Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | RUE - Ufficio SG - Ufficio Rapporti con l'Unione europea |
Titolo: | Riunione interparlamentare della Commissione giuridica (JURI) e della Commissione Diritti umani (DROI) del Parlamento europeo sulla giurisdizione universale |
Serie: | Documentazione per le Commissioni - Riunioni interparlamentari Numero: 2 |
Data: | 28/11/2022 |
Organi della Camera: | II Giustizia, XIV Unione Europea |
XIX LEGISLATURA
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Dossier n. 7
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Dossier n. 2
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Ordine del giorno
La Commissione giuridica (IURI) del Parlamento europeo
La Sottocommissione sui diritti umani (DROI) del Parlamento europeo
La guerra in Ucraina e le indagini sui crimini internazionali
Posizione del Parlamento europeo
Il 28 novembre 2022 la Commissione giuridica e la Sottocommissione sui diritti umani del Parlamento europeo organizzeranno un incontro interparlamentare sul tema "La giurisdizione universale. Migliorare la responsabilità in caso di gravi crimini internazionali ". Il fine dichiarato della riunione è quello di discutere fino a che punto la giurisdizione universale possa svolgere un ruolo come parte di una più ampia strategia di responsabilità, complementare ai tribunali internazionali e ai procedimenti su altre basi giurisdizionali.
Sulla base dell'ordine del giorno divulgato, i lavori si apriranno con il discorso di benvenuto di Maria Arena, Presidente della Sottocommissione diritti umani, e di Adriàn Vàzquez Làzara, Presidente della Commissione giuridica, ai quali saranno - in chiusura di riunione - affidate anche le conclusioni.
Sono previsti gli interventi di: Gabija Grigaitè-Daugirdè, vice ministro della giustizia della Lituania; Matevz Pezdirc, Capo del Segretariato della rete europea sul genocidio presso Eurojust; Catherine Marchi-Uhel, Capo del meccanismo internazionale imparziale e indipendente per assistere le investigazioni e l'accusa di persone responsabili dei crimini più gravi ai sensi del diritto internazionale commessi nella Repubblica araba di Siria dal marzo 2011; Andreas Schuller, Direttore del programma crimini internazionali e responsabilità del Centro europeo per i diritti umani e costituzionali).
E' previsto un dibattito con i Parlamentari europei e nazionali.
La Commissione giuridica del Parlamento europeo (IURI) ha competenza sui seguenti settori:
l'interpretazione, l’applicazione e il monitoraggio del diritto dell'Unione e il rispetto del diritto primario negli atti dell'Unione, con particolare riferimento alla scelta della base giuridica e al rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità;
l'interpretazione e l'applicazione del diritto internazionale per quanto di rilevanza dell'Unione europea;
migliore legiferazione e semplificazione del diritto dell’UE;
tutela giuridica dei diritti e delle prerogative del Parlamento, compreso il suo coinvolgimento in procedimenti dinanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea;
atti dell'Unione che hanno effetti sull'ordinamento giudiziario degli Stati membri, in particolare nei settori del: diritto civile e commerciale; diritto aziendale; diritto di proprietà intellettuale; diritto processuale;
provvedimenti in materia di cooperazione giudiziaria e amministrativa in materia civile;
responsabilità ambientale e sanzioni contro crimini ambientali;
questioni etiche relative alle nuove tecnologie;
lo statuto dei deputati e del personale dell'Unione europea;
privilegi, immunità e verifica dei poteri;
l'organizzazione e lo statuto della Corte di giustizia dell'Unione europea;
l'Ufficio dell'Unione europea per la proprietà intellettuale.
Tra le priorità della Commissione IURI per il semestre in corso, si ricordano l'intelligenza artificiale e l'atto sui servizi digitali.
Quella dedicata ai diritti dell'uomo è una sottocommissione della Commissione affari esteri (AFET) del Parlamento europeo.
