TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 222 di Martedì 9 gennaio 2024

 
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MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE IN MATERIA DI DISCIPLINA DELLA RESPONSABILITÀ PROFESSIONALE DEGLI OPERATORI SANITARI E PER IL SUPERAMENTO DELLE CRITICITÀ CONNESSE ALLA CARENZA DI ORGANICO DEL PERSONALE

   La Camera,

   premesso che:

    1) la relazione medico-paziente negli ultimi anni si è deteriorata e ha portato alla diffusione della pratica denominata «medicina difensiva», che consiste in una serie di azioni con finalità elusive e di astensione da parte del personale sanitario, contribuendo altresì alla riduzione dell'interesse verso specialità considerate rischiose o incarichi rischiosi (pronto soccorso), con riduzione del personale sanitario in alcuni ambiti meno appetibili, incrementando sia lo stress per chi vi opera (turni più massacranti) sia il rischio di errore, che a sua volta alimentano la perdita di fiducia dei pazienti in un circolo vizioso che è interesse della collettività interrompere prima che sia troppo tardi;

    2) nel «Rapporto sul sistema sanitario» promosso dall'Osservatorio salute, previdenza e legalità, l'Eurispes ha posto in evidenza come la medicina difensiva sia un fenomeno globale che affligge sul versante socio-economico quasi tutti i Paesi occidentali e, più in generale, i Paesi sviluppati, con effetti devastanti sul sistema sanitario nazionale e sulla salute dei cittadini;

    3) suddetta pratica incide sui costi del Servizio sanitario nazionale per una cifra stimata in 10 miliardi di euro, come riportato dalla nota depositata agli atti della XII Commissione (Affari sociali) della Camera dei deputati dall'Associazione chirurghi ospedalieri italiani, quando è stata audita;

    4) la medicina difensiva grava altresì sul Servizio sanitario nazionale anche per il sovraccarico improprio cui sottopone le strutture ambulatoriali e ospedaliere, con ripercussioni sulle liste di attesa e, quindi, con grave danno per i pazienti;

    5) le risorse umane non adeguate, a fronte di uno stipendio considerevolmente più basso rispetto alla media europea e con forti limitazioni per la libera professione, sia essa extramoenia che intramoenia, porta il personale sanitario, senza che si riesca a sostituirlo adeguatamente, a scegliere sempre più spesso l'attività privata con conseguente depauperamento del sistema sanitario nazionale;

    6) contestualmente i dipendenti pubblici ospedalieri rimanenti si trovano a coprire un monte orario nettamente superiore a ciò che è determinato dal contratto di assunzione, senza una retribuzione adeguata né in termini economici né di recupero orario, che porta ad un disservizio verso il cittadino e ad un'elevata possibilità di errore medico, data la stanchezza e la demotivazione conseguente;

    7) si ricorre così ai «gettonisti» per coprire queste carenze, che spesso sono gli stessi dipendenti ospedalieri, che si dimettono dall'azienda per «rientrare» assunti tramite cooperativa a fronte di una retribuzione sensibilmente superiore (fino a dieci volte);

    8) le specializzazioni mediche che non permettono di avere una possibilità futura di impiego anche nel privato vengono considerate meno appetibili rispetto a quelle che permettono la libera professione, anche in ragione di un trattamento economico uguale per tutti e di un carico di lavoro molto superiore;

    9) tutto questo mette in seria crisi identitaria e di riconoscimento sociale la professione medica e contribuisce a mettere ancor più in crisi il sistema sanitario nazionale, come evidenziato anche dalla categoria che ha scioperato il 5 e il 18 dicembre 2023 con lo slogan «Salviamo il Ssn» e una piattaforma che contesta al disegno di legge di bilancio per il 2024 che «non tutela medici e cittadini», visto che non aggredisce le criticità strutturali del mondo della sanità;

    10) i punti della protesta sono:

     a) carenza di personale: ad oggi mancano 30 mila medici ospedalieri, in particolare nel pronto soccorso, e 65 mila infermieri; a questi si aggiungono quelli che entro il 2025 andranno in pensione, stimati in oltre 40 mila unità;

     b) stipendi poco attrattivi: in particolare si chiedono risorse in legge di bilancio per la detassazione di parte della retribuzione e il rinnovo del contratto di lavoro, visto che quelle che ci sono appaiono insufficienti;

     c) cancellazione dei tagli alle pensioni previsti dal disegno di legge di bilancio;

     d) depenalizzazione dell'atto medico;

    11) la disciplina in merito alla responsabilità penale posta in capo al personale sanitario, il quale cagioni morte o lesioni del paziente, ha subito numerose modifiche negli anni, aumentando l'incertezza, che invece si voleva ridurre, per il personale sanitario;

    12) con l'introduzione dell'articolo 3 del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, cosiddetto «decreto Balduzzi», tale responsabilità veniva limitata esclusivamente ai casi rientranti nella fattispecie della cosiddetta «colpa grave» ed era esclusa la responsabilità penale per chi avesse cagionato l'evento per colpa lieve, pur seguendo le linee guida e le buone pratiche mediche;

    13) il «decreto Balduzzi» non è stato risolutivo e, poiché ha lasciato in capo agli operatori sanitari responsabilità penali per eventi colposi, ha sovraccaricato i tribunali dove giacciono circa 300 mila cause per colpa medica e ogni anno vengono intentate 35.600 nuove cause di risarcimento, che peraltro nella maggior parte dei casi terminano con un proscioglimento o si concludono senza un risarcimento (il 95 per cento delle azioni penali e il 70 per cento delle azioni civili);

    14) con la legge 8 marzo 2017, n. 24, cosiddetta «legge Gelli», si è intervenuti con l'obiettivo di: ridefinire la responsabilità del personale sanitario operando un bilanciamento tra diritti e doveri in capo al medico e quelli in capo al paziente; introdurre garanzie e istituire un sistema nazionale, regionale e aziendale di monitoraggio e prevenzione del rischio clinico;

    15) l'articolo 3 del «decreto Balduzzi» veniva quindi integralmente abrogato, introducendo un nuovo articolo nel codice penale, l'articolo 590-sexies, in base al quale il professionista non risponde dei reati di omicidio colposo o lesioni personali colpose, ove abbia agito nel rispetto delle buone pratiche assistenziali, delle raccomandazioni e delle linee guida pubblicate dalla comunità scientifica;

    16) se la legge 8 marzo 2017, n. 24, ha avuto effetti positivi, non ha, però, segnato un decisivo deterrente della litigiosità e non ha inciso sul fenomeno della medicina difensiva, anche perché il Governo non ha ancora emanato i previsti decreti legislativi in attuazione delle deleghe attribuitegli dal legislatore;

