Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Bilancio
Titolo: Legge di bilancio 2024 - Volume I - Articoli 1-50
Serie: Progetti di legge   Numero: 200/Volume I
Data: 06/11/2023
Organi della Camera: V Bilancio

6 novembre 2023

 

 

LEGGE DI

BILANCIO 2024

 

 

 

A.S. n. 926 Annesso

 

 

Volume I

Articoli 1-50

 

 

 

 

 

 

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Dossier n. 175 - Volume I

 

 

 

 

 

Servizio Studi

Dipartimento Bilancio

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Progetti di legge n. 200 - Volume I

 

 

 

 

 

 

 

Il presente dossier è articolato in tre volumi:

§  Volume I - Articoli 1-50;

§  Volume II – Articoli 51-109;

§  Volume III – Stati di previsione dei Ministeri

 

 

 

 

La documentazione dei Servizi e degli Uffici del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. Si declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.

 


I N D I C E

 

 

Schede di lettura. 9

PARTE I - SEZIONE I: MISURE QUANTITATIVE PER LA REALIZZAZIONE DEGLI OBIETTIVI PROGRAMMATICI 11

Titolo I Risultati differenziali del bilancio dello Stato.. 11

Articolo 1 (Risultati differenziali). 11

Titolo II Misure per sostenere il potere di acquisto delle famiglie. 13

Articolo 2 (Misure per il sostegno degli indigenti e per gli acquisti di beni di prima necessità – Carta «Dedicata a te»). 13

Articolo 3 (Mutui prima casa). 18

Articolo 4 (Contributo straordinario per il primo trimestre 2024 ai titolari di bonus sociale elettrico). 22

Titolo III Riduzione della pressione fiscale e misure in materia di rinnovo dei contratti del pubblico impiego.. 25

Capo I Riduzione della pressione fiscale. 25

Articolo 5 (Esonero parziale dei contributi previdenziali a carico dei lavoratori dipendenti)  25

Articolo 6 (Esclusione dal reddito imponibile dei lavoratori di alcuni valori). 27

Articolo 7 (Riduzione dell’imposta sostitutiva relativa ai lavoratori dipendenti privati e applicabile ai premi di produttività e alle forme di partecipazione agli utili d’impresa)  29

Articolo 8, comma 1 (Riduzione del canone RAI). 30

Articolo 8, comma 2  (Ammodernamento e sviluppo infrastrutturale delle reti del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale). 32

Articolo 9 (Trattamento integrativo speciale per i dipendenti di strutture turistico-alberghiere)  33

Capo II Misure in materia di pubblico impiego e di rinnovo dei contratti 35

Articolo 10 (Incremento delle risorse per la contrattazione collettiva del pubblico impiego per il triennio 2022-2024). 35

Titolo IV Disposizioni in materia di entrate e misure per la lotta all’evasione  38

Capo I Misure in materia di entrate e di circolazione dei beni e dei valori nominali 38

Articolo 11, comma 1 (Imposta sul consumo dei manufatti in plastica con singolo impiego e incentivi per le aziende produttrici manufatti in plastica biodegradabile e compostabile)  38

Articolo 11, comma 2 (Innalzamento dell’aliquota Iva per prodotti per l’igiene femminile, e alcuni prodotti per la prima infanzia). 40

Articolo 11, comma 3 (Modifica accise tabacchi). 42

Articolo 11, commi 4-6 (Differimento delle quote di eccedenza deducibili derivanti da perdite su crediti bancari e assicurativi). 45

Articolo 12 (Rideterminazione dei valori di acquisto di terreni e partecipazioni negoziate e non negoziate nei mercati regolamentati). 48

Articolo 13 STRALCIATO (Disposizioni per l’agevolazione della circolazione giuridica dei beni provenienti da donazioni). 51

Articolo 14  (Tax credit per il cinema). 52

Articolo 15 (Misure per l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato). 85

Articolo 16 (Modifiche al regime fiscale delle plusvalenze da partecipazioni qualificate realizzate da società ed enti non residenti). 87

Capo II Misure per la lotta all’evasione. 92

Articolo 17 (Misure di contrasto all’evasione nel settore del lavoro domestico). 92

Articolo 18, comma 1 (Modifiche alla disciplina fiscale sulle locazioni brevi di beni immobili)  94

Articolo 18, commi da 2 a 5 (Plusvalenze in caso di cessione a titolo oneroso di beni immobili)  101

Articolo 19 (Imposta sul valore aggiunto sulle cessioni di beni per i soggetti domiciliati e residenti fuori dell’Unione europea). 107

Articolo 20 (Adeguamento delle esistenze iniziali dei beni di cui all’articolo 92 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917). 108

Articolo 21 (Misure in materia di variazione dello stato dei beni). 112

Articolo 22 STRALCIATO (Modifiche al decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231)  115

Articolo 23, commi 1-3 (Ritenuta bonifici. Ritenuta sulle provvigioni inerenti a rapporti di commissione, di agenzia, di mediazione, di rappresentanza di commercio e di procacciamento di affari). 116

Articolo 23, comma 4 (Modifiche all’IVIE e all’IVAFE). 118

Articolo 23, comma 5 (Modifiche al TUIR in materia di determinazione dei redditi)  121

Articolo 23, comma 6 (Immatricolazione e voltura di autoveicoli, motoveicoli e loro rimorchi, anche nuovi, oggetto di acquisto intracomunitario a titolo oneroso). 123

Articolo 23, commi da 7 a 11 (Versamento unitario e compensazione; costi di riscossione)  127

Articolo 23, comma 12 (Disposizione regolamentare concernente le dichiarazioni di inizio, variazione e cessazione attività). 131

Articolo 23, comma 13  (Cooperazione applicativa e informatica per il potenziamento dell’azione di recupero coattivo). 132

Capo III Misure in materia di assicurazioni 134

Articolo 24 (Misure in materia di rischi catastrofali). 134

Articolo 25 (Istituzione del fondo di garanzia assicurativo dei rami vita). 138

Titolo V Lavoro, famiglia, pari opportunità e politiche sociali 150

Capo I Lavoro e politiche sociali 150

Articolo 26 (Requisiti, termine di decorrenza e misura dei trattamenti pensionistici dei lavoratori con primo accredito contributivo successivo al 31 dicembre 1995). 150

Articolo 27 (Riscatti a fini pensionistici di periodi non coperti da contribuzione) 154

Articolo 28 (Adempimenti delle pubbliche amministrazioni relativi ai contributi previdenziali)  157

Articolo 29 (Perequazione automatica dei trattamenti pensionistici per l’anno 2024) 159

Articolo 30, commi 1-3 (APE e Opzione donna). 162

Articolo 30, commi 4-5 (Disposizioni in materia di pensione anticipata) 170

Articolo 31 (ISCRO). 175

Articolo 32 (Modifica della misura dell’indennità di malattia della gente di mare). 179

Articolo 33 (Disposizioni in materia di adeguamento delle aliquote di rendimento delle gestioni previdenziali). 183

Articolo 34 (Proroga ammortizzatori sociali mediante utilizzi del Fondo sociale per occupazione e formazione). 186

Capo II Famiglia, pari opportunità e politiche di intervento in materia sociale  194

Articolo 35 (Incremento della misura di supporto per le rette relative alla frequenza di asili nido e per forme di supporto domiciliare per bambini affetti da gravi patologie croniche)  194

Articolo 36 (Misure in materia di congedi parentali). 198

Articolo 37 (Decontribuzione delle lavoratrici con figli). 204

Articolo 38 (Esclusione dei titoli di Stato dal calcolo dell’ISEE). 206

Articolo 39, comma 1 (Fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga). 210

Articolo 39, comma 2 (Stanziamento per il reddito di libertà per le donne vittime di violenza)  211

Articolo 39, comma 3 (Centro nazionale di documentazione e di analisi per l’infanzia e l’adolescenza). 212

Articolo 39, comma 4 (Supporto tecnico-scientifico per le attività del Dipartimento per le politiche della famiglia relative al Fondo per le politiche della famiglia). 213

Articolo 39, comma 5 (Incremento del Fondo unico a sostegno del potenziamento del movimento sportivo italiano). 215

Capo III Disabilità. 217

Articolo 40 (Fondo unico per l’inclusione delle persone con disabilità e Fondo per la copertura finanziaria di interventi legislativi in materia di disabilità). 217

Titolo VI Sanità. 220

Capo I Misure per il potenziamento del sistema sanitario. 220

Articolo 41 (Rifinanziamento del Servizio sanitario nazionale). 220

Articolo 42 (Incremento della tariffa oraria delle prestazioni aggiuntive). 224

Articolo 43 (Rideterminazione dei tetti della spesa farmaceutica). 229

Articolo 44 (Modifiche alle modalità di distribuzione dei medicinali). 231

Articolo 45 (Misure per l’abbattimento delle liste d’attesa) 237

Articolo 46 (Aggiornamento del tetto di spesa per gli acquisti di prestazioni sanitarie da privati) 243

Articolo 47 (Proroga del finanziamento delle quote premiali in sanità). 245

Articolo 48 (Finanziamento per aggiornamento dei LEA). 248

Articolo 49, commi 1-5 (Disposizioni in materia di lavoratori frontalieri e contributo al Servizio sanitario nazionale). 251

Articolo 49, commi 6 e 7 (In materia di obblighi anagrafici). 257

Articolo 50 (Ulteriori misure in materia di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e dell’assistenza territoriale). 260

 


Schede di lettura


PARTE I - SEZIONE I:
MISURE QUANTITATIVE PER LA REALIZZAZIONE DEGLI OBIETTIVI PROGRAMMATICI

 

Titolo I
Risultati differenziali del bilancio dello Stato

 

 

Articolo 1
(Risultati differenziali)

 

 

La disposizione fissa, mediante rinvio all'allegato 1, per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026, i livelli massimi del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario, in termini di competenza e di cassa.

 

In ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 21, comma 1-ter, lettera a) della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009), la disposizione in esame determina, mediante rinvio all'allegato 1 annesso alla legge di bilancio medesima, i livelli massimi del saldo netto da finanziare, in termini di competenza e di cassa, e del ricorso al mercato finanziario, in termini di competenza, per ciascun anno del triennio di riferimento (2024, 2025 e 2026).

I livelli del ricorso al mercato si intendono al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare prima della scadenza o di ristrutturare passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato.

 

Tabella 1: risultati differenziali                                                (importi in milioni di euro)

 

2024

2025

2026

COMPETENZA

Livello massimo del saldo netto da finanziare, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge

202.500

168.000

134.800

Livello massimo del ricorso al mercato finanziario, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge (*)

531.168

461.895

475.240

CASSA

Livello massimo del saldo netto da finanziare, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge

252.000

212.000

179.000

Livello massimo del ricorso al mercato finanziario, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge (*)

580.668

505.895

520.240

(*) al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare prima della scadenza o di ristrutturare passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato

Fonte: Allegato I annesso al DDL di bilancio 2024

 

Il saldo netto da finanziare (SNF) è pari alla differenza tra le entrate finali e le spese finali iscritte nel bilancio dello Stato, cioè alla differenza tra il totale delle entrate e delle spese al netto delle operazioni di accensione e rimborso prestiti.

Il ricorso al mercato finanziario, invece, rappresenta la differenza tra le entrate finali e il totale delle spese. Esso indica la misura in cui occorre fare ricorso al debito per far fronte alle spese che non sono coperte dalle entrate finali. Tale importo coincide, pertanto, con l’accensione dei prestiti.

 

In ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 21, comma 1-ter, della legge di contabilità e finanza pubblica, i livelli del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario sono determinati dal presente articolo coerentemente con gli obiettivi programmatici del saldo del conto consolidato delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 10, comma 2, della legge di contabilità e finanza pubblica medesima, riguardante i contenuti del Documento di economia e finanza pubblica (DEF). Tali obiettivi per il triennio di riferimento sono stati aggiornati da ultimo lo scorso novembre dalla Nota di aggiornamento al DEF (NADEF) 2023 (cfr. la tavola I.3 a pagina 16 della NADEF 2023), la quale indica un indebitamento netto programmatico pari a -4,3% del PIL nel 2024, -3,6% nel 2025 e -2,9% nel 2026, obiettivi confermati dal successivo Documento programmatico di bilancio 2024.

Su tale percorso programmatico, le Camere si sono espresse favorevolmente con l'approvazione della risoluzione n. 6/00048 del Senato e della risoluzione n. 6/00057 della Camera.

 

A tali percentuali del PIL corrispondono, in base alla tavola di "Raccordo tra il saldo netto da finanziare (SNF) programmatico e il conto PA programmatico 2024-2026" contenuta nella relazione tecnica allegata al disegno di legge di bilancio, i seguenti valori assoluti, in termini di competenza, dell’indebitamento netto (saldo del conto economico programmatico) della PA: -92 miliardi di euro nel 2024, -80 miliardi nel 2025 e -67 miliardi nel 2026.

In base alla tavola di raccordo, dal disegno di legge di bilancio emerge un saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato, corrispondente agli obiettivi programmatici di indebitamento netto sopra esposti, pari a 199 miliardi di euro per l'anno 2024, 165 miliardi per il 2025, 132 miliardi per il 2026. Tali valori sono pertanto coerenti con il livello massimo del saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato di competenza riportati nell'allegato 1 all'articolo in esame.

Sulla scorta di tale coerenza, nella seduta del 31 ottobre 2023, il Presidente del Senato, sulla scorta del parere reso dalla Commissione bilancio, ha espresso un parere favorevole in relazione ai profili di cui all’articolo 126, comma 4, del Regolamento.


Titolo II
Misure per sostenere il potere di acquisto delle famiglie

 

 

Articolo 2
(Misure per il sostegno degli indigenti e per gli acquisti di beni di prima necessità – Carta «Dedicata a te»)

 

 

L’articolo 2 prevede distinti rifinanziamenti, per l’anno 2024, relativi: a) al Fondo destinato all’acquisto di beni alimentari di prima necessità, di carburanti ed abbonamenti a mezzi di trasporto pubblico, già istituito presso il MASAF - Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (+ 600 milioni di euro); b) all’autorizzazione di spesa, rifinanziata anche per il 2024 con 2.231.000 euro,  a valere sulle risorse del predetto Fondo, per consentire al MASAF di continuare ad avvalersi della stipula di convenzioni con concessionari di servizi pubblici ai fini dell’erogazione dei contributi; c) al Fondo per la distribuzione delle derrate alimentari alle persone indigenti (+ 50 milioni).

 

Più in dettaglio, al comma 1 si prevede l’incremento di 600 milioni per il 2024 del Fondo destinato all’acquisto di beni alimentari di prima necessità, di carburanti e di abbonamenti ai mezzi pubblici, di cui all’articolo 1, comma 450, della legge di Bilancio 2023 (L. n. 197/2022), che finanzia la cd. “Social card”, ora carta “Dedicata a te”.

A tale proposito l’articolo 1, comma 450 della citata legge di bilancio 2023 aveva previsto l’istituzione nello stato di previsione del Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (MASAF), di un fondo, con una dotazione di 500 milioni di euro per l'anno 2023, destinato a sostenere l’acquisito di beni alimentari di prima necessità dei soggetti con un ISEE non superiore a 15.000 euro, da fruire mediante l’utilizzo di un apposito sistema abilitante. Il decreto MASAF 18 aprile 2023 ha poi definito i criteri per l’individuazione dei nuclei familiari in stato di bisogno, beneficiari del contributo economico previsto dal sopra richiamato complesso di norme della legge di Bilancio per il 2023[1] per la cd. “Social card” istituita dal MASAF per l’acquisto di beni di prima necessità. Il base al citato decreto, il numero complessivo di carte assegnabili era pari a 1.300.000 unità, con un contributo entro il limite pro-capite di circa 76 euro.

Successivamente, l’articolo 2, commi 1-3 del DL 131/2023 (cd. Energia) ha disposto il riconoscimento di un ulteriore contributo di complessivi 100 milioni ai beneficiari della cd. Social Card, come misura di sostegno al potere d’acquisto dei nuclei familiari meno abbienti, anche a seguito dell’incremento del costo del carburante, portando la dotazione iniziale del Fondo da 500 a 600 milioni di euro.

 

Il comma 2 dispone la copertura degli oneri derivanti dall’ulteriore incremento dei trasferimenti, quantificati in 600 milioni di euro per l’anno 2024, cui si provvede mediante corrispondente versamento all'entrata del bilancio dello Stato delle risorse della contabilità speciale di cui all'articolo 7-quinquies, comma 7, del D.L. n. 5/2009[2] (L. n. 33/2009) che restano acquisite all'erario.

 

La disposizione contenuta dal citato comma 7 dell’articolo 7-quinquies fa riferimento ad una contabilità speciale nell’ambito del Bilancio dello Stato cui possono essere destinate annualmente somme versate all’entrata del bilancio nell’ambito di particolari unità previsionali di base, ai fini del successivo riversamento di tali somme per specifici interventi previsti a legislazione vigente.

 

Si prevede inoltre che con decreto del MASAF, di concerto con il Ministro delle imprese e del made in Italy, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ed il MEF, siano ripartite le risorse, individuati i termini e le modalità di erogazione delle risorse (comma 3).

 

In proposito, si ricorda che il comma 2 dell’articolo 2, del D.L. 131/2023[3] (cd. Energia) ha disposto che entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del citato decreto-legge (in corso di conversione), con decreto del Ministro delle imprese e del Made in Italy, di concerto con il MEF e con il MASAF, devono essere stabiliti i criteri di definizione dei trasferimenti per la parte incrementale di complessivi 100 milioni da destinare in particolare ad acquisti di carburante e abbonamenti dei mezzi pubblici e nel dettaglio:

§  l’ammontare del beneficio aggiuntivo per singolo nucleo familiare per la copertura delle spese dei carburanti o, in alternativa, dell’abbonamento ai mezzi pubblici;

§  le modalità di raccordo con le previsioni del decreto di cui all’articolo 1, comma 451, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, per preservare l’unicità del sistema di gestione e del titolo abilitante e prevedere la facoltà per le amministrazioni di assegnare un nuovo termine per l’attivazione della carta qualora non sia stata ancora effettuata per ragioni non imputabili al beneficiario;

§  le prescrizioni necessarie ad assicurare che l’acquisto di carburante o di abbonamenti per il trasporto pubblico locale avvenga nei limiti dell’ulteriore contributo assegnato;

§  le modalità e le condizioni di accreditamento delle imprese autorizzate alla vendita di carburanti che aderiscono a piani di contenimento dei costi del prezzo alla pompa, per l’applicazione degli sconti.

 

Si prevede peraltro che per le finalità disposte al presente articolo, l’autorizzazione di spesa di cui al comma 451-bis, della sopra citata Legge di bilancio 2023 sia rifinanziata nella misura di 2.231.000 euro per l’anno 2024, a valere sulle risorse del Fondo destinato all’acquisto di beni alimentari (comma 4). Ciò al fine di consentire al MASAF di continuare ad avvalersi delle procedure già previste a normativa vigente, secondo cui il Ministero può stipulare convenzioni con concessionari di servizi pubblici ai fini dell’erogazione del contributo del predetto Fondo.

 

Di fatto si reitera al prossimo anno una misura già prevista nel 2023 in quanto il comma 451-bis[4] ha previsto che il Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste possa avvalersi delle procedure previste dall'articolo 58, comma 6, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, (c.d. Agosto, L. n. 126/2020), con importi autorizzati fino al massimo di 2.231.000 euro per l'anno 2023 a valere sulle risorse del Fondo destinato all’acquisto di beni alimentari di prima necessità.

 

Più in dettaglio, il citato articolo 58, comma 6 del D.L. n. 104/2020, ha introdotto la possibilità per l’allora Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali di stipulare, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, apposite convenzioni con concessionari di servizi pubblici per l’erogazione delle quote del Fondo per la ripresa dell’attività da parte degli esercizi di ristorazione e per la riduzione dello spreco alimentare, a condizione che tali concessionari risultino dotati di una rete di sportelli capillare su tutto il territorio nazionale e abbiano disponibilità di piattaforme tecnologiche e infrastrutture logistiche integrate; inoltre, essi devono avere l’identificazione come Identity Provider e la qualifica di Certification Authority accreditata dall'Agenzia per l'Italia digitale e presentare un’esperienza pluriennale nella ricezione, digitalizzazione e gestione delle istanze e dichiarazioni alla pubblica amministrazione e nei servizi finanziari di pagamento. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ed il concessionario sono tenuti a pubblicare nei propri siti internet le informazioni necessarie per la richiesta di accesso al beneficio[5].

Infine, il comma 5, dispone l’incremento di 50 milioni per il 2024 del Fondo per la distribuzione delle derrate alimentari alle persone indigenti, in considerazione del permanere di condizioni di disagio sociale ed economico.

 

In proposito si ricorda che il predetto Fondo nazionale indigenti è stato istituito con l’articolo 58, del D.L. n. 83 del 2012 (L. n. 134/2012) presso l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura - AGEA, con risorse allocate nello stato di previsione del MASAF (cap. 1526). Dal decreto di ripartizione in capitoli del bilancio dello Stato 2021-2023, risultano iscritte risorse - in tale capitolo - per complessivi 46,9 milioni di euro nel 2021. Qui l’approfondimento sulle risorse del Fondo.

 

 

  Il contributo per l’acquisto dei beni alimentari di prima necessità, previsto dalla legge di Bilancio 2023 (art. 1, co. 450-451-bis, Legge n. 197/2022, come modificata dal D.L. n. 13/2023 - L. n. 41/2023) è un trasferimento in danaro pari a 382,50 euro per nucleo famigliare, erogabile tramite carte elettroniche di pagamento, prepagate e ricaricabili, messe a disposizione da Poste Italiane per il tramite della società controllata Postepay. Le stesse carte elettroniche sono consegnate agli aventi diritto presso gli uffici postali abilitati al servizio, per spese relative ai soli beni di prima necessità, con esclusione di qualsiasi tipologia di bevanda alcolica, presso tutti gli esercizi commerciali convenzionati che vendono generi alimentari.

I beneficiari del contributo sono i cittadini appartenenti ai nuclei familiari, residenti nel territorio italiano, aventi specifici requisiti, tra cui:

§  iscrizione di tutti i componenti del nucleo famigliare all'Anagrafe della popolazione residente (Anagrafe comunale);

§  titolarità di una certificazione ISEE ordinario, in corso di validità, con indicatore non superiore ai 15.000 euro annui.

In taluni specifici casi il contributo non è cumulabile, come ad esempio per i nuclei familiari che alla data di entrata in vigore del decreto di attuazione (decreto MASAF 18 aprile 2023) avessero incluso titolari di: a) Reddito di cittadinanza; b)  Reddito di inclusione o qualsiasi altra misura di inclusione sociale  o  sostegno  alla  povertà. Viene precluso inoltre ai nuclei familiari nei quali almeno un componente sia percettore della Nuova assicurazione sociale per l'impiego (NASPI) e dell’Indennità mensile di disoccupazione per i collaboratori (DIS-COLL); o dell’Indennità di mobilità e dei Fondi di solidarietà per l'integrazione del reddito; ovvero di Cassa integrazione guadagni-CIG o di qualsivoglia differente forma di integrazione salariale, o di sostegno nel caso di disoccupazione involontaria, erogata dallo Stato.

L’individuazione dei beneficiari è operata dall’INPS che inviano ai comuni l'elenco dei beneficiari del contributo, nei limiti delle carte loro assegnate di cui all'allegato 2, individuati tra i nuclei familiari residenti sul proprio territorio, secondo i seguenti criteri di priorità decrescente:

1.    nuclei familiari, composti da non meno di tre componenti, di cui almeno uno nato entro il 31 dicembre 2009, priorità è data ai nuclei con indicatore ISEE più basso;

2.    nuclei familiari, composti da non meno di tre componenti, di cui almeno uno nato entro il 31 dicembre 2005, priorità è data ai nuclei con indicatore ISEE più basso;

3.    nuclei familiari composti da non meno di tre componenti, priorità è data ai nuclei con indicatore ISEE più basso;

Il numero complessivo delle carte assegnabili è pari a 1.300.000, con carattere nominativo e operatività a partire dal mese di luglio 2023. Le carte sono ritirate dai beneficiari dei contributi presso gli uffici postali abilitati al servizio e non sono fruibili, con decadenza del beneficio, se non sia stato effettuato il primo pagamento entro il 15 settembre 2023.

L’assegnazione del numero delle carte per ciascun comune è effettuata in base ai seguenti criteri:

§  una quota pari al 50% del numero totale di carte, è ripartita in proporzione alla popolazione residente in ciascun comune;

§  una quota pari al restante 50%, è distribuita in base alla distanza tra il valore del reddito pro capite medio di ciascun comune ed il valore del reddito pro capite medio nazionale, ponderata per la rispettiva popolazione.  

Il comma della citata legge n. 197/2022 (legge di bilancio 2023) prevede peraltro che, laddove mediante il decreto di cui al citato 451 venga individuato quale sistema per l’erogazione del contributo l’utilizzo di tessere nominative prepagate, la distribuzione delle stesse possa essere affidata al gestore del servizio postale universale sulla base di apposita convenzione.


Articolo 3
(Mutui prima casa)

 

 

L’articolo 3, comma 1, interviene sulla disciplina del Fondo di garanzia per l’acquisto della prima casa, prorogando al 31 dicembre 2024 (dal 31 dicembre 2023) la possibilità di usufruire della garanzia massima dell'80%, a valere sul Fondo medesimo, sulla quota capitale dei mutui destinati alle categorie prioritarie, aventi specifici requisiti di reddito ed età.

Il comma 2 assegna al citato Fondo di garanzia ulteriori 282 milioni per l’anno 2024.

 

Si segnala preliminarmente che il differimento al 31 dicembre 2023 delle norme in parola è stato stabilito dall’articolo 1 del decreto-legge n. 132 del 2023, all’esame della 6a Commissione (Finanze) del Senato al momento della redazione della presente scheda (A.S. 899).

 

Il comma 1 propone novelle all’articolo 64, comma 3, del decreto-legge n. 73 del 2021. In particolare proroga al 31 dicembre 2024 il regime speciale introdotto dal richiamato articolo 64, ai sensi del quale la misura massima della garanzia rilasciata dal Fondo di garanzia per la prima casa è stata elevata, per le categorie prioritarie, dal 50 fino all’80 per cento della quota capitale, qualora in possesso di un indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) non superiore a 40 mila euro annui e per mutui di importo superiore all’80 per cento del prezzo dell’immobile, compreso di oneri accessori (Loan to Value (LTV)).

L’articolo 64, al comma 3, primo periodo, del citato decreto-legge n. 73 del 2021, stabilisce che, per i soggetti che rientrano nelle categorie aventi i requisiti che danno diritto all’accesso prioritario alle agevolazioni e con ISEE non superiore a 40 mila euro, la misura massima della garanzia concedibile dal Fondo di garanzia per la prima casa è elevata all’80% (dal 50%) della quota capitale, tempo per tempo in essere sui finanziamenti concessi. Le categorie prioritarie sono le giovani coppie, i nuclei familiari monogenitoriali con figli minori, i conduttori di alloggi IACP e i giovani di età inferiore ai 36 anni, in possesso di ISEE non superiore a 40.000 euro annui, richiedenti un mutuo superiore all’80% dell’immobile, ivi compresi gli oneri accessori.

 

Inoltre, il comma 3 dell’art. 64 del decreto-legge n. 73 del 2021 (a seguito delle modifiche introdotte l’articolo 35-bis del decreto-legge n. 144 del 2022) stabilisce, al secondo periodo, che la possibilità di elevare la garanzia fino all’80% in favore delle categorie prioritarie, fermi i requisiti richiesti, operi anche quando il tasso effettivo globale-TEG sia superiore al tasso effettivo globale medio-TEGM, nel rispetto di determinate condizioni. In particolare, viene stabilito che il TEG può superare il TEGM nella misura massima pari al differenziale tra la media del tasso Interest Rate Swap a 10 anni calcolata nel mese precedente al mese di erogazione e la medesima media calcolata nel trimestre sulla base del quale è stato calcolato il TEGM in vigore.

La norma si applica in caso di differenziale positivo. Qualora, invece, tale differenziale risulti negativo, i soggetti finanziatori sono tenuti ad applicare le condizioni di maggior favore in relazione al TEGM in vigore.

La disposizione in commento proroga, dal 31 dicembre 2023 al 31 dicembre 2024, anche la presente disciplina.

 

Inoltre, il comma 2 assegna al citato Fondo di garanzia ulteriori 282 milioni per l’anno 2024.

Per il “Fondo prima casa” v. riquadro, infra.

 

Il termine temporale per avvalersi della agevolazione in oggetto, originariamente previsto per il 30 giugno 2022, è stato prorogato più volte: al 31 marzo 2023 dall’articolo 1, comma 74, lett. b), della legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio per il 2023), quindi al 30 giugno 2023 dall’art. 3, comma 10-bis, del decreto legge 29 dicembre 2022, n. 198 e, infine, al 30 settembre 2023 dall’articolo 4-sexies, comma 1, del decreto-legge n. 51 del 2023. Quindi, come sopra ricordato, al 31 dicembre dall’art. 1 del decreto-legge n. 132 del 2023.

 

Secondo la relazione illustrativa la proroga dell’agevolazione trova il suo fondamento nella necessità di continuare a tutelare le categorie più fragili e supportarle nell’acquisto di un bene primario quale la casa di abitazione, anche alla luce del contesto macroeconomico caratterizzato da forti spinte inflazionistiche, anche alla luce delle decisioni di politica monetaria adottate dalla Banca centrale europea.

 

Si rammenta che la disciplina attuativa del Fondo recata dal decreto ministeriale 31 luglio 2014 stabilisce (art. 3, comma 5) che per i mutui ai quali è assegnata priorità il tasso effettivo globale (TEG) non può essere superiore al tasso effettivo globale medio (TEGM).

Il citato articolo 35-bis del decreto-legge n. 144 del 2022 ha previsto che la garanzia all’80% può essere concessa, in favore delle categorie prioritarie, a determinate condizioni (v. infra), anche quando il TEG risulti superiore al TEGM.

Il Tasso Effettivo Globale Medio (TEGM) risulta dalla rilevazione effettuata ogni tre mesi dalla Banca d'Italia per conto del MEF ed è pubblicato trimestralmente dal Ministero stesso ai sensi della legge n. 108 del 1996 (recante “Disposizioni in materia di usura”). Il TEGM si riferisce agli interessi annuali praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari per operazioni della stessa natura. Sulla base del TEGM è calcolato il limite oltre il quale gli interessi sono ritenuti usurari.

Il TEG è invece il tasso effettivo globale praticato dall’intermediario in una specifica operazione (ad esempio in un contratto di mutuo) ed espresso su base annua.

Per approfondimenti, si veda la pagina sul sito della Banca d’Italia Tassi effettivi globali medi (TEGM). Riguardo ai metodi di calcolo del TEGM e del TEG, si veda la pagina internet Istruzioni per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi e disposizioni correlate sul medesimo sito della Banca d’Italia.

L’interest rate swap (IRS) è un contratto attraverso il quale due parti si scambiano, in date stabilite e per un periodo prefissato, flussi costituiti da pagamenti di interessi, applicando a uno stesso capitale nozionale (ossia capitale sul quale vengono fatti i calcoli del contratto) due diversi tassi d'interesse (cfr. sito Borsa italiana). Nella loro forma più semplice (plain vanilla), gli IRS danno luogo a uno scambio di flussi di interessi in cui una controparte paga un tasso fisso e l’altra un tasso variabile su un valore nozionale sottostante, che invece non viene scambiato.

La disciplina in parola - secondo quanto rappresentato dalle relazioni di accompagnamento al decreto-legge n. 144 del 2022 – è stata introdotta a seguito del nuovo scenario determinato dall’innalzamento dei tassi di interesse a partire dal 2022. Poiché il valore soglia per i tassi dei mutui agevolati, rappresentato dal TEGM, viene determinato, nel trimestre di riferimento, sulla base dei tassi applicati nei due trimestri precedenti, risulta che il tetto massimo del tasso praticabile sui mutui agevolati sia, a causa di tale criterio retrospettivo, non in linea con il mercato. Tale differenza, determinata dal “ritardo” con il quale è calcolato il TEGM rispetto all'aumento dei tassi registrato nel precedente periodo di riferimento, potrebbe indurre la diminuzione dell’offerta dei mutui agevolati, privilegiando talvolta l’offerta di contratti a tasso variabile, con maggiore esposizione nel lungo periodo delle categorie destinatarie delle agevolazioni, in caso di ulteriori rialzi dei tassi di mercato.

 

Fondo prima casa

 

L'articolo 1, comma 48, lettera c) della legge di stabilità per il 2014 (legge 27 dicembre 2013, n. 147) ha istituito presso il Ministero dell'Economia e delle Finanze il Fondo di garanzia per la prima casa ("Fondo prima casa"), nell'ambito di un riordino generale del sistema delle garanzie per l'accesso al credito delle famiglie e delle imprese e in sostituzione del Fondo per l'accesso al credito per l'acquisto della prima casa. Il Fondo prevede la concessione di garanzie a prima richiesta su mutui, dell'importo massimo di 250 mila euro, per l'acquisto - ovvero per l'acquisto anche con interventi di ristrutturazione purché con accrescimento dell'efficienza energetica - di unità immobiliari site sul territorio nazionale da adibire ad abitazione principale del mutuatario.

Con decreto ministeriale 31 luglio 2014, pubblicato nella G.U. n. 226 del 29 settembre 2014 sono state emanate le norme di attuazione della disciplina ed è stata individuata Consap quale soggetto gestore del Fondo.

Al Fondo sono state attribuite risorse pari complessivamente a 600 milioni di euro nel triennio 2014-2016 (200 milioni annui), nonché le attività e le passività del precedente Fondo per l'accesso al credito per l'acquisto della prima casa da parte delle giovani coppie o dei nuclei familiari monogenitoriali con figli minori (istituito dall’articolo 13, comma 3-bis, del decreto-legge n. 112 del 2008), che ha continuato ad operare fino all'emanazione dei decreti attuativi necessari a rendere operativo il nuovo Fondo di garanzia.

Il Fondo concede garanzie, a prima richiesta, su mutui ipotecari o su portafogli di mutui ipotecari, nella misura massima del 50 per cento della quota capitale, tempo per tempo in essere sui finanziamenti, connessi all'acquisto e ad interventi di ristrutturazione e accrescimento dell'efficienza energetica di unità immobiliari, site sul territorio nazionale, da adibire ad abitazione principale del mutuatario, con le priorità sopra ricordate. Gli interventi del Fondo di garanzia per la prima casa sono assistiti dalla garanzia dello Stato, quale garanzia di ultima istanza.

Con il Protocollo d’intesa tra il Ministero dell’economia e delle finanze e l’ABI, siglato l’8 settembre 2014, sono state disciplinate le modalità di adesione all’iniziativa da parte delle banche e degli intermediari finanziari.

Si ricorda che l'art. 1, comma 658, della legge di bilancio per il 2019 (l. n. 145/2018), dispone che il Fondo possa essere alimentato, oltre che mediante il versamento di contributi da parte delle regioni e di altri enti e organismi pubblici, con l’intervento della Cassa depositi e prestiti, anche a valere su risorse di soggetti terzi e al fine di incrementare la misura massima della garanzia del Fondo. Si prevede inoltre che le norme di rango secondario di attuazione del Fondo stabiliscano le condizioni alle quali è subordinato il mantenimento dell’efficacia della garanzia del Fondo, in caso di cessione del mutuo.

Lo stanziamento del Fondo è allocato sul capitolo 7077 dello stato di previsione del MEF.

Per lo stato del Fondo e le modalità di finanziamento, si veda anche la relativa pagina sul sito del MEF.

 


Articolo 4
(Contributo straordinario per il primo trimestre 2024
ai titolari di
bonus sociale elettrico)

 

 

L’articolo 4 stanzia 200 milioni di euro per il riconoscimento nel primo trimestre 2024 di un contributo straordinario ai clienti domestici titolari di bonus sociale elettrico, analogo a quello già previsto dal D.L. n. 34/2023 per il quarto trimestre 2023. Detto contributo è, dunque, corrisposto in misura crescente con il numero di componenti del nucleo familiare.

 

L’articolo 4 prevede il riconoscimento, per i mesi di gennaio, febbraio e marzo 2024, di un contributo straordinario ai clienti domestici titolari di bonus sociale elettrico.

 

Detto contributo è riconosciuto con le medesime modalità già previste per l’attribuzione di un analogo contributo nei mesi di ottobre, novembre e dicembre 2023 dall’articolo 3 del decreto-legge n. 34/2023, così come modificato dall’articolo 1, comma 8 del decreto-legge n. 131/2023.

 

L’articolo 1, comma 8 del D.L. n. 131/2023, sostituendo il testo dell’articolo 3, del D.L. n. 34/2023, ha istituito un contributo straordinario per il IV trimestre 2023 per i clienti domestici titolari di bonus sociale elettrico, crescente con il numero di componenti del nucleo familiare secondo le tipologie già previste per il bonus sociale.

La norma demanda all’ARERA la definizione della misura del contributo ripartendo nei tre mesi – ottobre, novembre e dicembre - in base ai consumi attesi, l’onere complessivo della stessa, per la quale il D.L. n. 131/2023 ha autorizzato la spesa nel limite di 300 milioni di euro per l’anno 2023.

Questo nuovo contributo opera in luogo del contributo straordinario per il IV trimestre 2023 previsto dal testo originario dell’articolo 3 del D.L. n. 34/2023 per gli utenti del gas. Detta norma, in particolare, riconosceva ai clienti domestici residenti diversi da quelli titolari di bonus sociale un contributo, erogato in quota fissa e differenziato in base alle zone climatiche, con riferimento ai mesi di ottobre, novembre e dicembre 2023 in cui la media dei prezzi giornalieri del gas naturale sul mercato all'ingrosso superasse la soglia di 45 euro/MWh.

A tal fine, l’articolo 3 del D.L. n. 34/2023 autorizzava, al comma 3, la spesa di 1.000 milioni di euro per l’anno 2023, prevedendo, al successivo comma 4, il trasferimento di tale importo alla Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA). Detta autorizzazione di spesa è stata successivamente ridotta dall’articolo 22, comma 3, lett. b) del D.L. n. 61/2023 in misura pari a 126,7 milioni di euro per finanziare gli interventi urgenti per fronteggiare l'emergenza provocata dagli eventi alluvionali verificatisi a partire dal 1° maggio 2023 previsti dal medesimo decreto-legge.

 

Il contributo straordinario è, pertanto, corrisposto nei primi tre mesi del 2024 in misura crescente con il numero di componenti del nucleo familiare secondo le tipologie già previste per il medesimo bonus sociale.

 

A tal fine, è autorizzata una spesa massima di 200 milioni di euro per il 2024. Detto importo è trasferito alla Cassa per i servizi energetici e ambientali entro il 28 febbraio 2024.

 

Il bonus sociale elettrico, al pari dell’analogo bonus sociale del gas, è una misura volta a ridurre la spesa sostenuta per la fornitura di energia elettrica e di gas naturale dai nuclei familiari in condizioni di disagio economico o fisico. Sono stati gradualmente introdotti nel corso degli anni dalla legislazione e successivamente attuati con provvedimenti di regolazione dell'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA).

In base all’articolo 1, comma 375, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria 2006)[6], il decreto del Ministro dello sviluppo economico 28 dicembre 2007, citato dalla norma qui in esame, ha definito i criteri per l'applicazione delle tariffe agevolate per la fornitura di energia elettrica ai clienti economicamente svantaggiati.

L’articolo 3, comma 9 del D.L. n. 185/2008 ha riconosciuto il diritto alla tariffa agevolata per la fornitura di energia elettrica anche ai clienti domestici (tutti, quindi sia economicamente svantaggiati che non) presso i quali sono presenti persone che versano in gravi condizioni di salute, tali da richiedere l'utilizzo di apparecchiature medico-terapeutiche, alimentate ad energia elettrica, necessarie per il loro mantenimento in vita.

Inoltre, l’articolo 3, comma 9 del D.L. n. 185/2008 ha disposto che ai clienti economicamente svantaggiati, aventi diritto alle forniture elettriche agevolate, spetti anche una compensazione della spesa per la fornitura di gas naturale.

L’Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE)[7], è stato individuato come lo strumento per identificare i nuclei familiari in situazione di effettiva vulnerabilità economica che, in quanto tali, hanno diritto ad accedere, ai sensi delle norme pregresse, alle due agevolazioni tariffarie, per elettricità e gas. In base all’articolo 57-bis, comma 5, del decreto legge n. 124 del 2019, dall’anno 2021, i bonus sociali per disagio economico, compreso quello elettrico, sono riconosciuti automaticamente ai cittadini e nuclei familiari che ne hanno diritto, senza che sia necessario presentare domanda.

Le agevolazioni relative alle tariffe per la fornitura di energia elettrica ai clienti domestici in gravi condizioni di salute, invece, prescindono dal reddito e i relativi criteri non sono stati modificati. Vi accedono tutti i clienti domestici affetti da grave malattia o presso i quali viva un soggetto affetto da grave malattia, che richiede l'utilizzo di apparecchiature elettromedicali per il mantenimento in vita (le apparecchiature sono indicate nel D.M. 13 gennaio 2011).

La compensazione della spesa sostenuta per la fornitura di energia elettrica è riconosciuta in misura tale da produrre una riduzione della spesa dell'utente medio indicativamente del 20 per cento. La compensazione della spesa sostenuta per la fornitura del gas è riconosciuta in misura tale da determinare una riduzione della spesa al netto delle imposte dell'utente tipo indicativamente del 15 per cento.

Con il manifestarsi dell’aumento dei prezzi energetici, i bonus sono stati oggetto di interventi legislativi di rafforzamento, di diversa intensità, che si sono tradotti in sostanza nel riconoscimento di una componente di compensazione integrativa (CCI) rispetto alla componente di compensazione già riconosciuta ai soggetti in via ordinaria, nonché in una estensione della platea dei beneficiari.

Inoltre, per l’anno 2023, le agevolazioni tariffarie sulla fornitura di energia elettrica e gas per i clienti con disagio economico sono riconosciute, in base alla legge di bilancio 2023 (articolo 1, commi 17 e 18) e al D.L. n. 34/2023 (articolo 1, comma 2), ai clienti che non superano una soglia di ISEE (Indicatore della situazione economica equivalente) di:

§  15.000 euro per i nuclei familiari con meno di 4 figli a carico (art. 1, comma 17, L. Bilancio 2023).

§  30.000 euro per le famiglie numerose, con almeno 4 figli a carico (art. 1, comma 2, D.L. n. 34/2023).

In merito alla quantificazione del bonus, il legislatore ha riconosciuto "la necessità di determinare risparmi più elevati per le famiglie con valori dell'ISEE più bassi". L’ARERA è stata dunque delegata a parametrare il bonus in base al valore dell'ISEE di ogni nucleo familiare (art. 1, comma 18, L. bilancio 2023). Si rinvia, per un dettaglio, alla pagina web dedicata del sito istituzionale ARERA.

L’articolo 1 del D.L. n. 131/2023 ha disposto, al comma 1, la cessazione delle compensazioni complementari integrative (CCI) dal IV trimestre 2023. Tuttavia, al successivo comma 8, ha istituito un contributo straordinario per il medesimo trimestre 2023, per i clienti domestici titolari di bonus sociale elettrico, crescente con il numero di componenti del nucleo familiare secondo le tipologie già previste per il bonus sociale. Questo contributo opera in luogo del contributo straordinario precedentemente previsto all’art. 3 del D.L. n. 34/2023, il quale era invece previsto a favore dei clienti domestici diversi da quelli titolari di bonus sociale, con riferimento ai mesi di ottobre, novembre e dicembre 2023, nel caso in cui la media dei prezzi giornalieri del gas naturale sul mercato all'ingrosso superasse la soglia di 45 euro/MWh.

 


Titolo III
Riduzione della pressione fiscale e misure in materia di rinnovo dei contratti del pubblico impiego

Capo I
Riduzione della pressione fiscale

 

 

Articolo 5
(
Esonero parziale dei contributi previdenziali a carico
dei lavoratori dipendenti)

 

 

L’articolo 5 reintroduce, per i periodi di paga dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2024, un esonero sulla quota dei contributi previdenziali dovuti dai lavoratori dipendenti pubblici e privati, esclusi i lavoratori domestici, già previsto per gli anni 2022 e 2023.

Tale esonero è pari al 6 per cento se la retribuzione imponibile non eccede l'importo mensile di 2.692 euro e al 7 per cento se la medesima retribuzione non eccede l'importo mensile di 1.923 euro.

 

In entrambi i casi la retribuzione imponibile è parametrata su base mensile per tredici mensilità, e i suddetti limiti di importo mensile sono considerati al netto del rateo di tredicesima[8].

La disposizione in commento precisa altresì che gli incrementi della percentuale di esonero ivi previsti sono riconosciuti senza effetti sul rateo di tredicesima.

Per analogia con quanto chiarito dall’INPS in merito all’applicabilità dell’analogo esonero previsto per i periodi di paga dal 1° luglio 2023 al 31 dicembre 2023[9], le riduzioni della quota a carico del lavoratore previste dalla norma in commento sembrano operare solo sulla retribuzione lorda imponibile ai fini previdenziali corrisposta nel mese - o su quella al netto dei ratei di mensilità aggiuntiva, se i ratei della tredicesima mensilità vengono erogati nei singoli mesi -, con una riduzione del 6 o del 7 per cento a seconda dell’importo, e non anche sull’importo della tredicesima mensilità corrisposta nel mese di competenza di dicembre 2023 - o sui ratei di tredicesima, se questi sono erogati mensilmente

Infine, tenuto conto dell'eccezionalità dell’esonero introdotto dalla norma in commento, resta ferma l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche[10].

 

L’esonero in questione, come anticipato, è stato introdotto dalla legge di bilancio 2022 (art. 1, co. 121, L. 234/2021) nella misura dello 0,8 per cento sulla quota dei contributi previdenziali per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti dovuti dai lavoratori dipendenti pubblici e privati, ad eccezione di quelli domestici, per i periodi di paga dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2022, a condizione che la predetta retribuzione imponibile non eccedesse l'importo mensile di 2.692 euro, maggiorato, per la competenza del mese di dicembre, del rateo di tredicesima. Tale percentuale dello 0,8 è stata elevata a 2 punti percentuali (art. 20 del D.L. 115/2022) per i periodi di paga dal 1° luglio 2022 al 31 dicembre 2022 nei confronti dei medesimi lavoratori e alle stesse condizioni retributive.

La legge di bilancio 2023 (art. 1, c. 281, L. 197/2022) ha reintrodotto l’esonero in commento, per i periodi di paga dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023, nella misura del 2 per cento se la retribuzione imponibile non eccede l'importo mensile di 2.692 euro e al 3 per cento se la medesima retribuzione non eccede l'importo mensile di 1.923 euro. Le suddette percentuali sono state elevate, rispettivamente, al 6 e al 7 per cento per i periodi di paga dal 1° luglio 2023 al 31 dicembre 2023, senza ulteriori effetti sul rateo di tredicesima (art. 39 del D.L. 48/2023).

 

 

 


Articolo 6
(Esclusione dal reddito imponibile dei lavoratori di alcuni valori)

 

 

L’articolo 6 prevede, limitatamente al periodo d’imposta 2024, una disciplina più favorevole – rispetto a quella stabilita a regime e già più volte interessata da modifiche transitorie – in materia di esclusione dal computo del reddito imponibile del lavoratore dipendente per i beni ceduti e i servizi prestati al lavoratore medesimo (fringe benefits). Il regime transitorio più favorevole consiste[11]: nell’elevamento del limite di esenzione suddetta da 258,23 euro (per ciascun periodo d'imposta) a 2.000 euro per i lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico e a 1.000 euro per gli altri lavoratori dipendenti; nell’inclusione nel regime di esenzione (nell’ambito del medesimo unico limite) delle somme erogate o rimborsate al medesimo dal datore di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale e delle spese per il contratto di locazione della prima casa ovvero per gli interessi sul mutuo relativo alla prima casa.

Le esenzioni riconosciute ai sensi del regime transitorio in esame concernono anche la base imponibile della contribuzione previdenziale[12].

 

Il regime generale di esenzione in oggetto – di cui all'articolo 51, comma 3, del testo unico delle imposte sui redditi[13] – concerne non solo il reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi, ma anche – in base al rinvio, di cui all'articolo 12 della L. 30 aprile 1969, n. 153, e successive modificazioni, al medesimo regime fiscale (di cui al testo unico suddetto) – la base imponibile della contribuzione previdenziale. Come accennato, anche la norma transitoria in oggetto – secondo l’interpretazione già seguita in passato[14] – si applica anche per la determinazione della base imponibile della contribuzione previdenziale.

Riguardo alla nozione di figli fiscalmente a carico, si ricorda che, in base all'articolo 12, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni – comma richiamato dal presente articolo 6 –, sono fiscalmente a carico i figli che abbiano un reddito non superiore a 4.000 euro, ovvero a 2.840,51 euro nel caso di figli di età superiore a ventiquattro anni (per il computo di tali limiti si considera il reddito al lordo degli oneri deducibili). Al fine del beneficio di cui all’articolo 6, secondo l’interpretazione già seguita dall’Agenzia delle entrate[15] in relazione alla precedente norma transitoria (concernente il periodo di imposta 2023), la condizione a cui è subordinato il limite più elevato è soddisfatta anche qualora il figlio sia a carico ripartito con l’altro genitore nonché qualora il lavoratore non benefici della detrazione fiscale per il figlio a carico in ragione del riconoscimento (in relazione al medesimo figlio) dell’assegno unico e universale per i figli a carico. Inoltre, sono esplicitamente ricompresi nell’ambito dell’articolo 6 i figli fiscalmente a carico nati fuori del matrimonio o adottivi o affidati.

L’articolo 6 in esame si pone in deroga esclusivamente alla prima parte dell’articolo 51, comma 3, terzo periodo, del citato testo unico delle imposte sui redditi (di cui al D.P.R. n. 917 del 1986); resta quindi fermo il principio che, qualora il valore dei beni o dei servizi forniti risulti complessivamente superiore al limite in oggetto, l’intero valore rientra nell’imponibile fiscale e contributivo – come esplicitato in sede di interpretazione della precedente norma transitoria[16], relativa al periodo di imposta 2023 –.

Il medesimo articolo 6 prevede che i datori di lavoro provvedano all’attuazione del regime transitorio più favorevole in esame previa informativa alle rappresentanze sindacali unitarie, ove presenti[17].

L’articolo 6 specifica altresì che il regime transitorio in esame si applica nella suddetta misura più favorevole se il lavoratore dichiara al datore di lavoro di avere diritto a quest’ultima, indicando il codice fiscale del figlio (o dei figli) a carico.

Riguardo al suddetto riferimento alla nozione di prima casa, si valuti l’opportunità di specificare se essa corrisponda alla nozione fiscale di abitazione principale (si ricorda che quest’ultima nozione è stata oggetto di intervento da parte della sentenza della Corte costituzionale n. 209 del 12 settembre 2022-13 ottobre 2022).

Riguardo alle spese per il contratto di locazione, si valuti l’opportunità di specificare se siano comprese, oltre all’importo del canone di locazione, anche le eventuali spese relative alle imposte di registro e di bollo.

 


Articolo 7
(Riduzione dell’imposta sostitutiva relativa ai lavoratori dipendenti privati e applicabile ai premi di produttività e alle forme di partecipazione agli utili d’impresa)

 

 

L’articolo 7 estende ai premi e alle somme erogati nell’anno 2024 la riduzione transitoria da 10 a 5 punti percentuali, già prevista per le corrispondenti erogazioni nell’anno 2023, dell’aliquota dell'imposta sostitutiva dell'IRPEF e delle relative addizionali regionali e comunali, concernente alcuni emolumenti retributivi dei lavoratori dipendenti privati (premi di risultato e forme di partecipazione agli utili d’impresa).

 

La disciplina a regime del trattamento tributario sostitutivo in oggetto è stabilita dall’articolo 1, commi da 182 a 189, della L. 28 dicembre 2015, n. 208, e successive modificazioni, e dal D.M. 25 marzo 2016. Essa concerne gli emolumenti retributivi dei lavoratori dipendenti privati di ammontare variabile e la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili, nonché le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa.

Tale regime tributario (fatta in ogni caso salva l'ipotesi di espressa rinunzia al medesimo da parte del lavoratore, con conseguente applicazione del regime ordinario) consiste in un'imposta sostitutiva dell'IRPEF (e delle relative addizionali regionali e comunali), con aliquota pari al 10%, e concerne esclusivamente – entro determinati limiti di importo e a condizione che il reddito da lavoro dipendente del soggetto non superi un certo limite – le somme ed i valori suddetti corrisposti in esecuzione di contratti collettivi, territoriali o aziendali, stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o di contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali delle suddette associazioni ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.

La riduzione temporanea dell’aliquota da 10 a 5 punti percentuali è stata già prevista per i premi e le somme erogati nell’anno 2023 (articolo 1, comma 63, della L. 29 dicembre 2022, n. 197).

Il limite annuo di importo complessivo dell'imponibile ammesso al regime tributario in oggetto è pari a 3.000 euro (lordi), elevato a 4.000 euro per le imprese che coinvolgano pariteticamente i lavoratori nell'organizzazione del lavoro.

L’applicazione del regime sostitutivo è subordinata alla condizione che il reddito da lavoro dipendente privato del soggetto non sia stato superiore, nell’anno precedente a quello di percezione degli emolumenti in oggetto, a 80.000 euro.

Si ricorda che per molti profili del regime tributario sostitutivo in oggetto è ancora valida la circolare dell’Agenzia delle entrate n. 28/E del 15 giugno 2016.


Articolo 8, comma 1
(Riduzione del canone RAI)

 

 

L’articolo 8, comma 1, in deroga a quanto previsto dall’art. 1, comma 40, della L. 232/2016, limitatamente all’anno 2024 riduce da 90 a 70 euro l’importo del canone di abbonamento alla televisione per uso privato (c.d. canone ordinario o canone RAI).

 

A livello d’inquadramento normativo, si ricorda preliminarmente che il R.D.L. 246/1938 (L. 88/1938: art. 1) ha disposto che è obbligato al pagamento del canone di abbonamento chiunque detenga uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle radioaudizioni. Trattandosi di un’imposta sulla detenzione dell’apparecchio, il canone deve essere pagato indipendentemente dall’uso del televisore o dalla scelta delle emittenti televisive su cui sintonizzarsi.

Il canone assume due forme:

§  il canone per uso privato (ordinario) – oggetto della disposizione qui in commento – è dovuto da chi detiene apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle trasmissioni radio televisive in ambito familiare (R.D.L. 246/1938-L. 88/1938: art. 2 e ss.).

§  il canone c.d. speciale è, invece, dovuto per radioaudizioni effettuate in esercizi pubblici o in locali aperti al pubblico o comunque fuori dell’ambito familiare (R.D.L. 246/1938-L. 88/1938: art. 27; R.D.L. 1917/1925-L. 562/1926: art. 10, secondo comma).

Per quanto concerne gli importi dovuti per il canone, il d.lgs. 177/2005 (art. 47, comma 3) aveva disposto che, entro il mese di novembre di ciascun anno, il Ministro per lo sviluppo economico, con proprio decreto, dovesse stabilire l’ammontare del canone di abbonamento in vigore dal 1°gennaio dell’anno successivo, in misura tale da consentire alla società concessionaria della fornitura del servizio di coprire i costi prevedibilmente sostenuti in tale anno per adempiere gli specifici obblighi di servizio pubblico generale radiotelevisivo.

Fino all’anno 2015, dunque, l’ammontare sia del canone per uso privato che del canone speciale sono stati determinati con decreto ministeriale.

A partire dal 2016 (L. 208/2015: art. 1, commi 152 e ss.) l’importo del canone per uso privato è stato fissato direttamente in via legislativa. Parallelamente, è stata avviata una progressiva riduzione del suo importo.

Infatti, per il 2016 la misura del canone è stata fissata in € 100 ( art. 1, comma 152, L. 208/2015), a fronte di € 113,50 dovuti negli anni dal 2013 al 2015, mentre per il 2017 e il 2018 è stata pari a € 90, in forza di quanto disposto  prima dall’art. 1, comma 40, della L. 232/2016, che costituisce a oggi la disposizione che disciplina la materia ed è quindi fatta oggetto di novella dalla norma qui in commento; poi dall’art. 1, comma 1147, L. 205/2017.

Da ultimo, la L. di bilancio 2019 (L. 145/2018: art. 1, comma 89) ha definitivamente confermato a regime e fissato la misura del canone per uso privato in € 90 annui, modificando ancora una volta l’art. 1, comma 40, della L. 232/2016.

L’art. 8, comma 1, della legge di bilancio 2024, qui in esame, come anticipato, limitatamente all’anno 2024 riduce da 90 a 70 il canone per uso privato.

Come riportato nella relazione tecnica, sulla base dei dati del capitolo 1216 (canone Rai ad uso privato) relativo all’anno 2022, il gettito risulta pari a 1.946 milioni di euro; la portata complessiva della riduzione in esame per il 2024 è stimata in 430 milioni di euro.

Nulla è, invece, variato per quanto riguarda le modalità di riscossione del canone di abbonamento speciale, che deve essere pagato annualmente (entro il 31 gennaio), o semestralmente (entro il 31 gennaio e il 31 luglio) o trimestralmente (entro il 31 gennaio, 30 aprile, 31 luglio e 31 ottobre) (D.Lgs.C.P.S. 31 dicembre 1947, n. 1542).

Da ultimo, gli importi del canone speciale sono stati fissati, per il 2023, con 

Decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy 28 dicembre 2022 recante Canoni di abbonamento speciale alla radiodiffusione per l’anno 2023.

In particolare, per l’anno  2023:

·       i canoni di abbonamento speciale per la detenzione fuori dell’ambito familiare di apparecchi radioriceventi o televisivi, 

·       i canoni di abbonamento speciale dovuti per la detenzione di apparecchi radiofonici o televisivi nei cinema, teatri e in locali a questi assimilabili rimangono fissati secondo le misure nelle tabelle 3 e 4 allegate al decreto ministeriale 29 dicembre 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana  n.  30 del 6 febbraio 2015. 

Per ulteriori approfondimenti si vedano la pagina istituzionale del sito RAI dedicata al canone ordinario e quella dedicata al canone speciale, nonché l’apposito tema predisposto dal Servizio studi della Camera dei deputati.


Articolo 8, comma 2
(Ammodernamento e sviluppo infrastrutturale delle reti del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale)

 

 

L’articolo 8 comma 2 si inserisce nell’alveo della generale attività di miglioramento della qualità del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale sul territorio nazionale, erogato dalla RAI – Radiotelevisione Italiana S.p.A., mediante il riconoscimento alla suddetta società di un contributo pari a 430 milioni di euro, da erogare in tre rate di pari importo nei mesi di gennaio, marzo e giugno 2024.

 

Il comma 2 dell’articolo in esame dispone che, per il miglioramento della qualità del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale su tutto il territorio nazionale, nell’ambito delle iniziative previste dal Contratto di servizio nazionale tra la RAI-Radiotelevisione italiana S.p.A. e il Ministero delle imprese e del made in Italy, di ammodernamento, sviluppo e gestione infrastrutturale delle reti e delle piattaforme distributive, nonché di realizzazione delle produzione interne, radiotelevisive e multimediali, è riconosciuto alla società un contributo pari a 430 milioni di euro per l’anno 2024. Il suddetto contributo è erogato in tre rate di pari importo nei mesi di gennaio, marzo e giugno.

 

Per quanto attiene al conferimento di contributi, è utile ricordare come in passato, in occasione della legge di bilancio per l’anno 2019, era stato previsto uno stanziamento a favore della RAI pari a 40 milioni di euro per gli anni 2019 e 2020.

 

Come noto, inoltre, la RAI è destinataria degli introiti derivanti dal relativo canone di abbonamento sulla cui disciplina normativa si rinvia a quanto contenuto nel dettaglio nella scheda di lettura relativa all’articolo 8, comma 1 del provvedimento in esame.

 

Per quanto concerne, invece, i dati più recenti sugli introiti derivanti dal canone di abbonamento, in base a quanto contenuto nella relazione tecnica di accompagnamento al disegno di legge di bilancio, relativamente all’anno 2022, il gettito risulta pari a 1.946 milioni di euro.


Articolo 9
(Trattamento integrativo speciale per
i dipendenti di strutture turistico-alberghiere)

 

 

L’articolo 9 prevede, per il periodo dal 1° gennaio al 30 giugno 2024, a favore dei lavoratori degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande e del comparto del turismo con un reddito fino a 40.000 euro, il riconoscimento di una somma a titolo di trattamento integrativo speciale, pari al 15 per cento delle retribuzioni lorde corrisposte in relazione al lavoro notturno e alle prestazioni di lavoro straordinario effettuato nei giorni festivi.

 

L’articolo 9, comma 1, prevede una misura a favore dei lavoratori degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande e del comparto del turismo, inclusi gli stabilimenti termali, volta a garantire la stabilità occupazionale ed a sopperire alla eccezionale mancanza di offerta di lavoro nel settore turistico, ricettivo e termale.

Si osserva che la norma, nell’individuare la platea dei beneficiari nel settore della somministrazione di alimenti e bevande, rinvia all’articolo 5 della legge n. 287/1991. Detta norma, al comma 1, distingue tali pubblici esercizi in:

a) esercizi di ristorazione, per la somministrazione di pasti e di bevande, comprese quelle aventi un contenuto alcoolico superiore al 21 per cento del volume, e di latte (ristoranti, trattorie, tavole calde, pizzerie, birrerie ed esercizi similari);

b) esercizi per la somministrazione di bevande, comprese quelle alcooliche di qualsiasi gradazione, nonché di latte, di dolciumi, compresi i generi di pasticceria e gelateria, e di prodotti di gastronomia (bar, caffè, gelaterie, pasticcerie ed esercizi similari);

c) esercizi di cui alle lettere a) e b), in cui la somministrazione di alimenti e di bevande viene effettuata congiuntamente ad attività di trattenimento e svago, in sale da ballo, sale da gioco, locali notturni, stabilimenti balneari ed esercizi similari;

d) esercizi di cui alla lettera b), nei quali è esclusa la somministrazione di bevande alcoliche di qualsiasi gradazione.

 

Detta misura consiste nel riconoscimento, per il periodo dal 1° gennaio al 30 giugno 2024, di una somma, a titolo di trattamento integrativo speciale, pari al 15 per cento delle retribuzioni lorde corrisposte in relazione al lavoro notturno e alle prestazioni di lavoro straordinario, effettuate nei giorni festivi. La somma riconosciuta a titolo di trattamento integrativo speciale non concorre alla formazione del reddito.

 

Si osserva che un’analoga misura è stata in precedenza prevista (a favore, però, dei soli lavoratori del comparto turistico) dall’articolo 39-bis del D.L. n. 48/2023 per il periodo dal 1° giugno al 21 settembre 2023.

Il comma 1, nel far riferimento al lavoro notturno e straordinario, rinvia al D.Lgs. n. 66/2003, recante attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro.

Detto decreto fissa l’orario normale di lavoro in 40 ore settimanali, salvo demandare alla contrattazione collettiva la possibilità di stabilire una durata minore e riferire l'orario normale alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore all'anno (art. 3). In ogni caso, la durata media dell’orario di lavoro – calcolata con riferimento a un periodo non superiore a quattro, sei o dodici mesi - non può superare, per ogni periodo di sette giorni, le quarantotto ore, comprese le ore di straordinario (art. 4). Il successivo articolo 5 prevede che il ricorso a prestazioni di lavoro straordinario debba essere contenuto e, in assenza di una regolamentazione da parte del contratto collettivo applicabile, richieda il previo accordo tra datore di lavoro e lavoratore per un periodo che non superi le duecentocinquanta ore annuali. Il lavoro straordinario deve essere computato a parte e compensato con le maggiorazioni retributive previste dai contratti collettivi di lavoro e/o con riposi compensativi.

Quanto al lavoro notturno, posto che il periodo notturno è definito, all’articolo 1, comma 2, let. d), come il periodo di almeno sette ore consecutive comprendenti l'intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino, il Capo IV del D.lgs. n. 66/2003 è dedicato al lavoro svolto in tale periodo. In particolare, l’articolo 13 prevede che il lavoro notturno non possa superare le otto ore in media nelle ventiquattro ore, salva l'individuazione da parte dei contratti collettivi, anche aziendali, di un periodo di riferimento più ampio sul quale calcolare come media il suddetto limite. È affidata alla contrattazione collettiva l'eventuale definizione delle riduzioni dell'orario di lavoro o dei trattamenti economici indennitari nei confronti dei lavoratori notturni.

 

Il comma 2 prevede che detta somma sia riconosciuta ai lavoratori dipendenti del settore privato titolari di reddito di lavoro dipendenti di importo non superiore, nel 2023, a 40 mila euro.

 

Il comma 3 prevede che il trattamento integrativo speciale sia riconosciuto dal sostituto d’imposta riconosca su richiesta del lavoratore, che attesta per iscritto l’importo del reddito dipendenti conseguito nel 2023. Le somme erogate sono indicate nella certificazione unica.

Ai sensi dell’articolo 4, comma 6-ter del DPR n. 322/1998, richiamato dall’articolo 9, comma 3, i sostituti di imposta rilasciano un'apposita certificazione unica attestante l'ammontare complessivo delle ritenute operate, delle detrazioni di imposta effettuate e dei contributi previdenziali e assistenziali, nonché gli altri dati stabiliti con il provvedimento amministrativo di approvazione dello schema di certificazione unica.

Il comma 4 consente al datore di lavoro, in qualità di sostituto di imposta, di compensare il credito così maturato mediante l’istituto della compensazione.

L’articolo 17 della legge n. 241/1997 prevede che i contribuenti eseguano versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche. Tale compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva.

 

Il comma 5 stima in 81,1 milioni di euro per l’anno 2024 gli oneri derivanti dal riconoscimento del suddetto contributo.


Capo II
Misure in materia di pubblico impiego e di rinnovo dei contratti

 

 

Articolo 10
(Incremento delle risorse per la contrattazione collettiva
del pubblico impiego per il triennio 2022-2024)

 

 

L’articolo 10 incrementa, per il triennio 2022-2024, di 3 miliardi di euro di euro per il 2024 e di 5 miliardi di euro annui dal 2025 gli oneri a carico del bilancio dello Stato per la contrattazione collettiva nazionale del pubblico impiego e per i miglioramenti economici per il personale statale in regime di diritto pubblico.

A valere sulle predette risorse, a decorrere dal 2024 l’indennità di vacanza contrattuale prevista a favore del personale destinatario dei suddetti contratti e provvedimenti negoziali viene altresì incrementata di un importo pari a 6,7 volte il suo valore annuale.

 

Le suddette risorse vanno dunque ad incrementare quelle stanziate, per il medesimo triennio 2022-2024, con la legge di bilancio 2023 (art. 1, c. 609, L. 197/2022), portandole a 3,5 miliardi di euro per il 2024 e a 5,5 miliardi di euro annui a decorrere dal 2025 (in luogo dei 500 milioni attualmente previsti a decorrere dal 2023). L’incremento in oggetto si aggiunge a quello di 2 miliardi di euro previsto per il 2023 dall’articolo 3 del D.L. 145/2023 (attualmente in fase di conversione) conseguente all’aumento[18], a valere sul 2024, dell’indennità di vacanza contrattuale riferita al mese di dicembre 2023 in favore del personale con contratto di lavoro a tempo indeterminato dipendente dalle amministrazioni statali (comma 1, primo periodo).

Gli importi sopra indicati - comprensivi degli oneri contributivi ai fini previdenziali e dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) -  concorrono a costituire l’importo complessivo massimo destinato al rinnovo dei contratti del pubblico impiego ed alle modifiche del trattamento economico e normativo del personale dipendente dalle amministrazioni statali in regime di diritto pubblico (ai sensi dell’articolo 21, comma 1-ter, lett. e) della legge n. 196 del 2009) (comma 1, ultimo periodo).

Secondo la Relazione tecnica allegata al presente disegno di legge, l’ammontare complessivo delle risorse così incrementate, unitamente a quelle di cui al citato art. 3 del D.L. 145/2023, consentono di riconoscere a regime dal 2024, al personale del settore statale, un incremento complessivo del 5,78% (comprensivo dell’IVC in godimento a regime da luglio 2022), stimato sulla base di 1,9 milioni di unità di personale, come risultanti dal Conto Annuale 2021, e della retribuzione media annua pari a 35.860 euro ottenuta rivalutando il dato del Conto Annuale 2021 per tenere conto dei benefici connessi al triennio contrattuale 2019-2021.

 

Il presente articolo (comma 2) dispone altresì, a decorrere dal 2024 e a valere sulle predette risorse, l’incremento dell’indennità di vacanza contrattuale, corrisposta ai dipendenti pubblici a titolo di anticipazione del beneficio complessivo che sarà attribuito all’atto del rinnovo del CCNL, di un importo pari a 6,7 volte il relativo valore annuale. Per il 2024, tale importo incrementale è scomputato per il personale a tempo indeterminato che lo ha già percepito nel 2023 ai sensi del richiamato art. 3 del D.L. 145/2023, il quale ha incrementato per tale personale l’indennità di vacanza contrattuale riferita a dicembre 2023, specificando che tale incremento è disposto a valere sul 2024, configurando dunque un anticipo da scontare dagli aumenti a regime che vi saranno con i rinnovi contrattuali.

Si ricorda che l’indennità di vacanza contrattuale è prevista dall’art. 47-bis, c. 2, del D.Lgs. 165/2001, in base al quale, a decorrere dal mese di aprile dell’anno successivo alla scadenza del contratto collettivo nazionale di lavoro, qualora lo stesso non sia ancora stato rinnovato, è riconosciuta ai dipendenti dei rispettivi comparti di contrattazione (nella misura e con le modalità stabilite dai contratti nazionali, e comunque entro i limiti previsti dalla legge di bilancio in sede di definizione delle risorse contrattuali) una copertura economica che costituisce un’anticipazione dei benefici complessivi che saranno attribuiti all’atto del rinnovo contrattuale.

 

Sulla base dei criteri di cui al comma 1, per il personale dipendente da amministrazioni, istituzioni ed enti pubblici diversi dall’amministrazione statale, nonché per il personale convenzionato con il Servizio sanitario nazionale, si prevede un incremento, a decorrere dal 2024, degli oneri per i rinnovi contrattuali per il triennio 2022- 2024 e di quelli derivanti dalla corresponsione dei miglioramenti economici ai professori e ricercatori universitari (di cui all’art. 3, c. 2, del D.Lgs. 165/2001) posti a carico dei rispettivi bilanci, come previsto dalla normativa vigente (di cui all’art. 48, c. 2, del D.Lgs. 165/2001) (commi 3, primo periodo, e 4).

A valere su tali importi, al medesimo personale si applica anche l’incremento dell’indennità di vacanza contrattuale previsto dal comma 2 (comma 3, ultimo periodo).

Secondo la Relazione tecnica allegata al presente disegno di legge, anche per il settore non statale, data l’applicazione dei medesimi criteri di cui al comma 1, viene riconosciuto un incremento complessivo del 5,78%, (anch’esso comprensivo dell’IVC nell’importo in godimento a regime da luglio 2022), stimato sulla base di 1,39 milioni di unità di personale, come risultanti dal Conto Annuale 2021, e della retribuzione annua media, pari a 40.310 euro, ottenuta rivalutando il dato da Conto Annuale 2021 per tenere conto dei benefici connessi al triennio contrattuale 2019-2021. Gli oneri complessivi conseguenti (comprensivi dell’IVC in godimento a regime da luglio 2022) sono valutati in 4.450 milioni di euro e, ai sensi dell’articolo 48, comma 2, del decreto legislativo n. 165/2001, sono posti a carico dei bilanci delle predette amministrazioni.

Per il SSN, gli oneri in questione comprendono anche i riconoscimenti finalizzati a valorizzare la specificità medico-veterinaria e dell’altro personale secondo specifiche indicazioni da individuarsi nell’atto di indirizzo emanato dai Comitati di settore prima di ogni rinnovo contrattuale (ex art. 47, c. 1, D.Lgs. 165/2001) (comma 5).

Sul punto, la Relazione tecnica allegata al presente disegno di legge specifica che i predetti oneri trovano copertura nel livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato come incrementato dall’articolo 41 e sono determinati secondo i criteri di cui al comma 1 che comportano un incremento retributivo complessivo a regime dal 2024 per tutto il personale statale del 5,78%, comprensivo dell’IVC (nell’importo in godimento a regime da luglio 2022). Pertanto, i predetti riconoscimenti relativi al personale del SSN, dovendo essere basati su tali criteri, da considerarsi valevoli per tutti i relativi ruoli e qualifiche, non comportano benefici ulteriori rispetto a quanto previsto per il restante personale pubblico e pertanto la norma non determina maggiori oneri.


Titolo IV
Disposizioni in materia di entrate e misure per la lotta all’evasione


Capo I
Misure in materia di entrate e di circolazione dei beni e dei valori nominali

 

 

Articolo 11, comma 1
(Imposta sul consumo dei manufatti in plastica con singolo impiego e incentivi per le aziende produttrici manufatti in plastica biodegradabile e compostabile)

 

 

L’articolo 11, comma 1 posticipa al 1° luglio 2024 la decorrenza dell'efficacia della c.d. plastic tax e della c.d. sugar tax istituite dalla legge di bilancio 2020.

 

In particolare l’articolo 11, comma 1, in esame apporta le seguenti modifiche all'articolo 1 della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019):

a)   posticipa al 1° luglio 2024 l’efficacia delle disposizioni istitutive della c.d. plastic tax (lettera a).

 

I commi 634-658 della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019) hanno istituito e disciplinato l’imposta sul consumo di manufatti in plastica con singolo impiego (MACSI) che hanno o sono destinati ad avere funzione di contenimento, protezione, manipolazione o consegna di merci o di prodotti alimentari, ad esclusione dei manufatti compostabili, dei dispositivi medici e dei MACSI adibiti a contenere e proteggere medicinali. Le disposizioni riconoscono altresì un credito di imposta alle imprese attive nel settore delle materie plastiche, produttrici di MACSI destinati ad avere funzione di contenimento, protezione, manipolazione o consegna di merci o di prodotti alimentari nella misura del 10% delle spese sostenute, dal 1° gennaio 2020 al 31 dicembre 2020, dalle citate imprese per l'adeguamento tecnologico finalizzato alla produzione di manufatti compostabili. Il comma 651 ha demandato a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli (ADM), da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, la definizione delle modalità di attuazione dell’imposta e ha affidato a un provvedimento interdirettoriale dell'ADM e dell'Agenzia delle entrate il compito di stabilire le modalità per l'eventuale scambio di informazioni tra l'Agenzia delle dogane e dei monopoli e l'Agenzia delle Entrate. Tali provvedimenti non risultano ancora emanati.

