Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Trasporti |
Titolo: | Organizzazione e funzionamento dei call center, di formazione del personale, di tutela dell'occupazione e di protezione dei consumatori |
Riferimenti: | AC N.1316/XIX |
Serie: | Progetti di legge Numero: 333 |
Data: | 29/07/2024 |
Organi della Camera: | IX Trasporti, X Attività produttive |
Organizzazione e funzionamento dei call center, di formazione del personale, di tutela dell'occupazione e di protezione dei consumatori
A.C. 1316
Servizio Studi
Dipartimento Trasporti
Tel. 06 6760-2614 - * st_trasporti@camera.it –@CD_trasporti
Dipartimento Attività produttive
Tel. 06 6760-3403 - * st_attprod@camera.it –@CD_attProd
Progetti di legge n. 333
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TR0116.docx
I N D I C E
§ Articolo 1 (Finalità e oggetto)
§ Articolo 4 (Misure per il sostegno dei lavoratori)
§ Articolo 6 (Certificazione delle imprese di call center)
§ Articolo 7 (Introduzione dell’obbligo di pronta risposta)
§ Articolo 8 (Norme in materia di delocalizzazione)
§ Articolo 9 (Osservatorio nazionale permanente per il settore dei call center)
§ Articolo 10 (Struttura dell’Osservatorio e relazione alle camere)
La proposta di legge C. 1316 si compone di 10 articoli e mira ad armonizzare e riordinare le attuali disposizioni normative nazionali relative al settore dei cosiddetti call center, con l’obiettivo di rilanciare il settore e, al tempo stesso, riaffermare la centralità dei consumatori e dei loro diritti.
Il d.lgs n. 259/2003, codice delle comunicazioni elettroniche, come modificato dapprima con il d.lgs. n. 207/2021, e poi con il decreto correttivo n. 48/2024, definisce le attività di call center come un “servizio specificamente organizzato per la gestione dei contatti e delle comunicazioni multicanale con gli utenti finali da parte di addetti specializzati o risponditori automatici nell’ambito di un rapporto contrattuale tra il gestore e un operatore di telecomunicazione”.
Per ulteriori approfondimenti v. l’apposito dossier.
Il mercato italiano dei call center è in costante crescita nell’ultimo quinquennio e conta, secondo i dati dell’Eurostat e della European House Ambrosetti circa 1.400 aziende, di cui più della metà localizzate nel Sud Italia, con un fatturato complessivo di circa 2,8 miliardi di euro nel 2023, 6 se si considera anche l’indotto indiretto.
Il settore è altresì caratterizzato da un alto tasso di occupazione giovanile e femminile. In particolare:
Si possono distinguere due tipologie di call center:
· inbound – aziende in cui gli operatori forniscono assistenza e informazioni ai clienti, rispondendo alle chiamate o ulteriori tipologie di messaggi pervenuti tramite una serie di sistemi di comunicazione (email, messaggistica istantanea, chatbot);
· outbound – aziende in cui i medesimi operatori contattano i clienti esistenti o potenziali per offrire promozioni, per raccogliere informazioni o anche direttamente per vendere un prodotto o servizio.
Il comparto è caratterizzato da una forte competizione.
Le principali questioni su cui si è concentrata, anche di recente, l’attenzione delle istituzioni e degli operatori del settore, ineriscono alla tutela della privacy dei consumatori e alle condizioni dei lavoratori.
Si rammenta che a settembre 2021 è stato sottoscritto il contratto collettivo nazionale del lavoro per i lavoratori del settore dei call center, con decorrenza dal 1° ottobre 2021 al 30 settembre 2024. Il contratto prevede un orario settimanale di 40 ore su 5 o 6 giorni lavorativi, e uno stipendio – per un operatore di primo livello – pari a circa 7,60 euro l’ora, per uno stipendio lordo di circa 1221 euro al mese[1].
Ad aprile 2024, Assocontact (associazione che rappresenta le aziende di business process outsorcing, vale a dire le imprese cui sono affidare le operazioni di call center) ha annunciato l’uscita – a partire dal 1° agosto– dal CCNL. Essa pertanto non procederà al rinnovo del contratto. Tra le motivazioni addotte dall’associazione rientrano gli alti costi operativi – del lavoro e dell’energia – nonché la tassazione ritenuta eccessiva, e l’incremento di fenomeni di concorrenza sleale. Tali fattori contribuirebbero a rendere le imprese del settore non più competitive.
Secondo quanto emerge anche da atti e documenti delle principali Autorità amministrative indipendenti competenti sul settore, tra i principali aspetti critici del comparto rientrano la difficoltà a fornire un pronto riscontro alle richieste dei consumatori (con ciò riferendosi pertanto servizi inbound[2]) e il fenomeno del cosiddetto “telemarketing aggressivo e selvaggio” (relativo invece ai servizi di outbound).
Come affermato dal Presidente dell’Autorità Garante della Concorrenza nel mercato (AGCM o Antitrust), nell’audizione del 28 maggio 2024 presso la X Commissione Attività Produttive della Camera dei deputati (v. pag. 6), il “telemarketing aggressivo e selvaggio” consiste nell’effettuare “telefonate reiterate e moleste da parte degli agenti di vendita, che sollecitano insistentemente l’adesione alle offerte commerciali sulla base di informazioni non trasparenti e ingannevoli, allo scopo di indurre i consumatori alla conclusione del contratto”.
In particolare, secondo i dati contenuti nella relazione annuale del 2023 dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM), delle 1.831 denunce pervenute nel periodo di riferimento, il 9,7 per cento sono dovute alla mancata risposta al reclamo, il 4,2 per cento avevano ad oggetto i servizi di assistenza clienti. Inoltre, l’Autorità ha proceduto a irrogare una serie di sanzioni per l’utilizzo non corretto delle numerazioni a pagamento per i servizi di assistenza post-vendita, e con tariffazione in attesa della risposta del call center. La relazione annuale dell’AGCOM del 2024 conferma l’impegno dell’autorità nel tutelare la concorrenza e i consumatori nel settore dei call center, attraverso l’adozione del codice di condotta sulle attività di teleselling e telemarketing, il rispetto di impegni presi precedentemente da aziende relativi ai propri call center, e l’irrogazione di ulteriori sanzioni.
Al fine di contrastare questo fenomeno, si rammenta altresì che il 27 luglio 2022 è entrato in vigore il nuovo Registro pubblico delle opposizioni, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 26 del 2022, che permette ai cittadini iscritti di opporsi al trattamento delle numerazioni telefoniche nazionali fisse e mobili e di porre un freno alle telefonate commerciali selvagge da parte di call center e operatori.
In supporto di tale strumento, nel 2023 sono stati approvati da diverse autorità codici di condotta:
· il 7 marzo 2023, l’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali (GPDP) ha approvato il l “Codice di condotta per il telemarketing e teleselling (telefonico)”. Il codice, la cui adesione è volontaria, introduce degli obblighi per le società operanti nella filiera del telemarketing e teleselling, e ha lo scopo di regolare gli aspetti direttamente e indirettamente conseguenti al trattamento dei dati personali, al fine di rafforzare, monitorare e garantire le tutele dell’interessato.
