Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Lavoro
Titolo: Disposizioni in materia di lavoro
Riferimenti: AC N.1532-bis/XIX
Serie: Progetti di legge   Numero: 214/2
Data: 10/10/2024
Organi della Camera: XI Lavoro

 

Servizio Studi

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Dossier n. 188/2

 

 

 

 

 

 

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Progetti di legge n. 214/2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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I N D I C E

 

 

Schede di lettura. V

Articolo 1 (Modifiche alla disciplina in materia di salute e sicurezza sul lavoro) - 7 -

Articolo 2 (Modifica della disciplina in materia di ricorsi riguardanti l’applicazione delle tariffe dei premi per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali) - 15 -

Articolo 3 (Recupero di somme versate dopo il decesso dei beneficiari di prestazioni erogate dall'INAIL) - 18 -

Articolo 4 (Semplificazioni dei ricorsi in materia di prestazioni dell'assicurazione contro gli infortuni in ambito domestico) - 20 -

Articolo 5 (Messa a disposizione dell’INAIL delle comunicazioni di decesso pervenute all’INPS) - 22 -

Articolo 6 (Compatibilità dei trattamenti di integrazione salariale con lo svolgimento di attività lavorativa) - 24 -

Articolo 7 (Estensione della sospensione della decorrenza di termini relativi ad adempimenti a carico dei liberi professionisti anche in caso di parto o di ricovero ospedaliero del figlio minorenne) - 26 -

Articolo 8 (Modifiche relative ai fondi di solidarietà bilaterali) - 29 -

Articolo 9 (Disposizioni in materia di flessibilità nell’utilizzo delle risorse del fondo bilaterale del settore della somministrazione di lavoro) - 31 -

Articolo 10 (Modifiche alla disciplina in materia di somministrazione di lavoro) - 33 -

Articolo 11 (Norma di interpretazione autentica in materia di contratti a termine e di attività stagionali) - 37 -

Articolo 12 (Indennità per dipendenti a tempo indeterminato delle regioni inquadrati nei profili professionali per le attività di comunicazione e informazione) - 39 -

Articolo 13 (Durata del periodo di prova nel contratto a tempo determinato) - 40 -

Articolo 14 (Termine per le comunicazioni obbligatorie in materia di lavoro agile) - 42 -

Articolo 15 (Misure in materia di politiche formative nell’apprendistato) - 44 -

Articolo 16 (Incremento delle risorse destinate alle spese generali di amministrazione degli enti privati gestori di attività formative) - 47 -

Articolo 17 (Contratti misti) - 48 -

Articolo 18 (Unico contratto di apprendistato duale) - 51 -

Articolo 19 (Risoluzione del rapporto di lavoro per assenza ingiustificata del lavoratore) - 53 -

Articolo 20 (Svolgimento dei procedimenti di conciliazione con modalità telematiche) - 55 -

Articolo 21 (Assunzioni di soggetti già impegnati in lavori socialmente utili o di pubblica utilità) - 57 -

Articolo 22 (Disposizioni in materia di dichiarazione della spesa sostenuta per attività di mediazione in caso di cessione di immobili) - 59 -

Articolo 23 (Pagamento dilazionato dei debiti contributivi) - 61 -

Articolo 24 (Adempimenti relativi ai contributi previdenziali relativi al personale assunto a contratto da parte degli uffici all’estero del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale) - 63 -

Articolo 25 (Disposizioni sulla notifica delle controversie in materia contributiva) - 65 -

Articolo 26 (Attività di Inps Servizi S.p.A. a favore del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, delle sue società e degli enti da esso vigilati e in house) - 67 -

Articolo 27 (Apertura strutturale dei termini di adesione alla gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali) - 69 -

Articolo 28 (Iscrizione dei dipendenti pubblici in quiescenza alle organizzazioni sindacali del pubblico impiego) - 71 -

Articolo 29 (Uniformazione dei tempi di presentazione delle domande di accesso ad Ape sociale e di pensionamento anticipato con requisito contributivo ridotto) - 73 -

Articolo 30 (Modifiche della disciplina sulla costituzione di una rendita vitalizia in relazione a contributi pensionistici prescritti e Incremento del Fondo sociale per occupazione e formazione) - 75 -

Articolo 31 (Svolgimento mediante videoconferenza o in modalità mista delle riunioni degli organi degli enti previdenziali di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n.103) - 77 -

Articolo 32 (Disposizioni in materia di percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento presso le istituzioni scolastiche) - 79 -

Articolo 33 (Fondo per le politiche della famiglia) - 84 -

Articolo 34 (Permessi non retribuiti dei vertici elettivi degli Ordini e Federazioni delle professioni sanitarie) - 86 -

 


Schede di lettura


Articolo 1
(Modifiche alla disciplina in materia di salute e sicurezza sul lavoro)

 

 

Il comma 1 dell’articolo 1 reca molteplici novelle, relative alla disciplina generale in materia di salute e sicurezza sul lavoro, di cui al D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81.

La novella di cui all’originaria lettera a) del suddetto comma 1 è stata soppressa dalla Camera dei deputati. Essa prevedeva, con riferimento alla composizione vigente della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, che alcuni membri partecipassero ai lavori dell’organo senza diritto di voto. La novella di cui all’attuale lettera a) concerne la composizione della Commissione per gli interpelli. La novella di cui alla lettera b)  lettera inserita dalla Camera – introduce una procedura di comunicazioni annue alle Camere da parte del Ministro del lavoro e delle politiche sociali. La novella di cui alla lettera c) prevede che l’elenco, tenuto presso il Ministero della salute, dei medici competenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro sia aggiornato, ad opera del medesimo Ministero, in base alla verifica periodica del requisito specifico inerente all’educazione continua in medicina. La lettera d) reca varie modifiche in materia di sorveglianza sanitaria dei lavoratori; tali novelle concernono: la fattispecie di visita medica preventiva (numeri 1.1), 1.2) e 2)); la visita medica precedente alla ripresa del lavoro, dopo un’assenza per motivi di salute (numero 1.3)); il termine per un accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, per la ridefinizione delle condizioni e delle modalità per l'accertamento della tossicodipendenza e della alcol dipendenza (numero 3)); l’individuazione in via generale dell’azienda sanitaria locale come l’amministrazione competente per l’esame dei ricorsi contro i giudizi del medico competente (numero 5) [1] ). La lettera e) modifica le condizioni alle quali è subordinato lo svolgimento di lavori in locali chiusi sotterranei o semisotterranei. La lettera f) reca un intervento di abrogazione esplicita, relativo a norme – non poste dal citato D.Lgs. n. 81 del 2008 – sugli obblighi inerenti alla fornitura e all’esposizione di tessere personali di riconoscimento; l’intervento è inteso al coordinamento con le norme in materia poste dal suddetto D.Lgs. n. 81 del 2008. Il comma 2 reca le clausole di invarianza degli oneri di finanza pubblica con riferimento alle novelle di cui al comma 1.

 

Originaria lettera a) del comma 1, soppressa dalla Camera dei deputati – Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro

 

La novella di cui all’originaria lettera a) del comma 1 è stata soppressa dalla Camera. Essa concerneva la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro (organo istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali). La novella prevedeva, con riferimento alla composizione vigente, che alcuni membri – i tre esperti in medicina del lavoro, igiene industriale e impiantistica industriale e il rappresentante dell'ANMIL (Associazione Nazionale fra Lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro) – partecipassero ai lavori della Commissione senza diritto di voto. La relazione illustrativa del disegno di legge in esame [2] osservava che la novella era intesa a ripristinare l’equilibrio paritario, in seno alla Commissione, tra i rappresentanti dei soggetti pubblici (amministrazioni centrali, regioni e province autonome di Trento e di Bolzano) e i rappresentanti delle parti private, costituite dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale [3] .

 

Comma 1, lettera a) – Commissione per gli interpelli in materia di salute e sicurezza sul lavoro

 

La novella di cui all’attuale lettera a) del comma 1 concerne la composizione della Commissione per gli interpelli – relativi a quesiti di ordine generale sull'applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro – [4] . Rispetto alla normativa già vigente sulla composizione dell’organo (il quale è istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali), la novella richiede che un numero minimo, pari a quattro, di rappresentanti abbia un profilo professionale giuridico; in particolare, tale requisito è previsto dalla novella con riferimento ad almeno un rappresentante del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, almeno un rappresentante del Ministero della salute, almeno due rappresentanti delle regioni e province autonome di Trento e di Bolzano. Resta fermo (oltre al principio di invarianza degli oneri di finanza pubblica) che la Commissione è costituita da otto membri (di cui due in rappresentanza di ciascuno dei suddetti Ministeri e quattro in rappresentanza degli enti territoriali suddetti) e che, qualora la materia oggetto di interpello riguardi anche competenze di altre amministrazioni pubbliche, la Commissione è integrata con rappresentanti di queste ultime. Si ricorda che le indicazioni fornite nelle risposte ai quesiti in oggetto costituiscono criteri interpretativi e direttivi per l'esercizio delle attività di vigilanza [5] .

Il testo originario della presente lettera recava anche un’altra modifica, consistente nell’estensione della possibilità di formulazione dei quesiti a tutte le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale – il testo vigente fa riferimento a quelle comparativamente più rappresentative (sempre sul piano nazionale) – [6] . Tale estensione è stata soppressa dalla Camera.

La relazione illustrativa del disegno di legge in esame [7] osservava che la novella summenzionata – soppressa dalla Camera – sull’ambito delle organizzazioni sindacali legittimate mutuava la formulazione presente nella norma che individua i soggetti legittimati a porre al Ministero del lavoro e delle politiche sociali quesiti di ordine generale sull'applicazione delle normative di competenza del medesimo Ministero.

 

Comma 1, lettera b) – Comunicazioni annue alle Camere del Ministro del lavoro e delle politiche sociali

 

La novella di cui alla lettera b)lettera inserita dalla Camera –introduce [8] una procedura di comunicazioni annue alle Camere, da parte del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sullo stato della sicurezza nei luoghi di lavoro nonché sugli interventi da adottare per migliorare le condizioni di salute e di sicurezza nei luoghi di lavoro e sugli orientamenti e i programmi legislativi che il Governo intende adottare al riguardo per l'anno in corso; le comunicazioni sono rese entro il 30 aprile di ogni anno con riferimento all'anno precedente. La novella esplicita che le Camere possono adottare atti di indirizzo al Governo, secondo le disposizioni dei rispettivi regolamenti. In merito ai suddetti interventi, orientamenti e programmi legislativi, la novella pone una clausola di invarianza finanziaria; si consideri l’opportunità di valutare la congruità di tale clausola, la quale, almeno sotto il profilo letterale, sembrerebbe precludere al Ministro di prospettare incrementi di spesa nella materia in oggetto.

 

Comma 1, lettera c) – Educazione continua in medicina per i medici competenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro

 

La novella di cui al comma 1, lettera c), prevede che l’elenco, tenuto presso il Ministero della salute, dei medici competenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro sia aggiornato, ad opera del medesimo Ministero, in base alla verifica periodica del requisito specifico inerente all’educazione continua in medicina. Si ricorda che, in base a tale requisito [9] , per lo svolgimento delle funzioni di medico competente in oggetto sono necessari sia il conseguimento dei crediti formativi minimi previsti dal programma di educazione continua in medicina sia la maturazione di una quota non inferiore al 70 per cento di tali crediti minimi nella disciplina “medicina del lavoro e sicurezza degli ambienti di lavoro”. La novella, inoltre, specifica che la verifica periodica è svolta mediante i dati registrati nell’anagrafe nazionale dei crediti suddetti [10] .

 

Comma 1, lettera d) – Sorveglianza sanitaria dei lavoratori

 

Le novelle di cui ai numeri 1.1), 1.2) e 2) della lettera d) riguardano la fattispecie di visita medica preventiva (nell’ambito della sorveglianza sanitaria dei lavoratori). In primo luogo, si specifica che l’ipotesi (già contemplata dalla disciplina) di visita medica preventiva in fase preassuntiva costituisce una delle modalità di adempimento dell’obbligo (obbligo sussistente sempre che trovi applicazione il summenzionato regime obbligatorio di sorveglianza sanitaria) di visita medica preventiva (intesa a constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro cui il soggetto è destinato e a valutare, quindi, sotto tale profilo, la sua idoneità alla mansione specifica). In secondo luogo, si sopprime l’ipotesi che la visita preassuntiva sia svolta (su scelta del datore di lavoro) dal dipartimento di prevenzione dell’azienda sanitaria locale, anziché dal medico competente, e si prevede che quest’ultimo, nella prescrizione di esami clinici e biologici e di indagini diagnostiche ritenuti necessari in sede di visita preventiva, tenga conto delle risultanze dei medesimi esami e indagini già effettuati dal lavoratore e risultanti dalla copia della cartella sanitaria e di rischio, al fine di evitarne la ripetizione, qualora ciò sia ritenuto (dal medesimo medico competente, come esplicitato dalla Camera) compatibile con le finalità della visita preventiva. Più in particolare, quest’ultima novella fa riferimento alla copia della cartella sanitaria e di rischio che, alla cessazione di un rapporto di lavoro, deve essere consegnata al lavoratore [11] .

 La novella di cui al numero 1.3) della lettera d) modifica la disciplina sull’obbligo di visita medica precedente alla ripresa del lavoro, obbligo stabilito dalla normativa vigente (qualora trovi applicazione il summenzionato regime obbligatorio di sorveglianza sanitaria) per i casi di assenza del lavoratore, per motivi di salute, di durata superiore a sessanta giorni continuativi; la novella integra quest’ultima fattispecie, prevedendo che l’obbligo sussista solo qualora la visita sia ritenuta necessaria dal medico competente e che (come specificato dalla Camera), qualora la medesima non sia ritenuta necessaria, il medico competente esprima il giudizio di idoneità alla mansione specifica; resta fermo che la finalità dell’eventuale visita consiste nella verifica dell’idoneità alla mansione.

La novella di cui al numero 3) della lettera d) differisce dal 31 dicembre 2009 al 31 dicembre 2024 – il termine è stato così modificato dalla Camera – il termine (in ogni caso ordinatorio) relativo alla conclusione, previa consultazione delle parti sociali, di un accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, per la ridefinizione delle condizioni e delle modalità per l'accertamento della tossicodipendenza e della alcol dipendenza (dei lavoratori rientranti nel regime obbligatorio di sorveglianza sanitaria).

Riguardo alle attuali determinazioni in materia, cfr. l’intesa sancita in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano il 16 marzo 2006, “in materia di individuazione delle attività lavorative che comportano un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza, l'incolumità o la salute dei terzi, ai fini del divieto di assunzione e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche”, l’intesa sancita in sede di Conferenza unificata Stato-regioni-province autonome-città ed autonomie locali il 30 ottobre 2007, in materia di accertamento di assenza di tossicodipendenza in alcuni ambiti lavorativi, e l’accordo concluso in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano il 18 settembre 2008, relativo alle “procedure per gli accertamenti sanitari di assenza di tossicodipendenza o di assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope in lavoratori addetti a mansioni che comportano particolari rischi per la sicurezza, l'incolumità e la salute di terzi”.

La novella di cui al successivo numero 4) reca un mero intervento formale nell’ambito della norma relativa alla formulazione per iscritto del giudizio, da parte del medico competente, dopo lo svolgimento delle visite previste nel regime di sorveglianza sanitaria obbligatoria dei lavoratori, e sulla consegna di copia del giudizio medesimo al lavoratore e al datore di lavoro.

La novella di cui al numero 5) è intesa a individuare in via generale l’azienda sanitaria locale come l’amministrazione competente per l’esame dei ricorsi contro i giudizi suddetti del medico competente (ivi compresi quelli inerenti a visite mediche preventive). La novella sostituisce con il riferimento all’azienda sanitaria locale territorialmente competente il riferimento vigente all’organo di vigilanza territorialmente competente. La relazione illustrativa del disegno di legge in esame [12] osserva che la novella è volta ad evitare possibili incertezze interpretative, anche in relazione all’avvenuta estensione all’Ispettorato nazionale del lavoro della competenza generale – concorrente con quella delle aziende sanitarie locali) – in materia di vigilanza sulla salute e sicurezza sul lavoro [13] . Resta fermo che il ricorso deve essere presentato entro trenta giorni dalla data di comunicazione del giudizio medesimo e che la suddetta amministrazione competente, dopo eventuali ulteriori accertamenti, provvede alla conferma, alla modifica o alla revoca del giudizio stesso.

Il testo originario della presente lettera d) recava anche una novella che ampliava le fattispecie in cui il medico competente è tenuto a svolgere la sorveglianza sanitaria dei lavoratori; tale novella è stata soppressa dalla Camera. Essa inseriva l’ipotesi che il documento di valutazione dei rischi [14] , redatto in collaborazione con il medico competente, evidenziasse la necessità dello svolgimento della sorveglianza sanitaria. Si ricorda che l’obbligo di nomina del medico competente sussiste:

-        nelle fattispecie in cui è obbligatoria la sorveglianza sanitaria [15] ;

-        nell’ipotesi [16] che il documento di valutazione dei rischi preveda tale nomina; in quest’ultima ipotesi, per definizione, il documento (salvi i successivi aggiornamenti dello stesso) è di data anteriore alla nomina e quindi esso non è redatto in collaborazione con il medico competente.

Nella disciplina vigente, l’obbligo di svolgimento della sorveglianza sanitaria sussiste nei seguenti casi [17] : nelle fattispecie, inerenti a specifici settori, ambiti o mansioni, previste dal citato D.Lgs. n. 81 del 2008; nei casi rientranti nelle indicazioni poste dalla summenzionata Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro; qualora – nell’ambito dei casi in cui sia prevista la nomina del medico competente – il lavoratore faccia richiesta di sorveglianza sanitaria e la richiesta sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi lavorativi.

Si ricorda che per l’inadempimento degli obblighi di svolgimento della sorveglianza sanitaria sono previste sanzioni penali a carico del medico competente, del datore di lavoro e del dirigente [18] .

 

 

Comma 1, lettera e) – Svolgimento di lavori in locali chiusi sotterranei o semisotterranei

 

La novella di cui al comma 1, lettera e), modifica le condizioni alle quali è subordinato lo svolgimento di lavori in locali chiusi sotterranei o semisotterranei. In primo luogo, si sopprime la condizione della sussistenza di particolari esigenze tecniche, mentre la condizione che le lavorazioni interessate non determinino emissione di agenti nocivi viene formulata dalla novella in termini generali (con riferimento ai locali in oggetto); nel testo vigente, quest’ultima condizione è invece posta esclusivamente con riferimento alla possibilità che l’organo di vigilanza consenta l’uso dei locali in oggetto anche quando non ricorrano particolari esigenze tecniche. Resta fermo, anche nella novella, il rispetto sia dei requisiti (in quanto applicabili) inerenti ai luoghi di lavoro, definiti dall’allegato IV del citato D.Lgs. n. 81 del 2008, e successive modificazioni [19] , sia di idonee condizioni di aerazione, di illuminazione e di microclima. La novella, inoltre, definisce una procedura amministrativa unica per la possibilità delle lavorazioni nei locali in oggetto (mentre la formulazione letterale del testo vigente prevede una procedura amministrativa solo per le richieste relative ai casi in cui non sussistano particolari esigenze tecniche). In particolare, la novella prevede che il datore di lavoro comunichi – tramite posta elettronica certificata, come specificato dalla Camera – al competente ufficio territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro (INL) – Ispettorato che viene quindi identificato come l’amministrazione competente in materia – l’uso dei locali in oggetto, allegando adeguata documentazione che dimostri il rispetto dei requisiti suddetti; i locali possono essere utilizzati trascorsi trenta giorni dalla data della comunicazione; la Camera ha introdotto la previsione che con circolare dell’INL venga individuata l’adeguata documentazione summenzionata. Qualora l’ufficio territoriale dell’INL richieda ulteriori informazioni, l’utilizzo dei locali è consentito trascorsi trenta giorni dalla comunicazione delle ulteriori informazioni richieste, salvo l’adozione di un atto di divieto da parte dell’ufficio medesimo. Si valuti l’opportunità di chiarire se e in quali termini la procedura amministrativa prevista dalla novella si applichi alle lavorazioni che, al momento di entrata in vigore della medesima novella, siano in corso (nei locali in oggetto) nel rispetto della disciplina finora vigente.

Si ricorda che per lo svolgimento di lavori in locali chiusi sotterranei o semisotterranei in violazione dei relativi condizioni e requisiti sono previste sanzioni penali a carico del datore di lavoro e del dirigente [20] . In base alla formulazione della novella, la fattispecie penale non concerne i casi in cui la violazione della disciplina concerna esclusivamente la procedura preventiva di comunicazione posta dalla medesima novella [21] .

 

Comma 1, lettera f) – Obblighi inerenti alla fornitura e all’esposizione di tessere personali di riconoscimento

 

La novella di cui al comma 1, lettera f), abroga esplicitamente alcune norme, sostanziali e sanzionatorie [22] , relative agli obblighi inerenti alle tessere personali di riconoscimento – corredate di fotografia e relative ai lavoratori sia dipendenti sia autonomi – nei cantieri edili; l’abrogazione è disposta, come osservano le relazioni illustrativa e tecnica del presente disegno di legge [23] , in considerazione del fatto che la disciplina è stata successivamente definita, rispetto alle norme ora oggetto di abrogazione esplicita, dal citato D.Lgs. n. 81 del 2008, con riferimento a tutte le attività svolte in regime di appalto o subappalto, a prescindere dalla sussistenza o meno di un cantiere edile; queste ultime disposizioni [24] , conformemente a quelle ora oggetto di abrogazione esplicita, richiedono che i datori di lavoro muniscano i lavoratori dipendenti delle suddette tessere personali di riconoscimento e che i medesimi lavoratori, nonché i lavoratori autonomi, tengano esposte tali tessere sul luogo di lavoro.

Si valuti l’opportunità di considerare l’ipotesi che l’attività nei cantieri edili sia svolta non in regime di appalto né di subappalto (come nel caso di un’impresa che proceda in proprio a edificazioni, al fine, per esempio, di successivi contratti di vendita o di locazione), ipotesi che la novella abrogativa sembrerebbe escludere dall’applicazione degli obblighi in esame.

 

Comma 2 – Clausole di invarianza degli oneri di finanza pubblica

 

Il comma 2 del presente articolo 1 specifica che dall’attuazione delle novelle di cui al comma 1 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che le amministrazioni competenti provvedono all’attuazione delle medesime novelle nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.


Articolo 2
(Modifica della disciplina in materia di ricorsi riguardanti l’applicazione delle tariffe dei premi per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali)

 

 

L’articolo 2 – introdotto dalla Camera dei deputati modifica la disciplina vigente in materia di definizione dei ricorsi contro i provvedimenti riguardanti l’applicazione delle tariffe dei premi per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, prevedendo, in particolare, il ricorso alle Direzioni regionali (o alle Direzioni delle province autonome) dell’INAIL, in luogo del ricorso al Consiglio di amministrazione, e attribuendo a tali Direzioni anche la competenza a ricevere e decidere i ricorsi riguardanti l’oscillazione del tasso medio di tariffa per prevenzione, attualmente attribuiti alle sedi territoriali. Resta ferma la competenza di ogni sede territoriale dell’INAIL per l’esame dei ricorsi contro i provvedimenti emessi dalla stessa sede concernenti l'oscillazione del tasso medio di tariffa per andamento infortunistico.

