Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | RUE - Ufficio SG - Ufficio Rapporti con l'Unione europea |
Titolo: | Riunione interparlamentare della Sottocommissione Diritti umani della Commissione esteri del Parlamento europeo "Coordinamento tra le delegazioni dell'UE e le ambasciate degli Stati membri dell'UE in materia di diritti umani nei Paesi terzi" - Bruxelles, 19 luglio 2023 |
Serie: | Documentazione per le Commissioni - Riunioni interparlamentari Numero: 21 |
Data: | 14/07/2023 |
Organi della Camera: | XIV Unione Europea, III Affari esteri |
XIX LEGISLATURA
Documentazione per le Commissioni
RIUNIONI INTERPARLAMENTARI
Riunione interparlamentare della Sottocommissione Diritti umani della Commissione esteri del Parlamento europeo “Coordinamento tra le delegazioni dell'UE e le ambasciate degli Stati membri dell'UE in materia di diritti umani nei Paesi terzi”
Bruxelles, 19 luglio 2023
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Dossier n. 21
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I N D I C E
Ordine del giorno
La tutela dei diritti umani nelle relazioni esterne dell’UE
Le attività del Consiglio UE in materia di diritti umani
Il regime dell’UE per le sanzioni in materia di diritti umani
Altri strumenti dell’UE per la tutela dei diritti umani nelle relazioni esterne
La sottocommissione per i diritti umani del Parlamento europeo (DROI) ha organizzato per la data del 19 luglio 2023 una riunione interparlamentare – che si terrà in formato ibrido - con i parlamenti nazionali. Tema dell'incontro è "Il coordinamento fra le delegazioni dell'UE e le ambasciate degli Stati membri sui diritti umani nei Paesi terzi".
Obiettivo della riunione è un dibattito su come garantire che le delegazioni dell'UE e le ambasciate degli Stati membri dell'UE nei Paesi terzi si coordinino sulle questioni relative ai diritti umani, al fine di proteggere e promuovere i diritti e le libertà fondamentali sanciti dai trattati internazionali nelle relazioni con i Paesi partner.
La sottocommissione DROI ha invitato alla riunione i membri dei parlamenti nazionali, in particolare i membri delle Commissioni responsabili delle relazioni esterne, per condividere opinioni ed esperienze.
La sottocommissione per i diritti dell'uomo (DROI) del Parlamento europeo, collegata alla commissione per gli affari esteri (AFET), è competente sulle questioni che riguardano la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti umani – compresi i diritti delle minoranze – nei Paesi terzi e sui principi di diritto internazionale, nonché per garantire la coerenza tra tutte le politiche esterne dell'Unione e la sua politica in materia di diritti umani. Essa organizza audizioni su una vasta gamma di questioni relative ai diritti umani, cui partecipano le parti interessate, per fornire contributi utili riguardo alle risoluzioni e ad altre iniziative parlamentari. La sottocommissione si occupa anche della gestione quotidiana dei fascicoli relativi ai diritti umani, mentre le sue delegazioni visitano regolarmente i Paesi e le istituzioni interessati. La sottocommissione monitora il seguito dato alle risoluzioni d'urgenza del Parlamento approvate a norma dell'articolo 144 del regolamento e tiene frequenti scambi con il Sevizio europeo per l’azione esterna (SEAE) in merito ai dialoghi dell'UE in materia di diritti umani.
Il dibattito sarà aperto dagli interventi di: Nikolaus MEYER-LANDRUT, ambasciatore e Capo della Delegazione dell'Unione europea in Turchia; Gilles BERTRAND, ambasciatore e Capo della delegazione dell'Unione europea in Colombia; Philippe DAM, direttore dell'attività di sensibilizzazione per la Human Rights Watch.
In rappresentanza del Parlamento italiano, prenderanno parte alla riunione la senatrice Ester MIELI, membro della 4a Commissione (Affari esteri e difesa), e le onorevoli Laura BOLDRINI e Patrizia MARROCCO, membri della III Commissione (Affari esteri) della Camera dei deputati.
Come disposto dagli articoli 2 e 3 del Trattato sull’Unione europea (TUE), l'Unione europea si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. “Nelle relazioni con il resto del mondo l'Unione afferma e promuove i suoi valori e interessi, contribuendo alla protezione dei suoi cittadini. Contribuisce alla pace, alla sicurezza, allo sviluppo sostenibile della Terra, alla solidarietà e al rispetto reciproco fra i popoli, al commercio libero ed equo, all'eliminazione della povertà e alla tutela dei diritti umani, in particolare dei diritti del minore, e alla rigorosa osservanza e allo sviluppo del diritto internazionale, in particolare al rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite”.
L’articolo 21 del TUE prevede anche che l’azione dell’Unione sulla scena internazionale si fondi sui seguenti principi: democrazia, Stato di diritto, universalità e indivisibilità dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, rispetto della dignità umana, uguaglianza e solidarietà.
Oltre che dalle proprie dichiarazioni sul rispetto dei diritti umani[1], l’UE è vincolata nelle sue azioni dalla Carta dei diritti fondamentali - come adattata in seguito alla elaborazione del Trattato di Lisbona - alla quale l’articolo 6, paragrafo 1, del TUE attribuisce lo stesso valore giuridico dei trattati.
Il medesimo articolo 6 del TUE, al paragrafo 2, prevede che l’Unione europea aderisca alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU).
Adottata nel 1950, la Convenzione europea dei diritti dell'uomo è stata ratificata dai 47 Paesi membri del Consiglio d'Europa. Tutti e 28 gli Stati membri dell'UE sono parti della Convenzione. Il 18 dicembre 2014 la Corte di giustizia dell'UE ha espresso un parere negativo in merito alla compatibilità del progetto di accordo con i trattati UE. L’adesione è, quindi, sospesa in vista di una nuova soluzione che consenta di soddisfare l'obbligo di adesione stabilito dal trattato e tenga conto di tutti i rilievi mossi dalla Corte nel suo parere.
