Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Giustizia
Titolo: Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica
Riferimenti: AC N.1294/XIX
Serie: Progetti di legge   Numero: 158/2
Data: 20/11/2023

A.S. n. 923 e connessi


Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica20 novembre 2023marzo 2018


 

marzo 2018

 

Servizio Studi

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Dossier n. 123/2

 

 

 

 

 

 

 

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Progetti di legge n. 158/2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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I N D I C E

 

Schede di lettura. 5

Articolo 1 (Rafforzamento delle misure in tema di ammonimento e di informazione alle vittime)  7

Articolo 2 (Potenziamento delle misure di prevenzione). 17

Articolo 3 (Misure in materia di formazione dei ruoli di udienza e trattazione dei processi)  32

Articolo 4 (Trattazione spedita degli affari nella fase cautelare) 36

Articolo 5 (Disposizioni in materia di attribuzioni del procuratore della Repubblica)  38

Articolo 6 (Iniziative formative in materia di violenza contro le donne e violenza domestica)  43

Articolo 7 (Termini per la valutazione delle esigenze cautelari). 45

Articolo 8 (Disposizioni in materia di rilevazione dei termini). 47

Articolo 9 (Modifiche degli effetti della violazione degli ordini di protezione contro gli abusi familiari). 50

Articolo 10 (Arresto in flagranza differita). 53

Articolo 11 (Disposizioni in materia di allontanamento d’urgenza dalla casa familiare)  55

Articolo 12 (Rafforzamento delle misure cautelari e dell'uso del braccialetto elettronico)  59

Articolo 13 (Ulteriori disposizioni in materia di misure cautelari coercitive) 68

Articolo 14 (Disposizioni in materia di informazioni alla persona offesa dal reato e di obblighi di comunicazione) 78

Articolo 15 (Disposizioni in materia di sospensione condizionale della pena) 86

Articolo 16 (Indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti). 93

Articolo 17 (Provvisionale a titolo di ristoro anticipato a favore delle vittime o degli aventi diritto). 98

Articolo 18 (Riconoscimento e attività degli enti e delle associazioni organizzatori di percorsi di recupero destinati agli autori di reato). 103

Articolo 19 (Clausola di invarianza finanziaria) 105

Gli altri disegni di legge congiunti 107


Schede di lettura


Articolo 1
(Rafforzamento delle misure in tema di ammonimento e di informazione alle vittime)

 

 

L’articolo 1 amplia l’ambito di applicazione della disciplina, da un lato, dell'ammonimento del questore sia d’ufficio che su richiesta della persona offesa e, dall’altro degli obblighi informativi alle vittime di violenza da parte delle forze dell'ordine, dei presidi sanitari e delle istituzioni pubbliche.

 

In particolare, il comma 1 interviene in materia di misure di prevenzione modificando l’art. 3 del decreto-legge 93/2013.

 

Si ricorda che l’art. 3 del DL 93/2013 ha introdotto specifiche misure di prevenzione per condotte di violenza domestica. In particolare il comma 1 dell'articolo 3 prevede che nei casi in cui alle forze dell’ordine sia segnalato – in forma non anonima- un fatto che debba ritenersi riconducibile all'art. 582, secondo comma, c.p. (lesioni personali punibili a querela della persona offesa) ovvero all’art. 581 (percosse, anch’esse punibili a querela), consumato o tentato, nell'ambito di violenza domestica, il questore, anche in assenza di querela, possa procedere, assunte le informazioni necessarie da parte degli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, all'ammonimento dell'autore del fatto. Ai fini dell’applicazione della norma sull’ammonimento, sempre il comma 1 specifica che per “violenza domestica” si intendono gli atti non episodici di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o persone legate da relazione affettiva in corso o pregressa, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima.

 

La lett. a) del comma 1 estende l'applicabilità della misura di prevenzione dell'ammonimento d’ufficio del questore anche ai casi in cui vengano in rilievo fatti riconducibili ai reati - consumati o tentati - di violenza privata (art. 610 c.p.), di minaccia aggravata (art. 612, secondo comma, c.p.), di atti persecutori (art. 612-bis c.p.), di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, il c.d. revenge porn (art. 612-ter c.p.), di violazione di domicilio (art. 614 c.p.) e di danneggiamento (art. 635 c.p.). La disposizione in esame interviene inoltre sulla definizione di violenza domestica inserendovi anche la cosiddetta violenza assistita ovvero la violenza commessa alla presenza di soggetti minori di età. La commissione degli atti in presenza di minorenni diventa quindi un ulteriore, autonomo elemento idoneo ad integrare il requisito della violenza domestica.

 

Al riguardo occorre ricordare che per il reato di atti persecutori l’ammonimento è già previsto ai sensi dell’art. 8 del DL 11/2009. A differenza dell’art. 3 del DL 93/2013 la richiesta dell’ammonimento al questore deve essere formulata dalla parte offesa “fino a quando non è stata presentata la querela”. Con l’intervento legislativo in esame, in relazione allo stesso reato di atti persecutori il questore potrebbe procedere “d’ufficio” all’ammonimento nel caso in cui il reato sia riconducibile ad un contesto di violenza domestica, ovvero dover attendere la denuncia della parte offesa in tutti gli altri casi.

 

Con riguardo agli introducendi reati appare opportuno segnalare peraltro come alcuni, laddove ricorrano determinate circostanze, siano procedibili d’ufficio. In questi casi è evidente che il questore non possa limitarsi ad applicare la misura dell’ammonimento, ma sia tenuto anche a comunicare la notizia di reato.

 

La lett. b) modifica il comma 5 del citato art. 3 del DL 93/2013, relativo alle misure a sostegno delle vittime di condotte di violenza domestica o sessuale, estendendone l'ambito di applicazione anche ai casi di violenza privata (610 c.p.), minacce aggravate (art. 612, secondo comma, c.p.), violazione di domicilio (art. 614 c.p.) e danneggiamento (art.635 c.p.).

Le misure di cui è esteso l'ambito di applicazione consistono nell'obbligo - da parte delle forze dell'ordine, dei presidi sanitari e delle istituzioni pubbliche che ricevono dalla vittima notizia dei reati considerati – di informare la medesima vittima sui centri antiviolenza presenti sul territorio e, in particolare, nella zona di residenza della stessa nonché metterla in contatto con i centri antiviolenza, ove essa ne faccia espressamente richiesta.  

 

 

La lett. c) aggiunge i commi 5-ter, 5-quater e 5-quinquies al medesimo art. 3 del DL 93/2013.

 

In particolare, il comma 5-ter è volto a prevedere che la misura di prevenzione in esame possa essere revocata su istanza dell'ammonito non prima che siano decorsi tre anni dalla sua emissione, valutata la partecipazione del soggetto ad appositi percorsi di recupero e tenuto conto dei relativi esiti.

 

Il comma 5-quater prevede un aumento di pena (fino a 1/3) per i reati di cui agli articoli 581 (percosse), 582 (lesioni personali), 610 (violenza privata), 612, secondo comma, (minaccia grave), 614 (violazione di domicilio), 635 (danneggiamento) c.p., 612-bis (atti persecutori) e 612-ter (diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, c.d. "revenge porn") se il fatto è commesso, nell'ambito di violenza domestica, da soggetto già ammonito.

Si precisa espressamente che la norma si applica anche se la persona offesa è diversa da quella per la cui tutela è stato adottato l'ammonimento.

 

Il comma 5-quinquies introduce la procedibilità d'ufficio per i reati suscettibili di ammonimento ordinariamente procedibili a querela qualora commessi – nell'ambito di violenza domestica - da soggetto già ammonito. Sono richiamati nello specifico i delitti di percosse (art. 581 c.p.), lesioni personali semplici (art. 582, primo comma, c.p.; il reato di lesioni personali aggravate di cui al secondo comma dell'art. 582. c.p. è già procedibile d'ufficio), violenza privata (art. 610 c.p.), minaccia grave (art. 612, secondo comma, prima ipotesi[1], c.p.), atti persecutori (art. 612-bis c.p.), diffusione illecita di immagini o di video sessualmente espliciti (art. 612-ter c.p.), violazione di domicilio (art. 614 c.p.)[2], danneggiamento (art. 635 c.p.). Anche in questo caso, si precisa espressamente che la norma si applica anche se la persona offesa è diversa da quella per la cui tutela è stato adottato l'ammonimento.

 

Il comma 2 inserisce un nuovo articolo dopo l'art. 3 del DL 93/2013 (art. 3.1), nel quale si stabilisce che l’organo di polizia procedente per fatti riconducibili ai reati di cui all'articolo 362, comma 1-ter, c.p.p. commessi in ambito di violenza domestica, qualora rilevi l’esistenza di concreti e rilevanti elementi che prefigurino il pericolo di reiterazione delle condotte, ne dia comunicazione al prefetto affinché questi possa adottare, a tutela della persona offesa, misure di vigilanza dinamica. Tali misure, che sono soggette a revisione trimestrale, sono adottate sulla base delle valutazioni espresse nelle riunioni di coordinamento di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto-legge n. 83 del 2002[3].

 

L'art. 362, comma 1-ter, c.p.p., sull'obbligo di assunzione di informazioni dalla persona offesa entro tre giorni dall'iscrizione della notizia di reato (cd. "codice rosso") richiama i seguenti delitti: tentato omicidio (art. 575 c.p.); maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.); violenza sessuale (art. 609-bis e 609-ter c.p.); atti sessuali con minorenni (art. 609-quater c.p.); corruzione di minorenne (art. 609-quinquies c.p.); violenza sessuale di gruppo (art. 609-octies c.p.); atti persecutori (art. 612-bis c.p.); lesione personale (art. 582 c.p.) e deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (art. 583-quinquies c.p.) nelle forme aggravate.

 

Il comma 3 modifica il decreto-legge n. 11 del 2009.

 

L’articolo 8 del decreto-legge n. 11 del 2009 stabilisce che, fino a quando non è proposta querela per il reato di atti persecutori, la persona offesa può esporre i fatti all'autorità di pubblica sicurezza avanzando richiesta al questore di ammonimento nei confronti dell'autore della condotta. La richiesta è trasmessa senza ritardo al questore (comma 1).

Il questore, assunte, se necessario, informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, ove ritenga fondata l'istanza, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo processo verbale. Copia del processo verbale è rilasciata al richiedente l'ammonimento e al soggetto ammonito. Il questore è tenuto ad adottare i provvedimenti in materia di armi e munizioni (l’obbligo di adozione, in luogo della discrezionalità valutativa del questore originariamente prevista dal decreto-legge 11/2009, è stato introdotto dall’art. 1, comma 4, del decreto-legge in sede di conversione) (comma 2). La pena per il delitto di atti persecutori è aumentata se il fatto è commesso da soggetto già ammonito ai sensi del presente articolo (comma 3). Si procede d'ufficio per il delitto di atti persecutori quando il fatto è commesso da soggetto ammonito ai sensi del presente articolo (comma 4).

 

In particolare, il comma 3 estende l'ambito di applicazione dell'istituto dell'ammonimento di cui all'art. 8 del DL 11/2009, attualmente previsto per i fatti riconducibili al reato di atti persecutori (art. 612-bis c.p.), anche ai casi in cui i fatti riferiti siano riconducibili alla diffusione illecita di immagini o di video sessualmente espliciti (art. 612-ter c.p., cd. “revenge porn”).

Intervenendo sui commi 3 e 4 sempre dell'articolo 8 del decreto legge n. 11 del 2009 si prevede, da un lato, un aumento della pena per i medesimi reati quando il fatto è commesso da soggetto già ammonito, anche se la persona offesa è diversa da quella per la cui tutela è stato già adottato l'ammonimento e, dall'altro, la procedibilità d'ufficio per gli stessi reati quando il fatto è commesso da soggetto ammonito, anche se la persona offesa è diversa da quella per la cui tutela è stato già adottato l'ammonimento.

Il medesimo comma 3 prevede, inoltre, la modifica del comma 1 dell'articolo 11 del DL 11/2009 (lett. b), il quale prevede l'obbligo per le forze dell'ordine, i presidi sanitari e le istituzioni pubbliche di fornire informazioni alle vittime di una serie di reati sui centri antiviolenza presenti sul territorio provvedendo a metterle in contatto con gli stessi. La disposizione in commento amplia l'ambito oggettivo di applicazione estendendolo anche ai reati di: tentato omicidio (art. 575), deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (art. 583-quinquies), diffusione illecita di immagini o di video sessualmente espliciti (art. 612-ter).

 

Si valuti l’opportunità di modificare anche la rubrica dell’articolo 11, che attualmente richiama le sole vittime di atti persecutori.

 

 

Decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93

 

Testo vigente

Testo vigente come modificato dall'AS 923

Art. 3

(Misura di prevenzione per condotte di violenza domestica)

Art. 3

(Misura di prevenzione per condotte di violenza domestica)

1. Nei casi in cui alle forze dell'ordine sia segnalato, in forma non anonima, un fatto che debba ritenersi riconducibile ai reati di cui agli articoli 581, nonché 582, secondo comma, consumato o tentato, del codice penale, nell'ambito di violenza domestica, il questore, anche in assenza di querela, può procedere, assunte le informazioni necessarie da parte degli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, all'ammonimento dell'autore del fatto. Ai fini del presente articolo si intendono per violenza domestica uno o più atti, gravi ovvero non episodici, di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all'interno della famiglia o del nucleo familiare o tra persone legate, attualmente o in passato, da un vincolo di matrimonio o da una relazione affettiva, indipendentemente dal fatto che l'autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima.

1. Nei casi in cui alle forze dell'ordine sia segnalato, in forma non anonima, un fatto che debba ritenersi riconducibile ai reati di cui agli articoli 581, 582, 610, 612, secondo comma, 612-bis, 612-ter, 614 e 635, consumati o tentati, del codice penale, nell'ambito di violenza domestica, il questore, anche in assenza di querela, può procedere, assunte le informazioni necessarie da parte degli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, all'ammonimento dell'autore del fatto. Ai fini del presente articolo si intendono per violenza domestica uno o più atti, gravi ovvero non episodici o commessi in presenza di minorenni, di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all'interno della famiglia o del nucleo familiare o tra persone legate, attualmente o in passato, da un vincolo di matrimonio o da una relazione affettiva, indipendentemente dal fatto che l'autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima.

2. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 8, commi 1 e 2, del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, come modificato dal presente decreto. Il questore può richiedere al prefetto del luogo di residenza del destinatario dell'ammonimento l'applicazione della misura della sospensione della patente di guida per un periodo da uno a tre mesi. Il prefetto dispone la sospensione della patente di guida ai sensi dell'articolo 218 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. Il prefetto non dà luogo alla sospensione della patente di guida qualora, tenuto conto delle condizioni economiche del nucleo familiare, risulti che le esigenze lavorative dell'interessato non possono essere garantite con il rilascio del permesso di cui all'articolo 218, comma 2, del citato decreto legislativo n. 285 del 1992.

2. Identico

3. Il Ministero dell'interno - Dipartimento della pubblica sicurezza, anche attraverso i dati contenuti nel Centro elaborazione dati di cui all'articolo 8 della legge 1° aprile 1981, n. 121, elabora annualmente un'analisi criminologica della violenza di genere che costituisce un'autonoma sezione della relazione annuale al Parlamento di cui all'articolo 113 della predetta legge n. 121 del 1981.

 

3. Identico

4. In ogni atto del procedimento per l'adozione dell'ammonimento di cui al comma 1 devono essere omesse le generalità del segnalante, salvo che la segnalazione risulti manifestamente infondata. La segnalazione è utilizzabile soltanto ai fini dell'avvio del procedimento.

4. Identico

5. Le misure di cui al comma 1 dell'articolo 11 del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, trovano altresì applicazione nei casi in cui le forze dell'ordine, i presidi sanitari e le istituzioni pubbliche ricevono dalla vittima notizia dei reati di cui agli articoli 581 e 582 del codice penale nell'ambito della violenza domestica di cui al comma 1 del presente articolo.

 

5. Le misure di cui al comma 1 dell'articolo 11 del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, trovano altresì applicazione nei casi in cui le forze dell'ordine, i presidi sanitari e le istituzioni pubbliche ricevono dalla vittima notizia dei reati di cui agli articoli 581, 582, 610, 612, secondo comma, 614 e 635 del codice penale nell'ambito della violenza domestica di cui al comma 1 del presente articolo.

5-bis. Quando il questore procede all'ammonimento ai sensi dell'articolo 8 del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, come modificato dal presente decreto, e del presente articolo, informa senza indugio l'autore del fatto circa i servizi disponibili sul territorio, inclusi i consultori familiari, i servizi di salute mentale e i servizi per le dipendenze, come individuati dal Piano di cui all'articolo 5, finalizzati ad intervenire nei confronti degli autori di violenza domestica o di genere.

 

5-bis. Identico

 

5-ter. I provvedimenti emessi ai sensi del presente articolo e dell’articolo 8 del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, possono essere revocati su istanza dell’ammonito, non prima che siano decorsi tre anni dalla loro emissione, valutata la partecipazione del soggetto ad appositi percorsi di recupero presso gli enti di cui al comma 5-bis e tenuto conto dei relativi esiti.

5-quater. Le pene per i reati di cui agli articoli 581, 582, 610, 612, secondo comma, 612-bis, 612-ter, 614 e 635 del codice penale sono aumentate se il fatto è commesso, nell’ambito di violenza domestica, da soggetto già ammonito ai sensi del presente articolo, anche se la persona offesa è diversa da quella per la cui tutela è stato già adottato l’ammonimento previsto dal presente articolo.

5-quinquies. Si procede d’ufficio per i reati previsti dagli articoli 581, 582, primo comma, 610, 612, secondo comma, nell’ipotesi di minaccia grave, 612-bis, 612-ter, 614, primo e secondo comma, e 635 del codice penale quando il fatto è commesso, nell’ambito di violenza domestica, da soggetto già ammonito ai sensi del presente articolo, anche se la persona offesa è diversa da quella per la cui tutela è stato già adottato l’ammonimento previsto dal presente articolo.

 

Art. 3.1

(Particolari tutele per le vittime di violenza domestica)

 

1.                 L’organo di polizia che procede a seguito di denuncia o querela per fatti riconducibili ai delitti di cui all’articolo 362, comma 1-ter, del codice di procedura penale commessi in ambito di violenza domestica, qualora dai primi accertamenti emergano concreti e rilevanti elementi di pericolo di reiterazione della condotta, ne dà comunicazione al prefetto che, sulla base delle valutazioni espresse nelle riunioni di coordinamento di cui all’articolo 5, comma 2, del decreto-legge 6 maggio 2002, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 luglio 2002, n. 133, può adottare misure di vigilanza dinamica, da sottoporre a revisione trimestrale, a tutela della persona offesa.

 

 

Decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11

 

Testo vigente

Testo vigente come modificato dall'AS 923

Art. 8.

(Ammonimento)

Art. 8.

(Ammonimento)

1. Fino a quando non è proposta querela per il reato di cui all'articolo 612-bis del codice penale, introdotto dall'articolo 7, la persona offesa può esporre i fatti all'autorità di pubblica sicurezza avanzando richiesta al questore di ammonimento nei confronti dell'autore della condotta. La richiesta è trasmessa senza ritardo al questore.

1. Fino a quando non è proposta querela per i reati di cui agli articoli 612-bis e 612-ter del codice penale, la persona offesa può esporre i fatti all'autorità di pubblica sicurezza avanzando richiesta al questore di ammonimento nei confronti dell'autore della condotta. La richiesta è trasmessa senza ritardo al questore.

2. Il questore, assunte se necessario, informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, ove ritenga fondata l'istanza, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo processo verbale. Copia del processo verbale è rilasciata al richiedente l'ammonimento e al soggetto ammonito. Il questore adotta i provvedimenti in materia di armi e munizioni.

2. Identico

3. La pena per il delitto di cui all'articolo 612-bis del codice penale è aumentata se il fatto è commesso da soggetto già ammonito ai sensi del presente articolo.

3. Le pene per i delitti di cui agli articoli 612-bis e 612-ter del codice penale sono aumentate se il fatto è commesso da soggetto già ammonito ai sensi del presente articolo, anche se la persona offesa è diversa da quella per la cui tutela è stato già adottato l’ammonimento previsto dal presente articolo.

4. Si procede d'ufficio per il delitto previsto dall'articolo 612-bis del codice penale quando il fatto è commesso da soggetto ammonito ai sensi del presente articolo.

4. Si procede d’ufficio per i delitti previsti dagli articoli 612-bis e 612-ter e quando il fatto è commesso da soggetto ammonito ai sensi del presente articolo, anche se la persona offesa è diversa da quella per la cui tutela è stato già adottato l’ammonimento previsto dal presente articolo.

 

Art. 11.

Misure a sostegno delle vittime del reato di atti persecutori

Art. 11.

Misure a sostegno delle vittime del reato di atti persecutori

1. Le forze dell'ordine, i presidi sanitari e le istituzioni pubbliche che ricevono dalla vittima notizia del reato di cui agli articoli 572, 600, 600-bis, 600-ter, anche se relativo al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1, 600-quinquies, 601, 602, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies o 612-bis del codice penale, introdotto dall'articolo 7, hanno l'obbligo di fornire alla vittima stessa tutte le informazioni relative ai centri antiviolenza presenti sul territorio e, in particolare, nella zona di residenza della vittima. Le forze dell'ordine, i presidi sanitari e le istituzioni pubbliche provvedono a mettere in contatto la vittima con i centri antiviolenza, qualora ne faccia espressamente richiesta.

1. Le forze dell'ordine, i presidi sanitari e le istituzioni pubbliche che ricevono dalla vittima notizia del reato di cui agli articoli 572, 575, nell’ipotesi di delitto tentato, 583-quinquies, 600, 600-bis, 600-ter, anche se relativo al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1, 600-quinquies, 601, 602, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies, 612-bis o 612-ter del codice penale, hanno l'obbligo di fornire alla vittima stessa tutte le informazioni relative ai centri antiviolenza presenti sul territorio e, in particolare, nella zona di residenza della vittima. Le forze dell'ordine, i presidi sanitari e le istituzioni pubbliche provvedono a mettere in contatto la vittima con i centri antiviolenza, qualora ne faccia espressamente richiesta

 

 

 

 


Articolo 2
(Potenziamento delle misure di prevenzione)

 

 

L’articolo 2 apporta alcune modifiche al codice antimafia e delle misure di prevenzione (D. Lgs. 159/2011), da un lato, estendendo l'applicabilità da parte della autorità giudiziaria delle misure di prevenzione personali - attualmente applicabili ai soggetti indiziati dei delitti di atti persecutori (art. 612-bis c.p.) e di maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.) - anche ai soggetti indiziati di alcuni gravi reati che ricorrono nell'ambito dei fenomeni della violenza di genere e della violenza domestica e, dall'altro, intervenendo sulla misura della sorveglianza speciale.

 

Con riguardo ai reati di violenza di genere e domestica, il codice antimafia prevede che possano essere applicate misure di prevenzione personali ai soggetti indiziati di atti persecutori (art. 612-bis c.p.) e di maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.)[4].

Le misure di prevenzione sono misure special-preventive, considerate tradizionalmente di natura formalmente amministrativa, dirette ad evitare la commissione di reati da parte di determinate categorie di soggetti ritenuti socialmente pericolosi. Vengono, quindi, applicate indipendentemente dalla commissione di un precedente reato, onde la denominazione di misure ante delictum o praeter delictum. La normativa vigente contempla un insieme di misure di prevenzione a carattere amministrativo e giurisdizionale. La sorveglianza speciale costituisce la principale misura di prevenzione a carattere personale e di natura giurisdizionale. Ai sensi dell'articolo 6 del Codice antimafia tale misura può essere applicata alle persone indicate all'articolo 4 del Codice antimafia, quando siano pericolose per la pubblica sicurezza.

 

Più nel dettaglio il comma 1, lett. a), modifica il comma 1, lettera i-ter, dell'art. 4 del citato codice antimafia estendendo l'applicabilità da parte dell'autorità giudiziaria delle misure di prevenzione personali ai soggetti indiziati dei reati – consumati o tentati - di omicidio (art.575 c.p.), lesioni gravi (art. 583 laddove aggravate dal legame familiare o affettivo ex art. 577, primo comma, n. 1) e secondo comma, c.p.), deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (art. 583-quinquies c.p.), violenza sessuale (art. 609-bis c.p.).

Il medesimo comma, lett. b, n. 1, novellando l'articolo 6, comma 3-bis, del codice antimafia, prevede che l'applicazione ai sorvegliati speciali, previo il loro consenso, di modalità di controllo elettronico ex art. 275-bis c.p.p., richieda la verifica di fattibilità tecnica, in luogo della verifica, prevista dal testo vigente, circa la disponibilità dei dispositivi.  

