Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Giustizia
Titolo: Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica
Riferimenti: AC N.1294/XIX AC N.439/XIX AC N.603/XIX AC N.1245/XIX
Serie: Progetti di legge   Numero: 158
Data: 05/09/2023
Organi della Camera: II Giustizia

 

 

 

 

5 settembre 2023

 

 

 

 

 

Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica

 

 

A.C. 439, A.C. 603, A.C. 1245 e A.C. 1294

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Dossier n. 123

 

 

 

 

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Progetti di legge n. 158

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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gi0032

 


INDICE

 

 

Premessa. 6

Ammonimento, prevenzione e informazione. 14

Misure di prevenzione. 19

Formazione dei ruoli di udienza e trattazione dei processi 23

Trattazione spedita degli affari in materia di violenza di genere e di violenza domestica. 25

Attribuzioni del Procuratore della Repubblica. 28

Termini per la valutazione delle esigenze cautelari 30

Rilevazione dei termini 32

Ordini di protezione contro gli abusi familiari 33

Arresto in flagranza differita. 36

Misure cautelari e braccialetto elettronico. 39

Misure cautelari coercitive. 44

Conversione dell'arresto in flagranza o del fermo in una misura coercitiva. 47

Informazioni alla persona offesa dal reato. 49

Comunicazione dei provvedimenti di estinzione, revoca o sostituzione delle misure coercitive. 51

Sospensione condizionale della pena. 53

Provvisionale. 57

Fermo di indiziato di delitto. 62

Formazione del personale. 64

Prevenzione e sensibilizzazione con particolare riferimento all’ambito scolastico. 66

Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti 67

Tutela delle vittime in relazione all’accesso ai dati anagrafici 69

Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni 71

Ulteriori modifiche al codice di procedura penale, al codice penale e all’ordinamento penitenziario (C. 603) 72

Clausola finanziaria. 76

 


Schede di lettura


 

Nota di lettura del dossier

 

Il presente dossier esamina tre proposte di legge di iniziativa parlamentare e un disegno di legge governativo riguardanti misure per la prevenzione e il contrasto della violenza sulle donne (o di genere), della violenza domestica e sui minori: A.C. 439 Bonetti, A.C. 603 Ascari, A.C. 1245 Ferrari, A.C. 1294 Governo.

I provvedimenti, pur con qualche rilevante differenza, contengono argomenti per lo più sovrapponibili. Pertanto, per praticità espositiva, il dossier è suddiviso per schede tematiche riguardanti i diversi argomenti affrontati dai quattro provvedimenti esaminati. L’ordine con cui tali argomenti sono esaminati è, in via principale, quello con cui essi sono affrontati dalla proposta C. 1294 Governo. Successivamente, sono analizzati gli argomenti in comune tra più provvedimenti diversi da quello governativo, e infine sono trattati quelli recati da una soltanto delle tre proposte di legge.

 

 

A.C. 439

A.C. 603

A.C. 1245

A.C. 1294

Titolo:

Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni per la prevenzione e il contrasto della violenza nei confronti delle donne e della violenza domestica

Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni per la prevenzione e il contrasto della violenza di genere e della violenza sui minori

Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni per il contrasto della violenza domestica e di genere

Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica

Iniziativa:

Parlamentare

Parlamentare

Parlamentare

Governativa

Primo firmatario:

Bonetti

Ascari

Ferrari

Roccella

Iter al Senato:

No

No

No

No

Numero di articoli:

13

7

14

15

Date:

.

.

 

.

presentazione:

24 ottobre 2022

21 novembre 2022

23 giugno 2023

12 luglio2023

assegnazione:

10 gennaio 2023

24 gennaio 2023

11 agosto 2023

4 agosto 2023

Commissioni 

competenti:

II Giustizia

II Giustizia

II Giustizia

II Giustizia

Sede:

referente

referente

referente

referente

Pareri previsti:

I, V e XII

I, V, VII, XI e XII

I, V, VII, IX, X, XI, XII e XIV

I, V, IX, XII e XIV


 

Premessa

·       La normativa in materia di violenza sulle donne

 

L'evoluzione della normativa italiana in materia di violenza sulle donne prende le mosse dalla ratifica della Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (sottoscritta dall''Italia il 27 settembre  2012 e ratificata con la legge n. 77 del 2013); a seguito della ratifica, l'Italia ha compiuto una serie di interventi volti a istituire una strategia integrata per combattere la violenza nel solco tracciato dalla Convenzione. Il primo intervento in tal senso è stato operato dal decreto-legge n. 93 del 2013, adottato a pochi mesi di distanza dalla ratifica della Convenzione, che ha apportato rilevanti modifiche in ambito penale e processuale ed ha previsto l'adozione periodica di Piani d'azione contro la violenza di genere. Tuttavia, è da ricordare che anche in precedenza erano stati adottati provvedimenti che andavano in tale direzione, come il decreto-legge n. 11 del 2009, riguardante misure in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori.

Nella XVIII legislatura il Parlamento ha proseguito nell'adozione di misure volte a contrastare la violenza contro le donne, perseguendo in via principale gli obiettivi di prevenzione dei reati e di protezione delle vittime e prevedendo parallelamente un inasprimento delle pene per la commissione dei c.d. reati di genere.

La legge n. 69 del 2019, nota come "codice rosso", ha trasposto nell'ordinamento italiano i principi ispiratori della Convenzione di Istanbul (sottoscritta dall''Italia il 27 settembre  2012), introducendo  misure di carattere penale e processuale volte alla prevenzione dei reati di violenza di genere, alla protezione delle vittime e alla punizione dei colpevoli.

Oltre a prevedere l'attivazione di una specifica procedura per tali reati, al fine di velocizzare l'instaurazione del relativo procedimento penale, la legge ha introdotto alcuni nuovi reati (deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate - c.d. "revenge porn", costrizione o induzione al matrimonio, violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa) e ha inasprito le pene di reati già esistenti (maltrattamenti contro familiari e conviventi, atti persecutori, violenza sessuale in danno di minori, aggravante per atti  sessuali con minori di anni 14 in cambio di denaro o di qualsiasi altra utilità, estensione dell'ambito di applicazione dell'omicidio aggravato dalle relazioni personali).

Si ricorda, inoltre, che anche la legge di riforma del processo penale (legge n. 134 del 2021) ha previsto un'estensione delle tutele per le vittime di violenza domestica e di genere, mentre la legge n. 53 del 2022 ha potenziato la raccolta di dati statistici sulla violenza di genere attraverso un maggiore coordinamento di tutti i soggetti coinvolti.

Nella legislatura corrente, è stata approvata la legge n. 12 del 2023, che ha previsto l'istituzione di una Commissione bicamerale d'inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere.

Per ulteriori approfondimenti sulla legislazione in materia si rinvia al tema web dedicato.

 

·       Dati statistici

 

Dai dati statistici pubblicati con cadenza periodica dal Dipartimento della Pubblica sicurezza del Ministero dell'interno emerge chiaramente come le vittime dei reati introdotti con la legge n. 69 del 2019 (v. supra) siano in prevalenza donne, tanto da essere definiti reati spia della violenza di genere. I reati monitorati sono in particolare gli atti persecutori (art. 612-bis c.p.), i maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.) e le violenze sessuali (artt. 609-bis, 609-ter e 609-octies c.p.).

L'analisi al momento più completa è quella contenuta nella pubblicazione Donne vittime di violenza dell'8 marzo 2023, mentre i dati più aggiornati sono quelli pubblicati settimanalmente dal Ministero dell’Interno (Scheda aggiornata al 28 agosto 2023).

 I dati messi a confronto dalla prima pubblicazione sono quelli relativi al quadriennio 2019-2022, dai quali si rileva un tendenziale incremento per tutte le fattispecie in esame fino all'anno 2021 e una flessione per gli atti persecutori ed i maltrattamenti nell'anno 2022, a fronte di un ulteriore aumento per le violenze sessuali perpetrate nello stesso anno. L'incidenza delle vittime di sesso femminile sul totale delle vittime si mantiene pressoché costante, attestandosi intorno al 74% per gli atti persecutori, mentre presenta valori oscillanti tra l'81 e l'83% per i maltrattamenti contro familiari e conviventi e tra il 91 e il 93% per le violenze sessuali.


 

Il report contiene anche una dettagliata indagine circa la diffusione geografica di tali reati (le regioni in cui si registra l'incidenza maggiore di atti persecutori e maltrattamenti sono Campania e Sicilia, mentre per le violenze sessuali l'incidenza maggiore si  registra  in Emilia Romagna e Liguria), l'età delle vittime (che sono maggiorenni nella quasi totalità dei casi di atti persecutori e maltrattamenti ma solo nel 71% dei casi per le violenze sessuali) e la loro nazionalità (italiane rispettivamente nel 76% dei casi di maltrattamenti e nel 79% dei casi di violenza sessuale, con un picco dell'88% per gli atti persecutori).

Per quanto riguarda le fattispecie introdotte dalla legge n. 69, la situazione si presenta invece più variegata. L'incidenza delle vittime di sesso femminile sul totale rimane preponderante per i reati di costrizione o induzione al matrimonio (ma con un'oscillazione molto forte dal 57% del 2020 al 96% del 2021), diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (scesa da un picco dell'83% del 2019 al 65% del 2022) e violazione dei  provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento (sempre oltre l'80%, ad eccezione del 79% del 2020), mentre è minoritaria per il delitto di deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (in cui non ha mai superato il 38%, con un minimo del 19% nel 2020).

 

 

Per quanto riguarda gli omicidi di donne, dall'analisi dei dati si evidenzia che nell'ultimo triennio il numero delle donne vittime di omicidio volontario è costantemente  aumentato,  pur mostrando un trend di crescita minore rispetto a quello che registra il dato generale degli omicidi volontari (con l'effetto di una diminuzione dell'incidenza delle vittime di sesso femminile nel 2021 e nel 2022 rispetto al 2020, malgrado l'aumento in termini assoluti dai 118 eventi del 2020 ai 125 del 2022, pari a quasi il 6% in più).

 

 

Esaminando più in dettaglio i dati degli omicidi commessi in ambito familiare/affettivo, si rileva che gli stessi sono rimasti pressoché stabili in termini assoluti (101 omicidi nel  2020, 102 nel 2021 e 103 nel 2022); tuttavia l'incidenza delle donne vittime (ovvero i c.d. "femminicidi") ha subito un marcato aumento nell'ultimo anno del triennio, a fronte di una sensibile diminuzione del numero generale delle vittime di tale tipologia di omicidi (arrivando a rappresentare il 73% del totale delle vittime nel 2022).


 

In particolare, nella sottocategoria degli omicidi commessi da partner o ex partner, il dato che viene alla luce è quello dell'assoluta preponderanza delle vittime di sesso femminile, con percentuali ben oltre il 90% nel 2020 e nel 2022; nel 2021, anno in cui maggiore è stato il numero di donne vittime (69), l'incidenza si è invece attestata all'88%.

 

Per quanto riguarda i dati relativi all’anno 2023, la citata pubblicazione del 28 agosto evidenzia che relativamente al periodo 1 gennaio – 27 agosto 2023 sono stati registrati 216 omicidi, con 76 vittime donne, di cui 61 uccise in ambito familiare/affettivo. Di queste, 38 hanno trovato la morte per mano del partner/ex partner.

Analizzando gli omicidi del periodo sopra indicato rispetto a quello analogo dello scorso anno, si registra un incremento del numero degli eventi, che da 210 arrivano a 216 (+3%), mentre diminuisce il numero delle vittime di genere femminile, che da 80 diventano 76 (?5%).

Per quanto attiene ai delitti commessi in ambito familiare/affettivo si evidenzia un aumento nell’andamento generale degli eventi, che passano da 94 a 95 (+1%), mentre fa registrare un decremento il numero delle vittime di genere femminile, che da 70 scendono a 61 (?13%).

In flessione, rispetto allo stesso periodo del 2022, anche il numero degli omicidi commessi dal partner o ex partner, che da 45 diventano 42 (?7%), e quello delle relative vittime donne, le quali da 42 passano a 38 (?10%).

 

Inoltre, per quanto riguarda dati statistici sul sistema della protezione per le donne vittime di violenza si veda il rapporto dell’ISTAT del 7 agosto 2023 (riferito agli anni 2021 e 2022), riguardante indagini condotte sulle prestazioni ed erogazioni dei servizi offerti dai Centri antiviolenza, rilevazione sulle Case rifugio, rilevazione statistica sull’Utenza dei Centri antiviolenza, nonché la diffusione dei dati del numero di pubblica utilità (1522) contro la violenza e lo stalking.

 

 

 

 

·       Il Piano di azione contro la violenza di genere (e le risorse per la sua attuazione)

 

In attuazione dell'art. 5 del citato decreto-legge n. 93 del 2013, il Governo adotta piani straordinari per contrastare la violenza contro le donne. La disciplina del Piano è stata in parte recentemente modificata dall'art. 1, comma 149, della legge di bilancio 2022 (legge n. 234/2021), che ne ha innanzitutto mutato la denominazione da Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere a Piano strategico nazionale contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica; il Piano perde quindi la qualifica di "straordinario" per diventare uno strumento "strategico" nel contrasto alla violenza sulle donne.

Ulteriori modifiche apportate dalla legge di bilancio riguardano:

- l'elaborazione del Piano da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri o dell'Autorità politica delegata per le pari opportunità (non più dal Ministro per le pari opportunità), con cadenza almeno triennale (non più biennale) e previo parere (anziché previa intesa) in sede di Conferenza unificata;

- l'istituzione di una Cabina di regia interistituzionale e di un Osservatorio sul fenomeno della violenza nei confronti delle donne e sulla violenza domestica presso il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri;

- la soppressione dell'obbligo di trasmissione annuale alle Camere di una relazione sull'attuazione del Piano da parte del Ministro delegato per le pari opportunità.

 

Dopo l'emanazione nel 2015 del primo Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere e del Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020, è stato recentemente adottato il terzo Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne per il biennio 2021-2023.

Il Piano 2021-2023 ripropone la struttura del Piano precedente, con un'articolazione in 4 assi tematici (prevenzione, protezione e sostegno, perseguire e punire, assistenza e promozione) secondo le linee indicate dalla Convenzione di Istanbul, a ciascuna delle quali si ricollegano specifiche priorità.

 

Quanto alla prevenzione, le priorità sono: l'aumento del livello di consapevolezza nella pubblica opinione e nel sistema educativo e formativo sulle cause e le conseguenze della violenza maschile sulle donne; il coinvolgimento del settore privato (social, piattaforme, mass media) sul ruolo di stereotipi e sessismo, anche in relazione alla cyberviolenza e alla diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti; la promozione dell'empowerment femminile; l'attivazione di azioni di emersione e contrasto della violenza contro donne vittime di discriminazione multipla; il rafforzamento per la prevenzione della recidiva per uomini autori di violenza; la formazione delle figure professionali che, a vario titolo, interagiscono con le donne vittime e con i minori nel percorso di prevenzione, sostegno e reinserimento; il raccordo delle misure normative anche nell'ambito della prevenzione della vittimizzazione secondaria.

Sul versante della protezione e del sostegno alle vittime, la priorità sono: la presa in carico delle donne vittime di violenza e dei minori vittime di violenza assistita; l'attivazione di percorsi di empowerment economico finanziario, lavorativo e autonomia abitativa; il monitoraggio ed il miglioramento dell'efficacia dei "Percorsi rivolti alle donne che subiscono violenza" attivi presso le aziende sanitarie e ospedaliere; il potenziamento della Linea telefonica nazionale gratuita antiviolenza 1522; la tutela e il sostegno psicosociale delle/dei minori vittime di violenza assistita; l'implementazione di soluzioni operative per garantire l'accesso ai servizi di prevenzione, sostegno e reinserimento, in particolare per le donne vittime di discriminazione multipla (migranti, richiedenti asilo e rifugiate).

Riguardo all'asse perseguire e punire, le priorità sono: garantire procedure e strumenti per la tutela delle donne vittime di violenza che consentano una efficace e rapida valutazione e gestione del rischio di letalità, di reiterazione e di recidiva; definire un modello condiviso di approccio, gestione e valutazione del rischio all'interno del reparto sicurezza; migliorare l'efficacia dei procedimenti giudiziari nell'applicazione di misure cautelari e della sospensione condizionale della pena; definire linee guida per l'analisi ed il monitoraggio qualitativo e quantitativo degli interventi svolti nell'ambito dei programmi per uomini maltrattanti.

Infine, nel campo dell' assistenza e della promozione, le priorità sono: l'implementazione del sistema informativo integrato per la raccolta e l'analisi dei dati sul fenomeno; l'implementazione di un sistema di monitoraggio e valutazione a livello nazionale degli interventi, delle politiche, delle attività e delle risorse; la predisposizione di linee guida, in accordo con le regioni, per uniformare a livello nazionale gli standard qualitativi e quantitativi dei servizi erogati dai centri antiviolenza, dalle reti territoriali e dal sistema socio sanitario; la costruzione di luoghi stabili di confronto e programmazione per gli organismi politici, le istituzioni e le strutture amministrative; la comunicazione e degli strumenti normativi e degli interventi operativi in sostegno alle donne vittime di violenza maschile.

 

Per quanto riguarda le risorse finanziarie a sostegno degli interventi previsti dal Piano, l'ultima legge di bilancio (legge n. 197 del 2022) ha previsto un incremento di 15 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2023 delle risorse del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, finalizzato proprio al potenziamento delle azioni previste dal Piano strategico nazionale contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (art. 1, comma 338).

Le risorse del Fondo per le pari opportunità sono appostate - unitamente agli altri eventuali ulteriori interventi a carico del Fondo - nel cap. 2108 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (MEF), per essere successivamente trasferite al bilancio della Presidenza del Consiglio, dove il cap. 496 contiene le somme da destinare al Piano contro la violenza alle donne.

  Nel bilancio di previsione 2023 della Presidenza del Consiglio il cap. 496 reca uno stanziamento di 46 milioni di euro.

 

Nella nota preliminare di accompagnamento del bilancio 2023 della Presidenza del Consiglio dei ministri si legge che le risorse disponibili per l'anno in corso (euro 46.000.000) saranno destinate a:

- iniziative connesse all'attuazione del Piano strategico nazionale contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica 2021-2023;

- azioni di sistema per la prevenzione e il contrasto della violenza e la protezione delle vittime;

- ripartizione a favore delle Regioni delle risorse del "Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità", annualità 2023, di cui all'articolo 5-bis, comma 1, del decreto-legge n. 93 del 2013 (v. infra);

- istituzione e potenziamento dei centri per uomini autori di violenza (in attuazione dell'art. 26- bis del d.l. n. 104/2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 126/2020);

- iniziative di comunicazione e sensibilizzazione per la prevenzione della violenza maschile sulle donne;

- potenziamento del monitoraggio delle politiche e dei progetti in materia di prevenzione e contrasto della violenza maschile sulle donne.

 

Inoltre, l'articolo 5-bis del decreto-legge n. 93 del 2013 prevede che annualmente le risorse del Fondo per le pari opportunità siano ripartite alle Regioni al fine di finanziare le forme di assistenza e di sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli, attraverso modalità omogenee di rafforzamento della rete dei servizi territoriali, dei Centri antiviolenza e dei servizi di assistenza (Case rifugio) alle donne vittime di violenza.

 

Ulteriori stanziamenti effettuati dalla legge di bilancio 2023 per interventi riconducibili al contrasto alla violenza di genere riguardano:

- l'incremento di 4 milioni di euro per il 2023 e di 6 milioni di euro a decorrere dal 2024 del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, da destinare, nell'ambito del contrasto della violenza di genere, alle azioni per i centri antiviolenza e le case rifugio (art. 1, comma 340);

- l'incremento di 1.850.000 euro per il 2023 del medesimo Fondo da destinare al Fondo per il reddito di libertà per le donne vittime di violenza (art. 1, comma 341).


