresa e resilienza destina all'edilizia residenziale pubblica e a quella sociale risorse per 2,8 miliardi di euro, rientranti prevalentemente nel Piano innovativo per la qualità dell'abitare (PINQuA), ai quali aggiungere, in parte, la dotazione pari a 2 miliardi di euro del Piano nazionale complementare «Sicuro, verde e sociale». Tali misure, che puntano soprattutto alla riqualificazione e alla manutenzione, più che a un incremento dello stock mediante nuove costruzioni, evidenziano difficoltà realizzative nel caso di molti progetti: quelli rientranti nel Piano innovativo per la qualità dell'abitare, che rappresenta la misura più strettamente connessa alla questione abitativa, per oltre un terzo presentano ritardi rispetto alla relativa programmazione temporale; inoltre, circa l'80 per cento di questi ritardi si concentra nelle fasi precedenti l'avvio dei lavori, denotando una serie di criticità nei procedimenti autorizzativi;
27) riguardo all'efficientamento energetico degli edifici, che rappresenta uno dei principali obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, da realizzare, in particolare, attraverso le risorse per il finanziamento del cosiddetto superbonus 110 per cento, dai dati ancora parziali pubblicati dall'Enea, è possibile stimare che gli obiettivi della misura, in termini di risparmio energetico e di emissioni di anidride carbonica, siano stati ampiamente superati. Tuttavia, un'analisi costi-benefici, fatta sia a livello aggregato che a livello di singola tipologia di intervento incentivato, restituisce un tempo di ritorno dell'investimento del superbonus abbastanza elevato (circa 35 anni), non coerente con l'orizzonte di vita utile degli interventi incentivati;
28) riguardo alle infrastrutture energetiche il Piano nazionale di ripresa e resilienza dedica otto misure volte a sostenerne l'ammodernamento attraverso uno stanziamento pari a 5,5 miliardi di euro, misure delle quali risulta attivata la ripartizione per 53 progetti, che segnano un grado di avvicinamento ai target assegnati pari al 5,7 per cento: un valore ancora molto basso, anche considerata la concentrazione della fase esecutiva dei progetti nel biennio 2025-2026;
29) anche la transizione ecologica ricopre un ruolo importante all'interno del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che attraverso la missione 2 («Agricoltura sostenibile ed economia circolare; Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile; Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici; Tutela del territorio e della risorsa idrica») punta alla completa neutralità climatica e allo sviluppo ambientale sostenibile per mitigare le minacce di eventi naturali ed alla quale destina almeno il 37 per cento dei fondi a disposizione, ma dei quali circa il 92 per cento, risultano, a tutt'oggi, già impegnati per il suddetto superbonus 110 per cento;
30) a tre anni dall'avvio del Piano nazionale di ripresa e resilienza e a circa 16 mesi dalla sua scadenza lo stato di attuazione della missione «Salute» (M6) è allarmante, con troppi progetti che procedono a rilento, con ritardi nell'esecuzione dei lavori o ancora fermi alla fase di progettazione. Riguardo alle case della comunità risultano finanziati progetti per 1.416 strutture, per un valore complessivo di 2,8 miliardi di euro. Dei progetti monitorati risultano completati e collaudati solo 25 (1,8 per cento del totale), mentre sono 885 i progetti che presentano un ritardo almeno in uno step (62,6 per cento). A dicembre 2024 risultano effettuati pagamenti per soli 261 milioni di euro (pari al 9,2 per cento), ossia per meno di un decimo dei fondi disponibili. I ritardi maggiori nell'esecuzione dei lavori si registrano in Molise, dove tutti i progetti presentano ritardi nell'inizio lavori, Sardegna (con ritardi nel 93,9 per cento dei progetti), Calabria (86,9 per cento) e Campania (78,4 per cento). Le regioni, invece, che registrano meno ritardi sono il Friuli-Venezia Giulia (4,3 per cento), l'Emilia-Romagna (5,9 per cento) e Veneto (6,4 per cento). Nessun ritardo nei lavori delle strutture della Valle d'Aosta;
31) non meno critica risulta la situazione degli ospedali di comunità, le strutture sanitarie a prevalente gestione infermieristica, fondamentali per garantire le cure intermedie e la continuità assistenziale dopo le dimissioni del paziente. Nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza sono stati finanziati progetti per 427 strutture, per un valore complessivo di 1,3 miliardi di euro, dei quali ne risultano completati e collaudati solo 10 (2,3 per cento del totale), mentre 264 progetti presentano almeno una fase in ritardo (61,8 per cento);
