TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 348 di Martedì 17 settembre 2024

 
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INTERROGAZIONI

A)

   PATRIARCA. — Al Ministro dell'interno e al Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR. — Per sapere – premesso che:

   Palazzo Fienga è un'antica dimora sita nella città di Torre Annunziata. Come per quasi la totalità degli edifici gentilizi torresi nel dopoguerra, è stato lottizzato e suddiviso a terzi e poi è divenuto vittima della decadenza economica e industriale locale;

   negli anni '80 e '90 del secolo scorso il sito è diventato una vera e propria roccaforte del clan Gionta, con la chiusura di alcuni accessi per facilitare il controllo da parte delle sentinelle, affiancate da diverse tecnologie di sorveglianza per l'epoca piuttosto avanzate;

   il sito web dell'Agenzia per la coesione territoriale riporta che il 20 luglio 2021 è stato siglato un accordo tra l'Agenzia stessa, l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata e l'Agenzia del demanio, per realizzare opere di adeguamento e ristrutturazione dell'edificio, al fine di trasformarlo in un presidio per la sicurezza pubblica a renderlo in parte fruibile alla collettività;

   l'accordo, che riguarda un'area di 12.000 metri quadri e 72 appartamenti, prevede la realizzazione di uffici e alloggi della Polizia di Stato, dell'Arma dei Carabinieri, della Guardia di finanza, della polizia giudiziaria, della polizia metropolitana e della polizia locale di Torre Annunziata, nonché spazi da destinare a parco pubblico e parcheggi;

   un progetto considerato altamente simbolico dagli ultimi Governi ma anche dalle associazioni anticamorra, da ex prefetti e dai magistrati oplontini e «blindato» dal Ministero dell'interno con frequenti dichiarazioni pubbliche, in particolare del Ministro del Governo Draghi Luciana Lamorgese;

   la gestione del complesso è stata affidata a un commissario straordinario con un impegno economico stimato in circa 25 milioni di euro. Dalla data di stipula dell'accordo non si registrano progressi sostanziali;

   recentemente sono state sollevate perplessità sull'opportunità di tale progetto, in particolare da parte dei commissari straordinari che reggono il comune, che hanno sollevato la questione dei costi ingenti, a fronte della ristrutturazione di un edificio che non ha alcun valore storico o architettonico. Sono inoltre espresse perplessità sul fatto che si concentrino tutte le forze dell'ordine in un'area ristretta;

   l'idea proposta in sede di redazione del piano urbanistico comunale è quella di abbattere l'edificio, demolizione «che avrebbe una forza simbolica ancora maggiore del riutilizzo», per destinare l'area in chiave pubblica e turistica, stante la vicinanza del porto e degli Scavi di Oplonti –:

   quali ulteriori informazioni siano in grado di fornire i Ministri interrogati sul progetto di riutilizzo di palazzo Fienga, sulle risorse disponibili e sul cronoprogramma dei lavori eventualmente previsti;

   quale posizione si esprima in merito all'osservazione relativa all'inopportunità di concentrare tutte le forze dell'ordine in un unico edificio collocato in un'area facilmente isolabile e in una zona sensibile sotto il profilo della criminalità organizzata;

   quali siano gli intendimenti dei Ministri interrogati in merito alla proposta, autorevolmente rappresentata, di procedere alla demolizione della struttura, con l'obiettivo di utilizzare gli spazi per finalità pubbliche e turistiche.
(3-00414)

(16 maggio 2023)

B)

   GHIRRA e PICCOLOTTI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, comma 350, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, al fine di promuovere la lettura e sostenere la filiera dell'editoria libraria, autorizza «la spesa di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023. Le risorse di cui al presente comma sono assegnate alle biblioteche aperte al pubblico dello Stato, degli enti territoriali e dei soggetti beneficiari ai sensi della legge 17 ottobre 1996, n. 534, e della legge 28 dicembre 1995, n. 549, per l'acquisto di libri, secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro della cultura»;

   il decreto ministeriale 14 gennaio 2022, «Disposizioni attuative dell'articolo 1, comma 350, della legge 30 dicembre 2021, n. 234», ha individuato le modalità di assegnazione delle risorse alle biblioteche aperte al pubblico dello Stato, degli enti territoriali e dei soggetti beneficiari ai sensi della legge 17 ottobre 1996, n. 534, e della legge 28 dicembre 1995, n. 549, per l'acquisto di libri;

   il decreto, prevede, inoltre, che le risorse assegnate a ciascuna biblioteca debbano essere utilizzate esclusivamente per l'acquisto di libri, da effettuarsi per almeno il 70 per cento presso almeno tre diverse librerie presenti sul territorio afferente alla biblioteca;

   questa misura ha permesso di aumentare notevolmente il flusso di vendite soprattutto delle librerie indipendenti che, potendo contare su scarsissimi investimenti economici propri, sono quelle più soggette al fallimento e alla chiusura. L'acquisto di libri da parte delle biblioteche ha dato modo alle librerie di contare su un nucleo consistente di vendite sicure programmabili, consentendo loro di fare investimenti per implementare il proprio sviluppo, creando nuovi eventi o rinnovando la loro offerta;

   inoltre ha messo in contatto le librerie con le biblioteche, facendo in modo che entrambi i presidi culturali presenti sul territorio potessero conoscersi e implementare strategie comuni in un'ottica di collaborazione;

   nonostante questi evidenti benefici la misura di cui all'articolo 1, comma 350, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, non è stata rifinanziata per l'anno 2024;

   Adei, Associazione degli editori indipendenti, nel dicembre 2023, ha condotto un'indagine su un campione di 108 case editrici indipendenti. Nel report si legge che «La cancellazione del “decreto biblioteche”, che da alcuni anni consentiva acquisti di nuovi libri da parte delle biblioteche, con l'obbligo di rivolgersi in gran parte a librerie del territorio di appartenenza, secondo il 91,7 per cento intervistati avrà effetti negativi sull'offerta culturale per i lettori. L'84,3 per cento teme gravi conseguenze a carico delle librerie indipendenti; per il 78,7 per cento questo mancato rinnovo della misura potrebbe aggravare sensibilmente la crisi del comparto libro. Il 57,4 per cento degli intervistati ritiene che avrà effetti diretti sulla casa editrice, portando a una sensibile diminuzione dei fatturati» –:

   quali siano i motivi per cui, nonostante gli evidenti benefici esposti in premessa, non sia stata rifinanziata la misura di cui all'articolo 1, comma 350, della legge 30 dicembre 2021, n. 234;

   quali iniziative urgenti intenda assumere per promuovere la lettura, investire nelle librerie e sostenere l'editoria indipendente.
(3-01413)

(16 settembre 2024)
(ex 4-03069 del 3 luglio 2024)

C)

   CAPPELLETTI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi, la Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa (Cna) ha pubblicamente espresso la preoccupazione che gli effetti della cosiddetta «nuova Sabatini», lo strumento «principe» per supportare le imprese nell'acquisto di nuovi beni strumentali, rischiano di esaurire la propria efficacia già nelle prossime settimane;

   ad inizio maggio 2024 risultavano disponibili poco meno di 100 milioni di euro, che potranno soddisfare il fabbisogno di richieste al massimo fino a fine giugno. Senza il rifinanziamento della misura il sistema bancario sarà meno propenso a erogare i finanziamenti e le imprese meno interessate a realizzare gli investimenti, con riflessi negativi per la crescita e la competitività;

   Cna stima inoltre che per coprire le richieste fino alla fine dell'anno occorrono 250-300 milioni di euro, un ammontare che può attivare circa 4 miliardi di investimenti da parte di micro e piccole imprese. La «nuova Sabatini» rappresenta una delle principali agevolazioni dedicate alle piccole imprese per migliorare la competitività del sistema produttivo ed ha dimostrato nel tempo grande efficacia. Attualmente la disponibilità di 4,4 miliardi di euro di risorse pubbliche ha sostenuto circa 53 miliardi di investimenti privati;

   garantire la continuità degli interventi della «nuova Sabatini» per l'anno in corso è fondamentale per supportare la ripresa e la crescita economica del Paese, caratterizzata dalla recessione della produzione industriale. Per 15 mesi consecutivi l'Istat ha certificato il crollo della produzione industriale nazionale: meno 1 per cento ad aprile 2024 rispetto al mese di marzo e meno 2,9 per cento in un anno –:

   quali opportune iniziative di competenza intenda intraprendere con urgenza per rifinanziare la «nuova Sabatini» per l'anno in corso, al fine di consentire ad artigiani e piccole imprese di continuare a programmare gli investimenti necessari per la crescita delle loro attività.
(3-01410)

(16 settembre 2024)
(ex 5-02488 del 14 giugno 2024)

D)

   NISINI, MONTEMAGNI, BARABOTTI, ZIELLO e BILLI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy e al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il settore moda in Toscana rappresenta un pilastro fondamentale dell'economia regionale, impiegando circa 130 mila persone in diversi segmenti produttivi, dai tessili all'abbigliamento, dalla conceria alle calzature, fino alla gioielleria e agli accessori. Si stima che il 6-8 per cento di tutti gli occupati della regione lavori in questo settore, il quale contribuisce in modo significativo al valore aggiunto regionale con ben 5,5 miliardi di euro;

   tutti i principali marchi italiani e stranieri producono direttamente o indirettamente in Toscana;

   tuttavia, la recente crisi economica ha colpito duramente il comparto, con un calo delle esportazioni che ha generato effetti negativi sul prodotto interno lordo e sul numero di occupati. In particolare, le aziende di Prato rischiano di esaurire le forme di integrazione salariale nel breve termine, rendendo urgente un intervento sul fronte del credito per evitare pesanti ripercussioni sociali ed economiche;

   è pertanto necessario agire tempestivamente per sostenere il settore moda in Toscana e garantire la sua sopravvivenza –:

   se e quali azioni di competenza intendano adottare per affrontare efficacemente la situazione descritta, al fine di supportare un comparto strategico per l'economia italiana e regionale.
(3-01411)

(16 settembre 2024)
(ex 5-02620 del 12 luglio 2024)

E)

   BONAFÈ, FOSSI, GIANASSI, DI SANZO, SIMIANI, FURFARO, SCOTTO e BOLDRINI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy e al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il settore moda rappresenta uno dei comparti di maggior importanza del Paese, finalizzato soprattutto all'esportazione in tutti i continenti e alla promozione del made in Italy;

   dopo gli anni della pandemia il settore ha saputo reagire, ma l'incerto e conflittuale contesto internazionale, caratterizzato da crisi energetica, conflitti globali, aumento dell'inflazione e riduzione della domanda, sta creando una contrazione economica generalizzata che ha prodotto pesanti ricadute sui fatturati delle imprese del comparto;

   le associazioni di categoria hanno segnalato da mesi queste criticità, che riguardano, in particolare, la pelletteria, ma anche il calzaturiero e il tessile, evidenziando come la moda non abbia potuto usufruire di misure a sostegno o contributi specifici come quelli sviluppati per altri settori;

   particolarmente colpito è il settore della moda in Toscana che impiega infatti circa 130 mila persone: la maggior parte nei segmenti produttivi (tessile, abbigliamento, conceria, calzature, pelletteria, accessori, gioielleria), compresa la produzione di macchinari, un 10 per cento nel terziario (commercio all'ingrosso e intermediazione). Di fatto quindi il 6-8 per cento di tutti gli occupati della regione lavora in tale comparto, il 40 per cento di tutto il manifatturiero, per un valore aggiunto di 5,5 miliardi di euro. Tutti i principali marchi italiani e stranieri producono direttamente o indirettamente in Toscana;

   la crisi riguarda prodotti progettati e commissionati dalle grandi imprese sia italiane che multinazionali, che vengono successivamente realizzate da artigiani di altissima specializzazione (aziende contoterziste);

   sono quindi direttamente coinvolte 3.690 imprese e 13.800 addetti ed in particolar modo nei distretti di Firenze e Scandicci per la produzione e nel distretto di Santa Croce sull'Arno (Pisa) per la conceria;

   le difficoltà sono state monitorate da Irpet che ha certificato come, nel mese di marzo 2024 in Toscana, le ore di cassa integrazione sono state pari al monte ore di lavoro di circa 7.700 dipendenti di cui 6.200 nel settore pelli, cuoio e calzature: si è quindi passati dal 3,1 per cento di lavoratori in cassa integrazione a gennaio 2023 al 12,9 per cento di marzo 2024 (solo per la filiera della pelle) con un peggioramento continuo;

   attualmente, secondo le associazioni di categoria, nei distretti della Toscana chiudono mediamente quasi due aziende a settimana con gravissime ripercussioni per i livelli occupazionali territoriali;

   per cercare di porre un argine al problema, il presidente della Toscana Eugenio Giani e l'assessora regionale Alessandra Nardini (sollecitati anche dagli enti locali interessati) hanno inviato due missive al Governo per chiedere l'attivazione di ammortizzatori sociali specifici. Anche gli enti locali, in particolare il comune di Scandicci (Firenze), epicentro industriale di eccellenza nel settore delle produzioni di lusso, è impegnato a fronteggiare la situazione di crisi con le parti sociali per contenere le ricadute sociali in termini di disoccupazione e per evitare conseguenze dirette nei territori;

   successivamente il presidente della regione Toscana ha inoltrato una terza lettera al Ministro Urso per richiamare l'attenzione e sollecitare interventi sul fronte del credito alle imprese e alle famiglie (soprattutto per facilitarne l'accesso e chiedere una moratoria sui finanziamenti);

   il 6 agosto 2024 si terrà al Ministero delle imprese e del made in Italy il tavolo istituzionale del settore moda in cui dovrebbero essere analizzate le problematiche del comparto e decise le misure di sostegno alle imprese in difficoltà;

   a tale riunione non sarebbero stati però invitati gli enti locali competenti nonostante abbiano da tempo manifestato espressamente l'urgenza e l'esigenza di poter intervenire a tale tavolo proprio per non depotenziare la capacità di reazione e contenimento delle criticità e per finalizzare meglio l'impiego delle risorse destinate alla formazione professionale dei giovani –:

   per quali motivi al tavolo interministeriale citato in premessa non siano stati invitati tutti gli attori e le istituzioni competenti della filiera ed in particolare i sindaci degli enti locali interessati;

   quali iniziative urgenti di competenza intendano adottare per contrastare la crisi del settore della moda, che sta colpendo soprattutto le imprese contoterziste della Toscana, salvaguardare la continuità produttiva di tale settore e garantire gli attuali livelli occupazionali.
(3-01412)