 

Ammonimento, prevenzione e informazione

 

L'articolo 3 del decreto-legge femminicidio (d.l. n. 93 del 2013) ha introdotto specifiche misure di prevenzione per condotte di violenza domestica. In particolare il comma 1 dell'articolo 3 prevede che nei casi in cui alle forze dell’ordine sia segnalato – in forma non anonima- un fatto che debba ritenersi riconducibile all'art. 582, secondo comma, c.p. (lesioni personali punibili a querela della persona offesa) – ovvero all’art. 581 (percosse, anch’esse punibili a querela), consumato o tentato, nell'ambito di violenza domestica, il questore, anche in assenza di querela, possa procedere, assunte le informazioni necessarie da parte degli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, all'ammonimento dell'autore del fatto. Ai fini dell’applicazione della norma sull’ammonimento, sempre il comma 1 specifica che per “violenza domestica” si intendono gli atti non episodici di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o persone legate da relazione affettiva in corso o pregressa, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima.

 

C. 439, C. 1245 e C. 1294

 

Le proposte di legge in commento ampliano l’ambito di applicazione della disciplina dell'ammonimento del questore sia d’ufficio che su richiesta della persona offesa. Esse ampliano inoltre l’ambito oggettivo di applicazione degli obblighi informativi alle vittime di violenza da parte delle forze dell'ordine, dei presidi sanitari e delle istituzioni pubbliche.

Più nel dettaglio, i progetti di legge in esame, all’articolo 1, comma 1, modificano il citato articolo 3 del decreto-legge n. 93 del 2013.

 

La lett. a) del comma 1 del disegno di legge C. 1294 estende l'applicabilità della misura di prevenzione dell'ammonimento del questore anche ai casi in cui vengano in rilievo fatti riconducibili ai reati - consumati o tentati - di violenza privata (art. 610 c.p.), di minaccia aggravata (art. 612, secondo comma, c.p.), di atti persecutori (art. 612-bis c.p.), di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, il c.d. revenge porn (art. 612-ter c.p.) di violazione di domicilio (art. 614 c.p.) e di danneggiamento (art. 635 c.p.). La disposizione in esame interviene inoltre sulla definizione di violenza domestica inserendovi anche la cosiddetta violenza assistita ovvero la violenza commessa alla presenza di soggetti minori di età. La commissione degli atti in presenza di minorenni diventa quindi un ulteriore, autonomo elemento idoneo ad integrare il requisito della violenza domestica.

Disposizioni in gran parte analoghe sono recate dagli artt. 1, comma 1, lett. a delle altre due proposte di legge in commento.

In particolare, le predette proposte si differenziano dal testo del Governo in quanto non fanno riferimento ai reati di atti persecutori (art. 612-bis c.p.) e di revenge porn (art. 612-ter c.p.).

 

Al riguardo occorre ricordare che per il reato di stalking l’ammonimento è già previsto ai sensi dell’art. 8 del dl 11 del 2009 (vedi infra). A differenza dell’art. 3 del dl. 93, però la richiesta dell’ammonimento al questore deve essere formulata dalla parte offesa “fino a quando non è stata presentata la querela”. Con l’intervento legislativo in esame, in relazione allo stesso reato di atti persecutori il questore potrebbe procedere “d’ufficio” all’ammonimento dello stalker nel caso in cui il reato sia riconducibile ad un contesto di violenza domestica, ovvero dover attendere la denuncia della parte offesa in tutti gli altri casi.

 

Con riguardo agli introducendi reati appare opportuno segnalare peraltro come alcuni, laddove ricorrano determinate circostanze, siano procedibili d’ufficio. In questi casi è evidente che il questore non possa limitarsi ad applicare la misura dell’ammonimento, ma sia tenuto anche a comunicare la notitia criminis.

 

Gli artt. 1, comma 1, lett. b) dei tre progetti di legge in commento modificano poi il comma 5 dell'articolo 3 del DL n. 93 del 2013, estendendone l'ambito di applicazione anche ai casi di violenza privata (610 c.p.), minacce aggravate (art. 612, secondo comma, c.p.), violazione di domicilio (art. 614 c.p.) e danneggiamento (art.635 c.p.), nonché del reato di tentato omicidio (art. 56 e 575 c.p.), nonché - ma soltanto le proposte di legge 439 e 1245, non anche il testo del Governo – del reato di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (art. 583-quinquies c.p.).

 

Il comma 5 dell'articolo 3 prevede che le misure a sostegno delle vittime di atti persecutori siano applicate anche nei casi di percosse o lesioni personali nell’ambito di violenza domestica. Tali misure - sottolinea la relazione illustrativa - consistono nell’obbligo - da parte delle forze dell'ordine, dei presidi sanitari e delle istituzioni pubbliche che ricevono dalla vittima notizia dei reati considerati – di informare la medesima vittima sui centri antiviolenza presenti sul territorio e, in particolare, nella zona di residenza della stessa nonché metterla in contatto con i centri antiviolenza, ove essa ne faccia espressamente richiesta.

 

Gli artt. 1, comma 1, lett. c), dei tre progetti di legge in commento aggiungono, poi, ulteriori commi all'articolo 3 del citato decreto-legge femminicidio.

In particolare, il disegno di legge C. 1294 aggiunge un comma (5-ter) volto a prevedere che la misura di prevenzione in esame può essere revocata su istanza dell’ammonito non prima che siano decorsi tre anni dalla sua emissione, valutata la partecipazione del soggetto ad appositi percorsi di recupero e tenuto conto dei relativi esiti.

 

Tutte le proposte di legge prevedono l’aggiunta di un comma (5-quater nel disegno di legge C. 1294, 5-ter nelle altre due proposte) volto a prevedere un aumento di pena (fino a 1/3) per i reati di cui agli articoli 581 (percosse), 582 (lesioni personali), 610 (violenza privata), 612, secondo comma, (minaccia grave), 614 (violazione di domicilio) e 635 (danneggiamento) c.p. se il fatto è commesso, nell’ambito di violenza domestica, da soggetto già ammonito.

Il solo disegno di legge del Governo fa inoltre riferimento ai reati di cui agli artt. 612-bis (atti persecutori) e 612-ter (diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, cd. “revenge porn”), non menzionati nelle altre due proposte, mentre le sole proposte 439 e 1245 fanno inoltre riferimento al reato di cui all’art. 583-quinquies (deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso), non menzionato nel testo del Governo.

Il disegno di legge del Governo, inoltre, precisa espressamente che la norma si applica anche se la persona offesa è diversa da quella per la cui tutela è stato adottato l’ammonimento.

 

Tutte le proposte di legge prevedono altresì l’aggiunta di un comma (5-quinquies nel disegno di legge C. 1294, 5-quater nelle altre due proposte) volto a prevedere la procedibilità d’ufficio per i reati suscettibili di ammonimento ordinariamente procedibili a querela qualora commessi – nell’ambito di violenza domestica - da soggetto già ammonito. Sono richiamati nello specifico da tutte le proposte in commento i delitti di percosse (art. 581 c.p.), violenza privata (art. 610 c.p.), minaccia grave (art. 612, secondo comma, prima ipotesi[1], c.p.).

La proposta del Governo richiama, inoltre, il delitto di lesioni personali semplici (art. 582, primo comma, c.p.), mentre le altre due proposte richiamano il medesimo delitto ma limitatamente alla fattispecie aggravata di cui al secondo comma dell’art. 582.

 

Si osserva al riguardo che il reato di lesioni personali aggravate di cui al secondo comma dell’art. 582. c.p. è già procedibile d’ufficio in virtù delle modifiche apportate all’articolo dal d.lgs. n. 150/2022.

 

La sola proposta del Governo richiama i delitti di atti persecutori (art. 612-bis c.p.) e di c.d. revenge porn (art. 612-ter c.p.).

Tutte le proposte richiamano il delitto di violazione di domicilio (art. 614 c.p.)[2].

Il disegno di legge del Governo richiama, infine, il delitto di danneggiamento (art. 635 c.p.).

 

Il disegno di legge del Governo, anche in questo caso, precisa espressamente che la norma si applica anche se la persona offesa è diversa da quella per la cui tutela è stato adottato l’ammonimento.

 

Il comma 2 dell'articolo 1 del disegno di legge del Governo modifica il decreto-legge n. 11 del 2009.

 

L’articolo 8 del decreto-legge n. 11 del 2009 stabilisce che, fino a quando non è proposta querela per il reato di atti persecutori, la persona offesa può esporre i fatti all'autorità di pubblica sicurezza avanzando richiesta al questore di ammonimento nei confronti dell'autore della condotta. La richiesta è trasmessa senza ritardo al questore (comma 1).

 

Il questore, assunte, se necessario, informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, ove ritenga fondata l'istanza, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo processo verbale. Copia del processo verbale è rilasciata al richiedente l'ammonimento e al soggetto ammonito. Il questore è tenuto ad adottare i provvedimenti in materia di armi e munizioni (l’obbligo di adozione, in luogo della discrezionalità valutativa del questore originariamente prevista dal decreto-legge 11/2009, è stato introdotto dall’art. 1, comma 4, del decreto-legge in conversione) (comma 2). La pena per il delitto di atti persecutori è aumentata se il fatto è commesso da soggetto già ammonito ai sensi del presente articolo (comma 3). Si procede d'ufficio per il delitto di atti persecutori quando il fatto è commesso da soggetto ammonito ai sensi del presente articolo (comma 4).

 

L’articolo 1, comma 2, del disegno di legge del Governo estende l'ambito di applicazione dell'istituto dell'ammonimento di cui all'articolo 8, attualmente previsto per i fatti riconducibili al reato di atti persecutori (art. 612-bis c.p.), anche ai casi in cui i fatti riferiti siano riconducibili alla violenza sessuale (art. 609-bis c.p) e al c.d. revenge porn (art. 612-ter c.p.). Intervenendo sui commi 3 e 4 sempre dell'articolo 8 del decreto legge n. 11 del 2009 si prevede, da un lato, un aumento della pena per i medesimi reati quando il fatto è commesso da soggetto già ammonito, anche se la persona offesa è diversa da quella per la cui tutela è stato già adottato l’ammonimento e, dall'altro, la procedibilità d'ufficio per gli stessi reati quando il fatto è commesso da soggetto ammonito, anche se la persona offesa è diversa da quella per la cui tutela è stato già adottato l’ammonimento.

Inoltre, tale disegno di legge modifica il comma 1 dell’articolo 11 del DL 11/2009, il quale prevede l’obbligo per le forze dell'ordine, i presidi sanitari e le istituzioni pubbliche di fornire informazioni alle vittime di una serie di reati sui centri antiviolenza presenti sul territorio provvedendo a metterle in contatto con gli stessi. Il disegno di legge amplia l’ambito oggettivo di applicazione estendendolo anche ai reati di: tentato omicidio (art. 575); deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (art. 583-quinquies); nonché di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (art. 612-ter).

 

Si valuti l’opportunità di modificare anche la rubrica dell’articolo 11, che attualmente richiama le sole vittime di atti persecutori.

 

L’articolo 1, comma 2, della proposta C. 439 reca modifiche analoghe al medesimo articolo 8 del DL 11/2009.

In particolare, l’estensione dell’ammonimento, l’aumento della pena e la procedibilità d’ufficio è prevista, laddove il fatto sia commesso da soggetto ammonito, al solo reato di violenza sessuale (art. 609-bis c.p.).

Non è prevista l’introduzione, contenuta nel testo del Governo, della specificazione per cui le norme si applicano anche se la persona offesa è diversa da quella per la cui tutela è stato già adottato l’ammonimento.


 


Misure di prevenzione

 

Con riguardo ai reati di violenza di genere e domestica, il decreto legislativo n. 159 del 2011 (Codice antimafia) prevede che possono essere applicate misure di prevenzione personali ai soggetti indiziati di stalking (art. 612-bis c.p.) e di maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.)[3].

 

Le misure di prevenzione sono misure special-preventive, considerate tradizionalmente di natura formalmente amministrativa, dirette ad evitare la commissione di reati da parte di determinate categorie di soggetti ritenuti socialmente pericolosi. Vengono, quindi, applicate indipendentemente dalla commissione di un precedente reato, onde la denominazione di misure ante delictum o praeter delictum. La normativa vigente contempla un insieme di misure di prevenzione a carattere amministrativo e giurisdizionale. La sorveglianza speciale costituisce la principale misura di prevenzione a carattere personale e di natura giurisdizionale. Ai sensi dell'articolo 6 del Codice antimafia tale misura può essere applicata alle persone indicate all'articolo 4 del Codice antimafia, quando siano pericolose per la pubblica sicurezza.

 

Le proposte di legge C. 439, C. 1245 e C. 1294 apportano alcune modifiche al codice antimafia in materia di misure di prevenzione, estendendo l’applicabilità di tali strumenti.

 

C. 439, C. 1245 e C. 1294

 

L’articolo 2 del disegno di legge del Governo apporta alcune modifiche al Codice antimafia, da un lato, estendendo l'applicabilità, da parte dell’Autorità giudiziaria, delle misure di prevenzione personali ai soggetti indiziati di alcuni gravi reati che ricorrono nell’ambito dei fenomeni della violenza di genere e della violenza domestica e, dall'altro, intervenendo sulla misura della sorveglianza speciale.

 

In particolare, il comma 1, lettere a) e b), interviene sugli articoli 4 e 6 del predetto Codice.

 

Più nel dettaglio il comma 1, lettera a), modifica il comma 1, lettera i-ter, dell'articolo 4 del citato d.lgs. n. 159 del 2011 (Codice antimafia) estendendo l'applicabilità da parte dell’Autorità giudiziaria, delle misure di prevenzione personali ai soggetti indiziati dei reati – consumati o tentati - di omicidio (art.575 c.p.), lesioni gravi (art. 583 laddove aggravate dal legame familiare o affettivo ex art. 577, primo comma, n. 1) e secondo comma, c.p.), deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (art. 583-quinquies c.p.), violenza sessuale (art. 609-bis c.p.).

 

Anche le proposte di legge C. 439 (art. 4, c. 1, lett. a) e C.1245 (art. 7, c. 1, lett a) intervengono sull’art. 4, comma 1, lettera i-ter) del Codice delle leggi antimafia.

Esse, che recano un testo tra loro identico, differiscono dal testo del Governo, in quanto:

·         non viene richiamato, tra i reati di cui devono essere indiziati i soggetti destinatari delle misure di prevenzione, il delitto di lesioni gravi;

·         viene nel contempo introdotto, quale presupposto per l’applicazione delle misure di prevenzione, l’essere già stati ammoniti ex art. 3 DL 93/2013 ed essere nel contempo indiziati dei reati, commessi nell’ambito di violenza domestica, di percosse (art. 581 c.p.), lesione personale (art. 582 c.p.), violenza privata (art. 610 c.p.), minaccia aggravata (art. 612, secondo comma, c.p.), violazione di domicilio (art. 614 c.p.), danneggiamento (art. 635 c.p.).

 

Il comma 1, lett. b), n. 1) del disegno di legge del Governo, novellando l’articolo 6, comma 3-bis, del Codice antimafia, prevede che l’applicazione ai sorvegliati speciali, previo il loro consenso, del cd. braccialetto elettronico (o altro strumento tecnico) ex art. 275-bis c.p.p., richieda la verifica di fattibilità tecnica, in luogo della verifica, prevista dal testo vigente, circa la disponibilità dei dispositivi.   

 

L’art. 275-bis c.p.p. prevede la possibilità per il giudice che ritenga di applicare la misura degli arresti domiciliari (fin da subito o in sostituzione della custodia in carcere ex art. 299), di "prescrivere" procedure di controllo mediante l'utilizzo di «mezzi elettronici o altri strumenti tecnici» nella disponibilità della polizia giudiziaria. Si tratta del c.d. braccialetto elettronico. L'imputato accetta i mezzi e gli strumenti di controllo ovvero nega il consenso all'applicazione di essi, con dichiarazione espressa resa all'ufficiale o all'agente incaricato di eseguire l'ordinanza che ha disposto la misura. La dichiarazione è trasmessa al giudice che ha emesso l'ordinanza ed al pubblico ministero, insieme con il verbale previsto dall'articolo 293, comma 1 (il verbale che l’ufficiale o agente di PG deve notificare all’interessato al momento dell’esecuzione della misura e che lo informa dei suoi diritti). L'imputato che ha accettato l'applicazione su di sé dei citati strumenti di controllo è tenuto ad agevolare le procedure di installazione e ad osservare le altre prescrizioni impostegli.

Con riguardo agli aspetti tecnici inerenti alle modalità di installazione e funzionamento, si veda il decreto del Ministro dell'interno 2 febbraio 2001 (GU n. 38 del 2001).

 

Anche le proposte di legge C. 439 (art. 4, c. 1, lett. b) e C. 1245 (art. 7, c. 1, lett. b) intervengono sull’art. 6, comma 3-bis, del Codice delle leggi antimafia.

In particolare esse, che recano un identico testo, aggiungono al citato comma 3-bis un periodo volto a prevedere che nel caso di mancato consenso, da parte del destinatario della misura della sorveglianza speciale disposta ai sensi dell’art. 4, c. 1, lett. i-ter (v. supra), all’applicazione del dispositivo elettronico, alla misura sono aggiunte le prescrizioni di cui all’art. 8, c. 5, del Codice (divieto di soggiorno in uno o più comuni o regioni, divieto di avvicinarsi a determinati luoghi).

 

La lettera b), n. 2 del disegno di legge del Governo introduce un nuovo comma 3-ter al medesimo articolo 6 del Codice antimafia. Tale comma stabilisce che la misura della sorveglianza speciale nei confronti dei soggetti di cui all’articolo 4, comma 1, lettera i-ter), del Codice antimafia (vedi lett. a), sia applicata con le modalità di controllo previste all'articolo 275-bis c.p.p. (il braccialetto elettronico quindi).

Rimane ferma la necessità del consenso dell’interessato e la verifica della fattibilità tecnica. Qualora il consenso sia negato o si verifichi la manomissione dei mezzi elettronici e degli strumenti di controllo previsti dal più volte citato art. 275-bis:

§  la durata della misura di prevenzione non potrà essere inferiore a due anni;

§  il tribunale prescriverà all’interessato di presentarsi all’autorità di pubblica sicurezza nei giorni e negli orari indicati, per tutta la durata della sorveglianza speciale.

 

Inoltre, le lettere c) e d) del disegno di legge del Governo propongono novelle, rispettivamente, all’articolo 8, comma 5, e all’articolo 9, comma 2, del Codice antimafia, sempre in relazione alle misure nei confronti soggetti di cui all’articolo 4, comma 1, lettera i-ter) (vedi lettera a).

 

Nel testo vigente, l’articolo 8, comma 5, del Codice antimafia, prevede che il Tribunale, nel disporre la misura della sorveglianza, può imporre tutte le prescrizioni che ravvisi necessarie, avuto riguardo alle esigenze di difesa sociale, e, in particolare, il divieto di soggiorno in uno o più comuni o in una o più regioni, "ovvero, con riferimento ai soggetti di cui agli articoli 1, comma 1, lettera c), e 4, comma 1, lettera i-ter)”, il divieto di avvicinarsi a determinati luoghi, frequentati abitualmente dalle persone cui occorre prestare protezione o da minori".

Con la novella recata dalla lettera c), nei confronti dei soli citati soggetti di cui all’articolo 4, comma 1, lettera i-ter), il tribunale impone il divieto di avvicinarsi a determinati luoghi, frequentati abitualmente dalle persone cui occorre prestare protezione, e di mantenere una determinata distanza, non inferiore a cinquecento metri, da tali luoghi e da tali persone.

Il tribunale può disporre specifiche modalità e ulteriori limitazioni quando la frequentazione dei luoghi suddetti sia comunque necessaria per comprovate esigenze o per motivi di lavoro.

 

La novella recata dalla lettera d), come accennato, riguarda l’articolo 9, comma 2, del Codice antimafia, sui provvedimenti d’urgenza in materia di sorveglianza speciale con l'obbligo o il divieto di soggiorno. In particolare, il comma 2 prevede, per i casi di particolare gravità, il presidente del tribunale possa imporre provvisoriamente alla persona denunciata, in via provvisoria, l'obbligo o il divieto di soggiorno fino a quando non sia divenuta esecutiva la misura di prevenzione.

