Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Bilancio dello Stato - Servizio Bilancio dello Stato |
Titolo: | Schema di decreto legislativo recante attuazione della riforma fiscale in materia di fiscalità internazionale |
Riferimenti: | SCH.DEC N.90/XIX |
Serie: | Verifica delle Quantificazioni Numero: |
Data: | 30/11/2023 |
Organi della Camera: | V Bilancio |
Servizio del Bilancio
Tel. 06 6706 5790 – SBilancioCU@senato.it – @SR_Bilancio
Nota di lettura n. 101
Servizio Bilancio dello Stato
Tel. 06 6760 2174 / 9455 – bs_segreteria@camera.it
Verifica delle quantificazioni n. 138
La redazione del presente dossier è stata curata dal Servizio Bilancio dello Stato della Camera.
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VERIFICA DELLE QUANTIFICAZIONI
Disposizioni in materia di determinazione della residenza fiscale
Disposizioni in materia di fiscalità internazionale
Recepimento della direttiva 2022/2523 del Consiglio in materia di imposizione minima globale
Atto n. |
90 |
Natura dell’atto: |
Schema di decreto legislativo |
Titolo breve: |
Attuazione della riforma fiscale in materia di fiscalità internazionale |
Riferimento normativo: |
articoli 1, 3, comma 1, lettere c), d), e) e f), e 9, comma 1, lettere g), h) e i), della legge 9 agosto 2023, n. 111 |
Relazione tecnica (RT): |
presente |
Lo schema di decreto legislativo in esame reca attuazione della riforma fiscale in materia di fiscalità internazionale. In particolare, il provvedimento attua l’articolo 3 della legge n. 111 del 2023 che prevede che il Governo, nell'esercizio della delega osservi, oltre ai princìpi e criteri direttivi generali, anche i seguenti ulteriori princìpi e criteri direttivi generali:
a) garantire l'adeguamento del diritto tributario nazionale ai princìpi dell'ordinamento tributario e ai livelli di protezione dei diritti stabiliti dall'ordinamento dell'Unione europea, tenendo anche conto dell'evoluzione della giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea in materia tributaria;
b) assicurare la coerenza dell'ordinamento interno con le raccomandazioni dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) nell'ambito del progetto BEPS (Base erosion and profit shifting) nel rispetto dei princìpi giuridici dell'ordinamento nazionale e di quello dell'Unione europea;
c) provvedere alla revisione della disciplina della residenza fiscale delle persone fisiche, delle società e degli enti diversi dalle società come criterio di collegamento personale all'imposizione, al fine di renderla coerente con la migliore prassi internazionale e con le convenzioni sottoscritte dall'Italia per evitare le doppie imposizioni, nonché coordinarla con la disciplina della stabile organizzazione e dei regimi speciali vigenti per i soggetti che trasferiscono la residenza in Italia anche valutando la possibilità di adeguarla all'esecuzione della prestazione lavorativa in modalità agile;
d) introdurre misure volte a conformare il sistema di imposizione sul reddito a una maggiore competitività sul piano internazionale, nel rispetto dei criteri previsti dalla normativa dell'Unione europea e dalle raccomandazioni predisposte dall'OCSE. Nel rispetto della disciplina europea sugli aiuti di Stato e dei princìpi sulla concorrenza fiscale non dannosa, tali misure possono comprendere la concessione di incentivi all'investimento o al trasferimento di capitali in Italia per la promozione di attività economiche nel territorio nazionale. In relazione ai suddetti incentivi sono previste misure idonee a prevenire ogni forma di abuso;
e) recepire la direttiva (UE) 2022/2523 del Consiglio, del 14 dicembre 2022, seguendo altresì l'approccio comune condiviso a livello internazionale in base alla guida tecnica dell'OCSE sull'imposizione minima globale, con l'introduzione, tra l'altro, di:
1. un'imposta minima nazionale dovuta in relazione a tutte le imprese, localizzate in Italia, appartenenti a un gruppo multinazionale o nazionale e soggette a una bassa imposizione;
2. un regime sanzionatorio, conforme a quello vigente in materia di imposte sui redditi, per la violazione degli adempimenti riguardanti l'imposizione minima dei gruppi multinazionali e nazionali di imprese e un regime sanzionatorio effettivo e dissuasivo per la violazione dei relativi adempimenti informativi;
f) semplificare e razionalizzare il regime delle società estere controllate (controlled foreign companies), rivedendo i criteri di determinazione dell'imponibile assoggettato a tassazione in Italia e coordinando la conseguente disciplina con quella attuativa della lettera e).
Il provvedimento è corredato di relazione tecnica.
Nella presente Nota sono riportati sinteticamente i contenuti delle disposizioni dello schema di decreto che presentano profili di carattere finanziario e le informazioni fornite dalla relazione tecnica. Vengono quindi esposti gli elementi di analisi e le richieste di chiarimento considerati rilevanti ai fini di una verifica delle quantificazioni riportate nella relazione tecnica.
VERIFICA DELLE QUANTIFICAZIONI
ARTICOLI 1 e 2
Disposizioni in materia di determinazione della residenza fiscale
Le norme sostituiscono il comma 2 dell’articolo 2 del TUIR in materia di residenza fiscale delle persone fisiche, prevedendo che, ai fini delle imposte sui redditi, si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta, considerando anche le frazioni di giorno, hanno il domicilio o la residenza nel territorio dello Stato ovvero che sono ivi presenti. Ai fini dell’applicazione della disposizione in esame, per domicilio si intende il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona. Salvo prova contraria, si presumono altresì residenti le persone iscritte per la maggior parte del periodo di imposta nelle anagrafi della popolazione residente (articolo 1).
In proposito si ricorda che il citato comma 2 prevede, a legislazione vigente, che, ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile. Rispetto alla disciplina vigente, viene, quindi, introdotto il riferimento alla frazione di giorno e si considerano residenti anche i soggetti presenti nel territorio dello Stato per la maggior parte del periodo d’imposta. Viene altresì introdotto un nuovo concetto di “domicilio”.
Viene altresì modificato il comma 3 dell’articolo 73 del TUIR in materia di residenza delle persone giuridiche, prevedendo che, ai fini delle imposte sui redditi, si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno nel territorio dello Stato la sede legale o la sede di direzione effettiva o la gestione ordinaria in via principale. Per sede di direzione effettiva si intende la continua e coordinata assunzione delle decisioni strategiche riguardanti la società o l’ente nel suo complesso. Per gestione ordinaria si intende il continuo e coordinato compimento degli atti della gestione corrente riguardanti la società o l’ente nel suo complesso (articolo 2).
In proposito si ricorda che il citato comma 3 prevede, a legislazione vigente, che, ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell'amministrazione o l'oggetto principale nel territorio dello Stato.
La relazione tecnica afferma che gli interventi rappresentano un adeguamento alla prassi internazionale e alle Convenzioni contro le doppie imposizioni, al fine di dare maggiore certezza giuridica. Inoltre, con riferimento all’articolo 1, la RT precisa che l’inserimento nel TUIR di una definizione specifica di domicilio ha l’obiettivo di ridurre l’ampio contenzioso tributario venutosi a creare negli ultimi anni in virtù del rinvio contenuto nel vigente articolo 2 del TUIR al domicilio civilistico. Detta semplificazione appare idonea a riflettersi positivamente anche sulle attività di accertamento e di controllo. Con riferimento all’articolo 2, la RT precisa che l’eliminazione del criterio dell’oggetto principale ha l’obiettivo di semplificare l’applicazione della norma, atteso che tale criterio non trova corrispondenza nei criteri OCSE e ha generato incertezze interpretative e contenzioso. Al contrario, i criteri della sede di direzione effettiva e della gestione ordinaria in via principale, essendo ispirati a criteri oggetto di elaborazione nell’ambito del Commentario OCSE al Modello di Convenzione, appaiono idonei a ridurre il livello di incertezza della normativa in esame, con effetti positivi sulle attività di controllo, accertamento e contenzioso.
La RT afferma quindi che alle disposizioni, non si ascrivono effetti finanziari, trattandosi di interventi definitori che troveranno applicazione nelle diverse attività di accertamento salvaguardando sempre la prova contraria dei contribuenti.
In merito ai profili di quantificazione, si rileva preliminarmente che le disposizioni in esame intervengono in materia di determinazione della residenza fiscale ai fini delle imposte sui redditi. In proposito non si formulano osservazioni prendendosi atto di quanto affermato dalla relazione tecnica circa l’assenza di effetti finanziari derivanti dalle disposizioni in esame che, recando interventi definitori, troveranno applicazione nelle diverse attività di accertamento.
Disposizioni in materia di fiscalità internazionale
Le norme intervengono sulla disciplina in materia di imprese estere controllate modificando la prima delle condizioni previste dal comma 4 dell’articolo 167 del TUIR per l’applicazione della predetta disciplina. In particolare, si prevede che la disciplina si applichi se i soggetti controllati non residenti sono assoggettati a tassazione effettiva inferiore al 15 per cento (anziché alla metà di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia).
In proposito si evidenzia, infatti, che l’art. 167 del TUIR disciplina il regime di tassazione per i residenti che detengono, direttamente o indirettamente, il controllo di un’impresa localizzata in un paese a fiscalità privilegiata. Tra l’altro, la norma indicata prevede l’imputazione al soggetto residente di tutti i redditi del soggetto controllato non residente localizzato in un Paese a fiscalità privilegiata qualora i soggetti controllati non residenti integrino congiuntamente le seguenti condizioni: sono assoggettati a tassazione effettiva inferiore alla metà di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia; oltre un terzo dei proventi da essi realizzati derivi da passive income (redditi di varia natura, principalmente finanziaria).
