Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Bilancio dello Stato - Servizio Bilancio dello Stato |
Titolo: | Schema di decreto ministeriale concernente modifiche al regolamento di cui al decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 22 ottobre 2004, n. 270, recante norme concernenti l'autonomia didattica degli atenei |
Serie: | Verifica delle Quantificazioni Numero: |
Data: | 03/05/2023 |
Organi della Camera: | V Bilancio |
Servizio del Bilancio
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Nota di lettura n. 46
Servizio Bilancio dello Stato
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Verifica delle quantificazioni n. 58
La redazione del presente dossier è stata curata dal Servizio del bilancio del Senato della Repubblica.
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Articolo 1
(Modifiche al DM 270/2004)
L'articolo 1 propone modifiche al decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270, che reca le norme concernenti l'autonomia didattica degli atenei. In particolare:
· alla lettera a) si introduce nelle definizioni (contenute nell'articolo 1 del citato D.M. n. 270/2004) la dicitura attuale di Ministro o Ministero "dell'università e della ricerca", adeguando così la denominazione utilizzata nel testo del decreto alla denominazione vigente.
· alla lettera b) all’articolo 3 (Titoli e corsi di studio), si propone di introdurre il comma 6?bis, al fine di specificare che i corsi di laurea e i corsi di laurea magistrale abilitanti all'esercizio delle professioni, nonché i corsi di laurea professionalizzanti, hanno, tra l'altro, l'obiettivo di fornire conoscenze e competenze professionalizzanti immediatamente esercitabili.
· alla lettera c) all’articolo 5 (Crediti formativi universitari), si propone una modifica all'articolo 5 del D.M. n. 270/2004, in materia di crediti formativi universitari, inserendo il nuovo comma 5?bis al predetto art. 5. La novella demanda ai regolamenti didattici di ateneo la definizione delle modalità di acquisizione di una parte dei crediti formativi (CFU) in altri atenei italiani, previa stipula, tra le istituzioni interessate, di apposite convenzioni di mobilità.;
· alla lettera d) si propongono diverse novelle all'articolo 10 del D.M. n. 270/2004, recante disposizioni in materia di obiettivi e attività qualificanti delle classi di corsi di laurea. Si ricorda che l'articolo 10 del D.M. n. 270/2004, al comma 1, demanda a decreti ministeriali la definizione, per ogni classe di laurea, degli obiettivi formativi qualificanti e delle relative attività formative. I decreti ministeriali suddividono le citate attività formative tra attività negli ambiti disciplinari relativi alla formazione di base e attività negli ambiti caratterizzanti la classe. Il comma 2 dell'articolo 10 citato prevede che i decreti ministeriali determinino il numero minimo di CFU per ogni attività formativa e ogni ambito disciplinare, nel limite del 50% dei CFU complessivi necessari per conseguire il titolo di studio. Il comma 4 prevede che i medesimi decreti ministeriali individuino preliminarmente, per ogni classe di corsi di laurea magistrale, gli obiettivi formativi qualificanti e le attività formative caratterizzanti indispensabili per conseguirli, in misura non superiore al 40 per cento dei crediti complessivi. L'atto del Governo in esame, novellando i commi 2 e 4 sopra richiamati, prevede la soppressione della disposizione che stabilisce siano comunque fatti salvi i corsi preordinati all'accesso alle attività professionali. Ulteriori modifiche riguardano i regolamenti didattici di ateneo, con l'introduzione, al suddetto art. 10, dei commi 2?bis, 4?bis, 4?ter e con la sostituzione della lettera b) del comma 5. Con i nuovi commi 2?bis e 4?bis dell'art. 10 del DM 270/2004, di cui si propone l'introduzione, si stabilisce che i regolamenti degli ordinamenti didattici possano prevedere, per ciascun corso di laurea (comma 2?bis) o laurea magistrale (comma 4?bis) la possibilità di prevedere ulteriori insegnamenti o altre attività formative afferenti a settori scientifico-disciplinari che non siano ricompresi nelle tabelle allegate ai decreti ministeriali di definizione delle classi, comunque nel rispetto degli obiettivi formativi della medesima classe.
Con riferimento ai corsi di laurea, dovranno essere in ogni caso riservati alle attività formative afferenti ai settori scientifico-disciplinari compresi nelle citate tabelle allegate ai decreti ministeriali almeno il 40% dei CFU necessari al conseguimento del titolo di studio. La medesima percentuale minima è fissata al 30% per i corsi di laurea magistrale.
