Disposizioni in materia di giusta retribuzione e salario minimo 12 luglio 2023 |
Indice |
Premessa|Contenuto|Il quadro europeo: la direttiva (UE) 2022/2041|Analisi di impatto di genere| |
PremessaLe Finalitàproposte di legge C. 141 (Istituzione del salario minimo legale), C. 210 (Disposizioni in materia di determinazione della retribuzione minima applicabile ai lavoratori del settore privato), C. 216 (Norme in materia di giusta retribuzione, salario minimo e rappresentanza sindacale), C. 306 (Disposizioni in materia di salario minimo e di rappresentanza delle parti sociali nella contrattazione collettiva), C. 432 (Disposizioni concernenti la determinazione della retribuzione proporzionata e sufficiente dei lavoratori), C. 1053 (Istituzione della retribuzione oraria minima) e C. 1275 (Disposizioni per l'istituzione del salario minimo) recano disposizioni in materia di salario minimo. |
ContenutoLe proposte di legge C. 141, C. 210, C. 216, C. 306, C. 432, C. 1053 e C. 1275 constano, rispettivamente, di sei, uno, tre, nove, tre, otto e otto articoli. Di seguito una descrizione delle disposizioni ivi previste. |
Campo di applicazioneCon riguardo al campo soggettivo di applicazione:
Le pdl C. 141, C. 306, C. 432, C. 1053 e C. 1275 specificano altresì che:
Le pdl C. 141 e C. 1053 specificano altresì che la disciplina ivi prevista si applica anche:
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Trattamento economico e CCNL applicabiliPer le pdl C. 141, C. 210, C. 216, C. 306, C. 432 e C. 1275 per retribuzione complessiva proporzionata e sufficiente si intende un trattamento economico Non inferiore a quello riconosciuto dal CCNL di riferimentonon inferiore a quello riconosciuto dal CCNL stipulato dalle associazioni di rappresentanza dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, applicabile al settore in cui il datore di lavoro opera (artt. 1, c. 1, C. 141, C. 210 e C. 216, art. 2, c. 1, C. 306 e C. 432 e art. 2, c. 1, C. 1275). Sul punto, la pdl C. 1275 fa salve le pattuizioni di miglior favore. Per la pdl C. 1053 per retribuzione si intende il trattamento economico annuale corrisposto dal datore di lavoro al lavoratore, comprese le somme corrisposte sotto forma di benefìci accessori e i contributi previdenziali e assistenziali integrativi in ottemperanza a disposizioni di legge (art. 2, c. 1). Per individuare il trattamento economico applicabile, le pdl C. 141, C. 210, C. 306 fanno riferimento al trattamento economico complessivo stabilito dal CCNL così individuato, mentre la pdl C. 216 fa riferimento al trattamento minimo tabellare. Si ricorda che il primo comprende tutte le componenti salariali oltre al minimo, comprese le forme di welfare, mentre il secondo è costituito dal trattamento minimo fissato dai singoli contratti collettivi. In merito al trattamento economico da corrispondere:
Di seguito, le previsioni contenute nelle diverse pdl per individuare il trattamento economico applicabile in presenza di Situazioni particolarisituazioni particolari. In dettaglio:
Di seguito, le previsioni delle diverse pdl per individuare il trattamento economico applicabile qualora non vi siano CCNL di riferimento o ve ne sia una pluralità. In particolare:
Per quanto concerne la misurazione della rappresentatività sindacale, si anticipa che la pdl C. 216 prevede l'introduzione di criteri volti alla misurazione della rappresentatività delle organizzazioni sindacali datoriali e dei lavoratori ad opera di una Commissione appositamente costituita, mentre la pdl C. 306 reca disposizioni ai soli fini del computo comparativo di rappresentatività del contratto collettivo prevalente in caso di pluralità di contratti (vedi infra). |
Salario minimoLe proposte di legge in esame introducono il salario minimo legale, ma a condizioni e con modalità diverse. In particolare:
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Aggiornamento del valore soglia del trattamento economico minimo orarioLe proposte di legge C. 141, C. 210, C. 216, C. 306, C. 1053 e C. 1275 prevedono l'aggiornamento del valore soglia del trattamento economico minimo orario. Con riferimento a tale aggiornamento:
La pdl C. 432 prevede forme di automatismo volte a sostenere i salari per fronteggiare gli aumenti dei prezzi delle materie prime e dell'inflazione (cfr. paragrafo successivo). |
Sostegno ai salariLa pdl C. 432, come anticipato, prevede forme di Automatismo automatismo volte a sostenere i salari (art. 3). In particolare, al fine di fronteggiare l'aumento dei prezzi e dell'inflazione:
L'incremento di cui alla lettera c) è riconosciuto anche in caso di contratti collettivi nazionali di lavoro scaduti e non rinnovati da più di dodici mesi alla data di entrata in vigore della pdl in oggetto. |
