Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Giustizia
Titolo: Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di illeciti agro-alimentari
Riferimenti: AC N.823/XIX
Serie: Progetti di legge   Numero: 119/1
Data: 29/11/2023
Organi della Camera: Assemblea

 

 

Camera dei deputati

XIX LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di illeciti
agro-alimentari

A.C. 823

 

Elementi per l’esame in Assemblea

 

 

 

 

 

n. 119/1

 

 

 

28 novembre 2023

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Giustizia

( 066760-9148– * st_giustizia@camera.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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File: gi0019a.docx

 


INDICE

Schede di lettura

Introduzione                                                                                                        5

Sintesi del contenuto della proposta C. 823                                                   5

§  Articolo 1 (Modifiche al codice penale a tutela dell’incolumità e della salute pubblica)        9

§  Articolo 2 (Modifiche al codice penale a tutela del commercio di prodotti alimentari)           26

§  Articolo 3 (Modifica all’articolo 240-bis del codice penale)                           42

§  Articolo 4 (Modifiche al codice di procedura penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del medesimo codice)                                                               45

§  Articolo 5 (Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231)              57

§  Articolo 6 (Modifiche alla legge 30 aprile 1962, n. 283).                              65

§  Articolo 7 (Disposizioni in materia di operazioni sotto copertura)                81

§  Articolo 8 (Violazione degli obblighi di rintracciabilità degli alimenti)           83

§  Articolo 9 (Modifiche all’articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350)   86

§  Articolo 10 (Modifiche all’articolo 16 della legge 23 luglio 2009, n. 99, in materia di destinazione dei beni sequestrati o confiscati)                                                                   89

§  Articolo 11 (Modifiche al decreto legislativo 23 maggio 2016, n. 103, in materia di classificazione degli oli di oliva)                                                                                              92

§  Articolo 12 (Abrogazioni e disposizioni transitorie)                                       97

§  Articolo 13 (Clausola di invarianza finanziaria)                                           100

 

 


Schede di lettura

 


Introduzione

La proposta di legge AC 823, intitolata Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di illeciti agro-alimentari, riproduce in larga parte il contenuto del disegno di legge AC 2427 della XVIII legislatura, che a sua volta riprendeva un progetto di riforma del diritto sanzionatorio agroalimentare elaborato dalla Commissione istituita nel 2015 (XVII legislatura) presso l’ufficio legislativo del Ministero della Giustizia e presieduta dal dott. Giancarlo Caselli.

L’esame della proposta di legge C. 823 è stato avviato dalla Commissione Giustizia nella seduta del 7 giugno 2023, insieme alla proposta di legge C. 1004 Cerreto, anch’essa intitolata Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di illeciti agro-alimentari” e riproduttiva in larga parte dei medesimi disegni di legge delle precedenti legislature. Sulle due proposte è stato svolto un ciclo di audizioni informali (le relative memorie depositate sono reperibili al seguente link).

La proposta di legge C. 823 è stata iscritta nel vigente calendario dell'Assemblea - in quota opposizione - a partire dal 29 novembre.

Nella seduta del 23 novembre, si è proceduto a revocare l'abbinamento della proposta di legge C. 1004, al fine di proseguire l’esame della proposta C. 823, iscritta in quota opposizione nel calendario dei lavori dell’Assemblea.

Il 27 novembre sono state presentate 32 proposte emendative. Nella seduta del 28 novembre, il presidente della Commissione, preso atto dell’impossibilità di concludere i propri lavori in tempo utile per l’avvio dell’esame in Assemblea, ha comunicato che riferirà nel corso della discussione sulle linee generali in Assemblea sull’andamento dell’iter in sede referente.

 

 

Sintesi del contenuto della proposta C. 823

I principali obiettivi della riforma possono essere individuati:

·         nella rielaborazione della struttura delle fattispecie incriminatrici poste a tutela degli interessi tradizionalmente tutelati in materia alimentare (la salute pubblica e i delitti contro l’industria e il commercio), per adeguare la disciplina punitiva al cambiamento del sistema di produzione, trasformazione e vendita di beni alimentari;

·         nell’individuazione di strumenti idonei a contrastare fenomeni particolarmente gravi di frode alimentare, che si manifestano attraverso condotte illecite svolte in forma stabile e organizzata nell’ambito delle attività d’impresa.

 

Per perseguire tali obiettivi, la proposta in commento:

§  dedica un apposito capo del codice penale ai delitti di comune pericolo contro la salute pubblica e la sicurezza di acque, alimenti e medicinali, nel quale inserisce fattispecie di pericolo concreto (articolo 1) in particolare:

o   modificando le fattispecie di avvelenamento di acque o sostanze alimentari (art. 439 c.p.) e di adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari (art. 440 c.p.), estendendo la relativa disciplina anche ai medicinali e anche all’imprenditore che produce, tratta o compone alimenti, medicinali o acque destinate all’alimentazione, in violazione delle leggi o dei regolamenti in materia di sicurezza alimentare o dei medicinali, o comunque inadatti al consumo umano o nocivi, rendendoli pericolosi per la salute pubblica; modifica la fattispecie di adulterazione o contraffazione di altre cose in danno della pubblica salute (art. 441 c.p.);

o   inserendo i nuovi delitti di importazione, esportazione, commercio, trasporto, vendita o distribuzione di alimenti, medicinali o acque pericolosi (art. 440-bis c.p.), di omesso ritiro di alimenti, medicinali o acque pericolosi (art. 440-ter) e di informazioni commerciali ingannevoli o pericolose (art. 440-ter c.p.);

o   abrogando i delitti di adulterazione o contraffazione di altre cose in danno della pubblica salute (art. 442 c.p.) e di commercializzazione di sostanze destinate all’alimentazione che, pur non essendo contraffatte né adulterate, siano comunque pericolose per la salute pubblica (art. 444 c.p.);

o   inserendo nel codice penale il delitto di disastro sanitario (art. 445-bis c.p.) ed aggravando, in generale, le pene accessorie applicabili in caso di condanna per un delitto di comune pericolo contro la salute pubblica.

 

§  apporta alcune modifiche al codice penale, volte alla ridefinizione del sistema sanzionatorio contro le frodi alimentari, intervenendo sia sulla sfera applicativa –al fine di ricomprendere anche attività illecite che attualmente non risultano punibili - sia sul piano edittale. In particolare:

o   integrando la rubrica del Titolo VIII - attualmente dedicato ai delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio - prevedendo l’espresso richiamo al patrimonio agroalimentare;

o   creando un nuovo Capo II bis dedicato specificamente ai delitti contro il patrimonio agro-alimentare;

o   inasprendo il trattamento sanzionatorio della contraffazione dei segni di denominazione protetta e indicazione geografica dei prodotti agro-alimentari tramite alcune modifiche l’art. 517-quater;

o   introducendo i nuovi reati di agropirateria (art. 517-quater. 1), frode nel commercio di alimenti (art. 517-sexies), commercio di alimenti con segni mendaci (517-septies) nonché la disciplina delle circostanze aggravanti relative a tali ultimi due delitti (517-octies);

o   introducendo un’ulteriore disciplina delle pene accessorie per i delitti contro il patrimonio agro-alimentare.

 

§  amplia il catalogo dei reati per i quali è consentita la confisca allargata aggiungendovi le fattispecie di associazione a delinquere realizzata allo scopo di commettere i delitti di frode nel commercio di alimenti (nuovo art. 517-sexies c.p.) e di commercio di alimenti con segni mendaci (nuovo art. 517-septies c.p.);

§  apporta le modifiche necessarie ad armonizzare il codice di procedura penale e le relative norme di attuazione, di coordinamento e transitorie alla riforma dei reati agroalimentari;

§  modifica la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231), attraverso la previsione di uno specifico modello organizzativo di gestione e controllo finalizzato alla prevenzione dei reati agroalimentari e l’integrazione del catalogo dei “reati presupposto” , ricomprendendo nella sistematica della responsabilità da reato sia le fattispecie poste a tutela del mercato dei prodotti agroalimentari che quelle a tutela della salute pubblica (articolo 5);

§   apporta diverse modifiche alla legge n. 283 del 1965, che contiene la disciplina principale in tema di produzione e vendita delle sostanze alimentari e delle bevande e degli illeciti ad esse connessi. In particolare:

o   inserisce la disciplina la delega di funzioni da parte del titolare di un’impresa alimentare, per facilitare l'individuazione del soggetto penalmente responsabile degli illeciti in campo alimentare nell'ambito dell'organizzazione aziendale,

o   introduce invece una serie di reati e di illeciti amministrativi volti a rafforzare la tutela della sicurezza degli alimenti;

o   modifica le disposizioni introdotte nella legge n. 263/1962 dal D.Lgs. 150/2022 (cd. “riforma Cartabia”) in tema di modalità di estinzione dei reati in materia agroalimentare.

§  amplia il catalogo delle fattispecie per cui è consentito lo strumento investigativo delle operazioni sotto copertura, con l'inclusione di alcuni reati contro il patrimonio agroalimentare;

§  punisce come contravvenzione (e non più come illecito amministrativo) la condotta degli operatori del settore alimentare e dei mangimi che impediscono, ostacolano o comunque non consentono agli organi di controllo la ricostruzione della rintracciabilità degli alimenti di cui all’articolo 18 del Regolamento (CE) n. 178/2002; il nuovo reato è punito con la pena dell’ammenda da euro 600 a 6.000;

§  esclude gli alimenti dall’ambito di applicazione della disciplina a tutela della qualità, origine e provenienza dei prodotti, prevista dai commi 49 e 49-bis dell’articolo 4 della legge n. 350 del 2003;

§  stabilisce che, ai fini della destinazione di beni sequestrati o confiscati nel corso di operazioni di polizia giudiziaria, la disciplina prevista dall’articolo 16 della legge 23 luglio 2009, n. 99, trovi applicazione anche in riferimento ai nuovi delitti contro il patrimonio agroalimentare;

§  interviene in materia di classificazione degli oli di oliva e di sansa di oliva, e ridisciplina, anche sul piano sanzionatorio, i divieti e gli obblighi a carico degli operatori ai fini della vendita o della messa in commercio per il consumo o della detenzione per uso alimentare dei suddetti olii (articolo 11).

 

 


Articolo 1
(Modifiche al codice penale a tutela dell’incolumità e della salute pubblica)

 

La proposta di legge in commento, all’articolo 1, interviene sul Titolo VI del libro II del codice penale, dedicato ai delitti contro l’incolumità pubblica.

 

Nel codice penale, alla tutela della incolumità pubblica sono dedicati tanto delitti quanto contravvenzioni.

I delitti sono raggruppati in tre distinti capi, relativi:

I.              ai delitti di comune pericolo mediante violenza: si tratta dei delitti di strage (art. 422), incendio (art. 423 e 423-bis), danneggiamento seguito da incendio (art. 424), inondazione, frana o valanga (art. 426), danneggiamento seguito da inondazione, frana o valanga (art. 427), naufragio sommersione o disastro aviatorio (art. 428), danneggiamento seguito da naufragio (art. 429), disastro ferroviario (art. 430), pericolo di disastro ferroviario causato da danneggiamento (art. 431), attentati alla sicurezza dei trasporti (art. 432), attentati alla sicurezza degli impianti di energia elettrica e del gas, ovvero delle pubbliche comunicazioni (art. 433) o delle installazioni nucleari (art. 433-bis), crollo di costruzioni o altri disastri dolosi (art. 434), fabbricazione o detenzione di materie esplodenti (art. 435), sottrazione, occultamento o guasto di apparecchi a pubblica difesa da infortuni (art. 436), rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro (art. 437);

II.            ai delitti di comune pericolo mediante frode: si tratta dei delitti di epidemia (art. 438), avvelenamento di acque o di sostanze alimentari (art. 439), adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari (art. 440), adulterazione o contraffazione di altre cose in danno della pubblica salute (art. 441), commercio di sostanze alimentari contraffatte o adulterate (art. 442), commercio o somministrazione di medicinali guasti (art. 443), commercio di sostanze alimentari nocive (art. 444), somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica (art. 445);

III.           ai delitti colposi di comune pericolo: sono i delitti colposi di danno (art. 449), i delitti colposi di pericolo (art. 450), l'omissione colposa di cautele o difese contro disastri o infortuni sul lavoro (art. 451), i delitti colposi contro la salute pubblica (art. 452).

Il libro terzo del codice penale, dedicato alle contravvenzioni, contiene inoltre una serie di previsioni (artt. 672-681 c.p.) riguardanti la tutela dell'incolumità pubblica.

 

Attualmente, la sistematica delle fattispecie delittuose del Titolo VI si ispira al duplice criterio distintivo del mezzo attraverso cui l'offesa all’incolumità pubblica è realizzata- che porta a distinguere i primi due capi relativi alla violenza e alla frode (analogamente a quanto avviene in altre parti del codice: si pensi ai delitti contro il patrimonio) – e dell’elemento soggettivo del reato – che individua nei primi due capi le ipotesi dolose e nel terzo i delitti colposi.

 

La proposta di legge in commento, in primo luogo, finalizza le ipotesi delittuose del Titolo VI non solo alla tutela dell’incolumità pubblica, ma anche alla tutela della salute pubblica.

A tal fine, la rubrica del Titolo VI è sostituita dalla seguente: Dei delitti contro l’incolumità e la salute pubblica.

Se dunque, attualmente, il bene giuridico dell'incolumità pubblica ricomprende tanto la vita quanto l'incolumità, intesa come integrità fisica e salute di più persone, la riforma è invece volta a dare autonomo rilievo alla tutela della salute pubblica.

 

Inoltre, il provvedimento abbandona la distinzione tra i mezzi di realizzazione dell’illecito – violenza e frode – che attualmente distingue il capo I dal capo II del Titolo, sostituendola con la distinzione tra fattispecie di comune pericolo che attentano all’incolumità pubblica (capo I) e fattispecie di comune pericolo che attentano alla salute pubblica (capo II). Alla salute pubblica sono ricondotte le fattispecie che attentano alla sicurezza delle acque, degli alimenti e dei medicinali.

A tale fine sono sostituite le rubriche dei Capi I e II eliminando ogni riferimento a violenza e frode.

 

Normativa vigente

A.C. 823

Codice penale

 

Libro secondo

 

Titolo VI

 

Dei delitti contro l’incolumità pubblica

Titolo VI

 

Dei delitti contro l’incolumità e la salute pubblica

Capo I

 

Dei delitti di comune pericolo mediante violenza

Capo I

 

Dei delitti di comune pericolo contro l’incolumità pubblica

(Omissis)

Capo II

 

Dei delitti di comune pericolo mediante frode

Capo II

 

Dei delitti di comune pericolo contro la salute pubblica e la sicurezza delle acque, degli alimenti e dei medicinali

 

 

Il Capo I non è oggetto di modifiche ulteriori rispetto alla sostituzione della rubrica.

Rilevanti sono invece le modificazioni al Capo II, nel quale restano inalterate solo le fattispecie di epidemia (art. 438 c.p.), di commercio o somministrazione di medicinali guasti (art. 443 c.p.) e di somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica (art. 445 c.p.).

 

La proposta sostituisce l’art. 439 c.p., relativo all’avvelenamento di acque o sostanze alimentari.

 

Attualmente, la disposizione punisce con la reclusione non inferiore a 15 anni chiunque avvelena acque o sostanze destinate all’alimentazione, prima che siano attinte o distribuite per il consumo. Se dal fatto deriva la morte di qualcuno, si applica l’ergastolo; nel caso di morte di più persone, era prevista la pena di morte, ora sostituita, comunque, dall’ergastolo.

Oggetto materiale del reato sono le acque o le sostanze destinate all'alimentazione; la Cassazione ha precisato che le acque considerate sono quelle destinate all'alimentazione umana, a prescindere dalla loro potabilità (Cass. pen. Sez. IV Sent., 10/05/2018, n. 25547). L'avvelenamento non deve necessariamente avere potenzialità letale, essendo sufficiente che esso abbia la potenzialità di nuocere alla salute (si tratta di un reato di comune pericolo). La norma prevede un limite di carattere cronologico, giacché l'avvelenamento deve avvenire prima che le acque o le sostanze destinate all'alimentazione siano attinte o distribuite per il consumo. Tale limite, secondo la dottrina, segnala il termine finale dello stato di pericolo per la salute pubblica derivante dall'avvelenamento il quale, a seguito dell'attingimento o della distribuzione, sarà causa non più di comune pericolo ma di pericolo individuale. L'attingimento e la distribuzione nel senso voluto dal legislatore si realizzano solo quando determinano la disponibilità individuale ed esclusiva della cosa avvelenata. Quanto all’elemento soggettivo del reato, si richiede il dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di avvelenare acque o sostanze con la consapevolezza della potenza tossica del mezzo usato e della destinazione alimentare della cosa avvelenata. L’ipotesi colposa è punita dall’art. 452 c.p.

 

La riforma, nonostante la formale sostituzione dell’art. 439 c.p., mantiene inalterata la pena – salvo l’aggiornamento del testo con l’eliminazione della pena di morte – e si limita ad apportare alla fattispecie le seguenti modifiche:

-          fa riferimento, a partire dalla rubrica dell’articolo, agli alimenti, invece che alle sostanze alimentari o alle sostanze destinate all’alimentazione. Ciò comporta l’estensione dell’ambito di applicazione della fattispecie all’avvelenamento di tutte le acque, non solo di quelle destinate all’alimentazione (alle quali fa invece espresso riferimento il successivo art. 440 c.p.). Spetterà alla giurisprudenza distinguere le ipotesi di avvelenamento delle acque, di cui all’art. 439 c.p., da quelle di inquinamento ambientale di cui all’art. 452-bis c.p., e dalle contravvenzioni previste dal c.d. Codice dell’ambiente (d.lgs. n. 152 del 2006);

-          elimina l’inciso che prevede l’applicabilità della fattispecie in relazione ad avvelenamenti che precedono l’attingimento o la distribuzione per il consumo delle acque o degli alimenti, ampliando così l’ambito di applicazione della fattispecie.

 

Normativa vigente

A.C. 823

Codice penale

Art. 439

Avvelenamento di acque o di sostanze alimentari

Art. 439

Avvelenamento di acque o di alimenti

Chiunque avvelena acque o sostanze destinate all’alimentazione, prima che siano attinte o distribuite per il consumo, è punito con la reclusione non inferiore a quindici anni.

Chiunque avvelena acque o alimenti è punito con la reclusione non inferiore ad anni quindici. Se dal fatto deriva la morte di alcuno, si applica la pena dell’ergastolo.

Se dal fatto deriva la morte di alcuno, si applica l’ergastolo[; e, nel caso di morte di più persone, si applica la pena di morte].

Abrogato (v. secondo periodo del primo comma).

 

 

La proposta in commento prevede la sostituzione dell’articolo 440 del codice penale, relativo al delitto di adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari.

 

La disposizione attualmente punisce con la reclusione da 3 a 10 anni chiunque corrompe o adultera acque o sostanze destinate all'alimentazione, prima che siano attinte o distribuite per il consumo, rendendole pericolose alla salute pubblica (primo comma). Con la stessa pena punisce la contraffazione, in modo pericoloso alla salute pubblica, di sostanze alimentari destinate al commercio (secondo comma) mentre una aggravante si applica all’adulterazione o contraffazione di medicinali (terzo comma).

L’attuale disposizione individua tre distinte condotte: adulterazione, corruzione e contraffazione. La giurisprudenza di legittimità ha affermato che l'adulterazione di acque o sostanze alimentari si verifica con l'alterazione della natura genuina di una sostanza attraverso un procedimento col quale si aggiungono o si sostituiscono elementi nocivi alla salute (Cass., Sez. III, 17.5.1966), con l'effetto di far apparire come genuina la sostanza o il prodotto. Per la dottrina "adulterare" significa alterare la struttura originale di un alimento, mediante sostituzione di elementi propri dell'alimento con altri estranei, ovvero sottrazione di elementi propri dell'alimento, o ancora, aumento della quantità proporzionale di uno o più dei suoi componenti. All’adulterazione dovrebbe essere assimilata la corruzione (non esistono specifiche definizioni della Cassazione) mentre la contraffazione - diversamente dall'adulterazione e dal corrompimento, i quali presuppongono un alimento preesistente che viene manipolato - implica l'inesistenza della cosa e consiste nel formare ex novo un alimento con l'apparenza della genuinità in quanto prodotto con sostanze in tutto o in parte diverse, per qualità o quantità, da quelle che normalmente concorrono a formarlo. Si tratta pertanto di condotta ontologicamente fraudolenta.

 

In particolare, la proposta in commento:

-          equipara i medicinali alle acque destinate all’alimentazione e agli alimenti, e conseguentemente elimina l’attuale aggravante per i medicinali, prevista dal terzo comma dell’art. 440 c.p.;

-          elimina l’inciso che prevede l’applicabilità della fattispecie in relazione a condotte che precedono l’attingimento o la distribuzione per il consumo delle sostanze;

-          modifica le condotte che integrano il delitto. Mantenendo le ipotesi di adulterazione e corruzione, il nuovo art. 440 sostituisce la condotta di contraffazione con quella di contaminazione. Il comma secondo, che attualmente punisce la contraffazione, in modo pericoloso alla salute pubblica, di sostanze alimentari destinate al commercio, è soppresso;

-          lascia inalterata la pena della reclusione da 3 a 10 anni;

-          applica la medesima pena a colui che, nell’ambito di un’attività imprenditoriale, produce, tratta o compone alimenti, medicinali o acque destinate all’alimentazione, in violazione delle leggi o dei regolamenti in materia di sicurezza alimentare o dei medicinali, o comunque inadatti al consumo umano o nocivi, rendendoli pericolosi per la salute pubblica. La disposizione va letta in combinato con il nuovo art. 445-ter c.p. (v. infra) che specifica che un alimento va considerato adulterato o trattato in violazione delle leggi e dei regolamenti anche quando le condotte dell’art. 440 «sono poste in essere tramite la somministrazione all'animale vivo o l'utilizzazione in relazione al vegetale prima della raccolta di sostanze vietate o in quantità eccedenti quelle consentite» e che un alimento è inadatto al consumo umano «quando è putrefatto, deteriorato, decomposto o contaminato».

Si anticipa sin d’ora che la produzione di alimenti in violazione di leggi e regolamenti è sanzionata a titolo di delitto anche nella legge n. 283 del 1962 (cfr. infra, art. 6); si valuti dunque l’opportunità di distinguere adeguatamente le due fattispecie.

 

 

 

Normativa vigente

A.C. 823

Codice penale

Art. 440

Adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari

Art. 440

Contaminazione, adulterazione o corruzione di acque, alimenti e medicinali

Chiunque corrompe o adultera acque o sostanze destinate all'alimentazione, prima che siano attinte o distribuite per il consumo, rendendole pericolose alla salute pubblica, è punito con la reclusione da tre a dieci anni.

Chiunque contamina, adultera o corrompe acque destinate all’alimentazione, alimenti o medicinali, rendendoli pericolosi per la salute pubblica, è punito con la reclusione da tre a dieci anni.

La stessa pena si applica a chi contraffà, in modo pericoloso alla salute pubblica, sostanze alimentari destinate al commercio.

La stessa pena si applica a chiunque, nell’ambito di un’attività di impresa, produce, tratta o compone alimenti, medicinali o acque destinate all’alimentazione in violazione delle leggi o dei regolamenti in materia di sicurezza alimentare o dei medicinali, o comunque inadatti al consumo umano o nocivi, rendendoli pericolosi per la salute pubblica.

La pena è aumentata se sono adulterate o contraffatte sostanze medicinali.

Abrogato.

 

 

La lettera f) dell’articolo 1 inserisce nel capo II tre ulteriori delitti (articoli 440-bis, ter e quater).

 

L’art. 440-bis – rubricato Importazione, esportazione, commercio, trasporto, vendita o distribuzione di alimenti, medicinali o acque pericolosi - punisce con la reclusione da 2 a 8 anni chiunque – nell’ambito di un’attività imprenditoriale - commercializza alimenti, medicinali o acque avvelenati, contraffatti, adulterati, contaminati, corrotti, ovvero prodotti, trattati o composti in violazione delle leggi e dei regolamenti in materia di sicurezza alimentare o dei medicinali o comunque inadatti al consumo umano o nocivi (come specificato infra dall’art. 445-ter c.p.), pericolosi per la salute pubblica.

Si osserva che all’art. 440-bis si mantiene la condotta di contraffazione, soppressa dalla fattispecie dell’art. 440 c.p.

Nel concetto di commercializzazione sono ricompresi importazione, esportazione, spedizione in transito, custodia temporanea o deposito doganale, trasporto, detenzione per il commercio, somministrazione, vendita e distribuzione.

La fattispecie si applica al di fuori delle ipotesi di concorso nei reati di avvelenamento (art. 439 c.p.) e contaminazione, adulterazione o corruzione di acque, alimenti o medicinali (art. 440 c.p.) e sostituisce i delitti di cui agli articoli 442 e 444 del codice penale, che vengono contestualmente abrogati (cfr. art. 12 ddl).

 

Si ricorda che l’art. 442 c.p. punisce con le pene previste dagli articoli 439, 440 e 441 (adulterazione o contraffazione di altre cose in danno della pubblica salute) chiunque, senza essere concorso nei suddetti delitti, commercializza acque, sostanze o cose che sono state da altri avvelenate, corrotte, adulterate o contraffatte, in modo pericoloso alla salute pubblica. Prevede dunque l’applicazione delle medesime pene a colui che realizza l’avvelenamento o l’adulterazione e a colui che, consapevole, commercializza le sostanze pericolose per la salute pubblica.

L’art. 444 c.p. punisce con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e con la multa non inferiore a 51 euro chiunque commercializza sostanze destinare all’alimentazione che, pur non essendo contraffatte né adulterate, siano comunque pericolose per la salute pubblica. La pena è diminuita se l’acquirente o il destinatario è consapevole della nocività delle sostanze.

 

La riforma non interviene, invece, sull’art. 443 c.p., relativo alla commercializzazione o somministrazione di medicinali guasti, che dunque resta in vigore, in parte sovrapponendosi al nuovo art. 440-bis.

La disposizione punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a euro 103 chiunque detiene per il commercio, pone in commercio o somministra medicinali guasti o imperfetti.

Si valuti l’opportunità di coordinare il nuovo art. 440-bis, che si riferisce anche alla commercializzazione dei medicinali, con l’art. 443 c.p. che punisce la commercializzazione di medicinali guasti.

 

Rispetto alla disciplina vigente, che punisce con la medesima severità colui che avvelena o adultera le sostanze alimentari e colui che le commercializza, la riforma prevede per quest’ultimo una pena più lieve: reclusione da 2 a 8 anni in luogo della reclusione non inferiore a 15 anni prevista dall’art. 439 e alla reclusione da 3 a 10 anni prevista dall’art. 440 c.p.

 

Il nuovo articolo 440-ter – rubricato Omesso ritiro di alimenti, medicinali o acque pericolosi – punisce con la reclusione da 6 mesi a 3 anni:

-          l’operatore del settore alimentare o del commercio che, essendo a conoscenza della pericolosità del consumo di alimenti, medicinali o acque da lui detenuti o alienati, omette di provvedere immediatamente al loro ritiro dal mercato o al richiamo presso gli acquirenti o gli attuali detentori oppure di informare immediatamente le autorità amministrative competenti per la sicurezza degli alimenti, delle acque e dei medicinali (primo comma). La fattispecie si applica al di fuori delle ipotesi di concorso nei reati di contaminazione, adulterazione o corruzione di acque, alimenti o medicinali (art. 440 c.p.) e di importazione, esportazione, commercio, trasporto, vendita o distribuzione di alimenti, medicinali o acque pericolosi (art. 440-bis c.p.).

