Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Giustizia
Titolo: Legge di bilancio 2023 - Profili di interesse della II Commissione Giustizia
Riferimenti: AC N.643-bis/XIX
Serie: Progetti di legge   Numero: 9/0/II
Data: 02/12/2022
Organi della Camera: II Giustizia

LEGGE DI

BILANCIO 2023

 

Profili di interesse della II Commissione Giustizia

Servizio Studi

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Dossier n. 18/0/2

 

 

 

 

 

 

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Dipartimento Trasporti

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Progetti di legge n. 9/0/II

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La redazione del presente dossier è stata curata dal Servizio Studi della Camera dei deputati

 

La documentazione dei Servizi e degli Uffici del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. Si declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.

 

GI0004.docx

 


 

 

 

NOTA

 

 

 

 

 

 

Il presente dossier è articolato in due parti:

§  la prima parte contiene le schede di lettura delle disposizioni della prima sezione, di competenza di ciascuna Commissione, estratte dal dossier generale sul disegno di legge di bilancio in esame;

§  la seconda parte contiene l’analisi della seconda sezione del disegno di legge, recante il bilancio integrato per il 2023-2025 di competenza di ciascuna Commissione.

 

 

 

 

 

 


I N D I C E

 

La prima Sezione................................................................................................. 3

1.               La disciplina contabile della prima sezione......................................... 3

La seconda Sezione............................................................................................. 4

1.               La disciplina contabile della seconda sezione..................................... 4

Schede di lettura Sezione I................................................................................ 9

Articolo 42 (Definizione agevolata delle controversie tributarie)............... 10

Articolo 43 (Conciliazione agevolata delle controversie tributarie)........... 17

Articolo 44 (Rinuncia agevolata dei giudizi tributari pendenti in Cassazione)   20

Articolo 63 (Misure a sostegno del Piano strategico nazionale contro la violenza sulle donne e rifinanziamento del Fondo per le misure anti-tratta)................................. 22

Articolo 147 (Dotazione finanziaria a disposizione della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo).................................................................................................... 24

Articolo 148 (Rifinanziamento di Fondi per l’edilizia giudiziaria)............. 26

Articolo 149 (Giustizia riparativa)................................................................... 27

Articolo 150 (Compensazione dei debiti degli avvocati)............................... 28

Articolo 153, comma 2 (Risparmi di spesa del Ministero della giustizia – Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria)................................................................. 31

Articolo 153, comma 3 (Risparmi di spesa Ministero della giustizia – razionalizzazione della gestione del servizio mensa per il personale)................................................. 32

Articolo 153, comma 4 (Riduzione delle spese per le intercettazioni)........ 33

La seconda Sezione........................................................................................... 35

2. Le previsioni di spesa del Ministero della giustizia................................... 37

Ministero della Giustizia  (Tabella n. 5).......................................................... 37

Le previsioni di spesa per il 2023 rispetto alla legislazione vigente............ 39

Ulteriori poste di bilancio di interesse della Commissione Giustizia (tab. n. 2, n. 8 e n. 10) 43

 

 


La prima Sezione

1.     La disciplina contabile della prima sezione

Dopo la riforma operata nel 2016, la legge di bilancio risulta costituita da un provvedimento unico, articolato in due sezioni.

La prima sezione (che assorbe in gran parte i contenuti della ex legge di stabilità) reca esclusivamente le misure normative tese a realizzare gli obiettivi di finanza pubblica indicati nei documenti programmatici di bilancio, Documento di Economia e Finanza (DEF) e la relativa Nota di aggiornamento (NADEF). La seconda sezione (che assolve, nella sostanza, le funzioni dell’ex disegno di legge di bilancio) è dedicata alle previsioni di entrata e di spesa, formate sulla base del criterio della legislazione vigente, e reca le proposte di rimodulazioni e di variazioni della legislazione di spesa che non necessitano di innovazioni normative.

 

L’articolo 21, comma 1-ter, della legge n. 196 del 2009, pone precisi limiti al contenuto della prima sezione del disegno di legge di bilancio. In estrema sintesi, la prima sezione contiene esclusivamente:

-     la determinazione del livello massimo dei saldi del bilancio dello Stato per il triennio di riferimento,

-     le norme in materia di entrata e di spesa che determinano effetti finanziari, con decorrenza nel triennio, attraverso la modifica, la soppressione o l'integrazione dei parametri che regolano l'evoluzione delle entrate e della spesa previsti dalla normativa vigente o delle sottostanti autorizzazioni legislative ovvero attraverso nuovi interventi;

-     le norme volte a rafforzare il contrasto e la prevenzione dell'evasione fiscale e contributiva o a stimolare l'adempimento spontaneo degli obblighi fiscali e contributivi;

-     l'importo complessivo massimo destinato al rinnovo dei contratti del pubblico impiego nel triennio;

-     le norme eventualmente necessarie a garantire il concorso degli enti territoriali agli obiettivi di finanza pubblica.

 

In ogni caso, la prima sezione non deve contenere norme di delega, di carattere ordinamentale o organizzatorio, né interventi di natura localistica o microsettoriale ovvero norme che dispongono la variazione diretta delle previsioni di entrata o di spesa contenute nella seconda sezione del medesimo disegno di legge.


 

La seconda Sezione

1.     La disciplina contabile della seconda sezione

La parte contabile della legge di bilancio, recata dalla Sezione II del provvedimento, contiene il bilancio a legislazione vigente e le variazioni della legislazione vigente di spesa non determinate da innovazioni normative (art. 21, comma 1-sexies, legge n. 196/2009).

Le variazioni degli stanziamenti relativi a leggi di spesa vigenti compongono, infatti, insieme alle innovazioni legislative introdotte con la Sezione I, il complesso della manovra di finanza pubblica.

Si ricorda, infatti, che a seguito della riforma del 2016, la parte contabile del bilancio contenuta nella Sezione II è venuta ad assumere un contenuto sostanziale, potendo incidere direttamente, attraverso le rimodulazioni ovvero attraverso rifinanziamenti, definanziamenti o riprogrammazioni degli stanziamenti relativi a leggi di spesa vigenti.

Le previsioni contenute nella Sezione II:

-        sono formate sulla base della legislazione vigente, la quale include sia l'aggiornamento delle previsioni di spesa per oneri inderogabili e per fabbisogno sia le rimodulazioni compensative, che possono interessare anche i fattori legislativi, proposte dalle amministrazioni in sede di formazione del bilancio,

-        evidenziano per ciascuna unità di voto, le proposte relative a rifinanziamenti, definanziamenti e riprogrammazioni degli stanziamenti relativi a leggi di spesa vigenti;

-        riportano, per ciascuna unità di voto, anche gli effetti delle variazioni derivanti dalle disposizioni contenute nella Sezione I. In tal modo, la Sezione II fornisce, per ciascuna unità di voto, previsioni c.d. “integrate” con gli effetti della manovra.

Le unità di voto parlamentare

Le unità di voto per le spese sono individuate con riferimento ai programmi, intesi quali aggregati di spesa con finalità omogenea diretti al perseguimento di risultati, definiti in termini di beni e di servizi finali, allo scopo di conseguire gli obiettivi stabiliti nell'ambito delle missioni, che rappresentano le funzioni principali e gli obiettivi strategici perseguiti con la spesa. Per le entrate, le unità di voto sono individuate con riferimento alla tipologia di entrata.

L’unità di voto deve indicare:

§  l'ammontare presunto dei residui attivi o passivi alla chiusura dell'esercizio precedente a quello cui il bilancio si riferisce;

§  l'ammontare delle entrate che si prevede di accertare e delle spese che si prevede di impegnare (competenza) nonché l'ammontare delle entrate che si prevede di incassare e delle spese che si prevede di pagare (cassa), nell'anno cui il bilancio si riferisce;

§  le previsioni delle entrate e delle spese relative al secondo e terzo anno del bilancio triennale.

Costituiscono oggetto di approvazione parlamentare le previsioni di entrata e di spesa, di competenza e di cassa, relative all’anno cui il bilancio si riferisce, sia quelle relative al secondo e terzo anno del bilancio triennale.

Soltanto le previsioni del primo anno costituiscono, tuttavia, limite alle autorizzazioni di impegno e pagamento.

Nell’ambito di ciascuna unità di voto, le spese sono classificate a seconda della natura dell'autorizzazione di spesa sottostante in:

§  oneri inderogabili, ossia spese vincolate a particolari meccanismi o parametri che ne regolano l'evoluzione, determinati sia da leggi sia da altri atti normativi, tra cui rientrano le cosiddette spese obbligatorie (vale a dire, le spese relative al pagamento di stipendi, assegni, pensioni, le spese per interessi passivi, quelle derivanti da obblighi comunitari e internazionali, le spese per ammortamento di mutui, nonché quelle così identificate per espressa disposizione normativa);

§  fattori legislativi, ossia spese autorizzate da espressa disposizione legislativa che ne determina l'importo, considerato quale limite massimo di spesa, e il periodo di iscrizione in bilancio;

§  spese di adeguamento al fabbisogno, ossia spese diverse dagli oneri inderogabili e dai fattori legislativi, quantificate tenendo conto delle esigenze delle amministrazioni.

A tale classificazione si collega il diverso grado di flessibilità e di manovrabilità della spesa stessa, ai fini dell’applicazione della disciplina della flessibilità del bilancio (cfr. paragrafo seguente).

La quota delle spese per oneri inderogabili, fattore legislativo e adeguamento al fabbisogno è indicata, per ciascun programma, in appositi allegati agli stati di previsione della spesa.

La flessibilità degli stanziamenti di bilancio da fattore legislativo

La c.d. flessibilità di bilancio consente alle amministrazioni di incidere sugli stanziamenti di spesa relativi ai fattori legislativi – determinati cioè da norme di legge - al fine di modularne le risorse secondo le necessità connesse al raggiungimento degli obiettivi di spesa.

L’articolo 23, comma 3, della legge n. 196 consente, nella Sezione II, per motivate esigenze e nel rispetto dei saldi programmati di finanza pubblica:

a)     la rimodulazione in via compensativa tra le dotazioni di spesa relative a fattori legislativi all’interno di ciascuno stato di previsione, anche tra missioni diverse, fermo restando la preclusione dell'utilizzo degli stanziamenti di conto capitale per finanziare spese correnti (c.d. rimodulazione verticale).

È consentita altresì la rimodulazione delle quote annuali delle autorizzazioni pluriennali di spesa in conto capitale, nel rispetto del vincolo finanziario complessivo, per l’adeguamento delle dotazioni finanziarie al Cronoprogramma dei pagamenti (ai sensi dell'art. 30, co. 2, della legge n. 196): in questo caso, le rimodulazioni coinvolgono una singola autorizzazione di spesa e trovano compensazione nell’ambito del periodo pluriennale di riferimento (c.d. rimodulazione orizzontale). Per le autorizzazioni pluriennali di spesa in conto capitale è inoltre prevista la reiscrizione nella competenza degli esercizi successivi delle somme non impegnate alla chiusura dell'esercizio. Tale facoltà è concessa per una sola volta per le medesime risorse;

b)     il rifinanziamento, definanziamento e riprogrammazione delle dotazioni finanziarie di spesa di parte corrente e in conto capitale delle leggi di spesa vigenti, per un periodo temporale anche pluriennale. Tali variazioni di autorizzazioni legislative di spesa, in quanto non compensative, concorrono alla manovra di finanza pubblica[1].

È prevista esplicita evidenza contabile delle variazioni relative ai fattori legislativi di spesa, in appositi allegati conoscitivi agli stati di previsione della spesa, che vengono aggiornati anche all'atto del passaggio dell'esame del provvedimento tra i due rami del Parlamento.

