Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: RUE - Ufficio SG - Ufficio Rapporti con l'Unione europea
Titolo: Conferenza interparlamentare sulla politica estera e di sicurezza comune (PESC) e sulla politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) - Bruges, 3-5 marzo 2024
Serie: Documentazione per le Commissioni - Riunioni interparlamentari   Numero: 42
Data: 29/02/2024
Organi della Camera: III Affari esteri, IV Difesa, XIV Unione Europea

        

 

XIX LEGISLATURA

 

Documentazione per le Commissioni

RIUNIONI INTERPARLAMENTARI

 

 

 

Conferenza interparlamentare sulla politica estera e di sicurezza comune (PESC) e sulla politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC)

Bruges, 3-5 marzo 2024

 

 

 

 

Senato della Repubblica

Servizio studi

Ufficio politica estera e difesa

Servizio degli affari internazionali

UFFICIO DEI RAPPORTI CON LE ISTITUZIONI

DELL’UNIONE EUROPEA

   n. 71

Camera dei deputati

 

Ufficio Rapporti con l’Unione europea

n. 42

 


 

Servizio Studi

Ufficio politica estera e difesa

TEL. 06 6706 2451 - studi1@senato.it - @SR_Studi

Dossier n. 71

Servizio degli Affari internazionali -

Ufficio dei rapporti con le istituzioni dell’Unione Europea

TEL. 06 6706 4561 - affeuropei@senato.it

 

 

 

 

 

 

Ufficio rapporti con l’Unione europea

Tel. 06 6760 2145 - cdrue@camera.it - @CD_europa - europa.camera.it.

Dossier n. 42

 

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I N D I C E

Ordine del giorno

Introduzione. 1

Sessione I – Sostenere l'Ucraina contro l'aggressione russa   3

La cornice politica generale. 3

Sostegno militare all’Ucraina. 4

Quadro sugli impegni dell’UE in materia di sicurezza a favore dell’UE.. 8

Le sanzioni nei confronti della Russia. 10

Sostegno economico e alla ricostruzione dell’Ucraina. 13

Assistenza umanitaria. 18

Ricorso alla giustizia penale internazionale. 20

Sospensione dell’accordo sull’esportazione di cereali dai porti dell’Ucraina  21

Il processo di adesione dell’Ucraina all’UE.. 23

Memorandum d’intesa tra il Parlamento europeo ed il Parlamento ucraino. 25

Sessione II – Il processo di allargamento in corso   27

Ultimi sviluppi del processo di allargamento dell’UE.. 28

Il dibattito sulle riforme istituzionali dell’UE in vista dell’allargamento. 29

Il nuovo piano di crescita per i Balcani occidentali 34

Il piano economico d’investimenti globale, l’agenda verde per i Balcani occidentali e il sostegno per la crisi energetica. 35

Prime stime dell’impatto finanziario dell’allargamento. 37

L’associazione di rappresentanti dei paesi candidati ai lavori del Comitato economico e sociale dell’UE.. 40

Sessione III – La bussola strategica e la resilienza dell'UE   41

Discorso della Presidente von der Leyen al Parlamento europeo (28 febbraio2024)  41

La bussola strategica. 42

Lo strumento europeo per la pace. 45

La cooperazione strutturata permanente (PESCO). 47

Le iniziative a sostegno dell’industria europea della difesa. 49

Il fondo europeo per la difesa. 57

Dibattito urgente sulla situazione in Medio Oriente   61

La Posizione dell’UE sulla crisi in Medio Oriente. 61

L’operazione militare dell’UE nel Mar Rosso EUNAVFOR Aspides. 70

La situazione nel Mar Rosso. 75

 

 


Introduzione

 

La Conferenza per il controllo parlamentare sulla politica estera e di sicurezza comune (PESC) e sulla politica di sicurezza e difesa comune (PSDC) si svolgerà a Bruges dal 3 al 5 marzo 2024.

La Conferenza, organizzata dal Parlamento del Belgio - che esercita la Presidenza del Consiglio dell’UE per il periodo dal 1° gennaio al 30 giugno 2024 - prevede, dopo i saluti introduttivi, 4 sessioni e un dibattito urgente nel seguente ordine:

·        Sessione I – Sostenere l'Ucraina contro l'aggressione russa;

·        Sessione II – Il processo di allargamento in corso;

·        Sessione III – La bussola strategica e la resilienza dell'UE;

·        Dibattito urgente sulla situazione in Medio Oriente;

·        Sessione IV – Scambio di opinioni con l’Alto rappresentante, Josep Borrell, sulle priorità della politica estera e di sicurezza comune/Politica di sicurezza e difesa comune.

La Conferenza sarà preceduta, il 3 marzo alle h. 16.30 dalla consueta riunione di coordinamento del Gruppo Med, che riunisce i rappresentanti delle Commissioni esteri e difesa dei parlamenti dell’Europa del Sud (Italia, Spagna, Francia, Grecia, Cipro, Malta, Portogallo) con lo scopo di formare posizioni comuni sui temi di interesse e sugli argomenti in discussione in seno alle Conferenze interparlamentari PESC-PSDC.

I lavori della conferenza si svolgono secondo i seguenti princìpi istitutivi:

·         la Conferenza interparlamentare per la PESC/PSDC è composta da delegazioni dei Parlamenti nazionali degli Stati membri dell’Unione europea e del Parlamento europeo;

·         ogni Parlamento decide autonomamente sulla composizione della sua delegazione. I Parlamenti nazionali sono rappresentati da delegazioni composte da 6 membri. Per i Parlamenti bicamerali il numero dei membri potrà essere distribuito con accordi interni. Il Parlamento europeo è rappresentato da una delegazione di 16 membri. I Parlamenti dei paesi candidati all’adesione ed i Parlamenti di paesi europei membri della NATO possono partecipare con una delegazione composta da 4 osservatori (si tratta di Albania, Macedonia del Nord, Moldova, Montenegro, Serbia, Turchia e Ucraina, in quanto candidati all’adesione e Norvegia e Islanda, in quanto paesi europei membri della NATO);

·         la Conferenza si riunisce due volte l’anno nel paese che esercita la Presidenza semestrale del Consiglio o presso il Parlamento europeo a Bruxelles;

·         la Presidenza delle riunioni è esercitata dal Parlamento nazionale dello Stato membro che ricopre la Presidenza del Consiglio UE, in cooperazione con il PE;

·         il Segretariato della Conferenza è esercitato dal Parlamento nazionale dello Stato membro che esercita la Presidenza di turno del Consiglio, in stretta cooperazione con il Parlamento europeo, e con i Parlamenti nazionali della precedente e successiva Presidenza di turno dell’UE;

·         l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza è invitato alle riunioni della Conferenza per esporre le linee d’indirizzo e le strategie della politica estera e di difesa comune dell’Unione;

·         la Conferenza può adottare per consenso conclusioni non vincolanti;

·         sulla base dei principi sopra esposti, la Conferenza approva i propri regolamento interno e metodi di lavoro.

La delegazione del Parlamento italiano alla Conferenza è composta per il Senato dai senatori Stefania Pucciarelli (Gruppo Lega Salvini Premier - Partito Sardo d'Azione) ed Enrico Borghi (Gruppo Italia Viva - Il Centro - Renew Europe) membri della Commissione Affari esteri e difesa e per la Camera dei deputati dagli onorevoli Giangiacomo Calovini (Gruppo Fratelli d’Italia) e Naike Gruppioni (Gruppo Azione - Italia Viva - Renew Europe), membri della Commissione affari esteri e Roberto Bagnasco (Forza Italia – Berlusconi Presidente - PPE), membro della Commissione difesa.

 

 

 


 

Sessione I – Sostenere l'Ucraina contro l'aggressione russa

 

A partire dal Consiglio europeo straordinario del 24 febbraio 2022, data di inizio dell’invasione russa, l’Unione europea ha adottato un complesso di dichiarazioni politiche e misure di carattere normativo e finanziario volte a ribadire il proprio sostegno all’indipendenza, sovranità ed integrità territoriale dell’Ucraina entro i suoi confini riconosciuti a livello internazionale, a fornire supporto militare ed economico all’Ucraina, a mettere in atto un quadro di sanzioni nei confronti della Russia.

Il Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre 2023 ha deciso di avviare i negoziati di adesione con l’Ucraina, alla quale era stato concesso lo status di paese candidato nel giugno 2022.

 

La cornice politica generale

La cornice politica dell’azione dell’UE verso l’Ucraina è definita dal Consiglio europeo che, da ultimo, nella riunione straordinaria del 1° febbraio, nell’ambito dell’approvazione della revisione del Quadro finanziario pluriennale (QFP) 2021-2027, ha approvato lo stanziamento di 50 miliardi dello strumento per l’Ucraina per il periodo 2024-2027 (v. infra) e ha adottato delle conclusioni nelle quali:

·        ha ribadito la determinazione dell'Unione europea e degli Stati membri a continuare a fornire all'Ucraina un sostegno militare tempestivo, prevedibile e sostenibile, segnatamente attraverso lo strumento europeo per la pace e la missione di assistenza militare dell'UE, come pure attraverso l'assistenza bilaterale diretta degli Stati membri;

·        ha esaminato i lavori svolti in sede di Consiglio sul sostegno militare per l'Ucraina nell'ambito dello strumento europeo per la pace e sull'aumento proposto del relativo massimale finanziario globale, invitando il Consiglio a raggiungere un accordo entro l'inizio di marzo 2024 per modificare la decisione (PESC) 2021/509 del Consiglio sulla base della proposta dell'alto rappresentante concernente un Fondo di assistenza all'Ucraina;

·        ha ribadito l'urgente necessità di accelerare la consegna di munizioni e missili, in particolare in considerazione dell'impegno di fornire all'Ucraina un milione di munizioni di artiglieria, invitando gli Stati membri a vagliare tutte le opzioni al fine di rispondere alle esigenze dell'Ucraina e ad accelerare gli sforzi in tal senso, compresi il proseguimento delle donazioni di scorte, il reindirizzamento degli ordini esistenti e l'effettuazione dei nuovi ordini necessari, che contribuiranno ad aumentare la capacità di produzione dell'industria europea;

·        ha affermato che il Consiglio europeo tornerà sulla questione della sicurezza e della difesa, compresa la necessità per l'Europa di aumentare la sua prontezza generale in materia di difesa e rafforzare ulteriormente la sua base industriale e tecnologica di difesa, nella prossima riunione del marzo 2024, al fine di concordare i prossimi passi per rendere l'industria europea della difesa più resiliente, innovativa e competitiva;

·        ha accolto con favore l'accordo raggiunto sul regolamento del Consiglio concernente le entrate straordinarie detenute da entità private derivanti direttamente dai beni bloccati della Russia per sostenere l'Ucraina.

 

Sostegno militare all’Ucraina

Il Consiglio dell’UE ha finora stanziato, attraverso pacchetti successivi di decisioni, 5,6 miliardi di euro per la fornitura all’Ucraina di attrezzatura militare nell’ambito dello Strumento europeo per la Pace (European Peace Facility, EPF), fondo fuori dal bilancio dell’UE alimentato da contributi degli Stati membri (determinati secondo il criterio di ripartizione basato sul prodotto nazionale lordo; l’Italia contribuisce per circa il 12,8%). La dotazione complessiva dell’EPF è attualmente pari a 12,04 miliardi.

Una nuova tranche di aiuti a favore dell’Ucraina (che sarebbe l’ottava complessiva) è da diversi mesi bloccata dal veto dell’Ungheria, nonostante il soddisfacimento della condizione inizialmente posta da Budapest (cioè la rimozione di una importante banca magiara dal peraltro controverso elenco delle aziende straniere “complici” dell’invasione).

In occasione del Consiglio informale esteri di Toledo del 31 agosto 2023 l’Alto rappresentante Borrell aveva presentato una proposta per l’assistenza militare all’Ucraina nel periodo 2024-2027, sulla base di un finanziamento (massimo) di 20 miliardi di euro (5 miliardi l’anno). Constatando la mancanza di sostegno all’interno del Consiglio su un impegno finanziario a lungo termine, l’Alto Rappresentante ha presentato il 9 febbraio 2024 una proposta volta ad aumentare di 5 miliardi di euro la dotazione finanziaria complessiva dell’EPF per il 2024, creando al suo interno una sezione riservata all’Ucraina (Ukraine Assistance Fund - UAF).

La discussione è attualmente bloccata in senso al Consiglio per la posizione espressa dalla Francia e dalla Germania favorevoli a stabilire nuove regole per il fondo piuttosto che continuare con le attuali modalità dell’EPF, sulla base della motivazione che la fornitura di armi e munizioni all’Ucraina, per le quali si richiede il rimborso a titolo dell’EPF, non proviene quasi più dalle scorte preesistenti degli Stati membri, ma da nuovi appalti, anche congiunti.

 In particolare, la Francia ha inizialmente richiesto una clausola di “acquisto europeo” (buy European), volta a promuovere l’industria della difesa europea (il Presidente Macron, in occasione della riunione  a sostegno dell’Ucraina svoltasi a Parigi il 26 febbraio scorso, ha poi indicato una apertura della Francia all’acquisto di munizioni presso Paesi terzi)  mentre la Germania vuole modificare i criteri di calcolo dei contributi nazionali all’EPF, introducendo la possibilità di dedurre il 100% delle sue forniture bilaterali di armi all’Ucraina dal suo contributo all’EPF, contro il 43% proposto dal Servizio per l’azione esterna (SEAE).

Secondo i dati raccolti dal Kiel Institute for the World economy, in aggiunta agli stanziamenti disposti dal Consiglio a titolo dell’EPF, gli Stati dell’UE avrebbero contribuito in via bilaterale al sostegno militare all’Ucraina per circa 33 miliardi di euro (la Germania per circa 17,1 miliardi di euro, seguita da Danimarca e Polonia con circa 3 miliardi, l’Italia con circa 700 milioni di euro. Il maggior contribuente sono gli USA con circa 44 miliardi di euro di aiuti militari).

Per rispondere alla richiesta urgente di munizioni e missili da parte dell’Ucraina sono state adottare ulteriori misure sulla base di tre linee di intervento:

·        rifornire le Forze armate ucraine per circa 1 milione di proiettili di artiglieria e, se richiesti dall’Ucraina,  anche di missili attingendo alle scorte nazionali esistenti o sulla base di ordini già effettuati dai singoli Stati membri all’industria, prevedendo un rimborso di 1 miliardo di euro a titolo dello Strumento europeo per la pace (decisione adottata dal Consiglio il 13 aprile);

·        mobilitare 1 miliardo di euro dell’EPF per effettuare in modo collettivo - attraverso l’Agenzia Europea per la Difesa o progetti congiunti – ordini di acquisti dall’industria europea della difesa (e dalla Norvegia) di munizioni da 155 mm e di missili, per ricostituire le scorte nazionali e aumentare le consegne all’Ucraina nel modo più rapido possibile, prima del 30 settembre 2023 (decisione adottata dal Consiglio il 5 maggio);

·        sostenere l’incremento delle capacità di produzione dell’industria europea della difesa nel settore delle munizioni e dei missili.  A tal fine il 20 luglio 2023 il Consiglio e il Parlamento europeo hanno adottato il regolamento sul sostegno alla produzione di munizioni (denominato ASAP). La nuova normativa prevede allo scopo, tra le altre cose, un finanziamento da parte dell’UE di 500 milioni di euro e la possibilità per gli Stati di usare, a sostegno della propria industria della difesa, i fondi del PNRR.

A seguito della riunione del Consiglio informale Affari esteri (formato Difesa) del 31 gennaio 2024, l’Alto Rappresentante Borrell ha evidenziato l’urgenza di aumentare il sostegno militare dell’UE e dei suoi Stati membri all’Ucraina. Borrell ha indicato che rispetto all’obiettivo concordato dall’UE di fornire 1 milione di munizioni (v. supra) al momento ne sono state fornite all’Ucraina dagli Stati membri circa 520.000, ed ha inviato a riorientare gli ordini dando priorità agli ordini di munizioni destinati all’Ucraina, evidenziando come molta dell’esportazione dell’industria della difesa continui ad esser destinata a paesi terzi. Esprimendo fiducia nella capacità dell’industria europea della difesa di raggiungere l’obbiettivo prefissato di un milione di munizioni, Borrell ha indicato che gli Stati membri complessivamente si sarebbero impegnati a fornire altre 631.000 munizioni entro la fine del 2024.

L’Alto rappresentante ha, infine, affermato che, secondo i dati forniti dal commissario Breton, la capacità produttiva dell’industria europea della difesa è già aumentata del 40% dall'inizio della guerra russa contro l'Ucraina. La capacità produttiva di colpi di artiglieria dell’UE è attualmente di quasi 1 milione all’anno ed entro la fine del 2024 dovrebbe raggiungere 1,4 milioni di colpi all’anno. Ciò dovrebbe consentire di ricostituire le scorte e allo stesso tempo di continuare a fornire munizioni all’Ucraina. Il 26 febbraio 2024, in un vertice dedicato al sostegno dell’Ucraina svoltosi a Parigi, sono stati compiuti progressi su un’iniziativa guidata dalla Repubblica ceca per l’acquisto congiunto di munizioni da paesi terzi, su cui la Francia era stata inizialmente contraria al fine di dare priorità allo sviluppo dell’industria europea.

Si ricorda che il Consiglio affari esteri del 28 novembre 2033 ha deciso di fornire finanziamenti aggiuntivi, attraverso l’EPF, per 194 milioni di euro per la formazione delle forze armate ucraine nell'ambito della missione di assistenza militare dell'Unione europea a sostegno dell'Ucraina (EUMAM Ucraina), portando gli stanziamenti totali in tale ambito a 255 milioni di euro. Tale sostegno sarà concesso e assumerà la forma di attrezzature e forniture letali e non letali necessarie, nonché di servizi a sostegno delle attività di formazione. Dall’avvio della missione, circa 40.000 soldati sono stati addestrati dall’EUMAM Ucraina, con l’obiettivo di addestrarne altri 20.000 entro la fine del 2024.

Il Consiglio europeo straordinario del 1° febbraio scorso ha adottato delle conclusioni nelle quali, per quanto riguarda gli aiuti militari all’Ucraina:

·        ribadisce l'urgente necessità di accelerare la consegna di munizioni e missili, in particolare in considerazione dell'impegno di fornire all'Ucraina un milione di munizioni di artiglieria;

·        si compiace dei progressi compiuti e invita gli Stati membri a vagliare tutte le opzioni al fine di rispondere alle esigenze dell'Ucraina e ad accelerare gli sforzi in tal senso, compresi il proseguimento delle donazioni di scorte, il reindirizzamento degli ordini esistenti e l'effettuazione dei nuovi ordini necessari, che contribuiranno ad aumentare la capacità di produzione dell'industria europea.

 

Stime delle necessità di assistenza per le Forze Armate ucraine

Secondo un documento del SEAE, le forze armate ucraine hanno indicato le seguenti esigenze militari letali e non letali urgenti per l'inizio del 2024:

·        il rafforzamento della capacità militari relative a: Difesa aerea e munizioni; Sistemi aerei senza pilota; Guerra Elettronica; Sistemi di artiglieria e munizioni; Piattaforme corazzate e munizioni; capacità degli aerei da combattimento F-16; capacità anti-corazzate; Difesa costiera; Sistemi di comunicazione;

·        sostegno per rafforzare altre capacità non letali, come le capacità mediche militari (veicoli corazzati MEDEVAC/CASEVAC, ambulanze, kit di pronto soccorso individuali, lacci emostatici), le capacità di sminamento con attrezzature per sfondamento di campi minati (attrezzature per lo sminamento, aratri e rulli da miniera), capacità logistiche con attrezzature per la movimentazione dei materiali (gru, carrelli elevatori), altri beni;

·        manutenzione e il mantenimento delle attrezzature donate, soprattutto per i sistemi di armatura pesante e di artiglieria, che sono già utilizzati nelle operazioni militari in Ucraina o che devono essere donati, compresi i pezzi di ricambio per tutti i sistemi;

·        la formazione per sostenere il livello di preparazione delle forze armate per la rotazione in prima linea.

Quadro sugli impegni dell’UE in materia di sicurezza a favore dell’UE

Il Consiglio europeo del 26 e 27 ottobre 2023 ha dato mandato all’Alto rappresentante a procedere a consultazioni con l'Ucraina sul Quadro dei futuri impegni dell'UE in materia di sicurezza a favore dell’Ucraina e a riferire in merito a tali discussioni nella riunione del Consiglio europeo di dicembre.

Nella riunione del 23 novembre 2023 il Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper) ha raggiunto un accordo sul testo del Quadro e ha convenuto di sottoporlo al Consiglio per approvazione.

Il Quadro indica che i futuri impegni dell'UE in materia di sicurezza dovrebbero includere un sostegno prevedibile, a lungo termine e sostenibile alla sicurezza e alla difesa dell'Ucraina, nonché impegni più ampi in materia di sicurezza, che comprendono il processo di adesione all'UE e il sostegno dell'UE alle riforme, alla ripresa e alla ricostruzione, il sostegno diplomatico e le attività di sensibilizzazione a livello mondiale, il sostegno finanziario, commerciale e umanitario, nonché le sanzioni nei confronti della Russia, l'accertamento delle responsabilità e la cooperazione regionale.

Da parte sua, l'Ucraina dovrebbe continuare ad intraprendere riforme in linea con il suo percorso di adesione all'UE, anche nel settore della sicurezza e della difesa.

Il quadro afferma che l'Unione europea e i suoi Stati membri continueranno a fornire all'Ucraina un sostegno militare sostenibile, segnatamente attraverso lo strumento europeo per la pace (EPF) e la missione di assistenza militare dell'UE, nonché l'assistenza bilaterale degli Stati membri.