Rappresentatività delle associazioni sindacaliLa pdl C. 216 (art. 2) prevede l'introduzione di criteri volti alla misurazione della rappresentatività delle organizzazioni sindacali datoriali e dei lavoratori, nonché l'individuazione degli ambiti e dell'efficacia dei contratti collettivi ad opera della Commissione paritetica per la rappresentanza e la contrattazione collettivaCommissione paritetica per la rappresentanza e la contrattazione collettiva, appositamente costituita presso il CNEL. La Commissione è composta da dieci rappresentanti dei lavoratori dipendenti, da dieci rappresentanti delle imprese e dal presidente del CNEL, che la convoca e la presiede, nominati per cinque anni, con la possibilità di essere confermati, con decreto del Presidente della Repubblica (su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri), su designazione delle associazioni di rappresentanza comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In sede di prima nomina, i membri della Commissione rappresentanti delle parti sociali sono nominati dalle organizzazioni rappresentate nell'assemblea del CNEL. Si valuti l'opportunità di specificare i tempi di costituzione della Commissione, nonché se ai membri della stessa è riconosciuto un compenso e per quante volte i suoi componenti possono essere confermati. A supporto della Commissione, si prevede l'istituzione presso il CNEL di un nucleo tecnico di analisi e monitoraggio, composto da quattro esperti designati rispettivamente dall'ISTAT, dall'INPS, dall'INAPP e dall'ANPAL, nonché da due professori universitari di prima fascia in discipline economiche o statistiche, nominati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Entro diciotto mesi dal decreto di nomina, la Commissione, tenendo conto degli accordi interconfederali stipulati in materia dalle associazioni di rappresentanza delle parti sociali comparativamente più rappresentative, adotta una deliberazione che viene trasmessa al Ministro del lavoro e delle politiche sociali (il quale la recepisce con uno o più decreti entro trenta giorni dalla data della trasmissione), che riferisce annualmente alle Camere in merito agli esiti dell'applicazione di tali decreti e di tutte le disposizioni contenute nella pdl C. 216. Tale deliberazione reca:
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Benefìci in favore dei datori di lavoro per l'adeguamento del trattamento economico minimo orarioLa pdl C. 1275 demanda alla Legge di bilancio 2024legge di bilancio per il 2024 la definizione di un beneficio in favore dei datori di lavoro, per un periodo di tempo definito e in misura progressivamente decrescente, proporzionale agli incrementi retributivi corrisposti ai prestatori di lavoro al fine di adeguare il trattamento economico minimo orario all'importo di 9 euro lordi (art. 7) |
Detassazione dei premi di produttività e degli incrementi retributiviLa pdl C. 306 (art. 8) prevede in via sperimentale, per gli anni dal 2023 al 2025, una Detassazionedetassazione degli incrementi retributivi previsti dai contratti collettivi di lavoro disponendo che tali incrementi siano soggetti alla medesima imposta sostitutiva dell'IRPEF, prevista dalla normativa vigente per i premi di risultato, pari al 10 per cento, entro il limite di importo complessivo pari a 3.000 euro. Tali importi non concorrono al raggiungimento del limite di importo complessivo stabilito dalla normativa vigente per la tassazione agevolata dei premi di risultato fino a 3.000 euro lordi. La pdl C. 1053 (art. 5) esclude dal reddito imponibile i premi di risultato di ammontare variabile la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione, entro il limite di importo complessivo di 6.000 euro lordi annui, nonché gli incrementi retributivi corrisposti al lavoratore derivanti dalla contrattazione collettiva di secondo livello. La tassazione agevolata al 10 per cento prevista dalla normativa vigente resta confermata per le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell'impresa. La definizione dei criteri per la misurazione e la verifica dei suddetti premi di risultato sono demandate ad apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali; in sede di prima attuazione si applicano i criteri già definiti dal DM 25 marzo 2016 in attuazione di quanto previsto dalla normativa vigente che disciplina attualmente la tassazione dei premi di produttività. Alle minori entrate derivanti dall'attuazione di tale previsione, valutate in 500 milioni di euro annui, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione (di cui all'art. 1, c. 200, della L. 190/2014).