32) il declino demografico sta interessando molti Paesi sviluppati, tra cui l'Italia; pertanto, il potenziamento dei servizi per l'infanzia, come politica di contrasto alla crisi della natalità, ha assunto una centralità crescente all'interno dell'agenda politica europea e nazionale. A tal proposito anche il Piano per gli asili nido e le scuole dell'infanzia costituisce parte integrante del Piano nazionale di ripresa e resilienza, avendo individuato nei servizi educativi 0-6 anni una priorità strategica, contribuendo agli obiettivi 4 (istruzione) e 5 (parità di genere) dell'Agenda 2030, oltre che all'obiettivo 7 (energia pulita) tramite la riqualificazione degli edifici ed al quale destina 3,24 miliardi di euro per la realizzazione di 150.480 nuovi posti per il potenziamento dell'offerta delle scuole dell'infanzia e degli asili nido, della cui attuazione sono incaricati i comuni, ma il cui stato di avanzamento dei progetti segnala difficoltà che potrebbero non essere recuperate entro giugno 2026: nessun progetto, infatti, risulta nella fase iniziale di programmazione, mentre 81 progetti (per un valore di 82,6 milioni di euro) del Nuovo piano asili nido sono ancora in fase di progettazione. Circa 2.240 progetti (per 3,1 miliardi di euro) sono in esecuzione, di cui il 92 per cento (2,9 miliardi di euro) in corso di realizzazione. Altri 420 progetti (426,7 milioni di euro) sono nella fase conclusiva, ma solo 88 risultano completati. Infine, per altri 440 progetti (372,5 milioni di euro), tutti relativi al Nuovo piano asili nido, mancano del tutto informazioni aggiornate;
33) anche in base a quanto riportato dall'Ufficio parlamentare di bilancio, particolari ed evidenti disparità tra le varie macro-aree del Paese emergono in maniera più evidente laddove si considerano la quota di progetti già arrivati a conclusione e la capacità di fare bandi e di assegnare gli appalti. La quota di progetti già conclusi è, infatti, bassa dappertutto, anche se nelle regioni del Nord Italia è quasi doppia, evidenziando le maggiori difficoltà che le regioni meridionali incontrano nell'indire le gare e assegnare i lavori. Secondo l'Ufficio parlamentare di bilancio tali disparità sarebbero attribuibili in parte a storiche difficoltà del Mezzogiorno nella preparazione e nello svolgimento delle gare, soprattutto da parte di stazioni appaltanti di piccole dimensioni, ed in parte all'estrema frammentazione del Piano e all'elevata numerosità di piccoli progetti, i cui soggetti attuatori, di natura privata o mista (scuole, associazioni, imprese, consorzi, singole partite Iva o ragioni sociali ed altri), oltre ad essere dispersi sul territorio, dimostrano una limitata esperienza di gestione delle gare. Se, da un lato, sembrerebbe una chiara scelta pensata per consentire un maggiore coinvolgimento delle comunità territoriali, dall'altro l'Ufficio parlamentare di bilancio individua proprio in questa scelta uno dei motivi dei ritardi accumulati finora, anche in termini di trasmissione dei dati riguardanti l'assegnazione dei lavori e di monitoraggio sul loro avanzamento. Per questo sarebbe necessario intervenire a sostegno dei soggetti attuatori più in difficoltà, anche per evitare che il divario tra Nord e Sud del Paese e tra aree all'interno delle singole regioni si acuisca ancor di più, divario che il Piano nazionale di ripresa e resilienza punta, tra le condizionalità trasversali, a ridurre;
34) tra le misure meno performanti, inoltre, ne spiccano tre per dimensione: la componente C1-«Politiche attive del mercato del lavoro» (M5C1), per la quale era prevista una spesa di 2,6 miliardi di euro entro il 2024, ma al 31 ottobre 2024 ne erano stati spesi soltanto il 7 per cento; la componente C1-«Sostegno al sistema di produzione per la transizione ecologica, le tecnologie a zero emissioni nette e la competitività e la resilienza delle catene di approvvigionamento strategiche:» e M2C1 «Contratti di filiera in agricoltura», per i quali erano previsti circa 2 miliardi di euro di spesa ciascuno, ma per i quali al 31 ottobre 2024 non risultava alcuna spesa effettuata;
35) inoltre, anche per le 126 misure con importo inferiore ai 500 milioni di euro e bassi livelli di spesa sono presenti ritardi di realizzazione: su 13,5 miliardi di euro previsti ne sono stati spesi solo 2,6, cioè appena il 19 per cento;
36) l'Italia, come gli altri Stati membri dell'Unione europea, dovranno individuare entro giugno 2025 i progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza che rischiano di non essere completati entro agosto 2026. Tale revisione di medio termine, pilotata dalla Commissione europea, oltre alla modifica dei progetti a rischio, implicherebbe anche la possibilità, come recentemente chiarito dal Vicepresidente esecutivo della Commissione europea con deleghe alla coesione e alle riforme Raffaele Fitto, di aumentare le spese per la competitività, per la produzione industriale nel settore della difesa, per il miglioramento della mobilità militare, per gli alloggi, per la resilienza idrica e per la transizione energetica, attraverso l'eventuale ricorso ai fondi destinati alla politica di coesione, lasciando, pertanto, ciascun Paese membro libero se avvalersene o meno;
37) l'eventuale ricorso da parte del Governo italiano ai fondi europei rischierebbe di trasformarli in una forma di finanziamento diretto e indiretto alle lobby militari e in uno strumento al servizio dell'industria della difesa e della militarizzazione dell'economia europea,