(16 settembre 2024)
(ex 5-02712 del 1° agosto 2024)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE PER UNA RIFORMA DELLA
DISCIPLINA IN MATERIA DI CITTADINANZA

   La Camera,

   premesso che:

    1) con «cittadinanza» s'intende il rapporto tra individuo e Stato, uno status denominato «civitatis» al quale l'ordinamento giuridico ricollega la pienezza dei diritti civili e politici, ed è elemento essenziale per far sì che le persone possano godere in maniera piena e completa dei diritti fondamentali ed è, quindi, indispensabile per una democrazia realmente inclusiva;

    2) la Costituzione italiana, oltre a proclamare nella sua prima parte in capo ai cittadini la titolarità di alcuni diritti e di alcuni doveri, si occupa specificatamente della cittadinanza all'articolo 22, stabilendo il principio per cui non si può essere privati di essa, così come del nome e della capacità giuridica, per motivi politici. La ratio di questa disposizione va inquadrata nella contestazione degli arbitri compiuti dal fascismo, che non solo aveva privato della cittadinanza italiana tutti gli antifascisti in esilio (legge n. 108 del 1926), ma aveva altresì stabilito (regio decreto-legge n. 1728 del 1938) delle gravi limitazioni alla cittadinanza e alla capacità giuridica nei confronti dei cittadini di cosiddetta «razza ebraica»;

    3) attualmente la cittadinanza è disciplinata dalla legge 5 febbraio 1992, n. 91, e relativi regolamenti di esecuzione;

    4) ai sensi della citata legge acquistano di diritto la cittadinanza italiana coloro i cui genitori (anche solo la madre o il padre) siano cittadini italiani. Si tratta della modalità di acquisizione della cittadinanza per «ius sanguinis»;

    5) esistono alcune procedure più veloci per l'acquisizione della cittadinanza italiana per gli stranieri di origine italiana che possono acquisirla facendo espressa richiesta se l'interessato discenda da un cittadino italiano (sino al secondo grado di parentela) e sia in possesso di almeno un requisito tra quelli previsti dalla legge;

    6) nell'ordinamento italiano è previsto anche un altro riconoscimento della cittadinanza, ma solo in via residuale e per casi limitati: quello dello «ius soli»;

    7) questo diritto viene di norma riconosciuto solo a coloro che nascono in Italia e i cui genitori siano da considerarsi ignoti o apolidi, a coloro che nascono in Italia e che non possono acquisire la cittadinanza dei genitori, in quanto lo Stato di origine dei genitori non consente che chi nasce all'estero possa acquisire quella cittadinanza; per chi, infine, non abbia genitori noti e che venga trovato, a seguito di abbandono, in territorio italiano e per il quale si possa dimostrare, da parte di qualunque soggetto interessato, il non possesso di altra cittadinanza;

    8) la persona nata in Italia può divenire cittadino italiano a condizione che vi abbia risieduto legalmente e ininterrottamente fino al raggiungimento della maggiore età e che dichiari, entro un anno dal compimento della maggiore età, di voler acquisire la cittadinanza italiana;

    9) l'acquisizione della cittadinanza può avvenire, inoltre, per matrimonio o unione civile con cittadino italiano o, infine, per naturalizzazione;

    10) al riguardo di quest'ultima modalità, l'articolo 9 della citata legge n. 91 del 1992 prevede che la cittadinanza possa essere concessa se la persona che ne faccia richiesta abbia trascorso legalmente e ininterrottamente un periodo di tempo di almeno dieci anni in Italia, qualora non appartenga all'Unione europea, e di quattro se, invece, sia cittadino di un Paese che appartiene all'Unione europea. Se apolide la persona che voglia ottenere la cittadinanza italiana deve risiedere nel nostro Paese da almeno cinque anni;

    11) secondo l'articolo 14 della legge n. 91 del 1992 i figli minori di chi acquista o riacquista la cittadinanza italiana, se convivono con esso, acquistano la cittadinanza italiana, ma, divenuti maggiorenni, possono rinunciarvi, se in possesso di altra cittadinanza. L'acquisto interviene, quindi, automaticamente alla sola condizione della convivenza e sempre che si tratti di un soggetto minorenne secondo l'ordinamento italiano. Perché il genitore divenuto italiano possa trasmettere lo «status civitatis» al figlio, occorrono pertanto che ricorrano tre condizioni: a) il rapporto di filiazione; b) la minore età del figlio; c) la convivenza con il genitore;

    12) va osservato che la previsione della convivenza con il genitore non appare idonea a riconoscere il diritto di acquisizione della cittadinanza italiana, in quanto esclude di fatto coloro che per qualunque motivo non convivano con il genitore, nonostante questi conservi la responsabilità genitoriale;

    13) ad esempio, in Francia la naturalizzazione viene decisa dall'autorità pubblica e può essere concessa dallo straniero maggiorenne che dimostri la propria residenza abituale in Francia nei cinque anni precedenti la domanda e che vi risieda al momento della domanda stessa. Ma questo termine, che è la metà di quello italiano, può anche essere ridotto a due anni, qualora il richiedente abbia ultimato due anni di studi in un istituto di istruzione universitaria francese;

    14) come in molti altri Paesi, anche la Francia considera essenziale per la cittadinanza la conoscenza della lingua del Paese di cui si vuole diventare cittadini. Sino ad un recente passato la valutazione della capacità meno di comprendere, scrivere e parlare in francese era lasciata all'arbitrio del singolo funzionario statale incaricato dell'esame. Adesso, grazie a recenti modifiche normative, la discrezionalità della pubblica amministrazione è stata almeno ridotta, dovendo il funzionario chiamato a giudicare la conoscenza linguistica del richiedente attenersi ad una «griglia di valutazione» che stabilisce criteri chiari per la valutazione stessa;

    15) inoltre, a condizione che il nome sia menzionato nel decreto di naturalizzazione del genitore, o sulla dichiarazione di acquisizione, il figlio minore, legittimo o naturale della persona naturalizzata francese diventa automaticamente cittadino francese di pieno diritto, sempre che sia a sua volta residente in Francia. Ciò vale anche per il bambino oggetto di adozione piena, mentre, nel caso di divorzio o separazione precedente l'acquisizione di cittadinanza da parte del genitore, il minore acquisisce la cittadinanza se risiede attualmente o alternativamente con il genitore divenuto francese;

    16) per effetto della legge 16 marzo 1998 ogni bambino nato in Francia da genitori stranieri acquisisce automaticamente la cittadinanza francese al momento della maggiore età se a quella data ha propria residenza in Francia o vi ha avuto la propria residenza abituale durante un periodo, continuo o meno, di almeno 5 anni dall'età di 11 anni in poi;

    17) l'acquisizione automatica della cittadinanza può essere anticipata ai 16 anni da parte dell'interessato con dichiarazione sottoscritta dinanzi l'autorità competente o può essere chiesta dai suoi genitori a partire dal 13° anno di vita e previo consenso dell'interessato. Nel quale caso il requisito della residenza abituale dei 5 anni sopra ricordato viene conteggiato a partire dall'ottavo e non dall'undicesimo anno di vita;

    18) per quel che riguarda il caso della Germania, invece, la legislazione tedesca prevede che la cittadinanza possa essere acquisita per nascita, adozione e naturalizzazione. Dal 1° gennaio 2000 acquisiscono la cittadinanza non solo i figli di cittadini tedeschi, ma anche chi, figlio di stranieri, nasca in Germania, purché almeno uno dei genitori risieda stabilmente nel Paese da almeno otto anni e sia in possesso di regolare autorizzazione al soggiorno o di illimitato permesso di soggiorno da almeno tre anni;

    19) per quel che riguarda la naturalizzazione, in Germania essa non avviene in via automatica ma presuppone una richiesta da parte dell'interessato, che può presentarla alle autorità competenti dopo il compimento del sedicesimo anno di età;

    20) nel gennaio 2024 il Bundestag ha approvato una riforma della legge sulla cittadinanza che potrà ridurre il termine di residenza in Germania previsto per l'ottenimento della cittadinanza tedesca, che passa da otto a cinque anni;

    21) la nuova legge sulla cittadinanza prevede anche che, in futuro, i figli di genitori stranieri riceveranno la cittadinanza tedesca alla nascita se padre o madre hanno risieduto legalmente in Germania per cinque anni (anche in questo caso il termine precedentemente in vigore era di otto anni);

    22) inoltre, le persone che diventano tedesche potranno mantenere la loro precedente cittadinanza: questo era già possibile, ad esempio, per i cittadini di altri Paesi dell'Unione europea ed ora viene esteso anche a coloro che non fanno parte dell'Unione europea;

    23) passando rapidamente ad esaminare la situazione in Gran Bretagna, si osserva che, pur con molte eccezioni, vige il principio prevalente che chi nasce in territorio britannico acquisisca in via automatica la cittadinanza;

    24) per coloro che, invece, non sono nati in Gran Bretagna, la possibilità di essere naturalizzato è legata ad una serie di condizioni: avere almeno 18 anni, non avere precedenti penali, aver vissuto in Gran Bretagna almeno cinque anni prima della richiesta di naturalizzazione, non avendo trascorso più di 450 giorni fuori dal Regno Unito nei cinque anni, e meno di 90 giorni nell'anno precedente la domanda di naturalizzazione. È anche necessario conoscere la lingua e superare un test;

    25) i criteri di idoneità sono leggermente diversi qualora si richieda la cittadinanza avendo sposato o avendo un'unione civile con un cittadino britannico. In questo caso, il richiedente deve aver vissuto nel Regno Unito per almeno tre anni e, negli ultimi tre, non deve aver trascorso più di 270 giorni fuori dal territorio nazionale;

    26) in Spagna, infine, il presupposto generale per poter richiedere la cittadinanza per residenza si basa sulla possibilità di dimostrare di essere residenti in Spagna regolarmente da almeno dieci anni, continuativamente. Ma vi sono numerose e importanti eccezioni che riducono sensibilmente i tempi;

    27) ad esempio, coloro che hanno ottenuto lo status di rifugiato possono fare domanda dopo cinque anni di permanenza in Spagna, mentre coloro che sono nati in determinati Paesi possono fare domanda dopo soli due anni di residenza;

    28) appare particolarmente significativa la fattispecie che consente, tra l'altro, a chi sia nato in territorio spagnolo di richiedere la cittadinanza dopo solo un anno di residenza;

    29) questo breve confronto con alcuni Paesi europei evidenzia come di fatto la situazione più complessa sia proprio quella italiana, sia per quel riguarda i tempi di residenza nel Paese sia per quel che riguarda l'ampia discrezionalità della pubblica amministrazione che, anche quando fornisce le motivazioni per il rigetto, si limita sovente ad una sintesi eccessiva e che di fatto non chiarisce le motivazioni del rifiuto;

    30) ad esempio, non appare sempre chiaro su cosa si basi la valutazione circa l'esistenza di un'avvenuta integrazione dello straniero in Italia, tale da poter affermare la sua appartenenza effettiva alla comunità nella quale vive. Soprattutto perché questo esame e le relative decisioni sono in capo ad un'autorità, il Ministero dell'interno, che ben difficilmente può decidere su ogni singolo caso con la dovuta attenzione, trattandosi di un'autorità posta troppo in alto nella scala gerarchica e troppo lontana per sua natura dalle persone interessate;

    31) i comuni, che sono, invece, l'ente più di prossimità per le persone e che hanno di norma anche maggiore conoscenza della realtà locale rispetto ad un centro lontano, sono confinati a ruoli residuali;

    32) si tratta di un paradigma che andrebbe rovesciato, mettendo al cento, appunto, il ruolo dei comuni, enti di prossimità più efficaci nella valutazione delle domande e delle situazioni ad esse sottese, in un'ottica di decentramento amministrativo particolarmente auspicabile, sia in ottica di maggiore rapidità delle procedure, sia anche per quel che riguarda la chiarezza delle decisioni;

    33) si ritiene, quindi, che andrebbe delegato il sindaco del comune dove è stata fatta la domanda di cittadinanza, sia per quel che riguarda la ricezione della domanda sia anche per la predisposizione della relativa istanza da inviare al Presidente della Repubblica, ancorandosi, così, ad un principio di territorialità con procedure più efficaci e sicure;

    34) è necessario intervenire anche per ridurre i tempi di residenza in Italia previsti attualmente per poter richiedere la cittadinanza: infatti, appare evidente che il periodo di dieci anni, praticamente unico nella sua rigidità almeno per quel che riguarda i maggiori Paesi d'Europa, del tutto eccessivo, e non si giustifica nell'ottica di consentire un'integrazione effettiva nella comunità che diverrà quella della persona straniera;

    35) non è, inoltre, accettabile la pretesa che il richiedente la cittadinanza garantisca una specie di cauzione di sé stesso, dovendo dimostrare di avere un reddito tale da potersi mantenere. Questa pretesa, tra l'altro, colpisce i più fragili, i minori, che ben difficilmente possono garantire un reddito e che in realtà nemmeno lo devono, essendo impegnati di norma nello studio e nella formazione;

    36) proprio i minori sono, invece, coloro che devono essere aiutati maggiormente in un processo virtuoso d'inclusione che non può avere alla base che la scuola e l'istruzione in generale, nel vero senso che si deve dare all'espressione «ius culturae»;

    37) infatti, l'istruzione, la cultura, la scuola sono gli elementi fondamentali di ogni sana inclusione, in quanto insegnano non solo nozioni (fondamentali ovviamente), ma anche il rispetto delle diverse culture, la conoscenza degli altri e di se stessi, il senso di comunità. Per questo è lo Stato, in collaborazione con le regioni e gli altri enti locali, che deve agire per garantire un'adeguata offerta formativa volta alla conoscenza della lingua e delle istituzioni italiane, oltre che riconoscere tutte quelle iniziative che sono volte a sostenere il processo d'integrazione linguistica e sociale;

