Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | RUE - Ufficio SG - Ufficio Rapporti con l'Unione europea |
Titolo: | Riunione interparlamentare "La cooperazione con le Commissioni per le petizioni dei Parlamenti nazionali: scambio delle migliori pratiche e riflessione su nuovi approcci" - Bruxelles, 20 settembre 2023 |
Serie: | Documentazione per le Commissioni - Riunioni interparlamentari Numero: 23 |
Data: | 14/09/2023 |
Organi della Camera: | I Affari costituzionali, XIV Unione Europea |
Servizio Studi
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Dossier n. 43
Ufficio rapporti con l’Unione europea
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Dossier n. 23
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LA COMMISSIONE PER LE PETIZIONI (PETI) DEL PARLAMENTO EUROPEO
1. Il diritto di petizione in prospettiva comparata
2. Il diritto di petizione nell’ordinamento europeo
3. Lo studio del Parlamento europeo sul diritto di petizione in prospettiva comparata
4. La disciplina delle petizioni nell’ordinamento italiano
4.1 Proposte di riforma regolamentare dell’istituto
La riunione interparlamentare del 20 settembre 2023 è organizzata dalla Commissione per le petizioni (PETI) del Parlamento europeo, per discutere della disciplina del diritto di petizione nei Parlamenti dell’Unione europea, scambiare le informazioni sulle migliori pratiche, riflettere sui nuovi approcci e sulle prospettive future dell’istituto.
L’incontro è articolato in due sessioni.
Nella prima sessione sarà presentato lo studio sulle regole, le procedure e le prassi del diritto di petizione, elaborato dal Dipartimento per i diritti dei cittadini e gli affari costituzionali del Parlamento europeo, su richiesta della Commissione per le petizioni.
La seconda sessione verterà sullo scambio di informazioni e di punti di vista fra i rappresentanti dei Parlamenti nazionali e del Parlamento europeo.
Partecipano alla riunione, per il Senato della Repubblica il sen. Roberto Cataldi (Movimento 5 Stelle), membro della Commissione Affari costituzionali, affari della Presidenza del Consiglio e dell’Interno, ordinamento generale dello Stato e della Pubblica Amministrazione, editoria, digitalizzazione, e per la Camera dei deputati gli onn. Elisabetta Gardini (Fratelli d’Italia) e Pasqualino Penza (Movimento 5 Stelle), membri della Commissione Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni.
LA COMMISSIONE PER LE PETIZIONI (PETI) DEL PARLAMENTO EUROPEO
La Commissione per le petizioni è competente per:
1. le petizioni;
2. l’organizzazione di audizioni pubbliche relative alle iniziative dei cittadini ai sensi dell’articolo 222 del Regolamento del Parlamento europeo;
3. le relazioni con il Mediatore europeo.
Il diritto di petizione esiste in moltissimi ordinamenti e risente di uno sviluppo plurisecolare di istanze originariamente rivolte alla pubblica autorità per ottenere giustizia o particolari provvedimenti.
I fondamenti dell’istituto della petizione sono rinvenibili nell’ordinamento inglese. Nella sua evoluzione, la petizione ha conservato due aspetti che la caratterizzano: essere strumento a disposizione per chiedere un provvedimento amministrativo o giudiziario di favore (carattere particolare, la "petizione-plainte"[2]); essere un mezzo partecipativo nei confronti delle assemblee politico-rappresentative (carattere generale, "public petition"[3]).
Negli ordinamenti contemporanei, è prevalsa la ragion d’essere del diritto di petizione imperniata sull’esigenza di mantenere la relazione tra la comunità e il potere politico, in particolare il Parlamento, attraverso un canale "aperto" e costante di comunicazione. Ciò, al fine di sottoporre al Legislatore istanze e sollecitazioni che potrebbero trovare spazio nell’esercizio delle funzioni proprie delle Assemblee legislative.
Le modalità con cui gli ordinamenti hanno attuato tale diritto sono diverse. In generale, la petizione testimonia una certa "discrasia tra regolazione ed esercizio del diritto", nel senso che a fronte di una regolazione tendenzialmente molto diffusa si riscontra una sorta di trascuratezza nell’esercizio del diritto ad essa connesso[4]. A ciò si aggiunge che non sempre le petizioni hanno come unico destinatario le Assemblee parlamentari, sul modello italiano, ma possono essere rivolte ad altre autorità pur mantenendo una disciplina sostanzialmente identica (si vedano, tra gli altri, i modelli spagnolo e tedesco).
Con particolare riguardo alle petizioni rivolte all’organo legislativo, in alcuni casi sono stati creati appositi organi parlamentari chiamati ad esaminare le petizioni (ad es. Regno Unito, Germania, Spagna e il Parlamento europeo), con il risultato di una maggiore vitalità dell’istituto, mentre in altri non vi è un organismo specifico (ad es. Italia, Francia). Inoltre, nel quadro comparato si riscontra una regolazione "forte" dell’istituto in connessione con un certo numero di sottoscrittori, a cui sono collegate determinate conseguente procedurali in termini di obbligo di esame e di risposta, come riflesso di un "peso politico" maggiore; viceversa, ad una regolazione "debole" non corrisponde necessariamente un iter stringente né alcuna garanzia di trattazione.
Non va comunque dimenticato che, in quanto istituto che consente la partecipazione diretta del cittadino alla vita politica, esso si affianca ad altri strumenti tra cui l’iniziativa legislativa popolare, non presente in tutti i sistemi giuridici, e il referendum.
Ai sensi degli articoli 20, 24 e 227 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) e articolo 44 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, i cittadini dell’Unione hanno il diritto di presentare petizioni al Parlamento europeo, di ricorrere al Mediatore europeo, di rivolgersi alle istituzioni e agli organi consultivi dell’Unione in una delle lingue dei trattati e di ricevere una risposta nella stessa lingua.