La classificazione delle spese

Ai sensi dell’articolo 25 della legge di contabilità, la classificazione delle voci di spesa si articola su tre livelli:

a)    missioni, che rappresentano le funzioni principali e gli obiettivi strategici della spesa;

b)    programmi, ossia le unità di voto parlamentare, quali aggregati finalizzati al perseguimento degli obiettivi indicati nell’ambito delle missioni.

c)    unità elementari di bilancio, che rappresentano le unità di gestione e rendicontazione – attualmente i capitoli - eventualmente ripartite in articoli (corrispondenti agli attuali piani di gestione).

Con il D.Lgs. n. 90/2016 sono state introdotte nel bilancio dello Stato le azioni, quali ulteriore articolazione dei programmi, volte a specificare ulteriormente la finalità della spesa. Al momento, esse rivestono carattere meramente conoscitivo, ad integrazione della classificazione per capitoli.

Le azioni complessive del bilancio dello Stato sono rappresentate in un prospetto dell’atto deliberativo, collocato dopo i quadri generali riassuntivi, che riporta il bilancio per Missione, Programma e Azione nella sua interezza.

 

Le spese del bilancio dello Stato sono inoltre esposte secondo le tradizionali classificazioni economica e funzionale.

La struttura degli stati di previsione della spesa

La Sezione II del disegno di legge di bilancio è costituita dallo stato di previsione dell’entrata e dagli stati di previsione della spesa relativi ai singoli Ministeri (Tomo III del ddl).

Il deliberativo di ciascuno stato di previsione della spesa espone gli stanziamenti dei programmi di spesa del Ministero, che costituiscono l’unità di voto parlamentare, con i seguenti Allegati:

?      Rimodulazioni compensative verticali di spese per fattori legislativi e per adeguamento al piano finanziario dei pagamenti (art.23 c.3, lett.a);

?      Rimodulazioni compensative orizzontali di spese per adeguamento al piano finanziario dei pagamenti (art.23 c.3, lett.a) e art. 30, co. 2, lett. a);

?      Rifinanziamenti, definanziamenti e riprogrammazioni previste a legislazione vigente (art.23 c.3, lett.b);

?      Dettaglio, per unità di voto, delle spese per oneri inderogabili, fattore legislativo e adeguamento al fabbisogno (art. 21, c.4);

?      Reiscrizione somme non impegnate (art. 30 c.2).

 

Ogni stato di previsione della spesa presenta i seguenti elementi informativi:

?     la nota integrativa, che contiene gli elementi informativi dei programmi, con riferimento alle azioni sottostanti, alle risorse finanziarie ad esso destinate per il triennio, le norme autorizzatorie che lo finanziano; il piano degli obiettivi, intesi come risultati che le amministrazioni intendono conseguire, correlati a ciascun programma, e i relativi indicatori di risultato in termini di livello dei servizi e di interventi;

?     per ogni programma, la ripartizione in unità elementari di bilancio dei relativi stanziamenti;

?     un riepilogo delle dotazioni di ogni programma secondo l'analisi economica e funzionale.

Agli stati di previsione della spesa dei singoli Ministeri sono allegati, secondo le rispettive competenze, degli elenchi degli enti cui lo Stato contribuisce in via ordinaria.

L’articolo 21, comma 14, della legge di contabilità dispone l'approvazione con distinti articoli di ciascuno stato di previsione dell’entrata e della spesa.

 


 

 

 

 

 

 

 

Schede di lettura
Sezione I

 

 


Articolo 42
(Definizione agevolata delle controversie tributarie)

 

 

L’articolo 42 consente di definire con modalità agevolate le controversie tributarie pendenti alla data di entrata in vigore della norma medesima, anche in Cassazione e a seguito di rinvio, in cui è parte l’Agenzia delle entrate, aventi ad oggetto atti impositivi (avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto di imposizione), mediante il pagamento di un importo pari al valore della controversia.

Se il ricorso pendente è iscritto in primo grado, la controversia può essere definita con il pagamento del 90 per cento del valore della controversia.

Se vi è soccombenza dell’Agenzia delle entrate, controversie pendenti possono essere definite con il pagamento del 40% del valore della controversia, in caso di soccombenza dell’Agenzia nella pronuncia di primo grado e del 15% del valore, in caso di soccombenza della medesima Agenzia nella pronuncia di secondo grado.

 

Secondo quanto emerge dalla Relazione sullo stato del contenzioso tributario per l’anno 2021, al 31 dicembre 2021 risultavano pendenti 147.889 ricorsi in commissione tributari provinciale (-27,8% rispetto all’anno precedente) per un valore pari a 17,8 miliardi di euro e 124.788 appelli in secondo grado (-11,2% rispetto all’anno precedente) per un valore di 19,8 miliardi di euro. Nei due gradi di giudizio il valore complessivo delle pendenze ammonta a 37,6 miliardi di euro.  Il 39,4% delle controversie pendenti al 31 dicembre 2021 (107.414 unità) aveva valore fino a 3.000 euro ed il 39,4% (107.375 unità) compreso tra 3.000 e 50.000 euro. L’analisi per ente impositore rivela che il 38,0% (56.174 unità) dei ricorsi pendenti presso le commissioni tributarie provinciali ed il 59,0% (73.584 unità) degli appelli pendenti presso gli organi di secondo grado riguardano l’Agenzia delle Entrate, che risulta essere, quindi, l’ente impositore con il maggior numero di controversie pendenti. Un dato rilevante attiene all’anzianità media delle controversie pendenti, calcolata come la somma del numero di giorni intercorsi tra la data di presentazione della singola controversia e il 31 dicembre 2021, rapportata al numero delle controversie pendenti. L’analisi evidenzia che l’anzianità media generale registrata nel 2021 nei due gradi di giudizio, pari a 736 giorni (circa 2 anni), è superiore del 2,7% rispetto al valore fatto registrare nel 2020 (716 giorni) e del 7,9% rispetto al valore fatto registrare nel 2019 (682 giorni).  È stato calcolato anche un valore sintetico della capacità di riduzione delle controversie pendenti da parte delle Commissioni tributarie, ossia il c.d. “tasso di smaltimento” di periodo, ottenuto rapportando il numero di controversie definite al numero delle controversie pervenute nello stesso periodo. Un valore del tasso superiore a 100 indica la capacità della singola Commissione tributaria, mediante le definizioni, di smaltire non solo un numero di ricorsi pari a quelli nuovi in entrata ma anche parte delle pendenze esistenti; un valore inferiore a 100 segnala, invece, che la singola Commissione non riesce a far fronte al numero dei nuovi ricorsi affluiti nel medesimo periodo, generando di conseguenza un aumento delle pendenze. Il primo grado di giudizio ha fatto registrare nel 2021 un tasso pari a 173,6, con un deciso miglioramento rispetto al 2020 (93,4) ed al 2019 (119,8). Anche nel secondo grado, il tasso di smaltimento registrato nel 2021 è stato superiore a 100, più precisamente pari a 136,6, migliorando le prestazioni registrate nel 2020 (93,9) e nel 2019 (123,0).  

 

 

L’articolo 6 del decreto-legge n. 119 del 2018 ha concesso di definire con modalità agevolate le controversie tributarie pendenti, anche in cassazione e a seguito di rinvio, in cui fosse parte l’Agenzia delle entrate, aventi ad oggetto atti impositivi (avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto di imposizione).

In caso di ricorso pendente iscritto nel primo grado, la controversia poteva essere definita con il pagamento del 90 per cento del valore della controversia. In deroga alla regola generale che prevede il pagamento di un importo uguale al valore della lite, in caso di soccombenza dell’Agenzia, le controversie potevano essere definite con il pagamento:

§  del 40% del valore della controversia (soccombenza in primo grado)

§  del 15% del valore della controversia (soccombenza in secondo grado).

La norma ha consentito di definire le controversie tributarie pendenti in Corte di cassazione al 19 dicembre 2018 (data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 119), per le quali l'Agenzia delle Entrate fosse soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio, con il pagamento di un importo pari al 5% del valore della controversia. Legittimati alla presentazione della domanda sono stati coloro che hanno proposto l’atto introduttivo del giudizio o chi vi è subentrato o ne aveva la legittimazione.

La definizione ha riguardato solo le controversie in cui il ricorso in primo grado fosse stato notificato entro il 24 ottobre 2018 e per le quali, alla data di presentazione della domanda di definizione agevolata, il processo non si fosse concluso con una pronuncia definitiva. Entro il 31 maggio 2019, per ciascuna controversia autonoma (una per ogni atto impugnato) poteva essere presentata una distinta domanda di definizione, esente dall’imposta di bollo, con effettuazione di un distinto versamento. Per importi superiori a 1.000 euro è stato ammesso il pagamento rateale. Nel caso di assenza di importi da versare, la definizione si perfezionava con la sola presentazione della domanda.

 

La riforma della giustizia tributaria, operata dalla legge n. 130 del 2022 (modificando il decreto legislativo n. 545 del 1992, provvedimento il quale disciplina l'ordinamento degli organi speciali di giurisdizione tributaria e l'organizzazione degli uffici di collaborazione) da un lato ha razionalizzato il sistema della giustizia tributaria prevedendo la figura del magistrato tributario a tempo pieno e, conseguentemente,  modificando le norme che disciplinano il reclutamento, il tirocinio e la formazione professionale, la nomina alle funzioni direttive e le progressioni in carriera dei componenti delle commissioni tributarie. Dall’altro lato, con riguardo agli aspetti processuali della riforma, la legge n. 130 apporta una serie di modifiche - anche conseguenti alla nuova articolazione degli organi di giustizia tributaria - al decreto legislativo n. 546 del 1992, che disciplina il processo tributario.

In questa sede occorre in particolare segnalare che la riforma, all’articolo 5, consente di definire con modalità agevolata le controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di cassazione per le quali l'Agenzia delle entrate risulti integralmente soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio, con valore della lite non superiore a 100.000 euro.

In sintesi tali controversie sono definite, a domanda dei soggetti legittimati, previo pagamento di un importo pari al 5 per cento del valore della lite.

Analogamente, sono definibili le controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di cassazione, per le quali l'Agenzia delle entrate risulti soccombente in tutto o in parte in uno dei gradi di merito e il cui valore delle quali non superi i 50.000 euro. In tal caso per la definizione è previsto il previo pagamento di un importo pari al 20 per cento del valore della lite.

Legittimato a chiedere la definizione agevolata è il soggetto che ha proposto l'atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione. Per controversie tributarie pendenti si intendono quelle per le quali il ricorso per cassazione è stato notificato alla controparte entro il 15 settembre 2022 purché, alla data della presentazione della domanda, non sia intervenuta una sentenza definitiva. L’adesione alla definizione agevolata delle controversie comporta la contestuale rinuncia ad ogni eventuale pretesa di equa riparazione e le spese del giudizio estinto restano a carico della parte che le ha anticipate. Sono escluse dall'applicazione delle disposizioni del presente articolo le controversie concernenti anche solo in parte:

a)    le risorse proprie tradizionali UE e l’Iva all’importazione;

b)   le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato.

La definizione si perfeziona con la presentazione della domanda entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e con il pagamento degli importi dovuti. Qualora non ci siano importi da versare, la definizione si perfeziona con la sola presentazione della domanda. Le controversie definibili non sono sospese, salvo che il contribuente faccia apposita richiesta al giudice, dichiarando di volersi avvalere delle relative disposizioni.  L'eventuale diniego della definizione va notificato entro trenta giorni con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. Il diniego è impugnabile entro sessanta giorni dinanzi alla Corte di cassazione. In mancanza di istanza di trattazione presentata dalla parte interessata, entro due mesi decorrenti dalla scadenza del termine di cui al comma 7, il processo è dichiarato estinto.