    38) lo «ius soli» e lo «ius culturae» non sono tra loro in contraddizione, ma anzi possono rafforzarsi l'un l'altro. Ad esempio, potrebbe ottenere automaticamente la cittadinanza italiana il minore straniero, nato in Italia o che risieda nel nostro Paese da un certo numero di anni, e che abbia frequentato almeno per cinque anni uno o più cicli scolastici presso istituti appartenenti al sistema nazionale d'istruzione, o fattispecie analoghe che siano volte, appunto, alla formazione e all'integrazione culturale del giovane italiano di nuova generazione;

    39) appare, invece, francamente inaccettabile proseguire su una visione meramente economica dell'integrazione, con, appunto, la sopra ricordata pretesa di una garanzia di reddito da parte del richiedente, a monte della procedura di naturalizzazione, ma anche per l'intollerabile balzello imposto ai richiedenti la cittadinanza, che deve essere evitato quantomeno per le richieste che riguardano i minori;

    40) si fa, tra l'altro, notare che per la concessione o il rinnovo del permesso di soggiorno, i cittadini stranieri residenti in Italia versano allo Stato italiano somme considerevoli, come evidenziato nell'atto di sindacato ispettivo n. 5-02285 presentato il 18 aprile 2024 e nel quale si evidenziava come esempio che nel 2012 l'ammontare complessivo delle imposte dovuto ad immigrati era pari a 182.750.072 milioni di euro (fonte Ministero dell'interno – Dipartimento della pubblica sicurezza – Direzione centrale dell'immigrazione e della polizia di frontiera);

    41) non è dunque immaginabile introdurre una specie di «ius pecuniae», analogo a quello messo in atto in un recente passato da Paesi dell'Unione europea, e che consentiva a chi era in grado di pagare di acquisire la cittadinanza senza troppi intralci burocratici, mentre coloro che non avevano abbastanza risorse si trovavano sottoposti a vincoli ingiustificati in una sorta di inaccettabile divisione tra richiedenti di «serie A» e di «serie B»;

    42) lo «ius soli» e lo «ius culturae» sono, invece, come detto, le fondamenta sulle quali basarsi per un cambiamento reale e volto all'inclusione effettiva di chi è nato e vive in quello che oggi è il suo Paese. Il principio deve essere quello di collegare cittadinanza e legalità di soggiorno, anche prescindendo dalla formale residenza, superando quelle difficoltà burocratiche che attualmente ostacolano l'integrazione;

    43) a maggior ragione deve essere previsto un sistema che consenta ai figli nati in Italia da genitore straniero, ma nato nel nostro Paese, di essere di per sé cittadini italiani, essendo evidente il legame tra la persona e il territorio in cui nasce e cresce, evitando forme di ghettizzazione inaccettabili e pericolose;

    44) sono inoltre inaccettabili i tempi lunghi che di solito si accompagnano all'esame e all'eventuale accettazione delle domande di naturalizzazione, tempi che a volte fanno pensare più che ad un'inefficienza degli uffici demandati ad una specie di ostruzionismo latente ma concretamente operante;

    45) inaccettabile è anche l'attuale situazione che riguarda il riconoscimento della cittadinanza italiana per coloro che sono giunti in Italia da minori. Attualmente per questa specifica categoria viene applicato il criterio della naturalizzazione, che, però, espone molte e molti al rischio di non ottenere la cittadinanza qualora divengano maggiorenni durante l'iter che riguarda i propri genitori, dovendo, quindi, presentare istanza individualmente nonostante siano giunti in Italia in tenera età. Si tenga presente che al 31 agosto 2023, ultimo dato disponibile sul sito del Ministero dell'istruzione e del merito, le studentesse e gli studenti non di cittadinanza italiana erano nelle scuole italiane 894.624,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative, in particolare di carattere normativo, volte:

  a) a riconoscere la cittadinanza italiana per i minori nati nel territorio della Repubblica da genitori stranieri di cui almeno uno è regolarmente soggiornante in Italia da almeno un anno al momento della nascita del figlio, senza legare questo criterio, valevole per i minori, ad alcun parametro reddituale ma solo territoriale e di stanzialità di almeno uno dei genitori e senza assoggettare il diritto alla cittadinanza per nascita sul suolo italiano a scadenze, ma consentendo di esercitarlo in qualsiasi momento;

  b) a individuare modalità specifiche per il riconoscimento della cittadinanza per coloro che giungano in Italia da minori, riconoscendo la cittadinanza italiana a coloro che, soggetti all'obbligo scolastico, abbiano compiuto almeno un ciclo d'istruzione, ad esempio tre anni di scuola dell'infanzia, un ciclo di primaria, secondaria superiore, o di un percorso d'istruzione e formazione professionale, intendendo il compimento del ciclo in termini di frequenza del corso e non di rendimento;

  c) ad informare la disciplina e la sua applicazione al principio secondo il quale la concessione della cittadinanza è un incentivo per favorire l'inclusione sociale, lavorativa e orientata alla partecipazione attiva nelle proprie comunità territoriali, prevedendo, quindi, criteri più accessibili ed allineati alla maggioranza dei Paesi europei più significativi per quel che riguarda la popolazione e i flussi migratori per la concessione della cittadinanza;

  d) nell'ottica di cui all'impegno precedente, a semplificare le procedure di concessione della cittadinanza, prevedendo, tra l'altro, la riduzione del vincolo della residenza continuativa, rispettivamente a: 1) cinque anni per lo straniero o la straniera non appartenente ad uno Stato membro dell'Unione europea; 2) a tre anni se appartenente ad uno Stato membro dell'Unione europea; 3) a due anni se riconosciuto come rifugiato o persona cui è stata accordata la protezione sussidiaria (o analoghe) o se apolide;

  e) a rivedere il criterio della residenza continuativa anagrafica, semplificando le forme e i vincoli che attualmente sono spesso escludenti per coloro che, seppur stabili sul territorio italiano, abbiano avuto interruzioni involontarie dell'iscrizione all'anagrafe, riconoscendo altre forme per dimostrare la continuità della permanenza sul territorio italiano, quali ad esempio, certificazioni scolastiche e formative, contratti di lavoro, documentazione sanitaria e altro;

  f) ad abrogare il contributo previsto attualmente per le pratiche di acquisizione della cittadinanza per i minori, commisurandolo ai costi comunque non superiori a quelli per il rilascio del passaporto per le pratiche di naturalizzazione, prevedendo, tuttavia, esenzioni/riduzioni/decontribuzioni per soglie reddituali Isee inferiori ai 15.000 euro annui;

  g) a predisporre, per quanto di competenza ed eventualmente anche in collaborazione con le regioni e gli altri enti locali, l'offerta formativa per i richiedenti la cittadinanza e volta alla conoscenza della lingua e delle istituzioni italiane, individuando e riconoscendo nel contempo quelle iniziative e attività messe in atto a sostegno dell'integrazione linguistica e sociale degli stranieri;

  h) a procedere alla riorganizzazione, semplificazione e accorpamento delle disposizioni di natura regolamentare in materia di cittadinanza, emanando un unico regolamento relativo in particolare alla disciplina dei procedimenti amministrativi, indicando i termini improrogabili dello stesso e prevedendo che, in caso di superamento dei termini sopra citati, la domanda di cittadinanza debba essere considerata accolta;

  i) a modificare la disciplina dell'acquisizione della cittadinanza da parte dei figli minori di chi acquista o riacquista la cittadinanza italiana eliminando in particolare l'attuale previsione della convivenza del minore con il genitore, sostituendola con la più razionale disposizione relativa alla non decadenza del genitore dalla responsabilità genitoriale;

  l) a disporre che, in coerenza con il principio dell'unità familiare, ai fini del conseguimento della cittadinanza da parte del figlio di chi ottiene la cittadinanza italiana, sia rilevante la minore età al momento della presentazione della domanda, anche qualora tale figlio, nel corso dell'iter di esame della domanda, sia divenuto maggiorenne;

  m) a disporre, per quanto di competenza, che siano demandati ai sindaci dei comuni nei quali sia stata presentata l'istanza di concessione della cittadinanza, tanto la ricezione dell'istanza stessa quanto la predisposizione della relativa istanza da inviare al Presidente della Repubblica per la concessione della cittadinanza, nell'ottica di un vero decentramento amministravo volto ad una maggiore efficienza ed efficacia ed ancorato al principio di territorialità;

  n) a riconoscere a tutti i minori nati in Italia, o con background migratorio, senza cittadinanza, inclusi i rifugiati e richiedenti asilo, il diritto di accesso alla pratica sportiva, garantendo altresì, per quanto di competenza, la possibilità di essere tesserati presso le federazioni sportive nazionali e di competere in tutti i campionati italiani, per evidente interesse sportivo confermato da un'apposita commissione Coni, e di avere anche la possibilità di ottenere la cittadinanza italiana nel caso in cui abbiano completato un ciclo scolastico di almeno cinque anni in Italia, ovvero almeno uno dei genitori sia nato in Italia (cosiddetto «doppio ius soli»), ovvero siano nati da genitori stranieri, dimostrando almeno un anno di residenza regolare di almeno uno dei genitori.
(1-00314) «Bakkali, Berruto, Braga, Schlein, Ascani, Boldrini, Bonafè, Carè, Ciani, Cuperlo, Curti, De Micheli, Di Biase, Fassino, Ferrari, Forattini, Fornaro, Furfaro, Ghio, Girelli, Graziano, Gribaudo, Iacono, Lai, Laus, Madia, Malavasi, Manzi, Marino, Mauri, Morassut, Orfini, Peluffo, Porta, Prestipino, Quartapelle Procopio, Toni Ricciardi, Roggiani, Romeo, Andrea Rossi, Sarracino, Scarpa, Scotto, Serracchiani, Simiani, Speranza, Stefanazzi, Vaccari, Di Sanzo».

(7 agosto 2024)

   La Camera,

   premesso che:

    1) l'articolo 2 della Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, afferma che «Gli Stati parte si impegnano a rispettare i diritti enunciati nella presente Convenzione e a garantirli a ogni fanciullo che dipende dalla loro giurisdizione, senza distinzione di sorta e a prescindere da ogni considerazione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o altra del fanciullo o dei suoi genitori o rappresentanti legali, dalla loro origine nazionale, etnica o sociale, dalla loro situazione finanziaria, dalla loro incapacità, dalla loro nascita o da ogni altra circostanza. Gli Stati parte adottano tutti i provvedimenti appropriati affinché il fanciullo sia effettivamente tutelato contro ogni forma di discriminazione o di sanzione motivata dalla condizione sociale, dalle attività, opinioni professate o convinzioni dei suoi genitori, dei suoi rappresentanti legali o dei suoi familiari»;

    2) nella Convenzione europea sulla nazionalità conclusa tra gli Stati membri del Consiglio d'Europa il 6 novembre 1997, ancora in attesa di essere ratificata da parte del nostro Paese, è previsto che ciascuno Stato faciliti, nell'ambito del diritto domestico, l'acquisizione della cittadinanza per «le persone nate sul suo territorio e ivi domiciliate legalmente e abitualmente» (articolo 6, paragrafo 4, lettera e)), osservato che l'articolo 3 della Costituzione garantisce che «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali»;

    3) la necessità di una nuova legislazione in materia di cittadinanza è oggetto di dibattito politico non solo in Parlamento, ma anche in molte regioni, province e comuni del Paese;

    4) è necessario riformare la legge 20 febbraio 1992, n. 91, alla luce dei mutamenti che hanno interessato la struttura demografica, sociale e culturale del nostro Paese, per superare una discriminazione che riguarda tra l'altro, una fascia di popolazione vitale e vulnerabile come quella dei minori. Il mancato riconoscimento della cittadinanza con il raggiungimento della maggiore età espone al costante rinnovo del permesso di soggiorno e priva – di fatto – del pieno godimento dei diritti fondamentali, quali il diritto di elettorato attivo e passivo. È più che mai necessaria una riforma di civiltà destinata a dare una risposta normativa alle ragazze e ai ragazzi che sono già italiani di fatto, ma che per la legge italiana risultano stranieri, come spesso stranieri sono considerati anche nei Paesi di origine dei loro genitori. Definire le regole secondo le quali viene riconosciuta la cittadinanza è una delle questioni centrali in uno Stato di diritto e tale argomento rappresenta un tema giuridico ma anche sociale, visti i risvolti pratici che ha sulla vita delle persone;

    5) per rendere una comunità più coesa e realmente inclusiva, può giocare un ruolo fondamentale conferire ai/alle giovani di origine straniera la cittadinanza attraverso un percorso di integrazione reale dove veder affermata l'idea di una comunità al contempo unica e plurale, in cui il dialogo, il confronto, il rispetto dei diritti e dei doveri della Costituzione siano capisaldi;

    6) la disciplina in materia di cittadinanza fa oggi capo principalmente alla legge n. 91 del 1992. Ai sensi di tale legge, acquistano di diritto alla nascita la cittadinanza italiana coloro i cui genitori (anche soltanto il padre o la madre) siano cittadini italiani (articolo 1, comma 1, lettera a)): si tratta della cosiddetta modalità di acquisizione della cittadinanza jure sanguinis; l'ordinamento italiano riconosce anche il criterio alternativo dello jus soli, pur prevedendolo soltanto in via residuale e per casi limitati a: coloro che nascono nel territorio italiano e i cui genitori siano da considerarsi o ignoti (dal punto di vista giuridico) o apolidi (cioè privi di qualsiasi cittadinanza) (articolo 1, comma 1, lettera b)); coloro che nascono nel territorio italiano e che non possono acquistare la cittadinanza dei genitori in quanto la legge dello Stato di origine dei genitori esclude che il figlio nato all'estero possa acquisire la loro cittadinanza (articolo 1, comma 1, lettera b)); i figli di ignoti che vengono trovati (a seguito di abbandono) nel territorio italiano e per i quali non può essere dimostrato, da parte di qualunque soggetto interessato, il possesso di un'altra cittadinanza (articolo 1, comma 2);