 

Si tratta di un reato proprio, che può essere commesso solo da un operatore del commercio o del settore alimentare. Quest’ultimo, in base alla Relazione illustrativa – deve essere definito alla stregua dell’art. 3 del Regolamento (CE) n. 178/2002 e dunque come “la “persona fisica o giuridica responsabile di garantire il rispetto delle disposizioni della legislazione alimentare nell'impresa alimentare posta sotto il suo controllo” (evidentemente, trattandosi di responsabilità penale, autore dell’illecito potrà essere esclusivamente una persona fisica).

La stessa relazione illustrativa chiarisce che con riguardo agli alimenti, la norma costituisce il necessario adeguamento alle istruzioni contenute nel suddetto Regolamento del 2002, che impone obblighi di ritiro dal mercato e di richiamo presso gli acquirenti, oltre che precisi doveri di informazione nei confronti delle autorità competenti, a carico degli operatori nel settore alimentare (cfr. art. 19, Reg.). L'elemento costitutivo del delitto, che lo contraddistingue dalle ipotesi di condotte omissive affini, punite a titolo di contravvenzione, si identifica proprio nel pericolo derivante dalla consumazione dell'alimento, quale presupposto imprescindibile di un obbligo di agire presidiato dalla sanzione penale.

 

-          l'operatore del commercio che non osserva i provvedimenti dati dall'autorità competente per l'eliminazione del suddetto pericolo.

 

L’articolo 440-quater – rubricato Informazioni commerciali ingannevoli o pericolose – punisce con la reclusione da 1 a 4 anni chiunque, mediante informazioni commerciali false o incomplete riguardanti alimenti, acque o medicinali, pregiudica la sicurezza del loro consumo con pericolo per la salute pubblica. La fattispecie si applica se non ricorrono i delitti di cui agli articoli 440-bis, 440-ter, 441 (su cui v. infra) e 443.

 

Si ricorda che disposizioni sulla pubblicità ingannevole sono previste anche dal c.d. Codice del consumo (d.lgs. n. 206 del 2005); vengono in rilievo soprattutto gli articoli 21 e 22 del Codice relativi, rispettivamente, ad azioni e omissioni ingannevoli. Inquadrate nell’ambito delle pratiche commerciali scorrette, tali azioni sono sottoposte alla valutazione dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che può applicare sanzioni amministrative, avverso le quali si può ricorrere al giudice amministrativo.

Rispetto a quell’illecito amministrativo, la nuova fattispecie penale si caratterizza per il profilo del pericolo per la sicurezza del consumo, che qualifica come penalmente rilevante la condotta. Inoltre, anche in relazione alle informazioni commerciali incomplete, il cui ambito di applicazione pare ampio, occorre ricordare che trattandosi di delitto la punibilità è circoscritta alle ipotesi dolose.

 

Dal contenuto della disposizione si evince dunque che tanto le informazioni false quanto quelle incomplete devono comunque pregiudicare la sicurezza del consumo e mettere in pericolo la salute. Non si tratta dunque di un’alternativa tra inganno e pericolo.

L’articolo in esame è tuttavia rubricato Informazioni commerciali ingannevoli o pericolose.

Si valuti l’opportunità di una formulazione della rubrica dell’articolo 440 quater, che non faccia riferimento ad un’alternativa tra informazioni ingannevoli e pericolose.

 

La proposta in commento modifica l’art. 441 c.p., relativo al delitto di adulterazione o contraffazione di altre cose in danno della pubblica salute.

La disposizione punisce con la reclusione da 1 a 5 anni o con la multa non inferiore a 309 euro (la pena detentiva è dunque alternativa alla pena pecuniaria) chiunque adultera o contraffà, in modo pericoloso alla salute pubblica, cose destinate al commercio, diverse dalle acque e dalle sostanze destinate all'alimentazione (di cui si occupa il precedente art. 440).

 

La riforma:

-          specifica che l’art. 441 si applica all’adulterazione di sostanze diverse da quelle indicate dall’art. 440 c.p., che viene espressamente richiamato, non potendosi più – stante l’inserimento degli articoli 440-bis, 440-ter e 440-quater – fare riferimento all’”articolo precedente”;

-          aggiunge un comma per punire con la medesima pena – reclusione da 1 a 5 anni o multa non inferiore a 309 euro - l’imprenditore che, senza essere concorso nell’adulterazione o contraffazione, commercializza le cose adulterate o contraffatte.
Analogamente a quanto previsto all’art. 440-bis, anche in questo caso la commercializzazione consiste nelle attività di importazione, esportazione, spedizione in transito, custodia temporanea o deposito doganale, trasporto, detenzione per il commercio, somministrazione, vendita e distribuzione.
Con il nuovo comma la riforma “recupera” all’art. 441 la fattispecie attualmente prevista dall’art. 442 c.p., che viene abrogato.

 

Si ricorda che le pene previste dall’art. 442 c.p. (adulterazione o contraffazione di altre cose in danno della pubblica salute) sono le stesse degli articoli 439, 440 e 441 e dunque più elevate rispetto alla pena prevista dall’art. 441 (alternativa tra reclusione, da 1 a 5 anni, e multa, non inferiore a 309 euro).

 

 

 

Normativa vigente

A.C. 823

Codice penale

Art. 441

Adulterazione o contraffazione di altre cose in danno della pubblica salute

Chiunque adultera o contraffà, in modo pericoloso alla salute pubblica, cose destinate al commercio, diverse da quelle indicate nell'articolo precedente, è punito con la reclusione da uno a cinque anni o con la multa non inferiore a euro 309.

Art. 441

Adulterazione o contraffazione di altre cose in danno della pubblica salute

 

Chiunque adultera o contraffà, in modo pericoloso alla salute pubblica, cose destinate al commercio, diverse da quelle indicate nell'articolo 440, è punito con la reclusione da uno a cinque anni o con la multa non inferiore a euro 309.

 

Alla medesima pena soggiace chiunque, nell’ambito di un’attività di impresa, senza essere concorso nell’adulterazione o nella contraffazione, importa, esporta, spedisce in transito, introduce in custodia temporanea o in deposito doganale, trasporta, detiene per il commercio, commercializza, somministra, vende o distribuisce le cose indicate nel primo comma, contraffatte o adulterate in modo pericoloso per la salute pubblica.

 

 

Come detto, l’articolo 442 è abrogato (v. infra art. 12); l’articolo 443 (Commercio o somministrazione di medicinali guasti) non è oggetto di modifiche; l’articolo 444 (Commercio di sostanze alimentari nocive) è abrogato (sempre dall’art. 12); l’articolo 445 (Somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica) non è oggetto di modifiche.

 

L’articolo 445 c.p. punisce con la reclusione da 6 mesi a 2 anni e con la multa da 103 a 1.032 euro chiunque, esercitando, anche abusivamente, il commercio di sostanze medicinali, le somministra in specie, qualità o quantità non corrispondente alle ordinazioni mediche, o diversa da quella dichiarata o pattuita.

 

La proposta in commento inserisce nel codice penale gli artt. 445-bis e 445-ter, il cui testo è identico nei due provvedimenti.

 

L’articolo 445-bis è volto a prevedere il delitto di disastro sanitario, punito con la reclusione da 6 a 18 anni.

La fattispecie ricorre quando dai fatti di

-          contaminazione, adulterazione o corruzione di acque, alimenti e medicinali (art. 440 c.p.) o di altre cose in danno alla salute (art. 441 c.p.)

-          commercializzazione di acque, alimenti e medicinali pericolosi (art. 440-bis c.p.) o dal loro omesso ritiro dal mercato (art. 440-ter c.p.)

-          diffusione di informazioni commerciali pericolose (art. 440-quater c.p.);

-          commercializzazione o somministrazione di medicinali guasti (art. 443 c.p.) o in modo pericoloso per la salute pubblica (art. 445 c.p.)

derivano per colpa la lesione grave o gravissima o la morte di 3 o più persone nonché il pericolo grave e diffuso di analoghi aventi ai danni di altre persone.

 

Si ricorda che la lesione è definita grave (art. 583 c.p.) se dal fatto deriva una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa, ovvero una malattia o un'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai 40 giorni o se il fatto produce l'indebolimento permanente di un senso o di un organo. La lesione è gravissima se dal fatto deriva una malattia certamente o probabilmente insanabile, la perdita di un senso, la perdita di un arto, o una mutilazione che renda l'arto inservibile, ovvero la perdita dell'uso di un organo o della capacità di procreare, ovvero una permanente e grave difficoltà della favella.

 

Il delitto presuppone che gli eventi di danno siano una conseguenza non voluta dall’autore dei delitti presupposto (fatti che derivano per colpa); se così non fosse, e le lesioni o la morte fossero eventi voluti dall’autore dei suddetti delitti si applicherebbe evidentemente la fattispecie di strage, di cui all’art. 422 c.p. (ergastolo in caso di morte; reclusione non inferiore a 15 anni negli altri casi). Anche quando la morte è conseguenza dell’avvelenamento di acque o alimenti, in base alla nuova formulazione dell’art. 439 c.p., la pena è l’ergastolo. La Relazione illustrativa qualifica il nuovo delitto di disastro sanitario come un “delitto doloso di base aggravato colposamente dall'evento”.

 

L’articolo 445-ter, rubricato disposizioni comuni, reca una serie di previsioni volte a chiarire l’ambito applicativo dei delitti di comune pericolo contro la salute pubblica e la sicurezza delle acque, degli alimenti e dei medicinali (nuova rubrica del Capo II).

L’art. 445-ter chiarisce, anzitutto, che il pericolo per la salute pubblica:

-          deve essere valutato tenendo conto anche dei consumi cumulativi in quantità normali delle acque, degli alimenti e dei medicinali distribuiti o venduti;

-          deve essere accertato con riferimento al tempo della loro distribuzione, vendita o messa in circolazione per il consumo.

 

L’art. 445-ter specifica, inoltre, che:

-          un alimento si deve considerare adulterato o trattato in violazione delle leggi e dei regolamenti anche quando le condotte dell’art. 440 «sono poste in essere tramite la somministrazione all'animale vivo o l'utilizzazione in relazione al vegetale prima della raccolta di sostanze vietate o in quantità eccedenti quelle consentite».
Come specifica la relazione illustrativa, questa previsione vale a risolvere un contrasto giurisprudenziale affermando che la condotta di adulterazione dell'animale vivo, così come gli interventi idonei ad adulterare il vegetale prima della raccolta (che in forza della normativa di settore non sono qualificabili direttamente come alimenti), assumono rilievo analogo all'intervento di adulterazione e di contraffazione dell'alimento;

-          un alimento è inadatto al consumo umano quando è putrefatto, deteriorato, decomposto o contaminato.

La disposizione riprende in parte l’art. 14, comma 5, del Regolamento CE n. 178 del 2002, ai sensi del quale «Per determinare se un alimento sia inadatto al consumo umano, occorre prendere in considerazione se l'alimento sia inaccettabile per il consumo umano secondo l'uso previsto, in seguito a contaminazione dovuta a materiale estraneo o ad altri motivi, o in seguito a putrefazione, deterioramento o decomposizione».

 

La lettera i) dell’art. 1 apporta modifiche di coordinamento all’articolo 446 c.p., relativo alla confisca.

 

La disposizione prevede, in caso di condanna per uno dei delitti previsti negli articoli 439, 440, 441 e 442, e solo se dal fatto è derivata la morte o la lesione grave o gravissima di una persona, la confisca obbligatoria delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, delle cose che ne sono il prodotto o il profitto.

 

La riforma elimina il riferimento al delitto di cui all’art. 442 – che è abrogato – ed inserisce invece la confisca obbligatoria quando derivino lesioni gravi o gravissime o la morte dai delitti di importazione, esportazione, commercio, trasporto, vendita o distribuzione di alimenti, medicinali o acque pericolosi (nuovo art. 440-bis c.p.) e di omesso ritiro di alimenti, medicinali o acque pericolosi (nuovo art. 440-ter c.p.).

 

Normativa vigente

A.C. 823

Codice penale

Articolo 446

Confisca obbligatoria

In caso di condanna per taluno dei delitti preveduti negli articoli 439, 440, 441 e 442, se dal fatto è derivata la morte o la lesione grave o gravissima di una persona, la confisca delle cose indicate nel primo comma dell'articolo 240 è obbligatoria.

In caso di condanna per taluno dei delitti preveduti negli articoli 439, 440, 440-bis, 440-ter e 441, se dal fatto è derivata la morte o la lesione grave o gravissima di una persona, la confisca delle cose indicate nel primo comma dell'articolo 240 è obbligatoria.

 

 

La lett. l modifica l’articolo 448 del codice, che chiude il Capo II. Si tratta della disposizione che contempla le pene accessorie.

 

Attualmente, la condanna per uno dei delitti previsti dal capo importa la pubblicazione della sentenza (primo comma) nonché, in caso di condanna per uno dei delitti di cui agli articoli 439, 440, 441 e 442, l'interdizione da 5 a 10 anni dalla professione, arte, industria, commercio o mestiere nonché l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per lo stesso periodo, oltre alla pubblicazione della sentenza su almeno 2 quotidiani a diffusione nazionale (secondo comma).

 

In particolare, il testo interviene sul secondo comma per coordinare il catalogo dei delitti che comportano, in caso di condanna, l’interdizione dal commercio e dagli uffici direttivi delle persone giuridiche, con le abrogazioni e le novità introdotte dalla proposta di legge. In particolare, è eliminato il riferimento all’abrogato art. 442 e sono inseriti i delitti di importazione, esportazione, commercio, trasporto, vendita o distribuzione di alimenti, medicinali o acque pericolosi (nuovo art. 440-bis c.p.) e di disastro sanitario (nuovo art. 445-bis c.p.). Non è invece prevista interdizione per la condanna per omesso ritiro di alimenti, medicinali o acque pericolosi (nuovo art. 440-ter c.p.).

Inoltre, la proposta in commento:

-          inserisce un terzo comma per disciplinare la pena accessoria del divieto di ottenere autorizzazioni, concessioni o analoghi titoli abilitativi allo svolgimento di attività imprenditoriali, nonché contributi o finanziamenti pubblici per lo svolgimento di tali attività, in caso di condanna per i reati di avvelenamento di acque o di alimenti (art. 439 c.p.), contaminazione, adulterazione o corruzione di acque, alimenti o medicinali (art. 440 c.p.), importazione, esportazione, commercio, trasporto, vendita o distribuzione di alimenti, medicinali o acque pericolosi (nuovo art. 440-bis c.p.), omesso ritiro di alimenti, medicinali o acque pericolosi (nuovo art. 440-ter c.p.) e disastro sanitario (nuovo art. 445-bis c.p.). Il divieto, ai sensi dell’art. 30 c.p., potrà essere imposto per una durata da un mese a 5 anni (nuovo terzo comma).
La disposizione, per come formulata, vieta l’emissione di nuovi titoli abilitativi allo svolgimento delle attività imprenditoriali, senza prevedere che la condanna comporti la revoca di autorizzazioni già concesse.
Inoltre, per quanto riguarda il catalogo dei reati la cui condanna comporta l’interdizione dal commercio (secondo comma) e il divieto di nuove autorizzazioni o finanziamenti (terzo comma) si rileva che l’omesso ritiro di alimenti, medicinali o acque pericolosi (nuovo art. 440-ter c.p.) comporta la pena accessoria del terzo comma ma non quella del secondo comma, mentre l’adulterazione o contraffazione di altre cose in danno della pubblica salute (art. 441 c.p.) comporta l’applicazione della pena accessoria dell’interdizione dal commercio (secondo comma) ma non quella del divieto di finanziamenti e autorizzazioni (terzo comma);

-          inserisce un quarto comma ai sensi del quale, nelle sole ipotesi di cui al terzo comma, se il giudice ritiene il fatto di particolare gravità, o se si tratta di una recidiva specifica, può disporre la chiusura da 1 a 12 mesi dello stabilimento o dell’esercizio in cui il fatto è stato commesso. Se ricorrono entrambe le condizioni (fatto grave e recidiva specifica) il giudice può disporre la revoca dei provvedimenti che consentono l’esercizio dell’attività e la chiusura definitiva dello stabilimento o dell’esercizio commerciale.

Si ricorda che la recidiva è specifica quando il nuovo reato commesso è della stessa indole di quello precedente.

 

La riforma consente dunque al giudice penale – in ipotesi particolarmente gravi – di chiudere definitivamente l’attività commerciale. Tale misura non rappresenta una novità per il nostro ordinamento in quanto già l’art. 12-bis della legge n. 283 del 1962 (oggetto di abrogazione da parte della riforma) consente al giudice, nel pronunciare condanna per un reato in materia di igiene nella produzione e vendita di sostanze alimentari, “se il fatto è di particolare gravità e da esso è derivato pericolo per la salute”, di disporre la chiusura definitiva dello stabilimento o dell'esercizio e la revoca della licenza, dell'autorizzazione o dell'analogo provvedimento amministrativo che consente l'esercizio dell'attività.

Tale previsione viene dunque collocata tra le pene accessorie indicate dal codice penale.

 

 

Normativa vigente

A.C. 823

Codice penale

Art. 448

Pene accessorie

La condanna per taluno dei delitti preveduti da questo capo importa la pubblicazione della sentenza.

Identico.

La condanna per taluno dei delitti preveduti dagli articoli 439, 440, 441 e 442 importa l'interdizione da cinque a dieci anni dalla professione, arte, industria, commercio o mestiere nonché l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per lo stesso periodo. La condanna comporta altresì la pubblicazione della sentenza su almeno due quotidiani a diffusione nazionale.

La condanna per taluno dei delitti preveduti dagli articoli 439, 440, 440-bis, 441 e 445-bis importa l'interdizione da cinque a dieci anni dalla professione, arte, industria, commercio o mestiere nonché l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per lo stesso periodo. La condanna comporta altresì la pubblicazione della sentenza su almeno due quotidiani a diffusione nazionale.

 

La condanna per i reati indicati dagli articoli 439, 440, 440-bis, 440-ter, e 445-bis importa il divieto, per la durata indicata dall’articolo 30, di ottenere iscrizioni o provvedimenti, comunque denominati, di contenuto autorizzatorio, concessorio o abilitativo per lo svolgimento di attività imprenditoriali, nonché l’accesso a contributi, finanziamenti o mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominati, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o dell’Unione europea per lo svolgimento di attività imprenditoriali.

 

Nei casi di cui al terzo comma, il giudice, se il fatto è di particolare gravità o in caso di recidiva specifica, può disporre la chiusura temporanea, da uno a dodici mesi, dello stabilimento o dell’esercizio in cui il fatto è stato commesso. Se ricorrono ambedue le condizioni di cui al primo periodo, il giudice può disporre la revoca di autorizzazioni, licenze o analoghi provvedimenti amministrativi che consentono l’esercizio dell’attività nonché la chiusura definitiva dello stabilimento o dell’esercizio in cui il fatto è stato commesso.

 

 

La proposta in commento modifica l’art. 452 del codice penale che, all’interno del Capo III, relativo ai delitti colposi di comune pericolo, punisce i delitti colposi contro la salute pubblica.

Per quanto riguarda le ipotesi colpose di epidemia e di avvelenamento di acque o alimenti (art. 452, primo comma), la proposta prevedun aumento delle pene.

In particolare, il reato di epidemia colposa (art. 438 c.p.) e il reato di avvelenamento colposo di acque o alimenti dal quale derivi la morte di alcuno (art. 439, secondo comma), attualmente puniti con la reclusione da 1 a 5 anni, vengono puniti con la reclusione da 3 a 8 anni.

Tutte le diverse ipotesi di avvelenamento colposo di acque o alimenti (art. 439, primo comma), attualmente punite con la reclusione da 6 mesi a 3 anni, vengono punite con la reclusione da 2 a 6 anni.

 

Il testo, inoltre, coordina il catalogo dei reati contro la salute pubblica che possono essere puniti a titolo di colpa (art. 452, secondo comma), eliminando il riferimento all’abrogato art. 444 c.p. ed inserendo invece le ipotesi colpose dei delitti di importazione, esportazione, commercio, trasporto, vendita o distribuzione di alimenti, medicinali o acque pericolosi (nuovo art. 440-bis) e di omesso ritiro di alimenti, medicinali o acque pericolosi (nuovo art. 440-ter).

Per tali delitti, che si aggiungono alle ipotesi colpose dei delitti di cui agli articoli 440, 441, 443 e 445 c.p., la riforma prevede l’applicazione delle pene previste per le ipotesi dolose ridotte di due terzi.

Rispetto alla disciplina vigente, che prevede una riduzione delle pene da un terzo a un sesto, la riforma opera dunque un alleggerimento del quadro sanzionatorio.

 

 

Normativa vigente

A.C. 823

Codice penale

Articolo 452

Delitti colposi contro la salute pubblica

Chiunque commette, per colpa, alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 438 e 439 è punito:

1. con la reclusione da tre a dodici anni, nei casi per i quali le dette disposizioni stabiliscono la pena di morte;

2. con la reclusione da uno a cinque anni, nei casi per i quali esse stabiliscono l'ergastolo;

3. con la reclusione da sei mesi a tre anni, nel caso in cui l'articolo 439 stabilisce la pena della reclusione.

Chiunque commette, per colpa, alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 438 e 439 è punito:



1) con la reclusione da tre a otto anni nei casi di cui all’articolo 438 e al secondo comma dell’articolo 439;

2) con la reclusione da due a sei anni nel caso di cui al primo comma dell’articolo 439.

Quando sia commesso per colpa alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 440, 441, 442, 443, 444 e 445 si applicano le pene ivi rispettivamente stabilite ridotte da un terzo a un sesto.

Quando alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 440, 440-bis, 440-ter, 441, 443 e 445 è commesso per colpa, si applicano le pene ivi rispettivamente stabilite, ridotte di due terzi.

 

 


 

Articolo 2
(Modifiche al codice penale a tutela del commercio di prodotti alimentari)

 

L’articolo 2 apporta alcune modifiche al codice penale, volte alla ridefinizione del sistema sanzionatorio contro le frodi alimentari, intervenendo sia sulla sfera applicativa –al fine di ricomprendere anche attività illecite che attualmente non risultano punibili - sia sul piano edittale.

In sintesi, l’articolo:

·         integra la rubrica del Titolo VIII - attualmente dedicato ai delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio - prevedendo l’espresso richiamo al patrimonio agroalimentare;

·         crea un nuovo Capo II-bis dedicato specificamente ai delitti contro il patrimonio agro-alimentare;

·         inasprisce il trattamento sanzionatorio della contraffazione dei segni di denominazione protetta e indicazione geografica dei prodotti agro-alimentari tramite alcune modifiche all’art. 517-quater;

·         introduce i nuovi reati di agropirateria (art. 517-quater.1), frode in commercio di alimenti (art. 517-sexies), frode in commercio di alimenti con segni mendaci (517-septies), nonché la disciplina delle circostanze aggravanti relative a tali ultimi due delitti (517-octies);

·         introduce un’ulteriore disciplina delle pene accessorie per i reati di cui ai Capi I, II e II-bis.

 

In particolare, la lettera a) del comma 1, interviene sulla rubrica del Titolo VIII del libro II del codice penale, dedicato ai delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio, prevedendo il richiamo esplicito al patrimonio agroalimentare quale ulteriore bene giuridico protetto dalla rinnovata disciplina dei reati di frode.

 

Il Titolo VIII del libro II del codice penale è articolato attualmente in tre capi relativi:

I.     ai delitti contro l’economia pubblica: si tratta dei delitti di distruzione di materie prime o di prodotti agricoli (art. 499); diffusione di una malattia delle piante o degli animali (art. 500); rialzo o ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio (art. 501); manovre speculative su merci (art. 501-bis); serrata e sciopero per fini contrattuali (art. 502); serrata e sciopero per fini non contrattuali (art. 503); coazione alla pubblica Autorità mediante serrata o sciopero (art. 504); serrata o sciopero a scopo di solidarietà e protesta (art. 505); serrata di esercenti di piccole industrie o commerci (art, 506); boicottaggio (art. 507); arbitraria occupazione di aziende agricole o industriali. Sabotaggio (art. 508); inosservanza delle norme disciplinanti i rapporti di lavoro (art. 509); circostanze aggravanti (art. 510); pena per i capi, organizzatori e promotori (art. 511); pena accessoria (art. 512); trasferimento fraudolento di valori (art. 512-bis);

II.    ai delitti contro l’industria e il commercio: si tratta dei seguenti delitti: turbata libertà dell’industria e del commercio (art. 513); illecita concorrenza con minaccia o violenza (art. 513-bis); frodi contro le industrie nazionali (art. 514); frode nell’esercizio del commercio (art. 515); vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine (art. 516); vendita di prodotti industriali con segni mendaci (art. 517); art. 517 (circostanza aggravante); fabbricazione e commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale (art. 517-ter); contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari (art. 517-quater);

III.   a disposizioni comuni ai capi precedenti: tale Capo è costituito dal solo art. 518 relativo alla pubblicazione della sentenza.

 

 

La lettera b) crea il nuovo Capo II-bis, specificamente dedicato ai delitti contro il patrimonio agroalimentare. In tale Capo saranno infatti collocati i seguenti delitti:

·         contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari (art. 517-quater, così come riformato dalla proposta in commento);

·         agropirateria (art. 517-quater.1 di nuova introduzione);

·         frode nel commercio di alimenti (art. 517-sexies di nuova introduzione);

·         commercio di alimenti con segni mendaci (art. 517-septies di nuova introduzione);

 

Trovano collocazione nel nuovo Capo II-bis altresì le circostanze aggravanti (517-octies) relative ai delitti di cui agli artt. 517-sexies e 517-septies.

 

La lettera c) apporta una serie di modifiche all’articolo 517-quater relativo alla contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari:

Il delitto di contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari è stato introdotto dall’art. 15, comma 1, lett. e), della legge 23 luglio 2009, n. 99, che, nel quadro dell’evoluzione normativa della legislazione penale sui marchi e sui segni distintivi, ha inserito nel codice penale l’art. 517-quater (unitamente all’art. 517-ter). In precedenza la repressione penale delle frodi agroalimentari sotto questo versante era affidata alla sola circostanza aggravante speciale prevista dall’art. 517-bis, comma 1, c.p., recante l’aumento delle pene stabilite dagli artt. 515, 516 e 517 c.p. per i fatti aventi ad oggetto “alimenti o bevande la cui denominazione di origine o geografica o le cui specificità sono protette dalle norme vigenti”.

In particolare, l'art. 517-quater c.p. configura il reato di contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari come delitto doloso procedibile d'ufficio e punito con la reclusione fino a due anni e con la multa fino ad euro 20.000. Il reato è integrato dalle condotte di contraffazione od alterazione dei segni distintivi (indicazioni e denominazioni) di origine geografica e da quelle di introduzione nel territorio dello Stato, detenzione per la vendita, offerta in vendita diretta ai consumatori e messa in circolazione dei prodotti con i segni mendaci.

Per la sussistenza del reato non è richiesto che l'origine del prodotto agroalimentare sia tutelata, ai sensi dell’art. 11 del d.lgs. n. 30 del 2005 (codice della proprietà industriale), attraverso la registrazione di un marchio collettivo, la cui contraffazione potrà, dunque, integrare anche i reati di cui agli artt. 473 o 474 c.p., attesa la diversità dei beni giuridici tutelati e la mancata previsione nell'art. 517 quater c.p. di clausole di riserva. (Cass. pen. Sez. III, sent. n. 28354/2016). Peraltro il reato è configurabile non solo nel caso di falsificazione del marchio IGP/DOP, ma anche quando non sia rispettato il relativo disciplinare di produzione con riferimento alle materie prime utilizzate, al luogo di produzione, al metodo di ottenimento e alle principali caratteristiche fisiche, chimiche, microbiologiche e organolettiche del prodotto (Cass. pen. Sez. III, sent. n. 49889/2019). La punibilità del reato è comunque condizionata al rispetto della normativa interna, comunitaria ed internazionale, posta a tutela delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari.

