Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: RUE - Ufficio SG - Ufficio Rapporti con l'Unione europea
Titolo: Conferenza interparlamentare sulla politica estera e di sicurezza comune (PESC) e sulla politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) - Madrid, 1-2 ottobre 2023
Serie: Documentazione per le Commissioni - Riunioni interparlamentari   Numero: 26
Data: 28/09/2023
Organi della Camera: III Affari esteri, IV Difesa, XIV Unione Europea

 

 

XIX LEGISLATURA

 

Documentazione per le Commissioni

RIUNIONI INTERPARLAMENTARI

 

 

 

Conferenza interparlamentare sulla politica estera e di sicurezza comune (PESC) e sulla politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC)

Madrid, 1-2 ottobre 2023

 

 

 

 

Senato della Repubblica

Servizio studi

UFFICIO POLITICA ESTERA E DIFESA

Servizio degli affari internazionali

UFFICIO DEI RAPPORTI CON LE ISTITUZIONI

DELL’UNIONE EUROPEA

 n. 47

Camera dei deputati

 

Ufficio Rapporti con l’Unione europea

 

n. 26

 


 

Servizio Studi

Ufficio politica estera e difesa

TEL. 06 6706 2451 - studi1@senato.it - @SR_Studi

Dossier n. 47

Servizio degli Affari internazionali -

Ufficio dei rapporti con le istituzioni dell’Unione Europea

TEL. 06 6706 4561 - affeuropei@senato.it

 

 

 

 

Ufficio rapporti con l’Unione europea

Tel. 06 6760 2145 - cdrue@camera.it - @CD_europa

Dossier n. 26

 

 

 

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INDICE

Ordine del giorno

Introduzione. 1

Sessione I - Le priorità e le sfide della PESC/PSDC, nel 30° anniversario.. 3

La bussola strategica e la sua attuazione. 3

Le missioni navali dell’Unione europea nel Mediterraneo. 5

L’allargamento e le riforme istituzionali dell’Unione europea. 11

Sessione II - Minacce poste dalla Russia: invasione dell’Ucraina e conseguenze globali 21

La cornice politica generale. 21

Sostegno militare all’Ucraina. 24

Le sanzioni nei confronti della Russia. 26

Sostegno economico e alla ricostruzione dell’Ucraina. 28

Sospensione dell’accordo sull’esportazione di cereali dai porti dell’Ucraina  37

Il processo di adesione dell’Ucraina all’UE.. 39

Sessione III – Ultimi sviluppi in ambito PESC/PSDC.. 41

Il discorso sullo stato dell’UE della Presidente von der Leyen. 41

Priorità della Presidenza spagnola del Consiglio dell’UE nell’ambito della PESC/PSDC   42

L’allargamento dell’Unione europea. 46

L’autonomia strategica dell’Europa. 48

Relazioni UE - Cina. 53

Relazioni UE-USA.. 56

Relazioni con la Tunisia. 63

Il terzo vertice UE-CELAC (17/18 luglio 2023). 67

Sessione IV - La difesa europea e le sfide della politica di sicurezza e difesa comune.. 71

Lo strumento europeo per la pace. 71

La cooperazione strutturata permanente (PESCO). 74

La cooperazione UE-NATO.. 76

Le iniziative a sostegno dell’industria europea della difesa. 79

 


 


Introduzione

 

La Conferenza per il controllo parlamentare sulla politica estera e di sicurezza comune (PESC) e sulla politica di sicurezza e difesa comune (PSDC) si svolgerà a Madrid il 1° e 2 ottobre 2023.

La Conferenza, organizzata dal Parlamento della Spagna - che esercita la Presidenza del Consiglio dell’UE per il periodo dal 1° luglio al 31 dicembre 2023 - prevede, dopo i saluti introduttivi, quattro sessioni:

·        Sessione I: Priorità della PESC/PSDC e sfide attuali, nell’ambito del 30° anniversario della PESC/PSDC;

·        Sessione II - Minacce poste dalla Russia: invasione dell’Ucraina e conseguenze globali;

·        Sessione III - Ultimi sviluppi in ambito PESC/PSDC;

·        Sessione IV – Difesa europea e sfide della PSDC

La Conferenza sarà preceduta, il 1 ottobre alle h. 16.15 dalla consueta riunione di coordinamento del Gruppo Med, che riunisce i rappresentanti delle Commissioni esteri e difesa dei parlamenti dell’Europa del Sud (Italia, Spagna, Francia, Grecia, Cipro, Malta, Portogallo) con lo scopo di formare posizioni comuni sui temi di interesse e sugli argomenti in discussione in seno alle Conferenze interparlamentari PESC-PSDC.

I lavori della conferenza si svolgono secondo i seguenti princìpi istitutivi:

·         la Conferenza interparlamentare per la PESC/PSDC è composta da delegazioni dei Parlamenti nazionali degli Stati membri dell’Unione europea e del Parlamento europeo;

·         ogni Parlamento decide autonomamente sulla composizione della sua delegazione. I Parlamenti nazionali sono rappresentati da delegazioni composte da 6 membri. Per i Parlamenti bicamerali il numero dei membri potrà essere distribuito con accordi interni. Il Parlamento europeo è rappresentato da una delegazione di 16 membri. I Parlamenti dei Paesi candidati all’adesione ed i Parlamenti di Paesi europei membri della NATO possono partecipare con una delegazione composta da 4 osservatori (si tratta di Albania, Macedonia del Nord, Moldova, Montenegro, Serbia, Turchia e Ucraina, in quanto candidati all’adesione e Norvegia e Islanda, in quanto Paesi europei membri della NATO);

·         la Conferenza si riunisce due volte l’anno nel Paese che esercita la Presidenza semestrale del Consiglio o presso il Parlamento europeo a Bruxelles;

·         la Presidenza delle riunioni è esercitata dal Parlamento nazionale dello Stato membro che ricopre la Presidenza del Consiglio UE, in cooperazione con il PE;

·         il Segretariato della Conferenza è esercitato dal Parlamento nazionale dello Stato membro che esercita la Presidenza di turno del Consiglio, in stretta cooperazione con il Parlamento europeo, e con i Parlamenti nazionali della precedente e successiva Presidenza di turno dell’UE;

·         l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza è invitato alle riunioni della Conferenza per esporre le linee d’indirizzo e le strategie della politica estera e di difesa comune dell’Unione;

·         la Conferenza può adottare per consenso conclusioni non vincolanti;

·         sulla base dei principi sopra esposti, la Conferenza approva i propri regolamento interno e metodi di lavoro.

La delegazione del Parlamento italiano alla Conferenza è composta per il Senato dai senatori Marco Dreosto (Gruppo Lega - Salvini Premier), Ester Mieli, (Gruppo Fratelli d’Italia), Raffaele De Rosa (Gruppo M5S), membri della Commissione affari esteri e difesa e per la Camera dei deputati dagli onorevoli Salvatore Caiata (Gruppo Fratelli d’Italia) e Naike Gruppioni (Gruppo Azione - Italia Viva - Renew Europe), membri della Commissione affari esteri e Anastasio Carrà (Gruppo Lega - Salvini Premier), membro della Commissione difesa.


 

Sessione I - Le priorità e le sfide della PESC/PSDC, nel 30° anniversario

 

La bussola strategica e la sua attuazione

Dopo la sua approvazione definitiva, il 21 marzo dello scorso anno, per la Bussola strategica si è aperta la fase dell’implementazione, secondo il calendario fissato nello stesso documento.

La prima Relazione annuale sui progressi compiuti nell’attuazione della bussola strategica è stata presentata a fine febbraio 2023 dall’Alto rappresentante Borrell, e discussa dal Consiglio UE del 20 marzo. La relazione dà conto delle attività condotte per dare concretezza alla Bussola, divise nei quattro capitoli che la compongono.

Azione

La relazione indica alcuni obiettivi per quanto riguarda le missioni PSDC. In particolare:

·        l’avvio della missione di assistenza militare all’Ucraina EUMAM;

·        l’estensione del mandato della missione civile EUAM Ucraina, per assistere i rifugiati e raccogliere prove di crimini internazionali;

·        l’avvio di una missione di monitoraggio ai confini tra Armenia e Azerbaigian (poi superato dagli eventi recenti);

·        l’avvio del partenariato militare (EUMPN) in Niger (interrotto a seguito del colpo di Stato nel Paese africano);

·        la revisione (in corso) della portata dei costi comuni delle missioni, finanziati a livello UE.

Si dà inoltre conto dell’utilizzo delle risorse dello Strumento europeo per la pace, sia a favore dell’Ucraina che in altre regioni del mondo.

La relazione sottolinea poi i progressi nello "sviluppo concettuale" della capacita di dispiegamento rapido (anche adattando gli esistenti gruppi tattici) e la programmazione dell’esercitazione militare MILEX 23, in Spagna (avviata lo scorso 18 settembre e attualmente in corso).

Sicurezza

In quest’ambito la relazione segnala la revisione dei protocolli UE per il contrasto alle minacce ibride (che prevedono anche gruppi comuni di risposta rapida), la nuova direttiva sulla sicurezza delle reti e dell’informazione e le iniziative della Commissione in tema di ciber-resilienza.

Tra i documenti segnalati c’è la Strategia spaziale per la sicurezza e difesa (settore che finora era stato trattato dall’UE solo per i profili civili e commerciali) e la Strategia aggiornata per la sicurezza marittima (che prevede tra l’altro una maggiore presenza nell’indo-pacifico, anche rafforzando le "presenze marittime coordinate" già attive).

Investimenti

Nonostante l’aumento delle risorse degli Stati membri - rileva la relazione - la percentuale delle acquisizioni congiunte è ancora molto bassa (18% della spesa complessiva). La relazione ricorda la proposta dello Strumento per il rafforzamento dell’industria europea mediante appalti comuni (EDIRPA), di recente approvata (vedi capitolo dedicato alla Sessione III). Si evidenziano i progressi della cooperazione PESCO (anche su questi vedi il capitolo dedicato alla Sessione III), che però - sottolinea la relazione – “non è sfruttata al massimo del suo potenziale” dagli Stati membri. Per quanto riguarda i finanziamenti alle imprese di settore, il Fondo europeo per la difesa ha mobilitato 930 milioni con il bando 2022 (e ora anche 1,2 miliardi con il bando 2033, come si vede più avanti), anche se sono necessari altri strumenti di sostegno, per i quali la relazione chiama in causa Fondo europeo per gli investimenti e Banca europea per gli investimenti (BEI).

Partner

Il rapporto con la Nato è stato rafforzato dalla guerra in Ucraina, allargando la collaborazione (come indicato nella Terza dichiarazione congiunta) in nuovi settori come lo spazio, le implicazioni sulla sicurezza dei cambiamenti climatici e il contrasto alle ingerenze esterne e alla disinformazione. UE e Nato hanno anche istituito una task force sulla resilienza delle infrastrutture critiche.

L’UE ha contribuito con 730 milioni alle operazioni di pace a guida Unione africana, gli scambi in materia di sicurezza sono aumentati con Kenya, Sud Africa, Ruanda e Mozambico, mentre si sta avviando un dialogo specifico sul Sahel con la Comunità economica dell’Africa occidentale. Sul fronte est, oltre al sostegno all’Ucraina (per un importo complessivo di oltre 67 miliardi), l’UE è impegnata a rafforzare i rapporti su sicurezza e difesa con Georgia, Moldova e Balcani occidentali. La relazione dà infine conto degli scambi con i Paesi della regione indo-pacifica e, sul continente europeo, del crescente coordinamento in materia con il Regno Unito, che a breve potrebbe partecipare al progetto PESCO sulla mobilità militare.

Le missioni navali dell’Unione europea nel Mediterraneo

Il tema di una nuova possibile missione navale UE nel Mediterraneo per il contrasto delle reti dei trafficanti di esseri umani è tornato recentemente al centro del dibattito italiano ed europeo.

Lo scorso 13 luglio il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla necessità di un intervento dell'UE nelle operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo in cui, tra l’altro:

·        invita gli Stati membri e Frontex a rafforzare le operazioni SAR (Search And Rescue) proattive fornendo navi e attrezzature sufficienti specificamente dedicate alle operazioni SAR, nonché personale, lungo le rotte in cui tali operazioni possono contribuire efficacemente a salvare vite umane;

·        invita gli Stati membri a sfruttare appieno tutte le navi in grado di assistere nelle operazioni SAR, comprese le navi gestite da ONG;

·        ritiene che le navi delle ONG e le navi mercantili non debbano sostituirsi al debito adempimento, da parte degli Stati membri e dell’Unione, dei loro obblighi in materia di SAR;

·        chiede l’istituzione di una missione globale SAR dell’UE la cui attuazione sia affidata alle autorità competenti degli Stati membri e a Frontex.

 

Nel Consiglio europeo straordinario del 23 aprile 2015 (che si era tenuto - su richiesta dell’Italia - dopo l’ennesimo naufragio al largo di Lampedusa), i Capi di Stato e di Governo si impegnavano a rafforzare la presenza UE nel Mediterraneo.

“La situazione nel Mediterraneo è drammatica – si legge nella dichiarazione finale - L’Unione europea si adopererà con ogni mezzo a sua disposizione per evitare ulteriori perdite di vite umane in mare e per affrontare le cause profonde dell’emergenza umana a cui stiamo assistendo, in cooperazione con i Paesi di origine e di transito. La nostra priorità immediata è evitare altre morti in mare”.

Dal punto di vista operativo, il Consiglio aveva prodotto due risultati concreti:

·        il rafforzamento della missione Triton, condotta nel Mediterraneo centrale dall’agenzia UE Frontex;

·        l’avvio di una missione navale PSDC (Sophia).

La missione Triton

Per quanto riguarda Triton, l’area operativa della missione, inizialmente definita in termini molto limitati (30 miglia nautiche dalle coste italiana e maltese) è stata estesa fino a 138 miglia, ricomprendendo anche tutta l’area SAR di Malta. Il budget è stato raddoppiato (anche se il Consiglio aveva chiesto fosse triplicato) e gli assetti sono aumentati (con una presenza media dichiarata di 6 navi d’altura, 3/4 velivoli ad ala fissa e di due elicotteri forniti, a rotazione, da 16 Paesi).

La missione Triton (inizialmente denominata Frontex plus) era stata avviata nell’ottobre 2014 su pressione del governo italiano (che deteneva la Presidenza di turno dell’Unione) per un maggior coinvolgimento di Bruxelles nella gestione dei flussi migratori. L’avvio della nuova operazione ha consentito la conclusione della missione nazionale italiana Mare Nostrum (che era stata avviata nell’ottobre del 2013). Trattandosi di un’operazione di sostegno a uno Stato membro, le sue caratteristiche (incluse area di intervento e risorse finanziarie), sono state concordati con le autorità italiane. Per gli stessi motivi, il piano operativo di Triton prevedeva che le persone salvate in mare fossero sbarcate in Italia.

 Come rilevato dalla allora Commissaria Malmström: “sebbene non sia né un organismo di ricerca e soccorso né svolga le funzioni di un centro di coordinamento dei soccorsi, Frontex assiste gli Stati membri nell’adempimento dell’obbligo previsto dal diritto marittimo internazionale di prestare assistenza alle persone in difficoltà. Triton è destinato a sostenere gli sforzi italiani e non sostituisce gli obblighi italiani nel monitoraggio e sorveglianza delle frontiere esterne, in particolare quando si tratta di ricerca e soccorso in mare”.

 

Il primo febbraio 2018, Triton è stata sostituita dalla nuova operazione Themis.

La nuova operazione si caratterizza per una notevole estensione dell’area operativa, che si allarga soprattutto verso il Mediterraneo orientale, per monitorare le coste al largo di Egitto, Turchia e Albania. Tale ampliamento ha lo scopo di intercettare le nuove rotte delle migrazioni, e comporta la riduzione della presenza nel Mediterraneo centrale, dove invece si concentravano gli assetti di Triton (e dove nel frattempo aveva iniziato ad operare anche l’operazione Sophia, su cui a breve).

 L’allargamento dell’area di azione dell’operazione è funzionale anche all’ampliamento del suo mandato. Pur continuando a includere le attività di ricerca e soccorso, la nuova missione ha “un focus rafforzato” sul law enforcement. Tra gli obiettivi ci sono il contrasto al traffico di droga attraverso l’Adriatico, ai flussi di combattenti stranieri e ad altre minacce terroristiche alle frontiere esterne.

L’operazione “Sophia”

Nello stesso Consiglio straordinario del 23 aprile 2015, gli Stati membri avevano invitato l’Alto Rappresentante Mogherini ad avviare la preparazione di una possibile operazione militare nell’ambito della Politica di sicurezza e difesa comune (PSDC).

Dopo la definizione del piano operativo e delle regole di ingaggio, l’operazione è stata concretamente avviata il 22 giugno 2015 e ha dichiarato la propria piena capacità operativa il 27 luglio.

Il 26 ottobre l’operazione ha ufficialmente assunto il nome di “EUNAVFOR MED Sophia” dal nome dato ad una bambina somala nata su una nave militare tedesca, parte del suo dispositivo, che due giorni prima aveva tratto in salvo la madre, incinta, al largo delle coste libiche.

L’operazione rappresenta un salto di qualità rispetto agli interventi in corso. Mentre le operazioni di Frontex hanno il compito di svolgere attività di supporto tecnico e operativo a uno Stato membro, Sophia è invece un’operazione unitaria dell’Unione, con una definita connotazione militare, che trova la sua base giuridica negli articoli 42.4 e 43.2 del Trattato UE).

Il comando operativo della missione è stato stabilito a Roma, presso l’aeroporto di Centocelle (che ospita anche il Comando operativo di vertice interforze, ed è uno dei tre quartier generali per le missioni UE). Essendo un’operazione con carattere “esecutivo” (che esercita cioè compiti di gestione attiva di una crisi) il comandante di Sophia non ha un vertice gerarchico di tipo militare, ma risponde direttamente agli organi politici dell’Unione europea, ovvero Consiglio, Alto rappresentante e Comitato politico e di sicurezza (COPS, che è composto dai rappresentanti degli Stati).

Il mandato dell’operazione è il contrasto del traffico di esseri umani, il cui svolgimento è articolato, nei documenti istitutivi, in quattro fasi successive:

·        prima fase: individuazione delle reti di migrazione attraverso la raccolta di informazioni e il pattugliamento in alto mare (fase attivata contestualmente all’avvio della missione);

·        seconda fase: fermi, ispezioni, sequestri e distruzione in alto mare di imbarcazioni sospettate di essere usate per il traffico e la tratta di esseri umani, alle condizioni previste dal diritto internazionale applicabile;

·        terza fase: svolgimento delle stesse attività nelle acque territoriali e interne libiche; questa fase - come è noto - non è stata mai attivata, in mancanza di una risoluzione ONU, o del consenso del governo libico internazionalmente riconosciuto;

·        quarta fase: svolgimento delle stesse attività nel territorio libico. Similmente alla precedente, per le stesse ragioni, anche questa fase non è stata mai attivata.

Le attività di soccorso dei mezzi di Sophia si svolgono sotto il coordinamento della Guardia costiera italiana e dell’IMRCC di Roma. Mutuando le regole di Triton, i piani operativi dell’operazione prevedevano che i migranti soccorsi in mare fossero sbarcati in Italia (e poi gestiti secondo le regole ordinarie del regolamento di Dublino).

Nel luglio del 2016 (in occasione della prima proroga del mandato), il Consiglio UE ha affidato a Sophia due compiti aggiuntivi: formare la guardia costiera e marina libiche; contribuire al rispetto dell’embargo sulle armi nei confronti della Libia.

Nel luglio 2017, in sede di seconda proroga, il Consiglio ha ulteriormente ampliato il mandato, attribuendo a Sophia anche il compito di svolgere attività di sorveglianza e raccolta informazioni sulle esportazioni illecite di petrolio dalla Libia.

Fin dall’avvio delle attività di Sophia, visto il numero sempre crescente dei suoi interventi di soccorso, l’Italia ha più volte richiesto la modifica delle regole sullo sbarco delle persone salvate in mare. Nel luglio 2017 (in occasione della proroga dell’operazione), l’Italia ha inviato al Consiglio una dichiarazione per ribadire la richiesta di rivedere il contenuto dei piani operativi. Tale posizione è stata poi più volte reiterata. Il 17 luglio 2018 l’Italia ha informato le autorità dell’Unione di non ritenere più “applicabili” le disposizioni del piano operativo della missione, relativamente alle regole per lo sbarco delle persone soccorse.

Nel frattempo, nel giugno del 2018, il governo libico, dopo un percorso di rafforzamento delle proprie capacità operative, fortemente sostenuto dall’UE e dagli Stati membri, a cominciare dall’Italia, ha dichiarato una propria area SAR (per circa 300 mila km quadrati). Ne è conseguito l’impegno da parte delle autorità libiche a svolgere azioni di ricerca e soccorso in queste acque.

In attesa di trovare una nuova soluzione al tema dell’individuazione dei porti di sbarco, l’operazione Sophia è stata prorogata per periodi più limitati: prima sei mesi (fino al 31 dicembre 2018) e poi soli tre mesi (fino al 31 marzo 2019).

Alla fine, a fronte del mancato accordo tra gli Stati membri, il 29 marzo 2019 il mandato dell’operazione è stato ulteriormente prorogato (per sei mesi), ma al suo comandante sono state date istruzioni di “sospendere temporaneamente” il dispiego degli assetti navali.

È così iniziata quella che il gergo brussellese ha definito la fase di “Sophia asciutta”. Senza assetti navali, ma con i mezzi aerei ancora a sua disposizione, Sophia ha continuato a svolgere una funzione di monitoraggio e raccolta di informazioni (trasmesse per lo più alle autorità libiche, in vista di un loro eventuale intervento), senza però avere delle capacità dirette di intervento nelle operazioni di ricerca e soccorso.

L’operazione IRINI

Il 31 marzo 2020, dopo un anno di attività senza l’impiego di assetti navali (e in piena emergenza pandemica da Covid-19), l’operazione Sophia è stata conclusa. Al suo posto, il Consiglio dell’Unione europea ha istituito una nuova operazione militare, con il nome di Irini (“pace”, in greco).

Il cambiamento della denominazione riflette un mutamento profondo della natura dell’intervento UE. Il mandato della nuova operazione è infatti l’attuazione dell’embargo di armi nei confronti della Libia. Dal contrasto alle reti di trafficanti si passa dunque – come obiettivo principale – alla stabilizzazione della Libia.

L’embargo alle armi era stato disposto dal Consiglio di sicurezza Onu fin dall’avvio della crisi libica, nel 2011 (con la risoluzione n.1970). In mancanza di iniziative significative per la sua attuazione, e visto il ruolo crescente nel conflitto di diverse potenze regionali (oltre che della Russia), l’afflusso di armi in Libia non aveva mai subito riduzioni significative. La stessa operazione Sophia, come detto, aveva assunto il compito secondario di contribuire all’attuazione dell’embargo, ma le sue attività erano sempre state molto limitate, per mezzi e per mandato. Il tema dell’attuazione dell’embargo era tornato di attualità in occasione della Conferenza di Berlino del 19 gennaio 2020, che aveva segnato una certa ripresa dell’iniziativa diplomatica multilaterale sulla Libia. L’Unione aveva così deciso di ri-orientare in questa direzione il suo dispositivo militare. L’operazione aveva incontrato l’iniziale ostilità dell’allora governo di unità nazionale di Tripoli, che accusava l’UE, più meno strumentalmente, di intervenire solo sull’afflusso di armi via mare, favorendo così il generale Haftar, che si riteneva potesse rifornirsi di armi prevalentemente via terra. Nonostante questo, nel contesto dell’apparente  riavvio del dialogo tra le parti libiche promosso a Berlino, era emersa addirittura l’ipotesi che Irini potesse ampliare le sue attività, ricomprendendovi la sorveglianza aerea all’interno dello spazio aereo libico o addirittura il monitoraggio del cessate il fuoco tra le parti libiche. La prospettiva si è però ben presto dimostrata irrealistica, vista il rapido deterioramento della situazione sul terreno e i conflitti infra-libici.