Il Quadro indica, in particolare, che l’UE:

- servirà a garantire un meccanismo prevedibile, efficiente, sostenibile e a lungo termine per la fornitura di materiale militare all'Ucraina. Tale sostegno dovrebbe basarsi sull'assistenza attualmente fornita dagli Stati membri e nell'ambito dello strumento europeo per la pace e essere sufficientemente flessibile da rispondere alle esigenze ucraine in evoluzione (per quanto concerne il materiale sia letale che non letale, la formazione nonché la manutenzione e la riparazione), offrendo nel contempo sostegno a una pianificazione delle forze a più lungo termine per il comparto militare ucraino, il passaggio dal destoccaggio agli appalti e la mobilitazione della base industriale di difesa europea;

- continuerà a offrire formazione alle forze armate ucraine, in particolare attraverso l'EUMAM Ucraina. I futuri obiettivi di formazione dovrebbero essere costantemente adeguati in termini di numeri e competenze, in funzione delle esigenze di combattimento espresse dalle forze armate ucraine e di concerto con i partner. Le iniziative dell'UE in materia di formazione dovrebbero altresì contribuire alla riforma a lungo termine delle forze armate ucraine;

- promuoverà una maggiore cooperazione con l'industria della difesa ucraina per rafforzare la capacità di rispondere alle esigenze immediate e adoperarsi per l'allineamento delle norme e una migliore interoperabilità, anche attraverso incentivi specifici o altre forme di sostegno;

- continuerà a fornire sostegno per rafforzare la cooperazione con l'Ucraina in materia di resilienza, concentrandosi sulla lotta alle minacce informatiche, ibride e alla disinformazione;

- continuerà a fornire sostegno all'azione antimine militare e civile, sulla scorta degli interventi dell'UE in corso;

- continuerà a sostenere la riforma del settore della sicurezza civile in Ucraina, in linea con il programma di adesione all'UE, e continuerà ad affrontare le sfide connesse alla guerra, quali il sostegno agli sforzi volti ad accertare le responsabilità e alle attività di contrasto nei territori liberati e adiacenti, in particolare attraverso la missione consultiva dell'UE in Ucraina (EUAM);

- intensificherà la collaborazione con l'Ucraina per prevenire e contrastare lo sviamento di armi da fuoco, armi leggere e di piccolo calibro;

- continuerà a sostenere la sicurezza e la transizione energetiche e la sicurezza e protezione nucleare in Ucraina;

- continuerà a condividere intelligence e immagini satellitari, nel quadro dei parametri concordati.

 

Le sanzioni nei confronti della Russia

A partire dall’aggressione russa, il Consiglio ha adottato 13 pacchetti di sanzioni, l’ultimo il 23 febbraio 2024.

Il Consiglio ha già avviato la discussione sul 14° pacchetto di sanzioni nei confronti della Russia.

Il 13° pacchetto di sanzioni contro la Russia prevede:

·      l’imposizione di misure restrittive nei confronti di altre 106 persone e 88 entità responsabili di azioni che compromettono o minacciano l'integrità territoriale, la sovranità e l'indipendenza dell'Ucraina. I nuovi inserimenti riguardano principalmente i settori militare e della difesa e le persone ad essi associate, comprese quelle coinvolte nella fornitura di armamenti della Corea del Nord alla Russia nonché i membri della magistratura, i politici locali e le persone responsabili della deportazione illegale e della rieducazione militare di minori ucraini;

·      l’inserimento di 27 nuove entità all'elenco di entità soggette a restrizioni sulle esportazioni di beni e tecnologie a duplice uso in grado di contribuire al rafforzamento tecnologico del settore della difesa e della sicurezza della Russia. Alcune di tali entità sono di paesi terzi (India, Sri Lanka, Cina, Serbia, Kazakhstan, Thailandia e Turchia). È stato inoltre ampliato l'elenco dei prodotti sottoposti a restrizioni, aggiungendovi i componenti per lo sviluppo e la produzione di aeromobili senza equipaggio (UAV);

·      ulteriori restrizioni sulle esportazioni di beni che contribuiscono in particolare al rafforzamento delle capacità industriali russe, come i trasformatori elettrici;

·       l’aggiunta del Regno Unito a un elenco di paesi partner che applicano un regime di misure restrittive sulle importazioni di prodotti siderurgici dalla Russia e un regime di misure di controllo delle importazioni equivalenti a quelli dell'UE.

 

Oltre alle nuove misure previste dal 13° pacchetto, sono attualmente in vigore:

·        misure restrittive (congelamento di beni e divieto di viaggio) nei confronti di 1718 persone e 419 entità (compresi i nuovi inserimenti previsti dal 13° pacchetto), tra i quali il Presidente Putin, il Ministro degli esteri Lavrov, l'ex presidente dell'Ucraina Viktor Yanukovych, membri della Duma di Stato russa (la camera bassa del parlamento), membri del Consiglio di sicurezza nazionale e del Consiglio federale della Federazione russa;

·        sanzioni finanziarie, tra cui il divieto di finanziamento della Federazione russa, del suo governo e della sua Banca centrale nonché la sospensione dal sistema di messaggistica finanziaria per scambiare dati finanziari (SWIFT) per le principali banche russe;

·        sanzioni nel settore energetico, quali in particolare: il divieto di acquistare, importare o trasferire nell’UE carbone e altri combustibili fossili solidi, se originari della Russia o esportati dalla Russia, nonché di importare petrolio dalla Russia via mare; il divieto di acquistare, importare o trasferire dalla Russia nell’UE petrolio greggio (a partire dal 5 dicembre 2022) e prodotti petroliferi raffinati (a partire dal 5 febbraio 2023); la possibilità di introdurre un tetto al prezzo per il petrolio greggio e altri prodotti petroliferi russi, al di sotto dei quali le società UE hanno il divieto di fornire servizi (trasporto, assicurazione ecc.) legati alla vendita per via marittima verso paesi terzi. Il Consiglio ha poi fissato i seguenti tetti di prezzo: 60 dollari al barile per il petrolio grezzo, 100 dollari a barile per i prodotti petroliferi raffinati di alta qualità, come diesel e benzina, 45 dollari per i prodotti di bassa qualità, come gli oli combustibili;

·        il divieto di tutte le operazioni con determinate imprese statali russe, di partecipazione di società russe negli appalti pubblici nell’UE e il divieto di esportazione dall’UE in Russia di prodotti siderurgici, beni di lusso, computer quantistici e semiconduttori avanzati, elettronica di alta gamma, software, macchinari sensibili;

·        sanzioni nei confronti di società nei settori militare, dell’aviazione, dei beni a duplice uso, della cantieristica navale e della costruzione di macchinari nonché divieti all’esportazione per prodotti a duplice uso di tecnologia critica e beni industriali.

·        restrizioni alle importazioni di beni che, generando entrate ingenti, consentono alla Russia di proseguire la guerra di aggressione contro l'Ucraina, quali ghise gregge e ghise specolari, fili di rame e fili, fogli e tubi di alluminio per un valore totale di 2,2 miliardi di euro all'anno ed un divieto di importazione del propano liquefatto (GPL) con un periodo transitorio di 12 mesi.

·        divieto di transito nel territorio russo di beni e tecnologie che possono contribuire al rafforzamento militare e tecnologico della Russia e il divieto di importazione, acquisto o trasferimento diretti o indiretti di diamanti dalla Russia;

·        l’obbligo per gli esportatori dell'UE di vietare per contratto la riesportazione per un uso in Russia di beni e tecnologie particolarmente sensibili all'atto della vendita, fornitura, trasferimento o esportazione in un paese terzo;

·        il divieto di sorvolo, atterraggio e decollo nello spazio aereo dell’UE di aeromobili e vettori russi; il divieto alle navi registrate sotto la bandiera della Russia di accedere ai porti dell’UE; il divieto alle imprese di trasporto su strada russe e bielorusse di trasportare merci su strada nell’Unione;

·        il divieto di esportazione di motori per droni in Russia e verso paesi terzi, come l’Iran, che potrebbero fornire droni alla Russia;

·        il divieto per i cittadini dell’UE di far parte dei consigli di amministrazione di società russe sottoposte a restrizioni o controllate direttamente o indirettamente dalla Russia;

·        restrizioni ai media, con la sospensione delle trasmissioni nell’Unione di una seria di emittenti e media russi;

·        contrasto all’elusione, attraverso la cooperazione bilaterale e multilaterale con i paesi terzi. Nei casi in cui la cooperazione non produca i risultati auspicati, l’UE adotterà un’azione rapida, proporzionata e mirata, volta unicamente a privare la Russia delle risorse che le consentono di proseguire la guerra di aggressione, sotto forma di misure individuali appropriate per contrastare il coinvolgimento di operatori di paesi terzi nell’agevolazione dell’elusione.

Secondo quanto indicato dalla Commissione europea a fine maggio 2023, l’UE avrebbe sanzionato in totale quasi la metà (49%) delle sue esportazioni verso la Russia nel 2021, per un valore di circa 44 miliardi di euro, e circa il 58% delle sue importazioni dalla Russia nel 2021, per un valore complessivo di circa 90 miliardi di euro. Secondo le ultime statistiche Eurostat sul commercio UE-Federazione russa, tra febbraio 2022 e dicembre 2023, la quota delle importazioni dalla Russia è scesa dal 9,5 all’1,9% del totale delle importazioni estere dell’UE e quella sulle esportazioni dell’UE in Russa dal 3,8 all’1,4% per cento. Nel marzo 2022, il deficit commerciale con la Russia ha raggiunto il picco di 18,6 miliardi di euro, principalmente a causa dell’elevata prezzi dell’energia; nel marzo 2023 è sceso a 0,1 miliardi di euro ed è rimasto stabile fino a dicembre 2023, a 0,8 miliardi di euro.

Il 12 dicembre 2023 si sono conclusi i negoziati per l’adozione della proposta di direttiva relativa alla definizione dei reati e delle sanzioni per la violazione delle misure restrittive dell’Unione, che la Commissione europea aveva presentato nel dicembre del 2022.

La direttiva stabilisce che gli Stati membri dovranno configurare come reati determinate azioni, tra cui: aiutare persone oggetto di misure restrittive dell'UE a eludere un divieto di viaggio; commerciare beni oggetto di sanzioni ed effettuare operazioni con Stati o entità oggetto di misure restrittive dell'UE; prestare servizi finanziari o effettuare attività finanziarie vietati o limitati; coprire la proprietà di fondi o risorse economiche da parte di una persona, un'entità o un organismo sanzionati dall'UE. Saranno punibili come reato anche l'istigazione, il favoreggiamento e il concorso in tali reati. Il commercio di materiale bellico costituirebbe reato non solo in caso di comportamento intenzionale, ma anche in caso di comportamento conseguente a grave negligenza.

 

Sostegno economico e alla ricostruzione dell’Ucraina

Dall’inizio dell’aggressione russa, l’UE ha intensificato il proprio sostegno all’Ucraina, mobilitando circa 19,7 miliardi di euro, gran parte dei quali sotto forma di assistenza macrofinanziaria (AMF). Sono stati inoltre erogati 620 milioni in sovvenzioni a titolo di sostegno al bilancio per aiutare l’Ucraina a far fronte a bisogni urgenti sul campo. Complessivamente l’UE e gli Stati membri, in via bilaterale, avrebbero fino ad ora fornito assistenza all’Ucraina per circa 70 miliardi di euro.

In particolare, l’UE ha varato un piano di sostegno macroeconomico finanziario straordinario per una cifra massima di 18 miliardi di euro per tutto il 2023, volto a fornire una assistenza finanziaria stabile, regolare e prevedibile all’Ucraina con una media di 1,5 miliardi di euro al mese. Tali risorse sono destinate a coprire una parte significativa del fabbisogno di finanziamento a breve termine dell’Ucraina per il 2023, che le autorità del paese e il Fondo monetario internazionale stimano da 3 a 4 miliardi di euro per mese.

Il piano prevede alcune forme di condizionalità volte a impegnare le autorità ucraine a realizzare riforme per rafforzare ulteriormente lo stato di diritto, il buon governo, la modernizzazione delle istituzioni nazionali e locali e le misure antifrode e anticorruzione

 

Sostegno alla ricostruzione

Il nuovo strumento per l’Ucraina

Nell’ambito della più ampia revisione del quadro finanziario pluriennale dell’UE (QFP) 2021-2027, la Commissione europea ha presentato, il 20 giugno 2023, una proposta di regolamento che istituisce un nuovo Strumento per l’Ucraina, fondato su sovvenzioni, prestiti e garanzie, con una capacità complessiva di 50 miliardi di euro (indicativamente 33 miliardi in prestiti e 17 miliardi in sovvenzioni e garanzie) per il periodo 2024-2027.

Il nuovo strumento è volto a finanziare le necessità immediate dell’Ucraina, nonché la ripresa e l’ammodernamento del paese nel suo percorso verso l’UE.

Il 6 febbraio scorso - sulla base dell’accordo raggiunto dal Consiglio europeo del 1° febbraio sulla revisione del QFP 2021-2027 - il Consiglio e il Parlamento europeo, nell'ambito della procedura legislativa ordinaria, hanno raggiunto un accordo provvisorio sulla proposta di regolamento che istituisce lo Strumento per l'Ucraina, con un bilancio di 50 miliardi di euro per il 2024-2027

Nelle conclusioni adottate il Consiglio europeo ha indicato che la concessione del sostegno per l'Ucraina a titolo dello strumento è subordinata al prerequisito che l'Ucraina continui a sostenere e rispettare meccanismi democratici effettivi, compreso un sistema parlamentare multipartitico, e lo Stato di diritto, nonché a garantire il rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze e che nell'attuare lo strumento, la Commissione e l'Ucraina adottino tutte le opportune misure per tutelare gli interessi finanziari dell'Unione, in particolare per quanto riguarda la prevenzione, l'individuazione e la rettifica delle frodi, della corruzione, dei conflitti di interessi e delle irregolarità.

Il Consiglio europeo ha, inoltre, stabilito che sulla base della relazione annuale della Commissione sull'attuazione dello strumento per l'Ucraina, il Consiglio europeo terrà ogni anno un dibattito sull'attuazione dello strumento al fine di fornire orientamenti e che, ove necessario, fra due anni il Consiglio europeo inviterà la Commissione a presentare una proposta di riesame nel contesto del prossimo QFP 2028-2034.

Lo Strumento previsto non coprirà gli aiuti umanitari, la difesa o il sostegno alle persone in fuga dalla guerra, che continueranno ad essere finanziati attraverso gli strumenti esistenti; sostituirà, invece, l’attuale sostegno bilaterale fornito all’Ucraina (AMF +, dotazione bilaterale NDICI) ed il sostegno che l’Ucraina avrebbe ricevuto nell’ambito dello Strumento di assistenza di preadesione.

Il 5 febbraio 2024, la Commissione europea ha annunciato l'accordo con l'International Finance Corporation (del gruppo Banca Mondiale) per sostenere gli investimenti privati finalizzati alla ricostruzione dell'Ucraina: grazie a 90 milioni di euro in garanzie finanziarie si prevede di attivare una leva finanziaria in grado di mobilitare oltre 500 milioni di euro di investimenti.

Il 15 febbraio 2024 , la Commissione europea, in collaborazione con il governo ucraino, la Banca mondiale, e le Nazioni Unite, ha pubblicato un rapporto contenente  una valutazione congiunta dei danni subiti dall’Ucraina a seguito della guerra di aggressione della Russia nel quale si stima che il costo totale della ricostruzione e del recupero in Ucraina sarà di 486 miliardi di dollari (452,8 miliardi di euro) nel prossimo decennio.

 

L’uso dei beni russi congelati per la ricostruzione dell’Ucraina

Il 12 febbraio 2024 il Consiglio ha adottato una decisione e un regolamento che chiariscono gli obblighi dei depositari centrali di titoli (CSD) che detengono attività e riserve della Banca centrale di Russia (BCR) bloccate a seguito delle misure restrittive dell'UE

Il Consiglio ha deciso in particolare che i CSD che detengono più di 1 milione di euro di attività della BCR devono contabilizzare separatamente le disponibilità liquide straordinarie accumulate in conseguenza delle misure restrittive dell'UE e tenere separate le entrate corrispondenti. Inoltre, non possono cedere l'utile netto che ne deriva.

Gli atti adottati aprono la strada alla possibilità per il Consiglio di decidere l'istituzione di un contributo finanziario al bilancio dell'UE da attingere a tale utile netto per il sostegno dell'Ucraina e della sua ripresa e ricostruzione in una fase successiva. Il contributo finanziario potrebbe infatti essere trasferito attraverso il bilancio dell'UE allo strumento per l'Ucraina, sul quale il Consiglio e il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo provvisorio il 6 febbraio 2024.

Si ricorda che dopo l'invasione illegale e ingiustificata dell'Ucraina da parte della Russia nel febbraio 2022, l'UE, in coordinamento con i partner internazionali, ha deciso di vietare qualsiasi operazione relativa alla gestione delle riserve e delle attività della BCR. In conseguenza di tale divieto, le attività pertinenti detenute da istituti finanziari negli Stati membri dell'UE sono "bloccate".

La Presidenza spagnola del Consiglio dell’UE (II° semestre 2023) ha stimato che i profitti derivanti dalle riserve congelate della banca centrale russa nei paesi dell’UE potrebbero generare 15-17 miliardi di euro.

 

La Conferenza bilaterale sulla ricostruzione dell’Ucraina organizzata dal Governo italiano il 26 aprile 2023

Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, in collaborazione con l’Agenzia ICE, ha organizzato il 26 aprile 2023 a Roma una conferenza bilaterale di alto profilo istituzionale e imprenditoriale, dedicata alla discussione di interventi e progetti attraverso i quali l’Italia può offrire contributi concreti alla resilienza e alla ricostruzione dell’Ucraina.

I lavori della Conferenza, aperti dai Ministri degli esteri dell’Italia e dell’Ucraina e conclusi dal Presidente del Consiglio italiano e dal Primo Ministro ucraino, si sono articolati in tre sessioni: una sessione istituzionale; una seconda parte dedicata al ruolo delle Istituzioni finanziarie internazionali; Tavoli di discussione e approfondimento settoriale dedicati a settori individuati come prioritari per la ricostruzione, quali infrastrutture e trasporti, energia e ambiente, agroindustria, salute, digitale e servizi, spazio e avionica, siderurgia.

Nell’ambito della Conferenza, Italia e Ucraina hanno finalizzato i seguenti Memorandum d’intesa e accordi:

·         Memorandum d’intesa tra Agenzia ICE e Ministero degli affari esteri ucraino;

·         Memorandum d’intesa tra il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica italiano e il Ministero della protezione ambientale e delle risorse naturali ucraino per la cooperazione in materia di sviluppo sostenibile e protezione ambientale;

·         Memorandum d’intesa tra il Ministero delle imprese e del Made in Italy ed il Ministero dell’economia ucraino per la cooperazione tecnica in campo industriale;

·         Memorandum d’intesa e cooperazione sul modello agro-alimentare italiano per la ricostruzione e la sicurezza alimentare dell’Ucraina tra il Consiglio agrario ucraino e la Filiera agricola italiana di Coldiretti.

·         Sotto la supervisione dei due Governi, diverse aziende italiane e ucraine hanno firmato due altri memorandum d’intesa: tra Mer Mec S.p.A. e JSC Ukrainian Railways, per tecnologie e servizi diagnostici ferroviari e tra WeBuild e Ukrhydroenergo Energy Company, per una collaborazione finalizzata alla costruzione di centrali idroelettriche in Ucraina.

Il Governo italiano sta, inoltre, valutando ulteriori fondi e prestiti agevolati da parte della Cooperazione Italiana per un ammontare di 160 milioni di euro, per bisogni umanitari e progetti di resilienza e rapida ripresa, parallelamente all’istituzione di un ufficio dell’Agenzia della Cooperazione italiana a Kyiv. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze intende contribuire al Fondo BEI “UE per l’Ucraina” con una garanzia di 100 milioni di euro.

La Cooperazione italiana ha inoltre concluso un accordo di contributo con la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS), per lo stanziamento straordinario di 10 milioni di euro a favore dell’azienda ucraina Ukrenergo a sostegno della rapida ripresa e della sicurezza energetica in Ucraina.

Ulteriori iniziative sono previste dal Ministero della Cultura, dal Ministero della Salute, dalla SIMEST, SACE e CASSA depositi e prestiti (per maggiori dettagli si rinvia al comunicato congiunto finale della Conferenza).

Infine, Italia e Ucraina hanno convenuto di organizzare la Conferenza internazionale sulla ricostruzione dell’Ucraina del 2025 in Italia (v. infra).

La conferenza internazionale sulla ricostruzione dell’Ucraina del 21 e 22 giugno 2023

Il 21 e 22 giugno 2023 si è tenuta a Londra una conferenza internazionale sulla ricostruzione dell’Ucraina, nel corso della quale le Stati partecipanti hanno promesso complessivamente un nuovo stanziamento di 60 miliardi di euro a favore della ricostruzione dell’Ucraina.

La Conferenza si ricollega ad un ciclo di riunioni annuali che è stato avviato a Londra nel 2017, inizialmente come Conferenza sulla riforma dell’Ucraina, e che a partire dalla Conferenza di Lugano è diventata un Conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina. Le precedenti conferenze si sono svolte nel 2018 a Copenaghen, nel 2019 a Toronto, nel 2021 a Vilnius (nel 2020 non si è svolta a causa della pandemia di coronavirus). La prossima Conferenza dovrebbe svolgersi nel 2024 a Berlino, mentre quella del 2025 dovrebbe svolgersi in Italia.

In occasione della precedente conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina, che si è svolta a Lugano il 4 e 5 luglio 2022 era stata approvata la Dichiarazione di Lugano che prevede i seguenti 7 princìpi per il processo di ricostruzione dell’Ucraina:

1) sia guidato dall’Ucraina, in collaborazione con i suoi partner internazionali;

2) contribuisca a realizzare gli sforzi di riforma dell’Ucraina in linea con il percorso europeo dell’Ucraina;

3) sia trasparente e responsabile nei confronti del popolo ucraino, prevedendo il rafforzamento dello stato di diritto, lo sradicamento della corruzione;

4) preveda forme di partecipazione democratica;

5) faciliti la collaborazione tra attori nazionali e internazionali, inclusi il settore privato, la società civile, il mondo accademico e il governo locale;

6) sia inclusivo e garantisca l’uguaglianza di genere e il rispetto dei diritti umani, compresi i diritti economici, sociali e culturali;

7) ricostruisca l’Ucraina in modo sostenibile in linea con l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e l’accordo di Parigi.