· il 26 luglio 2023, l’AGCOM ha approvato il “Codice di condotta per contrastare il teleselling illegale”. Il codice, la cui adesione è volontaria, definisce una serie di misure in ottica di autoregolamentazione per le imprese che svolgono attività di call center al fine di garantire maggiore trasparenza nei confronti dei consumatori e l’utilizzo dei propri dati personali.
Inoltre, il nuovo codice delle comunicazioni elettroniche prevede che il Ministero delle imprese e made in Italy e l’AGCOM possano sanzionare le imprese di call center che commettono pratiche commerciali sleali, frodi o abusi o non ottemperano agli ordini e alle diffide. Inoltre, l’AGCOM ha la possibilità di ordinare agli operatori con numero telefonico alterato di bloccare le comunicazioni.
Finora, le sanzioni contro call center illeciti erano in capo solamente all’AGCM e il GPDP. In particolare, l’Antitrust poteva intervenire in materia di pratiche commerciali scorrette, come inganni e truffe varie. Il Garante privacy per le pratiche che recano violazione della privacy, in quanto per le telefonate venivano usati numeri e dati personali senza il consenso delle persone interessate.
L’obiettivo di tali apparati normativi è anche quello di contrastare il fenomeno dello “spoofing”, strumento di telemarketing selvaggio illegale che permette alle imprese di call center di chiamare i consumatori usando numeri di cellulare fittizi, che in realtà sono mascherati e generati in automatico in modo da sembrare veri. Attraverso questi numeri inesistenti, l’utente è indotto in errore sul chiamante, subisce l’invasione della propria privacy, ed è vittima dell’aggiramento dei controlli.
Anche in considerazione degli elementi esposti, l’articolo 1 della proposta di legge n. 1316 enuncia tra le proprie finalità:
· lo sviluppo e la competitività delle imprese del comparto, con particolare riguardo anche alla tutela del mercato del lavoro e dello sviluppo dell’occupazione;
· una maggiore protezione dei dati personali dei consumatori, attraverso il rafforzamento dei meccanismi di responsabilità solidale tra committente e appaltante in caso di violazione, e prevedendo un aggravamento del regime sanzionatorio;
· il contrasto al telemarketing illegale;
· il rafforzamento contro i tentativi di truffe telefoniche;
· la garanzia di risposte tempestive ai consumatori.
L’articolo 2, al fine di garantire chiarezza normativa, reca le definizioni chiave relative a imprese di call center, servizi di contact center e committenti.
L’articolo 3 introduce modifiche alla legge esistente per aumentare le sanzioni per violazioni e richiedere agli operatori economici di aderire al codice di condotta per le attività di telemarketing e teleselling previsto dal Garante per la protezione dei dati personali[3].
Per quanto concerne gli aspetti inerenti al lavoro e all’occupazione del settore, l’articolo 4 limita l’uso dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa (cosiddetti Co.Co.Co), stabilendo che gli stessi debbano essere conformi agli accordi collettivi nazionali.
L’articolo 5 interviene in materia di successione di imprese nel contratto di appalto di servizi di call center definendo le caratteristiche che deve avere la sede di lavoro, nonché l’ambito di applicazione della clausola sociale.
L’articolo 6 introduce l’obbligo per le amministrazioni pubbliche di affidare i servizi di contact center solo a imprese certificate e aderenti al codice di condotta sul telemarketing.
L’articolo 7 obbliga le imprese a garantire una risposta agli utenti entro un minuto e a risolvere le richieste dei consumatori entro venti giorni lavorativi.
L’articolo 8 impone obblighi di comunicazione e sanzioni per le imprese che delocalizzano l’attività fuori dal territorio nazionale, con particolare attenzione alla protezione dei dati personali.
L’articolo 9 istituisce un osservatorio per monitorare l’attuazione della normativa, analizzare le problematiche del settore e coordinare eventuali tavoli di crisi aziendale. A tale riguardo, infine, l’articolo 10 stabilisce la struttura, le funzioni e la durata dell’Osservatorio, prevedendo la trasmissione annuale di una relazione alle Camere sulle attività svolte.
Per il dettaglio sul contenuto degli articoli citati, si rinvia alle schede di lettura che seguono.
Articolo 1
(Finalità e oggetto)
L’articolo 1 individua le finalità della proposta di legge. In particolare, essa mira a favorire lo sviluppo e la competitività delle imprese di call center attraverso la promozione della trasparenza e della concorrenza nell’erogazione dei servizi di contact center. Tra gli obiettivi della norma rientrano, altresì, il rafforzamento della protezione dei dati personali dei consumatori, la garanzia di risposte tempestive ai consumatori, la tutela delle fasce deboli della popolazione dalle truffe telefoniche e la promozione dell'occupazione nel settore.
In particolare, al comma 1 sono definiti gli obiettivi della proposta di legge che, al fine di favorire lo sviluppo e la competitività delle imprese di call center, nel rispetto della normativa dell'Unione europea, reca disposizioni atte a promuovere la trasparenza e la concorrenza nell'erogazione dei servizi di contact center. Nello specifico la legge ha lo scopo di:
a) rafforzare le garanzie e la tutela dei dati personali del consumatore rispetto alle prassi riguardanti la compravendita delle numerazioni telefoniche e delle liste aziendali e il telemarketing illegale;
b) garantire una pronta risposta al consumatore in tempi certi e brevi;
c) rafforzare le forme di tutela contro i tentativi di truffa telefonica nei riguardi delle fasce deboli della popolazione;
d) tutelare il mercato del lavoro e lo sviluppo dell'occupazione del settore.
Si ricorda che, nell'ambito della legge di bilancio 2017 sono state approvate nuove regole per il funzionamento dei call center.
Dal 1° gennaio 2017, quando un utente effettua o riceve una chiamata da un call center deve essere informato preliminarmente riguardo al Paese in cui è fisicamente collocato l’operatore che risponde.
Dal 1° aprile 2017, l’operatore del call center collocato in un Paese extra UE deve inoltre offrire subito la possibilità di richiedere che il servizio sia reso da un operatore collocato nel territorio nazionale o nella UE, con immediato trasferimento nel corso della medesima chiamata.
Inoltre, per tutti gli operatori economici che svolgono attività di call center diventa obbligatorio iscriversi al Registro degli operatori di comunicazione tenuto dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, alla quale dovranno essere fornite tutte le numerazioni telefoniche messe a disposizioni del pubblico e utilizzate per i servizi di call center.
Per chi decide di ubicare, anche mediante affidamento a terzi, l’attività di call center in un Paese extra UE, diventa obbligatorio darne comunicazione almeno trenta giorni prima del trasferimento alle competenti amministrazioni.
Un'ulteriore novità è la responsabilità solidale tra committente e gestore del call center: chi affida il servizio ad un call center esterno è responsabile in solido con il soggetto gestore. Le sanzioni previste arrivano fino a 50 mila euro per ogni giornata di violazione e a 150 mila per ciascuna comunicazione omessa o tardiva.
