Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Giustizia |
Titolo: | Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, all'ordinamento giudiziario e al codice dell'ordinamento militare |
Serie: | Progetti di legge Numero: 153 |
Data: | 01/08/2023 |
Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, all'ordinamento giudiziario e al codice dell'ordinamento militare
A.S. n. 808
Servizio Studi
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Dossier n. 121
Servizio Studi
Dipartimento giustizia
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Progetti di legge n. 153
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I N D I C E
Articolo 1, comma 1, lett. a), b), c), n. 1 (Abuso d’ufficio)
Articolo 1, comma 1, lett. c), d) ed e) (Traffico di influenze illecite)
Articolo 2 (Modifiche al codice di procedura penale)
Articolo 3 (Modifiche all’ordinamento giudiziario)
Articolo 4 (Aumento del ruolo organico del personale di magistratura ordinaria)
Articolo 6 (Modifiche al codice dell’ordinamento militare)
Articolo 7 (Disposizioni finanziarie)
Articolo 8 (Entrata in vigore)
Il disegno di legge n. 808, di iniziativa governativa e assegnato in sede referente alla Commissione giustizia, si compone di otto articoli.
Sinteticamente il provvedimento:
· abroga il delitto di abuso d’ufficio, previsto dall’articolo 323 del codice penale, abrogandolo e modifica l’art. 346-bis c.p., che disciplina il reato di traffico di influenze illecite;
· reca alcune modifiche alla disciplina delle intercettazioni al fine di rafforzare la tutela del terzo estraneo al procedimento rispetto alla circolazione delle comunicazioni intercettata. È in particolare introdotto il divieto di pubblicazione, anche parziale, del contenuto delle intercettazioni in tutti i casi in cui quest’ultimo non sia riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento; è escluso il rilascio di copia delle intercettazioni di cui è vietata la pubblicazione quando la richiesta è presentata da un soggetto diverso dalle parti e dai loro difensori; è infine introdotto l’obbligo per il PM di stralciare dai cd. brogliacci espressioni lesive della reputazione o riguardanti dati sensibili di soggetti diversi dalle parti;
· interviene in materia di misure cautelari, prevedendo l’istituto dell’interrogatorio preventivo della persona sottoposta alle indagini preliminari rispetto alla eventuale applicazione della misura cautelare e introducendo la decisione collegiale per l’adozione dell’ordinanza applicativa della custodia in carcere nel corso delle indagini preliminari;
· esclude il potere del PM di proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento per i reati di cui all’articolo 550, commi 1 e 2, c.p.p.;
· apporta modifiche all’ordinamento giudiziario (R.D. n. 12 del 1941) in materia di tabelle infradistrettuali e in materia di criteri per l’assegnazione degli affari penali al giudice per le indagini preliminari conseguenti all’introduzione della composizione collegiale del giudice per le indagini preliminari;
· incrementa di 250 unità il ruolo organico della magistratura, da destinare alle funzioni giudicanti di primo grado;
· reca una norma di interpretazione autentica volta a chiarire che il requisito dell’età non superiore a 65 anni dei giudici popolari deve essere riferito esclusivamente al momento in cui il giudice viene chiamato a prestare servizio nel collegio;
· interviene in materia di incidenza di provvedimenti giudiziari nelle procedure per l’avanzamento al grado superiore dei militari.
Articolo 1, comma 1, lett. a), b), c), n. 1
(Abuso d’ufficio)
L’articolo 1 interviene sul delitto di abuso d’ufficio, previsto dall’articolo 323 del codice penale, abrogandolo.
Nello specifico, l’abrogazione dell’art. 323 c.p. è recata dalla lett. b) del comma 1 dell’articolo in commento.
Si ricorda che l’art. 323 c.p. (Abuso d’ufficio) nel testo attualmente vigente punisce con la reclusione da 1 a 4 anni, salvo che il fatto costituisca più grave reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, intenzionalmente procuri a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero rechi ad altri un danno ingiusto. Integrano la fattispecie di reato le due condotte alternative:
· la violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità;
· la violazione dell'obbligo di astensione in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti.
Elementi costitutivi essenziali della fattispecie sono quindi il danno ingiusto per la vittima ovvero l'ingiusto vantaggio patrimoniale per l'autore o per altri.
È prevista una circostanza aggravante nel caso in cui il vantaggio o il danno abbiano un carattere di rilevante gravità.
Si ricorda, altresì, che l'ambito oggettivo del reato è stato circoscritto a seguito della novella apportata con l'art. 23 del DL 76/2020 (decreto c.d. "semplificazioni"), che ha sostituito l’originaria formulazione: «in violazione di norme di legge o di regolamento» con quella più restrittiva: «in violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità».
In via generale, la giurisprudenza ha affermato che per la configurazione del reato di abuso d'ufficio è necessario che sussista un'autonoma e doppia ingiustizia, nel senso che ingiusta deve essere la condotta, in quanto connotata da violazione di legge e dall'assenza di margini di discrezionalità oppure dalla violazione dell'obbligo di astensione, ed ingiusto deve essere il vantaggio patrimoniale procurato, in quanto non spettante in base al diritto oggettivo regolante la materia, o il danno arrecato. Conseguentemente, occorre una duplice distinta valutazione, non potendosi far discendere l'ingiustizia del vantaggio o del danno dall'illegittimità del mezzo utilizzato e, quindi, dall'accertata esistenza dell'illegittimità della sola condotta (Cass. pen. Sez. III, 04/03/2021, n. 8792).
Sotto lo specifico profilo dell'ambito oggettivo del reato, si è ritenuto che ai fini dell'integrazione dell'elemento oggettivo del reato di abuso d'ufficio sia necessario che la condotta sia realizzata attraverso l'esercizio del potere pubblico attribuito al soggetto agente, configurando i comportamenti non correlati all'attività funzionale, o meramente occasionati da essa, una mera violazione del dovere di correttezza, non rilevante ai sensi dell'art. 323 cod. pen. anche se in contrasto di interessi con l'attività istituzionale (Cass. pen. Sez. VI 17/02/2022, n. 14721).
Si è, inoltre, ritenuto come a seguito della novella di cui al DL 76/2020 non sia più configurabile il delitto di abuso d'ufficio quando la condotta del pubblico ufficiale costituisca espressione di discrezionalità amministrativa (Cass. pen. Sez. VI 08/01/2021, n. 442) ed è stato sottolineato come la nuova formulazione dell'art. 323 c.p. pretenda che la condotta produttiva di responsabilità penale del pubblico funzionario sia connotata, nel concreto svolgimento delle funzioni o del servizio, dalla violazione di regole cogenti per l'azione amministrativa, che per un verso siano fissate dalla legge e per altro verso siano specificamente disegnate in termini completi e puntuali e come da ciò derivi un ambito applicativo ben più ristretto rispetto a quello definito con la previgente definizione della modalità di condotta punibile, che sottrae al giudice sia l'apprezzamento dell'inosservanza di principi generali o di fonti normative di tipo regolamentare, sia il sindacato del mero cattivo uso della discrezionalità amministrativa, sempreché l'esercizio del potere discrezionale non trasmodi tuttavia in una vera e propria distorsione funzionale dai fini pubblici - c.d. sviamento di potere o violazione dei limiti esterni della discrezionalità - laddove risultino perseguiti, nel concreto svolgimento delle funzioni o del servizio, interessi oggettivamente difformi e collidenti con quelli per i quali soltanto il potere discrezionale è attribuito, oppure si sostanzi nell'alternativa modalità della condotta, rimasta penalmente rilevante, dell'inosservanza dell'obbligo di astensione in situazione di conflitto di interessi (Cass. pen. Sez. VI 08/01/2021, n. 442). È stato al riguardo affermato come la novella abbia determinato una parziale abolitio criminis in relazione alle condotte commesse prima dell'entrata in vigore della riforma, realizzate mediante violazione di norme regolamentari o di norme di legge generali e astratte, dalle quali non siano ricavabili regole di condotta specifiche ed espresse o che lascino residuare margini di discrezionalità (Cass. pen. Sez. VI 08/01/2021, n. 442).
Nello stesso senso, si è esclusa l'applicazione della nuova formulazione dell'art. 323 c.p. nel caso di atti amministrativi connotati da un margine di discrezionalità tecnica, che sono esclusi dalla sfera del penalmente rilevante. Nella discrezionalità tecnica, la scelta dell'amministrazione si compie, infatti, attraverso un complesso giudizio valutativo condotto alla stregua di regole tecniche: il caso classico è quello dei giudizi delle commissioni sul merito della produzione scientifica di un candidato ad una selezione pubblica (Cass. pen. Sez. VI 15/04/2021, n. 14214).
Con riferimento alla violazione dell'art. 97 Cost., non si registra una giurisprudenza univoca: da un lato, si è escluso che integri il reato la sola violazione dei principi di imparzialità e buon andamento di cui all'art. 97 Cost. (Cass. pen. Sez. VI 19/07/2022, n. 28402; Cass. pen. Sez. VI 06/04/2022, n. 13139); dall'altro, si è affermato che la novella non ha determinato l'abolitio criminis delle condotte realizzate mediante violazione dell'art. 97 Cost., nella parte in cui è vietata l'attuazione di intenti discriminatori o ritorsivi, quale connotato dell'imparzialità nell'esercizio delle pubbliche funzioni, trattandosi di principio costituzionale di portata immediatamente precettiva, che non necessita di alcun adattamento o specificazione (Cass. pen. Sez. I 18/01/2022, n. 2080).
Sotto il profilo delle norme interposte, si è ritenuto che la violazione di norme regolamentari può rilevare ai fini dell'integrazione del reato nel caso in cui esse, operando quali norme interposte, si risolvano nella specificazione tecnica di un precetto comportamentale già compiutamente definito nella norma primaria e purché questa sia conforme ai canoni della tipicità e tassatività propri del precetto penale (Cass. pen. Sez. VI 08/09/2021, n. 33240).
In linea generale, si è affermato che il reato di abuso d'ufficio è configurabile non solamente nei casi in cui la violazione abbia ad oggetto una specifica regola di condotta connessa all'esercizio di un potere già in origine previsto da una norma come del tutto vincolato, ma anche nei casi riguardanti l'inosservanza di una regola di condotta collegata allo svolgimento di un potere che, astrattamente previsto dalla legge come discrezionale, sia divenuto in concreto vincolato per le scelte fatte dal pubblico agente prima dell'adozione dell'atto (o del comportamento) in cui si sostanzia l'illecito (Cass. pen. Sez. I 17/03/2021, n. 10335; Cass. pen. Sez. VI 01/03/2021, n. 8057).
Per una ricostruzione dell'evoluzione normativa e giurisprudenziale del reato di abuso d'ufficio v. sentenza della Corte costituzionale n. 8/2022.
Si segnala che l’abrogazione dell’art. 323 c.p. è prevista altresì dalla proposta di legge C. 645 Pittalis, attualmente all’esame della Commissione Giustizia della Camera, sulla quale, nell’ambito dell’attività conoscitiva, è stato svolto un ciclo di audizioni (le memorie depositate da alcuni degli auditi sono consultabili al seguente link). Inoltre, nell’ambito dell’esame della medesima proposta di legge, la Commissione Giustizia ha chiesto al Governo di fornire elementi conoscitivi concernenti l'applicazione del reato di abuso d'ufficio (la nota trasmessa dal Ministero della giustizia è consultabile al seguente link).
In via generale, si ricorda che il 3 maggio 2023 la Commissione europea ha presentato la proposta di direttiva COM(2023)234 sulla lotta contro la corruzione. La proposta aggiorna il quadro giuridico dell'UE in materia di lotta contro la corruzione, vincolando gli Stati membri all'adozione di norme di armonizzazione minima delle fattispecie di reato riconducibili alla corruzione e delle relative sanzioni, nonché di misure per la prevenzione del fenomeno corruttivo e di strumenti per rafforzare la cooperazione nelle relative attività di contrasto (si rinvia al relativo dossier).
In particolare, per quanto riguarda l’abuso d’ufficio, l’articolo 11 della proposta di direttiva prevede che gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché sia punibile come reato la condotta seguente, se intenzionale:
· l’esecuzione o l'omissione di un atto, in violazione delle leggi, da parte di un funzionario pubblico nell'esercizio delle sue funzioni al fine di ottenere un indebito vantaggio per sé o per un terzo;
· l’esecuzione o l'omissione di un atto, in violazione di un dovere, da parte di una persona che svolge a qualsiasi titolo funzioni direttive o lavorative per un'entità del settore privato nell'ambito di attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o commerciali al fine di ottenere un indebito vantaggio per sé o per un terzo.
A tal proposito, si fa presente che nella seduta del 19 luglio 2023, la XIV Commissione (Politiche UE) della Camera, nell’ambito dell’esame di sussidiarietà, ha adottato un documento recante parere motivato (Doc. XVIII-bis, n. 10), ai sensi della procedura per la verifica di conformità al principio di sussidiarietà di cui al Protocollo n. 2 allegato al Trattato di Lisbona, sulla proposta di direttiva sulla lotta contro la corruzione, contestandone sotto vari profili la conformità al medesimo principio nonché a quelli di attribuzione e proporzionalità. Il parere motivato è stato confermato dall’assemblea della Camera dei deputati nella seduta del 26 luglio 2023.
Nel parere si è evidenziato, in particolare, che «la proposta risulterebbe palesemente in contrasto con il principio di sussidiarietà e con quella di proporzionalità. Ciò in quanto essa detta, senza che sia dimostrata la necessità ed il valore aggiunto dell'intervento a livello unionale, una disciplina pervasiva che incide profondamente su normative, quali quelle contenute nei codici penali e di procedura penale, che tengono conto delle specificità dei sistemi, dei dati statistici e delle culture giuridiche, economiche e sociali, nonché dell'ordinamento costituzionale e delle Pubbliche amministrazioni di ciascuno Stato membro». Per quanto riguarda, nello specifico, il reato di abuso d’ufficio si sottolinea, tra l’altro, che la Commissione non abbia interamente dimostrato «l'asserito carattere transnazionale del fenomeno criminale oggetto della disciplina, invocato dalla Commissione europea a sostegno della conformità dell'intervento normativo al principio di sussidiarietà».
