Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Bilancio |
Titolo: | Legge di bilancio 2025 - Volume I - Articoli 1-80 |
Riferimenti: | AC N.2112/XIX AC N.2112-bis/XIX |
Serie: | Progetti di legge Numero: 370/Volume I |
Data: | 31/10/2024 |
Organi della Camera: | V Bilancio |
A.C. 2112-bis
Volume I
Articoli 1-80
31 ottobre 2024
Servizio Studi
Tel. 06 6706-2451 - * studi1@senato.it - @SR_Studi
Dossier n. 394 - Volume I
Servizio Studi
Dipartimento Bilancio
Tel. 06 6760-2233 - * st_bilancio@camera.it - @CD_bilancio
Progetti di legge n. 370 - Volume I
Il presente dossier è articolato in tre volumi:
§ Volume I - Articoli 1-80;
§ Volume II – Articoli 81-144;
§ Volume III – Stati di previsione dei Ministeri.
AVVERTENZA: si segnala che la nota presente nelle schede di lettura evidenziata con una barra gialla, che segue alla sintesi normativa della disposizione, espone gli effetti finanziari previsti sul bilancio dello Stato in termini di saldo netto da finanziare, ad eccezione dei casi diversamente indicati ove si fa riferimento al fabbisogno o altri saldi. Per un’analisi di dettaglio degli effetti finanziari sui saldi di finanza pubblica e sulla quantificazione degli oneri risultante dalla Relazione tecnica si rinvia al dossier del Servizio del Bilancio dello Stato.
La documentazione dei Servizi e degli Uffici del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. Si declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.
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I N D I C E
TITOLO I – RISULTATI DIFFERENZIALI DEL BILANCIO DELLO STATO
Articolo 1 (Risultati differenziali bilancio dello Stato)
TITOLO II – RIDUZIONE DELLA PRESSIONE FISCALE E MISURE IN MATERIA FISCALE
Capo I – Riduzione della pressione fiscale
Articolo 2, commi 1-8 (Misure concernenti l’IRPEF)
Articolo 2, comma 9 (Riordino delle detrazioni fiscali)
Articolo 2, comma 10 (Detrazioni per familiari a carico)
Capo II – Misure in materia fiscale
Articolo 4 (Misure in materia di imposta sui servizi digitali e cripto attività)
Articolo 5 (Rideterminazione del valore di terreni e partecipazioni)
Articolo 6 (Estensione dell’obbligo utilizzo dell'e-DAS).
Articolo 7 (Misure per la riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi)
Capo III – Disposizioni in materia di lotta all’evasione
Articolo 10 (Misure in materia di tracciabilità delle spese)
Capo IV – Disposizioni in materia di assicurazioni
Capo V – Disposizioni in materia di giochi
Articolo 12 (Disposizioni in materia di gioco pubblico raccolto a distanza e Bingo)
Articolo 13 (Estrazione settimanale aggiuntiva per il Lotto e il Superenalotto)
Articolo 14 (Proroghe delle concessioni di gioco in scadenza).
Capo VI – Disposizioni in materia di lavoratori frontalieri
Articolo 15 (Disposizioni in materia di lavoratori frontalieri).
TITOLO III – MISURE PER SOSTENERE IL POTERE D’ACQUISTO DELLE FAMIGLIE
Articolo 17 (Mutui per la prima casa)
TITOLO IV – MISURE E IN MATERIA DI RINNOVO DEI CONTRATTI E DI PUBBLICO IMPIEGO
Articolo 18, comma 1 (Disposizioni in materia di trattamento accessorio dei dipendenti pubblici)
Articolo 18, comma 3 (Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa)
Articolo 19 (Risorse per i rinnovi contrattuali per i trienni 2025-2027 e 2028-2030)
Articolo 20 Disposizioni in materia di personale della giustizia
Articolo 22 (Indennità di servizio zone disagiate)
TITOLO V – MISURE E IN MATERIA DI LAVORO, PREVIDENZA SOCIALE E FAMIGLIA
Capo I - Misure in materia di lavoro e previdenza sociale
Articolo 24, comma 1 (Opzione donna)
Articolo 24, comma 2 (Pensione anticipata in base alla cosiddetta quota 103)
Articolo 24, commi 3 e 4 (Ape sociale)
Articolo 25 (Incremento transitorio delle pensioni minime).
Articolo 26 (Accesso alla pensione di vecchiaia per le lavoratrici con quattro o più figli)
Articolo 27 (Perequazione automatica dei trattamenti pensionistici dei residenti all’estero)
Articolo 28 (Misure in materia di previdenza complementare)
Capo II - Misure in materia di famiglia
Articolo 31 (Bonus per le nuove nascite)
Articolo 34 (Misure in materia di congedi parentali)
Articolo 35 (Disposizioni in materia di decontribuzione di lavoratrici madri)
Articolo 36 (Formazione delle donne vittime di violenza)
TITOLO VI – MISURE E IN MATERIA DI DISABILITA’, POLITICHE SOCIALI E SPORT
Capo I - Misure in materia di disabilità e non autosufficienza
Articolo 37 (Misure in materia di cani di assistenza)
Articolo 38 (Disposizioni in materia di sperimentazion della riforma sulla disabilità)
Capo II - Misure in materia di lotta alle droghe e alle dipendenze
Articolo 39 (Uffici antidroga)
Articolo 41 (Fondo per gli accertamenti medico-legali e tossicologico-forensi)
Articolo 42 (Sistema nazionale di allerta rapida per le droghe - NEWS-D)
Capo III - Misure in materia di sport
Articolo 43 (Disposizioni in materia di finanziamento sportivo).
Articolo 44 (Fondo unico a sostegno del potenziamento del movimento sportivo italiano)
Articolo 45 (Paralimpiadi Milano-Cortina 2026)
TITOLO VII – MISURE E IN MATERIA DI SANITÀ
Articolo 47 (Rifinanziamento del Servizio sanitario nazionale)
Articolo 51 ((Aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza e importi tariffari)
Articolo 52 (Piano pandemico 2025-2029)
Articolo 55 (Accordi bilaterali fra le regioni per la mobilità sanitaria)
Articolo 56 (Incremento indennità per il personale operante nei servizi di pronto soccorso)
Articolo 58 (Incremento delle risorse per le cure palliative)
Articolo 59 (Disposizioni per i medici in formazione specialistica)
Articolo 61 (Incremento dell’indennità di specificità dirigenza medica e veterinaria)
Articolo 62 (Incremento dell’indennità di specificità dirigenza sanitaria non medica)
Articolo 64 (Premialità per le liste di attesa)
Articolo 66 (Prevenzione, cura e riabilitazione delle patologie da dipendenze )
TITOLO VIII – MISURE E IN MATERIA DI CRESCITA, INFRASTRUTTURE E INVESTIMENTI
Capo I - Misure in favore delle imprese
Articolo 68, commi 5 e 6 (Esclusione dal reddito imponibile dei lavoratori di alcuni valori)
Articolo 69 (Agevolazioni fiscali lavoro notturno e straordinari nei giorni festivi)
Articolo 71 (Piano Casa Italia)
Articolo 72, commi 1, 2, 5 e 6 (Incentivi per il rilancio occupazionale ed economico)
Articolo 72, commi 3 e 4 (Incentivi per il rilancio occupazionale ed economico)
Articolo 73 (Credito d’imposta per la quotazione delle piccole e medie imprese)
Articolo 76 (Interventi in materia di banda ultra larga)
Capo II - Misure in materia di grandi eventi, investimenti e infrastrutture
Articolo 79 (Interventi a sostegno dello sviluppo del settore turistico)
Articolo 80 (Disposizioni relative alla operatività della società Autostrade dello Stato)
Articolo 1
(Risultati differenziali bilancio dello Stato)
L’articolo 1 fissa, mediante rinvio all'allegato I, per ciascuno degli anni 2025, 2026 e 2027, i livelli massimi del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario, in termini di competenza e di cassa.
L’articolo 1 prevede un livello massimo del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario, in termini di competenza e di cassa, come riportati nell’allegato I (si veda la tabella seguente).
In ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 21, comma 1-ter, lettera a) della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009), la disposizione in esame determina, mediante rinvio all'allegato I annesso alla legge di bilancio medesima, i livelli massimi del saldo netto da finanziare, in termini di competenza e di cassa, e del ricorso al mercato finanziario, in termini di competenza, per ciascun anno del triennio di riferimento (2025, 2026 e 2027).
I livelli del ricorso al mercato si intendono al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare prima della scadenza o di ristrutturare passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato.
Tabella 1: risultati differenziali (importi in milioni di euro)
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2025 |
2026 |
2027 |
COMPETENZA |
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Livello massimo del saldo netto da finanziare, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge |
187.322 |
162.987 |
143.188 |
Livello massimo del ricorso al mercato finanziario, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge (*) |
471.097 |
494.207 |
447.297 |
CASSA |
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Livello massimo del saldo netto da finanziare, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge |
248.111 |
219.816 |
191.622 |
Livello massimo del ricorso al mercato finanziario, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge (*) |
531.886 |
551.036 |
495.731 |
(*) al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare prima della scadenza o di ristrutturare passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato |
Fonte: Allegato I annesso al DDL di bilancio 2025
Il saldo netto da finanziare (SNF) è pari alla differenza tra le entrate finali e le spese finali iscritte nel bilancio dello Stato, cioè alla differenza tra il totale delle entrate e delle spese al netto delle operazioni di accensione e rimborso prestiti.
Il ricorso al mercato finanziario, invece, rappresenta la differenza tra le entrate finali e il totale delle spese. Esso indica la misura in cui occorre fare ricorso al debito per far fronte alle spese che non sono coperte dalle entrate finali. Tale importo coincide, pertanto, con l’accensione dei prestiti.
In ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 21, comma 1-ter, della legge di contabilità e finanza pubblica, i livelli del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario dovrebbero essere determinati dal presente articolo coerentemente con gli obiettivi programmatici del saldo del conto consolidato delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 10, comma 2, della legge di contabilità e finanza pubblica medesima, riguardante i contenuti del Documento di economia e finanza pubblica (DEF).
Tali obiettivi per il triennio di riferimento della legge di bilancio sono solitamente aggiornati dalla Nota di aggiornamento al DEF.
Quest’anno, tuttavia, a seguito della riforma della governance economica dell’Unione Europea[1], il Governo ha presentato i propri obiettivi programmatici di finanza pubblica nel Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029 (PSB), deliberato dal Consiglio dei Ministri il 27 settembre 2024 e presentato alle Camere nella stessa data, in sede di prima applicazione, che rappresenta il principale documento del nuovo quadro di programmazione[2].
Come specificato dal Governo nella relazione tecnica al disegno di legge di bilancio 2025, nelle more dell’adeguamento del quadro normativo interno alle nuove regole di governance europea, il presente disegno di legge di bilancio e la Nota tecnica illustrativa, che sarà successivamente resa disponibile, sono presentati secondo la struttura e i contenuti previsti dal vigente assetto normativo e contabile che prevedono il raccordo tra il saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato, quale risultante dal Quadro generale riassuntivo del disegno di legge di bilancio, e l’indebitamento netto dello Stato programmatico, comprensivo degli effetti della manovra di finanza pubblica sul comparto Stato, oltre all’esposizione dell’indebitamento netto programmatico delle amministrazioni pubbliche nel loro complesso, inteso come saldo tra entrate e spese.
Per il triennio di riferimento del disegno di legge di bilancio (2025-2027), il PSB prevede un indebitamento netto programmatico in percentuale del PIL pari al 3,3% nel 2025, 2,8% nel 2026 e 2,6% nel 2027.
Su tale percorso programmatico, le Camere si sono espresse favorevolmente il 9 ottobre 2024 con l'approvazione della risoluzione n. 6/00110 del Senato e della risoluzione n. 6/00132 della Camera.
A tali percentuali del PIL corrispondono, in base alla tavola di "Raccordo tra il saldo netto da finanziare (SNF) programmatico e il conto PA programmatico 2025-2027" contenuta nella relazione tecnica allegata al disegno di legge di bilancio, i seguenti valori assoluti, in termini di competenza, dell’indebitamento netto (saldo del conto economico programmatico) della PA: -74 miliardi di euro nel 2025, -65 miliardi nel 2026 e -62 miliardi nel 2027.
In base alla tavola di raccordo, dal disegno di legge di bilancio emerge un saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato, corrispondente agli obiettivi programmatici di indebitamento netto sopra esposti, pari a 187 miliardi di euro per l'anno 2025, 163 miliardi per il 2026, 143 miliardi per il 2026. Tali valori sono pertanto coerenti con il livello massimo del saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato di competenza riportati nell'allegato 1 all'articolo in esame.
Si valuti l’opportunità di richiedere al Governo una illustrazione del raccordo dei saldi di finanza pubblica riferiti allo Stato di cui al presente articolo con il tasso di evoluzione della spesa netta, il quale rappresenta il nuovo strumento di sorveglianza previsto dalla riforma della governance europea.
Articolo 2, commi 1-8
(Misure concernenti l’IRPEF)
L’articolo 2, ai commi da 1 a 8, rende strutturale la riduzione da quattro a tre aliquote IRPEF (23, 35 e 43 per cento) già prevista, in deroga alla disciplina del TUIR, per l’anno 2024. Viene inoltre aumentata la soglia di detrazione per redditi da lavoro dipendente per i redditi inferiori a 15.000 euro (comma 1), adeguando conseguentemente l’importo delle detrazioni da prendere in considerazione nell’anno al fine di valutare la spettanza del trattamento integrativo previsto per i redditi da lavoro dipendente sotto una certa soglia (comma 2). Con riferimento ai redditi da lavoro dipendente fino a 20.000 euro (rapportati all’intero anno) è riconosciuta una somma, che non concorre alla formazione del reddito, calcolata in percentuale decrescente per scaglioni al crescere del reddito mentre per i redditi da lavoro dipendente compresi tra 20.000 e 40.000 euro è riconosciuto contributo in cifra fissa pari a 1.000 euro per redditi fino a 32.000 euro, e d’importo decrescente per redditi superiori a 32.000 euro e 40.000 euro fino ad azzerarsi alla soglia dei 40.000 euro (commi 3, 4 e 5). Tali somme sono riconosciute in via automatica dai sostituti d’imposta, che compensano il credito maturato secondo le disposizioni generali, all’atto dell’erogazione delle retribuzioni, verificandone la spettanza in sede di conguaglio e provvedendo al recupero delle somme non dovute (commi 6 e 7). Ai fini del calcolo delle soglie di reddito sopra indicate vanno ricompresi nel reddito complessivo alcuni redditi esenti sulla base di disposizioni speciali (comma 8).
Per quanto riguarda l’impatto finanziario nel triennio 2025-2027 delle disposizioni citate (unitamente agli effetti derivanti dal comma 9), dalla Relazione tecnica risulta, con riferimento al saldo netto da finanziare, un impatto complessivo, in termini di minori entrate e maggiori spese, pari a: -17.655,6 milioni di euro per l’anno 2025, -18.316,8 milioni di euro per l’anno 2026 e -17.951,7 milioni di euro per l’anno 2027 (gli effetti relativi agli anni successivi non vengono qui riportati).
In dettaglio, sempre limitatamente al triennio:
-la riduzione da quattro a tre aliquote IRPEF, unitamente alla contestuale revisione delle detrazioni fiscali disciplinata dal comma 9, all’innalzamento della detrazione per redditi da lavoro dipendente e alla conferma del meccanismo correttivo per il calcolo del reddito ai fini dell’attribuzione del trattamento integrativo comportano nel triennio 2025-2027, in termini di saldo netto da finanziare, minori entrate stimate per 4.802,5 milioni di euro nell’anno 2025; 5.333,9 milioni di euro per l’anno 2026; 4.979,9 milioni di euro per l’anno 2027.
-il bonus riconosciuto ai sensi del comma 3 per i redditi da lavoro dipendente fino a 20.000 euro e la detrazione di cui al comma 5 per i redditi da lavoro dipendente fino a 40.000 euro comportano nel triennio 2025-2027, in termini di saldo netto da finanziare, maggiori spese (bonus) minori entrate (detrazioni) e per 12.853, 1 milioni di euro per il 2025; 12.982,9 milioni di euro per il 2026 e 12.971,8 miliardi di euro nel 2027.
Al riguardo si fa presente che, sulla base della relazione tecnica di accompagnamento all’Atto del Governo 88, contenente lo Schema di decreto legislativo recante attuazione del primo modulo di riforma delle imposte sul reddito delle persone fisiche e altre misure in tema di imposte sui redditi (divenuto il decreto legislativo n.216 del 2023) la misura di riduzione delle aliquote IRPEF effettuata nell’anno 2024 (identica a quella di cui al comma 1 del presente articolo), comportava una perdita di gettito per l’anno 2024 stimata pari -4.594,1 milioni di euro.
Il comma 1, lettera a), rende strutturale la riduzione da quattro a tre aliquote IRPEF, modificando l’articolo 11, comma 1, del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR - D.P.R. n. 917 del 1986), secondo quanto già disposto, con riferimento all’anno 2024, dall’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo n. 216 del 2023.
Sono quindi confermate le aliquote per scaglioni di reddito da impiegare, a decorrere dall’anno 2025, per il calcolo dell’imposta lorda sul reddito delle persone fisiche così articolate:
a) fino a 28.000 euro, 23 per cento;
b) oltre 28.000 euro e fino a 50.000 euro, 35 per cento;
c) oltre 50.000 euro, 43 per cento.
L'imposta sul reddito delle persone fisiche – IRPEF, è regolata dal testo unico delle imposte sui redditi (TUIR - D.P.R. n. 917 del 1986). Essa si applica sui redditi che rientrano in alcune categorie individuate dalla legge (redditi fondiari, redditi di capitale, redditi di lavoro dipendente, redditi di lavoro autonomo, redditi di impresa, redditi diversi) ed è una imposta progressiva in quanto colpisce il reddito, con aliquote che dipendono dagli scaglioni di reddito stesso. L’imponibile e l’imposta da versare sono determinati, rispettivamente, al netto degli oneri deducibili e delle detrazioni per oneri.
Tale impostazione generale è rimasta immutata, anche a seguito delle modifiche sostanziali apportate ad aliquote e scaglioni dalla legge di bilancio 2022 (articolo 1, commi 2-7, della legge n. 234 del 2021) fino alla modifica da quattro a tre scaglioni introdotta dal decreto legislativo n. 216 del 2023.
Fino all’anno 2023 il sistema prevedeva quattro scaglioni di reddito con altrettante aliquote, secondo il seguente schema:
§ fino a 15.000 euro, 23 per cento;
§ da 15.000,01 a 28.000 euro, 25 per cento;
§ da 28.000,01 a 50.000 euro, 35 per cento;
§ oltre 50.000 euro, 43 per cento.
Con l’articolo 1 del decreto legislativo n. 216 del 2023, in attuazione dei principi della delega per la riforma fiscale di cui alla legge n. 111 del 2023, si è proceduto, con esclusivo riferimento all’anno 2024 alla riduzione delle aliquote da quattro a tre, in termini corrispondenti a quanto previsto dalla disposizione in commento.
Si ricorda che, oltre che dal variare delle aliquote in relazione agli scaglioni, la progressività dell’imposta è altresì garantita dalla presenza di un complesso sistema di detrazioni e deduzioni, stratificatosi nel tempo.
A tale sistema occorre altresì aggiungere le addizionali regionali e comunali all’Irpef, che si applicano al reddito complessivo determinato ai fini IRPEF e devono essere versate se, per l’anno di riferimento, risulta dovuta l’IRPEF.
Con riferimento specifico all’unità impositiva, il sistema IRPEF italiano dal 1976 è basato sul reddito individuale.
Il comma 1 lettera b), modificando quanto previsto dall’articolo 13, comma 1, lettera a), del TUIR, eleva da 1.880 euro a 1.955 euro le detrazioni per reddito da lavoro dipendente previste con riferimento ai redditi fino a 15.000 euro.
Conseguentemente alla previsione appena descritta il comma 2, al fine di sterilizzare l’effetto dell’aumento delle detrazioni per lavoro dipendente previste per i redditi fino a 15.000 euro, modifica l’articolo 1, comma 1, primo periodo, del decreto-legge 5 febbraio 2020, n. 3, prevedendo che l’importo da prendere in considerazione per valutare il rispetto del limite previsto dalla disposizione ai fini della spettanza del trattamento integrativo venga diminuita dell’importo di 75 euro, rapportato al periodo di lavoro nell’anno (ossia all’importo della detrazione riconosciuta ai sensi della lettera b) del comma 1, appena commentata).
Al riguardo si ricorda infatti che il trattamento integrativo dovuto ai sensi dell’articolo 1 del decreto-legge n. 3 del 2020, viene riconosciuto qualora l'imposta lorda determinata sui redditi da lavoro dipendente sia di importo superiore a quello della detrazione spettante ai sensi dell'articolo 13, comma 1, del citato testo unico. In assenza della disposizione del comma 2, l’aumento di 75 euro della detrazione per reddito da lavoro dipendente potrebbe comportare l’esclusione di alcuni beneficiari dalla percezione del trattamento integrativo appena descritto.
Il comma 3 riconosce ai titolari di reddito di lavoro dipendente ad eccezione dei percettori di redditi da pensione (di cui al comma 2, lettera a) dell’articolo 49 del TUIR) che hanno un reddito complessivo non superiore a 20.000 euro una somma, che non concorre alla formazione del reddito, determinata applicando al reddito di lavoro dipendente del contribuente la percentuale corrispondente di seguito indicata:
§ 7,1 per cento, se il reddito di lavoro dipendente non è superiore a 8.500 euro;
§ 5,3 per cento, se il reddito di lavoro dipendente è superiore a 8.500 euro ma non a 15.000 euro;
§ 4,8 per cento, se il reddito di lavoro dipendente è superiore a 15.000 euro.
Il comma 4 precisa che, ai soli fini dell’individuazione della percentuale di cui al comma 3 il reddito di lavoro dipendente è rapportato all’intero anno.
Il comma 5, a sua volta, riconosce ai titolari di reddito di lavoro dipendente ad eccezione dei percettori di redditi da pensione (di cui al comma 2, lettera a) dell’articolo 49 del TUIR), che hanno un reddito complessivo superiore a 20.000 euro una detrazione dall’imposta lorda, rapportata al periodo di lavoro, di importo pari:
§ a 1.000 euro, se l’ammontare del reddito complessivo è superiore a 20.000 euro ma non a 32.000 euro;
§ al prodotto tra 1.000 euro e l’importo corrispondente al rapporto tra 40.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 8.000 euro, se l’ammontare del reddito complessivo è superiore a 32.000 euro ma non a 40.000 euro.
In altri termini per i percettori di reddito tra 32.000,01 euro e i 40.000 euro l’importo riconosciuto è progressivamente decrescente rispetto ai 1.000 euro attribuiti fino alla soglia dei 32.000 euro, per azzerarsi raggiunta la soglia dei 40.000 euro.
Il comma 6 disciplina le modalità per l’erogazione dei benefici di cui ai commi 3 e 5 a cura dei sostituti d’imposta prevedendo che gli stessi riconoscano in via automatica la somma di cui al comma 3 e la detrazione di cui al comma 5 all’atto dell’erogazione delle retribuzioni, verificando in sede di conguaglio la spettanza delle stesse.
Qualora in tale sede la somma di cui al comma 3 o la detrazione di cui al comma 5 si riveli non spettante, i medesimi sostituti d’imposta provvedono al recupero del relativo importo. Nel caso in cui il predetto importo superi 60 euro, il recupero dello stesso è effettuato in dieci rate di pari ammontare a partire dalla retribuzione che sconta gli effetti del conguaglio.
Il comma 7 prevede poi che i sostituti d’imposta compensino il credito maturato per effetto dell’erogazione della somma di cui al comma 3 mediante l’istituto della compensazione di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
Il comma 8 include ai fini della determinazione del reddito complessivo e del reddito di lavoro dipendente per la spettanza dei benefici di cui ai commi 3 e 5, le quote esenti del reddito agevolato di cui:
§ all’articolo 44, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, che dispone che i redditi percepiti dai docenti e dai ricercatori impatriati siano esenti al 90 per cento al ricorrere di specifiche condizioni;
§ all’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 contenente il vecchio regime agevolativo per i lavoratori impatriati, abrogato ai sensi dell’articolo 5, comma 9, del decreto legislativo n. 209 del 2023;
§ all’articolo 5 del decreto legislativo 27 dicembre 2023, n. 209, contenente il nuovo regime agevolativo a favore dei lavoratori impatriati, che dispone che i redditi di lavoro dipendente ed i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (…), prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato. al ricorrere di specifiche condizioni, concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50 per cento del loro ammontare entro il limite annuo di 600.000 euro.
Per converso, il medesimo reddito complessivo è assunto al netto del reddito dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e di quello delle relative pertinenze di cui all’articolo 10, comma 3-bis, del testo unico delle imposte sui redditi.
Il comma 3-bis dell’articolo 10 del TUIR dispone che se alla formazione del reddito complessivo concorrono il reddito dell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale e quello delle relative pertinenze, si deduce un importo fino all’ammontare della rendita catastale dell'unità immobiliare stessa e delle relative pertinenze, rapportato al periodo dell’anno durante il quale sussiste tale destinazione ed in proporzione alla quota di possesso di detta unità immobiliare. Sono pertinenze le cose immobili di cui all' articolo 817 del codice civile, classificate o classificabili in categorie diverse da quelle ad uso abitativo, destinate ed effettivamente utilizzate in modo durevole a servizio delle unità immobiliari adibite ad abitazione principale delle persone fisiche. Per abitazione principale si intende quella nella quale la persona fisica, che la possiede a titolo di proprietà o altro diritto reale, o i suoi familiari dimorano abitualmente.
Si ricorda infine che, in seconda sezione, sono ridotte, per un importo pari a 3.409,77 milioni di euro per il 2025; 2.707,56 milioni di euro per il 2026 e 2.694,36 milioni di euro per l’anno 2027, le risorse assegnate al Fondo per l’attuazione della delega fiscale (di cui all’articolo 62, comma 1, del decreto legislativo n. 209 del 2023) e di 2.191 milioni di euro per ciascuno degli anni da 2025 a 2027 con riferimento al “Fondo delega riforma fiscale e per le maggiori entrate per la fedeltà fiscale, assegno unico” di cui all’articolo 1, comma 2, della legge n. 178 del 2020 (legge di bilancio 2021). Tali riduzioni sono permanenti e si proiettano pertanto anche sugli anni successivi al 2027.
Articolo 2, comma 9
(Riordino delle detrazioni fiscali)
L’articolo 2, comma 9, introduce, con riferimento ai percettori di redditi complessivamente superiori a 75.000 euro, alcuni limiti per la fruizione delle detrazioni dall’imposta sul reddito, parametrati in relazione al reddito percepito nonché al numero di figli presenti nel nucleo familiare.
Gli effetti finanziari derivanti del riordino degli incentivi sono ricompresi nell’impatto finanziario complessivamente riportato nella scheda precedente riferita ai commi 1-8 dell’articolo in commento.
Al riguardo si ricorda che, sulla base della relazione tecnica di accompagnamento all’Atto del Governo 88, contenente lo Schema di decreto legislativo recante attuazione del primo modulo di riforma delle imposte sul reddito delle persone fisiche e altre misure in tema di imposte sui redditi (divenuto il decreto legislativo n.216 del 2023) l’intervento effettuato delle detrazioni (avente contenuto diverso rispetto a quello di cui al presente comma) comportava maggiori entrate stimate per 243,5 milioni di euro (mentre la perdita di gettito derivante dalla revisione delle aliquote IRPEF era stimata pari a -4.594,1 milioni di euro).
Il comma 9 dell’articolo 2 introduce l’articolo 16-ter, rubricato riordino delle detrazioni, al Testo unico delle imposte sui redditi di cui decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986) ai fini del completamento dell’attuazione della delega fiscale, indicata nel Piano strutturale di bilancio medio termine 2025-2029 tra quelle necessarie ai fini della proroga del periodo di aggiustamento di cui all’articolo 14 del regolamento UE 2024/1263.
Con riferimento al Piano strutturale di bilancio medio termine 2025-2029, si veda il relativo dossier.
Le disposizioni del nuovo articolo 16-ter, al comma 1 prevedono che, fermi restando gli specifici limiti previsti da ciascuna norma agevolativa, per i soggetti con reddito complessivo superiore a 75.000 euro gli oneri e le spese per i quali è prevista una detrazione dall’imposta lorda, sia dal TUIR sia da altre disposizioni normative, considerati complessivamente, sono ammessi in detrazione fino a un ammontare calcolato moltiplicando l’importo base determinato ai sensi del comma 2 in corrispondenza del reddito complessivo del contribuente per il coefficiente indicato nel comma 3 in corrispondenza del numero di figli, compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti, adottivi, affidati o affiliati, presenti nel nucleo familiare del contribuente, che si trovano nelle condizioni previste nell’articolo 12, comma 2, del citato testo unico.
A questo proposito si ricorda preliminarmente che a seguito dell’introduzione del comma 3-bis all’articolo 15 del TUIR (avente ad oggetto le detrazioni per spese ed oneri), a decorrere dal 1°gennaio 2020, le detrazioni previste dall’articolo 15 spettano per l’intero importo qualora il reddito complessivo non ecceda 120.000 euro.
Qualora il reddito complessivo sia superiore a 120.000 euro esse spettano per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 240.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 120.000 euro. In altri termini la percentuale di detrazione riconosciuta diminuisce progressivamente al crescere del reddito azzerandosi alla soglia di 240.000 euro.
Il comma 2 dell’articolo 12 del TUIR prevede che le detrazioni per carichi di famiglia spettano a condizione che le persone alle quali si riferiscono possiedano un reddito complessivo, computando anche le retribuzioni corrisposte da enti e organismi internazionali, rappresentanze diplomatiche e consolari e missioni, nonché quelle corrisposte dalla Santa Sede, dagli enti gestiti direttamente da essa e dagli enti centrali della Chiesa cattolica, non superiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili. Per i figli di età non superiore a ventiquattro anni il limite di reddito complessivo di cui al primo periodo è elevato a 4.000 euro.
Il comma 2 dell’articolo 16-ter dispone che l’importo base di cui al comma 1 è pari a:
a) 14.000 euro, se il reddito complessivo del contribuente è superiore a 75.000 euro;
b) 8.000 euro, se il reddito complessivo del contribuente è superiore a 100.000 euro.
Il comma 3 prevede che il coefficiente da utilizzare ai sensi del comma 1 è pari a:
§ 0,50, se nel nucleo familiare non sono presenti figli che si trovano nelle condizioni previste nell’articolo 12, comma 2;
§ 0,70, se nel nucleo familiare è presente un figlio, che si trova nelle condizioni previste nell’articolo 12, comma 2;
§ 0,85, se nel nucleo familiare sono presenti due figli che si trovano nelle condizioni previste nell’articolo 12, comma 2;
§ 1, se nel nucleo familiare sono presenti più di due figli che si trovano nelle condizioni previste nell’articolo 12, comma 2, o almeno un figlio con disabilità accertata ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992 n. 104, che si trovi nelle condizioni previste nell’articolo 12, comma 2.
Alla luce del combinato disposto dei commi 2 e 3, quindi per i soggetti percipienti un reddito complessivo compreso tra 75.000 euro e 100.000 euro il livello massimo di detrazioni percepibili annualmente è pari a:
§ 14.000 euro qualora il nucleo familiare comprenda tre o più figli fiscalmente a carico (o almeno un figlio con disabilità accertata ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992 n. 104);
§ 11.900 euro qualora il nucleo familiare comprenda due figli fiscalmente a carico;
§ 9.800 euro qualora nel nucleo familiare sia presente un figlio fiscalmente a carico;
§ 7.000 euro qualora nel nucleo familiare non siano presenti figli fiscalmente a carico;
Per i soggetti percipienti un reddito complessivo superiore 100.000 euro il livello massimo di detrazioni percepibili annualmente è pari a:
§ 8.000 euro qualora il nucleo familiare comprenda tre o più figli fiscalmente a carico (o almeno un figlio con disabilità accertata ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992 n. 104);
§ 6.800 euro qualora il nucleo familiare comprenda due figli fiscalmente a carico;
§ 5.600 euro qualora nel nucleo familiare sia presente un figlio fiscalmente a carico;
§ 4.000 euro qualora nel nucleo familiare non siano presenti figli fiscalmente a carico;
Si ricorda, che ai sensi delle previsioni del comma 10, lettera a), n. 1), del presente articolo (si veda la relativa scheda di lettura) si prevede che la detrazione per carichi di famiglia spettante con riferimento ai figli a carico sia riconosciuta nella misura di 950 euro per ciascun figlio, compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti, i figli adottivi, affiliati o affidati, di età pari o superiore a 21 anni ma inferiore a 30 anni nonché per ciascun figlio di età pari o superiore a 30 anni con disabilità accertata ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992 n. 104. A tal fine forma oggetto di modifica l’articolo 12, comma 1, lettera c) primo periodo del TUIR.
Il comma 4 dell’articolo 16-ter precisa che sono escluse dal computo dell’ammontare complessivo degli oneri e delle spese, effettuato ai fini dell’applicazione del limite di cui al comma 1, le spese sanitarie detraibili ai sensi dell'articolo 15, comma 1, lettera c), del TUIR.
Si ricorda che sono detraibili, ai sensi dell'articolo 15, comma 1, lettera c), del TUIR le spese sanitarie, per la parte che eccede lire 250 mila. Dette spese sono costituite esclusivamente dalle spese mediche e di assistenza specifica, diverse da quelle di assistenza specifica necessarie nei casi di grave e permanente invalidità o menomazione, e dalle spese chirurgiche, per prestazioni specialistiche e per protesi dentarie e sanitarie in genere, nonché dalle spese sostenute per l'acquisto di alimenti a fini medici speciali con l'esclusione di quelli destinati ai lattanti. Ai fini della detrazione la spesa sanitaria relativa all’acquisto di medicinali deve essere certificata da fattura o da scontrino fiscale contenente la specificazione della natura, qualità e quantità dei beni e l’indicazione del codice fiscale del destinatario. Sono inoltre detraibili le spese per l’acquisizione di strumenti necessari a favorire la mobilità delle persone con disabilità.
Il comma 5 prevede che, ai fini del computo dell’ammontare complessivo degli oneri e delle spese di cui al comma 1, per le spese detraibili ai sensi degli articoli:
§ 15, comma 1, lettera c), decimo periodo, del TUIR concernente il riparto in più annualità delle spese per l’acquisto di strumenti necessari a favorire la mobilità delle persone con disabilità,
§ 16-bis del TUIR (detrazione delle spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici),
ovvero di altre disposizioni normative, la cui detrazione è ripartita in più annualità, rilevano le rate di spesa riferite a ciascun anno.
Sono comunque esclusi dal predetto computo gli oneri detraibili sostenuti in dipendenza di prestiti o mutui contratti fino al 31 dicembre 2024:
§ ai sensi dell'articolo 15, comma 1, lettera a) del TUIR, ossia gli interessi passivi e relativi oneri accessori, nonché le quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione, pagati a soggetti residenti nel territorio dello Stato o di uno Stato membro della Comunità europea ovvero a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti in dipendenza di prestiti o mutui agrari di ogni specie, nei limiti dei redditi dei terreni dichiarati;
§ ai sensi ai sensi dell'articolo 15, comma 1, lettera b), del TUIR ossia gli interessi passivi, e relativi oneri accessori, nonché le quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione pagati a soggetti residenti nel territorio dello Stato o di uno Stato membro della Comunità europea ovvero a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti in dipendenza di mutui garantiti da ipoteca su immobili contratti per l'acquisto dell'unità immobiliare da adibire ad abitazione principale entro un anno dall'acquisto stesso, per un importo non superiore a 4.000 euro;
§ ai sensi dell'articolo 15, comma 1, comma 1-ter, del TUIR ossia un importo pari al 19 per cento dell'ammontare complessivo non superiore a 5 milioni di lire degli interessi passivi e relativi oneri accessori, nonché delle quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione pagati a soggetti residenti nel territorio dello Stato o di uno Stato membro delle Comunità europee, ovvero a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti, in dipendenza di mutui contratti e garantiti da ipoteca, per la costruzione dell'unità immobiliare da adibire ad abitazione principale.
Ai sensi del testo vigente dell’articolo 15, dal comma 3-quater la detrazione compete per l'intero importo, a prescindere dall'ammontare del reddito complessivo, per gli oneri di cui al comma 1, lettere a) e b), e al comma 1-ter, nonché per le spese sanitarie di cui al comma 1, lettera c).
Sono inoltre escluse, ai fini del computo di cui al comma 1, le rate delle spese detraibili ai sensi degli articoli 15, comma 1, lettera c), decimo periodo, e 16-bis del TUIR (vedi supra) ovvero di altre disposizioni normative sostenute fino al 31 dicembre 2024.
Il comma 6, conformemente a quanto previsto anche dal comma 8, secondo periodo, del presente articolo, prevede che il reddito complessivo è assunto al netto del reddito dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e di quello delle relative pertinenze di cui all’articolo 10, comma 3-bis, del TUIR (si veda in merito la scheda relativa all’articolo 1, commi 2-8 del presente dossier).
Analoga disposizione è prevista in via generale con riferimento alle detrazioni di cui all’articolo 15 del TUIR.
L’applicazione dell’articolo 2, comma 9, alle detrazioni fiscali per spese e oneri
Nella seguente Tabella sono indicate, a titolo esemplificativo:
§ le detrazioni espressamente escluse dai limiti stabiliti dal comma 9 dell’articolo 2;
§ le detrazioni espressamente escluse dai limiti stabiliti dal comma 9 dell’articolo 2, con riguardo alle spese effettuate fino al 31 dicembre 2024;
§ le detrazioni alle quali il comma 9 dell’articolo 2 non si applica in quanto destinate a soggetti percettori di redditi inferiori a 75 mila euro;
§ le detrazioni alle quali si applicano i limiti di cui al comma 9 dell’articolo 2.
Non sono ricomprese nella tabella le detrazioni per carichi familiari e le detrazioni per redditi da lavoro e da pensione, in quanto non riconducibili a spese ed oneri.
ELENCO DELLE DETRAZIONI DALL’IMPOSTASUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE |
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Tipologia di detrazione |
Norma di riferimento |
Detrazioni per spese sanitarie |
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per spese sanitarie (chirurgiche, mediche e di assistenza specifica), per prestazioni specialistiche e protesi dentarie e sanitarie, per acquisto di alimenti a fini medici speciali , per ausili alla mobilità per disabili |
Art.15 co.1 lett. c) TUIR |
ELENCO DELLE DETRAZIONI DALL’IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE |
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Tipologia di detrazione |
Norma di riferimento |
per interessi passivi e relativi oneri accessori in dipendenza di prestiti o mutui agrari contratti fino al 31/12/2024 |
Art.15 co.1 lett. a) TUIR |
per interessi passivi, e relativi oneri accessori in dipendenza di mutui per acquisto prima casa contratti fino al 31/12/2024 |
Art.15 co.1 lett. b) TUIR |
per mutui contratti e garantiti da ipoteca, per la costruzione dell'unità immobiliare da adibire ad abitazione principale contratti fino al 31/12/2024 |
Art.15 co.1-ter TUIR |
per le spese sostenute fino al 31/12/2024 per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici |
Art. 16-bis TUIR |
ELENCO DELLE DETRAZIONI DALL’IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE (in quanto riconosciute a contribuenti con reddito complessivo inferiore a 75.000 euro) |
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Tipologia di detrazione |
Norma di riferimento |
per iscrizione annuale e l'abbonamento di ragazzi tra 5 e 18 anni a istituti per lo studio e la pratica della musica a favore dei contribuenti con reddito complessivo non superiore a 36.000 euro |
Art.15 co.1 lett. e)-quater TUIR |
per i canoni, e i relativi oneri accessori e il costo di acquisto derivanti da contratti di locazione finanziaria su unità immobiliari sostenuti da under-35 con un reddito complessivo non superiore a 55.000 euro |
Art.15 co.1 lett. i)-sexies.1 e sexies.2 TUIR |
per spese per addetti all'assistenza personale in casi di non autosufficienza se il reddito complessivo non supera 40.000 euro |
Art.15 co.1 lett. i)-septies TUIR |
per soggetti titolari di contratti di locazione di unità immobiliari adibite ad abitazione principale (reddito non superiore a euro 30.987,41) |
Art. 16 co. 01 TUIR |
per soggetti titolari di contratti di locazione a canone concordato o convenzionato di unità immobiliari adibite ad abitazione principale (reddito non superiore a lire 60 milioni). |
Art. 16 co. 1 TUIR |
per lavoratori dipendenti che hanno trasferito o trasferiscono la residenza nel comune di lavoro o in uno limitrofo nei tre anni antecedenti quello di richiesta della detrazione, e titolari di contratti di locazione di unità immobiliari adibite ad abitazione principale e situate nel nuovo comune di residenza (fino a lire 60 milioni |
Art. 16 co. 1-bis TUIR |
per i giovani fra i 20 e i 31 anni non compiuti, che stipulano un contratto di locazione per l'intera unità immobiliare o porzione di essa, da destinare a propria residenza (reddito non superiore a 15.493,71 euro) |
Art. 16 co. 1-ter TUIR |
ELENCO DELLE DETRAZIONI DALL’IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE |
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Tipologia di detrazione |
Norma di riferimento |
per interessi passivi e relativi oneri accessori in dipendenza di prestiti o mutui agrari |
Art.15 co.1 lett. a) TUIR |
per interessi passivi, e relativi oneri accessori in dipendenza di mutui per acquisto prima casa |
Art.15 co.1 lett. b) TUIR |
per mutui contratti e garantiti da ipoteca, per la costruzione dell'unità immobiliare da adibire ad abitazione principale |
Art.15 co.1-ter TUIR |
detrazioni ex art. 15 del TUIR spettanti a) per l'intero importo qualora il reddito complessivo non ecceda 120.000 euro; b) per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 240.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 120.000 euro, qualora il reddito complessivo sia superiore a 120.000 euro. |
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per compensi pagati agli intermediatori immobiliari in dipendenza dell'acquisto prima casa |
Art. 15 co 1 lett. b)-bis TUIR |
per spese veterinarie |
Art. 15 co 1 lett. c)-bis TUIR |
per spese per i servizi di interpretariato dai soggetti riconosciuti sordi |
Art. 15 co 1 lett. c)-ter TUIR |
per spese funebri |
Art.15 co.1 lett. d) TUIR |
per spese per frequenza di corsi di istruzione universitaria presso università statali e non statali |
Art.15 co.1 lett. e) TUIR |
per spese per la frequenza di scuole dell'infanzia del primo ciclo di istruzione e della scuola secondaria di secondo grado |
Art.15 co.1 lett. e)-bis TUIR |
per spese sostenute in favore dei minori o di maggiorenni, con diagnosi di DSA fino al completamento della scuola secondaria di secondo grado |
Art.15 co.1 lett. e)-ter TUIR |
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per premi per assicurazioni aventi per oggetto il rischio di morte o di invalidità permanente nonché di non autosufficienza per la vita quotidiana |
Art.15 co.1 lett. f) TUIR |
per premi per assicurazioni aventi per oggetto il rischio di eventi calamitosi |
Art.15 co.1 lett. f)-bis TUIR |
per spese sostenute da soggetti obbligati a manutenzione, protezione o restauro di beni soggetti a regime vincolistico |
Art.15 co.1 lett. g) TUIR |
per erogazioni liberali in denaro a Stato, Regioni, enti locali, enti pubblici o associazioni no-profit che svolgono o promuovono attività di rilevante valore culturale e artistico. |
Art.15 co.1 lett. h) TUIR |
per il costo o il valore normale dei beni ceduti gratuitamente ai soggetti indicati dal punto precedente |
Art.15 co.1 lett. h)-bis TUIR |
per erogazioni liberali in denaro a enti o istituzioni pubbliche e associazioni no-profit che svolgono attività nello spettacolo |
Art.15 co.1 lett. i) TUIR |
per erogazioni liberali a società e associazioni sportive dilettantistiche |
Art.15 co.1 lett. i)-ter TUIR |
per erogazioni liberali a favore delle associazioni di promozione sociale iscritte negli appositi registri |
Art.15 co.1 lett. i)-quater TUIR |
per iscrizione e abbonamento di ragazzi tra 5 e 18 anni, ad associazioni sportive, palestre, piscine ed altre strutture ed impianti sportivi |
Art.15 co.1 lett. i)-quinquies TUIR |
per canoni di locazione stipulati con enti per il diritto allo studio, università, enti no profit e cooperative, dagli iscritti a università ubicata in comune diverso da quello di residenza o dagli iscritti residenti in zone disagiate |
Art.15 co.1 lett. i)-sexies e sexies.01 TUIR |
per erogazioni liberali a istituti scolastici di ogni ordine e grado, statali e paritari senza scopo di lucro appartenenti al sistema nazionale di istruzione |
Art.15 co.1 lett. i)-octies TUIR |
per erogazioni liberali in denaro al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato |
Art.15 co.1 lett. i)-novies TUIR |
per spese per l'acquisto degli abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale |
Art.15 co.1 lett. i)-decies TUIR |
Per erogazioni liberali in denaro a ONLUS o a supporto delle iniziative umanitarie, religiose o laiche |
Art.15 co.1.1 TUIR |
Per locazioni |
|
per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli under-35 iscritti nella previdenza agricola con riferimento all’affitto di terreni agricoli diversi da quelli dei genitori; |
Art. 16 co. 1-quinquies.1 TUIR |
Per interventi edilizi (art. 16-bis TUIR)[3] |
|
per spese documentate sostenute ed effettivamente rimaste a carico dei contribuenti che possiedono o detengono, sulla base di un titolo idoneo, l'immobile sul quale sono effettuati interventi: |
Art. 16-bis co. 1[4] |
- di manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo e ristrutturazione, su parti comuni di edificio residenziale |
lett. a) |
- di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo e ristrutturazione su singole unità immobiliari residenziali di qualsiasi categoria catastale, anche rurali, e loro pertinenze |
lett. b) |
- per la ricostruzione o il ripristino dell'immobile danneggiato a seguito di eventi calamitosi |
lett. c) |
- per la realizzazione di autorimesse o posti auto pertinenziali anche a proprietà comune |
lett. d) |
- per l’eliminazione di barriere architettoniche; |
lett. e) |
- per prevenire il rischio del compimento di atti illeciti da parte di terzi |
lett. f) |
- per cablare degli edifici e contenere l'inquinamento acustico |
lett. g) |
- per la realizzazione di opere finalizzate al conseguimento di risparmi energetici come l'installazione di impianti basati su fonti rinnovabili |
lett. h) |
- per l’adozione di misure antisismiche |
lett. i) |
- per la bonifica dall'amianto e l’esecuzione di opere contro gli infortuni domestici |
lett. l) |
per interventi di restauro e risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia riguardanti interi fabbricati |
Art. 16-bis co. 3 |
per interventi di sostituzione del gruppo elettrogeno di emergenza con generatori di emergenza a gas di ultima generazione. |
Art. 16-bis co. 3-bis |
Detrazioni contenute in leggi speciali diverse dal TUIR |
|
per erogazioni liberali a favore della società di cultura Biennale di Venezia |
Art. 1, l. n. 28 del 1999 |
per le donazioni effettuate all'ente ospedaliero "Ospedale Galliera" di Genova |
Art. 8, co. 3, l. n. 52 del 2001 |
per spese per asili nido |
Art. 1, co. 355 l. n. 266 del 2005 e art. 2, co. 6 l. 203 del 2008 |
per erogazioni liberali a favore dei partiti politici |
Art. 11 decreto-legge n. 149 del 2013 |
per premi per rischio eventi calamitosi per assicurazioni stipulate contestualmente alla cessione del credito d’imposta relativo agli interventi sisma bonus al 110% ad un’impresa di assicurazione’ |
Art. 119, co. 4, dl n. 34 del 2020 |
per acquisto di mobili in occasione di acquisto della prima casa |
Art. 16, co. 2, dl n. 63 del 2013 |
per investimenti in start-up innovative |
Artt. 29 e 29-bis, dl n. 179 del 2012 |
Per investimenti in PMI innovative |
Art. 4, co. 9 e 9-ter, d.l. n. 3 del 2015 |
per le erogazioni liberali a favore degli enti del Terzo settore |
Art. 83, comma 1, d lgs n. 117 del 2017 |
per contributi a società di mutuo soccorso da parte dei soci |
Art. 83, comma 5, d lgs n. 117 del 2017 |
per contributi a fondazioni operanti nel settore musicale |
Art. 25, l n.367 del 1996 |
Articolo 2, comma 10
(Detrazioni per familiari a carico)
L’articolo 2, comma 10, contiene disposizioni relative alle detrazioni per carichi di famiglia. In particolare, si prevede che la detrazione per figli a carico si applichi esclusivamente con riferimento ai figli di età inferiore a 30 anni, salvo che nel caso di disabilità accertata (comma 10, lettera a), n. 1)). Viene limitata ai soli ascendenti la detrazione riconosciuta per i familiari conviventi diversi dai figli (comma 10, lettera a), n. 2). Viene, inoltre, esclusa la spettanza della detrazione per i contribuenti che non sono cittadini italiani o di uno Stato membro dell’Unione europea o di uno Stato aderente all’accordo sullo Spazio economico europeo in relazione ai loro familiari residenti all’estero (comma 10, lettera b).
Il totale delle maggiori entrate derivanti dal complesso delle misure recate dal comma 10 in esame è pari a: 496,4 milioni di euro per l’anno 2025; 630,9 milioni di euro per l’anno 2025; 586,5 milioni di euro a decorrere dal 2027.
In particolare:
- con riferimento alla misura di cui alla lettera a) n. 1) (detrazione per carichi di famiglia spettante con riferimento ai figli a carico) si prevedono maggiori entrate per 277,3 milioni di euro con riferimento all’anno 2025; 343,4 milioni di euro per l’anno 2026 e 319,3 milioni di euro a decorrere dal 2027;
- con riferimento alla misura di cui alla lettera a) n. 2) (detrazione per ascendenti conviventi con il contribuente) si prevedono maggiori entrate per 116,2 milioni di euro per l’anno 2025; 151,5 milioni di euro per l’anno 2026 e 140,8 milioni di euro a decorrere dall’anno 2027;
- con riferimento alla misura di cui alla lettera b (esclusione detrazione familiari residenti all’estero) si prevedono maggiori entrate per 102,6 milioni di euro per l’anno 2025; 136 milioni di euro per l’anno 2026 e 126,4 milioni di euro a decorrere dall’anno 2027.
In dettaglio il comma 10, lettera a), n. 1), modifica l’articolo 12, comma 1, lettera c) primo periodo del TUIR prevedendo che la detrazione per carichi di famiglia spettante con riferimento ai figli a carico sia riconosciuta nella misura di 950 euro per ciascun figlio, compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti, i figli adottivi, affiliati o affidati, di età pari o superiore a 21 anni ma inferiore a 30 anni nonché per ciascun figlio di età pari o superiore a 30 anni con disabilità accertata ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992 n. 104.
L’attuale formulazione della norma prevede che la detrazione spetti per ciascun figlio, compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti, i figli adottivi o affidati, di età pari o superiore a 21 anni.
Il comma 10, lettera a), n. 2), modifica l’articolo 12, comma 1, lettera d), primo periodo, del TUIR limitando ai soli ascendenti conviventi con il contribuente la detrazione riconosciuta per i familiari conviventi - pari a 750 euro - per ciascun soggetto ripartendola pro quota tra coloro che hanno diritto alla detrazione.
La vigente formulazione della norma riconosce invece che, da ripartire pro quota tra coloro che hanno diritto alla detrazione, per ogni altra persona indicata nell’articolo 433 del codice civile che conviva con il contribuente o percepisca assegni alimentari non risultanti da provvedimenti dell’autorità giudiziaria, esclusi in ogni caso i figli, anche quando per i medesimi non spetti la detrazione ai sensi della lettera c) del comma 1, dell’articolo 12 del TUIR (vedi supra). I soggetti indicati all’articolo 433 sono il coniuge; i figli, anche adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi; i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi; gli adottanti; i generi e le nuore; il suocero e la suocera; i fratelli e le sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli unilaterali.
Infine, l’articolo 10, comma 1, lettera b) esclude dalle detrazioni per familiari a carico i contribuenti che non sono cittadini italiani o di uno Stato membro dell’Unione europea o di uno Stato aderente all’accordo sullo Spazio economico europeo in relazione ai familiari residenti all’estero.
L’articolo 3 dispone che, nella determinazione delle basi imponibili, IRES ed IRAP, degli intermediari finanziari le quote di taluni componenti negativi di reddito deducibili nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025 e nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2026 siano differite, in quote costanti, rispettivamente al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2026 ed ai successivi tre periodi ed al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2027 ed ai successivi due periodi.
Con esclusivo riferimento al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025, si introduce, per le società che partecipano al consolidato fiscale e, nella determinazione del reddito complessivo da assoggettare alla tassazione di gruppo, anche per la società consolidante, una limitazione temporanea all’uso delle perdite fiscali pregresse e delle eccedenze residue di ACE, determinata applicando una percentuale forfettaria pari al 65 per cento del maggior reddito imponibile, relativo sempre al medesimo periodo d’imposta, che emerge per effetto dei citati differimenti.
Si definiscono infine i criteri di determinazione degli acconti per i periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2025 ed ai successivi quattro che, essenzialmente, non devono tener conto dei menzionati piani di rientro (per il 2025) e dei differimenti proposti dall’articolo in commento (per i successivi). Inoltre, si stabilisce che sull’importo corrispondente alla parte dei maggiori acconti dovuti – periodi d’imposta 2025 e 2026 – per effetto delle disposizioni in commento non si possa procedere, in sede di versamento, né alla compensazione “orizzontale”, né alla compensazione “verticale”.
Come risulta dalla relazione tecnica, all’articolo 3 sono ascrivibili maggiori entrate tributarie pari a 2.541,6 milioni di euro per l’anno 2025 e 1.526,1 milioni di euro per l’anno 2026.
Al medesimo articolo 3 sono altresì ascrivibili minori entrate tributarie pari a 461,7 milioni di euro per l’anno 2027 (970,4 milioni di euro per l’anno 2028, 970,4 milioni di euro per l’anno 2029 e 970,4 milioni di euro per l’anno 2030).
Ai fini della determinazione delle basi imponibili IRES ed IRAP, l’articolo 3 dispone il differimento, ai successivi periodi di imposta, delle quote di taluni componenti negativi di reddito deducibili nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025 e nel successivo periodo d’imposta, disciplinando le relative implicazioni sul calcolo della base imponibile del periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025, nonché i criteri di determinazione degli acconti per tali periodi d’imposta e per i successivi tre.
Nello specifico, i commi 1 e 2 recano ulteriori differimenti al piano di rientro dello stock delle svalutazioni e perdite su crediti verso la clientela non dedotte fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2015 di cui all’articolo 16 del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, applicabile agli intermediari finanziari.
Più precisamente, il comma 1 dispone che la quota delle rettifiche di valore nette su crediti verso la clientela pregresse deducibile, ai fini IRES ed IRAP, nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025 (11 per cento) sia differita, in quote costanti, al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2026 ed ai successivi tre periodi d’imposta (2,75 per cento per periodo d’imposta).
Il successivo comma 2 dispone che la quota delle rettifiche di valore nette su crediti verso la clientela pregresse deducibile, ai fini IRES ed IRAP, nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2026 (4,70 per cento) sia differita, in quote costanti, al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2027 ed ai due successivi (1,57 per cento per periodo d’imposta).
Conseguentemente, si prevede un differimento della durata del piano di rientro di cui all’articolo 16 del decreto-legge n. 83 del 2015 fino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2029.
A tale riguardo, la relazione tecnica precisa che, al fine di eliminare l’imputazione di imposte anticipate convertibili in crediti d’imposta utilizzabili in compensazione, il decreto-legge 27 giugno 2015 n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 132, ha previsto, in luogo della deducibilità immediata di una percentuale dei crediti, con la ripartizione della svalutazione eccedente tale percentuale in un arco temporale da 9 a 18 esercizi, la deducibilità della svalutazione dei crediti in un unico esercizio. Lo stesso decreto, sul quale sono intervenute successive modifiche normative, ha disposto la deducibilità delle svalutazioni ante 2015 in quote annuali, con un profilo temporale fino al 2028.
In base alla vigente formulazione dell’articolo 106, comma 3, del Testo Unico delle Imposte sui Redditi – “TUIR”, per gli intermediari finanziari le svalutazioni e le perdite su crediti verso la clientela iscritti in bilancio a tale titolo e le perdite realizzate mediante cessione a titolo oneroso sono deducibili integralmente nell'esercizio in cui sono rilevate in bilancio. Per espressa previsione normativa, le svalutazioni e le perdite - diverse da quelle realizzate mediante cessione a titolo oneroso - si assumono al netto delle rivalutazioni dei crediti risultanti in bilancio (per tale motivo si parla di rettifiche di valore nette su crediti verso clientela).
Analogamente, la vigente formulazione dell’articolo 6, comma 1, lettera c-bis) del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (decreto IRAP), dispone che concorrono alla formazione della base imponibile IRAP le rettifiche e riprese di valore nette per deterioramento dei crediti, limitatamente a quelle riconducibili ai crediti verso la clientela iscritti in bilancio a tale titolo.
Il testo di tali disposizioni è stato, nel corso degli anni, più volte modificato. L'integrale deducibilità, al netto delle rivalutazioni, di svalutazioni e perdite su credito verso la clientela è stata prevista già dal 2015.
Infatti, nel regime previgente al decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83:
(i) le svalutazioni e perdite su crediti verso clientela venivano dedotte in quinti (periodi d'imposta 2013 e 2014, secondo quanto prevedeva la formulazione dell'articolo 106, comma 3, del TUIR), nonché in diciottesimi (fino al periodo d'imposta 2012);
(ii) le rettifiche e riprese di valore nette per deterioramento dei crediti, limitatamente a quelle riconducibili ai crediti verso la clientela iscritti in bilancio a tale titolo concorrevano al valore della produzione netta in quote costanti nell'esercizio in cui venivano contabilizzate e nei quattro successivi (periodi d’imposta 2013 e 2014).
Nel disciplinare il regime transitorio, l'articolo 16 del decreto-legge n. 83 del 2015, ha disposto:
(a) che le rettifiche di valore nette su crediti rilevate nel bilancio dell'esercizio 2015 fossero dedotte nella misura del 75 per cento;
(b) un piano di rientro per la deducibilità delle rettifiche di valore su crediti pregresse (quinti e diciottesimi residui al 31 dicembre 2015) e del 25 per cento delle rettifiche di valore su crediti rilevate nel bilancio 2015 in dieci anni (in origine, dal 2016 al 2025).
Il piano di rientro di cui all'articolo 16 del decreto-legge n. 83 del 2015 è stato più volte rimodulato, in virtù delle modifiche apportate dalle leggi di bilancio 2019 e 2020, dall'articolo 42 del decreto-legge n. 17 del 2022 e, da ultimo, dalla legge di bilancio 2024 articolo 1, commi 49-51.
In base alle suddette modifiche, le quote che dovevano "originariamente" rigirare nei periodi d'imposta 2018 e 2019 sono state rinviate ai successivi periodi d'imposta, conseguentemente la durata del piano di rientro è stata differita fino al periodo d'imposta 2028.
Il piano di rientro "originario" prevedeva le seguenti percentuali di recupero per ciascun periodo d'imposta:
Il piano di rientro risultante dalle varie rimodulazioni (cd. "differito"), attualmente vigente, prevede le seguenti percentuali di recupero per ciascun periodo d'imposta:
In base alle modifiche proposte, il nuovo piano di rientro con durata differita al periodo d’imposta 2029, prevede le seguenti percentuali di recupero per ciascun periodo d'imposta:
Il comma 3 prevede il seguente differimento del piano di rientro dello stock dell’ammortamento di avviamento non dedotte fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2017 di cui all’articolo 1, comma 1079, della legge 30 dicembre 2018, n. 145:
1) la quota (13 per cento) deducibile, ai fini IRES ed IRAP, nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025 è differita, in quote costanti, al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2026 ed ai successivi tre periodi d’imposta (3,25 per cento per periodo d’imposta);
2) la quota (13 per cento) deducibile, ai fini IRES ed IRAP, nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2026 è differita, in quote costanti, al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2027 ed ai successivi due periodi d’imposta (4,33 per cento per periodo d’imposta).
Tale disposizione è, in via principale, riferita agli intermediari finanziari, giacché il regime di trasformazione in credito d’imposta delle attività per imposte anticipate, di cui al decreto-legge n. 225 del 2010, si rende applicabile a tali soggetti (si veda il relativo focus di approfondimento).
L’articolo 17 del decreto-legge n. 83 del 2015 ha disposto il blocco alla trasformazione in crediti d’imposta delle attività per imposte anticipate relative al valore dell’avviamento e delle altre attività immateriali (marchi), iscritte per la prima volta a partire dai bilanci relativi all’esercizio in corso alla data del 27 giugno 2015 (per i soggetti solari, periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2015).
Prima di tale intervento normativo, il regime di trasformazione in credito d’imposta di cui all’articolo 2, commi da 56 a 56-ter, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, trovava applicazione anche per le imposte anticipate stanziate in bilancio su tali componenti negativi di reddito (deducibili ai fini sia IRES, sia IRAP, in diciottesimi). Pertanto, tale regime continua ad applicarsi, fino ad esaurimento, alle imposte anticipate relative al valore dell’avviamento e delle altre attività immateriali iscritte in bilancio fino al periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data del 27 giugno 2015 (per i soggetti solari, periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014).
Successivamente, l’articolo 1, comma 1079 della legge 30 dicembre 2018, n. 145, ha disposto un piano di rientro delle quote di ammortamento relative al valore dell'avviamento e delle altre attività immateriali che hanno dato luogo all'iscrizione di attività per imposte anticipate di cui ai commi 55, 56-bis, 56-bis.1 e 56-ter dell'articolo 2 del decreto-legge 29 n. 225 del 2010, non ancora dedotte fino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2017, nei termini che seguono:
§ la quota deducibile nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019 è pari al 5 per cento;
§ la quota deducibile nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2020 è pari al 3 per cento;
§ la quota deducibile nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2021 è pari al 10 per cento;
§ la quota deducibile nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2022 e fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2027 è pari al 12 per cento;
§ la quota deducibile nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2028 e fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2029 è pari al 5 per cento.
L’articolo 1, comma 714, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, ha disposto il differimento della quota del 5 per cento deducibile per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019, in quote costanti, al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025 ed ai successivi quattro periodi d’imposta.
Pertanto, in base al vigente piano di rientro, la quota deducibile nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025 e fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2027 è pari al 13 per cento e quella deducibile nei periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2028 ed al 31 dicembre 2029 è pari al 6 per cento.
In base alle modifiche proposte, il nuovo piano di rientro prevede le seguenti percentuali di recupero per ciascun periodo d'imposta residuo:
§ la quota deducibile nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024 è pari al 12 per cento;
§ la quota deducibile nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025 è pari a zero;
§ la quota deducibile nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2026 è pari al 3,25 per cento;
§ la quota deducibile nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2027 è pari al 20,58 per cento;
§ la quota deducibile nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2028 è pari al 13,58 per cento;
§ la quota deducibile nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2029 è pari al 13,58 per cento.
Il comma 4 prevede analogo differimento del piano di rientro, di cui all’articolo 1, commi 1067 e 1068, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, delle quote deducibili riferibili ai componenti negativi emersi in sede di prima adozione dell’IFRS 9, applicabile agli intermediari finanziari.
Più precisamente, si prevede che la quota del 10 per cento deducibile, ai fini IRES ed IRAP, nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025 sia differita, in quote costanti, al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2026 ed ai successivi tre periodi d’imposta (2,5 per cento per periodo d’imposta). Si prevede altresì che la quota del 10 per cento deducibile, ai fini IRES ed IRAP, nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2026 sia differita, in quote costanti, al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2027 ed ai successivi due periodi d’imposta (3,33 per cento per periodo d’imposta).
Il trattamento fiscale riservato ai crediti verso la clientela, ai fini IRES (articolo 106, comma 3, del TUIR) ed IRAP (articolo 6 del Decreto IRAP), trova applicazione anche alla riduzione di valore iscritta in bilancio a copertura delle perdite attese su crediti verso la clientela di cui al paragrafo 5.5 dell'IFRS 9 rilevata dagli intermediari finanziari secondo il modello Expected Credit Losses – "ECL model" (articolo 7 del decreto ministeriale del 10 gennaio 2018).
In base al nuovo principio IFRS 9 "Strumenti finanziari" (che sostituisce, a decorrere dal 1° gennaio 2018, il previgente principio IAS 39), con riferimento all'impairment (svalutazione o perdita di valore), per gli strumenti valutati al costo ammortizzato e al fair value (valore equo o valore di mercato) con contropartita il patrimonio netto (diversi dagli strumenti di capitale), viene introdotto un modello basato sul concetto di "expected loss" (perdita attesa), in luogo del previgente "incurred loss" (perdita subita), in modo da riconoscere con maggiore tempestività le perdite. La perdita attesa è, perciò, rilevata a conto economico in contropartita di un fondo a copertura perdite che va aggiornato alla data di riferimento di ciascun bilancio.
Nello specifico, a ciascuna data di riferimento del bilancio l'intermediario deve valutare il fondo a copertura perdite relativo allo strumento finanziario a un importo pari alle perdite attese lungo tutta la vita del credito, se il rischio di credito dello strumento finanziario è significativamente aumentato dopo la rilevazione iniziale.
Per quanto concerne la prima applicazione dell'IFRS 9, la legge 30 dicembre 2018, n. 145 (articolo 1, comma 1067), ha stabilito che, ai fini IRES ed IRAP, i componenti reddituali derivanti esclusivamente dall'adozione dell'ECL model (riferibili ai crediti verso la clientela) iscritti in sede di transizione all'IFRS 9 dagli intermediari finanziari sono deducibili per il 10 per cento del loro ammontare nel periodo di imposta 2018 e la restante parte, in quote costanti, nei successivi nove periodi di imposta (la quota del 2019 è stata rinviata al periodo d'imposta 2028, ai sensi dell'articolo 1, commi 713-715, della legge 27 dicembre 2019, n. 160).
Il comma 5 prevede che, nella determinazione della base imponibile IRES per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025, le perdite fiscali pregresse (articolo 84 del TUIR) e le eccedenze di ACE formatesi fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2023 (articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 201 del 2011) possano essere scomputate nei limiti del 65 per cento del maggior reddito imponibile determinato, per il medesimo periodo d’imposta, quale conseguenza dei differimenti di cui ai precedenti commi da 1 a 4.
Come chiarito nell’ambito della relazione illustrativa, resta ferma l’applicazione delle regole ordinarie all’utilizzo delle perdite e delle eccedenze ACE sulla parte residua del reddito imponibile.
A tale riguardo, si ricorda che, ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 30 dicembre 2023, n. 216, la deduzione ACE è stata abrogata con decorrenza dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023. Le eventuali eccedenze formatesi fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2023 possono essere utilizzate, fino ad esaurimento, a scomputo del reddito imponibile dei successivi periodi d’imposta.
Ai sensi della vigente formulazione dell’articolo 84, comma 1, del TUIR, la perdita fiscale formatasi in un periodo d’imposta può essere computata in diminuzione dal reddito imponibile dei periodi d'imposta successivi, in misura non superiore all'ottanta per cento del reddito imponibile di ciascuno di essi e per l'intero importo che trova capienza in tale ammontare.
Per espressa previsione normativa, tale disposizione trova applicazione anche nella determinazione del reddito imponibile dei soggetti che partecipano alla tassazione di gruppo (consolidato nazionale e mondiale di cui agli articoli 117 e seguenti del TUIR). Inoltre, si prevede che anche la società consolidante, nella determinazione del reddito complessivo globale, debba computare in diminuzione le perdite pregresse del consolidato nella misura del 65 per cento del maggior reddito imponibile che si considera prioritariamente formato dal maggior reddito imponibile determinato come somma dei maggiori redditi imponibili delle singole società.
A tale riguardo, la relazione illustrativa chiarisce che la ratio del comma 5 è quella di evitare che l’eventuale maggior reddito imponibile derivante dall’applicazione dei suddetti commi da 1 a 4, in linea di principio, potrebbe essere oggetto di compensazione con le perdite pregresse, ai sensi dell’articolo 84 del Testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, fino all’80 per cento del relativo ammontare e, per la parte residua, con le eccedenze relative all’aiuto alla crescita economica di cui all’articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito con modificazioni dalla legge n. 214 del 2011, ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo n. 216 del 2023.
Il comma 6 definisce i criteri da seguire nella determinazione degli acconti, IRES ed IRAP, secondo il cd. “metodo storico” in conseguenza delle disposizioni previste dai commi precedenti, nei seguenti termini:
§ per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025, si assume l’imposta che si sarebbe determinata senza tener conto dei piani di rientro sopra indicati (rettifiche di valore su crediti pregresse, ammortamento avviamento, componenti negativi emersi in sede di applicazione dell'IFRS 9);
§ per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2026, si assume l’imposta che si sarebbe determinata senza tener conto dei piani di rientro sopra indicati (rettifiche di valore su crediti pregresse, ammortamento avviamento, componenti negativi emersi in sede di applicazione dell'IFRS 9), né delle quote differite ai sensi dei commi da 1 e 4;
§ per il periodo d’imposta 2027 ed i successivi due periodi d’imposta, non si tiene conto delle quote differite ai sensi dei commi da 1 a 4.
Il successivo comma 7 stabilisce che sull’importo corrispondente ai maggiori acconti dovuti per effetto delle disposizioni dell’articolo in commento, per i periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2025 e per quello successivo, non si debba applicare, in sede di versamento, né la compensazione “orizzontale” ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, né quella “verticale” di cui articolo 4, comma 3, del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 aprile 1989, n. 154.
L’istituto della compensazione fiscale consiste nella possibilità di utilizzare i crediti risultanti dalle dichiarazioni fiscali a scomputo dei debiti tributari in scadenza, distinguendosi in due tipologie:
1) compensazione cd. “orizzontale” (o “esterna”), per la compensazione di imposte di natura diversa (es. credito IVA con un debito IRES);
2) compensazione cd. “verticale” (o “interna”), per la compensazione attuata all’interno della medesima tipologia di imposta (es. credito IRES con debito IRES).
La compensazione cd. “orizzontale” è effettuata esclusivamente mediante modello F24, ai sensi dell’articolo 17 (rubricato “Versamento unitario e compensazione”) del decreto legislativo n. 241 del 1997.
Nello specifico, il citato articolo 17 stabilisce che i contribuenti eseguano versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all’INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate. La compensazione, sempre secondo il citato articolo 17, deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva. La compensazione del credito annuale o relativo a periodi inferiori all'anno dell'imposta sul valore aggiunto, dei crediti relativi alle imposte sui redditi e alle relative addizionali, alle imposte sostitutive delle imposte sui redditi e all'imposta regionale sulle attività produttive, per importi superiori a 5.000 euro annui, può essere effettuata a partire dal decimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell'istanza da cui il credito emerge.
Si rendono, inoltre, applicabili anche i seguenti limiti e divieti alla compensazione dei crediti d'imposta e dei contributi:
1) limite annuale all'utilizzo in compensazione dei crediti di imposta e dei contributi compensabili ovvero rimborsabili ai soggetti intestatari di conto fiscale pari, a decorrere dal 1° gennaio 2022, a 2 milioni di euro (articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, come da ultimo stabilito dall’articolo 1, comma 72 della legge 30 dicembre 2021, n. 234);
2) divieto di compensazione dei crediti relativi alle imposte erariali, fino a concorrenza dell'importo dei debiti, di ammontare superiore a 1.500 euro, iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori, e per i quali è scaduto il termine di pagamento (di cui all’articolo 31, comma 1del decreto-legge n. 78 del 2010).
L’articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 prevede che i crediti d'imposta da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi, in quanto derivanti a agevolazioni concesse alle imprese, possano essere utilizzati nel limite annuale di 250 mila euro (non rendendosi applicabile il limite annuale di cui sopra) e che l'ammontare eccedente debba essere riportato in avanti anche oltre il limite temporale eventualmente previsto dalle singole leggi istitutive e sia comunque compensabile per l'intero importo residuo a partire dal terzo anno successivo a quello in cui si genera l'eccedenza.
Inoltre, si fa presente che, ai sensi dell’articolo 1, comma 94, della legge d30 dicembre 2023, n. 213 (legge di bilancio 2024), sono stati introdotti nuovi limiti alle compensazioni di crediti nel modello F24, ai sensi del citato articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, ovverosia:
§ il divieto di compensazione in presenza di carichi di ruolo o accertamenti esecutivi scaduti, di importo complessivo superiore a 100.000 euro (con decorrenza dal 1° luglio 2024);
§ l’estensione dell’obbligo di utilizzare i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate per presentare i modelli F24 contenenti compensazioni;
§ l’introduzione di un termine iniziale per la compensazione dei crediti INPS e INAIL.
La compensazione cd. “verticale” è effettuata ai sensi dell’articolo 4, comma 3, del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 aprile 1989, n. 154.
Più precisamente, tale norma stabilisce che le eccedenze di imposta risultanti da ciascuna dichiarazione fiscale possono essere computate in diminuzione, distintamente per ciascuna imposta, anche dall’ammontare della prima rata dell’acconto dovuto per il periodo d’imposta successivo e, per il residuo, da quello della seconda rata (es., l’eccedenza a credito IRES risultante dalla relativa dichiarazione è utilizzabile a scomputo degli acconti dovuti per il successivo periodo d’imposta).
Articolo 4
(Misure in materia di imposta sui servizi digitali e cripto attività)
L’articolo 4 reca disposizioni in materia di imposte digitali e cripto attività.
Il comma 1 estende la platea dei soggetti passivi dell’imposta sui servizi digitali (Digital Service Tax) mediante l’eliminazione delle soglie attualmente previste. Il comma 2 modifica l’aliquota dell’imposta sostitutiva sulle plusvalenze e sugli altri proventi derivanti dalle operazioni in cripto attività, innalzandola al 42 per cento.
Come risulta dal prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del disegno di legge di bilancio, all’articolo 4 sono ascrivibili maggiori entrate tributarie complessive pari a: 16,7 milioni di euro per l’anno 2025; 68,3 milioni di euro per l’anno 2026; 68,3 milioni di euro per l’anno 2027.
Il comma 1 provvede a sostituire il comma 36 dell’articolo 1 della legge, 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019) con il nuovo comma 36, il quale ridefinisce l’ambito soggettivo di applicazione della disciplina dell’imposta sui servizi digitali (Digital Service Tax).
Nello specifico, la presente disposizione ricomprende nel novero dei soggetti passivi dell’imposta sui servizi digitali tutti gli esercenti attività d’impresa che realizzano, nel territorio dello Stato, ricavi derivanti dai seguenti servizi digitali (contemplati dall’articolo 1, comma 37, della legge di bilancio 2019):
§ veicolazione su un’interfaccia digitale di pubblicità mirata agli utenti della medesima interfaccia;
§ messa a disposizione di un’interfaccia digitale multilaterale che consente agli utenti di essere in contatto e di interagire tra loro, anche al fine di facilitare la fornitura diretta di beni o servizi;
§ trasmissione di dati raccolti da utenti e generati dall’utilizzo di un’interfaccia digitale.
Si evidenzia che, rispetto alla disciplina vigente, viene superato l’attuale presupposto impositivo rappresentato dalla cumulativa realizzazione, nel corso dell’anno solare precedente a quello in cui sorge il relativo presupposto d’imposta, di un ammontare di ricavi globali di qualunque natura non inferiore a 750 milioni di euro e di ricavi derivanti dai sopra citati servizi digitali, conseguiti in Italia, non inferiore a 5,5 milioni di euro.
Alla luce della presente modifica, il presupposto impositivo è costituito dalla percezione di ricavi derivanti dai servizi digitali di cui al sopra richiamato comma 37, non risultando, peraltro, più necessario il superamento delle soglie suddette.
La c.d. Web Tax, introdotta dalla legge, 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio 2018) consisteva nell’imposta sulle transazioni digitali.
Siffatta imposta è stata successivamente abrogata dall’articolo 1, commi 35-50, della legge, 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019) e, conseguentemente, sostituita dalla nuova Digital Service Tax “imposta sui servizi digitali”.
Tale ultima imposta ha subìto modifiche per effetto dell’articolo 1, comma 678, della legge, 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio 2020), il quale, peraltro, inserendo il nuovo comma 49-bis nell’articolo 1 della legge di bilancio 2019, ne ha disposto l’abrogazione con decorrenza dal momento in cui sarebbero entrate in vigore le disposizioni derivanti da accordi internazionali in materia di tassazione dell’economia digitale.
Pertanto, nelle more dell’entrata in vigore di tali accordi, sono state apportate alla Digital Service Tax le predette modifiche con effetto a partire dal 1° gennaio 2020.
Tutto ciò premesso, l’imposta sui servizi digitali (Digital Service Tax) si applica nella misura del 3 per cento sui ricavi derivanti dalla fornitura dei seguenti servizi digitali:
§ veicolazione su un’interfaccia digitale di pubblicità mirata agli utenti della medesima interfaccia;
§ messa a disposizione di un’interfaccia digitale multilaterale che consente agli utenti di essere in contatto e di interagire tra loro, anche al fine di facilitare la fornitura diretta di beni o servizi;
§ trasmissione di dati raccolti da utenti e generati dall’utilizzo di un’interfaccia digitale.
La tassazione ha ad oggetto, pertanto, la pubblicità digitale su siti e social network, l’accesso alle piattaforme digitali, i corrispettivi percepiti dai gestori di tali piattaforme, e anche la trasmissione di dati “presi” dagli utenti.
Affinché un ricavo sia considerato imponibile è necessario che l’utente del servizio digitale sia localizzato nel territorio nello Stato. Per i servizi di pubblicità online, l’utente si considera localizzato nel territorio dello Stato se la pubblicità appare sul proprio dispositivo nel momento in cui è utilizzato nel territorio dello Stato. La localizzazione nel territorio italiano del dispositivo è determinata sulla base dell’indirizzo IP dello stesso.
Per quanto concerne l’ambito soggettivo di applicazione, ai sensi del vigente articolo 1, comma 36, della legge di bilancio 2019, sono considerati soggetti passivi di imposta gli esercenti attività d’impresa, residenti e non residenti, che, singolarmente o a livello di gruppo, nel corso dell’anno solare precedente a quello in cui sorge il presupposto impositivo realizzano congiuntamente:
§ un ammontare complessivo di ricavi, ovunque realizzati, non inferiore a 750 milioni di euro;
§ un ammontare di ricavi derivanti dai servizi digitali sopra citati non inferiore a 5,5 milioni di euro nel territorio dello Stato.
§ Infine, con riguardo all’ambito oggettivo di applicazione dell’imposta in esame, tra i servizi digitali esclusi ai sensi dell’articolo 1, comma 37-bis, della legge di bilancio 2019 si annoverano:
§ la fornitura diretta di beni e servizi, nell'ambito di un servizio di intermediazione digitale;
§ la fornitura di beni o servizi ordinati attraverso il sito web del fornitore di quei beni e servizi, quando il fornitore non svolge funzioni di intermediario;
§ la messa a disposizione di un’interfaccia digitale il cui scopo esclusivo o principale, in termini di ricavi realizzati, è quello della fornitura agli utenti dell’interfaccia, da parte del soggetto che gestisce l’interfaccia stessa, di contenuti digitali, servizi di comunicazione o servizi di pagamento;
§ la messa a disposizione di un’interfaccia digitale utilizzata per gestire i sistemi dei regolamenti interbancari; le piattaforme di negoziazione o i sistemi di negoziazione degli internalizzatori sistematici; le attività di consultazione di investimenti partecipativi e, qualora facilitino la concessione di prestiti, i servizi di intermediazione nel finanziamento partecipativo; le sedi di negoziazione all’ingrosso; le controparti centrali; i depositari centrali; gli altri sistemi di collegamento la cui attività è soggetta ad autorizzazione e l’esecuzione delle prestazioni dei servizi soggetta alla sorveglianza di un’autorità di regolamentazione al fine di assicurare la sicurezza, la qualità e la trasparenza delle transazioni riguardanti strumenti finanziari, prodotti di risparmio o altre attività finanziarie; la cessione di dati da parte dei soggetti che forniscono la messa a disposizione di un’interfaccia digitale; nonché, lo svolgimento delle attività di organizzazione e gestione di piattaforme telematiche per lo scambio dell'energia elettrica, del gas, dei certificati ambientali e dei carburanti, nonché la trasmissione dei relativi dati ivi raccolti e ogni altra attività connessa.
Il comma 2 aumenta al 42 per cento l’aliquota dell’imposta sostitutiva, prevista dall’articolo 5 del decreto legislativo, 21 novembre 1997, n. 461, attualmente pari al 26 per cento, sulle plusvalenze e gli altri proventi derivanti dalle operazioni in cripto attività di cui all’articolo 67, comma 1, lettera c-sexies), del decreto del Presidente della Repubblica, 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR).
Si rammenta che l’aliquota dell’imposta sostitutiva sui redditi diversi di cui al sopra citato articolo 5, originariamente stabilita nella misura del 12,5 per cento, è stata aumentata al 26 per cento dall’articolo 3 del decreto legge, 24 aprile 2014, n. 66.
La nuova aliquota si applica sulle plusvalenze e gli altri proventi derivanti dalle operazioni in cripto attività realizzati a decorrere dall’entrata in vigore della presente disposizione.
Articolo 5
(Rideterminazione del valore di terreni e partecipazioni)
L’articolo 5 introduce a regime la possibilità di avvalersi della rideterminazione del costo di acquisto delle partecipazioni, negoziate e non negoziate, e dei terreni edificabili e con destinazione agricola.
In particolare, possono formare oggetto di rivalutazione le partecipazioni (negoziate e non) possedute dal 1° gennaio di ciascun anno, a condizione che, entro il termine del 30 novembre del medesimo anno, si proceda al versamento di apposita imposta sostitutiva. Analogamente, entro il 30 novembre di ciascun anno, i contribuenti possano optare, mediante pagamento di un’imposta sostitutiva per la rivalutazione dei terreni edificabili e con destinazione agricola posseduti alla data del 1° gennaio dello stesso anno.
Come risulta dalla relazione tecnica, all’articolo 5 sono ascrivibili maggiori entrate tributarie pari a 683,9 milioni di euro per l’anno 2025, 747,8 milioni di euro per l’anno 2026 e 811,7 milioni di euro per l’anno 2027 (655,7 milioni di euro per l’anno 2028, 499,8 milioni di euro per l’anno 2029, 343,9 milioni di euro per l’anno 2030, 187,9 milioni di euro per l’anno 2031 e 32,0 milioni di euro per l’anno 2032).
Al medesimo articolo 5 sono altresì ascrivibili minori entrate tributarie pari a 124,0 milioni di euro per l’anno 2033 e 279,9 milioni di euro dall’anno 2034.
Si ricorda al riguardo che la legge di bilancio 2023 (articolo 1, commi 107-109 della legge n. 197 del 2022) ha consentito di assumere, ai fini del computo di plusvalenze e minusvalenze finanziarie, anche riferite a titoli o partecipazioni negoziate in mercati regolamentari, il valore normale di tali titoli al 31 dicembre 2023, in luogo del loro costo o valore di acquisto (comma 107), dietro il versamento di un’imposta sostitutiva con aliquota al 16 per cento.
Le predette disposizioni hanno inoltre esteso alla rideterminazione dei valori di acquisto delle partecipazioni negoziate e non negoziate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione e dei terreni edificabili e con destinazione agricola - posseduti alla data del 1° gennaio 2023 - le disposizioni in materia di rivalutazione, già previste in passato e più volte prorogate nel tempo, stabilendo anche per tali operazioni un’imposta sostitutiva con aliquota al 16 per cento.
Entrambe le fattispecie di rivalutazione hanno formato oggetto di ulteriore proroga nell’ambito della legge di bilancio 2024 (articolo 1, commi 52 e 53, della legge n. 213 del 2023.
Le disposizioni in esame introducono a regime la possibilità di avvalersi della rideterminazione del costo di acquisto delle partecipazioni, negoziate e non negoziate, e dei terreni edificabili e con destinazione agricola.
Per tale motivo, al comma 1 si propone la novella del contenuto dell’articolo 5 (Rideterminazione dei valori di acquisto di partecipazioni) e dell’articolo 7 (Rideterminazione dei valori di acquisto dei terreni edificabili e con destinazione agricola) della legge 28 dicembre 2001, n. 448.
In tal senso, la stessa relazione illustrativa chiarisce che il comma 1, novellando gli articoli 5 e 7 della legge n. 448 del 2001, introduce a regime la possibilità di rideterminare il costo d’acquisto delle partecipazioni, negoziate e non negoziate, e dei terreni. Con particolare riguardo alla facoltà di rideterminare il valore di terreni e partecipazioni, previo il pagamento di un’imposta sostitutiva, tale disposizione è stata peraltro riproposta numerose volte nel corso del tempo, da ultimo dall’articolo 1, commi 52 e 53, della legge n. 213 del 2023.
Nello specifico, il comma 1 alla lettera a), novella l’articolo 5 della legge n. 448 del 2001 relativamente alla disciplina applicabile alla rideterminazione del costo di acquisto delle partecipazioni, aggiornando, tra l’altro, i riferimenti normativi al Testo unico delle Imposte sui Redditi “TUIR” che nella versione vigente risultano obsoleti.
In particolare, al punto n. 1) si novella il comma 1 del citato articolo 5, richiamando l’articolo 67, comma 1, lettere c) e c-bis) del TUIR (articolo 81, comma 1, lettere c) e c-bis), secondo l’attuale formulazione) con riguardo agli effetti che la rideterminazione del valore produce nel calcolo delle plusvalenze e delle minusvalenze di natura finanziaria relative a tali partecipazioni.
L’articolo 67, comma 1, lettere c) e c-bis), TUIR (d. P. R. n. 917 del 1986) definisce, rispettivamente, le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate nonché la cessione di diritti o titoli attraverso cui possono essere acquisite le predette partecipazioni (lettera c)) e le plusvalenze, diverse da quelle imponibili ai sensi della lettera c) (lettera c-bis). In particolare la lettera c) precisa che sono partecipazioni qualificate quelle che rappresentano, complessivamente, una percentuale di diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria superiore al 2 o al 20 per cento ovvero una partecipazione al capitale od al patrimonio superiore al 5 o al 25 per cento, secondo che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni.
La medesima disposizione indica le modalità secondo le quali è accertata la sussistenza di queste condizioni e definisce le plusvalenze assimilabili a quelle appena descritte. Anche la lettera c-bis) dopo aver individuato l’ambito applicativo, precisando che oggetto della disposizione sono le plusvalenze, diverse da quelle di cui alla lettera c) realizzate mediante cessione a titolo oneroso di azioni e di ogni altra partecipazione al capitale o al patrimonio di società nonché di diritti o titoli attraverso cui possono essere acquisite le predette partecipazioni, definisce le plusvalenze assimilabili.
In linea generale, possono formare oggetto di rivalutazione le partecipazioni possedute dal 1° gennaio di ciascun anno, a condizione che, entro il termine del 30 novembre del medesimo anno, si proceda al versamento di apposita imposta sostitutiva.
Il nuovo comma 1 dell’articolo 5 ripropone le modalità di determinazione del valore normale al 1° gennaio dell’anno di rivalutazione, da assumere in luogo al costo di acquisto delle partecipazioni.
a) titoli, quote o diritti non negoziati in mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione: il valore normale è pari alla frazione del patrimonio netto della società, associazione o ente, determinato sulla base di una perizia giurata di stima redatta da specifiche categorie di soggetti (iscritti nell’albo dei dottori commercialisti e/o nel registro dei revisori legali), cui si applica l’articolo 64 del codice di procedura civile;
b) titoli, quote o diritti negoziati in mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione: il valore normale alla data del 1° gennaio è determinato ai sensi dell’articolo 9, comma 4, lettera a), del TUIR, con riferimento al mese di dicembre dell’anno precedente.
Secondo quanto stabilito dall’articolo 9, comma 4, lettera a), del TUIR (d. P. R. n. 917 del 1986) il valore normale è determinato per le azioni, obbligazioni e altri titoli negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri, in base alla media aritmetica dei prezzi rilevati nell’ultimo mese.
Conseguentemente, con il punto n. 2) si dispone l’abrogazione del comma 1-bis dell’articolo 5, concernente le modalità di determinazione del valore normale delle partecipazioni negoziate in mercati regolamentari ed introdotto dalla legge di bilancio 2023.
