TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 406 di Giovedì 9 gennaio 2025
MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE IN MATERIA DI LEGALIZZAZIONE DELLA CANNABIS PER FINALITÀ DI CARATTERE TERAPEUTICO E RICREATIVO
La Camera,
premesso che:
1) nel mese di giugno 2024 è stata presentata la relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze 2024 (dati raccolti nel 2023), prevista dal decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, dalla quale emerge che:
a) le violazioni per possesso di sostanze stupefacenti per uso personale nel corso del 2023 sono state 34.679 e hanno riguardato 32.346 persone;
b) quanto ai reati droga-correlati, nel 2023, sono state denunciate all'autorità giudiziaria complessivamente 27.674 persone, con un aumento di quasi il 3 per cento rispetto al 2022 (dati, tuttavia, in continuo aggiornamento) dopo un trend in diminuzione dal 2018: il 76 per cento delle sostanze riportate nelle segnalazioni riguarda cannabis e derivati, percentuale che raggiunge valori pari al 97 per cento fra i minorenni e al 78 per cento fra le persone straniere;
c) sul totale delle operazioni di polizia svolte nel 2023, il 47 per cento ha riguardato la cannabis, con quasi 10 mila sequestri per circa 67 tonnellate requisite, cui si aggiungono 156 mila piante;
d) per quanto riguarda la presa in carico degli utilizzi problematici, la cannabis risulta la minor causa di trattamenti sanitari, con il 12 per cento di utenza nei SerD, il 6 per cento dell'utenza presso strutture private e il 5 per cento di ricoveri presso i pronto soccorso;
e) quanto alla componente economica la relazione informa che alla cannabis è riconducibile il 40 per cento degli oltre 16 miliardi di valore del mercato delle droghe illecite, pari a circa 6,5 miliardi;
2) i numeri sopra richiamati sono la conseguenza di un quadro normativo e regolamentare sulla cannabis estremamente punitivo e in disequilibrio rispetto a un'analisi costi-benefici che sempre deve guidare il legislatore o il decisore pubblico in ordine ai fenomeni sociali che interessano la collettività tutta;
3) i predetti dati dimostrano ancora una volta che una legislazione incentrata sulla repressione penale non consente di arginare un fenomeno ampiamente diffuso e con forti radicamenti sociali e culturali, la cui rilevanza richiede che siano disciplinati e regolamentati piuttosto che vietati o puniti;
4) nel nostro Paese vige un quadro normativo di fatto punitivo, che discende già dalla fine degli anni '80 e che è stato ulteriormente aggravato nel corso degli anni, estendendolo non solo al commercio illecito ma anche al consumo personale di droga, prescindendo da una valutazione obiettiva e scientifica sulla effettiva pericolosità sociale e sanitaria delle diverse droghe o sostanze, soggette a una continua revisione della loro classificazione, assai spesso per ragioni ideologiche o propagandistiche invece che per ragioni scientifiche, di salute pubblica o di effettiva pericolosità sociale;
5) nella storia del nostro Paese si sono dunque delineati diversi orientamenti o filoni di pensiero sulla necessità o meno di proibire ovvero legalizzare la cannabis e nel 1993 fu approvato un referendum popolare abrogativo che aveva mitigato l'impianto sanzionatorio allora vigente; con il referendum popolare il 55,3 per cento, oltre 19.000.000 di cittadini, si espresse contro la repressione penale del consumo;
6) successivamente, nel 2014, sempre nell'acceso dibattito/confronto sulle diverse posizioni di legalizzazione e di proibizionismo, intervenne anche la sentenza della Corte costituzionale n. 32 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli articoli della cosiddetta legge Fini-Giovanardi che aveva equiparato le droghe leggere, quali l'hashish e la marijuana, e quelle pesanti, come l'eroina e in genere gli oppiacei, la cocaina, le anfetamine e gli allucinogeni;
7) la Suprema Corte di cassazione, in forza del principio consolidato nella giurisprudenza costituzionale per cui una condotta non può avere rilevanza penale se non offende alcun bene giuridicamente protetto, ha consolidato il principio secondo cui «ai fini della configurabilità del reato non è sufficiente la mera coltivazione di una pianta conforme al tipo botanico vietato, ma è altresì necessario verificare se tale attività sia concretamente idonea a ledere la salute pubblica» (confronta Sezioni Unite n. 12348/2020; terza sezione penale n. 20238/2022);
8) con la su citata sentenza (n. 12348 del 16 aprile del 2020), le Sezioni Unite hanno sancito, inoltre, un nuovo fondamentale principio di diritto in materia di coltivazione e detenzione di cannabis a uso personale, stabilendo che dal reato di coltivazione di stupefacenti «devono però ritenersi escluse, in quanto non riconducibili nell'ambito della norma penale: le attività di coltivazioni di minime dimensioni svolte in forma domestica, che per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, il modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile, la mancanza di ulteriori indici di un loro inserimento nell'ambito del mercato degli stupefacenti, appaiono destinate in via esclusiva all'uso personale del coltivatore»;
9) in senso conforme, sempre la Corte di cassazione (n. 20238/2022) ha rappresentato che «(...) dal punto di vista meramente economico, la produzione di un bene per il suo esclusivo autoconsumo è fattore che, lungi dall'incrementare la vivacità di un mercato, tende a deprimerlo (...)»;
10) in sostanza, i giudici ermellini hanno più volte ritenuto che le attività di minima coltivazione non sono riconducibili nell'ambito di rilevanza penale perché prive di offensività, esattamente come avviene nelle ipotesi del consumo e della detenzione per uso personale di sostanza stupefacente;
11) grazie all'esito del referendum del 1993 e ai successivi orientamenti giurisprudenziali, attualmente il consumo e la detenzione per uso personale di sostanze stupefacenti non hanno rilevanza penale mentre la detenzione per uso personale può essere oggetto di sanzione amministrativa; tuttavia non risulta ancora conformato agli orientamenti giurisprudenziali il trattamento della coltivazione della cannabis, poiché la stessa è sanzionata penalmente la coltivazione di piante dalle quali possano estrarsi sostanze stupefacenti e a ciò consegue che nei casi di coltivazione per autoconsumo, anche terapeutico, possa essere instaurato un procedimento penale;
12) dalle conclusioni della VI Conferenza nazionale sulle dipendenze svoltasi nel 2021 è emersa forte l'esigenza di modificare l'articolo 73 del testo unico sugli stupefacenti e, nello specifico, di sottrarre all'azione penale sia la coltivazione di cannabis a uso domestico sia la cessione di modeste quantità per uso di gruppo oltre che diverse misure di depenalizzazione;
13) è necessario che il legislatore intervenga per armonizzare le diverse istanze sociali ben tradotte nei consessi giurisprudenziali e tuttavia rimaste disattese nelle norme vigenti, al fine di garantire il diritto ad accedere ai benefici terapeutici della cannabis per tutti i pazienti che lo richiedano e per escludere la criminalizzazione di una condotta che contempla l'uso ricreativo della cannabis, che non viene sentita o ritenuta illecita dalla maggioranza dei cittadini e che non è lesiva della salute pubblica;
14) l'adozione di un modello di repressione indifferenziata, che proibisce allo stesso modo tutte le sostanze e punisce in modo analogo o identico tutti i consumatori, ha accresciuto in modo esponenziale i costi e quindi ha aggravato l'inefficienza delle legislazioni proibizioniste;
15) ai firmatari del presente atto di indirizzo occorre ovviare al dispendioso quanto inefficace coinvolgimento dell'apparato giudiziario e burocratico che appare essere inadeguato, sproporzionato e talvolta anche dannoso nonché evitare processi giudiziari che intralciano la giustizia a discapito di ben più rilevanti necessità e che, ove riguardino giovanissimi, arrivano a criminalizzazioni più dannose che riparative;
16) si consideri, infatti, che, sia in Italia che in Europa, le attività repressive sul traffico, lo spaccio e la detenzione di cannabis – che rappresenta certamente la sostanza meno pericolosa – impegnano sull'intero territorio nazionale (e non solo) un numero di appartenenti alle forze di polizia giudiziaria e di magistrati che è un multiplo di quello impegnato nelle azioni di contrasto all'eroina ovvero alla cocaina, alle droghe sintetiche, ben più micidiali;
17) occorre contare sia le risorse impegnate nella repressione del traffico di cannabis attraverso interventi sul territorio, sia gli ufficiali di polizia giudiziaria che redigono le relative informative e verbali e, infine, carabinieri, finanzieri, poliziotti, quotidianamente impegnati nei tribunali per deporre in udienza;
18) i sequestri di quantitativi di cannabis, sono, a seconda degli anni, 100 o 150 volte di più di quelli di eroina e cocaina e 8.000 volte maggiori dei sequestri delle droghe sintetiche; in pratica si sequestra in misura infinitamente più ampia la sostanza meno dannosa rispetto a quelle ben più nocive, se non letali;
19) anche dai dati già citati emerge come, a fronte di un eccezionale impegno della magistratura e delle forze dell'ordine, l'azione di contrasto del fenomeno non abbia invertito il trend relativo al consumo della sostanza;
20) è necessario rescindere il legame illecito tra il consumatore e il fornitore, sottraendo alle organizzazioni criminali fonti illecite di guadagno, come più volte evidenziato dalla stessa Direzione nazionale antimafia (Dna), impiegando le risorse che si risparmierebbero per contrastare in maniera più diretta e più efficace i reati e le attività criminose legate al traffico illecito di sostanze stupefacenti;
21) proprio la richiamata Direzione nazionale antimafia, nella relazione annuale afferente all'annualità 2017, aveva affermato che «sembra coerente l'adozione di una rigorosa e chiara politica di legalizzazione della vendita della cannabis, accompagnata da una parallela azione a livello internazionale e in particolare europeo, che consenta la creazione, in prospettiva, di una più ampia aerea in cui il fenomeno sia regolato in modo omogeneo», pronunciandosi favorevole alla legalizzazione alla luce dei numeri, fatti, indagini e processi e del fallimento delle politiche proibizioniste e sottolineando la necessità di concentrare le risorse dello Stato sulla repressione di fenomeni più gravi ed allarmanti;
22) in questo quadro fattuale, è stata proprio la Direzione nazionale antimafia, dunque, a proporre politiche di depenalizzazione che potrebbero dare buoni risultati «in termini di deflazione del carico giudiziario, di liberazione di risorse disponibili delle forze dell'ordine e magistratura per il contrasto di altri fenomeni criminali e, infine, di prosciugamento di un mercato che, almeno in parte, è di appannaggio di associazioni criminali agguerrite»;
23) nel nostro Paese solo nella XVIII legislatura è stato possibile affrontare il tema con un approccio più laico e proprio in questo ramo del Parlamento si è giunti ad una proposta di legge condivisa finalizzata a superare una legislazione orientata alla esclusiva repressione penalistica del fenomeno; segnatamente, il 29 giugno 2022 è stato avviato l'esame in Aula del provvedimento volto alla depenalizzazione della coltivazione domestica della cannabis per uso personale, già approvato dalla Commissione giustizia in sede referente (testo unificato Magi-Licatini A.C. 2307-A);
24) il predetto provvedimento, recante modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di coltivazione, cessione e consumo della cannabis e dei suoi derivati, da un lato, ha recepito i più recenti orientamenti della giurisprudenza in materia di produzione e detenzione di cannabis di lieve entità per uso personale, in modo da rendere lecita la coltivazione domestica di 4 piantine per uso esclusivamente personale, dall'altro, ha superato anche l'applicazione della sanzione amministrativa, in presenza di determinate condizioni fissate dalla legge; tra le novità introdotte, oltre alla riforma della disciplina sanzionatoria della produzione e del traffico di cannabis e dell'associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, vi è altresì la previsione di pene detentive più basse per i fatti più lievi – con una disciplina autonoma per i fatti di lieve entità – prevedendo, al contempo, l'esclusione del fatto di lieve entità nei casi di cessione di sostanze commessa nei confronti di un minore;
25) l'approvazione in II Commissione (Giustizia) della Camera dei deputati del su citato provvedimento ha certamente rappresentato un fondamentale passo in avanti verso la depenalizzazione della coltivazione per uso personale della cannabis, specie a seguito della dichiarazione di inammissibilità da parte della Corte costituzionale del referendum che proponeva l'abrogazione di alcune parti del testo unico in materia di stupefacenti, a febbraio 2022;
26) non può non rilevarsi, invero, come vi sia stata una grande partecipazione della popolazione sul tema, in considerazione della circostanza che a sole 72 ore dal deposito del quesito referendario da parte dei promotori, fossero state raccolte già circa 330 mila sottoscrizioni, a riprova del forte interesse mostrato dai cittadini rispetto alla necessità di rimodulare la disciplina relativa al consumo di cannabis; tale istanza non può rimanere inevasa da parte del legislatore e dunque, appare opportuno che il Parlamento si assuma le proprie responsabilità anche in questa legislatura e porti a termine il lavoro già iniziato nella precedente;
27) in Europa e negli altri Paesi del mondo si sta affermando, in maniera sempre più estesa, il superamento del proibizionismo; in Germania, ad esempio, dal 1° aprile 2024 è entrata in vigore la legge che legalizza la cannabis, consentendo agli adulti sopra i 18 anni di coltivare legalmente un massimo di tre piante per il consumo privato e di possedere quantità limitate della sostanza, fino a un massimo di 25 grammi, consentendo la coltivazione anche ai cosiddetti «Cannabis club», associazioni senza scopo di lucro con non più di 500 membri; le persone con più di 21 anni potranno acquistare un massimo di 50 grammi al mese, mentre per i giovani tra i 18 e i 21 anni il limite è di 30 grammi; prima della Germania, altri Paesi come Malta e il Lussemburgo avevano già legalizzato la cannabis anche a scopo ricreativo: Malta nel 2023 e il Lussemburgo nel 2021; in Spagna la coltivazione personale e il consumo in casa sono legali solo per un massimo di 3 piante e fuori casa sono i social club ad offrire l'unica alternativa di consumo; in Portogallo, dal 2001, il consumo personale di cannabis è stato depenalizzato; in Francia e nel Regno unito è stata legalizzata la cannabis per uso medico-terapeutico;
28) questo approccio pragmatico sulla legislazione delle droghe leggere ha riguardato anche gli Stati Uniti, dove è cresciuto rapidamente il numero degli Stati che hanno legalizzato la produzione e la vendita di cannabis per uso ricreativo, quali il Colorado, Washington, Oregon e Alaska e il distretto di Columbia;
29) nel gennaio del 2019, l'Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) ha pubblicato sei raccomandazioni relative alla cannabis in cui raccomanda la rimozione della cannabis dalla tabella IV della Convenzione unica sugli stupefacenti del 1961 (che contiene le sostanze «particolarmente dannose e di valore medico o terapeutico estremamente ridotto») e l'inserimento di determinate preparazioni farmaceutiche a base di cannabis nella tabella III della stessa Convenzione (che elenca le sostanze con valore terapeutico e con basso rischio di abuso); anche il tetraidrocannabinolo (Thc) viene rimosso dalla Convenzione sulle sostanze psicotrope del 1971 e ricondotto alla sola tabella I della Convenzione del 1961;
30) in sostanza l'Organizzazione mondiale della Sanità ha così riconosciuto le applicazioni mediche della cannabis e dei cannabinoidi, che vengono reintegrati nella farmacopea e ha chiarito che le preparazioni di cannabidiolo puro, con meno dello 0,2 per cento di Thc, non devono essere sotto controllo internazionale;
31) in seguito, le raccomandazioni dell'Oms sono state inoltrate alle Nazioni Unite per essere votate dalla Commission on Narcotic Drugs, l'organo esecutivo per la politica sulle droghe con sede a Vienna; la Commissione, nella sua riunione annuale, ha preso in considerazione, ed accolto, soltanto la raccomandazione del 2019 dell'Oms, che chiedeva di togliere la cannabis dalla Tabella IV della Convenzione del 1961, dove era elencata insieme a sostanze stupefacenti quali l'eroina e la cocaina;
32) l'Italia ha legalizzato l'uso di cannabinoidi per finalità mediche nel 2006, tuttavia la prescrizione di cannabis ad uso medico in Italia è stata disciplinata solo nel 2015 e riguarda l'impiego nel dolore cronico e di quello associato a sclerosi multipla e a lesioni del midollo spinale; nella nausea e vomito causati da chemioterapia, radioterapia, terapie per Hiv; come stimolante dell'appetito nella cachessia, anoressia, perdita dell'appetito in pazienti oncologici o affetti da Aids e nell'anoressia nervosa; l'effetto ipotensivo nel glaucoma; la riduzione dei movimenti involontari del corpo e facciali nella sindrome di Gilles de la Tourette; le prescrizioni si effettuano quando le terapie convenzionali o standard sono efficaci;
33) con il decreto-legge n. 148 del 2017, convertito, con modificazioni, della legge n. 172 del 2017, è stata poi disciplinata in maniera più organica la produzione di cannabis prevedendo che lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, autorizzato alla fabbricazione di infiorescenze di cannabis in osservanza delle norme di buona fabbricazione (Good manufacturing practices – GMP) secondo le direttive dell'Unione europea, provvede alla coltivazione e alla trasformazione della cannabis in sostanze e preparazioni vegetali per la successiva distribuzione alle farmacie, al fine di soddisfare il fabbisogno nazionale di tali preparazioni e per la conduzione di studi clinici;
34) per assicurare la disponibilità di cannabis a uso medico sul territorio nazionale, anche al fine di garantire la continuità terapeutica dei pazienti già in trattamento, può altresì essere autorizzata l'importazione di quote di cannabis da conferire allo stesso Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, ai fini della trasformazione e della distribuzione presso le farmacie e qualora risulti necessaria la coltivazione di ulteriori quote di cannabis possono essere individuati uno o più enti o imprese da autorizzare alla coltivazione nonché alla trasformazione, con l'obbligo di operare secondo le Good agricultural and collecting practices (Gacp);
35) le preparazioni magistrali a base di cannabis prescritte dal medico sono a carico del Servizio sanitario nazionale, nei limiti del livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato, e la Commissione nazionale per la formazione continua (Ecm) deve prevedere l'aggiornamento periodico del personale medico, sanitario e socio-sanitario impegnato nella terapia del dolore, anche attraverso il conseguimento di crediti formativi per acquisire una specifica conoscenza professionale sulle potenzialità terapeutiche delle preparazioni di origine vegetale a base di cannabis nelle diverse patologie e in particolare sul trattamento del dolore;
36) nonostante la maggiore organicità della disciplina della cannabis terapeutica e nonostante la Commissione nazionale Ecm abbia dato seguito alla predetta disposizione, tutt'oggi esistono ancora diffuse carenze formative e informative tra il personale medico e sanitario sulle potenzialità terapeutiche della cannabis ed ancora oggi è difficile trovare medici disposti a prescriverne la somministrazione;
37) nel nostro Paese la carenza di cannabis terapeutica, la mancata continuità delle cure, unitamente al fatto che pochi medici ne conoscono la prescrivibilità, creano un allarme costante per i pazienti; oggi si aggiunge anche il fondato timore della chiusura della produzione presso lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, l'unico ad oggi autorizzato in Italia per questo tipo di produzione e vista l'insufficiente produzione interna, l'Italia continua ad importare prodotti a base di cannabis, in particolare dai Paesi Bassi e dal Regno Unito;
38) occorre potenziare la coltivazione della cannabis terapeutica per far fronte alla carenza di cannabis medica; tale carenza infatti è diventata sempre più una priorità, in quanto i pazienti evidenziano frequenti casi di indisponibilità del prodotto e rischia di non poter garantire la continuità terapeutica per i pazienti; tale difficoltà di reperimento risiede in parte nella incapacità del nostro Paese di produrre un quantitativo di cannabis che sia in grado di far fronte all'attuale domanda di prodotto e in parte proprio nel divieto di coltivazione personale per finalità terapeutiche;
39) coltivare piante di cannabis con Thc superiore allo 0,6 per cento è infatti un reato, anche se in presenza di prescrizione medica; tuttavia su tale divieto è intervenuta la sentenza delle Sezioni Unite penali della Cassazione n. 12348 del 2020 che renderebbe possibile che tale condotta non assuma rilevanza penale laddove la coltivazione domestica sia svolta in maniera rudimentale (senza una predisposizione sofisticata di mezzi e strutture), con un limitato numero di piante e finalizzata al solo consumo personale; ovviamente si tratta di condizioni e parametri fissati in via giurisprudenziale e non normativa, e che dunque non escludono la punibilità tout court;
40) con legge n. 242 del 2016, recante «Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa», nel nostro Paese è iniziato il rilancio di un settore che per decenni era stato dimenticato, consentendo nuovamente la coltivazione della canapa (cannabis sativa) per utilizzo agricolo e industriale;
41) a seguito dell'approvazione di tale provvedimento, in Italia moltissime nuove aziende hanno avviato la propria attività, e tante imprese si sono specializzate nella trasformazione dei derivati: ad oggi parliamo di una filiera che vale mezzo miliardo di euro, con 3.000 aziende agricole e 30.000 posti di lavoro e un peso rilevante sull'innovazione green e sul rilancio delle zone interne;
42) la succitata legge, tuttavia, reca ancora incertezze interpretative e vuoti legislativi, in particolare relativi alla possibilità di commercializzazione dei prodotti, che compromettono l'attività delle imprese agricole e commerciali coinvolte e che arrestano la crescita, lo sviluppo e la stabilità di un compartimento economico oggi di spicco;
43) al riguardo, sono note le antinomie giurisprudenziali insorte nel corso del 2019, le quali hanno condotto la IV sezione penale della Corte di cassazione a emettere un'ordinanza di remissione alle Sezioni Unite (ordinanza n. 8654 del 27 febbraio 2019) per risolvere proprio il contrasto interpretativo sulla liceità della commercializzazione al dettaglio della «cannabis light»; da un lato, infatti, l'interpretazione restrittiva della norma ricondurrebbe astrattamente, ed in ogni caso, la commercializzazione di prodotti diversi da quelli elencati nell'articolo 2 della legge n. 242 del 2016 (tra cui, ad esempio, le infiorescenze di cannabis sativa L. o le resine) tra le condotte penalmente rilevanti ai sensi del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti, dall'altro, l'opposto indirizzo, di tipo estensivo, stabilisce che la legge n. 242 del 2016, avendo lo scopo di promuovere e sostenere l'intera filiera produttiva della canapa industriale, contempla, come necessario corollario logico-giuridico, anche la commercializzazione dei prodotti ottenuti da tale filiera, tra i quali rientrano ugualmente le infiorescenze;
44) in un tale contesto, anche la Suprema corte, con la sentenza n. 4920 del 2019, si è espressa sia sulla possibilità di commercializzazione dei prodotti derivanti dalla stessa finalità della legge, sia sul contenuto di Thc degli stessi;
45) diverse sono state le sentenze, nonché le circolari e le direttive ministeriali susseguitesi sui punti controversi nel corso degli anni e appare quindi evidente che – anche considerando l'attuale orientamento restrittivo del Governo relativo alla coltivazione e produzione della canapa – è quanto mai necessario e urgente apportare delle modifiche alla legge 242 del 2016, presupponendo anche la possibilità di commercializzare tali prodotti ed estendendo l'applicazione della legge anche alle infiorescenze fresche ed essiccate, di prodotti e preparati da esse derivati e di oli il cui contenuto di tetraidrocannabinolo (Thc) risulti uguale o inferiore allo 0,5 per cento;
46) è invece tra gli intendimenti dichiarati di questo Governo modificare il divieto di importazione, cessione, lavorazione, distribuzione, commercio, trasporto, invio, spedizione e consegna delle infiorescenze della canapa (cannabis sativa L.), anche in forma semilavorata, essiccata o triturata, nonché di prodotti contenenti tali infiorescenze, compresi gli estratti, le resine e gli olii da esse derivati;
47) nelle ipotesi di modifica attualmente all'esame del Parlamento si prevede infatti l'applicazione delle sanzioni previste al Titolo VIII del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza;
48) con lo scopo evidente di rendere illegale la canapa light, si vogliono spostare i derivati della cannabis a uso terapeutico nella tabella B delle sostanze stupefacenti, con la conseguenza che anche per la cannabis terapeutica si determinerà una inevitabile compressione nella vendita o diffusione;
49) sono inoltre diversi i tentavi ministeriali, sospesi ripetutamente dai tribunali amministrativi per carenza di evidenze scientifiche, di inserire le composizioni per somministrazione ad uso orale di cannabidiolo (Cbd), ottenuto da estratti di cannabis, nella tabella B dei medicinali ossia nella tabella degli stupefacenti in modo da vietare la vendita nei negozi, nelle erboristerie e nei tabaccai (ad esempio sotto forma di olio in gocce), ma solo nelle farmacie con ricetta medica non ripetibile;
50) a riguardo, gli operatori del settore sottolineano come le evidenze scientifiche internazionali, comprese quelle dell'Oms, dimostrano chiaramente che il cannabidiolo è una sostanza sicura senza rischio di abuso e dipendenza ed esprimono «seri dubbi sul fatto che questa serie di manovre legislative possa essere volta a favorire indebitamente le case farmaceutiche, consegnando loro un mercato dal grande potenziale economico. Questa preoccupazione nasce dall'apparente intenzione del Governo di restringere l'accesso al cannabidiolo attraverso la medicalizzazione forzata, un'azione che sembra avvantaggiare esclusivamente le grandi aziende farmaceutiche a discapito dei piccoli produttori e degli operatori del settore della canapa»;
51) recentemente il Senato ha approvato in via definitiva il disegno di legge sulla sicurezza stradale e modifiche al Codice della strada; il provvedimento si articola in due sezioni: la prima è dedicata alle modifiche specifiche al Codice della strada, la seconda riguarda un'ampia delega al Governo per la revisione del sistema normativo in materia di motorizzazione e circolazione stradale; tra le variazioni introdotte nella prima sezione, vi è la modifica all'articolo 187, che omette – diversamente dall'articolo 186, relativo allo stato d'ebbrezza – la statuizione di principio riguardante il divieto di porsi alla guida di un veicolo in stato di alterazione psico-fisica, passando direttamente a incriminare (mediante una fattispecie contravvenzionale) la guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope;
52) il reato – prima dell'approvazione – consisteva appunto nel porsi alla guida della vettura in stato di alterazione psico-fisica dovuto all'assunzione della sostanza; essenziale per l'accertamento del fatto-reato è, dunque, l'accertamento del nesso causale tra consumo della sostanza ed effetto di alterazione sull'organismo; la Cassazione è consolidata su questo orientamento (si veda da ultimo Cassazione, sez. IV penale, 25 gennaio 2023, n. 5890 e Cassazione, sez. IV penale, 18 aprile 2023, n. 22682 e ancora tribunale di Vicenza 4 febbraio 2022, n. 129); i controlli per la rilevazione del principio attivo del tetraidrocannabinolo (Thc), vengono effettuati attraverso test salivari, che possono dare risultato positivo anche a tre giorni di distanza dall'effettivo uso della sostanza; stessa cosa, se si usano altri test: nelle urine ad esempio, il tetraidrocannabinolo rimane anche un mese dall'ultima assunzione, nel capello fino a tre mesi, nel sangue fino a tre settimane,
impegna il Governo:
1) ad adottare iniziative normative volte a razionalizzare la disciplina sanzionatoria delle varie condotte illecite previste dall'articolo 73 decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ridefinendo i fatti di lieve entità e stabilendo che non possa costituire illecito amministrativo la detenzione di prodotto derivante dalla coltivazione domestica di un numero definito di piante qualora si accerti che sia per uso esci usi esclusivamente personale;
2) ad adottare iniziative normative volte a legalizzare la cannabis per uso terapeutico e ricreativo, affermando e disciplinando la liceità della coltivazione della cannabis, da parte di soggetti maggiorenni, di un numero limitato di piante femmine e della detenzione per uso personale del relativo prodotto, condotta che non dovrà più essere considerata illecita, neanche dal punto di vista amministrativo;
3) ad adottare iniziative normative volte ad intervenire sul Testo unico stupefacenti, al fine di introdurre una disciplina di rango primario autonoma rispetto ai fatti di «lieve entità», prevedendo, nello specifico, limiti edittali inferiori in caso di produzione, acquisto e cessione illeciti considerati di «lieve entità», in base ai mezzi, la modalità o le circostanze dell'azione, ovvero per la quantità delle sostanze, distinguendo tra le droghe pesanti e le droghe leggere; escludendo, tuttavia, la sussistenza del fatto di lieve entità nei casi di cessione di sostanza commessa nei confronti di un minore;
4) ad adottare iniziative normative volte ad introdurre una disciplina specifica per consentire, al giudice, ove il fatto lieve sia commesso da un tossicodipendente, la cui condizione sia stata certificata da una struttura sanitaria pubblica, di applicare, in luogo delle pene detentive e pecuniarie, il lavoro di pubblica utilità per una durata corrispondente a quella della sanzione detentiva, insieme alla frequentazione di un programma terapeutico di recupero presso strutture a ciò dedicate;
5) ad adottare iniziative normative volte ad introdurre una riduzione di pena per coloro che si adoperano concretamente, insieme all'autorità giudiziaria, per l'identificazione o la cattura dei concorrenti o associati, estendendo la previsione contenuta nel comma 7 dell'articolo 73 Testo unico stupefacenti;
6) ad adottare iniziative normative, con il primo provvedimento utile, per abrogare la norma che sanziona anche sul piano amministrativo il consumo di cannabis, se derivante dalla coltivazione che sarà considerata consentita;
7) ad adottare iniziative volte ad incrementare le risorse a favore delle investigazioni sul riciclaggio dei proventi del traffico, e, prima ancora, sui movimenti finanziari che muovono e alimentano i traffici, da svolgersi anche attraverso l'impiego delle operazioni sotto copertura in contesti economici e finanziari;
8) ad adottare iniziative di competenza volte a contrastare la vera criminalità legata al traffico di stupefacenti, reinvestendo i risparmi ottenuti dallo Stato, pari a circa 600 milioni l'anno, tra spese per forze di polizia, processi e carceri, conseguenti alla legalizzazione della cannabis per uso ricreativo e terapeutico e alla sottrazione alle mafie e alle organizzazioni criminali, per finanziare e potenziare le attività di contrasto e di indagine per le droghe pesanti;
9) ad adottare iniziative volte a reintrodurre, anche con futuri provvedimenti normativi, il nesso causale tra l'alterazione psicofisica e il divieto di porsi alla guida di un veicolo, evitando che vi sia una sanzione per mera assunzione contestata da soggetti deputati al rispetto delle regole della strada;
10) a facilitare l'introduzione di linee guida uniformi per le commissioni mediche locali, per coloro che utilizzano medicinali a base di cannabinoidi per fini terapeutici al fine di valutare l'idoneità alla guida;
11) ad adottare iniziative, con la necessaria urgenza, a tutela delle persone in cura con farmaci psicotropi, come la cannabis terapeutica, convocando il tavolo tecnico già istituito nel 2021 presso il Ministero della salute, per disciplinare adeguatamente le condizioni in base alle quali sia possibile consentire ai malati in cura con tetraidrocannabinolo (Thc) e cannabidiolo (Cbd) di poter guidare;
12) ad adottare iniziative di competenza volte a potenziare ulteriormente la formazione del personale sanitario ed in particolare dei medici di medicina generale e dei sanitari che operano nel territorio, avviando anche campagne informative sull'uso terapeutico della cannabis;
13) ad adottare iniziative normative, con il primo provvedimento utile, affinché l'uso, la produzione e la diffusione della cannabis non sia intaccata nei suoi obiettivi terapeutici, rendendo il suo impiego accessibile a chi ne ha bisogno per motivi di salute e ad assicurare una regolamentazione che sostenga la crescita sostenibile dell'industria della canapa in Italia, tutelando al contempo la salute pubblica con misure che siano in armonia con le evidenze scientifiche nazionali ed internazionali;
14) ad adottare iniziative di competenza volte a potenziare la coltivazione della cannabis terapeutica per far fronte alla carenza di cannabis medica, garantendo la continuità terapeutica per i pazienti e rafforzando la capacità produttiva dello Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze ovvero di altri soggetti produttori autorizzati e controllati dallo stabilimento medesimo secondo quanto previsto dal decreto-legge n. 148 del 2017;
15) ad adottare iniziative, anche normative, volte a garantire che la fornitura dei farmaci e delle preparazioni a base di tetraidrocannabinolo (Thc) e cannabidiolo (Cbd) per le patologie per le quali è riconosciuto il valore terapeutico sia a carico del Servizio sanitario nazionale e il relativo trattamento sia incluso nei livelli essenziali di assistenza (Lea);
16) ad adottare iniziative normative volte ad ampliare il campo di applicazione della legge n. 242 del 2016, recante «Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa», in particolare intervenendo affinché il sostegno e la promozione riguardino la coltura della canapa finalizzata non solo alle attività di coltivazione e di trasformazione ma anche a quelle attinenti alla commercializzazione nonché estendendo la portata della stessa legge all'intera pianta, comprese le infiorescenze fresche o essiccate;
17) a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative, anche di carattere fiscale, al fine di regolamentare il circuito di commercializzazione della cannabis ad uso ricreativo, fatta salva la coltivazione per uso personale.
(1-00369) (Nuova formulazione) «Quartini, Baldino, D'Orso, Francesco Silvestri, Caramiello, Iaria, Riccardo Ricciardi, Alfonso Colucci, Fenu, Pellegrini, Torto, Caso, Ilaria Fontana, Pavanelli, Barzotti, Scutellà, Di Lauro, Marianna Ricciardi, Sportiello, Aiello, Carotenuto, Tucci, Appendino, Cappelletti, Ascari, Giuliano».
