Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Giustizia |
Titolo: | Norme per l'attuazione della separazione delle carriere giudicante e requirente della magistratura |
Riferimenti: | AC N.1917/XIX |
Serie: | Progetti di legge Numero: 33/2 |
Data: | 03/02/2025 |
Organi della Camera: | II Giustizia, I Affari costituzionali |
Revisione costituzionale in materia di separazione delle carriere giudicante e requirente della magistratura
A.S. n. 1353
Servizio Studi
Ufficio ricerche sulle questioni istituzionali, giustizia e cultura
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Dossier n. 431
Servizio Studi - Dipartimento Giustizia
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Progetti di legge n. 33/2
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INDICE
Il disegno di legge costituzionale A.S. n. 1353
Articolo 1 (Modifiche all’articolo 87 della Costituzione)
Articolo 2 (Modifiche all’articolo 102 della Costituzione)
Articolo 3 (Modifiche all’articolo 104 della Costituzione)
Articolo 4 (Modifiche all’articolo 105 della Costituzione)
Articolo 5 (Modifiche all’art. 106 Cost.)
Articolo 6 (Modifica all’art. 107 Cost.)
Articolo 7 (Modifica all’art. 110 Cost.)
Articolo 8 (Disposizioni transitorie)
Un disegno di legge costituzionale di iniziativa parlamentare: l’A.S. 504 in sintesi
Il dibattito in Assemblea Costituente sul Titolo IV della Costituzione
Il dibattito parlamentare nelle scorse legislature
Giunge all’esame del Senato, approvato in prima lettura dalla Camera dei deputati il 16 gennaio 2025[1], il disegno di legge costituzionale A.S. n. 1353, recante “Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare”.
Esso modifica alcuni articoli della Costituzione (gli articoli 87, 102, 104, 105, 106, 107, 110), facendo menzione di “distinte carriere dei magistrati giudicanti e requirenti” e prevedendo, a tal riguardo, due distinti organi di autogoverno: il Consiglio superiore della magistratura giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente.
Per quanto concerne la composizione dei due organi di autogoverno, la presidenza di entrambi è attribuita al Presidente della Repubblica, mentre sono membri di diritto del Consiglio superiore della magistratura giudicante e del Consiglio superiore della magistratura requirente, rispettivamente, il primo Presidente della Corte di Cassazione e il Procuratore generale della Corte di Cassazione.
Gli altri componenti di ciascuno dei due Consigli superiori sono estratti a sorte, per un terzo da un elenco di professori e avvocati compilato dal Parlamento in seduta comune e, per i restanti due terzi, rispettivamente, tra i magistrati giudicanti e tra i magistrati requirenti.
Si prevede, inoltre, che i vicepresidenti di ciascuno degli organi siano eletti fra i componenti sorteggiati dall’elenco compilato dal Parlamento.
Ulteriore elemento di novità attiene all’istituzione dell’Alta Corte disciplinare cui è attribuita la giurisdizione disciplinare nei confronti dei magistrati ordinari, tanto giudicanti che requirenti.
Tale organo è composto da quindici giudici selezionati con le seguenti modalità:
§ 3 componenti nominati dal Presidente della Repubblica;
§ 3 componenti estratti a sorte da un elenco compilato dal Parlamento in seduta comune;
§ 6 componenti estratti a sorte tra i magistrati giudicanti in possesso di specifici requisiti;
§ 3 componenti estratti a sorte tra i magistrati requirenti in possesso di specifici requisiti.
Si specifica che il presidente dell’Alta Corte deve essere individuato tra i componenti nominati dal Presidente della Repubblica e quelli sorteggiati dall’elenco compilato dal Parlamento.
Il disegno di legge prevede la possibilità di impugnare le sentenze dell’Alta Corte dinnanzi all’Alta Corte medesima, che giudica in composizione differente rispetto al giudizio di prima istanza.
Le ulteriori disposizioni contenute nel disegno di legge recano modifiche alla Costituzione conseguenti all’istituzione dei sopra menzionati organi, nonché disposizioni transitorie.
Articolo 1
(Modifiche all’articolo 87 della Costituzione)
Testo vigente |
Testo modificato |
Art. 87 |
Art. 87 |
Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l'unità nazionale. |
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Può inviare messaggi alle Camere. |
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Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione. |
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Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo. |
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Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti. |
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Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione. |
Identici |
Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato. |
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Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l'autorizzazione delle Camere. |
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Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere. |
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Presiede il Consiglio superiore della magistratura. |
Presiede il Consiglio superiore della magistratura giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente. |
Può concedere grazia e commutare le pene. |
Identico |
Conferisce le onorificenze della Repubblica. |
Identico |
L’articolo 1 del disegno di legge interviene sull’articolo 87, decimo comma, della Costituzione che include tra i poteri del Presidente della Repubblica, la presidenza del Consiglio superiore della magistratura.
A seguito della modifica apportata dalla disposizione in commento si prevede che il Presidente della Repubblica presieda tanto il Consiglio superiore della magistratura giudicante, quanto il Consiglio superiore della magistratura requirente (anziché l’unico Consiglio superiore della magistratura, com’è previsto dal decimo comma dell’articolo 87 della Costituzione nel testo vigente).
Articolo 2
(Modifiche all’articolo 102 della Costituzione)
Costituzione |
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Testo vigente |
Testo modificato |
Art. 102 |
Art. 102 |
La funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull'ordinamento giudiziario. |
La funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull'ordinamento giudiziario, le quali disciplinano altresì le distinte carriere dei magistrati giudicanti e requirenti. |
Non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali. Possono soltanto istituirsi presso gli organi giudiziari ordinari sezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura. |
Identico |
La legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo all'amministrazione della giustizia. |
Identico |
L’articolo 2 modifica il primo comma dell’articolo 102 della Costituzione al fine di precisare che le norme sull’ordinamento giudiziario, che regolano la funzione giurisdizionale esercitata dai magistrati ordinari, debbano altresì disciplinare le distinte carriere dei magistrati requirenti e giudicanti.
Alla magistratura professionale si accede per concorso pubblico (art. 106, comma primo, Costituzione). Il Capo I del decreto legislativo n. 160 del 2006 disciplina nel dettaglio le modalità di accesso alla magistratura ordinaria.
I vincitori del concorso sono nominati magistrati ordinari e assumono la qualifica di “magistrati ordinari in tirocinio” (MOT). Essi svolgono un periodo di tirocinio, disciplinato dal d.lgs. n. 26 del 2006, della durata di 18 mesi di cui 6 mesi presso la Scuola superiore della magistratura e 12 mesi presso gli uffici giudiziari.
Al termine del tirocinio il CSM, sulla base delle relazioni trasmesse dai magistrati affidatari e dalla Scuola superiore, adotta il giudizio di idoneità al conferimento delle funzioni giudiziarie (in caso di giudizio negativo il magistrato è ammesso a un nuovo tirocinio della durata di un anno; nel caso di ulteriore valutazione negativa si determina la cessazione del rapporto di impiego).
La competenza per il conferimento degli incarichi direttivi è del CSM, al quale spetta anche la relativa istruttoria. La proposta di conferimento, tuttavia, prima di essere sottoposta alla deliberazione del plenum, deve essere trasmessa al Ministro della giustizia per l’acquisizione del concerto (art. 11 della legge 195/1958), in virtù della competenza attribuita al Ministro dall’art. 110 Cost. in materia di organizzazione e funzionamento dei servizi relativi alla giustizia.
In materia di carriera dei magistrati si ricorda che, nella sentenza n. 37 del 2000, relativa all’ammissibilità di una richiesta di referendum abrogativo di alcune disposizioni dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto n. 12 del 1941, in tema di passaggio dei magistrati dalle funzioni giudicanti alle requirenti o da queste a quelle, la Corte costituzionale ha rilevato che la Costituzione «pur considerando la magistratura come un unico "ordine", soggetto ai poteri dell'unico Consiglio superiore (art. 104), non contiene alcun principio che imponga o al contrario precluda la configurazione di una carriera unica o di carriere separate fra i magistrati addetti rispettivamente alle funzioni giudicanti e a quelle requirenti, o che impedisca di limitare o di condizionare più o meno severamente il passaggio dello stesso magistrato, nel corso della sua carriera, dalle une alle altre funzioni».
Il passaggio dalle funzioni requirenti a quelle giudicanti – e viceversa – è disciplinato dal decreto legislativo n. 160 del 2006, come modificato da ultimo, dalla legge 17 giugno 2022, n. 71.
Ai sensi dell'art. 13 del D.Lgs. n. 160 del 2006, viene innanzitutto sancito come principio generale che il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, importi un cambiamento di sede. Infatti, il mutamento di funzioni, ai sensi del comma 3 del citato art. 13, non è consentito all'interno dello stesso distretto, né all'interno di altri distretti della stessa Regione, né infine con riferimento al capoluogo del distretto di corte d'appello determinato ai sensi dell'art. 11 del codice di procedura penale, avuto riguardo al distretto nel quale il magistrato presta servizio al momento della richiesta.
In particolare, il comma 3 dell’articolo 13 prevede che il magistrato possa chiedere il cambio delle funzioni:
- una sola volta nel corso della carriera;
- entro il termine di 6 anni dal maturare per la prima volta della legittimazione al tramutamento previsto dall’articolo 194 dell’ordinamento giudiziario.
L’art. 194 dell’ordinamento giudiziario (Tramutamenti successivi) prevede che il magistrato destinato, per trasferimento o per conferimento di funzioni, ad una sede, non possa essere trasferito ad altre sedi o assegnato ad altre funzioni prima di 4 anni dal giorno in cui ha assunto effettivo possesso dell'ufficio, salvo che ricorrano gravi motivi di salute ovvero gravi ragioni di servizio o di famiglia. Per i magistrati che esercitano le funzioni presso la sede di prima assegnazione il termine è di 3 anni.
Trascorso tale periodo, il passaggio di funzioni è ancora consentito, per una sola volta se si tratta:
- del passaggio dalle funzioni giudicanti alle funzioni requirenti, purché l'interessato non abbia mai svolto funzioni giudicanti penali;
- del passaggio dalle funzioni requirenti alle funzioni giudicanti civili o del lavoro, in un ufficio giudiziario diviso in sezioni, purché il magistrato non si trovi, neanche in qualità di sostituto, a svolgere funzioni giudicanti penali o miste.
Il passaggio è consentito solo previa partecipazione ad un corso di qualificazione professionale e subordinatamente ad un giudizio di idoneità allo svolgimento delle diverse funzioni, espresso dal Consiglio superiore della magistratura previo parere del consiglio giudiziario.
Per tutti i magistrati, il comma 4 prevede che non si debba cambiare regione, ma trasferirsi in un diverso circondario e in una diversa provincia rispetto a quella di provenienza, se il giudice che chiede il passaggio alle funzioni requirenti abbia svolto, negli ultimi cinque anni, funzioni esclusivamente civili o del lavoro; o se il pubblico ministero chieda di passare alle funzioni giudicanti civili o del lavoro in un ufficio giudiziario diviso in sezioni - ove vi siano posti vacanti - in una sezione che tratti esclusivamente affari civili o del lavoro. Sono previste, altresì, ulteriori limitazioni in caso di successivi trasferimenti con mutamento di funzioni.
In tutti i casi considerati, il medesimo comma 4 prevede una incompatibilità che opera solo nell'ambito dello stesso distretto per coloro che, oltre a cambiare funzione, passino da un organo giudiziario di primo ad uno di secondo grado.
Infine, il comma 5 dispone che, per il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, l'anzianità di servizio è valutata unitamente alle attitudini specifiche desunte dalle valutazioni di professionalità periodiche.
Disposizioni specifiche sono dettate per il conferimento delle funzioni di legittimità (comma 6 dell’art. 13 del d.lgs. n. 160 del 2006).
Le limitazioni al passaggio tra le funzioni previste dal comma 3, infatti, non si applicano:
- al conferimento delle funzioni requirenti di legittimità (sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione) previste dall’art. 10, comma 6, del d.lgs. n. 160 del 2006;
- al conferimento delle funzioni direttive requirenti di legittimità (avvocato generale presso la Corte di cassazione) di cui all’art. 10, comma 14 del d.lgs. n. 160 del 2006;
- al conferimento delle funzioni direttive superiori giudicanti di legittimità (presidente aggiunto della Corte di cassazione e presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche) e delle funzioni direttive superiori requirenti di legittimità (procuratore generale aggiunto presso la Corte di cassazione), di cui all’art. 10, comma 15, del d.lgs. n. 160 del 2006;
- al conferimento delle funzioni direttive apicali giudicanti di legittimità (primo presidente della Corte di cassazione) e delle funzioni direttive apicali requirenti di legittimità (procuratore generale presso la Corte di cassazione), di cui all’art. 10, comma 16, del d.lgs. n. 160 del 2006.
Al magistrato che svolge funzioni requirenti possono essere conferite le funzioni giudicanti di legittimità (consigliere di cassazione) e le funzioni direttive giudicanti di legittimità (presidente di sezione della cassazione) solo se non si tratta di funzioni giudicanti penali. In questo caso non si applicano le limitazioni previste dal comma 3 per la sede di destinazione.
Articolo 3
(Modifiche all’articolo 104 della Costituzione)
Costituzione |
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Testo vigente |
Testo modificato |
Art. 104 |
Art. 104 |
La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere. |
La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere ed è composta dai magistrati della carriera giudicante e della carriera requirente. |
Il Consiglio superiore della magistratura è presieduto dal Presidente della Repubblica |
Il Consiglio superiore della magistratura giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente sono presieduti dal Presidente della Repubblica. |
Ne fanno parte di diritto il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione. |
Ne fanno parte di diritto, rispettivamente, il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione. |
Gli altri componenti sono eletti per due terzi da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie, e per un terzo dal Parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio. |
Gli altri componenti sono estratti a sorte, per un terzo, da un elenco di professori ordinari di università in materie giuridiche e di avvocati con almeno quindici anni di esercizio, che il Parlamento in seduta comune, entro sei mesi dall’insediamento, compila mediante elezione, e, per due terzi, rispettivamente, tra i magistrati giudicanti e i magistrati requirenti, nel numero e secondo le procedure previsti dalla legge. |
Il Consiglio elegge un vicepresidente fra i componenti designati dal Parlamento. |
Ciascun Consiglio elegge il proprio vicepresidente fra i componenti designati mediante sorteggio dall’elenco compilato dal Parlamento in seduta comune. |
I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili. |
I componenti designati mediante sorteggio durano in carica quattro anni e non possono partecipare alla procedura di sorteggio successiva. |
Non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale. |
I componenti non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale |
L’articolo 3 sostituisce integralmente l’articolo 104 della Costituzione.
Il primo comma del nuovo articolo 104 Cost., dopo aver ribadito quanto previsto dal vigente articolo 104 Cost., ai sensi del quale la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere, sancisce la separazione delle carriere della magistratura, specificando che l’ordine giudiziario è composto da magistrati della carriera giudicante e della carriera requirente.
Il secondo comma del nuovo articolo 104 Cost., dunque, istituisce i due nuovi organi di autogoverno della magistratura, rispettivamente, giudicante e requirente: il Consiglio superiore della magistratura giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente.
Il medesimo secondo comma del nuovo articolo 104 Cost., inoltre, attribuisce la presidenza di entrambi i neoistituiti organi al Presidente della Repubblica, ribadendo, pertanto, quanto già stabilito dall’art. 87, decimo comma, Cost. come risultante dalle modifiche apportate dal precedente art. 1 del disegno di legge.
Dal punto di vista sistematico, la modifica in questione, secondo quanto riportato dalla relazione illustrativa, esprime continuità con l'attuale ordinamento, chiarendo che i due Consigli sono perfettamente sovrapponibili tra loro in termini di caratteristiche, funzioni e garanzie, così come con l'attuale Consiglio superiore.
Si ricorda che la Corte costituzionale con sentenza n. 148 del 1983 ha affermato che il Consiglio superiore della magistratura è organo «di sicuro rilievo costituzionale» e successivamente con sentenza n. 379 del 1992 ha ritenuto l’organo medesimo legittimato a sollevare conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale rispetto alle reciproche attribuzioni del Consiglio e del Ministro della giustizia con riguardo al conferimento di uffici direttivi (nello stesso senso, ex multis, sentenza n. 380 del 2003). A sua volta, con la sentenza n. 270 del 2002 la Corte costituzionale ha riconosciuto che anche la Sezione disciplinare, in quanto organo giurisdizionale, sollevi conflitto d’attribuzione.
Ai sensi del terzo comma del nuovo articolo 104 Cost. il primo Presidente e il Procuratore generale della Corte di cassazione, già membri di diritto del vigente CSM, sono membri di diritto, rispettivamente, del Consiglio superiore della magistratura giudicante e del Consiglio superiore della magistratura requirente.
Per quanto concerne i membri non di diritto tanto del Consiglio superiore della magistratura giudicante, quanto del Consiglio superiore della magistratura requirente, il quarto comma del nuovo articolo 104 Cost. stabilisce una proporzione fra i membri c.d. “laici” e quelli c.d. “togati”, analoga a quella prevista dall’attuale quarto comma dell’art. 104 Cost., prevedendo, tuttavia, un innovativo sistema di sorteggio dei componenti di ciascun Consiglio superiore secondo il seguente meccanismo, senza stabilire espressamente l’organo nella cui sfera di attribuzioni ricada il potere di elezione mediante sorteggio dei componenti medesimi:
- 1/3 dei componenti estratti a sorte da un elenco di professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati dopo quindici anni di esercizio, che il Parlamento in seduta comune, entro sei mesi dall’insediamento, compila mediante elezione;
- 2/3 dei componenti estratti a sorte, rispettivamente, tra i magistrati giudicanti e i magistrati requirenti.
La compilazione dell’elenco da parte del Parlamento in seduta comune avviene entro un intervallo di tempo definito, facendo sì che tale adempimento non sia concomitante all’effettiva necessità di selezionare i componenti laici.
Dal punto di vista della formulazione della disposizione, considerato che la Costituzione non prevede un termine per l’insediamento del Parlamento in seduta comune, potrebbe valutarsi l’opportunità di sostituire il riferimento all’”insediamento” dell’organo con “la prima riunione delle Camere”.
Si segnala, inoltre, che la disposizione medesima non indica la cadenza con la quale il Parlamento in seduta comune compila mediante elezione l’elenco dei soggetti che sono sorteggiati a far parte dei Consigli superiori, si valuti pertanto l’opportunità di approfondire tale profilo.
Analoghe considerazioni valgono con riferimento al nuovo art. 105 Cost., integralmente sostituito dal successivo articolo 4 del disegno di legge in esame (su cui si veda la relativa scheda).
In merito si ricorda che l’art. 135, comma settimo, Cost. prevede che il Parlamento in seduta comune ogni 9 anni compila mediante elezione l’elenco dei cittadini da cui sono estratti i giudici aggregati della Corte costituzionale per i procedimenti d’accusa contro il Presidente della Repubblica (su cui vedi infra). Il Regolamento parlamentare per i procedimenti di accusa, approvato nel 1989, stabilisce che l’elenco dei giudici aggregati previsto dall’art. 135 Cost. è costituito di 45 persone aventi i requisiti per l’eleggibilità a senatore, prevedendo altresì che il Parlamento in seduta comune provveda ad elezioni suppletive qualora per sopravvenute vacanze l’elenco si riduca a meno di 36 persone (art. 1).
La disposizione, infine, rinvia alla legge ordinaria per quanto riguarda la definizione delle procedure per il sorteggio (su cui si veda l’apposito riquadro di approfondimento infra), nonché per quanto attiene al numero di componenti da sorteggiare. Per quanto attiene, dunque, all’elezione dei componenti dell’elenco dei “laici” compilato dal Parlamento in seduta comune, la disposizione non stabilisce direttamente in Costituzione, al pari della vigente disposizione costituzionale, una maggioranza qualificata.
Attualmente, per quanto riguarda l’elezione da parte del Parlamento in seduta comune dei componenti “non togati” del Consiglio superiore della magistratura, secondo quanto previsto dall’articolo 22 della legge n. 195 del 1958, è richiesta la maggioranza dei 3/5 dell'assemblea per i primi due scrutini e dei 3/5 dei votanti nei successivi.
Con riferimento all’attuale composizione del Consiglio superiore della magistratura, invece, il numero dei componenti è definito dall’articolo 1 della legge n. 195 del 1958, come modificato, da ultimo, dalla legge 17 giugno 2022, n. 71.
Ai sensi della citata disposizione, il CSM risulta composto di 33 membri:
· 3 membri di diritto: Presidente della Repubblica (Presidente del CSM); primo presidente della Corte di cassazione; procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione;
· 20 membri “togati”, eletti dai magistrati ordinari.
· 10 membri “non togati”, eletti dal Parlamento in seduta comune tra i professori ordinari di università in materie giuridiche e tra gli avvocati dopo quindici anni di esercizio professionale con le maggioranze sopra richiamate.
Il meccanismo del sorteggio nell’ordinamento italiano
Il sorteggio nell’ambito del Consiglio superiore della magistratura
Per quanto concerne il ricorso al sorteggio nell’ambito del Consiglio superiore della magistratura si ricorda che già nel corso della XVIII Legislatura la legge n. 71 del 2022, nel testo originario presentato dal Governo, prevedeva il ricorso ad un meccanismo di sorteggio annuale per l’individuazione dei componenti di tutte le Commissioni e della Sezione disciplinare del Consiglio (art. 21 dell’A.C. 2681), previsione che poi è stata soppressa nel corso dell’esame in sede referente.
Il meccanismo del sorteggio nell’ambito del Consiglio superiore della magistratura, pertanto, a legislazione vigente è previsto esclusivamente quale criterio residuale per l’attribuzione dei seggi non assegnati nell’ambito delle elezioni della componente togata (art. 27 della legge n. 195 del 1958, come sostituito dall’articolo 35 della legge n. 71 del 2022).
Ai sensi della citata disposizione la commissione centrale elettorale nominata dal Consiglio superiore della magistratura procede alla determinazione del numero dei seggi spettanti a ciascun gruppo di candidati collegati o a ciascun singolo candidato non collegato ad altri candidati, dividendo la cifra elettorale dei voti da essi conseguiti per il quoziente base. Si prevede quindi che i seggi non assegnati in tal modo siano attribuiti in ordine decrescente ai gruppi di candidati collegati o ai singoli candidati non collegati ad altri candidati cui corrispondono i maggiori resti e, in caso di parità di resti, a quelli che abbiano avuto il maggior numero di voti; a parità anche di voti, si procede per sorteggio.
Si ricorda, inoltre, che l’art. 2, quinto comma, della legge 8 dicembre 1967, n. 1198, prevedeva che i componenti della Sezione disciplinare del CSM chiamati a costituire il collegio giudicante venissero scelti, per ogni procedimento, a cura del presidente della Sezione disciplinare, mediante sorteggio. La disposizione è stata dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 12 del 1971, per violazione dell’art. 104 Cost.
In particolare, nella citata sentenza la Corte ha sottolineato che la Costituzione, nel testo vigente, regola solo parzialmente la composizione ed il funzionamento del Consiglio superiore della magistratura. L’impianto costituzionale lascia, dunque, «al legislatore ordinario ampi spazi di discrezionalità nella disciplina dell'organizzazione interna del Consiglio, e non esclude che esso possa operare […], anziché in assemblea plenaria, in una composizione più ristretta», purché quest’ultima sia «sempre rispettosa dei criteri e degli equilibri sanciti dall'art. 104». Il sorteggio previsto dalla disposizione censurata era – secondo la Corte – tale da non «assicura[re] la presenza di tutte le categorie» che, in virtù del precetto costituzionale, devono concorrere alla formazione del consesso unitario.
Si ricorda, inoltre, che anche due proposte di legge abbinate al citato disegno di legge del Governo A.C. 2681, ovvero gli AA.C. 2536 (Zanettin) e 1919 (Colletti), prevedevano il ricorso al sorteggio per la composizione dell’organo.
La prima proposta di legge (art. 2) delineava un sistema elettorale per i componenti togati del CSM basato sull’introduzione del sorteggio come modalità di individuazione dei candidati all’elezione. In particolare, si prevedeva che il numero totale dei candidati da sorteggiare fosse pari a 150, di cui i primi 100 avrebbero composto l'elenco dei soggetti candidati e i restanti 50 l'elenco dei supplenti destinati a subentrare in caso di rinuncia dei candidati.
La seconda proposta abbinata, invece, individuava il sorteggio quale modalità di designazione dei candidati all'elezione dei componenti sia togati sia non togati, stabilendo che fossero ammessi a partecipare al sorteggio coloro che, in possesso dei requisiti previsti dalla legge, avessero manifestato il proprio interesse alla selezione.
Il sorteggio previsto veniva inoltre affidato ad un sistema elettronico certificato chiamato ad individuare, per le candidature dei membri togati, 100 magistrati (80 candidati e 20 riserve) e per le candidature dei componenti non togati 40 candidati e 10 riserve.
Nella XVII Legislatura, invece, era stata presentata la proposta di legge A.S. 1547 di modifica dell’art. 104 Cost. la quale prevedeva che i componenti togati fossero sorteggiati per un terzo tra i magistrati ordinari, per un terzo tra i magistrati amministrativi, contabili, tributari e militari, e per un terzo tra i cittadini aventi i requisiti per l’eleggibilità a giudice costituzionale.
Il sorteggio nell’ordinamento generale
Fatta salva la materia elettorale, dove sono previsti in via residuale meccanismi di sorteggio per l’attribuzione dei seggi, l’ordinamento nazionale prevede numerose altre ipotesi di ricorso al meccanismo del sorteggio. In particolare, al sorteggio si ricorre, anzitutto, per la designazione dei sedici giudici aggregati che, ai sensi dell’art. 135, comma 7, Cost., integrano la composizione della Corte costituzionale nei giudizi d’accusa promossi dal Parlamento in seduta comune nei confronti del Presidente della Repubblica per alto tradimento ed attentato alla Costituzione. I giudici c.d. aggregati vengono tratti a sorte da un elenco di cittadini compilato dal Parlamento in seduta comune, ogni nove anni, mediante elezione.