 

Preliminarmente all’analisi più dettagliata delle disposizioni in commento, si rileva che il comma 18 dell’articolo 42 dispone in ordine al rapporto tra la definizione agevolata prevista dalle norme in parola e quella disposta dalla riforma della giustizia tributaria. Si chiarisce che la definizione della legge n. 130 del 2022 resta ferma ed è alternativa a quella prevista dalle norme in commento. 

 

Le norme in esame appaiono analoghe, nel contenuto, a quanto già disposto dall’articolo 6 del decreto-legge n. 119 del 2018.

 

In particolare, il comma 1 consente di definire con modalità agevolate le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello pendente presso la Corte di cassazione e anche a seguito di rinvio, alla data di entrata in vigore della disposizione in esame. La definizione agevolata è adita su domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione; si consente il pagamento di un importo pari al valore della controversia, stabilito ai sensi dell’articolo 12, comma 2 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546.

Ai sensi del richiamato comma 2 dell’articolo 12, il valore della lite è l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato; in caso di controversie relative alle sole irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste.

 

Ai sensi del comma 2, per i ricorsi pendenti iscritti nel primo grado, si prevede che la controversia possa essere definita con il pagamento del 90 per cento del valore della stessa.

 

In deroga al comma 1, per il caso di soccombenza dell’Agenzia delle entrate nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare depositata alla data di entrata in vigore della norma in esame, le controversie possono essere definite con il pagamento di una quota parte del valore della controversia pari al:

a)    40% del valore della controversia in caso di soccombenza nella pronuncia di primo grado;

b)  15% del valore della lite in caso di soccombenza nella pronuncia di secondo grado (comma 3).

 

Il comma 4 reca disposizioni applicabili ai casi di accoglimento parziale del ricorso o comunque di soccombenza ripartita tra il contribuente e l’Agenzia delle entrate. Per tali fattispecie, viene chiarito che è dovuto, per intero, l’importo del tributo relativo alla parte di atto confermata dalla pronuncia giurisdizionale. Per la parte di atto annullata viene applicata la misura ridotta (40 o 15 per cento), secondo le disposizioni del comma 3, sopra illustrate.

La relazione illustrativa chiarisce che, in sostanza, le misure ridotte di cui al comma 3 si applicano limitatamente alla parte del valore della controversia in cui l’Agenzia delle entrate è risultata soccombente, mentre per la parte del valore della controversia in cui è risultato soccombente il contribuente è dovuto l’intero importo. Si chiarisce inoltre, nella stessa relazione, che ove sia intervenuta sentenza di Cassazione con rinvio, la controversia si considera pendente in primo grado, in coerenza con la previsione dell’articolo 68, comma 1, lettera c-bis) del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, in materia di riscossione in pendenza di giudizio di rinvio.

 

Ai sensi del comma 5, le controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di cassazione, per le quali l’Agenzia delle entrate risulti soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio, possono essere definite con il pagamento di un importo pari al 5 per cento del valore della controversia.

 

Il comma 6 prevede che le controversie relative esclusivamente alle sanzioni non collegate al tributo possano essere definite con il pagamento del quindici per cento del valore della controversia in caso di soccombenza dell’Agenzia delle entrate nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare, sul merito o sull’ammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio, depositata alla data di entrata in vigore delle norme in esame, e con il pagamento del quaranta per cento negli altri casi.

In caso di controversia relativa esclusivamente alle sanzioni collegate ai tributi cui si riferiscono, per la definizione non è dovuto alcun importo relativo alle sanzioni, qualora il rapporto relativo ai tributi sia stato definito, anche con modalità diverse dalla definizione in commento.

 

Possono essere definite con modalità agevolate le controversie in cui il ricorso in primo grado è stato notificato alla controparte entro la data di entrata in vigore della norma in esame e per le quali, alla data della presentazione della domanda di definizione, il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva (comma 7).

 

Sono invece escluse dalla definizione, ai sensi del comma 8, le controversie concernenti anche solo in parte:

a)   le risorse proprie tradizionali dell’Unione europea previste dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), delle decisioni 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, 2014/335/ UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, e 2020/2053/UE, Euratom del Consiglio del 14 dicembre 2020, e l’imposta sul valore aggiunto riscossa all’importazione;

b)  le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015.

 

La definizione (comma 9) si perfeziona con la presentazione della domanda e con il pagamento degli importi dovuti o della prima rata entro il 30 giugno 2023; nel caso in cui gli importi dovuti superino mille euro, è ammesso il pagamento rateale, in un massimo di venti rate trimestrali di pari importo, con decorrenza dal 1° aprile 2023 e da versare, rispettivamente, entro il 30 giugno 2023, 30 settembre, 20 dicembre e il 31 marzo di ciascun anno.

Trovano applicazione, in quanto compatibili, delle disposizioni dell’articolo 8 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, relativo al versamento delle somme dovute a seguito dell’accertamento con adesione.

 

Sulle rate successive alla prima, si applicano gli interessi legali calcolati dalla data del versamento della prima rata. Non è ammesso il pagamento tramite compensazione. Nel caso di versamento rateale, la definizione si perfeziona con la presentazione della domanda e con il pagamento degli importi dovuti con il versamento della prima rata entro il termine previsto del 30 giugno 2023.

 

Qualora non ci siano importi da versare, la definizione si perfeziona con la sola presentazione della domanda.

 

Ai sensi del comma 10, in presenza di autonome controversie, occorre presentare una distinta domanda di definizione, entro il 30 giugno 2023, esente dall’imposta di bollo. Per controversia autonoma si intende quella relativa a ciascun atto impugnato.

 

Il comma 11 prevede che dagli importi dovuti vanno scomputati quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio (importi versati per effetto delle disposizioni vigenti in materia di riscossione in pendenza di giudizio).

In ogni caso, la definizione non dà luogo alla restituzione delle somme già versate, ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione. Gli effetti della definizione perfezionata prevalgono su quelli delle eventuali pronunce giurisdizionali non passate in giudicato prima della data di entrata in vigore delle norme in commento.

Ai sensi del comma 12, le controversie definibili sono sospese soltanto a seguito di apposita istanza al giudice nella quale il richiedente dichiara di volersi avvalere delle disposizioni in commento; in tal caso, il processo è sospeso fino al 10 luglio 2023. Con il deposito, entro tale data, di copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata, si determina l'ulteriore sospensione del processo fino al 31 dicembre 2024.

 

Per le controversie definibili sono sospesi per nove mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione, nonché per la proposizione del controricorso in Cassazione che scadono dalla data di entrata in vigore delle norme in esame fino al 31 luglio 2023 (comma 13).

 

In base al comma 14, l’eventuale diniego della definizione va notificato entro il 31 luglio 2024 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. Il diniego è impugnabile entro sessanta giorni dinanzi all'organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia. Nel caso in cui la definizione della controversia è richiesta in pendenza del termine per impugnare, la pronuncia giurisdizionale può essere impugnata dal contribuente unitamente al diniego della definizione entro sessanta giorni dalla notifica di quest'ultimo ovvero dalla controparte nel medesimo termine.

Il processo si estingue, con decreto presidenziale, in mancanza di istanza di trattazione presentata entro il 31 dicembre 2024 dalla parte che ne ha interesse. L'impugnazione della pronuncia giurisdizionale e del diniego, qualora la controversia risulti non definibile, valgono anche come istanza di trattazione. Si prevede quindi che le spese del giudizio estinto restino a carico della parte che le ha anticipate (comma 15).

 

Il comma 16 prevede che, nei casi in cui la definizione sia perfezionata dal coobbligato, la stessa giova in favore degli altri, inclusi quelli per i quali la controversia non sia più pendente, fermo restando che la definizione non dà luogo alla restituzione di quanto già versato, anche in eccesso.

 

Il comma 17 demanda a uno o più provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate le modalità di attuazione del presente articolo.

 

Il comma 19 dà facoltà agli enti territoriali di stabilire, entro il 31 marzo 2023, l’applicazione delle disposizioni in esame alle controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte il medesimo ente o un suo ente strumentale.

Articolo 43
(Conciliazione agevolata delle controversie tributarie)

 

 

L’articolo 43, in alternativa alla definizione agevolata delle controversie, disciplinata dall’articolo 42 del provvedimento in esame, consente di definire -entro il 30 giugno 2023 - con un accordo conciliativo fuori udienza le controversie tributarie pendenti, aventi ad oggetto atti impositivi in cui è parte l’Agenzia delle entrate.

Si prevede la sottoscrizione di un accordo tra le parti nel quale sono indicate le somme dovute con i termini e le modalità di pagamento. All’accordo conciliativo si applicano le sanzioni ridotte ad un diciottesimo del minimo previsto dalla legge (in luogo di quaranta o cinquanta per cento del minimo, ordinariamente previsto secondo il grado di giudizio in cui interviene la conciliazione), gli interessi e gli eventuali accessori.

 

In estrema sintesi si ricorda che l’articolo 42 del provvedimento in esame - alla cui scheda di lettura si rinvia per maggiori informazioni - consente di definire con modalità agevolate le controversie tributarie pendenti, anche in Cassazione e a seguito di rinvio, in cui è parte l’Agenzia delle entrate, aventi ad oggetto atti impositivi (avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto di imposizione). Le controversie possono essere definite con il pagamento della metà del valore della controversia in caso di soccombenza dell’Agenzia nella pronuncia di primo grado e di un quinto del valore in caso di soccombenza nella pronuncia di secondo grado.

 

In particolare, il comma 1 dell’articolo 43 in commento, in alternativa alla definizione agevolata di cui all’articolo 42, permette di definire entro il 30 giugno 2023 le controversie in cui è parte l’Agenzia delle entrate pendenti - alla data di entrata in vigore della disposizione in esame - innanzi alle corti di giustizia tributaria di primo e di secondo grado e aventi ad oggetto atti impositivi, con l’accordo conciliativo fuori udienza disciplinato dall’articolo 48 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546.

 

Ai sensi del richiamato articolo 48, ove in pendenza del giudizio le parti raggiungano un accordo conciliativo, devono presentare un’istanza congiunta - sottoscritta personalmente o dai difensori - per la definizione totale o parziale della controversia. Qualora la data di trattazione sia già fissata e sussistano le condizioni di ammissibilità, la commissione pronuncia sentenza di cessazione della materia del contendere. Se l'accordo conciliativo è parziale, la commissione dichiara con ordinanza la cessazione parziale della materia del contendere e procede alla ulteriore trattazione della causa. In caso di data di trattazione non fissata, il presidente della sezione provvede con decreto. La conciliazione si perfeziona con la sottoscrizione dell'accordo, nel quale sono indicate le somme dovute con i termini e le modalità di pagamento. L'accordo costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute all'ente impositore e per il pagamento delle somme dovute al contribuente.

 

In sostanza la disposizione in esame introduce e disciplina una ipotesi di conciliazione agevolata delle controversie tributarie basata sulla cd. conciliazione fuori udienza, che si realizza con il deposito in giudizio – di primo o di secondo grado – di un’istanza congiunta, ovvero una proposta di conciliazione alla quale l’altra parte abbia previamente aderito.

Ai sensi del comma 2, in deroga a quanto previsto dall’articolo 48-ter, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, il beneficio dell’accordo conciliativo consiste nell’applicare le sanzioni in misura ridotta ad un diciottesimo del minimo previsto dalla legge, oltre agli interessi e agli eventuali accessori.