    17) risulta indispensabile addivenire a una nuova disposizione normativa di chiara interpretazione che tuteli sul piano penale gli esercenti le professioni sanitarie, pur facendo salve le procedure per l'accertamento delle eventuali responsabilità civile e amministrativa con evidenti ricadute positive sul Servizio sanitario nazionale e sui pazienti;

    18) in occasione dell'evento pandemico da Covid-19 diverse disposizioni, tanto in merito alla somministrazione dei vaccini quanto alle cure, hanno previsto la non punibilità del personale sanitario, escludendo anche la colpa grave;

    19) al fine di garantire gli esercenti delle professioni sanitarie che si prodigano per le cure, l'assistenza e la tutela dei pazienti, il Ministro della giustizia, con decreto 28 marzo 2023, ha ritenuto di istituire una commissione per lo studio e l'approfondimento delle problematiche relative alla colpa professionale medica, al fine di esplorare l'attuale quadro normativo e giurisprudenziale in cui si inscrive la responsabilità colposa sanitaria, verificandone limiti e criticità e proponendone possibili prospettive di riforma ai fini di ogni utile intervento normativo;

    20) negli altri Paesi comparabili al nostro, dopo un'indagine interna per escludere il dolo o la superficialità del medico, lo Stato garantisce e risarcisce senza bisogno di un processo, con un vantaggio plurimo: per il sistema sanitario, che non viene gravato da costi conseguenti la pratica della medicina difensiva, per il medico, che si sente più tutelato e può agire serenamente e per il paziente, che viene risarcito molto prima e senza l'aleatorietà di un giudizio che spesso si conclude con un nulla di fatto;

    21) il mancato rinnovo dei regimi di favore per il rientro dei cervelli rappresenta un ulteriore esempio di miopia, visto che il Paese ha smesso di incentivare il rientro di professionisti formatisi in Italia, regalando così le loro competenze a altri Paesi più attrattivi, anche in ragione delle retribuzioni più alte;

    22) la serenità del personale sanitario mentre agisce per garantire il diritto alla salute costituzionalmente sancito è un patrimonio da salvaguardare, senza in nessun caso limitare la piena tutela giuridica del paziente,

impegna il Governo:

1) ad adottare ogni iniziativa di competenza per salvaguardare il trattamento pensionistico degli esercenti le professioni sanitarie, e per incrementare sensibilmente le risorse destinate al rinnovo del contratto del comparto;

2) ad adottare in tempi rapidi i decreti attuativi della legge 8 marzo 2017, n. 24, in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie;

3) ad adottare ogni iniziativa, anche di carattere normativo, volta a bilanciare l'esigenza di salvaguardare gli operatori sanitari da iniziative giudiziarie arbitrarie e ingiuste con la necessità di tutelare i diritti dei pazienti che si ritengano danneggiati da episodi di negligenza medica, prevedendo la non punibilità del personale esercente le professioni sanitarie per le condotte colpose e rafforzando le disposizioni e le procedure relative all'accertamento delle eventuali responsabilità civili e amministrative del personale sanitario e delle strutture ospedaliere;

4) ad avviare un confronto con le organizzazioni sindacali e le associazioni che rappresentano le categorie interessate, per valutare l'opportunità di introdurre un trattamento economico differenziato per alcuni specializzandi o altre modalità utili a sopperire alla carenza di infermieri e di medici specializzati in alcuni ambiti;

5) ad uniformare il monte orario degli specializzandi, come previsto dal contratto nazionale, rendendo obbligatoria la timbratura elettronica, anche al fine di evitare che il medico in formazione venga utilizzato dall'azienda ospedaliera per sopperire alla carenza di personale medico, creando un disservizio al cittadino, che a volte si ritrova affidato a un medico ancora in formazione e quindi non sempre in grado di svolgere in autonomia la propria professione;

6) a rinnovare i regimi fiscali di favore per il rientro dei cervelli, anche al fine di incentivare il rientro in Italia del personale sanitario attualmente impiegato all'estero.
(1-00224) «Faraone, Gadda, De Monte, Del Barba, Marattin, Bonifazi, Boschi, Giachetti, Gruppioni».

(13 dicembre 2023)

   La Camera,

   premesso che:

    1) con l'espressione «medicina difensiva» s'intendono comunemente quelle decisioni, attive od omissive, non obbligatoriamente consapevoli, che i medici prendono non valutando in maniera preminente il criterio essenziale del bene del paziente quanto piuttosto l'intento di evitare di essere accusati per non aver effettuato tutte le indagini e prescritto tutte le medicine esistenti, o, al contrario, per aver effettuato trattamenti ad alto rischio d'insuccesso o di complicanze per il paziente;

    2) sia essa «medicina difensiva positiva» (quando si prescrivono al paziente esami e terapie non necessarie), o «medicina difensiva negativa» (che evita diagnosi o procedure troppo invasive al paziente stesso), essa nasce da un sempre maggior incremento della conflittualità tra medico e paziente (o famiglia dello stesso);

    3) come rilevato da più fonti, ogni anno, in Italia vengono intentate 35.600 nuove azioni legali, mentre ne giacciono 300 mila nei tribunali, contro medici e strutture sanitarie pubbliche. Risulta che oltre il 90 per cento dei casi si traduca in un nulla di fatto, ma questa situazione non garantisce non solo il medico e la struttura sanitaria ma anche lo stesso paziente;

    4) infatti, la sicurezza e la qualità delle cure rappresentano gli elementi fondamentali di tutte le prestazioni e sono obiettivi prioritari del Servizio sanitario nazionale, ma essa non può essere scissa dalla qualità delle cure, ed è indispensabile completamento e necessaria evoluzione dell'articolo 32 della nostra Carta costituzionale;

    5) in questo quadro il medico deve prendere costantemente difficili decisioni, affrontando scelte complesse ed anche dolorose, che non possono fondarsi sul timore di eventuali ripercussioni in ambito giudiziario ma che devono garantire la salvaguardia dei diritti umani e dei princìpi etici dell'esercizio professionale indicati nel codice deontologico, al fine della tutela della salute individuale e collettiva;

    6) è, però, di tutta evidenza che la costante crescita di cause contro i medici e le strutture sanitarie non garantisce quella necessaria serenità che è propedeutica, come detto, alla presa di decisioni complesse. Se, infatti, come detto, la stragrande maggioranza dei casi si risolve in assoluzioni o archiviazioni, il processo che il medico si trova a subire ingiustamente è lungo, logorante, e non spinge certo lo stesso medico e i colleghi che ne vivono le vicissitudini ad agire come sarebbero chiamati a fare, mentre, anche a livello inconscio, possono essere propensi a tutelare sé stessi;

