Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Lavoro |
Titolo: | Disposizioni in materia di lavoro |
Serie: | Progetti di legge Numero: 214 |
Data: | 29/11/2023 |
Organi della Camera: | XI Lavoro |
29 novembre 2023
Disposizioni in materia di lavoro
A.C. 1532-bis
Servizio Studi
Ufficio ricerche sulle questioni del lavoro e della salute
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Dossier n. 188
Servizio Studi
Dipartimento Lavoro
Tel. 066760-4884 st_lavoro@camera.it - @CD_lavoro
Progetti di legge n. 214
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LA0083.docx
Articolo 1 (Istituzione del Sistema informativo per la lotta al caporalato nell’agricoltura)
Articolo 2 (Modifiche alla disciplina in materia di salute e sicurezza sul lavoro)
Articolo 4 (Modifiche relative ai fondi di solidarietà bilaterali)
Articolo 6 (Durata del periodo di prova nel contratto a tempo determinato)
Articolo 7 (Termine per le comunicazioni obbligatorie in materia di lavoro agile)
Articolo 8 (Misure in materia di politiche formative nell’apprendistato)
Articolo 9 (Risoluzione del rapporto di lavoro per assenza ingiustificata del lavoratore)
Articolo 10 (Assunzioni assistenti sociali - STRALCIATO)
Articolo 12 (Assunzioni di soggetti già impegnati in lavori socialmente utili o di pubblica utilità)
Articolo 13 (Modifiche al Codice del terzo settore - STRALCIATO)
Articolo 15 (Pagamento dilazionato dei debiti contributivi)
Articolo 17 (Disposizioni sulla notifica delle controversie in materia contributiva)
Schede di lettura
Articolo 1
(Istituzione del Sistema informativo per la lotta al caporalato nell’agricoltura)
L’articolo 1 prevede l’istituzione, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Sistema informativo per la lotta al caporalato nell’agricoltura, avente la finalità di promuovere la strategia per il contrasto al fenomeno del caporalato, di favorire l’evoluzione qualitativa del lavoro agricolo, nonché di aumentare le capacità di analisi, monitoraggio e vigilanza sui fenomeni di sfruttamento dei lavoratori nell’agricoltura. Alla sua costituzione concorrono i Ministeri del lavoro e delle politiche sociali, dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, e dell’interno, l’INPS, l’INAIL, l’INL, l’ANPAL, l’AGEA e l’ISTAT. Il Sistema costituisce uno strumento di condivisione delle informazioni tra le richiamate amministrazioni centrali - che mettono a disposizioni le informazioni e i dati disponibili di interesse - e le regioni, anche ai fini del contrasto al lavoro sommerso in generale (comma 1).
La disposizione precisa, infine, che dalla sua attuazione non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e che le amministrazioni interessate vi provvedono nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente (comma 2).
Nel dettaglio, la disposizione reca, al comma 1, una novella all’articolo 25-quater del decreto legge n. 119 del 2018, introducendo, in particolare, il comma 5-bis.
Ai sensi di tale nuovo comma, si dispone l’istituzione del Sistema informativo per la lotta al caporalato nell’agricoltura. Il Sistema è istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Come specificato nella relazione illustrativa, l’istituzione di tale Sistema si rende necessaria per dare attuazione al Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato, che pone, tra le priorità trasversali, lo sviluppo di un sistema informativo per lo scambio di dati e informazioni relativo al calendario delle colture, ai fabbisogni di manodopera nonché ad altri elementi necessari per la pianificazione, gestione e monitoraggio del mercato del lavoro agricolo, anche ai fini del contrasto al lavoro sommerso in generale.
Il sistema informativo – come parimenti sottolineato nella relazione illustrativa - dovrà tenere conto della mappatura delle aree di intervento, dei fabbisogni di manodopera e dei dati amministrativi sulla qualità e la quantità del lavoro in agricoltura.
Sono quindi delineate le finalità specifiche del Sistema, che consistono nel:
· consentire lo sviluppo della strategia per il contrasto al fenomeno del caporalato;
· favorire l’evoluzione qualitativa del lavoro agricolo;
· incrementare le capacità di analisi, monitoraggio e vigilanza sui fenomeni di sfruttamento dei lavoratori nell’agricoltura.
Giova rammentare che l’articolo 25-quater del decreto-legge n. 119 del 2018, convertito con modificazioni, dalla legge n. 136 del 2018, recita così testualmente:
“1. Allo scopo di promuovere la programmazione di una proficua strategia per il contrasto al fenomeno del caporalato e del connesso sfruttamento lavorativo in agricoltura, è istituito, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il "Tavolo operativo per la definizione di una nuova strategia di contrasto al caporalato e allo sfruttamento lavorativo in agricoltura", di seguito denominato "Tavolo". Il Tavolo, presieduto dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali o da un suo delegato, è composto da rappresentanti dell'Autorità politica delegata per la coesione territoriale, dell'Autorità politica delegata per le pari opportunità, del Ministero dell'interno, del Ministero della giustizia, del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dell'ANPAL, dell'Ispettorato nazionale del lavoro, dell'INPS, del Comando Carabinieri per la tutela del lavoro, del Corpo della guardia di finanza, delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano e dell'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI). Possono partecipare alle riunioni del Tavolo rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori del settore nonché delle organizzazioni del Terzo settore.
2. I componenti del Tavolo sono nominati in numero non superiore a quindici. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con i Ministri delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, della giustizia e dell'interno, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabiliti l'organizzazione e il funzionamento del Tavolo, nonché eventuali forme di collaborazione con le sezioni territoriali della Rete del lavoro agricolo di qualità.
3. Il Tavolo opera per tre anni dalla sua costituzione e può essere prorogato per un ulteriore triennio.
4. Per lo svolgimento delle sue funzioni istituzionali, il Tavolo si avvale del supporto di una segreteria costituita nell'ambito delle ordinarie risorse umane e strumentali della Direzione generale dell'immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
5. La partecipazione ai lavori del Tavolo è gratuita e non dà diritto alla corresponsione di alcun compenso, indennità o emolumento comunque denominato, salvo rimborsi per spese di viaggio e di soggiorno.
6. A decorrere dall'anno 2019, gli oneri relativi agli interventi in materia di politiche migratorie di competenza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di cui all'articolo 45 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, per gli interventi di competenza nazionale afferenti al Fondo nazionale per le politiche migratorie, per l'ammontare di 7 milioni di euro, sono trasferiti, per le medesime finalità, dal Fondo nazionale per le politiche sociali, di cui all'articolo 20, comma 8, della legge 8 novembre 2000, n. 328, su appositi capitoli di spese obbligatorie iscritti nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nell'ambito del programma "Flussi migratori per motivi di lavoro e politiche di integrazione sociale delle persone immigrate" della missione "Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti". La spesa complessiva relativa agli oneri di funzionamento del Tavolo è a valere sul Fondo nazionale per le politiche migratorie”.
Si fa presente che le disposizioni relative all'organizzazione e al funzionamento del Tavolo Caporalato sono contenute nel Decreto Interministeriale del 4 luglio 2019, emanato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con i Ministri delle politiche agricole, alimentari e forestali, della giustizia e dell'interno.
Il Decreto Interministeriale del 17 giugno 2022 ha prorogato la durata del Tavolo, inizialmente previsto per un triennio sino al mese di settembre 2022, sino al 3 settembre 2025 e ha aggiornato anche il decreto interministeriale del 4 luglio 2019 di organizzazione e funzionamento del Tavolo.
Come specificato nel sito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, le attività del Tavolo Caporalato sono supportate dal Ministero medesimo - Direzione Generale dell'Immigrazione e delle Politiche di Integrazione - mediante una Segreteria costituita nell'ambito delle proprie risorse umane e strumentali. La spesa complessiva relativa agli oneri di funzionamento del Tavolo è a valere sul Fondo nazionale per le politiche migratorie, gestito dalla Direzione Generale dell'Immigrazione e delle Politiche di Integrazione.
La programmazione delle principali azioni, concordata tra tutti i partecipanti al Tavolo, è stata raccolta nel “Piano Triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato (2020-22)”, approvato dal Tavolo il 20 febbraio 2020 e rispetto al quale è stata sancita l’intesa da parte della Conferenza Unificata delle Regioni il 21 maggio 2020.
Merita altresì segnalare che il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali n. 58 del 6 aprile 2023 - con il quale si è proceduto all’aggiornamento del Piano nazionale per la lotta al lavoro sommerso per il triennio 2023-2025, adottato, a sua volta, con DM n. 221 del 2022 - ha previsto che tale Piano nazionale per la lotta al lavoro sommerso operi in sinergia con il richiamato Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato e ne contribuisca all’implementazione delle azioni prioritarie, con particolare riferimento a quelle volte a favorire l’impiego regolare di lavoratori stranieri in agricoltura, attraverso il contrasto agli insediamenti abusivi e la promozione di politiche attive del lavoro.
Concorrono alla costituzione del Sistema: il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, il Ministero dell’interno, l’Istituto nazionale della Previdenza sociale (INPS), l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), l’Ispettorato nazionale del lavoro (INL), l’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (ANPAL)[1], l’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (AGEA) e l’Istituto nazionale di statistica (ISTAT).
Si specifica, altresì, che il Sistema rappresenta uno strumento di condivisione di informazioni tra le amministrazioni centrali e le regioni, ciò anche al fine di contrastare il lavoro sommerso in generale.
Il Sistema è quindi alimentato in virtù dei dati messi a disposizione dalle richiamate amministrazioni centrali e dalle regioni.
In particolare:
· il Ministero del lavoro e delle politiche sociali mette a disposizione i dati relativi ai rapporti di lavoro delle aziende agricole;
· il Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste mette a disposizione l’anagrafe delle aziende agricole[2], i dati sulla loro situazione economica e il calendario delle colture;
· il Ministero dell’interno mette a disposizione i dati dei permessi di soggiorno rilasciati per motivi di lavoro;
· l’INPS mette a disposizione i dati retributivi, contributivi, assicurativi e quelli relativi ai risultati delle ispezioni presso le aziende agricole;
· l’INAIL mette a disposizione i dati relativi agli infortuni e alle malattie professionali nelle aziende agricole;
· l’INL mette a disposizione i dati relativi ai risultati delle ispezioni presso le aziende agricole;
· l’ANPAL mette a disposizione i dati del sistema informativo unitario delle politiche attive del lavoro[3] che riguardano il mercato del lavoro agricolo;
· l’ISTAT mette a disposizione i dati concernenti le imprese agricole attive;
· le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano mettono a disposizione i dati dei trasporti e degli alloggi dedicati ai lavoratori del settore agricolo.
Ai sensi del comma 2, dall’attuazione dell’articolo in commento non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Si dispone, infine, che le amministrazioni interessate provvedono all’attuazione dell’articolo medesimo, nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Come sottolineato nella relazione tecnica, alla disposizione può infatti darsi attuazione, ricorrendo alle risorse già a disposizione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Viene inoltre specificato, nella richiamata relazione tecnica, che presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali è stata già predisposta l’infrastruttura per l’implementazione di tutte le componenti del Sistema istituendo, necessarie per gestire il ciclo di vita del processo di integrazione dei dati, tramite i servizi di interoperabilità.
Si precisa, infine, nella medesima relazione tecnica, che la disposizione in commento non ha nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, in quanto le attività necessarie per la gestione della piattaforma gravano sui contratti di sviluppo dei sistemi informatici ministeriali, la cui spesa è imputata alle risorse stanziate ordinariamente sulla Missione 26, programma 12, capitolo 7821, dello stato di previsione della spesa Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Articolo 2
(Modifiche alla disciplina in materia di salute e sicurezza sul lavoro)
Il comma 1 dell’articolo 2 reca molteplici novelle, relative alla disciplina generale in materia di salute e sicurezza sul lavoro, di cui al D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81. La novella di cui alla lettera a) prevede, con riferimento alla composizione già vigente della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, che alcuni membri partecipino ai lavori dell’organo senza diritto di voto. La novella di cui alla lettera b) concerne la procedura di interpello – estendendo la possibilità di formulazione dei quesiti a tutte le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale – e richiede che un numero minimo, pari a quattro, di rappresentanti della Commissione per gli interpelli abbia un profilo professionale giuridico. La novella di cui alla lettera c) prevede che l’elenco, tenuto presso il Ministero della salute, dei medici competenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro sia aggiornato, ad opera del medesimo Ministero, in base alla verifica periodica del requisito specifico inerente all’educazione continua in medicina. La lettera d) reca varie modifiche in materia di sorveglianza sanitaria dei lavoratori; tali novelle concernono: l’ambito in cui trova applicazione l’obbligo della medesima sorveglianza (numero 1)); la fattispecie di visita medica preventiva (numeri 2.1), 2.2) e 3)); la visita medica precedente alla ripresa del lavoro, dopo un’assenza per motivi di salute (numero 2.3)); il termine per un accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, per la ridefinizione delle condizioni e delle modalità per l'accertamento della tossicodipendenza e della alcol dipendenza (numero 4)); l’individuazione in via generale dell’azienda sanitaria locale come l’amministrazione competente per l’esame dei ricorsi contro i giudizi del medico competente (numero 6)[4]). La lettera e) modifica le condizioni alle quali è subordinato lo svolgimento di lavori in locali chiusi sotterranei o semisotterranei. La lettera f) reca un intervento di abrogazione esplicita, relativo a norme – non poste dal citato D.Lgs. n. 81 del 2008 – sugli obblighi inerenti alla fornitura e all’esposizione di tessere personali di riconoscimento; l’intervento è inteso al coordinamento con le norme in materia poste dal suddetto D.Lgs. n. 81 del 2008. Il comma 2 reca le clausole di invarianza degli oneri di finanza pubblica con riferimento alle novelle di cui al comma 1.
Comma 1, lettera a) – Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro
La novella di cui al comma 1, lettera a), concerne la composizione della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro (organo istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali). La novella prevede, con riferimento alla composizione già vigente, che alcuni membri – i tre esperti in medicina del lavoro, igiene industriale e impiantistica industriale e il rappresentante dell'ANMIL (Associazione Nazionale fra Lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro) – partecipino ai lavori della Commissione senza diritto di voto. La relazione illustrativa del disegno di legge in esame[5] osserva che la novella è intesa a ripristinare l’equilibrio paritario, in seno alla Commissione, tra i rappresentanti dei soggetti pubblici (amministrazioni centrali, regioni e province autonome di Trento e di Bolzano) e i rappresentanti delle parti private, costituite dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale[6].
Comma 1, lettera b) – Interpelli in materia di salute e sicurezza sul lavoro e Commissione per gli interpelli
La novella di cui al comma 1, lettera b), concerne la procedura di interpello – relativa a quesiti di ordine generale sull'applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro – e la composizione della Commissione per i medesimi interpelli (organo istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali). Si estende la possibilità di formulazione dei quesiti a tutte le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale – mentre il testo vigente fa riferimento soltanto a quelle comparativamente più rappresentative (sempre sul piano nazionale) –[7]. Rispetto alla normativa già vigente sulla composizione della Commissione per gli interpelli, la novella richiede che un numero minimo, pari a quattro, di rappresentanti abbia un profilo professionale giuridico; in particolare, tale requisito è previsto dalla novella con riferimento ad almeno un rappresentante del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, almeno un rappresentante del Ministero della salute, almeno due rappresentanti delle regioni e province autonome di Trento e di Bolzano. Resta fermo (oltre al principio di invarianza degli oneri di finanza pubblica) che la Commissione è costituita da otto membri (di cui due in rappresentanza di ciascuno dei suddetti Ministeri e quattro in rappresentanza degli enti territoriali suddetti) e che, qualora la materia oggetto di interpello riguardi anche competenze di altre amministrazioni pubbliche, la Commissione è integrata con rappresentanti di queste ultime. Si ricorda che le indicazioni fornite nelle risposte ai quesiti in oggetto costituiscono criteri interpretativi e direttivi per l'esercizio delle attività di vigilanza[8].