 

L’art. 275-bis c.p.p. prevede la possibilità per il giudice che ritenga di applicare la misura degli arresti domiciliari (fin da subito o in sostituzione della custodia in carcere ex art. 299), di "prescrivere" procedure di controllo mediante l'utilizzo di «mezzi elettronici o altri strumenti tecnici» nella disponibilità della polizia giudiziaria. Si tratta del c.d. braccialetto elettronico. L'imputato accetta i mezzi e gli strumenti di controllo ovvero nega il consenso all'applicazione di essi, con dichiarazione espressa resa all'ufficiale o all'agente incaricato di eseguire l'ordinanza che ha disposto la misura. La dichiarazione è trasmessa al giudice che ha emesso l'ordinanza ed al pubblico ministero, insieme con il verbale previsto dall'articolo 293, comma 1 (il verbale che l’ufficiale o agente di PG deve notificare all’interessato al momento dell’esecuzione della misura e che lo informa dei suoi diritti). L'imputato che ha accettato l'applicazione su di sé dei citati strumenti di controllo è tenuto ad agevolare le procedure di installazione e ad osservare le altre prescrizioni impostegli.

Con riguardo agli aspetti tecnici inerenti alle modalità di installazione e funzionamento, si veda il decreto del Ministro dell'interno 2 febbraio 2001 (GU n. 38 del 2001).

 

 

La lett. b), n. 2, introduce nel codice antimafia una disposizione volta a prevedere che la misura della sorveglianza speciale sia applicata, nei casi di cui alla lett. a), con le modalità di controllo elettronico ex art. 275-bis c.p.p. (cd. "braccialetto elettronico"), ferme restando la necessità del consenso dell'interessato e la verifica della fattibilità tecnica, e che, nel caso di diniego del consenso, la durata della misura non sia inferiore a tre anni, sia previsto l'obbligo di presentazione periodica all'autorità di pubblica sicurezza con cadenza almeno bisettimanale e sia altresì imposto, salvo diversa valutazione, l’obbligo o il divieto di soggiorno. Nel caso di manomissione degli strumenti di controllo la durata della misura non può essere inferiore a quattro anni. Nel caso di non fattibilità tecnica delle modalità di controllo elettronico il tribunale prescrive l’obbligo di presentazione all’autorità di pubblica sicurezza con cadenza almeno bisettimanale e, salvo diversa valutazione, l’obbligo o il divieto di soggiorno.

 

 

La lett. c) interviene sull'art. 8, c. 5, del codice antimafia, al fine di prevedere che il tribunale, nel disporre la misura della sorveglianza nei confronti dei soggetti indiziati dei delitti di cui all’art. 4, comma 1, lett. i-ter (vedi supra) imponga il divieto di avvicinarsi a determinati luoghi, frequentati abitualmente dalle persone cui occorre prestare protezione, e di mantenere una determinata distanza, non inferiore a cinquecento metri, da tali luoghi e da tali persone, potendo comunque disporre specifiche modalità e ulteriori limitazioni quando la frequentazione dei luoghi suddetti sia necessaria per comprovate esigenze o per motivi di lavoro.

 

Nel testo vigente, l’articolo 8, comma 5, del codice antimafia, prevede che il Tribunale, nel disporre la misura della sorveglianza, può imporre tutte le prescrizioni che ravvisi necessarie, avuto riguardo alle esigenze di difesa sociale, e, in particolare, il divieto di soggiorno in uno o più comuni o in una o più regioni, "ovvero, con riferimento ai soggetti di cui agli articoli 1, comma 1, lettera c), e 4, comma 1, lettera i-ter)”, il divieto di avvicinarsi a determinati luoghi, frequentati abitualmente dalle persone cui occorre prestare protezione o da minori".

 

La lett. d) interviene sull'articolo 9, c. 2, del codice antimafia, in materia di provvedimenti d'urgenza adottabili dal presidente del tribunale in pendenza del procedimento per l'applicazione della misura del divieto o dell'obbligo di soggiorno, al fine di prevedere, nel caso di soggetti indiziati dei delitti di cui all’art. 4, comma 1, lett. i-ter (vedi supra) che il presidente del tribunale possa disporre, con decreto, la temporanea applicazione del divieto di avvicinarsi alle persone cui occorre prestare protezione o a determinati luoghi da esse abitualmente frequentati e dell'obbligo di mantenere una determinata distanza, non inferiore a cinquecento metri, da tali luoghi e da tali persone, fino a quando non sia divenuta esecutiva la misura di prevenzione della sorveglianza speciale (il tribunale può disporre specifiche modalità e ulteriori limitazioni quando la frequentazione dei luoghi suddetti sia necessaria per comprovate esigenze o per motivi di lavoro). Anche in tali casi, si prevede l'applicazione del cd. braccialetto elettronico ex articolo 275-bis c.p.p. ferme restando la necessità del consenso dell'interessato e la verifica della fattibilità tecnica.

Nel caso di diniego del consenso o di non fattibilità tecnica il tribunale impone, in via provvisoria, l’obbligo di presentazione all’autorità di pubblica sicurezza con cadenza almeno bisettimanale. Quando i luoghi che il soggetto non dovrebbe frequentare sono luoghi di lavoro o vi sono comprovate esigenze che ne giustifichino la frequentazione, il presidente del tribunale prescrive le modalità con cui tale frequentazione debba avvenire e può imporre ulteriori limitazioni.

 

La lett. e), infine, interviene sull'art. 75-bis del codice antimafia, prevedendo, nel caso di violazione dei provvedimenti d'urgenza, la reclusione da uno a cinque anni e consentendo l'arresto anche fuori dei casi di flagranza (si tratta di disposizioni analoghe a quelle previste dal vigente art. 75, c. 2, per la violazione del divieto o dell'obbligo di soggiorno disposti in via definitiva).

 

Il comma 2 modifica l’art. 3, comma 3, del DL 93/2013, al fine di prevedere che l’analisi criminologica sulla violenza di genere, ivi prevista, elaborata annualmente dal Ministero dell’interno – Dipartimento della pubblica sicurezza, comprenda anche il monitoraggio sulla fattibilità tecnica degli strumenti elettronici di controllo a distanza.

 

L’art. 3, comma 3, del DL 93/2013 prevede che il Ministero dell’interno – Dipartimento della pubblica sicurezza elabori annualmente un’analisi criminologica sulla violenza di genere, anche avvalendosi del centro elaborazione dati istituito presso il Ministero medesimo, che costituisce un'autonoma sezione della relazione annuale al Parlamento sull'attività delle forze di polizia e sullo stato dell'ordine e della sicurezza pubblica nel territorio nazionale di cui all'articolo 113 della L. 121/1981.

Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159

Testo vigente

Testo vigente come modificato dall'AS 923

Art. 4

(Soggetti destinatari)

Art. 4

(Soggetti destinatari)

1. I provvedimenti previsti dal presente capo si applicano:

1.      Identico

a) agli indiziati di appartenere alle associazioni di cui all'articolo 416-bis c.p.;

b) ai soggetti indiziati di uno dei reati previsti dall'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale ovvero del delitto di cui all'articolo 12-quinquies, comma 1, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, o del delitto di cui all'articolo 418 del codice penale;

c) ai soggetti di cui all'articolo 1;

d) agli indiziati di uno dei reati previsti dall'articolo 51, comma 3-quater, del codice di procedura penale e a coloro che, operanti in gruppi o isolatamente, pongano in essere atti preparatori, obiettivamente rilevanti, ovvero esecutivi diretti a sovvertire l'ordinamento dello Stato, con la commissione di uno dei reati previsti dal capo I del titolo VI del libro II del codice penale o dagli articoli 284, 285, 286, 306, 438, 439, 605 e 630 dello stesso codice, nonché alla commissione dei reati con finalità di terrorismo anche internazionale ovvero a prendere parte ad un conflitto in territorio estero a sostegno di un'organizzazione che persegue le finalità terroristiche di cui all'articolo 270-sexies del codice penale;

e) a coloro che abbiano fatto parte di associazioni politiche disciolte ai sensi della legge 20 giugno 1952, n. 645, e nei confronti dei quali debba ritenersi, per il comportamento successivo, che continuino a svolgere una attività analoga a quella precedente;

f) a coloro che compiano atti preparatori, obiettivamente rilevanti, ovvero esecutivi diretti alla ricostituzione del partito fascista ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 645 del 1952, in particolare con l'esaltazione o la pratica della violenza;

g) fuori dei casi indicati nelle lettere d), e) ed f), siano stati condannati per uno dei delitti previsti nella legge 2 ottobre 1967, n. 895, e negli articoli 8 e seguenti della legge 14 ottobre 1974, n. 497, e successive modificazioni, quando debba ritenersi, per il loro comportamento successivo, che siano proclivi a commettere un reato della stessa specie col fine indicato alla lettera d);

h) agli istigatori, ai mandanti e ai finanziatori dei reati indicati nelle lettere precedenti. È finanziatore colui il quale fornisce somme di denaro o altri beni, conoscendo lo scopo cui sono destinati;

i) alle persone indiziate di avere agevolato gruppi o persone che hanno preso parte attiva, in più occasioni, alle manifestazioni di violenza di cui all'articolo 6 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, nonché alle persone che, per il loro comportamento, debba ritenersi, anche sulla base della partecipazione in più occasioni alle medesime manifestazioni, ovvero della reiterata applicazione nei loro confronti del divieto previsto dallo stesso articolo, che sono dediti alla commissione di reati che mettono in pericolo l'ordine e la sicurezza pubblica, ovvero l'incolumità delle persone in occasione o a causa dello svolgimento di manifestazioni sportive;

i-bis) ai soggetti indiziati del delitto di cui all'articolo 640-bis o del delitto di cui all'articolo 416 del codice penale, finalizzato alla commissione di taluno dei delitti di cui agli articoli 314, primo comma, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322 e 322-bis del medesimo codice; 

a)- i-bis) Identiche

i-ter) ai soggetti indiziati dei delitti di cui agli articoli 572 e 612-bis del codice penale.

i-ter) ai soggetti indiziati dei delitti di cui agli articoli 572 e 612-bis del codice penale o dei delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 575, 583, nelle ipotesi aggravate ai sensi dell’articolo 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, 583-quinquies e 609-bis del medesimo codice.

 

Art. 6

(Tipologia delle misure e loro presupposti)

Art. 6

(Tipologia delle misure e loro presupposti)

1. Alle persone indicate nell'articolo 4, quando siano pericolose per la sicurezza pubblica, può essere applicata, nei modi stabiliti negli articoli seguenti, la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza.

1. Identico

2. Salvi i casi di cui all'articolo 4, comma 1, lettere a) e b), alla sorveglianza speciale può essere aggiunto, ove le circostanze del caso lo richiedano, il divieto di soggiorno in uno o più comuni, diversi da quelli di residenza o di dimora abituale, o in una o più regioni.

2. Identico

3. Nei casi in cui le altre misure di prevenzione non sono ritenute idonee alla tutela della sicurezza pubblica può essere imposto l'obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale.

3. Identico

3-bis. Ai fini della tutela della sicurezza pubblica, gli obblighi e le prescrizioni inerenti alla sorveglianza speciale possono essere disposti, con il consenso dell'interessato ed accertata la disponibilità dei relativi dispositivi, anche con le modalità di controllo previste all'articolo 275-bis del codice di procedura penale.

3-bis. Ai fini della tutela della sicurezza pubblica, gli obblighi e le prescrizioni inerenti alla sorveglianza speciale possono essere disposti, con il consenso dell'interessato ed accertata la relativa fattibilità tecnica, anche con le modalità di controllo previste all'articolo 275-bis del codice di procedura penale.

 

3-ter. Quando la sorveglianza speciale è applicata ai soggetti indiziati dei delitti di cui all’articolo 4, comma 1, lettera i-ter), gli obblighi e le prescrizioni di cui al comma 3-bis sono disposti, con il consenso dell’interessato e accertata la relativa fattibilità tecnica, con le particolari modalità di controllo previste dall’articolo 275-bis del codice di procedura penale. Qualora l’interessato neghi il consenso all’adozione delle modalità di controllo anzidette, la durata della misura non può essere inferiore a tre anni e il tribunale prescrive all’interessato di presentarsi all’autorità di pubblica sicurezza preposta alla sorveglianza nei giorni e negli orari indicati, con cadenza almeno bisettimanale, per tutta la durata della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza nonché impone, salva diversa valutazione, il divieto o l’obbligo di soggiorno ai sensi dei commi 2 e 3 del presente articolo. In caso di manomissione dei mezzi elettronici e degli altri strumenti tecnici di controllo di cui all’articolo 275-bis del codice di procedura penale, la durata della sorveglianza speciale, applicata con le modalità di controllo di cui al secondo periodo, non può essere inferiore a quattro anni. Qualora l’organo delegato per l’esecuzione accerti la non fattibilità tecnica dell’applicazione delle predette modalità di controllo, il tribunale prescrive all’interessato di presentarsi all’autorità di pubblica sicurezza preposta alla sorveglianza nei giorni e negli orari indicati, con cadenza almeno bisettimanale, per tutta la durata della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e impone, salva diversa valutazione, il divieto o l’obbligo di soggiorno ai sensi dei commi 2 e 3 del presente articolo.

 

 

Art. 8

(Decisione)

Art. 8

(Decisione)

1. Il provvedimento del tribunale stabilisce la durata della misura di prevenzione che non può essere inferiore ad un anno né superiore a cinque.

1. Identico.

2. Qualora il tribunale disponga l'applicazione di una delle misure di prevenzione di cui all'articolo 6, nel provvedimento sono determinate le prescrizioni che la persona sottoposta a tale misura deve osservare.

2. Identico.

3. A tale scopo, qualora la misura applicata sia quella della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e si tratti di persona indiziata di vivere con il provento di reati, il tribunale prescrive di darsi, entro un congruo termine, alla ricerca di un lavoro, di fissare la propria dimora, di farla conoscere nel termine stesso all'autorità di pubblica sicurezza e di non allontanarsene senza preventivo avviso all'autorità medesima.

3. Identico.

4. In ogni caso, prescrive di vivere onestamente, di rispettare le leggi, e di non allontanarsi dalla dimora senza preventivo avviso all'autorità locale di pubblica sicurezza; prescrive, altresì, di non associarsi abitualmente alle persone che hanno subito condanne e sono sottoposte a misure di prevenzione o di sicurezza, di non accedere agli esercizi pubblici e ai locali di pubblico trattenimento, anche in determinate fasce orarie, di non rincasare la sera più tardi e di non uscire la mattina più presto di una data ora e senza comprovata necessità e, comunque, senza averne data tempestiva notizia all'autorità locale di pubblica sicurezza, di non detenere e non portare armi, di non partecipare a pubbliche riunioni.

4. Identico.

5. Inoltre, può imporre tutte le prescrizioni che ravvisi necessarie, avuto riguardo alle esigenze di difesa sociale, e, in particolare, il divieto di soggiorno in uno o più comuni o in una o più regioni, ovvero, con riferimento ai soggetti di cui agli articoli 1, comma 1, lettera c), e 4, comma 1, lettera i-ter), il divieto di avvicinarsi a determinati luoghi, frequentati abitualmente dalle persone cui occorre prestare protezione o da minori.

5. Inoltre, può imporre tutte le prescrizioni che ravvisi necessarie, avuto riguardo alle esigenze di difesa sociale, e, in particolare, il divieto di soggiorno in uno o più comuni o in una o più regioni, ovvero, con riferimento ai soggetti di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c), il divieto di avvicinarsi a determinati luoghi, frequentati abitualmente dalle persone cui occorre prestare protezione o da minori. Con riferimento ai soggetti di cui all’articolo 4, comma 1, lettera i-ter), il tribunale impone il divieto di avvicinarsi a determinati luoghi, frequentati abitualmente dalle persone cui occorre prestare protezione, e l’obbligo di mantenere una determinata distanza, non inferiore a cinquecento metri, da tali luoghi e da tali persone. Quando la frequentazione dei luoghi di cui al periodo precedente sia necessaria per motivi di lavoro o per altre comprovate esigenze, il tribunale prescrive le relative modalità e può imporre ulteriori limitazioni.

6. Qualora sia applicata la misura dell'obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale o del divieto di soggiorno, può essere inoltre prescritto:

1) di non andare lontano dall'abitazione scelta senza preventivo avviso all'autorità preposta alla sorveglianza;

2) di presentarsi all'autorità di pubblica sicurezza preposta alla sorveglianza nei giorni indicati ed a ogni chiamata di essa.

6. Identico.

7. Alle persone di cui al comma 6 è consegnata una carta di permanenza da portare con sé e da esibire ad ogni richiesta degli ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza.

7. Identico.

8. Il provvedimento è comunicato al procuratore della Repubblica, al procuratore generale presso la Corte di appello ed all'interessato e al suo difensore.

8. Identico.

Art. 9

(Provvedimenti d'urgenza)

Art. 9

(Provvedimenti d'urgenza)

1. Se la proposta riguarda la misura della sorveglianza speciale con l'obbligo o il divieto di soggiorno, il presidente del tribunale, con decreto, nella pendenza del procedimento di cui all'articolo 7, può disporre il temporaneo ritiro del passaporto e la sospensione della validità ai fini dell'espatrio di ogni altro documento equipollente.

1. Identico.

2. Nel caso in cui sussistano motivi di particolare gravità, può altresì disporre che alla persona denunciata sia imposto, in via provvisoria, l'obbligo o il divieto di soggiorno fino a quando non sia divenuta esecutiva la misura di prevenzione.

2. Nel caso in cui sussistano motivi di particolare gravità, può altresì disporre che alla persona denunciata sia imposto, in via provvisoria, l'obbligo o il divieto di soggiorno fino a quando non sia divenuta esecutiva la misura di prevenzione. Se la proposta della sorveglianza speciale riguarda i soggetti indiziati dei delitti di cui all’articolo 4, comma 1, lettera i-ter), e sussistono motivi di particolare gravità, il presidente del tribunale, con decreto, nella pendenza del procedimento di cui all’articolo 7, può disporre la temporanea applicazione, con le particolari modalità di controllo previste dall’articolo 275-bis del codice di procedura penale, previo accertamento della relativa fattibilità tecnica, del divieto di avvicinarsi alle persone cui occorre prestare protezione o a determinati luoghi da esse abitualmente frequentati e dell’obbligo di mantenere una determinata distanza, non inferiore a cinquecento metri, da tali luoghi e da tali persone, fino a quando non sia divenuta esecutiva la misura di prevenzione della sorveglianza speciale. Qualora l’interessato neghi il consenso all’adozione delle modalità di controllo anzidette o l’organo delegato per l’esecuzione accerti la non fattibilità tecnica delle citate modalità di controllo, il presidente del tribunale impone all’interessato, in via provvisoria, di presentarsi all'autorità di pubblica sicurezza preposta alla sorveglianza nei giorni e negli orari indicati, con cadenza almeno bisettimanale, fino a quando non sia divenuta esecutiva la misura di prevenzione. Quando la frequentazione dei luoghi di cui al secondo periodo sia necessaria per motivi di lavoro o per altre comprovate esigenze, il presidente del tribunale prescrive le relative modalità e può imporre ulteriori limitazioni.

2-bis. Nei casi di necessità e urgenza, il Questore, all'atto della presentazione della proposta di applicazione delle misure di prevenzione della sorveglianza speciale e dell'obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale nei confronti delle persone di cui all'articolo 4, comma 1, lettera d), può disporre il temporaneo ritiro del passaporto e la sospensione della validità ai fini dell'espatrio di ogni altro documento equipollente. Il temporaneo ritiro del passaporto e la sospensione della validità ai fini dell'espatrio di ogni altro documento equipollente sono comunicati immediatamente al procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto ove dimora la persona, il quale, se non ritiene di disporne la cessazione, ne richiede la convalida, entro quarantotto ore, al presidente del tribunale del capoluogo della provincia in cui la persona dimora che provvede nelle successive quarantotto ore con le modalità di cui al comma 1. Il ritiro del passaporto e la sospensione della validità ai fini dell'espatrio di ogni altro documento equipollente cessano di avere effetto se la convalida non interviene nelle novantasei ore successive alla loro adozione.

2-bis. Identico.

Art. 75-bis

(Violazione delle misure imposte con provvedimenti d'urgenza)

Art. 75-bis

(Violazione delle misure imposte con provvedimenti d'urgenza)

1. Il contravventore al divieto di espatrio conseguente all'applicazione delle misure di cui ai commi 1 e 2-bis dell'articolo 9 è punito con la reclusione da uno a cinque anni.

1. Identico.

 

1-bis. Il contravventore ai divieti, agli obblighi e alle prescrizioni conseguenti all’applicazione delle misure di cui all’articolo 9, comma 2 è punito con la reclusione da uno a cinque anni; l’arresto è consentito anche fuori dai casi di flagranza.

 

 

Decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93

Testo vigente

Testo vigente come modificato dall'AS 923

Art. 3

(Misura di prevenzione per condotte di violenza domestica)

Art. 3

(Misura di prevenzione per condotte di violenza domestica)

1. Nei casi in cui alle forze dell'ordine sia segnalato, in forma non anonima, un fatto che debba ritenersi riconducibile ai reati di cui agli articoli 581, nonché 582, secondo comma, consumato o tentato, del codice penale, nell'ambito di violenza domestica, il questore, anche in assenza di querela, può procedere, assunte le informazioni necessarie da parte degli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, all'ammonimento dell'autore del fatto. Ai fini del presente articolo si intendono per violenza domestica uno o più atti, gravi ovvero non episodici, di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all'interno della famiglia o del nucleo familiare o tra persone legate, attualmente o in passato, da un vincolo di matrimonio o da una relazione affettiva, indipendentemente dal fatto che l'autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima.

 

1.      Identico

2.  Si applicano, in quanto compatibili, le   disposizioni dell'articolo 8, commi 1 e 2, del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n.  38, come modificato dal presente decreto.  Il questore   può richiedere al prefetto del luogo di residenza del destinatario dell'ammonimento l'applicazione della misura della sospensione della patente di guida per un periodo da uno a tre mesi. Il prefetto dispone la sospensione della patente di guida ai sensi dell'articolo 218 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. Il prefetto non dà luogo alla sospensione della patente di guida qualora, tenuto conto delle condizioni economiche del nucleo familiare, risulti che le esigenze   lavorative dell'interessato non possono essere garantite con il rilascio del permesso di cui all'articolo 218, comma 2, del citato decreto legislativo n. 285 del 1992.

 

2.      Identico

3.  Il Ministero dell'interno – Dipartimento   della   pubblica sicurezza, anche attraverso i dati contenuti nel Centro elaborazione dati di cui all'articolo 8 della legge 1° aprile 1981, n.  121, elabora annualmente un'analisi criminologica della violenza di genere che costituisce un'autonoma sezione della relazione annuale al Parlamento di cui all'articolo 113 della predetta legge n.  121 del 1981.

 

3. Il Ministero dell'interno – Dipartimento   della   pubblica sicurezza, anche attraverso i dati contenuti nel Centro elaborazione dati di cui all'articolo 8 della legge 1° aprile 1981, n.  121, elabora annualmente un'analisi criminologica della violenza di genere, comprensiva del monitoraggio sulla fattibilità tecnica dei mezzi elettronici e degli altri strumenti tecnici di controllo di cui all’articolo 275-bis del codice di procedura penale, che costituisce un'autonoma sezione della relazione annuale al Parlamento di cui all'articolo 113 della predetta legge n.  121 del 1981.

4. In ogni atto del procedimento per l'adozione dell'ammonimento di cui al comma 1 devono essere omesse le generalità del segnalante, salvo che la segnalazione risulti manifestamente infondata. La segnalazione è utilizzabile soltanto ai fini dell'avvio del procedimento.

 

4.      Identico

5. Le misure di cui al comma 1 dell'articolo 11 del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, trovano altresì applicazione nei casi in cui le forze dell'ordine, i presidi sanitari e le istituzioni pubbliche ricevono dalla vittima notizia dei reati di cui agli articoli 581 e 582 del codice penale nell'ambito della violenza domestica di cui al comma 1 del presente articolo)).

 

5.      Identico

5-bis. Quando il questore procede all'ammonimento ai sensi dell'articolo 8 del decreto-legge 23 febbraio   2009, n.  11, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, come modificato dal presente decreto, e del presente articolo, informa senza indugio l'autore del fatto circa i servizi disponibili sul territorio, inclusi i consultori familiari, i servizi di salute mentale e i servizi per le dipendenze, come individuati dal Piano di cui all'articolo 5, finalizzati ad intervenire nei confronti degli autori di violenza domestica o di genere.

 

5-bis. Identico

 


Articolo 3
(Misure in materia di formazione dei ruoli di udienza e trattazione dei processi)

 

 

L’articolo 3 assicura priorità assoluta nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione dei processi anche relativi ai reati di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa; di costrizione o induzione al matrimonio; di lesioni personali aggravate; di deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso; di interruzione di gravidanza non consensuale; di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti e di stato di incapacità procurato mediante violenza, laddove ricorrano le circostanze aggravanti ad effetto speciale, e quindi il colpevole ha agito con il fine di far commettere un reato, ovvero la persona resa incapace commette, in tale stato, un fatto previsto dalla legge come delitto.

