TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 252 di Mercoledì 28 febbraio 2024

 
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MOZIONI IN MATERIA DI SINDROME FIBROMIALGICA

   La Camera,

   premesso che:

    1) la sindrome fibromialgica è una malattia neurologica riconosciuta dall'Organizzazione mondiale della sanità dal 1992, fin dalla cosiddetta Dichiarazione di Copenhagen, ed è stata inclusa nella decima revisione dell'International statitical classification of diseases and related health problems (ICD-10, codice M79-7);

    2) la sindrome colpisce in Italia, secondo lo studio Prevalence of fibromyalgia: a survey in five european countries, tra i due e i tre milioni di persone, corrispondenti circa al 3-4 per cento dell'intera popolazione;

    3) sei volte su sette la patologia riguarda donne in età giovanile e si manifesta come una sindrome dolorosa cronica da sensibilizzazione centrale, caratterizzata dalla disfunzione dei circuiti neurologici preposti all'elaborazione degli impulsi provenienti dalle afferenze del dolore (fibre nocicettive) dalla periferia al cervello;

    4) la patologia dà luogo a dolore muscoloscheletrico diffuso e alla presenza di specifiche aree dolorose alla digito-pressione (tender points) con affaticamento costante, rigidità generalizzata, sonno non ristoratore, mal di testa, ipersensibilità al freddo, il cosiddetto «fenomeno di Raynoud», sindrome delle gambe senza riposo, intorpidimento, formicolio atipico, prurito, e una generale sensazione di debolezza;

    5) spesso si manifestano anche sintomi correlati, come l'astenia, l'insonnia con risvegli notturni e disturbi cognitivi;

    6) i sintomi fin qui descritti limitano fortemente il paziente nell'esecuzione delle attività più comuni rendendo difficoltoso e, nei casi più gravi impossibile, l'inserimento nel mondo del lavoro, ovvero la capacità lavorativa e le più comuni relazioni sociali;

    7) nonostante la sindrome fibromialgica sia una condizione grave che colpisce un elevato numero di persone e pur essendo, per l'ampio spettro di sintomatologie, da considerare di interesse multidisciplinare, essa, a distanza di oltre 30 anni dal suo riconoscimento da parte dell'Organizzazione mondiale della sanità, non è ancora riconosciuta come malattia invalidante a tutti gli effetti;

    8) secondo il dettato dell'articolo 32 della Costituzione: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti»; appare, pertanto, in tutta la sua evidenza, che sarebbe obbligo dello Stato riconoscere anche a chi soffre di sindrome fibromialgica le cure, le spese mediche e gli esami diagnostici necessari, così come avviene per le altre malattie invalidanti;

    9) tale considerazione assume una valenza ancora più ampia e più urgente se si considera che, pur non esistendo una cura specifica, essendo una malattia cronica, la sindrome fibromialgica richiede trattamenti multidisciplinari a lungo termine, farmacologici convenzionali e non convenzionali, ossigenoterapia iperbarica e ozono terapia;

    10) in aggiunta a queste considerazioni, essendo la caratteristica principale della sindrome fibromialgica il dolore, i pazienti dovrebbero rientrare pienamente nella categoria delle persone che necessitano di «terapia del dolore»; infatti il dolore cronico risulta essere, ad oggi, tra le forme di sofferenza a più alto costo nei Paesi industrializzati, con almeno 500 milioni di giorni di lavoro persi ogni anno soltanto in Europa, che corrispondono ad un costo di circa 34 miliardi di euro;

    11) appaiono, pertanto, maturi i tempi per garantire risposte adeguate ai malati da parte delle istituzioni, che tutelino le istanze e i bisogni di queste persone e promuovano le opportune forme di aiuto e di sostegno, attraverso la previsione che lo Stato si faccia carico di questa patologia per garantire le risposte più efficaci dal punto di vista clinico, sociale e relazionale;

    12) un intervento appare necessario ed urgente anche perché, ad oggi, un riconoscimento della patologia della sindrome fibromialgica, o almeno l'attenzione al fenomeno, è già stato operato autonomamente da alcune regioni, con la conseguenza che, sul territorio nazionale, vi è una differente modalità di approccio dei servizi sanitari regionali nei confronti dei pazienti, che produce una odiosa disparità di trattamento e contrasta con i principi della Carta costituzionale;

    13) il riconoscimento della sindrome fibromialgica come malattia invalidante ne consentirebbe l'inserimento tra le patologie che danno diritto all'esenzione dalla partecipazione al costo per le correlate prestazioni sanitarie, prime fra tutte quelle che ineriscono alla «terapia del dolore» e che appaiono indispensabili in considerazione delle condizioni di forte disagio e malessere psicofisico che si manifestano nelle persone che ne sono affette, ma consentirebbe anche l'individuazione nel territorio nazionale sia di strutture sanitarie pubbliche idonee alla diagnosi e alla riabilitazione di questa patologia, sia di centri di ricerca per lo studio di tale sindrome, al fine di garantire la formazione continua – anche alla luce della piena attuazione delle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, – la diagnosi e, infine, i relativi protocolli terapeutici;

    14) in assenza dell'inserimento nel nomenclatore del Ministero della salute, la sindrome fibromialgica non può essere prevista come diagnosi nei tabulati di dimissione ospedaliera, con la conseguente inapplicabilità di alcuna forma di esenzione alla partecipazione alla spesa,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative di competenza volte a provvedere all'inserimento, tra le altre nuove patologie, della sindrome fibromialgica all'interno dei Lea (livelli essenziali di assistenza) e a riconoscerla, se necessario anche attraverso norma primaria, come malattia invalidante, garantendo ai malati affetti da tale patologia l'esenzione dalla partecipazione alla spesa per le correlate prestazioni sanitarie, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124;

2) ad individuare, attraverso gli opportuni provvedimenti, i centri nazionali di ricerca per lo studio della sindrome fibromialgica, per la definizione dei relativi protocolli terapeutici e dei più idonei presidi farmacologici – convenzionali e non convenzionali – e riabilitativi, nonché per la rilevazione statistica dei soggetti affetti dalla predetta patologia;

3) ad istituire, presso il Ministero della salute, il registro nazionale della sindrome fibromialgica, al fine di provvedere alla raccolta e all'analisi dei dati clinici riferiti a tale malattia, con l'intento di stabilire appropriate strategie di intervento, di monitorare l'andamento e la ricorrenza della patologia, nonché di rilevare le problematiche ad essa connesse e le eventuali complicanze.
(1-00241) «Boschi, Faraone, Del Barba, De Monte, Gadda, Marattin, Bonifazi, Giachetti, Gruppioni».

(13 febbraio 2024)

   La Camera,

   premesso che:

    1) la sindrome fibromialgica, una malattia neurologica riconosciuta dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) dal 1992 con la cosiddetta Dichiarazione di Copenaghen e inclusa nella decima revisione dell'International statistical classification of diseases and related health problems (ICD-10, codice M79-7) e colpisce in Italia, secondo lo studio «Prevalence of fibromyalgia: a survey in five european countries», circa 2-3 milioni di persone, corrispondenti al 3-4 per cento dell'intera popolazione; sei volte su sette la patologia riguarda giovani donne;

    2) la fibromialgia è una sindrome dolorosa cronica da sensibilizzazione centrale caratterizzata dalla disfunzione dei circuiti neurologici preposti all'elaborazione degli impulsi provenienti dai nocicettori (cioè dalle terminazioni di neuroni sensoriali, amieliniche, che segnalano, un danno tissutale attraverso sensazioni dolorose) dalla periferia al cervello;

    3) la fibromialgia si manifesta, secondo i principali criteri diagnostici, con dolore muscolo-scheletrico diffuso e con specifiche aree dolorose alla digito-pressione (tender points), affaticamento costante, rigidità generalizzata, sonno non ristoratore, mal di testa, vescica iperattiva, dismenorrea, ipersensibilità al freddo, sindrome di Raynoud, sindrome delle gambe senza riposo, intorpidimento, formicolio atipico, prurito, sensazione di pressione e di stringimento, allodinia, scarsa resistenza all'esercizio fisico e generale sensazione di debolezza;

    4) sovente, si manifestano anche altri sintomi come astenia, insonnia e risvegli notturni, disturbi cognitivi (confusione mentale, alterazione della memoria e della concentrazione), dolori addominali e colon irritabile (60 per cento), dispepsia, intolleranza al freddo o al caldo, secchezza delle mucose, sintomi urinari e genitali. Anche solo uno di questi sintomi spesso limita fortemente la persona che ne soffre nell'eseguire attività normali e ha riflessi nell'inserimento nel mondo del lavoro, nella capacità lavorativa e nelle stesse relazioni sociali;

    5) lo stress, l'ansia e la depressione hanno una netta correlazione con questa patologia e molti pazienti fibromialgici presentano sintomi poliformi associabili a malattie autoimmuni come la tiroidite di Hashimoto, il lupus eritematoso sistemico, l'artrite reumatoide e la sindrome di Sjoegren e un paziente su tre risulta positivo agli anticorpi anti nucleo;