Il diritto di petizione mira a offrire ai cittadini dell’Unione europea e a coloro che vi risiedono un mezzo semplice per rivolgersi alle istituzioni dell’UE, al fine di formulare denunce o richieste di intervento.
Il diritto di petizione è accessibile a qualsiasi cittadino dell’Unione e a ogni persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro, individualmente o in associazione con altri. Per essere ricevibili, le petizioni devono riguardare materie che rientrano nel campo di attività dell’Unione europea e che la concerna direttamente: quest’ultima condizione è applicata in senso molto ampio (articolo 227 del TFUE).
In base ai trattati, il Parlamento europeo è il destinatario delle petizioni e pertanto ad esso incombe la responsabilità di garantire che le questioni sollevate in tali petizioni siano tenute pienamente in considerazione in seno all’UE. A tale scopo, il PE ha incaricato una commissione apposita, la Commissione per le petizioni, di gestire le petizioni e coordinare le attività connesse. Come evidenziato nelle sue relazioni annuali sulle deliberazioni della commissione dell’anno precedente[5], il Parlamento ha sempre considerato le petizioni un elemento fondamentale della democrazia partecipativa. Ha altresì sottolineato la loro importanza nel segnalare casi di recepimento e attuazione non corretti del diritto dell’UE da parte degli Stati membri. Infatti, diverse petizioni hanno dato luogo ad azioni legislative o politiche, procedure "EU Pilot", pronunce pregiudiziali o procedure di infrazione.
La Commissione per le petizioni è particolarmente attiva nell’ambito dei diritti fondamentali (tra cui i diritti dei minori, le discriminazioni, i diritti delle minoranze, la giustizia, la libertà di circolazione, i diritti di voto, la Brexit), nonché dell’ambiente e del benessere degli animali, del mercato interno, dei diritti sociali, della migrazione, degli accordi commerciali e della salute pubblica. In particolare, la Commissione svolge un ruolo importante ai fini della tutela dei diritti delle persone con disabilità nell’ambito del quadro dell’UE per l’attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e organizza inoltre un seminario annuale sulle questioni connesse alla disabilità.
Per assicurare che le questioni oggetto delle petizioni siano trattate e risolte, è disponibile un’ampia gamma di strumenti: le missioni di informazione, le audizioni pubbliche, i seminari, la realizzazione di studi, la creazione nel 2016 di una rete per le petizioni, tesa a garantire una maggiore cooperazione con le altre commissioni in relazione alle petizioni, così come la cooperazione e il dialogo con i parlamenti e le autorità nazionali, nonché con le altre istituzioni dell’UE (in particolare la Commissione e il Mediatore europeo).
Nel 2014 il Parlamento ha inoltre lanciato il portale web per le petizioni, che ha migliorato il profilo pubblico e la trasparenza nella trattazione delle petizioni.
La procedura per il trattamento delle petizioni è stabilita dagli articoli da 226 a 230 e dall’allegato VI (XX) del regolamento del Parlamento europeo.
Le petizioni devono riportare il nome, la nazionalità e l’indirizzo di ciascun firmatario ed essere redatte in una delle lingue ufficiali dell’UE. Possono essere presentate per via elettronica tramite il portale web delle petizioni del Parlamento europeo o per posta in forma scritta.
Le petizioni che soddisfano tali requisiti formali sono deferite alla commissione per le petizioni che decide innanzitutto se sono ricevibili. A tal fine, essa accerta se l’oggetto rientra nel campo di attività dell’UE. In caso contrario, la petizione è dichiarata irricevibile. Il firmatario è informato di tale decisione e dei relativi motivi. I firmatari sono spesso invitati a rivolgersi a un’altra autorità nazionale, dell’UE o internazionale. Il principale motivo per cui le petizioni sono dichiarate irricevibili è che i firmatari confondono le competenze, le responsabilità e le possibilità di azione e di ricorso dell’Unione europea e quelle degli Stati membri e di altri organizzazioni e organi internazionali (quali le Nazioni Unite e il Consiglio d’Europa), anche in relazione all’applicabilità della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
A seconda delle circostanze, la Commissione per le petizioni può intraprendere una o più delle seguenti azioni:
ü chiedere alla Commissione europea di effettuare un esame preliminare della petizione e fornire informazioni sulla sua conformità con la pertinente legislazione dell’UE;
ü trasmettere la petizione ad altre commissioni del Parlamento per conoscenza o per ulteriori azioni (una commissione può, ad esempio, fornire un parere alla commissione per le petizioni, discutere o prendere in considerazione una petizione nella sua attività legislativa, politica o di controllo);
ü se la petizione riguarda un caso specifico che esige un esame individuale, la commissione può mettersi in contatto con le istituzioni o le autorità competenti o intervenire tramite la rappresentanza permanente dello Stato membro interessato per trovare una soluzione;
ü adottare ogni altra misura ritenuta appropriata per cercare di risolvere la questione o fornire una risposta adeguata alla petizione.
La Commissione decide altresì se iscrivere le petizioni all’ordine del giorno di una sua riunione. In tal caso, sono invitati il firmatario, la Commissione europea e i rappresentanti degli Stati membri. Nel corso della riunione, i firmatari, se lo desiderano, presentano la loro petizione, la Commissione prende posizione oralmente e illustra la risposta scritta alle questioni sollevate nella petizione e i rappresentanti degli Stati membri interessati possono essere invitati a intervenire. I membri della commissione per le petizioni hanno poi la possibilità di scambiare opinioni sulle questioni sollevate nel corso del dibattito e di proporre ulteriori azioni.
In casi specifici, la Commissione può decidere di organizzare un’audizione o un seminario, condurre una missione di informazione nel paese o nella regione interessati, approvare una relazione di missione che contiene le sue osservazioni e raccomandazioni, oppure preparare e presentare una relazione completa o una breve proposta di risoluzione che sarà votata dal Parlamento in Aula. Può inoltre decidere di rivolgere interrogazioni orali alla Commissione e/o al Consiglio e di procedere a un dibattito in Aula.