In materia, si ricorda che attualmente i suddetti premi di produttività sono soggetti all'imposta sostitutiva dell'IRPEF pari al 10 per cento (al 5 per cento limitatamente ai premi erogati nel 2023) e nel limite di importo complessivo di 3.000 euro lordi (innalzato a 4.000 euro se l'azienda coinvolge pariteticamente i lavoratori nella organizzazione del lavoro) (art. 1, c. da 182 a 188, della L. 208/2015).
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Deposito e numerazione dei CCNLLa pdl C. 216 (art. 3) affida al CNEL, in cooperazione con l'INPS, l'Aggiornamento dei codici alfanumericiaggiornamento dei codici alfanumerici dei contratti e degli accordi collettivi depositati e archiviati attribuendo a ciascuno di essi un codice alfanumerico - denominato "codice CCNL" che deve essere obbligatoriamente indicato dal datore di lavoro con riferimento al contratto o accordo collettivo applicato – anche al fine di individuare la retribuzione applicabile. Tale codice viene altresì utilizzato dall'INPS nella procedura relativa alla compilazione digitale dei flussi delle denunce retributive e contributive individuali mensili.
Sul punto si ricorda che l'art. 16-quater del D.L. 76/2023 ha previsto l'istituzione di un codice alfanumerico unico per l'individuazione del contratto collettivo nazionale di lavoro, nell'ambito delle comunicazioni obbligatorie (ai servizi per l'impiego competenti) in materia di rapporti di lavoro e delle comunicazioni mensili UNIEMENS all'INPS.
La pdl C. 306 (art. 7) demanda ad apposito DM - da adottarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della medesima pdl - l'individuazione delle procedure e degli strumenti di regolazione e razionalizzazione delle modalità di Deposito dei contratti deposito dei CCNL.