    7) la cittadinanza italiana è acquisita anche per riconoscimento della filiazione (da parte del padre o della madre che siano cittadini italiani), oppure a seguito dell'accertamento giudiziale della sussistenza della filiazione: l'acquisto della cittadinanza nelle due ipotesi illustrate è automatico per i figli minorenni (articolo 2, comma 1); i figli maggiorenni invece conservano la propria cittadinanza, ma possono eleggere la cittadinanza determinata dalla filiazione con un'apposita dichiarazione da rendere entro un anno dal riconoscimento, o dalla dichiarazione giudiziale di filiazione, o dalla dichiarazione di efficacia in Italia del provvedimento straniero nel caso in cui l'accertamento della filiazione sia avvenuto all'estero (articolo 2, comma 2);

    8) sono previste modalità agevolate di acquisto della cittadinanza per gli stranieri di origine italiana: la cittadinanza italiana può essere acquistata dagli stranieri o apolidi, discendenti (fino al secondo grado) da un cittadino italiano per nascita, a condizione che facciano un'espressa dichiarazione di volontà e che siano in possesso di almeno uno di questi requisiti: abbiano svolto effettivamente e integralmente il servizio militare nelle Forze armate italiane: in questo caso la volontà del soggetto interessato di acquisire la cittadinanza italiana deve essere espressa preventivamente (articolo 4, comma 1, lettera a));

    9) il regolamento di attuazione della legge n. 91 del 1992 chiarisce che, ai fini dell'acquisto della cittadinanza italiana, si considera che abbia prestato effettivamente servizio militare chi abbia compiuto la ferma di leva nelle Forze armate italiane o la prestazione di un servizio equiparato a quello militare (ad esempio il servizio civile), a condizione che queste siano interamente rese, salvo che il mancato completamento dipenda da sopravvenute cause di forza maggiore riconosciute dalle autorità competenti (decreto del Presidente della Repubblica n. 572 del 1993, articolo 1, comma 2, lettera b)); assumano un pubblico impiego alle dipendenze, anche all'estero, dello Stato italiano (articolo 4, comma 1, lettera b)); risiedano legalmente in Italia da almeno due anni al momento del raggiungimento della maggiore età; la volontà di conseguire la cittadinanza italiana deve essere manifestata con una dichiarazione entro l'anno successivo (articolo 4, comma 1, lettera c));

    10) per l'acquisto della cittadinanza italiana viene considerato legalmente residente nel territorio dello Stato chi vi risiede avendo soddisfatto le condizioni e gli adempimenti previsti dalle norme in materia d'ingresso e di soggiorno degli stranieri in Italia e da quelle in materia d'iscrizione anagrafica (decreto del Presidente della Repubblica n. 572 del 1993, articolo 1, comma 2, lettera a));

    11) lo straniero che sia nato in Italia può divenire cittadino italiano a condizione che vi abbia risieduto legalmente e ininterrottamente fino al raggiungimento della maggiore età e dichiari, entro un anno dal compimento della maggiore età, di voler acquistare la cittadinanza italiana (articolo 4, comma 2);

    12) disposizioni particolari sono dettate per quanto riguarda l'acquisto della cittadinanza da parte di stranieri o apolidi che hanno contratto matrimonio con cittadini italiani (articoli da 5 a 8);

    13) gli stranieri coniugi di cittadini italiani ottengono la cittadinanza, dietro richiesta presentata al prefetto del luogo di residenza dell'interessato, oppure, se residenti all'estero, all'autorità consolare competente, se possono soddisfare, contemporaneamente, le seguenti condizioni: residenza legale nel territorio italiano da almeno due anni, successivi al matrimonio, o, in alternativa, per gli stranieri residenti all'estero, il decorso di tre anni dalla data del matrimonio tra lo straniero e il cittadino; i predetti termini sono ridotti della metà in presenza di figli nati dai coniugi; persistenza del vincolo matrimoniale; insussistenza della separazione legale; assenza di condanne penali per i delitti contro la personalità internazionale e interna dello Stato e contro i diritti politici dei cittadini; assenza di condanne penali per i delitti non colposi per i quali è prevista una pena edittale non inferiore a tre anni; assenza di condanne penali per reati non politici, con pena detentiva superiore a un anno, inflitte da autorità giudiziarie straniere con sentenza riconosciuta in Italia; insussistenza, nel caso specifico, di comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica;

    14) la direttiva del Ministro dell'interno del 7 marzo 2012 ha trasferito ai prefetti la competenza ad adottare provvedimenti in materia di concessione o diniego della cittadinanza nei confronti di cittadini stranieri coniugi di cittadini italiani. La competenza sarà, invece, del capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione, qualora il coniuge straniero abbia la residenza all'estero, e del Ministro dell'interno nel caso sussistano ragioni inerenti alla sicurezza della Repubblica;

    15) l'acquisto della cittadinanza può avvenire, infine, per concessione (legge n. 91 del 1992, articolo 9): in questo caso, a differenza dei procedimenti finora illustrati, che riservano all'autorità margini di intervento molto ristretti, l'emanazione del provvedimento di concessione della cittadinanza è soggetto ad una valutazione discrezionale di opportunità da parte della pubblica amministrazione, pur attenuata dall'obbligo del parere preventivo del Consiglio di Stato;

    16) può presentare domanda per ottenere la concessione della cittadinanza italiana il cittadino straniero che si trova in una delle seguenti condizioni: residente in Italia da almeno dieci anni, se cittadino non appartenente all'Unione europea, o da almeno quattro anni, se cittadino comunitario (articolo 9, comma 1, lettere f) e d));

    17) ai fini della concessione della cittadinanza italiana allo straniero va valutato il periodo di soggiorno in Italia assistito da regolare permesso, per cui va esclusa la rilevanza del periodo in cui lo straniero medesimo sia risultato anagraficamente residente nel Paese (Consiglio di Stato, sezione IV, 7 maggio 1999, n. 799) apolide residente in Italia da almeno cinque anni (articolo 9, comma 1, lettera e)); il cui padre o la cui madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado sono stati cittadini per nascita, o che è nato in Italia e, in entrambi i casi, vi risiede legalmente da almeno tre anni (legge n. 91 del 1992, articolo 9, comma 1, lettera a)); maggiorenne adottato da cittadino italiano e residente in Italia da almeno cinque anni (articolo 9, comma 1, lettera b)); abbia prestato servizio alle dipendenze dello Stato italiano, anche all'estero, per almeno cinque anni (legge n. 91 del 1992, articolo 9, comma 1, lettera c)); salvi i casi previsti dall'articolo 4 della legge, nel quale si richiede specificamente l'esistenza di un rapporto di pubblico impiego, si considera che abbia prestato servizio alle dipendenze dello Stato chi sia stato parte di un rapporto di lavoro dipendente con retribuzione a carico del bilancio dello Stato (decreto del Presidente della Repubblica n. 572 del 1993, articolo 1, comma 2, lettera c));

    18) l'articolo 10 subordina l'efficacia del decreto di concessione della cittadinanza alla prestazione da parte dell'interessato (entro sei mesi dalla notifica del decreto medesimo) del giuramento di essere fedele alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi dello Stato;

    19) il provvedimento di concessione della cittadinanza italiana è adottato sulla base di valutazioni ampiamente discrezionali circa l'esistenza di un'avvenuta integrazione dello straniero in Italia, tale da poterne affermare la compiuta appartenenza alla comunità nazionale; pertanto, ai fini della concessione del beneficio de quo ben possono avere rilievo considerazioni anche di carattere economico-patrimoniale relative al possesso di adeguate fonti di sussistenza (Consiglio di Stato, sezione IV, 16 settembre 1999, n. 1474);

    20) l'amministrazione chiamata a decidere sulla domanda di concessione di cittadinanza italiana è tenuta a verificare la serietà sia dell'intento ad ottenere la cittadinanza italiana, sia delle ragioni che inducono ad abbandonare la comunità di origine. È inoltre necessario accertare il grado di conoscenza della lingua italiana, l'idoneità professionale, l'ottemperanza agli obblighi tributari e contributivi. Non può essere trascurata l'esigenza di ricomposizione di gruppi familiari, parte dei quali già residenti nel territorio italiano;

    21) l'amministrazione deve verificare eventuali cause ostative all'acquisto di cittadinanza, collegate a ragioni di sicurezza della Repubblica e all'ordine pubblico (Consiglio di Stato, sezione I, parere n. 1423 del 26 ottobre 1988);

    22) l'amministrazione, ai fini della concessione della cittadinanza italiana allo straniero legalmente residente in Italia da almeno dieci anni, può prendere in considerazione tutte le situazioni utili per valutare un'avvenuta integrazione dello straniero; pertanto, sono rilevanti eventuali sentenze penali intervenute a carico degli interessati, in relazione ai fatti a cui tali condanne si riferiscono sia al loro eventuale ripetersi (Consiglio di Stato, sezione I, parere n. 9374, del 20 ottobre 2004);

    23) per quanto riguarda il diniego della concessione della cittadinanza italiana, l'amministrazione competente, anche laddove disponga di un'ampia discrezionalità, deve indicare sia pure sinteticamente le ragioni poste a base delle proprie determinazioni (Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza n. 366 del 24 maggio 1995);

    24) la cittadinanza può essere concessa, in casi eccezionali, per merito allo straniero che abbia reso notevoli servigi all'Italia, per elevate necessità di ordine politico connesse all'interesse dello Stato (legge n. 91 del 1992, articolo 9, comma 2). Vi è poi la fattispecie della doppia (o plurima) cittadinanza. La legge ammette espressamente la possibilità di conservare la cittadinanza italiana pur essendo già in possesso di una cittadinanza straniera ovvero dopo averla acquistata o riacquistata. Chi risiede o stabilisce la residenza all'estero può tuttavia rinunciare alla cittadinanza italiana (legge n. 91 del 1992, articolo 11). La disposizione consente, in particolare, il mantenimento della cittadinanza italiana agli italiani emigrati all'estero che acquistano volontariamente la cittadinanza dello Stato in cui risiedono per potersi inserire pienamente nel contesto sociale ed economico del Paese e usufruire del trattamento favorevole riservato ai cittadini. Non è consentito il possesso di una doppia (o plurima) cittadinanza se vi sono norme internazionali pattizie o norme statali straniere che lo vietino. Vi sono poi ipotesi di perdita della cittadinanza I cittadini italiani possono rinunciare volontariamente alla cittadinanza italiana purché si trasferiscano, o abbiano trasferito, la propria residenza all'estero e siano titolari di un'altra o di altre cittadinanze (legge n. 91 del 1992, articolo 11). La facoltà di rinuncia alla cittadinanza italiana in questo caso può essere esercitata soltanto dai cittadini maggiorenni. Coloro che hanno ottenuto la cittadinanza italiana durante la minore età, in quanto figli conviventi con il genitore che ha acquistato o riacquistato la cittadinanza, hanno la facoltà di rinunciare ad essa (senza limiti di tempo), una volta divenuti maggiorenni, sempre che siano in possesso di un'altra cittadinanza (articolo 14). Può inoltre rinunciare alla cittadinanza italiana il soggetto maggiorenne in possesso di un'altra cittadinanza – anche se risiede in Italia – a seguito di revoca dell'adozione per fatti imputabili all'adottante. La rinuncia deve essere resa entro un anno dalla revoca (articolo 3, comma 4). La revoca dell'adozione per colpa dell'adottato ha come conseguenza la perdita automatica della cittadinanza acquistata da quest'ultimo in virtù dell'adozione, purché egli abbia un'altra cittadinanza o la riacquisti (articolo 3, comma 3). L'articolo 12 della legge n. 91 del 1992 prevede due ulteriori ipotesi di perdita automatica della cittadinanza italiana: la mancata ottemperanza all'intimazione del Governo italiano di lasciare un impiego pubblico o una carica pubblica che il cittadino abbia accettato da uno Stato o ente pubblico estero o da un ente internazionale cui non partecipi l'Italia o la mancata ottemperanza all'invito di abbandonare il servizio militare che il cittadino presti per uno Stato estero (articolo 12, comma 1); l'assunzione di una carica pubblica o la prestazione del servizio militare per uno Stato estero, o l'acquisto volontario della cittadinanza dello Stato considerato, quando tali circostanze si verifichino durante lo stato di guerra con esso (articolo 12, comma 2). Per quanto riguarda gli effetti delle norme internazionali pattizie sull'ordinamento italiano, l'articolo 26, comma 3, della legge n. 91 del 1992 fa salve, in via generale, le disposizioni previste dagli accordi internazionali, affermandone pertanto la prevalenza sulla disciplina interna;

    25) in proposito, si ricorda che l'Italia ha sottoscritto e ratificato la Convenzione di Strasburgo del 6 maggio 1963 sulla riduzione dei casi di cittadinanza plurima e sugli obblighi militari in caso di cittadinanza plurima. La Convenzione di Strasburgo disciplina anche le vicende della cittadinanza dei minorenni, in dipendenza di quelle della cittadinanza dei genitori (articolo 1, punto 3; articolo 2). L'Italia ha inoltre ratificato (legge 14 dicembre 1994, n. 703) il Secondo Protocollo di emendamento alla Convenzione di Strasburgo del 1963, in base a tale accordo, quando un cittadino di una parte contraente acquisisce la nazionalità di un'altra parte contraente sul cui territorio è nato e risiede, oppure vi ha risieduto abitualmente a partire da una data anteriore al compimento del diciottesimo anno di età, ciascuna di queste parti può disporre che conservi la sua nazionalità d'origine;

    26) oggi l'acquisizione della cittadinanza italiana, regolamentata dalla legge n. 91 del 1992, che stabilisce il cosiddetto ius sanguinis, ovvero il diritto di cittadinanza sin dalla nascita per chi è figlio di uno o entrambi i genitori cittadini italiani. La stessa legge prevede alcune salvaguardie contro l'apolidia e per chi ha genitori impossibilitati a trasmettere la propria cittadinanza. Anche i figli di ignoti trovati nel territorio italiano acquisiscono dalla nascita la cittadinanza italiana;

