Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Lavoro
Titolo: Disposizioni per favorire l'inserimento lavorativo delle donne vittime di violenza di genere e delle vittime di violenza con deformazione o sfregio permanente del viso
Riferimenti: AC N.408/XIX AC N.510/XIX AC N.786/XIX
Serie: Progetti di legge   Numero: 182
Data: 10/10/2023
Organi della Camera: XI Lavoro


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Disposizioni per favorire l'inserimento lavorativo delle donne vittime di violenza di genere e delle vittime di violenza con deformazione o sfregio permanente del viso

10 ottobre 2023
Schede di lettura


Indice

Contenuto|Analisi di impatto di genere|


Contenuto

Le proposte di legge C. 408, C. 510 e C. 786 recano disposizioni per favorire l'inserimento lavorativo delle donne vittime di violenza di genere e domestica e delle vittime di violenza con deformazione o sfregio permanente del viso. Tale obiettivo è perseguito sia attraverso il riconoscimento di agevolazioni contributive per le assunzioni a tempo indeterminato, sia attraverso l'inserimento delle suddette vittime nelle categorie protette ai fini dell'applicazione della disciplina sul collocamento mirato al lavoro.

 Di seguito un'analisi del contenuto delle proposte di legge C. 408 e C. 786, che si compongono di un solo articolo, e C. 510, che si compone di tre articoli.


Quote di riserva

La pdl C. 786 (art 1, c. 1, lett. a)) estende alle Vittime di violenza con deformazione o sfregio permanente del visovittime di violenza con deformazione o sfregio permanente del viso (di cui all'art. 583-quinquies c.p., per la cui descrizione si rinvia al box di approfondimento) l'applicazione della legge n. 68 del 1999, che ha la finalità di promuovere l'inserimento e l'integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato. Tale estensione si realizza attraverso una modifica dell'art. 1 della richiamata L. 68/1999, che ne definisce l'ambito di applicazione soggettivo.

Attualmente, tale legge individua come beneficiari di quanto ivi disposto (art. 1):
  • le persone in età lavorativa affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali e i portatori di handicap intellettivo, che comportino una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45 per cento;
  • le persone invalide del lavoro con un grado di invalidità superiore al 33 per cento;
  • le persone non vedenti o sordomute
  • le persone invalide di guerra, invalide civili di guerra e invalide per servizio.
Per i suddetti soggetti la richiamata L. 68/1999 (art. 3) prevede un obbligo di assunzione (cd. quota di riserva) da parte dei datori di lavoro, pubblici e privati, diverso a seconda del numero di dipendenti presenti. Le quote sono le seguenti:
  • da 15 a 35 dipendenti, 1 lavoratore disabile.
  • da 36 a 50 dipendenti, 2 lavoratori disabili;
  • oltre 50 dipendenti, il 7% dei lavoratori occupati.
 Si ricorda  che la Direttiva del Dipartimento della funzione pubblica n. 1/2019 ha fornito chiarimenti e linee guida in materia di collocamento obbligatorio delle categorie protette Rimangono comunque efficaci le norme speciali per l'assunzione di disabili appartenenti alle seguenti categorie di soggetti non vedenti: centralinisti telefonici e operatori della comunicazione con qualifiche equipollenti minorati della vista; massaggiatori e massofisioterapisti; terapisti della riabilitazione; insegnanti.

 

Le pdl C. 408 (art. 1) e C. 510 (art. 2) attribuiscono in favore, rispettivamente, delle Donne vittime di violenza domestica e di generedonne vittime di violenza domestica e delle donne vittime di violenza di genere (per la cui descrizione si rinvia al box di approfondimento), la quota di riserva già prevista dalla normativa vigente (ex art. 18, c. 2, della L. 68/1999) in favore di altri soggetti (diversi da quelli richiamati dal predetto art. 1 della medesima L. 68/1999), nelle more dell'adozione di una specifica disciplina del diritto al lavoro dei medesimi soggetti. Tale quota è pari ad una unità per i datori di lavoro, pubblici e privati, che occupano da cinquantuno a centocinquanta dipendenti e all'1 per cento per i medesimi datori di lavoro che occupano più di 151 dipendenti e la pdl C. 510 ne prevede l'applicazione alle donne vittime di violenza di genere dal 1° luglio 2023. Sul punto, si segnala l'opportunità di aggiornare il suddetto termine temporale, già scaduto.