impegna il Governo:
1) a escludere categoricamente la possibilità per l'Italia di dirottare i fondi per le politiche di coesione verso la spesa per la difesa, l'industria bellica e la mobilità militare;
2) ad adottare iniziative di competenza volte a completare entro il 30 giugno 2026, senza la richiesta di ulteriori proroghe e/o rimodulazioni, le opere previste dal Piano, con particolare riferimento a quelle relative alle case e agli ospedali di comunità, agli asili nido, alle residenze universitarie, agli interventi contro il dissesto idrogeologico e alle linee ferroviarie nel Mezzogiorno;
3) ad adottare iniziative di competenza volte a rafforzare la capacità amministrativa, in particolare a livello subnazionale, per realizzare gli impegni del Piano;
4) ad esercitare da parte dei rispettivi Ministeri un maggiore impulso sui soggetti attuatori, esercitando il ruolo di coordinamento, monitoraggio, rendicontazione e controllo, assumendo una maggiore responsabilità attraverso un monitoraggio costante e continuativo dei dati di avanzamento fisico, procedurale e finanziario delle misure di propria competenza, esercitando il costante controllo dell'avanzamento dei relativi obiettivi intermedi e finali, nonché della trasmissione e validazione dei dati finanziari e di realizzazione fisica e procedurale dei singoli progetti;
5) ad affrontare i gravi ritardi riportati in premessa, che stanno caratterizzando e inficiando la piena attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano, attraverso un'attenta analisi e il superamento di tutti quei fattori che, oltre a determinarli, rischiano di compromettere la capacità di spesa delle risorse disponibili e l'efficacia e la tempestività delle misure in esso previste, quali:
a) la complessità burocratico-amministrativa insita nelle procedure documentali per l'approvazione e la gestione dei progetti, nonché la scarsa flessibilità e tempestività nei processi decisionali;
b) la mancanza di coordinamento tra i diversi livelli di governo e le difficoltà nella selezione e nel reclutamento del personale necessario per l'implementazione dei progetti;
c) le difficoltà delle singole amministrazioni nell'attuazione dei progetti e nella loro rendicontazione a causa della mancanza di personale qualificato;
d) la mancanza di una corretta pianificazione e di un sistema di monitoraggio e di valutazione continuo, che richiedano la raccolta e l'analisi di grandi quantità di dati su aree tematiche eterogenee e trasversali, al fine di garantire l'efficacia e l'efficienza del Piano e l'ottenimento dei risultati attesi;
e) le potenziali resistenze e conflitti di interesse tra le diverse istituzioni e gli attori chiave coinvolti nell'attuazione del Piano e che concorrono all'ottenimento delle diverse somme finanziarie messe a disposizione;
f) la mancanza di una piena trasparenza e responsabilità nella gestione delle risorse, nonché di un miglior coordinamento tra i diversi attori coinvolti, al fine di garantire un maggiore controllo civico;
g) la mancanza di una capacità di spesa effettiva;
h) le debolezze strutturali e organiche delle amministrazioni, sia centrali che locali, causate da decenni di mancato reclutamento, sia numerico che qualitativo, che continuano a influire pesantemente sul ritmo di attuazione del Piano;
i) i ritardi nell'implementazione della piattaforma Regis e i disallineamenti contabili tra i sistemi di gestione.
(1-00430) «Ghirra, Zanella, Bonelli, Fratoianni, Borrelli, Dori, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti».
(8 aprile 2025)
INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA
TASSINARI, DALLA CHIESA, MULÈ, BARELLI, ARRUZZOLO, BAGNASCO, BATTILOCCHIO, BATTISTONI, BELLOMO, BENIGNI, DEBORAH BERGAMINI, BOSCAINI, CALDERONE, CANNIZZARO, CAPPELLACCI, CAROPPO, CASASCO, CASTIGLIONE, CATTANEO, CORTELAZZO, ENRICO COSTA, D'ATTIS, DE MONTE, DE PALMA, FASCINA, GATTA, GENTILE, LOVECCHIO, MANGIALAVORI, MARROCCO, MAZZETTI, NEVI, ORSINI, NAZARIO PAGANO, PATRIARCA, PELLA, PITTALIS, POLIDORI, ROSSELLO, RUBANO, PAOLO EMILIO RUSSO, SACCANI JOTTI, SALA, SORTE, SQUERI e TENERINI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
negli ultimi tempi si osserva una tendenza a livello internazionale in merito alla riduzione dei finanziamenti pubblici destinati alla ricerca scientifica;
tale dinamica sta riducendo la capacità delle università e dei centri di ricerca, che hanno sede all'estero, di sostenere progetti innovativi e di mantenere infrastrutture adeguate;
questa situazione potrebbe portare ad un'inversione di tendenza rispetto ad un passato, anche recente, che ha visto molti ricercatori, provenienti dal nostro Paese, sviluppare i propri progetti di ricerca fuori dall'Italia –:
quali misure intenda adottare perché il sistema della ricerca italiano, rispetto agli altri Paesi europei, divenga, in questo particolare momento storico, attrattivo per ricercatori italiani e stranieri, valorizzando le infrastrutture e favorendo così la circolazione dei saperi e delle esperienze più virtuose.