    6) nonostante la fibromialgia sia una condizione grave che colpisce un elevato numero di persone e pur dovendo essere, per l'ampio spettro di sintomi, considerata di interesse multidisciplinare, essa non è ancora riconosciuta come malattia invalidante a tutti gli effetti;

    7)è pertanto necessario, così come sostengono coloro che studiano con attenzione questa patologia, un approccio sistemico che consideri la fibromialgia nel suo insieme e non come somma di tanti sintomi. La subdola eterogeneità della fibromialgia comporta, inoltre, il fatto che le persone che ne sono affette non riescono a ricevere in tempi ragionevoli cure adeguate. Il mancato riconoscimento della causa del dolore e delle conseguenze che questo provoca nella persona sono i principali motivi di isolamento e di ulteriore sofferenza;

    8) la difficoltà nel formulare una diagnosi dà spesso origine, infatti, a un percorso nosocomiale che si protrae per anni, un costoso calvario caratterizzato dalla sofferenza e contraddistinto da una crescente disabilità;

    9) anche se non esiste una cura specifica, la fibromialgia, in quanto malattia cronica, richiede trattamenti multidisciplinari a lungo termine, farmacologici convenzionali e non convenzionali, ossigenoterapia iperbarica e ozono terapia. Sono importanti anche approcci personalizzati per le specifiche esigenze dei pazienti: terapie antalgiche (agopuntura o criostimolazione), fitoterapiche, approccio nutraceutico e nutrizionistico, ginnastica dolce, linfodrenaggio, fisioterapia, acqua antalgica e psicoterapia;

    10) poiché la caratteristica principale della fibromialgia è il dolore, le persone affette da tale patologia hanno pieno diritto di essere incluse nella categoria di coloro che necessitano di terapia del dolore e beneficiano dei relativi livelli essenziali di assistenza;

    11) l'articolo 32 della Costituzione sancisce il diritto alla salute ed è quindi dovere dello Stato riconoscere anche a chi soffre di fibromialgia le cure, le spese mediche e gli esami diagnostici necessari, così come per altre malattie invalidanti;

    12) sebbene di per sé la fibromialgia non abbia implicazioni dirette sull'aspettativa di vita, è indubbia la persistente limitazione che da essa deriva e che richiede interventi di attenuazione del dolore che garantiscano almeno una parziale autonomia del paziente e, di conseguenza, un significativo miglioramento della sua qualità di vita;

    13) come già sottolineato, la caratteristica dominante nella fibromialgia è il dolore, che è considerato cronico se ha una durata superiore a tre mesi e che colpisce un europeo su cinque, con un trend purtroppo in costante crescita. Anche dal punto di vista dei costi di gestione dei pazienti, il dolore cronico è tra le forme di sofferenza a più alto costo nei Paesi industrializzati con almeno 500 milioni di giorni di lavoro persi ogni anno in Europa, corrispondenti a un costo di circa 34 miliardi di euro;

    14) nonostante siano passati oltre venticinque anni dall'inserimento da parte dell'Oms della fibromialgia nel manuale di classificazione internazionale delle malattie e benché altre organizzazioni mediche di carattere internazionale la ritengano una malattia cronica, ancora oggi non tutti i Paesi europei condividono tale posizione e, tra essi, c'è anche l'Italia;

    15) riconoscere la fibromialgia come malattia invalidante consentirebbe di inserirla tra le patologie che danno diritto all'esenzione dalla partecipazione al costo per le correlate prestazioni sanitarie, date le condizioni di forte disagio e malessere psico-fisico delle persone che ne sono affette; comporterebbe inoltre l'individuazione, sul territorio nazionale, sia di strutture sanitarie pubbliche idonee alla diagnosi e alla riabilitazione sia di centri di ricerca per lo studio della fibromialgia, per la formazione continua degli operatori (prevista dal decreto legislativo n. 502 del 1992), per la diagnosi e per i relativi protocolli terapeutici,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative di competenza volte ad inserire all'interno dei Lea (livelli essenziali di assistenza) la sindrome fibromialgica e a riconoscerla come malattia invalidante, garantendo ai malati affetti da tale patologia l'esenzione dalla partecipazione alla spesa per le correlate prestazioni sanitarie, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124;

2) a promuovere la conoscenza della fibromialgia attraverso la promozione e la conduzione di studi clinici che ne analizzino l'aspetto epidemiologico, diagnostico, di cura nonché l'impatto sociale e lavorativo;

3) a promuovere, per quanto di competenza, accordi con le associazioni imprenditoriali volte a favorire l'accesso e il mantenimento del lavoro delle persone affette da fibromialgia, attraverso lo svolgimento dello stesso in modalità telematica e/o a distanza o con l'applicazione di accomodamenti ragionevoli presso la sede di lavoro, compatibili con la funzionalità dell'impresa e con la qualità del servizio fornito;

4) a promuovere, per quanto di competenza e d'intesa con la Conferenza Stato regioni e province autonome di Trento e Bolzano, appositi ambulatori specialistici idonei alla diagnosi e alla cura della fibromialgia in grado di assicurare, nei casi clinici richiesti, una presa in carico multidisciplinare e capaci di relazionarsi, ove necessario, con altre diverse sedi specialistiche per assicurare ai pazienti tutte le cure tese al raggiungimento o al mantenimento di un sufficiente grado di autonomia e di vita indipendente;

5) ad istituire, presso il Ministero della salute, il registro nazionale della sindrome fibromialgica, al fine di provvedere alla raccolta e all'analisi dei dati clinici riferiti a tale malattia, con l'intento di stabilire appropriate strategie di intervento, di monitorare l'andamento e la ricorrenza della patologia, nonché di rilevare le problematiche ad essa connesse e le eventuali complicanze;

6) a promuovere, in collaborazione con le regioni e con le associazioni regionali senza scopo di lucro che tutelano i cittadini affetti da fibromialgia, periodiche campagne di informazione e di sensibilizzazione sulle problematiche relative alla fibromialgia dirette in particolare a diffondere una maggiore conoscenza dei sintomi della malattia.
(1-00242) «Girelli, Furfaro, Malavasi, Ciani, Stumpo, Ghio, Ferrari, Forattini».

(14 febbraio 2024)

   La Camera,

   premesso che:

    1) la fibromialgia (Fm) è una sindrome dolorosa cronica caratterizzata dall'insorgere di numerosi sintomi differenti tra loro ed associata ad ulteriori disturbi come stanchezza cronica, disturbi cognitivi e alterazioni del sonno. Essa colpisce in Italia circa 2-3 milioni di persone, corrispondenti al 3-3,5 per cento dell'intera popolazione. Si tratta di una sindrome che potremmo definire «di genere», giacché più dell'80 per cento di coloro che ne sono affetti sono donne in età lavorativa tra i 30 e i 60 anni;

    2) la eziopatogenesi della fibromialgia è ancora da identificare ma il sintomo cardine della fibromialgia, presente in ogni persona che ne è affetta, è il dolore cronico: un dolore che ha quale caratteristica la sua distribuzione «diffusa» in molti distretti corporei che sono stati classificati e descritti in tabulazioni che ne caratterizzano la specificità. La fibromialgia è caratterizzata da un corteo clinico che altera profondamente la vita delle persone e che coinvolge anche disturbi cognitivi come confusione mentale, alterazione della memoria e della concentrazione, costituendo un grave fattore di inabilità quotidiana. Non è un caso che la fibromialgia sia anche conosciuta come «la malattia dei 100 sintomi»;

    3) a causa dei numerosi sintomi e delle limitazioni funzionali che determina, la fibromialgia è considerata una delle sindromi dolorose croniche a cui è più difficile adattarsi ed infatti, rispetto a pazienti con altre sindromi dolorose croniche, quelli affetti da fibromialgia sembrano mostrare una peggiore qualità di vita e una maggiore disabilità; in questo gruppo di pazienti con dolore cronico alcuni studi hanno addirittura osservato una maggiore frequenza di ideazione suicidaria. Oltre al grave impatto sull'umore, la fibromialgia determina altresì gravi ripercussioni anche in ambito relazionale e sociale; chi soffre di fibromialgia lamenta con grande frequenza di sentirsi non compreso o di essere visto come un malato immaginario. Il mancato riconoscimento della causa del dolore e delle conseguenze che questo provoca nella persona sono i principali motivi di isolamento e sono causa di ulteriore sofferenza;

    4) la fibromialgia ha altresì un notevole impatto anche in ambito lavorativo; purtroppo, il 35-50 per cento dei pazienti con FM non lavora e una persona su tre ritiene di non poter lavorare a causa della sintomatologia e delle limitazioni che essa determina. Tutto ciò porta a gravi difficoltà economiche che impattano anche sulle possibilità di cura, così come a conseguenze negative sull'autostima e sul senso di autoefficacia;