L’articolo 2 enuncia le definizioni di: impresa di call center, servizi di contact center e di committente.
In particolare, il comma 1, chiarisce le definizioni di:
a) «impresa di call center»: con tale termine si fa riferimento all'impresa che fornisce servizi di contact center in regime di esternalizzazione in favore di amministrazioni pubbliche, enti, istituzioni e imprese pubblici o privati;
Si ha esternalizzazione quando un ente (pubblico o privato) decide di affidare -a vario titolo - a un soggetto terzo l’incarico di svolgere un’attività in precedenza svolta dallo stesso ente titolare dell’attività medesima.
Come chiarito nel parere Anac n. 11 del 2023 tale incarico, qualificabile come appalto di servizi, consiste «in un’obbligazione nei confronti del committente avente ad oggetto il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in denaro, con organizzazione dei mezzi necessari (di tipo imprenditoriale) e con assunzione in proprio del rischio di esecuzione della prestazione (art. 1655 c.c.).
b) «servizi di contact center»: per essi si intendono i servizi di gestione delle comunicazioni multicanale con gli utenti, di assistenza ai clienti, di televendita, di assistenza tecnica, di recupero dei crediti, di ricerche di mercato e sondaggi nonché ogni altra attività affine, connessa o strumentale, compresi i servizi di call center, in entrata (inbound) e in uscita (outbound) erogati in regime di esternalizzazione da un'impresa di call center in favore di un committente sulla base di un contratto;
L’art. 2 comma 1 lett. m-bis) del D. Lgs. n. 259/2003 (Codice delle comunicazioni elettroniche) come modificato dal D. Lgs. n. 48/2024 definisce call center un “servizio specificamente organizzato per la gestione dei contatti e delle comunicazioni multicanale con gli utenti finali da parte di addetti specializzati o risponditori automatici nell'ambito di un rapporto contrattuale tra il gestore e un operatore che fornisce reti e servizi di comunicazioni elettroniche”.
c) «committente»: intendendosi per esso qualsiasi soggetto, pubblico o privato, che affida, in tutto o in parte, lo svolgimento dei propri servizi di contact center a un'impresa di call center.
Articolo 3
(Modifiche alla legge 11 gennaio 2018, n. 5, in materia di esercizio dell'attività di call center)
L’articolo 3 modifica l’art. 1 e l’art. 2 della legge n. 5 del 2018, prevedendo: un inasprimento delle pene nel caso di violazione degli obblighi in materia di trasferimento e diffusione dei dati personali degli interessati; l’accertamento da parte del titolare del trattamento dei dati personali del rispetto della normativa da parte di un eventuale affidatario, il quale ha l’obbligo di aderire al codice di condotta previsto dal GPDP.
L’art. 3, costituito da un unico comma, reca modifiche alla legge n. 5 del 2018, e in particolare:
· la lett. a), n. 1, modifica il comma 9 dell’art.1, stabilendo che, in caso di violazione di uno dei divieti di cui al comma 7 della stessa legge, qualora non vi siano profili di illecito penale previsti dall’art. 167 del decreto legislativo n. 196 del 2003 (Codice in materia di protezione dei dati personali), si applichi la sanzione amministrativa prevista dall’art. 166 del medesimo codice, aumentata della metà.
Il comma 7 della legge n. 5/2018 stabilisce il divieto di comunicazione a terzi, il trasferimento e la diffusione di dati personali degli interessati iscritti al registro pubblico delle opposizioni da parte del titolare del trattamento, per fini di pubblicità o di vendita oppure per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale non riferibili alle attività, ai prodotti o ai servizi offerti dal titolare del trattamento. La norma attuale prevede che in caso di violazione di uno di tali divieti, qualora non vi siano profili di illiceità di carattere penale, si applichi la sanzione amministrativa prevista dall’art. 166 del Codice in materia di protezione di dati personali. La sanzione è individuata attraverso un rinvio all’art. 83, comma 5, del Regolamento (UE) 679/2016 (GDPR) che prevede una sanzione amministrativa pecuniaria fino a 20 milioni di euro o, per le imprese, fino al 4 per cento del fatturato mondiale totale annuo dell’esercizio precedente.
· la lett. a), n. 2, modifica il comma 11 dell’art.1, prevedendo che qualora l’attività di call center sia affidata a terzi, il titolare del trattamento dei dati personali è tenuto ad accertare che l’affidatario svolga il trattamento nel rispetto della normativa vigente. Inoltre, l’operatore economico affidatario dovrà aderire al codice di condotta per le attività di telemarketing e teleselling, approvato con provvedimento del GPDP n. 70/2023.
· la lett. b), nn. 1 e 2, modifica il comma 1 dell’art. 2. In particolare:
ü il n. 1 sostituisce il primo periodo del comma 1, disponendo che gli operatori che svolgono attività di call center rivolte a numerazioni telefoniche nazionali fisse o mobili, anche per conto di terzi, devono utilizzare esclusivamente le numerazioni telefoniche specificamente dedicate a tale attività, nell'osservanza delle disposizioni regolamentari concernenti le numerazioni medesime e nel rispetto dell’art. 15 del Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR) in materia di diritto di accesso dell’interessato;
ü il n. 2 aggiunge al quarto periodo del medesimo comma 1, che il committente sia solidalmente responsabile ai sensi dell’art.1, comma 11, della stessa legge.
L’articolo 2, comma 1, della L. n. 5 del 2018, nella vigente formulazione prevede che gli operatori che svolgono attività di call center rivolte a numerazioni fisse o mobili hanno l’obbligo di assicurare l’identificazione della linea chiamante (oltre a garantire il rispetto del diritto di accesso dell’interessato a norma dell’articolo 7 del Codice in materia di protezione dei dati personali). A tal fine sono tenute ad adeguare tutte le numerazioni telefoniche utilizzate per i servizi di call center, anche delocalizzati, a codici o prefissi specifici individuati dall’Agcom, atti a identificare e distinguere in modo univoco le chiamate telefoniche finalizzate ad attività statistiche da quelle finalizzate al compimento di ricerche di mercato e ad attività di pubblicità, vendita e comunicazione commerciale. In alternativa possono presentare l’identità della linea a cui possono essere contattati.
Si fa inoltre presente, che la proposta di legge, con riferimento al diritto di accesso, sostituisce il richiamo all’articolo 7 del Codice in materia di protezione dei dati personali (abrogato dall’art. 27, comma 1, del D. Lgs. 101/2018) con il richiamo alla normativa europea.
Per comodità, di seguito si riporta un testo a fronte che evidenzia le modifiche proposte alla legge n. 5 del 2018.