Sul sito dell'ADM sono disponibili alcuni elementi preliminari all'adozione dei suddetti provvedimenti attuativi.

La decorrenza dell’imposta di consumo sui MACSI, ai sensi della formulazione originaria dell'articolo 1, comma 652, della legge di bilancio 2020 era fissata a partire dal primo giorno del secondo mese successivo alla data di pubblicazione del predetto provvedimento interdirettoriale. Tale termine è stato più volte modificato e differito nel tempo e da ultimo portato al 1° gennaio 2024 dall'articolo 1, comma 64, lettera a), della legge di bilancio 2023 (legge n. 197 del 2022).

La norma in commento posticipa il termine di decorrenza dell'efficacia dell’imposta al 1° luglio 2024, a tal fine intervenendo sul termine previsto dal comma 652 sopra citato.

Sulla base della metodologia usata per la norma originaria, la relazione tecnica allegata al disegno di legge stima un effetto finanziario pari a -146,1 milioni di euro per l’anno 2024, +55,5 milioni per il 2025 e -24,2 milioni per il 2026.

 

b) posticipa altresì al 1° luglio 2024 l’efficacia delle disposizioni istitutive della c.d. sugar tax (lettera b).

 

I commi 661-676 della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019) prevedono l'istituzione e disciplinano l'applicazione di un’imposta sul consumo di bevande analcoliche edulcorate nella misura di 10 euro per ettolitro nel caso di prodotti finiti e di 0,25 euro per chilogrammo nel caso di prodotti predisposti a essere utilizzati previa diluizione. Successivamente, l'articolo 1, comma 1086, della legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020) è intervenuto per modificare la platea dei soggetti che effettuano la cessione da cui origina l'obbligazione tributaria, ampliare la platea dei soggetti obbligati al pagamento dell'imposta e modificare la disciplina delle sanzioni amministrative.

La decorrenza dell’imposta sul consumo di bevande edulcorate, ai sensi della formulazione originaria dell'articolo 1, comma 676, della legge di bilancio 2020, era fissata a partire dal primo giorno del secondo mese successivo alla data di pubblicazione del provvedimento attuativo del Ministero dell'economia e delle finanze (si veda il D.M. 12 maggio 2021). Tale termine è stato più volte modificato e differito nel tempo e da ultimo portato al 1° gennaio 2024 dall'articolo 1, comma 64, lettera b), della legge di bilancio 2023 (legge n. 197 del 2022).

La norma in commento posticipa il termine di decorrenza dell'efficacia dell’imposta al 1° luglio 2024, a tal fine intervenendo sul termine previsto dal comma 676 sopra citato.

Sulla base della metodologia usata per la norma originaria, la relazione tecnica allegata al disegno di legge stima un effetto finanziario pari a -183 milioni di euro per l’anno 2024, +59,5 milioni per il 2025, -39,7 milioni per il 2026, -7,8 milioni per il 2027 e -8,2 milioni a decorrere dal 2028.


Articolo 11, comma 2
(Innalzamento dell’aliquota Iva per prodotti per l’igiene femminile, e alcuni prodotti per la prima infanzia)

 

 

L’articolo 11, comma 2, riporta al 10% l’IVA relativa a prodotti assorbenti, tamponi e coppette mestruali nonché ad alcuni prodotti per la prima infanzia (latte e preparazioni alimentari per lattanti) e ai pannolini per bambini che era stata precedentemente ridotta al 5 per cento. Ripristina inoltre l’aliquota ordinaria per i seggiolini per bambini da installare negli autoveicoli, che era stata anch’essa precedentemente fissata al 5 per cento dalla legge di bilancio per il 2023.

 

A questo scopo il comma 2 modifica la tabella A, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, in materia di aliquote IVA e, nello specifico, sopprime alla Parte II-bis, contenente l’elenco dei beni e dei servizi assoggettati all’aliquota ridotta del 5%, i numeri 1-quinquies) e 1-sexies) relativi rispettivamente:

·      ai prodotti assorbenti e ai tamponi per la protezione dell’igiene femminile nonché alle coppette mestruali;

·      al latte in polvere o liquido per l’alimentazione dei lattanti o dei bambini nella prima infanzia, condizionato per la vendita al minuto; le preparazioni alimentari di farine, semole, semolini, amidi, fecole o estratti di malto per l'alimentazione dei lattanti o dei bambini, condizionate per la vendita al minuto (codice NC1901 10 00); i pannolini per bambini e i seggiolini per bambini da installare negli autoveicoli.

 

Interviene inoltre sulla tabella A, Parte III, concernente i beni e i servizi soggetti all’imposta sul valore aggiunto con l'aliquota del 10 per cento:

 

·      novellando il numero 65) che ricomprende ora il latte in polvere o liquido per l’alimentazione dei lattanti o dei bambini nella prima infanzia, condizionato per la vendita al minuto; estratti di malto e le preparazioni per l'alimentazione dei fanciulli, per usi dietetici o di cucina, a base di farine, semolini, amidi, fecole o estratti di malto, anche addizionate di cacao in misura inferiore al 50 per cento in peso;

·      aggiungendo un numero 114-bis) al fine di ripristinare l’aliquota sopra indicata per i prodotti assorbenti, i tamponi destinati alla protezione dell’igiene femminile e le coppette mestruali:

·      aggiungendo un numero 114-ter) per assoggettare all’aliquota del 10% i pannolini per bambini.

Si ricorda che l’articolo 32-ter, comma 1, del decreto-legge n.124 del 2019 aveva previsto l’assoggettamento all’aliquota ridotta del 5 per cento esclusivamente i prodotti per la protezione dell'igiene femminile compostabili secondo la norma UNI EN 13432: 2002 o lavabili e alle coppette mestruali. Tale regime era stato poi esteso a tutti i prodotti per la protezione dell’igiene femminile dall’art. 1, comma 72, lett. a), n. 1), della legge di bilancio 2023 (legge n. 197 del 2022), a decorrere dal 1°gennaio 2023.

Il medesimo articolo 1, comma 72, lettera a), aveva altresì previsto che il medesimo regime di IVA ridotta al 5% si applicasse anche al latte in polvere o liquido per l’alimentazione dei lattanti o dei bambini nella prima infanzia, condizionato per la vendita al minuto, alle preparazioni alimentari di farine, semole, semolini, amidi, fecole o estratti di malto per l’alimentazione dei lattanti o dei bambini, condizionate per la vendita al minuto (codice NC1901 10 00) nonché ai pannolini per bambini e ai seggiolini per bambini da installare negli autoveicoli.

 

Ne consegue che l’aliquota IVA per i pannolini per bambini passa dal 5% al 10% mentre l’IVA per i seggiolini per bambini da installare sugli autoveicoli vengono assoggettati all’aliquota ordinaria del 22%.


Articolo 11, comma 3
(Modifica accise tabacchi)

 

 

Il comma 3 dell’articolo 11 rimodula, innalzandoli, taluni valori previsti per le accise, gli oneri fiscali e l’aliquota di un’imposta di consumo previsti per alcuni prodotti di tabacco nonché per prodotti succedanei dei prodotti da fumo. Si tratta in particolare dei seguenti oneri:

-gli importi previsti per calcolo dell’accisa applicabile ai tabacchi lavorati

-l’importo dell’accisa minima del tabacco trinciato usato per arrotolare le sigarette;

-l’importo dell’onere fiscale minimo sulle sigarette;

-l’accisa gravante sui tabacchi da inalazione senza combustione;

-l’imposta di consumo per i prodotti da inalazione senza combustione costituiti da sostanze liquide, contenenti o meno nicotina.

 

Il comma 3, lettera a), n.1, modificando l’articolo 39-octies del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, approvato con il decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, innalza l’ammontare dell’accisa prevista per le sigarette.

 

Si ricorda che il richiamato articolo 39-octies, come interamente sostituito dall’articolo dall’ art. 1, comma 122, lett. a), n. 1), L. 29 dicembre 2022, n. 197, dispone che, a decorrere dal 1° gennaio 2023, per le sigarette, l’ammontare dell’accisa è costituito dalla somma dei seguenti elementi:

a) un importo specifico fisso per unità di prodotto, determinato,

§  per l’anno 2023 in 28,00 euro per 1.000 sigarette;

§  per l’anno 2024 in 28,20 euro per 1.000 sigarette;

§  a partire dall’anno 2025, in 28,70 euro per 1.000 sigarette;

b) un importo risultante dall’applicazione dell’aliquota di base, di cui alla voce “Tabacchi lavorati”, lettera c), dell’Allegato I (sigarette 49,5%) al prezzo di vendita al pubblico.

In precedenza, prima delle modifiche introdotte dal comma 122, il calcolo delle accise sulle sigarette, prevedeva una tassazione di tipo misto che presentava: una componente specifica, in cui la tassazione è calcolata come un ammontare fisso secondo la quantità di prodotto, uguale per tutti i prodotti indipendentemente dal prezzo e una componente ad valorem, calcolata in percentuale rispetto ad un determinato parametro, generalmente il prezzo di vendita del prodotto. In particolare il precedente sistema di determinazione dell’ammontare dell’accisa per le sigarette era costituito dalla somma dei seguenti elementi:

a) un importo specifico fisso per unità di prodotto, pari all’11 per cento della somma dell’accisa globale e dell’imposta sul valore aggiunto calcolate con riferimento al “PMP-sigarette” ovvero al prezzo medio ponderato delle sigarette;

b) un importo risultante dall’applicazione di un’aliquota proporzionale al prezzo di vendita al pubblico corrispondente all’incidenza percentuale sul “PMP-sigarette” dell’accisa globale sul medesimo “PMP-sigarette” diminuita dell’importo di cui alla lettera a).

 

Con la norma in esame viene innalzato il sopra citato importo specifico fisso per unità di prodotto utilizzato per il calcolo dell’accisa delle sigarette.

In particolare, si stabilisce che per le sigarette, l’ammontare dell’accisa è costituito dalla somma dei seguenti elementi: un importo specifico fisso per unità di prodotto, determinato, per l’anno 2023, in 28 euro per 1.000 sigarette, per l’anno 2024 in 29,30 euro (rispetto ai precedenti 28,20 euro) per 1.000 sigarette e, a decorrere dall’anno 2025, in 29,50 euro (rispetto ai precedenti 28,70 euro) per 1.000 sigarette.

 

La lettera a), n.2, innalza inoltre l’importo dell’accisa minima gravante sul tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette stabilendola a 140 euro il chilogrammo fino al 31 dicembre 2023, 147,50 euro il chilogrammo a partire dal 1° gennaio 2024 e 148,50 euro il chilogrammo a decorrere dal 1° gennaio 2025 (rispetto al precedente importo di 140 euro il chilogrammo a regime).

La lettera a), n.3, inoltre modifica il comma 6 dell’articolo 39-octies che determina l’onere fiscale minimo sulle sigarette, innalzandolo per il 2024 e 2025. Con le modifiche introdotte si stabilisce che per i tabacchi lavorati (sigarette), l’onere fiscale minimo, (previsto all’articolo 7, paragrafo 4, della direttiva 2011/64/UE del Consiglio, del 21 giugno 2011) è pari, per l’anno 2023, al 98,10 per cento della somma dell’accisa globale costituita dalle due componenti di cui alle sopra citate lettere a) e b) del comma 3 e dell’imposta sul valore aggiunto calcolate con riferimento al “PMP-sigarette”. La medesima percentuale è determinata al 98,70 per cento per l’anno 2024 (rispetto al 98,50) e al 98,80 per cento a partire dall’anno 2025 (rispetto al 98,60).

Si ricorda, a tale proposito, che l’articolo 7, paragrafo 4, della direttiva 2011/64/UE, prevede che nella misura in cui ciò risulti necessario, l’accisa sulle sigarette può comportare un onere fiscale minimo, sempre che la struttura mista della tassazione e la fascia dell’elemento specifico dell’accisa siano rigidamente rispettate.

 

La lettera b) modifica l’articolo 39-terdecies, comma 3, in tema di tabacchi da inalazione senza combustione, stabilendo che tali tabacchi sono sottoposti ad accisa innalzandola dal 2026 dal 41 per cento al 42 per cento.

Si ricorda che il richiamato comma 3 prevede che i tabacchi da inalazione sono sottoposti ad accisa in misura pari al trenta per cento dal 1° gennaio 2021, al trentacinque per cento dal 1° gennaio 2022, al 36,5 per cento dal 1° gennaio 2023, al 38 per cento dal 1° gennaio 2024, al 39,5 per cento dal 1° gennaio 2025 e al 41 per cento dal 1° gennaio 2026 dell’accisa gravante sull’equivalente quantitativo di sigarette, con riferimento al prezzo medio ponderato di un chilogrammo convenzionale di sigarette e alla equivalenza di consumo convenzionale determinata sulla base di apposite procedure tecniche, definite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, in ragione del tempo medio necessario per il consumo di un campione composto dalle cinque marche di sigarette più vendute, in condizioni di aspirazione conformi a quelle adottate per l’analisi dei contenuti delle sigarette ed utilizzando, per i prodotti senza combustione, il dispositivo specificamente previsto per il consumo, fornito dal produttore.

 

La lettera c) rimodula, innalzandola, l’imposta di consumo prevista per i prodotti succedanei dei prodotti da fumo (articolo 62-quater). La norma prevede che i prodotti da inalazione senza combustione (c.d. sigarette elettroniche), costituiti da sostanze liquide, contenenti o meno nicotina, esclusi quelli autorizzati all’immissione in commercio come medicinali, sono assoggettati ad imposta di consumo con aliquota rispettivamente pari al quindici per cento e al dieci per cento dal 1° gennaio 2023 fino al 31 dicembre 2024, al sedici per cento e all’undici per cento dal 1° gennaio 2025, al diciassette per cento e al dodici per cento dal 1° gennaio 2026, dell’accisa gravante sull’equivalente quantitativo di sigarette.


Articolo 11, commi 4-6
(Differimento delle quote di eccedenza deducibili derivanti
da perdite su crediti bancari e assicurativi)

 

 

L’articolo 1, ai commi da 4 a 6, differisce una quota di deduzione, a fini IRES e IRAP, delle eccedenze derivanti da perdite sui crediti, per enti creditizi e finanziari e imprese assicurative.

In particolare si prevede:

-         il differimento della deduzione della quota dell’1 per cento dell’ammontare dei componenti negativi, prevista per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024, al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2027 e al successivo;

-         analogamente, il differimento della deduzione di una quota pari al 3 per cento, prevista per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2026, al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2027 e al successivo.

 

Si rammenta che l’articolo 16 del decreto legge n. 83 del 2015 ha stabilito, tra l'altro, la deducibilità delle svalutazioni e perdite su crediti di enti creditizi e finanziari e imprese di assicurazione, modificando l'articolo 106, comma 3, del TUIR (Testo unico delle imposte sui redditi di cui al D.P.R. n. 917 del 1986).

In precedenza gli enti creditizi e finanziari potevano dedurre integralmente solo le perdite su crediti realizzate mediante cessione a titolo oneroso, mentre le svalutazioni e le perdite diverse da quelle realizzate mediante cessione a titolo oneroso avevano una deducibilità in quote costanti nell’esercizio di contabilizzazione e nei quattro successivi.

L’articolo 16 sopra menzionato, limitatamente al primo periodo di applicazione del nuovo regime per le svalutazioni e perdite diverse da quelle realizzate mediante cessione a titolo oneroso, ha previsto un limite quantitativo alla deducibilità, pari al 75% del loro ammontare complessivo.

L’eccedenza rispetto a tale limite, pari al 25 per cento - nonché le svalutazioni e le perdite sui crediti iscritte in bilancio fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2014 - è stata resa deducibile in quote prefissate (comma 4 dell’articolo 16), e cioè:

-          per il 5 per cento nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2016;

-          per l’8 per cento nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2017;

-          per il 10 per cento nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2018;

-          per il 12 per cento nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019 e fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024;

-          per il 5 per cento nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025.

Inoltre, il comma 9 prevede a fini IRAP che le rettifiche, le perdite, le svalutazioni e le riprese di valore nette iscritte in bilancio dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2013 e non ancora dedotte ai sensi della lettera c-bis) del comma 1 dell'articolo 6 e della lettera b-bis) del comma 1 dell'articolo 7 del decreto legislativo n. 446 del 1997 sono deducibili per il 5 per cento del loro ammontare nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2016, per l'8 per cento nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2017, per il 10 per cento nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2018, per il 12 per cento nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2019 e fino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2024, e per il 5 per cento nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2025.

Sulla materia è poi intervenuta la legge di bilancio 2019 (articolo 1, comma 1056 della legge n. 145 del 2018) che ha differito la quota di deducibilità delle eccedenze del 10 per cento, prevista dal citato articolo 16 per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2018, al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2026, poi redistribuito dal decreto-legge n. 17 del 2022 (art. 42 comma 1-bis) al 31 dicembre 2022 per il 53 per cento del suo ammontare e al 31 dicembre 2026 per la restante parte, pari al 47 per cento.

La legge di bilancio 2020 (articolo 1, comma 712 della legge n. 160 del 2019) ha differito la deduzione della quota del 12 per cento dell’ammontare dei componenti negativi prevista dal richiamato articolo 16, commi 4 e 9, prevista per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2019, in quote costanti, al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2022 e ai tre successivi (3 per cento annuo).

Successivamente l’articolo 42, commi da 1 a 1-ter del decreto-legge n. 17 del 2022 ha differito, in quote costanti, al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2023 e ai tre successivi (in luogo del periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2022 e ai tre successivi, come previsto dalla formulazione originaria del testo) una parte della quota di deducibilità, pari al 12 per cento, dell’ammontare dei componenti negativi prevista, ai fini dell’IRES (imposta sul reddito delle società) e dell’IRAP (imposta regionale sulle attività produttive), per gli enti creditizi e finanziari e per le imprese di assicurazione, rispettivamente dai commi 4 e 9 del richiamato articolo 16 del decreto-legge n. 83 del 2015, per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2022. Per effetto di tale ultima disposizione, la deduzione della quota sospesa è rimasta deducibile in 4 esercizi (3% annuo) dal 2023 al 2026 (in luogo di operare dal 2022 al 2025); tale deducibilità in 4 anni opera in sede di saldo e non di acconto.

 

Per effetto del comma 4, si differisce una parte della quota di deducibilità a fini IRES e IRAP prevista per il 2024 (per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2024, per la precisione), pari all’1 per cento; essa viene distribuita in due periodi di imposta, ovvero quello in corso al 31 dicembre 2027 e a quello successivo.

 

Il Governo nella relazione illustrativa chiarisce che, per effetto del differimento e alla luce delle modifiche suesposte, la quota di deduzione delle eccedenze per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2024 passa dal 18 al 17%.

La relazione tecnica al riguardo rammenta che tale ammontare è definito dall’originario 12%, aumentato del 3% in virtù della nuova spalmatura prevista dalla menzionata legge di bilancio 2020, nonché di un ulteriore 3% in virtù del decreto-legge n. 17 del 2022.

 

Per effetto del comma 5, si differisce una parte della quota di deducibilità prevista per il 2026 (per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2024, per la precisione), a fini IRES e IRAP, pari al 3 per cento, la quale viene slittata in due periodi di imposta, ovvero quello in corso al 31 dicembre 2027 e a quello successivo.

Sempre nella Relazione tecnica il Governo chiarisce che viene sospesa parte della quota deducibile riferibile al 2026 che passerebbe dal 7,7%, (definito dall’originario 10%, + 3% in base alla previsione della legge di bilancio 2020 e – 5,3% in virtù del decreto-legge n. 17 del 2022) al 4,7%, facendo operare la disposizione già in sede di acconto per tale annualità.

 

Il comma 6 reca norme sulla determinazione degli acconti dovuti per i periodi d’imposta sopra menzionati:

-         al 31 dicembre 2024, si assume, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata non applicando l’articolo 16, commi 4 e 9, del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 132, limitatamente alla quota dell’1 per cento dell’ammontare dei componenti negativi ivi previsti;

-         al 31 dicembre 2026, si assume, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata non applicando l’articolo 16, commi 4 e 9, del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 132, limitatamente alla quota del 3 per cento dell’ammontare dei componenti negativi ivi previsti;

-         c) al 31 dicembre 2027 e al 31 dicembre 2028, non si tiene conto delle disposizioni dei commi 4 e 5.

 

Il Governo nella relazione illustrativa chiarisce le disposizioni del comma 6 sono volte in modo tale da far operare le disposizioni già in sede di acconto, per i periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2024 e 2026, e solo in sede di saldo, per i periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2027 e a quello successivo (nei quali, per effetto del differimento, si intende avere una deduzione di quote pari al 2% dello stock di svalutazioni e perdite su crediti).

Secondo la relazione tecnica, la deduzione della parte di quota sospesa (3%) è resa possibile nel 2027 e nel 2028 nella misura annua dell’1,5%, da operare solo a saldo.


Articolo 12
(Rideterminazione dei valori di acquisto di terreni e partecipazioni negoziate e non negoziate nei mercati regolamentati)

 

 

L’articolo 12 estende le disposizioni in materia di rivalutazione dei valori di acquisto delle partecipazioni negoziate e non negoziate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione e dei terreni edificabili e con destinazione agricola anche agli asset posseduti alla data del 1° gennaio 2024 - disposizioni già previste in passato e più volte prorogate nel tempo - stabilendo anche per tali operazioni un’imposta sostitutiva con aliquota al 16%.

Analogamente a quanto già previsto in passato, le disposizioni in esame prevedono la facoltà di assumere, ai fini del computo di plusvalenze e minusvalenze finanziarie, anche riferite a titoli o partecipazioni negoziate in mercati regolamentari, il valore normale di tali asset, purché posseduti alla data del 1° gennaio 2024, in luogo del loro costo o valore di acquisto dietro il versamento di un’imposta sostitutiva con aliquota al 16%

 

Si ricorda al riguardo che la legge di bilancio 2023 (articolo 1, commi 107-109 della legge n. 197 del 2022) ha consentito di assumere, ai fini del computo di plusvalenze e minusvalenze finanziarie, anche riferite a titoli o partecipazioni negoziate in mercati regolamentari, il valore normale di tali titoli al 31 dicembre 2023, in luogo del loro costo o valore di acquisto (comma 107), dietro il versamento di un’imposta sostitutiva con aliquota al 16%.

Le predette disposizioni hanno inoltre esteso alla rideterminazione dei valori di acquisto delle partecipazioni negoziate e non negoziate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione e dei terreni edificabili e con destinazione agricola - posseduti alla data del 1° gennaio 2023 - le disposizioni in materia di rivalutazione, già previste in passato e più volte prorogate nel tempo, stabilendo anche per tali operazioni un’imposta sostitutiva con aliquota al 16%.

 

Le disposizioni in esame sostanzialmente ripropongono quanto già disposto dalla legge di bilancio 2023.

In particolare, il comma 1 anzitutto estende l’applicazione delle disposizioni dei commi da 5 a 7 del citato articolo 5 della legge n. 488 del 2001 anche alla rideterminazione dei valori di acquisto delle partecipazioni negoziate e non negoziate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione e dei terreni edificabili e con destinazione agricola posseduti alla data del 1° gennaio 2024.

I commi da 5 a 7 dell’articolo 5 della legge n. 448 del 2001 stabiliscono le modalità di applicazione delle disposizioni in materia di rivalutazione delle partecipazioni e dei terreni, secondo le quali il valore da assumere in luogo del costo o valore di acquisto deve essere determinato sulla base di una perizia giurata di stima redatta da specifiche categorie di soggetti. In particolare il comma 5 dispone che se la relazione giurata di stima è predisposta per conto della stessa società o dell’ente nel quale la partecipazione è posseduta, la relativa spesa è deducibile dal reddito d’impresa in quote costanti nell’esercizio in cui è stata sostenuta e nei quattro successivi. Se la relazione giurata di stima è predisposta per conto di tutti o di alcuni dei possessori dei titoli, quote o diritti la relativa spesa è portata in aumento del valore di acquisto della partecipazione in proporzione al costo effettivamente sostenuto da ciascuno dei possessori. L’assunzione del valore così definito quale valore di acquisto non consente il realizzo di minusvalenze utilizzabili ai sensi dei commi 3 e 4 dell’articolo 82 del citato testo unico delle imposte sui redditi (comma 6). Infine il comma 7 stabilisce gli intermediari abilitati all’applicazione dell’imposta sostitutiva a norma degli articoli 6 e 7 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461 tengono conto del nuovo valore, in luogo di quello del costo o del valore di acquisto, soltanto se prima della realizzazione delle plusvalenze e delle minusvalenze ricevono copia della perizia, unitamente ai dati identificativi dell’estensore della perizia stessa e al codice fiscale della società periziata.

 

Si dispone inoltre che le imposte sostitutive, ivi previste, possano essere rateizzate fino ad un massimo di tre rate annuali di pari importo, a decorrere dalla data del 30 giugno 2024, prevedendo un interesse, da versarsi contestualmente, pari al 3% sull’importo delle rate successive alla prima.

Si prevede inoltre che la redazione e il giuramento della perizia, previsti dalle citate norme, debbano essere effettuati entro la predetta data del 30 giugno 2024.

 

La disposizione consente poi di rideterminare a fini fiscali le plusvalenze e minusvalenze di natura finanziaria relative ai titoli, alle quote o ai diritti negoziati nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione (di cui all’articolo 67, comma 1, lettere c) e c-bis), TUIR, d. P. R. n. 917 del 1986), posseduti alla data del 1° gennaio 2024.

La rideterminazione consiste nell’assumere, a fini fiscali, il valore normale degli stessi al mese di dicembre 2023.

 

Secondo quanto stabilito dall’articolo 9, comma 4, lettera a), del TUIR (d. P. R. n. 917 del 1986) il valore normale è determinato per le azioni, obbligazioni e altri titoli negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri, in base alla media aritmetica dei prezzi rilevati nell’ultimo mese.

L’articolo 67, comma 1, lettere c) e c-bis), TUIR (d. P. R. n. 917 del 1986) definisce rispettivamente le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate nonché la cessione di diritti o titoli attraverso cui possono essere acquisite le predette partecipazioni (lettera c)) e le plusvalenze, diverse da quelle imponibili ai sensi della lettera c) (lettera c-bis).

In particolare la lettera c) precisa che sono partecipazioni qualificate quelle che rappresentano, complessivamente, una percentuale di diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria superiore al 2 o al 20 per cento ovvero una partecipazione al capitale od al patrimonio superiore al 5 o al 25 per cento, secondo che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni. La medesima disposizione indica le modalità secondo le quali è accertata la sussistenza di queste condizioni e definisce le plusvalenze assimilabili a quelle appena descritte.

Anche la lettera c-bis) dopo aver individuato l’ambito applicativo, precisando che oggetto della disposizione sono le plusvalenze, diverse da quelle di cui alla lettera c) realizzate mediante cessione a titolo oneroso di azioni e di ogni altra partecipazione al capitale o al patrimonio di società nonché di diritti o titoli attraverso cui possono essere acquisite le predette partecipazioni, definisce le plusvalenze assimilabili.

 

Il comma 2 dell’articolo in esame dispone che sui valori di acquisto delle partecipazioni negoziate e non negoziate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione e dei terreni edificabili e con destinazione agricola rideterminati con le modalità e nei termini indicati dal comma 1 si applichino le imposte sostitutive (di cui all’articolo 5, commi 1-bis e 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448) in misura pari al 16%.

Le disposizioni inoltre fissano al 16% anche l’aliquota dell’imposta sostitutiva per la rivalutazione di terreni edificabili e con destinazione agricola.

 

Il comma 1-bis dell’articolo 5 della legge n. 448 del 2001 dispone che agli effetti della determinazione delle plusvalenze e minusvalenze, per i titoli, le quote o i diritti negoziati nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione posseduti al 1° gennaio 2023, può essere assunto, in luogo del costo o valore di acquisto, il valore normale determinato ai sensi dell’articolo 9, comma 4, lettera a), del medesimo testo unico (vedi supra), con riferimento al mese di dicembre 2022, a condizione che il predetto valore sia assoggettato a un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi. Il comma 2 prevede che l’imposta sostitutiva di cui al comma 1 sia pari al 4 per cento per le partecipazioni che risultano qualificate, ai sensi dell’articolo 81, comma 1, lettera c), del citato testo unico delle imposte sui redditi, alla data del 1°gennaio 2002, e al 2 per cento per quelle che, alla predetta data, non risultano qualificate ai sensi del medesimo articolo 81, comma 1, lettera c-bis).

 

Sotto il profilo della formulazione del comma 2, si valuti l’opportunità di chiarire la menzione del comma 1-bis dell’articolo 5 della legge n. 448 del 2021 con riferimento alle aliquote, atteso che la norma che individua le aliquote è il comma 2 del menzionato articolo 5 e in considerazione del fatto che il contenuto del comma 1-bis viene riprodotto nel comma 1 dell’articolo 12 in esame.


Articolo 13 STRALCIATO
(Disposizioni per l’agevolazione della circolazione giuridica dei beni provenienti da donazioni)

 

 

L’articolo 13 del disegno di legge è stato stralciato ai sensi dell’articolo 126, comma 3, del Regolamento del Senato in quanto recante disposizioni estranee all’oggetto del disegno di legge di bilancio.


Articolo 14
(Tax credit per il cinema)

 

 

L’articolo 14, composto di un solo comma, modifica la disciplina relativa al cosiddetto tax credit cinema prevista dalla legge n. 220 del 2016 e a ulteriori contributi previsti dalla medesima legge, novellando la stessa agli articoli 13 (che istituisce il “Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell'audiovisivo”), 15 (in materia di credito d’imposta per le imprese di produzione), 17 (in materia di credito d'imposta per le imprese dell'esercizio cinematografico), 18 (che regola il credito d’imposta per il potenziamento dell’offerta cinematografica), 20 (che disciplina il credito d'imposta per le imprese non appartenenti al settore cinematografico e audiovisivo), 21 (che reca disposizioni comuni in materia di crediti d'imposta), 25 (che reca disposizioni di attuazione), 26 (che regola i contributi selettivi per la scrittura, lo sviluppo, la produzione e la distribuzione nazionale e internazionale di opere cinematografiche e audiovisive) e 27 (in materia di contributi alle attività e alle iniziative di promozione cinematografica e audiovisiva).

 

Come anticipato, l’articolo 14 novella gli articoli 13, 15, 17, 18, 20, 21, 25, 26 e 27 della legge n. 220 del 2016, recante la “Disciplina del cinema e dell'audiovisivo”.

Di seguito, saranno illustrate le singole novelle, anche per mezzo di un testo a fronte tra la disciplina vigente e quella che si intende introdurre con l’articolo in esame.

 

A) Nel dettaglio, la lettera a) del comma unico dell’articolo in commento, nel novellare l’art. 13 della legge 220/2016 (che disciplina il “Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell'audiovisivo”), modifica il comma 5 del predetto articolo, nel senso di prevedere che con il decreto ivi previsto del Ministro (della cultura), sentito il Consiglio superiore del cinema e dell'audiovisivo, si provvede al riparto del Fondo per il cinema e l'audiovisivo «fra tutte o alcune delle tipologie di contributi» previsti dalla legge  (e non più fra le tipologie di contributi previsti dalla legge tout court), fermo restando che l'importo complessivo per i contributi di cui agli articoli 26 (modificato anch’esso dall’articolo in commento) e 27, comma 1, non può essere inferiore al 10 per cento e superiore al 15 per cento del Fondo medesimo.

 

B) La lettera b) del medesimo comma unico dell’articolo in commento sostituisce il comma 2 dell’art. 15 della legge 220/2016.

Si ricorda che l’art. 15 della legge regola il credito d’imposta per le imprese di produzione (appunto il cosiddetto tax credit cinema).

 

A legislazione vigente – come anticipato nel box sul Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell'audiovisivo - il comma 1 del suddetto art. 15 prevede che, alle imprese di produzione cinematografica e audiovisiva è riconosciuto un credito d'imposta, in misura non inferiore al 15 per cento e non superiore al 40 per cento del costo complessivo di produzione di opere cinematografiche e audiovisive.

Sempre a legislazione vigente, il comma 2 del medesimo art. 15 prevede che, nella determinazione dell'aliquota del credito d'imposta, il decreto di cui al successivo art. 21 (anch’esso modificato dall’articolo in commento) prevede comunque che:

§  per le opere cinematografiche è prevista l'aliquota del 40 per cento;

§  per le opere audiovisive, l'aliquota del 40 per cento può essere prevista in via prioritaria per le opere realizzate per essere distribuite attraverso un'emittente televisiva nazionale e, congiuntamente, in coproduzione internazionale ovvero per le opere audiovisive di produzione internazionale; per le opere non realizzate in coproduzione internazionale ovvero che non siano opere audiovisive di produzione internazionale; per le opere in cui il produttore indipendente mantiene la titolarità dei diritti in misura non inferiore al 40 per cento, secondo le modalità previste nel medesimo decreto di cui al citato art. 21.

 

Si ricorda che il citato art. 21 della legge n. 220 del 2021 prevede al comma 1, che i crediti d'imposta di cui alla sezione II del capo II della legge (che comprende gli articoli 15-22), ad esclusione di quelli di cui agli articoli 15 e 19, sono riconosciuti entro il limite massimo complessivo indicato con il decreto di cui all'art. 13, comma 5 (sopra descritto, in quanto modificato dalla lettera a)). Con il medesimo decreto, si provvede al riparto delle risorse complessivamente iscritte in bilancio tra le diverse tipologie di intervento; ove necessario, tale riparto può essere modificato, con le medesime modalità, anche in corso d'anno. Il comma 5 del medesimo art. 21 prevede poi, a legislazione vigente (come si descriverà meglio in seguito, anche tale comma è stato modificato  dall’articolo in esame) che, con uno o più decreti del Ministro (della cultura), di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito l’allora Ministro dello sviluppo economico (ora Ministro delle imprese e del made in Italy), sono stabiliti, partitamente per ciascuna delle tipologie di credito d'imposta previste nella presente sezione e nell'ambito delle percentuali ivi stabilite, i limiti di importo per opera o beneficiario, le aliquote da riconoscere alle varie tipologie di opere ovvero alle varie tipologie di impresa o alle varie tipologie di sala cinematografica, la base di commisurazione del beneficio, con la specificazione dei riferimenti temporali, nonché le ulteriori disposizioni applicative della presente sezione, fra cui i requisiti, le condizioni e la procedura per la richiesta e il riconoscimento del credito, prevedendo modalità atte a garantire che ciascun beneficio sia concesso nel limite massimo dell'importo complessivamente stanziato, nonché le modalità dei controlli e i casi di revoca e decadenza. Ai sensi del successivo comma 5-bis, il Ministro, tenuto conto dell'andamento del mercato nel settore del cinema e dell'audiovisivo, può adottare, nel limite delle risorse individuate con il citato decreto di cui all'art. 13, comma 5, uno o più decreti ai sensi del precedente comma 5, anche in deroga alle percentuali previste per i crediti d'imposta di cui alla presente sezione e al limite massimo stabilito dal comma 1 del presente articolo. Ai sensi del comma 6 dell’art. 21, inoltre, le risorse stanziate per il finanziamento dei crediti d'imposta previsti nella presente sezione, laddove inutilizzate e nell'importo definito con decreto del Ministro, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono destinate al rifinanziamento del Fondo per il cinema e l'audiovisivo.

 

Ora, la disposizione in commento sostituisce il suddetto comma 2 dell’art. 15, prevedendosi che il decreto di cui all’art. 21 determina le aliquote del credito di imposta, tenendo conto delle risorse disponibili e nell’ottica del raggiungimento degli obiettivi previsti dall’art.12 (che indica gli obiettivi e le tipologie di intervento). In particolare:

a)     per le opere cinematografiche, l’aliquota è ordinariamente prevista nella misura del 40 per cento. È fatta salva la possibilità – prosegue il nuovo comma 2 dell’art. 15 - nello stesso decreto di prevedere aliquote diverse o escludere l’accesso al credito d’imposta in base a quanto previsto dall’art. 12, comma 4, lettera b), ovvero prevedere aliquote diverse in relazione alle dimensioni di impresa o gruppi di imprese, nonché in relazione a determinati costi eleggibili o soglie di costo eleggibile, ferma rimanendo la misura massima del 40 per cento;

 

Si ricorda che l’art. 12 della legge n. 220 del 2016 prevede che, al fine di garantire il raggiungimento degli obiettivi indicati nel medesimo articolo 12 e di favorire la massima valorizzazione e diffusione delle opere, le disposizioni tecniche applicative, anche su richiesta del Consiglio superiore, e sulla base dei principi di ragionevolezza, proporzionalità ed adeguatezza, prevedono:

§  che il riconoscimento degli incentivi e dei contributi sia subordinato al rispetto di ulteriori condizioni, con riferimento ai soggetti richiedenti e ai rapporti negoziali inerenti l'ideazione, la scrittura, lo sviluppo, la produzione, la distribuzione, la diffusione, la promozione e la valorizzazione economica delle opere ammesse ovvero da ammettere a incentivi e a contributi, nonché alle specifiche esigenze delle persone con disabilità, con particolare riferimento all'uso di sottotitoli e audiodescrizione;

§  in considerazione anche delle risorse disponibili, l'esclusione, ovvero una diversa intensità d'aiuto, di uno o più degli incentivi e contributi previsti dal presente capo, nei confronti delle imprese non indipendenti ovvero nei confronti di imprese non europee, come definite nell'art. 2.

 

b)     per le opere audiovisive, l'aliquota del 40 per cento può essere prevista in via prioritaria per le opere realizzate per essere distribuite attraverso un'emittente televisiva nazionale e, congiuntamente, in coproduzione internazionale ovvero per le opere audiovisive di produzione internazionale. È fatta salva la possibilità, nello stesso decreto, di prevedere differenziazioni dell’aliquota o di escludere l’accesso al credito d’imposta in base a quanto previsto dal citato art. 12, comma 4, lettera b), ovvero prevedere aliquote diverse in relazione alle dimensioni di impresa o gruppi di imprese, nonché in relazione a determinati costi eleggibili o soglie di costo eleggibile.

 

Si ricorda infine che, il comma 3 del suddetto art. 15, non inciso dall’articolo in commento, prevede che, per le altre tipologie di opere audiovisive, l'aliquota è determinata tenendo conto delle risorse disponibili e nell'ottica del raggiungimento degli obiettivi previsti dal citato art. 12.

 

C)  La lettera c) dello stesso comma unico dell’articolo in commento sostituisce il comma 1 dell’art. 17 della legge n. 220 del 2016, in materia di credito d'imposta per le imprese dell'esercizio cinematografico.

 

     Si ricorda che, a legislazione vigente, il suddetto comma 1 dell’art. 17 della legge n. 220 del 2016 prevede che, alle imprese di esercizio cinematografico è riconosciuto un credito d'imposta, in misura non inferiore al 20 per cento e non superiore al 40 per cento delle spese complessivamente sostenute per la realizzazione di nuove sale o il ripristino di sale inattive, per la ristrutturazione e l'adeguamento strutturale e tecnologico delle sale cinematografiche, per l'installazione, la ristrutturazione, il rinnovo di impianti, apparecchiature, arredi e servizi accessori delle sale.

 

     Ora, la disposizione in commento sostituisce il suddetto art. 17, comma 1, stabilendosi che alle imprese di esercizio cinematografico, secondo le disposizioni stabilite con decreto adottato ai sensi dell’art. 21, è riconosciuto un credito d’imposta in misura non inferiore al 20 per cento e non superiore al 40 per cento delle spese complessivamente sostenute per la realizzazione di nuove sale o il ripristino di sale inattive, per la ristrutturazione e l'adeguamento strutturale e tecnologico delle sale cinematografiche, per l'installazione, la ristrutturazione, il rinnovo di impianti, apparecchiature, arredi e servizi accessori delle sale. In favore delle piccole e medie imprese, l’aliquota massima di cui al precedente periodo può essere innalzata fino 60 per cento.

 

Si ricorda altresì che il D.L. 17 maggio 2022, n. 50 (L. 15 luglio 2022, n. 91), ha disposto (con l'art. 23, comma 1-bis) che "Per le medesime finalità di cui al comma 1 (ossia al fine di favorire la ripresa delle attività e lo sviluppo delle sale cinematografiche), per gli anni 2022 e 2023, il credito d'imposta di cui all'art. 17, comma 1, della legge n. 220 del 2016, è riconosciuto, in favore delle piccole e medie imprese, in misura non superiore al 60 per cento delle spese complessivamente sostenute per la realizzazione di nuove sale o il ripristino di sale inattive, per la ristrutturazione e l'adeguamento strutturale e tecnologico delle sale cinematografiche, per l'installazione, la ristrutturazione, il rinnovo di impianti, apparecchiature, arredi e servizi accessori delle sale".

 

D) La lettera d) del medesimo comma unico dell’articolo in commento sostituisce il comma 1 dell’art. 18 della legge n. 220 del 2016, che regola il credito d’imposta per il potenziamento dell’offerta cinematografica.

 

     Si ricorda che il suddetto art. 18, comma 1, prevede a legislazione vigente che, al fine di potenziare l'offerta cinematografica e in particolare di potenziare la presenza in sala cinematografica di opere audiovisive italiane ed europee, agli esercenti sale cinematografiche è riconosciuto un credito d'imposta commisurato ad un'aliquota massima del 20 per cento sugli introiti derivanti dalla programmazione di opere audiovisive, con particolare riferimento alle opere italiane ed europee, anche con caratteristiche di documentario, effettuata nelle rispettive sale cinematografiche, con modalità adeguate a incrementare la fruizione da parte del pubblico secondo le disposizioni stabilite con il decreto di cui all'art. 21.

 

     Ora, la disposizione in commento sostituisce il suddetto art. 18, comma 1, prevedendosi che, al fine di potenziare l'offerta cinematografica e in particolare per favorire le attività e lo sviluppo delle sale cinematografiche, agli esercenti sale cinematografiche è riconosciuto un credito d’imposta nella misura massima del 40 per cento dei costi di funzionamento delle sale cinematografiche, se esercite da grandi imprese, o nella misura massima del 60 per cento dei medesimi costi, se esercite da piccole o medie imprese, secondo le disposizioni stabilite con decreto adottato ai sensi dell’art. 21.

 

E)  La lettera e) del comma unico dell’articolo in commento modifica i commi 1 e 2 dell’art. 20 della legge n. 220 del 2016, che regola il credito d'imposta per le imprese non appartenenti al settore cinematografico e audiovisivo.

 

Si ricorda che, a legislazione vigente, il suddetto comma  1 dell’art. 20 prevede che, ai soggetti di cui all'art. 73 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al DPR 22 dicembre 1986, n. 917  (ossia ai soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società, ivi indicati), e ai titolari di reddito di impresa ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, non appartenenti al settore cinematografico e audiovisivo, associati in partecipazione ai sensi dell'articolo 2549 del codice civile, è riconosciuto un credito d'imposta nella misura massima del 30 per cento dell'apporto in denaro effettuato per la produzione e distribuzione in Italia e all'estero di opere cinematografiche e audiovisive. L'aliquota massima è elevata al 40 per cento nel caso di apporto in denaro effettuato per lo sviluppo e la produzione di opere che abbiano ricevuto i contributi selettivi di cui all'art. 26 della medesima legge n. 220 del 2016.

 

Ora, la disposizione in commento, incidendo sul comma 1 dell’art. 20, elimina i titolari di reddito di impresa ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche dai soggetti non appartenenti al settore cinematografico e audiovisivo ai quali può essere riconosciuto il suddetto credito di imposta.

 

Sempre a legislazione vigente, il comma 2 dell’art. 20 della legge n. 220 del 2016 prevede che, il più volte citato decreto di cui all'art. 21 disciplina le modalità, le condizioni e le ulteriori specificazioni con le quali il beneficio (di cui sopra) può essere riconosciuto per gli investimenti effettuati anche per il tramite di intermediari e veicoli finanziari sottoposti a vigilanza prudenziale, quali gli organismi di investimento collettivo del risparmio, di cui all'art. 1, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998, in materia di intermediazione finanziaria.

 

Ora, la disposizione in commento integra, con un inciso, la suddetta disposizione di cui al comma 2 dell’art. 20, prevedendosi che il decreto di cui all'art. 21 disciplina le modalità, le condizioni e le ulteriori specificazioni con le quali il beneficio può essere riconosciuto “, in particolare,” per gli investimenti effettuati anche per il tramite di intermediari e veicoli finanziari sottoposti a vigilanza prudenziale, quali gli organismi di investimento collettivo del risparmio.

 

Si ricorda che il suddetto art. 1, comma 1 del decreto legislativo n. 58 del 1998 reca le definizioni applicabili al medesimo testo unico. In particolare la lettera k) di tale comma definisce 'Organismo di investimento collettivo del risparmio' (Oicr): l'organismo istituito per la prestazione del servizio di gestione collettiva del risparmio, il cui patrimonio è raccolto tra una pluralità di investitori mediante l'emissione e l'offerta di quote o azioni, gestito in monte nell'interesse degli investitori e in autonomia dai medesimi nonché investito in strumenti finanziari, crediti, inclusi quelli erogati , a favore di soggetti diversi da consumatori, a valere sul patrimonio dell'OICR, partecipazioni o altri beni mobili o immobili, in base a una politica di investimento predeterminata.

 

F)  La lettera f) del comma unico dell’articolo in commento apporta due modifiche all’art. 21 della legge n. 220 del 2016, che reca disposizioni comuni in materia di crediti d'imposta:

 

1)         La prima modifica consiste nella sostituzione del comma 5 dell’art. 21.

 

     Si ricorda – come anticipato - che, a legislazione vigente, il suddetto comma 5 dell’art. 21 prevede che, con uno o più decreti del Ministro (ora della cultura), da emanare entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro dello sviluppo economico (ora Ministro delle imprese  e del made in Italy), sono stabiliti, partitamente per ciascuna delle tipologie di credito d'imposta previste nella presente sezione e nell'ambito delle percentuali ivi stabilite, i limiti di importo per opera o beneficiario, le aliquote da riconoscere alle varie tipologie di opere ovvero alle varie tipologie di impresa o alle varie tipologie di sala cinematografica, la base di commisurazione del beneficio, con la specificazione dei riferimenti temporali, nonché le ulteriori disposizioni applicative della presente sezione, fra cui i requisiti, le condizioni e la procedura per la richiesta e il riconoscimento del credito, prevedendo modalità atte a garantire che ciascun beneficio sia concesso nel limite massimo dell'importo complessivamente stanziato, nonché le modalità dei controlli e i casi di revoca e decadenza.

     Ora, la disposizione in commento sostituisce il suddetto comma 5 dell’art. 21 della legge n. 220 del 2016, prevedendosi che, con uno o più decreti del Ministro (della cultura), da emanare entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge (il riferimento rimane alla legge n. 220 del 2016), di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro delle imprese e del made in Italy, sono stabiliti, partitamente per ciascuna delle tipologie di credito d'imposta previste nella presente sezione e nell'ambito delle percentuali ivi stabilite: eventuali limiti di importo per opera ovvero per impresa o gruppi di imprese; le aliquote da riconoscere alle varie tipologie di opere ovvero di impresa o gruppi di imprese e alle varie tipologie di sala cinematografica, nonché le eventuali differenziazioni dell’aliquota sulla base di quanto previsto dal citato articolo 12, comma 4, lettera b), e in relazione a determinati costi eleggibili o soglie di costo eleggibile; la base di commisurazione del beneficio, con la specificazione dei riferimenti temporali. Con i medesimi decreti sono, altresì, disciplinate le ulteriori disposizioni applicative della presente sezione, fra cui: i requisiti, anche soggettivi, dei beneficiari, che tengano conto in particolare della loro forma giuridica e continuità patrimoniale, delle attività già svolte e delle opere già realizzate e distribuite; le condizioni e la procedura per la richiesta e il riconoscimento del credito; le modalità di certificazione dei costi; il regime delle responsabilità dei soggetti incaricati della certificazione dei costi; le caratteristiche delle polizze assicurative che tali soggetti sono tenuti a stipulare; le modalità atte a garantire che ciascun beneficio sia concesso nel limite massimo dell'importo complessivamente stanziato, nonché le modalità dei controlli e i casi di revoca e decadenza. I decreti possono altresì prevedere, a carico dei richiedenti, il versamento in conto entrate al bilancio dello Stato di un contributo per le spese istruttorie. Le somme derivanti dal secondo periodo sono riassegnate ad apposito capitolo della Direzione generale cinema e audiovisivo dello stato di previsione della spesa del Ministero della cultura. Il credito d’imposta massimo onnicomprensivo riferibile al compenso attribuito al singolo soggetto in qualità di regista, sceneggiatore, attore e altra figura professionale indicata nei medesimi decreti non può eccedere l’importo massimo previsto dall’art. 23-ter del decreto-legge n. 201 del 2011 (legge n. 214 del 2011), sulla base delle ulteriori disposizioni applicative contenute nei medesimi decreti.

 

Si ricorda che il suddetto art. 23-ter del decreto-legge n. 201 del 2011 reca disposizioni in materia di trattamenti economici a carico delle finanze pubbliche. Esso prevede, nello specifico, al comma 1, che con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, è definito il trattamento economico annuo onnicomprensivo di chiunque riceva a carico delle finanze pubbliche emolumenti o retribuzioni nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali, di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, ivi incluso il personale in regime di diritto pubblico di cui all'art. 3 del medesimo decreto legislativo, stabilendo come parametro massimo di riferimento il trattamento economico del primo presidente della Corte di cassazione. Ai fini dell'applicazione della disciplina di cui al presente comma devono essere computate in modo cumulativo le somme comunque erogate all'interessato a carico del medesimo o di più organismi, anche nel caso di pluralità di incarichi conferiti da uno stesso organismo nel corso dell'anno (in attuazione della predetta disposizione, è stato adottato il DPCM 23 marzo 2012). Ai sensi del comma 2 del medesimo art. 23-ter, il personale di cui al comma 1 che è chiamato, conservando il trattamento economico riconosciuto dall'amministrazione di appartenenza, all'esercizio di funzioni direttive, dirigenziali o equiparate, anche in posizione di fuori ruolo o di aspettativa, presso Ministeri o enti pubblici nazionali, comprese le autorità amministrative indipendenti, non può ricevere, a titolo di retribuzione o di indennità per l'incarico ricoperto, o anche soltanto per il rimborso delle spese, più del 25 per cento dell'ammontare complessivo del trattamento economico percepito. Il comma 3, poi, prevede che con il decreto di cui al comma 1 possono essere previste deroghe motivate per le posizioni apicali delle rispettive amministrazioni ed è stabilito un limite massimo per i rimborsi di spese. Il comma 4, infine, prevede che le risorse rivenienti dall'applicazione delle misure di cui al medesimo articolo 23-ter sono annualmente versate al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato.

 

2)       La seconda modifica consiste nell’introduzione del nuovo comma 5-bis all’art. 21, il quale prevede che, ai soggetti incaricati della certificazione dei costi di cui al precedente comma 5, che rilasciano certificazioni infedeli si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 euro a 50.000 euro per ciascuna certificazione infedele resa.

 

G) La lettera g) del comma unico dell’articolo in commento prevede due modifiche all’art. 25 della legge n. 220 del 2016, che reca disposizioni di attuazione.

 

1)         La prima integra la lettera d-bis) del comma 1 di tale articolo 25.

 

Si ricorda che il comma 1 (e unico) dell’art. 25 della legge n. 220 del 2016 prevede, a legislazione vigente, che con decreto del Ministro (della cultura), acquisiti il parere della Conferenza Stato-regioni e il parere del Consiglio superiore, sono stabilite, nei limiti delle risorse a tal fine disponibili, le modalità applicative delle disposizioni contenute nella presente sezione e, in particolare, oltre a quanto già previsto nei precedenti articoli, sono definiti:

a) i requisiti minimi che devono possedere le imprese cinematografiche e audiovisive, con particolare riferimento alla loro solidità patrimoniale e finanziaria, per accedere ai contributi automatici;

b) i criteri di assegnazione dei contributi, i requisiti delle opere beneficiarie ed eventuali ulteriori specifiche e limitazioni, nonché le eventuali ulteriori categorie di opere di cui all'articolo 24, comma 2, lettera c);

c) il termine massimo entro cui l'importo può essere utilizzato;

d) i casi di decadenza ovvero di revoca.

(d-bis) i requisiti e le modalità di erogazione dei contributi di cui all'art. 23, comma 1, secondo periodo (che prevede che quota parte dei contributi automatici, ai sensi e per le finalità di cui al Titolo I, Capo IV, Sezione III della legge n. 633 del 1941, è destinata agli autori del soggetto, agli autori della sceneggiatura, agli autori della musica e ai registi, secondo quanto previsto nel decreto di cui all'art. 25, comma 1).

 

Ora, la disposizione in commento aggiunge a quanto previsto alla lettera d)-bis), in fine, anche “le modalità di certificazione dei costi e le caratteristiche delle polizze assicurative che i soggetti incaricati della certificazione sono tenuti a stipulare”.

 

2)         La seconda modifica aggiunge, dopo il comma 1, i commi 2 e 3 all’art. 25.

 

In particolare, il nuovo comma 2 dell’art. 25 prevede che, ai soggetti incaricati della certificazione dei costi di cui al citato comma 1, lettera d-bis), che rilasciano certificazioni infedeli, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 euro a 50.000 euro per ciascuna certificazione infedele resa.

Il nuovo comma 3 del medesimo art. 25, poi, prevede che il decreto di cui al precedente comma 1 dello stesso art. 25 può altresì prevedere, a carico dei richiedenti, il versamento in conto entrate al bilancio dello Stato di un contributo per le spese istruttorie. Le somme derivanti dal nuovo comma 3 sono riassegnate ad apposito capitolo della Direzione generale cinema e audiovisivo dello stato di previsione della spesa del Ministero della cultura.

 

H) La lettera h) del comma unico dell’articolo in commento prevede alcune modifiche all’art. 26 della legge n. 220 del 2016, che regola i contributi selettivi per la scrittura, lo sviluppo, la produzione e la distribuzione nazionale e internazionale di opere cinematografiche e audiovisive.

 

1)         La prima novella modifica il comma 2, primo periodo dell’art. 26.

 

     Si ricorda che l’art. 26, comma 2, primo periodo prevede, a legislazione vigente, che i contributi di cui al precedente comma 1 del medesimo art. 26 sono destinati, fatto salvo quanto previsto dal comma 3, prioritariamente alle opere cinematografiche e in particolare alle opere prime e seconde ovvero alle opere realizzate da giovani autori ovvero ai film “difficili realizzati con modeste risorse finanziarie ovvero alle opere” di particolare qualità artistica realizzate anche da imprese non titolari di una posizione contabile ai sensi dell'art. 24 della legge nonché alle opere che siano sostenute e su cui convergano contributi di più aziende, siano esse più piccole o micro aziende inserite in una rete d'impresa o più aziende medie convergenti temporaneamente, anche una tantum, per la realizzazione dell'opera.

 

     Ora, la disposizione in commento sopprime le parole, sopra evidenziate in grassetto, “difficili realizzati con modeste risorse finanziarie ovvero alle opere”.

 

2)         La seconda novella modifica il comma 2, secondo periodo del medesimo art. 26.

 

     Si ricorda che l’art. 26, comma 2, primo periodo prevede, a legislazione vigente, che i contributi sono attribuiti in relazione alla qualità artistica o al valore culturale dell'opera o del progetto da realizzare, in base alla valutazione di quindici esperti individuati secondo le modalità stabilite con il decreto di cui al successivo comma 4 tra personalità di chiara fama anche internazionale e di comprovata qualificazione professionale nel settore.

 

     Ora, il nuovo secondo periodo del comma 2 dell’art. 26 prevede che i contributi sono attribuiti in relazione alla qualità artistica o al valore culturale dell'opera o del progetto da realizzare, in base alla valutazione di una Commissione composta da esperti nominati dal Ministro (della cultura) tra personalità di comprovata qualificazione professionale nel settore. Con decreto del Ministro si provvede, altresì, a disciplinare le modalità di costituzione e di funzionamento della Commissione, il numero dei componenti e, tenuto conto della professionalità e dell’impegno richiesto, la misura delle indennità loro spettanti ai fini del rispetto del limite di spesa di cui al nuovo comma 2-bis.

 

3)         La terza novella introduce il citato comma 2-bis all’art. 26, il quale prevede che per le finalità di cui al precedente comma 2, è autorizzata una spesa nel limite di 500.000 euro annui a decorrere dall’anno 2024.

 

4)         La quarta novella integra il comma 4 dell’art. 26.

 

     Si ricorda che, a legislazione vigente, il suddetto comma 4 dell’art. 26 prevede che, con decreto del Ministro (della cultura), da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge, acquisiti i pareri della Conferenza Stato-regioni e del Consiglio superiore, sono definite le modalità applicative del medesimo art. 26 e, in particolare, possono essere previsti ulteriori contributi selettivi per la scrittura e lo sviluppo di opere audiovisive, nei limiti delle risorse disponibili, con le modalità e nei limiti definiti dal medesimo decreto «, nonché – aggiunge la disposizione in commento - le ulteriori disposizioni applicative della presente sezione, fra cui i requisiti anche soggettivi dei beneficiari, le modalità di certificazione dei costi e le caratteristiche delle polizze assicurative che i soggetti incaricati della certificazione sono tenuti a stipulare»; il decreto – prosegue il comma 4, qui non modificato - definisce inoltre i meccanismi e le modalità per le eventuali restituzioni al Fondo per il cinema e l'audiovisivo dei contributi assegnati, ovvero il loro addebito alla posizione contabile dell'impresa, istituita ai sensi dell'art. 24, e i casi di revoca e di decadenza.

 

5)         La quinta novella aggiunge i commi 5 e 6 all’art. 26.

 

Il nuovo comma 5 dell’art. 26 prevede che, ai soggetti incaricati della certificazione dei costi di cui al precedente comma 4 che rilasciano certificazioni infedeli si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 euro a 50.000 euro per ciascuna certificazione infedele resa.

Il nuovo comma 6 del medesimo art. 26 prevede che il decreto di cui al suddetto comma 4 può altresì prevedere, a carico dei richiedenti, il versamento in conto entrate al bilancio dello Stato di un contributo per le spese istruttorie. Le somme derivanti da tale comma sono riassegnate ad apposito capitolo della Direzione generale cinema e audiovisivo dello stato di previsione della spesa del Ministero della cultura.

I)   La lettera i) del comma unico dell’articolo in commento apporta, infine, alcune novelle all’art. 27 della legge n. 220 del 2016, che regola i contributi alle attività e alle iniziative di promozione cinematografica e audiovisiva.

 

1)         La prima novella modifica il comma 2-bis, primo periodo, dell’art. 27.

 

     Si ricorda che, a legislazione vigente, il comma 2-bis dell’art. 27, composto di un solo periodo, prevede che i contributi di cui al comma 1 sono attribuiti “dagli esperti di cui all'art. 26, comma 2,” in relazione alla qualità artistica, al valore culturale e all'impatto economico del progetto.

 

     Ora, la disposizione in commento sopprime le parole sopra evidenziate in grassetto dagli esperti di cui all'art. 26, comma 2,”.

 

2)         La seconda novella integra il suddetto comma 2-bis dell’art. 27 (così come appena modificato), nel senso di prevedere che i contributi di cui al comma 1 sono attribuiti in relazione alla qualità artistica, al valore culturale e all'impatto economico del progetto «da una Commissione composta da esperti nominati dal Ministro tra personalità di comprovata qualificazione professionale nel settore. Con decreto del Ministro si provvede, altresì, a disciplinare le modalità di costituzione e di funzionamento della Commissione, il numero dei componenti e, tenuto conto della professionalità e dell’impegno richiesto, la misura delle indennità loro spettanti ai fini del rispetto del limite di spesa di cui al successivo nuovo comma 2-ter».

 

3)         La terza novella inserisce quindi il nuovo comma 2-ter all’art. 27, il quale prevede che, per le finalità di cui al precedente comma 2-bis, è autorizzata una spesa nel limite di 200.000 euro annui a decorrere dall’anno 2024.

 

4)         La quarta novella integra il comma 4 dell’art. 27.

 

Si ricorda che, a legislazione vigente, il comma 4 dell’art. 27 prevede che, con decreto del Ministro (della cultura), da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge, acquisiti i pareri della Conferenza unificata e del Consiglio superiore, sono individuate le specifiche tipologie di attività ammesse, sono definiti i criteri e le modalità per la concessione dei contributi e sono ripartite le risorse disponibili fra le varie finalità indicate nel medesimo art. 27.

 

La disposizione in commento aggiunge che, con il medesimo decreto, sono altresì stabilite le ulteriori disposizioni applicative della sezione (la sez. V del Capo II della legge, composta del solo art. 27), fra cui i requisiti anche soggettivi dei beneficiari, le modalità di certificazione dei costi e le caratteristiche delle polizze assicurative che tali i soggetti incaricati della certificazione sono tenuti a stipulare.

 

5)         La quinta e ultima novella aggiunge i commi 5 e 6 all’art. 27.

 

Il nuovo comma 5 dell’art. 27 prevede che, ai soggetti incaricati della certificazione dei costi di cui al precedente comma 4, che rilasciano certificazioni infedeli, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 euro a 50.000 euro per ciascuna certificazione infedele resa.

 

Il nuovo comma 6 del medesimo art. 27 prevede infine che, il citato decreto di cui al comma 4, può altresì prevedere, a carico dei richiedenti, il versamento in conto entrate al bilancio dello Stato di un contributo per le spese istruttorie. Le somme derivanti tale nuovo comma sono riassegnate ad apposito capitolo della Direzione generale cinema e audiovisivo dello stato di previsione della spesa del Ministero della cultura.

 

TESTO A FRONTE

 

Disciplina del cinema e dell’audiovisivo (L. 220/2016)

Testo vigente

Modificazioni apportate dall’art. 14 del presente disegno di legge di bilancio

Art. 13
(Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell'audiovisivo)

Art. 13
(Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell'audiovisivo)

1. A decorrere dall'anno 2017, nel programma «Sostegno, valorizzazione e tutela del settore dello spettacolo» della missione «Tutela e valorizzazione dei beni e attività culturali e paesaggistici» dello stato di previsione del Ministero, è istituito il Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell'audiovisivo, di seguito denominato «Fondo per il cinema e l'audiovisivo».

1. Identico.

2. Il Fondo per il cinema e l'audiovisivo è destinato al finanziamento degli interventi previsti dalle sezioni II, III, IV e V del presente capo, nonché del Piano straordinario per il potenziamento del circuito delle sale cinematografiche e polifunzionali e del Piano straordinario per la digitalizzazione del patrimonio cinematografico e audiovisivo, di cui rispettivamente agli articoli 28 e 29. Il complessivo livello di finanziamento dei predetti interventi è parametrato annualmente all'11 per cento delle entrate effettivamente incassate dal bilancio dello Stato, registrate nell'anno precedente, e comunque in misura non inferiore a 750 milioni di euro annui, derivanti dal versamento delle imposte ai fini IRES e IVA, nei seguenti settori di attività: distribuzione cinematografica di video e di programmi televisivi, proiezione cinematografica, programmazioni e trasmissioni televisive, erogazione di servizi di accesso a internet, telecomunicazioni fisse, telecomunicazioni mobili.

2. Identico.

3. Nell'anno 2017, previo versamento all'entrata del bilancio dello Stato, al Fondo per il cinema e l'audiovisivo sono conferite, altresì, le risorse finanziarie disponibili ed esistenti presso la contabilità speciale n. 5140 intestata ad Artigiancassa S.p.a. alla data di entrata in vigore della presente legge relative al Fondo per la produzione, la distribuzione, l'esercizio e le industrie tecniche previsto dall'articolo 12 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28, e successive modificazioni, nonché le eventuali risorse relative alla restituzione dei contributi erogati a valere sul medesimo Fondo o a valere sui fondi in esso confluiti.

3. Identico.

4. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità di gestione del Fondo per il cinema e l'audiovisivo e le quote ulteriori rispetto alle somme di cui all'articolo 39, comma 2, da destinare agli interventi di cui alla sezione II del presente capo, da trasferire al programma «Interventi di sostegno tramite il sistema della fiscalità» della missione «Competitività e sviluppo delle imprese» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.

4. Identico.

5. Con decreto del Ministro, sentito il Consiglio superiore, si provvede al riparto del Fondo per il cinema e l'audiovisivo fra le tipologie di contributi previsti dalla presente legge, fermo restando che l'importo complessivo per i contributi di cui agli articoli 26 e 27, comma 1, non può essere inferiore al 10 per cento e superiore al 15 per cento del Fondo medesimo.

5. Con decreto del Ministro, sentito il Consiglio superiore, si provvede al riparto del Fondo per il cinema e l'audiovisivo fra tutte o alcune delle tipologie di contributi previsti dalla presente legge, fermo restando che l'importo complessivo per i contributi di cui agli articoli 26 e 27, comma 1, non può essere inferiore al 10 per cento e superiore al 15 per cento del Fondo medesimo.

6. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, su proposta del Ministro, con propri decreti, previa verifica della neutralità sui saldi di finanza pubblica, variazioni compensative in termini di residui, competenza e cassa tra gli stanziamenti iscritti in bilancio ai sensi del presente capo negli stati di previsione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e del Ministero dell'economia e delle finanze. Detti decreti sono trasmessi alle Commissioni parlamentari competenti.

 

6. Identico.

Art. 15
(Credito d'imposta per le imprese di produzione)

Art. 15
(Credito d'imposta per le imprese di produzione)

1. Alle imprese di produzione cinematografica e audiovisiva è riconosciuto un credito d'imposta, in misura non inferiore al 15 per cento e non superiore al 40 per cento del costo complessivo di produzione di opere cinematografiche e audiovisive.

1. Identico:

2. Nella determinazione dell'aliquota del credito d'imposta, il decreto di cui all'articolo 21 prevede comunque che:

2. Il decreto di cui all’articolo 21 determina le aliquote del credito di imposta, tenendo conto delle risorse disponibili e nell’ottica del raggiungimento degli obiettivi previsti dall’articolo 12. In particolare:

a) per le opere cinematografiche è prevista l'aliquota del 40 per cento;

a) per le opere cinematografiche, l’aliquota è ordinariamente prevista nella misura del 40 per cento. È fatta salva la possibilità, nello stesso decreto, di prevedere aliquote diverse o escludere l’accesso al credito d’imposta in base a quanto previsto dall’articolo 12, comma 4, lettera b), ovvero prevedere aliquote diverse in relazione alle dimensioni di impresa o gruppi di imprese, nonché in relazione a determinati costi eleggibili o soglie di costo eleggibile, ferma rimanendo la misura massima del 40 per cento;

b) per le opere audiovisive, l'aliquota del 40 per cento può essere prevista in via prioritaria per le opere realizzate per essere distribuite attraverso un'emittente televisiva nazionale e, congiuntamente, in coproduzione internazionale ovvero per le opere audiovisive di produzione internazionale; per le opere non realizzate in coproduzione internazionale ovvero che non siano opere audiovisive di produzione internazionale; per le opere in cui il produttore indipendente mantiene la titolarità dei diritti in misura non inferiore al 40 per cento, secondo le modalità previste nel medesimo decreto di cui all'articolo 21.

b) per le opere audiovisive, l'aliquota del 40 per cento può essere prevista in via prioritaria per le opere realizzate per essere distribuite attraverso un'emittente televisiva nazionale e, congiuntamente, in coproduzione internazionale ovvero per le opere audiovisive di produzione internazionale. È fatta salva la possibilità, nello stesso decreto, di prevedere differenziazioni dell’aliquota o di escludere l’accesso al credito d’imposta in base a quanto previsto dall’articolo 12, comma 4, lettera b), ovvero prevedere aliquote diverse in relazione alle dimensioni di impresa o gruppi di imprese, nonché in relazione a determinati costi eleggibili o soglie di costo eleggibile.

3. Per le altre tipologie di opere audiovisive, l'aliquota è determinata tenendo conto delle risorse disponibili e nell'ottica del raggiungimento degli obiettivi previsti dall'articolo 12.

3. Identico:

Art. 17
(Credito d'imposta per le imprese dell'esercizio cinematografico, per le industrie tecniche e di post-produzione)

Art. 17
(Credito d'imposta per le imprese dell'esercizio cinematografico, per le industrie tecniche e di post-produzione)

1. Alle imprese di esercizio cinematografico è riconosciuto un credito d'imposta, in misura non inferiore al 20 per cento e non superiore al 40 per cento delle spese complessivamente sostenute per la realizzazione di nuove sale o il ripristino di sale inattive, per la ristrutturazione e l'adeguamento strutturale e tecnologico delle sale cinematografiche, per l'installazione, la ristrutturazione, il rinnovo di impianti, apparecchiature, arredi e servizi accessori delle sale.

1. Alle imprese di esercizio cinematografico, secondo le disposizioni stabilite con decreto adottato ai sensi dell’articolo 21, è riconosciuto un credito d’imposta in misura non inferiore al 20 per cento e non superiore al 40 per cento delle spese complessivamente sostenute per la realizzazione di nuove sale o il ripristino di sale inattive, per la ristrutturazione e l'adeguamento strutturale e tecnologico delle sale cinematografiche, per l'installazione, la ristrutturazione, il rinnovo di impianti, apparecchiature, arredi e servizi accessori delle sale. In favore delle piccole e medie imprese, l’aliquota massima di cui al precedente periodo può essere innalzata fino 60 per cento.

2. Alle industrie tecniche e di post-produzione, ivi inclusi i laboratori di restauro, è riconosciuto un credito d'imposta, in misura non inferiore al 20 per cento e non superiore al 30 per cento delle spese sostenute per l'adeguamento tecnologico e strutturale del settore.

2. Identico:

3. Nella determinazione dell'aliquota del credito d'imposta di cui al presente articolo, il decreto di cui all'articolo 21 tiene conto, fra l'altro, della esistenza della sala cinematografica in data anteriore al 1° gennaio 1980.

3. Identico:

Art. 18
(Credito d'imposta per il potenziamento dell'offerta cinematografica)

Art. 18
(Credito d'imposta per il potenziamento dell'offerta cinematografica)

1. Al fine di potenziare l'offerta cinematografica e in particolare di potenziare la presenza in sala cinematografica di opere audiovisive italiane ed europee, agli esercenti sale cinematografiche è riconosciuto un credito d'imposta commisurato ad un'aliquota massima del 20 per cento sugli introiti derivanti dalla programmazione di opere audiovisive, con particolare riferimento alle opere italiane ed europee, anche con caratteristiche di documentario, effettuata nelle rispettive sale cinematografiche, con modalità adeguate a incrementare la fruizione da parte del pubblico secondo le disposizioni stabilite con il decreto di cui all'articolo 21.

1. Al fine di potenziare l'offerta cinematografica e in particolare per favorire le attività e lo sviluppo delle sale cinematografiche, agli esercenti sale cinematografiche è riconosciuto un credito d’imposta nella misura massima del 40 per cento dei costi di funzionamento delle sale cinematografiche, se esercite da grandi imprese, o nella misura massima del 60 per cento dei medesimi costi, se esercite da piccole o medie imprese, secondo le disposizioni stabilite con decreto adottato ai sensi dell’articolo 21.

2. Il decreto di cui all'articolo 21 prevede meccanismi incentivanti a favore delle opere italiane e, ai fini degli obiettivi previsti dall'articolo 12, per particolari tipologie di opere e di sale cinematografiche, con particolare riferimento alle piccole sale cinematografiche ubicate nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti.

2. Identico:

Art. 20
(Credito d'imposta per le imprese non appartenenti al settore cinematografico e audiovisivo)

Art. 20
(Credito d'imposta per le imprese non appartenenti al settore cinematografico e audiovisivo)

1. Ai soggetti di cui all'articolo 73 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, e ai titolari di reddito di impresa ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, non appartenenti al settore cinematografico e audiovisivo, associati in partecipazione ai sensi dell'articolo 2549 del codice civile, è riconosciuto un credito d'imposta nella misura massima del 30 per cento dell'apporto in denaro effettuato per la produzione e distribuzione in Italia e all'estero di opere cinematografiche e audiovisive. L'aliquota massima è elevata al 40 per cento nel caso di apporto in denaro effettuato per lo sviluppo e la produzione di opere che abbiano ricevuto i contributi selettivi di cui all'articolo 26 della presente legge.

1. Ai soggetti di cui all'articolo 73 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni non appartenenti al settore cinematografico e audiovisivo, associati in partecipazione ai sensi dell'articolo 2549 del codice civile, è riconosciuto un credito d'imposta nella misura massima del 30 per cento dell'apporto in denaro effettuato per la produzione e distribuzione in Italia e all'estero di opere cinematografiche e audiovisive. L'aliquota massima è elevata al 40 per cento nel caso di apporto in denaro effettuato per lo sviluppo e la produzione di opere che abbiano ricevuto i contributi selettivi di cui all'articolo 26 della presente legge.

2. Il decreto di cui all'articolo 21 disciplina le modalità, le condizioni e le ulteriori specificazioni con le quali il beneficio può essere riconosciuto per gli investimenti effettuati anche per il tramite di intermediari e veicoli finanziari sottoposti a vigilanza prudenziale, quali gli organismi di investimento collettivo del risparmio, di cui all'articolo 1, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.

2. Il decreto di cui all'articolo 21 disciplina le modalità, le condizioni e le ulteriori specificazioni con le quali il beneficio può essere riconosciuto, in particolare, per gli investimenti effettuati anche per il tramite di intermediari e veicoli finanziari sottoposti a vigilanza prudenziale, quali gli organismi di investimento collettivo del risparmio, di cui all'articolo 1, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.

Art. 21
(Disposizioni comuni in materia di crediti d'imposta)

Art. 21
(Disposizioni comuni in materia di crediti d'imposta)

1. I crediti d'imposta di cui alla presente sezione, ad esclusione di quelli di cui agli articoli 15 e 19, sono riconosciuti entro il limite massimo complessivo indicato con il decreto di cui all'articolo 13, comma 5. Con il medesimo decreto, si provvede al riparto delle risorse complessivamente iscritte in bilancio tra le diverse tipologie di intervento; ove necessario, tale riparto può essere modificato, con le medesime modalità, anche in corso d'anno.