Integrando il contenuto del comma, la disposizione in esame prevede che il presidente del tribunale, quando la proposta della sorveglianza speciale riguardi i soggetti indiziati dei delitti di cui all’articolo 4, comma 1, lettera i-ter), possa disporre, con decreto, la temporanea applicazione del divieto di avvicinarsi alle persone cui occorre prestare protezione o a determinati luoghi da esse abitualmente frequentati e dell’obbligo di mantenere una determinata distanza, non inferiore a cinquecento metri, da tali luoghi e da tali persone, fino a quando non sia divenuta esecutiva la misura di prevenzione della sorveglianza speciale. Anche in tali casi, si prevede l’applicazione del controllo attraverso il cd. braccialetto elettronico ex articolo 275-bis c.p.p fermo restando il previo accertamento della relativa fattibilità tecnica.

Come già ricordato, per l’applicazione delle misure di controllo mediante mezzi elettronici occorre il consenso del destinatario della misura. Qualora tale consenso sia negato, il presidente del tribunale impone all’interessato, in via provvisoria, di presentarsi all'autorità di pubblica sicurezza preposta alla sorveglianza nei giorni e negli orari indicati, fino a quando non sia divenuta esecutiva la misura di prevenzione.

In analogia con quanto previsto dalla lettera c), il presidente tribunale può disporre specifiche modalità e ulteriori limitazioni quando la frequentazione dei luoghi suddetti sia comunque necessaria per comprovate esigenze o per motivi di lavoro.     

 

Quando i divieti e gli obblighi previsti dal suddetto comma 2 dell’articolo 9 del Codice non sono rispettati, il contravventore è punito con la reclusione da uno a cinque anni ed è consentito l’arresto anche fuori dai casi di flagranza. Lo dispone la lettera e) proponendo novella l’articolo 75-bis del Codice antimafia, rubricato “Violazione delle misure imposte con provvedimenti d'urgenza”.


 

Formazione dei ruoli di udienza e trattazione dei processi

 

C. 1294

 

L’articolo 3 della proposta governativa (C. 1294) assicura priorità assoluta nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione dei processi anche relativi ai reati di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa; di costrizione o induzione al matrimonio; di lesioni personali aggravate; di deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso; diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti e di stato di incapacità procurato mediante violenza laddove ricorrano le circostanze aggravanti ad effetto speciale, e quindi il colpevole ha agito con il fine di far commettere un reato, ovvero la persona resa incapace commette, in tale stato, un fatto previsto dalla legge come delitto.

 

La disposizione modifica la lett. a-bis) del comma 1 dell’articolo 132-bis delle disp.att. e trans. c.p.p. in materia di priorità nella formazione dei ruoli di udienza e di trattazione dei processi.

 

La lett. a-bis), nella sua formulazione vigente, riconosce priorità assoluta nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione ai processi relativi ai reati di maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.), stalking (art. 612-bis c.p.) violenza sessuale, atti sessuale con minorenne, corruzione di minorenne e violenza sessuale di gruppo (artt. da 609-bis a 609-octies c.p.).

 

Il disegno di legge riscrive la lett. a-bis) per assicurare priorità assoluta nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione anche ai processi relativi ai seguenti reati:

·       violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 387-bis c.p.);

·       costrizione o induzione al matrimonio (art. 558-bis c.p.);

·       lesioni personali aggravate (art. 582 aggravate ai sensi dell'art. 576, primo comma, nn. 2, 5 e 5.1 e ai sensi dell'art. 577, primo comma n. 1 e secondo comma, c.p.);

·       deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (art. 583-quinquies c.p.);

·       diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (art. 612-ter c.p.);

·       stato di incapacità procurato mediante violenza laddove ricorrano le circostanze aggravanti ad effetto speciale, e quindi il colpevole ha agito con il fine di far commettere un reato, ovvero la persona resa incapace commette, in tale stato, un fatto previsto dalla legge come delitto (art. 613, terzo comma, c.p.).

 

Si tratterebbe in quest’ultimo caso dell’unica fattispecie di reato presente nel nuovo elenco della lettera a-bis) non riconducibile direttamente alla violenza di genere e domestica.

 

Sul piano testuale si valuti l’opportunità di inserire nell’incipit della lettera il riferimento “ai processi relativi”.

 

 


 

Trattazione spedita degli affari in materia di violenza di genere e di violenza domestica

 

C. 1294

 

L’articolo 4 del ddl 1294 prevede che, con riguardo ai processi relativi ai delitti di violenza di genere e domestica, debba essere assicurata priorità anche alla richiesta di misura cautelare personale e alla decisione sulla stessa.

 

L’articolo 4, comma 1, prevede che nei casi indicati dall’articolo 132-bis, comma 1, lett. a-bis) – si tratta nella versione vigente dei processi relativi ai delitti di maltrattamenti (art. 572 c.p.), di violenza sessuale anche di gruppo, atti sessuali con minorenne, corruzione di minorenne (artt. 609-bis e ss. c.p.) e atti persecutori (art. 612-bis c.p.) - deve essere assicurata priorità anche alla richiesta di misura cautelare personale e alla decisione sulla stessa.

 

Si ricorda che con l’art. 3 del disegno di legge governativo la lettera a-bis viene integrata con ulteriori fattispecie di reato (v. supra).

 

Con l’art. 132-bis, disp. att. c.p.p. – introdotto con d.l. 24 novembre 2000 n. 341 (conv. con modifiche con la l. 19 gennaio 2001 n.4) e poi sostituito con il cd. “decreto sicurezza”, cioè il D.L. 23 maggio 2008, n. 92 (conv. con modifiche in L. 24 luglio 2008 n. 125) – è stata progressivamente assicurata (anche attraverso ulteriori e successive modifiche) nella «formazione dei ruoli di udienza» e nella «trattazione dei processi» la «priorità assoluta» ai seguenti processi (elencati nel co. 1), con dovere per i dirigenti degli uffici giudiziari di adottare i provvedimenti organizzativi necessari per assicurarne la conseguente rapida definizione (co.2).

L’originaria formulazione della norma prevedeva che: «1. Nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione dei processi è assicurata la priorità assoluta: a) ai processi relativi ai delitti di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice e ai delitti di criminalità organizzata, anche terroristica; b) ai processi relativi ai delitti commessi in violazione delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all'igiene sul lavoro e delle norme in materia di circolazione stradale, ai delitti di cui al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nonché ai delitti puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni; c) ai processi a carico di imputati detenuti, anche per reato diverso da quello per cui si procede; d) ai processi nei quali l'imputato è stato sottoposto ad arresto o a fermo di indiziato di delitto, ovvero a misura cautelare personale, anche revocata o la cui efficacia sia cessata; e) ai processi nei quali è contestata la recidiva, ai sensi dell'articolo 99, quarto comma, del codice penale; f) ai processi da celebrare con giudizio direttissimo e con giudizio immediato».

 Con successivi interventi sono state poi inserite nella norma le seguenti nuove previsioni in tema di priorità assoluta, sempre e solo per formazione dei ruoli d’udienza e trattazione dei processi da assicurarsi: «a-bis) ai delitti previsti dagli articoli 572 e da 609 bis a 609 octies e 612 bis del codice penale» (lettera inserita dall’art. 2 co. 2 del D.L. 14 agosto 2013 n. 93, conv. con modifiche nella L. 15 ottobre 2013, n. 119); 7 «a-ter) ai processi relativi ai delitti di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale verificatisi in presenza delle circostanze di cui agli articoli 52, secondo, terzo e quarto comma, e 55, secondo comma, del codice penale» (lettera inserita dall’art. 9 della l. 26 aprile 2019 n. 36); «f-bis) ai processi relativi ai delitti di cui agli articoli 317, 319, 319 ter, 319 quater, 320, 321 e 322 bis del codice penale» (lettera aggiunta dall’art. 1 co. 74 della l. 23 giugno 2017 n. 103, a decorrere dal 3 agosto 2017); «f-ter) ai processi nei quali vi sono beni sequestrati in funzione della confisca di cui all’art. 12 sexies del decreto legge 8 giugno 1992 n. 306 convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992 n. 356 e successive modificazioni» (lettera aggiunta dall’art. 30, co. 2, lett. c, della l. 17 ottobre 2017 n. 161).

 

Le misure cautelari sono provvedimenti provvisori e immediatamente esecutivi volti ad evitare che il trascorrere del tempo possa provocare un pericolo per l’accertamento del reato, per l’esecuzione della sentenza ovvero determinare l’aggravamento delle conseguenze del reato o l’agevolazione di altri reati (art. 272-325 c.p.p.). Possono essere adottate dall’autorità giudiziaria sia nel corso delle indagini preliminari, sia nella fase processuale, e limitano la libertà personale ovvero la disponibilità di beni. Le misure cautelari si suddividono in: misure cautelari personali e reali. Le misure cautelari personali si distinguono in coercitive e interdittive.

 

Occorre rammentare che l’art. 132-bis disp.att. c.p.p. al comma 1, lett. d) riconosce priorità assoluta anche ai processi nei quali l’imputato è stato sottoposto a misura cautelare personale.

 

Il comma 2 dell’articolo 4 del disegno di legge governativo, prevede che i dirigenti degli uffici giudicanti adottano i provvedimenti organizzativi necessari per assicurare la rapida definizione degli affari per i quali è prevista la trattazione prioritaria.

 

Occorre ricordare, sempre con riguardo al già illustrato articolo 132-bis disp.att.c.p.p., che con la delibera del 9 luglio 2014 il Consiglio è intervenuto in merito alla necessità di individuare criteri di priorità nella trattazione degli affari penali negli uffici, in considerazione della difficoltà di procedere, nello stesso modo e secondo gli stessi tempi, alla trattazione di tutti gli affari pendenti. Il CSM ha quindi affermato che l’individuazione di priorità, ulteriori rispetto a quelle legali, dovesse transitare attraverso atti di indirizzo rimessi alla responsabilità del capo dell’ufficio da emanarsi in occasione della formazione delle tabelle di organizzazione dell’ufficio e delle tabelle infradistrettuali, a cadenza triennale, ed annualmente rinnovati all’atto della predisposizione annuale del programma di gestione dei procedimenti penali.

Successivamente il CSM, con delibera 22 dicembre 2021, in risposta ad un quesito, ha affermato che l’adozione da parte dei dirigenti degli uffici requirenti di criteri di priorità può avere ad oggetto l’individuazione delle tipologie di procedimenti a trattazione anticipata o postergata e può fornire ai singoli sostituti indicazioni generali sull’applicazione degli istituti deflattivi. In tali casi, si tratta di direttive di riferimento per i magistrati dell’ufficio, fatta salva la possibilità per ciascun sostituto di valutare eventuali deroghe a tali linee di indirizzo in ragione della peculiarità del caso concreto, previa interlocuzione con il Procuratore. Per la residua parte varranno come criteri generali di orientamento. A loro volta, i protocolli fra uffici giudicanti e requirenti in materia – in attuazione del principio di condivisione e necessaria interlocuzione fra uffici - possono avere ad oggetto la gradazione temporale dell’ordine di trattazione dei procedimenti e le soluzioni organizzative funzionali alla celere ed efficiente definizione dei procedimenti. Infine, non possono essere oggetto dei provvedimenti organizzativi e dei protocolli processuali che incidano direttamente giurisdizionali e per le quali non vi sia un adeguato supporto normativo di rango primario.

Da ultimo con delibera 3 maggio 2023 l’organo di autogoverno, ancora una volta in risposta ad un quesito, ha affermato che la materia dei criteri di priorità nella trattazione dei procedimenti penali, con specifico riferimento alle prerogative dei dirigenti degli uffici in materia, resta regolata dalle delibere consiliari già adottate (tenendo conto della normativa transitoria ex art. 88 bis d.lgs. 150 del 2022), in attesa del necessario intervento del legislatore ordinario e successivamente del Consiglio (chiamato a definire i principi generali cui il Procuratore dovrà attenersi nel progetto organizzativo dell’ufficio).

 


 

Attribuzioni del Procuratore della Repubblica

 

C. 1294

 

L'articolo 1, comma 4, del decreto legislativo n. 106 riconosce al procuratore capo la facoltà di affidare a uno o più procuratori aggiunti, ma anche a uno o più sostituti procuratori dell'ufficio, la cura di una determinata tipologia di procedimenti o di uno specifico ambito di attività quando gli stessi necessitano di una uniforme trattazione.

 

L’articolo 5 del disegno di legge governativo C. 1294 reca misure volte a favorire la specializzazione degli uffici requirenti in materia di violenza di genere e domestica.

 

Più nel dettaglio l'articolo 5 modifica l'articolo 1, comma 4, del d.lgs. n. 106 del 2006, in materia di attribuzioni del procuratore della Repubblica, aggiungendo un ulteriore periodo, ai sensi del quale nel caso di delega, l’individuazione deve avvenire specificamente sempre per la cura degli affari in materia di violenza di genere e domestica.

 

La Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, la c.d. Convenzione di Istanbul (ratificata con la legge 27 giugno 2013, n. 77) individua tra i vari obiettivi che gli Stati firmatari devono perseguire anche quello di favorire la specializzazione di tutti gli operatori, fra i quali vanno ricompresi “le autorità giudiziarie, i pubblici ministeri e le autorità incaricate dell’applicazione della legge”.

 

Il CSM, occupandosi delle tematiche connesse al contrasto della violenza sulle donne e domestica, ha in più occasioni (si vedano le delibere dell’8 luglio 2009, del 30 luglio 2010, del 12 marzo 2014 e del 20 luglio 2017) sollecitato la specializzazione dei magistrati operanti in questi ambiti ed evidenziato l’opportunità di garantire una risposta immediata ed efficace da parte dell’autorità giudiziaria, promuovendo anche l’utilizzo di prassi virtuose.

Con la delibera del 9 maggio 2018 il CSM, al fine di verificare il grado di conformazione degli uffici alle raccomandazioni delle precedenti delibere e di effettuare una rinnovata ricognizione delle buone prassi esistenti, ha, successivamente, approvato le linee guida in tema di modelli organizzativi e di buone prassi per la trattazione dei procedimenti in materia di violenza di genere. Con riferimento all’organizzazione degli uffici requirenti, il punto di partenza è – secondo l’organo di autogoverno – proprio la constatata necessità di un approccio “specialistico” ai procedimenti per violenza di genere, che consente lo sviluppo di prassi investigative efficaci e il consolidamento di un background di conoscenze non solo giuridiche, così da consentire alle autorità inquirenti un migliore vaglio sulla fondatezza della notitia criminis, anche in funzione preventiva di eventuali escalation, e un più corretto rapporto con la vittima.

Dopo la delibera del 4 giugno 2020 nella quale l’organo di autogoverno ha dato conto degli esiti del monitoraggio sui procedimenti per violenza di genere e domestica in relazione all’emergenza sanitaria e al connesso incremento di rischio di esposizione alla violenza domestica, il CSM ha, da ultimo, con la delibera 3 novembre 2021, approvato una risoluzione sulle linee guida in materia di violenza domestica e di genere. Tale delibera reca una ricognizione del contesto normativo e ordinamentale, con particolare riferimento all’attività del Consiglio e agli esiti del monitoraggio effettuato presso gli uffici giudicanti e requirenti di merito. La delibera – in esito all’analisi svolta - rileva che gli obiettivi di specializzazione sono in parte raggiunti, ma necessitano di essere migliorati, così come devono essere curati i collegamenti con il settore civile e il settore minorile.

 

Occorre, infine, ricordare che nel corso della passata legislatura la Commissione di inchiesta sul femminicidio istituita presso il Senato ha approvato uno specifico Rapporto sulla violenza di genere e domestica nella realtà giudiziaria (Doc. XXII-bis n. 4), nel quale, fra le altre, è stato evidenziato come “Solo una minoranza delle procure, pari al 12,3 per cento (ovvero 17 su 138, di cui 10 di piccole, 4 di medie e 3 di grandi dimensioni) segnala l’esistenza di un gruppo di magistrati specializzati esclusivamente nella violenza di genere e domestica, ma ciò non esclude che, soprattutto nelle piccole procure, detti magistrati trattino anche procedimenti di altre materie.”.


 

Termini per la valutazione delle esigenze cautelari

 

C. 1294

 

L’articolo 6 dalla proposta C. 1294 interviene sul procedimento di applicazione delle misure cautelari nei procedimenti relativi a delitti di violenza domestica e di genere, prevedendo che il PM debba richiedere l’applicazione della misura entro trenta giorni dall’iscrizione della persona nel registro delle notizie di reato e il giudice debba pronunciarsi sulla richiesta nei trenta giorni al deposito dell’istanza cautelare presso la cancelleria

 

Più nel dettaglio l’articolo introduce nel codice di procedura penale, il nuovo articolo 362-bis recante misure urgenti di protezione della persona offesa.

 

La nuova disposizione (comma 1) prevede che nei casi in cui si procede per i seguenti delitti, commessi in danno del coniuge, anche separato o divorziato, della parte dell’unione civile o del convivente o di persona che è legata o è stata legata da relazione affettiva ovvero di prossimi congiunti:

·       omicidio tentato (art. 575 c.p.);

·       costrizione o induzione al matrimonio (art. 558-bis c.p.);

·       maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.);

·       lesioni personali aggravate (art. 582 aggravate ai sensi dell'art. 576, primo comma, nn. 2, 5 e 5.1 e ai sensi dell'art. 577, primo comma n. 1 e secondo comma, c.p.);

·       pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili (art. 583-bis c.p.)

·       deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (art. 583-quinquies c.p.);

·       violenza sessuale, atti sessuale con minorenne, corruzione di minorenne e violenza sessuale di gruppo (artt. da 609-bis a 609-octies c.p.);

·       violenza privata (art. 610 c.p.)

·       minaccia grave (art. 612, secondo comma, c.p.)

·       atti persecutori (art. 612-bis c.p.)

·       diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (art. 612-ter c.p.)

·       stato di incapacità procurato mediante violenza, nelle ipotesi aggravate (art. 613, terzo comma, c.p.)

 

il PM, effettuate le indagini ritenute necessarie, è tenuto a valutare, entro trenta giorni dall’iscrizione del nominativo della persona nel registro delle notizie di reato, la sussistenza dei presupposti di applicazione delle misure cautelari.

Nel caso in cui il PM non ravvisi i presupposti per richiedere l’applicazione delle misure cautelari nel termine di cui al comma 1, prosegue nelle indagini preliminari (comma 2).

 

La disposizione (comma 3 dell’articolo 362-bis) introduce altresì un ulteriore termine - entro 30 giorni dal deposito dell’istanza cautelare presso la cancelleria - entro il quale il giudice deve provvedere in ordine alla richiesta di applicazione di una misura cautelare.

 

C. 603

 

Sempre con riferimento ai tempi di trattazione delle richieste di misure cautelari nell’ambito dei processi relativi ai delitti di violenza di genere e domestica, la proposta di legge C. 603 Ascari (art. 1 c. 3) apporta delle modifiche all’articolo 292 c.p.p. riguardante la decisione del giudice sulla richiesta di misura cautelare formulata dal pubblico ministero. 

Aggiungendo il comma 3-bis, si prevede che la decisione del giudice circa deve intervenire “senza ritardo” quando la misura cautelare abbia a oggetto i reati di cui all’articolo 132-bis, comma 1, lettera a) o lettera a-bis), delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1998, n. 271, ossia i delitti di cui agli articoli 572, da 609-bis a 609-octies e 612-bis del codice penale (v. supra).

 


 

Rilevazione dei termini

 

C. 1294

 

L’articolo 7 del disegno di legge governativo modifica l'articolo 127 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale (disp. att. c.p.p.), in materia di comunicazione delle notizie di reato al procuratore generale.

L’articolo 7 aggiunge un ulteriore comma all’articolo 127 disp.att. c.p.p., con il quale si impone al procuratore generale presso la corte di appello l’obbligo di acquisire, trimestralmente, dalle procure della repubblica del distretto i dati sul rispetto dei termini relativi ai procedimenti di cui all’articolo 362-bis c.p.p. (introdotto dall’articolo 6 del ddl) e di inviare al procuratore generale presso la corte di cassazione una relazione almeno semestrale.