Si prevede altresì che la tassazione effettiva dei soggetti controllati non residenti sia pari al rapporto tra la somma delle imposte correnti dovute e delle imposte anticipate e differite iscritte nel proprio bilancio d’esercizio e l’utile ante imposte dell’esercizio risultante dal predetto bilancio. A tal fine, il bilancio d’esercizio dei soggetti controllati non residenti deve essere oggetto di revisione e certificazione da parte di operatori professionali a ciò autorizzati nello Stato estero di localizzazione dei soggetti controllati non residenti, i cui esiti sono utilizzati dal revisore del soggetto controllante ai fini del giudizio sul bilancio annuale o consolidato. Se la condizione di cui al periodo precedente non è verificata, i soggetti controllanti devono verificare che i soggetti controllati non residenti siano assoggettati ad una tassazione effettiva inferiore alla metà di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia, determinata secondo le modalità stabilite con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate (articolo 3, comma 1, lett. a)).
In alternativa a quanto previsto, i soggetti controllanti, con riferimento ai soggetti controllati non residenti, a condizione che i bilanci di esercizio siano oggetto di revisione e certificazione da parte di operatori professionali a ciò autorizzati nello Stato estero di localizzazione dei soggetti controllati non residenti, possono corrispondere un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi pari al 15 per cento dell’utile contabile netto dell’esercizio calcolato senza tenere in considerazione le imposte che hanno concorso a determinare detto valore, la svalutazione di attivi e gli accantonamenti a fondi rischi. Permanendo il requisito del controllo, l'opzione per l’imposta sostitutiva ha durata per tre esercizi del soggetto controllante ed è irrevocabile. Al termine del triennio l'opzione si intende tacitamente rinnovata per il successivo triennio a meno che non sia revocata, secondo le modalità e i termini previsti per la comunicazione dell'opzione (articolo 3, comma 1, lett. b)).
Si prevede, inoltre, una disposizione di carattere generale che consente di applicare gli incentivi fiscali, compresi quelli già vigenti, in favore dei titolari di reddito di impresa o di lavoro autonomo aventi la sede o la stabile organizzazione in Italia solo se compatibili con la normativa europea in materia di aiuti di Stato e se debitamente autorizzati dalla Commissione europea (articolo 4).
Viene altresì previsto un nuovo regime per i lavoratori impatriati per i soggetti che trasferiscono la residenza fiscale in Italia a decorrere dal periodo d’imposta 2024. Si prevede, in particolare, che i redditi di lavoro dipendente, i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, i redditi di lavoro autonomo prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell'articolo 2 del TUIR, entro il limite di 600.000 euro concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50 per cento del loro ammontare al ricorrere di specifiche condizioni, tra cui l’alta qualificazione dei lavoratori impatriati. Le agevolazioni si applicano nel periodo di imposta in cui è avvenuto il trasferimento della residenza fiscale nel territorio dello Stato e nei quattro periodi d’imposta successivi. Possono accedere all’agevolazione, i cittadini italiani iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE) ovvero coloro che hanno avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi. Viene quindi abrogata la vigente disciplina dei lavoratori impatriati (articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, e articolo 5, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34). Tuttavia, tali disposizioni continuano a trovare applicazione nei confronti dei soggetti che hanno trasferito la loro residenza anagrafica in Italia entro il 31 dicembre 2023 ovvero, per i rapporti di lavoro sportivo, a beneficio di coloro che hanno stipulato il relativo contratto entro la stessa data (articolo 5).
In proposito si evidenzia che l’articolo 16 del decreto legislativo n. 147 del 2015 disciplina un regime speciale per i lavoratori impatriati, prevedendo che i redditi di lavoro dipendente, i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e i redditi di lavoro autonomo prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 30 per cento del loro ammontare ovvero al 10 per cento se la residenza è presa in una delle regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia) al ricorrere delle seguenti condizioni:
a) i lavoratori non sono stati residenti in Italia nei due periodi d'imposta precedenti il predetto trasferimento e si impegnano a risiedere in Italia per almeno due anni;
b) l'attività lavorativa è prestata prevalentemente nel territorio italiano.
Le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere dal periodo di imposta in cui è avvenuto il trasferimento della residenza nel territorio dello Stato e per i quattro periodi successivi. Le disposizioni si applicano per ulteriori cinque periodi di imposta ai lavoratori con almeno un figlio minorenne o a carico, anche in affido preadottivo nonché nel caso in cui i lavoratori diventino proprietari di almeno un'unità immobiliare di tipo residenziale in Italia, successivamente al trasferimento in Italia o nei dodici mesi precedenti al trasferimento.
La normativa sui lavoratori impatriati è stata più volte oggetto di modifiche e di integrazioni. In proposito si evidenzia che ai precedenti interventi normativi non sono stati ascritti effetti di gettito, dal momento che, come sostenuto dalle relazioni tecniche, gli effetti positivi sul gettito determinati dalla tassazione (ancorché agevolata) dei redditi dei soggetti che decidono il rientro in Italia in conseguenza delle specifiche disposizioni, appaiono più che adeguati a coprire gli eventuali modesti effetti negativi riscontrabili sul tendenziale.
Si dispone, infine, che i redditi derivanti da attività di impresa e dall’esercizio di arti e professioni esercitate in forma associata, svolte in un Paese estero non appartenente all’Unione europea o allo Spazio economico europeo, trasferite nel territorio dello Stato, non concorrono a formare il reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi e il valore della produzione netta ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive per il 50 per cento del relativo ammontare nel periodo di imposta in corso al momento in cui avviene il trasferimento e nei cinque periodi di imposta successivi (articolo 6).
La relazione tecnica afferma quanto segue:
- Articolo 3 - Semplificazione della disciplina delle società estere controllate
La disposizione modifica l’articolo 167, comma 4, semplificando il calcolo della tassazione effettiva della società controllata non residente. Il prelievo effettivo viene confrontato con quello che si sarebbe determinato se la società fosse stata assoggettata a imposizione in Italia, prevedendo l’utilizzo dei dati contabili del soggetto estero, senza tener conto quindi delle variazioni fiscali in aumento o diminuzione. La tassazione effettiva estera è determinata come rapporto tra l’importo risultante dal bilancio d’esercizio delle imposte correnti, anticipate e differite, e l’utile ante imposte anche in coerenza con quanto previsto dalla nuova disciplina conseguente al recepimento della disciplina Pillar 2 di cui al Titolo II. Nel caso in cui, allo stato attuale, le variazioni fiscali in aumento fossero superiori alle variazioni fiscali in diminuzione si avrebbe la conseguenza di escludere una quota delle partecipazioni oggi definite CFC (Controlled Foreign Companies). Al contrario, nel caso di prevalenza delle variazioni in diminuzione su quelle in aumento, la novità porterebbe ad un allargamento della platea potenziale. La RT afferma che, ai fini di una stima di questo effetto, sono state analizzate le dichiarazioni IRES, considerate una proxy dell’intera platea: per ogni contribuente che ha compilato il quadro FC (Redditi dei soggetti controllati non residenti – CFC, anno d’imposta 2021) è stato possibile individuare il totale delle variazioni in aumento e il totale delle variazioni in diminuzione. I risultati mostrano che, per il complesso dei soggetti analizzati, le variazioni in diminuzione sono ampiamente superiori a quelle in aumento (nell’ordine di circa 5 a 1). Pertanto, la semplificazione porterebbe ad un aumento della platea interessata. Inoltre, l’elevazione all’aliquota del 15 per cento della condizione di ricaduta nel regime rispetto al limite vigente della metà della tassazione sui redditi in Italia (pari a titolo di esempio, al 12 per cento nel caso di società di capitali soggette all’IRES ordinaria al 24 per cento) potrebbe ulteriormente incrementare le partecipazioni coinvolte. A fini prudenziali, tuttavia nei calcoli non si tiene conto di tale potenziale aumento della platea, alla luce del mutato contesto internazionale nell’ambito dell’implementazione del Pillar 2 OCSE, che prevede una tassazione minima effettiva del 15 per cento.