 

A tal fine, la disposizione modifica la lett. a-bis) del comma 1 dell’articolo 132-bis delle disp. att. e trans. c.p.p. in materia di priorità nella formazione dei ruoli di udienza e di trattazione dei processi.

 

La lett. a-bis), nella sua formulazione vigente, riconosce priorità assoluta nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione ai processi relativi ai reati di maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.), stalking (art. 612-bis c.p.) violenza sessuale, atti sessuale con minorenne, corruzione di minorenne e violenza sessuale di gruppo (artt. da 609-bis a 609-octies c.p.).

 

In generale, con l’art. 132-bis, disp. att. c.p.p. – introdotto con d.l. 24 novembre 2000 n. 341 (conv. con modifiche con la l. 19 gennaio 2001 n. 4) e poi sostituito con il cd. “decreto sicurezza”, cioè il D.L. 23 maggio 2008, n. 92 (conv. con modifiche in L. 24 luglio 2008 n. 125) – è stata progressivamente assicurata (anche attraverso ulteriori e successive modifiche) nella «formazione dei ruoli di udienza» e nella «trattazione dei processi» la «priorità assoluta» ai seguenti processi (elencati nel co. 1), con dovere per i dirigenti degli uffici giudiziari di adottare i provvedimenti organizzativi necessari per assicurarne la conseguente rapida definizione (co.2).

L’originaria formulazione della norma prevedeva che: «1. Nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione dei processi è assicurata la priorità assoluta: a) ai processi relativi ai delitti di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice e ai delitti di criminalità organizzata, anche terroristica; b) ai processi relativi ai delitti commessi in violazione delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all'igiene sul lavoro e delle norme in materia di circolazione stradale, ai delitti di cui al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nonché ai delitti puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni; c) ai processi a carico di imputati detenuti, anche per reato diverso da quello per cui si procede; d) ai processi nei quali l'imputato è stato sottoposto ad arresto o a fermo di indiziato di delitto, ovvero a misura cautelare personale, anche revocata o la cui efficacia sia cessata; e) ai processi nei quali è contestata la recidiva, ai sensi dell'articolo 99, quarto comma, del codice penale; f) ai processi da celebrare con giudizio direttissimo e con giudizio immediato».

 Con successivi interventi sono state poi inserite nella norma le seguenti nuove previsioni in tema di priorità assoluta, sempre e solo per formazione dei ruoli d’udienza e trattazione dei processi da assicurarsi: «a-bis) ai delitti previsti dagli articoli 572 e da 609 bis a 609 octies e 612 bis del codice penale» (lettera inserita dall’art. 2 co. 2 del D.L. 14 agosto 2013 n. 93, conv. con modifiche nella L. 15 ottobre 2013, n. 119); 7 «a-ter) ai processi relativi ai delitti di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale verificatisi in presenza delle circostanze di cui agli articoli 52, secondo, terzo e quarto comma, e 55, secondo comma, del codice penale» (lettera inserita dall’art. 9 della l. 26 aprile 2019 n. 36); «f-bis) ai processi relativi ai delitti di cui agli articoli 317, 319, 319 ter, 319 quater, 320, 321 e 322 bis del codice penale» (lettera aggiunta dall’art. 1 co. 74 della l. 23 giugno 2017 n. 103, a decorrere dal 3 agosto 2017); «f-ter) ai processi nei quali vi sono beni sequestrati in funzione della confisca di cui all’art. 12 sexies del decreto legge 8 giugno 1992 n. 306 convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992 n. 356 e successive modificazioni» (lettera aggiunta dall’art. 30, co. 2, lett. c, della l. 17 ottobre 2017 n. 161).

 

Il disegno di legge riscrive la lett. a-bis) per assicurare priorità assoluta nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione anche ai processi relativi ai seguenti reati:

·        violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 387-bis c.p.);

·        costrizione o induzione al matrimonio (art. 558-bis c.p.);

·        lesioni personali aggravate (art. 582 aggravate ai sensi dell'art. 576, primo comma, nn. 2, 5 e 5.1 e ai sensi dell'art. 577, primo comma n. 1 e secondo comma, c.p.);

·        deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (art. 583-quinquies c.p.);

·        interruzione di gravidanza non consensuale (art. 593-ter c.p.);

·        diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (art. 612-ter c.p.);

·        stato di incapacità procurato mediante violenza laddove ricorrano le circostanze aggravanti ad effetto speciale, e quindi il colpevole ha agito con il fine di far commettere un reato, ovvero la persona resa incapace commette, in tale stato, un fatto previsto dalla legge come delitto (art. 613, terzo comma, c.p.).

 

Si tratterebbe in quest’ultimo caso dell’unica fattispecie di reato presente nel nuovo elenco della lettera a-bis) non direttamente riconducibile espressamente alla violenza di genere e domestica.

 

Sul piano testuale si valuti l’opportunità di inserire nell’incipit della lettera il riferimento “ai processi relativi”.

Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie c.p.p.

Testo vigente

Testo come modificato dall’AS 923

Art. 132-bis.

(Formazione dei ruoli di udienza e trattazione dei processi)

Art. 132-bis.

(Formazione dei ruoli di udienza e trattazione dei processi)

1. Nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione dei processi è assicurata la priorità assoluta:

1. Identico

a) ai processi relativi ai delitti di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice e ai delitti di criminalità organizzata, anche terroristica;

a) identica;

a-bis) ai delitti previsti dagli articoli 572 e da 609-bis a 609-octies e 612-bis del codice penalejavascript:wrap.link_replacer.scroll('2');

a-bis) ai delitti previsti dagli articoli 387-bis, 558-bis, 572, 582, nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, 583-quinquies, 593-ter, da 609-bis a 609-octies, 612-bis, 612-ter e 613, terzo comma, del codice penale;

a-ter) ai processi relativi ai delitti di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale verificatisi in presenza delle circostanze di cui agli articoli 52, secondo, terzo e quarto comma, e 55, secondo comma, del codice penale;

a-ter) identica;

b) ai processi relativi ai delitti commessi in violazione delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all'igiene sul lavoro e delle norme in materia di circolazione stradale, ai delitti di cui al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nonché ai delitti puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni;

b) identica;

c) ai processi a carico di imputati detenuti, anche per reato diverso da quello per cui si procede;

c) identica;

d) ai processi nei quali l'imputato è stato sottoposto ad arresto o a fermo di indiziato di delitto, ovvero a misura cautelare personale, anche revocata o la cui efficacia sia cessata;

d) identica;

e) ai processi nei quali è contestata la recidiva, ai sensi dell'articolo 99, quarto comma, del codice penale;

e) identica;

f) ai processi da celebrare con giudizio direttissimo e con giudizio immediato;

f) identica;

f-bis) ai processi relativi ai delitti di cui agli articoli 317, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321 e 322-bis del codice penale;

f-bis) identica;

f-ter) ai processi nei quali vi sono beni sequestrati in funzione della confisca di cui all'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e successive modificazioni.

f-ter) identica;

2. I dirigenti degli uffici giudicanti adottano i provvedimenti organizzativi necessari per assicurare la rapida definizione dei processi per i quali è prevista la trattazione prioritaria.

2. Identico.

 

 


Articolo 4
(Trattazione spedita degli affari nella fase cautelare)

 

 

L’articolo 4 prevede che, con riguardo ai processi relativi ai delitti di violenza di genere e domestica, debba essere assicurata priorità anche alla richiesta di misura cautelare personale e alla decisione sulla stessa.

 

L’articolo 4, comma 1, prevede che nei casi indicati dall’articolo 132-bis, comma 1, lett. a-bis) – si tratta nella versione vigente (per le modifiche si veda l’articolo 3 del disegno di legge) dei processi relativi ai delitti di maltrattamenti (art. 572 c.p.), di violenza sessuale anche di gruppo, atti sessuali con minorenne, corruzione di minorenne (artt. 609-bis e ss. c.p.) e atti persecutori (art. 612-bis c.p.) - deve essere assicurata priorità anche alla richiesta di misura cautelare personale e alla decisione sulla stessa.

 

Si ricorda che con l’articolo 3 del disegno di legge in esame la lettera a-bis) viene integrata con ulteriori fattispecie di reato (v. supra).

 

Le misure cautelari sono provvedimenti provvisori e immediatamente esecutivi volti ad evitare che il trascorrere del tempo possa provocare un pericolo per l’accertamento del reato, per l’esecuzione della sentenza ovvero determinare l’aggravamento delle conseguenze del reato o l’agevolazione di altri reati (art. 272-325 c.p.p.). Possono essere adottate dall’autorità giudiziaria sia nel corso delle indagini preliminari, sia nella fase processuale, e limitano la libertà personale ovvero la disponibilità di beni. Le misure cautelari si suddividono in: misure cautelari personali e reali. Le misure cautelari personali si distinguono in coercitive e interdittive.

 

Occorre rammentare che l’art. 132-bis disp.att. c.p.p. al comma 1, lett. d) riconosce priorità assoluta anche ai processi nei quali l’imputato è stato sottoposto a misura cautelare personale.

 

Il comma 2 dell’articolo 4 del provvedimento in esame, prevede che i dirigenti degli uffici giudicanti adottano i provvedimenti organizzativi necessari per assicurare la rapida definizione degli affari per i quali è prevista la trattazione prioritaria.

 

A tale proposito, occorre ricordare, sempre con riguardo al già illustrato articolo 132-bis disp.att.c.p.p., che con la delibera del 9 luglio 2014 il Consiglio superiore della magistratura (CSM) è intervenuto in merito alla necessità di individuare criteri di priorità nella trattazione degli affari penali negli uffici, in considerazione della difficoltà di procedere, nello stesso modo e secondo gli stessi tempi, alla trattazione di tutti gli affari pendenti. Il CSM ha quindi affermato che l’individuazione di priorità, ulteriori rispetto a quelle legali, dovesse transitare attraverso atti di indirizzo rimessi alla responsabilità del capo dell’ufficio da emanarsi in occasione della formazione delle tabelle di organizzazione dell’ufficio e delle tabelle infradistrettuali, a cadenza triennale, ed annualmente rinnovati all’atto della predisposizione annuale del programma di gestione dei procedimenti penali.

Successivamente il CSM, con delibera 22 dicembre 2021, in risposta ad un quesito, ha affermato che l’adozione da parte dei dirigenti degli uffici requirenti di criteri di priorità può avere ad oggetto l’individuazione delle tipologie di procedimenti a trattazione anticipata o postergata e può fornire ai singoli sostituti indicazioni generali sull’applicazione degli istituti deflattivi. In tali casi, si tratta di direttive di riferimento per i magistrati dell’ufficio, fatta salva la possibilità per ciascun sostituto di valutare eventuali deroghe a tali linee di indirizzo in ragione della peculiarità del caso concreto, previa interlocuzione con il Procuratore. Per la residua parte varranno come criteri generali di orientamento. A loro volta, i protocolli fra uffici giudicanti e requirenti in materia – in attuazione del principio di condivisione e necessaria interlocuzione fra uffici - possono avere ad oggetto la gradazione temporale dell’ordine di trattazione dei procedimenti e le soluzioni organizzative funzionali alla celere ed efficiente definizione dei procedimenti. Infine, non possono essere oggetto dei provvedimenti organizzativi e dei protocolli processuali che incidano direttamente giurisdizionali e per le quali non vi sia un adeguato supporto normativo di rango primario.

Da ultimo, con delibera 3 maggio 2023 l’organo di autogoverno, ancora una volta in risposta ad un quesito, ha affermato che la materia dei criteri di priorità nella trattazione dei procedimenti penali, con specifico riferimento alle prerogative dei dirigenti degli uffici in materia, resta regolata dalle delibere consiliari già adottate (tenendo conto della normativa transitoria ex art. 88-bis d.lgs. 150 del 2022), in attesa del necessario intervento del legislatore ordinario e successivamente del Consiglio (chiamato a definire i principi generali cui il Procuratore dovrà attenersi nel progetto organizzativo dell’ufficio).

 


Articolo 5
(Disposizioni in materia di attribuzioni del procuratore della Repubblica)

 

 

L’articolo 5 reca misure volte a favorire la specializzazione degli uffici requirenti in materia di violenza di genere e domestica.

 

Si ricorda che l'articolo 1, comma 4, del D.Lgs. 106/2006 riconosce al procuratore capo la facoltà di affidare a uno o più procuratori aggiunti, ma anche a uno o più sostituti procuratori dell'ufficio, la cura di una determinata tipologia di procedimenti o di uno specifico ambito di attività quando gli stessi necessitano di una uniforme trattazione.

 

Più nel dettaglio, l'articolo 5, comma 1, modifica l'articolo 1, comma 4, del d.lgs. n. 106 del 2006, in materia di attribuzioni del procuratore della Repubblica, aggiungendo un ulteriore periodo, ai sensi del quale nel caso di delega, l’individuazione deve avvenire specificamente sempre per la cura degli affari in materia di violenza di genere e domestica.

 

La Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, la c.d. Convenzione di Istanbul (ratificata con la legge 27 giugno 2013, n. 77) individua tra i vari obiettivi che gli Stati firmatari devono perseguire anche quello di favorire la specializzazione di tutti gli operatori, fra i quali vanno ricompresi “le autorità giudiziarie, i pubblici ministeri e le autorità incaricate dell’applicazione della legge”.

 

Il CSM, occupandosi delle tematiche connesse al contrasto della violenza sulle donne e domestica, ha in più occasioni (si vedano le delibere dell’8 luglio 2009, del 30 luglio 2010, del 12 marzo 2014 e del 20 luglio 2017) sollecitato la specializzazione dei magistrati operanti in questi ambiti ed evidenziato l’opportunità di garantire una risposta immediata ed efficace da parte dell’autorità giudiziaria, promuovendo anche l’utilizzo di prassi virtuose.

Con la delibera del 9 maggio 2018 il CSM, al fine di verificare il grado di conformazione degli uffici alle raccomandazioni delle precedenti delibere e di effettuare una rinnovata ricognizione delle buone prassi esistenti, ha, successivamente, approvato le linee guida in tema di modelli organizzativi e di buone prassi per la trattazione dei procedimenti in materia di violenza di genere. Con riferimento all’organizzazione degli uffici requirenti, il punto di partenza è – secondo l’organo di autogoverno – proprio la constatata necessità di un approccio “specialistico” ai procedimenti per violenza di genere, che consente lo sviluppo di prassi investigative efficaci e il consolidamento di un background di conoscenze non solo giuridiche, così da consentire alle autorità inquirenti un migliore vaglio sulla fondatezza della notitia criminis, anche in funzione preventiva di eventuali escalation, e un più corretto rapporto con la vittima.

Dopo la delibera del 4 giugno 2020 nella quale l’organo di autogoverno ha dato conto degli esiti del monitoraggio sui procedimenti per violenza di genere e domestica in relazione all’emergenza sanitaria e al connesso incremento di rischio di esposizione alla violenza domestica, il CSM ha, da ultimo, con la delibera 3 novembre 2021, approvato una risoluzione sulle linee guida in materia di violenza domestica e di genere. Tale delibera reca una ricognizione del contesto normativo e ordinamentale, con particolare riferimento all’attività del Consiglio e agli esiti del monitoraggio effettuato presso gli uffici giudicanti e requirenti di merito. La delibera – in esito all’analisi svolta - rileva che gli obiettivi di specializzazione sono in parte raggiunti, ma necessitano di essere migliorati, così come devono essere curati i collegamenti con il settore civile e il settore minorile.

 

Occorre, infine, ricordare che nel corso della passata legislatura la Commissione di inchiesta sul femminicidio istituita presso il Senato ha approvato uno specifico Rapporto sulla violenza di genere e domestica nella realtà giudiziaria (Doc. XXII-bis n. 4), nel quale, fra le altre, è stato evidenziato come “solo una minoranza delle procure, pari al 12,3 per cento (ovvero 17 su 138, di cui 10 di piccole, 4 di medie e 3 di grandi dimensioni) segnala l’esistenza di un gruppo di magistrati specializzati esclusivamente nella violenza di genere e domestica, ma ciò non esclude che, soprattutto nelle piccole procure, detti magistrati trattino anche procedimenti di altre materie.”


 

Decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106

 

Testo vigente

Testo come modificato dall’AS 923

Articolo 1.

(Attribuzioni del procuratore della Repubblica).

 

Articolo 1.

(Attribuzioni del procuratore della Repubblica).

 

1. Il procuratore della Repubblica, quale preposto all'ufficio del pubblico ministero, è titolare esclusivo dell'azione penale e la esercita nei modi e nei termini fissati dalla legge.

1. Identico

2. Il procuratore della Repubblica assicura il corretto, puntuale ed uniforme esercizio dell'azione penale, l'osservanza delle disposizioni relative all'iscrizione delle notizie di reato ed il rispetto delle norme sul giusto processo da parte del suo ufficio.

2. Identico

3. Il procuratore della Repubblica può designare, tra i procuratori aggiunti, il vicario, il quale esercita le medesime funzioni del procuratore della Repubblica per il caso in cui sia assente o impedito ovvero l'incarico sia rimasto vacante.

3. Identico

4. Il procuratore della Repubblica può delegare ad uno o più procuratori aggiunti ovvero anche ad uno o più magistrati addetti all'ufficio la cura di specifici settori di affari, individuati con riguardo ad aree omogenee di procedimenti ovvero ad ambiti di attività dell'ufficio che necessitano di uniforme indirizzo.

4. Il procuratore della Repubblica può delegare ad uno o più procuratori aggiunti ovvero anche ad uno o più magistrati addetti all'ufficio la cura di specifici settori di affari, individuati con riguardo ad aree omogenee di procedimenti ovvero ad ambiti di attività dell'ufficio che necessitano di uniforme indirizzo. In caso di delega, uno o più procuratori aggiunti o uno o più magistrati sono sempre specificamente individuati per la cura degli affari in materia di violenza contro le donne e domestica.

5. Nella designazione di cui al comma 3 e nella attribuzione della delega di cui al comma 4, il procuratore della Repubblica può stabilire, in via generale ovvero con singoli atti, i criteri ai quali i procuratori aggiunti ed i magistrati dell'ufficio devono attenersi nell'esercizio delle funzioni vicarie o della delega.

5. Identico

6. Il procuratore della Repubblica predispone, in conformità ai princìpi generali definiti dal Consiglio superiore della magistratura, il progetto organizzativo dell'ufficio, con il quale determina:

a) le misure organizzative finalizzate a garantire l'efficace e uniforme esercizio dell'azione penale, tenendo conto dei criteri di priorità di cui alla lettera b);

b) i criteri di priorità finalizzati a selezionare le notizie di reato da trattare con precedenza rispetto alle altre e definiti, nell'ambito dei criteri generali indicati dal Parlamento con legge, tenendo conto del numero degli affari da trattare, della specifica realtà criminale e territoriale e dell'utilizzo efficiente delle risorse tecnologiche, umane e finanziarie disponibili;

c) i compiti di coordinamento e di direzione dei procuratori aggiunti;

d) i criteri di assegnazione e di coassegnazione dei procedimenti e le tipologie di reato per le quali i meccanismi di assegnazione dei procedimenti sono di natura automatica;

e) i criteri e le modalità di revoca dell'assegnazione dei procedimenti;

f) i criteri per l'individuazione del procuratore aggiunto o comunque del magistrato designato come vicario, ai sensi del comma 3;

g) i gruppi di lavoro, salvo che la disponibilità di risorse umane sia tale da non consentirne la costituzione, e i criteri di assegnazione dei sostituti procuratori a tali gruppi, che devono valorizzare il buon funzionamento dell'ufficio e le attitudini dei magistrati, nel rispetto della disciplina della permanenza temporanea nelle funzioni, fermo restando che ai componenti dei medesimi gruppi di lavoro non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati.

 

7. Il progetto organizzativo dell'ufficio è adottato ogni quattro anni, sentiti il dirigente dell'ufficio giudicante corrispondente e il presidente del consiglio dell'ordine degli avvocati, ed è approvato dal Consiglio superiore della magistratura, previo parere del consiglio giudiziario e valutate le eventuali osservazioni formulate dal Ministro della giustizia ai sensi dell'articolo 11 della legge 24 marzo 1958, n. 195. Decorso il quadriennio, l'efficacia del progetto è prorogata fino a che non sopravvenga il nuovo. Con le medesime modalità di cui al primo periodo, il progetto organizzativo può essere variato nel corso del quadriennio per sopravvenute esigenze dell'ufficio.

6. Identico

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

7. Identico


 

 


Articolo 6
(Iniziative formative in materia di violenza contro le donne e violenza domestica)

 

 

L’articolo 6 prevede iniziative formative in materia di violenza contro le donne e violenza domestica.

 

In particolare, il comma 1 prevede, in linea con gli obiettivi della citata Convenzione di Istanbul (vedi supra), la predisposizione, da parte dell’Autorità politica delegata per le pari opportunità, anche con il supporto del Comitato tecnico-scientifico dell’Osservatorio sul fenomeno della violenza nei confronti delle donne, sentita l’assemblea dell’Osservatorio stesso, di apposite linee guida nazionali al fine di orientare un’adeguata ed omogenea formazione degli operatori che a diverso titolo entrano in contatto con le donne vittime di violenza. La disposizione fa salvo quanto già previsto dall’art. 5 della legge n. 69/2019 per la formazione degli operatori delle forze di polizia.

 

L’articolo 5 della legge 69 del 2019 prevede che la Polizia di Stato, l'Arma dei carabinieri e il Corpo di Polizia penitenziaria attivino presso i rispettivi istituti di formazione specifici corsi obbligatori destinati al personale che esercita funzioni di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria in relazione alla prevenzione e al perseguimento dei reati in materia di violenza di genere o che interviene nel trattamento penitenziario delle persone per essi condannate. La frequenza dei corsi è obbligatoria per il personale individuato dall'amministrazione di appartenenza.

 

Si ricorda che l'articolo 5 del citato decreto-legge n. 93 del 2013, prevede che al fine di definire un sistema strutturato di governance tra tutti i livelli di governo, sono istituiti presso il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri una Cabina di regia interistituzionale e un Osservatorio sul fenomeno della violenza nei confronti delle donne e sulla violenza domestica. L’osservatorio è stato costituito con il D.M. 12 aprile 2022.  L’articolo 5 del citato decreto ministeriale istituisce, in seno all’Osservatorio, il comitato tecnico-scientifico con il compito di individuare le linee di attuazione del programma delle attività dell'Osservatorio medesimo. Il Comitato è presieduto da un coordinatore tecnico-scientifico, nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri o dall’Autorità politica delegata alle pari opportunità ed è composto dal Capo del Dipartimento per le pari opportunità o da un suo delegato e da cinque esperti nominati dal Presidente del Consiglio dei ministri o dall’Autorità politica delegata alle pari opportunità, tra soggetti di elevata e comprovata professionalità negli ambiti tematici di interesse dell'Osservatorio.

 

Il comma 2 prevede che nelle linee programmatiche che il Ministro della giustizia annualmente propone alla Scuola superiore della magistratura, ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo n. 26 del 2006, siano inserite specifiche iniziative formative in materia di violenza contro le donne e violenza domestica.

 

Si rammenta che l’articolo 5, comma 2, del citato d.lgs. n. 26 del 2006, dispone che il Ministro della giustizia e il Consiglio superiore della magistratura propongano annualmente delle linee programmatiche al fine dell’adozione del programma annuale dell’attività didattica da parte del comitato direttivo della Scuola superiore della magistratura. Si ricorda, a tal proposito, che, ai sensi dell’art. 2, c. 1, lett. b) e n) del citato d.lgs. n. 26/2006, la Scuola Superiore della magistratura organizza seminari di aggiornamento professionale e di formazione per i magistrati e per gli altri operatori della giustizia.

 

 

La Scuola superiore della magistratura è stata istituita dal d. lgs. 26/2006 come ente autonomo, con personalità giuridica di diritto pubblico e piena capacità di diritto privato, nonché di autonomia organizzativa, funzionale e contabile, che opera secondo le disposizioni del proprio statuto e dei regolamenti interni. La Scuola si avvale di personale dell'organico del Ministero della giustizia, ovvero comandato da altre amministrazioni.

Gli organi della Scuola sono:

§  il comitato direttivo, composto di 12 membri, che adotta e modifica lo statuto, i regolamenti interni e il programma annuale dell'attività didattica, approva la relazione annuale da trasmettere al Ministro della giustizia e al CSM, e nomina i docenti delle singole sessioni formative;

§  il presidente, che ha la rappresentanza legale della Scuola, presiede il comitato direttivo e adotta i provvedimenti d'urgenza;

§  il segretario generale, che è responsabile della gestione amministrativa, provvede all'esecuzione delle delibere del comitato direttivo e predispone la relazione annuale sull'attività della Scuola.