 

Nel dettaglio la proposta in commento:

·         modifica la rubrica sostituendo, con riguardo ai prodotti agroalimentari oggetto di contraffazione, le attuali “indicazioni geografiche o denominazioni di origine” con “i segni di denominazione protetta e indicazione geografica”;

·         inasprisce il trattamento sanzionatorio a carico di chiunque contraffà o comunque altera indicazioni geografiche o denominazioni di origine di prodotti agroalimentari. In particolare la pena è stabilita nella reclusione da 1 a 4 anni (in luogo degli attuali 2 anni) e nella multa da euro 10.000 a euro 50.000 euro (in luogo dell’attuale multa fino a euro 20.000);

·         riformula il secondo comma dell'articolo 517-quater il quale prevede la punibilità delle condotte di introduzione nel territorio dello Stato, detenzione per la vendita, messa in vendita con offerta diretta ai consumatori o messa comunque in circolazione; la riforma amplia l’ambito applicativo della norma inserendovi altresì le condotte prodromiche rispetto all'immissione nel mercato: si specifica dunque che l’introduzione nel territorio dello Stato può avvenire anche in custodia temporanea o in deposito doganale, si estende la punibilità alla spedizione in transito, esportazione, trasporto e dall’altro lato, accanto alla detenzione per la vendita sono inserite le condotte di somministrazione e offerta di prodotti agro-alimentari le cui denominazioni di origine o indicazione geografica sono contraffatte o alterate;

·         abroga il terzo comma in conseguenza dell’introduzione da parte della stessa riforma di specifiche disposizioni relative alle circostanze aggravanti e alle attenuanti (si veda infra);

L'art. 517-quater, terzo comma, stabilisce l'applicabilità per il delitto in esame della circostanza aggravante di cui all'art. 474-ter, secondo comma, concernente la commissione del delitto in modo sistematico o attraverso l'allestimento di mezzi e attività organizzate. Per il delitto in esame è altresì configurabile la circostanza attenuante ad effetto speciale di cui all'art. 517-quinquies, relativa alla collaborazione con l'autorità di polizia o giudiziaria. La stessa disposizione estende altresì l'applicabilità al delitto in esame della confisca obbligatoria e per equivalente disciplinata all'art. 474-bis.

·         apporta al quarto comma una modifica meramente formale limitandosi a sostituire l’espressione «prodotti agroalimentari» con quella «prodotti agro-alimentari»; resta dunque invariata la disposizione che prevede quale precondizione necessaria per la punibilità del fatto, l’osservanza delle discipline legislative, europee e pattizie aventi ad oggetto gli alimenti a denominazione protetta.

 

Normativa vigente

A.C. 823

Codice penale

Libro secondo

 

Titolo VIII

 

Dei delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio

Titolo VIII

 

Dei delitti contro l’economia pubblica, l’industria, il commercio e il patrimonio agroalimentare

Capo II-bis

Dei delitti contro il patrimonio agro-alimentare

Art. 517-quater

Contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari

Art. 517-quater

Contraffazione dei segni di indicazione geografica e di denominazione protetta dei prodotti agro-alimentari

Chiunque contraffà o comunque altera indicazioni geografiche o denominazioni di origine di prodotti agroalimentari è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a euro 20.000

Chiunque contraffà o comunque altera indicazioni geografiche o denominazioni di origine di prodotti agro-alimentari è punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da euro 10.000 a euro 5.000.

Alla stessa pena soggiace chi, al fine di trarne profitto, introduce nel territorio dello Stato, detiene per la vendita, pone in vendita con offerta diretta ai consumatori o mette comunque in circolazione i medesimi prodotti con le indicazioni o denominazioni contraffatte.

Alla stessa pena soggiace chi, al fine di trarne profitto, introduce nel territorio dello Stato, anche in custodia temporanea o in deposito doganale, spedisce in transito, esporta, trasporta, detiene per la vendita, somministra, offre o pone in vendita o mette altrimenti in circolazione prodotti agro-alimentari la cui indicazione geografica o denominazione di origine è contraffatta o alterata.

Si applicano le disposizioni di cui agli articoli 474-bis, 474-ter, secondo comma, e 517-bis, secondo comma.

Abrogato.

I delitti previsti dai commi primo e secondo sono punibili a condizione che siano state osservate le norme delle leggi interne, dei regolamenti comunitari e delle convenzioni internazionali in materia di tutela delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari .

I delitti previsti dai commi primo e secondo sono punibili a condizione che siano state osservate le norme delle leggi interne, dei regolamenti comunitari e delle convenzioni internazionali in materia di tutela delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agro-alimentari.

 

La lettera d), introducendo nel Capo II-bis l’articolo 517-quater.1 c.p., istituisce il nuovo reato di agropirateria, volto a prevenire l’impiego stabile di metodi frodatori in contesti imprenditoriali organizzati nel campo alimentare.

La nuova fattispecie delittuosa è integrata dalla commissione in modo sistematico ed attraverso l’allestimento di mezzi e attività organizzate di uno dei fatti relativi alla frode in commercio di prodotti alimentari.

 

Nel dettaglio, la nuova ipotesi di reato:

·         si configura come un autonomo titolo di reato a dolo specifico individuato nel fine di trarre profitto;

·         è destinata a coprire i casi in cui si agisce in modo sistematico e attraverso l’allestimento di mezzi o attività organizzate ma non ricorrono gli estremi per contestare l’associazione per delinquere e di stampo mafioso (di cui agli articoli 416 e 416-bis) finalizzata alla commissione dei reati di frode in commercio di prodotti alimentari;

·         è integrata dalla commissione dei fatti relativi: alla contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari (di cui all’art. 517 quater c.p., così come modificato dalla riforma); alla frode in commercio di alimenti (nuovo art. 517-sexies c.p.) e al commercio di alimenti con segni mendaci (nuovo art. 517-septies);

·         prevede sul piano sanzionatorio limiti edittali diversi, a seconda che ad essere commessi in modo sistematico e organizzato siano i fatti di cui agli articoli 517-sexies e 517-septies oppure quelli, più gravi, di cui all’articolo 517-quater: nel primo caso si prevedono la reclusione da 2 a 6 anni e la multa da 15.000 a 75.000 euro, nel secondo, la reclusione da 3 a 7 anni e la multa da 20.000 a 100.000 euro.

 

Inoltre, con riguardo alla nuova fattispecie delittuosa:

·         si prevede (comma secondo) una circostanza aggravante ad effetto speciale (aumento della pena da un terzo alla metà) nel caso della ricorrenza delle ipotesi aggravanti di cui all’articolo 517-octies (condotte che attengono alla denominazione degli alimenti o ingredienti; fatti commessi medianti falsi documenti di trasporto; falsa attestazione del biologico; fatti di particolare gravità in ragione della nocività o quantità dell’alimento);

·         si prevede (comma terzo) con riguardo alle pene accessorie che la condanna per il delitto comporti l’applicazione dell’interdizione temporanea dagli uffici delle persone giuridiche e delle imprese, (ai sensi dell’articolo 32-bis c.p). nonché il divieto di porre in essere qualsiasi condotta, comunicazione commerciale e attività pubblicitaria, anche per interposta persona, fisica o giuridica, finalizzata alla promozione degli alimenti compravenduti; a queste si aggiungono poi le pene accessorie ulteriori previste dal nuovo art. 518-bis c.p. (vedi infra);

·         viene introdotta un’ipotesi di confisca per sproporzione (comma quarto), ancorata all’ipotesi di recidiva specifica nello stesso reato di agropirateria o nell’associazione per delinquere o di stampo mafioso diretta alla commissione di più delitti contro il patrimonio agroalimentare: è infatti previsto che il giudice disponga obbligatoriamente la confisca del denaro, dei beni e delle altre utilità di cui il condannato non possa giustificare la provenienza o di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulti essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo, in valore sproporzionato rispetto al proprio reddito dichiarato od alla propria attività economica; a tale ipotesi deve aggiungersi la confisca obbligatoria e per equivalente prevista, anche per il delitto di agropirateria, dal nuovo art. 518-ter (si veda infra);

·         è infine prevista (comma quinto), una circostanza attenuante ad effetto speciale (diminuzione dalla metà a due terzi della pena), invocabile nei confronti del colpevole che si sia adoperato per aiutare concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nell’azione di contrasto nonché nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l’individuazione dei concorrenti negli stessi, ovvero per l’individuazione degli strumenti occorrenti per la commissione del delitto medesimo o dei profitti da esso derivanti.

Il contenuto di tale circostanza attenuante ricalca quello del vigente art. 517 quinquies c.p. (Circostanza attenuante), oggetto di contestuale abrogazione: anche in questo caso, si prevede, infatti, una congrua diminuzione della pena nel caso in cui il colpevole si sia adoperato per aiutare concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nell’azione di contrasto, nonché nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l’individuazione degli strumenti occorrenti per la commissione dei delitti medesimi o dei profitti da essi derivanti.

 

La lettera e) introduce i nuovi articoli 517-sexies (Frode in commercio di alimenti) 517-septies (Commercio di alimenti con segni mendaci), nonché il nuovo articolo 517-octies che contiene la disciplina relativa alle circostanze aggravanti relative ai due suddetti reati.

 

Il nuovo art. 517-sexies, che introduce il delitto di Frode in commercio di alimenti, sostituisce quello di vendita di sostanze alimentari non genuine, di cui all’art. 516 c.p., oggetto di abrogazione da parte della riforma in esame (articolo 12).

Attualmente l’articolo 516, rubricato Vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine punisce chiunque pone in vendita o mette altrimenti in commercio come genuine sostanze alimentari non genuine con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a euro 1.032. La giurisprudenza ha individuato, nell’applicazione della fattispecie delittuosa, una casistica piuttosto varia: vendita di pane denominato all'olio e contenente invece strutto (Cass. pen., 16/06/1980); messa in vendita di salsicce contenenti carne bovina come puro suino (Cass. pen., Sez. III, n. 38671/2004). La messa in vendita di prodotti scaduti integra il delitto solo qualora sia concretamente dimostrato che la singola merce abbia perso le sue qualità specifiche, atteso che il superamento della data di scadenza dei prodotti alimentari non comporta necessariamente la perdita di genuinità degli stessi (Cass. pen., Sez. III, n. 38841/2016). A fianco alla nozione di genuinità naturale, è stata individuata dalla giurisprudenza la c.d. genuinità formale, con la quale si definisce la corrispondenza della sostanza ai parametri che sono formalizzati in apposita disciplina. Con riferimento al concetto di formale può rilevare ogni variazione dai parametri previamente fissati dal legislatore per qualificare un determinato prodotto alimentare, per esempio il pane che presenti un contenuto d'acqua superiore al massimo consentito (Cass. pen., Sez. VI, n. 181/1974) o anche il formaggio che abbia una sostanza grassa inferiore a quella stabilita dalla legge (Cass. pen., Sez. VI, n. 419/1971). Ugualmente non genuina è stata considerata la vendita di un alimento prodotto senza il rispetto di tutte le modalità di produzione prescritte dal disciplinare, come nel caso di modalità di alimentazione degli animali destinati alla produzione del latte, differente da quanto risulta dal disciplinare di produzione del parmigiano (Cass. pen., Sez. III, n. 9643/2006).

 

Rispetto alla fattispecie abrogata, il nuovo reato:

·         prevede se il fatto non è previsto come reato da altra disposizione di legge, la sanzione della reclusione da 4 mesi a 2 anni e della multa da 4.000 fino a 10.000 euro (il reato di cui all’art. 615 c.p. è sanzionato con la reclusione fino a 6 mesi o con la multa fino a euro 1.032);

·         punisce tutte le attività agricole, industriali, commerciali e d’intermediazione - importazione, esportazione, spedizione in transito, introduzione in custodia temporanea, deposito doganale, trasporto, detenzione, vendita, somministrazione, distribuzione - aventi ad oggetto alimenti che per origine, provenienza, qualità o quantità sono diversi da quelli indicati, dichiarati o pattuiti (nella fattispecie abroganda punito chiunque pone in vendita o mette altrimenti in commercio). Nella nuova fattispecie, dunque, la tutela dell’interesse protetto è anticipata alle fasi antecedenti a quella meramente commerciale, ed è volta a tutelare la generalità dei consumatori da fenomeni di aliud pro alio, prima ancora che l’offesa possa concretizzarsi in un singolo atto di vendita.

 

Il nuovo delitto ha un’applicazione residuale rispetto ai casi di commercio di alimenti con segni mendaci (cui all’articolo 517-septies, vedi infra).

Nell’ambito delle previsioni delittuose l’articolo 517-sexies assume il ruolo di figura sussidiaria, destinata a cedere il passo, ogni qual volta, in virtù del principio di specialità (articolo 517-septies) o della specifica clausola di riserva (articolo 517-quater), le particolari modalità della condotta impongano l’applicazione di una fattispecie più gravemente sanzionata. Esso si configura come un’ipotesi speciale rispetto alla comune frode in commercio di cui all’articolo 515 c.p. (non oggetto di riforma) in quanto caratterizzata, da un lato, dall’applicabilità ai soli alimenti, e, dall’altro, dall’ampliamento del campo di applicazione ad ogni attività commerciale, agricola, o industriale ovvero anche di intermediazione. In particolare, rispetto all’ articolo 515 c.p., l’ambito punitivo dell’articolo 517-sexies c.p. si estende a condotte prodromiche rispetto alla consegna vera e propria, che prescindono dalla fase di negoziazione. Si ricorda infatti che l’articolo 515 c.p. punisce chiunque, nell'esercizio di un'attività commerciale, ovvero in uno spaccio aperto al pubblico, consegna all'acquirente una cosa mobile per un'altra, ovvero una cosa mobile, per origine, provenienza, qualità o quantità, diversa da quella dichiarata o pattuita, è punito, qualora il fatto non costituisca un più grave delitto, con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a euro 2.065. Se si tratta di oggetti preziosi, la pena è della reclusione fino a tre anni o della multa non inferiore a 103 euro.

 

Il nuovo articolo 517-septies (Commercio di alimenti con segni mendaci) reprime una particolare ipotesi di frode, che si contraddistingue per l’utilizzo di segni distintivi o indicazioni, anche se di carattere meramente figurativo, falsi o ingannevoli (diversi dai marchi registrati).

Si richiede la sussistenza di un dolo specifico, che si concretizza nella volontà di trarre in inganno il consumatore mediante l’utilizzo di segni mendaci (“al fine di indurre in errore il consumatore”);

Con riguardo all’ambito oggettivo, la nuova fattispecie è applicabile a chiunque eserciti un’attività agricola, industriale, commerciale, di importazione o di esportazione ovvero di intermediazione di alimenti, comprese acque e bevande, anche mediante introduzione in custodia temporanea o in deposito doganale.

Con riguardo alla sanzione è prevista la reclusione da 6 mesi a 3 anni e la multa da 5.000 a 30.000 euro.

 

Attualmente le fattispecie di reato di cui al nuovo art. 517-septies possono in parte trovare il loro trattamento sanzionatorio attraverso l’applicazione giurisprudenziale dell’art. 517 c.p., il quale punisce chiunque pone in vendita o mette altrimenti in circolazione opere dell'ingegno o prodotti industriali, con nomi, marchi o segni distintivi nazionali o esteri, atti a indurre in inganno il compratore su origine, provenienza o qualità dell'opera o del prodotto, con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a ventimila euro, se il fatto non è preveduto come reato da altra disposizione di legge. Al riguardo la Cass. pen. Sez. III, 15/01/2020, n. 9357 ha specificato che integra il reato previsto dall'art. 517 c.p., la messa in circolazione di una bevanda, da comporre ad opera del consumatore, evocativa del gusto di un vino "doc" italiano, nel caso in cui il mosto, fornito dal venditore, non provenga, diversamente da quanto desumibile dalla confezione (recante l'indicazione di vini italiani, le effigi della bandiera italiana e del Colosseo), da vitigni italiani. Nello stesso senso: Cass. pen. Sez. III Sent., 06/07/2018, n. 41714, secondo la quale l'imprenditore che, pur non riproducendo sulla confezione del bene commercializzato l'immagine del marchio protetto, vi apponga una dicitura ingannevole con cui attesti che lo stesso è stato prodotto in un territorio diverso da quello di effettiva produzione, risponde del delitto di cui all'art. 517 cod. pen. (Fattispecie relativa all'apposizione dell'etichetta "prodotto nella regione DOP San Marzano" a barattoli di pomodori pelati coltivati in una diversa regione).

 

Il nuovo articolo 517-octies prevede quattro nuove circostanze aggravanti ad effetto comune (che determinano un aumento della pena fino a un terzo), applicabili ai reati di cui agli articoli 517-sexies e 517-septies del codice penale. Si tratta in particolare di:

·         condotte che attengono a prodotti o ingredienti che hanno denominazione di origine o indicazione geografica protetta;

·         modalità di realizzazione delle frodi, mediante la redazione (o l'utilizzo) di falsi documenti di trasporto da esibire in caso di eventuale controllo agli organi di polizia ovvero di false dichiarazioni all'organismo di vigilanza;

·         frodi realizzate simulando la produzione «biologica» senza il rispetto delle disposizioni specifiche di settore;

La norma è volta a perseguire le frodi che simulano una produzione biologica, oggetto dei regolamenti (UE) 848/2018 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2018, e 889/2008 della Commissione, del 5 settembre 2008, senza il rispetto delle disposizioni specifiche di settore, il cui controllo è affidato a organismi privati di certificazione accreditati presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.

·         fatti connotati da particolare gravità, in ragione del grado di nocività del prodotto o nella sua quantità.

 

Il concorso di due o più circostanze, tra quelle elencate, comporta un aumento di pena da un terzo alla metà.

 

La lettera f) modifica la rubrica del Capo III del titolo VIII del libro secondo, per dedicarla alle “Disposizioni comuni ai capi precedenti”, concernenti le pene accessorie, comuni sia ai delitti contro l’economia pubblica (Capo I) che delitti contro l’industria e il commercio (Capo II). La modifica si rende necessaria in relazione all’introduzione di due nuovi articoli nel Capo III – che si aggiungono all’unico articolo ivi attualmente contenuto (art.  518 c.p. relativo alla pubblicazione della sentenza) - da parte della lettera h) della disposizione in esame.

 

La lettera g) apporta una modifica all’articolo 518 c.p., il quale prevede per alcuni specifici delitti contenuti nei Capi I, II e II bis del Titolo VIII del codice penale, la pena accessoria della pubblicazione della sentenza.

L’art. 518 c.p. prevede attualmente che la condanna per alcuno dei delitti preveduti dagli articoli 501, 514, 515, 516 e 517 importa la pubblicazione della sentenza.

Con la modifica, la sanzione accessoria della pubblicazione della sentenza viene estesa altresì ai delitti di:

·         contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari (art. 517-quater c.p., così come modificato dalla riforma);

·         agropirateria (nuovo art. 517.quater. 1);

·         frode in commercio di alimenti (nuovo art. 517-sexies);

·         commercio di alimenti con segni mendaci (nuovo art. 517-septies);

·         associazione per delinquere e associazione di tipo mafioso (artt. 416 e 416-bis c.p.) se l’associazione è diretta alla commissione dei delitti contro il patrimonio agroalimentare (Capo II-bis).

 

La lettera h) introduce, nel Capo III dedicato alle pene accessorie comuni ai Capi precedenti, il nuovo art. 518-bis in materia di sanzioni interdittive o sospensive e il nuovo art. 518-ter in materia di confisca obbligatoria o per equivalente.

Si segnala che a seguito dell’introduzione, da parte della legge 9 marzo 2022, n. 22, del Titolo VIII-bis, relativo ai delitti contro il patrimonio culturale e contenente gli articoli da 518-bis a 518-undevicies, gli articoli 518-bis e 518-ter dovrebbero essere rinumerati rispettivamente 518.1 e 518.2.

 

In particolare l’art. 518-bis, primo comma, prevede le pene accessorie:

·         della sanzione di cui all'articolo 30 c.p. (interdizione da una professione o da un’arte);

L'interdizione da una professione o da un’arte priva il condannato della capacità di esercitare, durante l'interdizione, una professione, arte, industria, o un commercio o mestiere, per cui è richiesto uno speciale permesso o una speciale abilitazione, autorizzazione o licenza dell'autorità e importa la decadenza dal permesso o dall'abilitazione, autorizzazione, o licenza anzidetti. L'interdizione da una professione o da un'arte non può avere una durata inferiore a un mese, né superiore a cinque anni salvi i casi espressamente stabiliti dalla legge.

·         del divieto di ottenere provvedimenti di carattere autorizzatorio, concessorio o abilitativo o di accedere a contributi o finanziamenti di fonte pubblica, per lo svolgimento di attività imprenditoriali.

Omologhe sanzioni accessorie sono peraltro previste dalla legge n. 9 del 2013 (art. 13) in funzione di contrasto delle frodi nel settore degli oli di oliva vergini.

 

Le pene accessorie sono applicate in relazione alle condanne per i delitti di:

·         agropirateria (art. 517-quater. 1);

·         associazione per delinquere e associazione di tipo mafioso (artt. 416 e 416-bis c.p.) se l’associazione è diretta alla commissione dei delitti contro il patrimonio agroalimentare (Capo II-bis);

·         contraffazione di alimenti a denominazione protetta (articolo 517-quater), purché ricorra, in concreto, una delle circostanze aggravanti di cui all'articolo 517-octies (vedi supra);

 

Il secondo comma del nuovo art. 518-bis prevede in relazione alle condanne per i suddetti delitti (con eccezione della contraffazione di alimenti a denominazione protetta di cui all’articolo 517-quater c.p.), la possibilità, per il giudice di disporre:

·         la chiusura temporanea - da 1 a 12 mesi - dello stabilimento o dell'esercizio in cui il fatto è stato commesso, se il fatto è di particolare gravità o in caso di recidiva specifica;

·         la chiusura definitiva dell'esercizio e la revoca della licenza, dell'autorizzazione o dell'analogo provvedimento amministrativo che consenta lo svolgimento dell'attività commerciale nello stabilimento o nell'esercizio stesso, qualora ravvisi entrambe le condizioni indicate (particolare gravità e recidiva specifica).

 

Al riguardo si segnala che l’art. 517-bis c.p, oggetto di abrogazione da parte della riforma in esame, prevede una disposizione analoga: il giudice, nel pronunciare condanna, può disporre, se il fatto è di particolare gravità o in caso di recidiva specifica, la chiusura dello stabilimento o dell'esercizio in cui il fatto è stato commesso da un minimo di cinque giorni ad un massimo di tre mesi, ovvero la revoca della licenza, dell'autorizzazione o dell'analogo provvedimento amministrativo che consente lo svolgimento dell'attività commerciale nello stabilimento o nell'esercizio stesso. Tale previsione si applica nei casi in cui i fatti previsti dagli articoli 515, 516 e 517 c.p. hanno ad oggetto alimenti o bevande la cui denominazione di origine o geografica o le cui specificità sono protette dalle norme vigenti.

 

Il nuovo articolo 518-ter c.p. stabilisce che in relazione ai delitti di:

·         contraffazione di alimenti a denominazione protetta (articolo 517-quater);

·         agropirateria (art. 517-quater. 1);

·         frode in commercio di alimenti (art. 517-sexies);

·         commercio di alimenti con segni mendaci (art. 517-septies)

si applichino le disposizioni sulla confisca penale, che l’art. 474-bis c.p. prevede in relazione ai reati di contraffazione, alterazione o uso di marchio segni distintivi ovvero di brevetti, modelli e disegni (art. 473 c.p.) e introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 c.p.).

 

La disposizione di cui all'art. 474-bis è stata introdotta dall'art. 15, primo comma, lett. c), della legge n. 99 del 2009, recante disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia. La norma, che introduce una nuova ipotesi di confisca in relazione ai delitti di cui agli artt. 473 e 474, si inserisce nel quadro delle misure adottate dal legislatore del 2009 per rafforzare la tutela penale dei diritti di proprietà industriale. Per espressa previsione del quarto comma della norma, la confisca può essere disposta anche nel caso di applicazione della pena su richiesta delle parti ex art. 444 c.p.p.

Il primo comma dell'art. 474-bis, dispone la confisca obbligatoria delle cose che servirono o furono destinate a commettere i reati di cui agli artt. 473 e 474 e delle cose che ne sono l'oggetto, il prodotto, il prezzo o il profitto. La misura consegue obbligatoriamente alla pronuncia di una sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti. La norma sottrae dunque alla valutazione discrezionale del giudice la decisione in ordine alla opportunità di procedere alla confisca per le cose che servirono o furono destinate a commettere i reati e di quelle che ne sono il prodotto o il profitto, per le quali l'art. 240, primo comma, prevede la facoltatività della misura.

L'art. 474-bis, primo comma, consente, in deroga alla previsione dell'art. 240, la confisca di tutte le cose espressamente indicate, indipendentemente dalla persona alla quale appartengano.

L'art. 474-bis, secondo comma, consente la c.d. confisca per equivalente o di valore, con riferimento alle cose che costituiscono il profitto del reato. Tale previsione differenzia tale confisca dal modello generale dell'art. 240, che considera sempre e soltanto cose che hanno una diretta attinenza con il reato commesso, e le attribuisce una valenza prevalentemente afflittiva nei confronti del reo. La norma prevede, infatti, che, nel caso in cui non sia possibile eseguire direttamente la confisca delle cose che costituiscono il profitto del reato, si possa procedere alla confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente ad esso. In questo caso, deve ovviamente trattarsi di beni che siano di proprietà dell'autore del reato.

L'ammissibilità della confisca per equivalente è stata limitata al valore del profitto del reato.

La norma rinvia, infine, alla previsione dell'art. 322-ter, terzo comma, in forza del quale il giudice, con la sentenza di condanna, deve determinare le somme di denaro o i beni assoggettati a confisca in quanto costituenti il profitto o il prezzo del reato o in quanto di valore corrispondente ad essi.

Sulla confisca si veda anche, infra, la scheda relativa all’articolo 3 della proposta in commento

 

 

Quadro normativo vigente:
La tutela dei prodotti agroalimentari a denominazione di origine protetta e l’indicazione in etichetta dell’origine della materia prima utilizzata

La tutela della qualità delle produzioni agroalimentari rappresenta per l'Italia uno dei principali obiettivi della politica agroalimentare, considerato che il nostro Paese vanta in Europa il maggior numero di prodotti a marchio registrato, oggetto di numerosi e sofisticati tentativi di contraffazione. La disciplina sull'etichettatura dei prodotti e sulle conseguenti informazioni ai consumatori costituisce un aspetto importante della tutela della qualità del prodotto. L'Italia ha, quindi, implementato la legislazione europea, introducendo norme a volte più vincolanti, come quelle che prevedono l'indicazione obbligatoria dell'origine della materia prima in etichetta per taluni prodotti agricoli.

Le denominazioni di qualità dei prodotti agroalimentari

La disciplina relativa alle denominazioni di qualità dei prodotti agricoli ed alimentari è contenuta, in primo luogo, nel regolamento n. 1151/2012 (UE) sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentaria. Per l'attuazione in Italia del predetto regolamento è stato emanato il decreto ministeriale 14 ottobre 2013. Per le modalità di applicazione del medesimo regolamento è stato, inoltre, emanato il regolamento di esecuzione (UE) n. 668/2014.