La relazione illustrativa del disegno di legge in esame[9] osserva che la novella summenzionata sull’ambito delle organizzazioni sindacali legittimate mutua la formulazione presente nella norma che individua i soggetti legittimati a porre al Ministero del lavoro e delle politiche sociali quesiti di ordine generale sull'applicazione delle normative di competenza del medesimo Ministero.
Comma 1, lettera c) – Educazione continua in medicina per i medici competenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro
La novella di cui al comma 1, lettera c), prevede che l’elenco, tenuto presso il Ministero della salute, dei medici competenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro sia aggiornato, ad opera del medesimo Ministero, in base alla verifica periodica del requisito specifico inerente all’educazione continua in medicina. Si ricorda che, in base a tale requisito[10], per lo svolgimento delle funzioni di medico competente in oggetto sono necessari sia il conseguimento dei crediti formativi minimi previsti dal programma di educazione continua in medicina sia la maturazione di una quota non inferiore al 70 per cento di tali crediti minimi nella disciplina “medicina del lavoro e sicurezza degli ambienti di lavoro”. La novella, inoltre, specifica che la verifica periodica è svolta mediante i dati registrati nell’anagrafe nazionale dei crediti suddetti[11].
Comma 1, lettera d) – Sorveglianza sanitaria dei lavoratori
La novella di cui al numero 1) della lettera d) amplia le fattispecie in cui il medico competente è tenuto a svolgere la sorveglianza sanitaria dei lavoratori; si inserisce l’ipotesi che il documento di valutazione dei rischi[12], redatto in collaborazione con il medico competente, evidenzi la necessità dello svolgimento della sorveglianza sanitaria. Si ricorda che l’obbligo di nomina del medico competente sussiste:
- nelle fattispecie in cui è obbligatoria la sorveglianza sanitaria[13];
- nell’ipotesi[14] che il documento di valutazione dei rischi preveda tale nomina; in quest’ultima ipotesi, per definizione, il documento (salvi i successivi aggiornamenti dello stesso) è di data anteriore alla nomina e quindi esso non è redatto in collaborazione con il medico competente. Alla luce di tale contesto normativo, si consideri l’opportunità di una valutazione circa il riferimento, posto dalla presente novella, ai soli casi in cui il documento sia stato redatto con la collaborazione del medico competente.
Nella disciplina vigente, l’obbligo di svolgimento della sorveglianza sanitaria sussiste nei seguenti casi[15]: nelle fattispecie, inerenti a specifici settori, ambiti o mansioni, previste dal citato D.Lgs. n. 81 del 2008; nei casi rientranti nelle indicazioni poste dalla summenzionata Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro; qualora – nell’ambito dei casi in cui sia prevista la nomina del medico competente – il lavoratore faccia richiesta di sorveglianza sanitaria e la richiesta sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi lavorativi.
Si ricorda che per l’inadempimento degli obblighi di svolgimento della sorveglianza sanitaria sono previste sanzioni penali a carico del medico competente, del datore di lavoro e del dirigente[16].
Le novelle di cui ai numeri 2.1), 2.2) e 3) della lettera d) in esame riguardano la fattispecie di visita medica preventiva (nell’ambito della sorveglianza sanitaria dei lavoratori). In primo luogo, si specifica che l’ipotesi (già contemplata dalla disciplina) di visita medica preventiva in fase preassuntiva costituisce una delle modalità di adempimento dell’obbligo (obbligo sussistente sempre che trovi applicazione il summenzionato regime obbligatorio di sorveglianza sanitaria) di visita medica preventiva (intesa a constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro cui il soggetto è destinato e a valutare, quindi, sotto tale profilo, la sua idoneità alla mansione specifica). In secondo luogo, si sopprime l’ipotesi che la visita preassuntiva sia svolta (su scelta del datore di lavoro) dal dipartimento di prevenzione dell’azienda sanitaria locale, anziché dal medico competente, e si prevede che quest’ultimo, nella prescrizione di esami clinici e biologici e di indagini diagnostiche ritenuti necessari in sede di visita preventiva, tenga conto delle risultanze dei medesimi esami e indagini già effettuati dal lavoratore e risultanti dalla copia della cartella sanitaria e di rischio, al fine di evitarne la ripetizione, qualora ciò sia ritenuto compatibile con le finalità della visita preventiva. Più in particolare, quest’ultima novella fa riferimento alla copia della cartella sanitaria e di rischio che, alla cessazione di un rapporto di lavoro, deve essere consegnata al lavoratore[17].
La novella di cui al numero 2.3) della lettera d) modifica la disciplina sull’obbligo di visita medica precedente alla ripresa del lavoro, obbligo stabilito dalla normativa vigente (qualora trovi applicazione il summenzionato regime obbligatorio di sorveglianza sanitaria) per i casi di assenza del lavoratore, per motivi di salute, di durata superiore a sessanta giorni continuativi; la novella integra quest’ultima fattispecie, prevedendo che l’obbligo sussista solo qualora la visita sia ritenuta necessaria dal medico competente (resta fermo che la finalità di tale visita consiste nella verifica dell’idoneità alla mansione).
La novella di cui al numero 4) della lettera d) differisce dal 31 dicembre 2009 al 31 dicembre 2023 il termine (in ogni caso ordinatorio) relativo alla conclusione, previa consultazione delle parti sociali, di un accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, per la ridefinizione delle condizioni e delle modalità per l'accertamento della tossicodipendenza e della alcol dipendenza (dei lavoratori rientranti nel regime obbligatorio di sorveglianza sanitaria). Si consideri l’opportunità di una valutazione del nuovo termine, in relazione al possibile anno di entrata in vigore della presente novella.
Riguardo alle attuali determinazioni in materia, cfr. l’intesa sancita in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano il 16 marzo 2006, “in materia di individuazione delle attività lavorative che comportano un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza, l'incolumità o la salute dei terzi, ai fini del divieto di assunzione e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche”, l’intesa sancita in sede di Conferenza unificata Stato-regioni-province autonome-città ed autonomie locali il 30 ottobre 2007, in materia di accertamento di assenza di tossicodipendenza in alcuni ambiti lavorativi, e l’accordo concluso in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano il 18 settembre 2008, relativo alle “procedure per gli accertamenti sanitari di assenza di tossicodipendenza o di assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope in lavoratori addetti a mansioni che comportano particolari rischi per la sicurezza, l'incolumità e la salute di terzi”.
La novella di cui al successivo numero 5) reca un mero intervento formale nell’ambito della norma relativa alla formulazione per iscritto del giudizio, da parte del medico competente, dopo lo svolgimento delle visite previste nel regime di sorveglianza sanitaria obbligatoria dei lavoratori, e sulla consegna di copia del giudizio medesimo al lavoratore e al datore di lavoro.
La novella di cui al numero 6) è intesa a individuare in via generale l’azienda sanitaria locale come l’amministrazione competente per l’esame dei ricorsi contro i giudizi suddetti del medico competente (ivi compresi quelli inerenti a visite mediche preventive). La novella sostituisce con il riferimento all’azienda sanitaria locale territorialmente competente il riferimento vigente all’organo di vigilanza territorialmente competente. La relazione illustrativa del disegno di legge in esame[18] osserva che la novella è volta ad evitare possibili incertezze interpretative, anche in relazione all’avvenuta estensione all’Ispettorato nazionale del lavoro della competenza generale – concorrente con quella delle aziende sanitarie locali) – in materia di vigilanza sulla salute e sicurezza sul lavoro[19]. Resta fermo che il ricorso deve essere presentato entro trenta giorni dalla data di comunicazione del giudizio medesimo e che la suddetta amministrazione competente, dopo eventuali ulteriori accertamenti, provvede alla conferma, alla modifica o alla revoca del giudizio stesso.
Comma 1, lettera e) – Svolgimento di lavori in locali chiusi sotterranei o semisotterranei
La novella di cui al comma 1, lettera e), modifica le condizioni alle quali è subordinato lo svolgimento di lavori in locali chiusi sotterranei o semisotterranei. In primo luogo, si sopprime la condizione della sussistenza di particolari esigenze tecniche, mentre la condizione che le lavorazioni interessate non determinino emissione di agenti nocivi viene formulata dalla novella in termini generali (con riferimento ai locali in oggetto); nel testo vigente, quest’ultima condizione è invece posta esclusivamente con riferimento alla possibilità che l’organo di vigilanza consenta l’uso dei locali in oggetto anche quando non ricorrano particolari esigenze tecniche. Resta fermo, anche nella novella, il rispetto sia dei requisiti (in quanto applicabili) inerenti ai luoghi di lavoro, definiti dall’allegato IV del citato D.Lgs. n. 81 del 2008, e successive modificazioni[20], sia di idonee condizioni di aerazione, di illuminazione e di microclima. La novella, inoltre, definisce una procedura amministrativa unica per la possibilità delle lavorazioni nei locali in oggetto (mentre la formulazione letterale del testo vigente prevede una procedura amministrativa solo per le richieste relative ai casi in cui non sussistano particolari esigenze tecniche). In particolare, la novella prevede che il datore di lavoro comunichi al competente ufficio territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro (INL) – Ispettorato che viene quindi identificato come l’amministrazione competente in materia – l’uso dei locali in oggetto, allegando adeguata documentazione che dimostri il rispetto dei requisiti suddetti; i locali possono essere utilizzati trascorsi trenta giorni dalla data della comunicazione. Qualora l’ufficio territoriale dell’INL richieda ulteriori informazioni, l’utilizzo dei locali è consentito trascorsi trenta giorni dalla comunicazione delle ulteriori informazioni richieste, salvo l’adozione di un atto di divieto da parte dell’ufficio medesimo. Si valuti l’opportunità di chiarire se e in quali termini la procedura amministrativa prevista dalla novella si applichi alle lavorazioni che, al momento di entrata in vigore della medesima novella, siano in corso (nei locali in oggetto) nel rispetto della disciplina finora vigente.
Si ricorda che per lo svolgimento di lavori in locali chiusi sotterranei o semisotterranei in violazione delle relative condizioni sono previste sanzioni penali a carico del datore di lavoro e del dirigente[21].
Comma 1, lettera f) – Obblighi inerenti alla fornitura e all’esposizione di tessere personali di riconoscimento
La novella di cui al comma 1, lettera f), abroga esplicitamente alcune norme, sostanziali e sanzionatorie[22], relative agli obblighi inerenti alle tessere personali di riconoscimento – corredate di fotografia e relative ai lavoratori sia dipendenti sia autonomi – nei cantieri edili; l’abrogazione è disposta, come osservano le relazioni illustrativa e tecnica del presente disegno di legge[23], in considerazione del fatto che la disciplina è stata successivamente definita, rispetto alle norme ora oggetto di abrogazione esplicita, dal citato D.Lgs. n. 81 del 2008, con riferimento a tutte le attività svolte in regime di appalto o subappalto, a prescindere dalla sussistenza o meno di un cantiere edile; queste ultime disposizioni[24], conformemente a quelle ora oggetto di abrogazione esplicita, richiedono che i datori di lavoro muniscano i lavoratori dipendenti delle suddette tessere personali di riconoscimento e che i medesimi lavoratori, nonché i lavoratori autonomi, tengano esposte tali tessere sul luogo di lavoro.
Si valuti l’opportunità di considerare l’ipotesi che l’attività nei cantieri edili sia svolta non in regime di appalto né di subappalto (come nel caso di un’impresa che proceda in proprio a edificazioni, al fine, per esempio, di successivi contratti di vendita o di locazione), ipotesi che la novella abrogativa sembrerebbe escludere dall’applicazione degli obblighi in esame.
Comma 2 – Clausole di invarianza degli oneri di finanza pubblica
Il comma 2 del presente articolo 2 specifica che dall’attuazione delle novelle di cui al comma 1 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che le amministrazioni competenti provvedono all’attuazione delle medesime novelle nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
L’articolo 3 modifica la disciplina vigente in materia di compatibilità dei trattamenti ordinari o straordinari di integrazione salariale con lo svolgimento di attività lavorativa, sia subordinata che autonoma, e di obbligo di comunicazione da parte del lavoratore dello svolgimento della suddetta attività lavorativa.
Il comma 1 – che modifica l’art. 8, comma 2, del D.Lgs. 148/2015[25]- dispone che il lavoratore che svolge attività di lavoro autonomo o subordinato durante il periodo di integrazione salariale non ha diritto al relativo trattamento per le giornate di lavoro effettuate (presso un datore di lavoro diverso da quello che ha fatto ricorso ai trattamenti medesimi[26]). Attualmente il suddetto principio che esclude il diritto al trattamento per le giornate di lavoro effettuate si applica limitatamente ai rapporti di lavoro subordinato a termine di durata superiore a sei mesi, oltre ai casi di lavoro autonomo come confermato dalla norma in commento.
Conseguentemente, la disposizione in commento non riproduce l’attuale previsione, contenuta nel secondo periodo del richiamato art. 8, c. 2, del D.Lgs. 148/2015, che contempla la sospensione dei trattamenti in oggetto nei casi di lavoro subordinato a tempo determinato pari o inferiore a sei mesi, poiché tale fattispecie viene ricompresa nell’ambito di applicazione del novellato art. 8, c. 2, del D.Lgs. 148/2015.
Come riportato anche nella Relazione illustrativa allegata al presente disegno di legge, la norma, disponendo l’esclusione dal diritto al trattamento in oggetto per le giornate di lavoro effettuate e consentendo conseguentemente la fruizione del medesimo trattamento per le giornate non oggetto di prestazione lavorativa, applica un orientamento giurisprudenziale già espresso dalla Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 12487/1992, ha previsto che “lo svolgimento di attività lavorativa remunerata, sia essa subordinata od autonoma, durante il periodo di sospensione del lavoro con diritto all'integrazione salariale comporta non la perdita del diritto all'integrazione per l'intero periodo predetto ma solo una riduzione dell'integrazione medesima in proporzione ai proventi di quell'altra attività lavorativa”.
In materia di compatibilità con l’attività di lavoro autonomo o subordinato e cumulabilità del relativo reddito è intervenuto l’INPS che, con la circolare n. 107 del 2010, oltre ad esplicitare l'incompatibilità di ogni rapporto di lavoro dipendente a tempo pieno e indeterminato con i trattamenti in oggetto, ha anche ribadito un orientamento giurisprudenziale in base al quale, qualora il lavoratore dimostri che il compenso per l’attività lavorativa svolta è inferiore all'integrazione stessa, avrà diritto ad una quota pari alla differenza tra l’intero importo dell’integrazione salariale spettante e il reddito percepito.
Il comma 2 – che modifica l’art. 8, c. 3, del D.Lgs. 148/2015 - conferma che il lavoratore decade dal diritto al trattamento di integrazione salariale nel caso in cui non abbia provveduto a dare preventiva comunicazione alla sede territoriale dell’INPS dello svolgimento dell’attività lavorativa, ma esclude che le comunicazioni in ordine al rapporto di lavoro rese dalle agenzie di somministrazione siano valide al fine dell’assolvimento del suddetto obbligo di comunicazione gravante sul lavoratore. Tale validità resta confermata per le comunicazioni rese dagli altri soggetti previsti dalla normativa vigente (datori di lavoro pubblici e privati).
La Relazione illustrativa allegata al presente disegno di legge evidenzia che l’eliminazione di qualsiasi riferimento alle comunicazioni obbligatorie delle agenzie di somministrazione - indicate dal richiamato art. 8, c. 2, del D.Lgs. 148/2015 quali “imprese fornitrici di lavoro temporaneo” – deriva dal fatto che la comunicazione inviata dalle stesse non riveste un carattere preventivo poiché la normativa speciale (di cui all’art. 4, c. 4-bis, del D.Lgs. 181/2000) ne consente l’invio entro il giorno venti del mese successivo alla data di assunzione.