Le modalità di elezione sono le stesse previste dalla legge cost. 22 novembre 1967, n. 2 per la nomina dei giudici costituzionali ordinari[2] da parte del Parlamento in seduta comune e i requisiti richiesti sono quelli per l’eleggibilità a senatore.
La Corte procede al sorteggio in pubblica udienza e con la partecipazione dei commissari d'accusa. I giudici sorteggiati prestano giuramento nelle mani del Presidente della Corte Costituzionale (art. 21, legge 25 gennaio 1962, n. 20).
Ai giudizi di accusa partecipano tutti i giudici della Corte, ordinari e aggregati, che non siano legittimamente impediti (art. 26, legge 25 gennaio 1962, n. 20).
Una seconda ipotesi di sorteggio per la formazione di collegi giudicanti è disciplinata dall’art. 7 della legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1 per la costituzione del collegio per i reati ministeriali di cui all’art. 96 Cost. (cd. “tribunale dei ministri”).
Tale articolo prevede che presso il tribunale del capoluogo del distretto di corte d’appello sia costituito un collegio composto di tre membri effettivi e altrettanti supplenti estratti a sorte tra tutti magistrati dei tribunali del distretto che abbiano da almeno cinque anni la qualifica di magistrato di tribunale o superiore. Il collegio è presieduto dal magistrato con funzioni più elevate o, nel caso di parità di funzioni, dal più anziano dì età ed è rinnovato ogni due anni.
Un’ulteriore ipotesi di sorteggio prevista nell’ordinamento riguarda la formazione delle Corti di assise e delle Corti di assise di appello, con riferimento ai sei giudici popolari che affiancano i due magistrati togati, secondo le modalità stabilite dalla legge 10 aprile 1951, n. 287.
Nel dettaglio, i giudici popolari occorrenti per la costituzione dei collegi sono scelti attraverso una procedura minuziosamente disciplinata dagli articoli da 13 a 25. Tale procedura muove dalla formazione di elenchi comunali contenenti i cittadini in possesso dei requisiti descritti dagli articoli 9 e 10 e culmina nella compilazione per ciascuna Corte di una lista generale di giudici popolari (effettivi e supplenti) valida per un biennio. Nell’ambito di siffatta lista si procede, ai sensi dell’art. 25, all’ulteriore sorteggio, prima dell’inizio di ciascuna sessione della Corte, dei giudici occorrenti alla costituzione dei collegi, i quali, convocati in apposita seduta pubblica, sono chiamati dal presidente della corte a prestare servizio, secondo l’ordine di estrazione e previa dispensa di coloro che risultino legittimamente impediti.
Ulteriore fattispecie nell’ambito della quale è delineato un meccanismo di sorteggio è contenuta nell’articolo 12 della legge 10 dicembre 1993, n. 515 in materia di controllo sui consuntivi delle spese per la campagna elettorale e delle relative fonti di finanziamento sostenute da partiti, movimenti e liste di candidati per le elezioni politiche ed europee. Tale controllo, rimesso alla Corte dei conti, è effettuato attraverso un Collegio di controllo sulle spese elettorali appositamente istituito e composto da tre magistrati estratti a sorte tra i consiglieri in servizio.
Si può inoltre citare la legge n. 240 del 2010 che prevede l’impiego del sorteggio per formare le Commissioni deputate ad esprimere una valutazione ai fini dell’abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore universitario, di prima e seconda fascia.
Ai sensi dell’articolo 16, comma 3, lett. h), della citata legge, il sorteggio è effettuato all’interno di liste di nominativi di professori universitari che hanno presentato apposita domanda. Il sorteggio deve garantire, ove possibile, la rappresentanza proporzionale dei settori scientifico-disciplinari all'interno della commissione e la partecipazione di almeno un commissario per ciascun settore scientifico-disciplinare compreso nel settore concorsuale al quale afferiscano almeno dieci professori ordinari (lett. i)).
In ambito sanitario, inoltre, il sorteggio è utilizzato ai fini del conferimento degli incarichi delle strutture sanitarie complesse. Ai sensi dell’art. 15, comma 7-bis, lett. a), del decreto legislativo n. 502 del 1992, infatti, ai fini del conferimento degli incarichi si forma una commissione composta da tre direttori di struttura complessa nella medesima disciplina dell’incarico da conferire, individuati mediante sorteggio da un elenco nazionale Il sorteggio avviene facendo in modo che almeno due componenti della commissione siano direttori di struttura complessa in regioni diverse da quella ove ha sede l’azienda presso la quale deve essere conferito l’incarico e nel rispetto del criterio della parità di genere.
Si ricorda che l'elezione dei membri del CSM eletti dai magistrati ordinari, ai sensi dell’art. 23 della legge 195/1958, come modificato, da ultimo, dall’art. 31 della legge 71/2022, si effettua attraverso la costituzione di:
· un collegio unico nazionale per 2 componenti che esercitano funzioni di legittimità in Cassazione e relativa Procura generale, in cui vengono eletti con sistema maggioritario i due candidati più votati, a qualunque genere appartengano;
· 2 collegi territoriali binominali per 5 magistrati che esercitano funzioni di pubblico ministero presso uffici di merito e presso la Direzione nazionale antimafia, in ciascuno dei quali vengono eletti con sistema maggioritario i 2 candidati più votati nonché il “miglior terzo” per percentuale di voti presi sul totale degli aventi diritto al voto;
· 4 collegi territoriali binominali per l’elezione di 8 magistrati con funzioni di merito o destinati all’ufficio del massimario della Cassazione, in ciascuno dei quali vengono eletti con sistema maggioritario i due candidati più votati;
· un collegio unico nazionale in cui vengono eletti 5 magistrati con funzioni di merito o destinati all’ufficio del massimario della Cassazione, con ripartizione proporzionale dei seggi;
Il successivo quinto comma del nuovo articolo 104 Cost., analogamente alla disciplina vigente, prevede che ciascun Consiglio elegga il proprio vicepresidente fra i componenti designati mediante sorteggio dal Parlamento in seduta comune, mentre il sesto comma prevede la durata in carica di quattro anni per i membri non di diritto, specificando che questi non possono partecipare alla procedura di sorteggio successiva.
Si ricorda al riguardo che nella costante interpretazione del comma sesto dell’articolo 104 Cost., quale risulta anche dall’articolo 30 della legge n. 195 del 1958, la durata quadriennale va riferita al Consiglio inteso come organo collegiale e non ai singoli componenti.
Infine, con riferimento al regime delle incompatibilità, il settimo comma del nuovo art. 104 Cost. stabilisce che, finché sono in carica, i componenti tanto del Consiglio superiore della magistratura giudicante, quanto del Consiglio superiore della magistratura requirente non possono, essere iscritti negli albi professionali né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale, analogamente a quanto previsto dalla vigente disposizione costituzionale.
Per quanto riguarda le giurisdizioni speciali, si ricorda innanzitutto che l’organo di autogoverno della magistratura amministrativa si identifica nel Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa. Istituito e disciplinato dalle disposizioni del Capo III della legge 27 aprile 1982, n. 186, il Consiglio delibera con riferimento a tutte le materie attinenti allo stato giuridico dei magistrati amministrativi e sul conferimento degli incarichi, nonché in materia di organizzazione. L’organo è composto dal Presidente del Consiglio di Stato, che ne fa parte e lo presiede di diritto, e da un determinato numero di componenti elettivi, ovvero, nello specifico: da quattro magistrati in servizio presso il Consiglio di Stato; da sei magistrati in servizio presso i tribunali amministrativi regionali; da quattro componenti laici, eletti dalla Camera dei deputati e dal Senato, scelti tra i professori ordinari di università in materie giuridiche o tra gli avvocati con venti anni di esercizio professionale; da quattro magistrati, con funzioni di supplenti. I componenti elettivi durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili, ed il Consiglio elegge il proprio vicepresidente tra i componenti eletti dal Parlamento.
Per quanto riguarda, invece, la magistratura contabile, il relativo organo di autogoverno consiste nel Consiglio di Presidenza, istituito e disciplinato dall'art. 10 della legge 13 aprile 1988, n. 117, in seguito modificato dall'art. 1, comma 1, del D.lgs. 7.2.2006, n. 62, e dall'art. 11 della legge 4 marzo 2009, n. 15. Competente in tutte le materie attinenti all’espletamento delle funzioni dei magistrati della Corte dei conti, sui procedimenti per l’accesso in carriera, per l’assegnazione di sede e i trasferimenti, le promozioni, nonché sui procedimenti disciplinari, il Consiglio di Presidenza è composto, in qualità di membri di diritto: dal Presidente della Corte dei Conti, che il Consiglio presiede; dal Procuratore Generale della Corte dei Conti; e dal Presidente aggiunto della Corte dei Conti o, in sua vece, dal Presidente di sezione più anziano. In qualità di componenti elettivi, ne fanno invece parte: quattro membri eletti, due dalla Camera dei deputati e due dal Senato della Repubblica a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, tra i professori ordinari in materie giuridiche o gli avvocati con venti anni di esercizio professionale; e quattro membri eletti da e tra i magistrati della Corte dei conti, ripartiti tra le diverse qualifiche secondo precise modalità stabilite dalla legge. I componenti elettivi del Consiglio di Presidenza durano in carica 4 anni e non sono nuovamente eleggibili per i successivi otto anni dalla scadenza dell'incarico
Con riferimento, infine, alla magistratura tributaria, il relativo organo di autogoverno è rappresentato dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria, istituito e attualmente disciplinato dagli artt. 17 e ss. del D.lgs. 31 dicembre 1992, n. 545 e s.m.i. (fino all’entrata in vigore, a decorrere dal 1° gennaio 2026, delle disposizioni del D.lgs. 14 novembre n. 2024, recante il “Testo unico sulla giustizia tributaria”). L’organo è costituito con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, e risulta composto: da undici componenti eletti dai giudici tributari; e da quattro componenti eletti dal Parlamento, due dalla Camera dei deputati e due dal Senato della Repubblica a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, tra i professori di università in materie giuridiche o i soggetti abilitati alla difesa dinanzi alle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, che risultino iscritti ai rispettivi albi professionali da almeno dodici anni. Il Consiglio di Presidenza dura in carica quattro anni ed elegge nel suo seno un presidente tra i componenti eletti dal Parlamento.
Articolo 4
(Modifiche all’articolo 105 della Costituzione)
Costituzione |
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Testo vigente |
Testo modificato |
Art. 105 |
Art. 105 |
Spettano al Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell'ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati |
Spettano a ciascun Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme sull’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti, le valutazioni di professionalità e i conferimenti di funzioni nei riguardi dei magistrati. |
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La giurisdizione disciplinare nei riguardi dei magistrati ordinari, giudicanti e requirenti, è attribuita all’Alta Corte disciplinare. |
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L’Alta Corte è composta da quindici giudici, tre dei quali nominati dal Presidente della Repubblica tra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati con almeno venti anni di esercizio e tre estratti a sorte da un elenco di soggetti in possesso dei medesimi requisiti, che il Parlamento in seduta comune, entro sei mesi dall’insediamento, compila mediante elezione, nonché da sei magistrati giudicanti e tre requirenti, estratti a sorte tra gli appartenenti alle rispettive categorie con almeno venti anni di esercizio delle funzioni giudiziarie e che svolgano o abbiano svolto funzioni di legittimità. |
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L’Alta Corte elegge il presidente tra i giudici nominati dal Presidente della Repubblica o quelli estratti a sorte dall’elenco compilato dal Parlamento in seduta comune. |
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I giudici dell’Alta Corte durano in carica quattro anni. L’incarico non può essere rinnovato. |
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L’ufficio di giudice dell’Alta Corte è incompatibile con quelli di membro del Parlamento, del Parlamento europeo, di un Consiglio regionale e del Governo, con l’esercizio della professione di avvocato e con ogni altra carica e ufficio indicati dalla legge. |
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Contro le sentenze emesse dall’Alta Corte in prima istanza è ammessa impugnazione, anche per motivi di merito, soltanto dinanzi alla stessa Alta Corte, che giudica senza la partecipazione dei componenti che hanno concorso a pronunciare la decisione impugnata. |
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La legge determina gli illeciti disciplinari e le relative sanzioni, indica la composizione dei collegi, stabilisce le forme del procedimento disciplinare e le norme necessarie per il funzionamento dell’Alta Corte e assicura che i magistrati giudicanti o requirenti siano rappresentati nel collegio. |
L’articolo 4 sostituisce integralmente l’articolo 105 della Costituzione al fine di ripartire tra i due neoistituiti Consigli superiori della magistratura, giudicante e requirente, le competenze che attualmente spettano al Consiglio superiore della magistratura, fatta eccezione per la competenza a decidere sull’azione disciplinare, con riferimento alla quale il medesimo articolo provvede ad istituire un’apposita Corte.
Il primo comma del nuovo articolo 105 Cost. attribuisce a ciascuno degli organi di autogoverno della magistratura la competenza ad assumere, in ossequio alle norme dell’ordinamento giudiziario, le determinazioni concernenti le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti, le valutazioni di professionalità e i conferimenti di funzioni nei riguardi dei magistrati.
Nell’enunciare tali competenze, si provvede altresì a sostituire con le espressioni: “valutazioni di professionalità” e “conferimenti di funzioni”, il riferimento attualmente recato dall’articolo 105 Cost. alle “promozioni”, in linea con la disciplina ordinamentale in materia.
Nell’attuale assetto normativo, l’art. 10 della legge n. 195 del 1958, che enumera le attribuzioni del CSM, stabilisce una norma di chiusura in base alla quale il Consiglio superiore delibera su ogni altra materia ad esso attribuita dalla legge (terzo comma).
Tra le funzioni attribuite dalla L. 195/1958, si ricordano, in particolare:
· le proposte al Ministro della giustizia sulle modificazioni delle circoscrizioni giudiziarie e su tutte le materie riguardanti l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia (art. 10, secondo comma);
· i pareri al Ministro sui disegni di legge concernenti l'ordinamento giudiziario, l'amministrazione della giustizia e su ogni altro oggetto comunque attinente alle predette materie (art. 10, secondo comma);
· la formazione delle tabelle degli uffici giudiziari (art. 10-bis);
· funzioni relative alle elezioni dei componenti “togati” (artt. 18 e 21 ss.);
· la verifica dei titoli di ammissione dei componenti “togati” e la decisione sui relativi reclami (art. 20, primo comma, n. 1);
· la verifica sui requisiti di eleggibilità dei componenti designati dal Parlamento in seduta comune e la comunicazione ai Presidenti delle Camere dell’eventuale mancanza degli stessi (art. 20, primo comma, n. 2);
· la facoltà di disciplinare con regolamento interno il proprio funzionamento (art. 20, primo comma, n. 7)
Le valutazioni di professionalità dei magistrati
Le valutazioni di professionalità dei magistrati sono disciplinate dagli articoli 10-bis, 11, 11-bis e 11-ter del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, come riformati dall’art. 5 del decreto legislativo 28 marzo 2024, n. 44.
In particolare, è stato istituito il fascicolo personale del magistrato, destinato a raccogliere tutte le informazioni, gli atti e i documenti relativi al percorso professionale dei magistrati il cui esame è rilevante ai fini della valutazione di professionalità.
Inoltre, si prevede che tutti i magistrati, con cadenza quadriennale sono sottoposti, a partire dall’ingresso in magistratura e fino alla settima valutazione di professionalità, a una verifica volta ad accertare la capacità, la laboriosità, la diligenza e l'impegno. La disciplina attuativa è contenuta nella Circolare del CSM n. 20691 dell’8 ottobre 2007 e successive modificazioni.
La valutazione viene effettuata dal CSM con provvedimento adottato sulla base di un parere motivato del Consiglio giudiziario del distretto in cui presta servizio il magistrato da valutare e della relativa documentazione, nonché esaminati il rapporto del capo dell'ufficio, la relazione del magistrato, le statistiche e i provvedimenti estratti a campione o spontaneamente prodotti dall'interessato. Il giudizio di professionalità, inserito nel fascicolo personale, è valutato ai fini dei tramutamenti, del conferimento di funzioni, comprese quelle di legittimità, del conferimento di incarichi direttivi e ai fini di qualunque altro atto, provvedimento o autorizzazione per incarico extragiudiziario.
In caso di giudizio negativo, il magistrato è sottoposto a nuova valutazione di professionalità dopo un biennio. Il CSM può richiedere la partecipazione del magistrato a corsi di riqualificazione professionale, può assegnarlo a una diversa funzione o escluderlo, fino alla successiva valutazione, dalla possibilità di accedere a incarichi direttivi o semidirettivi o a funzioni specifiche.
Inoltre, la valutazione negativa comporta la perdita del diritto all'aumento periodico di stipendio per un biennio. Il nuovo trattamento economico eventualmente spettante è dovuto solo a seguito di giudizio positivo e con decorrenza dalla scadenza del biennio. Se il CSM, previa audizione del magistrato, esprime un secondo giudizio negativo, il magistrato è dispensato dal servizio.
Per quanto concerne, invece, il conferimento di funzioni, il riferimento normativo è costituito dagli articoli 10, 12 e 12-bis del decreto legislativo 5 aprile 2006 n. 160, che contengono la definizione delle diverse funzioni giudicanti e requirenti, i requisiti e la procedura per il passaggio dalle funzioni di primo grado a quelle di secondo grado e di legittimità, nonché per il conferimento delle funzioni direttive o semidirettive.
Il secondo comma del nuovo art. 105 Cost. affida la giurisdizione disciplinare nei confronti dei magistrati ordinari, sia giudicanti sia requirenti, ad un organo collegiale di nuova istituzione denominato Alta Corte disciplinare.
Secondo quanto riportato dalla relazione illustrativa, la scelta di attribuire tale competenza ad un’apposita Alta Corte disciplinare deriva “dal particolare rilievo della materia disciplinare e dalla connotazione giurisdizionale che il relativo procedimento ha assunto”.
Si ricorda sul punto che in una serie di pronunce (sent. n. 145 del 1976, n. 289 del 1992, n. 71 del 1995 e n. 497 del 2000), la Corte costituzionale ha riconosciuto carattere giurisdizionale alle funzioni esercitate dalla Sezione disciplinare del CSM (per maggiori approfondimenti si veda l’apposito riquadro infra).
Si prevedeva che la Corte fosse composta di 9 membri eletti dai Consigli superiori fra i rispettivi componenti, mentre si rimetteva alla legge la disciplina dell’attività della Corte, ivi compresa l’eventuale articolazione in sezioni. Quanto al procedimento disciplinare, l’art. 123 introduceva il principio dell’obbligatorietà dell’azione disciplinare, esercitata da un Procuratore generale eletto dal Senato a maggioranza di tre quinti tra i cittadini aventi i requisiti per la nomina a giudice costituzionale e con mandato di 4 anni non rinnovabile. (Per maggiori dettagli si veda l’apposita sezione relativa al dibattito parlamentare nelle scorse legislature infra).
Al tema della responsabilità disciplinare dei magistrati sono riconducibili due disposizioni costituzionali:
l’art. 105 Cost. laddove assegna al Consiglio superiore della Magistratura il compito di adottare «provvedimenti disciplinari»;
l’art. 107, comma 2, Cost. che riconosce al Ministro della giustizia la «facoltà di promuovere l’azione disciplinare».
L’art. 4 della legge 4 marzo 1958, n. 195, assegna la cognizione dei relativi procedimenti ad una Sezione disciplinare costituita all’interno del Consiglio.
A differenza delle Commissioni che compongono il C.S.M., alle quali spetta una competenza meramente istruttoria e preparatoria delle deliberazioni del Plenum, la Sezione disciplinare è chiamata a decidere in via definitiva le questioni riguardanti la responsabilità disciplinare dei magistrati.
Ai sensi dell'art. 4 della legge 4 marzo 1958, n. 195, come sostituito dall’art. 23 della legge 17 giugno 2022, n. 71, la Sezione disciplinare è composta di sei componenti effettivi e di cinque supplenti.
I componenti effettivi sono il Vicepresidente del Consiglio superiore, che presiede la Sezione per l'intera durata della consiliatura; un componente eletto dal Parlamento; un magistrato di Corte di cassazione con esercizio effettivo delle funzioni di legittimità; due magistrati che esercitano le funzioni di giudice presso gli uffici di merito; un magistrato che esercita le funzioni di pubblico ministero presso gli uffici di merito e presso la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo. I membri supplenti sono: un componente eletto dal parlamento; un magistrato di Corte di cassazione con esercizio effettivo delle funzioni di legittimità; due magistrati che esercitano le funzioni di giudice presso gli uffici di merito; un magistrato che esercita le funzioni di pubblico ministero presso gli uffici di merito e presso la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo.
Il Vicepresidente è componente di diritto; gli altri componenti, effettivi e supplenti, sono eletti dal Consiglio superiore tra i propri membri. L’elezione ha luogo per scrutinio segreto, a maggioranza dei due terzi dei componenti del Consiglio. In caso di parità di voti tra gli appartenenti alla tessa categoria è eletto il più anziano per età.
Al fine di evitare che uno stesso componente possa conoscere i medesimi fatti nell’ambito sia della competenza disciplinare sia della competenza amministrativa, l'art. 3 della legge 4 marzo 1958, n. 195, come sostituito dall’art. 22 della legge 17 giugno 2022, n. 71, ha altresì previsto che i componenti effettivi della Sezione possano essere assegnati a una sola commissione e non possano far parte delle commissioni per il conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi, per le valutazioni di professionalità e in materia di incompatibilità nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e di applicazione dell'art. 2, comma 2, del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511 (trasferimenti per incompatibilità ambientale).
Gli illeciti disciplinari
Con la riforma dell’ordinamento giudiziario introdotta dalla legge 25 luglio 2005, n. 150 e dal decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, è stata realizzata una tipizzazione degli illeciti disciplinari. All'enunciazione dei doveri cui ciascun magistrato deve attenersi segue, infatti, la previsione di un elenco di condotte illecite tipiche.
In particolare, l'art. 1, commi 1 e 2, del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, prevede che il magistrato debba esercitare le funzioni attribuitegli “con imparzialità, correttezza, diligenza, laboriosità, riserbo ed equilibrio” e nel rispetto della “dignità della persona”. Le condotte illecite conseguenti alla violazione di siffatti doveri sono suddivise in tre distinte categorie:
1) quelle inerenti all'esercizio della funzione (art. 2 d.lgs. n. 109/2006),
2) quelle estranee all’esercizio della funzione (art. 3 del d.lgs. n. 109/2006)
3) quelle conseguenti al reato (art. 4, d.lgs. n. 109/2006).
Infine, l’art. 3-bis del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, prevede, a seguito della modifica intervenuta con la legge 24 ottobre 2006, n. 269, una clausola generale in forza della quale l’«illecito non è configurabile quando il fatto è di scarsa rilevanza».
Il procedimento disciplinare
Come si è detto, la titolarità dell’azione disciplinare spetta sia al Ministro della giustizia sia al Procuratore generale presso la Corte di cassazione, con alcune differenziazioni. Mentre il Ministro della giustizia ha facoltà di promuovere l'azione disciplinare mediante richiesta di indagini al Procuratore generale presso la Corte di cassazione e contestuale comunicazione al C.S.M., con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede, il Procuratore generale ha l'obbligo di esercitare l'azione medesima, dandone comunicazione - nelle stesse forme - al Ministro ed al C.S.M.
L’art. 15, comma 1-bis, del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, prevede che «non può comunque essere promossa l'azione disciplinare quando sono decorsi dieci anni dal fatto».
Per i rimanenti profili, la disciplina del procedimento rinvia alle disposizioni del codice di procedura penale.
La Sezione disciplinare decide con sentenza, irrogando una sanzione disciplinare «ovvero, se non è raggiunta prova sufficiente, dichiarando esclusa la sussistenza dell'addebito». L'incolpato, il Ministro della giustizia e il Procuratore generale possono impugnare le decisioni della Sezione disciplinare nei termini e con le forme previste dal codice di procedura penale, dinanzi alle Sezioni unite civili della Corte di cassazione (art. 24); inoltre, la sentenza divenuta irrevocabile è soggetta a revisione (art. 25).
Il terzo comma del nuovo art. 105 Cost. delinea la composizione dell’Alta Corte.
La norma prevede che l’Alta Corte sia composta di quindici giudici di cui:
- 3 giudici sono nominati dal Presidente della Repubblica tra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati con almeno venti anni di esercizio;
- 3 giudici sono estratti a sorte da un elenco di professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati con almeno venti anni di esercizio che il Parlamento in seduta comune, entro sei mesi dall’insediamento, compila mediante elezione, senza sia stabilita direttamente in Costituzione una maggioranza qualificata a tal fine;
- 6 giudici sono estratti a sorte tra i magistrati giudicanti con almeno venti anni di esercizio delle funzioni giudiziarie e che svolgono o hanno svolto funzioni di legittimità;
- 3 giudici sono estratti a sorte tra i magistrati requirenti con almeno venti anni di esercizio delle funzioni giudiziarie e che svolgono o hanno svolto funzioni di legittimità.
Nella composizione dell’organo la disposizione prevede, pertanto, la prevalenza della componente togata, rappresentata esclusivamente da magistrati che svolgono o abbiano svolto funzioni di legittimità. La vigente disciplina (art. 4 della legge 4 marzo 1958, n. 195, come modificato dall’art. 23 della legge 17 giugno 2022, n. 71) prevede, invece, che tra i componenti effettivi e supplenti della Sezione disciplinare del CSM vi sia un determinato numero di magistrati che esercitino le proprie funzioni presso gli uffici di merito (si veda, in proposito, l’apposito riquadro supra).
Nello stabilire il predetto sistema di elezione mediante sorteggio dei componenti “laici” estratti dall’elenco compilato dal Parlamento e dei componenti “togati”, la disposizione non individua espressamente l’organo nella cui sfera di attribuzioni ricada il potere di elezione medesimo.
