Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: RUE - Ufficio SG - Ufficio Rapporti con l'Unione europea
Titolo: Settimana parlamentare europea 2025 - Bruxelles, 17-18 febbraio 2025
Serie: Documentazione per le Commissioni - Riunioni interparlamentari   Numero: 58
Data: 13/02/2025
Organi della Camera: XIV Unione Europea, V Bilancio, VI Finanze, XI Lavoro

Bruxelles, 17-18 febbraio 2025Settimana parlamentare europea 2025


13 febbraio 2025XIX Legislaturamarzo 2018


 


loghi.gifSettimana parlamentare europea 2025

Bruxelles, 17-18 febbraio 2025

 

 

 

 

 

XIX LEGISLATURA

 

Documentazione per le Commissioni
RIUNIONI INTERPARLAMENTARI

SENATO DELLA REPUBBLICA
SERVIZIO STUDI
SERVIZIO DEGLI AFFARI INTERNAZIONALI
UFFICIO DEI RAPPORTI CON LE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROPEA
N. 107	CAMERA DEI DEPUTATI
UFFICIO RAPPORTI CON L’UNIONE EUROPEA


N. 58

 

 

Servizio Studi

Tel. 06 6706 2451 - studi1@senato.it - @SR_Studi

Dossier n. 107

 

Servizio degli Affari internazionali

Ufficio dei rapporti con le istituzioni dell’Unione Europea

Tel. 06 6706 5785 – affeuropei@senato.it

 

 

 

 

 

 

 

 

Ufficio rapporti con l’Unione europea

Tel. 06 6760 2145 - cdrue@camera.it - @CD_europa - europa.camera.it.

Dossier n. 58

 

 

 

La documentazione dei Servizi e degli Uffici del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. Si declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.

 


I N D I C E

 

Ordine del giorno

Introduzione. 1

Sessione di apertura - Priorità dell’Unione europea per promuovere la crescita, la competitività e la stabilità   3

La Bussola europea per la competitività dell’UE.. 4

Riunione della Commissione per gli affari economici e finanziari (ECON) 13

I sessione - Il futuro dell’Unione bancaria e dell’Unione dei mercati dei capitali 13

II sessione - Creare un ecosistema per gli investimenti europei 22

Riunione della Commissione per l’occupazione e gli affari sociali (EMPL) 27

I sessione - L’impatto dell’IA sul mercato del lavoro, in particolare sul progressivo cambiamento delle condizioni di lavoro. 27

II Sessione - Il ruolo delle politiche sociali e dell'occupazione nel quadro di governance economica dell'UE rivisto. 34

Riunione della Commissione per i bilanci (BUDG) 39

I sessione - Colmare il divario di competitività: come incrementare le sinergie tra i bilanci nazionali e il Quadro Finanziario Pluriennale post-2027. 39

II Sessione - I Beni Pubblici Europei: come identificarli e finanziarli?. 54

I Sessione - Il miglioramento della competitività dell’UE attraverso il mercato unico, la politica di innovazione, una migliore regolamentazione e posti di lavoro di qualità   59

Il rapporto sul futuro della competitività europea di Mario Draghi 59

Le mozioni approvate dalla Camera dei deputati per il rilancio della competitività europea, in relazione al rapporto Draghi 62

Il rapporto sul futuro del mercato unico di Enrico Letta. 64

II Sessione - I primi piani nazionali nell'ambito della riforma del Quadro di governance economica - insegnamenti acquisiti 67

Dimensione unionale. 68

Dimensione nazionale. 73

 


 


Introduzione

 

La Settimana parlamentare europea 2025, organizzata dal Parlamento europeo e dal Parlamento polacco, si svolgerà a Bruxelles il 17 e 18 febbraio 2025.

La “Settimana parlamentare europea”, istituita su iniziativa del Parlamento europeo nel gennaio 2013, riunisce parlamentari europei e degli Stati membri, nonché dei paesi candidati e osservatori, per discutere di questioni economiche, di bilancio, occupazionali e sociali. Comprende una Conferenza del Semestre europeo e la Conferenza interparlamentare sulla stabilità, il coordinamento economico e la governance nell'Unione europea, istituita sulla base dell’articolo 13 del Trattato c.d. Fiscal Compact.

Tale ultima disposizione stabilisce che “il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali delle parti contraenti determinino insieme l’organizzazione e la promozione di una conferenza dei rappresentanti delle pertinenti commissioni del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali ai fini della discussione delle politiche di bilancio e di altre questioni rientranti nell'ambito di applicazione del medesimo Trattato”. Il regolamento della Conferenza ne sancisce le caratteristiche, così riassumibili:

- essa si riunisce almeno due volte l'anno, in coordinamento con il ciclo del Semestre europeo;

- è composta dalle delegazioni delle competenti commissioni dei Parlamenti nazionali dell'UE e del Parlamento europeo. Ciascun Parlamento determina la composizione e la dimensione della propria delegazione;

- opera sulla base del principio del consenso;

- il Parlamento della Presidenza può presentare conclusioni non vincolanti, in esito a ciascuna riunione. Nel primo semestre di ogni anno le conclusioni vengono presentate insieme al Parlamento europeo;

- il Presidente del Consiglio europeo, il Presidente dell’Eurogruppo e i membri competenti della Commissione Europea e di altre istituzioni dell’UE sono invitati alla Conferenza per definire le priorità e le strategie dell'UE nelle materie oggetto della Conferenza stessa.

In base al programma, nel corso della prima giornata la sessione di apertura sarà dedicata alle “Priorità dell’Unione europea per promuovere la crescita, la competitività e la stabilità”.

I lavori si articoleranno quindi in tre distinte riunioni, a loro volta suddivise in due sessioni, che avranno luogo in contemporanea, cosicché la partecipazione ad una impedisce di regola di prendere parte alle altre. I tre incontri sono organizzati da altrettante Commissioni del Parlamento europeo competenti, rispettivamente in tema di:

·        affari economici e monetari (ECON). La sessione I sarà dedicata al “futuro dell’Unione bancaria e dell’Unione dei mercati dei capitali; la sessione II a “creare un ecosistema per gli investimenti europei”;

·        occupazione e affari sociali (EMPL). Le due sessioni affronteranno rispettivamente i temi: “Intelligenza artificiale e mercato del lavoro, con particolare attenzione al cambiamento delle condizioni di lavoro” e “Il ruolo delle politiche sociali e dell'occupazione nel quadro della riforma della governance economica dell'UE”;

·        bilancio (BUDG), con sessioni dedicate a: "Colmare il divario di competitività: come incrementare le sinergie tra i bilanci nazionali e il Quadro Finanziario Pluriennale post-2027" e “I Beni Pubblici Europei: come identificarli e finanziarli?".

Nella seconda giornata si terranno invece 2 sessioni plenarie, dedicate rispettivamente al tema del "Rafforzamento della competitività dell'UE attraverso il mercato unico, le politiche per l’innovazione, la qualità della regolazione e i lavori di qualità” e "I primi piani nazionali nell'ambito della riforma del Quadro di governance economica - insegnamenti acquisiti".

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sessione di apertura - Priorità dell’Unione europea per promuovere la crescita, la competitività e la stabilità

Il tema del rilancio della competitività europea ha assunto un rilievo centrale nel nuovo ciclo politico ed istituzionale dell’UE, con particolare riguardo agli obiettivi fissati per il quinquennio 2024-2029 dal Consiglio europeo e dalla Presidente von der Leyen.

 

Nell’Agenda strategica 2024-2029, approvata dal Consiglio europeo il 27 giugno 2024, sono individuate una serie di priorità per ridurre le dipendenze in settori strategici e rendere l'Europa una potenza industriale e tecnologica. Nell’ambito della priorità “Un’Europa prospera e competitiva” l’UE mirerà a rafforzare la competitività, garantire il successo delle transizioni verde e digitale e promuovere un ambiente favorevole all'innovazione e alle imprese.

Nella Dichiarazione di Budapest, adottata nella riunione informale del 7-8 novembre 2024, il Consiglio europeo ha sottolineato l’urgente necessità di rendere l'UE più competitiva attraverso un nuovo accordo europeo sulla competitività, chiedendo un’azione decisa su una serie di fattori trainanti tra cui il mercato interno, l’unione del risparmio e degli investimenti, la ricerca e l’innovazione, l’industria e i finanziamenti.

Negli orientamenti politici della nuova Commissione e nelle lettere di incarico indirizzate dalla Presidente von der Leyen a ciascun candidato alla carica di commissario sono numerosi i richiami diretti e indiretti al rilancio della competitività, nel quadro dell’autonomia strategica aperta (concetto che richiama l’esigenza di perseguire nell’azione dell’UE una tutela più assertiva degli interessi europei mantenendo al tempo stesso la vocazione di apertura dell’Europa alla cooperazione e al dialogo con gli altri partner internazionali). In questo contesto, viene richiamato espressamente il Rapporto sul rapporto sul “futuro della competitività europea” di Mario Draghi, presentato il 9 settembre 2024.

Per dettagli sulla composizione e gli orientamenti della nuova Commissione europea si veda il Dossier a cura dei servizi del Senato e della Camera dei deputati. In tema di competitività si veda anche il Dossier sempre a cura dei servizi di entrambe le camere. Per dettagli sul rapporto Draghi si veda il Dossier a cura della Camera dei deputati e la sezione del presente dossier dedicata alla I sessione plenaria.

Una delle 7 priorità politiche della Commissione europea riguarda “Un nuovo piano per la prosperità sostenibile e la competitività dell'Europa”.

Con esso la Commissione mira a: aiutare le imprese a promuovere la crescita economica; sostenere le industrie competitive dell'UE e creare posti di lavoro di qualità; sviluppare un'economia circolare e resiliente che ponga la ricerca e l'innovazione (R&I) al centro e acceleri gli investimenti; rispondere al fabbisogno di competenze e di manodopera e svolgere un ruolo guida nell'innovazione delle tecnologie digitali.

La Presidenza polacca del Consiglio dell’UE (1° gennaio-30 giugno 2025) nel suo Programma ha annunciato l’intenzione di concentrarsi sul rafforzamento delle basi del mercato unico e sullo sviluppo di una politica industriale dell'UE che rafforzi la posizione competitiva delle imprese europee.

Per ulteriori dettagli sul programma della Presidenza polacca si veda il Dossier a cura dei servizi del Senato e della Camera dei deputati.

Nel suo discorso alla riunione informale del Consiglio europeo di Budapest la Presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola ha sottolineato come unità, semplificazione e investimenti siano tre elementi chiave riguardo alla competitività. Di fronte alle attuali sfide geopolitiche e alla crisi climatica l’Unione europea deve fornire risposte comuni, affermare la propria autonomia (che non è isolazionismo), puntare sulla sua capacità di innovazione e di ricerca e abbattere le barriere normative che impediscono alle imprese e start-up di espandersi.

 

La Bussola europea per la competitività dell’UE

Il 29 gennaio scorso la Commissione europea ha presentato la Comunicazione La Bussola per la competitività dell’UE”, un documento programmatico che mira a rafforzare la competitività dell'Europa attraverso tre pilastri principali:

1.      innovazione

2.      decarbonizzazione

3.      sicurezza economica.

Il documento si basa sul richiamato rapporto sul “futuro della competitività europea” di Mario Draghi.

La Bussola definisce un approccio e una selezione di iniziative faro per tradurre in realtà ciascuno di questi imperativi nei prossimi anni. I tre pilastri sono integrati da cinque attivatori trasversali:

1.      semplificazione;

2.      ridurre gli ostacoli al mercato unico;

3.      finanziare la competitività;

4.      promuovere le competenze e posti di lavoro di qualità;

5.      migliore coordinamento delle politiche a livello nazionale e dell'UE.

Fonte: Commissione europea

 

I tre pilastri

Pilastro 1: Colmare il divario di innovazione

La Commissione si adopererà per infondere un nuovo dinamismo per l’assetto industriale in Europa.  L'avvio e la scalata di imprese in Europa sono attualmente ostacolati dalla frammentazione del mercato, dall’accesso limitato al capitale di rischio e dall'insufficiente sostegno all'innovazione.

Il primo pilastro intende stimolare la produttività tramite l’innovazione.

La Bussola prevede che una legge europea sull'innovazione promuova l'accesso delle imprese innovative alle infrastrutture di ricerca e tecnologiche europee, ai beni intellettuali generati dalla R&I finanziata con fondi pubblici al fine di aumentare i brevetti e agli spazi di sperimentazione normativa (sandbox normative) che consentono agli innovatori di sviluppare e testare in una zona protetta e sotto controllo, in condizioni verosimili, i loro prodotti e servizi per comprendere meglio i rischi di una futura immissione sul mercato.

La Commissione proporrà l'iniziativa sulle fabbriche di Intelligenza artificiale (AI Gigafactories) e la strategia per l'IA applicata (Apply AI) per guidare lo sviluppo e l'adozione dell'IA in settori chiave dell'industria. Presenterà piani d'azione sui materiali avanzati, le tecnologie quantistiche, le biotecnologie, la robotica e le tecnologie spaziali. Una specifica strategia dell'UE su start-up e scale-up affronterà gli ostacoli che impediscono alle nuove imprese di emergere ed espandersi. Sarà presentata una proposta relativa ad un regime giuridico armonizzato (28° regime) che semplificherà le norme applicabili, compresi gli aspetti d'interesse di diritto societario, fallimentare, del lavoro e tributario e ridurrà i costi del fallimento. In questo modo le imprese innovative, anche quelle agricole, potranno fruire di un unico complesso di norme ovunque investano e operino nel mercato unico.

Iniziative faro Pilastro 1

Strategia per start-up e scale-up (2° trimestre 2025)

28° regime (4° trimestre 2025)

Legge europea sull'innovazione (4° trimestre 2025 - 1° trimestre 2026)

Legge sullo Spazio europeo della ricerca (2026)

Iniziativa sulle fabbriche di IA (1° trimestre 2025)

Strategie di applicazione dell'IA, IA nella scienza e Unione dei dati (3° trimestre 2025)

Pilastro 2: Tabella di marcia comune per la decarbonizzazione e la competitività

Il secondo pilastro mira all’integrazione delle politiche di decarbonizzazione con le politiche industriali, della concorrenza, economiche e commerciali. Combinate adeguatamente, tali politiche costituiscono uno stimolo potente della crescita.

Ciò sarà realizzato attraverso misure che riguardano, tra l’altro, il settore energetico: un  patto per l'industria pulita garantirà che l'UE sia un luogo attraente per la produzione, anche per le industrie ad alta intensità energetica, e promuoverà le tecnologie pulite e i nuovi modelli di business circolari; un piano d'azione per l'energia a prezzi accessibili contribuirà a ridurre i prezzi e i costi dell'energia; una proposta legislativa sull'accelerazione della decarbonizzazione industriale estenderà le autorizzazioni semplificate ai settori in transizione. Sono previsti inoltre dei piani d'azione specifici per i settori ad alta intensità energetica, come la siderurgia, la metallurgia e l’industria chimica, che costituiscono la colonna portante del sistema manifatturiero europeo ma sono anche i più vulnerabili in questa fase della transizione. La Bussola prevede anche una revisione del meccanismo di adeguamento dei prezzi del carbonio al fine di risolvere il problema della rilocalizzazione delle emissioni di carbonio delle industrie. Inoltre, una visione per l'agricoltura e la produzione alimentare dell'UE definirà come garantire la competitività e la sostenibilità a lungo termine entro i confini planetari per i settori agricolo e alimentare, assicurando aree rurali fiorenti, sicurezza alimentare e resilienza. Infine, una proposta di legge sull'economia circolare servirà a catalizzare gli investimenti nella capacità di riciclaggio e a incoraggiare l'industria dell'UE a sostituire efficacemente i materiali vergini e a ridurre la produzione di rifiuti.

Iniziative faro Pilastro 2

Piano energia pulita e Piano d'azione per l'energia a prezzi accessibili (1° trimestre 2025)

Legge sull'acceleratore della decarbonizzazione industriale (4° trimestre 2025) Piano d'azione per l'elettrificazione e pacchetto reti europee (1° trimestre 2026) Nuovo quadro per gli aiuti di stato (2° trimestre 2025)

Piano d'azione per l'acciaio e i metalli (2025)

Pacchetto industria chimica (4° trimestre 2025)

Dialogo strategico sul futuro dell'industria automobilistica europea e Piano d'azione industriale (1° trimestre 2025)

Piano di investimenti per il trasporto sostenibile (3° trimestre 2025).

Strategia portuale europea e strategia industriale marittima (2025)

Piano ferroviario ad alta velocità (2025)

Revisione del meccanismo di aggiustamento delle frontiere del carbonio (2025)

Legge sull'economia circolare (4° trimestre 2026)

Visione per l'agricoltura e l'alimentazione (1° trimestre 2025)

Patto per gli oceani (2° trimestre 2025)

Modifica della legge sul clima (2025)

Pilastro 3: Ridurre le dipendenze eccessive e aumentare la sicurezza

Il terzo pilastro punta a integrare più profondamente le considerazioni relative alla sicurezza e all’autonomia strategica aperta nelle politiche economiche dell’UE. Un contesto sicuro è presupposto indispensabile del successo economico e della competitività delle imprese dell’UE.

La capacità dell'UE di diversificare e ridurre le dipendenze ruoterà attorno a partenariati efficaci. L'UE gode già della rete più ampia e in più rapida crescita di accordi commerciali al mondo, che copre 76 paesi in rappresentanza di quasi la metà degli scambi commerciali dell'Unione. L'UE continuerà a lavorare a stretto contatto con i partner per continuare ad espandere la sua vasta rete di accordi commerciali, aprendo l'accesso al mercato per le imprese europee, garantendo una maggiore reciprocità e promuovendo al contempo un commercio globale aperto e basato su regole, governato da un'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) modernizzata. La Bussola punta su accordi sul commercio digitale (i cui negoziati sono in corso con la Corea e conclusi con Singapore), accordi di mutuo riconoscimento (in vigore e in fase di sviluppo con diversi partner, tra cui Australia, Canada, Giappone, Nuova Zelanda, Svizzera e Stati Uniti, che riducono i costi delle procedure di conformità) e accordi di facilitazione degli investimenti sostenibili. Per continuare a diversificare e rafforzare le catene di approvvigionamento europee, la Bussola evoca una nuova gamma di partenariati per il commercio e gli investimenti puliti che contribuiscano a garantirle l'approvvigionamento di materie prime, energia pulita, combustibili sostenibili per i trasporti e tecnologie pulite da tutto il mondo. Tra le iniziative annunciate dalla Commissione vi è la creazione di una piattaforma per l'acquisto congiunto di materie prime critiche per identificare le esigenze delle industrie dell'UE, aggregare la domanda e coordinare gli acquisti congiunti.

Nel mercato interno la Bussola annuncia la revisione delle norme sugli appalti pubblici al fine di introdurvi una preferenza europea nei settori e tecnologie critici. Nel settore della difesa la Commissione e l'Alto rappresentante presenteranno un Libro bianco sul futuro della difesa europea per le azioni necessarie a raggiungere l’obiettivo di un maggior coordinamento tra gli Stati membri in questo settore attraverso l’aggregazione della domanda, un maggiore ricorso ad appalti congiunti, promuovendo un rapido sviluppo industriale e la cooperazione in materia di ricerca e sviluppo congiunta (R&S) concentrata su iniziative comuni europee. La Commissione annuncia inoltre la presentazione, sempre assieme all'Alto rappresentante, di una strategia dell'UE per la preparazione che delineerà un approccio comune alle minacce esistenti e potenziali. La Commissione presenterà anche un piano europeo di adattamento al clima e una strategia europea di resilienza idrica per un uso sostenibile dell’acqua.

Iniziative faro Pilastro 3

Concludere e attuare accordi commerciali ambiziosi, partenariati per il commercio pulito e gli investimenti

Iniziativa di cooperazione transmediterranea per l'energia e le tecnologie pulite (4° trimestre 2025)

Piattaforma di acquisto congiunto per le materie prime minerali critiche (2°-3° trimestre 2025)

Revisione delle direttive sugli appalti pubblici (2026)

Libro bianco sul futuro della difesa europea (1° trimestre 2025)

Strategia dell'Unione per la preparazione (1° trimestre 2025)

Strategia di sicurezza interna (1° trimestre 2025)

Legge sui medicinali critici (1° trimestre 2025)

Piano europeo di adattamento al clima (2026)

Strategia di resilienza idrica (2° trimestre 2025)

 

I cinque attivatori trasversali

Semplificazione

Questo attivatore mira a ridurre drasticamente gli oneri normativi e amministrativi, attraverso uno sforzo sistematico di semplificazione, accelerazione e snellimento delle procedure per accedere ai fondi dell'UE e ottenere decisioni amministrative dell'UE. La Commissione europea annuncia un'imminente proposta omnibus che semplificherà l'informativa sulla sostenibilità, la dovuta diligenza e la tassonomia. La Commissione agevolerà altresì l'attività d'impresa per migliaia di piccole imprese a media capitalizzazione. La Bussola ribadisce l'obiettivo di ridurre almeno del 25% gli oneri amministrativi per le imprese in generale e almeno del 35% per le PMI

Ridurre gli ostacoli al mercato unico

Per migliorare il funzionamento del mercato unico in tutti i settori, la Commissione presenterà una strategia orizzontale per il mercato unico volta a modernizzare il quadro di governance, rimuovere gli ostacoli che esistono all'interno dell'UE e impedire che se ne erigano di nuovi. La Commissione coglierà l'occasione per sveltire i processi di definizione delle norme e migliorarne l'accessibilità, in particolare per le PMI e le start-up.