1. Identico.

2. I crediti d'imposta previsti nella presente sezione non concorrono alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive, non rilevano ai fini del rapporto di cui agli articoli 96 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, e sono utilizzabili esclusivamente in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

2. Identico.

3. Ai crediti d'imposta previsti nella presente sezione non si applica il limite di utilizzo di cui all'articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.

3. Identico.

4. Nel rispetto delle disposizioni di cui agli articoli 1260 e seguenti del codice civile, e previa adeguata dimostrazione del riconoscimento del diritto da parte del Ministero e dell'effettività del diritto al credito medesimo, i crediti d'imposta sono cedibili dal beneficiario a intermediari bancari, ivi incluso l'Istituto per il credito sportivo, finanziari e assicurativi sottoposti a vigilanza prudenziale. I cessionari possono utilizzare il credito ceduto solo in compensazione dei propri debiti d'imposta o contributivi ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997 (e rispondono solo per l'eventuale utilizzo del credito d'imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito d'imposta ricevuto. La cessione del credito non pregiudica i poteri delle competenti amministrazioni relativi al controllo delle dichiarazioni dei redditi e all'accertamento e all'irrogazione delle sanzioni nei confronti del cedente il credito d'imposta. Il recupero dell'importo corrispondente al credito d'imposta indebitamente utilizzato è effettuato nei confronti del soggetto beneficiario, ferma restando, in presenza di concorso nella violazione, oltre all'applicazione dell'articolo 9 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, anche la responsabilità in solido del cessionario. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all'articolo 122-bis del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77. Il Ministero e l'Istituto per il credito sportivo possono stipulare convenzioni al fine di prevedere che le somme corrispondenti all'importo dei crediti eventualmente ceduti, ai sensi del presente comma, a detto Istituto siano destinate al finanziamento di progetti e iniziative nel settore della cultura, con particolare riguardo al cinema e all'audiovisivo.

4. Identico.

5. Con uno o più decreti del Ministro, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro dello sviluppo economico, sono stabiliti, partitamente per ciascuna delle tipologie di credito d'imposta previste nella presente sezione e nell'ambito delle percentuali ivi stabilite, i limiti di importo per opera o beneficiario, le aliquote da riconoscere alle varie tipologie di opere ovvero alle varie tipologie di impresa o alle varie tipologie di sala cinematografica, la base di commisurazione del beneficio, con la specificazione dei riferimenti temporali, nonché le ulteriori disposizioni applicative della presente sezione, fra cui i requisiti, le condizioni e la procedura per la richiesta e il riconoscimento del credito, prevedendo modalità atte a garantire che ciascun beneficio sia concesso nel limite massimo dell'importo complessivamente stanziato, nonché le modalità dei controlli e i casi di revoca e decadenza.

5. Con uno o più decreti del Ministro, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro delle imprese e del made in Italy, sono stabiliti, partitamente per ciascuna delle tipologie di credito d'imposta previste nella presente sezione e nell'ambito delle percentuali ivi stabilite: eventuali limiti di importo per opera ovvero per impresa o gruppi di imprese; le aliquote da riconoscere alle varie tipologie di opere ovvero di impresa o gruppi di imprese e alle varie tipologie di sala cinematografica, nonché le eventuali differenziazioni dell’aliquota sulla base di quanto previsto dall’articolo 12, comma 4, lettera b), e in relazione a determinati costi eleggibili o soglie di costo eleggibile; la base di commisurazione del beneficio, con la specificazione dei riferimenti temporali. Con i medesimi decreti sono, altresì, disciplinate le ulteriori disposizioni applicative della presente sezione, fra cui: i requisiti, anche soggettivi, dei beneficiari, che tengano conto in particolare della loro forma giuridica e continuità patrimoniale, delle attività già svolte e delle opere già realizzate e distribuite; le condizioni e la procedura per la richiesta e il riconoscimento del credito; le modalità di certificazione dei costi; il regime delle responsabilità dei soggetti incaricati della certificazione dei costi; le caratteristiche delle polizze assicurative che tali soggetti sono tenuti a stipulare; le modalità atte a garantire che ciascun beneficio sia concesso nel limite massimo dell'importo complessivamente stanziato, nonché le modalità dei controlli e i casi di revoca e decadenza. I decreti possono altresì prevedere, a carico dei richiedenti, il versamento in conto entrate al bilancio dello Stato di un contributo per le spese istruttorie. Le somme derivanti dal secondo periodo sono riassegnate ad apposito capitolo della Direzione generale cinema e audiovisivo dello stato di previsione della spesa del Ministero della cultura. Il credito d’imposta massimo onnicomprensivo riferibile al compenso attribuito al singolo soggetto in qualità di regista, sceneggiatore, attore e altra figura professionale indicata nei medesimi decreti non può eccedere l’importo massimo previsto dall’articolo 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, sulla base delle ulteriori disposizioni applicative contenute nei medesimi decreti.

5-bis. Il Ministro, tenuto conto dell'andamento del mercato nel settore del cinema e dell'audiovisivo, può adottare, nel limite delle risorse individuate con il decreto di cui all'articolo 13, comma 5, uno o più decreti ai sensi del comma 5 del presente articolo, anche in deroga alle percentuali previste per i crediti d'imposta di cui alla presente sezione e al limite massimo stabilito dal comma 1 del presente articolo.

5-bis. Identico.

5-ter. Ai soggetti incaricati della certificazione dei costi di cui al comma 5 che rilasciano certificazioni infedeli si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 euro a 50.000 euro per ciascuna certificazione infedele resa.

6. Le risorse stanziate per il finanziamento dei crediti d'imposta previsti nella presente sezione, laddove inutilizzate e nell'importo definito con decreto del Ministro, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono destinate al rifinanziamento del Fondo per il cinema e l'audiovisivo. A tal fine si applicano le disposizioni di cui all'articolo 24, comma 1, della legge 12 novembre 2011, n. 183.

 

6. Identico.

Art. 25
(Disposizioni di attuazione)

Art. 25
(Disposizioni di attuazione)

1. Con decreto del Ministro, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, acquisiti il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e il parere del Consiglio superiore, sono stabilite, nei limiti delle risorse a tal fine disponibili, le modalità applicative delle disposizioni contenute nella presente sezione e, in particolare, oltre a quanto già previsto nei precedenti articoli, sono definiti:

1. Identico.

a) i requisiti minimi che devono possedere le imprese cinematografiche e audiovisive, con particolare riferimento alla loro solidità patrimoniale e finanziaria, per accedere ai contributi automatici;

a) Identico.

b) i criteri di assegnazione dei contributi, i requisiti delle opere beneficiarie ed eventuali ulteriori specifiche e limitazioni, nonché le eventuali ulteriori categorie di opere di cui all'articolo 24, comma 2, lettera c);

b) Identico.

c) il termine massimo entro cui l'importo può essere utilizzato;

c) Identico.

d) i casi di decadenza ovvero di revoca;

d) Identico.

d-bis) i requisiti e le modalità di erogazione dei contributi di cui all'articolo 23, comma 1, secondo periodo.

d-bis) i requisiti e le modalità di erogazione dei contributi di cui all'articolo 23, comma 1, secondo periodo, le modalità di certificazione dei costi e le caratteristiche delle polizze assicurative che i soggetti incaricati della certificazione sono tenuti a stipulare.

2. Ai soggetti incaricati della certificazione dei costi di cui al comma 1, lettera d-bis), che rilasciano certificazioni infedeli si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 euro a 50.000 euro per ciascuna certificazione infedele resa.

3. Il decreto di cui al comma 1 può altresì prevedere, a carico dei richiedenti, il versamento in conto entrate al bilancio dello Stato di un contributo per le spese istruttorie. Le somme derivanti dal presente comma sono riassegnate ad apposito capitolo della Direzione generale cinema e audiovisivo dello stato di previsione della spesa del Ministero della cultura.

Art. 26
(Contributi selettivi)

Art. 26
(Contributi selettivi)

1. Il Ministero, a valere sul Fondo per il cinema e l'audiovisivo, concede contributi selettivi per la scrittura, lo sviluppo, la produzione e la distribuzione nazionale e internazionale di opere cinematografiche e audiovisive.

1. Identico.

2. I contributi di cui al comma 1 sono destinati, fatto salvo quanto previsto dal comma 3, prioritariamente alle opere cinematografiche e in particolare alle opere prime e seconde ovvero alle opere realizzate da giovani autori ovvero ai film difficili realizzati con modeste risorse finanziarie ovvero alle opere di particolare qualità artistica realizzate anche da imprese non titolari di una posizione contabile ai sensi dell'articolo 24 della presente legge nonché alle opere che siano sostenute e su cui convergano contributi di più aziende, siano esse più piccole o micro aziende inserite in una rete d'impresa o più aziende medie convergenti temporaneamente, anche una tantum, per la realizzazione dell'opera. I contributi sono attribuiti in relazione alla qualità artistica o al valore culturale dell'opera o del progetto da realizzare, in base alla valutazione di quindici esperti individuati secondo le modalità stabilite con il decreto di cui al comma 4 tra personalità di chiara fama anche internazionale e di comprovata qualificazione professionale nel settore. Detti esperti non hanno titolo a compensi, gettoni, indennità comunque denominate, salvo il rimborso, ai sensi della normativa vigente, delle spese documentate effettivamente sostenute. I contributi per la scrittura sono assegnati direttamente agli autori del progetto, secondo le modalità stabilite con il decreto di cui al comma 4.

2. I contributi di cui al comma 1 sono destinati, fatto salvo quanto previsto dal comma 3, prioritariamente alle opere cinematografiche e in particolare alle opere prime e seconde ovvero alle opere realizzate da giovani autori ovvero ai film di particolare qualità artistica realizzate anche da imprese non titolari di una posizione contabile ai sensi dell'articolo 24 della presente legge nonché alle opere che siano sostenute e su cui convergano contributi di più aziende, siano esse più piccole o micro aziende inserite in una rete d'impresa o più aziende medie convergenti temporaneamente, anche una tantum, per la realizzazione dell'opera. I contributi sono attribuiti in relazione alla qualità artistica o al valore culturale dell'opera o del progetto da realizzare, in base alla valutazione di una Commissione composta da esperti nominati dal Ministro tra personalità di comprovata qualificazione professionale nel settore. Con decreto del Ministro si provvede, altresì, a disciplinare le modalità di costituzione e di funzionamento della Commissione, il numero dei componenti e, tenuto conto della professionalità e dell’impegno richiesto, la misura delle indennità loro spettanti ai fini del rispetto del limite di spesa di cui al comma 2-bis. I contributi per la scrittura sono assegnati direttamente agli autori del progetto, secondo le modalità stabilite con il decreto di cui al comma 4.

2-bis. Per le finalità di cui al comma 2, è autorizzata una spesa nel limite di 500.000 euro annui a decorrere dall’anno 2024.

3. Il Ministero concede altresì contributi selettivi alle imprese operanti nel settore dell'esercizio cinematografico e alle imprese cinematografiche e audiovisive appartenenti a determinate categorie.
Le imprese beneficiarie sono individuate prioritariamente tra quelle di nuova costituzione, tra le start-up e tra quelle che abbiano i requisiti delle micro imprese ai sensi della normativa europea in materia di aiuti di Stato, con particolare riferimento alle piccole sale cinematografiche ubicate nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti. Le finalità, le modalità, i requisiti soggettivi ed oggettivi, i limiti e le ulteriori disposizioni attuative sono definiti nel decreto cui al comma 4.

3. Identico.

4. Con decreto del Ministro, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, acquisiti i pareri della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e del Consiglio superiore, sono definite le modalità applicative del presente articolo e in particolare possono essere previsti ulteriori contributi selettivi per la scrittura e lo sviluppo di opere audiovisive, nei limiti delle risorse disponibili, con le modalità e nei limiti definiti dal medesimo decreto; il decreto definisce inoltre i meccanismi e le modalità per le eventuali restituzioni al Fondo per il cinema e l'audiovisivo dei contributi assegnati, ovvero il loro addebito alla posizione contabile dell'impresa, istituita ai sensi dell'articolo 24, e i casi di revoca e di decadenza.

4. Con decreto del Ministro, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, acquisiti i pareri della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e del Consiglio superiore, sono definite le modalità applicative del presente articolo e in particolare possono essere previsti ulteriori contributi selettivi per la scrittura e lo sviluppo di opere audiovisive, nei limiti delle risorse disponibili, con le modalità e nei limiti definiti dal medesimo decreto; nonché le ulteriori disposizioni applicative della presente sezione, fra cui i requisiti anche soggettivi dei beneficiari, le modalità di certificazione dei costi e le caratteristiche delle polizze assicurative che i soggetti incaricati della certificazione sono tenuti a stipulare. Il decreto definisce inoltre i meccanismi e le modalità per le eventuali restituzioni al Fondo per il cinema e l'audiovisivo dei contributi assegnati, ovvero il loro addebito alla posizione contabile dell'impresa, istituita ai sensi dell'articolo 24, e i casi di revoca e di decadenza.

5. Ai soggetti incaricati della certificazione dei costi di cui al comma 4 che rilasciano certificazioni infedeli si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 euro a 50.000 euro per ciascuna certificazione infedele resa.

6. Il decreto di cui al comma 4 può altresì prevedere, a carico dei richiedenti, il versamento in conto entrate al bilancio dello Stato di un contributo per le spese istruttorie. Le somme derivanti dal presente comma sono riassegnate ad apposito capitolo della Direzione generale cinema e audiovisivo dello stato di previsione della spesa del Ministero della cultura.

Art. 27
(Contributi alle attività e alle iniziative di promozione cinematografica e audiovisiva)

Art. 27
(Contributi alle attività e alle iniziative di promozione cinematografica e audiovisiva)

1. Il Ministero, a valere sul Fondo per il cinema e l'audiovisivo, realizza ovvero concede contributi per il finanziamento di iniziative e manifestazioni finalizzate a:

1. Identico.

a) favorire lo sviluppo della cultura cinematografica e audiovisiva in Italia;

a) Identico.

b) promuovere le attività di internazionalizzazione del settore;

b) Identico.

c) promuovere, anche a fini turistici, l'immagine dell'Italia attraverso il cinema e l'audiovisivo;

c) Identico.

d) sostenere la realizzazione di festival, rassegne e premi di rilevanza nazionale ed internazionale;

d) Identico.

e) promuovere le attività di conservazione, restauro e fruizione del patrimonio cinematografico e audiovisivo, anche con riguardo alle attività svolte dalle cineteche di cui all'articolo 7;

e) Identico.

f) sostenere la programmazione di film d'essai ovvero di ricerca e sperimentazione;

f) Identico.

g) sostenere, secondo le modalità fissate con il decreto di cui al comma 4 del presente articolo, l'attività di diffusione della cultura cinematografica svolta dalle associazioni nazionali di cultura cinematografica, dalle sale delle comunità ecclesiali e religiose nell'ambito dell'esercizio cinematografico, intese come le sale cinematografiche di cui sia proprietario o titolare di un diritto reale di godimento sull'immobile il legale rappresentante di istituzioni o enti ecclesiali o religiosi dipendenti dall'autorità ecclesiale o religiosa competente in campo nazionale e riconosciuti dallo Stato, nonché dai circoli di cultura cinematografica, intesi come associazioni senza scopo di lucro, costituite anche con atto privato registrato, che svolgono attività di cultura cinematografica;

g) Identico.

h) sostenere ulteriori attività finalizzate allo sviluppo del cinema e dell'audiovisivo sul piano artistico, culturale, tecnico ed economico ovvero finalizzate alla crescita economica, culturale, civile, all'integrazione sociale e alle relazioni interculturali mediante l'utilizzo del cinema e dell'audiovisivo, anche attraverso le proprie strutture e anche in accordo e in collaborazione con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con il Ministero dello sviluppo economico, con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e con altri soggetti pubblici e privati, nonché per la realizzazione di indagini, studi, ricerche e valutazioni di impatto economico, industriale e occupazionale delle misure di cui alla presente legge, ovvero di supporto alle politiche pubbliche nel settore cinematografico e audiovisivo;

h) Identico.

i) sostenere, di concerto con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per un importo complessivo pari ad almeno il 3 per cento della dotazione del Fondo per il cinema e l'audiovisivo, aggiuntivo rispetto al limite previsto, ai sensi dell'articolo 13, comma 5, per i contributi di cui all'articolo 26 e al presente articolo, il potenziamento delle competenze nel cinema, nelle tecniche e nei media di produzione e di diffusione delle immagini e dei suoni, nonché l'alfabetizzazione all'arte, alle tecniche e ai media di produzione e diffusione delle immagini, ai sensi dell'articolo 1, comma 7, lettere c) e f), della legge 13 luglio 2015, n. 107.

i) Identico.

2. Le richieste di contributo possono essere presentate da enti pubblici e privati, università ed enti di ricerca, istituti dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, fondazioni, comitati ed associazioni culturali e di categoria, anche in forma confederale.

2. Identico.

2-bis. I contributi di cui al comma 1 sono attribuiti dagli esperti di cui all'articolo 26, comma 2, in relazione alla qualità artistica, al valore culturale e all'impatto economico del progetto.

2-bis. I contributi di cui al comma 1 sono attribuiti dagli esperti di cui all'articolo 26, comma 2, in relazione alla qualità artistica, al valore culturale e all'impatto economico del progetto da una Commissione composta da esperti nominati dal Ministro tra personalità di comprovata qualificazione professionale nel settore. Con decreto del Ministro si provvede, altresì, a disciplinare le modalità di costituzione e di funzionamento della Commissione, il numero dei componenti e, tenuto conto della professionalità e dell’impegno richiesto, la misura delle indennità loro spettanti ai fini del rispetto del limite di spesa di cui al comma 2-ter.

 

2-ter. Per le finalità di cui al comma 2-bis, è autorizzata una spesa nel limite di 200.000 euro annui a decorrere dall’anno 2024.

3. A valere sul Fondo per il cinema e l'audiovisivo, il Ministero provvede altresì:

3. Identico.

a) alle finalità di cui all'articolo 14, comma 10, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, inerente le risorse da assegnare all'Istituto Luce-Cinecittà srl per la realizzazione del programma di attività e il funzionamento della società e del Museo italiano dell'audiovisivo e del cinema (MIAC);

a) Identico.

b) alle finalità di cui all'articolo 19, comma 1-quater, del decreto legislativo 29 gennaio 1998, n. 19, e successive modificazioni, inerente i contributi che il Ministero assegna per lo svolgimento delle attività istituzionali della Fondazione «La Biennale di Venezia» nel campo del cinema;

b) Identico.

c) alle finalità di cui all'articolo 9, comma 1, lettera b), e comma 1-bis, del decreto legislativo 18 novembre 1997, n. 426, e successive modificazioni, inerenti i contributi che il Ministero assegna alla Fondazione Centro sperimentale di cinematografia per lo svolgimento dell'attività istituzionale;

c) Identico.

d) al sostegno delle attività del Museo nazionale del cinema Fondazione Maria Adriana Prolo-Archivi di fotografia, cinema ed immagine, della Fondazione Cineteca di Bologna, della Fondazione Cineteca italiana di Milano e della Cineteca del Friuli di Gemona del Friuli.

d) Identico.

4. Con decreto del Ministro, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, acquisiti i pareri della Conferenza unificata e del Consiglio superiore, sono individuate le specifiche tipologie di attività ammesse, sono definiti i criteri e le modalità per la concessione dei contributi e sono ripartite le risorse disponibili fra le varie finalità indicate nel presente articolo.

4. Con decreto del Ministro, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, acquisiti i pareri della Conferenza unificata e del Consiglio superiore, sono individuate le specifiche tipologie di attività ammesse, sono definiti i criteri e le modalità per la concessione dei contributi e sono ripartite le risorse disponibili fra le varie finalità indicate nel presente articolo. Con il medesimo decreto sono altresì stabilite le ulteriori disposizioni applicative della presente sezione, fra cui i requisiti anche soggettivi dei beneficiari, le modalità di certificazione dei costi e le caratteristiche delle polizze assicurative che tali soggetti incaricati della certificazione sono tenuti a stipulare.

5. Ai soggetti incaricati della certificazione dei costi di cui al comma 4 che rilasciano certificazioni infedeli si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 euro a 50.000 euro per ciascuna certificazione infedele resa.

6. Il decreto di cui al comma 4 può altresì prevedere, a carico dei richiedenti, il versamento in conto entrate al bilancio dello Stato di un contributo per le spese istruttorie. Le somme derivanti dal presente comma sono riassegnate ad apposito capitolo della Direzione generale cinema e audiovisivo dello stato di previsione della spesa del Ministero della cultura.

 

 

Il Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell'audiovisivo è stato istituito dalla L. 220/2016 (art. 13) che, in particolare, ha stabilito che esso è alimentato, a regime, con gli introiti erariali derivanti dalle attività del settore. La norma istitutiva aveva stabilito che l'importo minimo del finanziamento attraverso gli introiti erariali non poteva essere inferiore a € 400 mln annui. 

La L. di bilancio 2021 (L. 178/2020: art. 1, comma 583, lett. a)), ha poi previsto che l'importo minimo del finanziamento attraverso gli introiti erariali non potesse essere inferiore a € 640 mln annui.

Successivamente, la L. di bilancio 2022 (L. 234/2021: art. 1, comma 348) ha stabilito un incremento di tali risorse a € 750 mln annui dal 2022.

Da ultimo, l’art. 88, comma 13, del presente disegno di legge di bilancio 2024 ridetermina in € 700 mln annui (a decorrere dal 2024), tale importo minimo di finanziamento attraverso gli introiti erariali, con una riduzione quindi di € 50 mln annui.

Il Fondo è allocato sul cap. 8599 dello stato di previsione del Ministero della cultura. Nella ripartizione in capitoli del bilancio dello Stato dell'anno 2023 in tale capitolo sono presenti risorse per 583.565.000 euro, sia in conto competenza sia in conto cassa, per ciascun anno del triennio 2023-2025. Al riguardo, si ricorda che la relazione tecnica all'A.S. 2287 della XVII legislatura (da cui poi la L. 220/2016) precisava che sarebbero rimasti allocati nello stato di previsione del MEF gli stanziamenti relativi al finanziamento dei seguenti crediti d'imposta (per i quali la stessa L. 220/2016 ha dettato una nuova disciplina):

§  art. 1, commi 325-337, della L. 244/2007 (commi abrogati dall'art. 1, comma 331, lett. f), della L. 208/2015 e dall' art. 39 della stessa L. 220/2016), pari a € 140 mln annui a decorrere dal 2016 (cap. 7765 del MEF);

§  art. 20 del d.lgs. 60/1999 (abrogato dall'art. 39 della stessa L. 220/2016), pari ad € 26,435 mln per il 2017, € 26,014 mln per il 2018 ed € 26,435 mln annui a decorrere dal 2019 (cap. 3872 del MEF).

Nel dettaglio, l'art. 13 della legge n. 220 del 2016 prevede, al comma 1, che, a decorrere dall'anno 2017, sia istituito il Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell'audiovisivo (o «Fondo per il cinema e l'audiovisivo»). Ai sensi del comma 2 del medesimo art. 13, il Fondo è destinato al finanziamento degli interventi previsti dalle sezioni II (incentivi fiscali, di cui agli articoli 15-22 della legge), III (contributi automatici, di cui agli articoli 23-25), IV (contributi selettivi di cui all'art. 26) e V (contributi alle attività di promozione cinematografica e audiovisiva, di cui all'art. 27) del capo IV della legge 220/2016, nonché del Piano straordinario per il potenziamento del circuito delle sale cinematografiche e polifunzionali (finanziato per il periodo 2017-2021) e del Piano straordinario per la digitalizzazione del patrimonio cinematografico e audiovisivo (finanziato per il periodo 2017-2019), di cui rispettivamente agli articoli 28 e 29. Il complessivo livello di finanziamento dei predetti interventi è parametrato annualmente all'11 per cento delle entrate effettivamente incassate dal bilancio dello Stato, registrate nell'anno precedente, e comunque in misura non inferiore a 750 milioni di euro annui, derivanti dal versamento delle imposte ai fini IRES e IVA, nei seguenti settori di attività: distribuzione cinematografica di video e di programmi televisivi, proiezione cinematografica, programmazioni e trasmissioni televisive, erogazione di servizi di accesso a internet, telecomunicazioni fisse, telecomunicazioni mobili. Prevede inoltre, al comma 4, che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro (della cultura), di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabilite le modalità di gestione del Fondo per il cinema e l'audiovisivo e le quote ulteriori rispetto alle somme di cui all'art. 39, comma 2, da destinare agli interventi di cui alla sezione II del capo IV (incentivi fiscali), da trasferire al programma «Interventi di sostegno tramite il sistema della fiscalità» della missione «Competitività e sviluppo delle imprese» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. In attuazione di quanto precedentemente disposto è stato adottato il D.P.C.M. 20 maggio 2017. Ai sensi del comma 5, con decreto del Ministro della cultura, sentito il Consiglio superiore del cinema e dell'audiovisivo, si provvede al riparto del Fondo per il cinema e l'audiovisivo fra le tipologie di contributi previsti dalla legge, fermo restando che l'importo complessivo per i contributi di cui agli articoli 26 e 27, comma 1, non può essere inferiore al 10 per cento e superiore al 15 per cento del Fondo medesimo. Ai sensi del comma 6, infine, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, su proposta del Ministro, con propri decreti, previa verifica della neutralità sui saldi di finanza pubblica, variazioni compensative in termini di residui, competenza e cassa tra gli stanziamenti iscritti in bilancio ai sensi del presente capo negli stati di previsione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e del Ministero dell'economia e delle finanze. Detti decreti sono trasmessi alle Commissioni parlamentari competenti.

Con riferimento ai requisiti per accedere ai benefici, ai sensi dell'art. 14, è rimasta ferma la necessità - fatta eccezione per gli incentivi fiscali finalizzati ad attrarre in Italia investimenti nel settore - del riconoscimento della nazionalità italiana. L'ammissione al beneficio, in ogni caso, non può essere accordata, fra le altre, a opere audiovisive a carattere pornografico o che incitano alla violenza o all'odio razziale, pubblicità televisive, spot pubblicitari, televendite e telepromozioni, opere audiovisive prodotte esclusivamente a fini commerciali o promozionali, giochi, spettacoli di varietà, quiz e talk show, programmi televisivi.

Inoltre, è necessario che l'impresa di produzione, ultimata l'opera, ne depositi una copia, anche digitale, presso la Cineteca nazionale.

A) Con riferimento alle tipologie di intervento finanziate con le risorse del Fondo, la prima è costituita dagli incentivi fiscali.

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che la L. 220/2016 ha ridisegnato (artt. 15-22) la disciplina del credito di imposta, di cui possono beneficiare le imprese di produzione, distribuzione, post-produzione, esercizio cinematografico, le industrie tecniche, le imprese italiane che lavorano per produzioni straniere, le imprese esterne al settore che investono nel cinema italiano. In linea generale, le aliquote sono state rese modulabili e, in alcuni casi, ne è stato elevato l'ammontare rispetto al quadro previgente.

Inoltre, il D.L. 34/2020 (L. 77/2020: art. 183, comma 7), al fine di tenere conto delle difficoltà conseguenti all'emergenza sanitaria da COVID-19, ha introdotto, per il 2020, la possibilità di prevedere una maggiore flessibilità nella ripartizione delle risorse destinate ai crediti di imposta per il cinema e l'audiovisivo, anche in deroga alle percentuali previste a regime.

Le previsioni recate dal D.L. 34/2020 (L. 77/2020: art. 183, comma 7) sono poi state stabilizzate dalla L. di bilancio 2021 (L. 178/2020: art. 1, comma 583, lett. e)).

Successivamente, peraltro, il D.L. 183/2020 (art. 7, comma 4) ha prorogato (dal 31 dicembre 2020) al 31 gennaio 2021 l'efficacia delle misure recate dal citato D.I. 312 dell'8 luglio 2020.

La stessa la L. di bilancio 2021 (L. 178/2020: art. 1, commi 583 e 584) ha anche innalzato le aliquote massime del credito di imposta riconosciuto a imprese di produzione, imprese di distribuzione e imprese italiane di produzione esecutiva e di post-produzione.

In particolare, per le imprese di produzione cinematografia e audiovisiva (art. 15, L. 220/2016) ha elevato (dal 30%) al 40%:

§  l'aliquota massima del credito di imposta;

§  l'aliquota del credito di imposta comunque riconosciuto per le opere cinematografiche;

§  l'aliquota del credito di imposta che può essere prevista in via prioritaria per determinate categorie di opere audiovisive. In tale contesto, ha anche stabilito che rientrano in tale categoria le opere audiovisive in cui il produttore indipendente mantiene la titolarità dei diritti in misura non inferiore al 40% (e non più in misura non inferiore al 30%).

Relativamente alle imprese di distribuzione cinematografica e audiovisiva (art. 16 L. 220/2016), ha elevato in maniera generalizzata (dal 30%) al 40% l'aliquota massima del credito di imposta. Conseguentemente, ha soppresso la previsione di riconoscimento dell'aliquota del 40% in casi particolari.

Con riguardo al credito d'imposta finalizzato all'attrazione in Italia di investimenti cinematografici e audiovisivi da produzioni estere (art. 19, L. 220/2016), la medesima legge di bilancio 2021 ha elevato (dal 30%) al 40% l'aliquota massima del credito di imposta riconosciuto alle imprese italiane di produzione esecutiva e di post-produzione, in relazione a opere cinematografiche e audiovisive o a parti di esse realizzate sul territorio nazionale, su commissione di produzioni estere (art. 1, comma 583, lettera d)). 

Successivamente, il decreto-legge n. 50 del 2022 (legge n. 91 del 2022), all'art. 23, ha elevato al 40 per cento (per gli anni 2022 e 2023) la misura massima del credito d'imposta riconosciuto alle sale cinematografiche per i costi di funzionamento delle sale stesse se riferiti a grandi imprese, o del 60 per cento dei medesimi costi, se eseguiti da piccole o medie imprese. Si riconosce, inoltre, alle piccole e medie imprese un credito di imposta in misura non superiore al 60 per cento (rispetto al 40 per cento per cento previsto a regime) delle spese complessivamente sostenute per la realizzazione di nuove sale o il ripristino di sale inattive, per la ristrutturazione e l'adeguamento strutturale e tecnologico delle sale stesse. Si prevedono, poi, misure volte a favorire campagne promozionali e iniziative tese a incentivare la fruizione in sala delle opere audiovisive. A tale scopo, si autorizza, per l'anno 2022, la spesa di euro 10 milioni di euro. Il medesimo art. 23 del d.l. 50/2022, infine, reca misure tese a rilanciare il sistema musicale italiano. Nello specifico, eleva da 800.000 euro a 1.200.000 euro, nei tre anni d'imposta, l'importo massimo del credito di imposta riconosciuto alle imprese produttrici di fonogrammi e di videogrammi musicali (di cui all'art. 78 della legge n. 633 del 1941) e alle imprese organizzatrici e produttrici di spettacoli di musica dal vivo dall'art. 7, comma 1, del decreto-legge n. 91 del 2013 (legge n. 112 del 2013) (cd. "decreto valore cultura").

Inoltre, il decreto-legge n. 176 del 2022 (cosiddetto Aiuti-quater), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 6 del 2023, interviene sulla disciplina della cessione dei tax credit nel settore cinematografico, al fine di introdurre limiti alla responsabilità dei cessionari e prevedere che essi rispondano solo per l'eventuale utilizzo del credito d'imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito d'imposta ricevuto. Si prevede, inoltre, che il recupero dell'importo corrispondente al credito d'imposta indebitamente utilizzato venga effettuato nei confronti del soggetto beneficiario, ferma restando, nel solo caso di concorso nella violazione, l'applicazione della disciplina del concorso di persone con riferimento alle sanzioni tributarie e la responsabilità solidale del cessionario. Ciò avviene novellando l'art. 21, comma 4 della legge sul cinema e sull'audiovisivo (legge n. 220 del 2016), norma che disciplina il regime di cedibilità dei crediti di imposta nel settore cinematografico (art. 11-bis).

B) Una seconda tipologia di intervento finanziata a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell'audiovisivo (artt. 23-25, L. 220/2016) è costituita dagli incentivi automatici. In particolare, l'importo complessivo dei contributi automatici spettante a ogni impresa è determinato sulla base di parametri oggettivi, relativi alle opere cinematografiche o audiovisive precedentemente prodotte o distribuite dalla stessa impresa. Possono essere introdotti meccanismi premianti rispetto ai risultati ottenuti da particolari tipologie di opere – fra le quali opere prime e seconde, documentari, opere di animazione – ovvero in determinati canali distributivi e in determinati periodi dell'anno, con particolare riferimento ai mesi estivi, ovvero su mercati particolari.

C) La terza tipologia di intervento finanziata a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell'audiovisivo (art. 27, L. 220/2016, come modificato dall'art. 1, co. 818, della L. 145/2018 e dall'art. 3, co. 4, del D.L. 59/2019 - L. 81/2019) è costituita è costituita contributi selettivi attribuiti, sulla base della valutazione di 15 esperti, in relazione alla qualità artistica o al valore culturale dell'opera o del progetto da realizzare e destinati prioritariamente alle opere cinematografiche e, in particolare, a opere prime e seconde, opere realizzate da giovani autori, film difficili realizzati con modeste risorse finanziarie, opere di particolare qualità artistica, nonché opere sostenute da contributi provenienti da più aziende. Ulteriori contributi selettivi sono attribuiti alle imprese operanti nel settore dell'esercizio cinematografico, a quelle di nuova costituzione, alle start-up, e a quelle che abbiano i requisiti delle microimprese, con particolare riferimento alle piccole sale cinematografiche ubicate nei comuni aventi meno di 15.000 abitanti.

D) La quarta tipologia di intervento è costituita – sempre in base alla L. 220/2016 (art. 27) - come modificata dalla L. 145/2018 (art. 1, comma 818) e dal D.L. 59/2019 (L. 81/2019: art. 3, comma 4) - dai contributi per attività e iniziative di promozione cinematografica e audiovisiva. In questo ambito, un importo pari ad almeno il 3% del Fondo deve essere destinato al potenziamento nelle scuole dell'offerta formativa relativa a cinema, tecniche e media di produzione, diffusione delle immagini e dei suoni, alfabetizzazione all'arte.

Le modalità di gestione del Fondo sono state definite con DPCM 20 maggio 2017, mentre il riparto dello stesso fra le diverse tipologie di contributi è stato effettuato con successivi decreti ministeriali.

In particolare, per quanto concerne il 2023, le risorse del Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e audiovisivo ammontano a 746.034.750 euro, come stabilito dal D.M. n. 112 del 2023 (qui il comunicato del MIC).

Nello specifico, agli incentivi fiscali di cui agli articoli da 15 a 20 della legge 220 del 2016 sono destinati 541 milioni di euro, così ripartiti:

§  304 milioni di euro alle imprese di produzione di cui:

o  100 milioni per la produzione di opere cinematografiche;

o  180 milioni per la produzione di opere televisive e opere web;

o  12 milioni per la produzione di opere audiovisive di ricerca e formazione;

o  12 milioni per la produzione di opere audiovisive a contenuto videoludico);

§  38 milioni di euro per le imprese di distribuzione;

§  25 milioni di euro per le imprese dell'esercizio cinematografico;

§  12 milioni di euro per le industrie tecniche e della post-produzione;

§  114 milioni di euro per il potenziamento dell'offerta cinematografiche;

§  48 milioni di euro per l'attrazione in Italia di investimenti cinematografici e audiovisivi.

40 milioni di euro destinati ai contributi automatici.

Ai contributi automatici di cui agli articoli 23-25 della medesima legge sono stati destinati 40 milioni di euro. Riguardano lo sviluppo, la produzione e la distribuzione delle opere cinematografiche e audiovisive e le modalità di erogazione del sostegno automatico alle imprese cinematografiche e audiovisive.

46,7 milioni di euro finanzieranno i contributi selettivi.

Ai contributi selettivi di cui all'art. 26 della legge 220/2016 sono destinati 46,7 milioni di euro, così ripartiti:

§  1,2 milioni di euro per scrittura di sceneggiature di opere cinematografiche, televisive e web

§  3 milioni di euro per sviluppo e pre-produzione di film e opere audiovisive

§  21 milioni di euro produzione di opere audiovisive che finanzieranno

o  6 milioni di euro opere cinematografiche di giovani autori;

o  6,9 milioni di euro opere cinematografiche prime e seconde;

o  3,3 milioni di euro documentari e cortometraggi;

o  4,8 milioni di euro opere d'animazione;

§  19,5 milioni di euro opere cinematografiche difficili, con modeste risorse finanziarie e opere cinematografiche di particolare qualità artistica;

§  2 milioni di euro distribuzione internazionale di opere cinematografiche e televisive.

Le attività e iniziative di promozione cinematografica ed audiovisiva di cui all'art. 27 della medesima legge vengono finanziate, nel 2023, con 96 milioni di euro, con i seguenti obiettivi:

§  3,1 milioni di euro per lo sviluppo della cultura cinematografica e audiovisiva in Italia, promozione delle attività di internazionalizzazione del settore, promozione, anche a fini turistici, dell'immagine dell'Italia attraverso il cinema e l'audiovisivo;

§  12,9 milioni di euro per i progetti speciali;

§  7 milioni di euro per la realizzazione di festival, rassegne e premi di rilevanza nazionale e internazionale;

§  1,5 milioni di euro per attività di acquisizione, conservazione, catalogazione, restauro, studio, ricerca, fruizione e valorizzazione del patrimonio cinematografico e audiovisivo;

§  7 milioni di euro per il sostegno alla programmazione di film di essai o ricerca e sperimentazione;

§  800 mila euro attività di diffusione della cultura cinematografica svolte dai circoli di cultura cinematografica alle associazioni nazionali di cultura cinematografica e dalle sale della comunità nell'ambito dell'esercizio cinematografico.

Per un approfondimento sul sistema dei finanziamenti per il settore del cinema e dell’audiovisivo a seguito dell’approvazione della legge n. 220 del 2016, si rinvia all’apposito tema web del Portale della documentazione della Camera dei deputati.

 

 


Articolo 15
(
Misure per l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato)

 

 

L’articolo 15 autorizza l’Istituto poligrafico e Zecca dello Stato a coniare monete di taglio speciale destinate ai collezionisti, lo designa come soggetto deputato alla realizzazione, alla personalizzazione e alla gestione anche del formato digitale dei prodotti considerati carte valore e prevede la possibilità di avvalersi del medesimo istituto per l’attuazione delle attività e delle misure della Strategia Nazionale di Cybersicurezza.

 

A questo scopo il comma 1 sostituisce il primo periodo dell’articolo 87, comma 5, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003) al fine di autorizzare la coniazione e l’emissione di monete per collezionisti aventi corso legale solo in Italia nei tagli da 0,25, 0,75, 1,5, 3, 4, 5, 6, 10, 20, 25, 50, 100, 200, 500 e 1.000 euro.

 

Il testo vigente consentiva la coniazione e l’emissione di monete esclusivamente di 5, 10, 20 e 50 euro.

 

Il comma 2 modifica l’articolo 2, della legge 13 luglio 1966, n. 559, aggiungendo al citato articolo un comma 10-ter, che dispone che l’istituto poligrafico e Zecca dello Stato è il soggetto designato alla realizzazione, personalizzazione e gestione anche del formato digitale dei prodotti considerati carte valore ai sensi del comma 10-bis) dello stesso articolo e dei documenti fisici la cui produzione è affidata allo stesso.

 

Si ricorda che il comma 10-bis dell’articolo 2 definisce, ferme restando le specifiche disposizioni legislative in materia, carte valori i prodotti, individuati con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, aventi almeno uno dei seguenti requisiti: sono destinati ad attestare il rilascio, da parte dello Stato o di altre pubbliche amministrazioni, di autorizzazioni, certificazioni, abilitazioni, documenti di identità e riconoscimento, ricevute di introiti, ovvero ad assumere un valore fiduciario e di tutela della fede pubblica in seguito alla loro emissione o alle scritturazioni su di essi effettuate; sono realizzati con tecniche di sicurezza o con impiego di carte filigranate o similari o di altri materiali di sicurezza ovvero con elementi o sistemi magnetici ed elettronici in grado, unitamente alle relative infrastrutture, di assicurare un’idonea protezione dalle contraffazioni e dalle falsificazioni.

 

Il comma 3 dispone l’autorizzazione di spesa per gli interventi di cui al comma 2 nonché al fine di sostenere e promuovere lo sviluppo e la realizzazione di sistemi di tracciabilità delle carte valori, per un importo di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026.

Il comma 4 dispone infine che l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale può avvalersi del supporto dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A, per l’attuazione delle attività e delle misure della Strategia Nazionale di Cybersicurezza.


Articolo 16
(Modifiche al regime fiscale delle plusvalenze da partecipazioni qualificate realizzate da società ed enti non residenti)

 

 

L’articolo 16 estende la disciplina della cosiddetta participation exemption, - ovvero la normativa che dispone la parziale esenzione fiscale delle plusvalenze – anche ai soggetti non residenti, in presenza di specifiche condizioni e in particolare purché risiedano in Stati membri del’UE o in Stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE).

 

L’articolo 87 TUIR disciplina la cosiddetta participation exemption, che prevede l’esclusione parziale dalla base imponibile di plusvalenze relative alle cessioni di partecipazioni che presentano determinati requisiti. La ratio dell’istituto è quella di evitare la duplicazione di tassazione del reddito societario in capo alla società e in capo al partecipante, laddove le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni societarie emergano, in sostanza, al momento della produzione degli utili. Ai sensi dell’articolo 86 del Tuir, ai fini della participation exemption, la plusvalenza è data dalla differenza tra il corrispettivo, al netto degli oneri di diretta imputazione, e il costo non ammortizzato, da intendersi quale costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione.

Introdotto come istituto per armonizzare il sistema fiscale nazionale a quello europeo, il regime della participation exemption (PEX) trova rispondenza anche in alcuni principi di coerenza giuridica ed economica: in particolare, persegue la finalità di eliminare la doppia tassazione economica dei dividendi e di assicurare la simmetria di trattamento fiscale tra plusvalenze e minusvalenze realizzate in occasione del trasferimento delle partecipazioni in linea con quanto previsto in ambito europeo.

Il regime PEX si applica ai soggetti Ires e Irpef che esercitano attività di impresa (imprese individuali, società commerciali di persone ed enti non commerciali). Sono quindi escluse le società semplici, gli enti ad esse equiparati, gli investitori istituzionali e le persone fisiche. In sostanza, le plusvalenze generate in tale regime concorrono alla formazione del reddito imponibile del soggetto Ires nella misura del 5%. Le minusvalenze generate da azioni in regime PEX non rilevano ai fini Ires, anche nel caso di chiusura della società partecipata, cioè quando le sue quote sono eliminate dall’attivo del bilancio della partecipante con la cancellazione della società dal registro delle imprese.

La misura dell’esenzione dipende dal soggetto che detiene la partecipazione in regime di impresa:

-      per i soggetti passivi Ires è prevista l’esenzione del 95% della plusvalenza;

-      per i soggetti passivi Irpef è esente il 41,86% della plusvalenza.

 

La norma in esame apporta una modifica all’articolo 68 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR di cui al D.P.R. n. 917 del 1986.

Si ricorda al riguardo che, in estrema sintesi, l’articolo 67 del TUIR disciplina il trattamento fiscale dei cd. redditi diversi, ovvero una categoria di redditi eterogenei e individuati dal legislatore in via residuale: essi sono tassativamente elencati dal TUIR e individuati in quanto non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente.

Tra tali redditi, in particolare, l’articolo 67, comma 1, lettera c) disciplina le plusvalenze (ovvero gli incrementi di reddito) realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate.

In sintesi, costituisce cessione di partecipazioni qualificate la cessione di azioni, diverse dalle azioni di risparmio, e di ogni altra partecipazione al capitale od al patrimonio delle società di persone (società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice) e delle società di capitali, nonché la cessione di diritti o titoli attraverso cui possono essere acquisite le predette partecipazioni, qualora le partecipazioni, i diritti o titoli ceduti rappresentino, complessivamente, una percentuale di diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria superiore al 2 o al 20 per cento, ovvero una partecipazione al capitale od al patrimonio superiore al 5 o al 25 per cento, secondo che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni. Sono assimilate a tali plusvalenze anche quelle realizzate mediante: cessione di strumenti finanziari (azioni, i titoli e gli strumenti finanziari emessi da società ed enti soggetti a Ires), la cui remunerazione è costituita totalmente dalla partecipazione ai risultati economici dell’emittente, di altre società del gruppo o dell’affare in relazione al quale i titoli e gli strumenti finanziari sono stati emessi; cessione dei contratti di associazione in partecipazione, a specifiche condizioni ex lege.

L’articolo 68 del TUIR individua le modalità di calcolo della base imponibile necessaria per determinare la tassazione delle plusvalenze, con disposizioni diverse secondo la tipologia di plusvalenza presa in considerazione (immobiliari, finanziarie etc).

 

La disposizione in esame introduce un comma 2-bis all’articolo 68 del TUIR.

Come chiarito dal Governo nella relazione illustrativa, destinatari della norma sono le società e dagli enti commerciali non residenti nel territorio dello Stato e privi di stabile organizzazione nel medesimo territorio, che siano residenti in uno Stato appartenente all’Unione europea o allo Spazio economico europeo che consente un adeguato scambio di informazioni e soggetti ad una imposta sul reddito delle società nello Stato di residenza.

Le norme introdotte si applicano infatti alle cessioni di partecipazioni qualificate aventi specifici requisiti (di cui alle lettere a), b), c) e d) del comma 1 dell’articolo 87 del TUIR), se effettuate da società ed enti commerciali residenti in uno Stato appartenente all’Unione europea o allo Spazio economico europeo (dunque non residenti in Italia) che consente un adeguato scambio di informazioni e siano ivi soggetti ad una imposta sul reddito delle società.

In particolare, la disciplina in esame si applica in caso di:

a) ininterrotto possesso per un anno (dal primo giorno del dodicesimo mese precedente quello dell’avvenuta cessione);

b) classificazione nella categoria delle immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso;

c) residenza fiscale o localizzazione dell’impresa o ente partecipato in Stati o territori diversi da quelli a regime fiscale privilegiato;

d) esercizio da parte della società partecipata di un’impresa commerciale.

 

In presenza di tali condizioni, ai sensi del nuovo comma 2-bis le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate (di cui alla lettera c) del comma 1 dell’articolo 67), purché diverse da quelle derivanti da partecipazioni qualificate in imprese aventi sede in Paesi o territori a regime fiscale privilegiato (di cui all’articolo 68, comma 4 TUIR), per il 5 per cento del loro ammontare, sono sommate algebricamente alla corrispondente quota delle relative minusvalenze.

Nel caso in cui le minusvalenze siano superiori alle plusvalenze, l’eccedenza è riportata in deduzione, fino a concorrenza del 5 per cento dell’ammontare delle plusvalenze dei periodi successivi, ma non oltre il quarto, a condizione che sia indicata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel quale le minusvalenze sono state realizzate.

 

Al riguardo, la relazione illustrativa chiarisce che - coerentemente con la predetta estensione, inoltre, al fine della determinazione della base imponibile, viene creata una massa distinta, nell’ambito dei redditi diversi, prevedendo che le minusvalenze conseguenti alla cessione a titolo oneroso delle partecipazioni che rientrano nell’ambito della norma sono deducibili esclusivamente dalle relative plusvalenze realizzate successivamente, e non con le altre plusvalenze di cui alla lettera c) del comma 1 dell’articolo 67 del TUIR.

 

La modifica normativa sembra trarre origine dagli orientamenti giurisprudenziali della Corte di Cassazione che, in alcune recenti sentenze, ha sancito che le plusvalenze realizzate da una società non residente, a seguito della cessione di una partecipazione in una società italiana, ove imponibili in Italia, hanno il medesimo trattamento fiscale di quello previsto per gli enti residenti che operino una stessa cessione (Cass. n. 27267/2023).

 

La Corte di Cassazione, nell’analizzare la questione, nella citata sentenza ha rammentato come la ratio della disciplina della esenzione della plusvalenza in regime di participation exemption –  PEX di cui all’art. 87 t.u.i.r. (Cass. 8/05/2019, n. 12138) origina dalla finalità con cui si è provveduto alla modifica della disciplina delle imposte dirette nel 2004.

Infatti, la riforma fiscale di cui alla legge delega n. 80 del 2003 è caratterizzata da un nuovo assetto dei rapporti tra fiscalità delle società e fiscalità dei soci che si basa sul criterio di tassazione del reddito al momento della "produzione" e non all’atto della sua "distribuzione". Pertanto, la disciplina della cessione delle partecipazioni è stata assimilata a quella dei dividendi societari, anche se a differenza dei primi, per i quali il beneficio è generalizzato, per le plusvalenze il beneficio (riconoscimento della pex. nella misura del 95 per cento) vale solo per le imprese "meritevoli", in presenza delle condizioni di cui all’art. 87 TUIR. Si è sottolineato, quindi, che è stata prevista l’irrilevanza reddituale dei dividendi distribuiti e l’esenzione delle plusvalenze realizzate in occasione della cessione delle partecipazioni, pur se in presenza di determinati e specifici requisiti. In tal modo sono parzialmente esclusi i dividendi distribuiti ai soci (nella misura del 95 per cento), così come sono considerate esenti le plusvalenze da cessioni di partecipazioni (nella misura del 95 per cento), con indeducibilità delle minusvalenze e dei relativi costi.

La Cassazione ha altresì rammentato che le finalità perseguite erano quelle di armonizzare il nostro sistema fiscale con quello degli altri Paesi membri dell’Unione Europea, eliminando lo svantaggio competitivo delle imprese residenti, ed anche quello di incentivare i trasferimenti di complessi aziendali con la cessione delle partecipazioni societarie, in alternativa alla cessione diretta. La presenza di tale ulteriore finalità non elide ovviamente la prima. La riforma, quindi, muove dall’intento di tassare il reddito esclusivamente presso il soggetto che lo ha realmente prodotto, con l’esclusione da imposizione dei dividendi, se non in minima percentuale, spostando il baricentro del prelievo dal socio all’impresa (dividendi) e dalla cedente alla partecipata ceduta, considerando fiscalmente neutre tutte le manifestazioni reddituali successive alla produzione di tali redditi. Pertanto, deve ritenersi che la ratio della disciplina che prevede l’esclusione da imposizione dei dividendi e quella della disciplina che prevede l’esenzione delle plusvalenze siano le medesime, e cioè la necessità di evitare una doppia imposizione economica del medesimo flusso reddituale.

La Corte ha rammentato come la Corte di giustizia UE, con la decisione 19/11/2009, C540/07 abbia evidenziato che l’articolo 58 (oggi 65) T.F.U.E. giustifichi la presenza di disposizioni tributarie che operino una distinzione tra i contribuenti che non si trovano nella medesima situazione per quanto concerne il luogo di residenza (par. 1) e che le disposizioni in tema di libertà di circolazione dei capitali non pregiudicano l’applicabilità di restrizioni in materia di diritto di stabilimento compatibili con i trattati (par. 2), purché le misure e le procedure non costituiscano un "mezzo di discriminazione arbitraria né una restrizione dissimulata dal libero movimento dei capitali" (par. 3), in sintesi dovendo escludersi una situazione di discriminazione ove il diverso trattamento sia accordato a situazioni non omologhe avendo riguardo all’obiettivo della norma controversa.

In astratto, la Corte nella citata sentenza ha già dichiarato che, riguardo ai provvedimenti adottati da uno Stato, che, a partire dal momento in cui uno Stato membro, in modo unilaterale o per via di accordi, assoggetta all’imposta sui redditi non soltanto gli azionisti residenti, ma anche gli azionisti non residenti, per i dividendi che essi percepiscono da una società residente, la situazione di tali azionisti non residenti si avvicina a quella degli azionisti residenti e che l’esercizio da parte di questo stesso Stato della sua competenza tributaria genera in quanto tale, indipendentemente da ogni imposizione in un altro Stato membro, un rischio di imposizione a catena o di doppia imposizione economica. In un caso siffatto, affinché le società beneficiarie non residenti non si trovino di fronte ad una limitazione della libera circolazione dei capitali vietata, in via di principio, dalle norme UE, lo Stato di residenza della società distributrice deve vigilare affinché in relazione alla procedura prevista dal suo diritto nazionale allo scopo di prevenire o attenuare l’imposizione a catena o la doppia imposizione economica, le società azioniste non residenti siano assoggettate ad un trattamento equivalente a quello di cui beneficiano le società azioniste residenti.

Infine la Cassazione rammenta che il legislatore italiano ha scelto di esercitare la sua competenza fiscale sulle plusvalenze realizzate da società stabilite in altri Stati membri e prive di stabile organizzazione in Italia e, in questo caso, i non residenti privi di stabile organizzazione beneficiari di tali plusvalenze si trovano, di conseguenza, in una situazione analoga a quella dei residenti per quanto riguarda il rischio di doppia imposizione economica.

Alla luce di tali considerazioni deve, peraltro, rilevarsi che l’assenza di una stabile organizzazione in Italia della società non residente (che, ai sensi dell’art. 152 TUIR, determina il diverso trattamento fiscale delle plusvalenze) non appare un elemento in grado di rilevare ai fini in esame e tale da giustificare il diverso trattamento dei redditi da plusvalenza. Del resto, sotto altro profilo, l’art. 49 TFUE prevede che le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono vietate e che tale divieto si estende altresì alle restrizioni relative all’apertura di agenzie, succursali o filiali, da parte dei cittadini di uno Stato membro stabiliti sul territorio di un altro Stato membro, principio evidentemente rilevante ove vengano in rilievo, come nel caso di specie, partecipazioni di controllo.

 

La lettera b) apporta le conseguenti modifiche di coordinamento al comma 5 dell’articolo 68, al fine di ricomprendere nel perimetro della norma anche le plusvalenze soggette a pex in quanto percepite da società non residenti.


Capo II
Misure per la lotta all’evasione

 

 

Articolo 17
(Misure di contrasto all’evasione nel settore del lavoro domestico)

 

 

L’articolo 17 dispone che l’Agenzia delle entrate e l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale realizzino la piena interoperatività delle rispettive banche dati per lo scambio e l’analisi dei dati al fine di contrastare l’evasione fiscale nel settore del lavoro domestico.

 

A questo scopo il comma 1 precisa che tale attività verrà realizzata d’intesa tra le due amministrazioni e anche attraverso l’utilizzo di tecnologie digitali avanzate.

 

Il comma 2 dispone che l’Agenzia delle entrate metta a disposizione del contribuente i dati e le informazioni acquisite ai sensi del comma 1 e li utilizzi altresì per la predisposizione della dichiarazione precompilata e per la segnalazione al medesimo contribuente di eventuali anomalie.

Tali possibilità sono dirette a favorire l’adempimento spontaneo delle obbligazioni in capo al contribuente.

Ai sensi del comma 3, inoltre l’Agenzia delle entrate e l’Istituto nazionale della previdenza sociale effettuano attività di analisi del rischio e controlli sui dati retributivi e contributivi, anche comunicati in fase di assunzione, e realizzano interventi volti alla corretta ricostruzione della posizione reddituale e contributiva dei lavoratori domestici, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

Si ricorda che in materia analisi del rischio il D.M. 28 giugno 2022 ha dato attuazione alle misure in materia di analisi del rischio prospettate dalla Relazione per orientare le azioni del Governo volte a ridurre l’evasione fiscale da omessa fatturazione pubblicata il 20 dicembre 2021, in attuazione del traguardo M1C1-101 del PNRR. L’Agenzia delle entrate con la Circolare 21/E del 20 giugno 2022, ha chiarito che l’analisi del rischio di evasione basata sui dati dell’Archivio dei rapporti, mediante l’elaborazione di nuove liste selettive per l’attività di controllo, che saranno rese disponibili mediante l’applicativo Ve.R.A. Gli elenchi elaborati a livello centrale, mediante specifici criteri di rischio basati sull’utilizzo integrato delle informazioni comunicate dagli operatori finanziari all’Archivio dei rapporti finanziari e degli altri elementi presenti in Anagrafe tributaria, permetteranno a ciascuna Direzione regionale e provinciale di indirizzare l’ordinaria attività di controllo nei confronti delle posizioni a più elevato rischio di evasione, previa autonoma valutazione della proficuità comparata. Sempre in tale ambito si ricorda che l’Agenzia delle entrate ha ottenuto il via libera dell’Unione europea al finanziamento del progetto A data driven approach to tax evasion risk analysis in Italy ideato e presentato dall’Agenzia stessa con la finalità di innovare i processi di valutazione del rischio di non-compliance.

In sintesi, gli specifici ambiti d’intervento del progetto sono:

§  network science. La rappresentazione dei dati sotto forma di reti permette di far emergere con maggiore facilità relazioni indirette e non evidenti tra soggetti (ad esempio relazioni tra società);

§  analisi visuale delle informazioni. L’adozione di interfacce innovative uomo-macchina (ad esempio modalità visuali fluide e intuitive di navigazione dei dati), consente di potenziare le capacità degli analisti;

§  intelligenza artificiale. L’ausilio di tecniche di apprendimento automatico (machine learning) accelera i processi decisionali, sempre sotto controllo da parte degli analisti, e ne aumenta l’accuratezza e l’efficacia.

L’Agenzia ha sottolineato che con l’utilizzo della network science, dell’intelligenza artificiale e della data visualization intende valorizzare al meglio il vasto patrimonio di dati di cui dispone come ad esempio, per ogni singola annualità, 42 milioni di dichiarazioni, 750 milioni di informazioni comunicate da soggetti terzi, 400 milioni di rapporti finanziari attivi, 197 milioni di versamenti F24, circa 2 miliardi di fatture elettroniche e oltre 150 milioni di immobili censiti.

Con riferimento alle attività dell’INPS, elementi informativi in materia alle attività di analisi del rischio si ritrovano nel Piano annuale della vigilanza documentale ed ispettiva 2023.


Articolo 18, comma 1
(Modifiche alla disciplina fiscale sulle locazioni brevi di beni immobili)

 

 

L’articolo 18, comma 1, aumenta dal 21 al 26 per cento l’aliquota di imposta in forma di cedolare secca applicabile ai redditi derivanti dai contratti di locazione breve stipulati da persone fisiche, in caso di destinazione alla locazione breve di più di un appartamento per ciascun periodo d’imposta. Prevede inoltre che per i soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, ovvero che gestiscono portali telematici, qualora incassino o intervengano nel pagamento dei canoni relativi ai contratti in questione, la ritenuta venga operata a titolo di acconto. Modifica, infine, le modalità di adempimento agli obblighi derivanti dalla disciplina fiscale sulle locazioni brevi distinguendo tra soggetti residenti fuori dall’Unione Europea, a seconda del fatto che dispongano o meno di una stabile organizzazione in uno Stato membro, e soggetti residenti nell’Unione Europea che non dispongano di una stabile organizzazione in Italia.

 

 

Nel dettaglio, il comma in esame modifica il regime fiscale delle locazioni brevi contenuto nell’articolo 4 del decreto-legge n. 50 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 96 del 2017.

 

Ai sensi dell’articolo 4 del decreto-legge n. 50 del 2017, si intendono per locazioni brevi i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni, ivi inclusi quelli che prevedono la prestazione dei servizi di fornitura di biancheria e di pulizia dei locali, stipulati da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, direttamente o tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, ovvero soggetti che gestiscono portali telematici, mettendo in contatto persone in cerca di un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da locare. Come disposto dal vigente comma 2 del medesimo articolo 4, a partire dal 1° giugno 2017, ai redditi derivanti dai contratti di locazione breve stipulati a partire da tale data si applicano le disposizioni dell’articolo 3 del decreto legislativo n. 23 del 2011. Quest’ultima norma prevede che, in alternativa al regime ordinario vigente per la tassazione del reddito fondiario ai fini dell’IRPEF, il proprietario o il titolare del diritto reale di godimento di unità immobiliari abitative locate ad uso abitativo può optare per un regime che assoggetta il canone di locazione ad un’imposta operata nella forma della cedolare secca, sostituiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle relative addizionali, nonché delle imposte di registro di bollo sul contratto di locazione. La cedolare secca può essere applicata anche ai contratti di locazione esenti dall’obbligo di registrazione.

Ai sensi del vigente comma 5 del predetto articolo 4 del decreto-legge n. 50 del 2017, i soggetti residenti nel territorio dello Stato che esercitano attività di intermediazione immobiliare, nonché quelli che gestiscono portali telematici, mettendo in contatto persone in ricerca di un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da locare, qualora incassino i canoni o i corrispettivi relativi ai contratti di cui ai commi 1 e 3, ovvero qualora intervengano nel pagamento dei predetti canoni o corrispettivi, operano, in qualità di sostituti d'imposta, una ritenuta del 21 per cento sull'ammontare dei canoni e corrispettivi all'atto del pagamento al beneficiario e provvedono al relativo versamento e alla relativa certificazione. Nel caso in cui non sia esercitata l'opzione per l'applicazione del regime di cui al comma 2, la ritenuta si considera operata a titolo di acconto.

Ai sensi del vigente comma 5-bis, inoltre, i soggetti di cui al comma 5 non residenti in possesso di una stabile organizzazione in Italia, qualora incassino i canoni o i corrispettivi relativi ai contratti di cui ai commi 1 e 3, ovvero qualora intervengano nel pagamento dei predetti canoni o corrispettivi, adempiono agli obblighi derivanti dal presente articolo tramite la stabile organizzazione. I soggetti non residenti riconosciuti privi di stabile organizzazione in Italia, ai fini dell'adempimento degli obblighi derivanti dal presente articolo, in qualità di responsabili d'imposta, nominano un rappresentante fiscale. In assenza di nomina del rappresentante fiscale, i soggetti residenti nel territorio dello Stato che appartengono allo stesso gruppo dei soggetti di cui al periodo precedente sono solidalmente responsabili con questi ultimi per l'effettuazione e il versamento della ritenuta sull'ammontare dei canoni e corrispettivi relativi ai contratti di cui ai commi 1 e 3.

 

La norma in esame, innanzitutto, modifica il comma 2 del suddetto articolo 4 del decreto-legge n. 50 del 2017 aumentando l’aliquota dell’imposta in forma di cedolare secca applicata ai predetti contratti, innalzandola dal 21 al 26 per cento, in caso di destinazione alla locazione breve di più di un appartamento per ciascun periodo d’imposta (lettera a)).

 

Come precisato dal Governo nella relazione illustrativa, resta fermo che, ai sensi dell’articolo 1, comma 595, della legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020), il regime fiscale delle locazioni brevi di cui all'articolo 4 sopra citato è riconosciuto solo in caso di destinazione alla locazione breve di non più di quattro appartamenti per ciascun periodo d'imposta; ne consegue che, in caso di destinazione alla locazione breve di cinque o più appartamenti, l’attività di locazione si presume svolta in forma imprenditoriale ai sensi dell'articolo 2082 del Codice civile.

 

La seconda modifica operata dal comma in esame (lettera b)) interviene sul comma 5 del suddetto articolo 4 al fine di tener conto delle diverse aliquote applicabili. Si prevede, infatti, che qualora i soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, ovvero che gestiscono portali telematici, incassino o intervengano nel pagamento dei canoni relativi ai contratti in questione, la ritenuta prevista dal comma 5 del citato articolo 4 viene mantenuta al 21 per cento, prevedendo, però, che, in caso di destinazione alla locazione breve di più di un appartamento per ciascun periodo d'imposta, ovvero nel caso in cui non sia esercitata l’opzione per l’applicazione della cedolare secca, detta ritenuta venga operata a titolo d’acconto.

 

Nella relazione illustrativa, il Governo motiva questa seconda modifica con la volontà di evitare ulteriori adempimenti in capo ai soggetti che esercitano

attività di intermediazione immobiliare, ovvero che gestiscono portali telematici, qualora incassino o intervengano nel pagamento dei canoni relativi ai contratti in questione.

 

La terza modifica operata dal comma in esame (lettera c)) sostituisce il comma 5-bis del predetto articolo 4 del decreto-legge n. 50 del 2017, pur mantenendo ferma la previsione contenuta nel primo periodo del medesimo comma 5-bis in base alla quale i soggetti di cui al comma 5 non residenti in possesso di una stabile organizzazione in Italia, qualora incassino i canoni o i corrispettivi relativi ai contratti di cui ai commi 1 e 3, ovvero qualora intervengano nel pagamento dei predetti canoni o corrispettivi, adempiono agli obblighi derivanti dal presente articolo tramite la stabile organizzazione. Si modifica invece il seguito del comma per prevedere che:

?         i soggetti di cui al comma 5 residenti al di fuori dell’Unione europea, in possesso di una stabile organizzazione in uno Stato membro, qualora incassino i canoni o i corrispettivi relativi ai contratti di cui ai commi 1 e 3, ovvero intervengano nel pagamento dei predetti canoni o corrispettivi, adempiono agli obblighi fiscali derivanti dal medesimo articolo 4 mediante la stabile organizzazione;

?         i soggetti di cui al comma 5 residenti al di fuori dall’Unione europea ma privi di un’organizzazione stabile all’interno di uno Stato membro dell’Unione europea, adempiono agli obblighi fiscali derivanti dal medesimo articolo 4 in qualità di responsabili d’imposta, nominando un rappresentante fiscale individuato tra i soggetti di cui all’articolo 23 del D.P.R. n. 600 del 1973. In assenza di nomina del rappresentante fiscale, i soggetti residenti nel territorio dello Stato appartenenti allo stesso gruppo, sono solidalmente responsabili con questi ultimi per l’effettuazione e il versamento della ritenuta sull’ammontare dei canoni e corrispettivi di cui ai commi 1 e 3;

?         i soggetti di cui al comma 5 residenti in uno Stato membro dell’Unione europea ma privi di una stabile organizzazione in Italia, possono adempiere direttamente agli obblighi fiscali derivanti dal medesimo articolo 4 ovvero nominare, quale responsabile d’imposta, un rappresentante fiscale da individuarsi tra i soggetti di cui all’articolo 23 D.P.R. n. 600 del 1973.

 

Come chiarito dal Governo nella relazione illustrativa, la modifica del comma 5-bis risponde all’esigenza di adeguare l’ordinamento tributario alla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 22 dicembre 2022, causa C-83/21, Airbnb, nella quale si dispone, fra l’altro, che l’articolo 56 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) deve essere interpretato nel senso che “osta alla normativa di uno Stato membro che impone ai prestatori di servizi di intermediazione immobiliare, riguardo a locazioni di durata non superiore a 30 giorni concernenti beni immobili situati nel territorio di tale Stato membro, qualora tali prestatori abbiano incassato i canoni o i corrispettivi corrispondenti oppure siano intervenuti nella loro percezione e risiedano o siano stabiliti nel territorio di uno Stato membro diverso da quello di imposizione, di designare un rappresentante fiscale residente o stabilito nel

territorio dello Stato membro di imposizione.”

 

Nella relazione tecnica allegata al disegno di legge di bilancio, considerando che la norma decorre dal 2024, si stima prudenzialmente un maggior gettito pari a 17,6 milioni di euro nel 2025 e di 8,8 milioni di euro a decorrere dal 2026.

 

Si fa presente che, secondo i dati forniti dall’Associazione italiana gestione affitti brevi (AIGAB), nel 2023 il settore affitti brevi avrà un valore di prenotazioni di circa 11 miliardi di euro, con un indotto sul PIL di ulteriori 44 miliardi di euro.  Rispetto all’asset delle seconde case degli italiani non utilizzate, circa 9,5 milioni, quelle immesse nel circuito degli affitti brevi sono 640 mila (rappresentando l’1,5 per cento delle abitazioni nazionali). Di queste circa 200 mila sono gestite da aziende di intermediari.

 

Si riporta nella tabella seguente il testo originario dell’articolo 4 del decreto-legge n. 50 del 2017 a fronte delle modifiche proposte dal disegno di legge di bilancio 2024.

 

Testo originario decreto-legge n. 50 del 2017

Disegno di legge di bilancio 2024

Articolo 4
(Regime fiscale delle locazioni brevi)

Articolo 4
(Regime fiscale delle locazioni brevi)

1. Ai fini del presente articolo, si intendono per locazioni brevi i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni, ivi inclusi quelli che prevedono la prestazione dei servizi di fornitura di biancheria e di pulizia dei locali, stipulati da persone fisiche, al di fuori dell'esercizio di attività d'impresa, direttamente o tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, ovvero soggetti che gestiscono portali telematici, mettendo in contatto persone in cerca di un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da locare.

2. A decorrere dal 1° giugno 2017, ai redditi derivanti dai contratti di locazione breve stipulati a partire da tale data si applicano le disposizioni dell'articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, con l'aliquota del 21 per cento in caso di opzione per l'imposta sostitutiva nella forma della cedolare secca.

 

 

 

 

 

 

3. Le disposizioni del comma 2 si applicano anche ai corrispettivi lordi derivanti dai contratti di sublocazione e dai contratti a titolo oneroso conclusi dal comodatario aventi ad oggetto il godimento dell'immobile da parte di terzi, stipulati alle condizioni di cui al comma 1.

 

4. I soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, nonché quelli che gestiscono portali telematici, mettendo in contatto persone in ricerca di un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da locare, trasmettono i dati relativi ai contratti di cui ai commi 1 e 3 conclusi per il loro tramite entro il 30 giugno dell'anno successivo a quello a cui si riferiscono i predetti dati. L'omessa, incompleta o infedele comunicazione dei dati relativi ai contratti di cui al comma 1 e 3 è punita con la sanzione di cui all'articolo 11, comma 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471. La sanzione è ridotta alla metà se la trasmissione è effettuata entro i quindici giorni successivi alla scadenza, ovvero se, nel medesimo termine, è effettuata la trasmissione corretta dei dati.

5. I soggetti residenti nel territorio dello Stato che esercitano attività di intermediazione immobiliare, nonché quelli che gestiscono portali telematici, mettendo in contatto persone in ricerca di un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da locare, qualora incassino i canoni o i corrispettivi relativi ai contratti di cui ai commi 1 e 3, ovvero qualora intervengano nel pagamento dei predetti canoni o corrispettivi, operano, in qualità di sostituti d'imposta, una ritenuta del 21 per cento sull'ammontare dei canoni e corrispettivi all'atto del pagamento al beneficiario e provvedono al relativo versamento con le modalità di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e alla relativa certificazione ai sensi dell'articolo 4 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322. Nel caso in cui non sia esercitata l'opzione per l'applicazione del regime di cui al comma 2, la ritenuta si considera operata a titolo di acconto.

 

 

 

 

5-bis. I soggetti di cui al comma 5 non residenti in possesso di una stabile organizzazione in Italia, ai sensi dell'articolo 162 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, qualora incassino i canoni o i corrispettivi relativi ai contratti di cui ai commi 1 e 3, ovvero qualora intervengano nel pagamento dei predetti canoni o corrispettivi, adempiono agli obblighi derivanti dal presente articolo tramite la stabile organizzazione. I soggetti non residenti riconosciuti privi di stabile organizzazione in Italia, ai fini dell'adempimento degli obblighi derivanti dal presente articolo, in qualità di responsabili d'imposta, nominano un rappresentante fiscale individuato tra i soggetti indicati nell'articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. In assenza di nomina del rappresentante fiscale, i soggetti residenti nel territorio dello Stato che appartengono allo stesso gruppo dei soggetti di cui al periodo precedente sono solidalmente responsabili con questi ultimi per l'effettuazione e il versamento della ritenuta sull'ammontare dei canoni e corrispettivi relativi ai contratti di cui ai commi 1 e 3.
































Commi da 5-ter a 7. Omissis

1. Identico

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




2.
A decorrere dal 1° giugno 2017, ai redditi derivanti dai contratti di locazione breve stipulati a partire da tale data si applicano le disposizioni dell'articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, con l'aliquota del 21 per cento in caso di opzione per l'imposta sostitutiva nella forma della cedolare secca. L’aliquota di cui al primo periodo è innalzata al 26 per cento in caso di destinazione alla locazione breve di più di un appartamento per ciascun periodo d’imposta.

 

 

3. Identico.








4. Identico




















 

5. I soggetti residenti nel territorio dello Stato che esercitano attività di intermediazione immobiliare, nonché quelli che gestiscono portali telematici, mettendo in contatto persone in ricerca di un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da locare, qualora incassino i canoni o i corrispettivi relativi ai contratti di cui ai commi 1 e 3, ovvero qualora intervengano nel pagamento dei predetti canoni o corrispettivi, operano, in qualità di sostituti d'imposta, una ritenuta del 21 per cento sull'ammontare dei canoni e corrispettivi all'atto del pagamento al beneficiario e provvedono al relativo versamento con le modalità di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e alla relativa certificazione ai sensi dell'articolo 4 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322. Qualora siano destinati alla locazione breve più di un appartamento per ciascun periodo d’imposta ovvero nel caso in cui non sia esercitata l’opzione per l’applicazione del regime di cui al comma 2, la ritenuta si considera operata a titolo di acconto.

 

5-bis. I soggetti di cui al comma 5 non residenti in possesso di una stabile organizzazione in Italia, ai sensi dell'articolo 162 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, qualora incassino i canoni o i corrispettivi relativi ai contratti di cui ai commi 1 e 3, ovvero qualora intervengano nel pagamento dei predetti canoni o corrispettivi, adempiono agli obblighi derivanti dal presente articolo tramite la stabile organizzazione. I soggetti residenti al di fuori dell’Unione europea, in possesso di una stabile organizzazione in uno Stato membro dell’Unione europea, qualora incassino i canoni o i corrispettivi relativi ai contratti di cui ai commi 1 e 3, ovvero qualora intervengano nel pagamento dei predetti canoni o corrispettivi, adempiono agli obblighi derivanti dal presente articolo tramite la stabile organizzazione; qualora gli stessi soggetti sono riconosciuti privi di stabile organizzazione in uno Stato membro dell’Unione europea, ai fini dell'adempimento degli obblighi derivanti dal presente articolo, in qualità di responsabili d'imposta, nominano un rappresentante fiscale individuato tra i soggetti indicati nell'articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. In assenza di nomina del rappresentante fiscale, i soggetti residenti nel territorio dello Stato che appartengono allo stesso gruppo dei soggetti di cui al secondo periodo sono solidalmente responsabili con questi ultimi per l'effettuazione e il versamento della ritenuta sull'ammontare dei canoni e corrispettivi relativi ai contratti di cui ai commi 1 e 3. I soggetti residenti in uno Stato membro dell’Unione europea, riconosciuti privi di stabile organizzazione in Italia, possono adempiere direttamente agli obblighi derivanti dal presente articolo ovvero nominare, quale responsabile d'imposta, un rappresentante fiscale individuato tra i soggetti indicati nell'articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.