Si ricorda, altresì, che la a Convenzione delle Nazioni Unite del 2003 contro la corruzione (c.d. Convenzione di Merida), ratificata dall’Italia con la legge n. 116 del 2009, prevede all’art. 19 il conferimento del carattere di illecito penale, “quando l'atto è stato commesso intenzionalmente, al fatto per un pubblico ufficiale di abusare delle proprie funzioni o della sua posizione, ossia di compiere o di astenersi dal compiere, nell'esercizio delle proprie funzioni, un atto in violazione delle leggi al fine di ottenere un indebito vantaggio per se o per un'altra persona o entità”.
L’articolo in commento reca ulteriori modificazioni volte a coordinare altre disposizioni del codice penale con l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio. In particolare:
Ø il comma 1, lettera a), sopprime i riferimenti al reato di abuso d’ufficio contenuti nella rubrica e nel testo dell’art. 322-bis c.p. (relativo all’applicabilità delle norme sui delitti contro la pubblica amministrazione ai membri delle Corti internazionali o degli organi dell’Unione europea o di assemblee parlamentari internazionali o di organizzazioni internazionali e ai funzionari dell’Unione europea);
Ø il comma 1, lettera c), numero 1, interviene sull’art. 323-bis, primo comma, c.p., relativo alla circostanza attenuante della particolare tenuità del fatto, sostituendo il riferimento all’abrogato art. 323 (abuso d’ufficio) con quello al nuovo art. 346-bis (traffico di influenze illecite) (su cui si veda la relativa scheda).
Infine, per quanto riguarda l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio, si ricorda che ogniqualvolta si procede all'abrogazione di una fattispecie penale la giurisprudenza è chiamata a valutare, in relazione ai procedimenti penali in corso, se si sia dinanzi ad una abolitio crimis, con contestuale archiviazione o assoluzione dell'imputato, ovvero a un fenomeno di continuità normativa, riconducibile all’articolo 2, comma 4, c.p., con conseguente applicazione della norma penale più favorevole all'imputato.
Articolo 1, comma 1, lett. c), d) ed e)
(Traffico di influenze illecite)
L’articolo 1, c. 1, lett. e), interviene sull’art. 346-bis c.p., modificando il reato di traffico di influenze illecite al fine di restringerne l’ambito di applicazione. Inoltre, sono estese a tale fattispecie le attenuanti di cui all’art. 322-bis c.p. (lett. c) e la causa di non punibilità prevista dall’art. 322-ter c.p. (lett. d).
L’articolo 1, c. 1, lett. e), sostituendo integralmente l’art. 346-bis c.p., modifica alcuni aspetti del reato di traffico di influenze illecite, al fine di restringerne l’ambito di applicazione.
L’art. 346-bis c.p. (Traffico di influenze illecite) punisce con la reclusione da un anno a quattro anni e sei mesi chiunque, fuori dei casi di concorso in delitti di corruzione, sfruttando o vantando relazioni esistenti o asserite con un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità:
· quale prezzo della mediazione illecita verso il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio (in tale ipotesi, l'erogazione indebita costituisce il corrispettivo della mediazione illecita presso il pubblico agente);
· per remunerare il pubblico ufficiale o incaricato di servizio pubblico in relazione all'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri (in questa ipotesi la corresponsione illecita è effettuata all'intermediario affinché questi, a sua volta, remuneri il soggetto pubblico in relazione all'esercizio delle sue funzioni o poteri).
Alla stessa pena della reclusione da 1 anno a 4 anni e sei mesi, soggiace chi dà o promette denaro o altra utilità (secondo comma).
La pena è aumentata:
- se chi si fa dare o promettere denaro o altra utilità è pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio (terzo comma);
- se il fatto è commesso in relazione all'esercizio di funzioni giudiziarie o al compimento di atti contrari ai doveri d'ufficio o all'omissione o al ritardo di un atto d'ufficio (quarto comma).
La pena è diminuita se il fatto è di particolare tenuità (quinto comma).
Si ricorda che il reato di traffico di influenze illecite di cui all'art. 346-bis c.p. è stato inserito nel codice dalla c.d. “Legge Severino” (legge n. 190 del 2012).
Si ricorda, a tale proposito, che il citato intervento legislativo richiamava quanto previsto sia dall’art. 18 Convenzione delle Nazioni Unite del 2003 contro la corruzione (c.d. Convenzione di Merida), sia dall’art. 12 della Convenzione penale sulla corruzione del Consiglio d’Europa del 27 gennaio 1999.
La norma, nella sua formulazione originaria, prevedeva il fatto di chi, fuori dei casi di concorso nei reati di corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio (art. 319 c.p.) e di corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter c.p.), «sfruttando relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o con un incaricato di pubblico servizio, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale, come prezzo della propria mediazione illecita verso il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio, ovvero per remunerarlo, in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri d'ufficio o all'omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio».
A seguito della legge n. 3 del 2019 (c.d. “legge spazzacorrotti”), la base di tipicità del reato è stata rimodellata estensivamente in una triplice direzione:
o si è provveduto all'abrogazione del reato di millantato credito, previsto dall’art. 346 c.p., al fine di risolvere i problemi interpretativi e di coordinamento posti dalla coesistenza dei delitti di millantato credito e di traffico di influenze illecite. Si è modificato quindi il delitto di traffico di influenze illecite, assorbendo le condotte previste dal reato di millantato credito;
o è stato eliminato il requisito della finalizzazione dell'attività di mediazione illecita dell'intermediario al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o all'omissione o al ritardo di un atto d'ufficio, da parte del funzionario pubblico. Per l'integrazione del reato non è dunque più necessario che la mediazione sia indirizzata all'atto contrario ai doveri: la presenza di tale finalità rileva invece oggi come circostanza aggravante (art. 346-bis, comma 4, c.p.); nell'ipotesi base, invece, la remunerazione pattuita dalle parti può riguardare anche il mero esercizio delle funzioni o dei poteri di un pubblico agente;
o è venuta meno la natura necessariamente "patrimoniale" del vantaggio dato o promesso al mediatore, per cui ora la disposizione individua il corrispettivo ricevuto dal venditore di influenza con il generico termine "utilità";
o il raggio operativo dell'incriminazione è stato ampliato agli accordi finalizzati ad influenzare un pubblico ufficiale straniero o altro soggetto menzionato nell'art. 322-bis c.p. (traffico di influenze c.d. internazionale). Si tratta, ad esempio, dei membri delle Corti internazionali o degli organi dell’Unione europea, o di assemblee parlamentari internazionali o di organizzazioni internazionali e di funzionari UE e di Stati esteri.
La giurisprudenza di legittimità ha specificato che, quanto alla offensività ed alla lesione del bene giuridico, che l'art. 346-bis c.p., "incrimina attualmente condotte prodromiche a più gravi fatti, secondo la tecnica della anticipazione della tutela; una tutela avanzata dei beni della legalità e della imparzialità della pubblica amministrazione rispetto ad un tipo criminoso obiettivamente non omogeneo"(Cass. pen., Sez. VI, Sent. 13 gennaio 2022, n. 1182). La Corte di Cassazione ha affermato inoltre che con l'art. 346- bis c.p. il legislatore «ha inteso punire, in via preventiva e anticipata, il fenomeno della corruzione, sottoponendo a sanzione penale tutte quelle condotte, in precedenza irrilevanti, prodromiche rispetto ai reati di corruzione, consistenti in accordi aventi ad oggetto le illecite influenze su un pubblico agente che uno dei contraenti (il trafficante) promette di esercitare in favore dell'altro (il privato interessato all'atto) dietro compenso (per sé o altri o per remunerare il pubblico agente)». La norma, continua la Corte, «non chiarisce quale sia la influenza illecita che deve tipizzare la mediazione e non è possibile, allo stato della normativa vigente, far riferimento ai presupposti e alle procedure di una mediazione legittima con la pubblica amministrazione (c.d. lobbying), attualmente non ancora regolamentata».
La Corte riconosce che il contenuto indeterminato della norma comporta il rischio di «attrarre nella sfera penale – a discapito del principio di legalità – le più svariate forme di relazioni con la pubblica amministrazione, connotate anche solo da opacità o scarsa trasparenza, ovvero quel "sottobosco" di contatti informali o di aderenze difficilmente catalogabili in termini oggettivi e spesso neppure patologici, quanto all'interesse perseguito» In conclusione la Corte di Cassazione ritiene che «l'unica lettura della norma che soddisfa il principio di legalità è quella che fa leva sulla particolare finalità perseguita attraverso la mediazione: la mediazione è illecita quando è finalizzata alla commissione di un "fatto di reato" idoneo a produrre vantaggi per il privato committente» (Cassazione Penale, Sez. VI, 9 novembre 2021 n. 40518).
Come specificato dalla Corte di Cassazione (da ultimo, v. Cass. pen., Sez. VI, Sent. 13 gennaio 2022 , n. 1182), la formulazione dell'art. 346 bis c.p. prevede due modalità alternative e distinte di realizzazione della condotta tipica: da un lato, il farsi dare o promettere indebitamente denaro o altro vantaggio patrimoniale, come prezzo della propria mediazione illecita verso il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio (mediazione onerosa); dall'altro lato, il farsi dare o promettere indebitamente denaro o altra utilità per remunerare il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio (mediazione gratuita). Secondo la ricostruzione giurisprudenziale, tale quadro di riferimento si distingue ulteriormente, con varie possibili combinazioni, in ragione della duplicità delle condotte dell'intermediario, consistenti nello sfruttare ovvero vantare relazioni, esistenti o asserite, con il pubblico ufficiale. Si tratta di condotte (sfruttamento, vanteria) che possono riguardare:
a) un rapporto tra mediatore e pubblico agente ed una capacità di influenza del primo che possono effettivamente esistere già al momento in cui la condotta è commessa e di cui il "compratore" può essere già a conoscenza;
b) un rapporto che non esiste al momento in cui "l'influenza" viene venduta ma che il "compratore" sa del potere del "venditore" di realizzalo, di concretizzarlo, di renderlo effettivo - grazie ad una capacità di influenza potenziale (dovuta ad es. al suo prestigio sociale o posizione professionale riconosciuta nell'ambiente di riferimento);
c) un rapporto che esiste e che tuttavia è magnificato dal "mediatore", ampliato, fatto apparire più intenso di quanto lo sia in concreto;
d) un rapporto che non solo non esiste al momento in cui la condotta è compiuta ma che il "venditore" sa che non potrà nemmeno realizzarsi in futuro e che il "compratore" ritiene invece esistente o realizzabile per effetto di una condotta decettiva del mediatore (un traffico di influenze impossibile/putativo).
Il rapporto tra mediatore e pubblico agente e la capacità di influenza del primo sul secondo possono essere inesistenti, esistenti - anche solo in potenza- e, posto che siano esistenti, assumere diverse gradazioni e modulazioni a seguito delle asserzioni del "mediatore -venditore".
Come specifica la Corte «in tale contesto, la modalità comportamentale consistente nella dazione/promessa del privato committente al "trafficante di influenza" affinché questi provveda a remunerare il pubblico agente (c.d. “mediazione gratuita”) è quella di più agevole discernimento sul piano strutturale. L'accordo illecito nella specie assume, infatti, una finalità prospetticamente corruttiva e si colloca in uno stadio anticipato rispetto alle fattispecie previste dagli artt. 318 ss. c.p.».
Con riguardo invece all'ipotesi della c.d. “mediazione onerosa” la corte specifica che «non può essere oggetto di incriminazione il contratto di per sé, sia esso di mediazione in senso stretto o di altro tipo, atteso che, se così fosse, la tensione della fattispecie rispetto ai principi fondanti di materialità del fatto, di tipicità, di frammentarietà, di offensività sarebbe evidente». Né può assumere decisivo rilievo, ai fini della connotazione di illiceità, la mera circostanza che «il contratto tra committente e venditore presenti profili di illegittimità negoziale, tenuto conto peraltro che il riferimento alla mediazione, contenuto nell'art. 346-bis cod. pen., non deve essere inteso come esclusivamente riferito al contratto tipico di mediazione disciplinato dagli artt. 1754 e ss. cod. civ., ma, più in generale, a quel sistema di rapporti, che, pur non essendo riconducibili tecnicamente al contratto in questione, si caratterizzano nondimeno per la presenza di "procacciatori d'affari" ovvero per mere "relazioni informali" fondate su opacità diffuse, da scarsa trasparenza, da aderenze difficilmente classificabili». Al riguardo la corte conclude che: «la mediazione onerosa è illecita in ragione della proiezione "esterna" del rapporto dei contraenti, dell'obiettivo finale dell'influenza compravenduta, nel senso che la mediazione è illecita se è volta alla commissione di un illecito penale - di un reato - idoneo a produrre vantaggi al committente» (Cass. pen., Sez. VI, Sent. 13 gennaio 2022, n. 1182).
In particolare, ai sensi del primo comma del nuovo art. 346-bis, risultante dalle modifiche introdotte dal provvedimento in commento:
· le relazioni del mediatore con il pubblico ufficiale devono essere sfruttate (non solo vantate) e devono essere esistenti (non solo asserite);
Si rileva che, in questo modo, vengono meno le due modifiche, introdotte dalla legge n. 3 del 2019, (c.d. “spazzacorrotti”), che erano state apportate al testo al fine assorbire il reato di millantato credito all’interno della fattispecie di traffico illecito d’influenze (v. supra).
Tali condotte di c.d. “millanteria” o “vanteria” – come specificato nella relazione illustrativa - rimarranno punibili ove ricorrano gli elementi costitutivi della fattispecie generale del reato di truffa.
Si ricorda che l’articolo 640 c.p., relativo al delitto di truffa, punisce con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e con la multa da 51 a 1.032 euro chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno (primo comma).
· lo sfruttamento delle relazioni deve avvenire intenzionalmente;
Si chiarisce quindi la natura del dolo, nella forma del dolo intenzionale, necessario per configurare la fattispecie criminosa.
· l'utilità data o promessa al mediatore, in alternativa al denaro, deve essere economica (viene specificato anche al terzo comma);
Si ricorda che prima delle modifiche introdotte dalla legge n. 3 del 2019, (c.d. “spazzacorrotti”) la portata dell’incriminazione era limitata all’offerta o alla dazione all’intermediario di «denaro o altro vantaggio patrimoniale», con esclusione quindi di ogni altra utilità di natura non patrimoniale (v. supra). La modifica in questione, pertanto, riafferma la natura necessariamente economica del vantaggio dato o promesso al mediatore.