Con riferimento all’introduzione di una tassazione opzionale al 15 per cento rispetto alla tassazione ordinaria, la RT afferma che ai fini della stima sono stati analizzati i versamenti relativi alle imposte riconducibili alle partecipazioni CFC dei soggetti IRPEF, rilevando un gettito di circa 2,8 milioni di euro riferito al 2021. Diversamente, per i soggetti IRES, rendendosi necessario un maggior approfondimento della platea coinvolta, si è proceduto all’analisi puntuale dei dati riportati nel quadro FC (Redditi dei soggetti controllati non residenti - CFC) delle dichiarazioni dei redditi riferite all’anno d’imposta 2021. Relativamente ai soggetti IRPEF, considerando che l’analisi è stata condotta sui dati complessivi, mediando anche gli effetti dell’opzionalità del nuovo regime, è stato ritenuto coerente applicare l’aliquota media IRPEF generale del 26 per cento con una stima del reddito da CFC di circa 10,8 milioni di euro con un gettito di circa 2,8 milioni di euro. L’applicazione dell’aliquota del 15 per cento comporterebbe quindi un’imposta di circa 1,6 milioni di euro (10,8 X 15 per cento) che, rispetto alle imposte attuali relative a tali soggetti, produrrebbe una perdita di gettito annua di circa 1,2 milioni di euro. Per la parte IRES, presupponendo una vasta applicazione dell’imposta minima nazionale (QDMTT) a livello globale, a seguito dell’implementazione del Pillar 2 OCSE, i soggetti compresi nel campo di applicazione delle nuove regole sulla tassazione minima (platea CbCR - Country-by-Country reporting[1]) sono stati esclusi dalla presente stima. Infatti, per tali soggetti l’effetto del mutato contesto internazionale e dell’innalzamento generalizzato delle aliquote effettive (anche in relazione alla disciplina CFC) si manifesterebbero nell’ambito della stima complessiva degli effetti del recepimento della direttiva sulla minimum taxation, di attuazione del Pillar 2 OCSE nella UE. Relativamente ai soggetti IRES non rientranti nella platea CbCR, per ogni contribuente che ha compilato il quadro FC è stato possibile stimare puntualmente la differenza tra le imposte dovute dall’eventuale opzione per il nuovo regime sostitutivo e quelle attualmente dovute con il regime vigente. Nella stima degli effetti finanziari, si è quindi tenuto conto che, a causa dell’opzionalità, la norma produce effetti di gettito esclusivamente per i soggetti per i quali il nuovo regime risulta più conveniente rispetto a quello attuale. Per gli altri soggetti, infatti, è ragionevole assumere che continuerà a trovare applicazione il regime ordinario previgente. Pertanto, per i soggetti che hanno convenienza ad optare per il nuovo regime, si stima un’imposta sostitutiva pari a circa 1,9 milioni di euro (utile da bilancio di circa 12,6 milioni di euro X 15 per cento) rispetto ad un’imposta attuale di circa 4,9 milioni di euro, con conseguenti effetti finanziari negativi di circa 3 milioni di euro annui. Nel complesso, sommando gli effetti finanziari dei soggetti IRPEF e IRES coinvolti, si stima una perdita di gettito complessiva di circa 4,2 milioni di euro all’anno.
Si riportano di seguito gli effetti di gettito, considerando, per la cassa, un acconto del 75 per cento:
(in milioni di euro)
|
2024 |
2025 |
2026 |
dal 2027 |
Soggetti IRES |
0 |
-5,3 |
-3,0 |
-3,0 |
Soggetti IRPEF |
0 |
-2,1 |
-1,2 |
-1,2 |
Totale |
0 |
-7,4 |
-4,2 |
-4,2 |
- Articolo 4 - Disposizione quadro per incentivi fiscali compatibili con i principi e le disposizioni europee in materia di aiuti di Stato
- Articolo 5 - Nuovo regime agevolativo a favore dei lavoratori impatriati
La RT afferma che, ai fini della stima, analogamente a quanto effettuato in occasione dell’introduzione del regime agevolato in questione, si ritiene che l’agevolazione in oggetto non produca effetti negativi sul gettito fiscale. Tale valutazione trova giustificazione nella circostanza che gli effetti positivi sul gettito determinati dalla tassazione agevolata dei redditi dei soggetti che decidono il rientro in Italia in conseguenza della presente norma e che non sarebbero rientrati in assenza della medesima disposizione appaiono più che adeguati a compensare gli eventuali modesti effetti negativi riscontrabili sul tendenziale.
- Articolo 6 - Trasferimento in Italia di attività economiche
La RT afferma che la proposta, rispetto alla situazione vigente, attraendo attività in Italia non comporta effetti negativi di gettito in quanto gli effetti positivi relativi alle attività che a legislazione vigente non sarebbero rientrate in Italia più che compenseranno i trascurabili effetti negativi relativi alle attività che sarebbero state trasferite anche in assenza della misura.
In merito ai profili di quantificazione, si evidenzia preliminarmente che le norme intervengono in materia di fiscalità internazionale prevedendo, tra l’altro, la modifica della disciplina relativa alle società estere controllate (articolo 3), un nuovo regime agevolativo a favore dei lavoratori impatriati (articolo 5) e un regime agevolativo a favore delle attività economiche trasferite in Italia (articolo 6)[2]. In proposito, con riferimento all’articolo 3, si evidenzia che la quantificazione appare verificabile sulla base dei dati e degli elementi informativi forniti dalla relazione tecnica. Con riferimento all’articolo 5, si evidenzia che la relazione tecnica, analogamente ai precedenti interventi normativi, non stima una perdita di gettito, affermando che gli effetti positivi sul gettito determinati dalla tassazione dei redditi dei soggetti che decidono il rientro in Italia appaiono più che adeguati a compensare gli eventuali modesti effetti negativi riscontrabili sul tendenziale riferiti alla ipotesi di eventuale rientro spontaneo dei soggetti interessati. Non si hanno pertanto osservazioni da formulare, anche in considerazione del fatto che la normativa introdotta appare più restrittiva di quella vigente oggetto ora di abrogazione. Analogamente non si hanno osservazioni da formulare con riferimento all’articolo 6.
Si evidenzia tuttavia, in linea generale, come sarà sottolineato anche nel prosieguo con riferimento al provvedimento nel suo complesso, che lo stesso non è corredato di un prospetto riepilogativo degli effetti finanziari di ciascuna disposizione ai fini del saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato, del fabbisogno di cassa e dell'indebitamento netto del conto consolidato delle pubbliche amministrazioni, diversamente da quanto espressamente previsto dal comma 3 dell’articolo 17 della legge n. 196 del 2009. In proposito, anche tenendo conto dei rilevanti effetti finanziari ascritti al provvedimento nel suo complesso, appare pertanto necessario che il Governo fornisca il predetto prospetto.
Recepimento della direttiva 2022/2523 del Consiglio in materia di imposizione minima globale
Le norme recano il recepimento della direttiva 2022/2523 del Consiglio, del 14 dicembre 2022 in materia di imposizione minima globale. In particolare, si prevede:
- il rinvio all’allegato A del provvedimento in esame per l’applicazione delle definizioni rilevanti, fra le quali quella di «aliquota minima d’imposta» pari al 15 per cento (articolo 8);
- al fine di garantire un livello impositivo minimo dei gruppi multinazionali o nazionali di imprese, l’istituzione di una imposizione integrativa prelevata attraverso (articolo 9):
a) l’imposta minima integrativa, dovuta da controllanti localizzate in Italia di gruppi multinazionali o nazionali in relazione alle imprese soggette ad una bassa imposizione facenti parte del gruppo;
b) l’imposta minima suppletiva, dovuta da una o più imprese di un gruppo multinazionale localizzate in Italia in relazione alle imprese facenti parte del gruppo soggette ad una bassa imposizione quando non è stata applicata, in tutto o in parte, l’imposta minima integrativa equivalente in altri Paesi;
c) l’imposta minima nazionale, dovuta in relazione alle imprese di un gruppo multinazionale o nazionale soggette ad una bassa imposizione localizzate in Italia.