(3-01900)
(15 aprile 2025)
BONETTI, GRIPPO, PASTORELLA, BENZONI, D'ALESSIO e SOTTANELLI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
il secondo mandato presidenziale di Trump ha visto l'implementazione di numerosi provvedimenti con conseguenze dirette sul mondo scientifico ed accademico. La situazione ha creato turbolenze significative con ripercussioni che si sono propagate ben oltre i confini statunitensi, generando incertezza e preoccupazione tra ricercatori, istituzioni e programmi scientifici internazionali;
in aggiunta, l'Amministrazione Trump ha sferrato attacchi contro diversi atenei, tagliando finanziamenti e interrompendo progetti di ricerca;
secondo alcuni sondaggi, migliaia di ricercatori hanno espresso l'intenzione di abbandonare gli Stati Uniti e considerano Europa e Canada come le prime destinazioni possibili;
nelle ultime settimane, diverse università europee hanno avviato tentativi di attrarre ricercatori con sede negli Stati Uniti;
nelle scorse settimane la Commissaria europea Ekaterina Zaharieva ha ricevuto una lettera firmata dai Ministri competenti nei campi dell'istruzione, dell'università e della ricerca di tredici Paesi membri per tutelare la libertà della ricerca scientifica e la libertà accademica dei ricercatori e delle ricercatrici statunitensi. L'Italia ha inspiegabilmente scelto di non partecipare a questa iniziativa;
il nostro Paese deve muoversi nella medesima direzione e mettere in campo, tempestivamente, iniziative valide e risorse finanziarie adeguate per accogliere ricercatori stranieri e potenziare, al contempo, il mondo della ricerca italiana;
questa esigenza è ancora più pressante se si considerano gli indicatori demografici per l'anno 2024 pubblicati dall'Istat il 31 marzo 2025, i quali hanno ricordato, ancora una volta, come, a fronte di un numero crescente di giovani italiani che abbandonano il Paese, l'Italia non sia assolutamente in grado di attrarre stranieri dall'estero;
l'Accademia nazionale dei lincei, una delle istituzioni scientifiche più antiche d'Europa, pochi giorni fa ha proposto – a firma di alcuni illustri studiosi italiani – un «Programma ventennale per la ricerca pubblica dell'Unione europea» volto a innalzare gradualmente la quota di investimenti in ricerca pubblica nei Paesi che attualmente investono meno e per offrire a tutti pari opportunità di crescita scientifica e tecnologica, al fine di recuperare quella prosperità culturale che ci ha sempre contraddistinto;
la ricerca si effettua con capitale umano, infrastrutture, mezzi finanziari, ma anche con opportunità e indipendenza da qualsivoglia condizionamento, anche politico, per poter affrontare le sfide globali attuali e future –:
alla luce del nuovo contesto statunitense, quali iniziative di competenza intenda implementare per attrarre e trattenere ricercatori provenienti dagli Usa, nonché da altri Paesi esteri, con particolare attenzione a coloro che si trovano al di fuori dell'Unione europea.
(3-01901)
(15 aprile 2025)
PICCOLOTTI, ZANELLA, BONELLI, BORRELLI, DORI, FRATOIANNI, GHIRRA, GRIMALDI, MARI e ZARATTI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
la grande malattia dell'università e della ricerca italiane è la precarietà;
secondo l'anagrafe del Ministero dell'università e della ricerca i professori ordinari sono 17.957, i professori associati 28.665, i ricercatori a tempo indeterminato 4.158, i ricercatori a tempo determinato in tenure track (Rtt) 2.225, i ricercatori a tempo determinato di tipo B 4.701, i ricercatori a tempo determinato di tipo A 7.527, gli assegnisti di ricerca 24.352. Quindi i precari puri (ricercatori a tempo determinato di tipo A e assegnisti di ricerca) sono 31.869, ma a questi vanno aggiunti quasi 2.000 ricercatori a tempo determinato di tipo A scaduti negli ultimi sei mesi inquadrati nel Programma operativo nazionale (Pon) e nel Programma nazionale per la ricerca (pnr). Inoltre, ci sono 40.000 dottorandi, personale in formazione, al quale è sostanzialmente riconosciuta una borsa di studio con una qualifica simile all'apprendistato;
non va meglio negli enti di ricerca, dove ci sono circa 6.000 precari su 25 mila addetti. Una situazione che si è determinata anche grazie al contributo del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che, pur avendo reso disponibili tante risorse, lo ha fatto esclusivamente per rapporti a termine. Rapporti che, se non interverrà il Governo, finiranno nel 2026, «espellendo» dalla ricerca un grande contingente di lavoratori e lavoratrici. Vanno, inoltre, considerati i recenti tagli al fondo di finanziamento ordinario dell'università e le norme sul turnover che impongono di ricalcolare al 75 per cento la spesa per il personale di ruolo uscito l'anno precedente: in questo quadro circa 2/3 degli attuali ricercatori precari e i 40.000 dottorandi rischiano di essere lasciati senza alcuna prospettiva di carriera;
la continuità di numerose attività didattiche e di ricerca, anche nelle università pubbliche, è sostanzialmente garantita da personale qualificato impiegato con contratti precari e bassi salari. Questo sistema porta a disperdere in modo irrazionale gli investimenti in ricerca, perché determina l'espulsione di fatto dei ricercatori verso Paesi dove la ricerca è meglio finanziata e dove questo lavoro è ben tutelato e pagato oppure la brusca interruzione dei loro percorsi professionali;
per potenziare la ricerca al fine di rafforzare l'economia e il sistema culturale italiani servono, quindi, maggiori risorse da investire per garantire il miglioramento delle condizioni contrattuali e l'aumento delle posizioni disponibili per i ricercatori in tenure track –:
se non ritenga indispensabile individuare nuove risorse per finanziare un piano di reclutamento straordinario di ricercatori in tenure track (Rtt) e per finanziare la stabilizzazione almeno dei 6.000 precari in scadenza presso i diversi enti di ricerca italiana.