E' competente sulle questioni che riguardano la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti umani
[1]
nei paesi terzi – compresi i diritti delle minoranze – e sui principi di diritto internazionale. Le sue delegazioni visitano regolarmente i paesi interessati. E' altresì il referente per garantire la coerenza tra tutte le politiche esterne dell'Unione e la politica in materia di diritti umani.
Organizza audizioni su un'ampia gamma di questioni relative ai diritti umani, in cui le parti interessate forniscono contributi su risoluzioni e altre iniziative parlamentari, e si occupa della gestione ordinaria dei fascicoli relativi ai diritti umani.
La sottocommissione monitora infine il seguito dato alle risoluzioni d'urgenza del Parlamento approvate a norma dell'articolo 144 del regolamento e tiene frequenti scambi con il Servizio europeo per l'azione esterna e in merito ai dialoghi dell'UE in materia di diritti umani.
L'articolo 144 del regolamento del Parlamento europeo è rubricato "Discussioni su casi di violazione dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto". Stabilisce che una Commissione, una delegazione interparlamentare, un gruppo politico o un determinato numero di deputati possono chiedere per iscritto al Presidente che sia tenuta una discussione su un caso urgente di violazione dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto.
Si segnala che anche le seguenti commissioni si occupano di questioni relative ai diritti umani nel quadro delle relazioni esterne dell'UE: la commissione per gli affari esteri (AFET), la commissione per il commercio internazionale (INTA), la commissione per lo sviluppo (DEVE) e la commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere (FEMM).
La giurisdizione universale
Il principio della giurisdizione universale
[2]
autorizza o impone a uno Stato di avviare un procedimento penale indipendentemente dal luogo in cui il reato è stato perpetrato e dalla nazionalità dell'autore o della vittima.
Tale giurisdizione è ipotizzata nei confronti di crimini che costituiscono gravi violazioni di diritto internazionale, quali ad esempio:
-
genocidio, cioè nella definizione fornita dall'art. 6 dello Statuto di Roma istitutivo della Corte penale internazionale
[3]
(su cui vedi infra), atti commessi nell'intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso;
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crimini contro l'umanità, cioè gli atti commessi nell'ambito di un consapevole, esteso o sistematico attacco contro popolazioni civili (ad esempio omicidio, sterminio, riduzione in schiavitù, deportazione, imprigionamento, tortura, stupro, persecuzione mirata, sparizione forzata, cfr. art. 7 dello Statuto di Roma);
-
crimini di guerra, cioè le gravi violazioni delle leggi e degli usi del diritto internazionale nei conflitti armati (elencati nell'art. 8 del citato Statuto).
In generale, i tribunali di uno Stato possono esercitare la giurisdizione universale quando la legislazione nazionale riconosce i reati rilevanti e ne autorizza il perseguimento.
Questo è il caso, ad esempio, della Germania, che ha riconosciuto l’applicabilità del principio di giurisdizione universale ai crimini internazionali, ovunque e contro chiunque commessi (articolo 1 del Völkerstrafgesetzbuch, ‘VStGB’, adottato nel 2002 e modificato nel 2016).
Grazie a questo impianto normativo, il 17 gennaio 2022 il tribunale di Coblenza ha processato un ex ufficiale dell'intelligence siriana per crimini contro l'umanità, condannandolo (in primo grado) all'ergastolo.
Il tribunale ha giudicato il funzionario colpevole di aver consentito la tortura di migliaia di detenuti, dozzine di omicidi, nonché stupri e aggressioni sessuali, in un centro di detenzione a Damasco, in Siria. Il processo è considerato come il primo ad aver affrontato il coinvolgimento su ampia scala di apparati statali siriani nei casi di tortura, omicidi e altri reati nei confronti di detenuti.
In Francia, per fare un altro esempio, il codice di procedura penale prevede la giurisdizione universale in relazione a determinati reati, derivanti dalle convenzioni internazionali ratificate dalla Francia, senza tuttavia prevedere l'obbligo dell'azione penale (articolo 689 del codice di procedura penale). Si può segnalare che nel novembre 2021 la Corte di cassazione francese ha dichiarato illegittimo il procedimento contro un presunto ex agente siriano, che aveva chiesto asilo in Francia ed era accusato di complicità in crimini contro l'umanità. In applicazione del c.d. principio "della doppia incriminazione", l'Alta corte francese ha ritenuto che il processo non fosse ammissibile, perché la legge siriana non contempla esplicitamente i crimini contro l'umanità.