- l’applicazione delle disposizioni in esame alle imprese localizzate in Italia che fanno parte di un gruppo multinazionale o nazionale con ricavi annui pari o superiori a 750 milioni di euro, ivi compresi i ricavi delle entità escluse di cui all’articolo 11, risultanti nel bilancio consolidato della controllante capogruppo in almeno due dei quattro esercizi immediatamente precedenti a quello considerato (articolo 10);
- la non applicazione dell’imposizione integrativa (articolo 11):
a) all’entità che si qualifica come: entità statale; organizzazione internazionale; organizzazione senza scopo di lucro; fondo pensione; fondo di investimento che è una controllante capogruppo o un veicolo di investimento immobiliare che è una controllante capogruppo;
b) all’entità il cui valore è detenuto per almeno il 95 per cento da una o più entità di cui alla lettera a), direttamente ovvero indirettamente, tenendo conto dell’effetto demoltiplicativo, attraverso uno o più entità escluse, con l'eccezione delle entità di servizi pensionistici, e che alternativamente o congiuntamente: operi esclusivamente o almeno al 90 per cento per detenere attività o investire fondi a beneficio di una o più entità di cui alla lettera a); svolga esclusivamente attività ausiliarie a quelle eseguite da una o più entità di cui alla lettera a);
c) all’entità il cui valore è detenuto per almeno l'85 per cento da una o più entità indicate alla lettera a), direttamente ovvero indirettamente, tenendo conto dell’effetto demoltiplicativo, attraverso una o più entità escluse, con l'eccezione delle entità di servizi pensionistici, a condizione che il suo reddito sia costituito per almeno il 90 per cento da dividendi o da plusvalenze o minusvalenze esclusi dal calcolo del reddito o perdita rilevante ai sensi dell’articolo 23, comma 2, lettere b) e c);
- sono quindi definite le modalità di applicazione della disciplina, ovvero del calcolo, dell’imposta minima integrativa, imposta minima suppletiva e imposta minima nazionale (articoli 13-21). In particolare si prevede che: la controllante capogruppo localizzata in uno Stato membro che ha detenuto, in qualsiasi momento dell’esercizio, direttamente o indirettamente partecipazioni in imprese a bassa imposizione localizzate in un altro Paese o che sono entità apolidi, per quell’esercizio deve versare l’imposta minima integrativa in misura pari all’importo di imposizione integrativa ad essa attribuita, relativa a tali imprese a bassa imposizione (articolo 13); viene istituita e disciplinata l’imposta minima nazionale, dovuta qualora l’aliquota di imposizione effettiva, relativa alle imprese di un gruppo multinazionale o nazionale e alle entità a controllo congiunto localizzate nel territorio dello Stato italiano, sia inferiore alla aliquota minima di imposta e pari all’imposizione integrativa relativa a tutte le suddette imprese ed entità (articolo 18); viene disciplinata l’imposta minima suppletiva, prevedendo che nel caso in cui la controllante capogruppo sia localizzata in un Paese terzo che non applica una imposta minima integrativa equivalente ovvero è una entità esclusa, tutte le imprese localizzate nel territorio dello Stato italiano, diverse dalle entità di investimento, sono tra loro solidalmente e congiuntamente responsabili per il pagamento, a titolo di imposta minima suppletiva, di un importo pari all’imposizione integrativa attribuita, per l’esercizio, allo Stato italiano ai sensi dell'articolo 21 (articolo 19);
- sono indicate le modalità di determinazione del reddito o della perdita rilevante (articoli 22-26);
- viene definito il calcolo delle imposte rilevanti rettificate (articoli 27-32);
- viene disciplinato il calcolo dell’aliquota di imposizione effettiva e dell’imposizione integrativa. In particolare, si prevede che: l'aliquota di imposizione effettiva di un gruppo multinazionale o nazionale di imprese deve essere calcolata separatamente per ogni esercizio e per ogni Paese di localizzazione, a condizione che nel Paese vi sia un reddito netto rilevante. L’aliquota di imposizione effettiva è pari al rapporto tra le imposte rilevanti rettificate del Paese e il reddito netto rilevante del Paese; per imposte rilevanti rettificate del Paese s’intende l’importo positivo o negativo risultante dalla somma algebrica delle imposte rilevanti rettificate di tutte le imprese localizzate in quel Paese determinate ai sensi del Capo IV; il reddito netto rilevante o la perdita netta rilevante del Paese per un dato esercizio sono dati dalla differenza tra il reddito rilevante di tutte le imprese localizzate nel Paese e la perdita rilevante di tutte le imprese localizzate nel medesimo Paese determinati ai sensi del Capo III (articolo 33); se in un esercizio l'aliquota di imposizione effettiva di un Paese è inferiore all’aliquota minima d’imposta, il gruppo multinazionale o nazionale calcola l’imposizione integrativa e la ripartisce per ogni impresa ivi localizzata con un reddito rilevante che ha concorso alla determinazione del reddito netto del Paese; l'importo dell'imposizione integrativa è determinato per singolo Paese; l’aliquota di imposizione integrativa di un Paese, relativa ad un esercizio, è data dalla differenza tra l’aliquota minima di imposta del 15 per cento e l’aliquota d’imposizione effettiva di cui all’articolo 33; quando in un esercizio il gruppo multinazionale o nazionale di imprese ha, in relazione ad un Paese, un reddito netto rilevante e un importo negativo di imposte rilevanti rettificate, l’aliquota d’imposizione effettiva di cui all’articolo 33 è assunta pari a zero; in tal caso l’importo negativo di imposte rilevanti rettificate dell’esercizio deve essere riportato in avanti nei successivi esercizi e deve essere utilizzato, fino ad esaurimento dello stesso, a riduzione fino a concorrenza delle imposte rilevanti rettificate positive ai fini del computo delle imposte rilevanti rettificate per quel Paese (articolo 34);
- sono introdotte disposizioni in materia di riorganizzazione e società holding (articoli 40-44);
- sono definiti i regimi di neutralità fiscale e di imposizione applicabile ai casi di tassazione in sede di distribuzione di utili (articoli 45-50), in particolare, viene previsto un regime speciale di imposizione sull’utile distribuito con regole speciali opzionali per rendere compatibili le disposizioni relative all’imposizione minima globale con quei regimi impositivi, in vigore in alcuni Paesi, che assoggettano ad imposizione gli utili realizzati da un’impresa solo al momento della loro distribuzione attraverso la creazione di un conto annuale delle distribuzioni presunte (articolo 47);
- sono previste disposizioni amministrative. In particolare: le disposizioni relative agli obblighi informativi (articolo 51), al regime delle opzioni che possono essere esercitate dall’impresa dichiarante (articolo 52), nonché alla disciplina applicabile alla dichiarazione annuale relativa all’imposizione integrativa, alla riscossione, all’accertamento nonché al regime sanzionatorio previsto per gli obblighi fissati in attuazione della direttiva europea (articolo 53).
La relazione tecnica con riferimento al complesso degli articoli in esame, afferma quanto segue:
- Introduzione
La norma, in recepimento della direttiva 2523/2022, introduce un sistema coordinato di regole di contrasto all'erosione globale della base imponibile delle imposte societarie sviluppato dall’OCSE (Regole GloBE del cosiddetto Pillar II) per fronteggiare le nuove sfide fiscali internazionali, derivanti dalla digitalizzazione e dalla globalizzazione dell'economia. La norma prevede, in particolare, regole volte a introdurre una tassazione minima effettiva delle grandi multinazionali a livello globale (“global minimum tax”). Queste regole sono state definite nell’ambito dell’accordo internazionale, raggiunto a livello OCSE/G20 nell’ottobre 2021 e sottoscritto da 137 Paesi, a cui se ne sono poi aggiunti altri. Le regole sono rivolte ai gruppi multinazionali con ricavi complessivi pari o superiori a 750 milioni di euro e sono finalizzate ad assicurare che tali gruppi siano soggetti a un livello impositivo minimo effettivo di almeno il 15 per cento in relazione ai redditi prodotti in ogni Paese in cui operano. Le regole prevedono (articolo 9) l’applicazione di un’imposizione integrativa (cd. Top-Up Tax) che è dovuta nel caso in cui l’aliquota effettiva (Effective tax rate, ETR, calcolata come rapporto tra le imposte pagate con aggiustamenti e l’utile contabile con aggiustamenti) definita in ciascuna giurisdizione secondo le regole comuni sia inferiore al 15 per cento, fino a raggiungere tale livello. L’imposta integrativa si basa su due regole interconnesse:
a) una regola primaria per l’applicazione dell’imposta minima integrativa (Income inclusion rule –IIR) in capo alla controllante capogruppo residente in Italia, in relazione alle controllate soggette ad una bassa imposizione facenti parte del gruppo localizzate in Italia e all’estero;
b) una regola secondaria per l’applicazione di un’imposta minima suppletiva (UTPR), che si attiva solo se la regola primaria non è stata applicata, in tutto o in parte, nel paese di residenza della controllante capogruppo. La regola secondaria opera a livello delle imprese di un gruppo multinazionale localizzate in Italia con riferimento alle imprese facenti parte del gruppo che registrano un livello di imposizione effettiva inferiore al 15 per cento.
La norma introduce inoltre una disposizione interna, l’imposta minima nazionale (Qualified Domestic Minimum Top-Up Tax – QDMTT), secondo cui la tassazione integrativa è applicata alle imprese di un gruppo multinazionale o nazionale soggette ad una bassa imposizione localizzate in Italia, fino al raggiungimento dell’aliquota minima effettiva del 15 per cento. L’imposta minima nazionale, prevista in via opzionale dalla direttiva, una volta introdotta nell’ordinamento prevale sulla regola primaria e secondaria attivabili dai paesi esteri. Le nuove regole si applicano anche ai gruppi nazionali (gruppi le cui imprese sono tutte localizzate nel territorio dello Stato) con le stesse caratteristiche in termini di ammontare di ricavi e attività economica previste per i gruppi multinazionali. È previsto un periodo di cinque anni di esclusione dall’ambito di applicazione delle nuove regole, limitatamente alle disposizioni riguardanti le regole primarie e secondarie sopra indicate, ovvero l’applicazione dell’imposta minima integrativa e dell’imposta minima suppletiva per i gruppi multinazionali che si trovano nella fase iniziale della loro attività internazionale, oltre che per i gruppi interamente nazionali. L’imposta minima nazionale trova, invece, applicazione anche nei confronti di queste due tipologie di gruppi.
- Imposta minima integrativa (Income inclusion rule – IIR)
Ai fini della stima degli effetti finanziari della norma, occorre considerare che l’imposta minima integrativa (IIR) sarà effettivamente dovuta dalla controllante italiana, solo nel caso in cui le giurisdizioni estere in cui sono localizzate le società controllate non dovessero introdurre un’imposta minima nazionale equivalente (QDMTT). Seppure in via teorica si potrebbe registrare un gettito dell’IIR in Italia, tenuto conto della circostanza che molti Paesi hanno già legiferato, o annunciato, l’istituzione di una QDMTT, si ritiene, a fini prudenziali, di non ascrivere effetti finanziari positivi sui saldi di finanza pubblica, in relazione all’imposta minima integrativa. Inoltre, l’accordo globale sulla tassazione delle multinazionali, riportando l’attenzione sull’importanza della tassazione societaria anche dal punto di vista dell’equità del prelievo, è destinato a indurre scelte differenti da parte delle multinazionali in termini di pianificazione fiscale internazionale. Per le imprese infatti lo spostamento di profitti (profit shifting) in Paesi a bassa fiscalità potrebbe essere una scelta meno conveniente, con la conseguenza che maggiori profitti dovrebbero essere dichiarati nei Paesi dove è localizzata l’attività economica, inclusa l’Italia. Tuttavia, considerata l’incertezza di quantificazione di tali effetti, tenuto conto anche della variabilità delle stime nella letteratura economica, si ritiene a fini prudenziali di non ascrivere effetti positivi di gettito associati alla riduzione del fenomeno del profit shifting.