(2 dicembre 2024)
La Camera,
premesso che:
1) il XV Libro bianco sulle droghe è un rapporto indipendente che analizza gli effetti del testo unico sugli stupefacenti (decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990), il sistema penale, i servizi, la salute delle persone che usano sostanze e alla società;
2) la redazione del testo è promossa da numerosi soggetti: La società della ragione, Forum droghe, Antigone, Cgil, Coordinamento nazionale comunità accoglienti, Associazione Luca Coscioni, Arci, Lega italiana per la lotta contro l'Aids e Legacoopsociali, con l'adesione di A buon diritto, Comunità di San Benedetto al Porto, Funzione pubblica Cgil, Gruppo Abele, Itardd, Itanpud, Meglio Legale e Eumans;
3) l'edizione del Libro bianco del 2024 ha rilevato una situazione drammatica in merito agli effetti della legislazione in materia di droghe: a 34 anni dal testo unico sulle droghe i dati purtroppo sono sempre i medesimi che sono stati confermati dalla Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia anno 2024;
4) gli effetti penali, in particolare dell'articolo 73, sono devastanti e confermano come la legge «Jervolino-Vassalli» continui a rappresentare il principale veicolo di ingresso nel sistema della giustizia italiana e nelle carceri, tanto che in assenza di detenuti per articolo 73 o di quelli dichiarati «tossicodipendenti», non vi sarebbe il problema del sovraffollamento carcerario;
5) su 40.661 ingressi nel 2023, ben 10.697 (il 26,3 per cento) erano dovuti alla violazione dell'articolo 73 della legge sulle droghe e 15.492 (il 38,1 per cento) erano le persone classificate come «tossicodipendenti»;
6) i detenuti in carcere al 31 dicembre 2023 erano 60.166, di questi quasi 13.000 a causa del solo articolo 73 del testo unico, ovvero la detenzione a fini di spaccio; altri 6.575 erano detenuti in associazione con l'articolo 74, ossia associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope; poco meno di 1.000 erano detenuti esclusivamente per l'articolo 74 (il 34,1 per cento del totale);
7) pur in leggera diminuzione, i dati sugli ingressi e le presenze di detenuti definiti «tossicodipendenti» restano molto alti: lo è il 38,1 per cento di coloro che entrano in carcere, mentre al 31 dicembre 2023 erano presenti nelle carceri italiane 17.405 detenuti tossicodipendenti, che rappresentano il 28,9 per cento del totale, una presenza record in termini assoluti (dal 2006 a oggi), alimentata dal continuo ingresso in carcere di persone «tossicodipendenti» che, superati i due anni di pandemia, ha ripreso ad aumentare (+18,4 per cento rispetto al 2021);
8) le segnalazioni ai prefetti per detenzione di sostanze per uso personale continuano a crescere implacabilmente, producendo più di tredicimila sanzioni l'anno, che per il 76 per cento si riferiscono a consumatori di cannabis, seguono a distanza cocaina, al 16,7 per cento, ed eroina al 3,7 per cento, dal 1990 oltre un milione di persone sono state segnalate per possesso di derivati della cannabis per quanto riguarda le segnalazioni e le sanzioni amministrative per il consumo di droghe illegali dal 2020 in poi, il numero di persone segnalate si aggira intorno alle 40.000;
9) il 38 per cento delle segnalazioni finisce con una sanzione amministrativa, in genere la sospensione della patente (o il divieto di conseguirla) o del passaporto;
10) è da segnalare, in particolare, come la repressione continui ad abbattersi sui minori, in aumento rispetto al 2022 (anche se non sono a disposizione dati consolidati), i minori, in tale contesto, entrano in un percorso sanzionatorio stigmatizzante e, come afferma il Libro bianco, desacralizzante e controproducente: significativo il fatto che il 97,3 per cento dei minori sia segnalato per cannabis;
11) al 2022 le persone coinvolte in procedimenti penali pendenti per violazione dell'articolo 73 e 74 sono rispettivamente 180.621 e 46.003;
12) appare irrilevante la vocazione «terapeutica» della segnalazione al prefetto: solo 327 persone sono state sollecitate a presentare un programma di trattamento sociosanitario, mentre nel 2007 erano 3.008: tali numeri confermano la preponderanza della questione sociale legata al consumo e al piccolo spaccio di droghe;
13) si riscontrano, quindi, continui e perduranti effetti insalubri e criminogeni della legislazione italiana sugli stupefacenti, che richiedono una completa inversione di impostazione, che porti all'esclusione della detenzione carceraria in relazione alla cannabis;
14) ciò, a maggior ragione, dopo che il 15 settembre 2024 è stato emanato il decreto-legge cosiddetto «Caivano», poi convertito con modificazioni dalla legge 13 novembre 2023, n. 159 («misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile»);
15) con tale provvedimento, il Governo ha aggravato la pena detentiva prevista per il delitto di cui all'articolo 73, comma 5, la cosiddetta «lieve entità», ora punibile con la reclusione da sei mesi a cinque anni e non più da sei mesi a quattro anni, a questa disposizione si aggiunge quella in itinere in Parlamento, che vede nell'ambito del disegno di legge «sicurezza» equiparare la cannabis light a quella con capacità drogante;
16) al 31 dicembre 2023, nei tribunali erano 81.904 i procedimenti penali pendenti per violazioni dell'articolo 73, per un totale di 170.292 persone coinvolte, di cui il 4,7 per cento di queste minorenni;
17) 4620 erano invece i procedimenti penali pendenti ex articolo 74, a carico di 45.285 persone, dati che rappresentano un insostenibile carico per le aule di giustizia italiane, che potrebbero ulteriormente aggravarsi nel 2024, a causa dei probabili effetti della citata legge n. 159 del 2023;
18) appare netta e consolidata la sproporzione tra persone con procedimenti pendenti ex articolo 73 (il 79 per cento) ed ex articolo 74 (il 21 per cento), e rappresenta il segnale che il contrasto alle droghe si concentra sui cosiddetti «pesci piccoli», tanto che gli imputati e condannati ex articolo 74 sono spesso ben lontani dal rappresentare il vertice della piramide criminale che gestisce il traffico nazionale e internazionale di stupefacenti;
19) l'International independent expert mechanism to advance racial justice and equality in the context of law enforcement promosso dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, nel suo rapporto sull'Italia, a seguito della visita del maggio 2024, ha sottolineato come l'approccio punitivo dell'Italia all'applicazione della legge sulla droga sollevi notevoli preoccupazioni in materia di diritti umani e colpisca in modo sproporzionato gli africani e le persone di origine africana. Gli esperti delle Nazioni Unite hanno rimarcato inoltre, come evidenziato da diversi casi individuali, che il profiling etnico è utilizzato nell'applicazione della legge sulle droghe e come le leggi restrittive sull'immigrazione abbiano aumentato la vulnerabilità dei migranti alle politiche di contrasto alla droga, costringendoli spesso alla clandestinità e a rivolgersi ai mercati illegali per sopravvivere, compreso il traffico di droga;
20) il Comitato per i diritti economici e sociali delle Nazioni Unite, nella sua revisione sull'Italia del 2022, aveva già espresso «preoccupazione per l'approccio punitivo al consumo di droghe e per l'insufficiente disponibilità di programmi di riduzione e del danno» e raccomandato «che lo Stato riveda le politiche e le leggi sulle droghe per allinearle alle norme internazionali sui diritti umani e alle migliori pratiche, e che migliori la disponibilità, l'accessibilità e la qualità degli interventi di riduzione del danno»;
21) l'Alto Commissariato per i diritti umani delle Nazioni Unite (Ohcr), nel suo rapporto sulle implicazioni delle politiche sulle droghe globali sui diritti umani, ha chiesto agli Stati membri di «adottare alternative alla criminalizzazione, alla “tolleranza zero” e all'eliminazione delle droghe, prendendo in considerazione la depenalizzazione dell'uso; assumere il controllo dei mercati illegali delle droghe attraverso una regolamentazione responsabile, per eliminare i profitti del traffico illegale, della criminalità e della violenza»;
22) la relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze 2024 afferma che alla cannabis è riconducibile il 40 per cento degli oltre 16 miliardi di euro del valore di mercato delle droghe illecite, pari a circa 6,5 miliardi di euro;
23) a livello internazionale, numerosi Stati hanno intrapreso la strada della legalizzazione della cannabis, negli Usa, 25 Stati federati hanno legalizzato la cannabis per tutti gli usi, oggi metà della popolazione statunitense vive in un regime legale per quanto riguarda la cannabis, un'industria che produce ricchezza e lavoro per quasi 450.000 lavoratori a tempo pieno, quanto paventato dal fronte proibizionista, dall'aumento del consumo giovanile a quello degli incidenti stradali, è smentito dai dati e dalle rilevazioni sui consumi, mentre nessuno Stato ha mai preso in considerazione di tornare indietro dalla legalizzazione della cannabis;
24) in Canada la legalizzazione è avvenuta con il Canada cannabis survey del 2023 e i dati confermano il buon andamento del processo di sostituzione del mercato illegale, il 73 per cento dei consumatori acquista usualmente la cannabis nel mercato legale, il 69 per cento esclusivamente dal mercato legale, a cui vanno aggiunti coloro che la coltivano in autonomia, il 6 per cento, il 15 per cento che la ottiene dal mercato sociale, da amici, parenti e conoscenti, e il 2 per cento da altre fonti non meglio precisate: solo un 3 per cento oggi in Canada si rivolge abitualmente al mercato illegale per le proprie necessità d'uso;
25) in Sud Africa, il Presidente Cyril Ramaphosa ha firmato a fine maggio il Cannabis for private purposes bill, che depenalizza il possesso, la coltivazione e l'uso personale di cannabis, a seguito di questo provvedimento, la fedina penale di chiunque sia stato condannato per possesso o uso di cannabis, in violazione di una legge che criminalizza l'uso e il possesso di cannabis, dovrà essere cancellata automaticamente dal Criminal record centre del South African police service. La citata legge ha seguito una sentenza dell'Alta Corte sudafricana, che nel 2018 aveva stabilito che l'uso privato di cannabis da parte di adulti è un comportamento costituzionalmente protetto. Circa il 13 per cento degli arresti in Sud Africa era correlato a reati inerenti alla cannabis;
26) anche in Europa si assiste a primi passi positivi in materia di depenalizzazione delle droghe, Malta e Lussemburgo hanno regolamentato per primi la coltivazione e l'uso personale di cannabis e Malta ha previsto anche la coltivazione associata nei Cannabis social club;
27) dal 1° aprile 2024 in Germania è in vigore il primo pilastro di un progetto di riforma complessiva del regime legale della cannabis: in questa prima fase è depenalizzato il possesso di un massimo di 25 grammi di cannabis, 50 grammi a casa, è consentita la coltivazione privata di un massimo di tre piante di cannabis per uso personale e stabilito un quadro di riferimento per i Cannabis Social Club, essi potranno avere al massimo 500 membri ai quali potranno cedere 30 grammi al giorno e massimo 50 al mese (30 grammi al mese, con THC massimo al 10 per cento, per i più giovani), inquadrati come enti non profit, i club saranno l'unico canale legale di distribuzione della cannabis, inoltre è prevista la cancellazione dei precedenti penali legati alle condotte ora legali;
28) si assiste, quindi, a un processo generale e ineludibile di riforma delle politiche sulle droghe a livello globale e la strada antiproibizionista della depenalizzazione dell'uso delle droghe nasce proprio dal fallimento della repressione;
29) da non trascurare il fatto che ai costi umani e sociali derivanti dal proibizionismo si aggiunge anche un costo economico, diversi studi di economisti sostengono la superiorità degli strumenti fiscali per contenere il consumo di droghe rispetto all'applicazione di una normativa proibizionista;
30) in Italia il consumo di tabacchi e di alcolici è, infatti, contenuto e scoraggiato attraverso un'elevata tassazione e stringenti norme sulla loro distribuzione e uso, oltre che da campagne di informazione e sensibilizzazione dell'opinione pubblica che ne rafforzano il controllo sociale;
31) uno studio condotto dal Professor Marco Rossi dell'Università La Sapienza di Roma ha stimato che le imposte che si potrebbero ricavare dalla vendita della cannabis, in modo legale e pubblico, qualora il mercato delle droghe fosse regolato come quello dei tabacchi, potrebbero essere di 5,5 miliardi di euro l'anno;
32) per quanto riguarda le capacità terapeutiche della cannabis, l'uso va sostenuto e promosso garantendo una produzione che soddisfi le necessità dei pazienti, prevedendo la possibilità di produrre un quantitativo adeguato di cannabis a fini terapeutici, applicando anche le norme che prevedono l'apertura di bandi per la produzione da parte di soggetti privati;
33) in definitiva, percorrere una politica antiproibizionista rappresenta una proposta concreta e praticabile con effetti positivi sul piano sociale, sanitario, di alleggerimento del carico di lavoro sui tribunali e riduzione del sovraffollamento delle carceri, nonché una dimostrabile efficienza sul piano fiscale e nel contrasto alle organizzazioni criminali,
impegna il Governo:
1) ad adottare apposite iniziative normative volte alla depenalizzazione e decriminalizzazione dei derivati dalla cannabis per uso personale e terapeutico;
2) a consentire, con apposite iniziative di carattere normativo, la regolamentazione legale della coltivazione della cannabis, definendo il numero di piante e di grammi del prodotto la cui detenzione per uso personale sia consentita, escludendo una ricaduta penale e l'eventualità di una sanzione amministrativa;
3) a promuovere un'iniziativa in sede di Unione europea al fine di rimuovere dalla decisione quadro 2004/757/GAI la cannabis dalle disposizioni riguardanti la criminalizzazione delle droghe, consentendo la regolamentazione legale della produzione, della distribuzione e del consumo di cannabis, superando gli ostacoli alla piena legalizzazione;
4) ad adottare iniziative di competenza volte a favorire l'accesso alla cannabis terapeutica al fine di consentire ai pazienti che necessitano di trattamenti a base di tale sostanza di ottenere facilmente i prodotti prescritti, garantendo in tutte le regioni la copertura delle prescrizioni da parte del Sistema sanitario nazionale, come previsto dalle norme nazionali.
(1-00373) «Grimaldi, Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Mari, Piccolotti, Zaratti».
(5 dicembre 2024)
La Camera,
premesso che:
1) la coltivazione, la vendita e il consumo di cannabis è un tema di rilevanza sociale che attraversa la giustizia, la salute pubblica, la sicurezza, la possibilità di impresa, la ricerca scientifica, le libertà individuali e, soprattutto, la lotta alle mafie e al terrorismo;
2) ogni politica pubblica di regolamentazione della cannabis, sia essa utilizzata per attività terapeutica, industriale o ludica, deve essere orientata a tutela della salute della persona;
3) sono decine di migliaia i pazienti che necessitano e utilizzano cannabis terapeutica in Italia, spesso lasciati soli dallo Stato e nell'impossibilità di ricevere la terapia, nonostante la regolare prescrizione;
4) sono 6 milioni i consumatori di cannabis in Italia e quasi 23 milioni nell'Unione europea;
5) seppure nel Paese il tema della regolamentazione dei derivati della cannabis abbia acquisito consensi sempre più vasti, fino ad oggi la possibilità di un confronto pragmatico ed equilibrato in Parlamento è stata resa vana dall'ostruzionismo manifestato dalle posizioni più faziose;
6) la questione se il regime di proibizione per la cannabis sia il più adatto a difendere la salute pubblica è stata affrontata a più riprese fin dal secolo scorso da commissioni di studio e comitati insediati dai Governi e dai Parlamenti in diverse parti del mondo;
7) nonostante i rapporti di organismi istituzionali e le più importanti revisioni della letteratura scientifica siano convergenti nell'indicare il superamento o l'alleggerimento della proibizione in virtù delle particolari caratteristiche farmacologiche della sostanza e dell'uso moderato, la regolamentazione della cannabis ha, per lo più, incontrato ostacoli ideologici a livello politico internazionale e nei singoli Stati;
8) tuttavia, negli ultimi anni si sono manifestati un'inversione di rotta e un cambiamento radicale di prospettiva. Sono molte le voci autorevoli che ormai certificano il fallimento della war on drugs, come testimonia il documento della «Commissione latino-americana su droghe e democrazia», un organismo di esperti promosso dagli ex Presidenti Cardoso del Brasile, Gaviria della Colombia e Zedillo del Messico, che chiedono un cambio di paradigma nella politica delle droghe; un altro organismo di indubbio prestigio è rappresentato dalla Global Commission on drug policy presieduta dall'ex Segretario delle Nazioni Unite Kofi Annan, che chiede un cambio di passo nelle politiche internazionali e una scelta a favore della regolamentazione della cannabis;
9) l'Alto commissariato per i diritti umani nel settembre 2023 ha rilasciato un rapporto nel quale chiede agli Stati di «adottare alternative alla criminalizzazione, alla “tolleranza zero” e all'eliminazione delle droghe, prendendo in considerazione la depenalizzazione dell'uso; assumere il controllo dei mercati illegali delle droghe attraverso una regolamentazione responsabile, per eliminare i profitti del traffico illegale, della criminalità e della violenza». L'Alto commissario, nelle scorse settimane, ha ribadito che «la guerra alla droga è fallita completamente e inesorabilmente», non avendo ridotto né l'uso di droghe né il crimine correlato, aggravando la situazione per le comunità più vulnerabili;
10) si è davanti a un quadro internazionale molto diverso dal recente passato. Nel 2013 l'Uruguay ha legalizzato la produzione, la circolazione e il consumo dei derivati della cannabis. Il Canada ha regolamentato l'uso ricreativo nel corso del 2018. Negli Stati Uniti d'America – dove ben 24 Stati hanno, sino ad oggi, regolamentato la produzione e la vendita per qualsiasi tipo di consumo per gli adulti – la Camera dei rappresentanti ha votato per ben due volte (2020 e 2022) il More Act, una legge che toglie la cannabis dalla tabella nazionale delle droghe pericolose, cancellando le sanzioni federali e consentendone vendita e tassazione. Inoltre, il Presidente Biden ha avviato a fine 2023 il percorso di declassificazione della cannabis dalla tabella I alla III. Il processo terminerà a inizio 2025 ed è stato sostenuto anche dal Presidente eletto Trump;
11) a dicembre 2020, con una decisione storica, la Commissione droghe delle Nazioni Unite ha votato per cancellare definitivamente la cannabis dalla tabella IV delle sostanze sotto controllo internazionale più pericolose e senza utilità medica, riconoscendone il potere terapeutico. Nel pomeriggio dello stesso giorno, la Commissione europea ha chiarito che i prodotti contenenti cannabidiolo (frutto di gambi, foglie e fiori della pianta) possono essere inseriti nella lista dei novel food (nuovi alimenti) dell'Unione europea, dando il via libera per il loro finanziamento con i fondi della politica agricola comune;
12) altre riforme strutturali sulla cannabis avanzano in Australia, Israele, Georgia, Macedonia, Messico e Sudafrica, mentre nell'Africa subsahariana e in America latina molti Governi hanno adottato leggi per consentirne la produzione per fini terapeutici;
13) per quanto riguarda i Paesi europei, in seguito alla recente svolta storica della Germania, che ha regolamentato la coltivazione – anche in forma associata – e il consumo della cannabis, il processo di legalizzazione nel vecchio continente non sembra arrestarsi;
14) in particolare, Malta e Lussemburgo hanno legalizzato la cannabis anche a scopo ricreativo nel 2023; in Germania, da aprile 2024, è consentito coltivare fino a tre piante di cannabis per uso personale. Nei Paesi Bassi sono in corso sperimentazioni per regolarizzare la filiera che rifornisce i coffee-shop, con l'obiettivo di legalizzare la coltivazione, garantire un prodotto sicuro e recidere definitivamente il legame con il mercato nero; la Spagna ha un approccio unico alla cannabis rispetto all'Europa, in quanto, dal punto di vista legale, non vi è alcuna differenza tra uso ricreativo e terapeutico. In Portogallo, dal 2001, il consumo personale di cannabis è stato depenalizzato, con certe limitazioni circa la quantità, l'acquisto e la vendita (che rimangono illegali); in Francia, nel 2013, è stata legalizzata la cannabis per uso medicinale con prescrizione medica. Dal 2024 si è assistito a una legalizzazione anche del cannabidiolo;
15) in Italia, nel 2021 fu promosso da varie associazioni, partiti e realtà del Paese – Associazione Luca Coscioni, Forum droghe, Società della ragione, Antigone, Arci, Meglio legale e altri – un referendum, che raccolse oltre 630 mila firme, con il quale si chiedeva di depenalizzare la cannabis per uso personale;
16) il quesito referendario mirava a eliminare il reato di coltivazione, rimuovere la pena detentiva per qualsiasi condotta legata alla cannabis, con eccezione dell'associazione finalizzata al traffico illecito, e la sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida;
17) nel febbraio 2022, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile il requisito referendario perché, per come era stato formulato – nella sua interpretazione – avrebbe violato gli obblighi internazionali, perdendo così un'occasione per cambiare una normativa che a livello politico è divisiva e conduce ad un confronto che il più delle volte è soffocato da pregiudizi antiscientifici;
18) è ormai arrivato il tempo di predisporre un sistema di regolamentazione legale e sociale del fenomeno connesso all'uso della cannabis al fine di tutelare la salute dei consumatori, fino ad ora esposta ai rischi di un mercato libero e senza controlli, qual è quello illegale;
19) il 25 giugno 2024 è stata pubblicata la nuova relazione al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze, ridotta rispetto al passato, con assenza o incompletezza di dati e informazioni e con incongruenza nelle statistiche illustrate;
20) sul totale delle operazioni di polizia svolte nel 2023, il 47 per cento ha riguardato la cannabis, con quasi 10 mila sequestri per circa 67 tonnellate requisite, cui si aggiungono 156 mila piante;
21) sebbene la relazione non fornisca statistiche specifiche sui consumi presso la popolazione adulta, prendendo in considerazione esclusivamente la popolazione studentesca il 22 per cento (550 mila persone) riferisce di aver consumato cannabis nell'ultimo anno, con quasi 70 mila studenti che ne hanno fatto consumo frequente (20 o più volte nel mese);
22) si tratta della sola sostanza per la quale si è osservato un calo percentuale di utilizzo presso la fascia d'età più giovane, nonostante, prendendo in considerazione le segnalazioni riferite ai minori, la cannabis ricorra nel 97 per cento dei casi;
23) la cannabis conferma la sua netta predominanza in merito alle sanzioni amministrative ex articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, testo unico stupefacenti. Circa le denunce per articoli 73 e 74, invece, la cannabis influisce per il 37 per cento;
24) per quanto riguarda la presa in carico degli utilizzi problematici, la cannabis risulta la minor causa di trattamenti sanitari, con il 12 per cento di utenza nei SerD, il 6 per cento dell'utenza presso strutture private. Infine, il 6 per cento dei ricoveri ospedalieri per droghe è correlato alla cannabis, ovvero 393 casi su 6 milioni di consumatori;
25) infine, rispetto alle stime economiche, la relazione informa che alla cannabis è riconducibile il 40 per cento degli oltre 16 miliardi di euro di valore del mercato delle droghe illecite, pari a circa 6,5 miliardi di euro, e resta la sostanza più sequestrata, con un dato costantemente superiore al 70 per cento;
26) il narcotraffico è una delle attività più redditizie della criminalità organizzata e la stessa relazione della Direzione centrale antidroga nel 2021 affermava che il narcotraffico è «il principale motore di tutte le attività illecite svolte dai grandi sodalizi criminali»;
27) deve chiarirsi, prima di tutto, che un'azione di contrasto efficace non è quella che tende al mero contenimento del fenomeno, bensì quella – ovviamente compatibile con le risorse del Paese – in grado di invertire il trend di continua crescita del narcotraffico, che, nel corso degli ultimi 40 anni, ha aumentato a dismisura il potere criminale e finanziario e che attualmente costituisce una preziosa risorsa anche per i terroristi;
28) è stato già in passato evidenziato come il crimine organizzato si sia rafforzato negli anni, sia nel nostro Paese che nel mondo intero, grazie proprio al controllo di un mercato che vale, annualmente, circa 560 miliardi di euro a livello globale: ricchezza illecita inevitabilmente destinata a refluire in gran parte sul mercato finanziario ed economico legale, alterandone le regole essenziali e, fra queste, la più importante che è quella che, in un sistema liberal-democratico, assicura giustizia, equità e progresso sociale, ossia la parità di partenza fra i diversi operatori economici;
29) sul punto, Unodoc (agenzia internazionale che si occupa di crimine organizzato) faceva proprio l'esempio della situazione italiana in cui le grandi organizzazioni mafiose mantengono intatte la loro capacità di condizionamento delle istituzioni pubbliche, proprio in quanto dispongono di risorse rilevanti provenienti dal traffico di stupefacenti;
30) le politiche repressive in materia di consumo di cannabis per uso ludico si sono dimostrate nel corso dei decenni del tutto inefficaci rispetto agli obiettivi che intendevano perseguire. Il proibizionismo ha generato costi pubblici ingenti, ma non ha minimamente ostacolato oltre 6 milioni di consumatori che si approvvigionano nel mercato nero;
31) si è infatti constatato che, sia in Italia che in Europa, le attività repressive sul traffico, sullo spaccio e sulla detenzione di cannabis hanno impegnano, come si evince anche dalla relazione presentata, sull'intero territorio nazionale (e non solo), un numero di appartenenti alle forze di polizia giudiziaria e di magistrati che è un multiplo di quello impegnato nelle azioni di contrasto all'eroina ovvero alla cocaina e alle droghe sintetiche, ben più pericolose;
32) i sequestri di quantitativi di cannabis sono, a seconda degli anni, 100 o 150 volte di più di quelli di eroina e cocaina e 8.000 volte maggiori dei sequestri delle droghe sintetiche. In pratica è sequestrata in misura infinitamente più ampia la sostanza meno dannosa rispetto a quelle ben più nocive, che possono essere in alcuni casi letali;
33) si impegna, sul fronte repressivo per il fenomeno cannabis, circa la metà delle forze che a disposizione sul campo per contrastare complessivamente il narcotraffico e il conseguente gravissimo fenomeno del riciclaggio;
34) non solo, quindi, non sarebbe pensabile impiegare più uomini e mezzi nella repressione del fenomeno, perché ciò sottrarrebbe le residue risorse all'azione di contrasto contro fenomeni che lo stesso legislatore ritiene più gravi (traffico di droghe pesanti, riciclaggio, corruzione, contrasto alle mafie e al terrorismo ed altri), ma sarebbe necessario dirottare risorse ed energie dalla repressione di fenomeni meno gravi (fra cui quello della cannabis) verso quelli ben più gravi che sono stati indicati;
35) la legislazione in Italia sulla cannabis è complessa e in continuo cambiamento e, nel nostro Paese, spesso non è possibile portare il discorso sulle sostanze illegali a un livello di dialogo razionale, che parli anche del coinvolgimento delle mafie nel traffico e nello spaccio;
36) in Italia sono vietati la produzione, la lavorazione, il traffico e l'impiego di foglie, infiorescenze, olio e resina di cannabis e delle preparazioni che li contengono, in forza del testo unico sugli stupefacenti del 1990. Eccezioni a questo divieto riguardano la cannabis per uso terapeutico e la cosiddetta cannabis light (anche se qui la normativa è attualmente oggetto di revisione da parte del Governo);
37) l'uso personale della cannabis rimane illegale in Italia. Il possesso di piccole quantità per uso personale è depenalizzato, il che significa che non comporta sanzioni penali, ma può comunque portare a sanzioni amministrative. Queste possono includere la sospensione della patente di guida, del passaporto o del permesso di soggiorno e la segnalazione alle autorità competenti;
38) basta il possesso per definire il reato («o comunque illecitamente detiene» articolo 73, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990) e la distinzione fra possesso per uso personale e per spaccio è molto labile ed incerta. Essa dipende nella pratica dei tribunali da fattori sociali ed economici che fanno sì che soggetti, con minori risorse sociali, culturali ed economiche, siano più facilmente accusati di spaccio con quantitativi anche di molto inferiori rispetto ad altre persone maggiormente inserite nella società o che possano provare di avere le risorse per permettersi il consumo;
39) nel suo rapporto sull'Italia l'International independent expert mechanism to advance racial justice and equality in the context of law enforcement promosso dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, tale organismo ha rilevato che l'approccio punitivo dell'Italia all'applicazione della legge sulla droga solleva notevoli preoccupazioni in materia di diritti umani;
40) anche il Comitato per i diritti economici e sociali dell'Onu nella sua revisione sull'Italia del 2023 ha espresso «preoccupazione per l'approccio punitivo al consumo di droghe e per l'insufficiente disponibilità di programmi di riduzione e del danno», raccomandando «che lo Stato riveda le politiche e le leggi sulle droghe, per allinearle alle norme internazionali sui diritti umani e alle migliori pratiche, e che migliori la disponibilità, l'accessibilità e la qualità degli interventi di riduzione del danno»;
41) la coltivazione di piante di cannabis per uso personale è dunque anch'essa illegale e può comportare sanzioni penali, inclusa la reclusione. Tuttavia, ci sono stati recenti sviluppi giurisprudenziali che hanno creato una certa ambiguità. Alcune sentenze della Corte di cassazione hanno stabilito che la coltivazione di poche piante per uso strettamente personale potrebbe non costituire un reato penale, purché non vi sia alcun intento di spaccio;
42) secondo la Corte di cassazione non integra il reato di coltivazione di stupefacenti una condotta di coltivazione svolta in forma domestica, utilizzando tecniche rudimentali e uno scarso numero di piante, da cui ricavare un modestissimo quantitativo di prodotto, se non ci sono significativi indici di un inserimento nel mercato illegale (Corte di cassazione, n. 12348 del 2020);
43) in realtà, la materia è ancora nebulosa e non esiste, infatti, un numero preciso di piante che è possibile tenere in casa, anche se la sentenza della Corte di cassazione ha dettato dei parametri ai quali far riferimento;
44) la Corte di cassazione ha infatti ritenuto che «integra una coltivazione domestica non punibile la messa a coltura di undici piantine di marijuana, collocate in vasi all'interno di un'abitazione, senza la predisposizione di accorgimenti, come impianti di irrigazione e/o illuminazione, finalizzati a rafforzare la produzione, le quali consentono l'estrazione di un quantitativo minimo di sostanze stupefacente ragionevolmente destinata all'uso personale» (Corte di cassazione, n. 6599 del 2021);
45) si tratta, però, di una singola pronuncia che non fa altro che alimentare il dibattito pubblico e legale sulla necessità di una riforma della normativa vigente;
46) la cannabis light è invece definita dalla legge n. 242 del 2016, che consente la coltivazione e la lavorazione della cannabis sativa per produrre alimenti, cosmetici, materie prime per l'industria, per svolgere attività didattiche o di ricerca e come pianta ornamentale, a condizione che il contenuto di Thc e dei suoi derivati commercializzati sia non superiore allo 0,2 per cento, con un margine di tolleranza nelle coltivazioni in campo sino allo 0,6 per cento;
47) in particolare, la legge n. 242 del 2016, recante «Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa», ha consentito in Italia la coltivazione della canapa (denominata scientificamente cannabis sativa L.) esclusivamente per la produzione di fibre o per altri usi industriali, diversi dall'uso farmaceutico, con sementi certificate, in applicazione della normativa di settore, secondo le indicazioni dell'allora Ministero delle politiche alimentari, agricole e forestali. Le varietà di canapa che la legge consente di coltivare sono quelle iscritte nel catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, ai sensi dell'articolo 17 della direttiva 2002/53/CE. Tali piante non rientrano nell'ambito di applicazione del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope sopra richiamato, poiché hanno un tenore di Thc inferiore o uguale allo 0,2 per cento. Infatti, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, della legge n. 242 del 2016, la coltivazione di tali varietà è consentita senza necessità di autorizzazione. I possibili usi del prodotto derivante dalla coltivazione senza la necessità di autorizzazione sono i seguenti: a) alimenti e cosmetici prodotti esclusivamente nel rispetto delle discipline dei rispettivi settori; b) semilavorati, quali fibra, canapulo, polveri, cippato, olio carburanti, per forniture alle industrie e alle attività artigianali di diversi settori, compreso quello energetico. L'uso della canapa come biomassa ai fini energetici è consentito esclusivamente per l'autoproduzione energetica aziendale; c) materiale destinato alla pratica del sovescio; d) materiale organico destinato ai lavori di bioingegneria o prodotti utili per la bioedilizia; e) materiale finalizzato alla fitodepurazione per la bonifica di siti inquinati; f) coltivazioni dedicate alle attività didattiche e dimostrative nonché di ricerca da parte di istituti pubblici o privati; g) coltivazioni destinate al florovivaismo. Lo stesso articolo statuisce che l'uso della canapa come biomassa ai fini energetici è consentito esclusivamente per l'autoproduzione energetica aziendale, nei limiti e alle condizioni previste dall'allegato X alla parte quinta del decreto legislativo n. 152 del 2006, e successive modificazioni;
48) su tutto questo settore attualmente pende la scure della politica dell'attuale Governo, che prosegue la linea già tracciata dal decreto del Ministero della salute che aveva inserito le «composizioni per uso orale di cannabidiolo» tra le sostanze stupefacenti, decreto arrivato a inizio luglio 2024 dopo la sospensiva del tribunale amministrativo regionale del Lazio del 5 ottobre 2023;
49) la nuova normativa vuole proibire il commercio, la lavorazione e l'esportazione di foglie, infiorescenze, resine e di tutti i prodotti contenenti sostanze derivate dalla pianta di canapa, colpendo così diversi ambiti, dalla cosmesi all'erboristeria, dagli integratori alimentari al florovivaismo;
50) con tale politica, di fatto, si vuole vietare tutto il settore della cannabis light, mettendo così in difficoltà anche le altre filiere produttive della canapa: alimentare, tessile, bioedilizia, energetica;
51) anche il Forum droghe, l'associazione per la riforma delle politiche sulle droghe, ha pubblicato sul proprio sito un appello di 27 esperti di politiche sulle droghe, attivisti e organizzazioni non governative internazionali che chiedono all'Italia di fermare il provvedimento che vuole vietare la cannabis light;
52) l'appello sottolinea come la nuova normativa «produrrebbe il paradossale effetto giuridico di punire con le sanzioni penali e amministrative previste per le sostanze psicotrope anche chi produce o utilizza infiorescenze prive di effetti psicoattivi», una palese violazione dei principi di proporzionalità, ragionevolezza e offensività del diritto penale ed un «insulto al buon senso e alla scienza»;
53) le stesse associazioni di categoria, tra cui Confagricoltura, Coldiretti, Cia-Agricoltori italiani, Copagri, ma anche le associazioni di settore, tra le quali Assocanapa, Così, Federcanapa, Imprenditori canapa Italia, hanno espresso profonda preoccupazione per la nuova politica riguardante la cannabis light che renderebbe illegali le infiorescenze di canapa industriale e i suoi derivati con il rischio di colpire duramente non solo il settore alimentare (semi e proteine), ma anche quelli tessile ed edile, strettamente legati alla coltivazione della cannabis sativa industriale. L'effetto del divieto risulterebbe devastante, con la scomparsa nel nostro Paese di una filiera produttiva di eccellenza che impegna 3 mila aziende ed oltre 10 mila operatori, per un volume d'affari di 500 milioni di euro all'anno, con la particolarità che il settore si caratterizza per l'elevato impiego giovanile, anche imprenditoriale, e per la capacità di rivitalizzare aree rurali svantaggiate. Sarebbe, altresì, assurdo che l'eventuale coltivazione della canapa industriale fosse riservata solo al mercato estero, per poi vedere tornare nel nostro Paese la canapa trasformata, a costi decisamente maggiori, con qualità discutibili e con un mercato non certo a favore dei produttori e dei consumatori italiani;
54) anche l'Organizzazione mondiale della sanità ha confermato che la cannabis light, contenente principalmente cannabidiolo e con livelli di Thc inferiori allo 0,2 per cento, non ha effetti stupefacenti e non dovrebbe essere classificata come droga;
55) al momento, quindi, le prospettive per il settore della canapa in Italia appaiono incerte e preoccupanti;
56) per scopi medici, in Italia, l'uso della cannabis è legale dal 2007. Il decreto ministeriale n. 98 del 2007 riconosce le proprietà terapeutiche del Thc (Delta-9-tetraidrocannabinolo), il principale principio attivo della cannabis, e di altri due farmaci di origine sintetica (Dronabinol e Nabilone);
57) tali sostanze sono elencate alla tabella II sezione B (articolo 2), che raccoglie le sostanze utilizzabili in terapia e prescrivibili ai sensi dell'articolo 72, comma 2, del testo unico n. 309 del 1990 («È consentito l'uso terapeutico di preparati medicinali a base di sostanze stupefacenti o psicotrope, debitamente prescritti secondo le necessità di cura in relazione alle particolari condizioni patologiche del soggetto»);