I requisiti di cui devono essere in possesso i componenti che sono sorteggiati dall’elenco compilato dal Parlamento in seduta comune sono i medesimi attualmente previsti per l’elezione a giudice costituzionale dal secondo comma dell’art. 135 Cost.
Dal punto di vista della formulazione della disposizione, considerato che la Costituzione non prevede un termine per l’insediamento del Parlamento in seduta comune, potrebbe valutarsi l’opportunità di sostituire il riferimento all’”insediamento” dell’organo con “la prima riunione delle Camere”.
Si segnala, inoltre, che la disposizione medesima non indica la cadenza con la quale il Parlamento in seduta comune compila mediante elezione l’elenco dei soggetti che sono sorteggiati a far parte dei Consigli superiori.
II quarto comma del nuovo articolo 105 Cost. precisa che il presidente dell’Alta Corte viene eletto tra i componenti nominati dal Presidente della Repubblica e tra quelli estratti a sorte dall’elenco formato dal Parlamento in seduta comune, mentre il quinto comma prevede la durata in carica di quattro anni per i membri della Corte, specificando che l’incarico non può essere rinnovato.
Potrebbe valutarsi l’opportunità di specificare se il divieto di ricoprire l’incarico medesimo sia assoluto o si riferisca esclusivamente all’impossibilità di essere preposto allo stesso incarico nel solo periodo quadriennale immediatamente successivo a quello in scadenza, potendo quindi partecipare alle successive elezioni.
Il sesto comma del nuovo articolo 106 Cost. enumera diverse cause di incompatibilità tra l’ufficio di giudice dell’Alta Corte e altri incarichi.
Nel dettaglio, non possono rivestire il ruolo di giudici dell’Alta Corte membri:
§ del Parlamento;
§ del Parlamento europeo;
§ di un Consiglio regionale;
§ del Governo.
L’ufficio è altresì incompatibile con l’esercizio della professione di avvocato e con ogni altra carica e ufficio indicati dalla legge.
Per quanto riguarda il procedimento disciplinare, il settimo comma del nuovo articolo 105 Cost. delinea un duplice grado di giudizio, stabilendo che le sentenze adottate in prima istanza dall’Alta Corte sono impugnabili, anche per motivi di merito (id est per motivi di legittimità e di merito), soltanto dinanzi alla stessa Alta Corte. La disposizione specifica che al giudizio di impugnazione non possano partecipare i componenti che hanno concorso a pronunciare la decisione in prima istanza.
Sul punto si ricorda che la Corte costituzionale con sentenza n. 262 del 2003 ha ritenuto costituzionalmente illegittimo l'art. 4 della legge n. 195 del 1958, come modificato dall'art. 2 della legge n. 44 del 2002, nella parte in cui non prevede l'elezione da parte del Consiglio Superiore della Magistratura di ulteriori membri supplenti della Sezione disciplinare, in modo da consentire la costituzione, per numero e categoria di appartenenza, di un collegio giudicante diverso da quello che abbia pronunciato una decisione successivamente annullata con rinvio dalle Sezioni unite della Cassazione.
In ordine al regime di impugnazione delle sentenze pronunciate dall’Alta Corte, potrebbe valutarsi l’opportunità di coordinare tale previsione con l’articolo 111, comma settimo, della Costituzione, che prevede che contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in cassazione per violazione di legge.
L’ottavo comma del nuovo articolo 105 Cost. riserva, infine, alla legge ordinaria il compito di determinare gli illeciti disciplinari, le relative sanzioni, la composizione dei collegi e le forme del procedimento disciplinare, nonché di dettare le norme necessarie ad assicurare il funzionamento dell’Alta Corte, in modo che nel collegio siano rappresentati i magistrati giudicanti e i magistrati requirenti.
Articolo 5
(Modifiche all’art. 106 Cost.)
Costituzione |
|
Testo vigente |
Testo modificato |
Art. 106 |
Art. 106 |
Le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso. |
Identico |
La legge sull'ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli. |
Identico |
Su designazione del Consiglio superiore della magistratura possono essere chiamati all'ufficio di consiglieri di cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che abbiano quindici anni d'esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori. |
Su designazione del Consiglio superiore della magistratura giudicante possono essere chiamati all'ufficio di consiglieri di cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche, magistrati appartenenti alla magistratura requirente con almeno quindici anni di esercizio delle funzioni e avvocati che abbiano quindici anni d'esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori. |
L’articolo 5 del disegno di legge interviene sull’art. 106, terzo comma, Cost., apportandovi alcune modifiche consequenziali all’introduzione di carriere separate tra magistratura giudicante e magistratura requirente.
L’art. 106, primo comma, Cost. stabilisce il principio secondo cui la nomina a magistrato avviene normalmente per concorso. L’unica eccezione a tale regola è contemplata al secondo comma del medesimo articolo, in base alla quale la nomina di magistrati onorari, anche tramite elezione, è possibile qualora espressamente prevista dalla legge sull'ordinamento giudiziario. Ai magistrati onorari possono essere attribuite tutte le funzioni previste per i giudici singoli.
Con riferimento alla nomina dei magistrati tramite concorso, prevista dal primo comma dell’articolo 106 Cost., il disegno di legge in esame, a differenza della proposta di legge abbinata di iniziativa parlamentare (su cui vedi infra), non dispone espressamente circa la necessità di prevedere concorsi separati.
In merito alle modifiche apportate dall’articolo in commento, preliminarmente si ricorda che nella sua attuale formulazione il terzo comma dell’art. 106 Cost., oggetto di modifica da parte dell’articolo in commento, consente ai soggetti estranei alla magistratura, cui siano riconosciuti meriti insigni, la possibilità di ricoprire l’incarico di consigliere di cassazione.
Nello specifico si tratta di:
· professori ordinari di università in materie giuridiche;
· avvocati che abbiano quindici anni d'esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori.
La designazione è demandata, in omaggio al principio di autonomia della magistratura, al Consiglio superiore della magistratura.
La nomina di professori universitari e avvocati a consiglieri di Cassazione in attuazione dell’art. 106, terzo comma, Cost. è disciplinata dalla legge n. 303 del 1998.
I professori ordinari di università in materie giuridiche e gli avvocati con almeno quindici anni di esercizio sono chiamati, per meriti insigni, all’ufficio di consigliere di cassazione in numero non superiore a un decimo dei posti previsti nell’organico complessivo della Corte. Entro tale limite è riservato alle nomine ex art. 106, terzo comma, Cost. un quarto dei posti messi a concorso dal Consiglio superiore della magistratura (art. 1, primo comma).
La nomina è conferita con decreto del Presidente della Repubblica, su designazione del Consiglio superiore della magistratura (art. 1, secondo comma), e i magistrati in tal modo nominati possono essere destinati esclusivamente alle funzioni giudicanti nell’ambito della Corte di cassazione (art. 4).
In virtù dell’istituzione di due distinti Consigli, uno per la magistratura giudicante e uno per la magistratura requirente, si specifica che la designazione a consigliere di cassazione avvenga su designazione del Consiglio superiore della magistratura giudicante. (comma 1, lett. a)),
Inoltre, si prevede che anche i magistrati appartenenti alla magistratura requirente con almeno quindici anni di esercizio delle funzioni possano essere designati dal Consiglio superiore della magistratura giudicante all'ufficio di consiglieri di cassazione per meriti insigni. (comma 1, lett. b)).
Nella relazione illustrativa si sottolinea che scopo dell’intervento è quello “di confermare l'assoluta autonomia della carriera dei magistrati requirenti rispetto a quella dei giudicanti, prevedendo, di conseguenza, anche per i primi, analogamente alle altre professioni indicate nella norma, la possibilità di essere ammessi, in via straordinaria, alla funzione giudicante di legittimità”.
Articolo 6
(Modifica all’art. 107 Cost.)
Costituzione |
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Testo vigente |
Testo modificato |
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Art. 107 |
Art. 107 |
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I magistrati sono inamovibili. Non possono essere dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del Consiglio superiore della magistratura, adottata o per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall'ordinamento giudiziario o con il loro consenso. |
I magistrati sono inamovibili. Non possono essere dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del rispettivo Consiglio superiore della magistratura, adottata o per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall'ordinamento giudiziario o con il loro consenso. |
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Il Ministro della giustizia ha facoltà di promuovere l'azione disciplinare. |
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I magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni. |
Identici |
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Il pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull'ordinamento giudiziario. |
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L’articolo 6 del disegno di legge reca una modifica di coordinamento all’art. 107, primo comma, Cost.
L’art. 107, primo comma, Cost. sancisce il principio dell’inamovibilità dei magistrati, stabilendo che essi non possono essere sospesi o dispensati né destinati ad altre sedi e funzioni se non in seguito a decisione del Consiglio superiore della magistratura, adottata per i motivi e con le garanzie di difesa previsti dall’ordinamento giudiziario o con il loro consenso.
In particolare, la disposizione in commento, in considerazione dell’istituzione dei due distinti Consigli superiori della magistratura requirente e giudicante, sostituisce il riferimento ivi recato al Consiglio superiore della magistratura con il riferimento al rispettivo Consiglio.
Articolo 7
(Modifica all’art. 110 Cost.)
Costituzione |
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Testo vigente |
Testo modificato |
Art. 110 |
Art. 110 |
Ferme le competenze del Consiglio superiore della magistratura, spettano al Ministro della giustizia l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia. |
Ferme le competenze di ciascun Consiglio superiore della magistratura, spettano al Ministro della giustizia l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia. |
L’articolo 7 del disegno di legge reca una modifica di coordinamento all’art. 110, Cost.
In particolare, la disposizione in commento, in considerazione dell’istituzione dei due distinti Consigli superiori della magistratura requirente e giudicante, sostituisce il riferimento al Consiglio superiore della magistratura con il riferimento a ciascun Consiglio superiore della magistratura in ordine alle competenze del Ministro della giustizia.
Le funzioni di vigilanza e sorveglianza del Ministro della giustizia sono attualmente disciplinate a livello di legislazione ordinaria.
La legge n. 1311 del 1962 ha istituito l’Ispettorato generale presso il Ministero di grazia e giustizia, posto alla diretta dipendenza del Ministro. L’Ispettorato generale è costituito da un magistrato di Corte di cassazione con ufficio direttivo, con le funzioni di capo dell'ispettorato generale; da un magistrato di Corte di cassazione con ufficio direttivo ovvero da un magistrato di Corte di cassazione, con le funzioni di vice capo dell'ispettorato generale; da sette magistrati di Corte di cassazione, con le funzioni di ispettori generali capi; da dodici magistrati di corte d'appello, con le funzioni di ispettori generali
Il capo dell'Ispettorato generale dispone, in conformità delle direttive impartite dal Ministro, di norma ogni triennio, le ispezioni in tutti gli uffici giudiziari allo scopo di accertare se i servizi procedono secondo le leggi, i regolamenti e le istruzioni vigenti. Il Ministro può in ogni tempo, quando lo ritenga opportuno, disporre ispezioni negli uffici giudiziari. Il Ministro può altresì disporre ispezioni parziali negli uffici giudiziari, al fine di accertare la produttività degli stessi nonché l'entità e la tempestività del lavoro di singoli magistrati (cd. verifiche ispettive, previste dall’art. 7).
Il Ministro può avvalersi dell'ispettorato generale per l'esecuzione di inchieste sul personale appartenente all'ordine giudiziario e su qualsiasi altra categoria di personale dipendente dal Ministero (cd. inchieste amministrative, previste dall’art. 12).
L’art. 56 del D.P.R. n. 916/1958, recante attuazione della L. n. 195/1958 sul CSM, prevede che per l'esercizio dell'azione disciplinare, per l'organizzazione del funzionamento dei servizi relativi alla giustizia, nonché per l'esercizio di ogni altra attribuzione riservatagli dalla legge, il Ministro esercita la sorveglianza su tutti gli uffici giudiziari e può richiedere ai capi di corte informazioni sul conto di singoli magistrati.
L’art. 15 del D.Lgs. n. 25/2006 dispone, infine, che i consigli giudiziari, istituiti presso ogni corte di appello e composti da magistrati, esercitano la vigilanza sull'andamento degli uffici giudiziari del distretto e, qualora rilevino l'esistenza di disfunzioni nell'andamento di un ufficio, le segnalano al Ministro della giustizia.
Articolo 8
(Disposizioni transitorie)
L’articolo 8 del disegno di legge reca disposizioni transitorie.
In particolare, il comma 1 prevede che entro un anno dall’entrata in vigore della legge costituzionale siano conseguentemente adeguate le leggi sul Consiglio superiore della magistratura, sull’ordinamento giudiziario e sulla giurisdizione disciplinare.
Non è prevista una puntuale indicazione degli atti legislativi oggetto di adeguamento.
Al riguardo, si segnala, per quanto concerne il Consiglio superiore della magistratura, la legge 14 marzo 1958, n. 195 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura), modificata, da ultimo, dalla legge 17 giugno 2022, n. 71 (Deleghe al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario e per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario militare, nonché disposizioni in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura).
Per quanto concerne l’ordinamento giudiziario si fa riferimento al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni (tra le recenti modifiche di maggiore rilevanza si ricordano quelle introdotte dalla citata legge 71/2022 nonché dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, cd. “riforma Cartabia”).
Appare, inoltre, suscettibile di adeguamento, in considerazione delle modifiche introdotte dall’art. 5 al terzo comma dell’art. 106 Cost., la legge 5 agosto 1998, n. 103 (Nomina di professori universitari e di avvocati all’ufficio di consigliere di cassazione, in attuazione dell’art. 106, terzo comma, della Costituzione).
Per quanto concerne il procedimento disciplinare, esso è regolato attualmente dal decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109 (Disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati, delle relative sanzioni e della procedura per la loro applicabilità, nonché modifica della disciplina in tema di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento di ufficio dei magistrati), di attuazione della legge 25 luglio 2005, n. 150, come modificato dalla legge 24 ottobre 2006, n. 269 (su cui vedi supra).
Il comma 2 prevede che fino all’entrata in vigore dei provvedimenti legislativi di cui al comma 1 continuino a osservarsi, nelle materie ivi indicate, le norme vigenti alla data di entrata in vigore della legge costituzionale.
Il disegno di legge costituzionale di iniziativa parlamentare A.S. 504, recante “Modifica all'articolo 87 e al titolo IV della parte seconda della Costituzione in materia di separazione delle carriere giudicante e requirente della magistratura”, è volta a separare le carriere di giudici e di pubblici ministeri mediante un intervento sul Titolo IV della Costituzione
L’A.S. 504 riproduce integralmente il testo degli A.C. n. 23, n. 434 e n. 824, dichiarati assorbiti in seguito all’approvazione in prima lettura alla Camera dei Deputati dell’A.C. n. 1917, cui erano stati abbinati assieme all’A.C. n. 806.
A loro volta, essi riproducevano integralmente il testo dell’A.C. n. 14 della XVIII legislatura, di iniziativa popolare, esaminato in Commissione affari costituzionali e non approvato entro la fine della menzionata legislatura.
In estrema sintesi, il progetto di riforma prevede:
· due distinti organi di autogoverno della magistratura: uno per la magistratura requirente ed uno per la magistratura giudicante (artt. 1, 2, 3, 4, 5, 6);
· la modifica della composizione dei membri elettivi dei due istituendi CSM rispetto a quello unitario esistente, passando dall’attuale prevalenza numerica della componente togata, corrispondente ai due terzi, alla sua parificazione rispetto a quella laica, di nomina politica (art. 3 e 5);
· la separazione formale dell’ordine giudiziario nelle due categorie della magistratura giudicante e della magistratura requirente con previsione di distinti concorsi per l’accesso in esse (artt. 3 e 7).
Con riguardo alla composizione dei due organi di autogoverno la proposta (artt. 5 e 7) prevede che i membri “togati” siano scelti tra i giudici ordinari con le modalità stabilite dalla legge (e non più eletti dai magistrati ordinari).
Per quanto attiene, invece, alla presidenza degli organi di autogoverno, la proposta conferma l’attribuzione della presidenza dei due organi al Presidente della Repubblica (art. 1).
La proposta prevede, altresì:
· la rimessione alla legge ordinaria dei criteri di scelta dei magistrati costituenti la componente togata dei due organi di autogoverno (artt. 5 e 7);
· la possibilità di nominare, a tutti i livelli della magistratura giudicante, avvocati e professori ordinari universitari di materie giuridiche al di fuori della selezione con pubblico concorso (art. 7);
· la modifica dell’art. 112 della Costituzione, regolante l’obbligatorietà dell’esercizio dell’azione penale, con la previsione di esercizio della stessa nei casi e secondo i modi previsti dalla legge (art. 10).
Il dibattito in Assemblea Costituente sul Titolo IV della Costituzione
La Commissione per la Costituzione propose di intitolare il Titolo IV del progetto di Costituzione “La magistratura”. Nel corso del dibattito che seguì in Assemblea costituente, vi fu chi come Persico e Romano criticò tale dicitura («Magistratura non vuol dire altro che una congregazione di uomini, i quali si distinguono per alcune funzioni e, direi, anche per una loro veste esteriore: la toga e il tocco»[3]) proponendo di sostituirla con “potere giudiziario”. Chiamato ad esprimere il parere della Commissione sugli emendamenti proposti, Ruini affermò: «Il termine proposto nel testo, e cioè “magistratura”, corrisponde, con euritmia e con concretezza, agli altri che designano i vari titoli: Parlamento, Governo, ecc.; e mi sembra dia risalto e debba soddisfare i magistrati. […] Dichiaro subito, relativamente alla proposta “Il potere giudiziario”, che il Comitato sente profondamente ciò che significa la distinzione dei poteri come spirito di tutta la Costituzione. Ma un incasellamento preciso di norme in tal senso non è possibile; avremmo dovuto dire anche: “Il potere legislativo” e “Il potere esecutivo”. Non è, per questa ragione, possibile accettare la proposta dizione. […] Se si vuol mutare “Magistratura” preferiamo si adotti un altro termine “La giustizia”, che è largo e solenne, e che è usato in altre Costituzioni, come la weimariana. È un po’ astratto, ma dà il senso alto della funzione, di cui si tratta nel titolo». L’Assemblea – nonostante alla fine la Commissione avesse optato per l’espressione “La giustizia”, anche per respingere le alternative “potere giudiziario” e “ordine giudiziario” – votò a favore dell’originaria intitolazione “La magistratura”[4].
L’organo di autogoverno della magistratura e la sua composizione
Il tema della creazione dell’organo di autogoverno e del conseguente ruolo nei confronti degli altri poteri dello Stato attribuito al Presidente della Repubblica in qualità di presidente del CSM è ampiamente presente nel dibattito in Assemblea costituente[5]. A coloro che sostenevano l’opportunità di attribuire la presidenza del Consiglio superiore della magistratura al Capo dello Stato, riproducendo un istituto già presente nella costituzione francese dell’epoca – (il Presidente della Repubblica «darà maggior lustro a questo supremo organo del potere giudiziario e, riassumendo in sé la sovranità dello Stato, imprimerà al Consiglio superiore l’aspetto, non di un organo proprio ed esclusivo della magistratura, ma di un organo che presieda al potere giudiziario in nome di tutto il popolo italiano»[6]), si opposero coloro che ritenevano questa funzione del Presidente della Repubblica incompatibile con la sua irresponsabilità[7] ovvero svilente del ruolo del Capo dello Stato («tra le attribuzioni del CSM ci sono anche le assegnazioni ed i trasferimenti di sede. Credete di elevare il prestigio del Presidente della Repubblica per questi atti, che vorrei definire di ordinaria amministrazione o quasi?»[8]).
Una sintesi molto efficace delle valutazioni finali dell’Assemblea costituente è contenuta nelle parole del Presidente della Commissione per la Costituzione, Ruini, il quale dopo aver fatto notare che il tema dell’irresponsabilità avrebbe dovuto essere valutato anche quando l’Assemblea aveva attribuito al Capo dello Stato la presidenza del Consiglio supremo di difesa afferma: «abbiamo considerato il Capo dello Stato come fuori d’ogni potere […]; ma appunto perché egli è al vertice di tutto, interviene nel dare espressione agli atti più eminenti dei vari poteri: promulga le leggi, emana i provvedimenti del Governo di maggior rilievo; non poteva essere estraneo a quello che è comunemente designato per terzo potere. Ci è sembrato che dargli la presidenza del Consiglio superiore della magistratura risponda alle linee generali della Costituzione, mentre dà dignità e risalto al Consiglio Superiore della Magistratura. Quanto al timore che in questa funzione il Presidente della Repubblica esca dalla sua imparzialità e possa compromettersi personalmente, non dobbiamo dimenticare […] che la funzione del Presidente della Repubblica è una funzione di arbitro, di moderatore, di equilibratore; o il Presidente della Repubblica ha il temperamento adatto, ed allora anche come presidente del Consiglio superiore della Magistratura, senza entrare in questioni particolari, saprà svolgere anche qui la sua alta funzione; o non ha quel temperamento, e gli urti avverranno anche negli altri compiti che gli spettano per la Costituzione».
Anche il tema della prevalenza numerica dei togati sui c.d. laici fu ampiamente dibattuto in Assemblea costituente.
Il testo proposto all’Assemblea dalla Commissione per la Costituzione non assicurava la prevalenza nel Consiglio superiore della magistratura dei componenti magistrati: l’art. 97 del progetto prevedeva infatti che il CSM fosse composto per metà di membri togati e per l’altra metà di membri designati dal Parlamento; le vicepresidenze dovevano essere due ed anch’esse attribuite ad un togato (il Primo presidente della Corte di Cassazione) e ad un laico (individuato dal Parlamento); il presidente della Repubblica era posto al vertice dell’organo.
Nel corso del dibattito in Assemblea alcuni sostennero l’originaria formulazione dell’art. 97 e dunque la sostanziale parità tra togati e laici[9]; vi fu però anche chi sostenne come di un autentico autogoverno della magistratura si potesse parlare solo assicurando che il CSM fosse composto di soli magistrati[10]; a questi si contrapposero quanti, nella volontà di non chiudere la magistratura in se stessa, proposero una rappresentanza del potere legislativo che però non fosse numericamente tale da vanificare il concetto di autogoverno e indipendenza della magistratura[11], peraltro con questo aderendo ad una specifica richiesta che era stata fatta all’Assemblea dall’Associazione nazionale magistrati. Prevalse, in particolare, la proposta di Scalfaro di porre sotto la presidenza del Capo dello Stato due terzi di magistrati eletti dalla magistratura e un terzo di non magistrati eletti dal Parlamento[12].
Vi fu anche chi sostenne come fosse sufficiente – come affermato dalla relazione di accompagnamento del disegno di riforma costituzionale in esame - che la prevalenza numerica dei togati fosse assicurata dalla presenza di membri di diritto provenienti dalla magistratura.
Il reclutamento dei magistrati
In Assemblea costituente, sin dai lavori della Commissione per la Costituzione, emergono la netta preferenza per il sistema di reclutamento concorsuale della magistratura e soprattutto le forti perplessità per il sistema elettivo, al più consentendo che la legge sull'ordinamento giudiziario potesse prevedere l'elezione dei giudici onorari, quelli destinati ad amministrare la giustizia così detta minore (all'epoca i conciliatori)[13]. L'art. 98 del Progetto di Costituzione, approvato dall'Adunanza plenaria della Commissione[14], stabilisce la regola del concorso per i magistrati ordinari e attribuisce al Consiglio superiore la competenza sia a nominare magistrati onorari per le funzioni dei giudici singoli, senza prevedere la possibilità del reclutamento elettivo, sia a designare avvocati e professori ordinari di materie giuridiche all'ufficio di consigliere di Cassazione, senza menzionare il requisito dei «meriti insigni».
Il successivo dibattito in Assemblea sull'accesso in magistratura ordinaria tocca due temi: il reclutamento elettivo e le funzioni onorarie (oltre a quello dell’ammissione delle donne). Sul primo punto è ribadita la ferma contrarietà all'elezione quale metodo di reclutamento di tutti i magistrati, confermata dalla reiezione dell'emendamento secondo cui i magistrati sarebbero nominati «in base al risultato delle elezioni nei casi e secondo i modi stabiliti dalla legge»[15]. D'altra parte, sebbene riaffiorino dubbi, l'Assemblea finisce con l'approvare la norma che conserva la categoria dei magistrati onorari, limitandone la competenza alle cause di minor importanza (tale è il significato attribuito, nel corso del dibattito, al riferimento alle funzioni dei giudici singoli) e aggiungendo la previsione dell'eventuale reclutamento elettivo. L'idea non è certamente di dare vita ad una forma di partecipazione popolare alla giustizia, bensì di individuare il meccanismo (non concorsuale) più idoneo ad assicurare l'indipendenza (dall'Esecutivo) anche dei magistrati così detti inferiori[16].
In sintesi, dall'esame dei lavori preparatori emerge la sicura indicazione a favore di un ordinamento giudiziario incentrato sul modello burocratico di magistrato, nominato per concorso in ragione della sua competenza tecnica, in coerenza con le idee di Calamandrei, il cui progetto è matrice della norma alla fine approvata; l'eventualità dell'elezione unicamente per chi esercita in via onoraria la funzione giurisdizionale è giustificata dalla convinzione che siffatto meccanismo di reclutamento possa assicurare anche ai magistrati «minori» un'adeguata indipendenza[17].
Le garanzie di indipendenza della magistratura
Nel dibattito si pose in modo deciso, anche per segnare nettamente la discontinuità con il regime fascista, la questione della garanzia e dell'indipendenza della magistratura dall'esecutivo; si pose però anche il problema di contemperare le guarentigie dell'indipendenza del potere giudiziario, che erano volte a «parificarlo» quanto a posizione a quello legislativo e all'esecutivo, con la necessità di non renderlo un corpo separato dagli altri poteri[18]. Da qui la necessità di menzionare direttamente nella Costituzione il Ministro della giustizia e le sue attribuzioni, rendendolo l'unico fra gli organi governativi, a parte il Presidente del Consiglio e il Consiglio dei ministri, ad assumere rilievo costituzionale.