Accanto all’attuazione dell’embargo delle armi, ad Irini sono stati affidati anche alcuni compiti secondari (che già venivano svolti da Sophia, anche se con modalità e rilievo diversi):

·        il monitoraggio delle esportazioni illecite di petrolio dalla Libia;

·        la formazione della Guardia costiera e della Marina libiche (mai però avviata, in mancanza di un accordo con le autorità libiche);

·        la lotta ai trafficanti di esseri umani (solo con la sorveglianza aerea).

La decisione istitutiva di Irini prevede che le sue attività siano sottoposte a verifica ogni quattro mesi, con la clausola che l’operazione venga interrotta se, sulla base di “prove sostanziali” raccolte secondo i criteri fissati nel piano operativo, il Comitato politico di sicurezza (che, come detto, è composto di rappresentanti degli Stati), valuti che essa costituisce uno stimolo ai flussi migratori (il cosiddetto pull factor). La clausola non è mai stata attivata, perché gli assetti di Irini non sono mai stati coinvolti in operazione SAR.

Il mandato dell’operazione è stato recentemente rinnovato per altri due anni, fino al 31 marzo 2025.

 

L’allargamento e le riforme istituzionali dell’Unione europea

Recenti interventi di personalità europee su allargamento e riforme istituzionali

Il Presidente della Repubblica francese, Macron

Il 28 agosto 2023, il Presidente della Repubblica francese, Macron, in un discorso pronunciato alla conferenza annuale degli ambasciatori francesi, ha posto in guardia contro il rischio di realizzare l’allargamento dell’UE, senza prima procedere ad una sua maggiore integrazione in alcune politiche ed evocando la possibilità di procedere a più velocità, indicando l’intenzione di presentare delle proposte in tal senso nei prossimi mesi.

Il Presidente del Consiglio europeo, Michel

Sempre il 28 agosto 2023, il Presidente del Consiglio europeo, Michel, in occasione di un suo discorso pronunciato al Forum strategico annuale che si è svolto a Bled (Slovenia) si è soffermato in particolare sull’importanza del processo di allargamento per la costruzione di un Europa più forte in grado di fronteggiare le numerose sfide in un mondo sempre più complesso. Michel ha, in particolare, proposto di definire nella prossima agenda strategica dell’UE (documento che dovrebbe essere approvato dal Consiglio europeo a giugno 2024), l’obiettivo comune per l’UE e i paesi candidati di realizzare l’allargamento entro il 2030 e ciò secondo Michel dovrà comportare che il prossimo Quadro finanziario pluriennale dell’UE (quindi per il periodo 2018-2025) dovrà includere tale obiettivo ed essere dotato dei mezzi finanziari adeguati. A tal fine Michel ha annunciato che l’allargamento sarà all’ordine del giorno delle prossime riunioni del Consiglio europeo.

Michel si è poi soffermato sulla necessità che i Paesi candidati compiano progressi nel rispetto dello Stato di diritto e che vengano risolti tutti i conflitti bilaterali del passato, che non devono essere importati nell’UE ed usati per bloccare l’adesione di altri paesi. Sotto tale ultimo profilo ha avanzato la proposta di aggiungere una cosiddetta “clausola di fiducia” nei trattati di adesione volta a garantire che i paesi che hanno appena aderito non possano bloccare l’adesione dei futuri Stati membri.

Michel ha poi indicato la necessità di promuovere una graduale e progressiva inclusione in alcune politiche dell’UE per i paesi candidati che ne rispettino i criteri, anche prima della loro formale adesione all’UE, e in particolare per quanto riguarda la partecipazione al mercato interno ed ai settori dell’energia e dei trasporti. Michel ha evocato anche la possibilità per i paesi candidati di partecipare ai Consigli di settore per i quali i negoziati sui relativi capitoli sono stati completati.

Una altra area nella quale potrebbe essere promossa un processo di integrazione graduale dei Paesi candidati a giudizio di Michel potrebbe essere quella della politica di sicurezza e difesa, per la quale l’UE potrebbe invitare i paesi candidati interessati a partecipare ad alcune politiche ed attività, come le missioni dell’UE nell’ambito della PSDC e la partecipazione al Fondo europeo per la difesa o allo Strumento europeo per la pace.

Michel ha infine sottolineato l’importanza che l’UE diventi pronta per un allargamento, concordando con il Presidente Francese Macron, sul fatto che non riformare l’UE prima del prossimo allargamento sarebbe un errore fondamentale. In considerazione del fatto che più membri significheranno più diversità, occorrerà adattare il quadro istituzionale e le procedure affinché un’UE allargata sia in grado di prendere decisioni efficienti e tempestive, ma ha espresso contrarietà ad una sua completa abolizione dell’unanimità, sottolineando l’importanza di preservare l’unità dell’UE che è il modo migliore per garantire che le decisioni siano implementate in modo uniforme. Al proposito Michel ha evocato la possibilità del ricorso all’astensione costruttiva e ad altre possibilità per adattare il voto a maggioranza qualificata, sia in termini numerici sia per la sua applicazione.

 

 

Il Commissario europeo per l’allargamento, Varhelyi

Il 1° settembre 2023, in una intervista riportata dall’agenzia di stampa Euractiv, il Commissionario europeo per l’allargamento, Varhelyi, ha dichiarato che, anche se ritiene che non si dovrebbe insistere su una data specifica, l’obiettivo del 2030 indicato dal Presidente del Consiglio europeo Michel, per l’ingresso di nuovi Stati membri nell’UE, è fattibile a condizione di un aumento sostanziale degli sforzi da parte dei Paesi candidati e che vi sia volontà politica da parte dell’UE, anche con riferimento ad una riforma del suo funzionamento.

Varhelyi ha indicato che la Commissione europea intende presentare proposte sostanziali in occasione del pacchetto allargamento il prossimo ottobre in vista del Consiglio europeo del 25 e 26 ottobre. In particolare, il Commissario Varhelyi ha fatto riferimento, in particolare, alla possibilità di presentare un piano per la crescita volto ad incrementare gli investimenti nei Balcani occidentali e alleviare l’impatto economico della guerra in Ucraina. Il piano prevedrebbe l’aumento dei fondi UE di preadesione e la possibilità per i Paesi candidati di un accesso anticipato ad alcune aree politiche dell’UE, secondo uno schema di “Integrazione graduale”, che comunque non deve essere considerata un sostituito dell’adesione a pieno titolo.

Il discorso sullo stato dell’UE della Presidente von der Leyen

Il 13 settembre 2023, la Presidente della Commissione europea, von der Leyen, nell’ambito del discorso sullo stato dell’Unione 2023, pronunciato al Parlamento europeo, ha affermato la necessità di abbandonare il vecchio approccio sull'opportunità di scegliere se approfondire l'integrazione o allargare l'Unione, indicando la possibilità e la necessità per l’UE di fare entrambe le cose.

La Presidente von der Leyen ha espresso il sostegno ad una riforma dell’UE, anche prevedendo, se e laddove necessario, la convocazione di una Convenzione europea e una revisione dei Trattati.

La von der Leyen ha però indicato che l’UE non può aspettare che cambino i trattati per proseguire sul percorso dell'allargamento e che un'Unione adatta all'allargamento può essere ottenuta più rapidamente, sulla base di un approccio pragmatico. In particolare, la von der Leyen ha indicato che:

·        la Commissione comincerà a dedicarsi a una serie di esami delle politiche pre-allargamento, per valutare le modalità di un eventuale adeguamento di ogni settore a un'Unione più ampia;

·        occorre avviare una riflessione sul modo in cui funzionerebbero le istituzioni dell’UE in una Europa allargata, su come si trasformerebbero il Parlamento e la Commissione;

·        si dovrà discutere sul futuro del bilancio dell’UE, se che cosa finanzierà, in che modo lo finanzierà e come sarà finanziato;

·        dovrà essere valutato come l’UE allargata sarà in grado di assumere impegni credibili in materia di sicurezza.

La Presidente von der Leyen ha, infine, annunciato che Commissione presenterà le sue proposte in merito nell’ambito della prossima Presidenza belga del Consiglio dell’UE (1° semestre 2024).

 

Il documento franco-tedesco sulla riforma dell’UE in vista dell’allargamento

Il 18 settembre 2023 12 esperti francesi e tedeschi hanno presentato un rapporto indipendente sulle riforme istituzionali in vista dell’allargamento dell’UE intitolato “Sailing on High Seas: Reforming and Enlarging the EU for the 21ST Century” che è stato presentato al Consiglio dell’UE affari generali del 19 settembre.

Il rapporto era stato commissionato nel gennaio 2023, dalla Ministra per l’Europa e il clima tedesca, Anna Lührmann e dalla Ministra per gli affari esteri ed europei francese, Laurence Boone, con l’obiettivo di presentare idee e proposte sul tema delle riforme dell’UE in vista del suo allargamento.

Il rapporto avanza, in particolare, tutta una serie di proposte in materia di riforma istituzionale dell’UE, alcune delle quali da realizzare a breve termine entro le prossime elezioni europee del giugno 2024 ed altre nella prossima legislatura europea 2024-2029.

In particolare, per quanto riguarda le prospettive di una Unione europea allargata avanza le proposte di:

·        un percorso di "integrazione graduale" nelle politiche dell'Ue per i Paesi candidati all’UE (allargamento dell’UE da completare entro il 2030) e si propone di articolare i round negoziali di adesione in gruppi più piccoli di paesi per garantire un approccio basato sul merito e gestire potenziali conflitti;

·        prevedere una “integrazione differenziata”, per una Europa allargata basata su uno schema concentrico, con quattro livelli distinti: al centro gli Stati membri che già fanno parte dell’area Schengen  e dell’euro e di altre eventuali “coalizioni di volenterosi”; poi l’UE, attuale con vecchi e nuovi Stati membri, poi gli Stati europei associati al mercato Unico (come la Norvegia), ed infine - fuori dal perimetro dello Stato di diritto - come cerchio esterno gli Stati facenti parti della Comunità politica europea (attualmente composta da 47 Stati europei).

L’integrazione differenziata dovrebbe rispettare 5 principi base: 1) rispetto dell'acquis comunitario e dell’integrità delle politiche e delle azioni dell’UE; 2) ricorso alle Istituzioni dell'UE; 3) apertura a tutti i membri dell'UE; 4) condivisione di poteri decisionali, costi e benefici; 5) possibilità per gli Stati volenterosi di progredire nell’integrazione;

 

 


 

L’attività del Parlamento europeo

Il Parlamento europeo ha approvato l’11 luglio 2023 una risoluzione sull’attuazione delle "clausole passerella" nei trattati dell'UE nella quale, in particolare con riguardo alla politica estera e di sicurezza (PESC)

·        sottolinea che l'attivazione di clausole passerella nella PESC rafforzerebbe non solo la capacità dell'Unione di agire in modo rapido ed efficace, ma anche la sua credibilità sulla scena mondiale;

·        sottolinea che le clausole passerella dovrebbero essere utilizzate per passare al voto a maggioranza qualificata in settori specifici della PESC, in particolare per: a) l'adozione di misure restrittive nei confronti di governi di paesi terzi, enti non statali e persone fisiche, comprese quelle attuate nell'ambito del regime globale di sanzioni dell'UE in materia di diritti umani e quelle connesse alla guerra di aggressione della Russia contro l'Ucraina; b) l'adozione di dichiarazioni o decisioni su questioni internazionali in materia di diritti umani; c) e decisioni circa le missioni civili nell'ambito della politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC);

·        esorta le presidenze attuale e futura del Consiglio a generare un consenso in seno al Consiglio in merito al ricorso graduale alle clausole passerella in questi settori della PESC;

·        ritiene che, in attesa dell'attivazione delle clausole passerella in alcuni settori della PESC, gli Stati membri dovrebbero ricorrere più spesso all'astensione costruttiva come previsto all'articolo 31 TUE per superare le potenziali situazioni di stallo create dall'unanimità.

 

La Commissione affari costituzionali del PE ha all’esame un progetto di relazione sulle proposte del Parlamento europeo per quanto riguarda la modifica dei trattati presentato dai relatori Guy Verhofstadt, Sven Simon, Gabriele Bischoff, Daniel Freund, Helmut Scholz il 22 agosto 2023.

Con particolare riferimento alla politica estera e di sicurezza comune il progetto di risoluzione propone:

·        che le decisioni sulle sanzioni e le fasi intermedie del processo di allargamento, nonché le altre decisioni di politica estera siano adottate a maggioranza qualificata;

·        l'istituzione di un'Unione della difesa che comprenda unità militari europee di stanza permanente e una capacità di dispiegamento rapido permanente, sotto il comando operativo dell'Unione. Si propone, altresì, che l'acquisizione congiunta e lo sviluppo di armamenti siano finanziati dall'Unione tramite una dotazione del bilancio dell’UE dedicata e nell'ambito della procedura di codecisione di Parlamento e Consiglio dell’UE e con adeguato controllo a livello parlamentare.

Si segnala, infine, che il 18 luglio 2023 le Commissioni affari costituzionali e affari esteri del Parlamento europeo hanno avviato i lavori per la presentazione di una relazione congiunta sul tema “Rafforzamento dell’integrazione europea in vista del futuro allargamento”.

 

La Comunità politica europea

La Comunità politica europea è un forum volto a promuovere il dialogo politico e la cooperazione per affrontare questioni di interesse comune tra i Paesi europei, istituito nell’ottobre del 2022 e che prevede la partecipazione di 47 Stati europei, di cui 27 Stati membri dell’UE, 8 Stati candidati all’adesione (Albania, Bosnia Erzegovina, Montenegro, Macedonia del Nord, Serbia, Moldova, Turchia, Ucraina), 1 paese che ha presentato domanda di adesione, ma non ha ancora lo status di paese candidato (Georgia), 1 paese che non ha ancora presentato domanda di adesione (Kosovo) e 10 Stati europei non facenti parte dell’UE e non coinvolti nel processo di adesione all’UE (Andorra, Armenia, Azerbaigian, Islanda, Liechtenstein, Monaco, Norvegia, Regno Unito, San Marino, Svizzera).

La prima riunione della Comunità politica, che si è svolta a Praga (Repubblica Ceca) il 6 ottobre 2022, si è aperta con un discorso in videoconferenza del Presidente ucraino Volodymyr Zelensky, ed è stata dedicata a due temi di discussione: pace e sicurezza, in particolare la guerra della Russia in Ucraina; la crisi energetica.

La seconda riunione del 1° giugno 2023, si è svolta a Chisinau (Moldova) ed stata dedicata a due temi di discussione: pace e sicurezza; la resilienza energetica, connettività e mobilità in Europa.

Si ricorda che il Consiglio europeo del 23 e 24 giugno 2022, nell’ambito di una discussione strategica sulle relazioni dell'Unione europea con i suoi partner in Europa, ha adottato delle conclusioni nelle quali indica che l'obiettivo della Comunità Politica europea è quello di promuovere il dialogo politico e la cooperazione per affrontare questioni di interesse comune in modo da rafforzare la sicurezza, la stabilità e la prosperità del continente europeo. Tale quadro non sostituisce le politiche e gli strumenti esistenti dell'UE, in particolare l'allargamento, e rispetta pienamente l'autonomia decisionale dell'Unione europea.

Le riunioni della Comunità politica europea si svolgono ogni sei mesi. Le successive riunioni della Comunità politica europea si svolgeranno, sulla base di un principio di alternanza tra Stati membri dell’UE e Stati non membri, a Granada, in Spagna (il 5 e 6 ottobre 2023) e nel Regno Unito (primavera 2024).

La proposta di istituire una Comunità politica europea è stata inizialmente formulata dal Presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, il 9 maggio 2022, nel suo discorso pronunciato al Parlamento europeo, a Strasburgo, per l’evento finale della Conferenza sul futuro dell’Europa. La Presidenza francese, nell’ambito del suo turno di Presidenza semestrale del Consiglio dell’UE, ha presentato il 15 giugno 2022 un non paper  in cui si indica che la creazione di una Comunità politica europea dovrebbe costituire un forum di coordinamento, per rispondere alle sfide che tutti gli Stati del Continente europeo si trovano ad affrontare, quali: politica estera e di sicurezza; cambiamento climatico e fornitura di energia e altre materie prime; sicurezza alimentare; sviluppo delle infrastrutture e interconnessione; mobilità; migrazione; lotta alla criminalità organizzata; rapporti con gli altri attori geopolitici.


 


 

Sessione II - Minacce poste dalla Russia: invasione dell’Ucraina e conseguenze globali

 

L’Unione europea, a partire dal Consiglio europeo straordinario del 24 febbraio 2022, data di inizio dell’invasione russa, ha adottato un complesso di dichiarazioni politiche e misure di carattere militare e finanziario volte a ribadire il proprio sostegno all’indipendenza, sovranità ed integrità territoriale dell’Ucraina entro i suoi confini riconosciuti a livello internazionale, a fornire supporto militare ed economico all’Ucraina, a mettere in atto un quadro di sanzioni nei confronti della Russia.

Il Consiglio europeo del 23 e 24 giugno 2022 ha inoltre concesso all’Ucraina lo status di paese candidato all’adesione dell’UE, impegnandosi a contribuire, una volta cessato il conflitto, alla ricostruzione del Paese.

 

La cornice politica generale

La cornice politica dell’azione dell’UE verso l’Ucraina è definita dal Consiglio europeo che, da ultimo, nelle conclusioni della riunione del 29 e 30 giugno scorsi:

·        ha ribadito che l’UE è pronta a fornire all’Ucraina un sostegno militare sostenibile per tutto il tempo necessario, in particolare attraverso la missione di assistenza militare dell’UE e lo strumento europeo per la pace, sottolineando l’importanza degli sforzi degli Stati membri per contribuire a soddisfare le esigenze militari e di difesa dell’Ucraina;

·        ha espresso l’impegno a contribuire ai futuri impegni in materia di sicurezza a favore dell’Ucraina, per aiutarla a difendersi nel lungo termine nonché a scoraggiare futuri atti di aggressione e a resistere agli sforzi di destabilizzazione;

·        ha affermato che l’Unione ed i suoi Stati membri intensificheranno i loro sforzi di azione diplomatica per garantire il sostegno internazionale più ampio possibile ai principi e obiettivi chiave della formula di pace dell’Ucraina, anche attraverso un prossimo vertice di pace globale. Qualsiasi iniziativa al riguardo deve basarsi sul pieno rispetto della sua indipendenza, sovranità e integrità territoriale entro i suoi confini riconosciuti a livello internazionale;

·        ha sottolineato la necessità di garantire, insieme ai partner, un sostegno finanziario stabile, prevedibile e sostenibile all’Ucraina per gli anni a venire e ribadito l’invito alla Banca europea per gli investimenti affinché, in stretta cooperazione con la Commissione e le istituzioni finanziarie internazionali, rafforzi il suo sostegno alle esigenze infrastrutturali più urgenti dell’Ucraina. L’UE resta altresì determinata a sostenere la riparazione, la ripresa e la ricostruzione dell’Ucraina, in coordinamento con i partner internazionali;

·        ha ribadito l’impegno affinché la Russia sia chiamata a rispondere pienamente della guerra di aggressione nei confronti dell’Ucraina, invitando a proseguire i lavori per istituire un tribunale per il perseguimento del crimine di aggressione nei confronti dell’Ucraina. Ha, inoltre, accolto con favore l’adozione della convenzione sulla cooperazione internazionale in materia di accertamento e perseguimento dei crimini più gravi e invitato tutti i Paesi a diventare quanto prima parti della convenzione;

·        ha esaminato gli sforzi tesi ad aumentare ulteriormente la pressione esercitata sulla Russia al fine di indebolirne la capacità di condurre la sua guerra di aggressione, anche attraverso l’imposizione di sanzioni, la loro attuazione piena ed effettiva e la prevenzione della loro elusione. In tale contesto ha accolto con favore l’adozione dell’undicesimo pacchetto di sanzioni nei confronti della Russia, invitando i colegislatori a ultimare i lavori sulla proposta di direttiva volta a ravvicinare le fattispecie di reato e le sanzioni per la violazione delle misure restrittive dell’Unione;

·        ha condannato il sostegno militare che l’Iran e la Bielorussia continuano a fornire alla guerra di aggressione della Russia, esortando la Bielorussia a cessare di autorizzare le forze armate russe a utilizzare il suo territorio;

·        ha riconosciuto l’impegno e gli sforzi sostanziali dell’Ucraina per soddisfare le condizioni richieste nel quadro del processo di adesione all’UE, incoraggiandola a proseguire sulla via delle riforme;

·        ha affermato che continuerà a sostenere la Repubblica di Moldova nella risposta alle sfide che quest’ultima si trova ad affrontare per effetto dell’aggressione russa nei confronti dell’Ucraina;

·        ha espresso preoccupazione per il perdurante rallentamento nell’attuazione dell’iniziativa sui cereali del Mar Nero, sollecitando una ripresa rapida e piena delle relative operazioni e ricordando che i corridoi di solidarietà dell’UE continuano a essere fondamentali per rafforzare la sicurezza alimentare globale.

 

Il Consiglio informale esteri dell’UE, che si è svolto a Toledo il 31 agosto 2023 - al quale ha partecipato anche il Ministro degli affari esteri ucraino, Dmytro Kuleba – ha discusso, come dichiarato dall’Alto Rappresentante Borrell, su come sostenere e promuovere a livello diplomatico la discussione sul piano di pace in 10 punti presentato dal Presidente Zelensky per farne il perno della discussione internazionale in vista di una pace giusta in Ucraina, che garantisca l’integrità territoriale e la sovranità dell’Ucraina. Il Consiglio ha altresì convenuto che l’Ucraina e i paesi dei Balcani occidentali devono diventare velocemente membri dell’UE, osservando che la guerra in Ucraina ha avuto l’effetto collaterale di accelerare il processo di adesione, che deve comunque rimanere basato sul merito.

Il 13 settembre 2023, la Presidente della Commissione europea, van der Leyen, in occasione del discorso sullo stato dell’Unione 2023, ha ribadito che l’UE sarà al fianco dell'Ucraina in ogni momento e per tutto il tempo necessario  e che il futuro dell’Ucraina è nell’UE. La Presidente ha, inoltre, rimarcato i progressi consistenti compiuti dall'Ucraina da quando le è stato concesso lo status di paese candidato.