Il punto n. 3), sostituisce il comma 2 dell’articolo 5, prevedendo che l’aliquota dell’imposta sostitutiva per la rivalutazione delle partecipazioni debba essere pari al 16 per cento e versata, secondo le modalità previste dal Capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, entro il 30 novembre di ciascun anno.
Secondo la vigente formulazione dell’articolo 5, comma 2, invece, l'imposta sostitutiva di cui al comma 1 è pari al 4 per cento per le partecipazioni che risultano qualificate, ai sensi dell'articolo 81 [rectius articolo 67], comma 1, lettera c), del citato testo unico delle imposte sui redditi, alla data del 1° gennaio 2002, e al 2 per cento per quelle che, alla predetta data, non risultano qualificate ai sensi del medesimo articolo 81 [rectius articolo 67], comma 1, lettera c-bis), ed è versata, con le modalità previste dal Capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, entro il 16 dicembre 2002.
Il successivo punto n. 4), sostituisce il comma 3 dell’articolo 5, prevedendo la possibilità di rateizzare il versamento dell’imposta sostitutiva fino ad un massimo di tre rate annuali, di pari importo, dovute a partire dalla predetta data del 30 novembre. Pertanto, la nuova formulazione della norma de qua, non prevede il pagamento di interessi sulle rate successive alla prima.
Secondo la vigente formulazione dell’articolo 5, comma 3, l'imposta sostitutiva può essere rateizzata fino ad un massimo di tre rate annuali di pari importo, a partire dalla predetta data del 16 dicembre 2002. Sull'importo delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi nella misura del 3 per cento annuo, da versarsi contestualmente a ciascuna rata.
Il punto n. 5), nel modificare l’ultimo periodo del comma 4 dell’articolo 5, stabilisce che, in ogni caso, la redazione e il giuramento della perizia giurata debbano essere effettuati entro il 30 novembre di ciascun anno.
Secondo la vigente formulazione dell’articolo 5, comma 4, il valore periziato è riferito all'intero patrimonio sociale; la perizia, unitamente ai dati identificativi dell'estensore della perizia e al codice fiscale della società periziata, nonché alle ricevute di versamento dell'imposta sostitutiva, sono conservati dal contribuente ed esibiti o trasmessi a richiesta dell'Amministrazione finanziaria. In ogni caso la redazione ed il giuramento della perizia devono essere effettuati entro il termine del 16 dicembre 2002.
Sempre al fine di rendere la disciplina relativa alla rivalutazione applicabile “a regime”, il punto n. 6) modifica il comma 5 dell’articolo facendo riferimento alla data del 1° gennaio di ogni anno (anziché al 1° gennaio 2022, come prevede il testo vigente).
In particolare il comma 5 dispone che se la relazione giurata di stima è predisposta per conto della stessa società o dell’ente nel quale la partecipazione è posseduta, la relativa spesa è deducibile dal reddito d’impresa in quote costanti nell’esercizio in cui è stata sostenuta e nei quattro successivi. Se la relazione giurata di stima è predisposta per conto di tutti o di alcuni dei possessori dei titoli, quote o diritti alla data del 1° gennaio di ogni anno [1° gennaio 2022, nella vigente versione], la relativa spesa è portata in aumento del valore di acquisto della partecipazione in proporzione al costo effettivamente sostenuto da ciascuno dei possessori.
Al fine di aggiornare i riferimenti normativi al Testo unico delle Imposte sui Redditi “TUIR”, il punto n. 7), aggiorna i riferimenti normativi al testo unico delle imposte sui redditi post riforma del 2004 (mentre i riferimenti normativi presenti nel testo vigente – precedente al 2004 – facevano rinvio ai testi dei corrispondenti articoli del testo precedente alla riforma).
L’assunzione del valore così definito, quale valore di acquisto, non consente il realizzo di minusvalenze utilizzabili ai sensi del comma 5 dell’articolo 68 del TUIR [commi 3 e 5 dell’articolo 82, nella vigente versione].
In generale, l’articolo 68, comma 5, del TUIR, dispone che le plusvalenze derivanti dalla cessione, a titolo oneroso, di partecipazioni qualificate, di azioni e di ogni altra partecipazione al capitale o al patrimonio di società debbano essere sommate algebricamente alle relative minusvalenze. Laddove l’ammontare complessivo delle minusvalenze sia superiore a quello delle plusvalenze, l’eccedenza può essere portata in deduzione, fino a concorrenza, delle medesime plusvalenze relative ai successivi quattro periodi d’imposta, a condizione che tale eccedenza di minusvalenze sia indicata in dichiarazione.
Per espressa previsione dell’articolo 5, comma 6, della legge n. 448 del 2001, in caso di rivalutazione delle partecipazioni non è possibile applicare tale disposizione circa l’utilizzo in compensazione delle minusvalenze.
Il successivo punto n. 8) sempre al fine di rendere permanente la normativa in questione sopprime al comma 7 dell’articolo 5 il riferimento temporale alla data del 1° gennaio 2002.
Il comma 7, nel testo vigente stabilisce che per i titoli, le quote o i diritti non negoziati nei mercati regolamentati, posseduti alla data del 1°gennaio 2002, per i quali il contribuente si è avvalso della facoltà di rideterminazione dei valori di acquisto di partecipazioni gli intermediari abilitati all’applicazione dell’imposta sostitutiva a norma degli articoli 6 e 7 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461 tengono conto del nuovo valore, in luogo di quello del costo o del valore di acquisto, soltanto se prima della realizzazione delle plusvalenze e delle minusvalenze ricevono copia della perizia, unitamente ai dati identificativi dell’estensore della perizia stessa e al codice fiscale della società periziata.
Il punto n. 9) introduce un comma aggiuntivo all’articolo 5 (comma 7-bis), ai sensi del quale si preclude la facoltà di procedere con la rivalutazione delle partecipazioni detenute da società o enti commerciali non residenti nel territorio dello Stato e privi di stabile organizzazione e che soddisfano i presupposti per fruire del regime della cd. “participation exemption – PEX” (articolo 68, comma 2-bis, del TUIR).
Ai sensi dell’articolo 2-bis le plusvalenze da cessione delle partecipazioni di cui all’articolo 67, comma 1, lettera c), per il 5 per cento del loro ammontare sono sommate algebricamente alla corrispondente quota delle relative minusvalenze. Laddove le minusvalenze siano superiori alle plusvalenze, l'eccedenza è riportata in deduzione, fino a concorrenza del 5 per cento dell'ammontare delle plusvalenze dei periodi successivi, ma non oltre il quarto, a condizione che sia indicata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta nel quale le minusvalenze sono state realizzate.
Per espressa previsione dell’ultimo periodo del comma de quo, tali disposizioni si applicano anche alle cessioni di partecipazioni qualificate aventi i requisiti di cui alle lettere a), b), c) e d) del comma 1 dell'articolo 87 (regime “PEX”), effettuate da società ed enti commerciali di cui all'articolo 73, comma 1, lettera d), privi di stabile organizzazione nel territorio dello Stato, residenti in uno Stato appartenente all'Unione europea o allo Spazio economico europeo che consente un adeguato scambio di informazioni e siano ivi soggetti a un'imposta sul reddito delle società.
I requisiti per beneficiare del regime di esenzione “PEX” sono i seguenti:
a) ininterrotto possesso dal primo giorno del dodicesimo mese precedente quello dell'avvenuta cessione;
b) classificazione nella categoria delle immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso;
c) residenza fiscale o localizzazione dell'impresa o ente partecipato in Stati o territori diversi da quelli a regime fiscale privilegiato;
d) esercizio da parte della società partecipata di un'impresa commerciale.
Il comma 1 alla lettera b), dell’articolo in commento, novella l’articolo 7 della legge n. 448 del 2001 relativamente alla disciplina applicabile alla rideterminazione del costo di acquisto dei terreni edificabili e con destinazione agricola, modificando, altresì, i riferimenti normativi al TUIR che nella versione vigente risultano obsoleti.
Nello specifico, il punto n. 1) sostituisce il comma 1 dell’articolo 7, al fine di disciplinare a regime la rivalutazione dei terreni. In tal senso, si prevede che, entro il 30 novembre di ciascun anno, i contribuenti possano optare, mediante pagamento di un’imposta sostitutiva, per la rivalutazione dei terreni edificabili e con destinazione agricola posseduti alla data del 1° gennaio dello stesso anno, ai fini della determinazione delle plusvalenze di cui all’articolo 67, comma 1, lettere a) e b) del TUIR.
Per effetto di tale opzione, nella determinazione delle plusvalenze, si considera il valore del terreno al 1° gennaio dell’anno di esercizio dell’opzione, in luogo al costo o il valore d’acquisto dello stesso. Il valore deve risultare da una perizia di stima giurata, cui si applica l’articolo 64 del codice di procedura civile, redatta da determinate categorie di soggetti (iscritti negli albi degli ingegneri, degli architetti, dei geometri, dei dottori agronomi, degli agrotecnici, dei periti agrari e dei periti industriali edili).
Ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettere a) e b), del TUIR, si considerano redditi diversi:
a) le plusvalenze realizzate mediante la lottizzazione di terreni, o l'esecuzione di opere intese a renderli edificabili, e la successiva vendita, anche parziale, dei terreni e degli edifici;
b) le plusvalenze realizzate mediante cessione, a titolo oneroso, di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l'acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari, nonché, in ogni caso, le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione.
Il punto n. 2) sostituisce il comma 2 dell’articolo 7, prevedendo che l’aliquota dell’imposta sostitutiva per la rivalutazione dei terreni debba essere pari al 16 per cento e versata, secondo le modalità previste dal Capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, entro il 30 novembre dell’anno di esercizio dell’opzione.
Secondo la vigente formulazione dell’articolo 7, comma 2, invece, l'imposta sostitutiva di cui al comma 1 è pari al 4 per cento del valore determinato a norma del comma 1 ed è versata, con le modalità previste dal capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, entro il 16 dicembre 2002.
Il successivo punto n. 3), sostituisce il primo periodo al comma 3 dell’articolo 7, prevedendo la possibilità di rateizzare il versamento dell’imposta sostitutiva fino ad un massimo di tre rate annuali, di pari importo, dovute a partire dalla predetta data del 30 novembre. Pertanto, la nuova formulazione della norma de qua, non prevede il pagamento di interessi sulle rate successive alla prima.
Secondo la vigente formulazione dell’articolo 7, comma 3, l'imposta sostitutiva può essere rateizzata fino ad un massimo di tre rate annuali di pari importo, a partire dalla predetta data del 16 dicembre 2002. Sull'importo delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi nella misura del 3 per cento annuo, da versarsi contestualmente a ciascuna rata.
Sempre al fine di rendere la disciplina relativa alla rivalutazione applicabile a regime, il punto n. 4) sostituisce all’ultimo periodo del comma 4 dell’articolo 7 il riferimento temporale ivi contenuto con quello più generale al termine del 30 novembre richiamato al comma 2, come riformulato dalla presente disposizione.
In particolare il comma 4 dispone che la perizia, unitamente ai dati identificativi dell'estensore della perizia e al codice fiscale del titolare del bene periziato, nonché alle ricevute di versamento dell'imposta sostitutiva, è conservata dal contribuente ed esibita o trasmessa a richiesta dell’Amministrazione finanziaria. In ogni caso la redazione ed il giuramento della perizia devono essere effettuati entro lo stesso termine del 30 novembre di cui al comma 2 [il termine del 16 dicembre 2002, nella vigente formulazione].
Allo stesso modo, il successivo punto n. 5) sopprime al comma 5 dell’articolo 7 il riferimento al fatto che il costo per la relazione giurata di stima possa essere portato in aumento del valore di acquisto del terreno edificabile e con destinazione agricola nella misura in cui non solo sia stato effettivamente sostenuto ma sia anche rimasto a carico del contribuente.
Pertanto, con il nuovo comma 5 dell’articolo 7 l’aumento del valore di acquisto del terreno edificabile e con destinazione agricola del costo per la relazione giurata di stima è ammesso sempre nella misura in cui è stato effettivamente sostenuto dal contribuente.
Articolo 6
(Estensione dell’obbligo utilizzo dell'e-DAS)
L’articolo 6 estende l’obbligo di utilizzo del documento e-DAS da parte degli esercenti depositi commerciali di prodotti energetici a tutti i trasferimenti nazionali.
Le maggiori entrate attese in conseguenza della presente disposizione sono stimati pari a complessivi 23,9 milioni di euro a regime.
In dettaglio l’articolo 6 modifica l’articolo 25, comma 8, del testo unico accise che prevede, in via generale, con finalità antifrode, che i prodotti energetici assoggettati ad accisa devono circolare con il documento di accompagnamento previsto dall'articolo 12 (e-DAS o documento analogo all’e-DAS).
Nella formulazione vigente il comma 8 prevede un’eccezione all’obbligo di circolazione con l’e-DAS, con riferimento ai prodotti energetici trasferiti in quantità non superiore a 1.000 chilogrammi a depositi non soggetti a denuncia ed ai gas di petrolio liquefatti per uso combustione trasferiti dagli esercenti la vendita al minuto.
L’articolo in commento sopprime il riferimento ai prodotti energetici trasferiti in quantità non superiore a 1.000 chilogrammi a depositi non soggetti a denuncia estendendo anche a tale ultima fattispecie l’utilizzo del documento di accompagnamento.
Viene per converso mantenuta l’esclusione dall’obbligo dell’e-DAS con riferimento ai gas di petrolio liquefatti per uso combustione trasferiti dagli esercenti la vendita al minuto.
Si ricorda che l’e-DAS, introdotto con l’articolo 11 del decreto-legge n.124 del 2019 è il documento di accompagnamento semplificato necessario per la circolazione dei prodotti energetici assoggettati ad accisa.
Si segnala che nel corso dell’Indagine conoscitiva sui fenomeni di evasione dell'IVA e delle accise nel settore della distribuzione dei carburanti, svolta presso la Commissione VI della Camera dei deputati, ed il cui documento conclusivo è stato approvato il 3 luglio 2024, una delle misure suggerite al fine di limitare le frodi in materia di accisa - in particolare dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli nel corso dell’audizione del 12 marzo 2024 - è stata quella di abrogare la deroga prevista dall’articolo 25, comma 8, del TUA, che prevede l’esclusione dall’obbligo di tracciamento per i prodotti energetici, in quantità non superiore a 1.000 kg, trasferiti a depositi non soggetti a denuncia, così come per i gas di petrolio liquefatti per uso combustione trasferiti a depositi non soggetti a denuncia dagli esercenti la vendita al minuto, in quantità non superiore a 1.000 kg.
Articolo 7
(Misure per la riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi)
L’articolo 7, al comma 1 modifica la disciplina della tassazione dei redditi di lavoro dipendente nei casi di concessione in uso promiscuo ai dipendenti di autoveicoli, motocicli e ciclomotori prevedendo che partecipa alla formazione del reddito un ammontare pari al 50 per cento dell’importo corrispondente ad una percorrenza convenzionale di 15.000 chilometri. Tale percentuale è ridotta al 10 per cento nei casi in cui i veicoli concessi ai dipendenti siano a trazione esclusivamente elettrica a batteria ovvero al 20 per cento per i veicoli elettrici ibridi plugin. Le nuove disposizioni si applicano ai contratti stipulati a decorrere dal 1° gennaio 2025. Il comma 2 novella la disciplina dell’IVA al fine di assoggettare all’aliquota IVA ordinaria del 22 per cento (anziché ridotta al 10 per cento) le prestazioni di smaltimento dei rifiuti qualora avvengano mediante conferimento in discarica o mediante incenerimento senza recupero efficiente di energia.
La relazione tecnica sull’articolo 7, comma 1, prevede, per quanto riguarda l’orizzonte temporale del disegno di legge di bilancio, un maggior gettito complessivo per Irpef, addizionale regionale e addizionale comunale pari a 25,2 milioni di euro nel 2025, 77,2 milioni nel 2026 e 119,9 milioni nel 2026. Per quanto riguarda le disposizioni di cui al comma 2, la relazione tecnica stima effetti finanziari positivi stimati in 148,1 milioni di euro su base annua a partire dal 2025.
Nel dettaglio, il comma 1 modifica l’articolo 51, comma 4, del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, sostituendone la lettera a).
Il menzionato articolo 51, comma 4, lettera a) del TUIR stabilisce che, ai fini della determinazione in denaro dei valori che costituiscono il reddito da lavoro dipendente, per le autovetture, gli autoveicoli per uso promiscuo e gli autocaravan indicati nell'articolo 54, comma 1, lettere a), c) e m), del codice della strada, di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992, i motocicli e i ciclomotori di nuova immatricolazione, con valori di emissione di anidride carbonica non superiori a grammi 60 per chilometro (g/km di CO2), concessi in uso promiscuo con contratti stipulati a decorrere dal 1° luglio 2020, si considera soltanto il 25 per cento dell'importo corrispondente ad una percorrenza convenzionale di 15.000 chilometri calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio convenzionale, con effetto dal periodo d'imposta successivo, al netto degli ammontari eventualmente trattenuti al dipendente. Tale percentuale è via via aumentata per veicoli con valori di emissione di anidride carbonica superiori a 60 g/km.
Per effetto del comma 1 dell’articolo in esame, invece, ai fini della determinazione del reddito da lavoro dipendente, per le autovetture, autoveicoli per trasporto promiscuo e autocaravan indicati nell’articolo 54, comma 1, lettere a), c) e m) del codice della strada, di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992, i motocicli e i ciclomotori di nuova immatricolazione, concessi in uso promiscuo con contratti stipulati a decorrere dal 1° gennaio 2025, si assume il 50 per cento dell’importo corrispondente ad una percorrenza convenzionale di 15.000 chilometri calcolato sulla base del costo chilometrico convenzionale, con effetto dal periodo d’imposta successivo, al netto degli ammontari eventualmente trattenuti al dipendente.
La predetta percentuale è ridotta al 10 per cento per i veicoli a batteria a trazione esclusivamente elettrica ovvero al 20 per cento per i veicoli elettrici ibridi plug-in.
Testo a fronte delle modifiche apportate dal comma 1 dell’articolo in esame
Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), di cui al D.P.R. n. 917 del 1986 |
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Testo vigente |
Modificazioni apportate dall’art. 7, comma 1, del DDL di bilancio 2025 |
Art. 51 |
Art. 51 |
Ai fini dell'applicazione del comma 3: a) per gli autoveicoli indicati nell'articolo 54, comma 1, lettere a), c) e m), del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, i motocicli e i ciclomotori di nuova immatricolazione, |
Ai fini dell'applicazione del comma 3: a) per gli autoveicoli indicati nell’articolo 54, comma 1, lettere a), c) e m) del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, i motocicli e i ciclomotori di nuova immatricolazione,
concessi in uso promiscuo con contratti stipulati a decorrere dal 1° gennaio 2025, si assume il 50 per cento dell’importo corrispondente ad una percorrenza convenzionale di 15.000 chilometri calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio desumibile dalle tabelle nazionali che l’Automobile club d’Italia deve elaborare entro il 30 novembre di ciascun anno e comunicare al Ministero dell’economia e delle finanze, che provvede alla pubblicazione entro il 31 dicembre, con effetto dal periodo d’imposta successivo, al netto degli ammontari eventualmente trattenuti al dipendente. La predetta percentuale è ridotta al 10 per cento per i veicoli a batteria a trazione esclusivamente elettrica ovvero al 20 per cento per i veicoli elettrici ibridi plug-in; |
(…) |
(…) |
Il comma 2 modifica l’elenco dei beni e servizi soggetti ad aliquota IVA ridotta al 10 per cento (anziché aliquota ordinaria del 22 per cento) di cui alla tabella A, parte III, del D.P.R. n. 633 del 1972 sostituendo il punto 127-sexiesdecies) in modo tale da escludere dall’applicazione dell’aliquota ridotta il conferimento in discarica e l’incenerimento senza recupero efficiente di energia di rifiuti urbani e di rifiuti speciali.
La novella, inoltre, aggiorna i riferimenti alle norme in materia ambientale contenuti nel suddetto punto n. 127-sexiesdecies), attesa l’abrogazione del decreto legislativo n. 22 del 1997, sostituito dal decreto legislativo n. 152 del 2006.
Entrambi i commi dell’articolo 7 specificano che la finalità delle disposizioni consiste nel raggiungimento degli obiettivi di transizione ecologica ed energetica, mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici previsti nell’ambito dei documenti programmatici.
Nella relazione illustrativa, il Governo specifica, inoltre, che l’innalzamento dell’aliquota IVA, dal 10 per cento al 22 per cento, per le attività di smaltimento in discarica e di incenerimento senza efficiente recupero di energia dei rifiuti, risponde alla finalità di eliminare un sussidio ambientale dannoso (SAD) in contrasto con il principio dell’economia circolare, in coerenza con il disposto delle direttive unionali in tema di economia circolare, a mente delle quali lo smaltimento in discarica dovrebbe costituire una opzione residuale.
Testo a fronte delle modifiche apportate dal comma 2 dell’articolo in esame
Testo vigente |
Modificazioni apportate dall’art. 7, comma 2, del DDL di bilancio 2025 |
Tabella A - Parte III |
Tabella A - Parte III |
127-sexiesdecies) prestazioni di gestione, stoccaggio, e deposito temporaneo,
del medesimo decreto, nonché prestazioni di gestione di impianti di fognatura e depurazione; |
127-sexiesdecies) prestazioni di gestione, stoccaggio e deposito temporaneo, escluso il conferimento in discarica e l’incenerimento senza recupero efficiente di energia, previste dall’ articolo 183, comma 1, lettere n), aa), bb), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, di rifiuti urbani, e di rifiuti speciali di cui all’articolo 184, commi 2 e 3, lettera g), del medesimo decreto, nonché prestazioni di gestione di impianti di fognatura e depurazione; |
(…) |
(…) |
L’articolo 8 introduce modifiche alla disciplina di alcune agevolazioni fiscali previste in materia di recupero edilizio, di efficientamento energetico, di interventi antisismici nonché per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici destinati ad arredare un immobile oggetto di interventi di recupero del patrimonio edilizio. Le norme rimodulano i termini di fruizione e le aliquote di detrazione, prevedendo altresì regimi più vantaggiosi per le unità immobiliari adibite ad abitazione principale.
Si interviene, infine, anche sulla disciplina del superbonus in merito ai requisiti richiesti per avvalersi della detrazione per le spese sostenute nell’anno 2025 e sulla possibilità di ripartire in dieci quote annuali le spese sostenute nel 2023.
La relazione tecnica, in merito agli effetti complessivi sulle entrate tributarie recati dagli interventi relativi al recupero edilizio, all’efficienza energetica, alle misure antisismiche e al superbonus, ascrive i seguenti effetti finanziari: 13,9 milioni nel 2025; 79,3 milioni nel 2026; -165,9 nel 2027 (-18,1 nel 2028; -47,0 nel 2029; -47 nel 2030; -8,9 nel 2031; -25,3 nel 2032; -25,3 nel 2033; -25,3 nel 2034; -49,4 nel 2035, 172,5 nel 2036; 9,7 nel 2037; -23,2 nel 2038; 0 nel 2039).
In merito all’andamento delle entrate tributarie conseguenti alla norma che prevede la proroga della detrazione per l'acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici, finalizzati all'arredo dell'immobile oggetto di ristrutturazione, la relazione tecnica ascrive i seguenti effetti finanziari: 14,4 milioni di euro nel 2025; -93,9 milioni di euro nel 2026; -79,1 milioni di euro nel 2027 (-68,2 nel 2028; -68,2 nel 2029; -68,2 nel 2030; -68,2 nel 2031; -68,2 nel 2032; -68,2 nel 2033; -68,2 nel 2034; -58 nel 2035; 51,2 nel 2036; 0 nel 2037).
Il comma 1 della disposizione, modificando l’articolo 16-bis, comma 1, del TUIR, anticipa i termini della riduzione dal 36 al 30 per cento dell’aliquota di detrazione delle spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici.
Si ricorda che l’articolo 9-bis, comma 8, del decreto legge 29 marzo 2024, n. 39, ha stabilito che per le spese agevolate per interventi di riqualificazione edilizia, ai sensi dell’articolo 16-bis del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, sostenute dal 1° gennaio 2028 al 31 dicembre 2033, escluse quelle per interventi di sostituzione del gruppo elettrogeno di emergenza esistente con generatori di emergenza a gas di ultima generazione, l’aliquota di detrazione dovesse essere ridotta dal 36 al 30 per cento.
La norma in esame anticipa ulteriormente l’entrata in vigore dell’aliquota al 30 per cento a far data dal 1° gennaio 2025.
L’articolo 16-bis del TUIR sopra menzionato stabilisce, al comma 1, che dall'imposta lorda si detrae un importo pari al 36 per cento delle spese documentate, fino ad un ammontare complessivo delle stesse non superiore a 48.000 euro per unità immobiliare, sostenute ed effettivamente rimaste a carico dei contribuenti che possiedono o detengono, sulla base di un titolo idoneo, l'immobile sul quale sono effettuati una serie di interventi edilizi. Il comma 3-bis precisa che la detrazione di cui al comma 1 spetta, nella misura del 50 per cento, anche per interventi di sostituzione del gruppo elettrogeno di emergenza esistente con generatori di emergenza a gas di ultima generazione.
Per una panoramica dettagliata degli interventi agevolati in materia edilizia si veda il dossier del Servizio studi della Camera dei deputati: Le agevolazioni fiscali per gli interventi edilizi.
Il comma 2 apporta delle modifiche al decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, in materia di agevolazioni fiscali, sia per alcuni interventi di risparmio energetico (ecobonus) sia per interventi di riqualificazione edilizia e antisismici (sismabonus).
In particolare, la lettera a) rimodula la percentuale di detrazione prevista per l’ecobonus (articolo 14 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63) ovvero del beneficio consistente in una detrazione dall’IRPEF o dall’IRES, da ripartire in 10 rate annuali di pari importo, la cui entità varia a seconda che l’intervento riguardi la singola unità immobiliare o gli edifici condominiali e dell’anno in cui lo stesso è stato effettuato (per la maggior parte degli interventi, fino al 31 dicembre 2024, la detrazione è pari al 65 per cento per altri spetta nella misura del 50 per cento).
La disposizione introduce all’articolo 14 un nuovo comma 3-quinquies che stabilisce che la detrazione spetta anche per le spese documentate, sostenute negli anni 2025, 2026 e 2027, nella misura fissa per tutte le tipologie di interventi agevolati pari al:
§ 36 per cento delle spese sostenute nell’anno 2025;
§ 30 per cento delle spese sostenute negli anni 2026 e 2027.
È prevista inoltre una maggiorazione delle suddette aliquote per le prime case. Si stabilisce, infatti, che la detrazione spettante per gli anni 2025, 2026 e 2027 è innalzata al 50 per cento delle spese per l’anno 2025 (rispetto al 36 per cento) e al 36 per cento delle spese per gli anni 2026 e 2027 (rispetto al 30 per cento), nel caso in cui le medesime spese siano sostenute dai titolari di diritto di proprietà o di diritto reale di godimento sull’unità immobiliare adibita ad abitazione principale.
La lettera b), numero 1), sostituisce interamente il comma 1 dell’articolo 16 del decreto legge 4 giugno 2013, n. 63, in materia di bonus per interventi di riqualificazione edilizia, il quale prevede, nel testo vigente, che, ferme restando le ulteriori disposizioni contenute nel sopra citato articolo 16-bis del testo unico delle imposte sui redditi, per le spese documentate, relative agli interventi indicati nel comma 1 del medesimo articolo 16-bis, spetta una detrazione dall’imposta lorda fino ad un ammontare complessivo delle stesse non superiore a 96.000 euro per unità immobiliare. La detrazione è pari al 50 per cento per le spese sostenute dal 26 giugno 2012 al 31 dicembre 2024.
La nuova formulazione prevede che, sempre ferme restando le ulteriori disposizioni contenute nell'articolo 16-bis del testo unico delle imposte sui redditi, per le spese documentate relative agli interventi indicati nel comma 1 del citato articolo 16-bis sostenute negli anni 2025, 2026 e 2027, spetta una detrazione dall'imposta lorda pari al 36 per cento delle spese sostenute nell’anno 2025 e al 30 per cento delle spese sostenute negli anni 2026 e 2027, fino a un ammontare complessivo delle stesse non superiore a 96.000 euro per unità immobiliare .
Analogamente a quanto disposto per l’ecobonus viene prevista inoltre una maggiorazione delle aliquote per le prime case. Si dispone, infatti, che fermo restando il predetto limite, la detrazione di cui al primo periodo spettante per gli anni 2025, 2026 e 2027 è innalzata al 50 per cento delle spese sostenute nell’anno 2025 e al 36 per cento delle spese sostenute negli anni 2026 e 2027 nel caso in cui le medesime spese siano sostenute dai titolari di diritto di proprietà o di diritto reale di godimento sull’unità immobiliare adibita ad abitazione principale.
La lettera b), numero 2), inserisce un nuovo comma 1-septies.1 sempre all’articolo 16, che interviene sulla disciplina del sismabonus in maniera analoga a quanto visto per le ristrutturazioni edilizie.
Si ricorda, sinteticamente, che la disciplina del sismabonus prevede una detrazione per interventi di adozione di misure antisismiche del 50 per cento, che va calcolata su un ammontare massimo di 96.000 euro per unità immobiliare (per ciascun anno) e che deve essere ripartita in cinque quote annuali di pari importo. La detrazione è più elevata (70 o 80 per cento) quando dalla realizzazione degli interventi si ottiene una riduzione del rischio sismico di 1 o 2 classi e quando i lavori sono stati realizzati sulle parti comuni di edifici condominiali (80 o 85 per cento). Inoltre, viene riconosciuto a che acquista un edificio demolito e ricostruito nei comuni in zone classificate a rischio sismico 1, una detrazione dalle imposte per una parte consistente del prezzo di acquisto (75 o 85 per cento, fino a un massimo di 96.000 euro).
La norma prevede, infatti, che la detrazione di cui ai commi da 1-bis a 1-septies del medesimo articolo 16 (sismabonus) spetta anche per le spese, documentate, sostenute negli anni 2025, 2026 e 2027 nella misura fissa per tutte le tipologie di interventi agevolati pari al 36 per cento delle spese sostenute nell’anno 2025 e al 30 per cento delle spese sostenute negli anni 2026 e 2027.
Anche in questo caso è prevista una maggiorazione delle aliquote per le prime case. La detrazione di cui al primo periodo spettante per gli anni 2025, 2026 e 2027 è innalzata al 50 per cento delle spese sostenute per l’anno 2025 e al 36 per cento delle spese sostenute per gli anni 2026 e 2027 nel caso in cui le medesime spese siano sostenute dai titolari di diritto di proprietà o di diritto reale di godimento sull’unità immobiliare adibita ad abitazione principale.
La lettera b), numero 3), apporta delle modifiche al comma 2 sempre dell’articolo 16 che riconosce ai contribuenti che già fruiscono della detrazione per gli interventi di ristrutturazione edilizia un’ulteriore detrazione dall'imposta lorda per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla classe A per i forni, alla classe E per le lavatrici, le lavasciugatrici e le lavastoviglie, alla classe F per i frigoriferi e i congelatori, per le apparecchiature per le quali sia prevista l'etichetta energetica, finalizzati all’arredo dell’immobile oggetto di ristrutturazione. Con la norma in esame si stabilisce che tale agevolazione si applica anche per le spese sostenute nel 2025 e con lo stesso limite di spesa detraibile di 5.000 euro previsto per il 2024.
Si ricorda che la detrazione in commento è da ripartire tra gli aventi diritto in dieci quote annuali di pari importo e spetta nella misura del 50 per cento delle spese sostenute ed è calcolata su un ammontare complessivo non superiore a 5.000 euro. La detrazione spetta a condizione che gli interventi di recupero del patrimonio edilizio siano iniziati a partire dal 1° gennaio dell'anno precedente a quello dell'acquisto. Qualora gli interventi di recupero del patrimonio edilizio siano effettuati nell'anno precedente a quello dell'acquisto, ovvero siano iniziati nell'anno precedente a quello dell'acquisto e proseguiti in detto anno, il limite di spesa di cui al secondo periodo è considerato al netto delle spese sostenute nell'anno precedente per le quali si è fruito della detrazione.
Il comma 3 modifica l’articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, in materia di superbonus.
Sinteticamente si ricorda che il richiamato articolo 119 ha introdotto una detrazione pari al 110 per cento delle spese relative a specifici interventi di efficienza energetica (anche attraverso interventi di demolizione e ricostruzione) e di misure antisismiche sugli edifici (anche per la realizzazione di sistemi di monitoraggio strutturale continuo a fini antisismici). La detrazione è ripartita dagli aventi diritto in quattro quote annuali di pari importo per la parte di spesa sostenuta dal 1° gennaio 2022. Successivamente il beneficio, ovvero l’aliquota di detrazione è stata stabilita nella misura del 90 per cento per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2023, nella misura ridotta al 70 per cento per le spese sostenute nel 2024 e in quella ulteriormente ridotta al 65 per cento per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2025.
Per una analisi dettagliata della misura di superbonus si rinvia alla lettura del dossier: Il superbonus edilizia al 110 per cento - aggiornamento al decreto legge n. 39 del 2024
La lettera a) introduce un nuovo comma 8-bis.2. all’articolo 119 che stabilisce che la detrazione del 65 per cento prevista dal comma 8-bis, primo periodo, per le spese sostenute nell’anno 2025 spetta esclusivamente per gli interventi già avviati ovvero per i quali, alla data del 15 ottobre 2024, risulti:
a) presentata la comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA) ai sensi del comma 13-ter, se gli interventi sono diversi da quelli effettuati dai condomini;
b) adottata la delibera assembleare che ha approvato l'esecuzione dei lavori e presentata la comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA) ai sensi del comma 13-ter, se gli interventi sono effettuati dai condomini;
c) presentata l'istanza per l'acquisizione del titolo abilitativo, se gli interventi comportano la demolizione e la ricostruzione degli edifici.
La lettera b) introduce un nuovo comma 8-sexies. sempre all’articolo 119 che riconosce la facoltà di ripartire in dieci quote annuali di pari importo la detrazione spettante per le spese sostenute dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023.
Nello specifico si prevede che per le spese sostenute dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023 relativamente agli interventi rientranti nella disciplina del superbonus, la detrazione può essere ripartita, su opzione del contribuente, in dieci quote annuali di pari importo a partire dal periodo d'imposta 2023. Sono, altresì, indicate le modalità e i termini di presentazione della dichiarazione di scelta dell’opzione in commento. Si stabilisce che l'opzione è irrevocabile ed è esercitata tramite una dichiarazione dei redditi integrativa di quella presentata per il periodo di imposta 2023 da presentarsi, in deroga a quanto previsto dall’articolo 2, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, entro il termine stabilito per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta 2024. Se dalla predetta dichiarazione integrativa emerge una maggiore imposta dovuta, quest’ultima è versata, senza applicazione di sanzioni e interessi, entro il termine per il versamento del saldo delle imposte sui redditi relative al periodo d’imposta 2024.
Si ricorda che il citato articolo 2, comma 8, prevede che, salva l’applicazione delle sanzioni e ferma restando l'applicazione dell'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, le dichiarazioni dei redditi, dell'imposta regionale sulle attività produttive e dei sostituti d'imposta possono essere integrate per correggere errori od omissioni, compresi quelli che abbiano determinato l'indicazione di un maggiore o di un minore imponibile o, comunque, di un maggiore o di un minore debito d’imposta ovvero di un maggiore o di un minore credito, mediante successiva dichiarazione da presentare, secondo le disposizioni di cui all'articolo 3, che disciplina le modalità di presentazione ed obblighi di conservazione delle dichiarazioni, utilizzando modelli conformi a quelli approvati per il periodo d'imposta cui si riferisce la dichiarazione, non oltre i termini stabiliti dall'articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.
La relazione, sul punto, rileva che la disposizione è analoga ad altra introdotta, con riferimento alle spese sostenute nell’anno 2022, con l’articolo 2, comma 3-sexies, del decreto-legge n. 11 del 2023, che, in deroga alla disciplina generale che prevedeva di ripartire la detrazione in quattro quote annuali di pari importo, aveva riconosciuto per tali spese la facoltà di optare per 10 quote annuali di pari importo. Peraltro, con riferimento alle spese sostenute a decorrere dall’anno 2024, l’articolo 4-bis, comma 4, del decreto-legge n. 39 del 2024, ha stabilito che in relazione agli interventi di cui all’articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020, la detrazione sia sempre ripartita in 10 quote annuali di pari importo.
L’articolo 9 introduce delle norme volte a favorire una totale interazione tra il processo di certificazione fiscale e quello di pagamento elettronico (anche attraverso l’applicazione di una conseguente disciplina sanzionatoria in caso di non corretto adempimento delle nuove disposizioni). L’articolo, inoltre, in materia di locazioni per finalità turistiche, di locazioni brevi, di attività turistico-ricettive, interviene sulla disciplina del codice identificativo nazionale (CIN), e prevede la condivisione dei risultati emersi dai controlli svolti degli organi di polizia locale sulle strutture turistico-ricettive alberghiere o extralberghiere o unità immobiliari concesse in locazione con l'Agenzia delle entrate. Infine, viene riconosciuta la facoltà di accesso ai dati della fatturazione elettronica anche all’Agenzia delle dogane e dei monopoli.
Come indicato nella Relazione tecnica, dall’introduzione di un vincolo di collegamento tecnico tra gli strumenti di pagamento elettronico (sia fisici che digitali) con il registratore telematico, sono ascrivibili maggiori entrate tributarie per 50 milioni nel 2026 e 76,25 milioni nel 2027.
La norma, al comma 1 sostituisce interamente il comma 3 dell’articolo 2 del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, che disciplina la trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi, al fine attuare una piena integrazione e interazione del processo di registrazione dei corrispettivi con il processo di pagamento elettronico.
Sul punto, si ricorda che chi effettua operazioni di commercio al minuto e attività assimilate per le quali non è obbligatoria l’emissione della fattura (se non richiesta dal cliente), deve memorizzare elettronicamente e trasmettere telematicamente all'Agenzia delle entrate i dati relativi ai corrispettivi giornalieri.
Nello specifico, il comma 3, come sostituito, stabilisce che la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica sono effettuate mediante strumenti tecnologici che garantiscano l’inalterabilità e la sicurezza dei dati, nonché la piena integrazione e interazione del processo di registrazione dei corrispettivi con il processo di pagamento elettronico.
A tal fine, lo strumento hardware o software mediante il quale sono accettati i pagamenti elettronici è sempre collegato allo strumento mediante il quale sono registrati e memorizzati, in modo puntuale, e trasmessi, in modo aggregato, i dati dei corrispettivi nonché i dati dei pagamenti elettronici giornalieri.
Nella relazione illustrativa si osserva che la sostituzione del comma 3 è volta a rendere maggiormente integrati il processo di certificazione fiscale (memorizzazione e trasmissione dei corrispettivi) e quello di pagamento elettronico, facendo emergere in modo puntuale l’eventuale incoerenza tra incassi (da transato elettronico) e scontrini emessi. Si introduce un vincolo di collegamento tecnico tra gli strumenti di pagamento elettronico (sia fisici che digitali) con il registratore telematico in modo tale che quest’ultimo possa memorizzare sempre le informazioni minime di tutte le transazioni elettroniche (con esclusione di quelle che si riferiscono all’identificazione del cliente) e trasmettere all’Agenzia delle entrate l’importo complessivo dei pagamenti elettronici giornalieri acquisiti dall’esercente anche indipendentemente dalla registrazione dei corrispettivi.
Il comma 2, conseguentemente alle modifiche introdotte al comma 1, modifica l’articolo 11 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, in materia di violazioni di imposte dirette e di imposta sul valore aggiunto.
Il comma 2-quinquies del richiamato articolo 11 stabilisce che per l'omessa o tardiva trasmissione ovvero per la trasmissione con dati incompleti o non veritieri dei corrispettivi giornalieri se la violazione non ha inciso sulla corretta liquidazione del tributo, si applica la sanzione amministrativa di euro 100 per ciascuna trasmissione, comunque entro il limite massimo di euro 1.000 per ciascun trimestre.
La lettera a) del comma 2 estende l’applicazione di tale sanzione, anche nei casi di violazione degli obblighi di memorizzazione o trasmissione dei pagamenti elettronici di cui al sopra descritto articolo 2, comma 3, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127.
La lettera b) modifica inoltre il comma 5 del medesimo articolo 11, stabilendo che la sanzione amministrativa da euro 1.000 a euro 4.000 prevista per l'omessa installazione degli apparecchi per l'emissione dello scontrino fiscale si applica anche nel caso di mancato collegamento dello strumento hardware o software mediante il quale sono accettati i pagamenti elettronici allo strumento mediante il quale sono registrati e memorizzati, in modo puntuale, e trasmessi, in modo aggregato, i dati dei corrispettivi nonché i dati dei pagamenti elettronici giornalieri.
Il comma 3 a sua volta modifica l’articolo 12 sempre del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, relativo alle sanzioni accessorie in materia di imposte dirette ed imposta sul valore aggiunto.
La lettera a) estende al sopra descritto comma 3 dell’articolo 2 del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127 la disciplina sanzionatoria prevista per la violazione dell'obbligo di emettere ricevuta fiscale o scontrino fiscale, se le violazioni consistono nella mancata o non tempestiva memorizzazione o trasmissione, ovvero nella memorizzazione o trasmissione con dati incompleti o non veritieri.
A tale proposito si ricorda che il comma 2 del richiamato articolo 12 stabilisce che, qualora siano state contestate ai sensi dell’articolo 16 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, nel corso di un quinquennio, quattro distinte violazioni dell'obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale compiute in giorni diversi, anche se non sono state irrogate sanzioni accessorie in applicazione delle disposizioni del citato decreto legislativo n. 472 del 1997, è disposta la sospensione della licenza o dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività ovvero dell'esercizio dell'attività medesima per un periodo da tre giorni ad un mese. In deroga all'articolo 19, comma 7, del medesimo decreto legislativo n. 472 del 1997, il provvedimento di sospensione è immediatamente esecutivo. Se l'importo complessivo dei corrispettivi oggetto di contestazione eccede la somma di euro 50.000 la sospensione è disposta per un periodo da un mese a sei mesi.
La lettera b) dispone che le sanzioni previste dal comma 3 dell’articolo 12 si applicano anche nel caso di mancato collegamento dello strumento hardware o software mediante il quale sono accettati i pagamenti elettronici di cui all’articolo 2, comma 3, primo periodo, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127 (sopra descritto) allo strumento mediante il quale sono registrati e memorizzati, in modo puntuale, e trasmessi, in modo aggregato, i dati dei corrispettivi nonché i dati dei pagamenti elettronici giornalieri.
Il suddetto comma 3 prevede che se è accertata l'omessa installazione degli apparecchi misuratori fiscali previsti dall'articolo 1 della legge 26 gennaio 1983, n. 18, è disposta la sospensione della licenza o dell’autorizzazione all'esercizio dell'attività nei locali ad essa destinati per un periodo da quindici giorni a due mesi. In caso di recidiva, la sospensione è disposta da due a sei mesi. Le sanzioni di cui ai periodi precedenti si applicano anche all'omessa installazione ovvero alla manomissione o alterazione degli strumenti di cui all'articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, salve le procedure alternative adottate con i provvedimenti di attuazione di cui al medesimo comma.
Il comma 4 stabilisce la decorrenza delle misure in oggetto, disponendo che le disposizioni di cui ai commi da 1 a 3 si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2026.
Il comma 5 prevede che con i provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate di approvazione della modulistica fiscale sono definite le modalità di indicazione del codice identificativo nazionale (CIN) di cui all’articolo 13-ter del decreto-legge 18 ottobre 2023, n. 145 (disciplina delle locazioni per finalità turistiche, delle locazioni brevi, delle attività turistico-ricettive e del codice identificativo nazionale), nelle dichiarazioni fiscali e nella certificazione unica.
Il medesimo codice identificativo è indicato nelle comunicazioni che devono essere trasmesse dai soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare nonché di quelli che gestiscono portali telematici mettendo in contatto persone in ricerca di un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da locare (articolo 4, comma 4, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50).
Si ricorda che l’articolo 13-ter stabilisce che al fine di assicurare la tutela della concorrenza e della trasparenza del mercato, il coordinamento informativo, statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale e la sicurezza del territorio e per contrastare forme irregolari di ospitalità, il Ministero del turismo assegna, tramite apposita procedura automatizzata, un codice identificativo nazionale (CIN) alle unità immobiliari ad uso abitativo destinate a contratti di locazione per finalità turistiche, alle unità immobiliari ad uso abitativo destinate alle locazioni brevi e alle strutture turistico-ricettive alberghiere ed extralberghiere definite ai sensi delle vigenti normative regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano e detiene e gestisce la relativa banca dati.
Il comma 6 modifica il suddetto l'articolo 13-ter, comma 11, del decreto-legge 18 ottobre 2023, n. 145, stabilendo che ai fini del rafforzamento delle attività di analisi, i risultati dei controlli degli organi di polizia locale sulle strutture turistico-ricettive alberghiere o extralberghiere o l'unità immobiliare concessa in locazione, sono comunicati anche alla direzione provinciale dell'Agenzia delle entrate territorialmente competente in base al domicilio fiscale del trasgressore.
Si ricorda che il comma 11 sopra richiamato dispone che alle funzioni di controllo e verifica e all'applicazione delle sanzioni amministrative provvede il comune nel cui territorio è ubicata la struttura turistico-ricettiva alberghiera o extralberghiera o l'unità immobiliare concessa in locazione, attraverso gli organi di polizia locale.
Il comma 7 modifica l’articolo 1 del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, in materia di fatturazione elettronica e trasmissione telematica delle fatture o dei relativi dati.
La lettera a) stabilisce che i file delle fatture elettroniche acquisiti sono memorizzati fino al 31 dicembre dell'ottavo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione di riferimento ovvero fino alla definizione di eventuali giudizi, al fine di essere utilizzati anche dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli (attualmente prevista per l’Agenzia delle entrate e per la Guardia di Finanza) limitatamente alle cessioni di prodotti soggetti alla vigilanza e al controllo di cui all’articolo 18 del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 (ossia i prodotti assoggettati ad accisa e quelli assoggettati alle altre imposte indirette di cui al citato testo unico accise).
La lettera b), in conseguenza della modifica di cui alla lettera a) stabilisce che non solo la Guardia di Finanza e l'Agenzia delle entrate, ma anche l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, adottano idonee misure di garanzia a tutela dei diritti e delle libertà degli interessati, attraverso la previsione di apposite misure di sicurezza, anche di carattere organizzativo,
Articolo 10
(Misure in materia di tracciabilità delle spese)
L’articolo 10, al comma 1, novella il TUIR limitando la deducibilità di alcune tipologie di spesa, ai fini delle imposte sui redditi, solo se effettuate con mezzi di pagamento tracciabili. Il comma 2 estende all’IRAP le disposizioni del comma 1, mentre il comma 3 prevede che le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applichino a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024. I commi 4 e 5 prevedono che, a decorrere dal 1° gennaio 2026, i limiti di importo previsti dall’articolo 48-bis, comma 1, del D.P.R. n. 602 del 1973, non si applichino al pagamento delle somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento. Il comma 6 novella il decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, sostituendo l’articolo 38-bis, comma 2, al fine di demandare ad appositi provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate, d’intesa con il comandante generale della Guardia di Finanza, la procedura di sottoscrizione dei processi verbali redatti nel corso e al termine delle attività amministrative di controllo fiscale in materia di imposte dirette e indirette.
La Relazione tecnica sull’articolo 10, commi 1-3, stima, per quanto riguarda l’orizzonte temporale del disegno di legge di bilancio, un recupero di gettito evaso pari a 432 milioni di euro nel 2026 e 244 nel 2027. I commi 4 e 5 comportano un effetto positivo sul gettito pari a 36 milioni di euro nel 2026 e 90 milioni a regime. Al comma 6, la disposizione non ascrive effetti finanziari.
Nel dettaglio, il comma 1 apporta una serie di modificazioni al testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), di cui al D.P.R. n. 917 del 1986.
La lettera a), intervenendo sull’articolo 51, comma 5, riguardante il concorso alla formazione del reddito da lavoro dipendente delle indennità percepite per le trasferte o le missioni fuori del territorio comunale, delle spese di alloggio e di vitto, specifica che i rimborsi delle spese per vitto, alloggio, viaggio e trasporto, effettuati mediante autoservizi pubblici non di linea di cui all’articolo 1 della legge n. 21 del 1992 (servizio di taxi e servizio di noleggio con conducente), non concorrono a formare il reddito se le predette spese sono effettuate con metodi tracciabili, cioè con versamento bancario o postale ovvero mediante altri sistemi di pagamento previsti dall’articolo 23 del decreto legislativo n. 241 del 1997 (carte di debito, di credito e prepagate, assegni bancari e circolari).
La lettera b), aggiungendo il comma 6-ter all’articolo 54, riguardante la determinazione del reddito da lavoro autonomo, specifica che, ferma restando la disciplina della deducibilità delle spese di cui ai commi 5 e 6, le spese relative a prestazioni alberghiere e di somministrazione di alimenti e bevande e le spese per viaggio e trasporto, effettuati mediante autoservizi pubblici non di linea indicati nella lettera precedente, addebitate analiticamente al committente, nonché i rimborsi analitici relativi alle medesime spese sostenute per le trasferte dei dipendenti ovvero corrisposti a lavoratori autonomi, sono deducibili se effettuate con i metodi tracciabili di cui alla lettera precedenti.
La lettera c), aggiungendo il comma 3-bis all’articolo 95, riguardante le spese per prestazioni di lavoro dipendente deducibili dal reddito, specifica che le spese di vitto e alloggio, nonché i rimborsi analitici delle spese per viaggio e trasporto, effettuati mediante autoservizi pubblici non di linea indicati nelle lettere precedenti, sostenute per le trasferte dei dipendenti ovvero corrisposti a lavoratori autonomi, sono deducibili nei limiti di cui ai commi 1, 2 e 3 del medesimo articolo 95 se effettuate con i metodi tracciabili di cui alle lettere precedenti.
La lettera d), intervenendo sull’articolo 108, comma 2, riguardante la deducibilità dal reddito imponibile delle spese di rappresentanza, specifica che le spese medesime sono deducibili se effettuate con i metodi tracciabili di cui alle lettere precedenti.
Nella relazione tecnica, il Governo fornisce le seguenti informazioni di contesto.
L’evasione fiscale è riconducibile a quattro distinti fenomeni:
i) evasione da omessa fatturazione o evasione con consenso (il cedente, allo scopo di non dichiarare il ricavo, concorda con il cessionario di effettuare la transazione senza che vi sia alcuna emissione di un documento fiscale, talvolta in cambio di uno sconto sul corrispettivo);
ii) evasione da omessa dichiarazione o evasione senza consenso (il documento fiscale viene emesso e il cessionario paga il prezzo di acquisto inclusivo dell’IVA, ma il ricavo non viene dichiarato dal cedente);
iii) evasione da omesso versamento (la transazione viene fatturata e dichiarata ma il cedente non versa la relativa imposta dovuta);
iv) false compensazioni e frodi.
Il pagamento in contanti delle spese di vitto, alloggio e trasporto, sia se sostenute da dipendenti e collaboratori in occasione di trasferte, sia se contabilizzate come spese di rappresentanza, consente la realizzazione di due comportamenti volti a minimizzare l’onere fiscale. Dal lato dell’offerta, i soggetti che erogano i servizi, in presenza di pagamenti non tracciabili, possono sottodichiarare i ricavi, contribuendo quindi all’evasione da omessa dichiarazione. Il fenomeno della sottodichiarazione sfuggirebbe difficilmente ai controlli incrociati da parte dell'Agenzia delle entrate se, oltre all’obbligo di pagamenti tracciabili, venisse introdotta la confrontabilità diretta, per singola transazione, dei dati relativi ai corrispettivi inviati con i dati comunicati dagli intermediari finanziari sui pagamenti con POS.
Dal lato della domanda, le imprese che si avvalgono dei servizi di trasporto, alloggio e ristorazione possono registrare in contabilità e dedurre dalla base imponibile anche costi non effettivamente sostenuti in quanto non è previsto alcun requisito circa la tracciabilità del pagamento. La previsione, ai fini della deduzione fiscale, del requisito della tracciabilità dei pagamenti, introduce un contrasto di interessi tra chi offre i servizi (che ha interesse a percepire i corrispettivi in contanti al fine di sottodichiarare i ricavi) e le imprese acquirenti (che hanno interesse ad effettuare pagamenti elettronici per poter dedurre i costi sostenuti). Tale contrasto d’interessi è suscettibile di contrastare i fenomeni evasivi dal lato dell’offerta, facendo emergere la base imponibile non dichiarata per la quota in relazione alla quale i pagamenti passano da contanti a elettronici. Inoltre, il requisito della tracciabilità dei pagamenti, dal lato della domanda, consentirà alle imprese di dedurre solo le spese effettivamente sostenute.
Negli ultimi anni, prosegue la relazione, sono state adottate principalmente due misure di contrasto all’evasione: la fatturazione elettronica obbligatoria per le operazioni effettuate nei confronti di soggetti passivi IVA (B2B) e l’obbligo di memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi relativi alle operazioni effettuate nei confronti di consumatori finali (B2C). Questi strumenti hanno consentito di contrastare efficacemente l’evasione da omessa dichiarazione, grazie all’acquisizione in tempo reale delle fatture emesse e dei corrispettivi registrati, che permettono all’Amministrazione di controllare la coerenza tra quanto fatturato e quanto dichiarato. Per quanto riguarda le imprese che erogano servizi di alloggio e ristorazione, essendo queste soggette all’obbligo di fatturazione elettronica e di trasmissione dei corrispettivi, si assume che non ci sia un recupero di gettito dal lato dell’offerta, in quanto le transazioni sono già tracciabili indipendentemente dal metodo di pagamento utilizzato. Viceversa, si prevede che la tracciabilità dei pagamenti possa contribuire all’emersione di ricavi dal lato dell’offerta per i soggetti che erogano servizi di trasporto, non soggetti all’obbligo di fatturazione elettronica e trasmissione dei corrispettivi.
Ai fini del calcolo del recupero di gettito dall’evasione, la relazione tecnica stima una propensione all’evasione di alberghi e ristoranti in misura pari a 20,9 per cento, mentre la propensione all’evasione di taxi e noleggi con conducente è stimata pari al 49,8 per cento.
Il comma 2 estende le disposizioni in merito alla tracciabilità delle spese deducibili di cui al comma 1 fini dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) di cui al decreto legislativo n. 446 del 1997, mentre il comma 3 ne stabilisce l’applicazione, si ai fini dell’IRPEF, sia dell’IRAP, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024.
Il comma 4 aggiunge il comma 1-bis all’articolo 48-bis del D.P.R. n. 602 del 1973 (recante Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito).
Il comma 1 di tale articolo 48-bis stabilisce che, a decorrere dalla data di entrata in vigore del D.M. 18 gennaio 2008, n. 40, le amministrazioni pubbliche e le società a prevalente partecipazione pubblica, prima di effettuare, a qualunque titolo, il pagamento di un importo superiore a cinquemila euro, verificano, anche in via telematica, se il beneficiario è inadempiente all’obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a tale importo e, in caso affermativo, non procedono al pagamento e segnalano la circostanza all’agente della riscossione competente per territorio, ai fini dell’esercizio dell’attività di riscossione delle somme iscritte a ruolo. La presente disposizione non si applica alle aziende o società per le quali sia stato disposto il sequestro o la confisca, ovvero che abbiano ottenuto la dilazione del pagamento, che hanno subito un pregiudizio ingiusto da parte di banche e loro controllate aventi sede legale in Italia, poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 16 gennaio 2018.
La disposizione in esame prevede l’applicazione del comma 1 (quindi il divieto di procedere al pagamento e di segnalazione al competente ufficio di riscossione), limitatamente alle somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, per il pagamento di importi superiori a duemilacinquecento euro. Si mantiene inalterata invece la necessità di verifica da parte delle amministrazioni pubbliche e degli altri soggetti della sussistenza di un inadempimento del beneficiario all'obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a cinquemila euro.
Il comma 5 precisa che le disposizioni di cui al comma 4 si applicano con riferimento ai pagamenti da effettuarsi a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, a partire dal 1° gennaio 2026.
Il comma 6 modifica l’articolo 38-bis (in materia di atti di recupero) del D.P.R. n. 600 del 1973 (recante Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), sostituendo il comma 2 così da specificare che la procedura di sottoscrizione dei processi verbali redatti nel corso e al termine delle attività amministrative di controllo fiscale in materia di imposte dirette e indirette è disciplinata con provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate, d’intesa con il Comandante Generale della Guardia di finanza.
Testo a fronte delle modifiche apportate dal comma 6 dell’articolo in esame
Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. n. 600 del 1973 |
|
Testo vigente |
Modificazioni apportate dall’art. 10, comma 6, del DDL di bilancio 2025 |
Art. 38-bis |
Art. 38-bis |
(…) |
(…) |
2. Con provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle entrate è disciplinata la procedura di sottoscrizione dei processi verbali redatti nel corso e al termine delle attività amministrative di controllo fiscale,
anche disponendo la possibilità che i verbalizzanti possano firmare digitalmente la copia informatica del documento preventivamente sottoscritto, anche in via analogica, dal contribuente. In caso di firma analogica del documento da parte del contribuente, i verbalizzanti attestano la conformità della copia informatica al documento analogico ai sensi dell'articolo 22 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82. |
Con provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate, d’intesa con il Comandante Generale della Guardia di finanza, è disciplinata la procedura di sottoscrizione dei processi verbali redatti nel corso e al termine delle attività amministrative di controllo fiscale in materia di imposte dirette e indirette, anche disponendo la possibilità che i verbalizzanti possano firmare digitalmente la copia informatica del documento preventivamente sottoscritto, anche in via analogica, dal contribuente. In caso di firma analogica del documento da parte del contribuente, i verbalizzanti attestano la conformità della copia informatica al documento analogico ai sensi dell’articolo 22 del Codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005 |
L’articolo 11 dispone che per le comunicazioni relative a contratti di assicurazione sulla vita l’imposta di bollo dovuta sia versata annualmente e non al momento del rimborso o del riscatto.
La relazione tecnica ascrive all’articolo 11 effetti finanziari di maggiori entrate tributarie per: 970,4 milioni di euro per il 2025; 397 milioni di euro per il 2026; 385,1 milioni di euro per il 2027 e 184,8 nel 2028. Per gli anni successivi, la Relazione tecnica riporta effetti di minori entrate (per -15,4 nel 2029; -27,4 nel 2030; -39,4 nel 2031; -51,3 nel 2032; -4,2 nel 2033 e 0 nel 2034).
L’articolo 11, comma 1, stabilisce che per le comunicazioni relative a contratti di assicurazione sulla vita, l’imposta di bollo (2 per mille) di cui all’articolo 13, comma 2-ter, della tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, è dovuta annualmente e il corrispondente ammontare è versato ogni anno, a decorrere dal 2025, dalle imprese di assicurazione con le modalità ordinarie previste dall’articolo 4 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 24 maggio 2012.
Si ricorda che in base al richiamato articolo 13, sulle comunicazioni periodiche alla clientela relative a prodotti finanziari, anche non soggetti ad obbligo di deposito, ivi compresi i depositi bancari e postali, anche se rappresentati da certificati o relative a cripto-attività è prevista l’applicazione dell’imposta proporzionale nella misura del 2 per mille annuo.
Nella relazione tecnica si rileva che la legislazione vigente prevede l’applicazione dell’imposta di bollo sulle comunicazioni relative a conti correnti, titoli, strumenti e prodotti finanziari. Tali comunicazioni sono assoggettate a tassazione in misura proporzionale, a prescindere dall’esistenza di un rapporto di deposito, ferma restando l’applicazione dell’imposta in misura fissa per i conti correnti e i libretti di risparmio intestati a persone fisiche e a soggetti diversi, pari, rispettivamente, a 34,20 euro e a 100 euro. Per quanto riguarda i prodotti finanziari, è prevista l’applicazione dell’imposta proporzionale nella misura del 2 per mille annuo, calcolato sul valore dei prodotti finanziari rilevato dagli intermediari al termine del periodo rendicontato.
L’imposta è dovuta, in ogni caso, nella misura minima di 34,20 euro annui. Ai fini dell’applicazione dell’imposta e del relativo versamento, la comunicazione relativa a prodotti finanziari si considera inviata, in ogni caso, almeno una volta all’anno, anche quando non sussiste un obbligo di invio o di redazione.
L’articolo 3, comma 7, del D.M. 24 maggio 2012, recante le modalità di attuazione delle disposizioni in materia di imposta di bollo su conti correnti e prodotti finanziari, prevede che, per le comunicazioni relative a polizze di assicurazione di cui ai rami III (assicurazioni, di cui ai rami sulla durata della vita e di nuzialità e di natalità, le cui prestazioni principali sono direttamente collegate al valore di quote di organismi di investimento collettivo del risparmio o di fondi interni ovvero a indici o ad altri valori di riferimento) e V (operazioni di capitalizzazione), di cui all’articolo 2, comma 1,decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, l’imposta di bollo, sebbene determinata dall’ente gestore al 31 dicembre di ogni anno, deve essere versata solo al momento del rimborso o del riscatto. Per tali prodotti, quindi, l’imposta viene calcolata anno per anno sul valore della polizza e versata dall’ente gestore solo al termine del rapporto con il cliente. La disposizione in esame è volta a superare tale disparità di trattamento, prevedendo il versamento dell’imposta ogni anno anche per le polizze di assicurazione di cui ai rami III e V.
Resta comunque fermo che l’ammontare corrispondente all’imposta di bollo versato annualmente dall’impresa di assicurazione è computato in diminuzione della prestazione erogata alla scadenza o al riscatto della polizza.
Il comma 2 specifica le modalità di versamento dell’imposta, stabilendo che per i contratti di assicurazione sulla vita in essere al 1° gennaio 2025, l’ammontare corrispondente all’importo complessivo dell’imposta di bollo di cui al sopra citato articolo 13, comma 2-ter, della tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, calcolata per ciascun anno fino al 2024, è versato per una quota pari al:
§ 50 per cento entro il 30 giugno 2025;
§ 20 per cento entro il 30 giugno 2026;
§ 20 per cento entro il 30 giugno 2027;
§ 10 per cento della restante quota entro il 30 giugno 2028.
Anche in questo caso, si ribadisce che per le comunicazioni relative a contratti di assicurazione sulla vita, resta fermo che l’ammontare corrispondente all’imposta di bollo versato annualmente dall’impresa di assicurazione è computato in diminuzione della prestazione erogata alla scadenza o al riscatto della polizza.
Articolo 12
(Disposizioni in materia di gioco pubblico
raccolto a distanza e Bingo)
L’articolo 12 apporta modifiche in materia di gioco pubblico raccolto a distanza e Bingo.
Il comma 1 reca una norma di interpretazione autentica con cui si specifica che l’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse si applica nella misura del 25 per cento oltre che ai giochi di abilità a distanza anche ai giochi di sorte a quota fissa e ai giochi di carte organizzati in forma diversa dal torneo.
Il comma 2 modifica le condizioni necessarie ai fini della deroga al divieto di trasferimento dei locali che ospitano le sale Bingo nel periodo di proroga della concessione.
Infine, il comma 3 introduce, a decorrere dall’anno 2025, il limite massimo del 75 per cento del prezzo di vendita delle cartelle ai fini della determinazione del montepremi del gioco del Bingo (resta fermo il limite minimo pari al 70 per cento).
Il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del disegno di legge di bilancio non ascrive all’articolo 12 effetti finanziari sui saldi di finanza pubblica.
Il comma 1 reca una norma di interpretazione autentica dell’articolo 1, comma 1052, lettera a), della legge, 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019), il quale prevede che ai giochi di abilità a distanza con vincita in denaro e al gioco del Bingo a distanza si applichi l’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse di cui al decreto legislativo, 23 dicembre 1998, n. 504 nella misura del 25 per cento delle somme che, in base al regolamento di gioco, non risultano restituite al giocatore.
Specificamente, viene chiarito che, al fine di garantire la parità di trattamento tributario tra tipologie omologhe di gioco pubblico raccolto a distanza, l’importo del prelievo di cui sopra si applica anche ai giochi di sorte a quota fissa e ai giochi di carte organizzati in forma diversa dal torneo.
In merito, si segnala che l’articolo 12, comma 1, lettera f), del decreto legge, 28 aprile 2009, n. 39 stabilisce l’applicazione ai giochi di sorte a quota fissa e ai giochi di carte organizzati in forma diversa dal torneo dell’imposta unica sopra citata nella misura del 20 per cento delle somme che, in base al regolamento di gioco, non risultano restituite al giocatore.
Per tale ragione, il Governo, alla luce dell’indeterminatezza dell’enunciato normativo, rileva che la disposizione in esame muove proprio dall’esigenza di chiarire l’applicabilità, ai predetti giochi, dell’aliquota di imposta del 25 per cento in luogo di quella del 20 per cento prevista dal predetto articolo 12, comma 1, lettera f). Peraltro, il Governo stesso rappresenta che la volontà del legislatore era già desumibile dalle considerazioni riportate nelle relazioni tecniche e illustrative di accompagnamento all’articolo 1, comma 1052, lettera a), della legge n. 145 del 2018, le quali evidenziavano la volontà di estenderne il campo di applicazione anche ai giochi di sorte.
L’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse, disciplinata dal decreto legislativo, 23 dicembre 1998, n. 504, si applica ai concorsi pronostici e alle scommesse di qualunque tipo, relativi a qualunque evento, anche se svolto all’estero.
La base imponibile per i concorsi pronostici è costituita dall’intero ammontare della somma corrisposta dal concorrente per il gioco al netto di diritti fissi e compensi ai ricevitori. La base imponibile per le scommesse è costituita dall’ammontare della somma giocata per ciascuna scommessa.
I soggetti passivi dell’imposta sono coloro i quali gestiscono, anche in concessione, i concorsi pronostici e le scommesse.
Le aliquote variano a seconda del tipo di gioco:
§ per i concorsi pronostici: 26,8 per cento della base imponibile;
§ per le scommesse: da un minimo del 2 per cento a un massimo del 22,5 per cento in base alla tipologia di scommessa.
La legge di bilancio 2019 ha disposto che, a decorrere dal l° gennaio 2019, l’imposta unica è stabilita:
a) per i giochi di abilità a distanza con vincita in denaro e per il gioco del Bingo a distanza, nella misura del 25 per cento delle somme che, in base al regolamento di gioco, non risultano restituite al giocatore;
b) per le scommesse a quota fissa, escluse le scommesse ippiche, nelle misure del 20 per cento, se la raccolta avviene su rete fisica, e del 24 per cento, se la raccolta avviene a distanza, applicata sulla differenza tra le somme giocate e le vincite corrisposte;
c) per le scommesse a quota fissa su eventi simulati di cui all’articolo 1, comma 88, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, nella misura del 22 per cento della raccolta al netto delle somme che, in base al regolamento di gioco, sono restituite in vincite al giocatore.
Il comma 2 novella l’articolo 1, comma 636, lettera c), della legge, 27 dicembre 2013, n. 147, concernente il divieto di trasferimento dei locali che ospitano le sale Bingo nel periodo di proroga della concessione.
Nello specifico, l’intervento normativo, riguardante le condizioni legittimanti la deroga al predetto divieto, prevede che questa si applichi ai concessionari che versino in una situazione di impossibilità di mantenimento della disponibilità dei locali per cause di forza maggiore, per loro comprovata diseconomia o per fatti non imputabili al concessionario medesimo.
Ai fini del trasferimento è richiesta la disponibilità da parte dei concessionari di un altro immobile presso cui trasferirsi, sito nello stesso comune a una distanza minima stradale di un chilometro dalla sala Bingo più vicina, ovvero in altro comune a una distanza minima stradale di 30 chilometri dalla sala Bingo più vicina, ferma restando, comunque, la previa favorevole valutazione dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli.
In merito, si rammenta che il vigente articolo 1, comma 636, della legge n. 147 del 2013, al fine di contemperare il principio di fonte europea secondo il quale le concessioni pubbliche vanno attribuite ovvero riattribuite, dopo la loro scadenza, secondo procedure di selezione concorrenziale con l’esigenza di perseguire, in materia di concessioni di gioco per la raccolta del Bingo, il tendenziale allineamento temporale di tali concessioni, relativamente a queste concessioni in scadenza negli anni dal 2013 al 2020, prevede che l’Agenzia delle dogane e dei monopoli procede entro il 31 marzo 2023, con un introito almeno pari a 73 milioni di euro a una gara per l’attribuzione di 210 concessioni per il predetto gioco attenendosi ai seguenti criteri direttivi:
a) introduzione del principio dell’onerosità delle concessioni per la raccolta del gioco del Bingo e fissazione nella somma di 350 mila euro della soglia minima corrispettiva per l’attribuzione di ciascuna concessione;
b) durata delle concessioni pari a nove anni, non rinnovabile;
c) versamento della somma di 7.500 euro, per ogni mese ovvero frazione di mese superiore ai quindici giorni, oppure di 3.500 euro per ogni frazione di mese inferiore ai quindici giorni, da parte del concessionario in scadenza che intenda altresì partecipare al bando di gara per la riattribuzione della concessione, per ogni mese ovvero frazione di mese di proroga del rapporto concessorio scaduto e comunque fino alla data di sottoscrizione della nuova concessione riattribuita, fermi in ogni caso la sottoscrizione dell’atto integrativo previsto dall'articolo 1, comma 79, della legge, 13 dicembre 2010, n. 220, anche successivamente alla scadenza dei termini ivi previsti, e il divieto di trasferimento dei locali per tutto il periodo della proroga fatta eccezione per i concessionari che, successivamente al termine del 31 dicembre 2016, si trovino nell’impossibilità di mantenere la disponibilità dei locali per cause di forza maggiore e, comunque, non a loro imputabili o per scadenza del contratto di locazione oppure di altro titolo e che abbiano la disponibilità di un altro immobile, situato nello stesso comune, nel quale trasferirsi, ferma, comunque, la valutazione dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli;
d) all’atto dell’aggiudicazione, versamento della somma offerta ai sensi della lettera a) entro la data di sottoscrizione della concessione;
d-bis) possibilità di partecipazione per i soggetti che già esercitano attività di raccolta di gioco in uno degli Stati dello Spazio economico europeo, avendovi la sede legale ovvero operativa, sulla base di valido ed efficace titolo abilitativo rilasciato secondo le disposizioni vigenti nell’ordinamento di tale Stato;
e) determinazione nella somma complessiva annua di 300 mila euro dell’entità della garanzia bancaria ovvero assicurativa dovuta dal concessionario, per tutta la durata della concessione, a tutela dell’Amministrazione statale, durante l’intero arco di durata della concessione, per il mantenimento dei requisiti soggettivi e oggettivi, dei livelli di servizio e di adempimento delle obbligazioni convenzionali pattuite.
Nella relazione illustrativa il Governo segnala che il Consiglio di Stato con le ordinanze n. 10264 del 21 novembre 2022 e n. 10261 del 10 novembre 2022 ha ritenuto non secondarie le doglianze dei concessionari circa il fatto che il regime di proroga tecnica, disposto per la prima volta nel 2013 e rinnovato negli anni senza soluzione di continuità, sia stato reso più gravoso per gli operatori del settore dall’introduzione di un canone concessorio sempre più alto, a fronte dell’originaria gratuità del titolo, dalla preclusione alla partecipazione alla nuova futura gara in caso di rifiuto di adesione alla proroga stessa e dal divieto di trasferimento dei locali.
Il Governo medesimo evidenzia che la disposizione in esame risponde all’esigenza di rendere meno stringente il divieto di trasferimento in questione, ferma restando, tuttavia, la previa autorizzazione dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli al trasferimento volta alla salvaguardia degli interessi erariali e degli altri concessionari come evincibile dal testo della disposizione.
Il comma 3 modifica l’articolo 10, comma 9-septies, del decreto legge, 2 marzo 2012, n. 16 recante disposizioni volte al potenziamento dell’accertamento in materia di giochi.
In particolare, si introduce la disposizione in forza della quale, a decorrere dall’anno 2025, il montepremi del gioco del Bingo è fissato in una misura compresa tra il 70 per cento e il 75 per cento del prezzo di vendita delle cartelle.
Rispetto alla vigente formulazione resta fermo l’attuale limite minimo del 70 per cento, ma viene aggiunto il limite massimo del 75 per cento.
Al riguardo, si segnala che il testo vigente dell’articolo 10, comma 9-septies, sopra citato, stabilisce, a decorrere dal 1º gennaio 2013, le seguenti misure per quanto concerne il gioco del Bingo:
§ prelievo erariale pari all’11 per cento del prezzo di vendita delle cartelle;
§ montepremi pari ad almeno il 70 per cento del prezzo di vendita delle cartelle;
§ compenso per il controllore centralizzato del gioco pari all’1 per cento del prezzo di vendita delle cartelle.
Tali aliquote si applicano sia al gioco raccolto su rete fisica sia a quello effettuato con partecipazione a distanza.
A tal proposito, la relazione illustrativa del Governo evidenzia che la modifica in esame è finalizzata alla riduzione degli spazi di concorrenza sleale tra i concessionari di sale Bingo, i quali possono presentare margini di utile fortemente differenziati (specie in conseguenza della presenza o meno, in dette sale, anche dell’offerta di gioco mediante le slot machine). Pertanto, il limite del 75 per cento risponde all’esigenza di evitare che una eccessiva flessibilità nella fissazione delle percentuali di raccolta da destinare al montepremi si traduca in uno strumento di realizzazione di forme di concorrenza sleale tra le sale Bingo.
Per una panoramica sulla disciplina riguardante il gioco lecito in Italia si veda l’approfondimento tematico disponibile sul Portale della documentazione della Camera dei deputati.
Articolo 13
(Estrazione settimanale aggiuntiva per il Lotto e il Superenalotto)
L’articolo 13 stabilizza, a decorrere dall’anno 2025, l’estrazione settimanale aggiuntiva dei giochi del Lotto e del Superenalotto nella giornata del venerdì.
Con la medesima disposizione si provvede al finanziamento del Fondo per le emergenze nazionali per un importo pari a 50 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2025.
Il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del disegno di legge di bilancio ascrive all’articolo 13 maggiori entrate extratributarie pari a 50 milioni di euro annui per gli anni 2025, 2026 e 2027 che vengono destinate al finanziamento del Fondo per le emergenze nazionali.
Il comma 1 prevede che, a decorrere dall’anno 2025, si tenga nella giornata del venerdì l’estrazione settimanale aggiuntiva dei giochi del Lotto e del Superenalotto.
Tuttavia, qualora tale estrazione ricorra in un giorno di festività riconosciuta agli effetti civili su tutto il territorio nazionale, essa viene posticipata al primo giorno feriale successivo ovvero, in casi eccezionali, anticipata al primo giorno feriale antecedente, con provvedimento direttoriale dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, garantendo la continuità progressiva dei concorsi.
In merito, si evidenzia che la disposizione in esame stabilizza, a partire dal 2025, l’estrazione aggiuntiva settimanale dei giochi del Lotto e del Superenalotto, attualmente prevista solo in via temporanea per l’anno 2024.
Invero, siffatta estrazione è stata introdotta per il solo anno 2023 dall’articolo 21, comma 4, del decreto legge, 1° giugno 2023, n. 61, successivamente prorogata per l’anno 2024 dall’articolo 3, comma 7, del decreto legge, 30 dicembre 2023, n. 215.
L’estrazione aggiuntiva rientra tra le misure adottate in occasione dell’emergenza provocata dagli eventi alluvionali verificatisi in Emilia Romagna, Marche e Toscana a partire dal 1° maggio 2023, al fine di finanziare gli interventi a favore delle popolazioni di tali territori colpite dai medesimi eventi.
Infatti, si prevede che le maggiori entrate derivanti dalla predetta misura siano destinate al Fondo per le emergenze nazionali di cui all’articolo 44 del decreto legislativo, 2 gennaio 2018, n. 1 (codice della protezione civile).
Le disposizioni sopra indicate hanno trovato attuazione con specifici provvedimenti direttoriali dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, che hanno fissato nella giornata di venerdì le estrazioni settimanali aggiuntive sia per il gioco del Lotto che del gioco del Superenalotto.
Il comma 2, conseguentemente, prevede che il Fondo per le emergenze nazionali di cui all’articolo 44 del decreto legislativo n. 1 del 2018 sia incrementato di 50 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2025.
Articolo 14
(Proroghe delle concessioni di gioco in scadenza)
L’articolo 14 proroga a titolo oneroso fino al 31 dicembre 2026 le seguenti concessioni in scadenza al 31 dicembre 2024:
- concessioni relative al Bingo;
- concessioni in materia di scommesse;
- concessioni per la realizzazione e la conduzione delle reti di gestione telematica del gioco mediante apparecchi da divertimento e intrattenimento.
Come risulta dal prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del disegno di legge di bilancio, all’articolo 14 sono ascrivibili maggiori entrate extratributarie pari a 232,76 milioni di euro per ciascuna delle annualità 2025 e 2026.
La disposizione in esame proroga sino al 31 dicembre 2026 le concessioni in materia di Bingo, le concessioni di raccolta delle scommesse su eventi sia sportivi, anche ippici, sia non sportivi, inclusi quelli simulati, nonché le concessioni di realizzazione e conduzione delle reti di gestione telematica del gioco mediante apparecchi da divertimento e intrattenimento, in scadenza al 31 dicembre 2024.
Tali proroghe risultano necessarie per le seguenti ragioni:
§ realizzazione dell’obiettivo di riordino della disciplina dei giochi pubblici di cui alla legge, 9 agosto 2023, n. 111;
§ la persistente assenza di intesa con le regioni e gli enti locali per un adeguato quadro regolatorio ed economico idoneo all’identificazione di un corretto equilibrio finanziario delle concessioni in materia di distribuzione e raccolta del gioco pubblico;
§ le dovute esigenze di continuità delle connesse entrate erariali.
Nello specifico, il comma 1, lettera a), dispone la proroga a titolo oneroso delle concessioni relative al Bingo. Ne consegue la corresponsione da parte di ciascun concessionario dell’importo pari a 108 mila euro per ogni concessione e per ogni anno di proroga. Tale versamento è effettuato, in rate di pari ammontare, all’Agenzia delle dogane e dei monopoli entro il 31 gennaio e il 30 giugno sia dell’anno 2025 sia dell’anno 2026.
Nel merito si ricorda che la legge di stabilità del 2014 (articolo 1, commi 636-638) aveva previsto che entro il 31 marzo 2023, termine prorogato al 31 dicembre 2024 dalla legge di bilancio 2023 (articolo 1, comma 124, lettera a) della legge n. 197 del 2022), venissero messe a gara 210 concessioni per la raccolta del bingo. Anche in tal caso il corrispettivo una tantum, è stato maggiorato dalla legge di bilancio 2024 del 15 per cento rispetto alla previsione delle norme in vigore.
Il comma 1, lettera b), proroga a titolo oneroso le concessioni in materia di scommesse. Si prevede il versamento all’Agenzia delle dogane e dei monopoli degli oneri concessori dovuti, in due rate per ciascun anno di proroga, entro il 30 aprile e il 31 ottobre sia dell’anno 2025 sia dell’anno 2026. Tali oneri ammontano a 9.500 euro annui per diritto afferente ai punti vendita aventi come attività principale la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici, compresi i punti di raccolta regolarizzati, e a 5.700 euro annui per ogni diritto afferente ai punti vendita aventi come attività accessoria la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici. Le garanzie economiche dovute dai concessionari, adeguate ai nuovi termini di scadenza delle concessioni e idonee alla salvaguardia dell’effettivo versamento degli oneri concessori dovuti, sono stabilite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli.
Con riferimento alle concessioni relative alla raccolta di scommesse, si ricorda che la legge di bilancio 2023 (comma 124),ha previsto la proroga a titolo oneroso fino al 31 dicembre 2024 delle concessioni. Nello specifico, la legge proroga le concessioni relative alla raccolta delle scommesse su eventi sportivi, anche ippici, e non sportivi, compresi gli eventi virtuali.
Infine, il comma 1, lettera c), prevede la proroga fino al 31 dicembre 2026 a titolo oneroso delle concessioni per la realizzazione e la conduzione delle reti di gestione telematica del gioco mediante apparecchi da divertimento e intrattenimento di cui all’articolo 110, comma 6, del regio decreto, 18 giugno 1931, n. 773.
Pertanto, si dispone il versamento all’Agenzia delle dogane e dei monopoli degli oneri concessori dovuti da ciascun concessionario entro il 15 marzo, il 15 luglio e il 1° ottobre sia dell’anno 2025 sia dell’anno 2026. L’importo di tali oneri è pari a:
§ 120 euro per ciascun apparecchio con riferimento a quelli di cui alla lettera a) del predetto articolo 110, comma 6;
§ 4 mila euro per ciascun diritto, rispettivamente per i nulla osta posseduti da ciascun concessionario e per i diritti rilasciati a ciascun concessionario al 31 dicembre 2023, con riguardo agli apparecchi di cui alla lettera b) del medesimo comma 6.
A tal proposito, si segnala che, ai sensi del suddetto articolo 110, comma 6, si considerano apparecchi idonei per il gioco lecito:
a) quelli che, dotati di attestato di conformità alle disposizioni vigenti rilasciato dal Ministero dell’economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e obbligatoriamente collegati alla rete telematica di cui all’articolo 14-bis, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica, 26 ottobre 1972, n. 640, si attivano con l’introduzione di moneta metallica ovvero con appositi strumenti di pagamento elettronico definiti con provvedimenti del Ministero dell’economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, nei quali insieme con l’elemento aleatorio sono presenti anche elementi di abilità, che consentono al giocatore la possibilità di scegliere, all’avvio o nel corso della partita, la propria strategia, selezionando appositamente le opzioni di gara ritenute più favorevoli tra quelle proposte dal gioco, il costo della partita non supera 1 euro, la durata minima della partita è di quattro secondi e che distribuiscono vincite in denaro, ciascuna comunque di valore non superiore a 100 euro, erogate dalla macchina. Le vincite, computate dall’apparecchio in modo non predeterminabile su un ciclo complessivo di non più di 140 mila partite, devono risultare non inferiori al 75 per cento delle somme giocate. In ogni caso tali apparecchi non possono riprodurre il gioco del poker o comunque le sue regole fondamentali;
b) quelli che, facenti parte della rete telematica di cui al predetto articolo 14-bis, comma 4, si attivano esclusivamente in presenza di un collegamento ad un sistema di elaborazione della rete stessa. Per tali apparecchi, con regolamento del Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministro dell’interno sono definiti, tenendo conto delle specifiche condizioni di mercato:
§ il costo e le modalità di pagamento di ciascuna partita;
§ la percentuale minima della raccolta da destinare a vincite;
§ l’importo massimo e le modalità di riscossione delle vincite;
§ le specifiche di immodificabilità e di sicurezza, riferite anche al sistema di elaborazione a cui tali apparecchi sono connessi;
§ le soluzioni di responsabilizzazione del giocatore da adottare sugli apparecchi;
§ le tipologie e le caratteristiche degli esercizi pubblici e degli altri punti autorizzati alla raccolta di giochi nei quali possono essere installati gli apparecchi di cui alla presente lettera.
Si ricorda che tali giochi, effettuabili su rete fisica facenti parte di una rete o più reti telematiche dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, si attivano esclusivamente in presenza di un sistema di elaborazione della rete stessa e che consentono la gestione telematica, anche attraverso apparecchi videoterminali, dei giochi leciti secondo le previsioni di appositi decreti ministeriali (articolo 110, comma 6, lettera b) del TULPS).
Tali reti sono affidate in concessione con procedure ad evidenza pubblica (articolo 14, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica n. 640 del 1972). Nel 2013 sono state sottoscritte le convenzioni di concessione relative all'affidamento in concessione della realizzazione e conduzione della rete per la gestione telematica del gioco lecito (New slot e VLT), di durata novennale. Tali concessioni, prorogate fino al 29 giugno 2022, in ragione dell'emergenza derivante dall'epidemia di COVID-19, sono state da ultimo prorogate al 31 dicembre 2024 dalla legge di bilancio 2023 (articolo 1, comma 124, lettera b) della legge n. 197 del 2022). Il corrispettivo una tantum, previsto per l'ottenimento delle citate concessioni, è stato maggiorato del 15 per cento dalla legge di bilancio 2024 rispetto alla previsione delle norme in vigore.
La disposizione prevede infine che le garanzie economiche dovute dai concessionari, adeguate ai nuovi termini di scadenza delle concessioni e idonee alla salvaguardia dell’effettivo versamento degli oneri concessori dovuti, sono definite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli.
Per una panoramica sulla disciplina riguardante il gioco lecito in Italia si veda l’approfondimento tematico disponibile sul Portale della documentazione della Camera dei deputati.
Articolo 15
(Disposizioni in materia di lavoratori frontalieri)
L’articolo 15 prevede, al comma 1, che, nelle more della ratifica ed entrata in vigore del Protocollo di modifica dell’Accordo tra la Repubblica italiana e la Confederazione svizzera relativo all’imposizione dei lavoratori frontalieri, fatto a Roma il 23 dicembre 2020, i lavoratori frontalieri possono svolgere, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2024 e fino alla data di entrata in vigore del predetto Protocollo, fino al 25 per cento della loro attività di lavoro dipendente in modalità di telelavoro presso il proprio domicilio nello Stato di residenza senza che ciò comporti la perdita dello status di lavoratore frontaliere. Il comma 2 estende anche al reddito di tali lavoratori frontalieri la disciplina del TUIR che ne prevede la determinazione sulla base delle retribuzioni convenzionali. Il comma 3 estende anche a comuni di frontiera che non erano stati precedentemente inclusi nei relativi elenchi una quota del contributo statale previsto dall’attuazione del menzionato Accordo.
La relazione tecnica sull’articolo 15 non ascrive effetti finanziari alle disposizioni in esso contenute.
Il comma 1 stabilisce che, nelle more della ratifica e dell’entrata in vigore del Protocollo di modifica dell’Accordo tra la Repubblica italiana e la Confederazione svizzera relativo all’imposizione dei lavoratori frontalieri, fatto a Roma il 23 dicembre 2020, i lavoratori frontalieri, inclusi coloro che beneficiano del regime transitorio previsto dall’articolo 9 dell’Accordo medesimo, possono svolgere, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2024 e fino alla data di entrata in vigore del predetto Protocollo, fino al 25 per cento della loro attività di lavoro dipendente in modalità di telelavoro presso il proprio domicilio nello Stato di residenza senza che ciò comporti la perdita dello status di lavoratore frontaliere.
Ai fini dell’applicazione dell’articolo 3 dell’Accordo, l’attività di lavoro dipendente svolta dal lavoratore frontaliere in modalità di telelavoro presso il proprio domicilio nello Stato di residenza, fino a un massimo del 25 per cento del tempo di lavoro, si considera effettuata nell’altro Stato contraente presso il datore di lavoro.
Sintesi dell'Accordo e del Protocollo aggiuntivo tra la Repubblica italiana e la Confederazione svizzera relativo all’imposizione dei lavoratori frontalieri, fatto a Roma il 23 dicembre 2020
Il provvedimento mira a definire, in condizione di reciprocità, il quadro giuridico volto ad eliminare le doppie imposizioni sui salari, sugli stipendi e sulle altre remunerazioni analoghe ricevute dai lavoratori frontalieri. L'accordo intende tenere conto sia "dei costi sostenuti dalle aree di frontiera per infrastrutture e servizi pubblici" a essi connessi, sia dell'importante contributo che essi arrecano all'economia delle aree di frontiera, considerando altresì che in entrambi i paesi l'imposizione finale avviene nello Stato di residenza".
L'Accordo, che sostituisce quello del 1974, istituisce - a partire dalla sua entrata in vigore - un regime di tassazione concorrente che attribuisce i diritti di imposizione sia allo Stato di residenza del lavoratore frontaliero, sia allo Stato della fonte del reddito da lavoro dipendente. In particolare, i salari sono imponibili nel Paese di svolgimento dell'attività lavorativa, ma entro il limite dell'80 per cento di quanto dovuto dallo stesso Paese in base alla normativa sulle imposte sui redditi delle persone fisiche. Lo Stato di residenza applica poi le proprie imposte sui redditi ed elimina la doppia imposizione relativamente alle imposte prelevate nell'altro Stato.