 

Ricorsi alla Direzione regionale, alla Sede regionale di Aosta, alla Direzione provinciale di Trento e alla Direzione provinciale di Bolzano dell'INAIL

La disposizione in commento, in primo luogo, modificando l’articolo 1 del D.P.R. 314/2001, riconosce al datore di lavoro la facoltà di ricorrere, anziché al Consiglio di amministrazione dell’Istituto come attualmente previsto, alla Direzione regionale, alla Sede regionale di Aosta, alla Direzione provinciale di Trento e alla Direzione provinciale di Bolzano dell'INAIL competenti per territorio contro i provvedimenti emessi dalle Sedi territoriali in materia di applicazione delle tariffe dei premi assicurativi per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali - approvate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro delle finanze, su delibera del consiglio di amministrazione dell'INAIL (ai sensi dell’art. 3, c. 1, del D.Lgs. 38/2000) [25] – riguardanti (comma 1, cpv. “Art. 1”):

a)     l’oscillazione del tasso medio di tariffa per prevenzione, non più limitatamente al primo biennio di attività come attualmente previsto. Come anticipato, attualmente contro i provvedimenti riguardanti tale aspetto (nonché l’oscillazione del tasso medio di tariffa per andamento infortunistico – vedi infra) il datore di lavoro può ricorrere alla sede territoriale che ha emesso il provvedimento medesimo;

b)    la classificazione delle lavorazioni;

c)     la decorrenza dell'inquadramento nelle gestioni tariffarie;

d)    l'inquadramento nelle gestioni tariffarie individuate direttamente dall'INAIL. Conseguentemente, il successivo comma 4 modifica l’art. 2, c. 3, del D.Lgs. 38/2000; tale modifica, in linea con quanto disposto dalla presente lettera d), dispone infatti che i ricorsi contro i provvedimenti riguardanti l’inquadramento in oggetto sono presentati alle suddette Direzioni regionali (o alle Direzioni delle province autonome) dell’INAIL, in luogo del Consiglio di amministrazione dell’INAIL come attualmente previsto, e che la presentazione di tali ricorsi comporta per il datore di lavoro l'applicazione di quanto stabilito dall’art. 45, c. 2, del D.P.R. 1124/1965, in base al quale egli deve effettuare il versamento dei premi di assicurazione, nel caso di prima applicazione, in base al tasso medio di tariffa e, negli altri casi, in base al tasso in vigore alla data del provvedimento che ha dato luogo al ricorso, salvo conguaglio per la eventuale differenza tra la somma versata e quella che risulti dovuta [26] .

 

I suddetti ricorsi sono decisi dai responsabili delle strutture competenti.

 

Con riferimento alla lettera a), si ricorda che per oscillazione del tasso medio di tariffa per prevenzione si intende la riduzione del tasso di premio per gli infortuni sul lavoro che l’INAIL riconosce alle aziende che eseguono interventi per il miglioramento delle condizioni di prevenzione e tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, in aggiunta a quelli previsti dalla normativa in materia, contenuta nel D.Lgs. 81/2008. Tale riduzione è concessa solo dopo l’accertamento dei requisiti di regolarità contributiva del datore di lavoro richiedente e opera solo per l'anno nel quale è stata presentata la domanda [27] .

Con riferimento alle lettere da b) a d), si ricorda che, ai sensi del combinato disposto degli articoli 2 del D.Lgs. 38/2000 e 49 della L. 88/1989, i datori di lavoro, a fini previdenziali ed assistenziali, sono classificati in determinate gestioni tariffarie [28] ; anche per i settori non ricadenti nelle tipologie di settore menzionate per ciascuna gestione e per i soggetti non classificabili, la classificazione medesima, al fine in oggetto, è disposta dall'INAIL.

 

Ricorsi alle sedi territoriali dell’INAIL

La disposizione in commento, modificando altresì l’articolo 2 del D.P.R. 314/2001, conferma, come attualmente previsto, che alle sedi territoriali dell’INAIL possono essere presentati i ricorsi contro i provvedimenti emessi dalla stessa sede concernenti l'oscillazione del tasso medio di tariffa per andamento infortunistico. Tali ricorsi sono decisi dai responsabili delle strutture competenti (comma 2, cpv “Art. 2”).

Non viene invece riprodotta l’attuale previsione secondo cui alle sedi territoriali possono essere presentati anche i ricorsi riguardanti l'oscillazione del tasso supplementare di tariffa per l'assicurazione contro la silicosi e l'asbestosi, non più dovuto ai sensi di quanto disposto dall’art. 1, comma 1126, lett. l), L. 145/2018.

Per quanto riguarda il tasso medio di tariffa per andamento infortunistico [29] , si ricorda che questo, dopo i primi due anni dalla data di inizio dell’attività, è annualmente suscettibile di un’oscillazione in riduzione o in aumento in relazione all’andamento degli infortuni e delle malattie professionali della PAT (Posizione assicurativa territoriale), espresso dall’indice di sinistrosità aziendale riproporzionato  (ISAR). Tale sinistrosità è determinata in relazione agli eventi lesivi e alla dimensione aziendale della stessa in un determinato periodo, costituito dai primi tre anni del quadriennio precedente l’anno di decorrenza del provvedimento di comunicazione del tasso applicabile.

 

Modalità di presentazione dei ricorsi

Attraverso una modifica all’articolo 4 del D.P.R. 314/2001 (comma 3, cpv. “Art. 4”), si dispone che la presentazione dei ricorsi sia alle sedi regionali o delle province autonome, sia alle sedi territoriali, debba essere proposta esclusivamente con modalità telematiche – che attualmente rappresenta invece una tra le modalità, insieme alla consegna diretta, alla raccomandata e alla notifica - entro trenta giorni decorrenti dal ricevimento dei provvedimenti, anziché dalla piena conoscenza degli atti impugnati.

Disciplina transitoria

Viene infine posta una disciplina transitoria per i ricorsi pendenti alla data di entrata in vigore della legge in esame ai sensi del D.P.R. 314/2001 novellato dalla presente disposizione prevedendo che questi siano decisi dagli organi competenti secondo la disciplina vigente alla data della presentazione (comma 5).


Articolo 3
(Recupero di somme versate dopo il decesso dei beneficiari di prestazioni erogate dall'INAIL)

 

 

L’articolo 3, introdotto alla Camera dei deputati, disciplina la procedura attraverso cui l’INAIL può recuperare le prestazioni in denaro versate in favore dei beneficiari, per il periodo successivo al decesso di questi ultimi.

 

La norma in esame innova l’articolo 1, comma 304 della L. n. 190/2014 (Legge di bilancio del 2015), che attualmente disciplina il procedimento attraverso cui l’INPS ripete le somme indebitamente versate nei confronti degli aventi diritto, per il periodo successivo alla morte di questi ultimi.

L’articolo 2-bis, pertanto, modifica la suddetta disposizione estendendo la medesima procedura anche a favore dell’INAIL.

 

In particolare, la procedura prevista dall’articolo 1, comma 304 della Legge di bilancio 2015, così come modificata dalla norma in esame, stabilisce, innanzitutto, che le prestazioni erogate dall’INAIL per il periodo successivo alla morte del beneficiario su un conto corrente presso un istituto bancario o postale sono corrisposte con riserva.

A tal riguardo, è fatto obbligo per l’istituto bancario interessato o per la società Poste italiane Spa di restituire all’Ente le somme versate in favore del beneficiario, senza che quest’ultimo ne avesse diritto. Si specifica che la ripetizione delle somme può avvenire nei limiti delle disponibilità esistenti sul conto corrente.

È fatto divieto per l’istituto bancario di utilizzare detti importi per estinguere propri crediti.

È previsto, inoltre, l’obbligo di reintegro a favore dell’INPS delle somme indebitamente percepite a carico dei soggetti che hanno ricevuto direttamente le suddette prestazioni in contanti per delega, o sul conto corrente bancario o postale (anche in seguito a ordine permanente di accredito sul proprio conto), o che hanno svolto o autorizzato un’operazione di pagamento a carico del conto disponente.

Se l’istituto di credito o Poste italiane Spa rifiutino di soddisfare la richiesta di restituzione delle somme in favore dell’INAIL per impossibilità sopravvenuta o per altro motivo, essi saranno obbligati a fornire all’Ente le generalità del destinatario o del disponente e l'eventuale nuovo titolare del conto corrente.

 

Si ricorda che la disciplina generale in materia di indebito pensionistico è contenuta per quanto concerne specificatamente le prestazioni erogate dall’INAIL all’articolo 55 della L. 88 del 9 marzo 1989 (recante norme in materia di ristrutturazione dell’INPS e dell’INAIL). Tale norma stabilisce al comma 5, che qualora beneficiario abbia riscosso prestazioni non dovute, non si procede al recupero delle somme indebitamente corrisposte, salvo che l’indebita percezione sia dovuta a dolo dell’interessato. La norma continua prevedendo la possibilità di addebitare il mancato recupero delle predette somme al funzionario responsabile, ma soltanto in caso di dolo o colpa grave di quest’ultimo.

Sul punto occorre poi richiamare l’articolo 9 del D.lgs. 38 del 23 febbraio 2000 che modificato il suddetto articolo 55, comma 5 L. 88/1989, in materia di rettifica per errore delle prestazioni INAIL erogate.

In particolare, l’articolo 9, al comma 1, prescrive che le prestazioni a qualunque titolo erogate dall’Istituto possono essere rettificate dallo stesso in caso di errore di qualsiasi natura commesso in sede di attribuzione, erogazione o riliquidazione.

Tuttavia, salvo i casi di dolo o colpa grave dell'interessato accertati giudizialmente, l’Ente può esercitare la predetta facoltà di rettifica entro il termine decadenziale decennale, decorrente dalla data di comunicazione dell'originario provvedimento errato.

Inoltre, il comma 3 dello stesso articolo 9 sancisce che l’errore che diviene no rettificabile comporta il mantenimento delle prestazioni economiche in godimento al momento in cui l’errore è stato rilevato.

Nei confronti delle disposizioni appena richiamate è intervenuta la sentenza della Corte Costituzionale n. 191 del 10 maggio 2005, la quale ha ritenuto l’introduzione di un termine decadenziale di dieci anni per rettificare l’errore inerente alla prestazione assicurativa costituzionalmente legittimo.

Nello specifico la previsione di un simile termine di decadenza consente di soddisfare l’esigenza di certezza dei rapporti giuridici, di tutela dell’assicurato in buona fede e di stabilità della prestazione previdenziale attribuita a seguito di un regolare procedimento accertativo e non rettificata entro un termine ragionevole.

Al contrario, la Consulta ha ritenuto costituzionalmente illegittimi i commi 5, 6 e 7 dell’art. 9 D.lgs. 38/2000, per contrasto con l’art. 3 Cost., laddove estendono retroattivamente il termine decadenziale per poter procedere con la rettifica delle prestazioni assicurative. In particolare, i giudici costituzionali hanno osservato che una simile previsione risulta irragionevole in quanto l'istituto stesso della decadenza per sua natura non tollera applicazioni retroattive, poiché “non può logicamente configurarsi un’ipotesi di estinzione del diritto (o, come nella specie, del potere) per mancato esercizio da parte del titolare, in assenza di una previa determinazione del termine entro il quale il diritto (o il potere) debba essere esercitato”.

 


 


Articolo 4
(Semplificazioni dei ricorsi in materia di prestazioni dell'assicurazione contro gli infortuni in ambito domestico)

 

 

L’articolo 4, introdotto alla Camera dei deputati, modifica la disciplina concernente i ricorsi amministrativi in ambito di assicurazione Inail in favore dei soggetti in ambito domestico. In particolare, i soggetti interessati sono tenuti ad impugnare il provvedimento dell’Istituto, ritenuto illegittimo, dinanzi alla sede che lo ha emesso. Contestualmente a tale previsione viene abrogata la disposizione che attribuiva al comitato amministratore del Fondo autonomo speciale, istituito ad hoc per la gestione delle prestazioni Inail in favore dei soggetti in ambito domestico, la competenza a decidere sui predetti ricorsi. Tale ultima competenza è comunque mantenuta dal Fondo solamente con riferimento ai procedimenti incardinati prima dell’entrata in vigore della presente legge.

 

L’assicurazione contro gli infortuni in ambito domestico trova la sua specifica disciplina all’interno della L. n. 493 del 3 dicembre 1999, la quale agli artt. 1 e 6 enuncia le finalità di promuovere misure dirette a tutelare la sicurezza e la salute negli ambienti abitativi e di istituire un’assicurazione volta a contrastare il rischio infortunistico conseguente allo svolgimento di attività lavorativa in ambito domestico [30] .

In tale contesto l’art. 7 della predetta legge istituisce “l’assicurazione obbligatoria per la tutela dal rischio infortunistico per invalidità permanente derivante dal lavoro svolto in ambito domestico”, affidandone la gestione all’INAIL e, in particolare, ad un Fondo autonomo speciale con contabilità separata, costituito presso lo stesso Istituto e presieduto da un comitato amministratore (art. 10).

Tra i compiti rientranti nelle competenze attribuite al comitato amministratore è annoverata quella di decidere in unica istanza dei ricorsi riguardanti i contributi e le prestazioni assicurative (art. 10, co. 3 lett. c).

 

Ciò premesso, l’articolo 4, del presente disegno di legge, riforma la disciplina dei predetti ricorsi amministrativi avverso i provvedimenti adottati dall’INAIL. Tale norma, infatti, attribuisce alla sede dell’Istituto che ha emesso il provvedimento la competenza a decidere i ricorsi presentati dai soggetti interessati, con le modalità prescritte dall’art. 104 del d.p.r. 1124 del 1965.

Si ricorda che quest’ultimo articolo regola in via generale le impugnazioni amministrative promosse avverso gli atti adottati dall’Ente, consentendo all’infortunato di ricorrere contro le determinazioni dell’INAIL concernenti il diniego alla liquidazione di un’indennità o il suo ammontare, la data di cessazione di un’indennità per inabilità temporanea oppure l’inesistenza di un’inabilità permanente.

Il comma 2 dell’art. 4, in linea con quanto già stabilito dall’art. 104, ribadisce per l’assicurato il termine di sessanta giorni dall’emissione del provvedimento per poter promuovere ricorso e fissa, altresì, in ulteriori sessanta giorni il termine che ha l’Istituto per rispondere all’interessato.

Si ricorda che l’art. 104, sopra menzionato, prevede che nel ricorso il lavoratore debba esporre i motivi per i quali non ritiene giustificabile il provvedimento dell'Istituto, precisando, nel caso in cui si tratti di inabilità permanente, la misura di indennità che assume essergli dovuta, allegando, in ogni caso, alla domanda un certificato medico dal quale emergano gli elementi a supporto del ricorso.

 

Il comma 2 dell’art. 4, inoltre, prevede che qualora l’amministrazione dovesse rimanere silente fino allo spirare del secondo termine, gli assicurati hanno facoltà di adire l'autorità giudiziaria, ma il ricorso azionato in via giudiziale non sospende l’efficacia del provvedimento impugnato.

Sempre l’art. 104 prevede la possibilità di adire l’autorità giudiziaria, oltre nel caso di silenzio-rigetto dell’Ente, anche nel caso in cui la risposta resa dall’Inail non soddisfi l’assicurato.

 

Alla luce delle diverse formulazioni del presente articolo 4 e dell’art. 104 del d.p.r. n. 1124/1965, al quale lo stesso articolo 4 rinvia, si valuti l’opportunità di coordinare i due testi.

 

Contestualmente con l’attribuzione alla sede Inail che ha emesso l’atto della competenza a decidere sui ricorsi amministrativi presentati in materia di prestazioni dell'assicurazione contro gli infortuni domestici, il comma 3 dell’art. 4 abroga la disposizione che conferiva la predetta competenza al Comitato amministratore del relativo Fondo autonomo speciale (art. 10, co. 3 lett. c), L. n. 493/1999, v. supra).

In ogni caso il comma 5 dell’art. 4 mantiene in capo al predetto Fondo la competenza a decidere sui ricorsi presentati sino all’entrata in vigore della presente legge.

 

Il comma 4 dell’art. 4, infine, sopprime le disposizioni di fonte secondaria (D.M. del 15 settembre 2000) che davano attuazione al procedimento amministrativo dinanzi al comitato amministratore avverso ai provvedimenti in materia di assicurazione contro gli infortuni domestici (art. 19, commi 1 e 2, del summenzionato D.M.).

 


Articolo 5
(Messa a disposizione dell’INAIL delle comunicazioni di decesso pervenute all’INPS)

 

 

L’articolo 5, introdotto nel corso dell’esame alla Camera dei deputati, prevede che, a partire dal 1^ gennaio 2025, le comunicazioni di decesso trasmesse all’INPS dai medici necroscopi siano messe a disposizione dell’INAIL e che le relative modalità di messa a disposizione siano concordate tra i due Istituti entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione medesima (comma 1).

Viene altresì precisato che l’attuazione della disposizione da parte delle amministrazioni interessate avviene senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente (comma 2).

 

Nel dettaglio, la disposizione in titolo, introdotta durante l’esame in Commissione, reca una novella all’articolo 2 del decreto-legge n. 663 del 1979, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 33 del 1980.

 

Si ricorda che il richiamato articolo 2, ai sensi dei commi primo, secondo e terzo, – commi modificati, rispetto alla loro formulazione originaria, dall’articolo 1, comma 149, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005) – disciplina la nuova procedura, a decorrere dal 1° gennaio 2005, di trasmissione telematica on line della certificazione di malattia all’INPS e di inoltro di attestazione della malattia dall’INPS al datore di lavoro.

Sul punto, si fa presente che, in attuazione delle richiamate disposizioni, le modalità tecniche per la predisposizione e l'invio telematico dei dati delle certificazioni di malattia all’INPS sono state definite con Decreto del Ministero della salute del 26 febbraio 2010 – come modificato dal DM 18 aprile 2012 - sulla base di quanto stabilito dal DPCM del 26 marzo 2008, che ha indicato i principi generali relativi alle suddette modalità di trasmissione.

         

Si osserva altresì che il settimo comma dell’articolo 2 - comma aggiunto dall’articolo 1, comma 303, della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità per il 2015) - prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2015, il medico necroscopo trasmetta all’INPS, entro quarantotto ore dall’evento, il certificato di accertamento del decesso per via telematica on line.

Si specifica inoltre che, in caso di violazione del suddetto obbligo, si applicano le sanzioni di cui all'articolo 46 del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003.

 

L’articolo 46 del decreto-legge n. 269 del 2003, testé richiamato, prevede espressamente che al responsabile dell'Ufficio Anagrafe del Comune, nel caso di violazione dell'obbligo di comunicazione dei decessi previsto dall'articolo 34 della legge 21 luglio 1965, n. 903, e dall'articolo 31, comma 19, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, si applichi la sanzione pecuniaria da 100 euro a 300 euro.

 

Deve farsi presente che la novella in commento - nell’aggiungere, in fine, un comma all’articolo 2 del decreto-legge n. 663 del 1979 - richiama espressamente l’attuale ultimo comma della disposizione medesima: si prevede, infatti, che le comunicazioni di decesso, che sono pervenute all’INPS dai medici necroscopi ai sensi del settimo comma siano messe a disposizione, a decorrere dal 1^ gennaio 2025, dell’INAIL.

Con la novella si precisa anche che le modalità di messa a disposizione sono concordate tra l’INPS e l’INAIL entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione medesima (comma 1).

 

Ai sensi del comma 2, si introduce la clausola di invarianza finanziaria, prevedendosi, in particolare, che le amministrazioni interessate provvedano all’attuazione del presente articolo nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 


 


Articolo 6
(Compatibilità dei trattamenti di integrazione salariale con lo svolgimento di attività lavorativa)

 

 

L’articolo 6 modifica la disciplina vigente in materia di compatibilità dei trattamenti ordinari o straordinari di integrazione salariale con lo svolgimento di attività lavorativa, sia subordinata che autonoma, e di obbligo di comunicazione da parte del lavoratore dello svolgimento della suddetta attività lavorativa.

 

Il comma 1 – che modifica l’art. 8, comma 2, del D.Lgs. 148/2015 [31] - dispone che il lavoratore che svolge attività di lavoro autonomo o subordinato durante il periodo di integrazione salariale non ha diritto al relativo trattamento per le giornate di lavoro effettuate (presso un datore di lavoro diverso da quello che ha fatto ricorso ai trattamenti medesimi [32] ). Attualmente il suddetto principio che esclude il diritto al trattamento per le giornate di lavoro effettuate si applica limitatamente ai rapporti di lavoro subordinato a termine di durata superiore a sei mesi, oltre ai casi di lavoro autonomo come confermato dalla norma in commento.

Conseguentemente, la disposizione in commento non riproduce l’attuale previsione, contenuta nel secondo periodo del richiamato art. 8, c. 2, del D.Lgs. 148/2015, che contempla la sospensione dei trattamenti in oggetto nei casi di lavoro subordinato a tempo determinato pari o inferiore a sei mesi, poiché tale fattispecie viene ricompresa nell’ambito di applicazione del novellato art. 8, c. 2, del D.Lgs. 148/2015.

Come riportato anche nella Relazione illustrativa allegata al presente disegno di legge, la norma, disponendo l’esclusione dal diritto al trattamento in oggetto per le giornate di lavoro effettuate e consentendo conseguentemente la fruizione del medesimo trattamento per le giornate non oggetto di prestazione lavorativa, applica un orientamento giurisprudenziale già espresso dalla Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 12487/1992, ha previsto che “lo svolgimento di attività lavorativa remunerata, sia essa subordinata od autonoma, durante il periodo di sospensione del lavoro con diritto all'integrazione salariale comporta non la perdita del diritto all'integrazione per l'intero periodo predetto ma solo una riduzione dell'integrazione medesima in proporzione ai proventi di quell'altra attività lavorativa”.

In materia di compatibilità con l’attività di lavoro autonomo o subordinato e cumulabilità del relativo reddito è intervenuto l’INPS che, con la circolare n. 107 del 2010, oltre ad esplicitare l'incompatibilità di ogni rapporto di lavoro dipendente a tempo pieno e indeterminato con i trattamenti in oggetto, ha anche ribadito un orientamento giurisprudenziale in base al quale, qualora il lavoratore dimostri che il compenso per l’attività lavorativa svolta è inferiore all'integrazione stessa, avrà diritto ad una quota pari alla differenza tra l’intero importo dell’integrazione salariale spettante e il reddito percepito.

 

Il comma 2 – che modifica l’art. 8, c. 3, del D.Lgs. 148/2015 - conferma che il lavoratore decade dal diritto al trattamento di integrazione salariale nel caso in cui non abbia provveduto a dare preventiva comunicazione alla sede territoriale dell’INPS dello svolgimento dell’attività lavorativa, ma esclude che le comunicazioni in ordine al rapporto di lavoro rese dalle agenzie di somministrazione siano valide al fine dell’assolvimento del suddetto obbligo di comunicazione gravante sul lavoratore. Tale validità resta confermata per le comunicazioni rese dagli altri soggetti previsti dalla normativa vigente (datori di lavoro pubblici e privati).

La Relazione illustrativa allegata al presente disegno di legge evidenzia che l’eliminazione di qualsiasi riferimento alle comunicazioni obbligatorie delle agenzie di somministrazione - indicate dal richiamato art. 8, c. 2, del D.Lgs. 148/2015 quali “imprese fornitrici di lavoro temporaneo” – deriva dal fatto che la comunicazione inviata dalle stesse non riveste un carattere preventivo poiché la normativa speciale (di cui all’art. 4-bis, c. 4, del D.Lgs. 181/2000) ne consente l’invio entro il giorno venti del mese successivo alla data di assunzione.

Nel corso dell’esame alla Camera dei deputati l’originario riferimento ai soli commi da 1 a 3 del richiamato articolo 4-bis del D.Lgs. 181/2000 è stato sostituito con quello all’intero articolo.

 

 


 


Articolo 7
(Estensione della sospensione della decorrenza di termini relativi ad adempimenti a carico dei liberi professionisti anche in caso di parto o di ricovero ospedaliero del figlio minorenne)

 

 

L’articolo 7, introdotto alla Camera dei deputati, estende la sospensione della decorrenza di termini relativi ad adempimenti tributari a carico dei liberi professionisti iscritti ad albi professionali – già prevista per i casi di ricovero ospedaliero, decesso, parto prematuro e interruzione di gravidanza – anche ai casi di ricovero ospedaliero del figlio minorenne che necessita di assistenza da parte del genitore libero professionista o di parto della libera professionista.

