Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | RUE - Ufficio SG - Ufficio Rapporti con l'Unione europea |
Titolo: | Riunione interparlamentare organizzata dalla Commissione affari costituzionali del PE (AFCO) "Preparazione delle elezioni europee del 2024", Bruxelles, 25 ottobre 2023 |
Serie: | Documentazione per le Commissioni - Riunioni interparlamentari Numero: 27 |
Data: | 20/10/2023 |
Organi della Camera: | XIV Unione Europea, I Affari costituzionali |
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Dossier n. 49
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Dossier n. 27
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Le modalità di elezione del Parlamento europeo
Norme relative alla nomina del presidente della Commissione europea
Lo stato del progetto di riforma
IL SISTEMA DI ELEZIONE DEI MEMBRI DEL PARLAMENTO EUROPEO SPETTANTI ALL’ITALIA
La data di svolgimento delle elezioni
Le modalità di presentazione delle candidature
Le modalità di espressione del voto e di scrutinio
Attività parlamentare in corso
Le iniziative per la preparazione delle elezioni europee
I lavori del Parlamento Europeo
Le iniziative per garantire la partecipazione delle persone con disabilità al processo elettorale
Il contrasto alle ingerenze straniere
Il Presidente della Commissione Affari costituzionali del Parlamento europeo (AFCO), Salvatore De Meo, ha invitato i Parlamenti nazionali a partecipare alla riunione del 25 ottobre 2023 sul tema della preparazione delle elezioni europee del 2024
L’incontro – che si svolgerà in formato ibrido – verrà introdotto dagli interventi del Presidente della Commissione AFCO del Parlamento europeo, Salvatore De Meo. Dopo le note di indirizzo da parte di alcuni membri della Commissione AFCO, seguirà la presentazione del tema da parte di alcuni membri dei Parlamenti nazionali e il relativo. Seguirà quindi la presentazione della compagna di informazione del Parlamento europeo.
Per il Senato della Repubblica partecipano alla riunione, da remoto, la sen. Domenica Spinelli (Fratelli d’Italia), membro della Commissione Affari costituzionali, affari della Presidenza del Consiglio e dell’Interno, ordinamento generale dello Stato e della Pubblica Amministrazione, editoria, digitalizzazione, e il sen. Marco Lombardo (Azione-ItaliaViva-RenewEurope), membro della Commissione Politiche dell'Unione europea.
Per la Camera dei deputati partecipano gli onorevoli Alessandro Giglio Vigna (Lega), Presidente della Commissione Politiche dell’Unione europea e Carmela Auriemma (Movimento 5 stelle), membro della Commissione Affari costituzionali.
Il sistema elettorale europeo e le sue proposte di riforma
IL SISTEMA ELETTORALE EUROPEO
Basi giuridiche
Le procedure per eleggere il Parlamento europeo (PE) sono regolate sia dalla legislazione europea, che definisce norme comuni per tutti gli Stati membri, sia da disposizioni nazionali specifiche, che variano da uno Stato membro all'altro.
Basi giuridiche dell’UE per l'elezione del Parlamento europeo sono:
· l'articolo 14 del Trattato sull'Unione europea (TUE);
Nello specifico, l'articolo 14 del TUE, oltre a definire le principali funzioni del Parlamento europeo[1], prevede che:
v' i membri del Parlamento europeo siano eletti a suffragio universale diretto, libero e segreto, per un mandato di cinque anni;
v' il Parlamento europeo sia composto di rappresentanti dei cittadini dell'Unione, il cui numero non può essere superiore a 750, più il presidente;
v' la rappresentanza dei cittadini sia garantita in modo degressivamente proporzionale, con una soglia minima di sei membri per Stato membro. A nessuno Stato membro sono assegnati più di 96 seggi;
v' il Parlamento europeo elegge fra i suoi membri il presidente e l'ufficio di presidenza.
Tale articolo dispone inoltre che il Consiglio europeo adotti all'unanimità, su iniziativa del Parlamento europeo e con l'approvazione di quest'ultimo, una decisione sulla composizione del Parlamento europeo.
· gli articoli 20, 22 e 223 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE);
L’art. 20 TFUE stabilisce che “i cittadini dell'Unione godono dei diritti e sono soggetti ai doveri previsti nei trattati. Essi hanno, fra l'altro, il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo e alle elezioni comunali nello Stato membro in cui risiedono, alle stesse condizioni dei cittadini di tale Stato”.
L’art. 22 TFUE stabilisce a sua volta che “ogni cittadino dell'Unione residente in uno Stato membro di cui non è cittadino ha il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo nello Stato membro in cui risiede, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato. Tale diritto sarà esercitato con riserva delle modalità che il Consiglio adotta, deliberando all'unanimità secondo una procedura legislativa speciale e previa consultazione del Parlamento europeo; tali modalità possono comportare disposizioni derogatorie ove problemi specifici di uno Stato membro lo giustifichino”.
L’art. 223 TFUE prescrive infine che il Parlamento europeo elabori “un progetto volto a stabilire le disposizioni necessarie per permettere l'elezione dei suoi membri a suffragio universale diretto, secondo una procedura uniforme in tutti gli Stati membri o secondo principi comuni a tutti gli Stati membri. Il Consiglio, deliberando all'unanimità secondo una procedura legislativa speciale e previa approvazione del Parlamento europeo che si pronuncia alla maggioranza dei membri che lo compongono, stabilisce le disposizioni necessarie. Tali disposizioni entrano in vigore previa approvazione degli Stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali”.
· l'articolo 39 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea;
Con il Trattato di Lisbona il diritto di voto e di eleggibilità ha acquisito il valore di un diritto fondamentale, a seguito dell'incorporazione nei trattati della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che lo sancisce all'articolo 39. Tale articolo stabilisce infatti che:
v' ogni cittadino dell'Unione ha il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo nello Stato membro in cui risiede, alle stesse condizioni dei cittadini di tale Stato;
v' i membri del Parlamento europeo sono eletti a suffragio universale diretto, libero e segreto.
· l'Atto relativo all'elezione dei rappresentanti nell'assemblea a suffragio universale diretto, del 20 settembre 1976, da ultimo modificato con la decisione (UE, Euratom) 2018/994.
L'elezione diretta dei membri del Parlamento europeo è disciplinata dal summenzionato “Atto relativo all'elezione dei rappresentanti nell'assemblea a suffragio universale diretto”[2].
La legge elettorale è stata modificata più volte, in particolare in occasione delle revisioni dei trattati dell’Unione e dell’adesione di nuovi Stati membri. Nel 1992 il trattato di Maastricht aveva disposto che le elezioni dovessero svolgersi secondo una procedura uniforme adottata all'unanimità dal Consiglio sulla base di una proposta elaborata dal Parlamento europeo. Tuttavia, non essendo il Consiglio riuscito a raggiungere un accordo su nessuna delle proposte, il trattato di Amsterdam ha poi introdotto la possibilità di adottare "principi comuni".
La decisione 2002/772/CE, Euratom del Consiglio, del 25 giugno 2002 e del 23 settembre 2002, ha modificato di conseguenza l'Atto elettorale del 1976, introducendo il principio della rappresentanza proporzionale e talune incompatibilità fra il mandato nazionale e quello europeo.
Le ultime modifiche all'Atto elettorale del 1976 sono state introdotte mediante la decisione (UE, Euratom) 2018/994 del Consiglio, del 13 luglio 2018[3], che comprende disposizioni riguardanti la possibilità di esprimere il voto con diverse modalità (voto anticipato, elettronico, via internet e per corrispondenza), l’introduzione di soglie minime per l'attribuzione dei seggi, la protezione dei dati personali, la penalizzazione del "doppio voto", il voto in Paesi terzi e la possibilità di dare visibilità ai partiti politici europei sulle schede elettorali.
Gli Stati membri devono conformarsi agli obblighi previsti dalla decisione 2018/994 al più tardi entro le elezioni del 2024.
Si fornisce di seguito una sintesi delle disposizioni relative all’elezione dei membri del Parlamento europeo.
A norma dell'Atto sulla legge elettorale come modificato, l'elezione dei deputati al Parlamento europeo avviene a scrutinio di lista o uninominale con riporto di voti di tipo proporzionale. Gli Stati membri possono consentire il voto di preferenza.
Oltre alla soglia minima volontaria per l'attribuzione dei seggi, pari a un massimo del 5% dei voti validamente espressi a livello nazionale, le modifiche all'Atto elettorale del 1976, adottate mediante la citata decisione (UE, Euratom) 2018/994 del Consiglio, stabiliscono una soglia minima obbligatoria compresa fra il 2% e il 5% per le circoscrizioni (compresi gli Stati membri a circoscrizione unica) con più di 35 seggi, negli Stati membri in cui è utilizzato lo scrutinio di lista.
Come stabilito dalla sopra citata decisione del 2018, gli Stati membri possono prevedere il voto anticipato, per corrispondenza, elettronico e via internet. In tal caso, devono garantire l'affidabilità dei risultati, la segretezza del voto e la protezione dei dati personali.