A tale proposito, la normativa vigente prevede il deposito dei contratti
di qualsiasi livello per la determinazione degli elementi contrattuali imponibili ai fini contributivi, nonché il deposito dei contratti di secondo livello per l'applicazione di sgravi contributivi. In base a quanto previsto dall'art. 3, c. 2, del D.L. 318/1996, dall'art. 14 del D.Lgs. 151/2015 e dalla Circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 139 del 1996, il deposito – che deve avvenire entro 30 giorni dalla data della stipula – viene effettuato:
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Personale impiegato nell'esecuzione di appalti pubblici e di concessioniLa pdl C. 141 (art. 4) reca norme in materia di Contratti collettivi applicabilicontratti collettivi applicabili ai soggetti attuatori di appalti pubblici e di concessioni e al personale impiegato nella loro esecuzione. In particolare, si dispone che:
Si specifica infine che in caso di ritardato pagamento della retribuzione dovuta ai sensi della medesima pdl C. 141, il responsabile unico del procedimento diffida per iscritto il soggetto inadempiente, e in ogni caso l'affidatario dell'appalto o della concessione, ad adempiere entro il termine di quindici giorni. Ove il soggetto o i soggetti diffidati, entro il medesimo termine, non ottemperino alla richiesta e non ne contestino motivatamente la fondatezza, la stazione appaltante provvede direttamente, anche in corso d'opera, al pagamento delle retribuzioni arretrate, detraendo il relativo importo dalle somme dovute all'affidatario ovvero, in caso di pagamento diretto, al subappaltatore inadempiente. Le previsioni contenute nel richiamato art. 4 recano contenuto analogo a quanto attualmente disposto dal Codice degli appalti (art. 30 D.Lgs. 50/2016) in riferimento ai contratti applicabili al personale impiegato negli appalti e alle conseguenze del ritardato pagamento. Per quanto concerne invece l'individuazione degli obblighi in materia sociale e di lavoro che devono essere rispettati dai soggetti attuatori, la norma in commento elimina il riferimento, attualmente presente nel citato art. 30 del Codice degli appalti, sia a quelli di natura ambientale, sia a quelli previsti dalla normativa europea, nazionale o dalle disposizioni internazionali. |
Inderogabilità da parte della contrattazione di prossimitàLa pdl C. 141 (art. 5) dispone che le intese stipulate su determinate materie da parte dei contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello aziendale o territoriale da associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale, ovvero dalle loro rappresentanze sindacali operanti in azienda ai sensi della normativa di legge e degli accordi interconfederali vigenti, non possono derogare a quanto previsto dalla medesima pdl, contrariamente a quanto disposto in via generale dalla normativa vigente Si ricorda, infatti, che l'art. 8 del D.L. 138/2011 prevede che le suddette intese, fermo restando il rispetto della Costituzione, nonché i vincoli derivanti dalle normative comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro, operano anche in deroga alle disposizioni di legge che disciplinano le materie indicate nel medesimo art. 8 e alle relative regolamentazioni contenute nei CCNL.
Tali materie ineriscono l'organizzazione del lavoro e della produzione con riferimento:
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Sanzioni in caso di violazioniLe pdl C. 210, C. 216 e C. 1053 prevedono il pagamento di una Sanzione e risarcimentosomma da 1.000 a 10.000 euro per ciascun lavoratore, nonché il risarcimento del danno, da parte del datore di lavoro che non si attiene, rispettivamente, a quanto prescritto dalla medesima pdl C. 210 o dai decreti con cui il Ministro del lavoro recepisce la deliberazione della Commissione paritetica per la rappresentanza e la contrattazione collettiva istituita dalla pdl C. 216 (art. 1, c. 4, C. 210; art. 2, c. 8, C. 216; art. 6 C. 1053). La pdl C. 1053 prevede altresì che tale sanzione sia raddoppiata in caso di reiterazione. La pdl C. 141 (art. 6) dispone che:
La pdl C. 306 e C. 1275 (artt. 6) recano disposizioni volte alla repressione delle condotte elusive, fermi restando gli ulteriori strumenti di tutela previsti dall'ordinamento, compresa l'adozione della diffida accertativa. In particolare, si dispone che, qualora il datore di lavoro ponga in essere comportamenti diretti a impedire o a limitare l'applicazione delle disposizioni ivi previste, il giudice del lavoro del luogo ove è posto in essere il comportamento denunziato - su ricorso degli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse, convocate le parti e assunte sommarie informazioni - se ritiene sussistente la violazione, ordina al datore di lavoro, con decreto motivato e immediatamente esecutivo, la corresponsione ai lavoratori del trattamento economico complessivo spettante in base alle medesime pdl C. 306 e C. 1275 e di tutti gli oneri conseguenti. Contro tale decreto – la cui efficacia esecutiva non può essere revocata fino alla sentenza con cui il giudice del lavoro definisce il giudizio - è ammessa, entro trenta giorni dalla comunicazione del decreto alle parti, opposizione davanti al giudice del lavoro che decide con sentenza immediatamente esecutiva. Si precisa che si applicano le disposizioni del Codice di procedura civile che disciplinano il procedimento di primo grado. |
Disciplina transitoriaLe pdl C. 306 e C. 1053 dettano una disciplina transitoria. La prima fa salvi i trattamenti economici complessivi dei contratti collettivi stipulati dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale fino alla loro scadenza (art. 9). La seconda dispone che i contratti collettivi nazionali, territoriali e aziendali si adeguano a quanto previsto dalla medesima pdl entro 12 mesi dalla sua pubblicazione in GU, precisando altresì che l'adeguamento non può comunque determinare l'applicazione di un trattamento economico complessivo deteriore rispetto a quello applicato in virtù del contratto collettivo in vigore (art. 7). |
Entrata in vigoreLa pdl C. 1053 dispone che la medesima proposta di legge entri in vigore sei mesi dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Ai sensi dell'art. 73 della Costituzione, le leggi entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione in GU, salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso.