In base ai trattati, la tutela dei diritti umani costituisce un obbligo dell’Unione europea sul piano interno e un obiettivo prioritario nelle relazioni esterne, con i Paesi terzi e le istituzioni internazionali.
Il Piano d'azione per i diritti umani e la democrazia, adottato nel novembre 2020 per il periodo 2020-2024, costituisce il riferimento orientativo per i lavori dell'UE in questo settore.
A partire dal 2012 l'Unione europea si è dotata di un quadro strategico sui diritti umani e la democrazia, volto a definire principi, obiettivi e priorità, tutti finalizzati a migliorare l'efficacia e la coerenza della politica dell'Unione europea in questi ambiti. Per attuare tale quadro l'UE ha adottato 3 piani d'azione (nel 2012, nel 2015 e nel 2020).
Il Piano d’azione 2020-2024, sulla scorta dei risultati dei piani d'azione precedenti, individua le priorità e le azioni chiave volte a garantire un ruolo più importante dell'UE nella promozione e difesa dei diritti umani e della democrazia in tutti gli ambiti della sua azione esterna.
Il Piano è articolato in cinque linee d'azione:
1) tutelare e responsabilizzare le persone, in particolare promuovendo azioni per: eliminare le disuguaglianze, la discriminazione e l'esclusione; promuovere le libertà fondamentali e potenziare lo spazio civico e politico; rafforzare i diritti economici, sociali, culturali e dei lavoratori; sostenere lo Stato di diritto e un'equa amministrazione della giustizia;
2) creare società resilienti, inclusive e democratiche, promuovendo istituzioni democratiche, responsabili e trasparenti e un processo decisionale inclusivo, partecipativo e rappresentativo; sostenendo media indipendenti e pluralisti, l'accesso all'informazione e la lotta alla disinformazione; rafforzando l’approccio partecipativo e basato sui diritti umani per quanto riguarda la prevenzione dei conflitti e la risoluzione delle crisi;
3) promuovere un sistema mondiale per i diritti umani e la democrazia, in particolare attraverso: il rafforzamento della cooperazione multilaterale, dei partenariati regionali e la cooperazione bilaterale; il sostegno a favore di una società civile indipendente e pluralistica; l’instaurazione di un dialogo partecipativo con il settore delle imprese per quanto riguarda il rispetto e la promozione dei diritti umani, le misure anticorruzione e le migliori pratiche in materia di responsabilità sociale delle imprese;
4) cogliere le opportunità offerte dall'uso delle nuove tecnologie, in particolare, da un lato, sfruttando il loro potenziale per la promozione dei diritti umani e della democrazia, agevolando la partecipazione del pubblico e rendendola più efficace, incrementando l'accesso ai servizi pubblici, facilitando la documentazione di violazioni e abusi e sostenendo l'attivismo online e, dall’altro, contrastando le loro ripercussioni negative, come ad esempio la diffusione della disinformazione e dell'incitamento all'odio, l'emergere di nuove forme di violenza, violazioni e abusi del diritto alla vita privata, il fatto di agevolare l'accesso a contenuti illegali specifici, compreso lo sfruttamento di minori, l'uso esteso della vigilanza che limita la libertà di espressione e riduce lo spazio della società civile e l'acuirsi delle discriminazioni e delle disuguaglianze strutturali;
5) conseguire risultati attraverso la collaborazione, in particolare attraverso la promozione di strumenti per la diplomazia pubblica e la comunicazione strategica e per l’attuazione, monitoraggio e valutazione delle azioni previste dal piano d’azione.
Nelle conclusioni sul Piano d'azione dell'UE per i diritti umani e la democrazia 2020-2024, adottate il 19 novembre 2020, il Consiglio ha ribadito il forte impegno dell'UE a promuovere ulteriormente i valori universali per tutti. Le conclusioni riconoscono che, se da un lato si sono compiuti passi avanti, vi è stato anche un arretramento dell'universalità e dell'indivisibilità dei diritti umani, e pongono in risalto come la pandemia di Covid-19 e le sue conseguenze socioeconomiche abbiano avuto un crescente impatto negativo su tutti i diritti umani, sulla democrazia e sullo Stato di diritto, aggravando le disuguaglianze preesistenti e aumentando la pressione sulle persone che versano in condizioni di vulnerabilità. Al fine di non lasciare indietro nessuno e non ignorare nessun diritto umano, l'UE e i suoi Stati membri dichiarano dunque il proprio impegno a utilizzare l'intera gamma di strumenti a loro disposizione, in tutti gli ambiti dell'azione esterna, per focalizzare e rafforzare ulteriormente la leadership mondiale dell'UE nel settore dei diritti umani e della democrazia e nell'attuazione del piano d'azione dell'UE.
La Presidenza svedese del Consiglio dell’UE, in vista della revisione di medio termine del Piano d’azione sui diritti umani e la democrazia 2020-2024 che si è conclusa a giugno (cfr. SWD(2023) 210), ha commissionato all’Istituto per la democrazia e l’assistenza elettorale (International IDEA) un rapporto intitolato 'The EU's external democracy action in a new geopolitical reality", pubblicato il 31 gennaio 2023.