- Imposta minima suppletiva (UTPR)
Le medesime considerazioni effettuate per l’imposta minima integrativa valgono anche per l’imposta minima suppletiva (UTPR), che si applicherebbe in Italia solo al verificarsi di due condizioni: mancata implementazione della QDMTT nel paese di localizzazione della controllata e mancata implementazione della IIR nel paese della capogruppo. Anche in questo caso, in via prudenziale, non si ascrivono pertanto effetti finanziari positivi in relazione all’imposta minima suppletiva.
- Imposta minima nazionale (Qualified Domestic Minimum Top-Up Tax – QDMTT)
L’Italia non è un paese caratterizzato da bassa fiscalità, tenuto conto della circostanza che i redditi societari sono soggetti sia all’aliquota ordinaria IRES del 24 per cento sia all’aliquota standard IRAP del 3,9 per cento. Nel complesso l’aliquota nominale combinata, tenuto conto della parziale deducibilità dell’IRAP dall’IRES, si colloca al 27,81 per cento. Sebbene il livello del prelievo sia elevato in termini nominali, numerose agevolazioni fiscali possono ridurre l’imposizione effettiva, calcolata in base alle regole della direttiva, portandola al di sotto del 15 per cento. In questi casi si applica pertanto l’Imposta minima nazionale (QDMTT), con potenziali effetti positivi di gettito calcolati con la metodologia illustrata di seguito, separatamente nel caso di gruppi multinazionali e nel caso di gruppi nazionali.
- Individuazione del perimetro di applicazione: ricostruzione dei gruppi multinazionali e nazionali rientranti nel campo di applicazione.
La RT afferma che il perimetro di applicazione dei gruppi multinazionali, sia con controllante capogruppo (Ultimate Parent Entity - UPE) italiana sia estera, è stato effettuato utilizzando il seguente procedimento:
a) individuazione dell’elenco delle entità in Italia delle multinazionali, sia con controllante capogruppo in Italia sia con UPE all’estero, che hanno trasmesso il Country-by-Country Report (CbCR) per l’anno 2018 e che hanno almeno una entità in Italia: tale elenco è stato estratto dalla Tabella 2 del CbCR, nella quale la multinazionale riporta l’elenco delle entità presenti in ciascuna giurisdizione fiscale, indicandone ragione sociale e TIN (Tax identification number), senza tuttavia riportare variabili finanziarie sulle singole entità. La compilazione dei CbCR è stata definita nell’ambito del c.d. progetto BEPS (Base Erosion and Profit Shifting) – Action 13, le cui indicazioni sono state recepite nell’ordinamento interno con la Legge 28 dicembre 2015, n. 208. Si segnala che i CbCR vengono compilati da gruppi multinazionali con ricavi superiori ai 750 milioni di euro e contengono, nella Tabella 1, le informazioni quantitative della multinazionale, aggregate per paese di localizzazione delle controllate, mentre la Tabella 2, quella utilizzata per la definizione del perimetro, contiene l’elenco di tutte le entità per Paese. Non è stato possibile utilizzare annualità CbCR più recenti del 2018 perché su tali annualità non si è rilevata una sufficiente copertura delle multinazionali estere presenti in Italia;
b) abbinamento ai dati dichiarativi (modello Redditi SC e Certificazioni Uniche) e di bilancio (fonte: banca dati Bureau Van Dijk) attraverso la variabile ENTITA_TIN riportata nei CbCR, corrispondente agli identificativi italiani rappresentati dal codice fiscale o dalla partita IVA: sono stati abbinati i dati dichiarativi e di bilancio relativi agli anni 2018, 2019, 2020 e 2021 per calcolare gli effetti su più annualità;
c) ricostruzione del sottogruppo (subgroup) italiano di ciascun gruppo multinazionale: ciascun gruppo multinazionale è tenuto ad applicare le nuove regole a livello di giurisdizione, e non a livello di singola entità appartenente al gruppo. Pertanto, è stato necessario sommare il valore di ciascuna variabile riferita alla singola entità per tutte le entità appartenenti allo stesso gruppo per calcolare il valore delle variabili a livello del sottogruppo italiano;
d) esclusione dal perimetro di applicazione delle multinazionali operanti nel trasporto marittimo di merci e passeggeri, espressamente prevista dalla norma. Sono state individuate le entità con codice ATECO 5010 (trasporto marittimo e costiero di passeggeri) e 5020 (trasporto marittimo e costiero di merci). Ai fini dell’esclusione sono state considerate solo le multinazionali per le quali tali attività risultano prevalenti;
e) l’articolo 18, comma 7, della norma prevede che “ai fini dell’imposta minima nazionale, non si applicano le esclusioni previste nell’articolo 56 per i gruppi multinazionali o nazionali di imprese”. Tali esclusioni che il legislatore italiano ha deciso di non applicare sono relative a gruppi nella fase iniziale dell'attività internazionale. Tali gruppi, individuabili dai CbCR selezionando solo i gruppi che sono presenti in non più di 6 giurisdizioni e che presentano un valore di immobilizzazioni immateriali in giurisdizioni diverse dalla “giurisdizione di riferimento” non superiore a 50 milioni di euro sono stati anch’essi inclusi nel perimetro di applicazione.
L’individuazione del perimetro di applicazione per i gruppi interamente domestici è stata invece effettuata selezionando dal database Orbis - Bureau Van Dijk, per l’anno più recente disponibile (2021), tutte le entità appartenenti a gruppi societari italiani con ricavi consolidati superiori ai 750 milioni di euro, escludendo tutti i gruppi con una o più entità residenti all’estero.
- Calcolo del reddito o perdita rilevante (qualifying income or loss), denominatore dell’aliquota d’imposizione effettiva (effective tax rate – ETR)
La RT afferma che l’esercizio di simulazione ai fini del calcolo della QDMTT è stato effettuato in capo a ciascuna impresa multinazionale ricostruendo il numeratore e denominatore di tutte le entità del gruppo presenti in Italia. Per tutte le entità in Italia incluse nel perimetro di applicazione, il reddito o perdita rilevante sono stati calcolati partendo dall’utile ante imposte di bilancio al netto di tutte le variazioni considerate nella direttiva per le quali è stato possibile utilizzare informazioni quantitative, desunte da una pluralità di fonti, come illustrato nello schema seguente:
VARIABILE |
EFFETTO |
FONTE |
Utile ante imposta |
BASE |
Bilancio. In caso di indisponibilità nei database del dato di bilancio, l’utile è ricalcolato come Utile/Perdita da quadro RF + IRES+IRAP da dichiarazione |
Dividendi |
DIMINUZIONE |
Dividendi da dichiarazione |
Plusvalenze PEX |
DIMINUZIONE |
Dichiarazione |
Minusvalenze PEX |
AUMENTO |
Dichiarazione |
Variazioni in aumento su cambi |
AUMENTO |
Dichiarazione |
Variazioni in diminuzione su cambi |
DIMINUZIONE |
Dichiarazione |
I dividendi sono stati integralmente esclusi, sulla base delle informazioni desumibili dalle dichiarazioni, sia nel caso di esclusione totale già prevista in dichiarazione, sia nel caso di esclusione al 95 per cento, in quest’ultimo caso dopo aver riproporzionato il dato al 100 per cento. Le plusvalenze e minusvalenze, in mancanza di altri dati, sono state escluse in base al dato disponibile in dichiarazione, riproporzionando l’esenzione al 95 per cento per ottenere il 100 per cento.
Ai fini del calcolo del reddito rilevante, occorre tenere in considerazione che la direttiva prevede regole specifiche per il trattamento dei crediti d’imposta. Alla luce degli ultimi aggiornamenti (luglio 2023) all’Administrative Guidance emanata dall’OCSE, sono imputabili in aumento del denominatore:
. i crediti d’imposta rimborsabili qualificati (Qualified Refundable Tax Credits, QRTC), ossia quei crediti “rimborsabili” (refundable) entro 4 anni. Per “refundable” si intende la caratteristica per cui l’ammontare del credito che non è già stato utilizzato per ridurre le Covered Taxes, è pagabile in contanti o in una forma equivalente (cash o cash-equivalent). Per “cash-equivalent” si intendono assegni, titoli di stato a breve, nonché la possibilità di fruire del credito in compensazione di imposte diverse dalle Covered Taxes. La maggior parte dei crediti d’imposta italiani (ad esempio i crediti d’imposta Transizione 4.0) rientrano in quest’ultima casistica, essendo caratterizzati dalla possibilità di utilizzo in compensazione di altre tipologie di imposte, nonché di contributi sociali;
. i crediti d’imposta negoziabili (Marketable Transferable Tax Credits, MTTC), ossia quei crediti che soddisfano le due seguenti condizioni: la condizione legale (Legal transferability standard), il credito deve poter essere trasferito dal primo beneficiario a un soggetto terzo nell’anno in cui esso soddisfa i criteri per beneficiare del credito (Origination year) o entro 15 mesi dalla fine dell’Origination year. Nel caso il credito sia già stato ceduto, il criterio è soddisfatto se può essere ceduto a un terzo nello stesso anno in cui il credito è stato acquistato; la condizione di mercato (Marketability standard), il credito deve essere ceduto a un prezzo almeno pari al “Marketable Price Floor”. Questo prezzo minimo è pari all’80 per cento del valore attuale del credito d’imposta, calcolato utilizzando come tasso di sconto il rendimento (yield to maturity) di un titolo di stato emesso nello stesso anno in cui il credito viene trasferito e con la stessa durata. In questa categoria, si valutano compresi anche i crediti d’imposta per lavori di ristrutturazione edilizia, tra cui quelli relativi al Superbonus 110 per cento, per i quali era possibile optare per la cessione o lo sconto in fattura (la normativa relativa a sconto in fattura e cessione del credito è stata fortemente modificata dal decreto-legge 16 febbraio 2023, n. 11 del, convertito con modificazioni dalla legge 11 aprile 2023, n. 38).