Il progetto di conclusioni del prossimo Consiglio europeo del 26 e 27 ottobre 2023 (circolato il 26 settembre), per quanto riguarda l’Ucraina afferma che il Consiglio europeo rinnoverà l’impegno dell’UE a fornire continuo sostegno finanziario, economico, umanitario, militare e diplomatico all’Ucraina per tutto il tempo necessario, prevedendo in particolare di:

·        ribadire il proprio sostegno alla formula di pace dell’Ucraina e affrontare gli ultimi sforzi di sensibilizzazione diplomatica a suo sostegno;

·        ribadire l’impegno dell’UE a garantire che la Russia sia ritenuta pienamente responsabile della sua guerra di aggressione non provocata e ingiustificata contro l’Ucraina e a fare il punto sul lavoro svolto riguardo ai beni immobilizzati della Russia;

·        rivedere gli sforzi volti ad aumentare la pressione sulla Russia al fine di limitare la sua capacità di intraprendere la guerra di aggressione, comprese le sanzioni contro la Russia e coloro che sostengono i suoi sforzi bellici;

·        accogliere con favore i lavori in corso e l’avvio delle discussioni con l’Ucraina per definire il contributo dell’UE ai futuri impegni di sicurezza nei confronti dell’Ucraina, invitando l’Alto Rappresentante a finalizzare la proposta dettagliata dell’UE;

·         sottolineare l’importanza del Mar Nero per l’esportazione di grano ucraino e l’utilizzo di tutto il potenziale delle rotte di solidarietà dell’UE, condannando il deliberato bombardamento da parte della Russia delle infrastrutture di esportazione nei porti ucraini.

 

Sostegno militare all’Ucraina

Il Consiglio ha finora stanziato, attraverso pacchetti successivi di decisioni, 5,6 miliardi di euro per la fornitura all’Ucraina di attrezzatura militare nell’ambito dello Strumento europeo per la Pace.

Lo Strumento (European Peace Facility – EPF) è un fondo fuori dal bilancio dell’UE (perché ai sensi dei Trattati le spese nel settore militare o della difesa non possono essere finanziate dal bilancio dell’UE), istituito nel marzo del 2021, con lo scopo di sostenere azioni esterne dell’UE con implicazioni nel settore militare o della difesa. L’EPF è alimentato da contributi degli Stati membri determinati secondo il criterio di ripartizione basato sul prodotto nazionale lordo (l’Italia contribuisce per circa il 12,8%).  L’EPF aveva una dotazione iniziale di 5,7 miliardi di euro (per il periodo 2021-2027) aumentata, a fonte delle crescenti esigenze di sostegno all’Ucraina, prima a 7,979 miliardi e da ultimo a 12,04 miliardi.

Per rispondere alla richiesta urgente di munizioni e missili da parte dell’Ucraina sono state adottare ulteriori misure sulla base di tre linee di intervento:

1.      rifornire l’Esercito ucraino per circa 1 milione di proiettili di artiglieria (entro il 31 maggio) e,  se richiesti dall’Ucraina,  anche di missili attingendo alle scorte nazionali esistenti o sulla base di ordini già effettuati dai singoli Stati membri all’industria, prevedendo un rimborso di 1 miliardo di euro a titolo dello Strumento europeo per la pace (decisione adottata dal Consiglio il 13 aprile);

2.      mobilitare un altro miliardo di euro dell’EPF per effettuare in modo collettivo - attraverso l’Agenzia Europea per la Difesa o progetti congiunti – ordini di acquisti dall’industria europea della difesa (e dalla Norvegia) di munizioni da 155 mm e di missili, per ricostituire le scorte nazionali e aumentare le consegne all’Ucraina nel modo più rapido possibile, prima del 30 settembre 2023 (decisione adottata dal Consiglio il 5 maggio);

3.      sostenere l’incremento delle capacità di produzione dell’industria europea della difesa nel settore delle munizioni e dei missili.  A tal fine il 20 luglio 2023 il Consiglio e il Parlamento europeo hanno adottato il regolamento sul sostegno alla produzione di munizioni (denominato ASAP, su cui vedi più avanti). La nuova normativa prevede allo scopo, tra le altre cose, un finanziamento da parte dell’UE di 500 milioni di euro e la possibilità per gli Stati di usare, a sostegno della propria industria della difesa, i fondi del PNRR.

 

Il Consiglio informale esteri di Toledo del 31 agosto 2023 ha discusso sul sostegno militare all’Ucraina in tre aree: a) la proposta per l’assistenza militare all’Ucraina per il periodo 2024-2027, sulla base di un finanziamento di 5 miliardi l’anno (che, ha ribadito sarebbe il tetto massimo e non l’obiettivo di spesa), e per il quale auspica che un accordo possa essere raggiunto entro la fine del 2023; b) la missione dell’UE di addestramento per l'esercito ucraino EUMAM Ucraina, avviata lo scorso 15 novembre, che ha già provveduto ad addestrare 25.000 soldati ucraini e per la quale Borrell ha presentato la proposta di alzare da 30.000 a 40.000 l’obiettivo di soldati ucraini addestrati, da raggiungere nei prossimi mesi e per la quale è in corso una valutazione volta ad integrare nei moduli di addestramento anche quello per i piloti di aerei F-16; c) la fornitura di munizioni all’Ucraina, per la quale ha richiamato l’approccio su tre linee di intervento definito dal Consiglio affari esteri del 20 marzo (v. supra): l’EDA ha siglato nel corso dell’estate tre contratti quadro con le industrie per la fornitura di munizioni di 155 mm e ora spetta ai singoli Stati membri di utilizzare la possibilità di fare ordini congiunti.

Borrell ha lamentato che la decisione sull’8a tranche degli aiuti militari all’Ucraina sia ancora bloccata, auspicando che possa essere adottata nelle prossime settimane.

Il blocco è determinato dal veto dell’Ungheria che ha chiesto l’esclusione di una importante banca magiara dall’elenco, redatto dalle autorità ucraine, delle imprese estere “sponsor della guerra”.

 

Le sanzioni nei confronti della Russia

A partire dall’aggressione russa, il Consiglio ha adottato 11 pacchetti di sanzioni, l’ultimo nello scorso giugno. Sono attualmente in vigore:

·        misure restrittive (congelamento di beni e divieto di viaggio) nei confronti di circa 1800 tra entità giuridiche e persone (tra cui il Presidente Putin, il Ministro degli esteri Lavrov, esponenti di governo, parlamentari, militari, oligarchi, esponenti dell’informazione);

·        sanzioni finanziarie, tra cui il divieto di finanziamento della Federazione russa, del suo governo e della sua Banca centrale nonché la sospensione dal sistema di messaggistica finanziaria per scambiare dati finanziari (SWIFT) per le principali banche russe;

·        sanzioni nel settore energetico, quali in particolare: il divieto di acquistare, importare o trasferire nell’UE carbone e altri combustibili fossili solidi, se originari della Russia o esportati dalla Russia, nonché di importare petrolio dalla Russia via mare; il divieto di acquistare, importare o trasferire dalla Russia nell’UE petrolio greggio (a partire dal 5 dicembre 2022) e prodotti petroliferi raffinati (a partire dal 5 febbraio 2023); la possibilità di introdurre un tetto al prezzo per il petrolio greggio e altri prodotti petroliferi russi, al di sotto dei quali le società UE hanno il divieto di fornire servizi (trasporto, assicurazione ecc.) legati alla vendita per via marittima verso Paesi terzi. Il Consiglio ha poi fissato i seguenti tetti di prezzo: 60 dollari al barile per il petrolio grezzo, 100 dollari a barile per i prodotti petroliferi raffinati di alta qualità, come diesel e benzina, 45 dollari per i prodotti di bassa qualità, come gli oli combustibili;

·        il divieto di tutte le operazioni con determinate imprese statali, di partecipazione di società russe negli appalti pubblici nell’UE e il divieto di esportazione dall’UE in Russia di prodotti siderurgici, beni di lusso, computer quantistici e semiconduttori avanzati, elettronica di alta gamma, software, macchinari sensibili;

·        sanzioni nei confronti di società nei settori militare, dell’aviazione, dei beni a duplice uso, della cantieristica navale e della costruzione di macchinari e divieti all’esportazione per prodotti a duplice uso di tecnologia critica e beni industriali;

·        il divieto di sorvolo, atterraggio e decollo nello spazio aereo dell’UE di aeromobili e vettori russi; il divieto alle navi registrate sotto la bandiera della Russia di accedere ai porti dell’UE; il divieto alle imprese di trasporto su strada russe e bielorusse di trasportare merci su strada nell’Unione;

·        divieto di transito nel territorio russo di beni e tecnologie che possono contribuire al rafforzamento militare e tecnologico della Russia;

·        il divieto di esportazione di motori per droni in Russia e l’esportazione verso Paesi terzi, come l’Iran, che potrebbero fornire droni alla Russia;

·        il divieto per i cittadini dell’UE di far parte dei consigli di amministrazione di società russe sottoposte a restrizioni o controllate direttamente o indirettamente dalla Russia;

·        restrizioni ai media, con la sospensione delle trasmissioni nell’Unione di una seria di emittenti e media russi;

·        contrasto all’elusione, attraverso la cooperazione bilaterale e multilaterale con i Paesi terzi. Nei casi in cui la cooperazione non produca i risultati auspicati, l’UE adotterà un’azione rapida, proporzionata e mirata, volta unicamente a privare la Russia delle risorse che le consentono di proseguire la guerra di aggressione, sotto forma di misure individuali appropriate per contrastare il coinvolgimento di operatori di Paesi terzi nell’agevolazione dell’elusione.

Secondo quanto indicato dalla Commissione europea a fine maggio 2023, l’UE avrebbe sanzionato in totale quasi la metà (49%) delle sue esportazioni verso la Russia nel 2021, per un valore di circa 44 miliardi di euro, e circa il 58% delle importazioni dell’UE dalla Russia nel 2021, per un valore complessivo di circa 90 miliardi di euro.

Nel dicembre 2022, la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva relativa alla definizione dei reati e delle sanzioni per la violazione delle misure restrittive dell’Unione, in corso di esame presso le Istituzioni dell’UE.

In particolare, la proposta stabilisce che gli Stati membri introducano livelli e tipi di sanzioni specifici per i reati connessi alla violazione delle misure restrittive dell’Unione, prevedendo per i reati più gravi (che coinvolgono fondi o risorse economiche di un valore pari almeno a 100 000 euro) una punibilità con una pena massima di almeno cinque anni di reclusione. La proposta stabilisce, inoltre, norme di base comuni per le sanzioni per le persone giuridiche negli Stati membri, tra cui: ammende penali o non penali fino al 5% del fatturato mondiale annuo; esclusione dall’accesso ai finanziamenti pubblici; interdizione dall’esercizio dell’attività d’impresa; revoca dei permessi e delle autorizzazioni allo svolgimento delle attività che hanno determinato la commissione del reato; collocamento sotto controllo giudiziario; liquidazione giudiziaria; chiusura degli stabilimenti utilizzati per la commissione del reato.

 

Sostegno economico e alla ricostruzione dell’Ucraina

Dall’inizio dell’aggressione russa, l’UE ha intensificato il proprio sostegno all’Ucraina, mobilitando circa 19,7 miliardi di euro, gran parte dei quali sotto forma di assistenza macrofinanziaria (AMF). Sono stati inoltre erogati 620 milioni in sovvenzioni a titolo di sostegno al bilancio per aiutare l’Ucraina a far fronte a bisogni urgenti sul campo. Complessivamente l’UE e gli Stati membri, in via bilaterale, avrebbero fino ad ora fornito assistenza all’Ucraina per circa 70 miliardi di euro.

In particolare, l’UE ha varato a fine dicembre 2022 un piano di sostegno macroeconomico finanziario straordinario per una cifra massima di 18 miliardi di euro per tutto il 2023, volto a fornire una assistenza finanziaria stabile, regolare e prevedibile all’Ucraina con una media di 1,5 miliardi di euro al mese. Tali risorse sono destinate a coprire una parte significativa del fabbisogno di finanziamento a breve termine dell’Ucraina per il 2023, che le autorità del Paese e il Fondo monetario internazionale stimano da 3 a 4 miliardi di euro per mese.

 Il piano prevede alcune forme di condizionalità volte a impegnare le autorità ucraine a realizzare riforme per rafforzare ulteriormente lo stato di diritto, il buon governo, la modernizzazione delle istituzioni nazionali e locali e le misure antifrode e anticorruzione.

Sostegno alla ricostruzione

La proposta di regolamento sull’istituzione di uno strumento per l’Ucraina

Nell’ambito della più ampia revisione del quadro finanziario 2021-2027, la Commissione europea ha presentato, il 20 giugno 2023, una proposta di regolamento che istituisce un nuovo Strumento per l’Ucraina, fondato su sovvenzioni, prestiti e garanzie, con una capacità complessiva di 50 miliardi di euro (indicativamente 33 miliardi in prestiti e 17 miliardi in sovvenzioni e garanzie) per il periodo 2024-2027. Il nuovo strumento finanzierebbe le necessità immediate dell’Ucraina, nonché la ripresa e l’ammodernamento del paese nel suo percorso verso l’UE.

Lo strumento si articola in tre pilastri, con una ripartizione di importi indicativa che potrà adattarsi alle esigenze dell’Ucraina:

·        pilastro I - sostegno finanziario allo Stato sotto forma di sovvenzioni e prestiti (indicativamente 39 miliardi). Per accedere al sostegno, il Governo ucraino dovrà preparare un piano per la ripresa, ricostruzione e modernizzazione del paese e precisare le riforme e gli investimenti che intende intraprendere nell’ambito del processo di adesione all’UE.  I fondi previsti da questo pilastro saranno erogati in funzione della messa in atto del piano, subordinata a una serie di condizioni e comporterà un calendario per gli esborsi concordato con l’UE. Particolare importanza rivestiranno aspetti come la riforma della pubblica amministrazione, il buon governo, lo Stato di diritto, la lotta alla corruzione e la sana gestione finanziaria;

·        pilastro II - un quadro specifico per gli investimenti a favore dell’Ucraina (indicativamente 8 miliardi) inteso ad attrarre e mobilitare investimenti pubblici e privati per la ripresa e la ricostruzione del paese;

·        pilastro III - assistenza tecnica e altre misure di sostegno (indicativamente 3 miliardi), tra cui la mobilitazione di competenze in materia di riforme, l’aiuto ai comuni e alla società civile e altre forme di assistenza bilaterale normalmente disponibili per i Paesi candidati all’adesione nell’ambito dello strumento di preadesione (IPA).

Lo Strumento previsto non coprirà gli aiuti umanitari, la difesa o il sostegno alle persone in fuga dalla guerra, che continueranno ad essere finanziati attraverso gli strumenti esistenti; sostituirà, invece, l’attuale sostegno bilaterale fornito all’Ucraina (AMF +, dotazione bilaterale NDICI) ed il sostegno che l’Ucraina avrebbe ricevuto nell’ambito dello Strumento di assistenza di preadesione.

Secondo un rapporto di valutazione pubblicato dalla Banca mondiale in collaborazione con il Governo ucraino, la Commissione europea e le Nazioni Unite il 23 marzo 2023, i danni diretti subiti da Kyiv dopo un anno di guerra hanno superato i 135 miliardi di dollari e il fabbisogno di ricostruzione e riabilitazione del Paese è stimato in circa 411 miliardi di dollari al 24 febbraio 2023, pari a 2,6 volte il PIL attuale dell’Ucraina. I settori più colpiti sono l’edilizia abitativa (38%), i trasporti (26%), l’energia (8%), il commercio e l’industria (8%) e l’agricoltura (6%). Il PIL dell’Ucraina è diminuito del 29,2% nel 2022.

A margine della conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina che si è svolta a Londra il 21 e 22 giugno scorsi (v. infra), il vicepresidente esecutivo della Commissione europea Valdis Dombrovskis, insieme al presidente della Banca europea per gli investimenti, Werner Hoyer, il presidente della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, Odile Renaud-Basso, e l’amministratore delegato della International Finance Corporation, Makhtar Diop, hanno firmato accordi (al di fuori delle iniziative previste dal nuovo strumento finanziario per l’Ucraina)  per mobilitare investimenti privati per la ripresa e la ricostruzione dell’economia ucraina nei settori dell’economia, dell’energia e delle infrastrutture municipali per oltre 800 milioni di euro.

La posizione del Governo italiano sulla proposta sullo Strumento per l’Ucraina

Il Governo ha trasmesso, il 3 agosto, la relazione tecnica, a cura del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, ai sensi dell’art. 6 della legge n. 234 del 2012 sulla proposta di regolamento volta ad istituire lo Strumento per l’Ucraina. La relazione riporta una valutazione complessiva dell’intervento normativo e delle sue prospettive negoziali e ne sottolinea l’urgenza, in quanto lo strumento è finalizzato a fornire assistenza immediata, fin dall’inizio del 2024, a un paese in guerra. Ritiene il nuovo strumento conforme all’interesse nazionale, tenuto anche conto che lo Strumento potrebbe portare ad una liberazione di risorse del bilancio UE - soprattutto dei fondi per il vicinato, lo sviluppo e la cooperazione internazionale – da destinare al rafforzamento di iniziative nell’ambito del vicinato meridionale.

In relazione alle prospettive negoziali ed alle eventuali modifiche, il Governo ritiene vadano in particolare approfonditi alcuni punti, tra cui:

·        la necessità di mitigare la flessibilità dello strumento, al fine di garantire maggiore prevedibilità circa l’utilizzo dei prestiti garantiti e del contributo a valere sul bilancio;

·        l’istituzione di un level playing field per le aziende, soprattutto PMI, nell’ambito del Pilastro II, precisando che va assicurata la partecipazione del settore privato e delle imprese europee su una base di pari opportunità, indipendentemente dalle dimensioni delle aziende coinvolte.

In conclusione, la relazione segnala che al momento non è disponibile una stima dei costi per l’Italia, ma che sarà possibile definire l’impatto effettivo delle proposte sul contributo dovuto dal nostro Paese (calcolato in base al PIL e attualmente stimabile in circa il 12% del futuro bilancio UE) soltanto con il progredire dei negoziati.

L’uso dei beni russi congelati per la ricostruzione dell’Ucraina

La Presidente von der Leyen ha annunciato, il 21 giugno 2023, che la Commissione sta valutando la proposta di utilizzare i profitti di oltre 200 miliardi di euro della banca centrale russa congelati nell’UE per pagare la ricostruzione dell’Ucraina, sulla base di due opzioni alternative possibili: a) investire i fondi russi congelati e raccogliere i profitti a favore dell’Ucraina; b) tassare i profitti realizzati dagli attuali detentori di queste attività, in gran parte depositari centrali di titoli come Euroclear e Clearstream, con sede nel territorio dell’Unione.

Nonostante l’annuncio della Presidente von der Leyen, la prospettiva di introdurre tali misure non sembra immediata, viste anche le perplessità di diversi Stati membri e le preoccupazioni espresse dalla Banca centrale europea per le possibili ricadute negative dell’affidabilità internazionale dell’euro.

 

La Conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina organizzata dal Governo italiano il 26 aprile 2023

Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, in collaborazione con l’Agenzia ICE, ha organizzato il 26 aprile 2023 a Roma una conferenza bilaterale di alto profilo istituzionale e imprenditoriale, dedicata alla discussione di interventi e progetti attraverso i quali l’Italia può offrire contributi concreti alla resilienza e alla ricostruzione dell’Ucraina.

I lavori della Conferenza, aperti dai Ministri degli esteri dell’Italia e dell’Ucraina e conclusi dal Presidente del Consiglio italiano e dal Primo Ministro ucraino, si sono articolati in tre sessioni: una sessione istituzionale; una seconda parte dedicata alle Istituzioni Finanziarie Internazionali; Tavoli di discussione e approfondimento settoriale dedicati a settori individuati come prioritari per la ricostruzione, quali infrastrutture e trasporti, energia e ambiente, agroindustria, salute, digitale e servizi, spazio e avionica, siderurgia.

Nell’ambito della Conferenza, Italia e Ucraina hanno finalizzato i seguenti Memorandum d’intesa e accordi:

·        Memorandum d’intesa tra Agenzia ICE e Ministero degli affari esteri ucraino;

·        Memorandum d’intesa tra il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica italiano e il Ministero della protezione ambientale e delle risorse naturali ucraino per la cooperazione in materia di sviluppo sostenibile e protezione ambientale;

·        Memorandum d’intesa tra il Ministero delle imprese e del Made in Italy ed il Ministero dell’economia ucraino per la cooperazione tecnica in campo industriale;

·        Memorandum d’intesa e cooperazione sul modello agro-alimentare italiano per la ricostruzione e la sicurezza alimentare dell’Ucraina tra il Consiglio agrario ucraino e la Filiera agricola italiana di Coldiretti.

Sotto la supervisione dei due Governi, diverse aziende italiane e ucraine hanno firmato due altri memorandum d’intesa: tra Mer Mec S.p.A. e JSC Ukrainian Railways, per tecnologie e servizi diagnostici ferroviari e tra WeBuild e Ukrhydroenergo Energy Company, per una collaborazione finalizzata alla costruzione di centrali idroelettriche in Ucraina.

Il Governo italiano sta, inoltre, valutando ulteriori fondi e prestiti agevolati da parte della Cooperazione Italiana per un ammontare di 160 milioni di euro per il 2023, per bisogni umanitari e progetti di resilienza e rapida ripresa, parallelamente all’istituzione di un ufficio dell’Agenzia della Cooperazione italiana a Kiev. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze intende contribuire al Fondo BEI “UE per l’Ucraina” con una garanzia di 100 milioni di euro.

La Cooperazione italiana ha inoltre concluso un accordo di contributo con la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS), per lo stanziamento straordinario di 10 milioni di euro a favore dell’azienda ucraina Ukrenergo a sostegno della rapida ripresa e della sicurezza energetica in Ucraina.

Ulteriori iniziative sono previste dal Ministero della Cultura, dal Ministero della Salute, dalla SIMEST, SACE e CASSA depositi e prestiti (per maggiori dettagli si rinvia al comunicato congiunto finale della Conferenza).

Infine, Italia e Ucraina hanno convenuto di organizzare la Conferenza internazionale sulla ricostruzione dell’Ucraina del 2025 in Italia (v.infra).

 

Altre iniziative internazionali di sostegno finanziario all’Ucraina

La Piattaforma di coordinamento dei donatori e le organizzazioni finanziarie internazionali per sostenere il processo di ricostruzione dell’Ucraina

Il 26 gennaio 2023 si è svolta la prima riunione della Piattaforma di coordinamento dei donatori e le organizzazioni finanziarie internazionali per sostenere il processo di ricostruzione dell’Ucraina e garantire il coordinamento tra gli attori che forniscono sostegno finanziario a breve termine ma anche assistenza a lungo termine per la fase di ricostruzione.

La piattaforma riunisce funzionari di alto livello di Ucraina, UE, Paesi del G7 ed istituzioni finanziarie come la Banca europea per gli investimenti, la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale. II Comitato direttivo della Piattaforma è co-presieduto da UE, Stati Uniti ed Ucraina, Il Segretariato della Piattaforma si trova in un ufficio di Bruxelles ospitato dalla Commissione e in un ufficio di Kiev ospitato dal Governo ucraino.

Il 5 aprile 2023 nel corso della seconda riunione della Piattaforma di coordinamento dei donatori multi-agenzia per l’Ucraina, il Governo ucraino ha presentato le sue esigenze prioritarie per la ricostruzione nel 2023 per le infrastrutture energetiche, lo sminamento, le infrastrutture critiche e sociali, gli alloggi e il sostegno al settore privato che richiederanno un sostegno stimato di 14,1 miliardi di dollari, e quindi un finanziamento di 10,8 miliardi di dollari, oltre ai 3,3 miliardi di dollari già messi a disposizione dal governo ucraino per la ricostruzione.

 

La conferenza internazionale sulla ricostruzione dell’Ucraina del 21 e 22 giugno 2023

Si è svolta a Londra, il 21 e 22 giugno 2023 una conferenza internazionale sulla ricostruzione dell’Ucraina, nel corso della quale le Stati partecipanti hanno promesso complessivamente un nuovo stanziamento di 60 miliardi di euro a favore della ricostruzione dell’Ucraina.

