Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Bilancio dello Stato - Servizio Bilancio dello Stato |
Titolo: | Schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri concernente l'alienazione di una quota della partecipazione detenuta dal Ministero dell'economia e delle finanze nel capitale di Poste Italiane S.p.a. |
Riferimenti: | SCH.DEC N.136/XIX |
Serie: | Verifica delle Quantificazioni Numero: |
Data: | 20/03/2024 |
Organi della Camera: | V Bilancio |
Servizio del Bilancio
Tel. 06 6706 5790 –* SBilancioCU@senato.it – @SR_Bilancio
Nota di lettura n. 134
Servizio Bilancio dello Stato
Tel. 06 6760 2174 / 9455 – * bs_segreteria@camera.it
Verifica delle quantificazioni n. 188
La redazione del presente dossier è stata curata dal Servizio del bilancio del Senato della Repubblica.
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INFORMAZIONI SUL PROVVEDIMENTO
Natura dell'atto: |
Schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri |
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Atto del Governo n. |
136 |
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Titolo breve: |
Alienazione di una quota della partecipazione detenuta dal Ministero dell'economia e delle finanze nel capitale di Poste Italiane S.p.a. |
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Riferimento normativo: |
Articolo 1, comma 2, della legge 14 novembre 1995, n. 481 |
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Relazione tecnica (RT): |
Presente |
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Senato |
Camera |
Commissione competente: |
8ª (Ambiente, transizione ecologica, energia, lavori pubblici, comunicazioni, innovazione tecnologica) in sede consultiva 5ª (Bilancio), 6ª (Finanze e tesoro) in sede osservazioni |
IX Trasporti V Bilancio e Tesoro |
Il comma 1 stabilisce che il presente decreto regolamenta l'alienazione di una quota della partecipazione detenuta dal Ministero dell’economia e delle finanze in Poste Italiane S.p.A., che determini il mantenimento di una partecipazione dello Stato al capitale di Poste Italiane, anche per il tramite di società direttamente o indirettamente controllate dal MEF, non inferiore al 35%.
Il comma 2 prevede che l'alienazione della quota di partecipazione di cui al comma 1 possa essere effettuata, anche in più fasi, attraverso il ricorso singolo e/o congiunto ad un'offerta pubblica di vendita rivolta al pubblico dei risparmiatori in Italia, inclusi i dipendenti del Gruppo Poste Italiane, e/o a investitori istituzionali italiani e internazionali, ovvero attraverso collocamento sul mercato, anche mediante modalità di vendita accelerate o attraverso vendita in blocchi.
Il comma 3, al fine di favorire la partecipazione all'offerta del pubblico indistinto dei risparmiatori e dei dipendenti del Gruppo Poste Italiane, tenuto conto anche della prassi di mercato e di precedenti operazioni di privatizzazione, consente che siano previste forme di incentivazione in termini di quote dell'offerta riservate (ad esempio, tranche dell'offerta riservata e lotti minimi garantiti, come esplicitato dalla RT) e/o di prezzo (anche differenziato per pubblico indistinto e dipendenti: ad esempio, come precisato dalla RT, con bonus share maggiorata rispetto al pubblico indistinto) e/o, per quanto riguarda i dipendenti, di modalità di finanziamento.
La Relazione tecnico-illustrativa ricorda che il MEF detiene una partecipazione diretta del 29,26% nel capitale di Poste Italiane spa e una quota indiretta, tramite Cassa Depositi e Prestiti S.p.A., del 35% del capitale sociale. Quest’ultima, in base a quanto disposto dal DM 59627 del 18 giugno 2004, si uniforma alle indicazioni del MEF per ciò che attiene all’esercizio dei diritti dell’azionista relativi alla partecipazione in Poste Italiane. Sottolinea poi che il presente schema viene adottato in conformità alle disposizioni del decreto-legge n. 332 del 1994, come successivamente modificato dall’articolo 4, comma 218, lettera a), della legge n. 350 del 2003, e in particolare dell'articolo 1, comma 2, il quale prevede che l'alienazione delle partecipazioni detenute dallo Stato in società per azioni è effettuata con modalità trasparenti e non discriminatorie, finalizzate anche alla diffusione dell'azionariato tra il pubblico dei risparmiatori e degli investitori istituzionali e che tali modalità di alienazione sono preventivamente individuate, per ciascuna società, con DPCM, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle attività produttive. Inoltre, l'articolo 1, comma 2, della legge n. 481 del 1995 prevede che, per la privatizzazione dei servizi di pubblica utilità, il Governo definisca i criteri per la privatizzazione di ciascuna impresa e le relative modalità di dismissione e li trasmetta al Parlamento ai fini dell'espressione del parere da parte delle competenti commissioni parlamentari.
La RT puntualizza poi che la presente dismissione rientra nel piano programmatico di vendite sul mercato di quote di partecipazioni dello Stato nell’orizzonte 2024-2026 per un valore pari circa ad un punto percentuale di PIL. Tale piano è stato annunciato del Governo nella NADEF 2023 e prevede la dismissione di asset pubblici anche al fine di conseguire una concreta e apprezzabile riduzione del rapporto debito/PIL nei prossimi anni. Il provvedimento si pone come atto che autorizza l’alienazione alla partecipazione in Poste Italiane S.p.A. in modo da finalizzare l’operazione allorquando il contesto consenta di massimizzare l’effetto di riduzione sul debito pubblico.
Con riferimento agli oneri conseguenti alle operazioni di cessione dei cespiti da dismettere, la RT richiama le disposizioni dell’articolo 13 del decreto-legge n. 332 del 1994, in base al quale agli stessi si provvede a carico dei relativi proventi. Al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato sono versati i proventi derivanti dalle operazioni di cessione delle partecipazioni dello Stato al netto degli oneri inerenti alle medesime.