 

La sospensione in oggetto - disciplinata dall’art. 1, commi da 927 a 944, della L. 234/2021 - riguarda la decorrenza dei termini tributari stabiliti in favore della pubblica amministrazione per l'adempimento di una prestazione a carico del cliente da eseguire da parte del libero professionista nei sessanta giorni successivi al verificarsi dell'evento [33] .

La norma in esame, modificando il comma 937 della richiamata L. 234/2021 (comma 1, cpv “937”), prevede che la suddetta sospensione si applichi anche nei casi di parto della libera professionista e che operi a decorrere dall'ottavo mese di gestazione fino al trentesimo giorno successivo al parto. Ai fini in oggetto, entro il quindicesimo giorno dal parto la libera professionista deve consegnare, o inviare tramite raccomandata con avviso di ricevimento ovvero con posta certificata (PEC), un certificato medico, rilasciato dalla struttura sanitaria o dal medico curante, attestante lo stato di gravidanza, la data presunta d'inizio della gravidanza, la data del parto, nonché copia dei mandati professionali dei propri clienti.

Si conferma che la sospensione in oggetto operi, come già previsto, anche per i casi di interruzione di gravidanza della libera professionista fino al trentesimo giorno successivo all'interruzione medesima. Anche in questo caso, la libera professionista, entro il quindicesimo giorno dall'interruzione della gravidanza, deve consegnare, o inviare tramite le suddette modalità, un certificato medico, rilasciato dalla struttura sanitaria o dal medico curante, attestante lo stato di gravidanza, la data presunta d'inizio della gravidanza e la data dell'interruzione della stessa, nonché copia dei mandati professionali dei propri clienti.

 

La disposizione in oggetto, inserendo il nuovo comma 937-bis all’articolo 1 della L. 234/2021 (comma 1, cpv “937-bis), dispone altresì che il suddetto meccanismo di sospensione operi anche nei riguardi del libero professionista che, a causa di ricovero ospedaliero d'urgenza per infortunio o malattia grave del proprio figlio minorenne ovvero per intervento chirurgico dello stesso, dovendo assistere il figlio, è impossibilitato temporaneamente all'esercizio dell'attività professionale.

In tali casi, stante il rinvio operato dalla norma in esame al complesso dei commi da 927 a 944 della L. 234/2021, la sospensione in oggetto opera, nel caso di periodi di degenza ospedaliera per più di tre giorni, a decorrere dal giorno del ricovero in ospedale fino a trenta giorni dopo la dimissione dalla struttura sanitaria e si esclude, per il suddetto arco temporale di sessanta giorni, la responsabilità del libero professionista in caso di scadenza del termine. A tal fine, il libero professionista, entro il quindicesimo giorno dalle dimissioni dal ricovero ospedaliero del proprio figlio, deve consegnare o inviare tramite le predette modalità, un certificato rilasciato dalla struttura sanitaria e attestante l'avvenuto ricovero, nonché copia dei mandati professionali dei propri clienti.

 

Si ricorda che, sulla base della normativa vigente, dettata dal richiamato art. 1, c. 927-944, della L. 234/2021, il suddetto meccanismo di sospensione si applica anche nei casi di:

§  parto prematuro della libera professionista, in seguito al quale il meccanismo summenzionato di sospensione si applica a decorrere dal giorno del ricovero per il parto fino al trentesimo giorno successivo. Ai fini in oggetto, la libera professionista deve consegnare, o inviare tramite le suddette modalità, un certificato medico, rilasciato dalla struttura sanitaria o dal medico curante, attestante lo stato di gravidanza, la data presunta di conclusione della stessa, la data di ricovero e la data del parto, nonché copia dei mandati professionali dei propri clienti;

§  di decesso del libero professionista, evento per il quale il suddetto meccanismo di sospensione viene riconosciuto per sei mesi (a decorrere dal decesso). La sospensione è subordinata alla condizione della sussistenza di un mandato professionale tra le parti avente data antecedente al decesso; entro trenta giorni da quest'ultimo evento, il cliente deve consegnare, o inviare tramite le suddette modalità, presso i competenti uffici della pubblica amministrazione, il relativo mandato professionale;

§  di ricovero del libero professionista in ospedale per grave malattia o infortunio o intervento chirurgico, ovvero in caso di cure domiciliari, se sostitutive del ricovero ospedaliero, che comportino un'inabilità temporanea all'esercizio dell'attività professionale. Nelle fattispecie in esame, i termini per i suddetti adempimenti - nel caso di periodi di degenza ospedaliera o di cure domiciliari per più di tre giorni - sono sospesi a decorrere dal giorno del ricovero in ospedale o dal giorno d'inizio delle cure domiciliari fino a 30 giorni dopo la dimissione dalla struttura sanitaria o la conclusione delle cure domiciliari, con obbligo di esecuzione dell'adempimento (qualora sia scaduto il relativo termine) entro il giorno successivo alla fine della sospensione, ferma restando l’esclusione della responsabilità del libero professionista in caso di scadenza del termine per il suddetto arco temporale di sessanta giorni.

 

Si ricorda infine che, mentre le disposizioni in oggetto fanno riferimento esclusivamente agli adempimenti tributari, il comma 941 della L. 234/2021 prevede che, per le somme dovute a titolo di imposte o tributi ed oggetto delle sospensioni in esame (di cui ai commi da 927 a 944), si applichino gli interessi al tasso legale (commisurati al periodo di tempo compreso tra la scadenza originaria e la data di effettivo pagamento delle somme oggetto di sospensione).

 


 

Articolo 8
(Modifiche relative ai fondi di solidarietà bilaterali)

 

 

Il comma 1 dell’articolo 8 reca, per i fondi di solidarietà bilaterali costituiti successivamente al 1° maggio 2023, una disciplina per il trasferimento, presso i medesimi fondi, di una quota delle risorse finanziarie accumulate nel Fondo di integrazione salariale (FIS) dell’INPS. La definizione delle relative disposizioni attuative è demandata a un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanarsi, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge (termine posto dal successivo comma 2).

 

Più in particolare, la novella di cui al comma 1 prevede [34] che i decreti ministeriali inerenti ai fondi di solidarietà bilaterali costituiti successivamente al 1° maggio 2023 [35] quantifichino, previa certificazione dell’INPS relativa al medesimo dato, la quota parte di risorse accumulate dalle imprese del settore interessato che deve essere trasferita dal FIS al nuovo fondo; la quantificazione è operata secondo le modalità che saranno stabilite da parte del suddetto decreto ministeriale attuativo della novella; tali modalità devono comunque far riferimento ai seguenti parametri: il valore del patrimonio del FIS nell’anno precedente la costituzione del nuovo fondo bilaterale; il rapporto fra i contributi versati al FIS nel medesimo anno precedente dai datori di lavoro appartenenti all’intero settore cui si riferisce il nuovo fondo e l’ammontare totale dei contributi versati (nello stesso anno) al FIS.

Resta ferma la richiamata procedura per l’istituzione (nonché per le eventuali successive modifiche della relativa disciplina) dei fondi di solidarietà bilaterali; tale procedura prevede l’adozione di un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, di recepimento di un accordo collettivo stipulato, per un determinato settore, dalle organizzazioni sindacali e imprenditoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale [36] .

Si ricorda che il FIS dell’INPS ha una portata residuale [37] ; in esso sono iscritti tutti i datori di lavoro non rientranti nell’ambito di applicazione di un fondo di solidarietà bilaterale [38] ; il FIS garantisce gli assegni ordinari di integrazione salariale (per i casi di sospensione o riduzione dell’orario di lavoro decorrenti dal 1° gennaio 2022) con riferimento a tutti i datori di lavoro che non rientrino in altre tutele omologhe; tali assegni vengono riconosciuti con riferimento alle medesime causali previste per il trattamento ordinario di integrazione salariale [39] ; si ricorda, inoltre, che i datori iscritti al FIS rientrano anche nell’ambito del trattamento straordinario di integrazione salariale (e della relativa contribuzione) qualora superino la soglia dimensionale ivi prevista [40] .

 


Articolo 9
(Disposizioni in materia di flessibilità nell’utilizzo delle risorse del fondo bilaterale del settore della somministrazione di lavoro)

 

 

L’articolo 9, introdotto alla Camera dei deputati, innova la disciplina riguardante l’utilizzazione delle risorse versate al fondo bilaterale, costituito dalle parti sociali che hanno stipulato il CCNL del settore della somministrazione di lavoro e destinato ad interventi – tra cui quelli per la formazione e la riqualificazione professionale e l’integrazione del reddito – in favore dei lavoratori del medesimo settore.

In particolare, il presente articolo 9 consente che le risorse del suddetto fondo bilaterale siano utilizzate senza applicazione di vincoli di riparto tra le misure relative ai lavoratori assunti (dalle agenzie di somministrazione) con contratto a termine e quelle relative ai lavoratori assunti (dalle medesime agenzie) a tempo indeterminato.

 

L’articolo 12 del D.lgs. 276/2003 ora oggetto di novella da parte del presente articolo 9 prevede la costituzione di un fondo bilaterale da parte delle organizzazioni sindacali (dei lavoratori e dei datori di lavoro) che hanno stipulato il CCNL del settore della somministrazione di lavoro.

A livello di qualificazione giuridica tale Fondo è un soggetto di diritto che può possedere sia la forma di associazione non riconosciuta ai sensi dell’art. 36 Cod. Civ. sia la forma di ente riconosciuto (avente personalità giuridica), attraverso specifico procedimento amministrativo dinanzi al Ministero del lavoro e delle politiche sociali (art. 12 citato, comma 4).

L’operatività del Fondo è subordinata alla previa acquisizione dell’autorizzazione da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il quale è tenuto a verificare i criteri di gestione e di funzionamento del fondo stesso con riferimento alle finalità perseguite ed alla sostenibilità finanziaria. Al Ministero è attribuita, altresì, la competenza di vigilare sulla gestione del fondo ed approva il documento inerente al versamento dei contributi ed agli aspetti finanziari (art. 12, comma 5).

I commi 1 e 2 del citato art. 12 prevedono le modalità e le fonti di finanziamento del fondo, ponendo a carico dei soggetti autorizzati alla somministrazione di lavoro il versamento del contributo, parametrato, sia per i lavoratori assunti a tempo determinato sia per quelli assunti a tempo indeterminato, al 4 per cento della retribuzione. Le disposizioni in esame, inoltre, definiscono, distinguendo tra le due tipologie di lavoratori (tempo determinato e tempo indeterminato), la destinazione delle predette risorse.

Il comma 3 dello stesso art. 12 stabilisce le modalità ed i casi di intervento del fondo. In particolare, le risorse vengono utilizzate nell’ambito delle politiche e delle misure previste all’interno del CCNL [41] delle imprese di somministrazione di lavoro, concluso tra le organizzazioni dei datori e quelle dei prestatori comparativamente più rappresentative a livello nazionale. Qualora non fosse presente un contratto collettivo nazionale di settore, il fondo interviene in base alle politiche stabilite dal fondo stesso.

 

Il presente articolo 9 inserisce il comma 3-bis nel suddetto articolo 12; tale comma – al fine di adeguare le competenze dei candidati a una missione e dei lavoratori assunti a tempo determinato o indeterminato e di consentire alle imprese di reperire le professionalità necessarie per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) – consente che le risorse del fondo bilaterale relativo al settore della somministrazione di lavoro siano utilizzate senza applicazione di vincoli di riparto tra le misure relative ai lavoratori assunti (dalle agenzie di somministrazione) con contratto a termine e quelle relative ai lavoratori assunti (dalle medesime agenzie) a tempo indeterminato.

 


 


Articolo 10
(Modifiche alla disciplina in materia di somministrazione di lavoro)

 

 

Il numero 1) della lettera a)numero inserito dalla Camera dei deputati – dell’articolo 10, comma 1, sopprime una disciplina transitoria, relativa – nell'ambito della disciplina della somministrazione di lavoro – alla durata complessiva delle missioni a tempo determinato presso un soggetto utilizzatore. In base alla disciplina transitoria – attualmente valida fino al 30 giugno 2025 e ora oggetto di soppressione –, la durata complessiva della missione (o delle missioni) a tempo determinato presso un soggetto utilizzatore può superare il limite di 24 mesi (anche non continuativi) a condizione che il contratto di lavoro tra agenzia di somministrazione e lavoratore sia originariamente stato stipulato a tempo determinato (anziché a tempo indeterminato) e che l’agenzia abbia successivamente comunicato all’utilizzatore la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra la stessa agenzia e il lavoratore (ovvero abbia comunicato la trasformazione a tempo indeterminato del precedente rapporto a termine).

Il numero 2) della stessa lettera a) introduce due nuove fattispecie di esenzione dal computo dei limiti quantitativi relativi alla somministrazione a tempo determinato di lavoratori; la novella in oggetto esclude: i casi in cui la missione a tempo determinato riguardi lavoratori il cui contratto di lavoro con il soggetto somministratore sia a tempo indeterminato; alcune fattispecie di missione – come inserito dalla Camera – corrispondenti a fattispecie di contratto a tempo determinato che, nella disciplina vigente relativa alla generalità degli altri settori, sono escluse dall’applicazione dei limiti quantitativi per il ricorso ai contratti di lavoro dipendente a termine.

La successiva lettera b) – inserita dalla Camera – esclude alcune fattispecie di contratti a tempo determinato stipulati tra agenzie di somministrazione e lavoratori dall’ambito di applicazione delle cosiddette causali, le quali consistono in presupposti di ammissibilità di una durata dei contratti di lavoro dipendente a termine superiore a dodici mesi (fermo restando il limite più elevato di ventiquattro mesi). Le esclusioni introdotte dalla lettera b) concernono i contratti stipulati dalle agenzie di somministrazione con soggetti rientranti in determinate categorie.

 

Comma 1, lettera a), numero 1) – Soppressione di una disciplina transitoria, relativa alla durata complessiva delle missioni a tempo determinato presso un soggetto utilizzatore

 

Il numero 1) della lettera a), come accennato, sopprime una disciplina transitoria, relativa – nell'ambito della disciplina della somministrazione di lavoro – alla durata complessiva delle missioni a tempo determinato presso un soggetto utilizzatore. In base alla disciplina transitoria [42] – attualmente valida fino al 30 giugno 2025 e ora oggetto di soppressione –, la durata complessiva della missione (o delle missioni) a tempo determinato presso un soggetto utilizzatore può superare il limite di 24 mesi (anche non continuativi) a condizione che il contratto di lavoro tra agenzia di somministrazione e lavoratore sia originariamente stato stipulato a tempo determinato (anziché a tempo indeterminato) e che l’agenzia abbia successivamente comunicato all’utilizzatore la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra la stessa agenzia e il lavoratore (ovvero abbia comunicato la trasformazione a tempo indeterminato del precedente rapporto a termine tra agenzia e lavoratore).

La soppressione della suddetta disciplina transitoria sembrerebbe intesa all’estensione del limite suddetto di 24 mesi (anche non continuativi) a tutte le fattispecie sottostanti le missioni; si valuti l’opportunità di un chiarimento esplicito, considerato che tra l’utilizzatore e il lavoratore non intercorre un rapporto contrattuale e che, con la soppressione, il limite dei 24 mesi sarebbe desumibile, con riferimento ai medesimi soggetti, solo dal principio di cui all’articolo 19, comma 2, del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, e successive modificazioni, il quale, tuttavia, si riferisce, almeno formalmente, ai casi in cui alla missione (o alle missioni) a termine (cioè, all’utilizzo a termine nell’ambito della somministrazione di lavoro) sia succeduto un rapporto di lavoro dipendente tra i soggetti in esame [43] .

 

Comma 1, lettera a), numero 2) – Limiti quantitativi relativi alla somministrazione a tempo determinato di lavoratori

 

Le nuove fattispecie di esenzione dai limiti quantitativi relativi alla somministrazione a tempo determinato di lavoratori riguardano, come accennato [44] : i casi in cui la missione a tempo determinato riguardi lavoratori il cui contratto di lavoro con il soggetto somministratore sia a tempo indeterminato; alcune fattispecie di missione, corrispondenti a fattispecie di contratto a tempo determinato che, nella disciplina vigente relativa alla generalità degli altri settori, sono escluse dall’applicazione dei limiti quantitativi per il ricorso ai contratti di lavoro dipendente a termine (la novella richiama infatti le fattispecie di cui all’articolo 23, comma 2, del citato D.Lgs. n. 81 del 2015, e successive modificazioni [45] ).

Le nuove fattispecie di esenzione dai limiti quantitativi relativi alla somministrazione a tempo determinato di lavoratori, così come le fattispecie di esenzione già vigenti, sono poste in via tassativa. Tali ipotesi sono escluse, dunque, in ogni caso, dal computo dei suddetti limiti quantitativi per la somministrazione a tempo determinato di lavoratori. Questi ultimi limiti [46] sono definiti dalla norma legislativa, con la clausola di salvezza dell’eventuale diversa previsione dei contratti collettivi applicati dall’utilizzatore [47] (ferme restando le suddette esclusioni poste in via tassativa).

Più in particolare, secondo il limite di fonte legislativa, il numero dei lavoratori assunti con contratto di lavoro dipendente a tempo determinato ovvero oggetto di somministrazione a tempo determinato non può eccedere complessivamente il 30 per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l'utilizzatore al 1° gennaio dell'anno di stipulazione dei medesimi contratti (con arrotondamento del decimale all'unità superiore, qualora esso sia eguale o superiore a 0,5) [48] ; nel computo di tale limite, sono considerati anche i lavoratori assunti (dal medesimo soggetto utilizzatore di lavoratori in somministrazione) con contratto di lavoro dipendente a tempo determinato [49] .

Si ricorda che, in base al testo vigente oggetto della presente novella integrativa, le categorie già escluse dal computo dei limiti in esame sono: i soggetti in mobilità; i soggetti disoccupati che godano da almeno sei mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali; i lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati, di cui ai richiamati numeri 4) e 99) dell’articolo 2, primo comma, del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, come individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali (al riguardo, è stato emanato il D.M. 17 ottobre 2017).

Riguardo alla disciplina sui limiti quantitativi (per l’utilizzatore) dei lavoratori oggetto di somministrazione di lavoro a tempo, invece, indeterminato, cfr. l’articolo 31, comma 1, del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, e successive modificazioni.

 

Comma 1, lettera b) – Esclusione di alcune fattispecie di contratti a tempo determinato stipulati tra agenzie di somministrazione e lavoratori dai presupposti di ammissibilità (cosiddette causali) di una durata dei contratti di lavoro dipendente a termine superiore a dodici mesi

 

La lettera b) esclude alcune fattispecie di contratti a tempo determinato stipulati tra agenzie di somministrazione e lavoratori dall’ambito di applicazione delle cosiddette causali, le quali consistono in presupposti di ammissibilità di una durata dei contratti di lavoro dipendente a termine superiore a dodici mesi (fermo restando il limite più elevato di ventiquattro mesi). Le esclusioni introdotte dalla novella di cui alla lettera b) [50] concernono i contratti stipulati dalle agenzie di somministrazione con soggetti rientranti in determinate categorie. Queste ultime sono costituite da: i soggetti disoccupati che godono da almeno sei mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali; i lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati, di cui ai richiamati numeri 4) e 99) dell’articolo 2, primo comma, del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, come individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, adottato ai sensi dell’articolo 31, comma 2, del citato D.Lgs. n. 81 del 2015 (in base a quest’ultimo comma, è stato emanato, come detto, il D.M. 17 ottobre 2017).

Per la disciplina delle suddette causali e dei termini di applicazione delle medesime anche per i casi di rinnovo o proroga dei contratti a termine, cfr. gli articoli 19 e 21 del citato D.Lgs. n. 81 del 2015, e successive modificazioni, nonché, per quanto riguarda specificamente i contratti a tempo determinato tra agenzie di somministrazione e lavoratori, l’articolo 34, comma 2, del medesimo D.Lgs., e successive modificazioni.


Articolo 11
(Norma di interpretazione autentica in materia di contratti a termine e di attività stagionali)

 

 

L’articolo 11 – inserito dalla Camera dei deputati – reca una norma qualificata come di interpretazione autentica – avente quindi effetto retroattivo –, relativa alla disciplina sulla esclusione delle attività stagionali dall’ambito di applicazione dei termini dilatori per la riassunzione a tempo determinato di un lavoratore. L’intervento in esame concerne le fattispecie di attività stagionale individuabili in base a contratti collettivi di lavoro.

 

La norma di interpretazione autentica di cui al presente articolo concerne la disposizione di cui all’articolo 21, comma 2, secondo periodo, del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81.

Il suddetto secondo periodo, in combinato disposto con il successivo terzo periodo, esclude le attività stagionali dall’ambito di applicazione dei termini dilatori per la riassunzione a tempo determinato di un lavoratore. In tale esclusione rientrano le attività stagionali individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali – ovvero, fino all’eventuale adozione di tale decreto, quelle individuate dal D.P.R. 7 ottobre 1963, n. 1525 – nonché le altre ipotesi, individuate dai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e dai contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali delle suddette associazioni ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria [51] . In virtù dell’esclusione in oggetto, non trovano applicazione i termini dilatori posti dal medesimo articolo 21, comma 2; in base a tali termini, qualora un lavoratore dipendente a termine sia riassunto a tempo determinato entro dieci giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero entro venti giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore a sei mesi, il secondo contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato.

In base alla norma di interpretazione autentica di cui al presente articolo 11, il suddetto riferimento alle ipotesi individuate dai contratti collettivi ricomprende tutti i casi in cui i contratti (rientranti nelle tipologie summenzionate) contemplino fattispecie di intensificazione dell’attività lavorativa in determinati periodi dell’anno oppure per esigenze tecnico-produttive o collegate ai cicli stagionali dei settori produttivi o dei mercati di destinazione. L’intervento normativo in esame, essendo di interpretazione autentica, ha natura retroattiva e si applica, come specificato dal presente articolo 11, anche in relazione ai contratti collettivi sottoscritti prima dell’entrata in vigore della presente legge (qualora essi siano ancora in applicazione). L’intervento legislativo in esame appare dunque conferire a testi contrattuali già adottati una portata non sempre prevista esplicitamente dai medesimi. Si consideri l’opportunità di valutare se tale intervento sia propriamente di natura interpretativa (e quindi pacificamente retroattiva), considerata anche la giurisprudenza della Corte costituzionale sui limiti dell’ambito delle norme di interpretazione autentica [52] ; si ricorda che tale giurisprudenza distingue tra le norme propriamente di interpretazione autentica e gli interventi normativi che, pur se letteralmente qualificati come di interpretazione autentica, conferiscono (sempre retroattivamente) un nuovo significato normativo a disposizioni precedenti – significato non ricavabile dalla formulazione precedente –; per questi ultimi interventi, secondo la giurisprudenza della Corte, nell’eventuale scrutinio di legittimità costituzionale dell’effetto retroattivo, occorre valutare se sussistano elementi sintomatici dell’uso distorto della funzione legislativa (secondo la Corte, anche l’eventuale circostanza che la norma, qualificata come di interpretazione autentica, impatti su giudizi pendenti può essere ritenuta, nell’ambito delle specifiche considerazioni del caso, un elemento sintomatico).  


Articolo 12
(Indennità per dipendenti a tempo indeterminato delle regioni inquadrati nei profili professionali per le attività di comunicazione e informazione)

 

 

L’articolo 12, introdotto alla Camera dei deputati, riconosce la possibilità di attribuire, in sede di contrattazione collettiva integrativa, una specifica indennità a favore dei dipendenti a tempo indeterminato delle Regioni inquadrati nei profili professionali per le attività di comunicazione e informazione che hanno prestato servizio a tempo determinato per almeno tre anni, anche non continuativi, presso gli uffici stampa delle suddette amministrazioni.

 

Perché i dipendenti a tempo indeterminato delle Regioni inquadrati nei profili professionali per le attività di comunicazione e informazione possano ottenere l’indennità è necessario che il servizio a tempo determinato di almeno tre anni (anche non continuativi) presso gli uffici stampa delle medesime amministrazioni si sia svolto prima dell'entrata in vigore del CCNL Funzioni locali 2016-2018, che è il contratto che ha istituito i profili professionali in cui sono inquadrati i dipendenti in oggetto, ai quali quindi risultava applicato il contratto collettivo nazionale di lavoro giornalistico.