In, particolare, oltre all’impegno di 50 miliardi di euro annunciato dall’UE sulla base del nuovo strumento per l’Ucraina (v. supra), gli Stati Uniti hanno annunciato 1,3 miliardi di dollari per ulteriori aiuti all’Ucraina, il Regno Unito ha annunciato ulteriori garanzie da 3 miliardi di dollari per sostenere ulteriori investimenti e prestiti della Banca mondiale fino al 2027 e 240 milioni di sterline di sostegno per bisogni immediati. La Svizzera ha annunciato un ulteriore sostegno di 1,5 miliardi di franchi fino al 2027.

La Conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina, è un ciclo di riunioni annuali che è stato avviato a Londra nel 2017, inizialmente come Conferenza sulla riforma dell’Ucraina, e che a partire dalla Conferenza di Lugano è diventata un Conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina. Le precedenti conferenze si sono svolte nel 2018 a Copenaghen, nel 2019 a Toronto, nel 2021 a Vilnius (nel 2020 non si è svolta a causa della pandemia di coronavirus). La prossima Conferenza internazionale sulla ricostruzione dell’Ucraina dovrebbe svolgersi nel 2024 a Berlino, mentre quella del 2025 dovrebbe svolgersi in Italia.

Si ricorda che in occasione della precedente conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina, che si è svolta a Lugano il 4 e 5 luglio 2022 era stata approvata la Dichiarazione di Lugano che prevede i seguenti 7 princìpi per il processo di ricostruzione dell’Ucraina:

1) sia guidato dall’Ucraina, in collaborazione con i suoi partner internazionali;

2) contribuisca a realizzare gli sforzi di riforma dell’Ucraina in linea con il percorso europeo dell’Ucraina;

3) sia trasparente e responsabile nei confronti del popolo ucraino, prevedendo il rafforzamento dello stato di diritto, lo sradicamento della corruzione;

4) preveda forme di partecipazione democratica;

5) faciliti la collaborazione tra attori nazionali e internazionali, inclusi il settore privato, la società civile, il mondo accademico e il governo locale;

6) sia inclusivo e garantisca l’uguaglianza di genere e il rispetto dei diritti umani, compresi i diritti economici, sociali e culturali;

7) ricostruisca l’Ucraina in modo sostenibile in linea con l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e l’accordo di Parigi.

 

Ricorso alla giustizia penale internazionale

In questo ambito l’UE ha posto in essere una pluralità di iniziative di varia natura ed oggetto.

Il 25 maggio 2022, il Consiglio ha adottato modifiche al regolamento (UE) 2018/1727 volte a consentire a Eurojust di preservare, analizzare e conservare le prove relative ai principali crimini internazionali.

Eurojust ha annunciato nello febbraio 2023 la predisposizione di una banca dati giudiziaria per l’archiviazione delle prove relative ai crimini di guerra e per supportare le indagini nazionali e internazionali, denominata International Crimes Evidence Database (Ciced).  Le autorità giudiziarie di Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Slovacchia e Ucraina hanno inoltre istituito a partire dall’aprile 2022 una squadra investigativa comune, con il sostegno di Eurojust e la partecipazione dell’Ufficio del procuratore della Corte penale internazionale.

Il 3 marzo 2023 a Leopoli, in occasione della Conferenza “Uniti per la Giustizia”, organizzata su iniziativa dell’Ucraina, è stata decisa la creazione, a l’Aja (Paesi Bassi) di un Centro Internazionale per il Perseguimento del Crimine di Aggressione contro l’Ucraina, operativo a partire dal luglio 2023 e con il compito di collezionare, analizzare e conservare le prove per i futuri processi per i crimini d’aggressione della Russia.

La Commissione europea ha previsto, l’8 giugno 2022, un finanziamento di 7,25 milioni di euro per sostenere le capacità investigative della Corte penale internazionale, in relazione ai crimini di guerra in Ucraina.

Il 30 novembre 2022 la Commissione ha presentato proposte ed opzioni per garantire che la Russia sia ritenuta responsabile delle atrocità e dei crimini commessi durante la guerra in Ucraina, e in particolare a) la proposta di creare una struttura per gestire i beni pubblici russi congelati e immobilizzati, investirli e utilizzare i proventi per l’Ucraina; b) la disponibilità a promuovere con la comunità internazionale l’istituzione di un tribunale internazionale ad hoc o un tribunale "ibrido" specializzato per indagare e perseguire il crimine di aggressione della Russia.

Il 9 dicembre 2022 il Consiglio ha adottato conclusioni sulla lotta all’impunità per i crimini commessi in relazione alla guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina nelle quali, in particolare, invita gli Stati membri ad adottare misure per attuare pienamente la definizione dei crimini internazionali fondamentali, di cui all’articolo 5 dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale, e le modalità di responsabilità sancite dallo Statuto di Roma. Chiede inoltre agli Stati membri di consentire l’esercizio della giurisdizione universale o di altre forme di giurisdizione nazionale sui crimini internazionali fondamentali e di consentire una stretta cooperazione giudiziaria con la Corte penale internazionale (CPI). Le conclusioni invitano gli Stati membri a fornire un sostegno adeguato alla creazione e al funzionamento di unità specializzate dedicate alle indagini e al perseguimento dei crimini internazionali fondamentali a livello nazionale.

Il 19 gennaio 2023 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sull’istituzione di un tribunale speciale che si occupi del crimine di aggressione contro l’Ucraina, che dovrebbe integrare gli sforzi investigativi della Corte penale internazionale e del suo procuratore, concentrandosi sui presunti genocidi, crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi in Ucraina.

L’UE ha aderito all’iniziativa assunta dal Vertice dei Capi di Stato e di Governo del Consiglio d’Europa, organizzato a Reykjavik il 16 e il 17 maggio, di istituire un registro dei danni causati dall’aggressione da parte della Federazione russa contro l’Ucraina attraverso un Accordo parziale allargato.

Il registro, con sede all’Aja (Paesi Bassi), e un ufficio satellite in Ucraina è istituito per un periodo iniziale di tre anni, e sarà utilizzato per registrare le prove e le informazioni relative alle richieste di risarcimento per danni, perdite o lesioni causate dall’aggressione da parte della Russia contro l’Ucraina. Il Registro apre la strada a un futuro meccanismo di risarcimento internazionale completo per le vittime dell’aggressione russa.

Si ricorda che, nell’ambito delle indagini sulla situazione in Ucraina, il 17 marzo 2023 la Corte penale internazionale ha emesso due mandati di arresto nei confronti del Presidente della Federazione russa Vladimir Putin e di Maria Alekseyevna Lvova-Belova, Commissaria presidenziale per i Diritti dei Bambini in Russia. Gli illeciti contestati sono il crimine di guerra di deportazione illegale di popolazione (bambini) e di trasferimento illegale di popolazione (bambini) dalle aree occupate dell’Ucraina alla Federazione Russa.

Sospensione dell’accordo sull’esportazione di cereali dai porti dell’Ucraina

Il 18 luglio 2023 è scaduto l’accordo volto a consentire l'esportazione di cereali dai porti dell'Ucraina (la cosiddetta Black Sea Grain Initiative), a causa della decisione del Governo russo di ritirarsi unilateralmente dall’accordo.

L’accordo era stato siglato il 22 luglio 2022, a Istanbul, con Ucraina e Russia, con la mediazione dell’ONU e della Turchia (non si tratta di un accordo diretto fra i due Paesi ma di entrambi con Turchia e Onu) e  prevedeva l’impegno da parte di Russia e Ucraina a rispettare un corridoio di navigazione sicuro attraverso il Mar Nero, libero da ogni attività militare, volto a consentire le esportazioni commerciali di cereali da tre porti ucraini: Odessa, Chernomorsk e Yuzhny; un comando congiunto di controllo del traffico marittimo a Istanbul e ispezioni in Turchia delle navi dedicate al trasporto dei cereali, volte a controllare che non trasportino armi in Ucraina.

Si ricorda che la Commissione europea ha presentato il 12 maggio 2022 un piano d’azione per la realizzazione di "corridoi di solidarietà" che consentano all'Ucraina di esportare i propri cereali ed anche di importare ciò di cui necessita, dagli aiuti umanitari ai mangimi per animali fino ai fertilizzanti. Secondo dati forniti dalla Commissione stessa, prima della guerra, il 75% della produzione di cereali dell'Ucraina veniva esportato dai porti ucraini sul Mar Nero, dai quali transitavano il 90 % delle esportazioni di cereali e semi oleosi, destinate all'incirca per un terzo all'Europa, un terzo alla Cina e un altro terzo all'Africa.

Mosca ha motivato la decisione di ritirarsi dall’accordo per il non rispetto di alcune disposizioni relative all’accesso ai mercati per le esportazioni russe di cereali e fertilizzanti non coinvolte direttamente nel quadro delle sanzioni dell’UE nei confronti della Russia, ma ostacolate indirettamente dalle sanzioni europee verso banche, compagnie di assicurazione e spedizioni russe.

 In particolare la Russia ha chiesto che la Rosserlchozbank, banca legata al settore agricolo, sia ricollegata al circuito internazionale SWIFT che rende possibili i pagamenti bancari.

L'Unione europea ha continuato a sostenere con efficacia le esportazioni ucraine di cereali e altre derrate alimentari, in particolare attraverso i corridoi di solidarietà. Ciò ha comportato però distorsioni temporanee nei mercati dei cinque Stati membri confinanti con l'Ucraina (Bulgaria, Ungheria, Polonia, Romania, la Slovacchia), richiedendo l'introduzione — il 2 maggio 2023 — di misure restrittive temporanee alle esportazioni di una serie di derrate alimentari ucraine, che - scadute il 15 settembre 2023 - non sono state rinnovate.

Polonia, Ungheria e Slovacchia hanno però introdotto misure restrittive delle importazioni di cereali dall’Ucraina in via bilaterale. L’Ucraina ha annunciato che presenterà ricorso all'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) per chiedere un risarcimento per i danni subiti da queste restrizioni.

 

Il processo di adesione dell’Ucraina all’UE

Il Consiglio europeo del 23 e 24 giugno 2022 ha, come già accennato, riconosciuto la prospettiva europea dell’Ucraina, della Moldova e della Georgia, concedendo ai primi due Paesi anche lo status di candidato.

Il Consiglio, nelle conclusioni adottate il 13 dicembre 2022, ha riconosciuto i notevoli sforzi compiuti dall’Ucraina per conseguire gli obiettivi alla base dello status di Paese candidato, incoraggiandola a proseguire su questa strada e a soddisfare le condizioni per avviare i negoziati di adesione. Ha, altresì, invitato la Commissione a preparare una tabella di marcia che delinei le prossime tappe per l’accesso dell’Ucraina al mercato unico dell’UE, utilizzando il pieno potenziale dell’accordo di associazione e della zona di libero scambio globale e approfondita (DCFTA) con l’Ucraina.

La Commissione europea, nel suo parere sulla domanda di adesione dell’Ucraina del 17 giugno 2022, ha indicato le seguenti 7 condizioni che il Paese deve ottemperare per proseguire il percorso di adesione all’UE:

1.      adottare e attuare una legislazione che preveda una procedura di selezione dei giudici della Corte costituzionale ucraina, compreso un processo di preselezione basato sulla valutazione della loro integrità e delle loro competenze professionali;

2.      completare il controllo, da parte del Consiglio etico, dell’integrità dei candidati al Consiglio superiore della magistratura e procedere alla loro selezione al fine di istituire la Commissione superiore per le qualifiche dei giudici dell’Ucraina;

3.      intensificare la lotta contro la corruzione, in particolare ad alto livello, attraverso indagini proattive ed efficienti e costituire una casistica credibile in materia di azioni penali e condanne; completare la procedura di nomina di un nuovo capo della Procura specializzata anticorruzione e avviare e completare la procedura di selezione e di nomina di un nuovo direttore dell’Ufficio nazionale anticorruzione;

4.      garantire che la legislazione antiriciclaggio sia conforme alle norme del Gruppo di azione finanziaria internazionale (GAFI); adottare un piano strategico globale per la riforma dell’attività di contrasto nell’ambito del contesto di sicurezza dell’Ucraina;

5.      attuare la legge contro gli oligarchi per limitare l’eccessiva ingerenza di questi ultimi nella vita economica, politica e pubblica;

6.      contrastare l’influenza degli interessi di parte adottando una legge sui media che allinei la legislazione ucraina alla direttiva dell’UE sui servizi di media audiovisivi e conferisca autonomia e responsabilità all’autorità indipendente di regolamentazione dei media;

7.      completare la riforma del quadro giuridico per le minoranze nazionali, attualmente in fase di elaborazione, come raccomandato dalla Commissione di Venezia, e adottare meccanismi di attuazione immediati ed efficaci.

Il 21 giugno 2023 il Commissario europeo per l’allargamento, Várhelyi, ha illustrato ai Rappresentanti permanenti degli Stati membri presso l’UE (riuniti in seno al Coreper) lo stato dei progressi dell’Ucraina nel processo di adesione, ha indicando che il Paese ha soddisfatto 2 delle 7 condizioni poste dalla Commissione nel parere sulla domanda di adesione: la seconda, relativa alle riforme della magistratura e la sesta, relativa settore dei media. L’Ucraina ha, inoltre, compiuto importanti progressi per soddisfare la prima condizione, relativa alla riforma della Corte costituzionale, mentre sono necessari ulteriori sforzi per conformarsi alle rimantenenti raccomandazioni. In particolare, rimane ancora molto da fare per quanto riguarda la lotta alla corruzione, la "deoligarchizzazione", e l’allineamento agli standard internazionali in materia di riciclaggio di denaro e diritti delle minoranze.

La Commissione presenterà un rapporto scritto sui progressi dell’Ucraina nel prossimo mese di ottobre, nell’ambito del pacchetto annuale sull’allargamento.

 


Sessione III – Ultimi sviluppi in ambito PESC/PSDC

 

Il discorso sullo stato dell’UE della Presidente von der Leyen

Il 13 settembre 2023, la Presidente della Commissione europea, von der Leyen, nell’ambito del discorso sullo stato dell’Unione 2023, pronunciato al Parlamento europeo, per quanto riguarda i temi della politica estera e di sicurezza comune ha indicato che:

·        l’UE sarà al fianco dell’Ucraina in ogni momento e per tutto il tempo che sarà necessario, annunciando che la Commissione proporrà di prorogare la protezione temporanea ai cittadini ucraini in fuga dalla guerra, e che l’UE intende proseguire il sostegno economico e militare all’Ucraina, anche in vista della futura ricostruzione, ribadendo che il futuro dell’Ucraina è dentro l’Unione europea, come anche quello dei Balcani, della Moldova e della Georgia. A tal proposito ha indicato che occorre delineare una visione per il successo dell’allargamento dell’UE, ribadendo che è un processo basato sul merito di ciascun Paese candidato (sulle osservazioni della Presidente von der Leyen in merito ai profili su allargamento e riforme istituzionali vedi Scheda sessione I);

·        nei confronti dell'Africa l’UE deve dar prova della stessa unità d'intenti dimostrata per l'Ucraina, concentrandosi sulla cooperazione con i governi legittimi e con le organizzazioni regionali e sviluppando un partenariato reciprocamente vantaggioso che si occupi essenzialmente di questioni comuni per l'Europa e l'Africa. A tal fine ha annunciato l’elaborazione, insieme all'Alto rappresentante Borrell, di un nuovo approccio strategico da promuovere in occasione del prossimo vertice UE-UA;

·        per quanto riguarda l’Asia e la regione dell’indo-pacifico ha ricordato la cooperazione avviata dall’UE nell’ambito del Global Gateway, che ha recentemente condotto alla firma di un progetto per il corridoio economico India – Medio Oriente – Europa, volto a collegare le tre regioni attraverso infrastrutture di connettività all’avanguardia;

·        in materia di politica commerciale, l’UE intende rafforzare la propria sicurezza economica promuovendo un commercio aperto ed equo; dopo la recente conclusione di accordi commerciali con il Cile, la Nuova Zelanda e il Kenya, la Commissione punta ora a concludere entro la fine dell’anno accordi commerciali con l’Australia, il Messico e il Mercosur, per poi passare a quelli con l’India e l’indonesia;

·        per quanto riguarda le relazioni con la Cina, ha annunciato la Commissione intende contrastare le pratiche commerciali sleali e che avvierà un'inchiesta antisovvenzioni riguardo ai veicoli elettrici provenienti dalla Cina. Allo stesso tempo è però essenziale mantenere aperta la comunicazione e il dialogo con la Cina e che al tal fine intende promuovere, in occasione del prossimo vertice UE- Cina alla fine dell’anno, un approccio volto a ridurre i rischi della dipendenza industriale dell’UE dalla Cina senza che si verifichi un disaccoppiamento.

 

Priorità della Presidenza spagnola del Consiglio dell’UE nell’ambito della PESC/PSDC

La Spagna ha assunto la Presidenza del Consiglio dell’UE nel secondo semestre del 2023 (dal 1° luglio al 31 dicembre 2023).

Il programma della Presidenza spagnola indica quattro priorità: sostenere la reindustrializzazione e l’autonomia strategica aperta dell’UE; progredire nella transizione verde e nell’adattamento ambientale; promuovere una maggiore giustizia economica e sociale; rafforzare l’unità europea.

Per quanto riguarda i tempi della PESC/PSDC, la Presidenza indica le seguenti priorità:

·        mantenere l'unità degli Stati membri e dei partner internazionali a sostegno dell’Ucraina, promuovendo una pace giusta sotto il principio della sovranità e integrità territoriale;

·        consolidare uno spazio strategico europeo sulla base dello sviluppo di interessi comuni tra l'UE e suoi partner;

·        far avanzare il processo di adesione all’UE dei Paesi candidati;

·        sostenere la revisione delle procedure decisionali dell'Unione europea per una loro maggiore efficienza, in particolare ampliando l'uso di voto a maggioranza qualificata in seno al Consiglio;

·        promuovere la politica estera e di sicurezza comune e lo sviluppo della sicurezza negli spazi europei strategici, in complementarità e collaborazione con la NATO;

·        rafforzare le relazioni con i partner strategici dell'UE, con particolare attenzione all'America Latina, ai Caraibi, agli Stati Uniti, al vicinato meridionale, all’Africa (il Sahel in particolare), i Balcani occidentali e altri Paesi del vicinato europeo;

·        completare il Patto sulla Migrazione e Asilo, con l’obiettivo di una gestione della migrazione ordinata, umana, compassionevole, responsabile ed efficace, collaborando con i Paesi partner nello sviluppando di una dimensione esterna della migrazione dotata di risorse sufficienti e proteggendo i confini dell'UE e coloro che cercano un futuro migliore nell'UE;

·        migliorare la resilienza dell'UE e la sua capacità di gestione delle crisi.

Nell’ambito dei lavori del Consiglio affari esteri, la Presidenza spagnola intende in particolare:

-        preservare l’unità degli Stati membri nell’assistenza all’Ucraina e nell’isolamento della Russia e intensificare gli sforzi con i Paesi terzi per il sostegno internazionale alla formula di pace presentata dall'Ucraina, monitorare le conseguenze globali dell’aggressione militare russa, in ambito alimentare ed energetico, proseguire la discussione sulla possibilità di utilizzare i beni congelati della Russia per la ricostruzione dell’Ucraina, rafforzare l’applicazione delle sanzioni e misure restrittive, anche in collaborazione con Paesi terzi;

-        promuovere, sulla base dei risultati del Vertice EU- CELAC del 17 e 18 luglio 2023 il rafforzamento della cooperazione tra l’UE e i Paesi dell’America latina dei Caraibi, sostenendo in particolare la promozione di progetti e investimenti per la transizione verde e digitale;

-        rafforzare i legami tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti, nel sostegno all’'Ucraina e nella risposta alle grandi sfide internazionali. Sfruttando i meccanismi di cooperazione istituiti, e in particolare il Consiglio UE-USA per il commercio e la tecnologia;

-        rafforzare il partenariato con i Paesi del vicinato meridionale, promuovendo una revisione del quadro di cooperazione definito nella Nuova Agenda per il Mediterraneo del 2021, al fine di rafforzare l’architettura istituzionale del vicinato meridionale;

-        promuovere il partenariato strategico con i Paesi del Golfo, con particolare riferimento alla transizione verde, all'energia ed alla pace e sicurezza regionale;

-        far avanzare il processo di adesione dei Paesi dei Balcani occidentali, incoraggiando l’ulteriore loro l'allineamento alla PESC dell’UE e la normalizzazione del dialogo facilitato dall'UE, tra la Serbia e il Kosovo;

-        prestare particolare attenzione al Partenariato orientale con particolare enfasi sulla risposta alle minacce comuni, in particolare con riguardo alla sicurezza alimentare, energia, cibersicurezza e connettività ed alla stabilità della regione del Caucaso;

-        conseguire un ambiente stabile e sicuro nel Mediterraneo orientale, promuovendo un'agenda positiva con la Turchia volta a migliorare la cooperazione nelle sfere di interesse comune;

-        rafforzare le relazioni tra l'Unione europea e l’Africa, promovendo iniziative congiunte di interesse comune, come la sicurezza alimentare, il cambiamento climatico, la migrazione, le donne, la pace e la sicurezza. Particolare attenzione verrà dedicata alla stabilità dell'Africa occidentale e del Sahel, alla collaborazione con i Paesi del Golfo della Guinea e alla stabilità del Corno d'Africa;

-        sostenere gli sforzi per aumentare la presenza dell'Unione europea in Asia, aumentando la cooperazione per affrontare grandi sfide globali e promuovere un sistema internazionale basato su regole e promuovendo l’attuazione della strategia dell'Unione per l'Indo-Pacifico, con particolare riferimento alla sostenibilità, transizione verde, connettività e sicurezza;

-        sostenere, nell’ambito della politica di cooperazione allo sviluppo dell’UE, l’approccio Team Europe, volto a mettere in comune gli sforzi dell’UE e degli Stati membri in termini di finanziamento, programmazione, realizzazione e controllo delle iniziative, che dovrebbero focalizzarsi in particolare nel promuovere la transizione sociale, digitale e verde; prevenire i divari causati da disuguaglianze e vulnerabilità; promuovere l’uguaglianza di genere, sostenendo la giustizia economica per le donne. Nell’ambito dell’aiuto umanitario, particolare attenzione sarà dedicata alla prospettiva di genere;

-        favorire, nell’ambito della politica commerciale, una maggiore diversificazione delle catene di approvvigionamento e dei mercati di esportazione dell'UE, mantenendo una politica commerciale aperta. La Presidenza intende dare priorità agli accordi con i Paesi dell’America latina e dei Caraibi, e in particolare ai negoziati per gli accordi con Cile, Messico, Mercosur e l’accordo di associazione UE-America centrale. Inoltre, la Presidenza intende concludere i negoziati sull'accordo di libero scambio UE-Australia, consolidare le relazioni commerciali con gli Stati Uniti. Per quanto riguarda le relazioni commerciali dell'UE con la Cina, l'obiettivo sarà quello di mantenere aperti canali di comunicazione e le catene di approvvigionamento garantendo parità di accesso nei rispettivi mercati. Infine, proseguiranno gli sforzi per riformare l'Organizzazione mondiale del commercio;

-        favorire nell’’ambito della Politica di difesa, l'unità tra gli Stati membri, rafforzando le aree di maggiore vulnerabilità, come la strategia spaziale, il cyberspazio e la lotta alla disinformazione, il settore della sicurezza marittima, soprattutto nell'Indo-Pacifico e nel Golfo della Guinea. La Presidenza cercherà di sviluppare le capacità di difesa europee, contribuendo allo sviluppo del dispiegamento rapido dell'UE, e promuovendo le iniziative volte al rafforzamento della base industriale e tecnologica europeo nel settore della difesa. Allo stesso tempo verrà promossa la solidarietà finanziaria nell’ambito della Strumento europeo per la pace, per sostenere in particolare l'Ucraina e l'Africa. Verrà proseguito il lavoro per raggiungere gli obiettivi previsti dalla Bussola Strategica, approvando il concetto di sicurezza aerea dell'UE e il Piano di sviluppo delle capacità elaborato dall’Agenzia europea per la difesa. Inoltre, verranno avviati i lavori per il prossimo ciclo, a partire dal 2025, della cooperazione strutturata permanente nel settore della difesa (PESCO). La Presidenza spagnola sarà responsabile per il riesame strategico della missione EUTM in Mozambico, del rinnovo del mandato della missione EUTM nella Repubblica centrafricana, e del rinnovo del mandato dell’operazione EUFOR Althea in Bosnia- Erzegovina. Infine, la Presidenza promuoverà complementarità e stretta collaborazione con la NATO, in linea con il concetto strategico approvato al vertice NATO di Madrid nel giugno 2022 e la Dichiarazione congiunta sulla cooperazione EU-NATO del gennaio 2023.