Se la petizione riguarda una questione d’interesse generale che rivela il recepimento o l’applicazione non corretti del diritto dell’Unione, la Commissione può prendere provvedimenti nei confronti dello Stato membro in questione, anche attraverso un procedimento d’infrazione.
Una petizione può essere archiviata dalla commissione in varie fasi della procedura, ad esempio dopo l’adozione di una decisione in merito alla ricevibilità da parte della commissione, dopo una discussione durante una riunione della commissione, quando non è possibile intraprendere ulteriori azioni in relazione alla petizione, quando una petizione è ritirata dal firmatario o quando il firmatario non risponde entro un determinato termine a una richiesta di ulteriori informazioni.
Le petizioni presentate al Parlamento diventano documenti pubblici. Le sintesi delle petizioni sono pubblicate in tutte le lingue ufficiali dell’UE sul portale web delle petizioni del Parlamento dopo che la commissione per le petizioni ha adottato una decisione sulla ricevibilità, congiuntamente ad altri documenti pertinenti. I firmatari sono informati per iscritto di tutte le decisioni della commissione relative alle loro petizioni e delle motivazioni alla base di tali decisioni; ricevono inoltre tutte le informazioni e la documentazione pertinenti, ove opportuno, non appena le decisioni diventano disponibili.
Su richiesta della Commissione per le petizioni (PETI), il Dipartimento per i diritti dei cittadini e gli affari costituzionali del Parlamento europeo ha elaborato uno studio sulle regole, le procedure e le prassi del diritto di petizione.
Lo studio è stato elaborato sulla base di una serie di dati dedotti dalle risposte che i Parlamenti nazionali del mondo hanno voluto fornire ad un questionario di 59 domande, concernenti le modalità e lo scopo dell’istituto delle petizioni, specificamente redatto dalla Commissione per le petizioni.
Lo studio, pubblicato nel mese di settembre 2023, analizza, in prospettiva comparata, gli istituti del diritto di petizione nei parlamenti del mondo, con particolare riguardo ai requisiti e alle modalità di presentazione, ai criteri di ammissibilità, alle procedure di esame e ai possibili esiti della presa in considerazione delle petizioni da parte dei Parlamenti o degli altri organi ai quali esse possono essere indirizzate. Lo studio analizza, altresì, i sistemi di pubblicità delle petizioni e le relazioni tra l’istituto delle petizioni e il difensore civico (ombdusman).
Innanzitutto, risulta che solo quattro paesi non riconoscono il diritto di petizione, Svezia, Finlandia, Norvegia e Cipro.
In questi paesi c’è pero l’ombdusman. L’istituzione del difensore civico agisce in difesa e promozione dei diritti e delle libertà dei cittadini, garantisce e cerca di assicurare la giustizia e la legalità delle attività delle autorità pubbliche.
Il difensore civico non prende decisioni, né il suo parere è vincolante, ma esercita una forte influenza morale.
Secondo alcuni autori, in questi Paesi non esiste l’istituto parlamentare delle petizioni, in quanto di tratta di democrazie con un alto livello di negoziazione, spesso con governi di minoranza che richiedono compromessi con varie forze politiche. Di conseguenza, una maggiore pluralità di interessi trova rappresentanza diretta in Parlamento.
Per quanto riguarda la scelta dell’organismo deputato a esaminare le petizioni, risulta che le tipologie di scelta sono essenzialmente tre:
i) una commissione specifica dedicata esclusivamente alle petizioni;
ii) una commissione con la competenza, tra le altre cose, di trattare le petizioni;
iii) tutte le commissioni possono trattare le petizioni, in ragione della competenza sulla materia oggetto dell’istanza.
L’esistenza di una commissione dedicata ha il vantaggio di rappresentare un centro istituzionale per la gestione delle petizioni.
In ordine ai requisiti per l’esercizio del diritto, si riscontra nella maggior parte dei paesi l’assenza di un’età minima, così come l’apertura ai cittadini stranieri.
Tali regole, orientate al valore dell’inclusività, valorizzano il diritto di petizione e assolvono alla funzione storica di facilitare la relazione tra il potere costituito e i cittadini.
Tutti i parlamenti intervistati accettano petizioni firmate da un gruppo di cittadini. La maggior parte accetta anche petizioni presentate da persone giuridiche, ad eccezione della Bulgaria e delle due camere francesi.
Le fasi tipiche della procedura di petizione nei parlamenti considerati, possono essere classificate nelle seguenti: presentazione, ammissibilità, esame e chiusura/esito.
Nella fase di presentazione, può esserci una fase di raccolta delle firme, che nella maggior parte dei casi è facoltativa.
Tuttavia, è obbligatoria, ad esempio, in Lussemburgo e in Germania se la presentazione è destinata a essere trattata come una "petizione pubblica". Nel caso del Parlamento europeo, è facoltativa. Può avvenire prima, o eventualmente contemporaneamente alla presentazione. In alcuni casi, la raccolta delle firme può continuare anche dopo la presentazione della petizione e può avere o meno effetti sul procedimento di esame, soprattutto quando ci sono soglie che determinano, ad esempio, la possibilità di un’audizione dei firmatari o di un dibattito sulla petizione.
Per quanto riguarda i formati di presentazione, la petizione su supporto cartaceo rimane una caratteristica della procedura di petizione in quasi tutti i parlamenti, anche al fine di garantire una connessione con i cittadini che non hanno accesso o familiarità con le moderne tecnologie.