    7) anche per porre un freno a questa situazione è stata approvata la legge n. 24 dell'8 marzo 2017 (Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie), detta «Gelli-Bianco» dal nome dei primi firmatari, che aveva lo scopo di ridefinire la responsabilità del personale sanitario operando un accorto bilanciamento tra i diritti del medico e quelli del paziente, con l'introduzione di garanzie e concentrandosi su un paradigma diverso da quello tradizionale, dando priorità alla prevenzione dei rischi e degli eventi avversi, con l'istituzione di un sistema nazionale, regionale e aziendale di monitoraggio e prevenzione;

    8) si tratta di un dato positivo ma che non è stato sufficiente a ridurre la conflittualità e a porsi come deterrente alla «medicina difensiva», proprio in un sistema come quello medico che non può esistere se si trova a dover affrontare il rischio continuo di indagini penali e di accuse gravi e, spesso, non giustificate;

    9) oltre al fatto che, mancando ancora alcuni dei decreti attuativi che la legge n. 24 del 2017 prevedeva e che, quindi, non si è ancora proceduto alla completa attuazione della stessa, vi è un'osservazione che deve essere fatta. Come è noto, l'articolo 6 della citata legge introduce nel codice penale la fattispecie della «Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario», che al comma 1, secondo paragrafo, stabilisce: «Qualora l'evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto»;

    10) la questione si pone non tanto sulle linee guida, redatte in base a criteri validati in letteratura, ma per quel che riguarda le «buone pratiche clinico-assistenziali», che sono difficilmente definibili, nonostante alcune si trovino indicate nel sito dell'Istituto superiore di sanità;

    11) infatti, le buone pratiche non appaiono facilmente standardizzabili, dipendendo da un insieme di fattori molto variabile, legati al paziente, all'età, alla presenza contemporanea di più patologie, e non possono che basarsi sulle conoscenze e sull'esperienza del singolo medico;

    12) un ruolo importantissimo, come mostrato dalla tremenda esperienza dell'epidemia di Covid-19, è svolto dalla medicina territoriale, ossia da tutte quelle prestazioni sanitarie di primo livello e pronto intervento che hanno finalità preventive e si presentano come alternativa all'ospedalizzazione e che, inoltre, che sono volte a garantire la continuità assistenziale per i pazienti dimessi dagli ospedali (fase post-acuta) e che hanno patologie croniche. Dovrebbero garantire inoltre un'integrazione tra il livello sanitario primario e i livelli superiori;

    13) si fa riferimento, in particolare, ai medici di medicina generale (Mmg), ai pediatri di libera scelta, ai medici di continuità assistenziale (guardia medica) e ai medici specialisti ambulatoriali. Tutte queste figure sono particolarmente esposte a richieste di risarcimento da parte dei pazienti ma anche a gravi aggressioni fisiche, e necessitano di una tutela importante per poter svolgere i loro delicati compiti a tutela della salute delle persone che a loro si affidano;

    14) il 17 settembre si celebra la «Giornata nazionale per la sicurezza delle cure e della persona assistita», per aumentare la consapevolezza e l'informazione degli operatori sanitari e dei pazienti e diffondere la cultura della sicurezza delle cure come parte fondamentale del diritto alla salute, con al centro la persona assistita per quel che riguarda la programmazione delle scelte sanitarie ed il coinvolgimento nel processo assistenziale. Si tratta di obiettivi fondamentali ma che rischiano di essere compromessi da una sempre maggiore conflittualità come quella sopra indicata;

    15) appare necessaria, proprio nell'ottica della «Giornata nazionale per la sicurezza delle cure e della persona assistita», immaginare non solo interventi legislativi a tutela dei medici e del personale sanitario ma anche di formazione costante volti, tra l'altro, ad una vera umanizzazione della cura, in modo da avvicinare concretamente medici e pazienti che sono tutti impegnati nella stessa battaglia contro la malattia e per una sempre maggiore efficacia delle cure, oltre che nella prevenzione,

impegna il Governo:

1) nell'ottica della piena attuazione dell'articolo 32 della Costituzione, a valutare la possibilità di assumere iniziative normative di competenza per giungere ad una vera depenalizzazione dell'atto medico, fatte salve, ovviamente, quelle situazioni particolari e limitate nelle quali si possa riscontrare colpa grave o dolo, bilanciando l'esigenza di salvaguardia degli operatori sanitari – e quindi la loro serenità nelle scelte necessarie per il paziente – da iniziative giudiziarie ingiuste con i diritti del paziente, che deve comunque poter adire il giudice civile qualora si ritenga danneggiato da episodi gravissimi di negligenza medica;

2) a procedere quanto prima all'adozione dei decreti attuativi previsti dalla legge «Gelli-Bianco» e non ancora emanati, in modo da dare piena e completa attuazione alla legge n. 24 del 2017;

3) ad adottare iniziative per giungere, per quanto di competenza e in accordo con le istituzioni sanitarie, ad una definizione chiara di «colpa grave»;

4) a realizzare concretamente, per quanto di competenza, l'attivazione, laddove necessario, ed il funzionamento della struttura di risk management già prevista dalla legge n. 24 del 2017;

5) a favorire, per quanto di competenza, le iniziative volte alla realizzazione di una formazione continua sulle relazioni di cura, con particolare attenzione alla loro umanizzazione, e facendo attenzione anche alle nuove modalità di interazione con la persona assistita (digitalizzazione, telemedicina, intelligenza artificiale), prevedendo, anche laddove necessario, nuove linee guida ed eventuali interventi normativi;

6) a procedere, per quanto di competenza, alla modifica ed omogeneizzazione delle linee guida cliniche, facendo riferimento in particolare all'Istituto superiore di sanità (posto che attualmente risulta che ne esistano un centinaio prodotte dalle società scientifiche accreditate);

7) a rendere operativo il protocollo d'intesa tra il Consiglio nazionale forense, il Consiglio superiore della magistratura e la Fnomceo per quel che riguarda la revisione degli albi dei periti e dei consulenti tecnici, redigendo al riguardo linee guida coerenti con la legge n. 24 del 2017;

8) ad adottare con urgenza ogni iniziativa, per quanto di competenza, volta a salvaguardare i trattamenti pensionistici di tutti gli esercenti le professioni sanitarie;

9) a prevedere, per quanto di competenza, con particolare attenzione all'emergenza-urgenza, misure volte ad incentivare la scelta da parte dei medici delle specializzazioni ove maggiore è la carenza di professionisti;

10) a predisporre iniziative volta a garantire all'interno del Ssn le disposizioni previste nella Carta europea dei diritti del malato presentata a Bruxelles il 15 novembre 2002, volta a garantire un alto livello di protezione della salute umana assicurando l'elevata qualità dei servizi erogati dai diversi sistemi sanitari nazionali in Europa.
(1-00225) «Girelli, Furfaro, Gianassi, Malavasi, Serracchiani, Ciani, Stumpo».