Nella stima degli effetti dell’introduzione della QDMTT italiana, l’utile di bilancio, utilizzato come base di partenza nell’individuazione del denominatore dell’ETR, già include entrambe queste tipologie di crediti d’imposta, tenuto conto che essi sono trattati come elementi di reddito da un punto di vista contabile. Nel caso di acquisizione sul mercato dei Marketable Transferable Tax Credits, influirà sull’effetto netto anche il prezzo di acquisto del credito d’imposta. Non si è pertanto ritenuto necessario apportare aggiustamenti all’utile di bilancio.
- Calcolo delle imposte rilevanti rettificate (Adjusted covered taxes), numeratore dell’aliquota d’imposizione effettiva (effective tax rate – ETR)
La RT afferma che per tutte le entità in Italia del perimetro di applicazione, le imposte rilevanti (Covered Taxes) sono state calcolate partendo dalla variabile “imposte totali” da bilancio. Nel caso di indisponibilità del dato di bilancio, le imposte totali sono state calcolate sulla base delle informazioni desumibili dalle imposte IRES e IRAP riportate nelle dichiarazioni. Coerentemente con l’eliminazione dei dividendi e delle plusvalenze/minusvalenze da partecipazioni nel reddito rilevante, sono state escluse le imposte corrispondenti nel numeratore, calcolandole sulla quota tassabile. Non è stato possibile individuare puntualmente i dati delle ritenute su dividendi corrisposti a terzi residenti all’estero né i dati dei crediti d’imposta derivanti da ritenute estere su dividendi corrisposti da terzi residenti all’estero; l’assenza di tali dettagli informativi non ha consentito di apportate correzioni alle imposte rilevanti. Si reputa comunque che l’effetto complessivo sia sostanzialmente neutrale, visti i segni opposti delle due correzioni. Utilizzando direttamente le informazioni desumibili dal bilancio delle imprese, le imposte totali da bilancio comprendono già le imposte anticipate e differite. Nei bilanci, infatti, la voce “imposte totali” coincide tipicamente con la somma delle voci “imposte correnti” e “imposte differite”. La norma prevede tuttavia che le imposte anticipate/differite siano riproporzionate all’aliquota minima del 15 per cento (Recasting delle imposte differite). Pertanto, per una corretta valutazione delle imposte anticipate e differite, laddove indicate separatamente in bilancio, le imposte anticipate/differite sono state ricalcolate al 15 per cento. Ai fini della riproporzione, è stato assunto che il valore della fiscalità differita sia stato valutato in bilancio a un’aliquota combinata IRES-IRAP del 27,81 per cento, fatta eccezione per il settore bancario, per il quale si è tenuto conto anche dell’addizionale del 3,5 per cento e della relativa aliquota IRAP, e per il settore assicurativo, per il quale si è tenuto conto della rispettiva aliquota IRAP. Relativamente ai crediti d’imposta qualificati, che sono già stati discussi nel paragrafo precedente dedicato al calcolo del denominatore, il dato di partenza per il numeratore “imposte totali” da bilancio risulta già al lordo di tali crediti d’imposta, in coerenza con la loro inclusione nell’utile. Non vi è stata, quindi, necessità di operare aggiustamenti.
- Calcolo dell’aliquota d’imposizione effettiva (effective tax rate – ETR)
La RT afferma che, tenuto conto di tutte le entità che appartengono al gruppo, è stato calcolato un’unica effective tax rate, o ETR, come indicato nel seguente rapporto: imposte rilevanti rettificate / reddito netto rilevante
Tuttavia:
1. Se il valore delle imposte totali è minore o uguale a zero, l’ETR è posto pari a 0;
2. Se il valore delle imposte totali è maggiore di zero, ma l’utile è minore o uguale a zero, l’ETR è posto pari al 24 per cento.
- Calcolo della Riduzione da attività economica rilevante (Substance-based income exclusion, SBIE)
La norma prevede un’esclusione dalla base imponibile a cui applicare l’imposizione integrativa il cui ammontare è commisurato alle spese per il personale e al valore delle immobilizzazioni materiali del sottogruppo italiano. In particolare, in base all’allegato B della norma, nell’esercizio 2024 si prevede un’esclusione corrispondente al 9,8 per cento delle spese per il personale e dell’8 per cento del valore delle immobilizzazioni. Tali percentuali di esclusione diminuiscono annualmente in base ai valori indicati puntualmente nell’allegato B, fino a raggiungere in entrambi i casi la percentuale del 5 per cento applicabile per l’anno 2033 e successivi.
Ai fini del calcolo della substance-based income exclusion (SBIE) vengono considerati i valori di
bilancio delle immobilizzazioni materiali e del costo del lavoro. Per quest’ultimo, qualora non fosse disponibile il bilancio dell’entità, il valore è desunto dalle Certificazioni Uniche.
- Calcolo dell’imposta integrativa (top-up tax)
La RT afferma che in presenza di un reddito netto rilevante positivo e di ETR inferiore al 15 per cento, l’imposta integrativa è calcolata come illustrato nella formula seguente:
[Reddito netto rilevante - (%Relief x Costo del lavoro) - (%Relief x Immobilizzazioni materiali)] ? (15% - ETR)
Negli altri casi non è dovuta alcuna imposta integrativa.
Le percentuali relative alla Riduzione da attività economica rilevante SBIE (“%Relief”) sono state applicate puntualmente per ogni anno considerato nella stima in base alle percentuali definite nell’allegato B al decreto legislativo di recepimento della direttiva. Ad esempio, per l’esercizio 2024 è stata applicata la percentuale del 9,8 per cento alle spese per il personale e dell’8 per cento alle immobilizzazioni materiali.
A valle del procedimento, sono poi stati individuati i gruppi per i quali risultava in una o più annualità, un’imposta integrativa nazionale (QDMTT) superiore ai 100 milioni di euro. Ai fini di un doppio controllo, per tali gruppi sono state analizzate puntualmente le note integrative e in diversi casi sono stati individuate ulteriori voci di utile che in base alla direttiva devono essere escluse dal calcolo del reddito rilevante, ma che non era stato possibile individuare specificamente dalle variabili di bilancio o di dichiarazione disponibili. In questi casi si è proceduto pertanto a una correzione ad hoc degli importi stimati.
Per minimizzare l’impatto della variabilità dei dati nelle diverse annualità e giungere a una stima più robusta e prudenziale, per ognuno dei gruppi inclusi nel dataset di analisi è stata presa in considerazione l’imposta integrativa media risultante nelle quattro annualità per cui è stato effettuato l’esercizio descritto (2018, 2019, 2020 e 2021).
Con riferimento alla proiezione delle stime effettuate, prudenzialmente si è ritenuto di non operare incrementi annuali dei microdati utilizzati con l’andamento previsto degli aggregati macroeconomici. Un’eventuale proiezione dei dati avrebbe dovuto infatti essere effettuata non solo su dati di utile di bilancio (al denominatore dell’ETR)[3], con conseguenti effetti positivi sul gettito stimato negli anni futuri, ma anche sulle imposte rilevanti (al numeratore dell’ETR)[4] e sulle due componenti della riduzione da attività economica rilevante (SBIE), ossia le retribuzioni e le immobilizzazioni materiali, con conseguenti effetti negativi. Complessivamente, nel caso si fosse tenuto conto di tali proiezioni (comunque caratterizzate da incertezza) si sarebbe stimato un maggior gettito; pertanto, a fini prudenziali, la stima è stata effettuata a quadro macroeconomico invariato.
Inoltre, prudenzialmente, come già accennato, non sono stati considerati ulteriori effetti indiretti della norma legati all’evoluzione del contesto normativo internazionale. A tal proposito, infatti, si valuta che l’interazione della disciplina CFC (Controlled Foreign Companies) con le regole sulla tassazione minima globale, insieme alla diminuzione del profit shifting, determini complessivamente un maggior gettito, prudenzialmente non stimato. Infatti, se da un lato l’ipotesi di implementazione a livello mondiale di QDMTT potrebbe presumibilmente determinare minori entrate derivanti dalla tassazione CFC, dall’altro, le regole GloBE prevedono aggiustamenti al calcolo dell’ETR, volti ad assegnare imposte e reddito CFC alla giurisdizione di residenza della società controllata, che determinano una diminuzione dell’ETR e un conseguente potenziale incremento di gettito dell’imposta minima nazionale italiana, di cui non si è tenuto conto. Alla luce dell’incertezza che caratterizza il nuovo panorama internazionale, tale approccio metodologico risulta prudenziale e coerente con la scelta di non effettuare stime puntuali dell’IIR e degli effetti positivi derivanti dalla riduzione del profit shifting.
Infine, alla luce della circostanza che viene introdotta una riforma radicale della tassazione delle società multinazionali, non può escludersi che alcune multinazionali siano indotte ad adottare comportamenti diversi in Italia, decidendo di dichiarare una maggiore IRES per non essere costrette a dichiarare e versare la QDMTT. Infatti, le società potrebbero ritenere più opportuno sotto il profilo fiscale non utilizzare alcune agevolazioni fiscali che riducano la propria imposizione effettiva al di sotto del 15 per cento e, di conseguenza, potrebbero decidere di aumentare la propria IRES in modo da non collocarsi al di sotto della soglia suddetta (di fatto vi sarebbe un adeguamento spontaneo). Tuttavia, l’eventuale scelta di versare maggiore IRES, in luogo della QDMTT, genererebbe un lieve anticipo degli effetti della QDMTT, tenuto conto che le tempistiche di versamento dell’IRES sono anticipate rispetto a quelle della nuova QDMTT. Pertanto, a fini prudenziali, e considerando il lieve vantaggio
in termini finanziari per le società di versare più tardi l’imposta nella forma di QDMTT, si stima che non vi sia un adeguamento in capo all’IRES, ma che tutto il maggior gettito affluisca all’erario direttamente tramite QDMTT.