L'art. 127 disp. att. c.p.p., come modificato dal decreto legislativo n. 150 (c.d. riforma Cartabia del processo penale), prevede, al comma 1, che la segreteria del PM debba trasmettere ogni settimana al procuratore generale presso la corte di appello i dati indicati nel comma 3 dell'art. 127 disp. att. c.p.p. (vedi infra) e raggruppati in distinti elenchi riepilogativi, relativi ai procedimenti nei quali il PM: non ha disposto la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, né ha esercitato l’azione penale o richiesto l’archiviazione, entro i termini previsti dagli articoli 407-bis, comma 2, c.p.p.; non ha assunto le determinazioni sull’azione penale nei termini di cui all’articolo 415-ter, comma 3, primo e secondo periodo, c.p.p.; non ha esercitato l’azione penale, né richiesto l’archiviazione, entro i termini previsti dagli articoli 407-bis, comma 2, e 415-ter, comma 3, quarto periodo, c.p.p.. Il comma 2 dell’art. 127 disp.att.c.p.p. stabilisce che con riguardo ai procedimenti nei quali il PM non ha disposto la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, né ha esercitato l’azione penale o richiesto l’archiviazione deve essere specificato se il PM ha formulato la richiesta di differimento di cui al comma 5-bis dell’articolo 415-bis c.p.p. e, in caso affermativo, se il procuratore generale ha provveduto sulla richiesta e con quale esito. Il comma 3 infine elenca i dati che la segreteria del PM è tenuta a comunicare. Si tratta dei seguenti dati: le generalità della persona sottoposta alle indagini o quanto altro valga a identificarla; il luogo di residenza, dimora o domicilio della persona sottoposta alle indagini; le generalità della persona offesa o quanto altro valga a identificarla; il luogo di residenza, dimora o domicilio della persona offesa; i nominativi dei difensori della persona sottoposta alle indagini e della persona offesa e i relativi recapiti; il reato per cui si procede, con indicazione delle norme di legge che si assumono violate, nonché, se risultano, la data e il luogo del fatto.

 


 

Ordini di protezione contro gli abusi familiari

 

L'art. 4 della legge n. 69 del 2019, la c.d. “legge sul codice rosso”, ha introdotto, all'articolo 387-bis c.p., il delitto di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare (art. 282-bis c.p.p.), del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 282-ter c.p.p.), nonché della violazione dell'ordine di allontanamento d'urgenza dalla casa familiare, disposto dalla polizia giudiziaria, su autorizzazione del PM (art. 384-bis c.p.p.). Il delitto, che dunque può essere consumato con condotte tra loro alternative, è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni. Per lo stesso delitto, l’art. 380, comma 2, lettera l-ter), c.p.p., come modificato dall’art. 2, comma 15, della legge 27 settembre 2021, n. 134, prevede l'arresto obbligatorio in flagranza.

L'introduzione di questa fattispecie incriminatrice - è opportuno rilevare -ottempera a un obbligo sovranazionale derivante dall'art. 53 della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, la c.d. “Convenzione di Istanbul” (v. supra).

 

C. 439, C. 1245 e C. 1294

 

Con disposizioni identiche, le proposte C. 439 (art. 8), C. 1245 (art. 9) e C. 1294 (art. 8) estendono la medesima disciplina penalistica prevista dall’articolo 387-bis c.p. per la violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, anche alla violazione degli ordini di protezione emessi dal giudice in sede civile.

 

Più nel dettaglio il comma 1, lett. a), dei citati identici articoli, introduce un ulteriore comma nell'articolo 387-bis c.p. che punisce il reato di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.

Il nuovo comma estende la disciplina ivi contemplata alla violazione degli ordini di protezione contro gli abusi familiari di cui all’art. 342-ter, primo comma, c.c. emessi dal giudice in sede civile ovvero alla violazione di un provvedimento di eguale contenuto assunto nel procedimento di separazione personale dei coniugi o nel procedimento di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio.

 

Gli ordini di protezione contro gli abusi familiari sono quei provvedimenti che il giudice, su istanza di parte, adotta con decreto per ordinare la cessazione della condotta del coniuge o di altro convivente che sia “causa di grave pregiudizio all'integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell'altro coniuge o convivente” (art. 342- bis c.c.). Gli ordini di protezione richiedono l’istanza della vittima, che può essere proposta anche dalla parte personalmente, con ricorso al tribunale del luogo di propria residenza o domicilio, che provvede in camera di consiglio in composizione monocratica. Il giudice provvede con decreto motivato immediatamente esecutivo. In caso di urgenza, l’ordine di protezione può essere assunto dopo sommarie informazioni, con successiva udienza di comparizione delle parti entro un termine non superiore a quindici giorni in occasione della quale vi è la conferma, la modifica o la revoca dell'ordine di protezione.

Contro il decreto con cui il giudice adotta l'ordine di protezione o rigetta il ricorso, o conferma, modifica o revoca l'ordine precedentemente adottato, è ammesso reclamo al tribunale entro dieci giorni dalla comunicazione o della notifica del decreto, ai sensi dell’art. 739, comma II, c.p.c.

Ai sensi del comma 1 dell'articolo 342-ter c.c. con il decreto di cui all'articolo 342-bis il giudice ordina al coniuge o convivente, che ha tenuto la condotta pregiudizievole, la cessazione della stessa condotta e dispone l'allontanamento dalla casa familiare del coniuge o del convivente che ha tenuto la condotta pregiudizievole prescrivendogli altresì, ove occorra, di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dall'istante, ed in particolare al luogo di lavoro, al domicilio della famiglia d'origine, ovvero al domicilio di altri prossimi congiunti o di altre persone ed in prossimità dei luoghi di istruzione dei figli della coppia, salvo che questi non debba frequentare i medesimi luoghi per esigenze di lavoro.

 

La lett. b) del comma 1, conseguentemente alla modifica apportata all'articolo 387-bis c.p.p., interviene sul secondo comma dell'articolo 388 c.p.p., sopprimendo la parte in cui prevede che la violazione degli ordini di protezione civilistici sia sanzionata con la reclusione fino a tre anni o con la multa da euro 103 a euro 1.032.

 

In proposito nella relazione illustrativa della proposta C. 1294 si precisa che "l’intervento in esame si basa sulla circostanza che l’ordine di protezione contro gli abusi familiari di cui all’articolo 342-ter, primo comma, del codice civile presuppone una condotta pregiudizievole per l’integrità fisica o morale del coniuge o convivente e che viene emesso dal giudice all’esito di una compiuta istruttoria, per cui è opportuno equiparare le conseguenze della violazione del predetto ordine emesso in sede civile a quelle previste per la violazione delle misure cautelari del divieto di avvicinamento o dell’obbligo di allontanamento".

 

C. 603

 

In materia di ordini di protezione, la proposta C. 603, all’articolo 6, apporta alcune modifiche all’art. 342-bis c.c. (Ordini di protezione contro gli abusi familiari) ampliando l’ambito soggettivo di applicazione di tale strumento anche al coniuge legalmente separato o che è parte di un’unione civile nonché ad altro convivente o persona alla quale la persona offesa è legata o è stata legata da relazione affettiva (lett. a). Inoltre, si prevede che la violazione dei citati provvedimenti sia sanzionata con l’applicazione delle misure cautelari dell’allontanamento dalla casa familiare (art. 282-bis c.p.p.), del divieto di avvicinamento (art. 282-ter c.p.p.), della custodia cautelare (art. 285 c.p.p.) e la misura precautelare dell’allontanamento d'urgenza dalla casa familiare (art. 384-bis c.p.p.).

 

Si ricorda, sommariamente, che le misure cautelari sono provvedimenti provvisori e immediatamente esecutivi volti ad evitare che il trascorrere del tempo possa provocare un pericolo per l’accertamento del reato, per l’esecuzione della sentenza ovvero determinare l’aggravamento delle conseguenze del reato o l’agevolazione di altri reati (art. 272-325 c.p.p.). Possono essere adottate dall’autorità giudiziaria sia nel corso delle indagini preliminari, sia nella fase processuale, e limitano la libertà personale ovvero la disponibilità di beni. Le misure cautelari si suddividono in: misure cautelari personali e reali. Le misure cautelari personali si distinguono in coercitive e interdittive.

Pertanto, la natura sanzionatoria è del tutto estranea alla funzione propria delle misure cautelari, che non possono essere considerate una “anticipazione” della sanzione penale che potrà successivamente essere applicata con la condanna. Pertanto, appare incongruo il rinvio alle specifiche misure cautelari citate come “sanzioni” per la violazione degli ordini di protezione di cui all’art. 342-bis c.c.

 

Si valuti l’opportunità di sostituire il rinvio alle misure di cui agli artt. 282-bis, 282-ter, 285 c.p.p. e all’ordine di cui all’art. 384-bis c.p.p. con una specifica sanzione penale per la violazione degli ordini di protezione di cui all’art. 342-bis c.c.


 

Arresto in flagranza differita

 

L'articolo 382 c.p.p. descrive lo stato di flagranza in chi viene colto nell'atto di commettere il reato, mentre attribuisce lo stato di quasi flagranza in chi subito dopo il reato è inseguito dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o da altre persone, ovvero è sorpreso con cose e tracce dalle quali appaia che egli abbia compiuto il reato immediatamente prima. Ai fini dell'arresto vi è equivalenza normativa tra flagranza e quasi flagranza.

La flagranza «differita» è un istituto giuridico, di creazione legislativa, per il quale, sulla base di documentazione video-fotografica o di altri evidenti elementi indiziari di natura oggettiva, viene considerato in stato di flagranza l’autore di un reato per il tempo necessario alla sua identificazione, entro un limite stabilito dalla legge.  In particolare si tratta di un istituto che ha trovato applicazione - come ricorda la stessa relazione illustrativa - nell'ambito della disciplina per il contrasto del fenomeno della violenza in occasione di manifestazioni sportive e calcistiche come prevista dalla legge n. 401 del 1989.

Al riguardo occorre ricordare che l’arresto in flagranza differita - introdotto nell’ordinamento dal D.L. n. 28 del 2003 - è disciplinato dall’art. 8, comma 1-ter, della citata legge n. 401 del 1989.

Nei casi di reati commessi con violenza alle persone o alle cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, per i quali è obbligatorio o facoltativo l'arresto ai sensi degli articoli 380 e 381 c.p.p., quando non è possibile procedere immediatamente all'arresto per ragioni di sicurezza o incolumità pubblica, si considera comunque in stato di flagranza ai sensi dell'articolo 382 c.p.p. colui il quale, sulla base di documentazione video fotografica dalla quale emerga inequivocabilmente il fatto, ne risulta autore, sempre che l'arresto sia compiuto non oltre il tempo necessario alla sua identificazione e, comunque, entro 48 ore dal fatto. L'arresto è, inoltre, consentito in caso di violazione del divieto di accedere ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive (c.d. “daspo”). Il decreto-legge n. 14 del 2017, inoltre, ha consentito l’arresto in flagranza differita (art. 10, comma 6-quater) anche nel caso di reati commessi con violenza alle persone o alle cose, compiuti alla presenza di più persone anche in occasioni pubbliche, per i quali è obbligatorio l'arresto, quando non è possibile procedere immediatamente all'arresto per ragioni di sicurezza o incolumità pubblica; anche in questo caso si procede all’identificazione del responsabile sulla base di documentazione video fotografica dalla quale emerga inequivocabilmente il fatto e l’autore.

Lo strumento dell’arresto differito - anche a seguito dei numerosi dubbi di legittimità costituzionale (legati alla nozione di flagranza, che presuppone uno stretto collegamento con la commissione del fatto-reato) – è stato introdotto in entrambi i casi in via transitoria: originariamente la misura poteva essere applicata fino al 30 giugno 2005, termine poi prorogato più volte con provvedimenti d’urgenza, fino al differimento al 30 giugno 2020 previsto dal decreto-legge n. 14 del 2017 (art. 10, comma 6-ter). Ancora, l’articolo 15 del decreto-legge n. 53 del 2019 ha "stabilizzato" nel nostro ordinamento l’istituto dell’arresto in flagranza differita per i reati violenti commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive, per i quali è obbligatorio o facoltativo l'arresto; per i reati commessi con violenza alle persone o alle cose, compiuti alla presenza di più persone anche in occasioni pubbliche, per i quali è obbligatorio l’arresto.

Da ultimo, il decreto-legge n. 130 del 2020, recante misure urgenti in materia di immigrazione e di protezione internazionale ha previsto l'applicazione dell'istituto dell'arresto in flagranza differita ai reati commessi in occasione o a causa del trattenimento in uno dei centri di permanenza per il rimpatrio (CPR o hotspot) o delle strutture di primo soccorso e accoglienza (CPA e CAS).

 

C. 1294

 

L’articolo 9 del disegno di legge governativo prevede la possibilità dell'arresto in flagranza differita nei casi di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, di maltrattamenti contro familiari e conviventi, nonché di atti persecutori

 

Più nel dettaglio il comma unico dell'articolo 9 introduce nel codice di procedura penale l’articolo 382-bis. La nuova disposizione prevede che nei casi di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 387-bis c.p.), di maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.) e di atti persecutori (art. 612-bis c.p.) si considera comunque in stato di flagranza colui che, sulla base di documentazione video fotografica o di altra documentazione legittimamente ottenuta da dispositivi di comunicazione informatica o telematica, dalla quale emerga inequivocabilmente il fatto, ne risulta autore. L'arresto deve essere compiuto non oltre il tempo necessario alla sua identificazione e, comunque, entro le quarantotto ore dal fatto. Occorre precisare che l'arresto in flagranza differita risulterebbe consentito, in ragione della modifica apportata all'articolo 387-bis c.p. dall'articolo 8 del disegno di legge governativo), anche nei casi di violazione degli ordini di protezione o di analoghi provvedimenti adottati in sede civile (v. supra).

 

C. 439 e C. 1245

 

Le due proposte, con formulazioni identiche, (art. 12 della C. 439 e art. 10 della C. 1245), salvo per il fatto che la proposta C. 1245 è formulata sotto forma di novella, con un comma aggiuntivo all’articolo 282 c.p.p., prevedono la possibilità dell'arresto in flagranza differita esclusivamente nei casi di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.

La formulazione è parzialmente diversa rispetto alla formulazione governativa, in quanto si fa esclusivamente riferimento a documentazione video-fotografica, senza precisare la possibilità di utilizzare “altra documentazione legittimamente ottenuta da dispositivi di comunicazione informatica o telematica”.

 


 

Misure cautelari e braccialetto elettronico

 

L'articolo 275-bis c.p.p. prevede la possibilità per il giudice che ritenga di applicare la misura degli arresti domiciliari (fin da subito o in sostituzione della custodia in carcere), di "prescrivere" procedure di controllo mediante l'utilizzo di «mezzi elettronici o altri strumenti tecnici» nella disponibilità della polizia giudiziaria. Si tratta del c.d. braccialetto elettronico (o analogo strumento) inserito nella disciplina codicistica dal decreto-legge n. 341 del 2000, nell'ambito di un più ampio intervento normativo concernente la materia della libertà personale.

Ai sensi dell'articolo 275-bis c.p.p., quindi, ogni qualvolta lo ritenga «necessario in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto», il giudice che dispone la misura degli arresti domiciliari di cui all'art. 284 c.p.p. può prevedere il controllo del soggetto in custodia domestica tramite l'utilizzo dei suddetti strumenti elettronici (con riguardo alle modalità di installazione e funzionamento si veda il D.M. 2.2.2001).

Tale previsione, tuttavia, è subordinata, oltreché al consenso della persona da sottoporre agli arresti domiciliari, alla effettiva disponibilità della strumentazione necessaria da parte della polizia giudiziaria, introducendo in tal modo un regime de libertate diversificato sulla base di vicende estranee alla personalità e/o condotta dell'indagato ed «inerenti la funzionalità dell'apparato giudiziario». In assenza dei mezzi tecnici idonei a garantire un effettivo controllo, quindi sembrerebbe doversi applicare la misura della custodia in carcere.

Va rilevato tuttavia che secondo le Sezioni Unite, l'accertata mancata reperibilità del dispositivo, impone al giudice una rivalutazione della fattispecie concreta, alla luce dei principi di adeguatezza e proporzionalità di ciascuna delle misure, in relazione alle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto (Cass. SU, Sentenza n. 20769 del 2016).

 

C. 439, C. 1245 e C. 1294

 

Le proposte (art. 2 C. 439, art. 3 C. 1245 e art. 10 C. 1294), attraverso modifiche al codice di rito, intervengono sulla disciplina delle misure cautelari e del braccialetto elettronico.

 

L'articolo 10, al comma 1, lett. a), della proposta governativa modifica il comma 1 dell'articolo 275-bis, sostituendo l’obbligo, attualmente previsto in capo al giudice procedente, che ritenga di applicare la misura degli arresti domiciliari prescrivendo procedure di controllo mediante l'utilizzo di «mezzi elettronici o altri strumenti tecnici», di verificare preventivamente la disponibilità di tali apparati da parte della polizia giudiziaria con quello di accertare previamente la fattibilità tecnica dei suddetti strumenti da parte della polizia giudiziaria.

Le proposte C. 439 e 1245, al comma 1, lett a) - analogo nelle due proposte - modificano il comma 1 dell'articolo 275-bis, eliminando il citato obbligo di verificare preventivamente la disponibilità di tali apparati da parte della polizia giudiziaria.

 

Il comma 1, lett. b), dei rispettivi articoli delle proposte C. 439, C. 1245 e C. 1294 interviene sul comma 1-ter dell’articolo 276, c.p.p.

La proposta governativa e la proposta C. 439, con formulazioni identiche, prevedono l’applicazione della misura cautelare in carcere nel caso di manomissione dei mezzi elettronici e degli strumenti tecnici di controllo disposti con la misura degli arresti domiciliari ovvero con le misure coercitive di cui agli artt. 282-bis (obbligo di allontanamento dalla casa familiare) o 282-ter (divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa). La proposta C. 1245 prevede l’applicazione della misura cautelare in carcere solo nel caso in cui il braccialetto elettronico sia disposto con la misura coercitiva di cui all’art. 282-ter (divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa).

 

La proposta governativa, la proposta C. 439, e la proposta C. 1245 (rispettivamente, art. 10, c. 1, lett. c), art 2, c. 1, lett. b) e art. 2, c. 1, lett. a) apportano una serie di modifiche al comma 6 dell’articolo 282-bis c.p.p., il quale prevede che per una serie di reati la misura coercitiva dell’allontanamento dalla casa familiare possa essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall'art. 280 c.p.p., ovvero reclusione superiore nel massimo a tre anni.

 

In particolare, l'elenco comprende i seguenti reati:

·       violazione degli obblighi di assistenza famigliare (art. 570 c.p.),

·       abuso dei mezzi di correzione o di disciplina (art. 571 c.p.),

·       maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.),

·       lesioni personali, limitatamente alle ipotesi procedibili d'ufficio o comunque aggravate (art. 582 c.p.),

·       riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù (art. 600 c.p.),

·       prostituzione minorile (art.600-bis c.p.),

·       pornografia minorile (art.600-ter c.p.),

·       detenzione o acceso a materiale pornografico (art.600-quater c.p.),

·       tratta di persone (art.601 c.p.),

·       acquisto e alienazione di schiavi (art.602 c.p.),

·       violenza sessuale (art. 609-bis c.p.) anche aggravata (art. 609-ter c.p.),

·       atti sessuali con minorenni (art. 609-quater c.p.),

·       corruzione di minorenne (art. 609-quinquies c.p.),

·       violenza sessuale di gruppo (art. 609-octies c.p.)

·       minaccia aggravata (art. 612, 2° co., c.p.) e

·       atti persecutori (art. 612-bis c.p.).

 

 La disposizione richiama anche gli artt. 600 septies.1 e 600 septies.2 c.p. benché gli stessi non contemplino ipotesi di reato, ma si limitino a disciplinare una circostanza attenuante e le pene accessorie. 

Occorre ricordare che per i reati di cui all'art. 282-bis, comma 6, è altresì consentita la misura dell'allontanamento urgente dalla casa familiare (art. 384 bis).