    5) sebbene siano stati definiti i criteri diagnostici necessari per una sua diagnosi di specificità, l'assenza di biomarker e di esami laboratoristici o strumentali in grado di certificarne la presenza determina enormi difficoltà diagnostiche; alcuni pazienti, addirittura, giungono a una diagnosi anche dopo decine di anni di visite specialistiche ed un lungo e costoso calvario diagnostico;

    6) l'attuale impianto normativo nazionale non appare in linea con il dettato costituzionale di cui all'articolo 32, il quale recita che: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti (...)»; soprattutto ove si consideri che, trattandosi di una condizione cronica, la fibromialgia richiede trattamenti multidisciplinari a lungo termine, farmacologici e non farmacologici ed i malati di fibromialgia dovrebbero rientrare pienamente nella categoria delle persone che necessitano di terapia del dolore e dei livelli essenziali di assistenza che la stessa garantisce;

    7) la fibromialgia, infatti, sebbene sia riconosciuta dall'organizzazione mondiale della sanità (Oms) sin dal 1992 con la cosiddetta Dichiarazione di Copenaghen ed inclusa nell'International classification of diseases (ICD) a partire dalla sua nona revisione, in assenza del suo inserimento nell'elenco del Ministero della salute non consente di essere prevista come diagnosi nei tabulati di dimissione ospedaliera; i pazienti, di conseguenza, sono privi di tutele e non possono usufruire dell'esenzione dalla spesa sanitaria;

    8) riconoscere la fibromialgia come malattia cronica e invalidante ne consentirebbe l'inserimento tra le patologie che danno diritto all'esenzione dalla partecipazione al costo per le correlate prestazioni sanitarie, stante le condizioni di forte disagio e malessere psico-fisico che si manifestano nelle persone che ne sono affette;

    9) in Italia diverse regioni hanno adottato norme che regolamentano alcuni aspetti di tale materia, adottando mozioni o proposte di legge in materia. Tuttavia, pur essendo iniziative apprezzabili e importanti, hanno creato una normativa frammentata, che rende necessario un intervento legislativo centrale volto a riconoscere alla fibromialgia, in modo omogeneo nell'intero territorio nazionale, lo status di malattia invalidante, riconoscendo a chi soffre di fibromialgia il diritto alle cure, spese mediche ed esami diagnostici necessari ed alla relativa esenzione dalla partecipazione alle spese così come per altre malattie invalidanti,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative di competenza volte a garantire adeguata tutela sanitaria ai soggetti affetti da sindrome fibromialgica attraverso l'inserimento della malattia nei livelli essenziali di assistenza (Lea), nonché conseguentemente a garantire l'accesso a percorsi di assistenza finalizzati alla diagnosi, cura e riabilitazione della malattia in ogni suo stadio di manifestazione clinica, attraverso l'inserimento della fibromialgia nell'elenco delle malattie croniche, definendo i gradi di invalidità derivanti dalla malattia stessa nei suoi differenti stadi di severità, con il fine di garantire alle persone affette da fibromialgia il diritto all'esenzione dalla partecipazione alla spesa per le correlate prestazioni sanitarie, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124;

2) a promuovere la prevenzione della sindrome fibromialgica attraverso l'adozione, a livello nazionale e regionale, di programmi socio-sanitari finalizzati alla prevenzione primaria, secondaria e terziaria della malattia e di strumenti, anche sperimentali, che permettano lo sviluppo di interventi e comportamenti in grado di evitare o ridurre l'insorgenza e lo sviluppo della fibromialgia selezionando e trattando le condizioni di rischio, nonché di anticipare la diagnosi di malattia e di ridurre la morbilità e gli effetti dovuti alla malattia, promuovendo la salute dell'individuo e della collettività, anche coordinando i centri nazionali di ricerca per lo studio della fibromialgia – elenco dei centri già in possesso del Ministero della salute in seguito al decreto ministeriale n. 2228 dell'8 luglio 2022 –, per la definizione dei relativi protocolli terapeutici, dei presidi farmacologici convenzionali e non convenzionali e dei presidi riabilitativi idonei, nonché per la rilevazione statistica dei soggetti affetti dalla fibromialgia;

3) a rimodulare il modello organizzativo del Registro nazionale della fibromialgia per la raccolta e l'analisi dei dati clinici riferiti a tale malattia, inserendo competenze multidisciplinari e prevedendo il coinvolgimento delle associazioni nazionali di pazienti (a maggioranza di associati che siano pazienti) iscritte al Registro unico nazionale del terzo settore (Runts), a supporto delle attività attribuite al registro stesso, con il fine di implementare e mantenere aggiornati i dati epidemiologici necessari a definire l'incidenza della fibromialgia in Italia, nonché monitorare l'intervallo temporale tra l'esordio del corredo sintomatologico e la diagnosi e valutarne gli esiti in termini di efficacia ed efficienza, quindi, sull'impatto socio/economico;

4) a predisporre idonei corsi di formazione, aperti anche alle organizzazioni di volontariato che si occupano della fibromialgia, da inserire nel programma nazionale per la formazione continua di cui all'articolo 16-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, per la diagnosi e per i relativi protocolli terapeutici della patologia;

5) a diffondere la conoscenza della sindrome fibromialgica attraverso la promozione e la conduzione di studi clinici aventi ad oggetto l'aspetto epidemiologico, la diagnosi e la cura, nonché l'impatto sociale e lavorativo della malattia;

6) a riconoscere l'associazionismo specifico e le attività di volontariato finalizzate a sostenere e aiutare le persone affette da tale malattia come componente essenziale del sistema di tutela garantito ai fibromialgici;

7) a promuovere, d'intesa con le regioni, avvalendosi degli enti del Servizio sanitario nazionale e del Ministero dell'università e della ricerca, bandi annuali di ricerca finalizzati a identificare le basi patogenetiche della malattia per favorirne la prevenzione, promuovendo un approccio biopsicosociale che consenta di pervenire a diagnosi precoci e oggettive di malattia e a sostenere la ricerca di terapie innovative e dei migliori percorsi assistenziali, ciò anche attraverso convenzioni con le associazioni e fondazioni senza scopo di lucro che tutelano i cittadini affetti da fibromialgia con competenze al loro interno per sviluppare progetti di ricerca sia cliniche sia epidemiologiche nell'ambito sociosanitario;

8) ad istituire una commissione permanente presso il Ministero della salute che fornisca, almeno su base triennale, una relazione di aggiornamento sullo stato delle conoscenze e delle nuove acquisizioni scientifiche in materia, con particolare riferimento ai problemi concernenti la prevenzione della malattia e delle sindromi a essa correlate, nonché per individuare le forme e le modalità di una più elevata assistenza;

9) ad adottare iniziative volte a stipulare accordi con le associazioni imprenditoriali per favorire l'accesso e il mantenimento al lavoro delle persone affette da fibromialgia e all'attività telelavorativa nelle forme del lavoro a distanza o del telelavoro domiciliare, nonché l'applicazione di accomodamenti ragionevoli presso la sede di lavoro, che siano compatibili con la funzionalità dell'impresa e con la qualità del servizio fornito;

10) a promuovere periodiche campagne di informazione e di sensibilizzazione della popolazione sulle problematiche relative alla fibromialgia dirette in particolare a diffondere una maggiore conoscenza dei sintomi della malattia e a promuovere il ricorso al medico di medicina generale nonché ai centri nazionali e agli ambulatori specialistici, al fine di favorire una diagnosi precoce e corretta.
(1-00243) «Sergio Costa, Sportiello, Quartini, Di Lauro, Marianna Ricciardi, Ascari, Caramiello».