Finanziare la competitività

Per raggiungere gli obiettivi concordati l’UE necessita di un fabbisogno finanziario aggiuntivo, stimato dal Rapporto Draghi a 750-800 miliardi di euro all'anno entro il 2030, il che significa che il tasso di investimento totale dell'UE rispetto al PIL dovrà aumentare di circa 5 punti percentuali, passando dall’attuale 22% al 27%.  La Commissione europea presenterà nel 2025 una Strategia per un'Unione del risparmio e degli investimenti, seguita da una serie di proposte specifiche, volta a creare nuovi prodotti di risparmio e di investimento, fornire incentivi per il capitale di rischio e garantire la fluidità dei flussi di investimenti in tutta l'UE. Il riorientamento del bilancio dell'UE razionalizzerà l'accesso ai fondi dell'UE in linea con le priorità dell'Unione. Nell’ambito del nuovo Quadro finanziario pluriennale un nuovo Fondo europeo per la competitività sosterrà le tecnologie strategiche e la produzione (dall'IA allo spazio, dalle tecnologie pulite ai settori biotecnologici) e contribuirà a stimolare e a ridurre il rischio per gli investimenti privati. Il Fondo sostituirà molteplici strumenti finanziari dell'UE vigenti che perseguono obiettivi analoghi. La Commissione annuncia inoltre di voler sfruttare appieno il potenziale del Gruppo BEI per raccogliere investimenti privati e colmare il divario di investimenti dell'Europa in tutti i settori prioritari.

Promuovere le competenze e posti di lavoro di qualità

Ai fini di una buona corrispondenza tra competenze ed esigenze del mercato del lavoro, la Commissione presenterà un'iniziativa per costituire un'Unione delle competenze incentrata sugli investimenti, sull'apprendimento permanente e in età adulta, sulla creazione di competenze adeguate alle esigenze future, sul mantenimento delle competenze, sulla mobilità equa, sull'attrazione e sull'integrazione di talenti qualificati provenienti dall'estero e sul riconoscimento di diversi tipi di formazione che consenta alle persone di lavorare in tutta l'Unione.

Migliore coordinamento delle politiche a livello nazionale e dell'UE

La Commissione introdurrà uno strumento di coordinamento per la competitività, sostenuto dal Fondo europeo per la competitività, tramite il quale assicurerà la collaborazione con gli Stati membri per garantire l'attuazione a livello nazionale e dell'UE degli obiettivi strategici condivisi dell'Unione, per individuare i progetti transfrontalieri di interesse europeo e portare avanti le riforme e gli investimenti collegati.

Azioni faro

Omnibus di semplificazione e definizione di piccole società a media capitalizzazione (26/2/2025).

Portafoglio aziendale europeo (2025)

Strategia per il mercato unico (2° trimestre 2025)

Revisione del regolamento sulla standardizzazione (2026)

Unione del risparmio e degli investimenti (1° trimestre 2025)

Prossimo QFP, compreso il Fondo per la competitività e uno strumento di coordinamento della competitività (2025).

Unione delle competenze (1° trimestre e 2025)

Tabella di marcia per la qualità dei posti di lavoro (4° trimestre 2025)

Iniziativa per la portabilità delle competenze (2026)


 


 

Riunione della Commissione per gli affari economici e finanziari (ECON)

La Commissione ECON, presieduta dall’onorevole Aurore Lalucq (Gruppo dell'Alleanza progressista di Socialisti e Democratici - Francia), in base a quanto stabilito dall’Allegato VI del Regolamento del Parlamento europeo, è competente per:

- le politiche economiche e monetarie dell'UE, il funzionamento dell'Unione economica e monetaria e il sistema monetario e finanziario europeo (comprese le relazioni con le istituzioni o organizzazioni interessate);

- la libera circolazione dei capitali e dei pagamenti (pagamenti transfrontalieri, spazio unico dei pagamenti, bilancia dei pagamenti, movimenti di capitali e politica di assunzione e di erogazione di prestiti, controllo dei movimenti di capitali provenienti da paesi terzi, misure volte ad incoraggiare l'esportazione di capitali dell'Unione europea);

- il sistema monetario e finanziario internazionale (comprese le relazioni con le istituzioni e le organizzazioni finanziarie e monetarie);

- le norme sulla concorrenza e gli aiuti di Stato o pubblici;

- le disposizioni fiscali;

- la regolamentazione e la vigilanza in materia di servizi, istituzioni e mercati finanziari, compresi la rendicontazione finanziaria, la revisione dei conti, le norme contabili, il governo societario e le altre questioni di diritto delle società riguardanti specificamente i servizi finanziari;

- le attività finanziarie pertinenti della Banca europea per gli investimenti come parte della governance economica europea nell'eurozona.

La commissione è assistita da una sottocommissione competente per le questioni fiscali, in particolare la lotta alla frode fiscale, all'evasione fiscale e all'elusione fiscale nonché la trasparenza finanziaria a fini fiscali.

 

I sessione - Il futuro dell’Unione bancaria e dell’Unione dei mercati dei capitali

L'Unione bancaria mira a garantire che il settore bancario nell’Eurozona - e nell'UE in generale - sia stabile, sicuro e affidabile, così da contribuire alla stabilità finanziaria, mentre l'Unione dei mercati dei capitali contempla norme che promuovono la condivisione privata del rischio e un migliore accesso ai finanziamenti.

Sinora sono stati realizzati diversi elementi fondamentali riguardanti l’Unione bancaria: in primo luogo, il codice unico europeo (single rulebook), che consiste in un insieme unico di norme armonizzate che tutti gli istituti finanziari nell'UE devono rispettare. In secondo luogo, il Meccanismo di vigilanza unico e il Meccanismo di risoluzione unico, che costituiscono due dei cosiddetti tre pilastri dell'Unione bancaria. Resta ancora da completare, in particolare, il terzo pilastro, un sistema europeo unico di assicurazione dei depositi (EDIS), la cui istituzione è tuttavia da anni condizionata, da parte di alcuni Paesi, all'approvazione di ulteriori misure di riduzione dei rischi nel settore bancario.

Allo stesso modo, sono state già approvate diverse misure volte a integrare i mercati dei capitali e a sviluppare un sistema finanziario più diversificato sulla base di una serie di piani d’azione della Commissione europea adottati in passato (come quello del 2020); restano, tuttavia, ancora altre importanti riforme da adottare.

In ragione di ciò, negli orientamenti politici della Presidente von der Leyen già richiamati si preannuncia il completamento dell’Unione dei mercati dei capitali, ritenuta necessaria per massimizzare gli investimenti pubblici e l’effetto leva, nonché per mobilizzare i finanziamenti utili per realizzare le transizioni verde, digitale e sociale.

Ciò premesso, seguirà una breve disamina dello stato dell’Unione bancaria e dei mercati dei capitali, per poi delineare le priorità d’azione a livello europeo e i termini del dibattito in corso, anche alla luce delle riflessioni contenute nel rapporto Letta sul futuro del mercato unico e nel successivo rapporto Draghi sulla competitività.

Lo stato dell’Unione bancaria

Come anticipato, asse portante dell’Unione bancaria è il codice unico europeo, che comprende, in particolare, la disciplina riguardante i requisiti patrimoniali delle banche, migliori sistemi di garanzia dei depositi, nonché norme per la gestione delle banche in dissesto.

In particolare, da questo punto di vista un importante passo verso l’approfondimento dell’Unione bancaria è stato compiuto con l’approvazione, il 30 maggio 2024, del regolamento e della direttiva recanti modifiche sui requisiti patrimoniali, tra cui quelle necessarie per attuare le riforme di Basilea III concordate a livello mondiale. Le nuove norme sono volte a rendere le banche che operano nell'UE più resilienti a possibili shock economici. Le modifiche mirano inoltre a rafforzare la vigilanza delle banche, la migliore gestione dei rischi e la sostenibilità nel settore bancario.

Inoltre, dell’Unione bancaria sono già stati istituiti i cd. primi 2 pilastri:

1) il Meccanismo di vigilanza unico (Single Supervisory Mechanism, SSM, istituito con il regolamento (UE) n. 1024/2013) che prevede l'attribuzione alla BCE di compiti di vigilanza prudenziale direttamente sulle banche cd. "sistemiche" (ovvero quelle con attivi superiori a 30 miliardi di euro oppure che rappresentino almeno il 20% del PIL del loro Paese), e indirettamente - per il tramite delle autorità di vigilanza nazionali - su tutti gli istituti di credito;

2) il Meccanismo di risoluzione unico (Single resolution mechanism, SRM, istituito con il regolamento (UE) n. 806/2014) che mira a limitare l'impatto sui bilanci pubblici degli interventi di salvataggio delle banche in crisi (cd. bail-out), introducendo il principio per cui al risanamento degli istituti di credito concorrono, in primo luogo, gli azionisti, in secondo luogo gli obbligazionisti e infine i titolari di conti correnti oltre i 100.000 euro (cd. bail-in).

Le principali iniziative legislative in corso

Resta, invece, ancora inattuato il terzo pilastro, ossia la definizione di un sistema europeo di assicurazione dei depositi (European Deposit Insurance Scheme, EDIS) finalizzato a integrare e sostituire gradualmente i fondi nazionali di garanzia dei depositi esistenti, proposta sulla quale i negoziati sono particolarmente complessi.

Sebbene la proposta di regolamento risalga a novembre 2015, ancora si attende la definizione della posizione in prima lettura del Parlamento europeo; la commissione competente per materia ha rimesso l’esame il 13 novembre 2024 (si veda la pagina web dell’Osservatorio legislativo del Parlamento europeo).

La disciplina attualmente in vigore, si limita, come già anticipato, ad armonizzare i livelli di tutela offerti dai sistemi di garanzia dei depositi nazionali (garantendo i depositi fino a 100mila euro) e le loro modalità di intervento in caso di crisi, ma mantiene diverse facoltà discrezionali per gli Stati membri.

Nel tentativo di superare le difficoltà negoziali, specie in Consiglio, si è proposto anche di ragionare su un modello ibrido di EDIS che si basa sull'idea della coesistenza di un fondo centrale e di una capacità di prestito obbligatoria tra gli schemi di garanzia nazionali. L’Italia ha sempre sostenuto un sistema europeo di assicurazione dei depositi, e la necessità di pervenire, come obiettivo finale, a un EDIS completo, ossia che preveda, con tempi certi, la piena assicurazione, in cui è lo schema accentrato che sopporta integralmente il rimborso dei depositanti.

Inoltre, sulla scia della dichiarazione sul futuro dell'unione bancaria adottata dall'Eurogruppo nel giugno 2022, l’UE ha orientato i propri sforzi sul rafforzamento del quadro comune per la gestione delle crisi bancarie e i sistemi nazionali di garanzia dei depositi (crisis management and deposit insurance framework, CMDI), presentando un pacchetto legislativo ad hoc (aprile 2023), su cui sono ancora in corso i negoziati a livello UE.

Nell'ambito della riforma del quadro CMDI, è stata adottata la cosiddetta direttiva sulle catene partecipative (daisy chain), che modifica la direttiva sul risanamento e la risoluzione delle banche (BRRD) e il regolamento sul meccanismo di risoluzione unico (SRMR) al fine di includere requisiti di proporzionalità mirati per il trattamento del "MREL interno" nei gruppi soggetti a risoluzione bancaria.

Il futuro dell’Unione bancaria secondo i rapporti Letta e Draghi

Secondo il rapporto Letta sul futuro del mercato unico, uno dei quattro settori principali da collocare al centro del mercato unico nei prossimi anni è costituito dal settore finanziario (insieme a difesa, energia, telecomunicazioni).

L’UE - si osserva nel rapporto - presenta un quadro frammentato anche in questo settore, dove sono ancora incomplete l’Unione bancaria e l’Unione dei mercati di capitali e uno scarso collegamento tra finanza e innovazione spinge molte start-up innovative europee e molti risparmi europei verso destinazioni estere, in particolare verso gli Stati Uniti.

Anche il rapporto Draghi si occupa diffusamente della tematica ed osserva che per varare una nuova strategia industriale per l’Europa si debba tra l’altro aumentare la capacità di finanziamento del settore bancario. Nell’ambito del settore bancario, in particolare, secondo Draghi è necessario rilanciare la cartolarizzazione e completare l’Unione bancaria.

La cartolarizzazione è una tecnica finanziaria attraverso cui strumenti finanziari non divisibili - ad es. i prestiti immobiliari - vengono trasformati in strumenti finanziari divisibili e trasferibili. I crediti vengono trasferiti ad una c.d. “società veicolo” specificamente costituita abilitata ad emettere titoli che, come garanzia, avranno proprio quei prestiti che hanno generato il credito. La società veicolo (cessionaria) a sua volta vende i titoli obbligazionari agli investitori e versa al cedente il corrispettivo economico così ottenuto.

Circa il primo punto, il rapporto raccomanda alla Commissione di presentare una proposta di adeguamento dei requisiti prudenziali per le attività cartolarizzate e di creare una piattaforma dedicata alla cartolarizzazione che contribuirebbe ad approfondirne il mercato, specie se sostenuta da un sostegno pubblico mirato.

Il rapporto sottolinea come nell’UE i prestiti bancari siano ancora la principale fonte di finanziamento esterno per le imprese. Tuttavia le banche sono solitamente mal attrezzate per finanziare le imprese innovative e, tra l’altro, non possono fare affidamento, nella stessa misura degli omologhi statunitensi, sulla cartolarizzazione. Al riguardo, secondo il rapporto, i requisiti patrimoniali devono essere ridotti per alcune categorie semplici, trasparenti e standardizzate per le quali non riflettono i rischi effettivi. Parallelamente, l’UE, dovrebbe rivedere le regole di trasparenza e di dovuta diligenza per le attività cartolarizzate, che sono relativamente elevate rispetto ad altre classi di attività e ne riducono l’attrattiva.

Per quanto riguarda il completamento dell’Unione bancaria, nel rapporto si osserva che un passo minimo in questa direzione sarebbe la creazione per le banche europee con importanti operazioni transfrontaliere di una giurisdizione separata, indipendente dagli Stati membri dal punto di vista della regolamentazione, della vigilanza e della gestione delle crisi.

Lo stato dell’Unione dei mercati dei capitali

L'Unione dei mercati dei capitali ha l’obiettivo di far convergere i mercati dei capitali nazionali in un vero mercato unico a livello UE. Mira anche ad offrire ai sistemi produttivi europei canali di finanziamento alternativi a quello tradizionale costituito dal credito bancario.

Malgrado i notevoli progressi compiuti negli anni recenti per quanto riguarda la crescita dei mercati dei capitali dell'UE, che dal 2014 sfiora quasi il 50% in rapporto al PIL, permane un notevole divario nel loro sviluppo.

Come sottolineato anche nei rapporti Letta e Draghi, mercati europei dei capitali maggiormente sviluppati e integrati consentirebbero di:

·         diversificare le fonti di finanziamento delle imprese, in particolare delle PMI;

·         agevolare gli investimenti transfrontalieri e attrarre maggiori investimenti esteri nell'UE;

·         rendere il sistema finanziario dell'UE più stabile, resiliente e competitivo;

·         aumentare le opzioni per i risparmiatori e ridurre i costi di finanziamento per le imprese;

·         rafforzare il ruolo dell'euro come valuta di investimento internazionale;

·         sostenere gli investimenti nell'innovazione e contribuire alla duplice transizione verde e digitale.

Tra le più recenti iniziative legislative in materia si segnalano il regolamento e la direttiva sulle infrastrutture del mercato europeo (EMIR), adottati dal Consiglio il 19 novembre 2024. Si è proceduto, altresì, all'armonizzazione di taluni aspetti del diritto in materia di insolvenza all'interno dell'UE per aumentare l'efficienza e la prevedibilità dei quadri normativi, in particolare per quanto riguarda gli investimenti transfrontalieri.

In particolare, sono state definitivamente adottate il 5 novembre 2024 due direttive che, per un verso, recano modifiche alla direttiva Solvibilità II, ossia il principale atto legislativo dell'UE nel settore delle assicurazioni, e, dall’altro, introducono nuove norme in materia di risanamento e risoluzione delle imprese di assicurazione (IRRD).

Ancora, sono state introdotte norme in materia di quotazione per le imprese, in particolare le PMI, definitivamente adottate dal Consiglio ad ottobre 2024. In particolare, si tratta del regolamento e della direttiva relativi alla quotazione delle società e all'accesso delle PMI ai capitali e della proposta di direttiva relativa alle strutture con azioni a voto plurimo per le società che chiedono l'ammissione alla negoziazione delle loro azioni sui mercati di crescita per le PMI.

Merita ricordare, infine, che è stato altresì definitivamente adottato, ad ottobre 2023, il regolamento sulle obbligazioni verdi che ha l’obiettivo di definire un quadro normativo comune in merito all'utilizzo della designazione "European Green Bond" per le obbligazioni che perseguano obiettivi di sostenibilità ambientale. Inoltre, è stata recentemente portata a termine anche la revisione della normativa antiriciclaggio (Anti-money laundering), che istituisce anche un'autorità antiriciclaggio a livello dell'UE (AMLA).

 

Focus: la cd. “Legge Capitali”

La legge n. 21 del 2024, nota come “Legge Capitali”, recante «Interventi a sostegno della competitività dei capitali e delega al Governo per la riforma organica delle disposizioni in materia di mercati dei capitali recate dal testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e delle disposizioni in materia di società di capitali contenute nel codice civile applicabili anche agli emittenti» è entrata in vigore il 27 marzo 2024 e consta di 27 articoli.  

Il testo normativo, sulla base delle indicazioni fornite dal Rapporto OCSE del 2020 e dal Libro Verde del MEF del 2022, si pone l’obiettivo di migliorare la competitività del mercato dei capitali italiano in vista della realizzazione dell’Unione dei mercati dei capitali garantendo l’equilibrio tra competitività e tutela del risparmio. 

La Legge Capitali, da un lato, introduce misure volte a semplificare l’accesso e la permanenza delle imprese sul mercato, dall’altro, tutela gli investitori e l’integrità dei mercati al fine di attirare capitali sul mercato finanziario italiano e promuovere il rientro in Italia di gruppi societari che hanno trasferito la loro sede all’estero. Tra le misure più importanti si segnalano: l’esenzione dalla disciplina dell’offerta fuori sede delle operazioni di sottoscrizione per importi superiori o uguali a 250.000 euro e per quelle effettuate da emittenti quotati su mercati regolamentati o MTF a prescindere dall’importo della singola sottoscrizione (art. 1); l’innalzamento della soglia di capitalizzazione rilevante ai fini della qualifica di PMI da 500 milioni a 1 miliardo di euro (art.2); la disciplina relativa alla dematerializzazione delle quote di PMI (art. 3); la riforma della disciplina applicabile alle società emittenti strumenti finanziari diffusi (art. 4); la semplificazione delle procedure di ammissione a quotazione (art. 9) e le modifiche ai poteri sanzionatori della Consob (art. 20).                                                                              

Da ultimo, il testo normativo prevede una delega al Governo – sulla quale pende un disegno di legge (A.S. n. 1351) – per la riforma organica del TUF e delle disposizioni del codice civile in materia di società di capitali. Il citato disegno di legge proroga a ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge delega n. 21 del 2024 il termine per l’adozione dei decreti legislativi e, conseguentemente, anche il termine per l’adozione di eventuali decreti correttivi e integrativi. Nello stesso arco temporale, il disegno di legge prevede una delega al Governo per la riforma organica e il riordino del sistema sanzionatorio e di tutte le procedure sanzionatorie previste dal TUF, sulla base di specifici principi e criteri direttivi.

Le principali iniziative legislative sui servizi finanziari in corso di esame

Le principali proposte legislative in materia di servizi finanziari in corso di esame presso le Istituzioni UE riguardano tra l’altro titoli garantiti da obbligazioni sovrane, investimenti al dettaglio e l’accesso ai dati finanziari. Per approfondimenti, si consulti la pagina web della Commissione europea dedicata all’Unione dei mercati dei capitali.

È inoltre pendente la procedura legislativa relativa al pacchetto “euro digitale”, che definisce il quadro giuridico per l'eventuale introduzione dell'euro digitale. Per approfondimenti sull’euro digitale, si consulti la pagina web della BCE.

 

Il futuro dell’Unione dei mercati dei capitali

Il futuro dell’Unione dei mercati dei capitali - e, segnatamente, le azioni necessarie per il suo sviluppo - è uno dei temi centrali dell’agenda politica della nuova Commissione europea. In particolare, nei citati orientamenti politici viene proposta una serie di misure in tal senso, tra cui strumenti di assorbimento del rischio per facilitare il finanziamento delle imprese in rapida crescita da parte di banche commerciali, investitori e venture capital.

Si sottolinea, altresì, la necessità di una revisione del quadro normativo per affrontare le barriere che limitano la quantità di capitale europeo disponibile per finanziare l'innovazione. Inoltre, si preannuncia la creazione di un’Unione europea del risparmio e degli investimenti, compresi i mercati bancari e dei capitali, sviluppando in questo senso una delle proposte contenute nel rapporto Letta per affrontare il tema della frammentazione dei mercati finanziari dell’UE e sfruttare l'enorme ricchezza del risparmio privato per investire nell'innovazione e nelle transizioni pulite e digitali.