58) in Italia dal 2006 è consentito ai medici di prescrivere preparazioni magistrali contenenti sostanze vegetali a base di cannabis per uso medico, da prepararsi in strutture preposte, mentre dal 2023 è anche prescrivibile dai neurologi un prodotto registrato come medicinale a base di estratti di cannabis per ridurre gli spasmi dolorosi della sclerosi multipla;
59) il decreto del Ministro della salute del 9 novembre 2015 afferma che l'impiego per uso medico della cannabis è considerato «un trattamento sintomatico di supporto ai trattamenti standard, quando questi ultimi non hanno prodotto gli effetti desiderati o hanno provocato effetti secondari non tollerabili, o necessitano di incrementi psicologici che potrebbero determinare la comparsa di effetti collaterali»;
60) la legge consente, quindi, l'uso di cannabis terapeutica per alleviare i sintomi di varie condizioni mediche, come il dolore cronico, la sclerosi multipla, l'epilessia resistente ai trattamenti tradizionali e gli effetti collaterali della chemioterapia, e il decreto-legge n. 148 del 2017 dispone che le preparazioni magistrali a base di cannabis, prescritte dal medico per la terapia del dolore, nonché per gli altri impieghi previsti, siano a carico del Servizio sanitario nazionale;
61) nonostante questo, sono ancora poche le regioni che assicurano che la cannabis prescritta per le patologie previste sia rimborsabile dal rispettivo servizio sanitario regionale e, anche in quelle dove c'è una legge, spesso essa non copre tutte le patologie indicate dalla normativa nazionale;
62) se da una parte della comunità scientifica – in particolare da chi si occupa di terapia del dolore – arriva la richiesta di estendere la possibilità di prescrivere i prodotti terapeutici a base di cannabis a tutti i medici del Servizio sanitario nazionale, dall'altra non si può ignorare la necessità di una maggiore informazione che eviti speranze illusorie nei pazienti, riconduca su basi scientifiche l'impiego della cannabis, non ne sottostimi l'interferenza con altre terapie e supporti i medici in un percorso formativo ad hoc;
63) è necessario, infatti, prevedere a livello nazionale una adeguata rete di formazione del personale medico e sanitario, sia dipendente che convenzionato, del sistema sanitario sull'utilizzo dei farmaci cannabinoidi per finalità terapeutiche;
64) sempre il decreto del Ministro della salute del 9 novembre 2015, con riferimento anche alla Convenzione unica sugli stupefacenti adottata a New York il 30 marzo 1961, individua lo Stabilimento chimico-farmaceutico militare di Firenze (Scfm) quale luogo di coltivazione e produzione della «sostanza attiva» che deve essere effettuata in conformità all'Active substance master file (Asmf) depositato presso l'Agenzia italiana del farmaco, con l'obiettivo di garantire unitarietà e sicurezza nella produzione e di evitare il ricorso a prodotti non autorizzati, contraffatti o illegali;
65) secondo il decreto del Ministro della salute pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 20 novembre 2023, lo stabilimento di Firenze è autorizzato a produrre 400 chilogrammi di cannabis, pari a quella stabilita per il 2022 e il 2023, e in diminuzione rispetto a quanto stabilito nel 2021, anno in cui la produzione fu mantenuta a 500 chilogrammi. Lo Stabilimento non ha però mai centrato i suddetti obiettivi produttivi;
66) gli accordi per l'importazione dall'estero della cannabis permettono di garantire una risposta rapida e concreta alle richieste dei pazienti; tuttavia, al fine di assicurare la continuità terapeutica, nonché un facile reperimento dei medicinali, risulta particolarmente opportuno adottare misure finalizzate ad incrementare la produzione nazionale di cannabis;
67) nonostante la disciplina presente nell'ordinamento italiano, ancora oggi la possibilità di accedere alla cannabis terapeutica è, di fatto, pregiudicata da vincoli amministrativo-burocratici, per superare i quali è necessario un intervento legislativo di semplificazione delle procedure, sia per l'approvvigionamento delle materie prime per la produzione nazionale, sia per la concreta messa a disposizione dei preparati per i pazienti, superando la disomogeneità del panorama legislativo regionale;
68) insufficiente disponibilità (tra importazione e produzione) di cannabis medica, problemi di produzione o di consegna, code di attesa, ridotto numero di farmacie che fanno preparazioni galeniche, inaccuratezza delle quote annuali di cannabis stimate dalle regioni rappresentano ostacoli quotidiani che impediscono a migliaia di pazienti di ottenere la terapia o di ottenere una continuità terapeutica;
69) di qui la conseguenza più naturale che è quella di spingere i pazienti a rivolgersi al mercato nero pur di alleviare le proprie sofferenze e trovare un po' di sollievo oppure, nel migliore dei casi, all'autoproduzione che lascia privi di tutela giuridica chi ne fa uso;
70) è pertanto, necessario, regolamentare in maniera omogenea sul territorio nazionale il regime di produzione, prescrizione e dispensazione di farmaci a base di cannabis, facilitando l'accesso alle cure;
71) è necessario partire dalla premessa che lo strumento sanzionatorio, penalistico e amministrativo è insufficiente da solo per disciplinare il fenomeno, in quanto agisce nella sua fase finale e non fornisce risposte significative alle diverse esigenze che sono alla base del fenomeno stesso;
72) è necessario incidere in funzione preventiva, favorendo la promozione di meccanismi di riduzione dei rischi e di autoregolazione nel consumo di cannabis e la predisposizione di un sistema di regole cautelari che tutelino i beni giuridici fondamentali nella produzione e nel commercio;
73) in definitiva, il dibattito sulla regolamentazione della cannabis in Italia è attivo e in continua evoluzione e, tra le argomentazioni a favore della legalizzazione, si possono annoverare i potenziali benefici economici, la riduzione del mercato nero e la promozione della sicurezza dei consumatori;
74) tuttavia, la legalizzazione, per essere davvero funzionale, deve mantenersi in binari chiari e pragmatici e rifuggire da ipocrisie, ideologismi, prese di posizione, che sarebbero più dannosi che utili,
impegna il Governo:
1) ad avviare campagne di prevenzione e informazione per rendere consapevoli sugli effetti del consumo ludico-ricreativo, in particolare tra i giovani e gli adolescenti;
2) ad adottare iniziative volte a collaborare con le associazioni di categoria, le organizzazioni scientifiche e le comunità locali, sulla base delle evidenze scientifiche e degli indirizzi dell'Organizzazione mondiale della sanità per diffondere una corretta informazione e promuovere una cultura del consumo responsabile;
3) ad adottare tutte le opportune iniziative normative al fine di modificare la disciplina attualmente vigente sulla cannabis, prevedendone la regolamentazione legale per permetterne la coltivazione, produzione, distribuzione e l'uso ludico-ricreativo, stroncando così anche il mercato illegale gestito dalla criminalità organizzata;
4) ad adottare iniziative volte a definire una normativa che regolamenti la coltivazione domestica di un numero limitato di piante per uso personale, definendo chiaramente i limiti quantitativi e qualitativi consentiti;
5) ad adottare iniziative volte a definire una normativa che escluda l'applicazione delle sanzioni amministrative previste dall'articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 per chi coltiva o detiene cannabis per uso personale, senza intento di spaccio;
6) a promuovere un dibattito con gli altri Paesi dell'Unione europea finalizzato all'adozione di una disciplina normativa che permetta ai singoli Stati di esercitare la propria sovranità, così come previsto dalle convenzioni Onu, regolamentando secondo le proprie necessità il settore della cannabis;
7) ad assumere le iniziative necessarie, anche di carattere normativo, al fine di provvedere alla riorganizzazione organica della materia relativa alla filiera agroindustriale della canapa per garantire a tutti gli operatori del settore una normativa certa cui attenersi;
8) ad adottare iniziative volte ad incentivare lo sviluppo del mercato della canapa industriale, soprattutto per le sue applicazioni benefiche per l'ambiente, senza esclusione di alcune parti della pianta come le inflorescenze;
9) ad adottare iniziative, anche di carattere normativo, che non equiparino la cannabis light a quella tradizionale, riconoscendo che il fiore di canapa industriale è un prodotto agricolo non stupefacente;
10) ad adottare iniziative volte ad assicurare in maniera omogenea sul territorio nazionale il regime di produzione, prescrizione e dispensazione di farmaci a base di cannabis, facilitando l'accesso alle cure;
11) ad adottare iniziative volte ad aumentare la produzione interna di cannabis, anche attraverso l'individuazione di nuovi poli di produzione e l'apertura di bandi a produttori privati nazionali, coinvolgendo piccole aziende agricole biologiche certificate, così da soddisfare la domanda di cannabis terapeutica, evitando allo stesso tempo di importarla dall'estero;
12) ad adottare iniziative di competenza volte a prevedere misure a livello nazionale, in collaborazione con le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, volte ad assicurare un'adeguata formazione del personale medico e sanitario, sia dipendente che convenzionato, con il Servizio sanitario nazionale sull'utilizzo dei farmaci cannabinoidi per finalità terapeutiche;
13) a promuovere e aumentare la ricerca scientifica e l'informazione sulla cannabis medica;
14) ad adottare iniziative di competenza volte ad assicurare l'uniformità di applicazione su tutto il territorio nazionale delle norme riguardo alla copertura da parte del Servizio sanitario nazionale delle prescrizioni di cannabis terapeutica almeno per tutte le patologie già individuate dalle normative nazionali;
15) ad adottare iniziative normative volte a declassificare la cannabis terapeutica dalla tabella A alla tabella B del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, recante «Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza», semplificando così le procedure di prescrizione e accesso;
16) ad adottare le opportune iniziative normative al fine di uniformare il trattamento dei conducenti/pazienti in cura con cannabis medica che risulterebbero sempre positivi con quei pazienti che si curano con altre tipologie di farmaci psicoattivi (benzodiazepine, antidepressivi maggiori, eccetera) per i quali non sussiste il giudizio di non idoneità alla guida, né sono previsti drug-test ad opera delle forze dell'ordine nei controlli sulla strada;
17) ad adottare iniziative normative volte ad apportare le opportune modifiche alle norme sul codice della strada, al fine di garantire un'efficace sicurezza stradale, ripristinando il principio che per essere sanzionati si debba dimostrare che la persona alla guida sia in uno stato psicofisico alterato, evitando così che chiunque possa essere punito per un uso passato di cannabis che non ha alcun rapporto con le condizioni effettive di guida.
(1-00383) «Furfaro, Vaccari, Gianassi, Forattini, Scarpa, Ferrari, Ghio, Roggiani, Gribaudo, Malavasi, Girelli, Stumpo, Di Sanzo, Fossi, Bakkali, Marino, Simiani, Scotto».
(8 gennaio 2025)
MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE IN MERITO AL CONFLITTO IN CORSO A GAZA E AGLI OBBLIGHI DI COOPERAZIONE E ASSISTENZA GIUDIZIARIA NEI CONFRONTI DELLA CORTE PENALE INTERNAZIONALE
La Camera,
premesso che:
1) la Corte penale internazionale ha emesso mandati di arresto per il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e l'ex Ministro della difesa Yoav Gallant per crimini di guerra e crimini contro l'umanità, commessi nell'ambito di un attacco diffuso e sistematico contro la popolazione civile di Gaza tra l'8 ottobre 2023, il giorno successivo all'attacco terroristico di Hamas nel sud di Israele, e fino ad «almeno» il 20 maggio 2024, giorno nel quale la Procura della Corte penale internazionale ha depositato le richieste di arresto. Un terzo mandato riguarda Mohammed Deif, comandante militare di Hamas, che Israele dichiara, però, di aver ucciso a luglio 2024, mentre si è estinto il procedimento contro gli altri capi di Hamas deceduti;
2) il procedimento anche nei confronti di esponenti del Governo israeliano è fondato sul ricorso presentato dal Sudafrica, il 26 gennaio 2024, alla Corte internazionale di giustizia per il mancato rispetto della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio del 1948; la Corte non si è ancora espressa sul ricorso, limitandosi ad emettere un provvedimento d'urgenza sulla base di sufficienti indizi per approfondire l'istruttoria sul crimine di genocidio;
3) il provvedimento nei confronti di Netanyahu e Gallant riguarda, quindi, al momento la responsabilità per crimini di guerra e crimini contro l'umanità per aver affamato la popolazione civile palestinese come metodo di guerra, di aver causato intenzionalmente «grandi sofferenze, gravi lesioni al corpo o alla salute o trattamenti crudeli», di «dirigere intenzionalmente attacchi contro una popolazione civile». Secondo la Corte, il Primo ministro e l'ex Ministro della difesa di Israele avevano a disposizione misure per prevenire o evitare che venissero commessi crimini, ma non lo hanno fatto;
4) la decisione della Corte penale internazionale è stata oggetto da parte di alcuni Stati di critiche e giudizi sprezzanti, accusando la stessa perfino di antisemitismo;
5) appare, quindi, necessario richiamare la storia di questa istituzione internazionale;
6) il 17 luglio 1998 la Conferenza diplomatica che riuniva i rappresentanti di 160 Stati ha approvato lo Statuto di Roma, che poneva le basi per istituire la Corte penale internazionale;
7) la Corte penale internazionale è la prima istituzione giudiziaria penale permanente di carattere universale istituita per perseguire gli autori dei crimini più gravi, «motivo di allarme per l'intera comunità internazionale», come recita l'articolo 5 dello Statuto di Roma;
8) entrato in vigore il 1° luglio 2002, al raggiungimento delle ratifiche necessarie – l'Italia ha provveduto all'autorizzazione alla ratifica e all'ordine di esecuzione con la legge 12 luglio 1999, n. 232, sottolineando con questo tempestivo recepimento la straordinaria importanza e funzione attribuita dal nostro Paese all'istituzione di questo organo giurisdizionale internazionale – lo Statuto della Corte si presenta oggi come la base giuridica più compiuta che definisce i crimini di genocidio (articolo 6), i crimini contro l'umanità (articolo 7), i crimini guerra (articolo 8) e, dopo la Conferenza di Kampala del 2010, anche l'aggressione (articolo 8-bis), ovvero l'attacco illegittimo contro la sovranità degli Stati, in violazione dei principi della Carta delle Nazioni Unite;
9) la Corte penale internazionale è un tribunale di ultima istanza che supplisce le giurisdizioni nazionali qualora queste omettano di perseguire i crimini previsti dallo Statuto di Roma. Agli Stati, o meglio agli organi a cui è attribuita questa funzione dal diritto nazionale, spetta la responsabilità primaria di indagare e perseguire gli autori dei crimini internazionali più gravi;
10) gli Stati, qualora intervengano decisioni della Corte penale internazionale, hanno l'obbligo di cooperare con la Corte conformemente allo Statuto di Roma;
11) dalla sua creazione, la Corte penale internazionale ha compiuto un lungo cammino, dalle prime denunce ricevute nel 2004, alla prima sentenza nel 2009 e alla prima decisione sui risarcimenti per le vittime nel 2012;
12) le decisioni della Corte penale internazionale si sono sempre ispirate a principi e criteri di assoluta terzietà e indipendenza;
13) la Corte penale internazionale è lo stesso tribunale che nel 2023 ha emesso mandati di arresto contro il Presidente della Federazione russa Vladimir Putin e Lvova-Belova, Commissario per i diritti dei bambini della Federazione russa, per crimini di guerra con riferimento alla deportazione e trasferimento illegale di popolazione (bambini) dalle aree occupate dell'Ucraina alla Federazione russa. È stata la prima volta che un mandato era diretto contro il leader di un Paese membro permanente del Consiglio di sicurezza dell'Onu;
14) alla decisione della Corte penale internazionale sono seguite, ovviamente, molte reazioni; gli Stati Uniti – che non hanno ratificato lo Statuto di Roma e, quindi, non riconoscono la Corte penale internazionale, come non riconoscono la giurisdizione della Corte internazionale di giustizia dell'Aia – hanno respinto «categoricamente» la decisione, dicendosi «profondamente preoccupati» e non riconoscendo la giurisdizione della Corte penale internazionale «su questa questione»;
15) l'Unione europea, per voce dell'Alto rappresentante per la politica estera uscente, Josep Borrell, ha affermato: «non è una decisione politica, ma la decisione di un tribunale che deve essere rispettata e attuata», sottolineando che «la tragedia a Gaza deve finire». Il Premier dell'Ungheria, Viktor Orban, Presidente di turno del Consiglio dell'Unione europea, ha annunciato che inviterà il suo omologo israeliano Benyamin Netanyahu per protestare contro il mandato di arresto emesso dalla Corte penale internazionale;
16) in Italia il Governo ha assunto una posizione incerta, caratterizzata da ambiguità e retorica. Il giorno in cui si è appresa la decisione della Corte, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e Vice Presidente del Consiglio dei ministri, Antonio Tajani, ha dichiarato: «Noi sosteniamo la Corte penale internazionale, ricordando sempre che la Corte deve svolgere un ruolo giuridico e non politico. Valuteremo insieme ai nostri alleati cosa fare e come interpretare questa decisione e come comportarci insieme su questa vicenda.» Il Presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni, ha dichiarato: «Approfondirò in questi giorni le motivazioni che hanno portato alla sentenza della Corte penale internazionale. Motivazioni che dovrebbero essere sempre oggettive e non di natura politica. Un punto resta fermo per questo Governo: non ci può essere un'equivalenza tra le responsabilità dello Stato di Israele e l'organizzazione terroristica Hamas». Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e Vice Presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Salvini, ha adottato una posizione apertamente favorevole a Netanyahu, affermando che sarebbe «benvenuto in Italia» e insinuando che il mandato della Corte penale internazionale sia stato influenzato da Paesi islamici;
17) il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e Vice Presidente del Consiglio dei ministri, Antonio Tajani, il 27 novembre 2024. nel rispondere nella seduta dell'Assemblea della Camera dei deputati alle interrogazioni a risposta immediata, presentate sulla vicenda dalle opposizioni, ha ribadito una posizione ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo incerta ed ambigua, affermando «di riconoscere l'importanza della Corte penale internazionale come istituzione indipendente» e di «prendere atto della sua decisione di emettere un mandato di arresto nei confronti del Premier israeliano Netanyahu e dell'ex Ministro della difesa Gallant», ma anche dicendosi convinto che la Corte penale internazionale «debba svolgere un ruolo giuridico e non politico»;
18) il Ministro Tajani, inoltre, ha affermato «Siamo amici di Israele, l'unica democrazia in Medio Oriente, e riconosciamo il suo diritto ad esistere, anche se non condividiamo tutte le sue scelte, ma rigettiamo fermamente ogni tentativo di equiparazione tra il leader di un Paese democratico e un'organizzazione terroristica, come è stato ribadito a chiare lettere nel documento finale del G7 di Fiuggi che si è concluso ieri. Assimilare queste due figure è inaccettabile e rischia di compromettere ogni sforzo per il raggiungimento della pace. Per costruirla non bastano misure unilaterali, non risolviamo il problema del conflitto in Medio Oriente con mandati di arresto»;
19) le dichiarazioni in sede parlamentare del Ministro Tajani, così come quelle pronunciate dal Presidente Meloni e dal Ministro Salvini, a fronte dell'apparente riconoscimento della Corte penale internazionale e delle sue decisioni, di fatto delegittimano la stessa attribuendogli intenti politici e accusandola di equiparare lo Stato di Israele ad Hamas e di compromettere la cessazione del conflitto;
20) la contestazione al Premier israeliano Netanyahu e all'ex Ministro della difesa Gallant da parte della Corte penale internazionale di crimini di guerra e crimini contro l'umanità non può e non deve considerarsi un atto motivato da intenti politici, quando nello stesso comunicato finale del G7 dei Ministri degli esteri tenutosi a Fiuggi il 25 e 26 novembre 2024 può leggersi che: «Nell'esercizio del proprio diritto di difesa, Israele è tenuto a rispettare pienamente gli obblighi derivanti dal diritto internazionale in tutte le circostanze, compreso il diritto internazionale umanitario», evidenziando, quindi, la violazione da parte di Israele di tale diritto;
21) l'attacco terroristico e la strage nel sud di Israele del 7 ottobre 2024 compiuta da Hamas, per cui la stessa Corte penale internazionale ha disposto mandati di cattura, non può costituire alcuna giustificazione ad una reazione senza alcun limite del Governo israeliano, la quale ha provocato nella Striscia di Gaza, in una macabra contabilità che cresce di giorno in giorno, oltre 40.000 morti di cui il 70 per cento donne e bambini, oltre ad imporre oramai quasi il totale blocco degli aiuti, nonostante i pressoché unanimi appelli internazionali, compreso quello dell'Amministrazione americana, provocando una catastrofe umanitaria; l'ex Ministro della difesa di Israele nel Governo Netanyahu dal 2013 al 2016, Moshe Yaalon, ha dichiarato che le forze di difesa israeliane (Idf) stanno a Gaza «commettendo crimini di guerra e pulizia etnica»;
22) la ferma condanna e il riconoscimento senza ambiguità dei crimini di guerra e dei crimini contro l'umanità commessi dal Governo israeliano non costituiscono l'ostacolo alla cessazione del conflitto, al contrario è la loro assenza che allontana un cessate il fuoco e l'apertura di un processo di pace;
23) la tregua raggiunta nel conflitto in Libano si fonda su basi fragili senza il raggiungimento anche del cessate il fuoco a Gaza e non può essere considerata alla stregua di uno scambio con la possibilità della prosecuzione delle operazioni militari del Governo israeliano nella stessa Gaza e in altri territori palestinesi;
24) sempre nel comunicato finale del G7 dei Ministri degli esteri tenutosi a Fiuggi il 25 e 26 novembre 2024 veniva riaffermato «il nostro incrollabile impegno, attraverso un rinnovato impegno nel processo di pace in Medio Oriente, a favore di una soluzione a due Stati che vede due Paesi democratici, Israele e Palestina, vivere fianco a fianco in pace all'interno di confini sicuri e riconosciuti, in linea con il diritto internazionale e le pertinenti risoluzioni delle Nazioni Unite»;
25) è necessario in coerenza con questo impegno definito dagli stessi Ministri degli esteri del G7, compreso il Ministro Tajani, «incrollabile» che il Governo italiano promuova con urgenza il riconoscimento dello Stato di Palestina,
impegna il Governo:
1) ad adempiere agli obblighi di cooperazione e assistenza giudiziaria con la Corte penale internazionale derivanti dall'emissione dei mandati di arresto da parte della Corte penale internazionale nei confronti del Premier israeliano Benjamin Netanyahu, dell'ex Ministro della difesa Yoav Gallant e del comandante militare di Hamas Mohammed Deif, qualora non deceduto;
2) a sostenere ogni iniziativa delle Nazioni Unite volta a ottenere un immediato cessate il fuoco a Gaza e la liberazione incondizionata degli ostaggi israeliani;
3) ad esigere la tutela dell'incolumità della popolazione civile di Gaza e che alla stessa sia garantita la fornitura di aiuti umanitari continui, rapidi, sicuri e senza restrizioni all'interno della Striscia di Gaza;
4) ad assumere iniziative di competenza volte a prevedere sanzioni nei confronti del Governo israeliano e cessare immediatamente ogni fornitura militare allo stesso anche se autorizzata prima del 7 ottobre 2023;
5) ad adoperarsi affinché, anche alla luce dei mandati di arresto emessi dalla Corte penale internazionale, il Consiglio dell'Unione europea sospenda l'Accordo di associazione con Israele;
6) ad adottare urgenti iniziative di competenza volte a riconoscere lo Stato di Palestina con i confini del 4 giugno 1967 con capitale Gerusalemme est.
(1-00370) «Fratoianni, Bonelli, Zanella, Borrelli, Dori, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti».
(4 dicembre 2024)
La Camera,
premesso che:
1) dopo oltre sei mesi dalla richiesta del procuratore Karim Khan, il 21 novembre 2024 la Camera preliminare della Corte penale internazionale (Cpi), ai sensi dell'articolo 58 dello Statuto di Roma, ha emesso i mandati di arresto per il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il suo ex Ministro della difesa Yoav Gallant, per «crimini contro l'umanità e crimini di guerra», e Mohammed Deif, capo delle Brigate al-Qassam, nella Striscia di Gaza;
2) i giudici dell'Aia, nel motivare la decisione, affermano di aver trovato «motivi ragionevoli» per ritenere che Netanyahu e Gallant siano responsabili di crimini quali l'uso della fame come metodo di guerra e di «omicidio, persecuzione e altri atti disumani» allo scopo di rendere praticamente impossibile la sopravvivenza dei civili di Gaza. Secondo la Corte penale internazionale, il Governo israeliano, avrebbe dolosamente privato i civili di beni essenziali, come cibo, acqua, medicine e carburante, in piena violazione del diritto umanitario internazionale, inoltre avrebbero imposto restrizioni tali da impedire il lavoro delle organizzazioni umanitarie e degli ospedali, costringendo i medici a operare feriti e a eseguire amputazioni senza anestesia, anche sui bambini;
3) la Corte penale internazionale ha accusato inoltre il Premier israeliano e l'ormai destituito Ministro della difesa, di aver autorizzato bombardamenti che hanno preso di mira deliberatamente la popolazione civile, causando morti e sofferenze atroci, senza risparmiare i bambini. Una barbarie atroce e ingiustificabile che dopo più di un anno di guerra ha causato oltre 44 mila morti accertati tra la popolazione palestinese;
4) a seguito della pronuncia della Corte penale internazionale il Ministro degli affari esteri, Antonio Tajani, ha rilasciato dichiarazioni palesemente antitetiche con il rispetto del diritto internazionale, volte a trovare degli appigli per non eseguire il mandato d'arresto, che è di fatto obbligatorio per gli Stati che hanno ratificato lo Statuto di Roma. Ha infatti dichiarato: «noi sosteniamo la Corte penale internazionale, ricordando sempre che la Corte deve svolgere un ruolo giuridico e non un ruolo politico. Valuteremo insieme ai nostri alleati cosa fare e come interpretare questa decisione e come comportarci insieme su questa vicenda». Posizione ribadita in sede parlamentare, alla Camera dei deputati, durante lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata in Assemblea il 27 novembre 2024;
5) nelle conclusioni del G7 dei Ministri degli affari esteri, tenutosi a Fiuggi il 25 e 26 novembre 2024, spicca l'assenza di riferimenti alla questione dei mandati d'arresto sopra citati, nonostante fosse stata auspicata la necessità di decidere una posizione comune in merito, in particolare dall'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell;
6) secondo Borrell, non esistendo alternative circa l'obbligo di esecutività dei mandati di arresto si ravvisava la necessità di cristallizzare il rispetto dei vincoli derivanti dal diritto internazionale da parte degli Stati membri dell'Unione europea, anche al fine di distinguere nettamente la posizione dell'Unione europea da quella tenuta dagli Stati Uniti, che non riconoscono alcun valore alle decisioni della Corte penale internazionale, in quanto non hanno mai aderito allo Statuto di Roma;
7) l'Alto rappresentante, ha inoltre dichiarato, in merito all'obbligatorietà dei mandati d'arresto, che «non è qualcosa che si può scegliere: quando la Corte è andata contro Putin siamo rimasti in silenzio. Questo è un tipico esempio del “due pesi e due misure”. Ho chiesto agli Stati membri dell'Unione europea di rispettare gli obblighi derivanti dalla decisione della Corte dell'Aia e dal diritto internazionale, che piacciano o meno». Borrell, infatti ha più volte ricordato che i provvedimenti della Corte penale internazionale sono vincolanti per tutti gli Stati che hanno ratificato lo Statuto;
8) il 27 novembre 2024 Israele e il movimento sciita libanese Hezbollah hanno concordato un cessate il fuoco di sessanta giorni. L'accordo, mediato dagli Stati Uniti, prevede che nella zona cuscinetto possano operare solo l'esercito regolare libanese e i caschi blu della missione Unifil, dove sono impegnati 1200 militari italiani. Gli Stati Uniti guidano il comitato internazionale di supervisione per monitorare eventuali violazioni della tregua, di cui è membro anche la Francia. Ad oggi la tregua appare piuttosto fragile e con evidenti violazioni da entrambe le parti;
9) a seguito del raggiunto accordo, il presidente israeliano, Benjamin Netanyahu, ha dichiarato di aver accettato la tregua «per tre motivi: bisogna concentrarsi sulla minaccia iraniana, rinnovare le forze e i rifornimenti di armi, separare i fronti e isolare Hamas». Dunque la tregua in Libano appare come una operazione concordata che permette ad Israele di continuare a perpetrare crimini di guerra e contro l'umanità a Gaza, peraltro con il tentativo di garantire l'immunità a Netanyahu. Appena dopo l'entrata in vigore del cessate il fuoco in Libano, infatti, il Ministro degli affari esteri francese, Jean-Noël Barrot, ha dichiarato che, interpretando un articolo dello Statuto, nello specifico l'articolo 98, Netanyahu e Gallant beneficerebbero di «un'immunità» che «dovrà essere presa in considerazione», a dispetto del mandato di arresto diramato nei suoi confronti dalla Corte penale internazionale;
10) l'articolo 98 reca disposizioni in ordine alla cooperazione in relazione alla rinuncia dell'immunità e al consenso alla consegna, in particolare, al paragrafo 1 prevede che «la Corte non può presentare una richiesta di consegna che costringerebbe lo Stato richiesto ad agire in modo incompatibile con gli obblighi che gli incombono in forza di accordi internazionali secondo i quali il consenso dello Stato d'invio è necessario per poter consegnare alla Corte una persona dipendente da detto Stato, a meno che la Corte non sia in grado di ottenere preliminarmente la cooperazione dello Stato d'invio ed il suo consenso alla consegna»;
11) l'interpretazione francese risulta piuttosto forzata se valutata in combinato disposto con l'articolo 27, del medesimo Statuto, che stabilisce l'irrilevanza della qualifica dell'organo chiamato a rispondere di crimini internazionali. Inoltre, l'articolo 27, paragrafo 2, dispone che le immunità o norme procedurali speciali inerenti alla posizione ufficiale di una persona, sia secondo il diritto nazionale sia internazionale, non impediscono alla Corte di esercitare la sua giurisdizione su tale persona;
12) l'articolo 27 rappresenta, dunque, una deroga alle forme di immunità riconosciute a livello consuetudinario, in quanto riconducibili a crimini internazionali;
13) a conferma di quanto esposto, si ricorda il recente caso di deferimento della Mongolia, da parte della Camera preliminare della Corte penale internazionale, all'Assemblea degli Stati membri per il mancato arresto in territorio mongolo del Presidente russo, Vladimir Putin, per il quale è stato emesso un mandato di arresto internazionale dalla stessa Camera. Il mancato arresto ha di fatto impedito all'istituzione giudiziaria di esercitare le proprie funzioni e i propri poteri;
14) nel motivare il deferimento, la Camera ha ribadito che l'immunità personale, compresa quella dei capi di Stato, non è impugnabile davanti alla Corte e non è prevista alcuna deroga. Gli Stati parte e quelli che accettano la giurisdizione della Corte hanno il dovere di arrestare e consegnare le persone soggette a mandato di arresto, indipendentemente dalla carica ufficiale o dalla nazionalità;
15) ai sensi dell'articolo 86 dello Statuto di Roma, gli Stati parti hanno l'obbligo di cooperare pienamente con la Corte nelle inchieste ed azioni giudiziarie che la stessa svolge per reati di sua competenza;
16) la Corte penale internazionale ha lo scopo di perseguire individui, siano essi esponenti di governo o privati cittadini, responsabili di gravi crimini di rilevanza internazionale come genocidio, crimini contro l'umanità, di aggressione e crimini di guerra;
17) lo Statuto di Roma del 17 luglio del 1998, ha consolidato il processo di istituzionalizzazione di un sistema di giustizia penale internazionale in relazione a crimini che ledono i principi e i valori fondamentali della comunità degli Stati, tale è la portata della loro gravità;
18) i 123 Paesi che hanno aderito allo Statuto di Roma hanno l'obbligo di dare esecuzione ai provvedimenti della Corte, inclusi i mandati di arresto e le sentenze di condanna, ovunque nei loro territori;
19) il 4 dicembre 2024, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione in cui viene convocata una conferenza di alto livello volta a promuovere una soluzione dei due Stati per il conflitto israelo-palestinese e a ribadire l'appello per una pace «globale, giusta e duratura» in Medio Oriente. Il testo, adottato con 157 voti a favore, otto contrari e sette astensioni, pone le basi per la celebrazione della «Conferenza internazionale di alto livello per la soluzione pacifica della questione palestinese e l'attuazione della soluzione dei due Stati», che si terrà dal 2 al 4 giugno 2025 a New York. Nella risoluzione si invita Israele a «cessare immediatamente e completamente ogni forma di violenza, compresi gli attacchi militari, le distruzioni e gli atti di terrore» e le «nuove attività di insediamento» nei territori palestinesi occupati, ad evacuare «tutti» i coloni e a porre fine alle «loro azioni illegali». Inoltre, ricorda che lo Stato ebraico, in quanto potenza occupante, deve rispettare gli obblighi descritti nel parere consultivo della Corte internazionale di giustizia,
impegna il Governo:
1) a rispettare l'obbligo di cooperazione con la Corte penale internazionale disposto dall'articolo 86 dello Statuto di Roma, a tal fine dando seguito ai mandati di arresto emessi nei confronti del Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, dell'ex Ministro della difesa Yoav Gallant e Mohammed Deif, capo delle Brigate al-Qassam, in caso di ingresso nel territorio italiano, allo scopo di affermare e rispettare i principi della giustizia penale internazionale e del diritto internazionale;
2) a profondere ogni sforzo a tutti i livelli, internazionale, europeo e bilaterale, al fine di giungere a un immediato «cessate il fuoco» permanente e duraturo nella Striscia di Gaza, a garanzia dell'incolumità della popolazione civile e al rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi;
3) alla luce della catastrofe umanitaria in corso, ad adoperarsi con urgenza a tutti i livelli, internazionale, europeo e bilaterale, per assicurare nella Striscia di Gaza la fornitura di massicci aiuti umanitari via mare, terra ed aria, l'ingresso di personale sanitario e umanitario, a tal fine garantendo l'apertura permanente di adeguati corridoi umanitari, inclusi quelli marittimi e, al contempo, permettendo l'evacuazione dei civili più vulnerabili, tra cui i feriti in gravi condizioni, bambini e anziani;
4) a promuovere il riconoscimento dello Stato di Palestina nei confini del 1967 secondo le risoluzioni delle Nazioni Unite;
5) a farsi promotore di una forte iniziativa diplomatica sul Governo israeliano affinché rispetti il diritto internazionale umanitario e accetti la prospettiva del riavvio di un processo di pace basato sul principio «due popoli, due Stati»;
6) a sospendere urgentemente, ove in essere, le autorizzazioni di vendita di armi allo Stato di Israele concesse anteriormente alla dichiarazione dello stato di guerra dell'8 ottobre 2023, al fine di scongiurare che tali armamenti possano essere utilizzati per commettere gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, nonché a sostenere e farsi promotore, a livello europeo con gli altri Stati membri, di opportune iniziative volte alla totale sospensione della vendita, della cessione e del trasferimento di armamenti allo Stato di Israele, nel rispetto della posizione comune (2008/944/PESC) sulle esportazioni di armi e del Trattato sul commercio di armi (Att) dell'Onu, come richiesto dalla risoluzione approvata il 5 aprile 2024, dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, nonché dell'acquisto di armamenti dal medesimo Stato di Israele;
7) a farsi promotore in sede europea della richiesta di adozione di sanzioni dirette nei confronti del Governo israeliano di Netanyahu, nonché di sanzioni commerciali ed economiche nei confronti di Israele, anche tramite la sospensione dell'accordo di associazione Unione europea-Israele, considerato il mancato rispetto reiterato dell'articolo 2 che regola le relazioni tra le parti fondandole sul rispetto dei diritti umani e dei principi democratici, nonché considerata la decisione della Corte internazionale di giustizia del 19 luglio 2024 e i mandati d'arresto per Netanyahu e Gallant della Corte penale internazionale;
8) a farsi promotore in sede europea della previsione di sanzioni mirate contro i coloni israeliani estremisti in Cisgiordania, comprese le organizzazioni e le società ad essi connesse, direttamente ed indirettamente, in forza dell'ostacolo che rappresentano nell'ambito di un auspicabile processo di pace nonché considerata la decisione della Corte Internazionale di Giustizia del 19 luglio 2024, e le risoluzioni approvate dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 18 settembre 2024 e il 4 dicembre 2024;
9) ad intraprendere opportune iniziative volte a garantire la sicurezza dei militari italiani impegnati nella operazione di peace-keeping Unifil anche alla luce dei recenti ed inaccettabili attacchi israeliani contro il contingente Onu.