· la descrizione della condotta tipica viene modificata al fine di prevedere che il farsi dare o promettere indebitamente, per sé o per altri, denaro o altra utilità economica sia finalizzato:
- alla remunerazione di un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322-bis, in relazione all’esercizio delle sue funzioni;
- alla realizzazione di un’altra mediazione illecita (v. infra).
· il trattamento sanzionatorio del minimo edittale è aumentato da 1 anno a 1 anno e 6 mesi.
La relazione illustrativa specifica che l’innalzamento del minimo edittale della pena è conseguente alla riduzione dell’ambito applicativo della fattispecie di reato, limitato a condotte particolarmente gravi.
Inoltre, all’art. 346-bis c.p. è introdotto un nuovo secondo comma che reca una esplicita definizione di “altra mediazione illecita”, richiamata dal primo comma. Per mediazione illecita si intende quindi la mediazione per indurre il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322-bis a compiere un atto contrario ai doveri d’ufficio costituente reato dal quale possa derivare un vantaggio indebito.
Pertanto, alla luce di tale specificazione, viene rimodulata una delle due finalizzazioni alternative della condotta tipica precedentemente previste. Difatti, si prevede che, nel caso in cui il denaro o l’utilità economica data o promessa al mediatore non sia finalizzata alla remunerazione del pubblico ufficiale, dell’incaricato di un pubblico servizio o degli altri soggetti di cui all'articolo 322-bis, l’accordo di mediazione illecito tra committente e mediatore debba essere volto al compimento di un atto contrario ai doveri d’ufficio, costituente reato, idoneo a produrre un vantaggio indebito al committente.
Tale precisazione sembrerebbe coerente con la più recente giurisprudenza di legittimità, la quale ha ritenuto, in relazione alla c.d. “mediazione onerosa”, che essa «è illecita in ragione della proiezione "esterna" del rapporto dei contraenti, dell'obiettivo finale dell'influenza compravenduta, nel senso che la mediazione è illecita se è volta alla commissione di un illecito penale - di un reato - idoneo a produrre vantaggi al committente» (Cass. pen., Sez. VI, Sent. 13 gennaio 2022, n. 1182).
Al nuovo quarto comma dell’art. 346-bis c.p. (cioè al terzo comma nella versione attualmente vigente), si estende l’aggravante ivi prevista nel senso di prevedere il caso in cui il soggetto che indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità riveste anche una delle qualifiche di cui all’articolo 322-bis (v. supra) e non solo la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio.
Inoltre, l’articolo in commento reca ulteriori modificazioni al codice penale volte a:
Ø estendere al reato di traffico d’influenze illecite, di cui all’art. 346-bis c.p., le circostanze attenuanti di cui all’art. 323-bis c.p. (lett. c);
Per questa ragione, nella nuova formulazione dell’articolo in commento viene eliminato l’attuale quinto comma che prevede una specifica circostanza attenuante per i fatti di particolare tenuità.
Si ricorda che l’articolo 323-bis c.p. prevede due circostanze attenuanti:
- per alcuni delitti contro la p.a. ivi elencati la pena è diminuita se i fatti commessi sono di particolare tenuità (primo comma);
- per alcuni delitti contro la p.a. ivi elencati la pena è diminuita da un terzo a due terzi per chi efficacemente si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati per l'individuazione degli altri responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite (secondo comma).
Ø estendere al reato di traffico d’influenze illecite la causa di non punibilità di cui all’art. 323-ter c.p. (lett. d).
Si ricorda l’articolo 323-ter c.p., introdotto dalla legge n. 3 del 2019, prevede una causa speciale di non punibilità per alcuni delitti contro la pubblica amministrazione, in presenza di autodenuncia e collaborazione con l’autorità giudiziaria.
In relazioni a questi fatti, caratterizzati da un accordo illecito, non è punibile colui che:
· li denuncia volontariamente;
· fornisce indicazioni utili e concrete per assicurare la prova del reato e per individuare gli altri responsabili.
Per l’applicazione della causa di non punibilità occorre anche che l’interessato sveli la commissione del fatto prima di avere notizia che nei suoi confronti sono state svolte indagini in relazione a tali fatti e, comunque, entro 4 mesi dalla commissione del fatto stesso.
Il comma 2 dell’art. 323-ter individua ulteriori presupposti per l’applicazione della causa di non punibilità:
· mettere a disposizione l’utilità percepita o, se questo è impossibile, mettere a disposizione una somma di denaro di valore equivalente;
· fornire elementi utili ad individuare il beneficiario effettivo dell’utilità.
In entrambi i casi, occorre che la messa a disposizione dell’utilità o l’indicazione di elementi utili sia effettuata entro 4 mesi dal fatto.
Infine, il comma 3 specifica che la causa di non punibilità non si applica quando l’autodenuncia è preordinata rispetto alla commissione del reato denunciato. Tale causa di non punibilità non si applica in favore dell'agente sotto copertura che ha agito in violazione delle disposizioni di cui all'art. 9 della legge che disciplina le operazioni coperte, la l. 146/2006.
Si segnala che alcune modifiche del reato di cui all’art. 346-bis c.p. sono previste altresì dalla proposta di legge C. 645 Pittalis (v. supra), attualmente all’esame della Commissione Giustizia della Camera, sulla quale, nell’ambito dell’attività conoscitiva, è stato svolto un ciclo di audizioni (le memorie depositate da alcuni degli auditi sono consultabili al seguente link).
Infine, si ricorda che nella proposta di direttiva COM(2023)234 sulla lotta contro la corruzione (v. supra), l’articolo 10 prevede che gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché sia punibile come reato la condotta seguente, se intenzionale:
· il fatto di promettere, offrire o concedere, direttamente o tramite un intermediario, un indebito vantaggio di qualsiasi natura per una persona o un terzo affinché detta persona eserciti un'influenza reale o presunta in vista di ottenere un indebito vantaggio da un funzionario pubblico;
· il fatto che una persona solleciti o riceva, direttamente o tramite un intermediario, un indebito vantaggio o la promessa di un indebito vantaggio di qualsiasi natura per sé o per un terzo, al fine di esercitare un'influenza reale o presunta in vista di ottenere un indebito vantaggio da un funzionario pubblico.
La disposizione inoltre specifica che affinché la condotta sia punibile come reato è irrilevante che l'influenza sia esercitata o meno o che la presunta influenza porti o meno ai risultati voluti.
A tal proposito, come ricordato per la fattispecie di abuso d’ufficio (v. la relativa scheda), si fa presente che nella seduta del 19 luglio 2023, la XIV Commissione (Politiche UE) della Camera, nell’ambito dell’esame di sussidiarietà, ha adottato un documento recante parere motivato (Doc. XVIII-bis, n. 10), ai sensi della procedura per la verifica di conformità al principio di sussidiarietà di cui al Protocollo n. 2 allegato al Trattato di Lisbona, sulla proposta di direttiva sulla lotta contro la corruzione, contestandone sotto vari profili la conformità al medesimo principio nonché a quelli di attribuzione e proporzionalità. Il parere motivato è stato confermato dall’assemblea della Camera dei deputati nella seduta del 26 luglio 2023.
Codice penale |
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Testo vigente |
Testo come modificato dall’A.S. 808 |
Art. 346-bis |
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Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 318, 319, 319-ter e nei reati di corruzione di cui all'articolo 322-bis, sfruttando |
Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 318, 319, 319-ter e nei reati di corruzione di cui all’articolo 322-bis, sfruttando intenzionalmente relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322-bis, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità economica, per remunerare un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322-bis, in relazione all’esercizio delle sue funzioni, ovvero per realizzare un’altra mediazione illecita, è punito con la pena della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni e sei mesi. |
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Ai fini di cui al primo comma, per altra mediazione illecita si intende la mediazione per indurre il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322-bis a compiere un atto contrario ai doveri d’ufficio costituente reato dal quale possa derivare un vantaggio indebito. |
La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette denaro o altra utilità. |
La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette denaro o altra utilità economica. |
La pena è aumentata se il soggetto che indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio. |
La pena è aumentata se il soggetto che indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio o una delle qualifiche di cui all’articolo 322-bis. |
Le pene sono altresì aumentate se i fatti sono commessi in relazione all'esercizio di attività giudiziarie o per remunerare il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all'articolo 322-bis in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri d'ufficio o all'omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio. |
La pena è altresì aumentata se i fatti sono commessi in relazione all’esercizio di attività giudiziarie o per remunerare il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322-bis in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri d’ufficio o all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio. |
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Articolo 2
(Modifiche al codice di procedura penale)
L’articolo 2 reca una serie di modifiche al codice di procedura penale. In materia di intercettazioni le modifiche hanno lo scopo di rafforzare la tutela del terzo estraneo al procedimento rispetto alla circolazione delle comunicazioni intercettate. È così introdotto il divieto di pubblicazione, anche parziale, del contenuto delle intercettazioni in tutti i casi in cui quest’ultimo non sia riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento; è escluso il rilascio di copia delle intercettazioni di cui è vietata la pubblicazione quando la richiesta è presentata da un soggetto diverso dalle parti e dai loro difensori; è infine introdotto l’obbligo per il PM di stralciare dai cd. brogliacci espressioni lesive della reputazione o riguardanti dati sensibili di soggetti diversi dalle parti. In materia di misure cautelari, oltre ad essere previsto l’istituto dell’interrogatorio preventivo della persona sottoposta alle indagini preliminari rispetto alla eventuale applicazione della misura cautelare, si introduce la decisione collegiale per l’adozione dell’ordinanza applicativa della custodia in carcere nel corso delle indagini preliminari. Infine, è escluso il potere del PM di proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento per i reati di cui all’articolo 550, commi 1 e 2, c.p.p..
L’articolo 2, comma 1, lett. a), modifica il comma 2-bis dell’articolo 114 c.p.p., il quale, nella sua formulazione vigente, vieta la pubblicazione, anche parziale, del contenuto delle intercettazioni ritenute non rilevanti e pertanto non acquisite ai sensi degli articoli 268, 415-bis o 454 c.p.p.. Il disegno di legge amplia il divieto di pubblicazione del contenuto delle intercettazioni, consentendone la pubblicazione solo se il contenuto è riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o è utilizzato nel corso del dibattimento.
Con riguardo al tema delle intercettazioni, occorre ricordare che la Commissione giustizia del Senato ha deliberato lo svolgimento di una indagine conoscitiva.
Sempre in tema di intercettazioni, la lett. b) – modificando il comma 1 dell’articolo 116 c.p.p.- stabilisce anche il divieto di rilascio di copia delle intercettazioni, delle quali è vietata la pubblicazione, quando la richiesta è presentata da un soggetto diverso dalle parti e dai loro difensori, salvo che tale richiesta sia motivata dalla esigenza di utilizzare i risultati delle intercettazioni in altro procedimento specificamente indicato.
La lett. c) apporta alcune modifiche all’articolo 268 c.p.p., il quale disciplina le modalità esecutive delle intercettazioni.
L’articolo 268 c.p.p. detta, fra gli altri, specifici adempimenti per la registrazione delle conversazioni o comunicazioni intercettate e per la verbalizzazione delle operazioni effettuate.
Il disegno di legge modifica il comma 2-bis dell’articolo 268 c.p.p. prevedendo che non debbano essere riportate nei verbali neppure espressioni che riguardano dati personali sensibili relativi a soggetti diversi dalle parti (lett. c) n.1).
Alla generale previsione dettata dal comma 2 dell’art. 268 c.p.p., per la quale nel verbale deve essere trascritto, anche sommariamente il contenuto delle comunicazioni intercettate, il d.l. n. 161 del 2019, conv. legge n. 7 del 2020 (la c.d. riforma Bonafede) ha affiancato, per l’appunto nel comma 2-bis, la prescrizione al PM di dare indicazioni e di vigilare sull’attività dell’ufficiale di polizia giudiziaria, affinché nei verbali non siano riportate espressioni lesive della reputazione delle persone o quelle che riguardano dati personali definiti sensibili dalla legge, salvo che risultino rilevanti ai fini delle indagini.
Il disegno di legge interviene (lett. c) n. 2) sul comma 6 dell’articolo 268 c.p.p. prevedendo l’obbligo di stralcio anche delle registrazioni e dei verbali che riguardano soggetti diversi dalle parti, salvo -ovviamente – che non ne sia dimostrata la rilevanza. Attraverso le modifiche apportate all’articolo 268, come evidenzia la relazione illustrativa, si amplia l’obbligo di vigilanza del PM sulle modalità di redazione dei verbali delle operazioni (c.d. brogliacci) e il dovere del giudice di “stralciare” le intercettazioni, includendovi, oltre ai già previsti “dati personali sensibili”, anche quelli “relativi a soggetti diversi dalle parti”, fatta salva, anche in questo caso, l’ipotesi che essi risultino rilevanti ai fini delle indagini.
Il comma 6 dell’articolo 268 c.p.p. prevede che ai difensori delle parti è immediatamente dato avviso della facoltà di esaminare gli atti e ascoltare le registrazioni ovvero di prendere cognizione dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche entro il termine fissato dal PM o prorogato dal giudice. L’esame e l’ascolto devono avvenire per via telematica. Scaduto il termine per l’esame degli atti e per l’ascolto delle registrazioni depositate, il giudice deve disporre l’acquisizione delle conversazioni o dei flussi di comunicazioni indicati dalle parti attraverso lo stralcio. Si tratta di una udienza apposita alla quale il PM e i difensori hanno diritto di partecipare, previo avviso almeno 24 ore prima. Il criterio acquisitivo è riferito alle conversazioni indicate dalle parti che non appaiono irrilevanti. Con riguardo alle registrazioni e ai verbali di cui è vietata l’utilizzazione e a quelli che riguardano categorie particolari di dati personali è previsto il dovere di procederne anche d’ufficio allo stralcio, salvo che non ne sia dimostrata la rilevanza.
La lett. d) interviene sull’articolo 291 c.p.p.