La Scuola ha competenza in via esclusiva in materia di formazione e aggiornamento dei magistrati.

 

In particolare la Scuola si occupa:

§  del tirocinio dei magistrati ordinari nominati a seguito di concorso per esame: tale tirocinio ha la durata di diciotto mesi e si articola in sessioni, una delle quali della durata di sei mesi, anche non consecutivi, effettuata presso la Scuola ed una della durata di dodici mesi, anche non consecutivi, effettuata presso gli uffici giudiziari;

§  dei corsi per la formazione e l'aggiornamento professionale, nonché per il conferimento degli incarichi direttivi di primo e di secondo grado.


Articolo 7
(Termini per la valutazione delle esigenze cautelari)

 

 

L’articolo 7 interviene sul procedimento di applicazione delle misure cautelari nei procedimenti relativi a delitti di violenza domestica e di genere, prevedendo che il PM debba richiedere l’applicazione della misura entro trenta giorni dall’iscrizione della persona nel registro delle notizie di reato e il giudice debba pronunciarsi sulla richiesta nei venti giorni dal deposito dell’istanza cautelare presso la cancelleria.

 

Più nel dettaglio l’articolo introduce nel codice di procedura penale, il nuovo articolo 362-bis recante misure urgenti di protezione della persona offesa.

 

La nuova disposizione (comma 1) prevede che nei casi in cui si procede per i seguenti delitti, consumati o tentati, commessi in danno del coniuge, anche separato o divorziato, della parte dell’unione civile o del convivente o di persona che è legata o è stata legata da relazione affettiva ovvero di prossimi congiunti:

·        tentato omicidio (art. 575 c.p.);

·        costrizione o induzione al matrimonio (art. 558-bis c.p.);

·        maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.);

·        lesioni personali aggravate (art. 582 aggravate ai sensi dell'art. 576, primo comma, nn. 2, 5 e 5.1 e ai sensi dell'art. 577, primo comma n. 1 e secondo comma, c.p.);

·        pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili (art. 583-bis c.p.)

·        deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (art. 583-quinquies c.p.);

·        interruzione di gravidanza non consensuale (art. 593-ter c.p.);

·        violenza sessuale, atti sessuale con minorenne, corruzione di minorenne e violenza sessuale di gruppo (artt. da 609-bis a 609-octies c.p.);

·        violenza privata (art. 610 c.p.)

·        minaccia grave (art. 612, secondo comma, c.p.)

·        atti persecutori (art. 612-bis c.p.)

·        diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (art. 612-ter c.p.)

·        stato di incapacità procurato mediante violenza, nelle ipotesi aggravate (art. 613, terzo comma, c.p.)

 

il PM, effettuate le indagini ritenute necessarie, è tenuto a valutare, entro trenta giorni dall’iscrizione del nominativo della persona nel registro delle notizie di reato, la sussistenza dei presupposti di applicazione delle misure cautelari.

Nel caso in cui il PM non ravvisi i presupposti per richiedere l’applicazione delle misure cautelari nel termine di cui al comma 1, prosegue nelle indagini preliminari (comma 2).

 

La disposizione (comma 3, dell’articolo 362-bis) introduce altresì un ulteriore termine - entro venti giorni dal deposito dell’istanza cautelare presso la cancelleria - entro il quale il giudice deve provvedere in ordine alla richiesta di applicazione di una misura cautelare.

 


Articolo 8
(Disposizioni in materia di rilevazione dei termini)

 

 

L’articolo 8 modifica l'articolo 127 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale in materia di comunicazione delle notizie di reato al procuratore generale.

In particolare, l’articolo in commento aggiunge un ulteriore comma all’articolo 127 disp.att. c.p.p., con il quale si impone al procuratore generale presso la Corte di appello l’obbligo di acquisire, trimestralmente, dalle procure della repubblica del distretto i dati sul rispetto dei termini relativi ai procedimenti di cui all’articolo 362-bis c.p.p. (introdotto dall’articolo 6 del disegno di legge in commento) e di inviare al procuratore generale presso la Corte di cassazione una relazione almeno semestrale.

 

L'art. 127 disp. att. c.p.p., come modificato dal D. Lgs. 150/2022 (c.d. riforma Cartabia del processo penale), prevede, al comma 1, che la segreteria del PM debba trasmettere ogni settimana al procuratore generale presso la corte di appello i dati indicati nel comma 3 dell'art. 127 disp. att. c.p.p. e raggruppati in distinti elenchi riepilogativi, relativi ai procedimenti nei quali il PM: non ha disposto la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, né ha esercitato l’azione penale o richiesto l’archiviazione, entro i termini previsti dagli articoli 407-bis, comma 2, c.p.p.; non ha assunto le determinazioni sull’azione penale nei termini di cui all’articolo 415-ter, comma 3, primo e secondo periodo, c.p.p.; non ha esercitato l’azione penale, né richiesto l’archiviazione, entro i termini previsti dagli articoli 407-bis, comma 2, e 415-ter, comma 3, quarto periodo, c.p.p.. Il comma 2 dell’art. 127 disp. att. c.p.p. stabilisce che con riguardo ai procedimenti nei quali il PM non ha disposto la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, né ha esercitato l’azione penale o richiesto l’archiviazione deve essere specificato se il PM ha formulato la richiesta di differimento di cui al comma 5-bis dell’articolo 415-bis c.p.p. e, in caso affermativo, se il procuratore generale ha provveduto sulla richiesta e con quale esito. Il comma 3 infine elenca i dati che la segreteria del PM è tenuta a comunicare. Si tratta dei seguenti dati: le generalità della persona sottoposta alle indagini o quanto altro valga a identificarla; il luogo di residenza, dimora o domicilio della persona sottoposta alle indagini; le generalità della persona offesa o quanto altro valga a identificarla; il luogo di residenza, dimora o domicilio della persona offesa; i nominativi dei difensori della persona sottoposta alle indagini e della persona offesa e i relativi recapiti; il reato per cui si procede, con indicazione delle norme di legge che si assumono violate, nonché, se risultano, la data e il luogo del fatto.

 

A tal proposito, si rammenta che la legge 8 settembre 2023, n. 122,  aggiungendo un nuovo comma (comma 1-bis) all'articolo 6 del decreto legislativo n. 106 del 2006, ha stabilito che il procuratore generale presso la Corte di appello, nell'ambito dell'attività di vigilanza che gli è propria e che si sostanzia nell'acquisizione di dati e notizie dalle procure del distretto, acquisisca dalle procure della Repubblica del distretto, con cadenza trimestrale, i dati sul rispetto del termine di cui all'art. 362, comma 1-ter, c.p.p. (assunzione di informazioni dalla persona offesa o da chi ha denunciato i fatti di reato in materia di violenza di genere entro tre giorni), e invii al Procuratore generale presso la Corte di cassazione una relazione almeno semestrale.

 

 

Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271

 

Testo vigente

Testo come modificato dall’AS 923

Articolo 127

(Comunicazione delle notizie di reato al procuratore generale)

Articolo 127

(Comunicazione delle notizie di reato al procuratore generale)

1. La segreteria del pubblico ministero trasmette ogni settimana al procuratore generale presso la corte di appello i dati di cui al comma 3 relativi ai procedimenti di seguito indicati, da raggrupparsi in distinti elenchi riepilogativi:

a) procedimenti nei quali il pubblico ministero non ha disposto la notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, né ha esercitato l'azione penale o richiesto l'archiviazione, entro i termini previsti dall'articolo 407-bis, comma 2, del codice;

b) procedimenti nei quali il pubblico ministero non ha assunto le determinazioni sull'azione penale nei termini di cui all'articolo 415-ter, comma 3, primo e secondo periodo, del codice;

c) procedimenti, diversi da quelli indicati alle lettere a) e b), nei quali il pubblico ministero non ha esercitato l'azione penale, né richiesto l'archiviazione, entro i termini previsti dagli articoli 407-bis, comma 2, e 415-ter, comma 3, quarto periodo, del codice.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2. Per ciascuno dei procedimenti di cui al comma 1, lettera a), è specificato se il pubblico ministero ha formulato la richiesta di differimento di cui al comma 5-bis dell'articolo 415-bis del codice e, in caso affermativo, se il procuratore generale ha provveduto sulla richiesta e con quale esito.

 

3. Per ciascuno dei procedimenti indicati al comma 1, la segreteria del pubblico ministero comunica:

a) le generalità della persona sottoposta alle indagini o quanto altro valga a identificarla;

b) il luogo di residenza, dimora o domicilio della persona sottoposta alle indagini;

c) le generalità della persona offesa o quanto altro valga a identificarla;

d) il luogo di residenza, dimora o domicilio della persona offesa;

e) i nominativi dei difensori della persona sottoposta alle indagini e della persona offesa e i relativi recapiti;

f) il reato per cui si procede, con indicazione delle norme di legge che si assumono violate, nonché, se risultano, la data e il luogo del fatto.

 

 

1. Identico

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1-bis. Il procuratore generale presso la corte di appello ogni tre mesi acquisisce dalle procure della Repubblica del distretto i dati sul rispetto dei termini relativi ai procedimenti di cui all’articolo 362-bis del codice di procedura penale e invia al procuratore generale presso la Corte di cassazione una relazione almeno semestrale.

 

 

 

2. Identico

 

 

 

 

 

 

 

 

3. Identico

 

 


Articolo 9
(Modifiche degli effetti della violazione degli ordini di protezione contro gli abusi familiari)

 

 

L’articolo 9 innalza la pena prevista relativa alla violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e al divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, e ne estende la disciplina penalistica anche alla violazione degli ordini di protezione emessi dal giudice in sede civile.

 

L'articolo 387-bis del codice penale, introdotto dall'art. 4 della legge n. 69 del 2019 (c.d. “codice rosso”), prevede il delitto di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare (art. 282-bis c.p.p.), del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 282-ter c.p.p.), nonché della violazione dell'ordine di allontanamento d'urgenza dalla casa familiare, disposto dalla polizia giudiziaria, su autorizzazione del PM (art. 384-bis c.p.p.). Il delitto, che può essere consumato con condotte tra loro alternative, è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni. Per lo stesso delitto, l’art. 380, comma 2, lettera l-ter), c.p.p., come modificato dall’art. 2, comma 15, della legge 27 settembre 2021, n. 134, prevede l'arresto obbligatorio in flagranza.

L'introduzione di questa fattispecie incriminatrice ottempera a un obbligo sovranazionale derivante dall'art. 53 della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, la c.d. “Convenzione di Istanbul” (v. supra).

 

Più nel dettaglio, la lettera a) del comma 1:

1)       modifica la pena prevista dall'articolo 387-bis per la violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (attualmente della reclusione da sei mesi a tre anni) aumentando il massimo edittale a tre anni e sei mesi

2)       introduce un ulteriore comma all'articolo 387-bis c.p. al fine di rendere applicabile la disciplina ivi contemplata ai casi di violazione degli ordini di protezione contro gli abusi familiari di cui all’art. 342-ter, primo comma, del codice civile emessi dal giudice in sede civile ovvero alla violazione di un provvedimento di eguale contenuto assunto nel procedimento di separazione personale dei coniugi o nel procedimento di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio.

 

Gli ordini di protezione contro gli abusi familiari sono provvedimenti che il giudice, su istanza di parte, adotta con decreto per ordinare la cessazione della condotta del coniuge o di altro convivente che sia “causa di grave pregiudizio all'integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell'altro coniuge o convivente” (art. 342-bis c.c.). Gli ordini di protezione richiedono l’istanza della vittima, che può essere proposta anche dalla parte personalmente, con ricorso al tribunale del luogo di propria residenza o domicilio, che provvede in camera di consiglio in composizione monocratica con decreto motivato immediatamente esecutivo. In caso di urgenza, l’ordine di protezione può essere assunto dopo sommarie informazioni, con successiva udienza di comparizione delle parti entro un termine non superiore a quindici giorni in occasione della quale vi è la conferma, la modifica o la revoca dell'ordine di protezione.

Contro il decreto con cui il giudice adotta l'ordine di protezione o rigetta il ricorso, o conferma, modifica o revoca l'ordine precedentemente adottato, è ammesso reclamo al tribunale entro dieci giorni dalla comunicazione o dalla notifica del decreto.

Ai sensi del primo comma dell'articolo 342-ter c.c., con il decreto di cui all'articolo 342-bis il giudice ordina al coniuge o convivente, che ha tenuto la condotta pregiudizievole, la cessazione della stessa condotta e dispone l'allontanamento dalla casa familiare del coniuge o del convivente che ha tenuto la condotta pregiudizievole prescrivendogli altresì, ove occorra, di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dall'istante, ed in particolare al luogo di lavoro, al domicilio della famiglia d'origine, ovvero al domicilio di altri prossimi congiunti o di altre persone ed in prossimità dei luoghi di istruzione dei figli della coppia, salvo che questi non debba frequentare i medesimi luoghi per esigenze di lavoro.

 

La lett. b) del comma 1, conseguentemente alla modifica apportata all'articolo 387-bis c.p.p., interviene sul secondo comma dell'articolo 388 c.p.p., sopprimendo la parte in cui prevede che la violazione degli ordini di protezione civilistici sia sanzionata con la reclusione fino a tre anni o con la multa da euro 103 a euro 1.032.

 

In proposito, nella relazione illustrativa dell’originario disegno di legge governativo si precisa che «l’intervento in esame si basa sulla circostanza che l’ordine di protezione contro gli abusi familiari di cui all’articolo 342-ter, primo comma, del codice civile presuppone una condotta pregiudizievole per l’integrità fisica o morale del coniuge o convivente e che viene emesso dal giudice all’esito di una compiuta istruttoria, per cui è opportuno equiparare le conseguenze della violazione del predetto ordine emesso in sede civile a quelle previste per la violazione delle misure cautelari del divieto di avvicinamento o dell’obbligo di allontanamento».

 

 

Codice di procedura penale

 

Testo vigente

Testo come modificato dall’A.S. 923

Articolo 387-bis

(Violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa)

Articolo 387-bis

(Violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa)

Chiunque, essendovi legalmente sottoposto, violi gli obblighi o i divieti derivanti dal provvedimento che applica le misure cautelari di cui agli articoli 282-bis e 282-ter del codice di procedura penale o dall'ordine di cui all'articolo 384-bis del medesimo codice è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Chiunque, essendovi legalmente sottoposto, violi gli obblighi o i divieti derivanti dal provvedimento che applica le misure cautelari di cui agli articoli 282-bis e 282-ter del codice di procedura penale o dall'ordine di cui all'articolo 384-bis del medesimo codice è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e sei mesi.

 

La stessa pena si applica a chi elude l'ordine di protezione previsto dall'articolo 342-ter, primo comma, del codice civile, ovvero un provvedimento di eguale contenuto assunto nel procedimento di separazione personale dei coniugi o nel procedimento di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio.

Articolo 388

(Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice)

Articolo 388

(Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice

Chiunque, per sottrarsi all'adempimento degli obblighi nascenti da un provvedimento dell'autorità giudiziaria, o dei quali è in corso l'accertamento dinanzi all'autorità giudiziaria stessa, compie, sui propri o sugli altrui beni, atti simulati o fraudolenti, o commette allo stesso scopo altri fatti fraudolenti, è punito, qualora non ottemperi all'ingiunzione di eseguire il provvedimento, con la reclusione fino a tre anni o con la multa da euro 103 a euro 1.032.

Identico.

La stessa pena si applica a chi elude l'ordine di protezione previsto dall'articolo 342-ter del codice civile, ovvero un provvedimento di eguale contenuto assunto nel procedimento di separazione personale dei coniugi o nel procedimento di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ovvero ancora l'esecuzione di un provvedimento del giudice civile, ovvero amministrativo o contabile, che concerna l'affidamento di minori o di altre persone incapaci, ovvero prescriva misure cautelari a difesa della proprietà, del possesso  del credito.

La stessa pena si applica a chi elude l'esecuzione di un provvedimento del giudice civile, ovvero amministrativo o contabile, che concerna l'affidamento di minori o di altre persone incapaci, ovvero prescriva misure cautelari a difesa della proprietà, del possesso o del credito.

Omissis

 

 


Articolo 10
(Arresto in flagranza differita)

 

 

L’articolo 10 introduce nel codice di procedura penale un nuovo articolo (art. 382-bis) al fine di consentire l'arresto in flagranza differita nei casi di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, di maltrattamenti contro familiari e conviventi, nonché di atti persecutori.

 

L'articolo 382 c.p.p. descrive lo stato di flagranza in chi viene colto nell'atto di commettere il reato, mentre attribuisce lo stato di quasi flagranza in chi subito dopo il reato è inseguito dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o da altre persone, ovvero è sorpreso con cose e tracce dalle quali appaia che egli abbia compiuto il reato immediatamente prima. Ai fini dell'arresto vi è equivalenza normativa tra flagranza e quasi flagranza.

La flagranza «differita», istituto introdotto nell’ordinamento dal d.l. n. 28 del 2003 per contrastare il fenomeno della violenza in occasione di manifestazioni sportive e calcistiche e disciplinato dall’art. 8, comma 1-ter, della legge n. 401 del 1989, prevede che nei casi di reati commessi con violenza alle persone o alle cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, per i quali è obbligatorio o facoltativo l'arresto ai sensi degli articoli 380 e 381 c.p.p., quando non è possibile procedere immediatamente all'arresto per ragioni di sicurezza o incolumità pubblica, si considera comunque in stato di flagranza colui il quale, sulla base di documentazione video fotografica dalla quale emerga inequivocabilmente il fatto, ne risulta autore, sempre che l'arresto sia compiuto non oltre il tempo necessario alla sua identificazione e, comunque, entro 48 ore dal fatto. L'arresto è, inoltre, consentito in caso di violazione del divieto di accedere ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive (c.d. “daspo”).

Successivamente, il decreto-legge n. 14 del 2017 (art. 10, comma 6-quater) e il decreto-legge n. 130 del 2020 (art. 6) hanno esteso la possibilità di procedere con l’arresto in flagranza differita rispettivamente ai casi di reati commessi con violenza alle persone o alle cose, compiuti alla presenza di più persone anche in occasioni pubbliche, e ai reati commessi in occasione o a causa del trattenimento in uno dei centri di permanenza per il rimpatrio (CPR o hotspot) o delle strutture di primo soccorso e accoglienza (CPA e CAS).

Lo strumento dell’arresto differito - anche a seguito dei numerosi dubbi di legittimità costituzionale (legati alla nozione di flagranza, che presuppone uno stretto collegamento con la commissione del fatto-reato) – è stato introdotto in entrambi i casi in via transitoria: originariamente la misura poteva essere applicata fino al 30 giugno 2005, termine poi prorogato più volte con provvedimenti d’urgenza, fino al differimento al 30 giugno 2020 previsto dal decreto-legge n. 14 del 2017 (art. 10, comma 6-ter). Infine, l’articolo 15 del decreto-legge n. 53 del 2019 ha "stabilizzato" nel nostro ordinamento l’istituto dell’arresto in flagranza differita per i reati violenti commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive, per i quali è obbligatorio o facoltativo l'arresto; per i reati commessi con violenza alle persone o alle cose, compiuti alla presenza di più persone anche in occasioni pubbliche, per i quali è obbligatorio l’arresto.

 

Più nel dettaglio, il comma unico dell'articolo in commento, mediante l’inserimento nel codice di procedura penale dell’articolo 382-bis, prevede che si consideri comunque in stato di flagranza colui che, sulla base di documentazione video fotografica o di altra documentazione legittimamente ottenuta da dispositivi di comunicazione informatica o telematica, dalla quale emerga inequivocabilmente il fatto, risulti aver commesso il reato di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 387-bis c.p.), ovvero di maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.) o di atti persecutori (art. 612-bis c.p.). L'arresto deve essere compiuto non oltre il tempo necessario all’identificazione dell’autore e, comunque, entro le quarantotto ore dal fatto. Occorre precisare che l'arresto in flagranza differita risulterebbe consentito, in ragione della modifica apportata all'articolo 387-bis c.p. dall'articolo 9, anche nei casi di violazione degli ordini di protezione o di analoghi provvedimenti adottati in sede civile (v. supra).


Articolo 11
(Disposizioni in materia di allontanamento d’urgenza dalla casa familiare)

 

 

L’articolo 11 interviene in materia di allontanamento d’urgenza dalla casa familiare.

 

Più nel dettaglio l’articolo aggiunge cinque ulteriori commi (dal comma 2-bis al comma 2-sexies) all’articolo 384-bis c.p.p., il quale disciplina la misura precautelare dell’allontanamento d’urgenza dalla casa familiare.

 

L’art. 384-bis c.p.p. regola un’autonoma misura precautelare per i reati commessi in ambito familiare. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria hanno la facoltà di disporre l’allontanamento urgente dalla casa familiare, della persona che sia colta in flagranza di uno dei delitti indicati dall’art. 282-bis comma 6, con divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa. Per procedere occorre la previa autorizzazione del PM, che può essere resa per iscritto o anche oralmente. Le condizioni affinché sia possibile proseguire all’allontanamento d’urgenza dalla casa familiare sono due: la flagranza e i fondati motivi, per ritenere possibile la reiterazione della condotta ponendo in grave ed attuale pericolo la vita o l’integrità psicofisica della persona offesa.

Sul piano procedimentale la disposizione fa rinvio, nei limiti della compatibilità, a quella già prevista dal codice di rito in materia di convalida dell'arresto in flagranza di reato e/o del fermo di indiziato di delitto: ergo, occorre che entro quarantotto ore dall'esecuzione del provvedimento di allontanamento il pubblico ministero ne richieda la convalida al giudice per le indagini preliminari e che entro le successive quarantotto ore il giudice, pronunciandosi sulla convalida, disponga l'applicazione della misura in conformità alla richiesta del pubblico ministero.

 

Il nuovo comma 2-bis dell’articolo 384-bis c.p.p. prevede che, fermo quanto disposto dall'articolo 384 (in tema di fermo dell’indiziato), anche fuori dei casi di flagranza, il PM dispone, con decreto motivato, l'allontanamento urgente dalla casa familiare con il divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa, nei confronti della persona gravemente indiziata di taluno dei delitti di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 387-bis c.p.), maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.), lesioni (art. 582 c.p.), limitatamente alle ipotesi procedibili d'ufficio o comunque aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1 e secondo comma e atti persecutori (art. 612-bis c.p.) o di altro delitto, consumato o tentato, commesso con minaccia o violenza alla persona per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni, ove sussistano fondati motivi per ritenere che le condotte criminose possano essere reiterate ponendo in grave ed attuale pericolo la vita o l'integrità fisica della persona offesa, e non sia possibile, per la situazione di urgenza, attendere il provvedimento del giudice.

 

Entro quarantotto ore dall'esecuzione del decreto con il quale è stato disposto l’allontanamento urgente il PM ne richiede la convalida al giudice per le indagini preliminari - competente in relazione al luogo nel quale il provvedimento di allontanamento d'urgenza è stato eseguito – il quale entro le successive quarantotto ore deve fissare l'udienza di convalida dandone avviso, senza ritardo, al pubblico ministero e al difensore (commi 2-ter e 2-quater).

            Ai sensi del comma 2-quinquies il provvedimento di allontanamento d'urgenza diviene inefficace in caso di mancata osservanza da parte del PM delle prescrizioni di cui al comma 2-ter.

???Il comma 2-sexies fa rinvio, in quanto compatibili, alle disposizioni di cui agli articoli 385 e seguenti c.p.p. in materia di convalida dell'arresto in flagranza di reato e/o del fermo di indiziato di delitto.

 

 

Codice di procedura penale

 

Testo vigente

Testo come modificato dall'A.S. 923

Art. 384-bis.

Allontanamento d'urgenza dalla casa familiare

Art. 384-bis.

Allontanamento d'urgenza dalla casa familiare

1. Gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria hanno facoltà di disporre, previa autorizzazione del pubblico ministero, scritta, oppure resa oralmente e confermata per iscritto, o per via telematica, l'allontanamento urgente dalla casa familiare con il divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa, nei confronti di chi è colto in flagranza dei delitti di cui all'articolo 282-bis, comma 6, ove sussistano fondati motivi per ritenere che le condotte criminose possano essere reiterate ponendo in grave ed attuale pericolo la vita o l'integrità fisica o psichica della persona offesa. La polizia giudiziaria provvede senza ritardo all'adempimento degli obblighi di informazione previsti dall'articolo 11 del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, e successive modificazioni.

1. Identico

2. Si applicano in quanto compatibili le disposizioni di cui agli articoli 385 e seguenti del presente titolo. Si osservano le disposizioni di cui all'articolo 381, comma 3. Della dichiarazione orale di querela si dà atto nel verbale delle operazioni di allontanamento.