(15 febbraio 2024)

   La Camera,

   premesso che:

    1) la fibromialgia, anche detta sindrome fibromialgica (FMS, dall'inglese fibromyalgia syndrome), è una patologia cronica caratterizzata da dolore muscolo-scheletrico diffuso, disturbi del sonno, fatica cronica, alterazioni neurocognitive e molti altri sintomi, come la cefalea o la sindrome del colon irritabile;

    2) il termine fibromialgia significa dolore nei muscoli e nelle strutture connettivali fibrose (i legamenti e i tendini): questa condizione viene definita «sindrome» poiché esistono segni e sintomi clinici che sono contemporaneamente presenti;

    3) è una condizione che può manifestarsi a qualunque età, anche se più spesso nella terza/quarta/quinta decade di vita, e approssimativamente 1.5-2 milioni di persone solo in Italia ossia circa il 2 per cento e il 4 per cento della popolazione;

    4) tale sindrome interessa prevalentemente il sesso femminile – si stima quasi il 90 per cento dei soggetti affetti – e di queste soprattutto le donne in età fertile e lavorativa. A tal proposito, occorrerebbe implementare anche gli approcci alla medicina di genere riconosciuti dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), previsti sia dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che dal Piano nazionale della prevenzione (PNP 2020-2025) del Ministero della salute;

    5) la fibromialgia ha un andamento cronico e i sintomi possono persistere anche tutta la vita, ma non sono sempre presenti nella stessa intensità o con lo stesso livello di gravità: ci possono essere riacutizzazioni (peggioramenti) della sintomatologia più o meno ricorrenti, e ciò spesso rende difficile la diagnosi;

    6) il sintomo principale della fibromialgia è un dolore cronico, causato da una sorta di tensione muscolare, che può essere localizzato o diffuso in tutto il corpo, e che può diventare così intenso da impedire le normali attività quotidiane, con ripercussioni negative sul lavoro, la vita familiare e i rapporti sociali. Fra i numerosi altri sintomi sono presenti affaticamento, astenia, rigidità, sensazione di gonfiore, parestesie, tachicardia, disturbi del sonno, mal di testa e dolore facciale. Si riscontrano spesso anche disturbi cognitivi, gastrointestinali, urinari e della sensibilità (vista, udito e tatto), dismenorrea, vaginismo, alterazioni dell'equilibrio e della temperatura corporea, allergie, intolleranze e sintomi a carico degli arti inferiori (la cosiddetta «sindrome delle gambe senza riposo»);

    7) molte persone raccontano di manifestazioni ansiose o depressive, a volte con attacchi di panico. Questo ha fatto sì che in passato la fibromialgia venisse considerata come un processo di somatizzazione, e purtroppo, ancora oggi, molti medici sono legati a questa definizione ormai superata. Diversi studi hanno dimostrato inequivocabilmente che gli eventuali sintomi depressivi o ansiosi sono un effetto, piuttosto che una causa, della malattia;

    8) dopo un eventuale contagio da Covid-19 il rischio di fibromialgia è cinque volte più alto rispetto al normale e anche per questo è importante aumentare l'attenzione per una malattia «invisibile», che spesso richiede anni prima di arrivare alla diagnosi ma che compromette molto la qualità di vita;

    9) è una sindrome con un notevole impatto anche in ambito lavorativo dato che ben il 35-50 per cento dei pazienti non lavora e una persona su tre ritiene di non poter lavorare a causa della sintomatologia e delle limitazioni che la malattia porta. Tutto ciò porta a gravi difficoltà economiche che impattano anche sulle possibilità di cura;

    10) nonostante la sindrome fibromialgica sia una condizione così grave e che colpisce un elevato numero di persone e pur essendo, per l'ampio spettro di sintomatologie, da considerare di interesse multidisciplinare, essa, a distanza di oltre 30 anni dal suo riconoscimento da parte dell'organizzazione mondiale della sanità – avvenuto ben nel 1992 – non è ancora riconosciuta come malattia invalidante a tutti gli effetti;

    11) fibromialgia in Italia non è inclusa negli elenchi ministeriali delle patologie croniche e non è dunque inserita nei Lea, livelli essenziali di assistenza. Ciò significa che i pazienti non hanno diritto all'esenzione da ticket per prestazioni specialistiche, farmaci o qualsiasi forma di terapia;

    12) il diritto alla salute rappresenta all'interno del nostro sistema costituzionale un fondamentale diritto dell'individuo, oltre ad un interesse primario per la collettività, è l'unico ad essere qualificato come «inviolabile» dalla Costituzione e si sostanzia nel diritto all'integrità fisica e psichica nel senso di poter avere trattamenti medici di prevenzione e cura;

    13) appare, pertanto, in tutta la sua evidenza, un obbligo da parte dello Stato di riconoscere anche a chi soffre di sindrome fibromialgica le cure, le spese mediche e gli esami diagnostici necessari, al pari di ciò che avviene per le altre malattie invalidanti;

    14) se si considera che, pur non esistendo una cura specifica, essendo una malattia cronica, la sindrome fibromialgica richiede trattamenti multidisciplinari a lungo termine, farmacologici convenzionali e non convenzionali, ossigenoterapia iperbarica e ozono terapia, tali considerazioni assumono una valenza ancora più ampia e più urgente;

    15) in aggiunta a queste considerazioni, essendo la caratteristica principale della sindrome fibromialgica il dolore, i pazienti dovrebbero rientrare pienamente nella categoria delle persone che necessitano di «terapia del dolore»; infatti il dolore cronico risulta essere, ad oggi, tra le forme di sofferenza a più alto costo nei Paesi industrializzati, con almeno 500 milioni di giorni di lavoro persi ogni anno soltanto in Europa, che corrispondono ad un costo di circa 34 miliardi di euro;

    16) appare pertanto quanto mai necessario fornire, con tempistiche il più brevi possibili, risposte adeguate alle centinaia di cittadini che soffrono di tale patologia: le Istituzioni devono tutelare le istanze e i bisogni di queste persone e promuovere le opportune forme di aiuto e di sostegno, attraverso la presa in carico di questa patologia per garantire le risposte più efficaci dai punto di vista clinico, sociale e relazionale;

    17) l'intervento da attuare è quanto mai urgente anche perché, allo stato attuale, un riconoscimento della patologia della fibromialgia, o almeno l'attenzione al fenomeno, è già stato operato da alcune regioni in modo autonomo: pertanto, le conseguenze inevitabili sono che, sul territorio nazionale, vi è una differente modalità di approccio dei servizi sanitari regionali nei confronti dei pazienti, e si produce una odiosa disparità di trattamento in netto contrasto con i principi della Carta costituzionale;

    18) il riconoscimento della sindrome fibromialgica come malattia invalidante ne consentirebbe l'inserimento tra le patologie che danno diritto all'esenzione dalla partecipazione al costo per le correlate prestazioni sanitarie, prime fra tutte quelle concernenti la «terapia del dolore» e che appaiono indispensabili in considerazione delle condizioni di forte disagio e malessere psicofisico che, si manifestano nelle persone che ne sono affette;

    19) inoltre, si consentirebbe anche l'individuazione sul territorio nazionale sia di strutture sanitarie pubbliche idonee alla diagnosi e alla riabilitazione di questa patologia, sia di centri di ricerca per lo studio di tale sindrome, al fine di garantire la formazione continua – anche alla luce della piena attuazione delle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, – la diagnosi e i relativi protocolli terapeutici;

    20) in assenza dell'inserimento nel nomenclatore dei Ministero della salute, la sindrome fibromialgica non può essere prevista come diagnosi nei tabulati di dimissione ospedaliera, con la conseguente inapplicabilità di alcuna forma di esenzione alla partecipazione alla spesa,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative di competenza volte a prevedere il riconoscimento della sindrome fibromialgica come malattia invalidante – garantendo ai malati affetti da tale patologia l'esenzione dalla partecipazione alla spesa per le correlate prestazioni sanitarie, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124 – anche nell'ottica di una più ampia revisione dei Lea (Livelli essenziali di assistenza);

2) ad individuare, attraverso gli opportuni provvedimenti, i centri nazionali di ricerca per lo studio della sindrome fibromialgica, per la definizione dei relativi protocolli terapeutici e dei più idonei presìdi farmacologici – sia convenzionali, sia non convenzionali – e riabilitativi, nonché per la rilevazione statistica dei soggetti affetti dalla predetta patologia;

3) ad istituire, presso il Ministero della salute, il registro nazionale della sindrome fibromialgica, al fine di provvedere alla raccolta e all'analisi dei dati clinici riferiti a tale malattia, con l'obiettivo di stabilire strategie di intervento, di monitorare l'andamento e la ricorrenza della patologia e di rilevare le problematiche ad essa connesse nonché le eventuali complicanze;

4) ad adottare le iniziative per favorire l'accesso delle persone affette da sindrome fibromialgica all'attività telelavorativa, nelle forme sia del lavoro a distanza sia del telelavoro domiciliare, compatibili con la funzionalità dell'impresa e con la qualità del servizio fornito;

5) a promuovere, in collaborazione con le regioni e con le associazioni regionali senza scopo di lucro che tutelano i cittadini affetti da fibromialgia, periodiche campagne di informazione e di sensibilizzazione sulle problematiche relative alla fibromialgia dirette in particolare a diffondere una maggiore conoscenza dei sintomi della malattia;

6) a promuovere studi e ricerche al fine di identificare criteri diagnostici riconosciuti capaci di individuare la sindrome fibromialgica, e in particolare le sue forme più gravi e invalidanti, le terapie innovative e la loro efficacia, le prestazioni specialistiche più appropriate, l'impiego di farmaci per il controllo dei sintomi nonché il monitoraggio e la prevenzione degli eventuali aggravamenti;

7) ad adottare iniziative di competenza per prevedere un maggiore coinvolgimento degli organismi tecnico-scientifici competenti, tra cui in particolare l'istituto superiore di sanità, nell'ambito dell'elaborazione della normativa in materia di percorsi assistenziali, al fine di giungere ad una trattazione organica di tutte le patologie che ad oggi non possiedono un adeguata risposta terapeutica.
(1-00251) «Bonetti, Richetti, D'Alessio, Grippo, Rosato, Ruffino».