La decisione (UE, Euratom) 2018/994 prevede inoltre:
· che i membri del Parlamento europeo siano eletti come “rappresentanti dei cittadini dell’Unione” (non più dunque “rappresentanti dei popoli degli Stati riuniti nella Comunità”);
· l'obbligo di fissare un termine non inferiore alle tre settimane antecedenti alla data fissata dallo Stato membro interessato per la presentazione delle candidature per l'elezione al Parlamento europeo, laddove sia previsto un termine dalla normativa nazionale;
· la facoltà per gli Stati membri di consentire l'apposizione, sulle schede elettorali, del nome o del logo del partito politico europeo al quale è affiliato il partito politico nazionale o il singolo candidato;
· l'obbligo per gli Stati membri di adottare le misure necessarie per assicurare che il doppio voto (ossia il caso di un cittadino europeo che voti in più di uno Stato membro dell’Ue) alle elezioni del Parlamento europeo sia oggetto di “sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive”;
· la facoltà per gli Stati membri, conformemente alle rispettive procedure elettorali nazionali, di adottare le misure necessarie per consentire ai propri cittadini residenti in Paesi terzi di votare alle elezioni del Parlamento europeo.
Secondo il citato articolo 22, paragrafo 2, TFUE, “ogni cittadino dell'Unione residente in uno Stato membro di cui non è cittadino ha il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo nello Stato membro in cui risiede”.
Le modalità di esercizio di tale diritto sono state stabilite dall'articolo 6 della direttiva 93/109/CE del Consiglio, modificata da ultimo dalla direttiva 2013/1/UE del Consiglio, che stabilisce che “ogni cittadino dell'Unione che risiede in uno Stato membro senza averne la cittadinanza e che, per effetto di una decisione individuale in materia civile o penale, è decaduto dal diritto di eleggibilità in forza del diritto dello Stato membro di residenza o di quello dello Stato membro d'origine, è escluso dall'esercizio di questo diritto nello Stato membro di residenza in occasione delle elezioni al Parlamento europeo”.
Conformemente all'articolo 7 dell'Atto elettorale, quale modificato, la carica di deputato al Parlamento europeo è incompatibile con quella di: membro del governo di uno Stato membro; membro della Commissione europea; giudice, avvocato generale o cancelliere della Corte di giustizia o del Tribunale di primo grado; membro del Comitato esecutivo della Banca centrale europea; membro della Corte dei conti; membro del Comitato economico e sociale; membro del Comitato delle regioni; membro dei comitati o organismi creati in virtù o in applicazione dei trattati per provvedere all'amministrazione di fondi dell'Unione o all'espletamento di un compito permanente e diretto di gestione amministrativa; membro del consiglio di amministrazione, del comitato direttivo o dell'organico della Banca europea per gli investimenti; funzionario o agente, in attività di servizio, delle istituzioni dell'Unione europea o degli organismi specializzati che vi si ricollegano o della Banca centrale europea. Inoltre, a partire dal 2004, la carica è incompatibile con quella di membro di un parlamento nazionale. Ogni Stato membro può estendere le incompatibilità applicabili sul piano nazionale alle condizioni di cui all’articolo 7.
La decisione (UE) 2018/937 del Consiglio europeo, del 28 giugno 2018, che stabilisce la composizione del Parlamento europeo, determina le modalità di assegnazione dei seggi di cui all'articolo 14, paragrafo 2, TUE, in applicazione del principio della proporzionalità degressiva.
La decisione definisce la proporzionalità degressiva come segue: “il rapporto fra la popolazione e il numero dei seggi di ciascuno Stato membro, prima dell'arrotondamento ai numeri interi, varia in funzione della rispettiva popolazione, di modo che ciascun deputato al Parlamento europeo di uno Stato membro più popolato rappresenti più cittadini di ciascun deputato al Parlamento europeo di uno Stato membro meno popolato e che, al contempo, più uno Stato membro è popolato, più abbia diritto a un numero di seggi elevato nel Parlamento europeo”.
Nello specifico, la decisione stabilisce che:
· l'assegnazione dei seggi del Parlamento europeo utilizzi ‘pienamente’ le soglie minime e massime fissate per ogni Stato membro dal TUE al fine di rispecchiare il più possibile le dimensioni delle rispettive popolazioni degli Stati membri;
· l'assegnazione dei seggi nel Parlamento europeo tenga conto degli sviluppi demografici negli Stati membri.
La popolazione complessiva degli Stati membri è calcolata dalla Commissione (tramite l'Ufficio statistico Eurostat) sulla base degli ultimi dati forniti dagli Stati membri stessi, in conformità di un metodo istituito dal regolamento (UE) n. 1260/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle statistiche demografiche europee.
Per la legislatura 2019-2024 il numero dei rappresentanti al Parlamento europeo eletti in ciascuno Stato membro è stato fissato a 705 seggi, ripartiti come segue: Belgio 21, Bulgaria 17, Repubblica ceca 21, Danimarca 14, Germania 96, Estonia 7, Irlanda 13, Grecia 21, Spagna 59, Francia 79, Croazia 12, Italia 76, Cipro 6, Lettonia 8, Lituania 11, Lussemburgo 6, Ungheria 21, Malta 6, Paesi Bassi 29, Austria 19, Polonia 52, Portogallo 21, Romania 33, Slovenia 8, Slovacchia 14, Finlandia 14 e Svezia 21.
Si ricorda che a partire dal 1° febbraio 2020, data di entrata in vigore del recesso del Regno Unito dall’UE, il numero e la distribuzione dei seggi al Parlamento europeo sono stati cambiati a seguito del ritiro del Regno Unito dall'Ue. Dei 73 seggi del Regno Unito, 27 sono stati ridistribuiti ad altri Paesi, mentre i restanti 46 sono stati posti in riserva per eventuali allargamenti. I seggi sono stati ridistribuiti a Francia (+5), Spagna (+5), Italia (+3), Paesi Bassi (+3), Irlanda (+2), Svezia (+1), Austria (+1), Danimarca (+1), Finlandia (+1), Slovacchia (+1), Croazia (+1), Estonia (+1), Polonia (+1) e Romania (+1). Nessuno Stato membro ha perso seggi.
Il 22 settembre 2023, il Consiglio europeo ha adottato una decisione sulla composizione del Parlamento europeo per la legislatura 2024-2029, fissando a 720 il numero di seggi del Parlamento europeo alla luce dei cambiamenti demografici negli Stati membri dell'UE.
Sono stati assegnati seggi supplementari a: Belgio (+1), Danimarca (+1), Irlanda (+1), Spagna (+2), Francia (+2), Lettonia (+1), Paesi Bassi (+2), Austria (+1), Polonia (+1), Slovenia (+1), Slovacchia (+1), Finlandia (+1).
Fonte: Parlamento europeo (marzo 2022)
Oltre che dalle norme comuni di cui sopra, le modalità elettorali sono disciplinate anche da norme nazionali, che su alcuni punti divergono notevolmente fra loro; il sistema elettorale europeo può essere pertanto considerato un sistema elettorale polimorfo.
Tutti gli Stati membri devono utilizzare un sistema basato sulla rappresentanza proporzionale. Come sopra ricordato, oltre alla soglia minima volontaria per l'attribuzione dei seggi a livello nazionale, pari a un massimo del 5%, la decisione (UE, Euratom) 2018/994 del Consiglio stabilisce una soglia minima obbligatoria compresa fra il 2% e il 5% per le circoscrizioni (compresi gli Stati membri a circoscrizione unica) con più di 35 seggi.
Attualmente gli Stati membri che applicano una soglia sono i seguenti: Francia, Belgio, Lituania, Polonia, Slovacchia, Repubblica ceca, Romania, Croazia, Lettonia e Ungheria (pari al 5%); Austria, Italia e Svezia (pari al 4%);
Grecia (pari al 3%) e Cipro (pari all'1,8%)[4]. Gli altri Stati membri non applicano alcuna soglia[5].
Alle elezioni europee la maggior parte degli Stati membri costituisce un'unica circoscrizione. Tuttavia, quattro Stati membri (Belgio, Irlanda, Italia e Polonia) hanno suddiviso il proprio territorio nazionale in varie circoscrizioni regionali.
I membri italiani del Parlamento europeo sono eletti su base circoscrizionale. A tale scopo, il territorio nazionale è diviso in cinque circoscrizioni elettorali (indicate nella Tabella A della L. 18/1979) di dimensione sovra regionale.
Per approfondimenti sulla normativa italiana in materia si rimanda al capitolo II del presente dossier.
In tutti gli Stati membri l'età prevista per esercitare il diritto di voto è 18 anni, tranne in Austria e Malta (16 anni) e in Grecia (17 anni).
Il voto è obbligatorio in cinque Stati membri (Belgio, Bulgaria, Lussemburgo, Cipro e Grecia); l'obbligo si applica tanto ai cittadini dello Stato membro quanto ai cittadini di altri Stati membri dell'Ue registrati.
Per quanto riguarda il voto dei cittadini di altri Stati membri nel Paese ospitante, ogni cittadino dell'Unione residente in uno Stato membro di cui non è cittadino ha il diritto di voto nello Stato membro in cui risiede, alle stesse condizioni dei cittadini di tale Stato (in conformità all'articolo 22 del TFUE). La nozione di residenza varia tuttavia da uno Stato membro all'altro.
Secondo quanto riportato dallo stesso PE, alcuni Stati (Estonia, Francia, Germania, Polonia, Romania e Slovenia) richiedono il domicilio o la residenza abituale sul territorio elettorale, altri (Cipro, Danimarca, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Slovacchia, e Svezia) che vi si soggiorni abitualmente, altri ancora che si sia iscritti all'anagrafe (Belgio, Repubblica ceca). Per poter beneficiare del diritto di voto in alcuni Paesi (quali Lussemburgo e Cipro), i cittadini dell'Unione devono inoltre soddisfare il requisito di un periodo minimo di residenza. In tutti gli Stati membri i cittadini di altri Paesi dell'Unione sono tenuti a registrarsi prima del giorno delle elezioni per poter esprimere il proprio voto (il termine per la registrazione varia da uno Stato membro all'altro).