L’allargamento dell’Unione europea

Ultimi sviluppi

Il Consiglio europeo del 23 e 24 giugno 2022 – come detto - ha concesso lo status di Paese candidato all'Ucraina e alla Moldova, affermando l’intenzione di concederlo anche alla Georgia, una volta che saranno state affrontate le priorità specificate nel parere della Commissione.

Il Consiglio europeo del 15 dicembre 2022, ha convenuto di concedere lo status di Paese candidato anche alla Bosnia-Erzegovina.

Per quanto riguarda i Balcani occidentali, lo stesso Consiglio europeo ha:

·        espresso il suo impegno pieno e inequivocabile a favore della prospettiva di adesione all'UE dei Balcani occidentali e chiesto l'accelerazione del processo di adesione;

·        invitato la Commissione, l'Alto Rappresentante e il Consiglio a portare avanti, basandosi sulla metodologia riveduta, la graduale integrazione europea della regione già durante il processo di allargamento stesso, in modo reversibile e basata sul merito;

·        ricordato l'importanza delle riforme, segnatamente in materia di Stato di diritto e, in particolare, di quelle riguardanti l'indipendenza e il funzionamento del sistema giudiziario e la lotta contro la corruzione;

·        invitato, inoltre, i partner a garantire i diritti e la parità di trattamento delle persone appartenenti a minoranze;

·        chiesto la rapida risoluzione delle questioni in sospeso fra la Bulgaria e la Macedonia del Nord per avviare senza indugio i negoziati di adesione con Albania e Macedonia, poi avviati il 19 luglio 2022;

·        ribadita l'urgenza di compiere progressi tangibili nella risoluzione delle controversie bilaterali e regionali in sospeso, in particolare nell'ambito del dialogo Belgrado-Pristina per la normalizzazione delle relazioni tra la Serbia e il Kosovo.

Il Consiglio europeo del 29 e 30 giugno 2023 è tornato a discutere sulle prospettive dei Balcani occidentali, adottando delle conclusioni nelle quali ribadisce il suo impegno pieno e inequivocabile a favore della prospettiva di adesione dei Balcani occidentali all'UE e il suo sostegno all'accelerazione del processo di adesione basato sul merito e delle riforme correlate.

Nell’ambito di una discussione sulla situazione nel Mediterraneo orientale, il Consiglio europeo ha anche chiesto la rapida ripresa dei negoziati per una soluzione globale del problema di Cipro e - ricordando le sue precedenti conclusioni sulle relazioni dell'UE con la Turchia ed alla luce delle recenti elezioni in Turchia - invitato l'Alto rappresentante e la Commissione a presentare al Consiglio europeo una relazione sullo stato delle relazioni UE-Turchia e al fine di procedere in modo strategico e lungimirante.

La Commissione europea presenterà il prossimo ottobre il pacchetto annuale sull’allargamento che fa il punto sullo stato di avanzamento del processo di adesione in generale e sui progressi da parte dei singoli Paesi coinvolti (e per la prima volta il pacchetto di adesione comprenderà la valutazione su Georgia, Moldova e Ucraina).

Il tema dell’allargamento, come indicato dal Presidente del Consiglio europeo Michel, dovrebbe inoltre essere all’ordine del giorno delle prossime riunioni del Consiglio europeo, previste per il 6 ottobre (riunione informale), il 25 e 26 ottobre e il 14 e 15 dicembre 2023.

Tabella riepilogativa dello stato del processo di adesione all’UE

 

Paese

Domanda di adesione

Status di Paese candidato

Avvio dei negoziati

Avanzamento dei negoziati

Albania

24 aprile

2009

26 e 27 giugno 2014

19 luglio 2022

 

Bosnia Erzegovina

15 febbraio 2016

15 dicembre 2022

 

 

Georgia

3 marzo 2022

 

 

 

Kosovo

15 dicembre 2022

 

 

 

Macedonia del Nord

22 marzo 2004

15 e 16 dicembre 2005

19 luglio 2022

 

Moldova

3 marzo 2022

23 e 24 giugno 2022

 

 

Montenegro

15 dicembre 2008

16 e 17 dicembre 2010

29 giugno 2012

Aperti tutti i capitoli negoziali e chiusi i negoziati per 3 capitoli: (Scienza e ricerca; Educazione e cultura; Relazioni esterne)

Serbia

19 dicembre 2009

1° marzo 2012

21 gennaio 2014

Aperti 22 capitoli negoziali su 35 e chiusi i negoziati su 2 capitoli (Scienza e ricerca; Educazione e cultura)

Turchia

14 aprile 1987

11 dicembre 1999

3 ottobre 2005, sospesi nel giugno 2018

Aperti 16 capitoli negoziali su 33 e chiuso i negoziati per 1 capitolo (Scienza e ricerca)

Ucraina

1 marzo 2022

23 e 24 giugno 2022

 

 

 

L’autonomia strategica dell’Europa

Il concetto dell’autonomia strategica è nato nell’ambito delle iniziative avviate dall’UE in materia di politica di sicurezza e difesa comune (PSDC) anche in relazione alle prospettive della cooperazione tra l’UE e la NATO. È stato usato per la prima volta nelle conclusioni del Consiglio europeo del 19 e 20 dicembre 2013 in relazione alla necessità per l'Europa di promuovere una base industriale e tecnologica di difesa più integrata, sostenibile, innovativa e competitiva, al fine di rafforzare l’autonomia strategica dell’UE e la sua capacità di agire con i partner.

Nell’ambito dell’attuale legislatura europea è stato avviato un dibattito sull’autonomia strategica dell’UE, ossia sulla sua capacità di agire autonomamente a tutela dei propri valori ed interessi. La nozione ha acquisito una portata più ampia, come autonomia strategica aperta, nella quale è ora ricompreso un approccio volto a trovare un equilibrio, da un lato, tra le istanze per una tutela più assertiva degli interessi europei e, dall’altro, con la vocazione di apertura dell’Europa alla cooperazione e al dialogo con gli altri partner internazionali.

Il Consiglio europeo, in occasione della riunione informale che si è svolta a Versailles il 10 e 11 marzo 2022, ha adattato una dichiarazione nella quale, in particolare - oltre ad iniziative a sostegno dell’Ucraina per quanto riguarda l’Ucraina - si afferma la decisione dell’UE di voler assumere maggiori responsabilità per la propria sicurezza e di compiere ulteriori passi verso la costruzione della sovranità europea, la riduzione delle dipendenze e la messa a punto di un nuovo modello di crescita e di investimento per il 2030, adottando una serie di iniziative volte a: rafforzare le capacità di difesa dell’UE; ridurre le dipendenze energetiche;  costruire una base economica più solida.

La nozione di autonomia strategica aperta, oltre il rafforzamento delle capacità di difesa (per le quali si rinvia alla scheda per la sessione IV) coinvolge dunque tutte le politiche volte a rispondere al complesso delle sfide di natura globale quali:

·        la sfida sanitaria e vaccinale per la pandemia;

·        la strategia industriale dell’UE alla luce della transizione energetica e quella digitale;

·        le dinamiche commerciali internazionali, conciliando la tutela della competitività delle imprese europee, e la loro protezione contro le pratiche commerciali sleali, con la tradizione europea dell’apertura agli scambi internazionali contro ogni forma di protezionismo economico e commerciale e nel rispetto dei valori e standard socio-ambientali;

·        le sfide ambientali e volte a contenere gli effetti del cambiamento climatico;

·        le catene del valore e la sicurezza nell’approvvigionamento delle materie prime e di quelle strategiche;

·        la sicurezza delle infrastrutture di telecomunicazione di connettività satellitare e spaziale;

·        la sovranità tecnologica e nel settore della ricerca e dell’innovazione;

·        le strategie industriali volte al rimpatrio delle produzioni strategiche o quanto meno un loro riavvicinamento all'Europa.

La Commissione europea ha presentato il 27 settembre 2023, in vista del Consiglio europeo informale di Granada del 6 ottobre prossimo, una comunicazione  intitolata “Verso un’Europa più resiliente, competitiva e sostenibile” nella quale fa il punto sul complesso delle iniziative dell’UE per promuovere l’autonomia strategica dell’UE.

La comunicazione indica che ’UE deve continuare a lavorare per ridurre i rischi e rafforzare la propria base economica e industriale, proteggendo al tempo stesso la propria sicurezza economica e il proprio modello sociale unico.

In particolare, la Commissione individua settori specifici in cui sono necessari maggiori sforzi, come la costruzione di un mercato unico più innovativo e interconnesso, la preservazione della coesione interna, la promozione di alleanze con partner internazionali e lo sviluppo della capacità dell'UE come garante della sicurezza per i suoi cittadini e la sua regione.

 

Le iniziative per promuovere l’autonomia strategica dell’industria europea: il Piano industriale per il Green Deal della Commissione europea

La Commissione europea ha presentato il 1° febbraio 2023, in vista del Consiglio europeo straordinario del 9 febbraio 2023, un pacchetto di iniziative volta a rafforzare la competitiva industriale e l’autonomia strategica dell’UE.

Il pacchetto si compone di:

·        una comunicazione intitolata “Un piano industriale del Green deal per l’era a zero emissioni nette”;

·        una proposta in tema di riforma degli aiuti di stato;

·        delle linee guida per la rimodulazione dei Piani nazionali di ripresa e resilienza in chiave di REPowerEU.

La Commissione europea ha poi presentato le proposte legislative e non legislative per dare attuazione al pacchetto il 16 marzo 2023.

Il Governo italiano ha ribadito in più occasioni e sedi, da ultimo in un non paper in vista del Consiglio europeo del 23 marzo 2023, una posizione favorevole ad affrontare la questione secondo una logica di pacchetto, per la quale la discussione sugli aiuti di Stato dovrebbe aver luogo contestualmente ed organicamente a quella sulla revisione della governance economica, sulla flessibilità per i programmi di finanziamento già avviati dall’UE e sulla necessità di costruire una capacità fiscale centrale, sulla scorta dell’esperienza positiva di NextGenerationEU e/o SURE, sulla quale sviluppare un nuovo fondo per la sovranità industriale dell’UE.

Il Governo italiano, unitamente ad altri Stati membri, ha in particolare evidenziato come un intervento che desse esclusivamente priorità ad una revisione delle regole europee in materia di aiuti di Stato finirebbe per avvantaggiare esclusivamente gli Stati con maggiori capacità fiscali e minore indebitamento come la Francia e la Germania, provocando squilibri nel mercato unico e distorsione delle le regole di concorrenza.

Nella comunicazione del 1 febbraio 2023, la Commissione ha proposto che il nuovo Piano industriale per il green deal sia basato su quattro pilastri: un quadro normativo prevedibile, coerente e semplificato; un accesso più rapido ai finanziamenti; la valorizzazione delle competenze; un approccio commerciale aperto, volto ad assicurare catene di approvvigionamento resilienti.

Un approccio commerciale aperto

Per quanto riguarda in particolare il quarto pilastro, relativo all’approccio commerciale aperto, la Commissione intende, da un lato, proseguire l’approccio della politica commerciale dell’UE lungo la linea si qui seguita, improntata al concetto di "autonomia strategica aperta" e declinato secondo alcune direttrici consolidate:

·        collaborazione con i Paesi partner per promuovere la stabilità del commercio internazionale, sostenendo la centralità dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (e alla sua riforma) come piattaforma imprescindibile per il rilancio degli scambi internazionali;

·        promozione di ulteriori accordi commerciali bilaterali dell'UE con Paesi terzi (a partire da quelli i cui negoziati siano già in corso). In particolare l’UE si adopererà per concludere i negoziati con l'Australia entro l'estate del 2023 e per compiere progressi significativi con l'India e l'Indonesia, esplorando nel contempo le possibilità esistenti con altri partner della regione indo-pacifica. Proporrà di ratificare gli accordi con Cile, Messico e Nuova Zelanda e cercherà di compiere progressi con il Mercosur e finalizzare l'accordo di partenariato economico con il Kenya;

·        prosecuzione dei lavori della Task Force UE-USA sull'Inflation Reduction Act americano, per mitigarne il potenziale impatto negativo rispetto all'industria europea;

L'Inflation Reduction Act (IRA) è un pacchetto di misure, presentato dal Presidente Biden il 16 agosto 2022 che include crediti d'imposta, incentivi e altre disposizioni, per un totale di 369 miliardi di dollari, intese ad aiutare le aziende americane ad affrontare il cambiamento climatico, aumentare gli investimenti nelle energie rinnovabili e migliorare l'efficienza energetica; ad avviso dell’Unione europea, essa discriminerebbe i produttori europei, che sarebbero esclusi dalla concessione di crediti d'imposta sui veicoli elettrici (le disposizioni dell’IRA, oltre che ai produttori americani, sono aperte anche alle imprese di Canada e Messico, Paesi che hanno accordi di libero scambio con gli USA). La task force UE-USA per approfondire tali profili e risolvere la controversia sull’IRA è stata istituita il 27 ottobre 2022. Il 10 marzo 2023, al termine della visita della Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen a Washington, la Presidente e il Presidente degli Stati Uniti hanno rilasciato una dichiarazione comune nella quale, in particolare, si indica l’impegno dell’UE e degli USA approfondire la cooperazione sulla diversificazione delle catene di approvvigionamento di minerali critici e di batterie, avviando i negoziati per un accordo mirato sui minerali critici al fine di consentire ai minerali critici estratti o lavorati nell'UE di essere conteggiati ai fini dei requisiti per i veicoli puliti nel credito d'imposta per i veicoli puliti previsto dall'Inflation Reduction Act.

·        accordi di agevolazione degli investimenti sostenibili con Paesi terzi, in particolare con i Paesi africani, con riferimento alle energie rinnovabili all’idrogeno verde e prosecuzione della strategia Global Gateway, continuando inoltre a sostenere gli investimenti verdi nell'energia, nei trasporti e nella connettività digitale mediante l'attuazione di piani economici e di investimento per i Balcani occidentali, per il partenariato orientale e per il vicinato meridionale.

Il Global Gateway è la nuova strategia europea volta a mobilitare tra il 2021 e il 2027 fino a 300 miliardi di euro di investimenti per promuovere connessioni intelligenti, pulite e sicure nei settori digitale, energetico e dei trasporti e per rafforzare i sistemi sanitari, di istruzione e di ricerca in tutto il mondo.

Infine, a tutela di parità di condizioni globali (il cosiddetto "level-playing field") e a fronte a tentativi di concorrenza sleale da parte di Paesi terzi, caratterizzate da economie non di mercato, la Commissione europea indica che è pronta a ricorrere agli strumenti di difesa commerciale, sia a quelli classici (normativa anti-dumping e anti-sussidi) sia ai regolamenti più innovativi, quali il regolamento sulle sovvenzioni estere concesse da Paesi terzi, entrato in vigore il 12 gennaio 2023.

L'UE collaborerà con i partner per individuare e affrontare le sovvenzioni distorsive o le pratiche commerciali sleali relative al furto di proprietà intellettuale o al trasferimento forzato di tecnologia in economie non di mercato, come in Cina. La Commissione promuoverà inoltre la reciprocità per l'accesso ai mercati degli appalti pubblici, facendo ricorso allo strumento per gli appalti internazionali, a favore della parità di accesso delle imprese dell'UE ai mercati degli appalti nei Paesi terzi. Inoltre, la Commissione indica l’intenzione di riesaminare regolamento relativo al quadro dell’UE per il controllo degli investimenti esteri diretti per valutare in che modo sia possibile migliorarne ulteriormente l'efficacia senza compromettere l’apertura dell’UE agli investimenti esteri diretti. Infine, la Commissione ricorda lo strumento anti-coercizione dell'UE, che una volta adottato, fornirà mezzi adeguati per rispondere alle intimidazioni economiche di Paesi terzi.

La proposta di regolamento sulla protezione dell'Unione e dei suoi Stati membri dalla coercizione economica da parte di Paesi terzi, presentata dalla Commissione europea l’8 dicembre 2021 è attualmente all’esame del Parlamento europeo e del Consiglio.

Relazioni UE - Cina

Il Consiglio europeo del 29 e 30 giugno 2023 ha adottato delle conclusioni nelle quali per quanto riguarda le relazioni con la Cina si indica che:

·        ha proseguito la discussione strategica sulle relazioni dell'UE con la Cina, ribadendo l'approccio strategico multiforme dell'UE nei confronti della Cina, in base al quale quest'ultima è contemporaneamente un partner, un concorrente e un rivale sistemico. Sebbene abbiano sistemi politici ed economici differenti, l'Unione europea e la Cina condividono l'interesse a perseguire relazioni costruttive e stabili, fondate sul rispetto dell'ordine internazionale basato su regole, su un dialogo equilibrato e sulla reciprocità;

·        l'Unione europea continuerà a dialogare con la Cina per affrontare sfide globali e la incoraggia a intraprendere un'azione più ambiziosa in materia di cambiamenti climatici e biodiversità, preparazione sanitaria e alle pandemie, sicurezza alimentare, prevenzione delle catastrofi, alleviamento del debito e assistenza umanitaria;

·        l'Unione europea e la Cina continuano a essere partner commerciali ed economici importanti. L'Unione europea si adopererà per assicurare condizioni di parità, affinché le relazioni commerciali ed economiche siano equilibrate, reciproche e mutualmente vantaggiose. L'Unione europea continuerà a ridurre le dipendenze e le vulnerabilità critiche, anche nelle sue catene di approvvigionamento, e provvederà a ridurre i rischi e a diversificare ove necessario e opportuno. L'UE non intende procedere a un disaccoppiamento né chiudersi in se stessa;

·        in qualità di membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, la Cina ha una particolare responsabilità nel difendere l'ordine internazionale basato su regole, la Carta delle Nazioni Unite e il diritto internazionale. Pertanto, il Consiglio europeo invita la Cina a esercitare pressioni sulla Russia affinché quest'ultima metta fine alla sua guerra di aggressione e ritiri immediatamente, completamente e senza condizioni le sue truppe dall'Ucraina;

·        il Mar cinese orientale e il Mar cinese meridionale rivestono un'importanza strategica per la prosperità e la sicurezza regionali e globali. L'Unione europea è preoccupata per le crescenti tensioni nello stretto di Taiwan. Il Consiglio europeo si oppone a qualsiasi tentativo unilaterale di modificare lo status quo ricorrendo alla forza o alla coercizione e riconferma la politica coerente dell'UE di "un'unica Cina";

·        l'Unione europea mantiene il proprio fermo impegno a favore della promozione del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Il Consiglio europeo si compiace della ripresa del dialogo sui diritti umani con la Cina. Ribadisce le sue preoccupazioni riguardo ai lavori forzati, al trattamento dei difensori dei diritti umani e delle persone appartenenti a minoranze, alla situazione in Tibet e nello Xinjiang, come anche al rispetto degli impegni precedentemente assunti dalla Cina in relazione a Hong Kong.

La Presidente von der Leyen, nel discorso sulle relazioni UE-Cina pronunciato il 30 marzo 2023 al Mercator Institute for China Studies e all’European Policy Centre ha illustrato gli orientamenti della Commissione europea per una nuova strategia dell’UE nei confronti della Cina, poi ribaditi in occasione del suo intervento nella plenaria del Parlamento europeo del 18 aprile 2023.

In particolare, von der Leyen ha affermato che come la Cina deciderà di interagire con la Russia determinerà l’evoluzione delle relazioni tra l’UE e la Cina, ricordando che in quanto membro permanente del Consiglio di Sicurezza, la Cina ha la responsabilità di salvaguardare i principi e i valori che sono alla base della Carta delle Nazioni Unite e di svolgere un ruolo costruttivo nel promuovere una pace giusta, basata sulla difesa della sovranità e dell'integrità territoriale dell'Ucraina.

La Presidente della Commissione ha altresì indicato la necessità per l’UE, considerato la maggiore assertività mostrata della Cina nelle relazioni internazionali, di una strategia nei confronti della Cina improntata non al disaccoppiamento, il cosidetto “decoupling, considerato l’ampiezza dei legami economici e commerciali con la Cina che è un partner fondamentale per l’UE e al quale non sarebbe ne fattibile, ne negli interessi europei rinunciare, quanto al “de-risking”, ossia al mettere in sicurezza l’UE da possibili dipendenze economiche e commerciali e di sicurezza di natura strategica e ribilanciare la relazione con la Cina, sulla base di una maggiore trasparenza, predicibilità e reciprocità. La Presidente ha quindi indicato una strategia improntata su 4 filoni:

1)      rendere l’economia e l’industria europea più competitiva, resiliente e quindi autonoma, in particolare attraverso le proposte di regolamento sull'industria a zero emissioni nette e quella sulle materie critiche (presentate il 16 marzo 2023);

2)      utilizzare meglio gli strumenti commerciali dell’UE esistenti per ribilanciare le relazioni commerciali con la Cina, come il regolamento sul controllo degli investimenti esteri e la proposta di regolamento relativa al nuovo strumento anti-coercizione volto a dissuadere i Paesi terzi dal mettere in atto misure coercitive che vanno a colpire il commercio e gli investimenti degli Stati membri (sul quale il 6 giugno 2023, il Consiglio e il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo politico definitivo);

3)      sviluppare nuovi strumenti di difesa in alcuni settori e tecnologie critiche e per prodotti a duplice uso, prevendo delle limitazioni a investimenti o esportazioni di imprese europee nei confronti di Paesi terzi, al fine di evitare di rafforzare indirettamente le loro capacità militari e di intelligence;

4)      rafforzare la cooperazione con paesi partner, in particolare concludendo nuovi negoziati commerciali con la Nuova Zelanda, l’Australia, l’India, i Paesi dell’Asean e i Paesi del Mercosur, aggiornando quelli già esistenti con Messico e Cile, rafforzando la cooperazione nel settore del digitale e delle tecnologie verdi con l’India e il Giappone e promuovendo l’investimento in infrastrutture in Paesi terzi attraverso il progetto dell’UE del Global Gateway.

Si ricorda che è ancora sospesa la firma dell’Accordo globale sugli investimenti (CAI), sul quale era stata raggiunta una intesa in linea di principio tra UE e Cina 30 dicembre 2020. Il Parlamento europeo ha, in particolare, indicato l’intenzione di non procedere alla ratifica dell’accordo fintanto che la Cina non ritirerà le contro sanzioni adottate dalla Cina in seguito alle sanzioni dell’UE per le violazioni dei diritti umani nella regione autonoma uigura dello Xinjiang.