La disciplina sulla tutela della qualità dei prodotti prevista dal suddetto regolamento n. 1151/2012 non si applica, per esplicita previsione dello stesso provvedimento (articolo 2):

 •     ai vini e ai prodotti vitivinicoli, per i quali trovano specifica applicazione le norme del regolamento (UE) n. 1308/2013 (OCM unica);

•      alle bevande spiritose, per le quali trova applicazione la disciplina sulla protezione delle indicazioni geografiche contenuta nel regolamento (CE) n. 110/2008.

Sul sito della Commissione europea è presente eAmbrosia,  il registro delle indicazioni geografiche dell’UE (che ha sostituito il precedente Door), dove sono ricercabili tutti i prodotti agroalimentari di denominazione di origine - compresi quelli italiani - riconosciuti e tutelati dall'Unione europea. Si tratta delle denominazioni di origine protetta – DOP, delle indicazioni geografiche protette - IGP e delle specialità tradizionali garantite - STG. Nel medesimo registro sono ricercabili anche i vini, le bevande spiritose e i vini aromatizzati registrati quali denominazioni di origine protetta (DOP) e indicazioni geografiche (IG).

Anche sul sito del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali è rinvenibile l’elenco dei prodotti italiani  DOP, IGP e STG.

L’indicazione in etichetta dell’origine della materia prima utilizzata secondo la normativa europea

In merito all'indicazione in etichetta dell'origine del prodotto, l'impostazione ancora prevalente in sede europea tende a ritenere - in generale - incompatibile con il mercato unico la presunzione che vi sia una particolare qualità legata alla localizzazione nel territorio nazionale di un prodotto alimentare, perché discriminatorio nei confronti degli altri Stati membri. In sostanza, si ritiene che se due prodotti provenienti da Paesi europei diversi non presentano alcuna differenza sul piano merceologico, chimico, organolettico, non vi è necessità di indicarne l'origine in quanto questa non sarebbe una informazione necessaria. Fanno eccezione i citati prodotti a denominazione di origine protetta (Dop) e a indicazioni di provenienza protette (Igp), per i quali l'indicazione della provenienza costituisce un fondamentale elemento del disciplinare di produzione e, quindi, della particolare qualità del prodotto stesso.

Per gli altri prodotti, vige il principio che l'indicazione del luogo d'origine o di provenienza è obbligatoria solo se la relativa omissione può indurre in errore il consumatore circa la stessa origine o provenienza.

Tale principio è stato confermato dal Regolamento n. 1169/2011 (UE), il quale si applica a tutti gli alimenti destinati al consumatore finale, inclusi i prodotti destinati al consumo immediato presso ristoranti, mense, scuole, ospedali e imprese di ristorazione. Sono esclusi dall'ambito di applicazione del regolamento gli alimenti non preimballati, gli alimenti imballati nei luoghi di vendita su richiesta del consumatore o preimballati per la vendita diretta.

Per alcune tipologie di carni, quelle fresche, refrigerate o congelate di animali della specie suina, ovina, caprina e di volatili è stato, invece, introdotto dallo stesso regolamento 1169/2011 l'obbligo dell'indicazione del luogo di origine, indipendentemente dalla possibilità o meno che la mancata indicazione possa indurre in errore il consumatore. Tale indicazione è stata resa operativa attraverso l'approvazione del regolamento di esecuzione (UE) n.1337/2013. Per le carni bovine l'obbligo di indicazione di origine (paese di nascita, ingrasso e macello) era già esistente sulla base della normativa europea sopravvenuta ai fenomeni di encefalopatia spongiforme bovina (la cosiddetta "mucca pazza").

Si ricorda, tuttavia, che per taluni alimenti - oltre alle tipologie di carne indicate - è già obbligatoria, in via generale, l'indicazione dell'origine, in forza di norme europee diverse e specifiche rispetto a quelle del Regolamento 1169/2011.

Si tratta, in particolare, di:

- miele (Direttiva 2001/110/UE, modificata dalla Direttiva 2014/63/UE);

- ortofrutticoli freschi (Regolamento n. 1308/2013 (UE), art. 76);

- prodotti della pesca non trasformati (pescato/allevato, Regolamento n. 1379/2013 (UE), art. 35);

- olio di oliva vergine ed extra vergine (art. 4, Regolamento n. 29/2012 (UE) e legge n. 9/2013);

- vino (Regolamento n. 1308/2013 (UE));

- uova (Regolamento n. 589/2008 (CE));

- pollame importato (Regolamento n.543/2008 (CE);

- bevande spiritose (Regolamento n. 110/2008 (CE).

Con il regolamento di esecuzione (UE) 2018/775 della Commissione sono state poi dettate specifiche disposizioni in applicazione dell'articolo 26, paragrafo 3, del suddetto regolamento (UE) n. 1169/2011 relative all'indicazione del Paese d'origine o del luogo di provenienza dell'ingrediente primario di un alimento. Tale regolamento (che, si ricorda, non si applica alle indicazioni geografiche protette a norma della regolamentazione dell'Unione europea e ai marchi di impresa registrati) prevede, in particolare (art. 2), che debba essere indicato il paese d'origine o il luogo di provenienza di un ingrediente primario, quando non sia lo stesso di quello indicato per l'alimento per il quale risulta obbligatoria l'indicazione di origine. Il predetto regolamento di esecuzione 2018/775 indica, inoltre, come debba essere la presentazione di tali informazioni (art. 3). La sua applicazione decorre dal 1° aprile 2020.

La normativa italiana in materia di etichettatura dell’origine dei prodotti alimentari

Il legislatore nazionale ha sempre attribuito rilievo alla possibilità di indicare obbligatoriamente l'origine nazionale della produzione agroalimentare, ai fini della tutela della qualità e della autenticità del prodotto stesso. In tal senso la legge n. 4/2011 in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari, poi modificata dall'art. 3-bis del decreto-legge n. 135 del 2018, ha disposto l'obbligo (articoli 4 e 5), per i prodotti alimentari commercializzati, trasformati, parzialmente trasformati o non trasformati, di riportare nell'etichetta anche l'indicazione del luogo di origine o di provenienza. Secondo tale legge, per i prodotti alimentari trasformati, l'indicazione riguarda il luogo in cui è avvenuta l'ultima trasformazione sostanziale e il luogo di coltivazione e allevamento della materia prima agricola prevalente utilizzata nella preparazione o nella produzione dei prodotti.

Le modalità applicative della legge n. 4/2011 sono state demandate a decreti interministeriali chiamati a definire quali prodotti alimentari vengono assoggettati all'etichettatura d'origine (art. 4, comma 3).

Nel corso della XVII Legislatura, prima della citata modifica ad opera del decreto-legge n. 135 del 2018, sono stati quindi emanati:

- il decreto 9 dicembre 2016 recante l'indicazione in etichetta dell'origine del latte e dei prodotti lattiero-caseari;

- il decreto 26 luglio 2017 per l'indicazione di origine del riso;

- il decreto 26 luglio 2017 per l'indicazione dell'origine del grano duro e per le paste di semola di grano duro;

- il decreto 16 novembre 2017 per l'indicazione di origine del pomodoro.

Nel medesimo ambito di applicazione è, poi, intervenuto il citato regolamento di esecuzione (UE) 2018/775 e, quindi, il decreto ministeriale 7 maggio 2018 (quest'ultimo ha avuto come effetto quello di legare la fine dell'efficacia dei suddetti decreti alla data di inizio di applicazione del regolamento (UE) 2018/775, prevista per il 1° aprile 2020). È stata inoltre emanata la circolare del Ministero dello sviluppo economico 23 aprile 2020, n. 0108129, recante "Misure temporanee di supporto alle imprese per l'attuale fase di emergenza sanitaria da COVID-19 con riferimento ai nuovi obblighi di etichettatura alimentare".

La legge n. 4 del 2011, per quanto concerne le sanzioni in materia di indicazione in etichetta dell’origine del prodotto, fa rinvio – all’art. 4, comma 10 - a quelle (amministrative pecuniarie) previste dal decreto legislativo n. 231 del 2017. Si ricorda che il predetto decreto legislativo provvede: a) a definire la disciplina sanzionatoria per le condotte descritte dal regolamento (UE) n. 1169/2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori; b) ad aggiornare le disposizioni del decreto legislativo n. 109/1992, che viene contestualmente abrogato.

Si ricorda che è stato inoltre emanato il decreto legislativo 15 settembre 2017, n. 145 sull'indicazione obbligatoria nell'etichetta della sede e dell'indirizzo dello stabilimento di produzione o, se diverso, di confezionamento. Il suddetto decreto reintroduce l'obbligo di indicare in etichetta la sede dello stabilimento o di confezionamento, obbligo che era stato vigente nell'ordinamento italiano fino al 31 dicembre 2014, data nella quale è entrato in vigore il regolamento (UE) n.1169/2011.

Da ultimo, è stato presentato alle Camere, al fine dell'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti, lo schema di decreto ministeriale (Atto del Governo 159) recante "Disposizioni per l'indicazione obbligatoria del luogo di provenienza nell'etichetta delle carni suine trasformate", composto di 7 articoli, predisposto in attuazione dell'articolo 4 della legge n. 4 del 2011, come modificato dal suddetto articolo 3-bis del decreto-legge n. 135 del 2018. La  Commissione agricoltura della Camera ha espresso il proprio parere favorevole, con osservazioni, il 26 febbraio 2020.

 


 

Articolo 3
(Modifica all’articolo 240-bis del codice penale)

 

L’articolo 3, intervenendo sul primo comma dell’art. 240-bis del codice penale, integra il catalogo dei delitti per il quale il codice prevede la c.d. confisca allargata, aggiungendovi le fattispecie di associazione a delinquere realizzata allo scopo di commettere i delitti di frode nel commercio di alimenti (nuovo art. 517-sexies c.p.) e di commercio di alimenti con segni mendaci (nuovo art. 517-septies c.p.).

 

Con l’espressione “confisca allargata” si indica la possibilità di confiscare denaro, beni o altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito.

 

L’art. 240-bis è stato inserito nel codice penale dal d.lgs. n. 21 del 2018, in attuazione della delega sulla riserva tendenziale di codice nella materia penale (legge n. 103 del 2017) e disciplina la confisca c.d. allargata, diretta e per equivalente, già prevista all'art. 12-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992.

Nella confisca allargata, che trova la sua origine nella lotta alla criminalità organizzata, viene meno il nesso di pertinenzialità o di continenza tra res sequestrata e reato, per aggredire invece l'intera ricchezza non giustificata ritenuta frutto dell'accumulazione illecita ai sensi di una presunzione legale. L’art. 240-bis c.p. prevede infatti che – in relazione a specifici gravi reati, tra i quali quelli attribuiti alla competenza della procura distrettuale, i delitti contro la pubblica amministrazione e alcune ipotesi di associazione a delinquere – sia sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica. In ogni caso il condannato non può giustificare la legittima provenienza dei beni sul presupposto che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego dell'evasione fiscale, salvo che l'obbligazione tributaria sia stata estinta mediante adempimento nelle forme di legge. La confisca allargata può essere effettuata anche per equivalente, attraverso l’apprensione di altre somme di denaro, di beni e altre utilità di legittima provenienza per un valore equivalente, delle quali il reo ha la disponibilità, anche per interposta persona.

 

Attualmente, in base all’art. 240-bis c.p., la confisca allargata si può applicare in caso di condanna – o di patteggiamento della pena - per uno dei seguenti reati:

-          delitti dei pubblici ufficiali contro la P.A. (artt. 314, 316, 316 bis, 316 ter, 317, 318, 319, 319 ter, 319-quater, 320, 322, 322 bis, 325);

-          delitti di associazione mafiosa (art. 416-bis c.p.), voto di scambio (art. 416-ter c.p.) e delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416-bis c.p., ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo;

-          delitti di associazione a delinquere finalizzata alla commissione dei delitti previsti dagli articoli 453, 454, 455, 460, 461, 473, 474, 517-ter e 517-quater; associazione a delinquere finalizzata alla tratta di esseri umani (art. 416, sesto comma finalizzato alla commissione dei delitti di cui agli artt. 600, 601 e 602 c.p.);

-          delitti contro l’ambiente di cui agli articoli 452-quater, 452-octies, primo comma, 452-quaterdecies;

-          delitti di indebito utilizzo e falsificazione di carte di credito e di pagamento (art. 493-ter c.p.) e di trasferimento fraudolento di valori (art. 512-bis c.p.);

-          delitti di sfruttamento sessuale di minori di cui agli articoli 600-bis, primo comma, 600-ter, primo e secondo comma, 600-quater.1, relativamente alla condotta di produzione o commercio di materiale pornografico, 600-quinquies e di associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento sessuale di minori (art. 416, settimo comma);

-          delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro di cui all’art. 603-bis c.p.;

-          delitti di estorsione (art. 629 c.p.) e di sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 630 c.p.);

-          delitti di usura (art. 644 c.p.), ricettazione (art. 648, esclusa la fattispecie di cui al secondo comma), riciclaggio (art. 648-bis), impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 648-ter c.p.) e autoriciclaggio (art. 648-ter.1 c.p.);

-          delitto di corruzione tra privati (art. 2635 c.c.)

-          delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine costituzionale,

-          i delitti di criminalità informatica di cui agli artt. 617-quinquies, 617-sexies, 635-bis, 635-ter, 635-quater, 635-quinquies quando le condotte ivi descritte riguardano tre o più sistemi;

-          delitti di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74, DPR n. 309 del 1990), alla commissione dei delitti di immigrazione clandestina (art. 12, co. 1, 3 e 3-ter del d.lgs. n. 286 del 1998), al contrabbando di tabacchi lavorati esteri (art. 291-quater TU dogane, DPR n. 43 del 1973).

L’applicazione dell’art. 240-bis c.p. è inoltre richiamata da alcune leggi speciali. Ad esempio,

-          il TU stupefacenti la prevede per taluno dei reati relativi al traffico di sostanze stupefacenti previsti dall'art. 73 (escluse le fattispecie di lieve entità) (cfr. art- 85-bis, DPR n. 309 del 1990);

-          il TU dogane la prevede per taluno dei delitti di contrabbando (art. 301, comma 5-bis, DPR n. 43 del 1973).

Da ultimo, il decreto-legge n. 124 del 2019 ha previsto l’applicazione dell’art. 240-bis c.p. anche per alcuni delitti tributari (cfr. art. 12-ter, d.lgs. n. 74 del 2000).

 

Per la giurisprudenza, la confisca allargata si basa su di «un'insindacabile scelta politico criminale, una presunzione iuris tantum d'illecita accumulazione, nel senso che il provvedimento ablatorio incide su tutti i beni di valore economico non proporzionato al reddito o all'attività economica del condannato e dei quali questi non possa giustificare la provenienza, trasferendo sul soggetto, che ha la titolarità o la disponibilità dei beni, l'onere di dare un'esauriente spiegazione in termini economici (e non semplicemente giuridico-formali) della positiva liceità della loro provenienza, con l'allegazione di elementi che, pur senza avere la valenza probatoria civilistica in tema di diritti reali, possessori e obbligazionari, siano idonei a vincere tale presunzione» (cfr. Cass., Sez. I, 13.5.2008; Cass., S.U., 17.12.2003 e, più di recente Cass., Sez. I, 6.6-30.7.2018, n. 36499).

 

La disciplina concernente il procedimento applicativo della confisca allargata e l'amministrazione dei beni è ora contenuta nelle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale (artt. 104-bis e 183-ter). Tali disposizioni consentono il sequestro preventivo dei beni confiscabili e rimandano per l’amministrazione dei beni e la tutela dei terzi al Codice antimafia (D.Lgs. n. 159 del 2011, artt. 52 e ss).

La Cassazione ha affermato che, ai fini del sequestro preventivo di beni confiscabili, è necessario accertare, quanto al fumus commissi delicti, l'astratta configurabilità, nel fatto attribuito all'indagato, di uno dei reati in esso indicati e, quanto al periculum in mora, la presenza di seri indizi di esistenza delle medesime condizioni che legittimano la confisca, sia per ciò che riguarda la sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito o alle attività economiche del soggetto, sia per ciò che attiene alla mancata giustificazione della lecita provenienza dei beni stessi (Cass., Sez. VI, 24.3.2015, n. 26832).

 

La proposta di legge, dunque, integra l’elenco dei delitti per i quali il legislatore consente la confisca allargata con i reati di associazione a delinquere finalizzata alla frode nel commercio di alimenti ed al commercio di alimenti con segni mendaci, introdotti agli articoli 517-sexies e 517-septies del codice penale dall’art. 2 (v. supra). Tali delitti si aggiungono alle fattispecie di associazione a delinquere finalizzata alla contraffazione ed al commercio di beni contraffatti, ai quali in caso di condanna già si applica la confisca allargata.

Ulteriori ipotesi di confisca sono previste per il reato di agropirateria dal nuovo art. 517-quater.1 e dal nuovo art. 518-ter c.p., introdotti dall’art. 2 della proposta in commento (v. supra).

 


 

Articolo 4
(Modifiche al codice di procedura penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del medesimo codice)

 

 

L'articolo 4 apporta le modifiche necessarie ad armonizzare il codice di procedura penale e le relative norme di attuazione, di coordinamento e transitorie alla riforma dei reati agroalimentari.

 

Il comma 1 reca modifiche al codice di procedura penale in materia di indagini relative ai reati agroalimentari. La modifica di cui alla lett. a riguarda l'art. 266 c.p.p. ed è dovuta a motivi di coordinamento con gli artt. 2 e 12 che prevedono, rispettivamente, l'introduzione dei reati di frode in commercio di alimenti e di commercio di alimenti con segni mendaci (artt. 517-sexies e 517-septies c.p. - v. supra) e l'abrogazione dell'art. 516 c.p. (v. infra).

L'art. 266 c.p.p. concerne i limiti di ammissibilità delle intercettazioni telefoniche o di altre forme di telecomunicazione, stabilendo in quali procedimenti le stesse sono consentite. Con l'inserimento dei reati di cui agli artt. 517-sexies e 517-septies nel catalogo dei reati previsti al comma 1, lettera f-ter), si intende quindi consentire l'utilizzo di tale forma di indagine nei procedimenti relativi alla frode in commercio di alimenti e al commercio di alimenti con segni mendaci; dal medesimo elenco viene invece espunto il riferimento all'art. 516 c.p. in quanto, come detto, abrogato. Per quanto riguarda invece le fattispecie di reato più gravi che sono pure oggetto della riforma, l’accesso alle intercettazioni risulta essere già consentito in ragione dei limiti edittali di pena, ai sensi di quanto previsto dal comma 1, lettera a) del comma 1 dell’articolo 266 c.p.p., che prevede l'intercettazione di conversazioni o comunicazioni telefoniche e di altre forme di telecomunicazione nei procedimenti relativi a delitti non colposi per i quali è prevista la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a cinque anni (come nel caso della c.d. agropirateria, di cui all'art. 517-quater.1, introdotta dall'art. 2 della proposta in commento - v. supra).

 

Normativa vigente

A.C. 823

Codice di procedura penale

Libro III – Prove

Titolo III - Ricerca della prova

Capo IV- Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni

Art. 266.

Limiti di ammissibilità

1. L'intercettazione di conversazioni o comunicazioni telefoniche e di altre forme di telecomunicazione è consentita nei procedimenti relativi ai seguenti reati:

1. Identico:

a) delitti non colposi per i quali è prevista la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a cinque anni determinata a norma dell'articolo 4;

a) identica;

b) delitti contro la pubblica amministrazione per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni determinata a norma dell'articolo 4;

b) identica;

c) delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope;

c) identica;

d) delitti concernenti le armi e le sostanze esplosive;

d) identica;

e) delitti di contrabbando;

e) identica;

f) reati di ingiuria, minaccia, usura, abusiva attività finanziaria, abuso di informazioni privilegiate, manipolazione del mercato, molestia o disturbo alle persone col mezzo del telefono;

f) identica;

f-bis) delitti previsti dall'articolo 600-ter, terzo comma, del codice penale, anche se relativi al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater 1 del medesimo codice, nonché dall’art. 609-undecies;

f-bis) identica;

f-ter) delitti previsti dagli articoli 444, 473, 474, 515, 516, 517-quater e 633, secondo comma, del codice penale;

f-ter) delitti previsti dagli articoli 444, 473, 474, 515, 517-quater, 517-sexies, 517-septies e 633, secondo comma, del codice penale;

f-quater) delitto previsto dall'articolo 612-bis del codice penale;

f-quater) identica;

f-quinquies) delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo.

f-quinquies) identica;

2. Negli stessi casi è consentita l'intercettazione di comunicazioni tra presenti, che può essere eseguita anche mediante l'inserimento di un captatore informatico su un dispositivo elettronico portatile. Tuttavia, qualora queste avvengano nei luoghi indicati dall'articolo 614 del codice penale, l'intercettazione è consentita solo se vi è fondato motivo di ritenere che ivi si stia svolgendo l'attività criminosa

2. Identico.

2-bis. L'intercettazione di comunicazioni tra presenti mediante inserimento di captatore informatico su dispositivo elettronico portatile è sempre consentita nei procedimenti per i delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, e, previa indicazione delle ragioni che ne giustificano l'utilizzo anche nei luoghi indicati dall'articolo 614 del codice penale, per i delitti dei pubblici ufficiali o degli incaricati di pubblico servizio contro la pubblica amministrazione per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, determinata a norma dell'articolo 4.

2-bis. Identico.

 

 

Ulteriori modifiche al codice di procedura penale riguardano l’attività ispettiva e il prelievo di campioni.

Su tale materia, la proposta in commento interviene:

§  sul comma 2 dell'art. 354 c.p.p. (comma 1, lett. b), per introdurre la possibilità di effettuare prelievi di campioni rappresentativi in sede di accertamento urgente sullo stato dei luoghi e delle cose. Presupposto necessario per il prelievo dei campioni da parte degli ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria, in una fase in cui il pubblico ministero non ha ancora assunto la direzione delle indagini o, comunque, non può intervenire tempestivamente, è l'esistenza di un pericolo di alterazione dei luoghi o di dispersione o mutamento di tracce e cose;

L'art. 354 c.p.p. prevede che gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria curino che le tracce e le cose pertinenti al reato siano conservate e che lo stato dei luoghi e delle cose non venga alterato prima dell'intervento del pubblico ministero. Ai sensi del comma 2 del medesimo articolo, ove il p.m. non possa intervenire tempestivamente o non abbia ancora assunto la direzione delle indagini, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria sono tenuti a compiere immediatamente quegli accertamenti che appaiano urgenti per il sussistere del rischio che i luoghi vengano alterati o le tracce e le cose siano disperse o modificate; se del caso, essi possono altresì procedere al sequestro del corpo del reato e delle cose a questo pertinenti. Si ricorda che secondo la giurisprudenza della Suprema Corte tale sequestro ha natura probatoria e pertanto può essere effettuato solo se sussistono gli stessi presupposti che permettono il ricorso al sequestro probatorio da parte del p.m. (ovvero l'esistenza di indizi sufficienti ad evidenziare un fumus commissi delicti); il sequestro deve essere inoltre adeguatamente motivato con riferimento alle ragioni che giustificano in concreto la necessità di acquisizione della cosa.

 

§  sul comma 2 dell'art. 392 c.p.p. (comma 1, lett. c), al fine di prevedere un'ipotesi di anticipazione della prova peritale consistente nell'analisi di alimenti, ancorché non deperibili, nei casi di sequestro disposto nella fase delle indagini preliminari (non solo probatorio ma anche preventivo). L'analisi di alimenti sottoposti a sequestro rientra dunque nelle ipotesi consentite per effettuare una perizia al di fuori del dibattimento, attraverso lo strumento dell'incidente probatorio. Le altre ipotesi, già previste dall'art. 392 c.p.p., comma 2, riguardano il caso in cui la perizia disposta nel corso del dibattimento potrebbe determinarne la sospensione per oltre sessanta giorni o la necessità di eseguire accertamenti o prelievi che incidono sulla libertà personale ai sensi dell'art. 224-bis (prelievi di capelli, di peli o di mucosa del cavo orale su persona vivente al fine di delineare il profilo del DNA o accertamenti medici senza il consenso della persona da sottoporre all'esame del perito). In tutti i casi, la richiesta può essere avanzata dal p.m. o dalla persona sottoposta ad indagini.

L'incidente probatorio è un istituto che ha la funzione di anticipare l'acquisizione di una prova durante le indagini preliminari, anziché nel corso del dibattimento. L'art. 392 c.p.p., comma 1, disciplina i casi nei quali il p.m. o la persona sottoposta alle indagini possono richiedere al giudice di disporre un incidente probatorio, che sono essenzialmente determinati dall'urgenza e dalla non rinviabilità della prova stessa (infermità o altro grave impedimento che potrebbero impedire la testimonianza in dibattimento; fondato motivo che il testimone sia esposto a violenza o minaccia o promessa di denaro; inevitabile modificazione dello stato della persona, della cosa o del luogo da sottoporre a perizia; ricognizione non rinviabile), pur essendo la richiesta consentita anche in taluni casi che esulano da motivi di urgenza (esame dell'indagato su fatti concernenti la responsabilità di altri; esame dei testimoni di giustizia o di persone imputate in procedimenti connessi; confronto tra persone che hanno reso dichiarazioni discordanti in un altro incidente probatorio o al p.m.).

 

 

 

Normativa vigente

A.C. 823

Codice di procedura penale

Libro V - Indagini preliminari e udienza preliminare

Titolo IV - Attività a iniziativa della polizia giudiziaria

Articolo 354

Accertamenti urgenti sui luoghi, sulle cose e sulle persone. Sequestro.

1. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria curano che le tracce e le cose pertinenti al reato siano conservate e che lo stato dei luoghi e delle cose non venga mutato prima dell'intervento del pubblico ministero.

1. Identico.

2. Se vi è pericolo che le cose, le tracce e i luoghi indicati nel comma 1 si alterino o si disperdano o comunque si modifichino e il pubblico ministero non può intervenire tempestivamente, ovvero non ha ancora assunto la direzione delle indagini, gli ufficiali di polizia giudiziaria compiono i necessari accertamenti e rilievi sullo stato dei luoghi e delle cose. In relazione ai dati, alle informazioni e ai programmi informatici o ai sistemi informatici o telematici, gli ufficiali della polizia giudiziaria adottano, altresì, le misure tecniche o impartiscono le prescrizioni necessarie ad assicurarne la conservazione e ad impedirne l'alterazione e l'accesso e provvedono, ove possibile, alla loro immediata duplicazione su adeguati supporti, mediante una procedura che assicuri la conformità della copia all'originale e la sua immodificabilità. Se del caso, sequestrano il corpo del reato e le cose a questo pertinenti.

2. Se vi è pericolo che le cose, le tracce e i luoghi indicati nel comma 1 si alterino o si disperdano o comunque si modifichino e il pubblico ministero non può intervenire tempestivamente, ovvero non ha ancora assunto la direzione delle indagini, gli ufficiali di polizia giudiziaria compiono i necessari accertamenti e rilievi sullo stato dei luoghi e delle cose, anche mediante prelievo di campioni rappresentativi. In relazione ai dati, alle informazioni e ai programmi informatici o ai sistemi informatici o telematici, gli ufficiali della polizia giudiziaria adottano, altresì, le misure tecniche o impartiscono le prescrizioni necessarie ad assicurarne la conservazione e ad impedirne l'alterazione e l'accesso e provvedono, ove possibile, alla loro immediata duplicazione su adeguati supporti, mediante una procedura che assicuri la conformità della copia all'originale e la sua immodificabilità. Se del caso, sequestrano il corpo del reato e le cose a questo pertinenti.