Il tema del rilancio dell’Unione dei mercati dei capitali è altresì al centro delle riflessioni contenute nel rapporto Letta, che sottolinea l’importanza di collegare più intimamente il mercato unico con l’unione dei mercati dei capitali, per finanziare adeguatamente le transizioni verde e digitale.  Come anticipato, il rapporto chiede una trasformazione significativa: la creazione di un'Unione dei risparmi e degli investimenti, sviluppata a partire dall'Unione dei mercati dei capitali incompleta.

L'UE ospita 33 trilioni di euro di risparmi privati, prevalentemente in valuta e depositi (34,1%), ma una tendenza preoccupante, secondo il rapporto, è la deviazione annuale di circa 300 miliardi di euro di risparmi delle famiglie europee dai mercati dell'UE all'estero, principalmente verso l'economia americana.

Il passo successivo prospettato dal rapporto consiste nel favorire gli investimenti pubblici e nell'affrontare il dibattito sugli aiuti di Stato.

Al fine di facilitare il sostegno pubblico mirato nazionale all'industria, nella misura in cui affronta in modo proporzionato i fallimenti del mercato, e, al contempo, prevenire la frammentazione del mercato unico e le distorsioni della concorrenza, il rapporto propone di bilanciare un'applicazione più rigorosa degli aiuti di Stato a livello nazionale e la progressiva espansione del sostegno finanziario a livello dell'UE, ad es. prevedendo un meccanismo di contributo agli aiuti di Stato, che imponga agli Stati membri di destinare una parte dei loro finanziamenti nazionali al finanziamento di iniziative e investimenti paneuropei.

L’UE - ricorda ancora il rapporto - non dispone di meccanismi politici adeguati per sviluppare strumenti di strategia industriale come l’Inflation Reduction Act statunitense, che si basa su schemi di credito d’imposta rapidi e agili. Propone pertanto uno strumento simile oppure un vero e proprio pilastro di finanza europea comune che consenta investimenti più grandi degli importanti progetti di interesse comune europei (IPCEI) e promuova la politica industriale europea, incoraggiando l'espansione (scale up) degli operatori economici europei.

Anche secondo il rapporto Draghi una delle ragioni principali della minore efficienza dell’intermediazione finanziaria in Europa risiede nel fatto che i mercati dei capitali rimangono frammentati e i flussi di risparmio verso gli stessi sono inferiori.

Permangono, a giudizio di Draghi, tre principali problemi: 1) l’UE non dispone né di un’unica autorità di regolamentazione del mercato dei valori mobiliari né di un unico regolamento per tutti gli aspetti della negoziazione; 2) l’ambiente post-negoziale per la compensazione e il regolamento in Europa è di gran lunga meno unificato rispetto a quello statunitense; 3) i regimi fiscali e d’insolvenza degli Stati membri restano sostanzialmente non allineati. I mercati dei capitali dell’UE sono inoltre poco forniti di capitali a lungo termine rispetto ad altre grandi economie, soprattutto a causa dello scarso sviluppo dei fondi pensione.

A tal riguardo, il rapporto invoca anzitutto la costituzione di una vera e propria Unione dei mercati dei capitali. In questo contesto chiede di trasformare l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA) in Autorità di regolamentazione unica e comune per tutti i mercati mobiliari dell’UE, simile alla Securities and Exchange Commission statunitense. In particolare, nel rapporto si suggerisce che la governance e i processi decisionali dell’ESMA siano modificati secondo linee analoghe a quelle del Consiglio direttivo della BCE, distaccandoli il più possibile dagli interessi nazionali degli Stati membri dell’UE.

Ritiene altresì fondamentale armonizzare i quadri in materia di insolvenza e creare un’unica piattaforma di controparte centrale e un unico depositario centrale di titoli per tutte le operazioni in titoli. Reputa inoltre necessario incanalare meglio i risparmi delle famiglie verso investimenti produttivi attraverso prodotti di risparmio a lungo termine (pensioni).

Anche nelle dichiarazioni dell’Eurogruppo (in formato inclusivo) dell’11 marzo 2024 si osserva che i mercati dei capitali europei devono essere sviluppati con urgenza per diventare competitivi a livello globale.

In particolare, si sottolinea la necessità di convogliare i risparmi nazionali e i capitali esteri verso le imprese innovative, che spesso cercano finanziamenti all’estero. Di conseguenza, ridurre la frammentazione, gli oneri normativi e gli elevati costi di transazione può aumentare l'attrattiva dell'UE come polo finanziario, offrendo opportunità di investimento più redditizie nell'UE.

 

II sessione - Creare un ecosistema per gli investimenti europei

In linea con le priorità politiche del ciclo istituzionale dell’UE 2024-2029 definite dal Consiglio europeo, la Presidente von der Leyen ha annunciato che la Commissione europea 2024-2029 sarà una “Commissione degli investimenti”. La Presidente ritiene che per raggiungere gli obiettivi climatici, digitali e sociali dell’UE, serviranno ingenti investimenti - come richiesto anche dai rapporti Letta e Draghi -, in controtendenza con quanto spesso avvenuto in passato.

L’Agenda strategica dell’UE 2024-2029: un’Europa prospera e competitiva

Le priorità politiche del nuovo ciclo istituzionale dell’UE sono state definite nell’Agenda strategica dell’UE 2024-2029, approvata dal Consiglio europeo del 27 giugno 2024. Uno specifico capitolo dell’Agenda è dedicato al tema “Un'Europa prospera e competitiva”.

L’Agenda chiede alle Istituzioni europee di lavorare in particolare per rafforzare la competitività a lungo termine dell’UE, aumentando la sovranità nei settori strategici e colmando i divari di crescita, produttività e innovazione con i partner internazionali, mobilitando finanziamenti pubblici e privati, anche attraverso la BEI. Chiede altresì di approfondire il mercato unico, realizzare l'Unione dei mercati dei capitali, garantire una politica equilibrata in materia di aiuti di Stato, investire in infrastrutture (per energia, trasporti e comunicazioni) e nelle tecnologie digitali rivoluzionarie, nonché sostenere il modello economico europeo e i sistemi di welfare, investendo nelle competenze e nell'istruzione delle persone per tutta la vita.

Gli orientamenti politici della Commissione europea 2024-2029: un forte impulso agli investimenti

La Commissione europea - affermano i citati orientamenti politici - “sarà orientata agli investimenti” al fine di “sbloccare i finanziamenti necessari per le transizioni verde, digitale e sociale”.

A questo scopo è previsto in primo luogo un impegno a massimizzare gli investimenti pubblici, mobilitando, nel contempo, i capitali privati.

A tale scopo, ritiene centrale e prioritario il completamento dell’Unione dei mercati dei capitali e la presentazione di un’Unione europea dei risparmi e degli investimenti che potrebbe attrarre investimenti per ulteriori 470 miliardi di euro all’anno e ridurre la frammentazione dei mercati finanziari europei che ogni anno causa il trasferimento di 300 miliardi di euro di risparmi delle famiglie europee verso mercati esteri.

Quanto ai finanziamenti e agli investimenti pubblici, secondo gli orientamenti la priorità principale sarà quella di garantire l’uso delle risorse disponibili nell’ambito di NextGenerationEU e del bilancio pluriennale dell’UE corrente 2021-2027. Guardando invece al futuro, il Patto per l’industria pulita - che la Commissione si è impegnata a presentare per tenere insieme gli obiettivi del Green Deal con il rafforzamento della competitività europea -  dovrebbe consentire all’Unione di investire di più nelle tecnologie pulite e strategiche come pure nelle industrie ad alta intensità energetica. La Presidente von der Leyen ha anticipato la presentazione, nell’ambito della proposta del prossimo Quadro finanziario pluriennale (QFP) dell’UE, di un nuovo fondo europeo per la competitività per offrire capacità di investimento sulle tecnologie strategiche (come intelligenza artificiale, spazio, tecnologie pulite, biotecnologie) puntando a garantire che siano sviluppate e prodotte in Europa.

Il rapporto sul futuro della competitività europea di Mario Draghi: il finanziamento degli investimenti

Il citato rapporto Draghi contiene una sezione dedicata specificamente al tema del finanziamento degli investimenti.

Come anticipato nella sezione introduttiva del presente dossier, il fabbisogno finanziario necessario all’UE per raggiungere i suoi obiettivi è stimato in almeno 750-800 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi annui, pari al 4,4-4,7% del PIL dell’UE nel 2023 (per fare un confronto, gli investimenti del Piano Marshall nel periodo 1948-51 equivalevano all’1-2% del PIL dell’UE). La quota di investimenti dell’UE dovrebbe passare dall’attuale 22% circa del PIL a circa il 27%, invertendo un declino pluridecennale nella maggior parte delle grandi economie dell’Unione.

Il rapporto ricorda che si è aperto un divario considerevole e persistente tra gli investimenti produttivi privati nell’UE e negli USA, che non è stato compensato dall’aumento degli investimenti pubblici, anch’essi calati dopo la grande crisi finanziaria e mantenutisi sempre più bassi nell’UE rispetto agli USA in termini di quota del PIL. Inoltre, anche se nel 2022 i risparmi delle famiglie UE erano pari a 1.390 miliardi di euro, rispetto agli 840 miliardi degli Stati Uniti, esse dispongono di una ricchezza assai inferiore rispetto alle famiglie statunitensi, specie a causa dei minori ritorni sulle loro attività che ricevono dai mercati finanziari.

La sfida è quindi quella di sbloccare gli investimenti, sia pubblici che privati, anche mediante incentivi fiscali. Lo stimolo agli investimenti privati avrà un certo impatto sulle finanze pubbliche, ma gli aumenti di produttività potranno ridurre i costi di bilancio.

Ad es., un aumento del 2% del livello di produttività totale dei fattori dell’UE nell’arco di dieci anni potrebbe già essere sufficiente a coprire fino a un terzo della spesa di bilancio (sovvenzioni agli investimenti e investimenti pubblici) necessaria per attuare il piano.

 Mobilitare i finanziamenti pubblici e privati su scala 

Secondo il rapporto, una delle ragioni principali della minore efficienza dell’intermediazione finanziaria in Europa risiede nel fatto che i mercati dei capitali rimangono frammentati e i flussi di risparmio verso gli stessi sono inferiori. Il rapporto invoca pertanto la costituzione di una vera e propria Unione dei mercati dei capitali (si veda supra il paragrafo “Il futuro dell’Unione dei mercati dei capitali)

Pilastro della competitività nel bilancio UE

Il rapporto raccomanda di istituire, nel prossimo QFP, un “pilastro della competitività” per indirizzare i finanziamenti dell’UE verso i progetti ritenuti prioritari. Propone di raggruppare e ridurre sostanzialmente il numero di tutti i programmi di finanziamento, istituendone appositi per colmare il divario di investimenti delle aziende tecnologiche in fase di scale-up nell’UE, nonché per alcune capacità produttive, come la tecnologia pulita. Propone di rafforzare la flessibilità del bilancio, raccomanda di aumentare l’entità della garanzia dell’UE per il programma InvestEU e chiede al Gruppo BEI di farsi carico di più progetti ad alto rischio e di più grandi dimensioni.

Secondo il rapporto, inoltre, il bilancio dell’UE è esiguo (poco più dell’1% del PIL dell’UE), non è destinato alle priorità strategiche ed è frammentato in quasi 50 programmi di spesa, nonché denota una scarsa propensione al rischio. Inoltre, il rimborso dei prestiti dell’UE nell’ambito di NGEU inizierà nel 2028 e rappresenterà 30 miliardi di euro all’anno. Senza una decisione sulle nuove risorse proprie, l’effettivo potere di spesa dell’UE verrebbe automaticamente ridotto dai rimborsi degli interessi e del capitale.

Emissione di debito comune

Il rapporto afferma che l’UE dovrebbe orientarsi verso l’emissione regolare di asset comuni sicuri tra gli Stati membri. In particolare, l’UE dovrebbe continuare a emettere strumenti di debito comuni sulla base del modello NextGenerationEU. Il debito comune verrebbe utilizzato per finanziare progetti di investimento congiunti che aumenteranno la competitività e la sicurezza dell’Unione. Allo stesso tempo, gli Stati membri potrebbero considerare di aumentare le risorse a disposizione della Commissione rinviando il rimborso di NGEU per finanziare programmi incentrati sull’innovazione e sull’aumento della produttività.

Il rapporto sul futuro del mercato unico di Enrico Letta: verso un'"Unione dei risparmi e degli investimenti"

Come anticipato, il rapporto Letta ritiene necessario costituire una Unione dei risparmi e degli investimenti. La priorità iniziale è mobilitare il capitale privato (v. supra il paragrafo “Il futuro dell’Unione dei mercati dei capitali”). Per quanto riguarda gli investimenti pubblici, Letta ritiene fondamentale affrontare le divisioni politiche in merito alla definizione di una capacità fiscale centrale dell’UE.

 


 

Riunione della Commissione per l’occupazione e gli affari sociali (EMPL)

La Commissione EMPL, presieduta da Li Andersson (Gruppo The Left - Finlandia), in base a quanto stabilito dall’Allegato VI del Regolamento del Parlamento europeo, è competente per:

- la politica dell'occupazione e tutti gli aspetti della politica sociale, comprese condizioni di lavoro, sicurezza sociale, inclusione e protezione sociale;

- i diritti dei lavoratori;

- le misure per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro;

- il Fondo sociale europeo;

- la politica di formazione professionale, comprese le qualifiche professionali;

- la libera circolazione dei lavoratori e dei pensionati;

- il dialogo sociale;

- tutte le forme di discriminazione sul luogo di lavoro e nel mercato del lavoro, eccetto quelle fondate sul sesso;

- le relazioni con: il Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale (Cedefop), la Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, la Fondazione europea per la formazione, l'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, nonché le relazioni con altri organismi dell'Unione ed organizzazioni internazionali interessati.

 

I sessione - L’impatto dell’IA sul mercato del lavoro, in particolare sul progressivo cambiamento delle condizioni di lavoro

L’intelligenza artificiale (IA) è una tecnologia in rapida evoluzione con un grande potenziale per rendere i lavoratori più produttivi e le imprese più efficienti, nonché stimolare l’innovazione in nuovi prodotti e servizi.

Il regolamento sull’IA (v. infra) definisce come sistema di “IA” quello basato su una macchina progettato per funzionare con diversi livelli di autonomia e che può mostrare adattività dopo l'implementazione e che, per obiettivi espliciti o impliciti, deduce, dall'input che riceve, come generare output quali previsioni, contenuti, raccomandazioni o decisioni che possono influenzare ambienti fisici o virtuali.

I recenti progressi nel campo dell’IA hanno riacceso il dibattito sull’impatto che le novità tecnologiche potrebbero avere sull’occupazione e sul mercato del lavoro, sia in termini di vantaggi e benefici che di potenziali rischi e riflessi negativi sui livelli occupazionali e sui diritti dei lavoratori.

Merita al riguardo ricordare l’indagine conoscitiva avviata presso la Commissione lavoro della Camera dei Deputati, relativa al rapporto tra IA e mondo del lavoro, con particolare riferimento agli impatti che l'intelligenza artificiale generativa può avere sul mercato del lavoro. Nell’ambito dell’indagine si è svolta, il 26 giugno 2024, anche l’audizione della Direttrice per la digitalizzazione presso il Centro Comune di ricerca (JRC) della Commissione europea, Francesca Campolongo.

Azione delle istituzioni dell'Unione europea

L’approccio europeo all’IA, come chiarito dalla relativa pagina web della Commissione europea, consiste nel coniugare gli obiettivi dell'“eccellenza” e della “fiducia”, ossia rafforzare la ricerca e la capacità industriale garantendo nel contempo la sicurezza e i diritti fondamentali.

L’importanza della tematica in oggetto è testimoniata anche dal richiamo contenuto negli orientamenti politici della Presidente Von Der Leyen per la nuova Commissione europea (2024-2029).

In particolare, ribadita la centralità dei principi sanciti nel Pilastro europeo dei diritti sociali, la Presidente ha annunciato, tra le diverse misure, anche l’adozione di un nuovo Piano d’azione sull'attuazione del Pilastro europeo dei diritti sociali, con iniziative relative all'impatto della digitalizzazione sul lavoro: dalla gestione dell'intelligenza artificiale, al telelavoro e all'impatto della cultura “always on sulla salute mentale delle persone. In tale settore, in particolare, la Presidente si è impegnata ad avanzare una proposta sul riconoscimento del diritto alla disconnessione.

La centralità del tema riguardante la diffusione di tecnologie IA è emersa anche nel corso del vertice del G7 che si è tenuto a Borgo Egnazia, in Puglia, dal 13 al 15 giugno 2024 e che ha visto la partecipazione anche dell’UE. Al termine del vertice, i leader hanno adottato un comunicato che ha annunciato tra l'altro il lancio di un piano d’azione sull’uso dell’intelligenza artificiale nel mondo del lavoro.

Di seguito si riportano le principali iniziative adottate a livello europeo: il regolamento UE sull’intelligenza artificiale, la risoluzione del Parlamento europeo “L'intelligenza artificiale in un'era digitale” del 2022 e, infine, il recente parere d’iniziativa del Comitato economico e sociale europeo (“CESE”) del 22 gennaio 2025.

Il nuovo regolamento sull’intelligenza artificiale

Come anticipato, l’UE, pur sostenendo l’innovazione e lo sviluppo delle tecnologie di IA, ne riconosce i potenziali rischi, in particolare per i diritti dei lavoratori e, di conseguenza, promuove una diffusione di tali tecnologie basata su un approccio antropocentrico e affidabile.

Questo approccio ha avuto una prima concretizzazione con l’adozione del regolamento recante un quadro giuridico in materia di intelligenza artificiale (“legge sull’IA”), adottato a maggio 2024.

Il nuovo regolamento mira infatti a ridurre al minimo i rischi per la sicurezza e i diritti fondamentali che potrebbero essere generati dai sistemi di IA e, pertanto, segue un approccio "basato sul rischio", in forza del quale quanto maggiore è il rischio, tanto più rigorose sono le regole. La nuova disciplina stabilisce obblighi per fornitori e operatori dei sistemi di IA a seconda del livello di rischio che l'IA può generare, distinguendo tra rischio inaccettabile, rischio alto e rischio basso o minimo.

Tra i sistemi considerati ad alto rischio ai sensi della legge sull’IA vengono ricondotti, in particolare, sistemi che incidono direttamente sull’occupazione, sulla gestione dei lavoratori e sull’accesso al lavoro autonomo.

Segnatamente vengono considerati sistemi di IA ad alto rischio quei sistemi destinati ad essere utilizzati per l'assunzione o la selezione di persone fisiche, in particolare per pubblicare annunci di lavoro mirati, e per analizzare o filtrare le candidature e valutare i candidati; nonché quelli destinati a essere utilizzati per adottare decisioni riguardanti le condizioni dei rapporti di lavoro, la promozione o cessazione dei rapporti contrattuali di lavoro, per assegnare compiti sulla base del comportamento individuale o dei tratti e delle caratteristiche personali o per monitorare e valutare le prestazioni e il comportamento delle persone nell'ambito di tali rapporti di lavoro. Sistemi di questo tipo possono, infatti, avere un impatto significativo sulle prospettive di carriera, sul sostentamento e sui diritti dei lavoratori e quindi sul futuro di tali persone, oltre a perpetuare modelli storici di discriminazione (ad esempio nei confronti delle donne, di alcune fasce di età, delle persone con disabilità o delle persone aventi determinate origini razziali o etniche o un determinato orientamento sessuale) e a compromettere i diritti fondamentali in materia di protezione dei dati e della vita privata.

L’utilizzo di sistemi di IA in un contesto lavorativo può, inoltre, in alcuni casi indicati nel regolamento, determinare un rischio inaccettabile. In particolare, è vietata l'immissione sul mercato, la messa in servizio o l'uso di un sistema di IA che abbia lo scopo di identificare o inferire le emozioni di una persona fisica nell'ambito del luogo di lavoro e degli istituti di istruzione, tranne laddove l'uso del sistema di IA sia destinato a essere messo in funzione o immesso sul mercato per motivi medici o di sicurezza. La limitata affidabilità, la mancanza di specificità e, tra l’altro, la natura particolarmente invasiva di questi strumenti di IA generano, infatti, preoccupazioni in merito alla base scientifica di questi sistemi, tanto da indurre l’UE a vietare queste tecnologie, in quanto potrebbero determinare un trattamento pregiudizievole o sfavorevole di talune persone fisiche o di interi gruppi di persone fisiche.

Considerate le prospettive legate all’utilizzo nel breve e nel medio termine dell’intelligenza artificiale all’interno del lavoro e nel contesto dell'occupazione e della protezione dei lavoratori, la legge sull’IA si propone di non pregiudicare l'esercizio dei diritti fondamentali riconosciuti dagli Stati membri e dall’UE, quali il diritto di sciopero, il diritto di negoziare, di concludere ed eseguire accordi collettivi, il diritto  di intraprendere altre azioni contemplate dalla disciplina delle relazioni industriali o di intraprendere azioni collettive in conformità al diritto nazionale.

Anche le condizioni di impiego, le condizioni di lavoro e il rapporto tra datori di lavoro e lavoratori, così come definite dal diritto del lavoro nazionale e dal diritto dell’Ue in materia di politica sociale, non dovrebbero essere incise dal regolamento.

La legge sull’IA mira inoltre a lasciare impregiudicata la normativa europea volta a migliorare le condizioni di lavoro nel lavoro mediante piattaforme digitali, e, anzi, mira a rafforzare l'efficacia di tali diritti e mezzi di ricorso esistenti, definendo requisiti e obblighi specifici, anche per quanto riguarda la trasparenza, la documentazione tecnica e la conservazione delle registrazioni dei sistemi di IA.