 

Assistenza umanitaria

La decisione di esecuzione (UE) 2022/382, adottata dal Consiglio il 4 marzo 2022, ha attivato per la prima volta il meccanismo della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di rifugiati previsto dalla direttiva 2001/55/CE.  La decisione consente ai cittadini dell’Ucraina e loro familiari in fuga dal paese di risiedere e muoversi nel territorio dell’UE per un periodo fino a un anno, poi esteso dal Consiglio nel settembre 2023 di un ulteriore anno fino al 4 marzo 2025, con la possibilità di lavorare e di avere accesso a diritti sociali, come il diritto di alloggio e di assistenza sanitaria (cf. Infografica - Rifugiati provenienti dall'Ucraina nell'UE).

La Commissione ha istituito inoltre una piattaforma di solidarietà per coordinare il sostegno agli Stati membri bisognosi e ha presentato il 28 marzo 2022 un piano per l'accoglienza delle persone in fuga dalla guerra.

L'Unione Europea dal febbraio 2022 ha fornito 926 milioni di euro in aiuti umanitari per aiutare i civili in fuga della guerra e per l’Ucraina, ha mobilitato 485 milioni di euro in assistenza umanitaria per il 2022, 300 milioni di euro nel 2023 e 75 milioni di euro nel 2024.

 


 

Per sostenere finanziariamente l’accoglienza dei rifugiati ucraini l’UE ha adottato diverse misure:

·        il 4 aprile 2022 è stato adottato il regolamento riguardante l'azione di coesione a favore dei rifugiati in Europa (CARE) che, modificando il quadro giuridico 2014-2020 dei Fondi strutturali e d'investimento e il Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD), ha destinato 17 miliardi di euro per aiuti ai rifugiati ucraini;

·        il 4 ottobre 2022 è stato approvato un regolamento volto ad adeguare ulteriormente la politica di coesione dell’UE, modificando le norme della politica di coesione 2014-2020 e 2021-2027 al fine di velocizzare e agevolare l'aiuto all'integrazione dei cittadini di paesi terzi.

Nell'ambito del Meccanismo di protezione civile dell'UE, che comprende Islanda, Norvegia, Macedonia del Nord, Serbia e Turchia oltre ai 27 Stati membri dell'UE, è stata fornita assistenza sotto forma di generatori, autopompe, ospedali mobili, kit di salvataggio e altre attrezzature per un valore di circa 796 milioni di euro.

Dal 2014 è operativa EUAM Ukraine, missione europea civile istituita per assistere le autorità ucraine verso riforme nel settore della sicurezza civile. Dal marzo 2022 EUAM ha un mandato più ampio in quanto fornisce anche sostegno alle istituzioni ucraine per facilitare il flusso di rifugiati verso gli Stati membri limitrofi, l'ingresso di aiuti umanitari in Ucraina nonché le indagini e il perseguimento dei crimini internazionali.

 

Ricorso alla giustizia penale internazionale

In questo ambito l’UE ha posto in essere una pluralità di iniziative di varia natura ed oggetto.

Il 25 maggio 2022, il Consiglio ha adottato modifiche al regolamento (UE) 2018/1727 volte a consentire a Eurojust di preservare, analizzare e conservare le prove relative ai principali crimini internazionali. Eurojust ha annunciato nello scorso febbraio la predisposizione di una banca dati giudiziaria per l’archiviazione delle prove relative ai crimini di guerra e per supportare le indagini nazionali e internazionali, denominata International Crimes Evidence Database (Ciced). Le autorità giudiziarie di Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Slovacchia e Ucraina hanno inoltre istituito a partire dall’aprile 2022 una squadra investigativa comune, con il sostegno di Eurojust e la partecipazione dell’Ufficio del procuratore della Corte penale internazionale.

Il 3 marzo 2023 a Leopoli, in occasione della Conferenza “Uniti per la Giustizia”, organizzata su iniziativa dell’Ucraina, è stata decisa la creazione, a l’Aja (Paesi Bassi) di un Centro Internazionale per il Perseguimento del Crimine di Aggressione contro l’Ucraina, operativo a partire dal luglio 2023 e con il compito di collezionare, analizzare e conservare le prove per i futuri processi per i crimini d’aggressione della Russia.

La Commissione europea ha previsto, l’8 giugno 2022, un finanziamento di 7,25 milioni di euro per sostenere le capacità investigative della Corte penale internazionale, in relazione ai crimini di guerra in Ucraina.

Il 30 novembre 2022 la Commissione ha presentato proposte ed opzioni per garantire che la Russia sia ritenuta responsabile delle atrocità e dei crimini commessi durante la guerra in Ucraina, e in particolare a) la proposta di creare una struttura per gestire i beni pubblici russi congelati e immobilizzati, investirli e utilizzare i proventi per l’Ucraina; b) la disponibilità a promuovere con la comunità internazionale l’istituzione di un tribunale internazionale ad hoc o un tribunale "ibrido" specializzato per indagare e perseguire il crimine di aggressione della Russia.

Il 9 dicembre 2022 il Consiglio ha adottato conclusioni sulla lotta all’impunità per i crimini commessi in relazione alla guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina nelle quali, in particolare, invita gli Stati membri ad adottare misure per attuare pienamente la definizione dei crimini internazionali fondamentali, di cui all’articolo 5 dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale, e le modalità di responsabilità sancite dallo Statuto di Roma. Chiede inoltre agli Stati membri di consentire l’esercizio della giurisdizione universale o di altre forme di giurisdizione nazionale sui crimini internazionali fondamentali e di consentire una stretta cooperazione giudiziaria con la Corte penale internazionale (CPI). Le conclusioni invitano gli Stati membri a fornire un sostegno adeguato alla creazione e al funzionamento di unità specializzate dedicate alle indagini e al perseguimento dei crimini internazionali fondamentali a livello nazionale.

Il 19 gennaio 2023 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sull’istituzione di un tribunale speciale che si occupi del crimine di aggressione contro l’Ucraina, che dovrebbe integrare gli sforzi investigativi della Corte penale internazionale e del suo procuratore, concentrandosi sui presunti genocidi, crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi in Ucraina.

L’UE ha aderito all’iniziativa assunta dal Vertice dei Capi di Stato e di Governo del Consiglio d’Europa, organizzato a Reykjavik il 16 e il 17 maggio, di istituire un registro dei danni causati dall’aggressione da parte della Federazione russa contro l’Ucraina attraverso un Accordo parziale allargato. Il registro - con sede all’Aja (Paesi Bassi) e con un ufficio satellite in Ucraina - è istituito per un periodo iniziale di tre anni, e sarà utilizzato per registrare le prove e le informazioni relative alle richieste di risarcimento per danni, perdite o lesioni causate dall’aggressione da parte della Russia contro l’Ucraina. Il Registro apre la strada a un futuro meccanismo di risarcimento internazionale completo per le vittime dell’aggressione russa.

Si ricorda che, nell’ambito delle indagini sulla situazione in Ucraina, il 17 marzo 2023 la Corte penale internazionale ha emesso due mandati di arresto nei confronti del Presidente della Federazione russa Vladimir Putin e di Maria Alekseyevna Lvova-Belova, Commissaria presidenziale per i Diritti dei Bambini in Russia. Gli illeciti contestati sono il crimine di guerra di deportazione illegale di popolazione (bambini) e di trasferimento illegale di popolazione (bambini) dalle aree occupate dell’Ucraina alla Federazione Russa.

 

Sospensione dell’accordo sull’esportazione di cereali dai porti dell’Ucraina

Il 18 luglio 2023 è scaduto l’accordo volto a consentire l'esportazione di cereali dai porti dell'Ucraina (la cosiddetta Black Sea Grain Initiative), a causa della decisione del Governo russo di ritirarsi unilateralmente dall’accordo.

L’accordo era stato siglato il 22 luglio 2022, a Istanbul, con Ucraina e Russia, con la mediazione dell’ONU e della Turchia (non si tratta di un accordo diretto fra i due paesi ma di entrambi con Turchia e Onu). Prevede l’impegno da parte di Russia e Ucraina a rispettare un corridoio di navigazione sicuro attraverso il Mar Nero, libero da ogni attività militare, volto a consentire le esportazioni commerciali di cereali da tre porti ucraini: Odessa, Chernomorsk e Yuzhny; un comando congiunto di controllo del traffico marittimo a Istanbul e ispezioni in Turchia delle navi dedicate al trasporto dei cereali, volte a controllare che non trasportino armi in Ucraina.

La Commissione europea ha comunque presentato il 12 maggio 2022 un piano d’azione per la realizzazione di "corridoi di solidarietà" che consentano all'Ucraina di esportare i propri cereali ed anche di importare ciò di cui necessita, dagli aiuti umanitari ai mangimi per animali fino ai fertilizzanti. Secondo dati forniti dalla Commissione stessa, prima della guerra, il 75% della produzione di cereali dell'Ucraina veniva esportato dai porti ucraini sul Mar Nero, dai quali transitavano il 90 % delle esportazioni di cereali e semi oleosi, destinate all'incirca per un terzo all'Europa, un terzo alla Cina e un altro terzo all'Africa.

Mosca ha motivato la decisione di ritirarsi dall’accordo per il non rispetto di alcune disposizioni relative all’accesso ai mercati per le esportazioni russe di cereali e fertilizzanti non coinvolte direttamente nel quadro delle sanzioni dell’UE nei confronti della Russia, ma ostacolate indirettamente dalle sanzioni europee verso banche, compagnie di assicurazione e spedizioni russe.

L'UE ha continuato a sostenere con efficacia le esportazioni ucraine di cereali e altre derrate alimentari, in particolare attraverso i corridoi di solidarietà. Ciò ha comportato però distorsioni temporanee nei mercati dei cinque Stati membri confinanti con l'Ucraina (Bulgaria, Ungheria, Polonia, Romania, la Slovacchia), richiedendo l'introduzione — il 2 maggio 2023 — di misure restrittive temporanee alle esportazioni di una serie di derrate alimentari ucraine, che - scadute il 15 settembre 2023 - non sono state rinnovate.

Polonia, Ungheria e Slovacchia hanno però introdotto misure restrittive delle importazioni di cereali dall’Ucraina in via bilaterale. L’Ucraina ha annunciato che presenterà ricorso all'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) per chiedere un risarcimento per i danni subiti da queste restrizioni.

Il 31 gennaio 2024 la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento volta a prorogare per un ulteriore anno la sospensione dei dazi all'importazione e dei contingenti sulle esportazioni ucraine verso l'UE, rafforzando nel contempo la protezione dei prodotti agricoli sensibili dell'UE (pollame, uova e zucchero) con un freno di emergenza inteso a stabilizzare le importazioni al livello dei volumi medi d'importazione del 2022 e del 2023. Parallelamente, la Commissione ha presentato una proposta di regolamento volta a prorogare di un ulteriore anno la sospensione di tutti i dazi residui sulle importazioni moldave in vigore dal luglio 2022.

Entrambe le proposte sono stata approvate senza modifiche dal Consiglio il 21 febbraio ed ora dovranno essere esaminate dal Parlamento europeo in occasione della sessione plenaria del prossimo aprile.

 

Il processo di adesione dell’Ucraina all’UE

Il Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre 2023 ha deciso di avviare i negoziati di adesione con l’Ucraina, alla quale aveva concesso lo status di paese candidato il 23 e 24 giugno 2022, invitando il Consiglio dell’UE ad adottate il quadro di negoziazione, una volta che l’Ucraina avrà adottato le misure indicate dalla Commissione europea nel pacchetto allargamento dell’8 novembre 2023.

Nella comunicazione relativa al pacchetto allargamento delll’8 novembre 2023, la Commissione europea ha indicato che l’Ucraina ha compiuto importanti progressi rispetto alle sette condizioni indicate nel suo parere del giugno 2022 sulla domanda di adesione dell’Ucraina, avendo soddisfatto sufficientemente i criteri politici per l’adesione (stabiliti dal Consiglio europeo di Copenaghen nel 1993), relativi alla stabilità delle istituzioni e alla garanzia della democrazia, dello Stato di diritto, dei diritti umani e del rispetto e tutela delle minoranze.

La Commissione ha indicato la necessità che l’Ucraina continui il suo impegno di riforma e raccomandato che affronti i rimanenti requisiti previsti dalle sette condizioni che erano fissate nel sopracitato parere della Commissione.

Le misure in questione sono:

1) una legge che aumenti il limite massimo del personale dell'Ufficio nazionale anticorruzione dell'Ucraina;

2) l’eliminazione delle disposizioni che limitano i poteri dell’Agenzia nazionale per la prevenzione della corruzione;

3) una legge che regola il lobbismo in linea con gli standard europei, come parte del piano d'azione anti-oligarchi;

4) una legge che affronti le rimanenti raccomandazioni della Commissione di Venezia del Consiglio d’Europa legate alla Legge sulle minoranze nazionali, affrontando anche le raccomandazioni della Commissione di Venezia legate alle leggi sulla lingua nazionale, sui media e sull'istruzione.

Inoltre, l’Ucraina deve continuare a lottare contro la corruzione accumulando ulteriori indagini e condanne per corruzione.

Per quanto riguarda le riforme già realizzate, la Commissione ricorda che l'Ucraina:

·  ha istituito un sistema di preselezione trasparente e basato sul merito per i giudici della Corte costituzionale e ha completato una riforma incentrata sull'integrità degli organi di governo giudiziario. In tale ambito l'Ucraina dovrebbe continuare ad attuare le leggi adottate per selezionare e nominare i giudici nei tribunali ordinari e presso la Corte costituzionale;

·  ha rafforzato la lotta contro la corruzione costruendo una casistica credibile di indagini e condanne per corruzione e garantendo nomine trasparenti dei capi delle principali agenzie anticorruzione. Ha, inoltre, adottato misure per garantire la sostenibilità dei suoi sforzi anticorruzione, ripristinando il sistema elettronico per la dichiarazione patrimoniale, sebbene con alcune carenze, e attuando il programma statale anticorruzione;

·  ha rafforzato il proprio quadro antiriciclaggio, anche attraverso l'allineamento della propria legislazione agli standard del Gruppo di azione finanziaria internazionale (GAFI);

·  ha adottato un piano strategico globale e un piano d'azione per la riforma del settore delle forze dell'ordine;

·  ha intensificato le misure sistemiche contro gli oligarchi in settori quali la concorrenza e il finanziamento dei partiti politici;

·  ha allineato la propria legge sui media al diritto dell’UE ed ha continuato a rafforzare la tutela delle minoranze nazionali, in particolare modificando le leggi sulle minoranze e sull'istruzione, anche se devono ancora essere attuate ulteriori riforme, come indicato dalla Commissione di Venezia.

Infine, la Commissione rileva che sebbene l’introduzione della legge marziale abbia portato alla deroga di alcuni diritti fondamentali, le misure adottate sono temporanee e proporzionate alla situazione del paese.

 

Memorandum d’intesa tra il Parlamento europeo ed il Parlamento ucraino

Il 28 novembre 2023, i Presidenti del Parlamento europeo e del Parlamento ucraino (Verkhovna Rada), Roberta Metsola e Ruslan Stefanchuk hanno firmato a Bruxelles un memorandum d'intesa che prevede il rafforzamento della cooperazione tra i rispettivi parlamenti nei settori degli standard parlamentari, del processo legislativo, del controllo e della trasparenza, promuovendo l'interazione tra i membri del Parlamento ucraino e quello europeo, anche attraverso riunioni tra le omologhe commissioni parlamentari, visite conoscitive e l’istituzione di una presenza permanente del Parlamento europeo a Kyiv.


 


 

Sessione II – Il processo di allargamento in corso

Quadro sinottico dei paesi che hanno presentato, in base all’articolo 49 del Trattato sull’Unione europea, domanda di adesione all’Unione e dello stato di avanzamento dei negoziati eventualmente avviati.

paese

Domanda di adesione

Status di paese candidato

Avvio dei negoziati

Avanzamento dei negoziati

Albania

24 aprile

2009

26 e 27 giugno 2014

19 luglio 2022

 

Bosnia Erzegovina

15 febbraio 2016

15 dicembre 2022

 

 

Georgia

3 marzo 2022

14 dicembre 2023

 

 

Kosovo

15 dicembre 2022

 

 

 

Macedonia del Nord

22 marzo 2004

15 e 16 dicembre 2005

19 luglio 2022

 

Moldova

3 marzo 2022

23 e 24 giugno 2022

14 dicembre 2023

 

Montenegro

15 dicembre 2008

16 e 17 dicembre 2010

29 giugno 2012

Aperti tutti i capitoli negoziali e chiusi i negoziati per 3 capitoli: (Scienza e ricerca; Educazione e cultura; Relazioni esterne)

Serbia

19 dicembre 2009

1° marzo 2012

21 gennaio 2014

Aperti 22 capitoli negoziali su 35 e chiusi i negoziati su 2 capitoli (Scienza e ricerca; Educazione e cultura)

Turchia

14 aprile 1987

11 dicembre 1999

3 ottobre 2005, sospesi nel giugno 2018

Aperti 16 capitoli negoziali su 33 e chiuso i negoziati per 1 capitolo (Scienza e ricerca)

Ucraina

1 marzo 2022

23 e 24 giugno 2022

14 dicembre 2023

 

Ultimi sviluppi del processo di allargamento dell’UE

Nella riunione del 14 e 15 dicembre 2023, il Consiglio europeo ha adottato delle conclusioni con le quali:

·        ha deciso di avviare i negoziati di adesione con l’Ucraina e la Moldova, invitando il Consiglio ad adottare i rispettivi quadri di negoziazione, una volta adottate le pertinenti misure indicate nelle rispettive raccomandazioni della Commissione europea dell’8 novembre 2023;

·        ha deciso di concedere lo status di paese candidato alla Georgia, fermo restando che siano adottate le pertinenti misure indicate nella raccomandazione della Commissione dell'8 novembre 2023;

·        ha indicato che avvierà negoziati di adesione con la Bosnia-Erzegovina, una volta raggiunto il necessario livello di conformità con i criteri di adesione, invitando la Commissione a riferire al Consiglio, al più tardi nel marzo 2024, in merito ai progressi compiuti, al fine di adottare una decisione (la Commissione dovrebbe presentare un rapporto a marzo, sulla cui base il Consiglio europeo del 21 e 22 marzo 2024, potrebbe prendere una decisione in merito all’avvio dei negoziati con il paese);

·        ha affermato che l'Unione europea è pronta a completare la fase di apertura dei negoziati di adesione con la Macedonia del Nord, non appena quest'ultima avrà attuato il suo impegno di completare le modifiche costituzionali di cui alle conclusioni del Consiglio del 18 luglio 2022, in linea con le sue procedure interne, invitando ad accelerare il completamento di tali modifiche.

Il Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre 2023 ha, inoltre, riaffermato il suo impegno pieno e inequivocabile a favore della prospettiva di adesione all'UE dei Balcani occidentali, chiedendo l'accelerazione del loro processo di adesione e indicando di essere determinato a portare avanti - prendendo atto del nuovo piano di crescita per i Balcani occidentali presentato dalla Commissione europea - la graduale integrazione tra l'Unione europea e la regione già durante il processo di allargamento, in modo reversibile e meritocratico.

Il Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre, infine, si è espresso anche sul nesso allargamento e riforme (v. infra).

La Presidente della Commissione europea, von der Leyen, il 21 febbraio 2024 in una conferenza stampa ha indicato che la Commissione europea presenterà i progetti di quadri negoziali (che devono essere approvati all’unanimità del Consiglio) per l’avvio dei negoziati con Ucraina e Moldova dopo le elezioni europee (previste dal 6 al 9 giugno 2024) e non prima come inizialmente previsto.

 

Il dibattito sulle riforme istituzionali dell’UE in vista dell’allargamento

A partire dall’estate del 2023 è stato riavviato un dibattito sulle riforme istituzionali necessarie per adeguare il funzionamento dell’UE in previsione di futuri allargamenti. Al riavvio della riflessione ha contribuito, per un verso, la constatazione che, una volta completato, l’allargamento condurrebbe l’Unione dagli attuali 27 a 36-37 Stati membri.

Per altro verso, un impulso decisivo è disceso dall’accelerazione impressa al processo di adesione in seguito all’aggressione militare della Russia all’Ucraina e alle domande di adesione presentate da Georgia, Moldova e dalla stessa Ucraina nel febbraio-marzo 2022.

Tra i cosiddetti criteri di Copenaghen per l’adesione di nuovi Stati membri ricade quello della capacità dell'UE di assorbire nuovi membri, mantenendo lo slancio dell'integrazione europea.

Proposte per la riforma del funzionamento dell’UE sono state avanzate dalla Conferenza sul futuro dell’Europa, che ha presentato una relazione il 9 maggio 2022, e dal Parlamento europeo in recenti risoluzioni. La Presidente von der Leyen ha annunciato che la Commissione presenterà proposte in merito alla riforma dei Trattati nel corso della Presidenza belga del Consiglio (I semestre del 2024), al temine dell’attuale legislatura europea.

Il Parlamento europeo ha approvato il 22 novembre 2023 una risoluzione sui “Progetti del Parlamento europeo intesi a modificare i trattati”, nella quale ha rinnovato la sua richiesta di modificare il trattato sull'Unione europea (TUE) e il trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), invitando il Consiglio a presentare al Consiglio europeo le proposte contenute nella risoluzione e il Consiglio europeo a convocare quanto prima una Convenzione secondo la procedura di revisione ordinaria di cui all'articolo 48, paragrafi da 2 a 5, TUE. Le proposte del PE, che non hanno potuto essere discusse dal Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre 2023, saranno prese in esame da un successivo Consiglio europeo, nell’ambito del semestre della Presidenza belga del Consiglio (si segnala però che al momento tale proposta non figura nel progetto di ordine del giorno del prossimo Consiglio europeo del 21 e 22 marzo 2024).

La risoluzione del PE, in quanto recante proposte di modifica dei Trattati, è stata notificata ai Parlamenti nazionali ai sensi dell’art 48 paragrafo e del TUE.