Articolo 4
(Modifiche relative ai fondi di solidarietà bilaterali)
Il comma 1 dell’articolo 4 reca, per i fondi di solidarietà bilaterali costituiti successivamente al 1° maggio 2023, una disciplina per il trasferimento, presso i medesimi fondi, di una quota delle risorse finanziarie accumulate nel Fondo di integrazione salariale (FIS) dell’INPS. La definizione delle relative disposizioni attuative è demandata a un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanarsi, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge (termine posto dal successivo comma 2).
Più in particolare, la novella di cui al comma 1 prevede[27] che i decreti ministeriali inerenti ai fondi di solidarietà bilaterali costituiti successivamente al 1° maggio 2023[28] quantifichino, previa certificazione dell’INPS relativa al medesimo dato, la quota parte di risorse accumulate dalle imprese del settore interessato che deve essere trasferita dal FIS al nuovo fondo; la quantificazione è operata secondo le modalità che saranno stabilite da parte del suddetto decreto ministeriale attuativo della novella; tali modalità devono comunque far riferimento ai seguenti parametri: il valore del patrimonio del FIS nell’anno precedente la costituzione del nuovo fondo bilaterale; il rapporto fra i contributi versati al FIS nel medesimo anno precedente dai datori di lavoro appartenenti all’intero settore cui si riferisce il nuovo fondo e l’ammontare totale dei contributi versati (nello stesso anno) al FIS.
Resta ferma la richiamata procedura per l’istituzione (nonché per le eventuali successive modifiche della relativa disciplina) dei fondi di solidarietà bilaterali; tale procedura prevede l’adozione di un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, di recepimento di un accordo collettivo stipulato, per un determinato settore, dalle organizzazioni sindacali e imprenditoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale[29].
Si ricorda che il FIS dell’INPS ha una portata residuale[30]; in esso sono iscritti tutti i datori di lavoro non rientranti nell’ambito di applicazione di un fondo di solidarietà bilaterale[31]; il FIS garantisce gli assegni ordinari di integrazione salariale (per i casi di sospensione o riduzione dell’orario di lavoro decorrenti dal 1° gennaio 2022) con riferimento a tutti i datori di lavoro che non rientrino in altre tutele omologhe; tali assegni vengono riconosciuti con riferimento alle medesime causali previste per il trattamento ordinario di integrazione salariale[32]; si ricorda, inoltre, che i datori iscritti al FIS rientrano anche nell’ambito del trattamento straordinario di integrazione salariale (e della relativa contribuzione) qualora superino la soglia dimensionale ivi prevista[33].
L’articolo 5 introduce una nuova fattispecie di esenzione dal computo dei limiti quantitativi relativi alla somministrazione a tempo determinato di lavoratori; la novella in esame[34] esclude i casi in cui la somministrazione a tempo determinato riguardi lavoratori il cui contratto di lavoro con il soggetto somministratore sia a tempo indeterminato.
La nuova fattispecie di esenzione, così come quelle già vigenti, è posta in via tassativa. Tali ipotesi sono escluse, dunque, in ogni caso, dal computo dei suddetti limiti quantitativi. Questi ultimi[35] sono definiti dalla norma legislativa, con la clausola di salvezza dell’eventuale diversa previsione dei contratti collettivi applicati dall’utilizzatore[36] (ferme restando le suddette esclusioni poste in via tassativa).
Più in particolare, secondo il limite di fonte legislativa, il numero dei lavoratori assunti con contratto di lavoro dipendente a tempo determinato ovvero oggetto di somministrazione a tempo determinato non può eccedere complessivamente il 30 per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l'utilizzatore al 1° gennaio dell'anno di stipulazione dei medesimi contratti (con arrotondamento del decimale all'unità superiore, qualora esso sia eguale o superiore a 0,5)[37]; nel computo di tale limite, sono considerati anche i lavoratori assunti (dal medesimo soggetto utilizzatore di lavoratori in somministrazione) con contratto di lavoro dipendente a tempo determinato[38].
Si ricorda che, in base al testo vigente oggetto della presente novella, le categorie escluse dal computo dei limiti in esame sono: i soggetti in mobilità; i soggetti disoccupati che godano da almeno sei mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali; i lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati, di cui ai richiamati numeri 4) e 99) dell’articolo 2, primo comma, del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, come individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali (al riguardo, è stato emanato il D.M. 17 ottobre 2017).
Riguardo alla disciplina sui limiti quantitativi (per l’utilizzatore) dei lavoratori oggetto di somministrazione di lavoro a tempo, invece, indeterminato, cfr. l’articolo 31, comma 1, del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, e successive modificazioni.
Articolo 6
(Durata del periodo di prova nel contratto a tempo determinato)
L’articolo 6 specifica la tempistica della durata del periodo di prova nell’ambito del rapporto di lavoro a tempo determinato, anche in relazione alla durata del contratto. Vengono fatte salve le previsioni più favorevoli della contrattazione collettiva.
La disposizione in commento – che modifica l’art. 7, c. 2, del D.Lgs. 104/2022 (vedi infra) –, nel confermare che nel rapporto di lavoro a tempo determinato il periodo di prova è stabilito in misura proporzionale alla durata del contratto e alle mansioni da svolgere in relazione alla natura dell'impiego, specifica che, fatte salve le previsioni più favorevoli della contrattazione collettiva, la durata del suddetto periodo di prova è fissata in un giorno di effettiva prestazione per ogni quindici giorni di calendario a partire dalla data di inizio del rapporto di lavoro.
In ogni caso, quindi senza possibilità per la contrattazione collettiva di stabilire diversamente, la durata del periodo di prova non può essere inferiore a due giorni né superiore a quindici giorni per i contratti con durata non superiore a sei mesi, e non può essere inferiore a due giorni e superiore a trenta giorni per quelli con durata superiore a sei mesi e inferiori a dodici mesi.
Anche l’art. 7, c. 1, del D.L. 104/2022 - non interessato dalla suddetta modifica apportata dalla norma in esame – interviene in materia di durata massima del periodo di prova, disponendo, in generale, che questo non può essere superiore a sei mesi, salva la durata inferiore prevista dalla contrattazione collettiva. Inoltre, la contrattazione collettiva ivi richiamata si intende riferita ai contratti collettivi di cui all’art. 51 del D.Lgs. 81/2015[39], come specificato nella circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 19 del 2022.
Alla luce di quanto detto, si valuti l’opportunità di specificare la portata normativa dell’espressione “previsioni più favorevoli della contrattazione collettiva” e l’ambito di riferimento di tale contrattazione collettiva.
Resta fermo che, in caso di rinnovo di un contratto di lavoro per lo svolgimento delle stesse mansioni, il rapporto di lavoro non può essere soggetto ad un nuovo periodo di prova (ultimo periodo dell’art. 7, c. 2, del D.Lgs. 104/2022, non interessato dalla modifica in esame).
Resta altresì fermo quanto disposto dai commi 3 e 4 del richiamato art. 7 del D.L. 104/2022, anch’essi non interessati dalla novella in commento, i quali dispongono, rispettivamente, che in caso di sopravvenienza di eventi quali malattia, infortunio, congedo di maternità o paternità obbligatori, il periodo di prova è prolungato in misura corrispondente alla durata dell'assenza e che per le pubbliche amministrazioni in materia di durata del periodo di prova si applica quanto previsto dall’art. 17 del D.P.R. 487/1994 (come modificato dall’art. 1, c. 1, lett. q), del D.P.R. 82/2023), ai sensi del quale la durata del periodo di prova è definita in sede di contrattazione collettiva.
Articolo 7
(Termine per le comunicazioni obbligatorie in materia di lavoro agile)
L’articolo 7 interviene sul termine per le comunicazioni obbligatorie relative al lavoro agile, prevedendo, in particolare, che il datore di lavoro debba comunicare - in via telematica - al Ministero del lavoro e delle politiche sociali i nominativi dei lavoratori e la data di inizio e di fine delle prestazioni di lavoro svolte in modalità agile entro cinque giorni dalla data di avvio del periodo, oppure entro i cinque giorni successivi alla data in cui si verifica l’evento modificativo della durata o della cessazione del periodo di lavoro svolto in modalità agile.
Nel dettaglio, la disposizione interviene a novellare l’articolo 23, comma 1, primo periodo, della legge n. 81 del 2017, recante misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato.
Il richiamato comma 1, primo periodo, dell’articolo 23 – su cui la disposizione in commento incide - prevede che, con decorrenza dal 1° settembre 2022, il datore di lavoro comunichi in via telematica al Ministero del lavoro e delle politiche sociali i nominativi dei lavoratori e la data di inizio e di cessazione delle prestazioni di lavoro in modalità agile, secondo le modalità individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
Come specificato nella relazione illustrativa, tali modalità sono individuate dal decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 22 agosto 2022, n. 149 e dai relativi allegati, aventi ad oggetto il modello di “Comunicazione Accordo di Lavoro agile” e le “Regole di compilazione della comunicazione dell'accordo per lo svolgimento dell'attività lavorativa in modalità ‘‘Lavoro Agile’’”.
L’articolo 7 è volto, da un lato, a sopprimere il riferimento alla decorrenza dal 1° settembre 2022, e, dall’altro, a prevedere che la comunicazione telematica da parte del datore di lavoro al Ministero del lavoro e delle politiche sociali dei nominativi dei lavoratori e della data di inizio e di cessazione delle prestazioni di lavoro in modalità agile avvenga entro cinque giorni dalla data dell’inizio del periodo oppure entro i cinque giorni successivi alla data in cui avviene l’evento modificativo della durata o della cessazione del periodo di lavoro svolto in modalità agile.
Giova rammentare che l’articolo 23 della legge n. 81 del 2017, sempre al comma 1, nei periodi successivi, prevede che i dati in oggetto - di cui al primo periodo, testé enucleato - siano resi disponibili all'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, con le modalità previste dal codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005. In caso di mancata comunicazione secondo le modalità previste dal decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di cui al primo periodo, si applica specifica sanzione amministrativa pecuniaria (ex articolo 19, comma 3, del decreto legislativo n. 276 del 2003[40]).
La relazione tecnica precisa, infine, che dall’articolo 7 non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, trattandosi di intervento normativo di carattere ordinamentale.
Articolo 8
(Misure in materia di politiche formative nell’apprendistato)
L’articolo 8 stabilisce che, a decorrere dal 2024, le risorse del Fondo sociale per occupazione e formazione destinate annualmente – ai sensi della legge di bilancio per il 2018 - al finanziamento delle attività di formazione nell'esercizio del solo apprendistato professionalizzante siano finalizzate alle attività di formazione che sono promosse dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano nell’esercizio di tutte le tipologie di apprendistato di cui al Capo V del decreto legislativo n. 81 del 2015.
Nel dettaglio, la disposizione prevede che, a decorrere dall’anno 2024, le risorse di cui all’articolo 1, comma 110, lettera c), della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio per l’anno finanziario 2018) siano finalizzate alle attività di formazione, che sono promosse dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano nell’esercizio dell’apprendistato, ai sensi del Capo V del decreto legislativo n. 81 del 2015.
La disposizione in commento mira quindi - come specificato nella relazione illustrativa - ad estendere l’ambito di utilizzo delle risorse di cui all’articolo 1, comma 110, lettera c), della legge n. 205 del 2017, pari a euro 15 milioni annui, dal solo ambito del contratto di apprendistato professionalizzante a tutte le tipologie di apprendistato di cui al Capo V del decreto legislativo n. 81 del 2015.
La medesima relazione illustrativa specifica che la finalità della norma è dunque quella di garantire maggiore flessibilità e semplificazione nella programmazione delle risorse e degli interventi da parte delle regioni e delle province autonome, dando facoltà di finanziare attività di formazione per tutte le tipologie di apprendistato.
Si ricorda che il decreto legislativo n. 81 del 2015 reca la disciplina organica dei contratti di lavoro e la revisione della normativa in tema di mansioni (a norma dell'articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183).
Il Capo V di tale decreto legislativo, in particolare, reca disposizioni che definiscono e disciplinano l’apprendistato (artt. da 41 a 47).
La definizione e la disciplina generale dell’apprendistato sono indicate negli articoli 41 e 42.
Ai sensi dell’articolo 41, l'apprendistato è un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e alla occupazione dei giovani.
Il contratto di apprendistato si articola nelle seguenti tipologie:
a) apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore;
b) apprendistato professionalizzante;
c) apprendistato di alta formazione e ricerca.
Tali tipologie di contratto di apprendistato sono disciplinate, rispettivamente, nei successivi articoli 43, 44, e 45.
Il richiamato comma 110, lettera c), dell’articolo 1 della legge di bilancio per il 2018, prevede che, a decorrere dall'anno 2018, siano destinati annualmente, nell'ambito delle risorse di cui all'articolo 68, comma 4, lettera a), della legge 17 maggio 1999, n. 144, a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione[41], di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2: 15 milioni di euro al finanziamento delle attività di formazione nell'esercizio dell'apprendistato, ai sensi dell'articolo 44 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. Tale ultima disposizione disciplina l’apprendistato professionalizzante[42].
Con le previsioni recate dall’articolo 8, le risorse a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione – che ai sensi della legge di bilancio per il 2018 sono specificamente destinate a finanziare le attività di formazione nell’esercizio della sola tipologia di apprendistato professionalizzante – sono quindi finalizzate, in linea generale, alle attività di formazione promosse dalle regioni e dalle province autonome nell’esercizio dell’apprendistato, ai sensi del Capo V del decreto legislativo n. 81 del 2015, e dunque di tutte e tre le tipologie di apprendistato sopra citate e non esclusivamente di quello professionalizzante.
La relazione tecnica precisa, infine, che la norma di cui all’articolo 8, prevedendo una copertura finanziaria a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione per un importo pari allo stanziamento già definito dall’articolo 1, comma 110, lettera c), della legge n. 205 del 2017, non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Articolo 9
(Risoluzione del rapporto di lavoro per assenza ingiustificata del lavoratore)
L’articolo 9 dispone che l’assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre determinati termini comporta la risoluzione del rapporto di lavoro per volontà del lavoratore e che a tale fattispecie non si applica la disciplina vigente in materia di dimissioni telematiche.
Nel dettaglio, la disposizione in commento – che aggiunge il comma 7-bis all’art. 26 del D.Lgs. 151/2015 – prevede la risoluzione del rapporto di lavoro, imputabile a volontà del lavoratore, nei casi in cui la sua assenza ingiustificata si protragga oltre il termine previsto dal contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, per un periodo superiore a cinque giorni.
Viene altresì disposto che in tali casi non si applica la procedura relativa alle dimissioni telematiche disciplinata al medesimo art. 26 del D.Lgs. 151/2015 in base al quale, al di fuori di determinate ipotesi[43], le dimissioni e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro sono fatte, a pena di inefficacia, esclusivamente con modalità telematiche[44] su appositi moduli e trasmessi al datore di lavoro e alla sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro[45].
La Relazione illustrativa evidenzia che la presente norma ha l’obiettivo di riequilibrare le posizioni dei contraenti in tutti quei casi in cui il lavoratore effettivamente manifesta la propria intenzione di risolvere il rapporto di lavoro ma non adempie alle formalità prescritte dalla legge, anche al fine di godere della fruizione della indennità di disoccupazione NASpI che la normativa vigente non riconosce in caso di dimissioni volontarie non derivanti da giusta causa.
Articolo 10
(Assunzioni assistenti sociali - STRALCIATO)
L’articolo 10 è stato stralciato ai sensi dell’articolo 123-bis, comma 1, del Regolamento della Camera dei deputati.
L’articolo 11 è stato stralciato ai sensi dell’articolo 123-bis, comma 1, del Regolamento della Camera dei deputati.