(1-00375) «Riccardo Ricciardi, Francesco Silvestri, Baldino, Lomuti, Pellegrini, Ascari, Auriemma, Carotenuto».
(5 dicembre 2024)
La Camera,
premesso che:
1) la Corte penale internazionale (Cpi) il 21 novembre 2024 ha reso noto di aver emesso un mandato di arresto internazionale per il premier israeliano Benjamin Netanyahu e l'ex Ministro della difesa Yoav Gallant, nonché per Diab Ibrahim Al-Masri, noto come Deif, comandante delle Brigate 'Izz al-Dīn al-Qassām, il braccio armato di Hamas nella Striscia di Gaza, che però parrebbe essere deceduto nel luglio 2024;
2) la richiesta della Corte penale internazionale, che vede come base giuridica la Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio del 1948 adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite con risoluzione 260 A (III) del 9 dicembre 1948 ed entrata in vigore il 12 gennaio 1951, fa seguito al ricorso presentato dal Sud Africa il 29 dicembre 2023;
3) lo Stato sudafricano nel ricorso presentato adduce che gli atti e le omissioni di Israele a Gaza sono di carattere genocida, in quanto commessi con l'intento specifico di distruggere i palestinesi quale parte di una più ampia comunità facente parte del gruppo nazionale, razziale ed etnico palestinese;
4) il mandato d'arresto della Corte penale internazionale è stato interpretato da alcuni attori politici come una condanna già scritta per i due esponenti del governo d'Israele, trattandosi invece di una richiesta a comparire per essere giudicati nei modi e nei termini previsti dallo Statuto della Corte sottoscritto dai 124 Stati firmatari;
5) il mandato nasce a seguito delle legittime azioni difensive che lo Stato d'Israele ha avviato nell'ottobre 2023 per rispondere agli attacchi terroristici che hanno colpito i civili israeliani;
6) si ricorda appunto come, il 7 ottobre 2023, milizie riconducibili ad Hamas – organizzazione terroristica islamica che ha nel proprio statuto la distruzione dello Stato di Israele – hanno condotto una serie di attacchi in territorio israeliano, causando la morte di migliaia di civili innocenti, compiendo un vero e proprio femminicidio di massa, seviziando numerosi cittadini, anche stranieri, e rapendo oltre 200 persone che sono state portate a Gaza, molte delle quali risultano ancora ostaggio dei terroristi;
7) l'attacco perpetrato da Hamas ha tutti i connotati di una feroce ed efferata azione terroristica ed è stato fermamente condannato dalla comunità internazionale, che ha ribadito il diritto di Israele a difendere la sua integrità territoriale e la sua popolazione. Il Governo israeliano ha pertanto posto in essere una reazione militare per ripristinare la sicurezza nel territorio e tentare di riportare a casa gli ostaggi trattenuti a Gaza;
8) l'inasprimento del conflitto scaturito dalle legittime azioni difensive dello Stato d'Israele nei confronti di Hamas è sfociato in un'escalation di violenze in Medio Oriente che, a distanza di oltre un anno dall'inizio del conflitto, continua a mettere a rischio la popolazione civile solo della Striscia di Gaza, stretta nella morsa dell'esercito israeliano e dalla violenza delle forze terroristiche, con gli arrivi degli aiuti sempre più limitati, che configura una gravissima crisi umanitaria e sanitaria senza precedenti;
9) a marzo 2024 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato all'unanimità, con l'astensione degli Stati Uniti, la risoluzione 2728 del 2024 con la quale si è chiesto alle parti in conflitto un cessate il fuoco immediato per il Ramadan che conducesse ad un cessate il fuoco durevole e sostenibile, al rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi, nonché la garanzia dell'accesso umanitario per far fronte alle loro esigenze mediche e umanitarie;
10) la cessazione delle ostilità e la fine della guerra dipendono da tutte le parti coinvolte nel conflitto, dalla restituzione degli ostaggi alle loro famiglie, dalla garanzia della sicurezza e dell'integrità dello Stato di Israele, dalla pacifica creazione e riconoscimento di uno Stato palestinese guidato da un'Autorità Nazionale Palestinese in totale discontinuità con Hamas, nonché dal riconoscimento della prospettiva dei «due popoli, due Stati»;
11) l'inasprimento delle ostilità a Gaza ha visto l'adozione di azioni particolarmente dure e non condivisibili da parte dello Stato d'Israele, in quanto il perpetuarsi delle violenze rappresenta storicamente la soluzione più congeniale per porre fine ai conflitti;
12) il proseguimento delle operazioni israeliane a Gaza rischia di fomentare l'odio nei confronti di Israele, rinfocolando l'odioso germe dell'antisemitismo e portando gli abitanti della Striscia a simpatizzare per i terroristi di Hamas – loro veri carnefici – anche nelle prossime generazioni;
13) il conflitto non può essere risolto attraverso mandati di arresto internazionali per i vertici del Governo israeliano;
14) al 5 novembre 2024, secondo il Ministero della salute palestinese il bilancio attuale della guerra nella Striscia di Gaza vede 44.580 morti accertati e 105.739 feriti, numeri che, se fossero veri, rappresenterebbero un costo inaccettabile in termini umanitari;
15) come ricordato dall'allora Presidente del Consiglio Matteo Renzi, nel 2015, alla Knesset: «non basta domandare la pace per Gerusalemme ma occorre costruirla con l'impegno di tutti gli attori in campo e non. La pace sarà possibile solo quando sarà interamente compiuto il progetto due Stati per due popoli e ciò potrà avvenire solo se sarà garantita la piena sicurezza di tutti con il rispetto del diritto del popolo palestinese all'autodeterminazione e il diritto del popolo ebraico al proprio stato nazionale»;
16) il necessario e irrimandabile raggiungimento di una soluzione diplomatica a Gaza ha come premessa fondamentale la dichiarazione di un cessate il fuoco duraturo, come quello che è stato dichiarato il 27 novembre 2024 per porre un freno alle ostilità sul fronte israelo-libanese;
17) si ricorda infatti come negli scorsi mesi l'allargamento dei disordini in Medio Oriente sia stato fomentato anche dall'intensificazione dell'attività terroristica di Hezbollah – gruppo terroristico armato e sostenuto dallo stesso Iran – nei confronti di Israele, il quale ha dovuto rafforzare la linea difensiva del fronte settentrionale del Paese;
18) si ricorda che con la risoluzione 1701 del 2006 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite era stato richiesto il rafforzamento della Forza di interposizione in Libano delle Nazioni Unite (Unifil) – la missione di cui fa parte anche il nostro contingente – con lo scopo di monitorare la cessazione delle ostilità tra Israele e il Libano e a estendere la sua assistenza per contribuire a garantire l'accesso umanitario alle popolazioni civili e il ritorno volontario e sicuro degli sfollati;
19) l'inasprimento del conflitto ha messo in pericolo lo stesso contingente dell'Unifil, che a causa del fuoco incrociato di Israele ed Hezbollah ha subìto il ferimento di militari italiani e degli altri Stati coinvolti nella missione;
20) il presidente francese Emmanuel Macron e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman hanno chiesto di indire le elezioni presidenziali in Libano a seguito dell'accordo di cessate il fuoco, al fine di unire il popolo libanese e realizzare le riforme necessarie per la stabilità e la sicurezza del Paese;
21) la pacificazione del Medio Oriente, su ogni fronte, può avvenire solamente tramite azioni diplomatiche che hanno come premessa il rispetto del diritto internazionale umanitario e degli impegni relativi ai cessate il fuoco già in atto e a quelli in divenire, da parte di tutti gli attori coinvolti, per evitare ogni ulteriore vittima civile,
impegna il Governo:
1) ad adoperarsi in ogni sede internazionale per ribadire la necessità di non strumentalizzare politicamente gli atti della Corte penale internazionale;
2) a incoraggiare e sostenere Israele a intraprendere le trattative di pace, nonché ogni azione internazionale che garantisca il cessate il fuoco umanitario, l'immediata liberazione degli ostaggi detenuti da Hamas, la sicurezza del popolo israeliano sul proprio territorio;
3) ad adottare iniziative di competenza volte a garantire l'accesso alle cure e ai beni di prima necessità all'intera popolazione palestinese di Gaza, con particolare riferimento ai più fragili, alle donne e ai minori;
4) a promuovere un'azione ampia, condivisa e coordinata a livello internazionale, con il coinvolgimento dell'Unione europea e delle Nazioni Unite, che sia in grado di attuare una vera conferenza di pace;
5) ad adottare iniziative volte a favorire lo sviluppo di un'Autorità Nazionale Palestinese moderata, capace di controllare il territorio e garantire la condanna delle organizzazioni terroristiche, in particolare Hamas, che va disciolta, disarmata e a cui va impedito in ogni modo di progettare e ripetere in futuro un attacco come quello del 7 ottobre 2023;
6) a perseguire con determinazione la soluzione «due popoli, due Stati», stabilendo tempistiche chiare e realistiche per evitare l'escalation del conflitto;
7) a intraprendere ogni iniziativa per garantire l'incolumità del contingente Unifil, con particolare attenzione riguardo ai militari italiani impegnati nella missione Onu;
8) ad intraprendere ogni opportuna iniziativa diplomatica in coordinamento con i partner europei e internazionali, per chiedere che il cessate il fuoco sul fronte israelo-libanese porti a un'effettiva interruzione delle ostilità;
9) a ribadire nelle opportune sedi internazionali la necessità di nuove elezioni democratiche in Libano.
(1-00381) «Faraone, Gadda, Del Barba, Bonifazi, Boschi, Giachetti, Gruppioni».
(7 gennaio 2025)
MOZIONI IN MATERIA DI POLITICHE INDUSTRIALI
La Camera,
premesso che:
1) in Italia la politica industriale ha seguito nel corso del tempo i cambiamenti economici, sociali, tecnologici, istituzionali che hanno attraversato il nostro tessuto produttivo, caratterizzandosi fino ai primi anni ottanta del secolo scorso per un approccio interventista, basato su un esplicito sostegno statale alle imprese considerate strategiche o a settori nascenti, in un periodo di rapida industrializzazione, un approccio che dalla metà degli anni ottanta, in un contesto internazionale contraddistinto dall'aumento degli scambi commerciali e dalla crescente liberalizzazione dei mercati, ha cambiato paradigma, con l'intervento pubblico che si è principalmente limitato a lasciare operare i meccanismi di mercato con l'obiettivo di sfruttare i guadagni dovuti alla specializzazione produttiva e al commercio, alla riduzione dei costi di transazione e all'efficiente riallocazione degli input tra settori e imprese, anche in connessione con la nascita del mercato unico europeo;
2) i fenomeni della globalizzazione e dell'innovazione/rivoluzione tecnologica, a partire dalla fine del secolo scorso hanno determinato in molte economie avanzate non solo indubbi miglioramenti nel benessere dei cittadini ma anche un aumento delle disuguaglianze, cui le politiche pubbliche sono chiamate a dare una risposta adeguata. Inoltre, gli effetti sempre più visibili del cambiamento climatico e il riemergere dell'instabilità geopolitica hanno portato a un rinnovato interesse per le politiche industriali nei Paesi avanzati, con l'obiettivo di promuovere, oltre che l'innovazione e la crescita dei sistemi economici, anche la coesione, la sostenibilità e la resistenza agli shock: la sfida consiste nel favorire la doppia transizione digitale ed ecologica, nel diversificare e proteggere le catene di fornitura, in particolare di tecnologie avanzate, anche con misure volte a incoraggiare la reindustrializzazione e il reshoring delle attività del settore manifatturiero, cercando di preservare i benefici dell'integrazione dei mercati, particolarmente rilevanti per un'economia aperta agli scambi internazionali come quella italiana;
3) come rilevato nell'indagine conoscitiva effettuata nella X commissione (attività produttive, commercio e turismo), nonostante le sue potenzialità, l'intelligenza artificiale rimane ancora scarsamente utilizzata dalle imprese italiane, soprattutto se poste a confronto con i Paesi del Nord Europa, del Nord America e con la Cina: stando ai dati raccolti nel corso dell'indagine conoscitiva, infatti, il 61 per cento delle grandi imprese ha all'attivo almeno al livello di sperimentazione, un progetto di IA, ma il dato scende al 18 per cento tra le Pmi. Posto che una delle ragioni della stagnazione economica dell'Italia, negli ultimi trent'anni almeno, è dovuta alla scarsa crescita della produttività, colmare il ritardo e sfruttare le potenzialità dell'intelligenza artificiale sono quindi ritenuti una straordinaria opportunità. Nel nostro Paese l'intelligenza artificiale generativa potrebbe giocare un ruolo chiave anche per mantenere alto il livello di produttività e benessere in un contesto di generale invecchiamento della popolazione. Già oggi in circa 40 province in Italia il numero dei pensionati è maggiore del numero dei lavoratori ed entro il 2040 l'Italia perderà circa 3,7 milioni di occupati: un numero di lavoratori che, con gli attuali livelli di produttività, contribuiscono alla produzione di circa 267,8 miliardi di valore aggiunto. Di qui la prospettiva, anzi la necessità di impiegare le nuove tecnologie anche per mantenere invariato lo stesso livello di benessere economico. L'Italia non potrà capitalizzare le opportunità fornite dall'intelligenza artificiale senza un impegno attivo e proattivo. Senza di esso, rischieremmo di rimanere indietro nella gara internazionale. Per sfruttare i vantaggi dell'intelligenza artificiale è indispensabile adottare un approccio strutturato che promuova la diffusione delle competenze digitali e l'adozione tecnologica nelle aziende, elementi chiave per questo nuovo orizzonte. In particolare, promuovere la digitalizzazione delle imprese, soprattutto quelle di piccola e media entità, è vitale per facilitare l'implementazione di soluzioni basate sull'IA, migliorando così l'efficienza stesse. La velocità della sua diffusione e le potenzialità dei suoi utilizzi sono straordinari, e trovano applicazione attraverso lo sviluppo verticale nei differenti ecosistemi industriali europei e nel settore pubblico. Vanno però attentamente monitorati gli effetti che questa trasformazione tecnologica potrà avere soprattutto su settori costituiti in buona parte da Pmi e da imprese artigiane, e sulle attività del settore terziario (dal commercio alla filiera del turismo) e delle professioni: dato il contesto, che è quello di una trasformazione del mercato, in corso da anni, determinata fondamentalmente dall'e-commerce e dalle piattaforme digitali, con una straordinaria concentrazione nelle mani di pochi colossi che hanno riscritto le regole del commercio e dei processi produttivi, è difficile immaginare che le imprese di piccola dimensione siano in grado di rispondere alla concorrenza di multinazionali in grado di investire enormi capitali in questo ambito. La risposta a questa inedita trasformazione deve essere sistemica, con politiche industriali comunitarie dirette a ridurre, in questo ambito, la concorrenza tra imprese europee per facilitare lo sviluppo di tecnologie continentali e ridurre i costi, realizzando un riequilibrio nello sviluppo tecnologico dell'intelligenza artificiale. Altro aspetto da monitorare è il rischio di una sostituzione di alcune attività lavorative ripetitive di media e bassa complessità e di un aumento delle diseguaglianze tra lavoratori che hanno dimestichezza con le nuove tecnologie e coloro che ne sono privi, ma – nel quadro macroeconomico – intere catene del valore e settori potrebbero essere diversamente localizzati. È evidente il pericolo che, in tutti i settori (da quello industriale al manifatturiero, per arrivare al commercio, al turismo e ai servizi), si verifichino una perdita di qualità, una compressione dei salari, una riduzione delle tutele, causate dalla subordinazione alle piattaforme digitali, che potranno determinare ritmi di lavoro, retribuzioni, continuità occupazionale. È dunque necessario stabilire regole e limiti alla loro pervasività;
4) per ricostruire un efficace sistema di politiche industriali che sia in grado di affrontare le sfide delle due transizioni gemelle e del nuovo contesto geopolitico occorre in primo luogo partire dalla dimensione europea. La posta in gioco è, infatti, la leadership tecnologica che determinerà non solo gli equilibri geopolitici dei prossimi anni ma anche la capacità dei sistemi economici di gestire le sfide della digitalizzazione e della transizione verso la decarbonizzazione offrendo al tempo stesso risposte adeguate ai nuovi bisogni delle società avanzate. Un nuovo protagonismo dell'Europa appare la condizione minima per sostenere una industria europea in grado di competere nella nuova globalizzazione dominata dai giganti americani e cinesi. La costruzione di un nuovo sistema di regole e governance condivise rappresenta, inoltre, la barriera necessaria per evitare che la ripresa di politiche industriali nazionali rallentino il processo di integrazione dell'industria europea favorendo spinte sovraniste che oggi appaiono non solo inefficaci ma anche dannose;
5) nella piena consapevolezza della necessità di aggiornare l'impostazione delle politiche comunitarie al nuovo contesto, in questi ultimi anni la Commissione europea ha fortemente rafforzato il quadro regolatorio e programmatico sui principali temi della politica industriale esprimendo una visione di medio lungo termine sui principali driver di trasformazione del sistema economico e sociale ma è rimasta molto debole sulla capacità reale di accompagnare e sostenere queste trasformazioni. Sul piano programmatico sono stati definiti obiettivi molto ambiziosi in materia di transizione digitale (digital compass), di transizione ambientale (fit for 55) cui si sono aggiunti gli obiettivi di autonomia strategica nella importazione di materie prima (row material act) e di sicurezza degli approvvigionamenti critici (chips act). La realizzazione di questi obiettivi richiede enormi investimenti in nuove tecnologie e, nel breve periodo, anche un potenziamento della capacità industriali in settori chiave come batterie, semiconduttori, impianti per le rinnovabili, sistemi di telecomunicazioni abilitanti il 5G, dove il livello di dipendenza dalle importazioni, in particolare dalla Cina, rischia di penalizzare prospettive di crescita e di occupazione;
6) il Presidente Draghi, nell'ambito dello studio commissionato dalla Presidente Von Der Layen sulla competitività dell'industria europea, ha stimato un fabbisogno di investimenti per l'Unione europea intorno ai 500 miliardi di euro annui necessari per affrontare le due transizioni. Per finanziarli, serve un grande volume di risorse pubbliche e private, attraverso una governance economica che apra più spazi alle politiche nazionali di investimento, preveda strumenti comuni permanenti e un bilancio dell'Unione europea più ambizioso per indirizzare verso l'economia reale europea e la transizione equa, verde e digitale una quota maggiore dei 33 mila miliardi di euro di risparmi privati europei. Un analogo esercizio realizzato da uno studio Rse/Confindustria per l'Italia stima il fabbisogno di investimenti per la realizzazione del Piano nazionale integrato per l'energia e il clima nell'ordine di 1000 miliardi di euro nei prossimi 6 anni. In funzione di questi obiettivi è possibile di individuare i 4 pilastri della nuova politica industriale europea:
a) rafforzamento della capacità produttiva europea nei settori strategici per la transizione ambientale ed energetica e sostegno alla adozione di tecnologie green nei settori più tradizionali;
b) potenziamento della ricerca nei settori strategici per la transizione digitale con particolare attenzione agli sviluppi potenziali dell'intelligenza artificiale;
c) riduzione della dipendenza strategica dell'Europa per l'approvvigionamento delle materie prime critiche e per alcune componenti industriali;
d) creazione di una infrastruttura europea di ricerca e trasferimento tecnologico che aumenti il potenziale di crescita dell'industria continentale e stimoli la crescita di startup innovative;
7) il tema delle risorse rappresenta naturalmente un nodo cruciale, anche in relazione alle politiche introdotte recentemente dagli Usa, attraverso il programma Inflation reduction act, e dalla Cina, attraverso la strategia «made in China» ampiamente sovvenzionata con risorse statali: la risposta europea, in assenza di adeguati spazi di bilancio delle Commissione (ad oggi vale meno dell'1 per cento del Pil dei Paesi aderenti rispetto al 25 per cento del bilancio federale americano), è stata affidata ad un allentamento delle regole sugli aiuti di stato alimentando gli squilibri tra i diversi Paesi. Se si guarda agli aiuti di stato autorizzati dalla Commissione europea da marzo 2022, nell'ambito del quadro temporaneo di crisi, a gennaio 2023 il 53 per cento del totale degli aiuti è stato notificato dalla Germania, il 24 per cento dalla Francia e solo il 7 per cento dall'Italia, che ha spazi fiscali limitati: gli aiuti notificati dalla Germania e dalla Francia sono stati, rispettivamente, pari a 356 e 162 miliardi di euro. Il sostegno al sistema produttivo autorizzato per l'Italia è stato più limitato e pari a 51 miliardi di euro, riflettendo presumibilmente anche in questo caso la minore capacità fiscale del nostro paese. Tale assetto evidenzia la necessità di costruire una capacità di risposta comune a partire da un potenziamento delle risorse a disposizione della Commissione, per il perseguimento degli obiettivi definiti nei diversi documenti programmatori, e dalla creazione di un mercato unico finanziario che convogli il risparmio privato verso gli investimenti delle imprese;
8) come indicato dal «Rapporto Letta», per promuovere una progressiva espansione dei finanziamenti pubblici dell'Unione europea a sostegno di una strategia industriale europea in grado di contrastare gli strumenti di pesante sussidio recentemente adottati da altre potenze globali, è precondizione necessaria una mirata e rigorosa applicazione degli aiuti di stato a livello nazionale onde evitare distorsioni della concorrenza e assicurare parità di condizioni all'interno del mercato unico;
9) in questo contesto, l'Italia rimane la seconda potenza manifatturiera d'Europa, dopo la Germania. Nel 2023 la nostra industria manifatturiera ha generato un valore aggiunto di 328 miliardi di euro, il 17,5 per cento del totale, e ha dato lavoro a 4 milioni di persone, il 15,3 per cento del totale. Sono numeri ridimensionati, rispetto a quelli del 2007, prima della grande crisi finanziaria. Ma sono superiori alla media europea;
10) la vocazione manifatturiera dell'Italia è un patrimonio da difendere e sostenere, non ci sarà nessuna nuova stagione di sviluppo se l'Italia si arrenderà alla deindustrializzazione. Negli anni '90 sono state privatizzate gran parte delle aziende pubbliche e abbandonate le politiche industriali. È merito del centrosinistra averle riproposte, prima con Industria 2015 di Bersani e poi con Industria 4.0 di Epifani e Calenda, che ha prodotto risultati positivi nella parte relativa ai crediti d'imposta per l'acquisto dei macchinari innovativi ma che si è rivelata insufficiente rispetto ai cambiamenti necessari al nostro sistema per assumere leadership industriale e tecnologica sui settori del digitale;
11) oggi si è in una fase diversa: i salari fermi da trent'anni, la diffusione del lavoro povero e dequalificato, la stagnazione della produttività sono sintomi di un malessere profondo dell'economia. Si parla di una forza lavoro e imprenditoriale sempre più anziana e poco istruita; di un mercato dei capitali asfittico; di un capitalismo familiare troppo chiuso in sé stesso. Emergono i limiti del nostro modello di capitalismo, basato su milioni di microimprese che in molti casi arrancano, schiacciate dalla burocrazia e dalle difficoltà di accesso al credito, su quattro/cinque mila medie aziende competitive; su poche, pochissime grandi imprese, in gran parte a partecipazione pubblica: è tempo di migliorare questo modello, di rendere il sistema più dimensionato, resiliente, sostenibile;
12) la produzione industriale italiana, dopo gli anni di forte crescita successivi alla pandemia è infatti in calo costante, a settembre 2024 secondo Istat c'è stato il ventesimo calo consecutivo, un calo dello 0,4 per cento rispetto ad agosto 2024, una riduzione di quattro punti su base annua che nei primi nove mesi del 2024 presenta un bilancio in rosso del 3,4 per cento. Il livello del Pil italiano è rimasto stazionario rispetto ai tre mesi precedenti, registrando un risultato peggiore rispetto ai principali partner europei. Nei primi otto mesi del 2024, le esportazioni in valore hanno registrato una riduzione dello 0,6 per cento in termini tendenziali, riflettendo in particolare l'andamento negativo delle vendite verso i mercati dell'Unione europea;
13) il riflesso delle difficoltà del sistema industriale italiano si ripercuote sul mondo del lavoro dove sarebbero oltre 120.000 i lavoratori a rischio, di cui 70.000 solo nell'automotive, 25.459 nella siderurgia, 8000 nell'energia (centrali a carbone e cicli combinati), 2000 nel settore elettrico, 4094 nella chimica di base, 3473 nel settore del petrolchimico e in quello della raffinazione, 8000 nelle telecomunicazioni, per non parlare delle gravi ricadute di tali crisi sulla filiera degli appalti;
14) alla luce di questi dati negativi, si ritiene una scelta assurda e gravissima per l'industria e i lavoratori del settore automotive, il drastico taglio, per un totale di 4,55 miliardi di euro di definanziamento, al «Fondo automotive», che era stato istituito con lungimiranza dal Governo Draghi con una dotazione di 700 milioni di euro per il 2022 e di un miliardo di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2030, per il sostegno e la promozione della transizione verde, della ricerca e degli investimenti nel settore automotive, cui viene lasciato un finanziamento residuo complessivo di soli 1,2 miliardi di euro per il periodo 2025-2030, praticamente un azzeramento delle possibilità affrontare le sfide estremamente impegnative della transizione ecologica e digitale e della crescente competizione globale, che hanno invece bisogno di rilevanti politiche di sostegno;
15) i prezzi delle materie prime, gli alti costi energetici, lo stop della locomotiva tedesca, la concorrenza internazionale, il calo dei consumi interni, il calo degli investimenti pubblici e privati e i pochi investimenti in ricerca e sviluppo, le delocalizzazioni di stabilimenti o di produzioni di interi settori produttivi, sono principali fattori che incidono sui costi e sulla competitività della manifattura italiana e che stanno delineando un rischio deindustrializzazione stante la continua erosione della base produttiva: secondo Confindustria, la cig ordinaria nella manifattura è aumentata di circa il 50 per cento rispetto ai primi tre trimestri dello scorso anno. Il Pmi (Purchasing managers index) manifatturiero, che si era avvicinato alla soglia neutrale in estate è poi tornato a scendere in ottobre e la fiducia delle imprese manifatturiere è debole da circa un anno;
16) le politiche industriali di cui abbiamo bisogno devono imparare dagli errori del passato ed essere orientate al futuro, all'innovazione, ai settori e alle tecnologie il cui sviluppo è ostacolato dai fallimenti di mercato. Devono essere strettamente connesse alla doppia transizione ecologica e digitale e favorire la creazione di lavoro di qualità, stabile e qualificato. E devono andare oltre la contrapposizione Stato-mercato novecentesca per ricercare una nuova complementarità tra intervento pubblico e iniziativa privata. Cambiare marcia vuol dire non limitarsi a dettare regole e tempi, ma costruire una vera politica industriale comune;
17) è necessario che si intervenga principalmente su quattro versanti: in primis quello della governance delle politiche industriali attraverso la creazione di un Ministero per lo sviluppo sostenibile, di un Forum permanente per le politiche industriali, con la trasformazione di Invitalia in un soggetto attuatore delle politiche industriali, con la creazione di una agenzia che coordini le partecipazioni pubbliche e poi, sul fronte dell'economia digitale, attraverso la creazione di un Ministero dell'innovazione e dello sviluppo tecnologico, con la previsione di una legge annuale per il digitale e il potenziamento e il coordinamento del network dell'innovazione;
18) il secondo sono gli incentivi pubblici, che vanno riorganizzati secondo criteri di selettività, condizionalità ambientali e sociali, con un orizzonte temporale almeno decennale e grande attenzione alla riduzione dei divari territoriali, a partire da quello tra Centro-Nord e Mezzogiorno: gli studi condotti in Banca d'Italia sui risultati ottenuti da varie misure applicate nel nostro paese presentano luci e ombre. Con riferimento al sostegno degli investimenti, le analisi empiriche disponibili indicano che gli incentivi automatici sono mediamente più efficaci di quelli assegnati a seguito di bandi competitivi. Le misure di incentivazione fiscale (attraverso crediti di imposta) agli investimenti delle imprese si sono rivelate molto efficaci per stimolare la crescita, l'ammodernamento del capitale produttivo e l'attività innovativa; esse però sono tendenzialmente contraddistinte da maggiori oneri per le finanze pubbliche e sono spesso caratterizzate da grandi difficoltà nel prevedere le adesioni alla misura e quindi monitorare per tempo la spesa relativa;
19) il terzo punto riguarda il ruolo dello Stato nell'economia. Si tratta di superare la contrapposizione tra Stato e mercato che ha caratterizzato il dibattito del '900 per affermare la necessità di una nuova complementarità tra intervento pubblico ed iniziativa privata. Nel contesto economico internazionale, non sembra, infatti, sufficiente un aggiustamento «spontaneo» guidato dalle sole forze del mercato così come appaiono del tutto inadeguate le politiche di carattere protezionistico tendenti a difendere l'attuale specializzazione dimensionale e produttiva. La più recente letteratura economica in materia di politica industriale ha teso ad evidenziare, attraverso una solida base empirica, come gli investimenti pubblici, se bene indirizzati, non spiazzino gli investimenti privati ma al contrario costituiscano un volano per la competitività. Per realizzare queste condizioni serve non solo uno Stato che privilegi investimenti di lungo periodo alla spesa corrente, ma anche uno Stato che sia in grado di individuare grandi missioni paese su cui orientare i fondi pubblici e promuovere l'attività delle imprese. L'individuazione delle missioni consente di connettere la politica industriale alla risoluzione delle grandi questioni sociali ed ambientali del pianeta restituendo alla scienza ed alle imprese il compito di soddisfare i nuovi fabbisogni delle società avanzate legate a mega trend globali: il cambiamento climatico, l'invecchiamento della popolazione, la qualità della vita e la concentrazione delle persone nei grandi centri urbani. Per affrontare la nuova fase occorre quindi ricostruire un sistema di governance, competenze e strumenti che sia in grado di ridefinire lo spazio per l'intervento pubblico nei settori strategici per la competitività garantendo selettività degli interventi e stabilità delle politiche. Quindi un ruolo dello Stato differente da come lo sta interpretando il Governo Meloni, il cui programma di privatizzazioni è una scelta discutibile e totalmente slegata da qualunque visione industriale. Serve solo per fare cassa e va contrastato con forza. Bisogna andare in una direzione totalmente diversa, definendo una serie di missioni strategiche, razionalizzando il sistema delle partecipate e istituendo una agenzia per coordinarle;
20) il quarto e ultimo versante riguarda le risorse da mettere in campo. Quelle pubbliche, innanzitutto, indirizzando verso le nuove politiche industriali le risorse liberate dalla riduzione dai sussidi ambientalmente dannosi e dalla riorganizzazione degli incentivi per le imprese. Quelle private, mobilitando verso l'economia reale una parte dei 1200 miliardi di euro fermi sui conti correnti delle famiglie e una quota maggiore dei 300 miliardi di euro gestiti da fondi pensione, fondazioni di origine bancaria, casse privatizzate dei liberi professionisti. Come già ribadito, va garantita però la selettività degli interventi riorganizzando il sistema di incentivazione pubblica per missioni in cui siano chiaramente identificati intersezioni con gli strumenti europei di politica industriale (aiuti di stato, Ipcei – importanti progetti di comune interesse europeo, Horizon Europe), obiettivi, milestone e target da raggiungere, condizionandone l'erogazione all'impegno da parte delle imprese beneficiarie del rispetto di condizionalità orizzontali (valide per tutte le forme di incentivo), legate al rispetto dei contratti di lavoro, della condizioni di sicurezza del lavoro, del rispetto dei principi di parità di genere e di non discriminazione, e verticali legati al comportamento specifico che si intende sostenere (di natura settoriale, territoriale o tecnologica). Va introdotto altresì il tema della sostenibilità con l'introduzione del vincolo per le risorse pubbliche di sostenere progetti coerenti con la tassonomia europea sugli investimenti sostenibili e di valutazione della Dnsh (Do no significant harm) e va sostenuta la compartecipazione dei finanziamenti pubblici alla ricerca al rischio di impresa, promuovendo l'utilizzo di modalità di rimborso progressivo delle risorse pubbliche investite (nelle forme tecniche delle royalties, del mantenimento della golden share dei diritti di proprietà industriale, dell'utilizzo di prestiti vincolati al reddito o al contenimento dei prezzi) laddove i progetti finanziati producano risultati positivi in termini di sviluppo di nuovi prodotti sul mercato;
21) il rilancio delle politiche industriali, infine, deve naturalmente riguardare in primo luogo il Sud in un'ottica di rafforzamento e qualificazione delle politiche di coesione. Non si tratta solo di individuare meccanismi premianti per gli investimenti al Sud ma di costruire una strategia industriale in grado di valorizzare il ruolo del Mezzogiorno nell'ambito nelle nuove filiere di innovazione a partire da quelle legate alla green economy e alla transizione digitale. E deve tenere presente che la fase di attuazione ha storicamente rappresentato il principale fattore di debolezza del nostro sistema di politiche industriali e pertanto appare necessario investire su soggetti, competenze e strumenti che siano in grado di garantire la reale applicazione degli indirizzi di policy. L'esperienza dei Paesi più avanzati evidenzia come lo snodo cruciale sia rappresentato dalla qualificazione delle risorse umane che lavorano all'interno del perimetro pubblico composto da pubblica amministrazione e agenzie specializzate. Nel quadro di una rinnovata politica industriale un ruolo importante può essere svolto dalle aziende a partecipazione pubblica superando l'attuale frammentazione dei modelli di governance,
impegna il Governo:
1) a farsi promotore, nel corso della nuova legislatura europea, di iniziative volte a mettere in campo ogni politica finalizzata a recuperare competitività, produttività e livelli di reddito dell'Unione europea, per garantire il benessere dei cittadini e il mantenimento del modello sociale europeo, mediante un maggior coordinamento delle politiche industriali, commerciali e fiscali, e la riduzione del divario di innovazione nei settori trainanti, intervenendo sul piano finanziario per rispondere al fabbisogno di investimenti, a tali fini favorire l'emissione di strumenti di debito comuni per progetti europei congiunti e riproponendo il fondo Sure, sperimentato durante la pandemia per sostenere l'occupazione, finalizzato ad un programma europeo di aggiornamento delle competenze dei lavoratori e di sostegno temporaneo al reddito per i lavoratori coinvolti nelle due transizioni;
2) a promuovere la partecipazione delle imprese italiane – anche le Pmi – alla creazione delle nuove catene del valore europee promosse dalla Commissione nell'ambito degli Ipcei (Important projects of common european interest);
3) ad allineare la politica industriale italiana agli obiettivi europei, promuovendo una visione continentale che stimoli il rafforzamento e l'integrazione tra imprese transfrontaliere;
4) ad adottare iniziative volte ad istituire un Fondo nazionale con una dotazione di almeno 5 miliardi di euro annui fino al 2035 per accompagnare e sostenere l'industria manifatturiera nella trasformazione digitale e nella conversione ecologica, cercando di legare in modo sinergico le due transizioni a partire dai settori hard to abate e dell'automotive;
5) a favorire la digitalizzazione e l'autonomia energetica delle Pmi;
6) ad adottare iniziative volte a dare concreto sostegno al tessuto delle Pmi, prevedendo agevolazioni per investimenti in intelligenza artificiale, al fine di far crescere e maturare dei soggetti nazionali in grado di competere in un settore per definizione globalizzato, prevedendo altresì per Pmi e start-up un accesso privilegiato alla futura rete delle «fabbriche di intelligenza artificiale», ecosistemi costruiti attorno ai supercomputer pubblici europei, cui verranno destinati talenti e risorse tecnologiche, beneficando di dati, algoritmi e di potenza di calcolo difficilmente reperibili altrove;
7) ad adottare iniziative volte ad istituire un tavolo istituzionale con il coinvolgimento delle parti sociali per una valutazione generale del fenomeno dell'intelligenza artificiale sul lavoro e sul suo impatto sulla trasformazione dei modelli organizzativi, sulle professioni, sulla formazione, su salario e durata della prestazione lavorativa, anche rispetto al ruolo della contrattazione collettiva;
8) ad adottare iniziative volte ad accrescere l'investimento nel capitale umano per recuperare il ritardo nelle competenze digitali attraverso un piano di azione che assicuri la formazione delle competenze per la transizione digitale ed ecologica, e promuova la crescita delle startup e delle imprese che offrono servizi innovativi che utilizzano l'intelligenza artificiale;
9) a coordinare le imprese partecipate dallo Stato e definire missioni strategiche orientate a promuovere l'innovazione tecnologica e lo sviluppo inclusivo e sostenibile del Paese;
10) a sviluppare sinergie nei centri di innovazione e potenziare le strutture di trasferimento tecnologico nel Mezzogiorno;
11) ad adottare iniziative volte a potenziare una strumentazione di politica industriale sostenibile e resiliente che incentivi la cooperazione fra Stato e imprese nella realizzazione di progetti e nella produzione di beni comuni;
12) a sviluppare l'economia green come una grande vocazione industriale per il Mezzogiorno;
13) ad adottare iniziative, anche di carattere normativo, volte a riformare il quadro del sistema di incentivazione legandolo a quattro principi:
a) selettività degli interventi: il sistema di incentivazione pubblica va riorganizzato per missioni in cui siano chiaramente identificati intersezioni con gli strumenti europei di politica industriale (aiuti di stato, Ipcei – Importanti progetti di comune interesse europeo, Horizon Europe), obiettivi, milestone e target da raggiungere;
b) condizionalità: l'erogazione di risorse pubbliche, sia nella forma di agevolazione fiscale che nelle forme di grant o loan, deve essere condizionata all'impegno da parte delle imprese beneficiarie del rispetto di condizionalità orizzontali (valide per tutte le forme di incentivo) legate al rispetto dei contratti di lavoro, della condizioni di sicurezza del lavoro, del rispetto dei principi di parità di genere e di non discriminazione e verticali legati al comportamento specifico che si intende sostenere (di natura settoriale, territoriale o tecnologica);
c) sostenibilità: introduzione del vincolo per le risorse pubbliche di sostenere progetti coerenti con la tassonomia europea sugli investimenti sostenibili e di valutazione della Dnsh (Do no significant harm);
d) compartecipazione dei finanziamenti pubblici alla ricerca al rischio di impresa promuovendo l'utilizzo di modalità di rimborso progressivo delle risorse pubbliche investite (nelle forme tecniche delle royalties, del mantenimento della golden share dei diritti di proprietà industriale, dell'utilizzo di prestiti vincolati al reddito o al contenimento dei prezzi) laddove i progetti finanziati producano risultati positivi in termini di sviluppo di nuovi prodotti sul mercato.