3. Se ricorrono i presupposti previsti dal comma 2, gli ufficiali di polizia giudiziaria compiono i necessari accertamenti e rilievi sulle persone diversi dalla ispezione personale.

3. Identico.

 

Normativa vigente

A.C. 823

Codice di procedura penale

Titolo VII - Incidente probatorio

Articolo 392

Casi

1. Nel corso delle indagini preliminari il pubblico ministero e la persona sottoposta alle indagini possono chiedere al giudice che si proceda con incidente probatorio:

a) all'assunzione della testimonianza di una persona, quando vi è fondato motivo di ritenere che la stessa non potrà essere esaminata nel dibattimento per infermità o altro grave impedimento;

b) all'assunzione di una testimonianza quando, per elementi concreti e specifici, vi è fondato motivo di ritenere che la persona sia esposta a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità affinché non deponga o deponga il falso;

c) all'esame della persona sottoposta alle indagini su fatti concernenti la responsabilità di altri;

d) all'esame delle persone indicate nell'articolo 210 e all'esame dei testimoni di giustizia;

e) al confronto tra persone che in altro incidente probatorio o al pubblico ministero hanno reso dichiarazioni discordanti, quando ricorre una delle circostanze previste dalle lettere a) e b);

f) a una perizia o a un esperimento giudiziale, se la prova riguarda una persona, una cosa o un luogo il cui stato è soggetto a modificazione non evitabile;

g) a una ricognizione, quando particolari ragioni di urgenza non consentono di rinviare l'atto al dibattimento.

1. Identico.

1-bis. Nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 572, 600, 600-bis, 600-ter e 600-quater, anche se relativi al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1, 600-quinquies, 601, 602, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies, 609-undecies e 612-bis del codice penale il pubblico ministero, anche su richiesta della persona offesa, o la persona sottoposta alle indagini possono chiedere che si proceda con incidente probatorio all'assunzione della testimonianza di persona minorenne ovvero della persona offesa maggiorenne, anche al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1. In ogni caso, quando la persona offesa versa in condizione di particolare vulnerabilità, il pubblico ministero, anche su richiesta della stessa, o la persona sottoposta alle indagini possono chiedere che si proceda con incidente probatorio all'assunzione della sua testimonianza.

1-bis. Identico.

2. Il pubblico ministero e la persona sottoposta alle indagini possono altresì chiedere una perizia che, se fosse disposta nel dibattimento, ne potrebbe determinare una sospensione superiore a sessanta giorni ovvero che comporti l'esecuzione di accertamenti o prelievi su persona vivente previsti dall'articolo 224-bis.

2. Il pubblico ministero e la persona sottoposta alle indagini possono altresì chiedere una perizia che, se fosse disposta nel dibattimento, ne potrebbe determinare una sospensione superiore a sessanta giorni ovvero che comporti l'esecuzione di accertamenti o prelievi su persona vivente previsti dall'articolo 224-bis, ovvero attività di analisi di alimenti sottoposti a sequestro, ancorché non deperibili.

 

 

Il comma 2 dell'articolo 4 interviene sulle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale.

 

L'intervento principale (comma 2, lett. a) riguarda l'introduzione dell'art. 86-quater, che prevede la destinazione a scopi benefici degli alimenti confiscati.

 

La confisca, ai sensi dell'art. 240 c.p., è una misura di sicurezza patrimoniale, disposta dal giudice in caso di condanna, che consiste nell'espropriazione a favore dello Stato delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne costituiscono il prodotto o il profitto. In taluni casi, indicati al secondo comma (riguardanti le cose che costituiscono il prezzo del reato o la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisce reato, oppure gli strumenti informatici utilizzati per commettere reati informatici), la confisca è invece prevista come obbligatoria.

 

È il giudice a disporre che tali alimenti, se idonei al consumo umano, siano assegnati a enti territoriali, ad altri enti pubblici o ad associazioni e consorzi con compiti assistenziali, che ne abbiano fatto richiesta per provvedere alla loro distribuzione a titolo gratuito a favore di persone bisognose. Prima dell'assegnazione per tale finalità, gli alimenti sono sottoposti alla rimozione dei marchi e dei segni distintivi, qualora questi costituiscano reato (ad es. in caso di contraffazione degli stessi), ovvero al declassamento merceologico o alla regolarizzazione amministrativa.

Analogamente, il comma 2 dell'art. 86-quater prevede l'assegnazione a enti territoriali, ad altri enti pubblici o ad associazioni e consorzi con compiti assistenziali nei confronti degli animali abbandonati, nel caso di alimenti idonei al consumo animale, per destinarli alla loro alimentazione.

Infine il comma 3 stabilisce che la destinazione degli alimenti confiscati a finalità diverse rispetto a quelle sopra indicate è punita ai sensi dell'art. 316-bis del codice penale. Si tratta quindi di una condotta che rientra nella fattispecie della malversazione a danno dello Stato, sanzionata con la reclusione da 6 mesi a 4 anni.

 

La malversazione a danno dello Stato, di cui al citato art. 316-bis, si inscrive tra i delitti contro la pubblica amministrazione. Si tratta di un reato che, pur essendo collocato nel Capo I del Titolo II del codice penale tra i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, è compiuto da persona estranea alla pubblica amministrazione che, avendo ottenuto contributi, sovvenzioni o finanziamenti dallo Stato, da altro ente pubblico o dalle Comunità europee al fine di realizzare opere o svolgere attività di pubblico interesse, non li destina alle finalità per le quali li aveva ottenuti.

 

Tale norma si iscrive nell'alveo di altre disposizioni già presenti nell'ambito delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, che prevedono la destinazione di beni o strumenti confiscati per essere riassegnati in uso alle amministrazioni che ne facciano richiesta (art. 86-bis per i beni informatici o telematici utilizzati per la commissione di taluni delitti) o per essere destinati a finalità sociali e assistenziali (art. 86-ter per i beni immobili utilizzati per il reato di esercizio abusivo della professione sanitaria).

Si ricorda che anche l'art. 6 della legge 19 agosto 2016, n. 166, recante disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi (c.d. “legge Gadda”), novellando l'art. 15 del d.P.R. n. 571 del 1982, prevede che l'autorità giudiziaria disponga la cessione gratuita di prodotti alimentari confiscati, che siano idonei al consumo umano o animale, ad enti pubblici ovvero a enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche e solidaristiche, ivi incluse le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus).

 

Il comma 2, lettera b) modifica l'art. 132-bis, comma 1, lett. b), con l'inserimento dei procedimenti riguardanti i delitti contro la salute pubblica e la sicurezza degli alimenti nell'elenco di quelli che hanno priorità assoluta nella formazione di ruoli di udienza e nella trattazione dei processi, subito dopo i processi relativi alla violazione di norme sulla prevenzione degli infortuni e l'igiene sul lavoro e quelli in materia di circolazione stradale e prima dei delitti previsti dal testo unico delle disposizioni sull'immigrazione.

 

Normativa vigente

A.C. 823

Norme di attuazione del codice di procedura penale

Titolo I – Norme di attuazione

Capo VIII – Disposizioni relative alle indagini preliminari

Articolo 132-bis

Formazione dei ruoli di udienza e trattazione dei processi.

1. Nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione dei processi è assicurata la priorità assoluta:

1. Identica:

a) ai processi relativi ai delitti di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice e ai delitti di criminalità organizzata, anche terroristica;

a) identica;

a-bis) ai delitti previsti dagli articoli 572 e da 609-bis a 609-octies e 612-bis del codice penale ;

a-bis) identica;

a-ter) ai processi relativi ai delitti di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale verificatisi in presenza delle circostanze di cui agli articoli 52, secondo, terzo e quarto comma, e 55, secondo comma, del codice penale;

a-ter) identica;

b) ai processi relativi ai delitti commessi in violazione delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all'igiene sul lavoro e delle norme in materia di circolazione stradale, ai delitti di cui al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nonché ai delitti puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni;

b) ai processi relativi ai delitti commessi in violazione delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all'igiene sul lavoro e delle norme in materia di circolazione stradale, ai delitti contro la salute pubblica e la sicurezza degli alimenti, ai delitti di cui al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nonché ai delitti puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni;

c) ai processi a carico di imputati detenuti, anche per reato diverso da quello per cui si procede;

c) identica;

d) ai processi nei quali l'imputato è stato sottoposto ad arresto o a fermo di indiziato di delitto, ovvero a misura cautelare personale, anche revocata o la cui efficacia sia cessata;

d) identica;

e) ai processi nei quali è contestata la recidiva, ai sensi dell'articolo 99, quarto comma, del codice penale;

e) identica;

f) ai processi da celebrare con giudizio direttissimo e con giudizio immediato;

f) identica;

f-bis) ai processi relativi ai delitti di cui agli articoli 317, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321 e 322-bis del codice penale;

f-bis) identica;

f-ter) ai processi nei quali vi sono beni sequestrati in funzione della confisca di cui all'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e successive modificazioni.

f-ter) identica.

2. I dirigenti degli uffici giudicanti adottano i provvedimenti organizzativi necessari per assicurare la rapida definizione dei processi per i quali è prevista la trattazione prioritaria.

2. Identico.

 

 

Il comma 2, lettera c) modifica il comma 1 dell’art. 223, con la previsione che in tutti i casi in cui vengano effettuate analisi per le quali non sia possibile la ripetizione a causa della deperibilità, modificabilità o quantità del campione, l'interessato debba essere avvertito del giorno, dell'ora e del luogo ove si terranno le analisi medesime, al fine di consentirgli di partecipare direttamente o tramite una persona di sua fiducia, anche con l'assistenza di un consulente tecnico.

Questa causa di non ripetibilità delle analisi, motivata dalla particolare natura del campione (in quanto deperibile/modificabile) o dalla quantità dello stesso, si aggiunge a quella già prevista dall'art. 223 per il caso di analisi di campioni effettuate nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti per le quali non sia prevista la revisione. Si tratta di una disposizione a tutela dell'interessato, che viene messo nella condizione non solo di partecipare in prima persona alla prova peritale, ma soprattutto di potersi avvalere della consulenza di un tecnico. Inoltre, lo stesso interessato, la persona eventualmente da lui designata e il suo consulente tecnico possono esercitare i poteri previsti dall'art. 230 c.p.p., tra i quali la possibilità di proporre al perito specifiche indagini e di formulare osservazioni e riserve di cui si deve dare conto nella relazione.

 

 

Normativa vigente

A.C. 823

Norme di attuazione del codice di procedura penale

Articolo 223

Analisi di campioni e garanzie per l'interessato

1. Qualora nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti si debbano eseguire analisi di campioni per le quali non è prevista la revisione, a cura dell'organo procedente è dato, anche oralmente, avviso all'interessato del giorno, dell'ora e del luogo dove le analisi verranno effettuate. L'interessato o persona di sua fiducia appositamente designata possono presenziare alle analisi, eventualmente con l'assistenza di un consulente tecnico. A tali persone spettano i poteri previsti dall'articolo 230 del codice.

1. Qualora nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti si debbano eseguire analisi di campioni per le quali non è prevista la revisione ovvero se, per deperibilità, modificabilità o quantità del campione, non è possibile la ripetizione delle analisi, a cura dell'organo procedente è dato, anche oralmente, avviso all'interessato del giorno, dell'ora e del luogo dove le analisi verranno effettuate. L'interessato o persona di sua fiducia appositamente designata possono presenziare alle analisi, eventualmente con l'assistenza di un consulente tecnico. A tali persone spettano i poteri previsti dall'articolo 230 del codice.

2. Se leggi o decreti prevedono la revisione delle analisi e questa sia richiesta dall'interessato, a cura dell'organo incaricato della revisione, almeno tre giorni prima, deve essere dato avviso del giorno, dell'ora e del luogo ove la medesima verrà effettuata all'interessato e al difensore eventualmente nominato. Alle operazioni di revisione l'interessato e il difensore hanno diritto di assistere personalmente, con l'assistenza eventuale di un consulente tecnico. A tali persone spettano i poteri previsti dall'articolo 230 del codice.

2. Identico.

3. I verbali di analisi non ripetibili e i verbali di revisione di analisi sono raccolti nel fascicolo per il dibattimento, sempre che siano state osservate le disposizioni dei commi 1 e 2.

3. Identico.


 

Articolo 5
(Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231)

 

L’articolo 5 modifica la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231), attraverso l’integrazione del catalogo dei “reati presupposto” e la previsione di uno specifico modello organizzativo di gestione e controllo finalizzato alla prevenzione dei reati agroalimentari.

 

In particolare, il comma 1 inserisce l'articolo 6-bis, concernente i modelli di organizzazione dell'ente qualificato come impresa alimentare, nel d.lgs. n. 231/2001. Tale articolo si colloca tra gli artt. 6 (reati commessi da soggetti in posizione apicale) e 7 (reati commessi dai sottoposti) del citato decreto, in cui sono delineati i parametri generali del modello organizzativo considerato idoneo ad avere efficacia esimente (se attuato prima della commissione del reato) o attenuante (se posto in essere a seguito della commissione del reato) della responsabilità dell’ente, rendendolo applicabile anche nello specifico ambito dei delitti agro-alimentari.

 

Come è noto, il D.lgs. n. 231/2001 ha introdotto una forma di responsabilità amministrativa dell'ente, distinta dalla responsabilità penale della persona fisica che ha materialmente commesso il reato, muovendosi lungo due direttrici principali: da un lato, utilizzando la tecnica del reato presupposto al fine di imputare all'ente una responsabilità propria e, dall'altro, richiedendo l'implementazione di un modello aziendale capace di sollevare l'ente dalla propria responsabilità.

Si ricorda che il reato presupposto è quello senza la commissione del quale non potrebbe essere commesso un secondo reato che trova per l'appunto in esso il proprio presupposto. Nel caso delle persone giuridiche, il comportamento illecito messo in atto da uno o più soggetti che rivestano una posizione di vertice all’interno dell’ente, o da soggetti sottoposti a direzione o vigilanza da parte dei primi, riveste la qualità di reato presupposto, sul quale si innesta la responsabilità amministrativa della persona giuridica. La responsabilità dell'ente e quella dell'autore del reato presupposto rimangono comunque ben distinte: quest'ultimo sarà chiamato a rispondere penalmente per il reato presupposto, mentre l'ente risponderà sotto forma di sanzione amministrativa per aver consentito la commissione, da parte di uno dei suoi membri, di un reato. Da ciò discende il permanere della responsabilità in capo all'ente anche qualora l'autore del reato non fosse stato identificato, non fosse imputabile ovvero nel caso in cui il reato si fosse estinto per una causa diversa dall’amnistia.

D'altro canto, il legislatore ha previsto la possibilità per l'ente di esimersi da responsabilità attraverso l'implementazione di un modello aziendale efficace ad evitare, o quantomeno a ridurre, la possibilità che siano commessi reati da parte dei suoi vertici o di coloro che sono ad essi sottoposti. Tale modello è delineato negli articoli 6 e 7 del d.lgs. 231/2001. L’art. 6 prende in considerazione i reati commessi da soggetti che rivestono nell’ente una posizione apicale, escludendo la responsabilità dell’ente stesso qualora questo provi di aver adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi. I modelli organizzativi devono preliminarmente individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi reati, al fine di adottare specifici protocolli volti alla prevenzione dei reati stessi, devono stabilire le modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati e prevedere obblighi di informazione nei confronti dell'organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli, nonché un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello. Oltre all’implementazione di un simile modello organizzativo, per evitare la sanzione l’ente deve altresì provare che non vi sia stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo a ciò preposto, che deve essere dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo e che, oltre a vigilare su tali modelli, deve provvedere al loro aggiornamento e che coloro che hanno commesso il reato lo hanno fatto eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione adottati. A seguito di una recente modifica introdotta dalla legge 30 novembre 2017, n. 179 (c.d. whistleblowing), è inoltre richiesto che i modelli di organizzazione includano anche sistemi che consentano la segnalazione, da parte sia dei soggetti in posizione apicale, sia dei soggetti sottoposti, di illeciti di cui siano venuti a conoscenza in ragione delle funzioni svolte. Il modello deve essere impostato in modo tale che sia garantita la riservatezza dell'identità del segnalante e deve prevedere espressamente il divieto di atti ritorsione o discriminatori nei suoi confronti. La nullità del licenziamento ritorsivo o discriminatorio è invece prevista ex lege.

Nel caso di reati commessi da soggetti sottoposti all’altrui direzione, di cui all’art. 7, l'ente è responsabile se la commissione del reato è stata resa possibile dall'inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza, ma è in ogni caso esclusa se l'ente, prima della commissione del reato, ha adottato ed efficacemente attuato un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi. Tale modello deve prevedere misure idonee a garantire lo svolgimento dell'attività nel rispetto della legge e a scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio e deve comprendere attività di verifica periodica sull’efficacia del modello (e conseguentemente una sua eventuale modifica) ed un idoneo apparato sanzionatorio.

 

Dal punto di vista soggettivo, il comma 1 del suddetto articolo 6-bis prevede l'adozione di un modello di organizzazione e gestione aziendale per tutti gli enti che operano nei settori di attività di cui all'art. 3 del regolamento (CE) n. 178/2002, ovvero che svolgono una tra le attività connesse alle fasi di produzione, trasformazione e distribuzione degli alimenti.

 

Il citato regolamento stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare. Tra le definizioni contenute nell'art. 3 qui rilevano, in particolare, quelle di impresa alimentare ed operatore alimentare.

Per «impresa alimentare» si intende ogni soggetto pubblico o privato, con o senza fini di lucro, che svolge una qualsiasi delle attività connesse ad una delle fasi di produzione, trasformazione e distribuzione degli alimenti (art. 3, n. 2); per «operatore del settore alimentare», la persona fisica o giuridica responsabile di garantire il rispetto delle disposizioni della legislazione alimentare nell'impresa alimentare posta sotto il suo controllo (art. 3, n. 3).

 

Affinché il modello organizzativo possa essere considerato idoneo ad avere efficacia esimente o attenuante della responsabilità amministrativa, l'ente deve assicurare, attraverso l'implementazione di un proprio sistema aziendale, l'adempimento di tutti gli obblighi giuridici, sia di livello nazionale che di livello internazionale, in una serie di materie puntualmente elencate al comma 1 e che vanno dal rispetto della normativa circa la fornitura di informazioni sugli alimenti (lettera a), alla verifica sui contenuti della comunicazione pubblicitaria, dei quali deve essere garantita la coerenza con le caratteristiche del prodotto (lettera b), dagli obblighi di rintracciabilità del prodotto, intesa come possibilità di conoscere tutte le fasi di produzione, trasformazione e distribuzione attraverso cui è passato l'alimento (lettera c), al controllo sulla qualità, la sicurezza e l'integrità del prodotto, ivi compreso il suo confezionamento (lettera d), e al richiamo dei prodotti, siano essi importati, trasformati, lavorati, o semplicemente distribuiti, che non siano conformi alle norme sulla sicurezza alimentare (lettera e). Il modello organizzativo deve altresì comprendere attività di valutazione e gestione del rischio (lettera f) e verifiche periodiche al fine di valutare l'efficacia e l'adeguatezza del modello adottato alle previste finalità di prevenzione e minimizzazione del rischio (lettera g).

 

Il comma 2, tenendo conto delle differenze dovute alla natura e alla dimensione dell'impresa nonché al tipo di attività da essa svolta, delinea i pilastri fondamentali intorno ai quali deve essere articolato il modello organizzativo. Esso deve comprendere:

·         un sistema di registrazione che dia conto dell'effettiva realizzazione delle attività prescritte dal modello (lettera a);

·         un'organizzazione che assicuri le competenze tecniche e i poteri necessari per la verifica, la valutazione, la gestione e il controllo del rischio, corredata da un apparato disciplinare che sia in grado di operare efficacemente in caso di mancato rispetto delle misure previste dal modello (lettera b);

·        l'attività di vigilanza e di controllo sull'attuazione del modello, funzionale anche ad evidenziare eventuali carenze da colmare o malfunzionamenti da correggere, da porre in atto in particolare quando siano scoperte significative violazioni delle norme relative alla sicurezza alimentare e alla lealtà commerciale nei confronti dei consumatori ovvero quando taluni cambiamenti nel modello si rendano necessari per il mutare dell'organizzazione di impresa o in ragione di progressi scientifici e tecnologici (lettera c).

 

I commi 3 e 4 dell'art. 6-bis prevedono alcune semplificazioni alla struttura del modello organizzativo a favore delle micro, piccole e medie imprese che operano nel settore agro-alimentare.

Il comma 3 dispone, per le piccole e medie imprese, in cui può essere difficoltoso individuare, all'interno della propria organizzazione, le figure di riferimento che possano svolgere le funzioni indicate alle lettere b) e c) del comma 2, che tali funzioni possano essere affidate ad un unico soggetto, che sia però dotato di adeguata professionalità e specifica competenza nel settore alimentare e al quale devono essere riconosciuti autonomi poteri di iniziativa e controllo. A tal fine, è prevista la creazione di un apposito elenco nazionale, da istituire, con provvedimento del Ministero delle imprese e del made in Italy, presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

 

Per l'individuazione delle piccole e delle medie imprese che possono beneficiare del regime semplificato di cui al comma 3, viene richiamato l'art. 5 della legge 11 novembre 2011, n. 180 (c.d. statuto delle imprese), che al comma 1, lettera a), rinvia alle definizioni recate dalla raccomandazione della Commissione europea 2003/361/CE del 6 maggio 2003, dove sono fissati i limiti relativi al numero di dipendenti ed al fatturato annuo (o, alternativamente, al bilancio netto). Ai sensi della citata raccomandazione, micro-imprese sono quelle che occupano meno di 10 dipendenti e realizzano un fatturato (o un totale di bilancio) annuo non superiore a 2 milioni di euro); piccole imprese sono quelle che occupano meno di 50 addetti e realizzano un fatturato (o un totale di bilancio) annuo non superiore ai 10 milioni di euro; medie imprese sono quelle che occupano meno di 250 addetti e realizzano un fatturato annuo non superiore ai 50 milioni di euro o un totale di bilancio annuo non superiore ai 43 milioni di euro.

 

Inoltre, per le imprese con meno di 10 dipendenti e un volume d'affari annuo inferiore a 2 milioni di euro, è previsto che possa essere lo stesso legale rappresentante o un delegato a svolgere i compiti di prevenzione e di tutela della sicurezza alimentare e della lealtà commerciale qualora abbia frequentato uno specifico corso di formazione sulla natura dei rischi correlati alle specifiche attività produttive, organizzato dalla regione o dalle province autonome di Trento e di Bolzano nell’ambito delle loro competenze e nel rispetto dei vincoli di bilancio (comma 4).

 

Le lettere b) e c) del comma 1, prevedono l’introduzione - nel catalogo dei reati presupposto che fanno insorgere una responsabilità dell’ente ai sensi del D.lgs. 231/2001 - dei reati agroalimentari risultanti dalla riforma del codice penale ad opera della proposta in commento.

In particolare, si prevede lo spacchettamento del vigente art. 25-bis.1 del d.lgs. 231/2001 in tre differenti disposizioni, aventi a oggetto:

·         i delitti contro l’industria e il commercio (art. 25-bis.1);

·         le frodi in commercio di prodotti alimentari (art. 25-bis.2);

·         i delitti contro la salute pubblica (art. 25-bis.3);

In tal modo sono ricompresi nella sistematica della responsabilità da reato sia le fattispecie poste a tutela del mercato dei prodotti agroalimentari che quelle a tutela della salute pubblica.

 

In particolare la lettera b), apporta alcune modifiche all’articolo 25-bis.1 il quale configura l’ente come responsabile per la commissione di delitti contro l’industria e il commercio; si tratta di modifiche in parte conseguenti all’abrogazione di alcune fattispecie di reato e all’istituzione di nuove specifiche fattispecie di reati contro il patrimonio agroalimentare da parte della proposta in commento.

 

Normativa vigente

A.C. 823

Decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231

Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell'articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300.

Art. 25-bis. 1.

Delitti contro l'industria e il commercio

 

 

1. In relazione alla commissione dei delitti contro l'industria e il commercio previsti dal codice penale, si applicano all'ente le seguenti sanzioni pecuniarie:

1. Identico:

a) per i delitti di cui agli articoli 513, 515, 516, 517, 517-ter e 517-quater la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote;

a) per i delitti di cui agli articoli 513, e 515, la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote;

b) per i delitti di cui agli articoli 513-bis e 514 la sanzione pecuniaria fino a ottocento quote.

b) identica.

2. Nel caso di condanna per i delitti di cui alla lettera b) del comma 1 si applicano all'ente le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2.

2. Identico.

 

Nello specifico è soppresso il riferimento, nel catalogo dei reati presupposto per la commissione di delitti contro l’industria e il commercio:

·         alle fattispecie di reato di cui agli artt. 516 e 517-quater c.p.; infatti il nuovo reato di cui all’articolo 517-sexies (che sostituisce sostanzialmente la fattispecie di cui all’articolo 516 c.p., abrogato dall’art. 12 della proposta in commento) e il reato di cui all’art. 517-quater, sono ricollocati nel nuovo specifico articolo 25-bis.2, dedicato alla responsabilità dell’ente per delitti contro il patrimonio agroalimentare (vedi infra);

·         alla fattispecie di cui all’art. 517, che sanziona la vendita di prodotti industriali con segni mendaci e alla fattispecie di cui all’art. 517-ter, che sanziona la fabbricazione e il commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale; rispetto a tali fattispecie, che non sono oggetto di modifica da parte della riforma, non è più prevista la responsabilità dell’ente.

 

La lettera c) introduce, nel d.lgs. n. 231 del 2001, i due nuovi articoli 25-bis.2 e 25-bis.3.

 

L'articolo 25-bis.2 riguarda le frodi nel commercio di prodotti alimentari di cui al nuovo Capo II-bis (“Dei delitti contro il patrimonio agro-alimentare”), e prevede sanzioni pecuniarie graduate a seconda della gravità del reato commesso. Più in dettaglio:

 

 

 

Reato

Sanzione per l’ente

Frode nel commercio di alimenti (517-sexies c.p.)

Fino a 300 quote

Commercio di alimenti con segni mendaci (517-septies c.p.)

Contraffazione dei segni di indicazione geografica e di denominazione protetta dei prodotti agro-alimentari (517-quater)

Da 100 a 400 quote

Agropirateria (517-quater.1)

Da 200 a 800 quote + interdizione

 

Per il delitto di agropirateria - considerata la sua maggiore gravità in quanto presuppone la commissione dei fatti di cui agli articoli 517-sexies e 517-septies in modo sistematico e attraverso l’allestimento di mezzi o attività organizzate - è prevista altresì l'applicazione delle sanzioni interdittive di cui all'art. 9, comma 2, del d.lgs. n. 231/2001 (comma 2).

 

Si tratta di:

a) interdizione dall'esercizio dell'attività;

b) sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito;

c) divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;

d) esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l'eventuale revoca di quelli già concessi;

e) divieto di pubblicizzare beni o servizi.

Ai sensi dell'art. 14, il giudice ne determina il tipo e la durata tenendo conto della gravità del fatto, del grado della responsabilità dell'ente nonché dell'attività svolta per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti, valutando quale sia o quali siano (in quanto le sanzioni interdittive possono essere irrogate anche congiuntamente) le più idonee a prevenire illeciti del tipo di quello commesso.