La situazione in Italia
Il nostro ordinamento non accoglie il principio della giurisdizione universale.
Le eccezioni al principio di territorialità, secondo cui l'esercizio della giurisdizione penale riguarda i reati nel territorio dello Stato, sono limitate e in ogni caso subordinate a particolari requisiti (come la presenza in Italia del reo, la richiesta del Ministero o l'istanza della parte offesa)
[4]
.
Nonostante i molti tentativi di adeguare il nostro l'ordinamento allo Statuto di Roma, inoltre, in Italia manca una compiuta disciplina per il perseguimento dei crimini internazionali, come quelli che rientrano nella competenza della Corte penale internazionale.
L'assenza di una normativa interna che sanzioni i crimini previsti dallo Statuto di Roma espone il nostro Paese ad un giudizio, da parte della Corte, di "incapacità" di perseguire crimini internazionali. Come specifica espressamente l'articolo 1 dello Statuto di Roma, infatti, la Corte ha competenza complementare rispetto alle giurisdizioni penali nazionali. La Corte non ha competenza quando un crimine internazionale è, o è stato oggetto di, un procedimento penale davanti alle autorità giudiziarie dello Stato che può esercitare la giurisdizione. La Corte può invece avviare un procedimento se la mancanza di intervento nazionale derivi dall’assenza di volontà o dalla effettiva incapacità dello Stato di investigare e procedere (come nel caso in cui manchi una adeguata normativa interna).
Per rimediare alla lacuna del nostro ordinamento, nel marzo 2022 è stata istituita, presso il Gabinetto del Ministro della giustizia, una Commissione incaricata di elaborare un progetto di codice dei crimini internazionali. A conclusione dei propri lavori, questa ha presentato un progetto di codice che, oltre a introdurre nell'ordinamento italiano i principali crimini internazionali (art. 17-64), propone l'introduzione di un regime ad hoc per la repressione dei crimini internazionali. Tale regime è stato definito dalla già citata dottrina "giurisdizione penale universale condizionata" alla sola presenza del reo in Italia
[5]
Si ipotizza infatti (articolo 3) che siano perseguibili i crimini internazionali commessi all'estero sia da cittadini italiani (c. 1) sia da stranieri quando ricorra l'elemento del danno allo Stato italiano o a un cittadino (c. 2). Per i reati commessi da uno straniero all'estero e che non costituiscano danno per lo Stato italiano, è invece richiesto l'elemento della presenza nel territorio dello Stato. Per il crimine di aggressione è proposta altresì una richiesta del Ministero della giustizia (c. 3).
Il dibattito sulla giurisdizione universale al Parlamento europeo
Nel settembre 2018 le Commissioni giuridica (JURI) e sulle libertà civili (LIBE) del Parlamento europeo, assieme alla Sottocommissione sui diritti dell'uomo (DROI), hanno organizzato un incontro dal titolo "Giurisdizione universale e crimini internazionali: vincoli e buone prassi". La riunione ha costituito un'occasione di confronto per esperti, esponenti del mondo dell'accademia e operatori di giustizia.
Si sono discussi, tra l'altro, l'approccio dell'Unione europea alla promozione della giurisdizione universale attraverso le proprie relazioni esterne, nonché l'esperienza pratica nell'applicazione della giurisdizione universale nella lotta contro l'impunità in Europa.
Ad esito del dibattito, gli esperti hanno:
1)
convenuto che la giurisdizione universale può svolgere un ruolo come parte di una più ampia strategia di responsabilità, complementare ai tribunali internazionali e alle azioni penali su altre basi giurisdizionali;
2)
raccomandato una formazione più specializzata per investigatori, pubblici ministeri, giudici e personale delle forze dell'ordine per i casi di giurisdizione universale e una maggiore cooperazione a livello dell'UE e internazionale;
3)
sostenuto l'iniziativa per un trattato multilaterale sull'assistenza giudiziaria reciproca e l'estradizione;
4)
raccomandato che particolare attenzione sia prestata nei casi di vittime che chiedono giustizia, anche per reati sessuali e di genere.