Gli altri soggetti a cui si applica la suddetta quota di riserva ai sensi del richiamato art. 18, c. 2, della L. 68/1999 sono:
  • gli orfani e i coniugi superstiti di coloro che siano deceduti per causa di lavoro, di guerra o di servizio, ovvero in conseguenza dell'aggravarsi dell'invalidità riportata per tali cause;
  • i coniugi e i figli di soggetti riconosciuti grandi invalidi per causa di guerra, di servizio e di lavoro e dei profughi italiani rimpatriati;
  • i figli orfani di un genitore a seguito di omicidio commesso in danno del genitore medesimo dal coniuge, anche se separato o divorziato, dall'altra parte dell'unione civile, anche se cessata, o dalla persona legata da relazione affettiva e stabile convivenza, condannati ai sensi dell'articolo 577 del codice penale (L. 4/2018);
  • coloro che, al compimento della maggiore età, vivono fuori della famiglia di origine sulla base di un provvedimento dell'autorità giudiziaria (art. 67-bis, co. 1, D.L. 34/2020.

 

Ai sensi della pdl C. 510 (art. 1) le donne a cui viene estesa la suddetta quota di riserva sono quelle beneficiarie di interventi di protezione, debitamente certificati dai servizi sociali del comune di residenza ovvero dai centri antiviolenza o dalle case-rifugio, di cui all'art. 5-bis del D.L. 93/2013.

Sul punto, si ricorda che il richiamato D.L. n. 93 del 2013 reca disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province. In particolare, all'articolo 5- bis  si disciplinano le azioni per i centri antiviolenza e le case-rifugio, alle quali si garantisce l'anonimato, prevedendo, tra l'altro, che essi siano sono promossi da: a) enti locali, in forma singola o associata; b) associazioni e organizzazioni operanti nel settore del sostegno e dell'aiuto alle donne vittime di violenza, che abbiano maturato esperienze e competenze specifiche in materia di violenza contro le donne, che utilizzino una metodologia di accoglienza basata sulla relazione tra donne, con personale specificamente formato; c) i soggetti prima menzionati, di cui alle lettere a) e b), di concerto, d'intesa o in forma consorziata. 

Sgravio contributivo per assunzioni

La pdl C. 510 rende strutturale, nel limite di spesa di 5 milioni di euro annui e a decorrere dal 1° luglio 2023, il contributo già riconosciuto in via temporanea fino al 2021 e consistente in uno sgravio dai contributi previdenziali e assistenziali in favore dei datori di lavoro che assumono a tempo indeterminato donne vittime di violenza di genere, inserite in percorsi di protezione debitamente certificati ai sensi della normativa vigente (ex art. 5-bis del D.L. 93/2013 – vedi ante). La pdl in commento estende tale sgravio a tutti i Esonero per datori di lavoro privatidatori di lavoro privati e non più solo alle cooperative sociali, come previsto dalla richiamata disciplina temporanea (di cui all'art. 1, c. 220, della L. 205/2017) (art. 1 e art. 3, c. 1 e 3).

Si valuti l'opportunità di specificare la durata dello sgravio contributivo in commento, alla luce del fatto che la norma che ha introdotto tale beneficio (il richiamato art. 1, c. 220, della L. 205/2017) ne prevedeva una durata triennale per le assunzioni effettuate negli anni dal 2018 al 2020 e una durata annuale per quelle effettuate nel 2021.

Si segnala, altresì, l'opportunità di aggiornare il suddetto termine temporale, già scaduto.

La definizione delle modalità di attuazione del suddetto esonero è demandata ad apposito del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'interno (art. 3, c. 2).

Agli oneri derivanti dall'attuazione della suddetta previsione - pari a 5 milioni di euro annui dal 2023 - si provvede mediante corrispondente riduzione delle risorse del Fondo per esigenze indifferibili (di cui all'art. 1, c. 200, della L. 190/2014). (art. 3, c. 3).


Conservazione del posto di lavoro

La pdl C. 786 specifica che le eventuali Disabilità acquisitedisabilità acquisite dai lavoratori nel corso della carriera lavorativa e non presenti al momento dell'assunzione, che obbligano i datori di lavoro pubblici e privati a garantire la conservazione del posto di lavoro ai lavoratori medesimi, sono quelle definite dalla pdl medesima (art. 1 c. 1, lett. b)).