Il rapporto, sulla base di consultazioni con Stati, organizzazioni intergovernative e organizzazioni della società civile e partendo da una analisi dei fenomeni che hanno inciso recentemente sul declino della democrazia (fra cui la pandemia di Covid-19, la guerra di aggressione russa all’Ucraina e la sfida posta dalla crescente disinformazione), elenca le seguenti quattro raccomandazioni che l’UE dovrebbe attuare per rafforzare le politiche a sostegno della democrazia in un mutato e più complesso scenario geo-politico:
· costruire una nuova narrazione sulla democrazia propositiva e non reattiva, capace di rispondere alle accuse di doppi standard e di meglio comunicare le proprie politiche a sostegno della democrazia. Tale narrativa dovrebbe essere capace di adattarsi alle differenti realtà locali, per un migliore e più costruttivo dialogo con i Paesi del cd. "Global South" (tailor made approach), a vantaggio della credibilità dell'UE, che dimostrerebbe di essere pronta a impegnarsi in un dialogo reciproco basato anche sull'ascolto, senza mettere in discussione i propri valori;
· l’UE dovrebbe fare della democrazia il proprio faro dell'agenda politica esterna, non rinunciando al ricorso alla condizionalità quando necessario per il rispetto dei principi democratici, in ogni area di azione (ad esempio la sicurezza, l’energia, il commercio);
· attuare un approccio integrato e interoperativo, che consenta di trattare allo stesso tempo tematiche strettamente connesse alla democrazia, quali il rispetto dei diritti umani, lo stato di diritto, la lotta alla corruzione. Ciò consentirebbe anche un miglior monitoraggio di eventuali rischi e minacce alla democrazia, attraverso un più efficace coinvolgimento dei rappresentanti della società civile;
· garantire l'attuazione di una politica estera per la democrazia più inclusiva e più attenta alle questioni di genere e dei giovani, coinvolgendo direttamente Stati membri, istituzioni UE e società civile nella formulazione delle politiche a sostegno della democrazia (bottom-up approach).
Nel Joint Staff Working Document, per la revisione di medio termine del Piano, si sottolinea che l'Alto rappresentante dell'UE Josep Borrell, il Servizio europeo per l'azione esterna, le 145 delegazioni dell'UE nel mondo (in prima linea insieme alle ambasciate degli Stati membri) e la Commissione hanno coordinato i loro sforzi per attuare il Piano d'azione in collaborazione con la società civile e che il Rappresentante speciale dell'UE per i diritti umani (RSUE) ha avuto un ruolo fondamentale nel guidare l'attuazione del Piano. Evidenzia inoltre che una caratteristica distintiva del Piano è il suo approccio integrato e olistico ai diritti umani e alla democrazia, principi complementari e che si rafforzano reciprocamente. La revisione intermedia conferma quindi che il Piano d'azione è una tabella di marcia cruciale per mantenere l'impegno dell'Unione europea nel difendere l'universalità, l'indivisibilità e l'interdipendenza dei diritti umani e nel promuovere i valori della democrazia nel mondo.
Il Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) è il servizio diplomatico dell'UE istituito per gestire le relazioni diplomatiche dell’Unione europea con altri Paesi al di fuori dell’UE[2] e condurre la politica estera e di sicurezza dell’Unione; assiste inoltre l’Alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, carica attualmente detenuta da Josep Borrell.
È composto da:
Luisa Ragher è a capo della divisione Diritti umani del SEAE.
Il Parlamento europeo si è espresso con la risoluzione, del 18 gennaio 2023, sui diritti umani e la democrazia nel mondo e sulla politica dell'Unione europea in materia.
Nella risoluzione il PE ribadisce l’universalità e l’indivisibilità dei diritti umani nonché la dignità intrinseca di ciascun essere umano; sottolinea, a tale proposito, il suo forte impegno ad affrontare le sfide riguardanti i diritti umani nell’UE e in tutto il mondo e ribadisce il dovere dell’UE e dei suoi Stati membri di puntare a svolgere un ruolo guida a livello mondiale nella promozione e nella tutela dei diritti umani, delle libertà fondamentali e della democrazia, conformemente ai valori fondanti dell’Unione. Il PE insiste sul fatto che la tutela dei diritti umani, delle libertà fondamentali e della dignità di ciascun essere umano deve essere il fondamento della politica esterna dell’Unione; incoraggia quindi l’Unione ad adoperarsi ‘in maniera ambiziosa e costante’ al fine di rendere la tutela dei diritti umani un elemento centrale di tutte le politiche dell’UE in modo razionalizzato e di rafforzare la coerenza fra le politiche interne ed esterne dell’Unione in tale settore.
Il PE afferma inoltre che il piano d’azione dell’UE per i diritti umani e la democrazia 2020-2024 dovrebbe essere utilizzato come tabella di marcia per la realizzazione delle priorità dell’UE in materia di diritti umani ed essere pertanto al centro di tutte le politiche esterne dell’Unione; sottolinea l’importanza che gli Stati membri assumano la titolarità del piano d’azione dell’UE e riferiscano pubblicamente in merito alle loro azioni nell’ambito dello stesso; incoraggia i parlamenti nazionali e regionali, le istituzioni nazionali per i diritti umani e le organizzazioni della società civile a dialogare con le autorità a livello di Stati membri per quanto riguarda i loro contributi alla realizzazione della politica esterna dell’UE in materia di diritti umani; chiede al Consiglio di coinvolgere il Parlamento nella revisione e nell’aggiornamento futuri di tutti gli orientamenti dell’UE in materia di diritti umani e che sia garantita una maggiore trasparenza nella loro attuazione.
Il PE esprime profonda preoccupazione per le gravi minacce che gravano sui diritti umani e la democrazia in tutto il mondo, osservando che le democrazie continuano a diminuire mentre aumentano i regimi autoritari, e per il fatto che nell’ultimo anno quasi il 75 per cento della popolazione mondiale ha visto peggiorare la situazione dei diritti umani nel proprio Paese; sottolinea inoltre con preoccupazione che gravi violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario si verificano in un numero crescente di luoghi nel mondo, nonché la diffusa impunità per tali violazioni[3].