Legge n. 5/2018 |
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Testo vigente |
Modificazioni apportate dall’art. 3 della Proposta di legge n. 1316 |
Art. 1, comma 9 |
Art. 1, comma 9 |
Al di fuori dei casi previsti dall'articolo 167 del codice di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003, in caso di violazione di uno dei divieti di cui al comma 7, si applica la sanzione amministrativa di cui all'articolo 166, comma 2, del medesimo codice. In caso di reiterazione delle suddette violazioni, su segnalazione del Garante per la protezione dei dati personali, le autorità competenti possono altresì disporre la sospensione o, nelle ipotesi più gravi, la revoca dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività. |
Al di fuori dei casi previsti dall'articolo 167 del codice di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003, in caso di violazione di uno dei divieti di cui al comma 7, si applica la sanzione amministrativa di cui all'articolo 166, comma 2, del medesimo codice, aumentata della metà. In caso di reiterazione delle suddette violazioni, su segnalazione del Garante per la protezione dei dati personali, le autorità competenti possono altresì disporre la sospensione o, nelle ipotesi più gravi, la revoca dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività. |
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Art. 1, comma 11 |
Art. 1, comma 11 |
Il titolare del trattamento dei dati personali è responsabile in solido delle violazioni delle disposizioni della presente legge anche nel caso di affidamento a terzi di attività di call center per l'effettuazione delle chiamate telefoniche. |
Il titolare del trattamento dei dati personali è responsabile in solido delle violazioni delle disposizioni della presente legge anche nel caso di affidamento a terzi di attività di call center per l'effettuazione delle chiamate telefoniche. Nel caso di affidamento a terzi dell'attività di call center, il titolare del trattamento di dati personali accerta che l'operatore economico affidatario svolga tale trattamento per suo conto nel rispetto di livelli qualitativi adeguati ai sensi della normativa vigente. L'operatore economico affidatario aderisce al codice di condotta per le attività di telemarketing e teleselling, approvato con provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali n. 70 del 9 marzo 2023. |
Art. 2, comma 1 |
Art. 2, comma 1 |
Tutti gli operatori che svolgono attività di call center, per chiamate con o senza operatore, rivolte a numerazioni nazionali fisse o mobili devono garantire la piena attuazione dell'obbligo di presentazione dell'identificazione della linea chiamante e il rispetto di quanto previsto dall'articolo 7, comma 4, lettera b), del codice di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003. A tal fine, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni individua, ai sensi dell'articolo 15 del codice di cui al decreto legislativo 1º agosto 2003, n. 259, due codici o prefissi specifici, atti a identificare e distinguere in modo univoco le chiamate telefoniche finalizzate ad attività statistiche da quelle finalizzate al compimento di ricerche di mercato e ad attività di pubblicità, vendita e comunicazione commerciale. Gli operatori esercenti l'attività di call center provvedono ad adeguare tutte le numerazioni telefoniche utilizzate per i servizi di call center, anche delocalizzati, facendo richiesta di assegnazione delle relative numerazioni entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni previsto al periodo precedente, oppure presentano l'identità della linea a cui possono essere contattati. L'Autorità vigila sul rispetto delle disposizioni di cui al presente comma applicando, in caso di violazione, le sanzioni di cui all'articolo 1, commi 29, 30, 31 e 32, della legge 31 luglio 1997, n. 249. |
Gli operatori che svolgono attività di call center rivolte a numerazioni telefoniche nazionali fisse o mobili, anche per conto di terzi, utilizzano esclusivamente le numerazioni telefoniche specificamente dedicate a tale attività, nell'osservanza delle disposizioni regolamentari concernenti le numerazioni medesime nonché nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 15 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016. A tal fine, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni individua, ai sensi dell'articolo 15 del codice di cui al decreto legislativo 1º agosto 2003, n. 259, due codici o prefissi specifici, atti a identificare e distinguere in modo univoco le chiamate telefoniche finalizzate ad attività statistiche da quelle finalizzate al compimento di ricerche di mercato e ad attività di pubblicità, vendita e comunicazione commerciale. Gli operatori esercenti l'attività di call center provvedono ad adeguare tutte le numerazioni telefoniche utilizzate per i servizi di call center, anche delocalizzati, facendo richiesta di assegnazione delle relative numerazioni entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni previsto al periodo precedente, oppure presentano l'identità della linea a cui possono essere contattati. L'Autorità vigila sul rispetto delle disposizioni di cui al presente comma applicando, in caso di violazione, le sanzioni di cui all'articolo 1, commi 29, 30, 31 e 32, della legge 31 luglio 1997, n. 249; il committente è solidalmente responsabile ai sensi dell'articolo 1, comma 11, della presente legge. |
Articolo 4
(Misure per il sostegno dei lavoratori)
L’articolo 4 stabilisce i limiti e le condizioni alle quali è possibile ricorrere alla tipologia contrattuale delle collaborazioni coordinate e continuative (cd. Co.Co.Co.) per le prestazioni rese nell’ambito dei servizi di contact center.
A tal riguardo si ricorda che l’articolo 409 del Codice di Procedura Civile disciplina la Co.Co.Co. come la prestazione resa dal lavoratore in maniera prevalentemente personale ed a carattere continuativo nei confronti del proprio committente. Inoltre, la collaborazione s’intende coordinata allorquando, nel rispetto delle condizioni di svolgimento dell’attività di lavoro stabilite di comune accordo tra committente e prestatore, quest’ultimo organizza autonomamente la propria attività lavorativa (art. 409, co.1, n. 3 c.p.c.).
La disposizione in commento chiarisce che il ricorso alle collaborazioni coordinate e continuative nel settore dei servizi di contact center è consentito alle condizioni sancite dai contratti collettivi nazionali stipulati tra le organizzazioni sindacali, datoriali e dei lavoratori, che posseggano il requisito della maggiore rappresentatività a livello nazionale, come richiesto dall’articolo 2, comma 2, lett. a) del decreto legislativo n. 81/2015.
A tal riguardo, si fa presente che nel CCNL vigente applicabile alle Aziende di Call Center l’art. 53 ha disposto la possibilità di stipulare un contratto di collaborazione “per tutte quelle attività ausiliarie e/o complementari compatibili con la regolamentazione della collaborazione coordinata e continuativa” (comma 1). Inoltre, le predette collaborazioni “possono svolgersi in deroga a quanto previsto dall’art.2 c.1 del D.Lgs.n.81/2015” (comma 3).
Con particolare riferimento all’articolo 2, comma 2, lett. a) del D.Lgs. n. 81/2015, si segnala che tale norma esclude l’estensione del regime normativo ed economico della subordinazione alle cd. collaborazioni etero-organizzate che fossero state “disciplinate dalla contrattazione collettiva in possesso di determinate caratteristiche (contrattazione di livello nazionale che coinvolga associazioni comparativamente più rappresentative e che disciplini il trattamento economico e normativo del rapporto “in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore”)” (cfr. Circolare INL del 30 ottobre 2020 n. 7).