Violenza contro le donne
L'evoluzione della normativa italiana in materia di violenza sulle donne prende le mosse dalla ratifica, avvenuta con la legge 27 giugno 2013, n. 77, della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011 (nota appunto come Convenzione di Istanbul), che rappresenta il primo atto internazionale giuridicamente vincolante per la protezione delle donne contro qualsiasi forma di violenza.
Significativamente la Convenzione (art. 3) ha per la prima volta definito la " violenza nei confronti delle donne " come una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata. Ha inoltre designato come "violenza domestica" tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all'interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l'autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima, e come "violenza contro le donne basata sul genere" qualsiasi violenza diretta contro una donna in quanto tale, o che colpisce le donne in modo sproporzionato.
A seguito della ratifica, l'Italia ha compiuto una serie di interventi volti a istituire una strategia integrata per combattere la violenza, che vede, a fianco di misure di natura penale e processuale, anche strumenti di carattere preventivo e azioni di supporto.
Il primo incisivo intervento è stato realizzato dal decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, che ha, tra l'altro, introdotto un'aggravante per i delitti commessi in danno o in presenza di minori, ha esteso la misura di prevenzione dell'ammonimento del questore alle condotte di violenza domestica e ha ammesso al gratuito patrocinio le vittime dei reati di atti persecutori, maltrattamenti in famiglia e mutilazioni genitali femminili, anche in deroga ai limiti di reddito e ha demandato al Ministro per le pari opportunità l'elaborazione di un Piano straordinario contro la violenza sessuale e di genere.
In seguito, l'intervento più rilevante è stato quello operato dalla legge 19 luglio 2019, n. 69, nota come "Codice rosso", che ha rafforzato le tutele processuali delle vittime di reati violenti, con particolare riferimento ai reati di violenza sessuale e domestica, ha introdotto 4 nuovi delitti nel codice penale (deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, costrizione o induzione al matrimonio, violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa) ed aumentato le pene previste per i reati che più frequentemente sono commessi contro vittime di genere femminile (maltrattamenti, atti persecutori, violenza sessuale).
La citata legge n. 69 ha inoltre apportato alcune rilevanti modifiche volte a velocizzare l'instaurazione del procedimento penale per i delitti di violenza domestica e di genere, tra cui l'immediata comunicazione al pubblico ministero, da parte della polizia giudiziaria, di ogni notizia di reato concernente i suddetti delitti e l'obbligo, per il p.m., di assumere informazioni dalla persona offesa entro 3 giorni dall'iscrizione della notizia di reato, salvo che sussistano imprescindibili esigenze di tutela di minori o della riservatezza delle indagini.
Più recentemente, la legge delega per la riforma del processo penale ( legge 27 settembre 2021, n. 134) ha esteso le tutele processuali introdotte dal Codice rosso per i delitti di violenza domestica e di genere anche alle vittime dei suddetti reati in forma tentata e alle vittime di tentato omicidio, subordinato la sospensione condizionale della pena alla partecipazione ad appositi percorsi di recupero, previsto l'arresto obbligatorio in flagranza per il reato di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.
Si ricorda, infine, che è attualmente in corso l'esame parlamentare di un disegno di legge governativo recante ulteriori disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica ( A.C. 1294 ).
Sul versante del sostegno economico alle vittime, si ricorda che la legge 7 luglio 2016, n. 122 (art. 11), riconosce il diritto ad un indennizzo alle vittime di reati violenti, tra i quali anche quelli relativi alla violenza domestica e di genere, volto alla rifusione delle spese mediche e assistenziali; per i reati di violenza sessuale e di omicidio l'indennizzo è comunque elargito, alla vittima o agli aventi diritto, anche in assenza di spese mediche e assistenziali. Gli importi attualmente erogabili sono determinati dal decreto del Ministero dell'interno del 22 novembre 2019.
Dal punto di vista operativo, il principale strumento per la definizione delle linee di intervento in materia di violenza contro le donne è il Piano previsto dal decreto-legge n. 93, ora denominato Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne. L'ultimo Piano è stato adottato per il biennio 2021-2023 e ripropone la struttura del Piano precedente, con un'articolazione in 4 assi tematici (prevenzione, protezione e sostegno, perseguire e punire, assistenza e promozione) secondo le linee indicate dalla Convenzione di Istanbul, a ciascuna delle quali si ricollegano specifiche priorità.
Per approfondimenti sulla legislazione e sul Piano strategico si rinvia al dossier del Servizio Studi su " Legislazione e politiche di genere" (in particolare al capitolo "Violenza contro le donne" a pag. 173 ss.).
In ambito lavoristico, taluni istituti considerano la sussistenza di una violenza di genere come elemento a cui collegare taluni benefici o talune esenzioni, come ad esempio avviene per il riconoscimento del beneficio dell'Assegno di inclusione, operativo dal 1° gennaio 2024. Si prevede infatti che i componenti inseriti nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere e le donne vittime di violenza, prese in carico da centri antiviolenza riconosciuti dalle regioni o dai servizi sociali nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere, non siano tenuti all'obbligo - previsto in via generale per gli altri beneficiari - di partecipazione attiva a tutte le attività formative di lavoro, nonché alle misure di politica attiva, individuate nel progetto di inclusione sociale e lavorativa, potendo comunque aderirvi su base volontaria.
Il delitto di deformazione
Il delitto di deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, di cui all'art. 583- quinquies c.p., è uno dei nuovi reati introdotti dalla legge 19 luglio 2019, n. 69 (c.d. "Codice rosso"), la cui condotta tipica consiste nel cagionare ad alcuno lesione personale dalla quale derivino la deformazione o lo sfregio permanente del viso.
La citata legge n. 69 del 2019 ha reso autonoma fattispecie di reato ciò che in precedenza costituiva una circostanza aggravante del reato di lesioni personali (art. 583, secondo comma, n. 4 c.p., stato contestualmente abrogato) e ne ha aumentato al contempo la pena, passata dalla reclusione da 6 a 12 anni alla reclusione da 8 a 14 anni. Sono inoltre previsti ulteriori aumenti di pena derivanti dall'applicazione delle circostanze aggravanti di cui all'art. 585 c.p., fino alla pena dell' ergastolo quando dalla commissione di tale delitto consegua l' omicidio della vittima (art. 576, primo comma, n. 5 c.p.), nonché la pena accessoria dell' interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela e all'amministrazione di sostegno.
La riforma ha inserito questo nuovo delitto nel catalogo dei reati intenzionali violenti che danno diritto all' indennizzo da parte dello Stato, attualmente stabilito in 25.000 euro dal decreto del Ministero dell'interno del 22 novembre 2019.
Come recentemente enunciato dalla Corte di Cassazione (sent. 22625 del 2023), il legislatore, pur muovendo dall'intento di predisporre una più ampia tutela per le vittime di "violenza domestica o di genere", non ha concepito il reato di deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso limitandolo solo a tali soggetti, tanto che, per la lesione comportante uno sfregio permanente al viso, consapevolmente ha introdotto una nuova norma di tutela per chiunque ne fosse rimasto vittima. Tale assunto trova conferma nei dati forniti dal Ministero dell'interno, secondo i quali, tra i 98 reati ascrivibili al delitto di cui all'art. 583- quinquies c.p. commessi nel 2022, l'incidenza delle vittime di sesso femminile è pari al 26%, la più bassa tra i reati introdotti dal Codice rosso.