    27) diverso è il caso dei minorenni di origine straniera nati in Italia. Secondo le norme attualmente vigenti, solo coloro che hanno risieduto legalmente e senza interruzioni nel nostro Paese fino al raggiungimento della maggiore età possono divenire cittadini italiani, presentando richiesta entro un anno dal compimento del diciottesimo compleanno;

    28) l'attuale legge sulla cittadinanza, vecchia di trent'anni, non fotografa più il Paese: è una legge ormai superata nei fatti, per bambini, bambine e adolescenti che nascono e crescono in Italia insieme ai compagni di scuola, ma con meno diritti e opportunità. La mancata cittadinanza complica l'accesso ad attività extra scolastiche, come la partecipazione a gite scolastiche e attività sportive;

    29) per chi è arrivato in Italia anche da molto piccolo, invece, vige il principio della naturalizzazione, cioè una volta diventato maggiorenne, il cittadino straniero può chiedere la cittadinanza se ha raggiunto i dieci anni di residenza regolare ininterrotta e può dimostrare un certo livello di reddito, oltre ad altri requisiti alloggiativi, linguistici e di carattere sociale;

    30) sono tantissimi gli alunni e le alunne con background migratorio che ogni giorno frequentano le scuole. Secondo gli ultimi dati resi disponibili dall'Ufficio statistica del Ministero dell'istruzione e del merito, nelle scuole ci sono 914.860 studenti con cittadinanza non italiana: sono l'11,2 per cento della popolazione scolastica. Solo il 15,5 per cento delle scuole italiane non registra la presenza di alunni di origine straniera;

    31) lo ius scholae è un dibattito politico ravvivato dalle dichiarazioni di quest'estate, nel pieno dei giochi olimpici; un dibattito che merita dignità, merita serietà e responsabilità da parte di tutte le forze politiche. Il Parlamento è il luogo dove questa riforma deve compiersi e deve compiersi leggendo la contemporaneità, leggendo le articolazioni e i cambiamenti della nostra società;

    32) come detto, in Italia attualmente lo ius soli viene concesso solo in casi eccezionali: per i figli di genitori ignoti, per i figli di genitori apolidi (senza cittadinanza) e per i figli di genitori stranieri che, secondo le leggi dello Stato di appartenenza, non possono trasmettere loro la cittadinanza. Ad oggi in nessun Paese europeo vige lo ius soli «puro», ma molti Stati hanno approvato diverse forme di ius soli «temperato» o «condizionato», in cui al requisito di nascita sul territorio se ne aggiungono altri relativi alla condizione dei genitori. Ad esempio, essere in possesso di un permesso di soggiorno e aver risieduto nel Paese per un certo periodo di tempo. È il caso di Francia, Germania, Gran Bretagna, Spagna, Portogallo, Belgio e Olanda;

    33) ad oggi, migliaia di minori nati nel nostro Paese, italiani nei fatti ma non per legge, finiscono con il sentirsi stranieri non solo nel Paese dei loro genitori, ma anche in un'Italia che non li riconosce. Inoltre, i figli degli stranieri sono inevitabilmente legati alla situazione dei genitori: perciò, se per qualsiasi motivo la famiglia di uno di questi ragazzi dovesse tornare nel Paese d'origine, i figli sarebbero obbligati a seguirla e ad abbandonare i loro studi già avviati qui in Italia;

    34) si auspica una società dove tutti e tutte abbiano le stesse possibilità e non si trovino, a un certo punto, le porte chiuse rispetto alle proprie ambizioni e ai propri sogni, perché manca quel documento, quell'attestazione e quel riconoscimento da parte dello Stato rispetto alla propria condizione di cittadino. E ciò a maggior ragione se si parla di bambini e di bambine;

    35) i firmatari del presente atto di indirizzo hanno presentato più di un emendamento sul tema della cittadinanza per le bambine e i bambini, i ragazzi e le ragazze in Italia che non ce l'hanno e che non soltanto la rivendicano, ma ne avrebbero pienamente diritto: si tratta di una questione centrale per l'Italia. Si tratta di una questione centrale anche per la scuola italiana perché, parlando dei diritti delle bambine e dei bambini, dei ragazzi e delle ragazze straniere – si chiamino stranieri, in realtà sono italiani e italiane di fatto –, non si tratta di una questione avulsa da quella più complessa e complessiva della scuola. Infatti, da anni, la scuola è investita da ondate di trasformazione demografica e sociale che colpiscono la nostra società e il nostro Paese e ne ha molto risentito. Si registra un calo, ovviamente, della popolazione scolastica: anche questo si proietta e si proietterà anche sulla – la si chiami così – «produzione» di personale, di personale qualificato, di laureati e di laureate. Quindi, anche questo aspetto va tenuto in considerazione;

    36) spesso un'immagine conta più di mille parole. L'11 agosto 2024 la nostra squadra di nazionale di pallavolo femminile ha vinto la sua prima medaglia olimpica; ebbene quell'immagine, quella fotografia, quel podio olimpico che si accompagna anche a tante altre immagini di atleti, di atleti olimpici e paralimpici, comprese quelli dove la medaglia non c'era, è la rappresentazione perfetta di un'Italia moderna, aperta, dove non ci sono differenze o le eventuali differenze sono ricchezze e contribuiscono alla capacità di essere una squadra;

    37) immagine che si trova in ogni settore giovanile di qualunque disciplina sportiva; ragazzi e ragazze il cui colore della pelle è diverso, magari il credo religioso è diverso, la provenienza geografica dei genitori è diversa, il conto in banca è diverso. Eppure accade una magia: quelle differenze smettono di esistere e lasciano il posto alla volontà di difendere la stessa maglietta, di far parte della stessa squadra, di vincere una partita;

    38) immagine che ogni giorno si registra in ogni aula scolastica del nostro Paese, dove poco meno di un milione di ragazzi e ragazze, bambini e bambine che non hanno il passaporto italiano studiano, parlano con le inflessioni dialettali delle nostre regioni, tifano le stesse squadre, vanno alle stesse feste di compleanno e nessuno capisce perché non siano italiani a tutti gli effetti. Non lo capiscono i loro compagni di classe, non lo capiscono gli insegnanti, non lo capiscono i genitori, non risulta comprensibile tantomeno ai firmatari del presente atto di indirizzo;

    39) lo ius scholae, di cui tanto si è parlato nelle scorse settimane, propone una soluzione parziale ma che consentirebbe subito a migliaia di bambini e bambine di diventare, anche formalmente, cittadine e cittadini italiani: ovvero completare un ciclo scolastico di cinque anni per poter ottenere il riconoscimento della cittadinanza italiana; tanti si sono espressi sul tema, chi secondo coscienza, chi forse inseguendo un certo tipo di elettorato;

    40) lo ius scholae è una promessa di speranza per quei ragazzi e quelle ragazze, è una risposta al loro desiderio di appartenere ed è la possibilità finalmente di essere riconosciuti per quello che già sono: italiani nel cuore, nella mente e nella cultura,

impegna il Governo:

1) ad avviare con sollecitudine un processo di riforma della vigente legge sulla cittadinanza per garantire il riconoscimento della cittadinanza alle bambine e ai bambini nati (ius soli) o cresciuti (ius scholae) in Italia attraverso una procedura celere che assicuri il rispetto dei loro diritti fondamentali e garantire politiche efficaci di inclusione scolastica che sostengano i percorsi educativi di tutti gli studenti con background migratorio, con l'obiettivo di rimuovere le disuguaglianze anche nei diritti riconosciuti e tutelati dalla Costituzione e dalle norme internazionali sottoscritte dall'Italia;

2) ad adottare iniziative volte a riformare la normativa e le procedure amministrative al fine di prevedere un iter abbreviato e con criteri più accessibili per la concessione della cittadinanza italiana a coloro che si trovano nel territorio della Repubblica grazie a permessi di lavoro e/o di studio.
(1-00317) «Zanella, Bonelli, Fratoianni, Borrelli, Dori, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti».

(16 settembre 2024)

   La Camera,

   premesso che:

    1) sull'onda dei trionfi azzurri alle Olimpiadi di Parigi e delle becere polemiche razziste che ne sono seguite, si è riacceso il dibattito sull'acquisto della cittadinanza italiana da parte di stranieri che vivono nel nostro Paese;

    2) in verità, instancabilmente, molte autorevoli voci, per qualità e quantità, si sono levate, nel tempo, e si levano tuttora, per richiamare la classe politica a guardare alle condizioni in cui si trovano a crescere e vivere le nuove generazioni di immigrati, i bambini e gli adolescenti, ancora legalmente stranieri, nonostante i progetti stabili di vita dei loro genitori, nonostante qui siano nati, si siano formati e si siano integrati con la nostra cultura;

    3) da molto tempo, infatti, nel nostro Paese è nato, senza mai del tutto sopirsi, un dibattito orientato a riscrivere la disciplina vigente, dettata dalla legge 5 febbraio 1992, n. 91, ampliando le condizioni e i requisiti per l'acquisto della cittadinanza italiana, al fine di riconoscere tale diritto non solo e (quasi) esclusivamente per un fatto di «sangue»: è innegabile che il vigente jus sanguinis, in base al quale la cittadinanza italiana è acquisita di diritto dal figlio nato o adottato da padre o madre cittadini italiani, concepisca la nazionalità alla stregua di un gene che si trasmette per via ereditaria e non per la partecipazione quotidiana e l'appartenenza ad un contesto sociale e culturale;

    4) ci sono migliaia di minori, ragazze e ragazzi che sono nati e cresciuti in Italia o che comunque nel nostro Paese vivono da anni, parlano la lingua italiana e i dialetti dei luoghi che abitano, che si sentono italiani a tutti gli effetti, ma non hanno i nostri stessi diritti perché il nostro ordinamento giuridico li considera «stranieri»: la politica ha il dovere di affrontare il tema responsabilmente, tenendo a freno reazioni emotive o pregiudiziali ideologiche e riconoscendo i cambiamenti sociali e culturali del proprio Paese;

    5) ai sensi della disciplina dettata dalla legge 5 febbraio 1992, n. 91, si è riconosciuti cittadini per nascita, in applicazione dello jus soli, in casi ben definiti e limitati: chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori entrambi ignoti o apolidi oppure non può acquisire la cittadinanza dei genitori a causa di leggi dello Stato cui questi appartengono; è cittadino per nascita, infine, il figlio di ignoti trovato nel territorio della Repubblica, se non venga trovato in possesso di altra cittadinanza;

    6) con esclusione dei casi sopra citati, allo straniero nato nel territorio italiano è riconosciuta la cittadinanza italiana, ove ne faccia richiesta, a condizione che vi abbia risieduto legalmente e ininterrottamente fino al raggiungimento della maggiore età;

    7) la legge dispone, altresì, che la cittadinanza italiana può essere concessa, per naturalizzazione, allo straniero che risieda legalmente e ininterrottamente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica, ove ne faccia richiesta e dimostri di avere un reddito, sufficiente a mantenere se stesso ed eventualmente i familiari a carico, derivante da un lavoro che, oltre ad essere regolare, può considerarsi stabile: i minori stranieri, dunque, non possono rientrare, ovviamente, nel secondo caso, ma anche nel primo caso; pur nati, scolarizzati e cresciuti in Italia, debbono attendere la maggiore età per poter richiedere la cittadinanza, restando in attesa, anche per lungo tempo, dell'esito;

    8) preme ai firmatari del presente atto di indirizzo porre all'attenzione del Governo la maturata esigenza di un aggiornamento delle norme in materia di riconoscimento e acquisizione della cittadinanza italiana, attraverso l'introduzione nel nostro ordinamento giuridico di un diverso criterio, lo jus scholae, che collega il riconoscimento della cittadinanza ai minori stranieri, nati o giunti in Italia, che abbiano compiuto un percorso scolastico oppure un percorso di formazione professionale presso gli istituti appartenenti al nostro sistema di istruzione;

    9) il criterio si basa sul riconoscimento della formazione dei minori nati o precocemente entrati in Italia e riconosce la cittadinanza previa dimostrazione dell'integrazione scolastica e rappresenta un'opportunità di uguaglianza – potrebbe dirsi, anche, in linea con i principi e il dettato costituzionale, che rappresenti la rimozione di un ostacolo che limita l'uguaglianza e la pari dignità – e di pari diritti per tutti quei ragazzi italiani di fatto, ma non secondo la legge;

    10) secondo i più recenti dati elaborati dall'Ufficio di statistica del Ministero dell'istruzione e del merito, nelle nostre scuole studiano 914.860 studenti con cittadinanza non italiana, pari all'11,2 per cento della popolazione scolastica e risulta, altresì, che solo il 15,5 per cento delle scuole italiane non registra la presenza di alunni di origine straniera;

    11) si pensi ai bambini, alle bambine, a tutti gli adolescenti stranieri che crescono in Italia insieme ai compagni di scuola, ma con meno diritti e meno opportunità e con la sensazione permanente di diversità ed estraneità;

    12) i firmatari del presente atto di indirizzo ritengono che il criterio dello jus scholae sia un volano per garantire e favorire l'integrazione, considerando l'integrazione culturale non solo come presupposto della disciplina, ma anche come effetto, proprio perché lo Stato, nell'accogliere, nel riconoscere il soggetto, lo include nel proprio ambito e, a sua volta, quel soggetto si sentirà ancora e sempre più partecipe dello spirito del paese in cui abita;

    13) i firmatari del presente atto di indirizzo credono che l'attribuzione della cittadinanza secondo il criterio dello jus scholae sia l'espressione di civiltà di un procedimento di integrazione dello straniero: i firmatari pensano che la cittadinanza debba essere collegata a un effettivo elemento di integrazione del soggetto nella nostra comunità, dal punto di vista sociale e culturale, quale la frequentazione di un ciclo di studi – chi, meglio e più della scuola può certificare l'integrazione dei bambini e dei ragazzi nel nostro vivere comune, tra i banchi di quella scuola incaricata di trasmettere i valori fondanti di libertà, uguaglianza e rispetto;

    14) la formazione scolastica rimane un potente fattore di integrazione, ma il mancato riconoscimento della cittadinanza rischia di alimentare stereotipi e rappresentazioni sociali e culturali costruite sulla «diversità», con il risultato di depotenziare il processo di condivisione di principi e valori fondamentali su cui si regge la nostra comunità nazionale e dei quali la scuola è portatrice e formatrice;

    15) presupposto della cittadinanza è il radicamento e la cittadinanza, come sosteneva la filosofa Hannah Arendt, è al di là di un diritto, in quanto «diritto ad avere diritti»;

    16) deve essere affermato il potente fattore evolutivo, inclusivo e aggregante della scuola, fonte primaria di integrazione sociale e culturale, quale misura finalizzata a riconoscere il percorso di radicamento nel nostro territorio avviato dai minori di origine straniera che vi sono nati, stabilmente vi abitano e sono partecipi della vita socio-culturale del nostro Paese,

impegna il Governo:

1) ad adottare ogni opportuna iniziativa di carattere normativo ed amministrativo, affinché:

  a) la cittadinanza italiana sia riconosciuta ai minori stranieri, nati o giunti in Italia, che abbiano frequentato e concluso, nel territorio nazionale, uno o più cicli scolastici presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione o percorsi di istruzione e formazione triennali o quadriennali idonei al conseguimento di una qualifica professionale;

  b) siano garantite politiche efficaci di inclusione scolastica che sostengano i percorsi educativi degli studenti con background migratorio, con l'obiettivo di ridurre le disuguaglianze negli apprendimenti.
(1-00320) «Baldino, Alfonso Colucci, Auriemma, Alifano, Penza, Quartini, Riccardo Ricciardi».