(26 febbraio 2024)

   La Camera,

   premesso che:

    1) l'Organizzazione mondiale della sanità ha riconosciuto dal 1993 la fibromialgia tra le malattie del sistema muscolo-scheletrico e del tessuto connettivo, classificandola il 24 gennaio 2007 con il codice M-79.7 nell'IDC-lO (International classification of diseases), Capitolo XIII «Malattie del sistema muscolare e connettivo»;

    2) la sindrome fibromialgica è una malattia reumatica, complessa e debilitante caratterizzata da dolore del muscolo scheletrico-cronico diffuso con affaticamento costante e una rigidità generalizzata, spesso associato a sintomi extrascheletrici – come astenia, stanchezza, disturbi del sonno, problemi dell'alvo, problemi dell'area cognitiva (memoria, attenzione, rallentamento dei tempi di reazione, alterazione delle funzioni esecutive) – a carico di numerosi organi o apparati e a sintomi di tipo psicologico (ansia, depressione, attacchi di panico);

    3) la sindrome fibromialgica conta più di 100 sintomi; oltre a quelli sopracitati, si riscontrano disturbi della vista, fibrofog, allergie, mioclonie, ipersensibilità, palpitazioni cardiache, dolore toracico, disturbi digestivi, dolore pelvico e altri ancora. Il paziente predisposto al dolore fibromialgico manifesta molti episodi di dolore cronico quali cefalea, disfunzione temporale mandibolare, fatica cronica, colon irritabile e altre sindromi dolorose. Tutti sintomi altamente invalidanti che influiscono negativamente sulla qualità della vita di chi ne è affetto;

    4) nell'Unione europea quasi 14 milioni di persone soffrono di tale sindrome, che colpisce soprattutto le donne in età compresa fra i 25 e 55 anni, ma può osservarsi a ogni età, compresa l'infanzia e sono in aumento i casi fra gli adolescenti. In Italia colpisce circa 1,5-2 milioni di individui, con un rapporto uomo-donna di 1:8;

    5) non esistono a tutt'oggi esami diagnostici specifici o marcatori per l'individuazione della sindrome fibromialgica, né terapie risolutive di provata efficacia sul controllo del dolore e dei tanti sintomi collaterali ed i pazienti richiedono trattamenti multidisciplinari e farmacologici;

    6) anche se non esiste una cura specifica, la fibromialgia, in quanto malattia cronica, richiede trattamenti multidisciplinari a lungo termine, farmacologici convenzionali e non convenzionali, ossigenoterapia iperbarica e ozono terapia. Sono importanti anche approcci personalizzati per le specifiche esigenze dei pazienti: terapie antalgiche (agopuntura o criostimolazione), fitoterapiche, approccio nutraceutico e nutrizionistico, ginnastica dolce, linfodrenaggio, fisioterapia, acqua antalgica e psicoterapia;

    7) la difficoltà nel formulare una diagnosi dà spesso origine a un percorso nosocomiale che si protrae per anni, un costoso calvario caratterizzato dalla sofferenza e contraddistinto da una crescente disabilità;

    8) a livello territoriale, numerose regioni hanno riconosciuto la sindrome fibromialgica come malattia invalidante e/o avviato percorsi per il riconoscimento e la presa in carico dei malati: le province autonome di Trento e di Bolzano hanno garantito ai malati il diritto all'esenzione per patologia dalla compartecipazione alla spesa sanitaria, oltre che un maggior punteggio in sede di determinazione dell'invalidità civile; anche in Veneto le è stato attribuito lo status di malattia rara e Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Emilia-Romagna, Campania e Toscana hanno avviato il percorso per l'inclusione della patologia tra le malattie rare e invalidanti;

    9) sebbene quelli a livello regionale siano risultati importanti, occorre un intervento unitario per garantire omogeneità di cure e uguaglianza dei pazienti;

    10) la Commissione nazionale per l'aggiornamento dei Lea e la promozione dell'appropriatezza del Sistema sanitario nazionale è impegnata nell'esame e nella valutazione di tale richiesta di inserimento e delle relative prestazioni di specialistica ambulatoriale appropriate per il monitoraggio della malattia da concedere in regime di esenzione;

    11) la legge di bilancio 2022 (legge 30 dicembre 2021, n. 234), all'articolo 1, comma 972, ha previsto per il 2022 lo stanziamento di un fondo di 5 milioni di euro finalizzato allo studio, alla diagnosi e alla cura della fibromialgia;

    12) il mancato riconoscimento di tale sindrome ricade sui pazienti e sulle loro famiglie, sia per quanto riguarda le prestazioni sanitarie e l'acquisto dei farmaci, sia a livello lavorativo per il riconoscimento dell'invalidità e delle assenze per malattia;

    13) la fibromialgia è presente come entità clinica autonoma in tutte le classificazioni internazionali del dolore cronico ed è riconosciuta in molti Paesi dal sistema sanitario pubblico e a livello assicurativo,

impegna il Governo:

1) ad adottare ogni iniziativa di competenza, volta a riconoscere la fibromialgia come malattia cronica e invalidante, proseguendo nel percorso intrapreso e volto a perfezionare l'iter delineato con la legge n. 208 del 2015, in coerenza con i princìpi di rilevanza costituzionale sottesi all'aggiornamento dei LEA, fra i quali la tutela della salute, il rispetto degli equilibri di finanza pubblica, la leale collaborazione, il contenimento della spesa, garantendo ai malati affetti da tale patologia l'esenzione dalla partecipazione alla spesa per le correlate prestazioni sanitarie, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124;

2) ad adottare le iniziative di competenza necessarie per aggiornare i protocolli terapeutici esistenti e definire un Percorso diagnostico terapeutico assistenziale (Pdta) specifico per l'individuazione di competenze, procedure diagnostiche e terapeutiche uniformi, nonché del percorso assistenziale più appropriato da far seguire al paziente, dal medico di medicina generale fino al secondo livello rappresentato dallo specialista, affinché sia possibile una tempestiva diagnosi e terapia, evitando la progressione della sindrome;

3) ad adottare le iniziative di competenza per prevedere l'erogazione dei farmaci, individuati dalle terapie per il trattamento della sindrome fibromialgica e volti a migliorare lo stile di vita della persona malata, riducendone i dolori e restituendo la possibilità di svolgere mansioni quotidiane, attraverso il canale di distribuzione diretta, sulla base della diagnosi e del piano terapeutico da effettuarsi unicamente da parte degli specialisti dei centri di riferimento regionali;

4) a istituire, presso il Ministero della salute, il registro nazionale della sindrome fibromialgica, al fine di provvedere alla raccolta e all'analisi dei dati clinici riferiti a tale malattia, con l'intento di stabilire appropriate strategie di intervento, di monitorare l'andamento e la ricorrenza della patologia, nonché di rilevare le problematiche a essa connesse e le eventuali complicanze;

5) a valutare tutte le iniziative utili a promuovere una specifica formazione e l'aggiornamento di tutti i professionisti coinvolti nel percorso assistenziale;

6) a promuovere, per quanto di competenza, la definizione di accordi per favorire l'inserimento e la permanenza lavorativa delle persone con tale patologia;

7) a promuovere, in collaborazione con le regioni e con le associazioni maggiormente rappresentative, periodiche campagne di informazione e di sensibilizzazione sulle problematiche relative alla sindrome fibromialgica, dirette, in particolare, a diffondere una maggiore conoscenza dei sintomi della malattia e a promuovere il ricorso al medico di base, al fine di favorirne una diagnosi precoce e corretta.
(1-00252) «Ciancitto, Lazzarini, Benigni, Brambilla, Vietri, Loizzo, Cappellacci, Lancellotta, Panizzut, Patriarca, Ciocchetti, Colosimo, Maccari, Morgante, Rosso, Schifone, Testa».