L’articolo 291 c.p.p., al comma 1, obbliga il PM a presentare al giudice competente gli elementi su cui la richiesta di applicazione di una misura cautelare personale si fonda, nonché tutti gli elementi a favore dell’imputato e le eventuali deduzioni e memorie difensive già depositate.
Il comma 1-ter dell’articolo 291 c.p.p. poi impone, sempre al PM, di inserire nella richiesta solo “i punti essenziali delle comunicazioni e conversazioni intercettate” al fine di bilanciare le esigenze processuali con la tutela della riservatezza.
Quando ricorrono le condizioni e sussiste l’urgenza di soddisfare taluna delle esigenze cautelari previste dall’articolo 274 c.p.p., qualunque giudice è legittimato a disporre la misura richiesta dal PM anche se riconosce la propria incompetenza per qualsiasi causa (comma 2 dell’articolo 291 c.p.p.).
Al fine di meglio tutelare la privacy degli indagati la lett. d), n. 1, modifica il comma 1-ter dell’articolo 291 c.p.p. introducendo il divieto per il PM di indicare nella richiesta di misura cautelare, con riguardo alle conversazioni intercettate, i dati personali dei soggetti diversi dalle parti, salvo che ciò sia indispensabile per la compiuta esposizione. In modo corrispondente, la lett. e), n. 2, modificando il comma 2-quater dell’articolo 292 c.p.p., vieta al giudice di indicare tali dati nell’ordinanza applicativa della misura cautelare.
La lett. d) n.2 inserisce nell’articolo 291 c.p.p. cinque nuovi commi (da 1-quater a 1-octies), i quali introducono l’istituto dell’interrogatorio preventivo della persona sottoposta alle indagini preliminari rispetto alla eventuale applicazione della misura cautelare.
Sviluppando una soluzione normativa attualmente prevista solo in alcuni casi di applicazione della sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio (comma 2 dell’articolo 289 c.p.p.) si introduce il principio del contradditorio preventivo in tutti i casi in cui, nel corso delle indagini preliminari, non risulti necessario che il provvedimento cautelare sia adottato “a sorpresa”. L’interrogatorio preventivo è, a ben vedere, escluso -sempre dal nuovo comma 1-quater dell’articolo 291 c.p.p.- se sussistono le esigenze cautelari del pericolo di fuga e dell’inquinamento probatorio. È, invece, necessario, se è ipotizzato il pericolo di reiterazione del reato, a meno che non si proceda per reati di rilevante gravità (la disposizione richiama i delitti di cui all’art. 407 comma 2, lett. a)[1] e quelli di cui all’articolo 362, comma 1-ter[2]) ovvero “a gravi delitti commessi con uso di armi o con altri mezzi di violenza personale”.
Si valuti l’opportunità di meglio individuare quali siano i “gravi delitti” commessi con uso di armi o con altri mezzi di violenza personale.
All’interrogatorio preventivo, nel caso di cui all’articolo 328, comma 1-quinquies (vedi infra lett. l), deve provvedere il presidente del collegio o uno dei componenti da lui delegato (nuovo comma 1-quinquies dell’articolo 291 c.p.p.).
Secondo quanto previsto dall’articolo 8 del disegno di legge il comma 1-quinquies dell’articolo 291 c.p.p. troverà applicazione decorsi due anni dalla entrata in vigore della presente legge.
L’invito a presentarsi per rendere l’interrogatorio vada comunicato al PM e notificato alla persona sottoposta alle indagini e al suo difensore almeno cinque giorni prima di quello fissato per la comparizione (nuovo comma 1-sexies art. 291 c.p.p.). L’invito deve contenere, tra l’altro, la descrizione sommaria del fatto (nuovo comma 1-septies lett. c) art. 291 c.p.p.) e l’avviso di deposito nella cancelleria del giudice della richiesta di applicazione della misura cautelare, degli atti presentati ai sensi dell’art. 291, comma 1, nonché della facoltà di prendere visione ed estrarre copia di tutti gli atti depositati, ivi compresi i verbali delle comunicazioni e conversazioni intercettate, con diritto alla trasposizione delle relative registrazioni su supporto idoneo alla riproduzione dei dati (nuovo comma 1-octies art. 291 c.p.p.).
Le dichiarazioni rese dalla persona sottoposta alle indagini in sede di interrogatorio preventivo sono inserite – ai sensi del comma 5 dell’articolo 309 c.p.p. come modificato dalla lett. h) - fra gli atti da trasmettere al tribunale del riesame, in caso di richiesta di riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva.
L’articolo 309 c.p.p. disciplina il riesame, mezzo ordinario di impugnazione delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva. La richiesta può essere presentata dal soggetto (indagato o imputato) che viene raggiunto da un’ordinanza contenente una misura coercitiva o dal suo difensore. La competenza per i giudizi di riesame spetta al Tribunale del riesame (anche detto Tribunale delle libertà). Ai sensi del comma 5 dell’articolo 309 c.p.p. ricevuta la richiesta di riesame, il Presidente del tribunale del riesame cura che sia dato immediato avviso all’autorità giudiziaria che ha adottato l’ordinanza. Quest’ultima, entro il giorno successivo, e comunque entro 5 giorni, deve trasmettere gli atti sui quali si fondava la richiesta del P.M., nonché tutti gli elementi sopravvenuti a favore della persona indagata.
La lett. e), n. 1, attraverso modifiche al comma 2-ter dell’articolo 292 c.p.p., prevede, poi, l’obbligo del giudice di valutare, nell’ordinanza applicativa della misura cautelare e a pena di nullità della stessa (vedi infra), quanto dichiarato dall’indagato in sede di interrogatorio preventivo.
La lett. e) n. 3 – aggiungendo un comma 3-bis all’articolo 292 c.p.p. -prevede la nullità dell’ordinanza se non è stato espletato l’interrogatorio preventivo o se quest’ultimo è nullo, in quanto compiuto in violazione delle disposizioni di cui ai commi 1-septies e 1-octies dell’art. 291 c.p.p. (che prevedono gli elementi che devono necessariamente essere contenuti nell’invito). Secondo quanto stabilito dal comma 1 dell’articolo 294 c.p.p., come modificato dalla lett. f) n. 1, l’interrogatorio di garanzia (a legislazione vigente previsto dopo l’applicazione della misura cautelare) non sarà richiesto se è stato svolto quello preventivo.
Sempre in tema di interrogatorio di garanzia la lett. f) n. 2 modifica il comma 4-bis dell’articolo 294 c.p.p., inserendovi il riferimento anche al collegio di cui all’articolo 328, comma 1-quinquies c.p.p.
Il comma 4-bis dell’articolo 294 c.p.p. prevede che quando la misura cautelare è stata disposta dalla Corte di Assise o dal tribunale, all'interrogatorio di garanzia procede il presidente del collegio o uno dei componenti da lui delegato.
Innovando in modo significativo in materia di cautele personali, le lett. i) e l) attribuiscono al giudice in composizione collegiale la competenza a decidere l’applicazione rispettivamente della misura della custodia cautelare in carcere (nuovo comma 1-quinquies dell’articolo 328 c.p.p.) o di una misura di sicurezza provvisoria quando essa è detentiva (comma 1 dell’articolo 313 come modificato dalla lett. i)).
La lett. g), aggiunge un ulteriore periodo al comma 4 dell’articolo 299 c.p.p. per estendere la nuova composizione collegiale alle ipotesi di aggravamento della misura cautelare. Il comma 4 dell’articolo 299 c.p.p., nella sua formulazione vigente, prevede che, quando le esigenze cautelari risultano aggravate, il giudice, su richiesta del PM, sostituisce la misura applicata con un'altra più grave ovvero ne dispone l'applicazione con modalità più gravose o applica congiuntamente altra misura coercitiva o interdittiva. In base al periodo aggiunto dalla lett. g) il giudice, nel caso in cui ritenga che l’aggravamento debba comportare l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, deve rimettere la decisione al collegio di cui all’articolo 328, comma 1-quinquies c.p.p.
Si rammenta che ai sensi dell’articolo 8 del disegno di legge le disposizioni di cui alla lett. f) n.2 e alle lett. g), i) e l) troveranno applicazione decorsi due anni dall’entrata in vigore della presente legge.
La lett. m), attraverso modifiche all’art. 369 c.p.p., interviene sulla disciplina dell’informazione di garanzia specificando, in primo luogo, che essa debba essere trasmessa a tutela del diritto di difesa. Si prevede, inoltre, che l’informazione di garanzia debba contenere una descrizione sommaria del fatto, comprensiva di data e luogo di commissione del reato. Occorre rilevare che la disposizione vigente già prevede che l’informazione di garanzia debba contenere - oltre all’indicazione delle norme di cui si assume la violazione e all’invito a esercitare la facoltà di nominare un difensore di fiducia – “l’indicazione del luogo e della data del fatto”.
Si valuti l’opportunità di un coordinamento formale tra la porzione di testo aggiunta dalla novella, che fa riferimento alla “data e luogo di commissione del reato”, e l’indicazione “della data e del luogo del fatto”, già presente nel testo vigente nella parte non modificata (cfr. il testo a fronte in calce alla presente scheda).
Il n. 2 della lett. m) propone poi l’introduzione di due commi aggiuntivi all’articolo 369 c.p.p..
Il nuovo comma 1-quater stabilisce che si proceda alla notifica dell’atto da parte della polizia giudiziaria solo in situazioni aventi carattere di urgenza, tali da non consentire il ricorso alle modalità ordinarie. La disposizione è posta in deroga all’art. 148, comma 6, secondo periodo, c.p.p., il quale stabilisce, in via generale, che le notificazioni di un atto richieste dal PM possono essere eseguite dalla polizia giudiziaria nei casi di atti di indagine o provvedimenti che la stessa polizia giudiziaria è delegata a compiere o è tenuta ad eseguire.
Il primo periodo dell’art. 148, comma 6, c.p.p. richiamato stabilisce che la notificazione è eseguita dalla polizia giudiziaria nei soli casi previsti dalla legge.
Quando la notificazione è eseguita dalla polizia giudiziaria, prosegue la disposizione in esame, all’atto della consegna deve comunque essere garantita la riservatezza del destinatario. Rimane comunque fermo quando stabilito dal comma 8, secondo periodo, del già richiamato articolo 148 c.p.p. in caso di impossibilità ad eseguire la notifica in mani proprie del destinatario. Vi si prevede, in particolare, che l'organo competente per la notificazione consegni la copia dell'atto da notificare dopo averla inserita in busta sigillata con la trascrizione del numero cronologico della notificazione, dandone atto nella relazione in calce all'originale e alla copia dell'atto. Fa eccezione la notificazione al difensore o al domiciliatario.
Si rammenta che l’attuale formulazione dell’ articolo 148 c.p.p. in parola è stata introdotta dall'art. 10, comma 1, lett. a), del decreto legislativo n. 150 del 2022, a decorrere dal 30 dicembre 2022[3]. A seguito di tale modifica, la nuova disciplina fissa come regola generale, sebbene non esclusiva, la notifica per via telematica, prevedendo comunque modalità sussidiarie in caso di impossibilità di utilizzo di quella telematica. Per un approfondimento si veda il relativo dossier (p. 83 e seguenti).
Il nuovo comma 1-quinquies, stabilendo che all’informazione di garanzia si applichi quanto previsto dall’art. 114, comma 2, c.p.p., vieta la pubblicazione dell’informazione di garanzia medesima fino a che non siano concluse le indagini preliminari.
Si rammenta che l’art. 114, comma 2, c.p.p. stabilisce il divieto di pubblicazione, anche parziale, degli atti non più coperti dal segreto fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare, fatta eccezione per l'ordinanza del giudice, indicata dall'articolo 292 (di quest’ultimo propone novella la lett. e) del presente articolo, al cui commento si rinvia).
La lettera n), novellando l’art. 593 c.p.p., stabilisce che il PM non possa appellare le sentenze di proscioglimento per i reati previsti dall’art. 550, commi 1 e 2, c.p.p. Si tratta di un catalogo di reati per i quali l’azione penale si esercita con citazione diretta davanti al tribunale in composizione monocratica. Il testo vigente dell’art. 593 c.p.p. consente invece, in via generale, l’impugnazione delle sentenze di proscioglimento.
Il richiamato comma 1 dell’art. 550 del codice di procedura penale fa riferimento ai casi di contravvenzioni ovvero di delitti puniti con la pena della reclusione non superiore nel massimo a quattro anni o con la multa, sola o congiunta alla predetta pena detentiva. Per tali reati l’azione penale si esercita con citazione diretta davanti al tribunale in composizione monocratica. che il PM eserciti l'azione penale, in tali casi, con la citazione diretta a giudizio.
Il successivo comma 2 elenca una serie di reati per i quali si deve procedere con le modalità stabilite dal comma 1 del medesimo art. 550.