(18 dicembre 2023)

   La Camera,

   premesso che:

    1) la medicina difensiva, in senso stretto, identifica la condotta del sanitario che, nel prendere decisioni in relazione ad un paziente, fa prevalere l'esigenza di evitare le conseguenze giudiziarie rispetto alla tutela della salute del paziente stesso e a tal fine può compiere atti di cura o esami in eccesso (medicina difensiva attiva) ovvero omettere i predetti atti fino ad arrivare talvolta a non prendere in cura il paziente (medicina difensiva passiva);

    2) il sanitario che mette in atto una medicina difensiva attiva abusa di esami, accertamenti sanitari, pratiche cliniche con rilevanti conseguenze sui costi stessi, sulla sostenibilità del sistema sanitario nazionale pubblico e universalistico, sul bilancio stesso del paziente e della sua famiglia se si tratta di costi non coperti dal Ssn; non meno grave è la condotta del sanitario che per evitare conseguenze giudiziarie rifiuta l'intervento di propria competenza perché ritenuto troppo rischioso;

    3) in letteratura la pratica della medicina difensiva è generalmente suddivisa in positiva, quando i medici prescrivono visite, farmaci o esami superflui, e negativa, quando i medici si rifiutano di curare pazienti ad alto rischio o di assumere incarichi ad alto rischio di contenzioso;

    4) i pazienti sono le prime vittime, soprattutto della medicina difensiva negativa, allorquando non riescono a trovare medici disposti ad effettuare interventi chirurgici potenzialmente risolutivi ma rischiosi;

    5) l'attuale grave crisi di personale nei pronto soccorso, con tempi di attesa che superano le otto ore per ricevere una visita, è causata, in parte, anche dall'elevato rischio di ricevere denunce per i medici che vi lavorano;

    6) tutti gli organismi europei, ormai da diversi anni, hanno indicato la necessità di adottare misure di prevenzione a livello normativo ed operativo per assolvere all'obbligo di tutela della vita e dell'integrità psico-fisica dei pazienti, riducendo al minimo i rischi connessi;

    7) la 72° Assemblea mondiale della sanità (WHA72) nel maggio 2019 ha adottato una risoluzione sull'Azione globale sulla sicurezza dei pazienti che riconosce la sicurezza dei pazienti come una priorità sanitaria globale e sottolinea che nessuno dovrebbe essere danneggiato nell'assistenza sanitaria e chiede all'OMS di formulare un piano d'azione globale per la sicurezza dei pazienti;

    8) secondo quanto riportato sul sito dell'Oms, le pratiche terapeutiche non sicure e gli errori terapeutici sono una delle principali cause di lesioni e danni evitabili nei sistemi sanitari di tutto il mondo; a livello globale, il costo associato agli errori terapeutici è stato stimato in 42 miliardi di dollari all'anno;

    9) secondo il Global Patient Safety Action Plan 2021-2030 dell'Oms, «si stima che un paziente su dieci è soggetto a un evento avverso mentre riceve cure ospedaliere nei Paesi ad alto reddito. Le prove disponibili suggeriscono che 134 milioni di problemi derivanti da cure non sicure si verificano negli ospedali dei Paesi a basso e medio reddito, contribuendo a circa 2,6 milioni di decessi ogni anno. Secondo le recenti stime, il costo sociale del danno ai pazienti può essere valutato tra uno trilione e due trilioni di dollari l'anno.»;

    10) talune ricerche sulla medicina difensiva hanno restituito dati allarmanti secondo cui circa il 70 per cento dei medici ha messo in atto, almeno una volta nell'arco della carriera, una strategia di medicina difensiva e più del 10 per cento dei medici è coinvolto in una controversia legale;

    11) il ricorso da parte dei medici a comportamenti «protettivi» come la medicina difensiva, e quindi alla richiesta di visite, esami, farmaci e altre pratiche cliniche superflue utili in caso di contenzioso, risulta in forte crescita ed è associato, secondo le più recenti inchieste, alle circa 300 mila le cause per colpa medica, 35 mila ogni anno le richieste di risarcimento. La maggior parte riguarda l'attività chirurgica (38,4 per cento), omesse o errate diagnosi (20,7 per cento) errori terapeutici (10,8 per cento), infezioni nosocomiali (6,7 per cento);

    12) nonostante l'80 per cento delle cause intentate finisca in un'assoluzione o archiviazione, la preoccupazione e il malessere della classe medica è costante perché, comunque, le indagini vengono avviate e i processi continuano ad aver corso lasciando stremati i sanitari, costretti ad affrontare defatiganti difese in punto di fatto e di diritto e a fare ricorso a consulenti tecnici e avvocati specialisti del settore;

    13) il fenomeno della medicina difensiva è cresciuto dunque in maniera concomitante all'aumento del contenzioso legale per malpractice medica. Più aumentano i contenziosi medico – legali e la loro percezione nella classe medica, più aumenta il ricorso alla medicina difensiva che sottrae risorse a chi ha un bisogno effettivo di cure. Più si riduce l'effettiva disponibilità di risorse sanitarie e più aumentano i danni ai pazienti e quindi il contenzioso medico legale. Si tratta, dunque, di un circolo vizioso per cui il fenomeno è sia causa che conseguenza delle azioni giudiziarie;

    14) la crescita esponenziale del fenomeno ha determinato anche la difficoltà di trovare copertura assicurativa idonea per i sanitari e per le strutture sanitarie, con una diminuzione dell'offerta da parte delle compagnie assicurative ed un aumento insostenibile dei premi assicurativi, soprattutto per talune specialità sanitarie;

    15) indubbiamente sulla medicina difensiva ha influito l'avanzamento e la diffusione delle conoscenze in medicina che ha determinato un innalzamento delle aspettative da parte del paziente e dei suoi familiari;

    16) significative sono inoltre le stime della cosiddetta mortalità evitabile (somma tra mortalità prevenibile e mortalità trattabile) le quali suggeriscono che entro i 75 anni di età si osservano circa 300 mila decessi evitabili, dei quali il 50 per cento trattabili (vedi Rapporto MEV 2020-2021);

    17) anche la riduzione della spesa sanitaria ha indubbiamente cronicizzato il fenomeno a causa della riduzione dell'organico delle strutture sanitarie che ha deteriorato le condizioni di lavoro del personale sanitario, stressato da turni massacranti e da stipendi inadeguati, con rilevanti conseguenze sulla salute quale diritto esigibile costituzionalmente garantito;