Il rapporto divulgato ad esito della riunione contiene specifiche raccomandazioni. L'Unione europea è stata invitata, tra l'altro, a:
1)
rafforzare la propria leadership globale nel settore dei diritti umani e della "lotta contro l'impunità”;
2)
fare in modo che la questione rimanga di attualità politica nonostante altre pressanti sfide globali (cambiamenti climatici, terrorismo);
3)
rafforzare la dimensione "giustizia e affari interni" della lotta contro l'impunità, assicurando altresì risorse adeguate.
Al livello degli Stati membri si raccomanda, in particolare, di:
1)
istituire reparti specializzati in crimini di guerra, adeguatamente finanziati;
2)
rivedere la legislazione per permettere l'esame preliminare e le investigazioni strutturali, anche qualora il presunto colpevole non sia presente sul loro territorio;
3)
incoraggiare la conservazione delle prove in vista di processi futuri;
4)
impegnarsi in attività di sensibilizzazione e diffusione.
Il ruolo della Corte penale internazionale
L'Ucraina ha firmato lo Statuto di Roma, istitutivo della Corte penale internazionale, ma non l'ha mai ratificato. Pur non essendo uno Stato parte, già il 9 aprile del 2014 l'Ucraina ha dichiarato di accettare la giurisdizione della Corte, per i crimini di competenza della Corte commessi nel suo territorio, a partire dal 21 novembre 2013. L'8 settembre 2015 ha poi dichiarato di accettare la giurisdizione della Corte anche per il periodo successivo, per una durata indefinita. La Corte non è però competente, nel caso dell'Ucraina, per il reato di aggressione (vedi infra).
La Corte penale internazionale è stata istituita con lo Statuto approvato a Roma il 17 luglio del 1998, ed entrato in vigore (con il raggiungimento della sessantesima ratifica) il 1° luglio 2002.
La Corte è un’“istituzione permanente che può esercitare la giurisdizione sulle persone fisiche per i più gravi crimini di portata internazionale” (articolo 1 dello Statuto istitutivo).
La Corte è composta da 18 giudici, scelti tra persone in possesso dei requisiti di nomina ai più alti uffici giudiziari nei Paesi di provenienza. I giudici sono eletti per nove anni dall’Assemblea degli Stati parti, con criteri che tengano conto di una adeguata rappresentanza dei vari sistemi giuridici, una distribuzione delle provenienze geografiche e una proporzione tra i sessi. Il Presidente e i Vice Presidenti sono scelti dagli stessi giudici, per tre anni, e sono rinnovabili una sola volta. Nel 2018 è stato eletto componente della Corte il magistrato italiano Rosario Aitala (che resterà in carica fino al 2027).
L’Assemblea degli Stati parti è composta da un rappresentante per ciascuno dei paese membri. Oltre a nominare i giudici e il procuratore (e i procuratori aggiunti) l'Assemblea ha importanti compiti nell'amministrazione e nella gestione finanziaria della Corte. Può presentare proposte di modifica al suo Statuto, da sottoporre poi alla ratifica degli Stati membri.
La Corte ha competenza per i seguenti crimini:
·
genocidio, cioè quegli atti compiuti "nell'intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso";
·
crimini contro l'umanità, elencati nell'articolo 7 dello Statuto di Roma, commessi "nell'ambito di un sistematico attacco contro popolazioni civili, e con la consapevolezza dell'attacco";
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crimini di guerra, cioè le gravi violazioni delle norme di diritto internazionale che disciplinano la condotta delle operazioni militari e il trattamento dei civili;
·
aggressione, ipotesi le cui modalità di attivazione sono state definite nell'ambito della prima Conferenza di revisione dello Statuto di Roma (su cui vedi infra).