 

Opzioni in discussione

Sulla base dei contributi sinora avanzati la discussione sulla riforma dell’Unione sembra vertere sulle seguenti ipotesi:

·        utilizzare i margini di flessibilità già offerti dai Trattati per operare alcuni aggiustamenti al processo decisionale dell’UE, in particolare per estendere, tramite le clausole passarella, il ricorso alla votazione a maggioranza qualificata in seno al Consiglio a casi in cui è attualmente prevista l’unanimità nonché per generalizzare il ricorso alla procedura legislativa ordinaria, laddove i trattati prevedono procedure legislative speciali;

·        consentire forme d’integrazione a più velocità tra i membri dell’UE (sull’esempio di quelle già esistenti, quali l’area Schengen, la zona euro, la PESCO, cooperazione strutturata permanente nel settore della difesa), di modo che gli Stati che lo volessero possano procedere verso una maggiore integrazione in alcune politiche, senza essere bloccati dagli altri, che possono sempre aderire in una fase successiva;

·        adeguare il Quadro finanziario pluriennale (e il sistema del suo finanziamento attraverso le cosiddette risorse proprie dell’UE) alle ambizioni dell’UE, tenendo conto dell’allargamento, delle crescenti esigenze di una azione a livello europeo in alcune politiche (tra cui la difesa), e anche in relazione alle sfide globali;

·        prevedere forme di associazione dei paesi candidati ad alcune politiche e programmi dell’UE, anche prima della loro formale adesione all’UE, sulla base di un processo “premiale” basato sul merito nell’ambito dei rispettivi negoziati di adesione;

·        rafforzare, anche in relazione ad un eventuale allargamento, la protezione dei valori fondamentali dell’UE e il rispetto dello Stato di diritto, con ulteriori forme di condizionalità, prevedendo di includere anche i paesi candidati nel meccanismo dello Stato di diritto dell'UE e nel suo esercizio di rendicontazione annuale.

La Dichiarazione di Granada

Il 6 ottobre 2023, in esito al Consiglio europeo informale che è svolto a Granada (Spagna) è stata approvata una dichiarazione nella quale, con particolare riferimento all’allargamento, si indica che:

·        l’allargamento rappresenta un investimento geostrategico nella pace, nella sicurezza, nella stabilità e nella prosperità ed è un elemento trainante per il miglioramento delle condizioni economiche e sociali dei cittadini europei, per la riduzione delle disparità tra paesi e per promuovere i valori dell'Unione;

·        sia l'UE che i futuri Stati membri devono essere pronti agli ulteriori allargamenti. In particolare, l'UE deve intraprendere i lavori preparatori interni e le riforme necessari, fissando le proprie ambizioni a lungo termine e stabilendo le modalità per conseguirle.

La Presidenza spagnola del Consiglio ha trasmesso il 10 novembre 2023 una nota di discussione sul futuro dell’Europa, nella quale, per dare seguito alle indicazioni della Dichiarazione di Granada, si invitano le altre delegazioni a valutare un progetto di Roadmap per un processo di riforma e riflessione dell’UE sul futuro dell’UE, articolato in tre fasi:

1.      una prima fase, nella prima metà del 2024 per una discussione per la definizione delle ambizioni a lungo termine e obiettivi dell’UE, anche sulla base dei contributi della Commissioni e/o altri organi;

2.      una seconda fase, dalla seconda meta del 2024 alla prima metà del 2025, dedicata alla riflessione sulle priorità e politiche dell’UE e parallelamente sulle procedure decisionali e composizione delle Istituzioni dell’UE;

3.       una terza fase, a partire dalla seconda metà del 2025 o più tardi, dedicata ad approfondire le eventuali proposte della Commissione europea per adattamenti alle politiche e bilancio dell’UE ed alle procedure decisionali e alle Istituzioni e nella quale potrebbe essere valutata la possibilità di una riforma dei Trattati.

 

Le conclusioni del Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre 2023

Il Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre 2023, richiamando la dichiarazione di Granada, ha affermato che nella prospettiva di un'Unione ulteriormente allargata, sia i futuri Stati membri che l'UE devono essere pronti al momento dell'adesione e che i lavori su entrambi i fronti dovrebbero avanzare in parallelo.

Il Consiglio europeo:

·        ha invitato gli aspiranti membri a intensificare i loro sforzi di riforma, in particolare nel settore dello Stato di diritto;

·        ha parallelamente, l'Unione a intraprendere i lavori preparatori interni e le riforme necessari, affinché le sue politiche siano adeguate alle esigenze del futuro e finanziate in modo sostenibile e le istituzioni dell'UE continuino a funzionare efficacemente.

A tali fini, il Consiglio europeo ha indicato che si occuperà delle riforme interne nelle prossime riunioni, con l'obiettivo di adottare, entro l'estate del 2024, conclusioni su una tabella di marcia per i lavori futuri.

Il documento franco-tedesco sulla riforma dell’UE in vista dell’allargamento

Il 18 settembre 2023 un gruppo di 12 esperti francesi e tedeschi ha presentato un rapporto indipendente sulle riforme istituzionali in vista dell’allargamento dell’UE.

Il rapporto, presentato al Consiglio affari generali del 19 settembre, è stato commissionato nel gennaio 2023 dalla Ministra per l’Europa e il clima tedesca, Lührmann, e dalla Ministra per gli affari esteri ed europei francese, Boone.

Nel rapporto si prospetta la possibilità di una “integrazione differenziata”, per una Europa allargata basata su uno schema concentrico, con quattro livelli distinti: al centro gli Stati membri che già fanno parte dell’area Schengen  e dell’euro e di altre eventuali “coalizioni di volenterosi”; poi l’UE, attuale con vecchi e nuovi Stati membri, poi gli Stati europei associati al mercato Unico (come la Norvegia), ed infine - fuori dal perimetro dello Stato di diritto - come cerchio esterno gli Stati facenti parti della Comunità politica europea (attualmente composta da 47 Stati europei).

L’integrazione differenziata dovrebbe rispettare 5 principi base: 1) rispetto dell'acquis comunitario e dell’integrità delle politiche e delle azioni dell’UE; 2) ricorso alle Istituzioni dell'UE; 3) apertura a tutti i membri dell'UE; 4) condivisione di poteri decisionali, costi e benefici; 5) possibilità per gli Stati volenterosi di progredire nell’integrazione.

 


Per quanto riguarda le implicazioni finanziarie e di bilancio dell’allargamento, il rapporto avanza, in particolare, indica che:

·        il prossimo quadro finanziario pluriennale (2028-2034) dovrebbe essere dotato di maggiori risorse, sia in termini di nominali che in proporzione al PIL, e flessibilità nelle decisioni di spesa;

·        si dovrebbero prevedere la creazione di nuove risorse proprie e la possibilità del ricorso a strumenti di debito comuni;

·        si dovrebbe procedere ad un'approfondita revisione della spesa per ridurre la dimensione di alcune aree di spesa e per aumentarne altri;

·        le decisioni di bilancio dovrebbero essere assunte a maggioranza qualificata (o in alternativa con la possibilità per gruppi di Stati membri di stipulare "accordi di finanziamento intergovernativi" per portare avanti i piani di spesa ad hoc);

·        la periodicità del quadro finanziario pluriennale dell’UE dovrebbe essere portata da 7 a 5 anni, allineandolo al ciclo istituzionale dell’UE.

 

Il nuovo piano di crescita per i Balcani occidentali

Contestualmente alla presentazione del pacchetto allargamento, la Commissione europea ha adottato l’8 novembre 2023 una comunicazione relativa ad un nuovo piano di crescita per i Balcani occidentali, volto ad offrire a tali paesi alcuni dei vantaggi derivanti dall'adesione prima che questa sia finalizzata a incentivare la crescita economica e accelerare la convergenza socioeconomica.

Il nuovo piano - complementare alle azioni già avviate dalla Commissione nell’ambito del piano economico di investimenti globale per i Balcani occidentali del 2020 (v. infra) - si articola in quattro pilastri:

-        rafforzare l'integrazione economica con il mercato unico dell'UE, a condizione che i Balcani occidentali si allineino alle norme del mercato unico e aprano i settori e le aree pertinenti contemporaneamente a tutti i paesi vicini, in linea con il mercato comune regionale. In tale ambito si propongono sette azioni prioritarie relativamente a: libera circolazione delle merci; libera circolazione dei servizi e dei lavoratori; accesso all'area unica dei pagamenti in euro (SEPA); agevolazione del trasporto su strada; integrazione e decarbonizzazione dei mercati dell'energia; mercato unico digitale; integrazione nelle catene di approvvigionamento industriali;

-        promuovere l'integrazione economica nei Balcani occidentali tramite il mercato comune regionale, basato sulle norme e sugli standard dell'UE, che potrebbe permettere un'espansione del 10 % delle economie della regione;

-        accelerare le riforme fondamentali, sostenendo il percorso dei Balcani occidentali verso l'adesione all'UE e migliorando la crescita economica sostenibile, anche attirando investimenti esteri e rafforzando la stabilità regionale;

-        incrementare l'assistenza finanziaria per sostenere le riforme mediante una proposta di regolamento relativa ad un  nuovo strumento per la riforma e la crescita per i Balcani occidentali per il periodo 2024-2027, con una dotazione finanziaria di 6 miliardi di euro (di cui 2 miliardi sotto forma di sovvenzioni e 4 miliardi sotto forma di prestiti), con la previsioni di  forme di condizionalità ex ante, per le quali i pagamenti saranno subordinati alla realizzazione di specifiche riforme socioeconomiche e fondamentali.

Spetta ora al Parlamento europeo e al Consiglio esaminare la proposta di regolamento relativa allo strumento. Una volta adottata la proposta, i sei partner dei Balcani occidentali saranno invitati a presentare i rispettivi programmi di riforma in cui definiranno le riforme socioeconomiche e fondamentali che intendono intraprendere per stimolare la crescita e la convergenza nell'ambito del piano di crescita durante il periodo 2024-2027.

Quale condizione preliminare necessaria, la Serbia e il Kosovo dovranno impegnarsi in modo costruttivo nel dialogo sulla normalizzazione delle loro relazioni, facilitato dall'UE e condotto dall'Alto rappresentante.

Il 7 febbraio 2024,  la Corte dei conti dell’UE - su richiesta del Parlamento europeo e del Consiglio -  ha pubblicato un parere sulla proposta di regolamento relativa allo strumento per la riforma e la crescita per i Balcani occidentali per il periodo 2024-2027 nella quale:

·      accogliendo con favore l’introduzione di condizioni più stringenti per i finanziamenti, collegando i pagamenti al rispetto di condizioni che dovranno essere stabilite nei programmi di riforme per i vari paesi, sottolinea che vi è però il rischio che le condizioni di erogazione non siano abbastanza ambiziose e che gli indicatori non siano sufficientemente chiari e misurabili;

·      osserva che rimane difficile garantire la sostenibilità delle riforme, in particolare alla luce della scarsa capacità amministrativa della regione ed a tal fine rileva che la Commissione europea non dovrebbe solo formulare osservazioni, ma anche poter chiedere ai governi dei Balcani occidentali di rivedere e modificare i propri programmi di riforme;

·      sottolinea che, considerando che nell’attuale quadro finanziario dell’UE 2021-2027 sono già stati messi a disposizione dei paesi in fase di preadesione (compresa la Turchia) oltre 14 miliardi di euro, gli importi da fornire attraverso lo strumento rappresentano un aumento sostanziale (oltre il 40%) dei finanziamenti previsti per i paesi dei Balcani occidentali fino al 2027;

·      rileva che, in assenza di una valutazione d’impatto, non è stato possibile valutare in che misura il sostegno previsto di 6 miliardi di euro possa contribuire al conseguimento dei principali obiettivi dello strumento;

·      propone di chiarire alcune disposizioni della proposta relative ai diritti di audit della Corte dei conti europea e all’accesso ai dati e alla documentazione al fine di garantire un adeguato controllo.

 

Il piano economico d’investimenti globale, l’agenda verde per i Balcani occidentali e il sostegno per la crisi energetica

Il piano economico e d’investimenti globale per i Balcani occidentali, presentato il 6 ottobre 2020, che prevede un pacchetto di investimenti di circa 30 miliardi di euro per la regione nell'arco di sette anni, sulla base del nuovo strumento di garanzia per i Balcani occidentali [1].

Il piano individua iniziative-faro in materia di investimenti per:

·        sostenere i principali collegamenti stradali e ferroviari nella regione sull’asse est-ovest e sull’asse nord-sud e per il collegamento delle regioni costiere;

·        promuovere il ricorso all'energia rinnovabile e l'abbandono del carbone;

·        incentivare la ristrutturazione degli edifici pubblici e privati per aumentare l'efficienza energetica e ridurre le emissioni di gas serra;

·        migliorare le infrastrutture per la gestione dei rifiuti e il trattamento delle acque reflue;

·        promuovere lo sviluppo delle infrastrutture digitali e per la banda larga;

·        incentivare lo sviluppo del settore privato per promuovere la competitività e l'innovazione, in particolare a livello di piccole e medie imprese;

·        promuovere nei paesi dei Balcani occidentali una garanzia per i giovani che, in analogia con quanto già previsto nell’UE, preveda che i giovani ricevano un'offerta qualitativamente valida di lavoro, formazione continua, apprendistato o tirocinio entro un periodo di quattro mesi dall'inizio della disoccupazione o dalla fine degli studi.

Nell’ambito del piano sono stati fino ad ora approvati finanziamenti per 54 progetti nei settori dei trasporti, della connettività, della transizione energetica, dell'agenda verde, della transizione digitale e dello sviluppo del capitale umano, con un sostegno dell'UE di 4,9 miliardi di euro in sovvenzioni dell’UE volti a mobilitare per valore di investimento complessivo pari a 10,7 miliardi di euro.

Per maggiori dettagli sulle singole iniziative faro si rinvia all’allegato del Piano economico e di investimenti per i Balcani occidentali.

Sempre nell’ambito del piano economico d’investimenti globale per i Balcani occidentali, la Commissione europea ha presentato nell’ottobre del 2020 delle linee guida per l'attuazione dell'agenda verde per i Balcani occidentali.

Per l'attuazione dell'Agenda verde l’UE ha impegnato dal 2021 circa 730 milioni di euro per assistenza tecnica e investimenti in efficienza energetica, rinnovabili energia, transizione dal carbone e investimenti nella gestione ambientale.

Nel novembre 2022, la Presidente della Commissione europea von der Leyen e l'Alto rappresentante Borrell, in occasione del vertice dei Balcani occidentali nel contesto del processo di Berlino, hanno presentato un pacchetto di sostegno energetico di 1 miliardo di euro in sovvenzioni per aiutare i Balcani occidentali ad affrontare le conseguenze immediate della crisi energetica e creare resilienza a breve e medio termine.

La Commissione ha fornito un sostegno di 500 milioni di euro volto a sosterrà sostenere le famiglie e le piccole e medie imprese ad attutire l’impatto degli aumenti dei prezzi dell'energia. A breve e medio termine, la Commissione fornirà altri 500 milioni di euro per avanzare nella diversificazione energetica, nella generazione di energia rinnovabile e nelle interconnessioni del gas e dell'elettricità. Il sostegno sarà indirizzato a misure a breve termine (prossimi 1-2 anni), volte alla diversificazione degli approvvigionamenti energetici, potenziando gli interconnettori del gas e dell'elettricità, compreso il GNL, nonché a promuovere la costruzione di progetti di energia rinnovabile e le misure di efficienza energetica, ed a misure a medio termine (prossimi 2-3 anni) rivolte ad investimenti che contribuiscano alla transizione energetica e alla sicurezza e riguarderanno progetti su larga scala di generazione di energia rinnovabile, aggiornamento dei sistemi di trasmissione dell'energia, teleriscaldamento e schemi per l'efficienza energetica per i vecchi condomini.

 

Prime stime dell’impatto finanziario dell’allargamento

Lo studio del Segretariato del Consiglio

Secondo quando riportato dal quotidiano britannico Financial Times (FT) in un articolo del 4 ottobre 2023, il Segretariato del Consiglio dell’UE avrebbe elaborato uno studio sull’impatto finanziario dell’allargamento dell’UE a 9 nuovi Stati membri (i 6 paesi dei Balcani occidentali, più Georgia, Moldova e Ucraina, senza la Turchia), sulla base delle regole finanziarie e di bilancio attuali. L’allargamento potrebbe comportare complessivamente:

·        una spesa per l’UE di circa 37 miliardi l’anno, pari a 256,8 miliardi di euro per un periodo di 7 anni, di cui 186 miliardi di euro solo per l’Ucraina;

·        un taglio dei sussidi agricoli per gli Stati membri beneficiari secondo le regole attuali pari al 20%;

·        la perdita  dell’eleggibilità a ricevere finanziamenti a titolo del Fondo di coesione per Repubblica ceca, Estonia, Lituania, Slovenia, Cipro e Malta.

 

Lo studioWhat does it cost? Financial implications of the next enlargement” dell’Hertie School, Jacques Delors Centre di Berlino

Secondo lo studioWhat does it cost? Financial implications of the next enlargement” dell’Hertie School, Jacques Delors Centre di Berlino, l’adesione di un certo numero di Stati membri più poveri avrà inevitabilmente un impatto sulla distribuzione dei finanziamenti, in particolare nell’ambito della politica agricola comune (PAC) e della politica di coesione dell’UE.

Lo studio, sulla base delle regole previste dall’attuale quadro finanziario annuale 2021 – 2027, stima che l’adesione di Ucraina, Moldavia, Bosnia-Erzegovina, Macedonia del Nord, Montenegro, Albania e Serbia[2] comporterebbe una spesa aggiuntiva annuale totale di circa 19 miliardi di euro (di cui 13,2 miliardi all’anno solo per l’Ucraina e 5, miliardi per Moldova e gli altri paesi dei Balcani occidentali), ovvero poco più del 10% dell’attuale bilancio che rientrerebbe ancora nell’ambito dell'attuale tetto massimo delle risorse proprie dell'UE pari all'1,40% del RNL dell'UE.

Lo studio ricorda che il quadro finanziario pluriennale prevede già dei sistemi di aggiustamento in grado di bilanciare le richieste che saranno necessarie per affrontare l’allargamento, come ad esempio la previsione di un tetto massimo al taglio che uno Stato membro può subire per dei fondi di coesione, pari 24% rispetto agli importi ricevuti nella programmazione finanziaria precedente (garantendo che uno Stato membro non possa dunque ricevere meno del 76% degli importi ricevuti a titolo della programmazione precedente. In tema di PAC lo studio ricorda che in occasione del precedente allargamento del 2004, i nuovi Stati membri non hanno ricevuto immediatamente l’intero importo dei pagamenti diretti nell’ambito della politica agricola comune, ma in base ad un periodo transitorio durato 10 anni, hanno ricevuto inizialmente solo il 40% del livello di pagamenti diretti, con un aumento successivamente del 10% ogni anno. Lo studio ricorda, inoltre che i paesi candidati ricevono già assistenza finanziaria per attuare le riforme prima dell’adesione nell’ambito dello strumento di assistenza preadesione dell’UE (IPA). Per il periodo 2021-2027, la dotazione finanziaria dell’IPA è di 14,2 miliardi di euro, con beneficiari Albania, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Montenegro, Macedonia del Nord, Serbia e Turchia. Una volta che i paesi candidati diventeranno Stati membri dell’UE, si verificherà un effetto di compensazione, poiché i pagamenti IPA termineranno.

Lo studio indica che, mentre l’adesione dell’Ucraina avrebbe un impatto in termini di ribilanciamento delle risorse finanziarie del prossimo QFP principalmente sulla politica agricola comune (con un aumento del 57 % della spesa per la PAC, contro un aumento del 38% per la politica di coesione), l’adesione del restante gruppo di paesi impatterebbe in misura maggiore sulla politica di coesione (con un aumento del 48% della spesa per la politica di coesione, contro un aumento del 38% per la PAC).

Lo studio stima, in ogni caso, che in entrambe le situazioni non si produrrebbe un mutamento nel rapporto tra contribuzione al bilancio e allocazioni delle risorse tale da fare diventare nessuno degli attuali Stati membri percettore netto delle risorse UE, contributore netto al bilancio dell’UE.

Si ricorda che l’Ucraina ha una popolazione di circa 44 milioni di abitanti (pari a circa il 10% della popolazione dell’UE a 27), una superficie agricola pari alla somma di quella della Francia e la Germania, con una struttura agricola caratterizzata da aziende agricole con superfici in media nettamente superiore a quelle degli attuali Stati membri dell’UE (fino a 400 ettari, di contro ad una superficie media delle aziende agricole europee di circa 17 ettari, 11 ettari in Italia).

Lo studio conclude che nel sistema vi è una crescente pressione per riformare il prossimo QFP 2028-2034 a prescindere dall’allargamento: oltre al servizio del debito legato al piano di ripresa e resilienza, l’UE deve far fronte a una domanda crescente in settori quali energia e decarbonizzazione, digitale e ricerca, difesa e sicurezza, anche in seguito all’aggressione militare della Russia nei confronti dell’Ucraina. Esiste quindi una pressione intrinseca verso la riforma del QFP, anche in assenza di allargamento.

Ciò ha due implicazioni per i negoziati, la prima è la necessità di avviare una discussione sulla dimensione del bilancio, per la quale, in assenza di effettivi progressi sull’istituzione di nuove risorse proprie, vi possono essere solo due opzioni per compensare la spesa aggiuntiva richiesta a livello dell’UE: contributi nazionali più elevati o un debito europeo più comune, entro i vincoli giuridici dei trattati attuali.

La seconda implicazione è che sarà necessaria una revisione della composizione del QFP per garantire che la sua struttura rifletta le nuove sfide che l’UE si trova ad affrontare. Lo studio ricorda che da tempo si chiede di reindirizzare la spesa dell’UE lontano dai due gruppi di spesa dominanti, PAC e politica di coesione, verso progetti a livello europeo (ad esempio nell’ambito della politica industriale e per l’innovazione), che potrebbero generare effetti benefici per tutti gli Stati membri essendo assegnati sulla base di criteri di eccellenza piuttosto che sulla base di un mero criterio geografico o distributivo.

Lo studio rileva, inoltre, come l’importanza della spesa comune per la difesa, la politica estera e di sicurezza e i controlli alle frontiere non potrà che aumentare ancora di più con l’allargamento.

Lo studio conclude che la discussione sull’adeguamento del QFP in prospettiva dell’allargamento aumenterà la pressione per una sua revisione radicale e potrebbe quindi costituire l’opportunità per avviare una discussione per una rimodulazione delle risorse del bilancio dell’UE per la PAC e sulla politica di coesione.