- Analisi di benchmarking – confronto con stime prodotte da organizzazioni internazionali, Paesi esteri e centri internazionali di ricerca
La RT afferma che nella proposta di direttiva, la Commissione Europea non ha elaborato una propria valutazione d’impatto delle nuove misure. Poiché i lavori della riforma della tassazione internazionale sono stati condotti dall’Inclusive Framework on BEPS in ambito OCSE/G20, il testo della proposta rimanda alla valutazione di impatto predisposta dal Segretariato OCSE e approvata dal Working Party no. 2 on Tax Policy Analysis and Tax Statistics dell’OCSE. Lo scopo della direttiva, infatti, è di mero recepimento delle regole di funzionamento della riforma già negoziate e approvate in un più ampio consesso internazionale. Il 18 gennaio 2023 l’OCSE ha presentato gli ultimi aggiornamenti dell’Impact Assessment pubblicato ad ottobre 2020 nell’ambito dei lavori dell’Inclusive framework riguardanti l’Azione 1 del progetto BEPS. Le nuove stime, che tengono conto degli esiti finali del negoziato, indicano entrate aggiuntive a livello globale di circa 220 miliardi di dollari, pari al 9 per cento del gettito globale delle imposte societarie (Corporate Income Tax, CIT). L’organizzazione non ha presentato stime disaggregate (per livello di reddito dei Paesi, per area geografica o per Paese). Il 6 febbraio 2023 il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha pubblicato le proprie stime d’impatto, a seguito dell’introduzione delle regole GloBE, nel Policy Paper No. 2023/001 “International Corporate Tax Reform”. A livello globale è atteso un gettito aggiuntivo inferiore alla stima dell’OCSE: 139 miliardi di dollari, corrispondente al 5,7 per cento del gettito CIT mondiale. Per effetto dell’introduzione della riforma, la riduzione dell’incentivo a ricorrere al profit shifting da parte delle multinazionali e la riduzione della competizione al ribasso delle aliquote societarie tra Stati potrebbero incrementare il gettito globale di un ulteriore 8,1 per cento. Le simulazioni del FMI si basano su dati aggregati CbCR relativi all’anno 2017. Ponendo invece attenzione a fonti che hanno fornito stime per Paese, L’EU Tax Observatory, basandosi su dati aggregati CbCR 2017, stima un maggior gettito per l’Italia di 800 milioni di euro, che si riduce a 560 milioni se si tiene conto del doppio conteggio dei dividendi nei dati CbCR. Da notizie di stampa specializzata, la Francia stima 1 miliardo di euro di gettito aggiuntivo sul proprio bilancio derivante dal recepimento della direttiva. La Germania, il cui PIL è circa il doppio di quello dell’Italia, stima un gettito aggiuntivo sul proprio bilancio compreso tra 1,5 e 1,7 miliardi di euro.
- Effetti finanziari
In base alle analisi e metodologie descritte nei paragrafi precedenti, si stimano gli effetti finanziari, riportati nella seguente tabella, derivanti dalle disposizioni sopra richiamate (e in particolare dall’articolo 18), tenuto conto che la norma prevede il versamento dell’imposta minima nazionale (QDMTT) in due rate: il 90 per cento dell’importo è dovuto entro l’undicesimo mese successivo all'ultimo giorno dell'esercizio al quale le imposte si riferiscono; il versamento dell’importo residuo è effettuato entro l’ultimo giorno del mese successivo al termine previsto per la dichiarazione annuale relativa a tale esercizio.
Gettito stimato imposta minima nazionale (QDMTT)
(milioni di euro)
Competenza economica |
||||||||||
|
2024 |
2025 |
2026 |
2027 |
2028 |
2029 |
2030 |
2031 |
2032 |
2033 |
Multinazionali mature |
0 |
326,1 |
329,6 |
333,2 |
336,9 |
340,7 |
350,7 |
361,2 |
372,4 |
383,8 |
Multinazionali nella prima fase di internazionalizzazione |
0 |
97,1 |
98,2 |
99,3 |
100,3 |
101,4 |
104,2 |
107,0 |
109,8 |
112,6 |
Gruppi domestici |
0 |
0,4 |
0,5 |
0,5 |
0,6 |
0,6 |
0,7 |
0,8 |
1,1 |
1,4 |
TOTALE |
0 |
423,6 |
428,3 |
433,0 |
437,8 |
442,7 |
455,6 |
469,0 |
483,3 |
497,8 |
Cassa |
||||||||||
|
2024 |
2025 |
2026 |
2027 |
2028 |
2029 |
2030 |
2031 |
2032 |
2033 |
Multinazionali mature |
0 |
293,5 |
329,3 |
332,8 |
336,5 |
340,3 |
349,7 |
360,2 |
371,3 |
382,7 |
Multinazionali nella prima fase di internazionalizzazione |
0 |
87,4 |
98,1 |
99,2 |
100,2 |
101,3 |
103,9 |
106,7 |
109,5 |
112,3 |
Gruppi domestici |
0 |
0,4 |
0,5 |
0,5 |
0,6 |
0,6 |
0,7 |
0,8 |
1,1 |
1,4 |
TOTALE |
0 |
381,3 |
427,9 |
432,5 |
437,3 |
442,2 |
454,3 |
467,7 |
481,9 |
496,4 |
La RT evidenzia, infine, che l’Agenzia delle entrate ha già avviato le attività di analisi propedeutiche alla concreta implementazione della normativa in oggetto, di attuazione della Direttiva, che, da un punto di vista strettamente tecnico-amministrativo, sarà possibile attuare a risorse vigenti.
In merito ai profili di quantificazione, si evidenzia preliminarmente che le norme in esame, al fine di garantire un livello impositivo minimo dei gruppi multinazionali o nazionali di imprese, recano il recepimento della direttiva UE 2022/2523, in materia di imposizione minima globale, disponendo una imposizione integrativa che viene prelevata attraverso un insieme di imposte, complementari tra di loro - ossia l’imposta minima integrativa, l’imposta minima suppletiva e l’imposta minima nazionale - congegnato in modo tale che esse non si sovrappongano e non creino problemi di doppia imposizione.
In particolare, l’imposta minima integrativa è dovuta dalle controllanti, localizzate in Italia, tipicamente la capogruppo di un gruppo multinazionale o di un gruppo nazionale, in relazione alle entità, appartenenti al medesimo gruppo che scontano una bassa tassazione nel Paese in cui sono localizzate. L’imposta minima suppletiva è dovuta da una o più imprese del gruppo multinazionale localizzate in Italia, in relazione a quelle imprese del gruppo che sono localizzate in Paesi a bassa imposizione, quando non è stata addebitata, in tutto o in parte l’imposta minima equivalente in altri Paesi. L’imposta minima nazionale è dovuta in relazione a tutte le imprese di un gruppo multinazionale o nazionale localizzate in Italia e soggette in Italia ad una bassa imposizione, ossia ad una aliquota minima di imposta inferiore 15 per cento.
Al riguardo, la relazione tecnica prudenzialmente non ascrive maggiori entrate all’imposta minima integrativa e all’imposta minima suppletiva, giacché entrambe si fondano sul presupposto dell’applicazione alle entità del gruppo coinvolte di una bassa tassazione nel Paese estero in cui esse sono localizzate, presupposto che tuttavia potrebbe non verificarsi nell’ipotesi di una diffusa attuazione nei Paesi esteri della disciplina in materia di imposizione minima globale.
La relazione tecnica, invece, ascrive maggiori entrate all’imposta minima nazionale in relazione a quelle imprese di un gruppo multinazionale o nazionale localizzate in Italia che, sebbene assoggettate ad un livello di prelievo elevato in termini nominali, in ragione delle agevolazioni fiscali di cui fruiscono, possono ridurre l’imposizione effettiva, calcolata in base alle regole della citata direttiva, portandola al di sotto del 15 per cento.
Ciò posto, si evidenzia che la relazione tecnica, sebbene riporti in modo dettagliato le fonti delle informazioni e la metodologia utilizzate ai fini della stima delle predette maggiori entrate, non fornisce i dati quantitativi che sono alla base della stima medesima. Appare pertanto necessario che il Governo fornisca i dati quantitativi, quantomeno a livello di macro aggregati, utilizzati per la stima delle maggiori entrate derivanti dall’imposta nazionale minima di cui all’articolo 18, riportate, in termini di competenza economica e di cassa, al punto 6 della relazione tecnica ed impiegate, al successivo articolo 61, ai fini della copertura degli oneri ascrivibili al provvedimento in esame, vale a dire la semplificazione della disciplina delle società estere controllate, di cui all’articolo 3, e l’istituzione del Fondo per l’attuazione della delega fiscale di cui all’articolo 61, comma 1.
La norma istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, il fondo per l’attuazione della delega fiscale con una dotazione di 373,9 milioni di euro per l’anno 2025, 423,7 milioni di euro per l’anno 2026, 428,3 milioni di euro per l’anno 2027, 433,1 milioni di euro per l’anno 2028, 438 milioni di euro per l’anno 2029, 450,1 milioni di euro per l’anno 2030, 463,5 milioni di euro per l’anno 2031, 477,7 milioni di euro per l’anno 2032 e 492,2 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2033.