La Corte ha giurisdizione se i fatti in questione sono avvenuti nel territorio di uno Stato che sia parte dello Statuto di Roma o se le persone accusate sono cittadini di uno Stato parte. La Corte può tuttavia attivarsi se uno Stato non parte dichiari di accettare la competenza della Corte su determinati casi o per un determinato periodo, per fatti avvenuti sul suo territorio o che si presume siano stati commessi da suoi cittadini, impegnandosi a prestare la collaborazione necessaria (come nel caso dell'Ucraina). La Corte può attivarsi, anche in assenza di questi criteri di collegamento, su richiesta del Consiglio di sicurezza dell'Onu.
I rapporti tra la Corte e gli Stati nazionali sono ispirati ai principi di complementarietà e di collaborazione.
In virtù del principio di complementarietà, la Corte non può attivarsi se lo Stato di giurisdizione abbia svolto o stia svolgendo indagini, se stia esercitando l'azione penale o abbia deciso di non procedere. La Corte non può attivarsi nemmeno se le persone sono state già giudicate per gli stessi fatti, sempre che il procedimento sia stato equo e imparziale e non avesse l'intento di sottrarre il caso alla giurisdizione della Corte. La Corte si può invece attivare se allo Stato competente manca la "volontà" o l'effettiva "capacità" di svolgere le indagini e di perseguire le persone. Ciò avviene - come detto - anche nei casi in cui l'ordinamento interno non prevede i crimini internazionali di competenza della Corte.
In virtù del principio di cooperazione la Corte, per procedere alla raccolta di prove e di testimonianze, per svolgere altre attività di indagine ed eventualmente procedere ad arresti, ha bisogno della collaborazione degli Stati.
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Già nel dicembre del 2020, un rapporto preliminare dell'Ufficio del Procuratore della Corte penale internazionale (incarico allora ricoperto dalla giurista ed ex ministra del Gambia, Fatou Bensouda) riportava evidenze per ritenere plausibile che in Ucraina fossero stati commessi crimini rientranti nella giurisdizione della Corte. In quell'occasione la Corte, a fronte di una situazione di gravi carenze finanziarie e di personale (aggravati dalla pandemia da Covid-19), decise comunque di non avviare un'indagine, concentrando le scarse risorse sulle attività già avviate.
Pochi giorni dopo l'avvio dell'aggressione russa, il 28 febbraio 2022, il nuovo Procuratore della Corte, il britannico A. A. Khan ha dichiarato l'intenzione di aprire un'inchiesta, anche perché l'estensione del conflitto rendeva molto più concreta la possibilità di crimini internazionali. Il magistrato ha anche ricordato che per avviare l'indagine fosse necessaria l'autorizzazione della Camera Pre-dibattimentale (Pre-Trial Chamber) o la richiesta di uno Stato parte dello Statuto di Roma.
Il 1° marzo la Lituania ha presentato tale richiesta, seguita il giorno successivo da altri 38 Paesi tra cui l'Italia e tutti gli altri membri dell'Unione europea (altri Stati si sono poi aggiunti successivamente). Il 2 marzo il procuratore Khan ha così potuto avviare formalmente l'indagine sui presunti crimini commessi in Ucraina.
Lo stesso giorno la Corte ha affidato il procedimento alla Seconda Camera pre-dibattimentale, presieduta dal giudice italiano Aitala.
La Corte si può dunque occuparsi di tutti i fatti compiuti commessi nel suo territorio, da soggetti di qualsiasi nazionalità, dal 21 novembre 2013 in poi.
Il reato di aggressione l'ipotesi di un tribunale ad hoc per l'Ucraina
L'articolo 8 dello Statuto di Roma definisce il reato di aggressione come la pianificazione, la preparazione, l'avvio o l'esecuzione da parte di leader politici o militari, di atti di aggressione in violazione della Carta delle Nazioni Unite, come un'invasione, occupazione o annessione con la forza.