Commi non modificati.

 

 

 

 

 

 


Articolo 18, commi da 2 a 5
(Plusvalenze in caso di cessione a titolo oneroso di beni immobili)

 

 

Il comma 2 dell’articolo 18 aggiunge tra i redditi diversi ai sensi del Testo Unico sulle Imposte sui Redditi (TUIR) le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di immobili sui quali siano stati realizzati interventi agevolati dal c.d. Superbonus. Il comma 3 prevede che alle plusvalenze suddette si può applicare l’imposta, sostituiva dell'imposta sul reddito, del 26 per cento. Il comma 4 dispone che le predette disposizioni si applicano alle cessioni poste in essere a decorrere dal 1° gennaio 2024. Il comma 5, infine, specifica che le eventuali maggiori entrate derivanti dall’attuazione dei commi precedenti affluiranno ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato per essere destinate al “Fondo per la riduzione della pressione fiscale”.

 

Nel dettaglio, il comma 2 dell’articolo 18 apporta una serie di modifiche agli articoli 67 (Redditi diversi) e 68 (Plusvalenze) del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) di cui al D.P.R. n. 917 del 1986.

 

L’articolo 67 del TUIR prevede un elenco tassativo di redditi (ad es. varie tipologie di plusvalenze e di redditi derivanti da cessioni di strumenti finanziari e contratti) che vengono qualificati come “diversi” nei casi in cui non costituiscono redditi di capitale ovvero non sono conseguiti nell'esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente.

L’articolo 68 del TUIR indica i criteri per la determinazione del valore delle plusvalenze e dei redditi da cessioni di cui all’articolo 67.

 

a)     Si modifica l’articolo 67, comma 1, del TUIR mediante l’aggiunta della lettera b-bis la quale include tra i redditi diversi le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili, in relazione ai quali il cedente o gli altri aventi diritto abbiano eseguito gli interventi agevolati dal c.d. Superbonus di cui all’articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020, che si siano conclusi da non più di dieci anni all’atto della cessione, esclusi gli immobili acquisiti per successione e quelli che siano stati adibiti ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari per la maggior parte dei dieci anni antecedenti alla cessione o, qualora tra la data di acquisto o di costruzione e la cessione sia decorso un periodo inferiore a dieci anni, per la maggior parte di tale periodo. Di conseguenza, viene disposto che, quanto previsto dall’articolo 67, comma 1, lettera b), del TUIR, secondo cui costituiscono plusvalenze imponibili quelle derivanti dalle cessioni di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, si applica solo alle ipotesi diverse da quelle riconducibili alla lettera b-bis) del menzionato articolo 67.

 

Si valuti l’opportunità di definire precisamente l’intervallo di tempo a cui si riferisce l’espressione “per la maggior parte”.

 

b)     Si modifica l’articolo 68, comma 1, del TUIR prevedendo che la plusvalenza di cui sopra è determinata dalla differenza tra il corrispettivo percepito nel periodo d’imposta e il prezzo d’acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo e, in presenza di immobili acquisiti per donazione, si assume come prezzo di acquisto o costo di costruzione quello sostenuto dal donante. Si prevede, tuttavia, che, per gli immobili in esame, ai fini della determinazione dei costi inerenti al bene, nel caso in cui gli interventi si siano conclusi da non più di cinque anni all’atto della cessione, non si tiene conto delle spese relative a tali interventi, qualora si sia fruito dell’incentivo nella misura del 110 per cento e siano state esercitate le opzioni di cessione del credito o sconto in fattura praticato dal fornitore, di cui all’articolo 121, comma 1, lettere a) e b), del citato decreto-legge n. 34 del 2020. Nel caso in cui gli interventi agevolati si siano conclusi da più di cinque anni all’atto della cessione, nella determinazione dei costi inerenti al bene si tiene conto del 50 per cento di tali spese, qualora si sia fruito dell’incentivo nella misura del 110 per cento e siano state esercitate le opzioni di cui al periodo precedente. Per i medesimi immobili, acquisiti o costruiti, alla data della cessione, da oltre cinque anni, il prezzo di acquisto o il costo di costruzione, determinato ai sensi dei periodi precedenti, è rivalutato in base alla variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati.

 

Il comma 3 dell’articolo 11 prevede che alle plusvalenze introdotte dal comma 2 può applicarsi l’imposta, sostituiva dell'imposta sul reddito, del 26 per cento, come previsto dall’articolo 1, comma 496, della legge finanziaria 2006 (legge n. 266 del 2005) nel caso di caso di cessioni a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni.

 

Il comma 4 dispone che le disposizioni in esame si applicano alle cessioni poste in essere a decorrere dal 1° gennaio 2024.

 

Infine, il comma 5 prevede che le eventuali maggiori entrate derivanti dall’attuazione dei commi 2, 3 e 4 affluiscono ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato ai fini della destinazione, anche mediante riassegnazione, sulla base del monitoraggio periodico dei relativi versamenti, al “Fondo per la riduzione della previsione fiscale” istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze di cui all’articolo 1, comma 130, della legge di bilancio 2023 (legge n. 197 del 2022).

 

Nella relazione tecnica allegata al disegno di legge di bilancio, il Governo asserisce che le disposizioni in esame sono suscettibili di determinare potenziali effetti finanziari positivi non quantificabili ex ante. Quindi, prudenzialmente, a queste disposizioni non si ascrivono effetti sul gettito.

 

L’art. 119 del D.L. n. 34 del 2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 77 del 2020, ha introdotto un’agevolazione fiscale consistente in una detrazione del 110% delle spese sostenute a partire dal 1° luglio 2020 per la realizzazione di specifici interventi finalizzati all’efficienza energetica e al consolidamento statico o alla riduzione del rischio sismico degli edifici. Tra gli interventi agevolati rientra anche l’installazione di impianti fotovoltaici e delle infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici.

La legge di bilancio 2022 ha prorogato l’agevolazione, prevedendo scadenze diverse in funzione dei soggetti che sostengono le spese ammesse.

Il Superbonus spetta:

a.         fino al 31 dicembre 2025, nelle seguenti misure

·                 110% per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2023

·                 70% per le spese sostenute nel 2024

·                 65% per le spese sostenute nel 2025

per i condomini e le persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arte e professione, per gli interventi su edifici composti da due a 4 unità immobiliari distintamente accatastate, anche se posseduti da un unico proprietario o in comproprietà da più persone fisiche.

Sono compresi gli interventi effettuati dalle persone fisiche sulle singole unità immobiliari all’interno dello stesso condominio o dello stesso edificio, nonché quelli effettuati su edifici oggetto di demolizione e ricostruzione.

La detrazione va ripartita in quattro quote annuali di pari importo.

Stessa data di scadenza anche per gli interventi effettuati dalle Onlus (Organizzazioni non lucrative di utilità sociale), dalle organizzazioni di volontariato e dalle associazioni di promozione sociale iscritte negli appositi registri.

b.        fino al 31 dicembre 2022 (con detrazione al 110%), per gli interventi effettuati da persone fisiche sugli edifici unifamiliari, a condizione che al 30 settembre 2022 siano stati effettuati lavori per almeno il 30% dell'intervento complessivo;

c.         fino al 31 dicembre 2023 (con detrazione al 110%), per gli interventi effettuati dagli Iacp (ed enti con le stesse finalità sociali) su immobili, di proprietà o gestiti per conto dei comuni, adibiti a edilizia residenziale pubblica, a condizione che al 30 giugno 2023 siano stati eseguiti lavori per almeno il 60% dell'intervento complessivo. Stessa scadenza anche per le cooperative di abitazione a proprietà indivisa per interventi su immobili assegnati in godimento ai propri soci.

 

 

Si riporta nella tabella seguente il testo originario degli articoli 67 e 68 del TUIR a fronte delle modifiche proposte dal disegno di legge di bilancio 2024.

 

Testo originario D.P.R. n. 917 del 1986

Disegno di legge di bilancio 2024

Articolo 67, comma 1
(Redditi diversi)

Articolo 67, comma 1
(Redditi diversi)

1. Sono redditi diversi se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell'esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente:

a) le plusvalenze realizzate mediante la lottizzazione di terreni, o l'esecuzione di opere intese a renderli edificabili, e la successiva vendita, anche parziale, dei terreni e degli edifici;

b) le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l'acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari, nonché, in ogni caso, le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione In caso di cessione a titolo oneroso di immobili ricevuti per donazione, il predetto periodo di cinque anni decorre dalla data di acquisto da parte del donante;

 

1. Sono redditi diversi se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell'esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente:

a) le plusvalenze realizzate mediante la lottizzazione di terreni, o l'esecuzione di opere intese a renderli edificabili, e la successiva vendita, anche parziale, dei terreni e degli edifici;

b) al di fuori delle ipotesi di cui alla successiva lettera b-bis), le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l'acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari, nonché, in ogni caso, le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione. In caso di cessione a titolo oneroso di immobili ricevuti per donazione, il predetto periodo di cinque anni decorre dalla data di acquisto da parte del donante;

b-bis) le plusvalenza realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili, in relazione ai quali il cedente o gli altri aventi diritto abbiano eseguito degli interventi agevolati di cui all’art. 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, che si siano conclusi da non più di dieci anni all’atto della cessione, esclusi gli immobili acquisiti per successione e quelli che siano stati adibiti ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari per la maggior parte dei dieci anni antecedenti alla cessione o, qualora tra la data di acquisto o di costruzione e la cessione sia decorso un periodo inferiore a dieci anni, per la maggior parte di tale periodo;

Articolo 68, comma 1

(Plusvalenze)

Articolo 68, comma 1

(Plusvalenze)

 

 

1. Le plusvalenze di cui alle lettere

a) e

b) del comma 1 dell'articolo 67 sono costituite dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo. Per gli immobili di cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 67 acquisiti per donazione si assume come prezzo di acquisto o costo di costruzione quello sostenuto dal donante.

 

1. Le plusvalenze di cui alle lettere a), b) e b-bis) del comma 1 dell'articolo 67 sono costituite dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo. Per gli immobili di cui alle lettere b) e b-bis) del comma 1 dell'articolo 67 acquisiti per donazione si assume come prezzo di acquisto o costo di costruzione quello sostenuto dal donante. Per gli immobili di cui alla lettera b-bis) del comma 1 dell’articolo 67, ai fini della determinazione dei costi inerenti al bene, nel caso in cui gli interventi agevolati ai sensi dell’articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, si siano conclusi da non più di cinque anni all’atto della cessione, non si tiene conto delle spese relative a tali interventi, qualora si sia fruito dell’incentivo nella misura del 110 per cento e siano state esercitate le opzioni di cui all’articolo 121, comma 1, lettere a) e b), del citato decreto-legge n. 34 del 2020. Nel caso in cui gli interventi agevolati si siano conclusi da più di cinque anni all’atto della cessione, nella determinazione dei costi inerenti al bene si tiene conto del 50 per cento di tali spese, qualora si sia fruito dell’incentivo nella misura del 110 per cento e siano state esercitate le opzioni di cui al periodo precedente. Per i medesimi immobili di cui alla lettera b-bis) del comma 1 dell’articolo 67, acquisiti o costruiti, alla data della cessione, da oltre cinque anni, il prezzo di acquisto o il costo di costruzione, determinato ai sensi dei periodi precedenti, è rivalutato in base alla variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati.

 

 

 


Articolo 19
(Imposta sul valore aggiunto sulle cessioni di beni per i soggetti domiciliati e residenti fuori dell’Unione europea)

 

 

L’articolo 19 modifica da 300 mila lire a 70 euro il valore minimo delle cessioni di beni destinati all'uso personale o familiare, da trasportarsi nei bagagli personali fuori del territorio doganale dell’Unione europea, ceduti a soggetti domiciliati o residenti fuori della medesima UE, al di sopra del quale non è dovuto il pagamento dell'IVA.

 

L’articolo in esame modifica l’articolo 38-quater, comma 1, del D.P.R. n. 633 del 1972, al fine di ridurre da 154,95 euro (300 mila lire) a 70 euro il valore minimo delle cessioni a viaggiatori domiciliati o residenti fuori della UE di beni destinati all’uso personale da trasportarsi nei bagagli personali fuori dal territorio doganale dell’Unione europea che possono essere effettuate senza pagamento dell’IVA.

La disposizione ha la finalità dichiarata di sostenere la ripresa della filiera del turismo nazionale e potenziare il rilancio a livello internazionale dell’attrattività turistica italiana.

 

L’articolo 38-quater (Sgravio dell'imposta per i soggetti domiciliati e residenti fuori della Comunità europea) del D.P.R. n. 633 del 1972, al comma 1, dispone che le cessioni a soggetti domiciliati o residenti fuori della Comunità europea di beni per un complessivo importo, comprensivo dell’IVA, superiore a lire 300 mila (equivalenti a euro 154,95) destinati all’uso personale o familiare, da trasportarsi nei bagagli personali fuori del territorio doganale della Comunità medesima, possono essere effettuate senza pagamento dell'imposta. Tale disposizione si applica a condizione che sia emessa fattura e che i beni siano trasportati fuori della Comunità entro il terzo mese successivo a quello di effettuazione dell'operazione. L'esemplare della fattura consegnato al cessionario deve essere restituito al cedente, recante anche l'indicazione degli estremi del passaporto o di altro documento equipollente da apporre prima di ottenere il visto doganale, vistato dall'ufficio doganale di uscita dalla Comunità, entro il quarto mese successivo all'effettuazione della operazione; in caso di mancata restituzione, il cedente deve procedere alla regolarizzazione della operazione, primo comma, entro un mese dalla scadenza del suddetto termine.

 

Considerando l’entrata in vigore della misura dal 2024, la relazione tecnica, sulla base dei dati e delle elaborazioni svolte dal Ministero del turismo, stima una perdita di gettito di 30,7 milioni di euro su base annua a decorrere dalla stessa annualità.


Articolo 20
(Adeguamento delle esistenze iniziali dei beni di cui all’articolo 92 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917)

 

 

L’articolo 20 dispone circa l’adeguamento delle esistenze fiscali, per gli esercenti attività di impresa, che non adottano i principi contabili internazionali per la redazione del bilancio d’esercizio. L’adeguamento, relativo al solo periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2023, può essere effettuato mediante eliminazione delle esistenze iniziali di quantità o valori superiori rispetto a quelli effettivi o mediante l’iscrizione delle esistenze iniziali precedentemente omesse. A seconda che venga effettuato tramite l’eliminazione o l’iscrizione di valori, dà luogo al pagamento di diverse imposte, non rilevando, in ogni caso, a fini sanzionatori di alcun genere.

 

Nel dettaglio il comma 1 dell’articolo 20 riconosce agli esercenti attività d’impresa che non adottano i principi contabili internazionali nella redazione del bilancio la facoltà, relativamente al periodo d’imposta in corso al 30 settembre 2023, di adeguamento delle esistenze iniziali dei beni di cui all’articolo 92 (Variazioni delle rimanenze) del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) di cui al D.P.R. n. 917 del 1986.

 

L’articolo 92 del TUIR, recante disposizioni in materia di variazioni delle rimanenze, dispone, al comma 1, che le variazioni delle rimanenze finali dei beni indicati all'articolo 85, comma 1, lettere a) (corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa) e b) (corrispettivi delle cessioni di materie prime e sussidiarie, di semilavorati e di altri beni mobili, esclusi quelli strumentali, acquistati o prodotti per essere impiegati nella produzione), rispetto alle esistenze iniziali, concorrono a formare il reddito dell'esercizio. A tal fine le rimanenze finali, la cui valutazione non sia effettuata a costi specifici o a norma dell'articolo 93, sono assunte per un valore non inferiore a quello che risulta raggruppando i beni in categorie omogenee per natura e per valore e attribuendo a ciascun gruppo un valore non inferiore a quello determinato a norma delle disposizioni che seguono. Ai sensi del comma 2, nel primo esercizio in cui si verificano, le rimanenze sono valutate attribuendo ad ogni unità il valore risultante dalla divisione del costo complessivo dei beni prodotti e acquistati nell'esercizio stesso per la loro quantità. Negli esercizi successivi (comma 3), se la quantità delle rimanenze è aumentata rispetto all'esercizio precedente, le maggiori quantità, valutate a norma del comma 2, costituiscono voci distinte per esercizi di formazione. Se la quantità è diminuita, la diminuzione si imputa agli incrementi formati nei precedenti esercizi, a partire dal più recente. Secondo il comma 4, per le imprese che valutano in bilancio le rimanenze finali con il metodo della media ponderata o del «primo entrato, primo uscito» o con varianti di quello di cui al comma 3, le rimanenze finali sono assunte per il valore che risulta dall'applicazione del metodo adottato.

Il comma 5 stabilisce che, se in un esercizio il valore unitario medio dei beni, determinato a norma dei commi 2, 3 e 4, è superiore al valore normale medio di essi nell'ultimo mese dell'esercizio, il valore minimo di cui al comma 1, è determinato moltiplicando l'intera quantità dei beni, indipendentemente dall'esercizio di formazione, per il valore normale. Per le valute estere si assume come valore normale il valore secondo il cambio alla data di chiusura dell'esercizio. Il minor valore attribuito alle rimanenze in conformità alle disposizioni del presente comma vale anche per gli esercizi successivi sempre che le rimanenze non risultino iscritte nello stato patrimoniale per un valore superiore.

Ai sensi del comma 6, i prodotti in corso di lavorazione e i servizi in corso di esecuzione al termine dell'esercizio sono valutati in base alle spese sostenute nell'esercizio stesso, salvo quanto stabilito nell'articolo 93 per le opere, le forniture e i servizi di durata ultrannuale. Le rimanenze finali di un esercizio nell'ammontare indicato dal contribuente costituiscono le esistenze iniziali dell'esercizio successivo (comma 7). Per gli esercenti attività di commercio al minuto che valutano le rimanenze delle merci con il metodo del prezzo al dettaglio si tiene conto del valore così determinato anche in deroga alla disposizione del comma 1, a condizione che nella dichiarazione dei redditi o in apposito allegato siano illustrati i criteri e le modalità di applicazione del detto metodo, con riferimento all'oggetto e alla struttura organizzativa dell'impresa (comma 8).

 

I principi contabili internazionali IAS/IFRS dello IASB (International Accounting Standard Board) sono nati dalla necessità di armonizzazione delle scritture contabili di diversi Paesi e garantirne la comparabilità dei bilanci. Tali principi sono stati introdotti nell’ordinamento italiano con il decreto legislativo n. 38 del 2005, che ne ha sancito l’obbligo di applicazione per i soggetti di cui all’articolo 2. Obbligo di applicazione poi trasformato in mera facoltà, ai sensi dell’articolo 1, commi 1070 dell’articolo 1, della legge n. 145 2018.

 

Il comma 2 prevede che l’adeguamento di cui al comma 1 possa essere effettuato attraverso due metodi. Il primo consiste nell’eliminazione delle esistenze iniziali di quantità o valori superiori rispetto a quelli effettivi. Il secondo metodo consiste, invece, nella registrazione delle esistenze iniziali omesse precedentemente.

 

Il comma 3 dell’articolo in esame, suddiviso in lettera a) e b), dispone circa gli effetti dell’adeguamento rispetto all’eliminazione dei valori.

In base alla lettera a), l’adeguamento comporta il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto, determinata applicando l’aliquota media riferibile all’anno 2023 all’ammontare che si ottiene moltiplicando il valore eliminato per il coefficiente di maggiorazione stabilito, per le diverse attività, con apposito decreto dirigenziale. L’aliquota media tenendo conto della esistenza di operazioni non soggette ad imposta ovvero soggette a regimi speciali è quella risultante dal rapporto tra l’imposta, relativa alle operazioni, diminuita di quella relativa alle cessioni di beni ammortizzabili, e il volume di affari dichiarato.

Ai sensi della lettera b), l’adeguamento comporta il pagamento di una imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, dell’imposta sul reddito delle società e dell’imposta regionale sulle attività produttive, in misura pari al 18 per cento da applicare alla differenza tra l’ammontare calcolato con le modalità indicate alla lettera a) ed il valore eliminato.

 

Il comma 4 dell’articolo 20, dispone che l’adeguamento effettuato con la procedura di iscrizione di valori comporta il pagamento di una imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, dell’imposta sul reddito delle società e dell’imposta regionale sulle attività produttive, in misura pari al 18 per cento da applicare al valore iscritto.

 

Il comma 5 stabilisce che l’adeguamento deve essere richiesto nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di cui al comma 1 (quello in corso al 30 settembre 2023). Le imposte dovute sono versate in due rate di pari importo, di cui la prima con scadenza entro il termine previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative al periodo d’imposta di cui al comma 1 e la seconda entro il termine di versamento della seconda o unica rata dell’acconto delle imposte sui redditi relativa al periodo d’imposta successivo. Al mancato pagamento nei termini consegue l’iscrizione a ruolo a titolo definitivo delle somme non pagate e dei relativi interessi nonché delle sanzioni conseguenti all’adeguamento effettuato.

 

Il comma 6 stabilisce che l’adeguamento di cui al comma 1 non rileva a fini sanzionatori di alcun genere. I valori risultanti dalle variazioni indicate nei commi 3 e 4 sono riconosciuti ai fini civilistici e fiscali a decorrere dal periodo d’imposta indicato al comma 1 e, nel limite del valore iscritto o eliminato, non possono essere utilizzati ai fini dell’accertamento in riferimento a periodi d’imposta precedenti a quello indicato al comma 1. L’adeguamento non ha effetto sui processi verbali di constatazione consegnati e sugli accertamenti notificati fino alla data di entrata in vigore della presente legge.

 

Ai sensi del comma 7, ai fini dell’accertamento, delle sanzioni e della riscossione delle imposte dovute, nonché del contenzioso, si applicano le disposizioni in materia di imposte sui redditi. L’imposta sostitutiva non è deducibile ai fini delle imposte sui redditi e relative addizionali nonché dell’imposta regionale sulle attività produttive.

 

Il comma 8, infine, prevede che le eventuali maggiori entrate derivanti dall’attuazione della presente disposizione affluiscono ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato, per essere destinate, anche mediante riassegnazione, sulla base del monitoraggio periodico dei relativi versamenti, al Fondo per la riduzione della pressione fiscale. Il Fondo, è stato istituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze dalla legge di bilancio 2023 (legge n. 197 del 2022).

 

Secondo quanto specificato dal Governo nella relazione tecnica, a legislazione vigente le operazioni di adeguamento di cui al presente articolo non vengono effettuate in quanto il contribuente dovrebbe scontare sulla differenza la tassazione ordinaria, con la conseguenza che i bilanci contengono valori delle rimanenze non perfettamente corrispondenti a quelli reali rilevando in termini di risultato d’esercizio esclusivamente le variazioni delle stesse. La misura, pertanto, è foriera di determinare effetti positivi in termini di gettito prudenzialmente non quantificati in quanto legati sia alle “dimensioni” del fenomeno di sovrastima del magazzino sia a fattori comportamentali.


Articolo 21
(Misure in materia di variazione dello stato dei beni)

 

 

L’articolo 21 dispone che l’Agenzia delle entrate verifichi, in relazione alle unità immobiliari oggetto degli interventi agevolati dal c.d. Superbonus, la presentazione delle dichiarazioni di variazione dello stato dei beni anche ai fini di eventuali effetti sulle rendite sull’immobile presenti in atti del catasto dei fabbricati.

 

Nel dettaglio, il comma 1 dispone che l’Agenzia delle entrate verifichi se sia stata presentata, ove prevista, la dichiarazione di cui all’articolo 1, commi 1 e 2, del decreto del ministro delle finanze n. 701 del 19 aprile 1994, con riferimento alle unità immobiliari oggetto degli interventi di cui all’articolo 119 decreto-legge n. 34 del 2020. Tale verifica deve essere condotta sulla base di specifiche liste selettive elaborate con l’utilizzo delle moderne tecnologie di interoperabilità e analisi delle banche dati, anche ai fini degli eventuali effetti sulla rendita dell’immobile presente in atti nel catasto dei fabbricati.

 

Nella relazione illustrativa, il Governo rammenta che l’articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 2020, (Decreto Rilancio), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020, ha previsto nuove disposizioni agevolative in merito agli interventi in ambito di efficienza energetica, antisismici, di installazione di impianti fotovoltaici, delle infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici, nonché di abbattimento delle barriere architettoniche (c.d. Superbonus).

Tali interventi potrebbero avere effetti positivi, oltre che sul valore di mercato delle unità immobiliari interessate, anche sulle loro capacità di reddito, con possibili ripercussioni sulla rendita catastale accertata negli atti del catasto dei fabbricati.

Al riguardo, ai sensi dell’articolo 20 del Regio decreto-legge n. 652 del 1939, (Accertamento generale dei fabbricati urbani, rivalutazione del relativo reddito e formazione del nuovo catasto edilizio urbano), gli intestatari catastali sono obbligati «… a denunciare, nei modi e nei termini da stabilirsi col regolamento, le variazioni nello stato e nel possesso dei rispettivi immobili, le quali comunque implichino mutuazioni ai sensi dell’art. 17». In particolare, per ciò che concerne le variazioni nello stato, esse si riferiscono alle modifiche della consistenza e della categoria e della classe accertate in catasto.

L’Agenzia delle entrate, nell’ambito delle sue attività istituzionali, esegue già in via ordinaria i controlli su tali denunce, secondo la disciplina di cui all’articolo 1, comma 3, del decreto del Ministro delle finanze n. 701 del 19 aprile 1994, il quale dispone che la rendita proposta dal contribuente rimane negli atti catastali come "rendita proposta" fino a quando l'ufficio non provvede con mezzi di accertamento informatici o tradizionali, anche a campione, e comunque entro dodici mesi dalla data di presentazione delle dichiarazioni di cui al comma 1, alla determinazione della rendita catastale definitiva. È facoltà dell'amministrazione finanziaria di verificare, ai sensi dell'articolo 4, comma 21, del decreto-legge n. 853 del 1984, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 17 del 1985, le caratteristiche degli immobili oggetto delle dichiarazioni di cui al comma 1 ed eventualmente modificarne le risultanze censuarie iscritte in catasto.

 

Il comma 2 dispone che nei casi oggetto di verifica di cui al comma 1 per i quali non risulti presentata la dichiarazione, l’Agenzia delle entrate può inviare al contribuente apposita comunicazione ai sensi dell’articolo 1, commi da 634 a 636, della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014).

 

Ai sensi del suddetto articolo 1, comma 634, della legge di stabilità 2015, al fine di introdurre nuove e più avanzate forme di comunicazione tra il contribuente e l'amministrazione fiscale, anche in termini preventivi rispetto alle scadenze fiscali, finalizzate a semplificare gli adempimenti, stimolare l'assolvimento degli obblighi tributari e favorire l'emersione spontanea delle basi imponibili, l'Agenzia delle entrate mette a disposizione del contribuente, ovvero del suo intermediario, anche mediante l'utilizzo delle reti telematiche e delle nuove tecnologie, gli elementi e le informazioni in suo possesso riferibili allo stesso contribuente, acquisiti direttamente o pervenuti da terzi, relativi anche ai ricavi o compensi, ai redditi, al volume d'affari e al valore della produzione, a lui imputabili, alle agevolazioni, deduzioni o detrazioni, nonché ai crediti d'imposta, anche qualora gli stessi non risultino spettanti. Il contribuente può segnalare all'Agenzia delle entrate eventuali elementi, fatti e circostanze dalla stessa non conosciuti.

Inoltre, ai sensi del comma 635, per le medesime finalità di cui al comma 634, l'Agenzia delle entrate mette, altresì, a disposizione del contribuente ovvero del suo intermediario gli elementi e le informazioni utili a quest'ultimo per una valutazione in ordine ai ricavi, compensi, redditi, volume d'affari e valore della produzione nonché relativi alla stima dei predetti elementi, anche in relazione ai beni acquisiti o posseduti.

Infine, il comma 636 rinvia a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate l’individuazione delle modalità con cui gli elementi e le informazioni di cui ai commi 634 e 635 sono messi a disposizione del contribuente e della Guardia di finanza. Il provvedimento di cui al primo periodo indica, in particolare, le fonti informative, la tipologia di informazioni da fornire al contribuente e le modalità di comunicazione tra quest'ultimo e l'amministrazione, assicurate anche a distanza mediante l'utilizzo delle nuove tecnologie, i livelli di assistenza e i rimedi per la rimozione delle eventuali omissioni e per la correzione degli eventuali errori commessi.

 

Nella relazione tecnica, il Governo asserisce che le disposizioni non determinano maggiori oneri finanziari, trattandosi di verifiche svolte in via ordinaria dall’Agenzia delle entrate nell’ambito dei propri compiti istituzionali. Gli stessi, al contrario, possono avere effetti positivi sul gettito non predeterminabili, che, per motivi prudenziali, non sono oggetto di quantificazione.

 

 

 

 

L’art. 119 del D.L. n. 34 del 2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 77 del 2020, ha introdotto un’agevolazione fiscale consistente in una detrazione del 110% delle spese sostenute a partire dal 1° luglio 2020 per la realizzazione di specifici interventi finalizzati all’efficienza energetica e al consolidamento statico o alla riduzione del rischio sismico degli edifici. Tra gli interventi agevolati rientra anche l’installazione di impianti fotovoltaici e delle infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici.

La legge di bilancio 2022 ha prorogato l’agevolazione, prevedendo scadenze diverse in funzione dei soggetti che sostengono le spese ammesse.

Il Superbonus spetta:

b.        fino al 31 dicembre 2025, nelle seguenti misure

·                110% per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2023

·                70% per le spese sostenute nel 2024

·                65% per le spese sostenute nel 2025

per i condomini e le persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arte e professione, per gli interventi su edifici composti da due a 4 unità immobiliari distintamente accatastate, anche se posseduti da un unico proprietario o in comproprietà da più persone fisiche.

Sono compresi gli interventi effettuati dalle persone fisiche sulle singole unità immobiliari all’interno dello stesso condominio o dello stesso edificio, nonché quelli effettuati su edifici oggetto di demolizione e ricostruzione.

La detrazione va ripartita in quattro quote annuali di pari importo.

Stessa data di scadenza anche per gli interventi effettuati dalle Onlus (Organizzazioni non lucrative di utilità sociale), dalle organizzazioni di volontariato e dalle associazioni di promozione sociale iscritte negli appositi registri.

d.        fino al 31 dicembre 2022 (con detrazione al 110%), per gli interventi effettuati da persone fisiche sugli edifici unifamiliari, a condizione che al 30 settembre 2022 siano stati effettuati lavori per almeno il 30% dell'intervento complessivo;

e.         fino al 31 dicembre 2023 (con detrazione al 110%), per gli interventi effettuati dagli Iacp (ed enti con le stesse finalità sociali) su immobili, di proprietà o gestiti per conto dei comuni, adibiti a edilizia residenziale pubblica, a condizione che al 30 giugno 2023 siano stati eseguiti lavori per almeno il 60% dell'intervento complessivo. Stessa scadenza anche per le cooperative di abitazione a proprietà indivisa per interventi su immobili assegnati in godimento ai propri soci.

 


Articolo 22 STRALCIATO
(Modifiche al decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231)

 

L’articolo 22 del disegno di legge è stato stralciato ai sensi dell’articolo 126, comma 3, del Regolamento del Senato in quanto recante disposizioni estranee all’oggetto del disegno di legge di bilancio.


Articolo 23, commi 1-3
(Ritenuta bonifici. Ritenuta sulle provvigioni inerenti a rapporti di commissione, di agenzia, di mediazione, di rappresentanza di commercio e di procacciamento di affari)

 

 

L’articolo 23, commi 1-3, eleva, a decorrere dal 1° marzo 2024, la ritenuta d’acconto d’imposta sul reddito dovuta dai beneficiari all’atto dell’accredito dei pagamenti relativi ai bonifici disposti dai contribuenti per beneficiare di oneri deducibili o per i quali spetta la detrazione d’imposta ed estende, a decorrere dal 1° aprile 2024, la ritenuta d’imposta dovuta sulle provvigioni inerenti a rapporti di commissione, di agenzia, di mediazione, di rappresentanza di commercio e di procacciamento di affari anche agli agenti di assicurazione e ai mediatori di assicurazione.

 

La disposizione, al comma 1, modifica l’articolo 25 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, portando dall’8% all’11% l’aliquota della ritenuta d’acconto sull’imposta sui redditi dovuta dai beneficiari all'atto dell'accredito dei pagamenti relativi ai bonifici disposti dai contribuenti per beneficiare di oneri deducibili o per i quali spetta la detrazione d'imposta.

La disposizione, come anticipato, si applica a decorrere dal 1° marzo 2024.

 

L’articolo 25 del decreto-legge n. 78 del 2010, rubricato “Contrasto di interessi” recita che le banche e le Poste Italiane S.p.a. operano una ritenuta del 8 per cento a titolo di acconto dell'imposta sul reddito dovuta dai beneficiari, con obbligo di rivalsa, all’atto dell'accredito dei pagamenti relativi ai bonifici disposti dai contribuenti per beneficiare di oneri deducibili o per i quali spetta la detrazione d'imposta. Le ritenute sono versate con le modalità ordinarie di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Le tipologie di pagamenti nonché le modalità di esecuzione degli adempimenti relativi alla certificazione e alla dichiarazione delle ritenute operate sono state definite con il provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate del 30 giugno 2010.

Secondo tale provvedimento la ritenuta è dovuta per le spese di intervento di recupero del patrimonio edilizio, ai sensi dell’articolo 1, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 e successive modificazioni e per le spese per interventi di risparmio energetico ai sensi dell’articolo 1, commi 344, 345, 346 e 347, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 e successive modificazioni. Tuttavia, considerata la portata generale della norma, la ritenuta si applica a tutte le tipologie di detrazione per interventi relativi o connessi agli interventi sul patrimonio immobiliare (ad esempio bonus mobili, superbonus, ecc.) la cui istituzione è successiva al provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate sopra indicato.

 

Il comma 2 estende l’applicazione delle disposizioni sulle ritenute a carico dei soggetti che corrispondono provvigioni comunque denominate per le prestazioni anche occasionali inerenti a rapporti di commissione, di agenzia, di mediazione, di rappresentanza di commercio e di procacciamento di affari anche agli agenti di assicurazione per le prestazioni rese direttamente alle imprese di assicurazione, e ai mediatori di assicurazione per i loro rapporti con le imprese di assicurazione e con gli agenti generali delle imprese di assicurazioni pubbliche o loro controllate che rendono prestazioni direttamente alle imprese di assicurazione in regime di reciproca esclusiva.

A tal fine viene abrogato il riferimento ai sopra indicati soggetti contenuto nel quinto comma dell’articolo 25-bis, che individua i soggetti cui non si applicano le disposizioni relative alla sopra descritta ritenuta.

 

Ai sensi dell’articolo 25-bis i soggetti di tenuti ad effettuare la ritenuta sui redditi da lavoro dipendente ai sensi dell’articolo 23 del DPR n. 600 del 1973 (ad eccezione delle imprese agricole) che corrispondono provvigioni comunque denominate per le prestazioni anche occasionali inerenti a rapporti di commissione, di agenzia, di mediazione, di rappresentanza di commercio e di procacciamento di affari, devono operare all’atto del pagamento una ritenuta a titolo di acconto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche o dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche dovuta dai percipienti, con obbligo di rivalsa. L’aliquota della suddetta ritenuta si applica nella misura fissata dall'articolo 11 del testo unico delle imposte sui redditi per il primo scaglione di reddito. La ritenuta è commisurata al cinquanta per cento dell'ammontare delle provvigioni sopra indicate. Se i percipienti dichiarano ai loro committenti, preponenti o mandanti che nell'esercizio della loro attività si avvalgono in via continuativa dell'opera di dipendenti o di terzi, la ritenuta è commisurata al venti per cento dell'ammontare delle stesse provvigioni. La ritenuta di cui ai commi precedenti è scomputata dall'imposta relativa al periodo di imposta di competenza, purché già operata al momento della presentazione della dichiarazione annuale, o, alternativamente, dall’imposta relativa al periodo di imposta nel quale è stata operata. Qualora la ritenuta sia operata successivamente, la stessa è scomputata dall’imposta relativa al periodo d'imposta in cui è stata effettuata. Se le provvigioni, per disposizioni normative o accordi contrattuali, sono direttamente trattenute sull’ammontare delle somme riscosse, i percipienti sono tenuti a rimettere ai committenti, preponenti o mandanti l’importo corrispondente alla ritenuta. Ai fini del computo dei termini per il relativo versamento da parte dei committenti, preponenti o mandanti, la ritenuta si considera operata nel mese successivo a quello in cui le provvigioni sono state trattenute dai percipienti. I committenti, preponenti o mandanti possono tener conto di eventuali errori nella determinazione dell'importo della ritenuta anche in occasione di successivi versamenti, non oltre il terzo mese dell’anno successivo a quello in cui le provvigioni sono state trattenute dai percipienti.

Il comma 3 indica la decorrenza delle disposizioni di cui al comma 2, che viene fissata al 1° aprile 2024.


Articolo 23, comma 4
(Modifiche all’IVIE e all’IVAFE)

 

 

L’articolo 24, comma 4 eleva l’aliquota ordinaria dell’IVIE - Imposta sul valore degli immobili situati all’estero -  dallo 0,76 all’1,06 per cento e l’aliquota dell’IVAFE dal 2 al 4 per mille annuo per i prodotti finanziari detenuti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato.

 

Le persone fisiche residenti in Italia che possiedono immobili all’estero, a qualsiasi uso destinati, hanno l’obbligo di versare l’Ivie (Imposta sul valore degli immobili situati all’estero), istituita e disciplinata dall’articolo 19, comma 15 del decreto-legge n. 201 del 2011 e poi modificata dalla legge di bilancio 2020 (commi 710 e 711 della legge n. 160 del 2019).

In particolare, l’imposta è dovuta dai:

·         proprietari di fabbricati, aree fabbricabili e terreni a qualsiasi uso destinati, compresi quelli strumentali per natura o per destinazione destinati ad attività d’impresa o di lavoro autonomo;

·         titolari dei diritti reali di usufrutto, uso o abitazione, enfiteusi e superficie sugli stessi;

·         concessionari, nel caso di concessione di aree demaniali;

·         locatari, per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria.

Dal 1° gennaio 2016 l’imposta non si applica al possesso degli immobili adibiti ad abitazione principale (e per le relative pertinenze), e alla casa coniugale assegnata al coniuge, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, che in Italia non risultano classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9.

Per effetto della citata legge di bilancio 2020, a decorrere dal 2020, sono soggetti passivi di tali imposte, oltre alle persone fisiche, anche gli enti non commerciali e le società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice, residenti in Italia, che sono tenuti agli obblighi di dichiarazione per gli investimenti e le attività previsti dall’articolo 4 del decreto legge n. 167 del 1990.

Le istruzioni dettagliate sul valore degli immobili da prendere come riferimento sono contenute nella circolare n. 28/E del 2 luglio 2012 dell’Agenzia delle entrate. In sintesi, questo valore cambia, a seconda dello Stato in cui è situato l’immobile:

-          per i Paesi appartenenti alla Unione europea o in Paesi aderenti allo Spazio economico europeo (Norvegia e Islanda) che garantiscono un adeguato scambio di informazioni, il valore da utilizzare è prioritariamente quello catastale, così come è determinato e rivalutato nel Paese in cui l’immobile è situato, per l’assolvimento di imposte di natura reddituale o patrimoniale, oppure di altre imposte determinate sulla base del valore degli immobili, anche se gli immobili sono pervenuti per successione o donazione. In mancanza del valore catastale, si fa riferimento al costo che risulta dall’atto di acquisto e, in assenza, al valore di mercato rilevabile nel luogo in cui è situato l’immobile;

-          per gli altri Stati, il valore dell’immobile è costituito dal costo risultante dall’atto di acquisto o dai contratti e, in mancanza, dal valore di mercato rilevabile nel luogo in cui è situato l’immobile.

L’aliquota è pari, ordinariamente, allo 0,76% del valore degli immobili, ed è calcolata in proporzione alla quota di possesso e ai mesi dell’anno nei quali il possesso c’è stato (viene conteggiato per intero il mese nel quale il possesso si è protratto per almeno quindici giorni). Il versamento non è dovuto se l’importo complessivo (calcolato a prescindere da quote e periodo di possesso e senza tenere conto delle detrazioni previste per lo scomputo dei crediti di imposta) non supera i 200 euro. In questo caso, il contribuente non deve neanche indicare i dati relativi all’immobile nel quadro RM della dichiarazione dei redditi, fermo restando l’obbligo di compilazione del modulo RW2.

L’aliquota scende allo 0,4% per gli immobili adibiti ad abitazione principale che in Italia risultano classificati nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, per i quali è possibile, inoltre, detrarre dall’imposta (fino a concorrenza del suo ammontare) un ammontare pari a 200 euro, rapportati al periodo dell’anno durante il quale l’immobile è destinato ad abitazione principale. Nel caso di immobile adibito ad abitazione principale da più soggetti passivi, la detrazione spetta a ciascun soggetto in proporzione alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica.

Dall’Ivie è possibile dedurre l’eventuale imposta patrimoniale versata nello Stato in cui è situato l’immobile. Inoltre, per gli immobili situati in Paesi appartenenti alla UE o aderenti allo Spazio economico europeo che garantiscono un adeguato scambio di informazioni, è possibile sottrarre anche l’eventuale eccedenza di imposta reddituale estera sugli stessi immobili, non utilizzata come credito Irpef (articolo 165 del Tuir).

 

Le persone fisiche residenti in Italia che detengono all’estero prodotti finanziari, conti correnti e libretti di risparmio, devono versare un’imposta sul loro valore, ovvero l’Ivafe. Per effetto della già citata legge di bilancio 2020 (commi 710 e 711) sono soggetti passivi, oltre alle persone fisiche, anche gli enti non commerciali e le società semplici, residenti in Italia, che sono tenuti agli obblighi di dichiarazione per gli investimenti e le attività previsti dall’articolo 4 del decreto legge n. 167/1990 (c.d. monitoraggio fiscale).

La base imponibile dell’IVAFE è costituita dal valore dei prodotti finanziari, dei conti correnti e dei libretti di risparmio detenuti all’estero dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato (articolo 19, comma 18, del decreto legge n. 201 del 2011). L’IVAFE è dovuta proporzionalmente alla quota e al periodo di detenzione, nella misura del 2 per mille del valore dei prodotti finanziari (comma 20). Per i conti correnti e i libretti di risparmio l’imposta è stabilita in misura fissa (pari a 34,20 euro per le persone fisiche e a 100 euro per i soggetti diversi dalle persone fisiche). Nel rispetto del divieto della doppia imposizione, dall’IVAFE si deduce, fino a concorrenza del suo ammontare, un credito d’imposta pari all’ammontare dell’eventuale imposta patrimoniale versata nello Stato in cui sono detenuti i prodotti finanziari, i conti correnti e i libretti di risparmio.

Per ulteriori informazioni si rinvia alla scheda dell’Agenzia delle entrate.

 

Con le modifiche in esame

-         l’aliquota ordinaria IVIE è elevata dallo 0,76 all’1,06 per cento (lettera a), che modifica l’articolo 19, comma 15, del decreto-legge n. 201 del 2011);

 

La relazione illustrativa chiarisce che in tal modo l’aliquota viene equiparata a quella applicata agli immobili tenuti a disposizione in Italia.

 

-         l’aliquota dell’IVAFE è elevata dal 2 al 4 per mille annuo, a decorrere dal 2024, del valore dei prodotti finanziari detenuti in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato (come individuati dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 4 maggio 1999 e successive modifiche).


Articolo 23, comma 5
(Modifiche
al TUIR in materia di determinazione dei redditi)

 

 

L’articolo 23, comma 5, introduce delle modifiche al Testo Unico delle Imposte sui Redditi-TUIR in materia di:

-atti a titolo oneroso che importano costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento e per i conferimenti in società;

-redditi rientranti nella categoria redditi diversi;

-plusvalenze per le cessioni di metalli preziosi.

 

Il comma 5, lettera a), modifica il comma 9 del Testo Unico delle imposte sui redditi (decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917) in materia di determinazione dei redditi e delle perdite.

Il comma 5 del richiamato articolo 9 dispone che, ai fini delle imposte sui redditi, le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso valgono anche per gli atti a titolo oneroso che importano costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento e per i conferimenti in società.

Con la norma in esame si precisa che tale disposizione, ai fini delle imposte sui redditi, si applica laddove non è previsto diversamente.

 

La lettera b) modifica l’articolo 67, lettera h), del TUIR, in materia di redditi diversi, ampliando il novero dei redditi rientranti in tale categoria residuale.

 

La lettera h) dell’articolo 67 stabilisce che sono redditi diversi (se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente) i redditi derivanti dalla concessione in usufrutto e dalla sublocazione di beni immobili, dall’affitto, locazione, noleggio o concessione in uso di veicoli, macchine e altri beni mobili, dall’affitto e dalla concessione in usufrutto di aziende. La disposizione prevede altresì che l’affitto e la concessione in usufrutto dell’unica azienda da parte dell’imprenditore non si considerano fatti nell’esercizio dell’impresa, ma in caso di successiva vendita totale o parziale le plusvalenze realizzate concorrono a formare il reddito complessivo come redditi diversi.

 

La lettera b) del comma 5 include nella disciplina dei redditi diversi, oltre ai redditi derivanti dalla concessione in usufrutto, anche quelli derivanti dalla costituzione degli altri diritti reali di godimento (enfiteusi, superficie, uso, servitù).

 

Come si desume dalla relazione tecnica, secondo quanto risulta dagli archivi notarili, la fattispecie quantitativamente più rilevante è relativa al diritto di superficie.

 

Come ricordato anche dalla relazione illustrativa ai fini fiscali, ai sensi dell’articolo 9, comma 5, del TUIR, vigente la costituzione di diritti reali diversi dall’usufrutto segue il regime giuridico previsto per la cessione a titolo oneroso dei beni. Con la modifica in questione, letta in combinato disposto con quanto previsto dalla modifica introdotta dalla lettera a) (vedi supra), viene confermato il regime previsto dall’articolo 9, comma 5, del TUIR con riferimento alla cessione a titolo oneroso di diritti reali di godimento, mentre con riferimento alla loro costituzione tali redditi vengono inquadrati come redditi diversi.

 

Sul punto, anche nella relazione tecnica, viene precisato che in conseguenza di ciò, salvo i casi specificamente disciplinati dalle norme vigenti, il regime impositivo delle plusvalenze è riservato solo alle cessioni dei diritti reali di godimento che seguono la sua costituzione ad opera del proprietario, mentre i redditi ritratti in sede di costituzione dei medesimi diritti divengono imponibili per l’intero ammontare percepito nel periodo di imposta.

 

La lettera c) modifica la lettera d), del comma 7, dell’articolo 68, in materia di determinazione delle plusvalenze per le cessioni di metalli preziosi.

La norma prevede che per le cessioni di metalli preziosi, in mancanza della documentazione del costo di acquisto, le plusvalenze sono determinate in misura pari al 25 per cento del corrispettivo della cessione.

Con la disposizione in esame viene espunto il riferimento al 25 per cento, pertanto le plusvalenze per le cessioni di metalli preziosi sono determinate in misura pari al corrispettivo della cessione.

 

La relazione illustrativa chiarisce che la ratio dell’intervento risiede nel fatto che il riferimento al 25% del corrispettivo di cessione quale parametro per determinare il valore della plusvalenza realizzata in assenza di documentazione potrebbe sottostimare notevolmente il valore della stessa.


Articolo 23, comma 6
(Immatricolazione e voltura di autoveicoli, motoveicoli e loro rimorchi, anche nuovi, oggetto di acquisto intracomunitario a titolo oneroso)

 

 

L’articolo 23, comma 6, estende alle operazioni di immatricolazione e voltura di autoveicoli, motoveicoli e loro rimorchi provenienti dal territorio degli Stati della Città del Vaticano e della Repubblica di San Marino, gli obblighi previsti dalla legislazione vigente per contrastare le frodi IVA nel settore delle compravendite di automezzi tra Stati dell’Unione europea.

 

In particolare, il comma in esame aggiunge il comma 9-ter all’articolo 1 del decreto-legge n. 262 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 286 del 2006. In tale nuovo comma si prevede che, ai fini dell’immatricolazione o della successiva voltura di autoveicoli, motoveicoli e loro rimorchi, anche nuovi, introdotti nel territorio dello Stato come provenienti dal territorio degli Stati della Città del Vaticano e della Repubblica di San Marino, di cui all’articolo 71 del D.P.R. n. 633 del 1972 (Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto), si applicano gli obblighi di:

-         trasmissione, a corredo della richiesta di immatricolazione, di copia del modello F24 recante, per ciascun mezzo di trasporto, il numero di telaio e l'ammontare dell'IVA assolta in occasione della prima cessione interna;

-         verifica da parte dell’Agenzia delle entrate della sussistenza delle condizioni di esclusione dal versamento IVA mediante modello F24-elementi identificativi (c.d. ELIDE).

In base alla legislazione vigente, tali obblighi sono previsti, rispettivamente, dall’articolo 1, commi 9 e 9-bis, del decreto-legge n. 262 del 2006 con riferimento alle operazioni tra Stati appartenenti all’Unione europea (si veda il box seguente).

 

In anni recenti, l’Agenzia delle entrate e la Guardia di finanza hanno evidenziato come esista un diffuso fenomeno di frode IVA nel settore della compravendita di autoveicoli e motoveicoli di provenienza comunitaria.

In particolare l’Agenzia delle entrate nel provvedimento sulla competenza territoriale e la documentazione da esibire per la presentazione delle istanze connesse all'immatricolazione di autoveicoli e motoveicoli di provenienza comunitaria (19 aprile 2018) aveva rilevato che esistono forti criticità nel settore dei veicoli di provenienza comunitaria connesse soprattutto all’utilizzo improprio delle deroghe al sistema di versamento anticipato, previste per i veicoli acquistati in regime IVA del margine e per quelli utilizzati come beni strumentali all’attività d’impresa.

La Guardia di finanza, a sua volta, ha reso noti i dati di una indagine, denominata Cars lifting (3 settembre 2019), condotta dal comando provinciale di Pordenone, dove è stata ricostruita una evasione fiscale milionaria per centinaia di fraudolente immatricolazioni di autoveicoli di provenienza comunitaria (35 milioni di euro evasi, 1.329 persone truffate in 97 province).

In materia di lotta alle frodi negli acquisti di veicoli di provenienza comunitaria il legislatore negli anni è più volte intervenuto disponendo alcuni adempimenti fiscali. In particolare:

§    l’articolo 1, comma 378, della legge finanziaria 2005 (legge n. 311 del 2004) prevede l’obbligo di trasmissione dei dati identificativi della transazione e del veicolo acquistato in Paesi dell’Unione europea. Sono obbligati i soggetti esercenti imprese, arti e professioni che devono provvedere alla comunicazione al Dipartimento per i trasporti prima dell’immatricolazione del veicolo;

§    l’articolo 1, comma 9, del decreto-legge n. 262 del 2006, dispone che ai fini dell'immatricolazione o della successiva voltura di autoveicoli, motoveicoli e loro rimorchi, anche nuovi, oggetto di acquisto intracomunitario a titolo oneroso, la relativa richiesta deve essere corredata di copia del modello F24 per il versamento unitario di imposte, contributi e altre somme, recante, per ciascun mezzo di trasporto, il numero di telaio e l'ammontare dell'IVA assolta in occasione della prima cessione interna;

§    L’articolo 1, comma 9-bis, del decreto-legge n. 262 del 2006 (introdotto dall’articolo 9 del decreto-legge n. 124 del 2019, dispone che la sussistenza delle condizioni di esclusione dal versamento IVA mediante modello F24-elementi identificativi (c.d. ELIDE) deve essere verificata dall’Agenzia delle entrate (in attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate 17 luglio 2020). Si equipara, conseguentemente, ai fini di tale controllo tutte le operazioni effettuate da soggetti titolari di partita IVA a quelle effettuate da soggetti consumatori finali. Gli esiti del controllo sono trasmessi al Dipartimento per i trasporti;

§    il decreto del 26 marzo 2018 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti estende l’obbligo di comunicazione al Dipartimento per i trasporti dei dati riepilogativi dell’operazione di acquisto, a qualsiasi titolo effettuata, di autoveicoli, di motoveicoli e di rimorchi, nuovi o usati, provenienti da altri Paesi dell’Unione Europea; inoltre lo stesso decreto ha specificato l’obbligo di versamento dell’IVA mediante F24 ELIDE per i veicoli fiscalmente nuovi.

 

Il comma rinvia quindi a un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate per l’indicazione delle modalità e dei termini di attuazione di tali disposizioni.

 

Nella relazione illustrativa che accompagna il disegno di legge di bilancio, il Governo riferisce che, nell’ambito dell’attività di contrasto alle frodi IVA, l’Agenzia delle entrate effettua un continuo monitoraggio sulle immatricolazioni di auto di provenienza comunitaria che non abbiano adempiuto agli obblighi del versamento dell’IVA mediante modello F24 El.Ide, così come previsto dal comma 9 dell’articolo 1 del decreto-legge n. 262 del 2006. In tale contesto si è potuto constatare, a partire dalla fine del 2020, un incremento del numero dei veicoli immatricolati in Italia, formalmente provenienti dalla Repubblica di San Marino, di fatto di provenienza comunitaria. Con tale meccanismo, infatti, risultano aggirati gli obblighi in materia di IVA, non essendo prevista una verifica da parte degli uffici dell’Agenzia delle entrate. L’incremento rilevato coincide con l’attuazione delle indicazioni fornite con il Provvedimento del

direttore dell’Agenzia delle entrate del 17 luglio 2020 (prot. n. 265336), emesso in attuazione dell’articolo 9 del decreto-legge n. 124 del 2019, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 157 del 2019, che ha introdotto il già citato comma 9-bis all’articolo 1 del decreto-legge n. 262 del 2006: quest’ultimo prevede la verifica da parte dell’Agenzia delle entrate dell’esistenza delle cause di esclusione dal versamento dell’IVA mediante modello F24 El.Ide. relativa all’acquisto di veicoli di provenienza comunitaria, da chiunque effettuati.

In caso di veicoli provenienti dalla Repubblica di San Marino al momento non è invece previsto alcun controllo preventivo all’immatricolazione da parte degli Uffici dell’Agenzia delle entrate, in virtù di quanto stabilito dalla normativa e dalla prassi attuale, anche nel caso in cui i veicoli siano identificati con carta di circolazione comunitaria: infatti, per i veicoli di provenienza sammarinese (e, specularmente, dagli altri Stati compresi nella previsione dell’articolo 71 citato) non trovano applicazione i commi 9 e 9-bis dell’articolo 1 del decreto-legge n. 262 del 2006, (valevoli per i beni oggetto di acquisto intracomunitario), ma il successivo comma 10, il quale prevede: «Per i veicoli di cui al comma 9, oggetto di importazione, l’immatricolazione è subordinata alla presentazione della certificazione doganale attestante l’assolvimento dell’IVA e contenente il riferimento all'eventuale utilizzazione, da parte dell'importatore, della facoltà prevista dall'articolo 8, secondo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972, nei limiti ivi stabiliti.».

In assenza di una barriera doganale fisica tra l’Italia e la Repubblica di San

Marino, in ossequio alle disposizioni di cui al decreto del Ministero delle Finanze del 21 giugno 2021, l’IVA relativa all’introduzione di un bene in Italia può essere assolta secondo due modalità, alternative una all’altra:

-          l’imposta italiana dovuta dal cessionario è applicata direttamente in fattura dal cedente sammarinese, il quale, una volta riscossa, la riversa all’Ufficio Tributario sammarinese che, a sua volta, la trasferisce all’Erario italiano (si veda l’articolo 7 del decreto da ultimo citato, nel caso di fatturazione elettronica);

-          il cessionario nazionale assolve l’imposta ai sensi dell’articolo 17, comma 2, del D.P.R. n. 633 del 1972 (si veda l’articolo 8, commi 1 e 2 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 21 giugno 2021, nel caso di fatturazione elettronica), c.d. reverse charge;

La relazione fa notare come anche il consumatore privato che acquisti un veicolo proveniente dalla Repubblica di San Marino realizza un’operazione da assoggettare ad IVA, nel caso di acquisto di veicolo che presenti le caratteristiche di cui al comma 4 dell’articolo 38 del decreto-legge n. 331 del 1993, convertito con modificazioni dalla legge n. 427 del 1993.

Delle due modalità di assolvimento dell’imposta, la seconda si presta alla realizzazione del salto d’imposta fraudolento. Le analisi finora effettuate, infatti, danno conto di un’evasione dell’IVA perpetrata attraverso l’interposizione di soggetti fiscalmente evanescenti in occasione sia della cessione comunitaria dei veicoli (dall’operatore economico comunitario a quello nazionale), sia in occasione della successiva formale introduzione dei veicoli come provenienti dalla Repubblica di San Marino. L’applicazione dell’IVA a questa seconda transazione secondo il meccanismo del c.d. reverse charge è strumentalmente propedeutica ad effettuare il salto d’imposta, poiché l’imposta non viene finanziariamente pagata né al cedente sammarinese, né tramite modello F24 El.Ide.

 

Nella relazione tecnica allegata al provvedimento, inoltre, si fa presente il costante incremento del numero dei veicoli di provenienza sammarinese (da 2.390 veicoli nel 2018 a 8.887 veicoli nel 2022). Risulta significativo, inoltre, il numero di auto provenienti formalmente dalla Repubblica di San Marino se raffrontato con il numero di auto effettivamente immatricolate in detto Stato: negli anni 2018 e 2019 una percentuale attorno all’80 per cento era costituita da auto effettivamente immatricolate nella stessa Repubblica di San Marino e quindi geograficamente legate a questo territorio. Tale percentuale cala drasticamente negli anni dal 2021 in avanti: dal 2021 infatti è pienamente operativa la riforma di cui al citato articolo 1 comma 9-bis del decreto-legge n. 262 2006, comportante la verifica da parte dell’Agenzia delle entrate in capo a tutte le immatricolazioni di veicoli di provenienza comunitaria. Il controllo da parte dell’Agenzia delle entrate ha evidentemente indotto la ricerca di nuovi canali per ottenere l’immatricolazione di veicoli di provenienza comunitaria in frode all’IVA: si presume che il significativo aumento dei veicoli formalmente provenienti dalla Repubblica di San Marino, tanto più quando svincolato da un’immatricolazione nello stesso Paese, possa essere messo in relazione a un fenomeno frodatorio.

Oltre all’incremento numerico, legato in massima parte ad auto della categoria di lusso (e quindi dal rilevante valore unitario), si rileva la presenza di numerosi soggetti fiscalmente evanescenti che richiedono l’immatricolazione dei veicoli. Limitatamente alle società e ai titolari di partita IVA, che hanno immatricolato auto provenienti dalla Repubblica di San Marino e che presentano un profilo fiscale a rischio, si rilevano i seguenti importi di acquisti intracomunitari: per l’anno 2021 circa 44 milioni di euro, per l’anno 2022 circa 149 milioni, per l’anno 2023 (in corso) circa 77 milioni. A detti acquisti intracomunitari, tuttavia, non corrispondono versamenti di IVA mediante il modello F24 El.Ide.. Ne discende in via deduttiva la considerazione che i veicoli oggetto di tali acquisti intracomunitari siano stati immatricolati ricorrendo a procedure alternative al dovuto versamento d’imposta. Considerando l’aliquota ordinaria IVA del 22 per cento si può stimare un ammanco per le casse erariali di circa 9.680.000 euro per il 2021, 32.780.000 per il 2022, 16.940.000 per il 2023 (fino a luglio). Si consideri comunque che la quantificazione riportata è prudenziale, poiché tiene conto esclusivamente dei veicoli immatricolati a nome di soggetti passivi IVA, senza considerare le immatricolazioni effettuate da soggetti evanescenti intestando direttamente il veicolo alla persona fisica acquirente finale. Considerando i più recenti dati 2022 e 2023, tra loro coerenti quanto alla quantificazione appena operata dell’imposta non corrisposta, si può quindi stimare un maggior gettito IVA corrispondente a circa euro 32 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2024.

Sempre secondo la relazione tecnica, il contrasto a tale tipologia di frode, operato prevedendo l’esame della documentazione fiscale relativa all’immatricolazione di veicoli di provenienza comunitaria all’Agenzia delle entrate, garantisce una maggiore efficacia e pervasività del controllo. Inoltre, la procedura sarà in parte automatizzata sfruttando applicativi già in uso all’Agenzia delle entrate, da implementare con risorse in house, non determinandosi, pertanto, nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


Articolo 23, commi da 7 a 11
(Versamento unitario e compensazione; costi di riscossione)

 

 

L’articolo 23, commi da 7 a 11, introduce una serie di restrizioni all’uso delle compensazioni fiscali tramite modello F24 al fine di prevenire condotte illecite.

 

Nel dettaglio, il comma 7, composto delle lettere a) e b), apporta una serie di modificazioni all’articolo 37 (recante disposizioni in tema di accertamento, semplificazione e altre misure di carattere finanziario) del decreto-legge n. 223 del 2006.

La lettera a) modifica il comma 49-bis del predetto articolo 37 allo scopo di prevedere l’obbligo di utilizzare esclusivamente i servizi telematici messi a disposizione dall'Agenzia delle entrate secondo modalità tecniche definite con provvedimento del direttore della medesima Agenzia delle entrate anche nel caso vengano utilizzati in compensazione, tramite modello F24 (di cui all'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997), i crediti maturati a titolo di contributi e premi nei confronti, rispettivamente, dell’INPS e dell’INAIL.

 

Il testo vigente del suddetto comma 49-bis prevede tale obbligo soltanto per i soggetti che intendono effettuare la compensazione del credito annuale o relativo a periodi inferiori all'anno dell'IVA ovvero dei crediti relativi alle imposte sui redditi e alle relative addizionali, alle imposte sostitutive delle imposte sul reddito, all'IRAP, ovvero dei crediti maturati in qualità di sostituto d'imposta e dei crediti d'imposta da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi.

 

La lettera b) aggiunge, al suddetto articolo 37, il comma 49-quinquies, ai sensi del quale, in deroga all’articolo 8, comma 1 (in base al quale l'obbligazione tributaria può essere estinta anche per compensazione), della legge n. 212 del 2000, per i contribuenti che abbiano iscrizioni a ruolo per imposte erariali e relativi accessori o accertamenti esecutivi affidati agli agenti della riscossione per importi complessivamente superiori ad euro centomila, per i quali i termini di pagamento siano scaduti e siano ancora dovuti pagamenti o non siano in essere provvedimenti di sospensione, è esclusa la facoltà di avvalersi della compensazione, tramite modello F24 (di cui all’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997). La previsione di cui al periodo precedente cessa a seguito della completa rimozione delle violazioni contestate. Si applicano le disposizioni dei commi 49-ter (l'Agenzia delle entrate può sospendere, fino a trenta giorni, l'esecuzione delle deleghe di pagamento contenenti compensazioni che presentano profili di rischio) e 49-quater (qualora in esito all'attività di controllo di cui al comma 49-ter i crediti si rivelino in tutto o in parte non utilizzabili in compensazione, l'Agenzia delle entrate comunica telematicamente la mancata esecuzione della delega di pagamento al soggetto) ai meri fini della verifica delle condizioni di cui al presente comma.

 

Nella relazione illustrativa, il Governo fornisce alcune informazioni di contesto, precisando che l’istituto della compensazione di cui all’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, come interpretato anche dall’articolo 2-quater del decreto-legge n. 11 del 2023, consente alle imprese di versare i debiti tributari, i contributi previdenziali e le somme dovute nei confronti di altri enti impositori mediante compensazione con crediti tributari. L’esperienza operativa ha tuttavia intercettato negli ultimi anni sempre più frequenti frodi attuate mediante l’istituto in rassegna, facendo ricorso a crediti fiscali inesistenti per saldare posizioni debitorie, anche di competenza di altri enti, in particolare previdenziali: tale condotta illecita risulta particolarmente insidiosa e complessa da disvelare, generando per l'effetto ingenti danni erariali. Inoltre, si tratta di una condotta che spesso si accompagna ad ulteriori e più articolate frodi, quali la somministrazione illecita di manodopera, essendo ampiamente impiegata per estinguere le obbligazioni previdenziali da parte delle società che hanno in carico personale dipendente, simulano la prestazione di servizi di appalto, mentre in realtà sono esclusivamente enti strumentali al disegno criminoso ed all'arricchimento personale degli ideatori dello schema illecito. La disposizione in esame prevede che la compensazione sia inibita: si tratta di fattispecie calibrate sui precedenti fiscali dei contribuenti, già destinatari di atti dell'Amministrazione finanziaria, rispetto ai quali non sono stati disposti i relativi pagamenti. Al ricorrere delle circostanze individuate dalla norma, il modello F24 che contenga una compensazione, previa sospensione dello stesso, è successivamente scartato. L’inibizione in parola è mantenuta fintanto che permangono le irregolarità individuate dalla norma, mentre cessa dal momento in cui tutte le somme dovute sono corrisposte dal contribuente.

 

Il comma 8, composto dalle lettere a) e b), apporta una serie di modificazioni all’articolo 11 (recante norme per la riduzione dei costi della riscossione fiscale), comma 2, del decreto-legge n. 66 del 2014.

In particolare, la lettera a) dispone che i versamenti in compensazione, mediante modello F24, (di cui all'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997), sono eseguiti esclusivamente mediante i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate, nel caso in cui siano effettuate delle compensazioni.

 

La norma introduce pertanto delle limitazioni rispetto al testo vigente del suddetto articolo 11, comma 2, lettera a), ai sensi della quale i versamenti in compensazione sono eseguiti esclusivamente mediante i servizi telematici messi a disposizione dall'Agenzia delle entrate, nel caso in cui, per effetto delle compensazioni effettuate, il saldo finale sia di importo pari a zero.

 

Conseguentemente, la lettera b) del comma 8 in esame, sopprime la possibilità di eseguire i versamenti in compensazione mediante i servizi telematici messi a disposizione dall'Agenzia delle entrate e dagli intermediari della riscossione convenzionati con la stessa, nel caso in cui siano effettuate delle compensazioni e il saldo finale sia di importo positivo – possibilità prevista dal vigente articolo 11, comma 2, lettera b) del decreto-legge n. 66 del 2014.

 

Ai sensi del comma 9, le disposizioni di cui ai commi 7 e 8 decorrono dal 1° luglio 2024.

 

Il comma 10, composto dalle lettere a) e b), apporta una serie di modificazioni all’articolo 17 (che disciplina le compensazioni di crediti e debiti tributari e contributivi), del decreto legislativo n. 241 del 1997, sono apportate le seguenti modificazioni:

In particolare, la lettera a) aggiunge al suddetto articolo 17 i commi 1-bis e 1-ter:

-         il nuovo comma 1-bis stabilisce che la compensazione dei crediti di qualsiasi importo maturati a titolo di contributi nei confronti dell’INPS, può essere effettuata:

a)      dai datori di lavoro non agricoli a partire dal quindicesimo giorno successivo a quello di scadenza del termine mensile per la trasmissione in via telematica dei dati retributivi e delle informazioni necessarie per il calcolo dei contributi da cui il credito emerge o dal quindicesimo giorno successivo alla sua presentazione, se tardiva; dalla data di notifica delle note di rettifica passive;

b)     dai datori di lavoro che versano la contribuzione agricola unificata per la manodopera agricola a decorrere dalla data di scadenza del versamento relativo alla dichiarazione di manodopera agricola da cui il credito emerge;

c)      dai lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali degli artigiani ed esercenti attività commerciali e dai liberi professionisti iscritti alla Gestione separata Inps a decorrere dal decimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione dei redditi da cui il credito emerge. Resta impregiudicata la verifica sulla correttezza sostanziale del credito compensato. Sono escluse dalle compensazioni le aziende committenti per i compensi assoggettati a contribuzione alla Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995.

?         Il comma 1-ter dispone che la compensazione dei crediti di qualsiasi importo per premi ed accessori maturati nei confronti dell’INAIL può essere effettuata a condizione che il credito certo, liquido ed esigibile sia registrato negli archivi del predetto Istituto.

 

Nella relazione illustrativa, il Governo chiarisce che tale intervento consente di effettuare controlli preventivi automatizzati sui crediti utilizzati in compensazione, già in fase di elaborazione dei modelli F24, allo scopo di contrastare l’utilizzo di crediti inesistenti.

 

La lettera b) modifica i riferimenti al comma 15-bis contenuti nel comma 2-quater aggiungendo anche i riferimenti al comma 15-bis.1. In tal modo, la facoltà di avvalersi della compensazione dei crediti è esclusa non soltanto per i contribuenti a cui sia stato notificato il provvedimento di cessazione della partita IVA, ma anche per i contribuenti per i quali è prevista la cessazione d’ufficio della partita IVA correlata a profili di rischio relativi al sistematico inadempimento alle obbligazioni tributarie.

 

Il suddetto comma 2-quater dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997 prevede che, in deroga alle previsioni di cui all'articolo 8, comma 1 (in base al quale l'obbligazione tributaria può essere estinta anche per compensazione), della legge n. 212 del 2000, stabilisce che, per i contribuenti a cui sia stato notificato il provvedimento di cessazione della partita IVA, ai sensi dell'articolo 35, comma 15-bis, del D.P.R. n. 633 del 1972, è esclusa la facoltà di avvalersi, a partire dalla data di notifica del provvedimento, della compensazione dei crediti. Il comma 15-bis.1 del medesimo articolo 35 prevede che, ai fini del rafforzamento del presidio di cui al comma 15-bis, l'Agenzia delle entrate effettua specifiche analisi del rischio connesso al rilascio di nuove partite IVA, all'esito delle quali l'ufficio dell'Agenzia delle entrate invita il contribuente a comparire di persona presso il medesimo ufficio per esibire la documentazione prevista, ove obbligatoria, per consentire in ogni caso la verifica dell'effettivo esercizio dell'attività, sulla base di documentazione idonea, l'assenza dei profili di rischio individuati. In caso di mancata comparizione di persona del contribuente ovvero di esito negativo dei riscontri operati sui documenti eventualmente esibiti, l'ufficio emana provvedimento di cessazione della partita IVA.

Nella relazione illustrativa, il Governo fornisce i seguenti chiarimenti in merito. L’articolo 2 del decreto-legge n. 124 del 2019, ha introdotto un divieto di compensazione dei crediti nel modello F24 per tutti i contribuenti nei cui confronti sia stato emesso il provvedimento di cessazione della partita IVA, come previsto dall’articolo 35, comma 15-bis, del D.P.R. n. 633 del 1972. La legge di bilancio 2023 (legge n. 197 del 2022) ha previsto poi, all’articolo 1, comma 148 (che ha introdotto il suddetto comma 15.bis.1 all’articolo 35 del D.P.R. n. 633 del 1972), nuovi presupposti e modalità per la cessazione d’ufficio della partita IVA, correlati a profili di rischio relativi al sistematico inadempimento alle obbligazioni tributarie, da parte di enti e società costituiti per avere ridotta operatività nel tempo. Introduce, pertanto, anche per tali ultimi soggetti l’esclusione dalla facoltà di compensazione in F24, a partire dalla data di notifica del provvedimento di cessazione della partita IVA.

 

Il comma 11 rinvia a dei provvedimenti adottati d'intesa dal direttore dell’Agenzia delle entrate, dal direttore generale dell’INPS e dal direttore generale dell’INAIL la definizione dell’entrata in vigore, anche progressiva, delle disposizioni di cui alla lettera a) dei commi 7 e 10 e le relative modalità di attuazione.


Articolo 23, comma 12
(Disposizione regolamentare concernente le dichiarazioni di inizio, variazione e cessazione attività)

 

 

L’articolo 23, comma 12, fa scaturire i medesimi effetti preclusivi previsti per i soggetti già destinatari del provvedimento di cessazione di altra partita

IVA (presentazione di fideiussione, eventualmente parametrata alle violazioni fiscali riscontrate) anche nelle ipotesi in cui il contribuente abbia autonomamente comunicato, nei 12 mesi precedenti, la cessazione dell’attività.

 

Nel dettaglio, il comma in esame aggiunge il comma 15-bis.3 (dopo il comma 15.bis.2) all’articolo 35 (recante disposizione regolamentare concernente le dichiarazioni di inizio, variazione e cessazione attività) del D.P.R. n. 633 del 1972.

In base a tale nuovo comma 15-bis.3, la partita IVA può essere richiesta (successivamente alla cessazione ai sensi dei commi 15-bis e 15-bis.1) dal medesimo soggetto, come imprenditore individuale, lavoratore autonomo o rappresentante legale di società, associazione o ente, con o senza personalità giuridica, costituiti successivamente al provvedimento di cessazione della partita IVA, solo previo rilascio di polizza fideiussoria o fideiussione bancaria per la durata di tre anni dalla data del rilascio e per un importo non inferiore a 50.000 euro (condizione prevista dal precedente comma 15-bis.2) anche in conseguenza della notifica da parte dell’ufficio di un provvedimento che accerta la sussistenza dei presupposti per la cessazione della partita IVA, in relazione al periodo di attività, ai sensi dei commi 15-bis e 15-bis.1, nei confronti dei contribuenti che nei 12 mesi precedenti abbiano comunicato la cessazione dell’attività ai sensi del comma 3 (variazione di alcuno degli elementi di cui al comma 2 o di cessazione dell'attività). Si applica in ogni caso la sanzione di cui all’articolo 11, comma 7-quater, del decreto legislativo n. 241 del 1997.


Articolo 23, comma 13
(Cooperazione applicativa e informatica per il potenziamento dell’azione di recupero coattivo)

 

 

L’articolo 23, comma 13, riconosce all’agente della riscossione la possibilità di avvalersi, prima di avviare l’azione di recupero coattivo, di modalità telematiche di cooperazione applicativa e degli strumenti informatici per l’acquisizione delle informazioni necessarie, da chiunque detenute, per l’attività di riscossione. Tale attività dovrà comunque garantire la protezione dei dati personali.

 

La disposizione, al comma 13, modifica il decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, in materia di disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito, inserendo un nuovo articolo 75-ter volto a favorire la cooperazione applicativa e informatica per l’accesso alle informazioni necessarie per il potenziamento dell’azione di recupero coattivo.