L'Accordo definisce le cosiddette "aree di frontiera" che, per quanto concerne l'Italia sono le regioni Lombardia, Piemonte e Valle d'Aosta nonché la Provincia autonoma di Bolzano, nonché una definizione di “lavoratori frontalieri”. In particolare, ai sensi dell’articolo 2, lettera b), del predetto Accordo, l’espressione «lavoratore frontaliere» designa un residente di uno Stato contraente che:
i. è fiscalmente residente in un Comune il cui territorio si trova, totalmente o parzialmente, nella zona di 20 km dal confine con l’altro Stato contraente,
ii. svolge un’attività di lavoro dipendente nell’area di frontiera dell’altro Stato contraente per un datore di lavoro residente, una stabile organizzazione o una base fissa di detto altro Stato, e
iii. ritorna, in linea di principio, quotidianamente al proprio domicilio principale nello Stato di residenza ai sensi del punto i.;
le autorità competenti degli Stati contraenti stabiliscono con procedura di amichevole composizione le modalità di applicazione dei punti i. e iii. della presente lettera.
L’Accordo prevede inoltre alcune disposizioni transitorie relative agli attuali lavoratori frontalieri residenti in Italia che lavorano in Svizzera, ai quali continuerà ad applicarsi il regime di tassazione esclusiva in Svizzera. A titolo di compensazione, la Svizzera è tenuta a versare fino alla fine del 2033 una compensazione finanziaria a favore dei comuni italiani di confine, pari al 40 per cento dell'imposta alla fonte prelevata dalla Svizzera.
Dell'Accordo è parte integrante anche un Protocollo aggiuntivo con funzione interpretativa e integrativa.
Il Protocollo è composto di 12 paragrafi e prevede – fra l'altro – la consultazione bilaterale in caso di modifica sostanziale della legislazione fiscale da parte di uno dei due Paesi (paragrafo 1), la precisazione circa la tipologia di imposte applicabili ai frontalieri (paragrafo 4), nonché la disciplina relativa ad alcuni aspetti di funzionamento della Commissione mista di cui all'articolo 6 sulla composizione delle controversie riguardanti l'interpretazione o applicazione dell'Accordo.
La sostituzione dell'Accordo sui lavoratori frontalieri del 3 ottobre 1974 con il nuovo Accordo del dicembre 2020 comporta la necessità di adeguare, attraverso lo strumento del Protocollo modificativo, anche la disposizione dell'articolo 15, paragrafo 4, della Convenzione tra la Repubblica italiana e la Confederazione svizzera per evitare le doppie imposizioni del 1976. Composto di due articoli, il Protocollo modificativo cambia il paragrafo 4 dell'articolo 15 della Convenzione bilaterale per evitare le doppie imposizioni del 1976, adeguando il riferimento al nuovo Accordo relativo all'imposizione dei lavoratori frontalieri e confermando che anche il nuovo Accordo costituisce parte integrante della Convenzione del 9 marzo 1976.
La legge n. 83 del 2023 reca la ratifica ed esecuzione dell’Accordo e del Protocollo modificativo della Convenzione bilaterale.
Gli articoli 1 e 2 della legge di ratifica ed esecuzione recano rispettivamente l'autorizzazione alla ratifica dell'Accordo e del Protocollo e il relativo ordine di esecuzione.
L'articolo 3 specifica che le disposizioni dell'Accordo si applicano ai lavoratori transfrontalieri residenti in Italia che lavorano nell'area di frontiera in Svizzera e che quelli tra questi che rientrano nel regime transitorio di cui all'articolo 9 dell'Accordo restano imponibili solo in Svizzera.
L'articolo 4 prevede che, a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore dell'Accordo, il reddito da lavoro dipendente prestato all'estero in zona di frontiera o in altri paesi limitrofi al territorio nazionale, in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto, da lavoratori residenti nel territorio dello Stato italiano, concorre a formare il reddito complessivo per l'importo eccedente 10.000 euro; tale franchigia si applica a tutti i lavoratori frontalieri anche se non lavorano in Svizzera. Attualmente l'importo della franchigia, come definito, da ultimo, dall'articolo 1, comma 690, della legge n. 190 del 2014, è pari a 7.500 euro.
L'articolo 5 prevede la deducibilità, a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore dell'Accordo, dei contributi previdenziali per i prepensionamenti di categoria che, in base a disposizioni contrattuali, sono a carico dei lavoratori frontalieri. Anche questa norma si applica a tutti i lavoratori frontalieri.
L'articolo 6 stabilisce che, sempre a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore dell'Accordo, gli assegni familiari corrisposti a tutti i lavoratori frontalieri dagli enti di previdenza dello Stato in cui è prestata l'attività lavorativa siano esclusi dalla base imponibile IRPEF.
L'articolo 7 riguarda le modalità di calcolo della NASpI per i lavoratori frontalieri italiani, prevedendo tra l'altro che in caso di disoccupazione la NASpI sia equiparata a quella percepita dai lavoratori svizzeri per i primi tre mesi (comma 1), a meno che quella italiana non sia di importo più elevato rispetto a quella svizzera (comma 2).
L'articolo 8, in relazione ai redditi prodotti in Italia dai frontalieri residenti in Svizzera, prevede che – sempre a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore dell'Accordo – l'imposta netta e le addizionali comunale e regionale all'IRPEF, dovute sui redditi derivanti da lavoro dipendente prestato in Italia, siano ridotte del 20 per cento.
Le riduzioni sono indicate nella certificazione unica rilasciata dal sostituto d'imposta e spettano comunque negli importi determinati da detto soggetto anche qualora sia presentata la dichiarazione dei redditi.
L'articolo 9, con riferimento alla ripartizione della compensazione finanziaria dovuta dai cantoni dei Grigioni, del Ticino e del Vallese in relazione ai lavoratori frontalieri interessati dal regime transitorio di cui all'articolo 9 dell'Accordo, prevede che tale compensazione sia pari, per ognuno dei tre cantoni, al 40 per cento dell'ammontare lordo delle imposte sui salari, sugli stipendi e le altre remunerazioni analoghe pagate durante l'anno fiscale di riferimento dai frontalieri italiani. Essa è dovuta per ciascun anno fiscale di riferimento, fino all'anno fiscale in corso al 31 dicembre 2033.
L'articolo 10 dispone, tra l'altro, al comma 1, che nel corso del periodo transitorio di cui all'articolo 9 dell'Accordo, ai comuni italiani di frontiera, spetti un contributo statale idoneo a garantire un livello di finanziamento pari a 89 milioni di euro annui, che corrispondono all'importo ottenuto per l'anno 2019 per i trasferimenti effettuati dai cantoni della Svizzera in base al precedente Accordo del 3 ottobre 1974.
L'articolo 11 prevede l'istituzione, l'alimentazione e il riparto del Fondo per lo sviluppo economico, il potenziamento delle infrastrutture e il sostegno dei salari nelle zone di confine italo-elvetiche, allocato nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. Il Fondo, la cui dotazione annua è indicata nel comma 1 a partire dal 2025, è destinato al finanziamento di progetti di sviluppo economico e sociale dei territori dei comuni di frontiera e al potenziamento delle infrastrutture nelle zone di confine tra Italia e Svizzera, con particolare riguardo al sostegno delle remunerazioni nette dei lavoratori residenti nei suddetti comuni, occupati in aziende negli stessi territori, mediante assegni integrativi a titolo di premio di frontiera, al fine di sostenere la competitività salariale rispetto ai livelli salariali oltre confine e scongiurare i conseguenti rischi di desertificazione produttiva.
Il nuovo articolo 12, inserito durante l'esame alla Camera, contiene "disposizioni diverse": i primi due commi riguardano norme relative al telelavoro; nel terzo si dispone che, in considerazione del rafforzamento dei rapporti economici italo-svizzeri dovuto alla ratifica dell'Accordo in oggetto e delle disposizioni in materia di scambio di informazioni contenute nell'articolo 7 del suddetto Accordo, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge in questione, si provvede all'eliminazione della Svizzera dall'elenco di cui all'articolo 1 del decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999 (la cosiddetta "black list" dei Paesi con particolari regimi fiscali agevolati) con decorrenza dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di pubblicazione del suddetto decreto.
Il nuovo articolo 13 (ex articolo 12) dispone che entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali istituisce con proprio decreto, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un tavolo interministeriale con lo scopo di discutere proposte in materia di sicurezza sociale, mercato del lavoro e dialogo sociale, nonché cooperazione transnazionale per la definizione di uno Statuto dei lavoratori frontalieri.
Il nuovo articolo 14 (ex articolo 13) provvede alla copertura finanziaria del provvedimento.
Il nuovo articolo 15 (ex articolo 14) disciplina l'entrata in vigore della legge.
In termini di inquadramento, nella relazione tecnica il Governo rappresenta che, con la Dichiarazione di intenti del Ministro dell’Economia e delle Finanze della Repubblica Italiana e del Capo del Dipartimento federale delle
finanze della Confederazione Svizzera del 10 novembre 2023, è stata espressa la volontà di modificare e integrare il punto 2 del Protocollo aggiuntivo all’Accordo, ratificato dall’Italia con legge n. 83 del 2023, con una nuova disposizione che consenta ai lavoratori frontalieri di potere svolgere fino al 25 per cento della propria attività di lavoro dipendente in modalità di telelavoro senza perdere lo status di lavoratore frontaliere. La citata Dichiarazione di intenti ha previsto che la modifica e l’integrazione del punto 2 del Protocollo aggiuntivo avvenga mediante un Protocollo di modifica dell’Accordo, che è stato successivamente firmato a Roma e a Berna, rispettivamente, il 30 maggio e il 6 giugno 2024, con previsione che le disposizioni del Protocollo di modifica dell’Accordo trovino applicazione dalla data di prima applicazione dell’Accordo (1° gennaio 2024).
Sotto il profilo bilaterale, in attesa della ratifica e dell’entrata in vigore del Protocollo che modifica l’Accordo frontalieri del 2020, Italia e Svizzera hanno concordato di attuare le modalità relative al telelavoro con l’accordo amichevole transitorio del 28 novembre 2023 in cui è stato indicato che, per quanto riguarda l’Italia, l’efficacia a partire dal 1° gennaio 2024 delle disposizioni di cui al richiamato Protocollo di modifica prima della ratifica ed entrata in vigore di quest’ultimo richiederà in ogni caso l’adozione di una norma di rango legislativo.
Il comma 2 chiarisce, in via interpretativa, le disposizioni di cui all’articolo 51, comma 8-bis, del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), di cui al D.P.R. n. 917 del 1986.
Come chiarito dalla relazione illustrativa, ai fini dell’applicazione dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, l’articolo 51, comma 8-bis, del TUIR stabilisce che, in deroga alle regole ordinarie, i redditi di lavoro dipendente, prestato all'estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto da lavoratori che nell'arco di dodici mesi soggiornano in uno Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni, pur mantenendo la residenza fiscale in Italia, sono determinati sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto-legge n. 317 del 1987, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 398 del 1987.
Per l’anno 2024 dette retribuzioni convenzionali sono state definite con il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, emanato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze in data 6 marzo 2024 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana 19 marzo 2024, n. 66.
Il comma 2 stabilisce che il predetto comma 8-bis si interpreta nel senso di includere anche i redditi di lavoro dipendente prestato all'estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto dai dipendenti che, nell'arco di dodici mesi, soggiornano nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni ritornando in Italia al proprio domicilio una volta alla settimana.
Il comma 3 stabilisce che, a seguito dell’istituzione di apposito fondo nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze a decorrere dall’anno 2025, ai sensi dell’articolo 10, comma 3, della legge n. 83 del 2023, una quota del contributo statale di cui ai commi 1 e 2 del medesimo articolo 10 compete anche ai comuni italiani di frontiera indicati nell’allegato 1 al decreto-legge n. 113 del 2024, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 143 del 2024.
La quota del contributo statale di cui al primo periodo è calcolata sulla base di criteri da individuare con il decreto di cui all’articolo 10, comma 5, della legge n. 83 del 2023.
Non è dovuto alcun contributo statale per le annualità antecedenti a quella di istituzione del fondo di cui al citato articolo 10, comma 3, della legge n. 83 del 2023.
Come chiarito dal Governo nella relazione illustrativa, il citato Accordo, nell’individuare, all’articolo 2, lettera b), i lavoratori frontalieri, prevede, tra i requisiti, al punto i., l’essere fiscalmente residenti in un Comune il cui territorio si trova, totalmente o parzialmente, nella zona di 20 km dal confine con l’altro Stato contraente, rinviando ad atti delle autorità competenti degli Stati contraenti (il Ministero dell’economia e delle finanze per l’Italia e il capo del Dipartimento federale delle finanze per la Svizzera), con procedura di amichevole composizione, le necessarie previsioni applicative.
Con procedura di amichevole composizione del 22 dicembre 2023 (i relativi atti sono rinvenibili sul sito del Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento delle finanze), le suddette autorità hanno provveduto all’individuazione di tali comuni, elencati, quelli della Confederazione svizzera, nel relativo allegato A, e quelli italiani, nel relativo allegato B.
L’articolo 10 della menzionata legge di ratifica dell’Accordo (legge n. 83 del 2023), all’articolo 10, ha previsto un contributo statale a favore dei comuni italiani frontalieri, come individuati ai sensi delle suddette disposizioni, sia in via transitoria (cfr. comma 1), sia successivamente al termine del periodo transitorio (cfr. comma 2), prevedendo, per dette finalità, l’istituzione di un apposito fondo presso il Ministero dell’economia e delle finanze (cfr. comma 3) e demandando ad un decreto del relativo Ministro le necessarie disposizioni attuative (cfr. comma 5).
Considerato che:
i. il previgente Accordo sui lavoratori frontalieri del 3 ottobre 1974 non prevedeva alcun elenco dei comuni frontalieri,
ii. la Svizzera ha applicato le relative disposizioni sulla base degli elenchi predisposti dai cantoni dei Grigioni, del Ticino e del Vallese e
iii. l’elenco dei comuni italiani redatto dall’Istituto Geografico Militare ha fatto emergere un numero di 72 comuni compresi nella fascia di 20 km dal confine con la Svizzera che non erano stati precedentemente inclusi negli elenchi predisposti dai citati cantoni, il comma 3 prevede che una quota del contributo statale di cui ai citati commi 1 e 2 dell’articolo 10 della legge n. 83 del 2023 competa anche ai comuni italiani di frontiera, dettagliati nell’allegato 1 al decreto-legge 9 agosto 2024, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 ottobre 2024, n. 143, compresi nell’allegato B della richiamata procedura amichevole 22 dicembre 2023 (ovvero il cui territorio si trova, totalmente o parzialmente, nella zona di 20 km dal confine con la Svizzera) che non erano stati precedentemente inclusi negli elenchi dei cantoni dei Grigioni, del Ticino e del Vallese al fine dell’applicazione del previgente Accordo tra l’Italia e la Svizzera del 3 ottobre 1974. A tali comuni, in quanto non presenti negli elenchi precedentemente predisposti dai citati cantoni, non sono mai state attribuite somme a titolo di compensazione finanziaria (ristorni). Inoltre, il comma 3, prevede che la quota del contributo di cui al comma 1 sia determinata sulla base dei criteri individuati dal richiamato decreto attuativo di cui all’articolo 10, comma 5, della legge n. 83 del 2023 e che nessuna contribuzione è dovuta per le annualità antecedenti a quella di istituzione del citato fondo di cui all’articolo 10, comma 3, della legge n. 83 del 2023.
Articolo 16
(Misure per il sostegno degli indigenti e per gli acquisti di beni
di prima necessità – Carta «Dedicata a te»)
L’articolo 16 dispone l’incremento di 50 milioni con decorrenza dal 2025 della dotazione del fondo per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti. Dispone poi l’incremento di 500 milioni per il 2025 della dotazione del Fondo per l’acquisto di beni alimentari di prima necessità, da ripartire secondo le modalità individuate da uno specifico decreto interministeriale. Di tali risorse, una quota pari a 2,3 milioni per il 2025 sono destinate ad incrementare l’autorizzazione di spesa di cui comma 451-bis, art. 1, della legge di Bilancio 2023.
L’articolo 16 comporta un impatto finanziario complessivo in termini di maggiori spese di 50 milioni dal 2025, per il Fondo distribuzione derrate alimentari alle persone indigenti, e di 500 milioni di euro per il solo 2025 del Fondo per l’acquisto dei beni alimentari di prima necessità.
L’articolo 16 prevede misure per il sostegno dei soggetti in condizioni di disagio economico e di indigenza, al fine di proseguire l’attuazione delle politiche di contrasto alla privazione economico-sociale.
Per tale finalità, si prevede in particolare:
§ a decorrere dall’anno 2025, un incremento di 50 milioni di euro annui della dotazione del Fondo per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti, di cui all’articolo 58 del D.L. n. 83 del 2012[5] (L. n. 134 del 2012), istituito presso l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), finalizzato all’erogazione ed il finanziamento dei programmi nazionali di distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti, mediante organizzazioni caritevoli, conformemente al programma annuale di distribuzione ed alle modalità previste dalla citata normativa vigente di cui alla D.L. 83/2012 (comma 1);
In proposito si ricorda che il predetto Fondo nazionale indigenti è stato istituito con l’articolo 58, del D.L. n. 83 del 2012 (L. n. 134/2012) presso l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura - AGEA, con risorse allocate nello stato di previsione del MASAF (cap. 1526). Dal decreto di ripartizione in capitoli del bilancio dello Stato 2024-2026, in tale capitolo risultano iscritte risorse per complessivi 54,9 milioni di euro nel 2024. Qui l’approfondimento sulle risorse del Fondo. Anche per tale Fondo, i commi 2-6, art. 1, della legge di Bilancio 2024 (L. n. 213/2013) hanno previsto un incremento di 50 milioni di euro per l’anno 2024.
§ per il 2025, l’incremento di 500 milioni di euro della dotazione del Fondo per l’acquisto dei beni di prima necessità istituito dal comma 450, art. 1, della Legge n. 197 del 2022 (legge di Bilancio 2023) nello stato di previsione del MASAF, destinato all'acquisto di beni alimentari di prima necessità da parte dei soggetti che presentano un ISEE non superiore a 15.000 euro, da fruire mediante apposito sistema abilitante tramite uno strumento di pagamento denominato Carta “Dedicata a Te”. Quanto all’attuazione, si prevede che, con decreto del Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (MASAF), di concerto con il Ministro delle imprese e del made in Italy, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali ed il Ministro dell’economia e delle finanze, si provveda alla ripartizione delle risorse, nonché all’individuazione dei termini e delle modalità di erogazione (comma 2).
In proposito va ricordato che il citato comma 450 della LB 2023 ha dotato detto Fondo per l’acquisto dei beni di prima necessità di un ammontare di 500 milioni di euro per il 2023, demandando la definizione del sistema abilitante ad un decreto MASAF – MEF, per stabilire i seguenti requisiti;
a) i criteri e le modalità di individuazione dei titolari del beneficio, tenendo conto dell'età dei cittadini, dei trattamenti pensionistici e di altre forme di sussidi e trasferimenti già ricevuti dallo Stato, della situazione economica del nucleo familiare, dei redditi conseguiti, nonché di eventuali ulteriori elementi atti a escludere soggetti non in stato di effettivo bisogno;
b) l'ammontare del beneficio unitario;
c) le modalità e i limiti di utilizzo del fondo e di fruizione del beneficio, da erogare sulla base di procedure di competenza dei Comuni di residenza;
d) le modalità e le condizioni di accreditamento degli esercizi commerciali che aderiscono a Piani di contenimento dei costi dei generi alimentari di prima necessità.
Al riguardo, il decreto MASAF 18 aprile 2023 ha definito i criteri per l’individuazione dei nuclei familiari in stato di bisogno, beneficiari del contributo economico previsto dal sopra richiamato complesso di norme della legge di Bilancio per il 2023[6] per la cd. “Social card” istituita dal MASAF per l’acquisto di beni di prima necessità. In base al citato decreto, il numero complessivo di carte assegnabili era pari a 1.300.000 unità, con un contributo entro il limite pro-capite di circa 76 euro (v. box).
Successivamente, l’articolo 2, commi 1-3 del DL 131/2023 (cd. Energia) ha disposto il riconoscimento di un ulteriore contributo di complessivi 100 milioni ai beneficiari della cd. Social Card, come misura di sostegno al potere d’acquisto dei nuclei familiari meno abbienti, anche a seguito dell’incremento del costo del carburante, portando la dotazione iniziale del Fondo da 500 a 600 milioni di euro.
§ viene infine rifinanziata, per un ammontare di 2,3 milioni di euro per il 2025 a valere sulle risorse del medesimo Fondo per l’acquisto dei beni di prima necessità, l’autorizzazione di spesa di cui comma 451-bis, art. 1, della legge di Bilancio 2023 (L. n. 197 del 2022) (v. box) (comma 3).
Come indicato dalla relazione illustrativa ciò è necessario al fine di consentire al MASAF di continuare ad avvalersi delle procedure previste dall’articolo 58, comma 6, del decreto-legge n. 104 del 2020 (L. n. 126 del 2020)[7].
Il contributo per l’acquisto dei beni alimentari di prima necessità, previsto dalla legge di Bilancio 2023 (articolo 1, co. 450-451-bis, Legge n. 197/2022, come modificata dal D.L. n. 13/2023 - L. n. 41/2023) è attuato mediante un trasferimento in danaro pari a 382,50 euro per nucleo familiare, erogabile tramite carte elettroniche di pagamento, prepagate e ricaricabili, messe a disposizione da Poste Italiane per il tramite della società controllata Postepay (“Carta Dedicata a Te”). Le stesse carte elettroniche sono consegnate agli aventi diritto presso gli uffici postali abilitati al servizio, per spese relative ai soli beni di prima necessità, con esclusione di qualsiasi tipologia di bevanda alcolica, presso tutti gli esercizi commerciali convenzionati che vendono generi alimentari.
I beneficiari del contributo sono i cittadini appartenenti ai nuclei familiari, residenti nel territorio italiano, aventi specifici requisiti, tra cui:
§ iscrizione di tutti i componenti del nucleo familiare all’Anagrafe della popolazione residente (Anagrafe comunale);
§ titolarità di una certificazione ISEE ordinario, in corso di validità, con indicatore non superiore ai 15.000 euro annui.
In taluni specifici casi il contributo non è cumulabile, come ad esempio per i nuclei familiari che alla data di entrata in vigore del decreto di attuazione (decreto MASAF 18 aprile 2023) avessero incluso titolari di: a) Reddito di cittadinanza; b) Reddito di inclusione o qualsiasi altra misura di inclusione sociale o sostegno alla povertà. Viene precluso inoltre ai nuclei familiari nei quali almeno un componente sia percettore della Nuova assicurazione sociale per l’impiego (NASPI) e dell’Indennità mensile di disoccupazione per i collaboratori (DIS-COLL); o dell’Indennità di mobilità e dei Fondi di solidarietà per l’integrazione del reddito; ovvero di Cassa integrazione guadagni-CIG o di qualsivoglia differente forma di integrazione salariale, o di sostegno nel caso di disoccupazione involontaria, erogata dallo Stato.
L’individuazione dei beneficiari è operata dall’INPS che inviano ai comuni l’elenco dei beneficiari del contributo, nei limiti delle carte loro assegnate di cui all’allegato 2, individuati tra i nuclei familiari residenti sul proprio territorio, secondo i seguenti criteri di priorità decrescente:
1. nuclei familiari, composti da non meno di tre componenti, di cui almeno uno nato entro il 31 dicembre 2009, priorità è data ai nuclei con indicatore ISEE più basso;
2. nuclei familiari, composti da non meno di tre componenti, di cui almeno uno nato entro il 31 dicembre 2005, priorità è data ai nuclei con indicatore ISEE più basso;
3. nuclei familiari composti da non meno di tre componenti, priorità è data ai nuclei con indicatore ISEE più basso;
Il numero complessivo delle carte assegnabili è pari a 1.300.000, con carattere nominativo e operatività a partire dal mese di luglio 2023. Le carte sono ritirate dai beneficiari dei contributi presso gli uffici postali abilitati al servizio e non sono fruibili, con decadenza del beneficio, se non sia stato effettuato il primo pagamento entro il 15 settembre 2023.
L’assegnazione del numero delle carte per ciascun comune è effettuata in base ai seguenti criteri:
§ una quota pari al 50% del numero totale di carte, è ripartita in proporzione alla popolazione residente in ciascun comune;
§ una quota pari al restante 50%, è distribuita in base alla distanza tra il valore del reddito pro capite medio di ciascun comune ed il valore del reddito pro capite medio nazionale, ponderata per la rispettiva popolazione.
Il comma della citata legge n. 197/2022 (legge di bilancio 2023) prevede peraltro che, laddove mediante il decreto di cui al citato 451 venga individuato quale sistema per l’erogazione del contributo l’utilizzo di tessere nominative prepagate, la distribuzione delle stesse possa essere affidata al gestore del servizio postale universale sulla base di apposita convenzione.
In merito alle ulteriori politiche per il contrasto della povertà, si segnala che, negli ultimi anni, è proseguito il percorso di definizione dei livelli essenziali elle prestazioni sociali (LEPS) e il contemporaneo processo di rafforzamento dei servizi sociali.
Più recentemente, la legge di bilancio 2023 (art. 1, commi 434 e 435, della legge n. 197 del 2022) ha istituito il Fondo per il Reddito alimentare, con una dotazione pari a 1,5 milioni di euro per il 2023 e 2 milioni di euro a decorrere dal 2024, finalizzato all'erogazione di pacchi alimentari, realizzati con l'invenduto della distribuzione, da distribuire nelle città metropolitane ai soggetti in condizioni di povertà assoluta.
Per le modalità di attuazione delle misura sperimentale (triennale) è stato adottato il Decreto n. 78 del 26 maggio 2023 che ne stabilisce i presupposti e la destinazione delle risorse finanziarie, integrative di quelle già previste dal Programma Nazionale "Inclusione e lotta alla povertà 2021-2027". La sperimentazione, che verrà attuata presso alcuni comuni capoluogo di città metropolitana individuati in Conferenza Unificata, prevede che i prodotti invenduti dei negozi - perché non idonei alla vendita a causa di confezioni rovinate o prossime alla scadenza - siano distribuiti gratuitamente sotto forma di pacchi alimentari, anche attraverso gli enti del Terzo Settore. Questa misura si affianca alle altre iniziative di distribuzione di beni alimentari per contrastare l'indigenza grave, quali il Fondo nazionale presso il Ministero dell'Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, il Programma PO I FEAD per il periodo 2014-2020 e il nuovo PN Inclusione e lotta alla povertà 2021-2027.
Articolo 17
(Mutui per la prima casa)
L’articolo 17 interviene sulla disciplina del Fondo di garanzia per l’acquisto della prima casa, prorogando al 31 dicembre 2027 (dal 31 dicembre 2024) la possibilità di usufruire della garanzia massima dell’80 per cento, a valere sul Fondo medesimo, sulla quota capitale dei mutui destinati alle categorie prioritarie, aventi specifici requisiti di reddito ed età.
La disposizione, inoltre, differisce alla medesima data l’applicazione di alcune norme a supporto nell’accesso al credito fornito dalle garanzie del Fondo prima casa in favore delle famiglie numerose.
La disposizione prevede maggiori spese dovute al rifinanziamento del Fondo di garanzia per la prima casa per 130 milioni di euro per l’anno 2025 e per 270 milioni di euro per ciascuno degli anni 2026 e 2027.
L’articolo 17, comma 1, proroga al 31 dicembre 2027 la possibilità di avvalersi della disciplina speciale che eleva la misura massima della garanzia rilasciata dal Fondo di garanzia per la prima casa (istituito dall'articolo 1, comma 48, lettera c) della legge 27 dicembre 2013, n. 147) dal 50 fino all’80 per cento della quota capitale le categorie prioritarie, qualora in possesso di un indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) non superiore a 40 mila euro annui e per mutui di importo superiore all’80 per cento del prezzo dell’immobile, compreso di oneri accessori. Sul punto si ricorda che tali categorie prioritarie sono le giovani coppie, i nuclei familiari monogenitoriali con figli minori, i conduttori di alloggi IACP e i giovani di età inferiore ai 36 anni, in possesso di ISEE non superiore a 40.000 euro annui, richiedenti un mutuo superiore all’80 per cento dell’immobile, ivi compresi gli oneri accessori.
Si evidenzia che il termine temporale di tale disciplina di favore, originariamente previsto per il 30 giugno 2022, è stato prorogato più volte: al 31 marzo 2023 dall’articolo 1, comma 74, lettera b), della legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio per il 2023), quindi al 30 giugno 2023 dall’articolo 3, comma 10-bis, del decreto legge 29 dicembre 2022, n. 198 e al 30 settembre 2023 dall’articolo 4-sexies, comma 1, del decreto-legge n. 51 del 2023. Da ultimo tale termine è stato differito al 31 dicembre 2023 dall’articolo 1 del decreto-legge 29 settembre 2023, n. 132 e successivamente al 31 dicembre 2024 dall’articolo 1, comma 7, della legge 30 dicembre 2023, n. 213 (legge di bilancio per il 2024).
Si segnala, altresì, che il comma 3 dell’articolo 64 del decreto-legge n. 73 del 2021 (a seguito delle modifiche introdotte l’articolo 35-bis del decreto-legge n. 144 del 2022) stabilisce, al secondo periodo, che la possibilità di elevare la garanzia fino all’80 per cento in favore delle categorie prioritarie, fermi i requisiti richiesti, operi anche quando il tasso effettivo globale-TEG sia superiore al tasso effettivo globale medio-TEGM, nel rispetto di determinate condizioni. In particolare, viene stabilito che il TEG può superare il TEGM nella misura massima pari al differenziale tra la media del tasso Interest Rate Swap a 10 anni calcolata nel mese precedente al mese di erogazione e la medesima media calcolata nel trimestre sulla base del quale è stato calcolato il TEGM in vigore. La norma si applica in caso di differenziale positivo. Qualora, invece, tale differenziale risulti negativo, i soggetti finanziatori sono tenuti ad applicare le condizioni di maggior favore in relazione al TEGM in vigore.
Il comma 2 stabilisce che le disposizioni di cui all’articolo 1, commi, 9, 10, 11, 12 e 13, della legge 30 dicembre 2023, n. 213, si applicano sino al 31 dicembre 2027. In sintesi, si tratta delle norme contenute nella legge di bilancio per il 2024 che:
§ prevedono l’inclusione, tra le categorie prioritarie, di famiglie numerose che rispettino determinate condizioni anagrafiche e reddituali;
§ dettano, in relazione alle domande presentate da tali famiglie, specifiche disposizioni concernenti, tra l’altro, la misura massima della garanzia concedibile e la misura dell’accantonamento di un coefficiente di rischio;
§ prevedono ulteriori disposizioni applicabili alle agevolazioni in parola nei casi di surroga del mutuo originario.
Si ricorda che i sopracitati commi da 9 a 13 prevedono che, per l’anno 2024, siano inserite tra le categorie prioritarie i nuclei familiari che:
§ -includono tre figli di età inferiore a 21 anni e ISEE non superiore a 40.000 euro annui;
§ -includono quattro figli di età inferiore a 21 anni e ISEE non superiore a 45.000 euro annui;
§ -includono cinque o più figli di età inferiore a 21 anni e ISEE non superiore a 50.000 euro annui.
In caso di domande di finanziamento con limite di finanziabilità (quando il rapporto tra l’importo del finanziamento e il prezzo d’acquisto dell’immobile è superiore all’80%), per le suddette famiglie numerose la misura massima della garanzia concedibile dal Fondo di garanzia per la prima casa è fissata:
a) all’80% della quota capitale (tempo per tempo in essere sui finanziamenti concessi) per le famiglie con tre figli con età inferiore a 21 anni e ISEE non superiore a 40.000 euro annui;
b) all’85% della quota capitale (tempo per tempo in essere sui finanziamenti concessi) per le famiglie con 4 figli con età inferiore a 21 anni e ISEE non superiore a 45.000 euro annui;
c) al 90% della quota capitale (tempo per tempo in essere sui finanziamenti concessi) per le famiglie con 4 figli con età inferiore a 21 anni e ISEE non superiore a 45.000 euro annui.
Tali disposizioni si applicano alle domande presentate dal trentesimo giorno dall’entrata in vigore della legge di bilancio 2024 al 31 dicembre 2024. Si rammenta che per le categorie prioritarie la garanzia massima è ordinariamente elevata dal 50 per cento all’80 per cento.
Sempre in relazione alle domande presentate dalle famiglie numerose in oggetto, si prevede che sia accantonato un coefficiente di rischio non inferiore:
§ all’8,5 per cento dell’importo garantito dal finanziamento stesso per le famiglie di cui alla lettera a);
§ al 9 per cento per le famiglie di cui alla lettera b);
§ al 10 per cento per quelle di cui alla lettera c).
Ai finanziamenti in esame si applica quanto previsto dall’ articolo 35-bis del decreto-legge n. 144 del 2022, convertito dalla legge n. 269 del 2022. Si prevede, infine, che per l’anno 2024 e per tutte le categorie aventi priorità, la garanzia del Fondo rimane operativa anche nell’ipotesi di surroga del mutuo originario, nel caso in cui le condizioni economiche rimangano sostanzialmente invariate o siano migliorative di quelle originarie e comunque non abbiano impatti negativi sull'equilibrio economico-finanziario del Fondo medesimo.
Si rammenta che la disciplina attuativa del Fondo recata dal decreto ministeriale 31 luglio 2014 stabilisce (art. 3, comma 5) che per i mutui ai quali è assegnata priorità il tasso effettivo globale (TEG) non può essere superiore al tasso effettivo globale medio (TEGM). Il citato articolo 35-bis del decreto-legge n. 144 del 2022 ha previsto che la garanzia all’80 per cento può essere concessa, in favore delle categorie prioritarie, a determinate condizioni, anche quando il TEG risulti superiore al TEGM. Il Tasso Effettivo Globale Medio (TEGM) risulta dalla rilevazione effettuata ogni tre mesi dalla Banca d'Italia per conto del MEF ed è pubblicato trimestralmente dal Ministero stesso ai sensi della legge n. 108 del 1996 (recante “Disposizioni in materia di usura”). Il TEGM si riferisce agli interessi annuali praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari per operazioni della stessa natura. Sulla base del TEGM è calcolato il limite oltre il quale gli interessi sono ritenuti usurari. Il TEG è invece il tasso effettivo globale praticato dall’intermediario in una specifica operazione (ad esempio in un contratto di mutuo) ed espresso su base annua. Per approfondimenti, si veda la pagina sul sito della Banca d’Italia Tassi effettivi globali medi (TEGM). Riguardo ai metodi di calcolo del TEGM e del TEG, si veda la pagina internet Istruzioni per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi e disposizioni correlate sul medesimo sito della Banca d’Italia.
L’interest rate swap (IRS) è un contratto attraverso il quale due parti si scambiano, in date stabilite e per un periodo prefissato, flussi costituiti da pagamenti di interessi, applicando a uno stesso capitale nozionale (ossia capitale sul quale vengono fatti i calcoli del contratto) due diversi tassi d'interesse (cfr. sito Borsa italiana). Nella loro forma più semplice (plain vanilla), gli IRS danno luogo a uno scambio di flussi di interessi in cui una controparte paga un tasso fisso e l’altra un tasso variabile su un valore nozionale sottostante, che invece non viene scambiato. La disciplina in parola - secondo quanto rappresentato dalle relazioni di accompagnamento al decreto-legge n. 144 del 2022 – è stata introdotta a seguito del nuovo scenario determinato dall’innalzamento dei tassi di interesse a partire dal 2022. Poiché il valore soglia per i tassi dei mutui agevolati, rappresentato dal TEGM, viene determinato, nel trimestre di riferimento, sulla base dei tassi applicati nei due trimestri precedenti, risulta che il tetto massimo del tasso praticabile sui mutui agevolati sia, a causa di tale criterio retrospettivo, non in linea con il mercato. Tale differenza, determinata dal “ritardo” con il quale è calcolato il TEGM rispetto all'aumento dei tassi registrato nel precedente periodo di riferimento, potrebbe indurre la diminuzione dell’offerta dei mutui agevolati, privilegiando talvolta l’offerta di contratti a tasso variabile, con maggiore esposizione nel lungo periodo delle categorie destinatarie delle agevolazioni, in caso di ulteriori rialzi dei tassi di mercato.
Il comma 2 dispone, inoltre, che le risorse disponibili a valere sulla riserva di cui all’articolo 1, comma 11, della legge 30 dicembre 2023, n. 213, possono essere utilizzate anche per le finalità di cui al comma 1.
L’articolo 1, comma 11, della legge n. 213 del 2023 dispone che per le garanzie rilasciate alle condizioni di cui ai commi da 9 a 13 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2023, n. 213 (sopra descritte), è accantonato a titolo di coefficiente di rischio un importo non inferiore, rispettivamente, all’8,5 per cento dell'importo garantito del finanziamento stesso nei casi di cui alla lettera a) del comma 9, al 9 per cento dell'importo garantito del finanziamento stesso nei casi di cui alla lettera b) del comma 9 e del 10 per cento dell'importo garantito del finanziamento stesso nei casi di cui alla lettera c) del comma 9 ed è prevista una riserva complessiva di importo massimo pari a 100 milioni di euro della dotazione finanziaria annua.
Il comma 3, infine, incrementa di 130 milioni di euro per l’anno 2025 e di 270 milioni di euro per ciascuno degli anni 2026 e 2027 la dotazione del richiamato Fondo di garanzia per la prima casa, di cui all'articolo 1, comma 48, lettera c), della legge n. 147 del 2013.
L'articolo 1, comma 48, lettera c) della legge di stabilità per il 2014 (legge 27 dicembre 2013, n. 147) ha istituito presso il Ministero dell'Economia e delle Finanze il Fondo di garanzia per la prima casa ("Fondo prima casa"), nell'ambito di un riordino generale del sistema delle garanzie per l'accesso al credito delle famiglie e delle imprese e in sostituzione del Fondo per l'accesso al credito per l'acquisto della prima casa. Il Fondo prevede la concessione di garanzie a prima richiesta su mutui, dell'importo massimo di 250 mila euro, per l'acquisto - ovvero per l'acquisto anche con interventi di ristrutturazione purché con accrescimento dell'efficienza energetica - di unità immobiliari site sul territorio nazionale da adibire ad abitazione principale del mutuatario.
Con decreto ministeriale 31 luglio 2014, pubblicato nella G.U. n. 226 del 29 settembre 2014 sono state emanate le norme di attuazione della disciplina ed è stata individuata Consap quale soggetto gestore del Fondo.
Il Fondo concede garanzie, a prima richiesta, su mutui ipotecari o su portafogli di mutui ipotecari, nella misura massima del 50 per cento della quota capitale, tempo per tempo in essere sui finanziamenti, connessi all'acquisto e ad interventi di ristrutturazione e accrescimento dell'efficienza energetica di unità immobiliari, site sul territorio nazionale, da adibire ad abitazione principale del mutuatario, con le priorità sopra ricordate. Gli interventi del Fondo di garanzia per la prima casa sono assistiti dalla garanzia dello Stato, quale garanzia di ultima istanza.
Con il Protocollo d’intesa tra il Ministero dell’economia e delle finanze e l’ABI, siglato l’8 settembre 2014, sono state disciplinate le modalità di adesione all’iniziativa da parte delle banche e degli intermediari finanziari.
Si ricorda che l'articolo 1, comma 658, della legge di bilancio per il 2019 (l. n. 145/2018), dispone che il Fondo possa essere alimentato, oltre che mediante il versamento di contributi da parte delle regioni e di altri enti e organismi pubblici, con l’intervento della Cassa depositi e prestiti, anche a valere su risorse di soggetti terzi e al fine di incrementare la misura massima della garanzia del Fondo. Si prevede inoltre che le norme di rango secondario di attuazione del Fondo stabiliscano le condizioni alle quali è subordinato il mantenimento dell’efficacia della garanzia del Fondo, in caso di cessione del mutuo.
Articolo 18, comma 1
(Disposizioni in materia di trattamento accessorio
dei dipendenti pubblici)
L’articolo 18, comma 1, prevede la possibilità di incrementare le risorse per i trattamenti accessori dei dipendenti pubblici, ivi compresi i dirigenti, rispetto a quelle destinate alla medesima finalità nel 2024.
La Relazione tecnica ascrive alla presente disposizione una maggiore spesa pari a 112,1 milioni di euro annui a decorrere dal 2025.
Il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari ascrive alla presente norma anche effetti di maggiori entrate in termini di fabbisogno e di indebitamento netto pari a 54,4 milioni di euro annui a decorrere dal 2025.
Il suddetto incremento è ammesso:
§ per i dipendenti statali, nel limite di una spesa - al lordo degli oneri contributivi ai fini previdenziali a carico del datore di lavoro e dell’imposta regionale sulle attività produttive - corrispondente alla dotazione di un apposito fondo (istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze), pari, a decorrere dal 2025, a 112,1 milioni di euro annui;
§ per i dipendenti delle altre pubbliche amministrazioni, a valere sui relativi bilanci.
Preliminarmente, occorre ricordare che, in base al limite generale finora vigente (di cui all'articolo 23, comma 2, del D.Lgs. 75/2017) e fatte salve le norme specifiche, l'ammontare annuo dei trattamenti accessori del personale, per ciascuna amministrazione e ivi compreso il personale dirigenziale, non può superare il corrispondente importo determinato per l'anno 2016.
Come detto, la disposizione in commento prevede, per le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, c. 2, del D.Lgs. 165/2001[8], l’individuazione di una percentuale di incremento rispetto al monte retributivo del 2021 (delle medesime amministrazioni). Gli incrementi dei trattamenti sono stabiliti dalla contrattazione collettiva nazionale relativa al triennio 2022-2024.
Si ricorda che analoga previsione era contenuta nel comma 604 della L. 234/2021 che consentiva un incremento delle risorse per i trattamenti accessori dei dipendenti pubblici rispetto a quelle destinate alla medesima finalità nel 2021. In tale caso la norma prevedeva, per il personale non rientrante nell’ambito di contratti collettivi, che l’incremento fosse stabilito dai provvedimenti di determinazione o autorizzazione dei trattamenti retributivi. Alla luce di quanto detto, si valuti l’opportunità di specificare se l’incremento di cui alla disposizione in esame riguardi anche il personale non rientrante nell'ambito di contratti collettivi[9].
Per le amministrazioni statali l’incremento in oggetto è ammesso nel limite di spesa corrispondente alla dotazione di un apposito fondo istituito presso il MEF e pari a 112,1 milioni di euro annui dal 2025.
Per le amministrazioni diverse da quelle statali, l’incremento è ammesso a valere sui propri bilanci e secondo gli indirizzi stabiliti dai rispettivi comitati di settore[10] (comitati competenti per la definizione di indirizzi all'ARAN per la stipulazione dei relativi contratti collettivi nazionali); in ogni caso, l'incremento è operato secondo la medesima percentuale e secondo i medesimi criteri definiti per il personale statale.
Si ricorda infine che la disposizione in commento è posta al fine di dare attuazione all’articolo 3, comma 2, del D.L 80/2021 che reca una disposizione di natura programmatica, prevedendo che con successivi interventi normativi si individuino le risorse in base alle quali i contratti collettivi nazionali di lavoro definiscano i criteri e le modalità di superamento del limite della spesa annua destinata ai trattamenti accessori del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna amministrazione pubblica.
Articolo 18, comma 2
(Trattamenti economici accessori per il personale non dirigente
delle Forze di polizia e delle Forze armate)
L’articolo 18, comma 2, dispone in merito alle risorse da destinare per l’incremento del finanziamento dei trattamenti economici accessori di natura non fissa e continuativa del personale non dirigente delle Forze di polizia e delle Forze armate, stabilito nella misura di 55,3 milioni di euro a decorrere dal 2025.
La relazione tecnica sull’articolo 18, comma 2, non ascrive effetti finanziari alle disposizioni in esso contenute, in quanto il finanziamento è disposto a valere sulle risorse stanziate dal precedente comma 1 per complessivi 112,1 milioni di euro.
L’articolo 18, comma 2, interviene in materia di finanziamento dei trattamenti economici accessori per il personale non dirigente delle Forze di polizia e delle Forze armate. Tale intervento costituisce l’attuazione in favore del personale citato di quanto disposto al comma 1 dello stesso articolo 18.
Il comma 1 prevede che le risorse destinate ai trattamenti accessori del personale dipendente delle amministrazioni pubbliche (così come individuate all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165[11]) possono essere incrementate, rispetto a quelle destinate a tali finalità nel 2024, con modalità e criteri da stabilire nell’ambito della contrattazione collettiva nazionale relativa al triennio 2022-2024, di una misura percentuale del monte salari 2021. Tale percentuale è da determinare, per le amministrazioni statali, nei limiti di una spesa complessiva di 112,1 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2025, al lordo degli oneri contributivi ai fini previdenziali e dell’imposta regionale sulle attività produttive. Secondo quanto riportato nella relazione tecnica, l’incremento percentuale massimo da applicare al monte salari del 2021 delle amministrazioni statali per garantire il rispetto del limite di spesa complessivo di 112,1 milioni di euro annui è pari a 0,22%. Nella relazione tecnica viene altresì precisato che tale calcolo è effettuato sulla base della retribuzione media e delle unità al 31 dicembre 2021, desunte dal conto annuale 2021.
Quanto fin qui esposto viene realizzato mediante l’istituzione nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze di un apposito fondo con una dotazione di importo pari a 112,1 milioni di euro.
Si ricorda che, per effetto del comma 2 dell’articolo 23 del decreto legislativo n. 75/2017, il limite dell’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche è pari al corrispondente importo determinato per l’anno 2016. Secondo quanto disposto al comma 2 dell’articolo 3 del decreto-legge n. 80/2021, tale limite relativo al trattamento accessorio può essere superato, compatibilmente con il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, secondo criteri e modalità da definire nell’ambito dei contratti collettivi nazionali di lavoro e nei limiti delle risorse finanziarie destinate a tale finalità. Il comma 1 dell’articolo 18 del presente provvedimento attua questo superamento attraverso l’incremento già richiamato.
Per approfondimenti in merito al comma 1 dell’articolo 18 si rinvia alla relativa scheda di lettura.
Il comma 2 dell’articolo 18 oggetto del presente commento prevede l’applicazione del meccanismo appena richiamato al personale non dirigente delle Forze di polizia e delle Forze armate. In particolare, è previsto che una somma pari a 55,3 milioni di euro del fondo istituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze sia destinata, nell’ambito degli accordi negoziali relativi al triennio 2022-2024, all’incremento delle risorse per il finanziamento dei trattamenti economici accessori di natura non fissa e continuativa del personale non dirigente delle Forze di polizia e delle Forze armate. Come riportato nella relazione tecnica, la norma individua la quota parte dell’importo corrispondente allo 0,22% del monte salari relativo a ciascuno dei Corpi di polizia e delle Forze armate.
Nello specifico, la somma di 55,3 milioni di euro è così ripartita:
§ 16,67 milioni di euro per le Forze armate;
§ 12,34 milioni di euro per la Polizia di Stato;
§ 13,91 milioni di euro per l’Arma dei carabinieri;
§ 7,82 milioni di euro per la Guardia di finanza;
§ 4,56 milioni di euro per il corpo della Polizia penitenziaria.
Articolo 18, comma 3
(Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa)
L’articolo 18, comma 3, incrementa di 93,7 milioni di euro annui, a decorrere dal 2025, il Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa (MOF), al fine di finanziare l’incremento dei trattamenti accessori del personale docente, in coerenza con quanto disposto, dagli altri commi dell’articolo, per le altre categorie di personale delle pubbliche amministrazioni.
L’articolo 18, comma 3, prevede effetti finanziari, in termini di maggiori spese, per un importo di 93,7 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2025.
In particolare, il comma 3 dell’articolo 18 dispone che, al fine di attuare quanto disposto dal comma 1 del medesimo articolo, in materia di incremento dei trattamenti accessori del personale delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, il fondo per il miglioramento dell'offerta formativa è incrementato di 93,7 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2025 per il personale docente.
Si ricorda che il comma 1 dell’articolo 18 - per approfondimenti sul quale si rinvia all’apposita scheda di lettura - stabilisce che al fine di dare attuazione a quanto previsto dall'articolo 3, comma 2, del decreto-legge n. 80 del 2021 (legge n. 113 del 2021), le risorse destinate ai trattamenti accessori del personale dipendente dalle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, possono essere incrementate, rispetto a quelle destinate a tali finalità nel 2024, con modalità e criteri da stabilire nell’ambito della contrattazione collettiva nazionale relativa al triennio 2022-2024 di una misura percentuale del monte salari 2021 da determinare, per le amministrazioni statali, nei limiti di una spesa complessiva di 112,1 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2025, al lordo degli oneri contributivi ai fini previdenziali e dell'imposta regionale sulle attività produttive, mediante l'istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, di un apposito fondo con una dotazione di pari importo e, per le restanti amministrazioni, a valere sui propri bilanci, con la medesima percentuale e i medesimi criteri previsti per il personale delle amministrazioni dello Stato, secondo gli indirizzi impartiti dai rispettivi comitati di settore ai sensi dell'articolo 47, comma 2, del predetto decreto legislativo n. 165 del 2001.
La relazione tecnica informa che l’incremento delle risorse da destinare ai trattamenti accessori del personale docente, mediante il rifinanziamento del Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa disposto dal comma in esame, corrisponde allo 0,22 del monte salari 2021, esattamente come per le altre categorie di personale coinvolte dalle norme di cui ai precedenti commi 1 e 2 dell’articolo 18.
Si ricorda che il Fondo per il miglioramento dell'offerta formativa (MOF) è disciplinato dall’articolo 40 del Contratto collettivo nazionale relativo al personale del comparto istruzione e ricerca – triennio 2016/2018. Da ultimo, il medesimo fondo, in base all’articolo 78 Contratto collettivo nazionale relativo al personale del comparto istruzione e ricerca – triennio 2019/2021, è inoltre alimentato dalle risorse richiamate dal medesimo articolo, che ne ha altresì modificato, in parte, la disciplina.
Quanto al contenuto del Fondo per il miglioramento dell'offerta formativa (MOF), al suo interno sono ricompresi:
a. il Fondo per l’Istituzione Scolastica;
b. le risorse destinate ai compensi per le ore eccedenti del personale insegnante di educazione fisica nell’avviamento alla pratica sportiva;
c. le risorse destinate alle funzioni strumentali al piano dell’offerta formativa;
d. le risorse destinate agli incarichi specifici del personale ATA;
e. le risorse destinate alle misure incentivanti per progetti relativi alle aree a rischio, a forte processo immigratorio e contro l’emarginazione scolastica;
f. le risorse destinate alle ore eccedenti per la sostituzione dei colleghi assenti;
g. le risorse indicate nell’articolo 1, comma 126, della legge n. 107 del 2015, oggi fondo di valorizzazione del personale scolastico;
h. le risorse per turni notturni e festivi svolti dal personale ATA ed educativo presso i Convitti e gli Educandati.
In virtù del citato articolo 78 del CCNL 2019/2021, il MOF è, inoltre, alimentato dalle seguenti risorse previste da disposizioni di legge, nei loro valori annuali:
a) le risorse di cui all’art. 1, comma 126, della legge n. 107 del 2015 (già richiamate);
b) risorse di cui all’art. 1, comma 592, della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio 2018), che istituisce un’apposita sezione nell’ambito del fondo al fine di valorizzare la professionalità dei docenti delle istituzioni scolastiche statali;
c) risorse di cui all’art. 1, comma 770 della legge n. 234 del 2021 (legge di bilancio 2022), che istituisce un’apposita sezione nell’ambito del fondo al fine di garantire la continuità didattica nelle istituzioni scolastiche statali situate nelle piccole isole;
d) altre eventuali disposizioni di legge che destinano specifiche risorse al MOF.
Il Fondo MOF è finalizzato a remunerare il personale per le seguenti finalità:
a) finalità già previste per il Fondo per l'Istituzione scolastica ai sensi dell'art. 88 del CCNL 29 novembre 2007;
b) i compensi per le ore eccedenti del personale insegnante di educazione fisica nell'avviamento alla pratica sportiva;
c) le funzioni strumentali al piano dell'offerta formativa;
d) gli incarichi specifici del personale ATA;
e) i compensi ore eccedenti per la sostituzione dei colleghi assenti;
f) utilizzo delle risorse indicate nell’articolo 1, comma 126, della legge n. 107 del 2015, oggi fondo di valorizzazione del personale scolastico, tenuto conto di quanto previsto dall’art. 1, comma 249 della legge n. 160 del 2019 (in base al quale le risorse iscritte nel fondo di cui all'articolo 1, comma 126, già confluite nel MOF, sono utilizzate dalla contrattazione integrativa in favore del personale scolastico, senza ulteriore vincolo di destinazione);
g) utilizzo delle risorse finalizzate a valorizzare la professionalità dei docenti delle istituzioni scolastiche statali;
h) utilizzo delle risorse finalizzate a garantire la continuità didattica nelle istituzioni scolastiche statali situate nelle piccole isole;
i) utilizzo delle risorse finalizzate a remunerare le prestazioni del personale secondo le finalità indicate dalle norme di legge che ne hanno previsto lo stanziamento nell’ambito del MOF;
l) altri compensi finanziati a carico del MOF sulla base delle vigenti disposizioni del CCNL.
Il Fondo MOF è ripartito tra le diverse finalità di cui sopra e tra le singole istituzioni scolastiche ed educative in sede di contrattazione integrativa di livello nazionale ed il relativo contratto collettivo è stipulato, di norma, con cadenza triennale.
Articolo 19
(Risorse per i rinnovi contrattuali per i trienni
2025-2027 e 2028-2030)
L’articolo 19 determina, per il triennio 2025-2027, gli oneri a carico del bilancio dello Stato per la contrattazione collettiva nazionale, nonché per i miglioramenti economici del personale statale in regime di diritto pubblico. Nelle more della definizione dei contratti collettivi nazionali di lavoro e dei provvedimenti negoziali relativi al personale di diritto pubblico, viene disposta, a valere sulle predette risorse, l’erogazione dell’indennità di vacanza contrattuale a favore del personale destinatario dei suddetti contratti e provvedimenti negoziali.
Per il personale dipendente da amministrazioni, istituzioni ed enti pubblici diversi dall'amministrazione statale, nonché per il personale convenzionato con il Servizio sanitario nazionale, gli oneri per i rinnovi contrattuali riferiti al medesimo triennio sono posti a carico dei rispettivi bilanci.
Viene altresì autorizzata la spesa per la copertura degli oneri della contrattazione collettiva nazionale relativa al triennio 2028-2030 e, anche in questo caso, per i miglioramenti economici del personale statale in regime di diritto pubblico.
Per i rinnovi contrattuali del triennio 2025-2027 e per i miglioramenti economici del personale statale in regime di diritto pubblico la norma riporta che gli oneri a carico del bilancio dello Stato sono determinati in 1.755 milioni di euro per il 2025, 3.550 milioni di euro per il 2026 e 5.550 milioni di euro annui a decorrere dal 2027.
La Relazione illustrativa riporta che tali somme, comprensive degli oneri contributivi ai fini previdenziali e dell’IRAP, concorrono a costituire l’importo complessivo massimo destinato, ai sensi delle vigenti disposizioni della legge di contabilità e finanza pubblica, in ciascun anno del triennio di riferimento al rinnovo dei contratti del pubblico impiego.
Pertanto, il Prospetto degli effetti finanziari per la disposizione in commento riporta maggiori spese per 1.243 milioni di euro per l’anno 2025, 2.772 milioni di euro per l’anno 2026 e 4.556 milioni di euro per l’anno 2027.
Per la copertura degli oneri della contrattazione collettiva nazionale relativa al triennio 2028-2030 viene altresì autorizzata la spesa di 1.954 milioni di euro per il 2028, 4.027 milioni di euro per il 2029 e 6.112 milioni di euro annui a decorrere dal 2030.
Dopo aver quantificato i suddetti oneri, la norma in commento dispone, nelle more della definizione dei CCNL o dei provvedimenti negoziali relativi al triennio 2025-2027 (in deroga alle procedure previste dalle disposizioni vigenti in materia) l’erogazione, a valere sulle risorse a copertura dei suddetti oneri[12], dell’indennità di vacanza contrattuale, ossia di una copertura economica che costituisce un’anticipazione dei benefici complessivi che saranno attribuiti all'atto del rinnovo contrattuale (di cui all’art. 47-bis del D.Lgs. 165/2001[13]) per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche, nonché degli analoghi trattamenti disciplinati dai provvedimenti negoziali relativi al personale contrattualizzato in regime di diritto pubblico.
La misura percentuale di detta indennità rispetto agli stipendi tabellari, è pari, allo 0,6 per cento dal 1° aprile 2025 al 30 giugno 2025 e dell’1 per cento a decorrere dal 1° luglio 2025 (comma 1, primo e secondo periodo).
Gli importi di cui sopra (comprensivi degli oneri contributivi ai fini previdenziali e dell'imposta regionale sulle attività produttive - IRAP, di cui al D.Lgs. 446/1997), concorrono a costituire l'importo complessivo massimo destinato, in ciascun anno del triennio di riferimento, al rinnovo dei contratti del pubblico impiego e alle modifiche del trattamento economico e normativo del personale idpendente dalle amministrazioni statali in regime di diritto pubblico (secondo quanto prescritto dall’art. 21, c. 1-ter, lett. e), della L. 196/2009) (comma 1, ultimo periodo).
Per il personale dipendente da amministrazioni, istituzioni ed enti pubblici diversi dall'amministrazione statale, gli oneri per i rinnovi contrattuali per il triennio 2025-2027, da destinare alle medesime finalità e da determinare sulla base dei medesimi criteri suesposti, nonché quelli derivanti dalla corresponsione dei miglioramenti economici al personale di diritto pubblico, sono posti a carico dei rispettivi bilanci[14] (comma 2).
Tale previsione si applica anche al personale convenzionato con il Servizio sanitario nazionale (comma 3).
Per la copertura degli oneri della contrattazione collettiva nazionale relativa al triennio 2028-2030, la disposizione in commento[15], infine, autorizza la spesa di 1.954 milioni di euro per il 2028, 4.027 milioni di euro per il 2029 e 6.112 milioni di euro annui a decorrere dal 2030 (al lordo degli oneri contributivi ai fini previdenziali e dell'imposta regionale sulle attività produttive - IRAP) (comma 4).
Articolo 20
Disposizioni in materia di personale della giustizia
L’articolo 20 autorizza, a decorrere dal 1° luglio 2026, il Ministero della giustizia a stabilizzare il personale assunto a tempo determinato, per assicurare la piena operatività del cd. Ufficio per il processo. Inoltre, autorizza, a decorrere dal 1° gennaio 2025, il Ministero della Giustizia a conferire ulteriori dieci incarichi dirigenziali di livello non generale, in deroga a quanto prescritto dalla normativa vigente in materia di pubblico impiego.
L’articolo 20, comma 1, prevede un’autorizzazione di spesa di euro 68.176.819 per l’anno 2026 (a decorrere dal 1° luglio) e di euro 136.353.638 a decorrere dall’anno 2027.
L’articolo 20, comma 2, non determina nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Il comma 1 dell’art. 20 dispone, a decorrere dal 1° luglio 2026, la stabilizzazione del personale assunto, a tempo determinato, dal Ministero della giustizia, inquadrato all’interno della struttura operativa denominata Ufficio per il processo, in qualità di addetto all’ufficio per il processo, nonché del personale per il supporto alle linee progettuali per la giustizia del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), di cui, rispettivamente, agli artt. 11, co. 1, primo periodo, e 13 del decreto-legge n. 80 del 2021.
In particolare, la predetta stabilizzazione persegue il fine di assicurare il raggiungimento degli obiettivi previsti in materia di efficientamento dei procedimenti civili e penali, richiesta dal Piano strutturale di medio termine 2025-2029, che rappresenta una delle misure necessarie per poter accedere alla proroga del periodo di aggiustamento del piano di bilancio strutturale a medio termine, secondo quanto indicato dall’art. 14 del Reg. UE 2024/1263 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2024.
Si ricorda che il predetto Regolamento unionale reca disposizioni in materia di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri, nonché di monitoraggio e sorveglianza di bilancio multilaterale. In tale contesto, l’art. 14 disciplina la proroga del periodo di aggiustamento dello Stato membro previsto dal Piano nazionale strutturale di bilancio. In particolare, tale proroga, che può estendersi fino a tre anni, è consentita allorquando lo Stato si assuma un insieme di impegni di riforma e di investimento volti a soddisfare una serie di criteri tra cui: il miglioramento sostenibile del potenziale di crescita e di resilienza dell'economia dello Stato membro interessato ed il favorire la sostenibilità di bilancio, con un miglioramento strutturale delle finanze pubbliche nel medio termine.
La stabilizzazione, di cui sopra, opera, in deroga all’art. 20 del d.lgs. 75/2017, nei confronti dei dipendenti interessati che abbiano maturato determinati requisiti:
§ aver lavorato per almeno 24 mesi continuativi nella qualifica ricoperta;
§ risultare in servizio alla data del 30 giugno 2026.
L’art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017, detta norme per il superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni, prevedendo che le amministrazioni possano assumere a tempo indeterminato, in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni e con l'indicazione della relativa copertura finanziaria, personale non dirigenziale in possesso di tutti i seguenti requisiti: risulti in servizio con contratto a tempo determinato presso l’amministrazione che procede all’assunzione; sia stato reclutato a tempo determinato con procedure concorsuali anche espletate presso amministrazioni pubbliche diverse da quella che procede all’assunzione; abbia maturato al 31 dicembre 2024, alle dipendenze dell’amministrazione che procede all’assunzione, almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi otto anni.
La procedura di stabilizzazione si svolgerà previa selezione comparativa sulla base dei distretti territoriali e degli uffici centrali, con possibilità di scorrimento fra i distretti. Le stabilizzazioni sono autorizzate nei limiti di un contingente massimo di 2.600 unità nell’Area dei Funzionari e di 400 unità nell’Area degli Assistenti del CCNL 2019-2021 Comparto Funzioni Centrali.
Sul punto si ricorda che l’art. 22, co. 1, lett. c) del D.L. n. 19/2024, attraverso l’introduzione del nuovo art. 16-bis all’interno del d.l. n. 80/2021, ha previsto la stabilizzazione nei ruoli del Ministero della giustizia e del Segretariato per la giustizia amministrativa del personale assunto a tempo determinato in servizio al 30 giugno 2026, che ha lavorato per almeno 24 mesi continuativi nella qualifica ricoperta, previo espletamento di una selezione comparativa.
Nello specifico, per quanto concerne il personale del Ministero della Giustizia, la selezione comparativa è svolta sulla base dei distretti territoriali e degli uffici centrali, nei limiti delle facoltà assunzionali maturate e disponibili a legislazione vigente e dei posti disponibili in organico, con possibilità di scorrimento fra i distretti.
Mentre, per quanto riguarda le stabilizzazioni effettuate dal Segretariato per la giustizia amministrativa, si prevede la quantificazione degli oneri pari ad euro 2.457.650 per l'anno 2026 e ad euro 4.915.299 a decorrere dall'anno 2027, ai quali si provvede a valere sulle risorse del bilancio autonomo della Giustizia amministrativa disponibili a legislazione vigente e senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
La struttura organizzativa dell’Ufficio per il processo, si colloca quale obiettivo perseguito dall’Investimento 1.8 del PNRR, concernente l’Asse 2 Giustizia, volto a finanziare un piano straordinario di assunzioni di varie professionalità da affiancare al personale del Ministero della giustizia e della Giustizia amministrativa nel conseguimento degli obiettivi fissati dal PNRR. Le risorse stanziate per la realizzazione del citato investimento 1.8 ammontano a 2.268 milioni di euro per il Ministero della giustizia e a 41,8 milioni di euro per il Consiglio di Stato; si tratta di contributi a fondo perduto
In particolare, l’Ufficio per il processo è diretto a realizzare un maggiore efficientamento della giustizia, mediante un concreto ausilio all’attività giurisdizionale. Nello specifico, questa nuova struttura coadiuva il magistrato nelle attività collaterali (ricerca, studio, monitoraggio, gestione del ruolo, preparazione di bozze di provvedimenti), in maniera tale da determinare la riduzione della durata dei procedimenti e l’abbattimento dell’arretrato. A tal riguardo, occorre ricordare che il D.lgs. 151/2022 ha riformato la disciplina dell’Ufficio per il processo, conferendo a tale istituto una disciplina organica.
L’attuazione concreta di tale misura è stata realizzata attraverso gli artt. 11 e 13 del decreto-legge n. 80 del 2021, i quali hanno dettato prescrizioni speciali volte al reclutamento del personale necessario al fine di supportare le linee di progetto ricomprese nel PNRR e, in particolare, allo scopo di favorire la piena operatività delle strutture organizzative dell’Ufficio per il processo. Tali norme hanno autorizzato il Ministero della giustizia ad assumere un contingente massimo di 16.500 unità di addetti all'ufficio per il processo (nell'ambito di tale contingente è previsto che saranno destinate alla Corte di cassazione fino a 400 unità) e un contingente massimo di 5.140 unità di personale tecnico-amministrativo. L'articolo 11 ha altresì autorizzato il Segretariato generale della Giustizia amministrativa ad avviare le procedure di reclutamento di un contingente massimo complessivo di 326 unità di addetti all'ufficio per il processo. Il personale richiamato è stato impiegato con contratti di lavoro a tempo determinato.
I primi bandi per il reclutamento sono stati pubblicati tra luglio 2021 e aprile 2022 e concernevano un primo contingente di 8.171 addetti all'Ufficio per il processo, 168 unità di personale non dirigenziale per l'ufficio per il processo nell'ambito della giustizia amministrativa e un contingente di 5.410 unità di personale amministrativo non dirigenziale appartenente ai profili professionali di tecnico IT, tecnico di contabilità, tecnico di edilizia, tecnico statistico, tecnico di amministrazione, analista di organizzazione, operatore di data entry.
Successivamente, in data 5 aprile 2024, è stato pubblicato un ulteriore bando di concorso per la copertura di altre 3.946 unità di personale con il profilo di Addetto all’Ufficio per il processo nell’ambito della giustizia ordinaria (con n. 95 unità riservate alla Corte di Cassazione).
Si ricorda che l’art. 1, co. 9, lett. b), del d.l. 215/2023 ha prorogato i contratti a tempo determinato degli addetti all’Ufficio per il processo fino al 30 giugno 2026.
Stante, tuttavia, la difficoltà incontrata sia nella copertura dei posti sia nel trattenimento delle unità immesse in servizio, evidenziate nella quarta Relazione sullo stato di attuazione del PNRR (trasmessa al Parlamento in data 26 febbraio 2024), in cui si parla di scarsa appetibilità di offerte di lavoro a tempo determinato di durata inferiore a tre anni, che ha condotto a un progressivo abbandono anticipato dell'incarico, l'obiettivo da raggiungere al 30 giugno 2024 è stato rimodulato, portando da 19.719 a 10.000 le unità di personale complessive da immettere in servizio tra addetti UPP e personale tecnico-amministrativo. Obiettivo in seguito raggiunto come precisato dalla Quinta Relazione sullo stato di attuazione del PNRR, trasmessa il 25 luglio 2024.
Si segnala inoltre che, per assicurare la copertura ed il mantenimento in servizio del personale reclutato, il decreto-legge n. 19 del 2024 ha introdotto importanti misure in materia. In primo luogo l’art. 22, co. 1, lett. c) che, come osservato nella ricostruzione (v. supra), ha previsto la stabilizzazione del personale. Viene, poi, prevista l'erogazione di incentivi economici per il personale degli uffici giudiziari che raggiungono l'obiettivo di riduzione dei procedimenti civili pendenti, nel limite del 15 per cento del trattamento economico individuale complessivo lordo annuo (art. 23). Infine, è disposto il riconoscimento del servizio prestato quale titolo di preferenza, a parità di titoli e di merito, nei concorsi indetti dalle amministrazioni dello Stato (art. 22 lett. a) e b).
Da ultimo, secondo i dati forniti dal Ministero della giustizia, alla data del 31 agosto 2024 risultano complessivamente in servizio 12.054 unità di personale, tra addetti UPP e profili tecnico-amministrativi. Alla stessa data il numero di partecipanti a corsi di istruzione o di formazione per addetti UPP è di 12.133. È stata inoltre recentemente ultimata la procedura per il reclutamento disposta con bando del 5 aprile 2024 (v. supra), al termine della quale è stata disposta l'assunzione di 3.840 candidati dichiarati vincitori.
Il comma 1 autorizza quindi la spesa di euro 68.176.819 per l’anno 2026 (a decorrere dal 1° luglio) e di euro 136.353.638 a decorrere dall’anno 2027.
Il comma 2 dell’art. 20 consente al Ministero della Giustizia di procedere, a decorrere dal 1° gennaio 2025, al conferimento di ulteriori dieci incarichi dirigenziale di livello non generale oltre i limiti sanciti dall’art.19, co. 6 D.lgs. 165/2001.
Tale ultima disposizione stabilisce che gli incarichi dirigenziali possono essere conferiti da ciascuna amministrazione, entro determinati limiti e fornendone esplicita motivazione, a: a) persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell'Amministrazione, che abbiano svolto funzioni dirigenziali, per almeno un quinquennio, all’interno di enti o aziende pubbliche o private; b) persone che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica derivante dalla formazione universitaria e postuniversitaria, nonché da esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio, anche presso amministrazioni statali; c) persone che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato.
Ai predetti soggetti possono essere conferiti incarichi dirigenziali entro i limiti, rispettivamente, del 10% della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia e dell'8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia.
Il conferimento di tali incarichi dirigenziali ha lo scopo:
§ di implementare la capacità tecnico-specialistica del Ministero;
§ garantire la piena attuazione degli obiettivi del PNRR;
§ continuare gli interventi di efficientamento del sistema giudiziario, penitenziario e minorile.
L’articolo 20, comma 2 specifica che il conferimento degli incarichi dirigenziali di cui sopra avviene a valere sulle risorse finanziarie disponibili e nei limiti delle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente.
L’articolo 21 reca disposizioni in materia di organizzazione e potenziamento della capacità amministrativa dell’INPS.
Il comma 1, in particolare, dispone l’istituzione presso l'INPS di tre posizioni di funzione dirigenziale di livello generale, con corrispondente incremento della dotazione organica della dirigenza di prima fascia e soppressione di un numero di posizioni dirigenziali di livello non generale equivalente sul piano finanziario, già assegnate all’Istituto.
Il comma 2 prevede che, con decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro delle finanze, sia determinata - sulla base delle somme riscosse correlabili a determinate attività di controllo ispettivo e amministrativo - la misura percentuale di tali risorse da destinare, a decorrere dal 2025, al potenziamento della capacità amministrativa dell’INPS.
Come specificato nella Relazione tecnica, l’incremento della dotazione organica della dirigenza di livello generale dell’INPS di 3 unità, di cui al comma 1, è compensato finanziariamente mediante la soppressione di quattro posizioni dirigenziali di livello non generale equivalente sul piano finanziario, già assegnate al medesimo istituto, e di un corrispondente ammontare di facoltà assunzionali disponibili a legislazione vigente.
Il comma 2 non comporta oneri, in quanto si limita a demandare ad un decreto del Ministero del lavoro, la determinazione della misura percentuale delle somme riscosse effettivamente conseguite a titolo di sanzioni applicate sulla base delle disposizioni ivi elencate, da destinare al potenziamento della capacità amministrativa dell’INPS.
Nel dettaglio, la disposizione in titolo prevede, ai sensi del comma 1, che siano istituite presso l'INPS tre posizioni di funzione dirigenziale di livello generale, con corrispondente incremento della dotazione organica della dirigenza di prima fascia e soppressione di un numero di posizioni dirigenziali di livello non generale equivalente sul piano finanziario, già assegnate allo stesso Istituto e di un corrispondente ammontare di facoltà assunzionali disponibili a legislazione vigente.
Tale incremento è determinato, in considerazione degli impegni che derivano dall’attuazione delle riforme previste dal PNRR e dei progetti correlati, che sono finalizzati a consolidare il coordinamento strategico e operativo, incentivare la digitalizzazione e la semplificazione dei processi, rafforzare i servizi, migliorare il raccordo tra le strutture coinvolte e promuovere servizi diretti all'erogazione e all'efficientamento delle prestazioni istituzionali.
La disposizione precisa che dall’attuazione di tale comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
La relazione tecnica indica che l’incremento della dotazione organica della dirigenza di livello generale dell’INPS di 3 unità (da 43 a 46) è compensata finanziariamente mediante la soppressione di quattro posizioni dirigenziali di livello non generale equivalente sul piano finanziario, già assegnate al medesimo istituto, e di un corrispondente ammontare di facoltà assunzionali disponibili a legislazione vigente.
La medesima relazione tecnica specifica che la dotazione organica della dirigenza di livello non generale è conseguentemente ridotta da 446 a 442 posizioni.
Ai sensi del comma 2 della disposizione oggetto di disamina in tale sede, con decreto del Ministero del lavoro, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, è determinata la misura percentuale delle maggiori somme effettivamente riscosse in via definitiva e correlabili alle attività di controllo ispettivo e amministrativo, da destinare, a decorrere dall’anno 2025, al potenziamento della capacità amministrativa dell’INPS.
Come specificato nel medesimo comma 2, le attività di controllo ispettivo e amministrativo sono di cui all'articolo 116, commi 8, 10 e 15, della legge n. 388 del 2000[16], e all’articolo 30, commi dal 4 al 16, del decreto-legge n. 19 del 2024[17].
Secondo quanto indicato nella relazione tecnica, il comma 2 non comporta oneri, limitandosi a demandare ad un decreto del Ministero del lavoro di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, la determinazione della misura percentuale delle somme riscosse effettivamente conseguite a titolo di sanzioni applicate sulla base delle disposizioni ivi elencate, da destinare al potenziamento della capacità amministrativa dell’INPS.
Articolo 22
(Indennità di servizio zone disagiate)
L’articolo 22 reca disposizioni in materia di personale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale in servizio all’estero, per quanto riguarda i rimborsi delle spese di viaggio per congedi (comma 1, lett. a) e per trasferimento (comma 1, lett. b)).
Secondo la relazione tecnica, l’articolo in esame non prevede maggiori oneri a carico dello Stato, in quanto interviene unicamente sulle modalità di corresponsione del beneficio economico.
Si sottolinea in premessa che, con l’articolo in esame, il disegno di legge di bilancio interviene su una fonte di grado secondario, cioè il decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967 (Ordinamento dell'amministrazione degli affari esteri).
La lettera a), sostituendo integralmente l’art.181 del d.P.R. 18/1967, prevede che il rimborso spettante al personale in servizio all’estero per i viaggi di congedo sia erogato non più in relazione ai viaggi effettuati, ma in misura forfettaria. Tale beneficio è corrisposto come maggiorazione dell’indennità di servizio all’estero, commisurata all’indennità di servizio mensile prevista nella stessa sede per il posto di primo segretario o di console.
La maggiorazione spetta una volta l’anno al personale che presta servizio per almeno 185 giorni in ciascun anno solare in residenze classificate come disagiate o particolarmente disagiate situate a distanza maggiore di chilometri 3.500 da Roma. In tale ambito, per il personale nelle suddette sedi diverse da quelle particolarmente disagiate, il contributo forfettario è ridotto di un terzo. Nel caso di sedi particolarmente disagiate per le più gravose condizioni di vita o di clima (art.144, co.1 secondo periodo del citato d.P.R. 18/1967) il beneficio spetta due volte l'anno, per una permanenza nella sede estera di almeno 93 giorni (cioè la metà di 185) nell’anno solare.
La percentuale della maggiorazione è definita per ciascuna sede con decreto del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale d’intesa con il Ministero dell’economia e delle finanze, in misura parametrata al prezzo del volo di andata e ritorno in alta stagione dalla sede a Roma, in classe superiore all’economica. Il beneficio è riconosciuto al personale con qualifica pari o superiore a consigliere d’ambasciata, per sedi situate in località raggiungibili da Roma con un volo di durata superiore a cinque ore.
La relazione illustrativa sottolinea che la norma in esame rappresenta una misura “di semplificazione ed efficientamento” del sistema di rimborso. La relazione sottolinea anche che la misura della maggiorazione viene determinata sulla base dei prezzi dei voli rilevati con l’ausilio della società di ricerca cui è già affidato il servizio di rilevazione del costo della vita all’estero, in modo da essere “meno soggetta alle oscillazioni di prezzo che possono verificarsi per i biglietti acquistati direttamente dai dipendenti”.
La maggiorazione è riconosciuta per ciascuno dei familiari a carico del dipendente per almeno 185 giorni nello stesso anno solare. Per il coniuge, o per la parte di unione civile, spetta nella medesima misura del titolare, mentre per i figli spetta in misura corrispondente alla classe economica.
Le maggiorazioni sono sottoposte al parere della Commissione permanente di finanziamento per l'esame del trattamento economico del personale in servizio all'estero di cui all’articolo 172 del medesimo d.P.R. 18/ 1967, al fine di verificare la compatibilità finanziaria rispetto agli stanziamenti iscritti in bilancio.
La norma vigente prevede un rimborso parziale delle spese di viaggio effettuate, con una frequenza che va dai 6 ai 18 mesi, a seconda della condizione di disagio della sede, e dopo un certo periodo di permanenza nella sede.
Considerato che la norma in esame introduce una indennità omnicomprensiva e forfettaria, non sono più riprodotte le previsioni vigenti, secondo cui:
§ le spese per i viaggi dei familiari sono pagate anche se i viaggi hanno luogo in periodi di tempo non corrispondenti a quello del congedo ordinario o delle ferie del dipendente (art. 181, co.4, d.P.R.18/1967);
§ per i figli a carico che compiano studi in località diversa da quella di servizio del dipendente, sono corrisposte a domanda, le spese di viaggio tra la sede estera e la sede di studio, in luogo delle spese di viaggio tra la sede di servizio e la destinazione in Italia (art.181, co. 5).
La lettera b) prevede che, per quanto riguarda in questo caso i viaggi di trasferimento, ai capi delle rappresentanze diplomatiche spetti il pagamento delle spese di viaggio in classe superiore a quella economica anche nel caso di viaggi di durata inferiore alle 5 ore. Per il resto del personale rimane il vincolo della durata del viaggio superiore alle 5 ore (fissata dall’ articolo 193 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967). Per i capi delle rappresentanze diplomatiche il beneficio spetta all’intero nucleo familiare. Gli oneri economici della previsione ammontano, secondo la relazione tecnica, a euro 12.952,50, per ciascuna delle 39 sedi diplomatiche interessate.
Il comma 1 dell’articolo 23 prevede un incentivo per la prosecuzione dell’attività lavorativa da parte di lavoratori dipendenti, pubblici e privati, rientranti in alcune fattispecie di conseguimento dei requisiti per il trattamento pensionistico anticipato. Queste ultime fattispecie sono costituite dal conseguimento, entro il 31 dicembre 2025, dei requisiti in base alla cosiddetta quota 103 – requisiti che possono essere maturati entro il 31 dicembre 2025, in base alla proroga di cui al successivo articolo 24, comma 2 – o in base all’anzianità contributiva richiesta in via generale per il riconoscimento del trattamento pensionistico anticipato a prescindere dall’età anagrafica. In base alla disciplina di cui al presente articolo 23, comma 1, il lavoratore può richiedere al datore di lavoro la corresponsione in proprio favore dell'importo corrispondente alla quota a carico del medesimo dipendente di contribuzione alla gestione pensionistica, con conseguente esclusione del versamento della quota contributiva e del relativo accredito; la decorrenza degli effetti dell'esercizio della facoltà non può essere anteriore alla prima scadenza utile per il pensionamento (in relazione ai termini dilatori intercorrenti tra maturazione dei requisiti e diritto al trattamento); fatto salvo tale termine minimo di decorrenza, gli effetti dell’esercizio della facoltà decorrono dal mese successivo al medesimo esercizio. Il comma 1 in esame, inoltre, esclude dalla base imponibile delle imposte sui redditi e della contribuzione previdenziale le somme corrisposte al lavoratore in base al suddetto esercizio di facoltà.
L’incentivo previsto dal presente comma 1 corrisponde a quello finora previsto limitatamente alla fattispecie di maturazione, entro il 31 dicembre 2024, dei requisiti relativi alla quota 103; tuttavia, rispetto all’incentivo già previsto, oltre all’ampliamento delle fattispecie che vi rientrano, viene introdotto il beneficio ulteriore dell’esclusione suddetta delle somme dalla base imponibile fiscale (oltre che, come già previsto, dalla base imponibile contributiva).
La relazione tecnica allegata al disegno di legge prevede, in relazione al presente comma 1, per i primi sette anni del decennio preso in considerazione, un effetto finanziario negativo, pari a 15,0 milioni di euro per l’anno 2025, a 30,6 milioni per l’anno 2026, a 31,2 milioni per l’anno 2027, a un importo annuo leggermente crescente nel successivo periodo 2028-2030, e a 13,2 milioni per l’anno 2031, mentre nei successivi tre anni si prevede un effetto finanziario positivo (con valori annui compresi tra 7,3 e 7,5 milioni).
Le fattispecie per le quali è riconosciuta la possibilità di applicazione dell’incentivo in esame sono costituite dal conseguimento, da parte di un lavoratore dipendente, pubblico o privato, entro il 31 dicembre 2025, dei requisiti inerenti alla cosiddetta quota 103 – requisiti che possono essere maturati entro il 31 dicembre 2025, in base alla proroga di cui al successivo articolo 24, comma 2 – o del requisito di anzianità contributiva previsto in via generale per il riconoscimento del trattamento pensionistico anticipato a prescindere dall’età anagrafica; si ricorda che quest’ultimo requisito è attualmente pari a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne[18].
La summenzionata disciplina di cui al presente articolo 23, comma 1, è posta in forma di novella dell’articolo 1, comma 286, della L. 29 dicembre 2022, n. 197, e successive modificazioni, il quale, insieme con il successivo comma 287, ha già previsto un analogo incentivo[19], limitatamente alla fattispecie di maturazione, entro il 31 dicembre 2024, dei requisiti relativi alla quota 103. Rispetto a quest’ultima disciplina, la novella, oltre all’ampliamento delle fattispecie che rientrano nell’incentivo, ha introdotto il beneficio ulteriore dell’esclusione delle somme, corrisposte al lavoratore che abbia optato per l’incentivo, dalla base imponibile fiscale (oltre che, come già previsto, dalla base imponibile contributiva)[20]; tale esclusione dalla base imponibile fiscale concerne implicitamente, per il periodo successivo all’anno 2024, anche i soggetti che abbiano optato per l’incentivo prima dell’anno 2025.
Più in particolare, l’introduzione dell’esclusione dalla base imponibile fiscale è operata mediante il richiamo dell’articolo 51, comma 2, lettera i-bis), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917. L’esclusione ivi prevista – relativa a somme corrisposte dal datore di lavoro al lavoratore dipendente sulla base di eventuali e specifiche fattispecie normative di possibile rinuncia del lavoratore all’accredito contributivo – non concerne gli iscritti alle forme di previdenza esclusive del regime generale INPS, forme alle quali in genere sono iscritti i lavoratori pubblici. Si valuti l’opportunità di chiarire se, per l’incentivo di cui al presente articolo 23, comma 1, l’introduzione dell’esclusione dalla base imponibile fiscale riguardi anche gli iscritti a tali forme.
Si ricorda che l’articolo 3 dello schema di decreto legislativo A.G. n. 218 (recante una revisione del regime impositivo dei redditi) ha previsto l’abrogazione della suddetta lettera i-bis), in considerazione dell’assenza, finora, nell’ordinamento di fattispecie normative (di possibile rinuncia all’accredito contributivo) rientranti nell’ambito di applicazione della medesima lettera. In relazione alla novella di cui al presente articolo 23, comma 1, il motivo alla base di tale abrogazione risulta superato.
L’articolo 23, comma 1, inoltre, esplicita che l’esercizio dell’opzione ivi ridisciplinata non esclude la possibilità di fare in un qualsiasi momento successivo domanda di pensione anticipata[21].
I commi 2 e 3 dell’articolo 23 prevedono, per i lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni, che il limite massimo di età per la prosecuzione del servizio corrisponda al requisito generale anagrafico per la pensione di vecchiaia, pari attualmente a 67 anni – fermi restando sia i limiti ordinamentali più elevati già previsti per alcune categorie sia la possibilità di trattenimento in servizio introdotta dal successivo comma 5 –; viene di conseguenza meno l’obbligo di collocamento a riposo per i dipendenti pubblici che, al compimento dell’attuale limite ordinamentale dei 65 anni di età (o successivamente), possano fruire della liquidazione del trattamento pensionistico anticipato. Il comma 4 abroga la norma che consente alla pubblica amministrazione di risolvere in via unilaterale il rapporto di lavoro con un dipendente che possa già fruire della liquidazione del trattamento pensionistico anticipato. Il comma 5 introduce la possibilità per la pubblica amministrazione di concordare con un dipendente il trattenimento in servizio oltre il suddetto limite di 67 anni; il trattenimento non può interessare il periodo successivo al compimento del settantesimo anno di età; la possibilità di trattenimento viene ammessa nel limite del dieci per cento delle facoltà assunzionali autorizzate a legislazione vigente.
Gli effetti finanziari positivi netti derivanti dai commi da 2 a 4 sono quantificati nella relazione tecnica in un importo pari a 20 milioni di euro per l’anno 2025, 69 milioni per l’anno 2026, 77 milioni per l’anno 2027 e in un importo annuo crescente negli anni successivi, fino all’importo di 383 milioni per l’anno 2033, mentre l’importo previsto per l’anno 2034 è pari a 314 milioni (come indicato nell’allegato 3 del disegno di legge, i valori sono identici tra di essi, in termini di competenza contabile, fabbisogno di cassa e indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni).
Al comma 5 non sono ricondotti effetti finanziari, in quanto – come osserva la relazione tecnica – la possibilità di trattenimento in servizio prevista da tale comma si inserisce all’interno delle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente.
I commi 2 e 3 dell’articolo 23 prevedono, per i lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni (di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni[22]), che il limite massimo di età per la prosecuzione del servizio corrisponda al requisito generale anagrafico per la pensione di vecchiaia, pari attualmente a 67 anni[23] – fermi restando sia i limiti ordinamentali più elevati già previsti per alcune categorie sia la possibilità di trattenimento in servizio introdotta dal successivo comma 5 –; viene di conseguenza meno l’obbligo di collocamento a riposo per i dipendenti pubblici che, al compimento dell’attuale limite ordinamentale dei 65 anni di età (o successivamente), possano fruire del trattamento pensionistico anticipato (essendo in possesso del relativo requisito contributivo).
Più in particolare, la novella di cui alla lettera b) del comma 2 stabilisce il nuovo limite summenzionato, mentre la lettera a) dello stesso comma 2 e il comma 3 recano novelle soppressive in coordinamento con la nuova disposizione.
Le novelle di cui alle lettere a) e b) del comma 2 riguardano l’articolo 24, comma 4, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214. La norma abrogativa di cui al comma 3 riguarda l’articolo 2, comma 5, del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 ottobre 2013, n. 125; tale comma ha posto una norma di interpretazione autentica, relativa al secondo periodo del suddetto articolo 24, comma 4. Si ricorda che, in merito all’assetto normativo derivante da tali disposizioni, è stata emanata la circolare n. 2 del 2015 del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione.
Il comma 4 abroga la norma che consente alla pubblica amministrazione[24] di risolvere in via unilaterale il rapporto di lavoro con un dipendente che possa già fruire della liquidazione del trattamento pensionistico anticipato.
La norma ora oggetto di abrogazione prevede che la risoluzione sia adottata con un preavviso di almeno sei mesi e con decisione motivata, “con riferimento alle esigenze organizzative e ai criteri di scelta applicati e senza pregiudizio per la funzionale erogazione dei servizi”; tuttavia, una successiva disposizione[25] ha previsto che la risoluzione non necessiti di ulteriore motivazione qualora l'amministrazione interessata abbia preventivamente determinato in via generale appositi criteri di applicativi, con atto generale di organizzazione interna (sottoposto al visto dei competenti organi di controllo).