Con specifico riferimento alle delegazioni dell'UE, la risoluzione pone in evidenza quanto sia importante intraprendere “ogni possibile azione di sensibilizzazione sugli orientamenti dell'UE in materia di diritti umani nelle delegazioni dell'UE” ed esorta tutte le delegazioni a garantire la corretta attuazione di tali orientamenti; ribadisce, in proposito, il suo invito alle delegazioni dell'UE e ai loro ‘punti focali’ per i diritti umani nei Paesi terzi ad adoperarsi maggiormente nel loro lavoro mediante un sostegno regolare ai difensori dei diritti umani, compresi i vincitori e i finalisti del premio Sacharov a rischio, e un esame approfondito dei temi e dei singoli casi sollevati nelle risoluzioni del Parlamento sulle violazioni dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto. Invita inoltre i funzionari delle delegazioni a segnalare alle autorità statali i casi di oppressione e persecuzione dei difensori dei diritti umani, dell'opposizione democratica e degli attivisti della società civile e, se le persone interessate sono detenute, a monitorare la loro situazione, a fare loro visita in carcere, a partecipare alle loro procedure processuali e a sollevare i loro casi nei dialoghi in materia di diritti umani condotti dall'UE con i Paesi interessati.
In particolare, il PE: · richiama l'attenzione sui casi in cui le missioni degli Stati membri dell'UE e delle delegazioni dell'UE hanno adottato approcci diversi in materia di protezione e promozione dei diritti umani nei Paesi terzi, sebbene gli Stati membri dell'UE condividano un impegno comune in materia; · sottolinea che le ambasciate degli Stati membri dell'UE, come le delegazioni dell'UE, dovrebbero svolgere un ruolo sempre più importante nella promozione e nella protezione dei diritti umani, così come nel sostegno alla società civile nei Paesi terzi; · invita le delegazioni dell'UE a istituire gruppi di lavoro sui diritti umani che riuniscano i servizi competenti delle ambasciate degli Stati membri e delle delegazioni dell'UE e a cooperare strettamente con i rappresentanti delle organizzazioni internazionali e regionali della società civile nei Paesi terzi interessati. |
Un organo specializzato del Consiglio, il gruppo "Diritti umani" (COHOM), si concentra sugli affari internazionali direttamente connessi ai diritti umani e sostiene il processo decisionale del Consiglio in tale settore. Il suo compito principale è quello di aiutare a identificare le priorità strategiche dell’UE su questioni tematiche e geografiche specifiche. Coordina inoltre le posizioni degli Stati membri dell'UE nelle sedi multilaterali competenti per i diritti umani quali l'Assemblea generale delle Nazioni Unite e il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite.
Il gruppo promuove anche lo sviluppo e sovrintende l'attuazione a livello mondiale della politica dell'UE nel settore dei diritti umani e della democrazia, politica che comprende essenzialmente gli orientamenti dell'UE in materia di diritti umani, nonché i dialoghi e le consultazioni in materia di diritti umani con i Paesi terzi.
Fra i principali aspetti del lavoro del Consiglio in materia di diritti fondamentali vi sono:
· fissare le priorità dell'UE nelle sedi ONU competenti in materia di diritti umani;
Il Consiglio è incaricato di definire le priorità strategiche dell'Unione europea nelle sedi ONU competenti in materia di diritti umani. A tal fine, adotta con cadenza annuale conclusioni che definiscono le principali linee d'azione dell'UE per i mesi successivi: nel 2021 il Consiglio ha adottato le priorità dell'UE per la 76ª sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, fra cui diversi punti in materia di diritti umani; nel 2022 ha ribadito l'impegno dell'UE a rispettare, proteggere e garantire i diritti umani, la democrazia e lo Stato di diritto con uniformità e coerenza in tutti i settori della sua azione esterna e a sostenere il sistema dei diritti umani delle Nazioni Unite; nel 2023, anno in cui ricorre il 75º anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, nelle conclusioni ha ribadito “il suo impegno inequivocabile a rispettare, proteggere e garantire tutti i diritti umani e a difenderne l'universalità”, dichiarando inoltre che l’UE è unita nel suo fermo sostegno al sistema dei diritti umani delle Nazioni Unite e continuerà a sostenere, difendere e promuovere attivamente tutti i diritti umani come una priorità della sua azione esterna.
· l'adozione di orientamenti tematici per sostenere l'azione esterna dell'UE;
Il Consiglio elabora e adotta orientamenti tematici volti a sostenere l'azione esterna dell'UE, fornire ai funzionari dell'UE informazioni pratiche su come contribuire a promuovere diritti specifici e per consentire, se necessario, di assumere azioni comuni e condurre interventi rapidi e coerenti in caso di violazioni. Il Consiglio ha adottato una serie di orientamenti tematici sui diritti umani in merito ai seguenti settori: azioni contro la pena di morte; dialoghi sui diritti umani; diritti del minore; azioni contro la tortura e altri trattamenti crudeli; protezione dei minori nei conflitti armati; protezione dei difensori dei diritti umani; rispetto del diritto umanitario internazionale; lotta alla violenza nei confronti delle donne e delle bambine; promozione della libertà di religione e di credo; protezione dei diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali (LGBTI); promozione della libertà di espressione online e offline; non discriminazione nel quadro dell'azione esterna; acqua potabile sicura e servizi igienico-sanitari.
L'Unione europea, tramite il suo Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE), svolge dialoghi regolari in materia di diritti umani con i Paesi terzi. Ogni dialogo è stabilito conformemente alle linee direttrici dell'UE per i dialoghi in materia di diritti umani, adottate dal Consiglio nel 2001 e aggiornate l'ultima volta nel 2008. Sulla base delle suddette linee direttrici, qualsiasi decisione di avviare un dialogo richiede prima una valutazione della situazione dei diritti umani nel Paese interessato; tale valutazione è effettuata dal gruppo "Diritti umani", in coordinamento con altri gruppi pertinenti. Dopo la definizione degli obiettivi da raggiungere e una serie di colloqui esplorativi con il Paese, il Consiglio prende una decisione definitiva sull'avvio del dialogo mediante l'adozione di conclusioni.