Tra i parlamenti che accettano petizioni presentate per via elettronica, molti consentono la presentazione tramite e-mail, mentre i restanti richiedono l’uso di un modulo specifico disponibile sul sito web del parlamento, come nel caso del Parlamento europeo e della Francia. L’obbligo di compilare un modulo elettronico è spesso associato a una registrazione personalizzata (come nel caso del Parlamento europeo e del Parlamento britannico).
Quest’ultima modalità consente la raccolta di informazioni importanti sul profilo dei firmatari (età, sesso, posizione geografica), necessarie per la compilazione di relazioni e statistiche. Alcuni Paesi menzionano esplicitamente l’accettazione di petizioni consegnate di persona dagli stessi firmatari (ad esempio, Polonia, Portogallo, Spagna, Svizzera e Turchia, mentre l’Austria accetta esclusivamente le petizioni presentate in questo modo). Alcuni parlamenti ammettono la presentazione orale, in persona o per telefono (Croazia e Lettonia).
Il requisito generalmente richiesto è la firma della petizione, i dati del petente e l’indirizzo. Il Regno Unito richiede più di una firma.
Questo aggravamento procedurale appare suscettibile (all’aumentare della soglia) di compromettere l’esercizio del diritto di petizione, quale diritto di partecipazione individuale.
Esistono altri tipi di soglie per alcuni tipi di petizioni (come le "petizioni pubbliche") che, tuttavia, non precludono l’esercizio del diritto di petizione.
Ovviamente, i parlamenti che consentono petizioni con una sola firma, spesso vedono una percentuale molto significativa di petizioni presentate. È questo il caso del Parlamento europeo.
Nello studio, si sottolinea che la sottoscrizione individuale consente a ciascun cittadino di appellarsi alle istituzioni, indipendentemente dalla sua capacità di mobilitare altri membri della comunità e dalla sua appartenenza a gruppi organizzati, che hanno una consuetudine maggiore a utilizzare tali strumenti partecipativi.
Dall’altra parte, la fissazione di una soglia per le firme, dà un notevole impulso alla presentazione di istanze che rivestono un interesse generale.
Un numero considerevole di parlamenti rispondenti al questionario afferma di anonimizzare le petizioni, in alcuni casi su richiesta del firmatario.
Alcuni parlamenti accordano conseguenze procedurali al raggiungimento di specifiche soglie di sottoscrittori (ad esempio, con 50.000 firme la commissione del Parlamento tedesco consente l’audizione degli istanti).
L’introduzione di soglie determina potenzialmente un rischio di disparità tra i petenti, perché favorisce i cittadini residenti in aree ad alta concentrazione urbana, dove è più agevole raccogliere le firme. È altresì sostenibile, però, che le soglie costituiscono un criterio oggettivo per l’attivazione automatica di alcune fasi procedurali, altrimenti solo eventuali, che vengono così sottratte alla discrezionalità dell’organo competente a esaminare le petizioni. Inoltre, esse determinano un ampliamento della pubblicità per la petizione.
In ordine alla fase dell’ammissibilità, molti parlamenti effettuano una valutazione iniziale sulla comprensibilità e chiarezza (Albania, Belgio, Croazia, Bundestag, Francia, Lettonia, Portogallo, Regno Unito e San Marino). Tutti i parlamenti stabiliscono specifici divieti: espressioni irrispettose, offese contro la Costituzione, minacce all’indipendenza di uno Stato, istigazione alla violenza, espressioni discriminanti. In via generale, le questioni correlate alla giustizia sono quelle escluse, in ossequio al principio di separazione dei poteri.
In alcuni sistemi si ammettono solo le petizioni che perseguono un interesse generale, come l’Italia. La Germania ammette sia le “petizioni pubbliche” che quelle relative a questioni personali e particolari.
Risulta che i parlamenti che adottano criteri restrittivi, hanno alte percentuali di petizioni inammissibili (Belgio 50%, Parlamento europeo 25%, mentre, in via generale, il tasso di inammissibilità si attesta su valore medio del 10%)
Per quanto riguarda l’esame, le commissioni possono rivolgersi alle istituzioni competenti (governo, autorità locali o altro) per interrogarle sulle questioni sollevate da una petizione, chiedere il loro contributo, raccogliere informazioni relative a tali questioni, o semplicemente per informarle sul contenuto di una petizione.
In alcuni Paesi, la possibilità per le commissioni parlamentari di rivolgersi ad altri organismi ed autorità, tra le quali il Governo, è una prerogativa particolarmente rilevante, in quanto attiene al potere parlamentare di controllo e indirizzo, ed è potenzialmente volta a sollecitare una soluzione definitiva alle questioni sollevate.
In considerazione di ciò, alcuni parlamenti hanno stabilito nei loro regolamenti che le risposte siano obbligatorie.
Il Parlamento europeo prevede un termine indicativo entro il quale la Commissione europea (che è il principale rispondente per la maggior parte delle petizioni) o le autorità degli Stati membri devono fornire una risposta (entro tre mesi), a seconda della complessità della questione.
Inoltre, le commissioni possono tenere audizioni o sessioni pubbliche per consentire al firmatario e alle altre parti interessate di presentare il proprio caso, fornire testimonianze o discutere con i membri della commissione.
Nel caso delle "petizioni pubbliche" tedesche, è garantita l’audizione presso
la Commissione per le petizioni, la quale però può decidere, con una maggioranza di due terzi dei membri presenti, di rinunciare a questa procedura.
Presso il Parlamento europeo, i firmatari hanno il diritto di assistere alla riunione della Commissione per le petizioni quando la loro petizione viene discussa. Lo Stato membro interessato dalla petizione viene informato in anticipo ed è incoraggiato a partecipare alla riunione della Commissione.
Molti Paesi indicano che possono invitare e ascoltare i rappresentanti delle istituzioni le cui decisioni sono contestate da una petizione. In quasi tutte le situazioni identificate, questo potere è a discrezione del parlamento e i firmatari non possono richiederlo.