Un'ulteriore disposizione aggiuntiva (nuovo comma 4?ter dell'articolo 10 del decreto n. 270/2004) prevede che le disposizioni di cui ai commi 2, 2?bis, 4 e 4?bis (sopra richiamate) si applichino ai corsi preordinati all'accesso alle attività professionali, ivi compresi quelli abilitanti all'esercizio di professioni.
Rimane fermo il rispetto dei relativi obiettivi formativi, della disciplina di accesso a tali professioni e degli ulteriori vincoli che possono derivare dalla legislazione applicabile.
Infine, sostituendo la lettera b) del comma 5, specifica che le menzionate attività formative affini o integrative sono definite dalle università nella loro autonomia e che esse:
1. mirano all'acquisizione di una formazione multidisciplinare e interdisciplinare e all'acquisizione di competenze che siano correlate al profilo culturale e professionale proposto;
2. costituiscono un apposito ambito disciplinare dell'ordinamento didattico, corredato di descrizione sintetica e indicazione del numero di CFU ad esso assegnati;
3. possono fare riferimento anche a settori scientifico-disciplinari già presenti negli ambiti di base o caratterizzanti, in vista del miglior conseguimento degli obiettivi formativi del corso.
La RT rileva che lo schema di regolamento è da adottarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e si inserisce nell’ambito della realizzazione della Missione 4, Componente 1, riforma 1.5 – “Riforma delle classi di laurea” del PNRR, che ha l’obiettivo di incrementare la flessibilità e l’interdisciplinarietà dei corsi di studio per fronteggiare il disallineamento emergente tra offerta formativa e domanda occupazionale, tenendo in considerazione anche il necessario ancoraggio al quadro europeo di riconoscibilità delle competenze e dei profili professionali. Si è deciso pertanto di promuovere queste due istanze attraverso una serie mirata di modifiche al regolamento di cui al decreto del Ministro dell'istruzione, dell’università e della ricerca del 22 ottobre 2004, n. 270, recante norme concernenti l'autonomia didattica degli atenei.
In particolare, sulla lettera a), evidenzia che ivi si aggiorna la denominazione del Ministero a seguito della soppressione del Ministero dell’istruzione, università e ricerca, disposta dal decreto-legge 9 gennaio 2020, n. 1, convertito con modificazioni dalla legge 5 marzo 2020, n. 12.
La disposizione reca, quindi, un mero aggiornamento della denominazione del Ministero emanante, alla luce delle modifiche occorse nella legislazione vigente, rispetto al quale non sono ascrivibili nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Quanto alla lettera b), conferma che ivi si inserisce il comma 6?bis nell’articolo 3 del D.M. 270 del 2004, con il quale si adegua il regolamento n. 270 del 2004 alle nuove categorie di lauree e di lauree magistrali professionalizzanti o abilitanti all’esercizio delle professioni, introdotte con la legge 8 novembre 2021, n. 163, chiarendo il loro ulteriore “obiettivo” – innovativo rispetto ai tradizionali corsi di laurea e corsi di laurea magistrale – di fornire conoscenze e competenze immediatamente esercitabili.
Sul punto, rileva l’opportunità di segnalare che la suddetta modifica era necessaria per allineare il D.M. 270 del 2004 al sistema delineato con la legge n. 163 del 2021, che ha già avviato l’attuazione della riforma 1.5 inclusa nella Missione 4, componente 1, del PNRR.
Pertanto, anche per tale motivo, oltre che per la sua natura meramente ordinamentale, sottolinea che la disposizione non è di per sé idonea a generare effetti a carico della finanza pubblica.
Sulla lettera c) ribadisce che con la disposizione si inserisce nell’articolo 5 del D.M. 270 del 2004 il comma 5?bis, mediante il quale si prevede che i regolamenti didattici di ateneo disciplinano le modalità di acquisizione di parte dei crediti in altri atenei italiani, sulla base di convenzioni di mobilità stipulate tra le istituzioni interessate.
Certifica che la disposizione si limita a consentire agli atenei di acquisire i crediti conseguiti in altri atenei sulla base di convenzioni precedentemente stipulate e, pertanto, non risulta idonea a generare effetti per la finanza pubblica.