2. Identico

 

2-bis. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 384, anche fuori dei casi di flagranza, il pubblico ministero dispone, con decreto motivato, l'allontanamento urgente dalla casa familiare, con il divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa, nei confronti della persona gravemente indiziata di taluno dei delitti di cui agli articoli 387-bis, 572, 582, limitatamente alle ipotesi procedibili d'ufficio o comunque aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, e 612-bis del codice penale o di altro delitto, consumato o tentato, commesso con minaccia o violenza alla persona per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni, ove sussistano fondati motivi per ritenere che le condotte criminose possano essere reiterate ponendo in grave e attuale pericolo la vita o l'integrità fisica della persona offesa e non sia possibile, per la situazione di urgenza, attendere il provvedimento del giudice.

 

2-ter. Entro quarantotto ore dall'esecuzione del decreto di cui al comma 2-bis, il pubblico ministero richiede la convalida al giudice per le indagini preliminari competente in relazione al luogo nel quale il provvedimento di allontanamento d'urgenza è stato eseguito.

 

2-quater. Il giudice fissa l'udienza di convalida al più presto e comunque entro le quarantotto ore successive, dandone avviso senza ritardo al pubblico ministero e al difensore.

 

2-quinquies. Il provvedimento di allontanamento d'urgenza diviene inefficace se il pubblico ministero non osserva le prescrizioni del comma 2-ter.

 

2- sexies. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 385 e seguenti del presente titolo.

 


Articolo 12
(Rafforzamento delle misure cautelari e dell'uso del braccialetto elettronico)

 

 

L’articolo 12 interviene in materia di misure cautelari e, in particolare, di prescrizione del braccialetto elettronico, attraverso alcune modifiche al codice di procedura penale recate dalle lettere da a) a d) dell’unico comma di cui si compone.

 

La lettera a) modifica il comma 1 dell’articolo 275-bis del codice di procedura penale, imponendo alla polizia giudiziaria il previo accertamento della fattibilità tecnica dell’utilizzo «dei mezzi elettronici e degli altri strumenti tecnici di controllo» ove il giudice ne abbia prescritto l’applicazione congiuntamente alla misura degli arresti domiciliari (si ricorda che attualmente è il giudice procedente a dover preventivamente verificare la disponibilità di tali apparati da parte della polizia giudiziaria).

L’articolo 275-bis c.p.p. prevede la possibilità per il giudice che ritenga di applicare la misura degli arresti domiciliari (fin da subito o in sostituzione della custodia in carcere), di “prescrivere” procedure di controllo mediante l’utilizzo di «mezzi elettronici o altri strumenti tecnici» nella disponibilità della polizia giudiziaria. Si tratta del c.d. braccialetto elettronico (o analogo strumento) inserito nella disciplina codicistica dal decreto-legge n. 341 del 2000, nell’ambito di un più ampio intervento normativo concernente la materia della libertà personale.

Ai sensi dell’articolo 275-bis c.p.p., quindi, ogni qualvolta lo ritenga «necessario in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto», il giudice che dispone la misura degli arresti domiciliari di cui all’art. 284 c.p.p. può prevedere il controllo del soggetto in custodia domestica tramite l’utilizzo dei suddetti strumenti elettronici (con riguardo alle modalità di installazione e funzionamento si veda il D.M. 2.2.2001).

Tale previsione, tuttavia, è subordinata, oltreché al consenso della persona da sottoporre agli arresti domiciliari, alla effettiva disponibilità della strumentazione necessaria da parte della polizia giudiziaria, introducendo in tal modo un regime de libertate diversificato sulla base di vicende estranee alla personalità e/o condotta dell’indagato ed «inerenti la funzionalità dell’apparato giudiziario». In assenza dei mezzi tecnici idonei a garantire un effettivo controllo, quindi sembrerebbe doversi applicare la misura della custodia in carcere.

Va rilevato tuttavia che secondo le Sezioni Unite, l’accertata mancata reperibilità del dispositivo, impone al giudice una rivalutazione della fattispecie concreta, alla luce dei principi di adeguatezza e proporzionalità di ciascuna delle misure, in relazione alle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto (Cass. SU, Sentenza n. 20769 del 2016).

 

La lettera b) interviene sul comma 1-ter dell’articolo 276 c.p.p. per prevedere l’applicazione della misura cautelare in carcere nel caso di manomissione dei mezzi elettronici e degli strumenti tecnici di controllo disposti con la misura degli arresti domiciliari ovvero con le misure coercitive di cui agli artt. 282-bis (obbligo di allontanamento dalla casa familiare) o 282-ter (divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa).

 

La lettera c) apporta una serie di modifiche al comma 6 dell’articolo 282-bis c.p.p., il quale prevede che per i reati ivi indicati la misura coercitiva dell’allontanamento dalla casa familiare possa essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall’art. 280 c.p.p. (ovvero della reclusione superiore nel massimo a tre anni) e con le modalità di controllo di cui all’art. 275-bis c.p.p. (v. supra).

In particolare, i numeri 1 e 2 della lettera c) integrano l’elenco dei reati contenuto al citato comma 6 con l’inserimento delle fattispecie di tentato omicidio (art. 575) e di deformazione mediante lesioni permanenti al viso (art. 583-quinquies).

 

Attualmente l’elenco di cui all’art. 282-bis, comma 6, comprende i seguenti reati:

·         violazione degli obblighi di assistenza famigliare (art. 570 c.p.);

·         abuso dei mezzi di correzione o di disciplina (art. 571 c.p.);

·         maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.);

·         lesioni personali, limitatamente alle ipotesi procedibili d’ufficio o comunque aggravate (art. 582 c.p.);

·         riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù (art. 600 c.p.),

·         prostituzione minorile (art. 600-bis c.p.);

·         pornografia minorile (art. 600-ter c.p.);

·         detenzione o acceso a materiale pornografico (art. 600-quater c.p.);

·         tratta di persone (art. 601 c.p.);

·         acquisto e alienazione di schiavi (art. 602 c.p.);

·         violenza sessuale (art. 609-bis c.p.) anche aggravata (art. 609-ter c.p.);

·         atti sessuali con minorenni (art. 609-quater c.p.);

·         corruzione di minorenne (art. 609-quinquies c.p.);

·         violenza sessuale di gruppo (art. 609-octies c.p.);

·         minaccia aggravata (art. 612, secondo comma, c.p.);

·         atti persecutori (art. 612-bis c.p.).

 

La disposizione richiama anche gli artt. 600-septies.1 e 600-septies.2 c.p. benché gli stessi non contemplino ipotesi di reato, ma si limitino a disciplinare una circostanza attenuante e le pene accessorie.

Occorre ricordare che per i reati di cui all’art. 282-bis, comma 6, è altresì consentita la misura dell’allontanamento urgente dalla casa familiare (art. 384-bis).

 

I numeri 3 e 4 della lettera c) prevedono inoltre, sempre in relazione all’allontanamento dalla casa familiare di cui all’art. 282-bis, comma 6, che tale misura coercitiva sia sempre accompagnata dall’imposizione, attualmente facoltativa, delle modalità di controllo previste dall’art. 275-bis, ovvero del cosiddetto braccialetto elettronico, con la contestuale prescrizione di mantenere una determinata distanza, non inferiore a cinquecento metri, dalla casa familiare o da determinati luoghi frequentati dalla persona offesa. Nel caso in cui la frequentazione di tali luoghi sia necessaria per motivi di lavoro la disposizione prevede che il giudice debba prescrivere modalità e limitazioni. Si prevede, inoltre, che, nel caso in cui l’imputato neghi il consenso all’adozione di tale modalità di controllo il giudice preveda l’applicazione, anche congiunta, di una misura più grave e che, qualora sia accertata la non fattibilità tecnica delle predette modalità di controllo dall’organo a ciò deputato, il giudice imponga l’applicazione, anche congiunta, di ulteriori misure cautelari, anche più gravi.

 

 

Infine, la lettera d) apporta modifiche analoghe a quelle sopra richiamate alla disciplina del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, di cui all’art. 282-ter c.p.p.

In particolare, il numero 1) sostituisce il comma 1 dell’articolo 282-ter al fine di:

·        quantificare in 500 m la distanza minima che il giudice deve comunque garantire nel disporre il provvedimento di divieto di avvicinamento;

Attualmente secondo la giurisprudenza (Cass. Pen. Sez. unite, sentenza n. 39005 del 2021) il giudice che ritenga adeguata e proporzionata la sola misura cautelare dell’obbligo di mantenere una determinata distanza dalla persona offesa, ex art. 282-ter, comma 1 c.p.p., può limitarsi ad indicare tale distanza. Nel caso in cui, al contrario, nel rispetto dei suddetti princìpi, disponga, anche cumulativamente, le misure del divieto di avvicinamento ai luoghi da essa abitualmente frequentati e/o di mantenimento della distanza dai medesimi, deve indicarli specificamente.

·        prevedere che nei casi di allontanamento dalla casa familiare per condotte di violenza domestica e di genere, (ex art. 282-bis, comma 6), la misura possa essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall’articolo 280 per l’applicazione delle misure cautelari;

·        consentire al giudice, con lo stesso provvedimento che dispone il divieto di avvicinamento, di applicare anche congiuntamente, una misura più grave qualora l’imputato neghi il consenso all’adozione delle modalità di controllo previste dall’articolo 275-bis ovvero quando ne sia accertata, da parte dell’organo a ciò deputato, la non fattibilità tecnica.

 

Il numero 2) interviene invece sul comma 2 dell’articolo 282-ter c.p.p. per stabilire che, qualora sussistano ulteriori esigenze di tutela, il giudice possa prescrivere all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati da prossimi congiunti della persona offesa o da persone con questa conviventi o comunque legate da relazione affettiva ovvero di mantenere una determinata distanza comunque non inferiore a cinquecento metri, da tali luoghi o da tali persone disponendo l’applicazione delle particolari modalità di controllo previste dall’articolo 275-bis.

 

 

Codice di procedura penale

 

Testo vigente

Testo come modificato dall’A.S. 923

Art. 275-bis.

(Particolari modalità di controllo)

Art. 275-bis.

(Particolari modalità di controllo)

1. Nel disporre la misura degli arresti domiciliari anche in sostituzione della custodia cautelare in carcere, il giudice, salvo che le ritenga non necessarie in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto, prescrive procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici, quando ne abbia accertato la disponibilità da parte della polizia giudiziaria. Con lo stesso provvedimento il giudice prevede l'applicazione della misura della custodia cautelare in carcere qualora l'imputato neghi il consenso all'adozione dei mezzi e strumenti anzidetti.

1. Nel disporre la misura degli arresti domiciliari anche in sostituzione della custodia cautelare in carcere, il giudice, salvo che le ritenga non necessarie in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto, prescrive procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici, previo accertamento della relativa fattibilità tecnica da parte della polizia giudiziaria. Con lo stesso provvedimento il giudice prevede l'applicazione della misura della custodia cautelare in carcere qualora l'imputato neghi il consenso all'adozione dei mezzi e strumenti anzidetti.

2. L'imputato accetta i mezzi e gli strumenti di controllo di cui al comma 1 ovvero nega il consenso all'applicazione di essi, con dichiarazione espressa resa all'ufficiale o all'agente incaricato di eseguire l'ordinanza che ha disposto la misura. La dichiarazione è trasmessa al giudice che ha emesso l'ordinanza ed al pubblico ministero, insieme con il verbale previsto dall'articolo 293, comma 1.

2. Identico

3. L'imputato che ha accettato l'applicazione dei mezzi e strumenti di cui al comma 1 è tenuto ad agevolare le procedure di installazione e ad osservare le altre prescrizioni impostegli.

3. Identico

Art. 276.

(Provvedimenti in caso di trasgressione alle prescrizioni imposte)

Art. 276.

(Provvedimenti in caso di trasgressione alle prescrizioni imposte)

1. In caso di trasgressione alle prescrizioni inerenti a una misura cautelare, il giudice può disporre la sostituzione o il cumulo con altra più grave, tenuto conto dell'entità, dei motivi e delle circostanze della violazione. Quando si tratta di trasgressione alle prescrizioni inerenti a una misura interdittiva, il giudice può disporre la sostituzione o il cumulo anche con una misura coercitiva.

1. Identico

1-bis. Quando l'imputato si trova nelle condizioni di cui all'articolo 275, comma 4-bis, e nei suoi confronti è stata disposta misura diversa dalla custodia cautelare in carcere, il giudice, in caso di trasgressione delle prescrizioni inerenti alla diversa misura cautelare, può disporre anche la misura della custodia cautelare in carcere. In tal caso il giudice dispone che l'imputato venga condotto in un istituto dotato di reparto attrezzato per la cura e l'assistenza necessarie.

1-bis. Identico

1-ter. In deroga a quanto previsto nel comma 1, in caso di trasgressione alle prescrizioni degli arresti domiciliari concernenti il divieto di allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora, il giudice dispone la revoca della misura e la sostituzione con la custodia cautelare in carcere, salvo che il fatto sia di lieve entità.

1-ter. In deroga a quanto previsto nel comma 1, in caso di trasgressione alle prescrizioni degli arresti domiciliari concernenti il divieto di allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora e, comunque, in caso di manomissione dei mezzi elettronici e degli altri strumenti tecnici di controllo di cui all'articolo 275-bis, anche quando applicati ai sensi degli articoli 282-bis e 282-ter, il giudice dispone la revoca della misura e la sostituzione con la custodia cautelare in carcere, salvo che il fatto sia di lieve entità.

Art. 282-bis.

(Allontanamento dalla casa familiare)

Art. 282-bis.

(Allontanamento dalla casa familiare)

1. Con il provvedimento che dispone l'allontanamento il giudice prescrive all'imputato di lasciare immediatamente la casa familiare, ovvero di non farvi rientro, e di non accedervi senza l'autorizzazione del giudice che procede. L'eventuale autorizzazione può prescrivere determinate modalità di visita.

1. Identico

2. Il giudice, qualora sussistano esigenze di tutela dell'incolumità della persona offesa o dei suoi prossimi congiunti, può inoltre prescrivere all'imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa, in particolare il luogo di lavoro, il domicilio della famiglia di origine o dei prossimi congiunti, salvo che la frequentazione sia necessaria per motivi di lavoro. In tale ultimo caso il giudice prescrive le relative modalità e può imporre limitazioni.

2. Identico

3. Il giudice, su richiesta del pubblico ministero, può altresì ingiungere il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi che, per effetto della misura cautelare disposta, rimangano prive di mezzi adeguati. Il giudice determina la misura dell'assegno tenendo conto delle circostanze e dei redditi dell'obbligato e stabilisce le modalità ed i termini del versamento. Può ordinare, se necessario, che l'assegno sia versato direttamente al beneficiario da parte del datore di lavoro dell'obbligato, detraendolo dalla retribuzione a lui spettante. L'ordine di pagamento ha efficacia di titolo esecutivo.

3. Identico

4. I provvedimenti di cui ai commi 2 e 3 possono essere assunti anche successivamente al provvedimento di cui al comma 1, sempre che questo non sia stato revocato o non abbia comunque perduto efficacia. Essi, anche se assunti successivamente, perdono efficacia se è revocato o perde comunque efficacia il provvedimento di cui al comma 1. Il provvedimento di cui al comma 3, se a favore del coniuge o dei figli, perde efficacia, inoltre, qualora sopravvenga l'ordinanza prevista dall'articolo 708 del codice di procedura civile ovvero altro provvedimento del giudice civile in ordine ai rapporti economico-patrimoniali tra i coniugi ovvero al mantenimento dei figli.

4. Identico

5. Il provvedimento di cui al comma 3 può essere modificato se mutano le condizioni dell'obbligato o del beneficiario, e viene revocato se la convivenza riprende.

5. Identico

6. Qualora si proceda per uno dei delitti previsti dagli articoli 570, 571, 572, 582, limitatamente alle ipotesi procedibili d'ufficio o comunque aggravate, 600, 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-septies.1, 600-septies.2, 601, 602, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612, secondo comma, 612-bis, del codice penale, commesso in danno dei prossimi congiunti o del convivente, la misura può essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall'articolo 280, anche con le modalità di controllo previste all'articolo 275-bis

6. Qualora si proceda per uno dei delitti previsti dagli articoli 570, 571, 572, 575, nell’ipotesi di delitto tentato, 582, limitatamente alle ipotesi procedibili d'ufficio o comunque aggravate, 583-quinquies, 600, 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-septies.1, 600-septies.2, 601, 602, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612, secondo comma, 612-bis, del codice penale, commesso in danno dei prossimi congiunti o del convivente, la misura può essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall'articolo 280, con le modalità di controllo previste all'articolo 275-bis e con la prescrizione di mantenere una determinata distanza, comunque non inferiore a cinquecento metri, dalla casa familiare e da altri luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa, salvo che la frequentazione sia necessaria per motivi di lavoro. In tale caso il giudice prescrive le relative modalità e può imporre limitazioni. Con lo stesso provvedimento che dispone l'allontanamento, il giudice prevede l'applicazione, anche congiunta, di una misura più grave qualora l'imputato neghi il consenso all'adozione delle modalità di controllo anzidette. Qualora l’organo delegato per l’esecuzione accerti la non fattibilità tecnica delle predette modalità di controllo, il giudice impone l’applicazione, anche congiunta, di ulteriori misure cautelari anche più gravi.

 

Art. 282-ter.

(Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa)

Art. 282-ter.

(Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa)

1. Con il provvedimento che dispone il divieto di avvicinamento il giudice prescrive all'imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o dalla persona offesa, anche disponendo l'applicazione delle particolari modalità di controllo previste dall'articolo 275-bis.

1. Con il provvedimento che dispone il divieto di avvicinamento il giudice prescrive all'imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa ovvero di mantenere una determinata distanza, comunque non inferiore a cinquecento metri, da tali luoghi o dalla persona offesa, anche disponendo l'applicazione delle particolari modalità di controllo previste dall'articolo 275-bis. Nei casi di cui all’articolo 282-bis, comma 6, la misura può essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall’articolo 280. Con lo stesso provvedimento che dispone il divieto di avvicinamento il giudice prevede l’applicazione, anche congiunta, di una misura più grave qualora l’imputato neghi il consenso all’adozione delle modalità di controllo previste dall’articolo 275-bis. Qualora l’organo delegato per l’esecuzione accerti la non fattibilità tecnica delle predette modalità di controllo, il giudice impone l’applicazione, anche congiunta, di ulteriori misure cautelari anche più gravi.

2. Qualora sussistano ulteriori esigenze di tutela, il giudice può prescrivere all'imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati da prossimi congiunti della persona offesa o da persone con questa conviventi o comunque legate da relazione affettiva ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o da tali persone.

2. Qualora sussistano ulteriori esigenze di tutela, il giudice può prescrivere all'imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati da prossimi congiunti della persona offesa o da persone con questa conviventi o comunque legate da relazione affettiva ovvero di mantenere una determinata distanza comunque non inferiore a cinquecento metri, da tali luoghi o da tali persone disponendo l’applicazione delle particolari modalità di controllo previste dall’articolo 275-bis.

3. Il giudice può, inoltre, vietare all'imputato di comunicare, attraverso qualsiasi mezzo, con le persone di cui ai commi 1 e 2.

3. Identico

4. Quando la frequentazione dei luoghi di cui ai commi 1 e 2 sia necessaria per motivi di lavoro ovvero per esigenze abitative, il giudice prescrive le relative modalità e può imporre limitazioni.

4. Identico

 


Articolo 13
(Ulteriori disposizioni in materia di misure cautelari coercitive)

 

 

L’articolo 13 deroga alla disciplina vigente in materia di criteri di scelta e di condizioni di applicabilità delle misure cautelari coercitive, nonché in tema di conversione dell’arresto in flagranza o del fermo in una misura coercitiva.

 

Si ricorda che le misure cautelari personali coercitive si distinguono in:

·         misure custodiali che comportano la soppressione della libertà fisica, dovendo l’interessato restare ristretto in un istituto carcerario, in un presidio ospedaliero o in una privata dimora. Rientrano in questa categoria: la custodia cautelare in carcere (art. 285 c.p.p.), gli arresti domiciliari (art. 284 c.p.p.); la custodia cautelare in luogo di cura (art. 286 c.p.p.);

·         misure non custodiali che implicano la limitazione, ma non la soppressione della libertà di movimento. L’allontanamento dalla casa familiare (art. 282-bis c.p.p.) e il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 282-ter c.p.p.) rientrano proprio in questa categoria.

 

In particolare, la lettera a) del comma 1 inserisce nell’elenco dei reati previsti al comma 2-bis dell’articolo 275 c.p.p. – per i quali, a seguito di una valutazione del giudice, è esclusa l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere o quella degli arresti domiciliari – anche i seguenti delitti:

·           violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 387-bis c.p.);

·           lesioni personali (art. 582 c.p.), nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del codice penale. 

 

Il comma 2-bis dell’articolo 275 c.p.p. (introdotto dal decreto-legge n. 92 del 2014, conv. Nella legge n. 117 del 2014), prevede che non può essere applicata la misura della custodia cautelare in carcere o quella degli arresti domiciliari se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena.

Inoltre non può applicarsi la custodia cautelare in carcere se il giudice ritiene che, all’esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni. Tale disposizione non si applica nei procedimenti per i delitti di incendio boschivo (art. 423-bis c.p.), maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.), stalking (art. 612-bis c.p.), diffusione illecita di immagini o di video sessualmente espliciti (art. 612-ter) nonché per i gravi delitti di cui all’articolo 4-bis della legge n. 354 del 1975 (O.P.), e quando rilevata l’inadeguatezza di ogni altra misura, gli arresti domiciliari non possano essere disposti per mancanza di uno dei luoghi di esecuzione indicati nell’articolo 284, comma 1, c.p.p.

 

Più nel dettaglio, si tratta delle seguenti aggravanti:

Ø  l’avere commesso contro l’ascendente o il discendente, quando concorre taluna delle circostanze indicate nei numeri 1 e 4 dell’articolo 61 c.p. o quando è adoperato un mezzo venefico o un altro mezzo insidioso, ovvero quando vi è premeditazione (art. 576, primo comma, n. 2, c.p.);

Ø  l’avere commesso il fatto in occasione della commissione di taluno dei delitti previsti dagli articoli 572, 583-quinquies, 600-bis, 600-ter, 609-bis, 609-quater e 609-octies c.p. (art. 576, primo comma, n. 5, c.p.);

Ø  l’essere stato il fatto commesso dall’autore del delitto previsto dall’articolo 612-bis c.p. nei confronti della persona offesa (art. 576, primo comma, n. 5.1, c.p.);

Ø  l’avere commesso il fatto contro l’ascendente o il discendente anche per effetto di adozione di minorenne o contro il coniuge, anche legalmente separato, contro l’altra parte dell’unione civile o contro la persona stabilmente convivente con il colpevole o ad esso legata da relazione affettiva (art. 577, primo comma, n. 1, c.p.);

Ø  l’avere commesso il fatto contro il coniuge divorziato, l’altra parte dell’unione civile, ove cessata, la persona legata al colpevole da stabile convivenza o relazione affettiva, ove cessate, il fratello o la sorella, l’adottante o l’adottato nei casi regolati dal titolo VIII del libro primo del codice civile, il padre o la madre adottivi, o il figlio adottivo, o contro un affine in linea retta (art. 577, secondo comma, c.p.)

 

La lettera b) del comma 1 aggiunge un ulteriore comma all’articolo 280 c.p.p. che disciplina le condizioni di applicabilità delle misure cautelari.

 

L’articolo 280 c.p.p. individua i presupposti per l’applicazione delle misure cautelari, la cui sussistenza è condizione per l’irrogazione della misura e per il suo mantenimento, dovendo la stessa essere revocata nel caso in cui tali presupposti vengano meno, ovvero modificata o sostituita nel caso in cui essi mutino aggravandosi o affievolendosi. La prima delle condizioni per l’applicazione di una misura coercitiva (diversa dalla custodia cautelare in carcere) è che si tratti di un delitto punito con la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni (comma 1). Per la custodia cautelare in carcere, la più rigorosa misura cautelare coercitiva, la soglia di pena edittale è l’ergastolo o la reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni (comma 2) anche se in ipotesi di conversione dell’arresto facoltativo in misura coercitiva custodiale ai sensi dell’articolo 391, comma 5, c.p.p. (vedi infra), si computa la soglia più bassa prevista per l’arresto in flagranza. Tale previsione non si applica inoltre nei confronti di chi abbia trasgredito alle prescrizioni inerenti ad una misura cautelare (comma 3).

 

Il nuovo comma prevede che le disposizioni previste dall’articolo 280 c.p.p. e quindi le soglie edittali ivi contemplate non si applichino nei procedimenti per i delitti di:

· violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 387-bis c.p.)

· lesioni personali (art. 582 c.p.), nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, c.p. (v. supra).

 

Ne consegue la possibilità di applicare la custodia cautelare in carcere anche per tali reati. 

 

La lettera c) del comma 1 interviene anche sulla conversione dell’arresto in flagranza o del fermo in una misura coercitiva, ampliando l’ambito di applicazione della disposizione di cui all’articolo 391 c.p.p., comma 5, anche ai casi di arresto eseguito per il delitto di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, di cui all’art. 387-bis c.p.