L’indennità in esame – introdotta con l’aggiunta del comma 5-ter all’articolo 9 della L. 150/2000 - può essere riconosciuta in sede di contrattazione collettiva integrativa, nell'ambito delle risorse annualmente disponibili nei fondi risorse decentrate delle suddette amministrazioni e non si applica ai dipendenti di ruolo in servizio presso gli uffici stampa delle pubbliche amministrazioni già destinatari di un beneficio economico ai sensi della normativa vigente.

Si ricorda infatti che l’articolo 9, comma 5-bis, della richiamata L. 150/2000 prevede che ai dipendenti di ruolo in servizio presso gli uffici stampa delle pubbliche amministrazioni (di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165) ai quali, in data antecedente all'entrata in vigore dei contratti collettivi nazionali di lavoro relativi al triennio 2016-2018, risulti applicato il contratto collettivo nazionale di lavoro giornalistico, per effetto di contratti individuali sottoscritti sulla base di quanto previsto dagli specifici ordinamenti dell'amministrazione di appartenenza, possa essere riconosciuto il mantenimento del trattamento in godimento, se più favorevole, rispetto a quello stabilito dai predetti contratti collettivi nazionali di lavoro, mediante riconoscimento, per la differenza, di  un assegno ad personam, da riassorbirsi con le modalità e nelle misure previste dai futuri contratti collettivi nazionali di lavoro.


Articolo 13
(Durata del periodo di prova nel contratto a tempo determinato)

 

 

L’articolo 13 specifica la tempistica della durata del periodo di prova nell’ambito del rapporto di lavoro a tempo determinato, anche in relazione alla durata del contratto. Vengono fatte salve le previsioni più favorevoli della contrattazione collettiva.

 

La disposizione in commento – che modifica l’art. 7, c. 2, del D.Lgs. 104/2022 (vedi infra) –, nel confermare che nel rapporto di lavoro a tempo determinato il periodo di prova è stabilito in misura proporzionale alla durata del contratto e alle mansioni da svolgere in relazione alla natura dell'impiego, specifica che, fatte salve le previsioni più favorevoli  della contrattazione collettiva, la durata del suddetto periodo di prova è fissata in un giorno di effettiva prestazione per ogni quindici giorni di calendario a partire dalla data di inizio del rapporto di lavoro.

In ogni caso, quindi senza possibilità per la contrattazione collettiva di stabilire diversamente, la durata del periodo di prova non può essere inferiore a due giorni né superiore a quindici giorni per i contratti con durata non superiore a sei mesi, e non può essere inferiore a due giorni e superiore a trenta giorni per quelli con durata superiore a sei mesi e inferiori a dodici mesi.

Anche l’art. 7, c. 1, del D.L. 104/2022 - non interessato dalla suddetta modifica apportata dalla norma in esame – interviene in materia di durata massima del periodo di prova, disponendo, in generale, che questo non può essere superiore a sei mesi, salva la durata inferiore prevista dalla contrattazione collettiva. Inoltre, la contrattazione collettiva ivi richiamata si intende riferita ai contratti collettivi di cui all’art. 51 del D.Lgs. 81/2015 [53] , come specificato nella circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 19 del 2022.

Alla luce di quanto detto, si valuti l’opportunità di specificare la portata normativa dell’espressione “previsioni più favorevoli della contrattazione collettiva” e l’ambito di riferimento di tale contrattazione collettiva.

 

Resta fermo che, in caso di rinnovo di un contratto di lavoro per lo svolgimento delle stesse mansioni, il rapporto di lavoro non può essere soggetto ad un nuovo periodo di prova (ultimo periodo dell’art. 7, c. 2, del D.Lgs. 104/2022, non interessato dalla modifica in esame).

Resta altresì fermo quanto disposto dai commi 3 e 4 del richiamato art. 7 del D.L. 104/2022, anch’essi non interessati dalla novella in commento, i quali dispongono, rispettivamente, che in caso di sopravvenienza di eventi quali malattia, infortunio, congedo di maternità o paternità obbligatori, il periodo di prova è prolungato in misura corrispondente alla durata dell'assenza e che per le pubbliche amministrazioni in materia di durata del periodo di prova si applica quanto previsto dall’art. 17 del D.P.R. 487/1994 (come modificato dall’art. 1, c. 1, lett. q), del D.P.R. 82/2023), ai sensi del quale la durata del periodo di prova è definita in sede di contrattazione collettiva.


 

Articolo 14
(Termine per le comunicazioni obbligatorie in materia di lavoro agile)

 

 

L’articolo 14 interviene sul termine per le comunicazioni obbligatorie  relative al lavoro agile, prevedendo, in particolare, che il datore di lavoro debba comunicare - in via telematica - al Ministero del lavoro e delle politiche sociali i nominativi dei lavoratori e la data di inizio e di fine delle prestazioni di lavoro svolte in modalità agile entro cinque giorni dalla data di avvio del periodo, oppure entro i cinque giorni successivi alla data in cui si verifica l’evento modificativo della durata o della cessazione del periodo di lavoro svolto in modalità agile.

 

Nel dettaglio, la disposizione interviene a novellare l’articolo 23, comma 1, primo periodo, della legge n. 81 del 2017, recante misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato.

 

Il richiamato comma 1, primo periodo, dell’articolo 23 – su cui la disposizione in commento incide - prevede che, con decorrenza dal 1° settembre 2022, il datore di lavoro comunichi in via telematica al Ministero del lavoro e delle politiche sociali i nominativi dei lavoratori e la data di inizio e di cessazione delle prestazioni di lavoro in modalità agile, secondo le modalità individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali

 

Come specificato nella relazione illustrativa, tali modalità sono individuate dal decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 22 agosto 2022, n. 149  e dai relativi allegati, aventi ad oggetto il modello di “Comunicazione Accordo di Lavoro agile” e  le “Regole di compilazione della comunicazione dell'accordo per lo svolgimento dell'attività lavorativa in modalità ‘‘Lavoro Agile’’”.

 

L’articolo 14 è volto, da un lato, a sopprimere il riferimento alla decorrenza dal 1° settembre 2022, e, dall’altro, a prevedere che la comunicazione telematica da parte del datore di lavoro al Ministero del lavoro e delle politiche sociali dei nominativi dei lavoratori e della data di inizio e di cessazione delle prestazioni di lavoro in modalità agile avvenga entro cinque giorni dalla data dell’inizio del periodo oppure entro i cinque giorni successivi alla data in cui avviene l’evento modificativo della durata o della cessazione del periodo di lavoro svolto in modalità agile.

 

Giova rammentare che l’articolo 23 della legge n. 81 del 2017, sempre al comma 1, nei periodi successivi, prevede che i dati in oggetto - di cui al primo periodo, testé enucleato - siano resi disponibili all'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, con le modalità previste dal codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005. In caso di mancata comunicazione secondo le modalità previste dal decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di cui al primo periodo, si applica specifica sanzione amministrativa pecuniaria (ex articolo 19, comma 3, del decreto legislativo n. 276 del 2003 [54] ).

 

La relazione tecnica precisa, infine, che dall’articolo 14 non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, trattandosi di intervento normativo di carattere ordinamentale.


 

Articolo 15
(Misure in materia di politiche formative nell’apprendistato)

 

 

L’articolo 15 stabilisce che, a decorrere dal 2024, le risorse del Fondo sociale per occupazione e formazione destinate annualmente – ai sensi della legge di bilancio per il 2018 - al finanziamento delle attività di formazione nell'esercizio del solo apprendistato professionalizzante siano finalizzate alle attività di formazione che sono promosse dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano nell’esercizio di tutte le tipologie di apprendistato di cui al Capo V del decreto legislativo n. 81 del 2015.

 

Nel dettaglio, la disposizione prevede che, a decorrere dall’anno 2024, le risorse di cui all’articolo 1, comma 110, lettera c), della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio per l’anno finanziario 2018) siano finalizzate alle attività di formazione, che sono promosse dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano nell’esercizio dell’apprendistato, ai sensi del Capo V del decreto legislativo n. 81 del 2015.

 

La disposizione in commento mira quindi - come specificato nella relazione illustrativa - ad estendere l’ambito di utilizzo delle risorse di cui all’articolo 1, comma 110, lettera c), della legge n. 205 del 2017, pari a euro 15 milioni annui, dal solo ambito del contratto di apprendistato professionalizzante a tutte le tipologie di apprendistato di cui al Capo V del decreto legislativo n. 81 del 2015.

La medesima relazione illustrativa specifica che la finalità della norma è dunque quella di garantire maggiore flessibilità e semplificazione nella programmazione delle risorse e degli interventi da parte delle regioni e delle province autonome, dando facoltà di finanziare attività di formazione per tutte le tipologie di apprendistato.

 

Si ricorda che il decreto legislativo n. 81 del 2015 reca la disciplina organica dei contratti di lavoro e la revisione della normativa in tema di mansioni (a norma dell'articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183).

Il Capo V di tale decreto legislativo, in particolare, reca disposizioni che definiscono e disciplinano l’apprendistato (artt. da 41 a 47).

La definizione e la disciplina generale dell’apprendistato sono indicate negli articoli 41 e 42.

Ai sensi dell’articolo 41, l'apprendistato è un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e alla occupazione dei giovani.

Il contratto di apprendistato si articola nelle seguenti tipologie:

a)  apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore;

b)  apprendistato professionalizzante;

c)   apprendistato di alta formazione e ricerca.

Tali tipologie di contratto di apprendistato sono disciplinate, rispettivamente, nei successivi articoli 43, 44, e 45.

 

Il richiamato comma 110, lettera c), dell’articolo 1 della legge di bilancio per il 2018, prevede che, a decorrere dall'anno 2018, siano destinati annualmente, nell'ambito delle risorse di cui all'articolo 68, comma 4, lettera a), della legge 17 maggio 1999, n. 144, a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione [55] , di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2: 15 milioni di euro al finanziamento delle attività di formazione nell'esercizio dell'apprendistato, ai sensi dell'articolo 44 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. Tale ultima disposizione disciplina l’apprendistato professionalizzante [56] .

Con le previsioni recate dall’articolo 15, le risorse a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione – che ai sensi della legge di bilancio per il 2018 sono specificamente destinate a finanziare le attività di formazione nell’esercizio della sola tipologia di apprendistato professionalizzante – sono  quindi finalizzate, in linea generale, alle attività di formazione promosse dalle regioni e dalle province autonome nell’esercizio dell’apprendistato, ai sensi del Capo V del decreto legislativo n. 81 del 2015, e dunque di tutte e tre le tipologie di apprendistato sopra citate e non esclusivamente di quello professionalizzante.

 

La relazione tecnica precisa, infine, che la norma di cui all’articolo 15, prevedendo una copertura finanziaria a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione per un importo pari allo stanziamento già definito dall’articolo 1, comma 110, lettera c), della legge n. 205 del 2017, non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.


 

Articolo 16
(Incremento delle risorse destinate alle spese generali di amministrazione degli enti privati gestori di attività formative)

 

 

L’articolo 16, introdotto nel corso dell’esame alla Camera dei deputati, prevede un incremento, per l’anno 2024, di 5 milioni di euro delle risorse destinate alla copertura delle spese di amministrazione degli enti privati gestori di attività formative a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione.

 

La disposizione in commento, introdotta durante l’esame in Commissione, è volta ad in incrementare le risorse destinate, ai sensi della legge n. 40 del 1987, alla copertura delle spese amministrative degli enti privati gestori di attività formative.

 

La legge n. 40 del 1987 reca norme per la copertura delle spese generali di amministrazione degli enti privati gestori di attività formative.

 

In particolare, è previsto un aumento di 5 milioni di euro per il 2024 di tali risorse a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 185 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 2009.

 

Si ricorda che, ai sensi del richiamato articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 185 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 2009, è stato istituito, nello stato di previsione del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, il Fondo sociale per occupazione e formazione, nel quale sono affluite anche le risorse del previo Fondo per l'occupazione, nonché le risorse destinate al finanziamento degli ammortizzatori sociali concessi in deroga alla normativa vigente e quelle destinate in via ordinaria dal CIPE alla formazione.


 


Articolo 17
(Contratti misti)

 

 

L’articolo 17, inserito alla Camera dei deputati, introduce deroghe al divieto di applicazione del regime forfetario previsto per le persone fisiche la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro.

Nello specifico, a talune condizioni, la norma estende l’applicazione del citato regime anche alle persone fisiche iscritte ad albi e/o repertori professionali, nonché alle persone fisiche esercenti attività di lavoro autonomo.

 

L’articolo 17 amplia il novero dei soggetti che possono avvalersi del regime forfetario di cui all’articolo 1, commi 54-89, della legge, 23 dicembre 2014, n. 190.

 

Si ricorda sinteticamente che il regime forfetario è stato introdotto dalla legge di stabilità 2015 (articolo 1, commi 54-89 della legge n. 190 del 23 dicembre 2014) ed è destinato agli operatori economici di ridotte dimensioni.

Esso prevede rilevanti semplificazioni ai fini Iva e ai fini contabili, e consente, altresì, la determinazione forfetaria del reddito da assoggettare a un'unica imposta con aliquota al 15 per cento sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'Irap. Esso è inteso dal legislatore come il regime naturale delle persone fisiche che esercitano un'attività di impresa, arte o professione in forma individuale, purché siano in possesso dei requisiti stabiliti dalla legge e, contestualmente, non incorrano in una delle cause di esclusione. La sua applicazione, pertanto, è subordinata solo al verificarsi delle condizioni e al possesso dei requisiti prescritti dalla legge.

Il comma 54 della legge di bilancio 2023 innalza a 85 mila euro (rispetto al precedente limite previsto a 65 mila euro) la soglia di ricavi e compensi che consente di applicare un'imposta forfetaria del 15 per cento sostitutiva di quelle ordinariamente previste. La disposizione prevede inoltre che tale agevolazione cessa immediatamente di avere applicazione per coloro che avranno maturato compensi o ricavi superiori ai 100 mila euro, senza aspettare l'anno fiscale seguente.

Per un ulteriore approfondimento dell’istituto, si rinvia al sito dell’Agenzia delle entrate.

 

In particolare, il comma 1 della presente disposizione prevede la non applicabilità della causa ostativa di cui alla lettera d-bis) dell’articolo 1, comma 57, della legge n. 190 del 2014 alle persone fisiche iscritte ad albi e/o repertori professionali esercenti attività libero-professionale (incluse quelle esercitate nelle forme di cui all’articolo 409, n. 3, del codice di procedura civile) a favore di datori di lavoro che impiegano più di duecentocinquanta dipendenti, dai quali sono contestualmente assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo parziale e indeterminato. Tale contratto di lavoro deve, inoltre, prevedere un orario che rientri tra un minimo del 40 per cento e un massimo del 50 per cento del tempo pieno previsto dal contratto collettivo di lavoro applicato.

 

In merito, si rammenta che la suddetta lettera d-bis) preclude l’accesso al regime forfettario alle persone fisiche la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d’imposta, ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili ai suddetti datori di lavoro, ad esclusione dei soggetti che iniziano una nuova attività dopo aver svolto il periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni.

Si ricorda, inoltre, che le forme lavorative indicate al sopra citato articolo 409, n. 3 del codice di procedura civile sono le seguenti: rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato.

 

La norma precisa che il numero dei dipendenti è calcolato alla data del 1° gennaio dell’anno nel quale sono stipulati il contratto di lavoro subordinato e il contestuale contratto di lavoro autonomo o contratto d’opera professionale.

Viene, altresì, stabilito che i lavoratori autonomi sono tenuti ad eleggere un domicilio professionale non coincidente con quello del soggetto con cui hanno stipulato un contratto di lavoro subordinato a tempo parziale.

 

Il comma 2 prevede un’ulteriore deroga all’esclusione prevista dalla citata lettera d-bis). Nello specifico, si stabilisce che, fermi restando gli ulteriori requisiti previsti dal comma 1, in mancanza di iscrizione ad albi o repertori professionali, la predetta causa ostativa non si applica, altresì, nei confronti delle persone fisiche che esercitano attività di lavoro autonomo, nei casi e nel rispetto delle modalità e condizioni previste da specifiche intese realizzate ai sensi dell’articolo 8 del decreto-legge, 13 agosto 2011, n.138. Specificamente, si tratta delle intese che i contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello aziendale o territoriale da associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale possono realizzare, al fine di:

§  garantire una maggiore occupazione;

§  migliorare la qualità dei contratti di lavoro;

§  favorire l’emersione del lavoro irregolare, gli incrementi di competitività e di salario, la gestione delle crisi aziendali e occupazionali, gli investimenti e l’avvio di nuove attività.

 

Infine, il comma 3 indica le condizioni necessarie ai fini dell’applicazione della deroga prevista dal comma 1.

In particolare, si stabilisce che tale deroga trova applicazione esclusivamente a condizione che il contratto di lavoro autonomo costituito contestualmente al contratto di lavoro subordinato sia certificato dagli organi di cui all’articolo 76 del decreto legislativo, 10 settembre 2003, n. 276.

 

A tal fine, si segnala che gli organi certificatori di cui al sopra citato articolo 76 sono i seguenti:

a) gli enti bilaterali costituiti nell’ambito territoriale di riferimento ovvero a livello nazionale quando la commissione di certificazione sia costituita nell’ambito di organismi bilaterali a competenza nazionale;

b) le Direzioni provinciali del lavoro e le province;

c) le università pubbliche e private, comprese le Fondazioni universitarie, registrate nell’apposito albo istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, esclusivamente nell’ambito di rapporti di collaborazione e consulenza attivati con docenti di diritto del lavoro di ruolo;

c-bis) il Ministero del lavoro e delle politiche sociali - Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro, esclusivamente nei casi in cui il datore di lavoro abbia le proprie sedi di lavoro in almeno due province anche di regioni diverse ovvero per quei datori di lavoro con unica sede di lavoro associati ad organizzazioni imprenditoriali che abbiano predisposto a livello nazionale schemi di convenzioni certificati dalla commissione di certificazione istituita presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nell’ambito delle risorse umane e strumentali già operanti presso la Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro;

c-ter) i consigli provinciali dei consulenti del lavoro, esclusivamente per i contratti di lavoro instaurati nell'ambito territoriale di riferimento senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Peraltro, è richiesta l’ulteriore condizione che, rispetto al contratto di lavoro subordinato, non si configuri alcuna forma di sovrapposizione riguardo all’oggetto e alle modalità della prestazione, nonché all’orario e alle giornate di lavoro.


 

Articolo 18
(Unico contratto di apprendistato duale)

 

 

L’articolo 18, introdotto alla Camera dei deputati, apporta modifiche alla disciplina concernente le diverse tipologie di contratto di apprendistato e al cd. sistema duale. In particolare, in forza dell’assetto normativo attualmente vigente, è possibile la trasformazione dell’apprendistato cd. per la qualifica ed il diploma professionale, una volta conseguito il predetto titolo, nel contratto di apprendistato cd. professionalizzante. Accanto a tale possibilità, la norma in esame introduce la possibilità di trasformazione anche nel cd. apprendistato di alta formazione e ricerca.

 

Il contratto di apprendistato è regolato in maniera organica dagli artt. 41-47 del D.Lgs. 81 del 2008.

In particolare, la normativa individua tre tipologie di apprendistato: a) apprendistato per la qualifica ed il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore (art. 43); b) apprendistato professionalizzante (art. 44); c) apprendistato di alta formazione e ricerca (art. 45).

Come appena accennato, l’art. 43 del D.Lgs. 81/2015 disciplina la prima forma di apprendistato, stabilendo che essa è strutturata in maniera tale da “coniugare la formazione effettuata in azienda con l'istruzione e la formazione professionale svolta dalle istituzioni formative che operano nell'ambito dei sistemi regionali di istruzione e formazione (…)” (comma 1).

Possono accedere a tale tipologia contrattuale i giovani con età anagrafica compresa tra i 15 e i 25 anni e la durata del rapporto non può superare i tre anni ovvero i quattro anni nel caso di diploma professionale quadriennale (comma 2).

Il datore che intenda attivare tale contratto di apprendistato è tenuto a sottoscrivere un protocollo con l’istituzione formativa a cui lo studente è iscritto, nel quale sono indicati il contenuto e la durata degli obblighi formativi del datore di lavoro. Inoltre, sono stabiliti anche i requisiti che devono possedere le imprese presso cui lo studente svolge il proprio percorso formativo, nonché il monte orario massimo del percorso scolastico. Si ricorda, peraltro che “la formazione esterna all'azienda è impartita nell'istituzione formativa a cui lo studente è iscritto e non può essere superiore al 60 per cento dell'orario ordinamentale per il secondo anno e al 50 per cento per il terzo e quarto anno” (comma 4).

 

Ciò premesso l’articolo 18 incide in materia di trasformazione del rapporto di apprendistato, sino ad adesso esaminato, nelle altre tipologie del medesimo contratto.

In particolare, l’art. 18 dispone la sostituzione dell’art. 43, comma 9, il quale, nell’assetto vigente, consente il passaggio al contratto di apprendistato professionalizzante, successivamente al conseguimento della qualifica o del diploma professionale, ottenuto al termine dell’omonimo rapporto di lavoro.

Attraverso l’introduzione del nuovo comma 9 dell’art. 43, viene introdotta la possibilità di trasformare l’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore, anche nella terza tipologia di apprendistato, ossia quella concernente l’apprendistato di alta formazione e di ricerca.

Nello specifico, la norma dispone che una volta maturata la qualifica professionale od ottenuto il diploma professionale, ovvero il diploma di istruzione secondaria superiore o il certificato di specializzazione tecnica superiore, previo aggiornamento del piano di formazione, è possibile trasformare il rapporto, rispettivamente, in:

 

Ø  contratto di apprendistato professionalizzante, al fine di ottenere la qualificazione professionale, ai fini contrattuali;

Ø  contratto di apprendistato di alta formazione e di ricerca, in conformità ai requisiti sanciti dall’art. 45 D.Lgs. 81/2015, che regola le modalità ed i criteri di svolgimento di tale rapporto di lavoro.

 

Si deve evidenziare che con riferimento a quest’ultima possibilità di mutamento del rapporto di apprendistato, la norma prevede testualmente la possibilità di trasformazione anche in un rapporto di apprendistato “per la formazione regionale”.

A tal riguardo preme evidenziale che tale ultima ipotesi non costituisce, allo stato attuale, una tipologia ulteriore di apprendistato rispetto alle tre forme sopra richiamate.

Infatti, all’interno della normativa di riferimento (v. art. 43, comma 6, D.Lgs. 81/2015), si specifica che il contratto di apprendistato per la qualifica ed il diploma professionale (tipologia sub a), v. supra) si svolge nell'ambito del sistema di istruzione e formazione professionale regionale.

Pertanto, il riferimento alla “formazione professionale regionale” è inteso come specifico ambito in cui si esplica lo svolgimento del rapporto di apprendistato appena richiamato e non come forma di apprendistato diversa ed ulteriore. Alla luce di quanto osservato, si valuti l’opportunità se mantenere o meno l’inciso “e per la formazione professionale regionale”.


 


Articolo 19
(Risoluzione del rapporto di lavoro per assenza ingiustificata del lavoratore)

 

 

L’articolo 19 dispone che l’assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre determinati termini comporta la risoluzione del rapporto di lavoro per volontà del lavoratore, salvo che, come disposto nell’esame alla Camera dei deputati, questi dimostri l'impossibilità, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, di comunicare i motivi che giustificano l'assenza. A tale fattispecie non si applica la disciplina vigente in materia di dimissioni telematiche.

Nel corso dell’esame alla Camera dei deputati è stato altresì disposto che il datore di lavoro comunica l'assenza del lavoratore all'Ispettorato del lavoro territorialmente competente, che si riserva la possibilità di verificare la veridicità della comunicazione.