Il progetto approvato dalla Commissione per la Costituzione menzionava il ministro soltanto in coda all’art. 97, attribuendogli la promozione dell’azione disciplinare (disposizione poi approvata con il secondo comma dell’art. 107).
Nel corso del dibattito, anche per placare i timori di coloro che ipotizzavano che l’autogoverno della magistratura spogliasse di tutte le sue funzioni il Ministro della giustizia[19], si avanzò l’idea di un autonomo articolo dedicato alle competenze del guardasigilli (art. 97-bis, ora art. 110), da leggere in parallelo alle competenze riconosciute al CSM (art. 97, ora all’art. 105)[20].
Inoltre, anche il dibattito relativo alla questione delle funzioni come unico elemento di distinzione dei magistrati fu assai ampio e vivace: esso fu influenzato dall’esigenza, largamente avvertita in quella sede, di impedire che nell’organizzazione interna dell’ordine giudiziario si perpetuassero sistemi che, attraverso la qualificazione per gradi, riproponessero schemi gerarchici ritenuti lesivi dell’autonomia e dell’indipendenza[21]. La norma è stata inoltre costantemente interpretata come il fondamento della concezione della magistratura come “potere diffuso”: il legislatore costituente, affermando che l’unico criterio distintivo dei magistrati va ricercato nelle funzioni effettivamente esercitate, ha inteso escludere ogni struttura gerarchica all’interno dell’ordine giudiziario, riaffermando così il principio in base al quale il giudice è soggetto soltanto alla legge.
L’esercizio dell’azione penale
L'articolo 112 Cost. è il risultato del dibattito svoltosi in seno all'Assemblea Costituente (seduta antimeridiana del 27 novembre 1947) sull'art. 101, primo comma., del Progetto di Costituzione: «L'azione penale è pubblica. Il Pubblico Ministero ha l'obbligo di esercitarla e non la può mai sospendere o ritardare»[22].
Il nucleo centrale del citato articolo registrò un consenso unanime in Assemblea[23]; l'attenzione dei Costituenti si concentrò, quindi, sulla necessità di sopprimere il carattere pubblico dell'azione penale ed il divieto di sospensioni o ritardi nell'esercizio della stessa. In particolare, Leone osservò come l'obbligatorietà dell'azione penale soddisfacesse «l'ansia politica» del Costituente, mentre il carattere pubblico avrebbe altresì conferito inopportunamente al Pubblico Ministero anche il monopolio dell'azione penale, a detrimento di azioni penali sussidiarie da parte dei privati; quanto all'inciso «e non la può mai sospendere o ritardare», Bettiol e Paolo Rossi si limitarono a considerare come fosse preferibile lasciare al legislatore ordinario di valutare l'opportunità di riconoscere alcune ipotesi, evidentemente marginali, di sospensione dell'azione penale.
Il dibattito parlamentare nelle scorse legislature
Il tema della separazione delle carriere dei magistrati è stato più volte oggetto di dibattito parlamentare.
Si ricordano al riguardo i lavori della Commissione parlamentare per le riforme costituzionali (cd. Commissione D’Alema) istituita nella XIII legislatura con legge costituzionale 24 gennaio 1997, n. 1. In particolare la riforma del titolo IV della parte II della Costituzione rubricato “La Magistratura” è stato oggetto dell’attività del Comitato sul sistema delle garanzie, costituito all’interno della Commissione e presieduto dall’on. Boato[24]. In particolare, la Commissione bicamerale giunse ad approvare un articolato (AC 3931-A/AS 2583-A), basato, in sintesi, sui seguenti principi:
· si accedeva alla magistratura (ordinaria) con un unico concorso e previo tirocinio;
· si era assegnati alle funzioni giudicanti ovvero a quelle requirenti da parte del Consiglio superiore della magistratura a sezioni riunite;
· successivamente a tale assegnazione era consentito il tramutamento delle funzioni solo a seguito di concorso riservato (ai magistrati in servizio) e comunque le funzioni giudicanti penali e quelle del pubblico ministero non possono essere mai svolte nel medesimo distretto;
· il Consiglio superiore della magistratura veniva diviso in due sezioni, per i giudici e i magistrati del pubblico ministero;
· la competenza di ciascuna sezione e delle sezioni riunite era direttamente regolata in Costituzione;
· il rapporto tra componenti togati e laici era fissato in 3 a 2;
· per quanto concerne l’obbligatorietà dell’azione penale, si precisava che il pubblico ministero avvia le indagini quando ha notizia di un reato.
Inoltre, il medesimo articolato prevedeva, all’art. 122, l’istituzione della Corte di giustizia della magistratura, avente competenza per i provvedimenti disciplinari relativi ai magistrati ordinari e amministrativi e ai magistrati del pubblico ministero, nonché quale organo di tutela giurisdizionale in unico grado contro i provvedimenti assunti dai Consigli superiori della magistratura ordinaria e amministrativa.
Si prevedeva che la Corte fosse composta di 9 membri eletti dai Consigli superiori fra i rispettivi componenti, mentre si rimetteva alla legge la disciplina dell’attività della Corte, ivi compresa l’eventuale articolazione in sezioni. Quanto al procedimento disciplinare, l’art. 123 introduceva il principio dell’obbligatorietà dell’azione disciplinare, esercitata da un Procuratore generale eletto dal Senato a maggioranza di tre quinti tra i cittadini aventi i requisiti per la nomina a giudice costituzionale e con mandato di 4 anni non rinnovabile.
Nella XVI legislatura le Commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia della Camera sono state impegnate nell’esame del disegno di legge costituzionale di iniziativa governativa (governo Berlusconi II) AC 4275, che proponeva una complessiva riforma del titolo IV della parte II della Costituzione, relativo alla magistratura. Il disegno di legge non è arrivato all’esame dell’Assemblea della Camera. Uno dei princìpi ispiratori della riforma era l’affermazione di una netta distinzione, nell’ambito della categoria dei magistrati, tra giudici e pubblici ministeri. Corollario di tale distinzione era la separazione delle carriere e una disciplina differenziata della posizione di autonomia e indipendenza del pubblico ministero. Il riconoscimento quale ordine autonomo e indipendente da ogni potere veniva riferito unicamente ai giudici; allo stesso modo, l’esercizio della giurisdizione era limitato ai giudici. Per l’ufficio del pubblico ministero, era previsto che esso fosse organizzato secondo le norme dell’ordinamento giudiziario che ne assicurassero l’autonomia e l’indipendenza.
La possibilità per la legge di prevedere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari veniva estesa ai pubblici ministeri e non più limitata alle funzioni attribuite a giudici singoli. Era inoltre oggetto di modifica il principio dell’esercizio obbligatorio dell’azione penale, con l’attribuzione alla legge della determinazione dei criteri per tale esercizio.
Le attribuzioni del Consiglio superiore della magistratura (CSM) erano ripartite tra 3 diversi organi: il Consiglio superiore della magistratura giudicante al quale erano attribuite le funzioni del CSM relative allo status dei giudici; il Consiglio superiore della magistratura requirente, al quale erano attribuite le funzioni del CSM relative allo status dei pubblici ministeri; la Corte di disciplina della magistratura giudicante e requirente, cui spettava la funzione disciplinare relativamente a tutti i magistrati. Nei due Consigli superiori il rapporto tra il numero dei membri “togati” (eletti dai giudici) ed il numero membri “laici” (eletti dal Parlamento) era di parità, in luogo dell’attuale rapporto di 2/3 di membri togati e 1/3 di membri laici. Inoltre, i membri togati erano eletti previo sorteggio degli eleggibili. I Consigli non potevano adottare atti di indirizzo politico, né esercitare funzioni diverse da quelle previste dalla Costituzione. Era poi introdotta una deroga al principio di inamovibilità dei magistrati, con la previsione che i Consigli superiori possano destinare i magistrati ad altre sedi, in caso di eccezionali esigenze, individuate dalla legge, attinenti all’organizzazione e al funzionamento dei servizi relativi alla giustizia.
Per un approfondimento delle tematiche in oggetto, si rinvia alla documentazione prodotta in occasione dell’esame AC 4275 (XVI legislatura).
Si ricorda che in occasione dell’esame del richiamato A.C. 4275, di riforma del titolo IV della parte II della Costituzione, le Commissioni riunite I e II della Camera hanno svolto un’indagine conoscitiva, nel corso della quale le Commissioni hanno proceduto alle audizioni di esponenti delle istituzioni interessate dalla riforma, di rappresentanti di associazioni che operano nell'ambito della giustizia, quali quelle dei magistrati e degli avvocati, nonché di esperti della materia quali, ad esempio, i professori universitari.
Da ultimo, nella XVIII legislatura è stato presentato il testo dell’A.C. 14, di iniziativa popolare, recante norme per l'attuazione della separazione delle carriere giudicante e requirente della magistratura.
In particolare, la proposta incideva sull’ordinamento giudiziario e sulla carriera dei magistrati (prevedendo due distinti concorsi per l’accesso alle due carriere separate); modificava struttura, composizione e funzioni dei due distinti organi di governo della magistratura (uno per quella requirente, l’altro per quella giudicante); incideva sulle modalità di esercizio dell’azione penale di cui all’articolo 112 della Costituzione.
Come ricordato in premessa, l’A.C. 14 è stato esaminato dalla Commissione affari costituzionali a partire dal 20 febbraio 2019. Nella seduta del 23 luglio 2020 la Commissione ne ha concluso l’esame, senza aver proceduto né alla votazione degli emendamenti né al conferimento del mandato al relatore.
L’Assemblea, nella seduta del 30 luglio 2020, ha deliberato il rinvio del provvedimento in Commissione. La Commissione ha esaminato nuovamente il provvedimento nelle sedute del 15 e del 22 settembre 2021. L’esame non ha avuto, quindi, ulteriore seguito a livello parlamentare.
Nell’ambito dell’esame, in sede referente, del richiamato A.C. 14, la Commissione Affari costituzionali della Camera ha proceduto a svolgere un ciclo di audizioni che ha coinvolto rappresentanti del comitato promotore della proposta di legge di iniziativa popolare, di diversi organismi forensi e professori universitari.
L’organizzazione della magistratura in alcuni ordinamenti giuridici europei
(A cura del Servizio Biblioteca della Camera – legislazione straniera. Appunti n. 11 del 2 luglio 2024)
FRANCIA
In Francia la normativa relativa al reclutamento, alla progressione di carriera e alle funzioni dei magistrati è contenuta nell’Ordonnance n. 58-1270 du 22 novembre 1958 portant loi organique relative au statut de la magistrature (anche denominata Statut de la magistrature). L’art. 1 dell’ordinanza stabilisce che il corpo giudiziario è unico e comprende sia i magistrati di siège (magistratura giudicante), sia quelli di parquet (magistratura requirente) con l’espressa previsione che “tout magistrat a vocation à etre nommé, au cours de sa carrière, à des fonctions du siège et du parquet”.
Le modalità di formazione e reclutamento sono identiche per entrambi i rami della magistratura e sono anche frequenti i passaggi di ruolo nel corso della carriera, tuttavia comportano, in ogni caso, un mutamento di status in quanto le garanzie riconosciute alla funzione giudicante sono diverse da quelle riconosciute alla funzione requirente. Soltanto i magistrati giudicanti godono della garanzia della inamovibilità (art. 64 Cost.) e non possono essere trasferiti senza il loro consenso, neanche in caso di avanzamento di carriera (ordinanza n. 58-1270, art. 4). Diversamente, i pubblici ministeri dipendono dal Ministro della giustizia rispetto al quale sono gerarchicamente subordinati (ordinanza n. 58-1270, art. 5) e rappresentano gli agenti del potere esecutivo presso le giurisdizioni. Il Ministro della giustizia decide discrezionalmente il trasferimento dei magistrati du parquet, di norma quando il magistrato sia rimasto a lungo nella stessa sede.
Inoltre l’art. 28-4 dell’ordinanza n. 58-1270, inserito dall’art. 3 della Loi organique n. 2023-1058 relative à l’ouverture, à la modernisation et à la responsabilité du corps judiciaire prevede che nessuno possa essere nominato per esercitare una delle funzioni menzionate nell’art. 28-3 (ad esempio quella di juge des libertés et de la détention) in una giurisdizione nella quale ha esercitato le stesse funzioni per più di dieci anni prima della scadenza di un periodo di cinque anni a decorrere dalla cessazione delle sue funzioni all’interno di questa giurisdizione. Nessuno può inoltre essere nominato ad esercitare una delle funzioni di magistrato in un tribunale in cui ha esercitato le funzioni di Pubblico ministero prima della scadenza di un periodo di cinque anni dalla cessazione delle sue funzioni in tale giurisdizione. Parimenti, nessuno può essere nominato ad esercitare una delle funzioni di Pubblico ministero in una giurisdizione in cui ha esercitato le funzioni di magistrato prima della scadenza di un periodo di cinque anni dalla cessazione delle sue funzioni in tale giurisdizione.
La gerarchia della magistratura francese si compone, fino al 31 dicembre 2025, di due gradi. Il secondo grado, il più basso, corrisponde ad incarichi di inizio della carriera, mentre si accede al primo grado solo dopo un certo numero di anni. In cima alla gerarchia esiste poi, sempre fino al 31 dicembre 2025, una categoria superiore in cui sono inquadrati i magistrati collocati “fuori gerarchia” (magistrats hors hiérarchie) che ricoprono le cariche più elevate della magistratura (ad es. magistrato della Corte di Cassazione, Primo Presidente e Procuratore Generale di Corte d’Appello). Il passaggio dal secondo al primo grado avviene all’interno di un complessivo régime d’avancement. Per entrambi i rami della magistratura (ordinanza n. 58-1270, artt. 27 e ss.) l’avancement avviene per anzianità e tramite iscrizione ad una lista di avanzamento (tableau d’avancement). La formazione della lista, elaborata annualmente, spetta alla Commission d’avancement, che è unica per i magistrati del siège e del parquet (ordinanza n. 58-1270, artt. 34 e 36). La Commission valuta le note attribuite ai magistrati dai loro superiori gerarchici, attraverso una procedura che permette ai singoli magistrati di discutere ed eventualmente criticare la valutazione che li riguarda. La trasparenza della lista è assicurata mediante la sua affissione presso gli uffici giudiziari. Le promozioni dal secondo al primo grado sono formalizzate con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Guardasigilli, previo parere del Conseil supérieur de la magistrature, vincolante per i magistrati di siège, non vincolante per quelli di parquet.
La legge organica del 20 novembre 2023 ha introdotto il principio di una valutazione professionale dei capi dei tribunali e delle giurisdizioni in genere, effettuata da un apposito Comitato di valutazione (Collège d’évaluation) composto da magistrati dell’ordine giudiziario, in attività o onorari, che esercitano o hanno esercitato le funzioni di capi di corte d’appello o di tribunale giudiziario e, per almeno un quarto e meno della metà, da personalità qualificate aventi una competenza specifica in materia di gestione delle risorse umane o di bilancio. I membri del Comitato di valutazione sono nominati dal Ministro della giustizia, previo parere espresso in plenaria dal Consiglio superiore della magistratura. Essi esercitano le loro funzioni in completa indipendenza, dignità, imparzialità, integrità e probità, e non ricevono né sollecitano istruzioni da alcuna autorità. Non possono essere o essere stati, da meno di dieci anni, membri del Parlamento o del Governo, né possono appartenere al Consiglio superiore della magistratura (art. 12-1-1 introdotto dall’art. 2 della loi organique 2023-1058). Inoltre, la stessa legge, con l’introduzione dell’art. 10-3, ha stabilito che i magistrati primi presidenti di Corte d’appello o procuratori generali presso una corte d’appello debbano essere in possesso di una serie di competenze, quali, ad esempio: esperienza pregressa in una o più funzioni di direzione e gestione; capacità di condurre progetti; capacità di condurre e attuare politiche pubbliche giudiziarie di competenza della corte d’appello, in collaborazione con i tribunali di questa giurisdizione. Analoghe attitudini sono richieste anche per i magistrati che presiedono i tribunali giudiziari, i tribunali di primo grado o di appello o i pubblici ministeri. Essi devono avere la capacità di dirigere il tribunale, gestirne l’attività e riferire al Primo presidente della corte d’appello o al Procuratore generale presso la corte d’appello competente.
Al fine di evitare che un magistrato possa “appropriarsi” di una funzione (nel rispetto dei principi di indipendenza ed imparzialità) lo Statut de la magistrature ha fissato alcune limitazioni. La durata dell’esercizio di alcune funzioni nella stessa giurisdizione è soggetta a limiti temporali: esiste, ad esempio, il limite di sette anni per le funzioni di Presidente e di Procuratore della Repubblica di un Tribunale di prima istanza (art. 38-2 dell’ordinanza n. 58-1270). Per converso, al fine di garantire comunque una certa continuità nell’esercizio delle funzioni, a partire dal 31 dicembre 2025, nessuno può essere sollevato dalla carica di Presidente o di Procuratore della Repubblica su sua richiesta se non ha ricoperto tale carica per almeno tre anni. Eccezioni a questa regola possono essere ammesse per motivi personali o familiari, gravi o eccezionali, o nell’interesse del servizio (art. 3 della loi organique 2023- 1058).
La categoria dei magistrati collocati fuori gerarchia sarà soppressa e sostituita da un terzo grado a partire dal 31 dicembre 2025. A decorrere da tale data l’art. 2 dell’ordinanza n. 58-1270, cosi come modificato dalla loi organique 2023-1058, prevede infatti che la gerarchia del corpo giudiziario comprenda tre gradi: il primo (il grado più basso), il secondo e il terzo grado, e che quindi si passi prima dal primo al secondo grado e poi dal secondo al terzo grado.
Il sistema di reclutamento della magistratura francese si caratterizza per la presenza di due distinte modalità di accesso: per concorso o per integrazione diretta. La prima modalità, che può definirsi ordinaria, prevede il superamento di un concorso pubblico, per titoli ed esami, che consente di accedere all’école nationale de la magistrature (ENM). In luogo di un unico concorso pubblico, sono previste tre tipologie di concorso differenti, superate le quali i candidati entrano nella Scuola con il titolo di “uditori di giustizia” (auditeurs de justice). Un primo tipo di concorso, il Concours étudiant, rappresenta la modalità di reclutamento più comune (circa i due terzi dei magistrati), aperto a tutti coloro che abbiano conseguito la laurea in diritto di secondo livello (maîtrise en droit) o un diploma di livello post-laurea (master 1 o master 2), ma anche a laureati in materie non giuridiche, per la maggior parte provenienti da istituti di studi politici, purché godano di determinati requisiti. Un secondo tipo di concorso è destinato ai funzionari della pubblica amministrazione. Un terzo tipo è riservato a professionisti con competenze in campo giuridico che abbiano un’esperienza di 8 anni di attività privata (ordinanza n. 58-1270, art. 17)[25]. A partire dal 31 dicembre 2024, per effetto dell’art. 1 della loi organique 2023-1058, possono accedere al terzo tipo di concorso i laureati con quattro anni di esperienza professionale e, a determinate condizioni, anche chi ha svolto un dottorato di ricerca. Il periodo di formazione iniziale presso la Scuola della magistratura, che ha sede a Bordeaux, dura complessivamente circa 31 mesi ed è articolato in corsi teorici, pratici e in stages di specializzazione. Nel periodo di formazione presso la Scuola della magistratura gli allievi devono sostenere alcune prove, in base alle quali, al termine del corso, sono inseriti in una graduatoria. Successivamente, ottengono la nomina a magistrato di secondo grado (di primo grado a partire dal 31 dicembre 2025) con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Guardasigilli (ordinanza n. 58-1270, art. 26).
La seconda modalità di reclutamento, cosiddetta “laterale” – che è eccezionale - permette di integrare direttamente nel corpo giudiziario alcuni soggetti, tra cui, ad esempio, i cancellieri capo con una certa esperienza (directeurs des services de greffe judiciaires) di cui all’art. 23 dell’ordinanza n-58-1270. Questa modalità di reclutamento cesserà a partire dal 31 dicembre 2024 per effetto di quanto previsto dall’art. 1 della loi organique 2023-1058, il quale dispone che verranno organizzati, a partire da tale data, concorsi professionali per magistrati di primo e secondo grado. È infine previsto, a titolo sperimentale e fino alla fine del 2026, un concorso speciale riservato agli studenti dei corsi “Prépas Talents” (art. 13 della loi organique 2023-1058).
Il Consiglio superiore della magistratura
Il Conseil supérieur de la magistrature (CSM)[26], che costituisce l’organo di autogoverno della magistratura, si compone di due formazioni distinte: una competente nei confronti dei magistrati del siège (magistrati giudicanti), l’altra nei confronti dei magistrati del parquet (procuratori). La composizione e le competenze del CSM sono disciplinate dall’art. 65 della Costituzione, completamente riscritto dall’art. 31 della Legge costituzionale n. 2008-724 del 23 luglio 2008 di modernizzazione delle istituzioni della V Repubblica. Con tale riforma, accanto alle due formazioni del CSM, è stata data rilevanza costituzionale ad una sua terza composizione - la formazione plenaria - ed è stata inoltre abrogata la norma che attribuiva al Capo dello Stato la presidenza dell’organo e al Ministro della giustizia la vicepresidenza. In base al nuovo art. 65 Cost., il Primo Presidente della Corte di Cassazione presiede la sezione del CSM competente per il siège, mentre la sezione competente per il parquet è presieduta dal Procuratore generale presso la Corte di Cassazione. La riforma è intervenuta, in particolare, anche sulla composizione del CSM, di cui fanno parte 15 membri per ognuna delle due formazioni. Il nuovo art. 65 Cost. dispone, infatti, che il Presidente della Repubblica e i presidenti dell’Assemblea nazionale e del Senato nominino ciascuno due membri del CSM, operando la scelta tra personalità non appartenenti né al Parlamento né all'ordine giudiziario (in totale 6 personalità). Del CSM fanno parte anche un consigliere di Stato designato dal Consiglio di Stato e un avvocato. Infine, la magistratura viene rappresentata in seno ad ogni composizione specifica del CSM da sette magistrati, compresi i presidenti delle due formazioni. Per la sezione dei magistrati giudicanti cinque appartengono al siège e uno al parquet, per la sezione dei procuratori cinque sono del parquet e uno del siège. Alla formazione competente per i magistrati giudicanti del CSM spettano le proposte di nomina alla Corte di Cassazione, alle cariche di Primo Presidente della Corte d’appello e di Presidente di Tribunal de grande instance (tribunale civile). Per la nomina degli altri magistrati del siège, proposte dal Guardasigilli, è richiesto un suo parere vincolante. In merito alle nomine dei magistrati del parquet, la formazione competente emette un parere non vincolante per il Ministro della giustizia, che ha libera scelta per la designazione.
Alle riunioni plenarie del CSM partecipano, oltre ai membri non appartenenti alla magistratura, tre dei cinque membri del siège e tre dei cinque del parquet. Le riunioni plenarie, presiedute dal Primo Presidente della Corte di Cassazione, sono convocate, in primo luogo, per emettere i pareri sollecitati dal Presidente della Repubblica ai sensi dell’art. 64 Cost. e anche per pronunciarsi in merito alle questioni relative alla deontologia dei magistrati e al funzionamento della giustizia su richiesta del Guardasigilli. Quest’ultimo può partecipare alle sedute plenarie e a quelle delle singole formazioni, ad esclusione di quelle dedicate a questioni disciplinari.
Il nuovo art. 65 Cost. prevede, inoltre, la possibilità di ricorso al CSM, offerta alle parti di un processo che ritengano lesi i propri diritti a causa di un malfunzionamento della giustizia. La norma costituzionale rinvia poi ad una legge organica per la definizione dei filtri appropriati e delle regole procedurali (Loi organique n. 2010-830 du 22 juillet 2010 relative à l’application de l’article 65 de la Constitution).
Responsabilità disciplinare dei magistrati
Le norme relative al regime disciplinare dei magistrati sono contenute negli artt. 43-66, Capitolo VII (“Disciplina”) dell’Ordonnance n. 58-1270, da ultimo modificata dalla più volte menzionata Loi organique n. 2023-1058. Gli obblighi deontologici di un magistrato sono tuttavia enunciati non solo nello Statut de la magistrature, ma anche in determinate disposizioni contenute in alcuni codici, in parte deducibili dalla giurisprudenza disciplinare del CSM.
Lo statut de la magistrature reca innanzitutto una definizione di illecito disciplinare (faute disciplinaire) con riferimento al mancato rispetto da parte dei magistrati di alcuni doveri: “Tout manquement par un magistrat à l’indépendance, à l’impartialité, à l'intégrité, à la probité, à la loyauté, à la conscience professionnelle, à l'honneur, à la dignité, à la délicatesse, à la réserve et à la discrétion ou aux devoirs de son état constitue une faute disciplinaire” (ordinanza n. 58-1270, art. 43). Nell’ordinanza in oggetto, tuttavia, sono definiti altri obblighi deontologici dei magistrati, la cui non osservanza costituisce un illecito disciplinare. La legge impone ai magistrati l’obbligo di pronunciare un giuramento in occasione della prima nomina. Il magistrato giura “de remplir mes fonctions avec indépendance, impartialité et humanité, de me comporter en tout comme un magistrat digne, intègre et loyal et de respecter le secret professionnel et celui des délibérations” (ordinanza n. 58-1270, art. 6).