Un numero considerevole di parlamenti dichiara di avere il potere di ascoltare esperti o funzionari di altri enti/istituzioni.
Una delle modalità di esame più rilevanti presenti in alcuni parlamenti, è il dibattito in Parlamento, soprattutto - anche se più raramente - in sessione plenaria.
La possibilità di un dibattito è menzionata in diversi parlamenti, ma può assumere varie forme. Può essere in commissione o in plenaria, sia specificamente dedicato a ciascuna petizione, sia in relazione a un disegno di legge o ad altro atto parlamentare. Quando si svolgono, i dibattiti in plenaria sono comunemente associati a una soglia di firme (Portogallo, Slovacchia e Regno Unito).
Tale modalità di esame incarna l’aspirazione di molte petizioni a definire l’agenda parlamentare ed è probabilmente l’esito più auspicato dai firmatari.
Nella maggior parte dei casi la decisione di tenere un dibattito è un potere discrezionale del parlamento, anche quando tale esito è associato al raggiungimento di una soglia di firme.
Alcuni parlamenti contemplano il potere di attivare un’indagine conoscitiva sulle questioni sollevate dalle petizioni. Anche se 12 parlamenti menzionano questa possibilità (ad esempio Francia, Georgia, Germania, Romania e Slovenia, Italia), essa risulta utilizzata solo raramente. Tra quelli che lo prevedono, in alcuni casi non ci sono precedenti di utilizzo (Italia).
Sulla base delle risposte al questionario, il Parlamento europeo sembra essere il parlamento in cui questo potere è considerato più significativo.
In ordine ai possibili esiti della procedura di esame delle petizioni, le risposte fornite al questionario confermano che il diritto di petizione è un diritto procedurale, che di solito non culmina con una decisione, ma l’attenzione si sposta su alcuni dei momenti più significativi della procedura. Ciò significa che il valore dell’esercizio del diritto si concretizza soprattutto nel processo di esame e nella sua pubblicità e visibilità, piuttosto che negli esiti concreti, in quanto la maggior parte delle petizioni non si conclude con il soddisfacimento della richiesta del firmatario.
I risultati, pertanto, consistono nell’opportunità per i firmatari di essere ascoltati direttamente dai legislatori, di interrogare l’esecutivo o gli esperti, di ottenere un dibattito, di ottenere pubblicità con la pubblicazione dell’istanza e del suo iter sul sito web, o anche con la sola notizia dell’interazione intervenuta con il parlamento. In alcuni sistemi, è invece prevista una risposta obbligatoria del soggetto interpellato.
Il diritto di petizione si differenzia pertanto da altri istituti di democrazia diretta, per i quali l’attenzione si concentra sulla valutazione finale del processo e sugli esiti concreti (referendum e iniziativa legislativa popolare).
È altresì vero che alcuni esiti o, meglio, effetti delle petizioni possono verificarsi anche dopo la conclusione del processo, ad esempio la presa in considerazione nell’agenda politica del Governo o di un gruppo politico delle questioni oggetto delle petizioni.
La pubblicità e le informazioni fornite ai firmatari, così come al pubblico, possono essere condotte attraverso mezzi tradizionali o utilizzando internet e i canali di comunicazione digitali.
La maggior parte dei parlamenti dispone di un sito web dedicato alle petizioni o di una sezione dedicata alle petizioni sul sito web del parlamento.
Solo cinque parlamenti sembrano fornire informazioni al pubblico sulle petizioni tramite un sito o pagina web dedicata. Questo vale per tre Camere alte (Svizzera, Germania e Belgio) e per i parlamenti di Ungheria e Croazia.
Attraverso le loro piattaforme per le petizioni, i parlamenti svolgono tre funzioni principali: i) fornire informazioni sul diritto di petizione e sul suo funzionamento; ii) offrire informazioni sulle petizioni presentate, compreso il loro stato e il loro avanzamento; e iii) facilitare l’interazione con i cittadini, consentendo la presentazione di petizioni e l’aggiunta di firme di sostegno.
In genere, in coordinamento con il canale televisivo parlamentare o attraverso il web-streaming, i cittadini possono assistere ad alcuni dei momenti più importanti del processo di petizione, come le audizioni o i dibattiti.
Le riunioni delle commissioni non sono sempre pubbliche, come nel caso della Germania. Sono pubbliche, ad esempio, nel Parlamento europeo, in Portogallo e nel Regno Unito.
Lo studio del Parlamento europeo, conclusivamente, evidenzia alcune tendenze e orientamenti generali, desumibili dalle risposte dei parlamenti, e propone altresì alcuni suggerimenti che possono prospetticamente rafforzare l’istituto della petizione parlamentare, come strumento eminente della partecipazione dei cittadini alla vita delle istituzioni.
Sebbene il diritto di petizione possa apparire uno strumento residuale rispetto ad altri istituti di partecipazione diretta nonché poco efficace in termini di risultati - intesi come l’accettazione o il rifiuto delle richieste dei firmatari, tuttavia - occorre affermare che alle origini dell’istituto c’è il diritto del cittadino di far sentire la propria voce, prima ancora che di poter ottenere una risposta da parte dell’autorità interpellata.
In quest’ottica, il cuore del diritto di diritto di petizione risiede nel processo e nelle modalità di esercizio definite dai parlamenti, attraverso norme, procedure e prassi. I firmatari sembrano esserne consapevoli e valutano l’esperienza più in relazione all’an e al quomodo in cui la petizione è stata trattata durante l’iter, che non in base all’eventuale esito decisionale.
Dal questionario, risulta inoltre che le petizioni di interesse generale hanno maggiori probabilità di ricevere una risposta esauriente da parte dei parlamenti. Non è una coincidenza che i sistemi di petizione che si sono modernizzati e rafforzati in modo significativo negli ultimi decenni si concentrino principalmente sulle petizioni di interesse generale.