La pdl C. 1275 dispone che la medesima proposta di legge (ad eccezione dell'articolo 7 che demanda alla legge di bilancio 2024 la definizione di un determinato beneficio economico – vedi ante) acquista efficacia dal 15 novembre 2024, data entro cui gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alla direttiva UE 2022/2041 sul salario minimo (art. 8). |
Il quadro europeo: la direttiva (UE) 2022/2041Le relazioni illustrative di cinque delle sette proposte di legge in commento (C. 141, C. 210, C. 306, C. 1053 e C. 1275) fanno espresso riferimento alla direttiva (UE) 2022/2041 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 ottobre 2022 relativa a salari minimi adeguati nell'Unione europea, che deve essere recepita dagli Stati membri entro il 14 novembre 2024. La pdl C. 1053 richiama la direttiva, oltre che nella relazione illustrativa, anche nell'articolo 1. La direttiva, come specificato all'art. 1, par. 4, non configura l'obbligo per gli Stati membri di introdurre un salario minimo legale, laddove la formazione dei salari sia garantita esclusivamente mediante contratti collettivi, né quello di dichiarare un contratto collettivo universalmente applicabile. Il salario minimo può essere pertanto stabilito per legge (salario minimo legale), dalla contrattazione collettiva, o dalla combinazione della fonte normativa con la contrattazione collettiva. Attualmente, il salario minimo esiste in tutti gli Stati membri dell'UE: in 21 Paesi esistono salari minimi legali, mentre in 6 Stati membri (Danimarca, Italia, Cipro, Austria, Finlandia e Svezia) la protezione del salario minimo è fornita esclusivamente dai contratti collettivi.
Nel nostro ordinamento la determinazione della retribuzione minima da riconoscere ai lavoratori dipendenti è rimessa all'autonomia collettiva, sulla base di una interpretazione adattativa del combinato disposto degli articoli 36 e 39 della Costituzione.
L'articolo 36, al comma primo, prevede che il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.
L'articolo 39 attribuisce ai sindacati, previa registrazione, il potere di stipulare contratti collettivi di lavoro vincolanti per tutti i lavoratori appartenenti alla categoria cui il contratto si riferisce, e ciò da parte di una delegazione unitaria di tutti i sindacati registrati, ognuno rappresentato in proporzione ai propri iscritti.
La mancata attuazione di tale ultima previsione costituzionale ha determinato due conseguenze:
Sotto il primo profilo, alla mancanza di una efficacia generalizzata dei contratti collettivi ha sopperito nel corso degli anni una consolidata giurisprudenza secondo cui i minimi tabellari stabiliti nei CCNL sono applicabili anche alle imprese e ai lavoratori che non hanno sottoscritto alcun contratto collettivo (cfr, tra le altre, Cass. 31 gennaio 2012, n. 1415; Cass. 4 dicembre 2013, n. 27138; Cass. 2 agosto 2018, n. 20452, Cass. 30 ottobre 2019, n. 27917). In Italia, dunque, trovano applicazione, per i relativi settori, i livelli minimi di retribuzione stabiliti dai contratti collettivi nazionali per ciascuna qualifica e mansione. Vi sono, tuttavia, settori, qualifiche e mansioni che potrebbero risultare non coperti dalla contrattazione collettiva.