 

Relazioni UE-USA

La nuova Agenda transatlantica

In occasione del vertice UE- Stati Uniti del 5 giugno 2021 è stata adottata una dichiarazione congiunta, “Towards a Renewed Transatlantic Partnership” con la quale è stata definita una nuova Agenda per la cooperazione UE-Stati Uniti che prevede l’impegno per le seguenti iniziative comuni:

·        porre fine alla pandemia di COVID-19, prepararsi per le future sfide sanitarie globali e portare avanti una ripresa globale sostenibile;

·        proteggere il pianeta e favorire la crescita verde. In tale ambito l'UE e gli Stati Uniti sono determinati a rispettare l'Accordo di Parigi, e si sono impegnati a potenziare le tecnologie e le politiche che contribuiscono ad accelerare la transizione a un sistema energetico senza emissioni di CO2 e al rispetto degli impegni in materia di zero emissioni nette entro il 2050 da parte dell'UE e degli Stati Uniti;

·        rafforzare il commercio, gli investimenti e la cooperazione tecnologica. In tale ambito, è stata concordata l’istituzione di un Consiglio UE-USA ad alto livello per il commercio e la tecnologia, con i compito di rafforzare il coordinamento UE-USA in materia di: monitoraggio degli investimenti al fine di affrontare i rischi per la sicurezza nazionale; controlli sul commercio di prodotti a duplice uso; sistemi di intelligenza artificiale innovativi; riequilibrio delle catene di approvvigionamento globali dei semiconduttori; contrasto alle politiche e alle pratiche commerciali sleali; promozione di un sistema fiscale internazionale equo, sostenibile e moderno; riforma dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC), in particolare sotto il profilo del corretto funzionamento della funzione negoziale e del sistema di risoluzione delle controversie;

·        costruire un mondo più democratico, pacifico e sicuro, con l’impegno a sostenere l'ordine internazionale basato su regole con al centro le Nazioni Unite, nonché rafforzare e riformare le istituzioni multilaterali;

·        procedere a strette consultazioni e cooperare su tutte le questioni relative alla Cina, che includono elementi di cooperazione, concorrenza e rivalità sistemica;

·        avviare un dialogo UE-USA ad alto livello sulla Russia al fine di coordinare le rispettive politiche.

L’attività del Consiglio UE-Stati Uniti ad alto livello per il commercio e la tecnologia

La riunione inaugurale del Consiglio UE-USA ad alto livello per il commercio e la tecnologia (TTC), istituito in occasione della riunione a livello ministeriale tenutasi a Bruxelles il 15 giugno 2021, si è svolta a Pittsburgh il 29 settembre 2021.

A seguito di tale riunione sono stati istituiti 10 gruppi di lavoro su questioni quali le norme in campo tecnologico, l'intelligenza artificiale, i semiconduttori, i controlli delle esportazioni e le sfide del commercio mondiale.

Oltre quella inaugurale del settembre 2021, si sono al momento tenute 3 riunioni ministeriali del TTC: a Parigi il 16 maggio 2022, a College Park (Maryland) il 5 dicembre 2022 e il 31 maggio 2023 a Luleå (Svezia).

La prossima riunione del TTC, prevista verso la fine dell'anno, si svolgerà negli Stati Uniti.

Riunione del 31 maggio 2023

Al termine della IV riunione ministeriale del Consiglio UE-USA per il commercio e la tecnologia (TTC) del 31 maggio 2023, svoltasi a Luleå (Svezia) l'UE e gli Stati Uniti è stata adottata una dichiarazione comune nella quale si indicano i progressi compiuti nei seguenti ambiti di cooperazione:

Cooperazione transatlantica su tecnologie emergenti, connettività e infrastrutture digitali

L'UE e gli Stati Uniti sono concordi nel ritenere che le tecnologie di intelligenza artificiale (IA) offrano grandi opportunità ma possano anche comportare rischi per le società. Le parti hanno presentato i primi risultati dell'applicazione della tabella di marcia comune del TTC per un'IA affidabile e per la gestione dei rischi mediante appositi gruppi di esperti, che lavorano in particolare alla definizione di norme e strumenti per un'IA affidabile. In futuro tale lavoro porrà l'accento sui sistemi di IA generativa.

L'UE e gli Stati Uniti hanno portato avanti i lavori sui semiconduttori, attuando accordi sull'allarme rapido nella catena di approvvigionamento e sulla trasparenza delle sovvenzioni. Hanno messo in atto un meccanismo per evitare le corse alle sovvenzioni, hanno approfondito la cooperazione sulle rispettive normative sui chip.

Nel campo della mobilità elettrica UE e Stati Uniti hanno definito una norma internazionale comune sui sistemi di ricarica megawatt per i veicoli elettrici pesanti che faciliterà il commercio e gli investimenti transatlantici ed raccomandazioni per la realizzazione, tramite finanziamenti pubblici, dell'infrastruttura di ricarica dei veicoli elettrici.

Le parti hanno accelerato la cooperazione per mettere a punto una visione e una tabella di marcia per l'industria comuni sui sistemi di comunicazione senza fili 6G.

L'UE e gli Stati Uniti stanno proseguendo gli sforzi per accelerare la realizzazione di progetti di connettività sicuri e resilienti nei Paesi terzi.

Diritti umani e valori in un contesto geopolitico digitale in evoluzione

L'UE e gli Stati Uniti hanno elaborato un elenco di principi di alto livello in materia di tutela e responsabilizzazione dei minori e di accesso dei ricercatori ai dati delle piattaforme digitali, in linea con il regolamento UE sui servizi digitali.

Le parti sono inoltre estremamente preoccupate per l'uso strategico delle narrazioni di disinformazione da parte della Russia e per le azioni di manipolazione delle informazioni e le ingerenze da parte di attori stranieri nei Paesi terzi. L'UE e gli Stati Uniti hanno rilasciato una dichiarazione comune che definisce azioni per combattere la manipolazione delle informazioni e le ingerenze da parte di attori stranieri nei Paesi terzi.

Cooperazione transatlantica per scambi commerciali più semplici, più verdi e più sicuri

L'UE e gli Stati Uniti si stanno adoperando per agevolare il commercio al fine di aumentare ulteriormente il valore degli scambi bilaterali, che ammonta attualmente a 1.500 miliardi di euro e hanno adottato misure volte ad estendere il riconoscimento reciproco dei prodotti farmaceutici ai medicinali veterinari e aggiornare le norme UE-USA in materia di riconoscimento reciproco dell'equipaggiamento marittimo. Proseguirà l'attività intesa a facilitare la procedura di valutazione della conformità in alcuni settori chiave, come quello dei macchinari.

Nell'ambito del loro impegno a favore di scambi commerciali più verdi e più equi, l'UE e gli Stati Uniti hanno definito un programma di lavoro per l'Iniziativa transatlantica per il commercio sostenibile, che porterà a una cooperazione più stretta per portare avanti congiuntamente la transizione verde.

L'UE e gli Stati Uniti proseguono l'attività sulle sfide che incidono sulla loro sicurezza, compreso l'allineamento delle rispettive normative sulle restrizioni all'esportazione di prodotti sensibili in Russia e in Bielorussia.

Il TTC ha ribadito, infine, l'importanza di un solido controllo degli investimenti esteri per far fronte a rischi specifici per la sicurezza nazionale e di un coordinamento per diversificare le catene di approvvigionamento e affrontare le politiche e le pratiche non di mercato e la coercizione economica.

 

Secondo gli ultimi dati disponibili, nel 2022 l’UE ha esportato beni negli USA per un valore di 509,4 miliardi di euro ed ha importato beni dagli USA per un valore di 358,5 miliardi di euro, con un saldo commerciale positivo a favore dell’UE di 150,9 miliardi di euro. La Cina è comunque diventata a partire dal 2020 il primo partner commerciale dell’UE per le merci.

Nonostante gli Stati Uniti siano il principale partner commerciale e di investimento dell'UE, non esiste un accordo di libero scambio dedicato tra l'UE e gli Stati Uniti. I negoziati Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP) sono stati avviati nel 2013, ma si sono conclusi senza conclusione alla fine del 2016. Sono stati formalmente chiusi nel 2019. Tuttavia, il commercio transatlantico continua a godere di una delle tariffe medie più basse (inferiore al 3%) nel mondo, disciplinato dalle norme dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC).

 

Dichiarazione comune della Presidente della Commissione europea e del Presidente degli Stati Uniti del 10 marzo 2023

Al termine della recente visita a Washington, la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ed il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, hanno rilasciato il 10 marzo 2023 una dichiarazione comune nella quale in particolare le parti hanno affermato i seguenti impegni:

Costruire le economie pulite del futuro

L’UE e gli USA sono impegnati ad affrontare la crisi climatica, accelerare l'economia globale dell'energia pulita e costruire catene di approvvigionamento di energia pulita resilienti, sicure e diversificate. Entrambe le parti riconoscono che questi obiettivi sono al centro dell'Inflation Reduction Act degli Stati Uniti e del piano industriale del Green Deal dell'UE.

L’UE e gli USA approfondiranno la cooperazione sulla diversificazione delle catene di approvvigionamento di minerali e batterie critiche, intendono avviare negoziati su un accordo allo scopo di consentire ai minerali critici pertinenti estratti o lavorati nell'Unione europea di essere conteggiati ai fini dei requisiti per i veicoli puliti nella Sezione 30D del credito d'imposta sui veicoli puliti Inflation Reduction Act.

Entrambe le parti riconoscono inoltre la necessità di effettuare investimenti per costruire economie di energia pulita e basi industriali, anche nelle batterie dei veicoli elettrici e nell'idrogeno pulito ed annunciano l’avvio del dialogo sugli incentivi per l'energia pulita per coordinare i rispettivi programmi di incentivi in modo che si rafforzino a vicenda.

Entrambe le parti adotteranno misure per evitare qualsiasi interruzione del commercio transatlantico e dei flussi di investimento che potrebbero derivare dai rispettivi incentivi. Il dialogo sugli incentivi per l'energia pulita entrerà a far parte dell'UE-USA Consiglio per il commercio e la tecnologia, con l’obiettivo anche di facilitare la condivisione di informazioni su politiche e pratiche non di mercato di terze parti, come quelle impiegate dalla Repubblica popolare cinese, e fungere da base per un'azione congiunta o parallela e una difesa coordinata su tali questioni in sede multilaterale.

L’UE e gli USA si impegnano a raggiungere un risultato ambizioso nell'accordo globale sui negoziati per l'acciaio e l'alluminio sostenibili entro ottobre 2023, con l’obiettivo di garantire la redditività a lungo termine delle rispettive industrie, incoraggiare la produzione e il commercio di acciaio e alluminio a bassa intensità di carbonio.

Nell’ambito del partenariato del G7 per le infrastrutture e gli investimenti globali, UE e USA hanno indicato l’obiettivo di identificare opportunità per generare maggiori investimenti pubblici e privati in materia di clima ed energia nei Paesi in via di sviluppo e promuovere un programma ambizioso affinché le banche multilaterali di sviluppo, a cominciare dalla Banca mondiale, possano rispondere meglio alle sfide globali come il cambiamento climatico, rafforzando al contempo il loro lavoro sulla povertà.

Insieme per porre fine alla guerra della Russia contro l'Ucraina

L’UE e gli USA ribadiscono una posizione forte e unita contro la guerra illegale, ingiustificabile e non provocata della Russia contro l'Ucraina, indicando l’intenzione di fornire fermo sostegno all'Ucraina per tutto il tempo necessario.

L’UE e gli USA stanno lavorando per garantire che l'Ucraina abbia il sostegno di sicurezza, economico e umanitario di cui ha bisogno per tutto il tempo necessario e rimangono impegnati a fornire e mobilitare il sostegno internazionale, anche da parte del settore privato, per la stabilità economica e finanziaria dell'Ucraina.

Entrambe le parti stanno approfondendo il lavoro congiunto per applicare in modo aggressivo le sanzioni e le misure di controllo delle esportazioni nei confronti della Russa e anche per scoraggiarne l'elusione. In particolare, UE e USA stanno avviando iniziative volte a prendere di mira altri attori di Paesi terzi per interrompere il loro sostegno alla Russia e per limitare ulteriormente le entrate russe.

L’UE e gli USA continueranno a lavorare insieme per promuovere la sicurezza energetica e la sostenibilità in Europa diversificando le fonti, riducendo il consumo di energia e riducendo la dipendenza dell'Europa dai combustibili fossili e per sostenere la sicurezza energetica dell'Ucraina attraverso la sua ulteriore integrazione nei mercati energetici europei.

Rafforzare la sicurezza economica e la sicurezza nazionale

L’UE e gli USA ribadiscono che la cooperazione per rafforzare la sicurezza economica e la sicurezza nazionale dovrebbe essere radicata nel mantenimento del sistema basato su regole e condividono le preoccupazioni per le sfide poste dalla coercizione economica, dalle dipendenze economiche e dalle politiche e pratiche non di mercato.

Le parti indicano l’impegno a proseguire la cooperazione in tale ambito nel contesto dei lavori del Consiglio UE-USA ad alto livello per il commercio e la tecnologia e il G7, al fine di rafforzare il coordinamento reciproco e con altri partner per diversificare le catene di approvvigionamento e per aumentare la preparazione collettiva, la resilienza e la deterrenza a politiche non di mercato ed a pratiche di coercizione economica.

Nel contesto di un ambiente geostrategico in veloce evoluzione, l’UE e Stati Uniti sottolineano la necessità di aumentare la cooperazione per prevenire la fuga di tecnologie emergenti sensibili, così come altri prodotti a duplice uso, indicando al proposito la necessità di aggiornare i rispettivi strumenti esistenti di controllo alle esportazioni, agli investimenti in entrata e alla cooperazione nella ricerca.

Entrambe le parti affermano un interesse comune a impedire che il capitale, l'esperienza e la conoscenza delle rispettive società alimentino progressi tecnologici che possono migliorare le capacità militari e di intelligence dei rivali strategici, anche attraverso investimenti in uscita. A tal fine UE e USA indicano l’intenzione di coordinarsi allineando i rispettivi approcci per massimizzarne l'efficacia.

Relazioni con la Tunisia

Il Consiglio europeo del 29 e 30 giugno 2023 ha svolto una discussione strategica sulle relazioni dell'Unione europea con i partner del vicinato meridionale adottando delle conclusioni nelle quali per quanto riguarda in particolare le relazioni con la Tunisia si indica che:

·        il Consiglio europeo accoglie con favore i lavori svolti su un pacchetto di partenariato globale con la Tunisia, basato sui pilastri dello sviluppo economico, degli investimenti e del commercio, della transizione verso un'energia verde, della migrazione e dei contatti interpersonali, e sostiene la ripresa del dialogo politico nel contesto dell'accordo di associazione UE-Tunisia;

·        sottolinea l'importanza di rafforzare e sviluppare partenariati strategici analoghi tra l'Unione europea e gli partner del vicinato meridionale.

Il Memorandum d'intesa con la Tunisia

Il 16 luglio 2023 la Commissione europea ha siglato un memorandum d’intesa su un partenariato strategico e globale fra l'Unione europea e la Tunisia. L’accordo è stato firmato durante la visita congiunta a Tunisi del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, del Primo ministro del Regno dei Paesi Bassi, Mark Rutte, e della Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen[1].

Al fine di sostenere le riforme economiche adottate dalla Tunisia, “necessarie per ripristinare l'equilibrio macroeconomico”, e considerata “l'importanza di rafforzare la cooperazione nella lotta e nella riduzione dei flussi migratori irregolari e nel salvataggio di vite umane”, il memorandum d'intesa individua cinque priorità strategiche:

·        stabilità macroeconomica. L'Unione europea si impegna, in conformità con le norme e la prassi decisionale pertinenti, ad assistere la Tunisia nei suoi sforzi per rilanciare la crescita economica con l'obiettivo di stabilire un modello di sviluppo sostenibile attraverso politiche appropriate, comprese le riforme socio-economiche messe a punto dalla Tunisia (l’UE si impegna a sostenere tali riforme anche attraverso un sostegno finanziario);

·        economia e commercio. Le Parti dichiarano che si adopereranno per rafforzare la cooperazione economica e commerciale al fine di sviluppare gli scambi di beni e servizi, creare un clima favorevole e attraente per le imprese e promuovere gli investimenti e lo sviluppo sostenibile. Si impegnano dunque a individuare l’opportunità di investimenti pubblici, di partenariati pubblico-privato e di progetti privati, in particolare nell'ambito del Fondo europeo per lo sviluppo sostenibile (European Fund for Sustainable Development Plus - EFSD+);

·        transizione energetica verde. Consapevoli del potenziale tunisino in materia di energie rinnovabili e dell'interesse comune a garantire una maggiore sicurezza della produzione e dell'approvvigionamento energetico, la Tunisia e l'UE si impegnano a lavorare per un partenariato strategico in materia di energia, che si ponga come obiettivo la crescita verde e la creazione di posti di lavoro. Tale partenariato strategico dovrebbe contribuire a rafforzare la sicurezza dell'approvvigionamento energetico e fornire ai cittadini e alle imprese energia a basse emissioni di carbonio a prezzi competitivi; dovrebbe inoltre rafforzare l'infrastruttura di rete in Tunisia, compresa la smart grid. Preso atto inoltre dell'importanza strategica del progetto ELMED, in particolare per quanto riguarda il rafforzamento della sicurezza energetica, entrambe le Parti intendono:

·   adottare le misure necessarie per finalizzare l'accordo per la sovvenzione di 307 milioni di euro nell'ambito del Meccanismo per collegare l'Europa (Connecting Europe Facility - CEF);

·   intraprendere un’attività di due diligence e fornire la necessaria assistenza tecnica e finanziaria, approntando i prerequisiti (terreni, autorizzazioni, trasmissione, ecc.) volti a facilitare gli investimenti nelle energie rinnovabili;

·        contatti fra le rispettive popolazioni. Le Parti dichiarano che continueranno a cooperare per rafforzare la società civile, promuovere il dialogo fra i popoli e potenziare gli scambi culturali, scientifici e tecnici, anche attraverso l'attuazione del partenariato congiunto per la gioventù del 2016 e di altri programmi dell'UE nei settori della ricerca, dell'istruzione, della cultura e della gioventù, compresi lo sviluppo delle competenze e la mobilità. L'UE intende inoltre proseguire gli sforzi per armonizzare meglio le pratiche degli Stati membri nel rilascio dei visti Schengen per soggiorni di breve durata ai cittadini tunisini;

·        migrazione e mobilità. Entrambe le Parti intendono sviluppare un approccio olistico alla migrazione. Esse concordano sul fatto che la migrazione deve essere concepita in termini di “nesso migrazione/sviluppo”, e che occorre sfruttarne i benefici per lo sviluppo economico e sociale, affrontando le cause profonde della migrazione irregolare. Le Parti sono d’accordo nel promuovere uno sviluppo sostenibile nelle aree svantaggiate ad alto potenziale migratorio, sostenendo l'empowerment e la possibilità di impiego dei tunisini vulnerabili, in particolare attraverso il sostegno alla formazione professionale, all'occupazione e al settore privato. Entrambe sono inoltre concordi nell’assumere come prioritari la lotta alla migrazione irregolare, per evitare la perdita di vite umane, e lo sviluppo di canali di migrazione legale. Questo approccio dovrà basarsi sul rispetto dei diritti umani e svilupparsi nel quadro di un partenariato operativo rafforzato contro il traffico di migranti e la tratta di esseri umani - annunciato nell'aprile 2023 e il cui contenuto è attualmente in discussione -, attraverso la gestione efficace delle frontiere e lo sviluppo di un sistema per l'identificazione dei migranti irregolari presenti in Tunisia e il loro rimpatrio nei Paesi d'origine.

A corredo del memorandum, le due parti hanno anche concordato di aggiungere alle misure finanziarie concordate a giugno aiuti per 105 milioni destinati al contrasto del fenomeno migratorio.

L’implementazione del memorandum, anche per quanto concerne gli aspetti finanziari, è stata però rallentata dalla scarsa disponibilità tunisina ad accettare le abituali modalità richieste dall’UE per la concessione degli aiuti, in particolare la presentazione di progetti per il rafforzamento delle capacità di contrasto della migrazione illegale e di un piano di riforme cui condizionare l’assistenza macroeconomica.

Anche sul versante UE, però, il memorandum ha suscitato molte polemiche, sia per le modalità della firma (che non avrebbe coinvolto adeguatamente gli Stati membri, come sostenuto anche dall’Alto rappresentante Borrell), che per la scarsa attenzione che sarebbe rivolta al rispetto dei diritti umani.

Il Piano d’azione in 10 punti della Commissione europea

Dopo una visita effettuata lo scorso 17 settembre, insieme alla Presidente Meloni, nell’isola di Lampedusa, la Presidente della Commissione europea von der Leyen ha definito un Piano d’azione in 10 punti che, come sottolineato dalla Presidente, dovrà essere realizzato “nel pieno rispetto dei diritti fondamentali e degli obblighi internazionali”.

Le azioni immediate previste sono le seguenti: 1) il rafforzamento del sostegno all'Italia da parte dell'Agenzia dell'Unione europea per l'asilo e della guardia di frontiera e costiera europea (Frontex); 2) il sostegno al trasferimento delle persone fuori da Lampedusa, anche verso altri Stati membri, avvalendosi del meccanismo volontario di solidarietà e prestando particolare attenzione ai minori non accompagnati e alle donne; 3) il rafforzamento delle attività di rimpatrio; 4) il sostegno alla prevenzione delle partenze, istituendo partenariati operativi con i Paesi di origine e di transito per la lotta al traffico di migranti; 5) il rafforzamento della sorveglianza di frontiera aerea e marittima, anche attraverso Frontex, e lo studio di opzioni per espandere le missioni navali nel Mediterraneo; 6) l’adozione di misure per limitare l'uso di imbarcazioni non idonee alla navigazione e per contrastare la logistica dei trafficanti; 7) l’aumento del sostegno da parte dell'Agenzia per l’asilo al fine di applicare procedure di frontiera rapide e accelerate; 8) l’aumento delle campagne di sensibilizzazione e comunicazione per scoraggiare le traversate del Mediterraneo, continuando a lavorare per offrire alternative quali l'ammissione umanitaria e i percorsi legali; 9) una cooperazione più intensa con l'UNHCR e l'OIM; 10) l’attuazione del protocollo d'intesa UE-Tunisia.

La Tunisia ha però sempre mostrato contrarietà all’ipotesi di accogliere nel proprio territorio funzionari europei per coordinare le attività di contrasto al traffico di migranti, così come a dichiarare una propria area SAR, con le relative responsabilità in materia di ricerca e soccorso.

Il 22 settembre 2023 la Commissione europea ha annunciato un sostegno di quasi 127 milioni di euro, comprensivo di un pacchetto di assistenza operativa in materia di migrazione del valore di circa 67 milioni di euro. Si tratta però, in gran parte, dello sblocco di fondi già previsti da programmi di assistenza precedenti alla stipula del memorandum.

Nonostante questo versamento, le difficoltà di implementazione degli accordi non sembrano superate. Dopo aver negato l’ingresso nel Paese a una delegazione della commissione esteri del Parlamento europeo, lo scorso 25 settembre le autorità tunisine hanno rinviato a data da definirsi una missione a Tunisi di funzionari UE, che aveva proprio il compito di istruire, insieme alle controparti tunisine, l’attuazione del memorandum.