 

Il comma 1 dell’articolo 48-ter sopra richiamato prevede che, ordinariamente, alla conciliazione le sanzioni amministrative si applichino nella misura del quaranta per cento del minimo previsto dalla legge, in caso di perfezionamento della conciliazione nel corso del primo grado di giudizio e nella misura del cinquanta per cento del minimo previsto dalla legge, in caso di perfezionamento nel corso del secondo grado.

 

Ai sensi del comma 3, come previsto dall’articolo 48-ter, commi 2 e 4 del più volte richiamato decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, il versamento delle somme dovute ovvero, in caso di rateizzazione, della prima rata, deve essere effettuato entro venti giorni dalla data di sottoscrizione dell’accordo conciliativo.

 

I commi 2 e 4 dell’articolo 48-ter sanciscono, rispettivamente, che il versamento delle somme dovute ovvero, in caso di rateizzazione, della prima rata sia effettuato entro venti giorni dalla data di sottoscrizione dell'accordo conciliativo e che rinvia, per il versamento rateale, in quanto compatibili, alle disposizioni previste per l'accertamento con adesione.

 

La dilazione di pagamento è effettuata in un massimo di venti rate trimestrali di pari importo, da versare entro l’ultimo giorno di ciascun trimestre successivo al pagamento della prima rata. Sull’importo delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi legali calcolati dal giorno successivo al termine per il versamento della prima rata, con esclusione della compensazione.

 

Dalla conciliazione agevolata sono escluse (comma 5) le controversie concernenti, anche solo in parte:

a)   le risorse proprie tradizionali UE (previste dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), delle decisioni 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, 2014/335/ UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, e 2020/2053/UE, Euratom del Consiglio del 14 dicembre 2020), e l’imposta sul valore aggiunto riscossa all’importazione;

b)   le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato (ai sensi dell'articolo 16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015).

 

Con una norma di chiusura, il comma 6 dispone, l’applicazione, in quanto compatibile con la presente disposizione, del già illustrato articolo 48 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, in tema di conciliazione fuori udienza.

 

Il comma 7 destina le eventuali maggiori entrate, accertate sulla base del monitoraggio periodico effettuato dall'Agenzia delle entrate, anche mediante riassegnazione, al Fondo per la riduzione della pressione fiscale da istituire nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.

 


 

Articolo 44
(Rinuncia agevolata dei giudizi tributari pendenti in Cassazione)

 

 

L’articolo 44 introduce e disciplina, in alternativa alla definizione agevolata delle controversie tributarie prevista dall’articolo 42 del provvedimento in esame, la rinuncia agevolata, entro il 30 giugno 2023, alle controversie tributarie in cui è parte l’Agenzia delle entrate e che sono pendenti in Corte di Cassazione. La rinuncia avviene mediante definizione transattiva con la controparte di tutte le pretese azionate in giudizio. Con la rinuncia agevolata si dispone il pagamento delle somme dovute per le imposte, gli interessi e gli accessori, ma con sanzioni ridotte ad un diciottesimo del minimo previsto dalla legge.

 

In particolare, il comma 1 prevede, in alternativa alla definizione agevolata delle controversie disciplinata all’articolo 42 del provvedimento in esame, che nelle controversie tributarie pendenti - alla data di entrata in vigore della disposizione in esame - innanzi alla Corte di cassazione, ai sensi dell’articolo 62 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, in cui è parte l’Agenzia delle entrate e aventi ad oggetto atti impositivi, che il ricorrente possa rinunciare entro il 30 giugno 2023 al ricorso principale o incidentale, a seguito della intervenuta definizione transattiva con la controparte di tutte le pretese azionate in giudizio.

 

In estrema sintesi si ricorda che l’articolo 42 del provvedimento in esame - alla cui scheda di lettura si rinvia per maggiori informazioni - consente di definire con modalità agevolate le controversie tributarie pendenti, anche in Cassazione e a seguito di rinvio, in cui è parte l’Agenzia delle entrate, aventi ad oggetto atti impositivi (avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto di imposizione). Le controversie possono essere definite con il pagamento della metà del valore della controversia in caso di soccombenza dell’Agenzia nella pronuncia di primo grado e di un quinto del valore in caso di soccombenza nella pronuncia di secondo grado.

 

L’articolo 62 del richiamato D.Lgs. n. 546 del 1992 consente di proporre ricorso in Cassazione avverso la sentenza della corte di giustizia tributaria di secondo grado. Al ricorso per cassazione ed al relativo procedimento si applicano le norme dettate dal codice di procedura civile in quanto compatibili.

 

Il comma 2 prevede che tale definizione transattiva comporti il pagamento delle somme dovute per le imposte, le sanzioni ridotte ad un diciottesimo del minimo previsto dalla legge, gli interessi e gli eventuali accessori.

Essa (comma 3) si perfeziona con la sottoscrizione e con il pagamento integrale delle somme dovute entro 20 giorni dalla sottoscrizione dell’accordo intervenuto tra le parti.

È esclusa la compensazione (con F24) e la rinuncia non dà comunque luogo alla restituzione delle somme già versate, ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione (comma 4).

 

Ai sensi del comma 5, alla rinuncia agevolata del ricorso per cassazione si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 390 del codice di procedura civile.

L’articolo 390 c.p.c., nella formulazione applicabile fino al 30 giugno 2023, permette alla parte di rinunciare al ricorso principale o incidentale finché non sia cominciata la relazione all'udienza o sino alla data dell'adunanza camerale, o finché non siano notificate le conclusioni scritte del pubblico ministero. La rinuncia deve farsi con atto sottoscritto dalla parte e dal suo avvocato o anche da questo solo se è munito di mandato speciale a tale effetto. L'atto di rinuncia è notificato alle parti costituite o comunicato agli avvocati delle stesse, che vi appongono il visto.

 

Il comma 6 esclude dalla rinuncia agevolata le controversie concernenti, anche solo in parte:

a) le risorse proprie tradizionali UE (previste dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), delle decisioni 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, 2014/335/ UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, e 2020/2053/UE, Euratom del Consiglio del 14 dicembre 2020), e l’imposta sul valore aggiunto riscossa all’importazione;

b) le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato (ai sensi dell'articolo 16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015).

 


 

Articolo 63
(Misure a sostegno del Piano strategico nazionale contro la violenza sulle donne e rifinanziamento del Fondo per le misure anti-tratta)

 

 

L’articolo 63 incrementa – portandole da 5 a 15 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2023 - le risorse del fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, al fine di potenziare le azioni previste dal Piano strategico nazionale contro la violenza sulle donne (comma 1).

L’articolo inoltre stanzia 2 milioni di euro per il 2023 e 7 milioni di euro annui a decorrere dal 2024, da destinare all’attuazione del Piano nazionale d'azione contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani (comma 2).

 

Il comma 1 interviene sull’art. 5 del d.l. n. 93 del 2013, che disciplina il Piano strategico nazionale contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, prevedendo che - per il finanziamento del suddetto Piano - le risorse del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, siano incrementate di 10 milioni di euro annui rispetto ai 5 milioni attualmente previsti e portando dunque le risorse stanziate annualmente a 15 milioni di euro a decorrere dal 2023.

 

La disciplina del Piano, previsto e disciplinato dall’art. 5 del D.L. n. 93 del 2013, è stata in parte recentemente modificata dall'art. 1, comma 149, della legge di bilancio 2022 (legge n. 234/2021), che ne ha innanzitutto mutato la denominazione da Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere a Piano strategico nazionale contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica; il Piano perde quindi la qualifica di "straordinario" per diventare uno strumento "strategico" nel contrasto alla violenza sulle donne. 

Dopo l'emanazione nel 2015 del primo Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere e del Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020, è stato adottato, il 21 novembre 2021, il terzo Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne per il biennio 2021-2023. Il Piano 2021-2023 ripropone la struttura del Piano precedente, con un'articolazione in 4 assi tematici (prevenzione, protezione e sostegno, perseguire e punire, assistenza e promozione) secondo le linee indicate dalla Convenzione di Istanbul, a ciascuna delle quali si ricollegano specifiche priorità.

Per quanto riguarda le risorse finanziarie a sostegno degli interventi previsti dal Piano, occorre fare riferimento alle risorse del Fondo per le pari opportunità che sono appostate - unitamente agli altri eventuali ulteriori interventi a carico del Fondo - nel cap. 2108 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (MEF), per essere successivamente trasferite al bilancio della Presidenza del Consiglio, dove il cap. 496 contiene le somme da destinare al Piano contro la violenza alle donne.

 

Il comma 2 rifinanzia con 2 milioni di euro per il 2023 e 7 milioni di euro annui a decorrere dal 2024, il programma di emersione, assistenza e integrazione sociale attuativo del Piano nazionale d'azione contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani. Le somme sono destinate al bilancio della Presidenza del Consiglio.

A tal fine la disposizione interviene sull’articolo 1, comma 417, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), che da ultimo aveva destinato al suddetto programma una somma pari a 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018, in attuazione del Piano nazionale d'azione contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani, nonché per la realizzazione delle correlate azioni di supporto e di sistema da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri- Dipartimento per le pari opportunità.

L’art. 18 del TU immigrazione (D.Lgs. n. 286 del 1998), ha previsto un programma di emersione, assistenza e integrazione sociale destinato agli stranieri e ai cittadini UE vittime del reato di riduzione (o mantenimento) in schiavitù o servitù (art. 600 c.p.) e del reato di tratta (art. 601 c.p.) o nei cui confronti siano accertate situazioni di violenza o di grave sfruttamento ed emergano concreti pericoli per la loro incolumità, per effetto dei tentativi di sottrarsi ai condizionamenti di un'associazione criminale dedita alla tratta o delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari o del giudizio penale (comma 3-bis). Il programma garantisce, in via transitoria, adeguate condizioni di alloggio, di vitto e di assistenza sanitaria e, successivamente, la prosecuzione dell'assistenza e l'integrazione sociale. La disciplina del programma unico di emersione, assistenza e integrazione sociale è contenuta nel D.P.C.M. del 16 maggio 2016.

Il Piano nazionale d'azione contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani di cui all'articolo 13, comma 2-bis, della legge 11 agosto 2003, n. 228, è adottato su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro dell'interno nell'ambito delle rispettive competenze, sentiti gli altri Ministri interessati, previa acquisizione dell'intesa in sede di Conferenza Unificata, al fine di definire strategie pluriennali di intervento per la prevenzione e il contrasto al fenomeno della tratta e del grave sfruttamento degli esseri umani, nonché azioni finalizzate alla sensibilizzazione, alla prevenzione sociale, all'emersione e all'integrazione sociale delle vittime.. Il Piano nazionale d’azione contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani relativo al periodo 2022-2025 è stato adottato dal Consiglio dei ministri del 19 ottobre 2022 (l’adozione del precedente Piano risaliva a febbraio 2016 ed era relativo agli anni 2016-2018).

 


 

Articolo 147
(Dotazione finanziaria a disposizione
della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo)

 

 

L’articolo 147 è volto ad attribuire una dotazione finanziaria di 3 milioni di euro annui alla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo per il funzionamento della Direzione medesima e per l’esercizio delle funzioni previste dall’art. 371-bis c.p.p., nell’ambito delle disponibilità finanziarie già iscritte a legislazione vigente nello stato di previsione del Ministero della giustizia. La norma non comporta, pertanto, nuovi o maggiori oneri.

 

L’articolo 137 inserisce il nuovo comma 1-bis all’art. 14 del decreto-legge 20 novembre 1991, n. 367 (Coordinamento delle indagini nei procedimenti per reati di criminalità organizzata).