Il comma 5 introduce la possibilità per la pubblica amministrazione di concordare con un dipendente il trattenimento in servizio oltre il suddetto limite di 67 anni; il trattenimento non può interessare il periodo successivo al compimento del settantesimo anno di età. La possibilità di trattenimento viene ammessa nel limite del dieci per cento delle facoltà assunzionali autorizzate a legislazione vigente. La relazione tecnica del disegno di legge osserva che l’introduzione della possibilità di trattenimento in servizio non ha effetti finanziari, in quanto tale possibilità si inserisce all’interno delle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente. Si ricorda che la misura delle facoltà assunzionali cosiddette ordinarie è determinata in rapporto al flusso di cessazioni dal servizio; in tale ambito, i casi di trattenimento ora contemplati determinano un’automatica riduzione delle medesime facoltà. Si valuti l’opportunità di chiarire se la base di calcolo della suddetta aliquota del dieci per cento includa le facoltà assunzionali (diverse da quelle ordinarie) autorizzate in valori assoluti o comunque non determinate in rapporto al flusso di cessazioni e se la riduzione delle facoltà per il caso di trattenimento operi anche in tali ipotesi.
Il comma in esame fa riferimento al suddetto ambito delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001, e successive modificazioni[26]; il comma esplicita che tale ambito ricomprende anche il personale in regime cosiddetto di diritto pubblico, di cui all’articolo 3 dello stesso D.Lgs. n. 165, e successive modificazioni, con esclusione del personale delle magistrature e degli avvocati e procuratori dello Stato, per i quali il limite massimo per il collocamento a riposo di ufficio è pari a settanta anni[27] (resta implicitamente salva l’applicazione anche delle altre norme speciali che consentono la prosecuzione in servizio oltre i 67 anni).
La possibilità di trattenimento (nel rispetto del limite quantitativo summenzionato) deve basarsi sulla necessità della prosecuzione dell’utilizzo del personale interessato, anche per lo svolgimento di attività di tutoraggio e di affiancamento ai neoassunti e per esigenze funzionali non diversamente risolvibili; il personale interessato deve essere individuato dalle amministrazioni esclusivamente sulla base delle suddette esigenze organizzative e del merito.
Articolo 24, comma 1
(Opzione donna)
L’articolo 24, comma 1, lettera a), interviene in materia di regime pensionistico Opzione donna, prevedendo che abbiano diritto ad esso anche le lavoratrici che abbiano maturato entro il 31 dicembre 2024 (in luogo del 31 dicembre 2023) un'anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un'età anagrafica di almeno 61 anni, ferma restando la ricorrenza degli ulteriori requisiti già previsti dalla normativa in materia.
La lettera b) posticipa al 28 febbraio 2025 il termine (attualmente previsto per il 28 febbraio 2024) entro cui il personale a tempo indeterminato del comparto scuola e AFAM può presentare domanda di cessazione dal servizio, con effetti dall’inizio, rispettivamente, dell'anno scolastico o accademico.
Come specificato nella relazione tecnica, gli oneri relativi alla disposizione in commento, risultano pari, al netto degli effetti fiscali, a 20,1 milioni di euro per l’anno 2025, 56,1 milioni di euro per l’anno 2026, 92,1 milioni di euro per l’anno 2027, 96,1 milioni di euro per l’anno 2028, 72,7 milioni di euro per l’anno 2029, 46,8 milioni di euro per l’anno 2030, 5,9 milioni di euro per l’anno 2031.
La disposizione in esame interviene a novellare l’articolo 16 del decreto-legge n. 4 del 2019, che disciplina il regime pensionistico anticipato “Opzione donna”.
In particolare, il comma 1, lettera a), modifica il comma 1-bis del richiamato articolo 16, stabilendo che il diritto al trattamento pensionistico anticipato Opzione donna si applica anche nei confronti delle lavoratrici che entro il 31 dicembre 2024 (in luogo del 31 dicembre 2023 ivi previsto) hanno maturato un'anzianità contributiva pari o superiore a trentacinque anni e un'età anagrafica di almeno sessantuno anni, ferma restando la ricorrenza degli ulteriori requisiti già previsti dal comma 1-bis medesimo.
L’articolo 16, comma 1-bis, del decreto-legge n. 4 del 2019 – che ha ridisegnato l’istituto di pensionamento anticipato Opzione donna - prevede, in primo luogo che l’età anagrafica di 61 anni sia ridotta di un anno per ogni figlio nel limite massimo di due anni.
Quanto agli ulteriori requisiti richiesti, si ricorda che, sempre ai sensi di tale comma 1-bis, le lavoratrici devono trovarsi in una delle seguenti condizioni:
a) assistere, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità (ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104), ovvero un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i settanta anni di età oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti;
b) avere una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell'invalidità civile, superiore o uguale al 74 per cento;
c) essere lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d'impresa (di cui all'articolo 1, comma 852, della legge 27 dicembre 2006, n. 296). Peraltro, per le lavoratrici rientrati in quest’ultima categoria la riduzione massima di due anni del requisito anagrafico di sessantuno anni di cui all'alinea del presente comma si applica a prescindere dal numero di figli.
Il comma 1, lettera b), interviene a modificare il comma 3 del citato articolo 16 del decreto-legge n. 4 del 2019, n. 4, prevedendo che il termine entro cui il personale a tempo indeterminato del comparto scuola e AFAM può presentare domanda di cessazione dal servizio - attualmente fissato al 28 febbraio 2024 – sia posticipato al 28 febbraio 2025.
Per tale personale del comparto scuola e AFAM, tale termine ha effetti dall’inizio, rispettivamente, dell'anno scolastico o accademico.
Articolo 24, comma 2
(Pensione anticipata in base alla cosiddetta quota 103)
Il comma 2 dell’articolo 24 prevede l’estensione temporale di una fattispecie transitoria di diritto al trattamento pensionistico anticipato – cosiddetta quota 103 –, fattispecie che costituisce una possibilità alternativa rispetto alle altre ipotesi per le quali è riconosciuto il diritto alla pensione anticipata.
L’estensione temporale in oggetto concerne i soggetti che conseguono i requisiti inerenti alla quota 103 – costituiti dal possesso di un'età anagrafica di almeno 62 anni e di un'anzianità contributiva di almeno 41 anni – nel corso dell’anno 2025.
Resta fermo che: la fattispecie di quota 103 concerne i regimi pensionistici relativi ai lavoratori dipendenti, pubblici e privati, nonché, limitatamente alle forme gestite dall'INPS, i lavoratori autonomi e parasubordinati, con esclusione di alcune categorie di lavoratori pubblici; il trattamento in base alla quota 103 può essere richiesto anche negli anni successivi rispetto all’anno di maturazione dei relativi requisiti; per il trattamento liquidato in base alla quota 103 si applicano disposizioni specifiche sui criteri di calcolo, sui termini dilatori di decorrenza, sui limiti di cumulo con redditi da lavoro e sui termini per il riconoscimento dei trattamenti di fine servizio (comunque denominati) dei dipendenti pubblici (che accedano al pensionamento anticipato in base alla fattispecie in esame).
La relazione tecnica allegata al disegno di legge prevede, in relazione al presente comma 2, un onere finanziario (al netto degli effetti fiscali positivi) pari a 84,0 milioni di euro per l’anno 2025, a 500,0 milioni per l’anno 2026, a 363,0 milioni per l’anno 2027 e a 9,0 milioni per l’anno 2028, mentre per l’anno 2029 si prevede un effetto finanziario positivo (derivante da una minore spesa pensionistica), pari a 44,0 milioni.
Il comma 2 del presente articolo 24 opera la suddetta estensione temporale mediante l’inserimento di alcune novelle nell’articolo 14.1 del D.L. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 marzo 2019, n. 26, e successive modificazioni[28].
La disciplina sulla quota 103 concerne i regimi pensionistici relativi ai lavoratori dipendenti, pubblici e privati, ovvero, limitatamente alle forme gestite dall'INPS, i lavoratori autonomi e parasubordinati, con esclusione[29] delle seguenti categorie di lavoratori pubblici: il personale militare delle Forze armate (ivi compreso il personale della Guardia di finanza), il personale delle Forze di polizia a ordinamento civile (ivi compreso il Corpo di polizia penitenziaria), il personale operativo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Si ricorda che, al fine del conseguimento della componente di quota 103 costituita dal requisito contributivo di 41 anni, i periodi assicurativi maturati nelle diverse gestioni pensionistiche summenzionate sono cumulabili secondo la disciplina richiamata che consente il cumulo gratuito delle contribuzioni pensionistiche[30]; resta fermo, come nella suddetta disciplina richiamata, che il cumulo[31]: è consentito, al fine del conseguimento del requisito contributivo, solo per periodi assicurativi non coincidenti (mentre al fine della misura del trattamento rilevano tutti i periodi, anche coincidenti); è subordinato alla condizione che il soggetto non sia già titolare di un trattamento pensionistico diretto[32].
Come detto, il trattamento in base alla disciplina transitoria relativa alla quota 103 può essere richiesto anche negli anni successivi rispetto all’anno di maturazione dei relativi requisiti.
Riguardo agli specifici criteri di calcolo, il trattamento riconosciuto in base alla quota 103[33] è liquidato secondo il cosiddetto sistema contributivo integrale – applicato secondo i criteri definiti dal D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 180, per i soggetti che, avendo anche quote di contribuzione rientranti nel sistema retributivo, optino per l’applicazione del medesimo sistema contributivo integrale –; la misura mensile del trattamento, per i mesi di trattamento corrisposti prima della decorrenza ipotetica in base al requisito ordinario per la pensione di vecchiaia (pari attualmente a 67 anni)[34], non può essere superiore a quattro volte il trattamento minimo pensionistico del regime generale INPS.
Si ricorda che il trattamento liquidato in base alla quota 103, per il periodo anteriore rispetto alla decorrenza ipotetica della pensione di vecchiaia[35], non è cumulabile con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione parziale di quelli da lavoro autonomo occasionale[36]; questi ultimi sono cumulabili nel limite di 5.000 euro lordi annui, limite che corrisponde – per i redditi da lavoro autonomo occasionale – a quello di esclusione[37] dalla contribuzione pensionistica.
La decorrenza del trattamento pensionistico riconosciuto in base alla quota 103[38] non può essere anteriore, nel caso di lavoratori privati, al primo giorno dell’ottavo mese successivo a quello di maturazione dei requisiti medesimi e, nel caso di dipendenti pubblici[39], al primo giorno dopo la data di compimento del nono mese successivo alla suddetta maturazione, con presentazione della domanda di collocamento a riposo alla pubblica amministrazione di appartenenza con un preavviso di almeno sei mesi[40]; per i dipendenti del comparto scuola e AFAM[41] a tempo indeterminato il trattamento in esame decorre dal primo giorno dell'anno scolastico o accademico avente inizio nell’anno 2025 (o avente inizio in anni successivi, a seconda dell’anno di presentazione della domanda), a condizione che la domanda di cessazione dal servizio sia presentata entro il 28 febbraio 2025 (ovvero entro il 28 febbraio degli anni successivi)[42].
Per i dipendenti pubblici il possesso dei requisiti per l'accesso al pensionamento in base alla quota 103 non costituisce motivo di collocamento a riposo di ufficio, pur in caso di compimento del limite anagrafico per tale collocamento[43]; la normativa garantisce dunque al soggetto la possibilità di rimanere in servizio oltre tale limite, fermo restando il successivo collocamento a riposo di ufficio in caso di conseguimento dei requisiti posti da altre fattispecie di riconoscimento del pensionamento anticipato ovvero fino al compimento del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia (pari attualmente, in genere, a 67 anni).
I requisiti inerenti alla quota 103 non possono essere considerati ai fini dell'applicazione ai lavoratori: degli accordi aziendali cosiddetti di isopensione – di cui all'articolo 4, commi da 1 a 7-ter, della L. 28 giugno 2012, n. 92, e successive modificazioni –; degli istituti di assegno straordinario previsti dai fondi di solidarietà bilaterali – di cui all'articolo 26, comma 9, lettera b), e all'articolo 27, comma 5, lettera f), del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148 –, ferma restando, ai sensi della novella di cui all’articolo 1, comma 284, della L. 29 dicembre 2022, n. 197[44], la possibilità che la regolamentazione del fondo preveda una specifica forma di assegno straordinario con riferimento ai requisiti inerenti alla quota 103; dell'indennità di prepensionamento nell'ambito dei contratti di espansione, disciplinata dall'articolo 41, comma 5-bis, del citato D.Lgs. n. 148 del 2015, e successive modificazioni.
La summenzionata novella[45] di cui all’articolo 1, comma 284, della L. n. 197 del 2022 specifica altresì che i termini temporali per il riconoscimento dei trattamenti di fine servizio (comunque denominati) dei dipendenti pubblici che accedono al pensionamento anticipato in base alla quota 103 decorrono solo con riferimento alla data in cui il diritto al trattamento pensionistico sarebbe maturato in base alla pensione di vecchiaia o alle forme di pensione anticipata di cui all'articolo 24 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni[46].
Si ricorda altresì che la disciplina sulla quota 103 fa in ogni caso salve le normative che prevedono requisiti più favorevoli in materia di accesso al pensionamento[47] – fermo restando che, come detto, la fattispecie di quota 103 ha carattere aggiuntivo rispetto alle altre fattispecie di riconoscimento del diritto alla pensione anticipata (per ciascuna delle quali resta applicabile la rispettiva disciplina) –.
Riguardo alla possibilità, per il lavoratore dipendente che abbia conseguito i requisiti per il trattamento pensionistico anticipato in base alla quota 103 e che invece prosegua l’attività lavorativa, di richiedere al datore di lavoro la corresponsione in proprio favore dell'importo corrispondente alla quota a carico del medesimo dipendente di contribuzione alla gestione pensionistica, con conseguente esclusione del versamento della quota contributiva e del relativo accredito, si rinvia alla scheda sul precedente articolo 23, comma 1.
Articolo 24, commi 3 e 4
(Ape sociale)
L’articolo 24, ai commi 3 e 4, reca disposizioni in materia di Ape sociale.
In particolare, il comma 3 prevede di applicare fino al 31 dicembre 2025 le disposizioni in materia di APE sociale in favore dei soggetti che ne abbiano i requisiti.
Ai sensi del comma 4, il predetto beneficio non è cumulabile con i redditi di lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione di quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale, nel limite di 5 mila euro lordi annui.
Il comma 3 dispone che l’autorizzazione di spesa, che finanzia il beneficio in esame, è incrementata di 114 milioni di euro per l'anno 2025, 240 milioni di euro per l'anno 2026, 208 milioni di euro per l'anno 2027, 151 milioni di euro per l'anno 2028, 90 milioni di euro per l'anno 2029 e 35 milioni di euro per l’anno 2030.
L’articolo 24, comma 3, è volto a prevedere l’applicazione sino al 31 dicembre 2025 delle disposizioni in materia di APE sociale - di cui all'articolo 1, commi da 179 a 186, della legge n. 232 del 2016 - in favore dei soggetti che si trovino al compimento dei 63 anni e 5 mesi in una delle condizioni previste dal comma 179 (disoccupazione, assistenza a familiare con disabilità grave, riduzione della capacità lavorativa per invalidità grave, dipendenti per lavori usuranti di cui all’allegato C).
Inoltre, sempre il comma 3 dispone l’applicazione delle disposizioni di cui al secondo e terzo periodo del comma 165 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (che semplifica la procedura per l’accesso all’APE sociale)[48], anche con riferimento ai soggetti che verranno a trovarsi nelle condizioni indicate nel corso del 2025.
La Relazione tecnica fa poi presente che, tenuto conto degli elementi di monitoraggio e di previsione aggiornata disponibili per l’applicazione della misura in esame per il 2024 - che evidenziano una generazione di beneficiari presumibilmente non inferiore a circa 15.000 beneficiari e dell’evoluzione attesa per l’anno 2025 -, vi è la conseguente necessità di incrementare la relativa autorizzazione di spesa per gli accessi 2025, stimati in circa 18.000, conseguendone maggiori oneri in termini di incremento del limite di spesa.
Il comma 3 in commento dispone quindi che l'autorizzazione di spesa che finanzia la suddetta misura (di cui all’articolo 1, comma 186, della legge n. 232 del 2016) è incrementata di 114 milioni di euro per l'anno 2025, 240 milioni di euro per l'anno 2026, 208 milioni di euro per l'anno 2027, 151 milioni di euro per l'anno 2028, 90 milioni di euro per l'anno 2029 e 35 milioni di euro per l’anno 2030.
Il comma 4 prevede, infine, che il beneficio in esame non sia cumulabile con i redditi di lavoro dipendente o autonomo, salvo quelli che derivino da lavoro autonomo occasionale, nel limite di 5 mila euro lordi annui.
L'Ape sociale consiste in una indennità, pari all'importo della rata mensile della pensione calcolata al momento dell'accesso alla prestazione, comunque di importo massimo pari a 1.500 euro, non cumulabile con altri trattamenti di sostegno al reddito connessi allo stato di disoccupazione involontaria. È corrisposta fino al conseguimento dei requisiti pensionistici, al compimento dei 63 anni e 5 mesi (requisito così elevato, rispetto ai precedenti 63 anni, dalla legge di bilancio 2024), a favore dei seguenti soggetti:
§ persone con un'anzianità contributiva di almeno 30 anni, in stato di disoccupazione a seguito di licenziamento, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale del rapporto di lavoro o per scadenza del termine del rapporto di lavoro a tempo determinato (in quest'ultimo caso, occorre aver lavorato per almeno diciotto mesi nei tre anni precedenti) e che hanno concluso la prestazione per la disoccupazione loro spettante;
§ persone con un'anzianità contributiva di almeno 30 anni, che assistono da almeno sei mesi il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap grave o un parente o un affine di secondo grado convivente i cui genitori o il cui coniuge abbia più di settant'anni o siano anch'essi affetti da patologie invalidanti, o siano deceduti o mancanti;
§ persone con un'anzianità contributiva di almeno 30 anni e con una capacità lavorativa ridotta di almeno il 74 per cento;
§ lavoratori dipendenti con almeno 36 anni di anzianità contributiva che svolgono da almeno sette anni negli ultimi dieci anni o almeno sei anni negli ultimi sette anni attività lavorative gravose. L'elenco di tali professioni è stato aggiornato ed esteso con la legge di bilancio 2022, che ha previsto anche un'anzianità contributiva più bassa, pari a 32 anni, per gli operai edili, i ceramisti e i conduttori di impianti per la formatura di articoli in ceramica e terracotta.
Per le donne i requisiti di anzianità contributiva previsti sono ridotti di 12 mesi per ciascun figlio, nel limite massimo di 2 anni (APE sociale donna).
Articolo 25
(Incremento transitorio delle pensioni minime)
L’articolo 25 prevede, per i trattamenti pensionistici, in via aggiuntiva rispetto alla disciplina della perequazione automatica dei medesimi[49], un incremento transitorio – con riferimento esclusivo alle mensilità relative agli anni 2025 e 2026 – per i casi in cui il complesso dei trattamenti pensionistici di un soggetto sia pari o inferiore al trattamento minimo del regime generale INPS. Tale incremento è pari a 2,2 punti percentuali per l'anno 2025 e a 1,3 punti percentuali per l'anno 2026; la seconda percentuale non si somma alla prima; l'incremento per l’anno 2026 si applica, dunque, sulla base di calcolo al netto del primo incremento, fermo restando il previo adeguamento della medesima base in virtù della perequazione automatica (la quale è applicata anch’essa sui valori al netto del precedente incremento transitorio).
La relazione tecnica allegata al disegno di legge quantifica l’onere finanziario derivante dal presente articolo 25 in 290 milioni di euro per l’anno 2025 e in 175 milioni per l’anno 2026.
Gli incrementi transitori di cui al presente articolo 25 sono posti in termini identici a quelli – anch’essi transitori – previsti per gli anni 2023 e 2024[50], fatte salve le diverse percentuali e fermo restando il principio che la base di calcolo è determinata al netto degli incrementi riconosciuti (in via temporanea) per i singoli anni precedenti. Si ricorda che le percentuali degli incrementi transitori in oggetto sono state pari a 1,5 punti per l'anno 2023 – ovvero a 6,4 punti per i soggetti di età pari o superiore a 75 anni – e a 2,7 punti per l'anno 2024.
Gli incrementi transitori in esame non concernono i trattamenti di natura assistenziale[51].
I medesimi incrementi si applicano su tutte le mensilità dell’anno a cui si riferiscono, ivi compresa la tredicesima mensilità, mentre non si applicano sulla cosiddetta quattordicesima (eventualmente spettante)[52].
Nell’ambito delle norme transitorie in esame, il trattamento minimo del regime generale INPS che si prende in considerazione è quello spettante per l’anno di riferimento (cioè, per l’anno di applicazione dell’incremento transitorio)[53].
Per i casi in cui il valore del complesso dei trattamenti pensionistici del soggetto sia di poco superiore al minimo, l'incremento transitorio in esame si applica fino a concorrenza dell'importo costituito dall'applicazione dell'incremento medesimo sul suddetto minimo.
Gli incrementi temporanei in esame rientrano nel reddito imponibile (al fine dell’applicazione delle imposte sui redditi).
Il presente articolo 25 specifica che i nuovi incrementi temporanei vengono previsti a completamento di quelli (anch’essi, come detto, temporanei) intesi a contrastare le tensioni inflazionistiche registrate negli anni 2022 e 2023 e nelle more dell’avvio di un programma di potenziamento, compatibile con gli obiettivi di finanza pubblica, delle misure strutturali vigenti a sostegno dei pensionati in condizioni disagiate.
Articolo 26
(Accesso alla pensione di vecchiaia per le lavoratrici
con quattro o più figli)
L’articolo 26 eleva il limite massimo della riduzione del requisito anagrafico per il trattamento pensionistico prevista, per le lavoratrici madri rientranti nel sistema contributivo integrale, in relazione ad ogni figlio. Il limite viene elevato da dodici a sedici mesi, ferma restando la misura della riduzione per ciascun figlio, pari a quattro mesi; l’effetto della novella concerne, dunque, le lavoratrici con quattro o più figli.
La relazione tecnica allegata al disegno di legge quantifica gli effetti finanziari negativi netti derivanti dal presente articolo in un importo pari a 0,7 milioni di euro per l’anno 2025, 0,8 milioni per l’anno 2026, 1,1 milioni per l’anno 2027 e in un importo annuo crescente fino all’anno 2034, anno per il quale viene quantificato un importo pari a 6,3 milioni; per gli anni successivi, la relazione tecnica osserva che gli oneri hanno un profilo ancora crescente, ma comunque di entità contenuta, e che i medesimi trovano compensazione nell’ambito degli interventi in materia pensionistica contenuti nel presente provvedimento. Come indicato nell’allegato 3 del disegno di legge, i valori sono identici tra di essi, in termini di competenza contabile, fabbisogno di cassa e indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni.
Il beneficio di riduzione oggetto della presente novella[54] concerne il requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia, requisito pari attualmente a 67 anni[55]. Il beneficio concerne esclusivamente le lavoratrici madri rientranti nel sistema contributivo integrale; rientrano in tale ambito i soggetti privi di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 e quelli che abbiano optato per il suddetto sistema[56]. La novella eleva da dodici a sedici mesi il limite massimo della riduzione, ferma restando la misura della riduzione per ciascun figlio, pari a quattro mesi; l’effetto della novella concerne, dunque, le lavoratrici con quattro o più figli.
Si ricorda che il beneficio in esame prescinde dall’assenza dal lavoro per i periodi in oggetto.
La novella non modifica la misura del beneficio alternativo alla suddetta riduzione[57], in base al quale la lavoratrice madre può optare per la determinazione del trattamento pensionistico con l’applicazione di un coefficiente moltiplicatore, relativo all'età di accesso al trattamento pensionistico, maggiorato di un anno in caso di uno o due figli e maggiorato di due anni in caso di tre o più figli.
Articolo 27
(Perequazione automatica dei trattamenti pensionistici
dei residenti all’estero)
L’articolo 27 esclude per i soggetti residenti all’estero il riconoscimento, per l’anno 2025, dell’incremento, a titolo di perequazione automatica, della misura complessiva dei trattamenti pensionistici individuali, limitatamente ai casi in cui tale misura complessiva sia superiore all’importo del trattamento minimo del regime generale INPS[58]. L’esclusione per i soggetti summenzionati è operata in via eccezionale (fermo restando l’effetto dell’esclusione, relativa all’anno 2025, anche sui ratei di trattamento corrisposti negli anni successivi al 2025). Viene in ogni caso fatta salva l’attribuzione dell’incremento fino a concorrenza dell’importo minimo, come maggiorato in base al medesimo meccanismo di perequazione automatica.
La relazione tecnica allegata al disegno di legge quantifica la minore spesa pensionistica derivante dal presente articolo 27 in un importo pari (al netto degli effetti fiscali) a 8,6 milioni di euro per ciascun anno del periodo 2025-2028; negli anni successivi, l’effetto previsto di minore spesa si riduce progressivamente, in ragione della previsione di una riduzione progressiva del numero di soggetti interessati (per l’anno 2034, che è l’ultimo preso in considerazione nelle stime, l’importo della minore spesa, sempre al netto degli effetti fiscali, è quantificato in 7,8 milioni).
Il presente articolo stabilisce, per la fattispecie summenzionata e nei termini summenzionati, un’esclusione transitoria dalla disciplina generale della perequazione automatica dei trattamenti pensionistici.
Si ricorda che, in base alla disciplina generale, gli incrementi a titolo di perequazione automatica dei trattamenti pensionistici – ivi compresi i trattamenti di natura assistenziale –[59] si basano sulla variazione dell'indice del costo della vita e decorrono dal 1° gennaio dell'anno successivo a quello di riferimento[60]. Più in particolare, la decorrenza dal 1° gennaio dell'anno successivo concerne sia l'incremento riconosciuto in base alla variazione dell'indice del costo della vita relativa all'anno precedente e provvisoriamente accertata con decreto ministeriale entro il 20 novembre di quest'ultimo anno[61] sia l'eventuale conguaglio, relativo alla differenza tra il valore – definitivamente accertato con il suddetto decreto – della variazione dell'indice relativo al penultimo anno precedente e il valore provvisoriamente accertato con il precedente decreto annuo[62]. Tale eventuale conguaglio comprende il ricalcolo, in via retroattiva, dei ratei di pensione decorrenti dal 1° gennaio dell'anno precedente.
Sempre in base alla disciplina generale, la perequazione è riconosciuta: nella misura del 100% della variazione dell'indice del costo della vita per la fascia di importo complessivo (sempre lordo) dei trattamenti pensionistici del soggetto fino a 4 volte il trattamento minimo INPS[63]; nelle misure del 90% per la fascia di importo complessivo dei trattamenti pensionistici compresa tra 4 e 5 volte il predetto minimo e del 75% per la fascia di importo complessivo dei trattamenti superiore a 5 volte il medesimo minimo[64]. Si ricorda che, nell'ambito della disciplina della perequazione automatica, si fa riferimento (in via interpretativa) all'importo del trattamento minimo INPS nell'anno precedente a quello di applicazione della perequazione medesima.
Riguardo alla giurisprudenza costituzionale in materia di perequazione automatica, si ricorda che la sentenza della Corte costituzionale n. 234 del 22 ottobre 2020-9 novembre 2020, facendo riferimento anche a precedenti sentenze della stessa Corte, ha rilevato che il carattere parziale, per alcuni trattamenti pensionistici, della rivalutazione al costo della vita non costituisce, di per sé, una violazione del principio di adeguatezza dei trattamenti previdenziali (principio di cui all'articolo 38, secondo comma, della Costituzione) e che, nella valutazione del rispetto o meno (da parte di normative che presentino il suddetto effetto) di tale principio, sono fondamentali "la considerazione differenziata dei trattamenti di quiescenza in base al loro importo" nonché la sussistenza di una "motivazione sostenuta da valutazioni della situazione finanziaria basate su dati oggettivi, emergenti, ad esempio, dalle relazioni tecniche di accompagnamento delle misure legislative".
Articolo 28
(Misure in materia di previdenza complementare)
L’articolo 28, comma 1, prevede, a decorrere dal 1° gennaio 2025, la possibilità, per i soggetti che liquidano la pensione con il sistema contributivo, di computare, su richiesta dell’assicurato, ai fini del raggiungimento dell’importo soglia necessario per la liquidazione della pensione di vecchiaia, unitamente all’ammontare mensile della prima rata di pensione di base, anche il valore di una o più prestazioni di rendita di forme pensionistiche di previdenza complementare, in caso di opzione per la prestazione in forma di rendita. La norma inoltre interviene sulle modalità di determinazione del valore teorico della rendita complementare ai soli fini del calcolo del raggiungimento del valore soglia previsto, prevedendo altresì che le forme di previdenza complementare rilascino una proiezione certificata attestante il valore della rendita calcolabile secondo gli schemi in uso nella singola forma di previdenza complementare.
Il comma 2 rinvia ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, l’individuazione dei criteri di computo e delle modalità di richiesta e di certificazione della proiezione della rendita secondo quanto previsto dal comma 1.
L’articolo, secondo quanto indicato nella relazione tecnica, richiedendo per la sua attuazione un decreto attuativo, non reca oneri per l’anno 2025, mentre reca 0,5 milioni di euro per l’anno 2026, 0,9 milioni di euro nell’anno 2027, 1,2 milioni di euro per l’anno 2028, 1,5 milioni di euro per l’anno 2029, 2,1 milioni di euro per l’anno 2030, 3,1 milioni di euro per l’anno 2031, 4,1 milioni di euro per l’anno 2032, 4,8 milioni di euro per l’anno 2033 e 5, 3 milioni di euro per l’anno 2034. Dal 2035 gli oneri pensionistici hanno un profilo pure crescente, ma comunque di entità contenuta, che trova compensazione nell’ambito degli interventi in materia pensionistica contenuti nel presente provvedimento.
L’articolo 28, comma 1, apportando modifiche all’articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214[65], prevede che i soggetti che liquidano la pensione con il sistema contributivo possono, sulla base di una opzione volontaria, computare, esclusivamente ai fini del raggiungimento dell’importo soglia necessario per la liquidazione della pensione di vecchiaia, in caso di opzione per la prestazione in forma di rendita non inferiore al 50 per cento del montante accantonato nel fondo ai sensi dell’articolo 11 comma 3 del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252 e solo su richiesta dell’assicurato, unitamente all’ammontare mensile della prima rata di pensione di base, anche il valore di una o più prestazioni di rendita di forme pensionistiche di previdenza complementare. Il valore teorico della rendita complementare, ai soli fini del calcolo del raggiungimento del valore soglia previsto (nel 2024 pari a 534,41 euro mensili), è determinato trasformando il montante effettivo accumulato in ciascuna forma di previdenza complementare con il valore dei coefficienti di trasformazione di cui all’articolo 1, comma 6 della legge 8 agosto 1995, n. 335[66] vigente al momento del pensionamento.
La norma introduce inoltre l’obbligo di mettere a disposizione una proiezione certificata che consenta di avere una rappresentazione affidabile dell’importo della futura rendita in modo da comprendere l’ulteriore reddito a disposizione unitamente alla pensione erogata dall’ente previdenziale pubblico.
Al riguardo, la relazione tecnica del provvedimento, precisa come già attualmente le forme di previdenza complementare rilascino annualmente una nota informativa che contiene già le proiezioni delle diverse tipologie di prestazioni richiedibili dagli assicurati, ivi incluse le rendite, prevedendo la norma in esame uno specifico obbligo per il caso di specie (richiesta di una pensione contributiva con opzione di rendita).
Si ricorda che nel nostro ordinamento, la materia delle forme pensionistiche complementari è disciplinata dal D.Lgs. 252/2005, come sostanzialmente modificato dal D.Lgs. 28/2007 (di recepimento della direttiva 2003/41/CE), nonché, successivamente, dal decreto legislativo 13 dicembre 2018, n. 147, con cui è stata data attuazione alla direttiva (UE) 2016/2341, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 dicembre 2016, relativa alle attività e alla vigilanza degli enti pensionistici aziendali o professionali. Tale direttiva è volta alla creazione di un quadro normativo unitario minimo e armonizzato della previdenza integrativa, a rafforzare il sistema di governance e di gestione del rischio, rimuovere alcune barriere che ostacolano l’attività transfrontaliera dei fondi pensione (oggetto di discipline differenti nei vari Paesi), consolidare la trasparenza e l’informazione agli iscritti e ai pensionati, cercando, nel contempo, di assicurare alle autorità competenti tutti gli strumenti necessari per poter effettivamente svolgere la vigilanza ed il controllo sugli EPAP.
Il citato decreto legislativo n. 147 del 2018 è stato adottato al fine di adeguare la normativa nazionale in materia di forme pensionistiche complementari e di attività di vigilanza sulle stesse da parte della COVIP.
Si ricorda, inoltre, che, per quanto attiene alle prestazioni, l’articolo 11 del D.Lgs. 252/2005 ha ridefinito i requisiti e le modalità di accesso alle prestazioni complementari, stabilendo (comma 2) che, a condizione di possedere almeno cinque anni di partecipazione alle forme pensionistiche complementari, il diritto alla prestazione pensionistica si acquisisca al momento della maturazione dei requisiti stabiliti nel regime obbligatorio di appartenenza.
Il comma 3, in particolare, prevede che le prestazioni pensionistiche in regime di contribuzione definita e di prestazione definita possono essere erogate in capitale, secondo il valore attuale, fino ad un massimo del 50 per cento del montante finale accumulato, e in rendita. Nel computo dell'importo complessivo erogabile in capitale sono detratte le somme erogate a titolo di anticipazione per le quali non si sia provveduto al reintegro. Nel caso in cui la rendita derivante dalla conversione di almeno il 70 per cento del montante finale sia inferiore al 50 per cento dell'assegno sociale di cui all'articolo 3, commi 6 e 7, della legge 8 agosto 1995, n. 335, la stessa può essere erogata in capitale.
Per quanto attiene agli obblighi di informativa, si ricorda che gli artt. da 13-bis a 13-septies nel D.Lgs. 252/2005) prevedono:
§ che gli aderenti e i beneficiari siano adeguatamente informati sulle condizioni della rispettiva forma pensionistica complementare (tra cui il profilo di investimento e la natura dei rischi finanziari), nonché su tutte le modifiche relative alle regole del fondo e alle riserve tecniche;
§ che i potenziali aderenti siano informati su determinati elementi (come, ad esempio, i tipi di prestazione del fondo e le opzioni di investimento a loro disposizione) prima della loro adesione;
§ che a ciascun aderente vengano trasmessi un documento annuale sulla propria posizione individuale e, almeno tre anni prima della possibile età di pensionamento, informazioni circa le opzioni di erogazione delle prestazioni pensionistiche;
§ che ai beneficiari siano fornite informazioni periodiche sulle opzioni esercitabili per l’erogazione delle rendite.
Il comma 2 prevede che, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze sono individuati i criteri di computo e le modalità di richiesta e di certificazione della proiezione della rendita secondo quanto previsto dal comma 1, tenuto conto dei contenuti delle decisioni Eurostat in merito alla conferma del trattamento contabile delle prestazioni di rendita di forme pensionistiche di previdenza complementare anche a seguito di quanto disciplinato dal comma 1.
Si osserva, infine, che la relazione tecnica relativa al provvedimento segnala che per effetto della disposizione in esame si potrà verificare un anticipo del pensionamento per la maturazione anticipata dell’importo soglia per accedere al pensionamento di vecchiaia, a seguito dell’aggiunta alla pensione pubblica maturata della rendita derivante dalla previdenza complementare.
Richiedendo per la sua attuazione un decreto attuativo[67], esso non reca oneri per l’anno 2025, mentre reca 0,5 milioni di euro per l’anno 2026, 0,9 milioni di euro nell’anno 2027, 1,2 milioni di euro per l’anno 2028, 1,5 milioni di euro per l’anno 2029, 2,1 milioni di euro per l’anno 2030, 3,1 milioni di euro per l’anno 2031, 4,1 milioni di euro per l’anno 2032, 4,8 milioni di euro per l’anno 2033 e 5,3 milioni di euro per l’anno 2034. Nella relazione tecnica infine si segnala che dal 2035 gli oneri pensionistici hanno un profilo pure crescente, ma di entità contenuta che trova compensazione nell’ambito degli interventi in materia pensionistica contenuti nel presente provvedimento
L’articolo 29 esclude dall’applicazione della legislazione in materia di trattamento di disoccupazione in favore dei lavoratori rimpatriati, nonché dei lavoratori frontalieri, le cessazioni del rapporto di lavoro intervenute a partire dal 1° gennaio 2025.
L’articolo in esame comporta effetti positivi per la finanza pubblica, pari a 17 milioni di euro nel 2025, 37,3 milioni di euro nel 2026, 38,2 milioni di euro nel 2027,39 milioni di euro nel 2028, 39,8 milioni di euro nel 2029, 40,6 milioni di euro nel 2030, 41,4 milioni di euro nel 2031, 42,2 milioni di euro nel 2032, 43,1 milioni di euro nel 2033 e 44 milioni di euro nel 2034.
L’articolo 29 prevede che a partire dal 1° gennaio 2025 le disposizioni recate dalla legge 25 luglio 1975, n. 402 - che riconoscono il trattamento ordinario di disoccupazione per un periodo di 180 giorni ai lavoratori italiani rimpatriati, nonché ai lavoratori frontalieri, in caso di disoccupazione derivante da licenziamento ovvero da mancato rinnovo del contratto di lavoro stagionale da parte del datore di lavoro all'estero - non si applichino alle cessazioni del rapporto di lavoro intervenute a partire dal 1° gennaio 2025.
La relazione tecnica, nel riportare gli effetti finanziari complessivi derivanti dal provvedimento normativo di abrogazione delle disposizioni in materia di trattamento di disoccupazione in favore dei lavoratori rimpatriati, ascrive effetti positivi per la finanza pubblica, pari a 17 milioni di euro nel 2025, 37,3 milioni di euro nel 2026, 38,2 milioni di euro nel 2027,39 milioni di euro nel 2028, 39,8 milioni di euro nel 2029, 40,6 milioni di euro nel 2030, 41,4 milioni di euro nel 2031, 42,2 milioni di euro nel 2032, 43,1 milioni di euro nel 2033 e 44 milioni di euro nel 2034.
Si ricorda che tale legge n. 402 del 1975 prevede che, in caso di disoccupazione derivante da licenziamento ovvero da mancato rinnovo del contratto di lavoro stagionale da parte del datore di lavoro all'estero, i lavoratori italiani rimpatriati, nonché i lavoratori frontalieri, hanno diritto al trattamento ordinario di disoccupazione per un periodo di 180 giorni[68], detratto il periodo eventualmente indennizzato in base a norme di accordi internazionali. Per lo stesso periodo i lavoratori medesimi hanno diritto agli assegni familiari ed all'assistenza sanitaria per sé e per i familiari a carico.
La concessione di tali prestazioni è subordinata alla condizione che il rimpatrio sia intervenuto entro il termine di 180 giorni dalla data del licenziamento o dalla fine del contratto di lavoro stagionale e sempreché il rimpatrio stesso risulti in data successiva al 1° novembre 1974.
Inoltre , il trattamento di cui all'articolo 1 è dovuto a condizione che il lavoratore interessato si sia iscritto all'ufficio di collocamento del luogo di residenza sul territorio italiano entro il termine di 30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge o dalla data del rimpatrio, ovvero, per i frontalieri, dalla data del mancato rinnovo del contratto di lavoro.
I lavoratori che abbiano fruito di tale trattamento previsto possono nuovamente beneficiarne sempreché abbiano effettuato un nuovo periodo di lavoro dipendente di almeno dodici mesi, di cui non meno di sette effettuati all'estero.
Articolo 30
(Proroga ammortizzatori sociali mediante utilizzi
del Fondo sociale per occupazione e formazione e disposizioni per l’attuazione del programma Garanzia Occupabilità Lavoratori)
L’articolo 30 proroga alcune misure di sostegno al reddito, ponendo i relativi oneri a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione. Tali interventi concernono l’indennità per i lavoratori della pesca e dei call-center, l’integrazione al reddito per i dipendenti ex-Ilva, il trattamento straordinario di integrazione salariale per le imprese che operano in aree di crisi industriale complessa, che cessano l’attività o in caso di riorganizzazione o crisi aziendale, nonché per le imprese di interesse strategico nazionale. In particolare, sono stanziati:
§ 30 mln di euro per il 2025 per il fermo pesca;
§ 70 mln di euro per il 2025 per la CIGS per le imprese situate in aree di crisi industriale complessa;
§ 100 mln di euro per il 2025 per la CIGS per cessazione attività;
§ 19 mln di euro per il 2025 per il sostegno al reddito dei dipendenti ex ILVA;
§ 100 mln di euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2027 per la CIGS per crisi aziendale;
§ 20 mln di euro per il 2025 per i lavoratori dei call center
La disposizione prevede altresì la proroga di talune convenzioni per l’impiego di lavoratori socialmente utili e alcune misure volte all’attuazione del Programma GOL (Garanzia occupabilità lavoratori).
La relazione tecnica sull’articolo 30 non ascrive effetti finanziari alle disposizioni in esso contenute, in quanto il finanziamento è disposto a valere sulle risorse del Fondo sociale per occupazione e formazione, già presenti a legislazione vigente.
Indennità per i lavoratori del settore della pesca (comma 1)
Per l’erogazione, anche per il 2025, dell’indennità giornaliera onnicomprensiva prevista per i lavoratori dipendenti da imprese adibite alla pesca marittima nel periodo di sospensione dell’attività lavorativa, a causa delle misure di arresto temporaneo obbligatorio e non obbligatorio, vengono stanziate risorse nel limite di 30 milioni di euro per il medesimo anno 2025, a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione[69].
La suddetta indennità è pari ad un importo non superiore a 30 euro giornalieri ed è riconosciuta ad ogni lavoratore dipendente da imprese adibite alla pesca marittima, compresi i soci lavoratori delle cooperative della piccola pesca.
Si ricorda che la misura in oggetto è stata rifinanziata più volte, da ultimo dall’art. 1, c. 169, della L. 213/2023 (legge di bilancio 2024) nella misura di 30 mln di euro.
Proroga CIGS e mobilità in deroga nelle aree di crisi industriale complessa (comma 2)
La norma in esame stanzia per il 2025 ulteriori risorse, pari a 70 milioni di euro a valere sul Fondo sociale occupazione e formazione, per la prosecuzione dei trattamenti straordinari di integrazione salariale, riconosciuti in deroga ai limiti generali di durata vigenti, e di mobilità in deroga, previsti – rispettivamente, dall’art. 44, co. 11-bis, del D.Lgs. 148/2015, e dall’art. 53-ter del D.L. 50/2017 - in favore dei lavoratori di imprese operanti in aree di crisi industriale complessa.
Le suddette risorse saranno ripartite tra le regioni con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e potranno essere destinate dalle Regioni, nel 2025, in aggiunta a quelle residue dei precedenti finanziamenti, alle medesime finalità.
La disposizione in commento affida all’INPS, ai fini del rispetto del limite delle disponibilità finanziarie assegnate, il controllo ed il monitoraggio dei flussi di spesa afferenti all’avvenuta erogazione delle prestazioni e ne dà riscontro al Ministero del lavoro e delle politiche sociali almeno semestralmente.
L’articolo 44, comma 11-bis del D.Lgs. n. 148/2015 autorizza un ulteriore intervento di integrazione salariale straordinaria, previo accordo stipulato in sede governativa, sino al limite massimo di 12 mesi per ciascun anno di riferimento, alle imprese operanti in un'area di crisi industriale complessa che, a tal fine, debbono presentare un piano di recupero occupazionale che preveda appositi percorsi di politiche attive del lavoro concordati con la regione e finalizzati alla rioccupazione dei lavoratori, dichiarando contestualmente di non poter ricorrere al trattamento di integrazione salariale straordinaria né secondo le disposizioni del citato decreto, né secondo le disposizioni attuative dello stesso. Tali risorse, a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione, sono assegnate alle regioni dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali che provvede ad una ripartizione proporzionale alle esigenze rappresentate.
Ai sensi dell’articolo 53-ter del D.L. 50/2017, le suddette risorse finanziarie possono essere destinate dalle regioni, nei limiti della parte non utilizzata, per la prosecuzione - senza soluzione di continuità e a prescindere dall'applicazione dei criteri di cui al DM n. 83473 del 1° agosto 2014 - del trattamento di mobilità in deroga, per un massimo di dodici mesi, per i lavoratori che operino in un'area di crisi industriale complessa e che, alla data del 1º gennaio 2017, risultavano beneficiari di un trattamento di mobilità ordinaria o di un trattamento di mobilità in deroga, a condizione che ai medesimi lavoratori siano contestualmente applicate le misure di politica attiva individuate in un apposito piano regionale.
Inizialmente, il citato art. 44, co. 11-bis, del D.Lgs. 148/2015 ha disposto che il trattamento straordinario di integrazione salariale ivi previsto fosse concesso entro un limite massimo di spesa di 216 mln di euro per il 2016 (ripartite con il decreto interministeriale n. 1 del 12 dicembre 2016) e di 117 mln per il 2017 (ripartite con il decreto interministeriale n. 12 del 5 aprile 2017).
Successivamente, le leggi di bilancio dal 2018 al 2023, per la prosecuzione dei trattamenti di CIGS in oggetto, hanno più volte autorizzato l’impiego delle risorse residue anche per le annualità successive al 2017 e hanno altresì stanziato ulteriori risorse. In dettaglio:
§ per il 2018 e 2019 è stato consentito l’impiego delle risorse residue stanziate per il 2016 ed il 2017 (art. 1, co. 139, della L. 205/2017 e art. 1, co. 282, della L. 145/2018);
§ per il 2019 sono stati stanziati ulteriori 117 mln di euro, ripartiti con il decreto interministeriale n. 16 del 29 aprile 2019 (art. 1, co. 282, della L. 145/2018);
§ per il 2020 sono stati stanziati ulteriori 45 mln di euro, ripartiti con il DM 5 marzo 2020 (art. 1, co. 491, L. 160/2019);
§ per il 2021 sono stati stanziati ulteriori 180 mln di euro, ripartiti con il DM n. 18 del 16 aprile 2021 (art. 1, co. 289, L. 178/2020)[70];
§ per il 2022 sono stati stanziati ulteriori 60 mln di euro, ripartiti con il DM n. 5 del 9 marzo 2022 (art. 1, co. 127, L. 234/2021);
§ per il 2023 sono stati stanziati ulteriori 70 mln di euro, ripartiti con apposito DM (art. 1, c. 325, L. 197/2022);
§ per il 2024 sono stati stanziati ulteriori 70 mln di euro, ripartiti con DM 11 aprile 2024, n. 886 (art. 1, c. 170, L. 213/2023).
Proroga CIGS per cessazione di attività (commi 3 e 4)
La disposizione in commento proroga per il 2025 - nel limite di spesa di 100 milioni di euro per il medesimo anno, a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione - la possibilità (attualmente prevista sino al 2024) per le imprese che cessano l’attività produttiva di accedere ad un trattamento straordinario di integrazione salariale per crisi aziendale per un periodo massimo di 12 mesi, finalizzato alla gestione degli esuberi di personale (ex art. 44 del D.L. 109/2018) (comma 4).
Tale facoltà è concessa in deroga ai limiti generali di durata vigenti[71] e, in base alla novella apportata dalla disposizione in commento, anche qualora il datore abbia occupato mediamente meno di quindici dipendenti nel semestre precedente la data di presentazione della domanda[72] (comma 3).
La disposizione in commento fa salva la disciplina prevista dal richiamato articolo 44 del D.L. 109/2018 (vedi infra) in materia di condizioni e presupposti per l’accesso al suddetto intervento straordinario di integrazione salariale per cessazione di attività.
In particolare l’autorizzazione è concessa:
§ qualora sussista una delle seguenti ipotesi:
o risultino concrete prospettive di cessione dell’attività, con conseguente riassorbimento occupazionale;
o sia possibile realizzare interventi di reindustrializzazione del sito produttivo;
o siano svolti specifici percorsi di politica attiva del lavoro, posti in essere dalla regione interessata e relativi ai lavoratori dell'azienda in oggetto;
§ per un periodo massimo complessivo di dodici mesi;
§ anche in deroga ai limiti di durata massima per la cassa integrazione ordinaria e straordinaria, che prevedono, rispettivamente, in generale, una durata massima complessiva di 24 mesi in un quinquennio mobile e di 12 mesi, anche continuativi, in caso di crisi aziendale;
§ subordinatamente alla conclusione di un accordo stipulato presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali in cui viene altresì verificata la sostenibilità finanziaria del trattamento straordinario e indicato il relativo onere finanziario. Tali accordi sono trasmessi al Ministero dell'economia e delle finanze e all'INPS per il monitoraggio mensile del rispetto dei limiti di spesa. Qualora dal monitoraggio emerga il raggiungimento, anche in via prospettica, del limite di spesa, non possono essere stipulati altri accordi.
In attuazione della delega di cui alla L. 183/2014, che ha disposto, nell’ambito del riordino degli ammortizzatori sociali in costanza di lavoro, l’esclusione di ogni forma di integrazione salariale in caso di cessazione definitiva dell'attività aziendale o di un ramo di essa, il D.Lgs. 148/2015 ha escluso (dal 1° gennaio 2016) la cessazione di attività di impresa (o di un ramo di essa) tra le cause di richiesta di cassazione integrazione guadagni. Tuttavia, l’articolo 21, comma 4, del medesimo decreto n. 148 ha previsto (in deroga ai limiti di durata massima) la possibilità di autorizzare, entro il limite di spesa di 50 milioni di euro annui per il triennio 2016-2018 (a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione), sino a un limite massimo di 12, 9 e 6 mesi, e previo accordo stipulato in sede governativa, un ulteriore intervento di CIGS, nel caso in cui all'esito dello specifico programma di crisi aziendale, l'impresa avesse cessato l'attività produttiva e sussistano concrete prospettive di rapida cessione dell'azienda e di un conseguente riassorbimento occupazionale.
Successivamente, il richiamato art. 44 del D.L. 109/2018 – come modificato da ultimo dal D.L. 162/2019 - ha prorogato la concessione della CIGS in oggetto per il periodo dal 29 settembre 2018 al 31 dicembre 2020, nel limite di spesa costituito dalle risorse stanziate ai sensi del predetto art. 21, c. 4, del D.Lgs. 148/2015 e non utilizzate, nonché (come disposto dai decreti legge nn. 124 e 162 del 2019) nel limite di 45 milioni di euro per il 2019 e di 28,7 milioni di euro per il 2020.
Infine, il trattamento in oggetto è stato prorogato anche per gli anni 2021 e 2022 (art. 1, co. 278, L. 178/2020) nel limite di spesa, rispettivamente, di 200 e di 50 milioni di euro, per il 2023 (art. 1, co. 329, L. 197/2022) nel limite di spesa di 50 mln di euro, e, da ultimo, per il 2024 (art. 1, c. 172, L. 213/2023) nel limite di spesa di 100 mln di euro.
Integrazione delle misure di sostegno al reddito per i dipendenti ex ILVA (comma 5)
Viene altresì prorogata per il 2025 - nel limite di spesa di 19 mln di euro a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione - l’integrazione economica, per la parte non coperta, del trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria riconosciuta, anche ai fini della formazione professionale per la gestione delle bonifiche (ex art. 1-bis, del D.L. 243/2016, vedi infra), in favore dei dipendenti impiegati presso gli stabilimenti produttivi del gruppo ILVA.
Il richiamato art. 1-bis del D.L. 243/2016 ha autorizzato una spesa di 24 mln di euro per il 2017 allo scopo di integrare il trattamento economico dei dipendenti impiegati presso gli stabilimenti produttivi del gruppo ILVA per i quali sia stato avviato o prorogato, nel corso dello stesso anno, il ricorso alla cassa integrazione guadagni straordinaria (anche in relazione ad impegni dei lavoratori in corsi di formazione professionale per la gestione delle bonifiche relative ai medesimi stabilimenti). La misura è stata successivamente prorogata per il 2018 nel limite di spesa di 24 milioni di euro[73], per il 2019 nel limite di spesa di 35 milioni di euro[74] e per gli anni dal 2020 al 2024 nel limite di spesa di 19 milioni di euro per ciascun anno[75].
La Relazione tecnica allegata al presente disegno di legge specifica che i destinatari del trattamento di CIGS per le tre aziende del Gruppo Ilva sono complessivamente 2131 lavoratori, di cui 1808 dipendenti da Ilva, 311 dipendenti da Sanac e 12 dipendenti da Taranto Energia. Dai dati forniti dal personale della Direzione Ilva si prevede una sospensione media rispettivamente di 1.786, 311 e 12 lavoratori, per un totale di n. 2.109 unità lavorative.
CIGS per riorganizzazione, contratti di solidarietà e crisi aziendale (comma 6)
La disposizione in commento proroga per gli anni dal 2025 al 2027 la possibilità, di cui all’art. 22-bis del D.Lgs. 148/2015, per le imprese con rilevanza economica strategica anche a livello regionale e con rilevanti problematiche occupazionali, di richiedere un ulteriore periodo di trattamento di integrazione salariale straordinaria, in deroga ai limiti di durata posti dalla normativa vigente[76].
A tal fine vengono stanziati 100 milioni di euro per ciascuna delle predette annualità dal 2025 al 2027.
Si ricorda che il trattamento in oggetto è stato prorogato fino al 2024 dalla legge di bilancio 2022 (art. 1, c. 129, L. 234/2021).
L’ulteriore periodo di CIGS in oggetto può avere una durata di 12 mesi in caso di riorganizzazione aziendale o di contratto di solidarietà oppure di 6 mesi in caso di crisi aziendale.
La disposizione in commento non interviene sulla disciplina in materia di condizioni e presupposti per l’accesso alla proroga del richiamato trattamento straordinario di integrazione salariale.
In base al richiamato art. 22-bis l’autorizzazione dell’ulteriore periodo di CIGS da parte delle imprese di rilevanza economica strategica è subordinata alla presentazione di piani di interventi volti a fronteggiare le inefficienze della struttura gestionale o produttiva, ovvero a gestire processi di transizione (come specificato dall’art. 52, co. 1, lett. b), del ddl in esame, con riferimento all’art. 21, co. 2, del D.Lgs. 148/2015), e comunque finalizzati al recupero occupazionale, anche in termini di riqualificazione professionale e di potenziamento delle competenze (come specificato dall’art. 52, co. 1, lett. c), del ddl in esame, con riferimento all’art. 21, co. 2, del D.Lgs. 148/2015)) e alla sussistenza di una delle seguenti ipotesi:
1. il programma di riorganizzazione aziendale comprenda investimenti complessi, non attuabili nel limite temporale di durata del trattamento straordinario;
2. il medesimo programma contenga piani di recupero occupazionale e azioni di riqualificazione non attuabili nel suddetto limite temporale;
3. per la causale contratto di solidarietà;
4. il piano di risanamento presenti interventi correttivi complessi, non attuabili nel limite temporale di durata del trattamento.
Per le ipotesi da 1 a 3 si prevede che la proroga possa essere concessa fino ad un limite di 12 mesi, mentre per la quarta ipotesi si ammette un limite massimo di 6 mesi.
Proroga delle convenzioni per l’utilizzazione di lavoratori socialmente utili (comma 7)
Viene altresì prevista la proroga dal 31 dicembre 2024[77] al 31 dicembre 2025 del termine per la possibilità di applicazione di alcune convenzioni relative ai lavoratori socialmente utili.
Le convenzioni interessate dalla presente proroga sono stipulate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali con alcune regioni (Basilicata, Calabria, Campania e Puglia), al fine di garantire il pagamento dei sussidi, nonché l'attuazione di misure di politiche attive per il lavoro in favore dei lavoratori socialmente utili appartenenti alla cosiddetta platea storica[78]. La proroga è disposta nei limiti della spesa già sostenuta e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Sostegno al reddito per i lavoratori dei call center (comma 8)
La disposizione in commento rifinanzia anche per il 2025, nella misura di 20 milioni di euro - a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione[79] - le misure di sostegno al reddito previste in favore dei lavoratori dipendenti dalle imprese del settore dei call center dall’art. 44, co. 7, del D.Lgs. 148/2015, non rientranti nel campo di applicazione del trattamento straordinario di integrazione salariale, con un organico superiore alle 50 unità nel semestre precedente alla presentazione della domanda.
La misura dell’indennità in oggetto è pari al trattamento massimo di integrazione salariale ordinaria e straordinaria e può essere richiesta quando la sospensione o la riduzione dell'attività lavorativa sia determinata da una crisi aziendale ed il relativo programma contenga un piano di risanamento volto a fronteggiare gli squilibri creatisi.
In base al combinato disposto del richiamato art. 44, co. 7, del D.Lgs. 148/2015 e del relativo decreto attuativo DM 22763/2015, le citate misure di sostegno al reddito consistono nell’erogazione di un’indennità in favore dei lavoratori appartenenti alle aziende del settore dei call center non rientranti nel campo di applicazione del trattamento straordinario di integrazione salariale, con un organico superiore alle 50 unità nel semestre precedente alla presentazione della domanda, con unità produttive site in diverse Regioni o Province autonome, e che abbiano attuato, entro la scadenza del 31 dicembre 2013, le misure di stabilizzazione dei collaboratori a progetto.
Si ricorda che la misura di cui al presente comma è stata rifinanziata più volte, da ultimo, per il 2024, dall’art. 1, c. 168, della L. 213/2023 (legge di bilancio 2024) nel limite di spesa di 10 mln di euro.
CIGS per le imprese di interesse strategico nazionale (comma 9)
La disposizione in commento riconosce un ulteriore periodo di trattamento straordinario di integrazione salariale fino al 31 dicembre 2025, alle imprese di interesse strategico nazionale con un numero di lavoratori dipendenti non inferiore a mille e che hanno in corso piani di riorganizzazione aziendale non ancora completati. Tale ulteriore periodo è riconosciuto in continuità con le tutele già autorizzate, e quindi anche con effetto retroattivo, in deroga ai limiti di durata posti dalla normativa generale[80] e nel limite di spesa di 63,3 milioni di euro per il 2025.
Per la domanda relativa al prolungamento in oggetto non si applicano le norme inerenti alla consultazione sindacale e agli altri termini temporali e modalità per la procedura di trattamento in questione (di cui agli artt. 24 e 25 del D.Lgs. 148/2015).
Come anticipato, i trattamenti in oggetto sono riconosciuti nel limite di spesa di 63,3 euro per il 2025, a valere sulle risorse del Fondo sociale per l’occupazione e formazione. L’INPS provvede al monitoraggio di tale limite di spesa e, qualora dal predetto monitoraggio emerga che è stato raggiunto anche in via prospettica il limite di spesa, non prende in considerazione ulteriori domande.
Si ricorda che il trattamento in oggetto è stato riconosciuto fino al 31 dicembre 2024 dall’art. 1, c. 175, della L. 213/2023.
Si segnala, infine, che l’art. 3, c. 1, del D.L. 4/2024 – recante disposizioni urgenti in materia di amministrazione straordinaria delle imprese di carattere strategico – specifica che, anche qualora sia disposta l’amministrazione straordinaria (con conseguente prosecuzione aziendale), il suddetto beneficio resta fermo, nell’ambito del predetto limite di spesa, qualora il trattamento (o la prosecuzione dello stesso) sia già autorizzato o in corso di autorizzazione.
Attuazione Programma GOL (comma 10)
Ai fini del conseguimento degli obiettivi e dei target del Programma GOL (Garanzia occupabilità lavoratori) – previsto dal PNRR nell’ambito della Riforma delle politiche attive del lavoro e della formazione, 1.1 – la presente disposizione consente alle regioni di destinare le risorse loro assegnate nell’ambito di tale programma anche al finanziamento delle iniziative di formazione attivate dalle imprese a favore dei lavoratori rientranti nelle categorie individuate dalla suddetta Riforma 1.1.
L’obiettivo della Riforma 1.1, rientrante nella Missione 5, Componente 1, del PNRR, è promuovere un sistema attivo del mercato del lavoro più efficiente grazie a servizi specifici per l'impiego e piani personalizzati di attivazione del mercato del lavoro. I soggetti coinvolti dalla Riforma sono i soggetti disoccupati o in transizione, quindi beneficiari di ammortizzatori sociali in costanza o in assenza di un rapporto di lavoro o di misure di sostegno al reddito, nonché i soggetti fragili o vulnerabili con difficoltà a livello occupazionale.
Articolo 31
(Bonus per le nuove nascite)
L’articolo 31 introduce un assegno una tantum, pari a 1.000 euro, per ogni figlio nato o adottato a decorrere dal 1° gennaio 2025; il beneficio è riconosciuto dall’INPS su domanda; esso è subordinato alla condizione che il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente abbia un valore di ISEE non superiore a 40.000 euro annui[81] – valore di ISEE che, al fine in oggetto, viene computato al netto dell’assegno unico e universale per i figli a carico[82] – nonché alle condizioni che il genitore richiedente sia residente in Italia e rientri nelle categorie di cittadinanza o di permesso di soggiorno o di legame familiare indicate nel comma 1. L’onere finanziario per il nuovo istituto in esame viene valutato pari a 330 milioni di euro per il 2025 e a 360 milioni annui a decorrere dal 2026 (comma 3); si prevedono un’attività di monitoraggio finanziario da parte dell’INPS e, per il caso in cui si verifichi o sia in procinto di verificarsi uno scostamento rispetto alle suddette stime, una procedura ministeriale per la rideterminazione della misura dell’assegno una tantum e del limite suddetto del valore dell’ISEE (comma 2).
La relazione tecnica stima effetti finanziari in termini di maggiori spese derivanti dal comma 3, pari a 330 milioni di euro per il 2025 e in 360 milioni annui a decorrere dal 2026.
Il comma 1 del presente articolo 31 fa riferimento alle finalità di incentivare la natalità e di contribuire alle spese per il sostegno dei figli.
L’assegno una tantum in oggetto, riconosciuto nella misura e alle condizioni summenzionate, non concorre alla formazione del reddito complessivo rilevante al fine delle imposte sui redditi.
Riguardo, più in particolare, al requisito soggettivo inerente alle categorie di cittadinanza o di permesso di soggiorno o di legame familiare, è necessario, ai fini dell'accesso al beneficio: essere cittadino italiano o di uno Stato membro dell'Unione europea, o suo familiare titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, ovvero essere cittadino di uno Stato non appartenente all'Unione europea in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo o del permesso unico di lavoro, con autorizzazione a svolgere un'attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi, ovvero del permesso di soggiorno per motivi di ricerca, con autorizzazione al soggiorno in Italia per un periodo superiore a sei mesi[83].
Il comma 1 prevede che l’assegno una tantum sia erogato nel mese successivo a quello di nascita o di adozione. Si valuti l’opportunità di definire i termini temporali per la presentazione della domanda.
Si valuti l’opportunità di chiarire se l’assegno spetti anche qualora l’evento della nascita o dell’adozione sia intervenuto al di fuori dell’Italia, fermo restando il rispetto delle altre condizioni summenzionate, tra cui la residenza in Italia del genitore richiedente. Si valuti inoltre l’opportunità di chiarire – a prescindere dal suddetto aspetto, relativo al luogo di nascita o di adozione – se il requisito della residenza in Italia concerna anche il figlio medesimo.
Il comma 1 del presente articolo 31 specifica altresì che l’INPS provvede alla gestione del nuovo istituto, ivi compresa la suddetta attività di monitoraggio finanziario, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Il comma 2 prevede che l’INPS invii relazioni mensili, recanti i risultati del suddetto monitoraggio, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze. Qualora si verifichi o sia in procinto di verificarsi uno scostamento rispetto alle stime summenzionate, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, si rideterminano il valore annuo dell’assegno una tantum e il limite suddetto del valore dell’ISEE.
Gli articoli 32 e 33 recano alcune modifiche della disciplina sul buono per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido, pubblici e privati, e per le forme di supporto domiciliare per bambini aventi meno di tre anni di età e affetti da gravi patologie croniche. L’articolo 32 esclude dal valore dell’ISEE[84], rilevante al fine della determinazione della misura del buono, l’importo (corrisposto al nucleo familiare) dell’assegno unico e universale per i figli a carico[85]; in conseguenza di tale esclusione, il limite di spesa per il buono in esame viene incrementato di 5 milioni di euro annui. Il comma 1 dell’articolo 33 sopprime una delle condizioni alle quali è subordinata una quota di importo del buono; la condizione ora soppressa è costituita dalla presenza nel nucleo familiare di almeno un figlio di età inferiore ai dieci anni, oltre che di un figlio nato dopo il 31 dicembre 2023 (questa seconda condizione resta ferma). In relazione a tale soppressione, il successivo comma 2 incrementa ulteriormente, nelle misure ivi indicate, il suddetto limite di spesa[86].
L’articolo 32 e il comma 2 dell’articolo 33 dispongono incrementi del limite di spesa per il buono in esame. L’incremento è complessivamente pari a 102 milioni di euro per l’anno 2025, 136 milioni per l’anno 2026, 199 milioni per l’anno 2027, 202 milioni per l’anno 2028 e 205 milioni annui a decorrere dall’anno 2029.
Gli articoli 32 e 33 in esame concernono la disciplina del suddetto buono, prevista dall’articolo 1, comma 355, della L. 11 dicembre 2016, n. 232, e successive modificazioni[87]. Si ricorda che il buono è corrisposto dall’INPS al genitore richiedente, previa presentazione di idonea documentazione attestante l’iscrizione e il pagamento della retta a strutture pubbliche o private ovvero previa presentazione di un'attestazione rilasciata dal pediatra di libera scelta – sulla base di idonea documentazione – che attesti, per l'intero anno di riferimento, l'impossibilità del bambino di frequentare gli asili nido in ragione di una grave patologia cronica[88].
La misura del buono, come accennato, varia anche in relazione al valore dell’ISEE. Più in particolare, la misura è pari a 3.600 euro annui in relazione ai nati dopo il 31 dicembre 2023, a condizione che il valore dell’ISEE del nucleo familiare non sia superiore a 40.000 euro – il valore di ISEE del nucleo familiare, in base alla modifica operata dal presente articolo 32, viene computato, ai fini in oggetto, al netto dell’assegno unico e familiare per i figli a carico –; la novella di cui al comma 1 dell’articolo 33, come detto, sopprime, al fine del riconoscimento del suddetto importo di 3.600 euro annui, la condizione della presenza nel nucleo familiare di almeno un altro figlio di età inferiore ai dieci anni. Nelle altre ipotesi, la misura del buono è pari a: 3.000 euro annui per i nuclei familiari con un valore di ISEE non superiore a 25.000 euro; 2.500 euro annui per i nuclei familiari con un valore di ISEE superiore a 25.000 euro e pari o inferiore a 40.000 euro; 1.500 euro annui per i casi in cui l’ISEE superi i 40.000 euro e per i casi di insussistenza o di insufficienza della documentazione relativa all’ISEE[89]. Anche con riferimento a tutte queste altre ipotesi, l’ISEE, ai sensi del presente articolo 32, viene ora computato al netto dell’assegno unico e familiare per i figli a carico.
Gli incrementi del limite di spesa per il buono in esame operati dall’articolo 32 e dal comma 2 dell’articolo 33 sono pari complessivamente a 102 milioni di euro per l’anno 2025, 136 milioni per l’anno 2026, 199 milioni per l’anno 2027, 202 milioni per l’anno 2028 e 205 milioni annui a decorrere dall’anno 2029 (come detto, la quota di incremento disposta dall’articolo 32 è pari a 5 milioni di euro annui a decorrere dal 2025). La relazione tecnica allegata al disegno di legge riporta gli importi totali attuali del limite di spesa, come incrementato dalle norme in esame; essi sono pari a: 942,8 milioni per l’anno 2025, 1.033,8 milioni per l’anno 2026, 1.110,8 milioni per l’anno 2027, 1.127,8 milioni per l’anno 2028, 1.144,8 milioni annui a decorrere dal 2029.
Si ricorda che, nel caso in cui si verifichino o siano in procinto di verificarsi, anche in via prospettica, scostamenti rispetto al complessivo limite di spesa programmato (come incrementato dai valori summenzionati), l’INPS non prende in esame ulteriori domande; tuttavia, l'importo del buono può essere rideterminato, nel rispetto del limite di spesa programmato, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato secondo la procedura prevista dal suddetto comma 355 e tenuto conto degli esiti del monitoraggio finanziario dell’INPS.
Articolo 34
(Misure in materia di congedi parentali)
Il comma 1 dell’articolo 34 prevede, con riferimento ai lavoratori dipendenti e limitatamente a un periodo o a un complesso di periodi[90] compresi entro il sesto anno di vita del bambino – ovvero entro il sesto anno dall’ingresso in famiglia del minore nel caso di adozione o affidamento[91] –, un elevamento della misura dell'indennità per congedo parentale; tale elevamento è riconosciuto in alternativa (o in alternativa per frazioni di periodo[92]) alla madre o al padre e concerne, nel limite di due mesi, i periodi di congedo successivi a un primo mese di congedo parentale; in base a tale elevamento, l'aliquota (commisurata sulla retribuzione) per il calcolo dell'indennità per congedo parentale è pari, limitatamente al periodo o ai periodi in oggetto, all'ottanta per cento – anziché al sessanta per cento, già previsto per il secondo mese, e al trenta per cento, già previsto per il terzo mese –. In conseguenza di tale novella, i periodi complessivamente fruibili con una indennità pari all’ottanta per cento sono dunque elevati da uno a tre mesi (sempre in alternativa tra i genitori e fino al sesto anno summenzionato). Il comma 2 del presente articolo definisce i termini transitori di applicazione della novella di cui al comma 1.
Gli effetti finanziari negativi derivanti dall’articolo 34 sono quantificati nella relazione tecnica in un importo complessivamente pari a 183 milioni di euro per l’anno 2025, 285 milioni per l’anno 2026, 398 milioni per l’anno 2027 e in un importo annuo crescente negli anni successivi (nel 2034 – ultimo anno preso in considerazione nelle stime – l’importo è quantificato in 494 milioni). I valori in esame sono comprensivi (in termini di competenza contabile) della quota di maggiore spesa per la contribuzione figurativa.
La novella di cui al comma 1 del presente articolo 34 concerne l'articolo 34, comma 1, del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, e successive modificazioni.
Si ricorda che la precedente novella operata dall’articolo 1, comma 179, della L. 30 dicembre 2023, n. 213, oltre ad elevare, a regime, l’aliquota summenzionata di calcolo dal trenta per cento al sessanta per cento per il secondo mese, ha elevato per il solo anno 2024 l’aliquota medesima, relativa al secondo mese, all’ottanta per cento. La novella di cui al citato comma 179 è in sostanza assorbita dalla novella di cui al presente articolo 34, comma 1.
Il nuovo elevamento in esame, ai sensi del comma 2 del presente articolo, non si applica per i casi in cui – per la madre o, rispettivamente, per il padre – il periodo di congedo di maternità o di paternità sia terminato entro il 31 dicembre 2024[93]; viene fatto salvo, per i casi in cui il congedo di maternità o di paternità sia terminato nel corso dell’anno 2024, l’elevamento all’ottanta per cento per il secondo mese. Quest’ultimo elevamento, come detto, è stato già riconosciuto dalla novella di cui al citato articolo 1, comma 179, e può essere ora fruito (in base ai commi 1 e 2 del presente articolo 34) anche nel periodo successivo all’anno 2024; restano esclusi (come già previsto nella novella di cui al suddetto articolo 1, comma 179) i casi in cui il congedo di maternità o di paternità sia terminato entro il 31 dicembre 2023. Sotto il profilo redazionale, si valuti l’opportunità di una riformulazione della suddetta disciplina transitoria di cui al comma 2, al fine di esplicitare le categorie a cui si riferisce l’avverbio “rispettivamente”.
Si ricorda che il comma 1 dell’articolo 34 del suddetto testo unico riconosce il trattamento economico – pari, come accennato, ad una quota percentuale della retribuzione[94] e costituito da un'indennità corrisposta dall'INPS o, per i dipendenti pubblici, dal datore di lavoro – per i seguenti periodi di congedo parentale, salvi i casi di periodo più ampio in relazione al reddito individuale o all'ipotesi che il congedo riguardi un minore disabile in situazione di gravità accertata[95]: per tre mesi per ciascun genitore – tale diritto non è trasferibile all'altro genitore –; per un ulteriore periodo di tre mesi, fruibile in alternativa (o anche divisibile) tra i genitori[96]; per nove mesi di congedo, qualora vi sia un solo genitore o l'affidamento del minore sia esclusivo di un genitore.
La novella in esame inserisce la norma sul suddetto elevamento nel primo periodo del citato articolo 34, comma 1, del testo unico, e successive modificazioni. Si valuti l'opportunità di inserire una novella di coordinamento nel terzo periodo dello stesso articolo 34, comma 1, periodo relativo ai nove mesi di congedo parentale a cui ha diritto il genitore unico o titolare dell'affidamento esclusivo, al fine di fare salva esplicitamente – nell'ambito della formulazione sull'aliquota del trenta per cento – l'ipotesi di elevamento in oggetto.
Articolo 35
(Disposizioni in materia di decontribuzione di lavoratrici madri)
L’articolo 35 reca disposizioni in materia di decontribuzione di lavoratrici madri, riconoscendo un parziale esonero contributivo della quota dei contributi previdenziali per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, a carico del lavoratore, in favore delle lavoratrici dipendenti, ad esclusione dei rapporti di lavoro domestico, e autonome che percepiscono almeno uno tra redditi di lavoro autonomo, redditi d’impresa in contabilità ordinaria, redditi d’impresa in contabilità semplificata o redditi da partecipazione e che non hanno optato per il regime forfetario.
La disposizione individua quindi i requisiti di concessione dell’esonero.
Come specificato nella medesima disposizione e nella relazione tecnica, dalla disposizione in commento conseguono oneri, in termini di maggiori spese, pari a 300 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2025.
La disposizione di cui all’articolo 35 prevede il riconoscimento, nel limite di spesa di 300 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2025, di un parziale esonero contributivo della quota dei contributi previdenziali per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, a carico del lavoratore, in favore delle lavoratrici dipendenti - ad esclusione dei rapporti di lavoro domestico - e autonome che percepiscono almeno uno tra redditi di lavoro autonomo, redditi d’impresa in contabilità ordinaria, redditi d’impresa in contabilità semplificata o redditi da partecipazione e che non hanno optato per il regime forfetario.
A tal proposito, si ricorda che l’ambito operativo del regime di contabilità semplificata è disciplinato dall’articolo 18, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, in cui sono riportati i requisiti dimensionali affinché le imprese ricadano nel regime di contabilità semplificata. Tale regime comporta una semplificazione nella tenuta delle scritture previste dal codice civile e, dal punto di vista fiscale, specifiche modalità di determinazione del reddito imponibile. A tali soggetti si applica il sistema di scaglioni e aliquote IRPEF. Rientrano in tale regime le imprese individuali, le società di persone e gli enti non commerciali, con ricavi non superiori a 500 mila euro per prestazioni di servizi o a 800 mila euro per altre attività. L’imponibile è determinato sul principio di cassa “impuro” (perché, ad esempio, rimane necessario l’ammortamento dei beni strumentali – anziché la sua deduzione integrale nell’esercizio entro il quale il costo viene sostenuto – e la deduzione degli accantonamenti di quiescenza e previdenza per il personale dipendente).
Si rammenta, altresì, che sono considerati redditi da partecipazione le quote di reddito derivanti da partecipazioni in società e associazioni o imprese familiari o coniugali:
§ dai soci delle società di persone ed equiparate di cui all'art. 5 del TUIR;
§ dai collaboratori di imprese familiari;
§ dal coniuge che partecipa all'azienda coniugale non gestita in forma societaria;
§ dalle persone fisiche, membri di Gruppi Europei di Interesse Economico (GEIE) residenti nel territorio dello Stato o, se non residenti, con stabile organizzazione nel territorio dello Stato;
§ dai soci di società che hanno optato per il regime della trasparenza ai sensi dell'art. 116 del TUIR.
Infine, si ricorda sinteticamente che il regime forfetario è stato introdotto dalla legge di stabilità 2015 (articolo 1, commi 54-89 della legge n. 190 del 23 dicembre 2014) ed è destinato agli operatori economici di ridotte dimensioni. Esso prevede rilevanti semplificazioni ai fini Iva e ai fini contabili, e consente, altresì, la determinazione forfetaria del reddito da assoggettare a un'unica imposta con aliquota al 15 per cento sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'Irap. Esso è inteso dal legislatore come il regime naturale delle persone fisiche che esercitano un'attività di impresa, arte o professione in forma individuale, purché siano in possesso dei requisiti stabiliti dalla legge e, contestualmente, non incorrano in una delle cause di esclusione. La sua applicazione, pertanto, è subordinata solo al verificarsi delle condizioni e al possesso dei requisiti prescritti dalla legge. Il comma 54 della legge di bilancio 2023 innalza a 85 mila euro (rispetto al precedente limite previsto a 65 mila euro) la soglia di ricavi e compensi che consente di applicare un'imposta forfetaria del 15 per cento sostitutiva di quelle ordinariamente previste. La disposizione prevede inoltre che tale agevolazione cessa immediatamente di avere applicazione per coloro che avranno maturato compensi o ricavi superiori ai 100 mila euro, senza aspettare l'anno fiscale seguente.
Per un ulteriore approfondimento dell’istituto, si rinvia al sito dell’Agenzia delle entrate.
Sono quindi individuati i requisiti di concessione dell’esonero, prevedendosi, in particolare, che:
§ le lavoratrici devono essere madri di due o più figli;
§ l’esonero medesimo spetta fino al mese del compimento del decimo anno di età del figlio più piccolo ovvero, a decorrere dall’anno 2027, se madri di tre o più figli, fino al mese del compimento del diciottesimo anno di età del figlio più piccolo.
La disposizione prevede, inoltre, che il beneficio in esame non si applichi per gli anni 2025 e 2026 in favore delle lavoratrici che risultano essere beneficiarie dell’esonero contributivo già disposto dall’articolo 1, comma 180, della legge n. 213 del 2023.
Si ricorda, al proposito, che l’articolo 1, comma 180, della legge n. 213 del 2023 (legge di bilancio per l’anno 2024) ha previsto che, per i periodi di paga dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2026, alle lavoratrici madri di tre o più figli con rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, ad esclusione dei rapporti di lavoro domestico, sia riconosciuto un esonero del 100 per cento della quota dei contributi previdenziali per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti a carico del lavoratore fino al mese di compimento del diciottesimo anno di età del figlio più piccolo, nel limite massimo annuo di 3.000 euro riparametrato su base mensile.
Ulteriore requisito per la concessione del beneficio previsto dalla disposizione in esame è che la retribuzione o il reddito imponibile ai fini previdenziali non sia superiore all’importo di 40 mila euro su base annua.
Si precisa, in ogni caso, che resta ferma l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche.
Si ricorda che tale è la quota della retribuzione pensionabile accantonata ai fini della determinazione dell'ammontare della rendita. Per i lavoratori dipendenti essa è pari al 33%, per i lavoratori autonomi al 22,65%.
Per l’attuazione della presente disposizione è prevista l’adozione di un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.
In particolare, si demanda ad apposito decreto ministeriale - da adottarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge - la disciplina delle modalità attuative di quanto ivi previsto, e, in particolare, la misura dell’esonero contributivo, le modalità per il riconoscimento dello stesso e le procedure per il rispetto delle risorse stanziate.
Articolo 36
(Formazione delle donne vittime di violenza)
L’articolo 36 dispone un incremento del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità al fine di favorire l’orientamento e la formazione al lavoro per le donne vittime di violenza.
L’articolo 36 incrementa il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità di 3 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2025.
L’articolo in esame prevede un incremento delle risorse del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità pari a 3 milioni di euro annui a decorrere dal 2025.
Tale incremento è specificamente finalizzato ad attività di orientamento e formazione al lavoro per le donne vittime di violenza, al fine di consentirne l’emancipazione e l’indipendenza economica.
Il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità è stato istituito dall'articolo 19, comma 3, del decreto-legge 223/2006, convertito, con modificazioni, dalla legge 248/2006, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Lo scorso anno le risorse assegnate dalla legge di bilancio al sostegno delle politiche per le pari opportunità sono state pari a euro 105.414.810. In particolare è stato rafforzato il c.d. “reddito di libertà” - una misura introdotta dell’art. 105-bis del decreto-legge 34/2020, per garantire l’effettiva indipendenza economica e l’emancipazione delle donne vittime di violenza in condizione di povertà - attraverso un incremento del Fondo di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026 e di 6 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2027.
Una parte del Fondo (60.500.000 euro) è destinata al finanziamento di azioni finalizzate alla prevenzione e al contrasto della violenza maschile nei confronti delle donne ed in particolare all’attuazione del Piano strategico nazionale contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica. Quota parte delle suddette risorse viene annualmente ripartita tra le regioni, attraverso un decreto del Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità (da ultimo v. decreto 16 novembre 2023). Più nel dettaglio si tratta di:
§ 40 milioni da destinare al potenziamento delle forme di assistenza e di sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli attraverso modalità omogenee di rafforzamento della rete dei servizi territoriali già esistenti in ogni regione (nello specifico, 20 milioni a favore dei centri antiviolenza pubblici e privati e 20 milioni a favore delle case-rifugio pubbliche e private);
§ 6 milioni per l’attuazione degli obiettivi di cui al «Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne» e, in particolare, per la realizzazione di iniziative volte a sostenere il percorso di fuoriuscita dal circuito di violenza, gli interventi per il sostegno abitativo e il reinserimento lavorativo;
§ 9 milioni per la realizzazione di ulteriori interventi a titolarità regionale volti all'empowerment femminile, secondo un approccio di genere nelle politiche in favore delle donne come strumento di prevenzione e contrasto della volenza economica maschile e delle molestie sul luogo di lavoro, coerentemente con gli obiettivi di cui alla Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026 e al PNRR.
Articolo 37
(Misure in materia di cani di assistenza)
I commi da 1 a 3 dell’articolo 37 estendono le disposizioni in materia di gratuità del trasporto sui mezzi di trasporto pubblico e di accesso agli esercizi aperti al pubblico, già previste a legislazione vigente per i cani guida delle persone non vedenti, ai cani di assistenza di persone con disabilità o con patologie e prevedono la definizione, con decreto interministeriale: delle patologie, o delle compromissioni associate alla disabilità, oggetto della suddetta estensione e per le quali i cani di assistenza possono essere addestrati e tesserati; di ulteriori disposizioni, concernenti il riconoscimento dei soggetti abilitati alla formazione dei cani di assistenza, l’istituzione di un registro di tali soggetti formatori, le modalità di identificazione dei cani di assistenza, nonché la disciplina transitoria e finale.
Il comma 4 specifica che i benefici summenzionati si applicano anche con riferimento alle figure coinvolte nell’addestramento dei cani di assistenza, nell’espletamento di tale addestramento.
Il comma 5 prevede, per le finalità di cui ai commi da 1 a 4, l’incremento di 1 milione di euro annui, a decorrere dall’anno 2025, del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario.
Il comma 6 reca un’autorizzazione di spesa, pari a 400.000 euro annui, a decorrere dall’anno 2025, per lo svolgimento delle attività di cui al comma 3, lettera e).
In base alla relazione tecnica, gli oneri derivanti dal presente articolo 37 sono costituiti dallo stanziamento di cui al comma 5 e dall’autorizzazione di spesa di cui al comma 6, per un importo complessivo pari a 1.400.000 euro annui, a decorrere dall’anno 2025.
Il comma 1 estende la disciplina di cui alla legge n. 37 del 1974 ai cani di assistenza che accompagnano persone aventi:
- disabilità che presentino compromissioni fisiche, mentali, intellettive o sensoriali (lettera a));
- specifiche patologie, anche non associate al riconoscimento della condizione di disabilità (lettera b)).
Tali categorie di persone sono individuate con decreto interministeriale ai sensi del comma 3 (v. infra).
La legge n. 37 del 1974, oggetto dell’estensione in esame, prevede, per i cani guida delle persone non vedenti, la gratuità del trasporto sui mezzi di trasporto pubblico e la libertà di accesso agli esercizi aperti al pubblico.
Ai sensi della medesima legge n. 37 del 1974, i soggetti responsabili della gestione del trasporto pubblico e i titolari di pubblici esercizi sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria, da 500 a 2.500 euro, in caso di mancato rispetto delle norme in oggetto. Nei summenzionati ambiti, ai sensi della medesima legge, il cane guida può essere privo di museruola, salvo quando, sui mezzi di trasporto pubblico, l’apposizione della museruola sia esplicitamente richiesta dal conducente o dai passeggeri.
Il comma 2 specifica che, ai fini delle disposizioni di cui ai commi da 1 a 4, per “cani di assistenza” devono intendersi i cani addestrati per il supporto delle suddette persone con disabilità o con patologie, ivi compresi i cani guida per le persone cieche o ipovedenti.
Il comma 3 prevede l’adozione, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge di bilancio, di un decreto del Ministro della salute e del Ministro per le disabilità, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti il Centro di referenza nazionale per gli interventi assistiti dagli animali[97] e l'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità[98] e previa intesa in sede di Conferenza unificata Stato-regioni-province autonome-città ed autonomie locali.
Si demanda al decreto in oggetto:
- la definizione delle compromissioni e delle patologie della persona in relazione alle quali i cani di assistenza possono essere addestrati e tesserati, con la conseguente applicazione delle disposizioni di cui alla legge n. 37 del 1974; nell’ambito delle compromissioni e delle patologie in oggetto sono espressamente inclusi le compromissioni della vista e dell'udito, le disabilità motorie, il diabete, l'epilessia e i disturbi del neurosviluppo; il decreto dovrà inoltre definire gli eventuali criteri di esclusione (lettera a));
- la definizione delle procedure per il riconoscimento dei soggetti abilitati alla formazione dei cani di assistenza e delle modalità di istituzione di un registro dei medesimi soggetti, nonché l’individuazione dei requisiti di questi ultimi, anche con riferimento alla qualificazione delle figure operanti in tale settore di attività (lettera b));
- l’individuazione dei percorsi di addestramento dei cani di assistenza e delle misure atte a garantirne la salute e il benessere (lettera c));
- la definizione delle caratteristiche del tesserino identificativo dei cani di assistenza, rilasciato, senza oneri per la finanza pubblica, dai soggetti formatori nelle more e al termine dell’addestramento nonché delle modalità operative per la registrazione dei cani di assistenza nel Sistema di identificazione nazionale degli animali da compagnia-SINAC[99] (lettera d));
- l’individuazione degli enti con funzioni di controllo e di monitoraggio, deputati al riconoscimento dei soggetti formatori dei cani di assistenza, alla tenuta del registro summenzionato e alla valutazione periodica dei medesimi soggetti formatori, nonché la definizione delle misure da attuare in caso di valutazione negativa o di riscontrata non conformità del servizio offerto (lettera e));
- la definizione di disposizioni finali e transitorie (lettera f)). Si specifica che ai cani guida delle persone non vedenti, formati prima della data di entrata in vigore del presente decreto interministeriale, continuano ad applicarsi le disposizioni della citata legge n. 37 del 1974, indipendentemente dall'eventuale tesseramento dell'animale.
Si valuti l’opportunità di chiarire se il decreto interministeriale in oggetto abbia o meno natura regolamentare.
Il comma 4 stabilisce che le disposizioni della legge n. 37 del 1974 si applicano anche nelle circostanze in cui i cani siano impegnati nelle attività di addestramento, svolte dalle figure operanti presso i suddetti soggetti formatori.
Il comma 5 prevede l’incremento di 1 milione di euro annui, a decorrere dall’anno 2025, del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario (articolo 16-bis, comma 1, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito dalla legge n. 135 del 2012). Tale incremento, come indicato nella relazione tecnica, è disposto in considerazione della riduzione delle entrate per le aziende del trasporto pubblico locale, riduzione stimata dalla relazione tecnica pari alla medesima misura di 1 milione di euro annui.
Si segnala che il Fondo in oggetto, allocato sul capitolo 1315 del programma 2.6 dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, reca uno stanziamento pari, in termini sia di competenza contabile sia di autorizzazione di cassa, a circa 5,35 miliardi di euro per l’anno 2025 e a circa 5,28 miliardi annui dall’anno 2026 (l’importo relativo all’anno 2025 è comprensivo, oltre che dell’incremento permanente di cui al presente comma 5, dell’incremento di cui al successivo articolo 97).
Il comma 6 autorizza la spesa di 400.000 euro annui, a decorrere dall'anno 2025, per lo svolgimento delle attività di cui al comma 3, lettera e). Tale stanziamento è trasferito dal bilancio dello Stato al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Articolo 38
(Disposizioni in materia di sperimentazion
della riforma sulla disabilità)
L’articolo 38, comma 1, relativamente all’attuazione della riforma della disabilità prevista nel Piano nazionale di ripresa e resilienza ed attuata con specifica disciplina legislativa, autorizza l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale a conferire incarichi, anche su base convenzionale con altre pubbliche amministrazioni, per prestazioni professionali a medici e figure professionali appartenenti alle aree psicologiche e sociali nel limite di spesa di 16 milioni di euro per l'anno 2025.