In particolare, la norma stabilisce che, in coerenza con le previsioni dell’articolo 18 della legge 9 agosto 2023, n. 111 (Delega al Governo per la riforma fiscale), l’agente della riscossione può avvalersi, prima di avviare l’azione di recupero coattivo, di modalità telematiche di cooperazione applicativa e degli strumenti informatici, per l’acquisizione di tutte le informazioni necessarie alla riscossione, da chiunque detenute.

Tali procedure devono essere volte a:

§  assicurare la massima efficienza dell’attività di riscossione;

§  semplificare e velocizzare la medesima attività;

§  impedire il pericolo di condotte elusive da parte del debitore,

 

A tale proposito si ricorda che l’articolo 18, comma 1, lettera e), n.3, della legge del 9 agosto 2023, n. 111, prevede la delega al Governo per la razionalizzazione, l'informatizzazione e la semplificazione delle procedure di pignoramento dei rapporti finanziari, che non possono in ogni caso eccedere complessivamente la misura della sorte capitale, degli interessi e di ogni relativo accessorio fino all'effettivo soddisfo, anche mediante l'introduzione di meccanismi di cooperazione applicativa sin dalla fase della dichiarazione stragiudiziale del terzo, ai sensi dell’articolo 75-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, ferme restando le forme di tutela previste a favore del debitore.

Si ricorda, altresì, che nel disegno di legge iniziale di delega la disposizione prevedeva la razionalizzazione e l’automazione della procedura di pignoramento dei rapporti finanziari, anche mediante l’introduzione di meccanismi di cooperazione applicativa sin dalla fase della dichiarazione stragiudiziale del terzo, ai sensi dell’articolo 75-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.

Nel paragrafo sull’attività di Agenzia entrate-Riscossione presente all’interno Relazione sul rendiconto generale dello stato 2022 della Corte dei conti sono esposti i risultati più recenti delle azioni di recupero del credito.

 

 

Si stabilisce inoltre che le misure che verranno adottate con decreto del MEF per l’accesso alle informazioni dovranno garantire la protezione delle persone fisiche con riguardo particolare al trattamento dei dati personali.

Nello specifico, si prevede che le soluzioni tecniche di cooperazione applicativa e di utilizzo degli strumenti informatici per l’accesso alle informazioni sono definite con uno o più decreti del Ministero dell’economia e delle finanze, nel rispetto dello Statuto dei diritti del contribuente di cui alla legge 27 luglio 2000, n. 212, sentito anche il Garante per la protezione dei dati personali, ai fini dell’adozione di idonee misure di garanzia a tutela dei diritti e delle libertà degli interessati.

Tala garanzia viene assicurata attraverso la previsione di apposite misure di sicurezza, anche di carattere organizzativo, in conformità con le disposizioni del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali nonché alla libera circolazione di tali dati e del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196-Codice in materia di protezione dei dati personali.

 


Capo III
Misure in materia di assicurazioni

 

 

Articolo 24
(Misure in materia di rischi catastrofali)

 

 

L’articolo 24 istituisce l’obbligo, per le imprese con sede legale o stabile organizzazione in Italia, tenute all’iscrizione nel relativo Registro, di stipulare, entro il 31 dicembre 2024, contratti assicurativi a copertura dei danni a terreni e fabbricati, impianti e macchinari, nonché attrezzature industriali e commerciali direttamente causati da eventi quali i sismi, le alluvioni, le frane, le inondazioni e le esondazioni. L’inadempimento dell’obbligo di assicurazione viene considerato nell’assegnazione di contributi, sovvenzioni o agevolazioni di carattere finanziario a valere su risorse pubbliche. La polizza deve prevedere un eventuale scoperto o franchigia non superiore al 15 per cento del danno e l’applicazione di premi proporzionali al rischio. Tali valori possono essere aggiornati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro delle imprese e del made in Italy, con il quale possono essere altresì stabilite ulteriori modalità attuative e operative degli schemi di assicurazione. In caso di segnalazione di violazione o elusione dell'obbligo a contrarre, incluso il rinnovo, IVASS provvede a irrogare la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 200.000 a 1 milione di euro. I commi da 8 a 10 recano norme finalizzate a contribuire all’efficace gestione del rischio da parte delle compagnie assicurative per la copertura dei danni in esame, autorizzando SACE S.p.A. a concedere una copertura fino al 50 per cento degli indennizzi (fino a un massimo di 5 miliardi di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026). Sulle obbligazioni di SACE S.p.A. derivanti da tali coperture è accordata di diritto la garanzia dello Stato a prima richiesta e senza regresso. Il comma 11 prevede infine che le disposizioni di cui all’articolo in esame non siano applicabili agli imprenditori agricoli (di cui all’articolo 2135 del Codice civile), per le quali resta ferma la disciplina del Fondo mutualistico nazionale per la copertura dei danni catastrofali meteoclimatici alle produzioni agricole causati da alluvione, gelo-brina e siccità stabilita dall’articolo 1, commi 515 e seguenti della legge n. 234 del 2021 (legge di bilancio 2022).

 

Il comma 1 dell’articolo 24 stabilisce che le imprese con sede legale in Italia e le imprese aventi sede legale all'estero con una stabile organizzazione in Italia, tenute all’iscrizione nel Registro delle imprese ai sensi dell’articolo 2188 del Codice civile, sono tenute a stipulare, entro il 31 dicembre 2024 contratti assicurativi a copertura dei danni ai beni iscritti nello Stato patrimoniale di cui all’articolo 2424, primo comma, sezione Attivo, voce B-II, numeri 1), 2) e 3), direttamente cagionati da calamità naturali ed eventi catastrofali verificatisi sul territorio nazionale. Le imprese sono dunque obbligate a stipulare polizze assicurative per la copertura dei danni a terreni e fabbricati, impianti e macchinari, nonché attrezzature industriali e commerciali causati da eventi quali i sismi, le alluvioni, le frane, le inondazioni e le esondazioni.

L’articolo 2188 del Codice civile istituisce il registro delle imprese per le iscrizioni previste dalla legge e, segnatamente, dai successivi articoli 2083, 2135, 2136, 2195, 2200, 2201, 2202, 2205, 2250, 2251, 2296, 2297, 2298, 2306, 2307, 2312, 2317, 2329, 2493, 2502-bis, 2520, 2556, 2559, 2612, 2615-ter, 2845 e 2949. L’articolo 2195 del Codice stabilisce, in particolare, che sono soggetti all'obbligo dell'iscrizione nel registro delle imprese gli imprenditori che esercitano 1) un'attività industriale diretta alla produzione di beni o di servizi (2135); 2) un'attività intermediaria nella circolazione dei beni (2203); 3) un'attività di trasporto per terra (1678), per acqua o per aria; 4) un'attività bancaria (1834) (4) o assicurativa (1882, 1883); 5) altre attività ausiliarie delle precedenti (1754). Sono soggette all'obbligo dell'iscrizione le società costituite secondo uno dei tipi regolati nei capi III e seguenti del titolo V del Codice e le società cooperative, anche se non esercitano un'attività commerciale (2200), gli enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o principale un'attività commerciale (2201), mentre non sono soggetti all'obbligo dell'iscrizione nel registro delle imprese i piccoli imprenditori (2202) ovvero i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un'attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia (2083).

 

Il comma 2 prevede che l’inadempimento dell’obbligo di assicurazione venga considerato nell’assegnazione di contributi, sovvenzioni o agevolazioni di carattere finanziario a valere su risorse pubbliche, anche con riferimento a quelle previste in occasione di eventi calamitosi e catastrofali.

 

Le imprese di assicurazione possono offrire tale copertura sia assumendo direttamente l’intero rischio sia in coassicurazione sia in forma consortile mediante una pluralità di imprese (comma 3). In tale ultimo caso il consorzio deve essere registrato presso la CONSAP S.p.A. e approvato dall’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS) che ne valuta la stabilità.

 

Il comma 4, con riferimento alle caratteristiche del contratto, stabilisce che per l'adempimento dell'obbligo di assicurazione in argomento, lo stesso deve prevedere un eventuale scoperto o franchigia non superiore al 15 per cento del danno e l’applicazione di premi proporzionali al rischio.

Lo “scoperto” consiste in una clausola contrattuale in base alla quale una percentuale del danno, da dedurre dall’indennizzo, rimane a carico del contraente nei casi previsti dalle condizioni di polizza. Con il termine “franchigia” si fa riferimento a una clausola contrattuale in base alla quale, a fronte di un premio più contenuto, il contraente si obbliga a farsi carico di una parte del costo del sinistro. Il “premio (o i premi, quando si tratta di più pagamenti periodici) costituisce sostanzialmente il prezzo che il contraente paga per acquistare la garanzia offerta dalla compagnia e viene calcolato dall’impresa sulla base della valutazione del rischio che intende assumere ovvero sulla base della probabilità che si verifichi il fatto dannoso coperto da garanzia, cioè il sinistro.

 

Il comma 5 prevede che con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro delle imprese e del made in Italy, possono essere stabilite ulteriori modalità attuative e operative degli schemi di assicurazione in esame e possono essere aggiornati i valori di cui al comma 4.

 

In caso di segnalazione di violazione o elusione dell'obbligo a contrarre, incluso il rinnovo, IVASS provvede a irrogare la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 200.000 a 1 milione di euro. L’obbligo di assicurazione in esame non si applica alle imprese i cui beni immobili risultano gravati da abuso edilizio o costruiti in carenza delle autorizzazioni previste, ovvero gravati da abuso sorto successivamente alla data di costruzione.

 

I commi da 8 a 10 recano norme finalizzate a contribuire all’efficace gestione del rischio da parte delle compagnie assicurative per la copertura dei danni in esame. In particolare, ai sensi del comma 8, SACE S.p.A. viene autorizzata a concedere a condizioni di mercato, in favore degli assicuratori e riassicuratori del mercato privato mediante apposita convenzione approvata con il decreto di cui al comma 5, una copertura fino al 50 per cento degli indennizzi cui i medesimi sono tenuti a fronte del verificarsi degli eventi di danno dedotti in contratto e comunque non superiore a 5 miliardi di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026. Il comma 9 prevede che sulle obbligazioni di SACE S.p.A. derivanti da tali coperture venga accordata di diritto la garanzia dello Stato a prima richiesta e senza regresso, la cui operatività sarà registrata da SACE S.p.A. con gestione separata. La garanzia dello Stato è esplicita, incondizionata, irrevocabile. Gli impegni assunti dallo Stato ai sensi dell’obbligo di assicurazione in esame sono computati ai fini della verifica del rispetto del limite di cui al primo periodo del comma 9 dell’articolo 55 (alla cui scheda di lettura si fa rinvio). Per le finalità di cui ai commi 8 e 9, il comma 10 istituisce, nell'ambito del Fondo a copertura delle garanzie concesse per il sostegno alla liquidità delle imprese di cui all'articolo 1, comma 14, del decreto-legge n. 23 del 2020, e delle risorse ivi disponibili alla data del 1° gennaio 2024, una sezione speciale, con autonoma evidenza contabile, con una dotazione iniziale di 5 miliardi di euro, alimentata, altresì, con le risorse finanziarie versate dalle imprese di assicurazione a titolo di remunerazione della copertura, al netto delle commissioni trattenute da SACE S.p.A. per l'acquisizione, gestione, ristrutturazione e recupero degli impegni connessi alle coperture, come risultanti dalla contabilità di SACE S.p.A., salvo conguaglio all'esito dell'approvazione del bilancio di esercizio dell’anno di riferimento, e al netto delle commissioni riconosciute alle stesse imprese di assicurazione.

 

Il comma 11 prevede infine che le disposizioni di cui all’articolo in esame non siano applicabili agli imprenditori agricoli (di cui all’articolo 2135 del Codice civile), per le quali resta fermo quanto stabilito dall’articolo 1, commi 515 e seguenti della legge n. 234 del 2021 (legge di bilancio 2022).

È imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse (2135). Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.

L’articolo 1, commi 515-519 della legge di bilancio 2022, ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (MASAF) un “Fondo mutualistico nazionale per la copertura dei danni catastrofali meteoclimatici alle produzioni agricole causati da alluvione, gelo-brina e siccità”, con una dotazione iniziale di 50 milioni di euro per l’anno 2022, successivamente incrementata di incrementata di 9,5 milioni di euro per l'anno 2023 dall’articolo 1, comma 302 della legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio 2023).

In attuazione di tale disposizione è stato emanato il D.M. 30 dicembre 2022.

In base al comma 516, le funzioni di soggetto gestore del Fondo sono affidate all’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare (ISMEA) che, al fine di assicurare l’adempimento delle normative speciali in materia di redazione dei conti annuali e garantire una separazione dei patrimoni, è autorizzato ad esercitarle attraverso una società di capitali dedicata. Il successivo comma 519, infine, ha previsto che, al fine di garantire la copertura del maggiore fabbisogno finanziario relativo all’attuazione del Fondo mutualistico, nonché della misura “assicurazioni agevolate in agricoltura” prevista dal Programma di sviluppo rurale nazionale sostenuto dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, il cofinanziamento statale a carico del Fondo di rotazione di cui (all’articolo 5 della) legge n. 183 del 1987, fosse incrementato di complessivi 178,3 milioni di euro, di cui 50 milioni di euro riservati alla misura “assicurazioni agevolate in agricoltura”, per ciascuno degli anni dal 2023 al 2027.

 


Articolo 25
(Istituzione del fondo di garanzia assicurativo dei rami vita)

 

 

L’articolo 25 modifica il decreto legislativo n. 209 del 2005 (Codice delle assicurazioni private – CAP), inserendo, nell’ambito delle misure di salvaguardia, risanamento e liquidazione delle imprese assicurative, un nuovo Capo che istituisce e disciplina il Fondo di garanzia assicurativo dei rami Vita (comma 1). Sono tenute ad aderire: 1) le imprese di assicurazione italiane autorizzate ad esercitare l’attività in uno o più dei rami vita e gli iscritti al Registro unico degli intermediari assicurativi (RUI), quando la raccolta premi annua nei rami vita è pari o superiore a 50 milioni di euro; 2) le succursali di imprese di assicurazione extracomunitarie autorizzate ad esercitare l’attività in uno o più dei rami vita in Italia, salvo che partecipino a un sistema di garanzia assicurativo estero equivalente.

Il Fondo ha natura di diritto privato e la sua dotazione finanziaria è costituita mediante contributi degli aderenti, in modo che la stessa risulti proporzionata alle passività del Fondo e comunque pari almeno allo 0,5 per cento dell'importo delle riserve tecniche (livello-obiettivo da raggiungere gradualmente entro il 31 dicembre 2033). Con riferimento all’ammontare dei contributi dovuti dalle imprese di assicurazione aderenti, che rappresenteranno almeno i quattro quinti della contribuzione annuale complessiva, viene previsto che gli stessi siano proporzionati all'ammontare degli impegni assunti nei confronti degli assicurati e al profilo di rischio delle imprese. Il quinto restante è rappresentato dai contributi dovuti dagli intermediari aderenti, determinati in relazione al volume complessivo dei prodotti vita intermediati e ai ricavi ad essi associati. La dotazione finanziaria deve essere investita dal Fondo in attività a basso rischio e con sufficiente diversificazione.

Il Fondo interviene effettuando pagamenti nei casi di liquidazione coatta amministrativa delle imprese di assicurazione aderenti. Inoltre, se previsto dallo statuto, il Fondo può effettuare interventi nei confronti di imprese di assicurazione aderenti per prevenire o superare una situazione di crisi ovvero intervenire in operazioni di cessione di attività, passività, aziende, rami d'azienda, beni e rapporti giuridici individuabili in blocco, se il costo di tali interventi non supera il costo che il Fondo, secondo quanto ragionevolmente prevedibile in base alle informazioni disponibili al momento dell'intervento, dovrebbe sostenere per l’esecuzione delle prestazioni protette in caso di liquidazione. Il Fondo rimborsa le prestazioni protette entro l’importo massimo di 100.000 euro per ciascun avente diritto, fatto salvo quanto previsto dal comma 3 dell’articolo 274-septies con riferimento a taluni prodotti assicurativi per i quali non opera il limite.

Il Fondo deve disporre di assetti di governo, di strutture organizzative e di sistemi di controllo adeguati allo svolgimento dell’attività ed effettuare con regolarità, almeno ogni 5 anni, prove di resistenza della propria capacità di effettuare gli interventi. L’IVASS approva lo statuto del Fondo, vigila sul rispetto della disciplina in esame, può emanare disposizioni attuative della stessa e informa senza indugio il Fondo se rileva che un’impresa aderente presenta criticità tali da poterne determinare l'attivazione. La mancata adesione al Fondo, o l'esclusione da esso, comporta la revoca dell'autorizzazione all’esercizio dell’attività assicurativa nei rami vita o la cancellazione dal RUI. Decorsi ventiquattro mesi dalla costituzione del Fondo di garanzia assicurativo dei rami vita i soggetti obbligati ad aderire possono costituire e aderire a schemi ulteriori di garanzia, aventi le medesime finalità e caratteristiche del Fondo in esame.

Entro quarantacinque giorni dall’entrata in vigore delle disposizioni in esame, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, sentita l’IVASS, è prevista la nomina di un collegio promotore composto da tre persone, dotate di comprovata esperienza nel settore assicurativo o finanziario, col compito di convocare l’assemblea istitutiva del Fondo di garanzia assicurativo dei rami vita, che dovrà procedere alla nomina di un comitato di gestione provvisorio.

 

Il comma 1 dell’articolo 25 modifica il Titolo XVI del decreto legislativo n. 209 del 2005 (Codice delle assicurazioni private – CAP), inserendovi un nuovo Capo VI-bis che istituisce e disciplina il Fondo di garanzia assicurativo dei rami Vita. La novella si inserisce nel contesto delle misure di salvaguardia, risanamento e liquidazione delle imprese assicurative.

 

Il nuovo Capo VI-bis del Titolo XVI del CAP si apre con l’articolo 274-bis recante le definizioni del Fondo, delle prestazioni protette e degli aderenti.

In particolare, per “Fondo di garanzia assicurativo dei rami vita” o più semplicemente “Fondo”, si intende l’organismo associativo istituito fra le imprese di assicurazione e gli intermediari aderenti con lo scopo di intervenire a tutela degli aventi diritto a prestazioni assicurative nei confronti delle imprese aderenti nei casi di cui all’articolo 274-sexies, comma 1 (vedi infra). Le “prestazioni protette” sono diritti di credito spettanti ai contraenti o ai beneficiari di polizze di assicurazione sulla vita a titolo di indennizzo, di restituzione del capitale, di pagamento di una rendita o ad altro titolo. Gli “aderenti” sono costituiti dalle “imprese aderenti”, ovvero dalle imprese di assicurazione aderenti indicate all’articolo 274-ter, commi 1 e 2, nonché dagli “intermediari aderenti”, ovvero gli iscritti al “Registro degli intermediari assicurativi, anche a titolo accessorio, e riassicurativi” (Registro unico o RUI) di cui all'articolo 109 del CAP indicati all’articolo 274-ter, comma 1. Per intermediari assicurativi o riassicurativi si intendono le persone fisiche o società (comprese le banche), iscritte nel RUI, che professionalmente e a titolo oneroso presentano o propongono prodotti assicurativi e riassicurativi, prestano assistenza e consulenza finalizzata a tale attività e collaborano alla gestione e all’esecuzione dei contratti stipulati. A questi soggetti si aggiungono gli intermediari assicurativi a titolo accessorio, che svolgono invece l’attività in via accessoria rispetto a quella che è la propria attività professionale principale. Inoltre sono intermediari assicurativi anche i soggetti iscritti nell’elenco annesso al RUI, in qualità di operatori dell’Unione europea che svolgono l’attività di intermediazione in Italia in regime di stabilimento o di libera prestazione di servizi.

L’articolo 274-ter chiarisce i soggetti che sono tenuti ad aderire al Fondo e la natura giuridica dello stesso. In particolare sono tenute ad aderire:

1) le imprese di assicurazione italiane autorizzate ad esercitare l’attività in uno o più dei rami vita e gli iscritti al Registro degli intermediari assicurativi, anche a titolo accessorio, e riassicurativi di cui all'articolo 109 del CAP (Registro unico o RUI), quando la raccolta premi annua nei rami vita è pari o superiore a 50 milioni di euro;

2) le succursali di imprese di assicurazione extracomunitarie autorizzate ad esercitare l’attività in uno o più dei rami vita in Italia, salvo che partecipino a un sistema di garanzia assicurativo estero equivalente almeno con riferimento al livello e all'ambito di copertura.

Il Fondo ha natura di diritto privato e le risorse finanziarie per il perseguimento delle sue finalità sono fornite dagli aderenti.

L'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS) determina, con regolamento, la pubblicità e le comunicazioni che gli aderenti sono tenuti a effettuare per informare i clienti della garanzia sulle coperture assicurative emesse.

L’ultimo comma dell’articolo 274-ter consente l’adesione al Fondo alle succursali di imprese di assicurazione europee che operano in Italia in uno o più dei rami vita o alle imprese europee che operano in Italia in uno o più dei rami vita in regime di libera prestazione di servizi.

 

L’articolo 274-quater prevede, al comma 1, che il Fondo abbia una dotazione finanziaria proporzionata alle proprie passività e comunque pari almeno allo 0,5 per cento dell'importo delle riserve tecniche dei rami vita, calcolate secondo le disposizioni di cui al Titolo III, CAPO II del CAP (recante, appunto, la disciplina del calcolo delle riserve tecniche) o secondo un regime di solvibilità ritenuto equivalente conformemente all’ordinamento europeo, detenute dalle imprese aderenti al 31 dicembre dell’anno precedente.

Per riserve tecniche si intende l’insieme degli accantonamenti effettuati da un’impresa di assicurazione per far fronte al pagamento delle prestazioni dovute agli assicurati, ai beneficiari o, più in generale, agli aventi diritto. L’impiego di queste somme è sottoposto al controllo dell’IVASS.

Il comma 2 stabilisce che, in fase di prima applicazione, il livello-obiettivo indicato al comma 1 venga raggiunto in modo graduale, entro il 31 dicembre 2033. Tale termine può essere ulteriormente prorogato, fino ad un massimo di due anni con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze (si valuti l’opportunità di fare riferimento al Ministro). Una volta trascorso il termine, nel caso in cui la dotazione finanziaria si riduca al di sotto del livello-obiettivo indicato al comma 1, la stessa dovrà essere ripristinata mediante il versamento di contributi periodici. Qualora la riduzione risulti particolarmente significativa (con una dotazione finanziaria inferiore a due terzi del livello-obiettivo), il ripristino deve avvenire entro tre anni (comma 3).  

La dotazione finanziaria costituisce un patrimonio autonomo, distinto a tutti gli effetti dal patrimonio di ciascun aderente da e da quello del Fondo di garanzia dei rami vita, nonché da ogni altro fondo eventualmente istituito presso lo stesso. Delle obbligazioni contratte in relazione agli interventi e ai finanziamenti disciplinati dalle norme in esame il Fondo risponde esclusivamente con la propria dotazione finanziaria e su di essa, salvo quanto espressamente disposto, non sono ammesse azioni dei creditori del Fondo di garanzia o nell'interesse di quest'ultimo, né quelle dei creditori dei singoli aderenti o degli altri fondi eventualmente istituiti presso lo stesso Fondo (comma 4).

 

L’articolo 274-quinquies reca norme specifiche relative alla costituzione del Fondo e all’investimento delle risorse raccolte.

In particolare, il comma 1 prevede che, per costituire la dotazione finanziaria del Fondo di garanzia assicurativo dei rami vita, gli aderenti versino contributi almeno annualmente, per l'ammontare determinato dal Fondo stesso ai sensi del successivo comma 2. I contributi possono assumere la forma di impegni irrevocabili di pagamento, se ciò è autorizzato dal Fondo e nell'ammontare da esso determinato, comunque non superiore al cinquanta per cento dell'importo della dotazione finanziaria del Fondo, il cui statuto deve prevedere i casi in cui può essere richiesto il loro pagamento.

Con riferimento all’ammontare dei contributi dovuti dalle imprese aderenti, il comma 2 stabilisce che gli stessi sono proporzionati all'ammontare degli impegni assunti nei confronti degli assicurati e al profilo di rischio delle imprese, e rappresentano almeno i quattro quinti della contribuzione annuale degli aderenti. Essi possono essere determinati dal Fondo di garanzia sulla base dei propri metodi interni di valutazione del rischio, approvati dall’IVASS. In fase di prima applicazione, i contributi dovuti dalle imprese di assicurazione aderenti sono pari allo 0,5 per mille dell’importo delle riserve tecniche vita calcolate secondo le disposizioni di cui al Titolo III, CAPO II o secondo un regime di solvibilità ritenuto equivalente conformemente all’ordinamento europeo.

I contributi dovuti dagli intermediari aderenti sono determinati in relazione al volume complessivo dei prodotti vita intermediati e ai ricavi ad essi associati, e rappresentano non oltre un quinto della contribuzione annuale.

In fase di prima applicazione i contributi dovuti dalle banche e dagli altri intermediari di cui all’articolo 109, comma 2, lettera d), del CAP sono pari allo 0,1 per mille dell’importo delle riserve tecniche vita intermediate, mentre i contributi dovuti dagli agenti, dai broker e dagli altri intermediari aderenti di cui all’articolo 109, comma 2, lettere a), b) e c), sono pari allo 0,4 per mille della raccolta premi vita intermediata nell’anno precedente.

Il comma 2 dell’articolo 109 del CAP prevede che nel RUI siano iscritti in sezioni distinte:

a) gli agenti di assicurazione, in qualità di intermediari che agiscono in nome o per conto di una o più imprese di assicurazione o di riassicurazione;

b) i mediatori di assicurazione o di riassicurazione, altresì denominati broker, in qualità di intermediari che agiscono su incarico del cliente e senza poteri di rappresentanza di imprese di assicurazione o di riassicurazione;

c) i produttori diretti che, anche in via sussidiaria rispetto all'attività svolta a titolo principale, esercitano l'intermediazione assicurativa nei rami vita e nei rami infortuni e malattia per conto e sotto la piena responsabilità di un'impresa di assicurazione e che operano senza obblighi di orario o di risultato esclusivamente per l'impresa medesima;

d) le banche autorizzate ai sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo n. 385 del 1993 (Testo unico bancario – TUB), gli intermediari finanziari inseriti nell'elenco speciale di cui all'articolo 106 e 114-septies del TUB, le società di intermediazione mobiliare autorizzate ai sensi dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 58 del 1998 (Testo unico dell'intermediazione finanziaria – TUF), la società Poste Italiane - Divisione servizi di bancoposta, autorizzata ai sensi dell'articolo 2 del decreto del D.P.R n. 144 del 2001;

e) i soggetti addetti all'intermediazione, quali i dipendenti, i collaboratori, i produttori e gli altri incaricati degli intermediari iscritti alle sezioni di cui alle lettere a), b), d), e) e f) per l'attività di intermediazione svolta al di fuori dei locali dove l'intermediario opera;

f) gli intermediari assicurativi a titolo accessorio, ovvero qualsiasi persona fisica o giuridica, diversa da uno dei soggetti di cui alla precedente lettera d), che avvii o svolga a titolo oneroso l'attività di distribuzione assicurativa a titolo accessorio, nel rispetto di specifiche condizioni previste dall’articolo 1, comma 1, lettera cc-septies) del CAP.

Nel caso in cui il Fondo di garanzia assicurativo dei rami vita debba procedere al pagamento delle prestazioni protette e la dotazione finanziaria risulti insufficiente, il comma 4 dell’articolo 274-quinquies dispone che il Fondo chieda agli aderenti di integrarla mediante il versamento di contributi straordinari non superiori allo 0,5 per cento delle riserve tecniche vita per le imprese aderenti e non superiore allo 0,5 per mille delle medesime riserve tecniche per gli intermediari aderenti.

Il comma 5 consente all’IVASS di disporre il differimento, in tutto o in parte, del pagamento dei contributi di cui ai precedenti commi 2, 3 e 4 da parte degli aderenti ove il pagamento ne mettesse a repentaglio la liquidità o la solvibilità. Il differimento può essere accordato per un periodo massimo di dodici mesi ed è rinnovabile su richiesta dell'aderente. I contributi differiti sono in ogni caso versati se l’IVASS accerta che le condizioni per il differimento sono venute meno.

Il Fondo deve assicurarsi di avere accesso a fonti di finanziamento alternative a breve termine per far fronte alle proprie obbligazioni e può ricorrere a finanziamenti aggiuntivi provenienti da fonti ulteriori e in qualsiasi forma prestati (comma 6).

Il comma 7 prevede infine che la dotazione finanziaria venga investita in attività a basso rischio e con sufficiente diversificazione.

 

L’articolo 274-sexies disciplina gli interventi del Fondo. Il comma 1 prevede che lo stesso tuteli gli aventi diritto alle prestazioni protette nei confronti delle imprese aderenti. Il Fondo, a tal fine:

a) effettua pagamenti nei casi di liquidazione coatta amministrativa delle imprese di assicurazione aderenti, nei limiti e secondo le modalità indicati nei successivi articoli 274-septies e 274-octies;

b) se previsto dallo statuto interviene anche in operazioni di cessione di attività, passività, aziende, rami d'azienda, beni e rapporti giuridici individuabili in blocco di cui all’articolo 257, comma 2, del CAP (nell’ambito di una liquidazione coatta amministrativa) anche attraverso la prestazione di garanzie, se il costo dell'intervento non supera il costo che il Fondo di garanzia, secondo quanto ragionevolmente prevedibile in base alle informazioni disponibili al momento dell'intervento, dovrebbe sostenere per l’esecuzione delle prestazioni protette;

c) se previsto dallo statuto, effettua interventi nei confronti di imprese di assicurazione aderenti per prevenire o superare una situazione di crisi che ne potrebbe determinare l’assoggettamento a liquidazione coatta amministrativa, se il costo degli interventi non supera il costo che il Fondo di garanzia, secondo quanto ragionevolmente prevedibile in base alle informazioni disponibili al momento dell'intervento, dovrebbe sostenere per l’esecuzione delle prestazioni protette.

Il comma 2 prevede che lo statuto del Fondo definisca modalità e condizioni di tali interventi volti a prevenire o superare una situazione di crisi, con particolare riguardo a:

a) gli impegni che l’impresa di assicurazione beneficiaria dell'intervento deve assumere per rafforzare i propri presidi dei rischi anche al fine di non pregiudicare l’esecuzione delle prestazioni protette;

b) la verifica sul rispetto di tali impegni;

c) il costo dell'intervento, che comunque non deve superare il costo che il Fondo, secondo quanto ragionevolmente prevedibile, dovrebbe sostenere per effettuare altri interventi nei casi previsti dalla legge o dallo statuto;

d) la sopportazione delle perdite prioritariamente da parte dei partecipanti al capitale dell’impresa di assicurazione in situazione di crisi attuale o prospettica.

Il comma 3 specifica inoltre che un intervento volto a prevenire o superare una situazione di crisi può essere effettuato (solo) se l’IVASS ha accertato che gli aderenti al Fondo sono in grado di versare i contributi straordinari ai sensi dell'articolo 274-quinquies, comma 4 (vedi supra). Dopo che il Fondo ha effettuato l’intervento preventivo, gli aderenti sono tenuti a fornire allo stesso senza indugio, se necessario sotto forma di contributi straordinari, risorse pari a quelle utilizzate per l'intervento, se la dotazione finanziaria del Fondo si è ridotta a) a meno del 50 per cento del livello-obiettivo di cui all'articolo 274-quater, comma 1; oppure b) a meno di due terzi del medesimo livello-obiettivo ed emerge la necessità di effettuare il pagamento delle prestazioni protette (comma 4).

Il comma 5 dell’articolo 274-sexies precisa infine che, finché il livello-obiettivo non è aggiunto, le soglie di cui al precedente comma 4 sono riferite all'effettiva dotazione finanziaria disponibile.

 

L’articolo 274-septies indica le prestazioni protette ammissibili.

In primo luogo viene stabilito (comma 1) che il Fondo, fatto salvo quanto previsto al comma 3, liquidi le prestazioni protette entro l’importo massimo di 100.000 euro per ciascun avente diritto.

Il comma 2 specifica che, ai fini del calcolo di tale limite:

a) le prestazioni protette a cui hanno diritto due o più soggetti come partecipanti di un ente senza personalità giuridica sono trattate come se di spettanza di un unico soggetto;

b) se la prestazione protetta deve essere eseguita nei confronti di più soggetti, la quota spettante a ciascuno di essi è considerata nel calcolo;

c) si tiene conto della compensazione di eventuali debiti dell’avente diritto alla prestazione protetta nei confronti dell’impresa di assicurazione, se esigibili alla data in cui si producono gli effetti del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa, nella misura in cui la compensazione è possibile a norma delle disposizioni di legge o di previsioni contrattuali applicabili.

Il comma 3 prevede che il limite di 100.000 euro non operi con riferimento alle prestazioni sinistrate relative ai contratti di assicurazione sulla vita cui all’articolo 1, comma 1, lettera ss-bis) numeri 2, 3, 4, 5 del CAP.

Tali prestazioni riguardano:

·      i contratti assicurativi vita, qualora le prestazioni previste dal contratto siano dovute soltanto in caso di decesso o per incapacità dovuta a lesione, malattia o disabilità (articolo 1, comma 1, lettera ss-bis) numero 2);

·      i prodotti pensionistici che, ai sensi del diritto nazionale, sono riconosciuti come aventi lo scopo precipuo di offrire all'investitore un reddito durante la pensione e che consentono all'investitore di godere di determinati vantaggi (numero 3);

·      i regimi pensionistici aziendali o professionali ufficialmente riconosciuti che rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva 2003/41/CE o della direttiva 2009/138/CE (numero 4);

·      i singoli prodotti pensionistici per i quali il diritto nazionale richiede un contributo finanziario del datore di lavoro e nei quali il lavoratore o il datore di lavoro non può scegliere il fornitore o il prodotto pensionistico (numero 5);

 

L’articolo 274-octies definisce le modalità di esecuzione delle prestazioni protette nei casi di liquidazione coatta amministrativa. Il comma 1 prevede che il pagamento venga effettuato entro 90 giorni lavorativi dalla data di pubblicazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa ai sensi dell'articolo 247 del CAP, senza che sia necessario presentare alcuna richiesta al Fondo. A tal fine, l’impresa aderente posta in liquidazione coatta amministrativa è tenuta a trasmettere tempestivamente al Fondo le informazioni necessarie in merito alle prestazioni protette, su richiesta del Fondo stesso. Il rimborso è effettuato in euro o nella valuta dello Stato dove risiede l’avente diritto.

Il comma 2 consente al Fondo di differire il pagamento nei casi:

a) di incertezza sulla sussistenza o sulla titolarità del diritto alla prestazione protetta o sull’importo dovuto;

b) in cui non opera il limite di 100.000 euro (di cui all’articolo 274-septies, comma 3, per cui vedi supra), se l'importo della prestazione da liquidare eccede tale limite. In tal caso il differimento opera per la sola eccedenza e il pagamento, in deroga a quanto previsto dal comma 1, è effettuato entro 6 mesi dalla data di pubblicazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa.

Il comma 3 consente al Fondo di sospendere i pagamenti relativi alle prestazioni protette, in deroga al comma 1, se l’avente diritto è sottoposto a un procedimento penale, a misura di prevenzione o a provvedimenti di sequestro connessi con il riciclaggio di proventi di attività illecite, fino al passaggio in giudicato della sentenza di proscioglimento o assoluzione.

Il comma 4 specifica inoltre che il diritto all’esecuzione della prestazione protetta si estingue decorsi dieci anni dalla pubblicazione del provvedimento di avvio della liquidazione coatta amministrativa. L’estinzione è impedita dalla proposizione della domanda giudiziale, salvo che il processo si estingua, o dal riconoscimento del diritto da parte del Fondo

Il comma 5, infine, chiarisce che quando il Fondo effettua pagamenti nei casi di liquidazione coatta amministrativa delle imprese di assicurazione aderenti, esso subentra nei diritti degli aventi diritto nei confronti dell’impresa di assicurazione in liquidazione coatta amministrativa nei limiti dei pagamenti effettuati, beneficiando della preferenza di cui all'articolo 258, comma 3 del CAP.

Tale disposizione prevede il trattamento dei crediti derivanti da contratti di assicurazione o da contratti di riassicurazione nell’ambito della liquidazione coatta amministrativa. In particolare, la norma prevede che sugli attivi a copertura delle riserve tecniche dei rami vita si soddisfino con priorità rispetto agli altri titolari di crediti sorti anteriormente al provvedimento di liquidazione, ancorché assistiti da privilegio o ipoteca:

a) gli aventi diritto ai capitali o indennizzi per polizze scadute o sinistrate entro il sessantesimo giorno successivo alla data di pubblicazione del provvedimento di liquidazione e gli aventi diritto a rendite maturate entro lo stesso termine;

b) i titolari di crediti derivanti da operazioni di capitalizzazione;

c) gli aventi diritto alle somme dovute per riscatti;

d) i titolari dei contratti in corso alla data di cui alla lettera a), in proporzione dell'ammontare delle riserve matematiche;

e) i titolari dei contratti che non prevedono la costituzione di riserve matematiche, proporzionalmente alla frazione di premio corrispondente al rischio non corso. Se gli attivi a copertura delle riserve tecniche dei rami vita risultano insufficienti per soddisfare i crediti indicati in precedenza, quelli di cui alle lettere a), b), c) e d) sono preferiti ai crediti di cui alla lettera e).

 

L’articolo 274-novies definisce gli obblighi del Fondo di garanzia assicurativo dei rami vita. In particolare, ai sensi del comma 1 il Fondo:

a) dispone di assetti di governo, di strutture organizzative e di sistemi di controllo adeguati allo svolgimento dell’attività;

b) effettua con regolarità, almeno ogni 5 anni, prove di resistenza della propria capacità di effettuare gli interventi di cui all'articolo 274-sexies: a tal fine esso può chiedere informazioni agli aderenti, che sono conservate per il tempo strettamente necessario allo svolgimento delle prove di resistenza;

c) redige la corrispondenza con gli aventi diritto alle prestazioni protette nella lingua o nelle lingue utilizzate dall’impresa di assicurazione per le comunicazioni con i contraenti, gli assicurati e i beneficiari o in una delle lingue ufficiali dello Stato in cui è stabilita la succursale che ha emesso la copertura assicurativa cui si riferisce la prestazione protetta;

d) garantisce la riservatezza di notizie, informazioni e dati in suo possesso in ragione della propria attività istituzionale;

e) redige il proprio bilancio, soggetto a revisione legale dei conti;

f) si dota di un proprio patrimonio al fine di provvedere alle spese del suo funzionamento;

g) stabilisce nello statuto le modalità di determinazione della quota associativa versata dagli aderenti per la copertura delle spese di gestione e funzionamento del Fondo stesso.

Il comma 2 prevede che i componenti degli organi del Fondo e coloro che prestano la loro attività per essi sono vincolati al segreto professionale in relazione alle notizie, le informazioni e i dati acquisiti in ragione della propria attività istituzionale. Ai soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso il Fondo di garanzia assicurativo dei rami vita si applicano i requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza degli esponenti aziendali e dei soggetti che svolgono funzioni fondamentali previsti dall'articolo 76 del CAP (comma 3).

Il quarto comma dell’articolo 274-novies prevede che, con riguardo agli atti compiuti per l’esecuzione delle prestazioni protette, la responsabilità del Fondo, dei soggetti che vi svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo e dei loro dipendenti è limitata ai soli casi di dolo o colpa grave.

 

L’articolo 274-decies rafforza quanto già disposto dagli articoli 274-octies e 274-novies disponendo che il Fondo di garanzia assicurativo dei rami vita può chiedere ai propri aderenti le informazioni necessarie ai fini dell’esecuzione delle prestazioni protette.

 

L’articolo 274-undecies definisce i poteri dell’IVASS, il quale, avendo riguardo alla tutela dei degli aventi diritto a prestazioni assicurative, e alla capacità del Fondo di eseguire le prestazioni protette:

a) approva lo statuto del Fondo, a condizione che quest’ultimo presenti caratteristiche adeguate allo svolgimento delle funzioni disciplinate dalle norme in esame e tali da comportare una ripartizione equilibrata dei rischi di insolvenza sul Fondo; se lo statuto prevede che possano essere attuati gli interventi preventivi, l’IVASS verifica che il Fondo sia dotato di procedure e sistemi appropriati per selezionare la tipologia di intervento, darvi esecuzione e monitorarne i rischi;

b) vigila sul rispetto di quanto previsto dal Capo VI-bis in esame;

c) verifica che la tutela offerta dai sistemi di garanzia esteri cui aderiscono le succursali italiane di imprese di assicurazione extracomunitarie autorizzate ad esercitare i rami vita in Italia sia equivalente a quella offerta dal Fondo di garanzia assicurativo dei rami vita italiano;

d) definisce eventuali procedure di coordinamento con le autorità degli Stati interessati in ordine all'adesione delle succursali di imprese di assicurazione extracomunitarie a un Fondo di garanzia italiano e alla loro esclusione dallo stesso;

e) informa senza indugio il Fondo se rileva che un’impresa aderente presenta criticità tali da poter determinare l'attivazione del Fondo stesso;

f) può emanare disposizioni attuative della disciplina del Fondo.

Dal proprio canto, il Fondo è tenuto a informare tempestivamente l’IVASS degli atti e degli eventi di maggior rilievo relativi all'esercizio delle proprie funzioni e a trasmettere, entro il 31 marzo di ogni anno, una relazione dettagliata sull’attività svolta nell'anno precedente e sul piano delle attività predisposto per l'anno in corso.

 

L’articolo 274-duodecies prevede che gli aderenti possono essere esclusi dal Fondo di garanzia assicurativo dei rami vita in caso di inadempimento di eccezionale gravità agli obblighi derivanti dall'adesione al Fondo stesso (comma 1). L'inadempimento è contestato dal Fondo, previo assenso dell’IVASS, concedendo agli aderenti un termine di sei mesi per adempiere. Decorso inutilmente il termine, prorogabile per un periodo non superiore a tre mesi, il Fondo comunica all’impresa o all’intermediario aderente l'esclusione. Nel caso di esclusione di un’impresa, sono protette dal Fondo le prestazioni relative alle obbligazioni assunte fino alla data di ricezione della comunicazione di esclusione da parte dell’impresa aderente. Di tale comunicazione l’impresa di assicurazione esclusa dà tempestiva notizia agli assicurati e agli aventi diritto a prestazioni assicurative, secondo le modalità indicate dall’IVASS.

Ai sensi del comma 4 dell’articolo 274-duodecies, la mancata adesione al Fondo, o l'esclusione da esso, comporta la revoca dell'autorizzazione all’esercizio dell’attività assicurativa nei rami vita o, per gli intermediari di cui all’articolo 274-ter, comma 1, la cancellazione dal RUI. Resta ferma la possibilità di disporre la liquidazione coatta amministrativa dell’impresa ai sensi dell’articolo 245.

 

L’articolo 274-terdecies prevede che, fermo restando quanto previsto dall'articolo 274-sexies, comma 1, lettera c), e per le stesse finalità ivi indicate (intervento preventivo per la risoluzione di una crisi), il Fondo possa effettuare, se previsto dallo statuto e secondo le modalità concordate tra gli aderenti, interventi mediante risorse corrisposte su base volontaria dagli aderenti stessi e senza ricorso alla dotazione finanziaria prevista dall'articolo 274-quater. A tali risorse si applica l'articolo 274-quater, comma 4 e, pertanto la relativa dotazione finanziaria costituisce un patrimonio autonomo.

 

L’articolo 274-quaterdecies, infine, stabilisce che, decorsi ventiquattro mesi dalla costituzione del Fondo di garanzia assicurativo dei rami vita i soggetti obbligati ad aderire (di cui all’articolo 274-ter) possono costituire ed aderire a schemi ulteriori di garanzia, aventi le medesime finalità e caratteristiche del fondo di cui all’articolo 274-sexies. L’adesione ad uno degli schemi alternativi di cui al comma 1 è equivalente a quella prevista dall’articolo 274-ter. A tali schemi si applicano le medesime regole introdotte dalle disposizioni in esame (Capo VI-bis del Titolo XVI del CAP).

 

Il comma 2 dell’articolo in esame modifica il comma 1 dell’articolo 113 del CAP. A fini di coordinamento con la disciplina suesposta, viene inserita un’ipotesi ulteriore rispetto a quelle già previste in cui l'Organismo per la registrazione degli intermediari assicurativi, anche a titolo accessorio, e riassicurativi provvede alla cancellazione dell'intermediario dalla relativa sezione del RUI, derivante dalla mancata adesione al Fondo di garanzia assicurativo dei rami vita o dalla escluso dallo stesso, e operante limitatamente agli intermediari di cui all’articolo 274-ter, comma 1.

 

Il comma 3 modifica il comma 1, dell’articolo 242 del CAP per includere fra le cause di revoca dell'autorizzazione rilasciata all'impresa di assicurazione la mancata adesione al Fondo di garanzia assicurativo dei rami vita o l’esclusione dallo stesso

 

Il comma 4 prevede che entro quarantacinque giorni dall’entrata in vigore delle disposizioni in esame, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, sentita l’IVASS, venga nominato un collegio promotore composto da tre persone, dotate di comprovata esperienza nel settore assicurativo o finanziario, col compito di convocare l’assemblea istitutiva del Fondo di garanzia assicurativo dei rami vita, che procede alla nomina di un comitato di gestione provvisorio. Il decreto di nomina del collegio promotore stabilisce gli emolumenti dei componenti del collegio stesso, il cui finanziamento avviene a valere sulle risorse del patrimonio finalizzato a provvedere alle spese del funzionamento del Fondo (di cui alla lettera f), del comma 1 dell’articolo 274-novies del CAP, inserito dalle disposizioni in esame).

Il collegio promotore, entro trenta giorni dalla nomina, predispone e comunica all’IVASS il regolamento interno con cui stabilisce i criteri di costituzione e di partecipazione all’assemblea istitutiva del Fondo, le modalità di voto e le maggioranze necessarie per deliberare e nominare, nella prima convocazione, il comitato di gestione provvisorio (comma 5). Entro quindici giorni dalla scadenza di tale termine, il collegio promotore provvede alla convocazione dell’assemblea istitutiva, che deve essere svolta entro quarantacinque giorni dalla convocazione (comma 6).

Il comma 7 prevede che il comitato di gestione provvisorio sia composto da cinque persone in modo da riflettere il rapporto di proporzione fra le quote di contribuzione delle imprese (4/5) e quelle degli intermediari aderenti (1/5) e che le sue decisioni siano assunte con la maggioranza dei componenti. Ai componenti del comitato di gestione provvisorio si applicano i requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza degli esponenti aziendali e dei soggetti che svolgono funzioni fondamentali previsti dall'articolo 76 del CAP.

Ai sensi del comma 8 il comitato di gestione provvisorio redige lo statuto entro non oltre quarantacinque giorni dalla sua nomina e lo trasmette senza indugio all’IVASS per l’approvazione, che deve avvenire entro trenta giorni. Prima dell’approvazione dello statuto, della nomina degli organi e del raggiungimento di condizioni organizzative adeguate allo svolgimento delle attività previste dalle presenti disposizioni, il comitato di gestione provvisorio amministra il Fondo ed esercita i poteri di cui al Titolo XVI, Capo VI-bis del CAP, anche sulla base di apposita convenzione da stipularsi con soggetti dotati di esperienza nella gestione delle crisi di imprese regolate del settore finanziario (comma 9). I poteri del comitato di gestione provvisorio comprendono quelli di cui all’articolo 274-sexies, comma 1, lettere b) e c), del CAP (vedi supra).

Il comma 10 prevede infine che i contributi di cui all’articolo 274-quinquies, commi 3 (contributi dovuti dagli intermediari aderenti) e 4 (contributi straordinari), del CAP, sono versati entro sessanta giorni dalla nomina del comitato di gestione provvisorio.

Si valuti l’opportunità di un coordinamento normativo di tali riferimenti, alla luce del fatto che essi non includono quello al comma 2 dell’articolo 274-quinquies, che disciplina i contributi ordinari delle imprese aderenti, mentre includono quello al comma 4 che è relativo a una contribuzione straordinaria.


Titolo V
Lavoro, famiglia, pari opportunità e politiche sociali

 

Capo I
Lavoro e politiche sociali

 

 

Articolo 26
(Requisiti, termine di decorrenza e misura dei trattamenti pensionistici dei lavoratori con primo accredito contributivo successivo al 31 dicembre 1995)

 

 

L’articolo 26 modifica, con riferimento ai lavoratori il cui primo accredito contributivo sia successivo al 31 dicembre 1995[19], la disciplina sui requisiti per il trattamento pensionistico di vecchiaia nonché sui requisiti, il termine di decorrenza e la misura di una forma di trattamento pensionistico anticipato.

In particolare, la novella di cui al comma 1, lettera a), riduce[20] la misura minima del trattamento pensionistico maturato posta come condizione per il riconoscimento del trattamento di vecchiaia; tale valore minimo, finora pari a 1,5 volte la misura dell’assegno sociale[21], viene stabilito pari a quest’ultimo (con coefficiente, dunque, pari a 1,0), ferma restando l’ipotesi di un valore più elevato in base alle variazioni medie quinquennali del prodotto interno lordo[22].

La novella di cui alla successiva lettera b), numeri 1) e 2), modifica[23] l’omologa misura minima posta come condizione per il riconoscimento del trattamento secondo una delle possibili tipologie di pensione anticipata (la tipologia specifica in oggetto è riservata nell’ordinamento ai lavoratori in esame); tale valore minimo, finora pari a 2,8 volte la misura dell’assegno sociale, viene stabilito pari ai seguenti coefficienti moltiplicatori dell’assegno sociale, ferma restando l’ipotesi di un valore più elevato in base alle variazioni medie quinquennali del prodotto interno lordo[24]: 3,0 volte l’assegno sociale per le donne senza figli e per gli uomini; 2,8 volte per le donne con un figlio (con conferma, in tal caso, dunque, della norma vigente); 2,6 volte per le donne con almeno due figli.

La novella di cui al successivo numero 3) introduce sia un limite transitorio di importo della pensione anticipata liquidata in base alla suddetta fattispecie – limite che si applica fino al raggiungimento del requisito ordinario per la pensione di vecchiaia – sia un termine dilatorio per il riconoscimento della medesima pensione.

La novella di cui alla lettera c) estende[25] al requisito di contribuzione posto per il riconoscimento della pensione anticipata summenzionata l’ambito di applicazione della normativa sull’adeguamento di alcuni requisiti per i trattamenti pensionistici all’evoluzione della speranza di vita. Il suddetto requisito è pari attualmente a 20 anni di contribuzione effettiva.

 

Più in particolare, la novella di cui al comma 1, lettera a), modifica la norma che, per i soggetti in esame, subordina il diritto alla pensione di vecchiaia alla maturazione di un importo pensionistico – cosiddetto importo soglia – pari a 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale, sostituendo il parametro di 1,5 con quello di 1,0 – tuttavia, riguardo ad un valore eventualmente più elevato rispetto a tale parametro, cfr. infra –. Resta fermo che tale condizione non si applica al compimento di un’età anagrafica più elevata (attualmente pari a 71 anni) rispetto al requisito generale per la pensione di vecchiaia (requisito attualmente pari a 67 anni) e sempre che sussista uno specifico requisito di contribuzione effettiva (quest’ultimo è pari a 5 anni[26]). Resta altresì fermo che il cosiddetto importo soglia può essere superiore al valore dell’assegno sociale, qualora la rivalutazione annuale dell’importo soglia in base alla variazione media quinquennale del prodotto interno lordo (PIL) nominale, appositamente calcolata dall'ISTAT (con riferimento al quinquennio precedente l'anno di riferimento)[27], determini un valore superiore rispetto a quello derivante dalla rivalutazione annua dell’assegno sociale[28]. In base alla formulazione della novella, il valore dell’importo soglia non è comunque inferiore all’importo dell’assegno sociale che era di riferimento nell’anno 2012, come rivalutato in base alle suddette variazioni medie quinquennali. La formulazione letterale della novella riduce l’originario coefficiente moltiplicatore di 1,5 anche con riferimento al 2012 (e quindi agli altri anni precedenti il 2024); si valuti l’opportunità di una formulazione più chiara di tale profilo.

La novella di cui al comma 1, lettera b), numeri 1) e 2), modifica la norma che, per i soggetti in esame, consente il pensionamento anticipato a condizione che sussista un determinato importo soglia del medesimo trattamento nonché a condizione che sussistano: un determinato requisito anagrafico, attualmente pari a 64 anni; un’anzianità di contribuzione effettiva pari ad almeno 20 anni[29]. Per tale tipologia di pensione anticipata,  l’importo soglia, finora pari a 2,8 volte la misura dell’assegno sociale, viene stabilito pari ai seguenti coefficienti moltiplicatori dell’assegno sociale, ferma restando l’ipotesi di un valore più elevato in base alle variazioni medie quinquennali del prodotto interno lordo[30]: 3,0 volte l’assegno sociale per le donne senza figli e per gli uomini; 2,8 volte per le donne con un figlio (con conferma, in tal caso, dunque, della norma vigente); 2,6 volte per le donne con almeno due figli. Resta fermo, anche in tal caso, che l’applicazione della variazione media quinquennale del PIL nominale può determinare un importo superiore a quello summenzionato[31].

Si ricorda che anche i soggetti in esame possono conseguire il trattamento pensionistico anticipato in base alla sola anzianità contributiva, secondo i requisiti generali delle relative normative.

La novella di cui al numero 3) della lettera b) introduce sia un limite transitorio di importo della pensione anticipata liquidata in base alla suddetta fattispecie – limite che si applica fino al raggiungimento del requisito ordinario per la pensione di vecchiaia – sia un termine dilatorio per il riconoscimento della medesima pensione.

Il limite transitorio è pari a cinque volte il trattamento minimo del regime generale INPS[32]. Tale limite trova applicazione fino al compimento del summenzionato requisito ordinario (attualmente pari a 67 anni) anche nei casi in cui il regime pensionistico di appartenenza preveda un requisito anagrafico diverso per la pensione di vecchiaia[33]. In base al termine dilatorio introdotto, il trattamento anticipato in esame decorre dal quarto mese successivo alla data di maturazione dei relativi requisiti.

Si valuti l’opportunità di specificare se i trattamenti liquidati prima del 1° gennaio 2024[34] siano esclusi dall’applicazione del limite di importo e se il termine dilatorio trovi applicazione anche per i trattamenti che, in base alla normativa già vigente, sarebbero riconosciuti con decorrenza iniziale dalla medesima data del 1° gennaio 2024.

La lettera c) estende al requisito di contribuzione posto per il riconoscimento della pensione anticipata summenzionata l’ambito di applicazione della normativa sull’adeguamento di alcuni requisiti per i trattamenti pensionistici all’evoluzione della speranza di vita. Come detto, il requisito in oggetto è pari attualmente a 20 anni di contribuzione effettiva. Si ricorda che, come accertato dal decreto del Ragioniere generale dello Stato del 18 luglio 2023, per il biennio 2025-2026 non ha luogo un incremento dei requisiti pensionistici in base all’evoluzione della speranza di vita (così come non ha avuto luogo alcun incremento per il biennio 2023-2024)[35].


Articolo 27
(Riscatti a fini pensionistici di periodi non coperti da contribuzione)

 

 

L’articolo 27 introduce in via sperimentale, con riferimento ai soggetti privi di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 (e rientranti, quindi, nel sistema di calcolo contributivo integrale), la possibilità di riscattare, in tutto o in parte, con domanda da presentare entro il 31 dicembre 2025, nella misura massima di cinque anni, anche non continuativi, i periodi, precedenti la data del 1° gennaio 2024[36], non coperti da contribuzione presso forme di previdenza obbligatoria né soggetti ad alcun obbligo contributivo. La possibilità summenzionata viene ammessa a condizione che i periodi temporali oggetto di riscatto siano compresi tra l’anno del primo contributo – in una delle gestioni interessate dalla presente normativa[37] – e quello dell'ultimo contributo comunque accreditati. Tale disciplina transitoria è identica (tranne che per il profilo fiscale[38]) a quella[39] che consentiva la presentazione di domande omologhe, a partire dal 29 gennaio 2019 ed entro il 31 dicembre 2021.

 

Il comma 1 del presente articolo 27 introduce la possibilità summenzionata con riferimento alle forme pensionistiche relative ai lavoratori dipendenti, pubblici e privati, e ad agli altri lavoratori, diversi da quelli subordinati, iscritti alle relative gestioni pensionistiche dell'INPS; il comma specifica altresì che i periodi così riscattati sono parificati, a tutti gli effetti pensionistici, ai periodi di lavoro.

La possibilità di riscatto concerne, come detto, i soggetti che non avessero maturato alcuna anzianità contributiva entro il 31 dicembre 1995 (sono esclusi, quindi, tra gli altri, i soggetti che rientrino nel sistema contributivo integrale in base alla relativa opzione). La facoltà non è riconosciuta ai soggetti titolari di un trattamento pensionistico diretto[40].

Come accennato, la facoltà di riscatto in esame è ammessa per periodi non coperti da contribuzione presso forme di previdenza obbligatoria – ivi comprese, come ha specificato l’INPS con riferimento alla precedente disciplina transitoria[41], quelle “delle Casse per i liberi professionisti e il regime previdenziale dell’Unione europea o i singoli regimi previdenziali dei vari Stati membri o Paesi convenzionati” –.

Il comma 2 specifica che l'eventuale successiva acquisizione (come potrebbe verificarsi in base a una domanda di accredito figurativo o di riscatto) di un'anzianità contributiva precedente il 1° gennaio 1996 determina l'annullamento d'ufficio del riscatto, con conseguente restituzione dei contributi.

Ai sensi del comma 3, la domanda di riscatto può essere presentata dall’assicurato o dai suoi superstiti o dai suoi parenti ed affini entro il secondo grado. La misura dell'onere è determinata secondo i criteri generali validi per il riscatto di periodi da valutare secondo il sistema contributivo; in base a tali criteri[42], la base imponibile contributiva di riferimento è quella assoggettata a contribuzione nei dodici mesi meno remoti rispetto alla data della domanda di riscatto ed è rapportata al periodo oggetto della domanda; su tale base si applicano le aliquote contributive di finanziamento vigenti (nel regime ove il riscatto operi) alla data di presentazione della domanda. L’onere del riscatto di cui al presente comma 3 è deducibile dall’imposta sui redditi, in base al principio generale che consente la suddetta deduzione anche per i contributi previdenziali facoltativi (versati alla forma pensionistica obbligatoria di appartenenza)[43]. Si ricorda che, nella suddetta disciplina transitoria precedente[44], l’onere del riscatto era invece detraibile dall'imposta lorda sui redditi per una quota pari al 50 per cento; la misura della detrazione, così calcolata, era ripartita in cinque quote annuali costanti e di pari importo, nell'anno di sostenimento e in quelli successivi; come chiarito dall’Agenzia delle entrate, nel caso, per esempio, di rateazione decennale dell’onere di riscatto[45], la misura di ogni detrazione annua veniva ripartita nelle suddette cinque quote annuali[46].

Per i lavoratori del settore privato l’onere per il riscatto in esame può essere sostenuto dal datore di lavoro dell’assicurato, mediante la destinazione, a tal fine, dei premi di produzione spettanti al lavoratore medesimo (comma 4). In tal caso, le somme non rientrano nella base imponibile fiscale né del datore né del lavoratore.

In base al comma 5, il versamento dell’onere può essere effettuato al regime previdenziale di appartenenza in unica soluzione ovvero in un massimo di 120 rate mensili, ciascuna di importo non inferiore a 30 euro (senza applicazione di interessi). La rateazione dell’onere non è ammessa nei casi in cui i contributi da riscatto debbano essere utilizzati per l'immediata liquidazione della pensione (diretta o in favore di superstiti) o nel caso in cui gli stessi siano determinanti per l’accoglimento di una domanda di autorizzazione ai versamenti volontari; qualora tali ipotesi si verifichino nel corso del periodo di pagamento, la somma ancora dovuta è versata in unica soluzione.

Alla data del saldo dell’onere, l’INPS provvede all’accredito della contribuzione e ai relativi effetti.

 


Articolo 28
(Adempimenti delle pubbliche amministrazioni relativi ai contributi previdenziali)

 

 

L’articolo 28 prevede che le pubbliche amministrazioni, al fine dell’estinzione delle eventuali pendenze in materia di versamento dei contributi previdenziali relativi a dipendenti pubblici e concernenti i periodi di paga fino al 31 dicembre 2004, trasmettano all’INPS le denunce retributive mensili inerenti al periodo suddetto. L’invio delle denunce determina l’estinzione degli eventuali debiti contributivi non ancora oggetto di prescrizione temporale.

 

Il presente articolo riguarda, come accennato, con riferimento ai periodi di paga fino al 31 dicembre 2004, i contributi di previdenza sociale relativi ai dipendenti pubblici (delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni[47]). Per il caso di mancato versamento (all’epoca all’INPDAP e ora alla Gestione INPS dipendenti pubblici, ex INPDAP) di tali contributi da parte della pubblica amministrazione (in qualità di datrice di lavoro) la prescrizione temporale opera dal 1° gennaio 2024 – fatti salvi gli atti interruttivi della prescrizione medesima –, in ragione della norma transitoria di cui all’articolo 3, comma 10-bis, della L. 8 agosto 1995, n. 335, e successive modificazioni[48]. L’effetto estintivo di cui al presente articolo 28, avendo anch’esso decorrenza dal 1° gennaio 2024[49], concerne esclusivamente i casi in cui la prescrizione, alla medesima data, non sia operante in ragione di precedenti atti interruttivi.

Come accennato, l’articolo 28 prevede che le pubbliche amministrazioni, al fine dell’estinzione delle eventuali pendenze in materia di versamento dei contributi previdenziali relativi a dipendenti pubblici e concernenti i periodi di paga fino al 31 dicembre 2004, trasmettano all’INPS le denunce retributive mensili inerenti al periodo suddetto, denunce di cui al richiamato articolo 44, comma 9, del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 novembre 2003, n. 326. Quest’ultimo comma ha previsto l’invio all’INPS – da parte dei sostituti di imposta – delle denunce retributive mensili a decorrere dalle retribuzioni del gennaio 2005. La relazione tecnica allegata all’originario disegno di legge governativo[50] osserva che, per il periodo precedente il 2005, la comunicazione dei dati rilevanti ai fini della contribuzione previdenziale relativa ai dipendenti pubblici è stata effettuata con sistemi diversi nel tempo che hanno dato luogo a notevoli criticità.

Con riferimento ai casi di contributi non ancora prescritti alla data del 1° gennaio 2024, il presente articolo 28:

-         quantifica in 200 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2033 l’importo delle minori entrate contributive derivanti dalla fattispecie di estinzione delle pendenze debitorie posta dal medesimo articolo (tale importo concerne soltanto il saldo di bilancio statale relativo alla competenza contabile, in termini di incremento dei trasferimenti dal bilancio dello Stato all’INPS[51]);

-         specifica che i risparmi derivanti dal conseguente mancato versamento dei contributi costituiscono economie di bilancio per le singole amministrazioni statali e concorrono, per le altre singole amministrazioni, al miglioramento dei relativi saldi di bilancio.

Dall’ambito del medesimo articolo sono esclusi gli effetti dei provvedimenti giurisdizionali passati in giudicato alla data del 1° gennaio 2024[52].


Articolo 29
(Perequazione automatica dei trattamenti pensionistici per l’anno 2024)

 

 

L’articolo 29 modifica, per l’anno 2024, la disciplina transitoria già vigente per il medesimo anno in materia in materia di indicizzazione – cosiddetta perequazione automatica – dei trattamenti pensionistici (ivi compresi quelli di natura assistenziale)[53]; la modifica concerne esclusivamente la classe di importo, del complesso dei trattamenti pensionistici di un soggetto, superiore a dieci volte il trattamento minimo del regime generale INPS[54].

 

La modifica della disciplina transitoria in oggetto per l’anno 2024 non concerne, come accennato, il livello di perequazione per i casi in cui il complesso dei trattamenti pensionistici di un soggetto sia inferiore o pari (nella misura lorda) a dieci volte il trattamento minimo del regime generale INPS.

Di conseguenza, per la classe di importo del complesso dei trattamenti pensionistici di un soggetto inferiore o pari a quattro volte il trattamento minimo del regime generale INPS, la perequazione per il 2024 resta riconosciuta nella misura del 100 per cento della variazione dell'indice del costo della vita (riguardo a tale base di calcolo, cfr. anche infra).

Analogamente, per le classi intermedie – relative a valori non superiori a cinque, sei, otto e dieci volte il suddetto minimo – restano fermi, per il 2024, rispettivamente, i valori di 85, 53, 47 e 37 punti percentuali, applicati sulla medesima base summenzionata.

Per la classe di importo del complesso dei trattamenti pensionistici di un soggetto superiore a dieci volte il trattamento minimo del regime generale INPS, il presente articolo dispone la riduzione da 32 a 22 punti percentuali (applicati sulla medesima base summenzionata).

Il valore percentuale è in ogni caso riconosciuto nella misura immediatamente superiore a quella spettante per la relativa classe, fino a concorrenza dell'importo che deriva dall'applicazione del medesimo valore percentuale superiore sull'importo massimo della classe per la quale è attribuita tale percentuale superiore.

Si ricorda che, nell'ambito della disciplina della perequazione automatica, si fa riferimento (in via interpretativa) all'importo del trattamento minimo INPS nell'anno precedente a quello di applicazione della perequazione medesima[55].

In base alla disciplina generale, gli incrementi a titolo di perequazione automatica dei trattamenti pensionistici – ivi compresi i trattamenti di natura assistenziale –[56] si basano sulla variazione dell'indice del costo della vita e decorrono dal 1° gennaio dell'anno successivo a quello di riferimento[57]. Più in particolare, la decorrenza dal 1° gennaio dell'anno successivo concerne sia l'incremento riconosciuto in base alla variazione dell'indice del costo della vita relativa all'anno precedente e provvisoriamente accertata con decreto ministeriale entro il 20 novembre di quest'ultimo anno[58] sia l'eventuale conguaglio, relativo alla differenza tra il valore – definitivamente accertato con il suddetto decreto – della variazione dell'indice relativo al penultimo anno precedente e il valore provvisoriamente accertato con il precedente decreto annuo[59]. Tale eventuale conguaglio comprende il ricalcolo, in via retroattiva, dei ratei di pensione decorrenti dal 1° gennaio dell'anno precedente[60].

 

Si ricorda che le percentuali di perequazione delle norme a regime – norme che, in base alla disciplina vigente, ritrovano applicazione a decorrere dalla perequazione relativa al 2025 – possono essere più di una per ogni soggetto, in relazione a fasce di importo del complesso dei trattamenti, mentre la disciplina transitoria in esame prevede l'applicazione di una percentuale unica per il soggetto (ferma restando l'articolazione delle percentuali nei casi specifici summenzionati). 

In base alla disciplina generale, la perequazione è riconosciuta: nella misura del 100% della variazione dell'indice del costo della vita per la fascia di importo complessivo (sempre lordo) dei trattamenti pensionistici del soggetto fino a 4 volte il trattamento minimo INPS[61]; nelle misure – ferma restando la disciplina transitoria in oggetto – del 90% per la fascia di importo complessivo dei trattamenti pensionistici compresa tra 4 e 5 volte il predetto minimo e del 75% per la fascia di importo complessivo dei trattamenti superiore a 5 volte il medesimo minimo[62].

Riguardo alla giurisprudenza costituzionale in materia di perequazione automatica, si ricorda che la sentenza della Corte costituzionale n. 234 del 22 ottobre 2020-9 novembre 2020, facendo riferimento anche a precedenti sentenze della stessa Corte, ha rilevato che il carattere parziale, per alcuni trattamenti pensionistici, della rivalutazione al costo della vita non costituisce, di per sé, una violazione del principio di adeguatezza dei trattamenti previdenziali (principio di cui all'articolo 38, secondo comma, della Costituzione) e che, nella valutazione del rispetto o meno (da parte di normative che presentino il suddetto effetto) di tale principio, sono fondamentali "la considerazione differenziata dei trattamenti di quiescenza in base al loro importo" nonché la sussistenza di una "motivazione sostenuta da valutazioni della situazione finanziaria basate su dati oggettivi, emergenti, ad esempio, dalle relazioni tecniche di accompagnamento delle misure legislative".

 


Articolo 30, commi 1-3
(APE e Opzione donna)

 

 

L’articolo 30, commi 1-3, modifica la disciplina degli istituti dell’APE sociale e di Opzione donna, elevando, in primo luogo, il requisito dell’età anagrafica per l’accesso ai medesimi (da 63 anni a 63 anni e 5 mesi per l’APE sociale e da 60 a 61 anni per Opzione donna).

La disposizione prevede, altresì, con riferimento all’APE sociale, che il relativo regime si applichi fino a tutto il 2024, e, con riferimento ad Opzione donna, estende l’ammissione al relativo beneficio anche alle lavoratrici che abbiano maturato i requisiti al 31 dicembre 2023.

 

Nel dettaglio, il comma 1, dispone che le disposizioni di cui all’art. 1, commi da 179 a 186, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, che istituisce l’APE sociale[63] (cfr. infra il box a fine scheda) sono prorogate fino al 31 dicembre 2024, per i soggetti che si trovino in possesso dei requisiti richiesti al compimento di un’età anagrafica di 63 anni e 5 mesi.

La norma di nuova introduzione è dunque volta a prorogare per l’anno 2024 la prestazione APE sociale, introducendo una modifica diretta a incrementare il requisito anagrafico da 63 anni a 63 anni e 5 mesi.

Inoltre, sempre il comma 1 dispone l’applicazione delle disposizioni di cui al secondo e terzo periodo del comma 165, dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (che semplifica la procedura per l'accesso all’APE sociale), anche con riferimento ai soggetti che verranno a trovarsi nelle condizioni indicate nel corso del 2024.

 

Pertanto, devono ritenersi conseguentemente adeguati i termini e le scadenze attualmente previsti, per cui i soggetti che ne hanno i requisiti possono presentare domanda per il loro riconoscimento dell’APE sociale entro il 31 marzo 2024, ovvero (in deroga a quanto previsto dal D.P.C.M. 88/2017), entro il 15 luglio 2024. Le domande presentate successivamente a tale data (e comunque non oltre il 30 novembre 2024) sono prese in considerazione solamente nel caso in cui siano ancora disponibili le risorse finanziarie a ciò destinate.

 

Il richiamato comma 165 stabilisce per i soggetti che si trovavano nelle condizioni per la fruizione dell’istituto nel corso dell'anno 2018 un termine di presentazione della domanda entro il 31 marzo 2018, ovvero (in deroga a quanto previsto dal D.P.C.M. 88/2017), entro il 15 luglio 2018. Ai sensi del terzo periodo, restava comunque fermo che le domande presentate oltre il 15 luglio 2018 e, comunque, non oltre il 30 novembre 2018 venissero prese in considerazione esclusivamente se all'esito dello specifico monitoraggio e ordinamento delle domande per l’accesso all’istituto e l’eventuale clausola di salvaguardia residuavano le necessarie risorse finanziarie.

 

Infine, viene incrementata l'autorizzazione di spesa di cui al comma 186 dell'articolo 1 della legge 11 dicembre 2016, n. 232, che finanzia il beneficio in esame, di 85 milioni di euro per l'anno 2024, 168 milioni di euro per l'anno 2025, 127 milioni di euro per l'anno 2026, 67 milioni di euro per l'anno 2027 e 24 milioni di euro per l’anno 2028.

La Relazione Tecnica sottolinea che, tenuto conto degli elementi di monitoraggio disponibili per l’applicazione della misura in esame per il 2022, che evidenziano una generazione di beneficiari (sostanzialmente in via di conferma anche per il 2023) di circa 16.600, deriva la necessità di incrementare la relativa autorizzazione di spesa per gli accessi 2024, stimati in circa 12.500, conseguendone i seguenti maggiori oneri:

 

Anno

Numero di prestazioni vigenti alla fine dell'anno (mgl di unità)

Oneri (mln di euro)

 

2024

12,5

85

2025

11,1

168

2026

8,0

127

2027

3,4

67

2028

0,0

24

2029

0,0

0

 

Il comma 2 precisa che il beneficio non è cumulabile con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione di quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale, nel limite di 5.000 euro lordi annui.

 

 

L'articolo 1, commi da 179 a 186, della L. 232/2016 ha introdotto, in via sperimentale dal 1° maggio 2017 fino al 31 dicembre 2021 - termine da ultimo prorogato dalla Legge di bilancio 2023 (articolo 1, commi 288-291, L. 197/2022) - l'istituto dell'APE sociale, consistente in una indennità, corrisposta fino al conseguimento dei requisiti pensionistici, a favore di soggetti che si trovino in particolari condizioni. Successivamente, l'articolo 1, commi 162-167, della L. 205/2017, ha apportato sostanziali modifiche alla disciplina dell'indennità.

In base a quanto disposto dai richiamati commi da 179 a 186 della L. 232/2016 (come modificati sostanzialmente dalla L. 205/2017) possono accedere all'APE sociale i soggetti con un'età anagrafica minima di 63 anni, che non siano già titolari di pensione diretta e siano in possesso, alternativamente, di uno dei seguenti requisiti:

§  soggetti in stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento (anche collettivo) dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale (avvenuta nell'ambito della procedura di conciliazione di cui all'art. 7 della L. 604/1966 e successive modificazioni) che siano in possesso di un'anzianità contributiva di almeno 30 anni e abbiano concluso la prestazione per la disoccupazione loro spettante. Lo stato di disoccupazione si configura anche nel caso di scadenza del termine del rapporto di lavoro a tempo determinato, a condizione che il soggetto abbia avuto, nei 36 mesi precedenti la cessazione del rapporto, periodi di lavoro dipendente per almeno 18 mesi;

§  soggetti che assistono da almeno sei mesi il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap grave (ai sensi dell'articolo 3, c. 3, della L. 104/1992), ovvero un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto 70 anni oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, a condizione di possedere un'anzianità contributiva di almeno 30 anni;

§  soggetti che hanno una riduzione della capacità lavorativa uguale o superiore al 74% (accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell'invalidità civile) e sono in possesso di un'anzianità contributiva di almeno 30 anni;

§  lavoratori dipendenti al momento della decorrenza dell'APE sociale, che svolgono specifiche attività lavorative "gravose" (indicate negli appositi Allegati[64]) da almeno sette anni negli ultimi dieci ovvero almeno sei anni negli ultimi sette, e sono in possesso di un'anzianità contributiva di almeno 36 anni. Si segnala che con L. 234/2021, è stato stabilito che per gli operai edili[65], per i ceramisti[66] e conduttori di impianti per la formatura di articoli in ceramica e terracotta[67] il requisito dell'anzianità contributiva è di almeno 32 anni (anziché 36 anni).