(3-01902)
(15 aprile 2025)
BARBAGALLO, BAKKALI, CASU, GHIO, MORASSUT, FERRARI e FORNARO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
i disservizi del trasporto ferroviario continuano a condizionare pesantemente la vita di migliaia di cittadini;
nei mesi di marzo e aprile 2025 sono stati rilevati ritardi costanti su diverse dorsali del nostro Paese: Torino-Milano, Milano-Genova, Roma-Napoli, solo per citare qualche esempio. L'11 aprile 2025 il Frecciarossa Milano-Parigi, fra stop e disservizi, si è trasformato in un viaggio da incubo di tredici ore, più di un volo Milano-Tokyo, accumulando un ritardo record di 6 ore. I passeggeri partiti alle 15.48 da Milano sono arrivati a destinazione alle 4 e 45 del mattino, senza avere la minima informazione. Anche il 31 marzo 2025 un guasto tecnico sull'alta velocità Roma-Napoli ha causato forti ritardi con gravi disagi per i passeggeri;
chi si mette in viaggio sulla rete ferroviaria continua a fare i conti con ritardi, disservizi o possibili cancellazioni, per i motivi più disparati;
il Ministro interrogato nei mesi scorsi aveva annunciato interventi migliorativi e contestualmente aveva attribuito parte dei disservizi a presunti sabotaggi sulle linee, ma una prima relazione della polizia ferroviaria smentisce questa ipotesi;
il 25 febbraio 2025 l'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato italiane spa ha preannunciato un ulteriore incremento dei ritardi nei prossimi mesi in alcune tratte, determinati da lavori di manutenzione;
non è accettabile che i disservizi diventino la normalità. È necessario adottare ogni misura per garantire il diritto alla mobilità dei cittadini e avere un servizio di trasporto ferroviario efficiente e di qualità;
in aggiunta i viaggiatori denunciano difficoltà ad ottenere rimborsi, mentre i costi dei biglietti aumentano: secondo l'Osservatorio nazionale Federconsumatori a Pasqua i biglietti dei treni hanno dei sovrapprezzi di circa il 51 per cento;
qualità del servizio e sicurezza del trasporto ferroviario sono centrali nella vita di migliaia di cittadini ed è di fondamentale importanza garantirne un'adeguata gestione, senza alibi connessi al traffico elevato e ai lavori in corso nei cantieri –:
quali ulteriori iniziative di competenza intenda adottare per realizzare un cambiamento immediato della situazione e garantire maggiore efficienza dei servizi ferroviari e maggiore sicurezza e diritti per passeggeri e lavoratori, poiché nonostante le ripetute rassicurazioni è evidente che le iniziative ad oggi avviate dal Governo e dai vertici di Ferrovie dello Stato italiane spa non hanno migliorato la situazione dei disagi e dei disservizi conseguenti ai ripetuti guasti e alle sistematiche interruzioni di linea che continuano a verificarsi puntualmente insieme al mancato coordinamento delle informazioni, mentre l'unica cosa che aumenta sono i costi dei biglietti.
(3-01903)
(15 aprile 2025)
PASTORINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
le modifiche alla circolazione ferroviaria sulla tratta Milano-Genova, legate ai lavori di manutenzione e ristrutturazione del ponte ferroviario sul Po a Bressana Bottarone nella tratta Bressana Bottarone – San Martino Cava Manara, previsti dal 21 luglio al 31 agosto 2025, rischiano di avere gravi impatti negativi su uno dei settori più strategici per l'economia ligure: il turismo;
l'interrogante condivide la necessità e l'urgenza di effettuare interventi di manutenzione ordinari e straordinari, nonché la ristrutturazione della tratta per garantire la sicurezza e l'efficienza delle infrastrutture ferroviarie, come testimoniano gli svariati interventi e atti di sindacato ispettivo presentati volti a un'accelerazione dei lavori;
tuttavia, svolgerli durante la piena alta stagione estiva desta grande preoccupazione per le inevitabili ripercussioni negative che questa situazione avrà sul settore turistico e commerciale, come denunciato anche dalla Confcommercio-imprese per l'Italia della provincia di Genova;
il blocco della tratta ferroviaria, che comporterà tempi di percorrenza fino a 180 minuti per i collegamenti tra Milano e Genova, rappresenta un ostacolo significativo per i flussi turistici, soprattutto considerando che molte delle località costiere della Liguria sono frequentate proprio da visitatori provenienti dall'area lombarda e dal resto del Nord Italia;
ciò comprometterebbe la stagione estiva in modo irreparabile, penalizzando alberghi, ristoranti, attività commerciali e tutto l'indotto economico che ruota attorno al turismo, già duramente provati dagli anni difficili della pandemia. Urge, pertanto, individuare soluzioni concrete e tempestive in grado di mitigare i disagi che questa interruzione causerà –:
quali iniziative di competenza intenda adottare per garantire la continuità dei collegamenti, limitando gli impatti negativi esposti in premessa e valutando l'opportunità di attivare, per il periodo interessato, un piano operativo in collaborazione con Rete ferroviaria italiana e Trenitalia, finalizzato a ridurre i ritardi massimi a non oltre 30 minuti, attraverso l'utilizzo di treni sostitutivi o altre misure logistiche, e di introdurre agevolazioni nell'acquisto dei biglietti ferroviari per incentivare i turisti a scegliere comunque la Liguria come meta vacanziera.