Articolo 12
(Assunzioni di soggetti già impegnati in lavori socialmente utili o di pubblica utilità)
L’articolo 12 reca un intervento di coordinamento normativo nell’ambito della disciplina transitoria sulla possibilità di assunzioni a tempo indeterminato, da parte delle pubbliche amministrazioni già utilizzatrici, dei lavoratori socialmente utili o di quelli impegnati in attività di pubblica utilità. L’intervento è inteso ad allineare formalmente il termine temporale del 31 dicembre 2022, previsto dalla formulazione della norma ora oggetto di novella[46], con la proroga al 30 dicembre 2023, già disposta da un altro intervento legislativo[47].
La disciplina oggetto di novella riguarda la possibilità di assunzioni a tempo indeterminato (anche con contratti di lavoro a tempo parziale), da parte delle pubbliche amministrazioni già utilizzatrici, dei lavoratori socialmente utili o di quelli impegnati in attività di pubblica utilità, nei limiti delle risorse finanziarie già stanziate dall'articolo 1, comma 1156, lettera g-bis), della L. 27 dicembre 2006, n. 296, e dall’articolo 1, comma 496, della L. 27 dicembre 2019, n. 160, per la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili e per le iniziative connesse alle politiche attive per il lavoro in favore delle regioni (la relazione tecnica del presente disegno di legge[48] ricorda che, per le possibilità di assunzione in esame, è stato previsto un finanziamento pari ad euro 20.014.762 annui a decorrere dal 2022).
Si ricorda che le disposizioni transitorie in oggetto concernono procedure di assunzione esperibili nelle regioni Basilicata, Calabria, Campania e Puglia.
Articolo 13
(Modifiche al Codice del terzo settore - STRALCIATO)
L’articolo 13 è stato stralciato ai sensi dell’articolo 123-bis, comma 1, del Regolamento della Camera dei deputati.
L’articolo 14 prevede la possibilità per l’INPS di mettere a disposizione del contribuente o del suo intermediario gli elementi e le informazioni in proprio possesso riferibili al contribuente stesso, trasmettendo al contribuente una comunicazione per correggere eventuali anomalie, errori od omissioni. Il contribuente, entro novanta giorni dalla notificazione della comunicazione, può segnalare all’INPS elementi, fatti e circostanze dallo stesso non conosciuti riferiti alla comunicazione.
Il contribuente che provveda alla regolarizzazione entro novanta giorni dalla notificazione della comunicazione ed esegua il versamento dei contributi dovuti entro i successivi trenta giorni potrà godere di un regime sanzionatorio agevolato.
L’articolo 14 è finalizzato ad introdurre norme di semplificazione e regolazione dell’adempimento agli obblighi contributivi e in particolare si riferisce all’attività dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) per la promozione dell’adempimento spontaneo degli obblighi contributivi.
Come evidenziato nella Relazione Illustrativa, la norma in commento legittima l’attività di compliance[49] già svolta dall’INPS per stimolare l’osservanza degli obblighi contributivi e la regolarizzazione spontanea delle anomalie, errori od omissioni. Attualmente, l’INPS ha avviato varie attività, richiamate e descritte dal Piano nazionale per il contrasto al lavoro sommerso 2023-2025, approvato con decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali con decreto 19 dicembre 2022, n. 221: in alcuni casi, gli esperimenti propedeutici all’avvio delle attività su larga scala hanno rivelato ampie potenzialità di emersione dal “sommerso” e di recupero contributivo.
Nell’ordinamento attuale, tuttavia, non vi è una specifica previsione normativa che favorisca l’emersione di basi imponibili sommerse attraverso la previsione di un regime sanzionatorio agevolato. La norma in esame, quindi, si prefigge di colmare proprio questa lacuna: l’attività di compliance svolta dall’INPS si gioverebbe di un regime sanzionatorio agevolato anche nel caso in cui la regolarizzazione del contribuente non possa definirsi propriamente “spontanea” ma, appunto, indotta dall’attività di segnalazione e comunicazione posta in essere.
Nel dettaglio, il comma 1 prevede che l’INPS, a tal fine, può comunicare ai propri utenti, compresi gli intermediari, le informazioni in proprio possesso che sono relative alla posizione del contribuente.
Quest’ultimo potrà così attivarsi per la correzione di eventuali anomalie, errori od omissioni, disponendo di un termine di novanta giorni dalla notifica della comunicazione per:
- segnalare all’INPS eventuali elementi, fatti e circostanze, eventualmente corredati da documenti per confutare quanto comunicato (comma 2);
- regolarizzare le anomalie, errori od omissioni e nei successivi 30 giorni effettuare il versamento dei contributi dovuti (comma 3). In tal caso, viene applicata la sanzione civile ridotta ovvero in misura pari al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di 2,75 punti. Nel caso di pagamento in forma dilazionata, la riduzione della sanzione è subordinata al pagamento della prima rata.
In materia si applicano le norme di cui al richiamato articolo 2 (rubricato “Riscossione dei crediti contributivi, rateazione dei pagamenti, norme in materia contributiva”), comma 11, del DL 338/1989, ai sensi del quale il pagamento rateale dei debiti per contributi, premi ed accessori di legge, dovuti agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie, ove previsto dalle disposizioni vigenti, può essere consentito dal comitato esecutivo, ovvero, per delega di quest'ultimo, e per casi straordinari e periodi limitati, ed in relazione a rateazioni non superiori a dodici mesi, previa autorizzazione del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, dai comitati regionali, in quanto previsti dall'ordinamento degli enti medesimi. Le rateazioni superiori a dodici mesi sono disposte con provvedimento motivato e sono comunicate trimestralmente ai Ministri del lavoro e della previdenza sociale e del tesoro, secondo modalità stabilite, con apposito decreto, dai Ministri medesimi. Non sono consentite per ciascun debito, complessivamente, rateazioni superiori a ventiquattro mesi; in casi eccezionali, previa autorizzazione del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, possono essere consentite rateazioni fino a trentasei mesi”.
In caso di ritardo, insufficiente o tardivo versamento di una rata successiva alla prima, l’importo della sanzione è quello previsto in caso di evasione contributiva.
Ai sensi del richiamato articolo 116, comma 8, lettera b), primo periodo, della L n. 388/2000, il riferimento è al pagamento di una sanzione civile, in ragione d'anno, pari al 30 per cento; la sanzione civile non può essere superiore al 60 per cento dell'importo dei contributi o premi non corrisposti entro la scadenza di legge.
Infine, nel caso in cui il contribuente raggiunto da una comunicazione di compliance non dovesse fornire i dovuti riscontri all’INPS (comma 4), la disposizione rinvia alle previsioni dell’art. 16 della normativa in commento (v. infra), con cui si potenzia l’attività di accertamento di elusioni e violazioni in ambito contributivo, proprio al fine di fondare l’eventuale attività di accertamento su elementi istruttori opportunamente raccolti. Da ultimo, si prevede, in tale ipotesi, l’applicazione delle sanzioni per evasione contributiva, secondo le disposizioni dell’articolo 116, comma 8, della legge 23 dicembre 2000, n. 388[50]. Tale disposizione ha carattere ordinamentale, istituendo un semplice rinvio circa le modalità per svolgere le attività di accertamento.
Come rilevato nella Relazione Tecnica, la stima degli effetti economici dell’articolo in commento, nell’ipotesi che l’attività di compliance possa riguardare il 10% dell’accertato della vigilanza, sarebbe pari a circa 0,5 milioni di euro di mancate entrate. Poiché il minore incasso per sanzioni non costituisce un onere per la finanza pubblica, in quanto non produce effetti nei tendenziali, anche in considerazione del fatto che le sanzioni vengono conteggiate nel bilancio dell’INPS solo al momento dell’incasso e non al momento dell’accertamento del relativo credito, si stima che la potenzialità attrattiva della norma produca maggiori regolarizzazioni tali da compensare ampiamente le entrate del capitolo di bilancio delle sanzioni a consuntivo.
Articolo 15
(Pagamento dilazionato dei debiti contributivi)
Il comma 1 dell’articolo 15 introduce[51] la possibilità, a decorrere dal 1° gennaio 2025, di forme di rateizzazione fino ad un massimo di sessanta rate mensili dei debiti per contributi, premi e accessori di legge, dovuti all’INPS e all’INAIL e non affidati agli agenti della riscossione, nei casi da definirsi con decreto ministeriale e secondo i requisiti, i criteri e le modalità (inerenti anche al versamento) successivamente stabiliti da un atto emanato dal consiglio di amministrazione di ciascuno dei due enti. La nuova norma in esame costituisce, per i due enti, una disposizione speciale rispetto alla disciplina vigente per gli enti gestori di forme di previdenza obbligatoria, la quale prevede la possibilità della concessione di rateazioni fino a ventiquattro mesi o, previa autorizzazione ministeriale, fino a trentasei mesi, ovvero, in casi specifici e sempre previa autorizzazione ministeriale, fino a sessanta mesi.
Il comma 2 reca una norma di coordinamento in relazione alla novella posta dal comma 1.
Più in particolare, il decreto attuativo previsto dal comma 1 deve essere emanato, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente norma, dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti l’INPS e l’INAIL. La determinazione dei requisiti, criteri e modalità (concernenti, come detto, anche il versamento) da parte dell’atto del consiglio di amministrazione di ciascuno dei due enti deve essere volta a favorire il buon esito dei processi di regolarizzazione e ad assicurare la contestualità della riscossione rispetto alle scadenze delle rate.
Riguardo alla normativa vigente, si ricorda che il D.L. n. 338 del 1989, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 389 del 1989, prevede, all’articolo 2, comma 11, che il pagamento rateale dei debiti per contributi, premi e accessori di legge, dovuti agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie, ove previsto dalle disposizioni vigenti in materia, possa essere consentito (da parte dell’ente) con riferimento ad un periodo massimo di ventiquattro mesi o, in casi eccezionali, previa autorizzazione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di trentasei mesi[52]; le rateazioni superiori a dodici mesi sono disposte con provvedimento motivato e sono comunicate trimestralmente ai Ministri del lavoro e delle politiche sociali e dell’economia e delle finanze, secondo modalità stabilite, con apposito decreto, dai Ministri medesimi; inoltre, l’articolo 116, comma 17, della L. n. 388 del 2000 prevede che possa essere consentito il pagamento rateale fino a sessanta mesi, previa autorizzazione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, nei casi di mancato o ritardato pagamento di contributi o premi derivante da oggettive incertezze[53] o da fatto doloso del terzo (denunciato all’autorità giudiziaria).
Il comma 2 del presente articolo 15, al fine di raccordare la novella di cui al precedente comma 1 con la normativa vigente, prevede che, a decorrere dal medesimo termine del 1° gennaio 2025, la disciplina di cui all’articolo 116, comma 17, della L. n. 388 del 2000, relativa, come detto, agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie, non si applicherà più all’INPS e all’INAIL.
La relazione illustrativa del presente disegno di legge[54] osserva che, nell’individuazione, da parte del decreto ministeriale attuativo della novella di cui al comma 1, delle fattispecie a cui applicare la medesima novella, si potrà far riferimento, oltre che alle ipotesi già oggetto del citato articolo 116, comma 17, a quelle che correntemente consentono, in attuazione del summenzionato articolo 2, comma 11, del D.L. n. 338, il prolungamento della rateazione fino a trentasei rate: calamità naturali; carenza temporanea di liquidità finanziaria, derivante da ritardato introito di crediti maturati nei confronti di pubbliche amministrazioni ovvero da ritardata erogazione di contributi e finanziamenti pubblici; crisi aziendale; riorganizzazione, ristrutturazione e riconversione aziendale; passaggio dei debiti contributivi agli eredi; carenza temporanea di liquidità finanziaria connessa a difficoltà economico-sociali, territoriali o settoriali.
Le norme in oggetto, come accennato, non concernono i debiti (per contributi, premi e accessori di legge previdenziali) affidati agli agenti della riscossione. Riguardo a un quadro relativo a tale fattispecie, cfr. la parte della relazione tecnica del presente disegno di legge[55] inerente al medesimo articolo 15.
L’articolo 16 rafforza il potere di accertamento documentale dell’INPS disciplinando strumenti volti ad intercettare fenomeni di irregolarità e di frode nell’ambito dell’attività di contrasto all’evasione e all’elusione contributiva.
L’articolo 16 è finalizzato a potenziare l’attività di accertamento di elusioni e violazioni in ambito contributivo e la riscossione degli importi omessi.
La norma, essenzialmente di carattere procedurale, permette una maggiore efficacia dell’attività di accertamento di elusioni e violazioni in ambito contributivo con semplificazione degli atti amministrativi.
Come evidenziato dalla Relazione Illustrativa, la disposizione riguarda il potere di accertamento documentale dell’INPS ovvero il potenziamento della sua capacità di verificare, mediante la consultazione di banche dati, anche di altre amministrazioni, la correttezza contributiva dei soggetti obbligati e la congruità delle informazioni fornite dai beneficiari di prestazioni previdenziali o assistenziali, con l’obiettivo di garantire un controllo di legalità maggiormente efficace sul sistema di sicurezza sociale.
Nel dettaglio, il comma 1 dispone che, senza pregiudizio dell’eventuale ulteriore accertamento ispettivo, le attività di controllo e addebito dei contributi previdenziali, ivi compresi i contributi dovuti in caso di utilizzo di prestatori di lavoro formalmente imputati a terzi o a titolo di responsabilità solidale, possono fondarsi su accertamenti eseguiti d’ufficio dall’INPS sulla base di elementi tratti anche dalla consultazione di banche dati dell’Istituto medesimo o di altre pubbliche amministrazioni e dalla comparazione dei relativi dati, da cui si deducano l’esistenza e la misura di basi imponibili non dichiarate o la fruizione di benefici contributivi, esenzioni o agevolazioni, comunque denominati, in tutto o in parte non dovuti.
Secondo quanto disposto dal comma 2, per adempiere a tali compiti, l’INPS ha facoltà di:
a) invitare i contribuenti, indicandone il motivo, a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti;
b) invitare i contribuenti, indicandone il motivo, a esibire o trasmettere atti e documenti rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti;
c) inviare ai contribuenti questionari relativi a dati e notizie di carattere specifico rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti o nei confronti di altri contribuenti con i quali abbiano intrattenuto rapporti, con invito a restituirli compilati e firmati;
d) invitare ogni altro soggetto ad esibire o trasmettere, anche in copia fotostatica, atti o documenti rilevanti concernenti specifici rapporti intrattenuti con il contribuente e a fornire i chiarimenti relativi, nonché rendere dichiarazioni su questionari trasmessi dall’Istituto.
Ai sensi del comma 3, gli inviti e le richieste sono trasmessi in via prioritaria tramite posta elettronica certificata e dalla data di notifica decorre il termine fissato dall’ufficio per l’adempimento, che non può essere inferiore a quindici giorni.
Il comma 4 dispone che, sulla base delle risultanze dell’attività accertativa effettuata d’ufficio, l’INPS può formare avviso di accertamento da notificare al contribuente prioritariamente attraverso posta elettronica certificata. Nel caso in cui il contribuente effettui il pagamento integrale entro quaranta giorni dal ricevimento dell’avviso di accertamento, si prevede l’applicazione delle sanzioni per evasione contributiva, ridotte del 50%. Entro il medesimo termine di quaranta giorni dal ricevimento dell’avviso di accertamento, il contribuente può presentare domanda di rateizzazione.
Per completezza si ricorda che l’art.9, comma 4, del DL 228/2021 ha introdotto fino al 31 dicembre 2022, un regime di temporanea deroga all'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 116, commi 8 e 9, della legge n. 388 del 2000, relative a sanzioni e alla maturazione di interessi sul debito contributivo, nei confronti dei soggetti che non provvedano, entro il termine stabilito, al pagamento dei contributi o premi dovuti alle gestioni previdenziali ed assistenziali, ovvero vi provvedono in misura inferiore a quella dovuta, in riferimento alle fattispecie contributive di cui ai commi 10-bis[56] e 10-ter[57] dell'articolo 3 della legge n. 335 del 1995.