La previsione nei regolamenti parlamentari di obblighi procedurali ben definiti può garantire che i cittadini abbiano una comprensione più chiara dei possibili esiti della petizione e, conseguentemente, una maggiore consapevolezza nella valutazione dei risultati ottenuti: le audizioni e i dibattiti (in commissione o in plenaria) risultano particolarmente adatti a realizzare l’obiettivo di una maggiore soddisfazione dei firmatari.
Inoltre, la previsione di azioni/poteri obbligatori e la definizione di criteri procedurali chiari e trasparenti contribuisce a regolamentare in maniera oggettiva l’esame della petizione, sottraendolo alla discrezionalità politica.
La fissazione di soglie per le firme può promuovere un maggiore coinvolgimento dei cittadini e, di conseguenza, aumentare la visibilità e la trasparenza dell’attività dei parlamenti, incrementando la fiducia diffusa nell’efficacia del lavoro delle istituzioni.
La presenza di una soglia ragionevole può anche avere un effetto positivo sulla razionalizzazione del lavoro parlamentare, determinando la riduzione delle istanze da esaminare e il numero di audizioni in commissione.
Nel determinare i criteri per la chiusura dell’iter delle petizioni, gli aspetti che sono sotto il controllo del parlamento dovrebbero essere prioritari, come l’analisi, il dibattito, l’interrogazione o una risoluzione.
L’attesa di una iniziativa legislativa che scaturisca ed abbia ad oggetto le problematiche delle petizioni, così come l’attesa di risposte da parte di altri enti (ad esempio, la Commissione europea nel caso del PE) possono determinare ritardi che ricadono sotto la responsabilità dei parlamenti. Per quanto possibile, il processo parlamentare dovrebbe pertanto impiegare solo il tempo che dipende dalle sue azioni, al fine di soddisfare l’esigenza di tempestività dei cittadini firmatari.
Sarebbe auspicabile che, laddove le petizioni coinvolgano la competenza o la risposta di enti e autorità diverse o esterne, il Parlamento possa avviare un’azione di monitoraggio dei possibili esiti sulle questioni avanzate, al fine di rafforzare la fiducia dei cittadini nell’istituto della petizione.
L’impiego delle nuove tecnologie digitali, ha contribuito certamente a rivitalizzare un importante strumento di democrazia diretta, soprattutto in relazione alla pubblicità che con i moderni canali di comunicazione può ottenere l’istanza.
Lo studio sottolinea però che, dalle risposte al questionario, si evince che l’utilizzo di mezzi elettronici, per quanto rappresenti uno strumento molto potente di visibilità, ha un impatto quantitativo, seppur significativo, ma tuttavia minore rispetto a quanto ci si poteva aspettare.
In Italia, il diritto di petizione aveva ricevuto piena costituzionalizzazione nello Statuto albertino del 1848, secondo cui "ognuno" che fosse maggiore d’età aveva il diritto di mandare petizioni alle Camere, le quali le avrebbero fatte esaminare "da una Giunta". Già in epoca statutaria l’istituto della petizione iniziò ad assumere una connotazione più generale, perdendo a poco a poco l’originario significato particolarista quale presupposto per richiedere provvedimenti particolari, sovente di natura giurisdizionale. Ad esso tuttavia non poteva attribuirsi la natura di diritto politico, nel senso poi affermatosi nel regime repubblicano, nonostante si fosse registrata una progressiva "politicizzazione" dell’uso della petizione.
Attualmente, il diritto di petizione è disciplinato in Costituzione, all’art. 50, nel Titolo IV ("Rapporti politici") della Parte prima dedicata ai diritti e doveri dei cittadini[7]. L’art. 50 così dispone: "Tutti i cittadini possono rivolgere petizioni alle Camere per chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità".
La petizione, quale atto di impulso nei confronti delle Assemblee legislative, si differenzia dall’iniziativa legislativa popolare per quanto concerne: la titolarità (spetta a tutti i cittadini singolarmente senza alcun requisito particolare), la forma (non deve essere redatta secondo modalità tipizzate), l’oggetto (può non investire un atto legislativo) e le modalità di esercizio (non sono previste soglie numeriche). L’ambito materiale della petizione non è quindi individuato in maniera precisa, è sufficiente solo che miri ad interessi obiettivi e generali escludendo interessi personali, per la tutela dei quali del resto nell’ordinamento sono previsti altri strumenti di tipo giurisdizionale.
Sul piano del diritto parlamentare, i regolamenti della Camera e del Senato definiscono la petizione come istanza che tutti i cittadini possono rivolgere alle Camere per chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità.
Le petizioni pervenute sono preliminarmente sottoposte ad un sindacato di ammissibilità che ne accerta, sotto diversi profili, i requisiti formali e sostanziali necessari ai fini dell’attivazione dell’articolo 50 della Costituzione. Anzitutto, l’istanza deve recare la firma autografa del proponente; in secondo luogo, viene richiesto l’invio del documento di identità. Nel solo Regolamento del Senato si precisa che il Presidente del Senato ha facoltà di disporre che sia accertata l’autenticità della petizione e la qualità di cittadino del proponente.
Sono quindi considerate irricevibili le petizioni per le quali non sia possibile verificare l’autenticità della firma del sottoscrittore o, nel caso di petizioni collettive, di almeno uno dei sottoscrittori, quelle ritenute incomprensibili o aventi contenuto ingiurioso nonché quelle che concernono fatti meramente personali. Viene quindi accertato che la richiesta sia tesa a richiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità come prescritto dalla predetta norma costituzionale.
Non esiste un organismo deputato esclusivamente all’esame delle petizioni, le quali sono indirizzate ai Presidenti delle Camere e vengono trasmesse, dopo il vaglio di ammissibilità, alle Commissioni permanenti per materia.