 

Il citato comma 5, nel disciplinare la c.d. “conversione dell’arresto in flagranza o del fermo in una misura coercitiva”, ivi compresa la custodia in carcere, dispone espressamente che la misura cautelare può essere applicata anche al di fuori dei limiti di pena previsti dagli artt. 274, co. 1, lett. c), e 280 c.p.p. quando l’arresto è stato eseguito per uno dei delitti indicati dall’art. 381 c.p.p., secondo comma ovvero per uno dei delitti per i quali è consentito anche fuori dai casi di flagranza: dunque, anche con riferimento a determinati delitti punibili con la reclusione non inferiore nel massimo a tre anni.

 

Il delitto di cui all’art. 387-bis c.p. (“Violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa”) è stato inserito fra quelli per i quali è previsto l’arresto obbligatorio ai sensi del comma 2 dell’articolo 380 (cfr. lettera l-ter) del codice di procedura penale dall’art. 2, comma 15, della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante “Delega al Governo per l’efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari”. Tuttavia, in considerazione del limite edittale (il reato è punito con la pena della reclusione da sei mesi a tre anni), attualmente non è possibile procedere, eseguito l’arresto, all’applicazione di alcuna misura cautelare, con la conseguenza che all’arresto dovrà conseguire l’immediata liberazione dell’arrestato, ove non intervenuto tempestivamente un provvedimento di aggravamento della misura cautelare da parte del giudice, in seguito a richiesta del pubblico ministero. L’intervento soddisfa anche l’esigenza di ricondurre il “rapporto fra misure precautelari e misure cautelari coercitive all’originario coordinamento quanto ai presupposti per la loro adozione” sul quale la Corte costituzionale ha auspicato un intervento del legislatore nella pronuncia n. 137/2020.


 

Codice di procedura penale

 

Testo vigente

Testo come modificato dall’A.S. 923

Art. 275

(Criteri di scelta delle misure)

Art. 275.

(Criteri di scelta delle misure)

1. 1. Nel disporre le misure, il giudice tiene conto della specifica idoneità di ciascuna in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto.

 

1. Identico

1-bis. Contestualmente ad una sentenza di condanna, l'esame delle esigenze cautelari è condotto tenendo conto anche dell'esito del procedimento, delle modalità del fatto e degli elementi sopravvenuti, dai quali possa emergere che, a seguito della sentenza, risulta taluna delle esigenze indicate nell'articolo 274, comma 1, lettere b) e c).

1-bis. Identico

2. Ogni misura deve essere proporzionata all'entità del fatto e alla sanzione che sia stata o si ritiene possa essere irrogata.

2.Identico

2-bis. Non può essere applicata la misura della custodia cautelare in carcere o quella degli arresti domiciliari se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena. Salvo quanto previsto dal comma 3 e ferma restando l'applicabilità degli articoli 276, comma 1-ter, e 280, comma 3, non può applicarsi la misura della custodia cautelare in carcere se il giudice ritiene che, all'esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni. Tale disposizione non si applica nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 423-bis, 572, 612-bis, 612-ter e 624-bis del codice penale, nonché all'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, e quando, rilevata l'inadeguatezza di ogni altra misura, gli arresti domiciliari non possano essere disposti per mancanza di uno dei luoghi di esecuzione indicati nell'articolo 284, comma 1, del presente codice.

2-bis. Non può essere applicata la misura della custodia cautelare in carcere o quella degli arresti domiciliari se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena. Salvo quanto previsto dal comma 3 e ferma restando l'applicabilità degli articoli 276, comma 1-ter, e 280, comma 3, non può applicarsi la misura della custodia cautelare in carcere se il giudice ritiene che, all'esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni. Tale disposizione non si applica nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 423-bis, 572, 612-bis, 612-ter e 624-bis del codice penale, nonché all'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, e quando, rilevata l'inadeguatezza di ogni altra misura, gli arresti domiciliari non possano essere disposti per mancanza di uno dei luoghi di esecuzione indicati nell'articolo 284, comma 1, del presente codice. La disposizione di cui al secondo periodo non si applica, altresì, nei procedimenti per i delitti di cui all'articolo agli articoli 387-bis e 582, nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1 e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del codice penale.

2-ter. Nei casi di condanna di appello le misure cautelari personali sono sempre disposte, contestualmente alla sentenza, quando, all'esito dell'esame condotto a norma del comma 1-bis, risultano sussistere esigenze cautelari previste dall'articolo 274 e la condanna riguarda uno dei delitti previsti dall'articolo 380, comma 1, e questo risulta commesso da soggetto condannato nei cinque anni precedenti per delitti della stessa indole.

2-ter. Identico

3. La custodia cautelare in carcere può essere disposta soltanto quando le altre misure coercitive o interdittive, anche se applicate cumulativamente, risultino inadeguate. Quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui agli articoli 270, 270-bis e 416-bis del codice penale, è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari. Salvo quanto previsto dal secondo periodo del presente comma, quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del presente codice nonché in ordine ai delitti di cui agli articoli 575, 600-bis, primo comma, 600-ter, escluso il quarto comma, 600-quinquies e, quando non ricorrano le circostanze attenuanti contemplate, 609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale, è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari o che, in relazione al caso concreto, le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure.

3. Identico

3-bis. Nel disporre la custodia cautelare in carcere il giudice deve indicare le specifiche ragioni per cui ritiene inidonea, nel caso concreto, la misura degli arresti domiciliari con le procedure di controllo di cui all'articolo 275-bis, comma 1

3-bis. Identico

4. Quando imputati siano donna incinta o madre di prole di età non superiore a sei anni con lei convivente, ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, non può essere disposta né mantenuta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza. Non può essere disposta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, quando imputato sia persona che ha superato l'età di settanta anni.

 

4. Identico

4-bis. Non può essere disposta né mantenuta la custodia cautelare in carcere quando l'imputato è persona affetta da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria accertate ai sensi dell'articolo 286-bis, comma 2, ovvero da altra malattia particolarmente grave, per effetto della quale le sue condizioni di salute risultano incompatibili con lo stato di detenzione e comunque tali da non consentire adeguate cure in caso di detenzione in carcere

4-bis. Identico

4-ter. Nell'ipotesi di cui al comma 4-bis, se sussistono esigenze cautelari di eccezionale rilevanza e la custodia cautelare presso idonee strutture sanitarie penitenziarie non è possibile senza pregiudizio per la salute dell'imputato o di quella degli altri detenuti, il giudice dispone la misura degli arresti domiciliari presso un luogo di cura o di assistenza o di accoglienza. Se l'imputato è persona affetta da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria, gli arresti domiciliari possono essere disposti presso le unità operative di malattie infettive ospedaliere ed universitarie o da altre unità operative prevalentemente impegnate secondo i piani regionali nell'assistenza ai casi di AIDS, ovvero presso una residenza collettiva o casa alloggio di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 5 giugno 1990, n. 135

4-ter. Identico

4-quater. Il giudice può comunque disporre la custodia cautelare in carcere qualora il soggetto risulti imputato o sia stato sottoposto ad altra misura cautelare per uno dei delitti previsti dall'articolo 380, relativamente a fatti commessi dopo l'applicazione delle misure disposte ai sensi dei commi 4-bis e 4-ter. In tal caso il giudice dispone che l'imputato venga condotto in un istituto dotato di reparto attrezzato per la cura e l'assistenza necessarie.

4-quater. Identico

4-quinquies. La custodia cautelare in carcere non può comunque essere disposta o mantenuta quando la malattia si trova in una fase così avanzata da non rispondere più, secondo le certificazioni del servizio sanitario penitenziario o esterno, ai trattamenti disponibili e alle terapie curative.

4-quinquies. Identico

Art. 280.

(Condizioni di applicabilità delle misure coercitive)

Art. 280

(Condizioni di applicabilità delle misure coercitive)

1. Salvo quanto disposto dai commi 2 e 3 del presente articolo e dall'art. 391, le misure previste in questo capo possono essere applicate solo quando si procede per delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni.

1. Identico

2. La custodia cautelare in carcere può essere disposta solo per delitti, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni e per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all'articolo 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195, e successive modificazioni.

2. Identico

3. La disposizione di cui al comma 2 non si applica nei confronti di chi abbia trasgredito alle prescrizioni inerenti ad una misura cautelare.

3. Identico

 

3-bis. Le disposizioni del presente articolo non si applicano nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 387-bis e 582, nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del codice penale.

 

Art. 391

(Udienza di convalida)

Art. 391.

(Udienza di convalida)

1. L'udienza di convalida si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria [del pubblico ministero e] del difensore dell'arrestato o del fermato.

1. Identico

2. Se il difensore di fiducia o di ufficio non è stato reperito o non è comparso, il giudice provvede a norma dell'articolo 97 comma 4. Il giudice altresì, anche d'ufficio, verifica che all'arrestato o al fermato sia stata data la comunicazione di cui all'articolo 386, comma 1, o che comunque sia stato informato ai sensi del comma 1-bis dello stesso articolo, e provvede, se del caso, a dare o a completare la comunicazione o l'informazione ivi indicate.

2. Identico

3. Il pubblico ministero, se comparso, indica i motivi dell'arresto o del fermo e illustra le richieste in ordine alla libertà personale. Il giudice procede quindi all'interrogatorio dell'arrestato o del fermato, salvo che questi non abbia potuto o si sia rifiutato di comparire; sente in ogni caso il suo difensore.

3. Identico

4. Quando risulta che l'arresto o il fermo è stato legittimamente eseguito e sono stati osservati i termini previsti dagli articoli 386 comma 3 e 390 comma 1, il giudice provvede alla convalida con ordinanza. Contro l'ordinanza che decide sulla convalida, il pubblico ministero e l'arrestato o il fermato possono proporre ricorso per cassazione.

4. Identico

5. Se ricorrono le condizioni di applicabilità previste dall'articolo 273 e taluna delle esigenze cautelari previste dall'articolo 274, il giudice dispone l'applicazione di una misura coercitiva a norma dell'articolo 291. Quando l'arresto è stato eseguito per uno dei delitti indicati nell'articolo 381, comma 2, ovvero per uno dei delitti per i quali è consentito anche fuori dai casi di flagranza, l'applicazione della misura è disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dagli articoli 274, comma 1, lettera c), e 280.

 

5. Se ricorrono le condizioni di applicabilità previste dall'articolo 273 e taluna delle esigenze cautelari previste dall'articolo 274, il giudice dispone l'applicazione di una misura coercitiva a norma dell'articolo 291. Quando l'arresto è stato eseguito per uno dei delitti indicati nell'articolo 387-bis del codice penale, o nell'articolo 381, comma 2 del presente codice, ovvero per uno dei delitti per i quali è consentito anche fuori dai casi di flagranza, l'applicazione della misura è disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dagli articoli 274, comma 1, lettera c), e 280.

6. Quando non provvede a norma del comma 5, il giudice dispone con ordinanza la immediata liberazione dell'arrestato o del fermato.

 

6. Identico

7. Le ordinanze previste dai commi precedenti, se non sono pronunciate in udienza, sono comunicate o notificate a coloro che hanno diritto di proporre impugnazione. Le ordinanze pronunciate in udienza sono comunicate al pubblico ministero e notificate all'arrestato o al fermato, se non comparsi. I termini per l'impugnazione decorrono dalla lettura del provvedimento in udienza ovvero dalla sua comunicazione o notificazione. L'arresto o il fermo cessa di avere efficacia se l'ordinanza di convalida non è pronunciata o depositata anche quarantotto ore successive al momento in cui l'arrestato o il fermato è stato posto a disposizione del giudice.

7. Identico

 


Articolo 14
(Disposizioni in materia di informazioni alla persona offesa dal reato e di obblighi di comunicazione)

 

 

L’articolo 14 reca modifiche in materia di informazioni da rendere alla persona offesa dal reato.

In particolare, la lettera a) del comma 1 interviene sull'articolo 90-ter, comma 1, c.p.p. al fine di estendere l’obbligatorietà dell’immediata comunicazione alle vittime di violenza domestica o di genere a tutti i provvedimenti de libertate inerenti l’autore del reato, sia esso imputato in stato di custodia cautelare, condannato o internato.

In tal modo vengono raggruppate in un’unica norma le disposizioni dettate in altri articoli del codice di procedura penale - tra cui l’art. 659, comma 1-bis, che viene infatti contestualmente abrogato (comma 1, lettera c).

Il comma 1-bis dell'articolo 659 c.p.p., introdotto anch'esso dalla legge sul c.d. codice rosso, stabilisce che il provvedimento del giudice di sorveglianza che dispone la scarcerazione del condannato debba essere immediatamente comunicato dal PM, per mezzo della polizia giudiziaria, alla persona offesa e al suo difensore, ove nominato. Al novero dei reati per i quali nel 2019 era stato previsto l'obbligo di comunicazione, la legge n. 134 del 2021 ha aggiunto il reato di omicidio; per tutti gli illeciti, il suddetto obbligo vige anche se si versa nell'ipotesi del tentativo.

 

Il decreto legislativo n. 212 del 2015, in attuazione della direttiva 2012/29/UE, ha dettato nuove norme in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, apportando alcune modifiche al Titolo VI del Libro I del codice di rito, dedicato alla persona offesa dal reato. Fra le modifiche si segnala, per l'appunto l'introduzione dell'articolo 90-ter c.p.p. Tale articolo, ai fini di una effettiva e permanente protezione della vittima, prevede che, nei procedimenti per delitti commessi con violenza alla persona a quest'ultima debba essere immediatamente comunicata (se ne ha fatto richiesta) l'evasione e la scarcerazione dell'imputato in stato di custodia cautelare o del condannato, ovvero della volontaria sottrazione dell'internato all'esecuzione della misura di sicurezza detentiva. 

L'art. 15 della legge n. 69 del 2019 (c.d. codice rosso), successivamente modificato dall'art. 2, comma 11, lett. a), della legge n. 134 del 2021, che ha ricompreso anche il delitto di omicidio volontario nella forma consumata e tentata, ha introdotto, con il comma 1-bis, l'obbligo di comunicazione immediata alla persona offesa e al suo difensore, ove nominato, dei provvedimenti di scarcerazione e di cessazione della misura di sicurezza detentiva, dell'evasione dell'imputato in stato di custodia cautelare o del condannato, nonché della volontaria sottrazione dell'internato all'esecuzione della misura di sicurezza detentiva, nei casi in cui si proceda per i reati di violenza di genere e domestica (previsti dagli artt. 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis c.p., nonché dagli artt. 582 e 583-quinquies c.p. nelle ipotesi aggravate); accanto a tali ipotesi, poi, con la citata legge n. 69 si è previsto che l'obbligo di comunicazione operi anche con riferimento al delitto di omicidio, di cui all'art. 575 c.p. L'obbligo di comunicazione è dovuto anche se il delitto è realizzato nella forma tentata.

Trattasi di un obbligo di comunicazione la cui sussistenza non è condizionata da una richiesta della persona offesa. Tale obbligo non sussiste - diversamente da quanto previsto nell'art. 292, comma 2-bis - in caso di sostituzione della precedente misura cautelare, ovvero in caso di provvedimenti che non necessariamente si traducono nelle "scarcerazioni" indicate dalla disposizione in commento.

 

 

La lettera b) del comma 1 modifica l’articolo 299 c.p.p., introducendovi due commi ulteriori, volti a prevedere, rispettivamente, che:

 

Occorre rammentare che l’articolo 1, comma 2 del disegno di legge, attraverso l’inserimento del nuovo articolo 3.1. nel DL 93/2013, prevede che l’organo di polizia procedente per fatti riconducibili ai reati di cui all'articolo 362, comma 1-ter, c.p.p. commessi in ambito di violenza domestica, qualora rilevi l’esistenza di concreti e rilevanti elementi che prefigurino il pericolo di reiterazione delle condotte, ne dia comunicazione al prefetto affinché questi possa adottare, a tutela della persona offesa, misure di vigilanza dinamica. Tali misure, che sono soggette a revisione trimestrale, sono adottate sulla base delle valutazioni espresse nelle riunioni di coordinamento di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto-legge n. 83 del 2002

 

Il questore quale autorità di pubblica sicurezza, anche a seguito dell'entrata in vigore del c.d. codice antimafia (decreto legislativo n. 159 del 2011) mantiene un ruolo centrale nel sistema delle misure di prevenzione. Le misure applicabili dal questore sono definibili, proprio in ragione del fatto di essere espressione del potere di polizia della pubblica amministrazione, "misure di polizia". Fra le misure di prevenzione applicabili dal questore vanno annoverati: l’ammonimento, l'avviso orale e il rimpatrio con foglio di via obbligatorio.

 

 

Codice di procedura penale

 

Testo vigente

Testo come modificato dall'A.S. 923

Articolo 90-ter

(Comunicazioni dell'evasione e della scarcerazione)

Articolo 90-ter

(Comunicazioni dell'evasione e della scarcerazione)

1. Fermo quanto previsto dall'articolo 299, nei procedimenti per delitti commessi con violenza alla persona sono immediatamente comunicati alla persona offesa che ne faccia richiesta, con l'ausilio della polizia giudiziaria, i provvedimenti di scarcerazione e di cessazione della misura di sicurezza detentiva, ed è altresì data tempestiva notizia, con le stesse modalità, dell'evasione dell'imputato in stato di custodia cautelare o del condannato, nonché della volontaria sottrazione dell'internato all'esecuzione della misura di sicurezza detentiva, salvo che risulti, anche nella ipotesi di cui all'articolo 299, il pericolo concreto di un danno per l'autore del reato.

1. Fermo quanto previsto dall'articolo 299, nei procedimenti per delitti commessi con violenza alla persona sono immediatamente comunicati alla persona offesa che ne faccia richiesta, con l'ausilio della polizia giudiziaria, i provvedimenti di scarcerazione e di cessazione della misura di sicurezza detentiva, emessi nei confronti dell'imputato in stato di custodia cautelare o del condannato o dell'internato, ed è altresì data tempestiva notizia, con le stesse modalità, dell'evasione dell'imputato in stato di custodia cautelare o del condannato, nonché della volontaria sottrazione dell'internato all'esecuzione della misura di sicurezza detentiva, salvo che risulti, anche nella ipotesi di cui all'articolo 299, il pericolo concreto di un danno per l'autore del reato.

1-bis. Le comunicazioni previste al comma 1 sono sempre effettuate alla persona offesa e al suo difensore, ove nominato, se si procede per il delitto previsto dall'articolo 575 del codice penale, nella forma tentata, o per i delitti, consumati o tentati, previsti dagli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis del codice penale, nonché dagli articoli 582 e 583-quinquies del codice penale nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del codice penale

1-bis Identico

 

Articolo 299

 (Revoca e sostituzione delle misure)

Articolo 299

 (Revoca e sostituzione delle misure)

1. Le misure coercitive e interdittive sono immediatamente revocate quando risultano mancanti, anche per fatti sopravvenuti, le condizioni di applicabilità previste dall'art. 273 o dalle disposizioni relative alle singole misure ovvero le esigenze cautelari previste dall'articolo 274.

1. Identico

2. Salvo quanto previsto dall'art. 275, comma 3, quando le esigenze cautelari risultano attenuate ovvero la misura applicata non appare più proporzionata all'entità del fatto o alla sanzione che si ritiene possa essere irrogata, il giudice sostituisce la misura con un'altra meno grave ovvero ne dispone l'applicazione con modalità meno gravose.

2. Identico

2-bis. I provvedimenti di cui ai commi 1 e 2 relativi alle misure previste dagli articoli 282-bis, 282-ter, 283, 284, 285 e 286, applicate nei procedimenti aventi ad oggetto delitti commessi con violenza alla persona, devono essere immediatamente comunicati, a cura della polizia giudiziaria, ai servizi socio-assistenziali e alla persona offesa e, ove nominato, al suo difensore.

2-bis Identico

 

2-ter. Nei procedimenti per i delitti di cui all’articolo 4, comma 1, lettera i-ter), del Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, l’estinzione, l’inefficacia pronunciata per qualsiasi ragione o la revoca delle misure coercitive previste dagli articoli 282-bis, 282-ter, 283, 284, 285 e 286 o la loro sostituzione con altra misura meno grave sono comunicati, a cura della cancelleria, anche per via telematica, all’autorità di pubblica sicurezza competente per le misure di prevenzione, ai fini dell’eventuale adozione dei relativi provvedimenti.

 

2-quater. Nei procedimenti per i delitti di cui all'articolo 362, comma 1-ter, del codice di procedura penale, l'estinzione o la revoca delle misure coercitive di cui al comma 1 del presente articolo o la loro sostituzione con altra misura meno grave sono comunicate al prefetto che, sulla base delle valutazioni espresse nell'ambito delle riunioni di coordinamento di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto-legge 6 maggio 2002, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 luglio 2002, n. 133, può adottare misure di vigilanza dinamica, da sottoporre a revisione trimestrale, a tutela della persona offesa.

3. Il pubblico ministero e l'imputato richiedono la revoca o la sostituzione delle misure al giudice, il quale provvede con ordinanza entro cinque giorni dal deposito della richiesta. La richiesta di revoca o di sostituzione delle misure previste dagli articoli 282-bis, 282-ter, 283, 284, 285 e 286, applicate nei procedimenti di cui al comma 2-bis del presente articolo, che non sia stata proposta in sede di interrogatorio di garanzia, deve essere contestualmente notificata, a cura della parte richiedente ed a pena di inammissibilità, presso il difensore della persona offesa o, in mancanza di questo, alla persona offesa, salvo che in quest'ultimo caso essa non abbia provveduto a dichiarare o eleggere domicilio. Il difensore e la persona offesa possono, nei due giorni successivi alla notifica, presentare memorie ai sensi dell'articolo 121. Decorso il predetto termine il giudice procede. Il giudice provvede anche di ufficio quando assume l'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare o quando è richiesto della proroga del termine per le indagini preliminari o dell'assunzione di incidente probatorio https://entilocali.leggiditalia.it/ - id=05AC00006118,__m=documentovvero quando procede all'udienza preliminare o al giudizio.

3. Identico

3-bis. Il giudice, prima di provvedere in ordine alla revoca o alla sostituzione delle misure coercitive e interdittive, di ufficio o su richiesta dell'imputato, deve sentire il pubblico ministero. Se nei due giorni successivi il pubblico ministero non esprime il proprio parere, il giudice procede.

3-bis. Identico

3-ter. Il giudice, valutati gli elementi addotti per la revoca o la sostituzione delle misure, prima di provvedere può assumere l'interrogatorio della persona sottoposta alle indagini. Se l'istanza di revoca o di sostituzione è basata su elementi nuovi o diversi rispetto a quelli già valutati, il giudice deve assumere l'interrogatorio dell'imputato che ne ha fatto richiesta.

3-ter. Identico

4. Fermo quanto previsto, dall'articolo 276, quando le esigenze cautelari risultano aggravate, il giudice, su richiesta del pubblico ministero, sostituisce la misura applicata con un'altra più grave ovvero ne dispone l'applicazione con modalità più gravose o applica congiuntamente altra misura coercitiva o interdittiva.

4. Identico

4-bis. Dopo la chiusura delle indagini preliminari, se l'imputato chiede la revoca o la sostituzione della misura con altra meno grave ovvero la sua applicazione con modalità meno gravose, il giudice, se la richiesta non è presentata in udienza, ne dà comunicazione al pubblico ministero, il quale, nei due giorni successivi, formula le proprie richieste. La richiesta di revoca o di sostituzione delle misure previste dagli articoli 282-bis, 282-ter, 283, 284, 285 e 286, applicate nei procedimenti di cui al comma 2-bis del presente articolo, deve essere contestualmente notificata, a cura della parte richiedente ed a pena di inammissibilità, presso il difensore della persona offesa o, in mancanza di questo, alla persona offesa, salvo che in quest'ultimo caso essa non abbia provveduto a dichiarare o eleggere domicilio.

4-bis Identico

4-ter. In ogni stato e grado del procedimento, quando non è in grado di decidere allo stato degli atti, il giudice dispone, anche di ufficio e senza formalità, accertamenti sulle condizioni di salute o su altre condizioni o qualità personali dell'imputato. Gli accertamenti sono eseguiti al più presto e comunque entro quindici giorni da quello in cui la richiesta è pervenuta al giudice. Se la richiesta di revoca o di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere è basata sulle condizioni di salute di cui all'articolo 275, comma 4-bis, ovvero se tali condizioni di salute sono segnalate dal servizio sanitario penitenziario, o risultano in altro modo al giudice, questi, se non ritiene di accogliere la richiesta sulla base degli atti, dispone con immediatezza, e comunque non oltre il termine previsto nel comma 3, gli accertamenti medici del caso, nominando perito ai sensi dell'articolo 220 e seguenti, il quale deve tener conto del parere del medico penitenziario e riferire entro il termine di cinque giorni, ovvero, nel caso di rilevata urgenza, non oltre due giorni dall'accertamento. Durante il periodo compreso tra il provvedimento che dispone gli accertamenti e la scadenza del termine per gli accertamenti medesimi, è sospeso il termine previsto dal comma 3javascript:wrap.link_replacer.scroll('10').