In base a questa previsione la Corte può perseguire dirigenti politici o militari di alto livello per aver condotto illegalmente una guerra contro un altro Stato. Le condizioni per la giurisdizione e l'attivazione sono state definite con gli emendamenti di Kampala, concordati dagli Stati parti nel 2010.
La giurisdizione della Corte per questo reato non può però essere esercitata nei confronti di cittadini di uno Stato che non sia parte dello Statuto di Roma. Non essendo la Russia uno Stato parte, i suoi dirigenti sono dunque esclusi dalla giurisdizione della Corte sul reato di aggressione a meno che non vi sia un rinvio da parte del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (il che è ovviamente improbabile, dato il potere di veto della Russia).
Per ovviare a tale limite, da più parti, è stato proposto di istituire un tribunale internazionale ad hoc per perseguire il reato di aggressione nei confronti dei vertici politici e militari russi. Questa proposta, oltre che dal governo ucraino, è stata appoggiata da diversi Parlamenti nazionali, anche dell'Ue, e da un'ampia gamma di organizzazioni non governative e associazioni internazionali di giuristi.
La sottocommissione per i diritti umani del Parlamento europeo ha discusso le sfide connesse all'istituzione di tale tribunale in una riunione del 28 marzo 2022.
Il 28 aprile 2022, l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa ha adottato all'unanimità una risoluzione che chiede l'istituzione di tale tribunale ad hoc.
Nella sua risoluzione adottata il 19 maggio 2022, il Parlamento europeo ha chiesto l'istituzione di un "tribunale internazionale speciale incaricato di indagare e perseguire i presunti crimini di aggressione commessi contro l'Ucraina dai comandanti politici e militari della Russia e dei suoi alleati». Ha inoltre invitato la Commissione europea a "sostenere la creazione di un'adeguata base giuridica" per il tribunale e, insieme ad altre istituzioni dell'UE, a fornire "tutte le risorse umane e di bilancio necessarie e il supporto amministrativo, investigativo e logistico per l'istituzione di il tribunale'. Infine, ha chiesto alle istituzioni dell'UE, in particolare alla Commissione, di chiedere il sostegno dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite e di altre organizzazioni affini per l'istituzione del tribunale.
La cooperazione giudiziaria internazionale
Dopo l'avvio dell'aggressione russa, molti Stati hanno annunciato finanziamenti straordinari alla Corte penale internazionale, che storicamente soffre di carenze di risorse e di personale. Il procuratore Khan ha però indicato chiaramente che le risorse aggiuntive non saranno destinate esclusivamente alle investigazioni in Ucraina, ma a tutti i procedimenti aperti, ritenendo inaccettabile un finanziamento selettivo della Corte, per così dire "à la carte", da parte degli Stati.
La stessa amministrazione Biden ha salutato con soddisfazione l'apertura dell'indagine, fornendo anche supporto investigativo alle attività della Corte, anche se, notoriamente, gli Stati Uniti non hanno mai ratificato lo Statuto di Roma.
Il 17 maggio, nel corso di una sua missione in Ucraina, il procuratore Khan ha dichiarato il dispiegamento sul terreno di un team di 42 esperti, tra investigatori, medici legali e personale di supporto. Si è trattato - ha aggiunto Khan - del più numeroso contingente dispiegato in una singola occasione nella storia della Corte (anche per la disponibilità di 21 Stati a inviare proprio personale).
Oltre che degli osservatori presenti sul territorio, la Corte si avvale della collaborazione delle autorità ucraine e anche di una serie crescente di rapporti di collaborazione con altri Paesi e con l'Unione europea.
Il 25 marzo i governi di Lituania, Polonia e Ucraina hanno firmato un accordo per dar vita, con il supporto dell'agenzia Ue Eurojust, a un Team investigativo comune (Joint Investigation Team, JIT). Ai tre Paesi si sono poi aggiunti Estonia, Lettonia e Slovacchia. Lo scopo è facilitare lo scambio di informazioni e la cooperazione investigativa tra i tre Paesi per crimini di guerra, crimini contro l'umanità e gli altri crimini internazionali. La partecipazione è aperta agli altri membri dell'Ue, così come a Stati terzi.