Si tratta dei seguenti reati:
§ violenza o minaccia a un pubblico ufficiale (art. 336 c.p.);
§ resistenza a un pubblico ufficiale (art. 337 c.p.);
§ occultamento, custodia o alterazione di mezzi di trasporto (art. 337-bis, primo e secondo comma, c.p.);
§ interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità, con riferimento ai capi, promotori od organizzatori dell’interruzione in oggetto (340, terzo comma, c.p.);
§ oltraggio a un magistrato in udienza, quando l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato (art. 343, secondo comma, c.p.);
§ condotta del professionista che determina altri a commettere il reato di esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato, oppure ha diretto l'attività delle persone che sono concorse nel reato medesimo (art. 348, terzo comma, c.p.);
§ violazione di sigilli commessa dalla persona che ha in custodia la cosa (349, secondo comma, c.p.);
§ violazione della pubblica custodia di cose (art. 351 c.p.);
§ falsa testimonianza (art. 372 c.p.);
§ false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all'autorità giudiziaria o alla Corte penale internazionale (art. 374-bis c.p.);
§ intralcio alla giustizia, con violenza o minaccia (art. 377, terzo comma, c.p.);
§ induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria (art. 377-bis c.p.);
§ evasione, commessa usando violenza o minaccia verso le persone, ovvero mediante effrazione (art. 385, secondo comma, c.p.) con esclusione delle ipotesi in cui la violenza o la minaccia siano state commesse con armi o da più persone riunite;
§ procurata inosservanza di pena (art. 390 c.p.);
§ istigazione a delinquere (art. 414 c.p.);
§ istigazione a disobbedire alle leggi (art. 415 c.p.);
§ alterazione di monete (art. 454 c.p.);
§ contraffazione di carta filigranata in uso per la fabbricazione di carte di pubblico credito o di valori di bollo (art. 460 c.p.);
§ fabbricazione o detenzione di filigrane o di strumenti destinati alla falsificazione di monete, di valori di bollo o di carta filigranata (art. 461 c.p.);
§ contraffazione del sigillo dello Stato e uso del sigillo contraffatto (art. 467 c.p.);
§ contraffazione di altri pubblici sigilli o strumenti destinati a pubblica autenticazione o certificazione e uso di tali sigilli e strumenti contraffatti (art. 468 c.p.);
§ indebito utilizzo e falsificazione di strumenti di pagamento diversi dai contanti (art. 493-ter c.p.);
§ falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri (art. 495 c.p.);
§ fraudolente alterazioni per impedire l'identificazione o l'accertamento di qualità personali (art. 495-ter c.p.);
§ false dichiarazioni sulla identità o su qualità personali proprie o di altri (art. 496 c.p.);
§ possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi (art. 497-bis c.p.);
§ possesso di segni distintivi contraffatti (art. 497-ter c.p.);
§ atti osceni commessi all'interno o nelle immediate vicinanze di luoghi abitualmente frequentati da minori, se da ciò deriva il pericolo che essi vi assistano (art. 527, secondo comma, c.p.);
§ bigamia (art. 556 c.p.);
§ rissa (art. 588, secondo comma, c.p.) con esclusione delle ipotesi in cui nella rissa taluno sia rimasto ucciso o abbia riportato lesioni gravi o gravissime;
§ lesioni personali stradali gravi o gravissime (art. 590-bis c.p.);
§ violenza o minaccia per costringere a commettere un reato (art. 611 c.p.);
§ violazione di domicilio, quando il fatto è commesso con violenza alle persone, oppure il colpevole è palesemente armato o il fatto è commesso con violenza sulle cose nei confronti di persona incapace, per età o per infermità (art. 614, quarto comma, c.p.);
§ violazione di domicilio commessa da un pubblico ufficiale (art. 615, primo comma, c.p.), ad esclusione del caso (previsto dal secondo comma) di pubblico ufficiale che si introduce nel domicilio altrui senza l'osservanza delle formalità prescritte dalla legge;
§ violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza commesse da persona addetta al servizio delle poste, dei telegrafi o dei telefoni, quando il colpevole, senza giusta causa, rivela, in tutto o in parte, il contenuto della corrispondenza (art. 619, secondo comma, c.p.);
§ furto aggravato (art. 625 c.p.);
§ danneggiamento commesso da chi distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico (art. 635, terzo comma, c.p.);
§ truffa, quando il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o dell'Unione europea o col pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare; oppure ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l'erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell'autorità; oppure approfittando di circostanze di tempo, di luogo o di persona, anche in riferimento all'età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa (art. 640, secondo comma, c.p.);
§ fraudolento danneggiamento dei beni assicurati e mutilazione fraudolenta della propria persona (art. 642, primo e secondo comma, c.p.);
§ appropriazione indebita (art. 646 c.p.);
§ ricettazione (art. 648 c.p.);
§ contrabbando di tabacchi lavorati esteri (t.u. delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, articolo 291-bis);
§ violazione del divieto di portare armi nelle riunioni pubbliche anche se muniti di licenza (art. 4, quarto comma legge 18 aprile 1975, n. 110), di trasferire armi da guerra al di fuori delle cause specificamente prevista dalla legge (ivi, art. 10, terzo comma); di importare armi in numero superiore a tre senza apposita licenza (art. 12, quinto comma);
§ pubblica istigazione all'uso illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, ovvero svolgimento, anche in privato, di attività di proselitismo o induzione all’uso di tali sostanze (t.u. delle leggi in materia di stupefacenti e sostanze psicotrope di cui al d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 82, comma 1);
§ violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale, con l'obbligo o il divieto di soggiorno (art. 75, comma 2, del codice delle leggi antimafia di cui al d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159); violazioni concernenti il divieto di espatrio conseguente all'applicazione delle misure imposte con provvedimenti d'urgenza (art. 75-bis del codice); violazione di vari divieti sanzionabili penalmente ai sensi dell’art. 76, commi 1, 5, 7 e 8 del medesimo codice antimafia (mancato rientro nel comune di soggiorno obbligato, elusione dell’amministrazione giudiziaria di beni personali, omessa dichiarazione di variazioni patrimoniali, mancato rispetto del divieto di propaganda elettorale);
§ falsa attestazione, da parte di lavoratore dipendente di una pubblica amministrazione, della propria presenza in servizio (mediante l'alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente) ovvero giustificazione dell'assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o falsamente attestante uno stato di malattia (t.u. pubblico impiego di cui al d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, articolo 55-quinquies, comma 1);
§ contraffazione o alterazione di un visto di ingresso o reingresso, di proroga del visto, di permesso di soggiorno, di contratto di soggiorno o carta di soggiorno, ovvero contraffazione o alterazione di documenti al fine di determinare il rilascio dei documenti qui sopra menzionati, oppure utilizzo di uno di tali documenti contraffatti o alterati (art. 5, comma 8-bis del t.u. immigrazione di cui d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286); reingresso di straniero, già denunciato ed espulso, per violazione del divieto di reingresso senza autorizzazione, a seguito di respingimento (art. 10, comma 2-quater, t.u.); trasgressione del divieto di reingresso a seguito di espulsione disposta dal giudice (art. 13, comma 13-bis, t.u.); esibizione o trasmissione di atti o documenti falsi, in tutto o in parte, ovvero fornitura di dati e notizie non rispondenti al vero, nell’ambito delle procedure relative all’ingresso e soggiorno per investitori (art. 26-bis, comma 9, t.u.);
§ omessa dichiarazione, al fine di evadere le imposte sui redditi o l’IVA, nonché omessa dichiarazione di sostituto d'imposta, quando l'ammontare delle ritenute non versate è superiore ad 50.000 euro (d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 in materia di IVA, articolo 5, commi 1 e 1-bis.
Si segnala che l’attuale formulazione del comma 2, art. 550, c.p.p. è stata introdotta dal decreto legislativo n. 150 del 2022, art. 32, recante modifiche in materia di citazione in giudizio (cfr. il relativo dossier, p. 269 e seguenti).
Si ricorda, infine, che la legge n. 46 del 2006 in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento (cd “legge Pecorella”), sostituendo integralmente l’art. 593 c.p.p., escludeva che il PM potesse proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento, salvo quando ricorressero le ipotesi previste dall'art. 603, comma 2, c.p.p. – ossia quando sopravvengano o si scoprano nuove prove dopo il giudizio di primo grado – e sempre che tali prove siano decisive. Tale disposizione è stata censurata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 26 del 2007, la quale ha affermato che la rimozione del potere di appello del pubblico ministero si presenta generalizzata (“perché non è riferita a talune categorie di reati, ma è estesa indistintamente a tutti i processi”) e “unilaterale” (“perché non trova alcuna specifica contropartita in particolari modalità di svolgimento del processo”). Prosegue quindi la Corte affermando che “l'alterazione del trattamento paritario dei contendenti, indotta dalla norma in esame, non può essere giustificata, in termini di adeguatezza e proporzionalità”. Peraltro, nella medesima sentenza n. 26 la Corte ha ribadito che “anche per quanto attiene alla disciplina delle impugnazioni, parità delle parti non significa, nel processo penale, necessaria omologazione di poteri e facoltà”. Successivamente, nella sentenza n. 34 del 2020, la medesima Corte, richiamando diversi precedenti, ha evidenziato che “il potere di impugnazione della parte pubblica non può essere, infatti, configurato come proiezione necessaria del principio di obbligatorietà dell’esercizio dell’azione penale, enunciato dall’art. 112 Cost. (ex plurimis, sentenze n. 183 del 2017, n. 242 del 2009, n. 298 del 2008 e n. 280 del 1995; ordinanze n. 165 del 2003 e n. 347 del 2002); quando, invece, sull’altro fronte, il potere di impugnazione dell’imputato si correla anche al fondamentale valore espresso dal diritto di difesa (art. 24 Cost.), che ne accresce la forza di resistenza al cospetto di sollecitazioni di segno inverso (sentenze n. 274 del 2009, n. 26 del 2007 e n. 98 del 1994)”.
Ripercorrendo brevemente tali argomentazioni, la relazione finale stilata dalla commissione Lattanzi[4], ha espresso un orientamento “nel senso di ritenere che lo strumento a disposizione del pubblico ministero per attivare un controllo di legalità (sulla corretta applicazione della norma sostanziale), di legittimità (su eventuali errores in procedendo) e di razionalità del giudizio di fatto (sulla corretta applicazione delle regole della logica) della decisione sia il ricorso per Cassazione”. A tale riguardo, tra le proposte della Commissione, figurava, quale principio di delega, la previsione dell’inappellabilità delle sentenze di proscioglimento da parte del PM.
Codice di procedura penale |
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Testo vigente |
Testo come modificato dall’A.S. 808 |
Art. 114 Divieto di pubblicazione di atti e di immagini |
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1. È vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, degli atti coperti dal segreto o anche solo del loro contenuto. |
1. Identico. |
2. È vietata la pubblicazione, anche parziale, degli atti non più coperti dal segreto fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare, fatta eccezione per l'ordinanza indicata dall'articolo 292. |
2. Identico. |
2-bis. È sempre vietata la pubblicazione, anche parziale, del contenuto delle intercettazioni non acquisite ai sensi degli articoli 268, 415-bis o 454. |
2-bis. È sempre vietata la pubblicazione, anche parziale, del contenuto delle intercettazioni se non è riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento. |
Commi 3-7. Omissis |
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Art. 116 Copie, estratti e certificati |
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1. Durante il procedimento e dopo la sua definizione, chiunque vi abbia interesse può ottenere il rilascio a proprie spese di copie, estratti o certificati di singoli atti. |
1. Durante il procedimento e dopo la sua definizione, chiunque vi abbia interesse può ottenere il rilascio a proprie spese di copie, estratti o certificati di singoli atti. Non può comunque essere rilasciata copia delle intercettazioni di cui è vietata la pubblicazione ai sensi dell’articolo 114, comma 2-bis, quando la richiesta è presentata da un soggetto diverso dalle parti e dai loro difensori, salvo che la richiesta sia motivata dalla esigenza di utilizzare i risultati delle intercettazioni in altro procedimento specificamente indicato. |
2. Sulla richiesta provvede il pubblico ministero o il giudice che procede al momento della presentazione della domanda ovvero, dopo la definizione del procedimento, il presidente del collegio o il giudice che ha emesso il provvedimento di archiviazione o la sentenza. |
2. Identico. |
3. Il rilascio non fa venire meno il divieto di pubblicazione stabilito dall'articolo 114. |
3. Identico. |
3-bis. Quando il difensore, anche a mezzo di sostituti, presenta all'autorità giudiziaria atti o documenti redatti in forma di documento analogico, ha diritto al rilascio di attestazione dell'avvenuto deposito, anche in calce ad una copia. |
3-bis. Identico. |
Art. 268 Esecuzione delle operazioni |
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1. Le comunicazioni intercettate sono registrate e delle operazioni è redatto verbale. |
1. Identico. |
2. Nel verbale è trascritto, anche sommariamente, il contenuto delle comunicazioni intercettate. |
2. Identico. |
2-bis. Il pubblico ministero dà indicazioni e vigila affinché nei verbali non siano riportate espressioni lesive della reputazione delle persone o quelle che riguardano dati personali definiti sensibili dalla legge, salvo che risultino rilevanti ai fini delle indagini. |
2-bis. Il pubblico ministero dà indicazioni e vigila affinché nei verbali non siano riportate espressioni lesive della reputazione delle persone o quelle che riguardano dati personali definiti sensibili dalla legge o relativi a soggetti diversi dalle parti, salvo che risultino rilevanti ai fini delle indagini. |
3. Le operazioni possono essere compiute esclusivamente per mezzo degli impianti installati nella procura della Repubblica. Tuttavia, quando tali impianti risultano insufficienti o inidonei ed esistono eccezionali ragioni di urgenza, il pubblico ministero può disporre, con provvedimento motivato, il compimento delle operazioni mediante impianti di pubblico servizio o in dotazione alla polizia giudiziaria. |
3. Identico. |
3-bis. Quando si procede a intercettazione di comunicazioni informatiche o telematiche, il pubblico ministero può disporre che le operazioni siano compiute anche mediante impianti appartenenti a privati. Per le operazioni di avvio e di cessazione delle registrazioni con captatore informatico su dispositivo elettronico portatile, riguardanti comunicazioni e conversazioni tra presenti, l'ufficiale di polizia giudiziaria può avvalersi di persone idonee di cui all'articolo 348, comma 4. |
3-bis. Identico. |
4. I verbali e le registrazioni sono immediatamente trasmessi al pubblico ministero per la conservazione nell'archivio di cui all'articolo 269, comma 1. Entro cinque giorni dalla conclusione delle operazioni, essi sono depositati presso l'archivio di cui all'articolo 269, comma 1, insieme ai decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l'intercettazione, rimanendovi per il tempo fissato dal pubblico ministero, salvo che il giudice non riconosca necessaria una proroga. |