Analisi di impatto di genere

Secondo l'ultimo report elaborato dalla Direzione centrale della polizia criminale, ufficio interforze del Dipartimento della pubblica sicurezza, e pubblicato lo scorso 8 marzo 2023, con riferimento alla violenza domestica e di genere, al 31 dicembre 2022 le forze di polizia hanno inserito 178.666 schede di interventi,  rispetto alle 100.311 dell'anno precedente, con un incremento pari al 78 per cento.

Al fine di una più chiara percezione del fenomeno della violenza contro le donne, il rapporto citato analizza i cosiddetti reati spia, ovvero quei reati che sono ritenuti i possibili indicatori di una violenza di genere, in quanto verosimile espressione di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica diretta contro una persona in quanto donna. Sono ritenuti tali gli atti persecutori (art. 612-bis c.p.), i maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.) e le violenze sessuali (art. 609-bis, 609-ter e 609-octies c.p.).

Come emerge dalla tabella sottostante, nel 2022 gli atti persecutori e i maltrattamenti contro familiari e conviventi mostrano un significativo decremento, dopo un trend in progressivo e costante incremento. Al contrario, le violenze sessuali, dopo un decremento nel 2020 rispetto al 2019, mostrano un incremento nel biennio successivo.

Anche nel 2022 risultano predominanti le vittime di genere femminile che sono il 74 per cento con riferimento agli atti persecutori, l'81 per cento con riferimento ai maltrattamenti contro familiari e conviventi e il 91 per cento con riferimento alle violenze sessuali.

 

Per quanto concerne i reati introdotti dal cosiddetto Codice rosso (L. 69/2019), come si evince dalla tabella seguente, il numero dei reati commessi dal 2019 al 2022 è andato progressivamente aumentando per il reato di deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, fattispecie che registra una minore incidenza femminile (art. 583-quinquies c.p.), e per le violazione ai provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (387-bis c.p.); mentre per la costrizione o induzione al matrimonio (art.558-bis c.p.) e per la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (art.612-ter c.p.), si registra un decremento nel 2022.

Per quanto concerne i Centri antiviolenza e le Case rifugio, il rapporto ISTAT "Il sistema della protezione per le donne vittime di violenza", pubblicato ad agosto 2023 e relativo agli anni 2021 e 2022, analizza quante delle chiamate arrivate al numero antiviolenza 1522 – che svolge anche un'importante funzione di snodo a livello territoriale per l'attivazione di servizi a supporto delle vittime - sono state indirizzate ai suddetti organismi.

In particolare, nel 2022 il 73,5 per cento delle donne vittime di violenza che ha chiamato il 1522 è stato indirizzato verso un servizio territoriale di supporto. Di queste donne, il 94,4 per cento (corrispondenti a 8.070 segnalazioni) è stato inviato a un CAV, il 2,4 per cento (203) alle forze dell'ordine (Carabinieri o Commissariato di Polizia) e l'1,1 per cento (92) alle Case rifugio.