In relazione alla lettera d), numeri 2) e 4), riferisce che le modifiche inseriscono nell’articolo 10 del Regolamento i commi 2?bis e 4?bis, finalizzati all’accrescimento dell’autonomia delle università nella determinazione dell’offerta formativa, rispettivamente, rispetto ai corsi di laurea e ai corsi di laurea magistrale.
Per i primi, al numero 2) si prevede, mediante il nuovo comma 2?bis, la possibilità di utilizzare, negli ambiti relativi alle attività di base o caratterizzanti dei corsi di laurea, insegnamenti o altre attività formative afferenti a settori scientifico-disciplinari “ulteriori” rispetto a quelli previsti dalle tabelle allegate ai decreti ministeriali di definizione delle classi, nel rispetto degli obiettivi formativi della relativa classe, riservando in ogni caso agli ambiti disciplinari previsti dalle tabelle almeno il 40 per cento dei crediti necessari per conseguire il titolo di studio.
Rileva che tale disposizione rende strutturale l’ipotesi, già prevista col decreto del Ministero dell’università e della ricerca del 14 ottobre 2021, n. 1154, di introdurre nuovi settori scientifico-disciplinari, prevedendo che tale possibilità sia stabilita in via generale e non soltanto con riguardo all’accreditamento di nuovi corsi di studio.
Analoga innovazione è recata poi dal numero 4), aggiuntivo del comma 4?bis, con il quale si estende la stessa flessibilità anche con riferimento ai corsi di laurea magistrale, riservando in tal caso agli ambiti disciplinari previsti dalle tabelle almeno il 30 per cento dei crediti necessari per conseguire il titolo di studio. Con il medesimo numero si inserisce altresì, nello stesso articolo 10, il comma 4?ter, nel quale si prevede che i limiti previsti ai commi 2 e 4 dell’articolo 10, relativamente alla percentuale di crediti formativi determinata per ciascuna classe di laurea dai decreti ministeriali, si applicano ai corsi preordinati all’accesso alle professioni (o che abilitano direttamente all’esercizio delle stesse) compatibilmente i diversi tipi di limiti posti dal diritto dell’UE, dalla disciplina dell’accesso alle professioni medesime e, in generale, dalla normativa di riferimento. Gli spazi di flessibilità rispetto a tali corsi di laurea o di laurea magistrale tengono in ogni caso fermi i relativi obiettivi formativi. Assicura che, conseguentemente, i contenuti del comma 4?ter, numeri 1) e 3) della novella, operanti in relazione ai commi 2 e 4 dell’articolo 10, si sostanziano come interventi di mero coordinamento formale.
Con il numero 5) si sostituisce l’articolo 10, comma 5, lettera b), dettagliando in maniera più precisa i contenuti e la finalizzazione delle attività formative affini o “integrative”, rispetto alle quali si rimanda alla autonomia delle singole università, al fine di stimolare il dialogo con le culture di contesto e l’incremento della connotazione interdisciplinare della offerta formativa.
In definitiva, conclude affermando che le disposizioni contenute nella lettera d), riguardando aspetti ordinamentali relativi ai settori concorsuali, alle attività formative organizzate dalle università e al contenuto degli ordinamenti degli studi, non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Al riguardo, in merito alla lettera d), posto che le disposizioni modificative ed integrative dell’articolo 10 del Regolamento stabiliscono che d’ora innanzi – per ciascuna categoria di corsi di studio – le Università possono prevedere percorsi differenziati in relazione alle attività caratterizzanti (nonché, per gli ordinamenti didattici dei corsi di laurea, anche per le attività di base), per cui si renderà possibile la previsione di insegnamenti o attività formative di altro genere che siano anche afferenti a differenti settori scientifico-disciplinari, occorre soffermarsi sulle disposizioni e sul loro possibile impatto sugli Atenei.
In particolare, dal momento che le norme sono espressamente finalizzate all’obiettivo di incentivare l’incremento di elementi di interdisciplinarità dei contenuti didattici – ritenuti indispensabili per il supporto alla creazione di profili professionali integrativi – andrebbero richiesti elementi e dati a conferma della piena neutralità finanziaria della previsione dei nuovi moduli formativi integrativi da parte degli Atenei, oltre che la previsione di insegnamenti ulteriori, per cui si potranno prevedere attività formative di altro genere nell’ambito dei corsi di laurea e dei fabbisogni didattici già previsti ai sensi della normativa vigente.