4. Identico. |
5. Se dal deposito può derivare un grave pregiudizio per le indagini, il giudice autorizza il pubblico ministero a ritardarlo non oltre la chiusura delle indagini preliminari. |
5. Identico. |
6. Ai difensori delle parti è immediatamente dato avviso che, entro il termine fissato a norma dei commi 4 e 5, per via telematica hanno facoltà di esaminare gli atti e ascoltare le registrazioni ovvero di prendere cognizione dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche. Scaduto il termine, il giudice dispone l'acquisizione delle conversazioni o dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche indicati dalle parti, che non appaiano irrilevanti, procedendo anche di ufficio allo stralcio delle registrazioni e dei verbali di cui è vietata l'utilizzazione e di quelli che riguardano categorie particolari di dati personali, sempre che non ne sia dimostrata la rilevanza. Il pubblico ministero e i difensori hanno diritto di partecipare allo stralcio e sono avvisati almeno ventiquattro ore prima. |
6. Ai difensori delle parti è immediatamente dato avviso che, entro il termine fissato a norma dei commi 4 e 5, per via telematica hanno facoltà di esaminare gli atti e ascoltare le registrazioni ovvero di prendere cognizione dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche. Scaduto il termine, il giudice dispone l'acquisizione delle conversazioni o dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche indicati dalle parti, che non appaiano irrilevanti, procedendo anche di ufficio allo stralcio delle registrazioni e dei verbali di cui è vietata l'utilizzazione e di quelli che riguardano categorie particolari di dati personali o soggetti diversi dalle parti, sempre che non ne sia dimostrata la rilevanza. Il pubblico ministero e i difensori hanno diritto di partecipare allo stralcio e sono avvisati almeno ventiquattro ore prima. |
7. Il giudice, anche nel corso delle attività di formazione del fascicolo per il dibattimento ai sensi dell'articolo 431, dispone la trascrizione integrale delle registrazioni ovvero la stampa in forma intellegibile delle informazioni contenute nei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche da acquisire, osservando le forme, i modi e le garanzie previsti per l'espletamento delle perizie. Le trascrizioni o le stampe sono inserite nel fascicolo per il dibattimento. Il giudice, con il consenso delle parti, può disporre l'utilizzazione delle trascrizioni delle registrazioni ovvero delle informazioni contenute nei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche effettuate dalla polizia giudiziaria nel corso delle indagini. In caso di contestazioni si applicano le disposizioni di cui al primo periodo. |
7. Identico. |
8. I difensori possono estrarre copia delle trascrizioni e fare eseguire la trasposizione della registrazione su idoneo supporto. In caso di intercettazione di flussi di comunicazioni informatiche o telematiche i difensori possono richiedere copia su idoneo supporto dei flussi intercettati, ovvero copia della stampa prevista dal comma 7. |
8. Identico. |
Art. 291 Procedimento applicativo |
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1. Le misure sono disposte su richiesta del pubblico ministero, che presenta al giudice competente gli elementi su cui la richiesta si fonda, compresi i verbali di cui all'articolo 268, comma 2, limitatamente alle comunicazioni e conversazioni rilevanti, e comunque conferiti nell'archivio di cui all'articolo 269, nonché tutti gli elementi a favore dell'imputato e le eventuali deduzioni e memorie difensive già depositate. |
1. Identico. |
[1-bis. Abrogato dall'art. 8, L. n. 332 del 1995] |
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1-ter. Quando è necessario, nella richiesta sono riprodotti soltanto i brani essenziali delle comunicazioni e conversazioni intercettate. |
1-ter. Quando è necessario, nella richiesta sono riprodotti soltanto i brani essenziali delle comunicazioni e conversazioni intercettate, in ogni caso senza indicare i dati personali dei soggetti diversi dalle parti, salvo che ciò sia indispensabile per la compiuta esposizione. |
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1-quater. Fermo il disposto dell’articolo 289, comma 2, secondo periodo, prima di disporre la misura, il giudice procede all’interrogatorio della persona sottoposta alle indagini preliminari con le modalità indicate agli articoli 64 e 65, salvo che sussista taluna delle esigenze cautelari di cui all’articolo 274, comma 1, lettere a) e b), oppure l’esigenza cautelare di cui all’articolo 274, comma 1, lettera c), in relazione ad uno dei delitti indicati nell’articolo 407, comma 2, lettera a), o all’articolo 362, comma 1-ter, ovvero a gravi delitti commessi con uso di armi o con altri mezzi di violenza personale. |
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1-quinquies. Nel caso di cui all’articolo 328, comma 1-quinquies, all’interrogatorio procede il presidente del collegio o uno dei componenti da lui delegato. |
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1-sexies. L’invito a presentarsi per rendere l’interrogatorio è comunicato al pubblico ministero e notificato alla persona sottoposta alle indagini preliminari e al suo difensore almeno cinque giorni prima di quello fissato per la comparizione, salvo che, per ragioni d’urgenza, il giudice ritenga di abbreviare il termine, purché sia lasciato il tempo necessario per comparire. Il giudice provvede comunque sulla richiesta del pubblico ministero quando la persona sottoposta alle indagini preliminari non compare senza addurre un legittimo impedimento, oppure quando la persona sottoposta alle indagini preliminari non è stata rintracciata e il giudice ritiene le ricerche esaurienti, anche con riferimento ai luoghi di cui all’articolo 159, comma 1. |
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1-septies. L’invito contiene: a) le generalità o altre indicazioni personali che valgono a identificare la persona sottoposta alle indagini; b) il giorno, l’ora e il luogo della presentazione, nonché l’autorità davanti alla quale la persona dovrà presentarsi; c) la descrizione sommaria del fatto, comprensiva di data e luogo di commissione del reato; d) l’avviso della facoltà di nominare un difensore di fiducia e di essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato nei casi previsti dalla legge; del diritto di ottenere informazioni in merito all’accusa; del diritto all’interprete ed alla traduzione di atti fondamentali; del diritto di avvalersi della facoltà di non rispondere; del diritto di informare le autorità consolari e di dare avviso ai familiari; della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa. |
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1-octies. L’invito di cui al comma 1-sexies contiene, altresì, l’avviso di deposito nella cancelleria del giudice della richiesta di applicazione della misura cautelare e degli atti presentati ai sensi del comma 1, nonché della facoltà di prendere visione ed estrarre copia di tutti gli atti depositati, ivi compresi i verbali delle comunicazioni e conversazioni intercettate, con diritto alla trasposizione delle relative registrazioni su supporto idoneo alla riproduzione dei dati. |
2. Se riconosce la propria incompetenza per qualsiasi causa, il giudice, quando ne ricorrono le condizioni e sussiste l'urgenza di soddisfare taluna delle esigenze cautelari previste dall'articolo 274, dispone la misura richiesta con lo stesso provvedimento con il quale dichiara la propria incompetenza. Si applicano in tal caso le disposizioni dell'articolo 27. |
2. Identico. |
2-bis. In caso di necessità o urgenza il pubblico ministero può chiedere al giudice, nell'interesse della persona offesa, le misure patrimoniali provvisorie di cui all'articolo 282-bis. Il provvedimento perde efficacia qualora la misura cautelare sia successivamente revocata. |
2-bis. Identico. |
Art. 292 Ordinanza del giudice |
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1. Sulla richiesta del pubblico ministero il giudice provvede con ordinanza. |
1. Identico. |
2. L'ordinanza che dispone la misura cautelare contiene, a pena di nullità rilevabile anche d'ufficio: a) le generalità dell'imputato o quanto altro valga a identificarlo; b) la descrizione sommaria del fatto con l'indicazione delle norme di legge che si assumono violate; c) l'esposizione e l'autonoma valutazione delle specifiche esigenze cautelari e degli indizi che giustificano in concreto la misura disposta, con l'indicazione degli elementi di fatto da cui sono desunti e dei motivi per i quali essi assumono rilevanza, tenuto conto anche del tempo trascorso dalla commissione del reato; c-bis) l'esposizione e l'autonoma valutazione dei motivi per i quali sono stati ritenuti non rilevanti gli elementi forniti dalla difesa, nonché, in caso di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, l'esposizione e l'autonoma valutazione delle concrete e specifiche ragioni per le quali le esigenze di cui all'articolo 274 non possono essere soddisfatte con altre misure; d) la fissazione della data di scadenza della misura, in relazione alle indagini da compiere, allorché questa è disposta al fine di garantire l'esigenza cautelare di cui alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 274; e) la data e la sottoscrizione del giudice. |
2. Identico. |
2-bis. L'ordinanza contiene altresì la sottoscrizione dell'ausiliario che assiste il giudice, il sigillo dell'ufficio e, se possibile, l'indicazione del luogo in cui probabilmente si trova l'imputato. |
2-bis. Identico. |
2-ter. L'ordinanza è nulla se non contiene la valutazione degli elementi a carico e a favore dell'imputato, di cui all'articolo 358, nonché all'articolo 327-bis. |
2-ter. L'ordinanza è nulla se non contiene la valutazione degli elementi a carico e a favore dell'imputato, di cui all'articolo 358, nonché all'articolo 327-bis e, nel caso di cui all’articolo 291, comma 1-quater, una specifica valutazione degli elementi esposti dalla persona sottoposta alle indagini nel corso dell’interrogatorio. |
2-quater. Quando è necessario per l'esposizione delle esigenze cautelari e degli indizi, delle comunicazioni e conversazioni intercettate sono riprodotti soltanto i brani essenziali. |
2-quater. Quando è necessario per l'esposizione delle esigenze cautelari e degli indizi, delle comunicazioni e conversazioni intercettate sono riprodotti soltanto i brani essenziali, in ogni caso senza indicare i dati personali dei soggetti diversi dalle parti, salvo che ciò sia indispensabile per la compiuta esposizione degli elementi rilevanti. |
3. L'incertezza circa il giudice che ha emesso il provvedimento ovvero circa la persona nei cui confronti la misura è disposta esime gli ufficiali e gli agenti incaricati dal darvi esecuzione. |
3. Identico. |
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3-bis. L’ordinanza è nulla se non è preceduta dall’interrogatorio nei casi previsti dall’articolo 291, comma 1-quater, nonché quando l’interrogatorio è nullo per violazione delle disposizioni di cui ai commi 1-septies e 1-octies del medesimo articolo. |
Art. 294 Interrogatorio della persona sottoposta a misura cautelare personale |
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1. Fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento, il giudice che ha deciso in ordine all'applicazione della misura cautelare se non vi ha proceduto nel corso dell'udienza di convalida dell'arresto o del fermo di indiziato di delitto procede all'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare in carcere immediatamente e comunque non oltre cinque giorni dall'inizio dell'esecuzione della custodia, salvo il caso in cui essa sia assolutamente impedita. |
1. Fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento, il giudice che ha deciso in ordine all'applicazione della misura cautelare se non vi ha proceduto ai sensi dell’articolo 291, comma 1-quater, oppure nel corso dell'udienza di convalida dell'arresto o del fermo di indiziato di delitto procede all'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare in carcere immediatamente e comunque non oltre cinque giorni dall'inizio dell'esecuzione della custodia, salvo il caso in cui essa sia assolutamente impedita. |
1-bis. Se la persona è sottoposta ad altra misura cautelare, sia coercitiva che interdittiva, l'interrogatorio deve avvenire non oltre dieci giorni dalla esecuzione del provvedimento o dalla sua notificazione. Il giudice, anche d'ufficio, verifica che all'imputato in stato di custodia cautelare in carcere o agli arresti domiciliari sia stata data la comunicazione di cui all'articolo 293, comma 1, o che comunque sia stato informato ai sensi del comma 1-bis dello stesso articolo, e provvede, se del caso, a dare o a completare la comunicazione o l'informazione ivi indicate. |
1-bis. Identico. |
1-ter. L'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare deve avvenire entro il termine di quarantotto ore se il pubblico ministero ne fa istanza nella richiesta di custodia cautelare. |
1-ter. Identico. |
2. Nel caso di assoluto impedimento, il giudice ne dà atto con decreto motivato e il termine per l'interrogatorio decorre nuovamente dalla data in cui il giudice riceve comunicazione della cessazione dell'impedimento o comunque accerta la cessazione dello stesso. |
2. Identico. |
3. Mediante l'interrogatorio il giudice valuta se permangono le condizioni di applicabilità e le esigenze cautelari previste dagli articoli 273, 274 e 275. Quando ne ricorrono le condizioni, provvede, a norma dell'articolo 299, alla revoca o alla sostituzione della misura disposta. |
3. Identico. |
4. Ai fini di quanto previsto dal comma 3, l'interrogatorio è condotto dal giudice con le modalità indicate negli articoli 64 e 65. Al pubblico ministero e al difensore, che ha obbligo di intervenire, è dato tempestivo avviso del compimento dell'atto. Il giudice può autorizzare la persona sottoposta a misura cautelare e il difensore che ne facciano richiesta a partecipare a distanza all'interrogatorio. |
4. Identico. |
4-bis. Quando la misura cautelare è stata disposta dalla Corte di Assise o dal tribunale, all'interrogatorio procede il presidente del collegio o uno dei componenti da lui delegato. |
4-bis. Quando la misura cautelare è stata disposta dal collegio di cui all’articolo 328, comma 1-quinquies, dalla Corte di Assise o dal tribunale, all'interrogatorio procede il presidente del collegio o uno dei componenti da lui delegato. |
5. Per gli interrogatori da assumere nella circoscrizione di altro tribunale, il giudice o il presidente, nel caso di organo collegiale, qualora non ritenga di procedere personalmente e non sia possibile provvedere ai sensi del terzo periodo del comma 4, richiede il giudice per le indagini preliminari del luogo. |
5. Identico. |
6. L'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare da parte del pubblico ministero non può precedere l'interrogatorio del giudice. |
6. Identico. |
6-bis. Alla documentazione dell'interrogatorio si procede anche con mezzi di riproduzione audiovisiva o, se ciò non è possibile a causa della contingente indisponibilità di mezzi di riproduzione audiovisiva o di personale tecnico, con mezzi di riproduzione fonografica. È fatta salva l'applicazione dell'articolo 133-ter, comma 3, terzo periodo, nei casi in cui è autorizzata la partecipazione a distanza all'interrogatorio. |
6-bis. Identico. |
Art. 299 Revoca e sostituzione delle misure |
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1. Le misure coercitive e interdittive sono immediatamente revocate quando risultano mancanti, anche per fatti sopravvenuti, le condizioni di applicabilità previste dall'art. 273 o dalle disposizioni relative alle singole misure ovvero le esigenze cautelari previste dall'articolo 274. |