(1-00374) «Braga, Peluffo, De Micheli, Di Sanzo, Gnassi, Bonafè, Ciani, Ghio, Toni Ricciardi, De Luca, Ferrari, Morassut, Roggiani, Casu, Fornaro, De Maria».
(5 dicembre 2024)
La Camera,
premesso che:
1) il nostro Paese retrocede sul fronte della produzione industriale e del prodotto interno lordo. I dati Istat evidenziano il calo per la produzione industriale per il ventesimo mese consecutivo e una crescita stagnante del Pil, – con risultati sotto la media europea – e fotografano uno stato dell'arte già denunciato a più riprese da quasi tutte le organizzazioni sindacali;
2) in particolare, i dati forniti dall'Istat mostrano a settembre 2024 come la produzione industriale italiana registri una diminuzione dello 0,4 per cento rispetto ad agosto, confermando il trend negativo che persiste ormai da mesi. L'indice destagionalizzato mostra una contrazione su base annua del 4 per cento, in linea con la stagnazione che sta caratterizzando il settore produttivo italiano;
3) la narrazione di un Paese in crescita, che ha riconquistato un forte ruolo europeo e internazionale e che ha invertito la tendenza, non è credibile. Dietro i dati sull'occupazione esaltati da questo Governo si nascondono precarietà e part-time involontari, diminuzioni delle ore lavorative, ricorso continuo alla cassa integrazione ordinaria, un macroscopico problema salariale e di capacità economica delle famiglie, sempre più in difficoltà; la totale assenza di politiche industriali capaci di rendere competitive le nostre imprese;
4) lo scopo principale della politica industriale risiede nella creazione di un ambiente favorevole all'industria in grado di stimolare l'innovazione, aumentare la produttività, creare posti di lavoro e promuovere la crescita economica sostenibile;
5) l'industria rappresenta il settore economico di riferimento del tessuto economico italiano. Le attuali difficoltà nel mantenimento e nello sviluppo dei livelli produttivi di questo comparto rendono necessari interventi di politica industriale volti all'eliminazione delle diseconomie strutturali, legate a normative nazionali, che contribuiscono alla perdita di competitività del nostro Paese;
6) le piccole e medie imprese, volano del sistema produttivo italiano, negli anni passati hanno potuto contare su assetti distributivi e su politiche di espansione determinate da interventi sui redditi e a favore della piena occupazione che ne hanno favorito anche la persistenza sul mercato interno;
7) attualmente le criticità maggiori riscontrate riguardano proprio il mercato domestico, in cui risultano evidenti le debolezze del sistema produttivo, imputabili, inter alia, ad un sistema fiscale sbilanciato su imprese e famiglie, gravi ritardi infrastrutturali, la presenza invasiva della burocrazia, la stretta al credito da parte di banche, il pessimo funzionamento dei servizi, le poche risorse destinate alla ricerca e sviluppo, la presenza di forti squilibri tra il Nord e il Sud del Paese unita agli scarsi incentivi allo sviluppo della green economy;
8) è necessario che siano ripristinate le condizioni affinché le realtà industriali di maggior peso e vocazione internazionale, insieme alle piccole e medie imprese allocate nei settori strategici e in altri comparti possano svilupparsi in termini di innovazione nel prodotto e nei sistemi produttivi;
9) esistono ampi margini per lo sviluppo di comparti trascurati e suscettibili di forte innovazione quali, ad esempio, quello della produzione automobilistica legata ai motori a zero impatto ambientale, ad altissimo valore aggiunto che andrebbe preso in considerazione nel contesto di una pianificazione industriale mai realizzata e attuata nel nostro Paese;
10) a partire da dicembre 2022 il Consiglio europeo ha sottolineato l'importanza di una politica industriale europea ambiziosa per adeguare l'economia alle transizioni verde e digitale per ridurre le dipendenze strategiche. A tal fine, la Commissione ha presentato una comunicazione dal titolo «Un piano industriale del Green Deal per l'era a zero emissioni nette» al fine di accelerare la trasformazione a zero emissioni nette dell'industria e porre l'Europa sulla strada verso la neutralità climatica con l'obiettivo di rendere le sue industrie più competitive a livello mondiale e ad aumentarne l'autonomia e la resilienza ed affidare al settore industriale la guida del cambiamento, dell'innovazione e della crescita nelle transizioni verde e digitale nonché e ridurre le dipendenze strategiche;
11) con l'adozione, nel maggio 2024, del regolamento sull'industria a zero emissioni nette, il Consiglio ha inteso accelerare i progressi verso gli obiettivi 2030 dell'Unione europea per l'energia e il clima e la transizione verso la neutralità climatica rafforzando, al contempo, la competitività dell'industria europea attraverso la creazione di posti di lavoro di qualità ed aumentare indipendente dal punto di vista energetico;
12) in un contesto di importanti cambiamenti tecnologici, economici e geopolitici, l'Europa ha bisogno di un'industria competitiva che abbia una solida base manifatturiera per stimolare l'innovazione, la produttività, la creazione di posti di lavoro, la sostenibilità e la crescita nei settori chiave della transizione verde e digitale indicati dal quadro programmatico e regolatorio di lungo termine dell'Unione europea;
13) l'elezione di Donald Trump e l'ombra di una nuova svolta protezionistica degli Stati Uniti mettono a serio rischio la sopravvivenza di molte imprese nazionali e di diversi comparti produttivi (ad esempio macchinari, autoveicoli e prodotti chimici) – già alle prese con una situazione difficile a livello congiunturale e strutturale;
14) gli Stati Uniti costituiscono il secondo mercato di sbocco per il made in Italy e, per alcuni settori in particolare, gli Usa restano un Paese-chiave a livello di export. Un problema per il nostro Paese il cui sistema industriale negli ultimi anni è stato tenuto in piedi dalla domanda di beni e servizi dei due partner commerciali storici, Francia e Germania che, specie nell'attuale momento storico, si trovano in crisi;
15) secondo le stime di Goldman Sachs, riportate da Euronews, un dazio del 10 per cento sull'import Usa dall'Europa farebbe calare il Pil dell'Eurozona dell'1 per cento. Proiezioni ancora più plumbee stimano che le misure di Trump rallenterebbero la crescita europea dell'1,5 per cento entro il 2028, spingendo il Vecchio Continente verso una spirale recessiva;
16) alla predetta situazione si aggiungono i prezzi alti delle materie prime utilizzate da vari settori manifatturieri, prezzi che penalizzano fortemente la competitività delle nostre imprese, non solo nei settori più energivori. Nell'ottobre del 2024 il prezzo del gas in Europa è arrivato a 40 euro/mwh, un balzo del +57 per cento dai 26 euro di febbraio 2024: ciò agisce al rialzo sui prezzi dell'elettricità pagati dalle imprese italiane e sulla competitività delle medesime rispetto ad altre economie;
17) il 2025 sarà un anno cruciale per l'industria nazionale, considerato il rallentamento economico, le crisi geopolitiche in atto e gli alti costi dell'energia che continuano a gravare su famiglie e imprese. I conflitti in Ucraina e Medio Oriente aumentano l'incertezza, frenano gli investimenti e aggravano la situazione di molti settori strategici. Sfida non facile, considerata la forte crisi del manifatturiero, dell'automotive (che quest'anno fermerà la produzione sotto al 50 per cento dell'obiettivo di un milione di autoveicoli rilanciato a più riprese dal Governo) e della siderurgia (in uno scenario dell'acciaio in cui dall'Ilva di Taranto a Piombino le incertezze dominano);
18) con particolare riferimento al settore dell'automotive, secondo recenti dati Anfia, la produzione di autovetture è crollata del 35,5 per cento nei primi sette mesi dell'anno e del 54,7 per cento nel mese di luglio 2024. Sono inoltre slittati anche gli investimenti da parte di Stellantis nella gigafactory di batterie di Termoli anche a seguito del dirottamento su altri progetti da parte del Ministero delle imprese e del made in Italy dei 250 milioni del Piano nazionale di ripresa e resilienza che vi erano stati destinati. Si tratta di un comparto produttivo nel quale si sta producendo il 29 per cento in meno che nel 2023, è cresciuto significativamente l'utilizzo degli ammortizzatori sociali, l'indotto sta vivendo una crisi senza segnali di inversione a causa delle scelte strategiche di Stellantis di spostare la catena di fornitura in Paesi con minor costo del lavoro e si prosegue nello spezzettamento del gruppo, con l'annunciato spin off di Comau ad un fondo di investimento;
19) anche il settore siderurgico nazionale in generale e la questione ex Ilva, in particolare, risultano privi di un piano industriale di prospettiva. Eppure, il mantenimento della produzione di acciaio primario nel processo di decarbonizzazione rappresenta un impegno importante per lo sviluppo dell'economia nazionale. L'Italia è il secondo produttore d'acciaio in Europa e l'11° al mondo: nel 2019 nel nostro Paese sono state prodotte 23,2 Mt di acciaio. L'82 per cento di questo è acciaio da riciclo, prodotto cioè fondendo prevalentemente rottami ferrosi nei forni elettrici ad arco, insieme ad aggiunte di ghisa e spugna di ferro. Il restante 18 per cento è acciaio primario, prodotto con ciclo integrale a partire dai minerali ferrosi presso lo stabilimento Acciaierie d'Italia di Taranto;
20) il rapido progresso dell'intelligenza artificiale (IA) sta cambiando lo scenario imprenditoriale. Si tratta di una tecnologia trasformativa che ha il potenziale per rivoluzionare i settori industriali e di accompagnare le imprese nella doppia transizione, ma che, al contempo, ancora manca di finanziamenti pubblici adeguati in grado di sostenere il tessuto imprenditoriale e renderlo più reattivo all'innovazione, nonché di competenze specifiche da parte delle stesse piccole e medie imprese per comprenderne l'impatto e le potenzialità nell'immediato futuro;
21) a legislazione vigente, il 2025 sarà anche l'anno in cui terminano misure fondamentali quali Transizione 4.0, Transizione 5.0, l'accesso ai crediti d'imposta per l'attività di innovazione tecnologica (sia nella versione base sia nella versione maggiorata per tecnologie 4.0 e per la transizione energetica) e quelle di design e ideazione estetica nonché Decontribuzione Sud, misure che favoriscono le imprese nazionali attraverso la previsione di un insieme di misure organiche e complementari in grado di sostenere gli investimenti e lo sviluppo tecnologico del tessuto imprenditoriale italiano, caratterizzato in prevalenza da realtà produttive piccole e medie;
22) le predette misure, come confermano i dati dell'Osservatorio Mecspe, hanno avuto un impatto significativo sulla crescita delle aziende sotto il profilo della trasformazione digitale (31 per cento), della ricerca e sviluppo (14 per cento), della formazione (26 per cento) e della sostenibilità (14 per cento) consentendo un miglioramento della produttività aziendale (44 per cento), della strumentazione tecnologica (35 per cento) e delle condizioni di lavoro generali (25 per cento);
23) a parere dell'interrogante, il timido disegno di legge di bilancio 2025, approvato dal Consiglio dei Ministri e attualmente in esame presso la Camera, prevede poco o nulla, nel biennio 2026-2027, in materia di investimenti capaci di consentire alle imprese di avere un orizzonte programmatico, limitandosi a concentrare le scarse risorse disponibili sulla realizzazione di specifici progetti infrastrutturali, primo fra tutti il Ponte sullo Stretto di Messina, e solo residuali misure di sostegno agli investimenti di portata generale, fatta eccezione per la conferma della legge Sabatini per gli acquisti o per il leasing di beni strumentali; i cosiddetti contratti di sviluppo gestiti da Invitalia per i grandi investimenti soprattutto al Sud e infine i cosiddetti accordi per l'innovazione, ovvero i contributi diretti per i progetti di ricerca industriale;
24) l'attuale Governo non è andato oltre le solite dichiarazioni generali, prevedendo generiche «misure di sostegno alle micro e piccole imprese nel rinnovamento dei loro processi produttivi», anche per favorire la diffusione delle tecnologie avanzate. Intenti che, de facto, non hanno visto concreta realizzazione. Prova ne è il summenzionato calo della produzione industriale, quale segno evidente dell'assenza di politiche industriali capaci di dare respiro e rilancio alle imprese tramite investimenti urgenti per modernizzazione, la transizione ecologica e digitale dei processi produttivi e un piano nazionale che sappia valorizzare i settori strategici produttivi attraverso cui le piccole e medie imprese possono guadagnare competitività sui mercati internazionali;
25) le transizioni digitale ed ecologica costituiscono dei driver di sviluppo che impattano su una molteplicità di interessi generali i quali richiedono una visione d'insieme per il sistema industriale italiano, fatto di imprese anche piccole e medie (Pmi). Ciò implica non solo «programmare» l'innovazione ma anche fare scelte mirate e consapevoli rispetto a dinamiche che toccano la società e l'ambiente nel loro complesso e che esigono una nuova governance nazionale basata su un efficace coordinamento, suscettibile di consentire il dialogo tra i diversi livelli di governo del territorio nelle sedi istituzionali deputate, e al contempo una sintesi dei diversi interessi;
26) l'offerta industriale dovrà avere un ruolo fondamentale, non tanto e non solo per le prestazioni ambientali dei suoi impianti, quanto per il mutamento qualitativo della produzione che, condizionato dalla domanda green, influenzerà la struttura produttiva nel suo insieme. Il sistema produttivo e industriale è influenzato da una correlazione positiva tra diminuzione della CO2 da un lato, e aumento degli investimenti in ricerca-sviluppo, nonché innovazione tecnologia dall'altro: è, pertanto, anzitutto strategico «aggredire» i settori più inquinanti, responsabili del 75 per cento delle emissioni di CO2 delle attività industriali, a loro volta responsabili di circa il 20 per cento delle emissioni totali, ma capaci di produrre solo l'11 per cento del valore aggiunto e il 9 per cento degli occupati del comparto industriale. Il percorso di transizione energetica e digitale in questi settori è, infatti, elemento essenziale alla loro stessa futura capacità di competizione nel mercato globalizzato;
27) sarà fondamentale promuovere e rafforzare strumenti quali i power purchase agreements (Ppa) per garantire le imprese dalla volatilità dei prezzi dell'energia e minimizzare gli oneri in bolletta;
28) coerentemente con il processo di transizione ecologica in atto, occorre puntare poi sull'idrogeno da fonti rinnovabili il cui utilizzo, commisurato alla sua funzione di concorrere al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni, è da prevedersi solo nei settori «hard to abate» (siderurgia, raffinazione del petrolio, chimica, cemento, vetro e cartiere) e non in quelli dove l'elettrificazione è già ora la soluzione più idonea e conveniente. A tal fine, è fondamentale dare vita ad una filiera nazionale di tecnologie connesse alla sua produzione (elettrolizzatori, celle a combustibile e componenti ancillari al processo produttivo);
29) per ridurre in modo significativo la dipendenza energetica dalle importazioni di energia di combustibili fossili, l'approvvigionamento energetico dovrà essere orientato verso un cambiamento strutturale nel mix delle fonti energetiche a favore di un sempre più diffuso aumento di nuova capacità rinnovabile e di un incremento di produzione elettrica da fonti energetiche rinnovabili. Una maggiore diffusione di energie rinnovabili e un maggiore ricorso a forme di autoconsumo collettivo e alla costituzione di comunità energetiche rinnovabili, oltre a contribuire alla decarbonizzazione dell'approvvigionamento energetico, determinano prezzi accessibili per le piccole e medie imprese e i consumatori domestici;
30) con specifico riguardo al settore automotive, settore italiano con il più elevato numero di eccellenze nella produzione di autoveicoli di alta gamma e commerciali e relativa componentistica, sarà necessario sviluppare un piano industriale serio e di lungo periodo per accompagnare la riconversione dell'intera filiera, ivi inclusa la riconversione, la riqualificazione e lo sviluppo delle competenze dei lavoratori del comparto, ponendo tuttavia la dovuta attenzione, sia sotto il profilo industriale che occupazionale, alla risoluzione delle crisi aziendali in atto per scongiurare un effetto critico moltiplicatore anche sulle aziende dei servizi e della componentistica,
impegna il Governo:
1) a non intraprendere iniziative tese a consentire nuovamente lo sfruttamento e l'impiego dell'energia nucleare con le tecnologie attualmente disponibili, incapaci di abbattere i costi energetici per le imprese e di renderle competitive nel breve-medio periodo e ad adottare opportune iniziative per un piano di investimenti volto ad incrementare i finanziamenti pubblici per le realtà imprenditoriali che investono nella ricerca scientifica in materia di efficienza energetica, di fonti rinnovabili, di trasmissione, distribuzione e stoccaggio dell'energia elettrica, destinando la gran parte dei fondi disponibili alla ricerca nei predetti campi, da considerare predominanti e con vantaggi maggiori su scala temporale, per il raggiungimento degli obiettivi al 2030 e 2050 e la riduzione dei costi energetici del tessuto industriale;
2) al fine di massimizzare il consumo locale di energia e condividere l'energia prodotta tra imprese, enti locali e cittadini, ad adottare iniziative, anche normative, volte a rimuovere le barriere territoriali, legislative e regolatorie che ancora ostacolano una adeguata diffusione delle comunità energetiche rinnovabili, semplificando al contempo alcuni meccanismi tecnici delle regole operative del Gestore dei servizi energetici e valutando l'introduzione di misure capaci di garantire il credito per le piccole e medie imprese che devono sostenere gli investimenti;
3) ad adottare iniziative normative volte a modificare il Piano «Transizione 4.0» prevedendo:
a) la maggiorazione del credito d'imposta per l'acquisto di beni strumentali (materiali ed immateriali) e contestualmente l'incremento delle relative aliquote;
b) la modifica dell'elenco dei beni agevolabili al fine di adeguarlo, se necessario, alle più avanzate tecnologie;
c) l'introduzione della cessione del credito verso banche per i soli crediti beni strumentali, trattandosi di investimenti certificati e verificabili;
d) l'incremento delle aliquote dei crediti in ricerca e sviluppo, innovazione, design e ideazione estetica, innovazione green nonché l'innalzamento del 20 per cento dell'aliquota per le attività di ricerca e sviluppo nell'ambito della Zes unica;
e) l'istituzione di un fondo per la formazione in nuove tecnologie teso a favorire l'acquisizione o a consolidare le competenze nelle tecnologie rilevanti per la trasformazione tecnologica e digitale del personale dipendente delle imprese con l'obiettivo di rispondere all'esigenza di queste ultime di ammodernamento dei processi produttivi;
4) ad adottare iniziative normative volte a differire il termine per il completamento degli investimenti del Piano «Transizione 5.0» nonché a semplificare la fruibilità per le imprese degli incentivi previsti dal predetto meccanismo al fine di accelerarne la transizione, di stabilizzare i segnali di crescita dell'economia e scongiurare la frenata degli investimenti;
5) a valorizzare il potenziale sistemico delle imprese partecipate dallo Stato, anche attraverso l'introduzione di un nuovo modello di governance, che favorisca il dialogo su temi comuni (energia, digitale, tecnologie ingegneristiche, logistica e trasporti) per il coordinamento dei piani industriali e l'adozione di nuove iniziative;
6) a favorire interventi che facilitino le reti di impresa ed i processi di aggregazione, in particolare nelle filiere proiettate sui mercati esteri, anche attraverso una riforma del cosiddetto bonus aggregazioni;
7) ad adottare iniziative normative volte a ripristinare l'aiuto alla crescita economica (Ace) con agevolazione al 15 per cento per sostenere la crescita economica e la patrimonializzazione delle imprese;
8) ad adottare iniziative normative volte ad estendere il bonus ristrutturazioni edilizie per rilanciare un settore strategico per la crescita del Paese;
9) ad adottare iniziative di competenza volte ad allineare le tariffe di energia agli altri Paesi europei, in modo da favorire sia gli utenti domestici che le imprese;
10) a costituire un Osservatorio sulle applicazioni dell'intelligenza artificiale per le Pmi che promuova, in collaborazione sinergica, l'elaborazione di protocolli, progetti di ricerca e linee guida riguardanti le applicazioni dell'IA in ambito produttivo e che favorisca l'utilizzo dell'intelligenza artificiale suggerendo azioni adottabili dalle start-up e dalle Pmi per adeguare i propri sistemi alle tecniche di machine learning di intelligenza artificiale;
11) a farsi promotore, in sede unionale, delle opportune iniziative, anche normative, volte all'istituzione di un Fondo europeo per il sostegno al settore dell'automotive e per la competitività dell'industria europea – con un modello di finanziamento basato sull'emissione di debito comune da parte dell'Unione europea, ispirato al fondo Sure – in luogo della creazione di un fondo da 500 miliardi di euro destinato alla difesa e al riarmo militare con conseguente escalation sul fronte bellico, quale misura strategica e temporanea finalizzata a salvaguardare l'industria automobilistica europea e i relativi livelli occupazionali, in un contesto sempre più competitivo, a tutela del modello economico-sociale dell'Unione europea, nonché a garanzia della competitività europea e della transizione tecnologica e digitale, in un'ottica di sviluppo sostenibile;
12) ad adottare iniziative volte a ripristinare con urgenza la dotazione del fondo automotive, notevolmente definanziato delle risorse destinate al rilancio in chiave green del settore;
13) a definire appositi piani per una «transizione giusta» e una maggiore competitività, nel medio e lungo periodo, dei lavoratori del settore automobilistico, garantendo continuità occupazionale e produttiva attraverso misure di sostegno per il comparto e i dipendenti, di concerto con le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative, con le parti sociali, le istituzioni interessate e i sindacati, nonché ad adoperarsi per la risoluzione delle varie crisi aziendali, ivi incluse quelle afferenti il settore della componentistica, mediante un serio e lungimirante piano industriale volto ad un rilancio del settore nel processo di transizione verso la produzione di nuovi mezzi di trasporto a zero emissioni, anche mediante l'introduzione di investimenti strategici e di lungo periodo volti alla realizzazione di nuove piattaforme produttive di modelli cosiddetti small, di nuovi modelli nonché di investimenti in ricerca e sviluppo;
14) a condizionare la concessione di ulteriori contributi, prestiti o investimenti al mantenimento della produzione di nuovi modelli sul territorio nazionale e alla difesa dei livelli occupazionali e produttivi;
15) a promuovere interventi di riqualificazione produttiva e diversificazione industriale, mediante la progressiva decarbonizzazione del processo produttivo dell'acciaio, incentivando la realizzazione di forni elettrici alimentati con idrogeno verde da installare presso gli impianti siderurgici nazionali;
16) a favorire e sostenere, con particolare riferimento alle filiere a valle della produzione di acciaio primario, partnership industriali garantite dallo Stato con strumenti quali, inter alia, i contratti per differenza, al fine di abbattere i costi di acquisto dell'acciaio verde e renderlo competitivo rispetto a quello prodotto da altiforni a carbone;
17) ad adottare iniziative volte ad incentivare la produzione e l'utilizzo di idrogeno da fonti rinnovabili solo per settori specifici per i quali l'elettrificazione sia tecnicamente difficile o altamente inefficiente e per i quali il ricorso a questo vettore sia la soluzione economicamente ed ambientalmente più efficace (ad esempio settori «hard-to-abate» e trasporti pesanti) nonché a prevedere aiuti agli investimenti e stimolare la domanda di acciaio «verde», facendo leva sugli appalti pubblici e incoraggiando un medesimo comportamento anche nel settore privato;
18) ad implementare misure volte a incentivare tecnologie per la produzione e lo stoccaggio dell'idrogeno prodotto da fonti rinnovabili;
19) a promuovere interventi volti allo sviluppo di una politica industriale aerospaziale che rafforzi il ruolo strategico dell'Italia e del suo tessuto produttivo, anche nell'ambito spaziale europeo, nonché ad astenersi da qualsivoglia iniziativa, sotto il profilo normativo e amministrativo, volta ad affidare asset strategici – rappresentati dalla rete infrastrutturale dei trasporti e delle telecomunicazioni e relativi servizi – a soggetti privati stranieri, al fine di assicurare il corretto funzionamento e l'assetto concorrenziale del mercato interno delle telecomunicazioni e garantire la costante tutela dell'interesse nazionale, costituito anche dalla protezione dei dati quale bene strategico non negoziabile.
(1-00376) (Nuova formulazione) «Pavanelli, Appendino, Cappelletti, Ferrara, Ilaria Fontana, L'Abbate».