In particolare, le collaborazioni organizzate dal committente si caratterizzano per l’elemento della cd. etero-organizzazione che si sostanzia in un “rapporto di collaborazione funzionale con l'organizzazione del committente, così che le prestazioni del lavoratore possano, secondo la modulazione unilateralmente disposta dal primo, opportunamente inserirsi ed integrarsi con la sua organizzazione di impresa” (Cassazione, sez. lav., 24 gennaio 2020, n. 1663). Inoltre, a differenza delle collaborazioni ex art. 409 c.p.c., in cui “le modalità di coordinamento sono stabilite di comune accordo tra le parti”, nel caso preso in considerazione le “modalità sono imposte dal committente, il che integra per l'appunto la etero-organizzazione che dà luogo all'applicazione della disciplina del lavoro subordinato” (v. ancora la medesima sentenza n. 1663 del 2020).
Peraltro, si osserva che, al contrario dell’articolo 2, comma 2 lett. a) del decreto legislativo 81 del 2008, l’articolo 4 in esame utilizza il requisito della “maggiore rappresentatività a livello nazionale” per individuare le organizzazioni sindacali in grado di stipulare i CCNL nel settore dei servizi di contact center.
A tal riguardo si segnala la pronuncia resa in data 26 settembre 2022 n. 8300 dal Consiglio di Stato che ha esaminato la distinzione tra i concetti di sindacato “maggiormente rappresentativo” e sindacato “comparativamente più rappresentativo”.
Il concetto di sindacato "comparativamente più rappresentativo" ha nel corso del tempo, sostituito il criterio della "maggiore rappresentatività". Quest’ultimo è stato “introdotto dall'art. 19, legge 20 maggio 1970, n. 300”, e ben presto è stato “oggetto di critiche perché attributivo di rendite di posizione a favore di associazioni sindacali che erano sottratte all'accertamento della loro effettiva rappresentatività solo perché aderivano alle tre più importanti confederazioni presenti a livello nazionale (Cgil, Cisl e Uil).
Sono stati, quindi, coniati, soprattutto dalla giurisprudenza, indici con i quali misurare il requisito della rappresentatività, sulla base dell'effettivo consenso come metro di democrazia anche nell'ambito dei rapporti tra lavoratori e sindacato (Corte cost. 26 gennaio 1990, n. 30). Sono stati considerati indici della maggiore rappresentatività la consistenza numerica, l'equilibrata presenza di un ampio arco di settori produttivi, un'organizzazione estesa a tutto il territorio nazionale, l'effettiva partecipazione - con caratteri di continuità e di sistematicità - alla contrattazione collettiva (Cass., sez. lav., 10 luglio 1991, n. 7622; id. 22 agosto 1991, n. 9027) (…). Più in particolare, il concetto di "organizzazione sindacale comparativamente più rappresentativa" emerge a partire dalla metà degli anni ’90 del secolo scorso, in campo giuslavoristico, al fine di individuare gli attori sindacali ritenuti idonei ad identificare il sistema contrattuale connesso ora alla fruizione di benefici e sussidi pubblici di carattere economico, ora alla possibilità di flessibilizzazione degli standard di lavoro (orario, tipologie contrattuali, ecc.), là dove su un medesimo settore merceologico insista una pluralità di contratti collettivi tra loro in concorso.
Con riferimento al precedente criterio della "maggiore rappresentatività" si è affermato in giurisprudenza che solitamente il legislatore utilizza la locuzione "sindacato maggiormente rappresentativo" quando la finalità della norma è quella di attribuire specifiche prerogative e diritti alle associazioni sindacali operanti in determinati contesti lavorativi, rispetto alle quali l'analisi sulla rappresentatività deve tenere adeguatamente conto della necessità di tutelare il principio del pluralismo rappresentativo, onde evitare che un deficit in termini astratti di rappresentatività si traduca in una sostanziale compromissione dell'esercizio delle libertà di azione sindacale costituzionalmente garantite” (Cons. Stato Sent. n. 8300 del 26 settembre 2022).
Alla luce di quanto esposto si valuti l’opportunità di uniformare la formulazione letterale del presente articolo 4 (che richiama il criterio della “maggiore rappresentatività”) all’articolo 2, comma 2 lett. a), a cui si fa espresso rinvio, e che utilizza il criterio del sindacato “comparativamente più rappresentativo.
Articolo 5
(Disposizioni in materia di successione di imprese nel contratto di appalto di servizi di call center)
L’articolo 5 interviene in materia di successione di imprese nel contratto di appalto di servizi di call center definendo le caratteristiche che deve avere la sede di lavoro, nonché l’ambito di applicazione della clausola sociale, volta a garantire la stabilità occupazionale dei lavoratori in caso di successione tra cedente e cessionario, e delle tabelle relative al costo medio del lavoro del personale impiegato, determinate annualmente dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
In particolare - modificando l’art. 1, c. 10, della legge 11/2016 – la norma in commento specifica che, in caso di successione di imprese nel contratto di appalto con il medesimo committente e per la medesima attività di call center, il rapporto di lavoro continua con l'appaltatore subentrante in una sede situata nella provincia o nelle province in cui si trovava la precedente sede di lavoro o entro una distanza da questa non superiore a 50 chilometri o corrispondente a un tragitto di non più di ottanta minuti con mezzi di trasporto pubblico (comma 1, lett. a), n. 1).
Resta fermo che il rapporto di lavoro continua secondo le modalità e le condizioni previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro applicati e vigenti alla data del trasferimento - stipulati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale - e che, in assenza di specifica disciplina nazionale collettiva, intervengono i criteri definiti con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, adottato sentite le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative sul piano nazionale (sul criterio della maggiore rappresentatività, cfr. scheda di lettura sul precedente articolo 4).
In materia di clausola sociale, il presente articolo 5 ne dispone l’applicazione ai dipendenti operativi addetti in via continuativa ed esclusiva all'attività oggetto dell'appalto nei 6 mesi antecedenti alla data di sottoscrizione del contratto di subentro nell'appalto. Viene altresì sancita l’efficacia di tale clausola sociale qualunque sia il CCNL applicato dalle imprese cessante e subentrante nell'appalto, anche nel caso in cui non sia espressamente ivi prevista (comma 1, lett. a), n. 2).
Sul punto, si segnala che il CCNL delle aziende di call center, in vigore sino al 30 settembre 2024, dispone che in caso di cambio di appalto a parità di termini, modalità e prestazioni contrattuali rispetto all’appalto cessato, l'impresa subentrante, ove possibile e la propria organizzazione d’impresa consenta l’assorbimento di tutta la forza lavoro, si impegna a garantire l'assunzione degli addetti esistenti in organico sull'appalto risultanti da documentazione probante che lo determini almeno 8 mesi prima della cessazione, eventualmente proponendo anche contratti di lavoro con modulazione oraria diversa da quella precedente.
Viene infine disposto che le tabelle relative al costo medio del lavoro del personale impiegato da imprese che svolgono l'attività di call center, determinate annualmente dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali (ex art. 41, c. 13, del D.Lgs. 36/2023), si applicano alle procedure relative a tutti i tipi di contratto pubblico avente ad oggetto l'affidamento dell'attività di call center e che il costo medio del lavoro al minuto di effettiva prestazione stabilito nelle suddette tabelle deve intendersi come costo minimo (comma 1, lett. b), primo e secondo periodo).