 

L’associazione di rappresentanti dei paesi candidati ai lavori del Comitato economico e sociale dell’UE

Il Comitato economico e sociale dell’UE (CESE) - organo consultivo dell’UE di rappresentanza delle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro e di altri gruppi d’interesse - ha avviato una iniziativa volta a promuovere, a partire dell’aprile 2024, la partecipazione ai lavori del CESE di circa 131 rappresentanti degli Stati candidati all'allargamento, con la previsione della loro partecipazione ai lavori consultivi del Comitato e al processo di elaborazione di alcuni pareri, ai gruppi di studio, alle riunioni di sezione nonché ad alcune sessioni plenarie del CESE.

A settembre 2024 il CESE dovrebbe organizzare una sessione plenaria dedicata al tema dell’allargamento.

 

 

 

Sessione III – La bussola strategica e la resilienza dell'UE

 

Discorso della Presidente von der Leyen al Parlamento europeo (28 febbraio 2024)

La Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha pronunciato il 28 febbraio, nel corso della seduta plenaria del Parlamento europeo, un discorso sul rafforzamento della difesa europea nell’attuale volatile panorama geopolitico.

La Presidente ha indicato che l’aggressione russa dell’Ucraina ha mandato in frantumi l’illusione di una pace permanente in Europa e che si sta assistendo ad un emergere crescente e inquietante lega di Stati autoritari, come la Corea del Nord e l’Iran, ad una destabilizzazione su larga scala in Medio Oriente ai quali si accompagna un continuo aumento della concorrenza economica aggressiva e delle distorsioni. Questa situazione comporta  rischi per l’Europa e richiede di iniziare a lavorare urgentemente sul futuro dell'architettura di sicurezza europea in tutte le sue dimensioni, al fine di rafforzare la sovranità dell’Europa che è vitale – e non in contrapposizione - per il rafforzamento della stessa NATO.

È quindi necessario che l’Europa si mobiliti con urgenza per tutelare la sua libertà e prosperità, rafforzando la sua capacita di difesa sulla base del principio di spendere di più, spendere meglio, spendere in modo europeo.

La Presidente ha indicato l’urgente necessità di ricostruire, rifornire e modernizzare le forze armate degli Stati membri, con l’obiettivo di sviluppare e produrre la prossima generazione di capacità operative e disporre della quantità sufficiente di materiale e della superiorità tecnologica.

La Presidente ha ricordato che nelle prossime settimane la Commissione europea presenterà alcune proposte con la prima strategia industriale europea per la difesa (su cui si veda il paragrafo più avanti),  che avrà come obiettivi centrali quelli di:

·        dare priorità agli appalti congiunti nel settore della difesa - come è già stato fatto con i vaccini o con il gas naturale – al fine di ridurre la frammentazione e ad aumentare l'interoperabilità;

·        aumentare il sostegno alla produzione industriale, ricordando le iniziative già in corso sulla base del programma Asap (v. infra), che dovrebbero consentire di raddoppiare la produzione europea di munizioni, portandola a oltre 2 milioni di proiettili all'anno entro la fine del 2025;

·        promuovere progetti di difesa europei di interesse comune, per concentrare gli sforzi e le risorse dove l'impatto e il valore aggiunto sono maggiori, concentrandosi in particolare sull'innovazione e sulle nuove tecnologie (in tale ambito la Commissione istituirà un Ufficio per l'innovazione della difesa a Kyiv, volto a consentire di attingere all'esperienza sul campo di battaglia e alle competenze in materia di difesa industriale);

·        promuovere investimenti pubblici e privati a sostegno dell’industria della difesa e in particolare delle piccole e medie imprese, che sono il motore dell’innovazione e un fattore critico nel mercato unico. A tal proposito la Presidente ha inviato gli Stati membri a promuovere un ruolo maggiore della Banca europea per gli investimenti (BEI) in tale ambito.

La Presidente ha inoltre indicato la volontà di avviare una discussione sull'utilizzo dei profitti dei beni russi congelati per acquistare congiuntamente equipaggiamenti militari per l'Ucraina.

Infine la Presidente von der Leyen ha espresso il suo favore alla designazione di un Commissario alla Difesa per la prossima Commissione.

 

La bussola strategica

La Bussola strategica (adottata nel marzo 2022), ha lo scopo di promuovere una “cultura strategica condivisa", definendo obiettivi in grado di rafforzare la politica di sicurezza e difesa dell’UE per i prossimi 5-10 anni. Si articola in una parte introduttiva (che delinea il quadro geopolitico attuale) e in quattro capitoli.

Azione

Tra gli obiettivi principali di questo capitolo c'è quello di disporre, entro il 2025, di una Capacità di intervento rapido, fino a 5000 unità, da utilizzare per la gestione delle crisi esterne. La base di partenza saranno gli esistenti (ma inutilizzati) Battle Groups, cui si aggiungeranno anche capacità nazionali predefinite. La forza di intervento sarà articolata in moduli flessibili e interoperabili, per adattare il suo impiego alle diverse esigenze operative. Il comando sarà in una prima fase esercitato attraverso un quartier generale nazionale ma, in prospettiva, potrà passare a Bruxelles.

Il comando dovrebbe essere esercitato dalla Capacità militare di pianificazione e condotta (MPCC, cioè l'embrione del "quartier generale" dell'Ue, che però ha capacità ancora ridotte sia in termini di staff che di logistica che di sistemi informativi e di comunicazione), con la possibilità di utilizzare i comandi operativi nazionali già disponibili. Il focus, almeno all'inizio, sarebbe l'avvio delle missioni di peace keeping, oltre che le operazioni di salvataggio e evacuazione. Le truppe potrebbero utilizzare alcuni progetti di cooperazione militare già attivi o già finanziati con fondi europei.

Tra le altre azioni indicate nel capitolo:

·        rafforzare le missioni e operazioni PSDC, prevedendo mandati più solidi e promuovendo un processo decisionale più rapido e flessibile (ad esempio con l’astensione costruttiva o con “coalizioni di volenterosi”);

·        irrobustire le strutture di comando e controllo comuni, in particolare la Capacità Militare di Pianificazione e Condotta, affidandole il compito di condurre anche operazioni esecutive entro il 2025;

·        aumentare le esercitazioni comuni, comprese quelle in mare e nel dominio cyber, anche per dare corpo alla clausola di assistenza reciproca tra gli Stati membri, prevista nei Trattati in caso di aggressione armata;

·        accelerare il progetto della mobilità militare, condiviso in sede Nato, attraverso risorse aggiuntive, nuove infrastrutture dual-use e l'armonizzazione delle procedure transfrontaliere.

 

Sicurezza

Il capitolo riguarda sia la sicurezza "interna", che la difesa vera e propria. Un'attenzione particolare è rivolta ai domini cibernetico e dello spazio (quest'ultimo finora trattato solo per gli aspetti civili e commerciali).

Tra gli obiettivi della Bussola:

·        rafforzare le capacità comuni di intelligence (anche attraverso il Centro satellitare UE);

·        rafforzare le politiche UE in materia di cyberdifesa, rendendo pienamente operativa l'Unità congiunta per il cyberspazio;

·        una Strategia spaziale UE per sicurezza e difesa, a partire dal meccanismo di risposta alle minacce previsto nel quadro di Galileo;

·        migliorare le capacità delle forze armate di supporto alle autorità civili nelle emergenze e nelle calamità, anche con esercitazioni congiunte;

·         rafforzare (entro il 2025), i meccanismi della sicurezza marittima, anche in regioni lontane come l’Indo-pacifico;

·        implementare le strategie per contrastare le minacce alla sicurezza dovute ai cambiamenti climatici.

Investimenti

Il documento contiene in primo luogo l'impegno degli Stati a incrementare in modo sostanziale le spese per la difesa, per colmare le lacune strategiche degli strumenti nazionali e ridurre le dipendenze tecnologiche e industriali dall’esterno.

Per raggiungere gli obiettivi previsti, sono proposte una serie di azioni, tra cui:

·        rivedere i processi di sviluppo e pianificazione delle capacità, intensificando la collaborazione tra le difese nazionali e tenendo conto delle esigenze operative delle missioni PSDC;

·        colmare (entro il 2025), le carenze critiche della capacità Ue di dispiegamento rapido (in particolare trasporto aereo, comunicazione satellitare, mezzi anfibi, materiale medico, cyberdifesa e capacità di intelligence e sorveglianza);

·        sviluppare strumenti aggiuntivi di incentivo per gli investimenti collaborativi tra paesi, segnalando i possibili ostacoli nel Rapporto annuale sul mercato unico;

·        rafforzare la cooperazione nei settori già concordati come prioritari (tra cui il "sistema soldato", i carri da battaglia, le piattaforme navali non presidiate, gli aerei da combattimento di prossima generazione, le corvette da pattugliamento e i sensori per l'osservazione spaziale della Terra);

·        sfruttare appieno la cooperazione strutturata permanente e il Fondo europeo per la difesa per sviluppare congiuntamente capacità militari all'avanguardia, creando anche un nuovo Polo dell’innovazione in seno all'Agenzia europea per la difesa.

 

Partner

Nel capitolo finale, la Bussola sottolinea l'impegno ad approfondire il dialogo politico su sicurezza e difesa, a livello sia multilaterale, che regionale che bilaterale. La guerra in Ucraina ha accentuato i riferimenti alla Nato, al rapporto con gli Stati Uniti e anche al rafforzamento della cooperazione nel settore difesa e sicurezza con i partner del vicinato orientale. Viene anche rimarcata l'importanza dello Strumento europeo per la Pace e l'attenzione alla regione indo-pacifica.

 

Le azioni proposte sono, tra l’altro:

·        a livello multilaterale, approfondire il dialogo politico e la cooperazione con la Nato (in particolare per tecnologie emergenti, clima, minacce ibride, spazio e sicurezza marittima), approfondire le relazioni con Unione africana, Osce e Asean;

·        a livello bilaterale, rafforzare il dialogo specifico in materia di sicurezza e difesa con gli Stati Uniti; approfondire la cooperazione con Canada e Norvegia e associare maggiormente i partner africani;

·        rafforzare la cooperazione su sicurezza e difesa con i partner del vicinato orientale, per rafforzare la loro resilienza anche contro gli attacchi cyber e ibridi.

 

Lo strumento europeo per la pace

Lo Strumento europeo per la pace (European Peace Facility, EPF), è un fondo fuori bilancio (finanziato dagli Stati membri in relazione al rispettivo PIL) istituito nel marzo del 2021 con un duplice scopo: rafforzare le missioni PSDC e sostenere una serie di misure di assistenza nel settore della difesa (in particolare le missioni di pace dell’Unione africana e i programmi bilaterali con i paesi partner).

È stato finora lo strumento principale per il sostegno militare dell’Unione a Kyiv. Grazie a EPF, il Consiglio dell’Unione ha potuto adottare le prime misure di sostegno all’Ucraina già il 28 febbraio 2022, pochi giorni dopo l’avvio dell’aggressione russa.  Con l’approvazione di queste ultime misure, lo stanziamento complessivo EPF a favore delle forze armate ucraine è arrivato a 5.6 miliari. Le necessità della guerra, hanno ben presto reso insufficiente lo stanziamento iniziale di EPF, fissato in circa 5.7 miliardi per l’intero periodo 2021-2027. Il 13 marzo 2023 i fondi sono stati incrementati a 7,98 miliardi e il 26 giugno (dopo una lunga opposizione da parte dell’Ungheria) a 12,04 miliardi di euro fino al 2027. Il Consiglio si è impegnato a non aumentare ulteriormente questo budget e, per superare il veto di Budapest, a destinare almeno la metà di questo ulteriore aumento a esigenze diverse da quelle legate alla guerra in Ucraina (per maggiori dettagli sull’assistenza militare all’Ucraina si rinvia alla scheda per la sessione I).

Anche se le necessità del sostegno all’Ucraina hanno drenato la maggior parte dei fondi EPF, il Consiglio ha cercato di mantenere l’attenzione anche alle altre priorità dell’azione esterna dell’Unione. Ad aprile 2022 il Consiglio ha approvato il piano di sostegno alle operazioni di mantenimento della pace condotte dall’Unione africana, che prevede complessivi 600 milioni, nel triennio fino al 2024. Altre risorse sono state stanziate a favore di paesi dove operano missioni UE di partenariato militare o di addestramento, talvolta in aggiunta al sostegno di iniziative di altre organizzazioni, in particolare Somalia, Mozambico e Niger (programma attualmente sospeso dopo il recente colpo di Stato militare). Nei paesi del Partenariato orientale, il Consiglio ha utilizzato fondi EPF a favore della Georgia, per la sanità militare, logistica, genio militare e ciberdifesa e della Moldova, per logistica, comando e controllo, ciberdifesa, ricognizione aerea e unità di comunicazione tattica.

Altre misure di assistenza militare sono state deliberate, in virtù di accordi bilaterali, a favore, tra gli altri, di Macedonia del Nord; Giordania; Bosnia-Erzegovina; Libano; Mauritania, Repubblica democratica del Congo, Benin e, da ultimo a Ghana e Camerun

La cooperazione strutturata permanente (PESCO)

Il 14 novembre scorso il Consiglio ha adottato una raccomandazione che valuta i progressi compiuti dai 26 Stati membri nella cooperazione strutturata permanente (PESCO).

La PESCO è stata istituita dal Consiglio UE nel dicembre del 2017 (ai sensi dell’art. 42.6 del Trattato sull’Unione e dell’apposito Protocollo), con una decisione che ha fissato i venti “impegni più vincolanti” che gli Stati intenzionati a parteciparvi sono tenuti a sottoscrivere, in materia di: spesa per la difesa; avvicinamento degli strumenti nazionali; rafforzamento della disponibilità; interoperabilità e schierabilità delle forze; cooperazione per colmare le lacune nello sviluppo delle capacità; programmi comuni di equipaggiamento.

Il Consiglio rileva che la guerra di aggressione russa contro l'Ucraina ha modificato le politiche di difesa degli Stati membri, come si evince dalle modifiche dei piani nazionali al fine di assicurare le capacità necessarie per una guerra ad alta intensità, compresi gli abilitanti strategici.

Gli Stati partecipanti hanno continuato a compiere progressi nell'aumento delle loro spese per la difesa, con una crescita del 12 % nel 2023 e ulteriori aumenti previsti per gli anni 2024-2025. Ridotta invece, in percentuale, la spesa per ricerca e tecnologia (passata dall1.7% all’1.1).

 Il Consiglio chiede di invertire questa tendenza, e un approccio più collaborativo nel colmare le carenze capacitive e nella fase del procurement. Il 25% della spesa totale per investimenti è stato utilizzato per accelerare l'acquisizione delle capacità necessarie e la ricostituzione delle scorte, per lo più mediante l'approvvigionamento di materiale disponibile sul mercato per disporre di soluzioni immediate.

Per quanto riguarda i 68 progetti in corso, il Consiglio si compiace del fatto che alcuni progetti PESCO stiano già producendo risultati concreti in settori quali, tra gli altri, i sistemi informatici, i sistemi senza equipaggio, la mobilità militare, la sorveglianza chimica, biologica, radiologica e nucleare e i servizi medici. In vari progetti PESCO sono state prese misure per aumentare rapidamente la disponibilità e l'efficacia delle loro capacità di fronte alle sfide poste dalla guerra di aggressione russa, come nei settori del contrasto ai droni, del supporto medico e della protezione delle infrastrutture marittime critiche. Il Consiglio ha deciso di avviare la revisione strategica della PESCO, che si concluderà al più tardi entro la fine del 2025, per adattare la cooperazione al contesto geopolitico.

Nel maggio dello scorso anno la Danimarca, che finora si era avvalsa della clausola di “opt-out” ha deciso di partecipare alla cooperazione strutturata permanente. Con la partecipazione alla PESCO, si conclude il processo della piena integrazione della Danimarca nella Politica di sicurezza e difesa comune, decisa - dopo 30 anni di auto-esclusione - in seguito al referendum tenutosi il 1º giugno del 2022. Con l’ingresso della Danimarca, alla PESCO partecipano ora tutti gli Stati membri, con la sola eccezione di Malta. La Danimarca ha iniziato a contribuire alle missioni e operazioni militari PSDC già dal 1º luglio 2022 e nel marzo del 2023 ha aderito all’Agenzia europea per la difesa (EDA).

A maggio 2023 il Consiglio UE ha anche approvato 11 nuovi progetti PESCO. Di questi, due sono coordinati dall’Italia:

·        protezione delle infrastrutture critiche sui fondali marini;

·        sistema di difesa aerea e missilistica multistrato integrata.

Il numero dei progetti complessivi approvati dall’avvio della PESCO sale dunque complessivamente a sessantotto, in sette diversi settori:

·        formazione e logistica;

·        settore terrestre;

·        settore marittimo;

·        sistemi aerei;

·        ciberdifesa, comando controllo e comunicazione;

·        sistemi abilitanti e interforze;

·        spazio.

L’Italia coordina complessivamente 13 progetti e partecipa ad altri 22 (complessivamente, dunque, è presente in trentacinque progetti, oltre il 50% del totale).

Il carattere strategico di questi progetti e il loro stato di avanzamento sono molto diversificati. Alcuni, tra quelli di maggior rilievo, procedono secondo i programmi, e aspirano o hanno già ottenuto finanziamenti supplementari rispetto alle risorse nazionali (grazie ai bandi EDIDP o EDF). Quelli finalizzati a rafforzare le capacità di gestione delle emergenze sanitarie hanno acquisito una nuova urgenza a causa dell’emergenza Covid-19. Altri progetti, invece, secondo molti osservatori, non sembrano ancora in grado di fornire un contributo significato a colmare le lacune capacitive UE, sono rimasti ancora poco più che sulla carta o hanno già accumulato pesanti ritardi rispetto ai programmi iniziali. Lo scorso anno il Consiglio ha definito, tra quelli approvati fino ad allora, una lista di 26 progetti che sono considerati suscettibili di produrre risultati concreti entro il 2025 (tra cui anche uno a guida italiana sulla Sorveglianza e protezione marittima dei porti).

L’iniziativa più significativa resta il progetto sulla mobilità militare, coordinato dai Paesi Bassi, cui partecipano tutti gli Stati membri (ad eccezione dell’Irlanda) e che vanta una linea di finanziamento autonoma (per 1.5 miliardi) nel bilancio UE 2021-2027.

Il progetto intende agire su due ambiti principali: il rafforzamento della rete infrastrutturale e l’accelerazione delle procedure per l’attraversamento delle frontiere nazionali. A sostegno del progetto ci sono anche due programmi dell’Agenzia europea della difesa (su dogane e digitalizzazione delle autorizzazioni ai movimenti transfrontalieri). Si tratta anche di un progetto che si muove in stretta sintonia con la Nato e che, anche per questo, è il primo (ma non più unico) progetto PESCO che vede la partecipazione di paesi terzi (Stati Uniti, Canada e Norvegia). L’ingresso del Regno Unito è dato per imminente, mentre la richiesta di partecipazione della Turchia appare difficile sarà accolta, almeno nel futuro immediato.

 Lo scorso 13 novembre Commissione e Alto Rappresentante hanno adottato la prima relazione annuale sull’attuazione del Piano d’azione sulla mobilità militare 2.0.  Il rapporto sottolinea l’avvio di diverse azioni nelle quattro principali aree prioritarie: corridoi multimodali e piattaforme logistiche, misure di sostegno normativo, resilienza e preparazione e partenariati, in particolare con la NATO. Il documento relaziona anche del finanziamento delle infrastrutture di trasporto a duplice uso, della revisione delle reti transeuropee dei trasporti, della pianificazione infrastrutturale a lungo termine per i movimenti a breve e su larga scala delle forze militari, dell'accesso allo spazio aereo e ai servizi di navigazione aerea, autorizzazioni per movimenti e dogane transfrontaliere.

 

Le iniziative a sostegno dell’industria europea della difesa

Lo scorso 27 ottobre, la Commissione, ha annunciato  l’imminente definizione,  in con l'Alto rappresentante, di una nuova Strategia industriale per la difesa europea (EDIS).

La strategia dovrebbe essere presentata nella prima metà di marzo (con qualche settimana di ritardo rispetto ai tempi previsti). La strategia ha l’ambizione di segnare il passaggio da una risposta di carattere emergenziale (derivante dalla crisi ucraina) allo sviluppo di una capacità a lungo termine di migliorare le proprie capacità di difesa.

La strategia si baserà sull'analisi delle carenze di investimenti nel settore della difesa, sull'esperienza del Fondo europeo per la difesa e di altri strumenti di difesa dell'UE, nonché sulle recenti iniziative volte a rafforzare gli appalti congiunti tra gli Stati membri e ad aumentare la capacità industriale per sostenere l'Ucraina (su cui vedi più avanti). L'EDIS darà ulteriore impulso allo sviluppo delle capacità di difesa degli Stati membri, sostenute da una base industriale e tecnologica di difesa europea moderna e resiliente, istituendo un quadro strategico per i prossimi anni. Questo consentirà agli Stati membri di rifornirsi e di acquistare nuovi materiali di difesa, rafforzando nel contempo l'Unione europea quale attore nel settore della sicurezza e della difesa a lungo termine, in linea con gli ambiziosi obiettivi stabiliti nella bussola strategica.

Da quanto annunciato, la proposta terrà conto delle consultazioni con gli Stati membri, il Parlamento europeo, l'industria della difesa, gli attori finanziari e gli altri portatori di interessi. Si potrà così fare il punto sui primi risultati conseguiti attraverso la legge a sostegno della produzione di munizioni (ASAP) e la legge sullo strumento per il rafforzamento dell'industria europea della difesa mediante appalti comuni (EDIRPA), che si applicano fino alla metà del 2025, e valutare come proseguire nella strada del rafforzamento della base industriale di difesa europea.

Le questioni da affrontare sono molte: coordinare la domanda, rafforzare le catene di approvvigionamento, stimolare l'innovazione, sostenere la competitività del settore e tenere maggiormente conto degli obiettivi di difesa nelle politiche dell'UE. C’è poi da definire il ruolo della Banca europea degli investimenti, di cui potrebbe proporsi un cambio di statuto, per consentirgli un ruolo più attivo sul profilo dei finanziamenti del settore. Per uniformare gli standard di interoperabilità degli armamenti dovrebbe prevedersi un nuovo quadro di regole sulle certificazioni.