4-ter Identico

4-quater. Si applicano altresì le disposizioni di cui all'articolo 286-bis, comma 3

4-quater Identico

 

Articolo 659

 (Esecuzione di provvedimenti del giudice di sorveglianza)

Articolo 659

 (Esecuzione di provvedimenti del giudice di sorveglianza)

1. Quando a seguito di un provvedimento del giudice di sorveglianza deve essere disposta la carcerazione o la scarcerazione del condannato, il pubblico ministero che cura l'esecuzione della sentenza di condanna emette ordine di esecuzione con le modalità previste dall'articolo 656 comma 4. Tuttavia, nei casi di urgenza, il pubblico ministero presso il giudice di sorveglianza che ha adottato il provvedimento può emettere ordine provvisorio di esecuzione che ha effetto fino a quando non provvede il pubblico ministero competente.

1. Identico

1-bis. Quando a seguito di un provvedimento del giudice di sorveglianza deve essere disposta la scarcerazione del condannato per il delitto previsto dall'articolo 575 del codice penale, nella forma tentata, o per uno dei delitti, consumati o tentati, previsti dagli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis del codice penale, nonché dagli articoli 582 e 583-quinquies del codice penale nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del codice penale, il pubblico ministero che cura l'esecuzione ne dà immediata comunicazione, a mezzo della polizia giudiziaria, alla persona offesa e, ove nominato, al suo difensore.

1-bis Abrogato

2. I provvedimenti relativi alle misure di sicurezza diverse dalla confisca sono eseguiti dal pubblico ministero presso il giudice di sorveglianza che li ha adottati. Il pubblico ministero comunica in copia il provvedimento all'autorità di pubblica sicurezza e, quando ne è il caso, emette ordine di esecuzione, con il quale dispone la consegna o la liberazione dell'interessato.

2. Identico

 


Articolo 15
(Disposizioni in materia di sospensione condizionale della pena)

 

 

L’articolo 15 reca modifiche al regime della concessione della sospensione condizionale della pena, prevista dal quinto comma dell’art. 165 c.p.

 

Tale disposizione, originariamente introdotta dall’articolo 6 della legge n. 69 del 2019 (c.d. codice rosso), e successivamente modificata dalla legge n. 134 del 2021, prevede che la concessione della sospensione condizionale per i delitti, consumati o tentati, di violenza domestica e di genere, nella versione attualmente vigente, è sempre subordinata alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati.

Tale disposizione si applica, in particolare, al tentato omicidio (art. 575 c.p.) nonché ai delitti, consumati o tentati, di:

§  maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.),

§  lesioni personali aggravate (art. 582 c.p.) e deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (art. 583-quinquies c.p.) nelle ipotesi aggravate dell’art. 576, primo comma, nn. 2, 5 e 5.1 e ai sensi dell’art. 577, primo comma n. 1 e secondo comma, c.p.;

§  violenza sessuale (art. 609-bis c.p.) e violenza sessuale aggravata (art. 609-ter c.p.);

§  atti sessuali con minorenne (art.600-quater c.p.);

§  corruzione di minorenne (art. 609-quinquies c.p.);

§  violenza sessuale di gruppo (art. 609-octies c.p.);

§  atti persecutori (art. 612-bis c.p.).

 

 

Il comma 1 interviene sul citato quinto comma dell’art. 165 c.p. disponendo che:

-      ai fini della sospensione condizionale della pena non è sufficiente la mera partecipazione, con cadenza almeno bisettimanale, ai percorsi di recupero, ma occorre che tali percorsi siano superati con esito favorevole; l’accertamento della partecipazione e del superamento del percorso, così come la valutazione del medesimo, sono demandati al giudice;

-      il provvedimento che determina il venir meno delle misure cautelari precedentemente disposte, a seguito della sospensione condizionale della pena, deve essere immediatamente comunicato all’autorità di pubblica sicurezza affinché valuti se richiedere l’applicazione di una delle misure di prevenzione previste dal Libro I, Titolo I, Capo II del d.lgs. n. 159 del 2011 (codice antimafia)[6].

 

Si rammenta che l’art. 166, secondo comma, c.p., espressamente richiamato dalla disposizione in esame, prevede che la sola sospensione della pena non possa di per sé costituire motivo per l’applicazione di misure di prevenzione.

 

Sulla tale richiesta di applicazione della misura di prevenzione personale il tribunale deve decidere entro 10 giorni; in ogni caso la durata della misura di prevenzione non può essere inferiore a quella del percorso di recupero. Qualsiasi violazione della misura di prevenzione deve essere comunicata al PM. Presso il giudice che ha emesso la sentenza di condanna al fine della revoca della sospensione condizionale della pena, ai sensi dell’articolo 168, primo comma, n. 1, c.p.;

-      il giudice si avvale degli uffici di esecuzione penale esterna per l’individuazione degli enti o delle associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati reati di violenza domestica e di genere, nonché degli specifici percorsi di recupero;

-      qualsiasi violazione ingiustificata degli obblighi connessi allo svolgimento del percorso di recupero, ivi compresa una sola assenza, costituisce inadempimento rilevante per la revoca della sospensione, ai sensi dell’articolo 168, primo comma, n. 1, c.p.

 

L’istituzione e la diffusione di programmi di trattamento rivolti agli autori di violenza di genere è prevista dall’articolo 16 della Convenzione di Istanbul all’interno dell’asse “Prevenzione” (Capitolo III) (vedi supra). Secondo la Convenzione, tali programmi hanno l’obiettivo prioritario di garantire la sicurezza, il supporto e i diritti umani delle donne vittime di violenza, attraverso interventi trattamentali volti ad aiutare gli autori a modificare attitudini e comportamenti violenti, nel quadro di un lavoro integrato con servizi specializzati nella prevenzione e contrasto alla violenza sulle donne.

I programmi di trattamento rivolti agli autori di violenza si fondano sul principio secondo cui la violenza di genere è l’effetto di norme e credenze culturalmente costruite e socializzate che possono quindi essere disapprese. In questo senso gli obiettivi primari dei programmi per autori consistono nel raggiungimento della piena assunzione di responsabilità e consapevolezza delle conseguenze che la violenza agita ha sulle vittime, nonché nella riduzione del rischio di recidiva.

Con riguardo all’ordinamento italiano, l’art. 5, comma 2, lett. g) del decreto-legge 93/2013 prevede espressamente tra le finalità del Piano strategico nazionale contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, (v. supra) la promozione dello “sviluppo e l’attivazione, in tutto il territorio nazionale, di azioni, basate su metodologie consolidate e coerenti con linee guida appositamente predisposte, di recupero e di accompagnamento dei soggetti responsabili di atti di violenza nelle relazioni affettive, al fine di favorirne il recupero e di limitare i casi di recidiva”.

Sul piano delle risorse gli interventi per il recupero degli uomini autori di violenza sono finanziati a valere sul Fondo per le politiche di pari opportunità.

Il decreto legge n. 104 del 2020 (articolo 26-bis) ha incrementato la dotazione di tale Fondo di un milione di euro a decorrere dall’anno 2020, in considerazione dell’estensione del fenomeno della violenza di genere anche in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, al fine di assicurare la tutela e la prevenzione della violenza di genere e specificamente per contrastare il fenomeno favorendo il recupero degli uomini autori di violenza. Le risorse stanziate sono destinate esclusivamente all’istituzione e al potenziamento dei centri di riabilitazione per uomini maltrattanti.

Da ultimo la legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio 2022) all’articolo 1, comma 661 ha incrementato di 2 milioni di euro per il 2022 il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, per misure di recupero degli uomini autori di violenze. Le nuove risorse sono destinate, da un lato, all’istituzione e al potenziamento dei centri di riabilitazione per uomini maltrattanti e al loro funzionamento (un milione di euro) e, dall’altro, ad attività di monitoraggio e raccolta dati (un milione di euro). La disposizione demanda ad un successivo decreto ministeriale la ripartizione delle risorse. Il comma 662 ha indicato inoltre quali siano i criteri e le modalità da seguire nella ripartizione tra le regioni e le province autonome delle risorse stanziate. Ai sensi del comma 663 i centri per il recupero degli uomini autori di violenza domestica e di genere possono essere costituiti da enti locali o associazioni, anche di concerto tra loro. Tali centri – come precisa il comma 664 – devono operare in maniera integrata con la rete dei servizi socio-sanitari e assistenziali territoriali, tenendo al contempo conto delle necessità fondamentali per la protezione delle persone che subiscono violenza. I commi 665 e 666 delineano alcuni obblighi di relazione, delle regioni verso il Dipartimento Pari opportunità e del Governo verso il Parlamento. La legge di bilancio ha poi stanziato ulteriori 5 milioni di euro per il 2022 per l’istituzione e il potenziamento dei centri di riabilitazione per uomini maltrattanti (art. 1, co. 669).

 

Conseguentemente, il comma 2 agisce sull’art. 18-bis delle disposizioni di coordinamento e transitorie del codice penale, tramite l’aggiunta di un comma, al fine di stabilire che:

-      la sentenza, al momento del suo passaggio in giudicato, sia comunicata all’ufficio di esecuzione penale esterna, affinché lo stesso accerti l’effettiva partecipazione del condannato al percorso di recupero e dia comunicazione dell’esito al pubblico ministero presso il giudice che ha emesso la sentenza;

-      gli enti o le associazioni presso cui il condannato svolge il percorso di recupero diano immediata comunicazione all’ufficio di esecuzione penale esterna di qualsiasi violazione ingiustificata degli obblighi connessi allo svolgimento del percorso di recupero;

-      l’ufficio di esecuzione penale esterna, a sua volta, dia immediata comunicazione al p.m., ai fini della revoca della sospensione condizionale della pena, ex art. 168, primo comma, n. 1, c.p.

 

Si ricorda che l’art. 168, primo comma, c.p. prevede la revoca della sospensione condizionale della pena nei seguenti casi:

-       commissione di un delitto ovvero di una contravvenzione della stessa indole, per cui venga inflitta una pena detentiva (n. 1);

-       mancato adempimento degli obblighi imposti (n. 1);

-       ulteriore condanna per un delitto anteriormente commesso ad una pena che, cumulata a quella precedentemente sospesa, superi i limiti stabiliti per la sospensione dall’articolo 163 c.p. (n. 2).

 

 

Codice penale

Testo vigente

Testo come modificato dall’A.S. 923

Articolo 165

(Obblighi del condannato)

Articolo 165

(Obblighi del condannato)

La sospensione condizionale della pena può essere subordinata all'adempimento dell'obbligo delle restituzioni, al pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno o provvisoriamente assegnata sull'ammontare di esso e alla pubblicazione della sentenza a titolo di riparazione del danno; può altresì essere subordinata, salvo che la legge disponga altrimenti, all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero, se il condannato non si oppone, alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna.

Identico

La sospensione condizionale della pena, quando è concessa a persona che ne ha già usufruito, deve essere subordinata all'adempimento di uno degli obblighi previsti nel comma precedente.

Identico

La disposizione del secondo comma non si applica qualora la sospensione condizionale della pena sia stata concessa ai sensi del quarto comma dell'articolo 163.

Identico

Nei casi di condanna per i reati previsti dagli articoli 314, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321 e 322-bis, la sospensione condizionale della pena è comunque subordinata al pagamento della somma determinata a titolo di riparazione pecuniaria ai sensi dell'articolo 322-quater, fermo restando il diritto all'ulteriore eventuale risarcimento del danno.

Identico

Nei casi di condanna per il delitto previsto dall'articolo 575, nella forma tentata, o per i delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis, nonché agli articoli 582 e 583-quinquies nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, la sospensione condizionale della pena è comunque subordinata alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati.

Nei casi di condanna per il delitto previsto dall'articolo 575, nella forma tentata, o per i delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis, nonché agli articoli 582 e 583-quinquies nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, la sospensione condizionale della pena è sempre subordinata alla partecipazione, con cadenza almeno bisettimanale, e al superamento con esito favorevole di specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati, accertati e valutati dal giudice, anche in relazione alle circostanze poste a fondamento del giudizio formulato ai sensi dell’articolo 164. Del provvedimento che dichiara la perdita di efficacia delle misure cautelari ai sensi dell'articolo 300, comma 3, del codice di procedura penale è data immediata comunicazione, a cura della cancelleria, anche per via telematica, all’autorità di pubblica sicurezza competente per le misure di prevenzione, ai fini delle tempestive valutazioni concernenti l’eventuale proposta di applicazione delle misure di prevenzione personali previste nel libro I, titolo I, capo II del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, fermo restando quanto previsto dall’articolo 166, secondo comma, del presente codice. Sulla proposta di applicazione delle misure di prevenzione personali ai sensi del periodo precedente, il tribunale competente provvede con decreto entro dieci giorni dalla richiesta. La durata della misura di prevenzione personale non può essere inferiore a quella del percorso di recupero di cui al primo periodo. Qualsiasi violazione della misura di prevenzione personale deve essere comunicata, senza ritardo, al pubblico ministero presso il giudice che ha emesso la sentenza di condanna, ai fini della revoca della sospensione condizionale della pena ai sensi dell'articolo 168, primo comma, numero 1.

Il giudice nella sentenza stabilisce il termine entro il quale gli obblighi devono essere adempiuti.

Identico.

Nel caso di condanna per il reato previsto dall'articolo 624-bis, la sospensione condizionale della pena è comunque subordinata al pagamento integrale dell'importo dovuto per il risarcimento del danno alla persona offesa

Identico.

Articolo 18-bis

(Disposizioni di coordinamento e transitorie per il codice penale)

Articolo 18-bis

(Disposizioni di coordinamento e transitorie per il codice penale)

Nei casi di cui all'articolo 165 del codice penale il giudice dispone che il condannato svolga attività non retribuita a favore della collettività osservando, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 44, 54, commi 2, 3, 4 e 6, e 59 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nei casi di cui all’articolo 165, quinto comma, del codice penale, la cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza la trasmette, al passaggio in giudicato, all’ufficio di esecuzione penale esterna, che accerta l’effettiva partecipazione del condannato al percorso di recupero e ne comunica l’esito al pubblico ministero presso il giudice che ha emesso la sentenza. Gli enti o le associazioni presso cui il condannato svolge il percorso di recupero danno immediata comunicazione di qualsiasi violazione ingiustificata degli obblighi connessi allo svolgimento del percorso di recupero all’ufficio di esecuzione penale esterna, che ne dà a sua volta immediata comunicazione al pubblico ministero, ai fini della revoca della sospensione ai sensi dell’articolo 168, primo comma, numero 1, del codice penale.

 

 


Articolo 16
(Indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti)

 

 

L’articolo 16 modifica la disciplina relativa alla domanda di indennizzo per le vittime di crimini intenzionali violenti, di cui all’articolo 13 della legge n. 122 del 2016.

 

L’articolo 13 della legge 7 luglio 2016, n. 122, ai fini dell’indennizzo alle vittime di reati violenti (v. infra), prevede che la domanda di indennizzo sia presentata dall’interessato, o dagli aventi diritto,  e, a pena di inammissibilità, debba essere corredata dei seguenti atti e documenti:

o    copia della sentenza di condanna per uno dei reati per cui è riconosciuto l’indennizzo ovvero del provvedimento decisorio che definisce il giudizio per essere rimasto ignoto l’autore del reato;

o    documentazione attestante l’infruttuoso esperimento dell’azione esecutiva per il risarcimento del danno nei confronti dell’autore del reato, salvo il caso in cui sia rimasto ignoto l’autore oppure quest’ultimo sia ricorso al patrocinio a spese dello Stato;

o    dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà sull’assenza delle condizioni ostative di cui all’articolo 12, comma 1, lettere d) ed e), nonché sulla qualità di avente diritto ai sensi dell’articolo 11, comma 2-bis (su cui. V. infra);

o    certificazione medica attestante le spese sostenute per prestazioni sanitarie oppure certificato di morte della vittima del reato.

Secondo quanto previsto dalla disposizione attualmente vigente la domanda deve essere presentata nel termine di sessanta giorni dalla decisione che ha definito il giudizio per essere ignoto l’autore del reato o dall’ultimo atto dell’azione esecutiva infruttuosamente esperita ovvero dalla data del passaggio in giudicato della sentenza penale.

 

In particolare, la norma in esame:

§  elimina dall’elenco dei documenti richiesti a corredo della domanda per l’ottenimento dell’indennizzo la documentazione attestante l’infruttuoso esperimento dell’azione esecutiva per il risarcimento del danno nei confronti dell’autore del reato quando quest’ultimo abbia commesso il delitto di omicidio nei confronti del coniuge, anche legalmente separato o divorziato, dell’altra parte di un’unione civile, anche se l’unione è cessata, o di chi è o è stato legato da relazione affettiva e stabile convivenza;

§  aumenta il termine per la proposizione della domanda medesima da 60 a 120 giorni, decorrenti dalla decisione che ha definito il giudizio perché ignoto l’autore del reato o dall’ultimo atto dell’azione esecutiva infruttuosamente esperita ovvero dalla data del passaggio in giudicato della sentenza penale.

 

 

La legge 7 luglio 2016, n. 122, in attuazione della direttiva 2004/80/CE, riconosce il diritto ad un indennizzo alle vittime di reati violenti. In particolare l’art. 11 prevede che il diritto a tale indennizzo spetti «alla vittima di un reato doloso commesso con violenza alla persona e comunque del reato di cui all’articolo 603-bis del codice penale [caporalato], ad eccezione dei reati di cui agli articoli 581 [percosse] e 582 [lesioni personali], salvo che ricorrano le circostanze aggravanti previste dall’articolo 583 del codice penale» nonché, in caso di morte della vittima in conseguenza del reato, al coniuge  superstite e ai figli; in mancanza del coniuge e dei figli, l’indennizzo spetta ai genitori e, in mancanza di questi, ai fratelli e alle sorelle conviventi e a carico al momento della commissione del delitto. Al coniuge è equiparata la parte di un’unione civile tra persone dello stesso sesso. In mancanza del coniuge, allo stesso è equiparato il convivente di fatto che ha avuto prole dalla vittima o che ha convissuto con questa nei tre anni precedenti alla data di commissione del delitto.

L’indennizzo è elargito per la rifusione delle spese mediche e assistenziali, ad eccezione dei delitti di omicidio, violenza sessuale, lesione personale gravissima e deformazione dell’aspetto mediante lesioni permanenti al viso, casi nei quali l’indennizzo è comunque elargito, alla vittima o agli aventi diritto, anche in assenza di spese mediche e assistenziali.

Gli importi attualmente erogabili sono determinati dal decreto del Ministero dell’interno del 22 novembre 2019, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 23 gennaio 2020, n. 18, e sono i seguenti:

 

Reato

Importo indennizzo

Omicidio

50.000 euro

Omicidio commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa

60.000 euro (esclusivamente in favore dei figli della vittima)

Violenza sessuale, salvo che ricorra la circostanza attenuante del caso di minore gravità prevista dall’art. 609-bis, terzo comma, c.p.

25.000 euro

Lesioni personali gravissime di cui all’art. 583, secondo comma, c.p.

Deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso di cui all’art. 583-quinquies c.p.

25.000 euro

 

 

Per i delitti per i quali è previsto l’indennizzo, tale somma può essere incrementata fino a ulteriori 10.000 euro per le spese mediche e assistenziali documentate.

Per ogni altro delitto, l’indennizzo è erogato solo per la rifusione delle spese mediche e assistenziali documentate, fino a un massimo di 15.000 euro.

L’art. 12 della legge detta le condizioni per l’accesso al beneficio e cioè:

·      la vittima abbia già esperito infruttuosamente l’azione esecutiva nei confronti dell’autore del reato per ottenere il risarcimento del danno dal soggetto obbligato in forza di sentenza di condanna irrevocabile o di una condanna a titolo di provvisionale, salvo che l’autore del reato sia rimasto ignoto (lettera b).

·      la vittima non abbia concorso, anche colposamente, alla commissione del reato ovvero di reati connessi, ai sensi dell’articolo 12 del codice di procedura penale[7] (lettera c);

·      la vittima non sia stata condannata con sentenza definitiva ovvero, alla data di presentazione della domanda, non sia sottoposta a procedimento penale per uno dei reati di cui all’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale e per reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto (lettera d);

·      la vittima non abbia percepito, in tale qualità e in conseguenza immediata e diretta del fatto di reato, da soggetti pubblici o privati, somme di denaro di importo pari o superiore a quelle dovute in base alla legge (lettera e).

·      in caso la vittima abbia già percepito, in tale qualità e in conseguenza immediata e diretta del fatto di reato, da soggetti pubblici o privati, somme di denaro di importo inferiore a quello dovuto a titolo di indennizzo, l’indennizzo medesimo è corrisposto esclusivamente per la differenza (lettera e-bis)

Inoltre, si specifica che in caso di morte della vittima in conseguenza del reato, le condizioni di cui al comma 1 devono sussistere, oltre che per la vittima, anche con riguardo agli aventi diritto coniuge superstite, o la parte dell’unione civile e dei figli; in mancanza del coniuge e dei figli, l’indennizzo spetta ai genitori e, in mancanza dei genitori, ai fratelli e alle sorelle conviventi e a carico al momento della commissione del delitto.


 

Legge 7 luglio 2016, n. 122

Testo vigente

Testo come modificato dall’A.S.923

Art. 13

(Domanda di indennizzo)

Art. 13

(Domanda di indennizzo)

1.        La domanda di indennizzo è presentata dall'interessato, o dagli aventi diritto in caso di morte della   vittima del reato, personalmente o a mezzo di procuratore speciale e, a pena di inammissibilità, deve essere corredata dei seguenti atti e documenti:

1.        Identica

a)        copia della sentenza di condanna per uno dei reati di cui all'articolo 11 ovvero del provvedimento decisorio che definisce il giudizio per essere rimasto ignoto l'autore del reato;

a)        Identica

b)        documentazione attestante l'infruttuoso esperimento dell'azione esecutiva per il risarcimento del danno nei confronti dell'autore del reato, salvo il caso in cui lo stesso sia rimasto ignoto oppure abbia chiesto e ottenuto l'ammissione al gratuito patrocinio a spese dello Stato nel procedimento penale o civile in cui è stata accertata la sua responsabilità;

b)        documentazione attestante l'infruttuoso esperimento dell'azione esecutiva per il risarcimento del danno nei confronti dell'autore del reato, salvo il caso in cui lo stesso sia rimasto ignoto oppure abbia chiesto e ottenuto l'ammissione al gratuito patrocinio a spese dello Stato nel procedimento penale o civile in cui è stata accertata la sua responsabilità oppure quando lo stesso abbia commesso il delitto di omicidio nei confronti del coniuge, anche legalmente separato o divorziato, dell’altra parte di un’unione civile, anche se l’unione è cessata, o di chi è o è stato legato da relazione affettiva e stabile convivenza;

c)        dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, ai sensi dell'articolo 46 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, sull'assenza delle condizioni ostative di cui all'articolo 12, comma 1, lettere d) ed e), nonché sulla qualità di avente diritto ai sensi dell'articolo 11, comma 2-bis;

c)        Identica

d)        certificazione medica attestante le spese sostenute per prestazioni sanitarie oppure certificato di morte della vittima del reato.

d)        Identica

2.        La domanda deve essere presentata nel termine di sessanta giorni dalla decisione che ha definito il giudizio per essere ignoto l'autore del reato o dall'ultimo atto dell'azione esecutiva infruttuosamente esperita ovvero dalla data del passaggio in giudicato della sentenza penale.

2.        La domanda deve essere presentata nel termine di centoventi giorni dalla decisione che ha definito il giudizio per essere ignoto l'autore del reato o dall'ultimo atto dell'azione esecutiva infruttuosamente esperita ovvero dalla data del passaggio in giudicato della sentenza penale.

 


Articolo 17
(Provvisionale a titolo di ristoro anticipato a favore delle vittime o degli aventi diritto)

 

 

L’articolo 17 introduce e disciplina la possibilità di corrispondere in favore della vittima di taluni reati, oppure degli aventi diritto in caso di morte della vittima, una provvisionale, ossia una somma di denaro liquidata dal giudice, come anticipo sull'importo integrale che le spetterà in via definitiva. La somma è corrisposta, su richiesta, alle vittime, o agli aventi diritto, che vengano a trovarsi in stato di bisogno in conseguenza dei reati medesimi. La disposizione fa riferimento ai delitti di omicidio, violenza sessuale o lesione personale gravissima o deformazione dell'aspetto mediante lesioni permanenti al viso, commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa.