Per tali finalità, il comma 2 incrementa di 4 milioni di euro per l’anno 2025 l’autorizzazione di spesa relativa alle spese di funzionamento.
Il comma 3 prevede una riduzione pari a 20 milioni di euro per l’anno 2025 dell’autorizzazione di spesa prevista per le assunzioni di tali figure nella riforma in materia di disabilità.
La Relazione tecnica evidenzia una maggiore spesa complessiva di 20 milioni di euro per l'anno 2025, derivante dai commi 1 e 2, per il conferimento di incarichi per prestazioni professionali a medici e figure professionali appartenenti alle aree psicologiche e sociali. Gli oneri legati a tale maggiore spesa sono compensati dalla riduzione di 20 milioni di euro per l’anno 2025 dell’autorizzazione di spesa prevista per le assunzioni di tali figure per l’attuazione della riforma in materia di disabilità.
Il comma 1, in considerazione dei rilevanti impegni derivanti dall'attuazione della riforma della disabilita prevista dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e dalla Legge 22 dicembre 2021 n. 227[100], al fine di realizzare l'attività di sperimentazione prevista dall'articolo 33 del decreto legislativo 3 maggio 2024, n. 62[101], nei territori individuati dall'articolo 9, comma 1, del decreto-legge n. 71 del 2024[102] (conv. con modif. dalla legge n. 106 del 2024), in attesa del completamento delle procedure di reclutamento previste dall'articolo 9, comma 6, del citato decreto legislativo n. 62 del 2024, autorizza l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale a conferire incarichi, anche su base convenzionale con altre pubbliche amministrazioni, per prestazioni professionali a medici e figure professionali appartenenti alle aree psicologiche e sociali nel limite di spesa di 16 milioni di euro per l'anno 2025.
La relazione tecnica precisa che la previsione di cui al comma 1 in attesa del completamento delle procedure di reclutamento previste dall’articolo 9, comma 6, del decreto legislativo n. 62 del 2024 è finalizzata a reperire medici e figure professionali appartenenti alle aree psicologiche e sociali (per i quali ancora non è stato bandito il concorso) attraverso conferimento di incarichi professionali, anche su base convenzionale con altre amministrazioni pubbliche.
Si ricorda che nell'ambito della Missione 5 "Inclusione e Coesione", la Componente 2 "Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e Terzo settore" rileva per i profili sociali e socio-sanitari ai fini dell'attuazione di politiche di prevenzione dell'esclusione sociale che interessano le persone fragili per promuoverne la massima autonomia. In questi due ambiti, l'attuazione degli interventi è attribuita in prevalenza, rispettivamente al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero della salute, in collaborazione con le Regioni e gli enti locali.
Nell'ambito della Componente 2 della Missione 5 sono state programmate sia Riforme, sia Investimenti[103].
Per quanto riguarda la disabilità (riforma 1.1), la legge recante deleghe in per le disabilità (L. 22 dicembre 2021 n. 227) è stata attuata, entro il termine ampliato al 15 marzo 2024 in linea con la scadenza dell'obiettivo T2 2024, con i seguenti decreti:
§ la riqualificazione dei servizi pubblici in materia di inclusione e accessibilità da parte dei soggetti con disabilità (D. Lgs. 13 dicembre 2023, n. 222, "Disposizioni in materia di riqualificazione dei servizi pubblici per l'inclusione e l'accessibilità), attuativo dell'articolo 2, comma 2, lettera e), della citata legge delega;
§ -l'istituzione di una Autorità Garante nazionale dei diritti delle persone con disabilità (D. Lgs. 5 febbraio 2024, n. 20) attuativo dell'articolo 2, comma 2, lett. f), della legge n. 227/2021;
§ -la revisione ed il riordino delle disposizioni vigenti in materia di disabilità mediante D.Lgs. 3 maggio 2024, n. 62, ai fini della definizione della condizione di disabilità, delle procedure di accertamento, della valutazione dimensionale e del progetto di vita individuale, personalizzato e partecipato.
In particolare, con riferimento alla disposizione in commento, si ricorda che il D.Lgs. 3 maggio 2024, n. 62 ha previsto all’articolo 33, commi 1, 3 e 5, una sperimentazione della durata di dodici mesi, a decorrere dal 1° gennaio 2025, in alcune aree territoriali, del procedimento di valutazione di base.
Inoltre, l’articolo 33, commi 2 e 4, prevede una sperimentazione della durata di dodici mesi, a decorrere dal 1° gennaio 2025, in alcune aree territoriali, del procedimento di valutazione multidimensionale e del progetto di vita individuale (personalizzato e partecipato).
In particolare, la procedura di sperimentazione del procedimento valutativo di base è volta all’applicazione provvisoria e a campione, secondo il principio di differenziazione geografica tra Nord, Sud e Centro Italia e il principio di differenziazione di dimensioni territoriali. La sperimentazione è intesa anche al fine di assicurare il progressivo aggiornamento delle definizioni, dei criteri e delle modalità di accertamento.
I territori sono individuati dall'articolo 9, comma 1, del decreto-legge n. 71 del 2024:
a) Brescia;
b) Catanzaro;
c) Firenze;
d) Forli-Cesena;
e) Frosinone;
f) Perugia;
g) Salerno;
h) Sassari;
i) Trieste.
Per avviare tale sperimentazione l’articolo 9 del D.Lgs. 3 maggio 2024, n. 62, in relazione alla procedura valutativa di base, finalizzata al riconoscimento della condizione di disabilità, affida all’INPS il ruolo di soggetto unico accertatore. Si prevedono, inoltre, le seguenti facoltà dell’INPS: di avvalersi, in base ad apposite convenzioni con le Regioni, delle risorse strumentali ed organizzative delle Aziende sanitarie locali e delle Aziende Ospedaliere, necessarie allo svolgimento dei procedimenti di valutazione di base; di procedere ad assunzioni finalizzate a garantire piena attuazione alle disposizioni contenute nel presente articolo.
Nelle more del completamento di tali procedure assunzionali, si inserisce la previsione di cui all’articolo in commento.
Il comma 2 della disposizione in oggetto incrementa, per le finalità di cui al comma 1, l'autorizzazione per le spese di funzionamento di cui all'articolo 9, comma 7, secondo periodo, del decreto legislativo n. 62 del 2024, di 4 milioni di euro per l'anno 2025.
Si ricorda che l'articolo 9, comma 7, secondo periodo, del decreto legislativo n. 62 del 2024 autorizza, in favore dell'INPS, una spesa pari ad euro 2.483.256 per l'anno 2024, di cui euro 2.086.769 per la gestione delle procedure concorsuali ed euro 396.487 per le spese di funzionamento, ed una spesa pari ad euro 1.625.593 per l'anno 2025 e pari ad euro 198.244 euro annui a decorrere dall'anno 2026, per le spese di funzionamento.
La relazione tecnica precisa che l’autorizzazione di spesa è diretta a finanziare per le spese di funzionamento necessarie per sostenere un investimento di risorse economiche iniziale per adeguare i locali e consentire l’acquisto della strumentazione propedeutica all’avvio della riforma su tutto il territorio nazionale, avendo accertato difficoltà nell’individuazione nel breve di strutture immobiliari idonee allo scopo.
Il comma 3 stabilisce che l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 9, comma 7, primo periodo, del decreto legislativo n. 62 del 2024 è ridotta di 20 milioni di euro per l’anno 2025.
Si ricorda che l'articolo 9, comma 7, primo periodo, del decreto legislativo n. 62 del 2024 autorizza una spesa pari ad euro 7.146.775 per l'anno 2024, ad euro 71.629.183 per l'anno 2025 e ad euro 215.371.872 annui a decorrere dall'anno 2026 per le assunzioni con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato da parte dell’INPS di 1.069 unità di personale da inquadrare nell'Area dei Medici di primo livello per l'assolvimento delle funzioni medico-legali di propria competenza, 142 unità di personale non dirigenziale da inquadrare nell'Area dei Funzionari amministrativi e 920 unità di personale non dirigenziale da inquadrare nell'Area dei Funzionari sanitari del Comparto Funzioni Centrali. Le assunzioni devono avvenire mediante procedure concorsuali pubbliche, per titoli ed esami, anche mediante scorrimento di vigenti graduatorie di concorsi pubblici e mediante bandi di mobilità, da parte dell’INPS per il triennio 2024-2026.
La Relazione tecnica precisa che la riduzione prevista dal comma 3 della disposizione in commento è a copertura dei maggiori oneri derivanti dai commi 1 e 2.
In particolare, la relazione stima i maggiori oneri per il reperimento delle figure professionali di cui alla disposizione in commento pari a:
costo specialisti |
512.000 |
medici |
12.583.030 |
operatori sociali |
2.151.479 |
personale amministrativo |
753.018 |
TOTALE |
15.999.527 |
Articolo 39
(Uffici antidroga)
L’articolo 39 estende al personale degli uffici dalla Direzione centrale per i servizi antidroga operanti fuori del territorio nazionale il trattamento economico già riconosciuto dalla legislazione vigente a favore degli esperti per la sicurezza destinati ad operare fuori del territorio nazionale nell’ambito del Dipartimento della pubblica sicurezza.
L’articolo 39 reca un onere di 810.000 euro annui a decorrere dal 2025.
L’articolo 39 interviene sull’articolo 11 del testo unico in materia di sostanze stupefacenti, di cui al d.P.R. 309/1990.
In particolare, la lettera a) del comma 1 aggiunge un periodo al comma 3 al fine di riconoscere uno specifico trattamento economico aggiuntivo anche al personale appartenente alla Direzione centrale per i servizi antidroga operante presso appositi uffici costituiti fuori del territorio nazionale.
Si tratta di personale, nominato con decreto del Ministro dell'interno, in servizio negli uffici che la Direzione centrale per i servizi antidroga, ai sensi del citato comma 3, può costituire all’estero, nel quadro di specifici accordi di cooperazione stipulati con i Governi interessati, per l'assolvimento dei compiti di cooperazione internazionale nella prevenzione e repressione del traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope.
Il sopra menzionato trattamento sarà equivalente a quello già riconosciuto, ai sensi del comma 1 del medesimo art. 11, al personale appartenente alla Direzione centrale per i servizi antidroga operante presso le rappresentanze diplomatiche e gli uffici consolari in qualità di esperto per la sicurezza.
Secondo quanto riportato nella relazione tecnica, gli uffici antidroga di cui al comma 3 non sono mai stati istituiti, a differenza della figura dell’esperto per la sicurezza di cui al comma 1, disciplinata dal decreto ministeriale n. 104 del 2016, che ne fissa il limite a 20 unità, la cui indennità viene pertanto presa a parametro di riferimento anche per il personale in servizio presso gli uffici antidroga di cui al comma 3.
La lettera b) del comma 1 riformula integralmente il comma 5 dell’art. 11 al fine di:
§ convertire in euro gli importi precedentemente fissati in lire e precisare che gli stessi sono relativi all’attuazione del solo comma 1 (esperti per la sicurezza);
§ quantificare in 810.000 euro annui a decorrere dal 2025 i nuovi oneri derivanti dall’estensione al personale di cui al comma 3 del trattamento economico già riconosciuto a favore degli esperti per la sicurezza di cui al comma 1, di cui 725.000 euro annui per le spese di personale e 85.000 euro annui per le spese di funzionamento.
La relazione tecnica precisa che l’autorizzazione di spesa consentirà l’invio all’estero di un contingente di tre unità di personale in servizio presso tre diverse sedi, composto da ufficiali/funzionari di livello dirigenziale (colonnelli dell’Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza e primi dirigenti della Polizia di Stato).
L’articolo 40 istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, per il successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Fondo nazionale per la prevenzione, il monitoraggio ed il contrasto del diffondersi delle dipendenze comportamentali tra le giovani generazioni, con una dotazione di 500.000 euro annui a decorrere dall’anno 2025.
L’articolo 40 prevede una maggiore spesa per la costituzione del fondo pari a 500.000 annui a decorrere dall’anno 2025.
L’articolo 40 istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, per il successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Fondo nazionale per la prevenzione, il monitoraggio ed il contrasto del diffondersi delle dipendenze comportamentali tra le giovani generazioni, con una dotazione di 500.000 euro annui a decorrere dall’anno 2025.
Secondo un recente studio italiano[104] promosso dal Dipartimento Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell’Istituto Superiore di Sanità - Dipendenze comportamentali nella Generazione Z: uno studio di prevalenza nella popolazione scolastica (11-17 anni) e focus sulle competenze genitoriali - almeno 100 mila adolescenti italiani fra gli 11 e i 17 anni fanno un uso compulsivo e incontrollato di social e piattaforme di streaming, quasi altrettanti si chiudono per mesi in camera sostituendo il reale con l’irreale virtuale. A questi si aggiungono circa 500 mila ragazzi, soprattutto maschi, a rischio di dipendenza da videogiochi: così, mentre in Italia il tempo medio trascorso su internet si aggira attorno alle 6 ore, varie forme di dipendenza dalla tecnologia dilagano fra i giovani, complice il malessere di una generazione post-Covid in cui l’isolamento emotivo e la rottura con il mondo sociale hanno minato la salute mentale.
Stando ai dati, raccolti su oltre 8.700 studenti fra gli 11 e i 17 anni, quasi il 12% degli adolescenti, soprattutto maschi, è a rischio di dipendenza dai videogiochi e il 2,5% fa un uso compulsivo e incontrollato dei social, mentre l’1,8% si chiude per mesi in camera vivendo solo attraverso computer e smartphone. Oggi esistono sia attività di prevenzione, terapie cognitive e comportamentali, sia cure farmacologiche in grado di aiutare i giovani e giovanissimi pazienti.
Emerge dallo studio che i ragazzi oggi sono più spesso vittime di ansia e depressione, meno inseriti nel tessuto sociale e contemporaneamente esposti a stimoli tecnologici radicalmente diversi rispetto ai coetanei di appena vent’anni fa. Pandemia, guerre, crisi ambientali ed economiche stanno amplificando un disagio che era già presente: la progressiva riduzione della socializzazione, la diminuzione delle relazioni affettive e di esperienze tipiche del percorso di crescita sono tutti fenomeni in continua crescita negli ultimi anni, così come la crescente pressione per la performance.
La frequenza di un utilizzo problematico di internet, videogame, social e piattaforme è elevata e in aumento. La dipendenza da videogiochi, per esempio, è riconoscibile da vari segni: l’impiego nei momenti di stress, sintomi di astinenza, l’abitudine a mentire sull’uso, la perdita di controllo e degli altri interessi.
Attualmente tuttavia esistono sia attività di prevenzione, terapie cognitive e comportamentali, sia cure farmacologiche in grado di aiutare i giovani e giovanissimi pazienti.
Articolo 41
(Fondo per gli accertamenti medico-legali e tossicologico-forensi)
L’articolo 41 istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell’interno, uno specifico Fondo per l’effettuazione degli accertamenti medico-legali e tossicologico-forensi (comma 1). La disposizione interviene anche in materia di destinazione delle sostanze sequestrate dall'autorità giudiziaria sopprimendo l’obbligo di trasmissione del verbale delle operazioni di distruzione anche al Ministero della sanità (comma 2).
L’articolo prevede una dotazione annua di 4 milioni di euro a decorrere dal 2025 per l’istituendo Fondo per gli accertamenti medico-legali e tossicologico-forensi.
Il comma 1 dell’articolo 41 introduce due ulteriori disposizioni (commi 10-bis e 10-ter) nell’articolo 75 del TU stupefacenti (d.P.R. n. 309 del 1990), relativo alle condotte integranti illeciti amministrativi e agli accertamenti medico-legali e tossicologico-forensi.
L’art. 75 del TU stupefacenti sottopone “chiunque, per farne uso personale, illecitamente importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque detiene sostanze stupefacenti o psicotrope” alle seguenti sanzioni amministrative:
· Sospensione della patente di guisa, del certificato di abilitazione personale per la guida di motoveicoli e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori o divieto di conseguirli per un periodo fino a tre anni;
L'interessato, inoltre, ricorrendone i presupposti, dovrà seguire un programma terapeutico e socio-riabilitativo in relazione alle proprie specifiche esigenze. La disposizione precisa che gli accertamenti medico-legali e tossicologico-forensi devono effettuati presso gli istituti di medicina legale, i laboratori universitari di tossicologia forense, le strutture delle Forze di polizia ovvero presso le strutture pubbliche di base da individuare con decreto del Ministero della salute.
Sempre l’articolo 75 regola anche il procedimento davanti al prefetto, che inizia con la contestazione dell’illecito di uso personale di droga da parte delle autorità poliziesche. Il prefetto, entro 90 giorni dalla ricezione della segnalazione, può adottare un’ordinanza e convocare la persona trovata in possesso di droga per valutare le sanzioni amministrative più appropriate.
Il nuovo comma 10-bis prevede l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell’interno, del fondo per l’effettuazione degli accertamenti medico-legali e tossicologico-forensi, con una dotazione di 4 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2025. Ai sensi del successivo comma 10-ter la definizione delle modalità di utilizzo è demandata ad un successivo decreto del Ministro dell’interno, da adottarsi di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro 30 giorni dalla entrata in vigore della disposizione.
Il comma 2 interviene invece sull’articolo 87 del TU stupefacenti, relativo alla destinazione delle sostanze sequestrate dall'autorità giudiziaria.
Il comma 5 dell’articolo 87 TU stupefacenti prevede che, per la distruzione di sostanze stupefacenti e psicotrope, ed ove possibile delle sostanze classificate di cui all'articolo 70 del medesimo decreto, l'autorità giudiziaria si avvalga di idonea struttura pubblica locale, ove esistente, o statale ed incarica la polizia giudiziaria del regolare svolgimento delle relative operazioni.
Il disegno di legge interviene sull’ultimo periodo del comma 5 prevedendo che il verbale delle operazioni sia trasmesso alla sola autorità giudiziaria procedente e non più – come attualmente previsto- anche al Ministero della salute.
Articolo 42
(Sistema nazionale di allerta rapida per le droghe - NEWS-D)
L’articolo 42 introduce un nuovo articolo nel Testo unico in materia di stupefacenti, diretto a costituire un Sistema nazionale di allerta rapida di contrasto alla diffusione di sostanze psicoattive.
La relazione tecnica non ascrive effetti finanziari alle disposizioni contenute nell’articolo 42, in quanto prevede che alla costituzione del Sistema nazionale di allerta rapida di contrasto alla diffusione di sostanze psicoattive si provveda senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (la Relazione Tecnica precisa che le risorse finanziarie necessarie a sostenere i costi del Sistema nazionale di allerta rapida sono quelle, già individuate, nel capitolo 771 del CDR 14 del DPA denominato “Spese per interventi specifici per l’implementazione del sistema di allerta precoce, sistemi di comunicazione, diffusione delle informazioni e attività di monitoraggio”).
L’articolo 42 introduce un nuovo articolo 14-bis nel Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 (Testo unico stupefacenti)[105].
Il nuovo articolo 14-bis del Testo unico stupefacenti prevede la costituzione di un Sistema nazionale di allerta rapida di contrasto alla diffusione di sostanze psicoattive.
In particolare, il comma 1 del nuovo articolo, al fine di dare piena attuazione operativa all’articolo 13 del Regolamento (UE) 2023/1322 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 giugno 2023[106], a decorrere dal 1° gennaio 2025 istituisce, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento per le politiche antidroga, il Sistema nazionale di allerta rapida per le droghe (NEWS-D), quale strumento di coordinamento operativo delle informazioni di allerta che opera anche attraverso un dispositivo informatico dedicato finalizzato alla prevenzione e alla tutela della salute pubblica per individuare tempestivamente e prevenire fenomeni potenzialmente pericolosi correlati alla comparsa di nuove sostanze psicoattive o al consumo di sostanze stupefacenti già vietate.
Si ricorda che l’articolo 13 del Regolamento (UE) 2023/1322 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 giugno 2023 prevede che Agenzia dell’Unione europea sulle droghe (EUDA)[107] istituisce e gestisce un sistema europeo di allerta rapido antistupefacenti, a integrazione dei pertinenti sistemi di allerta nazionali.
In merito al funzionamento di tale sistema europeo di allerta, secondo l’articolo 13, i punti focali nazionali[108], in cooperazione con le autorità nazionali competenti, sono tenuti a notificare immediatamente all’Agenzia qualsiasi informazione relativa all’emergere di un grave rischio per la salute, gli aspetti sociali, la protezione o la sicurezza direttamente o indirettamente collegato agli stupefacenti e qualsiasi informazione che possa essere utile ai fini del coordinamento di una risposta, ogni volta che vengono a conoscenza di informazioni di tale natura, in particolare:
a) la tipologia e l’origine del rischio;
b) la data e il luogo dell’evento da cui è scaturito il rischio;
c) le modalità di esposizione, trasmissione o diffusione;
d) i dati analitici e tossicologici;
e) i metodi di identificazione;
f) i rischi per la salute;
g) i rischi sociali, per la protezione e per la sicurezza;
h) le misure sanitarie attuate o che si intendono adottare a livello nazionale;
i) altre misure diverse da quelle sanitarie;
j) altre eventuali informazioni pertinenti relative al grave rischio per la salute in questione.
Una volta ricevute tali informazioni e dati sui potenziali rischi gravi per la salute, l’Agenzia, dopo averli analizzati, li integra con qualsiasi informazione scientifica e tecnica ottenuta dal sistema di allerta precoce di cui all’articolo 8[109] e da altre valutazioni delle minacce alla salute e alla sicurezza effettuate ai sensi dell’articolo 12, da altri organi e organismi dell’Unione e da organizzazioni internazionali, in particolare l’Organizzazione mondiale della sanità. L’Agenzia tiene conto delle informazioni da fonti aperte e delle informazioni disponibili ottenute attraverso i suoi strumenti di raccolta dei dati, nonché di quelle ottenute dai pertinenti portatori di interessi, comprese la comunità scientifica e le organizzazioni della società civile.
Sulla base delle informazioni e dei dati così ricevuti, l’Agenzia procede a inviare notifiche mirate di allerta rapida di rischio alle autorità nazionali competenti, compresi i punti focali nazionali. L’Agenzia può proporre opzioni di risposta in tali notifiche di rischio, che gli Stati membri possono prendere in considerazione nel quadro della pianificazione della loro preparazione e delle loro attività di risposta nazionale.
Inoltre, i punti focali nazionali, in cooperazione con le autorità nazionali competenti, informano l’Agenzia delle informazioni supplementari a loro disposizione per consentire all’Agenzia di effettuare un’ulteriore analisi e valutazione dei rischi e delle azioni intraprese o delle misure adottate a seguito del ricevimento delle notifiche mirate di allerta rapida di rischio.
A tali fini, l’Agenzia coopera strettamente con la Commissione e con gli Stati membri al fine di garantire l’indispensabile coerenza del processo di comunicazione del rischio. Inoltre, può estendere a paesi terzi o a organizzazioni internazionali la partecipazione al sistema europeo di allerta antistupefacenti. Tale partecipazione si basa sul principio della reciprocità ed è accompagnata da disposizioni sulla riservatezza equivalenti a quelle vigenti per l’Agenzia.
Infine, in stretta cooperazione con le autorità nazionali competenti, in particolare i punti focali nazionali, l’Agenzia, ove necessario, sviluppa un sistema di allerta per mettere a disposizione dei consumatori o potenziali consumatori di determinati stupefacenti le informazioni relative ai rischi specifici, se del caso.
Il comma 2 del nuovo articolo 14-bis del Testo unico stupefacenti stabilisce che il Sistema nazionale di allerta rapida di cui al comma 1 si avvale, per il proprio funzionamento, di centri collaborativi di primo e di secondo livello, di cui ai successivi commi 3 e 4.
Il successivo comma 3 definisce centri collaborativi di primo livello:
a) l’Istituto superiore di sanità di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 419[110], per la raccolta di dati e informazioni provenienti dai centri collaborativi di secondo livello su aspetti bio-tossicologici;
b) i centri antiveleno, pubblici o privati, per la raccolta di dati e informazioni provenienti dai centri collaborativi di secondo livello, su aspetti clinico-tossicologici, in grado di assicurare una disponibilità per l’intera giornata (h24), con laboratori interni e capacità analitiche nel settore delle nuove sostanze psicoattive, da individuare a cura del Dipartimento per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei ministri;
c) la Direzione centrale per i servizi antidroga del Dipartimento della pubblica sicurezza di cui all’articolo 1, della legge 15 gennaio 1991, n. 16[111], per il concorso allo sviluppo del Sistema nazionale di allerta rapida, per il coordinamento delle Forze di polizia nell’alimentazione informativa del predetto Sistema, nonché per la raccolta di dati e informazioni, utili per la formulazione di allerta o informative, emergenti dagli esami tossicologici condotti dai centri collaborativi di secondo livello di cui al comma 4, lettera e), sulle sostanze stupefacenti sequestrate.
Il comma 4 definisce centri collaborativi di secondo livello:
a) gli istituti di medicina legale;
b) i laboratori universitari di tossicologia forense;
c) le amministrazioni centrali e periferiche competenti in materia di droga;
d) le strutture di emergenza;
e) i laboratori delle Forze di polizia;
f) le strutture pubbliche di base di cui all’articolo 75, comma 10, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 (Testo unico stupefacenti);
g) gli enti, le agenzie e le associazioni scientifiche ovvero soggetti pubblici o privati operanti nell’ambito di prevenzione, cura e riabilitazione delle dipendenze da sostanze stupefacenti, da individuare sulla base di criteri specifici, dal Dipartimento per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Il comma 5 del nuovo articolo 14-bis, al fine di garantire la piena operatività del Sistema nazionale di allerta rapida e la tempestiva individuazione di nuove sostanze stupefacenti e psicoattive, nonché i loro effetti sulla salute, autorizza il Dipartimento per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei ministri, anche in deroga alle disposizioni contenute nel Codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36[112], a stipulare convenzioni e contratti con strutture private in possesso degli specifici requisiti di cui al comma 3, lettera b).
Infine, il comma 6 demanda a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, la definizione dei compiti e dell’organizzazione di tale Sistema nazionale di allerta rapida.
Per l’attuazione di tale Sistema di allerta, il comma 2 dell’art. 42 in commento prevede la clausola di invarianza degli oneri finanziari, stabilendo che si provveda con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Articolo 43
(Disposizioni in materia di finanziamento sportivo)
L’articolo 43 include il Comitato italiano paralimpico (CIP) tra i soggetti istituzionali, costituenti il movimento sportivo nazionale, destinatari della quota del 32 per cento delle entrate effettivamente incassate dal bilancio dello Stato, derivanti dal versamento delle imposte ai fini IRES, IVA, IRAP e IRPEF nei settori di attività sportiva, incrementando al contempo il limite minimo di risorse a tali soggetti destinabile, da 410 milioni di euro annui a 438.761.503 euro annui dal 2025 al 2034 e a 422.165.697 euro annui a decorrere dall’anno 2035. Le risorse incrementali, pari a 28.761.503 euro annui dal 2025 al 2034 e a 12.165.697 euro annui a decorrere dall’anno 2035, sono destinate al CIP per il finanziamento delle spese relative al proprio funzionamento e alle proprie attività istituzionali. Resta inalterato l’ammontare delle risorse destinate agli altri enti coinvolti (CONI, Sport e Salute Spa, NADO Italia, oltre che alle federazioni, discipline ed enti di promozione sportiva associati). In generale, sull’ammontare complessivo del finanziamento del movimento sportivo nazionale, si prevede che l’eventuale eccedenza delle suddette entrate, accertate annualmente, rispetto agli importi minimi sopra citati (di 438.761.503 euro annui fino al 2034 e di 422.165.697 euro annui a decorrere dall’anno 2035), sia attribuita, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio in favore del Dipartimento per lo sport, al Coni, al Comitato italiano paralimpico, nonché a Sport e Salute S.p.a., per il finanziamento delle federazioni sportive nazionali, delle discipline sportive associate, degli enti di promozione sportiva, dei gruppi sportivi militari e dei corpi civili dello Stato e delle associazioni benemerite. Infine, a decorrere dall’anno 2025, è abrogata la vigente autorizzazione di spesa per il finanziamento delle attività istituzionali del Comitato paralimpico nazionale.
L’articolo 43, secondo quanto riporta la relazione tecnica, non determina effetti negativi sui saldi di finanza pubblica poiché la quota di risorse del finanziamento al movimento sportivo nazionale che vengono assegnate al CIP è in linea con le risorse già stanziate a tale ente a legislazione vigente. La nuova autorizzazione di spesa introdotta dal comma 1 dell’articolo in commento è compensata dall’abrogazione, operata dal comma 2, dell’autorizzazione di spesa oggi vigente.
L’articolo in commento, composto da due commi, al comma 1 reca alcune novelle all’articolo 1, commi 630, 630-bis e 632 della legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019) (si veda il testo a fronte in calce), in materia di finanziamento del movimento sportivo nazionale, finalizzate ad inserire il Comitato Italiano Paralimpico tra i destinatari delle risorse ivi stanziate, che vengono conseguentemente incrementate.
Si ricorda che la disciplina del finanziamento del movimento sportivo nazionale è già stata oggetto, nel corso del 2024 (ed in particolare, ai sensi dell’articolo 4 del decreto-legge 31 maggio 2024, n. 71, al cui dossier si rinvia per ogni approfondimento), di un intervento di riforma, volto ad introdurre, tra i destinatari diretti del finanziamento, anche in qual caso conseguentemente incrementato, la NADO Italia - Organizzazione nazionale antidoping - ente al quale, la medesima norma conferiva personalità giuridica di diritto privato.
In particolare, la lettera a) della disposizione in esame modifica il suddetto articolo 1, comma 630 della legge di bilancio 2019.
Si ricorda che il citato comma 630 prevede, a legislazione vigente, al primo periodo, che, a decorrere dall'anno 2019 e sino al 2025, il livello di finanziamento del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) e della Sport e salute Spa è stabilito nella misura annua del 32 per cento delle entrate effettivamente incassate dal bilancio dello Stato, registrate nell'anno precedente, e comunque in misura non inferiore complessivamente a 410 milioni di euro annui, derivanti dal versamento delle imposte ai fini IRES, IVA, IRAP e IRPEF nei seguenti settori di attività: gestione di impianti sportivi, attività di club sportivi, palestre e altre attività sportive.
Ora, la disposizione in commento aggiunge al CONI e a Sport e salute Spa anche il Comitato Italiano Paralimpico (CIP), elevando di 28.761.503 euro (annui) il livello di finanziamento complessivo per i predetti enti (valido sino al 2025 compreso), e portandolo quindi a 438.761.503 euro totali (per anno).
Il medesimo comma 630 dell’articolo 1 della legge n. 145 del 2018, al secondo periodo, a legislazione vigente, prevede che le risorse di cui al primo periodo (che, si ricorda, sono - sempre a legislazione vigente - non inferiori complessivamente a 410 milioni di euro annui) sono destinate al CONI, nella misura di 45 milioni di euro annui, per il finanziamento delle spese relative al proprio funzionamento e alle proprie attività istituzionali, nonché per la copertura degli oneri relativi alla preparazione olimpica e al supporto alla delegazione italiana; per una quota non inferiore a 363 milioni di euro annui, alla Sport e salute Spa; per 2 milioni di euro, alla copertura degli oneri di cui ai commi da 634 a 639 (ossia, alla riforma dei concorsi pronostici sportivi).
Ora, la disposizione in commento, aggiunge a tale secondo periodo che le risorse di cui al primo periodo (che, come visto, la disposizione in esame innalza complessivamente a 438.761.503 euro annui) sono destinate al CIP, nella misura di 28.761.503 euro (sino al 2025), per il finanziamento delle spese relative al proprio funzionamento e alle proprie attività istituzionali, per la copertura degli oneri relativi alla preparazione paralimpica e al supporto della delegazione italiana, nonché per il finanziamento delle federazioni sportive paralimpiche, delle discipline sportive paralimpiche, degli enti di promozione paralimpica. Le ulteriori destinazioni per i restanti 410 milioni di euro annui (per il CONI, per Sport e Salute Spa e per la copertura degli oneri di cui ai commi da 634 a 639) vengono confermate.
Il suddetto comma 630 della legge di bilancio 2019 – non modificato per la parte residua – prosegue prevedendo che al finanziamento delle federazioni sportive nazionali, delle discipline sportive associate, degli enti di promozione sportiva, dei gruppi sportivi militari e dei corpi civili dello Stato e delle associazioni benemerite si provvede, in misura inizialmente non inferiore a 280 milioni di euro annui, a valere sulla suddetta quota destinata alla Sport e salute Spa.
La lettera b) della disposizione in esame modifica il successivo comma 630-bis dell’articolo 1 della legge di bilancio 2019, con disposizioni di analogo tenore, ma riferite agli esercizi finanziari successivi al 2025.
Si ricorda che il citato comma 630-bis prevede, a legislazione vigente, al primo periodo, che, a decorrere dall'anno 2026, il livello di finanziamento del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), della società Sport e salute Spa e dell'Organizzazione Nazionale Antidoping in Italia (NADO Italia) è stabilito nella misura annua del 32 per cento delle entrate effettivamente incassate dal bilancio dello Stato, registrate nell'anno precedente, e comunque in misura non inferiore complessivamente a 410 milioni di euro annui, derivanti dal versamento delle imposte ai fini IRES, IVA, IRAP e IRPEF nei seguenti settori di attività: gestione di impianti sportivi, attività di club sportivi, palestre e altre attività sportive.
Ora, la disposizione in commento aggiunge al CONI, a Sport e salute Spa e all’Organizzazione Nazionale Antidoping in Italia (NADO Italia) anche il Comitato Italiano Paralimpico (CIP), elevando al contempo il livello di finanziamento complessivo per i predetti enti, per il periodo dal 2026 al 2034, di 28.761.503 euro annui – per un totale di 438.761.503 euro annui – e, per il periodo a decorrere dal 2035, di 12.165.697 euro annui – per un totale di 422.165.697 euro annui.
Il medesimo comma 630-bis dell’articolo 1 della legge n. 145 del 2018, al secondo periodo, a legislazione vigente, prevede che le risorse di cui al primo periodo (che, si ricorda, sono - sempre a legislazione vigente - non inferiori complessivamente a 410 milioni di euro annui), sono destinate al CONI, nella misura di 45 milioni di euro annui, per il finanziamento delle spese relative al suo funzionamento e alle sue attività istituzionali nonché per la copertura degli oneri relativi alla preparazione olimpica e al supporto alla delegazione italiana; nella misura di 7,7 milioni di euro annui alla NADO Italia, Organizzazione Nazionale Antidoping in Italia; per una quota non inferiore a 355,3 milioni di euro annui, alla Sport e salute Spa; per 2 milioni di euro, alla copertura degli oneri connessi alla riforma dei concorsi pronostici sportivi di cui ai successivi commi da 634 a 639.
Ora, la disposizione in commento, aggiunge a tale secondo periodo che le risorse di cui al primo periodo (che, come visto, la disposizione in esame innalza complessivamente a 438.761.503 euro annui dall’anno 2026 al 2034 e a 422.165.697 euro annui a decorrere dall’anno 2035) sono destinate al CIP, nella misura di 28.761.503 euro annui dall'anno 2026 all'anno 2034 e nella misura di 12.165.697 euro annui a decorrere dal 2035, per il finanziamento delle spese relative al proprio funzionamento e alle proprie attività istituzionali, per la copertura degli oneri relativi alla preparazione paralimpica e al supporto della delegazione italiana, nonché per il finanziamento delle federazioni sportive paralimpiche, delle discipline sportive paralimpiche, degli enti di promozione paralimpica. Le ulteriori destinazioni per i restanti 410 milioni di euro annui (per il CONI, per Sport e Salute Spa e per la copertura degli oneri di cui ai commi da 634 a 639) vengono anche qui confermate.
Il suddetto comma 630-bis della legge di bilancio 2019 – non modificato per la parte residua – prosegue prevedendo che al finanziamento delle federazioni sportive nazionali, delle discipline sportive associate, degli enti di promozione sportiva, dei gruppi sportivi militari e dei corpi civili dello Stato e delle associazioni benemerite si provvede, in misura inizialmente non inferiore a 272,3 milioni di euro annui, a valere sulla suddetta quota destinata alla Sport e salute Spa.
Il successivo comma 631 della legge di bilancio 2019 – anch’esso non modificato dalla disposizione in commento – prevede che in sede di prima applicazione, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dell'Autorità di Governo competente in materia di sport, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il CONI, possono essere rimodulati gli importi di cui al comma 630, secondo periodo.
La lettera c) del comma 1 in esame sostituisce il successivo comma 632 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2019.
Si ricorda che il suddetto comma 632 della legge di bilancio 2019 prevede, a legislazione vigente, che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dell'Autorità di Governo competente in materia di sport, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, possono essere rimodulati annualmente gli importi di cui al precedente comma 630, primo periodo, in relazione alle entrate effettivamente incassate ai sensi del suddetto periodo e accertate in sede di assestamento o di bilancio.
Ora, la disposizione in commento riscrive integralmente il comma 632. Si prevede - nel nuovo testo - che con decreto annuale del Ministro dell’economia e delle finanze sono accertate le entrate di cui ai precedenti commi 630 e 630-bis. Qualora le entrate di cui sopra siano superiori all’importo di 438.761.503 euro annui fino all’anno 2034 e all’importo di 422.165.697 euro annui a decorrere dall’anno 2035, la differenza è attribuita, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dell'Autorità politica delegata in materia di sport, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio in favore del Dipartimento per lo sport, al Coni, al Comitato italiano paralimpico, nonché a Sport e Salute S.p.a., per il finanziamento delle federazioni sportive nazionali, delle discipline sportive associate, degli enti di promozione sportiva, dei gruppi sportivi militari e dei corpi civili dello Stato e delle associazioni benemerite.
Il comma 2 dell’articolo in esame prevede che, in relazione a quanto disposto dal precedente comma 1, a decorrere dall’anno 2025, l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 190, della legge n. 190 del 2014 (di 7 milioni di euro annui) è abrogata.
Si ricorda che il suddetto articolo 1, comma 190 della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015) prevede che per il finanziamento delle attività istituzionali del Comitato paralimpico nazionale, di cui all'articolo 1, comma 1, della legge n. 189 del 2003 (ossia per il per la promozione e lo sviluppo della pratica sportiva di base e agonistica delle persone disabili), è autorizzata la spesa di 7 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2015.
L’articolo 3 del decreto-legge 19 ottobre 2024, n. 155, ha disposto un incremento di 4 milioni di euro dell’autorizzazione di spesa sopra descritta, per l’anno 2024, al fine di consentire al Comitato italiano paralimpico di provvedere ai propri fini istituzionali a fronte dei maggiori costi relativi alla XVII edizione dei Giochi Paralimpici 2024.
Si segnala che il capitolo destinato, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, alle somme da trasferire al Comitato italiano paralimpico per il finanziamento delle sue attività istituzionali è il capitolo 2132, con una dotazione di competenza, a legislazione vigente, per il 2025, pari a 31.716.403 euro che, diventano, per effetto delle misure di I e II sezione contenute nel disegno di legge in commento, 30.130.584 euro.
TESTO A FRONTE ART. 43 DDL DI BILANCIO
Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021 (L. 145/2018) |
|
Testo vigente |
Modificazioni apportate dall’art. 43 dell’AC 2112 |
Art. 1 |
Art. 1 |
(Comma 630) |
(Comma 630) |
A decorrere dall'anno 2019 e sino al 2025, il livello di finanziamento del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) e della Sport e salute Spa è stabilito nella misura annua del 32 per cento delle entrate effettivamente incassate dal bilancio dello Stato, registrate nell'anno precedente, e comunque in misura non inferiore complessivamente a 410 milioni di euro annui, derivanti dal versamento delle imposte ai fini IRES, IVA, IRAP e IRPEF nei seguenti settori di attività: gestione di impianti sportivi, attività di club sportivi, palestre e altre attività sportive.
Le risorse di cui al primo periodo sono destinate al CONI, nella misura di 45 milioni di euro annui, per il finanziamento delle spese relative al proprio funzionamento e alle proprie attività istituzionali, nonché per la copertura degli oneri relativi alla preparazione olimpica e al supporto alla delegazione italiana; per una quota non inferiore a 363 milioni di euro annui, alla Sport e salute Spa; per 2 milioni di euro, alla copertura degli oneri di cui ai commi da 634 a 639. Al finanziamento delle federazioni sportive nazionali, delle discipline sportive associate, degli enti di promozione sportiva, dei gruppi sportivi militari e dei corpi civili dello Stato e delle associazioni benemerite si provvede, in misura inizialmente non inferiore a 280 milioni di euro annui, a valere sulla suddetta quota destinata alla Sport e salute Spa. Per l'anno 2019 restano confermati nel loro ammontare gli importi comunicati dal CONI ai soggetti di cui al terzo periodo ai fini della predisposizione del relativo bilancio di previsione. |
A decorrere dall'anno 2019 e sino al 2025, il livello di finanziamento del Comitato Italiano Paralimpico (CIP), del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) e della Sport e salute Spa è stabilito nella misura annua del 32 per cento delle entrate effettivamente incassate dal bilancio dello Stato, registrate nell'anno precedente, e comunque in misura non inferiore complessivamente a 438.761.503 euro annui, derivanti dal versamento delle imposte ai fini IRES, IVA, IRAP e IRPEF nei seguenti settori di attività: gestione di impianti sportivi, attività di club sportivi, palestre e altre attività sportive. Le risorse di cui al primo periodo sono destinate al CIP, nella misura di 28.761.503 euro, per il finanziamento delle spese relative al proprio funzionamento e alle proprie attività istituzionali, per la copertura degli oneri relativi alla preparazione paralimpica e al supporto della delegazione italiana, nonché per il finanziamento delle federazioni sportive paralimpiche, delle discipline sportive paralimpiche, degli enti di promozione paralimpica; al CONI, nella misura di 45 milioni di euro annui, per il finanziamento delle spese relative al proprio funzionamento e alle proprie attività istituzionali, nonché per la copertura degli oneri relativi alla preparazione olimpica e al supporto alla delegazione italiana; per una quota non inferiore a 363 milioni di euro annui, alla Sport e salute Spa; per 2 milioni di euro, alla copertura degli oneri di cui ai commi da 634 a 639. Al finanziamento delle federazioni sportive nazionali, delle discipline sportive associate, degli enti di promozione sportiva, dei gruppi sportivi militari e dei corpi civili dello Stato e delle associazioni benemerite si provvede, in misura inizialmente non inferiore a 280 milioni di euro annui, a valere sulla suddetta quota destinata alla Sport e salute Spa. Per l'anno 2019 restano confermati nel loro ammontare gli importi comunicati dal CONI ai soggetti di cui al terzo periodo ai fini della predisposizione del relativo bilancio di previsione. |
(Comma 630-bis) |
(Comma 630-bis) |
A decorrere dall'anno 2026, il livello di finanziamento del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), della società Sport e salute Spa e dell'Organizzazione Nazionale Antidoping in Italia (NADO Italia) è stabilito nella misura annua del 32 per cento delle entrate effettivamente incassate dal bilancio dello Stato, registrate nell'anno precedente, e comunque in misura non inferiore complessivamente a 410 milioni di euro annui, derivanti dal versamento delle imposte ai fini IRES, IVA, IRAP e IRPEF nei seguenti settori di attività: gestione di impianti sportivi, attività di club sportivi, palestre e altre attività sportive.
Le risorse di cui al primo periodo sono destinate al CONI, nella misura di 45 milioni di euro annui, per il finanziamento delle spese relative al suo funzionamento e alle sue attività istituzionali nonché per la copertura degli oneri relativi alla preparazione olimpica e al supporto alla delegazione italiana; nella misura di 7,7 milioni di euro annui alla NADO Italia, Organizzazione Nazionale Antidoping in Italia; per una quota non inferiore a 355,3 milioni di euro annui, alla Sport e salute Spa; per 2 milioni di euro, alla copertura degli oneri di cui ai commi da 634 a 639. Al finanziamento delle federazioni sportive nazionali, delle discipline sportive associate, degli enti di promozione sportiva, dei gruppi sportivi militari e dei corpi civili dello Stato e delle associazioni benemerite si provvede, in misura inizialmente non inferiore a 272,3 milioni di euro annui, a valere sulla suddetta quota destinata alla Sport e salute Spa. |
A decorrere dall'anno 2026, il livello di finanziamento del Comitato Italiano Paralimpico (CIP), del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), della società Sport e salute Spa e dell'Organizzazione Nazionale Antidoping in Italia (NADO Italia) è stabilito nella misura annua del 32 per cento delle entrate effettivamente incassate dal bilancio dello Stato, registrate nell'anno precedente, e comunque in misura non inferiore complessivamente a 438.761.503 euro per ciascuno degli anni dal 2026 al 2034 e a 422.165.697 euro annui a decorrere dall’anno 2035, derivanti dal versamento delle imposte ai fini IRES, IVA, IRAP e IRPEF nei seguenti settori di attività: gestione di impianti sportivi, attività di club sportivi, palestre e altre attività sportive. Le risorse di cui al primo periodo sono destinate al CIP, nella misura di 28.761.503 euro per ciascuno degli anni dal 2026 al 2034 e nella misura di 12.165.697 euro annui a decorrere dall’anno 2035, per il finanziamento delle spese relative al proprio funzionamento e alle proprie attività istituzionali, per la copertura degli oneri relativi alla preparazione paralimpica e al supporto della delegazione italiana, nonché per il finanziamento delle federazioni sportive paralimpiche, delle discipline sportive paralimpiche, degli enti di promozione paralimpica; al CONI, nella misura di 45 milioni di euro annui, per il finanziamento delle spese relative al suo funzionamento e alle sue attività istituzionali nonché per la copertura degli oneri relativi alla preparazione olimpica e al supporto alla delegazione italiana; nella misura di 7,7 milioni di euro annui alla NADO Italia, Organizzazione Nazionale Antidoping in Italia; per una quota non inferiore a 355,3 milioni di euro annui, alla Sport e salute Spa; per 2 milioni di euro, alla copertura degli oneri di cui ai commi da 634 a 639. Al finanziamento delle federazioni sportive nazionali, delle discipline sportive associate, degli enti di promozione sportiva, dei gruppi sportivi militari e dei corpi civili dello Stato e delle associazioni benemerite si provvede, in misura inizialmente non inferiore a 272,3 milioni di euro annui, a valere sulla suddetta quota destinata alla Sport e salute Spa. |
(Comma 631) |
(Comma 631) |
In sede di prima applicazione, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dell'Autorità di Governo competente in materia di sport, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il CONI, possono essere rimodulati gli importi di cui al comma 630, secondo periodo. |
Identico |
(Comma 632) |
(Comma 632) |
Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dell'Autorità di Governo competente in materia di sport, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, possono essere rimodulati annualmente gli importi di cui al comma 630, primo periodo, in relazione alle entrate effettivamente incassate ai sensi del suddetto periodo e accertate in sede di assestamento o di bilancio. |
Con decreto annuale del Ministro dell’economia e delle finanze sono accertate le entrate di cui ai commi 630 e 630-bis. Qualora le entrate di cui al primo periodo siano superiori all’importo di 438.761.503 euro annui fino all’anno 2034 e all’importo di 422.165.697 euro annui a decorrere dall’anno 2035, la differenza è attribuita, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dell'Autorità politica delegata in materia di sport, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio in favore del Dipartimento per lo sport, al Coni, al Comitato italiano paralimpico, nonché alla Sport e Salute S.p.a., per il finanziamento delle federazioni sportive nazionali, delle discipline sportive associate, degli enti di promozione sportiva, dei gruppi sportivi militari e dei corpi civili dello Stato e delle associazioni benemerite. |
Articolo 44
(Fondo unico a sostegno del potenziamento
del movimento sportivo italiano)
L’articolo 44 incrementa di 15 milioni per ciascuno degli anni 2025, 2026 e 2027, il fondo unico a sostegno del potenziamento del movimento sportivo italiano.
L’articolo 44 prevede maggiori spese pari a 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2025, 2026 e 2027.
L’articolo in commento, costituito da un solo comma, incrementa di 15 milioni per ciascuno degli anni 2025, 2026 e 2027, il fondo unico a sostegno del potenziamento del movimento sportivo italiano, di cui all’articolo 1, comma 369, della legge 27 dicembre 2017, n. 205.
Il comma 369 della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio 2018) ha istituito presso l'Ufficio per lo sport della Presidenza del Consiglio dei ministri (poi sostituito dal Dipartimento per lo sport per effetto del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 28 maggio 2020) il citato fondo unico a sostegno del potenziamento del movimento sportivo italiano, destinando le risorse ivi stanziate a finanziare progetti collegati a una delle seguenti finalità:
§ incentivare l'avviamento all'esercizio della pratica sportiva delle persone disabili mediante l'uso di ausili per lo sport;
§ sostenere la realizzazione di eventi calcistici di rilevanza internazionale;
§ sostenere la realizzazione di altri eventi sportivi di rilevanza internazionale;
§ sostenere la maternità delle atlete non professioniste;
§ garantire il diritto all'esercizio della pratica sportiva quale insopprimibile forma di svolgimento della personalità del minore, anche attraverso la realizzazione di campagne di sensibilizzazione;
§ sostenere la realizzazione di eventi sportivi femminili di rilevanza nazionale e internazionale.
L'utilizzo del fondo è disposto con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro il 28 febbraio di ciascun anno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati.
La dotazione del fondo è stata varie volte rideterminata nel corso degli ultimi anni. Nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze allegata al presente disegno di legge, il fondo in questione, appostato al capitolo 2154, presenta una dotazione di competenza pari, per ciascuno degli anni del triennio 2025-2027, a 26.466.387 euro.
Nel corso del 2022 due decreti-legge consecutivi hanno introdotto anche una parziale modifica della destinazione di tali risorse.
In particolare, l’articolo 9, comma 3, del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, ha disposto che, per far fronte alla crisi economica determinatasi in ragione delle misure di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, le risorse del fondo in parola potessero essere parzialmente destinate all'erogazione di contributi a fondo perduto per le associazioni e società sportive dilettantistiche maggiormente colpite dalle restrizioni, con specifico riferimento alle associazioni e società sportive dilettantistiche che gestiscono impianti sportivi, ed in particolare, che una quota delle risorse, fino al 30 per cento della dotazione complessiva del fondo, fosse destinata alle società e associazioni dilettantistiche che gestiscono impianti per l'attività natatoria.
Subito a seguire, l’articolo 7, commi da 1 a 3, del decreto-legge 1° marzo 2022, n. 17, ha in parte confermato tale disposizione (sebbene omettendo il riferimento alla quota massima del 30 per cento della dotazione complessiva del fondo riservata alle società e associazioni dilettantistiche che gestiscono impianti per l'attività natatoria), stavolta al fine di consentire alle associazioni e società sportive dilettantistiche, e particolarmente a quelle che gestiscono impianti sportivi e piscine, di far fronte alla crisi economica determinata dagli aumenti dei prezzi nel settore elettrico e ridurne gli effetti distorsivi.
Più di recente, l’articolo 11-bis del decreto-legge 11 giugno 2024, n. 76 ha previsto che una quota delle risorse del fondo di cui si discorre, pari a 400.000 euro annui a decorrere dall'anno 2025, sia utilizzata, quanto a 300.000 euro annui, per il funzionamento del Nucleo di valutazione delle proposte di candidatura per la realizzazione di grandi eventi sportivi a carattere internazionale istituito presso il Dipartimento per lo sport della Presidenza del Consiglio dei ministri e, quanto a 100.000 euro annui, per la copertura delle spese tecniche derivanti dalla stipula della convenzione che, per lo svolgimento di tali funzioni di valutazione, il Dipartimento può stipulare con la società Sport e salute S.p.a.
Infine, la legge 31 maggio 2024, n. 80 ha stanziato, con copertura a valere sulle risorse del fondo, 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026, quale contributo in favore della Fondazione Teatro Amilcare Ponchielli di Cremona per la realizzazione del Monteverdi Festival di Cremona.
Articolo 45
(Paralimpiadi Milano-Cortina 2026)
L’articolo 45 istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, per il successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, un fondo con una dotazione di 0,5 milioni di euro per l’anno 2025 e di 50 milioni di euro per l’anno 2026, per le esigenze connesse allo svolgimento degli eventi sportivi delle Paralimpiadi Milano-Cortina 2026.
L’articolo 45 comporta maggiori spese pari a 0,5 milioni di euro per il 2025 e a 50 milioni di euro per il 2026.
L’articolo in commento, composto da un unico comma, istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, per il successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, un fondo con una dotazione di 0,5 milioni di euro per l’anno 2025 e di 50 milioni di euro per l’anno 2026, finalizzato a contribuire al finanziamento delle esigenze connesse allo svolgimento degli eventi sportivi delle Paralimpiadi Milano-Cortina 2026, nonché all’accoglienza delle delegazioni ufficiali straniere che assisteranno agli eventi sportivi delle Olimpiadi e delle Paralimpiadi Milano-Cortina 2026.
Si prevede che il riparto delle succitate risorse sia operato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottare sulla base delle esigenze rappresentate dalle amministrazioni coinvolte, su proposta dell’Autorità politica delegata in materia di sport, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio.
Nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze allegato al presente disegno di legge, il fondo in questione, di nuova istituzione, risulta appostato al capitolo 2019.
Articolo 46
(Rifinanziamento del fondo speciale per la concessione di contributi in conto interessi dell’Istituto per il credito sportivo e culturale)
L’articolo 46 incrementa di 50 milioni di euro per l’anno 2026 e di 40 milioni di euro per l’anno 2027 la dotazione del fondo speciale istituito presso l’Istituto per il credito sportivo ai fini della concessione di contributi per il pagamento di interessi sui mutui.
L’articolo 46 comporta maggiori spese pari a 50 milioni di euro per il 2026 e a 40 milioni di euro per il 2027.
L’articolo in commento, composto da un unico comma, incrementa di 50 milioni di euro per l’anno 2026 e di 40 milioni per l’anno 2027 la dotazione del fondo speciale per la concessione di contributi in conto interessi istituito presso l’Istituto per il credito sportivo ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 dicembre 1957, n. 1295, ai fini della concessione di contributi per il pagamento di interessi sui mutui.
Si ricorda che l’Istituto per il credito sportivo è un ente pubblico economico, istituito con la legge n. 1295 del 1957, e successivamente disciplinato dal decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 2000, n. 453, che opera nel settore del credito per lo sport e per le attività culturali. La legge di bilancio per il 2023 (legge 29 dicembre 2022, n. 197), in particolare all’articolo 1, commi da 619 a 626, ne ha disposto la trasformazione in società per azioni di diritto singolare, denominata “Istituto per il credito sportivo e culturale Spa”, prevedendone contestualmente l’assoggettamento alle disposizioni del testo unico in materia bancaria e creditizia, nonché ai poteri di controllo della Corte dei conti.
Ai sensi dell’articolo 5 della citata legge istitutiva, la n. 1295 del 1957, l'Istituto per il credito sportivo può concedere contributi per interessi sui mutui anche se accordati da altre aziende di credito e dalla Cassa depositi e prestiti per le finalità istituzionali, con le disponibilità di un fondo speciale costituito presso l'Istituto medesimo. La concessione del contributo agli interessi può essere sospesa o revocata dall'Istituto nei casi più gravi anche con effetto retroattivo, nei confronti di quei mutuatari che non si trovassero, a seguito di successivi controlli, nelle condizioni previste dal contratto di concessione del finanziamento.
La disciplina del fondo in parola è stata integrata dall’articolo 10 del già ricordato decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 2000, n. 453, che ha riordinato l’Istituto per il credito sportivo. In particolare, tale articolo dispone che il fondo è alimentato dal versamento, da parte del CONI, di due distinte aliquote sugli incassi lordi dei concorsi pronostici (pari nel complesso al 3%), dagli importi dei premi dei concorsi pronostici colpiti da decadenza, oltreché dai proventi netti derivanti dagli investimenti del fondo.
La legge di bilancio per il 2023 (legge 29 dicembre 2022, n. 197), nel disporre la trasformazione in società per azioni dell’Istituto per il credito sportivo e culturale, ha confermato, tramite il comma 623 dell’articolo 1, la gestione in capo al nuovo soggetto dei fondi precedentemente gestiti, tra cui quello in parola. La gestione è separata e a titolo gratuito. Al Ministro per lo sport e i giovani e al Ministro della cultura è attribuito il potere di indirizzo delle rispettive gestioni separate.
Ai sensi del comma 625, al Ministro per lo sport e i giovani, con decreto adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro della cultura, sentita la Banca d'Italia, è demandato il compito, tra l’altro, di stabilire i criteri di governo societario, amministrativi, contabili e organizzativi per la gestione dei fondi speciali, oltreché le modalità e i criteri di nomina e di insediamento degli organi di gestione e controllo di tali fondi.
Nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze allegato al presente disegno di legge, le risorse stanziate dall’articolo in commento sono riversate nel capitolo 2158, “Somma da trasferire alla Presidenza del Consiglio dei ministri per il contributo in conto interessi sui finanziamenti erogati dall'istituto per il credito sportivo o da altro istituto bancario per le esigenze di liquidità delle federazioni sportive nazionali, delle discipline sportive associate, degli enti di promozione sportiva, delle associazioni e delle società sportive dilettantistiche”, che presenta una dotazione di competenza pari a 45.125.000 euro per il 2025, 95.125.000 euro per il 2026 e 40.000.000 per il 2027.
Articolo 47
(Rifinanziamento del Servizio sanitario nazionale)
L’articolo 47 prevede la quantificazione dell’incremento del livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato.
Inoltre, una quota delle risorse incrementali previste è accantonata in vista dei rinnovi contrattuali relativi al periodo 2028-2030, in base alle seguenti quantificazioni:
- 883 milioni di euro per l’anno 2028;
- 1.945 milioni per il 2029;
- 3.117 milioni annui a decorrere dal 2030.
Ancora, una quota di dette risorse incrementali è destinata all’incremento delle disponibilità per il perseguimento degli obiettivi sanitari di carattere prioritario e di rilevo nazionale, come segue:
- 928 milioni di euro per l’anno 2026
- 478 milioni per il 2027
- 528 milioni a decorrere dall’anno 2028.
L’articolo 47 prevede il rifinanziamento del livello del finanziamento del Servizio sanitario nazionale per specifici importi destinati anche a copertura di diverse norme contenute nel disegno di legge (v. ante), per i seguenti importi incrementali (comma 1):
- 1.302 milioni di euro per l’anno 2025;
- 5.078 milioni per il 2026;
- 5.780 milioni per il 2027;
- 6.663 milioni per il 2028;
- 7.725 milioni per il 2029;
- 8.898 milioni annui a decorrere dall’anno 2030.
Il comma 1 dispone pertanto l’incremento del livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato in base alla tabella:
Anno di riferimento |
Incremento livello fabbisogno sanitario previsto |
2025 |
1.302 |
2026 |
5.078 |
2027 |
5.780 |
2028 |
6.663 |
2029 |
7.725 |
dal 2030 |
8.898 |
Le finalità dell’incremento sono anche quelle di copertura degli oneri previsti agli articoli 18, 19, 50, 51, comma 1, 52, 53, 56, 57, comma 3, 58, 59, 61, 62, 63, 64 e 65 del presente disegno di legge.
I suddetti incrementi sono previsti anche per assicurare risorse alle finalità disposte ai seguenti articoli, alle cui schede di lettura si fa rinvio:
§ art. 18, in materia di risorse destinate ai trattamenti accessori del personale dipendente delle pubbliche amministrazioni, in base a specifiche quantificazioni di oneri;
§ art. 19, per il rifinanziamento del fondo per la contrattazione collettiva nazionale per il personale pubblico, in base alle disposizioni ivi previste. In proposito la relazione tecnica specifica che si tratta del rinnovo dei contratti del personale del SSN e degli accordi collettivi con il personale convenzionato;
§ art. 50, per il finanziamento destinato all’aggiornamento delle tariffe per la remunerazione delle prestazioni per acuti e post acuzie, per 77 milioni per l'anno 2025 ai pazienti classificati come diagnosis-related group (DRG) post acuzie e per 1.000 milioni complessivi dal 2026 per entrambe le tipologie DRG acuti (650 milioni) e post-acuzie (350 milioni);
§ art. 51, co. 1, per l’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, ivi compresa la revisione delle tariffe massime nazionali delle relative prestazioni assistenziali, per cui è prevista una quota vincolata pari a 50 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2025;
§ art. 52, per l’attuazione delle misure del Piano pandemico nazionale 2025 – 2029 per cui è autorizzata la spesa di 50 milioni per il 2025, 150 milioni per il 2026 e 300 milioni annui dal 2027;
§ art. 53, per ridurre le liste d'attesa per il trapianto di organi e tessuti e per l’acquisto di dispositivi medici per la perfusione, conservazione, trasporto e gestione di organi e tessuti per trapianto, per cui è autorizzata la spesa di 10 milioni annui dal 2025;
§ art. 56, per il riconoscimento delle particolari condizioni di lavoro svolto dal personale della dirigenza medica e dal personale del comparto sanità, dipendente delle aziende e degli enti del SSN, operante nei servizi di pronto soccorso, con risorse per complessivi 50 milioni di euro con decorrenza dal 2025 e di ulteriori 50 milioni complessivi con decorrenza dal 2026.
§ art. 57, co. 3, per l’attività di distribuzione all’ingrosso di determinati farmaci a favore delle farmacie territoriali, nel limite di 50 milioni per ciascuno degli anni 2026 e 2027;
§ art. 58, per garantire l’incremento vincolato di 10 milioni di euro dal 2025 del fondo sanitario nazionale per interventi sull’accesso alle cure palliative;
§ art. 59, per l’incremento del trattamento economico a favore dei medici specializzandi quantificato in un’ulteriore spesa di 120 milioni annui dal 2026;
§ art. 61, per la valorizzazione delle peculiarità della dirigenza medica e veterinaria dipendente dalle aziende e dagli enti del SSN come incremento delle vigenti indennità specifiche di cui ai CCNL area sanità con un incremento di 50 milioni per l’anno 2025 e 327 milioni annui dal 2026;
§ art. 62, per la valorizzazione delle peculiarità della dirigenza non medica dipendente dalle aziende e dagli enti del SSN come incremento della vigente indennità specifica di cui all’art. 66 CCNL area sanità 2024 per 5,5 milioni annui dal 2025;
§ art. 63, per la valorizzazione delle specifiche attività svolte dagli infermieri dipendenti dalle aziende e dagli enti del SSN nella contrattazione collettiva nazionale, comparto sanità, con incrementi nei limiti degli importi complessivi lordi di 35 milioni per l’anno 2025 e 285 milioni dal 2026;
§ art. 64, finalizzato a vincolare 50 milioni per il 2025 e 100 milioni dal 2026 a favore delle Regioni adempienti ai fini dei questionari LEA sulle liste d’attesa;
§ art. 65, che vincola una quota di 15 milioni annui a decorrere dal 2025 per la remunerazione delle prestazioni sanitarie, comprese nei livelli essenziali di assistenza (LEA), a favore di ambiti regionali diversi da quelli di residenza di cittadini dipendenti da sostanze.
I commi 2 e 3 prevedono inoltre disposizioni circa specifiche quote preordinate di dette risorse incrementali, come segue:
- quote accantonate per i rinnovi contrattuali 2028-2030, pari a (comma 2):
o 883 milioni di euro per il 2028;
o 1.945 milioni per il 2029;
o 3.117 milioni dal 2030.
In proposito si valuti l’opportunità di chiarire a quali rinnovi contrattuali si intende fare riferimento.
- quote destinate all’incremento delle disponibilità per il perseguimento degli obiettivi sanitari di carattere prioritario e di rilievo nazionale, di cui all’articolo 1, commi 34 e 34-bis, della legge n. 662 del 1996, per:
o 928 milioni per il 2026;
o 478 milioni per il 2027;
o 528 milioni dal 2028.
In proposito si ricorda che i commi 34 e 34-bis, della legge n. 662 del 1996 recante misure di razionalizzazione della finanza pubblica, trattano, più in dettaglio, delle quote vincolate del Fondo sanitario nazionale da parte del Comitato interministeriale per la programmazione economica a favore di progetti per la realizzazione di specifici obiettivi del Piano sanitario nazionale, con priorità di quelli riguardanti la tutela della salute materno-infantile, della salute mentale, della salute degli anziani, oltre che progetti finalizzati alla prevenzione, e in particolare alla prevenzione delle malattie ereditarie, nonché alla realizzazione degli obiettivi definiti dal Patto per la salute purché relativi al miglioramento dell’erogazione dei LEA[113].
La procedura di erogazione delle risorse è prevista all’art. 34-bis ed è volta ad agevolare le Regioni nell’attuazione dei progetti di carattere prioritario di cui al comma 34. In sintesi, tale procedura prevede che il MEF eroghi, a titolo di acconto, il 70% dell’importo complessivo annuo spettante a ciascuna Regione, mentre l’erogazione del restante 30% deve essere subordinata all’approvazione da parte della Conferenza permanente Stato-regioni dei progetti presentati dalle Regioni, pena la mancata erogazione della quota residua ed il recupero, anche a carico delle somme a qualsiasi titolo spettanti nell’anno successivo, dell’anticipazione già erogata.
In Italia, lo Stato finanzia sia la spesa sanitaria pubblica sia quella accreditata, che risulta diretta a strutture sanitarie anche private che svolgono le loro attività in base ad un livello programmato di risorse, su base triennale, in coerenza con il quadro macroeconomico complessivo e nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e degli obblighi assunti dall'Italia in sede comunitaria.
Il nuovo livello del fabbisogno sanitario nazionale per il 2024, quale finanziamento complessivo della sanità pubblica e di quella accreditata, è stato da ultimo incrementato dalla legge di Bilancio 2024 (L. n. comma 535) di 3.000 milioni di euro nel 2024, 4.000 milioni nel 2025 e 4.200 milioni a decorrere dal 2026, stanziamenti che si vanno a sommare a quelli stabiliti dalla legge di Bilancio 2023, pari a 2.150 milioni di euro per l'anno 2023, 2.300 milioni per il 2024 e 2.600 milioni a decorrere dall'anno 2025.
Gli incrementi si sommano, corrispondentemente, ai livelli precedentemente fissati dalla legge di Bilancio 2022 (L. n. 234/2021) pari a 124.061 milioni di euro per il 2022, 126.061 milioni per il 2023 e 128.061 milioni per l'anno 2024, come esposto nella tabella seguente, per un totale indicato nella tabella che segue[114] ((in mln di euro):
Le finalità per il 2024 sono individuate negli interventi principalmente volti alla copertura delle spese per il personale e, segnatamente, al rifinanziamento del fondo CCNL per il personale pubblico nel triennio 2022-2024 (spesa corrente 3.000 milioni) e per l'incremento della tariffa oraria delle prestazioni aggiuntive per il personale medico e per il personale del comparto sanità operante nelle Aziende e negli Enti del SSN (280 milioni), essenzialmente diretto all'abbattimento delle liste d'attesa[115].
In rapporto al PIL, per il 2023 il valore del 6,6% si stima in diminuzione nel triennio successivo con il 6,2 per cento in ciascuno degli anni 2024 e 2025, che successivamente scende al 6,1% nel 2026.
Da un’audizione dell’Ufficio parlamentare di bilancio del 7 ottobre 2024, emerge che il complesso della spesa sanitaria corrente, “dopo un lieve aumento in percentuale del Pil al 6,3 per cento nel biennio 2024-25, dal 2026 si posizionerebbe di nuovo al 6,2 per cento registrato nel 2023”[116]. L’osservazione dell’UPB è pertanto che “per riportare il livello della spesa sanitaria sul Pil (programmatico) a livello del 2019 (6,4 per cento), sarebbe necessario assicurare un aumento della spesa di circa 2,8 miliardi nel 2025, 4,3 nel 2026 e 5,6 nel 2027 rispetto a quanto indicato nel tendenziale”[117].
In base alle ultime stime contenute nel DEF 2024, presentato in forma semplificata - senza il quadro programmatico, ma solo tendenziale -, il nuovo quadro della spesa sanitaria è raffigurato come segue (in milioni di euro):
|
Tab. Spesa sanitaria DEF 2024: Consuntivo 2023 e stime 2024-2027 |
||||
|
2023 |
2024 |
2025 |
2026 |
2027 |
Spesa sanitaria (mln di euro) |
131.119 |
138.776 |
141.814 |
144.760 |
147.420 |
Spesa sanitaria (% PIL) |
6,3 |
6,4 |
6,3 |
6,3 |
6,2 |
Tasso di variazione (in %) |
- 0,4 |
5,8 |
2,2 |
2,1 |
1,8 |
Il DEF certifica per l'anno 2023 una spesa a consuntivo di 131.103 milioni di euro, che rispetto ai sopra indicati dati della NADEF 2023 fanno registrare una diminuzione di oltre 3.600 milioni, dovuta principalmente al mancato perfezionamento del rinnovo dei contratti del personale dirigente e convenzionato per il triennio 2019-2021, i cui oneri slittano al 2024. Viene certificato un rapporto rispetto al PIL del 6,3%, una riduzione di 3 punti percentuali, senza considerate l'impatto dell'inflazione. Nel 2024, il valore rispetto al PIL cresce al 6,4%, con una previsione in termini assoluti di 138.778 milioni (il +5,8 rispetto al 2023, vale a dire +7.657 milioni, che tuttavia inglobano la stima degli oneri per il rinnovo contrattuale pregresso (2019-2021), per il personale sanitario dipendente per il triennio 2022-204 e per una quota-parte di anticipo del rinnovo per il triennio 2025-2027. Per quest'ultimo triennio, il DEF stima una crescita media della spesa sanitaria di circa il 2%, il rapporto rispetto al PIL scende al 6,2% nel 2027, in via tendenziale (e quindi al lordo di possibili altre riduzioni di spesa).
A differenza del DEF 2023 che aveva definito un quadro programmatico, con i temi specifici della riorganizzazione e potenziamento della medicina territoriale (DM 77/2022) ed interventi in materia di edilizia sanitaria, oltre che la rivalutazione del trattamento economico di tutto il personale del SSN, soprattutto dell'area emergenza-urgenza, il più recente Documento di economia e finanza non contiene alcuna previsione di intervento, se si escludono i riferimenti agli investimenti previsti nel Programma nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) con particolare riferimento all'Assistenza domiciliare integrata e alla Telemedicina e al potenziamento del Fascicolo sanitario elettronico. Si ricorda inoltre che con riferimento all'ammodernamento delle grandi apparecchiature sanitarie, risulta perfezionato il 93% degli ordini (51% consegnato e 44% collaudato).
Da ultimo, il CIPESS - Comitato per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile, con la Delibere nn.33 e 34 del 30 novembre 2023 , relativa al Fondo sanitario nazionale 2023, ha assegnato alle Regioni, rispettivamente, le disponibilità finanziarie per il Servizio sanitario nazionale e le risorse vincolate alla realizzazione degli obiettivi del Piano sanitario nazionale[118]. Complessivamente, a consuntivo, il livello del finanziamento del SSN per l’anno 2023 ammonta a 128.005 milioni di euro. Per il consuntivo 2024, si attende la delibera del CIPESS di fine anno (non ancora approvata).
Nel più recente documento programmatico del Governo, il Piano strutturale di Bilancio vengono definiti i seguenti dati della spesa sanitaria corrente (programmatici per il triennio 2025-2027):
(in mln di €) |
2023 |
2024 |
2025 |
2026 |
2027 |
Spesa sanitaria corrente |
131.119 |
137.934 |
141.929 |
144.969 |
147.506 |
Tra i temi specifici affrontati dal PSB vi sono in particolare la riorganizzazione e il potenziamento della medicina territoriale e gli interventi in materia di edilizia sanitaria, oltre che la rivalutazione del trattamento economico di tutto il personale del SSN, soprattutto dell'area emergenza-urgenza. Il rifinanziamento del Servizio sanitario nazionale è previsto in 1.875 milioni nel 2024, 2.754 nel 2025 e 2.905 nel 2026.
In merito alle altre misure richiamate dal Piano, si ricordano le varie disposizioni adottate a favore del personale sanitario dirette a fronteggiare, anche in epoca antecedente all'emergenza pandemica, la grave carenza di personale del Servizio sanitario nazionale[119].
Vengono poi definiti gli interventi di potenziamento del Servizio sanitario nazionale, indicando innanzitutto il rafforzamento di molte delle misure previste dal PNRR, relative alle Componenti 1 e 2 della Missione 6 Salute, tra le quali: efficientamento delle reti di medicina generale, delle reti di prossimità, delle strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale (Case di comunità, Centrali Operative e Ospedali della Comunità), digitalizzazione dei DEA I e II livello e ammodernamento delle grandi apparecchiature sanitarie, investimenti sulla ricerca e per la formazione delle competenze tecniche, professionali digitali e manageriali del personale SSN.
A decorrere dall'anno 2025 viene poi demandata ad uno o più decreti del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, la definizione di una metodologia per la definizione del fabbisogno di personale degli enti del SSN, ai fini della determinazione della spesa per il personale delle aziende e degli enti del SSN delle regioni, nell'ambito del livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato e fermo restando il rispetto dell'equilibrio economico e finanziario del Servizio sanitario regionale.
Le risorse in conto capitale più consistenti per la sanità, prima della nuova programmazione che è stata fatta di queste voci nel PNRR che le ha successivamente inglobate, sono quelle per l'edilizia sanitaria (v. anche scheda art. 120, commi 3 e 4 del presente Dossier).
L’articolo 48 dispone un ulteriore incremento del limite di spesa per l’erogazione delle prestazioni assistenziali ricomprese nei livelli essenziali di assistenza (LEA) da parte di soggetti privati accreditati, pari a 0,5 punti percentuali per l’anno 2025 e a 1 punto percentuale a decorrere dal 2026.
Dette risorse incrementali sono anche destinate alle prestazioni di ricovero e ambulatoriali, erogate dalle strutture sanitarie private accreditate dotate di pronto soccorso e inserite nella rete dell’emergenza, conseguenti all’accesso in pronto soccorso, con codice di priorità rosso o arancio.
La norma prevede altresì la copertura degli oneri stimati pari a 61,5 milioni di euro per l’anno 2025 e a 123 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2026, a valere sulle risorse destinate all'incremento delle disponibilità per il perseguimento degli obiettivi sanitari di carattere prioritario e di rilievo nazionale previste a normativa vigente.
La relazione tecnica sull’articolo 48 non ascrive effetti finanziari alle disposizioni in esso contenute, in quanto alla copertura degli oneri derivanti dal comma 1, pari a 61,5 milioni di euro per l’anno 2025 e a 123 milioni annui a decorrere dal 2026, si provvede a valere sulle risorse già previste a legislazione vigente, di cui all’articolo 1, comma 246, della legge 30 dicembre 2023, n. 213, destinate all'incremento delle disponibilità per il perseguimento degli obiettivi sanitari di carattere prioritario e di rilievo nazionale.
La disposizione pertanto aggiorna il tetto di spesa per gli acquisti di prestazioni sanitarie da privati, di cui all’articolo 15, comma 14, del D.L. n. 95/2012[120] (L. n. 135 del 2012), come incrementato dall’articolo 1, comma 233, della legge n. 213 del 2023 (legge di Bilancio 2024) (comma 1). La finalità dell’aggiornamento è elevare tale limite di spesa per l’erogazione delle prestazioni assistenziali ricomprese nei LEA (livelli essenziali di assistenza) acquistate da strutture sanitarie accreditate per una percentuale pari a 0,5 punti percentuali per l’anno 2025 e di 1 punto percentuale con decorrenza dal 2026.
Il citato comma 233 ha infatti aggiornato il tetto di spesa per gli acquisti di prestazioni sanitarie da privati, innalzandolo rispetto al valore della spesa consuntivata nell'anno 2011, di 1 punto percentuale per l’anno 2024, di 3 punti percentuali per l’anno 2025 e di 4 punti percentuali a decorrere dall’anno 2026. Con l’intervento in esame, pertanto, il limite complessivo aumenta a 3,5 punti percentuali nel 2025 e a 5 punti percentuali per gli anni dal 2026 in poi.
La finalità della rideterminazione del tetto è stata espressamente indicata quale misura concorrente all’ordinata erogazione delle prestazioni assistenziali ricomprese nei livelli essenziali di assistenza (LEA), ribadendo il necessario rispetto dell'equilibrio economico e finanziario del servizio sanitario regionale.
Nella relazione tecnica allegata al disegno di legge originario, si evidenziava che l’onere del previsto, graduale innalzamento del tetto in questione era pari a circa 123 milioni di euro per l’anno 2024, 368 milioni di euro per l’anno 2025 e 490 milioni di euro a partire dal 2026, con relativa copertura individuata nell’ambito dell’incremento del fabbisogno sanitario di cui alla medesima legge di Bilancio per il 2024.
In base alla disciplina già vigente[121], in vigore a decorrere dal 2020, il tetto di spesa per gli acquisti di prestazioni sanitarie da privati, vale a dire le strutture sanitarie private accreditate per l’assistenza specialistica ambulatoriale e per l’assistenza ospedaliera, è stato determinato in base al valore della spesa consuntivata nell'anno 2011, nel rispetto dell'equilibrio economico e finanziario del Servizio sanitario regionale, applicando una riduzione di detto importo e dei corrispondenti volumi d’acquisto tale da ridurre la spesa complessiva annua dello 0,5 per cento per l'anno 2012, dell'1 per cento per l'anno 2013 e del 2 per cento a decorrere dall'anno 2014.
Si ricorda, inoltre, che la disciplina limitativa di spesa in questione è stata oggetto, nel tempo, di diversi interventi di deroga: il DL n. 18/2020 (L. n. 27/2020, c.d. Cura Italia, art. 3), ha permesso alle regioni e alle province autonome, a date condizioni, di acquistare prestazioni sanitarie - oltre il budget prefissato - per affrontare l’emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del COVID-19; il DL n. 73/2021 (L. 106/2021, c.d. DL Sostegni-bis, art. 26, co. 2), al fine di consentire il recupero delle prestazioni non erogate a causa dell'intervenuta emergenza epidemiologica, ha permesso di integrare gli acquisti di prestazioni ospedaliere e di specialistica ambulatoriale da privato, in deroga al tetto vigente in materia, anche utilizzando eventuali economie derivanti dai budget attribuiti per l'anno 2020; la legge di bilancio 2022 (art. 1, co. 277, L. 234/2021), ai fini dell’abbattimento delle liste d’attesa, ha previsto che le regioni e le province autonome possano coinvolgere anche le strutture private accreditate, in deroga al tetto di spesa in discorso; in precedenza, l’art. 1 della legge di stabilità 2016 (n. 208/2015), ai commi da 574 a 578, aveva introdotto alcune deroghe alla predetta disciplina di limitazione della spesa, con particolare riferimento all’assistenza ospedaliera di alta specialità.
Peraltro, occorre menzionare al riguardo l’intervento della Corte costituzionale, che con la sentenza n. 203 del 2016, ha dichiarato inammissibili alcune questioni di legittimità costituzionale dell'art. 15, comma 14, del citato D.L. 95/2012 sulla spending review, introduttivo del tetto di spesa in oggetto, sollevate in riferimento all'art. 117, terzo comma, della Costituzione, e non fondate diverse altre questioni di legittimità costituzionale del medesimo art. 15, comma 14, sollevate in riferimento agli artt. 3, 32, 41, 97 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU).
Il comma 2 dell’articolo 48 in esame stabilisce una specifica destinazione alle risorse che derivano dall’ulteriore incremento del limite originario dell’acquisto delle prestazioni sanitarie da privati accreditati, innanzi tutto a copertura degli oneri delle prestazioni di ricovero e ambulatoriali, erogate dalle strutture sanitarie private accreditate dotate di pronto soccorso ed inserite nella rete dell’emergenza, conseguenti all’accesso in pronto soccorso, con codice di priorità rosso o arancio.
La rete dell’emergenza-urgenza coinvolge una rete di servizi e presidi individuati dal D.M. 2 aprile 2015 recante il Regolamento di definizione dell’assistenza ospedaliera, che ha previsto un sistema di allerta sanitario n. 118 e di un numero unico europeo per le emergenze (NUE) 112. E’ inoltre presente un sistema territoriale di soccorso, costituito dai mezzi di soccorso sul territorio con professionisti medici e/o infermieri, oltre che eliambulanze. Nella rete di emergenza vi sono anche i pronto soccorso ospedalieri, che assicurano gli accertamenti diagnostici e gli eventuali interventi necessari per la soluzione clinica ovvero per la stabilizzazione del paziente e l’eventuale trasporto ad un ospedale in grado di fornire prestazioni specializzate, con un coordinamento della centrale operativa. Sono presenti anche i Dipartimenti di Emergenza-Urgenza e Accettazione (DEA), che rappresentano un’aggregazione funzionale di unità operative, adottano un codice comune di comportamento assistenziale, assicurano una risposta rapida e completa. I DEA afferiscono a due livelli di complessità, in base alle Unità operative che li compongono: DEA di I livello e DEA di II livello.
I livelli del triage del pronto soccorso sono denominati con una scala di colori che varia dal codice rosso (emergenza assoluta, con pericolo di vita imminente quali arresto cardiaco, grave difficoltà respiratoria, emorragia massiva, trauma cranico o sospetto ictus, ai fini della somministrazione di cure immediate), al codice arancio (urgenza indifferibile, in cui il paziente presenta una condizione grave che richiede un intervento rapido, ma non è in pericolo di vita immediato, quali dolore toracico, difficoltà respiratore, fratture esposte, crisi ipertensiva o reazioni allergiche anche gravi, in cui i pazienti devono essere visitati entro pochi minuti con cure prioritarie[122].
Il comma 3 definisce infine la copertura degli oneri stimati dall’incremento del predetto limite di spesa, cifrandoli in 61,5 milioni di euro per l’anno 2025 e 123 milioni a decorrere dall’anno 2026. Essa è posta a valere sulle risorse destinate all'incremento delle disponibilità per il perseguimento degli obiettivi sanitari di carattere prioritario e di rilievo nazionale di cui all’articolo 1, comma 246, della legge n. 213 del 2023.
Si ricorda che il richiamato comma 246 della legge di Bilancio 2024 ha disposto la destinazione di una quota delle risorse incrementali derivanti dal rifinanziamento del SSN disposto dalla medesima legge, quantificata in 240 milioni di euro per l’anno 2025 e a 340 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2026, all’incremento delle disponibilità per il perseguimento degli obiettivi sanitari di carattere prioritario e di rilievo nazionale, di cui all’articolo 1, commi 34 e 34-bis della legge 23 dicembre 1996, n. 662, recante misure di razionalizzazione della finanza pubblica.
Come precedentemente indicato, i commi 34 e 34-bis, della legge n. 662 del 1996 recante misure di razionalizzazione della finanza pubblica, trattano, più in dettaglio, delle quote vincolate del Fondo sanitario nazionale da parte del Comitato interministeriale per la programmazione economica a favore di progetti per la realizzazione di specifici obiettivi del Piano sanitario nazionale, con priorità di quelli riguardanti la tutela della salute materno-infantile, della salute mentale, della salute degli anziani, oltre che progetti finalizzati alla prevenzione, e in particolare alla prevenzione delle malattie ereditarie, nonché alla realizzazione degli obiettivi definiti dal Patto per la salute purché relativi al miglioramento dell’erogazione dei LEA.
La procedura di erogazione delle risorse è prevista all’art. 34-bis ed è volta ad agevolare le Regioni nell’attuazione dei progetti di carattere prioritario di cui al comma 34. In sintesi, tale procedura prevede che il MEF eroghi, a titolo di acconto, il 70% dell’importo complessivo annuo spettante a ciascuna Regione, mentre l’erogazione del restante 30% deve essere subordinata all’approvazione da parte della Conferenza permanente Stato-regioni dei progetti presentati dalle Regioni, pena la mancata erogazione della quota residua ed il recupero, anche a carico delle somme a qualsiasi titolo spettanti nell’anno successivo, dell’anticipazione già erogata.
L’articolo 49, al comma 1, definisce i fattori da cui deriva l’innovatività di un farmaco, mentre al successivo comma 2 precisa la nozione di farmaco innovativo.
Al comma 3 si specifica la finalizzazione delle risorse del Fondo per il concorso al rimborso alle regioni delle spese sostenute per l'acquisto dei farmaci innovativi.
Il comma 4 dispone in ordine alla destinazione delle risorse non impiegate del suddetto Fondo. Stabilisce, inoltre, che l’eventuale eccedenza della spesa per l’acquisto di farmaci innovativi concorre al raggiungimento del tetto della spesa farmaceutica per acquisti diretti, e detta la disciplina per il relativo ripiano.
Il comma 5 prevede le modalità di definizione dei criteri di valutazione per l’attribuzione dell’innovatività terapeutica.
Il comma 6 stabilisce a quali specifiche indicazioni terapeutiche possa essere attribuito il requisito dell’innovatività terapeutica, la cui durata massima è fissata in 36 mesi.
Il comma 7 prevede che il medicinale sia soggetto a monitoraggio, tramite registro AIFA, nella rispettiva indicazione terapeutica innovativa, e che ogni indicazione terapeutica, pervenuta oltre il sesto anno dalla data di prima attribuzione del requisito dell’innovatività alla specialità medicinale, non acceda al finanziamento di cui al precedente comma 3. Dispone, inoltre, che l’AIFA non valuti la sussistenza del requisito dell’innovatività in tutte le indicazioni terapeutiche autorizzate di medicinali a base di principio attivo, o di combinazioni di principi attivi, privi di copertura brevettuale.
Il comma 8 prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2025, sia estesa anche ai medicinali con requisito di innovatività condizionata la possibilità di accesso alle risorse del Fondo suddetto, per un importo comunque non superiore a 300 milioni di euro annui, a condizione che siano soddisfatti determinati requisiti. Per tali medicinali, si prevede che il periodo di innovatività di trentasei mesi decorra dalla data di riconoscimento dell’innovatività condizionata.
Il comma 9, a decorrere dal 1° gennaio 2025, estende anche a determinati agenti antinfettivi per infezioni da germi multiresistenti l’accesso alle risorse del Fondo di cui al comma 3, per un importo comunque non superiore a 100 milioni di euro annui, in presenza di alcuni presupposti.
Il comma 10 prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2025, i farmaci innovativi potranno accedere alle risorse del Fondo di cui al comma 3 per un importo non superiore a 900 milioni di euro annui.
Il comma 11 prevede che, in seno all’AIFA, sia la Commissione scientifica ed economica del farmaco (CSE), e non più la Commissione consultiva tecnico-scientifica, l’organo deputato a verificare il requisito della innovatività terapeutica di determinati medicinali a carico del Servizio sanitario nazionale.
Il comma 12 apporta infine alcune modifiche testuali alla legge di bilancio 2017, volte all’adeguamento di alcune sue disposizioni all’intervenuto superamento della distinzione fra farmaci innovativi e farmaci innovativi oncologici e alla conseguente unificazione dei due separati fondi ad essi in precedenza dedicati.
Nella relazione tecnica del Governo (RT) si afferma che le disposizioni recate dall’articolo in titolo non determinano nuovi o maggiori oneri per le finanze pubbliche, comportando esse - in particolare ai commi da 8 a 10 - mere riallocazioni di risorse già previste a legislazione vigente.
In base al comma 1 dell’articolo in esame, l’innovatività di un farmaco deriva dalla tecnologia di produzione del suo principio attivo, dal meccanismo d’azione, dalla modalità della somministrazione al paziente, dall’efficacia clinica e dalla sicurezza, dagli effetti sulla qualità della vita, dalle implicazioni sull’organizzazione dell’assistenza sanitaria. Si valuti l’opportunità di precisare se i fattori determinanti l’innovatività di un farmaco, elencati dal comma in esame, siano o meno intesi come tra essi alternativi.
Il successivo comma 2 stabilisce che, ai fini dell’articolo in commento, un medicinale è innovativo in funzione dei risultati di efficacia e sicurezza derivanti dal confronto con le alternative terapeutiche disponibili all’interno del prontuario farmaceutico nazionale prima della sua introduzione, in una definita indicazione terapeutica.
Si ricorda che la definizione dell'innovazione terapeutica è stata, negli anni, fonte di continui dibattiti. Per una ricostruzione dell’evoluzione della normativa in materia si rinvia alla lettura del box informativo alla fine della presente scheda di lettura.