    18) la carenza di risorse umane e stipendi sensibilmente al di sotto della media europea aumenta esponenzialmente la pratica della medicina difensiva poiché il personale sanitario non si trova ad operare in un contesto sicuro e soddisfacente; i dipendenti delle strutture sanitarie pubbliche si trovano ad effettuare straordinari esorbitanti con un inevitabile aumento del rischio di errore medico;

    19) la crescita esponenziale del cosiddetto fenomeno dei gettonisti favorisce ulteriormente il rischio clinico poiché crea contesti poco fidelizzati e privi di coordinamento; la precarizzazione e il conseguente carico di lavoro di taluni contesti sanitari ed ospedalieri, come ad esempio le aree dell'emergenza, rende meno appetibili le specializzazioni necessarie per lavorare in quei contesti;

    20) per le suesposte ragioni e per le bene note fragilità del nostro Ssn, il personale sanitario sta rappresentando proprio in questi giorni tutta la propria insoddisfazione rispetto a condizioni di lavoro ormai sempre più insostenibili e rispetto a progressivi definanziamenti del servizio sanitario pubblico e finanche del sistema pensionistico che indurrebbe addirittura il personale medesimo ad abbandonare il sistema sanitario pubblico prima ancora dei tempi ordinari;

    21) caratteristiche del fenomeno sono dunque: l'assenza di serenità per il sanitario, la sfiducia nel Ssn del paziente che non riceve le cure adeguate, la crescita esponenziale dei costi per l'intera collettività per prestazioni in realtà evitabili e, infine, il sacrificio della prevenzione;

    22) alle suesposte caratteristiche del fenomeno si aggiunge anche il fenomeno dell'over-diagnosi, ossia quel fenomeno che include l'eccesso di medicalizzazione, gli interventi terapeutici non necessari (overtreatment), la modifica delle soglie diagnostiche delle malattie, l'invenzione di nuove entità patologiche (disease mongering); tale fenomeno è alimentato dall'evoluzione delle tecnologie diagnostiche ed anche dagli interessi dell'industria, dalla continua espansione delle definizioni di malattia, la definizione di nuove entità patologiche;

    23) all'over-diagnosi si aggiunge:

     una perdurante carenza di investimenti nella prevenzione che sia in grado di incidere sulle cause delle malattie e non sulle conseguenze delle stesse;

     il mancato perseguimento dell'indipendenza e della trasparenza dei rapporti tra le imprese produttrici, i soggetti che operano nel settore della salute e le organizzazioni sanitarie;

     l'inefficace monitoraggio dell'attività prescrittiva di farmaci e prestazioni sanitarie da parte del personale medico e sanitario;

     la puntuale verifica del valore terapeutico aggiunto delle prestazioni farmacologiche, al fine di eliminare farmaci inutili perché eguali o inferiori a quelli già esistenti e per costringere il mercato solo alla utilizzazione dei farmaci migliori e alla produzione dei farmaci realmente innovativi;

    24) occorre intervenire in maniera radicale sull'appropriatezza delle cure e condurre le opportune verifiche sulle linee guida emanate o da emanare affinché sia escluso che gli estensori siano privi di conflitti di interessi e che non abbiano legami con l'industria del farmaco o delle apparecchiature medicali;

    25) occorre altresì dare sollecita e concreta attuazione alla legge n. 62 del 31 maggio 2022, concernente «Disposizioni in materia di trasparenza dei rapporti tra le imprese produttrici, i soggetti che operano nel settore della salute e le organizzazioni sanitarie», più nota come «Sunshine Act»;

    26) le conseguenze della medicina difensiva hanno, peraltro, un impatto sociale importante: dall'aggravio economico sul bilancio dello Stato (si stima che in Italia la medicina difensiva abbia un costo di 165 euro pro capite), senza che a ciò corrisponda un aumento di qualità e di sicurezza del Servizio sanitario nazionale, all'aumento dei premi assicurativi a carico del personale sanitario, sino ad arrivare alla conseguente limitazione del diritto alla salute riconosciuto dall'articolo 32 della nostra Costituzione;

    27) le ripercussioni in termini economici per il Ssn nel suo complesso sono rilevanti. Sebbene il costo della medicina difensiva non sia facilmente quantificabile, secondo stime recenti di AgeNaS, in Italia esso si aggirerebbe intorno al 10 per cento della spesa sanitaria complessiva, pari a circa 9-10 miliardi di euro l'anno (0,75 per cento del Pil); a ciò si aggiunga l'ulteriore considerazione che tutto questo costa ai contribuenti 22,5 miliardi di euro l'anno, ossia il 15 per cento della spesa sanitaria annuale, condizionando gravemente l'attività assistenziale;

    28) nel 2017 il legislatore è intervenuto per cercare di contrastare il fenomeno in maniera sistemica, attraverso la legge n. 24 del 2017, cosiddetta «legge Gelli» dal nome del suo estensore, che, nelle fasi di approvazione della legge medesima, ebbe modo di rappresentare che: «[...] la medicina difensiva rappresenta circa tra l'11 per cento e il 23 per cento di tutte le prestazioni [...]: nel dettaglio i medici dichiarano di prescrivere farmaci (53 per cento), visite specialistiche (73 per cento), esami di laboratorio (71 per cento), esami strumentali (76 per cento) e ricoveri (50 per cento) anche per il timore di ricevere una denuncia da parte dei pazienti (78 per cento). Per quanto riguarda l'impatto economico, la medicina difensiva incide sui costi del Servizio sanitario nazionale per il 10,5 per cento circa, per una cifra pari a 10 miliardi di euro»;

    29) con l'intervento legislativo si è percorsa la prevalente strada di attenuare la responsabilità del sanitario e nel contempo di risarcire, ove possibile, i pazienti attraverso l'istituzione di un fondo per le vittime di malasanità; più in particolare, è stato introdotto un nuovo articolo nel codice penale, il 590-sexies, che prevede l'esclusione della responsabilità penale del sanitario per morte o lesioni, nel caso di imperizia e di colpa lieve, a condizione che il sanitario abbia agito in conformità a linee guida o, in mancanza di esse, seguendo le buone pratiche clinico-assistenziali;

    30) a più di sei anni di distanza dall'approvazione della legge in questione, mancano ancora taluni decreti attuativi che di fatto la rendono inefficace per la parte precipuamente intesa a definire i criteri e le modalità per la vigilanza e il controllo sulle imprese di assicurazione che intendano operare in àmbito sanitario e sui requisiti minimi delle polizze assicurative;