Il magistrato è sottoposto ad un regime di incompatibilità in base al quale, ad esempio, gli è impedito: l’esercizio di ogni funzione pubblica e di ogni altra attività professionale o retribuita, salvo eccezioni; l’esercizio di un mandato pubblico elettivo; la nomina a magistrato in un tribunale nel quale abbia esercitato da meno di cinque anni la professione di avvocato, notaio o commissario di giustizia (ordinanza n. 58-1270, artt. 8, 9, 9-1, 32). Lo Statut de la magistrature dispone anche che ogni membro del corpo giudiziario non possa formulare deliberazioni politiche, non possa manifestare ostilità al principio o alla forma di Governo della Repubblica francese, né compiere alcuna dimostrazione di natura politica. Al magistrato è inoltre impedita ogni azione volta ad arrestare od ostacolare il funzionamento delle giurisdizioni (ordinanza n. 58-1270, art. 10 nella versione che avrà validità a partire dal 31 dicembre 2024 a seguito delle modifiche introdotte dalla loi organique n. 2023-1058). È inoltre stabilito un dovere di riservatezza per i magistrati onorari (ordinanza n. 58-1270, art. 79). Alcune disposizioni del Code de l’organisation judiciaire (artt. L 111-5-L111-6) e del Code de procédure civile (art. 341) impongono infine al giudice un dovere di imparzialità.
A partire dal 1980, riscontrata la mancanza di una presentazione chiara ed ordinata, all’interno dello Statut de la magistrature, dei diversi doveri deontologici dei magistrati, il CSM ha costruito la propria giurisprudenza disciplinare in un’ottica pedagogica, volta a sensibilizzare i magistrati riguardo ai principi statutari che sono chiamati ad osservare[27]. Tra i principi deontologici richiamati con maggiore vigore si segnalano: i doveri di imparzialità e di indipendenza; il dovere di riservatezza; il dovere di legalità; le esigenze di delicatezza, di dignità e di onore; il dovere di lealtà e di probità. Nel 2005 il CSM aveva elaborato una “Recueil des décisions disciplinaires du Conseil supérieur de la magistrature de 1959 à 2005”, allo scopo di permettere alle parti in giudizio non solo di conoscere le condizioni poste dal CSM per un esercizio imparziale della giustizia, ma anche di chiarire ai magistrati i loro doveri fondamentali. In seguito alla riforma costituzionale del 2008, che ha aperto alle parti in giudizio la possibilità di adire il CSM qualora riscontrino una lesione dei propri diritti durante un procedimento, è stato stabilito di aggiornare tale Raccolta, con le nuove pronunce del CSM in materia. La nuova Recueil des décisions et avis disciplinaires è divenuta quindi una base dati costantemente aggiornata e dotata di un motore di ricerca. Per ogni decisione e parere viene elaborata una breve sintesi per agevolare il lettore nella comprensione delle circostanze in cui è maturata la decisione di irrogare una sanzione disciplinare. Con l’art. 18 della Loi organique n. 2007-287 du 5 mars 2007 relative au recrutement, à la formation et à la responsabilité des magistrats il legislatore ha conferito al CSM l’incarico di “elaborare e rendere pubblica una raccolta degli obblighi deontologici dei magistrati”. Il CSM, dopo aver coinvolto in merito l’Institut des hautes études sur la justice (IHEJ) e singoli magistrati, ha pubblicato nel giugno 2010 e nel gennaio 2019 la Recueil des obligations déontologiques des magistrats. Tale Raccolta ha un mero valore di “guida” di comportamento per i magistrati, non costituendo un codice di disciplina, poiché soltanto la non osservanza di obblighi statutari può determinare l’irrogazione di sanzioni disciplinari a loro carico.
Gli organi coinvolti nell’esercizio del potere disciplinare nei confronti dei magistrati sono il CSM e il Ministro della giustizia. È previsto un regime disciplinare differenziato per i magistrats du siège, la cui inamovibilità è garantita dall’art. 64 Cost., e i magistrats du parquet, legati da un vincolo di subordinazione gerarchica nei confronti del Ministro della giustizia.
a) I magistrats du siège
Il potere disciplinare nei confronti di tali giudici è esercitato dal Consiglio Superiore della Magistratura, riunito sotto la presidenza del Primo Presidente della Corte di Cassazione nella formazione competente per i magistrats du siège. Quando delibera come Conseil de discipline, il CSM assume un carattere giurisdizionale. Nell’esercizio del potere disciplinare il CSM può interdire al magistrato incriminato, anche prima che gli sia notificato il procedimento a suo carico, l’esercizio delle sue funzioni fino alla decisione definitiva. La decisione di interdizione temporanea non può essere resa pubblica e non comporta privazione del diritto al trattamento economico (art. 51, ordinanza n. 58-1270). Tuttavia, il CSM non possiede l’iniziativa dell’azione disciplinare, che è attribuita al Guardasigilli, così come, dopo la riforma dell’ordinamento giudiziario del 2001 (Loi organique n. 2001-539 du 25 juin 2001), ai Primi Presidenti di Corte d’appello o ai Presidenti di Tribunale superiore d’appello (art. 50-1 e 50-2, ordinanza n. 58-1270)[28]. Il Ministro della giustizia, nel denunciare l’illecito, motiva anche i provvedimenti disciplinari e trasmette il fascicolo personale del magistrato sotto inchiesta. Qualora ne ravvisi l’urgenza e previo parere dei capi gerarchici, il Guardasigilli può proporre al CSM di interdire al magistrato sotto inchiesta l’esercizio delle sue funzioni fino alla decisione definitiva sulle sanzioni disciplinari. Tale richiesta può essere anche formulata dai Primi Presidenti di Corte d’appello o dai Presidenti di Tribunale superiore d’appello (art. 50, ordinanza n. 58-1270). In dottrina sono state sollevate alcune critiche riguardanti il potere di iniziativa disciplinare del Ministro della giustizia. È stato infatti rilevato che, attribuendo tale facoltà al Guardasigilli, si consente al rappresentante del potere esecutivo di decidere in prima persona se procedere o meno nei confronti di un membro della magistratura giudicante[29].
Dopo che, con la riforma costituzionale del 2008, è stata stabilita la possibilità di ricorso al CSM per le parti di un processo che ritengano lesi i propri diritti per un malfunzionamento della giustizia, sono state introdotte nell’ordonnance n. 58-1270 le norme relative alle modalità di presentazione di querele nei confronti dei magistrats du siège da parte dei cittadini, nonché le modalità di esame delle stesse (nuovo art. 50-3 dell’ordinanza n. 58-1270). Si stabilisce, in particolare, che adire il CSM non significa chiedere la ricusazione di un magistrato. Viene inoltre disposto che le denunce nei confronti dei magistrati giudicanti sono esaminate da una “Commissione di ammissione delle richieste” (Commission d’admission des requêtes), il cui Presidente può rigettare le querele manifestamente irricevibili. Se la Commissione stabilisce che i fatti denunciati sono suscettibili di sanzione disciplinare, essa rinvia l’esame della denuncia al Conseil de discipline del CSM. Nel caso in cui la querela sia respinta, contro tale decisione di rigetto non è ammesso ricorso.
b) I magistrats du parquet
Il potere disciplinare nei confronti dei pubblici ministeri appartiene al Ministro della giustizia che delibera su parere della formazione del CSM competente per il parquet, presieduta dal Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione (artt. 59, 63, 65 dell’ordinanza n. 58-1270). Dopo la riforma del 2001, l’iniziativa disciplinare spetta, oltre che al Ministro della giustizia, anche ai Procuratori Generali presso le Corti d’appello e ai Procuratori della Repubblica presso i Tribunali superiori d’appello (art. 63, ordinanza n. 58-1270)[30]. Qualora ne ravvisi l’urgenza, e avendo previamente consultato i capi gerarchici e acquisito il parere della sezione del CSM competente per i magistrats du parquet, il Guardasigilli può interdire al magistrato sotto inchiesta l’esercizio delle sue funzioni fino alla decisione definitiva sul procedimento disciplinare. I Procuratori Generali presso le Corti d’appello e i Procuratori della Repubblica presso i Tribunali superiori d’appello possono anche, in casi urgenti, sottoporre la questione alla sezione competente del CSM per un parere sull’opportunità che il Ministro della giustizia imponga l’interdizione dalle funzioni di magistrato (art. 58 -1, ordinanza n. 58-1270)[31].
Diversamente dal Conseil de discipline del CSM competente per i magistrats du siège, che ha carattere giurisdizionale, il CSM riunito nella formazione competente per i magistrats du parquet rappresenta un organo a carattere consultivo, incaricato di formulare un parere motivato al Ministro della giustizia, indicando la sanzione ritenuta più appropriata. La pronuncia della sentenza è di competenza esclusiva del Ministro, il quale non è vincolato al parere del CSM, potendo applicare una sanzione anche più grave di quella proposta da tale organo (artt. 65 e 66, ordinanza n. 58-1270).
Come per i magistrats du siège, anche per i magistrats du parquet la riforma costituzionale del 2008 ha aperto la possibilità di una possibile querela nei loro confronti da parte di cittadini (parti in giudizio) che si ritengano lesi nei propri diritti durante lo svolgimento di un processo. L’ordonnance n. 58-1270 stabilisce, infatti, che ogni parte in giudizio che valuti, nel corso di un procedimento, il comportamento di un magistrato requirente tale da meritare una sanzione disciplinare, può inviare una denuncia al CSM, che sarà poi esaminata dalla “Commissione di ammissione delle richieste” di tale organo, composta da membri della formazione competente per la magistratura requirente. Il Presidente della Commissione può dichiarare la denuncia manifestamente irricevibile. Se la Commissione reputa i fatti denunciati suscettibili di ricevere una sanzione disciplinare, rimanda l’esame della denuncia alla formazione del CSM competente per la disciplina dei procuratori. Nel caso in cui la denuncia venga respinta, contro tale decisione non è ammesso ricorso (art. 63, ordinanza n. 58-1270).
L’art. 45 dell’ordonnance n. 58-1270 prevede nove tipologie di sanzioni disciplinari, di portata crescente, che vanno dal “rimprovero con iscrizione nel fascicolo” alla “revoca con o senza sospensione dei diritti alla pensione”. Le sanzioni disciplinari applicabili ai magistrati sono, nello specifico: il rimprovero con iscrizione nel fascicolo; lo spostamento d’ufficio; la revoca di alcune funzioni, nelle quali il magistrato non può essere nominato per un periodo di durata massima di 5 anni; il divieto di essere nominato o designato nelle funzioni di giudice unico per un periodo di durata massima di dieci anni; l’abbassamento di uno o più livelli; l’esclusione temporanea dalle funzioni per un periodo di durata massima di due anni, con privazione totale o parziale del trattamento economico; la retrocessione di grado; il collocamento in quiescenza d’ufficio o l’autorizzazione a cessare le proprie funzioni qualora il magistrato non abbia diritto ad una pensione d’anzianità; la revoca, con o senza sospensione, dei diritti alla pensione. L’art. 46 dell’ordinanza stabilisce, inoltre, “la regola della non cumulabilità delle sanzioni”, ma dispone anche che ad alcune delle sanzioni elencate nel precedente articolo 45 possa essere associata una pena complementare come, ad esempio, lo spostamento d’ufficio. Ad un magistrato cui è imposto il collocamento in quiescenza d’ufficio, è anche impedito di valersi del titolo di magistrato onorario.
Sono inoltre previste sanzioni disciplinari per i magistrati che abbiano determinato un malfunzionamento del servizio pubblico della giustizia, qualora lo Stato ne sia ritenuto responsabile civilmente in base ad una decisione definitiva di una giurisdizione nazionale o internazionale (art. 48-1, ordinanza n. 58-1270).
Oltre alle sanzioni disciplinari, nello Statut de la magistrature è previsto anche l’ammonimento (avertissement) di cui all’art. 44 dell’ordinanza n.58-1270. La norma prevede che l’ammonimento venga automaticamente cancellato dal fascicolo di un magistrato dopo cinque anni, se durante tale periodo non siano intervenuti un nuovo ammonimento o una sanzione disciplinare.
GERMANIA
In Germania la Legge federale sulla magistratura (Deutsches Richtergesetz - DRiG) dell’8 settembre 1961, nella versione riformulata del 19 aprile 1972 e da ultimo modificata dall’art. 2 della Legge di accelerazione dei procedimenti disciplinari nell’Amministrazione federale e di modifica di altre disposizioni in materia di funzione pubblica (Gesetz zur Beschleunigung von Disziplinarverfahren in der Bundesverwaltung und zur Änderung weiterer dienstrechtlicher Vorschriften - BDVfBG) del 20 dicembre 2023, delinea (§§ da 5a a 5d e § 6) un unico percorso formativo, comune a tutte le professioni legali, che si articola in due fasi: un corso di studi giuridici a livello universitario della durata di quattro anni e un biennio di pratica, assimilato ad un servizio di pubblico impiego a carico del bilancio dello Stato, da svolgersi presso un tribunale regolare in materia civile, un Pubblico ministero o un tribunale penale, un’autorità amministrativa, uno studio legale (anche straniero) o notarile.
La legge federale detta i principi generali e lascia ogni Land libero di definire il contenuto della formazione giuridica, così che questa differisce da un Land all’altro. Dopo l’approvazione della Legge federale dell’11 luglio 2002, recante la riforma della formazione dei giuristi (Gesetz zur Reform der Juristenausbildung) ed in vigore dal 1° luglio 2003, i Länder hanno modificato le proprie leggi relative a tale tipo di formazione (Juristenausbildungsgesetze) in precedenza essenzialmente incentrata sulla preparazione alla funzione di giudice. Poiché, tuttavia, circa il 90% degli studenti di diritto sceglie poi di esercitare la professione di avvocato, la formazione è stata ridisegnata nel senso di conferire maggiore importanza alla preparazione all’esercizio di tale professione e alla relativa specializzazione.
Al termine della prima fase, il laureato in legge non può ancora esercitare alcuna professione giuridica. Il superamento del primo esame (erste juristiche Prüfung), infatti, dà diritto al titolo di “referendario” (Referendar) e permette l’accesso alla seconda fase della formazione (Vorbereitungsdienst) più comunemente nota come Referendariat: un periodo di praticantato che dura due anni, durante i quali gli studenti, remunerati dal Land, seguono corsi teorici e tirocini pratici, alcuni dei quali obbligatori e altri facoltativi. La formazione può svolgersi, come si è già detto, presso una giurisdizione civile o penale, presso una procura della Repubblica, una amministrazione pubblica o uno studio legale (articolo 5b DRiG). Il Referendariat termina con un secondo esame di Stato (zweite juristiche Staatsprüfung), c.d. “assessorato”, che conferisce allo studente il titolo di “giurista plenario”. A questo punto è possibile effettuare la scelta di una delle professioni legali. In media, il 10% di quanti superano il secondo esame sceglie la magistratura. Gli esami di Stato possono essere ripetuti una sola volta.
Superato il secondo esame, il giurista che intenda svolgere l’attività di magistrato requirente o giudicante deve presentare domanda di assunzione al Ministero della giustizia del Land nel quale intende esercitare. La scelta tra i giuristi cui affidare l’ufficio di giudice e il procedimento di nomina sono regolati in maniera differente da Land a Land. In alcuni Länder la nomina è effettuata da una commissione: l’art, 98, comma 4, della Legge fondamentale (Grundgesetz – GG) prevede, infatti, che i Länder possono stabilire che il Ministro della giustizia del Land decida in merito alla nomina dei giudici, di concerto con una Commissione per la selezione dei giudici (Richterwahlausschuss) appositamente formata. La composizione di tale commissione differisce da Land a Land e spesso ne fanno parte parlamentari, rappresentanti dei magistrati e anche dell’ordine degli avvocati. In altri Länder il Ministro acquisisce il parere non vincolante del Präsidialrat, organo di rappresentanza dei giudici con compiti consultivi in materia di reclutamento (§ 49 DRiG), mentre, in altri ancora, la scelta è affidata esclusivamente al potere discrezionale del Ministro della giustizia. Un criterio determinante in tutti i Länder è il voto conseguito al secondo esame di Stato e la valutazione delle note di qualifica ottenute durante il Referendariat.
Requisiti indispensabili per diventare magistrato, stabiliti dal § 9 DRiG, sono: la cittadinanza tedesca; la garanzia di tutelare l’ordine liberale e democratico stabilito dalla Legge fondamentale; l’attitudine alla funzione di giudice (conferita dal conseguimento del secondo esame di Stato), nonché la necessaria competenza sociale (soziale Kompetenz). Quest’ultimo requisito, inserito dalla legge di riforma del 2002, è volto a dimostrare maturità ed esperienza di vita da parte del magistrato.
Una volta assunti, i giudici acquisiscono il titolo di “giudici in prova” (Richter auf Probe) per un periodo che va dai 3 ai 5 anni, durante il quale vengono sottoposti a valutazione e in alcuni Länder vengono affiancati da un tutor. Durante il periodo di prova il giudice non è inamovibile (§ 13 DRiG) e può essere destinato a funzioni diverse senza il suo consenso, ciò al fine di sensibilizzare i giovani magistrati alla polivalenza delle funzioni. A tale scopo, nel corso del periodo di prova, ai giovani magistrati vengono affidati alternativamente compiti giudicanti e requirenti. Al termine del periodo di prova, qualora abbiano ottenuto valutazioni positive e una volta acquisito il parere del Präsidialrat, sono nominati magistrati a vita (Richter auf Lebenszeit) dai Ministri della giustizia dei Länder. La prima nomina dei giudici avviene presso le giurisdizioni di primo grado dei rispettivi Länder di appartenenza. È successivamente ammesso, su richiesta, il passaggio ad altra giurisdizione nello stesso Land o in un Land diverso, laddove si sia verificata la disponibilità di posti. Le diverse disponibilità di posti sono periodicamente rese pubbliche e ciascun giudice può presentare domanda, a condizione che abbia la necessaria anzianità di servizio. In alcuni Länder, come nel caso della prima nomina, la decisione è rimessa ad un’apposita commissione di selezione e successivamente ratificata dal Ministro della giustizia del Land; in altri, è direttamente il Ministro a decidere. In entrambi i casi, un parere sull’idoneità del candidato viene previamente espresso dal Präsidialrat. Tale giudizio di idoneità è formulato con riguardo alla pregressa esperienza professionale del candidato ed alle risultanze della valutazione sull’operato di ciascun giudice di carriera espressa ogni quattro anni, fino al compimento del quarantanovesimo anno di età, dai presidenti delle Corti presso cui si è assegnati.
È inoltre ammesso il distacco presso i Ministeri della giustizia, a livello sia federale che regionale, o per l’esercizio di funzioni amministrative presso le Supreme Corti federali o presso la Corte costituzionale federale. La progressione economica è indipendente dalla progressione di carriera.
L’ordinamento consente l’accesso alla magistratura anche a dipendenti pubblici che, oltre al titolo di studio richiesto, abbiano maturato una particolare esperienza amministrativa nei settori in cui aspirano all’esercizio di funzioni giudicanti. Sono nominati come “giudici incaricati” (Richter kraft Auftrags) per un periodo di 2 anni, al termine del quale possono essere nominati giudici a vita o decadere dall’incarico e tornare ad esercitare le funzioni svolte in precedenza. Durante il periodo in cui sono incaricati come giudici, infatti, continuano a mantenere la loro posizione e retribuzione di dipendente pubblico (§§ 13-16 DRiG). Possono inoltre essere nominati giudici anche professori universitari di materie giuridiche, ai quali è consentito mantenere l’incarico accademico e, contemporaneamente, dedicare all’attività giudicante fino ad un terzo della loro attività professionale (§ 7 DRiG). In genere, tuttavia, tali nomine riguardano le giurisdizioni superiori.
In generale, le decisioni relative alle nomine, alle promozioni dei giudici e al controllo del loro operato sono attribuite ad autorità politiche. Sulla nomina dei giudici delle Corti supreme federali decide il Ministro federale competente, in accordo con una Commissione composta dai Ministri competenti dei 16 Länder e da altrettanti membri eletti dal Bundestag (art. 95, comma 2 GG). Sono quindi eletti a scrutinio segreto con la maggioranza dei voti espressi i giudici della Corte federale di Cassazione (Bundesgerichtshof), del Tribunale amministrativo federale (Bundesverwaltungsgericht); della Corte tributaria federale (Bundesfinanzhof), della Corte Sociale federale (Bundessozialgericht) e del Tribunale federale del lavoro (Bundesarbeitsgericht).
Pur in assenza di un organo analogo ai CSM italiano o francese[32], nell’ambito dell’ordinamento giudiziario tedesco operano due organismi rappresentativi interni della magistratura, disciplinati – sia per la composizione sia per i compiti ad essi attribuiti – dai §§ 49-60 DRiG: il già menzionato Präsidialrat (Consiglio presidenziale) e il Richterrat (Consiglio dei giudici). Il Präsidialrat partecipa alla nomina o alla scelta di un giudice, oltre che ai trasferimenti di sede o di ramo giudiziario, esprimendosi attraverso pareri scritti e motivati. È costituito all’interno di ciascun tribunale federale ed è composto dal Presidente del Tribunale, dal Vicepresidente, da un membro eletto nell’ambito dell’Ufficio di presidenza (due nel caso del Bundesgerichtshof) e da altri due membri (tre nel caso del Bundesgerichtshof). I componenti del Präsidialrat restano in carica per quattro anni. Il Richterrat è invece l’organo che si pronuncia su questioni generali e sindacali. È composto da 5 giudici eletti dal Bundesgerichtshof, 5 dal Bundespatentgericht (Tribunale federale dei brevetti e marchi), 3 dal Bundesverwaltungsgericht, 3 dal Bundesfinanzhof, 3 dal Bundesarbeitsgericht e 3 dal Bundessozialgericht. I suoi membri restano in carica quattro anni al pari di quelli del Präsidialrat.
Ruolo e status del Pubblico ministero
In Germania la netta separazione fra giudici e pubblici ministeri ha motivazioni di natura sia storica sia costituzionale. Sul piano storico la Procura della Repubblica è stata introdotta soltanto a metà del XIX secolo sull’esempio francese. In precedenza esisteva il modello del processo inquisitorio, in cui era un giudice a condurre le indagini e non era prevista la figura del Pubblico ministero. È soltanto con Napoleone che nei territori prussiani a sinistra del Reno annessi alla Francia vennero introdotti il code pénale, il code d’instruction criminelle e anche l’istituto del Pubblico ministero. Quando verso la metà del XIX secolo il processo penale venne riformato per tutta la Prussia, i territori a sinistra del Reno, tornati a far parte dello Stato prussiano dopo la caduta di Napoleone, ottennero di conservare il diritto francese, compreso l’istituto del Pubblico ministero. Rispetto a questo si poneva però il problema della sua dipendenza dall’Esecutivo e che quindi tale organo potesse essere indotto a prendere decisioni non solo in base a criteri giuridici, ma anche di opportunità politica. La questione di fondo del dibattito verteva sul ruolo del Pubblico ministero, un ruolo di parte oppure un ruolo in cui agire in piena autonomia, con l’obiettività di un giudice e senza essere vincolato ad alcuna direttiva. Alla fine, si giunse a una soluzione di compromesso e nel 1877, con l’entrata in vigore nell’Impero prussiano di un codice di procedura penale unitario, venne attribuito alla Procura dello Stato un ruolo ibrido che tuttora esiste in Germania. Si pensò tuttavia che fosse possibile evitare abusi eventualmente derivanti dal potere di indirizzo dell’Esecutivo sottoponendo la Procura dello Stato al principio dell’obbligatorietà dell’azione penale (Legalitätsgrundsatz)[33] ancora oggi sancito nel § 152, comma 2 del Codice di procedura penale (Strafprozessordnung – StPO). Sul versante costituzionale si evidenzia che alcune disposizioni contenute nella Legge fondamentale affermano che “il potere giudiziario è attribuito ai giudici” (art. 92 GG) e che “I giudici sono indipendenti e sottoposti soltanto alla legge” (art. 97, comma 1 GG). Inoltre, in tutta la sezione che tratta dell’organizzazione giudiziaria e dello status giuridico dei giudici non vengono mai citati il Pubblico ministero o l’Ufficio della Procura. Per i giuristi tedeschi è quindi proprio lo status costituzionale del tutto diverso dal giudice il secondo motivo, dopo quello storico, che impedisce di equiparare giudici e pubblici ministeri.
Giudice e Pubblico ministero rivestono pertanto funzioni distinte e godono di un diverso status, essendo il rappresentante della pubblica accusa un funzionario (Beamte) dipendente dall’Esecutivo. Per i pubblici ministeri, che non godono dello statuto ordinamentale dei giudici e sono sottoposti alle direttive del Procuratore generale e del Ministro della giustizia, la selezione è più semplice che per i magistrati giudicanti e solitamente vengono assunti con gli stessi concorsi e regole degli altri funzionari statali. Molte sono, tuttavia, le commistioni tra le due posizioni a iniziare dalla formazione che è comune, come pure omogenei sono il trattamento economico e il sistema di promozione. Una volta scelta la funzione, tuttavia, le carriere requirenti e giudicanti sono in linea di principio separate anche se relativamente frequenti sono i passaggi dall’una all’altra carriera, specie per le posizioni più elevate. Dal punto di vista giuridico, lo status e l’organizzazione del Pubblico ministero sono disciplinati dai §§ da 141 a 152 della Legge federale sull’ordinamento giudiziario (Gerichtsverfassungsgesetz - GVG) del 12 settembre 1950, riformulata nel 1975 e da ultimo modificata dall’art. 2 della Legge di modifica del Codice penale del 12 giugno 2024. Le sue funzioni, invece, sono specificate dalle norme del Codice di procedura penale (Strafprozeßordnung – StPO).