Nell’ambito delle sopraindicate linee guida, l’UE si è impegnata in dialoghi specifici sui diritti umani con diversi Paesi. I dialoghi hanno lo scopo di: raccogliere informazioni sulla situazione dei diritti umani nel Paese interessato; esprimere le preoccupazioni dell’UE sulle diverse questioni e identificare iniziative concrete per risolverle, in particolare attraverso progetti di cooperazione; discutere questioni di reciproco interesse; rafforzare la cooperazione in materia di diritti umani nei forum internazionali.
· l'adozione della relazione annuale sui diritti umani e la democrazia.
Tutti i lavori e i risultati ottenuti dall'UE nella promozione dei diritti umani attraverso la sua azione esterna sono descritti nella relazione annuale sui diritti umani e la democrazia.
Il Consiglio dell’UE ha adottato il 7 dicembre 2020 una decisione[4] e un regolamento[5] al fine di istituire un nuovo regime globale di sanzioni in materia di diritti umani. Tale normativa consente all’UE di adottare misure mirate nei confronti di persone, entità e organismi – compresi soggetti statali e non statali – responsabili di gravi violazioni e abusi dei diritti umani in tutto il mondo, indipendentemente dal luogo in cui avvengono (e quindi a prescindere dai regimi di sanzioni e misure restrittive che già l’UE può adottare nei confronti di un Paese terzo, ma che hanno sempre un contesto di applicazione “geografica”).
La decisione presenta alcune analogie con il cosiddetto “Magnitsky Act” del 2016, che autorizza il Governo degli Stati Uniti a sanzionare i funzionari di governi stranieri in tutto il mondo ritenuti trasgressori dei diritti umani, congelare i loro beni e vietare loro di entrare negli Stati Uniti.
Il quadro per le misure restrittive mirate si applica ad atti quali: i crimini contro l’umanità; la tortura e pene e altri trattamenti crudeli, disumani o degradanti; la schiavitù; le esecuzioni e uccisioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie; la sparizione coatta di persone e arresti o detenzioni di natura arbitraria.
Il regime di sanzioni contempla altresì atti che sono diffusi, sistematici o che destano grave preoccupazione in relazione agli obiettivi della politica estera e di sicurezza comune (PESC), stabiliti nell’articolo 21 del TUE. Tra questi figurano: la tratta di esseri umani; gli abusi dei diritti umani da parte dei trafficanti di migranti; la violenza sessuale e la violenza di genere; violazioni e abusi delle libertà di riunione pacifica e di associazione, di opinione e di espressione, di culto e di credo. Spetterà al Consiglio dell’UE, all’unanimità (come già per le sanzioni di natura “geografica”), redigere, riesaminare e modificare l'elenco delle sanzioni su proposta di uno Stato membro o dell'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza.
Per la lista delle misure restrittive finora adottate si veda il sito dedicato ‘EU Sanctions Map’.
Inoltre, alla luce delle violazioni dei diritti umani che si verificano nelle catene globali del valore, nel febbraio 2022 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità, tuttora al vaglio delle istituzioni europee[6]. La direttiva imporrebbe alle imprese l'obbligo di individuare e, se necessario, prevenire, far cessare o attenuare gli effetti negativi delle loro attività sui diritti umani e sull'ambiente. Il Parlamento europeo ha formulato le proprie raccomandazioni sulla dovuta diligenza in una risoluzione del marzo 2021.
Il 14 settembre 2022 la Commissione ha pubblicato una proposta complementare di regolamento che vieta i prodotti ottenuti con il lavoro forzato sul mercato dell'Unione, anche questa tuttora al vaglio delle istituzioni UE. La proposta mira a eliminare dal mercato dell'UE tutti i prodotti realizzati con il lavoro forzato, indipendentemente dal luogo di fabbricazione. Il divieto si applicherebbe senza distinzione ai prodotti nazionali, alle esportazioni e alle importazioni.
L’Unione europea ha a disposizione diversi strumenti per promuovere i diritti umani nei Paesi terzi, in primo luogo gli strumenti tipici della politica estera e di sicurezza comune (PESC), vale a dire le decisioni del Consiglio, attraverso le quali vengono imposte misure restrittive – dal divieto di visto per l’ingresso nell’UE al congelamento dei beni eventualmente posseduti in Stati membri - nei confronti dei responsabili di violazioni gravi dei diritti umani.
Ulteriori strumenti sono quelli tipici della politica estera e della diplomazia tradizionale, vale a dire rimostranze diplomatiche e dichiarazioni. Anche le conclusioni del Consiglio possono ugualmente affrontare la questioni dei diritti umani. Tali strumenti sono largamente utilizzati per richiamare i governi o altre parti al rispetto dei diritti umani e per manifestare preoccupazioni su diverse questioni, fra le quali la protezione dei difensori dei diritti umani, le detenzioni illegali e le sparizioni forzate, le condanne alla pena capitale, i casi di torture, la protezione dei bambini e dei rifugiati, il diritto a libere elezioni.
Fra gli strumenti adottati dall’UE in materia di tutela e promozione dei diritti umani si segnalano infine le iniziative e gli interventi nei consessi internazionali, a cominciare dalle Nazioni Unite, dal Consiglio d’Europa e dall’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE).
Dal 1995 l’UE inserisce una clausola sui diritti umani negli accordi con i Paesi terzi. La clausola, attualmente contenuta in accordi con più di 120 Stati e in altri in fase di negoziazione, che può prevedere la sospensione di parti o dell’intero accordo, costituisce la base della cooperazione sui diritti umani e della loro promozione in tutti i settori interessati da tali accordi.
La clausola forma anche la base giuridica delle misure prese in seguito a violazioni dei diritti dell’uomo: queste possono comprendere la sospensione delle riunioni e dei programmi di cooperazione tecnica con il Paese interessato.
La presenza di clausole sul rispetto dei diritti umani è utilizzata dalla Commissione europea già nella fase di negoziazione di un accordo con un Paese terzo, per promuovere il dialogo e il rispetto dei diritti umani da parte del Paese terzo contraente. Al momento, l’UE – preferendo quindi un approccio cooperativo rispetto ad uno sanzionatorio - non ha mai fatto ricorso alla clausola sul rispetto dei diritti umani per sospendere un accordo con un Paese terzo.