A tutela dei diritti fondamentali vengono inoltre lasciati impregiudicati gli obblighi dei datori di lavoro di informare e/o consultare i lavoratori o i loro rappresentanti, a norma del diritto e delle prassi dell'Unione o nazionali, in merito alle decisioni relative all’utilizzo di sistemi di IA.

Nelle premesse al regolamento si osserva altresì che la previsione e l’attuazione di misure di alfabetizzazione in materia di IA possono anche contribuire al miglioramento delle condizioni di lavoro, nonché al consolidamento e al percorso di innovazione di un'IA affidabile nell'Ue.

Tali misure sono disciplinate dall’articolo 4, nel quale si prevede che i fornitori e i deployers dei sistemi di IA debbano adottare misure per garantire per quanto possibile un livello sufficiente di alfabetizzazione in materia di IA del loro personale, nonché di qualsiasi altra persona che si occupi del funzionamento e dell'utilizzo dei sistemi di IA per loro conto, considerando le loro conoscenze tecniche, la loro esperienza, istruzione e formazione, il contesto di utilizzo e le persone o i gruppi di persone su cui i sistemi di IA devono essere utilizzati.

Ai sensi della legge sull’IA resta ferma in ogni caso la possibilità per l’Ue e gli Stati membri di mantenere o introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli per i lavoratori in relazione all'uso dei sistemi di IA da parte dei datori di lavoro.

La posizione del Parlamento europeo sull’IA

Il tema in esame è stato altresì oggetto della risoluzione approvata dal Parlamento europeo nel maggio 2022, dal titolo “L'intelligenza artificiale in un'era digitale”, che riserva una sezione specifica alla relazione intelligenza artificiale-mercato del lavoro.

La risoluzione esprime preoccupazione per il fatto che la digitalizzazione potrebbe portare alla riorganizzazione della forza lavoro e alla potenziale scomparsa di taluni settori di occupazione, sottolineando al contempo che l'adozione dell'IA, se combinata con le necessarie infrastrutture di supporto, istruzione e formazione, potrebbe aumentare la produttività del capitale e del lavoro e contribuire a migliorare le competenze, aumentare la qualità del lavoro e creare nuovi posti di lavoro con un valore aggiunto maggiore.

Al riguardo, merita menzionare lo studio condotto dal Parlamento europeo sui rischi e i vantaggi dell’IA (giugno 2023), da cui emerge che il 14% dei posti di lavoro nei Paesi OCSE sono automatizzabili e un altro 32% dovrebbe affrontare cambiamenti sostanziali. Di conseguenza, lo studio evidenzia l’importanza cruciale che rivestono l’offerta e l’accesso ad un’adeguata formazione

Nella risoluzione si sottolinea anche il potenziale aumento della disparità di reddito qualora l'IA aumenti il volume delle occupazioni ad alto livello di qualificazione e sostituisca quelle a basso livello.

Infine, il Parlamento europeo esprime preoccupazione che l'IA possa produrre processi di dequalificazione, creare e includere lavori scarsamente retribuiti e a bassa autonomia nonché ampliare i lavori atipici, flessibili (o «gig»).

Al riguardo, si segnala la ricerca condotta dal Parlamento europeo “Migliorare le condizioni di lavoro utilizzando l'intelligenza artificiale" del 2021 che fornisce un quadro completo dei benefici e degli svantaggi associati alla crescente adozione dell'IA sul posto di lavoro e del suo impatto sulle condizioni di lavoro.

Il parere del Comitato economico e sociale europeo (“CESE”)

Anche il Comitato economico e sociale europeo (“CESE”) si è espresso sul tema mediante un parere contenente una disamina degli strumenti e delle leve utilizzabili per sfruttare le potenzialità e attenuare i rischi dell'IA nelle politiche in materia di occupazione e mercato del lavoro.

In particolare, il parere ritiene che il dialogo sociale e il coinvolgimento dei lavoratori svolgano un ruolo cruciale nel preservare i diritti fondamentali dei lavoratori e nel promuovere un'IA “affidabile” nel mondo del lavoro. Le iniziative legislative dovrebbero garantire che gli esseri umani mantengano il controllo in tutte le interazioni uomo-macchina.

Stando al CESE, inoltre, l'IA avrà altresì un impatto significativo sul fabbisogno di competenze, in particolare quelle necessarie per sviluppare e mantenere i sistemi di IA, nonché per adottare e utilizzare le applicazioni di IA e interagire con esse. Vi sarà quindi bisogno di competenze cognitive e trasferibili che integrino al meglio l'IA (comprese la risoluzione creativa dei problemi, l'originalità e altre competenze trasferibili come le competenze sociali e gestionali).

Secondo il parere, invece, le condizioni di lavoro sono l'ambito in cui gli effetti dei sistemi di IA sono più ambivalenti, essendo capaci di trasformare le attività organizzative, gestionali e di controllo, nonché di ridisegnare in profondità i processi organizzativi. Ad esempio, gli strumenti basati sull'IA potrebbero migliorare sia le condizioni di salute e sicurezza sul lavoro, contribuendo a ridurre il carico di lavoro dei lavoratori, sia l'equilibrio tra vita professionale e privata e la salute mentale sul lavoro. Inoltre, se ridistribuito in modo equo, il tempo risparmiato dai lavoratori nello svolgimento delle mansioni può contribuire a migliorare il loro benessere.

Secondo il CESE occorre prestare particolare attenzione ai rischi connessi alle forme di controllo pervasivo sui lavoratori che i sistemi di gestione algoritmica rendono possibili, come sorveglianza abusiva, discriminazione, perdita di autonomia e rischi psicosociali.

Nella sessione plenaria di gennaio, durante la quale è stato adottato il parere illustrato, il CESE ha altresì tenuto un dibattito sull'impiego dell'IA sul posto di lavoro, con un intervento anche della vicepresidente della Commissione europea Roxana Mînzatu. La vicepresidente ha sottolineato che “quando pensiamo all'IA, in particolare sul posto di lavoro, dovremmo esaminare come incrementare i nostri investimenti nella ricerca e nell'innovazione e come semplificare i modi in cui le aziende europee possono svilupparsi in questo settore, in modo da avere le nostre tecnologie formate in base a dati europei e basate su valori europei. Rispettando i nostri valori in materia di diritti sociali e uguaglianza, garantiamo che i lavoratori europei abbiano gli stessi diritti in un mondo con o senza IA, che siano protetti e che venga attuato un controllo incentrato sull’uomo”.

Contributi al dibattito

Infine, si riportano sinteticamente alcuni contributi al dibattito, quali ricerche e studi pubblicati sul tema oggetto della sessione.

Studio del Centro comune di ricerca

In primis, merita ricordare che l’impatto della diffusione dell’IA sul mercato del lavoro e le relative conseguenze sono state oggetto di uno studio condotto dal Centro Comune di Ricerca[1] (“Joint Research Center, “JRC”), dal titolo “Misurare l’impatto occupazionale dell’IA: compiti, abilità cognitive e parametri di riferimento dell’IA” (“Measuring the Occupational Impact of AI: Tasks, Cognitive Abilities and AI Benchmarks”).

Inserito in una più ampia ricerca che si occupa dell'impatto delle nuove tecnologie sul lavoro e sul cambiamento della domanda di competenze, lo studio del JRC analizza, in particolare, i potenziali effetti dello sviluppo dell’intelligenza artificiale sui mercati del lavoro dell’UE. La ricerca, dopo aver misurato il livello di esposizione di diversi compiti e occupazioni all’attuale sviluppo dell’IA, mostra come i compiti più esposti siano quelli cognitivi come la memorizzazione, la comprensione del testo, la pianificazione e la ricerca, l’apprendimento e la risoluzione di problemi. Al contrario, si registra una minore esposizione nei compitisociali” che coinvolgono il controllo emotivo, l’interazione sociale o la comunicazione. Nel complesso, le occupazioni ad alto salario hanno un’esposizione all’intelligenza artificiale maggiore rispetto a quelle a basso salario[2].

Studio dell’OCSE

Anche l’OCSE nell’edizione 2023 dell'Employment Outlook ha dedicato ampio spazio alla tematica in oggetto, sostenendo in particolare, che l’IA avrà un effetto considerevole sul mercato del lavoro e un impatto significativo sui posti di lavoro, in tutti i settori e in tutti gli impieghi, anche se allo stato attuale influisce principalmente sulla qualità, piuttosto che sulla quantità, dei posti di lavoro. Tra l’altro secondo lo studio dell’OCSE l’adozione dell’IA è ancora relativamente bassa e, di conseguenza, eventuali effetti negativi sull’occupazione potrebbero richiedere ancora altro tempo per concretizzarsi.

Per quanto riguarda l’Italia, gli stessi dati OCSE confermano che l’IA sembra integrare, e non sostituire, le competenze delle professioni ad alta specializzazione, teoricamente più esposte ai nuovi sviluppi. Se si considerano, poi, tutte le tecnologie di automazione, compresa l’intelligenza artificiale, le occupazioni a più alto rischio di automazione sono generalmente meno qualificate. Il 30,1% dell’occupazione in Italia rientra in occupazioni a più alto rischio di automazione rispetto a una media OCSE del 27%.

Studio della BCE

Infine, merita menzionare lo studio, pubblicato il 28 novembre 2023 sul sito della BCE, che esamina gli effetti dell'IA sull'occupazione in 16 paesi europei tra il 2011 e il 2019, concentrandosi soprattutto sul deep learning (un metodo di IA che simula il modo in cui il cervello umano elabora i dati).

Lo studio afferma tra l’altro che le implicazioni più ampie di queste nuove tecnologie restano incerte: mentre alcuni studi suggeriscono che l'IA non avrà un impatto significativo sull'occupazione, altri indicano che comporterà una riduzione delle assunzioni. In sintesi, conclude lo studio, mentre l'IA ha finora mostrato un effetto positivo sull'occupazione in Europa, specialmente per le occupazioni qualificate e i giovani lavoratori, l'impatto sui salari e sull'uguaglianza resta invece ancora da chiarire. L’intelligenza artificiale è inoltre in continua evoluzione in diversi settori e pertanto il suo impatto completo sul mercato del lavoro e sulle tendenze socioeconomiche deve ancora essere compreso appieno.

 

II Sessione - Il ruolo delle politiche sociali e dell'occupazione nel quadro di governance economica dell'UE rivisto

Il nuovo quadro di governance economica dell’UE è entrato in vigore il 30 aprile 2024 in esito a un ampio e articolato dibattito avviato nel febbraio 2020. Sono state apportate profonde modifiche soprattutto alla disciplina dei cd. "bracci” preventivo e correttivo del Patto di stabilità e crescita, senza incidere invece sulle disposizioni stabilite nei trattati.

I tre atti legislativi che disegnano il nuovo quadro di governance economica dell’UE sono i seguenti:

1) il regolamento (UE) 2024/1263 sul nuovo coordinamento delle politiche economiche e di bilancio nell’ambito del Semestre europeo (cosiddetto “braccio preventivo”);

2) il regolamento (UE) 2024/1264, che modifica le procedure per i disavanzi eccessivi (cosiddetto “braccio correttivo”);

3) la direttiva (UE) 2024/1265 sui requisiti dei quadri di bilancio degli Stati membri.

La riforma si è posta, tra i suoi principali obiettivi, quello di dotare l’UE di nuove regole comuni in grado di tenere maggiormente conto dell’eterogeneità delle posizioni economiche e di bilancio degli Stati membri, rafforzando la capacità dell’Unione di affrontare alcune importanti sfide a medio e lungo termine che richiedono riforme e investimenti costantemente elevati, quali, tra le altre, la transizione equa e il rafforzamento della resilienza socio-economica e della convergenza duratura.

La transizione equa si riferisce all’obiettivo di assicurare che le transizioni verde e digitale dell’UE avvengano in modo socialmente equo e non lascino indietro nessuno. Ciò significa affrontare gli impatti socio-economici delle transizioni e, più specificamente, concentrarsi sulle regioni, le industrie e i lavoratori che devono confrontarsi con le sfide maggiori.

Il coordinamento e il monitoraggio delle politiche occupazionali e sociali nell’ambito del Semestre europeo

Nel quadro della governance economica dell’UE rientra il Semestre europeo, il processo attraverso il quale, in conformità degli artt. 121 e 148 del TFUE, gli Stati membri allineano le rispettive politiche economiche e di bilancio alle norme convenute a livello dell'UE. Il Semestre comprende anche il coordinamento e la sorveglianza delle politiche occupazionali e sociali degli Stati membri, in conformità a quanto disposto dall’art. 3 del regolamento (UE) 2024/1263.

In particolare, l’art. 3, par. 1 stabilisce che l’obiettivo della sorveglianza multilaterale è di garantire un più stretto coordinamento delle politiche economiche e una convergenza duratura delle prestazioni economiche e sociali degli Stati membri. Inoltre, il par. 3, lett. b), stabilisce, più nello specifico, che il Semestre europeo comprende “l’elaborazione e la sorveglianza sull’attuazione degli orientamenti in materia di occupazione di cui gli Stati membri devono tenere conto, in conformità dell’articolo 148, paragrafo 2, TFUE, compresi i principi del Pilastro europeo dei diritti sociali, e delle pertinenti raccomandazioni specifiche per paese”. Prevede, altresì, che la sorveglianza comprende i progressi compiuti nell’attuazione dei principi del Pilastro europeo dei diritti sociali e dei suoi obiettivi principali, attraverso il quadro di valutazione della situazione sociale e un quadro per individuare i rischi per la convergenza sociale”.

La convergenza sociale verso l'alto è un obiettivo fondamentale dell'Unione che è incorporato nel Pilastro europeo dei diritti sociali.

Il Piano d'azione del Pilastro europeo dei diritti sociali (che gli Stati membri si sono impegnati a implementare - dichiarazione finale congiunta del vertice sociale di Porto dell'8 maggio 2021) ha fissato una serie di traguardi che l'UE è chiamata a raggiungere entro il 2030. Tra di essi: almeno il 78% della popolazione di età compresa tra i 20 e i 64 anni dovrebbe avere un lavoro; almeno il 60% degli adulti dovrebbe partecipare ogni anno ad attività di formazione; ridurre di almeno 15 milioni il numero delle persone a rischio di povertà o di esclusione sociale.

L’Italia ha annunciato, come gli altri Stati membri, in occasione del Consiglio "Occupazione, politica sociale, salute e consumatori" (EPSCO) del 16 giugno 2022, specifici obiettivi nazionali da raggiungere entro il 2030: un tasso di occupazione pari al 73% della popolazione tra 20 e 64 anni; un tasso del 60% della popolazione adulta coinvolta in attività formative ogni anno; la riduzione di almeno 3,2 milioni di individui a rischio di povertà o esclusione.

La relazione comune sull’occupazione

La relazione comune sull'occupazione della Commissione e del Consiglio monitora la situazione occupazionale nell'UE e l'attuazione degli orientamenti in materia di occupazione, offrendo una panoramica annuale dei principali sviluppi sociali e occupazionali nell'UE e delle recenti misure adottate dagli Stati membri.

La Commissione europea, in attuazione del citato art. 3, par. 3, lettera b), del regolamento (UE) 2024/1263, ha presentato la proposta di relazione comune sull'occupazione (incluso un allegato) il 17 dicembre 2024 nel contesto del cd. “pacchetto d'autunno” che ha avviato il ciclo del Semestre europeo 2025. Essa dovrà essere adottata dal Consiglio EPSCO.

La proposta mantiene una forte attenzione all'attuazione del Pilastro europeo dei diritti sociali e analizza i potenziali rischi per la convergenza sociale verso l'alto sulla base dei principi del quadro di convergenza sociale.

Nonostante alcuni miglioramenti, a giudizio della relazione permangono rischi per la convergenza a livello dell'UE per quanto riguarda lo sviluppo delle competenze, un aspetto che può inasprire i problemi connessi alla competitività e alla carenza di manodopera e di competenze. Sebbene i mercati del lavoro continuino a registrare buoni risultati, con livelli di occupazione record e un tasso di disoccupazione ai minimi storici, la partecipazione al mercato del lavoro di alcuni gruppi della popolazione resta ancora in affanno. La percentuale di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale è leggermente diminuita nel 2023, rimanendo comunque superiore ai livelli pre-crisi.

Circa l’aggiornamento sui progressi compiuti nel conseguimento degli obiettivi principali e nazionali dell'UE per il 2030 in materia di occupazione, rafforzamento delle competenze e riduzione della povertà, dalla relazione emerge che l'UE è sulla buona strada per il conseguimento del primo di questi obiettivi, mentre sono necessari ulteriori sforzi significativi per gli altri due.

I piani nazionali strutturali di bilancio di medio termine e gli obiettivi socio-economici

I piani nazionali strutturali di bilancio di medio termine sono al centro del nuovo quadro di governance economica dell’UE. Riuniscono, in un unico documento pluriennale, la politica di bilancio, le riforme strutturali e gli investimenti di ciascuno Stato membro.

I piani devono perseguire 2 obiettivi principali:

1) garantire che, entro la fine del periodo di aggiustamento, il debito pubblico segua una traiettoria di riduzione plausibile o rimanga a livelli prudenti e che il disavanzo pubblico sia portato e mantenuto al di sotto del valore di riferimento del 3% del PIL nel medio termine;

2) garantire la realizzazione delle riforme e degli investimenti in risposta alle principali sfide individuate nel contesto del Semestre europeo e affrontare le priorità comuni dell'UE.

A tal fine ciascun piano comprende un impegno a favore di un percorso della spesa netta che stabilisce di fatto un vincolo di bilancio per la durata del piano e copre quattro o cinque anni (a seconda della normale durata della legislatura di uno Stato membro), con una possibile proroga del periodo di aggiustamento di bilancio fino a 7 anni.

Pertanto, ai sensi dell’articolo 13, par. 1, lettera c), del regolamento (UE) 2024/1263, ciascun piano deve spiegare in che modo lo Stato membro:

·        garantirà la realizzazione delle riforme e degli investimenti in risposta alle principali sfide individuate nel contesto del Semestre europeo, in particolare nelle raccomandazioni specifiche per paese;

·        affronterà le priorità comuni dell'Unione, tra cui una transizione equa e la resilienza sociale ed economica, compreso il Pilastro europeo dei diritti sociali.

L’Italia ha presentato al Consiglio e alla Commissione il suo piano nazionale strutturale di bilancio di medio termine il 15 ottobre 2024, chiedendo una proroga del periodo di aggiustamento di bilancio da 4 a 7 anni. Si prevede in particolare che tutte le riforme e gli investimenti alla base della proroga contribuiranno alla resilienza sociale ed economica.

Dopo la valutazione della Commissione, il Consiglio Ecofin del 21 gennaio 2025 ha approvato il piano dell’Italia. In particolare, per quanto riguarda la priorità comune della resilienza sociale ed economica, compreso il Pilastro europeo dei diritti sociali, il considerando (41) della raccomandazione del Consiglio afferma che una serie di misure contribuisce al rafforzamento della resilienza sociale ed economica, tra cui il potenziamento dell'assegno unico universale, un aumento dell'offerta di asili nido e servizi di cura per la prima infanzia, il potenziamento dei congedi parentali, la riforma degli istituti professionali e tecnici, il programma GOL e ulteriori misure volte a ridurre il divario territoriale nel mercato del lavoro.

La discussione su una golden rule a tutela degli investimenti sociali

Nel corso del negoziato che si è svolto sulla revisione delle regole di governance economica dell’UE sono state formulate richieste di prevedere una golden rule a tutela degli investimenti sociali, tale da consentire agli Stati l’indebitamento per investire in infrastrutture sociali.

Una sollecitazione in favore degli investimenti sociali era pervenuta tra l’altro dal Gruppo di alto livello sul futuro della protezione sociale e dello Stato sociale nell’UE nella propria relazione finale. Un analogo avviso era stato espresso anche dal Parlamento europeo nella risoluzione del 15 marzo 2023.

Sono tuttavia prevalse le ragioni di chi ha affermato tra l’altro che sarebbe stato difficile configurare e rendere operativa un’eventuale golden rule, osservando, in particolare, che sarebbe problematico stabilire a quale tipo di spesa riservare il trattamento privilegiato, come misurarne l’efficacia economica e l’impatto sul PIL e come quantificare l’efficacia della spesa sociale. La riforma adottata non contiene pertanto uno specifico riferimento agli investimenti sociali ma permette ad uno Stato membro di beneficiare di un di un allungamento temporale del proprio piano se dimostra che gli investimenti contribuiscano tra l’altro in modo significativo ad almeno una delle priorità comuni dell’UE, ivi compreso il Pilastro europeo dei diritti sociali.