 

Nel dettaglio, la disposizione in commento – che aggiunge il comma 7-bis all’art. 26 del D.Lgs. 151/2015 – prevede la risoluzione del rapporto di lavoro, imputabile a volontà del lavoratore, nei casi in cui la sua assenza ingiustificata si protragga oltre il termine previsto dal contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, per un periodo superiore a quindici giorni (termine così modificato alla Camera dei deputati in luogo dei cinque giorni previsti dal testo originario). Nel corso dell’esame alla Camera dei deputati è stato altresì disposto che la risoluzione non si applica se il lavoratore dimostra l'impossibilità, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, di comunicare i motivi che giustificano l'assenza.

Durante l’esame alla Camera dei deputati è stato infine disposto che il datore di lavoro comunica l'assenza all'ispettorato del lavoro territorialmente competente, che si riserva la possibilità di verificare la veridicità della comunicazione.

Viene altresì previsto che in tali casi non si applica la procedura relativa alle dimissioni telematiche disciplinata al medesimo art. 26 del D.Lgs. 151/2015 in base al quale, al di fuori di determinate ipotesi [57] , le dimissioni e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro sono fatte, a pena di inefficacia, esclusivamente con modalità telematiche [58] su appositi moduli e trasmessi al datore di lavoro e alla sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro [59] .

La Relazione illustrativa evidenzia che la presente norma ha l’obiettivo di riequilibrare le posizioni dei contraenti in tutti quei casi in cui il lavoratore effettivamente manifesta la propria intenzione di risolvere il rapporto di lavoro ma non adempie alle formalità prescritte dalla legge, anche al fine di godere della fruizione della indennità di disoccupazione NASpI che la normativa vigente non riconosce in caso di dimissioni volontarie non derivanti da giusta causa.


 


Articolo 20
(Svolgimento dei procedimenti di conciliazione con modalità telematiche)

 

 

L’articolo 20, introdotto alla Camera dei deputati, prevede la possibilità di svolgimento dei procedimenti di conciliazione in materia di lavoro in modalità telematica e mediante collegamenti audiovisivi.

 

Il comma 1 prevede che - fermo restando quanto previsto dall’art.12-bis del DL 76/2020 – i procedimenti di conciliazione in materia di lavoro previsti dagli artt. 410, 411 e 412-ter c.p.c. possano svolgersi in modalità telematica e mediante collegamenti audiovisivi.

 

L’articolo 12-bis del DL 76/2020 ha modificato alcune norme relative alle procedure di competenza dell’Ispettorato nazionale del lavoro. Il comma 1 ha esteso il principio del silenzio-assenso a tutti i provvedimenti autorizzativi (di competenza dell'Ispettorato nazionale del lavoro), ponendo un termine di 15 giorni dalla relativa istanza.

Il comma 2 ha modificato la disciplina delle procedure amministrative o conciliative di competenza dell’Ispettorato nazionale del lavoro che presuppongono la presenza fisica dell’istante, stabilendo che possono essere effettuate attraverso strumenti di comunicazione da remoto che consentano in ogni caso l'identificazione degli interessati o dei soggetti dagli stessi delegati e l'acquisizione della volontà espressa.

Il comma 3 ha introdotto modifiche concernenti la procedura di diffida per i casi in cui, nell'ambito dell'attività di vigilanza, emergano inosservanze della disciplina contrattuale da cui scaturiscano crediti patrimoniali in favore dei prestatori di lavoro nonché una normativa di chiusura sugli accertamenti e le relative disposizioni assunte dal personale ispettivo.

 

L’art. 410 c.p.c. prevede che chi intenda agire in giudizio per una controversia individuale di lavoro [60] possa promuovere, anche tramite l’associazione sindacale alla quale aderisce o conferisce mandato, un tentativo di conciliazione presso la competente commissione di conciliazione [61] .

Qualora la controparte non accetti il tentativo di conciliazione nel termine di 20 giorni ciascuna delle parti è libera di adire l’autorità giudiziaria. Viceversa, qualora la controparte entro il predetto termine depositi una memoria difensiva, eccezioni o eventuali domande riconvenzionali, la commissione fissa entro 10 giorni il termine per la comparizione delle parti per il tentativo di conciliazione, che deve essere tenuto entro i successivi 30 giorni.

Ai sensi dell’art. 411 c.p.c. se la conciliazione riesce, anche parzialmente, è redatto separato processo verbale, che il giudice, su richiesta della parte interessata, dichiara esecutivo con decreto.

Se le parti non raggiungono un accordo la commissione formula una proposta per la bonaria composizione della controversia, i cui termini, con l’indicazione delle valutazioni espresse dalle parti, sono riassunti nel verbale; delle risultanze della proposta della commissione non accettata senza adeguata motivazione il giudice tiene conto in sede di giudizio.

L’art. 412-ter c.p.c., infine, prevede che la conciliazione possa essere altresì svolta con le modalità previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative.

 

Si ricorda, infine, che la possibilità di svolgere le udienze da remoto nel processo civile è prevista, in via generale - in virtù delle modifiche introdotte dalla cd. “riforma Cartabia” del processo civile (d.lgs. 149/2022) - dagli artt. 127, terzo comma, e 127-bis c.p.c., a norma dei quali il giudice può disporre che l’udienza, anche pubblica, si svolga mediante collegamenti audiovisivi a distanza quando non è richiesta la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti, dal pubblico ministero e dagli ausiliari del giudice.

 

Il comma 2 rimette la definizione delle regole tecniche per l'adozione, nei procedimenti di cui al comma 1, delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, a un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della giustizia, da adottare entro dodici mesi dall’entrata in vigore della legge, sentita l’Agenzia per l’Italia digitale e, limitatamente ai profili di competenza, il Garante per la protezione dei dati personali.

 

Il comma 3 reca la clausola di invarianza finanziaria.

 

Il comma 4 prevede che fino all’entrata in vigore del decreto ministeriale di cui al comma 2 i procedimenti di cui al comma 1 continuino a svolgersi nelle modalità vigenti.

 

Sotto il profilo della formulazione del testo, si valuti l’opportunità di chiarire al comma 4 che si fa riferimento alle modalità vigenti prima dell’entrata in vigore del disegno di legge in esame.

 


Articolo 21
(Assunzioni di soggetti già impegnati in lavori socialmente utili o di pubblica utilità)

 

 

L’articolo 21 concerne la disciplina transitoria sulla possibilità di assunzioni a tempo indeterminato, da parte delle pubbliche amministrazioni già utilizzatrici [62] , dei lavoratori socialmente utili o di quelli impegnati in attività di pubblica utilità. L’intervento allinea formalmente il termine temporale del 31 dicembre 2022, previsto dalla formulazione della norma ora oggetto di novella [63] , con la proroga al 30 dicembre 2023, già disposta da un altro intervento legislativo [64] .

 

La disciplina oggetto di novella riguarda la possibilità di assunzioni a tempo indeterminato (anche con contratti di lavoro a tempo parziale), da parte delle pubbliche amministrazioni già utilizzatrici, dei lavoratori socialmente utili o di quelli impegnati in attività di pubblica utilità, nei limiti delle risorse finanziarie già stanziate dall'articolo 1, comma 1156, lettera g-bis), della L. 27 dicembre 2006, n. 296, e dall’articolo 1, comma 496, della L. 27 dicembre 2019, n. 160, per la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili e per le iniziative connesse alle politiche attive per il lavoro in favore delle regioni.

Si ricorda che, dopo la presentazione del disegno di legge in esame, nell’ordinamento sono sopravvenute altre norme. In particolare: l’articolo 2, comma 1, del D.L. 22 giugno 2023, n. 75, convertito, con modificazioni, dalla L. 10 agosto 2023, n. 112, consente che le pubbliche amministrazioni assumano a tempo indeterminato, entro il 30 giugno 2026, i soggetti già impegnati in lavori socialmente utili o di pubblica utilità richiamati dal medesimo comma 1, in posizione di lavoratori sovrannumerari e in deroga alla dotazione organica e alla condizione del rispetto del piano di fabbisogno del personale, ma fermi restando i vincoli assunzionali previsti dalla disciplina vigente; la novella operata dall’articolo 1, comma 6, lettera b), del D.L. 30 dicembre 2023, n. 215, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 febbraio 2024, n. 18 [65] , prevede che fino al 31 dicembre 2024 i soggetti già impegnati in lavori socialmente utili o in attività di pubblica utilità possano essere assunti da parte della pubblica amministrazione già utilizzatrice [66] – anche in deroga ai limiti stabiliti per le assunzioni dalla normativa vigente.

Si consideri l’opportunità di valutare se la novella proposta dal presente articolo 21 sia sostanzialmente già assorbita dalle norme sopravvenute.


Articolo 22
(Disposizioni in materia di dichiarazione della spesa sostenuta per attività di mediazione in caso di cessione di immobili)

 

 

L’articolo 22, introdotto alla Camera dei deputati, interviene sulla disciplina concernente la dichiarazione dei dati relativi all’attività di mediazione espletata in occasione della cessione di beni immobili.

Nello specifico, si prevede che le parti dell’atto di cessione di un bene immobile, in alternativa all’ammontare della spesa sostenuta, possano dichiarare il numero della fattura emessa dal mediatore e la corrispondenza tra l’importo fatturato e la spesa effettivamente sostenuta, dovendo, in ogni caso, indicare le analitiche modalità di pagamento della stessa.

 

L’articolo 22 reca disposizioni volte a modificare l’articolo 35, comma 22, del decreto legge, 4 luglio 2006, n. 223, il quale, a sua volta, individua i dati che le parti di un atto di cessione di un bene immobile sono tenute a dichiarare mediante dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.

In particolare, la disposizione in commento provvede a sostituire interamente la lettera d) del predetto comma, la quale, nella sua formulazione attualmente vigente, specifica, tra le molteplici informazioni che le parti di un atto di compravendita immobiliare devono fornire mediante dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, anche l’ammontare della spesa sostenuta per l’attività di mediazione e le analitiche modalità di pagamento della stessa.

Il presente intervento normativo consente alle parti di dichiarare l’importo della spesa sostenuta per l’attività di mediazione anche mediante l’indicazione del numero della fattura emessa dal mediatore e la corrispondenza tra l’importo fatturato e la spesa effettivamente sostenuta, ferma restando, in ogni caso, la necessaria dichiarazione delle analitiche modalità di pagamento della stessa.

 

Al riguardo, si rammenta che l’articolo 35 del decreto legge n. 223 del 2006 prevede misure di contrasto dell’evasione e dell’elusione fiscale.

Specificamente, il comma 22 dell’articolo medesimo, interamente modificato dall’articolo 1, comma 48, della legge, 27 dicembre 2006, n. 296, contempla le suddette misure nello specifico ambito della compravendita immobiliare.

In particolare, la norma prevede che, all’atto della cessione dell’immobile, ancorché assoggetta ad IVA, sussiste l’obbligo per le parti di rendere apposita dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà recante l’indicazione analitica delle modalità di pagamento del corrispettivo. Con le medesime modalità, ciascuna delle parti ha l’obbligo di dichiarare le seguenti informazioni:

a) se si è avvalsa di un mediatore e, nell’ipotesi affermativa, di fornire i dati identificativi del titolare, se persona fisica, o la denominazione, la ragione sociale ed i dati identificativi del legale rappresentante, se soggetto diverso da persona fisica, ovvero del mediatore non legale rappresentante che ha operato per la stessa società;

b) il codice fiscale o la partita IVA;

c) il numero di iscrizione al ruolo degli agenti di affari in mediazione e della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di riferimento per il titolare ovvero per il legale rappresentante o mediatore che ha operato per la stessa società;

d) l’ammontare della spesa sostenuta per tale attività e le analitiche modalità di pagamento della stessa (lettera oggetto della modifica introdotta dalla disposizione in esame).

 

È, inoltre, obbligatorio per i notai segnalare all’Agenzia delle Entrate eventuali mediatori non iscritti all’apposito albo degli agenti.

 

 


 


Articolo 23
(Pagamento dilazionato dei debiti contributivi)

 

 

Il comma 1 dell’articolo 23 introduce [67] la possibilità, a decorrere dal 1° gennaio 2025, di forme di rateizzazione fino ad un massimo di sessanta rate mensili dei debiti per contributi, premi e accessori di legge, dovuti all’INPS e all’INAIL e non affidati agli agenti della riscossione, nei casi da definirsi con decreto ministeriale e secondo i requisiti, i criteri e le modalità (inerenti anche al versamento) successivamente stabiliti da un atto emanato dal consiglio di amministrazione di ciascuno dei due enti. La nuova norma in esame costituisce, per i due enti, una disposizione speciale rispetto alla disciplina vigente per gli enti gestori di forme di previdenza obbligatoria, la quale prevede la possibilità della concessione di rateazioni fino a ventiquattro mesi o, previa autorizzazione ministeriale, fino a trentasei mesi, ovvero, in casi specifici e sempre previa autorizzazione ministeriale, fino a sessanta mesi.

Il comma 2 reca una norma di coordinamento in relazione alla novella posta dal comma 1.

 

Più in particolare, il decreto attuativo previsto dal comma 1 deve essere emanato, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente norma, dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti l’INPS e l’INAIL. La determinazione dei requisiti, criteri e modalità (concernenti, come detto, anche il versamento) da parte dell’atto del consiglio di amministrazione di ciascuno dei due enti deve essere volta a favorire il buon esito dei processi di regolarizzazione e ad assicurare la contestualità della riscossione rispetto alle scadenze delle rate. 

Riguardo alla normativa vigente, si ricorda che il D.L. n. 338 del 1989, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 389 del 1989, prevede, all’articolo 2, comma 11, che il pagamento rateale dei debiti per contributi, premi e accessori di legge, dovuti agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie, ove previsto dalle disposizioni vigenti in materia, possa essere consentito (da parte dell’ente) con riferimento ad un periodo massimo di ventiquattro mesi o, in casi eccezionali, previa autorizzazione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di trentasei mesi [68] ; le rateazioni superiori a dodici mesi sono disposte con provvedimento motivato e sono comunicate trimestralmente ai Ministri del lavoro e delle politiche sociali e dell’economia e delle finanze, secondo modalità stabilite, con apposito decreto, dai Ministri medesimi; inoltre, l’articolo 116, comma 17, della L. n. 388 del 2000 prevede che possa essere consentito il pagamento rateale fino a sessanta mesi, previa autorizzazione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, nei casi di “oggettive incertezze connesse a contrastanti ovvero sopravvenuti diversi orientamenti giurisprudenziali o determinazioni amministrative sulla ricorrenza dell'obbligo contributivo successivamente riconosciuto in sede giurisdizionale o amministrativa in relazione alla particolare rilevanza delle incertezze interpretative che hanno dato luogo alla inadempienza e nei casi di mancato o ritardato pagamento di contributi o premi, derivanti da fatto doloso del terzo denunciato, entro il termine di cui all'articolo 124, primo comma, del codice penale, all'autorità giudiziaria”.

Il comma 2 del presente articolo 23, al fine di raccordare la novella di cui al precedente comma 1 con la normativa vigente, prevede che, a decorrere dal medesimo termine del 1° gennaio 2025, la disciplina di cui all’articolo 116, comma 17, della L. n. 388 del 2000, relativa, come detto, agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie, non si applicherà più all’INPS e all’INAIL.

La relazione illustrativa del presente disegno di legge [69] osserva che, nell’individuazione, da parte del decreto ministeriale attuativo della novella di cui al comma 1, delle fattispecie a cui applicare la medesima novella, si potrà far riferimento, oltre che alle ipotesi già oggetto del citato articolo 116, comma 17, a quelle che correntemente consentono, in attuazione del summenzionato articolo 2, comma 11, del D.L. n. 338, il prolungamento della rateazione fino a trentasei rate: calamità naturali; carenza temporanea di liquidità finanziaria, derivante da ritardato introito di crediti maturati nei confronti di pubbliche amministrazioni ovvero da ritardata erogazione di contributi e finanziamenti pubblici; crisi aziendale; riorganizzazione, ristrutturazione e riconversione aziendale; passaggio dei debiti contributivi agli eredi; carenza temporanea di liquidità finanziaria connessa a difficoltà economico-sociali, territoriali o settoriali.

 

Le norme in oggetto, come accennato, non concernono i debiti (per contributi, premi e accessori di legge previdenziali) affidati agli agenti della riscossione.


Articolo 24
(Adempimenti relativi ai contributi previdenziali relativi al personale assunto a contratto da parte degli uffici all’estero del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale)

 

 

L’articolo 24 – inserito dalla Camera dei deputati – specifica che la disciplina transitoria posta dall’articolo 1, comma 131, della L. 30 dicembre 2023, n. 213, in materia di adempimenti delle pubbliche amministrazioni relativi ai contributi previdenziali, si applica anche con riferimento al personale assunto a contratto da parte degli uffici all'estero del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale che sia iscritto a enti previdenziali italiani. In base a tale disciplina transitoria, le pubbliche amministrazioni, al fine dell’estinzione delle eventuali pendenze in materia di versamento dei contributi previdenziali relativi a dipendenti e concernenti i periodi di paga fino al 31 dicembre 2004, trasmettono all’INPS le denunce retributive mensili inerenti al periodo suddetto; l’invio delle denunce determina l’estinzione degli eventuali debiti contributivi non ancora oggetto di prescrizione temporale.

Anche l’estensione operata dal presente articolo 24 fa salva esplicitamente la disciplina in materia di prescrizione temporale. Il medesimo articolo provvede alla quantificazione dell’onere finanziario derivante dall’estensione e alla relativa copertura.

 

Il personale a contratto richiamato dall’articolo 24 rientra in quello assunto a contratto (a tempo indeterminato o determinato) da [70] : le rappresentanze diplomatiche, gli uffici consolari di prima categoria [71] , gli istituti italiani di cultura [72] , le delegazioni diplomatiche speciali [73] . Nell’ambito di tale categoria, il presente articolo fa riferimento al personale che sia iscritto a enti previdenziali italiani. Riguardo ai criteri di determinazione dello Stato competente in materia previdenziale per il personale in esame, si rinvia alla circolare dell’INPS n. 52 dell’11 aprile 2019.

L’effetto estintivo di cui al citato comma 131 concerne sostanzialmente i casi in cui la prescrizione temporale dei contributi previdenziali (in ragione di atti interruttivi della stessa) [74] non sia ancora intervenuta (con riguardo al mancato versamento – originariamente all’INPDAP e ora alla Gestione INPS dipendenti pubblici, ex INPDAP – dei contributi previdenziali da parte della pubblica amministrazione, in qualità di datrice di lavoro).

Come accennato, il comma 131 prevede che le pubbliche amministrazioni, al fine dell’estinzione delle eventuali pendenze in materia di versamento dei contributi previdenziali relativi a dipendenti pubblici e concernenti i periodi di paga fino al 31 dicembre 2004, trasmettano all’INPS le denunce retributive mensili inerenti al periodo suddetto, denunce di cui al richiamato articolo 44, comma 9, del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 novembre 2003, n. 326. Quest’ultimo comma ha previsto l’invio all’INPS – da parte dei sostituti di imposta – delle denunce retributive mensili a decorrere dalle retribuzioni del gennaio 2005.

Il comma 132 dello stesso articolo 1 della L. n. 213 specifica che i risparmi derivanti dal conseguente mancato versamento dei contributi costituiscono economie di bilancio per le singole amministrazioni statali e concorrono, per le altre singole amministrazioni, al miglioramento dei relativi saldi di bilancio. Il successivo comma 133 fa salvi gli effetti dei provvedimenti giurisdizionali passati in giudicato alla data di entrata in vigore delle norme transitorie in esame.

Come accennato, il presente articolo 24 provvede anche alla quantificazione dell’onere finanziario derivante dall’estensione ivi disposta e alla relativa copertura. L’onere è valutato pari a 350.000 euro per ciascuno degli anni del periodo 2024-2033; al fine della relativa copertura, si riduce, nella identica misura e per i medesimi anni, l’accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale del fondo speciale di parte corrente (fondo destinato alla copertura degli oneri di parte corrente derivanti dai provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati nel triennio di riferimento).

 

 


Articolo 25
(Disposizioni sulla notifica delle controversie in materia contributiva)

 

 

L’articolo 25 reca disposizioni sulla notifica delle controversie in materia contributiva, prevedendo che, in tutte le controversie nelle quali l’INPS è parte convenuta, la notifica sia effettuata presso la struttura territoriale dell’ente nella cui circoscrizione risiedono i ricorrenti.

 

Più in dettaglio, l’articolo 25 apporta modifiche di contenuto analogo all’articolo 24, comma 5, e all’articolo 29, comma 2, del decreto legislativo n. 46 del 1999 (che reca la disciplina della riscossione mediante ruolo).

 

In particolare la lettera a) del comma 1 modifica l’articolo 24 del richiamato decreto legislativo n. 48 del 1999, che riguarda l’iscrizione a ruolo dei crediti degli enti previdenziali.

Ai sensi del vigente comma 5, contro l'iscrizione a ruolo il contribuente può proporre opposizione al giudice del lavoro entro il termine di quaranta giorni dalla notifica della cartella di pagamento. Il ricorso va notificato all'ente impositore.

Con le modifiche in esame si precisa che la notifica del ricorso deve avvenire presso la struttura territoriale nella cui circoscrizione risiedono i soggetti privati interessati.

 

La lettera b) modifica l’articolo 29, comma 2 del medesimo decreto, in tema di garanzie giurisdizionali per entrate non devolute alle commissioni tributarie.

Il vigente articolo 29 dispone che, per le entrate tributarie diverse da quelle appartenenti alla giurisdizione tributaria (queste ultime sono elencate dall'articolo 2 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546), e per quelle non tributarie, il giudice competente a conoscere le controversie concernenti il ruolo può sospendere la riscossione se ricorrono gravi motivi.

Per le entrate non tributarie e per quelle non appartenenti alla giurisdizione tributaria, il comma 2 prevede tra l’altro che le opposizioni all'esecuzione ed agli atti esecutivi si propongono nelle forme ordinarie. Con le modifiche in esame si precisa che in tal caso il ricorso va notificato all’ente impositore presso la struttura territoriale nella cui circoscrizione risiedono i soggetti privati interessati.

 

Il Governo, nella relazione che accompagna il provvedimento, chiarisce che le modifiche in esame derogano al principio generale per cui le notifiche alle persone giuridiche devono essere effettuate presso la sede legale, tenuto conto che, in proposito, una recente sentenza della Corte di Cassazione (Cassazione 5 maggio 2022, n. 14271) ha statuito che questo regime derogatorio può trovare applicazione esclusivamente per le controversie finalizzate ad ottenere prestazioni previdenziali e assistenziali, e non anche per le controversie contributive, che, secondo un principio generale, sarebbero quindi validamente notificate presso la sede legale dell’INPS.


 

Articolo 26
(Attività di Inps Servizi S.p.A. a favore del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, delle sue società e degli enti da esso vigilati e in house)

 

 

L’articolo 26 incide sulle disposizioni che regolano le attività affidate ad INPS Servizi SpA, società in house dell’INPS. In particolare, il predetto articolo aggiunge la previsione che consente al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nonché agli altri organismi giuridici sottoposti a direzione, vigilanza e/o controllo del Ministero stesso, di avvalersi delle prestazioni offerte da INPS Servizi SpA, in conformità con l’oggetto sociale di quest’ultima.

 

La norma, in esame amplia la platea dei soggetti che possono usufruire dei servizi offerti dalla INPS Servizi SpA, estendendo tale possibilità anche al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nonché agli enti da esso controllati e/o partecipati.

A tal riguardo si rammenta che l’art. 5-bis del D.L. 101/2019 ha istituito la società in house Inps Servizi SpA, sorta in seguito al cambio di denominazione, dell’oggetto sociale [75] e dello Statuto di Italia Previdenza SISPI SpA.