Incentivi per la ratifica e l'attuazione delle convenzioni sui diritti umani e sui diritti del lavoro sono previsti nei regimi commerciali preferenziali dell'UE per i Paesi in via di sviluppo.
Obiettivo del sistema di preferenze generalizzate (SPG) è agevolare l'accesso dei Paesi e territori in via di sviluppo al mercato dell'UE applicando tariffe ridotte alle loro merci. Inizialmente l'UE ha garantito preferenze tariffarie unilaterali affinché i paesi in via di sviluppo potessero generare ulteriori introiti dalle esportazioni, da poter reinvestire nel proprio sviluppo sostenibile. Nel quadro della riforma del 2012, l'SPG è stato indirizzato maggiormente verso i Paesi più bisognosi – i Paesi meno sviluppati (PMS) – conservando nel contempo i tre elementi che lo caratterizzano. Il primo elemento è l'SPG standard: un regime commerciale autonomo grazie al quale l'Unione concede a determinati beni esteri un accesso preferenziale non reciproco al mercato dell'UE sotto forma di tariffe ridotte o nulle. Il secondo elemento, l'SPG+, è uno specifico regime di incentivazione che offre riduzioni tariffarie ai Paesi vulnerabili che hanno ratificato e attuato le convenzioni internazionali in materia di diritti umani e dei lavoratori, nonché di ambiente e di buon governo. Il terzo elemento è l'iniziativa “Tutto tranne le armi” (EBA), che garantisce ai 48 Paesi meno sviluppati un accesso in esenzione da dazi e contingenti verso l'UE per tutti i prodotti, ad eccezione di armi e munizioni.
Il Parlamento europeo, nella risoluzione su “Diritti umani e democrazia nel mondo e politica dell'UE in materia”, approvata il 20 gennaio 2021, ha rinnovato il suo appello “affinché in tutti gli accordi internazionali, in particolare quelli commerciali e di associazione, tra l'UE e i Paesi terzi siano sistematicamente incluse clausole relative ai diritti umani e affinché queste siano debitamente applicate e monitorate, anche attraverso parametri di riferimento misurabili e valutazioni d'impatto periodiche, con il coinvolgimento del Parlamento e della società civile; sottolinea che tali clausole dovrebbero prevedere meccanismi atti a garantirne l'effettiva applicazione e procedure che definiscano conseguenze chiare e credibili in caso di violazioni degli accordi, compresa la sospensione o, come ultima ratio, il ritiro dell'UE dagli accordi”.
Un meccanismo di condizionalità è stato inoltre stabilito nella politica di allargamento dell’UE. Gli Stati che desiderano diventare membri dell'UE devono sviluppare istituzioni stabili che garantiscano la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti umani, il rispetto e la tutela delle minoranze, un processo sostenuto attivamente dall'UE. L'UE sostiene i Paesi partner nell'attuazione delle riforme e applica un approccio “di più a chi fa di più” (“more for more”, ossia più integrazione e maggiori finanziamenti in cambio di più riforme).
Con la decisione 2012/440/PESC, del 15 luglio 2012, il Consiglio dell’UE ha istituito la figura del Rappresentante speciale dell’Unione europea per i diritti umani (RSUE).
La carica di Rappresentante speciale per i diritti umani è attualmente ricoperta da Eamon Gilmore (ex ministro degli esteri irlandese), che ha assunto le funzioni a partire dal 1° marzo 2019 e terminerà il suo mandato il 29 febbraio 2024.
Obiettivo del Rappresentante speciale è quello di rafforzare l’efficacia, la presenza e la visibilità dell’Unione per la protezione e la promozione dei diritti umani, potenziandone allo stesso tempo il contributo e migliorando la coerenza della sua azione. Il Rappresentante speciale per i diritti umani svolge il suo mandato sotto la supervisione dell’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza operando in coordinamento con il Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE).
Gli orientamenti dell'Unione europea sui difensori dei diritti umani, adottati nel 2004 e rivisti nel 2008, istituiscono il quadro e gli strumenti volti a proteggere gli attivisti per i diritti umani nei Paesi terzi.
La dichiarazione delle Nazioni Unite sui difensori dei diritti umani, adottata nel 1998, afferma innanzitutto che “tutti hanno il diritto, individualmente e in associazione con altri, di promuovere e lottare per la protezione e la realizzazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali a livello nazionale ed internazionale”.
Sono definiti ‘difensori dei diritti umani’ quegli individui o gruppi che agiscono per promuovere, proteggere o lottare per la protezione e la realizzazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali: si veda in proposito “About human rights defenders”, a cura della relatrice speciale delle Nazioni Unite per i difensori dei diritti umani, Mary Lawlor, la quale invita gli Stati a prendere tutte le misure necessarie per garantire la loro sicurezza e protezione.
La relatrice osserva che, per essere considerati ‘difensori’, occorre rispettare alcune norme minime, che sono, nello specifico, agire con mezzi pacifici e accettare l'universalità dei diritti umani quali definiti nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo.
I difensori dei diritti umani possono essere impegnati in diverse attività, quali la raccolta e la diffusione di informazioni sulle violazioni dei diritti umani, il sostegno alle vittime e l'adozione di misure volte a garantire l'assunzione di responsabilità, il sostegno a una migliore governance o politica governativa o il contributo all'attuazione dei trattati in materia di diritti umani. Come sottolineato nel suo mandato dalla relatrice delle Nazioni Unite, le attività dei difensori dei diritti umani si stanno ampliando con l'evolversi delle problematiche legate ai diritti umani, per includervi, ad esempio, i difensori dei diritti delle popolazioni indigene, gli attivisti per il clima e gli ambientalisti.