Per l'applicazione delle sanzioni interdittive è richiesto dall'art. 13 che ricorra almeno una delle seguenti condizioni:

a) che l'ente abbia tratto dal reato un profitto di rilevante entità e il reato sia stato commesso da soggetti in posizione apicale ovvero da soggetti sottoposti all'altrui direzione quando la commissione del reato è stata determinata o agevolata da gravi carenze organizzative;

b) che gli illeciti siano reiterati.

La durata comminata non può essere inferiore a tre mesi né superiore a due anni (esclusi taluni delitti contro la pubblica amministrazione per i quali è prevista una durata non inferiore a quattro anni e non superiore a sette anni se il reato è stato commesso da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o che comunque hanno la gestione, anche di fatto, dell'ente e non inferiore a due anni e non superiore a quattro se il reato è stato commesso da persone sottoposte alla direzione o vigilanza da parte dei predetti soggetti).

 

È inoltre sempre disposta l'interdizione definitiva dall'esercizio dell'attività di cui all'art. 16, comma 3, del medesimo decreto legislativo qualora l'ente o una sua unità organizzativa siano stabilmente o prevalentemente utilizzati per la commissione dei reati sopraindicati, senza che l'ente abbia la possibilità di riparazione delle conseguenze del reato (comma 3).

 

L'art. 25-bis.3 riguarda i delitti di comune pericolo contro la salute pubblica contenuti nel capo II del titolo VI del libro secondo del codice penale, come modificato dall'articolo 1 della proposta in commento (vedi supra).

La commissione di tali delitti è punita non solo con sanzioni di natura pecuniaria, ma comporta in ogni caso anche l'interdizione dall’esercizio dell’attività. Più in dettaglio:

 

Reato

Sanzione per l’ente

Avvelenamento di acque o di alimenti (art. 439 c.p.)

Da 500 a 100 quote + interdizione da 1 a 2 anni

Contaminazione, adulterazione o corruzione di acque, alimenti o medicinali (art. 440 c.p.)

Da 500 a 800 quote + interdizione da 1 a 2 anni

Importazione, esportazione, commercio, trasporto, vendita o distribuzione di alimenti, medicinali o acque pericolosi (art. 440-bis c.p.)

Da 300 a 600 quote + interdizione da 6 mesi a 1 anno

Omesso ritiro di alimenti, medicinali o acque pericolosi (art. 440-ter c.p.)

Fino a 300 quote + interdizione fino a 6 mesi

Informazioni commerciali ingannevoli o pericolose (art. 440-quater c.p.)

Delitti colposi contro la salute pubblica (art. 452 c.p.)

disastro sanitario (art. 445-bis)

Da 400 a 800 quote + interdizione da 1 a 2 anni

 

La riforma prevede la responsabilità dell’ente solo per la commissione di questi specifici delitti ricompresi nel capo relativo ai delitti di comune pericolo contro la salute pubblica e la sicurezza delle acque, degli alimenti e dei medicinali. Ad esempio, il delitto di epidemia non dà luogo a responsabilità dell’ente, tranne che nell’ipotesi colposa di cui all’art. 452.

Si valuti l’opportunità di integrare tale catalogo.

 

Al di fuori dei reati previsti dal codice penale, il comma 2 dell'art. 25-bis.3 sanziona i delitti previsti dall'art. 5, commi 1 e 2, della legge 30 aprile 1962, n. 283, come modificato all'art. 6 della proposta in commento (v. infra), per i quali si applicano la sanzione pecuniaria fino a 300 quote e l’interdizione dall’esercizio dell’attività fino a 6 mesi.

Infine, analogamente a quanto previsto dall'art. 25-bis.2, il comma 3 dispone l'interdizione definitiva dall'esercizio dell'attività qualora l'ente o una sua unità organizzativa siano stabilmente o prevalentemente utilizzati per la commissione dei reati sopraindicati, senza che l'ente abbia la possibilità di riparare le conseguenze del reato.

 


 

Articolo 6
(Modifiche alla legge 30 aprile 1962, n. 283).

 

L'articolo 6 apporta modifiche alla legge 30 aprile 1962, n. 283, che contiene la disciplina principale in tema di produzione e vendita delle sostanze alimentari e delle bevande e degli illeciti ad esse connessi.

Nel suo complesso, l'intervento è teso a rafforzare il sistema di prevenzione e contrasto di fenomeni illeciti in campo agroalimentare, includendovi talune fattispecie al momento prive di tutela giuridica, ma che possono rivelarsi propedeutiche al manifestarsi di condotte lesive della salute pubblica penalmente rilevanti.

 

L'articolo si compone di un unico comma, le cui lettere recano le modifiche alla citata legge n. 283/1962 (si veda anche, infra, lo specifico testo a fronte).

 

Articolo 1-bis L. 283/1962

 

La lettera a) del comma 1 inserisce l'articolo 1-bis, che disciplina la delega di funzioni. Questo intervento normativo è volto a facilitare l'individuazione del soggetto penalmente responsabile degli illeciti in campo alimentare nell'ambito dell'organizzazione aziendale.

Normalmente tale soggetto è individuato nel titolare dell'impresa alimentare ovvero in colui che esercita i poteri gestionali, decisionali o di spesa; tuttavia, è possibile, alle condizioni indicate all'art. 1-bis, comma 1, lettere da a) ad e), che le funzioni siano delegate ad un altro soggetto, sul quale ricadrebbe quindi anche l'eventuale responsabilità penale.

 

La delega di funzioni è un atto di natura negoziale, attraverso il quale si realizza la traslazione di specifici doveri e dei relativi poteri necessari all’adempimento, dal titolare ex lege ad altro soggetto (garante derivato o delegato). Il ricorso alla delega di funzioni sarà tanto più frequente quanto maggiore è la complessità della struttura di impresa, tale da non consentire al soggetto titolare ex lege dell'amministrazione dell'ente di adempiere efficacemente a tutti gli obblighi che l'ordinamento pone a suo carico. Nell'ordinamento, la prima disposizione che ha esplicitamente previsto la delega di funzioni nell'ambito dell'impresa, sulla quale la norma in commento è modellata, è quella prevista dalla legislazione speciale in materia di sicurezza sul lavoro (art. 16 del d.lgs. n. 81/2008).

 

Dal punto di vista formale, la delega di funzioni deve essere concessa tramite atto scritto avente data certa, sottoscritto dal delegato per accettazione. Sotto il profilo soggettivo, il delegato deve possedere i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla natura delle funzioni delegategli, mentre sotto il profilo oggettivo devono essere attribuiti al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo necessari all'esercizio delle funzioni delegate, così come l'autonomia di spesa che ne consegue. La delega deve essere tempestivamente resa nota, attraverso adeguate forme di pubblicità della stessa (comma 2).

La delega di funzioni non fa venire meno, in capo al soggetto delegante, l'obbligo di vigilanza sull'esercizio delle funzioni delegate (comma 3); in ogni caso, tale obbligo si intende adempiuto se l'impresa ha adottato un efficace modello di organizzazione ai sensi dell'art. 6-bis del d.lgs. 231 del 2001 (v. supra, art. 5, comma 1, lettera a).

È prevista inoltre la possibilità che anche il delegato operi a sua volta una delega di funzioni, purché con le stesse modalità indicate ai commi 1 e 2. Anche in questo caso il soggetto delegante manterrà l'obbligo di vigilanza sul corretto svolgimento delle funzioni delegate. È invece esclusa l'ulteriore delega di funzioni da parte del soggetto che ha ricevuto una delega di funzioni di “secondo grado” ai sensi del comma 4 dell'art. 1-bis.

 

 

Le lettere b) e c) del comma 1 introducono invece una serie di reati e di illeciti amministrativi.

 

Art. 5 L. 283/1962

 

In particolare, la lettera b), sostituendo l'art. 5 della legge n. 283 del 1962, intende rafforzare il presidio giuridico posto a tutela della sicurezza degli alimenti (comprese acque e bevande), intesa come ragionevole certezza del loro essere adatti al consumo umano, introducendo un reato volto a sanzionare una condotta che viene ritenuta di per sé pericolosa, anche se non ancora idonea a concretizzare un pericolo per la salute pubblica, come avviene invece nella fattispecie sanzionata dall'art. 440-bis (v. supra, art. 1), rispetto alla quale si pone in un rapporto di minore gravità (come evidenziato dalla minore entità della pena). Si tratta quindi di un reato di pericolo astratto, le cui condotte caratteristiche possono comunque rivelarsi sintomatiche di situazioni suscettibili di evolvere nel pericolo concreto di cui all'art. 440-bis.

Il reato di cui all'art. 5 può verificarsi esclusivamente nell'ambito di un'attività d'impresa, in una pluralità di fasi analiticamente elencate, e che vanno da quelle più strettamente produttive (preparazione e produzione), a quelle di movimentazione e stoccaggio (importazione, esportazione, trasporto, custodia temporanea o deposito doganale, spedizione in transito) fino a quelle più propriamente commerciali (somministrazione e commercializzazione), nel corso delle quali possono essere poste in atto una serie di attività per effetto delle quali gli alimenti risultino “nocivi o inadatti al consumo umano”.

La nocività dell'alimento può derivare sia da comportamenti commissivi, che si concretizzano nel cattivo stato o nell'inidoneità delle condizioni di conservazione, nei trattamenti effettuati sugli alimenti o nella loro alterazione o nella presenza di ingredienti, componenti, cariche microbiche o additivi vietati o superiori ai limiti stabiliti da regolamenti o disposizioni ministeriali, che da comportamenti omissivi, quale l'inosservanza delle procedure o dei requisiti di sicurezza prescritti da leggi o regolamenti. La pena prevista è quella della reclusione da uno a tre anni, che si applica altresì, ai sensi del comma 2, nei casi in cui il consumo degli alimenti risulti nocivo, anche soltanto per particolari categorie di consumatori, in ragione di informazioni commerciali false o incomplete fornite sulle caratteristiche degli alimenti. Si tratta di una norma speculare a quella prevista dall'art. 440-quater in tema di informazioni commerciali ingannevoli o pericolose (v. supra), rispetto alla quale si pone in rapporto di minore gravità (esattamente come la fattispecie di cui al comma 1 dell'articolo in commento rispetto a quella punita ai sensi dell'art. 440-bis) perché non ancora idonea a concretizzare un pericolo per la salute pubblica.

 

Il reato è invece punito con l'arresto da sei mesi a due anni se la condotta è di natura colposa (comma 3). Il legislatore ha ritenuto di punire anche la condotta colposa in virtù della particolarità dei beni oggetto di tutela, ritenendo che la loro rilevanza sia tale da giustificare l'imposizione, a carico degli operatori del settore, di un onere di attenzione e cautela nel compimento di azioni che coinvolgono alimenti destinati al consumo umano.

Il comma 4 della proposta in commento prevede, inoltre, una circostanza aggravante se il fatto risulta, in base ai suddetti parametri, di particolare gravità e, viceversa, una circostanza attenuante se il fatto è di particolare tenuità.

Se dalla commissione dei reati di cui al comma 1 e al comma 2 derivano per colpa la lesione grave o gravissima o la morte di tre o più persone e il pericolo grave e diffuso di analoghi eventi ai danni di altre persone (ovvero si configura il delitto di disastro sanitario di cui all'art. 445-bis – v. supra) il comma 5 prevede l’applicazione della pena prevista dall’art. 445-bis (reclusione da sei a diciotto anni).

Il comma 6 della proposta in commento prevede l'applicazione delle pene accessorie di cui all'articolo 36 (pubblicazione della sentenza penale di condanna) e 448, quarto comma (chiusura temporanea o definitiva dello stabilimento o dell'esercizio dove è stato commesso il fatto, v. sopra art. 1), del codice penale in tutti i casi di condanna per uno dei reati di cui all'articolo in esame, ad esclusione delle fattispecie colpose.

 

Il quarto comma dell'art. 448 è stato aggiunto dall'art. 1 della proposta in commento (v. supra) e prevede che il giudice possa disporre la chiusura temporanea, da uno a dodici mesi, dello stabilimento o dell’esercizio in cui il fatto è stato commesso se il fatto è di particolare gravità o in caso di recidiva specifica. Se gravità del fatto e recidiva ricorrono entrambe, il giudice può disporre la revoca di autorizzazioni, licenze o analoghi provvedimenti amministrativi che consentono l’esercizio dell’attività nonché la chiusura definitiva dello stabilimento o dell’esercizio in cui il fatto è stato commesso. Peraltro, già l'art. 12-bis della stessa legge 283/1962 prevede che nel caso di condanna per il reato di cui all'art. 5 attualmente vigente il giudice possa contestualmente disporre la chiusura definitiva dello stabilimento o dell'esercizio e la revoca della licenza, dell'autorizzazione o dell'analogo provvedimento amministrativo che consente l'esercizio dell'attività, se il fatto è di particolare gravità e da esso è derivato pericolo per la salute.

 

Il comma 7 reca alcune definizioni necessarie ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo in esame.

La lettera a), stabilendo che l'alimento si considera trattato in violazione delle leggi e dei regolamenti in materia di sicurezza alimentare anche quando le sostanze vietate o in quantità eccedente quella consentita sono somministrate all’animale vivo o sono utilizzate sul vegetale prima della raccolta, rende applicabile la normativa in materia di sicurezza alimentare anche ai casi in cui le condotte illecite sono poste in essere in relazione a cose che non sono qualificabili come alimenti ai sensi della stessa normativa di settore.

La lettera b) definisce come alimento inadatto al consumo umano quello putrefatto, deteriorato, decomposto o contaminato.

 

 

Si valuti l’opportunità di meglio specificare il distinto campo d’applicazione delle fattispecie penali introdotte rispettivamente nel codice penale e nella legge speciale.

 

 

La lettera c) del comma 1 dell’articolo 6 introduce due nuovi illeciti amministrativi, puniti tramite sanzione pecuniaria.

 

Art. 5-bis L. 283/1962

 

L'art. 5-bis riguarda specificamente i casi di violazione di disposizioni attuative del principio di precauzione in materia alimentare adottate dalle autorità dell’Unione europea o nazionali, puniti con sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 a 15.000 euro.

La sola proposta di legge prevede una specifica sanzione - da 15.000 a 75.000 euro - quando la violazione è connotata da particolare gravità in relazione alla quantità di prodotto interessata.

 

Nella normativa comunitaria il principio di precauzione in tema di sicurezza alimentare è stato sancito dall'articolo 7 del regolamento 178/2002, in base al quale, quando ci si trovi di fronte ad una situazione di rischio per la salute dei cittadini ma non vi siano certezze sul piano scientifico circa la nocività di un alimento, occorre adottare misure adeguate per la gestione di tale rischio, che si concretizzano nelle sole restrizioni al commercio che risultino proporzionate al pericolo e necessarie a raggiungere un elevato livello di tutela della salute. Le misure adottate devono essere riesaminate entro un periodo di tempo ragionevole e valutate alla luce delle nuove conoscenze scientifiche acquisite.

 

 

Art. 5-ter L. 283/1962

 

L'art. 5-ter introdotto dalla proposta in commento punisce invece chiunque, nell’ambito di un’attività di impresa e in una qualsiasi delle fasi di produzione, trasporto o commercializzazione ivi indicate (preparazione, produzione, importazione, introduzione in custodia temporanea o in deposito doganale, spedizione in transito, esportazione, trasporto, somministrazione, detenzione per il commercio, commercializzazione o messa in circolazione) tratti alimenti che siano stati privati, anche in parte, dei propri elementi nutritivi o siano stati mescolati a sostanze di qualità inferiore o comunque abbiano una composizione non conforme alle norme vigenti (comma 1) ovvero alimenti in cattivo stato di conservazione, con cariche microbiche superiori ai limiti consentiti, insudiciati o invasi da parassiti (comma 2). Le due fattispecie previste ai commi 1 e 2 dell'art. 5-ter sono dunque entrambe volte a garantire la genuinità degli alimenti e a prevenirne l'adulterazione e sono punite con una sanzione amministrativa pecuniaria che va da 1.500 a 15.000 euro, ovvero (ai sensi del comma 3) da 15.000 a 75.000 euro nei casi di particolare gravità in relazione alla quantità di prodotto.

 

Si valuti l’opportunità di coordinare la disciplina di tale illecito amministrativo e il reato introdotto all’art. 5, comma 1 della legge n. 283, che si riferisce anch’esso alla commercializzazione di alimenti in cattivo stato di conservazione o nei quali siano presenti cariche microbiche vietate.

 

Nell'ambito del sistema di contrasto agli illeciti nel settore agroalimentare, l'art. 5-ter va a sostituire l'art. 516 del codice penale che la proposta in commento abroga (art. 12 – v. infra), ma in una diversa ottica, spostando l'oggetto della tutela giuridica dall’interesse al leale esercizio del commercio che contraddistingue il reato di frode di cui all'art. 516 all'interesse alla genuinità dell'alimento. Si ricorda che il concetto di genuinità, secondo la consolidata interpretazione della giurisprudenza di legittimità, si declina sotto due diversi aspetti: il primo di carattere “naturale”, con riguardo agli alimenti che hanno subito un'artificiosa alterazione della loro normale composizione per la commistione con sostanze estranee o per la sottrazione di principi nutritivi, il secondo di natura “formale”, in cui è il legislatore a fissare le caratteristiche e i requisiti essenziali che un determinato alimento deve contenere, con la conseguenza che si considerano non genuini quegli alimenti che non contengono determinate sostanze o non le contengono nelle quantità fissate per legge.

 

Infine, come norma di chiusura del sistema sanzionatorio degli illeciti agroalimentari, l'art. 5-ter prevede al comma 4 una sanzione amministrativa da 50 a 500 euro anche per l'importazione di alimenti in cattivo stato di conservazione, insudiciati o invasi da parassiti che avvenga al di fuori di un'attività di impresa, sempre che il fatto costituisca reato.

 

Si anticipa in questa sede che l’art. 12 della proposta in commento, nel coordinare il testo della legge n. 689 del 1981 con le modifiche apportate alla legge del 1962, conferma il principio di specialità in forza del quale quando i fatti previsti dall’art. 5 della legge n. 283 sono sanzionati anche a titolo di illecito amministrativo, si applica comunque la fattispecie penale (v. infra).

 

Artt. 12-ter ss. L. 283/1962

 

La proposta in commento interviene sugli artt. 12-ter ss. della L. 283/1962, inseriti dal D. Lgs. 150/2022 (cd. “riforma Cartabia”) e in vigore dal 30 dicembre 2022.

 

L’articolo 70 del D. Lgs. 150/2022 ha introdotto nella L. 283/1962 gli articoli da 12-ter a 12-novies al fine di disciplinare le condizioni e le modalità procedurali per l’estinzione delle contravvenzioni punite con la pena dell’ammenda (anche se alternativa o congiunta a quella dell’arresto), in materia di igiene, produzione, tracciabilità e vendita di alimenti e bevande, prevedendo una causa di estinzione delle contravvenzioni, a seguito dell’adempimento di apposite prescrizioni impartite, nella fase delle indagini preliminari, dalla polizia giudiziaria ovvero da un organo accertatore nelle funzioni di polizia giudiziaria ex art. 55 c.p.p.

L’articolo 12-ter individua l’ambito di applicazione della nuova disciplina.

Si tratta delle contravvenzioni in materia di igiene, produzione, tracciabilità e vendita di alimenti e bevande (previste dalla medesima legge n. 283 del 1962 e da altre disposizioni aventi forza di legge) che hanno cagionato un danno o un pericolo suscettibile di elisione mediante condotte ripristinatorie o risarcitorie, e per le quali sia prevista la pena della sola ammenda, ovvero dell’ammenda alternativa o congiunta a quella dell’arresto. La medesima disciplina non si applica quando tali contravvenzioni concorrano con uno o più delitti.

Ai fini dell’estinzione della contravvenzione, l’organo accertatore impartisce al contravventore un’apposita prescrizione.

Il termine per la regolarizzazione deve essere fissato dal medesimo organo accertatore in modo che esso non ecceda il periodo di tempo tecnicamente necessario ai fini della regolarizzazione. Tale termine non deve comunque essere superiore a sei mesi. Sono quindi dettate specifiche disposizioni procedimentali, ivi compresa la possibilità di proroga del termine per la regolarizzazione in caso di ritardi non imputabili al contravventore.

Inoltre, la disposizione riprende testualmente il principio di delega che mantiene in ogni caso fermo l'obbligo dell'organo accertatore di riferire al pubblico ministero la notizia di reato relativa alla contravvenzione, ai sensi dell'articolo 347 c.p.p. Si prevede anche che l’organo accertatore trasmetta al p.m. il verbale contenente le prescrizioni e che il p.m. possa disporre, quando lo ritenga necessario, con decreto, la modifica delle medesime prescrizioni impartite.

L’articolo 12-quater concerne la verifica dell'adempimento e l’ammissione al pagamento in sede amministrativa. La verifica dell’adempimento viene effettuata dall’organo che ha impartito le prescrizioni entro 30 giorni dalla scadenza del termine fissato per la regolarizzazione. Il contravventore che abbia adempiuto alla prescrizione è ammesso a pagare in sede amministrativa una somma pari ad un sesto del massimo dell'ammenda prevista per la contravvenzione commessa, nel termine di 30 giorni. Entro 60 giorni dalla scadenza del termine fissato per il pagamento, l'organo accertatore comunica al p.m. l'adempimento della prescrizione ed il pagamento della somma di denaro. In caso contrario, nel termine di 60 giorni fissato per l’adempimento della prescrizione, l’organo accertatore comunica al p.m. e al contravventore il mancato adempimento o il mancato pagamento.

L’articolo 12-quinquies prevede la possibilità (contemplata dalla legge di delega) per il contravventore che, per le proprie condizioni economiche e patrimoniali, sia impossibilitato a provvedere al pagamento della somma di denaro, di svolgere in alternativa lavoro di pubblica utilità. A tal fine il contravventore deve presentare richiesta al p.m. personalmente o a mezzo di procuratore speciale. L’impossibilità a procedere al pagamento deve essere comprovata con dichiarazione sostitutiva di certificazione sottoscritta dal contravventore medesimo. La richiesta è comunicata all’organo accertatore e deve essere accompagnata dalla documentazione che attesti la disponibilità dell’ente (Stato, regione, città metropolitana, provincia, comune, ente o organizzazione di assistenza sociale o di volontariato) ad impiegare il richiedente.

Il p.m. stabilisce con decreto durata e termine del lavoro di pubblica utilità. Sono quindi dettati i criteri di ragguaglio tra la somma da pagare e la prestazione lavorativa da richiedere in luogo del pagamento della somma (250 euro per ogni giorno di lavoro di pubblica utilità; un giorno di lavoro consiste nella prestazione, anche non continuativa, di due ore di lavoro). Il lavoro di pubblica utilità non può avere durata superiore a sei mesi e l’attività viene svolta di regola nella regione di residenza del contravventore e comporta la prestazione di non più di sei ore di lavoro settimanale da svolgere con modalità che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del contravventore. Se il contravventore lo richiede il p.m. può ammetterlo a svolgere la prestazione per un tempo superiore, comunque non eccedente le otto ore giornaliere. Si prevede la possibilità di interrompere il lavoro di pubblica utilità mediante il pagamento di una somma di denaro pari a un sesto del massimo dell’ammenda prevista per la contravvenzione, dedotta la somma corrispondente alla durata del lavoro già prestato.

Se il p.m. (articolo 12-sexies) ha notizia della contravvenzione di propria iniziativa ovvero da soggetti diversi dall’organo accertatore e dalla polizia giudiziaria, lo comunica a questi ultimi, al fine di dare corso agli adempimenti previsti dagli articoli 12-ter e 12-quater. In tal caso l’organo accertatore o la polizia giudiziaria comunicano al p.m. le proprie attività senza ritardo e comunque non oltre 60 giorni dal ricevimento della medesima comunicazione del p.m.

L’articolo 12-septies disciplina la sospensione del procedimento per la contravvenzione dal momento della iscrizione della notizia di reato nel registro delle notizie di reato (art. 335 c.p.p.) fino al momento in cui il p.m. non riceva comunicazione circa l'adempimento delle prescrizioni, il pagamento delle somme dovute o, se del caso, l’avvenuto svolgimento della prestazione lavorativa di pubblica utilità (si tratta delle comunicazioni previste dagli articoli 12-quater e 12-quinquies).

Quando la notizia della contravvenzione non sia pervenuta al p.m. da un organo accertatore (si tratta del caso previsto dall’art. 12-sexies) il procedimento per la contravvenzione riprende il suo corso:

quando l’organo accertatore informa il p.m. della decisione di non impartire prescrizioni;

entro sessanta giorni dalla comunicazione ricevuta dall’organo accertatore quando quest’ultimo omette di informare il p.m. circa le proprie determinazioni.

La sospensione in esame:

non preclude la richiesta di archiviazione (in caso di richiesta di archiviazione è sospesa l’esecuzione del lavoro di pubblica utilità fino alla decisione del giudice per le indagini preliminari);.

non impedisce l’assunzione di prove con incidente probatorio o di atti urgenti di indagine preliminare;

non impedisce il sequestro preventivo (artt. 321 ss. c.p.p.).

L’articolo 12-octies stabilisce l’estinzione della contravvenzione a seguito dell’effettuazione degli adempimenti prescritti. In tali casi, il p.m. richiede l'archiviazione.

Ai sensi dell’articolo 12-novies se la prescrizione è adempiuta in un tempo superiore a quello stabilito, la pena è diminuita. L’adempimento tardivo della prescrizione ovvero l'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose della contravvenzione con modalità diverse è valutata - prima dell’apertura del dibattimento, ovvero prima del decreto di condanna – ai fini dell’applicazione delle disposizioni in materia di oblazione nelle contravvenzioni punite con pene alternative di cui all’art. 162-bis c.p. In tal caso, la somma da versare è ridotta a un quarto del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa, quindi una somma inferiore a quanto previsto dal citato art. 162-bis che richiede il pagamento di una somma corrispondente alla metà del massimo dell'ammenda.

 

 

Con riguardo alle modifiche introdotte dalla proposta in commento, l’art. 6, c. 1, lett. d) prevede la sostituzione nella legge degli articoli 12-ter e 12-quater, che stabiliscono le modalità di estinzione dei reati in materia agroalimentare.

Entrambi gli articoli istituiscono una forma di oblazione specifica riferita alle contravvenzioni in materia di alimenti, sicurezza, tracciabilità e igiene alimentare, per le quali sia prevista la pena dell’ammenda, anche se alternativa a quella dell’arresto, nel caso dell'art. 12-ter ovvero la pena dell'arresto nel caso dell'art. 12-quater.

L'oblazione consiste nella sostituzione della pena irrogata (ammenda o arresto, essendo l'oblazione applicabile alle sole contravvenzioni) con il pagamento di una somma di denaro e determina l'estinzione del reato. Essa è prevista, in via generale, dagli articoli 162 e 162-bis c.p., rispettivamente per le contravvenzioni punite con la sola pena dell'ammenda e per quelle punite con la pena alternativa dell'ammenda o dell'arresto.

 

Per poter accedere all'oblazione è richiesto che la consumazione del reato sia dovuta ad eventi legati ad un ambito produttivo, organizzativo, commerciale o più genericamente lavorativo che possano essere neutralizzati o rimossi.

 

L'art. 12-ter disciplina il procedimento per l'estinzione del reato. Il procedimento è incentrato sulla prescrizione imposta dall'organo accertatore al contravventore, il quale è chiamato a regolarizzare la situazione di illiceità entro un termine non eccedente il periodo di tempo tecnicamente necessario, e comunque non superiore a sei mesi (tuttavia il termine può essere prorogato a richiesta del contravventore per una sola volta fino ad ulteriori sei mesi qualora il ritardo nella regolarizzazione sia dovuto a circostanze documentate a lui non imputabili, con provvedimento motivato da comunicare immediatamente al p.m.).