Il comma 3 dell’articolo in commento stabilisce che le risorse del Fondo per il concorso al rimborso alle regioni delle spese sostenute per l'acquisto dei farmaci innovativi[123] (d’ora in poi “Fondo”) sono finalizzate a favorire l’accesso a farmaci innovativi in specifiche indicazioni terapeutiche relative a malattie o condizioni patologiche gravi a medio-basso impatto epidemiologico, come definite al successivo comma 5 (v. infra).
Il comma 4 prevede che le risorse non impiegate del Fondo confluiscano nella quota di finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato[124]. Si stabilisce, altresì, che l’eventuale eccedenza della spesa per l’acquisto di farmaci innovativi, ferme restando le risorse annualmente stanziate, concorre al raggiungimento del tetto della spesa farmaceutica per acquisti diretti come previsto dall’articolo 1, comma 406[125] della legge n. 232 del 2016. Inoltre, si prevede che, in caso di sfondamento del tetto della spesa farmaceutica per acquisti diretti, ai fini del ripiano della spesa eccedente per farmaci innovativi, si applichino le modalità previste dall’articolo 1, comma 584, della legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2017): l'eccedenza della spesa rispetto alla dotazione del Fondo va cioè ripianata da ciascuna azienda titolare di AIC di farmaci innovativi e di farmaci oncologici innovativi in proporzione alla rispettiva quota di mercato.
Il comma 5 prevede che, ad esito della valutazione condotta dalla Commissione Scientifico-Economica (“CSE”), sentiti “i portatori di interesse e le associazioni di pazienti e cittadini”, l'Agenzia italiana del farmaco (AIFA), con determinazione del “direttore generale tecnico-scientifico” da adottarsi entro il 31 marzo 2025, definisca i criteri di valutazione per l’attribuzione dell’innovatività terapeutica che consente il finanziamento dell’accesso al rimborso da parte del servizio sanitario nazionale, con le risorse del Fondo.
Si ricorda che la Commissione Scientifico-Economica svolge, in seno all’AIFA, le funzioni in precedenza spettanti alla Commissione tecnico-scientifica e al Comitato prezzi e rimborsi (art. 19, co. 1, decreto ministeriale 8 gennaio 2024, n. 3, Regolamento recante modifiche al regolamento sull'organizzazione e sul funzionamento dell'Agenzia italiana del farmaco).
Il Direttore tecnico-scientifico - non espressamente qualificato come “generale” dalla vigente disciplina regolamentare - svolge e dirige l'attività tecnico-scientifica dell'AIFA (art. 10 del succitato decreto ministeriale).
Il comma 6 prevede che il requisito dell’innovatività terapeutica, di durata massima pari a 36 mesi, si attribuisca ad una specifica indicazione terapeutica nella quale il medicinale, alternativamente:
- abbia dimostrato di essere in grado di determinare la guarigione, con particolare riguardo agli agenti antinfettivi per infezioni da germi multiresistenti;
- abbia ridotto il rischio di complicazioni letali o potenzialmente letali;
- abbia determinato il rallentamento della progressione di malattia;
- abbia un effetto terapeutico che determina il miglioramento della qualità della vita dei pazienti relativamente alle dimensioni della capacità di movimento e cura della persona. In riferimento alle malattie rare e ultra-rare, il comma in esame prevede che il miglioramento della qualità della vita comprenda anche le dimensioni del dolore e della capacità nello svolgimento delle attività abituali o lavorative.
Il comma 7 prevede che il medicinale sia soggetto a monitoraggio, tramite registro AIFA, nella rispettiva indicazione terapeutica innovativa. Viene specificato che l’indicazione terapeutica innovativa coincide con i criteri di limitazione della rimborsabilità applicati tramite il registro di monitoraggio AIFA. Si stabilisce, altresì, che ogni indicazione terapeutica, pervenuta oltre il sesto anno dalla data di prima attribuzione del requisito dell’innovatività alla specialità medicinale, non accede al finanziamento a valere sul Fondo per i farmaci innovativi. Infine, il comma in disamina dispone che l’AIFA non valuti la sussistenza del requisito dell’innovatività in tutte le indicazioni terapeutiche autorizzate di medicinali a base di principio attivo, o di combinazioni di principi attivi, che risultino privi di copertura brevettuale.
Si ricorda che i Registri di monitoraggio sono parte integrante del Sistema Informativo del SSN e che essi svolgono funzioni di valutazione dell’efficacia del farmaco, ai fini della rinegoziazione, e di controllo della spesa per i farmaci innovativi e per i costi evitabili in sanità[126].
Il comma 8 stabilisce che, a decorrere dal 1° gennaio 2025, i medicinali con requisito di innovatività condizionata vigente potranno accedere al Fondo, per un importo comunque non superiore a 300 milioni di euro annui, se già soggetti a monitoraggio delle dispensazioni tramite registro di monitoraggio AIFA oppure se, “in linea con quanto previsto ai commi 6 e 7” (v. sopra), la CSE valuti motivatamente l’istituzione del registro di monitoraggio. Per tali medicinali - precisa il comma in esame - il periodo di innovatività di trentasei mesi decorre dalla data di riconoscimento dell’innovatività condizionata.
Analogamente, il comma 9 prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2025, gli agenti antinfettivi per infezioni da germi multiresistenti già inseriti nel prontuario farmaceutico nazionale, e classificati come “reserve” secondo la nomenclatura “AWaRe” dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), potranno accedere al Fondo, per un importo comunque non superiore a 100 milioni di euro annui, se già soggetti a monitoraggio delle dispensazioni tramite registro di monitoraggio AIFA, oppure, “in linea con quanto previsto ai commi 6 e 7”, qualora la CSE valuti l’istituzione del registro di monitoraggio.
Si fa presente che l’OMS raggruppa gli antibiotici in tre categorie, “Access”, “Watch” e “Reserve”, allo scopo di guidarne la prescrizione e ridurre il rischio di reazioni avverse e sviluppo di resistenze batteriche (cfr. The 2019 WHO - AWaRe classification of antibiotics for evaluation and monitoring of use). Gli antibiotici del gruppo “Access” sono indicati come trattamento di prima scelta per molte infezioni. Il gruppo “Watch” comprende, invece, antibiotici con un maggiore rischio di indurre resistenze e di conseguenza raccomandati generalmente come trattamenti di seconda scelta, o da preferirsi solo per casi specifici. Il terzo gruppo “Reserve” comprende antibiotici di ultima istanza e utilizzati solo nei casi più gravi, quando tutte le altre alternative non hanno avuto successo, come per esempio per le infezioni multi-resistenti.
Il comma 10 stabilisce che, a decorrere dal 1° gennaio 2025, i farmaci innovativi - per effetto di quanto disposto dai precedenti commi 8 e 9 - potranno accedere al Fondo per un importo non superiore a 900 milioni di euro annui.
La RT, in riferimento ai tre commi da ultimo illustrati, osserva che si prevede ivi una diversa destinazione di quota parte delle risorse del Fondo e che si tratta pertanto di una riallocazione, non comportante nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Si ricorda che, a decorrere dal 1° gennaio 2022, l'art. 35-ter del decreto legge n. 73 del 2021[127] (c.d. Sostegni bis) ha istituito, nello stato di previsione del MEF, un Fondo unico, del valore di 1.000 milioni di euro annui, destinato al concorso al rimborso alle regioni per l'acquisto dei farmaci innovativi. La legge di Bilancio 2022 ha poi stabilito incrementi del finanziamento del Fondo predetto, pari a 100 milioni per l'anno 2022, 200 milioni per l'anno 2023 e 300 milioni a decorrere dall'anno 2024. Pertanto, come attestato dalla RT, il Fondo ha a legislazione vigente una dotazione di 1.300 milioni di euro annui.
Il comma 11 modifica l’articolo 10, comma 2, del decreto-legge n. 158 del 2012[128], che nel testo vigente obbliga le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano ad assicurare l'immediata disponibilità agli assistiti dei medicinali a carico del Servizio sanitario nazionale erogati attraverso gli ospedali e le aziende sanitarie locali che, a giudizio della Commissione consultiva tecnico-scientifica dell'AIFA, possiedano, alla luce dei criteri predefiniti dalla medesima Commissione, il requisito della innovatività terapeutica. Il comma in esame sostituisce il riferimento alla Commissione tecnico-scientifica con quello alla CSE (al riguardo v. sopra, commento a comma 5).
Il comma 12 apporta alcune modifiche testuali alla legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2017), volte all’adeguamento di alcune sue disposizioni all’intervenuto superamento della distinzione tra farmaci innovativi e farmaci innovativi oncologici e alla conseguente unificazione dei due separati fondi ad essi in precedenza dedicati (v. in proposito anche il box alla fine di questa scheda di lettura).
La legge di bilancio 2017 (art. 1, comma 402, della legge 232/2016) aveva previsto che, entro il 31 marzo 2017, - con determina del direttore generale dell'AIFA, previo parere della Commissione consultiva tecnico- scientifica -, fossero stabiliti i criteri per la classificazione dei farmaci innovativi e a innovatività condizionata e dei farmaci oncologici innovativi e le modalità per la valutazione degli effetti dei predetti farmaci ai fini della permanenza del requisito di innovatività, nonché le modalità per la eventuale riduzione del prezzo di rimborso a carico del Ssn. La Determina n. 519/2017 del 31 marzo 2017 ha quindi stabilito i criteri per la classificazione dei farmaci innovativi, la procedura di valutazione e i criteri per la permanenza del requisito dell'innovatività ai fini dell'eventuale riduzione del prezzo di rimborso. L'AIFA, previo parere della CTS, ha stabilito che per l'attribuzione del carattere di innovatività è necessaria la dimostrazione di un valore terapeutico aggiunto (rispetto alle altre terapie disponibili) nel trattamento di una patologia grave (intesa come una malattia ad esito potenzialmente mortale, oppure che induca ospedalizzazioni ripetute, o che ponga il paziente in pericolo di vita o che causi disabilità in grado di compromettere significativamente la qualità della vita).
Il modello di valutazione dell'innovatività è unico per tutti i farmaci ma, in caso di bisogno, possono essere utilizzati ulteriori indicatori specifici. Il modello di valutazione proposto prevede un approccio
multidimensionale, che tiene conto di tre elementi fondamentali:
1. il bisogno terapeutico;
2. il valore terapeutico aggiunto;
3. la qualità delle prove ovvero la robustezza degli studi clinici (per la valutazione di questo parametro l'AIFA ha adottato il metodo GRADE - Grading of Recommendations Assessment, Development and Evaluation).
Il giudizio di innovatività è formulato in base al profilo derivante dall'insieme delle valutazioni dei suddetti parametri.
Possono essere considerati innovativi i farmaci ai quali siano stati riconosciuti un bisogno terapeutico e un valore terapeutico aggiunto entrambi di livello "Massimo" o "Importante", ed una qualità delle prove "Alta".
L'innovatività non può, invece, essere riconosciuta in presenza di un bisogno terapeutico e/o di un valore terapeutico aggiunto giudicati come "Scarso" o "Assente", oppure di una qualità delle prove giudicata "Bassa" o "Molto bassa". Situazioni intermedie sono valutate caso per caso, tenendo conto del peso relativo dei singoli elementi considerati.
I possibili esiti della valutazione sono:
riconoscimento dell'innovatività, a cui sono associati l'inserimento nel Fondo dei farmaci innovativi, oppure nel Fondo dei farmaci innovativi oncologici, i benefici economici previsti dalla legge di bilancio 2017 e l'inserimento nei Prontuari Terapeutici Regionali;
riconoscimento dell'innovatività condizionata (o potenziale), che comporta unicamente l'inserimento nei Prontuari Terapeutici Regionali con almeno una rivalutazione obbligatoria a 18 mesi dalla sua concessione. Nel corso della rivalutazione, la disponibilità di nuove evidenze, valutate positivamente, può portare al riconoscimento dell'innovatività piena, con il conferimento dei benefici per il tempo residuo di durata prevista;
mancato riconoscimento dell'innovatività.
Come stabilito dalla legge di bilancio 2017, il riconoscimento dell'innovatività ed i benefici conseguenti hanno una durata massima di trentasei mesi. La permanenza del carattere di innovatività attribuito ad un farmaco viene riconsiderata nel caso emergano evidenze che ne giustifichino la rivalutazione. In presenza di evidenze che smentiscono quelle che ne avevano giustificato il riconoscimento o ne ridimensionano l'effetto, l'innovatività può non essere confermata, e i benefici ad essa connessi decadono, con conseguente avvio di una nuova negoziazione del prezzo e delle condizioni di rimborsabilità.
Successivamente, l'AIFA, con la Determina n. 1535/2017 del 18 settembre 2017, ha aggiornato e sostituito la precedente Determina 519/2017. Le principali modifiche apportate alla procedura di valutazione sono le seguenti:
il concetto di innovatività viene sempre riferito alla singola indicazione terapeutica;
l'innovatività per un'indicazione specifica può essere valutata da AIFA, previo parere della Commissione tecnico scientifica (CTS), in presenza di adeguate evidenze scientifiche a supporto, a prescindere dalla richiesta di riconoscimento del requisito di innovatività da parte dell'azienda;
la disponibilità di nuove evidenze che venissero valutate positivamente dall'AIFA, previo parere della CTS, nella rivalutazione di farmaci ad innovatività condizionata in relazione ad una specifica indicazione, potrà portare al riconoscimento dell'innovatività piena, con il conferimento dei benefici per il tempo residuo di durata prevista. In ogni caso, per i farmaci ad innovatività condizionata la sussistenza del requisito sarà rivalutata decorsi 18 mesi dalla sua concessione, su istanza dell'azienda titolare o di ufficio.
In tema di finanziamenti, si ricorda che la legge di bilancio 2017 (art. 1, commi 401-406, della legge 232/2016) aveva istituito, dal 1° gennaio 2017, due Fondi per l'acquisto, rispettivamente, dei medicinali innovativi e dei medicinali oncologici innovativi. Entrambi i Fondi con una dotazione di 500 milioni di euro, ciascuno a valere sul livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale cui concorre lo Stato. Con una norma inserita nella legge di bilancio 2019 (art. 1, co. 550, L. n. 145/2018), tali Fondi, la cui iscrizione contabile era originariamente nell'ambito dello stato di previsione del Ministero della salute, sono stati trasferiti nello stato di previsione del MEF, ferma restando la competenza già attribuita al Ministero della salute per la disciplina delle modalità operative di erogazione delle risorse stanziate (v. DM 16 febbraio 2018).
Le somme dei Fondi predetti erano versate in favore delle regioni in proporzione alla spesa sostenuta dalle regioni medesime per l'acquisto dei medicinali innovativi e oncologici innovativi. La spesa per l'acquisto dei farmaci innovativi e dei farmaci oncologici innovativi concorreva al raggiungimento del tetto della spesa farmaceutica per acquisti diretti (spesa farmaceutica ospedaliera) per l'ammontare eccedente annualmente l'importo di ciascuno dei fondi.
A decorrere dal 1° gennaio 2022, l'art. 35-ter del decreto legge n. 73 del 2021 (c.d. Sostegni bis) ha istituito, nello stato di previsione del MEF, un unico Fondo del valore di 1.000 milioni di euro annui destinato al concorso al rimborso alle regioni per l'acquisto dei farmaci innovativi (superando la distinzione fra farmaci innovativi e farmaci innovativi oncologici). Resta ferma in capo al Ministero della salute la competenza a disciplinare le modalità operative di erogazione delle risorse stanziate sulla base dei criteri da adottare con decreto ministeriale.
Da ultimo, la legge di Bilancio 2022 (L. n. 234/2021, art. 1, co. 259) ha stabilito gli incrementi del finanziamento del Fondo per l'acquisto dei farmaci innovativi di cui al comma 401, art. 1, della legge di bilancio 2017, pari a 100 milioni per l'anno 2022, 200 milioni per l'anno 2023 e 300 milioni a decorrere dall'anno 2024, integrando allo scopo il finanziamento del livello del fabbisogno sanitario standard cui concorre lo Stato.
L'articolo 38-quater del DL. 152/2021 (L. 233/2021), al fine di dare attuazione alle azioni del Piano nazionale di ripresa e resilienza relative alla Missione 6 – Salute con il rafforzamento delle prestazioni di innovatività terapeutica e velocizzando il procedimento per l'aggiornamento dei prontuari terapeutici ospedalieri, prevede che l'aggiornamento dei prontuari terapeutici ospedalieri debba essere effettuato entro, e non oltre, due mesi nel caso d'impiego di farmaci per malattie rare. Contestualmente all'aggiornamento, ciascuna regione, con deliberazione della giunta regionale, è tenuta a indicare i centri prescrittori di farmaci con Nota AIFA e/o Piano Terapeutico.
Articolo 50
(Finanziamento destinato all’aggiornamento delle tariffe per la remunerazione delle prestazioni per acuti e post acuzie)
L’articolo 50 autorizza la spesa di 77 milioni di euro vincolando una corrispondente quota-parte del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard, al fine di garantire le risorse necessarie per provvedere, per l'anno 2025, alle necessità dei pazienti classificati come diagnosis-related group (DRG) post acuzie, e di 1.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2026 destinati, quanto a 350 milioni di euro, ai suddetti DRG post acuzie, e 650 milioni di euro ai DRG per acuti.
Tale incremento ha l’obiettivo di garantire al Servizio sanitario nazionale le risorse necessarie per provvedere alla progressiva implementazione dell'aggiornamento delle tariffe massime per la remunerazione delle prestazioni di assistenza ospedaliera erogate in post acuzie (riabilitazione ospedaliera e lungodegenza) ed erogate per acuti (in regime di ricovero ordinario e diurno).
Si precisa che dette risorse costituiscono assegnazione vincolata all’obiettivo e sono, pertanto, utilizzabili solo per le finalità indicate.
La Relazione tecnica non ascrive alcun effetto finanziario alle disposizioni di cui all’articolo 50, in quanto volto a vincolare una quota dell’incremento del fabbisogno sanitario di cui all’articolo 47 all’aggiornamento delle tariffe massime per la remunerazione delle prestazioni per acuti e post acuzie per un importo di complessivi 77 milioni per il 2025 e 1.000 milioni annui con decorrenza 2026.
Il comma 1, in attuazione dell'articolo 1, comma 280, della legge 30 dicembre 2021, n. 234[129], dispone le seguenti autorizzazioni di spesa:
§ per il 2025, 77 milioni di euro destinati ai Diagnosis Related Groups (DRG) post acuzie;
§ dal 2026, 1.000 milioni di euro annui, destinati rispettivamente per:
o 350 milioni ai DRG post acuzie;
o 650 milioni ai DRG per acuti.
Si ricorda che il citato comma 280 aveva previsto che, con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente Stato-Regioni, entro il 30 giugno 2023 dovesse procedersi all'aggiornamento delle tariffe massime per la remunerazione delle prestazioni di assistenza ospedaliera per acuti, erogate in regime di ricovero ordinario e diurno a carico del SSN, oltre che, congiuntamente, all'aggiornamento dei sistemi di classificazione adottati per la codifica delle informazioni cliniche contenute nella scheda di dimissione ospedaliera. Si era peraltro stabilito che tali tariffe massime così aggiornate dovessero costituire un limite invalicabile per le prestazioni rese a carico del SSN e che le stesse tariffe fossero successivamente aggiornate ogni due anni con la medesima procedura. Tuttavia, il decreto di aggiornamento non risulta ancora emanato.
Al riguardo, si segnala che la norma in esame dispone un vincolo di spesa di quota-parte dell’incremento del livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard fissato all’articolo 47.
Il sistema chiamato Raggruppamento omogeneo di diagnosi (Diagnosis Related Group, DRG), permette di classificare tutti i malati dimessi da un ospedale in gruppi omogenei in base alle risorse impegnate per la loro cura. Si ricorda che, attualmente, le tariffe massime in oggetto sono definite dal D.M. 18 ottobre 2012, concernente la "remunerazione delle prestazioni di assistenza ospedaliera per acuti, assistenza ospedaliera di riabilitazione e di lungodegenza post acuzie e di assistenza specialistica ambulatoriale".
Ai sensi dell'articolo 15, comma 17, del D.L. 6 luglio 2012, n. 95 (L. 7 agosto 2012, n. 135) in materia di razionalizzazione della spesa sanitaria, gli importi tariffari, fissati dalle singole regioni, eventualmente superiori a tali tariffe massime restano a carico dei bilanci regionali; queste ultime, in ogni caso, costituiscono un limite invalicabile per le regioni per le quali non sussista il rispetto dell'equilibrio economico-finanziario del settore sanitario. La disposizione contenuta al comma 280 stabilisce invece in via generale che le nuove tariffe massime, aggiornate in base alla suddetta procedura, costituiscono un limite invalicabile per le prestazioni di assistenza ospedaliera ivi contemplate.
Il comma 2 precisa che gli incrementi di cui al comma 1 costituiscono una assegnazione vincolata e siano, pertanto, utilizzabili solo per le finalità indicate nel medesimo comma 1.
Articolo 51
((Aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza
e importi tariffari)
L’articolo 51 dispone un vincolo di una quota del fabbisogno sanitario nazionale standard, pari a 50 milioni di euro annui a decorrere dal 2025, per consentire l’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, inclusa la revisione delle tariffe massime nazionali delle relative prestazioni assistenziali, sulla base dell’istruttoria predisposta dalla Commissione nazionale per l'aggiornamento dei LEA e la promozione dell'appropriatezza nel Servizio sanitario nazionale.
Le norme dell’articolo 51 sono dirette potenziare il monitoraggio della spesa sanitaria e le modalità di valutazione della qualità dell’assistenza sanitaria delle regioni e delle province autonome, integrando il vigente sistema di garanzia. Le stesse, pertanto, non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
L’articolo 51, al comma 1, dispone un vincolo di una quota del fabbisogno sanitario nazionale standard, pari a 50 milioni di euro annui a decorre re dal 2025, per consentire l’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, inclusa la revisione delle tariffe massime nazionali delle relative prestazioni assistenziali,in attuazione dell’articolo 1, commi 558 e 559, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di bilancio 2016), in base ai quali la Commissione per l’aggiornamento dei LEA, istituita ai sensi del comma 556 della richiamata legge di bilancio[130], è chiamata a formulare annualmente una proposta di aggiornamento dei LEA.
In particolare, se la proposta attiene esclusivamente alla modifica degli elenchi di prestazioni erogabili dal Servizio sanitario nazionale ovvero alla individuazione di misure volte ad incrementare l'appropriatezza della loro erogazione e la sua approvazione non comporta ulteriori oneri a carico della finanza pubblica, l'aggiornamento dei LEA è effettuato con decreto del Ministro della salute, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti Stato-Regioni e province autonome, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari e registrazione della Corte dei conti.
Si ricorda che l’ultimo aggiornamento delle tariffe LEA è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il 4 agosto 2023 ed è contenuto nel D.M. Salute – MEF del 23 giugno 2023.
Inoltre, il comma 2, al fine di potenziare il monitoraggio della spesa e le modalità di valutazione delle performance dell'assistenza sanitaria resa dalle Regioni e dalle provincie autonome, considerando il finanziamento regionale, dispone l’integrazione del sistema di garanzia, di cui all’articolo 9 del D. Lgs. 18 febbraio 2000, n. 56[131], di una dimensione di monitoraggio e valutazione delle performance regionali che riguarda aspetti gestionali, organizzativi, economici, contabili, finanziari e patrimoniali.
Il richiamato D.Lgs. 56/2000, in materia di federalismo fiscale, ha previsto uno specifico Sistema di Garanzia quale strumento attraverso il quale poter assicurare a tutti gli aventi diritto l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA) in condizioni di qualità, appropriatezza ed uniformità. Il sistema è stato reso operativo attraverso il D.M. 12 dicembre 2001 (qui l’approfondimento) che ha dettato la definizione di un set di circa 100 indicatori, individuati sulla base delle fonti informative allora disponibili sulla materia.
L’articolo 9 del D. Lgs. 56/2000 ha in particolare disposto, al fine di consentire la tempestiva attivazione di procedure di monitoraggio dell'assistenza sanitaria effettivamente erogata in ogni regione, un sistema di garanzia da definire con decreto interministeriale Salute-MEF, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, per il raggiungimento in ciascuna regione degli obiettivi di tutela della salute perseguiti dal Servizio sanitario nazionale. Il sistema prevede, tra l’altro, un insieme minimo di indicatori e parametri di riferimento, relativi a elementi rilevanti ai fini del monitoraggio del rispetto, in ciascuna regione, dei livelli essenziali ed uniformi di assistenza, nonché dei vincoli di bilancio delle regioni a statuto ordinario, oltre che regole e convenzioni per la rilevazione, la validazione e l'elaborazione delle informazioni e dei dati statistici necessari per l'applicazione del predetto sistema di garanzia. Inoltre, sono previste specifiche procedure per la pubblicizzazione periodica dei risultati dell'attività di monitoraggio e per l'individuazione delle regioni che non rispettino ovvero non convergano verso detti parametri, anche prevedendo limiti di accettabilità entro intervalli di oscillazione dei valori di riferimento.
A tal fine (comma 3) si prevede un decreto del Ministero della salute, di concerto con il MEF, sentita la Conferenza permanente Stato-regioni, con la finalità di integrare il nuovo sistema di garanzia di cui al decreto del D.M. Salute del 12 marzo 2019, con il quale venga individuato un sistema di indicatori di performance dei servizi sanitari regionali.
Il D.M. 12 marzo 2019 ha dato attuazione al Nuovo sistema di garanzia (NSG) per il monitoraggio dell’assistenza sanitaria, promuovendo la coerenza tra l'attività nazionale di monitoraggio e di verifica ed i sistemi di valutazione intraregionale, oltre al fatto di favorire le attività di audit e gli interventi conseguenti, adottati dalle regioni e dalle province autonome e individuati come necessari al miglioramento dell'erogazione dei LEA. Qui il rapporto di Monitoraggio dei LEA attraverso il NSG in base al modello tracciato dal DM 12 marzo 2019 (anno 2021).
Detto nuovo decreto ministeriale in tema di monitoraggio dell’assistenza sanitaria dovrà essere emanato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Articolo 52
(Piano pandemico 2025-2029)
L’articolo 52 autorizza la spesa di 50 milioni di euro per l’anno 2025, di 150 milioni di euro per l’anno 2026 e di 300 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2027, per l’attuazione delle misure del Piano pandemico nazionale per il periodo 2025 – 2029.
La relazione tecnica (RT) non ascrive effetti finanziari alle disposizioni in esso contenute ed evidenzia che le risorse suddette saranno assegnate alle regioni “a valere sul fabbisogno sanitario standard”, come incrementato dall’articolo 47 del provvedimento in esame (v. sopra la relativa scheda di lettura), che “presenta le necessarie disponibilità”.
Si ricorda che, allo stato attuale, il Piano pandemico nazionale per il periodo 2025 – 2029, cui fa riferimento la disposizione in esame, non risulta pubblicato.
Fonti di stampa, nel mese di gennaio 2024[132], hanno riportato essere “alle battute finali” la stesura di un nuovo Piano pandemico (concernente peraltro il periodo 2024-2028).
Rispondendo a una interrogazione parlamentare sul tema[133], in data 24 gennaio 2024, il sottosegretario alla salute Gemmato ha riferito che il “Piano strategico operativo di preparazione e risposta ad una pandemia da patogeni a trasmissione respiratoria a maggiore potenziale pandemico 2024-2028” è il primo piano pandemico allargato a tutti i patogeni respiratori e che, pertanto, può essere applicato a pandemie con diverse caratteristiche epidemiologiche in termini di trasmissibilità, patogenicità e impatto sulla salute e sui servizi sanitari e si basa sulle indicazioni pubblicate dall'Organizzazione mondiale della sanità nel 2023 nonché sulle più recenti raccomandazioni del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie. Rispetto alla bozza del Piano suddetto, il Sottosegretario ha fatto presente che la stima dei costi per l'attuazione sarebbe stata in seguito descritta in una relazione tecnico-illustrativa condivisa con il Ministero dell'economia e delle finanze, recante elementi utili alla quantificazione economica dei finanziamenti atti a garantire la realizzazione degli interventi. Detta stima è stata prospettata come funzionale ad assicurare le successive valutazioni politiche del Governo in merito al reperimento delle risorse necessarie, ipotizzate come aggiuntive rispetto al livello di finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato.
Più recentemente, in data 15 settembre 2024[134], il Ministro della salute ha dichiarato che un nuovo Piano pandemico sarà firmato entro l’anno.
Si ricorda che la Conferenza Stato-Regioni, nella seduta del 25 gennaio 2021, sanciva l’accordo, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, sul documento “Piano strategico – operativo nazionale di preparazione e risposta a una pandemia influenzale (PanFlu 2021 – 2023)”. Il documento anzidetto è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 23 del 29 gennaio 2021[135].
Si ricorda, altresì, che è stato redatto un Piano nazionale di comunicazione del rischio pandemico 2023-2028 ad interim, il quale è “un piano discendente dal piano pandemico, che al momento della scrittura è il Piano strategico-operativo nazionale di preparazione e risposta a una pandemia influenzale (PanFlu 2021-2023)”[136]. Sul succitato Piano nazionale di comunicazione risulta effettuata una informativa in sede di Conferenza Stato-Regioni[137] (Rep. atti n. 314/CSR del 20 dicembre 2023).
Articolo 53
(Misure per l’acquisto di dispositivi medici per la perfusione, conservazione, trasporto e gestione di organi e tessuti per trapianto)
L’articolo 53, comma 1, per esigenze di riduzione delle liste d'attesa per il trapianto di organi e tessuti e per l’acquisto dei relativi dispositivi medici, autorizza la spesa di 10 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2025.
Il comma 2 rinvia a un decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, la definizione delle modalità di utilizzo e di riparto tra le regioni.
L’articolo 53 prevede, a decorrere dall’anno 2025, la destinazione di una quota pari a 10 milioni di euro annui per l’acquisto di dispositivi medici per la perfusione, conservazione, trasporto e gestione di organi e tessuti per trapianto. Tuttavia la Relazione tecnica non ascrive effetti finanziari alle disposizioni in esso contenute, in quanto al predetto onere si provvede sul livello del finanziamento del fabbisogno sanitario come incrementato dall’articolo 47.
L’articolo 53, comma 1, al fine di rispondere alle esigenze di riduzione delle liste d'attesa per il trapianto di organi e tessuti e per l’acquisto di dispositivi medici per la perfusione, conservazione, trasporto e gestione di organi e tessuti per trapianto, autorizza la spesa di 10 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2025. Al finanziamento per tali finalità, accedono tutte le regioni, in deroga alle disposizioni legislative che stabiliscono per le autonomie speciali il concorso regionale e provinciale al finanziamento sanitario corrente.
Si ricorda che le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono al finanziamento del Servizio sanitario nazionale con risorse provenienti interamente dal proprio bilancio, fatta parzialmente eccezione per la regione Sicilia.
Invero, il sistema di finanziamento delle regioni a statuto speciale prevede che, attraverso le entrate fiscali che ricevono sotto forma di compartecipazioni ai tributi erariali (le cui quote sono stabilite negli statuti speciali e nelle norme di attuazione), esse provvedono al finanziamento integrale dell'esercizio delle funzioni attribuitegli dallo statuto speciale e dalle norme di attuazione. In particolare la regione Valle d'Aosta e le province autonome di Trento e Bolzano - ai sensi dell'articolo 34, comma 3 della legge n. 724 del 1994 -, la Regione Friuli Venezia Giulia - ai sensi dell'articoli 1, comma 144 della legge 662 del 1996 [138], -, e la Regione Sardegna - ai sensi dell'articolo 1, comma 836 della legge 296 del 2006-, provvedono al finanziamento del rispettivo fabbisogno senza alcun apporto a carico del Bilancio dello Stato.
Per la Regione siciliana, invece, ai sensi della legge 296 del 2006, articolo 1 comma 830, l'aliquota di partecipazione alla spesa sanitaria è fissata nella misura del 49,11. La norma, in particolare, dispone l'aumento progressivo della percentuale di spesa sanitaria posta a carico del bilancio della Regione siciliana: 44,85 per cento per l'anno 2007, 47,05 per cento per l'anno 2008 e 49,11 per cento per l'anno 2009. Essa perciò, per la parte restante, rientra nella ripartizione del Fondo sanitario nazionale.
Si ricorda inoltre che, stante il diverso modo di finanziamento dei Servizio sanitario nazionale sul proprio territorio e in ragione del principio di coordinamento della finanza pubblica, tutte le regioni e le province autonome concorrono ad assicurare l'osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea, ai sensi dell’art. 119 Cost.
Il comma 2 stabilisce che la definizione delle modalità di utilizzo e di riparto tra le regioni delle risorse di cui al comma 1 sia stabilita con un decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni.
Articolo 54
(Dematerializzazione delle ricette mediche cartacee per la prescrizione di farmaci a carico del SSN, dei SASN e dei cittadini)
L’articolo 54 prevede, al fine di potenziare il monitoraggio dell’appropriatezza prescrittiva e di garantire la completa alimentazione del fascicolo sanitario elettronico (FSE), che tutte le prescrizioni a carico del Servizio sanitario nazionale, dei Servizi territoriali per l’assistenza sanitaria al personale navigante, marittimo e dell’Aviazione civile (SASN) e a carico del cittadino, siano effettuate nel formato elettronico di cui ai decreti ministeriali del MEF in materia di dematerializzazione delle ricette mediche.
La norma prevede inoltre che le Regioni, nell’esercizio delle proprie funzioni di vigilanza e controllo, devono assicurare, per mezzo delle autorità competenti per territorio, l’attuazione della completa alimentazione del FSE in formato elettronico.
La disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri, in quanto diretta a favorire esclusivamente la tempestiva attuazione di quanto già previsto a normativa vigente in materia di dematerializzazione delle ricette mediche.
La norma in esame ha l’esplicita finalità di assicurare che dal 2025 tutte le ricette mediche siano emesse in formato elettronico (comma 1) allo scopo di poter affluire direttamente al sistema del Fascicolo sanitario elettronico (FSE) (qui l’approfondimento).
Il comma 2 inoltre prescrive che le Regioni, nell’esercizio delle proprie funzioni di vigilanza e controllo, assicurino l’attuazione del disposto di cui al comma 1, mediante le autorità competenti per territorio.
Al riguardo, la norma contiene per esteso i riferimenti normativi dei decreti ministeriali che prevedono il formato elettronico delle ricette mediche ai fini della loro dematerializzazione:
- D.M. 2 novembre 2011 del MEF, di concerto con il Ministero della salute, recante “Dematerializzazione della ricetta medica cartacea, di cui all’articolo 11, comma 16, del decreto-legge n. 78 del 2010[139] (Progetto Tessera Sanitaria)”[140];
Ai sensi del richiamato comma 16, in attesa dell'emanazione dei decreti attuativi del sistema informativo sanitario, per accelerare il conseguimento dei risparmi derivanti dall'adozione delle modalità telematiche per la trasmissione delle ricette mediche inizialmente prevista all’articolo 50, commi 4, 5 e 5-bis, del D.L. n. 269 del 2003[141], il Ministero dell'economia e delle finanze, è chiamato a curare l'avvio della diffusione della procedura telematica, adottando, in quanto compatibili, le modalità tecniche operative di cui al decreto del Ministro della salute del 26 febbraio 2010. L'invio telematico dei predetti dati sostituisce a tutti gli effetti la prescrizione medica in formato cartaceo.
- D.M. 30 dicembre 2020 del MEF, “Dematerializzazione delle ricette mediche per la prescrizione di farmaci non a carico del Servizio sanitario nazionale e modalità di rilascio del promemoria della ricetta elettronica attraverso ulteriori canali, sia a regime che nel corso della fase emergenziale da Covid-19” [142].
In base alle modalità previste da tale decreto, il medico prescrittore procede alla generazione in formato elettronico delle prescrizioni di farmaci non a carico del SSN, riportando almeno i dati relativi al codice fiscale del paziente, la prestazione e la data della prescrizione, nonche' le informazioni necessarie per la verifica della ripetibilità e non ripetibilità dell'erogazione dei farmaci prescritti.
Si ricorda che in base a quanto previsto dal PNRR, Investimento 1.3 Rafforzamento dell’infrastruttura tecnologica e degli strumenti per la raccolta, l’elaborazione l’analisi dei dati e la simulazione” (M6C2-I 1.3 -11, 12 e 13) è stata prevista l’assegnazione di un ammontare di 1.672,539 mln sotto forma di prestiti, di cui 569,6 milioni per progetti in essere e 1.102,94 milioni per nuovi progetti.
La finalità è quella di imprimere un cambio di passo nell'infrastrutturazione tecnologica alla base dell'erogazione dell'assistenza, dell'analisi dei dati sanitari e della capacità predittiva del SSN italiano. L'investimento si compone dei due diversi progetti:
- il completamento dell'infrastruttura e la diffusione del Fascicolo sanitario elettronico (FSE) esistente. Il FSE espleterà tre funzioni principali: in primo luogo, conferirà maggiore autonomia ai professionisti sanitari, che potranno avvalersi di una stessa fonte di informazioni cliniche per ottenere il dettaglio dell'anamnesi del paziente; in secondo luogo, diventerà per i cittadini e i pazienti il punto di accesso ai servizi fondamentali erogati dai sistemi sanitari nazionale e regionali; in terzo luogo, le amministrazioni sanitarie avranno la possibilità di utilizzare i dati clinici per effettuare analisi cliniche e migliorare l'erogazione dell'assistenza sanitaria;
- il rafforzamento dell'infrastruttura tecnologica e degli strumenti di analisi del Ministero della Salute, per il monitoraggio dei livelli essenziali di assistenza (LEA, ossia i servizi garantiti dal SSN in tutto il paese) e la programmazione di servizi di assistenza sanitaria che siano in linea con i bisogni, l'evoluzione della struttura demografica della popolazione, i trend e il quadro epidemiologico.
Con particolare riferimento al potenziamento del Fascicolo sanitario elettronico (FSE) si sottolinea l’obiettivo da raggiungere a fine anno 2025, che prevede l'incremento del numero di tipi di documento digitalizzati nel FSE ed il sostegno e formazione dei medici per l'aggiornamento digitale a livello nazionale, con una spesa prevista di 1.379,99 milioni di cui 569,6 milioni già stanziati per i progetti già in essere.
Ulteriore traguardo è fissato a metà 2026, con riferimento al rafforzamento del Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS) in termini di raccolta, elaborazione e produzione di dati a livello locale, per garantire l’infrastruttura degli strumenti di analisi del Ministero della salute per il monitoraggio dei LEA e con l’entrata in funzione del sistema di Tessera sanitaria elettronica e dell'infrastruttura per l'interoperabilità del Fascicolo sanitario elettronico. E’ prevista la realizzazione di un archivio centrale, dell'interoperabilità e di una piattaforma di servizi, conformemente allo standard Fast Healthcare Interoperability Resources, sfruttando le esperienze già esistenti in questo settore, con garanzia di norme di stoccaggio, sicurezza e interoperabilità.
Articolo 55
(Accordi bilaterali fra le regioni per la mobilità sanitaria)
L’articolo 55, al comma 1, prevede la sottoscrizione di accordi bilaterali per il governo della mobilità sanitaria interregionale e delle correlate risorse finanziarie. Tale sottoscrizione è obbligatoria per ciascuna regione e per ciascuna delle province autonome di Trento e di Bolzano in presenza di fenomeni distorsivi nell’erogazione dell’assistenza sanitaria.
Il successivo comma 2 demanda al Ministero della salute la definizione del format dei predetti accordi obbligatori e specifica in quali casi questi debbano essere sottoscritti; ne stabilisce inoltre i termini temporali di sottoscrizione e la durata minima.
Il comma 3, in conseguenza di quanto disposto dai precedenti commi 1 e 2, stabilisce che, ai fini della verifica degli adempimenti per l’accesso al finanziamento integrativo del servizio sanitario nazionale, occorre fare riferimento agli accordi bilaterali di cui al comma 1 del presente articolo.
Il comma 4, al fine indicato di garantire appropriatezza ed equità delle cure, sopprime una particolare disciplina valevole per le regioni che, ottenuto un esito positivo dalla verifica del proprio equilibrio economico-finanziario, fissino importi tariffari superiori alle tariffe massime di remunerazione delle strutture che erogano assistenza ospedaliera ed ambulatoriale a carico del servizio sanitario nazionale.
L’articolo in titolo, secondo la relazione tecnica (RT), è diretto a regolare i fenomeni distorsivi, sia sul piano finanziario che assistenziale, derivanti da “rilevanti” flussi di mobilità sanitaria tra regioni. Esso introduce disposizioni dirette a fissare l’obbligatorietà della sottoscrizione di accordi bilaterali di mobilità che regolino tale fenomeno. In tali termini, è ritenuto dalla RT non comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Si ricorda, in via preliminare, che la mobilità sanitaria può essere definita, rispetto all’ordinamento interno, e in termini generali, come «il processo di migrazione di coloro che scelgono di avvalersi di determinate prestazioni sanitarie presso strutture site al di fuori dell’area di competenza della propria ASL»[143]. L’articolo in esame si occupa, in particolare, di mobilità sanitaria interregionale, la quale è costituita da due componenti complementari fra loro: (a) mobilità attiva, che descrive l’attrazione esercitata dalle strutture sanitarie, siano esse pubbliche o private accreditate, in favore di utenti che risiedono in altre regioni/province autonome; (b) mobilità passiva, che descrive la fuga di assistiti verso strutture sanitarie, siano esse pubbliche o private accreditate, al di fuori dalla propria regione/provincia autonoma di residenza.
Per alcuni approfondimenti in materia di mobilità sanitaria si rinvia al box informativo alla fine di questa scheda di lettura.
Il comma 1 dell’articolo in commento obbliga ciascuna regione o provincia autonoma a sottoscrivere accordi bilaterali, per il governo della mobilità sanitaria interregionale e delle correlate risorse finanziarie, con tutte le altre regioni o province autonome con le quali la mobilità sanitaria attiva o passiva assuma dimensioni che determinano fenomeni distorsivi nell’erogazione dell’assistenza sanitaria. Il presente comma è dichiaratamente volto al conseguimento del “livello di appropriatezza” nell’erogazione e nell’organizzazione dei servizi di assistenza ospedaliera e specialistica. Si valuti l’opportunità di chiarire il rapporto tra le disposizioni del comma in esame e quelle del successivo comma 2 (v. infra), per quanto attiene ai casi di stipula obbligatoria degli accordi. Si consideri anche l’opportunità di precisare quale sia la soglia dimensionale della mobilità che determina i fenomeni distorsivi e fa sorgere, in base al comma in esame, l’obbligo di sottoscrizione degli accordi.
Il comma 2 affida al Ministero della salute, per il tramite del Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei LEA[144], la definizione, entro il 28 febbraio 2025, del format da utilizzare per gli accordi bilaterali obbligatori per le regioni e le province autonome.
Vengono enucleati i seguenti casi di sottoscrizione obbligatoria di accordi bilaterali:
- tra le regioni e le province autonome confinanti, al fine di regolare il fenomeno della “mobilità apparente e di confine”;
- tra le regioni e le province autonome anche non confinanti che registrino scambi di mobilità in entrata o in uscita per prestazioni a bassa complessità, definite come tali dal Ministero della salute;
- tra le regioni e le province autonome che complessivamente registrano una mobilità passiva pari almeno al 20 per cento del fabbisogno sanitario standard annualmente e le corrispondenti regioni e province autonome, anche non confinanti, che registrano “specularmente” una mobilità attiva. In proposito, viene specificato che le “regioni in mobilità”, ai fini dell’adempimento, sono obbligate a sottoscrivere tali accordi.
Il comma in esame non fornisce una definizione di “mobilità apparente e di confine”, né rinvia sul punto ad un atto definitorio del Ministero della salute - come per le prestazioni a bassa complessità -, pertanto la ricostruzione di tale aspetto sembra lasciata all’interprete. Si consideri l’opportunità di approfondire questo profilo.
Quanto ai termini per la stipula, per l’anno 2025 si prevede che gli accordi bilaterali siano sottoscritti entro il 30 aprile 2025; a regime essi devono essere rinnovati entro il 30 aprile del primo anno successivo a quello (iniziale) di validità dell’accordo precedente. Viene inoltre stabilita in almeno due anni la “validità” degli accordi in questione, cioè essi devono regolare i rapporti tra le parti per un periodo di almeno 2 anni.
Il comma 3 stabilisce che, ai fini della verifica degli adempimenti per l’accesso al finanziamento integrativo del servizio sanitario nazionale, di cui all’articolo 1, comma 492, della legge n. 178 del 2020 (legge di bilancio 2021), occorre fare riferimento agli accordi bilaterali di cui al comma 1 del presente articolo. Viene apportata una modifica conseguenziale al predetto articolo 1, comma 492, della L. 178/2020: è soppresso il riferimento ivi contenuto ad altra tipologia di accordi bilaterali tra le regioni per il governo della mobilità sanitaria interregionale[145], la cui sottoscrizione è ora prevista quale adempimento per l’accesso al predetto finanziamento integrativo.
Il comma in esame menziona solo gli accordi bilaterali di cui al precedente comma 1, sebbene l’articolo in commento, come visto, tratti degli accordi bilaterali anche al comma 2. Si valuti l’opportunità di considerare questo aspetto.
Il comma 4 apporta una modifica testuale all’articolo 15, comma 17, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95[146], espressamente finalizzata a salvaguardare l’appropriatezza delle cure e l’equità nell’accesso alle stesse.
Il comma oggetto di novella, nel testo attualmente vigente, prevede che gli importi tariffari, fissati dalle singole regioni, superiori alle tariffe massime, restino a carico dei bilanci regionali. Tale disposizione - specifica il comma oggetto di novella nella sua formulazione vigente - si intende comunque rispettata dalle regioni per le quali sia stato verificato il rispetto dell'equilibrio economico-finanziario del settore sanitario. La modifica introdotta dal comma 4 in disamina sopprime la specificazione testé riportata, eliminando il regime speciale valevole per le regioni in condizione di equilibrio economico-finanziario.
Si ricorda che, in base all’art. 15, comma 15, del citato d.l. 95/20212, in materia di remunerazione delle strutture che erogano assistenza ospedaliera ed ambulatoriale a carico del servizio sanitario nazionale, spetta al Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, determinare con proprio decreto le tariffe massime che le regioni e le province autonome possono corrispondere alle strutture accreditate. In materia è intervenuto il D.M. 18 ottobre 2012, recante “Remunerazione prestazioni di assistenza ospedaliera per acuti, assistenza ospedaliera di riabilitazione e di lungodegenza post acuzie e di assistenza specialistica ambulatoriale”; successivamente, con riferimento specifico alle tariffe relative all’assistenza specialistica ambulatoriale, è intervenuto il D.M. 23 giugno 2023.
La mobilità sanitaria, quale diritto di avvalersi di prestazioni sanitarie lontano dal luogo di residenza, è tutelata quale concreta forma di esplicazione della libertà di cura, trovando un fondamento costituzionale all’art. 32 Cost.. La dottrina costituzionalistica appare inoltre concorde nel ricollegare il fenomeno anche al principio di uguaglianza sostanziale di cui all’art. 3, comma secondo, Cost..
Peraltro, nella giurisprudenza della Corte costituzionale, è stato sottolineato come il diritto alla libertà di scelta del luogo della cura in tutto il territorio nazionale non abbia carattere assoluto, dovendo essere contemperato con altri interessi costituzionalmente protetti, anche in considerazione dei limiti oggettivi derivanti dalle risorse finanziarie disponibili. Secondo la Corte, non è vietato al legislatore sacrificare la libertà di scelta del paziente, a condizione che il sacrificio risulti necessitato dall’esigenza di preservare altri beni di rango costituzionale, quale ad esempio un’efficiente ed efficace organizzazione del sistema sanitario (v. Corte cost. sent. 26 ottobre 2012 n. 236, e ulteriori pronunce ivi richiamate).
Rispetto alla modalità di finanziamento dei servizi sanitari regionali, basato su un modello di allocazione territoriale delle risorse con l’attribuzione di quote pro-capite per ciascun cittadino residente e con il finanziamento delle strutture erogatrici con corrispettivi unitari per ciascuna prestazione, si è posta la necessità di compensare i costi sostenuti per prestazioni LEA rese a cittadini in ambiti regionali diversi da quelli che hanno ottenuto il finanziamento pro-capite.
La compensazione è stata dapprima disciplinata, a livello legislativo, dall’art. 8-sexies, comma 8, d.lgs. n. 502/1992, introdotto dal d.lgs. n. 229/1999, secondo il quale il Ministro della Sanità, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, definisce con decreto i «criteri generali per la compensazione dell’assistenza prestata ai cittadini in Regioni diverse da quelle di residenza» entro i quali «le Regioni possono stabilire specifiche intese e concordare politiche tariffarie, anche al fine di favorire il pieno utilizzo delle strutture e l’autosufficienza di ciascuna Regione nonché l’impiego efficiente delle strutture che esercitino funzioni a valenza interregionale e nazionale».
Tale materia è stata poi regolata con note del Ministero della salute (23 marzo 1994, 9 maggio 1996, 28 gennaio 1997).
Il Patto per la salute 2010-2012 (n. 243/CSR del 3 dicembre 2009), all’articolo 19, ha proposto l’introduzione di “adeguati strumenti di governo della domanda tramite accordi tra regioni confinanti per disciplinare la mobilità sanitaria”. Tali accordi bilaterali fra le regioni per il governo della mobilità sanitaria interregionale sono stati resi obbligatori con la Legge di stabilità 2016 (legge 208/2015 comma 576).
Successivamente, la materia è stata regolata con documenti a carattere interregionale in sede di Conferenza Stato-Regioni, ai sensi dell’articolo 9, comma 2 dell’Intesa n. 82/CSR del 10 luglio 2014 concernente il nuovo Patto per la Salute per gli anni 2014-2016.
Da ultimo, è stato sancito l’Accordo, nella predetta sede della Conferenza Stato-Regioni, sul documento “Accordo interregionale per la compensazione della mobilità sanitaria per l’anno 2023: Regole tecniche” (Rep. atti n. 124/CSR dell’11 luglio 2024). Le prestazioni oggetto di compensazione interregionale regolate da tale Accordo sono le seguenti: ricoveri ospedalieri e day hospital; medicina generale; specialistica ambulatoriale; farmaceutica; cure termali; somministrazione diretta di farmaci; trasposti con ambulanza ed elisoccorso.
Come riportato dall’AGENAS[147], il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) è storicamente caratterizzato da una rilevante mobilità sanitaria ospedaliera interregionale, che coinvolge un elevato numero di pazienti. Nel 2017 le dimissioni
ospedaliere di residenti in Italia, da strutture in regime pubblico o in regime di privato accreditato, in mobilità passiva sono state pari all’8,45% del totale dei ricoveri di residenti, dato sostanzialmente invariato fino al 2019 (8,55%). Tali flussi subiscono una flessione negli anni colpiti dal COVID-19 (2020 - 7,53%; 2021 - 8,13%), ma nel 2022 si torna ai valori pre-pandemici (8,55%). Anche se la serie storica disponibile per le prestazioni erogate in regime di specialistica ambulatoriale parte dall’anno 2019, la tendenza osservata per la mobilità ospedaliera è presente anche per la mobilità per prestazioni ambulatoriali, ovvero, dopo la flessione registrata a seguito della pandemia per COVID-19, nel 2022, si registrano valori dell’indice di fuga in linea con l’anno pre-pandemico (anno 2022: 2,44%; anno 2019: 2,46%). Segue che nel 2022 anche volumi e spesa per prestazioni ambulatoriali in mobilità extraregionale sono ormai in linea con l’anno 2019.
I flussi di mobilità ospedaliera riguardano principalmente specifiche Categorie Diagnostiche Maggiori (MDC), nello specifico l’MDC “08 - malattie e disturbi dell’apparato muscolo-scheletrico e connettivo”, che rappresenta la principale categoria diagnostica di mobilità ospedaliera in Italia.
Inoltre, la mobilità interregionale ha un andamento geografico storico: le regioni del Sud Italia sono state caratterizzate prevalentemente da una grande migrazione di pazienti, mentre le regioni del Nord e del Centro da una grande attrattività.
Articolo 56
(Incremento indennità per il personale operante
nei servizi di pronto soccorso)
L’articolo 56 è diretto ad incrementare le risorse destinate dalla legge di bilancio 2022 – come aumentate con la legge di bilancio 2023 – alla definizione di una specifica indennità accessoria per i dipendenti degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale operanti nei servizi di pronto soccorso.
La relazione tecnica non ascrive effetti finanziari alle disposizioni contenute nell’articolo 56, in quanto ai relativi oneri si provvede sul livello del finanziamento del fabbisogno sanitario come incrementato dall’articolo 47.
Più nel dettaglio l’articolo 56, ai fini del riconoscimento delle particolari condizioni di lavoro svolto dal personale della dirigenza medica e dal personale del comparto sanità, dipendente dalle aziende e dagli enti del Servizio sanitario nazionale ed operante nei servizi di pronto soccorso, stabilisce, che i limiti di spesa annui lordi previsti dall’articolo 1, comma 293, della legge di bilancio 2022 (L. n. 234/2021), per la definizione della specifica indennità ivi indicata, come incrementati dall’articolo 1, comma 526 della legge di bilancio 2023 (L. n. 197/2022), sono incrementati di complessivi 50 milioni di euro annui a decorrere dal 1° gennaio 2025, di cui 15 milioni di euro per la dirigenza medica e 35 milioni di euro per il personale del comparto sanità, nonché con decorrenza 1 gennaio 2026 di ulteriori 50 milioni di euro ripartiti come sopra.
Come evidenziato dalla relazione tecnica dal 2026, quindi, i predetti limiti di spesa sono incrementati complessivamente di 100 milioni di euro annui lordi.
Si ricorda che la citata legge di bilancio 2022 (L. 234/2021, articolo 1, commi 293 e 294) ha previsto che, in sede di contrattazione collettiva, si definisca una specifica indennità accessoria per i dipendenti degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale operanti nei servizi di pronto soccorso, nei limiti degli importi annui lordi di 27 milioni di euro per la dirigenza medica e di 63 milioni per il restante personale, con decorrenza dal 1° gennaio 2022 e in ragione dell'effettiva presenza in servizio. Ha previsto, altresì, che alla copertura del relativo onere si provveda a valere sul livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato.
Per il personale del comparto sanità[148], all'attuazione delle norme summenzionate della legge di bilancio 2022 ha provveduto il contratto collettivo nazionale 2019-2021[149], sottoscritto il 2 novembre 2022.
Per il personale della dirigenza medica è stato adottato, da parte del competente comitato di settore[150], l'atto di indirizzo per il rinnovo contrattuale del triennio 2019-2021, in cui si prefigura, tra l'altro, la "finalizzazione" delle risorse stanziate dalla legge di bilancio 2022 in tema di indennità di natura accessoria per quanti operano nei servizi di pronto soccorso.
La legge di bilancio 2023 ha poi incrementato le risorse citate con decorrenza dal 1° gennaio 2024, di complessivi 200 milioni di euro annui, di cui 60 milioni di euro per la dirigenza medica e 140 milioni di euro per il personale del comparto sanità.
L’articolo 57, al comma 1, opera, all’interno della filiera del farmaco, una rideterminazione delle quote di spettanza delle aziende farmaceutiche e dei grossisti, trasferendo una percentuale pari allo 0,65 per cento sul prezzo di vendita al pubblico delle specialità medicinali di classe a) - ossia farmaci essenziali e farmaci per malattie croniche - dalle aziende farmaceutiche ai grossisti. Pertanto, in relazione ai farmaci di classe a), le quote di spettanza di aziende farmaceutiche e grossisti sono rideterminate, rispettivamente, nel 66 per cento e nel 3,65 per cento.
Il successivo comma 2 specifica che la suddetta maggiorazione dello 0,65 per cento a favore dei grossisti è da intendersi quale quota non contendibile e non cedibile a titolo di sconto ad alcun soggetto appartenente alla filiera del farmaco.
In base al comma 3, ai distributori farmaceutici spetta una quota pari a euro 0,05 per ogni confezione di farmaco di classe a) distribuita a favore delle farmacie territoriali, nel limite di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2026 e 2027.
Il comma 4 prevede che con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, da adottarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento, siano stabiliti termini, condizioni e modalità per il riconoscimento della quota di cui al comma 3.
L’articolo in titolo, secondo la relazione tecnica (RT), ai commi 1 e 2 non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, rimanendo invariato il complesso delle risorse pubbliche destinate al rimborso dei farmaci in questione. Quanto ai commi 3 e 4, la RT dà atto che l’onere - che costituisce comunque limite di spesa - è stato stimato in 50 milioni di euro annui sulla base del numero delle confezioni annue di medicinali complessivamente distribuite, e che la relativa copertura è disposta a valere sull’incremento del livello del fabbisogno sanitario di cui all’articolo 47 del presente disegno di legge (v. sopra la relativa scheda di lettura).
In riferimento alla rideterminazione operata dal comma 1 dell’articolo in esame, si fa presente che, a normativa vigente (cfr il richiamato articolo 11, comma 6, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78[151]), le quote di spettanza sul prezzo di vendita al pubblico dei farmaci di classe a)[152] sono fissate per le aziende farmaceutiche e per i grossisti, rispettivamente, al 66,65 per cento e al 3 per cento per cento sul predetto prezzo di vendita al netto dell'imposta sul valore aggiunto (IVA).
Infatti, in base alla rideterminazione operata a suo tempo dal richiamato articolo 11, comma 6, del decreto-legge n. 78/2010, le quote di spettanza in questione competono nella misura del 3 per cento ai grossisti e del 30,35 per cento ai farmacisti, mentre la quota per le aziende farmaceutiche è fissata al 66,65 per cento (v. anche art. 1, co. 40, legge 662/1996).
Si ricorda che la legge di bilancio 2024 (L. 213/2023), ai commi 225 e ss. dell’art. 1, ha rivisto il sistema di remunerazione delle farmacie per il rimborso dei farmaci erogati in regime di SSN, anche prevedendo quote aggiuntive per confermare e rafforzare la capillarità della rete delle farmacie sul territorio nazionale (comma 227).
In riferimento alla previsione secondo cui la suddetta maggiorazione dello 0,65 per cento è da intendersi quale “quota non contendibile e non cedibile a titolo di sconto” - previsione contenuta nel comma 2 dell’articolo in esame -, la relazione illustrativa osserva che in questo modo la maggiorazione in oggetto è sottratta al regime della scontistica riconoscibile agli attori della filiera (in primis aziende farmaceutiche e farmacie): la ratio è quella di “consolidare lo strumento di sostegno economico-finanziario” a favore dei grossisti.
Si valuti l’opportunità di precisare la portata normativa della previsione di non contendibilità recata dal comma in esame.
In base al comma 3 dell’articolo in commento, come detto, ai distributori farmaceutici spetta una quota pari a euro 0,05 per ogni confezione di farmaco di classe a) distribuita a favore delle farmacie territoriali, nel limite di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2026 e 2027. In particolare, la quota in discorso spetta a quanti effettuano la distribuzione all'ingrosso di medicinali, intendendosi per tale “qualsiasi attività consistente nel procurarsi, detenere, fornire o esportare medicinali, salvo la fornitura di medicinali al pubblico” (v. la definizione recata dal richiamato articolo 1, comma 1, lettera r), del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219[153]).
Infine, secondo quanto disposto dal successivo comma 4, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, sono stabiliti termini, condizioni e modalità per il riconoscimento della quota di competenza dei distributori farmaceutici, prevista dal precedente comma 3. Il richiesto decreto attuativo - precisa il comma in esame - è adottato tenendo conto di quanto previsto dall'articolo 5-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 540[154], e dal decreto del Ministro della salute 15 luglio 2004[155], pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 2 del 4 gennaio 2005, in materia di trasmissione dei dati di distribuzione dei medicinali.
Si ricorda che l’articolo 5-bis del d. lgs. 540/1992 reca la disciplina dei bollini farmaceutici e ha previsto l’istituzione di una banca dati centrale atta a raccogliere e registrare i movimenti delle singole confezioni dei prodotti medicinali; il decreto del Ministro della salute 15 luglio 2004 ha provveduto all’istituzione della predetta banca dati.
Si ricorda inoltre che, relativamente alle caratteristiche di sicurezza che figurano sull'imballaggio dei medicinali per uso umano, lo scorso 12 settembre è stato presentato l’Atto del Governo n. 198[156].
Articolo 58
(Incremento delle risorse per le cure palliative)
L’articolo 58 incrementa di 10 milioni di euro annui, a decorrere dal 2025, l’importo delle risorse previste per l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore.
L’articolo 58 prevede l’incremento delle risorse vincolate all’attuazione della legge 15 marzo 2010, n. 38, in materia di cure palliative - attualmente pari a 110 milioni euro annui a decorrere dal 2024 - disponendo un incremento dello stanziamento di ulteriori 10 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2025. La relazione tecnica non ascrive effetti finanziari alla disposizione in quanto ai relativi oneri si provvede sul livello del finanziamento del fabbisogno sanitario come incrementato dall’articolo 47.
L’articolo 58 , aggiungendo un periodo al comma 2 dell’articolo 12 della legge n. 38/2010[157], incrementa di 10 milioni di euro annui, a decorrere dal 2025[158], l’importo delle risorse vincolate del Fondo sanitario nazionale - che attualmente prevede un vincolo di risorse non inferiore a 110 milioni di euro annui -, per la realizzazione delle finalità della legge che garantisce l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore.
Il comma 2 del citato articolo 12 della legge n. 38/2010 prevede che per la realizzazione delle finalità di cui alla presente legge, il Comitato interministeriale per la programmazione economica, in attuazione dell'articolo 1, comma 34, della legge 23 dicembre 1996, n. 662[159], vincola, per un importo non inferiore a 100 milioni di euro annui, una quota del Fondo sanitario nazionale su proposta del Ministro della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. A decorrere dall'anno 2024, l'importo di cui al primo periodo è incrementato di 10 milioni di euro annui (cfr. articolo 1, comma 245 della Legge di bilancio 2024).
In linea più generale va ricordato che la legge n. 38/2010 ha introdotto alcuni principi e linee guida omogenee su tutto il territorio nazionale, per quanto attiene l’erogazione dell’assistenza, la formazione del personale impiegato nel settore, l’uso dei farmaci per la terapia del dolore, il monitoraggio dell’attuazione delle nuove disposizioni, e di quelle preesistenti, da parte delle regioni e dei soggetti impegnati in tale ambito.
Dopo aver definito le cure palliative e le terapie del dolore obiettivi prioritari del Piano sanitario nazionale, la legge rimette al Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, previo parere del Consiglio superiore di sanità, nel rispetto del riparto di competenze tra Stato e regioni, la definizione delle linee guida per il coordinamento degli interventi regionali negli ambiti individuati dalla legge. L’accordo è intervenuto già dal dicembre 2010.
Con l’Accordo del 10 luglio 2014 (qui il testo) sono state successivamente individuate le figure professionali con specifiche competenze nei settori delle cure palliative e della terapia del dolore, anche per l’età pediatrica, con particolare riferimento ad alcune categorie espressamente previste, nonché delle tipologie di strutture nelle quali, a livello regionale, si articolano le due reti - per le cure palliative e per la terapia del dolore - e delle modalità per assicurare il coordinamento delle due reti a livello nazionale e regionale.
Una particolare attenzione viene dedicata alla formazione e all’aggiornamento del personale medico e sanitario sulle cure palliative e sulla terapia del dolore. In proposito, il comma 522, articolo 1, della legge 145 del 2018 ha stabilito che i medici in servizio presso le reti dedicate alle cure palliative pubbliche e private accreditate sono idonei ad operare presso tali reti se in possesso di specifici requisiti individuati dal Ministero della salute. Scopo della norma è garantire l’attuazione della legge sulle cure palliative (L. n. 38 del 2010) ed il rispetto dei livelli essenziali di assistenza di cui al DPCM 12 gennaio 2017 sui Nuovi LEA (v. box).
Presso il Ministero della salute è stato peraltro attivato un apposito ufficio di monitoraggio per l’attuazione della semplificazione della prescrizione di farmaci per il trattamento di pazienti affetti da dolore severo.
Ogni anno il Ministero della salute trasmette una relazione annuale sullo stato di attuazione della legge n. 38/2010 (DOC CLXVI).
Si sottolinea che il comma 83, art. 1, della Legge di Bilancio 2023 (L. n. 197/2022), novellando con il comma 4-bis la vigente legge di disciplina delle cure palliative, prevede la presentazione da parte delle Regioni, entro il 30 gennaio di ciascun anno, di un piano di potenziamento delle cure palliative finalizzato al raggiungimento entro il 2028 del 90% della relativa popolazione regionale. Il monitoraggio del piano è affidato, a cadenza semestrale, all’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas). Si prevede che la presentazione del Piano in esame e la relativa attuazione costituiscano adempimento regionale ai fini dell’accesso al finanziamento integrativo statale del Servizio sanitario nazionale[160].
Riguardo la presentazione di programmi regionali per l’attuazione della legge n. 38/2010 che ha introdotto nell’ordinamento nazionale specifiche disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore, si segnala che già il DL. n. 73/2021 (cd. Sostegni-bis, L. n. 106/2021) all’art. 35, commi 2-bis- 2-quinquies, ha previsto l’elaborazione di un programma attuativo triennale di tale legge, per garantire, entro il 2025, l’uniforme erogazione dei livelli di assistenza del decreto relativo ai nuovi LEA in materia, con particolare riferimento alle cure palliative domiciliari, all’assistenza sociosanitaria residenziale alle persone nella fase terminale della vita ed al ricovero ordinario per acuti.
In ottemperanza a tali norme del richiamato decreto Sostegni-bis, l’Agenas ha realizzato l’istruttoria sullo stato di attuazione della legge 38/2010 in materia di rete delle cure palliative (qui il documento integrale), con l’obiettivo di supportare il Ministero della Salute e le singole Regioni e Province Autonome nell’individuazione dei campi prioritari di intervento, per uno sviluppo omogeneo sul tutto il territorio nazionale sia della rete di cure palliative, sia di quelle a carattere pediatrico[161].
Va poi ricordato che il comma 2 del citato articolo 12 della legge n. 38/2010 prevede che per la realizzazione delle finalità di cui alla presente legge, il Comitato interministeriale per la programmazione economica, in attuazione dell'articolo 1, comma 34, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, vincola, per un importo non inferiore a 100 milioni di euro annui, una quota del Fondo sanitario nazionale suproposta del Ministro della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
A decorrere dall'anno 2024, l'importo di cui al primo periodo è incrementato di 10 milioni di euro annui.
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Le cure palliative sono presenti nei livelli essenziali di assistenza DPCM 12 gennaio 2017 (decreto LEA), allo scopo di garantirne l’uniforme erogazione, con particolare riferimento agli interventi previsti ai seguenti articoli:
Le cure palliative a domicilio sono erogate dall’unità di cure palliative domiciliari, che ne assicura il coordinamento e vede la collaborazione integrata tra i medici di medicina generale o i pediatri di libera scelta e l’equipe medico-infermieristica, composta prevalentemente, dal medico palliativista, dall’infermiere e dall’operatore socio-sanitario. L’équipe garantisce l’erogazione delle seguenti prestazioni sulla base di protocolli formalizzati: prestazioni professionali di tipo medico, infermieristico, riabilitativo e psicologico, accertamenti diagnostici, fornitura di farmaci, dispositivi medici e preparati per nutrizione artificiale, aiuto infermieristico e assistenza tutelare professionale.
L’erogazione delle cure palliative residenziali, nell’ambito della Rete locale di cure palliative, avviene presso strutture residenziali dette hospice[162] che garantiscono il complesso integrato di accertamenti diagnostici, prestazioni mediche specialistiche, infermieristiche, riabilitative, psicologiche, l’assistenza farmaceutica, la somministrazione di preparati di nutrizione artificiale, le prestazioni sociali, tutelari e alberghiere e il sostegno spirituale. Le prestazioni sono erogate da équipe multidisciplinari e multiprofessionali, e sono a totale carico del Servizio sanitario nazionale
In tale ambito sono garantite tutte le prestazioni cliniche, mediche e chirurgiche, ostetriche, farmaceutiche, strumentali e tecnologiche necessarie ai fini dell’inquadramento diagnostico, della terapia, inclusa la terapia del dolore e le cure palliative, o di specifici controlli clinici e strumentali.
Articolo 59
(Disposizioni per i medici in formazione specialistica)
L’articolo 59 in esame aggiunge una disposizione che novella la legislazione vigente in tema di trattamento economico spettante ai medici in formazione, prevedendo che, a decorrere dall’anno accademico 2025/2026, sia assegnato un aumento del 5 per cento della parte fissa per tutte le specializzazioni mediche ed un aumento del 50 per cento della parte variabile per particolari specializzazioni espressamente indicate.
Allo scopo è autorizzata l’ulteriore spesa di 120 milioni di euro annui a decorrere dal 2026.
La relazione tecnica sull’articolo 59, non ascrive effetti finanziari alle disposizioni in esso contenute, in quanto il finanziamento è disposto a valere sul livello del finanziamento del fabbisogno sanitario come incrementato dall’articolo 47.
L’articolo 59 aggiunge il comma 3-bis all’articolo 39 del D. Lgs. n. 368 del 1999[163] in materia di trattamento economico dei medici specializzandi in formazione.
La novella dispone, a decorrere dall’anno accademico 2025/2026, un doppio incremento del trattamento economico pari:
· al 5 per cento della parte fissa del trattamento economico per tutte le specializzazioni;
· al 50 per cento della parte variabile del medesimo trattamento per le seguenti specializzazioni:
- Anatomia patologica;
- Anestesia Rianimazione, Terapia Intensiva e del dolore;
- Audiologia e foniatria;
- Chirurgia Generale;
- Chirurgia Toracica;
- Farmacologia e Tossicologia Clinica;
- Genetica medica;
- Geriatria;
- Igiene e medicina preventiva;
- Malattie Infettive e Tropicali;
- Medicina di comunità e delle cure primarie;
- Medicina d'emergenza-urgenza;
- Medicina e Cure Palliative;
- Medicina interna;
- Medicina nucleare;
- Microbiologia e virologia;
- Nefrologia;
- Patologia Clinica e Biochimica Clinica;
- Radioterapia;
- Statistica sanitaria;
- Biometria.».
Il comma 2 definisce la stima della spesa aggiuntiva, autorizzando allo scopo un onere di 120 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2026.
Al riguardo, si ricorda che, ai sensi del citato articolo 39 del D. Lgs. n. 368 del 1999, al medico in formazione specialistica, per tutta la durata legale del corso, è corrisposto un trattamento economico annuo onnicomprensivo, costituito da una parte fissa, uguale per tutte le specializzazioni e per tutta la durata del corso, e da una parte variabile, determinata ogni tre anni con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, importi da ultimo fissati nella parte fissa in 22.700 euro per ciascun anno e della parte variabile in 2.300 euro annui lordi per i primi due anni di formazione e in 3.300 euro anni lordi per ciascuno degli anni di corso successivi. L' aliquota contributiva INPS da applicare agli importi percepiti mensilmente dai medici in formazione specialistica per l'anno 2021 è pari al 33,72% per gli iscritti alla Gestione separata che non risultano assicurati presso altre forme di previdenza obbligatoria, e del 24% per i soggetti già iscritti ad altre forme di previdenza obbligatoria.
L’impegno richiesto per la formazione specialistica, come previsto dall’art. 40 comma 1 del richiamato D.Lgs. 368/99 è pari a quello previsto per il personale medico del SSN a tempo pieno, assicurando altresì la facoltà dell'esercizio della libera professione intramuraria, vale a dire complessivamente 38 ore settimanali. Non determinano interruzione della formazione, e non devono essere recuperate, le assenze per motivi personali, preventivamente autorizzate salvo causa di forza maggiore, che non superino trenta giorni complessivi nell'anno accademico e non pregiudichino il raggiungimento degli obiettivi formativi. In tali casi non vi è sospensione del trattamento economico. Sono quindi previsti 30 giorni di assenza giustificata durante l’anno accademico. Tutte le assenze inferiori a 40 giorni, dovute ad eventi quali matrimonio, nascita figlio, lutto, permessi per gravi motivi, rientrano in questa tipologia di assenza.
In base al citato art. 40 (comma 1) del D. Lgs. 368/99, per la durata della formazione a tempo pieno al medico non è consentito l'esercizio di attività libero-professionale all'esterno delle strutture assistenziali in cui si effettua la formazione ed ogni rapporto convenzionale o precario con il servizio sanitario nazionale o enti e istituzioni pubbliche e private. Pertanto, il medico in formazione specialistica non può svolgere alcuna attività esterna, tranne quelle previste dalla legge a seguito delle modifiche apportate al D. Lgs. 368/99 dalla legge n. 448 del 28/12/2001 (legge finanziaria 2002) che, fermo restando il principio del rispetto del tempo pieno, consente allo specializzando di effettuare l’attività intramuraria, in coerenza con i titoli posseduti, sostituire a tempo determinato i medici di medicina generale convenzionati con il SSN ed essere iscritto negli elenchi della guardia medica notturna, festiva e turistica, chiamato solo in caso di carente disponibilità dei medici già iscritti nei predetti elenchi.
In proposito si segnala anche la sentenza della Cassazione civile, Sez. VI Lavoro n. 485/2021 sull’adeguata remunerazione dei medici specializzandi.
Articolo 60
(Implementazione della presenza negli istituti penitenziari di professionalità psicologiche esperte per la prevenzione e il contrasto di specifici reati)
L’articolo 60 autorizza, al fine di garantire e implementare la presenza negli istituti penitenziari di professionalità psicologiche esperte per la prevenzione ed il contrasto dei reati sessuali, di maltrattamenti su familiari e conviventi e di atti persecutori, nonché per il trattamento intensificato cognitivo-comportamentale nei confronti degli autori di reati contro le donne, la spesa di 3 milioni di euro annui a decorrere dal 2025.
L’articolo 60 prevede oneri, in termini di maggiori spese, pari a 3 milioni di euro annui a decorrere dal 2025.
L’articolo 60 autorizza la spesa di 3 milioni di euro annui a decorrere dal 2025, al fine di garantire e implementare la presenza negli istituti penitenziari di professionalità psicologiche esperte per la prevenzione ed il contrasto dei reati sessuali, di maltrattamenti su familiari e conviventi e di atti persecutori, nonché per il trattamento intensificato cognitivo-comportamentale nei confronti degli autori di reati contro le donne.
Dallo stato di previsione della spesa del Ministero della giustizia allegato alla legge di bilancio (tabella n. 5) le relative risorse sono stanziate, per 1,5 milioni di euro, nel cap. 1761, p.g. 16 (somme destinate al trattamento psicologico per il reinserimento nella società dei condannati per reati sessuali, per maltrattamenti contro familiari o conviventi e per atti persecutori) e, per i restanti 1,5 milioni di euro, nel cap. 1766, p.g. 4 (onorari a professionalità psicologiche esperte all'interno degli istituti penitenziari per consentire un trattamento intensificato cognitivo comportamentale nei confronti degli autori di reati contro le donne).
In generale può ricordarsi che ai sensi dell’art. 80 dell’ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975), per lo svolgimento delle attività di osservazione e di trattamento delle persone detenute, l'amministrazione penitenziaria può avvalersi di professionisti esperti in psicologia, servizio sociale, pedagogia, psichiatria e criminologia clinica.
Con specifico riguardo ai condannati per i reati richiamati dalla norma in commento, si ricorda che l’art. 13-bis dell’ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975) prevede per i condannati per reati sessuali[164] e, a seguito di modifiche introdotte dalla legge legge n. 69 del 2019 (“codice rosso”), per i condannati per i c.d reati spia della violenza contro le donne[165], la possibilità di sottoporsi a un trattamento psicologico con finalità di recupero e di sostegno. La partecipazione a tale trattamento è valutata ai fini della concessione dei benefici penitenziari quali l’assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione previste dall’art. 4-bis o.p.
Un’altra modifica introdotta dalla legge sul codice rosso al citato articolo 13-bis concerne la possibilità, per i medesimi soggetti sopra menzionati, di seguire percorsi di reinserimento nella società e di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero, organizzati previo accordo tra i suddetti enti o associazioni e gli istituti penitenziari.
Articolo 61
(Incremento dell’indennità di
specificità dirigenza medica e veterinaria)
L’articolo 61, allo scopo di valorizzare le caratteristiche peculiari e specifiche della dirigenza medica e veterinaria dipendente dalle aziende e dagli enti del Servizio sanitario nazionale, incrementa i vigenti valori dell’indennità di specificità medico-veterinaria nei limiti degli importi complessivi lordi di 50 milioni di euro per l’anno 2025 e 327 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2026.
L’articolo 61, allo scopo di valorizzare le caratteristiche peculiari e specifiche della dirigenza medica e veterinaria dipendente dalle aziende e dagli enti del Servizio sanitario nazionale, nell’ambito della contrattazione collettiva nazionale dell’Area Sanità, prevede l’incremento dei vigenti valori dell’indennità di specificità medico-veterinaria di cui all’articolo 65 del Contratto collettivo nazionale di lavoro dell’Area Sanità 2019-2021, stipulato il 23 gennaio 2024, nei limiti degli importi complessivi lordi di 50 milioni di euro per l’anno 2025 e 327 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2026.
Si ricorda che l’indennità di specificità medico-veterinaria costituisce parte della struttura della retribuzione dei dirigenti, come previsto dall’articolo 60 del CCNL dell’Area Sanità 2019-2021. In particolare, tale articolo prevede che la struttura della retribuzione dei dirigenti si compone delle seguenti voci:
a) trattamento fondamentale, comprendente:
- stipendio tabellare;
- retribuzione individuale di anzianità, ove acquisita;
- indennità di specificità medico-veterinaria, ove spettante;
- indennità di specificità sanitaria, ove spettante;
- retribuzione di posizione d’incarico parte fissa;
- assegni personali, ove spettanti, ai sensi delle vigenti norme contrattuali;
- indennità di esclusività per i dirigenti con rapporto di lavoro esclusivo, ove spettante.
b) trattamento accessorio:
retribuzione di posizione d’incarico parte variabile aziendale sulla base della graduazione delle funzioni, ove spettante;
- indennità di incarico di direzione di struttura complessa, ove spettante,
- retribuzione di risultato ove spettante;
- retribuzione legata alle particolari condizioni di lavoro (ivi inclusi i compensi per lavoro straordinario), ove spettante;
- specifico trattamento economico ove in godimento quale assegno personale ex art. 38, comma 3, del CCNL 8.6.2000, I biennio economico (Norma transitoria per i dirigenti già di II livello) per l’area IV e ex art. 39, comma 2, del CCNL 8.6.2000, I biennio economico (Norma transitoria per i dirigenti già di II livello del ruolo sanitario) per l’area III con riferimento alla sola dirigenza sanitaria e delle professioni sanitarie.
Secondo l’articolo 65 del CCNL dell’Area Sanità 2019-2021, a decorrere dal 31 dicembre 2021 e a valere dall'anno successivo, l’indennità di specificità medico-veterinaria di cui all’art. 90 -bis del CCNL 19 dicembre 2019 è rideterminata nei seguenti importi annui lordi comprensivi della tredicesima mensilità:
dirigenti medici e veterinari 9.162,22 |
dirigenti medici e veterinari di ex II livello 12.266,64 |
Lo stesso articolo 65 prevede inoltre che alla corresponsione dell’indennità di cui al presente articolo, nei nuovi valori di cui al comma 1, si continua a provvedere con il fondo di cui all’art. 72 (Fondo per la retribuzione degli incarichi).
In merito al Fondo per la retribuzione degli incarichi», questo è stato previsto con l’art. 94 del CCNL del 19 dicembre 2019.
In particolare, i commi 2 e 3 di tale disposizione stabiliscono che in tale fondo confluiscono, ad invarianza complessiva di spesa, in un unico importo, i seguenti valori consolidati nell'anno di sottoscrizione della Ipotesi di C.C.N.L., come certificati dal competente organo di controllo della contrattazione integrativa:
a) le risorse del «Fondo per l'indennità di specificità medica, retribuzione di posizione, equiparazione, specifico trattamento e indennità di direzione di struttura complessa» di cui all'art. 9 C.C.N.L. 6 maggio 2010, biennio economico 2008-2009 dell'Area IV medico-veterinaria;
b) le risorse del «Fondo per la retribuzione di posizione, equiparazione, specifico trattamento e indennità di direzione di struttura complessa» di cui all'art. 58, comma 4 del C.C.N.L. del 5 dicembre 1996, all' art. 8 del C.C.N.L. 6 maggio 2010, biennio economico 2008-2009 ed all'art. 8, comma 6, del C.C.N.L. del 17 ottobre 2008 (Entrata a regime dell'istituzione della qualifica unica di dirigente delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione e della professione ostetrica) dell'Area III con riferimento alla sola dirigenza sanitaria e delle professioni sanitarie e quindi al netto di quelle che sono state destinate alla dirigenza, professionale, tecnico e amministrativa.
Inoltre, tale importo unico è stabilmente incrementato:
a) di un importo, su base annua, pari a euro 248,30 per le unità di personale destinatarie del presente C.C.N.L. in servizio alla data del 31 dicembre 2015, a decorrere dal 31 dicembre 2018 e a valere dall'anno successivo;
b) dell'importo corrispondente alle retribuzioni individuali di anzianità ed agli assegni personali, di cui all'
art. 50, comma 2, lettera d) del C.C.N.L. 8 giugno 2000 (Fondo per indennità di specificità medica, retribuzione di posizione, equiparazione, specifico trattamento o indennità per i dirigenti con incarico di direzione di struttura complessa) dell’Area IV medico-veterinaria ed all' art. 50, comma 2, lettera d) C.C.N.L. 8 giugno 2000 (Fondi per la retribuzione di posizione, equiparazione, specifico trattamento, indennità di direzione di struttura complessa) dell'Area III
con riferimento alla sola dirigenza sanitaria e delle professioni sanitarie, che non saranno più corrisposti al personale cessato dal servizio a partire dall'anno di costituzione del presente nuovo Fondo; l'importo confluisce stabilmente nel Fondo dell'anno successivo alla cessazione dal servizio in misura intera in ragione d'anno; per evitare duplicazioni di importi, i predetti valori degli assegni personali sono recuperati nel fondo solo nel caso in cui i relativi importi non siano stati già computati tra le risorse del fondo e, pertanto, considerati nell'ambito delle risorse consolidate di cui al comma 2;
c) delle risorse che saranno determinate, a partire dall'anno di costituzione del presente nuovo Fondo, in applicazione dell' art. 50, comma 2 lettera a) del C.C.N.L. 8 giugno 2000 (Fondo per indennità di specificità medica, retribuzione di posizione, equiparazione, specifico trattamento o indennità per i dirigenti con incarico di direzione di struttura complessa) dell’Area IV medico-veterinaria, tenuto conto di quanto previsto dall'art. 6, comma 1, lettera a) (Confronto regionale), nonché dell' art. 50, comma 2 lettera a) del C.C.N.L. 8 giugno 2000 (Fondi per la retribuzione di posizione, equiparazione, specifico trattamento, indennità di direzione di struttura complessa) dell'Area III con riferimento alla sola dirigenza sanitaria e delle professioni sanitarie, tenuto conto di quanto previsto dall'art. 6 comma.1, lettera a) (Confronto regionale) e tenendo conto dei soli posti di organico relativi al personale destinatario del presente C.C.N.L.; dette risorse confluiscono nella quota, parziale o totale, destinata al presente fondo, fermo restando che il computo delle stesse è effettuato una sola volta, senza duplicazione di risorse;
d) delle risorse che saranno determinate, a partire dall'anno di costituzione del presente nuovo Fondo, in applicazione dell' art. 53, comma 1 del C.C.N.L. 8 giugno 2000 (Finanziamento dei fondi per incremento delle dotazioni organiche o dei servizi) dell’Area IV medico-veterinaria, nonché dell' art. 53, comma 1 del CCNL 8 giugno 2000 (Finanziamento dei fondi per incremento delle dotazioni organiche) dell'Area III con riferimento alla sola dirigenza sanitaria e delle professioni sanitarie, tenendo conto dei soli posti di organico relativi al personale destinatario del presente C.C.N.L.;
e) delle eventuali risorse trasferite stabilmente al presente Fondo ai sensi dell'art. 95, comma 9 (Fondo per la retribuzione degli incarichi).
Inoltre, il comma 7 di tale disposizione stabilisce che le risorse del Fondo di cui al presente articolo sono annualmente rese disponibili per i seguenti utilizzi:
a) retribuzione di posizione parte fissa e parte variabile secondo la disciplina di cui all'art. 91(Retribuzione di posizione), ivi compresa la maggiorazione di cui all'art. 92, comma 4, (Clausola di garanzia);
b) indennità per incarico di direzione di struttura complessa;
c) indennità di specificità medico - veterinaria di cui all'art. 90-bis (Indennità di specificità medico - veterinaria);
d) eventuali trattamenti economici previsti sulla base delle specifiche disposizioni di legge di cui al comma 4, lettera b), a valere sulle risorse di cui alla medesima lettera;
e) specifico trattamento economico ove spettante in applicazione della norma transitoria art. 38, comma 3 del C.C.N.L. dell'8 giugno 2000 (Norma transitoria per i dirigenti già di II livello) dell'Area IV medico-veterinaria e art. 39, comma 2 del C.C.N.L. dell'8 giugno 2000 (Norma transitoria per i dirigenti già di secondo livello del ruolo sanitario) dell'Area III con riferimento alla sola dirigenza sanitaria;
f) eventuali assegni personali posti a carico del fondo ai sensi delle vigenti norme contrattuali.
L’articolo 72 del CCNL dell’Area Sanità 2019-2021, stipulato il 23 gennaio 2024, ha poi modificato alcuni commi dell’articolo 94 del CCNL del 19 dicembre 2019, prevedendo con specifico riguardo al comma 7 che gli utilizzi del presente fondo, , a decorrere dall'anno successivo quello di sottoscrizione del presente CCNL sono integrati con le indennità di sostituzione di cui all'art. 25.
2. La parte stabile del Fondo di cui al presente articolo è incrementata delle seguenti ulteriori risorse rispetto a quelle già previste dall'art. 94, commi 2 e 3, del CCNL 19 dicembre 2019:
a) a decorrere dal 31 dicembre 2021 e a valere dall'anno successivo di un importo, su base annua, pari a euro 1.109,31 pro-capite, applicati alle unità di dirigenti destinatari del presente CCNL in servizio al 31 dicembre 2018; una quota dell'incremento di cui al presente alinea, in una misura non superiore a 4 euro pro-capite annue, è riservato alla rivalutazione della retribuzione di posizione parte variabile dei dirigenti delle professioni sanitarie;
b) della quota di risorse destinata al presente fondo ai sensi dell'art. 75, comma 1, secondo alinea (Riparto risorse previste da specifiche disposizioni di legge), con la decorrenza ivi indicata.
3. Il fondo di cui al presente articolo deve essere integralmente utilizzato; le voci di utilizzo sono oggetto di informazione ai sensi dell'art. 5, commi 4, lettera b), e 5 (Informazione). Eventuali risorse che annualmente a consuntivo risultassero ancora disponibili nel fondo, sono temporaneamente utilizzate nel Fondo per la retribuzione di risultato relativo al medesimo anno e, quindi, riassegnate al fondo di cui al presente articolo a decorrere dall'anno successivo.
Articolo 62
(Incremento dell’indennità di
specificità dirigenza sanitaria non medica)
L’articolo 62, allo scopo di valorizzare le caratteristiche peculiari e specifiche della dirigenza sanitaria non medica dipendente dalle aziende e dagli enti del Servizio sanitario nazionale, incrementa il vigente valore dell’indennità di specificità sanitaria nei limiti dell’importo complessivo annuo lordo di 5,5 milioni di euro a decorrere dall’anno 2025.
La Relazione tecnica non ascrive effetti finanziari all’articolo 62, volto ad incrementare i valori dell’indennità di specificità sanitaria 2024, in quanto alla copertura dei relativi oneri si provvede sul livello del finanziamento del fabbisogno sanitario come incrementato dall’articolo 47.
L’articolo 62, allo scopo di valorizzare le caratteristiche peculiari e specifiche della dirigenza sanitaria non medica dipendente dalle aziende e dagli enti del Servizio sanitario nazionale, nell’ambito della contrattazione collettiva nazionale dell’Area Sanità, incrementa il vigente valore dell’indennità di specificità sanitaria, di cui all’articolo 66 del CCNL della predetta Area 2019-2021, stipulato il 23 gennaio 2024, nei limiti dell’importo complessivo annuo lordo di 5,5 milioni di euro a decorrere dall’anno 2025.