Le relazioni annuali della relatrice speciale descrivono fra l’altro i rischi cui sono esposti i difensori, non solo negli Stati autoritari. Fra i più frequenti figurano: detenzione arbitraria, talvolta per periodi prolungati, tortura, false accuse e condanne penali, diffamazione, politiche e normative che ne limitano il lavoro per motivi di "sicurezza", restrizioni alla libertà di espressione, perquisizioni non autorizzate e attacchi alle loro case o famiglie. Le donne impegnate nella difesa dei diritti umani sono esposte a rischi aggiuntivi, come la violenza di genere, e possono subire pressioni non solo da parte delle autorità, ma anche da parte delle loro famiglie e comunità locali.
Gli orientamenti dell'UE sui difensori dei diritti umani si iscrivono nella più ampia gamma di strumenti in materia di diritti umani sviluppati nel contesto della politica estera e di sicurezza comune (PESC) dell'Unione e degli impegni assunti dal trattato per consolidare e sostenere i diritti umani.
Gli orientamenti riconoscono il ruolo chiave svolto dai difensori dei diritti umani e definiscono l'approccio dell'UE alla protezione e al sostegno dei difensori dei diritti umani nei Paesi terzi. Non sono vincolanti, ma definiscono le misure proattive che le delegazioni dell'UE e i consolati e le ambasciate degli Stati membri devono attuare per sostenere i difensori dei diritti umani, ad esempio mettendosi in contatto con loro, inviando osservatori ai loro processi e visitandoli in custodia cautelare. Chiedono che i casi dei difensori dei diritti umani a rischio siano oggetto delle visite di alto livello o dei dialoghi politici o sui diritti umani nei Paesi interessati. Esortano inoltre il gruppo "Diritti umani" del Consiglio (COHOM) a raccomandare eventuali azioni dell'UE e invitano l'UE a rafforzare e sviluppare meccanismi regionali.
Il Parlamento europeo monitora l'attuazione degli orientamenti da parte della Commissione europea e del SEAE. Nel giugno 2010 ha adottato una risoluzione sulle politiche dell'UE a favore dei difensori dei diritti umani, valutando gli orientamenti da essa emanati. Nell'agosto 2022 la sottocommissione per i diritti dell'uomo (DROI) del Parlamento ha chiesto di effettuare una valutazione di attuazione degli orientamenti come contributo alla relazione di iniziativa sopra citata[7].
La valutazione di attuazione osserva in particolare che, a partire dalla loro revisione del 2008, la conoscenza e l'apprezzamento degli orientamenti sono aumentati, sia all'interno delle istituzioni dell'UE che nella società civile. Chiede tuttavia di apportare modifiche, ad esempio estendendo l'ambito di applicazione delle linee guida a categorie più ampie di difensori dei diritti umani, rafforzando la prospettiva di genere, migliorando la capacità istituzionale a Bruxelles e nelle delegazioni, fornendo un maggiore sostegno politico e migliorando il coordinamento con altre politiche e l'impegno dell'UE con i singoli Paesi.
Il 16 marzo 2023, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sugli orientamenti dell'UE sui difensori dei diritti umani, sulla base di una relazione di valutazione d'iniziativa redatta dalla Commissione per gli affari esteri.
La risoluzione chiede che gli orientamenti siano allineati alla politica generale dell’UE, compreso il nuovo regime globale di sanzioni in materia di diritti umani. Ritiene che gli orientamenti dovrebbero essere applicati in modo più coerente, applicarsi a categorie più ampie di difensori e tenere conto delle esigenze specifiche dei difensori più a rischio, fra cui le donne, attraverso orientamenti specifici e maggiori finanziamenti alle organizzazioni della società civile che promuovono i diritti sessuali e riproduttivi delle donne. Evidenzia che occorre tenere conto delle nuove sfide, come l'espansione della sorveglianza digitale, e concentrarsi maggiormente sulla protezione preventiva piuttosto che reattiva dei difensori dei diritti umani.
Inoltre la risoluzione:
· sottolinea che i visti sono uno strumento di protezione fondamentale e che, al fine di assistere efficacemente i difensori dei diritti umani a rischio, la Commissione dovrebbe assumere un ruolo proattivo nell'istituzione di un regime a livello di UE per il rilascio di visti per ingressi multipli per i difensori dei diritti umani[8];
· chiede una maggiore trasparenza nell'applicazione degli orientamenti al fine di migliorare la consapevolezza fra i difensori dei diritti umani, garantire un controllo parlamentare efficace e fornire maggiore visibilità e protezione e un accesso più chiaro, più facile e più diretto ai punti focali dell'UE in materia di diritti umani presso le delegazioni dell'UE, alle strategie locali sui difensori dei diritti umani, nonché a informazioni chiare sul finanziamento di progetti e programmi per i difensori dei diritti umani;
· ritiene che l'UE dovrebbe affrontare la tutela del clima quale questione integrante dei diritti umani nell'ambito della sua politica in materia di difensori dei diritti umani e intensificare la sua azione a sostegno di coloro che difendono il clima e l'ambiente, in particolare i difensori dei diritti ambientali e dei diritti dei popoli indigeni che sono maggiormente a rischio.
Il programma NDICI per i diritti umani e la democrazia, è entrato in vigore il 14 giugno 2021 ed è il successore dello Strumento europeo per la democrazia e i diritti umani (EIDHR). Ha una dotazione complessiva di 79,5 miliardi di euro per il periodo 2021-2027. Suo obiettivo è aiutare i partner, in particolare le organizzazioni della società civile e altri soggetti non governativi, a diventare una forza efficace per la protezione e la promozione dei diritti umani e delle libertà fondamentali, della democrazia e dello Stato di diritto in tutto il mondo. Il programma sostiene azioni a livello locale, nazionale, regionale e globale.
Si ricorda infine l'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali (FRA), con sede a Vienna, organismo indipendente dell'UE, finanziato dal bilancio dell'Unione.