 

L'organo accertatore è individuato nella polizia giudiziaria procedente ovvero nell'organo di vigilanza, con l'attribuzione delle medesime funzioni di polizia giudiziaria di cui all’articolo 55 c.p.p. (acquisizione della notizia di reato, ricerca degli autori del reato, raccolta delle prove, compimento degli atti di indagine).

 

Con la medesima prescrizione l'organo accertatore può imporre altresì specifiche misure atte a far cessare situazioni di potenziale pericolo ovvero la prosecuzione di attività potenzialmente pericolose. La prescrizione deve essere notificata in copia anche al legale rappresentante dell'ente presso cui opera il contravventore.

Entro trenta giorni dalla scadenza del termine assegnato per la regolarizzazione, eventualmente prorogato, l'organo accertatore verifica se la prescrizione sia stata adempiuta e la violazione eliminata; in caso di esito positivo, il contravventore è ammesso al pagamento, in sede amministrativa, di una somma, pari a un terzo del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa, che viene acquisita al bilancio dello Stato. Con il suddetto pagamento il reato si estingue.

In caso di mancata regolarizzazione, l'organo accertatore provvede a darne notizia al pubblico ministero ed al contravventore entro novanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione.

Il pubblico ministero, oltre a ricevere notizie di reato relative alle contravvenzioni da parte dell'organo accertatore, che ha l'obbligo di riferirle ai sensi dell'art. 347 c.p.p., può acquisire la notizia di reato di propria iniziativa o riceverla da soggetti diversi dall'organo di vigilanza o dalla polizia giudiziaria (privati, pubblici ufficiali, incaricati di pubblico servizio); in tal caso, sarà il p.m. a darne comunicazione all'organo di vigilanza o alla polizia giudiziaria affinché provvedano agli adempimenti previsti dall'articolo in esame. A tal fine, il procedimento giudiziario resta sospeso fino a che il p.m. riceve la comunicazione di adempimento o inadempimento della prescrizione. Durante la sospensione del procedimento, può essere comunque richiesta l'archiviazione e possono essere disposti l'assunzione delle prove tramite incidente probatorio, il sequestro preventivo e tutti gli atti urgenti di indagine preliminare.

 

La rimozione della violazione e dei pericoli da essa derivanti in un tempo superiore o in modi diversi rispetto a quelli indicati nella prescrizione dell'organo accertatore sono valutati ai fini dell’applicazione dell’oblazione prevista dall'articolo 162-bis del codice penale.

In base all'art. 162-bis, il contravventore può essere ammesso, prima dell'apertura del dibattimento o dell'emissione del decreto di condanna, al pagamento di una somma pari alla metà (anziché ad un terzo come stabilito dall'art. 12-ter) del massimo dell'ammenda stabilita dalla legge per la contravvenzione commessa; tale somma deve essere depositata dal contravventore insieme alla domanda di oblazione.

 

L'art. 12-quater riguarda invece le contravvenzioni di maggiore gravità, punite con la pena dell'arresto. In questo caso il procedimento giudiziario non viene sostituito da una procedura amministrativa ed è il giudice, su richiesta dell'imputato, a determinare, secondo i criteri di cui all'art. 135 c.p., l'ammontare della somma che il contravventore è tenuto a pagare, in sostituzione di una pena dell'arresto irrogata fino al limite di due anni.

L'art. 135 c.p. stabilisce che un giorno di pena detentiva equivale a 250 euro o frazione di 250 euro.

Per essere ammessi al pagamento di una somma in sostituzione di una pena detentiva è necessario che siano state preventivamente eliminate le fonti di rischio da cui è derivata la consumazione del reato. Il reato si estingue in via definitiva se l’imputato ha adempiuto al pagamento e non ha commesso ulteriori reati in materia di alimenti, sicurezza, tracciabilità e igiene alimentare quando dal passaggio in giudicato della sentenza siano decorsi tre anni.

 

La proposta prevede l’abrogazione degli artt. da 12-quinquies a 12-novies della L. 283/1962 (art. 6, c. 1, lett. e).

 

Gli articoli di cui si propone l’abrogazione, inseriti anche essi dal D. Lgs. 150/2022 (cd. “riforma Cartabia”) e in vigore dal 30 dicembre 2022, concernono: la prestazione di lavoro di pubblica utilità in alternativa al pagamento in sede amministrativa (12-quinquies); notizie di reato non pervenute dall’organo accertatore, delle quali il pm deve dare comunicazione all’organo accertatore ai fini degli adempimenti di cui agli artt. 12-ter e 12-quater (12-sexies); la sospensione del procedimento penale (12-septies); estinzione del reato e richiesta di archiviazione qualora il contravventore adempie alle prescrizioni impartite dall’organo accertatore o dalla polizia giudiziaria e provveda al pagamento (12-octies); l’adempimento tardivo della prescrizione (12-novies).

Gli aspetti disciplinati dagli artt. di cui si propone l’abrogazione verrebbero ad essere disciplinati dai nuovi artt. 12- ter e 12-quater

Si valuti l’opportunità di inserire tali abrogazioni, anziché nell’art. 6, nel comma 3 dell’art. 12, che reca abrogazioni di articoli della medesima L. 283/1962.

 

 

Normativa vigente

A.C. 823

Legge 30 aprile 1962, n. 283

Modifica degli artt. 242, 243, 247, 250 e 262 del T.U. delle leggi sanitarie approvato con R.D. 27 luglio 1934, n. 1265: Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande.

Art. 5.

È vietato impiegare nella preparazione di alimenti o bevande, vendere, detenere per vendere o somministrare come mercede ai propri dipendenti, o comunque distribuire per il consumo sostanze alimentari:

a) private anche in parte dei propri elementi nutritivi o mescolate a sostanze di qualità inferiore o comunque trattate in modo da variarne la composizione naturale, salvo quanto disposto da leggi e regolamenti speciali;

b) in cattivo stato di conservazione;

c) con cariche microbiche superiori ai limiti che saranno stabiliti dal regolamento di esecuzione o da ordinanze ministeriali;

d) insudiciate, invase da parassiti, in stato di alterazione o comunque nocive, ovvero sottoposte a lavorazioni o trattamenti diretti a mascherare un preesistente stato di alterazione;

e) adulterate, contraffatte o non rispondenti per natura, sostanza o qualità alla denominazione con cui sono designate o sono richieste;

f) colorate artificialmente quando la colorazione artificiale non sia autorizzata o, nel caso che sia autorizzata, senza l'osservanza delle norme prescritte e senza l'indicazione, a caratteri chiari e ben leggibili, della colorazione stessa;

g) con aggiunta di additivi chimici di qualsiasi natura non autorizzati con decreto del Ministro per la sanità o, nel caso che siano stati autorizzati, senza l'osservanza delle norme prescritte per il loro impiego. I decreti di autorizzazione sono soggetti a revisioni annuali;

h) che contengano residui di prodotti, usati in agricoltura per la protezione delle piante e a difesa delle sostanze alimentari immagazzinate, tossici per l'uomo. Il Ministro per la sanità, con propria ordinanza, stabilisce per ciascun prodotto, autorizzato all'impiego per tali scopi, i limiti di tolleranza e l'intervallo per tali scopi, i limiti di tolleranza e l'intervallo minimo che deve intercorrere tra l'ultimo trattamento e la raccolta e, per le sostanze alimentari immagazzinate tra l'ultimo trattamento e l'immissione al consumo.

1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, nell’ambito di un’attività di impresa, prepara, produce, trasporta, importa, esporta, introduce in custodia temporanea o in deposito doganale, spedisce in transito, detiene per il commercio, somministra o commercializza con qualunque modalità alimenti, comprese acque e bevande, che, per inosservanza delle procedure o dei requisiti di sicurezza prescritti da leggi o regolamenti oppure per il cattivo stato o l’inidoneità delle condizioni di conservazione, per i trattamenti subìti, per l’alterazione ovvero per la presenza di ingredienti, componenti, cariche microbiche o additivi vietati o superiori ai limiti stabiliti da regolamenti o disposizioni ministeriali, risultano nocivi o inadatti al consumo umano, anche soltanto per particolari categorie di consumatori, è punito con la pena della reclusione da uno a tre anni.

2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la stessa pena di cui al comma 1 si applica quando, a causa della falsità o incompletezza delle informazioni commerciali fornite in relazione agli alimenti, il loro consumo risulta nocivo, anche soltanto per particolari categorie di consumatori.

3. Se i fatti di cui ai commi 1 e 2 sono commessi per colpa si applica la pena dell’arresto da sei mesi a due anni.

4. Quando il fatto, in relazione al grado di nocività dell’alimento o alla sua quantità, è di particolare gravità, la pena è aumentata; quando, in relazione ai medesimi parametri, il fatto risulta di particolare tenuità, la pena è diminuita.

5. Quando dai fatti di cui ai commi 1 e 2 conseguono per colpa gli eventi di cui all’articolo 445-bis del codice penale, si applica la pena ivi prevista.

6. In caso di condanna per i reati di cui ai commi 1, 2 e 5 del presente articolo, si applicano l’articolo 36 e il quarto comma dell’articolo 448 del codice penale.

7. Agli effetti della presente legge, l’alimento:

a) si considera trattato in violazione delle leggi e dei regolamenti in materia di sicurezza alimentare anche quando le condotte di cui al comma 1 sono poste in essere tramite la somministrazione all’animale vivo o l’utilizzazione in relazione al vegetale prima della raccolta di sostanze vietate o in quantità eccedenti quelle consentite;

b) si intende inadatto al consumo umano quando è putrefatto, deteriorato, decomposto o contaminato.

Art. 12-ter

Salvo che concorrano con uno o più delitti, alle contravvenzioni previste dalla presente legge e da altre disposizioni aventi forza di legge, in materia di igiene, produzione, tracciabilità e vendita di alimenti e bevande, che hanno cagionato un danno o un pericolo suscettibile di elisione mediante condotte ripristinatorie o risarcitorie e per le quali sia prevista la pena della sola ammenda, ovvero la pena dell'ammenda, alternativa o congiunta a quella dell'arresto, si applicano le disposizioni del presente articolo e degli articoli 12-quater, 12-quinquies, 12-sexies, 12-septies, 12-octies e 12-nonies.

Per consentire l'estinzione della contravvenzione ed eliderne le conseguenze dannose o pericolose, l'organo accertatore, nell'esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria di cui all'articolo 55 del codice di procedura penale, ovvero la polizia giudiziaria, impartisce al contravventore un'apposita prescrizione, fissando per la regolarizzazione un termine non eccedente il periodo di tempo tecnicamente necessario e comunque non superiore a sei mesi. In presenza di specifiche e documentate circostanze non imputabili al contravventore, che determinino un ritardo nella regolarizzazione, il termine può essere prorogato per una sola volta, a richiesta del contravventore, per un periodo non superiore a ulteriori sei mesi, con provvedimento motivato che è comunicato immediatamente al pubblico ministero.

 

Copia della prescrizione è notificata o comunicata anche al rappresentante legale dell'ente nell'ambito o al servizio del quale opera il contravventore.

Con la prescrizione l'organo accertatore può imporre, anche con riferimento al contesto produttivo, organizzativo, commerciale o comunque di lavoro, specifiche misure atte a far cessare situazioni di pericolo ovvero la prosecuzione di attività potenzialmente pericolose per la sicurezza, l'igiene alimentare e la salute pubblica.

Resta in ogni caso fermo l'obbligo dell'organo accertatore di riferire al pubblico ministero la notizia di reato relativa alla contravvenzione, ai sensi dell'articolo 347 del codice di procedura penale, e di trasmettere il verbale con cui sono state impartite le prescrizioni.

Il pubblico ministero, quando lo ritiene necessario, può disporre con decreto che l'organo che ha impartito le prescrizioni apporti modifiche alle stesse.

 

1. Le disposizioni del presente articolo si applicano alle contravvenzioni in materia di alimenti, sicurezza, tracciabilità e igiene alimentare punite con la pena dell’ammenda, anche se alternativa a quella dell’arresto, e la cui consumazione è dipesa da eventi inerenti a un contesto produttivo, organizzativo, commerciale o comunque di lavoro che possono essere neutralizzati o rimossi.

 

 

 

2. Per consentire l'estinzione della contravvenzione accertata, l'organo di vigilanza, nell'esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria di cui all'articolo 55 del codice di procedura penale, ovvero la polizia giudiziaria procedente impartiscono al contravventore un'apposita prescrizione fissando per la regolarizzazione un termine non eccedente il periodo di tempo tecnicamente necessario e comunque non superiore a sei mesi. In presenza di specifiche e documentate circostanze non imputabili al contravventore che determinino un ritardo nella regolarizzazione, il termine può essere prorogato per una sola volta, a richiesta del contravventore, per un periodo non superiore a sei mesi, con provvedimento motivato che è comunicato immediatamente al pubblico ministero.

 

3. Identico.

 

 

 

4. Con la prescrizione l'organo accertatore può imporre specifiche misure atte a far cessare situazioni di pericolo ovvero la prosecuzione di attività pericolose.

 

 

 

 

5. Resta l'obbligo dell'organo accertatore di riferire al pubblico ministero la notizia di reato relativa alla contravvenzione, ai sensi dell'articolo 347 del codice di procedura penale.

 

 

6. Entro trenta giorni dalla scadenza del termine fissato ai sensi del comma 2, l'organo accertatore verifica se la violazione è stata eliminata secondo le modalità e nel termine indicati dalla prescrizione.
7. Quando risulta l'adempimento della prescrizione, l'organo accertatore ammette il contravventore a pagare in sede amministrativa, nel termine di trenta giorni, una somma pari a un terzo del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa. Entro centoventi giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l'organo accertatore comunica al pubblico ministero l'adempimento della prescrizione nonché l'eventuale pagamento della predetta somma.
8. Le somme di cui al comma 7 sono versate e rimangono acquisite al bilancio dello Stato.
9. Quando risulta l'inadempimento della prescrizione, l'organo accertatore ne dà comunicazione al pubblico ministero e al contravventore entro novanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella stessa prescrizione.
10. Se il pubblico ministero acquisisce notizia di una contravvenzione di propria iniziativa ovvero la riceve da privati o da pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio diversi dall'organo di vigilanza o dalla polizia giudiziaria, ne dà comunicazione all'organo di vigilanza o alla polizia giudiziaria affinché provveda agli adempimenti di cui al presente articolo. In tale caso l'organo di vigilanza o la polizia giudiziaria informa il pubblico ministero della propria attività senza ritardo.
11. Il procedimento per la contravvenzione è sospeso dal momento dell'iscrizione della notizia di reato nel registro di cui all'
articolo 335 del codice di procedura penale fino al momento in cui il pubblico ministero riceve una delle comunicazioni di cui ai commi 7 e 9.
12. La sospensione del procedimento non preclude la richiesta di archiviazione. Non impedisce, inoltre, l'assunzione delle prove con incidente probatorio, né gli atti urgenti di indagine preliminare, né il sequestro preventivo ai sensi degli articoli 321 e seguenti del 
codice di procedura penale.

13. La contravvenzione è estinta se il contravventore adempie alle prescrizioni impartite dall'organo di vigilanza nel termine ivi fissato e provvede al pagamento previsto dal comma 7.
14. L'adempimento in un tempo superiore a quello indicato dalla prescrizione, ma comunque entro il termine di cui al comma 6, ovvero l'eliminazione delle conseguenze pericolose della contravvenzione con modalità diverse da quelle indicate dall'organo di vigilanza sono valutati ai fini dell'applicazione dell'articolo 162-bis del 
codice penale.

Articolo 12-quater

Entro trenta giorni dalla scadenza del termine fissato, l'organo che ha impartito le prescrizioni verifica se la violazione è stata eliminata secondo le modalità e nel termine indicati nella prescrizione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quando la prescrizione è adempiuta, l'organo accertatore ammette il contravventore a pagare in sede amministrativa, nel termine di trenta giorni, una somma pari ad un sesto del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa, ai fini dell'estinzione del reato, destinata all'entrata del bilancio dello Stato.

Al più tardi entro sessanta giorni dalla scadenza del termine fissato per il pagamento, l'organo accertatore comunica al pubblico ministero l'adempimento della prescrizione nonché il pagamento della somma di denaro.

 

Quando la prescrizione non è adempiuta, o la somma di denaro non è stata pagata, l'organo accertatore ne dà comunicazione al pubblico ministero e al contravventore entro e non oltre sessanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella stessa prescrizione.

1. Le disposizioni del presente articolo si applicano alle contravvenzioni in materia di alimenti, sicurezza, tracciabilità e igiene alimentare punite con la pena dell'arresto e la cui consumazione è dipesa da eventi inerenti a un contesto produttivo, organizzativo, commerciale o comunque di lavoro che possono essere neutralizzati o rimossi.

2. Per le contravvenzioni di cui al comma 1 il giudice può, su richiesta dell'imputato, sostituire la pena irrogata nel limite di due anni con il pagamento di una somma determinata secondo i criteri di ragguaglio di cui all'articolo 135 del codice penale.

3. La sostituzione di cui al comma 2 è ammessa solo quando sono state eliminate le fonti di rischio da cui è dipesa la consumazione del reato.

 

 

 

4. Decorsi tre anni dal passaggio in giudicato della sentenza che ha operato la sostituzione di cui al comma 2, il reato si estingue se l'imputato ha adempiuto al pagamento e non ha commesso ulteriori reati in materia di alimenti, sicurezza, tracciabilità e igiene alimentare


 

Articolo 7
(
Disposizioni in materia di operazioni sotto copertura)

 

L’articolo 7 della proposta in commento modifica l'art. 9, comma 1, lett. a), della legge 16 marzo 2006, n. 146 di "Ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transazionale", in materia di operazioni sotto copertura, ampliando, il catalogo delle fattispecie per cui tale speciale strumento investigativo è consentito, con l'inclusione delle condotte di cui agli articoli 517-quater (Contraffazione dei segni di indicazione geografica e di denominazione protetta dei prodotti agro-alimentari), 517-quater.1 (Agropirateria) e 517-septies. (Commercio di alimenti con segni mendaci) del codice penale (si veda art. 2).

 

L’articolo 9 della legge n. 146 del 2006 prevede una causa di giustificazione per l'agente che svolga attività sotto copertura, purché l'operazione rispetti i requisiti posti dalla norma. All'uopo, l'operazione deve essere disposta dagli organi di vertice delle forze dell'ordine; gli agenti sotto copertura devono avere la qualifica di ufficiali e devono appartenere alle strutture specializzate o alla Direzione investigativa antimafia; le operazioni devono essere disposte al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai reati elencati (vedi infra); sono scriminate le sole condotte tassativamente previste dalla norma; l'organo che dispone l'esecuzione delle operazioni deve dare preventiva comunicazione al PM competente per le indagini (e, nel caso di attività antidroga, alla Direzione centrale per i servizi antidroga).

I reati in relazione ai quali sono possibili le operazioni sotto copertura sono i seguenti:

-delitti contro la pubblica amministrazione: concussione (art. 317 c.p.); corruzione per l’esercizio della funzione (art. 318 c.p.); corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio (art. 319 c.p.); corruzione (propria) aggravata dal fatto di avere ad oggetto il conferimento di pubblici impieghi o stipendi o pensioni o la stipulazione di contratti nei quali sia interessata l’amministrazione alla quale il pubblico ufficiale appartiene nonché il pagamento o il rimborso di tributi (art. 319-bis c.p.); corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter c.p.); induzione indebita a dare o promettere utilità (limitatamente ai fatti commessi dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di pubblico servizio, ossia all’ipotesi di reato più grave, prevista dal primo comma dell’art. 319-quater c.p.); corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio (art. 320 c.p.);  corruzione attiva, in tutte le sue forme (per l’esercizio della funzione o per atto contrario: art. 321 c.p.); istigazione alla corruzione, attiva o passiva (art. 322 c.p.); peculato, concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione di membri della Corte penale internazionale o degli organi delle Comunità europee ed i funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri (322-bis c.p.); traffico di influenze illecite (346-bis c.p.); turbata libertà degli incanti (art. 353 c.p.); turbata libertà del procedimento di scelta del contraente (art. 353-bis c.p.);

-delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 452-quaterdecies c.p.);

- delitti contro la fede pubblica: falsificazione di monete, spendita e introduzione nello Stato, previo concerto, di monete falsificate (art. 453 c.p.); alterazione di monete (art. 454 c.p.); spendita e introduzione nello Stato, senza concerto, di monete falsificate (art. 455 c.p.); contraffazione di carta filigranata in uso per la fabbricazione di carte di pubblico credito o di valori di bollo (art. 460 c.p.); fabbricazione o detenzione di filigrane o di strumenti destinati alla falsificazione di monete, di valori di bollo o di carta filigranata (art. 461 c.p.); contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi ovvero di brevetti, modelli e disegni(art. 473 c.p.); introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi (art.474 c.p.);

-delitti contro il patrimonio: estorsione (art. 629 c.p.); sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 630 c.p.); usura (art. 644 c.p.); riciclaggio (art. 648-bis c.p.); impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 648-ter c.p.);

- delitti contro la personalità individuale previsti nel libro II, titolo XII, capo III, sezione I del codice penale;

 - delitti concernenti armi, munizioni, esplosivi;

 - delitti previsti dall’art. 12, commi 1, 3, 3-bis e 3-ter, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286;

- delitti previsti dal testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309;

- delitti previsti dall’art. 3 della L. 20 febbraio 1958, n. 75 (c.d. “legge Merlin”, intitolata: “Abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui”);

- delitti commessi con finalità di terrorismo o di eversione.

 

Si ricorda che l’agente sotto copertura è figura diversa dall’agente provocatore. La differenza tra le due figure consiste nel fatto che quest'ultimo concorre nell'altrui reato mediante istigazione o agevolazione, mentre il primo si limita alla raccolta di prove a carico del colpevole, in assenza di un proprio contributo alla perpetrazione dell'illecito.


 

Articolo 8
(Violazione degli obblighi di rintracciabilità degli alimenti)

 

L’articolo 8 della proposta in commento riscrive l’articolo 2 del decreto legislativo n. 190 del 2006, trasformando l’illecito amministrativo ivi contemplato in contravvenzione.

 

Il nuovo reato punisce con la pena dell’ammenda da euro 600 a 6.000 gli operatori del settore alimentare e dei mangimi che impediscono, ostacolano o comunque non consentono agli organi di controllo la ricostruzione della rintracciabilità degli alimenti di cui all’articolo 18 del Regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2002.

 

Il Regolamento (CE) 178/2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorita? europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare, disciplina uno degli aspetti più importanti della sicurezza alimentare: la "rintracciabilità". Questa è definita, dall’articolo 3 del Regolamento, come "la possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un alimento, di un mangime, di un animale destinato alla produzione alimentare o di una sostanza destinata o atta ad entrare a far parte di un alimento o di un mangime attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione".

L’articolo 18 del Regolamento stabilisce l’obbligo da parte degli operatori di predisporre un sistema di tracciabilità degli alimenti o degli animali destinati alla produzione alimentare, lungo il corso delle operazioni di produzione, trasformazione e distribuzione (par. 1). La finalità della rintracciabilità alimentare è fare in modo che ciò che entra nella catena alimentare (mangimi, animali vivi destinati al consumo umano, alimenti, ingredienti, additivi ecc.) conservi traccia della propria storia, seguendone l’intero percorso dalle materie prime fino alla erogazione al consumatore finale. Gli operatori del settore alimentare e dei mangimi devono, inoltre, essere in grado di individuare chi abbia fornito loro un alimento, un mangime, un animale destinato alla produzione alimentare o qualsiasi sostanza destinata o atta a entrare a far parte di un alimento o di un mangime. A tal fine gli operatori devono disporre di sistemi e di procedure che consentano di mettere a disposizione delle autorità? competenti, che le richiedano, le informazioni al riguardo (par. 2). Ancora, ogni operatore deve disporre di sistemi e procedure per individuare le imprese alle quali hanno fornito i propri prodotti. Le informazioni al riguardo sono messe a disposizione delle autorità? competenti che le richiedano (par.3). L’articolo 18 prevede poi che tutti gli alimenti o i mangimi immessi sul mercato europeo debbano essere adeguatamente etichettati o identificati per agevolarne la rintracciabilità?, mediante documentazione o informazioni pertinenti secondo i requisiti previsti in materia da disposizioni più specifiche (par.4).

 

L’articolo 2 del decreto legislativo n. 190 del 2006, (Disciplina sanzionatoria per le violazioni del regolamento (CE) n. 178/2002 che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel settore della sicurezza alimentare), nella sua formulazione vigente, stabilisce le sanzioni per gli operatori del settore alimentare e dei mangimi che non adempiono agli obblighi relativi al sistema di rintracciabilità degli alimenti di cui al citato articolo 18 del Regolamento (CE) n. 178/2002. La violazione di questi obblighi è punita - salvo che il fatto costituisca reato – con una sanzione amministrativa pecuniaria da 750 euro a 4500 euro.

Le singole fattispecie di illecito sanzionate in base all’articolo 2 del decreto legislativo n. 190, sempre nella sua formulazione vigente, possono essere identificate, rispettando l’ordine dei paragrafi dell’art. 18 del Regolamento CE n. 178/2002, nelle seguenti:
- omessa predisposizione della procedura di tracciabilità (par. 1);
- omessa individuazione del fornitore (par. 2);
- omessa predisposizione di procedure e di sistemi che permettano di individuare i destinatari degli alimenti prodotti o degli animali (par. 3);
- omessa messa a disposizione dell’autorità competente delle informazioni (par. 2 e 3);

- omessa etichettatura o presenza di etichettatura recante indicazioni non adeguate, che non consentono la rintracciabilità, come in caso di mancanza del numero di lotto/partita e della sede dello stabilimento (par. 4);

- omessa documentazione, che consenta di identificare correttamente l’alimento ai fini della rintracciabilità, o di informazioni pertinenti, secondo i requisiti previsti in materia da disposizioni più specifiche (par 4).

 

 

Normativa vigente

A.C. 823

Decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 190

Disciplina sanzionatoria per le violazioni del regolamento (CE) n. 178/2002 che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel settore della sicurezza alimentare.

Articolo 2

Violazione degli obblighi derivanti dall'articolo 18 del regolamento (CE) n. 178/2002 in materia di rintracciabilità.

(Sanzioni)

1. Salvo che il fatto costituisca reato, gli operatori del settore alimentare e dei mangimi che non adempiono agli obblighi di cui all'articolo 18 del regolamento (CE) n. 178/2002 sono soggetti al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da settecentocinquanta euro a quattromilacinquecento euro.

1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, gli operatori del settore alimentare e dei mangimi che impediscono, ostacolano o comunque non consentono agli organi di controllo la ricostruzione della rintracciabilità di cui all’articolo 18 del regolamento (CE) n. 178/ 2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, sono puniti con l’ammenda da euro 600 a euro 6.000.

 


 

Articolo 9
(
Modifiche all’articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350)

 

L’articolo 9 della proposta in commento esclude gli alimenti dall’ambito di applicazione della disciplina a tutela della qualità, origine e provenienza dei prodotti, prevista dai commi 49 e 49-bis dell’articolo 4 (Finanziamento agli investimenti) della legge finanziaria 2004 (legge n. 350 del 2003).

 

Più nel dettaglio il comma 1, lett. a), dell’articolo 9 modifica il comma 49 dell’articolo 4 della legge n. 350 del 2003 prevedendo che la tutela penale ivi contemplata si applichi a tutti i prodotti diversi dai prodotti e dalle sostanze alimentari.