L’art. 280 c.p.p. prevede che le misure cautelari possano essere disposte solo qualora si proceda per delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni.

 

Il disegno di legge governativo (comma 1, lett. c), nn.1-2) introduce nel testo della norma volta a disciplinare la misura dell'allontanamento dalla casa familiare nuovi titoli di reato per i quali la misura coercitiva de qua può essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall'art. 280. In particolare, l'elenco è integrato mediante l'inserimento delle fattispecie di tentato omicidio (art. 575) e di deformazione mediante lesioni permanenti al viso (art. 583-quinquies).

 

Analogamente, anche le proposte C. 439 e C. 1245 integrano il citato elenco mediante l'inserimento delle fattispecie di tentato omicidio.

 

Inoltre, la citata proposta C. 439 stabilisce che, nel disporre la misura coercitiva dell’allontanamento dalla casa familiare con le particolari modalità di controllo previste all’articolo 275-bis c.p.p., il giudice preveda altresì l’applicazione, anche congiunta, di una misura più grave qualora l’imputato neghi il consenso all’adozione delle citate modalità di controllo tramite braccialetto elettronico.

 

La proposta C. 1245 (art. 2, c. 1, lett. b), introduce nell’art. 282-bis c.p.p. il comma 6-bis, volto a prevedere che il giudice, nel disporre la misura dell’allontanamento dalla casa familiare, prescriva le modalità di controllo elettronico di cui all’art. 275-bis c.p.p. e che qualora l’imputato neghi il consenso il giudice disponga la custodia cautelare in carcere.

 

Si valuti l’opportunità di coordinare il nuovo comma 6-bis con il comma 6, laddove quest’ultimo prevede che “la misura può essere disposta (…) anche con le modalità di controllo previste dall’art. 275-bis”

 

La lett. c) (nn. 3 e 4), del disegno di legge C. 1294, poi, sempre attraverso modifiche al comma 6 dell’articolo 282-bis, prevede la misura coercitiva sia sempre accompagnata (attualmente è facoltativa) dall'imposizione delle modalità di controllo previste dall'art. 275-bis, ovvero del cosiddetto braccialetto elettronico con la contestuale prescrizione di mantenere una determinata distanza, non inferiore a cinquecento metri, dalla casa familiare o da determinati luoghi frequentati dalla persona offesa. Nel caso in cui la frequentazione di tali luoghi sia necessaria per motivi di lavoro la disposizione prevede che il giudice debba prescrivere modalità e limitazioni. Si prevede, infine, che, nel caso in cui l’imputato neghi il consenso all’adozione di tale modalità di controllo il giudice preveda l’applicazione, anche congiunta, di una misura più grave.

 

Infine, tutte le proposte apportano analoghe modifiche alla disciplina del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 282-ter c.p.p.).

 

La proposta C. 1294 sostituisce il comma 1 dell'articolo 282-ter:

·       quantificando in 500 m la distanza minima che il giudice deve comunque garantire nel disporre il provvedimento di divieto di avvicinamento;

Attualmente secondo la giurisprudenza (Cass. pen. Sez. Unite, Sentenza n. 39005 del 2021) il giudice che ritenga adeguata e proporzionata la sola misura cautelare dell'obbligo di mantenere una determinata distanza dalla persona offesa, ex art. 282-ter, comma 1 c.p.p., può limitarsi ad indicare tale distanza. Nel caso in cui, al contrario, nel rispetto dei suddetti princìpi, disponga, anche cumulativamente, le misure del divieto di avvicinamento ai luoghi da essa abitualmente frequentati e/o di mantenimento della distanza dai medesimi, deve indicarli specificamente.

·       prevedendo che nei casi di allontanamento dalla casa familiare per condotte di violenza domestica e di genere, (ex art. 282-bis, comma 6), la misura possa essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall’articolo 280 per l’applicazione delle misure cautelari;

·       consentendo al giudice, con lo stesso provvedimento che dispone il divieto di avvicinamento, di applicare anche congiuntamente, una misura più grave qualora l’imputato neghi il consenso all’adozione delle modalità di controllo previste dall’articolo 275-bis.

 

L'articolo 280 c.p.p. prevede uno "sbarramento" edittale per l'applicazione delle misure cautelari personali coercitive che possono essere applicate solo quando si procede per delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni.  

 

Il citato disegno di legge interviene anche sul comma 2 dell’articolo 282-ter c.p.p. Tale comma – come modificato - prevede che qualora sussistano ulteriori esigenze di tutela, il giudice possa prescrivere all'imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati da prossimi congiunti della persona offesa o da persone con questa conviventi o comunque legate da relazione affettiva ovvero di mantenere una determinata distanza comunque non inferiore a cinquecento metri, da tali luoghi o da tali persone disponendo l’applicazione delle particolari modalità di controllo previste dall’articolo 275-bis.

 

Le proposte C. 439 e 1245, prevedono solamente che tale misura possa essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena di cui all’articolo 280 c.p.p.

Inoltre, la proposta C. 439 introduce, analogamente a quanto fatto per la misura di cui all’art. 282-bis, l’applicazione da parte del giudice, con lo stesso provvedimento che dispone il divieto di avvicinamento, anche congiunta, di una misura più grave qualora l’imputato neghi il consenso all’adozione delle citate modalità di controllo.

 

C. 603

 

La proposta C. 603 (art. 1, comma 2) interviene sullo strumento del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa di cui all’articolo 282-ter, introducendo l’ipotesi di applicabilità, in maniera analoga a quanto previsto dall’articolo 282-bis, per i reati cosiddetti «di genere» (artt. 570, 571, 572, 582, limitatamente alle ipotesi procedibili d’ufficio o comunque aggravate, 600, 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-septies.1, 600-septies.2, 601, 602, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies, 612, secondo comma, e 612-bis c.p.), a prescindere dai limiti di pena previsti dall’articolo 280, compresa la possibilità di impiego di tale strumento non solo per i conviventi o per i congiunti, ma anche per coloro che sono legati da una semplice relazione sentimentale alla persona offesa.

 

 


 

Misure cautelari coercitive

 

C. 439, C. 1245 e C. 1294

 

Le proposte C. 439, C. 1245 e C. 1294 recano una disciplina derogatoria rispetto a quella prevista a legislazione vigente, in materia di criteri di scelta e di condizioni di applicabilità delle misure cautelari coercitive, nonché in tema di conversione dell'arresto in flagranza o del fermo in una misura coercitiva.

 

Si ricorda che le misure cautelari personali coercitive si distinguono in:

·       misure custodiali che comportano la soppressione della libertà fisica, dovendo l'interessato restare ristretto in un istituto carcerario, in un presidio ospedaliero o in una privata dimora. Rientrano in questa categoria: la custodia cautelare in carcere (art. 285 c.p.p.), gli arresti domiciliari (art. 284 c.p.p.); la custodia cautelare in luogo di cura (art. 286 c.p.p.);

·       misure non custodiali che implicano la limitazione, ma non la soppressione della libertà di movimento. L'allontanamento dalla casa familiare (art. 282-bis c.p.p.) e il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 282-ter c.p.p.) rientrano proprio in questa categoria.

 

In particolare, il ddl C. 1294, all’articolo 11, la proposta C. 439 all’articolo 3 e la proposta C. 1245 all’articolo 4 (tutte al comma 1, lettere a) e b) dei rispettivi articoli), apportano modifiche rispettivamente al comma 2-bis dell'articolo 275 e all'articolo 280 c.p.p.

 

Il comma 2-bis dell'articolo 275 c.p.p. (introdotto dal decreto-legge n. 92 del 2014, conv. nella legge n. 117 del 2014), prevede che non può essere applicata la misura della custodia cautelare in carcere o quella degli arresti domiciliari se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena. Inoltre non può applicarsi la custodia cautelare in carcere se il giudice ritiene che, all'esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni. Tale disposizione non si applica nei procedimenti per i delitti di incendio boschivo (art. 423-bis c.p.), maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.), stalking (art. 612-bis c.p.), diffusione illecita di immagini o di video sessualmente espliciti (art. 612-ter) nonché per i gravi delitti di cui all'articolo 4-bis della legge n. 354 del 1975 (O.P.), e quando rilevata l'inadeguatezza di ogni altra misura, gli arresti domiciliari non possano essere disposti per mancanza di uno dei luoghi di esecuzione indicati nell'articolo 284, comma 1, c.p.p.

 

Le proposte inseriscono di fatto nell'elenco dei reati, testé richiamati, anche le lesioni personali (art. 582 c.p.), nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del codice penale. 

Si tratta delle seguenti aggravanti:

Ø  l’avere commesso contro l'ascendente o il discendente, quando concorre taluna delle circostanze indicate nei numeri 1 e 4 dell'articolo 61 c.p. o quando è adoperato un mezzo venefico o un altro mezzo insidioso, ovvero quando vi è premeditazione (art. 576, primo comma, n. 2, c.p.);

Ø  l’avere commesso il fatto in occasione della commissione di taluno dei delitti previsti dagli articoli 572, 583-quinquies, 600-bis, 600-ter, 609-bis, 609-quater e 609-octies c.p. (art. 576, primo comma, n. 5, c.p.);

Ø  l’essere stato il fatto commesso dall'autore del delitto previsto dall'articolo 612-bis c.p. nei confronti della persona offesa (art. 576, primo comma, n. 5.1, c.p.);

Ø  l’avere commesso il fatto contro l'ascendente o il discendente anche per effetto di adozione di minorenne o contro il coniuge, anche legalmente separato, contro l'altra parte dell'unione civile o contro la persona stabilmente convivente con il colpevole o ad esso legata da relazione affettiva (art. 577, primo comma, n. 1, c.p.);

Ø  l’avere commesso il fatto contro il coniuge divorziato, l'altra parte dell'unione civile, ove cessata, la persona legata al colpevole da stabile convivenza o relazione affettiva, ove cessate, il fratello o la sorella, l'adottante o l'adottato nei casi regolati dal titolo VIII del libro primo del codice civile, il padre o la madre adottivi, o il figlio adottivo, o contro un affine in linea retta (art. 577, secondo comma, c.p.)

 

Si valuti in proposito l'opportunità di riformulare la lettera a) come modificativa del secondo periodo del comma 2-bis dell'articolo 275 c.p.p.

 

La lettera b) del comma 1 dei rispettivi articoli aggiunge un ulteriore comma all'articolo 280 c.p.p. che disciplina le condizioni di applicabilità delle misure cautelari.

 

L'articolo 280 c.p.p. individua i presupposti per l'applicazione delle misure cautelari, la cui sussistenza è condizione per l'irrogazione della misura e per il suo mantenimento, dovendo la stessa essere revocata nel caso in cui tali presupposti vengano meno, ovvero modificata o sostituita nel caso in cui essi mutino aggravandosi o affievolendosi. La prima delle condizioni per l'applicazione di una misura coercitiva (diversa dalla custodia cautelare in carcere) è che si tratti di un delitto punito con la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni (comma 1). Per la custodia cautelare in carcere, la più rigorosa misura cautelare coercitiva, la soglia di pena edittale è l'ergastolo o la reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni (comma 2) anche se in ipotesi di conversione dell'arresto facoltativo in misura coercitiva custodiale ai sensi dell'articolo 391, comma 5, c.p.p. (vedi infra), si computa la soglia più bassa prevista per l'arresto in flagranza. Tale previsione non si applica inoltre nei confronti di chi abbia trasgredito alle prescrizioni inerenti ad una misura cautelare (comma 3).

 

Il nuovo comma prevede che le disposizioni previste dall'articolo 280 c.p.p. e quindi le soglie edittali ivi contemplate non si applichino nei procedimenti per il delitto di lesioni personali (art. 582 c.p.), nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, c.p. (v. supra).  Ne consegue la possibilità di applicare la custodia cautelare in carcere, al ricorrere delle condizioni previste dalla legge, anche per il reato di lesioni personali, nelle ipotesi aggravate. 

 

In proposito nella relazione illustrativa della proposta governativa si precisa che "le aggravanti suddette, per effetto della disposizione di cui all’art. 585 c.p., fanno scattare l’aumento della pena da un terzo alla metà nei casi dell’art. 576 c.p. e di un terzo nei casi dell’art. 577 c.p. e giustificano, in tal senso, una deroga alla disposizione di cui all’art. 275, comma 2-bis c.p.p. (secondo cui, di regola, non può applicarsi la misura della custodia cautelare in carcere se il giudice ritiene che, all'esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni di reclusione), a fronte di un reato, quale quello di lesioni, che nelle ipotesi non aggravate è punito con una pena della reclusione  da sei mesi a tre anni". 

 


 

Conversione dell'arresto in flagranza o del fermo in una misura coercitiva

 

Le quattro proposte in esame, in maniera diversa, intervengono anche sulla conversione dell'arresto in flagranza o del fermo in una misura coercitiva, modificando il comma 5 dell'articolo 391 c.p.p.

Tale disposizione, nel disciplinare la c.d. “conversione dell'arresto in flagranza o del fermo in una misura coercitiva”, ivi compresa la custodia in carcere, dispone espressamente che la misura cautelare può essere applicata anche al di fuori dei limiti di pena previsti dagli artt. 274, co. 1, lett. c, e 280 quando l'arresto è stato eseguito per uno dei delitti indicati dall'art. 381, 2° co. ovvero per uno dei delitti per i quali è consentito anche fuori dai casi di flagranza: dunque, anche con riferimento a determinati delitti punibili con la reclusione non inferiore nel massimo a tre anni.

 

L'articolo 274 c.p.p. individua tre tipiche esigenze cautelari al ricorrere di almeno una delle quali è possibile applicare una misura cautelare. Si tratta delle seguenti: pericolo di inquinamento della prova, pericolo di fuga e pericolo di reiterazione delle condotte criminose.

 

C. 1294

 

Il disegno di legge, all’articolo 11, comma 1, lett. c), amplia l'ambito di applicazione della disposizione anche ai casi di arresto eseguito per il delitto di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, di cui all’art. 387-bis c.p.

 

Il delitto di cui all’art. 387-bis c.p. (“Violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa”) è stato inserito fra quelli per i quali è previsto l’arresto obbligatorio ai sensi del comma 2 dell’articolo 380 (cfr. lettera l-ter) del codice di procedura penale dall’art. 2, comma 15, della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante "Delega al Governo per l'efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari". Tuttavia, in considerazione del limite edittale (il reato è punito con la pena della reclusione da sei mesi a tre anni), attualmente non è possibile procedere, eseguito l’arresto, all’applicazione di alcuna misura cautelare, con la conseguenza che all’arresto dovrà conseguire l’immediata liberazione dell’arrestato, ove non intervenuto tempestivamente un provvedimento di aggravamento della misura cautelare da parte del giudice, in seguito a richiesta del pubblico ministero. L’intervento soddisfa anche l’esigenza di ricondurre il “rapporto fra misure precautelari e misure cautelari coercitive all’originario coordinamento quanto ai presupposti per la loro adozione” sul quale la Corte costituzionale ha auspicato un intervento del legislatore nella pronuncia n. 137/2020.

 

 

C. 439

 

Il comma 1, lett. c), dell’art. 3 della proposta a prima firma Bonetti, interviene sul secondo periodo, del comma 5 del medesimo articolo 391 per ampliare l'ambito di applicazione della disposizione anche ai casi di arresto obbligatorio in flagranza di cui all’articolo 380, comma 2, c.p.p. e quando il fermo è stato eseguito nei casi previsti dall’articolo 384, comma 1-bis, c.p.p.

 

L’articolo 380, comma 2, c.p.p., in deroga alla disposizione generale prevista dal comma 1 del medesimo articolo in virtù della quale l’arresto obbligatorio in flagranza è disposto per chiunque sia colto in flagranza di un delitto non colposo, consumato o tentato, per il quale è prevista la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni e nel massimo a venti anni, reca un elenco tassativo di delitti per i quali è comunque previsto l’arresto obbligatorio in flagranza.

 

Il comma 1-bis dell’articolo 384 è introdotto dalla medesima proposta di legge e prevede che “anche fuori dei casi di cui al comma 1 e di quelli di flagranza, il pubblico ministero dispone, con decreto motivato, il fermo della persona gravemente indiziata di uno dei delitti previsti dagli articoli 572, 582 e 612-bis del codice penale o di delitto, consumato o tentato, commesso con minaccia o violenza alla persona per il quale la legge prevede la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni, quando sussistono specifici elementi per ritenere grave e imminente il pericolo che la persona indiziata commetta gravi delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale, quando non è possibile, per la situazione di urgenza, attendere il provvedimento del giudice (v. infra).

 

C. 603

 

Il comma 8, art. 1, della proposta C. 603, analogamente, amplia l'ambito di applicazione della citata disposizione anche ai casi di arresto obbligatorio in flagranza di cui all’articolo 380, comma 2.

 

C. 1245

 

Il comma 1, lett. c), dell’art. 4 della proposta C. 1245, interviene sul secondo periodo, del comma 5 del medesimo articolo 391 per ampliare l'ambito di applicazione della disposizione anche ai casi in cui il fermo è stato eseguito nei casi previsti dall’articolo 384, comma 1.

 

L’articolo 384, comma 1, prevede che “Anche fuori dei casi di flagranza, quando sussistono specifici elementi che, anche in relazione alla impossibilità di identificare l'indiziato, fanno ritenere fondato il pericolo di fuga, il pubblico ministero dispone il fermo della persona gravemente indiziata di un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a due anni e superiore nel massimo a sei anni ovvero di un delitto concernente le armi da guerra e gli esplosivi o di un delitto commesso per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico”.

Informazioni alla persona offesa dal reato

 

Il decreto legislativo n. 212 del 2015, in attuazione della direttiva 2012/29/UE, ha dettato nuove norme in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, apportando alcune modifiche al Titolo VI del Libro I del codice di rito, dedicato alla persona offesa dal reato. Fra le modifiche si segnala, per l'appunto l'introduzione dell'articolo 90-ter c.p.p. Tale articolo, ai fini di una effettiva e permanente protezione della vittima, prevede che, nei procedimenti per delitti commessi con violenza alla persona a quest'ultima debba essere immediatamente comunicata (se ne ha fatto richiesta) l'evasione e la scarcerazione dell'imputato in stato di custodia cautelare o del condannato, ovvero della volontaria sottrazione dell'internato all'esecuzione della misura di sicurezza detentiva. 

L'art. 15 della legge n. 69 del 2019 (c.d. codice rosso), successivamente modificato dall'art. 2, comma 11, lett. a), della legge n. 134 del 2021, che ha ricompreso anche il delitto di omicidio volontario nella forma consumata e tentata, ha introdotto, con il comma 1-bis, l'obbligo di comunicazione immediata alla persona offesa e al suo difensore, ove nominato, dei provvedimenti di scarcerazione e di cessazione della misura di sicurezza detentiva, dell'evasione dell'imputato in stato di custodia cautelare o del condannato, nonché della volontaria sottrazione dell'internato all'esecuzione della misura di sicurezza detentiva, nei casi in cui si proceda per i reati di violenza di genere e domestica (previsti dagli artt. 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis c.p., nonché dagli artt. 582 e 583-quinquies c.p. nelle ipotesi aggravate); accanto a tali ipotesi, poi, con la citata legge n. 69 si è previsto che l'obbligo di comunicazione operi anche con riferimento al delitto di omicidio, di cui all'art. 575 c.p. L'obbligo di comunicazione è dovuto anche se il delitto è realizzato nella forma tentata.

Trattasi di un obbligo di comunicazione la cui sussistenza non è condizionata da una richiesta della persona offesa. Tale obbligo non sussiste - diversamente da quanto previsto nell'art. 292, comma 2-bis - in caso di sostituzione della precedente misura cautelare, ovvero in caso di provvedimenti che non necessariamente si traducono nelle "scarcerazioni" indicate dalla disposizione in commento.