La novella prevede che la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo disponga, per il proprio funzionamento e per l’esercizio delle funzioni previste dall’art. 371-bis c.p.p., di una dotazione finanziaria di 3 milioni di euro annui a decorrere dal 2023, nell’ambito delle disponibilità finanziarie iscritte a legislazione vigente.

Nella Relazione illustrativa si precisa che la disposizione è volta a fornire alla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo una specifica dotazione finanziaria per l’acquisto di beni e servizi e a consentire una gestione più dinamica delle spese che afferiscono alla Direzione.

Secondo quanto precisato nella relazione tecnica, la norma non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, in quanto si tratta di una dotazione finanziaria già prevista a legislazione vigente nella missione “Giustizia”, programma “Giustizia civile e penale”; centro di responsabilità “Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi” dello stato di previsione del Ministero della giustizia.

 

Come è noto la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo (originariamente istituita, come Direzione nazionale antimafia, dall’art. 6 del DL 367/1991) è attualmente disciplinata dall’art. 103 del D. Lgs. 159/2011 (Codice delle leggi antimafia). Essa è costituita nell’ambito della procura generale presso la Corte di cassazione e ad essa sono preposti il Procuratore nazionale, due procuratori aggiunti e i procuratori sostituti. I predetti procuratori sono scelti tra magistrati che abbiano svolto, anche non continuativamente, funzioni di pubblico ministero per almeno dieci anni e che abbiano specifiche attitudini, capacità organizzative ed esperienze nella trattazione di procedimenti in materia di criminalità organizzata e terroristica. Alla Direzione sono state attribuite anche funzioni antiterrorismo dagli artt. 9 e 10 del DL 7/2015 (che hanno modificato rispettivamente le relative norme del c.p.p. e del codice delle leggi antimafia), e la Direzione ha pertanto assunto la denominazione di “Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo”

Le funzioni del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo sono definite dall’art. 371-bis c.p.p. e riguardano i procedimenti per i delitti indicati nell’art. 51, commi 3-bis e 3-quater, del medesimo codice[2], e i procedimenti di prevenzione antimafia e antiterrorismo. In particolare, il procuratore esercita funzioni di impulso e coordinamento delle attività investigative delle procure distrettuali, anche disponendo applicazioni temporanee di magistrati della Direzione nazionale, impartendo direttive, promuovendo riunioni al fine di risolvere i contrasti insorti. Il Procuratore nazionale, inoltre, mediante decreto motivato reclamabile al Procuratore generale presso la Corte di cassazione, può avocare le indagini preliminari nel caso di perdurante e ingiustificata inerzia e di ingiustificata e reiterata violazione dei doveri di coordinamento di cui all’art. 371 c.p.p.

 


 

Articolo 148
(Rifinanziamento di Fondi per l’edilizia giudiziaria)

 

 

L’articolo 148 autorizza la spesa di 100 milioni di euro per il 2023, 150 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2026 e 50 milioni di euro per il 2027 per interventi sull’edilizia giudiziaria.

 

L’articolo 148 autorizza la spesa di 100 milioni di euro per il 2023, 150 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2026 e 50 milioni di euro per il 2027 per l’edilizia giudiziaria, al fine di:

§  assicurare l’adeguamento strutturale e impiantistico degli edifici adibiti a uffici giudiziari, anche con riferimento alla normativa antincendio;

§  finanziare gli interventi finalizzati all’efficientamento energetico e all’analisi della vulnerabilità sismica;

§  ampliare e realizzare cittadelle giudiziarie e poli archivistici;

§  acquisire immobili dal patrimonio demaniale.

 

Si rileva al riguardo che il PNRR, nella Missione n. 2 (rivoluzione verde e transizione ecologica), reca la componente "Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici" che comprende anche l'obiettivo dell'efficientamento degli edifici pubblici, con un investimento di 411,7 milioni di euro per l'efficientamento degli edifici giudiziari (M2C3-1.2).

L’investimento mira ad intervenire sulle strutture inadeguate che influiscono sull'erogazione del servizio giudiziario. L'intervento si focalizza sulla manutenzione di beni esistenti e sulla tutela, la valorizzazione e il recupero del patrimonio storico che spesso caratterizza gli uffici dell'amministrazione della giustizia; gli Allegati al PNRR danno indicazione specifica degli edifici che saranno coinvolti nel progetto. Gli immobili sono collocati nelle seguenti città: Bari, Bergamo, Bologna, Cagliari, Firenze, Genova, Latina, Messina, Milano, Monza, Napoli, Palermo, Perugia, Reggio Calabria, Roma, Trani, Torino, Velletri, Venezia.

Si segnala, inoltre, che il Ministro della giustizia, in data 17 novembre 2022, ha trasmesso al Parlamento la relazione concernente lo stato di avanzamento degli interventi di competenza del Ministero della giustizia finanziati con le risorse del fondo per gli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese (Doc. XL, n. 1).


 

Articolo 149
(Giustizia riparativa)

 

 

L’articolo 149 incrementa di 5 milioni le risorse del Fondo per il finanziamento di interventi in materia di giustizia riparativa.

 

La disposizione reca un incremento pari a 5 milioni di euro annui a decorrere dal 2023 dello stanziamento del Fondo per il finanziamento di interventi in materia di giustizia riparativa di cui all’articolo 67, comma 1, del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150.

 

L’articolo 67 del decreto legislativo n. 150  in attuazione della legge n. 134 del 2021 (c.d. legge Cartabia) prevede l’istituzione di un apposito Fondo per il finanziamento di interventi in materia di giustizia riparativa presso lo stato di previsione del Ministero della giustizia, con uno stanziamento di 4.438.524 annui, finanziato tramite corrispondente riduzione del Fondo per l’attuazione della delega per l’efficienza del processo penale e annualmente ripartito tra gli enti locali presso cui operano i Centri per la giustizia riparativa con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze. Regioni e Province autonome, Città metropolitane, Province, Comuni e Cassa delle ammende possono concorrere al finanziamento dei programmi di giustizia riparativa.

 

Sulla congruità dello stanziamento previsto dall’articolo 67, ed in particolare sui criteri di calcolo utilizzati per addivenire alla stima del fabbisogno per il funzionamento dei programmi di giustizia riparativa, occorre ricordare che le Commissioni competenti per i profili finanziari di Camera e Senato avevano chiesto - in sede di esame dello schema di decreto legislativo (AG 414/XVIII legislatura) - chiarimenti che il Ministero dell’economia ha provveduto a fornire tramite il deposito di una nota dell’Ufficio legislativo, in cui viene esplicitato che i parametri utilizzati per la quantificazione degli oneri sono stati estrapolati dall’analisi di analoghi progetti di mediazione culturale. Più nel dettaglio, è stato stimato un numero medio di mediatori esperti per ciascun distretto di Corte d’appello pari a 10 ed un numero complessivo di professionisti che saranno nominati in relazione ai progetti affidati pari a 290; è stata inoltre calcolata una durata media degli incarichi pari a 10 mesi per un impegno settimanale di 20 ore. A seguito dei predetti chiarimenti, la Commissione Bilancio del Senato ha espresso parere non ostativo sullo schema di decreto in data 13 settembre 2022 e la Commissione Bilancio della Camera parere favorevole in data 15 settembre 2022.


 

Articolo 150
(
Compensazione dei debiti degli avvocati)

 

 

L’articolo 150 amplia le fattispecie per le quali è prevista la possibilità di compensare i crediti dovuti dallo Stato ex art. 82 e seguenti del DPR 115/2002, ovvero dei pagamenti che lo Stato esegue in favore degli avvocati per la difesa di soggetti ammessi a patrocino dello Stato, ai contributi previdenziali dovuti dagli avvocati alla Cassa Forense.

 

Più nel dettaglio la disposizione, al fine di limitare alcuni degli effetti negativi conseguenti ai ritardi dello Stato nei pagamenti dei crediti da gratuito patrocinio, apporta una serie di modifiche al comma 778 dell’articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016).

 

Come evidenzia la relazione illustrativa, il sistema dei pagamenti che lo Stato esegue in favore degli avvocati per la difesa di soggetti ammessi a patrocinio dello Stato presenta una serie di criticità sul piano delle tempistiche. Nello specifico, sempre la relazione sottolinea come il corrispettivo per le attività professionali svolte dagli avvocati venga corrisposto diversi anni dopo il termine della prestazione professionale e con tempistiche differenti a seconda del distretto di Corte di Appello all’intero del quale si svolge la professione forense. Ancora, i dati storici, relativi agli importi di spesa impegnati dagli uffici giudiziari attraverso l’emissione di decreti ed ordinativi di pagamento in favore dei difensori, mostrano come l’incremento costante degli importi liquidati dall’erario sia un ulteriore fonte di criticità in quanto si ripercuote, negativamente, sulle tempistiche effettive di pagamento. Ulteriore problematica, richiamata nella relazione, è quella dell’accreditamento dei fondi mediante i quali il Funzionario delegato provvede al pagamento: nel momento in cui i fondi all’uopo stabiliti risultano esauriti, tutta “la filiera” risulta bloccata generando ulteriori aggravi complessivi dei termini di pagamenti. 

 

Il comma 778 della legge n. 208 del 2016 (legge di stabilità 2016), oggetto dell'intervento modificativo, prevede che a decorrere dall'anno 2016, entro il limite di spesa massimo di 10 milioni di euro annui, i soggetti che vantano crediti per spese, diritti e onorari di avvocato, in qualsiasi data maturati e non ancora saldati, sono ammessi alla compensazione con quanto da essi dovuto per ogni imposta e tassa, compresa l'imposta sul valore aggiunto (IVA), nonché al pagamento dei contributi previdenziali per i dipendenti mediante cessione, anche parziale, dei predetti crediti entro il limite massimo pari all'ammontare dei crediti stessi, aumentato dell'IVA e del contributo previdenziale per gli avvocati (CPA). Tali cessioni sono esenti da ogni imposta di bollo e di registro.  La legge specifica che possono essere compensati o ceduti tutti i crediti per i quali non è stata proposta opposizione ai sensi dell'articolo 170 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e successive modificazioni.

 

Attualmente per poter accedere alla compensazione dei suddetti crediti, gli avvocati devono emettere fattura registrata su apposita piattaforma elettronica predisposta dal Ministero dell’economia e delle finanze, denominata piattaforma elettronica di certificazione, attraverso la quale gli stessi possono esercitare l’opzione di utilizzazione del credito in compensazione, certificando altresì che gli stessi crediti sono stati liquidati dall’autorità giudiziaria con decreto di pagamento a norma dell’art. 82 del d.P.R. n. 115 del 2002, non opposto, e che non sono stati nel frattempo pagati. 

 

L'articolo in commento interviene sul comma 778 della legge di stabilità 2016 ampliando la possibilità di compensare i crediti per spese, diritti ed onorari dovuti dallo Stato ex art. 82 e seguenti del DPR 115/2002, con i contributi dovuti dagli avvocati alla Cassa Forense a titolo di oneri previdenziali.

 

Tale possibilità, come evidenzia la relazione illustrativa, è "oggi resa attuale in virtù di una specifica Convenzione sottoscritta tra Cassa Forense ed Agenzia delle Entrate in data 26/11/2020 ai sensi della quale è stato regolato il servizio di riscossione, mediante il modello F24, dei contributi previdenziali e assistenziali dovuti dagli iscritti alla citata Cassa. Grazie alla convenzione tra Agenzia delle Entrate e Cassa Forense, il pagamento dei contributi previdenziali può avvenire tramite F24, con la possibilità per l’iscritto di potere direttamente compensare i crediti vantati nei confronti dell’Erario". La ratio sottesa alla formulazione della proposta - sottolinea sempre la relazione - è quella di ridurre gli effetti negativi derivanti dai già ricordati ritardi dei pagamenti dello Stato ampliando le casistiche di compensazione agli oneri previdenziali dovuti alla Cassa Forense in quanto, gli stessi, sono dovuti sempre ed in ogni caso da tutti gli avvocati a differenza dei debiti fiscali o contributi previdenziali da pagare per i dipendenti che potrebbero, invece, non esistere per tutti gli avvocati. 