Quasi tutti gli Stati membri prevedono la possibilità di votare dall'estero alle elezioni europee[6]. Alcuni Stati membri richiedono agli elettori di registrarsi presso le autorità elettorali nazionali per poter essere ammessi a votare dall'estero per corrispondenza o presso un'ambasciata o un consolato. In altri Stati membri il voto per corrispondenza può avere luogo presso le ambasciate o i consolati. In alcuni Paesi membri il diritto di voto dall'estero è concesso solo ai cittadini che vivono in un altro Stato membro (ad esempio Bulgaria e Italia). Inoltre, la maggior parte degli Stati membri prevede disposizioni speciali per i diplomatici e il personale militare in servizio all'estero.
In base all'articolo 3 della citata direttiva 93/109/CE del Consiglio, per le elezioni al Parlamento europeo ogni cittadino dell'Unione che, pur non essendo cittadino dello Stato membro di residenza, possiede i requisiti cui la legislazione di tale Stato subordina il diritto di voto e di eleggibilità dei propri cittadini, ha il diritto di voto e di eleggibilità nello Stato membro di residenza se non è decaduto da tali diritti.
Il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo nello Stato membro di residenza costituisce anche un'applicazione del principio di non discriminazione fra i cittadini di uno Stato membro e quelli di altri Stati membri, nonché del diritto di libera circolazione e di soggiorno nel territorio dell'Ue, stabiliti dai trattati.
L'articolo 4 della direttiva 93/109/CE del Consiglio stabilisce inoltre che nessuno può presentarsi come candidato in più di uno Stato membro nel corso delle stesse elezioni.
Secondo i dati riportati dal PE, a prescindere dal requisito della cittadinanza di uno Stato membro, comune a tutti gli Stati membri, le condizioni di eleggibilità variano da uno Stato membro all'altro. L'età minima per candidarsi alle elezioni è di 18 anni nella maggior parte degli Stati membri; fanno eccezione il Belgio, la Bulgaria, Cipro, la Repubblica ceca, l'Estonia, l'Irlanda, la Lettonia, la Lituania, la Polonia e la Slovacchia (21 anni), la Romania (23 anni), l'Italia e la Grecia (25 anni).
Per quanto concerne le modalità di candidatura, in alcuni Stati membri solo le organizzazioni e i partiti politici possono presentare candidature; in altri Stati membri per la presentazione delle candidature occorre raccogliere un certo numero di firme o raggruppare un certo numero di elettori; in taluni casi è richiesto il versamento di una cauzione.
In Italia, l'articolo 12 della legge n. 18 del 1979 prevede che le liste dei candidati debbano essere presentate, per ciascuna circoscrizione, alla cancelleria della corte d'appello presso la quale è costituito l'ufficio elettorale circoscrizionale, dalle ore 8 del quarantesimo giorno alle ore 20 del trentanovesimo giorno antecedenti quello della votazione. Le liste dei candidati devono essere sottoscritte da non meno di 30.000 e non più di 35.000 elettori.
Nella maggior parte degli Stati membri, gli elettori possono attribuire voti di preferenza per modificare l'ordine di lista dei candidati. Tuttavia, in sei Stati membri (Germania, Spagna, Francia, Portogallo, Ungheria e Romania), le liste sono chiuse (l'attribuzione di voti di preferenza non è possibile). A Malta e in Irlanda l'elettore ordina i candidati della lista per preferenza (voto singolo trasferibile).
Ai sensi dell'articolo 14 della legge n. 18 del 1979, in Italia l'elettore può esprimere fino a tre preferenze. Nel caso di più preferenze espresse, queste devono riguardare candidati di sesso diverso, pena l'annullamento della seconda e della terza preferenza.
In alcuni Stati membri il seggio resosi vacante è assegnato al primo dei non eletti della stessa lista (se del caso previo adeguamento in funzione dei voti ottenuti dai candidati). In altri Stati membri i seggi vacanti sono attribuiti a supplenti e, qualora non vi siano supplenti, il criterio decisivo è costituito dall'ordine di lista dei candidati. In alcuni Stati membri, i deputati al Parlamento europeo hanno il diritto di tornare a far parte del Parlamento europeo una volta venuto meno il motivo che li aveva indotti a rimettere il mandato.
In Italia, l'articolo 41 della legge n. 18 del 1979 prevede che il seggio vacante, per qualsiasi causa, durante lo svolgimento del mandato, sia attribuito al candidato che nella stessa lista e circoscrizione elettorale segue immediatamente l'ultimo eletto.
Conformemente all'articolo 10 e all'articolo 11 dell'Atto elettorale del 1976, quale modificato, le elezioni del Parlamento europeo si tengono in uno stesso lasso di tempo compreso fra la mattina del giovedì e la domenica successiva; la data e le ore esatte sono fissate da ciascuno Stato membro.
Nel 1976 il Consiglio, deliberando all'unanimità, previa consultazione del Parlamento europeo, ha fissato il periodo elettorale per le prime elezioni del 1979. Le elezioni successive al 1979 si sono svolte nel periodo corrispondente durante l'ultimo anno del quinquennio di cui all'articolo 5 dell'Atto elettorale.
Per quanto concerne le elezioni del 2014, il Consiglio, con decisione del 14 giugno 2013, ne ha spostato le date, originariamente fissate per giugno, al 2225 maggio, al fine di evitare che coincidessero con le vacanze di Pentecoste, in applicazione dell'articolo 11 che sancisce quanto segue: “qualora si riveli impossibile tenere le elezioni [...] nel corso di detto periodo, il Consiglio, che delibera all'unanimità, previa consultazione del Parlamento europeo, fissa, almeno un anno prima della fine del periodo quinquennale di cui all'articolo 5, un altro periodo elettorale che, al massimo, può essere anteriore di due mesi o posteriore di un mese al periodo di cui al comma precedente. Le elezioni successive si svolgono nel periodo corrispondente durante l'ultimo anno del quinquennio” (articolo 11 dell'Atto elettorale). Le elezioni del 2019 hanno pertanto avuto luogo durante la settimana dal 23 al 26 maggio. Per approfondimenti sulla normativa italiana in materia di elezioni europee si rimanda al capitolo II del presente dossier.
Come sopra ricordato, spetta al Parlamento europeo eleggere il Presidente della Commissione europea[7].
L'articolo 17, paragrafo 7, del TUE stabilisce infatti che “tenuto conto delle elezioni del Parlamento europeo e dopo aver effettuato le consultazioni appropriate, il Consiglio europeo, deliberando a maggioranza qualificata, propone al Parlamento europeo un candidato alla carica di presidente della Commissione. Tale candidato è eletto dal Parlamento europeo a maggioranza dei membri che lo compongono. Se il candidato non ottiene la maggioranza, il Consiglio europeo, deliberando a maggioranza qualificata, propone entro un mese un nuovo candidato, che è eletto dal Parlamento europeo secondo la stessa procedura”.
In vista delle elezioni del 2014, il Parlamento europeo ha approvato nel 2012 una risoluzione in cui espressamente invitava i partiti politici europei a “nominare candidati alla presidenza della Commissione”, secondo il cosiddetto sistema degli Spitzenkandidaten, in modo tale che questi potessero svolgere “un ruolo guida nell'ambito della campagna elettorale parlamentare, in particolare presentando personalmente il loro programma in tutti gli Stati membri dell'Unione”, e si instaurasse un “collegamento più diretto tra le rispettive elezioni e la scelta dei votanti”.
Tale posizione è stata ribadita nella decisione del Parlamento europeo del 7 febbraio 2018 sulla revisione dell'accordo quadro sulle relazioni fra il Parlamento europeo e la Commissione europea, in cui il PE ha fra l'altro affermato l'intenzione di “respingere qualsiasi candidato, nella procedura d'investitura del Presidente della Commissione, che non sia stato nominato Spitzenkandidat in vista delle elezioni europee” [8].
RIFORMA DELLA LEGGE ELETTORALE DELL’UNIONE EUROPEA
L'esigenza di una riforma della legge elettorale europea nasce dal fatto che, benché la possibilità di mettere a punto una procedura elettorale uniforme basata sul suffragio universale diretto fosse sancita nei trattati istitutivi già dal 1957[9], le elezioni europee sono ancora disciplinate da leggi nazionali.
La base giuridica per la riforma della procedura elettorale è contenuta all'articolo 223 del TFUE, il quale stabilisce che:
· il Parlamento europeo elabora un progetto volto a stabilire le disposizioni necessarie per permettere l'elezione dei suoi membri a suffragio universale diretto, secondo una ‘procedura uniforme’ in tutti gli Stati membri o secondo ‘principi comuni’ a tutti gli Stati membri;
· a sua volta il Consiglio, deliberando all'unanimità secondo una procedura legislativa speciale e previa approvazione del Parlamento europeo che si pronuncia alla maggioranza dei membri che lo compongono, stabilisce le disposizioni necessarie;
· tali disposizioni entrano in vigore previa approvazione degli Stati membri, conformemente alle rispettive norme costituzionali.