L'agenzia – istituita con il regolamento (UE) 2022/555 del Consiglio del 5 aprile 2022 - offre consulenze indipendenti, basate su elementi concreti, a beneficio dei responsabili politici dell’UE e nazionali, al fine di rendere più informati e mirati i dibattiti, le politiche e la legislazione sui diritti fondamentali. In particolare, fornisce consulenza nei seguenti settori: discriminazione, accesso alla giustizia, razzismo e xenofobia, protezione dei dati, diritti delle vittime, diritti dei minori. Le attività seguono un piano strategico che definisce gli obiettivi da conseguire, oltre al piano quinquennale elaborato dopo ampie consultazioni con il proprio consiglio di amministrazione e gli organi dell'UE; viene inoltre preparato un piano di lavoro annuale dettagliato.
L’agenzia contribuisce a promuovere e proteggere più efficacemente i diritti fondamentali in tutta l’UE, collaborando con i suoi partner per: raccogliere e analizzare dati e informazioni mediante ricerche socio-giuridiche; fornire assistenza e consulenza tramite esperti; comunicare e sensibilizzare ai diritti. L’agenzia collabora in particolare con: le istituzioni, gli organi e le agenzie dell'UE; i governi e i parlamenti nazionali dei Paesi membri; il Consiglio d'Europa; gruppi e organizzazioni che lavorano sui diritti fondamentali, nonché la Piattaforma per i diritti fondamentali; gli organismi nazionali per i diritti umani; le Nazioni Unite, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) e altre organizzazioni internazionali.
In Italia, il Comitato interministeriale per i diritti umani (CIDU) - istituito con il decreto del Ministro degli esteri del 15 febbraio 1978, n. 519 e ridefinito nei compiti e nella struttura nel 2007 (DPCM dell’11 maggio) - è un organismo interministeriale di coordinamento presieduto da un funzionario di carriera diplomatica nominato dal ministro degli Affari esteri.
Come evidenziato nell’ultima relazione al Parlamento sull’attività del CIDU, riferita all’anno 2021 (Doc. CXXI, n. 5), il Comitato interministeriale per i diritti umani (CIDU) assicura il coordinamento dell’azione governativa in materia di adeguamento agli obblighi previsti dagli accordi internazionali in tema di “Diritti umani”, con particolare riferimento alle Convenzioni cui ha aderito l’Italia.
In ambito regionale, prosegue il citato documento, il CIDU interloquisce invece principalmente con l’Agenzia per i diritti fondamentali (FRA) dell’Unione europea, con sede a Vienna, e con la Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza (ECRI) del Consiglio d’Europa, con sede a Strasburgo. Due organi rispetto ai quali il Presidente del CIDU rappresenta anche il National Liaison Officer. Peraltro, in ambito Consiglio d’Europa, il CIDU cura anche i rapporti con il Comitato europeo per la erevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT).
[1] Si segnalano: la Dichiarazione sui Diritti umani adottata al Consiglio europeo di Lussemburgo del 28 e 29 giugno 1991; la risoluzione su diritti umani, democrazia e sviluppo, adottata dal Consiglio il 28 novembre 1991; la Dichiarazione adottata dall’Unione il 10 dicembre 1998 in occasione del cinquantesimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani.
[2] Il SEAE gestisce le relazioni diplomatiche e i partenariati strategici con i Paesi terzi e collabora con i servizi diplomatici nazionali dei Paesi dell'UE, l'ONU e altre potenze mondiali.
[3] Il PE deplora fra l’altro il fatto che, malgrado la necessità di concentrarsi sulle risposte alle minacce rappresentate dai cambiamenti climatici e sulla ripresa dalle ripercussioni negative della pandemia di Covid-19 attraverso la solidarietà mondiale, alcuni leader autoritari, oltre ad aver gestito in modo inadeguato le risorse globali e post-pandemia, abbiano intensificato la loro repressione nei confronti dell’opposizione politica, del dissenso, dei difensori dei diritti umani, delle organizzazioni della società civile, comprese le organizzazioni di tipo partecipativo e quelle di ispirazione confessionale e religiosa, e dei media indipendenti, nonché alimentato e ampliato conflitti interni e internazionali esistenti e ne abbiano scatenati di nuovi, con conseguenze devastanti per i diritti umani.
[4] La decisione (PESC) 2022/2376 ha poi modificato la decisione (PESC) 2020/1999, aggiornandone l’allegato e prorogandone le misure stabilite fino all’8 dicembre 2023.
[5] Il regolamento (UE) 2020/1998 è stato modificato dai regolamenti di esecuzione (UE) 2021/371 del 2 marzo 2021 e (UE) 2021/478 del 22 marzo 2021.
[6] Sulla proposta, il Ministero per lo sviluppo economico ha inviato una relazione ai sensi dell’art. 6, comma 4, della legge n. 234/201.
[7] La valutazione di attuazione esamina gli sviluppi dal 2010 alla luce delle raccomandazioni del Parlamento e di altre valutazioni di esperti, in particolare uno studio del 2013 per il Parlamento sulla politica dell'UE in materia di difensori dei diritti umani, uno studio del 2017 sulla riduzione dello spazio per la società civile e una nota informativa dell'European Parliamentary Research Service (EPRS) del 2022 sul sostegno dell'UE ai difensori dei diritti umani. La valutazione si è basata anche sulle relazioni della società civile e sui risultati di un sondaggio distribuito alle 144 delegazioni/rappresentanze dell'UE in tutto il mondo.
[8] Il PE ritiene che, in particolare, gli Stati membri dovrebbero agevolare il rilascio dei visti 1) sul piano procedurale, garantendo che le procedure delle loro ambasciate e dei loro consolati siano rapide, comprensibili, accessibili e realizzabili e 2) sul piano strutturale, creando una categoria specifica per i difensori dei diritti umani a rischio nel codice dei visti europeo e includendo istruzioni specifiche nel manuale per il codice dei visti dell'UE sulla concessione di procedure agevolate ai difensori dei diritti umani e ai loro familiari.