(26 febbraio 2024)

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

   RICHETTI, BONETTI, BENZONI, D'ALESSIO, GRIPPO, SOTTANELLI, ONORI e ROSATO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   alla luce del protrarsi della grave crisi internazionale in atto in Ucraina, il decreto-legge n. 200 del 2023 ha previsto la proroga fino al 31 dicembre 2024 dell'autorizzazione alla cessione – demandata a decreti del Ministro interrogato – di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina;

   tali provvedimenti sono stati resi necessari dalla preoccupante degenerazione del conflitto, in cui si assiste alla continua, anche nelle ultime ore, intensificazione dei bombardamenti e degli attacchi missilistici e con droni, a danno delle città e delle infrastrutture strategiche ucraine;

   le cessioni avvengono a titolo gratuito per l'Ucraina e sono parzialmente rimborsate dall'Unione europea attraverso i fondi dello «Strumento europeo per la pace» (European Peace FacilityEPF), istituito nel marzo 2021 con una dotazione di circa 5,7 miliardi di euro per il periodo 2021-2027;

   la controffensiva ucraina lanciata ad inizio estate 2023 non ha prodotto i risultati sperati assestandosi su una pericolosa fase di stallo, anche a causa della lentezza della fornitura degli equipaggiamenti militari da parte degli alleati;

   lo stesso Ministro interrogato, poche settimane fa, ha delineato presso la Commissione Difesa della Camera dei deputati la preoccupante situazione della produzione e dello stato degli armamenti a disposizione delle Forze armate italiane;

   il 2024 metterà alla prova dei fatti l'impegno dell'Unione europea a sostegno dell'Ucraina: l'esercito di Kiev ha una necessità impellente di munizioni e pezzi di artiglieria per sostenere l'intensità di fuoco del nemico. Si stima, infatti, che per ogni munizione utilizzata dagli ucraini ce ne siano sei da parte dei russi: un differenziale incolmabile senza un persistente aiuto occidentale;

   questo conflitto è una guerra per la sopravvivenza dell'Europa: la pace non può prescindere da un serio sostegno militare all'esercito ucraino. Sulla disponibilità di munizioni si gioca la possibilità della difesa ucraina, che rappresenta l'ultimo baluardo fondamentale per l'Europa stessa di fronte all'aggressione da parte della dittatura russa;

   soprattutto alla luce dell'inerzia del Congresso americano denunciata dallo stesso Presidente Biden, bisogna assolutamente rinnovare e intensificare il nostro supporto militare all'esercito ucraino, pena la sconfitta certa di fronte ad una rinnovata capacità bellica russa e ad una guerra di logoramento insostenibile nel medio e lungo periodo –:

   quale piano di sviluppo dell'industria bellica nazionale intenda implementare al fine di garantire all'Ucraina, anche attraverso gli strumenti comunitari, le munizioni necessarie a sostenere il conflitto scatenato dall'illegale invasione russa.
(3-01018)

(27 febbraio 2024)

   ZARATTI, ZANELLA, BONELLI, FRATOIANNI, BORRELLI, DORI, EVI, GHIRRA, GRIMALDI, MARI e PICCOLOTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   con l'ultima legge di bilancio, per l'anno 2024 il bilancio proprio del Ministero della difesa supera per la prima volta i 29 miliardi di euro (29.161 milioni per la precisione) con una crescita di ben 1.438 milioni di euro (+5,1 per cento rispetto al 2023) che fa seguito ad un aumento di circa 1,8 miliardi già realizzato tra il 2022 e il 2023. In definitiva in due anni il bilancio della Difesa ha sperimentato un aumento di circa il 12,5 per cento (oltre 3,2 miliardi in termini monetari) e, diversamente da quanto successo lo scorso anno, deriva il proprio aumento quasi esclusivamente da nuovi fondi a disposizione per l'acquisizione di armamenti;

   la scorsa settimana, con l'approvazione del parere sullo schema di decreto ministeriale di approvazione del programma pluriennale di A/R nr. SMD 13/2023, denominato «Rinnovamento della componente corazzata (Main Battle Tank Leopard 2 e piattaforme derivate) dello Strumento Militare Terrestre», le Commissioni competenti di Camera dei deputati e Senato della Repubblica hanno dato il via libera all'acquisto di 132 carri armati tedeschi Leopard 2, per un costo stimato in 8 miliardi e 246 milioni di euro, e di un satellite per le comunicazioni militari, oltre a ulteriori navi e missili, per una cifra totale di 12 miliardi di euro;

   sempre la scorsa settimana, il Senato della Repubblica ha approvato il disegno di legge che autorizza modifiche alla legge n. 185 del 1990, che ora si attende alla Camera, relativa alla produzione ed esportazione di armi, prevedendo – tra le altre cose – la soppressione del comma 4 dell'articolo 27 e che elimina l'obbligo che imponeva di inserire nella relazione annuale «un capitolo sull'attività degli istituti di credito operanti nel territorio italiano» in merito alle operazioni disciplinate dalla legge n. 185 del 1990. Non si saprà quindi quali saranno le banche nazionali ed estere operative nel settore dell'import-export di armamenti italiani;

   abbandonato il progetto di una Unione europea di pace per realizzare quello di sicurezza (senza una vera unità in politica estera e di difesa), con la guerra in Ucraina si è trovato il pretesto per sostenere l'aumento della produzione militare con grande soddisfazione delle industrie della difesa –:

   se il Ministro interrogato non intenda escludere per il futuro un ulteriore aumento delle spese militari, rinunciando all'obiettivo del 2 per cento della spesa pubblica destinata a queste spese, e rivedere i programmi già approvati in modo da destinare queste risorse alla transizione ecologica e al sostegno dei settori più fragili della nostra società.
(3-01019)

(27 febbraio 2024)

   PELLEGRINI, RICCARDO RICCIARDI, BALDINO e LOMUTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il 22 febbraio 2024 si è svolta l'audizione del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, on. Antonio Tajani, presso le Commissioni riunite Affari esteri della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, volta ad informare il Parlamento della volontà governativa di siglare un accordo di cooperazione bilaterale di sicurezza con l'Ucraina volto a ribadire l'indipendenza del territorio ucraino e la condanna dell'aggressione russa;

   il 24 febbraio 2024 a Kiev, a margine della prima riunione dei Capi di Stato e di Governo in seno al G7 sotto la Presidenza italiana, è stato firmato l'Accordo di cooperazione in materia di sicurezza tra Ucraina e Italia;

   il testo dell'Accordo suscita non poche perplessità soprattutto con riferimento alla «Parte I. Sicurezza e assistenza militare». Dal testo si evince una centralità dell'impegno italiano sul piano militare declinato nell'intenzione di continuare a inviare materiali di armamento all'Ucraina mantenendo il livello dei pacchetti di aiuti militari del 2022 e 2023, come specificato al paragrafo 6 dell'articolo 1, nonché una maggiore cooperazione tra industrie della difesa italiane e ucraine anche nell'ottica di aumentare le partnership industriali nel settore della difesa volte ad individuare le aree di investimento di maggiore impatto, come riportato dall'articolo 3;

   l'articolo 1, paragrafo 4, dell'Accordo prevede, inoltre, che l'Italia fornirà all'Ucraina assistenza tempestiva in materia di sicurezza, equipaggiamenti militari moderni e armi in tutti i domini terrestre, aereo, marittimo, spaziale e cibernetico. Il paragrafo 7 del medesimo articolo prevede un impegno relativo al sostegno militare di durata decennale;

   quanto sopra riportato, se interpretato in combinato disposto tra l'articolo 1 e l'articolo 3 dell'Accordo, non fa che confermare e, anzi, aumentare l'impegno dell'Italia nel conflitto in Ucraina in senso unicamente bellicista con, in aggiunta, una prospettiva non più a breve termine ma addirittura decennale, prevedendo altresì una stretta cooperazione industriale a giudizio degli interroganti cinicamente volta all'aumento di produzione e di cessione di armi e munizioni da parte dell'Italia, e alla crescita degli investimenti nell'intero settore dell'industria della difesa –:

   con quali materiali d'armamento intenda sostenere il supporto di carattere militare all'Ucraina per l'anno in corso nonché per la durata decennale dell'Accordo, di cui in premessa, con particolare riferimento alla sua sostenibilità economica e finanziaria, compresa l'eventuale produzione di detto materiale.
(3-01020)

(27 febbraio 2024)

   PATRIARCA, CAPPELLACCI e BENIGNI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il fenomeno della «fuga dei cervelli» sta colpendo numerosi settori del nostro Paese: un settore nevralgico è quello sanitario, nell'ambito del quale arginare la fuga dei cervelli significa dare ai giovani che si formano nei nostri atenei una prospettiva di immediato inserimento a supporto dell'erogazione delle cure e della prevenzione;

   carenze di opportunità, complessità burocratiche nel reclutamento, salari inadeguati e scarse prospettive di carriera sulla base di risultati misurabili hanno allontanato migliaia di medici: le giovani leve cercano all'estero prospettive di carriera in grado di remunerare professionalmente ed economicamente gli sforzi fatti nel lungo percorso di studio;

   la carenza di personale medico negli ospedali e nei servizi territoriali è un fenomeno destinato a crescere: secondo uno studio Anaao da oggi al 2025 mancheranno al Servizio sanitario nazionale almeno 16.500 medici specialisti;

   a ciò si aggiunga che in Italia, a causa dell'invecchiamento della popolazione – secondo l'Iss attualmente circa il 20 per cento supera i 65 anni di età e, secondo l'Istat, nel 2050 circa l'8 per cento avrà più di 85 anni – la domanda di assistenza sanitaria è destinata a salire;

   il decreto legislativo n. 209 del 2023 ha attuato la riforma fiscale in materia di fiscalità internazionale, abrogando l'articolo 16 del decreto legislativo n. 147 del 2015 in materia di incentivi fiscali per i vecchi impatriati, e l'articolo 5, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del decreto-legge n. 34 del 2019, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 58 del 28 giugno 2019 riguardante la proroga di tali incentivi;

   con l'articolo 5 del decreto legislativo n. 209 del 2023 sono stati approvati i nuovi incentivi per il rientro dei cervelli e, in particolar modo, per i lavoratori impatriati, operando una restrizione dell'ambito di applicazione di tale incentivo attraverso l'introduzione di nuove regole;

   tali modifiche non riguardano anche gli incentivi fiscali per i «docenti e ricercatori» che rientrano a lavorare in Italia, per i quali continua ad applicarsi l'articolo 44 decreto-legge n. 78 del 2010 –:

   se il Ministro interrogato non intenda intraprendere iniziative, per quanto di competenza, atte a estendere l'applicabilità degli incentivi per docenti e ricercatori al personale medico, al fine di sopperire alla grave carenza di personale del Servizio sanitario nazionale, così rafforzandone la dotazione organica e, al contempo, aumentandone la resilienza al fine di fornire risposte efficaci alle istanze di assistenza sanitaria attuali e future della popolazione.
(3-01021)