Al Ministero del lavoro viene attribuito altresì il compito di procedere all’aggiornamento (entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente proposta di legge) delle predette tabelle, comprendendovi anche il costo per la formazione dei lavoratori e per la fornitura delle dotazioni tecnologiche necessarie all'esecuzione delle prestazioni (comma 1, lett. b), ultimo periodo).
Per il costo medio del lavoro per il personale dipendente da imprese aggiudicatarie di servizi di call center cfr, da ultimo, il DD 12 agosto 2021, n. 53 e le relative tabelle.
Articolo 6
(Certificazione delle imprese di call center)
L’articolo 6 prevede la possibilità per determinate categorie di amministrazioni pubbliche e concessionari di beni e servizi pubblici di affidare, in tutto o in parte, lo svolgimento dei propri servizi di contact center esclusivamente a imprese di call center che aderiscono al codice di condotta per le attività di telemarketing e teleselling. Tale attività deve comunque rispettare le disposizioni vigenti in materia di acquisto di beni e servizi da parte delle amministrazioni, la spesa per i consumi intermedi, nonché gli obblighi di approvvigionamento attraverso strumenti messi a disposizione dalla Concessionaria servizi informatici pubblici (Consip) Spa.
L’articolo 6 – fermo quanto disposto dalla disciplina vigente in materia di acquisto di beni e servizi da parte delle pubbliche amministrazioni – consente ai seguenti soggetti di affidare, in tutto o in parte, i propri servizi di contact center a:
· Amministrazioni pubbliche;
· Società inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione a totale partecipazione pubblica diretta o indiretta, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT);
· Società controllate dagli enti locali che siano organismi di diritto pubblico (di cui all’articolo 1, comma 1, lettera e) dell’allegato I.1 del d.lgs. n. 36/2023, c.d. Codice dei contratti pubblici), comprese quelle che emettono strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati;
· Concessionari di beni e servizi pubblici
Si ricorda che Consip Spa è la società con capitale interamente posseduto dal Ministero dell’economia e finanze, che costituisce la struttura di servizio di riferimento per gli acquisti centralizzati di beni e servizi della Pubblica Amministrazione.
È un soggetto competente a stipulare - anche mediante il ricorso a strumenti e procedure informatiche - convenzioni quadro, con le quali l'impresa fornitrice di beni e servizi si impegna ad accettare ordinativi di fornitura deliberati dalle pubbliche amministrazioni, sino a concorrenza della quantità massima complessiva stabilita dalla convenzione ed ai prezzi e condizioni ivi previsti.
La normativa vigente in materia di obblighi di approvvigionamento, citata nell’articolo in esame, prevede quanto segue:
· La razionalizzazione delle modalità di acquisto di beni e servizi attraverso la stipula di Convenzioni Consip, o del Ministero dell’economia, basate su parametri prezzo-qualità, anche mediante il ricorso a strumenti e procedure informatiche (di cui all’art. 26 della legge n. 488/1999);
· La disciplina contabile relativa alle convenzioni Consip legate ai consumi intermedi delle pubbliche amministrazioni (di cui all’articolo 58 della legge n. 388/2000)
· La possibilità per le amministrazioni pubbliche, in via generale, di ricorrere alle convenzioni-quadro, ovvero obbligo di ricorrere ai parametri prezzo-qualità fissati da tali convenzioni (di cui articolo 1, commi 449-450 della legge n. 296/2006).
· Le misure relative al grado di standardizzazione dei beni e dei servizi e il livello di aggregazione della relativa domanda, nonché le tipologie dei beni e dei servizi non oggetto di convenzioni stipulate da Consip Spa per le pubbliche amministrazioni ad esclusione di quelle educative e universitarie che sono tenute a ricorrere alla Consip (di cui all’articolo 2, comma 574, della legge n. 244/2007).
L’ultimo periodo dell’articolo dispone che tali servizi possano essere affidati esclusivamente a imprese di call center che aderiscono al codice di condotta per le attività di telemarketing e teleselling, di cui al provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali n. 70/2023.
Il Codice di condotta di cui al presente articolo, è stato approvato il 7 marzo 2024 dal GPDP. Il testo, presentato da associazioni rappresentative di committenti, call center, teleseller, list provider e associazioni di consumatori, introduce una serie di obblighi per monitorare tutta la filiera dei telemarketing e teleselling, al fine di tutelare gli utenti dalle chiamate indesiderate, e contrastare il fenomeno dei call center abusivi.
Le società che scelgono di aderire al codice si impegnano ad adottare misure specifiche per garantire la correttezza e la legittimità del trattamento dei dati svolto nel contesto delle attività di telemarketing e teleselling. In particolare, le imprese aderenti devono:
· raccogliere consensi specifici per le singole finalità (marketing, profilazione, ecc.);
· informare in maniera precisa le persone contattate sull’uso dei loro dati, assicurando il pieno esercizio dei diritti previsti dalla normativa privacy (opposizione al trattamento, rettifica o aggiornamento dei dati);
· effettuare una valutazione di impatto nel caso svolgano trattamenti automatizzati, compresa la profilazione, che comportano un’analisi sistematica e globale di informazioni personali.
Infine, per contrastare il fenomeno del “sottobosco” dei call center abusivi, il Codice di condotta stabilisce che nei contratti stipulati dall’operatore con l’affidatario del servizio dovrà essere prevista una penale o la mancata corresponsione della provvigione per ogni vendita di servizi realizzata a seguito di contatto promozionale senza consenso.
Con provvedimento del GPDP è stato inoltre accreditato l’Organismo di monitoraggio (Odm), che ha il compito di verificare l’osservanza delle disposizioni del citato Codice di condotta. I membri – accreditati per la durata di 3 anni non rinnovabili – sono rappresentanti appartenenti a diverse associazioni maggiormente rappresentative del settore, che sono anche promotrici del Codice, quali:
· Asseprim;
· AssoCall;
· ASSOCONTACT;
· Assotelecomunicazioni;
· Confcommercio;
· Confindustria;
· DMA – Data & Marketing Association Italia;
· OIC – Osservatorio Imprese Consumatori
Articolo 7
(Introduzione dell’obbligo di pronta risposta)
L’articolo 7, al primo comma, introduce l’obbligo di pronta risposta per le imprese che forniscono servizi di contact center attraverso rete fissa e mobile, che sono quindi tenute a limitare ad un minuto il tempo di attesa tra l’effettuazione della chiamata da parte dell’utente e l’interazione con un operatore umano. Nonostante sia possibile indirizzare il cliente verso un altro canale di comunicazione, si specifica che, tale opzione deve comunque essere approvata dal consumatore che, comunque, in qualsiasi fase del servizio, può chiedere di essere assistito da un operatore umano.
Il secondo comma reca disposizioni relative ai tempi e alle modalità di risposta alle istanze sollevate dai consumatori, che non possono superare i 20 giorni.