 

C. 439, C. 1245 e C. 1294

 

Le proposte C. 1294 (art. 12) C. 439 (art. 5) e C. 1245 (art. 6) – con identica formulazione - recano modifiche in materia di informazioni da rendere alla persona offesa dal reato, intervenendo sull'articolo 90-ter, comma 1, c.p.p. al fine di estendere l’obbligatorietà dell’immediata comunicazione alle vittime di violenza domestica o di genere a tutti i provvedimenti de libertate inerenti l’autore del reato, sia esso imputato in stato di custodia cautelare, condannato o internato.

 

In tal modo vengono raggruppate in un’unica norma le disposizioni dettate in altri articoli del codice di procedura penale - tra cui l’art. 659, comma 1-bis che viene infatti contestualmente abrogato da tutte e tre le proposte di legge citate.

 

Il comma 1-bis dell'articolo 659 c.p.p., introdotto anch'esso dalla legge sul c.d. codice rosso, stabilisce che il provvedimento del giudice di sorveglianza che dispone la scarcerazione del condannato debba essere immediatamente comunicato dal PM, per mezzo della polizia giudiziaria, alla persona offesa e al suo difensore, ove nominato. Al novero dei reati per i quali nel 2019 era stato previsto l'obbligo di comunicazione, la legge n. 134 del 2021 ha aggiunto il reato di omicidio; per tutti gli illeciti, il suddetto obbligo vige anche se si versa nell'ipotesi del tentativo.


 

Comunicazione dei provvedimenti di estinzione, revoca o sostituzione delle misure coercitive

 

Le proposte di legge C. 1294 (l’art. 12, comma 1, lett. b), C. 439 (art. 9) e C. 1245 (art. 12) recano disposizioni in materia di comunicazione dei provvedimenti di estinzione, revoca o sostituzione delle misure coercitive.

 

C. 1294

 

La proposta governativa C. 1294 prevede che nei procedimenti per i delitti di maltrattamenti e di atti persecutori l’estinzione o la revoca delle misure coercitive debba essere comunicata all’autorità di pubblica sicurezza per l’adozione di misure di prevenzione.

Più nel dettaglio, l’art. 12, comma 1, lett. b), della citata proposta modifica l’articolo 299 c.p.p., introducendovi un ulteriore comma, il comma 2-ter, stabilendo che nei procedimenti per i delitti di cui all’articolo 4, comma 1, lett. i-ter) del codice antimafia (ovvero i procedimenti per i delitti di maltrattamenti e di atti persecutori) l’estinzione o la revoca delle misure coercitive di cui agli articoli 282-bis (Allontanamento dalla casa familiare), 282-ter (Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa), 283 (Divieto e obbligo di dimora), 284 (Arresti domiciliari), 285 (Custodia cautelare in carcere) e 286 (Custodia cautelare in luogo di cura), ovvero la loro sostituzione con misura meno grave siano comunicati, a cura della cancelleria, anche per via telematica, all’autorità di pubblica sicurezza competente per le misure di prevenzione, ai fini dell’eventuale adozione dei relativi provvedimenti.

 

Il questore quale autorità di pubblica sicurezza, anche a seguito dell'entrata in vigore del c.d. codice antimafia (decreto legislativo n. 159 del 2011) mantiene un ruolo centrale nel sistema delle misure di prevenzione. Le misure applicabili dal questore sono definibili, proprio in ragione del fatto di essere espressione del potere di polizia della pubblica amministrazione, "misure di polizia". Fra le misure di prevenzione applicabili dal questore vanno annoverati: l’ammonimento, l'avviso orale e il rimpatrio con foglio di via obbligatorio.

 

C. 439 e C. 1245

 

Le proposte di legge C. 439 e C. 1245 recano disposizioni in materia di comunicazione dei provvedimenti di estinzione, revoca o sostituzione delle misure coercitive (rispettivamente, art. 9 e art. 12).

 

In particolare, entrambe le proposte prevedono che nei procedimenti per i delitti di maltrattamenti contro familiari e conviventi e atti persecutori l’estinzione, la revoca o la sostituzione con misure meno gravi delle misure coercitive di cui agli artt. 282-bis ss. c.p.p. (allontanamento dalla casa familiare; divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa; divieto e obbligo di dimora; arresti domiciliari; custodia cautelare) siano comunicate al questore per le valutazioni di competenza in materia di misure di prevenzione (art. 6, comma 1, AC 439; art. 12, comma 1, AC 1245).

 

Inoltre, la proposta C. 439 (art. 9, comma 2) prevede che, nei procedimenti per i delitti di cui all’art. 362, comma 1-ter, c.p.p. l’estinzione, la revoca o la sostituzione con misure meno gravi delle predette misure coercitive sono comunicate al prefetto il quale, sulla base delle valutazioni espresse nell’ambito delle riunioni di coordinamento dell’ufficio per la sicurezza personale (di cui all’art. 5, comma 2, del DL 83/2002), può adottare misure di vigilanza dinamica a tutela della persona offesa, da sottoporre a revisione trimestrale.

Analogamente, la medesima proposta prevede all’articolo 11 che tale comunicazione al prefetto avvenga anche da parte dell’organo di polizia che procede a seguito di denuncia o querela per fatti riconducibili ai medesimi reati di cui al art. 362, comma 1-ter, c.p.p., qualora dai primi accertamenti emergano concreti e rilevanti elementi di pericolo di reiterazione della condotta.

 

L’art. 362, c. 1-ter, c.p.p., sull’obbligo di assunzione di informazioni dalla persona offesa entro tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato (cd. “codice rosso”) richiama i seguenti delitti: tentato omicidio (art. 575 c.p.); maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.); violenza sessuale (art. 609-bis e 609-ter c.p.); atti sessuali con minorenni (art. 609-quater c.p.); corruzione di minorenne (art. 609-quinquies c.p.); violenza sessuale di gruppo (art. 609-octies c.p.); atti persecutori (art. 612-bis c.p.); lesione personale (art. 582 c.p.) e deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (art. 583-quinquies c.p.)[4].

 

L’art. 5, comma 2, del DL 83/2002 prevede, al comma 1, l’istituzione presso gli uffici territoriali del Governo (prefetture), nell’ambito del gabinetto, di un ufficio per la sicurezza personale con compiti di raccolta e analisi delle informazioni relative a situazioni personali a rischio.

Il comma 2 prevede, in relazione alle esigenze di cui al comma 1, la convocazione da parte del prefetto di apposite riunioni di coordinamento con la partecipazione del questore e dei comandanti provinciali dell’Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza.

 

 


 

Sospensione condizionale della pena

 

L’articolo 165 c.p. disciplina gli obblighi del condannato in relazione alla c.d. sospensione condizionale della pena, di cui agli artt. 163 e ss. c.p. I presupposti di applicazione di tale istituto sono individuati dal combinato disposto degli artt. 163 e 164 c.p. La prima disposizione stabilisce l'ambito oggettivo di applicazione della misura, in rapporto alla natura e all'entità della pena inflitta, la seconda norma fissa i requisiti soggettivi, con riferimento ai precedenti penali del condannato e al giudizio prognostico in ordine al suo comportamento futuro.

Sotto il profilo oggettivo, la sospensione condizionale della pena è, innanzitutto, applicabile in caso di pronuncia di una sentenza di condanna alla pena della reclusione o dell'arresto non superiore a due anni. Il limite di pena è fissato in tre anni se il condannato al momento del fatto era minore di anni diciotto (2° c.) e in due anni e sei mesi se il condannato al momento del fatto era di età compresa tra i diciotto e i ventuno anni ovvero ultrasettantenne (3° c.).

 

Le proposte di legge in esame (art. 13 dell’A.C. 1294, art. 7 dell’A.C. 439, art. 2 c. 2 dell’A.C. 603 e art. 8 dell’A.C. 1245) intervengono sulla disciplina della sospensione condizionale della pena nel caso di reati di violenza domestica, modificando tutte il quinto comma dell'articolo 165 del codice penale. Inoltre le proposte C. 1294, C. 439 e C. 1245 modificano l’art. 18-bis delle disposizioni di coordinamento e transitorie del codice penale.

 

C. 439, C. 1245 e C. 1294,

 

Le tre proposte recano una modifica al quinto comma dell’art. 165 c.p. Tale disposizione, originariamente introdotta dall'articolo 6 della legge n. 69 del 2019 (c.d. codice rosso), e successivamente modificata dalla legge n. 134 del 2021, prevede che la concessione della sospensione condizionale per i delitti, consumati o tentati, di violenza domestica e di genere, è sempre subordinata alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati.

 

Sul citato articolo le tre proposte di legge intervengono in modo simile, ma non sono del tutto sovrapponibile.

Il disegno di legge governativo prevede in primo luogo (art. 13, co. 1, lett. a) che ai fini della concessione della sospensione condizionale della pena non sia sufficiente la mera partecipazione ai percorsi di recupero, ma occorra che tali percorsi siano superati con esito favorevole; l’accertamento della partecipazione e del superamento del corso sono demandati al giudice.

L’A.C. 1245 pone anch’esso un’ulteriore condizione ai fini della concessione della sospensione condizionale della pena, diversa tuttavia da quella del Governo, ovvero la valutazione in ordine alla pericolosità sociale del condannato, la cui persistenza precluderebbe l’accesso al beneficio.

L’A.C. 439 non pone ulteriori condizioni rispetto a quelle già previste dalla norma vigente.

 

Sono invece identiche nelle tre proposte le disposizioni riguardanti:

-      l’individuazione degli enti o delle associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati reati di violenza domestica e di genere, nonché degli specifici percorsi di recupero, per la quale si prevede che il giudice si avvalga degli uffici di esecuzione penale esterna;

-      la revoca della sospensione, ai sensi dell’articolo 168, primo comma, n. 1, c.p., per la quale si stabilisce che qualsiasi violazione ingiustificata degli obblighi connessi allo svolgimento del percorso di recupero, ivi compresa una sola assenza, costituisce inadempimento rilevante.

 

L’istituzione e la diffusione di programmi di trattamento rivolti gli autori di violenza di genere è prevista dall’articolo 16 della Convenzione di Istanbul all’interno dell’asse “Prevenzione” (Capitolo III). Secondo la Convenzione, tali programmi hanno l’obiettivo prioritario di garantire la sicurezza, il supporto e i diritti umani delle donne vittime di violenza, attraverso interventi trattamentali volti ad aiutare gli autori a modificare attitudini e comportamenti violenti, nel quadro di un lavoro integrato con servizi specializzati nella prevenzione e contrasto alla violenza sulle donne.

I programmi di trattamento rivolti agli autori di violenza si fondano sul principio secondo cui la violenza di genere è l’effetto di norme e credenze culturalmente costruite e socializzate che possono quindi essere disapprese. In questo senso gli obiettivi primari dei programmi per autori consistono nel raggiungimento della piena assunzione di responsabilità e consapevolezza delle conseguenze che la violenza agita ha sulle vittime, nonché nella riduzione del rischio di recidiva.

Con riguardo all'ordinamento italiano, l'art. 5, comma 2, lett. g) del decreto-legge 93/2013 prevede espressamente tra le finalità del Piano strategico nazionale contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, (v. supra) la promozione dello "sviluppo e l'attivazione, in tutto il territorio nazionale, di azioni, basate su metodologie consolidate e coerenti con linee guida appositamente predisposte, di recupero e di accompagnamento dei soggetti responsabili di atti di violenza nelle relazioni affettive, al fine di favorirne il recupero e di limitare i casi di recidiva".

Sul piano delle risorse gli interventi per il recupero degli uomini autori di violenza sono finanziati a valere sul Fondo per le politiche di pari opportunità.

Il decreto legge n. 104 del 2020 (articolo 26-bis) ha incrementato la dotazione di tale Fondo di un milione di euro a decorrere dall’anno 2020, in considerazione dell’estensione del fenomeno della violenza di genere anche in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, al fine di assicurare la tutela e la prevenzione della violenza di genere e specificamente per contrastare il fenomeno favorendo il recupero degli uomini autori di violenza. Le risorse stanziate sono destinate esclusivamente all’istituzione e al potenziamento dei centri di riabilitazione per uomini maltrattanti.

Da ultimo la legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio 2022) all'articolo 1, comma 661 ha incrementato di 2 milioni di euro per il 2022 il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, per misure di recupero degli uomini autori di violenze. Le nuove risorse sono destinate, da un lato, all'istituzione e al potenziamento dei centri di riabilitazione per uomini maltrattanti e al loro funzionamento (un milione di euro) e, dall'altro, ad attività di monitoraggio e raccolta dati (un milione di euro). La disposizione demanda inoltre ad un successivo decreto ministeriale la ripartizione delle risorse. Il comma 662 ha indicato inoltre quali siano i criteri e le modalità da seguire nella ripartizione tra le regioni e le province autonome delle risorse stanziate. Ai sensi del comma 663 i centri per il recupero degli uomini autori di violenza domestica e di genere possono essere costituiti da enti locali o associazioni, anche di concerto tra loro. Tali centri - come precisa il comma 664 - devono operare in maniera integrata con la rete dei servizi socio-sanitari e assistenziali territoriali, tenendo al contempo conto delle necessità fondamentali per la protezione delle persone che subiscono violenza. I commi 665 e 666 delineano alcuni obblighi di relazione, delle regioni verso il Dipartimento Pari opportunità e del Governo verso il Parlamento. La legge di bilancio ha poi stanziato ulteriori 5 milioni di euro per il 2022 per l’istituzione e il potenziamento dei centri di riabilitazione per uomini maltrattanti (art. 1, co. 669).

 

Anche per quanto concerne l’art. 18-bis delle disposizioni di coordinamento e transitorie del codice penale, le tre proposte di legge dettano le medesime modifiche, aggiungendo un comma al fine di stabilire che:

-      la sentenza, al momento del suo passaggio in giudicato, sia comunicata all’ufficio di esecuzione penale esterna, affinché lo stesso accerti l’effettiva partecipazione del condannato al percorso di recupero e dia comunicazione dell’esito al pubblico ministero presso il giudice che ha emesso la sentenza;

-      gli enti o le associazioni presso cui il condannato svolge il percorso di recupero diano immediata comunicazione all’ufficio di esecuzione penale esterna di qualsiasi violazione ingiustificata degli obblighi connessi allo svolgimento del percorso di recupero;

-      l’ufficio di esecuzione penale esterna, a sua volta, dia immediata comunicazione al p.m., ai fini della revoca della sospensione condizionale della pena, ex art. 168, primo comma, n. 1, c.p.

 

Si ricorda che l’art. 168, primo comma, c.p. prevede la revoca della sospensione condizionale della pena nei seguenti casi:

-      commissione di un delitto ovvero di una contravvenzione della stessa indole, per cui venga inflitta una pena detentiva (n. 1);

-      mancato adempimento degli obblighi imposti (n. 1);

-      ulteriore condanna per un delitto anteriormente commesso ad una pena che, cumulata a quella precedentemente sospesa, superi i limiti stabiliti per la sospensione dall'articolo 163 c.p. (n. 2).

 

 

 

 

C. 603

 

La proposta C. 603 Ascari, differenziandosi dalle altre proposte citate, prevede, in caso di sospensione condizionale della pena, il mantenimento delle misure cautelari non custodiali fino alla conclusione del percorso di recupero.

Nello specifico, il comma 2 dell’articolo 2 apporta modifiche all’articolo 165, comma 5, c.p. aggiungendo un periodo con il quale si stabilisce che le misure cautelari diverse dalla custodia cautelare e dagli arresti domiciliari cui siano sottoposti i soggetti condannati che abbiano ottenuto la sospensione condizionale della pena non perdono efficacia a seguito della sospensione e restano applicate fino alla conclusione con esito positivo del percorso di recupero medesimo.

Si stabilisce, inoltre, che nel corso dello svolgimento del percorso di recupero, il giudice, tenuto conto delle circostanze relative alla gravità del reato indicate nell’articolo 133 c.p. e valutate le esigenze cautelari relative alla commissione di ulteriori reati (di cui all’art. 274, c 1, lett. c), c.p.p.), qualora ne venga fatta richiesta, possa disporre in ogni momento l’autorizzazione di incontri in condizioni di assoluta sicurezza tra la persona offesa, con il consenso di questa, e il soggetto condannato.

 


 

Provvisionale

 

C. 439 e C. 1294

 

Le proposte di legge C. 439 (art. 10) e C. 1294 (art. 14) introducono e disciplinano la possibilità di corrispondere in favore della vittima di taluni reati, oppure degli aventi diritto in caso di morte della vittima, una provvisionale, ossia una somma di denaro liquidata dal giudice, come anticipo sull'importo integrale che le spetterà in via definitiva. La somma è corrisposta, su richiesta, alle vittime, o agli aventi diritto, che vengano a trovarsi in stato di bisogno in conseguenza dei reati medesimi. La disposizione fa riferimento ai delitti di omicidio, violenza sessuale o lesione personale gravissima o deformazione dell'aspetto mediante lesioni permanenti al viso, commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa.

 

 Entrambe le proposte, che si differenziano per alcuni aspetti limitati, introducono un nuovo articolo 13-bis nella legge 7 luglio 2016, n. 122 (legge europea 2015-2016) la quale, agli articoli 11 e seguenti, reca disposizioni in materia indennizzi in favore delle vittime di reati intenzionali violenti, in attuazione della direttiva 2004/80/CE.

 

Il comma 1 del nuovo articolo 13-bis introduce la provvisionale in favore della vittima (o degli aventi causa in caso di sua morte) dei delitti di cui all'articolo 11, comma 2, primo periodo, della medesima legge n. 122 del 2016, il quale elenca i seguenti delitti:

§  omicidio;

§  violenza sessuale;

§  lesione personale gravissima, ai sensi dell'articolo 583, secondo comma, del codice penale; tale norma così qualifica la lesione personale quando la medesima provochi una malattia certamente o probabilmente insanabile, la perdita di un senso, la perdita di un arto, o una mutilazione che renda l'arto inservibile, ovvero la perdita dell'uso di un organo o della capacità di procreare, ovvero una permanente e grave difficoltà della parola;  

§  deformazione dell'aspetto mediante lesioni permanenti al viso di cui all'articolo 583-quinquies del codice penale; quest’ultimo fa riferimento alla lesione personale dalla quale derivano la deformazione o lo sfregio permanente del viso.

 

La disposizione, come detto, si applica quando i suddetti delitti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa.

La provvisionale è elargita su richiesta della vittima o degli aventi diritto che vengano a trovarsi in stato di bisogno ed è imputata nella liquidazione definitiva dell’indennizzo. La proposta C. 1294 specifica che questo possa avvenire quando è stata pronunciata sentenza di condanna o di patteggiamento anche non irrevocabile ovvero emesso decreto penale di condanna anche non esecutivo.

 

Per quanto concerne la nozione di “aventi diritto”, l’articolo 11, comma 2-bis, della medesima legge n. 122 del 2016, stabilisce che, in caso di morte della vittima a seguito del reato, l’indennizzo spetti: al coniuge superstite e ai figli; in mancanza del coniuge e dei figli, l'indennizzo spetta ai genitori e, in mancanza dei genitori, ai fratelli e alle sorelle conviventi e a carico al momento della commissione del delitto. La medesima norma equipara al coniuge la parte di un'unione civile tra persone dello stesso sesso. In mancanza del coniuge, allo stesso è equiparato il convivente di fatto che ha avuto prole dalla vittima o che ha convissuto con questa nei tre anni precedenti alla data di commissione del delitto.

 

Il comma 2 dell'articolo 13-bis stabilisce che le condizioni per l'accesso alla provvisionale siano quelle previste dall’articolo 12, comma 1, lettere c), d) ed e) e comma 1-bis, della citata legge n. 122 del 2016. Con tale rinvio alla disciplina dell'indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti, si prevedono le seguenti condizioni per l'accesso alla provvisionale:

§  la vittima non abbia concorso, anche colposamente, alla commissione del reato ovvero di reati connessi, ai sensi dell'articolo 12 del codice di procedura penale[5] (lettera c);

§  la vittima non sia stata condannata con sentenza definitiva ovvero, alla data di presentazione della domanda, non sia sottoposta a procedimento penale per uno dei reati di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale e per reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell'evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto (lettera d);

§  la vittima non abbia percepito, in tale qualità e in conseguenza immediata e diretta del fatto di reato, da soggetti pubblici o privati, somme di denaro di importo pari o superiore a quelle dovute in base alla legge (lettera e).