(27 febbraio 2024)

   ZINZI, MOLINARI, ANDREUZZA, ANGELUCCI, BAGNAI, BARABOTTI, BELLOMO, BENVENUTO, DAVIDE BERGAMINI, BILLI, BISA, BOF, BORDONALI, BOSSI, BRUZZONE, CANDIANI, CAPARVI, CARLONI, CARRÀ, CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, COIN, COMAROLI, CRIPPA, DARA, DI MATTINA, FORMENTINI, FRASSINI, FURGIUELE, GIACCONE, GIAGONI, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI, IEZZI, LATINI, LAZZARINI, LOIZZO, MACCANTI, MARCHETTI, MATONE, MIELE, MINARDO, MONTEMAGNI, MORRONE, NISINI, OTTAVIANI, PANIZZUT, PIERRO, PIZZIMENTI, PRETTO, RAVETTO, SASSO, STEFANI, SUDANO, TOCCALINI, ZIELLO e ZOFFILI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   continua a suscitare polemiche la gestione della brucellosi (Brc) e della tubercolosi bovina e bufalina (Tbc) nel Sud dell'Italia. Gli allevatori e gli imprenditori agricoli contestano gli abbattimenti degli animali previsti dai piani regionali, la cui applicazione ha provocato ingenti danni a un comparto strategico per l'economia nazionale;

   nella regione Campania la situazione, confermata dagli allevatori, è quella di un fallimento delle misure adottate dalla regione con il piano straordinario per il controllo delle malattie infettive della bufala mediterranea italiana e dal successivo programma obbligatorio di eradicazione delle malattie infettive delle specie bovina e bufalina;

   nel 2021, in provincia di Caserta, la prevalenza di brucellosi bufalina rilevata era del 18,71 per cento, mentre la consistenza dei capi 189 mila unità circa. I dati di dicembre 2023 indicano che i comuni «cluster d'infezione» sono passati da 7 a 5 e la prevalenza è scesa all'11,5 per cento (-7,21 per cento) e gli animali presenti nel medesimo territorio sono 184 mila (-2,65 per cento). Gli abbattimenti sono passati da 12 mila circa nel corso del 2021, pari al 6,34 per cento di tutte le bufale presenti negli allevamenti Casertani, a 6 mila nel 2023, che rappresentano solo il 3 per cento circa del patrimonio bufalino della provincia, con un 50 per cento in meno di abbattimenti rispetto al 2021. Prosegue senza sosta la campagna vaccinale, che il commissario straordinario ha inteso mantenere anche nei comuni «ex cluster», allo scopo di massimizzare tale profilassi. Ma si è ancora lontani dall'obiettivo del piano di eradicazione della regione Campania che si poneva l'obiettivo di arrivare ad una prevalenza dell'1,62 per cento entro il 31 dicembre 2023;

   con sentenza n. 2460 del 17 novembre 2023 il Tar Campania ha respinto il ricorso promosso dall'Unione provinciale degli agricoltori di Caserta e da alcuni allevatori, avverso il piano di eradicazione della brucellosi bufalina adottato dalla regione Campania e in corso di attuazione sotto il coordinamento del commissario regionale. Con una lunga ed articolata pronuncia, il tribunale ha rilevato che il piano regionale, adottato d'intesa con il Ministero della salute, costituisce corretta attuazione della normativa dell'Unione europea e delle circolari ministeriali sotto tutti i numerosi profili esaminati –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere in merito alla preoccupante situazione degli allevamenti e del patrimonio bufalino nelle regioni del Sud Italia, ivi inclusa l'ipotesi di nomina di un commissario ad hoc, al fine di superare le gravi criticità riscontrate fino ad oggi.
(3-01022)

(27 febbraio 2024)

   FARAONE, GADDA, DE MONTE, DEL BARBA, MARATTIN, BONIFAZI, BOSCHI, GIACHETTI e GRUPPIONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la riforma organica dell'assistenza agli anziani riguarda più di 3,8 milioni di anziani con gravi limitazioni motorie, sensoriali o cognitive, un numero destinato a crescere molto con l'invecchiamento della popolazione e naturalmente riguarda anche, molto da vicino, tutte le loro famiglie;

   la riforma è una di quelle legate all'attuazione del Pnrr, ma è indiscutibile che risulti indispensabile a prescindere dai fondi connessi al piano richiamato;

   il Parlamento ha approvato la legge 23 marzo 2023, n. 33, recante «Deleghe al Governo in materia di politiche in favore delle persone anziane», e il 25 gennaio 2024 il Governo Meloni ha licenziato lo schema di decreto legislativo delegato all'attuazione della riforma, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro della salute;

   il documento, ai sensi dell'articolo 6, comma 1, della richiamata legge 23 marzo 2023, n. 33, è stato sottoposto per l'intesa alla Conferenza delle regioni e delle province autonome, la quale ha espresso la mancata intesa, perché «la mancata previsione di risorse finanziarie aggiuntive e strutturali, inficia la portata innovativa della riforma depotenziandone l'efficacia sia nel processo di ampliamento dell'accesso ai servizi, sia nell'intensità e nella durata dei servizi offerti»;

   la Premier aveva garantito l'aumento del 200 per cento dell'indennità di accompagnamento, ma l'ipotesi riguarderà soltanto gli over 80 non autosufficienti e con Isee sotto i 6 mila euro, quindi appena 29 mila anziani su un totale di 1,4 milioni già di percettori dell'indennità (532 euro al mese);

   naturalmente lo schema di decreto legislativo non poteva che essere bocciato dalla Conferenza delle regioni per «mancata previsione di risorse finanziarie aggiuntive e strutturali». Con uno stanziamento del Governo di appena 250 milioni, neppure strutturali, ma stanziati su appena due anni (2025 e 2026);

   appare dagli atti fin qui adottati che il Governo non è stato in grado di reperire le risorse necessarie all'attuazione della delega e, senza l'intesa con le regioni, la riforma, ad un anno dall'approvazione della legge, è ancora lontana dalla sua attuazione –:

   quali iniziative urgenti il Governo intenda porre in essere al fine di reperire le risorse necessarie, tanto ad acquisire il consenso della Conferenza delle regioni e delle province autonome, quanto, soprattutto, all'attuazione effettiva della riforma attesa da tanti anziani e pilastro fondamentale nell'ambito del settore della spesa sociale e sanitaria.
(3-01023)

(27 febbraio 2024)

   DELLA VEDOVA e MAGI. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   in un'intervista del 22 febbraio 2024, il Ministro interrogato ha dichiarato che, poiché non si intende entrare in contrasto con le imprese italiane produttrici di alternative vegetali alla carne, un comparto che secondo le stime vale quasi 700 milioni di euro e colloca l'Italia come terzo mercato europeo, è stato avviato un dialogo con dei rappresentanti della categoria, il quale, si apprende, sarebbe finalizzato a perfezionare una revisione dell'articolo 3 della legge n. 172 del 1° dicembre 2023, cosiddetta legge sulla carne coltivata, che introduce il «divieto della denominazione di carne per i prodotti trasformati contenenti proteine vegetali»;

   la norma è attualmente inattuata in attesa dei decreti attuativi previsti dal comma 5 del citato articolo 3, con cui il Ministero dell'agricoltura dovrà redigere l'elenco delle denominazioni vietate;

   la suddetta norma è stata adottata in violazione di un obbligo procedurale ex direttiva dell'Unione europea 2015/1535, come evidenziato anche dalla Commissione europea nella comunicazione con cui ha chiuso la notifica Tris 2023/0675/IT relativa alla legge in oggetto: infatti, avendo sottoposto la normativa alle verifiche ex procedura Tris il giorno stesso della promulgazione in Gazzetta Ufficiale, l'Italia ha compiuto una violazione di alcuni obblighi procedurali da cui consegue l'inefficacia della legge n. 172 del 2023 che, come stabilito dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea (Unilever, 26 settembre 2000), può essere dichiarata inapplicabile dai tribunali nazionali;

   pertanto, qualora al termine del confronto con il comparto, il Dicastero dovesse procedere all'adozione dei decreti attuativi, seppur restringendo la lista dei termini vietati come prospettato nella citata intervista, il divieto resterebbe comunque viziato e inefficace e le aziende verrebbero così sottoposte agli ingenti costi di re-branding e di smaltimento delle vecchie etichette, per adeguarsi a una norma inefficace e disapplicabile, costi che stanno già oggi, in questa fase di mancata attuazione, penalizzando le aziende del settore che devono confrontarsi con scelte di marketing da intraprendere in un quadro di incertezza del diritto –:

   come e secondo quali tempistiche il Ministro interrogato intenda procedere rispetto all'annunciata revisione dell'articolo 3 della legge n. 172 del 2023, ovvero se sia intenzione del Dicastero ripristinare urgentemente una situazione di certezza del diritto con l'adozione di iniziative volte all'abrogazione della norma viziata.
(3-01024)