È stata inoltre semplificata la procedura per l'accesso all'indennità per tali attività, prevedendo che non sia più necessario il vincolo dell'assoggettamento alla Tariffa INAIL del 17 per mille, indicato come elemento necessario dal D.P.C.M. 88/2017 ai fini della validità della domanda da inoltrare per la concessione del beneficio.

Inoltre:

§  per quanto riguarda le donne, è prevista una riduzione dei requisiti contributivi richiesti per l'accesso all'APE sociale, pari a 12 mesi per ciascun figlio, nel limite massimo di 2 anni (cd. APE sociale donna);

§  per quanto concerne l'accesso al beneficio dei lavoratori dipendenti operai dell'agricoltura e della zootecnia, si è assunto come riferimento per il computo integrale dell'anno di lavoro il numero minimo di giornate (pari a 156), relativo all'anno di contribuzione, previsto dalla normativa vigente;

L'erogazione dell'APE sociale è esclusa nei seguenti casi:

§  mancata cessazione dell'attività lavorativa;

§  titolarità di un trattamento pensionistico diretto;

§  soggetti beneficiari di trattamenti di sostegno al reddito connessi allo stato di disoccupazione involontaria;

§  soggetti titolari di assegno di disoccupazione (ASDI);

§  soggetti che beneficiano di indennizzo per cessazione di attività commerciale;

§  raggiungimento dei requisiti per il pensionamento anticipato.

L'indennità è comunque compatibile con la percezione di redditi da lavoro dipendente o parasubordinato entro 8.000 euro annui e con la percezione di redditi da lavoro autonomo entro 4.800 annui.

L'indennità, erogata mensilmente su dodici mensilità all'anno, è pari all'importo della rata mensile della pensione calcolata al momento dell'accesso alla prestazione, non soggetto a rivalutazione, e non può in ogni caso superare l'importo massimo mensile di 1.500 euro.

Per i dipendenti pubblici che cessano l'attività lavorativa e richiedono l'APE sociale si prevede che i termini di pagamento delle indennità di fine servizio (comunque denominate) iniziano a decorrere dal raggiungimento del requisito anagrafico previsto per il pensionamento di vecchiaia.

Si ricorda inoltre che la Legge di bilancio 2023, al comma 289 dell’articolo 1, ha confermato anche per il 2023 la possibilità per gli appartenenti alle categorie professionali individuate all’allegato 2, annesso alla legge di bilancio 2022[68], ulteriori rispetto a quelle già individuate dall’elenco di cui all’allegato C) alla l. 232/2016, di accedere all’Ape sociale qualora svolgano tali attività da almeno sette anni negli ultimi dieci ovvero almeno sei anni negli ultimi sette, e siano in possesso di un'anzianità contributiva di almeno 36 anni (32 nel caso di operai edili, ceramisti e conduttori di impianti per la formatura di articoli in ceramica e terracotta).

Si segnala che la disposizione in commento non reca un richiamo come quello contenuto al comma 289 dell’articolo 1 della Legge di bilancio per il 2023[69], che confermava anche per il 2023 la possibilità per gli appartenenti alle categorie professionali individuate all’allegato 2, annesso alla legge di bilancio 2022[70], ulteriori rispetto a quelle già individuate dall’elenco di cui all’allegato C) alla l. 232/2016, di accedere all’Ape sociale qualora svolgano tali attività da almeno sette anni negli ultimi dieci ovvero almeno sei anni negli ultimi sette, e siano in possesso di un'anzianità contributiva di almeno 36 anni (32 nel caso di operai edili, ceramisti e conduttori di impianti per la formatura di articoli in ceramica e terracotta).

 

Il comma 3, modificando l’articolo 16 del D.L. n. 4/2019 (“Opzione donna”), eleva il requisito dell’età anagrafica (da 60 a 61 anni) e consente così l’accesso anticipato al trattamento pensionistico, calcolato secondo le regole del sistema contributivo, alle lavoratrici che abbiano maturato entro il 31 dicembre 2023 un’anzianità contributiva pari almeno a 35 anni, abbiano, alla medesima data, un’età anagrafica di almeno 61 anni (ridotta di un anno per ogni figlio e nel limite massimo di 2 anni) e siano in possesso, alternativamente, di uno dei seguenti requisiti:

§  assistano da almeno sei mesi il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap grave[71], ovvero un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto 70 anni oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti;

§  abbiano una riduzione della capacità lavorativa uguale o superiore al 74% (accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell'invalidità civile);

§  siano lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d’impresa di cui all’articolo 1, comma 852, della legge 27 dicembre 2006, n. 296[72]. In questo caso, la riduzione di due anni del requisito anagrafico di 61 anni (anche qui l’età anagrafica è stata elevata di un anno) trova applicazione a prescindere dal numero di figli.

In proposito, la circolare INPS n. 25 del 6 marzo 2023 ha chiarito che le condizioni sopra specificate, anche con riferimento al personale appartenente al comparto scuola o quello dell’Alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM), devono sussistere alla data di presentazione della domanda di pensione e non devono essere oggetto di ulteriore verifica alla decorrenza del trattamento pensionistico.

Come indicato nella Relazione Tecnica, è confermato il regime delle decorrenze già applicato per le precedenti proroghe che comporta per le lavoratrici autonome che la prima decorrenza utile sia il 1° agosto 2024 e potendo uscire nel corso del primo anno solamente le lavoratrici che hanno maturato il requisito nei primi cinque mesi dell’anno 2023.

Per le lavoratrici dipendenti il posticipo dalla data di maturazione dei requisiti è di almeno 12 mesi.

Nella tabella seguente è riportata la stima degli effetti finanziari complessivi, con il dettaglio delle singole voci di costo. Il numero delle lavoratrici aderenti è stato stimato, prudenzialmente, anche tenendo conto dei dati di monitoraggio, ancorché parziali (anche per l’operare del regime delle decorrenze e un accesso graduale nel tempo), relativi alla prestazione di cui al comma 292 dell’articolo 1 della legge n. 197/2022 che a tutto settembre 2023 registrano domande pari a 2.228, nonché dell’incremento del requisito anagrafico di un anno.

 

 

Anno

Maggiore numero di pensioni alla fine dell'anno (mgl)

 

Onere (+) /risparmio (-) Pensioni (mln € lordo degli effetti fiscali)

Onere (+) /risparmio (-)

TFS (mln €)

lordo fisco

Onere (+) /risparmio (-)

TFS (mln €)

netto fisco

Totale (mln €) (netto degli effetti fiscali)

 

2024

2,2

16,1

0

0

16,1

2025

3,0

44,9

0

0

44,9

2026

4,0      

59,8

17,1

14,2

74,0

2027

3,0

59,9

20,9

17,4

77,3

2028

2,0

46,8

14

11,6

58,4

2029

1,0

25,3

5,1

4,3

29,6

2030

0,0

1,2

-0,7

-0,5

0,7

L'articolo 1, comma 9, della L. 243/2004 ha introdotto una misura sperimentale (cd. opzione donna) che prevede la possibilità per le lavoratrici che hanno maturato 35 anni di contributi e 57 anni di età per le lavoratrici dipendenti o 58 anni per le lavoratrici autonome (requisito anagrafico per il quale era inizialmente previsto l'adeguamento all'aumento della speranza di vita), di accedere anticipatamente al trattamento pensionistico, a condizione che optino per il sistema di calcolo contributivo integrale.

Tale opzione, per anni poco utilizzata, è stata esercitata invece in maniera più consistente dopo la riforma pensionistica realizzata dal D.L. 201/2011 (cd. Riforma Fornero), che ha notevolmente incrementato i requisiti anagrafici e contributivi per l'accesso al trattamento pensionistico, consentendo alle lavoratrici di anticipare di parecchi anni l'uscita dal lavoro, sia pur con una riduzione dell'importo della pensione. La riforma Fornero ha confermato la possibilità di accedere ad un pensionamento anticipato avvalendosi dell'opzione donna, a condizione che le lavoratrici maturassero i requisiti richiesti entro il 31 dicembre 2015.

L'articolo 1, commi 222 e 223, della L. 232/2016 (legge di bilancio per il 2017) ha ulteriormente esteso la possibilità di accedere alla cd. opzione donna alle lavoratrici che non hanno maturato entro il 31 dicembre 2015 i requisiti richiesti (di cui all'art. 1, c. 9, della L. 243/2004) a causa degli incrementi determinati dall'adeguamento dei medesimi all'aumento della speranza di vita (di cui all'art. 12 del D.L. 78/2010).

Successivamente, l'articolo 16 del D.L. 4/2019 ha esteso la possibilità di ricorrere all'opzione donna alle lavoratrici che abbiano maturato un'anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un'età anagrafica pari o superiore a 58 anni (per le lavoratrici dipendenti) e a 59 anni (per le lavoratrici autonome) entro il 31 dicembre 2018 (in luogo del 31 dicembre 2015), disponendo al contempo che a tale trattamento si applichino le decorrenze (cd. finestre) pari, rispettivamente, a 12 mesi per le lavoratrici dipendenti e a 18 mesi per le lavoratrici autonome, mentre i requisiti anagrafici non sono adeguati agli incrementi alla speranza di vita.

Il suddetto termine è stato poi prorogato al 31 dicembre 2020 dall'articolo 1, comma 336, della L. 178/2020 (legge di bilancio 2021) e, da ultimo, al 31 dicembre 2022, dall’articolo 1, comma 292, della L. 197/2022 (legge di bilancio 2023), che attraverso l’inserimento del comma 1-bis all’articolo 16 del D.L. n. 4/2019, ha elevato l’età anagrafica richiesta per l’accesso al beneficio a 60 anni e ne ha condizionato l’accesso al possesso di almeno uno dei requisiti introdotti. In particolare, ha esteso l’ammissione al beneficio anche alle lavoratrici che maturano i requisiti entro il 31 dicembre 2022 mediante, rispetto alle misure e proroghe precedenti, una selezione dei beneficiari che opera su due piani concomitanti:

§  riconoscimento del beneficio alle lavoratrici che:

a)    assistono, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge n. 104 del 1992, ovvero un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i settanta anni di età oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti;

b)   hanno una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell'invalidità civile, superiore o uguale al 74 per cento;

c)    sono lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d’impresa di cui all’articolo 1, comma 852, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

§  modifica del requisito anagrafico da maturare congiuntamente ai 35 anni di anzianità contributiva al 31 dicembre 2022, che viene elevato a 60 anni con la riduzione di 1 anno per ogni figlio nel limite massimo di due anni. La riduzione di due anni del requisito anagrafico di sessanta anni si applica a prescindere dal numero dei figli per le lavoratrici di cui alla lettera c).

Ha confermato infine il regime delle decorrenze già applicato per le precedenti proroghe che comporta per le lavoratrici autonome che la prima decorrenza utile sia il 1° agosto 2023 e che possano uscire nel corso del primo anno solamente le lavoratrici che hanno maturato il requisito nei primi cinque mesi dell’anno 2022.

Per le lavoratrici dipendenti il posticipo dalla data di maturazione dei requisiti è di almeno 12 mesi.


Articolo 30, commi 4-5
(Disposizioni in materia di pensione anticipata)

 

 

Il comma 4 dell’articolo 30 prevede l’estensione temporale sia, con alcune modifiche, della fattispecie transitoria di diritto al trattamento pensionistico anticipato – cosiddetta quota 103 – (fattispecie che costituisce una possibilità alternativa alle ipotesi in cui, nella disciplina vigente, è riconosciuto il diritto alla pensione anticipata) sia degli incentivi per il caso di prosecuzione dell’attività lavorativa dopo il conseguimento dei requisiti inerenti alla medesima quota 103[73].

L’estensione temporale in oggetto concerne i soggetti che conseguono i requisiti inerenti alla quota 103 costituiti dal possesso di un'età anagrafica di almeno 62 anni e di un'anzianità contributiva di almeno 41 anni nel corso del 2024; le modifiche operate nell’ambito dell’estensione temporale in esame riguardano esclusivamente tali soggetti e concernono i criteri di calcolo del trattamento e i termini dilatori per la decorrenza iniziale del medesimo.

Resta fermo che: la fattispecie di quota 103 concerne i regimi pensionistici relativi ai lavoratori dipendenti, pubblici e privati, nonché, limitatamente alle forme gestite dall'INPS, i lavoratori autonomi e parasubordinati, con esclusione di alcune categorie di lavoratori pubblici; il trattamento in base alla quota 103 può essere richiesto anche negli anni successivi rispetto all’anno di maturazione dei relativi requisiti, con applicazione della disciplina relativa al medesimo anno di maturazione; per il trattamento liquidato in base alla quota 103 si applicano disposizioni specifiche sui limiti di cumulo con redditi da lavoro e sui termini per il riconoscimento dei trattamenti di fine servizio (comunque denominati) dei dipendenti pubblici (che accedano al pensionamento anticipato in base alla fattispecie in esame).

Il successivo comma 5 reca una novella di coordinamento formale.

 

Il comma 4 del presente articolo 30 reca alcune novelle nell’articolo 14.1 del D.L. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 marzo 2019, n. 26, mentre il successivo comma 5 reca una novella di coordinamento formale[74].

La disciplina sulla quota 103 concerne i regimi pensionistici relativi ai lavoratori dipendenti, pubblici e privati, ovvero, limitatamente alle forme gestite dall'INPS, i lavoratori autonomi e parasubordinati, con esclusione[75] delle seguenti categorie di lavoratori pubblici: il personale militare delle Forze armate (ivi compreso il personale della Guardia di finanza), il personale delle Forze di polizia a ordinamento civile (ivi compreso il Corpo di polizia penitenziaria), il personale operativo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

Si ricorda che, al fine del conseguimento della componente di quota 103 costituita dal requisito contributivo di 41 anni, i periodi assicurativi maturati nelle diverse gestioni pensionistiche summenzionate sono cumulabili secondo la disciplina richiamata che consente il cumulo gratuito delle contribuzioni pensionistiche[76]; resta fermo, come nella suddetta disciplina richiamata, che il cumulo[77]: è consentito, al fine del conseguimento del requisito contributivo, solo per periodi assicurativi non coincidenti (mentre al fine della misura del trattamento rilevano tutti i periodi, anche coincidenti); è subordinato alla condizione che il soggetto non sia già titolare di un trattamento pensionistico diretto[78].

Riguardo ai criteri di calcolo, come accennato, la novella di cui alla lettera a), numero 4), del presente comma 4, nell’estendere temporalmente l’ambito di applicabilità della quota 103 ai soggetti che la maturino nel corso del 2024, modifica i criteri di calcolo del relativo trattamento per questi ultimi (come detto, il trattamento in base alla quota 103 può essere richiesto anche negli anni successivi rispetto all’anno di maturazione dei relativi requisiti, con applicazione della disciplina relativa al medesimo anno di maturazione).

In base a questi specifici criteri di calcolo: il trattamento è liquidato in base al cosiddetto sistema contributivo integrale applicato secondo i criteri definiti dal D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 180, per i soggetti che, avendo anche quote di contribuzione rientranti nel sistema retributivo, optino per l’applicazione del medesimo sistema contributivo integrale ; la misura mensile del trattamento, per i mesi di trattamento corrisposti prima della decorrenza ipotetica in base al requisito ordinario per la pensione di vecchiaia (pari attualmente a 67 anni)[79], non può essere superiore a quattro volte il trattamento minimo pensionistico del regime generale INPS[80]. Si ricorda che un limite massimo di importo, per il medesimo periodo transitorio, è previsto anche per i trattamenti liquidati, in base alla quota 103, ai soggetti che abbiano conseguito la medesima entro il 2023; tale limite è pari a cinque volte il trattamento minimo.

Si ricorda che il trattamento liquidato in base alla quota 103, per il periodo anteriore rispetto alla decorrenza ipotetica della pensione di vecchiaia[81], non è cumulabile con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione parziale di quelli da lavoro autonomo occasionale[82]; questi ultimi sono cumulabili nel limite di 5.000 euro lordi annui, limite che corrisponde per i redditi da lavoro autonomo occasionale a quello di esclusione[83] dalla contribuzione pensionistica.

Per i soggetti che maturino i requisiti inerenti alla quota 103 successivamente al 31 dicembre 2023, la decorrenza del relativo trattamento pensionistico non può essere anteriore, nel caso di lavoratori privati, al primo giorno dell’ottavo mese successivo a quello di maturazione dei requisiti medesimi e, nel caso di dipendenti pubblici[84], al primo giorno dopo la data di compimento del nono mese successivo alla suddetta maturazione, con presentazione della domanda di collocamento a riposo alla pubblica amministrazione di appartenenza con un preavviso di almeno sei mesi[85]; per i dipendenti del comparto scuola e AFAM[86] a tempo indeterminato il trattamento in esame (sempre con riferimento ai casi di maturazione della quota 103 in qualsiasi data dell’anno 2024) decorre dal primo giorno dell'anno scolastico o accademico avente inizio nel 2024 (o avente inizio in anni successivi, a seconda dell’anno di presentazione della domanda), a condizione che la domanda di cessazione dal servizio sia presentata entro il 28 febbraio 2024 (ovvero entro il 28 febbraio degli anni successivi)[87].

 

I soggetti che abbiano invece maturato i requisiti inerenti alla quota 103 nel corso del 2023 conseguono il diritto al trattamento a decorrere dal quarto mese successivo a quello di maturazione dei requisiti, ovvero, se dipendenti pubblici, dal primo giorno dopo la data di compimento del settimo mese successivo alla suddetta maturazione[88].

Per i dipendenti pubblici il possesso dei requisiti per l'accesso al pensionamento in base alla quota 103 non costituisce motivo di collocamento a riposo di ufficio, pur in caso di compimento del limite anagrafico per tale collocamento[89]; la normativa garantisce dunque al soggetto la possibilità di rimanere in servizio oltre tale limite, fermo restando il successivo collocamento a riposo di ufficio in caso di conseguimento dei requisiti posti da altre fattispecie di riconoscimento del pensionamento anticipato ovvero fino al compimento del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia (pari attualmente, in genere, a 67 anni).

I requisiti inerenti alla quota 103 non possono essere considerati ai fini dell'applicazione ai lavoratori: degli accordi aziendali cosiddetti di isopensione – di cui all'articolo 4, commi da 1 a 7-ter, della L. 28 giugno 2012, n. 92, e successive modificazioni –; degli istituti di assegno straordinario previsti dai fondi di solidarietà bilaterali – di cui all'articolo 26, comma 9, lettera b), e all'articolo 27, comma 5, lettera f), del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148 –, ferma restando, ai sensi della novella di cui all’articolo 1, comma 284, della L. 29 dicembre 2022, n. 197[90], la possibilità che la regolamentazione del fondo preveda una specifica forma di assegno straordinario con riferimento ai requisiti inerenti alla quota 103; dell'indennità di prepensionamento nell'ambito dei contratti di espansione, disciplinata dall'articolo 41, comma 5-bis, del citato D.Lgs. n. 148 del 2015, e successive modificazioni.

La summenzionata novella[91] di cui all’articolo 1, comma 284, della L. n. 197 del 2022 specifica altresì che i termini temporali per il riconoscimento dei trattamenti di fine servizio (comunque denominati) dei dipendenti pubblici che accedono al pensionamento anticipato in base alla quota 103 decorrono solo con riferimento alla data in cui il diritto al trattamento pensionistico sarebbe maturato in base alla pensione di vecchiaia o alle forme di pensione anticipata di cui all'articolo 24 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni[92].

Si ricorda altresì che la disciplina sulla quota 103 fa in ogni caso salve le normative che prevedono requisiti più favorevoli in materia di accesso al pensionamento[93] – fermo restando che, come detto, la fattispecie di quota 103 ha carattere aggiuntivo rispetto alle altre fattispecie di riconoscimento del diritto alla pensione anticipata (per ciascuna delle quali resta applicabile la rispettiva disciplina) –.

 

Come accennato, la disciplina sulla quota 103 prevede[94] la facoltà, per il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che abbia raggiunto entro il 31 dicembre 2024 i requisiti per il trattamento pensionistico anticipato inerenti alla medesima quota, di richiedere al datore di lavoro la corresponsione in proprio favore dell'importo corrispondente alla quota a carico del medesimo dipendente di contribuzione alla gestione pensionistica, con conseguente esclusione del versamento della quota contributiva e del relativo accredito; la decorrenza degli effetti dell'esercizio della facoltà è in ogni caso successiva alla data del medesimo esercizio; la decorrenza in oggetto, inoltre, non può essere anteriore alla prima scadenza utile per il pensionamento.


Articolo 31
(ISCRO)

 

 

L’articolo 31 riconosce a regime l’istituto, precedentemente introdotto in via sperimentale, dell’indennità di continuità reddituale e operativa (ISCRO), in favore dei lavoratori autonomi iscritti alla Gestione separata INPS in possesso di determinati requisiti. Tale indennità è riconosciuta per sei mensilità.

 

Nel dettaglio, la suddetta indennità – istituita in via sperimentale per il triennio 2021-2023 dall’articolo 1, comma 386, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, nelle more della riforma degli ammortizzatori sociali - è riconosciuta in favore dei soggetti iscritti alla Gestione separata INPS che esercitano per professione abituale attività di lavoro autonomo diverse dall’esercizio di imprese commerciali, compreso l’esercizio in forma associata di arti e professioni (ex art. 53, c. 1, del D.P.R. 917/1986) (comma 1), previa domanda (comma 2).

Si ricorda che in tale Gestione (di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 8 agosto 1995, n. 335) sono iscritti (tra gli altri) i lavoratori autonomi ed i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa che non rientrino in altri regimi pensionistici obbligatori di base (facenti capo ad altre gestioni dell’INPS o ad altri enti, pubblici o privati).

Come sottolineato nella Relazione Illustrativa, la disposizione detta, in sostanza, la disciplina già prevista dalla normativa transitoria, salvo per quanto riguarda taluni specifiche di seguito indicate. È previsto, infatti, che per accedere al contributo il richiedente non deve essere beneficiario dell’assegno di inclusione, deve aver subito una diminuzione del reddito di lavoro del 70% rispetto ai due anni precedenti e deve aver dichiarato un reddito non superiore a 12.000 euro.

Da un punto di vista fiscale inoltre, diversamente da quanto è previsto dal regime sperimentale, si stabilisce che l’indennità di cui ai commi da 1 a 10 concorre alla formazione del reddito ai sensi di quanto previsto dal testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

 

Beneficiari (commi 3, 5 e 12)

La suddetta indennitàerogata dall’INPS nel limite di spesa di 16 milioni di euro per il 2024, di 20,4 milioni di euro per il 2025, di 20,8 milioni di euro per il 2026, di 21,2 milioni di euro per il 2027, di 21,6 milioni di euro per il 2028, di 21,7 milioni di euro per il 2029, di 22,1 milioni di euro per il 2030, di 22,5 milioni di euro per il 2031, di 23 milioni di euro per il 2032 e di 23,4 milioni di euro per il 2033 (comma 12) – è riconosciuta in favore dei soggetti di cui sopra che possono fare valere congiuntamente i seguenti requisiti (comma 3):

a)      non sono titolari di trattamento pensionistico diretto e non sono assicurati presso altre forme previdenziali obbligatorie;

b)     non sono beneficiari di Assegno di inclusione[95];

c)      hanno prodotto un reddito di lavoro autonomo, nell’anno precedente la presentazione della domanda, inferiore al 70 per cento della media dei redditi da lavoro autonomo conseguiti nei due anni precedenti all’anno precedente a quello di presentazione della domanda[96];

d)     hanno dichiarato nell’anno precedente alla presentazione della domanda un reddito non superiore a 12.000 euro[97], annualmente rivalutato sulla base della variazione dell’indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati rispetto all’anno precedente la presentazione della domanda[98];

e)      sono in regola con la contribuzione previdenziale obbligatoria[99];

f)      sono titolari di partita Iva attiva da almeno tre anni[100] alla data di presentazione della domanda, per l’attività che ha dato titolo all’iscrizione alla gestione previdenziale in corso[101].

I requisiti di cui alle lettere a) e b) devono essere mantenuti anche durante la percezione dell’indennità (comma 5).

 

Importo, durata e decorrenza (commi 6, 7, 8 e 11)

L’indennità è erogata per sei mensilità ed è pari al 25%, su base semestrale, della media dei redditi da lavoro autonomo dichiarati dal soggetto nei due anni precedenti all'anno precedente alla presentazione della domanda (comma 6). Il relativo importo non può, in ogni caso, superare il limite di 800 euro mensili e non può essere inferiore a 250 euro mensili (comma 7).

I suddetti limiti di importo sono annualmente rivalutati sulla base della variazione dell’indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati rispetto all’anno precedente (comma 8).

Il beneficio spetta a decorrere dal primo giorno successivo alla data di presentazione della domanda, non dà luogo ad accredito di contribuzione figurativa (comma 6) e concorre alla formazione del reddito ai sensi del TUIR (comma 11).

 

Domanda (commi 4 e 9)

La domanda – recante l’autocertificazione dei redditi prodotti per gli anni di interesse - è presentata dal lavoratore all’INPS in via telematica entro il termine del 31 ottobre di ciascun anno di fruizione.

L'Inps comunica all'Agenzia delle entrate i dati identificativi dei soggetti che hanno presentato domanda per la verifica dei requisiti, mentre l'Agenzia delle entrate comunica all'Inps l'esito dei riscontri effettuati sulla verifica dei requisiti reddituali con modalità e termini definiti con accordi di cooperazione tra le parti (comma 4).

Si prevede che la prestazione non può essere richiesta nel biennio successivo all’anno di inizio di fruizione della stessa (comma 9).

 

Misure di condizionalità (comma 14)

L’erogazione dell’indennità in esame è condizionata alla partecipazione a percorsi di aggiornamento professionale, la cui definizione – anche con riferimento al finanziamento dei medesimi percorsi - è demandata ad apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali (di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano), da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio in esame.

Il monitoraggio relativo alla partecipazione dei beneficiari dell’indennità ai percorsi di aggiornamento è affidato al Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

 

 

Cause di cessazione (comma 10)

La cessazione della Partita Iva nel corso della erogazione dell’indennità determina l’immediata cessazione della stessa, con recupero delle mensilità eventualmente erogate successivamente alla data in cui è cessata l’attività.

 

Monitoraggio (comma 12)

L’INPS provvede al monitoraggio del rispetto del predetto limite di spesa, comunicando i risultati di tale attività al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze. Qualora dal predetto monitoraggio emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, rispetto al suddetto limite di spesa, non sono adottati altri provvedimenti concessori.

 

Oneri (comma 13)

Per la copertura dei suddetti oneri, si prevede, per i predetti soggetti – ossia gli iscritti alla Gestione separata INPS che esercitano per professione abituale attività di lavoro autonomo diverse dall’esercizio di imprese commerciali, compreso l’esercizio in forma associata di arti e professioni - un incremento dell’aliquota aggiuntiva dovuta alla Gestione separata (di cui all’art. 59, c. 16, della L. 449/1997) pari a 0,35 punti percentuali dall’anno 2024[102].

Il contributo è applicato sul reddito da lavoro autonomo (di cui all’art. 53, c. 1, del D.P.R 917/1986), con gli stessi criteri stabiliti ai fini IRPEF, quale risulta dalla relativa dichiarazione annuale dei redditi e dagli accertamenti definitivi

La Relazione Tecnica precisa che le retribuzioni sono state rivalutate sulla base dei parametri contenuti nella Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza 2023 deliberato il 27 settembre 2023.

La Relazione Tecnica conseguentemente quantifica gli effetti finanziari della disposizione nella seguente tabella:

ISCRO - Indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa  

Proiezione decennale dei contributi e della spesa per indennità secondo la proposta di stabilizzazione

 

 

Anno

Contributi (lordo fisco)

Contributi (netto fisco)

Oneri

Risultato di esercizio

Oneri (-)/risparmio (+)

2024

18,8

13,3

16

-2,7

 

2025

25,5

21,7

20,4

1,3

2026

25,8

20,8

20,8

0

2027

26,5

21,2

21,2

0

2028

27,2

21,8

21,6

0,2

2029

28

22,4

21,7

0,7

2030

28,8

23

22,1

0,9

2031

29,6

23,7

22,5

1,2

2032

30,4

24,4

23

1,4

2033

31,3

25

23,4

1,6

 

 


Articolo 32
(Modifica della misura dell’indennità
di malattia della gente di mare)

 

 

L’articolo 32 modifica l’importo dell’indennità giornaliera cui ha diritto la gente di mare per gli eventi di malattia insorti dal 1° gennaio 2024 – nei casi in cui la malattia impedisca totalmente e di fatto al soggetto assicurato di attendere al lavoro -, prevedendo che essa sia pari al sessanta per cento della retribuzione.

La disposizione interviene altresì a modificare le modalità di calcolo di tale indennità, prevedendo che essa sia calcolata sulla base della retribuzione media globale giornaliera percepita dall’assicurato nel mese che precede immediatamente quello in cui si è verificato l’evento di malattia.

L’articolo disciplina, infine, il caso in cui l’evento si verifichi nei primi trenta giorni dall’instaurazione del rapporto di lavoro, stabilendo che, ove si verifichi tale circostanza, l’indennità giornaliera venga calcolata, dividendo l’ammontare della retribuzione percepita nel periodo di riferimento per il numero dei giorni retribuiti.

 

Nel dettaglio, la disposizione in commento introduce alcune novelle al regio decreto-legge n. 1918 del 1937 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 831 del 1938), recante norme in materia di assicurazione contro le malattie per la gente di mare.

In particolare, essa interviene ad apportare modificazioni agli articoli 6 e 10 del richiamato regio decreto-legge.

 

Si rammenta che l’articolo 6, primo comma – comma su cui interviene la novella in oggetto - dispone che l’assicurazione contro le malattie per la gente di mare dia diritto: a) all’assistenza medico-chirurgica gratuita, compreso il ricovero ospedaliero, ed alla somministrazione di medicinali e di altri mezzi terapeutici per tutte le malattie, escluse quelle celtiche e veneree, manifestatesi durante l’arruolamento, fino alla guarigione clinica e per la durata massima di un anno dall’annotazione di sbarco sul ruolo; b) ad una indennità giornaliera nella misura del 75 per cento del salario, per la durata delle prestazioni di cui alla lettera a), nei casi in cui la malattia impedisca totalmente e di fatto all’assicurato di attendere al lavoro ai sensi del regio decreto-legge n. 1773 del 1933, recante norme in materia di accertamento dell’idoneità fisica della gente di mare di prima categoria.

 

Con la novella in commento si aggiunge un ulteriore periodo al comma primo, lettera b), dell’articolo 6, così stabilendosi che, per gli eventi di malattia insorti dal 1^ gennaio 2024, l’assicurazione dia diritto ad una indennità giornaliera nella misura del sessanta per cento della retribuzione, nei casi in cui la malattia impedisca totalmente e di fatto all’assicurato di attendere al lavoro ai sensi del regio decreto-legge n. 1773 del 1933.

 

L’ulteriore novella interviene sull’articolo 10 del regio decreto-legge n. 1918 del 1937, al fine di indicare nuove modalità di calcolo dell’indennità giornaliera riferita agli eventi di malattia insorti dal 1^ gennaio 2024.

Gli eventi di malattia cui si fa in tal caso riferimento sono quelli di cui all’articolo 6 – testé enucleato – e all’articolo 7 del medesimo regio decreto-legge.

 

Si ricorda che l’articolo 7 prevede che il personale arruolato su piroscafi o motonavi addetti al traffico, muniti di carte di bordo, o su rimorchiatori d’alto mare, o su navi di stazza lorda superiore alle duecento tonnellate, addette alla pesca oltre il Canale di Suez e gli stretti di Gibilterra e dei Dardanelli, sia assicurato anche per le seguenti prestazioni, oltre quelle previste nell’articolo 6: a) assistenza medico-chirurgica gratuita e somministrazione di medicinali e di altri mezzi terapeutici sino al massimo di un anno dall’annotazione di sbarco sul ruolo per le malattie celtiche e veneree, che si manifestano durante l’arruolamento o entro ventotto giorni dallo sbarco, e per tutte le altre malattie che si manifestano entro il predetto termine di ventotto giorni, sempreché sia dimostrato che durante tale periodo il marittimo non abbia lavorato presso altri datori di lavoro. Il ricovero ospedaliero è in ogni caso limitato a ventotto giorni; b) una indennità giornaliera pari a quella stabilita dall’articolo 6 per tutta la durata delle prestazioni stesse, nei casi in cui la malattia impedisce totalmente e di fatto all’assicurato di attendere al lavoro, ai sensi del regio decreto-legge 14 dicembre n. 1773 del 1933, n. 1773. Tale indennità è dovuta nella misura del 50 per cento del salario, quando si tratti di malattia celtica e venerea; c) assistenza ostetrica ed una indennità giornaliera pari a quella stabilita dall’articolo precedente, nelle ultime quattro settimane della gestazione e nelle quattro settimane dopo il parto o l’aborto per i casi di parto maturo, di parto prematuro o di aborto spontaneo o terapeutico, avvenuti rispettivamente entro nove, sei e tre mesi dalla annotazione di sbarco sul ruolo.

 

L’articolo 10 del regio decreto-legge n. 1918 del 1937 - oggetto di novella - disciplina le modalità di calcolo dell’indennità giornaliera.

 

Giova rammentare che l’articolo 10 prevede che l’indennità giornaliera sia calcolata sul salario effettivamente goduto dall’assicurato alla data dell’annotazione di sbarco sul ruolo. Per la determinazione del salario si osservano le norme degli artt. 71, primo e terzo comma, e 72 del regolamento 25 gennaio 1937, n. 200. (Regolamento per l’esecuzione dei R.D. 17 agosto 1935, n. 1765 e R.D. 15 dicembre 1936, n. 2276, sull’assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali). La paga base giornaliera di cui al citato art. 71, primo comma, si calcola dividendo per trenta il salario mensile. L’indennità giornaliera è pagata posticipatamente a periodi non eccedenti i sette giorni. Il datore di lavoro non può rifiutarsi di fare anticipazioni quando ne sia richiesto dalla Cassa marittima (si ricorda che ora vi è l’INPS).

La norma prevede inoltre che nel caso di sbarco di un ammalato in un porto italiano non vi sia obbligo di deposito delle spese di cura e di rimpatrio da parte del comandante della nave; se lo sbarco avviene in altri porti il comandante, d’accordo con l’ufficio di porto o consolare, deve garantire o depositare presso detto ufficio, oltre le spese suddette anche acconti sulle indennità per inabilità temporanea per il periodo che l’ufficio stesso stabilirà.

 

Per gli eventi di malattia insorti dal 1° gennaio 2024, l’indennità – in virtù della novella in commento, che comporta l’aggiunta di due periodi al primo comma del richiamato articolo 10 - è quindi calcolata sulla base della retribuzione media globale giornaliera percepita dall’assicurato nel mese immediatamente precedente a quello in cui si è verificato l’evento di malattia.

Nel caso in cui l’evento si sia verificato nei primi trenta giorni dall’inizio del rapporto di lavoro, il calcolo dell’indennità giornaliera avviene, dividendo l’ammontare della retribuzione percepita nel periodo di riferimento per il numero dei giorni retribuiti.

 

Per quanto concerne la gente di mare, deve farsi presente che il relativo rapporto di lavoro è regolato dal Codice della navigazione, di cui al regio decreto 30 marzo 1942, n. 327: in particolare, il contratto, definito di arruolamento, è il contratto sottoscritto dall’armatore con il personale marittimo.

In base all’articolo 114 del Codice, per personale marittimo si intende:

1.    la gente di mare;

2.    il personale addetto ai servizi dei porti;

3.    il personale tecnico delle costruzioni navali.

La gente di mare è, a sua volta, suddivisa in tre categorie, ai sensi dell’articolo 115 del predetto Codice:

§  personale di stato maggiore e di bassa forza addetto ai servizi di coperta, di macchina e in genere ai servizi tecnici di bordo;

§  personale addetto ai servizi complementari di bordo;

§  personale addetto al traffico locale e alla pesca costiera.

 

La regolamentazione specifica della gente di mare è dettata dal D.P.R. 18 aprile 2006, n. 231 (Regolamento recante disciplina del collocamento della gente di mare), nonché dalla Convenzione internazionale OIL sul Lavoro Marittimo (n. 186 del 2006), che stabilisce i principi e i diritti minimi in materia di lavoro marittimo.

 

Dal 1° gennaio 2014 - ai sensi di quanto disposto dal decreto-legge n. 76 del 2013 - la gestione della malattia (e della maternità) della gente di mare è affidata all’INPS, che garantisce:

§  l’indennità per inabilità temporanea assoluta da malattia fondamentale per la malattia che si manifesta durante l’imbarco, impedendo la prosecuzione della navigazione. La misura è pari al 75% della retribuzione percepita nei 30 giorni precedenti lo sbarco e viene concessa per la durata massima di un anno;

§  l’indennità per inabilità temporanea assoluta da malattia complementare per le malattie insorte entro 28 giorni dallo sbarco. La misura è pari al 75% della retribuzione percepita nei 30 giorni precedenti lo sbarco e viene concessa per la durata massima di un anno;

§  l’indennità per inabilità temporanea da malattia che si manifesta dopo 28 giorni dallo sbarco ed entro il centottantesimo giorno, in continuità di rapporto di lavoro. La misura è pari al 50% della retribuzione effettivamente goduta alla data di manifestazione della malattia per i primi 20 giorni e pari al 66,66% della stessa dal ventunesimo al centottantesimo giorno.

 

Si ricorda, infine, che sono in capo all’INAIL le funzioni relative all’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali della gente di mare.


Articolo 33
(Disposizioni in materia di adeguamento delle aliquote di rendimento delle gestioni previdenziali)

 

 

L’articolo 33 modifica, per alcune categorie di dipendenti pubblici, i criteri di calcolo delle quote di trattamento pensionistico liquidate con il sistema retributivo; la modifica concerne i trattamenti pensionistici aventi una decorrenza iniziale successiva al 31 dicembre 2023 e si applica esclusivamente nei casi in cui l’anzianità contributiva inerente alla quota retributiva sia inferiore a 15 anni. I dipendenti pubblici interessati sono gli iscritti alle seguenti casse (gestite dall’INPS)[103]: cassa per le pensioni ai dipendenti degli enti locali (CPDEL)[104]; cassa per le pensioni dei sanitari (CPS)[105]; cassa per le pensioni degli insegnanti (CPI, che concerne gli insegnanti delle scuole primarie paritarie, pubbliche e private, degli asili eretti in enti morali e delle scuole dell'infanzia comunali); cassa per le pensioni agli ufficiali giudiziari, agli aiutanti ufficiali giudiziari ed ai coadiutori (CPUG). La modifica ha conseguenze, secondo i termini di cui ai commi 2 e 4, anche sui criteri di calcolo degli oneri di riscatto di periodi a fini pensionistici, con riferimento alle domande di riscatto presentate a partire dal 1° gennaio 2024 e da valutare secondo il sistema retributivo.

 

La modifica dei criteri di calcolo delle quote di trattamento pensionistico in oggetto consiste nella ridefinizione delle aliquote di rendimento; si ricorda che queste ultime sono proprie del sistema retributivo e si applicano sulla base di calcolo costituita dalla retribuzione pensionabile[106]; negli ordinamenti delle casse in esame, per la quota di anzianità contributiva rientrante nel sistema retributivo, si applica un’aliquota di rendimento complessiva, variabile in relazione alla medesima anzianità.

Per i casi in cui l’anzianità contributiva inerente alla quota retributiva sia inferiore a 15 anni, i commi 1 e 3 del presente articolo e il relativo allegato II sostituiscono con i valori ivi indicati dell’aliquota di rendimento quelli stabiliti, per le suddette CPDEL, CPS e CPI, dall’allegato A alla L. 26 luglio 1965, n. 965[107], e, per la suddetta CPUG, dalla tabella A allegata alla L. 24 gennaio 1986, n. 16. Come detto, la modifica concerne soltanto i trattamenti pensionistici aventi una decorrenza iniziale successiva al 31 dicembre 2023.

Per i casi di anzianità contributiva (rientrante nel sistema retributivo) pari o superiore a 15 anni e zero mesi, l’aliquota di rendimento resta pari a quella già prevista dalle leggi citate per la relativa e specifica anzianità.

In ragione del suddetto riferimento ai soli casi in cui l’anzianità contributiva inerente alla quota retributiva sia inferiore a 15 anni, la modifica può interessare esclusivamente soggetti che avessero meno di diciotto anni di anzianità contributiva alla data del 31 dicembre 1995, dunque soggetti per i quali la quota retributiva è relativa solo all’anzianità contributiva maturata fino al 31 dicembre 1995[108].

La relazione tecnica allegata all’originario disegno di legge governativo[109] ricorda altresì che per le quote di contribuzione rientranti nel sistema retributivo e relative a periodi successivi al 31 dicembre 1994 trova applicazione, per la generalità dei regimi pensionistici obbligatori gestiti da enti previdenziali pubblici, un’aliquota di rendimento pensionistico pari a 2 punti percentuali per ogni anno di contribuzione[110].

La modifica di cui ai commi 1 e 3 in esame – ferma restando la suddetta esclusione per i trattamenti pensionistici aventi una decorrenza iniziale anteriore al 1° gennaio 2024 – si applica a prescindere dalla data di maturazione dei requisiti per il trattamento pensionistico e dalla data di presentazione – eventualmente anche anteriore al 1° gennaio 2024 – della domanda di pensione. Le disposizioni si discostano pertanto dal criterio del pro rata temporis, in base al quale per la quota di anzianità contributiva maturata prima dell'entrata in vigore di una modifica normativa continuano ad applicarsi i criteri di calcolo previgenti.

Riguardo alla giurisprudenza della Corte costituzionale in materia pensionistica, si possono ricordare in questa sede le seguenti linee:

-          la Corte, in diverse sentenze, ha dichiarato illegittime alcune disposizioni nella parte in cui non escludevano che la prosecuzione dell’attività lavorativa (o la fruizione di ammortizzatori sociali con copertura figurativa) dopo il conseguimento del requisito di anzianità contributiva per la pensione potesse determinare (nell’ipotesi di una retribuzione pensionabile inferiore a quella relativa alla fase precedente il conseguimento del requisito contributivo) una liquidazione della quota retributiva di trattamento pensionistico inferiore a quella che sarebbe stata liquidata in caso di mancata prosecuzione dell’attività, o di mancata fruizione dei suddetti ammortizzatori sociali con copertura figurativa (cfr., tra le altre, la sentenza n. 264 del 22-30 giugno 1994 e la sentenza n. 82 del 3-13 aprile 2017);

-          riguardo alle norme di riduzione di trattamenti pensionistici, anche già liquidati, di importo molto elevato, la Corte (cfr., da ultimo, la sentenza n. 234 del 22 ottobre-9 novembre 2020) ha subordinato la legittimità alle condizioni che le riduzioni siano relative a un ridotto periodo transitorio e che i risparmi derivanti dalle medesime riduzioni restino (come concorso solidaristico) all’interno del sistema previdenziale.

 

Anche alla luce di tale giurisprudenza costituzionale, si valuti il contenuto delle disposizioni in esame.

 

I commi 2 e 4 definiscono le conseguenze derivanti dalla modifica di cui ai commi 1 e 3 – sul calcolo degli oneri di riscatto di periodi a fini pensionistici; le disposizioni di cui ai commi 2 e 4 concernono le domande di riscatto presentate a partire dal 1° gennaio 2024 e da valutare secondo il sistema retributivo. Per le suddette CPDEL, CPS e CPI, l’allegato A della citata L. n. 965 del 1965 prevede che l’onere di riscatto sia determinato in relazione alla differenza tra la misura dell’aliquota di rendimento relativa all’anzianità contributiva al netto del periodo oggetto della domanda di riscatto e la misura dell’aliquota determinata in base alla considerazione anche del periodo oggetto della domanda di riscatto. Il comma 2 specifica, al riguardo, che per le domande di riscatto presentate a partire dal 1° gennaio 2024 (sempre che siano da valutare secondo il sistema retributivo) si applicano i valori delle aliquote di cui al suddetto allegato A come modificati dal precedente comma 1 e dal relativo allegato II. La relazione tecnica allegata all’originario disegno di legge governativo[111] osserva che tale modifica dei criteri di calcolo degli oneri di riscatto determina un incremento dei medesimi, in quanto la nuova progressione (al crescere dell’anzianità contributiva) delle aliquote di rendimento presenta una dinamica superiore rispetto alla precedente. I nuovi valori di cui all’allegato II si applicano, ai sensi del successivo comma 4, anche per la suddetta CPUG (sempre con riferimento alle domande di riscatto presentate a partire dal 1° gennaio 2024 e da valutare secondo il sistema retributivo). Al riguardo, il comma 4 richiama, per i criteri vigenti, la summenzionata tabella A allegata alla L. n. 16 del 1986; quest’ultima tabella non concerne gli oneri di riscatto, che sono invece definiti in via autonoma (con riferimento all’età anagrafica del richiedente e all’arco temporale oggetto della domanda) dall’articolo 10 e dalla tabella C della medesima L. n. 16. In relazione a tale diverso contesto, relativo alla CPUG, si valuti l’opportunità di un chiarimento circa i termini di applicazione ai riscatti richiesti presso tale cassa delle modifiche in oggetto.

Il comma 5 esclude che dall’applicazione dei commi da 1 a 4 possa derivare un trattamento pensionistico di importo maggiore rispetto a quello derivante dalla normativa precedente.


Articolo 34
(Proroga ammortizzatori sociali mediante utilizzi del Fondo sociale per occupazione e formazione)

 

 

L’articolo 34 proroga alcune misure di sostegno al reddito, ponendo i relativi oneri a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione.

I suddetti interventi concernono: l’indennità per i lavoratori dipendenti delle imprese del settore dei call center; l’indennità per il fermo pesca obbligatorio e non obbligatorio; lo stanziamento di ulteriori risorse per il riconoscimento dei trattamenti di integrazione salariale straordinaria e di mobilità in deroga in favore dei lavoratori delle imprese operanti in aree di crisi industriale complessa; il trattamento di sostegno al reddito a favore dei lavoratori dipendenti da aziende sequestrate e confiscate, sottoposte ad amministrazione giudiziaria; la proroga del trattamento straordinario di integrazione salariale per crisi aziendale per le imprese che cessano l’attività produttiva; la proroga dell’integrazione economica del trattamento di integrazione salariale straordinaria in favore dei lavoratori dipendenti dalle imprese del Gruppo Ilva; il riconoscimento di un ulteriore periodo di trattamento straordinario di integrazione salariale alle imprese di interesse strategico nazionale con un numero di lavoratori dipendenti non inferiore a mille.

Vengono altresì incrementate di 50 milioni di euro le risorse per la proroga nel 2024 del periodo di cassa integrazione guadagni straordinaria per riorganizzazione o crisi aziendale.

 

Sostegno al reddito per i lavoratori dei call center (comma 1)

La disposizione in commento rifinanzia anche per il 2024, nella misura di 10 milioni di euro - a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione[112] - le misure di sostegno al reddito previste in favore dei lavoratori dipendenti dalle imprese del settore dei call center dall’art. 44, co. 7, del D.Lgs. 148/2015, non rientranti nel campo di applicazione del trattamento straordinario di integrazione salariale, con un organico superiore alle 50 unità nel semestre precedente alla presentazione della domanda.

La misura dell’indennità in oggetto è pari al trattamento massimo di integrazione salariale straordinaria e può essere richiesta quando la sospensione o la riduzione dell'attività lavorativa sia determinata da una crisi aziendale ed il relativo programma contenga un piano di risanamento volto a fronteggiare gli squilibri creatisi.

In base al combinato disposto del richiamato art. 44, co. 7, del D.Lgs. 148/2015 e del relativo decreto attuativo DM 22763/2015, le citate misure di sostegno al reddito consistono nell’erogazione di un’indennità in favore dei lavoratori appartenenti alle aziende del settore dei call center non rientranti nel campo di applicazione del trattamento straordinario di integrazione salariale, con un organico superiore alle 50 unità nel semestre precedente alla presentazione della domanda, con unità produttive site in diverse Regioni o Province autonome, e che abbiano attuato, entro la scadenza del 31 dicembre 2013, le misure di stabilizzazione dei collaboratori a progetto.

Si ricorda che la misura di cui al presente comma è stata rifinanziata più volte, da ultimo, per il 2023, dall’art. 1, co. 327, della L. 197/2022 (legge di bilancio 2023) nel limite di spesa di 10 mln di euro.

 

Indennità per i lavoratori del settore della pesca (comma 2)

Per l’erogazione, anche per il 2024, dell’indennità giornaliera onnicomprensiva prevista per i lavoratori dipendenti da imprese adibite alla pesca marittima nel periodo di sospensione dell’attività lavorativa, a causa delle misure di arresto temporaneo obbligatorio e non obbligatorio, vengono stanziate risorse nel limite di 30 milioni di euro per il medesimo anno 2024, a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione.

La suddetta indennità è pari ad un importo non superiore a trenta euro giornalieri ed è riconosciuta ad ogni lavoratore dipendente da imprese adibite alla pesca marittima, compresi i soci lavoratori delle cooperative della piccola pesca.

Si ricorda che la misura in oggetto è stata rifinanziata più volte, da ultimo dall’art. 1, co. 326, della L. 197/2022 (legge di bilancio 2023) nella misura di 30 mln di euro.

 

Proroga CIGS e mobilità in deroga nelle aree di crisi industriale complessa (comma 3)

La norma in esame stanzia per il 2024 ulteriori risorse, pari a 70 milioni di euro a valere sul Fondo sociale occupazione e formazione, per la prosecuzione dei trattamenti straordinari di integrazione salariale, riconosciuti in deroga ai limiti generali di durata vigenti, e di mobilità in deroga, previsti – rispettivamente, dall’art. 44, co. 11-bis, del D.Lgs. 148/2015, e dall’art. 53-ter del D.L. 50/2017 - in favore dei lavoratori di imprese operanti in aree di crisi industriale complessa.

Le suddette risorse saranno ripartite tra le regioni con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e potranno essere destinate dalle Regioni, nel 2024, in aggiunta a quelle residue dei precedenti finanziamenti, alle medesime finalità

L’articolo 44, comma 11-bis del D.Lgs. n. 148/2015 autorizza un ulteriore intervento di integrazione salariale straordinaria, previo accordo stipulato in sede governativa, sino al limite massimo di 12 mesi per ciascun anno di riferimento, alle imprese operanti in un'area di crisi industriale complessa che, a tal fine, debbono presentare un piano di recupero occupazionale che preveda appositi percorsi di politiche attive del lavoro concordati con la regione e finalizzati alla rioccupazione dei lavoratori, dichiarando contestualmente di non poter ricorrere al trattamento di integrazione salariale straordinaria né secondo le disposizioni del citato decreto, né secondo le disposizioni attuative dello stesso. Tali risorse, a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione, sono assegnate alle regioni dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali che provvede ad una ripartizione proporzionale alle esigenze rappresentate.

Ai sensi dell’articolo 53-ter del D.L. 50/2017, le suddette risorse finanziarie  possono essere destinate dalle regioni, nei limiti della parte non utilizzata, per la prosecuzione - senza soluzione di continuità e a prescindere dall'applicazione dei criteri di cui al DM n. 83473 del 1° agosto 2014 - del trattamento di mobilità in deroga, per un massimo di dodici mesi, per i lavoratori che operino in un'area di crisi industriale complessa e che, alla data del 1º gennaio 2017, risultavano beneficiari di un trattamento di mobilità ordinaria o di un trattamento di mobilità in deroga, a condizione che ai medesimi lavoratori siano contestualmente applicate le misure di politica attiva individuate in un apposito piano regionale.

Inizialmente, il citato art. 44, co. 11-bis, del D.Lgs. 148/2015 ha disposto che il trattamento straordinario di integrazione salariale ivi previsto fosse concesso entro un limite massimo di spesa di 216 mln di euro per il 2016 (ripartite con il decreto interministeriale n. 1 del 12 dicembre 2016) e di 117 mln per il 2017 (ripartite con il decreto interministeriale n. 12 del 5 aprile 2017).

Successivamente, le leggi di bilancio dal 2018 al 2022, per la prosecuzione dei trattamenti di CIGS in oggetto, hanno più volte autorizzato l’impiego delle risorse residue anche per le annualità successive al 2017 e hanno altresì stanziato ulteriori risorse. In dettaglio:

§  per il 2018 e 2019 è stato consentito l’impiego delle risorse residue stanziate per il 2016 ed il 2017 (art. 1, co. 139, della L. 205/2017 e art. 1, co. 282, della L. 145/2018);

§  per il 2019 sono stati stanziati ulteriori 117 mln di euro, ripartiti con il decreto interministeriale n. 16 del 29 aprile 2019 (art. 1, co. 282, della L. 145/2018);

§  per il 2020 sono stati stanziati ulteriori 45 mln di euro, ripartiti con il DM 5 marzo 2020 (art. 1, co. 491, L. 160/2019);

§  per il 2021 sono stati stanziati ulteriori 180 mln di euro, ripartiti con il DM n. 18 del 16 aprile 2021  (art. 1, co. 289, L. 178/2020)[113];

§  per il 2022 sono stati stanziati ulteriori 60 mln di euro, ripartiti con il DM n. 5 del 9 marzo 2022 (art. 1, co. 127, L. 234/2021);

§  per il 2023 sono stati stanziati ulteriori 70 mln di euro, ripartiti con apposito DM.

 

Sostegno  al reddito dei lavoratori di imprese sequestrate o confiscate (comma 4)

A valere sul Fondo sociale occupazione e formazione viene prorogato, per il triennio 2024-2026, il trattamento di sostegno al reddito, pari al trattamento straordinario di integrazione salariale, previsto dalla normativa vigente (art. 1, c. 1, D.Lgs. 72/2018) a favore dei lavoratori sospesi dal lavoro o impiegati ad orario ridotto, dipendenti da aziende sequestrate e confiscate, sottoposte ad amministrazione giudiziaria.

La proroga del trattamento in oggetto viene concessa alle medesime condizioni previste dalla richiamata normativa vigente - ossia quando non sia più possibile ricorrere ai trattamenti di integrazione salariale previsti dalla normativa generale (di cui al D.Lgs. 148/2015) per superamento dei limiti soggettivi e oggettivi ivi previsti o per difetto delle condizioni di applicabilità - per una durata massima complessiva di 12 mesi nel triennio e nel limite di spesa di 0,7 milioni di euro per ciascun anno.

Si ricorda che, ai sensi del citato art. 1, c. 1, del D.Lgs. 72/2018, il trattamento in questione – originariamente previsto dal 2018 al 2020 e poi prorogato fino al 2023 dalla legge di bilancio 2021 – si applica ai lavoratori sospesi dal lavoro o impiegati a orario ridotto, dipendenti dalle suddette aziende per le quali è stato approvato il programma di prosecuzione o di ripresa dell'attività (di cui all’art. 41 del D.Lgs. 159/2011) e fino alla loro assegnazione o destinazione.

Tale trattamento è concesso anche ai lavoratori dipendenti per i quali il datore di lavoro non ha adempiuto in tutto o in parte agli obblighi in materia di lavoro e legislazione sociale, il cui rapporto di lavoro è riconosciuto con il decreto di approvazione del suddetto programma di prosecuzione o di ripresa dell'attività o con altri provvedimenti anche precedenti del tribunale o del giudice delegato.

 

Proroga CIGS per cessazione di attività (comma 5)

La disposizione in commento proroga per 2024 - nel limite di spesa di 50 milioni di euro per il medesimo anno, a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione - la possibilità (attualmente prevista sino al 2023) per le imprese che cessano l’attività produttiva di accedere, in deroga ai limiti generali di durata vigenti e qualora ricorrano determinate condizioni, ad un trattamento straordinario di integrazione salariale per crisi aziendale finalizzato alla gestione degli esuberi di personale, per un periodo massimo di 12 mesi, di cui all’articolo 44 del D.L. 109/2018.

La disposizione in commento fa salva la disciplina prevista dal richiamato articolo 44 del D.L. 109/2018 (vedi infra) in materia di condizioni e presupposti per l’accesso al suddetto intervento straordinario di integrazione salariale per cessazione di attività.

In particolare l’autorizzazione è concessa:

§  qualora sussista una delle seguenti ipotesi:

-     risultino concrete prospettive di cessione dell’attività, con conseguente riassorbimento occupazionale;

-     sia possibile realizzare interventi di reindustrializzazione del sito produttivo;

-     siano svolti specifici percorsi di politica attiva del lavoro, posti in essere dalla regione interessata e relativi ai lavoratori dell'azienda in oggetto;

§  per un periodo massimo complessivo di dodici mesi;

§  anche in deroga ai limiti di durata massima per la cassa integrazione ordinaria e straordinaria, che prevedono, rispettivamente, in generale, una durata massima complessiva di 24 mesi in un quinquennio mobile e di 12 mesi, anche continuativi, in caso di crisi aziendale;

§  subordinatamente alla conclusione di un accordo stipulato presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali in cui viene altresì verificata la sostenibilità finanziaria del trattamento straordinario e indicato il relativo onere finanziario. Tali accordi sono trasmessi al Ministero dell'economia e delle finanze e all'INPS per il monitoraggio mensile del rispetto dei limiti di spesa. Qualora dal monitoraggio emerga il raggiungimento, anche in via prospettica, del limite di spesa, non possono essere stipulati altri accordi.

 

In attuazione della delega di cui alla L. 183/2014, che ha disposto, nell’ambito del riordino degli ammortizzatori sociali in costanza di lavoro, l’esclusione di ogni forma di integrazione salariale in caso di cessazione definitiva dell'attività aziendale o di un ramo di essa, il D.Lgs. 148/2015 ha escluso (dal 1° gennaio 2016) la cessazione di attività di impresa (o di un ramo di essa) tra le cause di richiesta di cassazione integrazione guadagni. Tuttavia, l’articolo 21, comma 4, del medesimo decreto n. 148 ha previsto (in deroga ai limiti di durata massima) la possibilità di autorizzare, entro il limite di spesa di 50 milioni di euro annui per il triennio 2016-2018 (a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione), sino a un limite massimo di 12, 9 e 6 mesi, e previo accordo stipulato in sede governativa, un ulteriore intervento di CIGS, nel caso in cui all'esito dello specifico programma di crisi aziendale, l'impresa avesse cessato l'attività produttiva e sussistano concrete prospettive di rapida cessione dell'azienda e di un conseguente riassorbimento occupazionale.

Successivamente, il richiamato art. 44 del D.L. 109/2018 – come modificato da ultimo dal D.L. 162/2019 - ha prorogato la concessione della CIGS in oggetto per il periodo dal 29 settembre 2018 al 31 dicembre 2020, nel limite di spesa costituito dalle risorse stanziate ai sensi del predetto art. 21, c. 4, del D.Lgs. 148/2015 e non utilizzate, nonché (come disposto dai decreti legge nn. 124 e 162 del 2019) nel limite di 45 milioni di euro per il 2019 e di 28,7 milioni di euro per il 2020.

Infine, il trattamento in oggetto è stato prorogato anche per gli anni 2021 e 2022 (art. 1, co. 278, L. 178/2020) nel limite di spesa, rispettivamente, di 200 e di 50 milioni di euro e, da ultimo, per il 2023 (art. 1, co. 329, L. 197/2022) nel limite di spesa di 50 mln di euro.

 

 

Integrazione delle misure di sostegno al reddito per i dipendenti ex ILVA (comma 6)

Viene altresì prorogato per il 2024 - nel limite di spesa di 19 mln di euro a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione - l’integrazione economica, per la parte non coperta, del trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria riconosciuta, anche ai fini della formazione professionale per la gestione delle bonifiche (ex art. 1-bis, del D.L. 243/2016, vedi infra), in favore dei dipendenti impiegati presso gli stabilimenti produttivi del gruppo ILVA.

Il richiamato art. 1-bis del D.L. 243/2016 ha autorizzato una spesa di 24 mln di euro per il 2017 allo scopo di integrare il trattamento economico dei dipendenti impiegati presso gli stabilimenti produttivi del gruppo ILVA per i quali sia stato avviato o prorogato, nel corso dello stesso anno, il ricorso alla cassa integrazione guadagni straordinaria (anche in relazione ad impegni dei lavoratori in corsi di formazione professionale per la gestione delle bonifiche relative ai medesimi stabilimenti). La misura è stata successivamente prorogata per il 2018 nel limite di spesa di 24 milioni di euro (art. 1, co. 1167, della L. 205/2017), per il 2019 nel limite di spesa di 35 milioni di euro (art. 1, co. 248, della L. 145/2018), per il 2020 nel limite di spesa di 19 milioni di euro (art. 11-quater, co. 1, del D.L. 162/2019), per il 2021 nel limite di spesa di 19 milioni di euro (art. 9 del D.L. 41/2021), per il 2022 nel limite di spesa di 19 milioni di euro (art. 1, co. 128, L. 234/2021) e per il 2023 nel limite di spesa di 19 milioni di euro (art. 1, co. 328, L. 197/2022).

La Relazione tecnica allegata al presente disegno di legge specifica che i destinatari del trattamento di CIGS per le tre aziende del Gruppo Ilva sono complessivamente 2131 lavoratori, di cui 1808 dipendenti da Ilva, 311 dipendenti da Sanac e 12 dipendenti da Taranto Energia. Dai dati forniti dal personale della Direzione Ilva si prevede una sospensione media rispettivamente di 1.786, 311 12 lavoratori, per un totale di n. 2.109 unità lavorative.

 

CIGS per riorganizzazione o crisi aziendale (comma 7)

A valere sul Fondo per l’occupazione e la formazione, la disposizione in commento incrementa di 50 milioni di euro le risorse già stanziate per il 2024, e attualmente pari a 50 milioni di euro, per la proroga nel medesimo anno[114] del periodo di cassa integrazione guadagni straordinaria per riorganizzazione o crisi aziendale di cui all’art. 22-bis del D.Lgs. 148/2015, che riconosce la possibilità, per le imprese con rilevanza economica strategica anche a livello regionale e con rilevanti problematiche occupazionali, di richiedere un ulteriore periodo di trattamento di integrazione salariale straordinaria, in deroga ai limiti di durata posti dalla normativa vigente[115].

L’ulteriore periodo di CIGS in oggetto può avere una durata di 12 mesi in caso di riorganizzazione aziendale o di contratto di solidarietà oppure di 6 mesi in caso di crisi aziendale.

La disposizione in commento non interviene sulla disciplina in materia di condizioni e presupposti per l’accesso alla proroga del richiamato trattamento straordinario di integrazione salariale.

In base al richiamato art. 22-bis l’autorizzazione dell’ulteriore periodo di CIGS da parte delle imprese di rilevanza economica strategica è subordinata alla presentazione di piani di interventi volti a fronteggiare le inefficienze della struttura gestionale o produttiva, ovvero a gestire processi di transizione (come specificato dall’art. 52, co. 1, lett. b), del ddl in esame, con riferimento all’art. 21, co. 2, del D.Lgs. 148/2015), e comunque finalizzati al recupero occupazionale, anche in termini di riqualificazione professionale e di potenziamento delle competenze (come specificato dall’art. 52, co. 1, lett. c), del ddl in esame, con riferimento all’art. 21, co. 2, del D.Lgs. 148/2015)) e alla sussistenza di una delle seguenti ipotesi:

1.    il programma di riorganizzazione aziendale comprenda investimenti complessi, non attuabili nel limite temporale di durata del trattamento straordinario;

2.    il medesimo programma contenga piani di recupero occupazionale e azioni di riqualificazione non attuabili nel suddetto limite temporale;

3.    per la causale contratto di solidarietà;

4.    il piano di risanamento presenti interventi correttivi complessi, non attuabili nel limite temporale di durata del trattamento.

Per le ipotesi da 1 a 3 si prevede che la proroga possa essere concessa fino ad un limite di 12 mesi, mentre per la quarta ipotesi si ammette un limite massimo di 6 mesi.

 

CIGS per le imprese di interesse strategico nazionale (commi 8 e 9)

La disposizione in commento riconosce un ulteriore periodo di trattamento straordinario di integrazione salariale fino al 31 dicembre 2024, alle imprese di interesse strategico nazionale con un numero di lavoratori dipendenti non inferiore a mille e che hanno in corso piani di riorganizzazione aziendale non ancora completati. Tale ulteriore periodo è riconosciuto in continuità con le tutele già autorizzate, e quindi anche con effetto retroattivo, in deroga ai limiti di durata posti dalla normativa generale e nel limite di spesa di 63.300.000 euro per il 2024 (comma 8).

Tale ulteriore periodo di CIGS - concesso per completare i suddetti piani di riorganizzazione, al fine di salvaguardare il livello occupazionale e il patrimonio delle competenze dell’azienda – può essere autorizzato, a domanda, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali  e in deroga ai limiti di durata posti, in materia di trattamenti di integrazione salariale (comma 8, primo periodo):

-       dall’articolo 4 del D.Lgs. 148/2015, in base al quale il trattamento ordinario e quello straordinario di integrazione salariale non possono superare la durata massima complessiva di 24 mesi in un quinquennio mobile;

-       dall’articolo 22 del medesimo D.Lgs. 148/2015, in base al quale il trattamento straordinario di integrazione salariale per la causale di riorganizzazione aziendale può avere una durata massima di 24 mesi anche continuativi, in un quinquennio mobile e possono essere autorizzate sospensioni del lavoro soltanto nel limite dell'80 per cento delle ore lavorabili nell'unità produttiva nell'arco di tempo di cui al programma autorizzato[116].

Per la domanda relativa al prolungamento in oggetto non si applicano le norme inerenti alla consultazione sindacale e agli altri termini temporali e modalità per la procedura di trattamento in questione (di cui agli artt. 24 e 25 del D.Lgs. 148/2015) (comma 8, ultimo periodo).

Come anticipato, i trattamenti in oggetto sono riconosciuti nel limite di spesa di 63.300.000 euro per il 2024, a valere sulle risorse del Fondo sociale per l’occupazione e formazione. L’INPS provvede al monitoraggio di tale limite di spesa e, qualora dal predetto monitoraggio emerga che è stato raggiunto anche in via prospettica il limite di spesa, non prende in considerazione ulteriori domande (comma 9).

Si ricorda che l’art. 42 del D.L. 75/2023 ha riconosciuto alle medesime imprese, sempre in continuità con le tutele già autorizzate, un ulteriore periodo di trattamento straordinario di integrazione salariale per una durata massima di quaranta settimane, fruibili fino al 31 dicembre 2023.

 


Capo II
Famiglia, pari opportunità e politiche di intervento in materia sociale

 

 

Articolo 35
(Incremento della misura di supporto per le rette relative alla frequenza di asili nido e per forme di supporto domiciliare per bambini affetti da gravi patologie croniche)

 

 

L’articolo 35 prevede, per una specifica fattispecie, un incremento del buono per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido, pubblici e privati, e per forme di supporto domiciliare per bambini aventi meno di tre anni di età e affetti da gravi patologie croniche; l’incremento concerne i nuclei familiari in relazione a un figlio (o a più figli), nato dopo il 1° gennaio 2024, a condizione che nel nucleo sia presente almeno un altro figlio, di età inferiore a dieci anni, e che il medesimo nucleo abbia un valore di ISEE[117] non superiore a 40.000 euro; la misura dell’incremento (che è definita in forma di elevamento a 2.100 euro annui di un precedente incremento) è pari a 600 euro annui per i nuclei familiari con un valore di ISEE non superiore a 25.000 euro e a 1.100 euro annui per i nuclei familiari con un valore di ISEE superiore a 25.000 euro e pari o inferiore a 40.000 euro, con una conseguente misura complessiva del buono pari a 3.600 euro annui.

 

L’articolo 35 in esame novella l’articolo 1, comma 355, della L. 11 dicembre 2016, n. 232, e successive modificazioni[118].

Come detto, per i casi in cui trovi applicazione l’incremento previsto dalla novella, la misura complessiva del buono è pari a 3.600 euro annui.

Per i nuclei familiari non rientranti nell’ambito di applicazione dell’incremento, restano fermi (qualora ne ricorrano i presupposti) gli importi del buono già previsti dal suddetto comma 355. Tali importi sono pari a: 3.000 euro annui per i nuclei familiari con un valore di ISEE non superiore a 25.000 euro; 2.500 euro annui per i nuclei familiari con un valore di ISEE superiore a 25.000 euro e pari o inferiore a 40.000 euro; 1.500 euro annui per i casi in cui l’ISEE superi i 40.000 euro e per i casi di insussistenza o di insufficienza della documentazione relativa all’ISEE[119].

Si ricorda che il buono è corrisposto dall’INPS al genitore richiedente, previa presentazione di idonea documentazione attestante l’iscrizione e il pagamento della retta a strutture pubbliche o private ovvero previa presentazione di un'attestazione rilasciata dal pediatra di libera scelta – sulla base di idonea documentazione – che attesti, per l'intero anno di riferimento, l'impossibilità del bambino di frequentare gli asili nido in ragione di una grave patologia cronica[120].

Al fine del finanziamento dell’ulteriore misura di cui al presente articolo 35, si prevede un incremento del limite di spesa relativo al buono in oggetto[121], incremento pari a 240 milioni di euro per l’anno 2024, 254 milioni di euro per l’anno 2025, 300 milioni di euro per l’anno 2026, 302 milioni di euro per l’anno 2027, 304 milioni di euro per l’anno 2028 e 306 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2029.

Si ricorda che, nel caso in cui si verifichino o siano in procinto di verificarsi, anche in via prospettica, scostamenti rispetto al complessivo limite di spesa programmato (come incrementato dai valori summenzionati), l’INPS non prende in esame ulteriori domande; tuttavia, l'importo del buono può essere rideterminato, nel rispetto del limite di spesa programmato, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato secondo la procedura prevista dal suddetto comma 355 e tenuto conto degli esiti del monitoraggio finanziario dell’INPS.

Sotto il profilo formale, si rileva che la rubrica del presente articolo non reca il riferimento alla summenzionata fattispecie del supporto domiciliare.

 

 

Testo legge 232/2016

Testo come novellato

 

Art.1- Comma 355

 

Nuovo Art. 1- Comma 355

Primo periodo. Con riferimento ai nati a decorrere dal 1º gennaio 2016, per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido pubblici e privati, nonché per l'introduzione di forme di supporto presso la propria abitazione in favore dei bambini al di sotto dei tre anni, affetti da gravi patologie croniche, è attribuito, un buono di importo pari a 1.000 euro su base annua, parametrato a undici mensilità, per gli anni 2017 e 2018, elevato a 1.500 euro su base annua a decorrere dall'anno 2019.

Secondo periodo. A decorrere dall'anno 2020, il buono di cui al primo periodo è comunque incrementato di 1.500 euro per i nuclei familiari con un valore dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159, fino a 25.000 euro, calcolato ai sensi dell'articolo 7 del medesimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013, e di 1.000 euro per i nuclei familiari con un ISEE da 25.001 euro fino a 40.000 euro; l'importo del buono spettante a decorrere dall'anno 2022 può essere rideterminato, nel rispetto del limite di spesa programmato, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per le pari opportunità e la famiglia, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 30 settembre 2021 tenuto conto degli esiti del monitoraggio di cui al sesto periodo del presente comma.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[periodi dal terzo al quinto: omissis]

 

 

Sesto periodo. L'INPS provvede al monitoraggio dei maggiori oneri derivanti dalle disposizioni di cui al presente comma inviando relazioni mensili alla Presidenza del Consiglio dei ministri, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze.

Settimo periodo. Nel caso in cui, in sede di attuazione del presente comma, si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti, anche in via prospettica, rispetto al limite di spesa programmato, l'INPS non prende in esame ulteriori domande finalizzate ad usufruire del beneficio di cui al presente comma.

[Ottavo periodo: omissis]

Primo periodo.

Identico

 

 

 

 

 

 

 

 

Secondo periodo. A decorrere dall'anno 2020, il buono di cui al primo periodo è comunque incrementato di 1.500 euro per i nuclei familiari con un valore dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159, fino a 25.000 euro, calcolato ai sensi dell'articolo 7 del medesimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013, e di 1.000 euro per i nuclei familiari con un ISEE da 25.001 euro fino a 40.000 euro; l'importo del buono spettante a decorrere dall'anno 2022 può essere rideterminato, nel rispetto del limite di spesa programmato, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per le pari opportunità e la famiglia, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 30 settembre 2021 tenuto conto degli esiti del monitoraggio di cui al settimo periodo del presente comma.

Terzo periodo (inserito dalla novella). Con riferimento ai nati a decorrere dal 1° gennaio 2024, per i nuclei familiari con un valore dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159, fino a 40.000 euro, calcolato ai sensi dell' articolo 7 del medesimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013, nei quali sia già presente almeno un figlio di età inferiore ai dieci anni, l’incremento del buono di cui al secondo periodo è elevato a 2.100 euro.

 

[periodi dal quarto al sesto: identici ai periodi dal terzo al quinto del testo finora vigente]

Settimo periodo. Identico al sesto periodo del testo finora vigente

 

 

 

 

Ottavo periodo. Identico al settimo periodo del testo finora vigente

 

 

 

 

 

Nono periodo. Identico all’ottavo periodo del testo finora vigente

 

 


Articolo 36
(Misure in materia di congedi parentali)

 

 

L’articolo 36 dispone, per i genitori che fruiscono alternativamente del congedo parentale, in aggiunta all’attuale previsione di una indennità pari dell’80 per cento della retribuzione per un mese entro il sesto anno di vita del bambino, il riconoscimento di un’indennità pari al 60 per cento (in luogo dell’attuale 30 per cento) per un mese ulteriore al primo.

Per il solo anno 2024 la misura dell’indennità riconosciuta per il mese ulteriore al primo è pari all’80 per cento della retribuzione, invece che al 60 per cento.

Si specifica, infine, che tale disposizione si applica con riferimento ai lavoratori che terminano, dopo il 31 dicembre 2023, il periodo di congedo di maternità o, in alternativa, di paternità.

 

Nel dettaglio, l’articolo in commento interviene a novellare l’articolo 34 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151.

 

Nel rammentare che la richiamata disposizione del testo unico disciplina il trattamento economico e normativo in materia di congedi parentali, si fa presente che il comma 1, primo periodo - che è oggetto di novella  - prevede che per i periodi di congedo parentale, fino al dodicesimo anno di vita del figlio, a ciascun genitore lavoratore spetti per tre mesi, non trasferibili, un'indennità pari al 30 per cento della retribuzione, elevata, in alternativa tra i genitori, per la durata massima di un mese fino al sesto anno di vita del bambino, alla misura dell'80 per cento della retribuzione.