Il terzo vertice UE-CELAC (17/18 luglio 2023)

A otto anni dalla loro ultima riunione, i leader dell’UE e della Comunità degli Stati latinoamericani e caraibici (CELAC) si sono riuniti a Bruxelles per il terzo vertice UE-CELAC. La riunione è stata co-presieduta dal Presidente del Consiglio europeo Charles Michel e dal Presidente pro tempore della CELAC, il primo ministro di Saint Vincent e Grenadine Ralph Gonsalves. In tale occasione i leader dell’UE e della CELAC si sono impegnati a rinnovare il loro partenariato di lunga data, fondato su valori e interessi condivisi e su forti legami economici, sociali e culturali.

I leader hanno discusso di un’ampia gamma di temi al fine di rafforzare il partenariato, tra cui:

·        cooperazione rafforzata nei consessi multilaterali;

·        pace e sicurezza a livello mondiale;

·        commercio e investimenti;

·        sforzi intesi a contrastare i cambiamenti climatici;

·        giustizia e sicurezza per i cittadini.

 

Al termine del vertice hanno adottato una dichiarazione e hanno convenuto di tenere vertici ogni due anni.

Sul contesto geopolitico, i leader hanno:

·        espresso profonda preoccupazione per la guerra in corso contro l’Ucraina, nonché il loro sostegno a una pace giusta e sostenibile e all’iniziativa sui cereali del Mar Nero;

·        invitato a proseguire gli sforzi volti a sostenere il processo di dialogo ad Haiti in considerazione del deterioramento della sicurezza pubblica e della situazione umanitaria;

·        rammentato il loro sostegno al processo di pace e all’accordo di pace del 2016 in Colombia;

·        ricordato la loro opposizione alle disposizioni legislative e regolamentari con effetto extraterritoriale in considerazione dell’embargo imposto nei confronti di Cuba.

I leader hanno riconosciuto l’importanza di un commercio aperto ed equo, di catene di approvvigionamento produttive e dell’accesso ai mercati, e il loro contributo allo sviluppo sostenibile. La cooperazione sulle materie prime critiche e i metalli delle terre rare è particolarmente importante a tale riguardo. L’UE, l’America Latina e i Caraibi presentano una delle reti commerciali più fitte al mondo, con scambi totali di merci e servizi pari a 369 miliardi di Euro nel 2022. Partendo da queste solide basi, i leader hanno accolto con favore i lavori in corso sugli accordi commerciali tra l’UE e il Cile e il Messico e hanno discusso di come rafforzare ulteriormente i legami economici e commerciali tra le regioni. Hanno inoltre preso atto dei lavori in corso tra l’UE e il Mercosur.

I leader hanno sottolineato l’importanza di promuovere una transizione digitale responsabile, antropocentrica, basata sui valori e inclusiva.

A tale riguardo hanno sottolineato la necessità di tutelare il diritto alla vita privata, aumentare la connettività digitale e la cibersicurezza, colmare i divari digitali e contribuire alla fiducia nell’economia digitale. A margine del vertice è stata inoltre concordata una dichiarazione comune su un’alleanza digitale, con l’obiettivo di incentivare la cooperazione in materia digitale a vantaggio dei cittadini.

L’UE e la CELAC si sono impegnate a portare avanti i lavori per la produzione locale di vaccini, medicinali e tecnologie sanitarie. Collaboreranno inoltre per rafforzare la resilienza dei sistemi sanitari al fine di migliorare la prevenzione, la preparazione e la risposta alle emergenze di sanità pubblica. A tale riguardo, i leader attendono con interesse i progressi sul nuovo strumento giuridicamente vincolante che l’Organizzazione mondiale della sanità intende approvare entro maggio 2024.


 

Sessione IV - La difesa europea e le sfide della politica di sicurezza e difesa comune

 

Lo strumento europeo per la pace

Lo Strumento europeo per la pace (European Peace Facility, EPF), è un fondo fuori dal bilancio dell’UE istituito nel marzo del 2021. EPF è stato istituito con un duplice scopo: rafforzare le missioni PSDC e sostenere una serie di misure di assistenza nel settore della difesa (in particolare le missioni di pace dell’Unione africana e i programmi bilaterali con i Paesi partner). Per la prima volta si prevedeva anche la fornitura di equipaggiamenti e di armi a complemento delle attività di addestramento.

È stato finora lo strumento principale per il sostegno militare dell’Unione a Kyiv. Grazie a EPF, il Consiglio dell’Unione ha potuto adottare le prime misure di sostegno all’Ucraina pochi giorni dopo l’avvio dell’aggressione russa. Il primo finanziamento (28 febbraio) è stato di 500 milioni di euro, di cui 50 milioni per "attrezzature e forniture non concepite per l’uso letale della forza" (essenzialmente dispositivi di protezione individuale, kit di pronto soccorso e carburante). Con due successive decisioni (23 marzo e 13 aprile), l’importo complessivo è stato portato alla somma di 1,5 miliardi di euro (di cui 150 milioni per attrezzature non letali). Con le misure approvate il 20 maggio l’ammontare complessivo è salito a 2 miliardi. Tra luglio e ottobre dello scorso anno l’ammontare del finanziamento è salito a 3.1 miliardi, comprendendo anche il contributo di 100 milioni da parte degli Stati che non hanno finanziato le forniture di attrezzature letali (vedi infra). Il 2 febbraio 2023 il Consiglio ha approvato la settima tranche, sempre di 500 milioni di euro.

Il 20 marzo il Consiglio UE, a fronte di una richiesta specifica (e urgente) del governo ucraino, ha concordato un approccio fondato su un duplice intervento per la fornitura di munizioni di artiglieria e missili. In primo luogo il Consiglio ha deciso di fornire a Kyiv munizioni e missili già disponibili (attingendo alle scorte nazionali esistenti o sulla base di ordini già effettuati dai singoli Stati). In secondo luogo, vista la penuria sul lato dell’offerta, e per evitare aumenti eccessivi dei prezzi ha deciso di sostenere gli acquisti congiunti da parte degli Stati. La prima parte di questo impegno è stato formalizzato lo scorso 13 aprile, con lo stanziato di 1 miliardo di euro (fondi EPF) per la fornitura a Kyiv delle munizioni già disponibili. Il sostegno agli acquisti congiunti è stato deciso il 3 maggio (dopo alcuni contrasti tra gli Stati sul carattere made in EU dei prodotti coperti dalla misura). Con l’approvazione di queste ultime misure, lo stanziamento complessivo EPF a favore delle forze armate ucraine arriva a 5.6 miliardi. La nuova tranche di aiuti (che sarebbe l’ottava complessiva) è da diversi mesi bloccata dal veto dell’Ungheria, che chiede alle autorità ucraine di rimuovere una importante banca magiara dal (controverso) elenco delle aziende straniere accusate di proseguire le proprie attività in Russia in violazione delle sanzioni.

Le necessità della guerra, hanno ben presto reso insufficiente lo stanziamento iniziale di EPF (finanziato dagli Stati in rapporto al proprio Pil), la cui dotazione originaria, per periodo 2021-2027, era di circa 5,7 miliardi di euro. Il 13 marzo 2023 il Consiglio ha incrementato i fondi di EPF, fino al 2027, a 7,98 miliardi e il 26 giugno 2023 il Consiglio (dopo una lunga opposizione da parte dell’Ungheria) ha ulteriormente aumentato il bilancio dell’EPF di 3,5 miliardi di euro, portando le sue risorse complessive a 12,04 miliardi di euro (a prezzi correnti) fino al 2027. Almeno la metà di questo ulteriore aumento, secondo l’accordo informale raggiunto tra gli Stati membri (per superare il veto ungherese), dovrebbe essere destinato alle esigenze diverse da quelle legate alla guerra in Ucraina.

A favore dell’Ucraina, oltre che per finanziare i trasferimenti diretti di armamenti e altri materiali, EPF è stato comunque impiegato anche per sostenere (complessivamente 61 milioni) la missione di assistenza militare EUMAM, avviata nel novembre 2022, e che ha l’obiettivo di concludere entro il 2023 l’addestramento (in territorio UE) di 30 mila soldati ucraini. A margine del vertice informale dei ministri della difesa, tenutosi a Toledo lo scorso 30 agosto, l’Alto rappresentante Borrell ha dichiarato che la missione ha già completato l’addestramento di 25 mila soldati ucraini, e ha proposto di aumentare a 40 mila unità l’obiettivo da raggiungere entro la fine dell’anno.

 

 

 

Il Fondo per l’assistenza all’Ucraina

Prima dell’estate, la Commissione ha proposto di istituire, all’interno di EPF, un fondo dedicato per l’assistenza militare all’Ucraina, del valore di 20 miliardi, cioè 5 miliardi l’anno dal 2024 al 2027. Il fondo resterebbe fuori dal bilancio UE e sarebbe finanziato (come EPF) dagli Stati membri, sulla base del rispettivo Pil. Servirebbe a finanziare la fornitura a Kyiv di materiali d’armamento da parte degli Stati e il funzionamento della missione di assistenza EUMAM. Si tratta di uno strumento separato dall’“Ukraine Facility” che rientra nel bilancio UE e serve a sostenere la stabilità finanziaria del governo ucraino e le sue riforme, anche in prospettiva dell’adesione.

Dopo una discussione a livello politico nel citato vertice informale di Toledo agosto, la prima riunione di carattere tecnico si è svolta lo scorso 7 settembre. La cifra proposta dalla Commissione si base sull’entità degli aiuti forniti finora. Tutti gli Stati, con l’eccezione dell’Ungheria, hanno espresso una generale apertura all’iniziativa, pur con precisazioni e chiarimenti. Alcuni Stati hanno proposto di associare questa discussione al negoziato sull’aggiornamento del Quadro finanziario pluriennale UE. L’Italia propone invece di mantenere distinti i due tavoli, per evitare che l’assenso alle misure di sostegno militare all’Ucraina possa essere usato per ridurre la portata dell’ampliamento del bilancio UE.

Anche se le necessità del sostegno all’Ucraina hanno drenato la maggior parte dei fondi EPF, il Consiglio ha cercato di mantenere l’attenzione anche alle altre priorità dell’azione esterna dell’Unione. Ad aprile 2022 il Consiglio ha approvato il piano di sostegno alle operazioni di mantenimento della pace condotte dall’Unione africana, che prevede complessivi 600 milioni, nel triennio fino al 2024. Altre risorse sono state stanziate a favore di Paesi dove operano missioni UE di partenariato militare o di addestramento, talvolta in aggiunta al sostegno di iniziative di altre organizzazioni, in particolare Somalia, Mozambico e Niger (programma attualmente sospeso dopo il recente colpo di Stato militare). Nei Paesi del Partenariato orientale, il Consiglio ha utilizzato fondi EPF a favore della Georgia, 32,7 milioni (tra dicembre 2021 e dicembre 2022) per la sanità militare, logistica, genio militare e ciberdifesa e della Moldova, 47 milioni (tra dicembre 2021 e giugno 2022), per logistica, comando e controllo, ciberdifesa, ricognizione aerea (droni) e unità di comunicazione tattica.

Altre misure di assistenza militare sono state deliberate, in virtù di accordi bilaterali, a favore di Macedonia del Nord (marzo 2023), 9 milioni di euro, per le attrezzature del battaglione di fanteria leggera dell’esercito; Giordania (febbraio 2023 ), 7 milioni, per sanità militare, genio e rafforzamento delle frontiere; Bosnia-Erzegovina (dicembre 2022), 10 milioni per attrezzature da campo, genio militare e materiali CBRN (chimici, biologici, radiologici e nucleari); Libano (dicembre 20222), 6 milioni, per la sanità militare e le attrezzature individuali; Mauritania (dicembre 2022), 12 milioni, per fornitura di imbarcazioni leggere, dispositivi di protezione individuale e attrezzature mediche (in particolare per le forze a presidio delle frontiere) e Task force medica dei Balcani (BMTF) (giugno 2022) 6 milioni per la fornitura di equipaggiamento e materiali per le forze armate dei Paesi partecipanti (Albania, Bosnia-Erzegovina, Montenegro, Macedonia del Nord e Serbia). Lo scorso 25 settembre l’Unione ha adottato una misura (11,75 milioni) a sostegno delle forze armate del Benin.

Il Consiglio del 13 marzo ha anche previsto un finanziamento di 5 milioni (sempre fondi EPF) dedicato a MILEX 23, la grande esercitazione militare congiunta dell’Unione, avviata lo scorso 18 settembre in Spagna. Il Consiglio ha anche introdotto alcune misure per rendere più flessibile la raccolta e l’utilizzo dei fondi, estendendo la possibilità di anticipo volontario di fondi da parte degli Stati membri, in modo da ampliare il ricorso al prefinanziamento per tutte le misure di assistenza.

La cooperazione strutturata permanente (PESCO)

Per quanto riguarda la cooperazione strutturata permanente in materia di difesa, gli sviluppi più significativi (maggio 2023) riguardano da un lato l’ingresso della Danimarca e dall’altro l’approvazione di 11 nuovi progetti.

Con la partecipazione alla PESCO, si conclude il processo della piena integrazione della Danimarca nella Politica di sicurezza e difesa comune, decisa - dopo 30 anni di auto-esclusione - in seguito al referendum tenutosi il 1º giugno del 2022. Con l’ingresso della Danimarca, alla PESCO partecipano ora tutti gli Stati membri, con la sola eccezione di Malta. La Danimarca ha iniziato a contribuire alle missioni e operazioni militari PSDC già dal 1º luglio 2022 e nel marzo del 2023 ha aderito all’Agenzia europea per la difesa (EDA).

 

Il Consiglio dello scorso maggio ha anche approvato la quinta tornata di progetti della PESCO (dopo quella del 2018, le due tornate del 2019 e quella del 2021.

Tra i nuovi 11 progetti, due sono coordinati dall’Italia:

·           protezione delle infrastrutture critiche sui fondali marini;

·           sistema di difesa aerea e missilistica multistrato integrata.

Il numero dei progetti sale dunque complessivamente a sessantotto, in sette diversi settori:

·        formazione e logistica;

·        settore terrestre;

·        settore marittimo;

·        sistemi aerei;

·        ciberdifesa, comando controllo e comunicazione;

·        sistemi abilitanti e interforze;

·        spazio.

L’Italia coordina complessivamente 13 progetti e partecipa ad altri 22 (complessivamente, dunque, è presente in trentacinque progetti, oltre il 50% del totale).

Il carattere strategico di questi progetti e il loro stato di avanzamento sono molto diversificati. Alcuni, tra quelli di maggior rilievo, procedono secondo i programmi, e aspirano o hanno già ottenuto finanziamenti supplementari rispetto alle risorse nazionali (grazie ai bandi EDIDP o EDF). Quelli finalizzati a rafforzare le capacità di gestione delle emergenze sanitarie hanno acquisito una nuova urgenza a causa dell’emergenza Covid-19. Altri progetti, invece, secondo molti osservatori, non sembrano ancora in grado di fornire un contributo significato a colmare le lacune capacitive UE, sono rimasti ancora poco più che sulla carta o hanno già accumulato pesanti ritardi rispetto ai programmi iniziali. Lo scorso anno il Consiglio ha definito, tra quelli approvati fino ad allora, una lista di 26 progetti che sono considerati suscettibili di produrre risultati concreti entro il 2025 (tra cui anche uno a guida italiana sulla Sorveglianza e protezione marittima dei porti).

L’iniziativa più significativa resta il progetto sulla mobilità militare, coordinato dai Paesi Bassi, cui partecipano tutti gli Stati membri (ad eccezione dell’Irlanda) e che vanta una linea di finanziamento autonoma (per 1.5 miliardi) nel bilancio UE 2021-2027. Il progetto intende agire su due ambiti principali: il rafforzamento della rete infrastrutturale e l’accelerazione delle procedure per l’attraversamento delle frontiere nazionali. A sostegno del progetto ci sono anche due programmi dell’Agenzia europea della difesa (su dogane e digitalizzazione delle autorizzazioni ai movimenti transfrontalieri). Si tratta anche di un progetto che si muove in stretta sintonia con la Nato e che, anche per questo, è il primo (ma non più unico) progetto PESCO che vede la partecipazione di Paesi terzi (Stati Uniti, Canada e Norvegia). L’ingresso del Regno Unito è dato per imminente, mentre la richiesta di partecipazione della Turchia appare difficile sarà accolta, almeno nel futuro immediato.

La PESCO è stata istituita dal Consiglio UE nel dicembre del 2017 (ai sensi dell’art. 42.6 del Trattato sull’Unione e dell’apposito Protocollo), con una decisione che ha fissato i venti “impegni più vincolanti” che gli Stati intenzionati a parteciparvi sono tenuti a sottoscrivere, in materia di: spesa per la difesa; avvicinamento degli strumenti nazionali; rafforzamento della disponibilità; interoperabilità e schierabilità delle forze; cooperazione per colmare le lacune nello sviluppo delle capacità; programmi comuni di equipaggiamento.

 

La cooperazione UE-NATO

Le conclusioni del recente Vertice della Nato di Vilnius (11-12 luglio) citano in diverse parti l’Unione europea, definita “un partner unico ed essenziale” e dedicano due paragrafi specifici alla cooperazione tra le due organizzazioni.

Il documento, in particolare:

·        rileva che nel contesto della guerra di aggressione della Russia la cooperazione è diventata più significativa, e le due organizzazioni hanno dimostrato in modo inequivocabile unità di intenti e determinazione comune nel far leva sui rispettivi ruoli, che si rafforzano a vicenda;

·        riconosce il valore di una difesa europea più forte e più capace, complementare e interoperabile con la NATO (difesa europea in cui si auspica “il più completo coinvolgimento” degli alleati non UE);

·        sottolinea i risultati tangibili nella lotta alla disinformazione, nel contrasto alle minacce ibride e informatiche, nelle capacità di difesa, nell’industria e nella ricerca della difesa, nell’antiterrorismo;

·        rileva che la cooperazione si sta estendendo a resilienza, protezione delle infrastrutture critiche, tecnologie emergenti, spazio, implicazioni per la sicurezza dei cambiamenti climatici e concorrenza geostrategica;

·        sottolinea che NATO e UE continueranno ad affrontare le sfide sistemiche poste dalla Cina alla sicurezza euro-atlantica.

Il 10 gennaio 2023 le due organizzazioni avevano approvato la loro Terza dichiarazione congiunta (dopo quelle del 2016 e del 2028). Nonostante il lungo processo negoziale, il documento non contiene però novità significative (se si escludono i riferimenti alla Cina e alla manipolazione delle informazioni).

La dichiarazione, tra l’altro:

·        riafferma il partenariato strategico NATO-UE, fondato su valori condivisi;

·        condanna con fermezza l’aggressione della Russia, esprimendo il sostegno all’indipendenza, sovranità e integrità territoriale dell’Ucraina;

·        rileva che “attori autoritari” sfidano gli interessi e i valori democratici con mezzi politici, economici, tecnologici e militari, e che la crescente assertività e le politiche della Cina pongono sfide da affrontare;

·        riconosce il valore di una difesa europea più forte e più capace, complementare alla NATO e interoperabile con essa;

·        impegna le parti a estendere la cooperazione a nuovi settori, come la protezione delle infrastrutture critiche, le tecnologie emergenti, lo spazio, la manipolazione delle informazioni e le ingerenze da parte di attori stranieri;

·        invita gli alleati alla NATO che non sono membri dell’UE a partecipare il più possibile alle iniziative di quest’ultima e viceversa.

 

Proprio in relazione ai nuovi settori di cooperazione citati anche nella dichiarazione di Vilnius, il 29 giugno 2023 è stato pubblicato il Rapporto sulla protezione delle infrastrutture critiche, redatto da una task force congiunta. Il rapporto contiene una serie di raccomandazioni per contrastare il rischio di attacchi, in particolare nei quattro settori chiave dell’energia, trasporti, infrastrutture digitali e spazio.

Il 16 giugno il Consiglio UE ha preso atto (senza discussione) dell’Ottava relazione sullo stato di avanzamento della cooperazione UE-NATO.

 Per quanto riguarda la cooperazione strutturata permanente (vedi supra) si segnala che Stati Uniti, Canada e Norvegia partecipano ad uno dei suoi progetti più ambiziosi, quello sulla mobilità militare (a guida Paesi Bassi), richiamato anche nelle conclusioni di Vilnius.

Il progetto ha l’obiettivo di facilitare la mobilità dei mezzi militari attraverso il continente europeo, per finalità sia belliche che di protezione civile, intervenendo su due pilastri: a) rafforzamento e adeguamento delle infrastrutture; b) semplificazione delle procedure transfrontaliere. Il “Piano d’azione per la mobilità militare 2.0”, presentato lo scorso novembre (per il periodo fino al 2026), si pone gli obiettivi prioritari di: migliorare le catene di rifornimento di carburante; massimizzare le sinergie con il trasporto civile (anche all’interno del piano dei corridoi di mobilità TEN-T); digitalizzare le procedure frontaliere (con il coinvolgimento dell’Agenzia europea della difesa, e un finanziamento di 9 milioni); migliorare l’efficienza energetica e la “resilienza” della rete di trasporti militari; rafforzare la cooperazione con Balcani occidentali, Ucraina e Moldova. Il progetto vanta una linea di finanziamento autonoma (per 1.5 miliardi) nel bilancio dell’Unione 2021-2027. La richiesta di partecipazione al progetto della Turchia non è stata finora accolta, mentre sono in corso negoziati per l’ingresso del Regno Unito.

Oltre a cooperare in varie forme e con varia intensità nell’ambito delle missioni che le due organizzazioni hanno attivato nei diversi quadranti geografici, UE e NATO sono direttamente coinvolte, da quasi due decenni, nell’operazione comune EUFOR Althea in Bosnia-Erzegovina, sulla base degli accordi cosiddetti “Berlin plus”.

L’operazione è stata avviata nel dicembre del 2004 (è quella di più lunga durata in ambito UE), con il mandato di garantire il rispetto degli Accordi di Dayton del 1995. I compiti dell’operazione sono stati più volte modificati, a seguito dell’assunzione da parte delle autorità statuali di responsabilità sempre maggiori. Vista la sua natura ibrida (è anche la sua unicità come missione Berlin plus, modello che non sembra destinato a ripetersi, specie dopo l’ingresso di Cipro nell’UE), l’operazione non ha una data di scadenza, anche se è fondata su una risoluzione del Consiglio di Sicurezza ONU, soggetta a rinnovo periodico.

 

Le iniziative a sostegno dell’industria europea della difesa

Il regolamento a sostegno della produzione di munizioni (ASAP)

Il regolamento è stato approvato lo scorso 20 luglio, dopo un iter molto rapido. ASAP rappresenta la terza parte del piano di sostegno a Kyiv nel settore delle forniture di munizioni e missili, che era stato concordato dagli Stati nel Consiglio UE del 20 marzo. L’obiettivo generale è quello di consentire agli Stati di continuare il trasferimento di materiali all’Ucraina, senza sguarnire eccessivamente i propri arsenali.

Il primo punto (cosiddetto “track 1”) prevedeva la fornitura all’Ucraina delle munizioni già a disposizione degli Stati (scorte nazionali esistenti o ordini in consegna). L’impegno è stato poi formalizzato il 13 aprile, con lo stanziamento di 1 miliardo di euro (con fondi dello Strumento europeo per la Pace), per la finestra temporale fino al 31 maggio.

Il secondo punto (cosiddetto “track 2”) prevedeva misure di sostegno al procurement congiunto da parte degli Stati, per evitare strozzature di mercato e aumenti eccessivi dei prezzi (sul modello di quanto fatto per i vaccini per il Covid-19). La misura, ratificata il 3 maggio, prevede un altro miliardo di fondi (sempre a valere sullo Strumento europeo per la pace), per acquisti condotti da consorzi di Stati, eventualmente con il sostegno dell’Agenzia europea della difesa, entro il 30 settembre di quest’anno.