(9 dicembre 2024)
La Camera,
premesso che:
1) la pubblicazione delle nuove stime di crescita, curata dall'Ocse, ridimensiona i dati di crescita finora forniti dalla Presidente del Consiglio dei ministri e dal Ministro dell'economia e delle finanze. L'Ocse prevede che il prodotto interno lordo dell'Italia nel 20254 si fermerà allo 0,5 per cento, la metà dell'ottimistica previsione dell'1 per cento fissato dal Governo nel suo Piano strutturale di bilancio. Secondo le nuove stime il prodotto interno lordo del nostro Paese dovrebbe attestarsi allo 0,9 per cento nel 2025 (il Ministero dell'economia e delle finanze prevede l'1,2 per cento) e all'1,2 per cento nel 2026. L'Italia è sotto la media dell'Eurozona che registra +0,8 per cento nel 2024 e +1,3 per cento nel 2025;
2) il prodotto interno lordo italiano nel terzo trimestre del 2024 è rimasto stabile rispetto ai tre mesi precedenti in una situazione di sostanziale stagnazione, in controtendenza rispetto ai principali partner europei e alla media dell'area euro, che hanno registrato una leggera crescita. L'Istat ha altresì evidenziato che la crescita dell'economia italiana è stata inferiore alla media dell'area euro ed è, tra le economie europee, quella con le peggiori performance;
3) lo stato dell'industria italiana è in evidente difficoltà. Si è di fronte a 20 mesi consecutivi di calo della produzione industriale;
4) a contribuire a deprimere la produzione industriale, si aggiunge una riduzione del potere di acquisto degli stipendi e un conseguente inevitabile calo della domanda di beni e servizi. Nulla è stato fatto in termini di iniziative volte a sostenere retribuzioni e pensioni, ormai fermi da anni con drammatica perdita del potere di acquisto, con conseguente impoverimento di una fetta sempre più grande di pensionati e di lavoratori;
5) le spese per consumo delle famiglie sono diminuite in termini reali ed è aumentata la distanza tra le famiglie più e meno abbienti. Questo aumento della sofferenza economica si è riflessa nel contemporaneo peggioramento degli indicatori di povertà assoluta;
6) secondo l'Istituto di statistica, a settembre 2024 la produzione industriale in Italia ha registrato una significativa flessione annua del 4 per cento, attribuibile in gran parte ai settori della fabbricazione di mezzi di trasporto e dell'abbigliamento, con cali rispettivamente del 15,4 per cento e del 10,7 per cento. Questo andamento negativo rappresenta un segnale preoccupante per l'economia italiana;
7) da novembre 2022 ad agosto 2024 il fatturato manifatturiero è sceso dell'8 per cento; la domanda interna ristagna, mentre ad agosto 2024 le esportazioni hanno perso il 6,7 per cento in valore e il 10,7 per cento in volume sull'anno precedente. La precarietà, il lavoro nero e il sommerso colpiscono 6 milioni di lavoratori, mentre l'evasione fiscale e contributiva è a quota 82,4 miliardi di euro;
8) sono tanti i comparti in situazione di crisi che vedono produzioni in calo e di conseguenza livelli occupazionali a rischio: dall'automotive al tessile, dalla siderurgia alle telecomunicazioni, dalla moda alla termomeccanica, agli elettrodomestici;
9) l'insieme delle attività manifatturiere, dal tessile (-10 per cento) all'automotive (-9,2 per cento), dalla metallurgia (-3,7 per cento) alla fabbricazione di macchinari e attrezzature (-4,2 per cento), indicano in maniera preoccupante un Paese in forte affanno e prossimo alla recessione;
10) uno degli indicatori per misurare lo stato di salute dell'industria del nostro Paese e delle garanzie occupazionali è il numero e la rilevanza dei tavoli di crisi aperti al Ministero delle imprese e del made in Italy;
11) questi tavoli rappresentano un'occasione per affrontare le problematiche connesse alle crisi, dalle riorganizzazioni aziendali alla tutela dei lavoratori, e per promuovere un confronto costruttivo tra i rappresentanti dei lavoratori e quelli dell'azienda;
12) attualmente si contano 35 vertenze, per un totale di oltre 30 mila lavoratori coinvolti, a cui si aggiungono 22 casi monitorati e che riguardano circa 15 mila lavoratori di aziende non in crisi ma che rientrano in settori in difficoltà. Dall'ex Ilva a Portovesme, da Conbipel alla Jabil, da Beko ad Almaviva contact. Crisi industriali vecchie e nuove segnate da chiusure, riduzioni occupazionali e processi di delocalizzazione che vedono coinvolto il nostro intero Paese, da Sud a Nord;
13) come ricorda la Cgil, questi dati sono peraltro sottostimati in quanto bisogna considerare oltre 120 mila lavoratori a rischio a causa delle trasformazioni, di cui 70 mila solo nell'automotive, oltre 25 mila nella siderurgia, 8 mila nell'energia, 2 mila nel settore elettrico, più di 4 mila nella chimica di base, 3.500 nel settore del petrolchimico e della raffinazione, 8 mila nelle telecomunicazioni;
14) l'ultimo report della Fim Cisl, relativo al primo semestre del 2024, aveva segnalato un allarme crescente sulla situazione del settore metalmeccanico, dove peraltro nelle settimane scorse si è interrotta la trattativa per il rinnovo del contratto;
15) il taglio agli investimenti pubblici di questo Governo, a cominciare dalle stesse risorse per supportare la transizione verde dell'automotive, rappresentano inevitabilmente un freno alla stessa possibilità di mettere in campo politiche industriali in grado di affrontare la transizione ambientale, energetica e digitale;
16) per quanto riguarda il settore dell'automotive, è il settore industriale che, sebbene in forte difficoltà e in parte attualmente ridimensionato, risulta ancora centrale per il prodotto interno lordo del Paese ed è ancora oggi il principale settore manifatturiero italiano, che conta oltre 270 mila addetti diretti, con un fatturato di oltre 100 miliardi di euro;
17) sempre più preoccupante e drammatica è la crisi di produzione in cui versa il gruppo Stellantis;
18) paradigmatiche della perdurante fortissima crisi produttiva della Stellantis sono state le dimissioni del 1° dicembre 2024 dell'amministratore delegato Carlos Tavares, accettate dal consiglio di amministrazione. È necessario che il nuovo management garantisca una forte e totale discontinuità rispetto al passato sugli impegni occupazionali e produttivi;
19) a soffrire fortemente di questo lento disimpegno di Stellantis è anche tutto l'indotto che comprende settori importanti con migliaia di persone occupate;
20) si ricorda che il gruppo Stellantis, prima Fca e prima ancora Fiat, ha beneficiato, nel corso della sua lunga storia, di una notevole quantità di aiuti di Stato. Si stima che, partendo dai contratti di programma siglati con il Cipe tra il 1990 e il 2019, ammonti a 4 miliardi di euro il complesso dei contributi pubblici ricevuti, a fronte di poco più di 10 miliardi di euro di investimenti dichiarati. Risorse pubbliche assegnate ad una società che nel 2023 ha realizzato un utile netto di 18,6 miliardi di euro, in crescita dell'11 per cento rispetto al 2022. Nel 2020, in piena pandemia Fca ha ricevuto 6,3 miliardi di euro di prestito coperto da garanzia pubblica. Sul registro nazionale di aiuti di Stato da ottobre 2016 a gennaio 2024 risultano versati prima a Fca poi a Stellantis aiuti per 100 milioni di euro, tra i quali rientrano i 7 milioni di euro di incentivi per il rinnovo macchinari con «Industria 4.0» e ai quali va aggiunta la cassa integrazione pari a 446 milioni di euro ricevuta fra il 2014 e il 2020, importo lievitato a 984 milioni di euro tra il 2023 e l'aprile del 2024. Nonostante ciò, negli ultimi 17 anni, tra il 2007 ed il 2024, il gruppo ha visto ridurre la produzione di auto quasi del 70 per cento;
21) quando è nata, i dipendenti di Stellantis erano 52.700. A dicembre 2023 erano scesi a 42.500 unità. Nel corso del 2023 altre 3.000 uscite;
22) il personale dei sei stabilimenti di Stellantis è diminuito del 25 per cento in soli quattro anni e il mancato utilizzo della capacità produttiva degli stabilimenti ha avuto un costo anche per lo Stato italiano: dal 2014 al 2020, Fca ha ricevuto contributi per gli ammortizzatori per 446 milioni di euro (di cui 263 a carico dell'azienda). Dal 2021 al maggio 2024 la spesa per la cassa è salita a 984 milioni di euro (di cui 280 a carico dell'azienda e oltre 700 milioni a carico dell'Inps). In totale, quindi, prima Fca e poi Stellantis sono state supportate con ammortizzatori per poco meno di un miliardo di euro. In questo momento la cassa integrazione è presente in tutti gli stabilimenti. Per 250 lavoratori di Mirafiori il limite della cassa sarà raggiunta a fine dicembre 2024. Secondo la Fim Cisl, in Stellantis la cassa si esaurirà per 12 mila lavoratori nei diversi stabilimenti. Stessa cosa per altri 12 mila nell'indotto diretto;
23) il suddetto scenario dimostra come, a fronte di ingenti contributi pubblici, il Governo non sia riuscito a vincolare Stellantis a impegni precisi sulla produzione e sull'occupazione nel nostro Paese e il continuo ricorso dell'azienda ad una politica remunerativa degli organi di vertice come quella adottata fino ad oggi dovrebbe ritenersi incompatibile con ulteriori forme di sovvenzioni statale;
24) la contrazione di Stellantis, con il calo costante della produzione conseguente anche al suo sostanziale sempre maggiore disimpegno, sta determinando inevitabilmente anche la crisi dell'indotto del settore con relative chiusure e ridimensionamenti di molte aziende e imprese, con tutto quello che comporta in termini di rischio di tenuta degli stessi livelli occupazionali;
25) ultimo in ordine di tempo è il licenziamento collettivo alla Trasnova di 97 lavoratori impiegati negli stabilimenti Stellantis di Pomigliano d'Arco, Mirafiori, Piedimonte San Germano e Melfi ritenuti esuberi per le esigenze produttive dell'azienda a causa della «volontà di Stellantis di cessare tutti i contratti in essere» dal 31 dicembre 2024;
26) in questo contesto davvero inaccettabile è la decisione del Governo di tagliare dallo stato di previsione del Ministero delle imprese e del made in Italy del disegno di legge di bilancio per il 2025, ora all'esame della Camera dei deputati, circa 4,5 miliardi di euro – circa l'80 per cento – della dotazione complessiva del Fondo istituito con il decreto-legge n. 17 del 2022, espressamente finalizzato a «favorire la transizione verde, la ricerca, gli investimenti nella filiera del settore automotive finalizzati all'insediamento, alla riconversione e alla riqualificazione verso forme produttive innovative e sostenibili, in linea con gli obiettivi europei di riduzione delle emissioni nocive per l'ambiente e di sviluppo digitale, nonché per la concessione di incentivi all'acquisto di veicoli non inquinanti e per favorire il recupero e il riciclaggio dei materiali»;
27) nel citato Fondo c'è attualmente un miliardo di euro l'anno fino al 2030, che ora, se il Parlamento non provvederà a ripristinare le risorse, viene pesantemente decurtato: nel 2025 restano 450 milioni di euro, poi 200 milioni di euro l'anno. Lo Stato risparmia 3,7 miliardi di euro nei prossimi cinque anni e 4,5 miliardi di euro fino al 2030;
28) è evidente che si è di fronte ad un taglio insostenibile, che significa voler affossare uno strumento finanziario decisivo, pensato per favorire la transizione verde del settore dell'automotive;
29) al settore della difesa, in compenso, il disegno di legge di bilancio per il 2025 propone 34 miliardi di euro in più, 2,5 l'anno fino al 2039;
30) sempre a proposito delle politiche industriali e sempre con riguardo al testo del disegno di legge di bilancio, all'esame del Parlamento, vale la pena sottolineare la riduzione della missione «Energia e diversificazione delle fonti energetiche» di circa 200 milioni di euro, ossia il 14,5 per cento rispetto alle previsioni assestate del 2024. Di questo taglio 150 milioni di euro riguardano il «Fondo per la transizione energetica nel settore industriale» finalizzato all'erogazione di contributi per l'installazione di infrastrutture per la ricarica di veicoli (- 100 milioni di euro) e all'erogazione del contributo straordinario ai titolari di bonus sociale elettrico;
31) inoltre, si propone un taglio di oltre 2 miliardi di euro relativo al programma 11.8 «Incentivi alle imprese per interventi di sostegno», nonché la riduzione del programma 11.7 «Incentivazione del sistema produttivo» (-2,1 miliardi di euro), dove, tra le altre cose, diminuiscono gli stanziamenti del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese (-1 miliardo di euro);
32) è evidente che il modello di sviluppo e le strategie industriali devono essere sempre di più in grado di consentire la trasformazione delle grandi imprese e dei grandi comparti produttivi, per favorire, anche attraverso mirati incentivi e sostegni pubblici, l'innovazione del sistema delle imprese italiano e la transizione verde ed energetica nel pieno rispetto degli impegni e degli obiettivi ambientali concordati e decisi in ambito internazionale e dell'Unione europea;
33) le decisioni assunte in questi ultimi anni dall'Unione europea, a cominciare dal «Green deal europeo» nel dicembre 2019, riguardo alla transizione verde e alla relativa politica energetica, sono finalizzate alla decarbonizzazione del sistema energetico dell'Unione europea, attraverso una nuova politica industriale e con una forte accelerazione, in particolare, su rinnovabili ed efficienza energetica di edifici, industria e mobilità;
34) la green economy rappresenta un nuovo modello di sviluppo economico e industriale ambientalmente sostenibili e nuove e maggiori opportunità competitive ed occupazionali in tutti i comparti di attività, con l'obiettivo di una trasformazione di carattere strutturale della stessa economia e della produzione attraverso lo sviluppo dei suoi settori strategici (energie rinnovabili ed efficienza energetica, agricoltura sostenibile e di qualità, gestione dei rifiuti ed efficienza dei materiali, mobilità sostenibile ed altro);
35) gli importanti obiettivi ambientali stabiliti e concordati in sede di Unione europea e nell'ambito delle Conferenze Onu sul clima, per il definitivo superamento delle fonti fossili, impongono un cambio sostanziale di paradigma delle attuali politiche industriali e produttive. Questo comporta inevitabilmente mettere in campo politiche pubbliche in termini di investimenti e di potenziamento di una fiscalità di vantaggio, in grado di sostenere realmente la transizione verde chiesta al settore industriale e produttivo;
36) è necessario potenziare il sostegno pubblico a processi, prodotti e servizi realmente sostenibili (ambientalmente, economicamente e socialmente), applicando il principio della neutralità tecnologica nel definire le politiche e nel promuovere lo sviluppo delle diverse tecnologie che devono costituire l'insieme di soluzioni per il raggiungimento dei target climatici europei al 2030 e al 2050;
37) un ruolo importante di sostegno alle imprese e al loro export è attualmente assegnato alla Sace s.p.a., società controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze e specializzata nel settore assicurativo-finanziario. L'azienda è attiva nell'export credit, nell'assicurazione dei crediti, nella protezione degli investimenti, nelle garanzie finanziarie, nelle cauzioni e nel factoring;
38) con la legge di bilancio per il 2024 (legge n. 213 del 2023) Sace s.p.a. è stata autorizzata a rilasciare, fino al 2029, garanzie connesse a investimenti nei settori delle infrastrutture, dei servizi pubblici locali, dell'industria e ai processi di transizione verso un'economia pulita e circolare e la mobilità sostenibile, l'adattamento ai cambiamenti climatici, la sostenibilità e la resilienza ambientale o climatica e l'innovazione industriale, tecnologica e digitale delle imprese;
39) in realtà, in questi anni la Sace ha supportato e sostenuto con aiuti l'industria fossile: fra il 2016 e il 2022 ha concesso l'importante cifra di 15,1 miliardi di euro di garanzie a progetti di petrolio e gas;
40) è evidente che quest'attività di supporto a piani di investimento che continuano a vedere «protagoniste» le fonti fossili non ha alcuna coerenza con gli impegni ambientali assunti in sede di Unione europea;
41) è quindi necessario che la Sace dia il suo contributo per favorire la transizione energetica e le politiche di decarbonizzazione del sistema energetico, attraverso il suo sostegno a operazioni nel settore delle fonti rinnovabili e delle energie alternative, escludendo il suo supporto a quei progetti e investimenti, anche all'estero, che riguardano direttamente o indirettamente i combustibili fossili e le fonti energetiche climalteranti;
42) la produzione industriale deve operare sempre di più nel rispetto degli indicatori di benessere equo e sostenibile, sostenendo la transizione verso modelli improntati a criteri di sostenibilità ecologica e sociale, e a tal fine sono necessari interventi volti a favorire la semplificazione delle procedure e l'incentivazione economica di modelli produttivi sostenibili;
43) è necessario un ruolo pubblico in grado di varare un piano d'azione per il clima quale strumento di pianificazione e programmazione nazionale a lungo termine in grado di integrare e supportare la politica industriale, economica e climatica, per definire il contributo dell'Italia al raggiungimento degli obiettivi in materia stabiliti dall'attuale normativa dell'Unione europea;
44) un ruolo importante nell'individuazione delle risorse pubbliche da destinare alla transizione verde e per sostenere nuove filiere industriali sostenibili, uscendo da pratiche inquinanti o energivore, deve certamente essere svolto dalla progressiva riduzione ed eliminazione dei sussidi ambientalmente dannosi;
45) la politica industriale e le scelte di politica economica devono, inoltre, avere un ruolo centrale nel contribuire a ridurre i forti squilibri territoriali che caratterizzano il nostro Paese;
46) va ridata centralità al Mezzogiorno, sempre più escluso dai grandi processi produttivi e sempre più marginale rispetto alle scelte industriali di questo Governo;
47) l'ultimo rapporto Svimez 2024 evidenzia chiaramente che, terminata la fase di spinta post-Covid e gli effetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza, il Sud nei prossimi due anni vedrà allargarsi ulteriormente la forbice del prodotto interno lordo (+0,8 per cento, a fronte dell'1,1 per cento del Centro-Nord), con una riduzione del salario reale (-5,7 per cento) addirittura più alta che nel resto del Paese;
48) come se non bastasse, il Governo ha deciso che una grossa fetta, pari a 6,2 miliardi di euro, delle risorse complessive messe a disposizione del Mezzogiorno dal Fondo per lo sviluppo e la coesione, per le aree più svantaggiate, venga sottratta alle regioni Calabria e Sicilia, per essere destinata al finanziamento dell'assurdo progetto per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina;
49) la mancanza di occasioni e l'assenza di un serio piano industriale e di una programmazione di investimenti pubblici rischia di produrre un impoverimento industriale insostenibile nelle regioni e nelle aree più povere del Paese, da dove si emigra come negli anni del dopoguerra;
50) una delle regioni del Mezzogiorno più colpite dalla mancanza di serie politiche industriali è certamente la Sardegna, interessata da processi di destrutturazione produttiva e deindustrializzazione, con pesanti conseguenze sulle condizioni di vita delle comunità;
51) tra questi spicca per la gravità della situazione il Sulcis-Iglesiente, dove negli anni hanno subito tragiche vicende di destrutturazione diversi impianti privati e a partecipazione e controllo pubblico come EurAllumina spa, Otefal Sail spa, Portovesme srl, Alcoa, Rockwool Italia spa, Carbosulcis spa;
52) per quanto riguarda la Portovesme srl, si rammenta che è l'unica azienda produttrice di zinco e piombo primario in Italia, che opera in Sardegna negli stabilimenti di San Gavino e Portoscuso, dove occupa oltre 1.000 lavoratori, tra diretti e indiretti. La proprietà ha intenzione di fermare la linea di produzione dello zinco primario, provocando di fatto il blocco dello stabilimento di Portoscuso, con tutto quello che ne consegue anche in termini di rischi concreti per i lavoratori impiegati e l'indotto;
53) una seria e lungimirante politica industriale deve essere in grado di favorire e guidare i processi di reindustrializzazione e di sostegno alla produzione, in particolare del Mezzogiorno e dei territori più svantaggiati e a forte rischio di desertificazione industriale,
impegna il Governo:
1) a definire un'efficace strategia industriale e di sviluppo finalizzata a ridurre le forti disparità tra le diverse aree e regioni del nostro Paese e contrastare l'impoverimento produttivo e industriale del Mezzogiorno;
2) a garantire il pieno e costante coinvolgimento delle organizzazioni sindacali al fine di aggiornare tavoli di discussione e di concertazione, anche a garanzia di tutti i lavoratori impiegati nel sistema produttivo-industriale;
3) ad adottare le opportune iniziative normative e di politica industriale volte ad introdurre misure efficaci per contrastare e disincentivare la pratica della delocalizzazione delle attività produttive;
4) a porre in essere tutte le iniziative necessarie a contrastare l'impoverimento in atto di una fascia sempre più ampia di lavoratori, anche conseguente alla riduzione del potere di acquisto del loro reddito per il mancato adeguamento al crescente costo della vita;
5) a programmare politiche industriali per i settori manifatturieri e per i servizi, al fine di garantire gli investimenti necessari a difesa dell'occupazione e di contrasto alla precarietà;
6) con riguardo al settore dell'automotive, a mettere in atto tutte le iniziative volte a conoscere i piani industriali di Stellantis al fine di favorire la produzione di modelli mass market, confermare i tempi della gigafactory di Termoli, garantire visibilità sui nuovi modelli, interrompere le delocalizzazioni, impegnando l'azienda attraverso la sottoscrizione di precisi impegni, tra i quali il reshoring dei modelli Fiat programmati in Serbia, Polonia e Marocco, quali condizioni necessarie per poter accedere al pacchetto di supporto alla filiera produttiva automotive;
7) ad adottare iniziative volte a sostenere, anche attraverso la partecipazione pubblica, quelle imprese che si distinguono per produzioni ecosostenibili, innovative e di qualità;
8) ad adottare tutte le iniziative volte a incentivare una produzione industriale che operi nel rispetto degli indicatori di benessere equo e sostenibile, sostenendo la transizione verso modelli improntati a criteri di sostenibilità ecologica e sociale attraverso la semplificazione delle procedure;
9) a predisporre un piano d'azione per il clima quale strumento di pianificazione e programmazione nazionale a lungo termine in grado di integrare e supportare la politica industriale, economica e climatica, per definire il contributo dell'Italia al raggiungimento degli obiettivi in materia stabiliti dalla normativa vigente dell'Unione europea;
10) ad adottare iniziative volte a prevedere uno specifico maggiore sostegno per quei settori produttivi che, per le specifiche caratteristiche produttive, hanno oggettive evidenti difficoltà ad abbattere le emissioni di anidride carbonica e a riconvertirsi, con conseguenze negative in termini economici e occupazionali;
11) ad adottare iniziative volte a individuare, come parziale copertura del maggiore impegno pubblico necessario a finanziare politiche industriali coerenti con la transizione verde, una riduzione delle risorse, recentemente incrementate, assegnate al settore della difesa;
12) a rivedere la decisione di fare dell'Italia un hub del gas per trasformarla al contrario in un Paese leader nella produzione di rinnovabili, di sistemi di accumulo, nell'efficienza tecnologica, nella ricerca e innovazione tecnologica;
13) ad adottare iniziative di competenza volte a rivedere le funzioni svolte dalla Sace s.p.a. al sostegno di operazioni del settore delle fonti rinnovabili e delle energie pulite, escludendo il finanziamento e il supporto a progetti e investimenti anche esteri che riguardano direttamente o indirettamente i combustibili fossili e le fonti energetiche climalteranti.
(1-00378) «Ghirra, Grimaldi, Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Mari, Piccolotti, Zaratti».
(16 dicembre 2024)
La Camera,
premesso che:
1) negli ultimi anni il settore industriale italiano si è trovato ad affrontare una combinazione di sfide senza precedenti, che hanno messo a dura prova la resilienza delle imprese e il loro contributo all'economia nazionale. Secondo l'Istat, nel 2023 la produzione industriale ha subìto una diminuzione del 3,1 per cento rispetto all'anno precedente, un dato preoccupante che segna un'inversione di tendenza rispetto alla crescita sostenuta osservata negli anni precedenti, in particolare nei comparti legati alla manifattura e alla meccanica avanzata. Questo calo non è solo un indicatore congiunturale, ma un segnale strutturale di un rallentamento che si sta consolidando. A settembre 2024, il settore ha infatti registrato una diminuzione del 4 per cento su base annua, rappresentando il calo più marcato degli ultimi dodici mesi e confermando un trend negativo che si protrae ormai da venti mesi consecutivi. Parallelamente, le prospettive di crescita economica per il Paese sono state recentemente riviste al ribasso: l'Istat ha aggiornato le stime per il 2024, indicando un aumento del Pil pari allo 0,5 per cento, significativamente inferiore rispetto all'iniziale previsione governativa dell'1 per cento;
2) l'industria, che rappresenta circa il 25 per cento del Pil nazionale, si è trovata ad affrontare non solo un rallentamento degli ordini interni ed esterni, ma anche un contesto caratterizzato da costi energetici elevati, pressioni normative e una competizione globale sempre più serrata. I prezzi del gas e dell'elettricità in Italia restano tra i più alti in Europa, penalizzando la competitività delle imprese rispetto ai partner europei come Francia e Germania, e ai mercati extraeuropei come gli Stati Uniti. Questo gap ha inciso particolarmente sui settori ad alta intensità energetica, come il metalmeccanico, il chimico e il tessile, che hanno visto ridursi i margini di profitto e la capacità di investimento;
3) l'incertezza economica, amplificata dalla combinazione di fattori interni ed esterni come l'aumento dell'inflazione, la volatilità dei mercati e le tensioni geopolitiche, ha indotto molte aziende italiane a rinviare o ridimensionare gli investimenti in innovazione e tecnologia, elementi fondamentali per rimanere competitivi nei mercati globali ma che sono spesso tra i primi ad essere sacrificati in contesti di difficoltà economica, poiché richiedono risorse significative e garantiscono ritorni a medio-lungo termine, in contrasto con l'esigenza di molte imprese di far fronte a problemi immediati di liquidità;
4) la scarsa accessibilità al credito, aggravata dall'aumento dei tassi di interesse e dalla crescente prudenza degli istituti finanziari, rappresenta un ulteriore ostacolo. Le piccole e medie imprese (Pmi), che costituiscono il 92 per cento del tessuto produttivo nazionale, sono spesso le più colpite da questa dinamica. La loro difficoltà a ottenere finanziamenti a condizioni favorevoli limita non solo la possibilità di investire in nuove tecnologie, ma anche quella di sostenere la normale operatività, rallentando il rinnovamento delle linee produttive e la transizione digitale. La mancanza di incentivi mirati e stabili contribuisce a consolidare questa tendenza. Sebbene esistano strumenti come il credito d'imposta per ricerca e sviluppo o i finanziamenti nell'ambito del Piano Transizione 4.0, molte aziende segnalano problemi di complessità burocratica e incertezza normativa, che disincentivano l'uso di tali agevolazioni. La continua revisione di politiche industriali emergenziali e la mancanza di un quadro strategico di lungo periodo amplificano questa instabilità;
5) il settore industriale italiano sta affrontando una sfida strutturale legata alla cronica carenza di investimenti in ricerca e sviluppo (R&S), un fattore cruciale per mantenere competitività nei mercati globali e affrontare le trasformazioni tecnologiche. Nel 2022, l'Italia ha dedicato solo l'1,5 per cento del proprio Pil a ricerca e sviluppo, una cifra significativamente inferiore rispetto alla media dell'Unione europea, che si attesta al 2,2 per cento (fonte: Eurostat). Questa discrepanza diventa ancora più evidente se confrontata con Paesi leader come Germania e Svezia, che investono rispettivamente il 3,1 per cento e il 3,4 per cento del Pil in ricerca e sviluppo. Anche l'adozione delle tecnologie digitali, essenziale per il passaggio all'industria 4.0, rimane insufficiente. Secondo il Digital economy and society index (Desi), solo il 25 per cento delle Pmi italiane ha implementato soluzioni legate all'Industria 4.0, come automazione avanzata, intelligenza artificiale, big data e Internet of Things, rispetto al 33 per cento della media europea. Tale condizione non solo penalizza le imprese italiane nei confronti di concorrenti stranieri, ma compromette anche la loro capacità di adattarsi alle nuove dinamiche del mercato, come l'evoluzione delle richieste dei consumatori e le sfide della sostenibilità ambientale;
6) tra le politiche più rilevanti degli ultimi anni, il Piano Industria 4.0, avviato dal Governo Renzi nel 2016 e poi sostituito nel 2021 dal Piano Transizione 4.0, ha rappresentato un'importante svolta per il sistema produttivo italiano. Con l'introduzione di strumenti innovativi come iper-ammortamenti, super-ammortamenti e il credito d'imposta per la ricerca e sviluppo, il piano è riuscito a rilanciare gli investimenti, all'epoca completamente fermi, e a promuovere una profonda trasformazione culturale, ponendo al centro l'innovazione e la digitalizzazione come motori di competitività e crescita. Tali progressi sono stati tuttavia depotenziati da successivi correttivi che hanno portato il Paese a posizionarsi al di sotto della media europea in termini di adozione tecnologica;
7) la transizione digitale, trainata da tecnologie emergenti come l'intelligenza artificiale (IA), rappresenta una sfida e al tempo stesso un'opportunità per il sistema produttivo italiano. L'intelligenza artificiale, in particolare, sta trasformando profondamente i processi produttivi, le modalità organizzative del lavoro e le competenze richieste. Sul fronte energetico, l'adozione massiccia dell'intelligenza artificiale, sia nei settori industriali che nei servizi, richiede infrastrutture tecnologiche avanzate come data center, calcolo ad alte prestazioni e sistemi distribuiti, che comportano un incremento significativo del fabbisogno energetico. Secondo stime internazionali, i data center e i processi di calcolo avanzati legati all'intelligenza artificiale rappresenteranno entro il 2030 circa il 10 per cento del consumo globale di energia. In un Paese come l'Italia, già caratterizzato da costi energetici elevati e una forte dipendenza dalle importazioni, questa sfida richiede un rafforzamento della capacità produttiva di energia sostenibile;
8) riguardo poi, alla cybersecurity, le risorse sono poche e polverizzate tra diversi strumenti, il credito di imposta Transizione 4.0, con percentuali che variano tra il 10 e il 15 per cento, la «Nuova Sabatini», ma solo con la concessione di una quota degli interessi su un finanziamento, la «Digital Transformation» di Invitalia e il Piano Transizione 5.0, i cui crediti d'imposta, però, riguardano solo indirettamente anche gli investimenti in cybersecurity. Sarebbe indispensabile individuare una specifica linea di finanziamento o di agevolazione che sia dedicata in modo esclusivo ad investimenti sulla cybersecurity, soprattutto nell'ottica dello sviluppo digitale delle nostre imprese;
9) il sistema di scambio di quote di emissione (Ets) dell'Unione europea, combinato con il meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (Cbam), sta imponendo costi sempre maggiori alle imprese europee. L'Ets prevede una riduzione del 62 per cento delle emissioni consentite entro il 2030 rispetto al 2005, portando a un aumento significativo dei costi per le imprese. Dal 2021, i prezzi delle quote di emissione sono cresciuti del 42 per cento, penalizzando in particolare settori come acciaio, alluminio e cemento, dove i costi in Europa sono già molto più alti rispetto a quelli dei mercati di esportazione. L'introduzione del Cbam dal 2026, che applicherà una tassa sul carbonio alle importazioni di prodotti ad alta intensità di emissioni, potrebbe aggravare ulteriormente la situazione. Questo meccanismo colpisce beni semilavorati come acciaio, cemento e fertilizzanti, che rappresentano una quota significativa del deficit commerciale extra-UE dell'Italia, pari a 5 miliardi di euro. Poiché le imprese europee competono in contesti dove il carbonio ha un prezzo inferiore o nullo, come negli Stati Uniti o in Cina, rischiano di perdere competitività. Inoltre, il Cbam comporterà un aumento degli oneri amministrativi, soprattutto per le piccole e medie imprese, già penalizzate dalla complessità di calcolo delle emissioni e dalla mancanza di standard univoci. Questi fattori, uniti alla possibilità di elusione del sistema, rischiano di frenare ulteriormente gli investimenti industriali in Europa;
10) sebbene tali strumenti siano fondamentali per il raggiungimento degli obiettivi climatici dell'Unione europea, le loro implicazioni economiche rischiano di penalizzare severamente i settori produttivi ad alta intensità energetica, che rappresentano una componente cruciale del valore aggiunto manifatturiero. Per tali ragioni è indispensabile adottare una strategia integrata che contempli misure di compensazione economica per i settori più esposti, incentivi per l'adozione di tecnologie di riduzione delle emissioni, e una semplificazione del quadro normativo per ridurre gli oneri amministrativi. Parallelamente, è fondamentale investire nel potenziamento delle infrastrutture per l'energia verde, nell'efficienza energetica e nello sviluppo di tecnologie innovative come l'idrogeno verde, al fine di abbattere i costi energetici e ridurre la dipendenza dalle fonti fossili;
11) l'attuale configurazione del mercato elettrico in Europa, che lega il prezzo dell'elettricità a quello del gas naturale, sta creando significative inefficienze e distorsioni. Questo meccanismo, basato sulla cosiddetta «price coupling», fa sì che il prezzo dell'elettricità venga determinato dall'impianto di generazione marginale, tipicamente alimentato a gas. Tale sistema ha portato, soprattutto in periodi di crisi energetica e volatilità dei prezzi del gas, a un aumento sproporzionato dei costi dell'elettricità, penalizzando famiglie e imprese. Una riforma del mercato elettrico che separi il prezzo dell'elettricità da quello del gas consentirebbe di valorizzare maggiormente le fonti rinnovabili, il cui costo di produzione è significativamente più basso e meno soggetto a fluttuazioni. Attraverso un modello basato su contratti a lungo termine per differenza (Contracts for Difference – CfD) o su meccanismi di prezzi differenziati, sarebbe possibile stabilire prezzi più stabili e prevedibili per l'elettricità, incentivando ulteriormente la transizione energetica. Un approccio di tale portata, oltre a migliorare la competitività delle imprese italiane sul mercato internazionale, fornirebbe una maggiore protezione contro le crisi energetiche future;
12) nel lungo periodo, il nucleare di nuova generazione potrebbe svolgere un ruolo cruciale nel garantire un mix energetico sostenibile, sicuro e competitivo. Le tecnologie avanzate, come i reattori modulari di piccola taglia (SMR – Small modular reactors) e i reattori di IV generazione, offrono prospettive interessanti per una produzione di energia nucleare più sicura, flessibile e sostenibile. Questi impianti, progettati per ridurre al minimo il rischio di incidenti e per ottimizzare la gestione dei rifiuti radioattivi, potrebbero integrare le rinnovabili, garantendo una produzione stabile e continua di energia, fondamentale per un sistema industriale avanzato. La combinazione di una riforma del mercato elettrico e l'introduzione graduale del nucleare avanzato potrebbe rappresentare una soluzione strategica per ridurre i costi energetici, migliorare la competitività del sistema produttivo e accelerare il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi climatici dell'Italia imposti dal Green Deal europeo che prevedono di ridurre le emissioni del 55 per cento entro il 2030 e di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050;
13) tra le criticità strutturali che rischiano di compromettere il potenziale di crescita e competitività del settore industriale nazionale, la carenza di figure professionali rappresenta una delle sfide più urgenti per il nostro Paese, alimentata da diversi fattori demografici e strutturali. Già prima della pandemia, le imprese italiane riscontravano difficoltà nel reperire personale per circa il 26 per cento delle assunzioni previste (pari a 1,2 milioni di posizioni). Nel 2023, questa quota è salita oltre il 45 per cento, interessando quasi 2,5 milioni di opportunità lavorative, segnalando un aggravamento della situazione. A contribuire a questa criticità sono elementi come un disallineamento nella formazione che inficia domanda e offerta di lavoro, la bassa mobilità interna, la forte sperequazione territoriale tra domanda e offerta di lavoro, la fuga di talenti all'estero e l'insufficienza di lavoratori provenienti da Paesi extra-UE, che insieme amplificano il divario tra domanda e offerta di lavoro;
14) secondo le proiezioni demografiche dell'Istat, tra il 2024 e il 2028 la popolazione residente in Italia subirà una riduzione di 1,5 milioni di unità a causa del saldo naturale negativo. Sebbene sia previsto un saldo migratorio positivo di circa 1,2 milioni di persone, questo non sarà sufficiente a compensare il calo della popolazione in età lavorativa, stimata in diminuzione di 850 mila unità. A parità di tasso di occupazione, ciò comporterebbe una riduzione dell'offerta di lavoro di circa 520 mila unità nei prossimi cinque anni. Il fabbisogno di lavoratori, anche in uno scenario di modesta crescita economica cumulativa del 4,9 per cento tra il 2024 e il 2028, richiederebbe un incremento occupazionale di almeno 815 mila unità. Di conseguenza, il divario tra domanda e offerta di lavoro potrebbe ampliarsi fino a 1,3 milioni di unità entro il 2028;
15) questa carenza si manifesta in modo diverso a livello territoriale: nel Nord Italia, il mismatch tra domanda e offerta di lavoro sarà relativamente contenuto, al Centro, pur rimanendo sotto la media nazionale, il problema sarà comunque significativo, nel Mezzogiorno, la situazione risulterà più grave, aggravando ulteriormente i divari economici e sociali già esistenti. Compensare questa carenza esclusivamente attraverso l'aumento del tasso di occupazione appare irrealistico. Per colmare il divario di lavoratori, il tasso di occupazione dovrebbe crescere di almeno 3,7 punti percentuali, un obiettivo difficilmente raggiungibile nell'arco di un quinquennio. Anche assumendo un aumento più contenuto di 2 punti percentuali, che rappresenta un traguardo più realistico, mancherebbero comunque circa 610 mila lavoratori;