La proposta di riforma della procedura elettorale del Parlamento europeo è stata avanzata con l'obiettivo di accrescere la dimensione democratica e sovranazionale delle elezioni europee e la legittimazione democratica del processo decisionale dell'Unione, nonché per rafforzare il concetto di cittadinanza dell'Unione, migliorare il funzionamento del Parlamento europeo e la governance dell'Unione, conferire maggiore legittimità e maggiori poteri legislativi all'attività del Parlamento europeo, rafforzare i principi di uguaglianza elettorale e pari opportunità, potenziare l'efficacia del sistema per lo svolgimento delle elezioni europee e avvicinare i membri del Parlamento europeo ai loro elettori, in particolare a quelli più giovani[10].
Nella sua risoluzione del 26 novembre 2020 sul bilancio delle elezioni europee, il Parlamento europeo ha raccomandato di esaminare - citando fra l'altro la Conferenza sul futuro dell'Europa - i punti seguenti al fine di migliorare il processo elettorale europeo:
· nuovi metodi di votazione a distanza per i cittadini durante le elezioni europee in circostanze specifiche o eccezionali;
· norme comuni di ammissione dei candidati alle elezioni e norme comuni in materia di campagne e finanziamento;
· norme armonizzate per i diritti di elettorato attivo e passivo in tutti gli Stati membri, compresa una riflessione sull'abbassamento a 16 anni dell'età minima per votare in tutti gli Stati membri;
· disposizioni concernenti i periodi di assenza dei deputati, ad esempio in caso di congedo di maternità, congedo parentale o malattia grave.
Da ultimo, nella risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 3 maggio 2022 sulla riforma della legge elettorale dell'Unione europea (2020/2220 INL), presentata dalla Commissione AFCO (relatore: Domènec Ruiz Devesa[11]), viene evidenziato che, nonostante alcuni progressi nella definizione di criteri comuni per le procedure elettorali del Parlamento europeo, attualmente le elezioni europee continuano a essere disciplinate soprattutto dalle leggi nazionali. La risoluzione sottolinea dunque la necessità di ‘ulteriori miglioramenti’ al fine di istituire una vera procedura uniforme per le elezioni europee.
Il PE propone la riforma della propria procedura elettorale allo scopo di “sviluppare, concretamente, una sfera pubblica europea”, suggerendo norme minime comuni e modifiche legislative, in vista delle elezioni europee del 2024.
In particolare, nella proposta di regolamento del Consiglio allegata alla risoluzione legislativa, il PE chiede di abrogare l'Atto relativo all'elezione dei membri del Parlamento europeo, al fine di:
· migliorare la trasparenza e la responsabilità democratica del Parlamento rafforzando la dimensione europea delle elezioni, in particolare attraverso l'istituzione di una circoscrizione a livello dell'Unione, invece della somma di 27 elezioni nazionali distinte, come avviene attualmente;
· far sì che i movimenti e i partiti politici europei svolgano un ruolo più incisivo nel processo elettorale europeo e siano ben visibili agli elettori;
· istituire norme minime comuni in vista di una legge elettorale europea che potrà garantire l'uguaglianza dei cittadini dell'Unione, anche per quanto riguarda il diritto di registrare un partito e di candidarsi alle elezioni, l'accesso alle urne, la presentazione dei candidati e l'accessibilità al voto;
· istituire un quadro comune, con parametri di riferimento e criteri minimi per le norme elettorali applicabili in tutta l'Unione europea;
· rendere la parità di genere un elemento fondamentale per migliorare la rappresentanza alle elezioni (il PE chiede, fra l'altro, l'introduzione di misure che assicurino pari opportunità per donne e uomini di essere eletti senza violare i diritti delle persone non binarie, avvalendosi di liste chiuse o quote, considerando che la procedura per la designazione dei candidati alle elezioni del Parlamento europeo varia notevolmente da uno Stato membro all'altro e da un partito all'altro);
· far sì che i movimenti e i partiti politici europei e nazionali adottino procedure democratiche, informate e trasparenti per la selezione dei candidati al Parlamento europeo, compreso il candidato capolista, garantendo la partecipazione diretta dei singoli cittadini iscritti ai partiti. Il PE ritiene che tutti gli elettori europei dovrebbero poter indicare il loro candidato preferito alla carica di presidente della Commissione e che i candidati capilista, designati da un partito politico europeo, un movimento o una coalizione di partiti europei che propongono un programma elettorale comune, dovrebbero essere eleggibili in tutti gli Stati membri. Invita dunque i movimenti e i partiti politici europei a designare i propri candidati (o i candidati comuni di una coalizione di movimenti e partiti europei) alla carica di presidente della Commissione almeno dodici settimane prima dell'inizio del periodo elettorale[12].
Il PE ritiene che i leader dei partiti politici e dei gruppi parlamentari europei dovrebbero concordare un'indicazione comune per il Consiglio europeo, sulla base dell'esito delle elezioni europee e della disponibilità di una maggioranza potenziale in seno al Parlamento neoeletto, per quanto riguarda la designazione di un candidato alla presidenza della Commissione europea. Il presidente del Consiglio europeo dovrebbe consultare altresì i leader dei partiti politici e dei gruppi parlamentari europei, per garantire una procedura di designazione informata (questo processo potrebbe essere formalizzato mediante un accordo politico fra i partiti politici europei e un accordo interistituzionale fra il Parlamento e il Consiglio europeo);
· migliorare la visibilità dei movimenti e partiti europei nelle campagne mediatiche, nonché sulle schede elettorali e in tutto il materiale elettorale;
· istituire la prassi di concludere un “accordo di legislatura” fra i gruppi parlamentari interessati, al fine di assicurare un seguito politico alle elezioni europee e di ottenere una maggioranza in seno al Parlamento in vista della nomina della Commissione;
· creare una circoscrizione elettorale comune in cui siano eletti 46 membri del Parlamento europeo e in cui i capilista siano i candidati di ciascuna famiglia politica alla carica di presidente della Commissione.
· Il PE sottolinea al riguardo che l'obiettivo di istituire una circoscrizione comune si potrà realizzare soltanto se verrà assicurato l'equilibrio geografico, demografico e di genere, e se si garantirà che gli Stati membri di dimensioni limitate non vengano a trovarsi in una posizione di svantaggio competitivo rispetto a quelli più grandi (a questo proposito, suggerisce di introdurre una rappresentanza demografica vincolante nelle liste per la circoscrizione elettorale comune, quali soglie massime per i candidati che risiedono nello stesso Stato membro e una rappresentanza minima obbligatoria di cittadini di diversi Stati membri). Il PE sottolinea inoltre che le liste transnazionali fungeranno da leva che si potrà utilizzare per favorire la formazione di veri e propri movimenti e partiti politici europei;
· inserire disposizioni comuni per disciplinare le spese legate alla campagna elettorale europea;
· introdurre un'età unica armonizzata per l'elettorato passivo e attivo in tutti gli Stati membri;
· informare i cittadini, dodici settimane prima delle elezioni, sui candidati che si presenteranno alle elezioni europee e sull'affiliazione dei partiti politici nazionali a un partito politico europeo;
· fissare un termine comune per la costituzione e il completamento degli elenchi elettorali nazionali che non superi le quattordici settimane prima del giorno delle elezioni, al fine di rendere più accurate le informazioni sugli elettori iscritti nonché agevolare la prevenzione del doppio voto e assicurare che, a prescindere dal fatto che sia dovuto a un errore amministrativo o alla violazione della legge elettorale, il doppio voto sia oggetto di “sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive” a livello nazionale e di misure correttive da parte degli Stati membri;
· istituire un'autorità elettorale europea incaricata di coordinare le informazioni sulle elezioni europee, monitorare l'applicazione delle norme comuni della legge elettorale europea e vigilare sullo scambio di informazioni sul voto dei cittadini dell'Unione al di fuori del loro Paese di origine;
· definire norme minime comuni allo scopo di introdurre requisiti uniformi per la costituzione delle liste elettorali;
· facilitare l'accesso al voto nelle elezioni europee e garantire che tutti i cittadini dell'Unione, compresi quelli che risiedono o lavorano al di fuori del loro Paese d'origine, le persone senza dimora, i detenuti (purché tale diritto sia loro riconosciuto ai sensi della legislazione nazionale) e, in particolare, le persone con disabilità abbiano la facoltà e siano in grado di esercitare il loro diritto di voto;
· invitare gli Stati membri a introdurre requisiti comuni che consentano di riconoscere a tutti i cittadini dell'Unione che vivono o lavorano in un Paese terzo il diritto di esprimere il loro voto nelle elezioni del Parlamento europeo; introdurre il voto per corrispondenza per gli elettori che non siano in grado di recarsi ai seggi elettorali il giorno delle elezioni. Il PE invita gli Stati membri a valutare la possibilità di introdurre ulteriori strumenti complementari, come il voto elettronico o via internet;
· fissare il 9 maggio come giornata elettorale europea, indipendentemente dal giorno della settimana in cui cada, con la possibilità di istituire una festività pubblica in tale data;
· assicurare che, dopo ogni elezione, sia redatta una relazione di esecuzione al fine di valutare il funzionamento delle elezioni europee.
Nella relazione sullo stato di avanzamento dei lavori, presentata il 2 dicembre 2022 dal Segretariato del Consiglio, si indicava che nelle discussioni in seno a tale Istituzione non vi era unanimità a favore della proposta del Parlamento europeo nella sua forma attuale. Infatti la maggioranza delle delegazioni era chiaramente contraria alle principali innovazioni proposte dal Parlamento europeo, con particolare riguardo al rispetto dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità per quanto concerne le disposizioni che intendono istituire una procedura elettorale uniforme in tutti gli Stati membri.