(3-01904)
(15 aprile 2025)
CARMINA, AIELLO, CANTONE, CHERCHI, D'ORSO, FENU, MORFINO, RAFFA, SCERRA, IARIA e PAVANELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
nel corso della XVIII legislatura è stato fatto un importante passo avanti nella direzione di riconoscere le peculiarità dell'insularità e gli svantaggi che ne conseguono, grazie all'approvazione della legge costituzionale n. 2 del 2022. Il dettato costituzionale richiede, dunque, agli organi dello Stato il riconoscimento delle peculiarità delle isole maggiori e minori, come la distanza dalla terraferma, le difficoltà di comunicazione e trasporto, nonché il superamento degli svantaggi derivanti da tali peculiarità, prevedendo condizioni di sviluppo economico, sociale e culturale pari a quelle del resto del Paese; pertanto, sono richieste necessarie politiche ad hoc per le isole, come la concessione di finanziamenti per sostenere i trasporti di merci e persone, la semplificazione burocratica e l'attuazione di progetti di sviluppo;
la Sardegna sovvenziona la propria continuità territoriale aerea, mentre grazie all'introduzione dell'articolo 1, commi da 124 a 126, della legge n. 160 del 2019, sono state introdotte le cosiddette tariffe sociali per i collegamenti aerei da e per la Regione Siciliana. Si tratta di contributi per i cittadini residenti nel territorio della Regione Siciliana che rientrino in una o più categorie tra: studenti universitari fuori sede, persone con gravi disabilità ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge n. 104 del 1992, lavoratori dipendenti con sede lavorativa al di fuori della regione e con reddito lordo annuo non superiore a 25.000 euro, migranti per ragione sanitarie con reddito lordo annuo non superiore a 25.000 euro;
il caro trasporti si preannuncia considerevole nel periodo di Pasqua 2025. Assoutenti parla di tariffe molto onerose per viaggiare in aereo, treno o pullman. Le occasioni di festa sono sempre oggetto di rincari da parte delle compagnie: si attende anche un +470 per cento di aumento del costo di viaggio;
le tariffe più elevate sono quelle per chi parte in aereo dallo scalo milanese di Linate. Servono almeno 518 euro per volare da Linate a Catania e ritorno, 499 euro per Palermo, 460 euro per Cagliari;
il volo di andata e ritorno da Genova a Catania, nelle stesse date, parte da un minimo di 401 euro e si spende circa la medesima cifra da Torino a Lamezia Terme, a cui si aggiungano eventuali costi aggiuntivi previsti ormai sovente da tutte le compagnie aeree –:
quali misure il Governo intenda porre in essere al fine di calmierare i prezzi dei voli per le prossime festività e in vista della stagione turistica estiva.