16) sul piano delle competenze, inoltre, la transizione digitale, accelerata dall'adozione di tecnologie emergenti come l'Intelligenza artificiale (IA), richiede lavoratori dotati di abilità altamente specializzate, come lo sviluppo di algoritmi, l'analisi dei dati e la gestione dei sistemi di automazione avanzata. L'Italia si colloca tra gli ultimi in Europa per competenze digitali (Desi 2023), segnalando un grave deficit nella capacità di formare e aggiornare la forza lavoro alle nuove esigenze del mercato. La carenza di competenze digitali e tecnologiche rischia di ampliare ulteriormente il divario tra domanda e offerta di lavoro, ostacolando la piena integrazione delle tecnologie IA nel sistema produttivo. Anche dal punto di vista organizzativo l'integrazione dell'intelligenza artificiale nei processi aziendali richiede un ripensamento dei modelli di lavoro al fine di tutelare l'occupazione ed evitare di esacerbare la polarizzazione tra lavori altamente qualificati e lavoratori meno richiesti. La riqualificazione professionale insieme ad una maggiore flessibilità del lavoro, strumenti già ampiamente previsti dal Jobs Act, introdotto dalla legge 10 dicembre 2014, n. 183, che ha segnato un punto di svolta nella regolamentazione del mercato del lavoro italiano contribuendo in modo efficace, tra le altre cose, al potenziamento delle politiche attive del lavoro e promuovendo l'occupabilità dei lavoratori, può costituire, a tal proposito, una base normativa rilevante per garantire una transizione equa in un mercato del lavoro in rapida evoluzione;
17) parallelamente, il tema della partecipazione dei lavoratori alla governance delle imprese rappresenta un elemento cruciale per rafforzare la competitività e la sostenibilità aziendale, in un contesto di crescenti sfide globali. Esperienze europee consolidate, come il modello di cogestione tedesco (Mitbestimmung), dimostrano chiaramente i benefìci di tale approccio. In Germania, le imprese con oltre 2.000 dipendenti sono obbligate a includere rappresentanti dei lavoratori nei consigli di sorveglianza aziendali, consentendo ai lavoratori di partecipare attivamente alla definizione delle strategie aziendali e promuovendo un equilibrio tra gli interessi dei dipendenti, dei dirigenti e degli azionisti. Il coinvolgimento dei lavoratori nei processi decisionali stimola una maggiore condivisione degli obiettivi aziendali, riducendo i conflitti interni e favorendo un clima di collaborazione anche in situazioni di crisi, in quanto la presenza dei lavoratori nelle governance favorisce decisioni più equilibrate e lungimiranti, minimizzando i rischi per l'occupazione e la stabilità aziendale;
18) entrando nel merito degli specifici comparti produttivi, i settori strategici del «Made in Italy», come il manifatturiero avanzato, ma anche l'automotive, e l'agroalimentare stanno affrontando crescenti pressioni derivanti dalla concorrenza globale e dalla necessità di adattarsi alla transizione ecologica e digitale. In particolare, il settore automobilistico, sta affrontando un crollo drammatico: la produzione è tornata ai livelli del 2013 e, a luglio 2024, ha registrato un calo del 26,1 per cento rispetto allo stesso mese dell'anno precedente, con una contrazione complessiva della produzione industriale pari a -3,8 per cento. Il comparto specifico dei veicoli ha subìto un calo ancora più drastico (-34,7 per cento). Ad aggravare tale drammatica situazione si aggiunge l'imminente definanziamento del Fondo automotive previsto nella manovra di bilancio, che rischia di compromettere irrimediabilmente non solo l'innovazione tecnologica e la sostenibilità del settore, ma anche i livelli occupazionali e l'intero indotto del settore;
19) in termini generali l'industria automobilistica europea nel suo complesso sta affrontando una fase di trasformazione radicale, guidata dalla transizione verso la mobilità elettrica, dalle sfide legate alla sostenibilità ambientale e dalle nuove dinamiche di mercato globali, caratterizzate da una crescente competizione con i produttori asiatici e statunitensi. Un elemento che amplifica le difficoltà del settore è rappresentato dalle inutili duplicazioni dei processi produttivi tra i vari attori dell'industria europea. Tale frammentazione, spesso legata a logiche nazionali anziché comunitarie, limita le economie di scala e rallenta la capacità delle imprese europee di innovare e competere sui mercati internazionali. La moltiplicazione di piattaforme, tecnologie e strategie di sviluppo crea inefficienze che si riflettono sia sui costi di produzione sia sulla rapidità di adattamento alle nuove richieste del mercato, come l'accelerazione verso i veicoli elettrici e autonomi;
20) con specifico riferimento al settore dell'agroalimentare, che contribuisce in modo significativo al Pil e alle esportazioni del Paese, i cambiamenti climatici come la siccità prolungata, le ondate di calore estremo, le precipitazioni improvvise e violente, nonché l'innalzamento delle temperature medie, stanno già mostrando impatti tangibili sulla produttività agricola e sulla qualità delle produzioni tipiche. L'aumento della frequenza e della durata delle siccità, mette a rischio il 50 per cento della produzione agricola. La scarsità di risorse idriche colpisce in particolare colture pregiate come viti, ulivi e cereali, elementi centrali per prodotti iconici come il vino e l'olio extravergine d'oliva. Per far fronte agli effetti del cambiamento climatico, le aziende agricole sono costrette a investire in tecnologie di irrigazione, protezione delle colture e adattamento infrastrutturale, con un aumento significativo dei costi;
21) l'interdipendenza delle filiere produttive europee, che è stata a lungo una forza per la competitività e l'efficienza del mercato unico, si è rivelata anche una fonte di vulnerabilità di fronte a crisi globali come la pandemia da COVID-19, la guerra in Ucraina e le crescenti tensioni commerciali tra le grandi potenze economiche. In questo contesto, il rischio di misure protezionistiche, come l'imposizione di dazi differenziati, rappresenta una minaccia concreta alla coesione e alla stabilità economica dell'Unione europea. Un esempio significativo è stato fornito dall'amministrazione statunitense durante la prima presidenza Trump, che ha adottato politiche di dazi mirati, colpendo settori simbolo del made in Italy come olio, vino e formaggi. Tali misure non solo hanno penalizzato le esportazioni italiane verso mercati chiave, ma hanno anche alimentato una concorrenza interna all'Unione europea, esacerbando le disparità economiche tra gli Stati membri e mettendo a rischio il principio di solidarietà europea;
22) anche il settore della moda, eccellenza del made in Italy nel mondo e pilastro dell'economia nazionale, sta subendo una grave crisi. Sebbene nel 2023 i volumi commerciali del comparto abbiano registrato volumi intorno ai 102 miliardi di euro, le stime previsionali per il 2024 indicano una contrazione dei ricavi e testimoniano una crisi del settore. La crisi non riguarda esclusivamente le aziende operanti direttamente nel settore ma colpisce a cascata anche l'indotto, includendo settori complementari come scatolifici, logistica e artigianato subfornitore. La contrazione per il 2024 è compresa tra il 3,5 e il 4 per cento e il settore potrebbe attestarsi su ricavi al di sotto dei 100 miliardi di euro, indicando valori mai così bassi dall'era pre-pandemica. Ad essere maggiormente colpito è uno dei segmenti chiave come l'abbigliamento che registra cali ancora più marcati, con una diminuzione dell'8 per cento. La perdita di posti di lavoro e la chiusura di importanti imprese rischiano di compromettere non solo l'economia di intere comunità territoriali, ma anche la trasmissione di competenze distintive che costituiscono il cuore del made in Italy,
impegna il Governo:
1) a sostenere la resilienza del settore industriale adottando iniziative volte a istituire un Fondo nazionale che accompagni almeno fino al 2030 l'industria manifatturiera nella trasformazione digitale ed ecologica al fine di stimolare gli investimenti delle imprese in innovazione, tecnologie avanzate e decarbonizzazione, migliorando la loro capacità di competere sui mercati globali e di fronteggiare le attuali pressioni normative e concorrenziali;
2) a definire una strategia di politica industriale rinnovata, chiara, lungimirante e condivisa con il Parlamento al fine di stabilire priorità settoriali, individuando ambiti strategici come energie rinnovabili, automotive sostenibile, manifatturiero avanzato e moda, in cui concentrare gli investimenti e promuovendo la sinergia tra istituzioni e imprese in un dialogo costante con il mondo produttivo, accademico e sindacale;
3) ad adottare iniziative volte ad accrescere l'investimento nel capitale umano per recuperare il ritardo nelle competenze digitali attraverso un piano di azioni che assicuri la formazione delle competenze per la transizione digitale ed ecologica e promuova la crescita delle Start-up e delle imprese che offrono servizi innovativi che utilizzano l'intelligenza artificiale;
4) ad adottare iniziative volte a facilitare l'accesso a finanziamenti a condizioni agevolate per le Pmi, riducendo gli oneri burocratici e potenziando l'utilizzo degli strumenti previsti dal Piano Transizione 4.0, incentivando al contempo la semplificazione normativa per l'accesso agli strumenti di credito d'imposta per ricerca e sviluppo;
5) a rafforzare il sostegno alle Pmi per l'adozione di tecnologie avanzate come l'automazione, l'intelligenza artificiale e l'Internet of Things;
6) a promuovere la transizione 5.0 con un focus particolare sulle Pmi relativamente all'accesso ai finanziamenti e al relativo carico burocratico, alle tecnologie e alle competenze necessarie per intraprendere o migliorare il loro percorso di digitalizzazione e sostenibilità, anche nell'ambito delle applicazioni dell'intelligenza artificiale alla sicurezza sul lavoro;
7) ad adottare iniziative volte a prevedere specifici canali di finanziamento dedicati alla cybersecurity delle imprese, individuando misure a basso carico di burocraticità e disposizioni che consentano anche una adeguata formazione del personale in materia di digitalizzazione e sicurezza nelle procedure digitali;
8) a sostenere le imprese ad alta intensità energetica implementando meccanismi di compensazione economica per i settori più esposti al sistema Ets e al Cbam, riducendo i costi aggiuntivi legati alla transizione ecologica;
9) a potenziare gli investimenti nelle infrastrutture per l'energia verde e parallelamente sostenere la combinazione di una riforma del mercato elettrico attraverso la separazione del prezzo dell'elettricità da quello del gas, incentivando l'adozione di contratti a lungo termine per valorizzare le fonti rinnovabili, e l'introduzione graduale del nucleare avanzato al fine di ridurre i costi energetici, migliorare la competitività del sistema produttivo e accelerare il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi climatici del Green Deal europeo;
10) ad adottare iniziative volte a introdurre strumenti innovativi come il reddito di formazione, al fine di consentire ai giovani e ai disoccupati di accedere a percorsi di qualificazione e riqualificazione professionale, sostenendoli economicamente durante la formazione, e anche per colmare il mismatch tra domanda e offerta di lavoro, favorendo l'acquisizione delle competenze richieste dal mercato;
11) a prevedere percorsi di formazione continua e aggiornamento del personale che ne consentano la continua e costante riqualificazione nell'ambito della progressiva applicazione dell'Intelligenza artificiale e dei percorsi di digitalizzazione nelle aziende;
12) ad adottare iniziative volte ad ampliare il contingente di ingressi di lavoratori stranieri regolari, superando la logica del click day e identificando modalità e tempistiche coerenti con le necessità delle diverse filiere produttive al fine di evitare che la carenza di forza lavoro rischi di diventare un freno insormontabile per la crescita economica del Paese;
13) ad adottare politiche fiscali che promuovano la resilienza delle imprese e una redistribuzione equa dei benefìci economici, al fine di rafforzare il tessuto produttivo nazionale e il legame tra produttività e benessere economico dei lavoratori, con particolare riferimento a forme di detassazione degli utili reinvestiti nell'impresa e a favore dei lavoratori finalizzate al riconoscimento di trattamenti economici accessori integrativi anche nelle forme di tredicesime, quattordicesime, quindicesime e straordinari, integralmente detassati per i lavoratori e che non concorrano alla formazione del reddito degli stessi nonché di valorizzare processi di reinvestimento e distribuzione degli utili ancorché in forma indiretta dei lavoratori;
14) ad adottare iniziative volte a definire un quadro normativo organico che promuova la partecipazione diretta dei lavoratori alla governance delle imprese;
15) ad adottare iniziative normative volte a prevedere specifici incentivi, anche sotto forma di agevolazioni fiscali e contributive per favorire la partecipazione dei lavoratori al capitale delle imprese in crisi, con lo scopo di garantire la continuità produttiva aziendale;
16) a rilanciare le politiche industriali nel Mezzogiorno attraverso interventi strutturali e mirati, volti a ridurre i divari territoriali e a promuovere un modello di sviluppo sostenibile e inclusivo. In particolare, è necessario adottare una strategia integrata che coinvolga istituzioni, imprese e comunità locali, con un forte coordinamento a livello nazionale ed europeo al fine di rendere il Mezzogiorno un hub strategico per il commercio mediterraneo e promuovere la creazione di cluster industriali innovativi in aree strategiche del Sud, puntando nella produzione di energie rinnovabili;
17) a farsi promotore, in Europa, di iniziative volte a sviluppare una strategia europea coordinata per il rilancio del settore automotive, superando la frammentazione attuale e favorendo la creazione di un «campione europeo» per integrare filiere produttive, ridurre la frammentazione e accelerare l'innovazione tecnologica. Tale modello, già adottato con successo in altri settori strategici come quello aerospaziale (con Airbus), potrebbe garantire di sfruttare le economie di scala, riducendo i costi di sviluppo e produzione e aumentando la capacità di competere con i giganti asiatici e americani;
18) a promuovere una strategia industriale integrata per la gestione e la protezione del settore agroalimentare attraverso investimenti diretti e indiretti, rafforzando le infrastrutture idriche, migliorando la resilienza delle aziende agricole e incentivando la collaborazione tra settore pubblico, bancario e assicurativo per una gestione sostenibile dei rischi climatici;
19) ad adottare iniziative volte a sostenere le aziende del comparto moda e il relativo indotto attraverso sgravi fiscali per chi rileva partecipazioni di minoranza in Pmi in crisi, a condizione di mantenere i livelli occupazionali, la creazione di una certificazione per il controllo della catena produttiva delle aziende di moda, l'aumento della soglia di detassazione dei fringe benefit e l'incremento del fondo per la promozione del made in Italy;
20) ad adottare iniziative volte a sostenere e incentivare specifici programmi di internazionalizzazione per le imprese, in particolare per i settori del food e della moda, rendendo più agevoli le procedure di accesso ai prestiti erogati dalla Società italiana per le imprese all'estero, garantendo una reale semplificazione per l'accesso ai nuovi mercati e incentivando, anche fuori dai confini nazionali, le attività di promozione dell'eccellenza delle produzioni del made in Italy, anche nell'ottica di salvaguardarne e incrementarne l'occupazione.
(1-00380) «Faraone, Gadda, Del Barba, Bonifazi, Boschi, Giachetti, Gruppioni».
(7 gennaio 2025)
MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE PER IL RILANCIO DELLA COMPETITIVITÀ EUROPEA, IN RELAZIONE AL «RAPPORTO DRAGHI»
La Camera,
premesso che:
1) secondo i dati Istat, la produzione industriale italiana è in calo da sei trimestri consecutivi, esattamente da aprile 2023 a settembre 2024;
2) a settembre 2024 la produzione industriale è calata di 0,4 punti percentuali rispetto al mese precedente, mentre nel III trimestre 2024 si è registrato un calo di 0,6 punti percentuali rispetto ai tre mesi precedenti e, infine, per quanto riguarda i dati più di lungo periodo, da gennaio 2023 a settembre 2024 l'indice della produzione industriale è diminuito di 5,6 punti percentuali;
3) la situazione di crisi è stata evidenziata anche dal Codacons, il cui presidente ha sottolineato quanto sia allarmante la situazione se si analizza l'andamento dei beni di consumo, per i quali si registrano pesanti cali congiunturali e tendenziali, che risentono in modo evidente dello stallo dei consumi da parte delle famiglie, con la spesa degli italiani che non riparte ed effetti negativi diretti su commercio e industria e sui conti nazionali;
4) il settore dell'automotive attraversa una crisi ormai strutturale, nonché particolarmente significativa ed allarmante: nel 1992 l'Italia era tra i primi Paesi al mondo per autovetture prodotte, mentre, secondo i dati Anfia, nel 2022 sono state prodotte solo 473 mila auto, circa 270 mila in meno rispetto al 2019;
5) il settore delle auto sta attraversando un periodo difficile in tutta l'Unione europea: se nel 2008 in Europa si vendeva un terzo delle auto prodotte nel mondo, oggi sono appena un quinto, e questa fetta di mercato è stata in gran parte conquistata dalla Cina, che è passata da una quota mondiale pari al 4 per cento nel 2008 al 32 per cento nel 2023;
6) in Italia la crisi del settore automotive è strettamente legata alla crisi di Fca-Stellantis, che, dopo aver raggiunto il picco di produzione nel 2017, pari a circa 1 milione di veicoli, ha visto progressivamente diminuire la produzione, un trend ancora in atto che porterà nel 2024 a produrre circa 500 mila veicoli, una cifra ben lontana dalle promesse del gruppo, il quale aveva annunciato come obiettivo la produzione di un milione di veicoli;
7) per fronteggiare la crisi di questo settore, che riveste un ruolo cruciale per l'industria del Paese, il Governo Draghi aveva istituito, con decreto-legge n. 17 del 2022, un fondo automotive con una dotazione di 700 milioni di euro per l'anno 2022 e 1 miliardo di euro annui dal 2023 al 2030. Tali risorse sarebbero dovute essere destinate a favorire la transizione verde, la ricerca e gli investimenti nella filiera del settore automotive finalizzati all'insediamento, alla riconversione e alla riqualificazione verso forme produttive innovative e sostenibili, in linea con gli obiettivi europei di riduzione delle emissioni nocive per l'ambiente e di sviluppo digitale;
8) il disegno di legge di bilancio presentato dal Governo Meloni e attualmente all'esame del Parlamento prevede il taglio di circa l'80 per cento del fondo automotive, con un residuo pari ad appena 200 milioni di euro annui dal 2025 al 2030;
9) questa dotazione è assolutamente insufficiente per un fondo che ha come obiettivo quello di sostenere un settore in crisi strutturale come l'automotive italiano;
10) nel 2022 le emissioni dell'economia italiana sono rimaste pressoché invariate rispetto all'anno precedente (+0,1 per cento), riflettendo andamenti divergenti, con una diminuzione delle emissioni generate dalle famiglie (-1,3 per cento) e un aumento di quelle provenienti dalle attività produttive (+0,7 per cento) (Rapporto SDGs 2024, Istat);
11) il settore della produzione Industriale (Ippu) rappresenta annualmente una quota del 7 per cento circa, in media, del totale delle emissioni nazionali di gas serra;
12) la quota di emissioni derivate dal settore Ippu oscilla tra il 5,7 e il 7,9 per cento, rispetto al totale delle emissioni nazionali nel corso del periodo 1990-2022, ed è in tendenziale diminuzione (Rapporto Ispra 2022);
13) durante la scorsa legislatura, la Commissione europea ha approvato il pacchetto cosiddetto «Fit for 55», parte integrante del Green deal europeo: un pacchetto di misure legislative con l'obiettivo di ridurre le emissioni nette di gas serra dell'Unione europea del 55 per cento entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990;
14) secondo Eurostat, negli ultimi 32 anni i Paesi dell'Unione europea hanno registrato una riduzione media annua delle emissioni pari all'1,1 per cento. Tuttavia, per raggiungere l'obiettivo del Fit for 55, sarà necessario accelerare il ritmo di riduzione a una media del 5,4 per cento annuo nei prossimi anni;
15) la forte dipendenza dalle importazioni di energia e la limitata diversificazione del mix energetico nazionale, con una scarsa disponibilità di fonti a bassa emissione stabile e programmabile, amplificano la vulnerabilità del settore industriale italiano ai picchi di prezzo e alle crisi geopolitiche;
16) secondo Confindustria, tra gennaio e ottobre 2024, il prezzo medio dell'elettricità in Italia è stato di 103,7 euro per MWh, contro i 61,4 della media europea, registrando un differenziale di circa il 70 per cento;
17) il Piano «Transizione 5.0» approvato nel 2024 dal Governo nell'ottica di incentivare gli investimenti che prevedono una riduzione del consumo energetici non sta funzionando: la fruizione dei benefici non è automatica, essendo subordinata a complesse procedure amministrative, tra cui l'attesa di comunicazioni ufficiali e certificazioni sia ex ante che ex post, con un conseguente aumento delle tempistiche e degli oneri a carico delle imprese;
18) inoltre, il credito d'imposta è cumulabile solo in alcuni casi, con esclusione di misure strategiche come il Piano «Transizione 4.0» e gli incentivi per investimenti nella Zes unica, limitando l'efficacia degli interventi;
19) sono previste, infine, soglie minime di risparmio energetico che escludono dalla misura investimenti potenzialmente utili e molti settori strategici, tra cui quelli legati all'economia circolare e alle industrie ad alta intensità energetica;
20) il 9 settembre 2024 il Presidente Mario Draghi ha presentato il Rapporto sul futuro della competitività europea: un documento dettagliato di analisi del contesto europeo e di proposte puntuali per rilanciare la competitività economica dell'Unione;
21) il rapporto evidenzia come la produttività europea sia rallentata negli ultimi 20 anni, portando il divario del prodotto interno lordo a parità di potere d'acquisto tra Unione europea e Stati Uniti dal +4 per cento del 2002 al -12 per cento del 2023;
22) la crisi produttiva è stata messa ulteriormente a dura prova negli ultimi anni a causa della maggiore concorrenza che le imprese europee hanno dovuto affrontare in seguito alla crescita del commercio mondiale, della perdita della Russia come principale fornitore di energia a basso costo e della messa in discussione, da parte degli Usa, dell'ombrello di sicurezza che aveva protetto fino ad oggi l'Unione europea e che le aveva permesso di destinare ad altre priorità il budget per la difesa;
23) la strada da percorrere per rilanciare la competitività dei Paesi dell'Unione europea è rafforzare la sicurezza e aumentare la produttività, che rappresenta la vera sfida esistenziale dell'Unione;
24) il rapporto contiene 170 proposte puntuali da realizzare entro il 2030, suddivise in 10 ambiti di politiche settoriali – tra cui si segnalano, in particolare, gli interventi per ridurre il costo dell'energia, aumentare l'indipendenza nel campo delle materie prime critiche e rilanciare il settore automotive – e 5 ambiti di politiche orizzontali – tra cui si segnalano, in particolare, la riforma della governance europea e il sostegno agli investimenti;
25) le sfide evidenziate sono cruciali in particolare per l'Italia, nella definizione di strategie comuni europee basate su debito comune e investimenti comuni, dal settore della difesa, ad un piano di rilancio industriale, dallo sviluppo della tecnologia nucleare per abbattere le emissioni dell'Unione europea alla riqualificazione delle competenze, fino ad arrivare alle riforme strutturali come l'abolizione del criterio dell'unanimità per le scelte adottate dal Consiglio, generalizzando i voti a maggioranza qualificata, per impedire il blocco del processo decisionale in seguito al veto di un solo Paese;
26) il costo di questo piano è quantificato in circa 750-800 miliardi di euro annui dal 2025 al 2030, portando la spesa per investimenti dell'Unione europea dal 22 per cento del prodotto interno lordo a circa il 27 per cento, un aumento di quasi 5 punti percentuali che si propone di finanziare con l'emissione di debito comune sul modello del NextGenerationEU;
27) la Presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen ha espresso la volontà di seguire le raccomandazioni contenute nel rapporto, sia negli orientamenti politici per la Commissione europea 2024-2029, sia nelle lettere di incarico inviate a tutti i candidati alla carica di commissario europeo, tra cui Raffaele Fitto, ex Ministro del Governo in carica;
28) la recente elezione di Donald Trump alla Presidenza degli Stati Uniti rappresenta un elemento di forte incertezza per l'Italia e l'Unione europea, in considerazione delle sue dichiarazioni e delle politiche già annunciate, volte a introdurre nuovi dazi sulle importazioni di prodotti europei;
29) tale orientamento rischia di compromettere gravemente la competitività delle imprese italiane, in particolare nei settori manifatturiero, tecnologico e agroalimentare, che dipendono in misura significativa dalle esportazioni verso il mercato statunitense,
impegna il Governo:
1) a definire un piano strategico nazionale di rilancio del settore industriale in coerenza con il Rapporto Draghi, anche al fine di assicurare l'appoggio dell'Italia alle iniziative delle istituzioni dell'Unione europea per dare attuazione alle proposte contenute nel Rapporto Draghi sul futuro della competitività europea;
2) a sostenere la necessità di definire strategie di debito comune europeo e di modifica della normativa per attrarre investimenti privati per l'attuazione delle azioni previste dal piano Draghi;
3) a sostenere le riforme o gli accordi necessari per realizzare gli impegni comuni in materia di energia, trasporti, tecnologie digitali e innovazione e difesa, che il Rapporto identifica come condizioni indispensabili per la salvaguardia della libertà, del benessere e della sicurezza europea;
4) ad operare, per quanto di competenza, perché la governance economica e i processi decisionali dell'Unione siano migliorati e adeguati all'esigenza di garantire un quadro istituzionale coerente con gli obiettivi del Rapporto, a partire dal rafforzamento del meccanismo di voto a maggioranza;
5) a riavviare, coerentemente con le indicazioni del Rapporto, il programma nucleare italiano per autorizzare la costruzione di impianti con le tecnologie oggi disponibili – il cosiddetto nucleare di terza generazione avanzata – di cui è garantita l'affidabilità sul piano della sicurezza e la capacità di soddisfare, da un lato, il fabbisogno energetico nazionale e, dall'altro, di ridurre nettamente le emissioni climalteranti;
6) ad adottare iniziative normative volte a ripristinare la dotazione del fondo automotive, portandola al miliardo di euro annuo dal 2025 al 2030, così come inizialmente previsto dal Governo Draghi;
7) a proporre, di concerto con le istituzioni europee, un calendario di riduzione delle emissioni che tenga conto delle specificità economiche e produttive dei settori industriali nazionali, evitando penalizzazioni ingiustificate per le imprese italiane rispetto ai competitor europei e internazionali;
8) a migliorare la sicurezza energetica e la competitività del Paese, favorendo la diversificazione del mix energetico, con particolare attenzione all'introduzione di tecnologie stabili e programmabili, inclusa l'adozione del nucleare di nuova generazione, per garantire una fornitura energetica sostenibile, affidabile e a costi contenuti;
9) ad adottare iniziative normative volte a rivedere il Piano «Transizione 5.0», prevedendo l'introduzione dei principi operativi e degli strumenti automatici del Piano «Industria 4.0», al fine di renderlo più efficace e accessibile per le imprese, prevedendo, in particolar modo, l'introduzione di meccanismi di accesso diretto e automatizzato agli incentivi, la possibilità di cumulo con altre misure di sostegno, salvo casi di sovracompensazione, l'eliminazione delle soglie minime rigide per il risparmio energetico e la semplificazione delle procedure attuative, anche riducendo il ricorso a decreti attuativi;
10) a promuovere, per quanto di competenza, una leale collaborazione tra le istituzioni europee e la nuova Amministrazione statunitense, favorendo un dialogo costruttivo che evidenzi l'interdipendenza economica tra le due aree ed eviti i rischi di danni reciproci derivanti da politiche protezionistiche.
(1-00371) «Richetti, Bonetti, Benzoni, D'Alessio, Grippo, Sottanelli, Onori, Pastorella, Rosato, Ruffino».
(4 dicembre 2024)
La Camera,
premesso che:
1) il 9 settembre 2024, Mario Draghi ha presentato, in una conferenza stampa congiunta con la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, il rapporto strategico intitolato «Il futuro della competitività europea» («The future of European competitiveness»): tale rapporto – commissionatogli all'incirca un anno prima – contiene un'analisi approfondita delle sfide economiche e geopolitiche che l'Europa è chiamata ad affrontare in un contesto globale, sempre più frammentato e in rapido mutamento; in questo scenario, l'Europa si trova in una posizione particolarmente vulnerabile rispetto ad altre grandi economie come Stati Uniti e Cina;
2) il rapporto – che è stato presentato da Draghi al Parlamento europeo il 17 settembre 2024 – è articolato in due parti: la prima parte, «Parte A», suddivisa in una prefazione e sei capitoli, espone la strategia di competitività per l'Europa nel suo complesso; la seconda, «Parte B», suddivisa in due sezioni, dedicate, rispettivamente, a determinate politiche settoriali (dieci capitoli) e orizzontali (cinque capitoli) dell'Unione europea, contiene un'analisi approfondita di ciascuna di esse, indicando gli obiettivi da raggiungere e proponendo le iniziative da adottare;
3) il tema della competitività era stato già affrontato nel corso del Consiglio europeo dell'ottobre 2024, riunione in cui i leader dei Paesi membri, a seguito delle conclusioni dell'aprile 2024 e in linea con l'Agenda strategica 2024-2029, hanno chiesto maggiori sforzi per rafforzare la competitività dell'Unione, potenziare la resilienza economica di quest'ultima, assicurarne il rinnovamento industriale e realizzare appieno il potenziale del mercato unico, garantendo condizioni di parità a livello sia interno che mondiale;
4) la Presidente von der Leyen ha quindi confermato, negli orientamenti politici per la Commissione europea 2024-2029, la volontà di seguire le raccomandazioni del rapporto Draghi nel prossimo mandato della Commissione, di nuova nomina. Anche le lettere di incarico indirizzate da von der Leyen a ciascun candidato alla carica di Commissario recano l'invito ad attingere, per le parti di competenza, alla visione ed alle proposte della relazione Draghi sul futuro della competitività europea;
5) alla base della nuova strategia industriale dell'Unione europea, delineata nel documento di Draghi e che confluirà nelle linee guida per il mandato della Commissione UE dei prossimi cinque anni, viene posto l'accento, in particolare, sull'esigenza di rafforzare l'industria della difesa, così come nel rapporto è contenuto l'auspicio che sempre maggiori fondi europei vengano destinati allo sviluppo di questo settore per allentare la dipendenza da fornitori stranieri, Stati Uniti inclusi; la difesa viene vista come uno dei settori strategici per il futuro dell'Europa, così come quelli dell'energia e dei semiconduttori; sulla necessità di maggiori sforzi nel campo della difesa il rapporto ricalca peraltro quanto già scritto precedentemente da Enrico Letta nel suo documento sul futuro del mercato unico dell'Unione europea, presentato in occasione del Consiglio europeo straordinario del 17-18 aprile 2024;
6) in particolare, il rapporto Draghi evidenzia come negli ultimi anni il radicale mutamento dello scenario geopolitico innescato dalla guerra in Ucraina e, più in generale, dall'instabilità globale, abbia fatto emergere le vulnerabilità di sistema dell'Unione europea: le dipendenze dall'esterno, soprattutto per gli approvvigionamenti di energia e materie prime critiche, il ritardo nell'innovazione, i costi dell'energia, la mancanza di manodopera specializzata, l'assenza di una difesa comune, la frammentazione perdurante del mercato interno e in particolare del mercato dei capitali, un modello di governance inadeguato, gli andamenti demografici non più in grado di sostenere la domanda interna;
7) a queste vulnerabilità, secondo il rapporto, occorre rispondere in via prioritaria aumentando la produttività, preservando, al contempo, il modello sociale europeo, mediante un coordinamento forte di tutte le politiche europee (industriali, commerciali, fiscali, estere) e un loro riorientamento;
8) per raggiungere questi obiettivi dell'Unione europea, in primis digitalizzazione, decarbonizzazione e maggiore capacità di difesa, il rapporto stima necessari almeno 750-800 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi annui, pari al 4,4-4,7 per cento del Pil dell'Unione europea nel 2023. La quota di investimenti dell'Unione europea dovrebbe passare dall'attuale 22 per cento circa del Pil a circa il 27 per cento, invertendo un declino pluridecennale nella maggior parte delle grandi economie dell'Unione. Per sbloccare gli investimenti privati, si propone di costruire una vera e propria unione dei mercati dei capitali e di completare l'unione bancaria; per gli investimenti pubblici, si prospetta di istituire, nel quadro del prossimo bilancio dell'Unione europea, un «pilastro della competitività» e di considerare l'emissione regolare di asset di debito comune per consentire progetti di investimento congiunti tra gli Stati membri;
9) da un'analisi complessiva del rapporto, emerge come lo stesso non risponda in maniera adeguata e sufficiente alle sfide future che attendono l'Unione nei prossimi anni: se appare pienamente condivisibile l'obiettivo di finanziare importanti progetti d'investimento per rendere l'Europa più competitiva, anche attraverso il ricorso all'emissione di nuovo debito comune europeo, l'accento posto dal rapporto sul rafforzamento della difesa europea lascia presagire la trasformazione da un'Europa di pace verso una vera e propria economia di guerra, basata su strategie tese a promuovere la formazione di un «complesso militare-industriale» europeo; preoccupa altresì l'assenza di riferimenti nel rapporto alla necessità di avviare politiche fiscali più efficaci per contrastare l'elusione e l'evasione fiscale da parte dei giganti del web;
10) non si può inoltre sottacere come l'esistenza di giurisdizioni non cooperative a fini fiscali e di regimi fiscali dannosi, non solo a livello europeo – si veda il caso della Gran Bretagna e della Svizzera – ma anche tra gli stessi Stati membri dell'Unione europea – tra cui Irlanda, Paesi Bassi e Lussemburgo, veri e propri paradisi fiscali all'interno dell'area euro che si avvantaggiano di tali pratiche facendo registrare elevatissimi tassi di crescita – costituiscano una minaccia alla competitività europea e mettano a rischio la stessa tenuta dell'Unione. Tali pratiche di dumping fiscale comportano gravi perdite finanziarie per gli Stati membri dell'Unione europea: basti pensare che il costo dell'elusione dell'imposta sulle società è attualmente stimato a 500 miliardi di dollari all'anno e che tale riduzione del gettito fiscale è particolarmente problematica nel contesto della ripresa dalla crisi sanitaria, sociale ed economica causata dalla pandemia da Covid-19 e del finanziamento della transizione verde;
11) inoltre, con la rimozione dei limiti della Banca europea per gli investimenti agli investimenti militari e delle limitazioni della finanza europea per le industrie belliche, con la revisione dei parametri della finanza etica, si asseconda un completo stravolgimento del quadro regolatorio europeo in direzione di una transizione, non più «green», ma militare,
impegna il Governo:
1) a promuovere, con particolare riferimento all'Agenda strategica 2024-2029, il modello sociale ed economico europeo, che funga da stimolo alla transizione verde e digitale dell'Unione europea, nonché a sostegno di una politica comune di investimento nella ricerca e nell'innovazione nell'ambito dei settori economici ritenuti strategici, al fine di garantire la competitività dell'Unione a lungo termine e favorire altresì la competitività delle imprese e sviluppare soluzioni tecnologiche avanzate;
2) anche al fine di aumentare la competitività europea, a sostenere, nell'Agenda politica della nuova Commissione, la proposta di trasformare il programma Next Generation EU in uno strumento permanente, da finanziare attraverso il bilancio europeo, con la conseguente istituzione di nuove fonti di entrate nella forma di risorse proprie dell'Unione europea e l'inclusione dell'emissione di debito comune europeo come strumento stabile, finalizzati a sostenere l'impegno comune per il rafforzamento degli investimenti nella produzione di «beni pubblici» europei considerati prioritari, quali la salute, l'istruzione, la ricerca, l'innovazione, la sicurezza e la transizione energetica, scongiurando al contempo l'ipotesi di un eventuale ricorso all'emissione di eurobond per finanziare le capacità di difesa europee, al fine di assicurare all'Unione europea un proprio spazio fiscale autonomo, capace di avviare una politica economica anti-ciclica;
3) ad adottare iniziative volte a scongiurare altresì qualsiasi tentativo di aumentare i finanziamenti di beni a scopo militare, come armi e munizioni, anche attraverso una ferma opposizione all'ipotesi di ampliamento della portata degli investimenti della Banca europea per gli investimenti rispetto all'attuale definizione di dual use, dando, al contrario, priorità al finanziamento di progetti che vadano a beneficio dell'ambiente e della società, affrontando la crisi del costo della vita e l'emergenza climatica;
4) a fronte della concorrenza fiscale sleale perpetrata a livello europeo e delle pratiche di dumping fiscale messe in atto da alcuni Stati membri dell'area euro, ad intraprendere, con urgenza, tutte le necessarie iniziative di contrasto nei confronti dei paradisi fiscali cosiddetti legalizzati all'interno dell'Unione, opponendosi a quelle forme di concorrenza fiscale altamente dannose per l'economia reale e adoperandosi, allo stesso tempo, per una riforma del quadro normativo dell'Unione europea che assicuri condizioni concorrenziali effettive e più incisive tra gli Stati membri, così come una tassazione efficace ed equa dell'economia digitale, nonché a porre in essere gli adeguati provvedimenti per mitigare gli effetti sull'economia unionale delle pratiche fiscali sleali poste in essere dagli stati transfrontalieri o già appartenenti all'Unione europea;
5) a sostenere, nell'ambito del rafforzamento del mercato unico europeo e dell'unione dei mercati dei capitali, la proposta istitutiva di una tassa unica sul capitale quale strumento di una nuova fiscalità europea improntata a criteri di welfare comune, che scoraggi la competizione interna sleale tra gli Stati membri e si delinei quale baluardo alla gestione condivisa delle crisi;
6) a promuovere in sede europea l'adozione di iniziative di competenza volte a introdurre da parte dei singoli Stati forme straordinarie di contribuzione per il settore dell'industria della difesa, considerati gli utili eccezionali conseguiti negli ultimi anni, peraltro destinati a crescere ulteriormente, considerato il mutato contesto geopolitico internazionale sempre più insicuro e la politica di difesa dell'Unione europea.