1. Identico. |
2. Salvo quanto previsto dall'art. 275, comma 3, quando le esigenze cautelari risultano attenuate ovvero la misura applicata non appare più proporzionata all'entità del fatto o alla sanzione che si ritiene possa essere irrogata, il giudice sostituisce la misura con un'altra meno grave ovvero ne dispone l'applicazione con modalità meno gravose. |
2. Identico. |
2-bis. I provvedimenti di cui ai commi 1 e 2 relativi alle misure previste dagli articoli 282-bis, 282-ter, 283, 284, 285 e 286, applicate nei procedimenti aventi ad oggetto delitti commessi con violenza alla persona, devono essere immediatamente comunicati, a cura della polizia giudiziaria, ai servizi socio-assistenziali e alla persona offesa e, ove nominato, al suo difensore. |
2-bis. Identico. |
3. Il pubblico ministero e l'imputato richiedono la revoca o la sostituzione delle misure al giudice, il quale provvede con ordinanza entro cinque giorni dal deposito della richiesta. La richiesta di revoca o di sostituzione delle misure previste dagli articoli 282-bis, 282-ter, 283, 284, 285 e 286, applicate nei procedimenti di cui al comma 2-bis del presente articolo, che non sia stata proposta in sede di interrogatorio di garanzia, deve essere contestualmente notificata, a cura della parte richiedente ed a pena di inammissibilità, presso il difensore della persona offesa o, in mancanza di questo, alla persona offesa, salvo che in quest'ultimo caso essa non abbia provveduto a dichiarare o eleggere domicilio. Il difensore e la persona offesa possono, nei due giorni successivi alla notifica, presentare memorie ai sensi dell'articolo 121. Decorso il predetto termine il giudice procede. Il giudice provvede anche di ufficio quando assume l'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare o quando è richiesto della proroga del termine per le indagini preliminari o dell'assunzione di incidente probatorio ovvero quando procede all'udienza preliminare o al giudizio. |
3. Identico. |
3-bis. Il giudice, prima di provvedere in ordine alla revoca o alla sostituzione delle misure coercitive e interdittive, di ufficio o su richiesta dell'imputato, deve sentire il pubblico ministero. Se nei due giorni successivi il pubblico ministero non esprime il proprio parere, il giudice procede. |
3-bis. Identico. |
3-ter. Il giudice, valutati gli elementi addotti per la revoca o la sostituzione delle misure, prima di provvedere può assumere l'interrogatorio della persona sottoposta alle indagini. Se l'istanza di revoca o di sostituzione è basata su elementi nuovi o diversi rispetto a quelli già valutati, il giudice deve assumere l'interrogatorio dell'imputato che ne ha fatto richiesta. |
3-ter. Identico. |
4. Fermo quanto previsto, dall'articolo 276, quando le esigenze cautelari risultano aggravate, il giudice, su richiesta del pubblico ministero, sostituisce la misura applicata con un'altra più grave ovvero ne dispone l'applicazione con modalità più gravose o applica congiuntamente altra misura coercitiva o interdittiva. |
4. Fermo quanto previsto, dall'articolo 276, quando le esigenze cautelari risultano aggravate, il giudice, su richiesta del pubblico ministero, sostituisce la misura applicata con un'altra più grave ovvero ne dispone l'applicazione con modalità più gravose o applica congiuntamente altra misura coercitiva o interdittiva. In questo caso, se ritiene che l’aggravamento debba comportare l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, il giudice per le indagini preliminari rimette la decisione al collegio di cui all’articolo 328, comma 1-quinquies. |
Commi 4-bis – 4-quater. Omissis |
Commi identici. |
Art. 309 Riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva |
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1. Entro dieci giorni dalla esecuzione o notificazione [c.p.p. 293] del provvedimento, l'imputato può proporre richiesta di riesame, anche nel merito, della ordinanza che dispone una misura coercitiva, salvo che si tratti di ordinanza emessa a seguito di appello del pubblico ministero. |
1. Identico. |
2. Per l'imputato latitante il termine decorre dalla data di notificazione eseguita a norma dell'articolo 165. Tuttavia, se sopravviene l'esecuzione della misura, il termine decorre da tale momento quando l'imputato prova di non avere avuto tempestiva conoscenza del provvedimento. |
2. Identico. |
3. Il difensore dell'imputato può proporre la richiesta di riesame entro dieci giorni dalla notificazione dell'avviso di deposito dell'ordinanza che dispone la misura. |
3. Identico. |
3-bis. Nei termini previsti dai commi 1, 2 e 3 non si computano i giorni per i quali è stato disposto il differimento del colloquio, a norma dell'articolo 104, comma 3. |
3-bis. Identico. |
4. La richiesta di riesame è presentata nella cancelleria del tribunale indicato nel comma 7. Si osservano le forme previste dall'articolo 582. |
4. Identico. |
5. Il presidente cura che sia dato immediato avviso all'autorità giudiziaria procedente la quale, entro il giorno successivo, e comunque non oltre il quinto giorno, trasmette al tribunale gli atti presentati a norma dell'articolo 291, comma 1, nonché tutti gli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini. |
5. Il presidente cura che sia dato immediato avviso all'autorità giudiziaria procedente la quale, entro il giorno successivo, e comunque non oltre il quinto giorno, trasmette al tribunale gli atti presentati a norma dell'articolo 291, comma 1, nonché tutti gli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini e, in ogni caso, le dichiarazioni rese dalla persona sottoposta alle indagini ai sensi dell’articolo 291, comma 1-quater. |
Commi 6-10. Omissis |
Commi identici |
Art. 313 Procedimento |
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1. Il giudice provvede con ordinanza a norma dell'articolo 292, previo accertamento sulla pericolosità sociale dell'imputato. Ove non sia stato possibile procedere all'interrogatorio della persona sottoposta alle indagini prima della pronuncia del provvedimento, si applica la disposizione dell'articolo 294. |
1. Il giudice provvede con ordinanza a norma dell'articolo 292, previo accertamento sulla pericolosità sociale dell'imputato. Ove non sia stato possibile procedere all'interrogatorio della persona sottoposta alle indagini prima della pronuncia del provvedimento, si applica la disposizione dell'articolo 294. Il giudice per le indagini preliminari procede nella composizione collegiale di cui all’articolo 328, comma 1-quinquies, quando deve essere applicata una misura di sicurezza detentiva. |
2. Salvo quanto previsto dall'articolo 299 comma 1, ai fini dell'articolo 206 comma 2 del codice penale, il giudice procede a nuovi accertamenti sulla pericolosità sociale dell'imputato nei termini indicati nell'articolo 72. |
2. Identico. |
3. Ai fini delle impugnazioni, la misura prevista dall'articolo 312 è equiparata alla custodia cautelare. Si applicano le norme sulla riparazione per l'ingiusta detenzione. |
3. Identico. |
Art. 328 Giudice per le indagini preliminari |
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1. Nei casi previsti dalla legge, sulle richieste del pubblico ministero, delle parti private e della persona offesa dal reato, provvede il giudice per le indagini preliminari. |
1. Identico. |
1-bis. Quando si tratta di procedimenti per i delitti indicati nell'articolo 51 commi 3-bis e 3-quater, le funzioni di giudice per le indagini preliminari sono esercitate, salve specifiche disposizioni di legge, da un magistrato del tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente. |
1-bis. Identico. |
[Abrogato dal numero 2) della lettera 0b) del comma 1 dell'art. 2, D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito dalla L. 24 luglio 2008, n. 125] |
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1-quater. Quando si tratta di procedimenti per i delitti indicati nell'articolo 51, comma 3-quinquies, le funzioni di giudice per le indagini preliminari e le funzioni di giudice per l'udienza preliminare sono esercitate, salve specifiche disposizioni di legge, da un magistrato del tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente. |
1-quater. Identico. |
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1-quinquies. Il giudice per le indagini preliminari decide in composizione collegiale l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere. |
Art. 369 Informazione di garanzia |
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1. Solo quando deve compiere un atto al quale il difensore ha diritto di assistere, il pubblico ministero notifica alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa una informazione di garanzia con indicazione delle norme di legge che si assumono violate, della data e del luogo del fatto e con invito a esercitare la facoltà di nominare un difensore di fiducia |
1. A tutela del diritto di difesa, quando deve compiere un atto al quale il difensore ha diritto di assistere, il pubblico ministero notifica alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa una informazione di garanzia contenente la descrizione sommaria del fatto, comprensiva di data e luogo di commissione del reato, l’indicazione delle norme di legge che si assumono violate, della data e del luogo del fatto e l’invito a esercitare la facoltà di nominare un difensore di fiducia. |
1-bis. Il pubblico ministero informa altresì la persona sottoposta alle indagini e la persona offesa del diritto alla comunicazione previsto dall'articolo 335, comma 3. |
1-bis. identico. |
1-ter. Il pubblico ministero avvisa inoltre la persona sottoposta alle indagini e la persona offesa che hanno facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa. |
1-ter. identico. |
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1-quater. La notificazione, in deroga al disposto dell’articolo 148, comma 6, secondo periodo, può essere eseguita dalla polizia giudiziaria in presenza di situazioni di urgenza che non consentono il ricorso alle modalità ordinarie. In questi casi, fermo il rispetto dell’articolo 148, comma 8, secondo periodo, la consegna deve essere effettuata in modo tale da garantire la riservatezza del destinatario. |
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1-quinquies. All’informazione di garanzia si applica l’articolo 114, comma 2. |
Art. 593 Casi di appello |
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1. Salvo quanto previsto dagli articoli 443, comma 3, 448, comma 2, 579 e 680, l'imputato può appellare contro le sentenze di condanna mentre il pubblico ministero può appellare contro le medesime sentenze solo quando modificano il titolo del reato o escludono la sussistenza di una circostanza aggravante ad effetto speciale o stabiliscono una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato. |
1. Identico. |
2. Il pubblico ministero può appellare contro le sentenze di proscioglimento. L'imputato può appellare contro le sentenze di proscioglimento emesse al termine del dibattimento, salvo che si tratti di sentenze di assoluzione perché il fatto non sussiste o perché l'imputato non lo ha commesso. |
2. Il pubblico ministero non può appellare contro le sentenze di proscioglimento per i reati di cui all’articolo 550, commi 1 e 2. L'imputato può appellare contro le sentenze di proscioglimento emesse al termine del dibattimento, salvo che si tratti di sentenze di assoluzione perché il fatto non sussiste o perché l'imputato non lo ha commesso. |
3. Sono in ogni caso inappellabili le sentenze di condanna per le quali è stata applicata la sola pena dell'ammenda o la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, nonché le sentenze di proscioglimento relative a reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena alternativa. |
3. Identico. |
Articolo 3
(Modifiche all’ordinamento giudiziario)
L’articolo 3 reca alcune modifiche all’ordinamento giudiziario (R.D. n. 12 del 1941), in particolare all’art. 7-bis, in materia di tabelle infradistrettuali, e all’art. 7-ter, in materia di criteri per l’assegnazione degli affari penali al giudice per le indagini preliminari, conseguenti all’introduzione della composizione collegiale del giudice per le indagini preliminari prevista dall’articolo 2.
L’articolo 3, comma 1, lett. a), n. 1 interviene sul comma 3-bis dell’art. 7-bis dell’ordinamento giudiziario (Regio decreto n. 12 del 1941), al fine - secondo quanto precisato nella relazione illustrativa - di consentire di attingere, per la composizione del collegio del giudice per le indagini preliminari, anche ad altri uffici giudiziari inclusi nella medesima tabella infradistrettuale.
L’articolo in commento introduce quindi una modifica volta a prevedere che le citate tabelle comprendono tutti i magistrati “assegnati al singolo ufficio giudiziario incluso nella medesima tabella infradistrettuale”.
Il citato comma 3-bis dell’artt. 7-bis dell’ordinamento giudiziario prevede che al fine di assicurare un più adeguato funzionamento degli uffici giudiziari siano istituite le tabelle infradistrettuali degli uffici requirenti e giudicanti che ricomprendono tutti i magistrati, ad eccezione dei capi degli uffici.
Le tabelle infradistrettuali sono specificamente disciplinate dagli artt. 6 e 7 e 51 ss. della circolare del Consiglio superiore della magistratura del 20 giugno 2018 (modificata il 18 maggio 2022).
In particolare, le tabelle infradistrettuali degli uffici requirenti e giudicanti sono istituite al fine di assicurare un più adeguato funzionamento degli uffici giudiziari (art. 6).
Le tabelle infradistrettuali prevedono l’assegnazione congiunta e la supplenza infradistrettuale. Si ricorre alle assegnazioni congiunte in ogni caso in cui risulti necessario riequilibrare le effettive disponibilità di organico degli uffici del distretto; si ricorre alle supplenze infradistrettuali per assicurare l’esercizio della funzione giurisdizionale in caso di assenza o impedimento temporanei di un magistrato (art. 7).
La circolare individua gli uffici di ciascun distretto da ricomprendere nella medesima tabella (art. 51; allegato A).
Tutti i magistrati devono essere inseriti nella tabella, in supplenza o in assegnazione congiunta (art. 54), ad eccezione dei capi degli uffici e degli altri casi indicati dagli artt. 57 ss. (ad es. magistrati con prole di età inferiore a sei anni, magistrati onorari, magistrati della direzione distrettuale antimafia)
Il comma 1, lett. a), n. 2 interviene sul comma 3-quater dell’art. 7-bis dell’ordinamento giudiziario, in materia di criteri per l’individuazione delle sedi da ricomprendere nella medesima tabella infradistrettuale, precisando alla lettera c), che nel tener conto delle cause di incompatibilità funzionale dei magistrati si deve fare particolare riferimento alla competenza collegiale del giudice per le indagini preliminari.
Il comma 1, lett. b), interviene sul comma 1 dell’art. 7-ter dell’ordinamento giudiziario al fine di tenere conto, nei criteri per l’assegnazione degli affari penali del giudice per le indagini preliminari, della nuova competenza collegiale del giudice medesimo, prevedendo, in ogni caso, la costituzione di un collegio per i provvedimenti cautelari custodiali, anche nell’ambito delle tabelle infradistrettuali (vale a dire facendo ricorso anche a magistrati di altri uffici ricompresi nella medesima tabella).
Si evidenzia che l’articolo 8 del provvedimento in esame dispone per le disposizioni dell’articolo 3 (oltre che – come già anticipato - per quelle dell’articolo 2, comma 1, lettere d), n. 2, limitatamente al comma 1-quinquies dell’articolo 291, f), n. 2, g), i) e l) che esse si applichino decorsi due anni dalla sua entrata in vigore.
Articolo 4
(Aumento del ruolo organico del personale di magistratura ordinaria)
L’articolo 4 reca l’aumento di 250 unità del ruolo organico della magistratura, da destinare alle funzioni giudicanti di primo grado.