Si ricorda che l’articolo 66 del CCNL dell’Area Sanità 2019-2021 prevede, ai fini del riconoscimento e della valorizzazione delle competenze e delle specifiche attività svolte dalla dirigenza inquadrata nei profili del ruolo sanitario diversi dai profili di dirigente medico e veterinario, con decorrenza 31 dicembre 2021 e a valere dall'anno successivo, l’istituzione di questa specifica indennità, fissa e ricorrente, da corrispondersi per tredici mensilità, facente parte del trattamento fondamentale di cui all'art. 60 del CCNL dell’Area Sanità (vd. scheda sull’art. 61), e che ha la medesima natura dell'indennità di specificità medico-veterinaria.
Secondo l’articolo 66, comma 2, tale indennità per i dirigenti sanitari e delle professioni sanitarie è definita nell'importo annuo lordo comprensivo della tredicesima mensilità, pari a euro 1.381,49.
Secondo il comma 3 del predetto articolo, alla corresponsione dell'indennità di cui al presente articolo si provvede con il fondo di cui all'art. 72 (Fondo per la retribuzione degli incarichi).
Sul funzionamento di tale fondo si veda il box nella scheda sull’articolo 61.
Articolo 63
(Incremento dell’indennità di specificità infermieristica e dell’indennità di tutela del malato e per la promozione della salute)
L’articolo 63, comma 1, ai fini del riconoscimento e della valorizzazione delle competenze e delle specifiche attività svolte dagli infermieri del Servizio sanitario nazionale, incrementa gli importi dell’indennità di specificità infermieristica, nei limiti degli importi complessivi lordi di 35 milioni di euro per l’anno 2025 e di 285 milioni di euro annui a decorrere dal 2026.
Il comma 2, al fine di valorizzare l'apporto delle competenze e dello specifico ruolo dei dipendenti del Servizio sanitario nazionale appartenenti alle professioni sanitarie della riabilitazione, della prevenzione, tecnico-sanitarie e di ostetrica, alla professione di assistente sociale nonché agli operatori socio-sanitari nelle attività finalizzate alla tutela del malato e alla promozione della salute, incrementa gli importi della “indennità tutela del malato e promozione della salute”, nei limiti degli importi complessivi lordi di 15 milioni di euro per l’anno 2025 e di 150 milioni di euro annui a decorrere dal 2026.
La Relazione tecnica non ascrive effetti finanziari all’articolo 63, volto ad incrementare gli importi dell’indennità di specificità infermieristica nonché gli importi della “indennità tutela del malato e promozione della salute”, in quanto alla copertura dei relativi oneri si provvede sul livello del finanziamento del fabbisogno sanitario come incrementato dall’articolo 47.
L’articolo 63, comma 1, ai fini del riconoscimento e della valorizzazione delle competenze e delle specifiche attività svolte dagli infermieri dipendenti dalle aziende e dagli enti del Servizio sanitario nazionale, nell’ambito della contrattazione collettiva nazionale relativa al personale del comparto sanità, incrementa gli importi dell’indennità di specificità infermieristica di cui all’articolo 104 del contratto collettivo nazionale relativo al predetto comparto riferito al triennio 2019-2021, stipulato il 2 novembre 2022, nei limiti degli importi complessivi lordi di 35 milioni di euro per l’anno 2025 e di 285 milioni di euro annui a decorrere dal 2026.
Si ricorda che l’articolo 104 del contratto collettivo nazionale relativo al predetto comparto riferito al triennio 2019-2021 prevede che, ai fini del riconoscimento e della valorizzazione delle competenze e delle specifiche attività svolte, al personale infermieristico, dipendenti delle Aziende ed Enti, a decorrere dall’1 gennaio 2021 è attribuita la specifica indennità di cui all’art. 1, comma 409 della legge n. 178 del 2020 (Legge di bilancio 2021)[166] denominata “indennità di specificità infermieristica” da erogarsi per 12 mensilità quale parte del trattamento economico fondamentale, negli importi mensili di cui all’allegata Tabella H.
Invero, la legge n. 178 del 2020, all’articolo 1, commi da 409 a 411 recano uno stanziamento, pari a 335 milioni di euro annui, a decorrere dal 2021, ai fini della definizione, da parte della contrattazione collettiva nazionale, di un'indennità di specificità infermieristica, da corrispondere agli infermieri dipendenti dagli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale.
Il comma 2, al fine di valorizzare l'apporto delle competenze e dello specifico ruolo dei dipendenti delle aziende e degli enti del Servizio sanitario nazionale appartenenti alle professioni sanitarie della riabilitazione, della prevenzione, tecnico-sanitarie e di ostetrica, alla professione di assistente sociale nonché agli operatori socio-sanitari nelle attività direttamente finalizzate alla tutela del malato e alla promozione della salute, nell’ambito della contrattazione collettiva nazionale relativa al personale del comparto sanità, incrementa gli importi dell’ “indennità tutela del malato e promozione della salute” di cui all’articolo 105 del CCNL relativo al predetto comparto riferito al triennio 2019-2021, nei limiti degli importi complessivi lordi, di 15 milioni di euro per l’anno 2025 e di 150 milioni di euro annui a decorrere dal 2026.
Si ricorda che l’articolo 105 del contratto collettivo nazionale relativo al predetto comparto riferito al triennio 2019-202 prevede, l fine di valorizzare l’apporto delle competenze e dello specifico ruolo nelle attività direttamente finalizzate alla tutela del malato e alla promozione della salute, al personale appartenente alle professioni sanitarie della riabilitazione, della prevenzione, tecnico-sanitarie e di ostetrica, alla professione di assistente sociale nonché agli operatori socio sanitari, dipendenti delle Aziende ed Enti, a decorrere dall’1 gennaio 2021 è attribuita la specifica indennità di cui all’art. 1, comma 414 della legge n. 178 del 2020 (Legge di bilancio 2021) denominata “indennità tutela del malato e promozione della salute” da erogarsi per 12 mensilità quale parte del trattamento economico fondamentale, negli importi mensili di cui all’allegata Tabella I.
Invero, l’art. 1, comma 414 della legge n. 178 del 2020 prevede un’indennità di tutela del malato e per la promozione della salute in favore dei dipendenti degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale appartenenti alle professioni sanitarie della riabilitazione, della prevenzione, tecnico-sanitarie, di ostetrica e di assistente sociale, ovvero appartenenti alla categoria degli operatori socio-sanitari. Il successivo comma 415 ha demandato per l’appunto la definizione della disciplina dell’indennità (ivi compreso il relativo importo) alla contrattazione collettiva nazionale (in prima fase, a quella relativa al triennio 2019-2021) concernente il comparto sanità.
Articolo 64
(Premialità per le liste di attesa)
L’articolo 64, comma 1, vincola una quota pari a 50 milioni di euro per l’anno 2025 e 100 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2026, in favore delle regioni che risultino adempienti relativamente alla voce “Liste d’attesa (H)” del documento per la verifica degli adempimenti da parte del Comitato LEA.
Il comma 2 demanda a un decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni, la definizione dei criteri per l’attribuzione delle somme di cui al comma 1.
La Relazione tecnica non ascrive effetti finanziari all’articolo 64, in quanto alla copertura dei relativi oneri si provvede sul livello del finanziamento del fabbisogno sanitario come incrementato dall’articolo 47.
Il comma 1 dell’articolo in commento vincola, in favore delle regioni che che risultino adempienti con riferimento alla voce “Liste di attesa (H)” del documento per la raccolta della documentazione necessaria per la verifica degli adempimenti predisposto dal Comitato di cui all’articolo 9 dell’intesa del 23 marzo 2005 sancita in sede di Conferenza Stato-Regioni (c.d. Comitato LEA), in attuazione dell’articolo 12 della medesima intesa, denominato “questionario LEA”, una quota pari a 50 milioni di euro per l’anno 2025 e 100 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2026.
Si ricorda che il Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (Comitato LEA), istituito presso il Ministero della salute, ha il compito di monitorare l’erogazione dei LEA da parte delle Regioni, verificando che si rispettino le condizioni di appropriatezza e di compatibilità con le risorse messe a disposizione per il Servizio Sanitario Nazionale (SSN).
La verifica degli adempimenti regionali consente l’accesso alla quota premiale del SSN. La “quota premiale” viene accantonata e quindi distribuita in base ad accordi nell’ambito della Conferenza delle Regioni e Province, volti anche a compensare evenienze che abbiano svantaggiato qualche Regione. Tali quote avrebbero dovuto essere stabilite con decreto attuativo del Ministro dell’Economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della Salute, previa intesa in Conferenza Stato-Regioni. Nelle more dell’adozione del decreto è stato stabilito che la quota premiale (modificata negli anni e pari allo 0,5 per cento nel 2023) fosse in seguito ripartita da parte del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, anche tenendo conto dei criteri di riequilibrio indicati dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome.
A tal fine, il Comitato predispone annualmente il c.d. “Questionario LEA”: le regioni sottoposte a verifica (regioni a statuto ordinario e Sicilia[167]) devono a fornire le informazioni relative agli adempimenti cui sono tenute ai fini dell’accesso al maggior finanziamento delle risorse destinate al SSN (c.d. “quota premiale”).
Il Questionario LEA riporta gli adempimenti riferiti agli articoli 1, 3, 4, 10 e all’allegato 1 dell’Intesa 23 marzo 2005, ai quali si aggiungono tutti quelli fissati da Leggi successive, Accordi e Intese in Conferenza Stato-Regioni e altri atti di programmazione sanitaria.
Il Comitato LEA certifica l’avvenuta adempienza delle Regioni con riferimento agli adempimenti di propria competenza; tale certificazione costituisce il presupposto per la verifica finale degli adempimenti, che viene effettuata dal Tavolo tecnico istituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze ai fini dell’accesso alla quota premiale.
A supporto delle attività di affiancamento, verifica e monitoraggio, nonché per razionalizzare l’invio della documentazione, pervenuta dalle Regioni o prodotta in fase d’istruttoria, è reso disponibile dal Ministero della Salute il sistema di gestione documentale dedicato “Si.Ve.A.S. – Gestione documenti dei Piani di rientro e del Comitato LEA".
Va inoltre ricordato che il tema delle liste di attesa è stato di recente oggetto del decreto-legge n. 73 del 2024, conv. con modif. dalla legge n. 107 del 2024[168], che ha tra l’altro introdotto una Piattaforma nazionale delle liste di attesa, finalizzata a realizzare l’interoperabilità tra le piattaforme per le liste di attesa relative a ciascuna regione e provincia autonoma.
Al comma 2 si prevede che con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa con la Conferenza Stato- Regioni, sono stabiliti i criteri per l’attribuzione delle somme di cui al comma 1.
Articolo 65
Disposizioni in materia di prestazioni sanitarie offerte da comunità terapeutiche in regime di mobilità interregionale)
L’articolo 65 vincola una quota del fabbisogno sanitario nazionale standard pari a 15 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2025, al fine di sostenere l’erogazione delle prestazioni sanitarie, comprese nei livelli essenziali di assistenza, offerte dai servizi residenziali specialistici, pedagogico-riabilitativi, terapeutico-riabilitativi, rese in ambiti regionali diversi da quelli di residenza di cittadini dipendenti da sostanze.
Il comma 2 demanda a un decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, la definizione delle modalità di attuazione della presente disposizione e di assegnazione delle risorse citate.
La Relazione tecnica non ascrive effetti finanziari all’articolo 65, volto a vincolare una quota del fabbisogno sanitario nazionale standard per la remunerazione delle prestazioni sanitarie, in quanto alla copertura dei relativi oneri si provvede sul livello del finanziamento del fabbisogno sanitario come incrementato dall’articolo 47.
Il comma 1 della disposizione in commento, al fine di sostenere l’erogazione delle prestazioni sanitarie, comprese nei livelli essenziali di assistenza (LEA), offerte dai servizi residenziali specialistici, pedagogico-riabilitativi, terapeutico-riabilitativi, rese in ambiti regionali diversi da quelli di residenza di cittadini dipendenti da sostanze, vincola una quota del fabbisogno nazionale standard cui concorre lo Stato, pari a 15 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2025, alla remunerazione delle citate prestazioni.
Si ricorda che l’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza è stato previsto con il D.P.C.M 12 gennaio 2017 Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, pubblicato sulla G.U. n. 65 del 18 marzo 2017.
In particolare, l’articolo 28 del D.P.C.M citato disciplina, nei livelli essenziali di assistenza, l’assistenza sociosanitaria alle persone con dipendenze patologiche.
L’articolo 35 ha inserito tra i livelli essenziali di assistenza l’assistenza sociosanitaria semiresidenziale e residenziale alle persone con dipendenze patologiche (per un approfondimento v. box infra).
In merito al concetto di mobilità interregionale, si può brevemente ricorda che il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) garantisce l’assistenza ai cittadini iscritti presso le strutture sanitarie della propria Regione di residenza. Il cittadino può comunque esercitare il diritto di essere assistito anche in altre Regioni, concretizzando il fenomeno noto come mobilità sanitaria interregionale che viene distinta in:
a) Mobilità attiva, che identifica l’indice di attrazione di una Regione, ovvero le prestazioni sanitarie erogate a cittadini non residenti.
b) Mobilità passiva, che esprime l’indice di fuga da una Regione, ovvero le prestazioni sanitarie erogate ai cittadini in una Regione diversa da quella di residenza[169].
Il comma 2 demanda a un decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le modalità di attuazione del presente articolo e di assegnazione delle risorse di cui al comma 1.
Le comunità terapeutiche e le strutture accreditate offrono un insieme di servizi per la cura e la riabilitazione da droghe, abuso di alcol, gioco d’azzardo e nuove dipendenze.
Sono strutture sia a carattere residenziale (con permanenza diurna e notturna) sia semiresidenziale (con la sola permanenza diurna) e si collocano nella rete dei servizi socio sanitari per l’attuazione di programmi terapeutici personalizzati di persone con problematiche di dipendenza da sostanze stupefacenti.
In specie, l'assistenza residenziale si articola nelle seguenti tipologie di trattamento:
a) trattamenti specialistici, destinati a persone con dipendenza patologica che, per la presenza concomitante di disturbi psichiatrici, o dello stato di gravidanza o di gravi patologie fisiche o psichiche necessitano di trattamenti terapeutici specifici, anche con ricorso a terapia farmacologica e relativo monitoraggio. I trattamenti della durata massima di 18 mesi sono erogati in strutture o moduli che garantiscono la presenza di personale sociosanitario sulle 24 ore;
b) trattamenti terapeutico-riabilitativi destinati a persone con dipendenza patologica, finalizzati al superamento della dipendenza, al miglioramento della qualità della vita e al reinserimento sociale. I trattamenti, della durata massima di 18 mesi, eventualmente prorogabili a seguito di rivalutazione multidimensionale da parte dei servizi territoriali delle dipendenze patologiche, sono rivolti a persone che, anche in trattamento farmacologico sostitutivo, non assumono sostanze d'abuso, e sono erogati nell'ambito di strutture che garantiscono la presenza di personale sulle 24 ore;
c) trattamenti pedagogico-riabilitativi finalizzati al recupero dell'autonomia personale e alla integrazione sociale e lavorativa. I trattamenti, della durata massima di 30 mesi, sono rivolti a persone che non assumono sostanze d'abuso e non hanno in corso trattamenti con farmaci sostitutivi, e sono erogati in strutture che garantiscono la presenza di personale socio-sanitario nell'arco della giornata.
Gli specifici programmi per sostenere la disintossicazione e il reinserimento sociale sono elaborati previa valutazione multidimensionale, definizione di un programma terapeutico individualizzato e presa in carico, trattamenti terapeutico-riabilitativi e trattamenti pedagogico-riabilitativi, con programmi differenziati per intensità, complessità e durata.
In particolare, l’attuazione e la verifica del programma terapeutico e riabilitativo personalizzato viene svolto in collaborazione con il servizio per le dipendenze patologiche (SerD) di riferimento, in accordo con la persona e, per i minori, in collaborazione con la famiglia.
Per accedere alle comunità terapeutiche e alle strutture accreditate è necessaria la valutazione e la certificazione di tossicodipendenza o alcoldipendenza rilasciata dai Servizi per le dipendenze patologiche del Sistema Sanitario Nazionale.
Il Servizio per le dipendenze patologiche delle aziende sanitarie locali, dopo aver preso in carico la persona con dipendenza da sostanze psicoattive, può offrirle anche assistenza e accoglienza residenziale e/o semiresidenziale mirata.
Articolo 66
(Prevenzione, cura e riabilitazione delle patologie da dipendenze )
L’articolo 66 definisce una disciplina organica e complessiva in tema di prevenzione, cura e riabilitazione delle patologie da dipendenze (come definite dall’OMS), operando un riassetto delle disposizioni vigenti. Nell’ambito delle risorse destinate al finanziamento del SSN la disposizione destina annualmente, a decorrere dal 1° gennaio 2025, una quota pari a 50 milioni di euro per le finalità sopra indicate, rimettendo a decreti del Ministro della salute la definizione di linee di azione per garantire le prestazioni citate alle persone affette da ogni forma di dipendenza.
È, inoltre, prevista l’istituzione di un Osservatorio, di cui viene definita la composizione, allo scopo di monitorare le dipendenze patologiche e l’efficacia delle azioni di cura e prevenzione intraprese e viene anche istituito uno specifico Fondo (autorizzando la spesa di 44 milioni di euro a decorrere dall’anno 2025), al fine di garantire le prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da dipendenze patologiche.
L’articolo 66, come evidenziato dalla relazione tecnica, non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, in quanto si limita al riassetto delle disposizioni vigenti, ridefinendo le finalità di finanziamenti già autorizzati nell’ambito delle risorse destinate al finanziamento del SSN.
L’articolo 66 definisce una disciplina organica e complessiva in tema di prevenzione, cura e riabilitazione delle patologie da dipendenze (come definite dall’OMS), operando un riassetto delle disposizioni vigenti.
In proposito va ricordato che l’OMS definisce la “dipendenza patologica” come “condizione psichica, talvolta anche fisica, derivante dall’interazione tra un organismo e una sostanza, caratterizzata da risposte comportamentali e da altre reazioni che comprendono un bisogno compulsivo di assumere la sostanza in modo continuativo o periodico, allo scopo di provare i suoi effetti psichici e talvolta di evitare il malessere della sua privazione[170]”. In questa definizione rientrano anche le dipendenze senza sostanza, che riguardano comportamenti problematici come il disturbo da gioco d’azzardo, lo shopping compulsivo, la new technologies addiction (dipendenza da internet, social network, videogiochi, televisione, ecc.), diverse nelle manifestazioni cliniche ma per molti aspetti correlate sul piano eziologico e psicopatologico.
Il comma 1 dell’articolo in esame dispone, in primo luogo, l’abrogazione del comma 133 della Legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Legge di stabilità 2015), che ha previsto e disciplinato la destinazione di specifiche risorse alla prevenzione, alla cura e alla riabilitazione delle patologie connesse alla dipendenza da gioco d'azzardo come definita dall'Organizzazione mondiale della sanità[171].
La dipendenza da gioco d'azzardo (cd. ludopatia) è stata inserita, insieme alle altre dipendenze patologiche, nel decreto che ha ridefinito i nuovi livelli essenziali di assistenza (articoli 28 e 35 del D.P.C.M. del 12 gennaio 2017) allo scopo di garantire la necessaria assistenza socio-sanitaria, anche residenziale.
A partire dal 2015, per contrastare il fenomeno, sono state stanziate quote nell'ambito delle risorse destinate al finanziamento del servizio sanitario nazionale, pari a 50 milioni di euro dalla legge di stabilità 2015 (comma 133, art. 1, Legge n. 190/2014), riservandone una parte, nel limite di 1 milione per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017, alla sperimentazione di software per monitorare il comportamento del giocatore e generare messaggi di allerta.
La quota è ripartita annualmente all'atto dell'assegnazione delle risorse spettanti alle regioni e alle province autonome a titolo di finanziamento del fabbisogno sanitario standard regionale e la verifica dell'effettiva destinazione delle risorse e delle relative attività assistenziali costituisce adempimento ai fini dell'accesso al finanziamento integrativo del SSN nell'ambito del Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei LEA. Contestualmente, viene trasferito dall'Agenzia delle dogane al Ministero della salute il già costituito Osservatorio per valutare le misure più efficaci per contrastare la diffusione del gioco d'azzardo e il fenomeno della dipendenza grave.
Successivamente la legge di stabilità per il 2016, nell'ambito di numerose disposizioni in materia di giochi (legge 208/2015, art. 1, commi 918-946 e 948), ha istituito un apposito fondo per il gioco d'azzardo patologico (GAP) con dotazione propria di 50 milioni di euro annui, a decorrere dal 2016, finalizzato a garantire le prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione delle persone affette da ludopatia, in base alla definizione dell'Organizzazione mondiale della sanità. La somma è ripartita in ragione delle quote di accesso al finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato.
Con il Decreto del Ministro della salute 16 luglio 2021, n. 136[172] è stato adottato il regolamento recante adozione delle "Linee di azione per garantire le prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette dal gioco d'azzardo patologico (GAP)", già approvate dal sopra richiamato Osservatorio e sulle quali era stata raggiunta l'Intesa in Conferenza Stato-regioni a fine 2017. Viene demandata alle Regioni e province autonome l'attuazione delle misure previste mediante un'integrazione tra le strutture pubbliche eroganti servizi socio-sanitari e quelle privete accreditate nonché con gli enti del terzo settore.
Il comma 2 prevede che, a decorrere dall’anno 2025, nell’ambito delle risorse previste per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale, una quota pari a 50 milioni di euro sia annualmente destinata alla prevenzione, alla cura e alla riabilitazione delle patologie da dipendenza come definite dall’OMS[173] (cfr. supra).Viene rimessa al Ministro della salute, con uno o più decreti di natura regolamentare, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, l’adozione di linee di azione per garantire le prestazioni di prevenzione cura e riabilitazione destinate alle persone affette da ogni forma di dipendenza.
In proposito si valuti l’opportunità di indicare un termine per l’adozione dei decreti ministeriali in materia.
Viene poi prevista l’istituzione, con apposito decreto interministeriale del Ministro della salute e del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, di un Osservatorio con il compito di monitorare le dipendenze patologiche e l’efficacia delle azioni di cura e di prevenzione intraprese, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Viene definita la composizione dell’Osservatorio, di cui fanno parte:
· esperti individuati dai Ministeri della salute, dell'istruzione e del merito, dell'università e della ricerca, delle imprese e del made in Italy e dell'economia e delle finanze, nonché del Dipartimento per le politiche antidroga presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri;
· esponenti delle associazioni operanti nel settore, rappresentative delle famiglie e dei giovani;
· rappresentanti delle regioni e degli enti locali.
Viene specificato che ai componenti dell'Osservatorio non sono corrisposti compensi, gettoni di presenza, rimborso di spese o altri emolumenti comunque denominati.
A decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto interministeriale di istituzione del citato Osservatorio, viene disposta l’abrogazione del decreto interministeriale 12 agosto 2019 del Ministro della Salute di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze, che ha disposto la ricostituzione, dopo il primo triennio di attività 2016-2019, dell’Osservatorio per il contrasto della diffusione del gioco d’azzardo e il fenomeno della dipendenza grave, previsto dalla Legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Legge di stabilità 2015, cfr. supra).
Il citato Osservatorio, quale organismo consultivo del Ministro della Salute, provvede a:
Alla ripartizione della quota prevista di 50 milioni di euro si provvede annualmente all’atto dell’assegnazione delle risorse spettanti alle regioni e province autonome a titolo di finanziamento della quota indistinta – non vincolata al perseguimento di particolari obiettivi –, del fabbisogno sanitario standard regionale, secondo i criteri e le modalità previsti dalla legislazione vigente in materia di costi standard.
La verifica dell'effettiva destinazione delle risorse e delle relative attività assistenziali, effettuata nell’ambito del Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei LEA[174], viene qualificata come adempimento ai fini dell’accesso al finanziamento integrativo del servizio sanitario nazionale, ai fini e per gli effetti dell'articolo 2, comma 68, lettera c), della legge 23 dicembre 2009, n. 191[175], e dell'articolo 15, comma 24, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95[176], convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 (che richiama il sopracitato art. 2, comma 68).
L’articolo 2, comma 68, della legge 191/2009 (Legge finanziaria per il 2010) consente in via anticipata l’erogazione del finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale a cui concorre ordinariamente lo Stato al livello del 97 per cento delle somme dovute a titolo di finanziamento ordinario della quota indistinta, al netto delle entrate proprie e per la Regione siciliana, della compartecipazione regionale al finanziamento della spesa sanitaria. Per le regioni che risultano adempienti, nell’ultimo triennio, rispetto agli adempimenti previsti dalla normativa vigente, la misura della citata erogazione del finanziamento è fissata al 98 per cento ovvero in misura superiore. Tale livello può essere ulteriormente elevato compatibilmente con gli obblighi di finanza pubblica.
La lettera c) del citato comma 2 fissa la quota di finanziamento condizionata alla verifica positiva degli adempimenti regionali, al 3 per cento e al 2 per cento, rispettivamente, per le regioni che accedono all’erogazione nella misura del 97 per cento e per quelle che accedono all’erogazione nella misura del 98 per cento ovvero in misura superiore. All’erogazione di detta quota si procede in seguito all’esito positivo della verifica degli adempimenti previsti dalla normativa vigente e dalla presente legge. Nella disposizione sopra esaminata, pertanto, anche il conseguimento degli obbiettivi da parte dei direttori generali viene a condizionare l’accesso al finanziamento integrativo del Servizio Sanitario Nazionale.
Il comma 3 dispone l’abrogazione del comma 946 dell’articolo 1 della Legge di stabilità 2016 (L. n. 208/2015) che ha istituito, presso il Ministero della salute, il Fondo per il gioco d'azzardo patologico (cfr. supra).
Viene inoltre istituito (comma 4) nello stato di previsione del Ministero della salute il Fondo per le dipendenze patologiche allo scopo di garantire le prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da dipendenze patologiche (come definite dall'OMS). La ripartizione del Fondo tra le Regioni avviene secondo criteri definiti da un decreto del Ministro della salute, da emanare entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge, sentita la Conferenza Stato-Regioni. Per la dotazione del Fondo viene autorizzata la spesa di 44 milioni di euro annui a decorrere dal 2025.
Viene infine stabilito, con una norma transitoria, che i decreti di ripartizione del Fondo per il gioco d’azzardo patologico (cfr. supra), già adottati ai sensi del previgente articolo 1, comma 946, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Legge di stabilità 2016), alla data di entrata in vigore della presente disposizione, mantengono la loro efficacia sino all’esaurimento della spesa dell’ammontare ripartito tra le singole regioni
Articolo 67
(Riduzione dell’imposta sostitutiva relativa ai lavoratori dipendenti privati e applicabile ai premi di produttività e alle forme di partecipazione agli utili d’impresa)
L’articolo 67 estende ai premi e alle somme erogati negli anni 2025, 2026 e 2027 la riduzione transitoria da 10 a 5 punti percentuali (già prevista per le corrispondenti erogazioni negli anni 2023 e 2024) dell’aliquota dell'imposta sostitutiva dell'IRPEF e delle relative addizionali regionali e comunali, concernente alcuni emolumenti retributivi, costituiti da premi di risultato e da forme di partecipazione agli utili d’impresa. Sia la disciplina a regime sia quella transitoria concerne esclusivamente i lavoratori dipendenti privati.
La relazione tecnica allegata al disegno di legge prevede, in relazione al presente articolo 67, un onere finanziario (costituito da minori entrate tributarie) pari a 163,0 milioni di euro annui per il periodo 2025-2027 (nessun effetto finanziario è previsto per l’anno successivo).
La disciplina a regime del trattamento tributario sostitutivo in oggetto è stabilita dall’articolo 1, commi da 182 a 189, della L. 28 dicembre 2015, n. 208, e successive modificazioni, e dal D.M. 25 marzo 2016. Essa concerne gli emolumenti retributivi dei lavoratori dipendenti privati di ammontare variabile e la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili, nonché le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa.
Tale regime tributario (fatta in ogni caso salva l'ipotesi di espressa rinunzia al medesimo da parte del lavoratore, con conseguente applicazione del regime ordinario) consiste in un'imposta sostitutiva dell'IRPEF (e delle relative addizionali regionali e comunali), con aliquota pari al 10%, e concerne esclusivamente – entro determinati limiti di importo e a condizione che il reddito da lavoro dipendente del soggetto non superi un certo limite[177] – le somme ed i valori suddetti corrisposti in esecuzione di contratti collettivi, territoriali o aziendali, stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o di contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali delle suddette associazioni ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.
La riduzione temporanea dell’aliquota da 10 a 5 punti percentuali è stata già prevista per i premi e le somme erogati nell’anno 2023 (articolo 1, comma 63, della L. 29 dicembre 2022, n. 197) e per quelli erogati nell’anno 2024 (articolo 1, comma 18, della L. 30 dicembre 2023, n. 213).
Il limite annuo di importo complessivo dell'imponibile ammesso al regime tributario in oggetto è pari a 3.000 euro (lordi), elevato a 4.000 euro per le imprese che coinvolgano pariteticamente i lavoratori nell'organizzazione del lavoro.
L’applicazione del regime sostitutivo è subordinata alla condizione che il reddito da lavoro dipendente privato del soggetto non sia stato superiore, nell’anno precedente a quello di percezione degli emolumenti in oggetto, a 80.000 euro.
Si ricorda che per molti profili del regime tributario sostitutivo in oggetto è ancora valida la circolare dell’Agenzia delle entrate n. 28/E del 15 giugno 2016.
I commi da 1 a 4 dell’articolo 68 introducono un regime transitorio di esenzione dalle imposte sui redditi in favore dei lavoratori dipendenti assunti a tempo indeterminato nel corso dell’anno 2025; l’esenzione concerne, per i primi due anni a decorrere dalla data di assunzione, nel limite di 5.000 euro annui, le somme erogate direttamente dai datori di lavoro, o rimborsate da essi ai summenzionati lavoratori, per il pagamento dei canoni di locazione e delle spese di manutenzione dei fabbricati presi in locazione dai medesimi lavoratori, a condizione che questi ultimi non superino un determinato limite di reddito da lavoro dipendente e abbiano trasferito la residenza nel comune della sede di lavoro e che tale comune sia distante più di 100 chilometri dal comune di precedente residenza.
La relazione tecnica allegata al disegno di legge quantifica l’onere finanziario derivante dai commi da 1 a 4 in esame in 45,40 milioni di euro per l’anno 2025, 86,41 milioni per l’anno 2026, 43,32 milioni per l’anno 2027, 2,21 milioni per l’anno 2028, 0,01 milioni per l’anno 2029.
La suddetta esenzione, introdotta dai commi da 1 a 4 in esame, non si applica per la determinazione della base imponibile al fine della contribuzione previdenziale e assistenziale (comma 1). Le somme oggetto dell’esenzione medesima sono incluse nel computo del valore di ISEE del nucleo familiare[178] e nei calcoli previsti ai fini dell’accesso alle prestazioni di previdenza e assistenza sociale (comma 3).
Il limite di reddito da lavoro dipendente al cui rispetto è subordinato il beneficio in esame è pari a 35.000 euro, con riferimento all’anno 2024 (comma 2).
Secondo la relazione tecnica allegata al disegno di legge, il beneficio può applicarsi in relazione alle spese inerenti all’abitazione principale e ai relativi oneri accessori.
Si valuti l’opportunità di chiarire se, al fine del beneficio in oggetto, il termine “fabbricati” comprenda anche unità immobiliari diverse da quella abitative e, nell’ipotesi positiva, anche unità immobiliari non qualificabili come pertinenze di unità abitative. Si valuti altresì l’opportunità di chiarire se il beneficio possa applicarsi, per ogni lavoratore interessato, a più unità abitative.
Il comma 4 richiede, al fine dell’applicazione del beneficio in oggetto, che il lavoratore interessato rilasci al datore di lavoro un’apposita autocertificazione[179], con cui attesti il luogo di residenza nei sei mesi precedenti la data di assunzione.
Si valuti l’opportunità di chiarire, considerato che i presupposti per la fruizione del beneficio di cui al comma 2 non fanno riferimento a una durata minima della precedente residenza, le modalità di utilizzo del dato oggetto di autocertificazione, anche ai fini del riconoscimento del predetto beneficio e posto anche che il trasferimento della residenza potrebbe intervenire (per esempio, per motivi organizzativi) anche in una data precedente alla data di assunzione.
Si ricorda che, ai sensi delle norme transitorie di cui successivi commi 5 e 6 (si veda la relativa scheda), le somme erogate direttamente dai datori di lavoro, o rimborsate da essi ai lavoratori, per le spese relative al contratto di locazione dell’abitazione principale ovvero agli interessi sul mutuo relativo all’abitazione principale sono escluse, a determinate condizioni ed entro determinati limiti, dal reddito imponibile.
Si valuti l’opportunità di chiarire se, per il medesimo fabbricato, il limite di esenzione di cui ai commi da 1 a 4 in esame sia cumulabile con quello di cui ai commi 5 e 6 (ferma restando l’applicazione delle relative condizioni).
Articolo 68, commi 5 e 6
(Esclusione dal reddito imponibile dei lavoratori di alcuni valori)
I commi 5 e 6 dell’articolo 68 prevedono, limitatamente ai periodi d’imposta 2025, 2026 e 2027, una disciplina più favorevole – rispetto a quella stabilita a regime e già più volte interessata da modifiche transitorie – in materia di esclusione dal computo del reddito imponibile del lavoratore[180] per i beni ceduti e i servizi prestati al lavoratore medesimo (fringe benefits); il regime transitorio di cui ai commi in esame è identico a quello previsto per il periodo d’imposta 2024[181]. Il regime transitorio più favorevole consiste: nell’elevamento del limite di esenzione suddetta da 258,23 euro (per ciascun periodo d'imposta) a 2.000 euro per i lavoratori con figli fiscalmente a carico e a 1.000 euro per gli altri lavoratori; nell’inclusione nel regime di esenzione (nell’ambito del medesimo unico limite) delle somme erogate direttamente dal datore di lavoro, o rimborsate dal medesimo al lavoratore, per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale e delle spese per il contratto di locazione dell’abitazione principale ovvero per gli interessi sul mutuo relativo all’abitazione principale.
Le esenzioni riconosciute ai sensi del regime transitorio in esame concernono anche la base imponibile della contribuzione previdenziale.
Il regime generale di esenzione in oggetto – di cui all'articolo 51, comma 3, del testo unico delle imposte sui redditi[182] – concerne non solo il reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi, ma anche – in base al rinvio, di cui all'articolo 12 della L. 30 aprile 1969, n. 153, e successive modificazioni, al medesimo regime fiscale (di cui al testo unico suddetto) – la base imponibile della contribuzione previdenziale. Come accennato, anche la norma transitoria in oggetto – secondo l’interpretazione già seguita in passato[183] – si applica anche per la determinazione della base imponibile della contribuzione previdenziale[184].
Riguardo alla nozione di figli fiscalmente a carico, si ricorda che, in base all'articolo 12, comma 2, del suddetto testo unico delle imposte sui redditi, e successive modificazioni – comma richiamato dal presente comma 5 –, sono fiscalmente a carico i figli che abbiano un reddito non superiore a 4.000 euro, ovvero a 2.840,51 euro nel caso di figli di età superiore a ventiquattro anni (per il computo di tali limiti si considera il reddito al lordo degli oneri deducibili). Al fine del beneficio di cui ai commi 5 e 6, secondo l’interpretazione già seguita dall’Agenzia delle entrate in relazione alle precedenti norme transitorie (relative al periodo di imposta 2023 e al periodo di imposta 2024)[185], la condizione a cui è subordinato il limite più elevato è soddisfatta anche qualora il figlio sia a carico ripartito con l’altro genitore nonché qualora il lavoratore non benefici della detrazione fiscale per il figlio a carico in ragione del riconoscimento (in relazione al medesimo figlio) dell’assegno unico e universale per i figli a carico. Inoltre, sono esplicitamente ricompresi nell’ambito dei commi 5 e 6 i figli fiscalmente a carico nati fuori del matrimonio o adottivi, affiliati o affidati.
I commi 5 e 6 in esame si pongono in deroga esclusivamente alla prima parte dell’articolo 51, comma 3, terzo periodo, del citato testo unico delle imposte sui redditi; resta quindi fermo il principio che, qualora il valore dei beni o dei servizi forniti risulti complessivamente superiore al limite in oggetto, l’intero valore rientra nell’imponibile fiscale e contributivo – come esplicitato in sede di interpretazione delle suddette precedenti norme transitorie[186] –.
Il medesimo comma 5 prevede che i datori di lavoro provvedano all’attuazione del regime transitorio più favorevole in esame previa informativa alle rappresentanze sindacali unitarie, ove presenti[187].
Il comma 6 specifica che il regime transitorio in esame si applica nella suddetta misura più favorevole se il lavoratore dichiara al datore di lavoro di avere diritto a quest’ultima, indicando il codice fiscale del figlio (o dei figli) a carico.
Articolo 69
(Agevolazioni fiscali lavoro notturno e straordinari nei giorni festivi)
L’articolo 69 riconosce, per il periodo dal 1° gennaio 2025 al 30 settembre 2025, ai lavoratori degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande e ai lavoratori del comparto del turismo, ivi inclusi gli stabilimenti termali, un trattamento integrativo speciale, che non concorre alla formazione del reddito, pari al 15 per cento delle retribuzioni lorde corrisposte in relazione al lavoro notturno e alle prestazioni di lavoro straordinario effettuate nei giorni festivi (comma 1). Il trattamento si applica a favore dei lavoratori dipendenti del settore privato titolari di reddito da lavoro dipendente di importo non superiore a 40 mila euro nel periodo d'imposta 2024 (comma 2). Il comma 3 stabilisce le modalità di riconoscimento e di compensazione del trattamento da parte del sostituto d'imposta.
La relazione tecnica sull’articolo 69 stima maggiori oneri per l’anno 2025 pari a 152,1 milioni di euro.
Nel dettaglio, il comma 1 riconosce, per il periodo dal 1° gennaio 2025 al 30 settembre 2025, ai lavoratori degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, di cui all'articolo 5 della legge n. 287 del 1991, e ai lavoratori del comparto del turismo, ivi inclusi gli stabilimenti termali, un trattamento integrativo speciale, che non concorre alla formazione del reddito, pari al 15 per cento delle retribuzioni lorde corrisposte in relazione al lavoro notturno e alle prestazioni di lavoro straordinario, ai sensi del decreto legislativo n. 66 del 2003, effettuate nei giorni festivi.
Il menzionato articolo 5 della legge n. 287 del 1991 distingue i pubblici esercizi in:
a) esercizi di ristorazione, per la somministrazione di pasti e di bevande, comprese quelle aventi un contenuto alcoolico superiore al 21 per cento del volume, e di latte (ristoranti, trattorie, tavole calde, pizzerie, birrerie ed esercizi similari);
b) esercizi per la somministrazione di bevande, comprese quelle alcooliche di qualsiasi gradazione, nonché di latte, di dolciumi, compresi i generi di pasticceria e gelateria, e di prodotti di gastronomia (bar, caffè, gelaterie, pasticcerie ed esercizi similari);
c) esercizi di cui alle lettere a) e b), in cui la somministrazione di alimenti e di bevande viene effettuata congiuntamente ad attività di trattenimento e svago, in sale da ballo, sale da gioco, locali notturni, stabilimenti balneari ed esercizi similari;
d) esercizi di cui alla lettera b), nei quali è esclusa la somministrazione di bevande alcoliche di qualsiasi gradazione.
Ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera c), del menzionato decreto legislativo n. 66 del 2003, il «lavoro straordinario» è il lavoro prestato oltre l'orario normale di lavoro di 40 ore settimanali.
Le disposizioni del comma 1 sono esplicitamente finalizzate a garantire la stabilità occupazionale e a sopperire all'eccezionale mancanza di offerta di lavoro nel settore turistico, ricettivo e termale.
Il comma 2 restringe il riconoscimento del trattamento integrativo speciale di cui al comma 1 a favore dei lavoratori dipendenti del settore privato titolari di reddito di lavoro dipendente di importo non superiore, nel periodo d'imposta 2024, a euro 40.000.
Il comma 3 specifica le modalità di riconoscimento dell’agevolazione. Il sostituto d'imposta riconosce il trattamento integrativo speciale di cui al comma 1 su richiesta del lavoratore, che attesta per iscritto l'importo del reddito di lavoro dipendente conseguito nell'anno 2024.
Le somme erogate sono indicate nella certificazione unica prevista dall'articolo 4, comma 6-ter, del regolamento di cui al D.P.R. n. 322 del 1998.
Ai sensi del comma 4, il sostituto d'imposta compensa il credito maturato per effetto dell'erogazione del trattamento integrativo speciale di cui al comma 1 mediante compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997.
Articolo 70
(Proroga della maggiorazione del costo ammesso in deduzione in presenza di nuove assunzioni)
L’articolo 70 dispone una proroga dell’incentivo fiscale alle nuove assunzioni di personale dipendente al periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024 ed ai successivi due. Definisce altresì i criteri di determinazione degli acconti dovuti, prevedendo, in via generale, che per ciascuno dei periodi d’imposta in cui è vigente l’incentivo fiscale de quo non si debba tener conto dei relativi effetti.
Come risulta dalla relazione tecnica, all’articolo 70 sono ascrivibili minori entrate tributarie pari a 1.329,7 milioni di euro per l’anno 2026 e 1.327,9 milioni di euro per l’anno 2027 (nonché 1.327,9 milioni di euro per l’anno 2028 e 1,8 milioni di euro per l’anno 2029).
L’articolo 70 dispone una proroga alle disposizioni contenute nell’articolo 4 del decreto legislativo 30 dicembre 2023, n. 216, riguardante la maggiorazione del costo ammesso in deduzione in presenza di nuove assunzioni (misura cd. “più assumi, meno paghi”).
Nello specifico, il comma 1 prevede che l’incentivo fiscale alle nuove assunzioni trovi applicazione anche per i tre periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2024 (per i soggetti solari, periodi d’imposta che chiudono al 31 dicembre 2025, al 31 dicembre 2026 ed al 31 dicembre 2027).
Si riconosce, pertanto, ai titolari di reddito d’impresa e di redditi di lavoro autonomo, nei limiti ed alle condizioni già previste per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024, una maggiorazione del costo del personale deducibile a fronte agli incrementi occupazionali risultanti al termine di ciascuno dei predetti periodi d’imposta rispetto al corrispondente periodo d’imposta precedente.
A tale riguardo, la relazione illustrativa precisa che, in altri termini, l’incentivo deve essere calcolato su base “mobile” che consente di determinare l’incremento occupazionale in ciascuno dei periodi d’imposta agevolati rispetto al corrispondente periodo d’imposta precedente. Pertanto, ad esempio, per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2026, l’incremento si determina rispetto al periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2025. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del Decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 25 giugno 2024.
Il comma 2 definisce i criteri di determinazione degli acconti dovuti, prevedendo, in via generale, che per ciascuno dei periodi d’imposta in cui è vigente l’incentivo fiscale de quo non si debba tener conto dei relativi effetti.
Più precisamente, la lettera a) prevede che, nella determinazione degli acconti delle imposte sui redditi dovuti per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2025 e per i successivi due (per i soggetti solari, periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2026, al 31 dicembre 2027 ed al 31 dicembre 2028), secondo il cd. “metodo storico”, si debba considerare l’imposta dell’anno precedente senza tener conto della maggiore deduzione del costo del personale risultante dall’applicazione delle disposizioni in commento.
Nella relazione illustrativa si precisa che la norma de qua non menziona il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025, giacché per tale periodo d’imposta già opera, nello stesso senso, l’articolo 4, comma 7, del decreto legislativo n. 216 del 2023.
La successiva lettera b) prevede che anche nella determinazione degli acconti dovuti per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024 e per i due successivi (per i soggetti solari, periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2025, al 31 dicembre 2026 ed al 31 dicembre 2027), secondo il cd. “metodo previsionale”, non si debba tener conto delle disposizioni in commento.
In attesa della completa attuazione dell’articolo 6, comma 1, lettera a) della delega al Governo per la riforma fiscale (legge n. 111 del 2023), l’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 2024, n. 216, dispone che, per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023, per i titolari di reddito d’impresa e per gli esercenti arti e professioni, il costo del personale di nuova assunzione con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato è maggiorato, ai fini della determinazione del reddito, di un importo pari al 20 per cento del costo riferibile all’incremento occupazionale determinato ai sensi del comma 3 e nel rispetto delle ulteriori disposizioni di cui al presente articolo. L’agevolazione di cui al primo periodo spetta ai soggetti che hanno esercitato l’attività nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2023 per almeno trecentosessantacinque giorni.
L’agevolazione non spetta alle società e agli enti in liquidazione ordinaria, assoggettati a liquidazione giudiziale o agli altri istituti liquidatori relativi alla crisi d’impresa.
Gli incrementi occupazionali rilevano a condizione che il numero dei dipendenti a tempo indeterminato al termine del periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023 sia superiore al numero dei dipendenti a tempo indeterminato mediamente occupato del periodo d’imposta precedente (comma 2). L’incremento occupazionale va considerato al netto delle diminuzioni occupazionali verificatesi in società controllate o collegate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto.
Il comma 3 individua il costo riferibile all’incremento occupazionale come pari al minor importo tra:
(i) il costo effettivo relativo ai nuovi assunti e
(ii) l’incremento complessivo del costo del personale risultante dal conto economico ai sensi dell’articolo 2425, primo comma, lettera B), numero 9), del codice civile rispetto a quello relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2023. Per i soggetti che, in sede di redazione del bilancio di esercizio, non adottano lo schema di conto economico di cui all’articolo 2425 del codice civile si assumono le corrispondenti voci di costo del personale (esempio, per i soggetti IFRS adopter). I costi riferibili al personale dipendente sono imputati temporalmente in base alle regole applicabili ai fini della determinazione del reddito del contribuente.
Laddove alla fine del periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023, il numero dei lavoratori dipendenti, inclusi quelli a tempo determinato, risulti inferiore o pari al numero degli stessi lavoratori mediamente occupati nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2023, non può definirsi alcun costo riferibile all’incremento occupazione (comma 4).
Inoltre, per il medesimo periodo d’imposta successivo al 31 dicembre 2023, al fine di incentivare l’assunzione di particolari categorie di soggetti, il costo di cui al comma 3 riferibile a ciascun nuovo assunto, anche ai fini della determinazione dell’incremento complessivo del costo del personale risultante dal conto economico ai sensi dell’articolo 2425, primo comma, lettera b), numero 9), del codice civile, è moltiplicato per coefficienti di maggiorazione laddove il nuovo assunto rientra in una delle categorie di lavoratori meritevoli di maggiore tutela (comma 5).
Con decreto 25 giugno 2024, adottato dal Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sono state altresì introdotte le disposizioni attuative del presente articolo, con particolare riguardo alla determinazione dei coefficienti di maggiorazione relativi alle categorie di lavoratori svantaggiati in modo da garantire che la complessiva maggiorazione non ecceda il 10 per cento del costo del lavoro sostenuto per dette categorie (in attuazione del comma 6).
Si stabilisce che nella determinazione dell’acconto delle imposte sui redditi dovuto per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023, non si tiene conto delle disposizioni del presente articolo. Nella determinazione dell’acconto per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024 si assume, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata non applicando le disposizioni del presente articolo (comma 7).
Articolo 71
(Piano Casa Italia)
L’articolo 71 estende anche all’edilizia sociale l’ambito applicativo delle linee guida, e delle relative linee di attività, per la sperimentazione di modelli innovativi di edilizia residenziale pubblica (comma 1). Si prevede poi l’adozione di un Piano nazionale per l’edilizia residenziale e sociale pubblica, denominato “Piano casa Italia”, al fine di contrastare il disagio abitativo sul territorio nazionale, anche mediante la valorizzazione del patrimonio immobiliare esistente e il contenimento del consumo di suolo (comma 2).
Dall’articolo 71 non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, secondo quanto riportato dalla Relazione tecnica.
Il comma 1 dell’articolo 71 interviene sul comma 282 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2024 (L. n. 213 del 2023), che disciplina l’ambito applicativo di specifiche linee guida, e di relative linee di attività, per la sperimentazione di modelli innovativi di edilizia residenziale pubblica, al fine di contrastare il disagio abitativo sul territorio nazionale.
Il citato comma 282 prevede l’emanazione di un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, previa intesa in sede di Conferenza unificata, da adottare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della richiamata legge di bilancio 2024, ferma restando l'applicazione delle regole di Eurostat ai fini dell'invarianza degli effetti dell'operazione sui saldi di finanza pubblica, per la definizione delle suddette linee guida per la sperimentazione di modelli innovativi di edilizia residenziale pubblica coerenti con le seguenti linee di attività:
a) contrasto al disagio abitativo mediante azioni di recupero del patrimonio immobiliare esistente e di riconversione di edifici aventi altra destinazione pubblica, secondo quanto previsto nel programma nazionale pluriennale di valorizzazione e dismissione del patrimonio immobiliare pubblico;
b) destinazione a obiettivi di edilizia residenziale pubblica o sociale delle unità immobiliari di edilizia privata rimaste invendute, in accordo con i proprietari;
c) realizzazione di progetti di edilizia residenziale pubblica tramite operazioni di partenariato pubblico-privato, finalizzate al recupero o alla riconversione del patrimonio immobiliare esistente ai sensi della lettera a) ovvero alla realizzazione di nuovi edifici su aree già individuate come edificabili nell'ambito dei piani regolatori generali.
Nello specifico, con la lett. a) del comma 1 si novella il comma 282, al fine di estendere anche all’edilizia sociale, l’ambito applicativo delle linee guida, e delle relative linee di attività, per la sperimentazione di modelli innovativi di edilizia residenziale pubblica.
Il programma di edilizia residenziale pubblica (ERP), introdotto con la legge 5 agosto 1978 n. 457, disciplina tre forme di sostegno alle famiglie più in difficoltà: edilizia sovvenzionata; edilizia agevolata; edilizia convenzionata. In seguito, con il DM 22 aprile 2008, a queste tre destinazioni d’uso delle risorse pubbliche si è aggiunto anche il cosiddetto “alloggio sociale”, anche noto come social housing. Per approfondire il tema del social housing si rinvia al seguente report di Cassa depositi e prestiti.
Con la lett. b) si interviene sul comma 283 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2024, che stabilisce che il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previsto dal citato comma 282 (vedi supra), individua per ciascuna delle linee di attività, le modalità di assegnazione, erogazione e revoca dei finanziamenti e di predisposizione, realizzazione e monitoraggio dei corrispondenti interventi di edilizia residenziale, nonché i criteri e le modalità di presentazione da parte degli enti territoriali competenti dei progetti pilota.
La novella in esame estende quanto previsto dal comma 283 anche agli interventi per l’edilizia sociale.
Il comma 2 prevede l’adozione di un Piano nazionale per l’edilizia residenziale e sociale pubblica, denominato “Piano casa Italia”, al fine di contrastare il disagio abitativo sul territorio nazionale, anche mediante la valorizzazione del patrimonio immobiliare esistente e il contenimento del consumo di suolo. È previsto che il citato piano sia approvato entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della legge di bilancio in esame, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e previa intesa in sede di Conferenza unificata.
Il Piano casa Italia è volto al rilancio delle politiche abitative come risposta coerente ed efficace ai bisogni della persona e della famiglia. Il piano rappresenta uno strumento programmatico finalizzato a definire le strategie di medio e lungo termine per la complessiva riorganizzazione del sistema casa, in sinergia con gli enti territoriali, al fine di fornire risposte ai nuovi fabbisogni abitativi emergenti dal contesto sociale, integrare i programmi di edilizia residenziale e di edilizia sociale, dare nuovo impulso alle iniziative di settore, individuare modelli innovativi di governance e di finanziamento dei progetti, razionalizzare l’utilizzo dell’offerta abitativa disponibile.
Articolo 72, commi 1, 2, 5 e 6
(Incentivi per il rilancio occupazionale ed economico)
L’articolo 72, commi 1, 2, 5 e 6, dispone che l'esonero parziale dei contributi dovuti dai datori di lavoro del settore privato operanti nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia (cosiddetta Decontribuzione Sud) previsto dalla normativa vigente si applichi fino al 31 dicembre 2024, con riferimento ai contratti di lavoro subordinato stipulati entro il 30 giugno 2024, conformemente a quanto previsto dalla decisione C(2024) 4512 final del 25 giugno 2024 della Commissione europea.
Il Prospetto degli effetti finanziari ascrive al comma 1 minori oneri per la finanza pubblica pari a 5.489,1 milioni di euro per il 2025, 3.291,0 milioni di euro per il 2026 e 3.441,6 milioni di euro per il 2027 in conseguenza della decisione della Commissione europea C(2024) 4512 final del 25 giugno 2024.
Parte delle risorse che si rendono disponibili a seguito di quanto previsto dal richiamato comma 1 vengono utilizzate per compensare l’onere finanziario conseguente all’istituzione del Fondo per il finanziamento di interventi volti a ridurre il divario occupazionale e sostenere lo sviluppo dell’attività imprenditoriale nelle aree svantaggiate del Paese, di cui al comma 3 del presente articolo 72.
Al comma 2 sono invece ascritti complessivi maggiori oneri, connessi all’incremento dei limiti di spesa previsti per gli incentivi in favore di giovani, donne e aree del Mezzogiorno, pari a 98,3 milioni per il 2025, 52 milioni per il 2026 e 34,9 milioni per il 2027, nonché pari a 3,2 milioni di euro per l’anno 2024. Gli oneri relativi all’anno 2024 sono coperti mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica. In conseguenza di tale ultima previsione, la disposizione in commento prevede che quanto disposto dai richiamati commi 2 e 5 entri in vigore il giorno della pubblicazione del presente disegno di legge di bilancio nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Preliminarmente, si fa presente che il suddetto sgravio contributivo per i datori di lavoro del settore privato operanti nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia (cosiddetta Decontribuzione Sud) – introdotto dalla normativa vigente dal 2021 sino al 2029 e rimodulato per le diverse annualità[188] - è soggetto all’autorizzazione della Commissione europea, al fine di verificarne la compatibilità con il mercato interno e con la normativa europea in materia di aiuti di Stato.
L’autorizzazione sin qui intervenuta si è basata sui regimi speciali previsti dai Quadri temporanei per le misure di aiuti di Stato introdotti a seguito dell’emergenza sanitaria da Covid-19 e, successivamente, a seguito dell'aggressione della Russia contro l'Ucraina.
In concomitanza con la scadenza di tale ultimo Quadro temporaneo, fissata al 31 dicembre 2024, la Commissione europea, con la richiamata decisione C(2024) 4512 final del 25 giugno 2024 ha disposto che lo sgravio contributivo in oggetto si applichi fino al 31 dicembre 2024, con riferimento ai contratti di lavoro subordinato stipulati entro il 30 giugno 2024.
Sul punto, si veda anche la circ. INPS n. 82 del 2024 la quale, su espressa indicazione del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, precisa che, qualora entro la data del 30 giugno 2024 sia stato instaurato un rapporto di lavoro a tempo determinato, la decontribuzione in trattazione può trovare applicazione fino al 31 dicembre 2024 ancorché tale rapporto venga prorogato o trasformato a tempo indeterminato successivamente al 30 giugno 2024.
Il comma 1 del presente articolo 72 reca dunque una disciplina di tale esonero conforme alla decisione della Commissione europea.
Come anticipato, parte delle risorse che si rendono disponibili a seguito di quanto previsto dal richiamato comma 1, vengono utilizzate per compensare l’onere finanziario conseguente all’istituzione del Fondo per il finanziamento di interventi volti a ridurre il divario occupazionale e sostenere lo sviluppo dell’attività imprenditoriale nelle aree svantaggiate del Paese, di cui al comma 3 del presente articolo 72 (alla cui scheda di lettura si rimanda).
Il comma 2 dà conto - con riferimento ai limiti di spesa di cui agli articoli 22, 23 e 24 del decreto-legge n. 60 del 2024 che hanno introdotto esoneri contributivi transitori per giovani, donne svantaggiate e soggetti operanti nella ZES del Mezzogiorno[189] - del venir meno dell’effetto riduttivo degli oneri ascritto alla decontribuzione sud viceversa computato nella determinazione dei predetti limiti di spesa, non essendo la stessa autorizzata per le assunzioni effettuate successivamente al 30 giugno 2024 (la proroga fino al 31 dicembre 2024 – autorizzata dalla Commissione europea con la decisione C(2024) 4512 final del 25 giugno 2024, trova applicazione esclusivamente rispetto ai contratti di lavoro subordinato stipulati entro il 30 giugno 2024). Pertanto, la disposizione provvede ai relativi incrementi dei limiti di spesa in maniera corrispondente all’effetto riduttivo considerato in sede di DL n. 60/2024 e non più attuale.
Tale comma 2, dunque, per effetto di quanto previsto al comma 1, incrementa:
§ di 700 mila euro per l’anno 2024, di 16,3 milioni di euro per l’anno 2025, di 15,9 milioni di euro per l’anno 2026 e di 5,6 milioni di euro per l’anno 2027 il limite di spesa previsto per l’esonero contributivo “Bonus giovani” di cui all’articolo 22, comma 7, primo periodo del D.L. 60/2024;
§ di 400 mila euro per l’anno 2024, di 14,4 milioni di euro per l’anno 2025, di 17,5 milioni di euro per l’anno 2026 e di 9,1 milioni di euro per l’anno 2027 il limite di spesa previsto per l’esonero contributivo “Bonus donne” di cui all’articolo 23, comma 4, primo periodo, del D.L. 60/2024;
§ di 2,1 milioni di euro per l’anno 2024, di 68,9 milioni di euro per l’anno 2025, di 73,5 milioni di euro per l’anno 2026 e di 28,7 milioni di euro per l’anno 2027 il limite di spesa previsto per l’esonero contributivo “Bonus Zona economica speciale per il Mezzogiorno – Zes unica” di cui all’articolo 24, comma 7, primo periodo, del D.L. 60/2024;
Ai suddetti oneri - pari a 3,2 milioni di euro per l’anno 2024 - si provvede, ai sensi del comma 5, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica (di cui all’art. 10, c. 5, del D.L. 282/2004), istituto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze al fine di agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, anche mediante interventi volti alla riduzione della pressione fiscale.
Il comma 6 del presente articolo 72 prevede che quanto disposto dai richiamati commi 2 e 5 entri in vigore il giorno della pubblicazione del presente disegno di legge di bilancio nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Articolo 72, commi 3 e 4
(Incentivi per il rilancio occupazionale ed economico)
L’articolo 72, comma 3, dispone l’istituzione nello stato di previsione del MEF di un fondo volto a finanziare interventi con l’obiettivo di ridurre il divario occupazionale e sostenere lo sviluppo dell’attività imprenditoriale nelle aree svantaggiate del Paese, anche mediante il riconoscimento, nel rispetto della disciplina europea in materia di aiuti di Stato, di agevolazioni per l’acquisizione dei beni strumentali destinati a strutture produttive ubicate nelle zone assistite delle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e Molise e nelle zone assistite della regione Abruzzo.
Il fondo viene dotato di 2,45 miliardi di euro per il 2025, 1 miliardo di euro per il 2026, 3,4 miliardi di euro per il 2027, 1,5 miliardi di euro per il 2028 e 750 milioni di euro per il 2029.
Il relativo onere finanziario viene compensato, ai sensi del comma 4, mediante parziale utilizzo delle risorse – relative alla agevolazione contributiva per l’occupazione in aree svantaggiate cd. “Decontribuzione Sud” – che si rendono disponibili, ai sensi del comma 1 dell’articolo 72. Tale comma limita la fruibilità della “Decontribuzione Sud” al 31 dicembre 2024, con riferimento ai contratti di lavoro subordinato stipulati entro il 30 giugno 2024, in ossequio alla Decisione della Commissione UE C (2024) 4512 final. Le relative risorse stanziate per la misura agevolativa dall’anno 2025, e ora disponibili, vengono altresì utilizzate, ai sensi del medesimo comma 4, anche per la compensazione finanziaria degli oneri derivanti dalla proroga al 2025 del credito d’imposta ZES, disposta dall’articolo 77.
Nel dettaglio, il comma 3 dell’articolo 72 dispone l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e finanze (MEF), di un fondo per il finanziamento di interventi volti a ridurre il divario occupazionale e sostenere lo sviluppo dell’attività imprenditoriale nelle aree svantaggiate del Paese. Le agevolazioni possono essere utilizzate, nel rispetto della disciplina europea sugli aiuti di Stato, anche mediante il riconoscimento di agevolazioni per l’acquisizione di beni strumentali destinati a strutture produttive ubicate nelle zone assistite delle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e Molise, ammissibili alla deroga prevista dall’articolo 107, paragrafo 3, lettera a) del TFUE, nonché nelle zone assistite della regione Abruzzo, ammissibili alla deroga prevista dall’articolo 107, paragrafo 3, lettera c) del TFUE, come individuate dalla Carta degli aiuti a finalità regionale 2022-2027.
Il paragrafo 3 dell’articolo 107 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (TFUE) indica delle tipologie di aiuti che possono essere considerate, sulla base di una valutazione discrezionale della Commissione europea, compatibili con il mercato interno (lett. a), b), c) e d)) e riconosce al Consiglio la possibilità di istituirne altre (lett. e)).
In particolare, e per quanto qui interessa, ai sensi dell’art. 107, par. 3 TFUE, possono considerarsi compatibili con il mercato interno:
a) gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione, nonché quello delle regioni di cui all’articolo 349[190], tenuto conto della loro situazione strutturale, economica e sociale;
c) gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse;
Le lettere a) e c) sono relative agli aiuti a finalità regionale. La Commissione ha adottato gli orientamenti per il periodo 1° gennaio 2022 - 31 dicembre 2027 (Comunicazione (2021/C 153/01) come modificata dalla Comunicazione (2023/C 194/05)) e, da ultimo, integrati dalla Comunicazione C/2024/3516, per quanto riguarda la piattaforma per le tecnologie strategiche per l’Europa (STEP).
Gli Orientamenti illustrano le condizioni in presenza delle quali la Commissione ritiene che gli aiuti a finalità regionale siano compatibili con il mercato interno e i criteri per identificare le zone idonee a beneficiare degli aiuti. Tali zone sono le aree dell’Unione europea in condizioni di svantaggio economico in cui è ammessa una deroga al divieto generale di concessione degli aiuti di Stato.
Ogni Stato membro è tenuto a notificare alla Commissione europea un’unica Carta degli aiuti a finalità regionale, che individua le suddette aree e specifica le intensità massime di aiuto ad esse applicabili, espresse sotto forma di percentuale dei costi di investimento ammissibili.
La Commissione europea ha approvato la Carta degli aiuti a finalità regionale 2022-2027 notificata dall’Italia, il 2 dicembre 2021, con Decisione C(2021)8655.
Conformemente agli orientamenti, la copertura totale in termini di popolazione per l’Italia per il periodo dal 1º gennaio 2022 al 31 dicembre 2027 è fissata al 41,99%.
La Carta approvata a dicembre 2021 indica soltanto le regioni italiane (NUTS2) Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e Molise (il 32% della popolazione italiana) ammissibili alla deroga prevista dall’articolo 107, paragrafo 3, lettera a), TFUE (c.d. “Zone a”, ossia regioni NUTS2 il cui PIL pro-capite, misurato in standard di potere d’acquisto, è inferiore o pari al 75% della media UE27), con intensità massime di aiuto per le grandi imprese comprese tra il 30 % e il 40 %, in funzione del PIL pro capite della “zona a” di appartenenza.
Il processo per l’individuazione delle zone che soddisfano i requisiti di cui all’articolo 107, paragrafo 3, lettera c) del Trattato (c.d. “Zone c non predefinite”) (Abruzzo e Regioni del Centro Nord d’Italia) è stato più articolato e ha visto il coinvolgimento delle Regioni interessate. La designazione di queste zone è avvenuta sulla base dei criteri stabiliti dagli Orientamenti e della proposta di riparto del plafond di popolazione assegnato all’Italia (9,99 per cento della popolazione nazionale) a livello di aree NUTS2 e NUTS3 (province).
Con decisione C(2022)1545 final, del 18 marzo 2022 la Commissione europea ha approvato la modifica alla Carta degli aiuti a finalità regionale, con la quale si è proceduto all’individuazione dei territori nelle “Zone c non predefinite”.
L’Allegato alla Carta consolidata definisce le intensità massime di aiuto applicabili alle Zone a e c.
Per le grandi imprese, tali intensità massime sono pari al:
§ 40% per le regioni Campania, Puglia, Calabria e Sicilia;
§ 30% per le regioni Molise, Basilicata e Sardegna;
§ 10% nelle “Zone c non predefinite” con un PIL pro capite superiore al 100% della media dell’UE-27 e un tasso di disoccupazione inferiore al 100% della media UE-27;
§ 15% nelle altre “Zone c non predefinite”.
In tutte le zone menzionate, le intensità massime di aiuto possono essere maggiorate di 10 punti percentuali per gli investimenti delle imprese di medie dimensioni e di 20 punti percentuali per gli investimenti delle piccole imprese (per i loro investimenti iniziali con costi ammissibili fino a 50 milioni di euro).
Nel caso di una “zona c” contigua ad una “zona a”, le intensità di aiuto in favore delle regioni NUTS3, o delle parti di esse, all’interno di detta “zona c”, che sono contigue alla “zona a”, possono essere maggiorate nella misura necessaria affinché la differenza in termini di intensità di aiuto tra le due zone non superi 15 punti percentuali.
Inoltre, a seguito dell’approvazione dei relativi Piani territoriali e del conseguente emendamento alla Carta richiesto dall’Italia e approvato con decisione C(2023)3913 final del 19 giugno 2023, i territori selezionati per beneficiare del sostegno del Fondo per una transizione giusta (JFT) situati in una “zona a”, che per il nostro Paese corrispondono alla provincia di Taranto e al Sulcis-Iglesiente, possono beneficiare della maggiorazione 10 punti percentuali di tali intensità massime.
Con successiva decisione C(2023)8654 final del 18 dicembre 2023, la Commissione europea ha approvato la modifica dell’elenco delle “zone c non predefinite” della Carta dell’Italia per il periodo dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2027. In particolare, per la regione Lazio è stata estesa la zona che beneficia di una maggiorazione delle intensità di aiuto in quanto confinante con la Regione Campania (parti delle Province di Frosinone e Latina), come previsto dai sopra richiamati Orientamenti, mentre per la Regione Lombardia è stata aggiunta una nuova “zona c non predefinita” consistente nel Comune di Campione d’Italia. L’importo massimo dell’aiuto per le grandi imprese nelle zone interessate da quest’ultima modifica può variare tra il 15% e il 25% dei costi di investimento ammissibili, a seconda del PIL pro capite e del tasso di disoccupazione della zona.
Infine, come già accennato, la Commissione, con Comunicazione C/2024/3516, ha integrato gli Orientamenti, per quanto riguarda la piattaforma per le tecnologie strategiche per l’Europa (STEP), prevedendo che, per gli investimenti contemplati dal regolamento di disciplina della Piattaforma, Regolamento (UE)2024/795, l’intensità massima di aiuto nella zona interessata può essere aumentata fino a 10 punti percentuali nelle “zone a” e fino a 5 punti percentuali nelle “zone c” a decorrere dal 1° marzo 2024.
Conseguentemente, la Carta degli aiuti a finalità regionale 2022-2027 dell’Italia è stata oggetto di ulteriore modifica, approvata il 3 ottobre 2024, con la Decisione C(2024)6797 final della Commissione. La modifica consente livelli più elevati di aiuti a finalità regionale agli investimenti per i progetti contemplati dalla piattaforma STEP.
La Carta degli aiuti a finalità regionale comprensiva delle “zone a” e delle “zone c non predefinite” ha validità dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2027. Sul sito del Dipartimento per le politiche di coesione è possibile visualizzare una Mappa Interattiva della Carta degli Aiuti Italia 2022-2027.
Gli Orientamenti si applicano alle misure di aiuto soggette a notifica ex articolo 108, par. 3, TFUE, dunque alle misure i cui importi, sommando tutte le fonti, superano le soglie di notifica per gli aiuti individuali definite nel Regolamento di esenzione per categoria n. 651/2014/UE della Commissione (General Block Exemption Regulation cd. “GBER“) il quale indica, agli artt. 13-16, le categorie di aiuti a finalità regionale – che, in quanto di limitata entità e conformi ai criteri ivi indicati – sono considerati compatibili con il mercato interno e perciò esentati dall’obbligo di notifica preventiva alla Commissione UE.
Per un esame più approfondito, si rinvia al dossier “Gli aiuti di Stato – parte generale e parte speciale” predisposto dal Servizio Studi della Camera dei deputati.
Il fondo viene dotato 2,45 miliardi di euro per il 2025, di 1 miliardo di euro per il 2026, di 3,4 miliardi di euro per il 2027, di 1,5 miliardi di euro per il 2028 e 750 milioni di euro per il 2029.
Le tipologie di iniziative ammissibili a finanziamento, le amministrazioni titolari degli interventi nonché le modalità di presentazione delle domande sono stabilite con decreto del Presidente del Consiglio, su proposta del Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e il Ministro dell’economia e delle finanze.
Si rileva che non è indicata alcuna previsione temporale per l’adozione del decreto attuativo del Presidente del Consiglio. Si valuti l’opportunità di inserire nella norma tale previsione.
Il comma 4 dispone che le risorse disponibili di cui all’articolo 1, comma 167, della L. n. 178/2020, concorrono alla copertura finanziaria di cui al comma 3 qui in esame e di cui all’articolo 77, relativo alla proroga, all’anno 2025, del credito di imposta ZES.
Le risorse di cui all’articolo 1, comma 167 della L. n. 178/2020 sono quelle relative alla agevolazione contributiva per l’occupazione in aree svantaggiate cd. “Decontribuzione Sud”. Tali risorse sono rese disponibili, ai sensi del comma 1 dell’articolo 72 del provvedimento in esame, il quale limita la fruibilità della “Decontribuzione Sud” al 31 dicembre 2024, con riferimento ai contratti di lavoro subordinato stipulati entro il 30 giugno 2024, in ossequio alla Decisione della Commissione UE C (2024) 4512 final.
La relazione tecnica, a commento del comma 4 in esame, afferma che le risorse di cui all’articolo 1, comma 167, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, che si rendono disponibili, a decorrere dall’anno 2025, per effetto del comma 1 dell’articolo 72, a seguito della decisione C(2024) 4512 final del 25 giugno 2024 della Commissione europea, sono destinate anche all’incremento in sezione II della capacità di spesa del Fondo sviluppo e coesione.
Articolo 73
(Credito d’imposta per la quotazione delle piccole e medie imprese)
L’articolo 73 dispone un’ulteriore proroga fino al 31 dicembre 2027 al credito d’imposta riconosciuto in relazione alle spese di consulenza sostenute dalle piccole e medie imprese per la quotazione. Conseguentemente, vengono aggiornati i limiti di utilizzo del medesimo credito d’imposta.
All’articolo 5 sono ascrivibili minori entrate tributarie pari a 3,0 milioni di euro per l’anno 2026 e 3,0 milioni di euro per l’anno 2027.
Si ricorda che i commi da 89 a 92 della legge di bilancio 2018 (legge 27 dicembre 2017, n. 205) hanno istituito un credito d’imposta in favore delle piccole e medie imprese in relazione alle spese di consulenza sostenute per l’ammissione alla negoziazione su mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione (Multilateral Trading Facility - MTF) europei, in misura pari al 50 per cento delle spese fino a un massimo di 500.000 euro. Le disposizioni prevedevano che il regime agevolativo avesse termine il 31 dicembre 2020.
Sul punto, successivamente, sono intervenuti: il comma 230 della legge di bilancio 2021 che ha esteso il credito d’imposta al 31 dicembre 2021, il comma 46 della legge di bilancio 2022 che ha esteso l’agevolazione ai costi sostenuti fino al 31 dicembre 2022, il comma 395 della legge di bilancio 2023 che ha esteso la misura al 31 dicembre 2023 e, da ultimo, l’articolo 3, comma 4-bis, del decreto-legge n. 215 del 2023 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 18 del 2024) che ha prorogato la misura al 31 dicembre 2024.
La misura è inserita in un complesso di interventi volti a potenziare strumenti per la concessione di finanziamenti al settore produttivo, alternativi rispetto al credito bancario: emissione di specifici strumenti di debito (cd. minibond), raccolta tramite portali on-line (cd. crowdfunding) e varie forme di incentivazione fiscale a favore dei soggetti che investono in strumenti finanziari emessi da piccole e medie imprese. Più in dettaglio, il comma 89 ha riconosciuto un credito d’imposta alle piccole e medie imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro oppure il cui attivo totale di bilancio non supera i 43 milioni di euro e che abbiano iniziato, dopo l'entrata in vigore della legge di bilancio 2018, una procedura di ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato o in un MTF di uno Stato membro dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo, e siano state effettivamente ammesse agli scambi.
L’articolo 73, comma 1, dispone un’ulteriore proroga alle disposizioni contenute all’articolo 1, commi 89 e seguenti, della legge 27 dicembre 2017, n. 205.
Nello specifico, la lettera a), modificando il comma 89 dell’articolo 1, dispone una proroga dell’agevolazione fino al 31 dicembre 2027.
La successiva lettera b), modificando il primo periodo del comma 90 del medesimo articolo 1, al fine di prevedere che il credito d'imposta per la quotazione delle piccole e medie imprese sia utilizzabile nei limiti di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2026 e 2027.
Articolo 74
(Contributi per i soggetti che hanno aderito alla procedura per il riversamento del credito di imposta in ricerca e sviluppo)
L’articolo 74 riconosce, al comma 1, un contributo in conto capitale per investimenti ai soggetti che hanno aderito alla procedura di riversamento del credito d’imposta in ricerca e sviluppo, del quale hanno fruito senza averne titolo. Le modalità di erogazione del contributo, le percentuali dello stesso e la sua rateizzazione sono stabilite, ai sensi del comma 2, con decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.
L’articolo 74 finanzia a questo proposito un Fondo per 60 milioni di euro per l’anno 2025, 50 milioni di euro per l’anno 2026 e 80 milioni di euro per l’anno 2027. L’autorizzazione opera come limite massimo di spesa.
Ai sensi del comma 1, ai soggetti che hanno fruito del credito d’imposta ricerca e sviluppo di cui all’articolo 3 del D.L. n. 145/2013, e che hanno aderito alla procedura di riversamento dell’importo entro il 31 ottobre 2024, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 5 del D.L. n. 146/2021, è riconosciuto un contributo in conto capitale commisurato in termini percentuali a quanto riversato, nel limite di spesa di cui al successivo comma 3.
Pertanto il presupposto per l’ottenimento del contributo in conto capitale è:
§ l’aver percepito il credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo di cui all’articolo 3 del decreto legge n. 145 del 2013, senza averne in tutto o in parte titolo;
Tale disposizione riconosceva a tutte le imprese che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo, a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2019, un credito d'imposta nella misura del 25 per cento (elevata al 50 per cento in alcuni casi specifici) delle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d'imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015.
§ l’aver aderito alla procedura di riversamento spontaneo del credito d’imposta prevista dall’articolo 5, commi da 7 e 12, del decreto legge n. 146 del 2021.
Tale norma prevede che i soggetti che alla data di entrata in vigore del decreto-legge hanno utilizzato in compensazione il credito d'imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo di cui all'articolo 3 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, senza averne titolo, possono effettuare il riversamento dell'importo del credito utilizzato, senza applicazione di sanzioni e interessi al ricorrere di determinate condizioni ed entro specifici termini (per maggiori dettagli si veda il relativo box).
Ai sensi del comma 2, le modalità di erogazione del contributo, le percentuali e la rateizzazione dello stesso sono stabilite, con decreto emanato, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente disposizione, dal Ministro delle imprese e del made in Italy di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.
Il comma 3 istituisce, per le finalità di cui al comma 1, nello stato di previsione del Ministero delle imprese e del made in Italy, un fondo con una dotazione finanziaria di 60 milioni di euro per l’anno 2025, di 50 milioni di euro per l’anno 2026 e di 80 milioni di euro per l’anno 2027.
La procedura di riversamento spontaneo del credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo di cui all’articolo 3 del decreto legge n. 145 del 2013 è stata prevista dall’articolo 5, commi da 7 e 12, del decreto legge n. 146 del 2021 (vedi supra).
Con provvedimento del 1° giugno 2022 del direttore dell’Agenzia delle Entrate,
è stato altresì definito il relativo ambito di applicazione (conformemente alle previsioni normative vigenti).
Più precisamente, ai sensi dell’articolo 1, del predetto provvedimento, la procedura de qua è riservata ai soggetti che intendono riversare il credito maturato, in uno o più periodi di imposta, a decorrere da quello successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2019 e utilizzato indebitamente in compensazione alla data del 22 ottobre 2021 (data di entrata in vigore del decreto), e che si trovino in almeno una delle seguenti condizioni:
a) hanno realmente svolto, sostenendo le relative spese, attività in tutto o in parte non qualificabili come attività di ricerca o sviluppo ammissibili nell’accezione rilevante ai fini del credito d’imposta;
b) hanno applicato il comma 1-bis dell’articolo 3 del decreto, in maniera non conforme a quanto dettato dalla diposizione d’interpretazione autentica recata dall’articolo 1, comma 72, della legge 30 dicembre 2018, n. 145;
c) hanno commesso errori nella quantificazione o nell’individuazione delle spese ammissibili in violazione dei principi di pertinenza e congruità;
d) hanno commesso errori nella determinazione della media storica di riferimento.
Ai sensi del successivo articolo 2, paragrafo 2.1, la procedura di riversamento non può essere utilizzata per il riversamento dei crediti il cui indebito utilizzo in compensazione sia già stato accertato con un atto di recupero crediti o con altri provvedimenti impositivi, divenuti definitivi alla data del 22 ottobre 2021 (di entrata in vigore del decreto). Gli atti o provvedimenti sono definitivi in quanto non più soggetti ad impugnazione o definiti con il pagamento o con altra forma di definizione oppure oggetto di pronunce passate in giudicato.
In ogni caso, ai sensi del paragrafo 2.2, la regolarizzazione è altresì esclusa nei casi in cui il credito d’imposta utilizzato in compensazione sia il risultato:
- di condotte fraudolente;
- di fattispecie oggettivamente o soggettivamente simulate;
- di false rappresentazioni della realtà basate sull’utilizzo di documenti falsi o di fatture che documentano operazioni inesistenti;
- della mancanza di documentazione idonea a dimostrare il sostenimento delle spese ammissibili al credito d’imposta.
L’articolo 75 rifinanzia l’autorizzazione di spesa relativa alla “Nuova Sabatini”, misura di sostegno agli investimenti in beni strumentali da parte di micro, piccole e medie imprese.
Il rifinanziamento è di 400 milioni di euro per l’anno 2025, di 100 milioni di euro per l’anno 2026 e 400 milioni per ciascuno degli anni dal 2027 al 2029.
L’articolo 75 rifinanzia di 400 milioni di euro per l’anno 2025, di 100 milioni di euro per l’anno 2026 e 400 milioni per ciascuno degli anni dal 2027 al 2029 l’autorizzazione di spesa relativa alla “Nuova Sabatini”, misura di sostegno agli investimenti (acquisto o acquisizione in leasing) in beni strumentali da parte di micro, piccole e medie imprese.
La relazione illustrativa evidenzia come la “Nuova Sabatini” costituisca uno strumento strutturale di sostegno al sistema delle PMI per l’acquisto o acquisizione in leasing di beni strumentali, che si è rivelato efficace, anche in chiave anticongiunturale, per la crescita e il rilancio degli investimenti produttivi. La misura è stata infatti più volte rifinanziata nel corso degli anni, da ultimo, dalla legge di assestamento 2024 (L. n. 118/2024). Sul “tiraggio” della misura vengono predisposti report periodici di valutazione e statistiche mensili (ultimo disponibile: settembre 2024), disponibili sulla pagina dedicata del sito istituzionale del Ministero delle imprese e del made in Italy.
La Sezione II del disegno di legge di bilancio, espone sul capitolo di spesa 7489/MIMIT relativo alla “Nuova Sabatini” una dotazione a legislazione vigente (LV), per il triennio di riferimento 2025-2027, pari a 207 milioni per il 2025, di 160 milioni per il 2026 e di 60 milioni per il 2027.
Con l’intervento di Sezione I, disposto dall’articolo 75 qui in commento, il DDL di bilancio integrato 2025-2027 espone, sul capitolo 7489/MIMIT, una dotazione complessiva pari a 607 milioni per il 2025, a 260 milioni per il 2026 e a 460 milioni per il 2027.
La c.d. “Nuova Sabatini” è una misura istituita dall’articolo 2 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (legge n. 98/2013). La misura è stata rifinanziata più volte e potenziata, in ragione del forte riscontro del settore produttivo. Costituisce uno dei principali strumenti agevolativi nazionali di sostegno alle micro, piccole e medie imprese operanti in tutti i settori, inclusi agricoltura e pesca, eccettuati il settore finanziario e assicurativo e le attività connesse all’esportazione e per gli interventi subordinati all’impiego preferenziale di prodotti interni rispetto ai prodotti di importazione.
La “Nuova Sabatini” sostiene l’acquisto, o l’acquisizione in leasing, da parte di micro, piccole e medie imprese (MPMI) di beni strumentali materiali - macchinari, impianti, beni strumentali d’impresa, attrezzature nuovi di fabbrica e hardware - o immateriali (software e tecnologie digitali) a uso produttivo e, in particolare, consente:
· l’accesso a finanziamenti agevolati per gli investimenti in beni strumentali, anche mediante operazioni di leasing finanziario.
Il D.L. n. 34/2019 ha incluso tra i soggetti finanziatori anche gli intermediari finanziari (iscritti all’albo di cui all’articolo 106 del TUB) che statutariamente operano nei confronti delle PMI. Ciascun finanziamento può essere assistito dalla garanzia del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese fino all’80% del finanziamento. Il finanziamento deve essere:
o di durata non superiore a 5 anni
o tra 20.000 euro e 4 milioni di euro (importo così innalzato dal D.L. n. 34/2019)
o interamente utilizzato per coprire gli investimenti ammissibili.
· l’accesso ad un contributo statale in conto impianti per gli investimenti in questione, parametrato a un tasso di interesse annuo convenzionalmente assunto e pari al:
o 2,75% per gli investimenti ordinari
o 3,575% per gli investimenti in tecnologie digitali, compresi gli investimenti in big data, cloudcomputing, banda ultralarga, cybersecurity, robotica avanzata e meccatronica, realtà aumentata, manifattura 4D, Radio frequency identification (RFID) e in sistemi di tracciamento e pesatura dei rifiuti (investimenti in tecnologie cd. “industria 4.0”). Tale maggiorazione è stata introdotta dalla legge di bilancio 2019 (L. n.160/2019) e successivamente confermata.
La circolare direttoriale 6 dicembre 2022, n. 410823, in attuazione del decreto interministeriale 22 aprile 2022 (recante la disciplina attuativa della misura), ha incluso, tra gli investimenti oggetto della maggiorazione al 3,575%, a decorrere dal 1° gennaio 2023, gli investimenti green, per essi intendendo “l’acquisto, o l’acquisizione nel caso di operazioni di leasing finanziario, di macchinari, impianti e attrezzature nuovi di fabbrica ad uso produttivo, a basso impatto ambientale, nell’ambito di programmi finalizzati a migliorare l’ecosostenibilità dei prodotti e/o dei processi produttivi”.
La circolare direttoriale 11 dicembre 2023, n. 50031 è intervenuta sulla disciplina di concessione delle agevolazioni “Nuova Sabatini” a seguito dell’entrata in vigore, delle modifiche alla disciplina europea sugli aiuti di stato in esenzione per categoria di cui al Regolamento (UE) 2023/1315, modificativo del Regolamento (UE) 651/2014, cd. GBER (General Block Exempion Regulation).
La misura è stata rifinanziata più volte nel corso degli anni. Si rammenta, per qui interessa, che:
· la legge di bilancio 2020 ha rifinanziato la misura di 105 milioni di euro per l’anno 2020, di 97 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2024 e di 47 milioni di euro per l’anno 2025 (Legge n. 160/2019, art. 1, comma 226).
· la legge di bilancio 2022, che ha operato un rifinanziamento di 240 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023, 120 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2026 e 60 milioni di euro per l’anno 2027 (L. n. 234/2021, articolo 1, comma 47);
Nella attuale legislatura, la misura (recte: l’autorizzazione di spesa finalizzata al contributo statale in conto impianti, di cui all’articolo 2 comma 8 del D.L. n. 69/2013) è stata rifinanziata
· dalla legge di bilancio 2023 per 30 milioni di euro per l’anno 2023 e 40 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2026. Inoltre, limitatamente alle iniziative con contratto di finanziamento stipulato dal 1° gennaio 2022 al 30 giugno 2023, il termine di 12 mesi per l’ultimazione degli investimenti, previsto dalle disposizioni attuative, è stato prorogato per ulteriori 12 mesi in virtù della stessa legge di bilancio e dell’articolo 6-quater del D.L. n. 132/2023 (L. n. 170/2023). È stato conseguentemente prorogato anche il termine per la trasmissione della richiesta di erogazione, da effettuarsi entro 120 giorni dal termine ultimo previsto per la conclusione dell’investimento (L. n. 197/2022, articolo 1, commi 414-415);
· dall’articolo 13 del D.L. n. 145/2023 (L. n. 191/2023) per 50 milioni di euro per il 2023;
· dalla legge di bilancio 2024 (L. n. 213/2023, articolo 1, comma 256) per 100 milioni di euro per l’anno 2024
· dalla legge di assestamento 2024, la quale, in virtù delle rimodulazioni verticali ivi operate all’interno dello stato di previsione del MIMIT, ha rifinanziato la dotazione della misura, iscritta sul cap. 7489/MIMIT per 200,7 milioni di euro l’anno 2024.
Nell’anno 2024, è stata anche resa operativa la cd. “Nuova Sabatini-ricapitalizzazione”, prevista dall’articolo 21, commi 1-5, D.L. n. 34/2019. Tali norme hanno previsto che i contributi statali in conto impianti già disciplinati per la Nuova Sabatini, potessero essere riconosciuti anche in favore delle micro, piccole e medie imprese, costituite in forma societaria, impegnate in processi di capitalizzazione, che intendono realizzare un programma di investimento. A tale fine, il rifinanziamento dell’autorizzazione di spesa disposto dalla legge di bilancio 2019 (L. n. 145/2019) per il contributo statale in conto impianti della “Nuova Sabatini” è stata integrato di euro di 10 milioni per l’anno 2019, di 15 milioni per ciascuno degli anni dal 2020 al 2023 e di 10 milioni per l’anno 2024. L’operatività della “Nuova Sabatini -ricapitalizzazione” ha preso avvio solo nel 2024. Il decreto interministeriale attuativo, D.M. 19 gennaio 2024, n. 43, ha stabilito le caratteristiche del programma di investimento, le modalità e i termini per l’esecuzione del piano di capitalizzazione, nonché le cause e le modalità di revoca del contributo per la capitalizzazione nel caso di mancato rispetto degli impegni assunti. La successiva circolare direttoriale 22 luglio 2024, n. 1115 (integrativa e modificativa della circolare n. 410823, del 6 dicembre 2022) ha definito le caratteristiche dell’aumento di capitale sociale, nonché le modalità e i termini di presentazione delle domande per la concessione e l’erogazione del contributo in conto impianti, il cui ammontare è determinato in misura pari al valore degli interessi calcolati, in via convenzionale, su un finanziamento della durata di cinque anni e di importo uguale all’investimento, ad un tasso d’interesse annuo del:
- 5% per le micro e piccole imprese;
- 3,575% per le medie imprese.
Le disposizioni della circolare si applicano alle domande presentate a partire dal 1° ottobre 2024.
Articolo 76
(Interventi in materia di banda ultra larga)
L’articolo 76 prevede la facoltà di concedere contributi a favore dei soggetti attuatori che ne facciano motivata richiesta, per il completamento degli interventi di realizzazione e gestione della banda ultra larga nelle zone bianche, con la previsione che eventuali risorse eccedenti l’effettivo fabbisogno sono versate all’entrata del bilancio dello Stato e restano acquisite. Le modalità di concessione dei contributi sono demandate ad un decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy, da adottare di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze.
L’articolo 76 prevede interventi pari a 220 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2027 al 2029, per un importo totale di 660 milioni di euro nell’intero periodo. Conseguentemente, come riportato dal prospetto riepilogativo degli effetti finanziari, sono autorizzate, per il 2027, in competenza e in cassa, spese per 220 milioni di euro, sul capitolo 7390 dello stato di previsione del Ministero delle imprese e del made in Italy.