(3-01905)
(15 aprile 2025)
DI MATTINA, MOLINARI, ANDREUZZA, ANGELUCCI, BAGNAI, BARABOTTI, BENVENUTO, DAVIDE BERGAMINI, BILLI, BISA, BOF, BORDONALI, BOSSI, BRUZZONE, CANDIANI, CAPARVI, CARLONI, CARRÀ, CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, COIN, COMAROLI, CRIPPA, DARA, DE BERTOLDI, FORMENTINI, FRASSINI, FURGIUELE, GIACCONE, GIAGONI, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI, IEZZI, LATINI, LAZZARINI, LOIZZO, MACCANTI, MARCHETTI, MATONE, MIELE, MONTEMAGNI, MORRONE, NISINI, OTTAVIANI, PANIZZUT, PIERRO, PIZZIMENTI, PRETTO, RAVETTO, SASSO, STEFANI, SUDANO, TOCCALINI, ZIELLO, ZINZI e ZOFFILI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
le imprese balneari rivestono un ruolo fondamentale per l'economia italiana e per lo sviluppo del turismo, creando occupazione e reddito e contribuendo alla crescita di tutto l'indotto;
tuttavia, oltre alle difficoltà legate ai costi operativi, inclusi quelli energetici e delle materie prime, il settore si trova a dover fronteggiare anche problematiche endemiche e peculiari: tra queste, vi è la carenza, registrata nel corso dell'ultimo triennio, di un numero adeguato di figure professionali di assistenti bagnanti, denunciata da tutte le aziende che si occupano di servizi di salvamento, che riferiscono di centinaia di figure mancanti necessarie in vista della prossima stagione estiva;
il Ministro interrogato, con il decreto del 29 maggio 2024, n. 85, si è prontamente attivato per regolare in modo dettagliato e stabile le procedure per il rilascio delle abilitazioni all'esercizio dell'attività di assistenti bagnanti, dopo anni di inerzia;
molti stakeholder hanno evidenziato che nel decreto, pur riconoscendo il diritto dei sedicenni di frequentare i corsi di formazione e ottenere il brevetto di bagnino, non viene loro consentito l'esercizio dell'attività e che ciò avrebbe comportato il rischio per la prossima stagione estiva di avere oltre il 35 per cento delle coste italiane sprovvisto di bagnini di salvamento;
a parere degli interroganti, dato anche lo strutturale calo demografico che investe il nostro Paese, sono inoltre necessari ulteriori interventi di lungo periodo per rendere più attrattiva la professione e per affrontare la questione, a cui è strettamente connessa, della «stagionalità» e di come renderla omogenea in tutto il Paese;
le imprese balneari hanno espresso di recente chiarimenti in merito alla possibilità di prescindere dalla presenza di un'assistenza bagnanti nei periodi dedicati all'elioterapia e non all'attività di balneazione. È, infatti, necessario garantire alle imprese flessibilità nella gestione degli stabilimenti, tenuto conto che la stagione balneare copre un periodo limitato dell'anno, ma che, al di fuori di tale periodo, ci possono essere esigenze di apertura per l'attività di ristorazione o elioterapica –:
se e quali iniziative abbia adottato o intenda adottare per adeguare la regolazione dell'apertura della stagione balneare, in relazione anche alle esigenze di cui in premessa.
(3-01906)
(15 aprile 2025)
LUPI, ALESSANDRO COLUCCI, BICCHIELLI, BRAMBILLA, CARFAGNA, CAVO, PISANO, ROMANO, SEMENZATO e TIRELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 47 della Costituzione sancisce che la Repubblica favorisce «l'accesso del risparmio popolare alla proprietà dell'abitazione»;
a partire dall'anno 2024 sono emersi rilievi relativi all'applicazione di alcune norme urbanistiche, con indagini che hanno provocato il blocco dell'urbanistica di Milano, un ammanco per le casse comunali — per il solo anno citato — stimato dal comune in circa 165 milioni di euro di oneri di urbanizzazione, ma anche un danno grave per le famiglie che hanno acquistato abitazioni all'interno di immobili interessati dallo stallo in corso;
i tentativi di risoluzione dei dubbi di applicazione delle norme urbanistiche ha visto l'intervento del Parlamento con la presentazione alla Camera dei deputati della proposta di legge «Disposizioni in materia di piani particolareggiati o di lottizzazione convenzionata e di interventi di ristrutturazione edilizia connessi a interventi di rigenerazione urbana», comunemente denominata «salva Milano», approvata in prima lettura il 21 novembre 2024;
il 5 marzo 2025 il sindaco di Milano ha fatto sapere che il comune non sostiene più la necessità di proseguire nell'iter di approvazione della proposta di legge cosiddetta «salva Milano», che permetterebbe di risolvere lo stallo dell'urbanistica che continua a lasciare migliaia di nuclei familiari in uno stato di disagio e di incertezza, dopo aver investito i propri risparmi nell'acquisto di un'abitazione;
il 7 aprile 2025 Filippo Maria Borsellino, rappresentante del comitato «Famiglie sospese-vite in attesa», che riunisce le famiglie che hanno investito in abitazioni coinvolte dallo stallo dell'urbanistica di Milano, ha dichiarato: «abbiamo consegnato al presidente Attilio Fontana una nuova stima dei nuclei familiari coinvolti: arriviamo a circa 15 mila solo su Milano» –:
quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di tutelare i risparmi delle migliaia di famiglie che hanno investito nelle abitazioni oggetto dello stallo in corso nel settore dell'urbanistica di Milano.