 

Riunione della Commissione per i bilanci (BUDG)

La Commissione BUDG, presieduta da Johan Van Overtveldt (Gruppo dei Conservatori e Riformisti europei - Belgio), in base a quanto stabilito dall’Allegato VI del Regolamento del Parlamento europeo, è competente per:

- il quadro finanziario pluriennale delle entrate e delle spese dell'UE ed il sistema delle risorse proprie dell'UE;

- le prerogative di bilancio del Parlamento, vale a dire il bilancio dell'UE nonché la negoziazione e l'applicazione degli accordi interistituzionali in materia;

- lo stato di previsione del Parlamento, in conformità della procedura definita nel regolamento;

- il bilancio degli organismi decentrati;

- le attività finanziarie della Banca europea per gli investimenti che non sono parte della governance economica europea;

- l'iscrizione in bilancio del Fondo europeo di sviluppo, fatte salve le attribuzioni della commissione competente per l'accordo di partenariato ACP-UE;

- le incidenze finanziarie e la compatibilità con il quadro finanziario pluriennale di tutti gli atti dell'Unione, fatte salve le attribuzioni delle commissioni interessate;

- il monitoraggio e la valutazione dell'esecuzione del bilancio in corso, gli storni di stanziamenti, le procedure relative agli organigrammi, gli stanziamenti amministrativi e i pareri su progetti in materia di immobili aventi incidenze finanziarie significative;

- il regolamento finanziario, escluse le questioni concernenti l'esecuzione, la gestione e il controllo del bilancio.

 

I sessione - Colmare il divario di competitività: come incrementare le sinergie tra i bilanci nazionali e il Quadro Finanziario Pluriennale post-2027

Introduzione

Il Quadro finanziario pluriennale (QFP)[3], o bilancio UE a lungo termine, stabilisce quanto l’Unione europea investirà nei successivi cinque-sette anni nei diversi programmi e progetti aventi l’obiettivo di rafforzare il futuro dell’Europa. Si tratta principalmente di un bilancio di investimento, che riunisce le risorse per l'attuazione delle politiche nel tentativo di apportare un valore aggiunto a favore di tutti i cittadini dell'Unione.

Il QFP fissa i limiti della spesa dell'UE - nel suo insieme e per i diversi settori di attività - per il periodo a cui si riferisce. Suddivide la spesa in ampie categorie - o "rubriche" - che corrispondono alle priorità e ai settori d'intervento individuati a livello politico. Per ogni esercizio contemplato dal QFP vi sono limiti di spesa fissi, o "massimali".

QFP 2021-2027

Il bilancio pluriennale dell'UE 2021-2027 , approvato a dicembre 2020[4], prevede risorse pari a 1.214,1 miliardi di euro in termini di impegni. È integrato dagli 806,9 miliardi euro (a prezzi correnti) di Next Generation EU (NGEU) che la Commissione europea è stata autorizzata a raccogliere, per conto dell'Unione, sui mercati dei capitali, al fine di fornire agli Stati membri le risorse necessarie, sotto forma di prestiti e sovvenzioni, per affrontare le conseguenze socio-economiche della crisi pandemica. Nell’ambito di NGEU il programma più importante è il Dispositivo per la ripresa e la resilienza (Recovery and resilience facility, di seguito “RFF”)[5].

Per lo stesso periodo le fonti di entrata dell’Unione sono stabilite nella decisione sulle risorse proprie[6].

A febbraio 2024, in occasione della revisione intermedia[7], il bilancio a lungo termine è stato rafforzato con una dotazione aggiuntiva pari a 64,6 miliardi di euro. L’intervento è stato finalizzato al rafforzamento di un numero limitato di settori prioritari mediante l’istituzione di: uno strumento per l'Ucraina; una piattaforma per le tecnologie strategiche per l'Europa (STEP); un meccanismo per coprire i costi aggiuntivi legati a Next Generation EU, in ragione dell'aumento dei tassi di interesse. Sono stati inoltre approvati finanziamenti aggiuntivi per la gestione di migrazione e partenariati internazionali.

Possibile contenuto del QFP post-2027

La Commissione europea dovrebbe presentare le proprie proposte per un nuovo quadro finanziario pluriennale entro il 1° luglio 2025. Ha intanto presentato una comunicazione orientativa sul prossimo quadro (v. infra).

In vista di tale scadenza è già iniziato il dibattito sul possibile contenuto del QFP post-2027[8]. In particolare il Parlamento europeo ha avviato una riflessione, i principali termini della quale si riassumono di seguito.

La Comunicazione “Plasmare insieme il futuro dell’Unione europea”

Il 12 febbraio 2025 la Commissione europea ha pubblicato una comunicazione[9] in cui delinea le principali sfide politiche e di bilancio che definiranno la progettazione del prossimo QFP e lancia una consultazione, invitando le parti interessate e i cittadini a partecipare a un dibattito sul futuro bilancio dell'UE e sulle politiche che esso dovrebbe sostenere.

Poiché l'emergere di nuove esigenze ed emergenze (legate anche, ma non solo, alla crisi pandemica) ha portato il bilancio dell'UE a raggiungere i propri limiti, e in considerazione delle crescenti aspettative che circondano il QFP, la Commissione propone un ripensamento del Quadro finanziario pluriennale. L’obiettivo perseguito è quello di realizzare un budget ambizioso, sia in termini di dimensioni che di progettazione, che si presenti:

1)     più focalizzato e basato sulle politiche. Dovrebbe assicurare tra l’altro sinergie tra le scelte politiche e l’azione finanziaria dell’UE ed una maggiore coerenza tra il finanziamento di politiche interne ed esterne;

2)     più semplice, superando l’attuale molteplicità di regole e criteri, la frammentazione del panorama finanziario e la pletora di documenti di programmazione, che consumano risorse delle amministrazioni coinvolte e generano ritardi;

3)     con un impatto più ampio, che mobiliti risorse di capitale privato per finanziare le transizioni verde, digitale e sociale, che presti maggiore attenzione alle prestazioni e persegua semplificazione e responsabilizzazione;

4)     più flessibile, bilanciando prevedibilità degli investimenti a lungo termine e flessibilità per rispondere alle crisi;

5)     in grado di realizzare le priorità dell’UE in collaborazione con Stati membri e autorità locali, nel rispetto dei principi dello Stato di diritto.

Rispondere alle ambizioni dell’UE e garantire il rimborso dei prestiti per NextGenerationEU richiede necessariamente, a giudizio della Commissione, l’introduzione di nuove risorse proprie. Si nega che lo status quo sia un'opzione: il prossimo bilancio a lungo termine dovrebbe affrontare le complessità, le debolezze e le rigidità attualmente presenti e massimizzare la spesa, concentrandosi su priorità e obiettivi in cui l'azione dell'UE è maggiormente necessaria. Si propone quindi un approccio basato su:

1)     piani nazionali con riforme e investimenti chiave, incentrati sulle priorità comuni;

2)     un Fondo europeo per la competitività che istituisca una capacità di investimento a sostegno di settori strategici e tecnologie essenziali per la competitività dell'UE, tra cui la ricerca e l'innovazione, e di importanti progetti di comune interesse europeo;

3)     un finanziamento rinnovato per l’azione esterna;

4)     forti garanzie a tutela dello Stato di diritto.

5)     entrate rafforzate e modernizzate, in particolare tramite nuove risorse proprie, per garantire un finanziamento sufficiente e sostenibile per le priorità comuni.

Nel ridisegnare il bilancio, la Commissione europea persegue anche un ampio coinvolgimento di portatori d’interesse, con:

1)      l’avvio di consultazione

2)     l’istituzione di un panel di cittadini che riunirà 150 europei per discutere e formulare raccomandazioni;

3)     una piattaforma online che consentirà a tutti di partecipare al dibattito;

4)     un tour d'Europa del commissario Serafin, che durante il 2025 realizzerà consultazioni individuali con le autorità degli Stati membri, le parti interessate regionali e i beneficiari del bilancio UE.

Integrazione del bilancio dell’Unione (“budget mainstreaming”)

Anche nell’illustrare le linee politiche della Commissione, la Presidente von der Leyen ha fatto riferimento alla necessità di realizzare la transizione da un bilancio basato sui programmi ad uno basato sulle politiche[10]. Uno studio del Parlamento europeo ha messo in luce[11] che un simile approccio dovrebbe comportare, in una certa misura, il ricorso al mainstreaming.

Nel contesto del bilancio dell'UE, si intende per mainstreaming[12] l'inclusione ed il perseguimento di una specifica priorità nelle fasi di progettazione, preparazione, attuazione e valutazione di tutti i programmi di bilancio. L’operazione intende massimizzare il contributo dei programmi medesimi al raggiungimento di precisi obiettivi politici, promuovere sinergie e migliorare la coerenza della spesa. Il mainstreaming riguarda dunque il modo in cui le politiche, i programmi e le azioni vengono concepiti, progettati, attuati e monitorati. Comporta un radicale cambio di prospettiva strategica rispetto al tradizionale focus sui costi sostenuti e sulla correttezza contabile e determina un’attenzione prioritaria ai risultati che si intende conseguire[13]. Tale approccio consente di coordinare le politiche dell’intero bilancio pubblico per affrontare complesse questioni sociali da più angolazioni. Oltre che in positivo, il budget mainstreaming è stato declinato anche in negativo attraverso il principio “Do No Significant Harm” (DNSH). Codificato nell’articolo 17 del regolamento (UE) n. 2020/852 (cd. regolamento sulla tassonomia), tale principio impone che nessun fondo UE finanzi progetti con un potenziale effetto negativo sulla capacità di raggiungere gli obiettivi ambientali dell’Unione.

Una volta individuate le priorità da perseguire attraverso l’integrazione di bilancio, e al fine di evitare che il mainstreaming rimanga un esercizio teorico privo di ricadute pratiche, diventa rilevante elaborare una metodologia che consenta di monitorare la spesa e, tramite essa, la realizzazione delle priorità medesime.

Stabilire una metodologia rigorosa, ai fini di un monitoraggio affidabile, non è sempre semplice alla luce delle finalità che si intende perseguire. Individuare indicatori significativi per misurare l’apporto di una politica al contrasto del cambiamento climatico è infatti, per sua stessa natura, più agevole rispetto alla misurazione del progresso compiuto verso l’uguaglianza di genere, essendo in quest’ultimo caso meno semplice individuare risultati o impatti attesi misurabili.

Attualmente il mainstreaming comprende azioni volte a realizzare le “priorità orizzontali” del bilancio dell’Unione[14], ovvero:

1) contrastare il cambiamento climatico. A questa finalità deve essere dedicato almeno il 30 per cento della spesa del QFP 2021-2027 ed il 37 per cento della spesa dei Piani nazionali di ripresa e resilienza (PNRR) adottati ai sensi dell’RFF.

Ai fini del monitoraggio, la Commissione europea ha elaborato una complessa metodologia, che il Parlamento europeo ha ritenuto in linea di massima efficace, pur con alcune perplessità[15].

La metodologia comporta l’assegnazione ad ogni attività intrapresa di un diverso coefficiente: 100 per cento per i progetti che dovrebbero apportare un contributo sostanziale agli obiettivi climatici dell'UE; 40 per cento per quelli con un contributo positivo non marginale; 0 per centro per un impatto neutro. È stato inoltre creato il “Climate adjustment mechanism” quale strumento di monitoraggio e rendicontazione rafforzati[16];

2) promuovere l’innovazione digitale. L’RRF stabilisce l’obbligo, per gli Stati membri, di dedicare almeno il 20 per cento della spesa contenuta in ogni PNRR a interventi che assicurino la realizzazione della transizione digitale. La Commissione europea riferisce sul proprio sito Internet che tra il 2021 e il 2023 quasi il 17,5% del corrente QFP (205,5 miliardi di euro, incluso NextGenerationEU) è stato dedicato alla transizione digitale. Esprime quindi l’ambizione di “basarsi sui risultati dell'esercizio di valutazione (…) per sviluppare una metodologia completa e solida da applicare in modo coerente a tutti i programmi e che fornisca un solido contributo aggregato del bilancio dell'UE alla transizione digitale”;

3) salvaguardare la biodiversità. Le istituzioni europee hanno concordato che alla biodiversità sia destinato almeno il 7,5% della spesa annuale a titolo del QFP nel 2024 e il 10% nel 2026 e nel 2027[17]. Nel giugno 2023 la Commissione europea ha divulgato la metodologia applicata, che riprende in parte i coefficienti già illustrati in relazione al cambiamento climatico. Il Parlamento europeo esprime la convinzione che i target non saranno raggiunti[18];

4) garantire l'uguaglianza di genere sulla base della strategia per l'uguaglianza di genere 2020-2025. In base alla metodologia applicata - che prevede l’attribuzione di un diverso punteggio (2, 1, 0* e 0) sulla base del contributo apportato all’obiettivo perseguito - la Commissione europea riferisce che nel 2023 l’11 per cento della spesa dell’Unione è stato dedicato a misure rilevanti nella prospettiva di genere. Il restante 69 per cento non ha avuto alcun impatto sull'uguaglianza;

5) realizzare gli obiettivi di sviluppo sostenibile del millennio. Il Parlamento europeo ritiene non vi sia prova della circostanza che il bilancio dell’UE abbia fornito un contributo[19].

Con riferimento al possibile contenuto del mainstreaming nel prossimo bilancio dell’Unione il Parlamento europeo ha:

1)     presupposto che si possa di nuovo fare ricorso a un’integrazione di genere in virtù del fatto che la presidente von der Leyen ha fatto riferimento, nelle proprie linee politiche ad una nuova strategia per l’eguaglianza di genere post 2025;

2)     espresso incertezza in relazione alla reiterazione dell’integrazione degli obiettivi di sviluppo del millennio;

3)     ipotizzato l’allargamento del mainstreaming per includervi obiettivi di competitività alla luce dei citati rapporti Draghi e Letta. Da questo punto di vista il PE mette però in luce la possibile difficoltà da un lato nell’elaborazione di parametri di riferimento e obiettivi adeguati, dall’altro la circostanza che un focus sulla competitività potrebbe influenzare altre priorità, in particolare gli obiettivi sociali;

4)     fatto riferimento all’integrazione della dimensione sociale, con riferimento al sostegno ai giovani o a programmi di uguaglianza che prescindano dal genere.

Per contro, lo stesso PE ha altresì messo in guardia rispetto all’integrazione di un numero eccessivo di obiettivi, temendo che possa derivarne un effetto dispersivo, con il rischio che "un focus su tutto significhi un focus su nulla".

Programmi basati sulle prestazioni

Strettamente collegata al tema dell’integrazione del bilancio – e sottintesa nel già citato intento della Presidente von der Leyen di impostare bilancio in un’ottica di monitoraggio degli obiettivi – è la possibilità, come riportato in precedenza, di un QFP maggiormente orientato alle prestazioni. Perseguire questa impostazione richiederebbe preliminarmente una definizione univoca di indicatori chiaramente collegati agli obiettivi di finanziamento, basati su un’approfondita valutazione di impatto ex ante, con un monitoraggio in itinere e attente valutazioni ex post.

Il processo sopra descritto dovrebbe avere luogo tramite la raccolta e l'elaborazione di una gran quantità di dati e richiederebbe, a giudizio di uno studio del Parlamento europeo[20], l’adozione di strategie e strumenti specifici, quali:

1)     soluzioni IT completamente integrate e interoperabili, reporting automatizzato e controllo ex-ante obbligatorio sull'affidabilità e l'accuratezza dei dati;

2)     formazione e aggiornamento periodico del personale;

3)     ricorso all'intelligenza artificiale;

4)     possibile creazione di un punto unico di revisione contabile, che permetterebbe di bilanciare i requisiti di audit e controllo con l'onere amministrativo imposto a Stati membri e beneficiari.

In tema di governance, si invita alla riflessione sulla circostanza che il processo da avviare coinvolgerebbe differenti attori, a tutti i livelli. Alla luce di ciò, si propone di:

1)      prestare attenzione al ruolo delle autorità locali e regionali nella fase di elaborazione dei piani, definizione degli obiettivi e impostazione degli indicatori. Si fa riferimento anche al possibile coinvolgimento dei partner sociali;

2)     attuare un approccio di audit unico, semplificando il controllo da parte della Commissione europea e della Corte dei conti nel processo di fissazione di traguardi ed obiettivi;

3)     semplificare il processo di approvazione delle modifiche dei piani nazionali.

Dopo avere sollecitato un proprio maggiore coinvolgimento in quanto autorità di bilancio, il Parlamento europeo non esclude di creare un proprio Ufficio parlamentare di bilancio europeo sulla base dell’esperienza e delle buone prassi dei Parlamenti nazionali[21].

Beni pubblici europei

Per un’illustrazione si rinvia alla scheda sull’argomento.

Flessibilità di bilancio

Il bilancio dell'UE è stato oggetto di molteplici e successivi adeguamenti che, nel fornire una risposta alle esigenze e crisi contingenti, hanno – a giudizio di studi del Parlamento europeo – creato una struttura di governance opaca, tale da limitare sia l'efficienza sia il controllo democratico ed hanno dimostrato le proprie lacune in particolare in occasione della pandemia da Covid-19[22].

Attuali strumenti di flessibilità

Nell'ambito del QFP 2021-2027 l'UE può, in linea di principio, contare su risorse finanziarie comuni che vanno oltre i massimali di spesa per un ammontare pari a 21 miliardi di euro. Tali risorse sono stanziate per rispondere ad eventi imprevisti, siano meno di natura catastrofica, e sono disponibili all’interno di strumenti:

1)      tematici: riserva di solidarietà e di aiuti d'urgenza, Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione e riserva di adeguamento alla Brexit;

2)      non tematici: strumento a margine unico (SMI) e strumento di flessibilità (FI)[23].

Mentre gli strumenti tematici e l'FI dispongono di un importo fisso, la dotazione dell'SMI è una funzione dei margini disponibili.

Una flessibilità tematica si applica anche a programmi il cui finanziamento rientra all’interno dei massimali di spesa. Lo strumento di vicinato, sviluppo e cooperazione internazionale (NDICI) ha un cuscinetto di fondi non assegnati pari a 9,53 miliardi di euro da utilizzare come integrazione dei programmi normali o come meccanismo di risposta rapida. Analogamente, la politica agricola comune (PAC) ha una riserva di crisi per rispondere a gravi perturbazioni del mercato. Lo strumento di gestione delle frontiere e della politica dei visti (BMVI) e il Fondo per l'asilo, la migrazione e l'integrazione (AMIF) dispongono di fondi assegnati per esigenze emergenti o impreviste.

A causa sia della predefinizione degli scopi (in alcuni casi) sia del loro ammontare (in tutti i casi), uno studio del Parlamento europeo ritiene improbabile che questi strumenti facciano la differenza in caso di shock negativo significativo[24]. Propone quindi un profondo ripensamento dello scopo generale e della governance del bilancio a lungo termine, allontanandosi dagli attuali accordi di flessibilità e orientandosi verso un assetto rinnovato, che dovrebbe comprendere due elementi principali:

1)     flessibilità integrata, da raggiungere mediante: una semplificazione della struttura del QFP, riducendo il numero dei titoli di bilancio così da rendere meno oneroso lo spostamento di risorse da un titolo all’altro; la fusione di tutti gli strumenti speciali in due strumenti non tematici (uno strumento di flessibilità generico ed una nuova, più ampia versione dell’SMI); la creazione di uno strumento di flessibilità nazionale, interamente finanziato dall’UE, in cui una sottocomponente di ogni dotazione nazionale sia attivata, su richiesta, a sostegno dell’occupazione a supporto della transizione verde e digitale; uno strumento anticiclico incorporato nel QFP con cui la Commissione, su richiesta di uno o più Stati membri, genererebbe la liquidità necessaria in un dato anno mediante prestiti sui mercati dei capitali con la garanzia del bilancio UE. Il capitale verrebbe rimborsato in rate annuali man mano che i fondi diventino disponibili attraverso i bilanci annuali successivi;

2)     capacità di indebitamento “in bilancio” tramite l'inclusione di una specifica nuova linea di entrate nella decisione sulle risorse proprie.

Una norma di tal genere dovrebbe essere approvata all’unanimità in Consiglio e sottoposta alla ratifica dei Parlamenti nazionali. Al fine di attenuare possibili resistenze politiche, si propone di accompagnarla ad un limite di prestito esplicito.

Gestione delle passività potenziali del QFP corrente

Le passività potenziali del Quadro finanziario pluriennale sono definite[25] come “un'obbligazione finanziaria la cui entità e il cui verificarsi dipendono da eventi futuri difficili o impossibili da prevedere”. Per quanto i pagamenti dovuti potrebbero non essere affatto richiesti o effettuati, le passività potenziali devono comunque essere contabilizzate e analizzate in virtù del pericolo che rappresentano per la situazione di bilancio o finanche per la sua sostenibilità. Il loro ammontare è cresciuto sensibilmente in termini di entità è complessità e se ne prevede un’ulteriore, costante crescita fino a raggiungere i 612 miliardi di euro nel 2027 [26].

Previsione dell’evoluzione delle passività finanziarie. Fonte: Parlamento europeo

 

In un proprio studio[27], il Parlamento europeo distingue tre diverse tipologie di passività potenziali dell'UE:

1)     garanzie di bilancio, con cui l'UE copre – in toto o in parte - le perdite dei partner esecutivi derivanti da mancati pagamenti imputabili a operazioni di finanziamento e di investimento nel contesto di programmi quali il Fondo InvestEU, il Fondo europeo per gli investimenti strategici e il Fondo europeo per lo sviluppo sostenibile;

2)     assistenza macrofinanziaria (AMF) ai paesi terzi. Si tratta di prestiti, a loro volta finanziati mediante operazioni di assunzione di prestiti dell'UE. L’Unione rimane responsabile nei confronti degli investitori finali. All'aumento complessivo delle relative passività potenziali hanno contribuito i nuovi programmi a favore dell'Ucraina, deliberati a seguito dell’invasione russa;

3)     assistenza finanziaria agli Stati membri dell'UE, erogata prevalentemente sotto forma di prestiti a titolo dello strumento di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione nello stato di emergenza (SURE) e dell’RRF. Le esposizioni per questi tipi di passività potenziali non sono provviste di copertura e si basano sul margine di manovra del bilancio dell'UE[28].