Il 12 aprile il commissario Ue alla giustizia, Reynders, ha invitato gli Stati membri a rafforzare la propria partecipazione alle attività investigative e di raccolta di prove, rispondendo alle richieste di sostegno ricevute dalle autorità ucraine, in particolare nei settori della medicina legale, della conservazione delle prove, delle linee di comunicazione sicure e della formazione sul terreno.
Il 25 aprile Eurojust ha firmato un accordo di collaborazione con la Corte, che prevede anche la partecipazione di quest'ultima al Team investigativo comune dell'Ue. Si tratta della prima collaborazione della Corte con team investigativi multinazionali.
Eurojust ha un ambito di competenza relativo alla lista di gravi crimini di cui all'Allegato I del Regolamento 2018/1727 che include il genocidio, i crimini contro l'umanità e i crimini di guerra.
Il fine maggio Parlamento europeo e Consiglio hanno approvato una modifica al regolamento di Eurojust, entrata in vigore il 1° giugno, consentendo all'Agenzia di conservare e condividere prove di crimini di guerra.
Eurojust collabora con gli Stati membri che, avendo adottato il principio della giurisdizione universale o comunque in base a criteri di collegamento previsti nel proprio ordinamento, hanno avviato procedimenti per crimini internazionali commessi nel territorio ucraino.
Il Genocide Network dell'Unione europea
Per assistere gli Stati membri nelle indagini sui crimini internazionali, il Consiglio Ue ha istituito nel 2002 la Rete europea di punti di contatto per quanto riguarda le persone responsabili di genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra (Genocide Network).
Questo organismo (il cui segretariato è ospitato da Eurojust) intende favorire la cooperazione tra le autorità nazionali per condividere le informazioni e le migliori prassi, sostenendo in tal modo il principio di complementarità.
La Rete conta anche sei Stati osservatori (Bosnia-Erzegovina, Canada, Norvegia, Svizzera, Regno Unito e Stati Uniti), e ha un rapporto di collaborazione, oltre con altre agenzie Ue e con diverse organizzazioni non governative, anche con l'Ufficio del Procuratore della Corte Penale Internazionale.
Meccanismi di cooperazione tra le autorità nazionali per garantire un'efficace condivisione delle informazioni ed evitare la duplicazione del lavoro sono essenziali, perché, nel contesto della giurisdizione universale, è possibile che più stati indaghino su potenziali crimini commessi in una stessa area, come è attualmente il caso della guerra in Ucraina.
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Alla missione civile di assistenza EUAM, presente in Ucraina dal 2014, è stato affidato il compito supplementare di di sostenere le autorità giudiziarie ucraine nelle indagini sui crimini internazionali commessi nel Paese, anche attraverso formazione del personale e fornitura di materiali.
L'8 giugno la Commissione europea ha poi lanciato, nell'ambito dello Strumento per la politica estera, un programma per sostenere le capacità investigative della Corte, con un budget di 7,25 milioni di euro.
Il 21 settembre Il procuratore della Corte ed Eurojust hanno presentato delle linee guida rivolte alle organizzazioni non governative presenti sul terreno per facilitare la raccolta di prove che siano poi utilizzabili in sede giudiziaria (conduzione delle testimonianze, gestione dei documenti, protezione delle prove e dei testimoni, ecc.).
Si possono infine segnalare le prese di posizioni di due importanti organismi internazionali.
Il 14 marzo 2022 l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), ha istituito un gruppo di esperti con il mandato di verificare possibili violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario, nonché possibili casi di crimini di guerra e crimini contro l'umanità; ... e per raccogliere, consolidare e analizzare queste informazioni al fine di presentarle ai pertinenti meccanismi di responsabilità, nonché a corti o tribunali nazionali, regionali o internazionali". Nel rapporto, presentato il 13 aprile, si indicano "prove credibili della commissione di crimini internazionali, comprese violazioni dei diritti umani fondamentali (diritto alla vita, divieto di tortura e altre pene e trattamenti inumani e degradanti), soprattutto nelle aree sotto l'effettivo controllo della Russia". Il rapporto documenta casi di uccisioni mirate, sparizioni forzate o rapimenti di civili, inclusi giornalisti e funzionari locali.