(16 settembre 2024)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE A GARANTIRE IL DIRITTO ALLO STUDIO

   La Camera,

   premesso che:

    1) nell'imminenza dell'inizio del nuovo anno scolastico, molti genitori stanno affrontando le spese per l'acquisto dei libri di testo e del materiale necessario; anche quest'anno, in un contesto di forti aumenti generalizzati rientrano i materiali tipicamente dedicati alla scuola;

    2) secondo i dati dell'Osservatorio nazionale Federconsumatori, si registra un incremento medio del 6,6 per cento rispetto al 2023. La spesa per il corredo scolastico, inclusi i materiali di ricambio, si attesta intorno ai 647 euro per studente. A questi si aggiunge il costo dei libri di testo, con una media di 591,44 euro, comprensivi di due dizionari, con un aumento del 18 per cento rispetto all'anno precedente;

    3) quest'anno, inoltre, l'analisi dell'Osservatorio nazionale Federconsumatori ha preso in considerazione non solo il costo dei prodotti presso la grande distribuzione organizzata e presso le cartolibrerie, ma anche on line; qualunque sia la modalità di acquisto prescelta, quella per la scuola si conferma una voce di spesa estremamente onerosa per le famiglie;

    4) il prezzo più alto lo pagano tutte le famiglie che hanno figli e figlie al primo anno della scuola dell'obbligo, perché occorre comprare il corredo di base che verrà riutilizzato negli anni successivi. Tuttavia, se la situazione risulta più bilanciata nella scuola primaria, dove è richiesto un impegno economico solo per il materiale didattico dato che i libri sono gratuiti, a partire dalla scuola secondaria di primo grado la situazione diventa complessa;

    5) le spese sono particolarmente alte per gli alunni delle classi prime, in particolare: uno studente di prima media spenderà mediamente per i libri di testo più 2 dizionari 461,81 euro, a tali spese vanno aggiunti 647,00 euro per il corredo scolastico e i ricambi durante l'intero anno, per un totale di 1.108,81 euro; un ragazzo di prima liceo spenderà per i libri di testo più 4 dizionari 715,30 euro (+3 per cento rispetto allo scorso anno) e 647,00 euro per il corredo scolastico e i ricambi, per un totale di ben 1.362,30 euro;

    6) tali importi risultano proibitivi per molte famiglie, a cui si aggiungono i costi ancor più onerosi da sostenere per l'acquisto di un personal computer, dei programmi e dei dispositivi necessari per un utilizzo didattico di tale strumento, divenuto ormai indispensabile; dallo studio effettuato dall'Osservatorio nazionale Federconsumatori emerge, infatti, che tra computer, webcam, microfono, antivirus, programmi base una famiglia, dovendosi dotare di tali dispositivi, arriva a spendere, come minimo, 413,44 euro (considerando per antivirus e programmi i costi su base annua), con un rincaro del +5 per cento rispetto al 2023; mediamente i prodotti tecnologici utili alla didattica, rispetto allo scorso anno, registrano un aumento medio del +8,5 per cento e a questo va aggiunta la spesa per la connessione a internet;

    7) sempre l'Osservatorio nazionale Federconsumatori ha sottolineato come questi rincari stiano mettendo sotto pressione i bilanci familiari, costringendo molte famiglie a ricorrere a soluzioni di risparmio, come il riutilizzo di zaini e astucci o l'acquisto di materiali di seconda mano; tuttavia, come evidenziato dallo stesso Osservatorio, nonostante le strategie adottate, coprire tutte le spese scolastiche resta una sfida ardua, in particolare per le famiglie con maggiori difficoltà economiche;

    8) costi così elevati incidono significativamente sul diritto allo studio di studentesse e studenti e le misure esistenti per aiutare le famiglie ad affrontare tali spese sebbene utili e necessarie, non riescono ancora a ridurre in modo significativo l'impatto economico sul bilancio familiare e inoltre sono declinate in modo diversificato da regione a regione;

    9) dunque, in un contesto di crescenti rincari scolastici, è necessario più che mai venire incontro alle famiglie che dovranno sostenere economicamente i propri figli durante il percorso scolastico con adeguati interventi di sostegno, anche al fine di contrastare l'abbandono e la dispersione scolastica; la spesa per la scuola in Italia è, in percentuale, rispetto a quella generale, la più bassa d'Europa e se si paragonano i costi dei materiali e dei libri scolastici con quelli delle principali economie europee il divario diventa significativo;

    10) dal rapporto Ocse sull'educazione, pubblicato il 10 settembre 2024, emerge che in Italia la spesa per studente è di 13.799 dollari nell'istruzione primaria, 11.739 dollari nell'istruzione secondaria e 13.717 dollari nell'istruzione terziaria; l'Ocse rileva inoltre come l'Italia investe il 4,0 per cento del suo prodotto interno lordo nell'istruzione, a fronte del 4,9 per cento della media Ocse. In media nei Paesi membri dell'organizzazione la quota del prodotto interno lordo dedicata agli istituti scolastici (dai livelli primario a quello terziario) è rimasta sostanzialmente stabile, al 4,9 per cento nel 2015 e nel 2021. Tuttavia, le tendenze variano notevolmente tra i Paesi. L'Italia – rileva il rapporto – è tra i Paesi in cui la spesa come quota del prodotto interno lordo è rimasta pressoché costante al 4 per cento;

    11) per garantire il diritto allo studio e alle pari opportunità di istruzione e formazione dei cittadini, appare auspicabile e necessaria l'istituzione di una «dote educativa», quale misura fondamentale a garanzia del diritto allo studio su tutto il territorio nazionale per sostenere economicamente le famiglie durante tutto il percorso educativo dei figli e contrastare le diseguaglianze socio-culturali e territoriali, anche al fine di prevenire e contrastare l'abbandono e la dispersione scolastica, nonché al fine di contribuire ad arginare il triste fenomeno della denatalità in Italia;

    12) lo studio è un diritto e, come tale, dev'essere garantito universalmente a tutte le bambine e i bambini, ragazze e ragazzi in età scolastica. Un'istruzione adeguata e completa rappresenta uno degli strumenti più importanti per rendere finalmente concreta l'uguaglianza sostanziale tra cittadini, principio fondamentale garantito dalla Carta costituzionale all'articolo 3, comma 2, perché permette di compiere scelte consapevoli e di costruire un'esistenza dignitosa;

    13) investire nella scuola e nel sistema d'istruzione significa investire nel «futuro»,

impegna il Governo:

1) ad intervenire urgentemente, con iniziative forti e immediate, per sostenere le famiglie nell'acquisto dei libri scolastici e del materiale necessario per affrontare dignitosamente l'avvio del nuovo anno scolastico e dunque garantire pienamente il diritto allo studio;

2) ad adottare iniziative volte a reperire risorse adeguate a garantire il diritto all'istruzione per tutte le bambine e i bambini, ragazze e ragazzi, in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, al fine di colmare il divario tra Nord e Sud e assicurare la costruzione di una scuola realmente inclusiva, che coinvolga tutti gli alunni e studenti, con particolare attenzione quelli in situazioni di disagio socio-economico ovvero ai bambini e ragazzi con disabilità, introducendo strumenti di supporto indirizzati alle famiglie, quali garanzia del tempo pieno, l'implementazione dei servizi di mensa scolastica, la gratuità dei libri di testo e dei servizi di trasporto;

3) al fine di sostenere economicamente le famiglie durante tutto il percorso educativo dei figli e contrastare le diseguaglianze socio-culturali e territoriali, anche per prevenire e contrastare l'abbandono e la dispersione scolastica, ad adottare iniziative volte a istituire il beneficio della dote educativa da destinare a tutte le alunne e gli alunni, studentesse e studenti del primo e secondo ciclo di istruzione;

4) ad intervenire con politiche di sostegno per affrontare e risolvere, anche attraverso le comunità educanti, il problema della dispersione scolastica, che vede un giovane su dieci abbandonare precocemente gli studi e con percentuale maggiore al Sud, anche alla luce di provvedimenti come l'autonomia differenziata e il dimensionamento della rete scolastica che a parere dei firmatari del presente atto di fatto penalizzano oltremodo le regioni del Sud, in quanto si inseriscono in un contesto dove le diseguaglianze del sistema scolastico sono da tempo ampiamente registrate e aumenterebbero dunque solo le differenze che già esistono.
(1-00315) «Caso, Amato, Orrico, Francesco Silvestri, Baldino, Santillo, Auriemma, Cappelletti, Fenu, Alfonso Colucci, D'Orso, Riccardo Ricciardi, Pellegrini, Torto, Ilaria Fontana, Iaria, Pavanelli, Barzotti, Quartini, Caramiello, Scutellà, Morfino, Donno».

(10 settembre 2024)

   La Camera,

   premesso che:

    1) «Vogliamo Potere» è lo slogan scelto per la mobilitazione che culminerà con uno sciopero nazionale il 15 novembre 2024. Gli studenti chiedono a gran voce un cambio di rotta nelle politiche scolastiche, accusando il Governo di non garantire il diritto allo studio e di promuovere un modello di scuola dannoso;

    2) a fianco dei problemi che riguardano il regolare avvio dell'anno scolastico, l'oggetto della mobilitazione sono, anche, le spese per l'acquisto dei libri di testo e del materiale necessario e l'assenza di un welfare studentesco;

    3) secondo i recenti dati dell'Osservatorio nazionale Federconsumatori, si registra un incremento medio del 6,6 per cento rispetto al 2023. La spesa per il corredo scolastico, inclusi i materiali di ricambio, si attesta intorno ai 647 euro per studente. A questi si aggiunge il costo dei libri di testo, con una media di 591,44 euro, comprensivi di due dizionari, con un aumento del 18 per cento rispetto all'anno precedente;

    4) considerando una «famiglia media» con due figli (che frequentano i due differenti cicli scolastici di secondo grado), la spesa che dovrebbe sostenere per l'acquisto dei libri di testo e del materiale scolastico si attesterebbe a circa 800 euro, mentre sarebbe pari a 442 euro per un figlio che frequenti la prima media e a 621 euro per un figlio iscritto al primo anno di una scuola superiore di secondo grado: in quest'ultimo caso la spesa per i libri e per il materiale e corredo scolastico di due figli a inizio ciclo andrebbe ad attestarsi a 1.060 euro, senza considerare i costi aggiuntivi;

    5) secondo lo studio a cura di Trovaprezzi.it, nel 2024 emerge un notevole aumento di interesse per le ricerche on line di materiale scolastico; Per quanto riguarda gli zaini, ad esempio, le ricerche sono cresciute del 109 per cento a luglio e del 110 per cento ad agosto (rispetto all'anno precedente); ancora più elevato, invece, è l'interesse per i manuali e i dizionari: +416 per cento a luglio e +463 per cento ad agosto di ricerche rispetto allo scorso anno;

    6) i dati evidenziano un cambiamento significativo nelle abitudini dei consumatori, che si spingono sempre di più verso l'acquisto di prodotti scolastici tramite le piattaforme on line, riflettendo anche la crescente fiducia nel servizio di comparazione dei prezzi;

    7) in questi ultimi anni l'editoria scolastica è, di conseguenza, un settore in sofferenza a causa delle problematiche, comuni ad altri settori, relative al costo dell'energia, alla mancanza di materie prime e alla difficoltà di approvvigionamento della carta;

    8) la crisi della carta se, da un lato, tra il 2020 e il 2021 è stata influenzata dai generali problemi di approvvigionamento e di trasporti legati alla pandemia da coronavirus, dall'altro è continuata anche a causa della guerra in Ucraina e all'aumento dei costi di produzione;

    9) secondo i dati più recenti dell'Associazione italiana editori, il costo medio della carta per i libri è aumentato del 57 per cento tra gennaio 2021 e maggio 2022 e, in particolare, per i libri scolastici l'aumento sarebbe dell'80 per cento rispetto a un anno fa;

    10) anche per le suddette difficoltà, con la ripresa della scuola si ripropone il problema dell'assenza dei libri di testo e l'aumento dei costi;

    11) è chiaro che il tema della distribuzione non può scindere dal problema del costo dei libri di testo ed emerge la necessità di intervenire con azioni concrete;

    12) per le famiglie con studenti in età scolare, il costo dei libri di testo rappresenta una voce di spesa rilevante nel bilancio familiare e, in un periodo di generale aumento del livello dei prezzi, rischia di creare disparità nel diritto allo studio per gli studenti provenienti da contesti socio-economici più problematici;