 

In particolare, l’articolo in commento inserisce un nuovo articolo 13-bis nella legge 7 luglio 2016, n. 122 (legge europea 2015-2016) la quale, agli articoli 11 e seguenti, reca disposizioni in materia indennizzi in favore delle vittime di reati intenzionali violenti, in attuazione della direttiva 2004/80/CE.

 

Il comma 1 del nuovo articolo 13-bis introduce la provvisionale in favore della vittima (o degli aventi causa in caso di sua morte) dei delitti di cui all'articolo 11, comma 2, primo periodo, della medesima legge n. 122 del 2016, il quale elenca i seguenti delitti:

§  omicidio;

§  violenza sessuale;

§  lesione personale gravissima, ai sensi dell'articolo 583, secondo comma, del codice penale; tale norma così qualifica la lesione personale quando la medesima provochi una malattia certamente o probabilmente insanabile, la perdita di un senso, la perdita di un arto, o una mutilazione che renda l'arto inservibile, ovvero la perdita dell'uso di un organo o della capacità di procreare, ovvero una permanente e grave difficoltà della parola; 

§  deformazione dell'aspetto mediante lesioni permanenti al viso di cui all'articolo 583-quinquies del codice penale, ovvero una lesione personale dalla quale derivano la deformazione o lo sfregio permanente del viso.

 

La disposizione, come detto, si applica quando i suddetti delitti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa.

La provvisionale è elargita su richiesta della vittima o degli aventi diritto che vengano a trovarsi in stato di bisogno ed è imputata nella liquidazione definitiva dell’indennizzo, a seguito di pronuncia di una sentenza di condanna o di patteggiamento anche non irrevocabile ovvero di emissione di decreto penale di condanna anche non esecutivo.

 

Per quanto concerne la nozione di “aventi diritto”, l’articolo 11, comma 2-bis, della medesima legge n. 122 del 2016, stabilisce che, in caso di morte della vittima a seguito del reato, l’indennizzo spetti: al coniuge superstite e ai figli; in mancanza del coniuge e dei figli, l'indennizzo spetta ai genitori e, in mancanza dei genitori, ai fratelli e alle sorelle conviventi e a carico al momento della commissione del delitto. La medesima norma equipara al coniuge la parte di un'unione civile tra persone dello stesso sesso. In mancanza del coniuge, allo stesso è equiparato il convivente di fatto che ha avuto prole dalla vittima o che ha convissuto con questa nei tre anni precedenti alla data di commissione del delitto.

 

Il comma 2 dell'articolo 13-bis stabilisce che le condizioni per l'accesso alla provvisionale siano quelle previste dall’articolo 12, comma 1, lettere c), d) ed e) e comma 1-bis, della citata legge n. 122 del 2016. Con tale rinvio alla disciplina dell'indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti, si prevedono le seguenti condizioni per l'accesso alla provvisionale:

§  la vittima non abbia concorso, anche colposamente, alla commissione del reato ovvero di reati connessi, ai sensi dell'articolo 12 del codice di procedura penale[8] (lettera c);

§  la vittima non sia stata condannata con sentenza definitiva ovvero, alla data di presentazione della domanda, non sia sottoposta a procedimento penale per uno dei reati di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale e per reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell'evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto (lettera d);

§  la vittima non abbia percepito, in tale qualità e in conseguenza immediata e diretta del fatto di reato, da soggetti pubblici o privati, somme di denaro di importo pari o superiore a quelle dovute in base alla legge (lettera e).

 

Occorre rilevare che il comma 1 dell’articolo 12 della legge n. 122 include anche altre due ulteriori condizioni previste rispettivamente dalle lettere b) ed e-bis). La lettera b) stabilisce, quale ulteriore condizione per l'accesso all'indennizzo, che la vittima abbia già esperito infruttuosamente l'azione esecutiva nei confronti dell'autore del reato per ottenere il risarcimento del danno dal soggetto obbligato in forza di sentenza di condanna irrevocabile o di una condanna a titolo di provvisionale, salvo che l'autore del reato sia rimasto ignoto.

La lettera e-bis) prevede che in caso la vittima abbia già percepito, in tale qualità e in conseguenza immediata e diretta del fatto di reato, da soggetti pubblici o privati, somme di denaro di importo inferiore a quello dovuto a titolo di indennizzo, l'indennizzo medesimo è corrisposto esclusivamente per la differenza.

 

In ragione del richiamo al comma 1-bis dell’articolo 12 della legge n. 122, in caso di morte della vittima in conseguenza del reato, le medesime condizioni devono sussistere, oltre che per la vittima anche per gli aventi diritto.

A tale riguardo, si segnala che il comma 1-bis dell'articolo 12, richiamato dalla disposizione in esame, fa riferimento a tutte le condizioni elencate nel comma 1, incluse le condizioni previste dalla lettera b) e alla lettera e-bis)[9]. Tali condizioni – come già sottolineato - non sono richiamate dal comma 2 dall'art. 13-bis introdotto dal disegno di legge in esame. Conseguentemente, la condizioni di cui alle citate lettere b) e e-bis) sembrerebbero applicarsi agli aventi causa, ma non alla vittima.

 

Il comma 3 del nuovo articolo 13-bis stabilisce che l'istanza per la provvisionale debba essere presentata al prefetto della provincia di residenza o della provincia ove è stato commesso il fatto. A pena di inammissibilità, l'istanza deve essere corredata dalla copia del provvedimento giurisdizionale di cui al comma 1, e quindi la sentenza di condanna o di patteggiamento ovvero il decreto penale di condanna (lettera a) del comma 3).

 

L'istanza dovrà essere altresì corredata da dichiarazione sostitutiva di certificazione e dell'atto di notorietà:

ü  sull'assenza delle condizioni ostative di cui all'articolo 12, comma 1, lettere d) ed e), nonché sulla qualità di avente diritto ai sensi dell'articolo 11, comma 2-bis (lettera b)); per quanto concerne le condizioni ostative richiamate (v. supra);

ü  attestante la situazione economica dell’istante e delle persone di cui all’articolo 433 del codice civile, ossia il coniuge; i figli, anche adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi; i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi; gli adottanti; i generi e le nuore; il suocero e la suocera; i fratelli e le sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli unilaterali. È possibile produrre, in alternativa alla dichiarazione sostitutiva, il certificato attestante la situazione economica dell'istante o degli altri soggetti richiamati (lettera c)).

 

Si rammenta che gli articoli 46 e 47 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa (di cui al d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445) - espressamente richiamati dal comma 3 - disciplinano rispettivamente le dichiarazioni sostitutive di certificazioni e le dichiarazioni sostitutive dell'atto di notorietà.

L'art. 46 elenca gli stati, le qualità personali e i fatti che sono comprovati con dichiarazioni, anche contestuali all'istanza, sottoscritte dall'interessato e prodotte in sostituzione delle normali certificazioni. L'art. 47 stabilisce che l'atto di notorietà concernente stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell'interessato è sostituito da dichiarazione, resa e sottoscritta dal medesimo, da rendere con le modalità di cui all’art. 38 testo unico richiamato.

 

Il prefetto verifica la sussistenza dei requisiti, avvalendosi anche degli organi di polizia, entro sessanta giorni dal ricevimento dell’istanza (art. 13-bis, comma 4).

 

Ai sensi del comma 5 del nuovo art. 13-bis, sull'istanza relativa alla provvisionale, provvede il Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso e dei reati internazionali violenti provvede, entro centoventi giorni dalla presentazione della medesima istanza, acquisiti gli esiti dell’istruttoria dal prefetto.

 

Si tratta del Comitato che delibera circa la corresponsione delle somme del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell'usura e dei reati intenzionali violenti nonché agli orfani per crimini domestici, ai sensi dell'articolo 3 della legge n. 512 del 1999 (recante la disciplina concernente il Fondo medesimo, così rinominato dall'art. 11, comma 4, L. 11 gennaio 2018, n. 4). Tale art. 3 della citata legge n. 512 del 1999, prevede che il Comitato sia presieduto dal Commissario per il coordinamento delle iniziative di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso, nominato dal Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno, anche al di fuori del personale della pubblica amministrazione, tra persone di comprovata esperienza nell'attività di solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso e dei reati intenzionali violenti. Il Comitato è composto: a) da un rappresentante del Ministero dell'interno; b) da due rappresentanti del Ministero della giustizia; c) da un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico; d) da un rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze; e) da un rappresentante del Ministero del lavoro e delle politiche sociali; f) da un rappresentante della Concessionaria di servizi assicurativi pubblici Spa (CONSAP), senza diritto di voto. Il Commissario ed i rappresentanti dei Ministeri restano in carica per quattro anni e l'incarico non è rinnovabile per più di una volta.

 

La provvisionale può essere assegnata in misura non superiore a un terzo dell’importo dell’indennizzo determinato secondo quanto disposto dal D.M. 31 agosto 2017 e, successivamente, dal D.M. 22 novembre 2019, emanati in attuazione dell’articolo 11, comma 3, della più volte citata legge n. 122 del 2016, recanti la determinazione degli importi dell'indennizzo alle vittime dei reati intenzionali violenti.

L'art. 11, comma 3, della legge n. 122 demanda la determinazione degli indennizzi ad un decreto del Ministro dell'interno e del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze,  assicurando un maggior ristoro alle vittime dei reati di violenza sessuale e di omicidio e, in particolare, ai figli della vittima in caso di omicidio commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa, comunque nel limite delle risorse stanziate con tali finalità.

 

Il comma 6 infine stabilisce che il Comitato dichiara la decadenza dalla provvisionale e dispone la ripetizione di quanto erogato in caso di:

ü  mancata richiesta di indennizzo nei termini previsti (dall'art. 13, comma 2, della legge n. 122), ovvero quando la richiesta di indennizzo sia respinta o dichiarata inammissibile (lett. a)),

ü  mancanza delle condizioni per la presentazione della domanda di indennizzo se, decorso il termine di due anni dalla concessione della provvisionale e con cadenza biennale per gli anni successivi, non viene prodotta autocertificazione sulla non definitività della sentenza penale o della procedura esecutiva o sulla percezione di somme in connessione al reato (lett.b)).

 


Articolo 18
(Riconoscimento e attività degli enti e delle associazioni organizzatori di percorsi di recupero destinati agli autori di reato)

 

 

L’articolo 18 dispone che, entro 6 mesi dall’entrata in vigore della legge, il Ministro della giustizia e l’Autorità politica delegata per le pari opportunità[10] adottino un decreto interministeriale che disciplini le modalità per il riconoscimento e l'accreditamento degli enti e delle associazioni abilitati ad effettuare corsi di recupero degli autori di reati di violenza sulle donne e di violenza domestica.

Il Ministro della giustizia e l’Autorità politica delegata per le pari opportunità devono inoltre provvedere all’emanazione di Linee Guida per l'attività di tali enti ed associazioni.

 

L’emanazione del sopra citato decreto si ricollega a quanto stabilito dagli articoli 165, quinto comma, del codice penale e 282-quater del codice di procedura penale, espressamente richiamati dalla disposizione in commento.

 

Ai sensi dell’art. 165, quinto comma, c.p., come visto in precedenza, la sospensione condizionale della pena è subordinata alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per taluni delitti, specificamente individuati dalla norma.

Si tratta, in particolare, del tentato omicidio (art. 575 c.p.) e dei delitti, consumati o tentati, di:

§  maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.),

§  lesioni personali aggravate (art. 582 c.p.) e deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (art. 583-quinquies c.p.) aggravate ai sensi dell'art. 576, primo comma, nn. 2, 5 e 5.1 e ai sensi dell'art. 577, primo comma n. 1 e secondo comma, c.p.);

§  violenza sessuale (art. 609-bis c.p.) e violenza sessuale aggravata (art. 609-ter c.p.);

§  atti sessuali con minorenne (art.600-quater c.p.);

§  corruzione di minorenne (art. 609-quinquies c.p.);

§  violenza sessuale di gruppo (art. 609-octies c.p.);

§  atti persecutori (art. 612-bis c.p.).

 

Si ricorda, peraltro, che il medesimo quinto comma dell’art. 165 c.p. è oggetto di modifica da parte dell’art. 15 del provvedimento in esame (v. supra); in particolare, una delle modifiche prevede che per ottenere la sospensione condizionale della pena è necessario il superamento del percorso di recupero con esito favorevole e non la mera partecipazione al medesimo.

 

L’art. 282-quater c.p.p. dispone che il responsabile dei servizi socio-assistenziali del territorio dia comunicazione al pubblico ministero e al giudice della positiva partecipazione dell’imputato ad un programma di prevenzione della violenza organizzato dagli stessi servizi socio-assistenziali, affinché possano valutare la sostituzione della misura cautelare in essere (nel caso specifico allontanamento dalla casa familiare ex art. 282-bis e divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa ex art. 282-ter) con una meno grave o disporre che la medesima sia applicata con modalità meno gravose, secondo quanto stabilito dall’art. 299, comma 3, c.p.p.

 

 


Articolo 19
(Clausola di invarianza finanziaria)

 

 

L’articolo 19 reca la clausola di invarianza finanziaria, in virtù della quale dall’attuazione del provvedimento non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Agli adempimenti connessi alle attività previste dai provvedimenti, si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.


Gli altri disegni di legge congiunti

 

 

I disegni di legge n. 92, di iniziativa dei sen. Valente e altri, n. 327, di iniziativa dei sen. Gelmini e altri e n.754, di iniziativa dei sen. Campione e altri, recano tutti disposizioni per la prevenzione e il contrasto del fenomeno della violenza nei confronti delle donne e della violenza domestica.

Le proposte presentano un contenuto, per molti aspetti, analogo, per tale ragione si darà sinteticamente conto delle tematiche oggetto degli interventi legislativi in esame.

 

Tutti e tre i disegni di legge estendono l'applicabilità dell'ammonimento del Questore per violenza domestica ad ulteriori condotte che possono assumere valenza sintomatica rispetto a situazioni di pericolo per l'integrità psico-fisica delle persone, nel contesto delle relazioni familiari ed affettive. Le pene dei reati suscettibili di ammonimento sono inoltre aumentate quando il fatto è commesso da soggetto già ammonito e si procede d'ufficio per taluni reati qualora commessi da soggetto già ammonito (art. 1 degli AA.SS. n. 92, n. 327 e n. 754).

Le proposte recano, poi, disposizioni in materia di misure cautelari e di braccialetto elettronico, prevedendo la revoca della misura cautelare e la sostituzione con la custodia cautelare in carcere in caso di manomissione del braccialetto elettronico. Nel disporre la misura coercitiva dell’allontanamento dalla casa familiare con le modalità di controllo mediante mezzi elettronici, il giudice deve prevedere l’applicazione, anche congiunta, di una misura più grave qualora l’imputato neghi il consenso all’adozione delle modalità di controllo elettroniche (art. 2 dell’AS 327 e artt. 2 e 3 degli AA.SS. n. 92 e n.754);

I disegni di legge intervengono, ancora, in materia di criteri di scelta e di condizioni di applicabilità delle misure cautelari, nonché in tema di conversione dell'arresto in flagranza o del fermo in una misura coercitiva (art. 4 degli AA.SS. 92 e 754 e art. 3 dell’AS 327).

Tutte le proposte apportano – seppure con alcune differenze in ordine ai reati presi in considerazione - modifiche al Codice antimafia estendendo l'applicabilità, da parte dell'Autorità giudiziaria, delle misure di prevenzione personali ai soggetti indiziati di alcuni gravi reati commessi nell'ambito dei fenomeni della violenza di genere e della violenza domestica (art.4 dell’AS 327, art. 7 dell’AS 92 e art.6 dell’AS 754).

I disegni di legge, poi, oltre ad ampliare l’ambito degli obblighi di informazione alla persona offesa dal reato (art. 5 degli AA.SS 327 e 754 e art. 6 dell’AS 92), introducono un'ulteriore ipotesi di fermo disposto dal PM, con decreto motivato, nei confronti della persona gravemente indiziata di maltrattamenti contro i familiari, lesioni personali e stalking (art. 6 dell’AS 327 e art. 5 dell’AS 92. Tale previsione non trova riscontro nell’AS 754).

Modifiche sono poi apportate alla disciplina del beneficio della sospensione condizionale della pena per i reati di violenza di genere e domestica, consentendo al giudice di avvalersi degli uffici di esecuzione penale esterna per l'individuazione degli enti o delle associazioni presso le quali l'autore del reato deve svolgere i prescritti percorsi di recupero (art.7 degli AA.SS. 327 e 754 e art. 8 dell’AS 92).

Ancora, le proposte in esame estendono la medesima disciplina penalistica prevista dall’articolo 387-bis c.p. per la violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, anche alla violazione degli ordini di protezione emessi dal giudice in sede civile (art. 8 degli AA.SS. 327 e 754 e art. 9 dell’AS 92).

Tutti i disegni di legge introducono, inoltre, la possibilità dell'arresto, anche fuori dei casi di flagranza (in cui l'arresto è obbligatorio), non oltre quarantotto ore dal fatto per colui che viola i provvedimenti di allontanamento della casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 12 dell’AS 327, art. 10 dell’AS 92 e art. 9 dell’AS 754).

Le proposte prevedono, poi, che nei procedimenti per i reati di violenza di genere e domestica, l’estinzione o la revoca delle misure cautelari coercitive nonché la loro sostituzione con misura meno grave siano comunicati al questore, ai fini delle valutazioni di competenza in materia di misure di prevenzione (art. 12 dell’AS 92 e art. 9 dell’AS 327 e art.11 dell’AS 754). Il solo ddl n. 327 prevede che la comunicazione debba essere data anche al prefetto ai fini dell’eventuale adozione, di misure di vigilanza dinamica a tutela della persona offesa (art. 9, comma 2, dell’AS 327).

Non trovano riscontro nell’AS 92, le previsioni di cui all’articolo 10 (il quale prevede la possibilità di corrispondere una provvisionale a titolo di ristoro “anticipato”, alla vittima o, in caso di morte, agli aventi diritto che, in conseguenza dei delitti di omicidio, violenza sessuale o lesione personale gravissima, e deformazione dell'aspetto mediante lesioni permanenti al viso, commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa, vengano a trovarsi in stato di bisogno) e all’articolo 11 dell’ AS 327 (il quale stabilisce che il prefetto possa adottare misure di vigilanza dinamica, in caso di pericolo di reiterazione della condotta in relazione a taluni reati commessi in ambito di violenza domestica, a particolare tutela della vittima).

Ed ancora, sia il disegno di legge di iniziativa della sen. Valente (art. 11 dell’AS 92) che il disegno di legge di iniziativa della sen. Campione art. 10 dell’AS 754) modificano l'articolo 612-ter del codice penale, introdotto con legge 19 luglio 2019, n. 69, che dispone in materia di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti; le modifiche proposte oltre a prevedere un aumento di pena nei casi in cui dal fatto ne consegua il suicidio della persona offesa, introducono anche una serie di pene accessorie da applicarsi nei casi di condanna.

Infine il solo disegno di legge n. 754: prevede l'inserimento dell'educazione alla prevenzione e al riconoscimento della violenza contro le donne come parte fondamentale del programma di educazione civica. Inoltre, è richiesta l'adozione, da parte del Ministro della famiglia, della natalità e delle pari opportunità, di un decreto ai fini della definizione delle iniziative volte alla sensibilizzazione della collettività sul tema (art. 12); istituisce delle sezioni specializzate per la trattazione dei procedimenti relativi a reati di violenza contro le donne e domestica, la cui composizione e la cui competenza vengono individuate per il tramite dell'adozione di un decreto del Ministero della giustizia (artt. 13 e 14); costituisce un nucleo di polizia giudiziaria specializzato sulla trattazione dei procedimenti relativi a reati di violenza contro le donne e domestica presso gli uffici del pubblico ministero delle istituende sezioni specializzate (art. 15); reca misure volte a favorire il coordinamento tra gli attori sociali e istituzionali, soprattutto al fine di evitare un abbandono della vittima successivamente alla conclusione del processo (artt.16 e 17);  demanda alle regioni la determinazione delle modalità con cui effettuare l'attività di controllo circa il regolare funzionamento dei centri antiviolenza e delle case rifugio (art. 18) e prevede, infine, che l'autorità di Governo delegata per le politiche per la famiglia e le pari opportunità effettui ogni anno una relazione al Parlamento sul fenomeno della violenza contro le donne e la violenza domestica (art. 19).

 



[1]     Il richiamo è correttamente limitato alla prima ipotesi, quella della minaccia grave, in quanto la seconda ipotesi (aver commesso il fatto nei modi indicati dall’art. 339: con armi, da persona travisata o da più persone riunite, con scritto anonimo o in modo simbolico, valendosi della forza intimidatrice di associazioni segrete esistenti o supposte, con corpi contundenti, in occasione di manifestazioni pubbliche) è già procedibile d’ufficio ai sensi del terzo comma del medesimo art. 612.

[2]     Il richiamo è correttamente limitato al primo e al secondo comma dell’art. 614. Il terzo comma di tale articolo riguarda, infatti, le circostanze aggravanti, assorbite dal richiamo al primo e al secondo comma, per alcune delle quali peraltro il quarto comma già prevede la procedibilità d’ufficio.

[3]     Le riunioni di coordinamento in materia di sicurezza personale di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto-legge n. 83 del 2002, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2002, previste nell’ambito dell’Ufficio provinciale per la sicurezza personale, sono convocate e presiedute dal prefetto e vi partecipano il questore ed i comandanti provinciali dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza; per le questioni di sicurezza relative a magistrati partecipa anche il procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello competente per territorio, mentre per la sicurezza di altre personalità, il prefetto può invitare le autorità eventualmente interessate alla questione. Sulla base delle valutazioni espresse nelle predette riunioni, il prefetto formula all'Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale (UCIS) proposte motivate sull'adozione, sulla modifica e sulla revoca di misure di protezione e di vigilanza.

[4]     La legge n. 69 del 2019 (c.d. legge sul codice rosso) ha inserito il delitto di cui all'articolo 572 c.p. nell'elenco dei reati che consentono nei confronti degli indiziati l'applicazione di misure di prevenzione.

[5]     L'art. 362, comma 1-ter, c.p.p., sull'obbligo di assunzione di informazioni dalla persona offesa entro tre giorni dall'iscrizione della notizia di reato (cd. "codice rosso") richiama i seguenti delitti: tentato omicidio (art. 575 c.p.); maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.); violenza sessuale (art. 609-bis e 609-ter c.p.); atti sessuali con minorenni (art. 609-quater c.p.); corruzione di minorenne (art. 609-quinquies c.p.); violenza sessuale di gruppo (art. 609-octies c.p.); atti persecutori (art. 612-bis c.p.); lesione personale (art. 582 c.p.) e deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (art. 583-quinquies c.p.) nelle forme aggravate.

[6]     Il d.lgs. n. 159 del 2011 (codice delle leggi antimafia) prevede una serie di misure di prevenzione di natura personale e di natura patrimoniale. Le misure di prevenzione sono misure special-preventive, considerate tradizionalmente di natura formalmente amministrativa, dirette ad evitare la commissione di reati da parte di determinate categorie di soggetti ritenuti socialmente pericolosi. Vengono, quindi, applicate indipendentemente dalla commissione di un precedente reato, onde la denominazione di misure ante delictum o praeter delictum. Nello specifico, le misure qui richiamate sono quelle applicate dall’autorità giudiziaria (Libro I, Titolo I, Capo II), ovvero la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e l'obbligo di soggiorno. Ai sensi dell'articolo 6 del Codice antimafia tali misure possono essere applicate alle persone indicate all'articolo 4 del Codice antimafia, quando siano pericolose per la pubblica sicurezza. (vedi supra).

[7]     Art. 12. Casi di connessione: "1. Si ha connessione di procedimenti: a) se il reato per cui si procede è stato commesso da più persone in concorso o cooperazione fra loro, o se più persone con condotte indipendenti hanno determinato l'evento; b) se una persona è imputata di più reati commessi con una sola azione od omissione ovvero con più azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso; c) se dei reati per cui si procede gli uni sono stati commessi per eseguire o per occultare gli altri o in occasione di questi ovvero per conseguirne o assicurarne al colpevole o ad altri il profitto, il prezzo, il prodotto o l'impunità".

[8]     Art. 12. Casi di connessione: "1. Si ha connessione di procedimenti: a) se il reato per cui si procede è stato commesso da più persone in concorso o cooperazione fra loro, o se più persone con condotte indipendenti hanno determinato l'evento; b) se una persona è imputata di più reati commessi con una sola azione od omissione ovvero con più azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso; c) se dei reati per cui si procede gli uni sono stati commessi per eseguire o per occultare gli altri o in occasione di questi ovvero per conseguirne o assicurarne al colpevole o ad altri il profitto, il prezzo, il prodotto o l'impunità".

[9]     Si rammenta, inoltre, che la condizione di cui alla lettera a) del comma 1 risulta abrogata (dall'art. 6, comma 1, lett. a), della legge n. 167 del 2017).

[10]   Attualmente si tratta del Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità (incarico conferito con il DPCM 23 ottobre 2022).