 

Con la modifica introdotta dalla disposizione in commento, si prevede che, per una durata massima complessiva di due mesi fino al sesto anno di vita del bambino, l’indennità sia pari alla misura dell'80 per cento della retribuzione nel limite massimo di un mese e alla misura del 60 per cento della retribuzione – in luogo dell’attuale 30 per cento - nel limite massimo di un ulteriore mese.

Per il solo anno 2024 la misura dell’indennità riconosciuta per il mese ulteriore al primo è pari all’80 per cento della retribuzione, invece che al 60 per cento.

 

L’articolo precisa, infine, che tale disposizione, così come novellata, si applica con riferimento ai lavoratori che terminano, il periodo di congedo di maternità o, in alternativa, di paternità - disciplinati, rispettivamente, nel Capo III e nel Capo IV del citato testo unico, di cui al decreto legislativo n. 151 del 2001 – successivamente al 31 dicembre 2023.

 

 

 

Congedi a supporto della genitorialità

 

1. Congedo e indennità di maternità

In generale, la lavoratrice madre ha diritto di astenersi dal lavoro nei due mesi che precedono e nei tre mesi che seguono il parto. In alternativa, può astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto e nei quattro mesi successivi al parto o esclusivamente entro i cinque mesi successivi allo stesso, a condizione che il medico competente attesti che tale opzione non porti pregiudizio alla salute della donna e del bambino (artt. 16, co.1.1, e 20 del D.Lgs. 151/2001).

Il congedo di maternità può essere sospeso, su richiesta della madre, in caso di ricovero del neonato e la madre può goderne, in tutto o in parte, dalla data di dimissioni del bambino. Inoltre, in caso di parto anticipato, i giorni non goduti prima del parto si aggiungono al periodo di congedo di maternità dopo il parto (anche qualora la somma dei periodi superi il limite complessivo di cinque mesi) (art. 16-bis D.Lgs. 151/2001).

Il congedo di maternità spetta anche in caso di adozione, per cinque mesi, dall'ingresso del minore nella famiglia della lavoratrice (in caso di adozione internazionale, il periodo di fruizione è anticipabile per consentire il soggiorno all'estero propedeutico all'ingresso nella famiglia), nonché in caso di affidamento (per tre mesi, entro i cinque mesi successivi all'affidamento).
In generale, le lavoratrici hanno diritto a un'indennità giornaliera pari all'80 per cento della retribuzione (o del reddito se lavoratrici autonome) (
art. 26, D.Lgs. n. 151/2001).

L'indennità in oggetto - corrisposta per tutto il periodo del congedo di maternità e coperta da contribuzione figurativa (art. 23 D.Lgs. 151/2001) - spetta anche al padre lavoratore per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre (congedo di paternità alternativo).


1.1 Lavoratrici autonome

Per le coltivatrici dirette, colone e mezzadre, le imprenditrici agricole, le lavoratrici autonome artigiane ed esercenti attività commerciali, le pescatrici autonome della piccola pesca e le libere professioniste iscritte ad una forma obbligatoria di previdenza gestita da un ente di diritto privato, l'indennità di maternità è concessa non solo per i due mesi antecedenti e i tre mesi successivi la data del parto, ma anche per periodi antecedenti i due mesi prima del parto, qualora ricorrano gravi complicanze della gravidanza (artt. 68 e 70 D.Lgs. 151/2001).

Si ricorda altresì che la gravidanza, così come la malattia e l'infortunio, dei lavoratori autonomi che prestano la loro attività in via continuativa per il committente, non comporta l'estinzione del rapporto di lavoro, la cui esecuzione, su richiesta del lavoratore, rimane sospesa, senza diritto al corrispettivo, per un periodo non superiore a centocinquanta giorni per anno solare, fatto salvo il venir meno dell'interesse del committente. Inoltre, previo consenso del committente, è prevista la possibilità di sostituzione delle lavoratrici autonome da parte di altri lavoratori autonomi di fiducia delle lavoratrici stesse (art. 14 L. 81/2017).

Per le lavoratrici iscritte alla Gestione separata , le lavoratrici autonome, le imprenditrici agricole e le libere professioniste iscritte ad un ente che gestisce forme obbligatorie di previdenza, l'indennità di maternità è corrisposta per ulteriori tre mesi dalla fine del periodo di maternità in caso di reddito inferiore a 8.145 euro l'anno (art. 1, co. 239, L. 234/2021).
Inoltre, per le lavoratrici iscritte alla Gestione separata l'indennità in esame è riconosciuta anche nel caso di mancato versamento dei contributi da parte del committente (cd. automaticità delle prestazioni), in caso di adozione o affidamento (per i 5 mesi successivi all'ingresso del minore in famiglia), nonché a prescindere dall'effettiva astensione dall'attività lavorativa, per quanto concerne l'indennità di maternità spettante per i 2 mesi antecedenti la data del parto e per i 3 mesi successivi (
art. 64, D.Lgs. 151/2001). Tale ultima previsione vige anche per le libere professioniste (art. 71, D.Lgs. 151/2001).

 

2. Congedo di paternità

Attualmente, a seguito delle modifiche introdotte dal D.Lgs. 105/2022 (di recepimento della direttiva (UE) 2019/1158), l'ordinamento disciplina due tipologie di congedo di paternità, quello obbligatorio e quello alternativo.

Il congedo di paternità obbligatorio (art. 27-bis,D.Lgs. 151/2001), fruibile dal padre lavoratore nell'arco temporale che va dai due mesi precedenti ai cinque mesi successivi al parto (sia in caso di nascita che di morte perinatale del bambino), della durata di 10 giorni, elevati a 20 nel caso di parti plurimi. Tale congedo - interamente retribuito e coperto da contribuzione figurativa (artt. 29 e 30, D.Lgs. 151/2001) - è fruibile dal padre anche durante il congedo di maternità della madre lavoratrice e anche se fruisce del congedo di paternità alternativo. È riconosciuto anche ai padri adottivi o affidatari, nonché ai lavoratori dipendenti di amministrazioni pubbliche, ai lavoratori domestici e a quelli agricoli. Per tali ultime due categorie non deve sussistere il requisito contributivo necessario per fruire del congedo di maternità o di paternità alternativo, ma resta necessaria la sussistenza di un rapporto di lavoro in essere al momento della fruizione del congedo obbligatorio (cfr. Circ. INPS 122/2022). Per gli altri lavoratori dipendenti, invece, il diritto al congedo di paternità obbligatorio può essere riconosciuto anche in caso di cessazione o sospensione del rapporto di lavoro, purché ricorrano determinate condizioni, in particolare quella secondo cui tra l'inizio della sospensione o della cessazione e l'inizio del periodo di congedo di paternità non siano decorsi più di sessanta giorni (art. 24 D.Lgs. 151/2001). Infine, il congedo in oggetto non spetta né ai padri lavoratori iscritti alla Gestione separata, né ai padri lavoratori autonomi di cui al Capo XI del D.Lgs. 151/2001 (coltivatori diretti, mezzadri e coloni, artigiani e commercianti, imprenditori agricoli e pescatori autonomi della piccola pesca), compresi i lavoratori che abbiano un rapporto di lavoro autonomo dello spettacolo.

Il congedo di paternità alternativo (art. 28, D.Lgs. 151/2001) spetta al padre lavoratore per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre. L'indennità è la stessa prevista per quella di maternità, ossia pari all'80 per cento della retribuzione se lavoratore dipendente, o del reddito se lavoratore autonomo, in quanto essa spetta anche al padre lavoratore autonomo o libero professionista per il periodo in cui sarebbe spettata alla madre lavoratrice autonoma o libera professionista (artt. 66, co. 1-bis, e 70, co. 3-ter, D.Lgs. 151/2001).

Come chiarito dalla Circolare INPS n. 32 del 2023, il divieto di licenziamento previsto dalla normativa vigente per le madri lavoratrici dall'inizio della gravidanza fino all'anno di età del figlio si estende anche al padre lavoratore per la durata dei suddetti congedi, sia obbligatorio che facoltativo, e sino al compimento della medesima età del bambino.

Sempre al fine di rafforzare le tutele per il lavoratore padre, la medesima circolare specifica che in caso di dimissioni intervenute durante il periodo in cui vige il divieto di licenziamento, nonché fino al compimento di un anno di età del bambino, il lavoratore padre che ha fruito dei congedi di paternità in oggetto ha diritto all'indennità di disoccupazione NASpI qualora ricorrano tutti gli altri requisiti previsti dalla normativa vigente.

 

3. Congedo parentale 

Il congedo parentale si traduce nell'astensione facoltativa dal lavoro della lavoratrice o del lavoratore. Ciascun genitore ha diritto di astenersi dal lavoro nei primi 12 anni di vita del bambino, con un limite complessivo massimo di 10 mesi, elevato a 11 se il padre lavoratore esercita il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a tre mesi (art. 32, D.Lgs. 151/2001).

Nell'ambito di tale limite, il diritto di astenersi dal lavoro spetta:

§  alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di congedo di maternità, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi;

§  al padre lavoratore, dalla nascita del figlio, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi, elevabili a 7 mesi nel caso in cui si astenga per un periodo intero o frazionato non inferiore a 3 mesi;

§  per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 11 mesi qualora vi sia un solo genitore o un genitore affidatario esclusivo del figlio. In quest'ultimo caso, l'altro genitore perde il diritto al congedo non ancora utilizzato.

 

Durante la fruizione del congedo parentale viene corrisposto un'indennità pari al 30 per cento della retribuzione, entro i seguenti limiti (art. 34, D.Lgs. 151/2001):

§  per 3 mesi, non trasferibili, a ciascun genitore lavoratore;

§  per un ulteriore periodo di 3 mesi, alternativo tra i due genitori e dunque per un solo genitore, per un periodo massimo complessivo indennizzabile tra i genitori di 9 mesi totali;

§  per 9 mesi di congedo, qualora vi sia un solo genitore;

§  per tutti i periodi di congedo fruibili dal soggetto, qualora il reddito individuale dell'interessato sia inferiore a 2,5 volte l'importo del trattamento minimo di pensione o qualora si rientri nelle fattispecie di prolungamento del congedo relativo ad un minore disabile, nel qual caso i genitori di figlio disabile minore di 12 anni possono usufruire di un ulteriore periodo di astensione dal lavoro che si aggiunge al congedo parentale ordinario e che, insieme a questo, non può superare i tre anni.

La legge di bilancio per il 2023 ha disposto un incremento dal 30 all'80 per cento di tale indennità per le madri lavoratrici dipendenti e per i padri lavoratori dipendenti, in alternativa tra loro, nel limite massimo di un mese da usufruire entro il sesto anno di vita del figlio con riferimento alle lavoratrici e ai lavoratori che terminano il periodo di congedo di maternità o di paternità successivamente al 31 dicembre 2022.

Per i dipendenti pubblici, in base ai relativi contratti collettivi, l'indennità è generalmente pari, per i primi trenta giorni, al 100 per cento della retribuzione.

I periodi di congedo parentale sono computati nell'anzianità di servizio e non comportano riduzione di ferie, riposi, tredicesima mensilità o gratifica natalizia, ad eccezione degli emolumenti accessori connessi all'effettiva presenza in servizio, salvo quanto diversamente previsto dalla contrattazione collettiva.

 

3.1 Lavoratori autonomi

L'indennità per congedo parentale è riconosciuta anche alle lavoratrici e ai lavoratori autonomi nei seguenti termini:

§  alle lavoratrici e ai lavoratori autonomi iscritti all'INPS – coltivatrici/ori dirette/i, mezzadre/i e colone/i, imprenditrici/ori agricoli professionali, artigiane/i, esercenti attività commerciali, pescatrici/ori autonomi della piccola pesca – per un periodo di tre mesi, entro il primo anno di vita del bambino;

§  per le lavoratrici e i lavoratori iscritti alla Gestione separata, non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, entro i primi dodici anni di vita del bambino per un periodo di tre mesi per ciascun genitore e per ulteriori tre mesi, in alternativa tra loro. Il periodo indennizzabile non può complessivamente superare tra entrambi i genitori il limite complessivo di nove mesi (art. 8, L. 81/2017).

 

Si fa, infine, presente che l'attuale quadro normativo relativo ai congedi a supporto della genitorialità è stato modificato dal D.Lgs. n. 105/2022, adottato in attuazione della delega contenuta nella legge di delegazione europea 2019-2020 (legge n. 53/2021) e in recepimento della direttiva (UE) 2019/1158 relativa all'equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza. Ulteriori disposizioni correttive, sempre in conformità con la citata direttiva e i principi e criteri direttivi previsti dalla legge n. 234/2012, potranno essere adottate entro il 13 agosto 2024.

Inoltre, l'articolo 3 della legge n. 32/2022 delega il governo ad adottare, entro il 12 maggio 2024, uno o più decreti legislativi per l'estensione, il riordino e l'armonizzazione della disciplina relativa ai congedi parentali, di paternità e maternità.

Con riferimento ai congedi parentali, la delega prevede i seguenti principi e criteri direttivi:

estensione del periodo di fruizione fino al quattordicesimo anno di età (anziché fino al dodicesimo);

introduzione di modalità flessibili nella gestione dei congedi parentali, tenendo conto della specificità dei nuclei familiari monogenitoriali;

introduzione di un permesso retribuito, di almeno cinque ore l'anno, per ciascun figlio, per i colloqui con gli insegnanti e per la partecipazione attiva al percorso di crescita dei figli;

riconoscimento dei permessi per le prestazioni specialistiche per la tutela della maternità al coniuge, al convivente ovvero a un parente entro il secondo grado per assistere la donna in stato di gravidanza;

determinazione di un periodo minimo di almeno due mesi, di congedo parentale non cedibile all'altro genitore per ciascun figlio e introduzione di forme di premialità nel caso in cui tali congedi siano distribuiti equamente fra entrambi i genitori;

estensione della disciplina relativa ai congedi parentali anche ai lavoratori autonomi e ai liberi professionisti.

Con riferimento alla disciplina del congedo di paternità e di maternità, la delega prevede i seguenti princìpi e criteri direttivi:

estensione del periodo di congedo obbligatorio per il padre lavoratore nei primi mesi dalla nascita del figlio;

aumento dell'indennità obbligatoria per il congedo di maternità;

riconoscimento del diritto al congedo di paternità a prescindere dallo stato civile o di famiglia del padre lavoratore;

riconoscimento del diritto al congedo di paternità indipendentemente dall'anzianità lavorativa e di servizio;

previsione di un ragionevole periodo di preavviso al datore di lavoro per l'esercizio del diritto al congedo di paternità, sulla base dei contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;

riconoscimento del diritto al congedo di paternità a parità di condizioni anche per i lavoratori delle pubbliche amministrazioni;

estensione della disciplina relativa al congedo di paternità anche ai lavoratori autonomi e ai liberi professionisti.

 

 

 


Articolo 37
(Decontribuzione delle lavoratrici con figli)

 

 

L’articolo 37, per i periodi di paga dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2026, riconosce un esonero del cento per cento dei contributi previdenziali a carico delle lavoratrici madri di tre o più figli con rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, ad esclusione dei rapporti di lavoro domestico, fino al compimento del diciottesimo anno di età del figlio più piccolo, nel limite massimo annuo di 3.000 euro riparametrato su base mensile.

In via sperimentale, per l’anno 2024, tale esonero è riconosciuto anche alle lavoratrici madri di due figli con rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, ad esclusione dei rapporti di lavoro domestico, fino al mese del compimento del decimo anno di età del figlio più piccolo.

 

Nel dettaglio, fermo restando quanto previsto all’articolo 5 (Esonero parziale dei contributi previdenziali a carico dei lavoratori dipendenti), il comma 1 del presente articolo 37 prevede, per i periodi di paga dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2026 un esonero totale della contribuzione previdenziale per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti dovuta dalle lavoratrici madri di tre o più figli con rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, fino al compimento del diciottesimo anno di età del figlio più piccolo, nel limite massimo annuo di 3.000 euro riparametrato su base mensile. Il riferimento è alle donne lavoratrici dipendenti del settore privato e del settore pubblico con contratto a tempo indeterminato.

Tale decontribuzione è riconosciuta, in via sperimentale, per i periodi di paga relativi all’anno 2024 anche alle lavoratrici madri di due figli con rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, ad esclusione dei rapporti di lavoro domestico, fino al mese del compimento del decimo anno di età del figlio più piccolo (comma 2).

Pertanto, possono accedere al beneficio in trattazione le madri:

§  lavoratrici dipendenti con rapporto di lavoro a tempo indeterminato;

§  con tre o più figli, fino al compimento del diciottesimo anno di età del figlio più piccolo oppure

§  con due figli, fino al mese del compimento del decimo anno di età del figlio più piccolo (in via sperimentale);

§  per i periodi di paga dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2026 nel caso suddetto di madri con almeno tre figli e per i periodi di paga dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2024 nel caso suddetto di madri con due figli;

§  nella misura del 100 per cento dei contributi previdenziali;

§  nel limite massimo annuo di 3.000 euro riparametrato su base mensile;

Restano esclusi i rapporti di lavoro domestico.

Per analogia, si riporta qui quanto specificato dalla circolare INPS n. 102 del 19 Settembre 2022, riguardante l’esonero introdotto dal comma 137 dell’articolo 1 della legge di Bilancio 2022 (Decontribuzione a favore delle lavoratrici madri): l’esonero introdotto, in quanto misura di carattere generale applicata sulla quota dei contributi a carico delle lavoratrici madri, non costituisce aiuto di Stato e non è pertanto soggetto all’autorizzazione della Commissione europea e alla registrazione nel Registro nazionale degli aiuti di Stato.

La norma fa salva l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche (comma 3).

La Relazione Tecnica quantifica gli effetti finanziari della disposizione in commento.


Articolo 38
(Esclusione dei titoli di Stato dal calcolo dell’ISEE)

 

 

L’articolo 38 è volto ad escludere dal calcolo dell’Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), fino al valore complessivo di 50.000 euro, i titoli di Stato e alcuni prodotti finanziari di raccolta del risparmio, stabilendo l’aggiornamento del Regolamento in materia di revisione dell’Indicatore ai fini della richiesta di prestazioni sociali agevolate.

 

Il comma 1 stabilisce che nella determinazione dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) vengano esclusi i titoli di Stato di cui all’articolo 3 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di debito pubblico di cui al D.P.R. 30 dicembre 2003, n. 398, oltre che i prodotti finanziari di raccolta di risparmio con obbligo di rimborso assistito dalla garanzia dello Stato, fino al valore complessivo di 50.000 euro.

 

Il richiamato Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di debito pubblico, all’articolo 3, fa in particolare riferimento ai prodotti e strumenti finanziari a breve, medio e lungo termine, di cui, all’atto dell’emissione, deve essere indicato l'ammontare nominale, il tasso di interesse o i criteri per la sua determinazione, la durata, l'importo minimo sottoscrivibile, il sistema di collocamento ed ogni altra caratteristica e modalità.

Tra i titoli a breve termine rientrano i Buoni ordinari del Tesoro (BOT) fino a 12 mesi con rendimento dato dallo scarto di emissione e i CTZ (Certificati del tesoro zero-coupon) di 24 mesi; i titoli a medio termine e lungo termine sono rappresentati dai Buoni del tesoro poliennali (BTP), che possono essere tenuti in portafoglio per un minimo di 4 fino ad un massimo di 30 anni, con cedola fissa o variabile, e che possono essere indicizzati all’inflazione. Altra tipologia di titoli di Stato a medio termine considerati (durata 7 anni), i Certificati di credito del Tesoro (CCT), con cedole variabili semestrali, legate al tasso interbancario di riferimento.

Per prodotti finanziari di raccolta di risparmio con obbligo di rimborso assistito dalla garanzia dello Stato si intende invece il risparmio postale, sotto forma di buoni postali fruttiferi e di libretti di risparmio postale. I Fondi sono garantiti dallo Stato proprio in virtù del carattere di servizio di interesse economico generale e rappresentano una voce di gestione separata ai fini contabili e amministrativi, la cui raccolta è affidata alla Cassa depositi e prestiti (CDP).

 

Al comma 2 viene prevista l’attuazione della disposizione di esclusione dei titoli di Stato dall’ISEE mediante aggiornamento del D.P.C.M 5 dicembre 2013, n. 159 , regolamento di revisione dell'Indicatore, previsto dall’articolo 5 del D.L. n. 201/2011 (L. n. 214/2011)[122], cd. “Salva Italia”.

 

Il citato D.L. 201/2011, all’articolo 5, ha previsto la riforma dell'ISEE per rendere più corretta la misurazione della condizione economica delle famiglie, e quindi migliorare l'equità nell'accesso alle prestazioni. La norma ha indicato i criteri di revisione dell'indicatore per migliorare la selettività dell'indicatore; valorizzare maggiormente la componente patrimoniale; introdurre una nozione di "reddito disponibile", includendo anche le somme esenti da imposta; considerare i carichi familiari (famiglie con minorenni e con persone con disabilità); differenziare l'indicatore per diverse prestazioni (minorenni, università, socio-sanitarie) e rafforzare il sistema dei controlli. Qui ulteriori approfondimenti sulla riforma.

 

Il D.P.R. 5 dicembre 2013, n. 159, entrato in vigore l'8 febbraio 2014, ha previsto all’articolo 10, comma 3, un successivo decreto (D.M. Politiche sociali 7 novembre 2014) con il quale è stato approvato il modello tipo della Dichiarazione Sostitutiva Unica a fini ISEE, dell'attestazione, nonché delle relative istruzioni per la compilazione ha reso pienamente operativa la riforma dell'ISEE a partire dal 1° gennaio 2015.

In relazione alla compilazione della dichiarazione sostituiva unica (DSU), la legge di stabilità 2015 (legge 190/2014), al comma 314, ha ampliato la sfera delle informazioni che gli operatori finanziari sono obbligati a comunicare all'Anagrafe Tributaria, includendovi anche il valore medio di giacenza annuo di depositi e conti correnti bancari.

Con la riforma, gli enti erogatori sono tenuti a utilizzare l'ISEE, anche se possono prevedere, accanto all'Indicatore, criteri ulteriori di selezione volti ad identificare specifiche platee di beneficiari. La revisione dell’ISEE ha consentito di considerare l’Indicatore quale "livello essenziale delle prestazioni", di conseguenza le leggi regionali ed i regolamenti comunali devono considerare vincolanti le sue prescrizioni. In relazione alle leggi regionali, possono essere considerate condizioni migliorative, ovvero generatrici di maggior favore per i cittadini.

 

Il comma 3 infine prevede che per effetto di quanto disposto dai commi 1 e 2, le risorse finanziarie iscritte in bilancio ai fini della copertura degli oneri di cui all’articolo 6, comma 8, del decreto legislativo 29 dicembre 2021, n. 230 istitutivo dell’Assegno unico universale, sono conseguentemente incrementate di 44 milioni di euro annui a decorrere dal 2024.

 

Con riferimento al sostegno delle famiglie e della natalità, uno tra i principali interventi per il riordino e la sistematizzazione delle politiche nel settore è stata l'istituzione del "Fondo assegno universale e servizi alla famiglia" già a partire dalla legge di bilancio 2020. In seguito, la legge n. 46 del 2021 ha conferito una delega al Governo per riordinare, semplificare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l'introduzione nell'ordinamento nazionale di un Assegno unico e universale (AUU). Con l'approvazione del D. Lgs. 29 dicembre 2021, n. 230, il Governo ha dato attuazione alla legge delega in materia. 

L'erogazione dell'AUU è partita dal mese di marzo 2022, quale beneficio economico attribuito su base mensile ai nuclei familiari in base all'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE)[123]. Con l'entrata in vigore dell'AUU, sono state abrogate in quanto assorbite dall'Assegno, le seguenti misure di sostegno alla natalità:

§  il premio alla nascita o all'adozione (Bonus mamma domani);

§  l'assegno ai nuclei familiari con almeno tre figli minori;

§  gli assegni familiari ai nuclei familiari con figli e orfanili;

§  l'assegno di natalità (cd. Bonus bebè);

§  le detrazioni fiscali per figli fino a 21 anni.

 

L'erogazione di molti degli interventi e servizi sociali è legata, nella misura o nel costo, alla situazione economica del nucleo familiare del richiedente, ponderata attraverso l'Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE), istituito dal D. Lgs. 109/1998 quale prova dei mezzi per l'accesso a prestazioni agevolate. L'ISEE, calcolato sulla base di una Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU), vale annualmente per tutti i membri del nucleo familiare e per tutte le prestazioni sociali, anche se richieste ad enti erogatori diversi.

L'Indicatore tiene conto di particolari situazioni di bisogno, prevedendo trattamenti di favore per i nuclei con tre o più figli o dove sono presenti persone con disabilità o non autosufficienti (vedi Tipologie di ISEE sul sito Inps). L'Indicatore fa riferimento al reddito dell'ultima dichiarazione (riferita all’anno finanziario precedente), è costituito da una componente reddituale (indicatore della situazione reddituale, ISR[124]) e da una componente patrimoniale (indicatore della situazione patrimoniale, ISP[125]) ed è reso confrontabile per famiglie di diversa numerosità e caratteristiche mediante l’uso di una scala di equivalenza (SE)[126]. Nell’ISEE non sono inclusi i redditi esenti da imposizione[127].

L'ISEE è stato revisionato dal D.P.C.M. 159/2013, con effetti a partire dal 1° gennaio 2015, dopo l'emanazione del Decreto del 7 novembre 2014 di approvazione del modello tipo della Dichiarazione sostitutiva unica a fini ISEE.

Il nuovo ISEE ha introdotto criteri di valutazione del reddito e del patrimonio più puntuali, insieme a nuove modalità di raccolta dei dati utili per il calcolo dell'ISEE (i dati fiscali più importanti, quali il reddito complessivo e i dati relativi alle prestazioni ricevute dall'INPS sono compilati direttamente dall'Istituto tramite interrogazioni degli archivi propri e di quelli dell'Agenzia delle Entrate) e al rafforzamento dei controlli. Sul punto, si ricorda  che la legge di stabilità 2015 (legge 190/2014), al comma 314, ha ampliato la sfera delle informazioni che gli operatori finanziari sono obbligati a comunicare all'Anagrafe Tributaria, includendovi anche il valore medio di giacenza annuo di depositi e conti correnti bancari.

A partire dal 1° gennaio 2020, l'articolo 4-sexies del D.L. 34/2019 (c.d. Decreto Crescita, L. 58/2019), intervenendo sull'art. 10 del D.Lgs. 147/2017 istitutivo di misure contro la povertà - quali il Reddito di inclusione ReI - nella parte dedicata all'ISEE, ha modificato durata e validità della DSU e conseguentemente dell'ISEE. A decorrere dal 1° gennaio 2020, la DSU ha validità che decorre dal momento della presentazione fino al successivo 31 dicembre. Inoltre, in ciascun anno, all'avvio del periodo di validità fissato al 1° gennaio, i dati sui redditi e i patrimoni presenti in DSU sono aggiornati prendendo a riferimento il secondo anno precedente. 

Si ricorda peraltro che in presenza di consistenti variazioni del reddito con scostamenti superiori al 25% dovuti ad eventi avversi (quali risoluzione, sospensione o riduzione dell'attività lavorativa dei lavoratori a tempo indeterminato; mancato rinnovo contratto di lavoro a tempo determinato o contratti di lavoro atipico; cessazione di attività per i lavoratori autonomi), la Riforma del 2013 ha previsto l'ISEE corrente riferito ai redditi degli ultimi dodici mesi (o anche solo degli ultimi due mesi in caso di lavoratore dipendente a tempo indeterminato per cui sia intervenuta la perdita, sospensione o riduzione dell'attività lavorativa). L'ISEE corrente ha una validità di 6 mesi, con l'obbligo del cittadino di aggiornarlo entro due mesi per eventuali variazioni nella situazione occupazionale di componenti del nucleo, o nella loro fruizione di trattamenti assistenziali.

Da ultimo, il decreto interministeriale 5 luglio 2021  Lavoro e Politiche Sociali/MEF è intervenuto prevedendo modalità estensive dell'ISEE corrente ed ampliando la possibilità di aggiornare all'anno precedente il patrimonio riportato nella DSU ordinaria. Si è stabilito, più in dettaglio, che si possa presentare un ISEE corrente anche quando sia diminuita la disponibilità non dei redditi ma dei patrimoni (mobiliari e/o immobiliari). In particolare, l'art. 2 del richiamato decreto interministeriale stabilisce che, a decorrere dal 1° aprile di ciascun anno, l'ISEE corrente può essere presentato anche se l'Indicatore della situazione patrimoniale relativa all'anno precedente a quello di presentazione della DSU differisca per più del 20% rispetto al medesimo indicatore calcolato in via ordinaria. Il decreto del 2021 introduce pertanto una differenziazione tra la validità dell'ISEE corrente richiesto per  l'aggiornamento dei redditi (durata prevista di 6 mesi) e l'ISEE corrente richiesto per l'aggiornamento dei soli patrimoni, oppure sia dei redditi che dei patrimoni, con validità sino al 31 dicembre dell'anno di presentazione della DSU (per un approfondimento si rinvia al Messaggio INPS n° 3155 del 21 settembre 2021).

Per un quadro di sintesi sull'attuazione della disciplina dell'Indicatore con cui si misurano le condizioni economiche dei cittadini ai fini dell'accesso alle prestazioni sociali agevolate si rinvia al documento del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Report monitoraggio ISEE 2021, febbraio 2023.


Articolo 39, comma 1
(Fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga)

 

 

Il comma 1 dell’articolo 39 istituisce, all’interno dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze e per il successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, il Fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga, con una dotazione di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024-2026. L’importo suddetto è comprensivo delle risorse per il finanziamento dei progetti per la prevenzione e il recupero dalle tossicodipendenze, originariamente previste dall’articolo 127 del testo unico di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, e poi confluite nelle risorse complessive del Fondo nazionale per le politiche sociali, senza vincolo di destinazione in sede di riparto annuo di quest’ultimo Fondo. La dotazione del Fondo nazionale per le politiche sociali non subisce riduzioni in ragione della previsione in esame[128].

 

Il suddetto articolo 127 del “testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza” prevedeva che con decreto del Ministro per la solidarietà sociale venissero individuate, in sede di ripartizione del Fondo per le politiche sociali e con riferimento alla quota destinata al Fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga, le risorse destinate al finanziamento dei progetti triennali finalizzati alla prevenzione e al recupero dalle tossicodipendenze e dall'alcoldipendenza correlata, secondo le modalità previste dalla medesima norma. Successivamente, l’articolo 46, comma 1, della L. 27 dicembre 2002, n. 289, ha stabilito che il Fondo nazionale per le politiche sociali è determinato, senza vincolo di destinazione in sede di riparto annuo delle complessive risorse[129], anche in base agli stanziamenti previsti per gli interventi disciplinati dalle disposizioni legislative indicate all'articolo 80, comma 17, della L. 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, tra cui il Fondo di cui al suddetto articolo 127 del testo unico.

Si valuti l’opportunità di definire le modalità di riparto del Fondo istituito dal presente articolo 39, comma 1, anche con riferimento al concorso degli enti territoriali alla determinazione del medesimo riparto.


Articolo 39, comma 2
(Stanziamento per il reddito di libertà per le donne vittime di violenza)

 

 

Il comma 2 dell’articolo 39 prevede un finanziamento permanente, a decorrere dal 2024, nella misura di 6 milioni di euro, in favore del cosiddetto reddito di libertà per le donne vittime di violenza. Le risorse finanziarie – così come quelle disposte da norme precedenti, con risorse limitate agli anni 2020-2023[130] – sono volte al sostegno delle donne in condizione di maggiore vulnerabilità, nonché alla promozione, attraverso l'indipendenza economica, di percorsi di autonomia e di emancipazione delle donne vittime di violenza in condizione di povertà. Il comma in esame prevede che tali risorse vengano ripartite tra le regioni con uno o più decreti dell’Autorità politica delegata per le pari opportunità, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previa intesa in sede di Conferenza unificata Stato-regioni-province autonome-città ed autonomie locali.

 

Lo stanziamento di cui al comma 2 in esame – così come gli stanziamenti precedenti – è posto in forma di incremento del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità (Fondo della Presidenza del Consiglio dei Ministri).

Si ricorda che gli stanziamenti precedenti per il cosiddetto reddito di libertà sono stati pari a: 3 milioni di euro per il 2020, 2 milioni di euro per il 2021, 7 milioni di euro per il 2022, 1.850.000 euro per il 2023.

I riparti degli stanziamenti precedenti sono stati definiti con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per le pari opportunità e la famiglia, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previa intesa in sede di Conferenza unificata Stato-regioni-province autonome-città ed autonomie locali.

Si ricorda in particolare che il riparto degli stanziamenti relativi al 2021 e 2022 è stato definito con il D.P.C.M. 1° giugno 2022; la norma legislativa sullo stanziamento relativo al 2023 prevede che il relativo riparto sia operato secondo i medesimi criteri stabiliti dal suddetto D.P.C.M.

 

 

 


Articolo 39, comma 3
(Centro nazionale di documentazione e di analisi per l’infanzia e l’adolescenza)

 

 

Il comma 3 dell’articolo 39 – che novella l’articolo 1, comma 215, della L. 27 dicembre 2017, n. 205, e successive modificazioni – riduce da 5 a 3 milioni annui di euro lo stanziamento permanente in favore dell’Azienda pubblica di Servizi alla Persona-Istituto degli Innocenti di Firenze, destinato alle attività istituzionali del Centro nazionale di documentazione e di analisi per l'infanzia e l'adolescenza, e richiede, al fine dell’attribuzione delle risorse, la stipulazione di una convenzione di durata triennale tra il Dipartimento per le politiche della famiglia[131] e la medesima Azienda. 

 

Più in particolare, la novella di cui al comma 3 in esame – oltre alla riduzione suddetta dello stanziamento – sostituisce la disposizione secondo cui, per lo svolgimento dei relativi piani di attività, i Ministeri membri dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza possono stipulare con la summenzionata Azienda convenzioni, di norma di durata pluriennale, con la previsione della suddetta convenzione triennale, alla cui stipulazione è subordinata l’attribuzione del finanziamento annuo.

 

L’articolo 3 del regolamento di cui al D.P.R. 14 maggio 2007, n. 103[132], ha disposto che l'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, istituito con la L. 23 dicembre 1997, n. 451, si avvalga di un Centro nazionale di documentazione e di analisi per l'infanzia e l'adolescenza. Il suddetto Centro si occupa di raccolta e analisi della normativa e dei dati sulle condizioni dell’infanzia, comprese quelle relative ai soggetti in età evolutiva provenienti da altri Paesi; può, tra le altre attività, formulare proposte, anche su richieste delle istituzioni locali, per l’elaborazione di progetti pilota finalizzati a migliorare le condizioni di vita dei soggetti in età evolutiva nonché per l’adozione di interventi per l’assistenza alle madri nel periodo prenatale.

Le funzioni di competenza governativa concernenti l’Osservatorio e il Centro nazionali suddetti sono attribuite al Presidente del Consiglio dei ministri ovvero al Ministro delegato per la famiglia e le disabilità[133].

 

 


Articolo 39, comma 4
(Supporto tecnico-scientifico per le attività del Dipartimento per le politiche della famiglia relative al Fondo per le politiche della famiglia)

 

 

Il comma 4 dell’articolo 39 autorizza la spesa di 1.250.000 euro annui, a decorrere dal 2024, per il supporto tecnico-scientifico per le funzioni del Dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei ministri relative all’attuazione, al monitoraggio e all’analisi degli interventi del Fondo per le politiche della famiglia.

 

Il Fondo per le politiche della famiglia[134] è destinato – ai sensi dell’articolo 1, comma 1250, della L. 27 Dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni – a finanziare interventi in materia di politiche per la famiglia e misure di sostegno alla famiglia, alla natalità, alla maternità e alla paternità, al fine prioritario del contrasto della crisi demografica, nonché misure di sostegno alla componente anziana dei nuclei familiari. La dotazione del Fondo, come ora rimodulata nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, è pari a 90.092.206 euro annui (con una riduzione di 1.250.000 euro annui rispetto allo stato a legislazione già vigente)[135].

In particolare, le lettere da d) a r) del citato comma 1250, le quali sono quelle richiamate dal comma 4 in esame, prevedono i seguenti utilizzi delle risorse del Fondo:

d) l'elaborazione, realizzata d'intesa con le altre amministrazioni statali competenti e con la Conferenza unificata Stato-regioni-province autonome-città ed autonomie locali, di un Piano nazionale per la famiglia che costituisca il quadro conoscitivo, promozionale e orientativo degli interventi relativi all'attuazione dei diritti della famiglia, nonché l’acquisizione di proposte e indicazioni utili per il medesimo Piano e per verificarne successivamente l'efficacia, attraverso la promozione e l'organizzazione con cadenza biennale di una Conferenza nazionale sulla famiglia;

e) interventi volti a valorizzare il ruolo dei consultori familiari e dei centri per la famiglia;

f) interventi volti alla prevenzione di ogni abuso sessuale nei confronti dei minori e al contrasto della pedofilia e della pornografia minorile, nonché progetti volti ad assicurare adeguati percorsi di sostegno, anche di natura economica, ai minori orfani per crimini domestici e alle loro famiglie, affidatarie o adottive;

g) progetti finalizzati alla protezione e alla presa in carico dei minori vittime di violenza assistita, nonché interventi a favore delle famiglie in cui sono presenti minori vittime di violenza assistita;

h) interventi a tutela dell'infanzia e dell'adolescenza, con particolare riferimento alle situazioni di vulnerabilità socioeconomica e al disagio minorile, anche con riferimento al contrasto del fenomeno del cyberbullismo;

i) interventi per il sostegno dei genitori separati e divorziati, anche attraverso lo sviluppo del sistema territoriale dei servizi sociali finalizzati alla loro presa in carico;

i-bis) interventi per il sostegno ai genitori nei casi di morte del figlio;

l) interventi per la diffusione della figura professionale dell'assistente familiare;

m) iniziative di abbattimento dei costi dei servizi per le famiglie con almeno tre figli minori, compresa la carta della famiglia di cui all'articolo 1, comma 391, della L. 28 dicembre 2015, n. 208, e successive modificazioni;

n) iniziative di conciliazione del tempo di vita e di lavoro, nonché di promozione del welfare familiare aziendale, comprese le azioni di cui all'articolo 9 della L. 8 marzo 2000, n. 53, e successive modificazioni;

o) interventi volti a favorire i nuclei familiari a rischio, al fine di prevenire l'abbandono e di consentire al minore di crescere e di essere educato nell'ambito della propria famiglia;

p) attività di informazione e di comunicazione in materia di politiche per la famiglia;

q) interventi che diffondano e valorizzino, anche attraverso opportune sinergie, le migliori iniziative in materia di politiche familiari adottate da enti pubblici e privati, enti locali, imprese e associazioni, al fine di agevolare il mutuo scambio, la condivisione e il sostegno di esperienze virtuose e di buone pratiche;

r) interventi in materia di adozione e di affidamento, volti a tutelare il superiore interesse del minore e a sostenere le famiglie adottive o affidatarie, anche al fine di sostenere il percorso successivo all'adozione.

 

 


Articolo 39, comma 5
(Incremento del Fondo unico a sostegno del potenziamento del movimento sportivo italiano)

 

 

L’articolo 39, comma 5, eleva da 2 a 3 milioni di euro annui a partire dal 2024 la misura dell’incremento del Fondo unico a sostegno del potenziamento del movimento sportivo italiano, di cui 1 milione di euro, a decorrere dal 2023, è destinato a sostenere la maternità delle atlete non professioniste.

 

A tal fine, esso novella l’articolo 1, comma 613, della legge di bilancio per il 2023 (L. n. 197/2022).

 

Si rammenta che l’art. 1, comma 369 della L. 205/2017 (legge di bilancio 2018), al fine di sostenere il potenziamento del movimento sportivo italiano, ha istituito, presso l'Ufficio per lo sport della Presidenza del Consiglio dei ministri, un apposito fondo denominato «Fondo unico a sostegno del potenziamento del movimento sportivo italiano», con una dotazione pari a 12 milioni di euro per l'anno 2018, a 7 milioni di euro per l'anno 2019, a 8,2 milioni di euro per l'anno 2020 e a 10,5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2021. Tali risorse sono destinate a finanziare progetti collegati a una delle seguenti finalità: a) incentivare l'avviamento all'esercizio della pratica sportiva delle persone disabili mediante l'uso di ausili per lo sport; b) sostenere la realizzazione di eventi calcistici di rilevanza internazionale; c) sostenere la realizzazione di altri eventi sportivi di rilevanza internazionale; d) sostenere la maternità delle atlete non professioniste; e) garantire il diritto all'esercizio della pratica sportiva quale insopprimibile forma di svolgimento della personalità del minore, anche attraverso la realizzazione di campagne di sensibilizzazione; f) sostenere la realizzazione di eventi sportivi femminili di rilevanza nazionale e internazionale.

La norma istitutiva del suddetto fondo rinvia ad uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare entro il 28 febbraio di ciascun anno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati la determinazione delle modalità di utilizzo delle risorse stanziate.

Con D.P.C.M. del 24 marzo 2023 sono state determinate le modalità di utilizzo delle risorse per il 2023, disponibili sul capitolo 846 del Centro di responsabilità 17 “sport” del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

 

Come sopra anticipato, l’articolo 39, comma 5, eleva da 2 a 3 milioni di euro annui a partire dal 2024 la misura dell’incremento del Fondo unico a sostegno del potenziamento del movimento sportivo italiano, di cui 1 milione di euro, a decorrere dal 2023, è destinato a sostenere la maternità delle atlete non professioniste.

 

Testo originario legge 197/2022

A.S. n. 926

Art. 1 comma 613

Art. 1 comma 613

Il Fondo unico a sostegno del potenziamento del movimento sportivo italiano, di cui all'articolo 1, comma 369, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, è incrementato di 2 milioni di euro a decorrere dall'anno 2023, di cui 1 milione di euro è destinato a sostenere la maternità delle atlete non professioniste.

Il Fondo unico a sostegno del potenziamento del movimento sportivo italiano, di cui all'articolo 1, comma 369, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, è incrementato di 2 milioni di euro per l’anno 2023 e di 3 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2024, di cui 1 milione di euro, a decorrere dall’anno 2023, è destinato a sostenere la maternità delle atlete non professioniste.

 

 


Capo III
Disabilità

 

 

Articolo 40
(Fondo unico per l’inclusione delle persone con disabilità e Fondo per la copertura finanziaria di interventi legislativi in materia di disabilità)

 

 

Il comma 1 dell’articolo 40 istituisce, all’interno dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze e per il successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, il Fondo unico per l’inclusione delle persone con disabilità, con una dotazione di 231.807.485 euro annui. Tale dotazione annua corrisponde all’importo complessivo delle dotazioni annue dei Fondi che vengono abrogati dal successivo comma 2.

Quest’ultimo abroga le disposizioni che avevano istituito il Fondo per l’inclusione delle persone con disabilità, il Fondo per l’assistenza all’autonomia ed alla comunicazione degli alunni con disabilità, il Fondo per il sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare ed il Fondo per l’inclusione delle persone sorde e con ipoacusia.

Il comma 3 elenca le finalità alle quali è diretto il Fondo istituito dal comma 1.

Il comma 4 stabilisce che l’utilizzo del fondo è disposto con decreti dell’Autorità politica delegata in materia di disabilità, sentita la Conferenza unificata Stato-regioni province autonome-città ed autonomie locali ovvero, per il raggiungimento di una specifica finalità, previa intesa sancita in sede di Conferenza unificata stessa.

Il comma 5 stabilisce che gli enti territoriali beneficiari di tale fondo sono sottoposti, a decorrere dal 2025, a monitoraggio e rendicontazione.

Il comma 6, infine, incrementa nella misura di 85 milioni di euro annui, a decorrere dal 2026, il Fondo per le politiche in favore delle persone con disabilità, destinato alla copertura finanziaria degli oneri derivanti da futuri interventi legislativi in materia di disabilità.

 

Il presente articolo istituisce, al comma 1, il Fondo unico per l’inclusione delle persone con disabilità nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, per il successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, dotandolo di 231.807.485 euro annui a decorrere dal 2024.

Il comma 2 abroga, come accennato, le seguenti norme:

-         l’articolo 34, commi 1, 2 e 2-bis, del D.L. n. 41 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 69 del 2021, che aveva istituito il Fondo per l’inclusione delle persone con disabilità, dotandolo di 100 milioni di euro per l’anno 2021 e di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023;

-         l’articolo 1, commi 179 e 180, della L. n. 234 del 2021; tali commi hanno istituito il Fondo per l’assistenza all’autonomia e alla comunicazione degli alunni con disabilità, dotandolo di 200 milioni di euro annui dall’anno 2022;

-         l’articolo 1, comma 254, della L. n. 205 del 2017, che ha istituito il Fondo per il sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare (Fondo avente una dotazione annua di 25.807.485 euro annui);

-         l’articolo 1, comma 456, della L. n. 145 del 2018, il quale ha istituito il Fondo per l’inclusione delle persone sorde e con ipoacusia (Fondo avente una dotazione annua di 6 milioni);

Il comma 3 dispone che le risorse del Fondo istituito dal comma 1 siano destinate a finanziare iniziative collegate alle seguenti finalità:

a)      potenziamento dei servizi di assistenza all’autonomia e alla comunicazione per gli alunni con disabilità della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e secondo grado (finalità precedentemente perseguita mediante utilizzo del fondo di cui all’articolo 1, commi 179 e 180, della L. n. 234 del 2021, abrogato, come detto, dal presente articolo 40);

b)     promozione e realizzazione di infrastrutture, anche digitali, per le politiche di inclusione delle persone con disabilità, anche destinate ad attività ludico-sportive (finalità precedentemente perseguita mediante utilizzo del fondo di cui al citato articolo 34, comma 1, del D.L. n.  41 del 2021, abrogato dal presente articolo 40);

c)      inclusione lavorativa e sportiva (finalità precedentemente perseguita mediante utilizzo del fondo di cui al suddetto articolo 34, comma 1, del D.L. n. 41 del 2021, abrogato dal presente articolo 40);

d)     turismo accessibile (finalità precedentemente perseguita mediante utilizzo del fondo di cui al suddetto articolo 34, comma 1, del D.L. n. 41 del 2021, abrogato dal presente articolo 40);

e)      iniziative dedicate alle persone con disturbi del neuro-sviluppo e dello spettro autistico (finalità precedentemente perseguita, per quanto riguarda le persone con disturbo dello spettro autistico, mediante utilizzo del fondo di cui al suddetto articolo 34, comma 1, del D.L. n. 41 del 2021, abrogato dal presente articolo 40);

f)      interventi finalizzati al riconoscimento del valore sociale ed economico dell’attività di cura non professionale del caregiver familiare (finalità precedentemente perseguita mediante utilizzo del fondo di cui all’articolo 1, comma 254, della L. n. 205 del 2017, abrogato dal presente articolo 40);

g)     promozione della piena ed effettiva inclusione sociale delle persone sorde e con ipoacusia, anche attraverso la realizzazione di progetti sperimentali per la diffusione di servizi di interpretariato in lingua dei segni italiana (LIS) e videointerpretariato a distanza nonché per favorire l’uso di tecnologie innovative finalizzate all’abbattimento delle barriere alla comunicazione (finalità precedentemente perseguita mediante utilizzo del fondo di cui all’articolo 1, comma 456, della L. n. 145 del 2018, abrogato dal presente articolo 40);

h)     iniziative e progetti di rilevanza nazionale per la promozione dell’accessibilità e inclusione delle persone con disabilità.

Il comma 4 prevede che, per le finalità elencate al comma 3, l’utilizzo del Fondo venga disposto con uno o più decreti dell’Autorità politica delegata in materia di disabilità, adottati di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con gli altri Ministri per le parti di rispettiva competenza. I predetti decreti vengono adottati sentita la Conferenza unificata Stato-regioni province autonome-città ed autonomie locali per le finalità di cui alle lettere b), c), d), e), f), g), h) del comma 3 e previa intesa sancita in sede di Conferenza unificata stessa per le finalità di cui alla lettera a) del medesimo comma 3.

Il comma 5 prevede che, ai fini della definizione degli obiettivi di servizio, a decorrere dall’anno 2025 gli enti territoriali beneficiari delle risorse del Fondo in oggetto siano sottoposti a monitoraggio o rendicontazione.

 

Infine, il comma 6 prevede un incremento nella misura di 85 milioni di euro annui, a decorrere dal 2026, del Fondo per le politiche in favore delle persone con disabilità, di cui all’articolo 1, comma 178, della L. 30 dicembre 2021, n. 234. Come accennato, tale Fondo è destinato alla copertura finanziaria degli oneri derivanti da futuri interventi legislativi, finalizzati al riordino e alla sistematizzazione delle politiche di sostegno alla disabilità di competenza dell'Autorità politica delegata in materia di disabilità. Si ricorda che la misura annua già vigente è pari a 350 milioni; l’importo viene quindi elevato dal presente comma 6 a 435 milioni annui a decorrere dal 2026 (mentre resta invariato l’importo di 350 milioni per ciascuno degli anni 2024 e 2025)[136].

Si ricorda che il fondo era stato istituito dall’articolo 1, comma 330, della L. 27 dicembre 2019, n. 160, ed è stato ridenominato nei termini summenzionati dal citato articolo 1, comma 178, della L. n. 234, che ne ha disposto il trasferimento dallo stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali allo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.

 

 


Titolo VI
Sanità

 

Capo I
Misure per il potenziamento del sistema sanitario

 

 

Articolo 41
(Rifinanziamento del Servizio sanitario nazionale)

 

 

L’articolo 41 prevede il rifinanziamento del livello del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato che viene incrementato di 3.000 milioni per l’anno 2024, 4.000 milioni per il 2025 e 4.200 milioni annui a decorrere dall’anno 2026, da destinare anche al finanziamento delle specifiche finalità indicate nel presente disegno di legge di bilancio.

 

L’articolo 41 stabilisce il nuovo incremento del livello di finanziamento del Servizio sanitario nazionale cui concorre lo Stato come segue:

 

        (importi in milioni di euro)

 

2024

2025

dal 2026

Incremento del finanziamento SSN

3.000

4.000

4.200

 

Le finalità sono individuate negli interventi indicati a seguire, finanziati con le predette risorse incrementali ai seguenti articoli - alla cui scheda di lettura si fa rinvio per l’approfondimento degli oneri oggetto di copertura - e di cui per immediatezza qui si riporta la sola spesa per il 2024 evidenziata nell’articolato:

§  10, commi 3, 4 e 5, in tema di rifinanziamento del fondo CCNL per il personale pubblico nel triennio 2022-2024 (spesa corrente 3.000 milioni);

§  42, riguardante l’incremento della tariffa oraria delle prestazioni aggiuntive per il personale medico e per il personale del comparto sanità operante nelle Aziende e negli Enti del SSN (280 milioni);

§  43, per la rideterminazione dei tetti della spesa farmaceutica (disposizione non onerosa);

§  44, sulle modifiche delle modalità di distribuzione dei medicinali (53 milioni[137]);

§  45, in relazione alle misure per l’abbattimento delle liste d’attesa (disposizione non onerosa);

§  46, sull’aggiornamento del tetto di spesa per gli acquisti di prestazioni sanitarie da privati (123 milioni[138]);

§  48, sul finanziamento per aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza – LEA (50 milioni);

§  50, per le ulteriori misure in materia di potenziamento del servizio sanitario nazionale e dell’assistenza territoriale (10 milioni, comma 2);

§  66, commi 2 e 3 relativamente all’organizzazione e funzionamento dell’Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti e per il contrasto delle malattie della Povertà (190 milioni).

 

Il livello di finanziamento del fabbisogno nazionale standard cui concorre lo Stato rappresenta il finanziamento complessivo della sanità pubblica e di quella accreditata in Italia.

La legge di Bilancio 2023 (comma 535, art. 1, L. n. 29 dicembre 2022 n. 197) ha fissato l’incremento di tale livello per il triennio di programmazione 2023-2025 in 2.150 milioni di euro per l'anno 20232.300 milioni per il 2024 e 2.600 milioni a decorrere dall'anno 2025.

Per il 2023, inoltre, al fine di compensare i maggiori costi dovuti all'aumento dei prezzi delle fonti energetiche, con DM Salute 10 gennaio 2023 sono state ripartite ulteriori risorse che rappresentano il nuovo livello di finanziamento pari a complessivi 1.600 milioni di euro, di cui 200 milioni di euro in base all'art. 40, comma 1, DL. 50/2022 (cd. decreto energia, L. n. 91/2022) e 1.400 milioni, ai sensi dell'art. 5, comma 3, del DL. n. 144/2022 (cd. decreto Aiuti-ter, L. n. 175/2022), in relazione alle quote di accesso di regioni e province autonome al fabbisogno sanitario indistinto corrente rilevate per l'anno 2022.

 

Un'ulteriore integrazione del FSN per circa 1.400 milioni nel 2023 proviene dalle disposizioni urgenti del DL. 34/2023 in tema di energia e salute, con particolare riferimento al contributo statale per il ripiano del superamento del tetto di spesa dei dispositivi medici (1.085 milioni), all'incremento della tariffa oraria delle prestazioni aggiuntive ed anticipo dell'indennità nei servizi di emergenze-urgenza (170 milioni) ed altre misure per il personale dei servizi di emergenza-urgenza.

 

L'incremento si somma corrispondentemente al livello precedentemente fissato dalla legge di Bilancio 2022 (L. n. 234/2021) pari a 124.061 milioni di euro per il 2022126.061 milioni per il 2023 e 128.061 milioni per l'anno 2024, come esposto nella tabella seguente (in mln di euro):

 

 

 

 

Livello finanziamento SSN

2022

2023

2024

a decorrere dal 2025

LB 2022 (co. 258)

124.061

126.061

128.061

128.061

LB 2023 (co. 535)

-

+2.150

+2.300

+2.600

TOTALE

124.061

128.211

130.361

130.661

Maggiori costi fonti energetiche

(DL. 50/2022 Energia e DL. 144/2022 Aiuti-ter)

-

1.600

-

-

Maggiori risorse FSN (DL. 34/2023 Energia e salute)

-

1.400

-

-

 

Con riferimento alla dinamica della spesa sanitaria – che comprende anche la quota privata -, la NADEF 2023 ha più recentemente stimato un ammontare per il 2023 pari a circa 134,7 miliardi, che si riduce nel 2024 a 132,9 miliardi (- 1,3 per cento) in conseguenza di una riduzione dei costi del personale e alla definitiva cessazione di quelli legati alla struttura commissariale per l'emergenza COVID. Essa torna risalire nel biennio successivo, attestandosi a 136,7 miliardi nel 2025 (+2,8 per cento) e a 139,0 miliardi nel 2026 (+1,7 per cento).

In rapporto al PIL, dopo un valore del 6,6 per cento nell'anno in corso, si stima nel triennio successivo un valore del 6,2 per cento in ciascuno degli anni 2024 e 2025, che si determina infine a 6,1 nel 2026.

Rispetto al quadro programmatico, il Programma nazionale di Riforma del Documento di economia e finanza DEF2023 prevede il rafforzamento dell'assistenza sanitaria, raggiungendo un assetto complessivo più omogeneo sul territorio nazionale in termini di proporzioni tra i macro-livelli di assistenza (prevenzione, territoriale, ospedaliera).  In proposito il Documento evidenzia il completamento del percorso di razionalizzazione del Programma Nazionale degli Esiti, che risale al 2015, al fine di promuovere una più stretta integrazione tra ospedale e territorio alla luce dei nuovi modelli e standard per lo sviluppo dell'assistenza territoriale previsti dal DM 77/2022 e degli obiettivi previsti dalla Missione 6 del Programma nazionale di Ripresa e Resilienza - PNRR, dedicata interamente alla Salute.

La salute è ritenuta una filiera strategica con significative esternalità positive (ricerca pubblica, investimenti nei centri clinici, produttività di popolazione in migliore salute) e una valenza importante di sicurezza nazionale. In particolare, il settore della farmaceutica è il primo per crescita dell'export, al netto degli energetici, (+43 per cento), con saldo estero di +9 miliardi.

Tra i temi specifici affrontati dal Documento vi sono peraltro la riorganizzazione e il potenziamento della medicina territoriale e gli interventi in materia di edilizia sanitaria, oltre che la rivalutazione del trattamento economico di tutto il personale del SSN, soprattutto dell'area emergenza-urgenza. 

Il CIPESS - Comitato per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile, l'8 febbraio 2023, ha approvato il riparto delle risorse statali stanziate per il fabbisogno sanitario fra Regioni e Province autonome per l'anno 2022 (v. G.U. del 21 marzo 2023 - Delibera 4/2023), pari ad un totale di 125.980 milioni di euro, che include la quota indistinta di 764 milioni da destinare al fondo farmaci innovativi, di cui 119.724 milioni di euro di finanziamento indistinto nel medesimo anno 2022, con quota premiale dello 0,40%, così come incrementata rispetto allo 0,32% dell'anno precedente dall'ultima legge di Bilancio (art. 1, comma 544, L. n. 197/2022), a fronte della quota precedentemente fissata a regime dello 0,25%  (qui tutte le intese sul riparto anno 2022 in base alle diverse destinazioni).

Il riparto di tale quota premiale 2022 è avvenuto con DM Salute 16 febbraio 2023, provvedendo alla ripartizione tra le regioni e le province autonome di complessivi 503.920.000 euro, come dettagliate nella tabella A

Per quanto riguarda il riparto del fabbisogno sanitario per l’anno 2023 si segnala che è raggiunto l’Accordo in Conferenza Stato-Regioni (non ancora oggetto di delibera da parte del CIPESS), qui il documento che contiene la proposta di accordo con un quadro complessivo del livello di finanziamento SSN 2023 pari a 128.869,200 milioni, di cui 126.061 milioni costituiscono il fabbisogno sanitario standard definito Legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di Bilancio 2022) cui si aggiunge l’incremento di 2.150 milioni per l’anno 2023 definito al sopra richiamato comma 535, art. 1, della Legge di bilancio 2023.


Articolo 42
(Incremento della tariffa oraria delle prestazioni aggiuntive)

 

 

L’articolo 42, al fine di fronteggiare la carenza di personale sanitario nelle aziende e negli enti del Servizio sanitario Nazionale (SSN), di ridurre le liste di attesa ed il ricorso alle esternalizzazioni, estende fino al 31 dicembre 2026 la facoltà di ricorrere agli incrementi delle tariffe orarie  delle prestazioni aggiuntive del personale medico - di cui alla contrattazione collettiva nazionale dell’Area sanità - prevista, per l’anno 2023, dall’articolo 11, comma 1, del D.L. n. 34/2023[139] (pari a 100 euro lordi onnicomprensivi), disponendo, contestualmente, che tale incremento riguardi, dal 2024 al 2026,  tutte le prestazioni aggiuntive svolte. Vengono poi espressamente fatte salve le disposizioni vigenti in materia di prestazioni aggiuntive riguardanti il volume di prestazioni erogabili, l’orario massimo di lavoro ed i prescritti riposi (comma 1).

Per le medesime finalità è prevista l’applicazione fino al 31 dicembre 2026  delle disposizioni richiamate (art. 11, comma 1, del D.L. n. 34/2023) anche alle prestazioni aggiuntive svolte - ai sensi della contrattazione collettiva nazionale  dell’Area sanità -, dal personale sanitario operante nelle citate aziende ed enti del SSN, disponendosi, contestualmente, che tale incremento riguardi, dal 2024 al 2026,  tutte le prestazioni aggiuntive svolte. Viene poi stabilito che l’aumento della tariffa possa arrivare fino a 60 euro lordi onnicomprensivi (invece dei 50 previsti dal richiamato art. 11 del D.L. n. 34/2023), al netto degli oneri riflessi a carico dell’amministrazione.

Anche in tal caso vengono poi espressamente fatte salve le disposizioni vigenti in materia di prestazioni aggiuntive riguardanti il volume di prestazioni erogabili, l’orario massimo di lavoro ed i prescritti riposi (comma 2).

Per le finalità sopra indicate è autorizzata, per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026 la spesa di 200 milioni di euro per il personale medico e di 80 milioni di euro per il personale sanitario del comparto. Al relativo finanziamento accedono tutte le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, in deroga alle disposizioni legislative che stabiliscono per le autonomie speciali il concorso regionale e provinciale al finanziamento sanitario corrente. Gli importi di cui all’allegato III della legge in esame costituiscono limite di spesa per ciascuna regione e provincia autonoma per le finalità dell’articolo in commento (comma 3).

Alla copertura degli oneri indicati, pari complessivamente a 280 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026, si provvede a valere sul livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard come rideterminato dall’articolo 41 (comma 4).

Viene poi previsto (comma 5) che, in coerenza con le disposizioni di cui all’articolo 15-quattordecies del D.Lgs. n. 502/1992[140] - istitutive dell’Osservatorio per l’attività libero-professionale -,  nonché del Piano nazionale per il governo delle liste di attesa, di cui all’Intesa sancita nella Conferenza Stato-Regioni del 21 febbraio 2019, relativa al blocco dell’attività intramoenia in caso di superamento del rapporto tra attività libero professionali ed attività istituzionali, l’Organismo paritetico regionale, istituito a seguito dell’adozione del citato Piano, presenta al Comitato LEA una relazione semestrale sullo svolgimento dell’attività intramoenia, da prendere in considerazione per la valutazione degli adempimenti relativi alle liste di attesa (cfr. art. 45). 

 

L’articolo 42 prevede che, al fine di fronteggiare la carenza di personale sanitario nelle aziende e negli enti del Servizio sanitario Nazionale (SSN), di ridurre le liste di attesa ed il ricorso alle esternalizzazioni, venga estesa fino al 31 dicembre 2026 l’applicazione dell’autorizzazione agli incrementi delle tariffe orarie delle prestazioni aggiuntive del personale medico - di cui all’articolo 115, comma 2, del contratto collettivo nazionale di lavoro dell’Area Sanità del 19 dicembre 2019 -  prevista, per l’anno 2023, dall’articolo 11, comma 1, del D.L. n. 34/2023[141] (pari a 100 euro lordi onnicomprensivi), disponendo, contestualmente, che tale incremento riguardi, dal 2024 al 2026,  tutte le prestazioni aggiuntive svolte. Vengono poi espressamente fatte salve le disposizioni vigenti in materia di prestazioni aggiuntive riguardanti il volume di prestazioni erogabili, l’orario massimo di lavoro ed i prescritti riposi (comma 1).

Per le medesime finalità è prevista l’applicazione fino al 31 dicembre 2026  delle disposizioni richiamate (art. 11, comma 1, D.L. n. 34/2023) anche per le prestazioni aggiuntive svolte - ai sensi dell’articolo 7, comma 1, lettera d) del contratto collettivo nazionale di lavoro 2019-2021 dell’Area sanità -, dal personale sanitario operante nelle citate aziende ed enti del SSN, disponendosi, contestualmente, che tale incremento riguardi, dal 2024 al 2026,  tutte le prestazioni aggiuntive svolte. Viene poi stabilito che l’aumento della tariffa possa arrivare fino a 60 euro lordi omnicomprensivi (invece dei 50 previsti dal richiamato art. 11 del D.L. n. 34/2023), al netto degli oneri riflessi a carico dell’amministrazione.

Anche in tal caso vengono poi espressamente fatte salve le disposizioni vigenti in materia di prestazioni aggiuntive riguardanti il volume di prestazioni erogabili, l’orario massimo di lavoro ed i prescritti riposi (comma 2).

 

In proposito va ricordato che l’articolo 11 del citato D.L. n. 34/2023 (L. n. 56/2023), al comma 1, ha previsto che, per affrontare la carenza di personale medico e infermieristico presso i servizi di emergenza — urgenza ospedalieri del Servizio Sanitario Nazionale SSN e al fine di ridurre l'utilizzo delle esternalizzazioni, per l'anno 2023 le aziende e gli enti del Servizio Sanitario Nazionale SSN, possono ricorrere:

§  per il personale medico, alle prestazioni aggiuntive di cui all'articolo 115, comma 2, del CCNL dell'Area sanità del 19 dicembre 2019, per le quali la tariffa oraria fissata dall'articolo 24, comma 6, del medesimo CCNL, in deroga alla contrattazione, può essere aumentata fino a 100 euro lordi omnicomprensivi, al netto degli oneri riflessi a carico dell'amministrazione;

§  per il personale infermieristico, alle prestazioni aggiuntive di cui all'articolo 7, comma I, lettera d), del CCNL — triennio 2019-2021 relativo al personale del comparto sanità, per le quali la tariffa oraria può essere aumentata fino a 50 euro lordi omnicomprensivi, al netto degli oneri riflessi a carico dell'amministrazione;

 

Va ricordato inoltre che l’articolo 115 del CCNL dell’Area sanità del 19 dicembre 2019 disciplina le tipologie di attività libero professionale intramuraria, includendo (comma 2) nell’ambito di disciplina delle stesse (e più in particolare in quelle di cui alla lettera d)[142] del comma 1) le prestazioni richieste, in via eccezionale e temporanea, ad integrazione dell’attività istituzionale, dalle Aziende o Enti ai propri dirigenti allo scopo di ridurre le liste di attesa o di acquisire prestazioni aggiuntive, soprattutto in presenza di carenza di organico od impossibilità anche momentanea di coprire i relativi posti con personale in possesso dei requisiti di legge, in accordo con le équipes interessate e nel rispetto delle direttive nazionali e regionali in materia.

Il richiamato articolo 24, comma 6, del medesimo contratto dispone, tra l’altro,  che, nel caso in cui sia stata concordata con l’équipe interessata l’applicazione dell’istituto delle prestazioni aggiuntive (di cui all’articolo 115, comma 2), la misura della tariffa oraria da erogare per tali prestazioni è di euro 60,00 lordi onnicomprensivi.

Infine l’articolo 7 del citato CCNL prevede che le Regioni possano emanare  linee generali di indirizzo per lo svolgimento della contrattazione integrativa, in una serie di ambiti tra i quali, alla lettera d) richiamata dalla disposizione in commento, quello delle prestazioni aggiuntive del personale;

 

Per le finalità sopra indicate è autorizzata, per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026 la spesa di 200 milioni di euro per il personale medico e di 80 milioni di euro per il personale sanitario del comparto.

Al relativo finanziamento accedono tutte le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, in deroga alle disposizioni legislative che stabiliscono per le autonomie speciali il concorso regionale e provinciale al finanziamento sanitario corrente. Gli importi di cui all’allegato III della legge in esame costituiscono limite di spesa per ciascuna regione e provincia autonoma per le finalità dell’articolo in commento (comma 3).

 

Si ricorda che l'accesso al finanziamento del fabbisogno sanitario tiene conto di quanto previsto ai sensi della legge n. 296/2006[143], art. 1, comma 830, che stabilisce la compartecipazione delle Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome al finanziamento sanitario fino a concorrenza del fabbisogno non soddisfatto dalle fonti previste a legislazione vigente, quali le entrate proprie degli enti del SSN (ticket e ricavi derivanti dall'attività intramoenia dei propri dipendenti) e la fiscalità generale delle regioni, vale a dire IRAP (nella componente di gettito destinata alla sanità) e addizionale regionale all'IRPEF. Fa eccezione la sola Regione siciliana, per la quale l'aliquota di compartecipazione è determinata in misura fissa dal 2009 nella misura del 49,11 per cento del suo fabbisogno sanitario.

 

Alla copertura degli oneri indicati, pari complessivamente a 280 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026, si provvede a valere sul livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard come rideterminato dall’articolo 41  (comma 4), alla cui scheda si fa rinvio.

 

Viene infine stabilito che (comma 5) in coerenza con le disposizioni di cui all’articolo 15-quattordecies del D.Lgs. n. 502/1992[144], istitutive dell’Osservatorio per l’attività libero-professionale,  nonché del Piano nazionale per il governo delle liste di attesa, di cui all’Intesa sancita nella Conferenza Stato-Regioni del 21 febbraio 2019 - il quale va a sostituire e aggiornare il precedente Piano Nazionale di Governo delle Liste di Attesa (PNGLA) 2010-2012 -  relativa al blocco dell’attività intramoenia in caso di superamento del rapporto tra attività libero professionali ed attività istituzionali, l’Organismo paritetico regionale istituito a seguito dell’adozione del citato Piano, presenta al Comitato LEA[145] una relazione semestrale sullo svolgimento dell’attività intramoenia, da prendere in considerazione per la valutazione degli adempimenti relativi alle liste di attesa (cfr. infra art.45).

 

Le previsioni significative contenute nel piano riguardano la definizione di tempi massimi per garantire le prestazioni di ricovero e ambulatoriali che se non verranno rispettati daranno la possibilità al cittadino di ottenere la prestazione in intramoenia pagando solo il ticket. E poi il rispetto dei tempi di attesa viene fatto rientrare negli obiettivi dei Direttori generali che, qualora non raggiunti, metteranno a rischio la loro permanenza nelle relative funzioni. Inoltre, in caso di superamento del rapporto tra l’attività in libera professione e in istituzionale sulle prestazioni erogate e/o di sforamento dei tempi di attesa massimi già individuati dalla Regione, si attua il blocco dell’attività libero professionale, fatta salva l’esecuzione delle prestazioni già prenotate.

In attuazione del Piano è stato istituito, presso la Direzione Generale della Programmazione Sanitaria del Ministero della Salute (con Decreto ministeriale 20 giugno 2019 e rinnovato con Decreto ministeriale 31 dicembre 2021),  l’Osservatorio Nazionale sulle Liste di Attesa composto da rappresentanti del Ministero della Salute, dell’Agenas, delle Regioni, dell’Istituto Superiore di Sanità e dalle Organizzazioni civiche di tutela del diritto alla salute. L’Osservatorio, oltre ad affiancare le Regioni nell’implementazione del Piano, provvederà a monitorare l’andamento degli interventi previsti dal Piano, a rilevare le criticità e fornire indicazioni per uniformare comportamenti, superare le disuguaglianze e rispondere in modo puntuale ai bisogni dei cittadini. 

Il PNGLA più recente ha a sua volta determinato l'emanazione dei Piani Regionali di Governo delle Liste di Attesa, con cui le Regioni e le Province Autonome hanno dovuto recepire (entro 60 giorni dalla pubblicazione del PNGLA) le indicazioni contenute nel Piano Nazionale, declinandole secondo le proprie caratteristiche ed esigenze specifiche. Sempre secondo quanto stabilito dal Piano Nazionale, quanto contenuto da tali Piani Regionali è stato poi ripreso e ulteriormente adattato dai Piani Attuativi Aziendali che le Aziende Sanitarie sono state chiamate a elaborare. Sul punto: SDA Bocconi - Novartis, Liste e tempi di attesa in sanità. Innovazioni, soluzioni e sfide per le regioni e le aziende sanitarie italiane, marzo 2022.

 

Va inoltre ricordato che il citato art. 15 quaterdecies del D.Lgs. n. 502/1992, prevede che sia  organizzato presso il Ministero della sanità l'Osservatorio per l'attività libero professionale con il compito di acquisire per il tramite delle regioni gli elementi di valutazione ed elaborare, in collaborazione con le regioni, proposte per la predisposizione della relazione da trasmettersi con cadenza annuale al Parlamento su:

a) la riduzione delle liste di attesa in relazione all'attivazione dell'attività libero professionale;

b) le disposizioni regionali, contrattuali e aziendali di attuazione degli istituti normativi concernenti l'attività libero professionale intramuraria;

c) lo stato di attivazione e realizzazione delle strutture e degli spazi destinati all'attività libero professionale intramuraria;

d) il rapporto fra attività istituzionale e attività libero professionale;

e) l'ammontare dei proventi per attività libero professionale, della partecipazione regionale, della quota a favore dell'azienda;

f) le iniziative ed i correttivi necessari per eliminare le disfunzioni ed assicurare il corretto equilibrio fra attività istituzionale e libero professionale.

 


Articolo 43
(Rideterminazione dei tetti della spesa farmaceutica)

 

 

L’articolo in titolo interviene, innanzitutto, sul tetto della spesa farmaceutica per acquisti diretti, il quale è rideterminato nella misura dell’8,5 per cento a decorrere dall’anno 2024 (+0,2 % rispetto alla disciplina vigente). In secondo luogo, ridetermina il tetto della spesa farmaceutica convenzionata nel valore del 6,8 per cento a decorrere dal medesimo anno (-0,2% rispetto alla disciplina vigente). Infine, conferma espressamente il valore percentuale del tetto per acquisti diretti di gas medicinali già previsto dalla normativa vigente, pari allo 0,2 per cento.

 

Riguardo al tetto della spesa farmaceutica per acquisti diretti[146], l’articolo in esame è dichiaratamente attuativo di quanto previsto dall’articolo 1, comma 282, della legge 30 dicembre 2021, n. 234[147]. Il predetto comma 282 prevede che il tetto in questione possa essere annualmente rideterminato, fermi restando i valori complessivi già stabiliti, in sede di predisposizione del disegno di legge di bilancio, su proposta del Ministero della salute, sentita l'Agenzia italiana del farmaco (AIFA), d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze, sulla base dell'andamento del mercato dei medicinali e del fabbisogno assistenziale. Il precedente comma 281 della citata legge di bilancio 2022 ha stabilito il tetto attualmente vigente, nella misura dell'8,3 per cento a decorrere dall'anno 2024.

 

La rideterminazione del tetto della spesa farmaceutica convenzionata[148] nel valore del 6,8 per cento a decorrere dal 2024 è dichiaratamente conseguenziale al descritto innalzamento del tetto della spesa farmaceutica per acquisti diretti. Riguardo alla spesa farmaceutica convenzionata, la normativa vigente in materia prevede allo stato un tetto nella misura del 7 per cento (art. 1, commi 475, legge n. 178 del 2020 - legge di bilancio 2021).

 

In riferimento alla spesa per acquisti diretti di gas medicinali, la normativa richiamata (e confermata) dall’articolo in esame stabilisce, nell'ambito della spesa farmaceutica per acquisti diretti, un tetto separato pari allo 0,2 per cento.

 

La relazione illustrativa allegata al provvedimento in esame rileva che il fine del presente articolo è quello di sostenere il potenziamento delle prestazioni ricomprese nei livelli essenziali di assistenza, anche alla luce delle innovazioni che caratterizzano il settore.

La relazione tecnica, del pari allegata al provvedimento in esame, evidenzia che, poiché il valore complessivo della spesa farmaceutica programmata resta costante, la disposizione in commento non comporta effetti finanziari.