Al fine di tenere conto dei futuri rischi per il bilancio dell'UE, uno studio del Parlamento europeo[29] propone di raggruppare le passività potenziali in due categorie principali:

1)     passività potenziali provviste di copertura, ad esempio quelle derivanti dalle garanzie di bilancio e dall'assistenza finanziaria a paesi terzi. Queste richiedono l'accantonamento di un finanziamento specifico come riserva assicurativa in caso di perdite derivanti da una determinata passività, ovvero in caso di mancato pagamento. Il fondo comune di copertura (Common provisioning fund, CPF), istituito nel 2018 e operativo dal 2021, costituisce una linea di difesa dalla concretizzazione dei rischi per le passività potenziali provviste di copertura. Esso conserva le proprie risorse in comparti distinti, corrispondenti a ciascuno degli strumenti che vi contribuiscono. Alla fine del 2023 il suo valore di mercato ammontava a 18,8 miliardi di euro e, in base alla valutazione della Commissione europea, costituiva una riserva sufficiente per i rischi in essere;

2)     passività potenziali coperte dal margine di manovra, derivanti dall'assistenza finanziaria agli Stati membri. Costituiscono un rischio più diretto in quanto sprovviste di copertura. Di queste si prevede una sensibile crescita nei prossimi anni da un lato a causa dei prestiti dell’RRF ma anche dell'assistenza finanziaria a favore dell'Ucraina.

In termini generali, si propone una migliore organizzazione del quadro generale di gestione del rischio, che appare allo stato attuale frammentato, anche tramite la pubblicazione e comunicazione delle informazioni relative all'evoluzione delle passività potenziali e all’esercizio delle prove di stress sul margine di manovra disponibile.

Sfide derivanti dal possibile allargamento

La prospettiva dell’accesso di nuovi membri all’UE[30] ha avviato la riflessione sull’impatto finanziario che da esso deriverebbe. L’ammontare dei costi derivanti da un allargamento è in realtà incerto fino alla conclusione dei relativi negoziati, che possono durare molti anni. Al fine di evitare difficoltà il trattato di adesione può contenere clausole o disposizioni transitorie che introducano il principio di gradualità nell’accesso ai fondi unionali.

L’ingresso di nuovi membri pone sfide diverse a seconda del momento in cui l’adesione ha luogo, se all'inizio, a metà o alla fine di un QFP. Se infatti il trattato di adesione viene ratificato ben prima dell'inizio di un nuovo bilancio, i costi aggiuntivi vi possono essere quantificati e inclusi. Se invece la ratifica avviene nel mezzo della vigenza di un documento di bilancio, è necessario predisporre una modifica che tenga conto della spesa aggiuntiva.

Stime riportate dal Parlamento europeo[31] suggeriscono che il costo dell'integrazione di tutti i potenziali candidati, esclusa la Turchia, sarebbe compreso in un intervallo tra 15,7 miliardi di euro e 26 miliardi di euro all'anno. Inciderebbe, nel suo valore massimo, per lo 0,2% del PIL dell'UE e potrebbe essere facilmente coperto entro l'attuale margine del massimale delle risorse proprie.

Si tratta di stime "statiche", elaborate sull’ipotesi che i paesi candidati aderiscano all'UE oggi. Non tengono conto di fattori dinamici, quali: futuri cambiamenti nel reddito pro capite nei paesi candidati e negli Stati membri, che influenzerebbero l'idoneità ai fondi della politica di coesione; potenziali cambiamenti alla coesione o alla PAC post 2027. Nel caso dell'Ucraina, permane incertezza persino in merito al futuro territorio e alla popolazione, oltre che al PIL, del paese al momento dell'adesione.

Partendo dal presupposto che la maggior parte delle adesioni avvenga dopo il 2034, uno studio del Parlamento europeo ha iniziato una riflessione sui seguenti elementi[32]:

1)     sostegno pre-adesione. Attualmente, l'Unione combina il sostegno del Programma di preadesione (IPA III) con l'assistenza dello strumento per le riforme e la crescita per i Balcani occidentali. L'IPA III fornisce per lo più sovvenzioni incondizionate mentre lo strumento offre prestiti, sovvenzioni e garanzie altamente condizionati, vincolati all'attuazione delle riforme. Per il futuro, si suggerisce la creazione di uno strumento unico, svincolando il sostegno alla società civile dai progressi delle riforme governative. Imporre una rigida condizionalità politica su progetti di interesse UE, come le infrastrutture transnazionali, potrebbe infatti rendere i fondi unionali meno attraenti rispetto a quelli di paesi come la Cina, che hanno poche condizioni;

2)     sostegno all’Ucraina. Nell’auspicio che entro il 2028 sia raggiunto un accordo sostanziale, in vigenza del prossimo QFP l’Ucraina potrebbe avere bisogno in misura minore di sostegno macroeconomico, in misura maggiore di aiuti per la ricostruzione post bellica. In virtù dell’ampiezza dei bisogni, e dell’impossibilità per l’UE di finanziarli in toto, sarebbe auspicabile un coordinamento con gli altri donatori per far sì che la ricostruzione rispetti i requisiti pre-adesione;

3)     politica agricola comune e politica di coesione. In linea generale, le nuove adesioni non avrebbero un impatto significativo sulla politica di coesione dell'UE in virtù della regola che limita i relativi fondi al 2,5 per cento del PIL nazionale. D’altro, la partecipazione dell’Ucraina alla CAP si configura come una sfida. Per lontana nel tempo che sia l'adesione, si consiglia di iniziare una pianificazione, tenendo conto che periodi temporanei di introduzione graduale (phase-in periods) possono facilitare gli aggiustamenti, ma non risolvono il problema a lungo termine;

4)     altre questioni orizzontali. Si propone di riservare margini sufficienti in settori chiave per coprire i costi dell'eventuale adesione di uno o due piccoli paesi all'Unione già nella vigenza del prossimo QFP. Qualora invece divenga realistica l’ipotesi di adesione di un paese di grandi dimensioni, si potrebbe: esplorare la possibilità di approvare un QFP quinquennale; stimare i costi correlati all’adesione e costituire, per coprirli, una riserva speciale da mobilizzare con voto a maggioranza qualificata in sede di Consiglio.

 

II Sessione - I Beni Pubblici Europei: come identificarli e finanziarli?

Nell’ambito dell’Unione europea si registra una crescente attenzione alla creazione di beni pubblici europei.

I beni pubblici sono stati definiti, per la prima volta, dall’economista britannico Paul A. Samuelson[33] nel 1954 come beni che determinano benefici non rivali e non escludibili. La “non rivalità” indica che il consumo del bene da parte di un individuo non porta alla limitazione del suo utilizzo da parte di altri e la “non escludibilità” è intesa come l’impossibilità tecnica, politica ed economica di escludere un individuo dal consumo del bene. Questo implica che il mercato tende a fornirne un quantitativo insufficiente, demandandone la produzione al settore pubblico sulla base di alcuni criteri quali la presenza di:

1.      economie di scala, che consentono una maggiore efficienza produttiva attraverso la riduzione dei costi e gli ingenti volumi di produzione realizzati nel minor tempo possibile e senza rinunciare a determinati livelli qualitativi;

2.      esternalità. Tale termine indica gli effetti esterni, positivi o negativi, generati dall’attività produttiva che ricadono su soggetti estranei alla transazione di mercato. Si pensi, a titolo di esempio, agli effetti negativi prodotti dall’inquinamento.

La gestione di tali beni ad un livello superiore (europeo) sembrerebbe rispondere meglio ai criteri menzionati. Inoltre, sul piano qualitativo, i beni pubblici europei beneficiano del “valore aggiunto europeo”: il valore prodotto da un’azione dell’UE è superiore rispetto alla sommatoria dei risultati delle attività condotte dai singoli Stati membri.

Tuttavia, rientrano nella categoria dei beni pubblici economici anche quelli che presentano solo una delle due caratteristiche (“misti”) oppure che le soddisfano entrambe debolmente (“impuri”). Le tre categorie di beni pubblici sono tutte accomunate dalla circostanza di dare origine a fallimenti di mercato.

Le motivazioni, di natura politica ed economica, di tale rinnovato interesse sono le seguenti:

1.      fornire risposta alla dimensione transnazionale delle sfide a cui si deve far fronte, che richiede un approccio congiunto da parte degli Stati membri in ragione dell’incapacità di questi ultimi di farvi fronte singolarmente;

2.      l’esigenza di rafforzare il sentimento di appartenenza all’UE, valorizzando il valore aggiunto unionale rispetto all’azione dei singoli Stati membri;

3.      l’esigenza di creare una fiscalità europea sganciata da quella degli Stati membri, che sarà accettata soltanto se strumentale alla creazione di beni pubblici europei che costituiscono interessi comuni;

4.      l’entrata in vigore della nuova governance economica europea che comporterà specifici vincoli per i bilanci nazionali.[34]

La creazione dei beni pubblici europei, per le ragioni menzionate, è stato uno dei principali obiettivi del quadro finanziario pluriennale 2021 – 2027 quale strumento per perseguire, a livello centralizzato, progetti collettivi attuati mediante finanziamenti comuni, soprattutto successivamente alla crisi pandemica. La riflessione in merito è rispecchiata nell’ideazione delle undici unioni relative ai beni pubblici europei individuati nella salute, nell’energia, nell’intelligenza artificiale, nella sostenibilità ambientale, nella prosperità condivisa, nelle nuove generazioni, nella cultura, nella sicurezza interna, nella sicurezza esterna ivi compresa la difesa, nell’accoglienza e inclusione, nella promozione industriale e nell’innovazione.

Del resto, i beni pubblici europei sono stati identificati anche in relazione alle sfide future riguardanti la transizione digital, la transizione green, l’energia, la transizione sociale, le materie prime, la sicurezza, la difesa e la salute e sono, pertanto, individuati nelle infrastrutture di connettività transfrontaliera, in progetti energetici, nelle piattaforme di acquisizione di competenze e in materie prime strategiche per lo sviluppo industriale.

Per il finanziamento di questo peculiare tipo di beni, è auspicabile la creazione di una capacità di bilancio centrale permanente ad esempio attraverso:

1.      l’emissione di obbligazioni europee da parte della Commissione. Perseguire tale strada comporterebbe, peraltro, passività implicite e crescenti sui bilanci nazionali;

2.      le risorse proprie dell’Unione Europea.

Secondo uno studio del Parlamento europeo si prevede che, nel prossimo quadro finanziario pluriennale 2028 – 2034, i beni pubblici europei dovrebbero iniziare a ritagliarsi un ruolo centrale tra le attività e le spese dell’Unione Europea e dovrebbero essere finanziati tramite risorse proprie. In particolare, tale finanziamento potrebbe derivare da risorse derivanti da addizionali e tasse relative al reddito e al consumo, da un insieme di risorse proprie minori e attraverso il debito dell’Unione Europea.[35]

Da uno studio richiesto dalla Commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento europeo (ECON) è stato stimato che il finanziamento dei beni pubblici paneuropei richiederebbe un incremento del quadro finanziario europeo pari al 4 per cento del reddito nazionale lordo (RNL) dell’UE. Ciò garantirebbe finanziamenti considerevoli e stabili nel tempo e consentirebbe una maggiore stabilizzazione a fronte di shock economici, con il risultato di rendere l’Europa più resiliente e coesa.[36]

Tuttavia, l’approfondimento da ultimo citato non tiene conto del fatto che l’Unione europea non è dotata di un’amministrazione per la gestione dei beni pubblici e che, pertanto, questa dovrà essere delegata e condivisa con gli Stati membri i quali dovranno partecipare, in parte, al loro finanziamento. Ne deriva che sarà sufficiente che il bilancio europeo cresca al 2-2,5 per cento.[37]

I beni pubblici globali

I beni pubblici possono, altresì, essere classificati in base all’ambito di applicazione: locale, nazionale e globale. I beni pubblici globali, in particolare, presentano benefici che coinvolgono tutta l’umanità, i cui costi hanno una componente intergenerazionale e la cui fornitura richiede la cooperazione tra gli Stati. Alcuni esempi di beni pubblici globali sono: l’ambiente, la cultura, la sanità globale, il progresso scientifico e tecnologico, l’economia globale e la pace.  

Essi si distinguono dai beni comuni globali poiché questi ultimi si riferiscono solitamente a risorse che non godono della caratteristica della non rivalità, come l’alto mare, l’Antartide, lo spazio e l’atmosfera.  

Un nodo critico nel godimento dei beni pubblici è relativo all’atteggiamento di non cooperazione, solitamente descritto con l’espressione “fenomeno del passeggero non pagante” (free-riding). Nel caso dei beni pubblici globali esso si traduce nell’assenza di collaborazione da parte dei singoli Stati per la fornitura del bene, ciò nella speranza che siano altri paesi a farsi carico dei costi. Tale condotta può creare tensioni politiche, per le quali qualunque processo è ostacolato dal timore dei vari attori pubblici di doversi far carico unilateralmente dei costi per la fornitura di beni di cui godranno anche terzi.

A livello di diritto internazionale non vi è una definizione formalmente codificata di bene pubblico. Ciò ha comportato che diverse organizzazioni internazionali abbiano definito tale categoria di beni in base alla loro area di competenza. Ad esempio, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Industriale (UNIDO) definisce come beni pubblici globali per lo sviluppo quelle risorse e servizi che coniugano stabilità finanziaria, commercio internazionale, conoscenza e ambiente. Parallelamente, la Banca Mondiale identifica i beni pubblici globali in quei beni che necessitano della cooperazione internazionale per essere prodotti e mantenuti, dal momento che nessun attore pubblico è in grado di farlo autonomamente.

Per tali ragioni il diritto internazionale regola i beni pubblici attraverso diversi trattati e convenzioni multilaterali. Tra i più importanti si possono citare: i vari accordi sul clima, tra cui l’Accordo di Parigi (2015), che riconosce il clima come un bene pubblico globale; il Trattato sull'Antartide (1959), che pone linee guida per la preservazione del continente; e, infine, le Convenzioni sulla biodiversità, come la Convenzione sulla diversità biologica (CBD - 1992), per proteggere le risorse naturali globali.

 


 

I Sessione - Il miglioramento della competitività dell’UE attraverso il mercato unico, la politica di innovazione, una migliore regolamentazione e posti di lavoro di qualità

 

Come illustrato nella sezione del presente dossier dedicata alla sessione di apertura della Conferenza, cui si rimanda per approfondimenti, il tema del rafforzamento della competitività europea ha assunto un rilievo centrale nel nuovo ciclo politico ed istituzionale dell’UE. Di fronte a uno scenario geopolitico globale instabile e in continua evoluzione e a sfide sociali, economiche e demografiche sempre più complesse, l’Unione riconosce infatti l'urgenza di aumentare la produttività e la crescita sostenibile, mantenendo, nel contempo, il modello sociale ed economico europeo.

Il 29 gennaio 2025 la Commissione europea ha presentato la Bussola per la competitività dell’UE, basata sui tre pilastri del rapporto Draghi: i) colmare il divario di innovazione che separa in particolare l'UE dagli Stati Uniti e dalla Cina; ii) predisporre un piano comune per la decarbonizzazione e la competitività inteso ad accelerare la transizione e ridurre il costo dell'energia; iii) accrescere la sicurezza e ridurre le dipendenze dell’Unione. Anche per i contenuti della Bussola si rimanda alla sezione del presente dossier dedicata alla sessione di apertura della Conferenza.

Considerato che Mario Draghi è, in base al programma della Conferenza, keynote speaker della presente sessione, di seguito si riporta un sintetico approfondimento del suo rapporto sulla competitività europea.

Per approfondimenti sul rapporto Draghi, si veda il dossier predisposto dall’Ufficio Rapporti con l’Unione europea.

Si riporta altresì un breve focus sul rapporto sul mercato unico di Enrico Letta.

Il rapporto sul futuro della competitività europea di Mario Draghi

Il rapporto “Il futuro della competitività europea” evidenzia come negli ultimi anni il radicale mutamento dello scenario geopolitico innescato dalla guerra in Ucraina e, più in generale, dall’instabilità globale abbia fatto emergere le vulnerabilità di sistema dell’UE: le dipendenze dall’esterno, soprattutto per gli approvvigionamenti di energia e materie prime critiche; il ritardo nell’innovazione; i costi dell’energia; la mancanza di manodopera specializzata; l’assenza di una difesa comune, la frammentazione perdurante  del mercato interno e in particolare del mercato dei capitali; un modello di governance inadeguato; gli andamenti demografici non più in grado di sostenere la domanda interna.

A queste vulnerabilità, secondo il rapporto, occorre rispondere in via prioritaria aumentando la produttività, preservando, al contempo, il modello sociale europeo, mediante un coordinamento forte di tutte le politiche europee (industriali, commerciali, fiscali, estere) e un loro riorientamento, nonché un incremento degli investimenti per circa 750-800 miliardi all’anno, pari al 4,4-4,7% del complessivo dell’UE, in digitalizzazione, decarbonizzazione e rafforzamento della capacità di difesa.

Le aree principali di intervento

Il rapporto identifica 3 aree principali di intervento per l’UE al fine di rilanciare la crescita e gestire le grandi trasformazioni in atto (digitalizzazione, decarbonizzazione e cambiamenti geopolitici):

1) correggere il rallentamento della crescita della produttività, colmando il divario di innovazione (innovation gap) nei confronti di USA e Cina. La tecnologia digitale rappresenta infatti a giudizio di Draghi il fattore chiave del crescente divario di produttività tra UE e USA. Il rapporto ritiene che l’innovazione possa diventare il nuovo motore della crescita europea e rappresentare lo strumento con cui mantenere la leadership manifatturiera e sviluppare nuove tecnologie rivoluzionarie e che l'IA offra all'Unione un’occasione importante per correggere i suoi fallimenti in termini di innovazione e produttività (solo 4 delle prime 50 aziende tecnologiche al mondo sono europee) e ripristinare il proprio potenziale manifatturiero. Il rapporto sostiene in particolare che l'integrazione "verticale" dell'IA nell'industria europea (ad es. nei settori farmaceutico e automobilistico, dove l'UE è leader globale) rappresenta un fattore critico per sbloccare una maggiore produttività. Occorre, tuttavia, fare attenzione alle competenze dei lavoratori per scongiurare il rischio che l’IA indebolisca il modello sociale europeo;

2) ridurre i prezzi elevati dell'energia (le aziende dell’UE devono ancora affrontare prezzi dell’elettricità che sono 2-3 volte quelli degli Stati Uniti, mentre i prezzi del gas naturale pagati sono 4-5 volte superiori), continuando, al contempo, il processo di decarbonizzazione e di transizione a un’economia circolare, adottando tra l’altro un approccio tecnologicamente neutrale, che includa tutte le soluzioni disponibili, e in particolare le energie rinnovabili, il nucleare, l’idrogeno, la bioenergia e la cattura, l’utilizzo e lo stoccaggio della CO2. Ritiene che l’UE possa assumere un ruolo di guida nelle nuove tecnologie pulite e nelle soluzioni di circolarità, a condizione che tutte le politiche europee siano in sintonia con gli obiettivi di decarbonizzazione. Il rapporto propone pertanto un piano congiunto per la decarbonizzazione e la competitività;

3) reagire dinanzi a un contesto geopolitico meno stabile, aumentando la sicurezza, tenuto altresì conto del fatto di non poter più contare come prima sugli Stati Uniti, e riducendo le dipendenze in una serie di ambiti, dalle materie prime critiche alle tecnologie avanzate, che stanno diventando vulnerabilità, specialmente in situazioni di frammentazione del commercio lungo linee geopolitiche. Chiede, tra l’altro, una vera e propria "politica economica estera", basata anche sulla messa in sicurezza delle risorse critiche, e una forte e indipendente industria europea dello spazio e della difesa. Propone pertanto un piano per gestire le dipendenze e rafforzare gli investimenti nella difesa.

In queste aree il rapporto chiede un maggior coordinamento:

-         tra gli Stati membri affinché si evitino duplicazioni, standard incompatibili e mancata considerazione delle esternalità (tra cui quella particolarmente dannosa dell’impatto negativo sul mercato unico quando i Paesi più grandi e con maggiore spazio fiscale possono fornire un sostegno molto più generoso degli altri);

-         tra gli strumenti di finanziamento;

-         tra le varie politiche, come avviene negli Stati Uniti e in Cina dove le politiche industriali comprendono strategie che combinano politiche fiscali per incentivare la produzione interna, politiche commerciali per penalizzare i comportamenti anticoncorrenziali all’estero e politiche economiche estere per garantire le catene di approvvigionamento.

Il finanziamento

Tornando al tema del finanziamento, centrale per il raggiungimento degli obiettivi dell’UE, in primis digitalizzazione, decarbonizzazione e maggiore capacità di difesa, il rapporto Draghi, come sottolineato in precedenza, fa riferimento all’esigenza di assicurare almeno 750-800 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi annui, pari al 4,4-4,7% del PIL dell’UE nel 2023 (per fare un confronto, gli investimenti del Piano Marshall nel periodo 1948-51 equivalevano all’1-2% del PIL dell’UE). La quota di investimenti dell’UE dovrebbe passare dall’attuale 22% circa del PIL a circa il 27%, invertendo un declino pluridecennale nella maggior parte delle grandi economie dell’Unione. La sfida è, pertanto, quella di sbloccare gli investimenti, sia pubblici che privati. Il rapporto Draghi propone, tra l’altro, di istituire, nel quadro del prossimo bilancio UE, un “pilastro della competitività”, costruire una vera e propria Unione dei mercati dei capitali, completare l'Unione bancaria e considerare l’emissione regolare di asset di debito comune per consentire progetti di investimento congiunti tra gli Stati membri che aumenteranno la competitività e la sicurezza dell’Unione.