In particolare, il predetto art. 5-bis ha disposto l’internalizzazione delle attività di contact center multicanale verso l’utenza (cd. CCM), svolte in favore dell’INPS, al fine di assicurare la continuità nell’erogazione dei servizi informativi e dispositivi in favore dell’utenza, nonché allo scopo di tutelare la stabilità occupazionale del personale preposto allo svolgimento delle relative mansioni.

Pertanto, le funzioni di contact center multicanale sono state affidate al nuovo organismo societario, il quale opera in regime cd. di in house providing nel rispetto delle disposizioni nazionali ed europee in materia. Inoltre, la partecipazione societaria è integralmente detenuta dall’Inps, che esercita sull’ente societario il cd. controllo analogo.

A tal riguardo si ricorda che la società in house rappresenta una tipologia di società a partecipazione pubblica che trova la propria disciplina all’art. 19 del D.Lgs. 175/2016 (T.U. società a partecipazione pubblica). In base alla predetta disposizione, tale organismo giuridico è, salvo eccezioni previste dalla legge, interamente partecipato da una o più pubbliche amministrazioni, che esercitano su di esso un cd. “controllo analogo” a quello svolto dagli stessi enti all’interno dei propri uffici. Inoltre, l’art. 19 stabilisce che oltre l’80% del loro fatturato deve essere costituito da attività compiute in favore dell’amministrazione controllante. Al ricorrere congiunto di tutte le condizioni appena richiamate, la norma consente alle p.a. di procedere all’affidamento diretto di contratti pubblici in favore della società in house [76] di cui detengono la partecipazione.

In tale contesto, l’articolo 26, esaminato in questa sede, consente al Ministero del lavoro e delle politiche sociali di usufruire delle prestazioni offerte dalla Servizi Inps SpA mediante affidamento diretto e nel rispetto della normativa nazionale ed europea in materia di in house providing (v. art. 5-bis, co. 1, D.L. 101/2019). Questa facoltà è estesa anche agli altri enti, sia di diritto pubblico che privato, controllati e/o vigilati dal Ministero stesso.

La norma precisa che gli oneri derivanti dallo svolgimento di tali attività sono posti a carico del soggetto richiedente.

Inoltre, l’articolo 26 specifica che gli enti sopra richiamati possono richiedere l’espletamento di tutte le attività rientranti nell’oggetto sociale della nuova società in house. Pertanto, è possibile richiedere sia le funzioni ereditate dalla precedente Italia Previdenza SISPI SpA, sia le funzioni di contact center multicanale previste direttamente dall’art. 5-bis D.L. 101/2019.

Come chiarito dalla Relazione illustrativa l’ampliamento dei destinatari che hanno possibilità di accedere ai servizi offerti dalla Inps Servizi S.p.A. si giustifica in ragione del “legame funzionale intercorrente tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e l’INPS”. Questo legame funzionale si estrinseca mediante l’attività di vigilanza esercitata dal Dicastero nei confronti dell’ente previdenziale attraverso, tra l’altro, l’adozione di alcuni atti organizzativi dell’Istituto (come regolamenti, delibere contenenti criteri direttivi generali, dotazione organica).

Dalla Relazione tecnica, invece, si evince che l’attuazione della norma in esame non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Infatti, eventuali spese sostenute per l’affidamento dei servizi previsti avverranno nell’ambito delle risorse presenti a legislazione vigente.

Articolo 27
(Apertura strutturale dei termini di adesione alla gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali)

 

 

L’articolo 27 rende strutturale per talune categorie di lavoratori dipendenti e di pensionati la possibilità di iscriversi alla Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali, non prevedendo un termine entro cui tale facoltà deve essere esercitata, come disposto invece dalla normativa vigente.

 

Preliminarmente, si ricorda che alla predetta Gestione unitaria, istituita dall’art. 1, c. 245, della L. 662/1996, sono obbligatoriamente iscritti tutti i dipendenti pubblici appartenenti alla gestione ex INPDAP (ex art. 6 del D.M. 28 luglio 1998, n. 463).

Il DM 7 marzo 2007, n. 45 ha poi introdotto l’iscrizione facoltativa a tale Gestione anche per i pensionati già dipendenti pubblici che fruiscono del trattamento pensionistico a carico della Gestione speciale dei dipendenti pubblici, già iscritti all’INPDAP, nonché per i dipendenti o pensionati delle amministrazioni statali di cui all’art. 1, c. 2, del D.Lgs. 165/2001 iscritti ad enti o gestioni previdenziali diverse dalla predetta Gestione speciale. Tali categorie di pensionati e di dipendenti potevano manifestare la volontà di iscrizione sino al 31 maggio 2008.

Successivamente, i suddetti termini per l’iscrizione volontaria alla Gestione in oggetto sono stati riaperti, per i medesimi soggetti, dalla legge di bilancio 2020 (art. 1, c. 483-485, L. 160/2019). L’adesione poteva avvenire entro sei mesi dalla emanazione del DM 12 maggio 2021, n. 110, recante il regolamento di attuazione di quanto previsto dalla legge di bilancio 2020, ossia entro il 20 febbraio 2022.

Attualmente - come ricordato dalla Circ. INPS n. 20 del 2022, che rinvia a quanto disposto dal Messaggio INPS n. 3282 del 2017 - possono iscriversi alla Gestione unitaria i lavoratori assunti o trasferiti successivamente al 20 febbraio 2022, che devono manifestare la volontà di aderire entro 30 giorni dalla data dell’assunzione o del trasferimento, e i pensionandi in data successiva al 20 febbraio 2022, che devono manifestare la volontà di adesione entro l’ultimo giorno di servizio [77] .

 

La disposizione in commento (comma 1), come anticipato, prevede che i suddetti soggetti, ossia i pensionati già dipendenti pubblici che fruiscono del trattamento pensionistico a carico della Gestione dei dipendenti pubblici, già iscritti all’INPDAP, e i dipendenti o pensionati delle amministrazioni statali di cui all’art. 1, c. 2, del D.Lgs. 165/2001 iscritti ad enti o gestioni previdenziali diverse dalla predetta Gestione speciale, che non risultano iscritti alla Gestione unitaria, possono aderire alla stessa tramite comunicazione all’INPS della relativa volontà di adesione, senza porre dei termini entro cui tale adesione deve essere manifestata.

Si conferma che l’adesione è irrevocabile e si specifica che le relative prestazioni possono essere richieste decorso un anno dall’iscrizione (comma 2).

Su tale ultimo punto, si segnala che il Regolamento per l’erogazione di prestiti agli iscritti alla Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali pone taluni requisiti per accedere ai prestiti: in caso di piccoli prestiti, per i dipendenti è richiesto il possesso di almeno un anno di servizio continuativo utile a pensione (elevato a quattro per i prestiti pluriennali), per i pensionati è richiesto che siano sottoposti al prelievo obbligatorio dello 0,15 per cento previsto dalla normativa. In caso di prestiti pluriennali (artt. 8 e 16).


 

Articolo 28
(Iscrizione dei dipendenti pubblici in quiescenza alle organizzazioni sindacali del pubblico impiego)

 

 

L’articolo 28, introdotto dalla Camera dei deputati, prevede la possibilità per i dipendenti pubblici in quiescenza di iscriversi alle organizzazioni sindacali del pubblico impiego riconosciute rappresentative dall'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni, riconoscendo loro il diritto di versare i contributi sindacali secondo le modalità già previste dalla normativa vigente in relazione alle organizzazioni rappresentate nel CNEL. 

Tale disposizione stabilisce altresì la non rilevanza di tale personale in quiescenza ai fini della determinazione della rappresentatività delle organizzazioni sindacali cui è iscritto.    

 

Nel dettaglio, il comma 1 della disposizione in titolo stabilisce che i dipendenti pubblici in quiescenza, tramite rilascio di apposita delega all’Istituto nazionale della previdenza sociale, possono iscriversi alle organizzazioni sindacali del pubblico impiego riconosciute rappresentative dall'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN), analogamente a quanto previsto all’articolo 23-octies del decreto-legge 30 giugno 1972, n. 267, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1972, n. 485, per le organizzazioni rappresentate nel CNEL.

 

Il richiamato articolo 23-octies del decreto-legge 30 giugno 1972, n. 267 prevede, al primo comma , che i titolari di pensione diretta, indiretta o di riversibilità dell'assicurazione generale obbligatoria INPS per le pensioni ai lavoratori dipendenti o di altro fondo o gestione speciale o cassa per le pensioni sostitutive ed esonerative, hanno diritto di versare i contributi sindacali alle federazioni pensionati a carattere nazionale aderenti alle confederazioni sindacali rappresentate nel CNEL attraverso trattenuta sulla pensione da autorizzarsi con delega personale volontaria sottoscritta dallo stesso titolare di pensione, stabilendo al secondo comma, che le modalità attraverso cui effettuare la trattenuta saranno stabilite con accordo diretto tra i rappresentanti delle organizzazioni sindacali interessate e gli amministratori dell'INPS o di altri enti interessati.

 

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 43, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001, l'ARAN ammette alla contrattazione collettiva nazionale le organizzazioni sindacali che abbiano nel comparto o nell'area una rappresentatività non inferiore al 5 per cento, considerando a tal fine la media tra il dato associativo e il dato elettorale. Il dato associativo è espresso dalla percentuale delle deleghe per il versamento dei contributi sindacali rispetto al totale delle deleghe rilasciate nell'ambito considerato. Il dato elettorale è espresso dalla percentuale dei voti ottenuti nelle elezioni delle rappresentanze unitarie del personale, rispetto al totale dei voti espressi nell'ambito considerato.

 

Il comma 2 dell’articolo, oggetto di disamina in questa sede, prevede che il personale in quiescenza, di cui al comma 1, non sia computato ai fini della determinazione della rappresentatività delle organizzazioni sindacali cui è iscritto ai sensi del medesimo comma 1.

 

Riguardo al concetto di rappresentatività, giova ricordare che, in assenza di parametri legali predeterminati per valutare la maggiore rappresentatività, essa si è a lungo basata sugli indici elaborati dalla giurisprudenza.

A tal proposito, sono stati considerati indici della maggiore rappresentatività la consistenza numerica, l'equilibrata presenza di un ampio arco di settori produttivi, un'organizzazione estesa a tutto il territorio nazionale, l'effettiva partecipazione - con caratteri di continuità e di sistematicità - alla contrattazione collettiva (ex multis Cass., sez. lav., 10 luglio 1991, n. 7622).

Per ovviare alle difficoltà di applicazione del criterio della cd. maggiore rappresentatività in settori in cui sono presenti molteplici attori sindacali ed altrettanti contratti collettivi, a partire dalla metà degli anni ’90, è stato introdotto “il concetto di "organizzazione sindacale comparativamente più rappresentativa" (v. Cons. Stato Sent. n. 8300 del 26 settembre 2022). Secondo l’insegnamento della giurisprudenza, la valutazione dei sindacati comparativamente più rappresentativi si basa sui seguenti elementi: “consistenza numerica, ampiezza e diffusione, partecipazione alla formazione e stipulazione di contratti collettivi di lavoro, partecipazione alla risoluzione di vertenze” (Consiglio di Stato Sent. n. 971 del 22 febbraio 2007).

Invece, “con riferimento al precedente criterio della "maggiore rappresentatività", si è affermato in giurisprudenza che solitamente il legislatore utilizza la locuzione "sindacato maggiormente rappresentativo" quando la finalità della norma è quella di attribuire specifiche prerogative e diritti alle associazioni sindacali operanti in determinati contesti lavorativi, rispetto alle quali l'analisi sulla rappresentatività deve tenere adeguatamente conto della necessità di tutelare il principio del pluralismo rappresentativo, onde evitare che un deficit in termini astratti di rappresentatività si traduca in una sostanziale compromissione dell'esercizio delle libertà di azione sindacale costituzionalmente garantite” (Cons. Stato Sent. n. 8300 del 26 settembre 2022).

 

 

 

 

 


Articolo 29
(Uniformazione dei tempi di presentazione delle domande di accesso ad Ape sociale e di pensionamento anticipato con requisito contributivo ridotto)

 

 

L’articolo 29 dispone l’uniformazione dei termini di presentazione delle domande di accesso all’Ape sociale e al pensionamento anticipato con requisito contributivo ridotto (in favore dei cosiddetti lavoratori precoci), stabilendo che tali domande sono presentate entro il 31 marzo, il 15 luglio e, comunque, non oltre il 30 novembre di ciascun anno. Tali termini sono posti in relazione alle attività amministrative dell’INPS – ivi compresa quella sul monitoraggio del rispetto dei limiti di spesa stabiliti per i medesimi istituti – e non concernono la decorrenza dei trattamenti in oggetto (la disciplina di quest’ultima resta immutata).

 

Nel dettaglio, il comma 1 stabilisce che le domande di riconoscimento delle condizioni per l’accesso all’Ape sociale, di cui all’articolo 1, commi da 179 a 186, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, e le domande di riconoscimento delle condizioni per l’accesso al pensionamento anticipato con requisito contributivo ridotto, di cui all’articolo 1, commi da 199 a 205, della medesima L 232/2016, sono presentate entro il 31 marzo, il 15 luglio e, comunque, non oltre il 30 novembre di ciascun anno.

Secondo quanto disposto dal comma 2, tali domande acquisite trovano accoglimento esclusivamente se, all’esito dello svolgimento delle attività di monitoraggio di cui all’articolo 11, rispettivamente, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 maggio 2017, n. 88, e del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 maggio 2017, n. 87, residuano le necessarie risorse finanziarie.

Ai sensi dell’art. 11 del DPCM n. 87/2017 (Monitoraggio e criteri di ordinamento delle domande e gestione della clausola di salvaguardia), il monitoraggio delle domande positivamente certificate, ai fini della individuazione di eventuali scostamenti rispetto alle risorse finanziarie annualmente disponibili per legge, è effettuato dall'INPS, sulla base della data di raggiungimento del requisito ridotto e, a parità della stessa, della data di presentazione della domanda di riconoscimento delle condizioni per l'accesso al beneficio.

Qualora l'onere finanziario accertato sia superiore allo stanziamento di cui all'articolo 1, comma 203, della legge n. 232 del 2016, valutato anche in via prospettica, l'INPS provvede all'individuazione dei soggetti esclusi dal beneficio e al conseguente posticipo della decorrenza dell'indennità loro dovuta sulla base del criterio di ordinamento previsto.

Qualora dall'attività di monitoraggio prevista per ciascun anno residuino le necessarie risorse finanziarie, l'INPS provvede ad individuare i soggetti per i quali è possibile concedere il beneficio nei limiti delle risorse finanziarie annualmente disponibili.

All'espletamento delle attività di monitoraggio si provvede attraverso apposita conferenza di servizi indetta dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, da concludersi entro il 31 marzo dell'anno seguente a quello di presentazione delle domande.

Ai sensi dell’art. 11 del DPCM n. 88/2017: il monitoraggio delle domande positivamente certificate, ai fini della individuazione di eventuali scostamenti rispetto alle risorse finanziarie annualmente disponibili per legge, è effettuato dall'INPS, sulla base della data di raggiungimento del requisito anagrafico per l'accesso al trattamento pensionistico di vecchiaia di cui all'articolo 24, comma 6, del decreto-legge n. 201 del 2011 e, a parità di requisito, della data di presentazione della domanda di riconoscimento delle condizioni per l'accesso all'APE sociale.

Qualora l'onere finanziario accertato sia superiore allo stanziamento di cui all'articolo 1, comma 186, della legge n. 232 del 2016 valutato anche in via prospettica, l'INPS provvede all'individuazione dei soggetti esclusi dal beneficio e al conseguente posticipo della decorrenza dell'indennità loro dovuta sulla base del criterio di ordinamento previsto.

Qualora dall'attività di monitoraggio prevista residuino le necessarie risorse finanziarie, l'INPS provvede ad individuare nell'ambito delle domande, positivamente certificate e sulla base del criterio di ordinamento, i soggetti per i quali è possibile concedere l'APE sociale nei limiti delle risorse finanziarie annualmente disponibili.

All'espletamento delle attività di monitoraggio si provvede attraverso indizione, da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di apposita conferenza di servizi.

 

Come sottolineato nella Relazione Tecnica, la disposizione in commento, in quanto di natura ordinamentale, non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 


 


Articolo 30
(Modifiche della disciplina sulla costituzione di una rendita vitalizia in relazione a contributi pensionistici prescritti e Incremento del Fondo sociale per occupazione e formazione)

 

 

L’articolo 30 concerne, in primo luogo, i contributi pensionistici, relativi ai lavoratori dipendenti privati (o ai collaboratori in forma coordinata e continuativa, iscritti alla cosiddetta Gestione separata dell’INPS [78] ) [79] , non versati per inadempimento del datore di lavoro (o del committente [80] ) e caduti in prescrizione; la novella [81] introduce, al riguardo, la possibilità di richiesta all’INPS, da parte del lavoratore e con onere a suo carico, della costituzione di una rendita vitalizia, qualora sia decorso il termine di prescrizione per l’omologa richiesta (già prevista nell’ordinamento) da parte del datore di lavoro (o da parte del medesimo lavoratore in sostituzione del datore). L’articolo provvede, inoltre, alla copertura finanziaria degli oneri netti derivanti dalla novella in esame per gli anni 2026 e seguenti, nonché all’incremento del Fondo sociale per occupazione e formazione [82] per gli anni 2024 e 2025, nella misura identica agli effetti finanziari netti positivi derivanti (nei suddetti due anni) dalla medesima novella.

 

Più in particolare, la novella di cui al comma 1 del presente articolo 30 introduce la possibilità summenzionata con onere a carico esclusivo del lavoratore, in seguito alla prescrizione – in base all’ordinario termine di prescrizione decennale – delle seguenti possibilità, previste dalla normativa vigente relativamente ai contributi pensionistici non versati dal datore di lavoro e prescritti [83] : di richiesta all’INPS, da parte del datore, di costituzione di una rendita vitalizia reversibile; di omologa richiesta (in via sostitutiva) da parte del lavoratore, per i casi cui questi non possa ottenere dal datore la costituzione della rendita, a condizione che il lavoratore fornisca all'INPS le prove del rapporto di lavoro e della misura della retribuzione [84] e fatto salvo il diritto (nei confronti del datore) al risarcimento del danno.

Le relazioni illustrativa e tecnica del disegno di legge in esame [85] ricordano che, secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione [86] , le due richieste summenzionate, possibili a legislazione vigente, sono assoggettate all’ordinario termine di prescrizione decennale e che a tale indirizzo giurisprudenziale non sono seguite istruzioni amministrative a livello centrale, con la conseguente possibilità di applicazioni diverse da parte delle varie sedi territoriali dell’INPS.

La novella di cui al presente comma 1 introduce una possibilità non soggetta a termine di prescrizione, possibilità riconosciuta qualora i termini per le due richieste summenzionate siano prescritti. La nuova possibilità è esercitabile, come detto, con onere finanziario a carico esclusivo del lavoratore ed è subordinata all’onere della prova summenzionato. La misura dell’onere finanziario è determinata secondo i medesimi criteri vigenti per le altre due tipologie di richiesta. Tali criteri prevedono il versamento all’INPS di una riserva matematica, calcolata in base a tariffe definite con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Consiglio di amministrazione dell'INPS [87] .

La summenzionata relazione illustrativa [88] specifica che la novella non ha alcun effetto circa la possibilità di risarcimento del danno nei confronti del datore, possibilità che, nella fattispecie in esame, resta dunque preclusa per intervenuta prescrizione.

L’alinea del comma 3 del presente articolo 30 reca le stime degli oneri annui, a carico della finanza pubblica, derivanti dalla novella di cui al comma 1, comprensivi degli effetti fiscali negativi (in ragione della deducibilità fiscale dei contributi); le stime sugli effetti finanziari al netto delle maggiori entrate contributive sono riportate nelle lettere b) e c) dello stesso comma 3; tali effetti sono stimati in termini positivi (per la finanza pubblica) per gli anni 2024 e 2025 e negativi per gli anni successivi. Le conseguenti risorse finanziarie relative agli anni 2024 e 2025 vengono utilizzate (comma 2 e comma 3, lettera b)) al fine di un incremento, in identica misura, del suddetto Fondo sociale per occupazione e formazione; tale incremento è pari a 14,2 milioni di euro per l’anno 2024 e a 2,1 milioni per l’anno 2025.

Il comma 4 reca la clausola contabile, concernente le variazioni di bilancio – mediante decreti del Ministro dell’economia e delle finanze – conseguenti all’attuazione del presente articolo.


Articolo 31
(Svolgimento mediante videoconferenza o in modalità mista delle riunioni degli organi degli enti previdenziali di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n.103)

 

 

L’articolo 31 prevede che le riunioni degli organi statutari degli enti di diritto privato gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza possano svolgersi, anche in via ordinaria, mediante videoconferenza, anche per una sola parte dei componenti; ciò al fine di contenere i costi e contestualmente consentire la più ampia partecipazione dei componenti e, comunque, osservando i principi di trasparenza e tracciabilità, identificabilità, sicurezza delle comunicazioni e protezione dei dati personali (comma 1).

La disposizione stabilisce altresì che gli enti interessati - che non prevedono nei propri ordinamenti tali modalità di svolgimento delle riunioni - siano tenuti a disciplinarle nei loro statuti, con specifica deliberazione da sottoporre ai Ministeri vigilanti, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge (comma 2).

 

Nel dettaglio, la disposizione in commento introduce le modalità videoconferenza o mista quali modalità anche ordinarie di svolgimento delle riunioni degli organi statutari degli enti previdenziali di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509 e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103 (ossia degli enti di diritto privato che gestiscono forme obbligatorie di previdenza e di assistenza) (comma 1).

 

Si ricorda che il decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509 reca attuazione della delega conferita dall'art. 1, comma 32, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in materia di trasformazione in persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza.

Il decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103 reca attuazione della delega conferita dall'art. 2, comma 25, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in materia di tutela previdenziale obbligatoria dei soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione.

 

Le finalità di tale previsione sono quelle di contenere i costi e di permettere ad una platea più ampia possibile dei componenti di partecipare alle riunioni medesime.

Viene anche precisato che lo svolgimento mediante videoconferenza o in modalità mista delle riunioni avviene nel rispetto dei criteri di trasparenza e tracciabilità, identificabilità, sicurezza delle comunicazioni e protezione dei dati personali di cui all’articolo 73 [89] del decreto-legge n. 18 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2020 (recante misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19).

 

Ai sensi del comma 2, gli enti in oggetto, che nell’ambito dei loro ordinamenti non prevedono le sopracitate modalità di svolgimento delle riunioni, devono disciplinarle nei propri statuti con apposita deliberazione.

Tale deliberazione - entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge - deve essere sottoposta ai Ministeri vigilanti, ai sensi dell’articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509.

 

Il richiamato articolo 3 del decreto legislativo n. 509 del 1994 prevede, al comma 1, che la vigilanza sulle associazioni o fondazioni di cui all'articolo 1 del decreto medesimo (ossia gli enti privatizzati) sia esercitata dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, dal Ministero dell’economia e delle finanze, nonché dagli altri Ministeri rispettivamente competenti ad esercitare la vigilanza per gli enti trasformati ai sensi dell'articolo 1, comma 1.

Il comma 2 statuisce che, nell'esercizio della vigilanza, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministeri competenti a vigilare, approvi i seguenti atti: lo statuto e i regolamenti, nonché le relative integrazioni o modificazioni; b) le delibere in materia di contributi e prestazioni, sempre che la relativa potestà sia prevista dai singoli ordinamenti vigenti.

 

La relazione tecnica precisa, infine, che l’articolo, afferendo alle modalità di svolgimento delle riunioni degli organi degli enti previdenziali, non comporta nuovi o maggiori oneri a carico dello Stato.