L'articolo 76, composto da un comma, prevede che con decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze possono essere concessi contributi fino a 220 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2027 al 2029, sulla base di motivate esigenze rappresentate dal soggetto attuatore, volti al completamento degli interventi di realizzazione e gestione di una infrastruttura passiva a banda ultra larga nelle zone bianche del territorio nazionale, ovvero aree soggette a fallimento di mercato, dove i costi di sviluppo delle infrastrutture non sono economicamente redditizi, per cui sono di conseguenza assenti interventi di investimento di operatori privati.
A tale riguardo, la relazione tecnica specifica che la disposizione è volta a consentire il riequilibrio dei Piani economico-finanziari delle concessioni aventi ad oggetto la progettazione, costruzione e gestione di una infrastruttura passiva a banda ultra larga di proprietà pubblica nelle aree bianche del territorio nazionale, a seguito di eventi, imprevisti e imprevedibili, che hanno significativamente inciso sul valore attuale netto degli investimenti, nonché dei costi e dei ricavi del progetto originario.
A tale riguardo, si segnala che anche il Piano Banda Ultra Larga prevedeva l’opzione dell’apertura della procedura per il riequilibrio del piano da parte dei soggetti in causa, nel caso specifico Infratel e Open Fiber, per cause di forza maggiore, non riconducibili quindi a responsabilità del concessionario (inflazione, caro materiali, necessità di costruire una rete più lunga, etc.).
La tecnologia 5G, la quinta generazione di connessione radiomobile, consente un forte miglioramento della qualità della connettività rispetto agli standard precedenti e permette interazioni che richiedono tempi di latenza ridottissimi.
Preliminare allo sviluppo di questa tecnologia è quello della banda ultra larga, per cui già dalla XVII legislatura sono stati attuati una serie di interventi pubblici, con risorse sia nazionali sia dell'UE, ricompresi nella Strategia per la crescita digitale 2014-2020, della Strategia italiana per la banda ultra larga e della nuova Strategia italiana per la banda ultra larga "Verso la Gigabit Society". Vi sono stati anche interventi precedenti, come il Piano Nazionale Banda Larga, nato nel 2009 dall’esigenza di adottare un’unica strategia nazionale per abbattere il digital divide, e che risponde al primo obiettivo dell’Agenda Digitale Europea, ovvero di “garantire a tutti i cittadini una copertura del servizio di connettività a banda larga (da 2 a 20 Mbps)”.
Nel dettaglio, si ricorda che nel 2015 è stata approvata la Strategia italiana per la banda Ultra larga, ed è stato lanciato, l’anno successivo, il Piano Nazionale Banda Ultra larga, che si proponeva di portare la connessione a Internet a banda ultra larga (minimo 100 Mbps) a tutta la popolazione italiana entro il 2026, con un focus particolare sulle aree a fallimento di mercato, quindi aree rurali e meno sviluppate che non risultavano coperte in maniera autonoma dagli operatori e in cui gli stessi non avevano programmato investimenti nel triennio successivo alle rilevazioni.
A seguito dell’approvazione della strategia, è stato avviato, tra gli altri, il Piano “Aree Bianche”, che ha l’obiettivo di portare connessioni BUL nelle zone in cui non è presente nessun operatore di telecomunicazioni, e corrispondenti a circa 7,4 milioni di Unità Immobiliari (UI), dei quali circa due terzi (6,3 milioni) in fibra e i rimanenti (2,1) in tecnologia radio Fixed Wireless Access (FWA).
Il piano è posto sotto il controllo del Ministero delle imprese e del made in Italy e finanziato prevalentemente con i fondi strutturali europei FESR e FEASR, nonché con il fondo nazionale FSC.
Le attività di presidio strategico del Piano sono in capo al Comitato Interministeriale per la Transizione Digitale (CITD), a cui sono attribuiti compiti di coordinamento e monitoraggio dell’attuazione delle iniziative relative alla Strategia per la banda Ultra larga. Le attività operative e di vigilanza sono invece a capo del soggetto attuatore Infratel Italia S.p.A.
L’attività operativa del Piano Nazionale Banda Ultra larga è stata avviata nel 2016 da Infratel con la pubblicazione dei primi due bandi di gara per la Costruzione e successiva Gestione in Concessione di una rete pubblica a banda Ultra larga (Gara 1 per le regioni Abruzzo, Molise, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana e Veneto e Gara 2 per le regioni Piemonte, Val d’Aosta, Liguria, Friuli Venezia Giulia, Prov. Trento, Marche, Umbria, Lazio, Campania, Basilicata e Sicilia seguiti da un terzo bando per le regioni Calabria, Puglia e Sardegna emesso nel corso del 2018. Tutte e 3 le gare sono state aggiudicate al Concessionario Open Fiber S.p.A.; le prime due a luglio e novembre 2017 e la terza ad aprile 2019.
Nel 2022, il Piano banda Ultra larga è stato aggiornato con l’approvazione della Strategia italiana per la banda ultra larga "Verso la Gigabit Society", che definisce le azioni necessarie al raggiungimento degli obiettivi di trasformazione digitale indicati dalla Commissione europea nel 2016 e nel 2021 – rispettivamente con la Comunicazione sulla Connettività per un mercato unico digitale europeo (cd. Gigabit Society) e la Comunicazione sul decennio digitale (cd. "Digital compass" o "bussola digitale") per la trasformazione digitale dell'Europa entro il 2030.
La nuova strategia prevede inoltre il completamento del Piano “Aree bianche” a fronte delle criticità rilevate nel corso dell’attuazione dello stesso, dovute a una molteplicità di fattori quali il ritardo nella concessione di permessi, di autorizzazioni a livello locale e, quindi, nel passaggio alla progettazione esecutiva.
I dati sullo stato di avanzamento del Piano Banda Ultra larga sono disponibili nella Relazione al 31 dicembre 2023. In particolare, per quanto riguarda le aree bianche, risultavano coperte in FTTH circa 3,4 milioni di abitazioni (il 54% del target finale) e 18.616 sedi PA e aree industriali (il 62%), oltre a 437.000 unità immobiliari in fase di collaudo (7%) e più di 2,2 milioni in fase di lavorazione (36%).
A tale riguardo, si segnala che a marzo 2024, l’analisi del collegio del controllo concomitante della Corte dei conti, approvata con delibera 4/2024/CCC, sullo stato di avanzamento del Piano “Aree Bianche”, ha rilevato un “sensibile ritardo nella realizzazione delle infrastrutture digitali per la connettività di circa 8,4 milioni abitazioni in Italia, con una dilatazione dei tempi medi delle fasi procedurali e uno spostamento in avanti della concreta attuazione rispetto alle scadenze originarie”.
Per ulteriori approfondimenti, si rimanda all’apposito tema sul sito della Camera.
Articolo 77
(Credito d'imposta per investimenti nella Zona economica speciale per il Mezzogiorno – ZES unica)
L’articolo 77, comma 1, estende al 2025 il credito d’imposta nella Zona Economica Speciale unica (ZES unica) con riferimento ad investimenti realizzati dal 1° gennaio al 15 novembre 2025. Il medesimo comma fissa a 1,6 miliardi per il 2025 il limite di spesa per il riconoscimento di tale credito d’imposta.
Il comma 2 pone in capo agli operatori economici interessati specifici obblighi di comunicazione all’Agenzia delle entrate circa le spese ammissibili. Con ulteriore comunicazione integrativa all’Agenzia delle entrate, corredata dalla documentazione indicata dalla disposizione in esame, i richiedenti devono attestare, a pena di rigetto della comunicazione, l’avvenuta realizzazione degli investimenti precedentemente comunicati. Il comma 3 demanda ad un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate la definizione dei profili attuativi inerenti ai suddetti obblighi di comunicazione. Il comma 4 reca disposizioni che mirano ad assicurare il rispetto del limite di spesa fissato dal comma 1. Si prevede, infatti, che il credito maturato da ciascun beneficiario debba essere moltiplicato per una percentuale, ottenuta secondo specifici criteri, notificata con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate. Il comma 5 specifica ulteriori contenuti della predetta notifica del direttore dell’Agenzia delle entrate. Il comma 6 dispone in ordine al caso in cui il credito d'imposta indicato dal provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate risulti inferiore a quello massimo riconoscibile.
Il comma 7 specifica la disciplina applicabile per tutto quanto non previsto dalle disposizioni in esame.
L’articolo 77 comporta oneri a carico della finanza pubblica per 1.600 milioni di euro per l’anno 2025, pari al limite di spesa fissato dal comma 1 per il riconoscimento del credito d’imposta ZES unica per il medesimo anno 2025.
L’articolo 77, comma 1, estende al 2025 il credito d’imposta per investimenti realizzati dal 1° gennaio al 15 novembre 2025 nella Zona Economica Speciale unica (ZES unica).
A tal fine il comma in esame propone modifiche ai commi 1, 4 e 6 dell'articolo 16 del decreto-legge n. 124 del 2023 (convertito dalla legge n. 162 del 2023) che ha introdotto la disciplina del credito d’imposta ZES unica per l’anno 2024.
Si segnala che la disciplina del credito d’imposta in esame è stata da ultimo modificata dall’art. 8 del decreto-legge n. 155 del 2024, il cui disegno di legge di conversione (A.S. n. 1274) è stato presentato in Senato il 19 ottobre 2024. Al momento della presentazione alla Camera dei deputati del disegno di legge di bilancio in esame, l’iter di conversione del suddetto decreto-legge n. 155 non era quindi concluso.
Sintesi della disciplina del credito d’imposta ZES unica per il 2024 (art. 16 DL 124/2023; art. 1 DL 113/2024; art. 8 DL 155/2024)
L’articolo 16 del decreto-legge n. 124 del 2023 ha introdotto, per l’anno 2024, il credito di imposta per investimenti nella ZES unica, nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato, a favore delle imprese che effettuano l'acquisizione dei beni strumentali indicati nel comma 2 del medesimo articolo, destinati a strutture produttive ubicate nelle zone assistite delle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e Molise. Il comma 3 dell’articolo 16 individua i settori esclusi dall’agevolazione, il comma 4 indica i criteri di determinazione della misura del contributo, il quale è commisurato alla quota del costo complessivo dei beni indicati nel comma 2 acquistati o, in caso di investimenti immobiliari di cui al citato comma 2, realizzati dal 1° gennaio 2024 al 15 novembre 2024 nel limite massimo, per ciascun progetto di investimento, di 100 milioni di euro. Il comma 5 specifica la base giuridica europea per la compatibilità della misura e il comma 6 stabilisce che il credito di imposta per investimenti nella ZES unica è riconosciuto nel limite di spesa complessivo di 1.800 milioni di euro per l'anno 2024. Gli importi sono versati alla contabilità speciale n. 1778 intestata all'Agenzia delle entrate. Il comma rinvia quindi a un decreto del Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, per la definizione delle modalità di accesso al beneficio, nonché i criteri e le modalità di applicazione e di fruizione del credito d'imposta e dei relativi controlli, anche al fine di assicurare il rispetto del limite di spesa di cui al primo periodo (si veda il decreto del Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR 17 maggio 2024, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 117 del 21 maggio 2024).
La disciplina del credito d’imposta ZES unica è stata modificata dall’articolo 1 del decreto-legge n. 113 del 2024 (convertito dalla legge n. 143 del 2024) che ha integrato le modalità per l’erogazione del contributo sotto forma di credito di imposta per la realizzazione di investimenti nella ZES unica. In particolare, tale articolo dispone che, a pena di decadenza dall’agevolazione, gli operatori economici che hanno presentato la comunicazione di cui all’articolo 5, comma 1, del decreto del Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR 17 maggio 2024, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 117 del 21 maggio 2024, inviano dal 18 novembre 2024 al 2 dicembre 2024 all’Agenzia delle entrate una comunicazione integrativa attestante l’avvenuta realizzazione entro il termine del 15 novembre 2024 degli investimenti indicati nella comunicazione presentata ai sensi del predetto articolo 5, comma 1.
Per una illustrazione di tale articolo, si rinvia al Dossier di documentazione curato dai Servizi studi della Camera e del Senato.
Da ultimo, l’articolo 8 del decreto-legge n. 155 del 2024 ha novellato l’articolo 1, del decreto-legge n. 113 del 2024, prevedendo che mediante la comunicazione integrativa di cui al primo periodo del comma 1 del medesimo articolo 1, possono essere indicati anche investimenti realizzati nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2024 e il 15 novembre 2024, ulteriori rispetto a quelli risultanti dalla comunicazione presentata ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del citato decreto ministeriale 21 maggio 2024 (v. sopra), ovvero di importo superiore rispetto a quello risultante dalla citata comunicazione, unitamente all’ammontare del maggior credito d’imposta maturato e alla documentazione probatoria di cui al secondo periodo.
Per approfondimenti, si veda il relativo dossier di documentazione curato dai Servizi studi della Camera e del Senato.
Si rammenta, infine, per completezza di informazione, che il decreto-legge n. 63 del 2024 recante “Disposizioni urgenti per le imprese agricole, della pesca e dell’acquacoltura, nonché per le imprese di interesse strategico nazionale” ha introdotto nel decreto-legge n. 124 del 2023, l’art. 16-bis, rubricato “Credito d'imposta per investimenti nella ZES unica per il settore della produzione primaria di prodotti agricoli e della pesca e dell'acquacoltura”.
La lettera a) del comma 1 integra l’articolo 16, comma 1, del decreto-legge n. 124 del 2023, inserendo il riferimento all’anno 2025 per la fruizione del credito d’imposta ZES unica.
La lettera b) integra l’articolo 16, comma 4. Come accennato (v. box), tale comma stabilisce che il credito d'imposta ZES unica è commisurato alla quota del costo complessivo dei beni indicati nel comma 2 acquistati o, in caso di investimenti immobiliari di cui al citato comma 2, realizzati dal 1° gennaio 2024 al 15 novembre 2024 nel limite massimo, per ciascun progetto di investimento, di 100 milioni di euro. Con la novella in esame si inserisce il riferimento ai beni acquistati o investimenti immobiliari realizzati dal 1° gennaio 2025 al 15 novembre 2025 per la fruizione del credito d’imposta per l’anno 2025.
La lettera c) modificando il comma 6 dell’articolo 16 introduce un limite di spesa pari a 1.600 milioni di euro per l'anno 2025.
Si segnala che l'articolo 72, comma 4, dispone che le risorse disponibili di cui all’articolo 1, comma 167, della L. n. 178/2020 (relative alla agevolazione contributiva per l’occupazione in aree svantaggiate cd. “Decontribuzione Sud”) concorrono alla copertura finanziaria di tali oneri.
Il comma 2 stabilisce che gli operatori economici, ai fini della fruizione del credito d’imposta per il 2025:
§ comunichino all'Agenzia delle entrate – tra ill 31 marzo 2025 e il 30 maggio 2025 - l'ammontare delle spese ammissibili sostenute a partire dal 16 novembre 2024 e quelle che prevedono di sostenere fino al 15 novembre 2025;
§ trasmettano all'Agenzia delle entrate, a pena di decadenza dall'agevolazione – tra il 18 novembre 2025 e il 2 dicembre 2025 - una comunicazione integrativa attestante l'avvenuta realizzazione entro il termine del 15 novembre 2025 degli investimenti indicati nella comunicazione precedentemente presentata.
Giova rammentare che l’articolo 1 del decreto-legge 9 agosto 2024, n. 113, ha previsto che tutti gli operatori economici che hanno presentato la comunicazione dal 12 giugno al 12 luglio 2024 (“comunicazione originaria”) hanno dovuto inviare all’Agenzia delle entrate dal 18 novembre al 2 dicembre 2024 (date che corrispondono al giorno e al mese del 2025 nella nuova disciplina) la comunicazione integrativa, attestante l’avvenuta realizzazione degli investimenti previsti, indicati nella comunicazione originaria già presentata. La comunicazione integrativa deve essere presentata anche se la comunicazione originaria reca l’indicazione di investimenti agevolabili e già realizzati alla data di trasmissione della medesima comunicazione.
Si prevede che la suddetta comunicazione integrativa debba altresì indicare:
§ l'ammontare del credito di imposta maturato in relazione agli investimenti effettivamente realizzati, corredato dalle relative fatture elettroniche e dagli estremi della certificazione circa l'effettivo sostenimento delle spese ammissibili e la corrispondenza delle stesse alla documentazione contabile, di cui al già menzionato decreto 17 maggio 2024;
A tale riguardo si rammenta che in base all'art. 7, comma 14, del citato dm 17 maggio 2024, ai fini del riconoscimento del credito d'imposta, l'effettivo sostenimento delle spese ammissibili e la corrispondenza delle stesse alla documentazione contabile predisposta dall'impresa devono risultare da apposita certificazione rilasciata dal soggetto incaricato della revisione legale dei conti.
§ un ammontare di investimenti effettivamente realizzati non superiore a quello riportato nella prima comunicazione inviata agli uffici fiscali.
Il comma 3 demanda ad un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate l’approvazione dei modelli da utilizzare per le suddette comunicazioni e la definizione delle relative modalità di trasmissione telematica. Tale provvedimento deve essere emanato entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge di bilancio.
Si rammenta che, ai fini della fruizione del beneficio per l’anno 2024, il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 9 settembre 2024 ha approvato il modello di comunicazione integrativa di cui all’articolo 1 del decreto-legge 9 agosto 2024, n. 113, attestante l’avvenuta realizzazione entro il termine del 15 novembre 2024 degli investimenti nella ZES unica, con le relative istruzioni e definizione delle modalità di trasmissione telematica, da presentare a pena di decadenza dal contributo sotto forma di credito d’imposta di cui all’articolo 16 del decreto-legge 19 settembre 2023, n. 124
Il comma 4 reca disposizioni che mirano ad assicurare il rispetto del limite di spesa pari, come detto, a 1.600 milioni di euro per l'anno 2025. Si prevede, infatti, che l'ammontare massimo del credito d'imposta, fruibile da ciascun beneficiario, debba essere pari all'importo del credito d'imposta risultante dalla comunicazione integrativa moltiplicato per un fattore percentuale notificato con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate. Tale percentuale è ottenuta rapportando il limite di spesa all'ammontare complessivo dei crediti d'imposta indicati nelle comunicazioni integrative.
Tale ulteriore provvedimento del direttore dell’Agenzie delle entrate deve essere emanato entro dieci giorni dalla scadenza del termine di presentazione delle comunicazioni integrative.
Il comma 5 stabilisce che il suddetto provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate renda noto, altresì:
a) il numero delle comunicazioni inviate entro i termini previsti;
b) la tipologia di investimenti realizzati entro la data del 15 novembre 2025;
c) l'ammontare complessivo del credito d'imposta complessivamente richiesto.
Tali dati devono essere dettagliati per ciascuna regione della Zona economica speciale per il Mezzogiorno e distinguendo ciascuna delle categorie di microimprese, di piccole imprese, di medie imprese e di grandi imprese come definite dalla Carta degli aiuti a finalità regionale 2022-2027.
Qualora (comma 6) il credito d'imposta indicato dal provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate risulti inferiore a quello massimo riconoscibile nelle zone assistite delle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e Molise, ammissibili alle deroghe, il Ministero delle imprese e del made in Italy e le regioni della Zona economica speciale per il Mezzogiorno – ZES unica comunicano, entro il 15 gennaio 2026; al Dipartimento per le politiche di coesione e il Sud della Presidenza del Consiglio dei ministri, la possibilità di agevolare i medesimi investimenti a valere sulle risorse dei programmi della politica di coesione europea relativi al periodo di programmazione 2021-2027 di loro titolarità.
Rimane fermo quanto previsto dal comma 5, secondo periodo, dell’art. 16 del decreto-legge n. 124 del 2023, il quale stabilisce che il credito d'imposta in esame è cumulabile con aiuti de minimis e con altri aiuti di Stato che abbiano ad oggetto i medesimi costi ammessi al beneficio, a condizione che tale cumulo non porti al superamento dell'intensità o dell'importo di aiuto più elevati consentiti dalle pertinenti discipline europee di riferimento.
Il comma 7 dispone l’applicabilità del più volte richiamato decreto 17 maggio 2024 per tutto quanto non espressamente previsto dalle disposizioni in esame.
L’articolo 78 dispone una autorizzazione di spesa al fine di contribuire al finanziamento delle esigenze connesse allo svolgimento delle celebrazioni del Giubileo della Chiesa cattolica per il 2025 e dispone, inoltre, un incremento dell’autorizzazione di spesa per l’anno 2025 al fine di permettere il completamento degli interventi in conto capitale connessi allo svolgimento dell’evento.
La norma comporta una maggiore spesa complessiva di 88 milioni di euro per l’anno 2025, autorizzata per le finalità indicate dal comma 1, al fine di contribuire ai maggiori costi connessi alla celebrazione del Giubileo. Ulteriori oneri pari a 7 milioni di euro per l’anno 2025 sono dovuti all’incremento dell’autorizzazione di spesa già vigente per interventi in conto capitale per il completamento degli interventi connessi allo svolgimento dell’evento.
Il comma 1, al fine di contribuire al finanziamento delle esigenze connesse allo svolgimento delle celebrazioni del Giubileo della Chiesa cattolica per il 2025, autorizza la spesa complessiva di 88 milioni di euro per l’anno 2025 per le seguenti finalità:
a) 37 milioni di euro per il finanziamento dei maggiori costi connessi all’organizzazione e all’allestimento dei grandi eventi giubilari a cura di Società Giubileo s.p.a.;
b) 16,5 milioni di euro connessi all’organizzazione e all’allestimento di eventi minori a cura di Roma Capitale;
c) 34,5 milioni di euro da assegnare alla Regione Lazio per il finanziamento dei maggiori costi connessi all’accoglienza dei pellegrini per le attività di competenza dell’ente.
Il comma 2 dispone, al primo periodo, un incremento di 7 milioni di euro per l’anno 2025 dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 488, secondo periodo, della L. n. 213/2023 (legge di bilancio 2024) al fine di permettere il completamento degli interventi di conto capitale connessi allo svolgimento dell’evento di cui al comma 1.
Si ricorda che il primo periodo del comma 488 dell’art. 1 della L. n. 213/2023 (legge di bilancio 2024), in relazione alle celebrazioni del Giubileo della Chiesa cattolica per il 2025, per la pianificazione e la realizzazione delle opere e degli interventi funzionali all'evento, anche con riferimento alle relative risorse umane, istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un fondo da ripartire di parte corrente con una dotazione pari a 75 milioni di euro nell'anno 2024, a 305 milioni di euro nell'anno 2025 e a 8 milioni di euro nell'anno 2026; nel predetto fondo confluiscono le risorse di cui all'art. 1, comma 420, secondo periodo, della L. n. 234/2021 (legge di bilancio 2022), pari a 10 milioni di euro per l'anno 2024, 70 milioni di euro per l'anno 2025 e 10 milioni di euro per l'anno 2026. In particolare, il secondo periodo del medesimo comma reca una autorizzazione di spesa, oggetto dell’incremento disposto dal comma in esame, per interventi di conto capitale nella misura di 50 milioni di euro per l'anno 2024, 70 milioni di euro per l'anno 2025 e 100 milioni di euro per l'anno 2026.
Il secondo periodo del comma in esame prevede che al riparto delle risorse di cui al primo periodo si provvede con il provvedimento e secondo le modalità di cui all' articolo 1, comma 422, della L. n. 234/2021 (legge di bilancio per il 2022).
Il comma 422 dell’art. 1 della L. n. 234/2021 (legge di bilancio per il 2022), come da ultimo modificato dall'art. 40, comma 2, lettera c), del D.L. n. 36/2022, stabilisce che il Commissario straordinario per il Giubileo 2025 predispone, sulla base degli indirizzi e del piano di cui all'art. 1, comma 645, della L. n. 178/2020 (legge di bilancio per il 2021), e nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente a tale scopo destinate, la proposta di programma dettagliato degli interventi (inclusi quelli relativi alla Misura M1C3-Investimento 4.3 del PNRR - Caput Mundi-Next Generation EU per grandi eventi turistici) connessi alle celebrazioni del Giubileo della Chiesa cattolica per il 2025, da approvare con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze.
Si ricorda che con il D.P.C.M. 15 dicembre 2022 è stato approvato il programma dettagliato degli interventi essenziali ed indifferibili connessi alle celebrazioni del Giubileo della Chiesa cattolica per il 2025. Con successivo D.P.C.M. 8 giugno 2023 sono stati modificati e rimodulati alcuni interventi essenziali ed indifferibili approvati con il citato D.P.C.M. 15 dicembre 2022. Con D.P.C.M. 29 gennaio 2024 è stata approvata la proposta di aggiornamento del programma dettagliato degli interventi connessi alle celebrazioni del Giubileo della Chiesa cattolica per il 2025. Con D.P.C.M. 15 febbraio 2024 è stata approvata una integrazione del programma dettagliato degli interventi connessi alle celebrazioni del Giubileo 2025, con riferimento a interventi di competenza della regione Lazio. Con D.P.C.M. 8 marzo 2024 è stato rimodulato l’intervento n. 122, ricompreso nell’Allegato 1 del D.P.C.M. 8 giugno 2023, che assume la denominazione di “Riqualificazione di piazza Risorgimento”. Con D.P.C.M. 10 aprile 2024 è stato approvato il piano delle azioni di intervento connesse con le celebrazioni del Giubileo, da finanziare a titolo di spesa corrente, contenuto nell’Allegato 1, parte integrante del citato D.P.C.M., recante l’“Elenco delle azioni per l’accoglienza dei pellegrini” per il Giubileo 2025. Infine, con il D.P.C.M. 11 giugno 2024 si è proceduto ad una complessiva rimodulazione del programma dettagliato degli interventi al fine di valutare, come sottolineato nella relazione tecnica al disegno di legge in esame, “le diverse esigenze in modo coordinato con i circa 330 interventi già inclusi nel programma dettagliato degli interventi”.
Per approfondimenti si rinvia alla pagina del sito della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Articolo 79
(Interventi a sostegno dello sviluppo del settore turistico)
L’articolo 79 prevede la concessione di agevolazioni finanziarie a sostegno degli investimenti privati al fine di sostenere lo sviluppo dell’offerta turistica sul territorio nazionale. I criteri, le condizioni e le modalità per la concessione di tali agevolazioni sono definiti attraverso l’adozione di un decreto interministeriale, da adottarsi entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge in esame.
La disposizione autorizza la spesa di 110 milioni di euro per l’anno 2025 al fine di sostenere lo sviluppo dell’offerta turistica sul territorio nazionale.
Nello specifico, il comma 1 dell'articolo in esame prevede che, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, sia adottato un decreto del Ministro del turismo, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e in accordo con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano. Tale decreto stabilirà i criteri, le condizioni e le modalità per concedere agevolazioni finanziarie a supporto degli investimenti privati e per la realizzazione di interventi complementari e funzionali a tali investimenti. L'obiettivo è sostenere lo sviluppo dell'offerta turistica a livello nazionale, favorendo anche:
· la destagionalizzazione dei flussi turistici;
· la digitalizzazione dell'ecosistema turistico;
· le filiere turistiche;
· gli investimenti nel rispetto dei principi ESG (Environment, Social, Governance, ovvero i tre pilastri della sostenibilità che contribuiscono al raggiungimento di obiettivi globali come quelli dell'Agenda 2030 dell'ONU);
· il turismo sostenibile.
Il dettato normativo del comma 1 precisa che il predetto decreto interministeriale ha “natura regolamentare”.
Si segnala, tuttavia, che la relazione tecnica presentata dal Governo afferma il contrario, definendo “non regolamentare” la natura del decreto.
Il comma 2 specifica che il decreto di cui al comma 1 deve definire:
§ le attività, le iniziative, le categorie di imprese, il valore minimo degli investimenti e le spese ammissibili all’agevolazione, la misura e la natura finanziaria delle agevolazioni concedibili nei limiti consentiti dalla vigente normativa dell’Unione europea, nonché i criteri di valutazione dell’istanza di ammissione all’agevolazione (lett. a));
§ le modalità di accesso alle agevolazioni, anche prevedendo specifiche procedure dirette al sostegno di programmi di particolare rilevanza strategica per lo sviluppo dell’offerta turistica (lett. b));
§ le modalità di cooperazione con le regioni e gli enti locali interessati, ai fini della gestione degli interventi previsti e dell’apporto di eventuali risorse aggiuntive da parte delle regioni, nonché rispetto alla programmazione e realizzazione di eventuali opere infrastrutturali pubbliche complementari e funzionali all’investimento privato, e la possibile integrazione con misure di intervento proprie o azioni e provvedimenti in grado di semplificare e accelerare la realizzazione dei programmi di investimento (lett. c)).
Ai sensi del comma 3 è possibile affidare ad Invitalia le funzioni relative alla gestione dell’intervento previsto dall’articolo in esame, comprese quelle relative alla ricezione, alla valutazione e all’approvazione delle domande di agevolazione, nonché alla concessione ed erogazione delle agevolazioni, al controllo, al monitoraggio e all’eventuale rafforzamento della capacità amministrativa necessaria all’attuazione dell’intervento. L’affidamento può avvenire con le modalità stabilite da apposita convenzione e Invitalia può avvalersi di Enit s.p.a.
L’articolo 25 del D.L. n. 44/2023 ha autorizzato il Ministero del turismo a costituire una società per azioni denominata ENIT s.p.a. avente ad oggetto l'attività di supporto e promozione dell'offerta turistica nazionale. La società in house, costituita con decreto del Ministro del Turismo del 29 novembre 2023 è subentrata all’ente pubblico ENIT - Agenzia nazionale del turismo.
Secondo la relazione illustrativa presentata dal Governo, il comma 3 specificherebbe che gli oneri connessi all’espletamento delle predette attività sono posti a carico delle risorse destinate all’intervento, “nel limite massimo del 2 per cento delle medesime e parametrate al supporto fornito”. Si segnala, tuttavia, che tale limite non figura all’interno del dettato normativo del comma in esame.
Il comma 4 dispone che, per le finalità previste dal comma 3 è autorizzata la spesa di 1 milione di euro per il 2025 a valere sulle risorse stanziate ai sensi del comma 6, il quale autorizza, per le finalità previste dall’articolo, la spesa di 110 milioni di euro per il 2025.
Secondo la relazione tecnica del Governo, si prevede di riconoscere le agevolazioni di cui al comma 1 sotto forma di contributo a fondo perduto per una quota fino a 60 milioni di euro, con conseguente impatto di pari ammontare in termini di indebitamento netto.
Infine, ai sensi del comma 5, la vigilanza sulle funzioni affidate ad Invitalia ai sensi del comma 3 è effettuata dal Ministero del turismo, che può definire con apposite direttive gli indirizzi operativi per la gestione dell’intervento previsto dall’articolo in esame.
Articolo 80
(Disposizioni relative alla operatività della società
Autostrade dello Stato)
L’articolo 80 definisce, attraverso una integrazione all’articolo 2, comma 2-decies, del decreto-legge n. 121 del 2021, la procedura per il trasferimento delle partecipazioni detenute da ANAS spa nelle società: Concessioni Autostradali Venete – CAV S.p.A., Autostrada Asti Cuneo S.p.A., Società Italiana per Azioni per il Traforo del Monte Bianco, Società Italiana Traforo Autostradale del Fréjus – SITAF S.p.A, da attuarsi tramite due diverse operazioni straordinarie di scissione, prima da ANAS alla società FS e successivamente da quest’ultima in favore della società Autostrade dello Stato Spa. Per dette operazioni di scissione è escluso ogni conguaglio in denaro.
L’articolo 80 non comporta oneri a carico della finanza pubblica.
Il comma 1 dell’articolo 80 interviene sull’articolo 2 del decreto-legge n. 121 del 2021, il quale, ai commi 2-sexies e seguenti, disciplina la società cui sono trasferite, con riferimento alle autostrade stradali a pedaggio, le funzioni e le attività attribuite dalle vigenti disposizioni alla società ANAS S.p.A..
Si ricorda che l’articolo 2, commi da 2-sexies a 2-sexiesdecies, del decreto-legge n. 121 del 2021, reca norme finalizzate all’esercizio dell’attività di gestione delle autostrade statali in regime di concessione mediante affidamenti in house. In particolare viene prevista la costituzione di una nuova società (controllata interamente dal Ministero dell'economia e delle finanze e soggetta al controllo analogo del Ministero delle infrastrutture) a cui sono trasferite, con esclusivo riguardo alle autostrade statali a pedaggio, le funzioni e le attività attribuite dalle vigenti disposizioni ad ANAS S.p.A.
Il comma 2-sexies, per l’esercizio dell’attività di gestione delle autostrade statali in regime di concessione mediante affidamenti in house, autorizza la costituzione di una nuova società:
? interamente controllata dal Ministero dell’economia e delle finanze (MEF);
? e soggetta al controllo analogo del Ministero delle infrastrutture.
Il comma 2-septies prevede l’emanazione di un apposito D.P.C.M. – adottato su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro delle infrastrutture– finalizzato a disciplinare la costituzione e il funzionamento della nuova società in questione.
Viene infatti previsto che tale decreto dovrà definire:
- l’atto costitutivo e lo statuto sociale;
- nominare gli organi sociali per il primo periodo di durata in carica, anche in deroga alle disposizioni di cui al D.Lgs. 175/2016;
- stabilire le remunerazioni degli stessi organi ai sensi dell’art. 2389, primo comma, del codice civile;
- definire i criteri, in riferimento al mercato, per la remunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche da parte del consiglio di amministrazione ai sensi dell'art. 2389, terzo comma, del codice civile, in deroga dall'art. 23-bis del D.L. 201/2011.
Il comma 2-octies prevede l’emanazione di un decreto ministeriale – adottato dal Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze – con cui sono definiti i contenuti e le modalità di esercizio del controllo analogo.
Il comma 2-novies attribuisce alla nuova società la facoltà, nei limiti delle risorse disponibili, di:
- stipulare apposite convenzioni, anche a titolo oneroso, con società direttamente o indirettamente controllate dallo Stato ai fini dell’assistenza tecnica, operativa e gestionale;
- costituire ovvero acquisire partecipazioni in società di gestione di autostrade statali, secondo le modalità e le procedure definite dal decreto ministeriale di cui al comma 2-octies nonché dallo statuto.
Il comma 2-decies prevede che, a decorrere dalla data di efficacia del decreto previsto dal comma 2-septies, con esclusivo riguardo alle autostrade statali a pedaggio, le funzioni e le attività attribuite dalle vigenti disposizioni ad ANAS S.p.A. sono trasferite alla nuova società di cui trattasi.
Più in dettaglio, anche al fine di agevolare una più immediata operatività della società di cui al suddetto comma 2-sexies ed a completamento dell’iter di adeguamento della concessione ANAS-MIT, nonché di raggiungere in maniera efficace le finalità sottese alle citate disposizioni di riferimento, il comma 1 prevede che ANAS S.p.A. sia autorizzata ad assegnare al socio unico Ferrovie dello Stato Italiane (FSI) S.p.A., attraverso scissione ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 2506, 2506-bis, 2506-ter e 2505 del codice civile, parte del proprio patrimonio costituito dalle partecipazioni azionarie dalla stessa detenute nelle società Concessioni Autostradali Venete (CAV) S.p.A., Autostrada Asti Cuneo S.p.A., Società Italiana per Azioni per il Traforo del Monte Bianco, Società Italiana Traforo Autostradale del Fréjus (SITAF) S.p.A. Al contempo si prevede che Ferrovie dello Stato S.p.A., a sua volta, sia autorizzata ad assegnare, attraverso successiva scissione, alla società Autostrade dello Stato S.p.A. il patrimonio ricevuto da ANAS S.p.A.
Le operazioni suddette possono essere poste in essere anche in deroga, ove necessario, delle disposizioni istitutive delle predette società o delle diverse disposizioni di legge, statutarie, convenzionali o pattizie, sia escluso ogni conguaglio in denaro o in natura, nonché che gli atti connessi alle medesime operazioni sono esenti da imposizione fiscale, diretta o indiretta, e da tasse.
[1] Per un’illustrazione della riforma e dei vari passaggi che hanno portato a elaborarla, si rinvia alla documentazione dei Servizi studi della Camera e del Senato.
[2] Per un’illustrazione del Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029, si rinvia alla Documentazione di finanza pubblica n. 13 curata dai Servizi studi del Senato e della Camera.
[3] Con riferimento all’incremento degli importi riconosciuti in detrazione, si vedano anche: art. 14 dl n. 63 del 2014 e art. 1 co. 344 e 345 l. n. 266 del 2006 (ecobonus); art. 16 co. da 1-bis a 1-septies dl n. 63 del 2013 (sismabonua); art. 16, co. 1, dl n. 63 del 2013 e art. 1, co.219 l. 160 del 2019 (riqualificazione edilizia); art. 119-ter dl 34 del 2020 (abbattimento barriere architettoniche); Art. 119, co. 8-bis d-l. n. 34 del 2020 (superbonus).
[4] Tra le spese sostenute di cui al co. 1 dell’articolo 16-bis sono comprese quelle di progettazione e per prestazioni professionali connesse all'esecuzione delle opere edilizie e alla messa a norma degli edifici ai sensi della legislazione vigente in materia.
[5] Misure urgenti per la crescita del Paese.
[6] Si tratta in particolare delle modalità di individuazione dei titolari del beneficio, tenendo conto dell'età dei cittadini, dei trattamenti pensionistici e di altre forme di sussidi e trasferimenti già ricevuti dallo Stato, della situazione economica del nucleo familiare, dei redditi conseguiti, nonché di eventuali ulteriori elementi atti a escludere soggetti non in stato di effettivo bisogno. Il decreto ha poi definito l'ammontare del beneficio unitario, le modalità e i limiti di utilizzo del fondo e di fruizione del beneficio, da erogare sulla base di procedure di competenza dei Comuni di residenza e le modalità e le condizioni di accreditamento degli esercizi commerciali che aderiscono a Piani di contenimento dei costi dei generi alimentari di prima necessità.
[7] Il comma 6 dell’articolo 58 del DL. 104/2020 che ha introdotto misure urgenti per il sostegno ed il rilancio dell’economia, con specifico riferimento al Fondo per la filiera della ristorazione, ha previsto la possibilità per il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali di stipulare, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, per l’erogazione del contributo in esame, apposite convenzioni con concessionari di servizi pubblici che risultino dotati di una rete di sportelli capillare su tutto il territorio nazionale; abbiano disponibilità di piattaforme tecnologiche e infrastrutture logistiche integrate; abbiano l’identificazione come Identity Provider e la qualifica di Certification Authority accreditata dall'Agenzia per l'Italia digitale; possano vantare un’esperienza pluriennale nella ricezione, digitalizzazione e gestione delle istanze e dichiarazioni alla pubblica amministrazione e nei servizi finanziari di pagamento. Ciò al fine di permette ai beneficiari convenzionati di accedere alla piattaforma digitale denominata “piattaforma della ristorazione”, presso gli sportelli del concessionario convenzionato.
[8] Si ricorda che, in base al suddetto articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165, per "amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300", nonché (fino ad una revisione organica della disciplina di settore) il CONI.
[9] Quest'ultimo (il cosiddetto personale in regime di diritto pubblico) è individuato dall'articolo 3 del citato D.Lgs. n. 165 del 2001.
[10] La norma in esame richiama l'articolo 47, comma 2, del citato D.Lgs. n. 165 del 2001, e successive modificazioni, il quale, a sua volta, fa riferimento ai comitati di settore previsti dall'articolo 41, comma 2, del medesimo D.Lgs. n. 165, e successive modificazioni; questi ultimi sono: un comitato di settore costituito nell'ambito della Conferenza delle regioni e delle province autonome, il quale esercita la competenza suddetta con riferimento alle regioni, ai relativi enti dipendenti e alle amministrazioni del Servizio sanitario nazionale; un comitato di settore costituito nell'ambito dell'Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI), dell'Unione delle Province d'Italia (UPI) e dell'Unioncamere, il quale esercita la competenza suddetta con riferimento ai dipendenti degli enti locali, delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e dei segretari comunali e provinciali.
Si ricorda che gli atti di indirizzo definiti da ciascuno dei suddetti tre comitati sono sottoposti (ai sensi del citato articolo 47, comma 2) al Governo, il quale, nei successivi venti giorni, può esprimere le sue valutazioni, relative alla compatibilità con le linee di politica economica e finanziaria nazionale. Trascorso inutilmente tale termine, l'atto di indirizzo può essere inviato all'ARAN.
[11] Ai sensi del quale per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. Lo stesso comma 2 dell’articolo 1 del decreto legislativo n. 165/2001 (Testo unico sul pubblico impiego) prevede che le disposizioni di tale decreto si applichino anche al CONI fino alla revisione organica della disciplina di settore.
[12] Definiti in applicazione dell’art. 48, comma 1, D.Lgs 165/2001 in base al quale il Ministero dell’economia e delle finanze, in coerenza con i parametri previsti dagli strumenti di programmazione e di bilancio, quantifica l'onere derivante dalla contrattazione collettiva nazionale a carico del bilancio dello Stato con apposita norma da inserire nella legge di bilancio.
[13] In base all’art. 47-bis, comma 2, del D.Lgs. 165/2001, a decorrere dal mese di aprile dell'anno successivo alla scadenza del contratto collettivo nazionale di lavoro, qualora lo stesso non sia ancora stato rinnovato, è riconosciuta ai dipendenti dei rispettivi comparti di contrattazione, nella misura e con le modalità stabilite dai contratti nazionali, e comunque entro i limiti previsti dalla legge finanziaria in sede di definizione delle risorse contrattuali, una copertura economica che costituisce un'anticipazione dei benefici complessivi che saranno attribuiti all'atto del rinnovo contrattuale.
[14] Ai sensi dell’art. 48, c. 2, del D.Lgs. 165/2001.
[15] Sempre in applicazione del richiamato art. 48, c. 1, del D.Lgs. 165/2001.
[16] Il richiamato articolo 116 della legge n. 388 del 200 reca misure per favorire l’emersione del lavoro irregolare.
[17] Il citato articolo 30 del decreto-legge n. 19 del 2024 reca misure per il rafforzamento dell'attività di accertamento e di contrasto delle violazioni in ambito contributivo.
[18] Ai sensi dell’articolo 24, comma 10, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni; tali requisiti sono suscettibili di futuri adeguamenti in base all’evoluzione della speranza di vita (cfr. il comma 12 del medesimo articolo 24, e successive modificazioni). Riguardo ai requisiti inerenti alla quota 103, si rinvia alla scheda relativa al successivo articolo 24, comma 2.
[19] In base al suddetto comma 287, è stato emanato il D.M. attuativo del 21 marzo 2023 (modificato con successivo avviso di errata-corrige); cfr., in materia, anche la circolare dell’INPS n. 82 del 22 settembre 2023, il messaggio dell’INPS n. 4558 del 19 dicembre 2023, la circolare dell’INPS n. 39 del 27 febbraio 2024 e il messaggio dell’INPS n. 1107 del 14 marzo 2024.
[20] Nella disciplina finora vigente, per l’inclusione nella base imponibile fiscale e per l’esclusione dalla base imponibile contributiva, cfr. l’articolo 1, comma 4, del citato D.M. del 21 marzo 2023.
[21] L’opzione per l’incentivo in esame è in ogni caso revocabile (cfr. l’articolo 1, comma 6, del citato D.M. del 21 marzo 2023).
[22] Si ricorda che, in base al suddetto articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165, per "amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300", nonché (fino ad una revisione organica della disciplina di settore) il CONI.
[23] Tale requisito è suscettibile di futuri adeguamenti in base all’evoluzione della speranza di vita (cfr. l’articolo 24, commi 9 e 12, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni).
[24] La norma ora oggetto di abrogazione (norma di cui all’articolo 72, comma 11, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni) concerne il suddetto ambito delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001, e successive modificazioni (riguardo a tale ambito, cfr. supra, in nota); in particolare, poi, la norma ora oggetto di abrogazione fa riferimento esplicito anche alle autorità indipendenti, mentre sono esclusi dall’ambito il personale di magistratura, i professori universitari e i responsabili di struttura complessa del Servizio sanitario nazionale.
[25] Stabilita dall’articolo 16, comma 11, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 luglio 2011, n. 111.
[26] Riguardo a tale ambito, cfr. supra, in nota.
[27] Cfr., per i magistrati, l’articolo 5 del R.D.Lgs. 31 maggio 1946, n. 511, e, per gli avvocati e i procuratori dello Stato, l’articolo 1 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, e successive modificazioni.
[28] Riguardo in generale alla disciplina sulla quota 103, cfr. anche la circolare dell’INPS n. 39 del 27 febbraio 2024.
[29] Cfr. il comma 10 del citato articolo 14.1 del D.L. n. 4 del 2019.
[30] Cfr. il comma 2 del citato articolo 14.1 del D.L. n. 4 del 2019, il quale fa riferimento alla disciplina sul cumulo (in merito a quest’ultima, cfr. l'articolo 1, commi da 239 a 248, della L. 24 dicembre 2012, n. 228, e successive modificazioni).
[32] Riguardo alla limitazione del riferimento ai soli trattamenti pensionistici diretti (con esclusione, dunque, di quelli in favore dei superstiti), cfr. la citata circolare dell’INPS n. 27 del 10 marzo 2023.
[33] Si ricorda che, per i soggetti che abbiano maturato i requisiti relativi alla quota 103 entro il 31 dicembre 2023, le norme sui criteri di calcolo e sui termini dilatori di decorrenza del trattamento sono diverse da quelle qui ricordate (a prescindere dalla data di presentazione della domanda di pensione). Cfr. il citato articolo 14.1 del D.L. n. 4 del 2019.
[34] Si ricorda che la norma fa riferimento, al fine specifico in esame, a tale requisito ordinario anche per i casi in cui il soggetto rientri nell’ambito di applicazione di un diverso requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia; cfr., in merito, la citata circolare dell’INPS n. 27 del 10 marzo 2023.
[35] Al fine in oggetto, si fa riferimento al requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia specifico di ogni regime pensionistico; cfr. la citata circolare dell’INPS n. 27 del 10 marzo 2023.
[36] Si rileva che l'identica distinzione nella possibilità di cumulo, posta nell'ambito di precedenti norme transitorie in materia di pensionamenti anticipati, è stata ritenuta legittima dalla sentenza n. 234 del 4 ottobre 2022-24 novembre 2022 della Corte costituzionale.
[37] Riguardo a quest'ultimo limite, cfr. l'articolo 44, comma 2, del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 novembre 2003, n. 326.
[38] Come accennato, per i soggetti che abbiano maturato i requisiti relativi alla quota 103 entro il 31 dicembre 2023, le norme sui criteri di calcolo e sui termini dilatori di decorrenza del trattamento sono diverse da quelle qui ricordate (a prescindere dalla data di presentazione della domanda di pensione). Cfr. il citato articolo 14.1 del D.L. n. 4 del 2019.
[39] Il termine dilatorio relativo ai lavoratori privati si applica anche ai dipendenti pubblici che siano iscritti a forme pensionistiche proprie dei lavoratori privati.
Inoltre, per i dipendenti pubblici si applicano i termini temporali ad essi relativi anche qualora siano iscritti contestualmente presso più gestioni pensionistiche.
Riguardo alle distinzioni in oggetto, cfr. la citata circolare dell’INPS n. 27 del 10 marzo 2023.
[40] Ai sensi dei commi 2 e da 4 a 6 del citato articolo 14.1 del D.L. n. 4 del 2019, e successive modificazioni. In merito, cfr. anche la citata circolare dell’INPS n. 27 del 10 marzo 2023.
Si ricorda che l'alinea del suddetto comma 6 dell’articolo 14.1 richiama la specificità del rapporto di impiego nella pubblica amministrazione e l'esigenza di garantire la continuità e il buon andamento dell'azione amministrativa.
[41] In quest'ultimo rientra il personale delle accademie di belle arti, dell'accademia nazionale di danza, dell'accademia nazionale di arte drammatica, degli istituti superiori per le industrie artistiche – ISIA, dei conservatori di musica e degli istituti musicali pareggiati.
[42] Cfr. il comma 9 dell'articolo 59 della L. 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, comma richiamato dal comma 7 del citato articolo 14.1 del D.L. n. 4 del 2019, e successive modificazioni.
[43] Il comma 6, lettera d), del citato articolo 14.1 del D.L. n. 4 del 2019, infatti, esclude l'applicazione del principio di cui all'articolo 2, comma 5, del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 ottobre 2013, n. 125.
[44] Cfr. la parte della novella concernente l'articolo 22, comma 1, del citato D.L. n. 4 del 2019, e successive modificazioni.
[45] Cfr. la parte della novella concernente l'articolo 23, comma 1, del citato D.L. n. 4 del 2019, e successive modificazioni.
[46] Al fine in oggetto, non rileva, ai sensi dell'articolo 1, comma 201, della L. 11 dicembre 2016, n. 232, la circostanza che il soggetto rientri nella disciplina pensionistica dei cosiddetti lavoratori precoci.
[47] Si rileva che nell'ambito della norma di salvezza (di cui al comma 8 del citato articolo 14.1 del D.L. n. 4 del 2019) rientrano anche i soggetti che, pur in possesso, entro il 31 dicembre 2022, dei requisiti previsti per la cosiddetta quota 102, abbiano inteso o intendano esercitare il diritto al trattamento in base a quest'ultima solo successivamente all’anno 2022. Riguardo alla norma che ha ammesso, per l’anno 2022, il pensionamento anticipato con la quota 102 - costituita dal possesso di almeno 62 anni di età e di almeno 38 anni di contribuzione - e alla relativa disposizione che fa salvo l'esercizio successivo del diritto, cfr. l'articolo 14, commi da 1 a 10, del citato D.L. n. 4 del 2019, e successive modificazioni.
[48] Il richiamato comma 165 stabilisce per i soggetti che si trovavano nelle condizioni per la fruizione dell’istituto nel corso dell’anno 2018 un termine di presentazione della domanda entro il 31 marzo 2018, ovvero (in deroga a quanto previsto dal D.P.C.M. 88/2017), entro il 15 luglio 2018. Ai sensi del terzo periodo, restava comunque fermo che le domande presentate oltre il 15 luglio 2018 e, comunque, non oltre il 30 novembre 2018 venissero prese in considerazione esclusivamente se all’esito dello specifico monitoraggio e ordinamento delle domande per l’accesso all’istituto e l’eventuale clausola di salvaguardia residuavano le necessarie risorse finanziarie.
[49] Riguardo alla disciplina generale della perequazione automatica dei trattamenti pensionistici, si rinvia alla scheda sul successivo articolo 27.
[50] Questi ultimi incrementi sono stati disposti dall’articolo 1, comma 310, della L. 29 dicembre 2022, n. 197; gli incrementi di cui al presente articolo 25 sono introdotti mediante una novella del suddetto comma 310.
[51] Cfr. la circolare dell’INPS n. 35 del 3 aprile 2023 (emanata di intesa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali). Gli incrementi, inoltre, non concernono i trattamenti pensionistici delle forme gestite dagli enti previdenziali di diritto privato.
[52] Quest’ultima non rileva neanche per il calcolo – al fine della determinazione del diritto agli incrementi transitori – dell’importo del complesso dei trattamenti pensionistici del soggetto; cfr. la citata circolare dell’INPS n. 35 del 3 aprile 2023.
[53] Tale criterio – che è valido sia per la determinazione della base di calcolo dell’incremento sia per la determinazione del diritto agli incrementi transitori – implica una modalità di anticipazione e di conguaglio, in relazione, rispettivamente, al valore provvisorio e al valore definitivo del trattamento minimo INPS per ciascun anno; cfr. la citata circolare dell’INPS n. 35 del 3 aprile 2023.
[54] La novella concerne l’articolo 1, comma 40, della L. 8 agosto 1995, n. 335.
[55] Tale limite è suscettibile di futuri adeguamenti in base all’evoluzione della speranza di vita (cfr. l’articolo 24, comma 9, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214).
[56] A quest’ultimo riguardo, cfr. il D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 180.
[57] Cfr. il citato articolo 1, comma 40, della L. n. 335 del 1995.
[58] Riguardo al trattamento minimo, cfr. infra, anche in nota.
[59] L'istituto della perequazione automatica non concerne i trattamenti delle forme gestite dagli enti previdenziali di diritto privato; per tali trattamenti, la perequazione si applica in base alla disciplina della singola gestione.
[60] Più in particolare, la rivalutazione si commisura al rapporto percentuale tra il valore medio dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati relativo all'anno di riferimento e il valore medio del medesimo indice relativo all'anno precedente.
L'aumento della rivalutazione automatica dovuto viene attribuito, su ciascun trattamento, in misura proporzionale all'ammontare del trattamento da rivalutare rispetto all'ammontare complessivo (articolo 34, comma 1, della L. 23 dicembre 1998, n. 448, e successive modificazioni). Nella valutazione dell'importo complessivo dei trattamenti pensionistici del soggetto si deve tener conto (ai sensi del medesimo articolo 34, comma 1, della L. n. 448, e successive modificazioni) anche degli assegni vitalizi derivanti da uffici elettivi, assegni che sono quindi inclusi nella base di riferimento pur essendo estranei all'ambito di applicazione degli incrementi a titolo di perequazione.
[61] Decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali (cfr. l'articolo 24, comma 5, della L. 28 febbraio 1986, n. 41).
[62] La decorrenza sia degli incrementi a titolo di perequazione sia dei relativi conguagli dal 1° gennaio (dell'anno successivo a quello rispettivamente di riferimento) è stata introdotta dall'articolo 14 della L. 23 dicembre 1994, n. 724.
[63] Al fine in oggetto, si fa riferimento (in via interpretativa) all'importo del trattamento minimo INPS nell'anno precedente a quello di applicazione della perequazione medesima.
[64] Tali aliquote a regime sono poste dall'articolo 1, comma 478, della L. 27 dicembre 2019, n. 160, e hanno trovato applicazione (per la prima volta) per la perequazione riconosciuta dal 1° gennaio 2022. Riguardo ai criteri di calcolo per la perequazione per gli anni 2020 e 2021, cfr. il comma 477 dello stesso articolo 1 della L. n. 160. Per la perequazione relativa al 2023, cfr. l’articolo 1, comma 309, della L. 29 dicembre 2022, n. 197, e successive modificazioni. Per la perequazione relativa al 2024, cfr. l’articolo 1, comma 135, della L. 30 dicembre 2023, n. 213.
[65] Si ricorda che ai sensi del comma 7 dell’articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, il diritto alla pensione di vecchiaia in presenza di un'anzianità contributiva minima pari a 20 anni, a condizione che l'importo della pensione risulti essere non inferiore all'importo dell'assegno sociale rivalutato in base alla media mobile quinquennale del tasso di variazione del PIL, nel 2024 pari a 534,41 euro mensili, unitamente alla maturazione del requisito anagrafico di 67 anni di età, adeguato agli incrementi della speranza di vita.
[66] Si ricorda, inoltre, che, ai sensi dell’articolo 1, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n.335, l'importo della pensione annua nell'assicurazione generale obbligatoria e nelle forme sostitutive ed esclusive della stessa, è determinato secondo il sistema contributivo moltiplicando il montante individuale dei contributi per il coefficiente di trasformazione di cui all'allegata tabella A relativo all'età dell'assicurato al momento del pensionamento. Per tener conto delle frazioni di anno rispetto all'età dell'assicurato al momento del pensionamento, il coefficiente di trasformazione viene adeguato con un incremento pari al prodotto tra un dodicesimo della differenza tra il coefficiente di trasformazione dell'età immediatamente superiore e il coefficiente dell'età inferiore a quella dell'assicurato ed il numero dei mesi. Ad ogni assicurato è inviato, con cadenza annuale, un estratto conto che indichi le contribuzioni effettuate, la progressione del montante contributivo e le notizie relative alla posizione assicurativa nonché l'ammontare dei redditi di lavoro dipendente e delle relative ritenute indicati nelle dichiarazioni dei sostituti d'imposta.
[67] La relazione tecnica segnala che per l’adozione di tale decreto, infatti, al fine di valutarne la neutralità sui saldi di finanza pubblica, occorrerà avere la certezza che l’autorità statistica europea non ritenga di dover modificare la classificazione contabile della rendita da previdenza complementare considerando in un unico trattamento pensionistico la suddetta rendita unitariamente alla prestazione della previdenza pubblica obbligatoria.
[68] L’importo viene calcolato nella misura del 30% della retribuzione convenzionale fissata con un decreto del Ministero del Lavoro pubblicato ogni anno.
[69] Di cui all’art. 18, c. 1, lett. a), del D.L. 185/2008.
[70] La medesima legge di bilancio 2021 (al comma 290) ha istituito un Fondo per il sostegno al reddito dei lavoratori delle aree di crisi industriale complessa, con una dotazione di 10 milioni di euro per il 2021, al fine di assicurare la prosecuzione degli interventi di cassa integrazione guadagni straordinaria e di mobilità in deroga nelle aree di crisi industriale complessa individuate dalle regioni per l'anno 2020 e non autorizzate per mancanza di copertura finanziaria.
[71] Si ricorda che i limiti di durata della CIGS sono, per ogni unità produttiva, pari a: 24 mesi, anche continuativi, in un quinquennio mobile, per la fattispecie di programma di riorganizzazione aziendale; 12 mesi, anche continuativi, per la fattispecie di crisi aziendale (e connesso piano di risanamento), con divieto di nuova concessione prima che sia decorso un periodo pari a due terzi di quello relativo alla precedente concessione e fatto salvo il rispetto del limite di 24 mesi in un quinquennio mobile (ovvero di 30 mesi per le imprese - industriali o artigiane - dell'edilizia e del settore lapideo).
[72] La facoltà in oggetto è infatti riconosciuta anche in deroga all’art. 20, c. 3-bis, del D.Lgs. 148/2015.
[73] Cfr. art. 1, co. 1167, della L. 205/2017.
[74] Cfr. art. 1, co. 248, della L. 145/2018.
[75] Cfr. art. 11-quater, co. 1, del D.L. 162/2019, art. 9 del D.L. 41/2021, art. 1, co. 128, L. 234/2021, art. 1, co. 328, L. 197/2022 e art. 1, c. 173, L. 213/2023
[76] Per i limiti di durata della CIGS cfr. supra.
[77] Termine così posto, da ultimo, dall’art. 28-bis del D.L. 60/2024.
[78] Le convenzioni in oggetto riguardano infatti l’utilizzazione di soggetti impegnati in progetti di lavori socialmente utili che abbiano effettivamente maturato dodici mesi di permanenza in tali attività nel periodo dal 1° gennaio 1998 al 31 dicembre 1999 (ex art. 2, c. 1, del D.Lgs. 81/2000.
[79] Di cui all’art. 18, c. 1, lett. a), del D.L. 185/2008.
[80] Per tali limiti, cfr. supra.
[81] Riguardo all’Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), cfr. il regolamento di cui al D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159.
[82] Assegno di cui al D.Lgs. 29 dicembre 2021, n. 230.
[83] Tali categorie sono identiche a quelle poste dalla disciplina sul suddetto assegno unico e universale per i figli a carico (articolo 3, comma 1, lettera a), del citato D.Lgs. n. 230 del 2021). Riguardo all’interpretazione di tali norme, cfr. la circolare dell’INPS n. 23 del 9 febbraio 2022.
[84] Riguardo all’Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), cfr. il regolamento di cui al D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159.
[85] Assegno di cui al D.Lgs. 29 dicembre 2021, n. 230.
[86] Riguardo agli importi annui complessivi di incremento, derivanti dall’articolo 32 e dal comma 2 dell’articolo 33, cfr. infra.
[87] Riguardo alla disciplina in oggetto, cfr. anche il D.P.C.M. 17 febbraio 2017.
[88] A quest’ultimo riguardo, cfr. l’articolo 4 del D.P.C.M. 17 febbraio 2017.
[89] Cfr., a quest’ultimo riguardo, il messaggio dell’INPS n. 889 del 2 marzo 2023.
In merito al quadro complessivo finora vigente, cfr. il messaggio dell’INPS n. 1024 dell’11 marzo 2024.
[90] Si ricorda che i congedi parentali sono fruibili in forma frazionata (cfr. l'articolo 32, comma 1, del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, e successive modificazioni).
[91] Si ricorda che, in ogni caso, il congedo non può essere fruito dopo il compimento della maggiore età del soggetto adottato o in affidamento (articolo 36, comma 2, del citato testo unico, e successive modificazioni).
[92] Riguardo alla fruibilità in forma frazionata, cfr. supra, in nota.
[93] Riguardo al termine finale del periodo di congedo di maternità, cfr. gli articoli 16, 16-bis, 20 e 26 del citato testo unico di cui al D.Lgs. n. 151 del 2001, e successive modificazioni. Riguardo al termine finale del periodo di congedo di paternità, cfr. gli articoli 27-bis, 28 e 31 del medesimo testo unico, e successive modificazioni.
[94] Per i dipendenti pubblici, in genere, in base ai relativi contratti collettivi, l'indennità in esame è pari, per il primo mese, al cento per cento della retribuzione.
Riguardo alla determinazione della base di calcolo su cui si applica la suddetta aliquota del trenta per cento, si rinvia alla circolare dell'INPS n. 122 del 27 ottobre 2022.
[95] Si ricorda infatti che i commi 2 e 3 del citato articolo 34 del testo unico, e successive modificazioni, riconoscono la suddetta indennità per tutti i periodi di congedo fruibili dal soggetto, qualora il reddito individuale dell'interessato sia inferiore a 2,5 volte l'importo del trattamento minimo di pensione a carico dell'assicurazione generale obbligatoria o qualora si rientri nelle fattispecie di prolungamento del congedo di cui all'articolo 33 del suddetto testo unico, e successive modificazioni (articolo concernente l'ipotesi che il congedo riguardi un minore disabile in situazione di gravità accertata).
Riguardo alla durata dei periodi congedo fruibili, si rinvia alla citata circolare dell'INPS n. 122 del 2022.
[97] Cfr. la pagina internet dedicata al suddetto Centro di referenza nazionale.
[98] Cfr. la pagina internet dedicata al suddetto Osservatorio.
[99] Previsto dall'articolo 16 del decreto legislativo 5 agosto 2022, n. 134. Riguardo alle modalità tecniche e operative di implementazione del SINAC, cfr. il decreto 2 novembre 2023.
[100] Delega al Governo in materia di disabilità.
[101] Definizione della condizione di disabilità, della valutazione di base, di accomodamento ragionevole, della valutazione multidimensionale per l'elaborazione e attuazione del progetto di vita individuale personalizzato e partecipato.
[102] Disposizioni urgenti in materia di sport, di sostegno didattico agli alunni con disabilità, per il regolare avvio dell'anno scolastico 2024/2025 e in materia di università e ricerca.
[103] Per approfondimenti: qui il quadro dettagliato degli investimenti e delle riforme.
[104] I cui dati sono stati presentati durante un convegno presso l’ISS il 28 marzo 2023.
[105] Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza.
[106] Riguardante l’Agenzia dell’Unione europea sulle droghe (EUDA) e che abroga il regolamento (CE) n. 1920/2006
[107] Tale struttura, che a luglio di quest’anno ha cambiato il suo nome da Centro europeo per il monitoraggio delle droghe e delle tossicodipendenze (EMCDDA) a Agenzia dell’Unione europea sulle droghe, è stato istituito nel 1993. Per un approfondimento sui suoi compiti: v. https://www.euda.europa.eu/about_en.
[108] I punti focali nazionali sono delle strutture create per raccogliere i dati relativi alla droga nel Paese e riportarli, attraverso la rete REITOX, ovvero il network per lo scambio di informazioni sulla droga in Europa, all’Osservatorio europeo di Lisbona. Il Punto focale italiano è parte integrante dell'Ufficio tecnico-scientifico del Dipartimento Politiche Antidroga. Per un approfondimento: v. https://www.politicheantidroga.gov.it/it/attivita/attivita-internazionali/unione-europea/euda-e-punto-focale-reitox/funzioni/.
[109] Secondo tale disposizione, ciascuno Stato membro provvede affinché il proprio punto focale nazionale e la propria unità nazionale Europol forniscano tempestivamente e senza indebito ritardo le informazioni disponibili sulle nuove sostanze psicoattive all’Agenzia e a Europol, tenuto conto del loro rispettivo mandato. Tali informazioni riguardano il rilevamento e l’identificazione, il consumo e i modelli di consumo, la fabbricazione, l’estrazione, la distribuzione e i metodi di distribuzione, il traffico e l’uso a fini commerciali, medici e scientifici, i rischi potenziali e quelli riscontrati, di tali sostanze. In seguito, l’Agenzia, in collaborazione con Europol, raccoglie, raffronta, analizza e valuta le informazioni sulle nuove sostanze psicoattive. Comunica quindi tempestivamente tali informazioni ai punti focali nazionali, alle unità nazionali Europol e alla Commissione, al fine di fornire loro le informazioni necessarie per un’allerta precoce, e sulla base di tali dati redige le relazioni iniziali relative alle nuove sostanze psicoattive che destano preoccupazione per i rischi sociali e per la salute a esse connesse, come previsto dall’articolo 9.
[110] Riordinamento del sistema degli enti pubblici nazionali, a norma degli articoli 11 e 14 della legge 15 marzo 1997, n. 59.
[111] Norme di adeguamento dell'organizzazione delle strutture del Ministero dell'interno per il potenziamento dell'attività antidroga.
[112] Codice dei contratti pubblici in attuazione dell'articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante delega al Governo in materia di contratti pubblici.
[113] Ulteriori progetti finanziabili con le risorse vincolate nell’ambito della prevenzione delle malattie infettive nell’infanzia, riguardano la concessione gratuita da parte delle regioni, nell’ambito delle loro disponibilità finanziarie, dei vaccini per le vaccinazioni non obbligatorie (quali antimorbillosa, antirosolia, antiparotite, antipertosse e antihaemophulius influenza e tipo B) se richieste dietro prescrizione medica.
[114] Per il 2023, in particolare, al fine di compensare i maggiori costi dovuti all'aumento dei prezzi delle fonti energetiche, con DM Salute 10 gennaio 2023 sono state ripartite risorse di tale nuovo livello di finanziamento pari a complessivi 1.600 milioni di euro, di cui 200 milioni di euro in base all'art. 40, comma 1, DL. 50/2022 (cd. decreto energia, L. n. 91/2022) e 1.400 milioni, ai sensi dell'art. 5, comma 3, del DL. n. 144/2022 (cd. decreto Aiuti-ter, L. n. 175/2022), in relazione alle quote di accesso di regioni e province autonome al fabbisogno sanitario indistinto corrente rilevate per l'anno 2022. Un'ulteriore integrazione del FSN per circa 1.400 milioni nel 2023 proviene dalle disposizioni urgenti del DL. 34/2023 in tema di energia e salute, con particolare riferimento al contributo statale per il ripiano del superamento del tetto di spesa dei dispositivi medici (1.085 milioni), all'incremento della tariffa oraria delle prestazioni aggiuntive ed anticipo dell'indennità nei servizi di emergenze-urgenza (170 milioni) ed altre misure per il personale dei servizi di emergenza-urgenza.
[115] Con riferimento alla dinamica della spesa sanitaria (la quale comprende anche la quota privata), la NADEF 2023 ha più recentemente stimato un ammontare per il 2023 pari a circa 134,7 miliardi, che si riduce nel 2024 a 132,9 miliardi (- 1,3 per cento) in conseguenza di una riduzione dei costi del personale e alla definitiva cessazione di quelli legati alla struttura commissariale per l'emergenza COVID. Essa risale nel biennio successivo, attestandosi a 136,7 miliardi nel 2025 (+2,8 per cento) e a 139,0 miliardi nel 2026 (+1,7 per cento).
[116] Pag. 36 della memoria depositata in audizione.
[117] pag. 51 della memoria depositata in audizione.
[118] Per l'anno 2022 (v. G.U. del 21 marzo 2023 - Delibera 4/2023), il riparto delle risorse statali stanziate per il fabbisogno sanitario fra Regioni e Province autonome è stato pari ad un totale di 125.980 milioni di euro, che include la quota indistinta di 764 milioni da destinare al fondo farmaci innovativi, di cui 119.724 milioni di euro di finanziamento indistinto nel medesimo anno 2022, con quota premiale dello 0,40%, così come incrementata rispetto allo 0,32% dell'anno precedente dall'ultima legge di Bilancio (art. 1, comma 544, L. n. 197/2022), a fronte della quota precedentemente fissata a regime dello 0,25%.
[119] Tra le misure più recenti, si ricorda la legge di bilancio per il 2024 (L. n. 213/2023, commi 218-222), al fine di fronteggiare la carenza di personale sanitario nelle aziende e negli enti del Servizio sanitario Nazionale (SSN), di ridurre le liste di attesa ed il ricorso alle esternalizzazioni, estende fino al 31 dicembre 2026 la facoltà di ricorrere agli incrementi delle tariffe orarie delle prestazioni aggiuntive del personale medico - di cui alla contrattazione collettiva nazionale dell'Area sanità - prevista, per l'anno 2023, dall'articolo 11, comma 1, del D.L. n. 34/2023 (pari a 100 euro lordi onnicomprensivi), disponendo, contestualmente, che tale incremento riguardi, dal 2024 al 2026, tutte le prestazioni aggiuntive svolte. Per le medesime finalità è prevista l'applicazione fino al 31 dicembre 2026 delle disposizioni richiamate (art. 11, comma 1, del D.L. n. 34/2023) anche alle prestazioni aggiuntive svolte - ai sensi della contrattazione collettiva nazionale dell'Area sanità -, dal personale sanitario operante nelle citate aziende ed enti del SSN, disponendosi, contestualmente, che tale incremento riguardi, dal 2024 al 2026, tutte le prestazioni aggiuntive svolte, con tariffe fino a 60 euro lordi onnicomprensivi (invece dei 50 previsti dal richiamato art. 11 del D.L. n. 34/2023), al netto degli oneri riflessi a carico dell'amministrazione. Anche in tal caso vengono poi espressamente fatte salve le disposizioni vigenti in materia di prestazioni aggiuntive riguardanti il volume di prestazioni erogabili, l'orario massimo di lavoro ed i prescritti riposi. Per le finalità sopra indicate è autorizzata, per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026 la spesa di 200 milioni di euro per il personale medico e di 80 milioni di euro per il personale sanitario del comparto, a cui tutte le Regioni e le province autonome accedono, in deroga alle disposizioni legislative che stabiliscono per le autonomie speciali il concorso regionale e provinciale al finanziamento sanitario corrente.
Tra le più recenti misure di potenziamento del SSN, si ricorda che il D.L. 73/2024 (L. 107/2024) ha previsto la riduzione dei tempi delle liste di attesa delle prestazioni sanitarie, stabilendo, tra l'altro, il superamento del tetto di spesa già previsto per il personale del Servizio sanitario nazionale. Pertanto, dal 2024 e fino all'adozione di specifici decreti in materia, è previsto un incremento dei valori massimi della spesa per il personale autorizzati per l'anno 2023 ai sensi della normativa già vigente. Detti valori di spesa sono incrementati annualmente a livello regionale, nell'ambito del livello di finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato, del 10 per cento dell'incremento del fondo sanitario regionale rispetto all'esercizio precedente. Si stabilisce inoltre che, su richiesta della regione, l'incremento può essere aumentato di un ulteriore importo sino al 5% dello stesso – pertanto fino al 15% del medesimo incremento del fondo sanitario regionale rispetto all'esercizio precedente -, compatibilmente con la programmazione regionale in materia di assunzioni e fermo restando il rispetto dell'equilibrio economico e finanziario del SSN.
[120] Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini
[121] Ridefinita dall’art. 45, co. 1-ter del D.L. 124/2019 in materia fiscale e di esigenze indifferibili (L. n. 157/2019) che ha rideterminato, a decorrere dall’anno 2020, la disciplina indicata all’articolo 15, comma 14, del D.L. n. 95/2012 (L. n. 135/2012), in materia di contratti ed accordi per l’acquisto di prestazioni sanitarie da soggetti privati accreditati per l’assistenza specialistica ambulatoriale e per l’assistenza ospedaliera ai fini della razionalizzazione e riduzione della spesa sanitaria.
[122] Per completezza, esistono anche il codice azzurro (urgenza differibile, che richiede approfondimenti diagnostici e visite specialistiche complesse), codice verde (urgenza minore, con pazienti in condizioni stabili senza rischio evolutivo, che comunque richiede una valutazione medica) e, infine, codice bianco (non urgenza, gestibile anche dal medico di famiglia o in ambulatorio, come piccoli tagli, contusioni lievi, raffreddori comuni o richieste di certificati medici).
[123] Di cui al richiamato articolo 1, comma 401, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio 2017).
[124] Ai sensi del richiamato articolo 1, comma 392, della legge n. 232 del 2016.
[125] Il succitato comma 406 stabilisce che la spesa per l'acquisto dei farmaci innovativi e dei farmaci oncologici innovativi (ora innovativi tout court) concorre al raggiungimento del tetto della spesa farmaceutica per acquisti diretti per l'ammontare eccedente annualmente l'importo del Fondo dedicato.
[127] Convertito, con modificazioni, dalla L. 23 luglio 2021, n. 106.
[128] Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 189 del 2012.
[129] Legge di bilancio 2022
[130] La Commissione nazionale per l'aggiornamento dei LEA e la promozione dell'appropriatezza nel SSN, è nominata e presieduta dal Ministro della salute e composta dal direttore della Direzione generale della programmazione sanitaria del Ministero della salute e da 15 esperti qualificati e da altrettanti supplenti, di cui 4 designati dal Ministro della salute, 1 dall'Istituto superiore di sanità (ISS), 1 dall'AGENAS, 1 dall'Agenzia italiana del farmaco (AIFA), 1 dal Ministero dell'economia e delle finanze e 7 dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome.
La Commissione dura in carica 3 anni. Su richiesta del presidente, alle riunioni della Commissione possono partecipare, per fornire il proprio contributo tecnico-scientifico, rappresentanti del Consiglio superiore di sanità, delle società scientifiche, delle Federazioni dei medici ed esperti esterni competenti nelle specifiche materie trattate.
[131] Disposizioni in materia di federalismo fiscale, a norma dell'articolo 10 della legge 13 maggio 1999, n. 133.
[133] Presso la Commissione XII della Camera.
[135] Per il testo del documento si veda
https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_3005_allegato.pdf
[136] Brano virgolettato tratto dalla nota metodologica del suddetto Piano nazionale di comunicazione, il quale è consultabile alla seguente pagina:
https://www.pnrr.salute.gov.it/imgs/C_17_pagineAree_722_0_file.pdf
[138] Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007).
[139] Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, conv. con mod. dalla L. n. 122/2010.
[140] Gazzetta Ufficiale n. 264 del 12 novembre 2011. Qui le linee guida del progetto formulate dall’RGS.
[141] Con cui è stato istituito il Sistema Tessera sanitaria, mediante il collegamento telematico in rete dei medici prescrittori del SSN e dei Servizi di assistenza sanitaria al personale navigante (SASN) e la ricetta elettronica.
[142] Gazzetta Ufficiale n. 11 del 15 gennaio 2021.
[143] A. Pitino, La mobilità sanitaria, in R. Balduzzi, G. Carpani (a cura di), Manuale di diritto sanitario, Bologna, 2013, p. 363.
[144] Comitato di cui al richiamato articolo 9 dell’Intesa tra lo Stato, le regioni e le provincie autonome di Trento e di Bolzano sancita il 23 marzo 2005.
[145] Si tratta degli accordi previsti dall’articolo 19 dell’Intesa, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano concernente il nuovo Patto per la salute per gli anni 2010-2012. Detti accordi, da stipulare tra regioni confinanti, sono volti alla individuazione di adeguati strumenti di governo della domanda per disciplinare la mobilità sanitaria al fine di: a) evitare fenomeni distorsivi indotti da differenze tariffarie e da differenti gradi di applicazione delle indicazioni di appropriatezza definite a livello nazionale; b) favorire collaborazioni interregionali per attività la cui scala ottimale di organizzazione possa risultare superiore all'ambito territoriale regionale; c) facilitare percorsi di qualificazione ed appropriatezza dell'attività per le regioni interessate dai piani di rientro; d) individuare meccanismi di controllo dell'insorgere di eventuali comportamenti opportunistici di soggetti del sistema attraverso la definizione di tetti di attività condivisi funzionali al governo complessivo della domanda.
[146] Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.
[147] Cfr. https://www.agenas.gov.it/images/agenas/monitor/quaderno/mobilita-sanitaria/Mobilita-sanitaria-nazionale.pdf
[148] Rientra in tale comparto il personale non dirigente dipendente dagli enti ed aziende elencati dall'art. 6 del Contratto Collettivo Nazionale Quadro 2016-2018 del 13 luglio 2016.
[149] È stato ivi stabilito (art. 107, co. 4) che nei servizi di pronto soccorso, a decorrere dal 31 dicembre 2021 e a valere dal 2022, al personale assegnato a tali servizi compete una indennità mensile lorda, da corrispondersi per dodici mensilità in ragione della effettiva presenza in servizio, il cui importo è stabilito presso ciascuna Azienda o Ente in funzione delle risorse confluite nel Fondo premialità e condizioni di lavoro. Nelle more della individuazione, presso ciascuna Regione, della quota di risorse finanziarie di pertinenza di ciascuna azienda o ente a copertura dell’onere (nei limiti delle risorse individuate ai sensi della Tabella G allegata al contratto), è riconosciuto, in ragione della effettiva presenza in servizio ed a titolo di anticipazione della predetta indennità, l’importo mensile lordo di Euro 40,00, da conguagliarsi con i valori che saranno successivamente attribuiti presso ciascuna azienda o ente.
[150] Si tratta del comitato di settore Regioni-Sanità, costituito nell'ambito della Conferenza delle Regioni, che esercita i poteri di indirizzo verso l'Aran per le regioni, i relativi enti dipendenti e le amministrazioni del Servizio sanitario nazionale (art. 41, co. 2, d. lgs. 165/2001).
[151] Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.
[152] Di cui al richiamato articolo 8, comma 10, lettera a), della legge 24 dicembre 1993, n. 537, recante Interventi correttivi di finanza pubblica.
[153] Attuazione della direttiva 2001/83/CE (e successive direttive di modifica) relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano.
[154] Attuazione della direttiva 92/27/CEE concernente l'etichettatura ed il foglietto illustrativo dei medicinali per uso umano.
[155] Istituzione, presso l'Agenzia italiana del farmaco, di una banca dati centrale finalizzata a monitorare le confezioni dei medicinali all'interno del sistema distributivo.
[156] Schema di decreto legislativo recante adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento delegato (UE) 2016/161, che integra la direttiva 2001/83/CE. Per il relativo dossier v. https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/01428628.pdf
[157] Disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore.
[158] L’incremento di tali risorse a decorrere dal 2024 è stato disposto dall’articolo 1, comma 245 della Legge di bilancio 2024 (L. n. 213/2023).
[159] Misure di razionalizzazione della finanza pubblica
[160] In proposito di ricorda che l’articolo 2, comma 68, lett. c) della legge finanziaria 2010 (legge n. 191/2009) fino al 2012 e, dal 2013, l’art. 15, comma 24 del DL. n. 95/2012[160] di revisione della spesa, hanno stabilito che una quota di finanziamento del Servizio sanitario nazionale, disposta a regime come anticipazione di tesoreria del finanziamento per il SSN, venga condizionata alla verifica positiva degli adempimenti regionali nella misura del 3% e del 2% da calcolare con riferimento alla quota indistinta del suddetto finanziamento, al netto delle entrate proprie regionali, rispettivamente per le regioni che accedono all'erogazione nella misura del 97% e per quelle che accedono all'erogazione nella misura del 98% o in misura superiore, queste ultime regioni in regola, nell'ultimo triennio, con gli adempimenti degli equilibri bilancio previsti dalla normativa vigente.
[161] Allo scopo, l’Agenzia ha condotto una rilevazione nazionale, con una rispondenza di tutte le 21 regioni e province autonome e le 99 aziende territoriali oggetto del sondaggio, sull’attuazione e sui programmi in materia di Rete per le cure palliative, che ha preso ufficialmente avvio il 15 novembre e si è conclusa il 2 dicembre 2021, con la somministrazione di due differenti tipologie di questionari, uno a cura dei referenti per regioni o provincia autonoma, l’altro per il profilo dell’azienda territoriale a cura dei referenti sulla materia nelle diverse aziende, da validare a cura del referente per regione o provincia autonoma di riferimento. I temi affrontati sono stati innanzitutto quelli a carattere organizzativo e formale per livello regionale, indicando le specificità a livello di rete locale per i setting di carattere 1) ospedaliero; 2) residenziale (hospice); 3) di assistenza domiciliare.
[162] L’hospice è quel luogo in cui i malati vengono accolti temporaneamente o definitivamente quando non possono essere assistiti a domicilio per particolare aggravamento delle condizioni cliniche, o per impossibilità dei familiari a garantire l'assistenza necessaria, per mancanza del caregiver (familiare di riferimento) o per inadeguatezza dell'abitazione.
[163] Attuazione della direttiva 93/16/CEE in materia di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli e delle direttive 97/50/CE, 98/21/CE, 98/63/CE e 99/46/CE che modificano la direttiva 93/16/CEE.
[164] Si tratta dei reati di cui agli articoli (prostituzione minorile (art. 600-bis c.p.), pornografia minorile, anche virtuale (artt. 600-ter e 600-quater.1 c.p.), iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile (art. 600-quinquies c.p.), atti sessuali con minorenne (609-quater c.p.), corruzione di minorenne (609-quinquies c.p.) e adescamento di minorenni (609-undecies c.p.).
[165] Si tratta dei reati di maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.); deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (art. 583-quinquies c.p.); violenza sessuale e violenza sessuale di gruppo, (artt. 609-bis e 609-octies c.p.); atti persecutori (art. 612-bis c.p.).
[166] Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023.
[167] Si ricorda che le regioni ad autonomia speciale finanziano autonomamente il proprio servizio sanitario, eccetto la Sicilia, la cui aliquota di partecipazione alla spesa sanitaria è fissata nella misura del 49,11 per cento, ai sensi della legge 296 del 2006, articolo 1 comma 830. La norma, in particolare, dispone l'aumento progressivo della percentuale di spesa sanitaria posta a carico del bilancio della Regione siciliana: 44,85 per cento per l'anno 2007, 47,05 per cento per l'anno 2008 e 49,11 per cento per l'anno 2009. Essa perciò, per la parte restante, rientra nella ripartizione del Fondo sanitario nazionale.
[168] Misure urgenti per la riduzione dei tempi delle liste di attesa delle prestazioni sanitarie.
[169] Dal punto di vista economico, visto che per le Regioni la mobilità attiva rappresenta una voce di credito e quella passiva una voce di debito, la Regione che eroga la prestazione viene rimborsata da quella di residenza del cittadino.
[170] Su ciò cfr anche www.salute.gov.it
[171] ’OMS definisce il gioco d’azzardo patologico, (oggi denominato Disturbo da gioco d’azzardo – DGA), come una condizione patologica chiaramente identificabile, che in assenza di misure idonee di informazione e prevenzione può rappresentare, a causa della sua diffusione, un’autentica malattia sociale.
[172] Regolamento recante adozione delle linee di azione per garantire le prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette dal gioco d'azzardo patologico (GAP).
[173] Come si evince dalla definizione dell’OMS in proposito le patologie da dipendenza sono quindi una categoria più ampia di quelle connesse alla dipendenza da gioco d’azzardo, della quale quest’ultima fa parte.
[174] Si tratta del Comitato di cui all’articolo 9 dell’Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005, istituito presso il Ministero della salute per la verifica dell’erogazione dei Livelli essenziali di assistenza in condizioni di appropriatezza e di efficienza nell’utilizzo delle risorse e per la verifica della congruità tra le prestazioni da erogare e le risorse messe a disposizione.
[175] Legge finanziaria 2010
[176] Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini, conv. con mod. dalla L. n. 135/2012.
[177] Riguardo a tali limiti, cfr. infra.
[178] Riguardo all’Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), cfr. il regolamento di cui al D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159.
[179] Autodichiarazione o dichiarazione sostitutiva, ai sensi del richiamato articolo 46 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, e successive modificazioni.
[180] Per i titolari di redditi assimilati a quello da lavoro dipendente, cfr. infra, in nota.
[181] Le norme speciali relative al periodo di imposta 2024 sono state poste dall’articolo 1, commi 16 e 17, della L. 30 dicembre 2023, n. 213. Riguardo ad esse, cfr. anche la circolare dell’Agenzia delle entrate n. 5/E del 7 marzo 2024. Si ricorda che i suddetti commi 16 e 17, pur facendo testualmente riferimento ai soli lavoratori dipendenti, sono stati ritenuti applicabili anche ai titolari di redditi assimilati a quello da lavoro dipendente; cfr. la suddetta circolare dell’Agenzia delle entrate n. 5/E, che conferma, in quanto compatibili, le indicazioni della circolare dell’Agenzia delle entrate n. 23/E del 1° agosto 2023, circolare relativa alla disciplina transitoria per il periodo di imposta 2023, la quale ultima presentava, riguardo al profilo delle categorie di lavoratori, una sostanziale identità di linguaggio con le norme relative al periodo di imposta 2024 e con le disposizioni di cui ai commi 5 e 6 in esame. La suddetta estensione ai redditi assimilati può essere quindi ritenuta implicita anche nell’ambito della disciplina transitoria di cui ai medesimi commi 5 e 6. Riguardo alle categorie di redditi assimilati a quello da lavoro dipendente, cfr. l’articolo 50 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.
[182] Di cui al citato D.P.R. n. 917 del 1986.
[183] Cfr. la circolare dell’INPS n. 49 del 31 maggio 2023; cfr. anche la relazione tecnica allegata al disegno di legge.
[184] Per i titolari di redditi assimilati a quello da lavoro dipendente, cfr. supra, in nota.
[185] Cfr. la citata circolare dell’Agenzia delle entrate n. 23/E del 1° agosto 2023, la quale, come detto, è richiamata, in via generale e in quanto compatibile, dalla circolare dell’Agenzia delle entrate n. 5/E del 7 marzo 2024.
[186] Cfr. la citata circolare dell’Agenzia delle entrate n. 23/E del 1° agosto 2023, la quale, come detto, è richiamata, in via generale e in quanto compatibile, dalla circolare dell’Agenzia delle entrate n. 5/E del 7 marzo 2024.
[187] In merito a tale condizione per il beneficio fiscale, cfr. anche la citata circolare dell’Agenzia delle entrate n. 23/E del 1° agosto 2023 (circolare che, come detto, è richiamata, in via generale e in quanto compatibile, dalla circolare dell’Agenzia delle entrate n. 5/E del 7 marzo 2024).
[188] L'esonero in questione – introdotto dall’art. 1, c. 161-169, L. 178/2020 - è fruibile per dodici mesi o per diciotto se la suddetta assunzione è a tempo indeterminato o se vi è una trasformazione del contratto da tempo determinato a indeterminato, e la percentuale dei contributi da versare da parte del datore di lavoro è pari al 30 per cento fino al 2025, al 20 per gli anni 2026 e 2027 e al 10 per gli anni 2028 e 2029. Le regioni che rientrano nel beneficio, in base al richiamo dell'articolo 27, comma 1, del D.L. 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla L. 13 ottobre 2020, n. 126, sono l’Abruzzo, la Basilicata, la Calabria, la Campania, il Molise, la Puglia, la Sardegna, la Sicilia
[189] Si tratta dei limiti di spesa contemplati dalle disposizioni del richiamato decreto-legge 7 maggio 2024, n. 60, convertito che prevedono: un esonero contributivo transitorio in favore dei datori di lavoro privati per le assunzioni effettuate nel periodo 1° settembre 2024-31 dicembre 2025, al fine di incrementare l’occupazione giovanile (art. 22, comma 7, primo periodo); uno sgravio contributivo totale in favore dei datori di lavoro privati, che, dal 1° settembre 2024 al 31 dicembre 2025, assumono a tempo indeterminato donne in situazioni di svantaggio (art. 23, comma 4, primo periodo); un esonero transitorio dalla contribuzione previdenziale in favore di alcuni datori di lavoro privati per le assunzioni effettuate nel periodo 1° settembre 2024-31 dicembre 2025 e relative a sedi o unità produttive ubicate nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, corrispondenti all’ambito territoriale della Zona economica speciale per il Mezzogiorno (ZES unica) (art. 24, comma 7, primo periodo).
[190] Guadalupa, Guyana francese, Martinica, Riunione, Saint Barthélemy, Saint Martin, Azzorre, di Madera e isole Canarie.