A giudizio di Draghi, l’aumento di produttività “è una sfida esistenziale per l'UE”, preservando i valori di equità e inclusione sociale. In altre parole, se l’Unione non provvederà a colmare in tempi brevi il divario di produttività con la Cina, gli Stati Uniti e gli altri grandi partner globali, dovrà rinunciare probabilmente a perseguire alcuni degli obiettivi per i quali è nata: la democrazia, i diritti fondamentali, il modello sociale, lo sviluppo sostenibile, la solidarietà intergenerazionale, la coesione economica, sociale e territoriale. Ove ciò si verificasse l’Unione “avrà perso la sua ragione d'essere”.

 

Le mozioni approvate dalla Camera dei deputati per il rilancio della competitività europea, in relazione al rapporto Draghi

In data 12 febbraio 2025 l’Assemblea della Camera dei deputati ha approvato, nei testi riformulati con il parere favorevole del Governo, alcune mozioni (Richetti ed altri n. 1-00371, Della Vedova ed altri n. 1-00377, Faraone ed altri n. 1-00382, Bonelli ed altri n. 1-00384 e De Luca ed altri n. 1-00395) concernenti iniziative per il rilancio della competitività europea, in relazione al "Rapporto Draghi".

Le mozioni impegnano tra l’altro il Governo a:

-         definire un piano strategico nazionale di rilancio del settore industriale in coerenza con il Rapporto Draghi;

-         sostenere la necessità di definire strategie o di individuare strumenti di debito comune europeo tra l’altro per finanziare la crescita e la competitività;

-         promuovere la partecipazione delle imprese italiane alla creazione delle nuove catene del valore europee promosse dalla Commissione europea, soprattutto nell'ambito degli IPCEI, allineando la politica industriale italiana agli obiettivi europei e dando concreto sostegno al tessuto delle PMI, con agevolazioni per investimenti, in particolare nella digitalizzazione e nell'intelligenza artificiale;

-         definire un programma nucleare italiano per autorizzare la costruzione di impianti con le nuove tecnologie nucleari sostenibili in corso di sviluppo, caratterizzate da elevati standard di sicurezza e sostenibilità, capaci di soddisfare, da un lato, il fabbisogno energetico nazionale e, dall'altro, di ridurre nettamente le emissioni climalteranti;

-         mettere in atto in ambito nazionale e in ambito UE politiche espansive volte a sostenere la crescita economica e l'industria europea in un contesto di transizione ecologica e digitale al fine di favorire la crescita economica e l'occupazione e ridurre le disuguaglianze sociali;

-         avviare le opportune iniziative, in ambito nazionale e dell'UE, per garantire risorse per la decarbonizzazione e uno specifico sostegno per quei settori produttivi che, per le specifiche caratteristiche produttive, hanno oggettive difficoltà ad abbattere le emissioni e a riconvertirsi, con conseguenze negative in termini economici e occupazionali;

-         sostenere le riforme o gli accordi necessari per realizzare gli impegni comuni in materia di energia, trasporti, tecnologie digitali e innovazione e difesa, che il Rapporto identifica come condizioni indispensabili per la salvaguardia della libertà, del benessere e della sicurezza europea;

-         proporre, di concerto con le istituzioni europee, un calendario di riduzione delle emissioni che tenga conto delle specificità economiche e produttive dei settori industriali nazionali, evitando penalizzazioni ingiustificate per le imprese italiane rispetto ai competitor europei e internazionali;

-         operare, per quanto di competenza, perché la governance economica e i processi decisionali dell'Unione siano migliorati e adeguati all'esigenza di garantire un quadro istituzionale coerente con gli obiettivi del Rapporto, a partire dal rafforzamento del meccanismo di voto a maggioranza;

-         promuovere, per quanto di competenza, una leale collaborazione tra le istituzioni europee e la nuova Amministrazione statunitense, favorendo un dialogo costruttivo che evidenzi l'interdipendenza economica tra le due aree ed eviti i rischi di danni reciproci derivanti da politiche protezionistiche.

Il rapporto sul futuro del mercato unico di Enrico Letta

In occasione del Consiglio europeo straordinario del 17 e 18 aprile 2024, Enrico Letta ha presentato un rapporto sul futuro del mercato unico.

In estrema sintesi, il rapporto Letta colloca l'analisi dello stato e delle prospettive del mercato unico nel contesto della sua dimensione geopolitica attuale, profondamente cambiata rispetto a quando il mercato unico è stato lanciato e che deve necessariamente tenere conto dei grandi cambiamenti degli ultimi anni, incluso l'impatto della pandemia e della guerra in Ucraina.

Il rapporto osserva che quando il mercato unico è stato lanciato il numero di Stati membri era meno della metà di quello di oggi, esisteva l’Unione Sovietica, la Germania era ancora divisa in due, Cina e India insieme costituivano meno del 5% dell'economia globale e l'acronimo BRICS non era conosciuto. Europa e USA erano al centro dell'economia mondiale come leader in termini di peso economico e capacità di innovazione.

Il mercato unico - osserva Letta - deve necessariamente pertanto rinnovarsi, in linea con la sua natura di “progetto in corso”, “intrinsecamente legato agli obiettivi strategici dell'UE”, ed adattarsi pertanto alle dinamiche e alle evoluzioni delle “dinamiche del nostro tempo”.

Il rapporto indica 4 settori principali da collocare al centro del mercato unico nei prossimi anni, che rappresentano asset strategici europei e sui quali in futuro dovrebbe prevalere la dimensione unionale su quella nazionale. L’esclusione di questi settori dal perimetro del mercato unico e dal processo di integrazione rappresenta ormai una delle ragioni principali della diminuzione della competitività dell'Europa e un “freno importante alla crescita e all'innovazione in settori in cui la concorrenza globale e considerazioni strategiche richiedono un rapido passaggio su scala europea”. I confini nazionali, infatti, attualmente ostacolano qualsiasi concorrenza sostanziale con i conglomerati americani, cinesi o indiani. Si tratta dei seguenti settori:

1) difesa: non rientra nelle competenze dell’UE, ma sta assumendo un’importanza strategica crescente, anche nel settore industriale. L’UE deve continuare a promuovere e mantenere la pace in modo efficace nonostante le incertezze globali. L’industria della difesa è considerata cruciale per raggiungere questi obiettivi. Nonostante alcuni progressi, il perseguimento di una politica di difesa comune resta in gran parte nelle fasi iniziali. Il rafforzamento delle capacità di difesa necessita di ingenti finanziamenti e il mercato unico deve essere in grado di mobilitare le risorse pubbliche e private in modo più efficace, conclude il rapporto;

2) energia: rappresenta un settore strettamente collegato alle politiche climatiche e nel quale è necessaria una maggiore integrazione europea e sono sempre più cruciali le interconnessioni;

3) telecomunicazioni: il mantenimento delle competenze a livello nazionale e la frammentazione del mercato europeo in 27 mercati nazionali non ha permesso di mantenere il passo di alcuni mercati esteri, come quelli cinese e statunitense, e di tutelate adeguatamente i consumatori. Il rapporto ricorda che la Cina ha una media clienti per operatore di 400 milioni, gli USA di 100 milioni, mentre l’UE, che non è riuscita a fare economie di scala sul piano continentale, solo di 5 milioni;

4) finanza: l’UE presenta un quadro frammentato anche in questo settore, dove sono ancora incomplete l’unione bancaria e l’unione dei mercati di capitali e uno scarso collegamento tra finanza e innovazione spinge molte start-up innovative europee e molti risparmi europei verso destinazioni estere, specie verso gli USA.

In aggiunta, il rapporto sostiene la necessità di un settore spaziale dinamico, capace di prosperare nonostante la forte concorrenza globale e di fornire all’Europa strumenti adeguati per l'autonomia strategica e la sicurezza, di un approccio più unificato alla salute, istituendo, tra l’altro, un vero mercato unico per i prodotti farmaceutici e riducendo la dipendenza dell'UE da fornitori esterni, nonché di un vero mercato unico nel settore dei trasporti tra l’altro istituendo una rete transeuropea di trasporto realmente integrata.

Si propone inoltre di introdurre nel quadro del mercato unico una "quinta libertà" - incentrata su ricerca, innovazione, conoscenza e istruzione – al fine di migliorare le capacità di innovazione all'interno del mercato unico nel contesto del nuovo panorama globale.

Letta sottolinea altresì che uno dei principali obiettivi del nuovo mercato unico dovrà essere quello di rendere la capacità industriale europea compatibile con gli obiettivi della transizione equa, verde e digitale. A tal fine, nel corso della prossima legislatura europea sarà necessario finanziare adeguatamente le transizioni verde e digitale. A tal riguardo, sostiene che uno degli obiettivi da perseguire è quello di collegare più intimamente il mercato unico con l’unione dei mercati dei capitali, soprattutto allo scopo di coinvolgere maggiormente il settore privato e il risparmio privato nel finanziamento delle suddette transizioni, riflettendo altresì sulla possibilità di creare uno strumento simile ai crediti d’imposta utilizzati dall’Inflation Reduction Act statunitense, nonché di costruire un vero e proprio pilastro di finanza europea comune che consenta investimenti più grandi degli Importanti Progetti di Comune Interesse Europeo (IPCEI) e promuova la politica industriale europea, incoraggiando  l'espansione (scale up) degli operatori economici europei.

In tale contesto, inoltre, il rapporto si occupa dei rapporti tra mercato unico e commercio internazionale, rimarcando l’esigenza di assicurare, nel contempo, apertura ai mercati esteri e accordi di libero scambio e protezione dalla concorrenza sleale esterna.

Un’importanza cruciale è attribuita altresì alla politica di coesione e alla collegata politica di allargamento. Sottolinea due aspetti in particolare: 1) il concetto di “freedom to stay”, ossia l’esigenza di evitare che si creino all'interno di alcuni Stati membri, o all'interno di singole regioni di alcuni Stati membri, situazioni che obblighino le persone, soprattutto i giovani, a partire; 2) l’impegno per evitare che le regioni più povere paghino i costi dell’adesione di nuovi Stati membri all’UE.

Il rapporto si sofferma infine sul tema, anch’esso particolarmente importante, dell'enforcement delle regole del mercato unico.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

II Sessione - I primi piani nazionali nell'ambito della riforma del Quadro di governance economica - insegnamenti acquisiti

L’elaborazione di piani nazionali strutturali di bilancio (PNB) costituisce elemento fondante della nuova governance economica, introdotta nell’aprile 2024 tramite l’approvazione dei seguenti documenti legislativi:

1)     regolamento (UE) 2024/1263 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al coordinamento efficace delle politiche economiche e alla sorveglianza di bilancio multilaterale (cd. "braccio preventivo" del Patto di stabilità e crescita);

2)     regolamento (UE) 2024/1264 del Consiglio per l'accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi ("braccio correttivo" del Patto di stabilità e crescita);

3)     direttiva (UE) 2024/1265 del Consiglio relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri[38]

Il sistema così delineato ha preso l’avvio per la prima volta con il semestre europeo 2024 (“pacchetto d’autunno”, novembredicembre 2024)[39].

La presente scheda analizza innanzitutto la dimensione unionale, riassumendo: la normativa europea concernente i PNB (anche quali evoluzione del “modello PNRR”) e la traiettoria di riferimento; il processo di valutazione e approvazione dei piani medesimi.

Si dà quindi conto del piano nazionale italiano in termini di genesi, contenuto, valutazione ed approvazione.

Dimensione unionale

Piani nazionali strutturali di bilancio a medio termine

Ai sensi dell’articolo 11 del citato regolamento (UE) 2024/1263 tutti gli Stati membri devono presentare un piano nazionale strutturale di bilancio a medio termine (durata 4 o 5 anni, a seconda della durata regolare della legislatura nazionale, articolo 2, par. 6), impegnandosi a seguire una traiettoria di riferimento (articolo 5 e seguenti, vedi oltre) nonché a realizzare investimenti pubblici e riforme in risposta alle principali sfide individuate nel contesto del semestre europeo[40] che garantiscano una riduzione duratura e graduale del debito e una crescita sostenibile e inclusiva.

In termini di contenuto (articolo 13), il Piano include i seguenti elementi principali: il percorso della spesa netta[41]; la traiettoria di riferimento o le informazioni tecniche trasmesse dalla Commissione (si veda oltre); l’illustrazione di come saranno realizzati riforme e investimenti in risposta alle principali sfide individuate nel contesto del semestre europeo e in che modo si affronteranno le priorità comuni dell’UE[42]. L’articolo 14 autorizza percorsi di aggiustamento più lunghi (con proroga fino a tre anni) a fronte dell’impegno a realizzare riforme e investimenti per la sostenibilità e la crescita.

I PNB sono valutati dalla Commissione (articolo 16) e approvati dal Consiglio (articoli 17-19). Il monitoraggio dell’attuazione avrà luogo nel contesto del Semestre europeo. Sarà effettuato dalla Commissione sulla base di una relazione annuale presentata da ciascuno Stato (articolo 21) e di un conto di controllo per monitorare le deviazioni dai percorsi di spesa netta concordati (articolo 22).

In dettaglio, il conto di controllo registrerà un debito quando la spesa netta osservata dello Stato membro interessato in un dato anno è superiore al percorso stabilito dal Consiglio. Registrerà invece un credito quando essa sia inferiore. Il saldo cumulato del conto di controllo sarà espresso in percentuale del PIL, pari alla somma di debiti e crediti annuali.

La revisione del piano (articolo 15) è consentita, al più tardi dodici mesi prima della scadenza, in due ipotesi:

1)     l’insorgere di “circostanze oggettive” che impediscano l’attuazione del piano originario;

2)     la richiesta di revisione avanzata a seguito dell’insediamento di un nuovo Governo.

È prevista una duplice possibilità di ricorso a clausole di salvaguardia che consentano scostamenti dagli obiettivi di spesa, entrambe attivabili tramite raccomandazione del Consiglio su impulso della Commissione:

1)     a livello di Unione in caso di grave recessione economica nell’area dell’euro o nell’UE nel suo insieme “a condizione che la sostenibilità di bilancio nel medio termine non ne risulti compromessa” (articolo 25);

2)     a livello nazionale al verificarsi di circostanze eccezionali, al di fuori del controllo dello Stato membro, con un forte impatto sulle finanze pubbliche, “a condizione che tale deviazione non comprometta la sostenibilità di bilancio nel medio termine” (articolo 26).

Modello PNRR

Il sistema elaborato appare ispirato a quanto sperimentato con il Dispositivo per la ripresa e la resilienza (regolamento (UE) 2021/241) ed i Piani Nazionali di ripresa e resilienza nazionali (PNRR). Vengono infatti assicurate: la titolarità degli Stati membri, che propongono autonomamente un percorso virtuoso da seguire; la valutazione e il successivo monitoraggio ad opera della Commissione europea; l’approvazione del Consiglio UE.

La sinergia con i PNRR è inoltre, tra l’altro, assicurata dal fatto che:

1)     gli investimenti previsti nei PNRR costituiscono uno degli elementi presi in considerazione ai fini dell’estensione del periodo di aggiustamento fino a 7 anni (articolo 14, par. 4);

2)     l’illustrazione di come si intenda garantire la coerenza o la complementarità con il PNRR nazionale è indicato espressamente quale contenuto necessario dei Piani nazionali (articolo 13, let. g);

Traiettoria di riferimento

All’inizio del processo di definizione dei piani, la Commissione europea trasmette agli Stati membri il cui debito pubblico supera il 60% del PIL o in cui il disavanzo pubblico supera il 3% del PIL una traiettoria di riferimento (articolo 5). Questa sarà “basata sul rischio, specifica per ciascuno Stato membro” (articolo 6) e definita in termini di spesa primaria netta (articolo, 2, par. 3), unico indicatore operativo anche per la successiva sorveglianza.

Essa dovrà garantire che, entro la fine del periodo di aggiustamento, il debito pubblico sia avviato su una traiettoria di riduzione plausibile o rimanga a livelli prudenti al di sotto del 60% nel medio termine e che - sempre nel medio termine - il disavanzo pubblico previsto sia portato e mantenuto al di sotto del 3% del PIL. Dovrà altresì garantire che lo sforzo di aggiustamento di bilancio durante il periodo del piano sia di norma lineare e almeno proporzionale allo sforzo complessivo compiuto nell'arco dell'intero periodo di aggiustamento (cd. clausola di no-backloading, articolo 6).

Tuttavia, una norma transitoria (articolo 36, par. 1, let e) stabilisce che se uno Stato membro richiede un'eccezione a tale clausola saranno presi in considerazione i progetti relativi ai prestiti del dispositivo per la ripresa e la resilienza nonché al cofinanziamento nazionale dei fondi europei nel 2025 e nel 2026, purché non venga compromessa la sostenibilità di bilancio a medio termine.

La traiettoria dovrà infine garantire la coerenza con il percorso correttivo eventualmente stabilito dal regolamento sul braccio correttivo del Patto (aggiustamento strutturale annuo minimo pari ad almeno lo 0,5% del PIL per i paesi sottoposti a procedura basata sul disavanzo; art 6, par. 1, let. d). Nel caso in cui i piani presentati dagli Stati membri contengano un percorso di spesa netta più elevata rispetto alla traiettoria di riferimento, lo Stato membro dovrà fornire argomentazioni economiche solide e basate su dati che spieghino la differenza (articolo 13, par. 1, let b). 

Invece agli altri Stati membri con un disavanzo pubblico non superiore al 3% del PIL e un debito pubblico non superiore al 60% del PIL, la Commissione fornirà, su richiesta, solo informazioni tecniche volte garantire che il disavanzo nominale sia mantenuto al di sotto del 3% del PIL nel medio e lungo periodo (articolo 2, par. 4; articolo 9, par. 3).

La traiettoria dovrà rispettare due salvaguardie:

1)     la salvaguardia della sostenibilità del debito, così da assicurare la riduzione dei livelli del debito stesso: gli Stati membri con un rapporto debito/PIL superiore al 90% dovranno ridurre in media ogni anno questo rapporto dell’1%, mentre gli Stati membri con un debito/PIL tra il 60% e il 90% dovranno ridurlo in media di 0,5 punti percentuali all’anno (articolo 7);

2)     la salvaguardia della resilienza relativa al disavanzo: la traiettoria dovrà garantire che l’aggiustamento di bilancio continui, ove necessario, fino a raggiungere l’obiettivo di un disavanzo all'1,5% del PIL. L’aggiustamento annuo strutturale primario per avvicinarsi all’1,5% di deficit sarà dello 0,4% del PIL, ridotto allo 0,25% in presenza di un’estensione del periodo di aggiustamento del piano nazionale (articolo 8).

Valutazione da parte della Commissione europea

La valutazione dei primi piani nazionali[43] è contenuta nel pacchetto d’autunno, approvato dalla Commissione europea il 26 novembre 2024. La Comunicazione “Semestre europeo 2025: il nuovo quadro della governance economica prende vita” (COM(2024) 705) offre la seguente panoramica d’insieme delle proposte che la Commissione ha formulato al Consiglio:

1)     approvare il percorso di bilancio definito nei piani nazionali di Cechia, Cipro, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lussemburgo, Malta, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna e Svezia. Si ritiene infatti che questi soddisfino i requisiti del citato regolamento (UE) 2024/1263 e definiscano un percorso di bilancio credibile per garantire la sostenibilità di bilancio a medio termine;

2)     estendere da quattro a sette anni il periodo di aggiustamento per cinque Stati membri (Finlandia, Francia, Italia, Romania e Spagna) in virtù dell’impegno di realizzare riforme e investimenti;

3)     raccomandare per i Paesi Bassi un percorso di spesa netta coerente con le informazioni tecniche trasmesse dalla Commissione a giugno.

Il Piano dell’Ungheria è stato presentato tardivamente (novembre 2024); la Commissione ne ha fornito una valutazione positiva a gennaio 2025 (COM(2025) 14). La presentazione dei piani nazionali di Austria, Belgio, Bulgaria, Germania e Lituania è stata rimandata in virtù della scadenza del ciclo istituzionale nazionale.

Sono stati oggetto di valutazione anche i progetti di bilancio nazionali, per verificare se essi costituiscano i primi passi appropriati per attuare i rispettivi piani a medio termine. La Commissione ha ritenuto che:

1)     otto Stati (Grecia, Cipro, Lettonia, Slovenia, Slovacchia, Italia, Croazia e Francia) siano in linea con le raccomandazioni di bilancio. Si prevede infatti che la spesa netta rientri nei limiti massimi;

2)     al di sopra dei rispettivi limiti è invece stata considerata la spesa netta di Estonia, Germania, Finlandia e Irlanda, i cui progetti di bilancio sono stati ritenuti parzialmente coerenti con le raccomandazioni di bilancio;

3)     anche i progetti di bilancio di Lussemburgo, Malta e Portogallo sono stati ritenuti parzialmente coerenti: per quanto la loro spesa netta sia prevista entro i massimali, non è stata prevista l’eliminazione graduale delle misure di sostegno all’emergenza energetica entro l’inverno 2024-2025, come raccomandato dal Consiglio;

4)     la spesa netta dei Paesi Bassi è stata considerata al di sopra dei massimali, quindi il progetto di bilancio è stato considerato non in linea con le raccomandazioni;

5)     per la Lituania si è constatato il rischio di non essere in linea poiché si prevede che la spesa netta supererà i tassi che la Commissione considererebbe appropriati nell'attuazione del nuovo quadro di governance economica.