    31) senza i decreti attuativi della cosiddetta legge Gelli, di fatto, non si consente al soggetto danneggiato di agire direttamente, entro i limiti del massimale, nei confronti dell'impresa di assicurazione e né è operativo il «Fondo di garanzia per i danni derivanti da responsabilità sanitaria», che dovrebbe essere alimentato dal versamento di un contributo annuale dovuto dalle imprese assicuratrici operanti nel ramo, destinato a risarcire il danno in caso di esubero rispetto al massimale assicurativo, di insolvenza della compagnia, o di assenza di copertura assicurativa per recesso dell'impresa o per sopravvenuta cancellazione dall'albo della medesima;

    32) per la parte comunque attuata, la cosiddetta legge Gelli non si è mostrata risolutiva dei problemi di contesto sopra esposti soprattutto in riferimento alla colpa medica e la fragilità dell'impianto complessivo si è disvelata in maniera palese proprio durante la pandemia;

    33) guardando oltre i confini nazionali, sul tema della responsabilità sanitaria rileva l'esperienza dell'ordinamento francese che seguendo lo stesso percorso italiano dell'aumento esponenziale dei contenziosi giudiziari e della difficoltà di trovare idonee coperture assicurative, con due provvedimenti normativi del 2002 ha ridelineato il regime della responsabilità sanitaria prevedendo sia il rimedio tradizionale della responsabilità civile ancorata alla colpa sia il sistema di solidarietà sociale, cosiddetto «no-fault», che devolve il ristoro o indennizzo ad un sistema di sicurezza sociale, alternativo ad un eventuale risarcimento ottenuto in sede giudiziaria, con un diritto di rivalsa nei confronti del responsabile con colpa grave, nell'ipotesi in cui si dovessero verificare dei danni in assenza di una chiara responsabilità del professionista, della struttura o di un produttore;

    34) viene previsto in Francia, in maniera solidaristica, un fondo di garanzia nazionale che si fa carico dei danni irreversibili e gravi avvenuti in corso di trattamento sanitario. L'istituzione di tale fondo che eroga indennizzi è più economica rispetto al pagamento di polizze assicurative da parte di enti e strutture del Servizio sanitario nazionale, inoltre, riduce il numero totale di cause, che si genera in un sistema basato sulla colpa come il nostro;

    35) in Italia esiste già, per alcune limitate fattispecie, la possibilità di ottenere un indennizzo solidaristico. Le due più importanti differenze rispetto al sistema francese sono:

     a) il meccanismo dell'indennizzo italiano si va, nella pratica, a sommare al tentativo giudiziario di ottenere un risarcimento;

     b) il meccanismo dell'indennizzo italiano è limitato a poche fattispecie;

    36) un regime ad indennizzo alternativo al ristoro per via giudiziaria può ridurre invece le spese per la medicina difensiva,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative di competenza volte a garantire nelle strutture sanitarie, attraverso l'assunzione di personale, condizioni di lavoro idonee e tali da contenere il fenomeno della medicina difensiva che, a causa della riduzione dell'organico e del deterioramento delle condizioni di lavoro del personale sanitario, stressato da turni massacranti e da stipendi inadeguati, rischia di crescere esponenzialmente, con rilevanti conseguenze sulla salute quale diritto esigibile costituzionalmente garantito;

2) a garantire al personale sanitario condizioni economiche e contrattuali idonee e comunque non inferiori alla media europea, salvaguardando risorse congrue per il trattamento pensionistico del personale medesimo senza intaccare le risorse del Fondo sanitario nazionale;

3) a rendere appetibili le specializzazioni attualmente carenti attraverso opportuni incentivi economici da concordare con le organizzazioni sindacali e a garantire agli specializzandi condizioni di lavoro dignitose e rispettose eliminando ogni forma di sfruttamento del loro lavoro, rendendo obbligatoria la timbratura elettronica per gli specializzandi medesimi;

4) ad assumere ogni iniziativa opportuna, anche di carattere normativo, per assicurare agli infermieri un adeguato riconoscimento economico e professionale, garantendo l'autonomia professionale per alcune specializzazioni cliniche infermieristiche;

5) ad adottare iniziative di competenza volte a garantire nelle strutture sanitarie e sociosanitarie, attraverso uno straordinario piano assunzionale, un adeguato numero di operatori sociosanitari, per permettere un'efficace gestione dell'assistenza e un'efficace interazione e integrazione delle diverse professionalità coinvolte;

6) a dare attuazione alla legge n. 24 del 2017, cosiddetta «legge Gelli», adottando i relativi decreti attuativi la cui mancanza non consente al soggetto danneggiato di agire direttamente, entro i limiti del massimale, nei confronti dell'impresa di assicurazione e ovvero di avvalersi del «Fondo di garanzia per i danni derivanti da responsabilità sanitaria», che dovrebbe essere alimentato dal versamento di un contributo annuale dovuto dalle imprese assicuratrici per risarcire il danno in caso di esubero rispetto al massimale assicurativo, di insolvenza della compagnia, o di assenza di copertura assicurativa per recesso dell'impresa o per sopravvenuta cancellazione dall'albo della medesima;

7) ad avviare una comparazione con l'ordinamento francese al fine di verificare se sia possibile introdurre nel nostro ordinamento il sistema di solidarietà sociale, il cosiddetto «no-fault», che devolve il ristoro o indennizzo ad un sistema di sicurezza sociale, alternativo ad un eventuale risarcimento ottenuto in sede giudiziaria, nell'ipotesi in cui si dovessero verificare dei danni in assenza di una chiara responsabilità del professionista, della struttura o di un produttore, quali ad esempio danni da infezioni nosocomiali, danni da farmaci e da incidenti (traumi, cadute accidentali) avvenuti nelle strutture ospedaliere;

8) ad adottare iniziative di competenza volte a verificare e documentare nel più breve tempo possibile se in tutte le strutture sanitarie pubbliche e private siano state costituite unità sul rischio clinico deputate a prevenire che l'organizzazione deficitaria sia causa di danni al paziente per inosservanza degli standard di sicurezza o del generale dovere di diligenza, prudenza, perizia e se tutte abbiano predisposto la prescritta relazione annuale consuntiva sugli eventi avversi verificatisi all'interno della struttura, sulle cause che li hanno prodotti e sulle iniziative messe in atto per contrastarli;

9) a provvedere alla pubblicazione del report annuale sul monitoraggio delle denunce di sinistri, dando evidenza dei dati relativi alle denunce di sinistri e degli eventi sentinella e a rendere permanentemente pubblici i dati attraverso il Sistema informativo per il monitoraggio degli errori in sanità (Simes), al fine di consentire la valutazione dei rischi e il monitoraggio completo degli eventi avversi, di migliorare la gestione del contenzioso e di consentire a tutta la collettività di conoscere la sinistrosità delle aziende sanitarie;