Nel frattempo lo scorso 14 novembre, durante una riunione del comitato direttivo dell’Agenzia europea per la difesa (EDA), a margine del Consiglio UE, i ministri della difesa dell’UE hanno approvato il Piano di sviluppo delle capacità (CDP) dell’UE per il 2023.

Il piano, che riflette gli insegnamenti tratti dalla crisi ucraine e sostiene gli obiettivi di difesa dell’UE, comprende 22 priorità, di cui 14 relative ai cinque domini (terra, aria, mare, spazio e cyber) e 8 legate a “facilitatori strategici e moltiplicatori di forza”. Tra le priorità individuata ci sono la difesa aerea e missilistica integrata, la formazione militare professionale, l’addestramento e la capacità di adattarsi a un ambiente in continua evoluzione, le operazioni di difesa informatica a spettro completo, la guerra sottomarina e la protezione delle infrastrutture critiche.

Nella stessa occasione, i ministri della Difesa europei hanno sottoscritto una dichiarazione per invocare un maggiore e più agevole accesso ai finanziamenti da parte delle industrie della difesa. L’industria europea – si legge nel documento - “ha bisogno di un accesso affidabile e prevedibile ai finanziamenti sia pubblici che privati, per garantire le sue operazioni industriali, promuovere l’innovazione nel settore della difesa (facendo pieno uso delle tecnologie verdi), mantenere la sua competitività a lungo termine, migliorare la sicurezza dell’approvvigionamento e la resilienza, e garantire la sua capacità di fornire alle forze armate degli Stati membri tecnologie e sistemi all'avanguardia”. Ricordando che la Banca europea per gli investimenti esclude dalle sue attività gli investimenti legati al settore militare che vanno oltre i beni a duplice uso, i ministri le chiedono di rafforzare il suo sostegno agli obiettivi generali di difesa e sicurezza dell’UE. La stessa sollecitazione – come visto – è presente nella bozza di conclusioni del Consiglio europeo.

 

Il rapporto 2023 dell’Agenzia europea della difesa

Lo scorso 30 novembre l’Agenzia europea per la difesa (EDA) ha pubblicato il suo rapporto annuale sui dati sulla difesa (riferiti all’anno 2022), che per la prima volta dettaglia la spesa per la difesa di tutti gli Stati membri dell’UE.

La spesa europea complessiva nel 2022 ha raggiunto la cifra di 240 miliardi di euro, con un aumento del 6% rispetto all’anno precedente, segnando l’ottavo anno di crescita consecutiva. 20 dei 27 Stati membri dell'UE hanno aumentato la spesa per la difesa, sei dei quali di oltre il 10%: Svezia (+30,1%), Lussemburgo (+27,9%), Lituania (27,6%), Spagna (19,3%), Belgio (14,8%) e Grecia (13,3%). L’Italia ha aumentato la sua spesa del 2%. La media del rapporto tra spesa per la difesa è Pil è all’1.5%

La spesa per investimenti ha raggiunto la cifra di 58 miliardi nella (5.9 % in più dell’anno precedente, in gran parte per l’acquisto di materiali), anche se in termini percentuali la quota è in lieve calo (-0.2%). Il parametro concordato del 20% rispetto alla spesa totale è comunque superato, con un totale del 24,2% in tutta l’UE.  La più alta allocazione della spesa complessiva per investimenti è di Lussemburgo (53,5%), Ungheria (48,1%), Grecia (42,6%), Finlandia (37,4%) e Lituania (34,8%). L’Italia è al 20.8%

Nonostante l’aumento della spesa complessiva, la quota dedicata alla ricerca e tecnologia è in calo, di 200 milioni di euro rispetto all’anno precedente. Anche includendo i finanziamenti del Fondo europeo per la difesa (su cui si veda più avanti il paragrafo dedicato), la quota di spesa complessiva per ricerca e tecnologia (che è di 3.5 miliardi) raggiunge appena l’1.6 %del totale, lontano dal parametro concordato del 2%.  Solo due Stati membri (che nel rapporto non vengono indicati) soddisfano il parametro concordato, rappresentando insieme oltre l'80% di tutta la spesa del settore. Non vi sono dati sui singoli paesi. Anche le spese di collaborazioni tra Stati nella ricerca e tecnologia (che pure sono incompleti) segnano un calo in termini assoluti rispetto al 2021 (237 milioni contro 261).

Il rapporto segnala un incremento del valore dei progetti gestiti dall'EDA: nel 2022 sono stati avviati 18 nuovi progetti (per un valore di oltre 76 milioni di euro), facendo crescere il numero complessivo a 46 (per un valore complessivo di 250 milioni).

In occasione della presentazione del rapporto, la Presidente von der Leyen ha affermato che la Commissione sta lavorando a una proposta per l’esenzione dell’IVA per sostenere gli appalti congiunti, nonché la proprietà congiunta delle capacità di difesa. von der Leyen ha anche mostrato ampia disponibilità sulla possibilità che gli investimenti nella difesa possano essere presi in considerazione nell’ambito delle norme della governance fiscale UE, affermando che “potrebbe essere un fattore rilevante quando valutiamo se gli Stati membri hanno un deficit eccessivo”. L’ipotesi di scomputare le spese per la difesa dal calcolo del deficit   è – come noto – una proposta fortemente sostenuta, tra gli altri, anche dal governo italiano.

 

Il regolamento a sostegno della produzione di munizioni (ASAP)

Accanto a misure per favorire il trasferimento a Kyiv di munizioni già nella disponibilità dei paesi UE o comunque reperibili sul mercato, attraverso lo Strumento europeo per la pace (vedi sopra), lo scorso marzo il Consiglio UE aveva stabilito di agire anche su fronte dell’offerta, aumentando la capacità europea di produzione in questo specifico settore.

Il regolamento ASAP approvato lo scorso 20 luglio, dopo un iter molto rapido, ha un orizzonte temporale di circa due anni (fino al 30 giugno 2025) e un budget di 500 milioni di euro.

Lo scopo è finanziare progetti per:

a)    incrementare le capacità di produzione (per i prodotti finali, le materie prime o le loro componenti), attraverso l’ottimizzazione delle catene produttive esistenti, la messa in attività di nuove, l’acquisto di macchinari ecc.;

b)   istituire partenariati industriali transfrontalieri per mettere in sicurezza le catene di approvvigionamento di materie prime e componenti;

c)    ricondizionare prodotti obsoleti per adattarli alle esigenze attuali;

d)   formare e riqualificare il personale.

La quota di finanziamento UE è fissata al 35% per i prodotti finali (missili e munizioni) e al 40% per le componenti e le materie prime. La quota può aumentare di un altro 10% (arrivando quindi al 50%), se il progetto soddisfa una di queste condizioni: a) avvia una nuova cooperazione transfrontaliera; b) i partecipanti si impegnano a dare priorità agli ordini derivanti da appalti comuni o destinati all’Ucraina; c) i partecipanti sono in maggioranza piccole e medie imprese.

Il provvedimento consente una deroga alle norme vigenti sugli appalti, consentendo a uno Stato di partecipare a contratti quadro già avviati da almeno altri due Stati, senza dover bandire una nuova gara d’appalto.

Il regolamento prevede la possibilità di istituire un apposito fondo di potenziamento, per superare le difficoltà di finanziamento dell’industria della difesa e “auspica” un ruolo più attivo nel settore della difesa della Banca europea per gli investimenti (che ora può finanziare solo produzioni “dual-use”).

Anche se ovviamente ricolta in via prioritaria alle aziende di proprietà UE, ai bandi possono partecipare anche realtà industriali con sede in uno Stato membro ma controllate da entità extra-UE, se lo Stato di stabilimento forniscono adeguate “garanzie” che la proprietà non contrasti con gli interessi di difesa e sicurezza dell’UE e con gli obiettivi del regolamento.

Lo scorso 18 ottobre la Commissione ha pubblicato il bando (con scadenza 13 dicembre) per i progetti da finanziare con il budget del regolamento. Secondo quanto dichiarato dal commissario Breton in un question time al Parlamento europeo, dei 70 progetti già individuati nella fase preliminare, la Commissione conta di sceglierne “tra i 20 e i 25”. Saranno favorite le aziende che ridefiniranno le priorità della loro produzione, compresa la produzione attuale, a favore dell’Ucraina. Il programma di lavoro è strutturato attorno a cinque inviti a presentare proposte con bilanci indicativi di 190 milioni di euro per gli esplosivi, 144 milioni di euro per la polvere da sparo, 90 milioni di euro per i proiettili, 40 milioni di euro per i missili e 4,35 milioni di euro per la certificazione di test e ricondizionamento. Il commissario europeo si è detto fiducioso che l’UE sarà in grado di produrre “da 1,3 a 1,4 milioni” di munizioni all’anno a partire dalla fine del 2024.

 

Lo strumento per il rafforzamento dell’industria europea della difesa mediante appalti comuni (EDIRPA)

Un ulteriore strumento di sostegno all’industria della difesa, riferito alla sola fase del procurement, ma utilizzabile per qualsiasi materiale d’armamento, è il regolamento EDIRPA, approvato in via definitiva lo scorso 9 ottobre e che intende rispondere ad una situazione di emergenza, incoraggiando meccanismi di collaborazione tra gli Stati che si auspica rimangano attivi e siano incrementati in futuro.

 Il punto di partenza è che la scarsità di prodotti per la difesa, rispetto a una domanda sempre crescente, provoca inevitabilmente un aumento dei costi, innescando una competizione tra i paesi UE, destinata a sfavorire quelli dotati di minori risorse.

Acquistare in comune ha ovviamente l’effetto di favorire la standardizzazione dei prodotti (con conseguente riduzione dei costi) e quindi la maggiore interoperabilità degli strumenti militari nazionali.

Come evidenziato dall’ultimo rapporto CARD (Revisione annuale coordinata della difesa), pubblicato nel novembre del 2022, i programmi di acquisti in comune tra diversi partner UE rappresentavano (nel 2021) solo il 18% degli acquisti totali, in lieve risalita rispetto ai tre anni precedenti, ma lontani dai risultati raggiunti in passato e, soprattutto, poco più della metà della soglia del 35% concordato tra gli Stati in sede PESCO.

 Alla povertà di questi risultati contribuiscono ovviamente fattori di diversa natura, che vanno dalle differenze delle legislazioni nazionali (che in questo settore possono derogare, in base a una specifica previsione dei Trattati, alle regole del mercato unico), agli interessi delle aziende del settore alle scelte dei governi di acquistare da paesi terzi (ad esempio dagli Usa) per ragioni di politica estera.

Il nuovo contesto provocato dall’aggressione russa all’Ucraina presenta, da questo punto di vista, sia opportunità che rischi. Da un lato, infatti, le crescenti tensioni geopolitiche hanno provocato in tutti i paesi, seppure in maniera diseguale, un generale incremento dei fondi destinati alla difesa (e un’accresciuta sensibilità da parte delle opinioni pubbliche). Dall’altro, però, l’urgenza di colmare le lacune più critiche (sia nei propri arsenali che nei materiali da trasferire a Kyiv) rischia di spingere gli Stati membri (soprattutto quelli più vicini al fronte di guerra) a preferire l’acquisto di prodotti già disponibili da parte dei paesi terzi (Stati Uniti in testa), rispetto allo sviluppo di collaborazioni industriali infra-UE, che necessariamente richiedono tempi più lunghi.

Il regolamento EDIRPA, che ha un budget di 300 milioni di euro, da impiegare entro il 31 dicembre 2025, intende sostenere consorzi composti da almeno tre Stati membri (o associati, cioè Norvegia, Islanda e Liechtenstein) che presentino nuovi progetti di appalti comuni o l’ampliamento di progetti già avviati.

Il fondamento giuridico è l’art. 173 del Trattato sul funzionamento dell’UE, che regola gli interventi per sostenere la competitività dell’industria europea. Si tratta della prima norma che prevede l’utilizzo di fondi del bilancio UE per sostenere iniziative di questo genere.

La questione se ammettere o meno ai finanziamenti le aziende situate nel territorio UE (o dei paesi associati) ma controllate da società extra-UE o da Stati terzi è stata decisa in maniera analoga a quanto già visto per il regolamento ASAP. Queste realtà industriali possono partecipare agli appalti sostenuti da EDIRPA, se forniscono “garanzie”, “verificate” dallo Stato di stabilimento (anche con strumenti come il “golden power”) che la loro presenza non contrasti con gli interessi di difesa e sicurezza dell’UE e con gli obiettivi di EDIRPA. Il controllo extra-UE, tra l’altro, non deve comportare ostacoli al raggiungimento dei risultati previsti e deve escludere l’accesso alle informazioni sensibili relative all’appalto comune. Nell’appalto possono essere coinvolte anche infrastrutture e risorse situate al di fuori del territorio UE (o dei paesi associati), ma solo se i partecipanti non hanno “alternative disponibili” (e sempre con la garanzia dello Stato di stabilimento).

I contratti di appalto devono anche garantire che i prodotti coinvolti non sono soggetti a nessuna restrizione, diretta o indiretta, per l’uso da parte dei paesi UE cui sono destinati. A questa previsione si può derogare, nei casi in cui l’industria europea non sia in grado, “in tempi adeguati”, di colmare “carenze urgenti e critiche” nelle riserve nazionali. La deroga si applica però solo ai prodotti che erano già in uso, prima dello scoppio della guerra, nella maggioranza degli Stati partecipanti all’appalto comune. Gli Stati devono comunque impegnarsi a svolgere uno studio di fattibilità per la sostituzione di tali prodotti con prodotti “made in EU”. Il costo delle componenti “originate” nell’UE (o nei paesi associati) non può comunque essere inferiore al 65% del valore stimato del prodotto finale.

Il finanziamento UE non può eccedere il 15% del valore complessivo dell’appalto e ogni singolo appalto non può ricevere più del 15% del budget complessivo di EDIRPA. Questo secondo tetto serve ad evitare che i fondi si concentrino troppo negli appalti più corposi, anche se, secondo i critici, rischia di disperdere le risorse e mettere a rischio gli obiettivi dello strumento. Entrambe le soglie salgono al 20% in presenza di una di queste condizioni: a) gli appalti servono ad acquisire materiali destinati anche solo in parte a Ucraina o Moldova, b) almeno il 15% del valore stimato dell’appalto è destinato a piccole e medie imprese, anche come sub-fornitori.

 

Lo Strumento per il capitale privato nel settore della difesa

Lo scorso 12 gennaio, i rappresentanti della Direzione generale per l’industria della difesa e lo spazio (DEFIS) e il Fondo europeo per gli investimenti hanno formalizzato il lancio del Defense Equity Facility, volto a stimolare gli investimenti nell’innovazione della difesa.

Il bilancio dell’iniziativa è 175 milioni di euro, di cui 100 milioni dal Fondo europeo per la difesa (su cui si veda più avanti) e 75 milioni dal Fondo europeo per gli investimenti e si concentrerà sulle tecnologie a duplice uso (che comprendono applicazioni sia civili che militari).

“Questa iniziativa contribuirà a inviare un segnale positivo al mercato e a stimolare gli investimenti privati nell’innovazione della difesa - ha spiegato il commissario Breton. Si tratta di un pilastro fondamentale del Programma europeo di innovazione in questo settore, che mira a rafforzare la competitività tecnologica e la sicurezza dell’Europa sostenendo l’ecosistema di start-up e pmi nel settore della difesa”.

Si prevede che l’iniziativa attirerà ulteriori investimenti privati, mobilitando un totale di circa 500 milioni di euro a sostegno delle imprese del settore.  L’iniziativa è infatti progettata per aiutare le aziende della difesa che hanno difficoltà ad accedere ai finanziamenti.

In uno studio pubblicato il giorno precedente (11 gennaio), la DG DEFIS ha valutato le esigenze di finanziamento delle imprese europee della difesa e le sfide che devono affrontare per accedere ai finanziamenti. Secondo lo studio, sebbene gli investimenti privati riconoscano l’importanza strategica e il crescente potenziale di mercato della difesa e delle tecnologie a duplice uso, le piccole e medie imprese della difesa devono ancora affrontare maggiori barriere all’accesso ai finanziamenti rispetto ad altri settori. Circa il 40% delle pmi ritiene che l’accesso ai finanziamenti sia difficile o molto difficile. Per il periodo 2021-2022, due terzi delle aziende si sono astenute dal cercare finanziamenti tramite capitale proprio e quasi il 50% si è astenuto dal ricorrere a finanziamenti tramite debito (rispetto a una media del 6,6% tra le PMI dell’UE nello stesso periodo). Gli investitori sottolineano una serie di ostacoli al finanziamento, come la complessità e la durata delle procedure di appalto nel settore della difesa che limitano la visibilità del potenziale di mercato, le normative specifiche del settore che introducono complessità e costi più elevati e il controllo degli investimenti diretti esteri, combinati con un mercato limitato degli investitori in fase avanzata nell’UE, limitando le opportunità di uscita. Gli ostacoli al finanziamento derivano anche da un’interpretazione eccessivamente rigorosa e cauta dei criteri ambientali, sociali e di governance, che porta a politiche di esclusione da parte delle banche e dei fondi di investimento nell’UE.

 

Il fondo europeo per la difesa

L’obiettivo generale del fondo europeo per la difesa, che rientra nel bilancio pluriennale UE 2021-2027, è quello di promuovere la competitività, l’efficienza e la capacità di innovazione della base industriale e tecnologica di difesa europea, contribuendo - si legge nel regolamento istitutivo – “all’autonomia strategica dell’Unione e alla sua libertà di azione”. Per rendere più efficiente la spesa, il fondo intende sostenere prodotti e tecnologie europei, favorendo le economie di scala e la standardizzazione dei sistemi di difesa. I progetti devono coinvolgere almeno tre soggetti giuridici diversi (non controllati tra loro) di tre diversi Stati membri.

Il budget complessivo del fondo, per il periodo fino al 2027 è 7,9 miliardi di euro. Nell’accordo  sulla revisione di medio termine del bilancio dell’Unione, raggiunto nel Consiglio europeo straordinario del 1° febbraio scorso, si prevede l’aumento di 1,5 miliardi di euro di tale dotazione, nell’ambito della Piattaforma per le tecnologie strategiche per l’Europa (STEP).

Lo scorso 22 novembre è scaduto il termine per presentare domane per i 7 bandi dei programmi per il 2023 (pubblicati a giugno 2023).

Nel settore della ricerca i bandi riguardano:

·        progetti di ricerca su vari temi, dalla protezione delle infrastrutture spaziali ai trasporti cargo eccezionali all’intelligenza artificiale;

·        progetti che coinvolgono start-up (con il meccanismo del cosiddetto “spin-in”) sui temi dei sistemi innovativi di propulsione, dei materiali innovativi per la difesa e dell’automazione dei test di penetrazione dei sistemi informatici;

·        progetti per le tecnologie cosiddette “di rottura” (disruptive technologies);

·        progetti delle piccole e medie imprese.

Nel settore dello sviluppo, il bando generale comprende 17 settori: dai droni alle comunicazioni laser, dai caccia di nuova generazione allo sminamento sottomarino. Anche per lo sviluppo è previsto un bando dedicato alle piccole e medie imprese.

Un bando specifico, del valore complessivo di 25 milioni di euro, riguarda lo studio delle tecnologie del linguaggio umano per applicazioni nel settore della difesa.

Sempre a giugno, la Commissione europea aveva annunciato i progetti selezionati a seguito del bando 2022. Si tratta di 41 progetti, per un valore complessivo di 832 milioni di euro di finanziamenti UE (rispetto agli 1,2 miliardi disponibili). Dei progetti vincitori, 25 riguardano il settore della (317 milioni) e 14 lo sviluppo delle capacità militari (514 milioni). Alle proposte selezionate partecipano complessivamente 550 soggetti giuridici provenienti dagli Stati membri e dalla Norvegia. Le PMI rappresentano poco meno del 40% dei partecipanti, e riceveranno il 20% del finanziamento totale UE.

L’Italia partecipa, con imprese, università e istituti di ricerca, a un gran numero di progetti (31 su 41), ma solo in due di essi (entrambi progetti di ricerca) un’entità italiana ha il ruolo di coordinatore: TICHE, per l’individuazione automatizzata di esplosivi, coordinato da RINA Consulting Spa (con la partecipazione di altre realtà italiane, tra cui il CNR), per un finanziamento previsto di 5 milioni; TIRESYAS, per tecnologie innovative per radar, coordinato da Leonardo (con altre imprese italiane e il Consorzio interuniversitario per le telecomunicazioni), per circa 15 milioni.

All’esito del primo bando EDF, nel luglio del 2022 la Commissione aveva selezionato 61 progetti, divisi tra ricerca (31 progetti, per 322 milioni) e sviluppo (30 progetti, per 845 milioni), per un valore complessivo di 1,2 miliardi. Il settore che ha ricevuto maggiori contributi è quello aeronautico (con quasi 190 milioni), seguito dai mezzi di combattimento terrestre (154,7 milioni) e dal settore marittimo (103,5 milioni). L’Italia è presente, con imprese, università e istituti di ricerca, in 33 progetti su 61. Quattro progetti vedono aziende italiane nel ruolo di coordinamento: EPC, collegato al programma Pesco della corvette europea di pattugliamento, coordinato da Naviris Italia, con la presenza anche di Fincantieri (contributo massimo previsto di 60 milioni di euro); NEUMANN, per nuovi sistemi di propulsione e tecnologie energetiche per aerei da combattimento, coordinato da Avio Aero, con la presenza di altre imprese italiane e delle università di Bari, Milano e Torino (contributo massimo di circa 49 milioni); ARTURO, tecnologie emergenti per i radar, coordinato da Leonardo, con la partecipazione, tra gli altri, dell’università di Pavia (circa 20 milioni) e NAUCRATES, che prevede microsatelliti per la sorveglianza spaziale (collegato al progetto Pesco sulla sorveglianza militare dello spazio), coordinato da On-air Consulting & Solutions, con altre imprese italiane (4 milioni).