In particolare, il comma 1 prevede, a decorrere dal 1° luglio 2025, l’aumento del ruolo organico della magistratura ordinaria di 250 unità, da destinare alle funzioni giudicanti di primo grado. Tale aumento sarebbe conseguente – secondo quanto precisato nella relazione illustrativa – all’introduzione della competenza collegiale del giudice per le indagini preliminari, con particolare riferimento alle esigenze di natura organizzativa derivanti dalle incompatibilità.
Si ricorda, che ai sensi dell’articolo 8 del provvedimento in esame, le disposizioni riguardanti la competenza collegiale del giudice per le indagini preliminari (art. 2, c. 1, lett. d), n. 2, limitatamente al c. 1-quinquies dell’articolo 291, f), n. 2, g), i) e l), e art. 3) si applicheranno decorsi due anni dall’entrata in vigore del medesimo provvedimento.
Viene conseguentemente sostituita la tabella recante il ruolo organico della magistratura ordinaria (tabella B allegata alla legge n. 71/1991).
Si rammenta che, ai sensi dell’articolo 7-bis, c. 2-bis, R.D. n. 12 del 1941 (Ordinamento giudiziario), possono svolgere le funzioni di giudice incaricato dei provvedimenti previsti per la fase delle indagini preliminari nonché di giudice dell'udienza preliminare (GIP e GUP) solamente i magistrati che hanno svolto per almeno due anni funzioni di giudice del dibattimento. Tuttavia, il comma 2-quinquies, del medesimo articolo 7-bis, prevede che tale disposizione possa essere derogata “per imprescindibili e prevalenti esigenze di servizio”.
Il comma 2 autorizza conseguentemente il Ministero della giustizia, in deroga alle ordinarie facoltà assunzionali, a bandire nel corso del 2024 le procedure concorsuali per il reclutamento nell’anno 2025 delle unità di personale di magistratura citate e reca la relativa autorizzazione di spesa per il 2024.
Il comma 3 reca, ai fini dell’attuazione delle disposizioni di cui al comma 1, le autorizzazioni di spesa relative agli anni successivi al 2024.
Per quanto riguarda le procedure di copertura dell’organico della magistratura, si ricorda infine che l’articolo 10, comma 1, del DL 13/2023 (convertito con modificazioni dalla Legge 41/2023) - in linea con gli obiettivi di cui alla Missione 1, Componente 2, Asse 2 “Giustizia” del PNRR, al fine di far fronte alla situazione di grave scopertura dell’organico della magistratura ordinaria - prevede, in deroga alle disposizioni di cui all’articolo 8, comma 3-bis, del D. Lgs. 160/ 2006, che il Ministro della giustizia possa chiedere al CSM di assegnare ai concorrenti dichiarati idonei ai concorsi per magistrato ordinario banditi con DM del 1° dicembre 2021 (a 500 posti) e del 18 ottobre 2022 (a 400 posti), secondo l’ordine della graduatoria, un numero di ulteriori posti non superiore al doppio del decimo di quelli messi a concorso.
L’articolo 5 contiene una norma di interpretazione autentica riguardante il limite di età di 65 anni previsto per i giudici popolari delle Corti d’assise.
Nello specifico, l’articolo 5 contiene una norma di interpretazione autentica dell’art. 9, primo comma, lettera c), della legge n. 287/1951 (Riordinamento dei giudizi di Assise), al fine di chiarire che il requisito dell’età non superiore a 65 anni dei giudici popolari debba essere riferito esclusivamente al momento in cui il giudice viene chiamato a prestare servizio nel collegio ai sensi dell’art. 25 della legge medesima.
Tale intervento è finalizzato – come precisato nella relazione illustrativa – ad evitare che siano ritenute nulle, per difetto di capacità del giudice, le sentenze pronunciate da Corti d’assise, nel caso in cui, nel corso dello svolgimento del relativo processo, un giudice popolare abbia superato i 65 anni.
A tale proposito, si riporta un recentissimo orientamento della Corte di Cassazione che ha annullato una sentenza della Corte di Assise d’Appello di Palermo che aveva annullato la sentenza della Corte di primo grado, in ragione della partecipazione al processo di un giudice popolare che nel corso dell'istruzione dibattimentale aveva superato il sessantacinquesimo anno di età. La Suprema Corte, difatti, ha ritenuto che “la mancanza di disciplina specifica per il caso di perdita del requisito anagrafico durante il processo da parte del giudice popolare autorizza l'interpretazione per cui detto requisito deve esistere al momento dell'accesso alla funzione - specificamente, all'atto del giuramento che consacra l'assunzione dell'ufficio secondo la formula enunciata nell'art. 30 della legge 10 aprile 1951, n. 287- fino al completamento del processo nel cui corso il giudice popolare abbia compiuto il 65esimo anno di età. Eventuali esclusioni anticipate dall'ufficio di giudici popolari estratti prima del compimento di tale età, nella previsione di prolungamento dei processi oltre tale momento, non sarebbero giustificate dalla lettera della legge”. (Cass. pen. Sez. I, sent. 26 giugno 2023 n. 27727).
La legge n. 287 del 1951 reca norme sui giudizi di assise, anche in attuazione dell’art. 102, terzo comma, Cost. (“La legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo all’amministrazione della giustizia”).
Ai sensi degli artt. 3 e 4 le Corti di assise e le Corti di assise di appello sono costituite di due magistrati togati, fra cui il presidente, e di sei giudici popolari.
L’art. 9 disciplina i requisiti dei giudici popolari delle corti di assise, vale a dire cittadinanza italiana e godimento dei diritti politici (lett. a), buona condotta morale (lett. b), età non inferiore a 30 anni e non superiore a 65 anni (lett. c), titolo finale di studi di scuola media di primo grado (lett. d). L’art. 10 prevede i medesimi requisiti per i giudici popolari delle corti d’assise d’appello e, in aggiunta, il titolo finale di studi di scuola media di secondo grado.
I giudici popolari occorrenti per la costituzione dei collegi sono scelti mediante sorteggio attraverso una procedura minuziosamente disciplinata dagli artt. 13-25. In sintesi, il procedimento culmina nella formazione per ciascuna corte di una lista generale di giudici popolari (effettivi e supplenti) valida per un biennio e nell’ambito della quale, ai sensi dell’art. 25, si procede all’ulteriore sorteggio, prima dell’inizio di ciascuna sessione della corte[5], dei giudici occorrenti alla costituzione dei collegi, i quali, convocati in apposita seduta pubblica, sono chiamati dal presidente della corte a prestare servizio, secondo l’ordine di estrazione e previa dispensa di coloro che risultino legittimamente impediti.
Articolo 6
(Modifiche al codice dell’ordinamento militare)
L’articolo 6 interviene in materia di incidenza di provvedimenti giudiziari nelle procedure per l’avanzamento al grado superiore dei militari.
Il codice dell’ordinamento militare (decreto legislativo 15 marzo 2010, n.66) prevede attualmente, all’art. 1051, co.2, che già il mero rinvio a giudizio o l’ammissione ai riti alternativi per delitto non colposo costituisca un impedimento della valutazione per l’avanzamento al grado superiore.
La modifica proposta prevede invece che al militare sia preclusa la procedura di avanzamento solo nel caso in cui nei suoi confronti sia stata emessa, sempre per delitto non colposo, una sentenza di condanna di primo grado, una sentenza di applicazione della pena su richiesta, ovvero un decreto penale di condanna esecutivo, anche qualora la pena sia sospesa in via condizionale. Prima di uno di questi provvedimenti, ancorché non definitivo, non appare infatti giustificabile una limitazione, talvolta anche per lunghi periodi, delle prospettive di carriera del militare.
Altre cause di impedimento per l’avanzamento, previste dallo stesso art. 1051 del codice (e non modificate dall’intervento in esame), sono: a) essere sottoposto a procedimento disciplinare da cui può derivare una sanzione di stato; b) essere sospeso dall'impiego o dalle funzioni del grado; c) essere in aspettativa per qualsiasi motivo per una durata non inferiore a 60 giorni.
Per avanzamento del personale si intende la progressione di grado della carriera militare. La materia è disciplinata dal Titolo VII del codice dell’ordinamento militare (artt. 1030-1066).
Le forme di avanzamento hanno caratteristiche particolari per ciascuna categoria di militari e dipendono da criteri di anzianità, di scelta, per meriti eccezionali o per concorso (non per gli ufficiali). Per alcune categorie di personale dell'Arma dei Carabinieri sono previste progressioni anche per benemerenze d'istituto.
Per poter essere promosso, il personale viene inserito in apposite aliquote di valutazione in cui sono iscritti tutti coloro che alla data di formazione delle stesse soddisfino i requisiti richiesti (tra cui l'assolvimento dei periodi di comando/attribuzioni specifici, periodi minimi di servizio, ecc.).
Il codice stabilisce anche composizione e modalità di funzionamento delle commissioni per l’avanzamento, che sono distinte per categorie di personale.
Articolo 7
(Disposizioni finanziarie)
L’articolo 7 reca la quantificazione degli oneri di cui all’articolo 4 (aumento di organico della magistratura) e le relative fonti di copertura finanziaria. Per le altre disposizioni è prevista la clausola di invarianza finanziaria.
Nel dettaglio, il comma 1 reca la quantificazione degli oneri di cui all’articolo 4 (aumento del ruolo organico del personale di magistratura ordinaria – si veda la relativa scheda), pari a euro:
? 1.291.000 per l’anno 2024,
? 9.981.853 per l’anno 2025,
? 20.299.158 per l’anno 2026,
? 24.893.578 per l’anno 2027,
? 24.893.578 per l’anno 2028,
? 29.070.178 per l’anno 2029,
? 32.327.551 per l’anno 2030,
? 32.354.564 per l’anno 2031,
? 33.514.488 per l’anno 2032,
? 33.611.149 per l’anno 2033,
? 34.771.074 annui a decorrere dall’anno 2034.
Il comma individua, quindi, le seguenti fonti di copertura finanziaria:
a) quanto a euro 1.291.000 per l’anno 2024 e a euro 8.000.000 annui a decorrere dall’anno 2025, mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del Fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2023-2025, nell’ambito del programma « Fondi di riserva e speciali » della missione « Fondi da ripartire » dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2023, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia;
b) quanto a euro 1.981.853 per l’anno 2025, euro 12.299.158 per l’anno 2026, euro 16.893.578 per l’anno 2027, euro 16.893.578 per l’anno 2028, euro 21.070.178 per l’anno 2029, euro 24.327.551 per l’anno 2030, euro 24.354.564 per l’anno 2031, euro 25.514.488 per l’anno 2032, euro 25.611.149 per l’anno 2033 e euro 26.771.074 annui a decorrere dall’anno 2034, mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione di cui all’articolo 1, comma 200, della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014).
Il comma 2 autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Il comma 3 dispone che dall’attuazione della presente legge, ad eccezione delle disposizioni di cui all’articolo 4, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Pertanto, il comma 4 stabilisce che le amministrazioni interessate provvedono ai relativi adempimenti nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Articolo 8
(Entrata in vigore)
L’articolo 8 prevede che le modifiche al codice di rito in materia di decisione collegiale e quelle ad essa collegate di carattere ordinamentale si applichino decorsi due anni dalla entrata in vigore della legge.
Con l’articolo 8 si disciplina l’entrata in vigore delle disposizioni dell’articolo 2, comma 1, lettere d), numero 2, limitatamente al comma 1-quinquies dell’articolo 291, f), numero 2, g), i) e l), e dell’articolo 3 (si rinvia alle schede di lettura relative agli articoli 2 e 3 del disegno di legge), stabilendo che le stesse si applicano decorsi due anni dall’entrata in vigore della presente legge.
[1] Questi sono i reati richiamati dall’art. 407, comma 2 lett. a), c.p.p.: 1) delitti di cui agli articoli 285, 286, 416-bis e 422 del codice penale, 291-ter, limitatamente alle ipotesi aggravate previste dalle lettere a), d) ed e) del comma 2, e 291-quater, comma 4, del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43; 2) delitti consumati o tentati di cui agli articoli 575, 628, terzo comma, 629, secondo comma, e 630 dello stesso codice penale; 3) delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo; 4) delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni, nonché delitti di cui agli articoli 270, terzo comma e 306, secondo comma, del codice penale; 5) delitti di illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi clandestine nonché di più armi comuni da sparo escluse quelle previste dall'articolo 2, comma terzo, della legge 18 aprile 1975, n. 110; 6) delitti di cui agli articoli 73, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell'articolo 80, comma 2, e 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni; 7) delitto di cui all'articolo 416 del codice penale nei casi in cui è obbligatorio l'arresto in flagranza; 7-bis) dei delitti previsto dagli articoli 600, 600-bis, primo comma, 600-ter, primo e secondo comma, 601, 602, 609-bis nelle ipotesi aggravate previste dall'articolo 609-ter, 609-quater, 609-octies del codice penale, nonché dei delitti previsti dall’art. 12,comma 3, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni
[2] Questi sono i reati richiamati dall’articolo 362 comma 1-ter: il delitto previsto dall'articolo 575 del codice penale, nella forma tentata; i delitti, consumati o tentati, previsti dagli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis del codice penale, ovvero dagli articoli 582 e 583-quinquies del codice penale nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, c.p.
[3] Ai sensi di quanto disposto dall'art. 99-bis, comma 1, del medesimo d.lgs. n. 150/2022, aggiunto dall'art. 6, comma 1, del decreto-legge n. 162/2022, come convertito dalla legge n. 199 del 2022.
[4] Commissione di studio per elaborare proposte di riforma in materia di processo e sistema sanzionatorio penale, nonché in materia di prescrizione del reato, attraverso la formulazione di emendamenti al Disegno di legge A.C. 2435, recante Delega al Governo per l’efficienza del processo penale e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti presso le corti d’appello. Si rammenta che la commissione fu istituita d.m. 16 marzo 2021. Si veda al riguardo la scheda sul sito del Ministero della giustizia.
[5] Ai sensi dell’art. 7, primo comma, la corte d’assise e la corte d’assise d’appello tengono quattro sessioni annuali della durata di tre mesi. I dibattimenti vengono comunque conclusi dallo stesso collegio anche dopo la scadenza della sessione nel corso della quale sono stati iniziati.