Il comma 5 stabilisce che, in mancanza di pagamento, integrale o rateale, ove autorizzato, entro il 31 dicembre dell’anno successivo alla formazione dell’avviso di accertamento, l’INPS notifica un avviso di addebito ai sensi dell’art. 30 comma 2 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.
Ai sensi del richiamato articolo 30, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, l'avviso di addebito deve contenere a pena di nullità il codice fiscale del soggetto tenuto al versamento, il periodo di riferimento del credito, la causale del credito, gli importi addebitati ripartiti tra quota capitale, sanzioni e interessi ove dovuti nonché l'indicazione dell'agente della riscossione competente in base al domicilio fiscale presente nell'anagrafe tributaria alla data di formazione dell'avviso. L'avviso dovrà altresì contenere l'intimazione ad adempiere l'obbligo di pagamento degli importi nello stesso indicati entro il termine di sessanta giorni dalla notifica nonché l'indicazione che, in mancanza del pagamento, l'agente della riscossione indicato nel medesimo avviso procederà ad espropriazione forzata, con i poteri, le facoltà e le modalità che disciplinano la riscossione a mezzo ruolo. L'avviso deve essere sottoscritto, anche mediante firma elettronica, dal responsabile dell'ufficio che ha emesso l'atto. Ai fini dell'espropriazione forzata, l'esibizione dell'estratto dell'avviso, come trasmesso all'agente della riscossione secondo le modalità e i termini stabiliti dall'INPS, tiene luogo, a tutti gli effetti, dell'esibizione dell'atto stesso in tutti i casi in cui l'agente della riscossione ne attesti la provenienza.
La disposizione specifica che nel giudizio di accertamento negativo dell’obbligo contributivo ovvero avverso l’avviso di addebito per contributi e sanzioni fondato sull’avviso di accertamento di cui al comma 4, la mancata comparizione all’invito di cui al comma 2, lettera a), o l’omessa comunicazione, in tutto o in parte, dei dati, delle notizie e dei documenti richiesti ai sensi del comma 2, costituiscono elementi di prova ai quali il giudice di merito può attribuire rilevanza, anche in via esclusiva, ai fini della decisione.
Non si stimano effetti finanziari negativi per la finanza pubblica, anche considerato che l’INPS provvede allo svolgimento delle predette attività con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente (comma 6), in quanto rientranti nelle attività istituzionali svolte dal medesimo Istituto.
Come sottolineato dalla Relazione Tecnica, dal punto di vista dell’impatto sulla finanza pubblica, la disposizione è suscettibile di determinare effetti positivi per una più facile esigibilità del debito dovuta alla riduzione delle sanzioni e per una maggiore velocità di accertamento del debito con probabile anticipo nell’estinzione del debito.
Articolo 17
(Disposizioni sulla notifica delle controversie in materia contributiva)
L’articolo 17 reca disposizioni sulla notifica delle controversie in materia contributiva prevedendo che, in tutte le controversie nelle quali l’INPS è parte convenuta, la notifica sia effettuata presso la struttura territoriale dell’ente nella cui circoscrizione risiedono i ricorrenti.
Più in dettaglio, l’articolo 17 apporta modifiche di contenuto analogo all’articolo 24, comma 5, e all’articolo 29, comma 2, del decreto legislativo n. 46 del 1999 (che reca la disciplina della riscossione mediante ruolo).
In particolare la lettera a) del comma 1 modifica l’articolo 24 del richiamato D. Lgs. n. 48 del 1999, che riguarda l’iscrizione a ruolo dei crediti degli enti previdenziali.
Ai sensi del vigente comma 5, contro l'iscrizione a ruolo il contribuente può proporre opposizione al giudice del lavoro entro il termine di quaranta giorni dalla notifica della cartella di pagamento. Il ricorso va notificato all'ente impositore.
Con le modifiche in esame si precisa che la notifica del ricorso deve avvenire presso la struttura territoriale nella cui circoscrizione risiedono i soggetti privati interessati.
La lettera b) modifica l’articolo 29, comma 2 del medesimo decreto, in tema di garanzie giurisdizionali per entrate non devolute alle commissioni tributarie.
Il vigente articolo 29 dispone che, per le entrate tributarie diverse da quelle appartenenti alla giurisdizione tributaria (elencate dall'articolo 2 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546), e per quelle non tributarie, il giudice competente a conoscere le controversie concernenti il ruolo può sospendere la riscossione se ricorrono gravi motivi.
Per le entrate non tributarie e per quelle non appartenenti alla giurisdizione tributaria, il comma 2 prevede tra l’altro che le opposizioni all'esecuzione ed agli atti esecutivi si propongono nelle forme ordinarie. Con le modifiche in esame si precisa che in tal caso il ricorso va notificato all’ente impositore presso la struttura territoriale nella cui circoscrizione risiedono i soggetti privati interessati.
Il Governo, nella Relazione che accompagna il provvedimento, chiarisce che le modifiche in esame derogano al principio generale per cui le notifiche alle persone giuridiche devono essere effettuate presso la sede legale, tenuto conto che, in proposito, una recente sentenza della Corte di Cassazione (Cassazione 5 maggio 2022, n. 14271) ha statuito che questo regime derogatorio può trovare applicazione esclusivamente per le controversie finalizzate ad ottenere prestazioni previdenziali e assistenziali, e non anche per le controversie contributive, che, secondo un principio generale, sarebbero quindi validamente notificate presso la sede legale dell’INPS.
L’articolo 18 prevede la possibilità per il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, le sue società, gli enti da esso vigilati e per le società che operano come società in house del Ministero medesimo, di avvalersi delle prestazioni della società per attività rientranti nell’oggetto sociale della società medesima.
L’articolo 18 aggiunge un comma 7-bis all’articolo 5-bis del decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101, convertito con modificazioni dalla legge 2 novembre 2019, n. 128, introducendo per il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, le sue società, gli enti da esso vigilati e per le società che operano quali società in house del Ministero medesimo, la possibilità di avvalersi delle prestazioni della società per attività che rientrano nell’oggetto sociale della Società di INPS Servizi S.p.a.
Come più in dettaglio ricostruito nella Relazione Illustrativa, la Società di INPS Servizi S.p.a. è stata istituita in seguito alla necessità di internalizzare i servizi informativi e dispositivi da erogare in favore dell’utenza dell’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), per promuovere la continuità nell’erogazione dei servizi medesimi e tutelare la stabilità occupazionale del personale ad essi adibito.
In particolare, l’articolo 5-bis del decreto-legge n. 101 del 2019 ha affidato alla Sispi S.p.a. (Società Italia previdenza – Società italiana di servizi per la previdenza integrativa), interamente partecipata dall’INPS e che assume la denominazione di INPS Servizi S.p.a, le attività di Contact center multicanale (CCM) verso l’utenza, alla scadenza naturale dei contratti in essere nell’ambito delle stesse attività, nel rispetto delle disposizioni in materia di in house providing.
La società INPS Servizi S.p.a è totalmente partecipata dall’INPS, che esercita su di essa il c.d. “controllo analogo” a quello esercitato sui propri servizi, di natura preventiva e successiva, sugli obiettivi strategici e sulle loro modalità di attuazione: si tratta quindi di una società che opera, nei confronti dell’INPS, secondo il modello dell’in house providing sulla base di uno statuto conforme alla normativa interna in materia.
Rientrano nell’oggetto sociale di INPS Servizi S.p.A. le attività originariamente facenti parte del novero delle prestazioni della Soc. SISPI S.p.A. come:
a) Fornitura di prodotti/servizi amministrativo-contabili, anche di carattere fiscale – in particolare per la riscossione dei contributi e per l’erogazione delle prestazioni dei Fondi di previdenza complementare e integrativa – e relativi a servizi di ricerca e consulenza per il mercato dell’area della previdenza e assistenza in genere;
b) Espletamento dei prodotti/servizi sopraindicati e delle attività connesse e strumentali a Enti/Casse previdenziali e assistenziali, pubblici e privati, nonché delle tipologie di servizi connessi ai compiti istituzionali di INPS, ivi compresi quelli relativi alla partecipazione e alla gestione di progetti comunitari e/o internazionali;
c) Erogazione di servizi di call/contact center, nella forma tradizionale o in quella di multimedia business center multicanale basato su Internet, mobile e tutte le piattaforme e i canali innovativi disponibili sul mercato, front e back end, back office ed assistenza, in favore dell’utenza dell’INPS e, entro il limite del 20% del fatturato, di altre pubbliche amministrazioni.
La norma in commento in sostanza estende al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, le sue società, gli enti da esso vigilati e le società che operano quali società in house del Ministero medesimo la possibilità di rivolgersi direttamente a INPS Servizi, con oneri a proprio carico, per attività rientranti nell’oggetto sociale della medesima Inps Servizi S.p.A.
L’utilizzo di Inps Servizi (su cui Inps esercita il controllo analogo) da parte del Ministero e degli altri soggetti individuati dalla disposizione è quella dell’affidamento diretto nel rispetto delle disposizioni nazionali ed europee in materia di in house providing[58].
In questa prospettiva va, altresì, rimarcata, la peculiarità del legame funzionale intercorrente tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e l’INPS, comprovata dall’esercizio della funzione di vigilanza che si svolge, tra l’altro, mediante approvazione ministeriale di taluni atti organizzativi fondamentali dell’Istituto (regolamenti, delibere contenenti criteri direttivi generali, dotazione organica).
Deve, poi, tenersi conto di una spiccata tendenza, nella legislazione recente, nell’ambito del settore pubblico allargato, a consentire, anche tra diversi livelli territoriali di governo, affidamenti diretti al di fuori di un rapporto di delegazione interorganica in senso proprio e diretto tra l’amministrazione conferente e l’organismo in house.
Si richiamano a tal proposito:
- l’art. 10, comma 4, del decreto-legge n. 77 del 2021, che prevede che Regioni, Province autonome ed enti locali, per il tramite delle amministrazioni centrali dello Stato, possono avvalersi del supporto tecnico-operativo di società in house qualificate per la promozione e realizzazione di progetti di sviluppo territoriale di fondi europei e nazionali;
- l’art. 55, comma 4, del decreto-legge n. 76 del 2020, che prevede che gli enti parco nazionali possano di rivolgersi a Sogesid s.p.a., ente in house del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, per la realizzazione di piani, programmi e progetti, mediante stipula di apposite convenzioni senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;
- l’art. 14, comma 3, del decreto-legge n. 115 del 2022, in materia di servizio idrico integrato, che prevede che gli enti di governo dell’ambito possano avvalersi, mediante apposite convenzioni, di società a partecipazione interamente pubblica che abbiano esperienza in progetti di assistenza alle amministrazioni pubbliche impegnate nei processi di organizzazione, pianificazione ed efficientamento dei servizi pubblici locali.
Come sottolineato nella Relazione Tecnica, dall’articolo in commento non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, atteso che eventuali servizi affidati a Inps Servizi S.p.a. da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali operano nell’ambito delle risorse previste a legislazione vigente.
L’articolo 19 rende strutturale per talune categorie di dipendenti e di pensionati la possibilità di iscriversi alla Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali, non prevedendo un termine entro cui tale facoltà deve essere esercitata, come disposto invece dalla normativa vigente.
Preliminarmente, si ricorda che alla predetta Gestione unitaria, istituita dall’art. 1, c. 245, della L. 662/1996, sono obbligatoriamente iscritti tutti i dipendenti pubblici appartenenti alla gestione ex INPDAP (ex art. 6 del D.M. 28 luglio 1998, n. 463).
Il DM 7 marzo 2007, n. 45 ha poi introdotto l’iscrizione facoltativa a tale Gestione anche per i pensionati già dipendenti pubblici che fruiscono del trattamento pensionistico a carico della Gestione speciale dei dipendenti pubblici, già iscritti all’INPDAP, nonché per i dipendenti o pensionati delle amministrazioni statali di cui all’art. 1, c. 2, del D.Lgs. 165/2001 iscritti ad enti o gestioni previdenziali diverse dalla predetta Gestione speciale. Tali categorie di pensionati e di dipendenti potevano manifestare la volontà di iscrizione sino al 31 maggio 2008.
Successivamente, i suddetti termini per l’iscrizione volontaria alla Gestione in oggetto sono stati riaperti, per i medesimi soggetti, dalla legge di bilancio 2020 (art. 1, c. 483-485, L. 160/2019). L’adesione poteva avvenire entro sei mesi dalla emanazione del DM 12 maggio 2021, n. 110, recante il regolamento di attuazione di quanto previsto dalla legge di bilancio 2020, ossia entro il 20 febbraio 2022.
Attualmente - come ricordato dalla Circ. INPS n. 20 del 2022, che rinvia a quanto disposto dal Messaggio INPS n. 3282 del 2017 - possono iscriversi alla Gestione unitaria i lavoratori assunti o trasferiti successivamente al 20 febbraio 2022, che devono manifestare la volontà di aderire entro 30 giorni dalla data dell’assunzione o del trasferimento, e i pensionandi in data successiva al 20 febbraio 2022, che devono manifestare la volontà di adesione entro l’ultimo giorno di servizio[59].
La disposizione in commento (comma 1), come anticipato, prevede che i suddetti soggetti, ossia i pensionati già dipendenti pubblici che fruiscono del trattamento pensionistico a carico della Gestione dei dipendenti pubblici, già iscritti all’INPDAP, e i dipendenti o pensionati delle amministrazioni statali di cui all’art. 1, c. 2, del D.Lgs. 165/2001 iscritti ad enti o gestioni previdenziali diverse dalla predetta Gestione speciale, che non risultano iscritti alla Gestione unitaria, possono aderire alla stessa tramite comunicazione all’INPS della relativa volontà di adesione, senza porre dei termini entro cui tale adesione deve essere manifestata.
Si conferma che l’adesione è irrevocabile e si specifica che le relative prestazioni possono essere richieste decorso un anno dall’iscrizione (comma 2).
Su tale ultimo punto, si segnala che il Regolamento per l’erogazione di prestiti agli iscritti alla Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali pone taluni requisiti per accedere ai prestiti: in caso di piccoli prestiti, per i dipendenti è richiesto il possesso di almeno un anno di servizio continuativo utile a pensione (elevato a quattro per i prestiti pluriennali), per i pensionati è richiesto che siano sottoposti al prelievo obbligatorio dello 0,15 per cento previsto dalla normativa. In caso di prestiti pluriennali (artt. 8 e 16).
L’articolo 20 disciplina l’uniformazione dei tempi di presentazione delle domande di accesso ad Ape sociale e di pensionamento anticipato con requisito contributivo ridotto, stabilendo che tali domande sono presentate entro il 31 marzo, il 15 luglio e, comunque, non oltre il 30 novembre di ciascun anno.
Nel dettaglio, il comma 1 stabilisce che le domande di riconoscimento delle condizioni per l’accesso all’Ape sociale, di cui all’articolo 1, commi da 179 a 186, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, e le domande di riconoscimento delle condizioni per l’accesso al pensionamento anticipato con requisito contributivo ridotto, di cui all’articolo 1, commi da 199 a 205, della medesima L 232/2016, sono presentate entro il 31 marzo, il 15 luglio e, comunque, non oltre il 30 novembre di ciascun anno.
Secondo quanto disposto dal comma 2, tali domande acquisite trovano accoglimento esclusivamente se, all’esito dello svolgimento delle attività di monitoraggio di cui all’articolo 11, rispettivamente, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 maggio 2017, n. 88, e del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 maggio 2017, n. 87, residuano le necessarie risorse finanziarie.