Al riguardo, va evidenziato innanzitutto che la prospettata dismissione rientra nel novero delle operazioni finanziarie per le quali non vengono contabilizzati effetti sul saldo di indebitamento netto.
Si ricorda inoltre che il Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato, in cui sono versati i proventi derivanti dalle operazioni di cessione delle partecipazioni dello Stato, è gestito fuori bilancio su conto di gestione intestato alla Cassa Depositi e Prestiti detenuto presso la Banca d’Italia. La gestione delle somme accreditate e utilizzate è attribuita dall’articolo 48 del D.P.R. 30 dicembre 2003 n. 398 (T.U. del debito pubblico) al direttore generale del Tesoro o, per delega, al dirigente generale del debito pubblico.
Si osserva che dall’operazione deriveranno effetti finanziari positivi per l’incasso dei proventi dall’alienazione delle azioni, che ridurranno il debito e la relativa spesa per interessi, ed effetti negativi per la riduzione o cessazione di entrate da dividendi. Ulteriori minori effetti discenderanno, dal punto di vista fiscale, dall’aumento di entrate derivanti dalla tassazione dei maggiori dividendi percepiti da soggetti esterni alla P.A (con aliquota al 26%) e dalla diminuzione delle entrate derivanti dalla tassazione degli interessi sui titoli di Stato (con aliquota al 12,5%).
Ciò considerato, sarebbe utile acquisire elementi sugli effetti di riduzione del debito che potrebbero essere conseguiti e una valutazione di massima circa i possibili effetti netti sui saldi di bilancio. In particolare, le mancate entrate attese da dividendi[1] andrebbero confrontate con i risparmi di spesa per interessi sul debito al fine di determinare l’effetto netto dei flussi sui saldi di finanza pubblica[2].
Infine, sempre al fine di valutare l’impatto netto dell’operazione, preso atto che agli oneri correlati alle operazioni di cessione (per la più parte costituiti dalle commissioni spettanti agli advisor) si provvederà a valere sui proventi incassati, sarebbe auspicabile un’indicazione, anche alla luce delle risultanze emerse in occasione delle più recenti dismissioni di partecipazioni azionarie, dell’ammontare atteso di tali oneri, perlomeno in linea di massima.
[1] Si ricorda che la capitalizzazione di Borsa di Poste spa si attesta attualmente sui 14,7 miliardi di euro circa e che nel 2022 sono stati distribuiti agli azionisti dividendi per 801 milioni di euro, mentre per il 2024 recenti notizie di stampa riportano la destinazione a dividendi di circa 1 miliardo di euro. Ne deriva un rapporto dividendi/capitalizzazione pari al 5,45% circa sulla base del dato riferibile al 2022 e al 6,8% se si fa riferimento al 2023. V. Corte dei conti, Relazione sulla gestione finanziaria di Poste spa, esercizio 2022, p. 124; Il Sole24ore, 1° marzo 2024, p. 23.
[2] Nel corso della XVII legislatura, durante l’esame dell’A.G. 77 “Schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante determinazione dei criteri di privatizzazione e delle modalità di alienazione della partecipazione detenuta dal Ministero dell’economia e delle finanze nel capitale «Poste italiane S.p.A.»”, il rappresentante del Governo affermò che “per quanto riguarda i possibili effetti negativi dovuti alla riduzione delle entrate derivanti dai dividendi distribuiti da Poste Italiane Spa, (…) il volume dei dividendi erogati dalla società nell'ultimo quinquennio e nell'ultimo anno si aggira rispettivamente sui 320 milioni di euro e sui 250 milioni di euro. Considerando una partecipazione dello Stato al 60 per cento e ipotizzando un flusso annuo di dividendi dell'ordine di 300 milioni di euro, la riduzione si attesterebbe a 120 milioni di euro. Tale riduzione risulterebbe attenuata in quanto il 20 per cento dello stesso importo sarebbe riversato a titolo di imposta (24 milioni di euro). Sottolinea, tuttavia, che le società quotate tendono ad attuare una politica dei dividendi più aggressiva e incisiva (incremento del pay-out), maggiormente favorevole per gli azionisti e, pertanto, è prevedibile che Poste Italiane Spa, una volta quotata, proceda a una distribuzione di dividendi maggiore che in passato, compensando parzialmente la perdita per il Ministero dell’economia e delle finanze, determinata dalla diminuzione della quota di partecipazione. Per quanto riguarda gli effetti positivi dovuti alla riduzione della spesa per interessi conseguente alla riduzione del debito pubblico, considerando il valore di cessione della quota di partecipazione di Poste Italiane Spa dell'ordine di 4 miliardi di euro ed un tasso medio del costo del debito stimato pari al 3 per cento, i risparmi in termini di minori interessi da erogare sarebbero di 120 milioni di euro. A questi si dovrebbero sottrarre i minori incassi a titolo di ritenuta sulle cedole (15 milioni circa di euro). In sintesi, gli effetti sul deficit sarebbero i seguenti: minori dividendi da Poste Italiane pari a 120 milioni di euro; maggiori ritenute sui dividendi incassati da terzi pari a 24 milioni di euro; minori interessi sul debito pubblico pari a 120 milioni di euro; minori ritenute su interessi pari a 15 milioni di euro. L'effetto totale è quindi positivo e ammonta a 9 milioni di euro. L'effetto complessivo sul deficit, pertanto, sarebbe sostanzialmente neutro, ottenendo però la riduzione del debito pubblico per 4 miliardi di euro, oltre a quanto detto in merito al prevedibile incremento del pay-out da parte della società, che renderebbe l'operazione ulteriormente positiva per lo Stato”. Cfr. Camera dei deputati, Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari, V Commissione Bilancio, 19 febbraio 2014.