L’Ufficio della Procura (Staatsanwaltschaft) è un organo indipendente all’interno del sistema giudiziario penale e si colloca su un piano di parità con gli organi giurisdizionali. Esso è responsabile della conduzione delle indagini preliminari e della formulazione delle accuse, e rappresenta l’accusa nel processo. Inoltre sovrintende all’esecuzione della pena. In assenza di un conferimento esplicito a un’altra autorità, la Procura si occupa anche di contravvenzioni. Nella Repubblica federale di Germania la giustizia è, in linea di principio, una questione di competenza dei Länder ai sensi degli artt. 30, 92 e 96 della Legge fondamentale. L’Ufficio del Procuratore generale federale presso la Corte di cassazione (Generalbundesanwalt beim Bundesgerichtshof) è l’unica Procura del Governo federale. Oltre che dal Procuratore generale federale, la procura è composta da altri pubblici ministeri federali, dai pubblici ministeri più anziani, da pubblici ministeri e altri impiegati. Il Procuratore generale federale rappresenta la Procura in tutti i casi di reati gravi contro lo Stato, che compromettono significativamente la sicurezza interna della Germania (in particolare atti di terrorismo) o la sicurezza esterna (tradimento e spionaggio). Può anche assumersi la responsabilità di perseguire altri reati contro lo Stato (diritto di avocazione) a certe condizioni, di cui al § 120, comma 2, GVG ed è altresì responsabile della persecuzione dei reati previsti dal Codice penale internazionale (Völkerstrafgesetzbuch). Il Procuratore generale federale è proposto dal Ministro federale della giustizia e nominato dal Presidente federale. La candidatura deve essere approvata dal Bundesrat (la Camera alta del Parlamento tedesco, di cui fanno parte i rappresentanti dei Länder). Il Procuratore generale è controllato dal Ministro federale della giustizia, tuttavia quest’ultimo non può godere del diritto di supervisione né può impartire direttive sui pubblici ministeri dei Länder.
La Procura dispone di uffici presso ogni tribunale regionale (Landgericht), tribunale superiore regionale (Oberlandesgericht) e Corte di cassazione federale (Bundesgerichtshof), con una struttura gerarchica. In considerazione dell’ordinamento federale dello Stato, occorre distinguere tra le competenze della Federazione e quelle dei Länder. Le procure dei Länder (Staatsanwaltschaften der Länder) sono competenti per perseguire tutti i reati diversi da quelli perseguiti dal Procuratore generale federale presso la Corte di cassazione. Il Procuratore generale federale e le procure dei Länder costituiscono organi separati e distinti che operano ai propri livelli e tra loro non esiste alcun legame gerarchico. Tuttavia, in casi eccezionali, il Procuratore generale federale può trasferire le cause di sua competenza alle procure dei Länder o subentrare nelle cause che rientrano nella loro competenza.
Tutti i 16 Länder dispongono delle loro procure, che sono organizzate come segue:
· ciascun organo giurisdizionale regionale (Landgericht) è composto da una procura che esercita l’azione penale per le cause dei tribunali distrettuali (Amtsgerichte) facenti capo al tribunale regionale;
· le procure dei tribunali regionali sono controllate e dirette dalla Procura generale costituita presso l’organo giurisdizionale superiore regionale competente (Oberlandsgericht), che a sua volta è diretta e controllata dal Ministero della Giustizia del rispettivo Land.
La Procura generale (Generalstaatsanwaltschaft) è responsabile delle impugnazioni presso i tribunali superiori regionali. Qualora tali procedure rientrino nella competenza della Corte di cassazione federale, la Procura generale assolve i compiti della procura.
Responsabilità disciplinare dei magistrati
Le norme relative alla responsabilità disciplinare dei magistrati tedeschi (giudici e pubblici ministeri) sono contenute nel Deutsches Richtergesetz che, al § 63, comma 1, rinvia, per la procedura, alla Legge federale sui procedimenti disciplinari nei confronti dei pubblici funzionari (Bundesdisziplinargesetz - BDG) del 12 settembre 1950, da ultimo modificata dall’art. 1 della già citata Legge di accelerazione dei procedimenti disciplinari nell’Amministrazione federale e di modifica di altre disposizioni in materia di funzione pubblica del 20 dicembre 2023, entrata in vigore il 18 aprile 2024. Pertanto, pur non essendo i magistrati funzionari pubblici a tutti gli effetti, essi sono soggetti, in materia di procedura disciplinare, alla stessa normativa prevista per i pubblici funzionari. La Legge federale sulla magistratura contiene le norme relative all’indipendenza dei magistrati, ai doveri cui sono sottoposti in funzione della carica che ricoprono e alle competenze del Dienstgericht federale, ovvero del Tribunale per gli affari disciplinari presso la Corte di Cassazione. A livello regionale le procedure disciplinari sono regolamentate dai singoli Länder.
L’apparato giuridico tedesco si fonda su un sistema di autodisciplina, nel senso che sono i tribunali stessi ad occuparsi della responsabilità disciplinare dei giudici. La struttura piramidale della magistratura tedesca pone in risalto il ruolo dei superiori gerarchici cui spettano, principalmente, due funzioni: la valutazione di merito sul rendimento e le capacità professionali dei singoli giudici (da cui, in gran parte, dipendono le promozioni) e la sorveglianza sull’attività svolta. La Deutsches Richtergesetz pone in stretta relazione il controllo sull’attività svolta (Dienstaufsicht) dai giudici con la responsabilità disciplinare.
Nell’ambito dell’attività di vigilanza si distingue la funzione di osservazione (Beobachtungsfunktion) da quella di rettifica/correzione (Berichtigungsfunktion); le due funzioni procedono in parallelo e in maniera complementare. L’organo deputato al controllo (fondamentalmente, il Presidente del tribunale) ha il compito di osservare il comportamento (inteso in senso lato) del magistrato e di giudicare se questi agisce in conformità ai propri doveri. L’attività di sorveglianza non deve, in ogni caso, pregiudicare l’indipendenza del giudice (§ 26, comma 1, DRiG), né influire sulla sua attività giurisdizionale. La vigilanza sul servizio comprende anche la facoltà di censurare una modalità irregolare di eseguire una funzione o di esortare chi svolge le proprie mansioni d’ufficio a farlo in maniera regolare e puntuale (§ 26, comma 2, DRiG). Nell’ambito dell’attività di sorveglianza è possibile, attraverso una procedura interna non formale, comminare le sanzioni disciplinari più lievi, quali la contestazione, l’ammonizione, l’avvertimento, il biasimo. Quelle più gravi, invece, ricadono nella competenza del già menzionato Tribunale federale per gli affari disciplinari istituto presso la Corte di Cassazione. Qualora un giudice ritenga che un provvedimento adottato nei suoi confronti pregiudichi la sua indipendenza, può chiedere che il tribunale decida in merito alla questione (§ 26, comma 3, DRiG).
Oltre ai doveri generali previsti per tutti i pubblici funzionari, i magistrati tedeschi sono sottoposti ad una serie di doveri specifici (besondere Pflichten) strettamente connessi alla loro funzione. Il § 38, comma 1, DRiG impone che il magistrato presti giuramento (Richtereid) in pubblica udienza impegnandosi ad esercitare le funzioni di giudice conformemente alla Grundgesetz della Repubblica federale e alla legge, secondo scienza e coscienza, senza riguardo allo stato sociale della persona, e a mettersi al servizio della verità e della giustizia. I fondamentali doveri (Grundpflichten) di moderazione e di riservatezza nello svolgimento della propria attività politica, previsti per i pubblici funzionari al § 60 della Legge sui funzionari pubblici federali (Bundesbeamtengesetz - BBG) del 5 febbraio 2009, divengono particolarmente stringenti per i magistrati in ragione della loro funzione. La legge statuisce, infatti, il principio secondo cui il magistrato deve, nello svolgimento del proprio ufficio, ma anche al di fuori di esso - in particolare nell’esercizio dei propri diritti politici - comportarsi in modo tale che l’affidamento nella sua indipendenza non venga mai messo in dubbio (§ 39 DRiG). Dunque, comportamenti gravi, anche in ambito privato, possono determinare l’avvio di un procedimento disciplinare.
La legge prevede, inoltre, una serie di limitazioni per i magistrati che svolgano, contemporaneamente, attività di giudici arbitrali (Schiedsrichter) o conciliatori (Schlichter) o attività di docente di diritto o scienze politiche. In particolare, viene stabilito che un giudice possa essere autorizzato ad assumere un incarico come arbitro solo quando le parti del contratto arbitrale lo incarichino congiuntamente oppure quando egli sia nominato da un soggetto imparziale. Il giudice deve quindi, in ogni caso, essere autorizzato allo svolgimento della funzione arbitrale e l’autorizzazione deve essere negata qualora sia nominato da una parte sola (§ 40 DRiG). È poi espressamente vietata l’attività remunerata di perito o consulente legale al di fuori dell’attività di servizio (§ 41, comma 1, DRiG), mentre tale attività è consentita, previa autorizzazione del superiore gerarchico, ai magistrati che svolgano anche attività di docente di diritto o di scienze politiche. L’autorizzazione può essere concessa in via generale o per singole consulenze a condizione che non vengano compromesse le attività di servizio (§ 41, comma 2, DRiG)[34]. I magistrati sono obbligati ad accettare incarichi secondari soltanto nell’ambito dell’amministrazione della giustizia (§ 42 DRiG).
Infine, il generale dovere di riservatezza previsto per tutti i pubblici funzionari (Verschwiegenheitspflicht), di cui al § 67 BBG, si estende, per i magistrati, anche al termine del rapporto di servizio, nel senso che il giudice deve tacere su tutto quanto accaduto in sede di discussione e di votazione anche una volta cessata la propria attività di magistrato (§ 43 DRiG). Tra i doveri previsti, più in generale, per i funzionari pubblici la legge annovera: il dovere di agire per il bene della comunità e il dovere di imparzialità (§ 60, BBG); il dovere di mantenere un comportamento rispettoso e affidabile e di svolgere il proprio lavoro con piena dedizione (§ 61 BBG); il dovere di prestare consulenza, sostegno e obbedienza ai propri superiori e di rispettare la gerarchia (§ 62 BBG). È inoltre sancito il divieto di accettare doni o compensi in ragione del proprio ufficio (§ 71 BBG). L’infrazione consapevole di uno di questi doveri con un’azione o un’omissione costituisce violazione di atti d’ufficio (Dienstvergehen), anche se commessa al di fuori dell’attività di servizio, qualora pregiudichi in modo significativo la rispettabilità e l’affidabilità della struttura gerarchica cui il pubblico funzionario appartiene (§ 77 BBG). Per espressa previsione di legge, sono sanzionabili sia le infrazioni compiute con premeditazione sia quelle dovute a negligenza (§ 75, comma 1, BBG).
Ai sensi § 17, comma 1 della Bundesdisziplinargesetz, qualora emergano sufficienti elementi che giustifichino il sospetto di una violazione di atti d’ufficio, il superiore gerarchico ha il dovere di avviare un procedimento disciplinare (Disziplinarverfahren). La legge prevede, altresì, per il magistrato la possibilità di avviare, egli stesso, una procedura disciplinare nel caso in cui intenda dissipare un sospetto nei propri confronti (§ 18, comma 1, BDG). Qualora il superiore gerarchico avvii un procedimento disciplinare nei confronti di un magistrato, questi deve esserne immediatamente informato. Il giudice interessato può depositare, entro un termine definito, le proprie dichiarazioni in forma scritta o anche orale e può anche decidere di non intervenire o di farsi rappresentare da un procuratore legale o da un delegato (§ 20, comma 1, BDG). Il superiore gerarchico che abbia avviato un’azione disciplinare deve effettuare i dovuti accertamenti volti a verificare le circostanze a carico e a discarico dell’interessato, al fine di valutare l’entità dell’infrazione e il relativo provvedimento disciplinare (§ 21 BDG). Qualora al procedimento disciplinare si accompagni l’accertamento di una responsabilità penale, il procedimento disciplinare si intende sospeso (§ 22 BDG) al fine di evitare che vengano pronunciate due decisioni tra loro incongruenti e di tutelare il magistrato dal dover intervenire contemporaneamente, come imputato, in due diverse sedi. Una volta concluso il procedimento penale, può essere riavviato quello disciplinare.
Al termine delle indagini, dopo le dovute valutazioni, qualora non sia stata dimostrata la sussistenza dell’infrazione, il superiore gerarchico archivia la procedura (§ 32 BDG). Nel caso in cui sia dimostrata una infrazione di lieve entità, il superiore gerarchico può emettere un provvedimento disciplinare (Disziplinarverfügung) al termine di un procedimento non formale (behördliches Verfahren), avviato dal superiore gerarchico stesso. Con tale tipo di procedura, più agile, possono essere comminate soltanto sanzioni lievi (§ 33 BDG). Per un’infrazione di più grave entità, il superiore gerarchico può rivolgersi al Dienstgericht e, ai sensi del § 34 BDG, avviare, con la presentazione di una formale denuncia (Disziplinarklage), un’azione disciplinare nell’ambito di un procedimento giudiziale (gerichtliches Verfahren).
Ai magistrati possono essere comminati diversi tipi di sanzioni (§§ 63 e 64 DRiG): la sospensione temporanea dal servizio (vorläufige Dienstenthebung), la decurtazione dello stipendio (Einbehaltung von Bezügen) e l’ammonimento o richiamo (Verweis). Mentre il richiamo può essere disposto dal superiore gerarchico con un semplice provvedimento disciplinare (Disziplinarverfügung), per il quale è, comunque, necessario il consenso del giudice interessato, le altre misure, più gravi, devono essere decise a seguito di una procedura formale avviata su istanza del superiore gerarchico, con un’ordinanza (Beschluss) del Dienstgericht. Tale decisione deve essere notificata sia al superiore gerarchico che ha avviato la procedura sia al magistrato interessato. Anche la revoca delle misure disciplinari adottate è rimessa al Dienstgericht). Con riguardo ai magistrati delle giurisdizioni superiori, mediante la procedura semplificata del Disziplinarverfügung possono essere decisi soltanto il richiamo, la sanzione pecuniaria o l’allontanamento dal servizio. Le decisioni disciplinari, di norma, sono pubbliche.
L’indipendenza della magistratura, costituzionalmente garantita dagli artt. 20, comma 3 e 97, comma 1 della Legge fondamentale e sancita dal § 25 della Legge sulla magistratura, è assicurata anche dall’istituzione del già menzionato Tribunale disciplinare dei magistrati. Si tratta di una sezione speciale della Corte di Cassazione federale competente per gli affari interni della magistratura ordinaria, per le procedure disciplinari nei confronti dei magistrati e per l’esame dei ricorsi relativi al ruolo, ai trasferimenti o alla destituzione dei giudici (§§ da 61 a 68 DRiG). Il Dienstgericht è composto dal Presidente, da due giudici permanenti e da due non permanenti, appartenenti allo stesso ordine di giurisdizione del magistrato sottoposto a giudizio. Il Presidente e i due componenti permanenti sono membri della Corte di Cassazione federale e restano in carica cinque anni (§ 61, comma 2, DRiG). Pur non essendo assimilabile al nostro Consiglio Superiore della Magistratura, il Dienstgericht svolge alcune delle funzioni tipiche di quest’organo. Ai sensi del § 62 DRiG, esso decide definitivamente:
- sulle questioni disciplinari, anche dei magistrati in quiescenza;
- sui trasferimenti attuati nell’interesse dell’amministrazione della giustizia;
- sulla nullità o il ritiro di un atto di nomina;
- sul congedo o il pensionamento per incapacità di servizio;
- sull’impugnazione di un provvedimento di congedo, di nullità o di ritiro di un atto di nomina nei confronti di un giudice e sul ricorso contro una misura adottata nell’ambito dell’attività di sorveglianza sul servizio (§ 26, comma 3, DRiG).
Altri Tribunali disciplinari sono istituiti presso i Länder e i loro giudizi sono impugnabili dinanzi al Dienstgericht federale (§ 62, comma 2, DRiG), secondo un sistema composto da una pluralità di organi disciplinari in ragione della forma federale dello Stato
Responsabilità civile dei magistrati
La Legge fondamentale, all’art. 34, sancisce la responsabilità dello Stato (Federazione o Land) in caso di violazione dei doveri della funzione da parte di un giudice. La responsabilità risarcitoria è, dunque, indiretta, nel senso che il preteso danneggiato non può direttamente chiamare in causa il giudice di cui si vuole far valere la responsabilità. La fattispecie della responsabilità è quella prevista dal § 839 del Codice civile (Burgerliches Gesetzbuch – BGB), rispetto alla quale opera il criterio di imputazione (allo Stato) stabilito dall’art. 34 GG.
Il comma 1 del citato § 839 BGB stabilisce la responsabilità del funzionario pubblico (Beamter - categoria nella quale, come si è detto, sono ricompresi i giudici) che violi dolosamente o colposamente i doveri d’ufficio di cui è titolare; tale responsabilità comporta il risarcimento del danno subito da terzi. Al comma 2, la stessa disposizione prevede la responsabilità del funzionario che violi i propri doveri nell’emanazione di provvedimenti (Urteil) nel quadro di una vertenza, e la conseguente responsabilità, se la violazione commessa costituisce reato. Quindi, l’obbligo di risarcimento da parte del giudice sorge quando, nel corso di un procedimento giurisdizionale, egli abbia cagionato un danno attraverso la violazione del § 839, comma 2 BGB. Non rientrano in queste ipotesi il rifiuto o il ritardo di esercitare le proprie funzioni, rispetto ai quali opera l’immunità giudiziaria (Richterprivilege) posta a fondamento dell’indipendenza della magistratura. Tale indipendenza richiede, infatti, che nell’interesse dell’imparzialità del giudice, egli non debba temere azioni o ritorsioni per le decisioni assunte; la garanzia di indipendenza della magistratura, inoltre, è stabilita nell’interesse della certezza del diritto, che verrebbe incrinata se la pretesa inesattezza di una decisione giudiziaria fosse oggetto non soltanto della revisione da parte di un altro giudice secondo le comune norme procedurali, ma anche di azioni giudiziarie per atto illecito.
Sotto il profilo soggettivo, le disposizioni in materia di responsabilità e le relative esimenti si applicano tanto ai giudici di ruolo che a quelli onorari (figure contemplate dall’ordinamento giudiziario tedesco a livello di Länder).
Sotto il profilo oggettivo, la nozione di Urteil di cui al § 839, comma 2, BGB, comprende una gamma di provvedimenti giurisdizionali adottati non soltanto ad esito e a chiusura di un procedimento (sentenza), ma anche durante il suo svolgimento. In base all’interpretazione giurisprudenziale, rientrano nella nozione atti processuali aventi carattere tendenzialmente definitivo, quali la decisione di condanna alle spese oppure le decisioni che sottopongono le persone a tutela o a curatela. Ne sono, invece, esclusi gli atti processuali a carattere tendenzialmente provvisorio, quali, ad esempio, le ordinanze relative all’ammissione di prove, le decisioni sul valore della lite, e, in ambito penale, il mandato di arresto, gli ordini di perquisizione, le ordinanze di sospensione della patente di guida.
PORTOGALLO
In Portogallo, la nuova Costituzione della Repubblica portoghese, approvata nel 1976, individua al Titolo V gli organi giurisdizionali riconducibili sia alla giustizia ordinaria che a quella amministrativa e fiscale, stabilendo al contempo una netta separazione tra l’ufficio dei giudici ordinari e quello del Pubblico ministero[35] (quest’ultimo dotato di un proprio statuto e – a seguito della revisione costituzionale del 1989 – garantito nella sua autonomia).
Il testo costituzionale delinea quindi un sistema di competenze e garanzie relativamente alla carriera dei giudici fortemente improntato ai principi della separazione dei poteri e dell’autonomia organica e funzionale dei magistrati. A questo fine, sono definiti distinti organi collegiali di autogoverno per i diversi “rami” del sistema giudiziario:
- il Consiglio superiore della magistratura (Conselho Superior da Magistratura) per quanto concerne i giudici dei tribunali ordinari (artt. 217-218 Cost.)[36];
- il Consiglio superiore dei tribunali amministrativi e fiscali (Conselho Superior dos Tribunais Administrativos e Fiscais) menzionato all’art. 219.2 della Costituzione, in seguito alla revisione del 1989;
- il Consiglio superiore del Pubblico ministero (Conselho Superior do Ministerio Público), già istituito nel 1945 (art. 220.2 Cost.).
La funzione dei magistrati giudiziari è disciplinata, oltre che dalla Costituzione, dalla Lei n. 21/85 del 30 luglio 1985 recante lo Statuto dei magistrati giudiziari (Estatuto dos Magistrados Judiciais), da ultimo modificata dalla Lei n. 67 del 27 agosto 2019. A seconda della gerarchia dei rispettivi organi giurisdizionali, esistono tre tipi di magistrato giudicante:
- i giudici della Corte Suprema di Giustizia (Supremo Tribunal de Justiça), designati come Conselheiros;
- i giudici delle Corti d’Appello (Tribunais das Relações), designati come Desembargadores;
- i giudici dei tribunali di prima istanza, designati come Juízes de Direito.
La funzione dei giudici dei tribunali amministrativi e delle commissioni tributarie è disciplinata dalla Costituzione, dallo Statuto dei tribunali amministrativi e delle commissioni tributarie (Estatuto dos Tribunais Administrativos e Fiscais) approvato dalla Lei n. 13 del 19 febbraio 2002 da ultimo modificata dal DL n. 74-B del 28 agosto 2023 e, in via sussidiaria, dallo Statuto dei magistrati giudiziari.
La procedura di accesso alla professione di giudice si articola in tre fasi comprendenti: un concorso pubblico; un corso di formazione teorico e pratico svolto presso il Centro di studi giudiziari (Centro de Estudos Judiciários); un periodo di apprendistato. Una volta completate con successo tutte e tre le fasi si è nominati juízes de direito. I giudici proseguono poi la loro formazione durante tutta la loro carriera.
Il Consiglio superiore della magistratura e il Consiglio superiore dei tribunali amministrativi e delle commissioni tributarie conducono ispezioni regolari presso i rispettivi tribunali. Dopo ogni ispezione, i giudici sono classificati in base al merito, utilizzando le categorie molto buono, distinto, buono, sufficiente e mediocre. Se è classificato nella categoria “mediocre”, il giudice è sospeso dal servizio e viene avviata un’inchiesta per valutarne l’idoneità all’impiego. Il Consiglio superiore della magistratura e il Consiglio superiore dei tribunali amministrativi e delle commissioni tributarie sono responsabili della nomina, dell’assegnazione, del trasferimento, della promozione e dell’azione disciplinare nei confronti dei magistrati giudicanti e dei giudici dei tribunali amministrativi e delle commissioni tributarie. Per assicurare l’indipendenza e l’imparzialità della magistratura, la Costituzione stabilisce che i giudici praticanti non possono esercitare altre funzioni, siano esse pubbliche o private, ad eccezione dell’insegnamento non retribuito o della ricerca scientifica nel campo del diritto. I giudici possono essere trasferiti, sospesi, collocati in quiescenza o licenziati solo nei casi previsti dalla legge. Essi non possono essere ritenuti responsabili delle loro decisioni, tranne in casi eccezionali previsti dalla legge.
Il Pubblico ministero (Ministério Público), di cui agli artt. 219 e 220 Cost., ha il compito di rappresentare lo Stato, di condurre l’azione penale e di difendere lo Stato di diritto democratico e gli interessi determinati dalla legge. I pubblici ministeri hanno il loro statuto e godono di autonomia, come previsto dalla legge. L’Ufficio del Pubblico ministero è strutturato come magistratura gerarchica, avendo il Procuratore generale della Repubblica competenza di direzione funzionale di tutta la magistratura inquirente. Questi viene nominato dal Presidente della Repubblica, su proposta del Governo (art. 133 m Cost.) e dura in carica 6 anni. Avendo un proprio status, il Pubblico ministero[37] è organizzato come un potere giudiziario proceduralmente autonomo, in un duplice senso: quello della non interferenza di altri poteri nel suo operato e quello della sua concezione come potere giudiziario distinto, basato su un principio di separazione e parallelismo rispetto al potere della magistratura giudiziaria (artt. 219.2 Cost. e 96.1 dello Statuto del Pubblico ministero - Estatuto do Ministério Público, EMP), approvato dalla Lei n. 68 del 27 agosto 2019). Tale autonomia è definita dal vincolo a criteri di legalità e obiettività e dall’assoggettamento esclusivo dei suoi magistrati alle direttive, agli ordini e alle istruzioni previsti dall’EMP (art. 3.2),
L’accesso alla professione di Pubblico ministero avviene attraverso un concorso pubblico che prevede il superamento di test conoscitivi, una valutazione curriculare e un test psicologico, tutti svolti presso il Centro di studi giudiziari (Centro de Estudos Judiciários). I candidati ammessi sono nominati tirocinanti (auditores de justiça). Una volta completata con successo la formazione teorica e pratica presso il Centro di studi giudiziari, i candidati sono nominati apprendisti procuratori aggiunti.
La carriera di un pubblico ministero è composta da cinque livelli, di seguito elencati in ordine gerarchico:
- Procuratore generale (Procurador-Geral da República);
- Viceprocuratore Generale (Vice-Procurador-Geral da República);
- Procuratore generale aggiunto (Procurador-Geral Adjunto);
- Procuratore distrettuale (Procurador da República);
- Procuratore distrettuale aggiunto (Procurador da República Adjunto).
La Procura Generale (Procuradoria-Geral da República) è l'organo più alto dell’Ufficio della procura ed è presieduta dal Procuratore Generale. Comprende anche il Consiglio Superiore del Pubblico ministero, il Consiglio Consultivo, consulenti legali ufficiali e servizi di assistenza. Il Consiglio Superiore del Pubblico ministero è responsabile della nomina, dell’assegnazione, del trasferimento e della promozione dei pubblici ministeri, nonché dell’azione disciplinare nei loro confronti (art. 21 EMP).
Responsabilità disciplinare dei magistrati
La responsabilità disciplinare dei magistrati ordinari è oggetto del capitolo VIII dello Statuto dei magistrati giudiziari (artt. 81-131 della Lei n. 21/85). Le disposizioni relative alla classificazione delle infrazioni e alle relative sanzioni da applicare ai giudici ordinari in seguito allo svolgimento di un procedimento disciplinare sono state ampiamente modificate dalla Lei n. 67/2019 e sono entrate in vigore il 1° gennaio 2020.