Ai sensi dell’art. 11 del DPCM n. 87/2017 (Monitoraggio e criteri di ordinamento delle domande e gestione della clausola di salvaguardia), il monitoraggio delle domande positivamente certificate, ai fini della individuazione di eventuali scostamenti rispetto alle risorse finanziarie annualmente disponibili per legge, è effettuato dall'INPS, sulla base della data di raggiungimento del requisito ridotto e, a parità della stessa, della data di presentazione della domanda di riconoscimento delle condizioni per l'accesso al beneficio.
Qualora l'onere finanziario accertato sia superiore allo stanziamento di cui all'articolo 1, comma 203, della legge n. 232 del 2016, valutato anche in via prospettica, l'INPS provvede all'individuazione dei soggetti esclusi dal beneficio e al conseguente posticipo della decorrenza dell'indennità loro dovuta sulla base del criterio di ordinamento previsto.
Qualora dall'attività di monitoraggio prevista per ciascun anno residuino le necessarie risorse finanziarie, l'INPS provvede ad individuare i soggetti per i quali è possibile concedere il beneficio nei limiti delle risorse finanziarie annualmente disponibili.
All'espletamento delle attività di monitoraggio si provvede attraverso apposita conferenza di servizi indetta dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, da concludersi entro il 31 marzo dell'anno seguente a quello di presentazione delle domande.
Ai sensi dell’art. 11 del DPCM n. 88/2017: il monitoraggio delle domande positivamente certificate, ai fini della individuazione di eventuali scostamenti rispetto alle risorse finanziarie annualmente disponibili per legge, è effettuato dall'INPS, sulla base della data di raggiungimento del requisito anagrafico per l'accesso al trattamento pensionistico di vecchiaia di cui all'articolo 24, comma 6, del decreto-legge n. 201 del 2011 e, a parità di requisito, della data di presentazione della domanda di riconoscimento delle condizioni per l'accesso all'APE sociale.
Qualora l'onere finanziario accertato sia superiore allo stanziamento di cui all'articolo 1, comma 186, della legge n. 232 del 2016 valutato anche in via prospettica, l'INPS provvede all'individuazione dei soggetti esclusi dal beneficio e al conseguente posticipo della decorrenza dell'indennità loro dovuta sulla base del criterio di ordinamento previsto.
Qualora dall'attività di monitoraggio prevista residuino le necessarie risorse finanziarie, l'INPS provvede ad individuare nell'ambito delle domande, positivamente certificate e sulla base del criterio di ordinamento, i soggetti per i quali è possibile concedere l'APE sociale nei limiti delle risorse finanziarie annualmente disponibili.
All'espletamento delle attività di monitoraggio si provvede attraverso indizione, da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di apposita conferenza di servizi.
Come sottolineato nella Relazione Tecnica, la disposizione in commento, in quanto di natura ordinamentale, non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
L’articolo 21 concerne, in primo luogo, i contributi pensionistici, relativi ai lavoratori dipendenti privati (o ai collaboratori in forma coordinata e continuativa)[60], non versati per inadempimento del datore di lavoro (o del committente[61]) e caduti in prescrizione; la novella[62] introduce, al riguardo, la possibilità di richiesta all’INPS, da parte del lavoratore e con onere a suo carico, della costituzione di una rendita vitalizia, qualora sia decorso il termine di prescrizione per l’omologa richiesta (già prevista nell’ordinamento) da parte del datore di lavoro (o da parte del medesimo lavoratore in sostituzione del datore). L’articolo provvede, inoltre, alla copertura finanziaria degli oneri netti derivanti dalla novella in esame per gli anni 2026 e seguenti, nonché all’incremento del Fondo sociale per occupazione e formazione[63] per gli anni 2024 e 2025, nella misura identica agli effetti finanziari netti positivi derivanti (nei suddetti due anni) dalla medesima novella.
Più in particolare, la novella di cui al comma 1 del presente articolo 21 introduce la possibilità summenzionata con onere a carico esclusivo del lavoratore, in seguito alla prescrizione – in base all’ordinario termine di prescrizione decennale – delle seguenti possibilità, previste dalla normativa vigente relativamente ai contributi pensionistici non versati dal datore di lavoro e prescritti[64]: di richiesta all’INPS, da parte del datore, di costituzione di una rendita vitalizia reversibile; di omologa richiesta (in via sostitutiva) da parte del lavoratore, per i casi cui questi non possa ottenere dal datore la costituzione della rendita, a condizione che il lavoratore fornisca all'INPS le prove del rapporto di lavoro e della misura della retribuzione[65] e fatto salvo il diritto (nei confronti del datore) al risarcimento del danno.
Le relazioni illustrativa e tecnica del disegno di legge in esame[66] ricordano che, secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione[67], le due richieste summenzionate, possibili a legislazione vigente, sono assoggettate all’ordinario termine di prescrizione decennale e che a tale indirizzo giurisprudenziale non sono seguite istruzioni amministrative a livello centrale, con la conseguente possibilità di applicazioni diverse da parte delle varie sedi territoriali dell’INPS.
La novella di cui al presente comma 1 introduce una possibilità non soggetta a termine di prescrizione, possibilità riconosciuta qualora i termini per le due richieste summenzionate siano prescritti. La nuova possibilità è esercitabile, come detto, con onere finanziario a carico esclusivo del lavoratore ed è subordinata all’onere della prova summenzionato. La misura dell’onere finanziario è determinata secondo i medesimi criteri vigenti per le altre due tipologie di richiesta. Tali criteri prevedono il versamento all’INPS di una riserva matematica, calcolata in base a tariffe definite con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Consiglio di amministrazione dell'INPS[68].
La summenzionata relazione illustrativa[69] specifica che la novella non ha alcun effetto circa la possibilità di risarcimento del danno nei confronti del datore, possibilità che, nella fattispecie in esame, resta dunque preclusa per intervenuta prescrizione.
L’alinea del comma 3 del presente articolo 21 reca le stime degli oneri annui, a carico della finanza pubblica, derivanti dalla novella di cui al comma 1, comprensivi degli effetti fiscali negativi (in ragione della deducibilità fiscale dei contributi); le stime sugli effetti finanziari al netto delle maggiori entrate contributive sono riportate nelle lettere b) e c) dello stesso comma 3; tali effetti sono stimati in termini positivi (per la finanza pubblica) per gli anni 2024 e 2025 e negativi per gli anni successivi. Le conseguenti risorse finanziarie relative agli anni 2024 e 2025 vengono utilizzate (comma 2 e comma 3, lettera b)) al fine di un incremento, in identica misura, del suddetto Fondo sociale per occupazione e formazione; tale incremento è pari a 14,2 milioni di euro per l’anno 2024 e a 2,1 milioni per l’anno 2025.
Il comma 4 reca la clausola contabile, concernente le variazioni di bilancio – mediante decreti del Ministro dell’economia e delle finanze – conseguenti all’attuazione del presente articolo.
L’articolo 22 prevede che le riunioni degli organi statutari degli enti di diritto privato gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza possano svolgersi, anche in via ordinaria, mediante videoconferenza, anche per una sola parte dei componenti; ciò al fine di contenere i costi e contestualmente consentire la più ampia partecipazione dei componenti e, comunque, osservando i principi di trasparenza e tracciabilità, identificabilità, sicurezza delle comunicazioni e protezione dei dati personali (comma 1).
La disposizione stabilisce altresì che gli enti interessati - che non prevedono nei propri ordinamenti tali modalità di svolgimento delle riunioni - siano tenuti a disciplinarle nei loro statuti, con specifica deliberazione da sottoporre ai Ministeri vigilanti, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge (comma 2).
Nel dettaglio, la disposizione in commento introduce le modalità videoconferenza o mista quali modalità anche ordinarie di svolgimento delle riunioni degli organi statutari degli enti previdenziali di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509 e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103 (ossia degli enti di diritto privato che gestiscono forme obbligatorie di previdenza e di assistenza) (comma 1).
Si ricorda che il decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509 reca attuazione della delega conferita dall'art. 1, comma 32, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in materia di trasformazione in persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza.
Il decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103 reca attuazione della delega conferita dall'art. 2, comma 25, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in materia di tutela previdenziale obbligatoria dei soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione.
Le finalità di tale previsione sono quelle di contenere i costi e di permettere ad una platea più ampia possibile dei componenti di partecipare alle riunioni medesime.
Viene anche precisato che lo svolgimento mediante videoconferenza o in modalità mista delle riunioni avviene nel rispetto dei criteri di trasparenza e tracciabilità, identificabilità, sicurezza delle comunicazioni e protezione dei dati personali di cui all’articolo 73[70] del decreto-legge n. 18 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2020 (recante misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19).
Ai sensi del comma 2, gli enti in oggetto, che nell’ambito dei loro ordinamenti non prevedono le sopracitate modalità di svolgimento delle riunioni, devono disciplinarle nei propri statuti con apposita deliberazione.
Tale deliberazione - entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge - deve essere sottoposta ai Ministeri vigilanti, ai sensi dell’articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509.
Il richiamato articolo 3 del decreto legislativo n. 509 del 1994 prevede, al comma 1, che la vigilanza sulle associazioni o fondazioni di cui all'articolo 1 del decreto medesimo (ossia gli enti privatizzati) sia esercitata dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, dal Ministero dell’economia e delle finanze, nonché dagli altri Ministeri rispettivamente competenti ad esercitare la vigilanza per gli enti trasformati ai sensi dell'articolo 1, comma 1
Il comma 2 statuisce che, nell'esercizio della vigilanza, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministeri competenti a vigilare, approvi i seguenti atti: lo statuto e i regolamenti, nonché le relative integrazioni o modificazioni; b) le delibere in materia di contributi e prestazioni, sempre che la relativa potestà sia prevista dai singoli ordinamenti vigenti.
La relazione tecnica precisa, infine, che l’articolo, afferendo alle modalità di svolgimento delle riunioni degli organi degli enti previdenziali, non comporta nuovi o maggiori oneri a carico dello Stato.
L’articolo 23, composto di un unico comma, nell’introdurre i nuovi commi 784-quinquies, 784-sexies e 784-septies nell’articolo 1 della L. n. 145/2018 (legge di bilancio per il 2019):
- istituisce presso il Ministero dell'istruzione e del merito l'Albo delle buone pratiche dei percorsi per le competenze trasversali e l'orientamento, nel quale sono raccolte le buone pratiche adottate dalle istituzioni scolastiche (comma 784-quinquies);
- istituisce presso il Ministero dell'istruzione e del merito l'Osservatorio nazionale per i percorsi per le competenze trasversali e per l'orientamento, con compiti di sostegno delle attività di monitoraggio e di valutazione dei medesimi percorsi (comma 784-sexies);
- demanda, infine, ad un decreto del Ministro dell'istruzione e del merito la definizione della composizione, delle modalità di funzionamento e della durata in carica dei componenti dell'Osservatorio (comma 784-septies).
Sulle misure più recenti concernenti i percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento, si veda il comunicato stampa del 1° maggio 2023 sul sito del Ministero dell'istruzione e del merito.
Nello specifico, il comma 784-quinquies riconduce espressamente l’istituzione dell'Albo delle buone pratiche dei percorsi per le competenze trasversali e l'orientamento alle finalità “di condividere e diffondere soluzioni organizzative ed esperienze di eccellenza”. L’ultimo periodo del comma in esame demanda quindi a un decreto del Ministro dell'istruzione e del merito la definizione delle modalità di costituzione e di funzionamento dell'Albo.
Al riguardo, la relazione tecnica fa presente che «la piattaforma per l’alternanza scuola-lavoro è già operativa e al suo interno è già prevista la sezione “Storie di alternanza” nella quale sono descritte le buone pratiche. Pertanto, all’attuazione si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente».
In base al comma 784-sexies, l’istituzione dell'Osservatorio nazionale per i percorsi per le competenze trasversali e per l'orientamento è finalizzata al consolidamento di percorsi per le competenze trasversali e per l'orientamento che rispondano a criteri di qualità sotto il profilo formativo e orientativo. All'attuazione del comma in esame si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Ai componenti dell'Osservatorio non spettano compensi, indennità, gettoni di presenza, rimborsi di spese né altri emolumenti comunque denominati.
Il comma 784-septies demanda a un decreto del Ministro dell'istruzione e del merito il compito di definire la composizione, le modalità di funzionamento e la durata in carica dei componenti dell'Osservatorio.
L’alternanza scuola-lavoro
L’art. 4, comma 1, della L. n. 53/2003 aveva delegato il Governo ad adottare “un apposito decreto legislativo” nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) svolgere l'intera formazione dai 15 ai 18 anni, attraverso l'alternanza di periodi di studio e di lavoro, sotto la responsabilità dell'istituzione scolastica o formativa, sulla base di convenzioni con imprese o con le rispettive associazioni di rappresentanza o con le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, o con enti pubblici e privati ivi inclusi quelli del terzo settore, disponibili ad accogliere gli studenti per periodi di tirocinio che non costituiscono rapporto individuale di lavoro. Le istituzioni scolastiche, nell'àmbito dell'alternanza scuola-lavoro, possono collegarsi con il sistema dell'istruzione e della formazione professionale ed assicurare, a domanda degli interessati e d'intesa con le regioni, la frequenza negli istituti d'istruzione e formazione professionale di corsi integrati che prevedano piani di studio progettati d'intesa fra i due sistemi, coerenti con il corso di studi e realizzati con il concorso degli operatori di ambedue i sistemi;
b) fornire indicazioni generali per il reperimento e l'assegnazione delle risorse finanziarie necessarie alla realizzazione dei percorsi di alternanza, ivi compresi gli incentivi per le imprese, la valorizzazione delle imprese come luogo formativo e l'assistenza tutoriale;
c) indicare le modalità di certificazione dell'esito positivo del tirocinio e di valutazione dei crediti formativi acquisiti dallo studente.
La finalità della delega legislativa era quella di assicurare agli studenti che avevano compiuto il quindicesimo anno di età la possibilità di realizzare i corsi del secondo ciclo in alternanza scuola-lavoro, come modalità di realizzazione del percorso formativo progettata, attuata e valutata dall'istituzione scolastica e formativa in collaborazione con le imprese, con le rispettive associazioni di rappresentanza e con le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, che assicurasse ai giovani, oltre alla conoscenza di base, l'acquisizione di competenze spendibili nel mercato del lavoro.
In attuazione di tale delega, l’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 77/2005 (Definizione delle norme generali relative all'alternanza scuola-lavoro), ha disciplinato l'alternanza scuola-lavoro come modalità di realizzazione dei corsi del secondo ciclo, sia nel sistema dei licei, sia nel sistema dell'istruzione e della formazione professionale, per assicurare ai giovani, oltre alle conoscenze di base, l'acquisizione di competenze spendibili nel mercato del lavoro. Gli studenti che hanno compiuto il quindicesimo anno di età, salva restando la possibilità di espletamento del diritto-dovere con il contratto di apprendistato, possono presentare la richiesta di svolgere, con la predetta modalità e nei limiti delle risorse previste, l'intera formazione dai 15 ai 18 anni o parte di essa, attraverso l'alternanza di periodi di studio e di lavoro, sotto la responsabilità dell'istituzione scolastica o formativa. Successivamente, l'art. 1, comma 33, della L. n. 107/2015, ha stabilito che i percorsi di alternanza scuola-lavoro fossero attuati, negli istituti tecnici e professionali, per una durata complessiva, nel secondo biennio e nell'ultimo anno del percorso di studi, di almeno 400 ore e, nei licei, per una durata complessiva di almeno 200 ore nel triennio, con la finalità di incrementare le opportunità di lavoro e le capacità di orientamento degli studenti. Le predette disposizioni si sarebbero applicate a partire dalle classi terze attivate nell'anno scolastico 2015/2016. I percorsi di alternanza dovevano essere inseriti nei piani triennali dell'offerta formativa (disciplinati dall’art. 3 del DPR 275/1999, come sostituito dall’art. 1, co. 14, della L. 107/2015)
La disciplina relativa ai PCTO è inoltre contenuta nel Manuale INAIL-MIUR del 2013, intitolato Gestione del sistema sicurezza e cultura della prevenzione nella scuola, nella Guida Operativa MIUR dell'8 ottobre 2015 e nella Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in alternanza scuola-lavoro, adottata con DM n. 195 del 3 novembre 2017.