Il Consiglio dell’Unione Europea, nella sezione “Affari generali”, ha affrontato a più riprese il dibattito relativo alla riforma del sistema elettorale europeo. Questo tema, oggetto di una risoluzione legislativa del Parlamento europeo, ha promosso ulteriori riflessioni e discussioni al fine di raggiungere l’unanimità dei consensi anche in sede di Consiglio.
La Presidenza svedese, che ha diretto i lavori del Consiglio dell’Unione tra gennaio e giugno 2023, ha continuato a discutere sulle proposte di modifica della legge elettorale dell'UE. Nel corso della riunione del 22 maggio 2023, il Consiglio ha deciso che le prossime elezioni del Parlamento europeo si terranno dal 6 al 9 giugno 2024.
Inoltre, anche a seguito delle sollecitazioni impresse dal Parlamento europeo per un riavvio dei lavori del Consiglio, la Presidenza svedese ha inviato il 30 marzo 2023 un questionario volto a rilevare le posizioni degli Stati membri, verificando per ciascun tema della proposta di riforma elettorale: a) la completa indisponibilità a considerarne l'attuazione; b) la disponibilità verso un nuovo esame; c) l'adesione.
Dalle risposte acquisite, risulterebbe che le maggiori perplessità espresse da alcuni Stati riguarderebbero l’insufficiente chiarezza del progetto di riforma in ordine ai principi di sussidiarietà e di proporzionalità, oltre che la significatività dell’impatto finanziario del progetto sia a livello unionale, sia a livello nazionale. Inoltre, risulterebbe una ferma opposizione nei confronti del sistema dello Spitzenkandidaten e delle liste transazionali, oltre che nei confronti della istituzione di un’autorità elettorale europea, del cui assetto ordinamentale si evidenzierebbe una certa indefinitezza.
Risulterebbe, inoltre, una ferma opposizione circa l’età degli elettori e quella minima per i candidati e ci rileverebbero alcune criticità in relazione alle modalità di voto per corrispondenza e alle quote legate al genere.
Altri ulteriori elementi di opposizione sarebbero riconducibili al giorno delle elezioni ed a numerosi aspetti organizzativi, con particolare riferimento alla campagna elettorale.
Inoltre risulterebbe necessario per buona parte degli Stati membri maggiori approfondimenti e discussioni sulle soglie elettorali e sulla la verifica delle credenziali.
Tra gli elementi che invece risultano più largamente e maggiormente condivisi, risulterebbe la proposta di soglia di sbarramento per i partiti politici europei, fissata al 5%, la costituzione di collegi elettorali unici, nonché il finanziamento della campagna elettorale degli enti elettorali europei. Inoltre, si risulterebbe una convergenza di opinioni dei Paesi membri relativamente all’istituzione del 9 maggio come giorno festivo.
Nel corso della riunione del Consiglio del 27 giugno 2023, l’ultima presieduta dalla Svezia, è stato ripreso il dibattito sulla proposta di riforma della legge elettorale. Nel corso di questa riunione sono stati discussi gli esiti dei risultati del citato sondaggio.
Vari ministri hanno sottolineato l'importanza di rispettare le specificità di ciascun paese nell'organizzazione delle elezioni e hanno espresso riserve in merito alla prospettata armonizzazione dei processi elettorali in tutta l'UE, sottolineando la necessità di mantenere forme di flessibilità che rispettino i sistemi elettorali nazionali, spesso ancorati a tradizioni di lungo periodo. Le maggiori difficoltà sono state rilevate in relazione alle proposte concernenti il sistema dei candidati principali e la circoscrizione elettorale a livello di UE basata su liste transnazionali.
Nella medesima seduta del Consiglio Affari generali, la Presidenza spagnola entrante ha espresso l'intenzione di proseguire i lavori sulla proposta di revisione della legge elettorale europea sulla base dei risultati dell'indagine.
(a cura del Servizio Studi della Camera dei deputati)
Il sistema elettorale in sintesi
In Italia, la disciplina del sistema elettorale delle elezioni europee è contenuta nella L. 18/1979, modificata e integrata da provvedimenti legislativi successivi, tra cui la L. 10/2009, che ha introdotto una soglia di sbarramento, e la L. 65/2014, sulla rappresentanza di genere.
In sintesi, si tratta di un sistema elettorale proporzionale con soglia di sbarramento del 4% e possibilità di voto di preferenza; i seggi sono assegnati nel collegio unico nazionale, a liste concorrenti presentate nell’ambito delle 5 circoscrizioni territoriali nelle quali è diviso il territorio nazionale.
Il diritto di voto è esercitato dai cittadini con almeno 18 anni di età, mentre per candidarsi l’età minima è di 25 anni.
Le candidature si presentano nell'ambito di 5 circoscrizioni di dimensione sovra regionale; un candidato può presentarsi in più circoscrizioni.
Le liste dei candidati devono essere sottoscritte da non meno di 30.000 e non più di 35.000 elettori. In ogni regione della circoscrizione devono essere raccolte almeno 3.000 firme. Sono esonerati dall’obbligo di sottoscrizione i partiti politici che hanno almeno un rappresentante al Parlamento europeo o al Parlamento nazionale, eletti con il proprio contrassegno, e i partiti costituiti in gruppo parlamentare in una delle due Camere al momento della convocazione dei comizi elettorali.
La scheda elettorale è unica, si vota per una delle liste e si possono esprimere da una a tre preferenze. Nel caso di più preferenze espresse, queste devono riguardare candidati di sesso diverso, pena l’annullamento della seconda e terza preferenza.
Sono ammesse all’assegnazione dei seggi le liste che hanno conseguito sul piano nazionale almeno il 4% dei voti validi espressi. I seggi sono attribuiti proporzionalmente ai voti conseguiti in ambito nazionale con il sistema dei quozienti interi e dei maggiori resti. I seggi conseguiti da ciascuna lista sono quindi riassegnati alle circoscrizioni in proporzione ai voti ottenuti in ciascuna di esse. Determinato il numero dei seggi spettanti alla lista in ciascuna circoscrizione, sono proclamati eletti i candidati con il maggior numero di voti di preferenza.
Le fonti normative riguardanti l’elezione dei rappresentanti al Parlamento europeo sono costituite dall’Atto del 20 settembre 1976 e dalla legge 24 gennaio 1979, n. 18 e successive modificazioni ed integrazioni.
L’Atto relativo all’elezione dei rappresentanti nell’Assemblea a suffragio universale diretto, firmato a Bruxelles il 20 settembre 1976, allegato alla decisione del Consiglio 76/787/CECA, CEE, Euratom (c.d. Atto di Bruxelles,
ratificato dall’Italia con la legge 6 aprile 1977, n. 150), ha sancito l’elezione diretta del Parlamento europeo. L’Atto fissa alcuni princìpi comuni sulla durata del mandato, lo status, le incompatibilità e la verifica dei poteri del parlamentare europeo, rimettendo alle disposizioni nazionali di ciascuno Stato membro la puntuale disciplina del sistema elettorale.
I membri italiani del Parlamento europeo sono eletti su base circoscrizionale. A tale scopo, il territorio nazionale è diviso in cinque circoscrizioni elettorali (indicate nella Tabella A della L. 18/1979).
Le circoscrizioni sono le seguenti:
I. ITALIA NORD OCCIDENTALE: Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Lombardia
II. ITALIA NORD-ORIENTALE: Veneto, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna
III. ITALIA CENTRALE: Toscana, Umbria, Marche, Lazio
IV. ITALIA MERIDIONALE: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria
V. ITALIA INSULARE: Sardegna, Sicilia
L’assegnazione del numero dei seggi alle singole circoscrizioni è effettuata dividendo il numero degli abitanti della Repubblica, quale risulta dall’ultimo censimento generale della popolazione, per il numero dei membri spettante all’Italia e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti (art. 2, L. 18/1979).
Le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo hanno luogo ogni cinque anni, nello stesso arco temporale (compreso tra il giovedì mattina e la domenica sera) in tutti gli Stati membri. Ciascuno Stato membro determina, nell’ambito di tale periodo, le date e le ore destinate alla consultazione elettorale (artt. 9 e 10 dell’Atto di Bruxelles).
I comizi per l’elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia sono convocati con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Il decreto deve essere pubblicato nella Gazzetta Ufficiale non oltre il 50° giorno antecedente quello della votazione (art. 7, commi primo e secondo, L. 18/1979).
Il diritto di voto può essere esercitato dai cittadini italiani che abbiano compiuto il 18° anno di età entro il giorno fissato per le elezioni nel territorio nazionale e risultino iscritti nelle liste elettorali (art. 3, primo comma, L. 18/1979).
Possono inoltre votare per l’elezione dei rappresentanti italiani al Parlamento europeo i cittadini degli altri Stati membri dell’Unione europea residenti in Italia che abbiano presentato, entro il 90° giorno antecedente la data delle elezioni, una richiesta in tal senso al sindaco del comune di residenza e abbiano ottenuto l’iscrizione nella apposita lista elettorale del comune italiano di residenza (art. 3, secondo comma, L. 18/1979).
Nella domanda di iscrizione deve essere dichiarato, tra l’altro, il possesso della capacità elettorale nello Stato di origine e l’assenza di provvedimenti giudiziari, penali o civili, che comportino, per lo stesso Stato di origine, la perdita dell’elettorato attivo (art. 2, comma 2, D.L. 408/1994).