A tale proposito, sottolineando che l’articolo 2 prevede che gli atenei provvederanno ad adeguare i propri regolamenti entro l’anno in corso, va evidenziato che il sostegno della dotazione finanziaria prevista per le riforme attuate nell’ambito del PNRR, nel cui ambito trova attuazione anche la riforma in esame, terminerà nel 2026, dovendo giocoforza provvedersi, oltre tale termine, a carico della finanza pubblica, al pari dei fabbisogni di spesa comunque riconducibili alle riforme attuate nell’ambito del programma Next Generation EU.
Sul punto, pertanto, per i profili d’interesse, pur considerando l’autonomia di bilancio degli Atenei[1], va sin d’ora evidenziato che il finanziamento delle loro spese di funzionamento è ad oggi in parte prevalente assicurato dal Fondo ordinario[2], stanziamento come noto iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’università e della ricerca, per cui andrebbero richiesti puntuali elementi di conferma in merito all’effettiva possibilità che i nuovi e maggiori fabbisogni ipotizzabili in relazione alle attività didattiche trasversali ed extra curricolari de quo, stabiliti dalla riforma in esame, possano trovare copertura a valere delle sole risorse umane e strumentali che sono già previste ai sensi della legislazione vigente, e, comunque, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica[3].
· alla lettera e) all’articolo 11 (Regolamenti didattici di Ateneo), si propone una modifica all’articolo 11 del decreto n. 270 (sui regolamenti didattici di ateneo) al fine di prevedere la possibilità di inserire nel piano degli studi, a richiesta dello studente, attività formative diverse da quelle previste dal regolamento didattico. Tali attività formative dovranno comunque risultare coerenti con l'ordinamento didattico del corso di studi dell'anno accademico di immatricolazione.
La RT conferma che ivi si inserisce nell’articolo 11 il comma 4?bis, mediante il quale si fissa il principio, da attuare in sede di regolamento didattico, secondo cui allo studente è riconosciuta la possibilità di conseguire il titolo secondo un piano di studi individuale comprendente anche attività formative diverse da quelle previste dal regolamento didattico purché in coerenza con l’ordinamento didattico del corso di studi dell’anno accademico di immatricolazione.
Segnala che la modifica apportata al regolamento, che va di pari passo con quella di cui all’articolo 5, comma 5?bis, del D.M. 270 del 2004 apportata dall’articolo 1, lettera c), menzionata sopra, garantisce, pertanto, una più ampia flessibilità nella costruzione del percorso formativo individuale dopo l’acquisizione della soglia caratterizzante, alla quale lo studente potrà liberamente associare più opzioni formative proposte e attive nell’ateneo di iscrizione, oppure disponibili sul territorio nazionale e internazionale, con eventuale possibilità di riconoscimento anche di esperienze extra universitarie di nuova generazione (Academy).
Rileva che le disposizioni contenute nella lettera in esame sono afferenti, così come quelle contenute nella precedente lettera d), all’ordinamento didattico degli Atenei, questa volta dal “punto di vista” dello studente, limitandosi, comunque a elementi meramente ordinamentali, come tali del tutto inidonee a generare effetti a carico della finanza pubblica.
Al riguardo, per i profili di quantificazione, segnalato che la r.i. evidenzia che la disposizione in esame potrà implicare anche il riconoscimento della possibilità di accedere a insegnamenti attivi in anni accademici diversi da quello di immatricolazione (purché l’offerta formativa sia ancora accessibile), si ribadisce l’esigenza di fornire dimostrazione che i relativi fabbisogni per gli Atenei possano trovare copertura a valere delle sole risorse già scontate a legislazione vigente.
· alla lettera f) all’articolo 12 (Regolamenti didattici dei corsi di studio), dopo il comma 2, si integra l'articolo con l'inserimento del comma 2?bis, al fine di prevedere che la determinazione dei crediti associati ad un'attività formativa sia effettuata tenendo conto degli obiettivi formativi associati alla medesima attività, in coerenza con gli obiettivi specifici del corso di studio.
La RT conferma che si inserisce nell’articolo 12 il comma 2?bis, nel quale si prevede che l’ateneo definisce in autonomia la determinazione dei crediti assegnati a ciascuna attività formativa e a ciascun ambito, tenendo conto degli obiettivi specifici del corso di studio. Anche in questo caso si tratta di disposizioni relative all’aspetto della costruzione dell’offerta formativa, in relazione alla quantificazione dei crediti da assegnare alle singole attività didattiche.