In base all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 77/2005, come modificato dal comma 34 dell'art. 1, L. 13 luglio 2015, n. 107, i percorsi in alternanza sono progettati, attuati, verificati e valutati sotto la responsabilità dell'istituzione scolastica o formativa, sulla base di apposite convenzioni con le imprese, o con le rispettive associazioni di rappresentanza, o con le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, o con gli enti pubblici e privati, ivi inclusi quelli del terzo settore, o con gli ordini professionali, ovvero con i musei e gli altri istituti pubblici e privati operanti nei settori del patrimonio e delle attività culturali, artistiche e musicali, nonché con enti che svolgono attività afferenti al patrimonio ambientale o con enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI, disponibili ad accogliere gli studenti per periodi di apprendimento in situazione lavorativa, che non costituiscono rapporto individuale di lavoro. Le istituzioni scolastiche e formative, nell'àmbito degli ordinari stanziamenti di bilancio, destinano specifiche risorse alle attività di progettazione dei percorsi in alternanza scuola-lavoro (si veda anche l’art. 3, comma 2, del D.M. 3 novembre 2017, n. 195).
Secondo l’art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 77/2005, le istituzioni scolastiche o formative, singolarmente o in rete, stipulano, nei limiti degli importi allo scopo annualmente assegnati nell'àmbito delle risorse disponibili, apposite convenzioni, a titolo gratuito, con i soggetti abilitati. Le convenzioni, in relazione al progetto formativo, regolano i rapporti e le responsabilità dei diversi soggetti coinvolti nei percorsi in alternanza, ivi compresi gli aspetti relativi alla tutela della salute e della sicurezza dei partecipanti.
In base all'art. 5, comma 4, del D.M. n. 195 del 3 novembre 2017, al fine di garantire la salute e la sicurezza degli studenti degli istituti tecnici e professionali, nonché dei licei, impegnati nei percorsi di alternanza negli ultimi tre anni del percorso di studi, considerata la specifica finalità didattica e formativa, ai sensi dell’articolo 2 comma 1, lettera a), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, che equipara gli studenti allo status dei lavoratori, è stabilito che il numero di studenti ammessi in una struttura sia determinato in funzione delle effettive capacità strutturali, tecnologiche ed organizzative della struttura ospitante, nonché in ragione della tipologia di rischio cui appartiene la medesima struttura ospitante con riferimento all’Accordo Stato-Regioni del 21 dicembre 2011, n. 221, in una proporzione numerica studenti/tutor della struttura ospitante non superiore al rapporto di 5 a 1 per attività a rischio alto, non superiore al rapporto di 8 a 1 per attività a rischio medio, non superiore al rapporto di 12 a 1 per attività a rischio basso.
Successivamente, i commi 784-787 dell’art. 1, dopo il comma 784-quater della legge n. 145 del 2018 avevano stabilito la ridenominazione dei percorsi in alternanza scuola-lavoro, istituiti dal d.lgs. n. 77 del 2005, in “percorsi per le competenze trasversali e per l'orientamento” e, a decorrere dall’anno scolastico 2018/2019, ne avevano ridotto il numero di ore minimo complessivo da svolgere. In particolare, si è disposto che, a decorrere dall’a.s. 2018/2019, i nuovi percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento sono svolti per una durata complessiva minima di: 210 ore nel triennio terminale dei percorsi di istruzione professionale (a fronte delle previgenti 400 ore dei percorsi di alternanza scuola-lavoro); 150 ore nel secondo biennio e nel quinto anno degli istituti tecnici (a fronte delle previgenti 400 ore dei percorsi alternanza scuola-lavoro); 90 ore nel secondo biennio e nel quinto anno dei percorsi liceali (a fronte delle previgenti 200 ore dei percorsi di alternanza scuola-lavoro) (co. 784). Si è quindi demandato a un decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, la definizione delle linee guida per l’organizzazione dei nuovi percorsi (co. 785). In attuazione di tale disposizione è stato quindi adottato il D.M. n. 774/2019 (Linee guida in merito ai percorsi per le competenze trasversali e per l'orientamento). A decorrere dal 2019, le risorse stanziate dall’art. 1, co. 39, della L. 107/2015 per l’organizzazione dei percorsi di alternanza scuola-lavoro – pari a € 100 mln annui dal 2016 – sono assegnate alle istituzioni scolastiche nei limiti necessari allo svolgimento del numero minimo di ore fissato (comma 786). Circa i progetti già attivati dalle scuole nell’a.s. 2018/2019, si dispone che “si determina automaticamente, anche nei confronti di eventuali soggetti terzi coinvolti, una rimodulazione delle attività”, sulla base delle risorse finanziarie occorrenti e disponibili sui pertinenti capitoli di bilancio in attuazione delle disposizioni di cui ai commi da 784 a 786 (comma 787).
Infine, i commi 4 e 5 dell’articolo 17 del D.L. 48/2023 (L. 85/2023) hanno integrato la disciplina relativa ai percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento (PCTO), contenuta nei commi da 784 a 787 dell’articolo 1 della legge di bilancio per il 2019 (L. 145/2018). Il comma 4, nell’introdurre i commi da 784-bis a 784-quater al predetto articolo 1 della legge di bilancio per il 2019:
- stabilisce il principio per cui la progettazione dei PCTO deve essere coerente con il piano triennale dell’offerta formativa (PTOF) e con il profilo culturale, educativo e professionale in uscita dei singoli indirizzi di studio offerti dalle istituzioni scolastiche;
- a tal fine, impone alle istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione l’individuazione, nell’ambito dell’organico dell’autonomia e avvalendosi delle risorse disponibili a legislazione vigente, del docente coordinatore di progettazione (comma 784-bis);
- demanda a un decreto del Ministro dell’istruzione e del merito l’individuazione delle modalità per effettuare il monitoraggio qualitativo dei PCTO (comma 784-ter);
- prevede l’integrazione del documento di valutazione dei rischi (DVR) da parte delle imprese iscritte nel registro nazionale per l’alternanza con un’apposita sezione con l’indicazione delle misure specifiche di prevenzione dei rischi e dei dispositivi di protezione individuale (DPI) da adottare per gli studenti nei PCTO (comma 784-quater). La sezione integrativa del DVR deve indicare altresì “ogni altro segno distintivo utile ad identificare gli studenti”. Il comma 784-quater, qui introdotto all’articolo 1 della legge di bilancio per il 2019 (L. n. 145/2018), dispone altresì che l’integrazione al documento di valutazione dei rischi (DVR) è fornita all’istituzione scolastica ed è allegata alla convenzione.
Il comma 5 dell’articolo 17 in esame, novellando l’articolo 1 della L. n. 107/2015:
- prevede che la sezione speciale del registro delle imprese, a cui devono essere iscritte le imprese per l'alternanza scuola-lavoro, deve consentire la condivisione di ulteriori informazioni, oltre quelle già previste, relativamente a ciascuna impresa iscritta (lettera a), che modifica in tal senso il comma 41, lettera b), dell’articolo 1); Il comma 41, lettera b), dell’articolo 1 della L. n. 107/2015, come modificato dalla lettera a) del comma 5 qui in esame, prevede che la sezione speciale del registro delle imprese, a cui devono essere iscritte le imprese per l'alternanza scuola-lavoro, deve consentire la condivisione anche: delle capacità strutturali, tecnologiche e organizzative dell’impresa; dell’esperienza maturata nei percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento; dell’eventuale partecipazione a forme di raccordo organizzativo con associazioni di categoria, reti di scuole, enti territoriali già impegnati nei predetti percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento.
- stabilisce che il registro nazionale per l’alternanza scuola-lavoro e la piattaforma dell’alternanza scuola-lavoro istituita presso il Ministero dell’istruzione e del merito, ridenominata «Piattaforma per i percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento», devono assicurare l’interazione e lo scambio di informazioni e di dati per la proficua progettazione dei PCTO (lettera b), che introduce il nuovo comma 41-bis all’articolo 1).
[1] Nella relazione tecnica, si evidenzia che, con riferimento alla soppressione di ANPAL (a decorrere dall’entrata in vigore del dPCM di riorganizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali) prevista dall’articolo 3 del decreto-legge n. 75 del 2023, la medesima previsione normativa stabilisce, al comma 4, che ogni riferimento ad ANPAL, contenuto in norme di legge o in norme di rango secondario, è da intendersi riferito al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, presso cui è istituito il Sistema informativo e che già concorre alla sua costituzione.
Viene altresì specificato che da ciò deriva, conseguentemente, che non vi è alcun onere aggiuntivo a carico della finanza pubblica.
[2] L’anagrafe delle aziende agricole è stata istituita ai sensi dell’articolo 14, comma 3, del decreto legislativo n. 173 del 1998.
[3] Il sistema informativo unitario delle politiche attive del lavoro è disciplinato nell’articolo 13 del decreto legislativo n. 150 del 2015.
[4] La novella di cui al precedente numero 5) è meramente formale; in merito, cfr. infra.
[5] La relazione illustrativa è reperibile nell’A.C. n. 1532.
[6] Riguardo alla composizione della Commissione, cfr. l’articolo 6, comma 1, del citato D.Lgs. n. 81 del 2008, e successive modificazioni; in merito alle funzioni della Commissione, cfr. il comma 8 del medesimo articolo 6, e successive modificazioni. Si ricorda che l’inserimento, in seno alla Commissione, della figura di tre esperti in medicina del lavoro, igiene industriale e impiantistica industriale e di un rappresentante dell'ANMIL è stato operato dalla novella di cui all'articolo 20, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 151.
[7] Gli altri soggetti legittimati alla presentazione dei quesiti in oggetto sono (articolo 12, comma 1, del citato D.Lgs. n. 81 del 2008, e successive modificazioni): gli organismi associativi a rilevanza nazionale degli enti territoriali, gli enti pubblici nazionali, le regioni e le province autonome, i consigli nazionali degli ordini o collegi professionali. La normativa in esame specifica che le organizzazioni sindacali legittimate e i suddetti consigli nazionali possono presentare i quesiti sia di propria iniziativa sia su segnalazione dei propri iscritti.
In merito alla scelta operata dalla presente novella, cfr. anche infra.
[8] Ai sensi del comma 3 del citato articolo 12 del D.Lgs. n. 81 del 2008.
[9] La relazione illustrativa è reperibile nell’A.C. n. 1532.
[10] Ai sensi dell’articolo 38, comma 4, del citato D.Lgs. n. 81 del 2008.
[11] Riguardo a tale anagrafe, cfr. l’url https://www.cogeaps.it/?page_id=20.
[12] Riguardo a tale valutazione, cfr., in particolare, l’articolo 17, comma 1, lettera a), l’articolo 18, comma 1, lettera a), e gli articoli da 28 a 30 del citato D.Lgs. n. 81 del 2008, e successive modificazioni.
[13] Riguardo a tali fattispecie, cfr. infra.
[14] Ai sensi del suddetto articolo 18, comma 1, lettera a), del D.Lgs. n. 81 del 2008, e successive modificazioni.
[15] Cfr. l’articolo 41, comma 1, del citato D.Lgs. n. 81 del 2008, e successive modificazioni.
[16] Cfr. l’articolo 58, comma 1, lettera b), e l’articolo 55, comma 5, lettera e), del citato D.Lgs. n. 81 del 2008, e successive modificazioni.
[17] Ai sensi dell’articolo 25, comma 1, lettera e), del citato D.Lgs. n. 81 del 2008, e successive modificazioni. Si ricorda che la lettera e-bis) dello stesso articolo 25, comma 1, prevede che, in occasione della visita medica preventiva, il medico competente richieda al lavoratore di esibire copia della cartella sanitaria e di rischio (rilasciata al lavoratore al momento di risoluzione del precedente rapporto di lavoro) e tenga conto del contenuto della stessa cartella al fine della formulazione del giudizio di idoneità; l’obbligo di esame della suddetta cartella non sussiste nei casi in cui sia oggettivamente impossibile il reperimento della stessa.
[18] La relazione illustrativa è reperibile nell’A.C. n. 1532.
[19] Si ricorda che tale estensione è stata operata dall’articolo 13, comma 1, lettera c), numero 1), del D.L. 21 ottobre 2021, n. 146, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2021, n. 215, che ha novellato l’articolo 13, comma 1, del citato D.Lgs. n. 81 del 2008.
[20] Il testo vigente fa un più generale richiamo al rispetto dell’intero D.Lgs. n. 81 del 2008.
[21] Cfr. l’articolo 68, comma 1, lettera b), del citato D.Lgs. n. 81 del 2008, e successive modificazioni.
[22] I commi oggetto dell’abrogazione in esame sono i commi 3, 4 e 5 dell’articolo 36-bis del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248.
[23] Le suddette relazioni sono reperibili nell’A.C. n. 1532.
[24] Cfr., nel suddetto D.Lgs. n. 81 del 2008, e successive modificazioni, anche per i requisiti inerenti alle suddette tessere, l’articolo 18, comma 1, lettera u), l’articolo 20, comma 3, l’articolo 21, comma 1, lettera c), l’articolo 26, comma 8, e, per le norme sanzionatorie, l’articolo 55, comma 5, lettera i), l’articolo 59, comma 1, lettera b), e l’articolo 60, comma 1, lettera b), e comma 2; si ricorda che alcuni requisiti inerenti alle tessere in esame (richieste per i lavori negli appalti e nei subappalti dal D.Lgs. n. 81) sono altresì posti, con riferimento distinto ai lavoratori dipendenti e a quelli autonomi, dall’articolo 5 della L. 13 agosto 2010, n. 136.
[25] Come modificato dall’art. 1, c. 197, lett. b), della L. 234/2021 e, successivamente, dall’art. 23, c. 1, lett. c), del D.L. 4/2022.
[26] Cfr. sentenza della Corte costituzionale n. 195 del 1995.
[27] La novella in esame concerne l’articolo 26 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148, e successive modificazioni.
[28] Riguardo alle fonti istitutive dei fondi in esame, cfr. infra.
[29] La possibilità di istituzione di un fondo non concerne i settori rientranti nell’ambito della disciplina generale dei trattamenti di integrazione salariale, di cui al titolo I del citato D.Lgs. n. 148 del 2015, e successive modificazioni.
[30] Riguardo a tale Fondo, cfr., in particolare, gli articoli 29 e seguenti del citato D.Lgs. n. 148 del 2015, e successive modificazioni.
[31] Si ricorda che, per i fondi di solidarietà bilaterali già costituiti alla data del 1° gennaio 2022, è stato posto il termine del 30 giugno 2023 per l’adeguamento alla nuova normativa relativa ai medesimi fondi (introdotta dalle novelle di cui all’articolo 1, commi da 204 a 214 e commi 219 e 220, della L. 30 dicembre 2021, n. 234, relative al titolo II del citato D.Lgs. n. 148 del 2015, e successive modificazioni); per il caso di mancato adeguamento, è stata prevista, con decorrenza dal 1° luglio 2023, la confluenza dei datori di lavoro, interessati da tale mancanza, nel FIS, con il trasferimento a quest’ultimo dei contributi già versati o comunque dovuti dai datori medesimi per gli assegni di integrazione salariale.
[32] Si ricorda che (ai sensi dell’articolo 11 del citato D.Lgs. n. 148 del 2015) il trattamento ordinario di integrazione salariale può essere concesso per una delle seguenti causali: situazione aziendale dovuta a eventi transitori e non imputabili all'impresa o ai dipendenti, incluse le intemperie stagionali; situazione temporanea di mercato.