Gli elettori italiani che hanno stabilito la propria residenza in uno degli Stati membri dell’Unione europea diverso dall’Italia, possono esercitare in loco il diritto di voto, partecipando all’elezione dei candidati al Parlamento europeo ivi presentatisi. Nel caso in cui non intendano avvalersi di tale facoltà, essi possono votare, nello Stato in cui risiedono, per l’elezione dei rappresentanti dell’Italia al Parlamento europeo, recandosi presso le sezioni elettorali italiane appositamente istituite presso le sedi consolari italiane o in altre sedi idonee (art. 3, comma 1, D.L. 408/1994).
Quest’ultima facoltà è prevista anche per gli elettori italiani (e per i loro familiari conviventi) comunque presenti per motivi di studio o di lavoro negli Stati membri dell’Unione. Per poterne usufruire, essi devono fare pervenire ai consolati competenti la richiesta di esprimere il proprio voto all’estero entro l’80° giorno precedente lo svolgimento della consultazione elettorale. La domanda è rivolta al sindaco del comune nelle cui liste elettorali questi elettori sono iscritti; il sindaco provvede al successivo inoltro al Ministero dell’interno (art. 3, comma 3, D.L. 408/1994).
Possono essere eletti alla carica di rappresentante dell’Italia al Parlamento europeo i cittadini italiani che siano titolari del diritto di elettorato attivo e abbiano compiuto il 25° anno di età entro il giorno fissato per le elezioni che hanno luogo nel territorio nazionale. Sono eleggibili alla stessa carica anche i cittadini degli altri Stati membri dell’Unione europea in possesso dei requisiti di eleggibilità al Parlamento europeo previsti dalle rispettive disposizioni nazionali (art. 4, commi primo e secondo, L. 18/1979).
I candidati dei Paesi comunitari diversi dall’Italia devono presentare alla corte di appello del capoluogo della circoscrizione, all’atto del deposito della lista dei candidati, oltre alla documentazione richiesta per i candidati nazionali, un’apposita dichiarazione con la quale si impegnano a non candidarsi per la stessa elezione del Parlamento europeo in alcun altro Stato dell’Unione (art. 2, comma 6, D.L. 408/1994).
La presentazione delle liste dei candidati è effettuata per ogni circoscrizione fra le ore 8 del 40° giorno e le ore 20 del 39° giorno antecedenti quello della votazione presso la cancelleria della Corte d’appello sede dell’ufficio elettorale circoscrizionale (art. 12, primo comma, L. 18/1979).
Ciascuna lista deve essere presentata dai rappresentanti dei partiti e dei gruppi politici organizzati, allo scopo designati all’atto del deposito del contrassegno di lista, con una apposita dichiarazione sottoscritta da almeno 30.000 e non più di 35.000 elettori, dei quali almeno 3.000 devono risultare iscritti nelle liste elettorali di ogni regione della circoscrizione (art. 12, secondo e terzo comma, L. 18/1979).
Le sottoscrizioni non sono richieste (art. 12, quarto comma, L. 18/1979) per:
· i partiti e i gruppi politici che siano costituiti in gruppo parlamentare nella legislatura nazionale in corso al momento della convocazione dei comizi anche in una sola delle Camere o che nell’ultima elezione politica nazionale abbiano presentato candidature con proprio contrassegno e abbiano ottenuto almeno un seggio in una delle due Camere;
· i partiti o gruppi politici che nelle elezioni precedenti abbiano ottenuto almeno un seggio al Parlamento europeo;
· i partiti o gruppi politici che, nell’ultima elezione della Camera dei deputati, abbiano presentato liste per l’attribuzione dei seggi nella quota proporzionale anche quando non abbiano ottenuto alcun seggio, purché a tali liste si sia collegato, pur sotto un diverso contrassegno, un candidato risultato eletto in un collegio uninominale;
· le liste contraddistinte da un contrassegno composito, nel quale sia contenuto quello di un partito o gruppo politico che sia esente dall’onere di sottoscrizione delle candidature.
Per i partiti o gruppi politici espressi dalle minoranze di lingua francese della Valle d’Aosta, di lingua tedesca della provincia di Bolzano e di lingua slovena del Friuli-Venezia Giulia, è prevista la possibilità di collegarsi con altra lista della stessa circoscrizione presentata da partito o gruppo politico che risulti presente in tutte le circoscrizioni con lo stesso contrassegno (art. 12, nono comma, L. 18/1979).
Ciascuna lista deve essere composta di un numero di candidati non inferiore a tre e non maggiore del numero di parlamentari europei da eleggere
nella circoscrizione e all’atto della presentazione, in ciascuna lista, i candidati dello stesso sesso non possono essere superiori alla metà, con arrotondamento all’unità e che i primi due candidati della lista devono essere di sesso diverso (art. 12, ottavo comma, L. 18/1979).
Ogni candidato può presentarsi in una o più circoscrizioni (anche in tutte), a condizione che indichi espressamente, nella dichiarazione di accettazione della candidatura, che si è presentato in altre circoscrizioni e che specifichi quali sono (art. 12, settimo comma, L. 18/1979).
Nessun candidato può comunque essere compreso in liste aventi contrassegni diversi (art. 12, sesto comma, L. 18/1979).
L’elettore ha a disposizione una sola scheda, di colore diverso per ciascuna circoscrizione, che riproduce i contrassegni di tutte le liste ammesse. L’ordine dei contrassegni è quello stabilito mediante sorteggio dall’ufficio elettorale circoscrizionale (art. 15, L. 18/1979).
L’elettore può votare soltanto per una delle liste presentate nella circoscrizione e può esprimere la propria preferenza per uno o più candidati; il numero massimo delle preferenze esprimibili è pari a tre; per i candidati presenti nelle liste di minoranze linguistiche collegate può essere espressa una preferenza soltanto. Nel caso di espressione di due o tre preferenze, queste devono riguardare candidati di sesso diverso, pena l’annullamento della seconda e della terza preferenza (art. 14, L.18/1979).
Gli elettori votano dalle ore 7 alle ore 23 della domenica fissata per la votazione (art. 1, comma 399, L. 147/2013).
Le operazioni di scrutinio hanno inizio subito dopo la chiusura della votazione, devono essere proseguite senza interruzione e completate entro 12 ore dal loro inizio (art. 16, terzo comma, L. 18/1979).
L’Atto di Bruxelles fissa alcuni principi comuni sull’elezione dei membri del Parlamento europeo, tra i quali un’opzione a favore del “carattere proporzionale del voto”, e rimette alle disposizioni nazionali di ciascuno Stato membro la puntuale disciplina del sistema elettorale.
L’Italia ha adottato un sistema elettorale proporzionale accompagnato (dal 2009) da una soglia di sbarramento pari al 4%.
I seggi sono attribuiti a liste di candidati presentate nelle cinque circoscrizioni, con riparto dei seggi in sede di Collegio unico nazionale.
Il riparto dei seggi tra le liste è effettuato in ambito nazionale con il metodo del quoziente naturale e dei maggiori resti. Il procedimento per l’assegnazione dei seggi è il seguente (art. 21, L. 18/1979):
· si determina la cifra elettorale nazionale di ciascuna lista sommando i voti riportati nelle singole circoscrizioni;
· si individuano le liste che hanno conseguito a livello nazionale almeno il 4% dei voti validi espressi;
· si sommano quindi le cifre elettorali nazionali delle liste ammesse al riparto dei seggi e si divide il totale così ottenuto per il numero complessivo dei seggi da assegnare, ottenendo il quoziente elettorale nazionale;
· il numero dei seggi attribuiti a ciascuna lista è il risultato della divisione della cifra elettorale nazionale della lista per il quoziente elettorale nazionale; in tale fase si tiene conto della sola parte intera del quoziente;
· i seggi ancora da attribuire dopo tali operazioni sono assegnati alle liste per le quali l’ultima divisione ha dato maggiori resti e, in caso di parità di resti, a quelle liste che abbiano avuto la maggior cifra elettorale nazionale. A parità di cifra elettorale nazionale si procede per sorteggio. Si considerano resti ai fini dell’attribuzione dei seggi anche le cifre elettorali nazionali di quelle liste che non hanno raggiunto un quoziente elettorale nazionale pieno.
Si procede quindi alla distribuzione dei seggi assegnati a ciascuna lista nelle circoscrizioni:
· a tal fine si divide la cifra elettorale nazionale di ciascuna lista per il totale dei seggi già attribuiti alla lista stessa con il meccanismo sopra descritto, ottenendo così il quoziente elettorale di lista;
· il numero dei seggi spettanti alla lista nelle singole circoscrizioni è dato dalla divisione della cifra elettorale circoscrizionale della lista per il quoziente elettorale di lista;
· i seggi che eventualmente rimangono ancora da distribuire sono assegnati nelle circoscrizioni per le quali le ultime divisioni hanno dato i maggiori resti e, a parità di questi, nelle circoscrizioni che hanno fatto registrare la maggiore cifra elettorale circoscrizionale. A parità di quest’ultima si procede per sorteggio.
Sono proclamati eletti, nell’ambito di ciascuna lista, i candidati che hanno riportato il maggior numero di preferenze. Nel caso di candidati che abbiano ottenuto un eguale numero di preferenze, prevale l’ordine di presentazione nella lista.