Il 18 ottobre la Commissione d'inchiesta internazionale indipendente sull'Ucraina, nominata dal Consiglio Onu dei diritti umani, ha presentato il suo rapporto all'Assemblea generale. Il rapporto presenta "evidenze ragionevoli" della commissione di una vasta gamma di crimini di guerra e di violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario (tra cui stupri, torture e detenzione di bambini), con un impatto "immenso" sulla popolazione civile ucraina.
Tra le risoluzioni approvate dal Parlamento europeo in cui si fa riferimento alla giurisdizione universale si ricordano:
1)
risoluzione del 15 marzo 2018 sulla situazione in Siria. In questo testo si fa riferimento alla circostanza che "la comunità internazionale e i singoli Stati hanno l'obbligo di assicurare alla giustizia i responsabili delle violazioni del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani perpetrate nel corso del conflitto siriano, anche mediante l'applicazione del principio della giurisdizione universale e del diritto nazionale" (punto K delle Premesse). Con specifico riferimento alla situazione della Siria, si esprime "sostegno al principio della giurisdizione universale per contrastare l'impunità", accogliendo "con favore le misure adottate da taluni Stati membri dell'Unione europea a tale fine" (par. 10);
2)
risoluzione del 4 luglio 2017 sulla lotta alle violazioni dei diritti umani nel contesto di crimini di guerra e crimini contro l'umanità, incluso il genocidio. Nel sottolineare l'importanza dell'accordo di cooperazione e di assistenza tra l'UE e la CPI; si chiede agli Stati membri di applicare il principio di giurisdizione universale per la lotta all'impunità e se ne ricorda l'importanza per l'efficacia e il corretto funzionamento del sistema di giustizia penale internazionale (par. 52);
3)
risoluzione del 19 maggio 2022 sulla lotta contro l'impunità per i crimini di guerra in Ucraina, in cui si rammenta che il principio della giurisdizione universale mira a evitare l'impunità dei criminali di guerra, consentendo a tutti gli Stati di adempiere il loro dovere di perseguire e punire i responsabili. Si incoraggiano quindi gli Stati membri a fare un uso efficace del principio della giurisdizione medesima per le indagini e il perseguimento dei crimini di guerra in Ucraina e a intensificare la cooperazione tra di loro, coordinando e promuovendo il ruolo della Commissione (par. 17).
[1] Per maggiori dettagli, si rinvia alla documentazione del Parlamento europeo "Diritti umani", Note tematiche sull'Unione europea", ottobre 2021.
[2]
Per maggiori informazioni, si rinvia ai seguenti approfondimenti: "Universal jurisdiction and international crimes: constraints and best practices" (Parlamento europeo), "Universal jurisdiction" (European center for constitutional and human rights), "Universal jurisdiction" (International justice resource center), "Universal jurisdiction over war crimes" (Comitato internazionale della croce rossa), "The scope and application of the principle of universal jurisdiction" (General Assembly of the United Nations).
[3] Si ricorda che lo Statuto è stato adottato a Roma il 17 luglio 1998 dalla Conferenza diplomatica delle Nazioni Unite ed è entrato in vigore il 1° luglio 2002. L’Italia lo ha ratificato con la legge 12 luglio 1999, n. 232.
[4]
L'esercizio della giurisdizione è infatti consentita, sempre in presenza di particolari requisiti, in virtù dei principi di personalità attiva (che punisce cittadini per determinati reati commessi all'estero art. 9 del codice penale); personalità passiva (che punisce cittadini stranieri per determinati reati, commessi all'estero, ai danni di cittadini o dello Stato art. 10) e protezione (che punisce cittadini e stranieri per determinati reati, commessi all'estero, di natura politica o contro la personalità dello Stato, artt. 7 e 8).
[5] Claudia Cantone, op cit.