[33] Cfr. l’articolo 20, comma 3-bis, del citato D.Lgs. n. 148 del 2015.
[34] La presente novella concerne l’articolo 31, comma 2, del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, e successive modificazioni.
[35] Cfr. il citato comma 2 dell’articolo 31 del D.Lgs. n. 81.
[36] La norma fa riferimento alla nozione di contratti collettivi posta dall’articolo 51 del citato D.Lgs. n. 81 del 2015. Questi ultimi sono costituiti dai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e dai contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali delle suddette associazioni ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.
[37] Nel caso di inizio dell'attività nel corso dell'anno, il limite percentuale si computa sul numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento della stipulazione del contratto di somministrazione di lavoro (tra somministratore e utilizzatore).
[38] Restano fermi, per questi ultimi, gli specifici limiti quantitativi posti dalla disciplina relativa al contratto di lavoro a termine (cfr. l’articolo 23 del citato D.Lgs. n. 81 del 2015, e successive modificazioni).
[39] In base al quale, salvo diversa previsione, ai fini del medesimo D.Lgs. 81/2015 – recante la disciplina organica dei contratti di lavoro e la revisione della normativa in tema di mansioni - per contratti collettivi si intendono i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.
[40] In particolare, l’articolo 19, comma 3, del decreto legislativo n. 276 del 2003 stabilisce che la violazione degli obblighi (di cui all'articolo 4-bis, commi 5 e 7, del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, così come modificato dall'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 19 dicembre 2002, n. 297, di cui all'articolo 9-bis, comma 2, del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, così come sostituito dall'articolo 6, comma 3, del citato decreto legislativo n. 297 del 2002, e di cui all'articolo 21, comma 1, della legge 24 aprile 1949, n. 264, così come sostituito dall'articolo 6, comma 2, del decreto legislativo n. 297 del 2002,) è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500 euro per ogni lavoratore interessato.
[41] Il Fondo sociale per occupazione e formazione è stato rifinanziato ai sensi dell’articolo 21, comma 2, del presente disegno di legge (articolo alla cui scheda di lettura si rinvia).
[42] Articolo 44. Apprendistato professionalizzante
1. Possono essere assunti in tutti i settori di attività, pubblici o privati, con contratto di apprendistato professionalizzante per il conseguimento di una qualificazione professionale ai fini contrattuali, i soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni. Per i soggetti in possesso di una qualifica professionale, conseguita ai sensi del decreto legislativo n. 226 del 2005, il contratto di apprendistato professionalizzante può essere stipulato a partire dal diciassettesimo anno di età. La qualificazione professionale al cui conseguimento è finalizzato il contratto è determinata dalle parti del contratto sulla base dei profili o qualificazioni professionali previsti per il settore di riferimento dai sistemi di inquadramento del personale di cui ai contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. (98)
2. Gli accordi interconfederali e i contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale stabiliscono, in ragione del tipo di qualificazione professionale ai fini contrattuali da conseguire, la durata e le modalità di erogazione della formazione per l'acquisizione delle relative competenze tecnico-professionali e specialistiche, nonché la durata anche minima del periodo di apprendistato, che non può essere superiore a tre anni ovvero cinque per i profili professionali caratterizzanti la figura dell'artigiano individuati dalla contrattazione collettiva di riferimento.
3. La formazione di tipo professionalizzante, svolta sotto la responsabilità del datore di lavoro, è integrata, nei limiti delle risorse annualmente disponibili, dalla offerta formativa pubblica, interna o esterna alla azienda, finalizzata alla acquisizione di competenze di base e trasversali per un monte complessivo non superiore a centoventi ore per la durata del triennio e disciplinata dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano, sentite le parti sociali e tenuto conto del titolo di studio e delle competenze dell'apprendista. La regione comunica al datore di lavoro, entro quarantacinque giorni dalla comunicazione dell'instaurazione del rapporto, effettuata ai sensi dell'articolo 9-bis del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, le modalità di svolgimento dell'offerta formativa pubblica, anche con riferimento alle sedi e al calendario delle attività previste, avvalendosi anche dei datori di lavoro e delle loro associazioni che si siano dichiarate disponibili, ai sensi delle linee guida adottate dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano in data 20 febbraio 2014.
4. Le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano e le associazioni di categoria dei datori di lavoro possono definire, anche nell'ambito della bilateralità, le modalità per il riconoscimento della qualifica di maestro artigiano o di mestiere.
5. Per i datori di lavoro che svolgono la propria attività in cicli stagionali, i contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale possono prevedere specifiche modalità di svolgimento del contratto di apprendistato, anche a tempo determinato. La previsione di cui al primo periodo trova applicazione altresì nell'ambito delle attività in cicli stagionali che si svolgono nel settore del cinema e dell'audiovisivo.
[43] L’art. 55, c. 4, del D.Lgs. 151/2001 dispone infatti che l’efficacia della risoluzione consensuale del rapporto o della richiesta di dimissioni presentate dalla lavoratrice durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino (o nei primi tre anni di accoglienza del minore in caso di adozione o affidamento), è sospensivamente condizionata alla convalida da parte del servizio ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali competente per territorio.
[44] Individuate con DM 15 dicembre 2015.
[45] Entro sette giorni dalla data di trasmissione del modulo il lavoratore ha la facoltà di revocare le dimissioni e la risoluzione consensuale con le medesime modalità.
[46] La novella di cui al presente articolo 12 concerne l’articolo 1, comma 446, della L. 30 dicembre 2018, n. 145, e successive modificazioni.
[47] Cfr. la novella di cui all’articolo 2, comma 2-quater, del D.L. 22 giugno 2023, n. 75, convertito, con modificazioni, dalla L. 10 agosto 2023, n. 112, novella relativa all’articolo 1, comma 495, della L. 27 dicembre 2019, n. 160, e successive modificazioni. Riguardo alla finalità di coordinamento, cfr. la relazione illustrativa del presente disegno di legge (la relazione illustrativa è reperibile nell’A.C. n. 1532).
[48] La relazione tecnica è reperibile nell’A.C. n. 1532.
[49] Le attività di compliance hanno lo scopo di garantire che comportamenti scorretti o violazioni possano essere scoperti, chiariti o prevenuti in una fase iniziale, prima che si verifichino gravi conseguenze come procedimenti penali o sanzioni pecuniarie.
[50] Ai sensi dell’articolo 116, comma 8, della legge 23 dicembre 2000, n. 388: I soggetti che non provvedono entro il termine stabilito al pagamento dei contributi o premi dovuti alle gestioni previdenziali ed assistenziali, ovvero vi provvedono in misura inferiore a quella dovuta, sono tenuti:
a) nel caso di mancato o ritardato pagamento di contributi o premi, il cui ammontare è rilevabile dalle denunce e/o registrazioni obbligatorie, al pagamento di una sanzione civile, in ragione d'anno, pari al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di 5,5 punti; la sanzione civile non può essere superiore al 40 per cento dell'importo dei contributi o premi non corrisposti entro la scadenza di legge”;
b) in caso di evasione connessa a registrazioni o denunce obbligatorie omesse o non conformi al vero, cioè nel caso in cui il datore di lavoro, con l'intenzione specifica di non versare i contributi o premi, occulta rapporti di lavoro in essere ovvero le retribuzioni erogate, al pagamento di una sanzione civile, in ragione d'anno, pari al 30 per cento; la sanzione civile non può essere superiore al 60 per cento dell'importo dei contributi o premi non corrisposti entro la scadenza di legge. Qualora la denuncia della situazione debitoria sia effettuata spontaneamente prima di contestazioni o richieste da parte degli enti impositori e comunque entro dodici mesi dal termine stabilito per il pagamento dei contributi o premi e sempreché il versamento dei contributi o premi sia effettuato entro trenta giorni dalla denuncia stessa, i soggetti sono tenuti al pagamento di una sanzione civile, in ragione d'anno, pari al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di 5,5 punti; la sanzione civile non può essere superiore al 40 per cento dell'importo dei contributi o premi non corrisposti entro la scadenza di legge.
Si ricorda inoltre che l’art.9, comma 4, del DL 228/2021introduce fino al 31 dicembre 2022, un regime di temporanea deroga all'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 116, commi 8 e 9, della legge n.388 del 2000, relativi a sanzioni e alla maturazione di interessi sul debito contributivo, nei confronti dei soggetti che non provvedano, entro il termine stabilito, al pagamento dei contributi o premi dovuti alle gestioni previdenziali ed assistenziali, ovvero vi provvedono in misura inferiore a quella dovuta, in riferimento alle fattispecie contributive di cui ai commi 10-bis e 10-ter dell'articolo 3 della legge n. 335 del 1995.
[51] Il presente comma 1 novella l’articolo 2 del D.L. 9 ottobre 1989, n. 338, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 dicembre 1989, n. 389, e successive modificazioni.
[52] Le rateizzazioni sono concesse dal comitato esecutivo dell’ente, ovvero, per delega di quest'ultimo, per casi straordinari e periodi limitati, e in relazione a rateazioni non superiori a dodici mesi, previa autorizzazione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, dai comitati regionali (qualora questi ultimi siano presenti nell’ordinamento dell’ente).
[53] Più in particolare, la norma fa riferimento a oggettive incertezze “connesse a contrastanti ovvero sopravvenuti diversi orientamenti giurisprudenziali o determinazioni amministrative sulla ricorrenza dell'obbligo contributivo successivamente riconosciuto in sede giurisdizionale o amministrativa”.
[54] La relazione illustrativa è reperibile nell’A.C. n. 1532.
[55] La relazione tecnica è reperibile nell’A.C. n. 1532.
[56] “Per le gestioni previdenziali esclusive e per i fondi per i trattamenti di previdenza, i trattamenti di fine rapporto e i trattamenti di fine servizio amministrati dall'INPS cui sono iscritti i lavoratori dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, i termini di prescrizione di cui ai commi 9 e 10, riferiti agli obblighi relativi alle contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria afferenti ai periodi di competenza fino al 31 dicembre 2018, non si applicano fino al 31 dicembre 2023, fatti salvi gli effetti di provvedimenti giurisdizionali passati in giudicato nonché il diritto all'integrale trattamento pensionistico del lavoratore.”
[57] “Le pubbliche amministrazioni di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in deroga ai commi 9 e 10, sono tenute a dichiarare e ad adempiere, fino al 31 dicembre 2023, agli obblighi relativi alla contribuzione di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria dovuta alla Gestione separata di cui all'articolo 2, commi 26 e seguenti, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in relazione ai compensi erogati per i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e figure assimilate. Sono fatti salvi gli effetti di provvedimenti giurisdizionali passati in giudicato.”
[58] Ciò tenuto conto della riconducibilità dell’Inps, ente di diritto pubblico dotato di personalità giuridica e gestione autonoma, al concetto di amministrazione pubblica di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 che annovera espressamente “le amministrazioni dello Stato”, ivi compresi “gli enti pubblici non economici nazionali”.
[59] Come specificato dalla richiamata Circolare e dal richiamato Messaggio, i titolari di pensioni indirette o di reversibilità sono esclusi dalla facoltà di aderire alla gestione credito.
[60] Riguardo ai dipendenti pubblici, cfr. infra, in nota.
[61] Nel prosieguo della scheda si farà letteralmente riferimento, per semplicità di esposizione, alla sola figura del datore di lavoro.
[62] La novella concerne l’articolo 13 della L. 12 agosto 1962, n. 1338. Per i dipendenti pubblici, trova invece applicazione la più favorevole disciplina di cui all’articolo 31 della L. 24 maggio 1952, n. 610, che garantisce il computo integrale, ai fini pensionistici, dei periodi relativi ai contributi prescritti; da tale disciplina più favorevole sono tuttavia esclusi, ai sensi del medesimo articolo 31, gli iscritti alla Cassa per le pensioni degli insegnanti (CPI, che concerne gli insegnanti delle scuole primarie paritarie, pubbliche e private, degli asili eretti in enti morali e delle scuole dell'infanzia comunali); questi ultimi iscritti rientrano nell’ambito del suddetto articolo 13, oggetto della presente novella. Riguardo a tali distinzioni, cfr. le circolari dell’INPS n. 169 del 15 novembre 2017 e n. 25 del 13 febbraio 2020.
Riguardo ad altre figure lavorative specifiche che rientrano nell’ambito del medesimo articolo 13, cfr. la circolare dell’INPS n. 78 del 29 maggio 2019.
[63] Fondo di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a), del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 gennaio 2009, n. 2.
[64] Riguardo all’onere finanziario per le richieste in oggetto, cfr. infra.
[65] La sentenza della Corte costituzionale n. 568 del 13-22 dicembre 1989 ha dichiarato l’illegittimità del quarto e del quinto comma del citato articolo 13 della L. n. 1338 del 1962, “nella parte in cui, salva la necessità della prova scritta sulla esistenza del rapporto di lavoro da fornirsi dal lavoratore, non consente di provare altrimenti la durata del rapporto stesso e l'ammontare della retribuzione”.
[66] Le suddette relazioni sono reperibili nell’A.C. n. 1532.
[67] Cfr. la sentenza delle sezioni unite civili della Corte di cassazione n. 21302 del 14 settembre 2017.
[69] La relazione illustrativa è reperibile, come detto, nell’A.C. n. 1532.
[70] Art. 73. Semplificazioni in materia di organi collegiali
1. Al fine di contrastare e contenere la diffusione del virus COVID-19 e fino alla data di cessazione dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri il 31 gennaio 2020, i consigli dei comuni, delle province e delle città metropolitane e le giunte comunali, che non abbiano regolamentato modalità di svolgimento delle sedute in videoconferenza, possono riunirsi secondo tali modalità, nel rispetto di criteri di trasparenza e tracciabilità previamente fissati dal presidente del consiglio, ove previsto, o dal sindaco, purché siano individuati sistemi che consentano di identificare con certezza i partecipanti, sia assicurata la regolarità dello svolgimento delle sedute e vengano garantiti lo svolgimento delle funzioni di cui all'articolo 97 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché adeguata pubblicità delle sedute, ove previsto, secondo le modalità individuate da ciascun ente.
2. Per lo stesso periodo previsto dal comma 1, i presidenti degli organi collegiali degli enti pubblici nazionali, anche articolati su base territoriale, nonché degli enti e degli organismi del sistema camerale, possono disporre lo svolgimento delle sedute dei predetti organi in videoconferenza, anche ove tale modalità non sia prevista negli atti regolamentari interni, garantendo comunque la certezza nell'identificazione dei partecipanti e la sicurezza delle comunicazioni.
2-bis. Per lo stesso periodo previsto dal comma 1, le sedute degli organi collegiali delle istituzioni scolastiche ed educative di ogni ordine e grado possono svolgersi in videoconferenza, anche ove tale modalità non sia stata prevista negli atti regolamentari interni di cui all'articolo 40 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297.
3. Per lo stesso periodo previsto dal comma 1 è sospesa l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 1, commi 8 e 55, della legge 7 aprile 2014, n. 56, relativamente ai pareri delle assemblee dei sindaci e delle conferenze metropolitane per l'approvazione dei bilanci preventivi e consuntivi, nonché degli altri pareri richiesti dagli statuti provinciali e metropolitani.
4. Per lo stesso periodo previsto dal comma 1, le associazioni private anche non riconosciute e le fondazioni, nonché le società, comprese le società cooperative ed i consorzi, che non abbiano regolamentato modalità di svolgimento delle sedute in videoconferenza, possono riunirsi secondo tali modalità, nel rispetto di criteri di trasparenza e tracciabilità previamente fissati, purché siano individuati sistemi che consentano di identificare con certezza i partecipanti nonché adeguata pubblicità delle sedute, ove previsto, secondo le modalità individuate da ciascun ente.
5. Dall'attuazione della presente disposizione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni pubbliche interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente sui propri bilanci.