10) ad adottare iniziative volte a rendere pubblico, sul sito del Ministero della salute, l'adempimento circa l'obbligo di trasparenza delle strutture pubbliche e private, con specifico riferimento alla pubblicazione dei dati relativi a tutti i risarcimenti erogati nell'ultimo quinquennio, e verificati nell'ambito dell'esercizio della funzione di monitoraggio, prevenzione e gestione del rischio sanitario;

11) a promuovere, nel contesto del rischio clinico, la formazione degli operatori alla comunicazione efficace al fine di umanizzare la relazione tra i sanitari e il paziente e suoi familiari e di renderla parte della cura, riducendo il contenzioso medico-legale e il rischio di aggressività;

12) a valutare il costo della medicina difensiva in termini economici, l'impatto sulle liste d'attesa, l'impatto sulla fruibilità del Servizio sanitario nazionale, sugli effetti avversi da farmaci inutili e sul numero di tumori per esposizione a radiazioni ionizzanti non necessarie;

13) a valutare ogni iniziativa utile a ridurre le problematiche connesse alla medicina difensiva, senza aumentare i rischi per i pazienti e senza intaccare il diritto ad un giusto risarcimento in caso di colpa medica;

14) ad assumere ogni iniziativa di competenza, anche di carattere normativo, volta a bilanciare l'esigenza di salvaguardare gli operatori sanitari da iniziative giudiziarie arbitrarie e ingiuste con la necessità di tutelare i diritti dei pazienti che si ritengano danneggiati da episodi di negligenza medica;

15) a valutare l'opportunità di rendere il sistema di indennizzi per gravi danni alla salute liberamente alternativo per il cittadino rispetto al tentativo di ottenere risarcimento giudiziario;

16) a valutare di adottare iniziative volte ad estendere l'opportunità di ricevere un indennizzo per gravi danni alla salute anche a quei danni derivati dalla somministrazione di farmaci, dai trattamenti sanitari ricevuti senza consenso (Tso), dalle infezioni nosocomiali e dai traumi accidentali occorsi in ospedale (tra i quali, la caduta dalla barella);

17) ad intervenire sul fenomeno dell'over-diagnosi, sull'eccesso di medicalizzazione, sugli interventi terapeutici non necessari (overtreatment), sulla modifica delle soglie diagnostiche delle malattie, sull'invenzione di nuove entità patologiche (disease mongering), anche attivando un efficace monitoraggio dell'attività prescrittiva di farmaci e delle prestazioni sanitarie da parte del personale medico e sanitario;

18) ad incrementare gli investimenti nella prevenzione al fine di incidere sulle cause delle malattie e non sulle conseguenze delle stesse e a promuovere la cultura della riconciliazione terapeutica tra medici e pazienti, in caso di polifarmacoterapia;

19) ad adottare ogni strumento utile, anche in sede europea, affinché nella produzione dei farmaci o dei dispositivi medici sia sempre verificato il valore terapeutico aggiunto delle prestazioni sanitarie correlate, al fine di ridurre l'inappropriatezza prescrittiva ed eliminare farmaci inutili perché eguali o inferiori a quelli già esistenti e per costringere il mercato solo alla utilizzazione dei farmaci migliori e alla produzione dei farmaci realmente innovativi;

20) ad adottare iniziative di competenza volte ad intervenire in maniera radicale sull'appropriatezza delle cure e a condurre le opportune verifiche sulle linee guida emanate o da emanare affinché gli estensori siano privi di conflitti di interessi e non abbiano legami con l'industria del farmaco o delle apparecchiature medicali, al tempo stesso dando sollecita attuazione alla legge n. 62 del 31 maggio 2022, concernente «Disposizioni in materia di trasparenza dei rapporti tra le imprese produttrici, i soggetti che operano nel settore della salute e le organizzazioni sanitarie», più nota come «Sunshine Act»;

21) ad incentivare l'approccio less is more con l'obiettivo di migliorare l'esperienza di cura del paziente e lo stato di salute delle popolazioni e ad investire maggiori risorse nella prevenzione delle malattie attraverso la riduzione e l'eliminazione dei fattori di rischio.
(1-00226) (Nuova formulazione) «Marianna Ricciardi, Quartini, Sportiello, Di Lauro, Francesco Silvestri».

(18 dicembre 2023)

   La Camera,

   premesso che:

    1) la sanità pubblica italiana rappresenta ancora oggi, in Europa e nel mondo, un vero e proprio modello di tutela della salute: essa, in attuazione dell'articolo 32 della Costituzione, ha garantito agli italiani, nel corso dei decenni, il miglioramento delle condizioni di vita, la riduzione delle patologie, maggiori longevità e benessere, oltre che una risposta collettiva ai bisogni di salute e di vita di cittadini, famiglie e società nel suo complesso;

    2) ciononostante, questo sistema è entrato, da diverso tempo, in una fase di crisi con profonde ricadute sulla qualità e sull'aspettativa di vita di milioni di persone, mettendo a rischio la tenuta sociale del Paese, il benessere dei pazienti e degli stessi professionisti dell'area medico-sanitaria, nonché i bilanci e la capacità di programmazione finanziaria dello Stato;

    3) come noto, attualmente mancano oltre 60.000 infermieri e almeno 25.000 medici, di cui 4.500 di emergenza/urgenza, pari a circa il 30 per cento della struttura organica necessaria per far funzionare adeguatamente i pronto soccorso;

    4) a tali carenze si sopperisce, spesso, solamente con i cosiddetti «medici a gettone», i quali in ogni caso, sia per carenza numerica che formativa – oltre che per la lunghezza dei turni lavorativi – non sono in grado di garantire azioni egualmente efficaci e costituiscono un aggravio finanziario enorme sui bilanci delle strutture pubbliche, con la spesa sanitaria italiana che, in tal modo, nonostante continui ad essere più bassa della media europea, viene allocata in modo estremamente inefficiente;

    5) a ciò si aggiunge l'annoso problema legato alle liste d'attesa, con rallentamenti strutturali delle attività di screening e diagnostica causati anche dalle diverse milioni di prestazioni non effettuate durante il periodo pandemico, con tempi di attesa che in alcuni casi, ad esempio per le mammografie, superano i 20 mesi;

    6) la maggior parte delle patologie sono più facilmente curabili se diagnosticate in tempo, mentre, se scoperte in ritardo, delineano un quadro più complesso e un conseguente peggioramento delle condizioni di salute del paziente, oltre ad un aumento dei costi di trattamento;

    7) la carenza di professionisti determina diffusi fenomeni di «burn out» lavorativo, perché essi sono costretti a lavorare troppo, in condizioni difficili e gravati psicologicamente da regole e potenziali responsabilità giuridiche estremamente pesanti;