(27 febbraio 2024)

   LUPI, ROMANO, BICCHIELLI, BRAMBILLA, CAVO, CESA, ALESSANDRO COLUCCI, PISANO, SEMENZATO e TIRELLI. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   la Politica agricola comune (Pac) è stata varata nel 1962 con l'intento di sostenere gli agricoltori dell'Unione europea garantendo la sicurezza alimentare ed una stretta intesa tra Europa ed agricoltori;

   la Pac 2023-2027, entrata in vigore il 1° gennaio 2023, intende fornire un contributo significato alle ambizioni del Green Deal europeo, alla strategia «dal produttore al consumatore» ed alla strategia della biodiversità;

   dal 30 gennaio 2024 sono in corso in tutta l'Unione europea proteste degli agricoltori che richiedono: la revisione profonda della Pac, la semplificazione burocratica, un miglioramento dei redditi, ed accordi internazionali vantaggiosi e che tutelino la concorrenza;

   anche in Italia hanno luogo proteste degli agricoltori che richiedono, oltre ad una revisione della Pac, un sostegno maggiore al made in Italy e contributi concreti per affrontare il caro-gasolio;

   nel 2023 il comparto agroalimentare italiano ha un fatturato di oltre 600 miliardi, pari al 15 per cento del prodotto interno lordo nazionale;

   le proteste dimostrano come il problema agricolo sia ciclico e risulti necessario procedere ad una revisione che sia al passo anche con i mutamenti dello scenario geopolitico e con le crisi economiche che si stanno affrontando;

   il 26 febbraio 2024 si è tenuta a Bruxelles la riunione del 27 Ministri dell'agricoltura dell'Unione europea che hanno presentato al Commissario per l'agricoltura oltre 500 proposte di modifica della Pac e di interventi da attuare anche nel breve periodo a sostegno degli agricoltori;

   il Commissario ha dichiarato che «il Consiglio potrebbe riaprire l'atto di base della Pac e rivedere i criteri di condizionalità del Gaec.», prevedendo, altresì, già una prima revisione entro la fine del suo mandato;

   anche l'Italia ha presentato un suo documento con le richieste di modifica della Pac a tutela degli agricoltori italiani;

   è necessario garantire che la Pac si accordi alle varie esigenze del comparto agricolo dei diversi Paesi membri –:

   quali iniziative di competenza abbia già intrapreso o intenda adottare, anche in sede europea, al fine di garantire una revisione della Pac che sia giusta e tuteli gli agricoltori italiani.
(3-01025)

(27 febbraio 2024)

   VACCARI, FORATTINI, MARINO, ANDREA ROSSI, FERRARI, GHIO, FORNARO e CASU. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   la scorsa settimana, mentre l'Assemblea di Montecitorio dedicava ore alla discussione e all'approvazione di una proposta di legge voluta dal Ministro interrogato per istituire il premio annuale «Maestro dell'arte della cucina italiana», stanziando 2 mila euro all'anno, gli agricoltori italiani chiedevano di rimettere al centro l'impresa agricola e il suo reddito, la creazione di un osservatorio europeo sui prezzi e l'attuazione efficace della direttiva sulle pratiche commerciali sleali costringendo, peraltro, il Governo a fare marcia indietro rispetto agli sgravi fiscali e contributivi che improvvidamente aveva abolito con la legge di bilancio 2024;

   la Commissione europea, accogliendo le motivazioni alla base delle proteste degli agricoltori che hanno interessato praticamente tutto il continente comunitario, ha predisposto un primo pacchetto di misure per semplificare la burocrazia e gli impegni ambientali della nuova Politica agricola comune (Pac) riducendo gli oneri per gli agricoltori dell'Unione europea, con il fine ultimo di andare a semplificare l'erogazione dei fondi comunitari;

   si apprende da alcuni organi di stampa che il Ministro interrogato presenterà al prossimo Consiglio Agrifisch un documento come proposta dell'Italia per modificare la politica agricola dell'Unione europea, esautorando, a giudizio degli interroganti, ancora una volta ruoli e funzioni del Parlamento, così come previsto dalla legge n. 234 del 2012;

   il documento, sempre secondo quanto appreso dalla stampa, che ha come titolo «L'agricoltura, la Pac e la sovranità alimentare europea. Riconnettere cibo e società», proporrebbe un rafforzamento della dotazione di risorse della politica agricola comune distinguendo tra gli obiettivi da raggiungere a breve termine da quelli che bisogna rinviare alla futura riforma della politica agricola dell'Unione europea –:

   come il Governo intenda difendere gli interessi delle imprese agricole e il loro reddito, a partire da una più efficace attuazione della direttiva sulle pratiche commerciali sleali, dalla creazione di un osservatorio europeo sui prezzi e gli accordi di filiera, garantendo al Parlamento di svolgere pienamente il proprio ruolo nella definizione delle scelte relative alla nuova «Pac 2023-2027» che maggiormente incideranno sul futuro dell'agricoltura italiana.
(3-01026)

(27 febbraio 2024)

   FOTI, MESSINA, ANTONIOZZI, GARDINI, MONTARULI, RUSPANDINI, CERRETO, ALMICI, CARETTA, CIABURRO, LA PORTA, LA SALANDRA, MALAGUTI, MARCHETTO ALIPRANDI. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   le politiche attuate dall'Unione europea in questi ultimi anni hanno fortemente penalizzato l'attività di pesca, con una riduzione del 28 per cento delle marinerie europee e di oltre il 40 per cento delle marinerie italiane;

   l'attività di pesca rappresenta per l'Italia un importante asset strategico, sia in termini di prodotto interno lordo, che di identità culturale;

   risulta inaccettabile una posizione ideologica, che mira a limitare ulteriormente gli spazi e le possibilità di pesca; senza garantire la reciprocità con i Paesi extra-UE;

   il Governo Meloni è intervenuto più volte a difesa dei pescatori italiani e del comparto della pesca e dell'acquacoltura, sia in relazione al contrasto alla proliferazione del granchio blu, per cui sono stati stanziati oltre 13 milioni di euro, sia attraverso il voto contrario al Nuovo piano di azione della pesca della Commissione europea ed al divieto della pesca a strascico;

   con la legge di bilancio per il 2023, il Governo ha istituito un Fondo innovazione gestito da Ismea del quale possono beneficiare anche le imprese della pesca e dell'acquacoltura;

   con la legge di bilancio per il 2024 il Governo ha ottenuto l'equiparazione degli operatori del comparto della pesca agli agricoltori per quanto riguarda l'accesso alle risorse di cui al Fondo di solidarietà nazionale (Fsn) del decreto legislativo n. 102 del 2004, con la possibilità quindi di ottenere risarcimenti e di sospendere per 24 mesi i ratei dei mutui in caso di calamità;

   sempre nell'ambito della citata legge di bilancio per il 2024 è stato istituito un nuovo fondo per la gestione delle emergenze, che prevede tra i beneficiari anche le imprese della pesca e dell'acquacoltura;

   sono state incrementate da 50 a 130 milioni di euro le risorse destinate ai contratti di filiera della pesca e dell'acquacoltura;

   l'Italia si è espressa contrariamente all'imposizione obbligatoria di sistemi di controllo e videosorveglianza a bordo delle imbarcazioni superiori ai 18 metri, avviando anche la procedura, per impugnare il Regolamento innanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea (Cgue);

   per la prima volta, il Governo ha ottenuto l'inserimento della piccola pesca costiera tra i segmenti a cui è affidata una quota di pesca del tonno rosso –:

   quali ulteriori azioni a sostegno del comparto della pesca e dell'acquacoltura, per la valorizzazione del ruolo fondamentale dei pescatori, dei consorzi e delle imprese di pesca italiane il Ministro interrogato intenda adottare.
(3-01027)

(27 febbraio 2024)