L’articolo 7, comma 1, impone alle imprese che forniscono servizi di contact center attraverso servizio telefonico – sia di rete fissa che mobile – l’obbligo della cosiddetta pronta risposta, che consiste nel limitare ad un minuto il tempo di attesa tra l’effettuazione della chiamata da parte dell’utente e l’interazione con un operatore umano. L’operatore in questione ha il compito di comprendere l’istanza e raccogliere dati strettamente necessari a soddisfare la richiesta stessa. Egli ha altresì facoltà di indirizzare il consumatore verso un altro canale di comunicazione, qualora ne ravvisi la possibilità o necessità, salvo che quest’ultimo si rifiuti. Infine, il comma prevede che in qualsiasi fase del servizio il consumatore possa chiedere di essere assistito da un operatore umano.
Il tempo medio di risposta (average Speed of Answer) indica la velocità con la quale un call center risponde alle telefonate in entrata, risultando un elemento per la valutazione dell’efficienza complessiva del servizio.
Il comma 2 prevede che l’istanza del consumatore – quindi relativa ad assistenza o reclami – sia risolta dall’impresa che gestisce servizi di contact center entro venti gironi lavorativi dalla richiesta. Qualora per ragioni legittime non sia possibile risolvere il problema segnalato, il comma in esame dispone che la medesima impresa fornisca comunque una risposta tempestiva, chiara ed esauriente, corredata di motivazioni e di suggerimenti, attraverso strutture interne o tramite soggetti terzi incaricati.
Articolo 8
(Norme in materia di delocalizzazione)
L’articolo 8 introduce una procedura per la delocalizzazione dell’attività di call center al di fuori del territorio nazionale da parte di un’impresa che occupa almeno quindici dipendenti.
In particolare, il presente articolo (comma 1) dispone che l’impresa che intende delocalizzare deve darne comunicazione almeno centoventi giorni prima del trasferimento:
§ al Ministero del lavoro e delle politiche sociali nonché all'Ispettorato nazionale del lavoro, indicando i lavoratori coinvolti;
§ al Ministero delle imprese e del made in Italy, indicando le numerazioni telefoniche messe a disposizione del pubblico;
§ al Garante per la protezione dei dati personali, indicando le misure adottate per il rispetto della legislazione nazionale, in particolare del codice in materia di protezione dei dati personali (di cui al decreto legislativo 196 del 2003), nonché delle ulteriori disposizioni in materia di registro pubblico delle opposizioni.
Per le imprese di call center già stabilite all'estero alla data di entrata in vigore della presente proposta di legge, che svolgono attività destinate al territorio nazionale o per conto di committenti con sede in Italia, le suddette comunicazioni devono avvenire entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della proposta di legge in esame (comma 2).
In caso di omissione delle suddette comunicazioni si prevede l’applicazione all’impresa della sanzione amministrativa pecuniaria - irrogata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dall'Ispettorato nazionale del lavoro, dal Ministero delle imprese e del made in Italy e dal Garante per la protezione dei dati personali, secondo le rispettive competenze – consistente nel pagamento di una somma da 15.000 euro a 75.000 euro (comma 3, primo e ultimo periodo).
La sanzione è ridotta da un terzo alla metà in caso di presentazione delle comunicazioni entro il trentesimo giorno successivo alla scadenza dei termini previsti, purché la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziate attività amministrative di accertamento delle quali l'autore della violazione o i soggetti solidalmente obbligati abbiano avuto formale conoscenza (comma 3, secondo periodo).
Si configura altresì la responsabilità in solido del committente con l'impresa di call center per il pagamento della sanzione amministrativa (comma 4).
Infine, la disposizione in commento – sostituendo l’attuale comma 10 dell’articolo 24-bis del D.L. 83/20212 - vieta alle amministrazioni aggiudicatrici e agli enti aggiudicatori di procedere ad affidamenti di servizi di call center a operatori economici che hanno localizzato, anche mediante affidamento a terzi, l'attività di call center fuori del territorio nazionale (comma 5).
A seguito di tale sostituzione, viene meno la previsione contenuta nell’attuale formulazione del predetto comma 10 che definisce l’offerta migliore per i suddetti soggetti che procedono ad affidamenti di servizi a operatori di call center, disponendo che tale offerta è determinata al netto delle spese relative al costo del personale, ovvero sulla base di accordi con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.
Sul punto, si ricorda che il nuovo Codice degli appalti, di cui al decreto legislativo n. 36 del 2023, stabilisce all’art. 41, c. 14, che i costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall'importo assoggettato al ribasso, ferma restando la possibilità per l'operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell'importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale. Secondo l’ANAC (cfr. parere di precontenzioso n. 528 in data 15 novembre 2023) tale formulazione in realtà non esclude che i costi della manodopera siano scorporati dall’importo assoggettato a ribasso, come potrebbe sembrare, perché altrimenti il secondo contenuto nel richiamato art. 41, c. 14 – secondo cui “resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale” - sarebbe posto nel nulla se si interpretasse il precedente inciso come divieto inderogabile di ribasso dei costi della manodopera. Il riferimento di ANAC è altresì all’art. 108, comma 9, e all’art. 110 del Codice; il primo impone ai concorrenti di indicare nell’offerta economica, a pena di esclusione, i costi della manodopera, il secondo prescrive che le Stazioni appaltanti, nel valutare la congruità delle offerte, tengano conto anche dei costi della manodopera indicati dai concorrenti. Tali previsioni non avrebbero avuto ragion d’essere se davvero l’art. 41, c. 14, avesse inteso vietare tout court il ribasso sui costi della manodopera.
Si segnala che analoga disciplina è dettata dall’articolo 24-bis del D.L. 83/2012 con riferimento ad un ambito parzialmente sovrapponibile a quello individuato dal presente articolo 8. Il richiamato articolo 24-bis riguarda infatti la delocalizzazione dell’attività di call center in un Paese che non è membro dell'Unione europea, indipendentemente dal numero di dipendenti occupati da parte dell’impresa che intende delocalizzare e prevede termini più brevi per le relative comunicazioni ai predetti soggetti istituzionali[4].
Si valuti pertanto l’opportunità di specificare se con la locuzione “fuori dal territorio nazionale” che inerisce alla delocalizzazione delle attività di call center si intenda fare riferimento solo ai Paesi membri dell’UE o anche a quelli non membri dell’Unione europea. In tale ultimo caso, alla luce del richiamato articolo 24-bis del D.L. 83/2012, si valuti l’opportunità di coordinare la disciplina ivi contenuta con quella recata dal presente articolo 8 (rivolta alle imprese con almeno quindici dipendenti che intendono delocalizzare la propria attività di call center fuori del territorio nazionale).
Articolo 9
(Osservatorio nazionale permanente per il settore dei call center)
L’articolo 9 istituisce presso il Ministero delle imprese l’Osservatorio nazionale permanente per il settore dei call center, affidandogli una serie di compiti volti a contribuire a un’efficace ed organica politica industriale e fiscale a sostegno del settore. L’articolo 10, tra le altre cose, contiene disposizioni relative alla struttura dell’Osservatorio.