Per favorire la possibilità delle minoranze linguistiche più numerose e concentrate in alcune zone del Paese (cioè le minoranze di lingua francese della Valle d’Aosta, di lingua tedesca della provincia di Bolzano e di lingua slovena del Friuli-Venezia Giulia) di eleggere propri rappresentanti al Parlamento
europeo, la legge, come già accennato, prevede che le liste di candidati presentate da partiti o gruppi che siano espressione di queste minoranze possano collegarsi con un’altra lista della stessa circoscrizione presentata da un partito o gruppo politico presente in tutte le circoscrizioni con lo stesso contrassegno (art. 12, comma nono, L. 18/1979).
Per l’assegnazione dei seggi nelle circoscrizioni in cui sia presente tale collegamento si provvede, nell’ambito del gruppo di liste venutosi a formare, a disporre, in un’unica graduatoria, i candidati delle liste collegate. Si proclamano eletti, nei limiti dei seggi ai quali il gruppo ha diritto, i candidati che hanno ottenuto le cifre elettorali più elevate. Tuttavia, nel caso in cui con questo sistema non risulti eletto alcun candidato della lista di minoranza linguistica collegata, l’ultimo seggio viene assegnato a quello, tra i candidati di minoranza linguistica, che abbia ottenuto la maggiore cifra elettorale, purché essa non sia inferiore a 50.000 (art. 22, commi secondo e terzo, L. 18/1979).
I candidati eletti in più circoscrizioni devono dichiarare all’Ufficio elettorale nazionale, entro otto giorni dall’ultima proclamazione, quale circoscrizione scelgono. In assenza dell’opzione, l’Ufficio elettorale nazionale procede mediante sorteggio. Il presidente dell’Ufficio elettorale nazionale proclama quindi eletto in surrogazione il candidato che segue immediatamente l’ultimo eletto nella lista della circoscrizione che non è stata scelta o sorteggiata. Il seggio che rimanga vacante per qualsiasi causa durante lo svolgimento del mandato, è attribuito dall’Ufficio elettorale nazionale al candidato che nella stessa lista e circoscrizione segue immediatamente l’ultimo eletto (art. 41, L. 18/1979).
La Camera dei deputati il 4 luglio 2023 ha approvato il progetto di legge n.115 (che assorbe C.88, C.424, C.769 e C.907), in materia di esercizio del diritto di voto in un comune situato in una regione diversa da quella del comune di residenza. Il disegno di legge consente a coloro che hanno temporaneamente il proprio domicilio in un comune situato in una regione diversa da quella in cui si trova il comune di residenza di esercitare il diritto di voto nel comune in cui sono domiciliati. Tale possibilità è prevista per le elezioni della Camera, del Senato e del Parlamento europeo, nonché in occasione dei referendum ed è riservata a coloro che sono temporaneamente domiciliati in altro comune per motivi di studio, lavoro o cura o prestazione di assistenza familiare. Gli interessati devono presentare la richiesta tramite SPID al comune di residenza e votano in seggi appositamente allestiti nel comune in cui sono domiciliati (art.3) e in un giorno antecedente a quello previsto per la votazione nel territorio nazionale (art.4).
Il 12 luglio 2023 il disegno di legge è stato trasmesso al Senato (A.S. n.787), e non ne è ancora iniziato l’esame. Al Senato sono state altresì presentate altre proposte di legge che riguardano anche le elezioni europee. Tra queste, si segnalano le proposte n.799 (non ancora assegnato) e n.258, relative all'esercizio del diritto di voto da parte delle cittadine e dei cittadini che, per motivi di studio, di lavoro o di cura, si trovano in un comune diverso da quello di residenza.
Il tema della partecipazione democratica e dell’inclusione di tutti i cittadini europei al processo elettorale è alla costante attenzione della Commissione per gli affari costituzionali (AFCO) del Parlamento europeo.
Nella riunione del 24 maggio 2023, la Commissione ha tenuto un dibattito sullo studio del Dipartimento tematico diritti dei cittadini e affari costituzionali concernente la “partecipazione dei giovani ai processi democratici europei – Come migliorare e facilitare il coinvolgimento dei giovani”.
Lo studio affronta il tema del calo di affluenza alle urne, espressione di una ormai strutturale tendenza all’astensionismo negli Stati membri dell'UE, in particolare tra le fasce più giovani degli aventi diritto al voto (oltre il 70 %).
Negli ultimi anni il divario tra gli elettori giovani e quelli più anziani si è notevolmente ampliato in tutto il mondo democratico. Inoltre, la scarsa partecipazione politica dei giovani non riguarda solo le elezioni, ma anche la politica istituzionale.
Una situazione in cui solo poche persone partecipano al processo politico o in cui determinati gruppi sono esclusi dal processo decisionale limita quindi fortemente il Sistema democratico.
L'assenza dei giovani nella politica istituzionale incide sulla rappresentanza e, conseguentemente, anche sulla formazione dell’agenda politica dei governi, che sono poco incentivati a concentrarsi su politiche a favore dei giovani.
Gli studi rivelano che la percentuale di deputati di età inferiore ai 30 anni nei parlamenti supera raramente il 2 % ed è particolarmente sfavorevole per le giovani donne.
Lo studio analizza gli strumenti che possano consentire una maggiore inclusione dei giovani alle elezioni europee, partendo proprio dalla proposta di riforma delle legge elettorale.
Tenendo conto dei processi in corso, le azioni raccomandate nello studio riguardano la fornitura di informazioni, nonché un accesso più ampio alle istituzioni democraticamente elette e ai processi politici.
Le raccomandazioni proposte includono tra l'altro:
• sostegno alle campagne di informazione e di educazione degli elettori;
• creazione di strumenti adatti ai giovani che favoriscano la condivisione di informazioni e la fornitura di feedback;
• promozione dei media dei cittadini;
• promozione di giurie giovanili, simulazioni di processi e altri modelli deliberativi;
• sostegno all'educazione mediatica e all'alfabetizzazione digitale;
• abbassamento dell'età per esercitare il diritto di voto e il diritto di eleggibilità;
• iscrizione automatica degli elettori e aggiornamento delle liste elettorali;
• promozione della partecipazione dei giovani alla gestione delle elezioni;
• creazione del voto elettronico e di altre forme alternative di voto nel proprio paese e all'estero;
• introduzione di quote giovanili e presenza dei giovani in importanti organi politici; e
• miglioramento delle procedure di consultazione e della cogestione delle questioni relative ai giovani e introduzione di meccanismi di democrazia diretta e partecipativa.
Di particolare interesse è la riunione AFCO del 7 settembre 2023, a cui fa seguito la riunione del 20 settembre 2023. In queste due occasioni, la Commissione ha discusso un progetto di relazione sul tema specifico della preparazione delle elezioni europee (2023/2016(INI)). contenete una proposta di risoluzione del Parlamento Europeo.
Per potenziare la dimensione europea delle elezioni, i correlatori propongono di adottare diversi accordi che definiscano come sviluppare la campagna elettorale in vista delle prossime elezioni europee e come procedere durante il processo postelettorale.
I correlatori sottolineano l'importanza di rafforzare la democrazia europea in occasione delle prossime elezioni, chiedendo una maggiore visibilità dei partiti politici europei, dei loro loghi e delle loro proposte nei dibattiti pubblici e nelle campagne mediatiche. Deplorano inoltre che il sistema dei candidati capilista per l'elezione del presidente della Commissione europea non sia ancora stato attuato e che non vi sia alcun legame tra la scelta degli elettori e l'elezione del Presidente della Commissione.
Ciò che viene richiesto con maggiore forza è la creazione di un chiaro quadro normativo mediante l'istituzione di un accordo interistituzionale tra il Parlamento e il Consiglio europeo sul sistema dei candidati capilista.
I correlatori hanno sottolineato che è essenziale rafforzare la partecipazione dei cittadini e garantire che tutti i cittadini dell'Unione che hanno diritto di voto e di eleggibilità, compresi i cittadini mobili dell'Unione, i cittadini con disabilità e quelli senza fissa dimora, possano effettivamente esercitare tale diritto. Ciò deve essere garantito in tutti i modi possibili, mediante l'uso di nuove tecnologie, il voto per corrispondenza e la concessione dell'accesso al voto a tutti i cittadini dell'Unione che vivono o lavorano in un paese terzo.
Infine, i correlatori sottolineano che la disinformazione e le ingerenze straniere costituiscono un grave attacco all'integrità del processo elettorale e alla democrazia europea e che, sebbene siano già state adottate alcune misure, sono necessarie maggiori garanzie.
La Commissione sta svolgendo, inoltre, un ciclo di audizioni di esperti sul tema della preparazione delle elezioni europee.
Il tema della disabilità è al centro delle politiche europee, amche in un’ottica di superamento del deficit di partecipazione democratica che investe i processi decisionali.
In particolare, la Commissione Europea ha adottato nel marzo 2021 la Strategia per i diritti delle persone con disabilità 2021-2030, al fine di migliorare la vita delle persone con disabilità, di eliminare ogni forma di discriminazione, rendendo pieno ed effettivo il godimento dei diritti fondamentali.
In vista delle elezioni europee del 2024 il Parlamento europeo ha adottato la risoluzione del 13 dicembre 2022 Verso la parità di diritti per le persone con disabilità (2022/2026(INI)), elaborata anche alla luce della relazione del 2019 del Comitato economico e sociale europeo dal titolo «La realtà del diritto di voto delle persone con disabilità alle elezioni del Parlamento europeo».
La risoluzione, alla luce anche della proposta di riforma elettorale, invita le istituzioni europee e gli Stati membri a garantire alle persone con disabilità pari opportunità di voto, campagna elettorale e candidatura alle elezioni. Sottolinea, inoltre, la necessità di garantire un accesso adeguato ai seggi elettorali e di aumentare la rappresentanza nelle liste elettorali delle persone con disabilità.