    8) tali criticità si legano, in un circolo vizioso di inefficienza e insostenibilità, alle cosiddette pratiche di «medicina difensiva», un'espressione che indica tutte quelle attività, di natura attiva, elusiva od omissiva, di carattere consapevole o inconsapevole, esercitate non già seguendo il principio essenziale del benessere del paziente, bensì nell'interesse di tutelarsi da possibili accuse e ripercussioni giudiziarie;

    9) solitamente queste pratiche vengono divise tra quelle di medicina difensiva cosiddetta «positiva», ossia legate ad una prescrizione di visite, esami ovvero farmaci superflui, e quelle di medicina difensiva «negativa», vale a dire quando il personale si rifiuta di intervenire in modo ottimale nei casi di pazienti e procedure ad alto rischio; quanto alla prima fattispecie, si stima che almeno il 20 per cento degli accertamenti prescritti nella sanità italiana sia superfluo, per un costo totale di circa 10,5 miliardi di euro;

    10) tali pratiche hanno effetti gravi sul sistema sanitario nazionale, perché, da un lato, vengono prescritte prestazioni inutili, costose per lo Stato, andando a gravare ulteriormente sulle liste d'attesa, mentre, dall'altro, pone i pazienti tra le vittime di mancati interventi rischiosi ma potenzialmente risolutivi;

    11) su questo ha tentato di insistere la legge n. 24 del 2017 (cosiddetta «Gelli-Bianco»), la quale, nonostante abbia avuto il merito di definire le coordinate per garantire una maggiore sicurezza delle cure ai pazienti, rafforzando il sistema di gestione e prevenzione del rischio sanitario, e al contempo offrire maggiore serenità a chi eroga le cure, attende ancora a distanza di 6 anni i decreti attuativi, nonché una serie di aggiustamenti che tengano conto della necessità di arginare il fenomeno della medicina difensiva;

    12) tali decreti riguardano, ad esempio, la definizione precisa dei requisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture sanitarie e sociosanitarie, nonché quelli relativi ai contratti a copertura dei rischi dei professionisti della salute, oltre alla cosiddetta tabella unica di valutazione dei danni gravi da lesione la quale – prevista ormai da quasi venti anni dall'articolo 138 del codice delle assicurazioni (decreto legislativo n. 209 del 2005) – consentirà una più certa valutazione dei danni gravi da responsabilità sanitaria e fornirà un importante sostegno alla tenuta finanziaria del sistema, rendendo più prevedibili e chiare le ricadute economiche dei risarcimenti;

    13) nelle more dell'approvazione di questi decreti, non si è segnato un decisivo deterrente della litigiosità e i rischi legali continuano a scoraggiare le vocazioni professionali;

    14) l'Italia fa registrare la percentuale più alta d'Europa per cause legali per condotta medica non professionale; ogni anno vengono intentate oltre 35.000 nuove azioni legali contro i professionisti di area medico-sanitaria: il 95 per cento delle azioni penali termina con un proscioglimento e il 70 per cento delle azioni civili si conclude senza un risarcimento;

    15) l'Italia è uno dei pochi Paesi al mondo, assieme a Messico e Polonia, a mantenere la responsabilità penale di medici ed infermieri e numerosi professionisti del settore, oltre che il Ministro della salute Schillaci, si sono espressi a favore della depenalizzazione della responsabilità medica – esclusi i casi di dolo – e per il mantenimento esclusivo della responsabilità civile;

    16) a conferma della rilevanza della questione, lo stesso Ministro della giustizia Nordio, con proprio decreto, ha istituito il 28 marzo 2023 la commissione per lo studio e l'approfondimento delle problematiche relative alla colpa professionale medica, presieduta dal magistrato d'Ippolito, da cui prende il nome;

    17) è previsto che la commissione, per voce del suo stesso presidente, termini i propri lavori con un proprio documento finale entro la primavera 2024;

    18) l'operatore sanitario deve vedersi riconosciuto il proprio diritto di lavorare con tranquillità, nell'interesse del singolo paziente e del sistema sanitario nazionale nel suo complesso, onde evitare la cronica diffusione di meccanismi di autotutela dai rischi legali, a scapito dell'utenza;

    19) nel campo sanitario, così come in altri settori caratterizzati da attività a elevato rischio, occorre privilegiare le esigenze della prevenzione rispetto alla ricerca del colpevole, fermo restando l'innegabile diritto dei danneggiati al risarcimento di eventuali danni subiti e alla tutela nei casi di grave negligenza;

    20) occorre, quindi, individuare un punto di equilibrio, per garantire al paziente una piena tutela dei propri diritti costituzionali e assicurare, al contempo, al medico la tranquillità e la serenità nell'esercizio della sua professione, in modo da permettere ai cittadini di rivolgersi alle strutture mediche con la fiducia e la consapevolezza di tutela che meritano, recuperando il senso dell'alleanza terapeutica, della solidarietà sociale e della sicurezza delle cure,

impegna il Governo:

1) ad adottare in tempi rapidi i decreti attuativi della legge n. 24 del 2017 e la tabella unica di valutazione dei danni gravi da lesione, prevista dall'articolo 138 del codice delle assicurazioni e attesa da quasi venti anni, anche al fine di evitare fenomeni speculativi relativi ai premi assicurativi richiesti dalle compagnie al personale sanitario, con particolare riferimento ai liberi professionisti e ad alcune specialità mediche;

2) ferma restando la responsabilità civile, ad adottare ogni iniziativa, anche di carattere normativo, volta a contrastare le pratiche di medicina difensiva, salvaguardando al contempo la necessità di garantire il diritto dei pazienti a ricevere cure adeguate e tutela giuridica, mantenendo la responsabilità penale dei professionisti di area medico-sanitaria per i soli casi di dolo e colpa grave;

3) a potenziare la formazione continua del personale del Servizio sanitario nazionale sui temi della gestione del rischio in ambito sanitario, migliorando la conoscenza, la diffusione e la cultura degli strumenti ad essa connessi, ivi inclusa l'informazione data ai pazienti sull'appropriatezza di esami diagnostici e terapie;

4) ad adottare iniziative di competenza volte a garantire che nelle strutture sanitarie, soprattutto attraverso l'integrazione delle unità di personale mancanti, vi siano per gli operatori condizioni di lavoro idonee, tali da contenere il fenomeno della medicina difensiva;

5) a migliorare l'attrattività professionale per gli specializzandi della medicina d'emergenza-urgenza, i cui reparti risultano essere i più litigiosi e i più numericamente scoperti, evitando il ricorso ai «medici a gettone».
(1-00227) «Bonetti, Richetti, Benzoni, D'Alessio, Grippo, Sottanelli».

(20 dicembre 2023)