Le infrazioni disciplinari commesse dai magistrati giudiziari sono classificate in: molto gravi, gravi e lievi (art. 84-F). Le infrazioni molto gravi (infrações muito graves) consistono in atti compiuti con dolo o grave negligenza che, per la reiterazione o la gravità della violazione dei doveri e delle incompatibilità previste nello Statuto discreditano l’amministrazione della giustizia e l’esercizio della magistratura, come il rifiuto di amministrare la giustizia, l’ingerenza nelle funzioni di un altro magistrato, l’abuso della condizione di magistrato giudiziario per ottenere vantaggi personali, la pratica di un’attività politico-partitica di carattere pubblico (art. 84-G). Le infrazioni gravi (infrações graves) riguardano atti compiuti con dolo o negligenza che rivelano un grave disinteresse per l’adempimento dei doveri funzionali dettagliatamente individuati nel testo. Tra le infrazioni gravi sono menzionate: il mancato rispetto delle decisioni pronunciate dai tribunali superiori tramite ricorso; la fornitura di informazioni false relative alla carriera professionale o all’esercizio della funzione; l’accesso a database personali messi a disposizione per l’esercizio funzionale, non liberamente accessibili al pubblico, per scopi estranei alla funzione (art. 84-H). Le infrazioni lievi (infrações leves), infine, sono dovute a una scarsa comprensione dei doveri funzionali quali l’esercizio di un’attività compatibile con le funzioni di magistrato giudiziario, senza ottenere la relativa autorizzazione, il mancato rispetto ingiustificato dei termini stabiliti per la pratica dell’atto proprio del giudice (art.84-I).
L’organo competente per l’avvio di procedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati è, ai sensi dell’art. 110 dello Statuto, il Consiglio superiore della magistratura. I procedimenti disciplinari sono eseguiti sempre in forma scritta, garantendo possibilità di difesa all’imputato. Ove possibile, il procedimento può essere condotto per via elettronica, a condizione che siano salvaguardate la riservatezza e la qualità dei dati (art. 109). I procedimenti disciplinari restano riservati fino all’adozione della decisione definitiva e sono archiviati presso il Consiglio superiore della magistratura. L’imputato o il suo difensore possono esaminare in qualsiasi momento il fascicolo e ottenere copie o certificati, a meno che il funzionario inquirente, con ordinanza motivata, non ritenga che l’accesso al fascicolo possa ostacolare la scoperta della verità (art. 111). Il magistrato sottoposto a procedimento disciplinare può essere preventivamente sospeso dall’incarico, su proposta del funzionario inquirente, purché sussistano forti indizi che la condotta oggetto dell’indagine costituisca un reato per il quale si applichi almeno la sanzione del trasferimento, e la prosecuzione del servizio sia pregiudizievole per il prestigio e la dignità della funzione. (art. 113).
L’istruttoria del procedimento disciplinare deve essere completata entro 60 giorni, prorogabili di 30 per procedimenti di particolare complessità (art. 115). L’indagine può concludersi con una proposta di archiviazione da parte del funzionario inquirente sulla quale decide il Consiglio superiore della magistratura (art. 117). Con la difesa, l’imputato può nominare fino a 20 testimoni, allegare documenti o richiedere altre prove. Il funzionario inquirente può respingere le prove richieste dall’imputato qualora le ritenga manifestamente dilatorie, non pertinenti o non necessarie, ma non può in nessun caso omettere di sentire i primi cinque testimoni da esso indicati e di esaminare i documenti presentati (art. 119). Al termine dell’assunzione delle prove, il funzionario inquirente redige una proposta di decisione che deve essere adottata dal Consiglio superiore della magistratura (art. 120). La decisione che irroga la sanzione disciplinare non deve essere pubblicata e la sanzione ha effetto il giorno successivo alla notifica all’imputato (art. 122). Le decisioni sanzionatorie emesse nell’ambito di procedimenti disciplinari possono essere riesaminate in qualsiasi momento, ma il riesame non può determinare l’aggravamento della pena (art. 127). I magistrati sanzionati possono essere riabilitati per meriti e buona condotta, indipendentemente da un riesame del procedimento disciplinare. Ai sensi dell’art. 132 il Consiglio superiore della magistratura è competente anche per la procedura di riabilitazione (procedimento de reabilitação).
Presso il Consiglio superiore della magistratura è stato istituito un registro individuale delle pene inflitte ai magistrati giudiziari, nel quale sono annotate le sanzioni disciplinari e la procedura con cui sono state applicate. Il registro garantisce la protezione dei dati personali. La consultazione e l’accesso al casellario giudiziale possono essere effettuati solo dal magistrato interessato, dai membri del Consiglio superiore della magistratura e dagli ispettori nell’ambito delle loro competenze (art. 134).
In base all’art. 91, i magistrati giudiziari sono soggetti alle seguenti sanzioni:
a) l’avvertimento, (advertência) applicabile alle infrazioni minori, che consiste in una rettifica dell’irregolarità commessa o in una censura diretta ad ammonire il magistrato giudiziario che l’azione o l’omissione rischiano di turbare l’esercizio delle sue funzioni;
b) la multa, applicabile a reati gravi in cui non si rivela necessaria o adeguata, date le circostanze del caso, un’altra sanzione disciplinare più gravosa. La multa consiste in un importo fisso e ha come limite minimo l’importo corrispondente a una retribuzione base giornaliera e come limite massimo l’importo corrispondente a sei retribuzioni base giornaliere. In caso di cumulo di sanzioni pecuniarie, la multa applicabile non può superare i 90 compensi base giornalieri;
c) il trasferimento, applicabile a infrazioni gravi o molto gravi che incidono sul prestigio del magistrato; il magistrato giudiziario trasferito non può tornare nella sede di competenza territoriale in cui in precedenza ha ricoperto l’incarico nei tre anni successivi all’applicazione della sanzione;
d) la sospensione, applicabile a reati gravi o molto gravi che rivelano la mancanza di interesse per l’esercizio della funzione e manifesta mancanza di rispetto per la funzione giurisdizionale, o quando il magistrato giudiziario è condannato alla pena detentiva. La sospensione può avere una durata da 20 a 240 giorni;
e) pensionamento d’ufficio o licenziamento, applicabili a reati molto gravi. Il licenziamento non implica la perdita del diritto al pensionamento o alla pensione, nei termini e alle condizioni stabiliti dalla legge, né impedisce al magistrato di essere nominato a cariche pubbliche o di altro tipo che possano essere esercitate senza le particolari condizioni di dignità e fiducia richieste dalla funzione giudiziaria.
SPAGNA
In Spagna, la Costituzione dedica il titolo VI (artt. 117-127) all’organizzazione del potere giudiziario e all’enunciazione di alcuni principi sullo svolgimento della funzione giurisdizionale. Il principio di unità del potere giudiziario postula l’incompatibilità di magistrature speciali espressamente vietate dalla Costituzione. I giudici e i magistrati appartenenti all’ordine giudiziario esercitano la giustizia in nome del Re, sono inamovibili, non possono essere destituiti, trasferiti o collocati a riposo senza le garanzie previste dalla legge. La giurisdizione ordinaria è esercitata da giudici e magistrati individuati dalla Legge organica sul potere giudiziario (Ley Orgánica 6/1985, de 1 de julio, del Poder Judicial, LOPG), da ultimo modificata nel dicembre 2022, e dai trattati internazionali.
La carriera in magistratura (carrera judicial), distinta dalla carriera nel Pubblico ministero (carrera fiscal), è disciplinata dalla LOPG che, agli articoli da 298 a 315, regola le modalità di accesso e la progressione nella carriera giudiziaria. I giudici e i magistrati che appartengono alla carriera giudiziaria esercitano le funzioni giurisdizionali nelle corti e nei tribunali di ogni ordine e grado (art. 298 LOPG). Nella carriera giudiziaria si distinguono tre categorie:
- magistrado del Tribunal Supremo;
- magistrado, componente di altre corti e tribunali oppure operante almeno a livello provinciale;
- giudice (juez), operante fino al livello distrettuale (art. 299 LOPG).
L’ingresso in magistratura, basato sui principi del merito e della capacità per l’esercizio della funzione giurisdizionale (art. 301 LOPG), avviene mediante il superamento di un concorso pubblico[38]. I concorsi pubblici per l’ingresso in magistratura e nel Pubblico ministero sono stati unificati con la Ley Orgánica 9/2000, recante misure urgenti per l’amministrazione della giustizia, che ha modificato, tra gli altri, l’articolo 301 LOPG. Al termine del concorso i vincitori, nell’ordine della graduatoria finale, devono optare per l’accesso all’una o all’altra carriera. Il concorso consente l’accesso a un successivo corso teorico-pratico di selezione, realizzato presso la Scuola Giudiziaria (Escuela Judicial) dipendente dal Consiglio generale del Potere giudiziario (CGPJ)[39] simile e, in parte, ispirato al Consiglio superiore della magistratura italiana. Coloro che superano il corso presso la Scuola Giudiziaria - articolato in una prima fase teorica di studio multidisciplinare, seguita da una seconda fase di praticantato presso gli organi della magistratura di ogni ordine e grado - sono sottoposti alla nomina del Consiglio Generale del Potere giudiziario e acquisiscono la qualifica di “giudice” (juez), formando una graduatoria finale con la quale è redatto il “ruolo” dei giudici (escalafón). Ove il numero dei vincitori finali fosse superiore a quello dei posti vacanti, in aggiunta ai “giudici titolari” (jueces titulares) sono nominati dei “giudici aggiunti” (jueces adjuntos) pronti a coprire eventuali posti che si rendessero disponibili. Coloro che invece non superano il corso di selezione possono ripeterlo l’anno successivo ma, nel caso in cui fossero nuovamente respinti, sono definitivamente esclusi dall’accesso alla carriera in magistratura.
Il passaggio di categoria da giudice a magistrato (art. 311 LOPG) avviene per la metà dei posti vacanti attraverso la nomina diretta (ascenso) dei giudici che si trovano ai posti più alti del ruolo. Un quarto dei magistrati è reclutato tra i giudici che superano esami interni (in materia civile, penale, amministrativa, commerciale e di violenza contro le donne) davanti a un’apposita Commissione nominata dal Consiglio generale del Potere giudiziario, composta da magistrati, avvocati, docenti universitari e presieduta dal Presidente del Tribunale supremo o di un tribunale superiore di giustizia da questi indicato (art. 314 LOPG). Un ultimo quarto di magistrati è scelto al di fuori dei giudici mediante una selezione (concurso) per titoli, tra giuristi di fama riconosciuta, con almeno dieci anni di esercizio professionale, che riescano a superare un apposito corso di formazione presso la Scuola Giudiziaria.
Nell’ambito di ciascun livello gli avanzamenti interni dei giudici e dei magistrati avvengono attraverso selezioni interne (concursos) basate sulla valutazione di due criteri: la competenza specialistica per la funzione, in base all’esperienza maturata nell’organo giudicante immediatamente inferiore di grado, e la posizione nel ruolo.
Il passaggio ultimo di categoria, con l’accesso alla qualifica di magistrato del Tribunale supremo[40], organo di vertice della giurisdizione ordinaria, è definito agli articoli 343-345 LOPG. In particolare, i quattro quinti dei posti disponibili sono coperti da magistrati con almeno dieci anni di servizio nella categoria di magistrato e non meno di quindici nella carrera judicial. Il restante quinto è scelto dal Consiglio generale del Potere giudiziario tra avvocati e giuristi di riconosciuta competenza, con almeno quindici anni di attività professionale, preferibilmente relativi alla branca del diritto corrispondente alla sezione del Tribunale in cui si siano resi vacanti dei posti.
Il Pubblico ministero
In base all’art. 124, comma 1, della Costituzione (riprodotto dall’art. 541 LOPG) “Il Pubblico Ministero (Ministerio Fiscal), senza pregiudizio per le funzioni conferite ad altri organi, ha per missione di promuovere l’azione della giustizia a difesa della legalità, dei diritti dei cittadini e dell’interesse pubblico tutelato dalla legge, d’ufficio o su istanza degli interessati, così come di vigilare per l’indipendenza dei Tribunali e ottenere di fronte a questi la soddisfazione dell’interesse sociale”[41]. Il diritto all’azione penale si configura quindi, per il Pubblico ministero, come un “diritto-dovere” che impegna i componenti dell’organo a sollecitare l’apertura di un procedimento innanzi al Giudice per le indagini preliminari (Juez de Instrucción), ove si ravvisi la commissione di un reato pubblico.
Il Pubblico ministero, in base all’art. 2 della Ley 50/1981, de 30 de diciembre, por la que se regula el Estatuto Orgánico del Ministerio Fiscal, è inserito con autonomia funzionale nel Potere giudiziario ed esercita la sua missione per mezzo di organi propri. Non gli appartengono, tuttavia, i tratti fondamentali dell’indipendenza e dell’inamovibilità, che la Costituzione riconosce ai giudici e ai magistrati[42]. In base alla legge 50/1981, il Pubblico ministero, sebbene sia unico a livello nazionale (art. 22), è composto da diversi organi (art. 12), a partire dal Procuratore Generale dello Stato e da tutte le altre procure innanzi agli altri organi giurisdizionali come la Corte di cassazione (Tribunal Supremo), la Corte costituzionale (Tribunal Constitucional), la Corte nazionale (Audiencia Nacional), la Corte dei conti (Tribunal de Cuentas), nonché le Procure speciali (Fiscalías Especiales)[43]. A questi organi si aggiungono due organismi collegiali, il Consejo Fiscal e la Junta de Fiscales de Sala, con diversi compiti di consulenza ed assistenza nei confronti degli altri componenti del Ministerio Fiscal e, da ultimo nel 2021, l’Unità di supervisione e controllo della protezione dei dati.
Alla carriera di Pubblico ministero, distinta dalla carriera in magistratura, ma equiparata ad essa per condizione e retribuzione, si accede mediante concorso pubblico (art. 42 della Ley 50/1981). I requisiti di partecipazione sono i medesimi richiesti per l’accesso alla magistratura: cittadinanza spagnola, maggiore età e laurea in legge. Alla carrera fiscal appartengono tutti i membri degli uffici che compongono i diversi organi del ministerio fiscal, ad eccezione del Procuratore Generale dello Stato.
Il Governo, la direzione, il controllo e la rappresentanza del Pubblico ministero, nel suo complesso, spettano al Procuratore generale dello Stato (art. 22), nominato dal Re su proposta del Governo e sentito il parere del Consiglio generale del Potere giudiziario, scelto tra giuristi spagnoli di riconosciuto prestigio, con più di quindici anni di esercizio effettivo della professione (art. 29). Il candidato scelto dal Governo deve comparire, prima della nomina, innanzi alla Commissione competente del Congresso dei deputati, affinché siano valutati i suoi meriti e la sua idoneità all’incarico.
La Ley 14/2003 ha modificato la Ley 50/81 sullo statuto organico del Pubblico ministero, introducendo due aspetti profondamente innovativi: la temporaneità nell’esercizio della carica di titolare dell’organo (jefatura) e l’introduzione di criteri di merito, specializzazione e formazione, per l’esercizio di determinate responsabilità. La temporaneità della jefatura e, quindi, la fine del suo carattere praticamente vitalizio, è connessa alla necessità di un Pubblico ministero più moderno e specializzato e alla creazione di sostituti del Pubblico ministero (delegados de jefatura). A questo elemento è riconducibile anche il secondo aspetto della maggiore attenzione a criteri di merito, ottenuto mediante l’accresciuto ruolo del Consejo Fiscal in sede di espressione del parere relativo alle nuove nomine.
Con la Ley 24/2007 sono state apportate ulteriori modifiche alla Ley 50/1981, prevedendo:
- l’accentuazione degli elementi di temporaneità e mobilità nello svolgimento degli incarichi;
- il riconoscimento legale del sistema di delega delle funzioni, sia da parte della Procura generale a favore di coloro che agiscono all’interno delle sezioni degli organi giurisdizionali, sia da parte dei capi degli organi del Pubblico ministero (Fiscales Jefes) nei confronti dei loro sostituti (Tenientes Fiscales);
- il rafforzamento dell’autonomia e dell’imparzialità del Procuratore generale dello Stato mediante la modifica della procedura di nomina, con la previsione della previa comparsa del candidato innanzi ad una Commissione parlamentare del Congresso dei deputati;
- la riorganizzazione territoriale del Pubblico ministero attraverso il suo adeguamento allo Stato delle autonomie, con la creazione di nuovi organi di rappresentanza istituzionale sia a livello regionale (Fiscalías de las Comunidades Autónomas), sia a livello provinciale (Fiscalías Provinciales).
Responsabilità disciplinare dei magistrati
La normativa in materia di responsabilità disciplinare dei magistrati è contenuta nella Ley Orgánica 6/1985 del Poder Judicial (LOPJ), agli articoli 414-427, in un’apposita sezione, distinta da quelle riguardanti la responsabilità penale e civile. L’art. 415 precisa che l’avvio di un procedimento penale non impedisce l’inizio di un procedimento disciplinare sui medesimi fatti, specificando però che non potranno essere prese decisioni in tale ambito finché non sia stata pronunciata una sentenza o un atto di proscioglimento nella causa penale. La legge precisa anche che le dichiarazioni sui fatti, contenute nelle decisioni in ambito penale, vincolano le valutazioni nel procedimento disciplinare e che si possono adottare misure penali e disciplinari sui medesimi fatti, purché non vi sia identità nel fondamento giuridico e nel bene giuridico protetto.
La legge distingue i possibili illeciti (faltas)[44], commessi da giudici e magistrati nell’esercizio delle loro funzioni, in tre categorie: molto gravi, gravi e lievi (art. 416 LOPJ). Gli articoli 417-419 LOPJ contengono tre liste con l’elencazione dettagliata di tutte le diverse fattispecie di illeciti, riferiti ad ognuna delle tre categorie menzionate.
In particolare, ai sensi dell’art. 417, sono qualificati come molto gravi (muy graves) i seguenti illeciti:
1. violazione consapevole al dovere di fedeltà alla Costituzione;
2. iscrizione a partiti politici o sindacati o svolgimento di incarichi al loro servizio;
3. reiterata provocazione di gravi scontri con le autorità della circoscrizione in cui esercita il giudice o magistrato, per ragioni estranee all’esercizio della funzione giurisdizionale;
4. ingerenza, mediante ordini o pressioni di qualunque tipo, nell’esercizio delle funzioni di un altro giudice o magistrato;
5. le azioni e le omissioni che abbiano dato luogo, con sentenza passata in giudicato o con delibera definitiva del Consiglio generale del Potere giudiziario, all’accertamento della responsabilità civile subita nell’esercizio della funzione per dolo o colpa grave;
6. esercizio di qualunque attività incompatibile con l’incarico di giudice o magistrato;
7. favorire la propria nomina presso corti e tribunali o mantenere incarichi già assunti, quando ci si trovi in situazioni di incompatibilità o di divieto previste dalla legge;
8. inosservanza volontaria del dovere di astensione per interessi personali;
9. negligenza o ritardo ingiustificato e ripetuto nell’avvio, proseguimento o conclusione di processi e cause o nell’esercizio di competenza giudiziaria;
10. abbandono del servizio o assenza ingiustificata e continuata, per sette giorni o più, dalla propria sede di assegnazione;
11. dichiarazione di falso in richieste di permessi, autorizzazioni, dichiarazioni di compatibilità, diarie ed altri compensi economici;
12. rivelazione di fatti e di dati conosciuti nell’esercizio delle proprie funzioni o in occasione di queste, quando ciò causi pregiudizio allo svolgimento di un processo o a qualunque persona;
13. abuso della condizione di giudice al fine di ottenere trattamenti favorevoli e ingiustificati da autorità, funzionari o professionisti;
14. ignoranza non giustificabile nel compimento dei doveri giudiziari;
15. assoluta e manifesta mancanza di motivazioni nelle risoluzioni giudiziarie adottate;
16. commissione di un terzo illecito grave, dopo essere stato sanzionato per altri due illeciti gravi, in via definitiva, per i quali non si sia proceduto a cancellazione successiva.
Ai sensi dell’art. 418 sono qualificati come gravi (graves) i seguenti illeciti:
1. mancanza di rispetto ai superiori in ordine gerarchico, in loro presenza o in scritti a loro diretti o pubblicati;
2. intervento, mediante raccomandazioni, nell’esercizio delle funzioni di un altro giudice o magistrato;
3. indirizzo a poteri, autorità, funzionari od organi pubblici, di congratulazioni o biasimi per i loro atti, invocando o servendosi della propria condizione di giudice;
4. correzione dell’applicazione o dell’interpretazione dell’ordinamento giuridico fatta da un collega di grado inferiore, quando sia fatto agendo al di fuori dell’esercizio delle proprie funzioni;
5. eccesso o abuso di autorità, o grave mancanza di considerazione nei confronti di cittadini, istituzioni, segretari giudiziari, medici forensi o altro personale dell’amministrazione della giustizia, dei membri del Pubblico ministero, di avvocati e procuratori, assistenti sociali laureati e funzionari della polizia giudiziaria;
6. utilizzazione, nelle risoluzioni giudiziarie, di espressioni non necessarie, inopportune o manifestamente offensive o irrispettose, con riferimento all’argomentazione giuridica;
7. mancato avvio di un procedimento disciplinare nei confronti dei segretari giudiziari o del personale ausiliario subordinato, quando si sia a conoscenza o si dovrebbe essere a conoscenza di gravi violazioni dei loro doveri.
8. rivelazione di fatti e dati conosciuti nell’esercizio delle proprie funzioni o in occasione di queste, quando ciò non costituisca illecito molto grave ai sensi dell’art. 417;
9. abbandono del servizio o assenza ingiustificata e continuata, per più di tre giorni e fino a sette, dalla propria sede di assegnazione;
10. ingiustificata e ripetuta inosservanza degli orari delle udienze pubbliche e ingiustificata mancanza di assistenza nei relativi atti processuali, quando ciò non costituisca illecito molto grave;
11. ritardo ingiustificato nell’avvio e nel proseguimento di processi e cause, quando ciò non costituisca illecito molto grave;
12. inosservanza o disattenzione reiterata nei confronti di legittime richieste degli organi giudiziari superiori;
13. inosservanza dell’obbligo di elaborare rapporti o relazioni su affari pendenti, in caso di trasferimento ad altro incarico;
14. esercizio di qualunque attività, tra quelle considerate compatibili dalla legge, senza però aver ottenuto le autorizzazioni necessarie o avendole ottenuto allegando falsa documentazione;
15. mantenimento dell’astensione da un procedimento per interessi personali, quando tale astensione sia stata ritenuta ingiustificata dagli organi competenti;
16. adozione di decisioni che, con manifesto abuso, generano fittizi aumenti del volume di lavoro, in relazione agli indici di misurazione prestabiliti;
17. ostacolo alle attività di ispezione;
18. commissione di un terzo illecito lieve, dopo essere stato sanzionato per altri due illeciti lievi, in via definitiva, per i quali non si sia proceduto a cancellazione successiva.
L’art. 419, infine, elenca cinque tipi di illeciti lievi (leves):
1. mancanza di rispetto ai superiori in ordine gerarchico, quando non vi siano le circostanze per qualificare tale condotta come illecito grave;
2. disattenzione o mancanza di considerazione nei confronti di pari grado o inferiori nell’ordine gerarchico, dei cittadini, dei membri del Pubblico ministero, dei medici legali, di avvocati e procuratori, di consulenti giuridici in materia giuslavoristica, di segretari e di altro personale degli uffici giudiziari o di funzionari della polizia giudiziaria;
3. inosservanza ingiustificata o immotivata dei tempi legalmente previsti per dettare le proprie decisioni;
4. assenza ingiustificata e continuata, per più di un giorno e fino a tre, dalla propria sede di assegnazione;
5. mancata attenzione alle richieste fatte dagli organi direttivi competenti, nell’esercizio legittimo delle loro funzioni.
In base all’art. 423 il procedimento disciplinare è avviato d’ufficio, su iniziativa dell’organismo di governo (Sala de Gobierno) o del Presidente dell’organo giurisdizionale al quale appartiene il magistrato oppure, secondo i casi, su impulso della Commissione disciplinare o del plenum del Consiglio generale del Potere giudiziario, ovvero su istanza del Pubblico ministero.
Ogni denuncia ricevuta sul funzionamento dell’amministrazione della giustizia in generale, e sull’attività di giudici e magistrati in particolare, deve essere oggetto, entro un mese, di una relazione del Capo del Servizio ispettivo del Consiglio generale del Potere giudiziario, nella quale si può proporre l’archiviazione o il prolungamento del termine per un ulteriore approfondimento oppure l’avvio immediato del procedimento disciplinare. La decisione finale spetta, secondo i casi, all’organismo di governo dell’organo giurisdizionale competente o alla Commissione disciplinare (Comisión Disciplinaria) del CGPJ che, in caso di inizio del procedimento, nomineranno un giudice con compiti istruttori (instructor delegado), il quale deve rivestire una carica di livello almeno uguale a quella del giudice sottoposto a procedimento. La Commissione, di propria iniziativa, dopo aver sentito il giudice o il magistrato oggetto del procedimento e il Pubblico ministero, può disporre, entro cinque giorni, la sospensione cautelativa provvisoria del magistrato per un periodo massimo di sei mesi, laddove vi siano indizi ragionevoli della commissione di un illecito molto grave (art. 424). Ai sensi dell’art. 425 il giudice istruttore nominato presenterà tutte le prove e gli elementi necessari per l’accertamento dei fatti e delle responsabilità suscettibili di sanzione, con possibilità di intervento nel procedimento sia da parte del Pubblico ministero sia da parte del magistrato interessato; quest’ultimo può avvalersi di un suo avvocato, a partire dall’avvio del procedimento. La legge disciplina poi in dettaglio le fasi del procedimento disciplinare, che non può avere una durata superiore a un anno, nonché le modalità per la presentazione dei ricorsi contro le risoluzioni adottate dagli organi competenti.
L’art. 420 prevede cinque possibili sanzioni da applicare al termine del procedimento disciplinare, in ordine crescente di gravità:
- avvertimento (advertencia) per gli illeciti lievi[45];
- multa fino a 500 euro (illeciti lievi) o fino a 6.000 euro (illeciti gravi);
- trasferimento a una pretura o a un tribunale distante almeno 100 chilometri dalla sede di assegnazione (illeciti molto gravi);
- sospensione dalla carica fino a 3 anni (illeciti molto gravi);
- destituzione (separación) dalla magistratura (illeciti molto gravi).