 

Occorre rilevare che il comma 1 dell’articolo 12 della legge n. 122 includa anche altre due ulteriori condizioni previste rispettivamente dalle lettere b) ed e-bis). La lettera b) stabilisce, quale ulteriore condizione per l'accesso all'indennizzo, che la vittima abbia già esperito infruttuosamente l'azione esecutiva nei confronti dell'autore del reato per ottenere il risarcimento del danno dal soggetto obbligato in forza di sentenza di condanna irrevocabile o di una condanna a titolo di provvisionale, salvo che l'autore del reato sia rimasto ignoto.

La lettera e-bis) prevede che in caso la vittima abbia già percepito, in tale qualità e in conseguenza immediata e diretta del fatto di reato, da soggetti pubblici o privati, somme di denaro di importo inferiore a quello dovuto a titolo di indennizzo, l'indennizzo medesimo è corrisposto esclusivamente per la differenza.

 

In ragione del richiamo al comma 1-bis dell’articolo 12 della legge n. 122, in caso di morte della vittima in conseguenza del reato, le medesime condizioni devono sussistere, oltre che per la vittima anche per gli aventi diritto.

 

A tale riguardo, si segnala che il comma 1-bis dell'articolo 12, richiamato dalla disposizione in esame, fa riferimento a tutte le condizioni elencate nel comma 1, incluse le condizioni previste dalla lettera b) e alla lettera e-bis)[6]. Tali condizioni – come già sottolineato- non sono richiamate dal comma 2 dall'art. 13-bis introdotto dal disegno di legge in esame. Conseguentemente, la condizioni di cui alle citate lettere b) e e-bis) sembrerebbero applicarsi agli aventi causa, ma non alla vittima.

 

Il comma 3 del nuovo articolo 13-bis stabilisce che l'istanza per la provvisionale debba essere presentata al prefetto della provincia di residenza o della provincia ove è stato commesso il fatto. A pena di inammissibilità, l'istanza deve essere corredata dalla copia del provvedimento giurisdizionale di cui al comma 1, e quindi la sentenza di condanna o di patteggiamento ovvero il decreto penale di condanna (lettera a) del comma 3).

 

L'istanza dovrà essere altresì corredata da dichiarazione sostitutiva di certificazione e dell'atto di notorietà:

ü  sull'assenza delle condizioni ostative di cui all'articolo 12, comma 1, lettere d) ed e), nonché sulla qualità di avente diritto ai sensi dell'articolo 11, comma 2-bis (lettera b) del comma 3); per quanto concerne le condizioni ostative richiamate, (v. supra);

ü  attestante la situazione economica dell’istante e delle persone di cui all’articolo 433 del codice civile, ossia il coniuge; i figli, anche adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi; i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi; gli adottanti; i generi e le nuore; il suocero e la suocera; i fratelli e le sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli unilaterali (lettera c) del comma 3).

La citata lettera c) del comma 3 prevede che si possa produrre, in alternativa alla dichiarazione sostitutiva, il certificato attestante la situazione economica dell'istante o degli altri soggetti qui sopra indicati al punto n. 2.

 

Si rammenta che gli articoli 46 e 47 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa (di cui al d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445) - espressamente richiamati dal presente comma 3 - disciplinano rispettivamente le dichiarazioni sostitutive di certificazioni e le dichiarazioni sostitutive dell'atto di notorietà.

L'art. 46 elenca gli stati, le qualità personali e i fatti che sono comprovati   con   dichiarazioni, anche contestuali all'istanza, sottoscritte dall'interessato e prodotte in sostituzione delle normali certificazioni. L'art. 47 stabilisce che l'atto di notorietà concernente stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell'interessato è sostituito da dichiarazione, resa e sottoscritta dal medesimo, da rendere con le modalità di cui all’art. 38 testo unico richiamato.

 

Il prefetto verifica la sussistenza dei requisiti, avvalendosi anche degli organi di polizia, entro sessanta giorni dal ricevimento dell’istanza (art. 13-bis, comma 4).

 

Ai sensi del comma 5 del nuovo art. 13-bis, sull'istanza relativa alla provvisionale, provvede il Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso e dei reati internazionali violenti provvede, entro centoventi giorni dalla presentazione della medesima istanza, acquisiti gli esiti dell’istruttoria dal prefetto.

 

Si tratta del Comitato che delibera circa la corresponsione delle somme del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell'usura e dei reati intenzionali violenti nonché agli orfani per crimini domestici, ai sensi dell'articolo 3 della legge n. 512 del 1999 (recante la disciplina concernente il Fondo medesimo, così rinominato dall'art. 11, comma 4, L. 11 gennaio 2018, n. 4). Tale art 3 della citata legge n. 512 del 1999, prevede che il Comitato sia presieduto dal Commissario per il coordinamento delle iniziative di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso, nominato dal Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno, anche al di fuori del personale della pubblica amministrazione, tra persone di comprovata esperienza nell'attività di solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso e dei reati intenzionali violenti. Il Comitato è composto: a) da un rappresentante del Ministero dell'interno; b) da due rappresentanti del Ministero della giustizia; c) da un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico; d) da un rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze; e) da un rappresentante del Ministero del lavoro e delle politiche sociali; f) da un rappresentante della Concessionaria di servizi assicurativi pubblici Spa (CONSAP), senza diritto di voto. Il Commissario ed i rappresentanti dei Ministeri restano in carica per quattro anni e l'incarico non è rinnovabile per più di una volta.

 

La provvisionale può essere assegnata in misura non superiore a un terzo dell’importo dell’indennizzo determinato secondo quanto disposto dal D.M. 31 agosto 2017 e, successivamente, dal D.M. 22 novembre 2019, emanati in attuazione dell’articolo 11, comma 3, della più volte citata legge n. 122 del 2016, recanti la determinazione degli importi dell'indennizzo alle vittime dei reati intenzionali violenti.

 

L'art. 11, comma 3, della legge n. 122 demanda la determinazione degli indennizzi ad un decreto del Ministro dell'interno e del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze,  assicurando un maggior ristoro alle vittime dei reati di violenza sessuale e di omicidio e, in particolare, ai figli della vittima in caso di omicidio commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa, comunque nel limite delle risorse stanziate con tali finalità.

La proposta C. 439 prevede che la provvisionale possa essere richiesta anche nella fase delle indagini preliminari, sulla base degli atti nel procedimento penale, e previo parere del pubblico ministero competente (comma 6).

 

La proposta C. 1294, con riguardo alla decadenza dal beneficio, stabilisce (comma 6) gche il Comitato dichiara la decadenza dalla provvisionale e dispone la ripetizione di quanto erogato in caso di:

ü  mancata richiesta di indennizzo nei termini previsti (dall'art. 13, comma 2, della legge n. 122), ovvero quando la richiesta di indennizzo sia respinta o dichiarata inammissibile (lett. a),

ü  assenza di domanda di indennizzo, decorso il termine di due anni dalla concessione della provvisionale e con cadenza biennale per gli anni successivi, se non viene prodotta autocertificazione sulla non definitività della sentenza penale o della procedura esecutiva o sulla percezione di somme in connessione al reato, (lett.b).

 

La proposta C. 439, in materia di decadenza dal beneficio prevede che, qualora decorso il termine di sessanta giorni dalla decisione che ha definito il giudizio per essere ignoto l’autore del reato o dall’ultimo atto dell’azione esecutiva infruttuosamente esperita ovvero dalla data del passaggio in giudicato della sentenza penale, non venga presentata domanda di indennizzo ovvero questa venga respinta o dichiarata inammissibile, il Comitato dichiari la decadenza dal beneficio della provvisionale e disponga la ripetizione di quanto erogato (comma 7).


 

Fermo di indiziato di delitto

 

Ai sensi dell’art. 384, commi 1 e 2, c.p.p. il pubblico ministero ovvero, prima che il pubblico ministero abbia assunto la direzione delle indagini, la polizia giudiziaria (dandone immediata notizia al pubblico ministero), dispongono, anche fuori dei casi di flagranza, qualora sussista pericolo di fuga, il fermo della persona gravemente indiziata di delitto punito con l’ergastolo o con la reclusione non inferiore nel minimo a due anni e superiore nel massimo a sei anni ovvero di un delitto concernente armi o esplosivi o commesso per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione.

Entro 48 ore dal fermo il pubblico ministero, qualora non ritenga di disporre la liberazione del fermato, chiede la convalida del fermo al giudice per indagini preliminari e che il fermo cessa di avere efficacia se l’ordinanza di convalida non è pronunciata o depositata nelle 48 ore successive al momento in cui il fermato è stato posto a disposizione del giudice (artt. 390 e 391 c.p.p.; cfr. art. 13, terzo comma, Cost.).

 

Le proposte di legge C. 439, C. 603 e C. 1245 recano disposizioni volte a modificare l’art. 384 c.p.p. al fine di ampliare le ipotesi in cui può essere disposto il fermo di indiziato di delitto da parte del pubblico ministero o della polizia giudiziaria (art. 6 A.C. 439; art. 1, comma 7, A.C. 603; art. 5 A.C. 1245). Le proposte in commento ampliano sia i reati per i quali può essere disposto il fermo sia i presupposti del fermo medesimo.

 

C. 439 e C. 1245

 

In particolare, le proposte C. 439 e C. 1245 prevedono che il fermo sia disposto con decreto motivato del pubblico ministero, anche fuori dei casi già previsti, nei confronti della persona gravemente indiziata dei delitti di maltrattamenti contro familiari o conviventi (art. 572 c.p.), lesione personale (art. 582 c.p.) e atti persecutori (art. 612-bis c.p.) o di delitto, consumato o tentato, commesso con violenza o minaccia alla persona punito con l’ergastolo o con la reclusione superiore nel massimo a tre anni, nel caso di grave e imminente pericolo di commissione di gravi delitti con uso di armi o altri mezzi di violenza personale, qualora non sia possibile, per la situazione di urgenza, attendere il provvedimento del giudice.

Prima che il pubblico ministero assuma la direzione delle indagini il fermo nei predetti casi è disposto dalla polizia giudiziaria (art. 6, comma 1, lett. b AC 439; art. 5, cpv. “Art. 384-ter”, comma 2 AC 1245).

 

La proposta C. 1245 – che, al contrario delle altre proposte in commento, anziché novellare l’art. 384, aggiunge l’art. 384-bis - fa, inoltre, espresso rinvio all’art. 385 c.p.p. (Divieto di fermo o di arresto in determinate circostanze) e all’art. 381, comma 3 (relativo all’arresto facoltativo in flagranza per delitti perseguibili a querela).

 

C. 603

 

La proposta C. 603 (art. 1, c. 7, lett. a) prevede che il fermo sia disposto con decreto motivato del pubblico ministero, anche fuori dei casi già previsti, nei confronti della persona gravemente indiziata dei delitti di maltrattamenti contro familiari o conviventi (art. 572 c.p.), violenza sessuale (art. 609-bis c.p.), atti sessuali con minorenne (art. 609-quater c.p.), violenza sessuale di gruppo (art. 609-octies c.p.) e atti persecutori (art. 612-bis c.p.) o di altro delitto, consumato o tentato, nel caso di grave e imminente pericolo di commissione di gravi delitti contro la vita o l’incolumità individuale oppure contro la libertà personale o morale della persona offesa, qualora non sia possibile, per la situazione di urgenza, attendere il provvedimento del giudice.

 

Anche in tal caso, prima che il pubblico ministero assuma la direzione delle indagini il fermo nei predetti casi è disposto dalla polizia giudiziaria (art. 1, comma 7, lett. b).

 

 


 

Formazione del personale

 

C. 603

 

L’art. 5 dell’A.C. 603 Ascari reca disposizioni in materia di formazione degli appartenenti ai corpi di polizia locale, degli operatori sociali e degli operatori sanitari.

 

In particolare, il comma 1, lett. a, prevede l’estensione agli appartenenti ai corpi di polizia locale, previa intesa in sede di Conferenza unificata e su indicazione delle amministrazioni di appartenenza, della partecipazione alle attività formative previste dall’art. 5, comma 1, della legge 69/2019 per gli appartenenti alla Polizia di Stato, all’Arma dei carabinieri e alla Polizia penitenziaria in relazione alla prevenzione e al perseguimento dei reati di violenza domestica e di genere.

Il comma 1, lett. b, prevede il concerto anche del Ministro della salute (oltre a quello, già previsto dalla norma vigente, dei Ministri della pubblica amministrazione, dell’interno, della giustizia e della difesa) nell’adozione del DPCM volto a definire i contenuti delle predette attività formative.

Il comma 2 prevede che entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge con decreto del Ministro della salute, sentiti il Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità e l’Istituto superiore di sanità e previa intesa in sede di Conferenza unificata, siano adottate le linee guida per la formazione degli operatori sociali e sanitari che per le attività normalmente esercitate possono trattare casi di violenza di genere o di violenza sui minori.

Il comma 3 prevede che le regioni provvedano alla formazione continua degli operatori sociali e sanitari conformemente alle predette linee guida.

 

In proposito, è utile ricordare che l’articolo 5 della legge n. 69/2019 ha previsto l'attivazione di specifici corsi di formazione, definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, per il personale della Polizia di Stato, dell'Arma dei Carabinieri e della Polizia penitenziaria:

• che esercita funzioni di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria in relazione alla prevenzione e al perseguimento dei reati di violenza domestica e di genere

• che interviene nel trattamento penitenziario delle persone condannate per tali reati.

L’effetto della disposizione è di stabilire non solo l’obbligatorietà dei corsi di formazione dedicati alla violenza di genere, ma anche l’omogeneità. A tal fine, in attuazione della richiamata disposizione, il d.P.C.M. 6 dicembre 2021 ha stabilito che i corsi di formazione presentano contenuti omogenei, organizzati nelle seguenti macroaree:

a) approfondimento delle specifiche fattispecie di reato;

b) contenimento e neutralizzazione della pericolosità riconducibile alla violenza di genere attraverso le misure di prevenzione;

c) misure operative di contrasto;

d) approccio alle vittime;

e) modalità di avviamento degli autori dei reati a percorsi trattamentali dedicati;

f) prevenzione della vittimizzazione secondaria;

g) valutazione dei bisogni della vittima e attività informativa dedicata.

Si prevede inoltre che per la condivisione e l’aggiornamento dei dettagli contenutistici dei corsi e la declinazione dei rispettivi programmi adeguati alle modalità di esercizio delle funzioni delle Forze di polizia può essere, in ogni momento convocato un Tavolo tecnico interforze composto dai rappresentanti delle competenti articolazioni deputate alla predisposizione dei programmi formativi.

 

C. 1245

 

L’art. 13 dell’AC 1245 reca disposizioni in materia di interventi di formazione, aggiornamento e riqualificazione.

In particolare, il comma 1 prevede che al fine di assicurare l’individuazione e l’assistenza delle donne vittime di violenza e di violenza domestica lo Stato assicuri un’attività di formazione, di aggiornamento e di riqualificazione continua e permanente destinata agli operatori delle Forze di polizia e della polizia municipale, ai magistrati, al personale del settore giudiziario, al personale socio-sanitario e agli insegnanti, al fine di una corretta valutazione e gestione del fenomeno e di un’efficace azione di contrasto, in sinergia con gli ordini professionali, la Conferenza delle Regioni, l’ANCI, l’UPI, l’Unione dei comuni, comunità ed enti montani, la Conferenza dei rettori, la Scuola nazionale dell’amministrazione, Formez PA, le associazioni attive nel contrasto del fenomeno e i centri antiviolenza.

Il comma 2 prevede che l’attività di formazione sia inserita nei processi di pianificazione e riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, anche con riguardo al rischio di intimidazione e di vittimizzazione ripetuta e secondaria, e sia coordinata e integrata con gli obiettivi di performance e con le politiche di reclutamento, valorizzazione e sviluppo delle risorse umane, all’interno di un piano organico di prevenzione e informazione.

 


 

Prevenzione e sensibilizzazione con particolare riferimento all’ambito scolastico

 

C. 603

 

L’art. 4 dell’C. 603 Ascari reca disposizioni in materia di questioni di genere nell’istruzione primaria e secondaria.

 

In particolare, il comma 1 prevede l’adozione di linee guida per l’inserimento nei programmi scolastici delle scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado dei temi dell’educazione alla legalità, del diritto all’integrità dell’identità personale e del contrasto della violenza di genere.

Le linee guida sono adottate, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, con decreto del Ministro dell’istruzione e del merito, di concerto con il Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, nel rispetto dell’autonomia delle istituzioni scolastiche.

Il comma 2 prevede l’adozione di linee guida per la trattazione delle questioni di genere nei libri di testo scolastici adottate, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, con decreto del Ministro dell’istruzione e del merito, di concerto con il Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, d’intesa con le associazioni degli editori di libri di testo scolastici maggiormente rappresentative a livello nazionale. E’ prevista una relazione annuale alle Camere del Ministro dell’istruzione e del merito sull’attuazione delle predette linee guida.

Il comma 3 prevede l’istituzione di una commissione di studio in materia di inserimento delle questioni di genere nelle classi di laurea, con particolare riguardo alle classi in materia sociale, assistenziale, sanitaria e di sicurezza. La commissione è istituita – senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica- con decreto del Ministro dell’istruzione e del merito, di concerto con il Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, d’intesa con la Conferenza dei rettori, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge.

 

C. 1245

 

L’art. 14 della proposta C. 1245 Ferrari prevede che la Presidenza del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministeri interessati e sentite la associazioni maggiormente rappresentative e i centri antiviolenza, promuova un piano organico di interventi multisettoriali volti alla prevenzione e all’informazione in merito al fenomeno della violenza contro le donne, con particolare riguardo alla formazione scolastica e all’accrescimento della consapevolezza e degli strumenti interpretativi rispetto all’utilizzo commerciale e sessuale dell’immagine e del corpo della donna.

 


 

Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti

 

C. 1245

 

L’art. 11 della proposta di legge Ferrari C. 1245, sostituendolo integralmente, reca modifiche all’art. 612-ter c.p. in materia di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (c.d. “revenge porn”).

 

L’art. 612-ter c.p., introdotto dall’art. 10 della L. 69/2019, sanziona, con la pena della reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000, la condotta di chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde, senza il consenso delle persone interessate, immagini o video sessualmente espliciti, destinati a rimanere privati.

La stessa pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento.

La pena è aumentata: se il reato di pubblicazione illecita è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, ovvero da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa; se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici (aggravanti a efficacia comune)

La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza (aggravanti a effetto speciale).

Il reato è punibile a querela della persona offesa. La querela, che può essere proposta nel termine di sei mesi, può essere rimessa solo processualmente.

Il reato è perseguibile d’ufficio se ricorre l’aggravante dell’aver commesso il fatto in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza, nonché se il fatto è connesso con altro delitto procedibile d’ufficio.

 

La proposta in commento:

 

·                  con riferimento alla fattispecie di chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento, sostituisce la parola “nocumento” con la parola “danno”;

 

·                  prevede l’aumento della pena da un terzo alla metà per tutte le aggravanti previste (dunque le aggravanti a efficacia comune sono trasformate in aggravanti a effetto speciale);

·                  prevede quale ulteriore aggravante (a effetto speciale) l’aver commesso il fatto (oltre che da parte del coniuge o da chi è o è stato legato da relazione affettiva) anche dall’altra parte dell’unione civile, anche se l’unione civile è cessata;

·                  prevede un’ulteriore aggravante qualora dal fatto derivi, anche quale conseguenza non voluta, il suicidio della persona offesa (reclusione da 5 a 12 anni);

·                  prevede che la condanna comporti l’interdizione dai pubblici uffici e la sospensione dall’esercizio della professione o di un’arte;

 

In particolare, con riferimento all’interdizione temporanea dai pubblici uffici (quinto comma, lett a), dell’art. 612-ter), la novella prevede che l’interdizione sia della durata di cinque anni n seguito alla condanna alla reclusione da tre a cinque anni. Inoltre, si rinvia all’applicazione dell’art. 29, primo comma, c.p. che, oltre a prevedere l’interdizione della durata di cinque anni per le condanne non inferiori a tre anni, prevede l’interdizione perpetua per condanne di reclusione non inferiori ai cinque anni. Pertanto, in caso di condanna a cinque anni la proposta sembrerebbe prevedere un trattamento più favorevole rispetto a quello previsto dalla disciplina generale.