Articolo 32
(Disposizioni in materia di percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento presso le istituzioni scolastiche)

 

 

L’articolo 32, composto di un unico comma, nell’introdurre i nuovi commi 784-quinquies, 784-sexies e 784-septies nell’articolo 1 della L. n. 145/2018 (legge di bilancio per il 2019):

- istituisce presso il Ministero dell'istruzione e del merito l'Albo delle buone pratiche dei percorsi per le competenze trasversali e l'orientamento, nel quale sono raccolte le buone pratiche adottate dalle istituzioni scolastiche (comma 784-quinquies);

- istituisce presso il Ministero dell'istruzione e del merito l'Osservatorio nazionale per i percorsi per le competenze trasversali e per l'orientamento, con compiti di sostegno delle attività di monitoraggio e di valutazione dei medesimi percorsi (comma 784-sexies);

- demanda, infine, ad un decreto del Ministro dell'istruzione e del merito la definizione della composizione, delle modalità di funzionamento e della durata in carica dei componenti dell'Osservatorio (comma 784-septies).

 

Nello specifico, il comma 784-quinquies riconduce espressamente l’istituzione dell'Albo delle buone pratiche dei percorsi per le competenze trasversali e l'orientamento alle finalità “di condividere e diffondere soluzioni organizzative ed esperienze di eccellenza”. L’ultimo periodo del comma in esame demanda quindi a un decreto del Ministro dell'istruzione e del merito la definizione delle modalità di costituzione e di funzionamento dell'Albo.

Al riguardo, la relazione tecnica fa presente che «la piattaforma per l’alternanza scuola-lavoro è già operativa e al suo interno è già prevista la sezione “Storie di alternanza” nella quale sono descritte le buone pratiche. Pertanto, all’attuazione si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente».

 

In base al comma 784-sexies, l’istituzione dell'Osservatorio nazionale per i percorsi per le competenze trasversali e per l'orientamento è finalizzata al consolidamento di percorsi per le competenze trasversali e per l'orientamento che rispondano a criteri di qualità sotto il profilo formativo e orientativo. All'attuazione del comma in esame si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Ai componenti dell'Osservatorio non spettano compensi, indennità, gettoni di presenza, rimborsi di spese né altri emolumenti comunque denominati.

Il comma 784-septies demanda a un decreto del Ministro dell'istruzione e del merito il compito di definire la composizione, le modalità di funzionamento e la durata in carica dei componenti dell'Osservatorio.

 

L’alternanza scuola-lavoro

 

L’art. 4, comma 1, della L. n. 53/2003 aveva delegato il Governo ad adottare “un apposito decreto legislativo” nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) svolgere l'intera formazione dai 15 ai 18 anni, attraverso l'alternanza di periodi di studio e di lavoro, sotto la responsabilità dell'istituzione scolastica o formativa, sulla base di convenzioni con imprese o con le rispettive associazioni di rappresentanza o con le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, o con enti pubblici e privati ivi inclusi quelli del terzo settore, disponibili ad accogliere gli studenti per periodi di tirocinio che non costituiscono rapporto individuale di lavoro. Le istituzioni scolastiche, nell'àmbito dell'alternanza scuola-lavoro, possono collegarsi con il sistema dell'istruzione e della formazione professionale ed assicurare, a domanda degli interessati e d'intesa con le regioni, la frequenza negli istituti d'istruzione e formazione professionale di corsi integrati che prevedano piani di studio progettati d'intesa fra i due sistemi, coerenti con il corso di studi e realizzati con il concorso degli operatori di ambedue i sistemi;

b)       fornire indicazioni generali per il reperimento e l'assegnazione delle risorse finanziarie necessarie alla realizzazione dei percorsi di alternanza, ivi compresi gli incentivi per le imprese, la valorizzazione delle imprese come luogo formativo e l'assistenza tutoriale;

c)       indicare le modalità di certificazione dell'esito positivo del tirocinio e di valutazione dei crediti formativi acquisiti dallo studente.

La finalità della delega legislativa era quella di assicurare agli studenti che avevano compiuto il quindicesimo anno di età la possibilità di realizzare i corsi del secondo ciclo in alternanza scuola-lavoro, come modalità di realizzazione del percorso formativo progettata, attuata e valutata dall'istituzione scolastica e formativa in collaborazione con le imprese, con le rispettive associazioni di rappresentanza e con le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, che assicurasse ai giovani, oltre alla conoscenza di base, l'acquisizione di competenze spendibili nel mercato del lavoro.

In attuazione di tale delega, l’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 77/2005 (Definizione delle norme generali relative all'alternanza scuola-lavoro), ha disciplinato l'alternanza scuola-lavoro come modalità di realizzazione dei corsi del secondo ciclo, sia nel sistema dei licei, sia nel sistema dell'istruzione e della formazione professionale, per assicurare ai giovani, oltre alle conoscenze di base, l'acquisizione di competenze spendibili nel mercato del lavoro. Gli studenti che hanno compiuto il quindicesimo anno di età, salva restando la possibilità di espletamento del diritto-dovere con il contratto di apprendistato, possono presentare la richiesta di svolgere, con la predetta modalità e nei limiti delle risorse previste, l'intera formazione dai 15 ai 18 anni o parte di essa, attraverso l'alternanza di periodi di studio e di lavoro, sotto la responsabilità dell'istituzione scolastica o formativa. Successivamente, l'art. 1, comma 33, della L. n. 107/2015, ha stabilito che i percorsi di alternanza scuola-lavoro fossero attuati, negli istituti tecnici e professionali, per una durata complessiva, nel secondo biennio e nell'ultimo anno del percorso di studi, di almeno 400 ore e, nei licei, per una durata complessiva di almeno 200 ore nel triennio, con la finalità di incrementare le opportunità di lavoro e le capacità di orientamento degli studenti. Le predette disposizioni si sarebbero applicate a partire dalle classi terze attivate nell'anno scolastico 2015/2016. I percorsi di alternanza dovevano essere inseriti nei piani triennali dell'offerta formativa (disciplinati dall’art. 3 del DPR 275/1999, come sostituito dall’art. 1, co. 14, della L. 107/2015)

La disciplina relativa ai PCTO è inoltre contenuta nel Manuale INAIL-MIUR del 2013, intitolato Gestione del sistema sicurezza e cultura della prevenzione nella scuola, nella Guida Operativa MIUR dell'8 ottobre 2015 e nella Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in alternanza scuola-lavoro, adottata con DM n. 195 del 3 novembre 2017.

In base all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 77/2005, come modificato dal comma 34 dell'art. 1, L. 13 luglio 2015, n. 107, i percorsi in alternanza sono progettati, attuati, verificati e valutati sotto la responsabilità dell'istituzione scolastica o formativa, sulla base di apposite convenzioni con le imprese, o con le rispettive associazioni di rappresentanza, o con le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, o con gli enti pubblici e privati, ivi inclusi quelli del terzo settore, o con gli ordini professionali, ovvero con i musei e gli altri istituti pubblici e privati operanti nei settori del patrimonio e delle attività culturali, artistiche e musicali, nonché con enti che svolgono attività afferenti al patrimonio ambientale o con enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI, disponibili ad accogliere gli studenti per periodi di apprendimento in situazione lavorativa, che non costituiscono rapporto individuale di lavoro. Le istituzioni scolastiche e formative, nell'àmbito degli ordinari stanziamenti di bilancio, destinano specifiche risorse alle attività di progettazione dei percorsi in alternanza scuola-lavoro (si veda anche l’art. 3, comma 2, del D.M. 3 novembre 2017, n. 195).

Secondo l’art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 77/2005, le istituzioni scolastiche o formative, singolarmente o in rete, stipulano, nei limiti degli importi allo scopo annualmente assegnati nell'àmbito delle risorse disponibili, apposite convenzioni, a titolo gratuito, con i soggetti abilitati. Le convenzioni, in relazione al progetto formativo, regolano i rapporti e le responsabilità dei diversi soggetti coinvolti nei percorsi in alternanza, ivi compresi gli aspetti relativi alla tutela della salute e della sicurezza dei partecipanti.

In base all'art. 5, comma 4, del D.M. n. 195 del 3 novembre 2017, al fine di garantire la salute e la sicurezza degli studenti degli istituti tecnici e professionali, nonché dei licei, impegnati nei percorsi di alternanza negli ultimi tre anni del percorso di studi, considerata la specifica finalità didattica e formativa, ai sensi dell’articolo 2 comma 1, lettera a), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, che equipara gli studenti allo status dei lavoratori, è stabilito che il numero di studenti ammessi in una struttura sia determinato in funzione delle effettive capacità strutturali, tecnologiche ed organizzative della struttura ospitante, nonché in ragione della tipologia di rischio cui appartiene la medesima struttura ospitante con riferimento allAccordo Stato-Regioni del  21 dicembre 2011, n. 221, in una proporzione numerica studenti/tutor della struttura ospitante non superiore al rapporto di 5 a 1 per attività a rischio alto, non superiore al rapporto di 8 a 1 per attività a rischio medio, non superiore al rapporto di 12 a 1 per attività a rischio basso.

Successivamente, i commi 784-787 dell’art. 1, dopo il comma 784-quater della legge n. 145 del 2018 avevano stabilito la ridenominazione dei percorsi in alternanza scuola-lavoro, istituiti dal d.lgs. n. 77 del 2005, in “percorsi per le competenze trasversali e per l'orientamento” e, a decorrere dall’anno scolastico 2018/2019, ne avevano ridotto il numero di ore minimo complessivo da svolgere. In particolare, si è disposto che, a decorrere dall’a.s. 2018/2019, i nuovi percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento sono svolti per una durata complessiva minima di: 210 ore nel triennio terminale dei percorsi di istruzione professionale (a fronte delle previgenti 400 ore dei percorsi di alternanza scuola-lavoro); 150 ore nel secondo biennio e nel quinto anno degli istituti tecnici (a fronte delle previgenti 400 ore dei percorsi alternanza scuola-lavoro); 90 ore nel secondo biennio e nel quinto anno dei percorsi liceali (a fronte delle previgenti 200 ore dei percorsi di alternanza scuola-lavoro) (co. 784). Si è quindi demandato a un decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, la definizione delle linee guida per l’organizzazione dei nuovi percorsi (co. 785). In attuazione di tale disposizione è stato quindi adottato il D.M. n. 774/2019 (Linee guida in merito ai percorsi per le competenze trasversali e per l'orientamento). A decorrere dal 2019, le risorse stanziate dall’art. 1, co. 39, della L. 107/2015 per l’organizzazione dei percorsi di alternanza scuola-lavoro – pari a € 100 mln annui dal 2016 – sono assegnate alle istituzioni scolastiche nei limiti necessari allo svolgimento del numero minimo di ore fissato (comma 786). Circa i progetti già attivati dalle scuole nell’a.s. 2018/2019, si dispone che “si determina automaticamente, anche nei confronti di eventuali soggetti terzi coinvolti, una rimodulazione delle attività”, sulla base delle risorse finanziarie occorrenti e disponibili sui pertinenti capitoli di bilancio in attuazione delle disposizioni di cui ai commi da 784 a 786 (comma 787).

Infine, i commi 4 e 5 dell’articolo 17 del D.L. 48/2023 (L. 85/2023) hanno integrato la disciplina relativa ai percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento (PCTO), contenuta nei commi da 784 a 787 dell’articolo 1 della legge di bilancio per il 2019 (L. 145/2018). Il comma 4, nell’introdurre i commi da 784-bis a 784-quater al predetto articolo 1 della legge di bilancio per il 2019:

- stabilisce il principio per cui la progettazione dei PCTO deve essere coerente con il piano triennale dell’offerta formativa (PTOF) e con il profilo culturale, educativo e professionale in uscita dei singoli indirizzi di studio offerti dalle istituzioni scolastiche;

- a tal fine, impone alle istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione l’individuazione, nell’ambito dell’organico dell’autonomia e avvalendosi delle risorse disponibili a legislazione vigente, del docente coordinatore di progettazione (comma 784-bis);

- demanda a un decreto del Ministro dell’istruzione e del merito l’individuazione delle modalità per effettuare il monitoraggio qualitativo dei PCTO (comma 784-ter);

- prevede l’integrazione del documento di valutazione dei rischi (DVR) da parte delle imprese iscritte nel registro nazionale per l’alternanza con un’apposita sezione con l’indicazione delle misure specifiche di prevenzione dei rischi e dei dispositivi di protezione individuale (DPI) da adottare per gli studenti nei PCTO (comma 784-quater). La sezione integrativa del DVR deve indicare altresì “ogni altro segno distintivo utile ad identificare gli studenti”. Il comma 784-quater, qui introdotto all’articolo 1 della legge di bilancio per il 2019 (L. n. 145/2018), dispone altresì che l’integrazione al documento di valutazione dei rischi (DVR) è fornita all’istituzione scolastica ed è allegata alla convenzione.

Il comma 5 dell’articolo 17 in esame, novellando l’articolo 1 della L. n. 107/2015:

- prevede che la sezione speciale del registro delle imprese, a cui devono essere iscritte le imprese per l'alternanza scuola-lavoro, deve consentire la condivisione di ulteriori informazioni, oltre quelle già previste, relativamente a ciascuna impresa iscritta (lettera a), che modifica in tal senso il comma 41, lettera b), dell’articolo 1); Il comma 41, lettera b), dell’articolo 1 della L. n. 107/2015, come modificato dalla lettera a) del comma 5 qui in esame, prevede che la sezione speciale del registro delle imprese, a cui devono essere iscritte le imprese per l'alternanza scuola-lavoro, deve consentire la condivisione anche: delle capacità strutturali, tecnologiche e organizzative dell’impresa; dell’esperienza maturata nei percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento; dell’eventuale partecipazione a forme di raccordo organizzativo con associazioni di categoria, reti di scuole, enti territoriali già impegnati nei predetti percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento.

- stabilisce che il registro nazionale per l’alternanza scuola-lavoro e la piattaforma dell’alternanza scuola-lavoro istituita presso il Ministero dell’istruzione e del merito, ridenominata «Piattaforma per i percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento», devono assicurare l’interazione e lo scambio di informazioni e di dati per la proficua progettazione dei PCTO (lettera b), che introduce il nuovo comma 41-bis all’articolo 1).


 

Articolo 33
(Fondo per le politiche della famiglia)

 

 

L’articolo 33 – inserito dalla Camera dei deputati – reca una modifica nella formulazione delle destinazioni del Fondo per le politiche della famiglia [90] , stabilite dall’articolo 1, comma 1250, della L. 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni. La nuova formulazione comprende una previsione a sé stante di una destinazione per interventi volti a potenziare il ruolo dei centri per la famiglia, ferma restando la destinazione di risorse anche per interventi volti a valorizzare il ruolo dei consultori familiari, mentre la formulazione vigente prevede in via unitaria la destinazione per interventi volti a valorizzare il ruolo dei consultori familiari e dei centri per la famiglia.

 

La novella in esame fa riferimento alla finalità di rafforzare le funzioni di supporto e di informazione alle famiglie svolte dai centri per la famiglia, anche con riferimento alle misure di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.

Si ricorda che il Fondo per le politiche della famiglia è destinato a finanziare interventi in materia di politiche per la famiglia e misure di sostegno alla famiglia, alla natalità, alla maternità e alla paternità, al fine prioritario del contrasto della crisi demografica, nonché misure di sostegno alla componente anziana dei nuclei familiari. In particolare, il citato comma 1250 – nella formulazione finora vigente – prevede i seguenti utilizzi delle risorse del Fondo:

a) un finanziamento in favore dell'Osservatorio nazionale sulla famiglia;

b) un finanziamento in favore dell'Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile;

c) un finanziamento in favore dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza;

d) l'elaborazione, realizzata d'intesa con le altre amministrazioni statali competenti e con la Conferenza unificata Stato-regioni-province autonome-città ed autonomie locali, di un Piano nazionale per la famiglia che costituisca il quadro conoscitivo, promozionale e orientativo degli interventi relativi all'attuazione dei diritti della famiglia, nonché l’acquisizione di proposte e indicazioni utili per il medesimo Piano e per verificarne successivamente l'efficacia, attraverso la promozione e l'organizzazione con cadenza biennale di una Conferenza nazionale sulla famiglia;

e) interventi volti a valorizzare il ruolo dei consultori familiari e dei centri per la famiglia;

f) interventi volti alla prevenzione di ogni abuso sessuale nei confronti dei minori e al contrasto della pedofilia e della pornografia minorile, nonché progetti volti ad assicurare adeguati percorsi di sostegno, anche di natura economica, ai minori orfani per crimini domestici e alle loro famiglie, affidatarie o adottive;

g) progetti finalizzati alla protezione e alla presa in carico dei minori vittime di violenza assistita, nonché interventi a favore delle famiglie in cui sono presenti minori vittime di violenza assistita;

h) interventi a tutela dell'infanzia e dell'adolescenza, con particolare riferimento alle situazioni di vulnerabilità socioeconomica e al disagio minorile, anche con riferimento al contrasto del fenomeno del cyberbullismo;

i) interventi per il sostegno dei genitori separati e divorziati, anche attraverso lo sviluppo del sistema territoriale dei servizi sociali finalizzati alla loro presa in carico;

i-bis) interventi per il sostegno ai genitori nei casi di morte del figlio;

l) interventi per la diffusione della figura professionale dell'assistente familiare;

m) iniziative di abbattimento dei costi dei servizi per le famiglie con almeno tre figli minori, compresa la carta della famiglia di cui all'articolo 1, comma 391, della L. 28 dicembre 2015, n. 208, e successive modificazioni;

n) iniziative di conciliazione del tempo di vita e di lavoro, nonché di promozione del welfare familiare aziendale, comprese le azioni di cui all'articolo 9 della L. 8 marzo 2000, n. 53, e successive modificazioni;

o) interventi volti a favorire i nuclei familiari a rischio, al fine di prevenire l'abbandono e di consentire al minore di crescere e di essere educato nell'ambito della propria famiglia;

p) attività di informazione e di comunicazione in materia di politiche per la famiglia;

q) interventi che diffondano e valorizzino, anche attraverso opportune sinergie, le migliori iniziative in materia di politiche familiari adottate da enti pubblici e privati, enti locali, imprese e associazioni, al fine di agevolare il mutuo scambio, la condivisione e il sostegno di esperienze virtuose e di buone pratiche;

r) interventi in materia di adozione e di affidamento, volti a tutelare il superiore interesse del minore e a sostenere le famiglie adottive o affidatarie, anche al fine di sostenere il percorso successivo all'adozione.

 


Articolo 34
(Permessi non retribuiti dei vertici elettivi degli Ordini e Federazioni delle professioni sanitarie)

 

 

L’articolo 34, introdotto nel corso dell’esame alla Camera dei deputati, prevede che i vertici elettivi degli Ordini delle professioni sanitarie e delle Federazioni nazionali, ove dipendenti delle aziende e degli enti del SSN, possano usufruire di permessi non retribuiti per partecipare ad attività istituzionali. Tali permessi possono avere una durata non superiore a otto ore lavorative mensili.

La disposizione precisa che i dipendenti interessati devono fare richiesta almeno tre giorni prima, salvo che vi siano ragioni di urgenza comprovate.

 

La disposizione in commento, introdotta nel corso dell’esame in Commissione, prevede che i vertici elettivi degli Ordini delle professioni sanitarie e delle relative Federazioni nazionali, di cui ai Capi I, II e III del D.Lgs. del Capo provvisorio dello Stato n. 233 del 1946, qualora siano dipendenti delle aziende e degli enti del Servizio Sanitario Nazionale, possano avvalersi di permessi per partecipare ad attività istituzionali.

 

Viene quindi precisato che tali permessi non sono retribuiti e la loro durata non può superare le otto ore lavorative al mese.

Le attività istituzionali cui è consentito partecipare, avvalendosi dei permessi in oggetto, devono essere connesse all’espletamento del relativo mandato (comma 1).

 

Ai sensi del comma 2, al fine di usufruire di tali permessi, i dipendenti interessati devono fare richiesta all’amministrazione cui appartengono.

Tale richiesta - che deve avvenire in forma scritta e con l’indicazione della relativa motivazione - deve essere fatta con un minimo di tre giorni di anticipo, salvo comprovate ragioni di urgenza.

 

 



[1]     La novella di cui al precedente numero 4) è meramente formale; in merito, cfr. infra.

[2]     La relazione illustrativa è reperibile nell’A.C. n. 1532.

[3]     Riguardo alla composizione della Commissione, cfr. l’articolo 6, comma 1, del citato D.Lgs. n. 81 del 2008, e successive modificazioni; in merito alle funzioni della Commissione, cfr. il comma 8 del medesimo articolo 6, e successive modificazioni. Si ricorda che l’inserimento, in seno alla Commissione, della figura di tre esperti in medicina del lavoro, igiene industriale e impiantistica industriale e di un rappresentante dell'ANMIL è stato operato dalla novella di cui all'articolo 20, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 151.

[4]     La novella concerne l’articolo 12 del citato D.Lgs. n. 81 del 2008, e successive modificazioni.

[5]     Ai sensi del comma 3 del citato articolo 12 del D.Lgs. n. 81 del 2008.

[6]     Gli altri soggetti legittimati alla presentazione dei quesiti in oggetto sono (articolo 12 citato, comma 1, del D.Lgs. n. 81 del 2008, e successive modificazioni): gli organismi associativi a rilevanza nazionale degli enti territoriali, gli enti pubblici nazionali, le regioni e le province autonome, i consigli nazionali degli ordini o collegi professionali. La normativa in esame specifica che le organizzazioni sindacali legittimate e i suddetti consigli nazionali possono presentare i quesiti sia di propria iniziativa sia su segnalazione dei propri iscritti.

[7]     La relazione illustrativa è reperibile nell’A.C. n. 1532.

[8]     La novella introduce l’articolo 14-bis nel citato D.Lgs. n. 81 del 2008.

[9]     Ai sensi dell’articolo 38, comma 4, del citato D.Lgs. n. 81 del 2008.

[10]   Riguardo a tale anagrafe, cfr. l’url https://www.cogeaps.it/?page_id=20.

[11]    Ai sensi dell’articolo 25, comma 1, lettera e), del citato D.Lgs. n. 81 del 2008, e successive modificazioni. Si ricorda che la lettera e-bis) dello stesso articolo 25, comma 1, prevede che, in occasione della visita medica preventiva, il medico competente richieda al lavoratore di esibire copia della cartella sanitaria e di rischio (rilasciata al lavoratore al momento di risoluzione del precedente rapporto di lavoro) e tenga conto del contenuto della stessa cartella al fine della formulazione del giudizio di idoneità; l’obbligo di esame della suddetta cartella non sussiste nei casi in cui sia oggettivamente impossibile il reperimento della stessa.

[12]   La relazione illustrativa è reperibile nell’A.C. n. 1532.

[13]   Si ricorda che tale estensione è stata operata dall’articolo 13, comma 1, lettera c), numero 1), del D.L. 21 ottobre 2021, n. 146, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2021, n. 215, che ha novellato l’articolo 13, comma 1, del citato D.Lgs. n. 81 del 2008.Si ricorS

[14]   Riguardo a tale valutazione, cfr., in particolare, l’articolo 17, comma 1, lettera a), l’articolo 18, comma 1, lettera a), e gli articoli da 28 a 30 del citato D.Lgs. n. 81 del 2008, e successive modificazioni.

[15]   Riguardo a tali fattispecie, cfr. infra.

[16]   Ai sensi del suddetto articolo 18, comma 1, lettera a), del D.Lgs. n. 81 del 2008, e successive modificazioni.

[17]   Cfr. l’articolo 41, comma 1, del citato D.Lgs. n. 81 del 2008, e successive modificazioni.

[18]   Cfr. l’articolo 58, comma 1, lettera b), e l’articolo 55, comma 5, lettera e), del citato D.Lgs. n. 81 del 2008, e successive modificazioni.

[19]   Il testo vigente fa un più generale richiamo al rispetto dell’intero D.Lgs. n. 81 del 2008.

[20]   Cfr. l’articolo 68, comma 1, lettera b), del citato D.Lgs. n. 81 del 2008, e successive modificazioni.

[21]   Il citato articolo 68, comma 1, lettera b), del D.Lgs. n. 81 richiama infatti esclusivamente i commi 1 e 2 dell’articolo 65 dello stesso D.Lgs., e non anche il comma 3, nel quale la novella inserisce la suddetta procedura di comunicazione.