 

Il Fondo europeo per la difesa copre potenzialmente tutto il ciclo industriale: dagli studi di fattibilità alla progettazione e sviluppo; dai collaudi alle certificazioni, fino alle tecnologie per rendere più efficiente il ciclo di vita dei prodotti.

Il fondo è funzionale alla realizzazione delle priorità della politica estera e di difesa comune, anche se possono essere prese in considerazione priorità definite in altri contesti, a cominciare dalla Nato, anche per “evitare inutili duplicazioni”, a condizione che non sia esclusa a priori la possibile partecipazione di tutti i paesi UE (anche quelli non Nato).

Il fondo è in linea di principio riservato alle imprese che sono stabilite in un paese dell’Unione o in un paese associato (cioè per ora Norvegia e Islanda, in attesa della definizione dei futuri rapporti col Regno unito) e non sono controllate da un paese terzo o da soggetti di paesi terzi. Il principio incontra però un’eccezione (peraltro molto sostenuta dall’Italia) che consente, a certe condizioni, la partecipazione di aziende stabilite nell’UE ma controllate da paesi o entità terze. Queste industrie possono infatti essere ammesse ai finanziamenti, se la loro partecipazione sia “necessaria per raggiungere gli obiettivi dell’azione” e se questa partecipazione “non metta a rischio gli interessi di sicurezza dell’Unione e dei suoi Stati membri”. Per assicurare la tutela di tali interessi, la partecipazione al progetto deve essere per così dire “garantita” dal paese dove l’azienda è stabilita (anche attraverso strumenti come il golden power). Le autorità statali dovranno assicurare, in particolare: a) che il controllo sull’azienda non sarà esercitato in maniera tale da limitare la sua capacità di eseguire e completare l’azione; b) che i paesi e i soggetti terzi non potranno accedere a informazioni classificate o sensibili; c) che la proprietà dei risultati del progetto rimarrà nella disponibilità dei beneficiari, non sarà esportata senza autorizzazione e non sarà soggetta a restrizioni da parte dei paesi o soggetti terzi, anche per un certo periodo dopo la conclusione del progetto. Regole simili valgono anche per le infrastrutture, le attrezzature, i beni e le risorse da impiegare nello svolgimento del progetto (sempre che non vi siano alternative competitive intra-UE).

Per le attività di ricerca il progetto può essere finanziato anche al 100%; per test, certificazioni e collaudi, la quota massima di finanziamento è l’80%, mentre per lo sviluppo di prototipi non si va oltre il 20% dei costi. La quota di finanziamento UE aumenta se il progetto rientra nella cooperazione strutturata permanente (PESCO) o se coinvolga PMI o imprese a media capitalizzazione.

Per essere selezionati i progetti devono essere fortemente sostenuti anche a livello nazionale, non solo dal punto di vista finanziario. Considerando che i programmi devono essere "sostenibili sul piano commerciale nel medio e lungo termine”, il processo di selezione tiene conto della disponibilità degli Stati membri ad acquistare il prodotto finale. Tale disponibilità diventa elemento essenziale per lo sviluppo di prototipi, per i test e le attività di qualificazione e certificazione dei prodotti. Una parte di fondi, tra il 4 e l’8 % è destinato a sostenere le cosiddette “tecnologie di rottura”, attività a forte contenuto innovativo fornite anche al di fuori del sistema industriale, ad esempio da università e centri di ricerca.

Sono escluse in via generale dai finanziamenti le armi letali autonome (quelle cioè che “non permettono un adeguato controllo umano sulle decisioni in materia di scelta e intervento nell’esecuzione di attacchi contro l’uomo”), con possibili eccezioni solo per i sistemi di allarme rapido e di contromisure a fini difensivi.

 

 

 


 

Dibattito urgente sulla situazione in Medio Oriente

La Posizione dell’UE sulla crisi in Medio Oriente

L’attività del Consiglio europeo e del Consiglio dell’UE

Dichiarazione del Consiglio europeo del 15 ottobre 2023

Il 15 ottobre 2023 si è svolta in videoconferenza una riunione straordinaria del Consiglio europeo sulla situazione in Medio Oriente al termine del quale è stata approvata una dichiarazione che:

·        condanna con la massima fermezza Hamas e i suoi attacchi terroristici brutali e indiscriminati in tutta Israele e deplora profondamente la perdita di vite umane. Affermando che non esiste alcuna giustificazione per il terrorismo, sottolinea il diritto di Israele di difendersi, in linea con il diritto umanitario e internazionale, di fronte a tali attacchi violenti e indiscriminati. Si ribadisce l'importanza di garantire, in ogni momento, la protezione di tutti i civili in linea con il diritto internazionale umanitario;

·        esorta Hamas a liberare immediatamente tutti gli ostaggi senza alcuna precondizione, ribadendo l'importanza di fornire aiuti umanitari urgenti e il sostegno dell’UE per i civili più bisognosi a Gaza in coordinamento con i partner. Tale assistenza non dovrà essere oggetto di abusi da parte delle organizzazioni terroristiche;

·        afferma che è fondamentale prevenire un'escalation regionale, ribadendo l’impegno a favore di una pace duratura e sostenibile sulla base della soluzione fondata sulla coesistenza di due Stati. Sottolinea la necessità di un ampio dialogo con le legittime autorità palestinesi nonché con i partner regionali e internazionali che potrebbero svolgere un ruolo positivo nella prevenzione di un'ulteriore escalation.

Conclusioni del Consiglio europeo del 26 e 27 ottobre 2023

Nelle conclusioni adottate al termine della riunione del 26 e 27 ottobre 2023, il Consiglio europeo ha:

·        ribadito la condanna con la massima fermezza di Hamas per i suoi attacchi terroristici brutali e indiscriminati in tutta Israele e il diritto di Israele di difendersi in linea con il diritto internazionale e il diritto internazionale umanitario. Ha reiterato l'invito ad Hamas a liberare immediatamente tutti gli ostaggi senza alcuna precondizione. Ha ribadito l'importanza di garantire, in ogni momento, la protezione di tutti i civili in linea con il diritto internazionale umanitario;

·        espresso la più profonda preoccupazione per il deterioramento della situazione umanitaria a Gaza, chiedendo di assicurare un accesso umanitario continuo, rapido, sicuro e senza restrizioni nonché l'arrivo degli aiuti ai bisognosi attraverso tutte le misure necessarie, compresi pause e corridoi umanitari. L'UE lavorerà a stretto contatto con i partner della regione per proteggere i civili, fornire assistenza e agevolare l'accesso a cibo, acqua, cure mediche, combustibili e rifugi, facendo in modo che tale assistenza non sia oggetto di abusi da parte delle organizzazioni terroristiche;

·        ricorda la necessità di evitare un'escalation regionale e di dialogare a tale riguardo con i partner, compresa l'Autorità palestinese;

·        affermato che l'UE è pronta a contribuire al rilancio di un processo politico sulla base della soluzione fondata sulla coesistenza di due Stati, anche mediante il "Peace Day Effort", accoglie con favore le iniziative diplomatiche per la pace e la sicurezza e sostiene lo svolgimento, a breve, di una conferenza di pace internazionale;

·        sottolineato la necessità di contrastare la diffusione della disinformazione e di contenuti illegali, evidenziando la responsabilità giuridica delle piattaforme in tale contesto.

Il Consiglio europeo è poi tornato a discutere sulla situazione in Medio Oriente, senza però adottare conclusioni, in occasione della riunione del 14 e 15 dicembre 2023 e della riunione straordinaria del 1° febbraio 2024.

Il Consiglio europeo dovrebbe poi tornare a discutere sulla situazione in Medio Oriente in occasione della prossima riunione del 21 e 22 marzo 2024.

La dichiarazione dell'Alto Rappresentante, a nome dell'UE, sulle pause umanitarie a Gaza

L’Alto Rappresentante Borrell ha diffuso il 12 novembre 2023 una dichiarazione dell’UE sulle pause umanitarie a Gaza nella quale in particolare:

·        si afferma che l'UE è seriamente preoccupata per l'aggravarsi della crisi umanitaria a Gaza, unendosi alle richieste di pause immediate nelle ostilità e creazione di corridoi umanitari, anche attraverso maggiori capacità ai valichi di frontiera, nonché di una rotta marittima dedicata, per permettere agli aiuti umanitari di raggiungere in sicurezza la popolazione di Gaza;

·        si ribadisce con forza il diritto di Israele di difendersi in linea con il diritto internazionale e il diritto internazionale umanitario, chiedendo di assicurare un accesso umanitario continuo, rapido, sicuro e senza restrizioni, nonché l'arrivo degli aiuti a coloro che ne hanno bisogno attraverso tutte le misure necessarie, compresi pause e corridoi umanitari per rispondere alle esigenze umanitarie;

·        si ribadisce l'invito rivolto ad Hamas a liberare immediatamente tutti gli ostaggi senza alcuna condizione, condanna l'uso di ospedali e civili come scudi umani, sottolineando che il diritto internazionale umanitario stabilisce che ospedali, forniture mediche e civili all'interno degli ospedali devono essere protetti e devono inoltre ricevere le forniture mediche più urgenti e che i pazienti che necessitano di cure mediche urgenti devono essere evacuati in condizioni di sicurezza. In tale contesto, si esorta Israele a dar prova della massima moderazione per garantire la protezione dei civili;

·        si indica che l'UE e i suoi Stati membri continueranno a collaborare strettamente con i partner internazionali, le Nazioni Unite e altre organizzazioni nonché con i paesi della regione per assicurare un flusso costante di assistenza e agevolare l'accesso a cibo, acqua, cure mediche, carburante e alloggi.

Il 7 dicembre l’Alto Rappresentante Borrell ha espresso sostegno alla proposta del Segretario generale delle Nazioni Unite, Guterres, che ha invocato l’articolo 99 della Carta delle nazioni Unite per chiedere un “cessate il fuoco umanitario” a Gaza.

Il Consiglio Affari esteri del 19 febbraio 2024

Il Consiglio affari esteri ha  discusso da ultimo la situazione in Medio oriente in occasione della riunione del 19 febbraio scorso, al termine dalla quale l'Alto rappresentante dell'UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha annunciato che 26 Stati membri (tutti tranne l’Ungheria) hanno espresso sostegno ad una dichiarazione congiunta nella quale si:

·        appoggia la richiesta di una pausa umanitaria immediata, volta a un cessate il fuoco duraturo, al rilascio degli ostaggi e alla fornitura di aiuti umanitari;

·        invita Israele a rispettare il diritto internazionale umanitario e le pronunce della Corte internazionale di giustizia;

·        invita Israele a facilitare gli aiuti e proteggere i civili.

 

Le misure restrittive nei confronti di Hamas e della Jihad islamica palestinese e nei confronti dei coloni israeliani in Cisgiordania

Il 19 gennaio 2024, il Consiglio dell’UE ha istituito un quadro specifico di misure restrittive nei confronti di qualsiasi persona o entità che sostenga, faciliti o permetta la commissione di atti di violenza da parte di Hamas e della Jihad islamica palestinese (PIJ).

Il nuovo regime integra inoltre le misure restrittive precedentemente adottate nei confronti di Hamas e della PIJ a norma della posizione comune 2001/931/PESC ("elenco dei soggetti terroristici stabilito dall'UE").

Persone, gruppi, entità e organismi potrebbero essere inseriti in elenco per attività come: fornire, vendere o trasferire armi e materiale connesso alle due organizzazioni terroristiche; sostenere atti che compromettono o minacciano la stabilità o la sicurezza di Israele in collegamento con Hamas e la PIJ; prendere parte a gravi violazioni del diritto internazionale umanitario o del diritto dei diritti umani; istigare o aizzare pubblicamente alla commissione di atti di violenza da parte delle due organizzazioni.

Il Consiglio ha inoltre deciso di inserire in elenco sei persone di diverse nazionalità responsabili di fornire sostegno finanziario ad Hamas. Tra loro, Abdelbasit Hamza Elhassan Mohamed Khair, finanziere stabilito in Sudan, Nabil Chouman, proprietario della società "Shuman for Currency Exchange SARL", Khaled Chouman, figlio di quest'ultimo, Rida Ali Khamis, finanziatore di alto livello di Hamas, Musa Dudin, agente di alto livello di Hamas, e Aiman Ahmad Al Duwaik, finanziere stabilito in Algeria.

Le persone inserite in elenco nell'ambito del regime di sanzioni sono soggette al congelamento dei beni. È vietato fornire fondi o risorse economiche, direttamente o indirettamente, a tali persone o a loro beneficio. Inoltre, alle persone fisiche inserite in elenco si applica il divieto di viaggio verso l'UE.

Il Consiglio ha all’esame, inoltre, una proposta volta all’imposizione di sanzioni ai coloni israeliani (divieto di viaggio nell’UE) responsabili di atti di violenza in Cisgiordania, sulla quale vi sarebbe l’opposizione di Ungheria che ne impedirebbe l’adozione, mentre la Repubblica ceca, che inizialmente aveva espresso la stessa posizione ungherese, ha poi precisato che non intende bloccare la decisione relativa ai coloni israeliani in Cisgiordania, ma è contraria a mettere in relazione tale decisione con quella relativa alle sanzioni contro Hamas.

 

Posizione del Parlamento europeo

Il Parlamento europeo, con una risoluzione del 19 ottobre 2023:

·        ha condannato gli attacchi terroristici di Hamas, esprimendo sostegno allo Stato di Israele e al suo popolo e ribadendo che l'organizzazione terroristica Hamas deve essere eliminata;

·        ha chiesto il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi sequestrati da Hamas;

·        ha riconosciuto il diritto di Israele all'autodifesa, quale sancito e limitato dal diritto internazionale, evidenziando che le azioni di Israele devono rispettare rigorosamente il diritto internazionale umanitario;

·        ha sottolineato l'importanza di fare una distinzione tra il popolo palestinese e le sue aspirazioni legittime, da un lato, e l'organizzazione terroristica Hamas e i suoi atti terroristici, dall'altro;

·        ha espresso preoccupazione per il deterioramento della situazione umanitaria nella Striscia di Gaza;

·        ha invitato tutte le parti a compiere i passi necessari in vista di un cambiamento radicale della situazione politica, economica e di sicurezza nella Striscia di Gaza, che preveda tra l'altro la completa riapertura dei valichi di frontiera, affrontando nel contempo le legittime preoccupazioni di Israele in materia di sicurezza;

·        ha chiesto una tregua umanitaria, un allentamento delle tensioni e il pieno rispetto del diritto internazionale umanitario;

·        ha condannato con la massima fermezza il sostegno dell'Iran ad Hamas e ad altri gruppi terroristici nella Striscia di Gaza, e il suo ruolo destabilizzante nella regione. Ribadito l’invito a includere l'intero Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche e Hezbollah nell'elenco delle organizzazioni terroristiche stabilito dall'UE, ha chiesto un'indagine approfondita sul ruolo di Iran e di altri paesi come il Qatar e la Russia nel finanziamento e nel sostegno del terrorismo nella regione;

·        ha ribadito fermo appoggio ad una soluzione negoziata, fondata sulla coesistenza di due Stati sulla base dei confini del 1967, con Gerusalemme come capitale di entrambi gli Stati, e nel pieno rispetto del diritto internazionale, ribadendo l'assoluta necessità di rilanciare immediatamente il processo di pace;

·        ha esortato la Commissione ad avviare una revisione approfondita di tutta l'assistenza finanziaria dell'UE alla Palestina e alla regione, al fine di garantire che nessun fondo dell'UE finanzi direttamente o indirettamente organizzazioni terroristiche, nonché a riesaminare il fabbisogno di aiuti umanitari di quest'ultima, al fine di garantire che i finanziamenti dell'UE continuino a raggiungere coloro che necessitano di assistenza;

·        ha espresso preoccupazione per l'aumento di discorsi, raduni e attacchi antisemiti dall'inizio degli attacchi terroristici perpetrati da Hamas e invitato pertanto la Commissione e gli Stati membri ad adottare tutte le misure appropriate per garantire la sicurezza dei cittadini ebrei dell'UE, disponendo la protezione immediata delle scuole e dei luoghi di culto.

Successivamente il Parlamento europeo ha approvato il 18 gennaio scorso una risoluzione sulla situazione umanitaria a Gaza e la necessità di raggiungere un cessate il fuoco e rischi di un'escalation regionale nella quale, in particolare:

·        chiede un cessate il fuoco permanente e di riprendere gli sforzi volti a trovare una soluzione politica, a condizione che tutti gli ostaggi siano rilasciati immediatamente e incondizionatamente e che l'organizzazione terroristica Hamas sia smantellata;

·        ricorda che Israele ha il diritto di difendersi entro i limiti del diritto internazionale, che stabilisce che gli attacchi devono essere diretti solo su obiettivi militari e che i civili e le infrastrutture civili non devono essere oggetto di attacchi e deplora l'abuso da parte di Hamas dell'infrastruttura civile palestinese;

·        esprime profonda preoccupazione per la gravissima situazione umanitaria nella Striscia di Gaza in rapido deterioramento e per il suo pesante impatto sulla popolazione civile;

·        ribadisce la sua richiesta di porre fine all'occupazione dei territori palestinesi e ricorda che gli insediamenti israeliani in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, sono illegali in base al diritto internazionale;

·        esprime profonda preoccupazione dinanzi agli ordini di evacuazione del governo israeliano, che spostano con la forza la popolazione civile dalla parte settentrionale della Striscia di Gaza alla parte meridionale confinandola in meno di un terzo del territorio di Gaza;

·        insiste sul fatto che l'assistenza allo sviluppo fornita dall'UE all'Autorità palestinese non dovrebbe essere ostacolata o interrotta;

·        denuncia il ruolo svolto da Stati terzi ed entità non statali nella fornitura di sostegno finanziario, materiale e operativo a Hamas e a Hezbollah e invita l'UE a imporre sanzioni agli Stati e alle entità che hanno agevolato gli attacchi, in particolare l'Iran e il Qatar;

·        condanna i picchi di antisemitismo, di odio anti-musulmano registrati in Europa.

 

Iniziative della Commissione europea

Il 9 ottobre 2023, a seguito degli attacchi di Hamas in Israele, la Commissione europea ha avviato di una revisione urgente dell'assistenza dell'UE alla Palestina, i cui risultati sono stato presentati in una comunicazione presentata il 21 novembre 2023, che ha evidenziato che i controlli e le garanzie esistenti in vigore funzionano correttamente e che non sono emerse prove di un impiego dei fondi per fini diversi da quelli previsti.

Il riesame ha seguito un approccio in due fasi. In primo luogo è stato effettuato un esame operativo per valutare la fattibilità dei progetti alla luce della nuova situazione in loco. In questa fase, il riesame ha permesso di individuare un elenco di progetti non realizzabili per un importo di 75,6 milioni di euro, che saranno riprogrammati per sostenere i palestinesi alla luce delle nuove priorità da determinare sul campo. Si tratta principalmente di grandi progetti infrastrutturali, tra cui il progetto "Gas for Gaza", il dissalatore di Gaza e l'accesso ai servizi idrici, la cui attuazione non è fattibile nel contesto attuale. In secondo luogo, la Commissione ha effettuato una valutazione del rischio, invitando tutti i partner esecutivi a fornire informazioni sui propri meccanismi di controllo. La Commissione ha, inoltre, individuato alcune misure supplementari, come l'inserimento di clausole contrattuali contro l'incitamento all'odio e alla violenza in tutti i nuovi contratti e il controllo della loro rigorosa applicazione.

Si ricorda che l'UE è il principale fornitore di assistenza esterna alla popolazione palestinese, attraverso la strategia comune europea 2021-2024 a sostegno della Palestina, dotata di circa 1,2 miliardi di  euro a titolo indicativo, di cui 691 milioni sono già stati adottati e comprendono contributi diretti all'Autorità palestinese attraverso il meccanismo PEGASE, il sostegno alle organizzazioni della società civile (OSC), progetti realizzati tramite le istituzioni finanziarie internazionali (IFI) e contributi all'Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l'occupazione dei palestinesi (UNRWA). Il 6 novembre 2023 la Commissione europea ha annunciato che fornirà altri 25 milioni di euro in aiuti umanitari alla popolazione di Gaza, portando l’assistenza umanitaria dell’UE per Gaza nel 2023 a oltre 100 milioni di euro.

Il 17 ottobre, intervenendo nel corso della seduta plenaria del Parlamento europeo, la Presidente von der Leyen ha:

·        ribadito la condanna per gli atroci attacchi terroristici di Hamas, precisando che solo riconoscendo “il dolore di Israele e il suo diritto a difendersi”, l’UE avrà “la credibilità per affermare che Israele dovrebbe reagire come una democrazia, in linea con il diritto umanitario internazionale”;

·        affermato che anche il popolo palestinese soffre del terrore di Hamas e va sostenuto, rilevando che non c’è alcuna contraddizione nell’essere solidali con Israele e rispondere ai bisogni umanitari del popolo palestinese;

·        ricordato che l’Unione è sempre stata e resterà il maggiore donatore internazionale alla Palestina e ha deciso di triplicare immediatamente gli aiuti umanitari ai civili di Gaza. Al tempo stesso, ha annunciato che è “essenziale rivedere con urgenza e attenzione” l’assistenza finanziaria alla Palestina: i finanziamenti dell’UE non sono mai andati a Hamas o ad altre entità terroristiche ed occorre evitare che ciò accada in futuro;

·        ribadito che il dialogo tra Israele e i suoi vicini può e deve continuare;

·        stigmatizzato l’aumento degli episodi di antisemitismo, anche in Europa, come pure la diffusione dell’incitamento all’odio e delle false notizie, ribadendo il dovere di “proteggere la vita ebraica in Europa”.

Il 6 novembre 2023, in occasione del discorso pronunciato alla Conferenza degli ambasciatori dell’UE, la Presidente von der Leyen ha  ribadito il sostegno a una soluzione a due Stati, la necessita di evitare una escalation regionale del conflitto auspicando che dopo la fine del conflitto:

·        Gaza non rimanga un “porto sicuro per i terroristi”, cosa che potrebbe essere raggiunta attraverso “una forza di pace internazionale sotto mandato delle Nazioni Unite”;

·        Hamas non può controllare o governare Gaza” e “dovrebbe esserci solo una Autorità Palestinese e un solo Stato palestinese”;

·        non sia prevista alcuna presenza di sicurezza israeliana a lungo termine a Gaza, né un blocco prolungato o spostamento forzato dei palestinesi da Gaza.