L’art. 421 indica, infine, gli organi competenti per l’imposizione delle sanzioni:
- avvertimento (Presidenti del Tribunale Supremo, della Corte Nazionale o dei Tribunali Superiori di Giustizia regionali, con riguardo a giudici e magistrati da loro dipendenti);
- multa fino a 500 euro (organismi di governo del Tribunale Supremo, della Corte Nazionale o dei Tribunali Superiori di Giustizia regionali, con riguardo a giudici e magistrati da loro dipendenti);
- multa fino a 6.000 euro (Commissione disciplinare del Consiglio generale del Potere giudiziario);
- trasferimento, sospensione e destituzione dalla magistratura (plenum del Consiglio generale del Potere giudiziario).
Organi di autogoverno della magistratura nei paesi dell’Unione europea*
Denominazione |
Base giuridica |
Composizione e durata in carica |
Modalità di elezione |
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Belgio |
Conseil Supérieur de la Justice (CSJ) – Hoge Raad voor de Justitie (HRJ) |
Art. 151 Cost., attuato dalla Legge del 20/11/1998 Cap. V bis del Code judiciaire (artt. 259bis e seguenti) |
44 membri in carica per 4 anni e rieleggibili per un successivo mandato |
22 membri giudiziari eletti dai loro pari 22 membri non giudiziari nominati dal Senato |
Bulgaria |
???? ??????? ????? (Consiglio giudiziario supremo) |
Art. 130 Cost. e cap. II (artt. 16-39b) del Judiciary System Act Regulation on the organization of the work of the Supreme Judicial Council and its Administration |
25 membri non immediatamente rieleggibili: i membri eletti restano in carica 5 anni, mentre quelli di diritto 7 anni |
11 membri eletti dagli organi del sistema giudiziario 11 membri eletti dall’Assemblea Nazionale 3 membri di diritto (Presidente della Suprema Corte di Cassazione, Presidente della Suprema Corte amministrativa, Procuratore Generale)
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Croazia |
Državno sudbeno vije?e (State Judicial Council) |
Art. 124 Cost. e art. 2 dello State Judicial Council Act |
11 membri in carica per 5 anni e rieleggibili una sola volta |
7 giudici eletti dai loro pari 2 professori universitari di diritto eletti da tutti i professori delle facoltà di legge del Paese su proposta dei Consigli di facoltà 2 deputati, di cui uno dell’opposizione, eletti dal Parlamento
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Danimarca |
Domstolsstyrelsen (The Danish Court Administration) |
The Danish Court Administration Act of 26 June 1998 (Law n. 401) |
11 membri del Board of Governors in carica per 4 anni e rieleggibili |
8 membri nominati in rappresentanza delle diverse Corti giudiziarie 1 avvocato nominato dal Consiglio dell’ordine 2 membri con particolari competenze gestionali e sociali nominati rispettivamente dal Consiglio per l’occupazione e dal Collegio dei rettori
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Finlandia |
Tuomioistuinvirasto / Domstolsverket (National Courts Administration) |
Courts Act (22.2.2019/209) Chapter 19a) |
8 membri del Board of Directors in carica per 5 anni |
il Board è nominato dal Governo: 6 giudici, un membro che rappresenta il personale non giudiziario delle Corti, un membro con particolari competenze nella gestione dell’amministrazione pubblica
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Francia |
Artt. 64 e 65 Cost. |
22 membri in carica per 4 anni, rieleggibili non consecutivamente |
6 giudici eletti 6 procuratori eletti Presidente della Corte di Cassazione Procuratore generale della Corte di Cassazione 8 personalità di spicco esterne alla magistratura (1 membro del Consiglio di Stato eletto dall’Assemblea generale del Consiglio di Stato; 1 avvocato designato dal Presidente del Consiglio nazionale degli avvocati e altri 6 membri nominati, rispettivamente, dal Presidente della Repubblica, dal Presidente dell’Assemblea Nazionale e dal Presidente del Senato) |
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Grecia |
??????? ????????? ????????? ????????? ??? ???????? ??????????? (Consiglio superiore della magistratura per la giustizia civile e penale)[46]
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Art. 90 Cost. Codice dell’organizzazione dei tribunali e dello status dei funzionari giudiziari (Legge 1756/1988)
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2 Sotto Consigli composti, rispettivamente, di 11 e 15 membri (la durata del mandato è di un anno ed è rinnovabile) |
giudici e pubblici ministeri della rispettiva Corte Suprema estratti a sorte dal Plenum della Corte Suprema tra coloro che vi hanno prestato servizio per almeno due anni membri di diritto: il Presidente della rispettiva Corte suprema, il Procuratore della Corte suprema civile e penale 2 magistrati senza diritto di voto, della branca interessata dai cambiamenti di stato di servizio, almeno del grado di giudice d’appello o equivalente, scelti secondo il metodo del sorteggio
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Irlanda |
Comhairle na mBreithiúna (Judicial Council) |
The Judicial Council Act 2019 |
170 membri in totale, di cui 11 membri del Board in carica per 4 anni e rieleggibili una sola volta |
5 membri di diritto (Presidente della Corte Suprema che assume le funzioni di Presidente del Board, Presidente della Corte d’Appello, Presidente della High Court, Presidente della District Court, Presidente della Circuit Court) 5 membri eletti dai giudici dei tribunali sopracitati, diversi dal Presidente (membro di diritto): un giudice della Corte Suprema, un giudice della Corte d’Appello, un giudice della High Court, un giudice della District Court, un giudice della Circuit Court) 1 membro cooptato a rotazione dai 5 membri di diritto
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Italia |
Artt. 104,105,106, 107 Cost. Legge n. 195/1958 Legge n. 44/2002 |
33 membri in carica per 4 anni, non immediatamente rieleggibili |
20 membri appartenenti alla magistratura 10 membri laici eletti dal Parlamento in seduta comune (scelti tra professori ordinari in materie giuridiche o avvocati con almeno 15 anni di esercizio della professione) 3 membri di diritto (Presidente della Repubblica, Primo Presidente della Corte di Cassazione, Procuratore generale presso la Corte di Cassazione |
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Lettonia |
Tieslietu padome (Judicial Council) |
Legge sul potere giudiziario 1993 e successive modifiche (section 89) |
15 membri (quelli eletti restano in carica per 4 anni, sono rieleggibili ma non per più di due volte consecutive) |
8 membri di diritto (Presidente della Corte Suprema, Presidente della Corte costituzionale, Ministro della giustizia, Presidente della Commissione giustizia del Parlamento, il Procuratore generale, il Presidente dell’Ordine degli avvocati, il Presidente dell’Ordine dei notai, il Presidente dell’Ordine degli ufficiali giudiziari) 1 giudice eletto dal Plenum della Corte suprema 6 giudici eletti dall’Assemblea generale dei giudici |
Lituania |
Teis?j? Taryba (Judicial Council) |
Art. 112 Cost. Regulation of Work of the Judicial Council, (art. II) |
17 membri in carica per 4 anni |
3 membri di diritto (Presidente della Corte Suprema, Presidente della Corte d’Appello, Presidente della Corte Suprema amministrativa) 14 membri eletti dall’Assemblea generale dei giudici (3 dalla Corte Suprema, 2 dalla Corte d’Appello, 1 dalla Corte Suprema amministrativa, 3 dai tribunali distrettuali, 1 dai tribunali amministrativi regionali, 4 da tutti i tribunali di zona) |
Malta |
Kummissjoni ghall-Amministrazzjoni tal-Gustizzja (Commission for the Administration of Justice) |
Art. 101a Cost. (introdotto nel 1994) |
10 membri in carica per 4 anni |
4 giudici eletti dai loro pari 2 membri laici (uno nominato dal Primo Ministro e uno dal leader dell’opposizione) 4 membri di diritto (Presidente della Repubblica, Presidente della Corte Suprema, Procuratore Generale, Presidente dell’Ordine degli avvocati) |
Paesi Bassi |
Raad voor de rechtspraak (Dutch Council for the Judiciary) |
Judicial Organisation Act (Chapter 2, part 6) |
3 – 5 membri (attualmente 4) in carica per 6 anni (mandato rinnovabile altri 3 anni) |
Tutti i membri sono nominati con decreto reale su raccomandazione del Ministro della sicurezza e della giustizia. Il Presidente e il Vicepresidente dell’organo sono sempre giudici.
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Portogallo |
Artt. 217 e 218 Cost. Istituito con il Decreto-Lei n. 926/76, de 31 de dezembro (Lei Orgânica do Conselho Superior da Magistratura)
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17 membri in carica per 5 anni (membri nominati dal Presidente della Repubblica), 4 anni (membri nominati dal Parlamento), 3 anni per i giudici eletti. Questi ultimi possono essere rieletti una sola volta, mentre non ci sono limitazioni per il rinnovo del mandato agli altri membri |
7 giudici eletti dai loro rispettivi pari 2 membri nominati dal Presidente della Repubblica 7 membri nominati dal Parlamento 1 membro di diritto (Presidente della Corte Suprema che assume la funzione di Presidente dell’organo) |
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Romania |
Artt. 133 e 134 Cost. |
19 membri in carica per 6 anni, non rieleggibili |
14 magistrati (9 giudici e 5 procuratori) eletti dalle assemblee generali dei magistrati e convalidati dal Senato 2 membri laici eletti dal Senato 3 membri di diritto (Presidente della Corte Suprema di Cassazione, Ministro della giustizia, Procuratore generale presso la Corte di Cassazione) |
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Slovacchia |
Súdna rada Slovenskej republiky (Judicial Council of the Slovak Republic) |
Art. 141a Cost. (introdotto nel 2001) Act 185/2002 on the Judicial Council of the Slovak Republic) |
18 membri in carica per 5 anni per non più di due mandati consecutivi. Per legge almeno la metà devono essere giudici |
9 giudici eletti dai loro pari 3 membri eletti dal Parlamento 3 membri nominati dal Presidente della Repubblica 3 membri nominati dal Governo |
Slovenia |
Sodni svet Republike Slovenije (The Judicial Council of the Republic of Slovenia) |
Art. 130, 131 e 132 Cost. Zakon o sodnem svetu (Legge sul Consiglio giudiziario) del 25.04.2017 |
11 membri in carica per 6 anni, non immediatamente rieleggibili |
6 giudici eletti dai loro pari 5 membri laici eletti dal Parlamento su proposta del Presidente della Repubblica |
Spagna |
Consejo General del Poder Judicial (CGPJ)
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Art. 122 Cost. Ley Orgánica 6/1985, de 1 de julio, del Poder Judicial
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21 membri, di cui 12 giudici, in carica per 5 anni (solo il Presidente della Corte Suprema, che è eletto nella prima seduta plenaria del Consiglio e diventa automaticamente anche Presidente del Consiglio giudiziario, può essere riconfermato) |
12 giudici nominati dal Parlamento 8 membri laici nominati dal Parlamento Presidente (un giudice della Corte Suprema o un professionista legale con almeno 25 anni di esperienza) |
Ungheria |
Országos Bírói Tanács, OBT[48] (National Judicial Council) |
Art. 25 Cost. |
15 membri (tutti giudici) in carica per 6 anni |
Presidente della Suprema Corte di Cassazione (membro di diritto) 14 giudici eletti dall’Assemblea generale dei giudici (1 giudice di una Corte regionale d’Appello, 5 giudici dei tribunali regionali, 7 giudici dei tribunali distrettuali, 1 giudice del Tribunale amministrativo e del lavoro) |
[1] Il disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati in prima lettura consegue ad un dibattito sul progetto di legge di iniziativa governativa A.C. n. 1917 (indi adottato come testo base, ed approvato senza modificazioni) nonché sulle proposte di legge di iniziativa parlamentare A.C. n. 23, n. 434, n. 806 e n. 824).
[2] I giudici ordinari della Corte costituzionale sono eletti dal Parlamento in seduta comune, a scrutinio segreto e con la maggioranza dei due terzi dei componenti l'Assemblea per i primi tre scrutini. Per gli scrutini successivi al terzo è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei componenti l'Assemblea.
[3] Cfr. intervento di Persico nella seduta dell’8 novembre 1947. Nella seduta pomeridiana dell’11 novembre 1947 Romano aggiunse che «La Magistratura è un complesso di organi e, quindi, la denominazione indica un concetto puramente astratto».
[4] Cfr. seduta pomeridiana del 20 novembre 1947.
[5] Per lo sviluppo di questi argomenti si vedano tra gli altri gli interventi di Leone (adunanza plenaria del 30 gennaio 1947), Bozzi (seduta pomeridiana del 6 novembre 1947) e Persico (seduta dell’8 novembre 1947).
[6] Cfr. Fausto Gullo nella seduta pomeridiana del 12 novembre 1947.
[7] Si veda l’intervento di Tito Oro Nobili nella seduta antimeridiana del 25 novembre 1947, nella quale egli illustrò il suo emendamento volto ad attribuire la presidenza del CSM al Primo presidente della Corte di cassazione.
[8] Cfr. Intervento di Macrelli nella seduta antimeridiana dell’11 novembre 1947.
[9] Si vedano gli interventi di Angelo Carboni (seduta pomeridiana del 7 novembre 1947), di Cappi (seduta dell’8 novembre 1947), di Salerno (seduta pomeridiana dell’11 novembre 1947), di Fausto Gullo (seduta pomeridiana del 12 novembre 1947).
[10] Questa era l’originaria intenzione di Calamandrei (si veda l’art. 17 del suo progetto originario). La tesi fu sostenuta negli interventi di Bozzi e Mastino (seduta pomeridiana del 6 novembre 1947), di Crispo (seduta antimeridiana del 7 novembre 1947), di Abozzi e Cortese (seduta antimeridiana del 12 novembre 1947), di Caccuri (seduta pomeridiana del 12 novembre 1947). Si vedano anche gli emendamenti presentati da Mastino, Romano e altri nella seduta antimeridiana del 25 novembre 1947.
[11] Si veda l’intervento di Vinciguerra (seduta pomeridiana del 7 novembre 1947). Vi fu anche chi, come Dominedò (seduta antimeridiana del 7 novembre 1947) affermò che «a rigore basterebbe la presenza di un solo rappresentante del legislativo per allontanare il pericolo dell’hortus conclusus, superando il luogo comune di una casta separata e irresponsabile».
[12] Si veda l’illustrazione della proposta nella seduta pomeridiana del 12 novembre 1947. Analoga soluzione era prevista dall’emendamento Caccuri (v. seduta antimeridiana del 25 novembre 1947).
[13] I profili della riforma giudiziaria sono dibattuti nelle sedute del 28, 29 e 31 maggio 1946. Sia Calamandrei che Leone - relatori di due (dei tre) progetti di riforma del potere giudiziario presentati all'Assemblea Costituente - sono in via di principio contrari all'elezione anche per i magistrati onorari: l'elezione è coerente ad un ordinamento giuridico ispirato dal diritto libero, dove il magistrato è un operatore della politica - afferma perentoriamente Calamandrei - mentre il principio di legalità che informa il nostro ordinamento esige che il magistrato sia un tecnico reclutato attraverso un concorso idoneo a verificare la preparazione giuridica dei candidati (si veda la seduta del 5 dicembre 1946).
[14] Cfr. seduta del 31 gennaio 1947.
[15] Si veda l’emendamento presentato da Gullo e Mugolino nella seduta del 26 novembre 1947.
[16] Si veda l’intervento di Leone nella seduta del 26 novembre 1947.
[17] Per questa ricostruzione si veda Rigano, Art. 106, in Commentario alla Costituzione, UTET, 2006.
[18] In questo senso vi fu chi in Assemblea costituente (si veda soprattutto la seduta pomeridiana del 25 novembre 1947) propose – sul modello francese – che il guardasigilli fosse membro di diritto del CSM (Perlingieri) se non addirittura vicepresidente dell’organo (Preti).
[19] Intervenne Leone, nella seduta pomeridiana del 14 novembre 1947, per tranquillizzare i colleghi sul permanere di importantissime funzioni in capo al Ministro («Cosa accadrà di questo Ministro della giustizia? […] Voglio sinteticamente elencare i tre gruppi di attività che il Ministro della giustizia ha conservato. Il Ministro conserva anzitutto tutta l’attività concernente gli uffici giudiziari; in secondo luogo ha il potere di ispezione; poi ha il potere di promuovere l’azione disciplinare […] ed infine provvede all’esecuzione penale»). Nella seduta del 15 novembre 1947 fu Conti a esorcizzare le paure di coloro che immaginavano un ministro senza più funzioni («Il povero ministro dovrà andare al palazzo di Via Arenula per guardare le mura e tornare a casa tutto sconsolato perché non sarà più il Ministro arbitro della giustizia. Niente affatto signori. Con l’organizzazione della Magistratura che è in progetto, il Ministro avrà sempre molte cose da fare: ed egli sarà l’altissimo, vigilante preside all’amministrazione della Giustizia») elencando quelle rilevantissime che gli restavano. Ed infine altrettanto fece Ruini in sede di parere sugli emendamenti nella seduta antimeridiana del 25 novembre 1947.
[20] Andarono in questa direzione gli emendamenti Mortati e Colitto (seduta antimeridiana del 25 novembre 1947) e soprattutto l’emendamento Targetti e altri dalla cui approvazione scaturisce l’art. 110 Cost. Come affermò il presentatore (seduta antimeridiana del 25 novembre 1947) «Noi siamo favorevolissimi ad assicurare alla Magistratura il massimo di indipendenza; non siamo neppure contrari a dare ad essa, attraverso il Consiglio superiore, larghi poteri; ma, al tempo stesso, riteniamo che si debba essere tutti d’accordo nel ristabilire il principio o, per dir meglio, nel mettere in evidenza che non abbiamo rinunciato al principio che il Ministro della giustizia debba rispondere dell’amministrazione della giustizia».
[21] Per un’ampia ricostruzione si veda Bonifacio-Giacobbe, Art. 107, in Commentario della Costituzione, Zanichelli, 1986.
[22] Per questa sintetica ricostruzione si veda D'Elia, Art. 112, in Commentario alla Costituzione, UTET, 2006.
[23] Alcuni interventi, come quello di Bettiol e di Giovanni Leone, facevano espressamente leva sul carattere fondamentale del principio di obbligatorietà dell'azione penale in uno Stato democratico e di diritto, e ricordavano come fosse, al contrario, proprio degli ordinamenti antidemocratici l'adesione all'opposto principio della discrezionalità. In particolare, tra gli obiettivi tenuti di mira con la formulazione della disposizione in commento apparve evidente quello di porre un definitivo divieto alla possibilità per il Pubblico Ministero di archiviare gli atti di un processo senza un previo controllo giurisdizionale.
[24] Come è noto l’Assemblea della Camera dei deputati, per l’anticipata e definitiva interruzione dei lavori, non ha esaminato l’articolato sul Sistema delle garanzie approvato dalla Commissione parlamentare per le riforme costituzionali, come risultante dagli emendamenti approvati nella sessione autunnale conclusasi il 4 novembre 1997.
[25] L’accesso alla Scuola della magistratura era possibile anche, prima dell’entrata in vigore della loi organique n. 2023-1058, con un reclutamento per titoli, riservato a professionisti che avessero determinati requisiti: una laurea specialistica in diritto (maîtrise en droit); un’esperienza lavorativa di 4 anni in campo giuridico, economico o sociale; un’età compresa tra 27 e 40 anni (art. 18-1 dell’ordinanza n. 58-1270).
[26] Per una ricostruzione dell’evoluzione storica dell’organo e un’analisi della sua composizione e delle sue funzioni si veda: Laura Montanari, Il Consiglio superiore della magistratura in Francia tra proposte di modifica e resistenze conservatrici, in Diritto Pubblico Comparato ed Europeo, n. 4/2020.
[27] Cfr. sull’argomento: Joly-Hurard Julie, La responsabilité civile, pénale et disciplinaire des magistrats, in Revue internationale de droit comparé, 2006, n. 2, p. 458.
[28] Nel caso in cui il potere di iniziativa disciplinare sia esercitato dai Presidenti di Corte d’appello o dai Presidenti del Tribunale superiore d’appello, copia dei documenti ad essa relativi sono inviati al Ministro della giustizia, il quale può richiedere un’inchiesta all’Ispettorato generale della giustizia.
[29] Cfr. sull’argomento: Pietropolli Marco, L’autonomia e l’indipendenza della magistratura ordinaria in Italia e in Francia, in “Diritto e Società”, 2008, n. 1, p. 89.
[30] In questi ultimi due casi, copia dei documenti relativi all’avvio di un’azione disciplinare è indirizzata al Guardasigilli, che può domandare un’inchiesta all’Ispettorato generale della giustizia.
[31] Come per i magistrati del siège, anche per quelli del parquet la decisione di interdizione non può essere resa pubblica e non comporta privazione del diritto al trattamento economico.
[32] Cfr. sull’argomento: Elisa Bertolini, Indipendenza e autonomia della magistratura senza un organo di autogoverno: il modello tedesco, in Diritto Pubblico Comparato ed Europeo, n. 4/2020.
[33] Una “piccola” eccezione al principio di obbligatorietà è stata introdotta nel 1924 concedendo al PM il potere di dichiarare il non luogo a procedere nel caso di procedimenti penali relativi a reati di scarsa entità, qualora a ciò non si contrapponesse il pubblico interesse al perseguimento del reato (§ 153 StPO). Risulta evidente che tale modifica legislativa aveva come scopo quello di alleggerire la giustizia da molti piccoli procedimenti di microcriminalità, il che si è poi effettivamente verificato. Viceversa, una “grande” e contestata eccezione al principio di obbligatorietà è quella stabilita nel 1974, quando sono stati ampliati i poteri della Procura dello Stato consentendole di dichiarare il non luogo a procedere in caso di reati che arrivano fino all’ambito della media criminalità qualora l’accusato sia disposto a ottemperare a ordini o disposizioni impostigli dal PM, come ad esempio l’obbligo per l’accusato di indennizzare il danno arrecato, di prestare un lavoro di pubblica utilità, o di versare una somma di denaro ad un’istituzione di pubblica utilità (§153a StPO).
[34] Il Governo federale ha emanato un apposito decreto sulle attività secondarie dei giudici nel servizio pubblico (Verordnung über die Nebentätigkeit der Richter im Bundesdienst – BriNV). Il testo, del 15 ottobre 1965 e da ultimo modificato ad aprile 2006, non si applica ai membri della Corte costituzionale federale.
[35] Cfr. Eduardo Maia Costa, Un’esperienza di separazione delle carriere: l’ordinamento portoghese, in Questione Giustizia, n. 1/2018.
[36] Per approfondire: Paola Costantini, Il modello portoghese di autogoverno della magistratura: evoluzione nella stabilità, in Diritto Pubblico Comparato ed Europeo, n. 4/2020.
[37] Cfr. José P. Ribeiro De Albuquerque, Il pubblico ministero portoghese: architettura istituzionale, principi, garanzie, sfide, in Questione Giustizia, n. 2/2021.
[38] Per l’accesso al concorso è obbligatorio il possesso dei seguenti requisiti: cittadinanza spagnola; maggiore età; laurea in legge; non incorrere in alcuna delle cause di esclusione (art. 302 LOPG). La legge disciplina in dettaglio le modalità di composizione della Commissione di esame, nominata a sua volta da un’apposita Commissione di selezione (Comisión de Selección).
[39] Il Consejo General del Poder Judicial è l’organo di governo della magistratura spagnola e svolge la funzione di garantirne l’indipendenza interna ed esterna con competenza su tutto il territorio nazionale (cfr. Miryam Iacometti, Il Consejo General del Poder Judicial spagnolo: un organo di effettiva garanzia dell’indipendenza del potere giudiziario?, in Diritto Pubblico Comparato ed Europeo, n. 4/2020.
[40] Il Tribunale supremo, con sede a Madrid, organo giudicante in ultima istanza per tutti gli ordini di giudizio, è composto da cinque sezioni (salas): civile, penale, amministrativa, del lavoro e sezione speciale militare.
[41] La traduzione della Costituzione spagnola del 1978 è tratta dalla versione italiana predisposta dal Congreso de los Diputados e consultabile alla pagina web: www.congreso.es/constitucion/ficheros/c78/cons_ital.pdf.
[42] L’articolo 117, comma 1, della Costituzione recita: “La giustizia emana dal popolo ed è amministrata nel nome del Re dai giudici e dai magistrati che fanno parte del potere giudiziario, indipendenti, inamovibili, responsabili e sottomessi unicamente all’autorità della legge”.
[43] Si tratta della Fiscalía Antidroga e della Fiscalía contra la Corrupción y la Criminalidad Organizada.
[44] Nell’ordinamento spagnolo le faltas sono distinte sia dai reati di natura penale (delitos), sia dalle infrazioni di natura amministrativa (infracciones).
[45] Per l’imposizione della sanzione di avvertimento, in caso di illeciti lievi, è previsto un procedimento semplificato, con la semplice comparizione del magistrato interessato, dopo un’informativa sommaria.
*Fonte: Rete europea dei Consigli giudiziari (European Network of Councils for the Judiciary - ENCJ)
[46] Giulia Aravantinou Leonidi, Peculiarità del sistema giudiziario greco nella tradizione dell'Europa meridionale: il peso del contesto costituzionale, politico ed economico sugli organi di autogoverno della magistratura, Diritto Pubblico Comparato ed Europeo, n. 4/2020.
[47] Cfr. Valerio Lubello, Il Consiglio superiore della magistratura rumeno. Prospettive di una transizione ancora in corso, in Diritto Pubblico Comparato ed Europeo, n. 4/2020.
[48] Cfr. Simone Penasa, L’amministrazione della giustizia in Ungheria: un sistema istituzionale “bicefalo” di derivazione “democratico-illiberale”, in Diritto Pubblico Comparato ed Europeo, n. 4/2020.