Agli oneri derivanti dall’articolo 3, valutati in 7,4 milioni di euro per l’anno 2025 e 4,2 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2026 e dal comma 1 del presente articolo, pari a 373,9 milioni di euro per l’anno 2025, 423,7 milioni di euro per l’anno 2026, 428,3 milioni di euro per l’anno 2027, 433,1 milioni di euro per l’anno 2028, 438 milioni di euro per l’anno 2029, 450,1 milioni di euro per l’anno 2030, 463,5 milioni di euro per l’anno 2031, 477,7 milioni di euro per l’anno 2032 e 492,2 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2033, si provvede mediante utilizzo delle maggiori entrate derivanti dall’articolo 18.
La relazione tecnica ribadisce il contenuto della norma.
In merito ai profili di quantificazione, si rileva preliminarmente che la norma in esame prevede l’istituzione del Fondo per l’attuazione della delega fiscale provvedendo ai relativi oneri, unitamente a quelli derivanti dalla semplificazione della disciplina delle società estere controllate di cui all’articolo 3, mediante l’utilizzo delle maggiori entrate derivanti dall’introduzione dell’imposta nazionale minima di cui all’articolo 18.
Ciò posto, nel rinviare al successivo paragrafo l’esame della copertura finanziaria, in merito all’istituzione del Fondo per l’attuazione della delega fiscale, pur non formulandosi osservazioni con riferimento agli aspetti di quantificazione - essendo l’onere limitato all’entità dello stanziamento - si evidenzia tuttavia che un Fondo con la medesima denominazione e allocazione contabile è previsto dall’articolo 6 dello schema di decreto legislativo recante attuazione del primo modulo di riforma delle imposte sul reddito delle persone fisiche e altre misure in tema di imposte sui redditi (Atto del Governo n. 88), tuttora in corso di esame presso le Commissioni della Camera e del Senato per l’espressione dei pareri. Tutto ciò considerato, appare necessario che il Governo fornisca un chiarimento in merito all’opportunità di procedere a un coordinamento tra le due disposizioni, in sede di adozione definitiva dei decreti legislativi in cui tali disposizioni sono contenute, ai fini della corretta iscrizione contabile delle relative risorse.
Inoltre, riguardo agli effetti finanziari complessivi del provvedimento in esame, si riporta la seguente ricostruzione degli stessi sulla base degli elementi forniti dalla relazione tecnica in merito ai precedenti articoli e alla norma in esame, fermo restando che, poiché il provvedimento medesimo, come precedentemente segnalato, non è corredato di un prospetto riepilogativo degli effetti finanziari, dovrebbe essere chiarito dal Governo se tali effetti debbano ritenersi stimati nella stessa misura su tutti e tre i saldi di finanza pubblica.
(milioni di euro)
2024 |
2025 |
2026 |
2027 |
2028 |
2029 |
2030 |
2031 |
2032 |
Dal 2033 |
|
Semplificazione della disciplina delle società estere controllate (articolo 3) |
0 |
-7,4 |
-4,2 |
-4,2 |
-4,2 |
-4,2 |
-4,2 |
-4,2 |
-4,2 |
-4,2 |
Imposta minima nazionale (articolo 18) |
0 |
381,3 |
427,9 |
432,5 |
437,3 |
442,2 |
454,3 |
467,7 |
481,9 |
496,4 |
Fondo per l'attuazione della delega fiscale (articolo 61, comma 1) |
-373,9 |
-423,7 |
-428,3 |
-433,1 |
-438 |
-450,1 |
-463,5 |
-477,7 |
-492,2 |
|
SALDO |
0,0 |
0,0 |
0,0 |
0,0 |
0,0 |
0,0 |
0,0 |
0,0 |
0,0 |
0,0 |
Segno meno = impieghi; segno + = risorse
Da ultimo, con riguardo al provvedimento nel suo complesso e come già rilevato con riferimento al già citato schema di decreto legislativo recante attuazione del primo modulo di riforma delle imposte sul reddito delle persone fisiche e altre misure in tema di imposte sui redditi, si rammenta che la legge delega n. 111 del 2023 ha previsto un articolato sistema di disposizioni finanziarie e di copertura sul quale ha inciso, mediante apposite condizioni, la Commissione Bilancio.
In sintesi, ai sensi della legge delega: gli schemi dei decreti legislativi sono corredati di relazione tecnica, che indica altresì gli effetti che ne derivano sul gettito, anche per i tributi degli enti territoriali e per la relativa distribuzione territoriale, e sulla pressione tributaria a legislazione vigente; devono essere acquisiti i pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari (articolo 1, comma 2), e un secondo parere qualora il Governo non si conformi al primo (articolo 1, comma 3); dall'attuazione delle deleghe non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica né incremento della pressione tributaria rispetto a quella risultante dall'applicazione della legislazione vigente (articolo 22, comma 1); per ciascuno schema di decreto legislativo la RT fornisce le indicazioni di cui all’articolo 1, comma 2 (sopra descritto) (articolo 22, comma 2); qualora uno o più decreti legislativi determinino nuovi o maggiori oneri, che non trovino compensazione al loro interno o mediante parziale utilizzo del Fondo per l’attuazione degli interventi in materia di riforma del sistema fiscale[5], si provvede ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, ovvero mediante compensazione con le risorse finanziarie recate dai decreti legislativi adottati ai sensi della presente legge, trasmessi alle Camere prima di quelli che comportano i nuovi o maggiori oneri. A tale fine, le maggiori entrate o i risparmi di spesa confluiscono in un apposito fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. I decreti legislativi che recano nuovi o maggiori oneri o minori entrate entrano in vigore contestualmente o successivamente a quelli che recano la necessaria copertura finanziaria.
Nel corso dell’esame parlamentare della legge delega (AC 1038, XIX legislatura), la Commissione Bilancio della Camera, nella seduta del 5 luglio 2023, ha posto la condizione di integrare il testo dell’atto prevedendo che la relazione tecnica dei decreti legislativi avrebbe dovuto dare conto degli “effetti [dei decreti legislativi] sulla pressione tributaria, che, ai sensi dell'articolo 20, comma 1, non dovrà incrementarsi rispetto a quella risultante dall'applicazione della legislazione vigente”. Detta condizione è stata recepita nel testo della legge delega. In proposito, andrebbero dunque fornite informazioni da parte del Governo circa gli effetti del presente schema di decreto sulla pressione tributaria.
In merito ai profili di copertura finanziaria, si fa presente che l’articolo 61, comma 2, provvede alla copertura degli oneri derivanti dal precedente comma 1, pari a 373,9 milioni di euro per l’anno 2025, 423,7 milioni di euro per l’anno 2026, 428,3 milioni di euro per l’anno 2027, 433,1 milioni di euro per l’anno 2028, 438 milioni di euro per l’anno 2029, 450,1 milioni di euro per l’anno 2030, 463,5 milioni di euro per l’anno 2031, 477,7 milioni di euro per l’anno 2032 e 492,2 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2033, nonché agli oneri derivanti dall’articolo 3, valutati in 7,4 milioni di euro per l’anno 2025 e 4,2 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2026, mediante utilizzo delle maggiori entrate di cui all’articolo 18.
In proposito, fermo quanto rilevato con riferimento alla quantificazione degli effetti delle richiamate disposizioni, non si formulano osservazioni, prendendosi atto della corrispondenza tra gli oneri complessivamente riferibili all’articolo 61, comma 1, e all’articolo 3 e l’andamento di cassa quantificato dalla relazione tecnica con riferimento alle maggiori entrate derivanti dall’articolo 18, utilizzate con finalità di copertura.
[1] L’articolo 1, commi 145 e 146, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016) prevedono che la controllante capogruppo di un gruppo multinazionale, residente nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 73 del TUIR, deve presentare all’Agenzia delle entrate una rendicontazione paese per paese. È tenuta alla presentazione della rendicontazione la controllante capogruppo, avente l’obbligo di redazione del bilancio consolidato, con un fatturato consolidato, nel periodo d’imposta precedente a quello di rendicontazione, di almeno 750 milioni di euro e che non è controllata, direttamente o indirettamente, da altra impresa del gruppo multinazionale o da altri soggetti tenuti a tale obbligo
[2] L’articolo 4, invece, si limita a introdurre una disposizione di carattere generale che consente di applicare gli incentivi fiscali, compresi quelli già vigenti, in favore dei titolari di reddito di impresa o di lavoro autonomo aventi la sede o la stabile organizzazione in Italia solo se compatibili con la normativa europea in materia di aiuti di Stato e se debitamente autorizzati dalla Commissione europea. In proposito, la relazione tecnica afferma che la misura non determina effetti, trattandosi dell’introduzione di principi che già trovano applicazione relativamente alle misure in vigore e che saranno concretamente applicati in fase di adozione delle successive disposizioni legislative.
[3] La relazione tecnica, in realtà, probabilmente a causa di un refuso, fa riferimento invece al numeratore dell’ETR.
[4] La relazione tecnica, in realtà, probabilmente a causa di un refuso, fa riferimento invece al denominatore dell’ETR.
[5] Di cui all’articolo 1, comma 2, della legge n. 178 del 2020, eventualmente integrato in base a quanto previsto dal comma 5 del medesimo articolo 1 (quota parte delle maggiori entrate permanenti rispetto ai tendenziali del DEF indicate dalla NADEF).