    13) l'aumento del costo dei libri scolastici, oltre a gravare in modo significativo sui bilanci delle famiglie italiane, rischia di avere degli effetti particolarmente gravi nel contesto della crescente povertà infantile europea: in un contesto socioculturale dove la povertà educativa tocca 1,2 milioni di minori e il numero di minori di 18 anni che vivono a rischio di povertà è aumentato dal 23 al 25 per cento tra il 2019 e il 2022, il costo per l'istruzione è aumentato due volte più velocemente dei salari di tutta Europa e il prezzo del materiale utile agli studenti, come penne, matite, carta, gomme, temperamatite e forbici, è salito del 13 per cento tra gennaio e maggio 2023. Un aumento che segue quello del 2022 pari all'8 per cento. Nel 2019 era stato dell'1,7 per cento;

    14) è indubbio che la condizione economica e sociale influenzi la dispersione scolastica e gli scarsi rendimenti. Il diritto allo studio non è ancora garantito dallo Stato per tutti a differenza di molti Paesi europei, in cui per tutto il periodo dedicato alla formazione e alla crescita dei bambini e dei ragazzi è proprio lo Stato a farsi carico dei costi;

    15) l'istruzione è quel passaggio che rende concreta l'eguaglianza tra le persone e permette a ciascuno di fare scelte consapevoli e di costruire un'esistenza dignitosa. Pertanto, tutti bambini e i ragazzi hanno il diritto all'istruzione ed è compito dello Stato garantire che tale diritto sia davvero esigibile;

    16) ciononostante, nel nostro Paese si registra un elevato numero di giovani che non studiano, non si formano e non lavorano, un numero di abbandoni precoci più elevato della media europea (13,1 per cento, pari a circa 543.000 giovani, rispetto al 9,9 per cento europeo), con livelli maggiori nel Mezzogiorno, tra gli alunni stranieri e tra quelli in condizioni di svantaggio economico, sociale e personale. Divari che negli ultimi anni sono aumentati nonostante le tante azioni positive messe in campo dall'intera comunità scolastica (studenti, docenti, dirigenti scolastici, direttori dei servizi generali e amministrativi, personale tecnico amministrativo e collaboratori scolastici) e dalle famiglie. Negli ultimi anni le differenze e i divari tra parti del Paese sono aumentate, con un peggioramento del rendimento scolastico e un allargamento delle distanze tra gli studenti;

    17) politiche di welfare risultano avviate da alcune amministrazioni che hanno introdotto misure a sostegno alle famiglie: anche per l'anno scolastico 2024/2025 le regioni Emilia-Romagna e Toscana, ad esempio, hanno previsto «buoni libro» e la regione Toscana, in particolare, ha introdotto un «pacchetto scuola», misura economica individuale di sostegno di studentesse e studenti delle scuole secondarie provenienti da famiglie a basso reddito per affrontare le spese necessarie alla frequenza, all'acquisto di libri scolastici, materiale didattico di vario tipo e altri servizi scolastici, finanziato con risorse statali e risorse proprie della regione;

    18) analoghe misure di sostegno a favore degli studenti e delle loro famiglie sono state adottate anche riguardo al trasporto pubblico per venire incontro ai costi da essi sostenuti per recarsi presso il proprio istituto scolastico. Si fa riferimento, ad esempio, al progetto «Salta su», promosso dalla regione Emilia-Romagna, diretto a garantire l'abbonamento gratuito agli studenti delle scuole elementari, medie, superiori e degli istituti di formazione professionale, residenti in regione che scelgono di andare a scuola, utilizzando bus e treni regionali, con un risparmio per le famiglie compreso tra i 300 e i 600 euro a figlio in base all'abbonamento;

    19) queste misure di welfare scolastico riescono concretamente a venire incontro a situazioni legate al caro libri e al caro trasporti e all'incremento dei costi a carico delle famiglie, che, spesso, rischiano di produrre degli effetti particolarmente penalizzanti, in particolare per i nuclei familiari che vivono condizioni di maggiore disagio, e ad affrontare la più generale emergenza educativa che caratterizza il nostro Paese, come testimoniano anche i drammatici dati relativi alla povertà educativa, all'abbandono e alla dispersione scolastica;

    20) a causa delle medesime e difficili condizioni economiche, molte bambine, bambini, ragazze e ragazzi non hanno le stesse opportunità dei loro coetanei in situazioni economiche migliori: dai dati Istat più recenti emerge che oggi, complice anche il post pandemia, più di 1,2 milioni di minori nel nostro Paese, pari al 15,5 per cento del totale dei bambini e delle bambine, vive in condizioni di povertà assoluta, ovvero di grave indigenza, condizione che determina un aumento della dispersione scolastica e della povertà educativa;

    21) i recentissimi dati forniti da Save the children evidenziano la necessità di sostenere interventi progressivi che arrivino al riconoscimento della mensa come un servizio pubblico essenziale da garantire uniformemente su scala nazionale;

    22) il Partito democratico ha depositato, sia alla Camera che al Senato, proposte di legge dirette a contrastare il caro libri, il caro trasporti e a garantire un livello essenziale delle prestazioni per il servizio di refezione scolastica;

    23) l'insieme dei dati sopra riferiti richiede, quindi, l'avvio di azioni strutturali e non episodiche a sostegno del settore dell'istruzione, delle studentesse e degli studenti italiani e delle loro famiglie per sostenere i costi connessi all'inizio del prossimo anno scolastico e per affrontare l'emergenza educativa che caratterizza settori significativi dell'istruzione,

impegna il Governo:

1) ad intervenire con iniziative per il sostegno al diritto allo studio nella direzione di un'omogeneizzazione delle condizioni di accesso alla gratuità dei libri di testo nelle diverse aree del Paese, anche aumentando le risorse nazionali a tal fine destinate alla progressiva gratuità a cominciare dalle famiglie meno abbienti;

2) ad intervenire con iniziative dirette a garantire, in forma graduale e progressiva, la gratuità dei costi legati alla mobilità delle studentesse e degli studenti del sistema nazionale di istruzione nel tragitto dall'abitazione alla sede scolastica, anche attraverso l'istituzione di un fondo specifico diretto a coprire i costi da essi sostenuti, sia per il trasporto scolastico erogato dagli enti locali sia per il trasporto pubblico locale;

3) ad adottare iniziative volte a prevedere l'istituzione di un fondo di solidarietà per i viaggi di istruzione presso il Ministero dell'istruzione e del merito, da ripartire, sulla base dell'indice di disagio sociale, tra i diversi istituti di scuola di ogni ordine e grado;

4) ad adottare iniziative per reperire risorse adeguate ad incrementare, nella prospettiva dell'introduzione di un livello essenziale delle prestazioni, il servizio di refezione scolastica per la scuola primaria su tutto il territorio nazionale;

5) ad adottare iniziative per garantire un maggior numero di insegnanti, presidi territoriali e l'istituzionalizzazione della comunità educante e dei patti educativi di comunità diretti alla costruzione di reti tra scuole, terzo settore, parrocchie, enti locali, fondazioni e il supporto di educatori e assistenti sociali.
(1-00318) «Manzi, Braga, Berruto, Iacono, Orfini, Bonafè, Ciani, Ghio, Toni Ricciardi, Fornaro, Casu, De Luca, Ferrari, Roggiani, De Maria, Ascani, Bakkali».

(16 settembre 2024)

   La Camera,

   premesso che:

    1) la Costituzione all'articolo 34 dispone che la scuola è aperta a tutti, nonché che la Repubblica rende effettivo il diritto allo studio con borse di studio, assegni alle famiglie e altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso;

    2) la scuola, offrendo agli studenti la possibilità di accedere alla conoscenza e di sviluppare le proprie potenzialità, educa i giovani a diventare cittadini consapevoli e responsabili, in grado di partecipare attivamente alla vita democratica e di contribuire al benessere della comunità;

    3) è tra i banchi di scuola che i giovani si abituano al concetto di comunità, interfacciandosi tra persone non legate da un comune affetto, come nel caso della famiglia, o da uno specifico interesse;

    4) nell'imminenza dell'avvio dell'anno scolastico, come ogni anno, grava però sulle famiglie il costo dell'acquisto del materiale didattico e dei libri di testo;

    5) nel panorama economico attuale, le voci del bilancio pubblico destinate al sistema scolastico risultano insufficienti e pongono l'Italia tra i Paesi europei che dedicano meno risorse all'istruzione;

    6) l'ultimo rapporto Ocse sull'educazione mette in evidenza come il nostro Paese investe il 4,0 per cento del suo prodotto interno lordo nell'istruzione, a fronte del 4,9 per cento della media Ocse;

    7) i dati raccolti dall'Osservatorio nazionale Federconsumatori nel 2024, tanto per le modalità di acquisto tradizionale che per quella sui canali on line, mettono in luce un aumento medio dei costi per il corredo scolastico, al netto dei libri di testo, di circa il 6,6 per cento rispetto all'anno precedente, attestandosi a 647 euro per studente;

    8) lo stesso Osservatorio sottolinea come la spesa media per i libri di testo e due dizionari è aumentata del 18 per cento rispetto al 2023, attestandosi a 591,44 euro;

    9) le situazioni più complesse si registrano tra le prime classi dei diversi ordini scolastici. Se per le scuole primarie l'esborso è mitigato dalla gratuità dei libri di testo, lo stesso non può dirsi per le scuole secondarie;

    10) la famiglia di uno studente di prima media è chiamata a spendere mediamente per i libri di testo più 2 dizionari 461,81 euro; a tali spese vanno aggiunti 647,00 euro per il corredo scolastico e i ricambi durante l'intero anno, per un totale di 1.108,81 euro;

    11) un ragazzo chiamato a frequentare il primo anno di liceo classico spenderà per i libri di testo più 4 dizionari 715,30 euro (in aumento del 3 per cento rispetto al 2023) e 647,00 euro per il corredo scolastico e i ricambi, per un totale di ben 1.362,30 euro;

    12) è fuor di dubbio che tali aumenti incontrollati intaccano il diritto allo studio e gravano totalmente sulle famiglie che già negli ultimi anni – come si legge dall'Employment outlook annuale dell'Ocse – hanno pagato aspramente la crisi causata da Covid e inflazione (con annessi stipendi stagnanti) e hanno subito una riduzione dei salari reali del 6,9 per cento rispetto al 2019;

    13) l'effettività del diritto allo studio è subordinata anche all'erogazione di contributi da parte delle singole regioni, nell'ambito della loro competenza in materia di istruzione, ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione. Tale situazione determina una disomogeneità territoriale nell'accesso ai servizi e alle provvidenze collegate al diritto allo studio, con particolari criticità rilevate nelle regioni meridionali, dove le risorse destinate a sostenere le famiglie per l'acquisto di libri di testo e materiale didattico, nonché per i servizi di trasporto e mensa scolastica, risultano spesso inferiori rispetto ad altre aree del Paese, creando un'ingiustificata disparità di trattamento e compromettendo il principio di uguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione;

    14) il processo di autonomia differenziata, previsto dalla legge 26 giugno 2024, n. 86, rischia di accentuare ulteriormente le disuguaglianze territoriali nell'erogazione dei servizi scolastici, aggravando il divario tra le regioni più ricche e quelle economicamente svantaggiate, minando così il principio di uguaglianza sostanziale costituzionalmente garantito;

    15) a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo il definanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni, il cui obiettivo è assicurare in modo uniforme su tutto il territorio nazionale i diritti civili e sociali fondamentali, ha contribuito a ridurre le risorse destinate al sistema scolastico, in particolare nelle aree più svantaggiate del Paese, compromettendo il diritto all'istruzione e accrescendo le diseguaglianze territoriali,

impegna il Governo:

1) ad adottare senza indugio le iniziative necessarie per sostenere le famiglie nell'acquisto dei libri scolastici e del materiale necessario per affrontare l'avvio dell'anno scolastico;

2) ad adottare iniziative volte non solo a rendere effettivo il dettato dell'articolo 34 della Costituzione, ma anche ad uniformare il diritto d'accesso agli studi tra le studentesse e gli studenti di ogni regione così da affrontare l'abbandono scolastico, con particolare riferimento alle regioni del Meridione;

3) ad adottare misure volte a introdurre strumenti a sostegno dello studio, quali l'implementazione di servizi di mensa, la gratuità dei sistemi di trasporto dedicati e la loro strutturale messa a disposizione, nonché la fornitura dei libri di testo, così da assicurare la frequenza scolastica di ogni studente indipendentemente dalle condizioni socio-economiche familiari e rendere il sistema scolastico inclusivo.
(1-00319) «Faraone, Bonifazi, Boschi, De Monte, Del Barba, Gadda, Giachetti, Gruppioni».