Il regolamento ASAP  (“track 3”) ha invece un orizzonte temporale un po’ più ampio (circa due anni, si conclude il 30 giugno 2025) e intende sostenere le capacità produttive dell’industria europea, nel settore specifico delle munizioni e dei missili.

I fondi stanziati (500 milioni di euro) possono finanziare progetti che hanno l’obiettivo di (art. 8):

a)    incrementare le capacità di produzione (per i prodotti finali, le materie prime o le loro componenti), attraverso l’ottimizzazione delle catene produttive esistenti, la messa in attività di nuove, l’acquisto di macchinari ecc.,;

b)   istituire partenariati industriali transfrontalieri per mettere in sicurezza le catene di approvvigionamento di materie prime e componenti;

c)    ricondizionare prodotti obsoleti per adattarli alle esigenze attuali;

d)   formare e riqualificare il personale.

Nel provvedimento approvato (art. 9), la quota di finanziamento UE è fissata al 35% per i prodotti finali (missili e munizioni) e al 40% per le componenti e le materie prime. La quota può aumentare di un altro 10% (arrivando quindi al 50%), se il progetto soddisfa una di queste condizioni: a) avvia una nuova cooperazione transfrontaliera; b) i partecipanti si impegnano a dare priorità agli ordini derivanti da appalti comuni o destinati all’Ucraina; c) i partecipanti sono in maggioranza piccole e medie imprese. Sono ammessi al finanziamento anche le azioni avviate prima dell’entrata in vigore del regolamento, purché avviata dopo il 20 marzo 2023 (che, come detto, è la data in cui gli Stati hanno concordato politicamente la misura) e non siano ancora concluse (art. 7.2).

I criteri di valutazione per l’aggiudicazione dei fondi sono (art. 11):

·        l’aumento della capacità di produzione nell’UE;

·        la riduzione dei tempi di consegna (anche mediante meccanismi di ridefinizione delle priorità degli ordini);

·        l’eliminazione delle strozzature nell’approvvigionamento e nella produzione;

·        la cooperazione transfrontaliera, coinvolgendo anche le pmi.

Il provvedimento contiene una deroga alle norme vigenti sugli appalti (art. 14). Uno Stato può infatti partecipare a contratti quadro già avviati da almeno altri due Stati, senza che debba bandire una nuova gara d’appalto (a patto che all’accordo originario possano accedere tutti gli operatori che soddisfano i requisiti iniziali, compresi quelli previsti dalle direttive UE di settore).

Per facilitare il finanziamento delle imprese della difesa, che tipicamente si scontra con una serie di difficoltà aggiuntive (ad esempio le preoccupazioni “etiche” di fondi e altri investitori istituzionali), il regolamento prevede la possibilità di istituire un apposito fondo di potenziamento (art. 15). Nelle premesse del provvedimento si auspica un ruolo più attivo nel settore della difesa della Banca europea per gli investimenti (che ora può finanziare solo produzioni “dual-use”).

Il regolamento prevede anche la possibilità di utilizzare fondi per la ripresa e la resilienza (PNRR) per i progetti di rafforzamento delle capacità industriali nel settore in questione, ovviamente in caso di piani nazionali nuovi o modificati.

Il regolamento (art. 13) invita poi gli Stati membri ad accelerare tutte le procedure necessarie alla pianificazione, al rilascio delle autorizzazioni, alla costruzione e all’esercizio degli impianti di produzione di munizioni e missili.

Un tema piuttosto delicato è quello dei soggetti eligibili a presentare progetti per ottenere i finanziamenti ASAP (art. 10). Mirando a rafforzare la base industriale europea, il provvedimento è ovviamente rivolto in via principale a sostenere le imprese, pubbliche o private, che – oltre ad essere situate nel territorio dell’Unione – siano controllate da Stati membri o da soggetti privati UE. Anche per il regolamento ASAP, come in passato per il Fondo europeo per la difesa, durante il negoziato tra gli Stati, si è posto il problema se ammettere o meno ai finanziamenti le aziende situate nel territorio UE (o dei Paesi associati), ma controllate da società extra-UE o da Stati terzi. Rispetto alla posizione, sostenuta soprattutto dalla Francia, di escludere o limitare al massimo la partecipazione di tali soggetti, è prevalsa una posizione più aperta (sostenuta con decisione, tra gli altri, anche dall’Italia). Le realtà industriali controllate da entità extra-UE possono partecipare ai finanziamenti ASAP se forniscono “garanzie”, “approvate” dallo Stato di stabilimento (che ad esempio può prevedere strumenti come il “golden power”) che la loro presenza non contrasta con gli interessi di difesa e sicurezza dell’UE e con gli obiettivi del regolamento. Il controllo extra-UE, tra l’altro, non deve comportare ostacoli al raggiungimento dei risultati previsti e deve escludere l’accesso alle informazioni sensibili. Visti gli obiettivi del provvedimento, le infrastrutture, i beni e le risorse coinvolte nei progetti devono essere situate nel territorio UE. Il destinatario dei fondi poi - si legge al comma 6 - “si adopera in ogni modo per garantire che l’azione finanziata dallo strumento consenta la realizzazione di risultati per l’Ucraina”.

Si può infine ricordare che la proposta originaria di regolamento, accanto alle misure per il sostegno della produzione, prevedeva anche un secondo “pilastro”, che avrebbe attribuito alla Commissione poteri molto significativi (seppure da esercitare d’accordo con gli Stati) per intervenire nel mercato delle munizioni e dei missili. Nonostante il sostegno del Parlamento europeo, questo secondo pilastro, da subito osteggiato dalle aziende del settore, è stato però cancellato dal Consiglio: tra gli Stati è prevalsa nettamente la preoccupazione dei possibili effetti distorsivi sul mercato e dell’eccessivo ampliamento dei poteri della Commissione.

La proposta iniziale prevedeva infatti che, sulla base delle attività della task force per le acquisizioni congiunte (già attiva per coordinare gli invii di materiali all’Ucraina), la Commissione avrebbe svolto una mappatura delle imprese del settore, per monitorare la loro capacità di produzione e le catene di approvvigionamento e valutarne “la capacità complessiva di rispondere all’evoluzione prevista della domanda di mercato”. Per consentire lo svolgimento di tale attività, la proposta di regolamento prevedeva la trasmissione, da parte delle aziende, di una serie di informazioni, molto dettagliate, su specifiche dei prodotti, capacità di produzione, calendari produttivi dei diversi stabilimenti, componenti, variazioni delle scorte, ecc. Sulla base di questa mappatura, la Commissione avrebbe individuato un elenco di “prodotti critici”, rispetto ai quali, in situazioni di necessità (ad esempio carenza di prodotti da inviare in Ucraina), e sempre in dialogo con gli Stati, avrebbe potuto stabilire “ordini prioritari”, imponendo all’impresa di eseguirli come prioritari, “a un prezzo equo e ragionevole”, anche rispetto ad ordini già accettati.

 

Lo strumento per il rafforzamento dell’industria europea della difesa mediante appalti comuni (EDIRPA)

Il regolamento, presentato dalla Commissione nel luglio del 2022, è volto a sostenere la collaborazione tra Stati membri nella fase del procurement, in modo da facilitare l’acquisto dei prodotti di armamento, per continuare il sostegno all’Ucraina, evitando di aggravare le carenze nelle riserve nazionali. La scarsità di prodotti, rispetto a una domanda sempre crescente provoca inevitabilmente un aumento dei costi, innescando una competizione tra i Paesi UE, che inevitabilmente è destinata a sfavorire quelli dotati di minori risorse (come di recente avvenuto, con le debite differenze, per l’acquisto dei vaccini contro il Covid-19). EDIRPA intende quindi rispondere ad una situazione di emergenza, incoraggiando meccanismi di collaborazione tra gli Stati che si auspica rimangano attivi e siano incrementati in futuro. Acquistare in comune ha ovviamente l’effetto di favorire la standardizzazione dei prodotti (con conseguente riduzione dei costi) e quindi la maggiore interoperabilità degli strumenti militari nazionali. Come evidenziato dall’ultimo rapporto CARD (Revisione annuale coordinata della difesa), pubblicato nel novembre del 2022, i programmi di acquisti in comune tra diversi partner UE rappresentavano (nel 2021) solo il 18% degli acquisti totali, in lieve risalita rispetto ai tre anni precedenti, ma lontani dai risultati raggiunti in passato e, soprattutto, poco più della metà della soglia del 35% concordato tra gli Stati in sede PESCO. Alla povertà di questi risultati contribuiscono ovviamente fattori di diversa natura, che vanno dalle differenze delle legislazioni nazionali (che in questo settore possono derogare, in base a una specifica previsione dei Trattati, alle regole del mercato unico), agli interessi delle aziende del settore alle scelte dei governi di acquistare da Paesi terzi (ad esempio dagli Usa) per ragioni di politica estera. C’è da dire che il nuovo contesto provocato dall’aggressione russa all’Ucraina presenta, da questo punto di vista, sia opportunità che rischi. Da un lato, infatti, le crescenti tensioni geopolitiche hanno provocato in tutti i Paesi, seppure in maniera diseguale, un generale incremento dei fondi destinati alla difesa (e un’accresciuta sensibilità da parte delle opinioni pubbliche). Dall’altro, però, l’urgenza di colmare le lacune più critiche (sia nei propri arsenali che nei materiali da trasferire a Kyiv) rischia di spingere gli Stati membri (soprattutto quelli più vicini al fronte di guerra) a preferire l’acquisto di prodotti già disponibili da parte dei Paesi terzi (Stati Uniti in testa), rispetto allo sviluppo di collaborazioni industriali infra-UE, che necessariamente richiedono tempi più lunghi.

Il regolamento EDIRPA, che ha un budget di 300 milioni di euro, da impiegare entro il 31 dicembre 2025, intende sostenere consorzi composti da almeno tre Stati membri (o associati, cioè Norvegia, Islanda e Liechtenstein) che presentino nuovi progetti di appalti comuni o l’ampliamento di progetti già avviati. Il fondamento giuridico è l’art. 173 del Trattato sul funzionamento dell’UE, che regola gli interventi per sostenere la competitività dell’industria europea. Si tratta della prima norma che prevede l’utilizzo di fondi del bilancio UE per sostenere iniziative di questo genere.

EDIRPA riprende in effetti il meccanismo di incentivo inaugurato con il cosiddetto “track 2” delle misure concordata dal Consiglio UE dello scorso 20 marzo (di cui si è parlato in precedenza e che scade il prossimo 30 settembre), ampliandone la portata sia dal punto di vista qualitativo (perché si applica a tutti i prodotti per la difesa) che dal punto di vista temporale. Quella misura, poi – come detto – era finanziata con fondi dello Strumento europeo per la pace (EPF), che è al di fuori del bilancio UE. Anche il Fondo europeo per la difesa (di cui si parla nel prossimo paragrafo) ammette la possibilità di chiedere finanziamenti per attività di procurement, ma solo di quello cosiddetto “pre-commerciale”, che riguarda cioè solo la fase di ricerca e sviluppo di servizi commerciali interni alle imprese, ma non la fase degli appalti e della fornitura al destinatario finale.

La questione se ammettere o meno ai finanziamenti le aziende situate nel territorio UE (o dei Paesi associati) ma controllate da società extra-UE o da Stati terzi è stata decisa in maniera analoga a quanto già visto per il regolamento ASAP. Queste realtà industriali possono partecipare agli appalti sostenuti da EDIRPA, se forniscono “garanzie”, “verificate” dallo Stato di stabilimento (anche con strumenti come il “golden power”) che la loro presenza non contrasti con gli interessi di difesa e sicurezza dell’UE e con gli obiettivi di EDIRPA. Il controllo extra-UE, tra l’altro, non deve comportare ostacoli al raggiungimento dei risultati previsti e deve escludere l’accesso alle informazioni sensibili relative all’appalto comune. Nell’appalto possono essere coinvolte anche infrastrutture e risorse situate al di fuori del territorio UE (o dei Paesi associati), ma solo se i partecipanti non hanno “alternative disponibili” (e sempre con la garanzia dello Stato di stabilimento).

I contratti di appalto devono anche garantire che i prodotti coinvolti non sono soggetti a nessuna restrizione, diretta o indiretta, per l’uso da parte dei Paesi UE cui sono destinati. A questa previsione si può derogare, nei casi in cui l’industria europea non sia in grado, “in tempi adeguati”, di colmare “carenze urgenti e critiche” nelle riserve nazionali. La deroga si applica però solo ai prodotti che erano già in uso, prima dello scoppio della guerra, nella maggioranza degli Stati partecipanti all’appalto comune. Gli Stati devono comunque impegnarsi a svolgere uno studio di fattibilità per la sostituzione di tali prodotti con prodotti “made in EU”. Il costo delle componenti “originate” nell’UE (o nei Paesi associati) non può comunque essere inferiore al 65% del valore stimato del prodotto finale. Su richiesta di Grecia e Cipro (con chiaro riferimento alla Turchia), i fondi non possono essere usati per acquistare componenti da Paesi che “non rispettano le relazioni di buon vicinato”.

 I criteri per la concessione dei fondi (art. 10) sono:

·        il numero degli Stati coinvolti;

·        il valore previsto dell’appalto;

·        il contributo al rafforzamento dell’industria europea della difesa e al suo adattamento alle sfide attuali;

·        lo scopo di ripianamento delle scorte donate all’Ucraina;

·        il contributo al rafforzamento della cooperazione tra gli Stati e l’interoperabilità dei prodotti interessati;

·        la partecipazione di piccole e medie imprese;

·        lo stimolo alla cooperazione transfrontaliera tra fornitori e subfornitori.

Il finanziamento UE non può eccedere il 15% del valore complessivo dell’appalto e ogni singolo appalto non può ricevere più del 15% del budget complessivo di EDIRPA. Questo secondo tetto serve ad evitare che i fondi si concentrino troppo negli appalti più corposi, anche se, secondo i critici, rischia di disperdere le risorse e mettere a rischio gli obiettivi dello strumento. Entrambe le soglie salgono al 20% in presenza di una di queste condizioni: a) gli appalti servono ad acquisire materiali destinati anche solo in parte a Ucraina o Moldova, b) almeno il 15% del valore stimato dell’appalto è destinato a piccole e medie imprese, anche come sub-fornitori.

In deroga alle regole UE, EDIRPA può finanziare anche procedure di appalto già avviate prima dell’entrata in vigore del regolamento, ma dopo il 24 febbraio 2022, purché siano ancora in corso. I dettagli tecnici e operativi di EDIRPA saranno stabiliti dalla Commissione nel programma di lavoro, che sarà approvato nella forma di un “atto di implementazione” e non di un “atto delegato”, come aveva chiesto il Parlamento europeo, che viene quindi escluso dalla sua approvazione.

 

Il Fondo europeo per la difesa: i progetti selezionati e i bandi 2023

Per quanto riguarda il Fondo europeo per la difesa (vedi il box più avanti), lo scorso 26 giugno la Commissione europea ha annunciato i progetti selezionati a seguito del bando 2022. Si tratta di 41 progetti, per un valore complessivo di 832 milioni di euro di finanziamenti UE (rispetto agli 1,2 miliardi disponibili). Dei progetti vincitori, 25 riguardano il settore della (317 milioni) e 14 lo sviluppo delle capacità militari (514 milioni). Alle proposte selezionate partecipano complessivamente 550 soggetti giuridici provenienti dagli Stati membri e dalla Norvegia. Le PMI rappresentano poco meno del 40% dei partecipanti, e riceveranno il 20% del finanziamento totale UE. L’Italia partecipa, con imprese, università e istituti di ricerca, a un gran numero di progetti (31 su 41), ma solo in due di essi (entrambi progetti di ricerca) un’entità italiana ha il ruolo di coordinatore: TICHE, per l’individuazione automatizzata di esplosivi, coordinato da RINA Consulting Spa (con la partecipazione di altre realtà italiane, tra cui il CNR), per un finanziamento previsto di 5 milioni; TIRESYAS, per tecnologie innovative per radar, coordinato da Leonardo (con altre imprese italiane e il Consorzio interuniversitario per le telecomunicazioni), per circa 15 milioni.

Qualche giorno prima, il 22 giugno, sono stati pubblicati i nuovi programmi per il 2023, divisi in 7 bandi.

Nel settore della ricerca i bandi riguardano:

·        progetti di ricerca su vari temi, dalla protezione delle infrastrutture spaziali ai trasporti cargo di grandi dimensioni all’intelligenza artificiale;

·        progetti che coinvolgono start-up (con il meccanismo del cosiddetto “spin-in”) sui temi dei sistemi innovativi di propulsione, dei materiali innovativi per la difesa e dell’automazione dei test di penetrazione dei sistemi informatici;

·        progetti per le tecnologie cosiddette “di rottura” (disruptive technologies);

·        progetti delle piccole e medie imprese.

Nel settore dello sviluppo, il bando generale comprende 17 temi, dai droni alle comunicazioni laser; dai caccia di nuova generazione allo sminamento sottomarino. Anche per lo sviluppo è previsto un bando dedicato alle piccole e medie imprese.

Un bando specifico, del valore complessivo di 25 milioni di euro, riguarda lo studio delle tecnologie del linguaggio umano per applicazioni nel settore della difesa.

La scadenza per la presentazione delle domande è, per tutti i bandi, fissata al prossimo 22 novembre.

All’esito del primo bando EDF, nel luglio del 2022 la Commissione aveva selezionato 61 progetti, divisi tra ricerca (31 progetti, per 322 milioni) e sviluppo (30 progetti, per 845 milioni), per un valore complessivo di 1,2 miliardi. Il settore che ha ricevuto maggiori contributi è quello aeronautico (con quasi 190 milioni), seguito dai mezzi di combattimento terrestre (154,7 milioni) e dal settore marittimo (103,5 milioni). L’Italia è presente, con imprese, università e istituti di ricerca, in 33 progetti su 61. Quattro progetti vedono aziende italiane nel ruolo di coordinamento: EPC, collegato al programma Pesco della corvette europea di pattugliamento, coordinato da Naviris Italia, con la presenza anche di Fincantieri (contributo massimo previsto di 60 milioni di euro); NEUMANN, per nuovi sistemi di propulsione e tecnologie energetiche per aerei da combattimento, coordinato da Avio Aero, con la presenza di altre imprese italiane e delle università di Bari, Milano e Torino (contributo massimo di circa 49 milioni); ARTURO, tecnologie emergenti per i radar, coordinato da Leonardo, con la partecipazione, tra gli altri, dell’università di Pavia (circa 20 milioni) e NAUCRATES, che prevede microsatelliti per la sorveglianza spaziale (collegato al progetto Pesco sulla sorveglianza militare dello spazio), coordinato da On-air Consulting & Solutions, con altre imprese italiane (4 milioni).

 

Il Fondo europeo per la difesa

L’obiettivo generale del fondo, che rientra nel bilancio pluriennale UE 2021-2027, è promuovere la competitività, l’efficienza e la capacità di innovazione della base industriale e tecnologica di difesa europea, contribuendo - si legge nel regolamento istitutivo – “all’autonomia strategica dell’Unione e alla sua libertà di azione”. Per rendere più efficiente la spesa, il fondo intende sostenere prodotti e tecnologie europei, favorendo le economie di scala e la standardizzazione dei sistemi di difesa. I progetti devono coinvolgere almeno tre soggetti giuridici diversi (non controllati tra loro) di tre diversi Stati membri. Il Fondo copre potenzialmente tutto il ciclo industriale: dagli studi di fattibilità alla progettazione e sviluppo; dai collaudi alle certificazioni, fino alle tecnologie per rendere più efficiente il ciclo di vita dei prodotti. Il fondo è funzionale alla realizzazione delle priorità della politica estera e di difesa comune, anche se possono essere prese in considerazione priorità definite in altri contesti, a cominciare dalla Nato, anche per “evitare inutili duplicazioni”, a condizione che non sia esclusa a priori la possibile partecipazione di tutti i Paesi UE (anche quelli non Nato). Il fondo è in linea di principio riservato alle imprese che sono stabilite in un Paese dell’Unione o in un Paese associato (cioè per ora Norvegia e Islanda, in attesa della definizione dei futuri rapporti col Regno unito) e non sono controllate da un Paese terzo o da soggetti di Paesi terzi. Il principio incontra però un’eccezione (peraltro molto sostenuta dall’Italia) che consente, a certe condizioni, la partecipazione di aziende stabilite nell’UE ma controllate da Paesi o entità terze. Queste industrie possono infatti essere ammesse ai finanziamenti, se la loro partecipazione sia “necessaria per raggiungere gli obiettivi dell’azione” e se questa partecipazione “non metta a rischio gli interessi di sicurezza dell’Unione e dei suoi Stati membri”. Per assicurare la tutela di tali interessi, la partecipazione al progetto deve essere per così dire “garantita” dal Paese dove l’azienda è stabilita (anche attraverso strumenti come il golden power). Le autorità statali dovranno assicurare, in particolare: a) che il controllo sull’azienda non sarà esercitato in maniera tale da limitare la sua capacità di eseguire e completare l’azione; b) che i Paesi e i soggetti terzi non potranno accedere a informazioni classificate o sensibili; c) che la proprietà dei risultati del progetto rimarrà nella disponibilità dei beneficiari, non sarà esportata senza autorizzazione e non sarà soggetta a restrizioni da parte dei Paesi o soggetti terzi, anche per un certo periodo dopo la conclusione del progetto. Regole simili valgono anche per le infrastrutture, le attrezzature, i beni e le risorse da impiegare nello svolgimento del progetto (sempre che non vi siano alternative competitive intra-UE). Per le attività di ricerca il progetto può essere finanziato anche al 100%; per test, certificazioni e collaudi, la quota massima di finanziamento è l’80%, mentre per lo sviluppo di prototipi non si va oltre il 20% dei costi. La quota di finanziamento UE aumenta se il progetto rientra nella cooperazione strutturata permanente (PESCO) o se coinvolga PMI o imprese a media capitalizzazione. Per essere selezionati i progetti devono essere fortemente sostenuti anche a livello nazionale, non solo dal punto di vista finanziario. Considerando che i programmi devono essere "sostenibili sul piano commerciale nel medio e lungo termine”, il processo di selezione tiene conto della disponibilità degli Stati membri ad acquistare il prodotto finale. Tale disponibilità diventa elemento essenziale per lo sviluppo di prototipi, per i test e le attività di qualificazione e certificazione dei prodotti. Una parte di fondi, tra il 4 e l’8 % è destinato a sostenere le cosiddette “tecnologie di rottura”, attività a forte contenuto innovativo fornite anche al di fuori del sistema industriale, ad esempio da università e centri di ricerca. Sono escluse in via generale dai finanziamenti le armi letali autonome (quelle cioè che “non permettono un adeguato controllo umano sulle decisioni in materia di scelta e intervento nell’esecuzione di attacchi contro l’uomo”), con possibili eccezioni solo per i sistemi di allarme rapido e di contromisure a fini difensivi.

 

 

 

 

 



[1] Il memorandum fa seguito alla dichiarazione congiunta, adottata l’11 giugno 2023, in cui l’UE e la Tunisia si sono impegnate a lavorare nel quadro di un partenariato globale che comprenda le seguenti aree: il rafforzamento dei reciproci legami economici e commerciali, la creazione di un partenariato per politiche energetiche sostenibili e competitive, la questione migratoria, il rafforzamento dei contatti fra le rispettive popolazioni.