Pertanto rappresenta che le tali disposizioni non sono idonee a generare effetti a carico della finanza pubblica.
Al riguardo, convenendo con la RT in merito al tenore ordinamentale della disposizione, non ci sono osservazioni.
· alla lettera g) dopo l’articolo 12 (Regolamenti didattici dei corsi di studio), è inserito l’articolo 12?bis (Monitoraggio) con cui si affida al Ministero dell'università e della ricerca, previa acquisizione dei dati relativi alle attività formative dei singoli corsi di studio dalle università, dal CUN (Consiglio universitario nazionale), dal CNSU (Consiglio nazionale degli studenti universitari) e dalla CRUI (Conferenza dei rettori delle università italiane), il monitoraggio sulle innovazioni alla normativa concernente la didattica previste dal presente decreto.
Al riguardo, per i profili di quantificazione, andrebbero richiesti elementi di chiarificazione in merito alla sostenibilità delle attività di raccolta ed elaborazione dati da parte del Ministero dell’università e della ricerca e della Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR)[4], a valere delle sole risorse umane e strumentali che sono già previste in bilancio ai sensi della legislazione vigente.
Articolo 2
(Disposizioni finali)
L’articolo prevede che le università adeguino i regolamenti didattici d'ateneo entro il termine del 30 novembre 2023, al fine di dare attuazione alla citata Riforma 1.5 (Riforma delle classi di laurea) della Missione 4, Componente 1 (Potenziamento dell'offerta dei servizi di istruzione: dagli asili nido alle università) del PNRR.
La RT non si sofferma sulla disposizione.
Al riguardo, non ci sono osservazioni.
[1] Articoli 6 e 7 della legge n. 168/1989.
[2] Il fabbisogno finanziario delle Università statali e non legalmente trova copertura annuale a valere del Fondo ordinario iscritto in corrispondenza del capitolo 1694 dello stato di previsione del Ministero dell’università e della ricerca. Tale stanziamento reca una dotazione annua di oltre 9 miliardi di euro annui nel bilancio dello Stato per il triennio 2023/2025
[3] In proposito, si segnala che il parere del Consiglio di Stato annesso allo schema di decreto in esame evidenzia che “l’effettivo conseguimento delle finalità alle quali essa (la riforma in esame n.d.r.) tende dipenderanno da come sarà esercitata l’autonomia didattica riconosciuta agli Atenei, da come saranno interpretati, in sede di controllo e di accreditamento, i limiti ai quali è assegnata la rispondenza dei percorsi formativi agli obiettivi propri di ciascuna classe e di ciascun corso ovvero, ovvero e, più ampiamente, dipenderà da quella che ne sarà la “messa in pratica”, rilevando che una “riforma è tale solo allorché la stessa è effettivamente attuata”. Una effettività “per assicurare la quale è, perciò, necessario un attento monitoraggio dell’andamento, quale può essere assicurato anche dalla disponibilità e dalla messa in sistema di dati capaci di documentarne il reale impatto, ossia i punti di forza e di debolezza, funzionali anche alla loro “manutenzione”” Cfr. Consiglio di Stato, Sezione consultiva per gli atti normativi, parere annesso n. 1622/2022, adunanza dell’8 novembre 2022, pagina 6.
[4] Nel parere annesso allo schema di decreto in esame infatti l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca segnala il rischio che “l’individuazione dei docenti di riferimento a livello di Macrosettore possa aprire la strada alla formulazione di progetti formativi didatticamente poco coerenti o non chiaramente riconoscibili, perdendo così di vista la centralità dello studente e, eventualmente, anche il controllo sul riconoscimento delle qualifiche professionali dei laureati (con potenziali ricadute anche sui corsi di studio che prevedono regole di accreditamento europee, finalizzate all’esercizio delle professioni regolamentate dalle normative comunitarie), complicando, anche per gli stessi Atenei, la definizione delle conoscenze richieste o raccomandate in ingresso (soprattutto per le classi di laurea magistrale) evidenziando “alcune criticità con riguardo a possibili ricadute sui processi di valutazione e accreditamento dell’offerta didattica degli atenei di competenza dell’Agenzia di conseguenza sulla qualità complessiva del sistema formativo nazionale. ” Cfr. ANVUR, Parere allegato, pagina 2.