Il pacchetto d’autunno comprende altresì otto raccomandazioni rivolte al Consiglio affinché definisca il percorso di bilancio per correggere il disavanzo eccessivo degli Stati membri per i quali nel luglio 2024 è stata avviata la procedura per disavanzi eccessivi (Belgio, Francia, Italia, Malta, Polonia, Slovacchia e Ungheria)[44]. In linea di massima, i percorsi correttivi si basano sui percorsi di spesa netta che lo Stato membro ha definito nei propri piani a medio termine o, in assenza, sulla traiettoria di riferimento della Commissione. Sarà valutata la possibilità di proporre al Consiglio di stabilire l’esistenza di un disavanzo eccessivo in Austria in virtù di un disavanzo previsto superiore al 3 per cento del PIL con proiezioni che non prevedono, a politiche invariate, una riduzione del valore nel 2025 o nel 2026.

Approvazione da parte del Consiglio dell’Unione

Sulla base delle raccomandazioni elaborate dalla Commissione, il Consiglio Ecofin del 21 gennaio 2025 ha:

1)      approvato i percorsi di spesa netta e i piani strutturali e di bilancio a medio termine di Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna e Svezia. Sono stati anche approvati gli impegni di riforma e di investimento alla base della proroga del periodo di aggiustamento fiscale a sette anni di Finlandia, Francia, Italia, Romania e Spagna;

2)     adottato raccomandazioni per sette Stati membri (Belgio, Francia, Italia, Malta, Polonia, Slovacchia e Romania) attualmente oggetto di una procedura per i disavanzi eccessivi, che devono darvi seguito effettivo per correggere il disavanzo entro un determinato periodo di tempo. Tali raccomandazioni prevedono un percorso di rettifica del bilancio e un termine per ciascuno Stato membro.

Nel caso dell’Italia si raccomanda di porre fine alla situazione di disavanzo eccessivo entro il 2026, assicurando che il tasso di crescita nominale della spesa netta non superi l'1,3% nel 2025 e l'1,6% nel 2026.

Il Comunicato stampa del Consiglio dell’Unione specifica che i percorsi di bilancio dei piani strutturali di bilancio di medio termine e quelli della procedura per i disavanzi eccessivi sono allineati.

Dimensione nazionale 

Traiettoria di riferimento dell’Italia

Il 21 giugno 2024 la Commissione europea ha trasmesso all’Italia una valutazione della traiettoria di spesa netta. Assumendo un periodo di aggiustamento di 7 anni, la Commissione ritiene che la crescita media della spesa netta non dovrebbe superare l'1,5 % nel corso sia del periodo contemplato dal piano (2025-2029) sia del periodo di aggiustamento (2025-2031).

Fonte: Raccomandazione del Consiglio che approva il PNB dell’Italia, che riporta calcoli della Commissione europea.

Piano nazionale strutturale di bilancio a medio termine italiano 2025-2029

Il Piano ha un orizzonte quinquennale, coerentemente con la durata della legislatura nazionale, e copre il periodo 2025-2029. L’aggiustamento della finanza pubblica è distribuito su sette anni a fronte dell’impegno a proseguire il percorso di riforme e investimenti iniziato con il PNRR. A seguito della citata apertura della procedura per disavanzo eccessivo, il Piano ha altresì il compito di definire la traiettoria di rientro del deficit al di sotto del 3 per cento del PIL[45].

La programmazione di bilancio viene maggiormente orientata verso il medio periodo ed integrata con un piano di riforme e investimenti pubblici per assicurare che la sostenibilità della finanza pubblica sia basata non solo sulla disciplina di bilancio ma anche su crescita sostenibile e riforme strutturali. In particolare, il piano:

1)     rivede al ribasso la stima del disavanzo in termini di PIL per l’anno 2024: dal 4,3 per cento indicato nel DEF al 3,8 per cento;

2)     conferma l’obiettivo di ridurre l’indebitamento a meno del 3 per cento del PIL nel 2026;

3)     prevede, lungo il periodo 2025-2031, che il tasso di crescita della spesa netta si attesti su un valore medio prossimo all’1,5 per cento, coerente con i calcoli della Commissione europea seppur differente in termini di valori puntuali nei diversi anni;

4)     ritiene valido l’obiettivo di conseguire entro sette anni un saldo primario strutturale tale da soddisfare i requisiti europei;

5)     conferma la revisione al rialzo del PIL per gli anni 2024-2029;

6)     prevede un “moderato aumento del rapporto debito pubblico/PIL fino al 2026” (anche in virtù delle compensazioni d’imposta legate ai superbonus edilizi), che “negli anni successivi sarà seguito da una discesa in linea con le nuove regole”;

7)     preannuncia a partire dal 2027 “spazi, sia pur limitati, per gli investimenti pubblici”. Questi, assieme a una “politica di bilancio prudente e credibile”, sono considerati “elementi cruciali per aggredire il fardello del debito e della spesa per interessi”;

8)     segnala che per affrontare le sfide del paese saranno necessarie “ingenti risorse”, in parte di origine pubblica e in derivante dalla mobilitazione di capitali privati;

9)     comprende riforme e investimenti in risposta ai principali problemi del Paese e alle priorità dell’Unione europea. Questi sono relativi da un lato alla piena attuazione degli impegni assunti con il PNRR (che incidono, tra l’altro, su giustizia, pubblica amministrazione, digitalizzazione, concorrenza e ambiente imprenditoriale) e dall’altro a misure di politica economica adottate in risposta alle raccomandazioni specifiche per paese a fronte dell’estensione del periodo di aggiustamento del bilancio a sette anni.

Le raccomandazioni specifiche per paese relative all’Italia sono riassunte in dettaglio sul sito Internet della Commissione europea. Il 19 giugno 2024 è stata pubblicata la raccomandazione di raccomandazione del Consiglio relativa all’anno corrente (COM(2024)612), approvata dal Consiglio dell’Unione nel luglio 2024. Questa fa riferimento, in estrema sintesi, a: la presentazione tempestiva del PSB, la limitazione della crescita della spesa netta e la riduzione del disavanzo pubblico (par. 1); il rafforzamento della capacità amministrativa di gestire i fondi dell'UE, l’accelerazione degli investimenti e il  mantenimento dello slancio nell'attuazione delle riforme (par. 2); il contrasto alle tendenze demografiche negative (par. 3); la definizione di una strategia industriale e di sviluppo per ridurre le disparità territoriali (par. 4).

Il PNS in Parlamento

Il piano strutturale di bilancio di medio termine dell’Italia per gli anni 2025-2029 è stato presentato in Parlamento il 27 settembre 2024 (Doc CCXXXII, n. 1 e relativo supplemento)[46].

Il Piano è stato oggetto di esame in Commissione e di dibattito in Aula. In Senato è stato assegnato in sede referente alla 5a Commissione permanente (Programmazione economica, bilancio), con il parere di tutte le altre Commissioni permanenti e della Commissione bicamerale per le questioni regionali. Presso la Camera dei deputati è stato assegnato in sede referente alla V Commissione Bilancio, Tesoro e programmazione con il parere di tutte le altre commissioni permanenti e della Commissione bicamerale per le questioni regionali. Le Commissioni riunite 5a del Senato e V della Camera hanno altresì condotto audizioni congiunte.

Ad esito dell’esame in Commissione il 9 ottobre 2024 due risoluzioni analoghe sono state approvate dall’Assemblea legislativa dei due rami del Parlamento: in Senato il documento 6-00110 (Liris ed altri) e alla Camera il n. 6-00132 (Lucaselli ed altri). Vi si impegna il Governo a: conseguire la traiettoria di spesa netta; individuare nel disegno di legge del bilancio di previsione i livelli massimi del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario, coerenti con il tasso di crescita della spesa netta; adottare le riforme e gli investimenti pubblici negli ambiti indicati nel Piano.

La risoluzione prosegue indicando alcuni interventi da inserire nella manovra di bilancio ed elencando alcuni disegni di legge, da considerare quali collegati alla manovra di finanza pubblica.

La valutazione del piano italiano

Come accennato, la valutazione è contenuta nella raccomandazione del Consiglio che approva il piano nazionale strutturale di bilancio di medio termine dell'Italia, approvata su proposta della Commissione (COM(2024) 718, 26 novembre 2024). Si ritiene infatti (par. 46) che il Piano soddisfi le prescrizioni del regolamento (UE) 2024/1263. Più in dettaglio, il Consiglio raccomanda all’Italia di:

1)     fare in modo che la crescita della spesa netta non superi i seguenti massimali (par. 1 del dispositivo):

Fonte: Raccomandazione del Consiglio che approva il PNB dell’Italia, Allegato I.

 

2)     attuare l’insieme di riforme e investimenti alla base della proroga del periodo di aggiustamento di bilancio a sette anni, dettagliati nell’Allegato II, entro i termini per ciascuno indicati (par. 2 del dispositivo).

Con specifico riguardo al percorso della spesa netta proposto, si ritiene il Piano coerente con il regolamento (UE) 2024/1263 anche in termini di:

1)     debito pubblico (par. 21);

Fonte: Raccomandazione del Consiglio che approva il PNB dell’Italia sulla base di calcoli della Commissione europea

 

2)     disavanzo pubblico (par. 22);

Fonte: Raccomandazione del Consiglio che approva il PNB dell’Italia sulla base del PNB italiano

3)     profilo temporale dell’aggiustamento di bilancio con riferimento al divieto di slittamento (par. 23)

Fonte: Raccomandazione del Consiglio che approva il PNB dell’Italia sulla base del PNB italiano

Il par. 24 specifica che il percorso della spesa netta è altresì in linea con i requisiti della procedura per disavanzi eccessivi ed in particolare con l’aggiustamento strutturale minimo su base annua pari almeno allo 0,5 % del PIL di cui all’articolo 3, par. 4, c. 3 del regolamento (CE) n. 1467/97.

 



[1] Il JRC è un servizio di studio e approfondimento della Commissione europea che impiega studiosi per svolgere attività di ricerca al fine di fornire consulenza scientifica indipendente e sostegno alla politica dell'UE. Il suo mandato consiste, tra l'altro, nel fornire sostegno  alle politiche dell'UE con prove scientifiche indipendenti durante l'intero ciclo politico.

[2] Sul tema si rinvia altresì alla relazione della Commissione europea, pubblicata a dicembre 2022, dal titolo “L'impatto dell'intelligenza artificiale sul futuro della forza lavoro nell'UE e negli Stati Uniti”, che mette in evidenza come l’intelligenza artificiale potrebbe invece sostituire o integrare in maniera consistente anche i lavori relativamente più qualificati. Un altro aspetto da tenere in considerazione, poi, secondo la relazione, è che l’intelligenza artificiale aumenta la capacità di controllare i lavoratori. In sintesi, un’intelligenza artificiale senza restrizioni potrebbe comportare mercati del lavoro meno democratici e condizioni di lavoro peggiori.

[3] Per dettagli si rinvia al sito Internet del Consiglio dell’Unione europea. Si veda anche Parlamento europeo, Quadro finanziario pluriennale, aprile 2024; Consiglio europeo, “Il bilancio a lungo termine dell’UE, maggio 2024.

[4] Per dettagli sul QFP 2021-2027 e l'illustrazione dei vari atti di cui è composto si rinvia al Dossier del Servizio studi del Senato della Repubblica "L'approvazione del nuovo quadro finanziario pluriennale 2021-2027" (106/DE), dicembre 2020.

[5] Per dettagli sul contenuto e sul funzionamento del dispositivo si rinvia alla Nota “Il dispositivo per la ripresa e la resilienza”, a cura del Servizio studi del Senato della Repubblica, febbraio 2021.

[6] Si veda: Parlamento europeo, Entrate dell’Unione, aprile 2024.

[7] Si rinvia, per maggiori dettagli, al sito Internet del Consiglio dell’Unione e alla documentazione sulle relative proposte della Commissione, predisposta dall’Ufficio rapporti con l’Unione europea della Camera dei deputati.

[8] Sul tema il Parlamento europeo ha tenuto un’iniziativa di riflessione (Workshop on Some key themes for the post-2027 Multiannual Financial Framework) nel novembre 2024.

[9] “The road to the next multiannual financial framework”, COM(2025) 46. Al momento della pubblicazione del presente Dossier il testo della comunicazione era disponibile solo in lingua inglese, francese e tedesca.

[10] Si veda anche, in questo senso, la lettera di missione al commissario per il bilancio, le frodi e la pubblica amministrazione Piotr Serafin.

[11] Parlamento europeo, “Mainstreaming in the post-2027 Multiannual Financial Framework”, ottobre 2024, p. 2.

[12] Si veda, per maggiori dettagli, Parlamento europeo: “Performance and mainstreaming framework for the EU budget”, ottobre 2024, e la relativa sinossi disponibile in lingua italiana, febbraio 2025.

[13] In questo senso Commissione europea, documento di lavoro “Climate Mainstreaming Architecture in the 2021-2027 Multiannual Financial Framework” del 20 giugno 2022 (SWD(2022) 225).

[14] Per maggiori dettagli sulle priorità orizzontali si rinvia al sito Internet della Commissione europea.

[15] Nel giugno 2024 una relazione la Corte dei conti europea ha segnalato, con specifico riferimento al dispositivo per la ripresa e la resilienza, potenziali sovrastime degli importi stanziati per l’azione per il clima, discrepanze tra pianificazione e pratica e scarse indicazioni del contributo effettivo delle misure alla transizione verde. Nella propria risposta, la Commissione europea ha confermato il proprio approccio.

[16] Per maggiori dettagli si rinvia al sito Internet della Commissione europea ed al citato il documento di lavoro SWD(2022) 225. Si veda anche: Parlamento europeo, “Mainstreaming in the post-2027 Multiannual Financial Framework”, ottobre 2024.

[17] Accordo interistituzionale tra il Parlamento europeo, il Consiglio dell'Unione e la Commissione sulla disciplina di bilancio, sulla cooperazione in materia di bilancio e sulla sana gestione finanziaria, nonché su nuove risorse proprie del 16 dicembre 2020, articolo 16, lettera e). L’Accordo impone anche di tenere conto “delle sovrapposizioni esistenti tra obiettivi in materia di clima e biodiversità”.

[18] Parlamento europeo, “Mainstreaming in the post-2027 Multiannual Financial Framework”, ottobre 2024, pag. 2.

[19] Parlamento europeo, “Mainstreaming in the post-2027 Multiannual Financial Framework”, op. cit, pag. 2.

[20] Parlamento europeo, “Performance-based Programmes under the post-2027 MFF”, ottobre 2024.

[21] Parlamento europeo, “Mainstreaming in the post-2027 Multiannual Financial Framework”, op. cit, pag. 4.

[22] Parlamento europeo Revamping the EU’s budgetary flexibility”, ottobre 2024, che descrive in dettaglio procedure e pratiche diverse dagli strumenti codificati che mirano a migliorare la flessibilità nell'uso delle risorse dell'UE.

[23] Per maggiori dettagli si rinvia al sito Internet della Commissione europea.

[24] Si veda, per dettagli, Parlamento europeo “Spese dell’Unione”, aprile 2024; Parlamento europeo: “Revamping the EU’s budgetary flexibility”, ottobre 2024.

[25] Si segnalano gli studi del Parlamento europeo: “EU contingent financial liabilities”, novembre 2024; “Potenziali passività finanziarie dell’UE, novembre 2924; “Management of debt liabilities in the EU budget under the post-2027 MFF”, ottobre 2024.

[26] Scenario di riferimento elaborato dal Parlamento europeo. L’aumento è ipotizzato conseguenza dei prestiti RRF (nell’ipotesi che siano erogati integralmente), nonché, in minor misura, dei programmi di assistenza all'Ucraina e delle garanzie di bilancio. Si veda in questo senso, “EU contingent financial liabilities”, op. cit.

[27] Parlamento europeo, “Potenziali passività finanziarie dell'UE”, novembre 2024, p. 2.

[28] Per “margine di manovra” (o headroom) del bilancio dell'UE si intende la differenza ("margine") tra il massimale delle risorse proprie per i pagamenti e il massimale del bilancio a lungo termine per i pagamenti. Questo funge da garanzia che l'Unione onorerà tutti i suoi obblighi finanziari e le passività potenziali in qualsiasi circostanza, anche in caso di sviluppo economico negativo. Si veda, in questo senso, “Massimali delle entrate” sul sito Internet della Commissione europea. Si veda anche: “Potenziali passività finanziarie dell'UE”, novembre 2024.

[29] Parlamento europeo, “Potenziali passività finanziarie dell'UE”, novembre 2024, p. 2.

[30] Si vedano le Conclusioni approvate dal Consiglio il 17 dicembre 2024, le Conclusioni del Consiglio europeo del 19 dicembre 2024 e il Dossier, curato dai servizi di documentazione di Senato e Camera, relativo alla riunione del Consiglio europeo del 19 e 20 dicembre 2024.

[31]Adapting the EU budget to make it fit for the purpose of future enlargements”, gennaio 2025, e EU enlargement and the post-2027 Multi-Annual Financial Framework”, ottobre 2024.

[32]EU enlargement and the post-2027 Multi-Annual Financial Framework”, op. cit., ottobre 2024.

[33] P.A. Samuelson, The Pure Theory of Public Expenditure, in “The Review of Economics and Statistics”, XXXVI, novembre 1954, 4, pp.387-389.

[34] Si veda, per maggiori dettagli, P.V. Dastoli, I beni pubblici europei, in Bene comune, giugno 2024, pp 1-2.

[35] Sul punto, si veda, per un ulteriore approfondimento sul tema, lo studio relativo ai beni pubblici europei e il quadro finanziario pluriennale 2028-2034.

[36] G. Felbermayr e A. Pekanov, Pan-European Public Goods: Rationale, Financing and Governance, giugno 2024, pp 18 ss.

[37] Sul punto, beni pubblici europei e il quadro finanziario pluriennale 2028-2034, p. 3.

[38] Le relative proposte legislative della Commissione (COM(2023)240, COM(2023)241 e  COM(2023)242) sono state illustrate in dettaglio nel dossier 40/DE predisposto dagli Uffici di documentazione di Camera e Senato, luglio 2023. Sono state altresì oggetto di esame sia da parte della 5a Commissione permanente del Senato, che ha adottato una risoluzione in data 7 dicembre 2023 (Doc XVIII, n. 9), sia della V Commissione bilancio della Camera dei deputati, che ha approvato un documento finale il 6 dicembre 2023, dopo aver ricevuto il parere favorevole, con osservazioni, della Commissione politiche dell’UE. La Commissione europea ha risposto al Senato in data 6 marzo 2024 ed alla Camera in data 22 marzo 2024. Del successivo andamento dei negoziati in seno alle istituzioni europee si è dato conto, tra l’altro, nella documentazione per l’incontro interparlamentare “Settimana parlamentare europea 2024 - Bruxelles, 12-13 febbraio 2024”, Dossier n. 68/DE, anch’esso curato congiuntamente dai servizi di documentazione di Senato e Camera. Si veda anche il Dossier n. 93/DE, “Conferenza interparlamentare sulla stabilità, il coordinamento economico e la governance nell'Unione europea - Budapest, 3-4 ottobre 2024”, ottobre 2024.

[39] La lista completa dei documenti del pacchetto d’autunno è disponibile sul sito Internet della Commissione europea.

[40]Per maggiori dettagli sul ciclo del semestre europeo, sui documenti ed adempimenti di cui si compone e sul calendario in cui si articola, si rinvia al Dossier, predisposto dal Servizio studi del Senato della Repubblica, “Il Semestre europeo in Senato: procedure e prassi fino alla XVIII legislatura (anni 2011-2022)”, Dossier n. 1/DE, ottobre 2022.

[41]La “spesa netta” è costituita dalla spesa pubblica al netto della spesa per interessi, delle misure discrezionali sul lato delle entrate, della spesa per i programmi dell’Unione interamente finanziata dai fondi UE, della spesa nazionale per il cofinanziamento di programmi finanziati dall’Unione, della componente ciclica della spesa per i sussidi di disoccupazione, delle misure una tantum e di altre misure temporanee (articolo 2, par. 2).

[42]Le priorità dell’Unione sono elencate come segue nell’articolo 13, par. 1, let c): una transizione equa, verde e digitale, compresi gli obiettivi climatici; la resilienza sociale ed economica, compreso il pilastro europeo dei diritti sociali; la sicurezza energetica; e se necessario, lo sviluppo di capacità di difesa.

[43] Si rinvia al sito Internet della Commissione europea per la lista completa dei Piani nazionali.

[44] La raccomandazione relativa all’Ungheria è stata adottata anch’essa tardivamente, a gennaio 2025 (COM(2025) 15).

[45] Per maggiori dettagli sul contenuto del Piano italiano si rinvia al Dossier “Piano strutturale di bilancio di medio termine Italia 2025-2029”, ottobre 2024, curato congiuntamente dai servizi di documentazione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica

[46] Già prima della sua finalizzazione, il Governo nel Documento di economia e finanza 2024 (DEF, documento LVII, n. 2) aveva dichiarato la propria intenzione di coinvolgere pienamente il Parlamento pur in assenza di una specifica disciplina legislativa.