(16 settembre 2024)

   La Camera,

   premesso che:

    1) il diritto all'istruzione è un tratto distintivo di ogni democrazia consacrato dalla Dichiarazione universale del 1948 e, in Italia, dalla Carta costituzionale;

    2) nell'ordinamento italiano, infatti, il diritto allo studio trova fondamento all'articolo 34 della Costituzione, commi terzo e quarto, nei quali è proclamato il diritto dei capaci e dei meritevoli, anche se privi di mezzi economici, di raggiungere i gradi più alti degli studi e, altresì, si statuisce il dovere della Repubblica a garantire l'effettività di tale diritto;

    3) l'istruzione rende concreta l'eguaglianza tra le persone e permette a ciascuno di fare scelte consapevoli e di costruire un'esistenza dignitosa. Tutti i bambini e i ragazzi di età inferiore ai 18 anni – italiani e stranieri – presenti in Italia hanno il diritto-dovere all'istruzione e alla formazione;

    4) è compito dello Stato garantire l'estensione a tutti dell'offerta formativa, nonché la fruibilità di essa, anche con una serie di aiuti agli studenti più bisognosi, al fine di realizzare l'eguaglianza dei punti di partenza sancita dalla Costituzione;

    5) il diritto all'istruzione si persegue attraverso la costruzione di un'alleanza e una sinergia virtuosa tra le diverse agenzie educative, prime fra tutte scuola e famiglia, condividendo i nuclei fondanti dell'azione educativa, al fine di garantire il successo formativo di tutti gli alunni e gli studenti, il cui benessere e la cui crescita personale e culturale rimangono obiettivo primario della scuola, nel rispetto della libertà di insegnamento dei docenti e dell'autonomia riconosciuta alle istituzioni scolastiche, nonché del pluralismo culturale e delle scelte educative della famiglia;

    6) proprio perché l'istruzione è un diritto universale, è fondamentale assicurare a ciascuno il diritto alla costruzione di un percorso di conoscenza e di apprendimento, la cui realizzazione si avvale di uno strumento didattico privilegiato, quale il libro di testo, che rappresenta, indubbiamente, il canale preferenziale su cui si attiva la comunicazione didattica;

    7) tale percorso è caratterizzato da esperienze educative e formative che possono essere arricchite anche attraverso i viaggi di istruzione e le uscite didattiche, che rappresentano un importante contributo per la crescita culturale, la socializzazione e lo sviluppo delle competenze degli studenti. È fondamentale, quindi, assicurare risorse e rafforzare misure per supportare il diritto-dovere all'istruzione e alla formazione, anche al fine di prevenire la dispersione scolastica e l'abbandono;

    8) il sostegno al diritto all'istruzione non si misura solo in termini di risorse economiche, ma anche attraverso azioni che, di fatto, mirano a garantire pari opportunità a tutti gli alunni e studenti, soprattutto a quelli provenienti da contesti sociali difficili;

    9) consapevole di ciò, l'attuale Governo ha adottato una serie di iniziative che garantiscono, da un lato, lo stanziamento di nuove risorse per il rafforzamento delle misure di welfare dello studente e, dall'altro, l'effettività del diritto all'istruzione con azioni mirate in favore degli studenti in situazioni di svantaggio economico e sociale, nonché mediante azioni destinate a sostenere le istituzioni scolastiche nella lotta alla dispersione, alla povertà educativa e al disagio giovanile;

    10) nell'ambito delle iniziative anzidette si colloca la riforma del sistema di orientamento prevista dal Piano nazionale di ripresa e resilienza e che ha portato all'emanazione delle linee guida con il decreto ministeriale n. 328 del 2022;

    11) non è un caso che una delle prime azioni del Ministro si sia concentrata su una riforma profonda delle attività di orientamento, che devono costituire un elemento di forte incentivazione per accompagnare l'alunno fin dai primi anni del suo ingresso nel mondo della scuola, aiutandolo ad esaminare i contesti, a formare e recuperare gli elementi motivazionali, a chiarire gli obiettivi e le finalità dell'attività di formazione;

    12) aspetto qualificante della riforma è l'introduzione della figura dei docenti tutor, con il compito di sostenere gli alunni, soprattutto quelli più fragili, nell'elaborazione di un progetto di orientamento, attraverso la predisposizione di un «portfolio digitale», strumento finalizzato a integrare e completare il percorso scolastico;

    13) per l'attuazione della riforma sono stati stanziati 150 milioni di euro previsti come dotazione iniziale per l'anno 2023, incrementati di 42 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024 e 2025, destinati a remunerare le circa 40.000 figure di docente tutor a cui vanno ad aggiungersi quelle di docente orientatore, una per ogni istituto scolastico;

    14) sempre nell'ambito delle iniziative finanziate con il Piano nazionale di ripresa e resilienza è stata avviata, altresì, la realizzazione del «Piano Agenda Sud», che prevede la destinazione di risorse per interventi mirati alla riduzione della dispersione scolastica e dei divari territoriali e negli apprendimenti delle istituzioni scolastiche site in contesti caratterizzati da maggiore disagio educativo nelle regioni del Mezzogiorno. In particolare, con il decreto ministeriale n. 176 del 2023 sono state ripartite le risorse destinate agli istituti beneficiari del Piano, il quale prevede un totale di 265,588 milioni di euro in favore delle scuole statali primarie, secondarie di primo e di secondo grado delle regioni del Mezzogiorno;

    15) a distanza di un anno da «Agenda Sud», il Ministro ha adottato il «Piano Agenda Nord» che, con uno stanziamento complessivo di 220 milioni di euro, mira a contrastare la dispersione scolastica e a potenziare le competenze nelle aree del Settentrione e del Centro Italia inserite in contesti difficili e con più alti tassi di dispersione e che spesso scontano differenze legate alla marginalità del contesto sociale in cui si trovano;

    16) il «Piano Agenda Sud» e il «Piano Agenda Nord» sono frutto di una politica che mette tutti i giovani in condizione di avere pari opportunità formative, a prescindere dal luogo in cui sono nati;

    17) nell'ottica di promuovere esperienze educative e formative, a marzo 2024 il Ministro dell'istruzione e del merito ha firmato una nuova direttiva per promuovere la partecipazione più ampia degli studenti e delle studentesse ai viaggi di istruzione e alle visite didattiche. Il provvedimento conferma l'impegno costante del Ministero per garantire la piena fruizione del diritto allo studio e il sostegno alle famiglie, assicurando che ogni studente, indipendentemente dalla condizione economica, abbia l'opportunità di partecipare a viaggi d'istruzione e a visite didattiche. In particolare, viene riconosciuta la possibilità di accedere a un contributo fino a 150 euro anche per gli studenti che provengono da contesti familiari con un Indicatore della situazione economica equivalente (Isee) fino a 15.000 euro, mentre prima era fino a 5.000 euro. Tutto questo grazie ai 50 milioni di euro stanziati, su volontà del Ministro Valditara, per la prima volta, per questa specifica finalità;

    18) ad aprile 2024 lo stesso Ministro ha firmato il decreto cosiddetto «Piano estate», che stanzia 400 milioni di euro per finanziare attività di inclusione, socialità e potenziamento delle competenze, soprattutto a beneficio delle famiglie meno abbienti;

    19) tra le più recenti misure, non si può non menzionare il decreto-legge n. 71 del 2024, con il quale il Ministero ha adottato interventi mirati a beneficio della reale integrazione degli alunni stranieri, che prevedono attività di potenziamento concretamente messe a disposizione delle scuole. Le misure sono rivolte, infatti, a quegli alunni stranieri che, soprattutto se neo-arrivati in Italia, non possiedono un adeguato livello di conoscenza della lingua italiana. Per queste ragioni, si prevede, da una parte, la possibilità per le scuole di accedere a specifici progetti Pon volti ad assicurare il potenziamento dell'apprendimento della lingua italiana; dall'altra di avviare un percorso che porterà, attraverso la rimodulazione degli organici e l'avvio di uno specifico concorso, ad introdurre in tutte le classi con un numero di studenti stranieri neoarrivati in Italia, pari o superiore al 20 per cento, un docente abilitato all'insegnamento della lingua italiana per alunni stranieri;

    20) con il medesimo decreto-legge il Ministero ha stanziato nuove risorse per la fornitura gratuita, totale o parziale, dei libri di testo, come prevede l'articolo 27 della legge n. 448 del 1998, in favore degli alunni meno abbienti che adempiono l'obbligo scolastico, nonché alla fornitura di libri di testo da dare anche in comodato agli studenti della scuola secondaria superiore;

    21) pertanto, per la prosecuzione degli interventi di cui all'articolo 27 della legge n. 448 del 1998, l'articolo 14-ter del decreto-legge n. 71 del 2024, al comma 2, ha incrementato di 3 milioni di euro, a decorrere dall'anno 2025, l'autorizzazione di spesa per la fornitura gratuita, totale o parziale, di libri di testo in favore degli alunni che adempiono l'obbligo scolastico in possesso dei requisiti richiesti;

    22) per supportare l'assolvimento dell'obbligo scolastico e prevenire la dispersione, il decreto legislativo del 13 aprile 2017, n. 63, ha istituito, all'articolo 9, il Fondo unico per il diritto allo studio, finalizzato all'erogazione ogni anno di borse di studio destinate agli studenti a basso reddito della scuola secondaria di secondo grado, e per il quale è all'attenzione del Ministero un piano per ridurre i tempi per il riconoscimento delle borse di studio e migliorare, quindi, il processo di erogazione delle stesse con le regioni;

    23) tra le azioni volte a contrastare la dispersione scolastica vanno ricompresi anche gli interventi di edilizia per le mense scolastiche – previsti dall'Investimento 1.2: «Mense», per un totale di 600 milioni di euro – che rappresentano un ulteriore sostegno ai piani per combattere l'abbandono precoce degli studi. D'altronde, il tempo mensa è indiscutibilmente compreso nel tempo scuola, in quanto esso condivide le finalità educative proprie del progetto formativo scolastico di cui esso fa parte. Al riguardo, con avviso pubblico 29 luglio 2024, il Ministero ha inteso finanziare, sempre attraverso l'Investimento 1.2 del Piano nazionale di ripresa e resilienza, l'estensione del tempo pieno per ampliare l'offerta formativa delle scuole e rendere le stesse sempre più aperte al territorio, anche oltre l'orario scolastico e nei periodi di sospensione della didattica, anche come opportunità per dare vita a iniziative di recupero e potenziamento delle discipline, così da sostenere le famiglie e contribuire a ridurre i divari territoriali tra realtà territoriali diverse;

    24) per garantire lo sviluppo armonico della persona e per affrontare quelle difficoltà relazionali che molto spesso afferiscono alla dimensione più intima e personale degli alunni e che risultano amplificate dagli effetti sociali della pandemia da Covid-19, si è ritenuto opportuno richiamare l'attenzione sull'importanza dell'introduzione delle competenze non cognitive nel percorso didattico e, con il decreto ministeriale n. 183 del 7 settembre 2024, si è provveduto ad emanare nuove linee guida per l'insegnamento dell'educazione civica che recepiscono i cambiamenti negli stili di vita degli alunni e sostengono le famiglie in quel patto educativo con la scuola che è alla base della crescita umana e personale di ogni singolo alunno;

    25) in aggiunta alle numerose misure sopra richiamate, il Ministero ha, altresì, confermato la «Carta dello studente», che consente agli studenti l'accesso ai servizi e alle agevolazioni e rappresenta la prima rete in Italia di partenariato privato/pubblico a favore del diritto allo studio;

    26) nonostante il raggiungimento di risultati positivi, grazie alle iniziative fino ad oggi adottate, si prospettano ulteriori sfide volte a fronteggiare il contesto dell'attuale e complessa congiuntura economica caratterizzata da un generalizzato innalzamento dei prezzi;

    27) l'ampliamento dell'accesso e della qualità dell'istruzione consentirà alle studentesse e agli studenti, soprattutto se provenienti da famiglie vulnerabili, di potersi dotare di strumenti e competenze necessari per confrontarsi con le mutevoli esigenze del mercato del lavoro, assicurando loro una formazione che valorizzi i talenti e le potenzialità di ognuno;

    28) la previsione di misure omogenee per sostenere il diritto allo studio, per superare, così, i divari e le disuguaglianze degli studenti è, d'altronde, un obiettivo pienamente condivisibile per garantire il diritto all'istruzione;

    29) il Governo ha assunto numerose iniziative rivolte a incrementare le risorse destinate a sostenere il diritto allo studio e ha riportato al centro dell'agenda istituzionale il settore istruzione, grazie allo stanziamento di risorse aggiuntive e a riforme legate al mondo della scuola,

impegna il Governo:

1) a proseguire le iniziative poste in essere per sostenere le famiglie nell'acquisto dei libri scolastici e dunque garantire il diritto allo studio;

2) a continuare a promuovere le politiche di agevolazione per ridurre i costi per sostenere la partecipazione ai viaggi di istruzione e alle visite didattiche;

3) ad adottare iniziative volte a ottimizzare l'impiego delle risorse finalizzate al superamento dei divari negli apprendimenti tra Nord e Sud, garantendo pari opportunità di istruzione su tutto il territorio nazionale alle bambine e ai bambini, ragazze e ragazzi, con particolare attenzione a quelli in situazioni di disagio socioeconomico e con disabilità;

4) a proseguire le iniziative per garantire una maggiore equità nell'accesso alle opportunità educative, riducendo il divario tra studenti di diverse origini socioeconomiche, anche al fine di contrastare l'abbandono e la dispersione scolastica;

5) ad adottare iniziative di competenza volte a garantire che la scuola continui ad essere un luogo di confronto e di dialogo, durante l'orario curriculare e durante le aperture pomeridiane, anche prevedendo la promozione di attività culturali e sportive extracurricolari, in collaborazione con gli enti del terzo settore e le altre realtà associative presenti sui territori, e valorizzando le esperienze di educazione non formale per permettere alle studentesse e agli studenti di acquisire tutti gli strumenti necessari a confrontarsi con i cambiamenti repentini che oggi caratterizzano la società e il mondo del lavoro, anche in seguito ai veloci progressi della tecnologia;

6) a continuare a promuovere il dialogo intergenerazionale e tra gli alunni, puntando l'attenzione sulle competenze non cognitive e accompagnando gli alunni in un percorso di educazione alle relazioni, alle emozioni e all'affettività;

7) ad assumere iniziative di competenza volte a contribuire a formare cittadini responsabili e consapevoli, partendo dalla Carta costituzionale e consentendo agli alunni di consolidare un patrimonio di valori, di principi, di diritti e di doveri;

8) a continuare a investire sulle mense e sul tempo pieno, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno, per dare a tutti, al di là delle condizioni di partenza e del territorio di residenza, le stesse opportunità di successo formativo di altre realtà;

9) ad adottare iniziative volte a rafforzare le agevolazioni fiscali per spese d'istruzione;

10) a valorizzare il ruolo degli insegnanti anche attraverso iniziative per un aumento delle retribuzioni, riconoscendo l'importante ruolo che essi svolgono nel garantire l'effettiva attuazione del diritto allo studio.
(1-00321) «Sasso, Amorese, Tassinari, Pisano, Latini, Mollicone, Dalla Chiesa, Loizzo, Cangiano, Mulè, Miele, Di Maggio, Matteoni, Messina, Perissa, Roscani».

(16 settembre 2024)