[22]   I commi oggetto dell’abrogazione in esame sono i commi 3, 4 e 5 dell’articolo 36-bis del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248.

[23]   Le suddette relazioni sono reperibili nell’A.C. n. 1532.

[24]   Cfr., nel suddetto D.Lgs. n. 81 del 2008, e successive modificazioni, anche per i requisiti inerenti alle suddette tessere, l’articolo 18, comma 1, lettera u), l’articolo 20, comma 3, l’articolo 21, comma 1, lettera c), l’articolo 26, comma 8, e, per le norme sanzionatorie, l’articolo 55, comma 5, lettera i), l’articolo 59, comma 1, lettera b), e l’articolo 60, comma 1, lettera b), e comma 2; si ricorda che alcuni requisiti inerenti alle tessere in esame (richieste per i lavori negli appalti e nei subappalti dal D.Lgs. n. 81) sono altresì posti, con riferimento distinto ai lavoratori dipendenti e a quelli autonomi, dall’articolo 5 della L. 13 agosto 2010, n. 136.

[25]   Per l'approvazione delle nuove tariffe dei premi per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali sono stati adottati: per le gestioni "Industria, Artigianato, Terziario e Altre attività” il D.M. 27 febbraio 2019; per la gestione “Navigazione” il D.M. 27 febbraio 2019; per i titolari di aziende artigiane, i soci di società fra artigiani lavoratori, nonché i familiari coadiuvanti del titolare, il D.M. 27 febbraio 2019.

 

[26]   Su tale differenza il datore di lavoro è tenuto al pagamento di una somma in ragione d'anno pari al tasso d'interesse di differimento e di dilazione per la regolarizzazione rateale dei debiti per i contributi ed accessori di legge dovuti dai datori di lavoro.

[27]   Per le PAT (Posizione assicurativa territoriale) di nuova costituzione la riduzione del tasso medio di tariffa è applicata nella misura fissa dell’8 per cento, mentre, trascorsi i primi due anni dalla data di inizio dell'attività della PAT, la riduzione è determinata in relazione al numero dei lavoratori-anno del triennio della PAT e va da un minimo del 5 ad un massimo del 28 per cento.

[28]   a) settore industria; b) settore artigianato; c) settore agricoltura; d) settore terziario; e) credito, assicurazione e tributi; f) attività varie.

[29]   Disciplinato agli articoli 19-20 delle nuove Modalità di applicazione delle Tariffe dei premi (Mat).

[30]   In particolare, l’articolo 6 chiarisce che “a)  per “lavoro svolto in ambito domestico” si intende l'insieme delle attività prestate nell'ambito domestico, senza vincolo di subordinazione e a titolo gratuito, finalizzate alla cura delle persone e dell'ambiente domestico; b)   per “ambito domestico” si intende l'insieme degli immobili di civile abitazione e delle relative pertinenze ove dimora il nucleo familiare dell'assicurato; qualora l'immobile faccia parte di un condominio, l'ambito domestico comprende anche le parti comuni condominiali; c)   il lavoro in ambito domestico si considera svolto in via esclusiva allorché l'assicurato non svolga altra attività che comporti l'iscrizione presso forme obbligatorie di previdenza sociale”.

[31]   Come modificato dall’art. 1, c. 197, lett. b), della L. 234/2021 e, successivamente, dall’art. 23, c. 1, lett. c), del D.L. 4/2022.

[32]   Cfr. sentenza della Corte costituzionale n. 195 del 1995.

[33]   Ai fini in esame, si segnala che le nozioni di libero professionista, nonché di infortunio, grave malattia e intervento chirurgico sono poste dal comma 933 della L. 234/2021. Inoltre, ai sensi del successivo comma 940, le norme in esame si applicano anche in caso di esercizio della libera professione in forma associata o societaria, ai sensi delle disposizioni vigenti in materia, qualora il numero complessivo dei professionisti associati o dei soci sia inferiore a tre, ovvero qualora il professionista sia nominativamente responsabile dello svolgimento dell'incarico professionale.

[34]   La novella in esame concerne l’articolo 26 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148, e successive modificazioni.

[35]   Riguardo alle fonti istitutive dei fondi in esame, cfr. infra.

[36]   La possibilità di istituzione di un fondo non concerne i settori rientranti nell’ambito della disciplina generale dei trattamenti di integrazione salariale, di cui al titolo I del citato D.Lgs. n. 148 del 2015, e successive modificazioni.

[37]   Riguardo a tale Fondo, cfr., in particolare, gli articoli 29 e seguenti del citato D.Lgs. n. 148 del 2015, e successive modificazioni.

[38]   Si ricorda che, per i fondi di solidarietà bilaterali già costituiti alla data del 1° gennaio 2022, è stato posto il termine del 30 giugno 2023 per l’adeguamento alla nuova normativa relativa ai medesimi fondi (introdotta dalle novelle di cui all’articolo 1, commi da 204 a 214 e commi 219 e 220, della L. 30 dicembre 2021, n. 234, relative al titolo II del citato D.Lgs. n. 148 del 2015, e successive modificazioni); per il caso di mancato adeguamento, è stata prevista, con decorrenza dal 1° luglio 2023, la confluenza dei datori di lavoro, interessati da tale mancanza, nel FIS, con il trasferimento a quest’ultimo dei contributi già versati o comunque dovuti dai datori medesimi per gli assegni di integrazione salariale.

[39]   Si ricorda che (ai sensi dell’articolo 11 del citato D.Lgs. n. 148 del 2015) il trattamento ordinario di integrazione salariale può essere concesso per una delle seguenti causali: situazione aziendale dovuta a eventi transitori e non imputabili all'impresa o ai dipendenti, incluse le intemperie stagionali; situazione temporanea di mercato.

[40]   Cfr. l’articolo 20, comma 3-bis, del citato D.Lgs. n. 148 del 2015.

[41]    Il CCNL attualmente in vigore per le imprese che operano quali agenzie di somministrazione all’articolo 10, in ottemperanza al citato art. 12 del D.lgs. 276/2003, prevede l’istituzione dell’ente bilaterale “Forma.Temp”, al fine della realizzazione, tra gli altri, di “interventi di formazione e riqualificazione professionale” e di iniziative comuni volte a garantire “la promozione di percorsi di qualificazione e riqualificazione professionale” e “l’inserimento o il reinserimento nel mercato del lavoro di lavoratori svantaggiati”. L’articolo 11 del CCNL, invece, circoscrive le politiche e le misure nell’ambito delle quali possono essere realizzati gli interventi a carico del fondo.

[42]   Disciplina transitoria di cui all’articolo 31, comma 1, del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, e successive modificazioni.

[43]   Si ricorda che, nell’ambito della disciplina precedente alle norme ora oggetto di soppressione, la circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 17 del 31 ottobre 2018 indicava che, in caso di rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra agenzia e lavoratore, la durata complessiva della missione (o delle missioni) a tempo determinato non era sottoposta a limiti massimi.

[44]   La novella concerne il comma 2 del citato articolo 31 del D.Lgs. n. 81 del 2015, e successive modificazioni.

[45]   Tali fattispecie sono costituite dai contratti a tempo determinato conclusi:

      a)  nella fase di avvio di nuove attività, per i periodi definiti dai contratti collettivi, anche in misura non uniforme con riferimento ad aree geografiche e comparti merceologici;

      b)  da imprese start-up innovative, per il periodo temporale definito dal suddetto articolo 23, comma 2;

      c)  per lo svolgimento delle attività stagionali;

            d) per specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi o per la produzione di specifiche opere audiovisive;

      e)  per sostituzione di lavoratori assenti;

      f)  con lavoratori di età superiore a 50 anni.

[46]   Cfr. il citato comma 2 dell’articolo 31 del D.Lgs. n. 81.

[47]   La norma fa riferimento alla nozione di contratti collettivi posta dall’articolo 51 del citato D.Lgs. n. 81 del 2015. Questi ultimi sono costituiti dai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e dai contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali delle suddette associazioni ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.

[48]   Nel caso di inizio dell'attività nel corso dell'anno, il limite percentuale si computa sul numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento della stipulazione del contratto di somministrazione di lavoro (tra somministratore e utilizzatore).

[49]   Restano fermi, per questi ultimi, gli specifici limiti quantitativi posti dalla disciplina relativa al contratto di lavoro a termine (cfr. l’articolo 23 del citato D.Lgs. n. 81 del 2015, e successive modificazioni).

[50]   La novella concerne l’articolo 34, comma 2, del citato D.Lgs. n. 81 del 2015, e successive modificazioni.

[51]   Cfr. l’articolo 51 del citato D.Lgs. n. 81 del 2015.

[52]   Cfr., tra le altre, la sentenza n. 4 del 6 dicembre 2023-11 gennaio 2024 e la sentenza n. 77 del 7 marzo-6 maggio 2024.

[53]   In base al quale, salvo diversa previsione, ai fini del medesimo D.Lgs. 81/2015 – recante la disciplina organica dei contratti di lavoro e la revisione della normativa in tema di mansioni - per contratti collettivi si intendono i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.

[54]   In particolare, l’articolo 19, comma 3, del decreto legislativo n. 276 del 2003 stabilisce che la violazione degli obblighi (di cui all'articolo 4-bis, commi 5 e 7, del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, così come modificato dall'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 19 dicembre 2002, n. 297, di cui all'articolo 9-bis, comma 2, del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, così come sostituito dall'articolo 6, comma 3, del citato decreto legislativo n. 297 del 2002, e di cui all'articolo 21, comma 1, della legge 24 aprile 1949, n. 264, così come sostituito dall'articolo 6, comma 2, del decreto legislativo n. 297 del 2002,) è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500 euro per ogni lavoratore interessato.

[55]   Il Fondo sociale per occupazione e formazione è stato rifinanziato ai sensi dell’articolo 29, comma 2, del presente disegno di legge (articolo alla cui scheda di lettura si rinvia).

[56]   Articolo 44. Apprendistato professionalizzante

1.   Possono essere assunti in tutti i settori di attività, pubblici o privati, con contratto di apprendistato professionalizzante per il conseguimento di una qualificazione professionale ai fini contrattuali, i soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni. Per i soggetti in possesso di una qualifica professionale, conseguita ai sensi del decreto legislativo n. 226 del 2005, il contratto di apprendistato professionalizzante può essere stipulato a partire dal diciassettesimo anno di età. La qualificazione professionale al cui conseguimento è finalizzato il contratto è determinata dalle parti del contratto sulla base dei profili o qualificazioni professionali previsti per il settore di riferimento dai sistemi di inquadramento del personale di cui ai contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. (98)

2.   Gli accordi interconfederali e i contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale stabiliscono, in ragione del tipo di qualificazione professionale ai fini contrattuali da conseguire, la durata e le modalità di erogazione della formazione per l'acquisizione delle relative competenze tecnico-professionali e specialistiche, nonché la durata anche minima del periodo di apprendistato, che non può essere superiore a tre anni ovvero cinque per i profili professionali caratterizzanti la figura dell'artigiano individuati dalla contrattazione collettiva di riferimento.

3.   La formazione di tipo professionalizzante, svolta sotto la responsabilità del datore di lavoro, è integrata, nei limiti delle risorse annualmente disponibili, dalla offerta formativa pubblica, interna o esterna alla azienda, finalizzata alla acquisizione di competenze di base e trasversali per un monte complessivo non superiore a centoventi ore per la durata del triennio e disciplinata dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano, sentite le parti sociali e tenuto conto del titolo di studio e delle competenze dell'apprendista. La regione comunica al datore di lavoro, entro quarantacinque giorni dalla comunicazione dell'instaurazione del rapporto, effettuata ai sensi dell'articolo 9-bis del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, le modalità di svolgimento dell'offerta formativa pubblica, anche con riferimento alle sedi e al calendario delle attività previste, avvalendosi anche dei datori di lavoro e delle loro associazioni che si siano dichiarate disponibili, ai sensi delle linee guida adottate dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano in data 20 febbraio 2014.

4.   Le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano e le associazioni di categoria dei datori di lavoro possono definire, anche nell'ambito della bilateralità, le modalità per il riconoscimento della qualifica di maestro artigiano o di mestiere.

5.   Per i datori di lavoro che svolgono la propria attività in cicli stagionali, i contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale possono prevedere specifiche modalità di svolgimento del contratto di apprendistato, anche a tempo determinato. La previsione di cui al primo periodo trova applicazione altresì nell'ambito delle attività in cicli stagionali che si svolgono nel settore del cinema e dell'audiovisivo.

[57]   L’art. 55, c. 4, del D.Lgs. 151/2001 dispone infatti che l’efficacia della risoluzione consensuale del rapporto o della richiesta di dimissioni presentate dalla lavoratrice durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino (o nei primi tre anni di accoglienza del minore in caso di adozione o affidamento), è sospensivamente condizionata alla convalida da parte del servizio ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali competente per territorio.

[58]   Individuate con DM 15 dicembre 2015.

[59]   Entro sette giorni dalla data di trasmissione del modulo il lavoratore ha la facoltà di revocare le dimissioni e la risoluzione consensuale con le medesime modalità.

[60]   La definizione delle controversie individuali di lavoro è recata dall’art. 409 c.p.c.: rapporti di lavoro subordinato privato; rapporti derivanti da contratti agrari; rapporti di agenzia, rappresentanza commerciale, collaborazione continuativa e coordinata; rapporti di lavoro di dipendenti di enti pubblici che svolgono esclusivamente o prevalentemente attività economica; rapporti dei dipendenti di enti pubblici e altri rapporti di lavoro pubblico che non siano devoluti alla competenza di altro giudice.

[61]   Le commissioni di conciliazione, ai sensi dell’art. 410, terzo comma, c.p.c. sono costituite presso la direzione provinciale del lavoro, sono presiedute dal direttore dell’ufficio o da un suo delegato o da un magistrato a riposo e ne fanno parte 4 rappresentanti effettivi e 4 supplenti dei datori di lavoro e 4 rappresentanti effettivi e 4 supplenti dei lavoratori, designati dalle rispettive organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello territoriale. La commissione può articolarsi in sottocommissioni che rispecchino la composizione della commissione plenaria (art. 410, quarto comma, c.p.c.).

[62]   Riguardo alle tipologie del precedente utilizzo, cfr. infra, in nota.

[63]   La novella di cui al presente articolo 21 concerne l’articolo 1, comma 446, della L. 30 dicembre 2018, n. 145, e successive modificazioni.

[64]   Cfr. la novella di cui all’articolo 2, comma 2-quater, del D.L. 22 giugno 2023, n. 75, convertito, con modificazioni, dalla L. 10 agosto 2023, n. 112, novella relativa all’articolo 1, comma 495, della L. 27 dicembre 2019, n. 160, e successive modificazioni (riguardo alla successiva novella che ha riguardato tale comma, cfr. infra, anche in nota).

[65]   Tale novella ha modificato il suddetto articolo 1, comma 495, della L. n. 160 del 2019.

[66]   Al fine in oggetto, rientrano nella nozione di precedente utilizzo sia i contratti di lavoro a tempo determinato sia i contratti di collaborazione coordinata e continuativa sia le altre eventuali tipologie contrattuali di utilizzo dei soggetti in esame (cfr. il citato articolo 1, comma 495, della L. n. 160 del 2019, e successive modificazioni).

[67]   Il presente comma 1 novella l’articolo 2 del D.L. 9 ottobre 1989, n. 338, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 dicembre 1989, n. 389, e successive modificazioni.

[68]   Le rateizzazioni sono concesse dal comitato esecutivo dell’ente, ovvero, per delega di quest'ultimo, per casi straordinari e periodi limitati, e in relazione a rateazioni non superiori a dodici mesi, previa autorizzazione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, dai comitati regionali (qualora questi ultimi siano presenti nell’ordinamento dell’ente).

[69]   La relazione illustrativa è reperibile nell’A.C. n. 1532.

[70]   Cfr. l’articolo 152 del D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18, e successive modificazioni.

[71]   Per quanto riguarda le definizioni di rappresentanza diplomatica e di ufficio consolare di prima categoria, cfr. l'articolo 30 del citato D.P.R. n. 18 del 1967, e successive modificazioni.

[72]   Gli istituti italiani di cultura – che sono anch'essi, come accennato, uffici del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale – svolgono compiti di promozione e diffusione della cultura e della lingua italiana negli Stati nei quali hanno sede e negli altri Stati individuati con decreto del direttore della Direzione generale per la promozione del sistema Paese, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze (ai sensi dell'articolo 7, comma 1, della L. 22 dicembre 1990, n. 401, e successive modificazioni).

[73]   Riguardo alla suddetta categoria delle delegazioni diplomatiche speciali, si ricorda che esse possono essere istituite (ai sensi dell'articolo 35 del citato D.P.R. n. 18 del 1967, e successive modificazioni) con decreto del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, qualora manchi in quello Stato una rappresentanza diplomatica permanente del nostro Paese e sussista un'esigenza particolare (di costituzione in loco di apposito ufficio) derivante dalle relazioni internazionali o dalla partecipazione a conferenze, trattative o riunioni internazionali.

[74]   Riguardo ai termini temporali di prescrizione dei contributi di previdenza e assistenza sociale obbligatori, cfr. i commi 9 e 10 dell’articolo 3 della L. 8 agosto 1995, n. 335, nonché, per una disciplina transitoria relativa ai dipendenti pubblici, il comma 10-bis del medesimo articolo 3, e successive modificazioni.

[75]   Oltre all’affidamento dei nuovi servizi di CCM la nuova società in house è chiamata a svolgere anche le attività precedentemente rientranti nell’oggetto sociale della Italia Previdenza SISPI SpA, quali: a) la fornitura di prodotti/servizi amministrativo-contabili inerenti ai servizi di ricerca e consulenza in materia di previdenza ed assistenza; b) svolgimento delle attività connesse ai suddetti prodotti e/o servizi; c) erogazione di servizi di call/contact center, nella forma tradizionale o in forme digitali ed innovative.

[76]   Secondo quanto affermato dalle Sezioni Unite di Cassazione “la configurabilità giuridica della "società in house providing" si fonda su tre requisiti che devono essere contemporaneamente presenti: a) il capitale sociale deve essere integralmente detenuto da uno o più enti pubblici per l'esercizio di pubblici servizi e lo statuto deve vietare la cessione delle partecipazioni a soci privati; b) la società deve esplicare statutariamente la propria attività prevalente in favore degli enti partecipanti, in modo che l'eventuale attività accessoria non implichi una significativa presenza sul mercato e rivesta una valenza meramente strumentale; c) la gestione sia per statuto assoggettata a forme di controllo analoghe a quelle esercitate dagli enti pubblici sui propri uffici” (Cass. Civ. Sez. Un. Ord. N. 4316 del 20 febbraio 2020, che riprende i principi espressi in S.U. n. 22409 del 2018 e S.U. n. 5491/2014).

[77]   Come specificato dalla richiamata Circolare e dal richiamato Messaggio, i titolari di pensioni indirette o di reversibilità sono esclusi dalla facoltà di aderire alla gestione credito.

[78]   Gestione istituita dall’articolo 2, comma 26, della L. 8 agosto 1995, n. 335.

[79]   Riguardo ai dipendenti pubblici, cfr. infra, in nota.

[80]   Nel prosieguo della scheda si farà letteralmente riferimento, per semplicità di esposizione, alla sola figura del datore di lavoro.

[81]   La novella concerne l’articolo 13 della L. 12 agosto 1962, n. 1338. Per i dipendenti pubblici, trova invece applicazione la più favorevole disciplina di cui all’articolo 31 della L. 24 maggio 1952, n. 610, che garantisce il computo integrale, ai fini pensionistici, dei periodi relativi ai contributi prescritti; da tale disciplina più favorevole sono tuttavia esclusi, ai sensi del medesimo articolo 31, gli iscritti alla Cassa per le pensioni degli insegnanti (CPI, che concerne gli insegnanti delle scuole primarie paritarie, pubbliche e private, degli asili eretti in enti morali e delle scuole dell'infanzia comunali); questi ultimi iscritti rientrano nell’ambito del suddetto articolo 13, oggetto della presente novella. Riguardo a tali distinzioni, cfr. le circolari dell’INPS n. 169 del 15 novembre 2017 e n. 25 del 13 febbraio 2020.

      Riguardo ad altre figure lavorative specifiche che rientrano nell’ambito del medesimo articolo 13, cfr. la circolare dell’INPS n. 78 del 29 maggio 2019.

[82]   Fondo di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a), del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 gennaio 2009, n. 2.

[83]   Riguardo all’onere finanziario per le richieste in oggetto, cfr. infra.

[84]   La sentenza della Corte costituzionale n. 568 del 13-22 dicembre 1989 ha dichiarato l’illegittimità del quarto e del quinto comma del citato articolo 13 della L. n. 1338 del 1962, “nella parte in cui, salva la necessità della prova scritta sulla esistenza del rapporto di lavoro da fornirsi dal lavoratore, non consente di provare altrimenti la durata del rapporto stesso e l'ammontare della retribuzione”.

[85]   Le suddette relazioni sono reperibili nell’A.C. n. 1532.

[86]   Cfr. la sentenza delle sezioni unite civili della Corte di cassazione n. 21302 del 14 settembre 2017.

[87]   Cfr., in merito, la citata circolare dell’INPS n. 78 del 29 maggio 2019.

[88]   La relazione illustrativa è reperibile, come detto, nell’A.C. n. 1532.

[89]   Art. 73. Semplificazioni in materia di organi collegiali.

1.   Al fine di contrastare e contenere la diffusione del virus COVID-19 e fino alla data di cessazione dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri il 31 gennaio 2020, i consigli dei comuni, delle province e delle città metropolitane e le giunte comunali, che non abbiano regolamentato modalità di svolgimento delle sedute in videoconferenza, possono riunirsi secondo tali modalità, nel rispetto di criteri di trasparenza e tracciabilità previamente fissati dal presidente del consiglio, ove previsto, o dal sindaco, purché siano individuati sistemi che consentano di identificare con certezza i partecipanti, sia assicurata la regolarità dello svolgimento delle sedute e vengano garantiti lo svolgimento delle funzioni di cui all'articolo 97 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché adeguata pubblicità delle sedute, ove previsto, secondo le modalità individuate da ciascun ente.

2.   Per lo stesso periodo previsto dal comma 1, i presidenti degli organi collegiali degli enti pubblici nazionali, anche articolati su base territoriale, nonché degli enti e degli organismi del sistema camerale, possono disporre lo svolgimento delle sedute dei predetti organi in videoconferenza, anche ove tale modalità non sia prevista negli atti regolamentari interni, garantendo comunque la certezza nell'identificazione dei partecipanti e la sicurezza delle comunicazioni.

2-bis. Per lo stesso periodo previsto dal comma 1, le sedute degli organi collegiali delle istituzioni scolastiche ed educative di ogni ordine e grado possono svolgersi in videoconferenza, anche ove tale modalità non sia stata prevista negli atti regolamentari interni di cui all'articolo 40 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297.

3.   Per lo stesso periodo previsto dal comma 1 è sospesa l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 1, commi 8 e 55, della legge 7 aprile 2014, n. 56, relativamente ai pareri delle assemblee dei sindaci e delle conferenze metropolitane per l'approvazione dei bilanci preventivi e consuntivi, nonché degli altri pareri richiesti dagli statuti provinciali e metropolitani.

4.   Per lo stesso periodo previsto dal comma 1, le associazioni private anche non riconosciute e le fondazioni, nonché le società, comprese le società cooperative ed i consorzi, che non abbiano regolamentato modalità di svolgimento delle sedute in videoconferenza, possono riunirsi secondo tali modalità, nel rispetto di criteri di trasparenza e tracciabilità previamente fissati, purché siano individuati sistemi che consentano di identificare con certezza i partecipanti nonché adeguata pubblicità delle sedute, ove previsto, secondo le modalità individuate da ciascun ente.

5.   Dall'attuazione della presente disposizione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni pubbliche interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente sui propri bilanci.

[90]   Fondo istituito dall’articolo 19, comma 1, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.