(1-00372) «Scutellà, Bruno, Scerra, Pellegrini, Baldino, Lomuti, Francesco Silvestri, Cappelletti».
(4 dicembre 2024)
La Camera,
premesso che:
1) il rapporto del Presidente Mario Draghi sul futuro della competitività in Europa evidenzia come l'Unione europea stia scontando un grave rallentamento della produttività, in un contesto demografico sfavorevole e di deterioramento del quadro di relazioni internazionali nel quale la crescita europea era stata finora garantita, e questo mette a rischio il futuro dell'Unione europea e dei suoi Stati membri sia per quanto riguarda le future sfide economiche e geopolitiche, rispetto alle quali l'Unione europea non potrà ambire ad una posizione di leadership, sia per quanto riguarda le posizioni consolidate, a cominciare dal livello di benessere e di sicurezza economica e sociale dei cittadini europei;
2) lo stesso rapporto individua tre grandi campi d'azione per rilanciare la competitività europea: colmare il divario di innovazione rispetto agli Stati Uniti e la Cina, un piano congiunto per la de-carbonizzazione e la crescita, aumentare la sicurezza e ridurre le dipendenze;
3) per raggiungere questi obbiettivi la quota di investimenti in Europa, programmati ed effettuati su scala continentale e non a livello di singoli Stati membri, dovrà aumentare di circa 5 punti percentuali sul prodotto interno lordo, quindi per soddisfare queste straordinarie esigenze di investimento senza sovraccaricare l'economia è necessario che il settore privato sia sostenuto da una rinnovata capacità di investimento pubblica, anche attraverso l'emissione di debito pubblico comune europeo;
4) il debito pubblico comune europeo per la produzione di beni pubblici europei potrebbe dapprima seguire la via tracciata dal Next generation Europe, senza dare per il momento ancora vita ad una unione fiscale europea con una politica delle finanze e dei trasferimenti comuni, e rappresenterebbe comunque un debito garantito pro quota dagli Stati membri, i quali dovrebbero a maggior ragione rimanere impegnati al controllo dei debiti pubblici nazionali secondo quanto previsto dal nuovo Patto di stabilità e di crescita;
5) ad aprile del 2021 la Corte costituzionale tedesca, respingendo i ricorsi contro la condivisione dei debiti nell'Unione europea, ha dato il via libera al Recovery Fund, aprendo la strada alla creazione di strumenti di debito condiviso per rispondere a situazioni di emergenza che mettono a repentaglio la competitività e la sicurezza dell'Unione europea;
6) il Governatore della Banca d'Italia Fabio Panetta, intervenendo recentemente al Foro di dialogo Spagna-Italia a Barcellona, ha lanciato la proposta di un productivity compact ossia di «un programma di spesa comune per finanziare investimenti indispensabili per tutti i cittadini europei» attraverso l'emissione di un titolo pubblico europeo privo di rischio, in modo da creare un mercato unico di capitali in grado di finanziare l'innovazione e la crescita;
7) anche Christine Lagarde, nel corso di una recente audizione presso la Commissione Econ del Parlamento europeo, ha definito «auspicabile» uno strumento di finanziamento comune «sia tramite una maggiore capacità fiscale sia tramite un debito congiunto». «Investimenti congiunti dell'Unione europea ben definiti aumenterebbero il potenziale di crescita e contribuirebbero alla stabilità macroeconomica». «Invierebbero anche un forte segnale agli investitori», ha affermato la Presidente della Bce.
8) nel corso delle comunicazioni sul Consiglio europeo del 17 e 18 ottobre 2024, la Presidente del Consiglio dei ministri ha citato il rapporto Draghi sostenendo che nel dibattito sulle risorse necessarie «dovremo essere pronti a verificare la possibilità di nuovi strumenti di debito comune»,
impegna il Governo
1) a sostenere, nel quadro delineato nelle premesse, la necessità di individuare strumenti di debito comune per finanziare la crescita e la competitività europea e a promuovere attivamente le riforme e gli accordi necessari per raggiungere questo obbiettivo nel più breve tempo possibile.
(1-00377) «Della Vedova, Magi, Schullian».
(9 dicembre 2024)
La Camera,
premesso che:
1) il 9 settembre 2024 a Bruxelles si è tenuta la presentazione del rapporto intitolato «Il futuro della competitività europea», commissionato dalla Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, al già Presidente del Consiglio dei ministri italiano e Presidente della Banca centrale europea Mario Draghi;
2) nel rapporto si evidenzia che l'Europa si trova di fronte a una sfida esistenziale per il proprio modello socio-economico e si mette in luce il rallentamento della crescita economica dell'Unione rispetto alle maggiori economie come Stati Uniti e Cina, attribuendo il fenomeno a una bassa produttività e si evidenzia una serie di politiche comuni da attuare nei prossimi cicli istituzionali ed economici per recuperare il gap di competitività rispetto i principali partner e competitor internazionali;
3) il rapporto, inoltre, sottolinea tre grandi transizioni che l'Unione europea deve affrontare: (i) la digitalizzazione, per colmare il divario tecnologico rispetto ai principali competitor globali; (ii) la decarbonizzazione, per affrontare l'emergenza climatica preservando al contempo la competitività economica; (iii) i cambiamenti geopolitici, al fine di ridurre le dipendenze critiche in ambiti quali energia, materie prime e tecnologie avanzate;
4) il tema della competitività, già affrontato nella riunione del Consiglio europeo di ottobre 2024, è stato confermato tra gli orientamenti politici della Commissione europea nel quinquennio 2024-2029 e il Presidente della Commissione ha dichiarato la volontà di seguire le raccomandazioni del cosiddetto «rapporto Draghi»;
5) per raggiungere tali obiettivi il documento individua 170 proposte da realizzare entro il 2030 divise in 10 dieci ambiti di politiche settoriali e cinque ambiti di politiche orizzontali;
6) la prossima politica industriale comune sarà dunque chiamata a rispondere ad una serie di esigenze endogene ed esogene all'Europa ma che possono impattare direttamente sulla sua tenuta economica, sociale e politica;
7) gli sforzi, basandosi sulle risultanze del rapporto, dovranno essere concentrati su quattro grandi matrici che assumono una fortissima rilevanza strategica specie se lette nel loro insieme: (i) la necessità di affrancarsi o quantomeno ridurre le percentuali di forniture di energia a basso costo dagli storici fornitori; (ii) consolidare ed aumentare la produttività degli storici settori trainanti; (iii) adottare politiche espansive per incentivare gli investimenti nell'industria tecnologica; (iv) rafforzare la sicurezza;
8) una politica di decarbonizzazione risulta fondamentale per garantire sostenibilità e sicurezza energetica e diminuire le quote di dipendenza del continente da altre potenze mondiali;
9) le soluzioni proposte nel rapporto abbracciano la necessità di acquisti comuni, con annesse riforme del mercato e la previsione di investimenti in tecnologie green, l'adozione di un approccio tecnologicamente neutrale che tenga conto di una torta ampia di fonti energetiche (energie rinnovabili, nucleare, idrogeno e cattura di carbonio) e un sostegno ai settori industriali energivori così da rendere economicamente sostenibile la produzione rispetto alla concorrenza internazionale;
10) quest'ultimo è un tema attualissimo per le aziende italiane, specie se si considera che, come evidenziato da studi di settore, il prezzo medio lordo dell'elettricità per le nostre imprese nel 2023 si è attestato su 300 euro/MWh a fronte di un prezzo medio di 260 euro/MWh per le aziende tedesche, 250 euro/MWh per le aziende francesi e 150 euro/MWh per quelle spagnole;
11) la decarbonizzazione non deve tradursi in una rapida deindustrializzazione di settori fondamentali per lo sviluppo del Vecchio continente ma deve contemperare le esigenze occupazionali così da tutelare non solo le esigenze ambientali ma parimenti le esigenze lavorative;
12) relativamente agli storici settori trainanti, la costituzione di un campione europeo dell'automotive rappresenta una priorità ineludibile per l'Europa, sia per garantire la competitività di un settore storicamente di eccellenza, sia per tutelare milioni di posti di lavoro e di piccole e medie imprese dell'indotto che, grazie a tale comparto, da decenni generano crescita e assicurano prospettiva al Vecchio continente;
13) l'Italia è uno dei Paesi maggiormente colpiti dalla riduzione della produzione automobilistica ed è ineludibile la necessità di politiche specifiche per evitare fenomeni di dumping, fiscale volti a sollecitare lo spostamento delle produzioni all'esterno;
14) inoltre, il potenziamento e monitoraggio delle reti infrastrutturali intermodali ha una rilevanza fondamentale per l'approvvigionamento delle materie prime, per la commerciabilità dei prodotti nazionali, nonché per garantire una piena competitività del Paese con i maggiori poli logistici europei;
15) dal punto di vista tecnologico e per colmare il divario di innovazione non risulta, invece, più procrastinabile adottare politiche che sfruttino appieno il potenziale di tecnologie emergenti come l'artificial intelligence e i calcoli quantistici;
16) lo sviluppo tecnologico impone di mettere a sistema le istanze sociali con quelle legate al necessario aumento della produttività: la sfida della competitività e della sostenibilità richiede investimenti strutturali in istruzione e formazione così da diminuire il rischio di una sostituzione della forza lavoro attraverso la semplice automazione, ponendo i lavoratori in condizione di governare, favorire e ottimizzare il progresso tecnologico e la sua implementazione;
17) quest'ultima è la matrice più interconnessa con la necessità, anch'essa individuata nel rapporto, di rafforzare la sicurezza intesa non solo come difesa o politiche comuni per la difesa ma come sicurezza economica e di autonomia strategica;
18) le nuove geometrie geopolitiche e i fronti bellici nelle immediate vicinanze ai confini unionali, unitamente alle minacce ibride, impongono la necessità di una riflessione, appunto, sulla competitività tecnologica e industriale nel settore della difesa;
19) a tal fine nel rapporto si leggono proposte per espandere e sviluppare la base industriale e tecnologica in modo da poter rispondere alle nuove esigenze in modo veloce e con la libertà d'azione e l'autonomia necessarie;
20) relativamente ai costi da sostenere per colmare i gap, Draghi sostiene che l'Unione dovrebbe mobilitare investimenti pubblici e privati pari a circa 750-800 miliardi di euro annui (circa il 4,4-4,7 per cento del Pil dell'Unione europea nel 2023) attraverso l'introduzione di strumenti finanziari innovativi e il rafforzamento del mercato unico di capitali;
21) imprescindibile risulta, inoltre, il rafforzamento della governance attraverso un maggiore dialogo e coordinamento tra politiche industriali, energetiche e di sicurezza nonché attraverso una semplificazione delle procedure decisionali;
22) il quadro appena delineato sarà chiamato ad un ulteriore sforzo di resilienza specie relativamente alla bilancia commerciale e all'incremento dei costi per le imprese qualora, alla luce delle ultime elezioni degli Stati Uniti, venissero introdotti dazi alle importazioni di prodotti nel mercato americano,
impegna il Governo:
1) a definire una politica industriale volta a migliorare la competitività e la produttività delle aziende italiane e che sia coerente con il rapporto Draghi, così da assicurare un appoggio pieno dell'Italia alle politiche industriali europee per il quinquennio 2024-2025;
2) a dare nuovo impulso alle politiche di integrazione europea, ripartendo dai sei pilastri del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ossia la transizione verde, la trasformazione digitale, lo sviluppo intelligente, sostenibile e inclusivo, la coesione sociale e territoriale, la salute e la resilienza economica, sociale e istituzionale, nonché le politiche dedicate alle nuove generazioni, all'infanzia e ai giovani;
3) ad adottare iniziative volte allo sviluppo di un piano energetico nazionale fondato sul principio della neutralità tecnologica e che tenga conto delle necessità di migliorare gli investimenti per l'accumulo e lo stoccaggio dell'energia rinnovabile nonché per l'implementazione della produzione nucleare con impianti di terza generazione e dell'idrogeno;
4) ad adottare iniziative, per quanto di competenza, affinché si rafforzi la governance europea attraverso un maggiore dialogo e coordinamento tra politiche industriali, energetiche e di sicurezza nonché attraverso una semplificazione delle procedure decisionali;
5) ad adottare un piano nazionale in linea con le raccomandazioni del rapporto Draghi, che preveda misure per far sì che le imprese del settore automotive mantengano, incrementino od avviino nuove produzioni in Italia;
6) ad adottare, per quanto di competenza, iniziative idonee alla proposizione di una politica comune finalizzata al potenziamento e al monitoraggio delle reti infrastrutturali intermodali così da assicurare l'approvvigionamento delle merci e delle materie prime, nonché potenziare e facilitare la commerciabilità dei prodotti nazionali;
7) a sostenere, in ogni sede europea, la necessità di introdurre strumenti finanziari innovativi come il rafforzamento del mercato unico, di capitali e una strategia di debito comune europeo;
8) ad adottare iniziative volte a prevedere un piano di sviluppo dell'industria tecnologica anche tramite politiche di incentivazione per la ricerca e sviluppo di tecnologie emergenti come l'artificial intelligence e i calcoli quantistici;
9) a prevedere misure di incentivazione e di supporto alla riqualificazione e formazione professionale al fine di consentire da parte del lavoratore l'esercizio di competenze che gli consentano di governare i nuovi processi produttivi e di automatizzazione.
(1-00382) «Faraone, Gadda, Del Barba, Bonifazi, Boschi, Giachetti, Gruppioni».
(7 gennaio 2025)
La Camera,
premesso che:
1) il 13 settembre 2023, la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, nel suo ultimo discorso sullo stato dell'Unione al Parlamento europeo, ricordava come le tre sfide europee, l'occupazione, l'inflazione e il contesto imprenditoriale, si fossero presentate in un momento in cui l'Europa chiede anche all'industria di svolgere un ruolo di primo piano nella transizione verde;
2) su richiesta della Commissione europea Mario Draghi nel settembre 2024 presentava al Parlamento europeo il Rapporto «Il futuro della competitività europea». Il rapporto è un documento nel quale vengono indicati i nodi di carattere istituzionale e politico che occorre affrontare per porre l'Unione europea in condizione di poter meglio competere con grandi realtà politico-economiche già esistenti e con quelle emergenti. Il rapporto è uno spaccato della situazione economica in Europa, nel quale, ad esempio, si evidenzia che sulle 50 più importanti società tecnologiche mondiali, solo quattro sono europee, e viene evidenziato il divario di crescita tra UE e Stati Uniti, l'aumento della competizione con la Cina e la mancanza di presenza europea nel settore tecnologico;
3) la proposta complessiva di Draghi è quella di affrontare la temperie politica ed economica di cui stiamo vivendo le prime fasi con una decisa accelerazione sul piano dell'integrazione europea. Tre sono le macroaree di intervento individuate e le conseguenti azioni: a) colmare il divario tecnologico dell'Europa rispetto a Usa e Cina; b) elaborare un piano congiunto per la decarbonizzazione e la competitività; c) aumentare il livello di sicurezza europea e ridurre le dipendenze rispetto all'esterno, si propone di promuovere l'innovazione così come di ridurre i costi e le dipendenze nel settore dell'energia e della difesa. La Presidente Ursula von der Leyen ha già dichiarato la sua volontà di dare seguito alle raccomandazioni contenute nel rapporto;
4) nel rapporto però l'essenziale e primario tema delle diseguaglianze non assume alcuna centralità, poco o nulla viene detto riguardo la domanda di sanità, di migliori servizi pubblici, come poco o nulla c'è riguardo l'occupazione e la necessità di garantire una crescita in grado di ridurre le disuguaglianze e aumentare l'inclusione sociale; così come nulla viene evidenziato in relazione alla necessaria armonizzazione fiscale, al contrasto del dumping fiscale praticato da alcuni Paesi UE, nonché alla necessità di imposizione fiscale sugli extra profitti e sui grandi patrimoni;
5) riguardo al settore dell'energia, il terzo capitolo del rapporto Draghi approfondisce gli aspetti connessi alla necessità dell'Europa di affrontare alcune scelte fondamentali su come portare avanti il proprio percorso di decarbonizzazione preservando, tuttavia, la posizione competitiva della sua industria. Nel rapporto si sottolinea inoltre come gli alti costi dell'energia in Europa siano un ostacolo alla crescita e influenzino gli investimenti delle imprese molto di più che in altre grandi economie. Sotto questo aspetto la decarbonizzazione offre all'Europa l'opportunità di ridurre i prezzi dell'energia e di assumere un ruolo guida nelle tecnologie pulite («clean tech»), diventando al contempo più sicura in termini energetici;
6) è importante che venga ribadita la necessità che la UE persegua l'obiettivo della riduzione dei costi dell'energia per gli utenti finali, accelerando la decarbonizzazione nel settore energetico in modo efficiente mediante il ricorso alle energie rinnovabili, l'efficienza e il risparmio energetico, così come è condivisibile la necessità di dover semplificare e snellire le autorizzazioni e i processi amministrativi per accelerare la diffusione delle energie rinnovabili. Il rapporto individua espressamente come ulteriore obiettivo centrale, l'accelerazione della decarbonizzazione in modo efficiente dal punto di vista dei costi adottando un approccio tecnologicamente neutrale, che include però tra le soluzioni disponibili anche il nucleare e lo stoccaggio della CO2;
7) non è condivisibile la dichiarata necessità di puntare anche sul nucleare nel mix energetico a cui la UE dovrà sempre più fare riferimento. Nella sezione relativa all'energia, contenuta nella parte B del rapporto, si propone infatti di mantenere l'approvvigionamento nucleare e accelerare lo sviluppo del «nuovo nucleare» (compresa la catena di approvvigionamento nazionale). Il rapporto però in questa analisi dimentica – tra l'altro – gli alti costi di questa energia, e che attualmente, il costo dell'energia nucleare in Europa supera i 170 euro/MWh. Il rapporto trascura infatti di ricordare che in Europa, a partire dalla Francia, il nucleare è finanziato dallo Stato. I dati dicono che il nucleare porta alla triplicazione dei costi dell'energia come dimostra l'accordo franco inglese che ha sterilizzato il prezzo dell'energia nucleare a 170 euro/Mwh. Tra 2009 e il 2022, i costi di produzione dell'energia onshore e del solare sono diminuiti rispettivamente del 70 per cento e del 90 per cento, mentre quelli del nucleare sono aumentati del 33 per cento;
8) il nucleare non è la risposta né per la competitività economica perché triplicherebbe i costi dell'energia per imprese e famiglie, né per la transizione ecologica perché sottrarrebbe investimenti alle rinnovabili e non sarebbe una soluzione per la decarbonizzazione visti i tempi lunghissimi per la realizzazione delle centrali, mentre la crisi climatica necessita di risposte oggi;
9) va valutata negativamente la proposta del rapporto, di estendere dette misure di semplificazione e accelerazione anche alla cattura e allo stoccaggio della CO2, in quanto questa tecnologia consente di fatto di continuare a estrarre idrocarburi e a perpetrare la produzione di gas serra, ritardando o compromettendo l'indispensabile conversione energetica a cui si deve puntare attraverso le energie rinnovabili;
10) positivo è invece l'esplicito riferimento alla necessità di accelerare sulle energie rinnovabili. Sotto questo aspetto il rapporto sottolinea come, senza un aumento della rapidità di erogazione di autorizzazioni per l'installazione, la maggior offerta di finanziamenti per diffondere l'energia pulita non potrà produrre i risultati desiderati, tra cui una più rapida installazione di nuova capacità;
11) il rapporto evidenzia inoltre come in Europa il sostegno pubblico alla transizione sia troppo limitato, e come le industrie ad alta intensità energetica soffrano attualmente la mancanza di sostegno pubblico per realizzare gli obiettivi di decarbonizzazione e investire in combustibili sostenibili. Si propone quindi di destinare una quota maggiore dei proventi del sistema Ets alle industrie ad alta intensità energetica (Eii) e utilizzare tali proventi anche per sostenere la decarbonizzazione del settore dei trasporti;
12) affinché l'UE guidi la decarbonizzazione delle industrie ad alta intensità energetica sono necessarie risorse finanziarie sufficienti. Secondo il rapporto, la decarbonizzazione, infatti, costerà complessivamente 500 miliardi di euro alle quattro maggiori Eii (chimica, metalli di base, minerali non metalliferi e carta) nei prossimi 15 anni, mentre per le parti più «difficili da abbattere» del settore dei trasporti (marittimo e aereo) il fabbisogno di investimenti è di circa 100 miliardi di euro all'anno dal 2031 al 2050;
13) tra le principali aree di intervento individuate dal rapporto, vi è quella di ridurre i prezzi elevati continuando, al contempo, il processo di decarbonizzazione e di transizione a un'economia circolare. Il rapporto propone quindi un piano congiunto per la decarbonizzazione e la competitività, in quanto ritiene che l'UE possa assumere un ruolo di guida nelle nuove tecnologie pulite e nelle soluzioni di circolarità, a condizione che tutte le politiche europee siano in sintonia con gli obiettivi di decarbonizzazione;
14) il rapporto Draghi ricorda inoltre come i trasporti siano responsabili di un quarto di tutte le emissioni di gas serra e come il settore automobilistico, sia un esempio centrale di mancata pianificazione da parte dell'UE, che applica una politica climatica senza una politica industriale; nonostante l'obiettivo di azzerare le emissioni entro il 2035 porterà di fatto a mettere gradualmente fine alle nuove immatricolazioni di veicoli con motori a combustione interna, a favore di una rapida penetrazione dei veicoli elettrici sul mercato, l'UE non ha però dato seguito a queste ambizioni con una spinta sincronizzata verso la conversione della catena di fornitura. Le aziende europee, di conseguenza, stanno già perdendo quote di mercato. La quota di mercato delle case automobilistiche cinesi per i veicoli elettrici in Europa è passata dal 5 per cento nel 2015 a quasi il 15 per cento nel 2023, mentre la quota di case automobilistiche europee nel mercato dell'Ue dei veicoli elettrici è scesa dall'80 per cento al 60 per cento;
15) al di là del rapporto Draghi, va comunque evidenziato che, in questa fase di difficoltà complessiva del settore dell'automotive, una iniziativa importante potrà essere data dall'avvio di un «Dialogo strategico sul futuro dell'industria automotive europea», che la Presidente Ursula von der Leyen, il 27 novembre 2024 ha annunciato in Parlamento europeo, e che inizierà ufficialmente a gennaio 2025. L'obiettivo è quello di identificare e implementare rapidamente le misure necessarie per affrontare la transizione verde del settore. L'iniziativa coinvolgerà attivamente tutti gli attori principali dell'industria automobilistica, comprese le aziende automobilistiche, i fornitori, i sindacati e le associazioni imprenditoriali, con l'obiettivo di definire strategie concrete per affrontare le sfide più urgenti del settore. Riteniamo decisivo che al centro del dialogo strategico vi debba essere la conferma dei tempi previsti della transizione elettrica in linea con gli obiettivi climatici dell'Unione europea, ovviamente tutto questo potrà avvenire se si riesce ad aumentare la competitività internazionale anche attraverso un rafforzamento delle risorse finanziarie per il settore e per la resilienza della filiera produttiva dell'automotive;
16) questo è ancora più indispensabile anche alla luce del fatto che i mercati globali attualmente sono invasi da auto cinesi a buon mercato i cui prezzi sono mantenuti bassi artificialmente grazie a ingenti sovvenzioni statali, con tutto quello che ciò comporta in termini di distorsioni sul nostro mercato; nel frattempo, mentre il Governo italiano vorrebbe allungare oltre il 2035 lo stop UE alla vendita di auto e furgoni non a emissioni zero, la Norvegia ha già raggiunto quota 88,9 per cento di nuove immatricolazioni solo elettriche;
17) purtroppo con il nuovo Parlamento europeo si è avuto come primo risultato quello di veder mettere in discussione il Green deal e gli obiettivi ambientali già stabiliti dalla UE, ossia l'ambizioso progetto europeo per rivoluzionare l'economia del Vecchio continente nel nome dell'ecologia e della sostenibilità;
18) tra i primi provvedimenti decisi in ambito UE ad essere messi in discussione vi è sicuramente quello relativo ai modi e tempi per l'uscita di produzione delle auto a motore endotermico; la rivoluzione dell'auto elettrica in Europa deve invece rimanere un punto fermo e bisogna tenere fermi gli obiettivi fissati dal Green deal e dal percorso di decarbonizzazione deciso in sede UE;
19) il Green deal e la transizione all'elettrico devono continuare ad essere il faro della reindustrializzazione anche del settore dell'automotive, ma è evidente che per competere ai massimi livelli in un mondo sempre più rivolto all'elettrificazione serve una politica industriale nazionale ed europea pragmatica ed efficace, che aiuti la filiera a evolversi e a innovare e sostenga il mercato delle nuove tecnologie;
20) è preoccupante l'ampio spazio che viene dedicato dal rapporto alle spese militari, alla difesa e alla sicurezza europea e alla necessità di un loro maggiore finanziamento, ritenute il volano per un ruolo internazionale dell'Unione europea, e questo anche se, va ricordato, nel 2014 l'Europa spendeva in armamenti 211 miliardi di dollari, mentre il 2024 si chiude con una spesa di 476 miliardi di dollari;
21) nel rapporto l'industria bellica gioca un ruolo importante, non solo in quanto tale, ma in modo trasversale, con riferimento anche alla ricerca spaziale, ai trasporti e a quant'altro ne incroci le necessità, la difesa europea è individuata nel rapporto come un settore decisivo per assicurare l'autonomia strategica della UE di fronte a pericoli crescenti, sia con riferimento alla guerra in Ucraina, sia in altri scacchieri internazionali, nonché al settore trainante dell'innovazione tecnologica;
22) è evidente la netta contrarietà alla ricetta proposta dal rapporto Draghi per favorire la competitività europea, laddove propone un aumento del livello attuale della spesa militare e per la difesa; il futuro del nostro continente non può essere costruito sull'aumento delle spese militari, ma è necessario investire queste ingenti e sempre maggiori risorse per garantire sempre di più la sostenibilità ambientale, sociale ed economica dell'Europa;
23) riguardo al tema del finanziamento dell'economia, così come quello degli investimenti comuni e del sostegno a politiche industriali comuni, il rapporto sottolinea come «per massimizzare la produttività, sarà necessario un finanziamento congiunto negli investimenti in beni pubblici europei fondamentali, come per esempio i settori più innovativi»;
24) per raggiungere gli obiettivi indicati nel medesimo rapporto e per produrre una svolta servono ingenti risorse. Il rapporto stima il fabbisogno finanziario necessario all'UE per raggiungere i suoi obiettivi in almeno 750-800 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi annui, pari al 4,4-4,7 per cento del Pil dell'UE nel 2023. Per fare un confronto, gli investimenti del Piano Marshall nel periodo 1948-51 equivalevano all'1-2 per cento del Pil dell'UE. La quota di investimenti dell'UE dovrebbe passare dall'attuale 22 per cento circa del Pil a circa il 27 per cento;
25) è quindi da valutare positivamente, la necessità che l'Unione europea si orienti verso l'emissione regolare di strumenti di debito comune per consentire progetti di investimento congiunti tra gli Stati membri così come è stato fatto con il NextGenerationEU, rinviando il rimborso del NGEU;
26) per essere competitiva sicuramente l'Europa ha bisogno di più investimenti comuni, in particolare nei settori legati alla transizione verde e alla decarbonizzazione dell'economia europea;
27) è condivisibile quindi la sollecitazione del rapporto a finanziare importanti progetti d'investimento anche attraverso il ricorso all'emissione di nuovo debito comune europeo. È infatti evidente che solo creando risorse comuni che sostengano un piano di politiche industriali continentali, saremo in grado come Europa di poter competere con i continenti asiatico e americano,
impegna il Governo:
1) a non sostenere l'attuazione delle misure proposte dal rapporto Draghi volte ad aumentare le risorse europee per l'acquisto di armi e per l'apparato militare europeo;
2) a farsi promotore e sostenere le opportune iniziative in ambito UE volte a individuare quanto prima strumenti di debito comune, come si è fatto con il NextGenerationEU dopo la pandemia, per garantire il sostegno pubblico e il finanziamento di progetti di investimento congiunti in alcuni ambiti strategici quali la decarbonizzazione, la transizione ecologica e digitale, politiche industriali sostenibili, al fine di poter competere con i continenti asiatico e americano;
3) a mettere in atto in ambito nazionale e in ambito UE politiche espansive volte a sostenere la crescita economica e l'industria europea in un contesto di transizione ecologica e digitale al fine di favorire la crescita economica e l'occupazione e ridurre le disuguaglianze sociali;
4) ad adottare iniziative volte a sostenere, anche in ambito UE, gli investimenti del settore dell'automotive per garantire nei tempi e modi attualmente previsti la transizione all'elettrico, e a farsi promotore di un piano per la gestione a livello europeo della transizione ecologica con strumenti comuni per salvaguardare l'occupazione anche dell'indotto e mantenere la capacità produttiva degli stabilimenti dell'automotive;
5) in ambito nazionale, ad adottare iniziative volte a ripristinare la dotazione del fondo automotive tagliato dal Governo, riportandolo almeno alla dotazione finanziaria esistente prima del taglio apportato con la legge di bilancio 2025-2027;
6) a sostenere le iniziative europee volte ad accelerare – come auspicato dal rapporto di cui in premessa – i processi di decarbonizzazione e lo sviluppo delle energie rinnovabili, anche attraverso una semplificazione e snellimento delle autorizzazioni e dei processi amministrativi per garantire la diffusione delle energie rinnovabili;
7) a contrastare la proposta evidenziata dal rapporto Draghi, di puntare anche sul nucleare nel mix energetico a cui la UE dovrà sempre più fare riferimento;
8) ad assumere iniziative contrarie alla proposta di introdurre misure di favore per la cattura e lo stoccaggio della CO2, in quanto questa tecnologia consente di fatto di continuare a estrarre idrocarburi e di perpetrare la produzione di gas serra, ritardando o compromettendo l'indispensabile conversione energetica a cui si deve puntare;
9) ad avviare le opportune iniziative, in ambito nazionale e dell'Unione europea, per garantire risorse per la decarbonizzazione e uno specifico sostegno per quei settori produttivi che, per le specifiche caratteristiche produttive, hanno oggettive difficoltà ad abbattere le emissioni e a riconvertirsi, con conseguenze negative in termini economici e occupazionali;
10) ad adottare le necessarie iniziative finalizzate a prevedere anche in ambito europeo una revisione della disciplina delle accise sui prodotti energetici e sull'energia elettrica, anche in funzione delle emissioni di gas a effetto serra, individuando misure per l'orientamento del mercato verso modelli di produzione sostenibili.
(1-00384) «Bonelli, Ghirra, Zanella, Borrelli, Dori, Fratoianni, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti».
(8 gennaio 2025)