Per quanto riguarda il secondo profilo, l'elevato numero di CCNL ha dato luogo al fenomeno del cosiddetto dumping contrattuale, vale a dire l'applicazione di contratti firmati da organizzazioni datoriali e sindacali che non risultano maggiormente rappresentative e che applicano minimi tabellari più bassi. Obiettivo della direttiva non è la definizione di un salario minimo unico per tutti gli Stati membri, quanto piuttosto quello di garantire l'adeguatezza dei salari minimi e condizioni di vita e di lavoro dignitose per i lavoratori europei, nel rispetto delle specificità di ogni ordinamento interno e favorendo al contempo il dialogo tra le parti sociali. Ciò al fine di contribuire alla convergenza sociale verso l'alto e alla riduzione delle disuguaglianze retributive. La direttiva interviene principalmente nei seguenti ambiti:
La direttiva chiede agli Stati membri in cui sono previsti salari minimi legali di istituire le necessarie procedure per la loro determinazione ed il loro aggiornamento, sulla base di criteri che ne assicurino l'adeguatezza, al fine di conseguire un tenore di vita dignitoso, ridurre la povertà lavorativa, promuovere la coesione sociale e una convergenza sociale verso l'alto, nonché ridurre il divario retributivo di genere. I criteri per tale aggiornamento – che deve avvenire almeno ogni due anni (quattro per gli Stati che ricorrono ad un meccanismo di indicizzazione automatica) con il coinvolgimento delle parti sociali – comprendono almeno:
Gli Stati membri possono inoltre ricorrere a un meccanismo automatico di adeguamento dell'indicizzazione dei salari minimi legali, basato su criteri appropriati e a condizione che l'applicazione di tale meccanismo non comporti una diminuzione del salario minimo legale. Con riferimento ai Paesi in cui la definizione di un salario minimo è affidata alla contrattazione collettiva, la direttiva reca alcune disposizioni volte alla sua promozione, nonché ad incrementarne la copertura. Per le suddette finalità si dispone, tra l'altro, che gli Stati membri:
L'articolo 1 della direttiva precisa che, per copertura della contrattazione collettiva, si intende la percentuale di lavoratori a livello nazionale cui si applica un contratto collettivo, calcolata come rapporto tra il numero di lavoratori coperti dalla contrattazione collettiva a il numero di lavoratori le cui condizioni di lavoro possono essere disciplinate da contratti collettivi conformemente al diritto e alle prassi nazionali. Il Considerandum n. 21 chiarisce che la direttiva dovrebbe applicarsi ai lavoratori che hanno un contratto di lavoro o un rapporto di lavoro quali definiti dal diritto, dai contratti collettivi o dalle prassi in vigore in ciascuno Stato membro, tenendo conto dei criteri stabiliti dalla Corte di giustizia dell'Unione europea (Corte di giustizia) per determinare lo status di lavoratore. A condizione che soddisfino tali criteri, i lavoratori del settore pubblico e privato, nonché i lavoratori domestici, i lavoratori a chiamata, i lavoratori intermittenti, i lavoratori a voucher, i lavoratori tramite piattaforma digitale, i tirocinanti, gli apprendisti e altri lavoratori atipici nonché i falsi lavoratori autonomi e i lavoratori non dichiarati potrebbero rientrare nell'ambito di applicazione della direttiva. Ne sono, comunque, esclusi i lavoratori effettivamente autonomi. La direttiva potenzia l'accesso effettivo dei lavoratori alla tutela garantita dal salario minimo sotto forma di salario minimo legale, laddove esista, o se prevista nei contratti collettivi. Al fine di migliorare il suddetto accesso da parte dei lavoratori la direttiva dispone:
La direttiva istituisce altresì un sistema di monitoraggio, attribuendo agli Stati membri l'obbligo di comunicare alla Commissione europea ogni due anni, prima del 1° ottobre dell'anno di riferimento, i seguenti dati, diversi a seconda che la definizione del salario minimo sia attribuita alla legge o alla contrattazione collettiva:
In linea generale, la direttiva prevede che, decorsi sette anni dalla sua entrata in vigore, la Commissione, previa consultazione degli Stati membri e delle parti sociali a livello dell'Unione, presenti al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'attuazione della medesima direttiva e, se opportuno, proposte di modifica. Nel XXIV Rapporto sul mercato del lavoro e la contrattazione collettiva 2022 del CNEL si evidenzia che gli Stati membri in cui i salari sono previsti esclusivamente mediante la negoziazione collettiva sono, di regola, caratterizzati da una copertura estremamente elevata della contrattazione e da alti livelli di affiliazione sia alle associazioni datoriali che alle organizzazioni sindacali. Secondo il medesimo Rapporto, al 7 novembre 2022 risultano depositati in archivio 946 CCNL per i lavoratori dipendenti nel settore privato, 18 CCNL per i lavoratori dipendenti nel settore pubblico, 12 CCNL per i lavoratori parasubordinati/collaboratori, 31 accordi economici collettivi stipulati per alcune categorie di lavoratori autonomi. Per quanto riguarda il tasso di copertura della contrattazione collettiva in Italia, una statistica dell'Organizzazione internazionale del lavoro evidenzia che tale tasso era pari al 99 per cento nel 2019. Il tasso di copertura, con riferimento alla medesima annualità, è stato rivisto al 100% dalla recente Comunicazione della Commissione europea del 25 gennaio 2023 sul dialogo sociale nell'Unione europea (COM(2023) 40 final), tenendo conto del fatto che i salari di base fissati negli accordi collettivi sono utilizzati dai tribunali del lavoro come riferimento per l'applicazione del principio costituzionale di una remunerazione adeguata e sufficiente. Nel richiamato Rapporto del CNEL si evidenzia, infine, che "solo a seguito del recepimento nell'ordinamento interno della direttiva sarà possibile valutare se il nostro sistema contrattuale soddisfi i criteri dalla direttiva o se, invece, il nostro Paese sarà chiamato ad approntare un piano d'azione volto a rafforzare la contrattazione collettiva, quanto meno con riferimento ai settori in cui dovessero emergere criticità".
La direttiva trae origine dalla proposta della Commissione europea
COM (2020) 682, del 28 ottobre 2020.
La suddetta proposta fu esaminata, nella XVIII Legislatura, dalle Commissioni Lavoro della Camera e del Senato che adottarono, rispettivamente, una risoluzione ( DOC XVIII, n. 22) e un documento finale. In occasione dell'esame da parte delle Camere, il Governo aveva presentato una Relazione sulla proposta di direttiva trasmessa ai sensi dell'articolo 6, comma 4, della L. 234/2012. |
Analisi di impatto di genereGli ultimi dati elaborati dalla Commissione europea (riferiti all'anno 2020) evidenziano un divario retributivo di genere medio (ossia la differenza nella retribuzione oraria lorda tra uomini e donne) pari al 4,2% (al di sotto della media europea che è del 13%), mentre il divario retributivo di genere complessivo (ossia la differenza tra il salario annuale medio percepito da donne e uomini) è pari al 43% (al di sopra della media europea, che è invece pari al 36,2%). Ai fini di un'analisi dei potenziali effetti dell'introduzione di un salario minimo legale sul divario retributivo di genere, si vedano il Gender policies report 2021, elaborato dall'INAPP, e il "2022 report on gender equality in the EU" della Commissione europea. |