(3-01907)
(15 aprile 2025)
BOSCHI, GADDA, BONIFAZI, FARAONE, DEL BARBA, GIACHETTI e GRUPPIONI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
rispetto ai principali mercati europei, l'Italia registra il costo dell'energia più elevato con valori all'ingrosso di oltre il 25 per cento rispetto a quelli del mercato tedesco, del 40 per cento rispetto a quello francese, del 48 per cento rispetto a quello spagnolo e di oltre il 220 per cento rispetto a quelli dei Paesi scandinavi;
si stima che tale livello dei prezzi si attesterà intorno ai 10 miliardi di euro per le famiglie e le attività produttive italiane nel 2025, con una crescita media della spesa per l'energia elettrica del 28 per cento per le imprese e del 31 per cento per le famiglie;
i bonus e le misure una tantum predisposti finora dal Governo non hanno risposto alle esigenze di famiglie e imprese, soprattutto laddove, come evidenziano i dati del Ministero dell'economia e delle finanze, i trasferimenti a queste ultime per fare fronte al caro energia e caro carburanti si sono ridotti del 37,6 per cento;
l'impatto dei maggiori costi per l'approvvigionamento energetico aggravano ulteriormente le prospettive delle imprese, già fortemente condizionate dall'imposizione dei dazi statunitensi al 20 per cento su alcuni prodotti italiani e dalla guerra commerciale in atto: i maggiori costi di produzione sostenuti per il caro energia (preponderante per i producer price index) si traducono in maggiori prezzi al consumo, comportando un ulteriore calo della competitività delle imprese italiane in presenza dell'applicazione di sovratasse come i dazi;
con la modifica del Piano nazionale di ripresa e resilienza e l'integrazione del RePowerEU del 24 novembre 2023 l'Italia ha ottenuto circa 2,7 miliardi di euro per aumentare la resilienza, la sicurezza e la sostenibilità del sistema energetico mediante la diversificazione dell'approvvigionamento energetico, l'ottimizzazione delle risorse energetiche nazionali e la diffusione delle energie rinnovabili, l'efficienza energetica e la capacità di stoccaggio dell'energia;
alla luce degli scarsi risultati ottenuti dalle rinnovabili a causa di numerosi ostacoli burocratici tuttora permanenti, l'attuale mix di fonti di approvvigionamento energetico risulta del tutto inadeguato rispetto all'esigenza di garantire la sicurezza energetica del Paese, salvaguardare la tenuta delle imprese e tutelare il potere di acquisto delle famiglie, nonostante il Governo si sia impegnato a investire circa 19,2 miliardi di euro per il conseguimento di tali obiettivi –:
se ritenga di adottare iniziative per aumentare l'estrazione nazionale di gas e petrolio, nonché per aumentare l'importazione di gas naturale liquefatto e da quali Paesi e se, più nello specifico, tale eventualità sia oggetto di trattativa con gli Usa anche a fronte della sospensione dei dazi.
(3-01908)
(15 aprile 2025)
BIGNAMI, ANTONIOZZI, GARDINI, MONTARULI, RUSPANDINI, RAIMONDO, CARAMANNA, AMICH, COLOMBO, BALDELLI, COMBA, CANGIANO, GIOVINE, DEIDDA, MAERNA, FRIJIA, PIETRELLA, LONGI, SCHIANO DI VISCONTI, ZUCCONI, GAETANA RUSSO e CAIATA. — Al Ministro per la protezione civile e le politiche del mare. — Per sapere – premesso che:
il Piano del mare, approvato il 31 luglio 2023 dal Comitato interministeriale per le politiche del mare, ha riconosciuto grande rilevanza alla dimensione subacquea, ritenuta una straordinaria fonte di risorse e di opportunità, ma anche un nuovo terreno d'incontro e competizione internazionale tra ambizioni e interessi diversi;
in particolare, ad oggi, solo il 20 per cento dei fondali marini è mappato con tecniche moderne e si dispone di una cartografia accurata e aggiornata per appena il 2 per cento; l'ambiente subacqueo sta acquisendo una crescente rilevanza per la presenza di importanti infrastrutture di valenza strategica, in comparti quali quello energetico – gasdotti, oleodotti, elettrodotti – quello della comunicazione – cavi in fibra ottica che abilitano il 99 per cento del traffico dati globale – quello dell'estrattivo e quello dello stoccaggio di anidride carbonica;
tra gli obiettivi fissati dal Piano risultano proprio l'istituzione di un Polo nazionale della subacquea, per consentire all'Italia di dotarsi di un catalizzatore e acceleratore tecnologico, aggregando tutte le realtà pertinenti, nonché l'istituzione di un'autorità nazionale per il controllo delle attività subacquee, per disporre della completa e capillare conoscenza dell'ambiente subacqueo, dal punto di vista idrografico, oceanografico, geofisico, con particolare enfasi sui siti naturali ed antropici che necessitano di essere protetti;
con decreto del Ministro della difesa del 25 ottobre 2023 è stato istituito il Polo nazionale della dimensione subacquea, con il compito di promuovere le attività per la valorizzazione delle potenzialità e della competitività del settore della subacquea nazionale, per la promozione delle connesse attività di ricerca e tecnico-scientifiche, nonché per il potenziamento delle innovazioni e della relativa proprietà intellettuale;
l'esigenza di istituire, altresì, un'autorità nazionale per il controllo delle attività subacquee discende dalla crescente antropizzazione della dimensione subacquea, che rende necessario regolamentare e controllare l'accesso agli spazi subacquei;
il tema della sicurezza delle attività subacquee assume rilevanza trasversale, interessando sia la sicurezza dei mezzi e dei lavoratori subacquei, sia la sicurezza delle infrastrutture subacquee, essenziali per gli approvvigionamenti e le comunicazioni;
la necessità di una disciplina organica della materia, che riguardi anche gli standard di sicurezza delle unità subacquee, discende anche da recenti fatti di cronaca, risalendo a fine marzo 2025 la notizia dell'affondamento di un sommergibile turistico nel Mar Rosso con diversi morti e feriti –:
quali siano gli intendimenti del Ministro interrogato in materia di regolamentazione dell'attività subacquea, con particolare riguardo al tema della sicurezza, anche alla luce delle problematiche enunciate in premessa.
(3-01909)
(15 aprile 2025)