L’8 dicembre 2023 la Commissione europea ha annunciato un nuovo stanziamento di 125 milioni di euro in aiuti umanitari al popolo palestinese nel 2024, volto a sostenere le organizzazioni umanitarie che lavorano sia a Gaza che in Cisgiordania.

A seguito del Consiglio affari esteri informale del 3 febbraio, l’Alto rappresentante Borrell, in relazione alle recenti accuse di Israele contro componenti dell'Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l'occupazione dei profughi palestinesi (UNRWA), ha dichiarato che all’interno del Consiglio Affari Esteri vi è un ampio riconoscimento del fatto che l'UNRWA è un fornitore insostituibile di aiuti salvavita ai palestinesi, indicando che la Commissione europea non ha deciso di sospenderne il finanziamento e che cessare il finanziamento dell’UNRWA sarebbe sproporzionato e pericoloso.

 

L’operazione militare dell’UE nel Mar Rosso EUNAVFOR Aspides

Lo scorso 6 febbraio 2024 il Consiglio ha adottato la decisione relativa all’istituzione di una nuova operazione militare di sicurezza marittima dell’UE nel Mar Rosso, denominata EUNAVFOR Aspides (“Scudo” in lingua greca).

L’operazione è stata poi formalmente avviata in occasione del Consiglio affari esteri dell’UE del 19 febbraio.

L’operazione ha l’obiettivo di proteggere le navi civile in transito davanti alle coste dello Yemen dagli attacchi dei ribelli Houthi ed è stata istituita per la durata di un anno.

L’iniziativa dell’operazione è stata promossa in particolare da Francia, Italia, Germania e Grecia.

Secondo l’articolo 42 del Trattato sull’UE, il Consiglio può, deliberando all’unanimità, su proposta dell’Alto Rappresentante, avviare missioni civili o militari, all’esterno del suo territorio, “per garantire il mantenimento della pace, la prevenzione dei conflitti e il rafforzamento della sicurezza internazionale, conformemente ai principi della Carta delle Nazioni Unite”.

Attraverso missioni e operazioni militari l’UE può svolgere una serie di compiti che vanno dalle missioni umanitarie al peace-keeping, dalle missioni di addestramento delle forze armate alla lotta al terrorismo. Il Consiglio deve decidere all’unanimità, ma ciò non implica che tutti i paesi debbano poi partecipare alla missione.

L’articolo 43 del Trattato, tra l’altro, prevede che il consiglio possa affidare la realizzazione di una missione “a un gruppo di Stati che lo desiderano e dispongono delle capacità necessarie per tale missione”. Tali Stati – continua il Trattato – in associazione con l’Alto rappresentante “si accordano sulla gestione della missione” e informano periodicamente il Consiglio” sul suo andamento.

A norma dell'articolo 41, paragrafo 2, TUE, le spese operative che hanno implicazioni nel settore militare o della difesa devono essere sostenute dagli Stati membri.

L’area delle operazioni

L'area di operazioni comprende lo stretto di Baab al-Mandab e lo stretto di Hormuz, nonché le acque internazionali del Mar Rosso, del Mar Arabico, del Golfo di Oman e del Golfo Persico.

 

Mandato e regole d’ingaggio

L’operazione EUNAVFOR Aspides – a differenza della missione Prosperity Guardian a guida americana e britannica - ha natura difensiva.

L'obiettivo strategico dell’operazione è quello di garantire una presenza navale dell'Unione nell'area di operazioni al fine di garantire la libertà di navigazione per le navi, in stretta cooperazione con i garanti della sicurezza marittima che condividono gli stessi principi.

A tal fine, l’operazione, nell’ambito dei propri mezzi e delle proprie capacità ha i seguenti compiti:

a) accompagnare le navi nell'Area di Operazione;

b) garantire la conoscenza della situazione marittima nell'area di operazione;

c) proteggere le navi da attacchi multi-dominio in mare, nel pieno rispetto del diritto internazionale, compresi i principi di necessità e proporzionalità.

I documenti preparatori del Consiglio e della Commissione affrontano il tema dei confini del diritto di auto-difesa e della differenza tra il compito di “accompagnamento” e quello di “protezione”. Appare però inevitabile che gli assetti di Aspides, nel rispetto dei princìpi di necessità e proporzionalità, dovranno essere in grado di neutralizzare i diversi tipi di minaccia alle navi commerciali in transito, che possono venire da droni e missili, senza escludere gli attacchi marittimi o aerei.

Le discussioni finora svolte non escludono che, in futuro, alla missione possa essere attribuita anche il compito specifico di applicare l’embargo delle armi nei confronti degli Houthi, disposto dal Consiglio di sicurezza fin dal 2015. Si tratterebbe ovviamente di un compito assai delicato, visto il diretto coinvolgimento iraniano in queste forniture. Proprio l’attenzione a evitare ogni possibile occasione di confronto con l’Iran, dovrebbe anzi limitare fin da subito il raggio d’azione di Aspides

Composizione, guida e assetti dell’operazione

Il Comando operativo dell’operazione ha sede a Larissa in Grecia, sotto il comando del commodoro greco Vasilios Griparis. Il Force commander (che guida le operazioni nel teatro operativo, a bordo della nave ammiraglia) è il contrammiraglio italiano Stefano Costantino.

Come per tutte le missioni e operazioni militari PSDC, il controllo politico e la direzione strategica spetterà al Comitato politico e di sicurezza (PSC), composto di rappresentanti degli Stati.  Il Comitato militare UE, composto dai Capi di Stato maggiore, e il suo Presidente, dovranno svolgere un ruolo di interfaccia tra il comandante dell’operazione e il vertice politico.  Le “spese comuni” dell’operazione, il cui importo di riferimento è fissato a 8 milioni di euro, saranno a carico dello Strumento europeo per la pace (EPF), fondo fuori bilancio dell’UE, lo stesso fondo che rimborsa gli aiuti militari all’Ucraina. Il resto lo metteranno gli Stati nazionali, finanziando la propria partecipazione nazionale.

La nuova operazione dovrebbe trarre assetti e personale dalla operazione Agenor guidata dalla Francia ed alla quale partecipano Italia, Belgio, Danimarca. Germania, Grecia, Olanda Portogallo e Norvegia. Tali paesi dovrebbero partecipare anche alla nuova missione, che è comunque aperta alla partecipazione di Stati terzi. La composizione iniziale dell’operazione dovrebbe essere di almeno tre navi con difesa antiaeree, assetti aerei di ricognizione e fattori abilitanti (logistica, informazioni, ecc.).

Il Ministro della difesa Crosetto, in occasione dell’audizione alle commissioni congiunte di Camera e Senato dello scorso 31 gennaio, ha indicato che l’Italia metterà a disposizione una delle tre navi.

Si segnala che il 26 febbraio, il Consiglio dei ministri ha deliberato a) la prosecuzione delle missioni internazionali e delle iniziative di cooperazione allo sviluppo già corso; b) l’avvio di tre nuove missioni internazionali per il 2024 Questa seconda delibera (doc. XXV, n.2, su cui si veda il dossier dedicato), contiene la richiesta di autorizzazione per “la proroga dell’impiego di un dispositivo multidominio in iniziative di presenza, sorveglianza e sicurezza nell’area del Mar Rosso e Oceano Indiano Nord-Occidentale” (scheda 26-bis). Il nuovo impegno operativo ricomprende alcune missioni già attive, cui nella delibera di autorizzazione per il 2023 erano dedicate singole schede (tra cui EUNAVFOR Atalanta e EMASOH), e missioni nuove, tra cui appunto la partecipazione a EUNAVFOR Aspides. L’impegno complessivo, per tutte le missioni indicate nella scheda in esame, è: fino a 642 unità di personale; 3 mezzi navali;5 mezzi aerei. Il fabbisogno finanziario- sempre per tutte le missioni presenti nella scheda) è di euro 42.550.121, di cui 10.650.000 esigibili nel 2015. 

 

Coordinamento con altre missioni esistenti nell’area

La nuova operazione dovrà coordinarsi strettamente con la missione Atalanta, anche perché le rispettive aree di azione sono in parte sovrapposte e cooperare con la missione con i mezzi della coalizione Combined Marittime Forces, e, più in generale con tutti i paesi “like-minded” che operano nell’area.

Così come per Atalanta, anche per Aspides sarà essenziale anche il coordinamento con le compagnie di navigazione, per assicurare una protezione tempestiva. È possibile prevedere una replica o un ampliamento del meccanismo di registrazione MSCHOA (Maritime Security Centre-Horn of Africa), impiegato, con affidabilità ormai consolidata, per Atalanta. 

EUNAVFOR Aspides coopera con le autorità competenti degli Stati membri, con gli organi e gli organismi competenti dell'Unione, in particolare il Centro satellitare dell'Unione europea (Satcen), nonché con la missione militare dell'Unione europea volta a contribuire alla formazione delle forze di sicurezza somale (EUTM Somalia) e con la missione dell'Unione europea per lo sviluppo delle capacità in Somalia (EUCAP Somalia). Inoltre, EUNAVFOR Aspides gode del sostegno del Centro dell'Unione europea di situazione e di intelligence per la raccolta delle informazioni necessarie allo svolgimento dei suoi compiti.

 

L'operazione EMASOH/Agenor

Agenor è la componente militare di EMASOH (European Maritime Awareness in the Strait of Hormuz), che non è una missione dell'UE, ma un'iniziativa multilaterale di singoli Stati membri (e paesi associati). La missione è stata avviata su proposta dalla Francia, a margine del Consiglio Affari esteri del gennaio 2020, e ha visto poi l'adesione di Belgio, Danimarca, Germania, Grecia, Paesi Bassi, Portogallo e Norvegia oltre che dell'Italia.

In aggiunta al contributo in termini di assetti (una fregata e un aereo ricognitore) forniti nel 2021 e nel 2022, nel secondo semestre del 2022 l'Italia ha mantenuto il comando del ramo operativo della missione (AGENOR) e ha inviato 12 unità presso il Quartier Generale della missione, che si trova nella base francese ad Abu Dhabi.

L'obiettivo della missione è quello di salvaguardare la libertà di navigazione e la sicurezza delle navi in transito nello stretto, quadrante delicatissimo per il traffico commerciale e arteria essenziale per il trasporto di petrolio, minacciato dalle crescenti tensioni regionali (con un forte coinvolgimento dell’Iran).

I dispositivi aeronavali dei paesi che aderiscono all'iniziativa svolgono attività di presenza, sorveglianza e sicurezza per proteggere il naviglio mercantile nazionale (anche con attività di scorta); supportare il naviglio mercantile non nazionale (con attività di accompagnamento ma non protezione diretta); effettuare attività di ricognizione e raccolta informativa e rafforzare la cooperazione con gli altri assetti internazionali.

L'area geografica di intervento ricomprende: Stretto di Hormuz, Golfo Persico, Golfo di Oman, Mare Arabico, Golfo di Aden, Oceano Indiano, Mar Rosso.

L'iniziativa multinazionale non ha un termine di scadenza predeterminato.

È previsto l'impiego di personale nazionale di staff presso il Comando dell'operazione. In aggiunta al previsto dispositivo aeronavale, a protezione degli interessi nazionali, potranno essere impiegati gli assetti aerei nazionali presenti nell'ambito della Coalizione anti Daesh.

La partecipazione italiana alla missione è stata autorizzata dal Parlamento a partire dal 2021. Per il 2023, il Parlamento ha autorizzato la partecipazione alla missione con un contingente massimo 200 unità di personale, 1 mezzo navale e 3 mezzi aerei, per un costo previsto di 19.702.823 euro. Per il 2024 il Governo ha chiesto l’autorizzazione alla prosecuzione dell’impegno italiano, nella scheda 26-bis del doc. XXV, n.2 (su cui si veda supra).

 

L'operazione EUNAVFOR Atalanta

A differenza di EMASOH, ATALANTA è un'operazione esecutiva dell'Unione europea, avviata nel dicembre del 2008, con due compiti principali: da un lato fornire protezione alle navi di aiuti umanitari del Programma alimentare mondiale (WFP) diretti in Somalia e dall'altro proteggere la libera navigazione delle navi mercantili transitanti nell'area geografica di intervento.

Tale area ricomprende: Mar Mediterraneo, Mar Rosso, Golfo di Aden, Mar Arabico, bacino somalo, Canale del Mozambico e Oceano Indiano. Tale area è stata estesa dalla decisione 2012/174/PESC del Consiglio dell'Unione europea nel senso di consentire, in presenza di determinate condizioni, azioni anche a terra (limitatamente a una definita fascia costiera).

Il quartier generale della missione (EU OHQ) attualmente ha sede a Rota (Spagna).

Fino al 2 marzo del 2022, Atalanta ha potuto esercitare i suoi compiti principali anche all'interno delle acque territoriali somale, in virtù di un mandato del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Da quella data le attività anti-pirateria devono invece limitarsi alle acque internazionali.

Il governo somalo si è infatti opposto al rinnovo della risoluzione delle Nazioni Unite, ritenendo raggiunti gli obiettivi dell'operazione e dichiarando la propria intenzione di farsi direttamente carico della sicurezza marittima delle proprie acque territoriali.

Tra i compiti secondari di Atalanta figurano l'implementazione dell'embargo alle armi nei confronti della Somalia (sancito dal Consiglio di sicurezza dell'ONU nel 2014) e il contrasto al traffico di stupefacenti al largo della Somalia. Compiti secondari non esecutivi sono la sorveglianza su altri fenomeni illeciti (pesca illegale, traffico di carbone da legna) e il supporto alle altre iniziative UE (a cominciare dalle missioni EUTM e EUCAP sulla terraferma somala) e internazionali.

Dal 12 dicembre 2022 Atalanta ha assunto la nuova denominazione di "operazione militare volta contribuire alla sicurezza marittima nell'Oceano Indiano occidentale e nel Mar Rosso".

Dal 12 febbraio 2024 il Force Commander dell’operazione è il contrammiraglio Francesco Saladino.

Nel 2023 l'Italia ha partecipato all'operazione con 198 unità di personale, 1 mezzo navale e 2 mezzi aerei, per un costo previsto di quasi 27 milioni di euro. Per il 2024 il Governo ha chiesto l’autorizzazione alla prosecuzione dell’impegno italiano, nella scheda 26-bis del doc. XXV, n.2 (su cui si veda supra).

 

La situazione nel Mar Rosso

La risoluzione del Consiglio di sicurezza ONU del 10 gennaio 2024

Il 10 gennaio 2024 il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha approvato, in relazione agli attacchi Houthi, la risoluzione 2722. Sottolineando nelle premesse l'importanza della libertà di navigazione nel Mar Rosso, e rilevando l'impatto negativo sulla situazione economica e umanitaria mondiale dell'aumento dei costi di trasporto, con ricadute sulla stessa popolazione civile dello Yemen, il Consiglio di sicurezza:

·        condanna nei termini più netti gli attacchi Houthi al naviglio commerciale, avviati dal 19 novembre; chiede l'immediata cessazione di tali attacchi e l'immediato rilascio dell'imbarcazione Galaxy Leader e del suo equipaggio;

·        prende atto ("takes note") del diritto degli Stati membri, conformemente al diritto internazionale, di difendere le proprie navi dagli attacchi, compresi quelli che compromettono i diritti e le libertà di navigazione;

·        elogia ("commends") gli sforzi compiuti dagli Stati membri per migliorare la sicurezza e il transito protetto delle navi mercantili e commerciali di tutti gli Stati attraverso il Mar Rosso;

·        sottolinea la necessità di affrontare le cause profonde ("root causes") compresi i conflitti che contribuiscono alle tensioni regionali e all'interruzione della sicurezza marittima;

·        ribadisce la necessità di rispettare l'embargo sulle armi stabilito nel 2015, che vieta le forniture agli Houthi (embargo che la stessa risoluzione riporta come largamente violato);

·        sollecita cautela e moderazione ("caution and restraint") per evitare un ulteriore inasprimento della situazione nel Mar Rosso e nella regione;

·        incoraggia maggiori sforzi diplomatici da tutte le parti a tal fine, compreso il continuo sostegno al dialogo e al processo di pace dello Yemen.

La risoluzione è stata adottata con 11 voti favorevoli e 4 astensioni: Cina e Russia (che però non hanno posto il veto), oltre che Algeria e Mozambico. Nel corso della discussione la Russia aveva proposto un emendamento che stabiliva una forma di collegamento tra l'offensiva Houthi e il conflitto a Gaza. La proposta, appoggiata anche dalla Cina, oltre che dall'Algeria, Sierra Leone e Guyana, si è però scontrata col veto degli Stati Uniti e del Regno Unito. Nel testo finale – come visto - rimane solo un riferimento – generico – alla "cause profonde" delle tensioni nel Mar Rosso.

Focus: gli Houthi e la guerra civile in Yemen (tratto da www.ispionline.it)

Con il termine Houthi si indica il movimento Ansar Allah, talvolta reso nella grafia "Ansarullah", ovvero dall'arabo "partigiani di Dio". È il nome che il movimento houthi si dà nel 2011, nel contesto della "primavera yemenita", tentando di parlare a tutti gli yemeniti. Si tratta di un gruppo armato e politico dell'estremo nord dello Yemen, legato al nome di una famiglia – gli Houthi – che ha avuto sin dagli esordi un ruolo di leadership cruciale nella sua storia.

Nato all'inizio degli anni Novanta, il movimento degli Houthi è composto principalmente di combattenti della confessione zaydita, una branca minoritaria dell'islam sciita, ma non mancano anche elementi di altri gruppi religiosi. Nel 1992 viene fondata la "Gioventù credente" nel governatorato di Sa'ada, nel nord dello Yemen, il cui obiettivo è quello di portare avanti la rinascita dello zaydismo nel paese (la cui popolazione è a maggioranza sunnita), farne cessare l'emarginazione politico-religiosa e arrivare all'autonomia delle terre del nord.

Si tratta del nucleo iniziale da cui nascerà il movimento Houthi vero e proprio. Il gruppo assume posizioni marcatamente anti-USA ed anti-Israele soprattutto dopo l'invasione americana del 2003 in Iraq. La violenza degli slogan e vere e proprie manifestazioni contro gli americani portano gli Houthi a uno scontro aperto con il regime di Ali Abdallah Saleh, presidente e dittatore dello Yemen dal 1990 al 2012, che dopo un tentativo di conciliazione attua una brutale repressione. Ne segue una vera e propria rivolta degli Houthi ("le guerre Sa'da"), proseguita dal 2004 a fasi alterne fino a un debole cessate il fuoco nel 2010.

Nel 2011 il vento delle Primavere arabe arriva anche in Yemen, provocando sommosse di piazza contro il presidente Saleh, a cui gli Houthi partecipano attivamente. Negli anni successivi, gli Houthi percorrono attivamente la via della lotta armata e di fatto prendono il controllo di importanti pezzi del paese, in primis il natio governatorato di Sa'da.

Nel 2015, gli Houthi sbaragliano i filogovernativi e prendono con la forza i palazzi del potere grazie alla decisiva alleanza con il blocco dell'ex presidente, ma il presidente Abd Rabboh Mansur Hadi – salito al potere dopo la deposizione di Saleh – riesce a mettersi in salvo. L'ex capo di Stato, invece, verrà ucciso nel 2017 in un tentativo di fuga da San'a, nel corso di un attacco rivendicato proprio dagli Houthi, che guardavano con sospetto il tentativo di Saleh di trovare un cessate il fuoco con l'Arabia Saudita.

È in questa fase (biennio 2014-15) che inizia a cristallizzarsi in Yemen uno scenario politico-militare bipolare: da una parte gli Houthi sostenuti dall'Iran, paese guida dei movimenti politico-militari sciiti, dall'altra il governo riconosciuto dalla comunità internazionale spalleggiato, in modo istituzionalizzato a partire dal 2015, da una Coalizione internazionale guidata dall'Arabia Saudita.

L'esecutivo guidato da Hadi, tuttavia, lascia la capitale San'a per trasferirsi nella città portuale di Aden. Negli anni successivi gli Houthi accrescono il proprio grado di preparazione ed esperienza militare, mettendo a segno attacchi contro imbarcazioni in transito sul Mar Rosso e, soprattutto, contro diverse infrastrutture petrolifere saudite.

A gennaio del 2022, inoltre, il gruppo rivendica un attacco negli Emirati Arabi Uniti, tra i principali attori della Coalizione anti-Houthi nello Yemen. In questo periodo, anche per le crescenti pressioni dell'amministrazione americana guidata da Joe Biden, ci sono tentativi di distensione fra le parti – anche tramite scambi di prigionieri e incontri tra Houthi e sauditi – e la tregua nazionale raggiunta nel 2022, ma un vero accordo per una pace stabile e duratura non viene mai firmato.

Con lo scoppio della guerra Israele-Hamas a ottobre 2023, gli Houthi avviano lanci di missili contro Israele e attacchi sistematici contro navi al largo delle coste dello Yemen, nel Mar Rosso, in segno di solidarietà con i palestinesi.

Il 31 ottobre, le forze Houthi lanciano diversi missili balistici contro Israele, abbattuti dal sistema di difesa israeliano Arrow. Il movimento yemenita chiede un cessate il fuoco a Gaza e la fine immediata del blocco israeliano sull'enclave palestinese come condizione per porre fine agli attacchi nel Mar Rosso. Da gennaio 2024, gli Stati Uniti e Regno Unito conducono attacchi aerei contro diversi obiettivi legati agli Houthi nello Yemen, dopo aver intimato più volte al movimento di interrompere i raid contro le navi – soprattutto mercantili – in transito nello Stretto di Bab El-Mandeb.



[1] Lo strumento di garanzia per i Balcani occidentali prevede la fornitura di garanzie di bilancio dell'UE alla Banca europea per gli investimenti e ad altri partner esecutivi per consentire operazioni di finanziamento e programmi di investimento che attuano le politiche stabilite nell'ambito dell'IPAIII e il piano economico e di investimenti.

[2] Lo studio esclude dalla simulazione la Turchia, per la quale i negoziati di adesione sono sospesi e il Kosovo e la Georgia che sono solo potenziali candidati dall’adesione.