 

L'articolo incrementa poi la dotazione finanziaria del fondo (per gli anni dal 2016 al 2022 10 milioni di euro e 40 milioni di euro annui a decorrere dal 2023) attualmente previsto dalla legge n. 208 del 2015. 

 

Più in generale, come ricorda la relazione illustrativa, "gli obiettivi specifici che si intendono perseguire mediante l’adozione della norma sono finalizzati al raggiungimento di molteplici scopi: ridurre la rilevanza della problematica derivante dai tempi medi di pagamento dell’attività professionale svolta per la difesa dei soggetti ammessi a patrocinio a spese dello Stato; ampliare il perimetro della compensazione agli oneri previdenziali dovuti dagli avvocati alla Cassa Forense; razionalizzare e snellire l’attività degli uffici giudiziari che si vedrebbero sgravati dall’attività di erogazione effettiva del credito; migliorare la performance in termini di pagamento della PA in quanto tanto più saranno i crediti oggetto di compensazione tanto migliorata risulterà la performance". L’adozione della modifica normativa potrebbe generare, aggiunge sempre la relazione, una serie di benefici, puntualmente indicati, nei confronti di tutti i principali stakeholder coinvolti, ovvero gli avvocati, il Ministero della Giustizia, la Cassa Forense e da ultimo l’Erario. 

 

 


 

Articolo 153, comma 2
(Risparmi di spesa del Ministero della giustizia – Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria)

 

 

L’articolo 153, comma 2, prevede che il Ministero della giustizia – Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria consegua risparmi di spesa non inferiori a 9.577.000 euro per l’anno 2023, 15.400.237 euro per l’anno 2024 e 10.968.518 euro annui a decorrere dall’anno 2025.

 

L’articolo 153, comma 2, prevede che il che il Ministero della giustizia – Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria assicuri, mediante la riorganizzazione e l’efficientamento dei servizi degli istituti penitenziari presenti su tutto il territorio nazionale, risparmi di spesa non inferiori a:

·      9.577.000 euro per l’anno 2023;

·      15.400.237 euro per l’anno 2024;

·      10.968.518 euro annui a decorrere dall’anno 2025.

 

Secondo quanto previsto dal disegno di legge di bilancio 2023 il programma “Amministrazione Penitenziaria” - interamente gestito dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria – presenta uno stanziamento di bilancio pari 3.314.481,4 milioni di euro per il 2023, a 3.337,7 milioni per il 2024 e a 3.321,1 milioni per il 2025. Gran parte di tale stanziamento risulta assorbito dalle spese per il personale (per il 2023 2.319,4 milioni, di cui 2.062,8 milioni per la polizia penitenziaria e 256,6 milioni per personale amministrativo e magistrati).

La riduzione di spesa per il 2023 incide integralmente sull’azione “Spese di personale per il programma (polizia penitenziaria)”, mentre per il 2024 e il 2025 in larga parte (87% nel 2024 e 60,5% nel 2025) sulla medesima azione “Spese di personale per il programma (polizia penitenziaria)” e, in misura minore, sulle azioni “Servizi tecnici e logistici connessi alla custodia delle persone detenute” (6% nel 2024 e 30,1% nel 2025) e “Gestione assistenza del personale del programma Amministrazione penitenziaria” (7% nel 2024 e 9,4% nel 2025).

In particolare, lo stato di previsione del Ministero della giustizia (Tabella n. 5) evidenzia, per il 2023, come la riduzione di spesa intervenga sulle competenze accessorie, in relazione – secondo quanto precisato nella nota esplicativa – alla situazione di fatto del personale.

 


 

Articolo 153, comma 3
(Risparmi di spesa Ministero della giustizia – razionalizzazione
della gestione del servizio mensa per il personale)

 

 

L’articolo 153, comma 3, prevede che il Ministero della giustizia, mediante l’efficientamento dei processi di lavoro nell'ambito delle attività per l'attuazione dei provvedimenti penali emessi dall'Autorità giudiziaria e la razionalizzazione della gestione del servizio mensa per il personale, assicuri, a partire dal 2023, risparmi di spesa.

 

Più nel dettaglio il comma in esame prevede che nell’ambito del Dipartimento della giustizia minorile e di comunità del Ministero della giustizia si possano realizzare riduzioni di spesa non inferiori a 331.583 euro per l’anno 2023, 588.987 euro per l’anno 2024 e 688.987 euro annui a decorrere dall’anno 2025, attraverso misure di riorganizzazione ed efficientamento dei servizi in materia di giustizia minorile ed esecuzione penale esterna, con particolare riferimento all’efficientamento dei processi di lavoro nell’ambito delle attività per l’attuazione dei provvedimenti penali emessi dall’Autorità giudiziaria e alla razionalizzazione della gestione del servizio mensa per il personale.

 

Al riguardo la relazione tecnica evidenzia "per effetto di importanti interventi di edilizia a valere sul piano complementare al PNRR e grazie a processi di recupero di efficienza, conseguente ad un migliore utilizzo delle potenzialità offerte dalla tecnologia è possibile ridurre la spesa potendo rafforzare progressivamente le sinergie con gli altri Ministeri, le Regioni, gli enti locali, il terzo settore, le comunità e i territori, per l’attivazione di azioni comuni a favore dei soggetti in carico; riorganizzare ed efficientare i processi di lavoro, ad avvenuta attuazione del piano assunzionale in corso che prevede un incremento del 30% degli organici DGMC ex art. 17 DL 36/2022; completare le opere infrastrutturali previste, con particolare riferimento alle strutture residenziali minorili; attuare i processi di recupero di efficienza, grazie ad un migliore utilizzo delle potenzialità offerte dalla tecnologia (sono in corso numerosi progetti che potranno consentire un recupero di efficienza, in termini di ore-uomo liberate, e alla possibilità di utilizzo dei diversi sistemi informativi da remoto)".


 

Articolo 153, comma 4
(Riduzione delle spese per le intercettazioni)

 

 

L’articolo 153, comma 4, dispone una riduzione di 1.575.136 euro annui a decorrere dal 2023 delle spese di giustizia per le intercettazioni e comunicazioni.

 

Più dettagliatamente la disposizione, alla luce del completamento del processo di ristrutturazione e razionalizzazione delle spese relative alle prestazioni di cui all'articolo 5, comma 1, lettera i-bis), del TU in materia di spese di giustizia (d.P.R. n. 115 del 2002), prevede una riduzione di 1.575.136 euro annui a decorrere dal 2023 delle spese di giustizia per le intercettazioni e comunicazioni.

 

Ai sensi dell'art. 5 del d.P.R. n. 115 del 2002 (TU in materia di spese di giustizia) le spese nel processo penale sono distinte in ripetibili e non ripetibili. Il comma 1, lett i-bis) dell'art. 5 include fra le spese ripetibili quelle relative alle prestazioni previste dall'articolo 96 del decreto legislativo 1º agosto 2003, n. 259 (Codice delle comunicazioni elettroniche), e quelle funzionali all'utilizzo delle prestazioni medesime. In seguito alla adozione del D.Lgs. 08/11/2021, n. 207, recante Attuazione della direttiva (UE) 2018/1972 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2018, che istituisce il Codice europeo delle comunicazioni elettroniche (rifusione), il contenuto dell'articolo 96 è confluito nel vigente articolo 57 del Codice delle comunicazioni elettroniche. Il vigente art. 57, rubricato "Prestazioni obbligatorie", prevede che le prestazioni a fini di giustizia effettuate a fronte di richieste di intercettazioni e di informazioni da parte delle competenti autorità giudiziarie sono obbligatorie per gli operatori. La determinazione del canone annuo forfettario per le prestazioni obbligatorie è demandato a un decreto del Ministro della giustizia e del Ministro dello sviluppo economico, da adottarsi di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Tale decreto:

§  disciplina le tipologie di prestazioni obbligatorie e ne determina le tariffe, tenendo conto dell'evoluzione dei costi e dei servizi, in modo da conseguire un risparmio di spesa di almeno il 50 per cento rispetto alle tariffe praticate. Nella tariffa sono ricompresi i costi per tutti i servizi contemporaneamente attivati o utilizzati da ogni identità di rete;

§  individua i soggetti tenuti alle prestazioni obbligatorie di intercettazione, anche tra i fornitori di servizi, le cui infrastrutture consentono l'accesso alla rete o la distribuzione dei contenuti informativi o comunicativi, e coloro che a qualunque titolo forniscono servizi di comunicazione elettronica o applicazioni, anche se utilizzabili attraverso reti di accesso o trasporto non proprie;

§  definisce gli obblighi dei soggetti tenuti alle prestazioni obbligatorie e le modalità di esecuzione delle stesse, tra cui l'osservanza di procedure informatiche omogenee nella trasmissione e gestione delle comunicazioni di natura amministrativa, anche con riguardo alle fasi preliminari al pagamento delle medesime prestazioni.

 

É opportuno ricordare che i commi 88 e ss. dell'articolo 1 della legge n. 103 del 2017 (c.d. riforma Orlando) hanno previsto una serie di misure per la ristrutturazione e la razionalizzazione delle spese relative alle intercettazioni. In attuazione di tali disposizioni è stato adottato il decreto interministeriale 28 dicembre 2017 con il quale sono state revisionate le voci di listino per le prestazioni obbligatorie al fine di conseguire una riduzione di spesa.  Come si sottolinea nell'ultima Relazione sullo Stato delle spese di giustizia (Doc. XCV, n. 5)  i primi effetti di risparmio sulla spesa del nuovo listino si sono potuti apprezzare soltanto a partire dall'anno 2018. Con riguardo all'andamento della spesa per le intercettazioni, l'analisi dei dati, riportati nella richiamata Relazione, mostra una forte flessione della spesa, che è passata dai circa 300/280 milioni di euro rilevati negli anni 2009 e 2010 ad una spesa di circa 245 milioni nell'anno 2015 e ai circa 205 milioni di euro nell'anno 2016, aumentata a circa 230 milioni di euro nell'anno 2017 e diminuita nell'anno 2018 a circa 205 milioni di euro. Considerando il triennio 2019-2021 il trend è stato sempre improntato comunque al risparmio della spesa: nell'anno 2019 le spese sono complessivamente diminuite a circa 200 milioni di euro, per arrivare a circa 177 milioni di euro nel 2020 (dato quest'ultimo legato al periodo di sospensione delle attività processuali causato dal lockdown per l'emergenza sanitaria da Covid 19) per aumentare nel corso dell'anno 2021 a circa 203 milioni di euro. Nell'anno 2022 la dotazione iniziale di bilancio del cap. 1363 è stato pari a circa 213 milioni di euro.