 

Il comma 49 prevede che l'importazione e l'esportazione a fini di commercializzazione ovvero la commercializzazione o la commissione di atti diretti in modo non equivoco alla commercializzazione di prodotti recanti false o fallaci indicazioni di provenienza o di origine costituisce reato ed è punita ex art. 517 c.p.

 

Il comma 1, lett. b), dell’articolo 9 modifica invece il comma 49-bis dell’articolo 4 della legge n. 350 del 2003 sopprimendone il secondo periodo.

 

Ai sensi del comma 49-bis costituisce fallace indicazione l'uso del marchio, da parte del titolare o del licenziatario, con modalità tali da indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana ai sensi della normativa europea sull'origine, senza che gli stessi siano accompagnati da indicazioni precise ed evidenti sull'origine o provenienza estera o comunque sufficienti ad evitare qualsiasi fraintendimento del consumatore sull'effettiva origine del prodotto, ovvero senza essere accompagnati da attestazione, resa da parte del titolare o del licenziatario del marchio, circa le informazioni che, a sua cura, verranno rese in fase di commercializzazione sulla effettiva origine estera del prodotto. Il sopprimendo secondo periodo prevede che per i prodotti alimentari, per effettiva origine si intende il luogo di coltivazione o di allevamento della materia prima agricola utilizzata nella produzione e nella preparazione dei prodotti e il luogo in cui è avvenuta la trasformazione sostanziale.

 

 

 

 

Normativa vigente

A.C. 823

Legge 24 dicembre 2003, n. 350

Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004)

Art. 4.

(Finanziamento agli investimenti)

Omissis

49. L'importazione e l'esportazione a fini di commercializzazione ovvero la commercializzazione o la commissione di atti diretti in modo non equivoco alla commercializzazione di prodotti recanti false o fallaci indicazioni di provenienza o di origine costituisce reato ed è punita ai sensi dell'articolo 517 del codice penale. Costituisce falsa indicazione la stampigliatura «made in Italy» su prodotti e merci non originari dell'Italia ai sensi della normativa europea sull'origine; costituisce fallace indicazione, anche qualora sia indicata l'origine e la provenienza estera dei prodotti o delle merci, l'uso di segni, figure, o quant'altro possa indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana incluso l'uso fallace o fuorviante di marchi aziendali ai sensi della disciplina sulle pratiche commerciali ingannevoli, fatto salvo quanto previsto dal comma 49-bis. Le fattispecie sono commesse sin dalla presentazione dei prodotti o delle merci in dogana per l'immissione in consumo o in libera pratica e sino alla vendita al dettaglio. La fallace indicazione delle merci può essere sanata sul piano amministrativo con l'asportazione a cura ed a spese del contravventore dei segni o delle figure o di quant'altro induca a ritenere che si tratti di un prodotto di origine italiana. La falsa indicazione sull'origine o sulla provenienza di prodotti o merci può essere sanata sul piano amministrativo attraverso l'esatta indicazione dell'origine o l'asportazione della stampigliatura «made in Italy».

49. L'importazione e l'esportazione a fini di commercializzazione ovvero la commercializzazione o la commissione di atti diretti in modo non equivoco alla commercializzazione di prodotti diversi dai prodotti o sostanze alimentari      recanti false o fallaci indicazioni di provenienza o di origine costituisce reato ed è punita ai sensi dell'articolo 517 del codice penale. Costituisce falsa indicazione la stampigliatura «made in Italy» su prodotti e merci non originari dell'Italia ai sensi della normativa europea sull'origine; costituisce fallace indicazione, anche qualora sia indicata l'origine e la provenienza estera dei prodotti o delle merci, l'uso di segni, figure, o quant'altro possa indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana incluso l'uso fallace o fuorviante di marchi aziendali ai sensi della disciplina sulle pratiche commerciali ingannevoli, fatto salvo quanto previsto dal comma 49-bis. Le fattispecie sono commesse sin dalla presentazione dei prodotti o delle merci in dogana per l'immissione in consumo o in libera pratica e sino alla vendita al dettaglio. La fallace indicazione delle merci può essere sanata sul piano amministrativo con l'asportazione a cura ed a spese del contravventore dei segni o delle figure o di quant'altro induca a ritenere che si tratti di un prodotto di origine italiana. La falsa indicazione sull'origine o sulla provenienza di prodotti o merci può essere sanata sul piano amministrativo attraverso l'esatta indicazione dell'origine o l'asportazione della stampigliatura «made in Italy».

49-bis. Costituisce fallace indicazione l'uso del marchio, da parte del titolare o del licenziatario, con modalità tali da indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana ai sensi della normativa europea sull'origine, senza che gli stessi siano accompagnati da indicazioni precise ed evidenti sull'origine o provenienza estera o comunque sufficienti ad evitare qualsiasi fraintendimento del consumatore sull'effettiva origine del prodotto, ovvero senza essere accompagnati da attestazione, resa da parte del titolare o del licenziatario del marchio, circa le informazioni che, a sua cura, verranno rese in fase di commercializzazione sulla effettiva origine estera del prodotto. Per i prodotti alimentari, per effettiva origine si intende il luogo di coltivazione o di allevamento della materia prima agricola utilizzata nella produzione e nella preparazione dei prodotti e il luogo in cui è avvenuta la trasformazione sostanziale. Il contravventore è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 ad euro 250.000.

49-bis. Costituisce fallace indicazione l'uso del marchio, da parte del titolare o del licenziatario, con modalità tali da indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana ai sensi della normativa europea sull'origine, senza che gli stessi siano accompagnati da indicazioni precise ed evidenti sull'origine o provenienza estera o comunque sufficienti ad evitare qualsiasi fraintendimento del consumatore sull'effettiva origine del prodotto, ovvero senza essere accompagnati da attestazione, resa da parte del titolare o del licenziatario del marchio, circa le informazioni che, a sua cura, verranno rese in fase di commercializzazione sulla effettiva origine estera del prodotto. Il contravventore è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 ad euro 250.000.


 

Articolo 10
(
Modifiche all’articolo 16 della legge 23 luglio 2009, n. 99, in materia di destinazione dei beni sequestrati o confiscati)

 

 

L’articolo 10 della proposta in commento incide sull’articolo 16 della legge 23 luglio 2009, n. 99 (Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia), stabilendo che, ai fini della destinazione di beni sequestrati o confiscati nel corso di operazioni di polizia giudiziaria, la disciplina ivi prevista in ordine alla destinazione di tali beni trovi applicazione anche in riferimento ai delitti di frode agro-alimentare di cui ai nuovi articoli 517-quater.1 (Agropirateria), 517-sexies (Frode nel commercio di alimenti), 517-septies (Commercio di alimenti con segni mendaci).

 

L'articolo 16 della legge n. 99 del 2009 prevede che "i beni mobili iscritti in pubblici registri, le navi, le imbarcazioni, i natanti e gli aeromobili" sequestrati nel corso di operazioni di polizia giudiziaria per la repressione di reati di frode e contraffazione di cui agli articoli 473 (Contraffazione, alterazione o uso di marchio segni distintivi ovvero di brevetti, modelli e disegni), 474 (Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi), 517- ter (Fabbricazione e commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale) e 517- quater (Contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari) del codice penale sono affidati dall'autorità giudiziaria in custodia giudiziale agli organi di polizia che ne facciano richiesta per essere utilizzati in attività di polizia ovvero possono essere affidati ad altri organi dello Stato o ad altri enti pubblici non economici, per finalità di giustizia, di protezione civile o di tutela ambientale. Il secondo comma dell'art. 16 pone a carico degli enti che ne fanno uso degli oneri relativi alla gestione dei beni stessi. Nel caso in cui non vi sia "alcuna istanza di affidamento in custodia giudiziale", l'autorità giudiziaria può disporre "la distruzione dei beni sequestrati" (le modalità sono quelle previste dall'art. 83 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale). In caso di confisca "a seguito di provvedimento definitivo" i beni vengono assegnati all'ente che ne ha fatto uso, oppure ove non vi sia alcuna richiesta di assegnazione, vengono distrutti (art. 16, comma 4).

 

 

 

 

 

Normativa vigente

A.C. 823

Legge 23 luglio 2009, n. 99

Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia.

Art. 16.

(Destinazione di beni sequestrati o confiscati nel corso di operazioni di polizia giudiziaria per la repressione di reati di cui agli articoli 473, 474, 517-ter e 517-quater del codice penale)

(Destinazione di beni sequestrati o confiscati nel corso di operazioni di polizia giudiziaria per la repressione di reati di cui agli articoli 473, 474, 517-ter, 517-quater, 517-quater.1, 517-sexies e 517-septies del codice penale)

1. I beni mobili iscritti in pubblici registri, le navi, le imbarcazioni, i natanti e gli aeromobili sequestrati nel corso di operazioni di polizia giudiziaria per la repressione di reati di cui agli articoli 473, 474, 517-ter e 517quater del codice penale sono affidati dall'autorità giudiziaria in custodia giudiziale agli organi di polizia che ne facciano richiesta per essere utilizzati in attività di polizia ovvero possono essere affidati ad altri organi dello Stato o ad altri enti pubblici non economici, per finalità di giustizia, di protezione civile o di tutela ambientale.

1. I beni mobili iscritti in pubblici registri, le navi, le imbarcazioni, i natanti e gli aeromobili sequestrati nel corso di operazioni di polizia giudiziaria per la repressione di reati di cui agli articoli 473, 474, 517-ter e 517-quater, 517-quater.1, 517-sexies e 517-septies  del codice penale sono affidati dall'autorità giudiziaria in custodia giudiziale agli organi di polizia che ne facciano richiesta per essere utilizzati in attività di polizia ovvero possono essere affidati ad altri organi dello Stato o ad altri enti pubblici non economici, per finalità di giustizia, di protezione civile o di tutela ambientale.

2. Gli oneri relativi alla gestione dei beni e all'assicurazione obbligatoria dei veicoli, dei natanti e degli aeromobili sono a carico dell'ufficio o comando usuario.

2. Identico

3. Nel caso in cui non vi sia alcuna istanza di affidamento in custodia giudiziale ai sensi del comma 1, l'autorità giudiziaria competente dispone la distruzione dei beni sequestrati secondo le modalità indicate all'articolo 83 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271. In caso di distruzione, la cancellazione dei veicoli dai pubblici registri è eseguita in esenzione da qualsiasi tributo o diritto.

3. Identico

4. I beni mobili di cui al comma 1, acquisiti dallo Stato a seguito di provvedimento definitivo di confisca, sono assegnati, a richiesta, agli organi o enti che ne hanno avuto l'uso. Qualora tali enti od organi non presentino richiesta di assegnazione, i beni sono distrutti ai sensi del comma 3.

4. Identico

5. Per quanto non disposto dai commi 1, 2, 3 e 4 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 301-bis del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 25 gennaio 1973, n. 43.

5. Identico

 

 


 

Articolo 11
(Modifiche al decreto legislativo 23 maggio 2016, n. 103, in materia di classificazione degli oli di oliva)

 

 

L’articolo 11 della proposta in commento, oltre ad intervenire in materia di classificazione degli oli di oliva e di sansa di oliva, ridisciplina, anche sul piano sanzionatorio, i divieti e gli obblighi a carico degli operatori ai fini della vendita o della messa in commercio per il consumo o della detenzione per uso alimentare dei suddetti olii.

 

In particolare la disposizione in esame introduce tre nuovi articoli (articoli da 1-bis a 1-quater) nel decreto legislativo 23 maggio 2016, n. 103, che prevede “Disposizioni sanzionatorie per la violazione del regolamento (UE) n. 29/2012 relativo alle norme di commercializzazione dell'olio di oliva e del regolamento (CEE) n. 2568/91 relativo alle caratteristiche degli oli di oliva e degli oli di sansa d'oliva, nonché ai metodi ad essi attinenti.”

 

 

L'articolo 1-bis, al comma 1, provvede ad allineare le categorie degli oli di oliva e degli oli di sansa d’oliva con le designazioni e le definizioni previste dall’allegato VII, parte VIII, del Regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013. Il comma 2 , riprendendo la disposizione relativa alla "non commestibilità" di taluni oli già contenuta nella legge n. 1407 del 1960 (per la cui abrogazione si veda l'articolo 12), precisa che non sono considerati commestibili:

·         l’olio di oliva lampante;

·         l’olio di sansa d’oliva greggio;

·         gli oli derivanti da processi di esterificazione o di sintesi o comunque da metodi che inducano sull’olio modificazioni più profonde di quelli del procedimento agli alcali.

Il comma 3 specifica che non si considerano messi in commercio per il consumo alimentare gli oli di oliva lampanti e gli oli di sansa d'oliva greggi detenuti presso i locali dei frantoi nei quali sono stati ottenuti a seguito del processo di estrazione meccanico o fisico; ciò in considerazione del fatto che detti oli risultano ottenuti in tali locali, per cui il possesso o la detenzione presso tali locali non possono integrare la condotta illecita sanzionata.

 

Il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante l'organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli, sottolinea che, per taluni settori e prodotti, le definizioni, le designazioni e le denominazioni di vendita costituiscono un elemento importante per la determinazione delle condizioni di concorrenza e che è pertanto opportuno stabilire definizioni, designazioni e denominazioni di vendita per tali settori e/o prodotti. L'articolo 78 precisa che le definizioni, le designazioni o le denominazioni di vendita, contenute all'allegato VII del regolamento, "possono essere utilizzate nell'Unione solo per la commercializzazione di un prodotto conforme ai corrispondenti requisiti stabiliti nel medesimo allegato".

Ai fini dell'allegato, si intende per "denominazione di vendita" il nome col quale è venduto un prodotto alimentare, ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2000/13/CE, o il nome del prodotto alimentare, ai sensi dell'articolo 7 del regolamento (UE) n. 1169/2011.

L'allegato VII, parte VIII, contiene le designazioni e le definizioni degli oli di oliva e degli oli di sansa di oliva. L'impiego delle designazioni e delle definizioni è obbligatorio per la commercializzazione di tali prodotti nell'Unione e nel commercio con i Paesi terzi, sempre che sia compatibile con le norme internazionali vincolanti. Vengono fornite le definizioni e le designazioni dei seguenti prodotti:

·         oli di oliva vergini, a loro volta classificati in:

ü  olio extra vergine di oliva,

ü   olio di oliva vergine,

ü  olio di oliva lampante;

·         olio di oliva raffinato;

·         olio di oliva (composto di oli di oliva raffinati e oli di oliva vergini);

·         olio di sansa di oliva greggio;

·         olio di sansa di oliva raffinato;

·         olio di sansa di oliva.

 

L'allegato indica che possono essere commercializzati al dettaglio solo l'olio extravergine di oliva, l'olio di oliva vergine, l'olio di oliva e l'olio di sansa di oliva.

 

 

L'articolo 1-ter, comma 1, prevede il divieto di vendere, detenere per la vendita o mettere comunque in commercio per il consumo alimentare le seguenti categorie di oli di oliva e di sansa di oliva privi dei requisiti di processo e di prodotto prescritti dalle norme dell'Unione europea per la denominazione indicata nell’etichetta o nei documenti commerciali:

·         l'olio extra vergine di oliva,

·         l'olio di oliva vergine,

·         l'olio di oliva raffinato,

·         l'olio di oliva composto da oli di oliva raffinati e da oli di oliva vergini,

·         l'olio di sansa d'oliva raffinato

·         l'olio di sansa d'oliva.

 

La violazione di tale divieto è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.500 a euro 15.000. Nel caso in cui il fatto riguardi una quantità di prodotto irregolare superiore a 30 tonnellate la sanzione è raddoppiata (art. 1-quater, co.1).

Il secondo periodo del comma 1 del nuovo articolo 1-ter prevede l’obbligo di indicazione nei documenti commerciali delle denominazioni prescritte dalla normativa dell'Unione europea. La violazione di questo obbligo è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.600 a euro 9.500 (art. 1-quater, co.2).

Il comma 2 prevede il divieto di vendere, detenere per la vendita o mettere comunque in commercio per il consumo alimentare gli oli di oliva vergini non ancora classificati ai sensi del regolamento (UE) n. 1308/2013. La violazione di tale divieto è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.500 a euro 15.000. Nel caso in cui il fatto riguardi una quantità di prodotto irregolare superiore a 30 tonnellate la sanzione è raddoppiata (art. 1-quater, co.1).

 

Il regolamento (UE) n. 1308/2013 definisce "oli di oliva vergini" gli oli ottenuti dal frutto dell'olivo soltanto mediante processi meccanici o altri processi fisici, in condizioni che non causano alterazioni dell'olio, e che non hanno subito alcun trattamento diverso dal lavaggio, dalla decantazione, dalla centrifugazione e dalla filtrazione, esclusi gli oli ottenuti mediante solvente o con coadiuvanti ad azione chimica o biochimica, o con processi di riesterificazione e qualsiasi miscela con oli di altra natura.

Gli oli di oliva vergini sono a loro volta oggetto delle designazioni seguenti:

·         "olio di oliva extra vergine" è l'olio di oliva vergine la cui acidità libera, espressa in acido oleico, è al massimo di 0,8 g per 100 g e avente le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria dalla Commissione in conformità dell'articolo 75, paragrafo 2;

·         "olio di oliva vergine" è l'olio di oliva vergine la cui acidità libera, espressa in acido oleico, è al massimo di 2 g per 100 g e avente le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria dalla Commissione in conformità dell'articolo 75, paragrafo 2;

·         "olio di oliva lampante" è l'olio di oliva vergine la cui acidità libera, espressa in acido oleico, è superiore a 2 g per 100 g e/o avente le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria dalla Commissione in conformità dell'articolo 75, paragrafo 2.

Al fine di tenere conto delle aspettative dei consumatori e migliorare le condizioni economiche della produzione e della commercializzazione nonché la qualità di taluni prodotti agricoli (fra cui sono compresi l'olio di oliva e le olive da tavola), l'articolo 75, paragrafo 2, conferisce alla Commissione europea competenze di esecuzione, "conformemente all'articolo 227 riguardo le norme di commercializzazione per settore o per prodotto, in tutte le fasi della commercializzazione, nonché sulle deroghe ed esenzioni a tali norme per adeguarsi alla costante evoluzione delle condizioni del mercato e della domanda dei consumatori e agli sviluppi delle pertinenti norme internazionali, nonché per evitare di ostacolare l'innovazione nella produzione". L'articolo 227 a sua volta specifica che il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione per un periodo di sette anni a decorrere da 20 dicembre 2013 (la delega di potere è tacitamente prorogata per periodi di identica durata, a meno che il Parlamento europeo o il Consiglio non si oppongano a tale proroga al più tardi tre mesi prima della scadenza di ciascun periodo).

Il regolamento (CEE) n. 2568/91 della Commissione, dell'11 luglio 1991, relativo alle caratteristiche degli oli d'oliva e degli oli di sansa d'oliva nonché ai metodi ad essi attinenti ha definito le caratteristiche fisico-chimiche e organolettiche degli oli di oliva e degli oli di sansa di oliva e stabilito i metodi di valutazione di tali caratteristiche. I metodi e i valori limite relativi alle caratteristiche degli oli vengono aggiornati periodicamente in base al parere degli esperti nel settore chimico e conformemente all'attività svolta in sede di Consiglio oleicolo internazionale (COI).

Il regolamento (CEE) n. 2568/91 è stato da ultimo modificato dal regolamento di esecuzione (UE) 2019/1604, del 27 settembre 2019. Il testo consolidato del regolamento (CEE) n. 2568/91 tiene conto delle modifiche finora apportate.

 

Si prevede, inoltre, che entro il 15 aprile di ciascuna campagna di commercializzazione, gli oli di oliva vergini non ancora classificati devono essere classificati come olio extra vergine di oliva, olio di oliva vergine od olio di oliva lampante. La mancata classificazione degli oli entro il suddetto termine è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.000 a euro 6.000 (art. 1-quater, co.3).

Sempre ai sensi del comma 2 del nuovo articolo 1-ter i recipienti di stoccaggio e i documenti relativi al trasferimento degli oli di oliva vergini non ancora classificati devono recare una dicitura che evidenzia che il prodotto è in attesa di classificazione. La violazione di tale obbligo è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 500 a euro 3.000(art. 1-quater, co.4).

Il comma 3 prevede il divieto di immettere in commercio per il consumo alimentare, oltre che detenere per la vendita o ad altri fini commerciali di oli non commestibili anche qualora in miscela con oli commestibili. La violazione del divieto di vendita o di commercializzazione di oli non commestibili è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 20.000 a euro 120.000. La sanzione è dimezzata nei casi di mera detenzione per la vendita o ad altri fini commerciali. La sanzione è invece raddoppiata nel caso di oli derivanti da processi di esterificazione o di sintesi (art. 1-quater, co.5).

E’ vietato, altresì, vendere, detenere per la vendita o ad altri fini commerciali l'olio di oliva lampante e l'olio di sansa d'oliva greggio che non possiedono i requisiti di prodotto e di processo prescritti per la rispettiva categoria. La violazione di questo divieto è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.500 a euro 15.000 (art. 1-quater, co.6).

 

Il comma 4 prevede il divieto di detenere impianti di esterificazione presso stabilimenti dove si ottengono o si detengono oli destinati ad uso alimentare. La violazione di questo divieto è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 20.000 a euro 120.000(art. 1-quater, co.7).

 

Il nuovo articolo 1-quater disciplina le nuove sanzioni amministrative pecuniarie da comminare nel caso in cui le fattispecie contemplate dall’articolo 1-quater non costituiscano reato (vedi supra). E’ opportuno rilevare che in base alla c.d. clausola di riserva penale, prevista in tutti i commi del nuovo articolo 1-quater, l’applicazione delle sanzioni amministrative ivi contemplate è subordinata alla preventiva valutazione circa la possibilità di configurare il fatto come reato.

 

Con riguardo alla disciplina relativa al pagamento delle sanzioni amministrative pecuniarie, resta confermato quanto previsto dall’articolo 10 del decreto legislativo n. 103 del 2016, il quale prevede che il 50 per cento dei proventi derivanti dal pagamento di tali sanzioni sia riassegnato ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, per essere assegnato al Dipartimento dell’ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari per attività di controllo e di vigilanza nel settore oleario.

 


 

Articolo 12
(Abrogazioni e disposizioni transitorie)

 

L’articolo 12 della proposta in commento reca in primo luogo una serie di abrogazioni, conseguenti alla riforma dei reati agroalimentari introdotta dal provvedimento in esame.

 

Sono in particolare abrogati:

 

 

La sola disposizione non formalmente abrogata è l'articolo 7, il quale prevede che, fatti salvi gli accordi internazionali, è vietata l'importazione degli oli d'oliva rettificati, dell'olio di sansa d'oliva grezzo e rettificato, delle miscele d'olio d'oliva vergine con oli rettificati, dei sottoprodotti della lavorazione dell'olio d'oliva, delle oleine, delle paste di saponificazione nonché dei saponi in massa.

 

La legge n. 283 del 1962 in esame contiene la disciplina generale applicabile in tema di “alimenti”. Più nel dettaglio l'articolo 6 interviene - con una disciplina anche sanzionatoria - in materia di produzione, commercio e vendita delle sostanze che contengano residui di prodotti, usati in agricoltura per la protezione delle piante e a difesa delle sostanze alimentari immagazzinate, tossici per l'uomo e dei fitofarmaci. L'articolo 12 disciplina anche sul piano sanzionatorio il divieto di introduzione nel territorio della Repubblica di qualsiasi sostanza destinata all'alimentazione non rispondente ai requisiti prescritti dalla legge. Sempre in tema di reati concernenti gli alimenti l'articolo 12-bis prevede una serie di sanzioni accessorie.

 

 

Il comma 4 interviene con una modifica di coordinamento sull’art. 9, terzo comma della legge n. 689 del 1981, sostituendovi il riferimento agli articoli 5, 6 e 12 della legge n. 283 del 1962 con il solo richiamo all’articolo 5 di tale legge.

In forza di questa modifica, l’art. 9, terzo comma, della legge n. 689 del 1981 afferma il principio di specialità in forza del quale quando i fatti descritti dall’art. 5 della legge n. 283 del 1962 sono puniti sia a titolo di illecito penale che a titolo di illecito amministrativo – per effetto di disposizioni speciali in materia di produzione, commercio e igiene degli alimenti e delle bevande – si applica la sanzione penale.

 

L’articolo 12 reca, infine, una disposizione transitoria, per la quale le disposizioni della proposta di legge che sostituiscono sanzioni penali con sanzioni amministrative si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore della legge sempre che il procedimento penale non sia stato definito con sentenza o con decreto divenuti irrevocabili.

Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 2 (Sanzioni amministrative pecuniarie), 4, comma 1 (Autorità competente) e 102 (Trasmissione degli atti all'autorità amministrativa e procedimento sanzionatorio) del decreto legislativo n. 507 del 30 dicembre 1999, recante depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio (comma 5).

 

Con il d.lgs. n. 507 del 1999, il legislatore, in ottemperanza alla delega parlamentare conferitagli con la l. n. 205 del 1999, ha operato una massiccia depenalizzazione, con contestuale riforma della disciplina sanzionatoria, in relazione ad una serie di reati cosiddetti "minori": ha, quindi, delimitato in maniera incisiva l'area dell'illiceità penale con riguardo a settori di non secondaria importanza, contemplati sia dal codice penale, che dalla legislazione speciale, quali ad esempio gli alimenti, la navigazione, la circolazione stradale, le violazioni finanziarie, gli assegni.

L'articolo 2 del decreto legislativo n. 507 disciplina l'ammontare delle sanzioni amministrative pecuniarie applicabili alle violazioni depenalizzate. L' ammontare è così determinato:

·         se la violazione è punita con la sola pena della multa o dell'ammenda, la somma dovuta è pari all'ammontare della pena pecuniaria stabilita per violazione stessa, e comunque non inferiore a lire cinquecentomila;

·         se la violazione è punita con la pena della reclusione o dell'arresto alternativa a quella della multa o dell'ammenda, è dovuta una somma da lire quindici milioni a novanta milioni quando la pena detentiva è inferiore nel massimo ad un anno, e da lire venti milioni a centoventi milioni negli altri casi;

·         se la violazione è punita con la pena della reclusione o dell'arresto sola o congiunta con la pena della multa o dell'ammenda, è dovuta una somma da lire venti milioni a centoventi milioni quando la pena detentiva è inferiore nel massimo ad un anno, e da lire trenta milioni a centottanta milioni negli altri casi.

Nel caso in cui per la violazione è prevista una pena pecuniaria proporzionale, con o senza la fissazione di limiti minimi e massimi, la somma dovuta è pari:

·         all'ammontare della multa o dell'ammenda, ove prevista in via esclusiva;

·         all'ammontare della multa o dell'ammenda, aumentato di un terzo, ove prevista in via alternativa alla reclusione o all'arresto;

·         al doppio dell'ammontare della multa o dell'ammenda, ove prevista congiuntamente alla reclusione o all'arresto.

 

L'articolo 4, comma 1, stabilisce che le sanzioni amministrative per le violazioni depenalizzate sono applicate dalle autorità amministrative competenti ad irrogare le altre sanzioni amministrative già previste dalle leggi che contemplano le violazioni stesse. Da ultimo l'articolo 102 reca la disciplina relativa alla trasmissione degli atti all'autorità amministrativa e procedimento sanzionatorio.

 


 

Articolo 13
(Clausola di invarianza finanziaria)

 

L’articolo 13 della proposta in commento, reca la clausola di invarianza finanziaria, prevedendo che dall'attuazione delle disposizioni della proposta di legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (comma 1) e che le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti dalla proposta di legge con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente (comma 2).