Non è disciplinato in maniera differenziata l’istituto della petizione collettiva[8], intesa come convergenza su un unico testo delle adesioni di più sottoscrittori, né sono associate determinate conseguenze procedurali in caso di una certa consistenza di sottoscrittori.
L’istituto delle petizioni disciplinato nei regolamenti parlamentari della Camera e del Senato è stato introdotto con le riforme regolamentari del 1971, che hanno modificato i meccanismi procedurali connessi alla petizione vigenti fino ad allora.
All’indomani dell’entrata in vigore della Costituzione, i Regolamenti del Senato (1948-1950) e della Camera dei deputati (1949) arricchirono molto l’istituto della petizione, prevedendo:
· l’accertamento dell’autenticità delle petizioni ad opera delle Commissioni permanenti,
· al Senato, tale accertamento non era ulteriormente specificato, e non era disposto se la petizione era "presentata al Segretario generale da un senatore";
· alla Camera, si accertava la sussistenza di almeno una delle seguenti condizioni: che la petizione fosse accompagnata dalla fede di nascita del postulante e dal certificato di cittadinanza, che fosse legalizzata dal sindaco del comune dove il postulante dimorava; che fosse presentata alla Segreteria della Camera da un deputato;
· la previsione che le Commissioni riferissero ogni mese sulle petizioni (alla Camera le relazioni sulle petizioni erano messe all’ordine del giorno del successivo lunedì, ed in quel giorno avrebbero avuto la precedenza su ogni altra materia in luogo delle interrogazioni);
· la decisione, su proposta della Commissione o di un deputato/senatore circa la "presa in considerazione" o il passaggio all’ordine del giorno puro e semplice (equivalente all’archiviazione);
· la possibilità, per uno o più deputati/senatori di presentare sulla petizione un ordine del giorno, che sarebbe stato considerato come una mozione e ne avrebbe seguito in tutto la procedura12.
I regolamenti del 1971 hanno modificato l’istituto, intervenendo soprattutto sulle previsioni relative all’esame. La procedura attuale è contenuta negli articoli 140 e 141 del Regolamento del Senato e 33 e 109 del Regolamento della Camera.
In entrambi i Regolamenti, la petizione viene comunicata in sunto alle Assemblee e trasmessa alla Commissione permanente per materia. Non è previsto un obbligo di esame da parte delle Commissioni né una periodicità fissa per riferire alle Assemblee
Per quanto riguarda le modalità di presentazione, esse sono descritte in una pagina dedicata dei siti web della Camera e del Senato.
Entrambe le Camere prevedono che le petizioni possano essere presentate alla per posta ordinaria, per fax o per posta elettronica, oppure consegnandole a mano presso gli uffici competenti.
Il Senato con la riforma regolamentare del luglio 2022, attraverso una modifica dell’articolo 140, ha regolato la possibilità di presentare petizioni in formato elettronico, possibilità prevista fino ad allora in via di prassi. È stato altresì previsto che il Consiglio di Presidenza del Senato stabilisca con una disciplina successiva, adattabile al mutare delle esigenze e del contesto tecnologico, le modalità concrete per l’esercizio del diritto di presentare petizioni in forma elettronica.
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La posta elettronica risulta essere il mezzo principale di comunicazione con il petente, sia per quanto concerne la trasmissione dell’istanza, sia per ciò che attiene alle comunicazioni ad esso inviate dall’Ufficio preposto[9].
In tutti i casi, occorre che la petizione sia personalmente sottoscritta dal presentatore (o dai presentatori). In caso di invio tramite posta elettronica è quindi necessario allegare il file scannerizzato della petizione con la firma del presentatore. Nel sito web del Senato è altresì specificato che, in caso di invio tramite posta elettronica, verranno accettati anche i messaggi contenenti documenti informatici sottoscritti dal presentatore con firma digitale valida ai sensi della vigente normativa. Al fine di accertare il possesso del requisito della cittadinanza italiana, inoltre, è necessario allegare copia di un documento di identità valido (solo del primo firmatario, in caso di più presentatori).
Nelle citate pagine web è consultabile l’elenco completo delle petizioni presentate alla Camera e al Senato nella legislatura corrente, nel sunto di cui è data lettura in Assemblea, con indicazione del presentatore e della Commissione cui ciascuna di esse è assegnata.
Qualora una petizione venga esaminata, si prospettano i seguenti scenari:
Ø in base al Regolamento del Senato,
- se ha attinenza ai disegni di legge, viene discussa congiuntamente ad essi;
- se non ha attinenza ai disegni di legge, le Commissioni possono deliberare la presa in considerazione o l’archiviazione. Nell’ipotesi di presa in considerazione, se non viene adottata una iniziativa legislativa, la petizione viene trasmessa al Governo dal Presidente del Senato con l’invito a provvedere. Il presentatore viene informato della decisione adottata dal Senato;
Ø in base al Regolamento della Camera,
- la Commissione può votare una risoluzione diretta ad interessare il Governo alle necessità esposte;
- la Commissione può decidere di abbinarla ad un eventuale disegno di legge all’ordine del giorno;
- è possibile presentare una mozione su una o più petizioni.
Nella XVIII legislatura al Senato e alla Camera, e nella corrente legislatura alla Camera, sono state presentate alcune proposte di riforma dell’istituto delle petizioni.
Una delle proposte di riforma presentate al Senato (XVIII, Doc. II, n. 4), concernente la previsione di presentare le petizioni in formato elettronico, è sostanzialmente confluita nella riforma complessiva del regolamento approvata alla fine della XVIII legislatura.
Le altre proposte (Senato, XVIII, Doc II, n. 8 e Camera, XIX, Doc II, n. 25, di contenuto sostanzialmente identico) prevedono un’ampia riforma della disciplina, volta a rinvigorire l’istituto, anche attraverso i nuovi strumenti di comunicazione digitale, e a esaltarne la natura partecipativa.