 

Con riguardo alla disposizione in commento la relazione tecnica precisa che essa "è tesa a recepire in bilancio gli effetti di risparmio, ancora non scontati, derivanti dal completamento del processo di ristrutturazione e razionalizzazione delle spese relative alle intercettazioni, attraverso la riduzione dello stanziamento di bilancio del capitolo 1363 dello stato di previsione della spesa del Ministero della giustizia, a decorrere dall’anno 2023. [...] si è proceduto [...] ad individuare le prestazioni funzionali alle operazioni di intercettazioni, indicando nel listino allegato al d.i., le singole tariffe, suddivise a seconda dei servizi di intercettazioni telefoniche tra presenti, telematiche, di localizzazione GPS e videosorveglianza classificate in diverse categorie. Con il decreto interministeriale Giustizia – MEF, in via di perfezionamento, che disciplina pertanto le prestazioni funzionali e ne determina le relative tariffe, si conseguono gli ulteriori effetti di risparmio che si realizzeranno a decorrere dal 2023. L’ammontare dei predetti risparmi è stimato prudenzialmente in euro 1.575.136 annui a decorrere dall’anno 2023, ipotizzando un volume di prestazioni funzionali costanti per anno (per numero e per tipologia)”.

 


 


La seconda Sezione

 


2. Le previsioni di spesa del Ministero della giustizia

Ministero della Giustizia
(Tabella n. 5)

 

L’articolo 159 del disegno di legge autorizza, al comma 1, l'impegno e il pagamento delle spese del Ministero della giustizia per l'anno finanziario 2023, in conformità all’annesso stato di previsione (Tabella n. 5).

Il comma 2 – con disposizione che ricorre da anni nelle leggi di bilancio - autorizza il Ragioniere Generale dello Stato a provvedere, con propri decreti, alla riassegnazione, in termini di competenza e di cassa, delle somme versate dal CONI, dalla Società Sport e Salute, dalle regioni, dalle province, dai comuni e da altri enti pubblici e privati all'entrata del bilancio dello Stato, relativamente alle spese:

§  per il mantenimento, per l'assistenza e per la rieducazione dei detenuti e internati;

§  per gli interventi e gli investimenti finalizzati al miglioramento delle condizioni detentive e delle attività trattamentali;

§  per le attività sportive del personale del Corpo di polizia penitenziaria e dei detenuti e internati.

Si tratta delle spese comprese nel programma “Amministrazione penitenziaria” e nel programma “Giustizia minorile e di comunità”, nell’ambito della missione “Giustizia” dello stato di previsione del Ministero della giustizia per l'anno finanziario 2023.

Analogamente a quanto previsto nella legge di bilancio 2022, il comma 3 autorizza lo stesso Ragioniere generale dello Stato a riassegnare allo stato di previsione del Ministero della giustizia, nell’ambito della missione “Giustizia”, le somme versate ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio:

§  a seguito di convenzioni stipulate dal Ministero con enti pubblici e privati a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio;

§  derivanti da contributi, rimborsi e finanziamenti provenienti da organismi, anche internazionali.

Tali somme dovranno essere destinate alle spese per il funzionamento degli uffici giudiziari e dei servizi, anche di natura informatica, forniti dai medesimi uffici nonché al potenziamento delle attività connesse alla cooperazione giudiziaria internazionale e dunque dovranno essere iscritte nei programmi “Giustizia civile e penale” e “Servizi di gestione amministrativa per l’attività giudiziaria”.

Le spese del Ministero autorizzate per gli anni 2023-2025

La legge di bilancio 2023-2025 autorizza, per lo stato di previsione del Ministero della giustizia (Tabella n. 5), spese finali, in termini di competenza, pari a 11.051 milioni di euro nel 2023, 11.036 milioni di euro per il 2024 e 10.814 milioni di euro per il 2025, come si evince dalla tabella che segue.

(dati di competenza, valori in milioni di euro)

 

Legge di Bilancio 2022

Previsioni

2023

Diff.
bil 2023/
bil 2022

2024

2025

Spese correnti

9.307,2

9.944,0

636,8

9.974,7

9.918,3

Spese in c/capitale

886,1

1.107,0

221

1.061,3

895,6

SPESE FINALI

10.193,3

11.051,0

857,8

11.036,0

10.813,9

 

In termini di cassa, le spese finali del Ministero sono pari a 11.065,2 milioni di euro nel 2023, a 11.036 milioni di euro nel 2024 e a 10.813,9 milioni di euro nel 2025.

 

Rispetto alla legge di bilancio 2022, il disegno di legge di bilancio 2023-2025 espone dunque per il Ministero della Giustizia, nel triennio di riferimento, un andamento della spesa crescente nell’anno 2023 e leggermente decrescente negli anni 2024 e 2025.

 

Titolo: Stanziamenti per la giustizia

 

 

Con riferimento specifico alle previsioni di spesa per il 2023, il disegno di legge di bilancio espone spese finali in aumento rispetto alle previsioni della legge di bilancio 2022, in misura pari a 857,8 milioni di euro; il disegno di legge evidenzia inoltre previsioni in aumento di 525 mln rispetto al bilancio assestato 2022.

Gli stanziamenti di spesa del Ministero della giustizia autorizzati dal disegno di legge di bilancio rappresentano, rispetto alla previsione di spesa finale del bilancio statale, l’1,3%. Tale percentuale è analoga a quella registrata in sede di assestamento del bilancio 2022.

 

Dall'analisi dei bilanci statali per gli anni 2006-2022 risulta che la percentuale delle spese del Ministero della giustizia in rapporto alle spese finali dello Stato è progressivamente diminuita passando dall'1,7% del 2006 all'odierno 1,3%. Nel corso della XVI legislatura, la percentuale ha oscillato tra l'1,4% e l'1,6% per scendere all'1,3% a partire dall'esercizio 2013; si tratta di un dato confermato in tutta la XVII legislatura. In XVIII la percentuale ha oscillato dall’1,1 all’1,3%, dato confermato dalle previsioni per il 2023.

 

Le previsioni di spesa per il 2023 rispetto alla legislazione vigente

Lo stato di previsione del Ministero della giustizia (Tabella 5) espone, a legislazione vigente (BLV), una dotazione complessiva di competenza per l'anno 2023 di 11.023,1 milioni di euro.

Rispetto alla legislazione vigente, la manovra finanziaria per il 2023 attuata con le Sezioni I e II della legge di bilancio, determina complessivamente un aumento delle spese finali di 27,9 milioni di euro. In particolare, rispetto al BLV, il disegno di legge evidenzia una diminuzione delle spese in conto corrente (- 74,1 milioni di euro) e un aumento delle spese in conto capitale (+ 102 milioni di euro), come evidenziato nella tabella che segue:

 

(dati di competenza, valori in milioni)

 

2022

2023

Legge di Bilancio

previsioni assestate

BLV

Modifiche Sez. II

effetti Sez. I

Legge di bilancio

Spese correnti

9.307,1

9.637,7

10.018,1

-37,7

- 36,5

9.944,0

Spese in c/capitale

886,1

888,7

1.005,0

2,0

100,0

1.107

SPESE FINALI

10.193,2

10.526,4

11.023,1

-35,7

63,5

11.051,0

 

 

In particolare, gli effetti finanziari complessivi ascrivibili alla Sezione II determinano una diminuzione della spesa pari a 35,7 milioni.

Il Ministero si è avvalso della flessibilità concessa dalla legge di contabilità (art. 23, comma 3, lettera a)) per rimodulare le dotazioni finanziarie in senso “orizzontale” (ossia tra esercizi finanziari, a parità di risorse complessive dell’autorizzazione di spesa). In particolare, avvalendosi di questa possibilità, ha spostato 0,5 milioni di euro dall’esercizio 2025 a quello 2023, relativi, nell’ambito del programma “Amministrazione penitenziaria”, all’autorizzazione di spesa di cui alla L. 85/2009, art. 32, comma 1, punto 1(Realizzazione e funzionamento della banca dati del DNA).

 

Il Ministero ha altresì operato definanziamenti di leggi di spesa (ai sensi dell’art. 23, comma 3, lettera b)).

 

Principali definanziamenti delle dotazioni finanziarie previste a legislazione vigente

(dati di competenza, valori in milioni di euro)

Missione/Programma/Oggetto/Riferimento normativo

Cap.

2023

2024

2025

Amministrazione penitenziaria /Alimentazione – L. 354/1975 art. 9

1777/1

-6

-6,7

-11

Amministrazione penitenziaria /Compiti istituzionali – L. 395/1990 art. 5 c. 2

1777/3

-2

-3

-3

Giustizia civile e penale / Fondo recupero efficienza sistema giudiziario – L. 190/2014 art. 1 c. 96

1536/1

-3,1

-4,3

-3,2

Giust. minorile e di comunità / Convenzione europea sul riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia di affidamento dei minori, Convenzione sugli aspetti civili della sottrazione di minori, Convenzione in materia di protezione dei minori  e Convenzione in materia di rimpatrio dei minori / L.  64 del 1994, art. 8 c. 1

2151/1

2152/1

-0,06

-0,07

-0,09

Transizione digitale, analisi statistica e politiche di coesione / Uso delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni nell’azione amministrativa – D.lgs. 82/2005 art. 12

2301/1

-1,3

-1,7

-1,7

Servizi istituzionali e generali delle amministrazioni pubbliche / Indirizzo politico / Fondi alimentati dal riaccertamento dei residui passivi perenti – L. 196/2009 art. 34-ter c. 5

1112/1

7012/1

-18,4

-15,6

 

Servizi istituzionali e generali delle amministrazioni pubbliche / Indirizzo politico / Fondo consumi intermedi – L. 289/2002 art. 23 c. 1

1515/1

-12,8

-13,2

-8,2

 

Si segnala, altresì, nell’ambito del programma “Amministrazione penitenziaria”, il rifinanziamento della L. 160/2019, art. 1, c. 14-quinquies (Sostenibilità ambientale ed efficientamento energetico, anche mediante il rinnovo del parco tecnologico), con 6 mln di euro per il 2023, 10 mln per il 2024 e 10 mln per il 2025.

 

Nel complesso, dunque, la legge di bilancio prevede stanziamenti finali per il Ministero della giustizia pari a 11.051,1 milioni per il 2023.

 

Analisi per Missione/Programmi

La spesa complessiva del Ministero della giustizia è allocata su 2 missioni, di cui la principale è “Giustizia”, che rappresenta il 98% della spesa finale complessiva del Ministero.

La tabella seguente espone le previsioni di bilancio integrate per il 2023 per ciascuna missione/programma di spesa del Ministero a raffronto con i dati dell’esercizio 2022. La tabella evidenzia altresì le modifiche che la legge di bilancio apporta alla legislazione vigente 2023, con interventi sia di Sezione I che di Sezione II, ai fini della determinazione delle previsioni di spesa relative a ciascuna missione/programma.

 

(dati di competenza, valori in milioni di euro)

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA


 

Missione/Programma

2022

2023

Legge di Bilancio

Assest.

BLV

Modifiche sez. II

Effetti Sez. I

Ddl di bilancio

1

Giustizia (6)

10.020,0

10.329,6

10.810,2

- 4,4

63,5

10.869,4

1.1

Amministrazione penitenziaria (6.1)

3.275,5

3.484,5

3.323,7

0,4-

- 9,6

3.314,5

1.2

Giustizia civile e penale (6.2)

5.155,1

5.236,1

5.506,8

- 3,1

100

5.603,7

1.3

Giustizia minorile e di comunità (6.3)

304,0

321,3

364,6

- 0,2-

4,6

369,0

1.4

Servizi di gestione amministrativa per l’attività giudiziaria (6.6)

1.285,4

1.287,7

1.299,7

-

- 31,6-

1.268,1

1.5

Transizione digitale, analisi statistica e politiche di coesione (6.11)

 

 

315,5

- 1,4-

 

314,1

2

Servizi istituzionali e generali delle amministrazioni pubbliche (32)

173,3

196,8

212,9

 - 31,2-

 

181,6

2.1

Indirizzo politico (32.2)

46,3

48,7

58,8

- 18,4-

 

40,4

2.2

Servizi e affari generali per le amministrazioni di competenza (32.3)

126,9

148,0

154,0

- 12,8-

 

141,2

 

SPESE FINALI MINISTERO

10.193,3

10.526,4

11.023,1

- 35,6

63,5

11.051,0

- tra parentesi la numerazione generale della Missione/programma.