Il Parlamento Europeo ha adottato diverse risoluzioni al fine di contrastare le influenze straniere all’interno dell’UE.
Tra le piu recenti pronuncie, quella del 1° giugno scorso, con la quale il Parlamento ha adottato - con un voto a larghissima maggioranza - una risoluzione che chiede una strategia coordinata da parte dell’Unione europea per fare fronte alle influenze straniere occulte.
In seguito, il 13 luglio 2023, è stata approvata una risoluzione sulle raccomandazioni per una riforma delle norme del Parlamento europeo in materia di trasparenza, integrità, responsabilità e lotta alla corruzione.
L’atto, vista la Relazione della Commissione speciale sulle ingerenze straniere in tutti i processi democratici nell'UE, inclusa la disinformazione (INGE 2), avanza una serie di proposte, volte a rafforzare la sicurezza della democrazia europea.
Tra di esse, l'implementazione di sistemi di monitoraggio contro ingerenze straniere, la promozione della trasparenza nelle campagne elettorali, alcune sanzioni verso attori ingerenti, riforme per aumentare la trasparenza nell’attività di lobbying. Si prevede anche una maggiore cooperazione con le autorità d’intelligence e con le autorità giudiziarie degli Stati membri interessati.
Le proposte normative della Commissione europea per il rafforzamento dei diritti elettorali e della partecipazione democratica
Nel novembre 2021 la Commissione europea ha presentato un pacchetto legislativo in materia di “Democrazia e integrità delle elezioni europee”, con l’obiettivo di adottare le misure proposte in tempo tempo utile per le elezioni europee del 2024.
L’iniziativa muove innanzitutto dalla necessità di rafforzare la partecipazione democratica dei cittadini europei, presupposto findamentale per il fututo dell’Unione europea. Inoltre, le proposte della Commissione sono determinate dalla consapevolezza che, con l'avvio della trasformazione digitale, il dibattito democratico è esposto a rischi derivanti dalle interferenze elettorali e dalla diffusione di informazioni manipolatrici. Occorre pertanto tutelare i processi elettorali, in particolare al fine di mantenere le elezioni aperte e libere, preservare un dibattito democratico aperto e rendere il mondo digitale più responsabile.
Le proposte si concentrano sui seguenti aspetti:
· pubblicità politica
· finanziamento dei partiti politici
· diritti elettorali.
Si tratta di:
La revisione punta a migliorare la trasparenza dei partiti politici europei e a rafforzare il quadro per il loro finanziamento, in particolare al fine di:
· contrastare i rischi di intervento e manipolazione stranieri
· limitare gli oneri amministrativi per i partiti politici
· permettere ai partiti di assolvere più facilmente la loro missione di rappresentare la voce dei cittadini dell'UE
· rafforzare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e nei partiti politici europei
Il 15 settembre 2022 il PE ha adottato i suoi emendamenti sulla proposta di regolamento. La proposta è in discussione presso il Consiglio, che il 22 marzo 2022 ha raggiunto un accordo politico (orientamento generale parziale).
Ø Proposta di regolamento sulla trasparenza e il targeting della pubblicità politica (COM(2021)731).
Il regolamento ha come obiettivo il buon funzionamento del mercato interno della pubblicità politica. A tal fine, introduce condizioni rigorose e ammende in caso di violazioni. Nello specifico, le norme proposte prevedono che sia dichiarato chiaramente che si tratta di pubblicità politica a pagamento e che siano fornite informazioni specifiche, relative al nome dello sponsor, all'importo speso e alle fonti finanziarie utilizzate.
Allo stesso tempo, l’utilizzazione o la sola deduzione di dati sensibili , quali l'origine etnica, le convinzioni religiose o l'orientamento sessuale, è consentito solo previo consenso esplicito della persona interessata.
Sulla proposta il Parlamento ha adottato emendamenti il 2 febbraio 2023. La proposta è in discussione presso il Consiglio, che il 13 dicembre 2022 ha approvato il mandato negoziale (orientamento generale).
Le due proposte mirano a rendere più inclusiva la partecipazione al processo elettorale, facilando l’esercizio del diritto di voto per i cittadini dell’UE, compresi i cittadini che vivono in uno Stato membro di cui non hanno la cittadinanza (i cosiddetti "cittadini mobili"). In particolare, le norme proposte comprendono l'obbligo di informare i cittadini mobili in merito ai loro diritti elettorali e l'uso di modelli standardizzati per la registrazione di elettori e candidati. La proposta prevede anche garanzie per evitare che i cittadini mobili dell'UE siano cancellati dalle liste elettorali nel loro paese di origine.
La Presidente della Commissione europea Von der Leyen ha più volte affermato che si stanno profilando nuove sfide alle democrazie europee. Regimi autocratici esterni all’UE hanno individuato quali bersagli della propria propaganda i Paesi europei e cercano di influenzarne la pubblica opinione e i dibattiti pubblici, non solo attraverso i canali dei social media, ma anche attraverso le Università e le lobbies che agiscono all’interno delle istituzioni.
Con particolare riferimento alle cosiddette “minacce ibride”, l’imminente scadenza elettorale del 2024 impone la massima attenzione, anche in ragione dell’importanza che le elezioni del Parlamento europeo rivestono per la definizione dei nuovi equilibri politici all’interno dell’Unione, soprattutto in vista della formazione della nuova Commissione.
La Commissione europea ha annunciato un pacchetto legislativo recante misure per contrastare la disinformazione e gli attacchi informatici, suscettibili di alterare i procedimenti democratici.
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[1] “Il Parlamento europeo esercita, congiuntamente al Consiglio, la funzione legislativa e la funzione di bilancio. Esercita funzioni di controllo politico e consultive alle condizioni stabilite dai trattati. Elegge il presidente della Commissione europea” - articolo 14 TUE
[2] Pur stabilendo che il Parlamento europeo sarebbe stato inizialmente composto da deputati designati dai parlamenti nazionali, i trattati costitutivi ne avevano previsto l'elezione a suffragio universale diretto. Il Consiglio ha quindi dato attuazione a tale disposizione prima che si tenessero le prime elezioni dirette, nel 1979, con l'Atto elettorale del 1976.
[3] La decisione (UE, Euratom) 2018/994 è soggetta all'approvazione degli Stati membri secondo le rispettive norme costituzionali.
[4] I dati forniti nel presente dossier si basano su quanto riportato sul sito del Parlamento europeo (vd. "Europeanising the elections of the European Parliament - Outlook on the implementation of Council Decision 2018/994 and harmonisation of national rules on European elections", a cura del Policy Department for Citizens’ Rights and Constitutional Affairs, Directorate-General for Internal Policies del PE - giugno 2021).
[5] Con due decisioni (del 2011 e del 2014) la Corte costituzionale tedesca ha dichiarato incostituzionali le soglie in vigore per le elezioni europee, pari inizialmente al 5% e successivamente al 3%.
[6] Come già ricordato, le modifiche apportate all'Atto elettorale del 1976 mediante la decisione (UE, Euratom) 2018/994 del Consiglio impongono agli Stati membri l'obbligo di garantire che il doppio voto in occasione delle elezioni del Parlamento europeo sia soggetto a sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive.
[7] Inizialmente il Parlamento europeo non aveva alcun ruolo nella scelta dei commissari europei. Con il Trattato di Maastricht acquisì un potere di consultazione da parte degli Stati membri i quali individuavano il possibile Presidente della Commissione. Fu solo dopo il Trattato di Lisbona che si è stabilita la correlazione fra i risultati delle elezioni europee e la scelta del candidato Presidente ed è poi stata sancita l'elezione, da parte del PE, del Presidente indicato dal Consiglio.
[8] La procedura per le elezioni del 2014 ha stabilito un precedente riguardo al ruolo del Parlamento nella scelta del presidente della Commissione; non essendo stato tuttavia possibile inserire tale procedura nell'ambito di una riforma generale della legge elettorale dell'Unione europea, il principio del candidato capolista è stato disatteso in seguito alle elezioni europee del 2019, a causa della mancanza di un'indicazione comune da parte dei partiti politici e dei gruppi parlamentari europei a sostegno di uno dei candidati capilista e al mancato accordo in seno al Consiglio europeo sulla nomina di uno di tali candidati.
[9] L'articolo 138 del Trattato che istituisce la Comunità economica europea (CEE) affermava che “l'Assemblea è formata di delegati che i Parlamenti sono richiesti di designare fra i propri membri secondo la procedura fissata da ogni Stato membro”, stabilendo al contempo che l'Assemblea avrebbe dovuto elaborare “progetti intesi a permettere l'elezione a suffragio universale diretto, secondo una procedura uniforme in tutti gli Stati membri”
[10] Cfr. la risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 3 maggio 2022 sulla proposta di regolamento del Consiglio relativo all'elezione dei membri del Parlamento europeo a suffragio universale diretto, che abroga la decisione del Consiglio (76/787/CECA, CEE, Euratom) e l'Atto relativo all'elezione dei membri del Parlamento europeo a suffragio universale diretto.
[11] Appartenente al Gruppo dell'Alleanza progressista di Socialisti e Democratici del PE.
[12] Si segnala che una raccomandazione sull’introduzione di liste transnazionali è stata adottata come proposta da uno dei panel europei di cittadini nell’ambito della Conferenza sul Futuro dell’Europa.