Si prevede pertanto l’istituzione di una piattaforma internet per la presentazione e la sottoscrizione delle petizioni in formato digitale, e si interviene sulla procedura di esame delle petizioni, con la previsione di un iter procedurale certo per l’esame delle stesse.
In aggiunta, viene poi prevista una procedura rafforzata per quelle petizioni che abbiano superato una soglia definita di firme (ventimila o quarantamila), una procedura già presente negli ordinamenti di alcuni Stati europei come Francia e Portogallo.
?? Pertanto, nell’ipotesi in cui una petizione abbia raggiunto i quorum fissati di firme, la Commissione competente, previa nomina di un relatore, dovrà esaminare la petizione e decidere se presentare una relazione all’Assemblea oppure adottare una risoluzione diretta ad interessare il Governo alle necessità esposte nella petizione.
Nel caso del raggiungimento della soglia maggiore, si prevede che, al termine della procedura di esame della Commissione, la relazione sia iscritta d’ufficio all’ordine del giorno dell’Assemblea entro un determinato termine.
Si tratta di disposizioni volte a dare la massima visibilità alla discussione parlamentare legata a petizioni che abbiano ottenuto il sostegno di un così largo numero di cittadine e cittadini.
Al tempo stesso, l’introduzione di soglie così alte di sottoscrizioni ha lo scopo di evitare che le stesse possano diventare uno strumento a disposizione di pochi cittadini per perseguire interessi meramente personalistici.
L’ipotesi di adottare una piattaforma per la presentazione, la pubblicazione e la sottoscrizione on line delle petizioni era stata discussa in seno alla Giunta per il Regolamento della Camera già nella scorsa legislatura.
In particolare, nella riunione del 10 marzo 2021 il Presidente della Camera aveva sottoposto alla Giunta per il Regolamento un’ipotesi di disciplina per la regolazione del passaggio alla nuova modalità di presentazione delle petizioni su una apposita piattaforma informatica.
Ciò anche al fine di dare seguito ad un ordine del giorno (Liuzzi n. 30), approvato nella seduta dell’Assemblea del 1° agosto 2019 nell’ambito della discussione del bilancio interno della Camera, con il quale si invitava l’Ufficio di Presidenza a «valutare di avviare un’istruttoria [...] finalizzata all’adozione di una piattaforma che consenta la presentazione, la pubblicazione e la sottoscrizione on line delle petizioni».
La relativa istruttoria era completata, accertando sul piano tecnologico la possibilità di realizzare una apposita piattaforma informatica accessibile dal sito internet della Camera.
La Giunta per il Regolamento della Camera non ha tuttavia proceduto all’adozione della nuova procedura, anche per effetto dell’assenza di un accordo su un più ampio pacchetto di modifiche regolamentari.
[1] Per una disamina dei caratteri peculiari dell'istituto della petizione in alcuni ordinamenti europei (Italia, Francia, Gran Bretagna, Germania e Spagna) cfr. il dossier del Senato n. 190 “Il diritto di petizione in prospettiva comparata: istituti e modelli a confronto”, dicembre 2019.
[2] Ci si riferisce alla petizione come lamentela a carattere personale, A. COCCIA, Art. 50, in Commentario della Costituzione, cit., pp. 49-50.
[3] P. RIDOLA, Art. 50, in Commentario breve alla Costituzione, a cura di V. CRISAFULLI E L. PALADIN, Cedam, 1990, pp. 338 e ss.
[4] P. GIOCOLI NACCI, Note di diritto comparato sulla petizione, in Amministrare, n. 3, 1978, p. 321.
[5] Le relazioni annuali sulle deliberazioni della Commissione per le petizioni comprendono informazioni sul numero delle petizioni ricevute, sul loro formato, stato, esito, paese, lingua, nazionalità e argomento, sul portale web, sulle relazioni con la Commissione, il Consiglio e il Mediatore, sulle missioni di informazione, le audizioni pubbliche, gli studi commissionati e altre questioni fondamentali.
[6] Per la disciplina delle petizioni nell’ordinamento italiano, cfr il dossier del Senato n. 190, “Il diritto di petizione in prospettiva comparata: istituti e modelli a confronto”, dicembre 2019.
[7] In Costituzione è rimasta solo la funzione politica della petizione, F. COSSIGA, Diritto di petizione e diritti di libertà, cit., p. 294, come dimostra il fatto che l'esercizio del diritto di petizione non è attribuito ad ogni uomo, come nello Statuto albertino, ma al cittadino.
[8] Il fatto che in Assemblea costituente, in sede di coordinamento, fu scelta l'espressione "tutti i cittadini" in luogo di "ogni cittadino" sembra privilegiare la dimensione collettiva dell'esercizio del diritto di petizione, L. CIAURRO, Petizione collettiva e conflitti di attribuzione, in Rassegna parlamentare, 1/1998, p. 370; secondo altri invece il valore della petizione sta proprio nella sua riferibilità al singolo, P. GIOCOLI NACCI, La petizione alla Camere come momento rilevante di partecipazione individuale alla cosa pubblica, cit., p. 253. La petizione collettiva è riconosciuta nella misura in cui la Carta costituzionale "non esclude che più individui possano presentare richiesta di provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità", S. CARBONARO, I rapporti civili e i rapporti politici, in Commentario sistematico alla Costituzione italiana, a cura di P. CALAMANDREI e A. LEVI, Vol. I, 1950, p. 163.
[9] Al Senato, nella XVIII Legislatura su un totale di 1150 istanze annunciate, le petizioni presentate con mezzo diverso dalla posta elettronica sono state meno del 2%; di queste, alcune avevano migliaia di sottoscrittori; in tali casi si è organizzato un incontro ad hoc con il primo firmatario o il Comitato promotore.