L’articolo 9 istituisce presso il Ministero delle imprese e made in Italy l’Osservatorio nazionale permanente per il settore dei call center e gli affida le seguenti funzioni:
a) monitoraggio dell’attuazione delle disposizioni vigenti in materia di call center, nonché della loro evoluzione normativa, economica e occupazionale, sia nazionale sia a livello europeo;
b) analisi delle problematiche del settore, coordinamento di eventuali tavoli tecnico-istituzionali per il monitoraggio e gestione di crisi aziendali, nonché individuazione di misure di politica industriale e fiscale a sostegno del settore, con particolare riferimento alla disciplina in materia di registro pubblico delle opposizioni.
c) emanazione delle linee guida generali per l’adozione di modelli di organizzazione, gestione e controllo dei servizi di contact center nonché per la formulazione di eventuali accordi, intese e protocolli tra i committenti e le imprese di call center.
Il Registro pubblico delle opposizioni (RPO) – in coerenza con quanto disposto dall’articolo 130, comma 3-bis del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al d.lgs. n. 196/2003 - era stato istituito dal decreto del Presidente della Repubblica n. 178/2010, ed è operante dal 2011, presso il Ministero dello sviluppo economico, come elenco in cui iscrivere le utenze telefoniche dei contraenti che si oppongono all’utilizzo dei propri dati personali e del proprio numero telefonico per vendite o promozioni commerciali (c.d. servizi di telemarketing).
Negli anni si sono susseguiti una serie di interventi normativi per rafforzare questo strumento e migliorare la posizione dei consumatori a fronte di condotte commerciali di telemarketing. Al fine di modificare e dare attuazioni alle varie disposizioni in materia, nel 2022, è stato emanato un nuovo regolamento del Registro tramite Decreto del Presidente della Repubblica n. 26/2022 entrato in vigore il 13 aprile 2022. Il Registro è concretamente operativo dal 27 luglio 2022.
La normativa vigente, quindi, prevede che tale registro sia aperto a tutti i numeri telefonici nazionali, fissi e cellulari. L’iscrizione, gratuita, consente al cittadino di “opporsi” alle chiamate di telemarketing indesiderate. L’iscrizione annulla anche i consensi precedentemente rilasciati, tranne quelli che saranno autorizzati dopo l’iscrizione e quelli con i soggetti con cui si ha un contratto (per esempio i gestori delle utenze). L'opposizione può riferirsi anche alla pubblicità cartacea, nel caso l'indirizzo sia presente negli elenchi telefonici pubblici.
Anche gli operatori devono registrarsi al fine utilizzare i numeri telefonici nazionali fissi e cellulari e i dati presenti negli elenchi telefonici per finalità di telemarketing. Inoltre, sono tenuti a consultare mensilmente il Registro e comunque prima di svolgere le campagne pubblicitarie tramite telefono. Tramite decreto del Ministro delle imprese, ogni anno, verranno approvate le nuove tariffe di consultazione, che potranno essere corrisposte su base annuale o per altre frazioni temporali, anche minori.
La violazione del diritto di opposizione dei contraenti telefonici – ovvero la mancata osservanza del RPO da parte degli operatori di telemarketing – prevede l’applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie fino a 20 milioni di euro o, per le imprese, fino al 4 per cento del fatturato mondiale totale annuo dell’esercizio precedente, se superiore.
Articolo 10
(Struttura dell’Osservatorio e relazione alle camere)
L’articolo 10 contiene misure relative alla struttura, il funzionamento ed i componenti dell’Osservatorio nazionale permanente per il settore dei call center. Inoltre, dispone che il Ministro delle imprese trasmetta alle Camere, entro il 31 dicembre di ogni anno, una relazione predisposta dall’Osservatorio sulle attività svolte.
L’articolo 10, al comma 1, dispone l’emanazione di un decreto da parte del Ministro delle imprese e made in Italy in concerto con i Ministri del lavoro e dell’economia, entro novanta giorni dall’entrata in vigore della legge in esame, volto a stabilire la struttura, il funzionamento, le funzioni e la durata dell’Osservatorio.
Per quanto concerne la struttura, il comma in esame, specifica inoltre che l’Osservatorio sia composto in modo paritetico da rappresentanti designati da:
· Ministero delle imprese e del made in Italy;
· Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
· Ministero dell’economia e finanze;
· Conferenza unificata Stato–Città (di cui all’art. 8 del d.lgs. n. 281/1997)
· associazioni e organizzazioni di categoria dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;
· associazioni dei consumatori istituite nell’apposito elenco del Ministero delle imprese (di cui all’articolo 137 del d.lgs. n. 206/2005, c.d. codice del consumo).
Il comma 2, prevede la possibilità per l’Osservatorio di invitare alle proprie riunioni, con funzioni consultive, rappresentanti di:
a) ulteriori istituzioni e autorità, compresi – per la discussione di questioni di propria competenza - il GDPD, l’Antitrust e l’ANAC;
b) associazioni di categoria, di imprese, di enti e soggetti operanti nel settore dei servizi di contact center.
Il comma 3 dispone che – a decorrere dall’anno successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame – il Ministro delle imprese e del made in Italy trasmetta alle Camere, entro il 31 dicembre di ogni anno, una relazione predisposta dall’Osservatorio sulle attività svolte.
Il comma 4, infine, reca le disposizioni per l’invarianza finanziaria, per cui non sono previsti compensi, rimborsi di spese, indennità o altri tipi di emolumenti ai componenti dell’Osservatorio e l’istituzione e il funzionamento dello stesso deve rientrare nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziare disponibili a legislazione vigente.
[1] Si rammenta che in alcuni casi vengono applicati, anziché il CCNL call center, i contratti collettivi delle telecomunicazioni, terziario o multiservizi, i quali vengono ritenuti più confacenti alle esigenze produttive di singoli settori.
[2] Per un esempio di sanzione amministrativa irrogata dall’AGCM per pratica commerciale scorretta dei servizi inbound, vedi TAR Lazio (RM), sez. I, 2 settembre 2021, n. 9491.
[3] La materia del telemarketing e del teleselling è da tempo all’attenzione della giurisprudenza. Essa è prevalentemente orientata a riconoscere la legittimità dei provvedimenti sanzionatori del GDPD in caso di illecito trattamento dei dati personali dei consumatori: vedi, per esempio, Cassazione, sez. I civile, 4 febbraio 2016, n. 2196 e Cassazione sez. II civile, 3 settembre 2020, n. 12288, nonché Cassazione, sez. I civile, 26 aprile 2021, n. 11019.
[4] Tale disposizione prevede anche che, quando un soggetto effettua o è destinatario di una chiamata a o da un call center, deve essere informato preliminarmente sul Paese in cui l'operatore con cui parla è fisicamente collocato nonché, nell'ipotesi di localizzazione dell'operatore in un Paese che non è membro dell'Unione europea, della possibilità di richiedere che il servizio sia reso tramite un operatore collocato nel territorio nazionale o di un Paese membro dell'Unione europea.