 

In termini assoluti, considerando gli effetti della manovra, le spese finali della Missione Giustizia sono pari a 10.869,4 milioni di euro per il 2023. Rispetto alla dotazione a legislazione vigente (10.810,2 milioni), tale missione registra un aumento di 59,2 milioni di euro (+539,8 milioni di euro rispetto alle previsioni assestate 2022).

La Missione è ripartita tra i seguenti programmi di spesa:

§  1.1 (6.1) Amministrazione penitenziaria : 3.314,5 mln di euro;

§  1.2 (6.2) Giustizia civile e penale: 5.603,7 mln di euro;

§  1.3 (6.3) Giustizia minorile e di comunità: 369,0 mln di euro;

§  1.4 (6.6) Servizi di gestione amministrativa per l'attività giudiziaria: 1.261,1 mln di euro;

§  1.5 (6.11) Transizione digitale, analisi statistica e politiche di coesione: 314,1 mln di euro

 

Passando all'analisi dei singoli programmi di spesa gestiti dal Ministero della giustizia, il Programma Amministrazione penitenziaria - interamente gestito dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP) - presenta uno stanziamento per il 2022 di 3.314,5 mln di euro. La manovra finanziaria incide su questo programma con un decremento della dotazione di 9,6 milioni, riconducibile ai risparmi di spesa previsti dall’art. 152, comma 2, del disegno di legge, da conseguire mediante la riorganizzazione e l’efficientamento dei servizi degli istituti penitenziari.

 

Il Programma Giustizia civile e penale - interamente gestito dal Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi (DOG) - presenta uno stanziamento nel bilancio di previsione 2022 di 5.603,7 milioni di euro, con un incremento di 367,6 mln di euro rispetto alle previsioni assestate 2022, derivante dall’autorizzazione di spesa di cui  all’articolo 148 del disegno di legge per interventi sull’edilizia giudiziaria.

 

Il Programma Servizi di gestione amministrativa per l'attività giudiziaria - interamente gestito dal Dipartimento degli affari di giustizia (DAG) - presenta uno stanziamento di 1.268,1 milioni di euro, in diminuzione sia rispetto all'assestamento del bilancio 2022 (- 19,6 mln) sia rispetto al bilancio a legislazione vigente (- 31,6 mln di euro, di cui 30 mln derivanti dalla riduzione di spese di giustizia disposta dal comma 2 dell’art.150 a copertura di quanto previsto dal comma 1 in materia di compensazione dei debiti degli avvocati e 1,6 mln derivante dalla riduzione per intercettazioni ex art. 153, comma 4, del disegno di legge).

 

Per quanto riguarda la Missione "Servizi istituzionali e generali delle amministrazioni pubbliche", le spese finali sono pari a 181,7 milioni di euro, ripartiti tra il Programma "indirizzo politico" (40,4 mln) e il Programma "servizi e affari generali per le amministrazioni di competenza" (141,2 mln). Rispetto al bilancio a legislazione vigente si registra un decremento pari 31,2 mln derivante da definanziamenti (vedi sopra).

 

 


Ulteriori poste di bilancio di interesse della Commissione Giustizia (tab. n. 2, n. 8 e n. 10)

 

Ulteriori poste di interesse della Commissione Giustizia sono contenute nelle tabelle n. 1, n. 2, n. 8 e n. 10

 

In primo luogo si ricorda che lo stato di previsione dell’entrata (Tab. n. 1) prevede un capitolo relativo alle risorse del Fondo unico giustizia (cap. 2414); tale capitolo nel bilancio di previsione non riporta somme in entrata in quanto non è possibile preventivare quanto affluirà al bilancio dello Stato nel corso dell’esercizio 2021. Tale capitolo acquisisce significato in sede di rendiconto del bilancio.

 

Quanto agli stanziamenti previsti dalla tabella n. 2 (Stato di previsione del Ministero dell’economia), l’attuazione di 3 programmi inseriti nella missione Giustizia è attribuita alla competenza del Ministero dell’economia.

 

Il centro di responsabilità “Dipartimento delle finanze” è competente per il programma 6.5 “Giustizia tributaria”, per il quale sono stanziati 221,4 milioni di euro, in aumento rispetto alle previsioni assestate 2022. La manovra non interviene su questo programma, per il quale sono confermati gli stanziamenti a legislazione vigente.

 

I capitoli di maggiore interesse per quanto concerne i profili di competenza della Commissione Giustizia sono quelli relativi alle “Spese di funzionamento del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria” (cap. 1262) con uno stanziamento di 4,7 mln di euro, alle “Spese di funzionamento delle Corti di giustizia tributaria” (cap. 1268) con 17,6 mln e alle “Spese per i compensi ai componenti delle Corti di giustizia tributaria” (cap. 1269) con 75,1 mln.

 

Il centro di responsabilità “Dipartimento del tesoroè competente per il programma “Giustizia amministrativa”, per il quale sono stanziati 206,2  milioni di euro, in aumento rispetto al bilancio assestato 2022 ma in leggera diminuzione rispetto al rendiconto 2021. La manovra non interviene su questo programma, per il quale sono confermati gli stanziamenti a legislazione vigente.

 

Lo stanziamento è pressoché integralmente assorbito dal capitolo 2170, (“Somme da assegnare al Consiglio di Stato e tribunali amministrativi regionali”), con una previsione di 204,2 milioni di euro. I restanti due milioni di euro sono destinati al capitolo 2181 (“Somme da assegnare al Consiglio di giustizia amministrativa della Regione Sicilia”).

 

Il centro di responsabilità “Dipartimento del tesoro” è competente anche per il programma n. 6.8 “Autogoverno della magistratura”, che prevede i trasferimenti al Consiglio superiore della magistratura.

 

Per il programma sono stanziati 32,5 milioni di euro. La manovra non interviene e dunque sono confermati gli stanziamenti a legislazione vigente, identici a quelli previsti dall’assestamento del bilancio 2022 e dal rendiconto 2021.

 

Di seguito si riportano ulteriori capitoli del bilancio di previsione del Ministero dell’economia, non ricompresi nella missione Giustizia, ma di interesse della Commissione Giustizia.

 

Stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze

(valori in milioni di euro)[3]

 

Capitolo

Descrizione

2022

2023

1312

Somme da corrispondere a titolo di equa riparazione e risarcimenti per ingiusta detenzione nei casi di errori giudiziari

50,0

50,0

1313

Somma da corrispondere a titolo di equa riparazione per violazione del termine ragionevole del processo e per il mancato rispetto della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ivi comprese le spese legali e gli interessi

64,00

70,0

2134

Somma da trasferire alla Presidenza del Consiglio dei ministri destinata alle politiche in materia di adozioni internazionali ed al funzionamento della Commissione per le adozioni internazionali

23,8

23,8

 

Nello stato di previsione del Ministero dell’interno si segnala, anzitutto, il capitolo 2982, relativo al Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell'usura e dei reati intenzionali violenti nonché agli orfani per crimini domestici che presenta per il 2021 uno stanziamento a legislazione vigente di 35,4 milioni di euro, non inciso dalla manovra finanziaria.

 

Si ricorda che il cap. 2982 dello Stato di previsione del Ministero dell'Interno, sul quale sono appostate le risorse del Fondo, in tutti i bilanci di previsione riporta il contributo statale previsto a legislazione vigente. In realtà, le dinamiche di alimentazione del Fondo, al quale contribuiscono massicciamente le risorse versate sul capitolo dalla CONSAP e relative al contributo pari allo 0,1 % dei premi assicurativi nel ramo danni (esclusa RC auto), fanno sì che la concreta disponibilità di risorse annuali sia molto più cospicua ed emerga solo in sede di rendiconto. La legge di bilancio 2017 ha inoltre destinato all'indennizzo delle vittime dei reati intenzionali violenti le somme dovute a titolo di sanzione pecuniaria civile (art. 1, comma 351), in base al decreto legislativo n. 7 del 2015, che anziché essere devolute alla Cassa delle ammende confluiranno nel Fondo di rotazione, per la specifica destinazione all'indennizzo delle vittime dei reati intenzionali violenti.

 

Di seguito si riportano gli stanziamenti relativi ad alcuni ulteriori capitoli del bilancio di previsione del Ministero dell’Interno di interesse della Commissione Giustizia.

 

Stato di previsione del Ministero dell’interno

(valori in milioni di euro)[4]

 

Capitolo

Descrizione

2022

2023

2632

Fondo per il contrasto della pedopornografia su internet

0,8

0,8

2635

Spese per la banca dati nazionale del DNA

1,8

1,8

2671

Spese di funzionamento della Direzione investigativa antimafia

8,6

8,6

2840

Spese riservate per l’attuazione del programma di protezione per coloro che collaborano con la giustizia e per coloro che prestano testimonianza, nonché per i prossimi congiunti e per i conviventi

75

71,1

2962

Contributo all’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata

14,8

13,8

 

Infine si segnala, nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il capitolo 7471, istituito nell’esercizio 2016 in applicazione dell’art. 3, comma 12, del DL 133/2014 (c.d. Sblocca Italia).

Tale disposizione ha infatti stabilito che le risorse disponibili sulla contabilità speciale del Commissario straordinario per le infrastrutture carcerarie siano versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze a uno o più capitoli di bilancio dello Stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero della giustizia secondo le ordinarie competenze.

Su tale capitolo il disegno di legge di bilancio 2022 registra residui pari a 58 mln di euro e impegni di competenza per 37,4 mln di euro.

 



[1]     Si tratta della parte della manovra che non necessita di innovazioni legislative, inglobando di fatto i contenuti delle preesistenti Tabelle C, D, E della vecchia legge di stabilità. Prima della riforma ex legge n. 163/2016, i rifinanziamenti/definanziamenti e le riprogrammazioni erano operati con le Tabelle C, D ed E della legge di stabilità, e venivano poi recepiti in bilancio con Nota di variazioni, in quanto, investendo profili sostanziali, erano variazioni precluse alla vecchia legge di bilancio, stante la sua natura di legge formale.

[2]     Il comma 3-bis dell’art. 51 c.p.p. richiama l’associazione a delinquere finalizzata alla commissione di delitti concernenti schiavitù, tratta, traffico di organi, prostituzione minorile, pedopornografia, violenza sessuale, immigrazione clandestina, contraffazione, associazione di tipo mafioso, scambio elettorale politico-mafioso, il traffico illecito di rifiuti; il sequestro di persona a scopo di estorsione; i delitti commessi avvalendosi del vincolo associativo di tipo mafioso; i delitti commessi al fine di agevolare l’attività dell’associazione di tipo mafioso; l’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti; l’associazione finalizzata al contrabbando di tabacchi. Il comma 3-quater richiama i delitti per finalità di terrorismo. Nei procedimenti per i delitti richiamati dai predetti commi le funzioni del pubblico ministero sono esercitate dal procuratore distrettuale (vale a dire dal procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto di corte d’appello)

[3]  I dati relativi al 2022 sono tratti dalla legge di assestamento del bilancio, quelli relativi al 2023 dal disegno di legge di bilancio.

[4] I dati relativi al 2022 sono tratti dalla legge di assestamento del bilancio, quelli relativi al 2023 dal disegno di legge di bilancio.