 

Si valuti l’opportunità di coordinare la disposizione con quanto già previsto dall’art. 29 c.p.

 

Quanto alla “sospensione dall’esercizio della professione o di un’arte” (quinto comma, lett. b), art. 612-ter, come novellato), non è indicato se ci si riferisca espressamente alla pena accessoria di cui all’art. 35 c.p. (sospensione da una professione o da un’arte).

L’art. 35 c.p. prevede che La sospensione dall'esercizio di una professione o di un'arte priva il condannato della capacità di esercitare, durante la sospensione, una professione, arte, industria, o un commercio o mestiere, per i quali è richiesto uno speciale permesso o una speciale abilitazione, autorizzazione o licenza dell'Autorità. La sospensione dall'esercizio di una professione o di un'arte non può avere una durata inferiore a tre mesi né superiore a tre anni.

 

Si valuti l’opportunità di rinviare espressamente alla pena accessoria di cui all’art. 35 c.p.

 

·                  si prevede l’obbligo del pubblico ministero che ha notizia del delitto di informare immediatamente il Garante per la protezione dei dati personali;

·                  si eleva da 6 a 12 mesi il termine per la proposizione della querela;

·                  si estende la procedibilità d’ufficio a tutte le fattispecie aggravate.


 

Tutela delle vittime in relazione all’accesso ai dati anagrafici

 

C. 603

 

L’art. 7 della proposta C. 603 Ascari reca disposizioni in materia di tutela delle vittime in relazione all’accesso ai dati anagrafici.

In particolare, il comma 1 prevede il divieto di rilascio di documenti e informazioni relativi a una persona offesa da reati di violenza domestica o di genere, violenza sessuale, pedopornografia tratta, e schiavitù, o a un suo parente o affine di primo o di secondo grado, all’autore o al presunto autore del reato, dal momento in cui è esercitata l’azione penale fino all’eventuale sentenza di non colpevolezza o all’archiviazione.

 

Il comma 1 richiama specificamente i seguenti delitti: maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.); riduzione o mantenimento in schiavitù (art. 600 c.p.); prostituzione minorile (art. 600-bis c.p.); pornografia minorile (art. 600-ter c.p.); detenzione o accesso a materiale pedopornografico (art. 600-quater c.p.); pedopornografia virtuale (art. 600-quater.1); iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile (art. 600-quinquies c.p.); tratta di persone (art. 601 c.p.); acquisto o alienazione di schiavi (art. 602 c.p.); violenza sessuale (art. 609-bis c.p.); atti sessuali con minorenni (art. 609-quater c.p.); corruzione di minorenne (art. 609-quinquies c.p.); violenza sessuale di gruppo (art. 609-octies c.p.); adescamento di minorenni (art. 609-undecies c.p.); atti persecutori (art. 612-bis c.p.).

 

I documenti e le informazioni di cui è vietato il rilascio sono quelli di cui all’art. 33, comma 1, del DPR 223/1989, a norma del quale l'ufficiale di anagrafe rilascia a chiunque ne faccia richiesta, previa identificazione, i certificati concernenti la residenza, lo stato di famiglia degli iscritti nell'anagrafe nazionale della popolazione residente, nonché ogni altra informazione ivi contenuta.

 

Si ricorda che l’Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR) è stata istituita presso il Ministero dell’interno dall’art. 62 del D. Lgs. 82/2005 (Codice dell’amministrazione digitale) al fine di subentrare – ferme restano le attribuzioni dei sindaci in materia di stato civile, elettorale, leva militare e statistica – alle anagrafi tenute dai comuni.

 

Il comma 2 prevede che il Governo provveda ad adeguare alle disposizioni di cui al comma 1 dell’art. 33 del DPR 223/1989.

 

Il comma 3 reca una conseguente modifica al codice di procedura penale con l’aggiunta dell’art. 329-bis, volto a prevedere che il pubblico ministero, su richiesta motivata della persona offesa o del suo difensore, dia immediata comunicazione delle indagini, con l’esercizio dell’azione penale, all’Anagrafe nazionale della popolazione residente.

 

Il comma 4 prevede l’adozione, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge, di un decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’interno, volto a regolamentare l’accesso, da parte dell’Anagrafe nazionale della popolazione residente, alle informazioni riguardanti l’esercizio dell’azione penale e i procedimenti penali per i delitti richiamati dal comma 1.


 

Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni

 

C. 603

 

L’art. 1, comma 1, della proposta C. 603 Ascari modifica l’art. 266 c.p.p. in materia di limiti di ammissibilità delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, al fine di ampliare la possibilità di ricorrere alle intercettazioni con riferimento ai delitti di maltrattamenti contro familiari e conviventi, di pornografia minorile e di adescamento di minorenni.

 

In particolare, si prevede che le intercettazioni possano essere disposte nei procedimenti per i seguenti delitti:

 

Ø     maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.);

 

Si evidenzia che la normativa vigente già consente il ricorso alle intercettazioni per il delitto di cui all’art. 572 c.p. Tale delitto è infatti punto con la reclusione da 3 a 7 anni e dunque con una pena massima edittale superiore a 5 anni, che consente il ricorso alle intercettazioni ai sensi dell’art. 266, comma 1, lett. a) c.p.p.).

 

Si valuti l’opportunità di eliminare il riferimento all’art. 572 c.p.

 

Ø     pornografia minorile (art. 600-ter c.p.), non soltanto nelle ipotesi di cui al primo comma (realizzazione di esibizioni o materiali pedopornografici), per le quali le intercettazioni sono già ammissibili in virtù dei già citati  limiti di pena indicati dal vigente art. 266, comma 1, lett. a c.p.p., ma anche in quelle di cui al terzo, quarto e sesto comma (divulgazione o cessione di materiale pedopornografico o fruizione di spettacoli o esibizioni pedopornografici), anche con riferimento alla pornografia virtuale (art. 600-quater.1 c.p.);

 

Ø     detenzione o accesso a materiale pedopornografico (art. 600-quater c.p.);

 

Ø     adescamento di minorenni (art. 609-undecies c.p.).

 


 

Ulteriori modifiche al codice di procedura penale, al codice penale e all’ordinamento penitenziario (C. 603)

 

C. 603

 

La proposta C. 603 reca ulteriori disposizioni volte a modificare il codice di procedura penale, il codice penale e l’ordinamento penitenziario (l. n. 354 del 1975).

 

Nello specifico, l’art. 1, commi 4, 5, e 6, della proposta C. 603 Ascari reca alcune ulteriori modifiche al codice di procedura penale.

 

In particolare, il comma 4 modifica il comma 3 dell’art. 310 c.p.p., al fine di escludere l’applicabilità del comma medesimo – a norma del quale l’esecuzione della decisione del tribunale di disporre una misura cautelare in accoglimento dell’appello del pubblico ministero contro l’ordinanza del gip è sospesa fino a che la decisione non sia divenuta esecutiva – ai procedimenti per i delitti di maltrattamenti contro familiari o conviventi (art. 572 c.p.), violenza sessuale (art. 609-bis c.p.), atti sessuali con minorenne (art. 609-quater c.p.), violenza sessuale di gruppo (art. 609-octies c.p.) e atti persecutori (art. 612-bis c.p.) o di altro delitto, consumato o tentato, nel caso di grave e imminente pericolo di commissione di gravi delitti contro la vita o l’incolumità individuale oppure contro la libertà personale o morale della persona offesa qualora non sia possibile, per la situazione di urgenza, attendere il provvedimento del giudice.

In tali casi, dunque, si prevede che la decisione del tribunale di disporre la misura cautelare sia immediatamente esecutiva.

 

Il comma 5 interviene sull’art. 316 c.p.p. in materia di sequestro conservativo, aggiungendo il comma 3-bis volto a prevedere – analogamente a quanto previsto dal comma 1-bis nel caso di omicidio del coniuge o dell’altra parte dell’unione civile o della persona legata da stabile relazione affettiva - che il pubblico ministero, nel caso si proceda per i delitti di cui all’art. 362, comma 1-ter (cd. “codice rosso”), possa procedere al sequestro conservativo in ogni stato e grado del procedimento a tutela delle garanzie del risarcimento dei danni civili subiti dalle persone offese o danneggiate.

 

L’art. 362, c. 1-ter, c.p.p., sull’obbligo di assunzione di informazioni dalla persona offesa entro tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato (cd. “codice rosso”) richiama i seguenti delitti: tentato omicidio (art. 575 c.p.); maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.); violenza sessuale (art. 609-bis e 609-ter c.p.); atti sessuali con minorenni (art. 609-quater c.p.); corruzione di minorenne (art. 609-quinquies c.p.); violenza sessuale di gruppo (art. 609-octies c.p.); atti persecutori (art. 612-bis c.p.); lesione personale (art. 582 c.p.) e deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (art. 583-quinquies c.p.)[7].

 

Il comma 6 della proposta apporta modifiche all’articolo 362 c.p.p.

In particolare, al comma 1-bis si introduce esplicitamente, nei casi in cui si procede per delitti di violenza di genere (indicati dall’art. 351, c. 1-ter, c.p.p.), il dovere per il pubblico ministero di provvedere all’ascolto diretto dei minori (lett. a).

 

L’attuale versione del comma 1-bis dell’art. 362 c.p.p., prevede che il pubblico ministro quando, nell’ambito di procedimenti per i citati delitti, deve assumere informazioni da persone minori, “si avvale dell’ausilio di un esperto in psicologia o in psichiatria infantile”.

 

Inoltre, si sostituisce integralmente il comma 1-ter, apportandovi alcune modifiche (lett. b).

In particolare, si amplia la lista di reati ivi prevista con l’aggiunta dei reati di riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù (art. 600 c.p.), prostituzione minorile (art. 600-bis c.p.), pornografia minorile (art. 600-ter c.p.), detenzione o accesso a materiale pornografico (art. 600-quater), pornografia virtuale (art. 600-quater.1 c.p.), tratta di persone (art. 602 c.p.), traffico di organi prelevato da persona vivente (art. 601-bis c.p.), acquisto e alienazione di schiavi (art. 602 c.p.), adescamento di minorenni (609-undecies) e diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (612-ter c.p.). Inoltre, dall’elenco di reati viene eliminato il riferimento al tentato omicidio (ovvero al “delitto previsto dall'articolo 575 del codice penale, nella forma tentata”).

 

Il nuovo elenco prevede anche il riferimento all’art. 600-octies.1 c.p., che tuttavia non è presente all’interno del codice penale. L’art. 600-octies c.p. prevede il reato di impiego di minori nell’accattonaggio.

 

Si valuti l’opportunità di modificare il riferimento all’art. 600-octies c.p. se ci si vuole riferire al reato di impiego di minori nell’accattonaggio

 

Inoltre, si prevede che il pubblico ministero debba sentire la persona offesa dal reato e la persona che ha presentato la denuncia entro tre giorni, a meno che non vi abbia già provveduto la polizia giudiziaria anche in sede di presentazione della denuncia o della querela.

 

L’art. 2, comma 1 e commi da 3 a 8, della proposta C. 603 Ascari reca alcune ulteriori modifiche al codice penale.

 

In particolare, il comma 1 introduce un nuovo comma all’articolo 56 (Delitto tentato), con il quale si prevede che nei casi di accordo o di istigazione a commettere il delitto di omicidio volontario, se l’azione non si compie o l’evento non si verifica per desistenza o per recesso di uno degli agenti, risponde di delitto tentato colui al quale la desistenza o il recesso non siano riferibili.

 

L’articolo 56 c.p. prevede che chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l'azione non si compie o l'evento non si verifica. Il colpevole del delitto tentato è punito: con la reclusione non inferiore a dodici anni, se la pena stabilita è l'ergastolo; e, negli altri casi, con la pena stabilita per il delitto, diminuita da un terzo a due terzi. Se il colpevole volontariamente desiste dall'azione, soggiace soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualora questi costituiscano per sé un reato diverso. Se volontariamente impedisce l'evento (c.d. “recesso attivo”), soggiace alla pena stabilita per il delitto tentato, diminuita da un terzo alla metà.

 

Il riferimento della norma ai “casi di accordo o di istigazione” farebbe immaginare una sua più corretta collocazione all’interno dell’articolo 115 c.p., il quale prevede che qualora due o più persone si accordino allo scopo di commettere un reato, e questo non sia commesso, nessuna di esse è punibile per il solo fatto dell'accordo. Le stesse disposizioni si applicano nel caso di istigazione a commettere un reato, se la istigazione è stata accolta, ma il reato non è stato commesso. In tale caso la norma costituirebbe una deroga al citato principio generale di cui all’art. 115 c.p. Tuttavia, la desistenza e il recesso attivo, parimenti citati dalla norma, sono propri dell’istituto del tentativo.

 

Si valuti l’opportunità di una riformulazione della norma volta a chiarire se si tratti di una specificazione circa la punibilità del concorrente morale nel delitto di tentato omicidio o di una eccezione al principio di non punibilità di cui all’art. 115 c.p.

 

La norma, pur inserita all’interno dell’articolo riguardante in generale i delitti tentati, si riferisce esclusivamente nei casi di accordo o di istigazione a commettere il delitto di omicidio volontario (art. 575 c.p.).

 

Si valuti l’opportunità di non limitare la portata della norma in esame ai soli casi di delitto di omicidio volontario o, in alternativa, di collocare la norma all’interno dell’art. 575 c.p.

 

Il comma 3 modifica l’art. 570-bis (Violazione degli obblighi di mantenimento familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio), estendendo l’applicabilità della fattispecie alla violazione degli obblighi di mantenimento dei figli nati fuori del matrimonio.

 

Tale modifica recepisce l’interpretazione dell’art. 570-bis c.p. fatta propria dalla giurisprudenza e ribadita dalla sentenza dalla Corte costituzionale 189/2019, nella quale la Corte ha invitato il legislatore “a intervenire direttamente sul testo dell’art. 570-bis cod. pen., per esplicitarne l’applicabilità – già oggi riconosciuta dal diritto vivente – anche alla condotta omissiva del genitore che non adempia i propri obblighi economici nei confronti dei figli nati fuori dal matrimonio, in omaggio all’obiettivo – rilevante ex art. 25, secondo comma, Cost. – di una più immediata riconoscibilità del precetto penale da parte dei suoi destinatari”.

 

I commi da 4 a 6 modificano gli articoli del codice penale relativi all’omicidio (art. 575), all’omicidio del consenziente (art. 579) e all’omicidio preterintenzionale (art. 584), al fine di sostituire la parola “uomo” con la parola “persona”.

La nuova formulazione delle norme incriminatrici è pertanto la seguente: “chiunque cagiona la morte di una persona” (in luogo della vigente: “chiunque cagiona la morte di un uomo”).

 

Il comma 7 interviene sull’art. 609-ter c.p. in materia di circostanze aggravanti del delitto di violenza sessuale, stabilendo il divieto di equivalenza o prevalenza delle circostanze attenuanti rispetto alle circostanze aggravanti di cui al medesimo articolo, primo comma, numeri 5 (aver commesso il fatto nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni diciotto) e 5-ter (l’aver commesso il fatto nei confronti di donna in stato di gravidanza).

 

Il comma 8 interviene sull’articolo 609-septies c.p., elevando da dodici a ventiquattro mesi il termine per la proposizione della querela per il delitto di violenza sessuale.

 

L’articolo 3 della proposta C. 603 Ascari interviene sull’art. 41-bis dell’ordinamento penitenziario (l. n. 354 del 1975).

In particolare, si prevede la sottoposizione al visto di censura della corrispondenza per i soggetti condannati per i delitti di maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.), violenza sessuale (art. 609-bis c.p.), atti sessuali con minorenne (art. 609-quater c.p.), violenza sessuale di gruppo (art. 609-octies c.p.) e atti persecutori (art. 612-bis c.p.).

 

Al riguardo, si valuti l’opportunità di chiarire i presupposti e il procedimento per l’applicazione della misura e, in particolare, se essa consegua immediatamente alla condanna per i delitti indicati o se siano necessari gli ulteriori presupposti previsti dal comma 2 dell’art. 41-bis.

 


 

Clausola finanziaria

 

C. 439 e C. 1294

 

L’articolo 15 della proposta C. 1294 e l’articolo 13 della proposta C. 439 recano la clausola di invarianza finanziaria, in virtù della quale dall’attuazione dei rispettivi provvedimenti non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Agli adempimenti connessi alle attività previste dai provvedimenti, si provvede con le risorse umane, strumentale e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

 

 

 

 


 



[1] Il richiamo è correttamente limitato dalle proposte in commento alla prima ipotesi, quella della minaccia grave, in quanto la seconda ipotesi (aver commesso il fatto nei modi indicati dall’art. 339: con armi, da persona travisata o da più persone riunite, con scritto anonimo o in modo simbolico, valendosi della forza intimidatrice di associazioni segrete esistenti o supposte, con corpi contundenti, in occasione di manifestazioni pubbliche ) è già procedibile d’ufficio ai sensi del terzo comma del medesimo art. 612

[2] La proposta in commento limitano correttamente il richiamo al primo e al secondo comma dell’art. 614. Il terzo comma di tale articolo riguarda, infatti, le circostanze aggravanti, assorbite dal richiamo al primo e al secondo comma, per alcune delle quali peraltro il quarto comma già prevede la procedibilità d’ufficio.

[3] La legge n. 69 del 2019 (c.d. legge sul codice rosso) ha inserito il delitto di cui all'articolo 572 c.p. nell'elenco dei reati che consentono nei confronti degli indiziati l'applicazione di misure di prevenzione.

[4] I delitti di cui agli artt. 582 e 583-quinquies sono richiamati nelle ipotesi aggravate dagli artt. 576, primo comma, n. 2, 5 e 5.1 e 577, primo comma, n. 1 c.p. (aver commesso il fatto: contro l’ascendente, il discendente, il coniuge anche separato, l’altra parte dell’unione civile, la persona stabilmente convivente o legata da stabile relazione affettiva; per motivi futili o abietti o con sevizie o crudeltà, con l’uso di mezzi venefici o insidiosi o con premeditazione; nel commettere i delitti di maltrattamenti contro familiari e conviventi, prostituzione e pornografia minorili, violenza sessuale (artt. 600-bis ss. c.p.); dall’autore del delitto di atti persecutori nei confronti della stessa persona offesa.

[5] Art. 12. Casi di connessione: "1. Si ha connessione di procedimenti: a) se il reato per cui si procede è stato commesso da più persone in concorso o cooperazione fra loro, o se più persone con condotte indipendenti hanno determinato l'evento; b) se una persona è imputata di più reati commessi con una sola azione od omissione ovvero con più azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso; c) se dei reati per cui si procede gli uni sono stati commessi per eseguire o per occultare gli altri o in occasione di questi ovvero per conseguirne o assicurarne al colpevole o ad altri il profitto, il prezzo, il prodotto o l'impunità".

[6] Si rammenta, inoltre, che la condizione di cui alla lettera a) del comma 1 risulta abrogata (dall'art. 6, comma 1, lett. a), della legge n. 167 del 2017).

[7] I delitti di cui agli artt. 582 e 583-quinquies sono richiamati nelle ipotesi aggravate dagli artt. 576, primo comma, n. 2, 5 e 5.1 e 577, primo comma, n. 1 c.p. (aver commesso il fatto: contro l’ascendente, il discendente, il coniuge anche separato, l’altra parte dell’unione civile, la persona stabilmente convivente o legata da stabile relazione affettiva; per motivi futili o abietti o con sevizie o crudeltà, con l’uso di mezzi venefici o insidiosi o con premeditazione; nel commettere i delitti di maltrattamenti contro familiari e conviventi, prostituzione e pornografia minorili, violenza sessuale (artt. 600-bis ss. c.p.); dall’autore del delitto di atti persecutori nei confronti della stessa persona offesa.