 

Si ricorda che la base di calcolo dei limiti di spesa farmaceutica è costituita dalla misura del finanziamento del Servizio sanitario nazionale cui concorre ordinariamente lo Stato, inclusi gli obiettivi di piano e le risorse vincolate di spettanza regionale e al netto delle somme erogate per il finanziamento di attività non rendicontate dalle aziende sanitarie.

Si ricorda che, in caso di mancato rispetto dei limiti di spesa in oggetto, trovano applicazione alcuni meccanismi correttivi, con oneri a carico di aziende farmaceutiche, grossisti e farmacie.

 


Articolo 44
(Modifiche alle modalità di distribuzione dei medicinali)

 

 

L’articolo in titolo demanda all’AIFA un aggiornamento del prontuario della continuità assistenziale ospedale-territorio, finalizzato a incrementare i livelli di assistenza di prossimità, consentendo alle farmacie convenzionate col Servizio sanitario nazionale di dispensare farmaci che attualmente sono reperibili solo presso le farmacie ospedaliere (comma 1).

E’ inoltre definito un nuovo sistema di remunerazione delle farmacie per il rimborso dei farmaci erogati in regime di Servizio sanitario nazionale, con correlata abrogazione di una serie di disposizioni in materia di sconti (commi 2, 3, 4 e 5).

Per la verifica della sostenibilità economica delle predette innovazioni, si prevede l’istituzione di un apposito tavolo tecnico (comma 6).

E’ altresì disposta l’abrogazione della disciplina in materia di remunerazione aggiuntiva delle farmacie per il rimborso dei farmaci erogati in regime di Servizio sanitario nazionale, recata dalla legge di bilancio 2023 (comma 7).

Si prevede che il Ministero della salute, sentita l’Agenzia italiana del farmaco (AIFA), predisponga linee guida dirette a definire modalità e tempistiche per l’attuazione della disciplina in materia di aggiornamento dei prontuari terapeutici regionali (comma 8).

 

Il comma 1 dell’articolo in esame prevede che, al fine espresso di favorire gli assistiti nell’accesso al farmaco in termini di prossimità, entro e non oltre il 30 marzo 2024 e, successivamente, con cadenza annuale, l’Agenzia italiana del farmaco (AIFA)[149] provveda ad un aggiornamento del prontuario della continuità assistenziale ospedale-territorio (PHT), individuando l’elenco vincolante di medicinali che per le loro caratteristiche farmacologiche possono transitare dal regime di classificazione A-PHT[150] alla classe A[151], nonché l’elenco vincolante dei medicinali del PHT non coperti da brevetto che possono essere assegnati alla distribuzione in regime convenzionale attraverso le farmacie aperte al pubblico.

La ratio del prescritto aggiornamento è stata chiarita dal Ministro della salute nell’ambito delle comunicazioni recentemente rese alla 10ª Commissione del Senato[152]: la misura è volta a incrementare i livelli di assistenza di prossimità, consentendo alla farmacie convenzionate col Servizio sanitario nazionale di dispensare farmaci ad oggi reperibili solo presso le farmacie ospedaliere, al primario scopo di favorire la dispensazione capillare del farmaco a favore della collettività attraverso la rete delle farmacie di comunità.

Nella relazione illustrativa allegata al provvedimento in esame, nel ribadire la finalità anzidetta, si richiamano anche le risultanze dell’indagine conoscitiva condotta, nella XVIII Legislatura, dalla Commissione affari sociali della Camera in tema di canali di distribuzione del farmaco[153], la quale “ha fatto emergere la necessità di una revisione della materia, condivisa dalle Istituzioni e dall’intera filiera, allo scopo di assicurare un’assistenza farmaceutica efficace ed efficiente”.

La relazione tecnica, del pari allegata al provvedimento in esame, dichiara che il comma testé illustrato non comporta effetti finanziari, limitandosi a fissare nel 31 marzo 2024 il termine entro il quale l’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) provvede alla revisione del prontuario della continuità assistenziale ospedale-territorio (attività che comunque l’AIFA effettua periodicamente ai sensi dell’articolo 1, comma 426, della legge 147/2013).

 

Il comma 2 dell’articolo in disamina stabilisce che, a decorrere dal 1° marzo 2024, il sistema di remunerazione delle farmacie per il rimborso dei farmaci erogati in regime di Servizio sanitario nazionale è sostituito da una quota variabile e da quote fisse. Dette quote sono così determinate: a) una quota percentuale del 6% rapportata al prezzo al pubblico al netto dell’IVA per ogni confezione di farmaco (quota variabile); b) una quota fissa pari a euro 0,55 per ogni confezione di farmaco con prezzo al pubblico non superiore a 4,00 euro; c) una quota fissa pari a euro 1,66 per ogni confezione di farmaco con prezzo al pubblico compreso tra euro 4,01 e euro 11,00; d) una quota fissa pari a euro 2,50 per ogni confezione di farmaco con prezzo al pubblico superiore a euro 11,00; e) una quota fissa aggiuntiva pari a euro 0,1 per ogni confezione di farmaco appartenente alle liste di trasparenza[154]. Quest’ultima quota è, dal successivo comma 3, rideterminata in euro 0,115 a decorrere dal 1° gennaio 2025.

Il comma 2 precisa che il descritto nuovo sistema di remunerazione è previsto nell’ambito dei limiti fissati per la spesa a carico del Servizio sanitario nazionale per i farmaci erogati sulla base della disciplina convenzionale. Tale innovazione del sistema è dichiaratamente attuativa di quanto disposto dall’articolo 15, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95[155] (c.d. spending review). L’ultimo periodo del comma 2 in esame precisa che è da intendersi invariato il prezzo di vendita dei farmaci essenziali e dei farmaci per malattie croniche.

Nella relazione illustrativa allegata al provvedimento in esame si evidenzia che il criterio adottato per il modello di remunerazione in oggetto è quello del superamento della remunerazione a percentuale sul prezzo del farmaco, per adottare la soluzione prevalente nei Paesi dell’Unione europea, fondata su di un sistema misto a due quote, di cui una fissa e una variabile, e sulla valorizzazione dell’atto professionale della dispensazione dei medicinali. Pertanto, la remunerazione per la farmacia non sarebbe più puramente proporzionale al prezzo del farmaco, ma assumerebbe un valore complessivamente pari al 75% in parte fissa e al 25% in parte variabile. Tutto ciò nel rispetto sia del tetto della spesa farmaceutica in rapporto al Fondo Sanitario nazionale come annualmente determinato, sia dello specifico tetto relativo alla spesa farmaceutica convenzionata, distinto da quello della spesa

per acquisti diretti.

 

In base al comma 4 dell’articolo in esame, al fine espresso di confermare e rafforzare la capillarità della rete delle farmacie sul territorio nazionale, sono, inoltre, riconosciute ulteriori quote fisse: a) una quota fissa aggiuntiva pari a euro 1,20 per ogni farmaco erogato dalle farmacie con fatturato SSN al netto dell’IVA non superiore a euro 150.000,00; b) una quota fissa aggiuntiva pari a euro 0,58 per ogni farmaco erogato dalle farmacie - ad esclusione di quelle rurali sussidiate - con fatturato SSN al netto dell’IVA non superiore a euro 300.000,00; c) una quota fissa aggiuntiva pari a euro 0,62 per ogni farmaco erogato dalle farmacie rurali sussidiate[156], con fatturato SSN al netto dell’IVA non superiore a euro 450.000,00.

Nella relazione illustrativa allegata al provvedimento in esame si afferma che il comma testè illustrato è inteso alla valorizzazione del servizio reso dalle farmacie a più basso fatturato - soprattutto ubicate nei piccoli centri urbani ove è preponderante la dispensazione di farmaci SSN -,  che, nel corso degli ultimi anni, anche in ragione del calo della spesa convenzionata, sono state maggiormente esposte al rischio di chiusura.

 

Il comma 5 stabilisce che, a decorrere dal 1° marzo 2024, cessa l’applicazione di una serie di sconti, ferme restando le quote di spettanza per le aziende farmaceutiche sul prezzo di vendita al pubblico dei farmaci essenziali, per malattie croniche ed equivalenti (con esclusione dei medicinali originariamente coperti da brevetto o che abbiano fruito di licenze derivanti da tale brevetto).

In primo luogo, è prevista la cessazione dello sconto a beneficio del SSN, proporzionale al prezzo del farmaco per le diverse tipologie di farmacia, definito ai sensi del richiamato articolo 1, comma 40, della legge 23 dicembre 1996, n.662[157].

In secondo luogo, si prevede la cessazione dello sconto a favore del SSN disposto con Determinazione AIFA del 9 febbraio 2007[158].

In terzo luogo, è stabilita la cessazione dello sconto di cui al richiamato articolo 1, comma 3, del decreto-legge 24 giugno 2004, n. 156[159], previsto a favore della distribuzione intermedia e, nel caso di forniture dirette alle farmacie, direttamente a queste ultime.

Infine, si prevede la cessazione dello sconto in favore del SSN di cui al richiamato articolo 11, comma 6, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78[160].

 

La RT quantifica in 77 milioni annui (53 per il 2024) l’onere derivante dal descritto nuovo sistema, coperto a valere sull’incremento del fabbisogno sanitario di cui all’art. 41 del presente provvedimento.

 

Il comma 6, allo scopo espresso di operare periodicamente la verifica di sostenibilità economica delle previsioni di cui al presente articolo, demanda ad un decreto del Ministero della salute l’istituzione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di un apposito tavolo tecnico che, a far data dal 1° marzo 2024 e con cadenza annuale, dovrà monitorare l’andamento della spesa connessa all’espletamento del servizio di dispensazione dei farmaci SSN da parte delle farmacie. Si prevede che al tavolo tecnico anzidetto partecipino rappresentanti del Ministero della salute, del Ministero dell’economia e delle finanze, dell’Agenzia italiana del farmaco, della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano e delle associazioni di categoria maggiormente rappresentative delle farmacie, senza diritto alla corresponsione di compensi, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati.

 

In conseguenza delle innovazioni previste dai commi precedenti (cfr. relazione illustrativa), il comma 7 dispone l’abrogazione, con decorrenza dal 1° marzo 2024, della disciplina in materia di remunerazione aggiuntiva delle farmacie per il rimborso dei farmaci erogati in regime di Servizio sanitario nazionale, recata dai commi da 532 a 534 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2023 (L. 197/2022), espressamente finalizzata a salvaguardare la rete di prossimità rappresentata dalle farmacie italiane.

 

Il comma 8 prevede che, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, il Ministero della salute, sentita l’Agenzia italiana del farmaco (AIFA), predisponga linee guida dirette a definire modalità e tempistiche per l’attuazione della disciplina in materia di aggiornamento dei prontuari terapeutici regionali, di cui al richiamato all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158[161].

Si valuti l’opportunità di prevedere un coinvolgimento della Conferenza Stato-regioni nella procedura di predisposizione delle predette linee-guida.

La richiamata, attuanda disciplina del d.l. 158/2012 prescrive che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano aggiornino, con periodicità almeno semestrale, i prontuari terapeutici ospedalieri e ogni altro strumento analogo regionale, elaborato allo scopo di razionalizzare l'impiego dei farmaci da parte di strutture pubbliche, di consolidare prassi assistenziali e di guidare i clinici in percorsi diagnostico-terapeutici specifici, trasmettendo copia dell’aggiornamento all'AIFA. L'aggiornamento in questione deve essere effettuato entro due mesi nel caso di impiego di farmaci per la cura di malattie rare. Contestualmente all'aggiornamento, ciascuna regione è tenuta a indicare, con deliberazione della giunta regionale, i centri di prescrizione di farmaci con nota AIFA o piano terapeutico.

Il comma in esame è espressamente finalizzato a garantire l’uniformità dell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza su tutto il territorio nazionale, anche ai fini dell’applicazione delle disposizioni concernenti le modalità di erogazione dei medicinali agli assistiti recate dal richiamato articolo 8 del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347[162]. Il precitato art. 8 del d.l. 347/2001 consente alle regioni e alle province autonome di: a) stipulare accordi con le associazioni sindacali delle farmacie convenzionate, pubbliche e private, per consentire agli assistiti di rifornirsi delle categorie di medicinali che richiedono un controllo ricorrente del paziente anche presso le farmacie predette con le medesime modalità previste per la distribuzione attraverso le strutture aziendali del Servizio sanitario nazionale, da definirsi in sede di convenzione regionale; b) assicurare l'erogazione diretta da parte delle aziende sanitarie dei medicinali necessari al trattamento dei pazienti in assistenza domiciliare, residenziale e semiresidenziale; c) disporre, al fine di garantire la continuità assistenziale, che la struttura pubblica fornisca direttamente i farmaci, limitatamente al primo ciclo terapeutico completo, sulla base di direttive regionali, per il periodo immediatamente successivo alla dimissione dal ricovero ospedaliero o alla visita specialistica ambulatoriale.

 

Si ricorda che, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale (v. sent. n. 330 del 2011 e ulteriori pronunce ivi richiamate): l’erogazione di farmaci è da ricondurre alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti diritti civili e sociali, materia spettante alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, (art. 117, co. secondo, lett. m), Cost.), poiché detta erogazione rientra nei livelli essenziali di assistenza (LEA); l’organizzazione del servizio farmaceutico è da ricondurre alla materia concorrente tutela della salute (art. 117, co. terzo, Cost.); quando le disposizioni sui farmaci abbiano profili di riduzione della spesa del Servizio sanitario nazionale, viene in rilievo anche la materia concorrente coordinamento della finanza pubblica (art. 117, co. terzo, Cost.).

 

 

In base all’art. 8 del vigente DPCM sui LEA, il Servizio sanitario nazionale garantisce attraverso le farmacie convenzionate la fornitura dei medicinali appartenenti alla classe a) di cui alla legge 24 dicembre 1993, n. 537 (art. 8, comma 10), ossia "farmaci essenziali e farmaci per malattie croniche", la cui erogazione non sia affidata direttamente alle strutture sanitarie regionali.

 

Limitatamente ai medicinali con uguale composizione in principi attivi, nonché forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio, numero di unità posologiche e dosaggio unitario uguali, la fornitura attraverso le farmacie è assicurata fino alla concorrenza del prezzo più basso fra quelli dei farmaci disponibili nel normale ciclo distributivo regionale; se per tale tipologia di medicinali l'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) ha fissato il prezzo massimo di rimborso e tale prezzo è inferiore al più basso dei prezzi dei medicinali considerati, la fornitura attraverso la farmacia è assicurata fino a concorrenza del prezzo massimo di rimborso.

 

Ai sensi dell’art. 9 del DPCM succitato, le regioni e le rovince autonome  garantiscono attraverso i propri servizi territoriali e ospedalieri i medicinali necessari al trattamento dei pazienti in assistenza domiciliare, residenziale e semiresidenziale, nonché i farmaci per il periodo immediatamente successivo alla dimissione dal ricovero ospedaliero o alla visita specialistica ambulatoriale, limitatamente al primo ciclo terapeutico completo, sulla base di direttive regionali.

 

Il Servizio sanitario nazionale garantisce inoltre:

 

       qualora non esista valida alternativa terapeutica, i medicinali innovativi la cui commercializzazione è autorizzata in altri Stati ma non sul territorio nazionale, i medicinali non ancora autorizzati per i quali siano disponibili almeno dati favorevoli di sperimentazioni cliniche di fase seconda e i medicinali da impiegare per un'indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata, qualora per tale indicazione siano disponibili almeno dati favorevoli di sperimentazione clinica di fase seconda, inseriti in un elenco predisposto e periodicamente aggiornato dall'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), conformemente alle procedure ed ai criteri adottati dalla stessa;

       i medicinali utilizzabili per un'indicazione diversa da quella autorizzata, alle condizioni previste dalla normativa vigente.


Articolo 45
(Misure per l’abbattimento delle liste d’attesa)

 

 

L’articolo 45 autorizza Regioni e Province autonome a potersi avvalere fino al 31 dicembre 2024 delle misure previste all’articolo 42 (incremento tariffa oraria prestazioni aggiuntive personale medico e sanitario) del disegno di legge in esame, potendo coinvolgere anche le strutture private accreditate in deroga alla normativa vigente sui limiti dati dal tetto di spesa per gli acquisti di prestazioni sanitarie da privati, come rideterminato dall’articolo 46, relativamente all’aggiornamento del tetto di spesa per tali acquisti, al fine di garantire l’attuazione dei Piani operativi per il recupero delle liste d’attesa.

Il limite di spesa previsto per l’attuazione delle misure è fissato ad una quota non superiore allo 0,4% del livello di finanziamento indistinto del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato per l’anno 2024.

 

L’articolo 45 prevede alcuni interventi volti a garantire la completa attuazione dei Piani operativi per il recupero delle liste d'attesa delle Regioni e delle Province autonome le quali sono autorizzate ad avvalersi, fino al 31 dicembre 2024, delle misure previste dall’articolo 42 del disegno di legge in esame, riguardante la tariffa oraria per le prestazioni aggiuntive svolte dal personale medico ed infermieristico presso i servizi di emergenza urgenza ospedalieri, oltre che per le prestazioni aggiuntive previste dalla contrattazione collettiva nazionale del personale medico e del comparto sanitario (aumento della relativa tariffa oraria fino a 100 euro lordi onnicomprensivi, per il personale medico, e fino a 60 euro lordi onnicomprensivi per il personale del comparto).

Le Regioni e le Province autonome possono altresì avvalersi allo scopo del recupero delle liste d’attesa, come programmato nei rispettivi piani operativi, delle strutture private accreditate, in deroga all'articolo 15, comma 14, primo periodo, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95[163] (L. n. 135/2012).

 

Si sottolinea al riguardo che il principale strumento normativo vigente per definire le liste d’attesa è il Piano Nazionale di Governo delle Liste di Attesa (PNGLA) 2019-2021, risultato dall'Intesa Stato-Regioni del 21 febbraio 2019, il quale va a sostituire e aggiornare il precedente Piano Nazionale di Governo delle Liste di Attesa (PNGLA) 2010-2012[164].

La normativa riguardante la cd. spending review ex articolo 15, comma 14, primo periodo, del DL. 95/2012 è riferita all’acquisto delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale ad alto rischio di inappropriatezza per le quali si è inteso applicare una riduzione - sia dell'importo che dei volumi d'acquisto delle prestazioni - in una misura percentuale fissa applicata dalla Regione o Provincia autonoma di riferimento a tutti i contratti e accordi vigenti nell'esercizio 2012, tale da ridurre la spesa complessiva annua, rispetto alla spesa consuntivata per l'anno 2011, dello 0,5 per cento per il 2012, dell'1 per cento per il 2013 e del 2 per cento a decorrere dall'anno 2014[165].

In proposito si ricorda che già dal 2016, l’art. 1 della legge di stabilità n. 208/2015, ai commi da 574 a 578, aveva introdotto alcune deroghe alla predetta disciplina di revisione della spesa, relativamente alla riduzione del 2% dell'importo e dei volumi della spesa per l'acquisto delle prestazioni ospedaliere ed ambulatoriali da privato - compreso l'acquisto di prestazioni da privato per pazienti non residenti in regione: la cosiddetta mobilità attiva -, con particolare riferimento all’assistenza ospedaliera di alta specialità[166].

 

Come indicato dalla disposizione in esame, tale tetto di spesa per gli acquisti di prestazioni sanitarie da privati viene contestualmente rideterminato dall’articolo 46 del disegno di legge, nel valore della spesa consuntivata per l'anno 2011 incrementata di 1 punto percentuale per l’anno 2024, di 3 punti percentuali per l’anno 2025 e di 4 punti percentuali a decorrere dall’anno 2026, assicurando il rispetto dell'equilibrio economico e finanziario del Servizio sanitario regionale (si fa rinvio alla corrispondente scheda di lettura dell’articolo 46 v. infra per ulteriori approfondimenti).

Inoltre, per l'attuazione delle finalità di cui alle sopra indicate misure per l’abbattimento delle liste d’attesa, si prevede un limite di spesa da parte di Regioni e Province autonome che allo scopo possono utilizzare una quota non superiore allo 0,4 per cento del livello di finanziamento indistinto del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato per l'anno 2024.

Come esaminato più avanti, per l'attuazione delle analoghe finalità di riduzione delle liste d’attesa per l’anno 2023, la normativa vigente del comma 9-septies, articolo 4, del DL. 198/2022 (Proroga termini) aveva invece fissato un limite di spesa pari ad una quota non superiore allo 0,3 per cento del livello di finanziamento indistinto del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato per l'anno 2023, per il calcolo del quale è necessario ancora attendere il decreto di riparto.

Per il riparto del fabbisogno sanitario nell’anno 2023, di cui si evidenzia anche la quota indistinta, si è raggiunto il sostanziale accordo in Conferenza Stato-Regioni (non ancora oggetto di delibera da parte del CIPESS, qui la proposta) ove si evidenzia che le risorse nella quota indistinta da ripartire a Regioni e Province autonome per i rispettivi fabbisogni sanitari ammontano, per l’anno 2023, a 122.410.152.035 euro.

 

Lo smaltimento delle liste d’attesa infatti è un obiettivo perseguito all’articolo 4, commi 9-septies e 9-octies del D.L. n. 198/2022 recante proroga dei termini legislativi (L. n. 14/2023) con particolare riferimento alle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale e per l’assistenza ospedaliera, che ha consentito a Regioni e Province autonome, rispettivamente, l’utilizzo di risorse correnti non fruite entro il 31 dicembre 2022 allo scopo di avvalersi di strutture private accreditate, e la possibilità, fino al 31 dicembre 2023, di derogare ai regimi tariffari ordinari.

Più in dettaglio, le Regioni e le Province autonome che abbiano registrato spese sanitarie sopravvenute nel 2022, sono state autorizzate a rendere disponibili, per conseguire l’equilibrio finanziario 2022, le risorse correnti loro assegnate, allo scopo di avvalersi delle strutture private accreditate per lo smaltimento delle liste d’attesa per assistenza specialistica ambulatoriale e per l’assistenza ospedaliera, e non utilizzate al 31 dicembre 2022 per le medesime finalità originariamente previste.

L’assegnazione delle risorse correnti risponde all’autorizzazione concessa ai sensi dei commi 276, 277 e 278[167] della legge di Bilancio 2022 (L. n. 234/2021), anche con riferimento agli enti interessati da piani di rientro per disavanzo sanitario.

A questo fine, ai sensi del richiamato comma 277, Regioni e Province autonome – e anche se interessate dai piani di rientro dal disavanzo sanitario[168] -  possono avvalersi anche delle strutture private accreditate, anche in deroga a quanto previsto all'articolo 15, comma 14, primo periodo, del D.L. 95/2012 (cd spending review), che disciplina la progressiva riduzione annua dell'importo e dei corrispondenti volumi di acquisto delle prestazioni sanitarie da soggetti privati accreditati per l'assistenza specialistica ambulatoriale e per l'assistenza ospedaliera (v. ante).

In proposito già con riferimento al 2020, il comma 3 dell’articolo 26 del DL. 73/2021 (cd. Sostegni bis) ha concesso a Regioni e Province autonome di utilizzare le risorse non impiegate nell’anno 2020, previste dall’articolo 29, comma 8, del D.L. n. 104, nonché quota parte delle economie di cui al comma 427, art. 1, della legge di bilancio 2021 (L n. 178/2020), nel caso in cui per queste ultime economie non sia stato possibile l’utilizzo per le finalità indicate dal medesimo articolo 1, comma 427, e secondo le modalità indicate nei rispettivi Piani per il recupero delle liste d’attesa, opportunamente aggiornati.

 

Con riferimento allo strumento della deroga ai regimi tariffari ordinari dei medici, inoltre, il richiamato comma 9-octies ha consentito a Regioni e Province autonome di avvalersi fino al 31 dicembre 2023, al fine di garantire la completa attuazione del Piano operativo per il recupero delle liste d’attesa, del regime di deroga ai regimi tariffari ordinari, utilizzando alcuni istituti già previsti dall’articolo 29 del DL. 104/2020 (cd. Agosto, L. n. 106/2020) per il recupero delle prestazioni di ricovero ospedaliero per acuti in regime di elezione (vale a dire a carattere programmabile e non urgente) e di specialistica ambulatoriale e di screening, come previsto dall’articolo 26, commi 1 e 2, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73 (L. n. 106/2021), oltre che dalle disposizioni di cui al sopra citato comma 277, articolo 1, della medesima legge di Bilancio per il 2022.

Pertanto, la deroga ai regimi tariffari ordinari per il ricorso a prestazioni aggiuntive, inizialmente prevista fino al 31 dicembre 2020, è stata successivamente prorogata dall'articolo 26, comma 1, del decreto-legge n. 73/2021 (cd Sostegni bis, L. n. 106/2021) fino al 31 dicembre 2021, in relazione a prestazioni non erogate nel 2020 previste nei rispettivi Piani Operativi Regionale per il recupero delle liste di attesa utilizzando anche strutture pubbliche e private accreditate[169] ed ulteriormente prorogata al 31 dicembre 2022, dalla legge di Bilancio 2022 (art. 1, comma 276, L n. 234 del 2021). In quest’ultimo caso, come sopra accennato, le Regioni sono state però tenute a rimodulare il Piano per le liste d'attesa e a ripresentarlo entro il 31 gennaio 2022 ai Ministeri della salute e dell'economia.

Come sopra indicato, il coinvolgimento delle strutture private accreditate ha previsto il finanziamento di un ammontare complessivo su base nazionale pari a 150 milioni di euro, incrementabile sulla base di specifiche esigenze regionali nel limite dell’autorizzazione di spesa per complessivi 500 milioni di euro, a valere sul livello di finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato per l'anno 2022.

 

 

L'articolo 29 del c.d. Decreto Agosto (DL. n. 104/2020, L. n. 126/2020) ha dettato disposizioni transitorie, fino al 31 dicembre 2020 (termine successivamente prorogato con due distinti interventi normativi fino a tutto il 2022, v. ante), intese alla riduzione delle liste di attesa relative alle prestazioni ambulatoriali, screening e di ricovero ospedaliero, non erogate nel periodo di emergenza epidemiologica da COVID-19. A tal fine, sono previsti alcuni interventi straordinari che le Regioni possono adottare nel 2020 in deroga ai vincoli della legislazione vigente sulla spesa di personale, essendo stanziate apposite risorse, che incrementano il finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale per il 2020 di 478 milioni.

Pur mantenendo la scelta degli strumenti da utilizzare, per accedere alle risorse aggiuntive stanziate le Regioni e Province autonome sono state tenute a presentare un Piano Operativo Regionale per il recupero delle liste di attesa, da inserire nel Programma Operativo per la gestione dell'emergenza da COVID-19 previsto dal decreto-legge n. 18 del 2020 (DL. Crescita, L. n. 27/2020). I Piani operativi hanno indicato, tra l’altro, la specificazione dei modelli organizzativi prescelti, dei tempi di realizzazione e della destinazione delle risorse, anche allo specifico scopo del recupero delle liste d’attesa (v. anche il tema di approfondimento), e sono stati sottoposti all’approvazione del Ministero della salute, di concerto con il MEF, oltre che ad un’attività di monitoraggio da parte dei predetti Ministeri congiuntamente, ai sensi dell’articolo 18, co. 1, quarto periodo del richiamato DL. n. 18/2020.

La proroga a tutto il 2021 disposta con l’articolo 26 del DL. 73/2021 (Sostegni -bis) ha successivamente riguardato, con riferimento al recupero delle prestazioni di ricovero ospedaliero per acuti in regime di elezione:

§  prestazioni aggiuntive per attività libero-professionale intramuraria ad integrazione dell’attività istituzionale, dei dirigenti medici, sanitari, veterinari e delle professioni sanitarie dipendenti del Servizio sanitario nazionale di cui al CCNL Sanità triennio 2016-2018[170], con un aumento a 80 euro lordi omnicomprensivi della tariffa oraria, con esclusione dei servizi di guardia, ferme le disposizioni vigenti in materia di prestazioni aggiuntive, con particolare riferimento ai volumi di prestazioni erogabili, all'orario massimo di lavoro e ai prescritti riposi;

§  prestazioni aggiuntive per ricoveri ospedalieri che garantiscano una modulazione dell’esercizio della libera professione in conformità alla normativa vigenti in materia[171], con un aumento della tariffa oraria a 50 euro lordi omnicomprensivi, al netto degli oneri riflessi a carico dell'Amministrazione e ferme restando le disposizioni vigenti in materia di prestazioni aggiuntive con particolare riferimento ai volumi di prestazioni erogabili nonché all'orario massimo di lavoro e ai prescritti riposi;

§  reclutamento del personale tramite assunzioni a tempo determinato di personale del comparto e della dirigenza medica, sanitaria, veterinaria e delle professioni sanitarie, anche in deroga ai vigenti CCNL di settore, o attraverso forme di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa. L’istituto richiamato prevede altresì di impiegare figure professionali previste in incremento ai sensi del DL. n. 18/2020 (cd. Cura Italia) agli articoli 2-bis (incarichi di lavoro autonomo ad iscritti agli albi delle professioni sanitarie, agli operatori socio-sanitari ed a personale medico, veterinario, sanitario e socio-sanitario collocato in quiescenza, anche in deroga[172] alla disciplina transitoria per assunzione medici e veterinari in formazione specialistica, con contratti di lavoro dipendente a tempo determinato e parziale) e 2-ter (conferimento di incarichi individuali a tempo determinato al personale delle professioni sanitarie e ad operatori socio-sanitari, anche medici specializzandi, mediante avviso pubblico e selezione per colloquio orale);

Con riferimento al recupero delle prestazioni di specialistica ambulatoriale e di screening, la proroga ha inoltre riguardato:

§  prestazioni aggiuntive dei dirigenti medici, sanitari, veterinari e delle professioni sanitarie dipendenti del Servizio sanitario nazionale di cui al CCNL Sanità triennio 2016-2018[173], con un aumento a 80 euro lordi omnicomprensivi della tariffa oraria, con esclusione dei servizi di guardia, ferme le disposizioni vigenti in materia di prestazioni aggiuntive con particolare riferimento ai volumi di prestazioni erogabili, all'orario massimo di lavoro e ai prescritti riposi;

§  prestazioni aggiuntive per accertamenti diagnostici che garantiscano una modulazione dell’esercizio della libera professione in conformità alla normativa vigenti in materia[174], con un aumento della tariffa oraria a 50 euro lordi omnicomprensivi, al netto degli oneri riflessi a carico dell'Amministrazione e ferme restando le disposizioni vigenti in materia di prestazioni aggiuntive con particolare riferimento ai volumi di prestazioni erogabili nonché all'orario massimo di lavoro e ai prescritti riposi;

§  incremento delle prestazioni, in parziale alternativa, ove necessario, alle precedenti lettere, come autorizzato per ASL ed altri enti del SSN dall’articolo 2-sexies del DL. 18 (Cura Italia) per l’anno 2020, relativamente all’aumento del monte ore dell'assistenza specialistica ambulatoriale convenzionata interna, con ore aggiuntive da assegnare nel rispetto dell'accordo collettivo nazionale vigente, nel limite di complessivi 10 milioni di euro, da ripartire per singola Regione.

§  Le predette disposizioni riguardano gli specialisti ambulatoriali convenzionati: medici e odontoiatri, veterinari ed altri professionisti sanitari (biologi, chimici, psicologi) ambulatoriali. In proposito, l’ultimo accordo collettivo nazionale è stato sottoscritto il 25 giugno 2019 ed è stato oggetto dell'intesa sancita in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome il 31 marzo 2020.

 

L’articolo 26 del DL. 73/2021, al comma 2, ha inoltre disposto che le Regioni e le Province autonome, per le finalità di recupero dei ricoveri ospedalieri e delle prestazioni di specialistica ambulatoriale e di screening, fermo restando il prioritario ricorso alle modalità organizzative già indicate nei Piani, possono integrare da privato gli acquisti delle predette prestazioni, mediante accordi contrattuali stipulati per l’anno 2021 in base a quanto previsto dall’articolo 8-quinquies del decreto legislativo n. 502/1992.

Ai sensi di quest’ultima norma, le Regioni possono stipulare accordi con diverse tipologie di enti del Servizio sanitario ovvero con enti parificati - come le aziende ospedaliero-universitari -, e con enti accreditati, definendo l’ambito di applicazione degli accordi contrattuali con riferimento all’individuazione delle responsabilità riservate alla Regione e quelle attribuite alle ASL, nonché agli indirizzi per la formulazione di programmi di attività delle strutture interessate, nel rispetto delle priorità indicate dal Piano sanitario nazionale. Devono inoltre definire i criteri per la determinazione della remunerazione delle strutture dove vi siano volumi di prestazioni eccedenti rispetto al programma concordato.


Articolo 46
(Aggiornamento del tetto di spesa per gli acquisti di prestazioni sanitarie da privati)

 

 

L’articolo in titolo aggiorna il tetto di spesa per gli acquisti di prestazioni sanitarie da privati: quest’ultimo è innalzato, rispetto al valore della spesa consuntivata nell'anno 2011, di 1 punto percentuale per l’anno 2024, di 3 punti percentuali per l’anno 2025 e di 4 punti percentuali a decorrere dall’anno 2026.

 

L’articolo in disamina qualifica espressamente la rideterminazione del tetto quale misura concorrente all’ordinata erogazione delle prestazioni assistenziali ricomprese nei livelli essenziali di assistenza; ribadisce, inoltre, il necessario rispetto dell'equilibrio economico e finanziario del servizio sanitario regionale.

 

Nella relazione tecnica allegata al provvedimento in esame, si evidenzia che l’onere del previsto, graduale innalzamento del tetto in questione è pari a circa 123 milioni di euro per l’anno 2024, 368 milioni di euro per l’anno 2025 e 490 milioni di euro a partire dal 2026. La relativa copertura è individuata nell’ambito dell’incremento del fabbisogno sanitario di cui all’articolo 41 del presente disegno di legge.

 

Si ricorda che, in base alla disciplina attualmente vigente[175], valevole a decorrere dal 2020, il tetto di spesa per gli acquisti di prestazioni sanitarie da privati[176] è determinato nel valore della spesa consuntivata nell'anno 2011, nel rispetto dell'equilibrio economico e finanziario del Servizio sanitario regionale.

In precedenza[177], il tetto in oggetto era pari al valore della spesa consuntivata per l'anno 2011, diminuito dello 0,5 per cento per l'anno 2012, dell'1 per cento per l'anno 2013 e del 2 per cento a decorrere dall'anno 2014.

 

Si ricorda, inoltre, che la disciplina limitativa di spesa in questione è stata oggetto, nel tempo, di diversi interventi di deroga: il DL n. 18/2020[178] (c.d. Cura Italia, art. 3), ha permesso alle regioni e alle province autonome, a date condizioni, di acquistare prestazioni sanitarie - oltre il budget prefissato - per affrontare l’emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del COVID-19; il DL n. 73/2021[179] (c.d. DL Sostegni-bis, art. 26, co. 2), al fine di consentire il recupero delle prestazioni non erogate a causa dell'intervenuta emergenza epidemiologica, ha permesso di integrare gli acquisti di prestazioni ospedaliere e di specialistica ambulatoriale da privato, in deroga al tetto vigente in materia, anche utilizzando eventuali economie derivanti dai budget attribuiti per l'anno 2020; la legge di bilancio 2022[180], ai fini dell’abbattimento delle liste d’attesa, ha  previsto che le regioni e le province autonome possano coinvolgere anche le strutture private accreditate, in deroga al tetto di spesa in discorso; in precedenza, l’art. 1 della legge di stabilità 2016 (n. 208/2015), ai commi da 574 a 578, aveva introdotto alcune deroghe alla predetta disciplina di limitazione della spesa, con particolare riferimento all’assistenza ospedaliera di alta specialità.

 

Si ricorda che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 203 del 2016, ha dichiarato inammissibili alcune questioni di legittimità costituzionale dell'art. 15, comma 14, del citato D.L. 95/2012 sulla spending review, introduttivo del tetto di spesa in oggetto, sollevate in riferimento all'art. 117, terzo comma, della Costituzione, e non fondate diverse altre questioni di legittimità costituzionale del medesimo art. 15, comma 14, sollevate in riferimento agli artt. 3, 32, 41, 97 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU).

 

 

 


Articolo 47
(Proroga del finanziamento delle quote premiali in sanità)

 

 

L’articolo 47 prevede l’assegnazione in via transitoria, anche per l’anno 2024, delle quote premiali accantonate a valere sul finanziamento del SSN a favore delle Regioni che abbiano introdotto misure idonee a garantire l’equilibrio di bilancio, tenendo anche conto dei criteri di riequilibrio indicati dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome.

Limitatamente al 2024 viene inoltre disposto l’innalzamento di tale quota allo 0,5 per cento.

 

Il comma 1 dell’articolo 47 in esame, mediante novella all’articolo 2, comma 67-bis, quinto periodo, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (legge finanziaria 2010), dispone l’applicazione anche al 2024 della procedura transitoria di riparto adottata dal Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza permanente Stato-regioni, delle quote premiali da destinare alle regioni virtuose ai fini della spesa sanitaria, accantonate a valere sul finanziamento del SSN, in base anche ai criteri di riequilibrio e riparto indicati in sede di Conferenza Stato-regioni, in luogo del calcolo delle risorse assegnate in applicazione dei costi standard.

La disposizione si rende necessaria considerata la mancata emanazione del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze che dovrà individuare diverse modalità di ripartizione delle forme premiali calcolate sul finanziamento statale al Servizio sanitario nazionale ai fini dell’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza per le regioni cd. “virtuose” (v. box). Essa, come le precedenti disposizioni di proroga, non determina nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica in quanto rientra nell’ambito del livello complessivo del finanziamento del SSN cui concorre lo Stato.

 

Il citato decreto interministeriale Economia/Salute avrebbe dovuto essere emanato entro il 30 novembre 2011, previa intesa con la Conferenza permanente Stato-regioni che tuttavia non è stata ancora raggiunta, allo scopo di stabilire forme premiali a valere sulle risorse ordinarie fissate dalla vigente legislazione per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale.

Le quote premiali in via transitoria sono applicabili a decorrere dall'anno 2012, per le Regioni che istituiscano una Centrale regionale per gli acquisti e l'aggiudicazione di procedure di gara per l'approvvigionamento di beni e servizi per un volume annuo non inferiore ad un importo determinato con il medesimo decreto e per quelle che introducano misure idonee a garantire, in materia di equilibrio di bilancio, la piena applicazione per gli erogatori pubblici di quanto previsto dalla normativa vigente del D. Lgs. n. 502/1992 all’articolo 4, comma 8 (chiusura in pareggio del proprio bilancio, con possibilità di utilizzo dell’eventuale avanzo di amministrazione) e 9 (accorpamento funzionale di più ospedali eventualmente presenti nelle unità sanitarie locali), nel rispetto del principio della remunerazione a prestazione.

 

Inoltre, il comma 2, con un’integrazione disposta al richiamato comma 67-bis dell’articolo 2, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 stabilisce che, limitatamente all’anno 2024, la percentuale indicata quale quota premiale all'art. 15, comma 23, del DL. n. 95/2012[181] (L. n. 135/2012) sia innalzata allo 0,5 per cento.

 

Al riguardo si ricorda che, a partire dal 2012, ai sensi dell'art. 15, comma 23, del DL. n. 95/2012[182] (L. n. 135/2012) la percentuale della quota premiale per le regioni definite per l’accesso alla stessa è stata fissata allo 0,25 per cento delle risorse ordinarie previste dalla legislazione vigente per il finanziamento del fabbisogno del SSN (0,30% per il 2013, 1,75% per il 2014, 0,32% nel 2021, 0,40% nel 2022 e 0,50% nel 2023).

Come sopra accennato, la norma non produce effetti per la finanza pubblica in quanto determina esclusivamente uno spostamento di risorse ad incremento della quota premiale all'interno del fabbisogno sanitario nazionale standard dell'anno in questione dalla quota indistinta assegnata alle Regioni sulla base dell'applicazione della metodologia dei costi standard, ai sensi di quanto disposto dall’articolo 27 del D. Lgs. n. 68/2011 che detta la disciplina per la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard regionali.

 

 

L'art. 2, comma 67-bis della legge 191/2009 (legge finanziaria 2010), come successivamente modificato con ulteriori interventi legislativi, ha previsto, a decorrere dal 2012, forme premiali per le regioni cd. “virtuose” in cui, tra le altre cose, fosse stata istituita una Centrale regionale per gli acquisti e si fosse provveduto all'aggiudicazione di procedure di gara per l'approvvigionamento di beni e servizi, per un volume annuo non inferiore ad uno specifico importo determinato con il medesimo decreto, oltre che per quelle che introducano misure idonee a garantire, in materia di equilibrio di bilancio, la piena applicazione per gli erogatori pubblici di quanto previsto dal D.Lgs. 502 del 1992, all'articolo 4, commi 8 (pareggio di bilancio per le aziende ospedaliere, con utilizzo dell'eventuale avanzo di amministrazione per gli investimenti in conto capitale, per oneri di parte corrente e per eventuali forme di incentivazione al personale) e 9 (autonomia economico-finanziaria dei presìdi ospedalieri, con contabilità separata all'interno del bilancio dell'unità sanitaria locale), nel rispetto del principio della remunerazione a prestazione.

Dal 2014, è stato previsto, in via transitoria, con norma ripetutamente prorogata, che in vista della proposta di riparto delle risorse finanziarie del Fondo sanitario nazionale (FSN) per l'anno di riferimento, vengano tenuti in conto, per il riparto delle quote premiali, i criteri di riequilibrio indicati dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome.

Tale norma è stata estesa agli anni 2015 e 2016[183], 2017[184], 2018[185], 2019[186], 2020[187],  2021[188], per il 2022[189] e per il 2023[190] .


Articolo 48
(Finanziamento per aggiornamento dei LEA)

 

 

L’articolo 48 vincola una quota pari a 50 milioni di euro per l’anno 2024 ed una quota pari a 200 milioni di euro a decorrere dall’anno 2025 per consentire l’aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza (LEA), in attuazione delle disposizioni di cui ai commi 558 e 559 della Legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Legge di stabilità 2016). La quota viene vincolata a valere sul livello del finanziamento del fabbisogno nazionale standard cui concorre lo Stato, come rideterminato dall’articolo 41.

 

L’articolo 48, al fine di consentire l’aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza (LEA), in attuazione di quanto previsto dall’articolo 1, commi 558 e 559 della legge di stabilità 2016 (L. n. 208/2015), vincola a valere sul livello di finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard, come rideterminato dall’articolo 41 (alla cui scheda si fa rinvio), una quota pari a 50 milioni di euro per l’anno 2024 e pari a 200 milioni di euro a decorrere dall’anno 2025.

 

In proposito va ricordato che lo Stato garantisce a tutti i cittadini - secondo il principio dell'universalità - ed in maniera uniforme, i cd. livelli essenziali di assistenza (LEA), vale a dire prestazioni e i servizi in campo sanitario che il SSN deve fornire, gratuitamente o verso pagamento di una quota di partecipazione (ticket), con risorse pubbliche derivanti dalla fiscalità generale.

 Il D.P.C.M 12 gennaio 2017 Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502,  pubblicato sulla G.U. n. 65 del 18 marzo 2017, ha aggiornato i nuovi livelli rispetto ai precedenti LEA definiti per la prima volta con D.P.C.M. del 29 novembre 2001.  In proposito, la citata legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Legge di stabilità 2016) aveva vincolato 800 milioni di euro per l'aggiornamento dei LEA.

L'aggiornamento dei LEA ha introdotto modifiche al nomenclatore della specialistica ambulatoriale, includendo prestazioni tecnologicamente avanzate ed eliminando quelle ormai obsolete; ha innovato il nomenclatore dell'assistenza protesica; revisionato l'elenco delle malattie rare e quello delle malattie croniche e introdotto nuovi vaccini e nuovi accertamenti per patologie neonatali.

A fine aprile 2023, sono state, a distanza di sei anni,  rese operative alcune di queste modifiche, con l'intesa in Conferenza Stato-Regioni (qui il testo) relativa al nuovo decreto sulle tariffe massime dei nuovi Lea, che, in particolare, permette l'erogazione dei nuovi nomenclatori della specialistica ambulatoriale - in vigore dal 1° gennaio 2024 - e dell'assistenza protesica - in vigore dal 1° aprile 2024-, rimasti fermi rispettivamente al 1996 (DM 22 luglio 1996) e al 1999 (DM n. 332/1999). 

A decorrere dal 2022, la legge di bilancio 2022 (art. 1, comma 288 della legge n. 234/2021) ha peraltro indirizzato uno stanziamento annuale pari a 200 milioni di euro per l'aggiornamento dei LEA. Tale somma è a valere sulla quota indistinta del fabbisogno sanitario standard nazionale. Qui gli approfondimenti sul tema.

In proposito, la relazione illustrativa al disegno di legge ricorda che è in corso di definizione uno schema di decreto per l’aggiornamento dei LEA che esaurirà la disponibilità finanziaria citata, impedendo per il futuro il recepimento delle ulteriori richieste di aggiornamento non presenti nell’emanando decreto. Tanto premesso, al fine di consentire ulteriori aggiornamenti dei LEA, nonché per garantire che l’erogazione dei LEA avvenga in tutte le regioni in relazione a specifici livelli, si prevede che sia vincolata una quota pari a 50 milioni di euro per l’anno 2024 e una quota pari a 200 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2025, a valere sul livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato il cui valore, individuato dall’articolo 1, comma 535, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, viene conseguentemente incrementato di pari importo.

 

Il procedimento per l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza – LEA è stato fissato dalla legge di stabilità 2016 (art. 1,  commi 554 e 559, della legge 208/2015) prevedendo procedure diverse a seconda delle ipotesi di aggiornamento. Più precisamente:

§  Aggiornamento dei LEA (inserimento nei LEA di nuovi servizi, attività e prestazioni) con incremento di oneri per la finanza pubblica ex comma 554 della legge di stabilità 2016. Tale procedura, seguita per l'emanazione del D.P.C.M. 12 gennaio 2017 c.d. Nuovi LEA, prevede: schema di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri; pre-concertazione tecnica con Ministero dell'Economia e delle Finanze; intesa con la Conferenza Stato-Regioni sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri; parere delle Commissioni parlamentari Camera e Senato;

§   Aggiornamento dei LEA a parità di risorse per modifiche degli elenchi prestazionali ovvero per l’individuazione di misure intese ad incrementare l'appropriatezza dell'erogazione delle medesime prestazioni ex comma 559 della legge di stabilità 2016. Tale procedura prevede: schema di decreto del Ministro della salute; pre-concertazione tecnica con Ministero dell'Economia e delle Finanze; parere della Conferenza Stato-regioni sullo schema di decreto; parere delle Commissioni parlamentari competenti.

L’organismo competente per l’aggiornamento dei LEA è la Commissione nazionale per l’aggiornamento dei LEA e la promozione dell’appropriatezza nel Servizio sanitario nazionale istituita dal comma 556 della stabilità 2016. La Commissione è nominata e presieduta dal Ministro della salute, con la partecipazione delle Regioni, dell’Istituto superiore di sanità, dell’Agenzia italiana del farmaco - AIFA, del Ministero dell’economia e finanza e dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali - Agenas. Costituita con decreto ministeriale 5 maggio 2020 e parzialmente modificata con decreto ministeriale 1 ottobre 2020, 22 febbraio 2021 e 23 giugno 2021, la Commissione si è insediata il 28 luglio 2020 presso il Ministero della Salute con il compito di provvedere all’aggiornamento continuo del contenuto dei LEA. La Commissione dura in carica tre anni a decorrere dalla data di insediamento e svolge le attività previste dall’articolo 1, commi 557 e 558, della citata legge n. 208 del 2015.

Per lo svolgimento delle attività, la Commissione è supportata da una segreteria tecnico-scientifica operante presso la Direzione generale della programmazione sanitaria.

 

Le richieste di inclusione, esclusione o aggiornamento delle prestazioni e dei servizi inclusi nei LEA possono essere avanzate da:

§  cittadini e associazioni di pazienti;

§  Ministero della salute o istituzioni da questo vigilate (AIFA, AGENAS, ISS), Aziende sanitarie, Aziende ospedaliere, Società scientifiche, IRCCS, Policlinici universitari, professionisti del SSN e loro associazioni, etc.;

§  Aziende produttrici di tecnologie sanitarie e loro associazioni.

 

A tale proposito la relazione illustrativa al disegno di legge ricorda che la Commissione, nella sua nuova composizione, ha proseguito nell'attività di aggiornamento delle richieste LEA, anche attraverso l’implementazione della apposita procedura online pubblicata sul portale del Ministero della salute dal 6 giugno 2019, con la quale si è inteso fornire un iter strutturato e trasparente agli stakeholder, pubblici e privati, sulle modalità di attivazione del percorso di revisione dei livelli essenziali di assistenza, collegando tutti gli attori coinvolti (Commissione aggiornamento LEA, Cabina di Regia HTA, AGENAS, AIFA, ISS, attraverso un lavoro istruttorio di back office che garantisca la valorizzazione delle rispettive competenze). Attraverso detta procedura, si è potuto registrare negli ultimi anni un rilevante incremento del numero di richieste di inclusione di prestazioni nei LEA o di aggiornamento degli stessi.

 

 


Articolo 49, commi 1-5
(Disposizioni in materia di lavoratori frontalieri e contributo al Servizio sanitario nazionale)

 

 

L’articolo in titolo, ai commi da 1 a 3, introduce una forma di compartecipazione alla spesa sanitaria; quest’ultima è posta a carico: dei residenti in Italia che lavorano e soggiornano in Svizzera e che utilizzano il Servizio sanitario nazionale; di alcune categorie di lavoratori frontalieri operanti in Svizzera; dei familiari a carico delle due predette tipologie di soggetti. Si prevede che le risorse derivanti dalla citata compartecipazione alla spesa sanitaria siano destinate al sostegno del servizio sanitario delle aree di confine e prioritariamente a beneficio del personale medico e infermieristico, con modalità da definirsi con decreto interministeriale.

I commi 4 e 5 recano modifiche alla disciplina in materia di assistenza sanitaria per gli stranieri, relative all’importo minimo del contributo dovuto dallo straniero che opti per l’iscrizione al SSN in luogo della stipula di polizza assicurativa e all’importo minimo del contributo dovuto dagli stranieri soggiornanti con permesso di soggiorno per motivi di studio e dagli stranieri regolarmente soggiornanti collocati alla pari, ai fini della loro iscrizione facoltativa al SSN. Viene inoltre introdotto un sistema di adeguamento degli importi dei contributi anzidetti e si precisa la destinazione di questi ultimi.

 

Il comma 1 dell’articolo in esame introduce una forma di compartecipazione alla spesa sanitaria[191] a carico di alcuni soggetti che prestano la propria attività lavorativa in Svizzera.

In primo luogo (lettera a)), si stabilisce che sono tenuti alla predetta compartecipazione i residenti in una regione italiana - a prescindere dalla collocazione geografica di quest’ultima - che lavorano e soggiornano in Svizzera e che utilizzano il Servizio sanitario nazionale.

In secondo luogo (lettera b)), si stabilisce che sono tenuti alla compartecipazione in oggetto i lavoratori frontalieri operanti nell'area di frontiera in Svizzera che, in base alle disposizioni di diritto internazionale pattizio e alla normativa dell’Unione europea richiamate[192], hanno remunerazioni imponibili soltanto in Svizzera e hanno esercitato il diritto di opzione per l'assicurazione malattie (al riguardo v. infra).

In terzo luogo (lettera c)), l’adempimento in questione è richiesto anche ai familiari a carico delle due predette tipologie di lavoratori.

 

I lavoratori di cui alla lettera a), diversamente dai lavoratori di cui alla lettera b), non sono espressamente qualificati come frontalieri, né dal testo né dalla relazione illustrativa allegata al provvedimento in esame; d’altro canto, nella relazione tecnica, del pari allegata al provvedimento in esame, tutti i lavoratori riguardati dal comma 1 sono considerati come frontalieri. Si valuti l’opportunità di chiarire questo aspetto.

 

Si ricorda che, in base all’Accordo tra Italia e Svizzera citato dal comma in disamina, l'espressione "area di frontiera" designa: per quanto riguarda l'Italia, le Regioni Lombardia, Piemonte, Valle d'Aosta e la Provincia autonoma di Bolzano; per quanto riguarda la Svizzera, i Cantoni dei Grigioni, del Ticino e del Vallese.

L’espressione "lavoratore frontaliere" designa un residente di uno Stato contraente che: è fiscalmente residente in un Comune il cui territorio si trova, totalmente o parzialmente, nella zona di 20 km dal confine con l'altro Stato contraente; svolge un'attività di lavoro dipendente nell'area di frontiera dell'altro Stato contraente per un datore di lavoro residente, una stabile organizzazione o una base fissa di detto altro Stato; ritorna, in linea di principio, quotidianamente al proprio domicilio principale nello Stato di residenza.

Inoltre, si ricorda che, conformemente al richiamato Accordo sulla libera circolazione delle persone tra la Svizzera e l’UE, l’obbligo d’assicurazione è retto dal principio del luogo di lavoro. Ogni persona che lavora in Svizzera, nonché i membri della sua famiglia senza attività lucrativa, devono stipulare un’assicurazione malattie in Svizzera. Tuttavia, le persone con cittadinanza UE ivi domiciliate hanno facoltà di assicurarsi nel loro Paese di domicilio (diritto di opzione).

Altresì, si ricorda che, in generale, il predetto Accordo tra Italia e Svizzera stabilisce che le remunerazioni ricevute dai lavoratori frontalieri e pagate da un datore di lavoro quale corrispettivo di un'attività di lavoro dipendente, sono imponibili nello Stato contraente in cui l'attività di lavoro dipendente viene svolta. Tuttavia, l'imposta così applicata non può eccedere l'80 per cento dell'imposta risultante dall'applicazione dell'imposta sui redditi delle persone fisiche applicabile nel luogo in cui l'attività di lavoro dipendente viene svolta, ivi incluse le imposte locali sui redditi delle persone fisiche. Lo Stato di residenza assoggetta a sua volta ad imposizione ed elimina la doppia imposizione (art. 3, co. 1). Ciononostante, le remunerazioni ricevute dai lavoratori frontalieri residenti in Italia che alla data di entrata in vigore dell’Accordo (1° luglio 2023) svolgevano oppure che tra il 31 dicembre 2018 e la data dell'entrata in vigore stessa avevano svolto un'attività di lavoro dipendente nell'area di frontiera in Svizzera per un datore di lavoro ivi residente, una stabile organizzazione o una base fissa svizzere, restano imponibili soltanto in Svizzera (v. disciplina transitoria recata dal richiamato art. 9, co.1, dell’Accordo).

Infine, si ricorda che, secondo la Corte Costituzionale, le misure di compartecipazione ai costi dell’assistenza attengono sia ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, la cui determinazione è riservata alla potestà legislativa esclusiva statale (art. 117, secondo comma, lettera m, Cost.), sia al coordinamento della finanza pubblica e alla tutela della salute, oggetto della potestà legislativa concorrente dello Stato e delle Regioni (art. 117, terzo comma, Cost.). Nella disciplina del ticket, l’«intreccio» e la «sovrapposizione di materie» non rendono possibile «individuarne una prevalente», né tracciare una «precisa linea di demarcazione» tra le competenze (v. sentenza n. 187/2012 – relativa a una disposizione in tema di compartecipazione ai costi dell’assistenza farmaceutica – e ulteriori pronunce ivi richiamate).

Secondo la giurisprudenza tributaria, il “ticket”, ossia la quota - a carico del privato - di partecipazione alla spesa sanitaria pubblica, ha natura di tassa (cfr.  sentenza 25 ottobre 2021, n. 7639, della Comm. Trib. Reg. per la Campania Sezione/Collegio 10 e la ivi richiamata Cass., Sezioni Unite, 9 gennaio 2007, ord. n. 123).

 

In base al comma 2 dell’articolo in esame, la regione di residenza definisce annualmente la quota di compartecipazione familiare, compresa fra un valore minimo del 3 per cento e un valore massimo del 6 per cento, da applicare, a decorrere dal 2024, al salario netto percepito in Svizzera. Le somme relative affluiscono sul bilancio di ciascuna regione interessata e sono da destinare al sostegno del servizio sanitario delle “aree di confine”, e prioritariamente a beneficio del personale medico e infermieristico, quale trattamento accessorio, in misura non superiore al 20 per cento dello stipendio tabellare lordo. I criteri di attribuzione di tale trattamento sono definiti nell'ambito dei rispettivi contratti collettivi nazionali di lavoro, nei limiti delle risorse disponibili annualmente, a partire dal 2024, ai sensi del successivo comma 3. Quest’ultimo prevede che, con decreto del Ministero della Salute, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, sentiti i Presidenti delle regioni confinanti con la Svizzera, siano individuate le modalità di assegnazione delle somme, di versamento del contributo e la quota da destinare, da parte di ciascuna delle predette regioni, al personale interessato.

Nella relazione tecnica allegata al provvedimento in esame, si evidenzia che dalle disposizioni testé illustrate non derivano maggiori oneri a carico della finanza pubblica, atteso che il trattamento accessorio da riconoscere al citato personale sarà definito nell'ambito dei rispettivi contratti collettivi nazionali di lavoro nei limiti delle risorse disponibili annualmente a partire dal 2024 per tale finalità.

 

In riferimento al comma 2, si valuti l’opportunità di precisare la portata dell’espressione “aree di confine”, tenuto conto che nell’Accordo tra Italia e Svizzera citato dall’articolo in esame tale espressione non ricorre, mentre è menzionata e definita la nozione di “area di frontiera” (v. sopra).

 

Il comma 4 dell’articolo in esame apporta alcune modifiche alla disciplina in materia di assistenza sanitaria per gli stranieri, recata dall'articolo 34 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero).

 

In base al testo vigente del suddetto art. 34, sono iscritti al Servizio sanitario nazionale (SSN): a) gli stranieri regolarmente soggiornanti che abbiano in corso regolari attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo o siano iscritti nelle liste di collocamento; b) gli stranieri regolarmente soggiornanti o che abbiano chiesto il rinnovo del titolo di soggiorno, per lavoro subordinato, per lavoro autonomo, per motivi familiari, per asilo, per protezione sussidiaria, per casi speciali, per protezione speciale, per cure mediche[193], per richiesta di asilo, per attesa adozione, per affidamento, per acquisto della cittadinanza; b-bis) i minori stranieri non accompagnati, anche nelle more del rilascio del permesso di soggiorno, a seguito delle segnalazioni di legge dopo il loro ritrovamento nel territorio nazionale (comma 1).

L'assistenza sanitaria spetta altresì ai familiari a carico regolarmente soggiornanti. Nelle more dell'iscrizione al SSN ai minori figli di stranieri iscritti allo stesso è assicurato fin dalla nascita il medesimo trattamento dei minori iscritti (comma 2).

Lo straniero regolarmente soggiornante, non rientrante tra le categorie indicate sopra, è tenuto ad assicurarsi contro il rischio di malattie, infortunio e maternità mediante stipula di apposita polizza assicurativa con un istituto assicurativo italiano o straniero, valida sul territorio nazionale, ovvero mediante iscrizione al SSN valida anche per i familiari a carico. Per l'iscrizione al SSN deve essere corrisposto a titolo di partecipazione alle spese un contributo annuale, di importo percentuale pari a quello previsto per i cittadini italiani, sul reddito complessivo conseguito nell'anno precedente in Italia e all'estero. L'ammontare del contributo è determinato con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e non può essere inferiore al contributo minimo previsto dalle norme vigenti (comma 3).

 

La prima delle modifiche recate dal comma in esame (lettera a)) innova circa l’importo minimo del contributo dovuto dallo straniero che opti per l’iscrizione al SSN in luogo della stipula di polizza assicurativa: detto importo, in base alla novella, sarebbe fissato in euro 2.000 annui, e non più stabilito con un rinvio al contributo minimo previsto dalle norme vigenti.

 

La seconda delle modifiche recate dal comma in esame (lettera b)) riguarda i contributi per l’iscrizione volontaria al SSN degli stranieri soggiornanti con permesso di soggiorno per motivi di studio e degli stranieri regolarmente soggiornanti collocati alla pari[194].

 

In base al testo vigente dell’articolo oggetto di novella, le predette categorie di stranieri soggiornanti possono iscriversi al SSN versando un contributo annuale forfettario, negli importi e secondo le modalità previsti con decreto interministeriale (commi 4 e 5).

Per effetto dell’integrazione apportata dal comma in esame, l’importo di del predetto contributo non potrebbe in ogni caso essere inferiore a euro 700 annui, nel caso dei soggiornanti per motivi di studio, e a euro 1.200, nel caso dei soggiornanti collocati alla pari.

Secondo la relazione illustrativa allegata al provvedimento in esame, la disposizione testé descritta prevede una “disciplina di favore” per le categorie di stranieri soggiornanti interessate.

La relazione tecnica, del pari allegata al provvedimento in esame, fa presente che, per tutti i lavoratori stranieri che intendano iscriversi volontariamente al SSN, a normativa vigente il contributo è calcolato in ragione di una aliquota del 7,50% fino alla quota di reddito pari a 20.658,28 euro e di un’aliquota del 4% sugli importi eccedenti ai 20.658,28 e fino al limite dei 51.645,69 euro. Il contributo non può comunque essere inferiore a 387,34 euro. Si stima che in media il contributo pagato dai cittadini stranieri fino al 2022 fosse di circa 1.200 euro. Considerato che la spesa sanitaria pubblica pro-capite in Italia nel 2022 è stata pari a 2.102 euro, l’aggiornamento disposto dalla norma è ritenuto coerente con gli attuali costi sostenuti dal Servizio sanitario nazionale.

La relazione tecnica evidenzia inoltre che, per i cittadini stranieri, regolarmente residenti in Italia con permesso di soggiorno per motivi di studio, il contributo passerebbe, in base alla disposizione in esame, dagli attuali 149 euro ad un valore non inferiore a 700 euro. Per i cittadini stranieri collocati alla pari il contributo passerebbe dagli attuali 219 euro ad un valore non inferiore a 1200 euro.

 

La terza modifica recata dal comma in esame (lettera c)) inserisce nell’articolo oggetto di novella il nuovo comma 6-bis, che demanda a un decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi annualmente, l’adeguamento degli importi minimi anzidetti, anche tenendo conto della variazione, accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nell'anno precedente.

 

Il comma 5 dell’articolo in commento prevede che i versamenti degli importi di cui al comma 4 siano eseguiti in favore delle regioni presso le quali i richiedenti chiedono l’iscrizione al Servizio sanitario nazionale, utilizzando esclusivamente il modello F24[195].


Articolo 49, commi 6 e 7
(In materia di obblighi anagrafici)

 

 

Dell’articolo 49, il comma 6 eleva l’importo della sanzione amministrativa pecuniaria per inottemperanza ai vigenti obblighi, anagrafici nonché relativi al trasferimento di residenza all’estero o dall’estero. Al contempo, introduce una mitigazione di tale sanzione amministrativa pecuniaria per il caso di comunicazioni tardive (purché rese comunque entro novanta giorni dal termine prescritto).

Il comma 7 prevede per le pubbliche amministrazioni un obbligo di comunicazione al Comune di iscrizione anagrafica ed all’ufficio consolare competente, nel caso in cui esse acquisiscano, nell’esercizio delle loro funzioni, elementi “rilevanti” tali da indicare una residenza di fatto all’estero del cittadino italiano. Nonché prevede che il Comune comunichi all’Agenzia delle entrate, per i controlli fiscali conseguenti, le iscrizioni e cancellazioni d’ufficio dall’anagrafe degli italiani all’estero.

 

Il comma 6 eleva, da un lato, l’importo della sanzione amministrativa pecuniaria per inottemperanza ai vigenti obblighi anagrafici nonché relativi al trasferimento di residenza all’estero o dall’estero; riduce, dall’altro, siffatta sanzione, per il caso di comunicazioni tardive (ma comunque rese entro novanta giorni dal termine prescritto) da parte dell’interessato.

Per l’inadempimento degli obblighi anagrafici - quali sanciti dalla legge n. 1228 del 1954, recante l’“Ordinamento delle anagrafi della popolazione nazionale” - la sanzione amministrativa ‘piena’ è pari ad una somma che si viene a prevedere sia ricompresa tra 100 e 500 euro (anziché tra 25,82 e 129,11 euro).

Al contempo si viene a prevedere – mediante siffatta novellazione all’articolo 11 della legge n. 1228 – una riduzione della sanzione a un decimo del minimo (dunque a 10 euro), se la comunicazione ai fini dell’ottemperanza agli obblighi anagrafici sia effettuata con un ritardo non superiore a novanta giorni.

Questo, a condizione che la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziate attività amministrative di accertamento, delle quali l'autore della violazione abbia avuto formale conoscenza.

            Per la comunicazione della residenza in caso di trasferimento dall’estero, dispone una sanzione amministrativa pecuniaria il medesimo articolo 11 della legge n. 1228 (per un importo finora tra 51,65 e 258,23 euro).

L’obbligo di comunicazione in caso di trasferimento all’estero è invece posto dalla legge n. 470 del 1988 (“Anagrafe e censimento degli italiani all’estero), all’articolo 6.

Anche per tal tipo di obbligo di comunicazione, la novella ora prevede un aumento della sanzione amministrativa pecuniaria, la quale diviene di importo tra 200 e 1.000 euro per ciascun anno in cui perduri l’omissione. Ed insieme prevede una riduzione della sanzione a un decimo del minimo (dunque a 20 euro), se la comunicazione ai fini dell’ottemperanza agli obblighi anagrafici sia effettuata con ritardo non superiore a novanta giorni (a condizione, si è ricordato, che la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziate attività amministrative di accertamento, delle quali l'autore della violazione abbia avuto formale conoscenza).

Siffatta specifica sanzione per la violazione degli obblighi dichiarati di residenza all’estero mira a contrastare – annota la relazione illustrativa – la condotta di chi mantiene illegittimamente l’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente in Italia al fine di godere di benefici connessi.

Ancora, la novella disposizione prevede che l’autorità competente all’accertamento e irrogazione della sanzione sia il Comune nella cui anagrafe è iscritto il trasgressore. Tale Comune acquisisce al proprio bilancio la somma così conseguita.

Per il procedimento di accertamento e irrogazione della sanzione, si applicano le disposizioni della legge n. 689 del 1981 (“Modifiche al sistema penale”), il cui capo I, com’è noto, concerne le sanzioni amministrative.

La notifica dell’accertamento e irrogazione delle sanzioni deve avvenire, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui risulti il non adempimento o l’omissione dell’obbligo anagrafico o della comunicazione di residenza.

Siffatte previsioni circa il profilo sanzionatorio amministrativo per il caso si sia contravvenuti agli obblighi posti dalla legge n. 1128 del 1954 e dalla legge n. 470 del 1988 (e dei loro regolamenti di attuazione: rispettivamente, d.P.R. n. 223 del 1989, come rivisitato dal d.P.R. n. 126 del 2015, e d.P.R. n. 323 del 1989), valgono beninteso salvo che il fatto costituisca reato.

 

Il comma 7 introduce un novello comma 9-ter e comma 9-quater all’articolo 6 della citata legge n. 470 del 1988, relativa all’anagrafe e censimento degli italiani all’estero.

In base a tali previsioni, le pubbliche amministrazioni le quali acquisiscono nell’esercizio delle loro funzioni “elementi rilevanti” che indichino la residenza di fatto all’estero da parte del cittadino italiano, debbono comunicarli al Comune di iscrizione anagrafica ed all’ufficio consolare competente, per i provvedimenti da assumere, anche ai fini della verifica dell’adempimento degli obblighi anagrafici e di comunicazione di residenza.

E si dispone un obbligo per il Comune di comunicazione delle iscrizioni e cancellazioni d'ufficio “dall'anagrafe degli italiani all'estero”, all'Agenzia delle entrate, per i controlli fiscali di competenza.

Le pubbliche amministrazioni di cui sopra si è detto sono individuate mediante richiami normativi a: l'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001; l'articolo 1, comma 2, della legge n. 196 del 2009; l'articolo 19, comma 2, della legge n. 262 del 2005.

 

Secondo l'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 (“Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”), per “amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300”, nonché (fino ad una revisione organica della disciplina di settore) il CONI.

Secondo l’articolo 1, comma 2 della legge n. 196 del 2009 (“Legge di contabilità e finanza pubblica”), “per amministrazioni pubbliche si intendono, per l'anno 2011, gli enti e i soggetti indicati a fini statistici nell'elenco oggetto del comunicato dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) in data 24 luglio 2010, pubblicato in pari data nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 171, nonché a decorrere dall'anno 2012 gli enti e i soggetti indicati a fini statistici dal predetto Istituto nell'elenco oggetto del comunicato del medesimo Istituto in data 30 settembre 2011, pubblicato in pari data nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 228, e successivi aggiornamenti ai sensi del comma 3 del presente articolo, effettuati sulla base delle definizioni di cui agli specifici regolamenti dell'Unione europea, le Autorità indipendenti e, comunque, le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni”.

Il richiamo dell’articolo 19, comma 2 della legge n. 262 del 2005 (“Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari”) indica la Banca d’Italia.

 

In tema di anagrafe, può valere ricordare come riforma del 2012 (recata dal decreto-legge n. 179 di quell’anno) abbia disposto l'unificazione del sistema anagrafico nazionale, già strutturato in quattro partizioni (Indice nazionale delle anagrafi-INA, Anagrafe comunale, Anagrafe degli Italiani residenti all’estero centrale e AIRE comunale) in un’unica anagrafe: l'Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR), istituita presso il Ministero dell'interno.

A tal fine, l’articolo 2, comma 1 di quel decreto-legge ha sostituito l’articolo 62 del Codice dell’amministrazione digitale (decreto legislativo n. 82 del 2005). Ai fini della gestione e della raccolta informatizzata dei dati dei cittadini, le pubbliche amministrazioni alle quali si applica tale Codice si avvalgono esclusivamente dell'ANPR, integrata con gli ulteriori dati a tal fine necessari (art. 62, co. 5). Sono perseguiti criteri per l'interoperabilità dell'ANPR con le altre banche dati di rilevanza nazionale e regionale, secondo le regole tecniche del sistema pubblico di connettività (SPC) in modo che le informazioni di anagrafe, una volta rese dai cittadini, si intendano acquisite dalle pubbliche amministrazioni senza necessità di ulteriori adempimenti o duplicazioni.


Articolo 50
(Ulteriori misure in materia di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e dell’assistenza territoriale)

 

 

L’articolo 50 prevede distinti interventi di incremento delle risorse destinate all’assistenza territoriale e distrettuale:

1) un incremento di 250 milioni per il 2025 e di 350 milioni dal 2026 per il corrispondente potenziamento dell’assistenza territoriale riferito ai maggiori oneri di spesa per il personale dipendente – in deroga a limiti vigenti - e del personale convenzionato;

2) un incremento di 10 milioni a decorrere dal 2024 delle risorse vincolate del Fondo sanitario nazionale per la realizzazione della finalità della legge che garantisce l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore;

3) un incremento delle disponibilità per il perseguimento degli obiettivi sanitari di carattere prioritario e di rilievo nazionale, pari a 240 milioni per il 2025 e a 340 milioni di euro annui a decorrere dal 2026.

 

Più in dettaglio, il comma 1 incrementa di 250 milioni di euro per l'anno 2025 e di 350 milioni di euro a decorrere dall'anno 2026, a valere sul finanziamento del Servizio sanitario nazionale, la spesa massima autorizzata per il potenziamento dell’assistenza territoriale prevista a legislazione vigente in relazione ai maggiori oneri per la spesa di personale dipendente.

Tale personale è pertanto reclutabile anche in deroga ai vincoli in materia di spesa di personale previsti dalla legislazione vigente limitatamente alla spesa eccedente i predetti vincoli che determina un maggior costo. Rientra nella suddetta spesa di potenziamento dell’assistenza territoriale anche il personale convenzionato (medici di medicina generale e pediatri di libera scelta).

La finalità è quella di supportare ulteriormente l'implementazione degli standard organizzativi, quantitativi, qualitativi e tecnologici ulteriori rispetto a quelli previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) (v. box).

 

In proposito si ricorda che ai sensi dell’articolo 1, comma 274, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di Bilancio 2022) sono stati previsti maggiori costi relativi all’assunzione di personale aggiuntivo SSN necessario a garantire il potenziamento dell’assistenza territoriale attraverso - anche in quel caso - l’implementazione di standard organizzativi, quantitativi, qualitativi e tecnologici ulteriori rispetto a quelli previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). A tal fine i citato comma 274 ha autorizzato, a valere sul finanziamento del Servizio sanitario nazionale, la spesa massima di 90,9 milioni per il 2022, 150,1 milioni per il 2023, 328,3 milioni per il 2024, 591,5 milioni per il 2025 e 1.015,3 milioni a decorrere dal 2026. L’autorizzazione della spesa è stata prevista a decorrere dall’entrata in vigore del regolamento per la definizione di standard organizzativi, quantitativi, qualitativi e tecnologici per l’assistenza territoriale, decreto obiettivo di riforma dello stesso PNRR entro il secondo semestre 2022, e successivamente pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 22 giugno 2022, come D.M. salute n. 77 del 23 maggio  2022 “Regolamento recante la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell'assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale”.

Le finalità della Riforma sono quelle di:

§  definire un nuovo modello organizzativo per la rete di assistenza territoriale, stabilendo standard strutturali, tecnologici e organizzativi uniformi su tutto il territorio nazionale per le strutture territoriali previste dal PNRR (Case della comunità, Centrali operative territoriali e Ospedali della Comunità);

§  facilitare l’individuazione delle priorità di intervento in un’ottica di prossimità e di integrazione tra le reti assistenziali territoriali, ospedaliere e specialistiche;

§  favorire la continuità delle cure per coloro che vivono in condizioni di cronicità, fragilità o disabilità, che comportano il rischio di non autosufficienza anche attraverso l’integrazione tra i servizi sociali e quelli sanitari;

§  disegnare un nuovo assetto istituzionale per la prevenzione in ambito sanitario ambientale e climatico.

 

Con riferimento alla deroga ai vincoli in materia di spesa di personale previsti dalla legislazione vigente si precisa che le misure di contenimento della spesa del personale della pubblica amministrazione applicabili sia al personale dipendente, sia al personale convenzionato con il Servizio sanitario nazionale (medici di medicina generale e pediatri di libera scelta), muovono in particolare da quanto previsto dal decreto legge 95/2012 (art. 15, commi 21 e 25) che ha modificato quanto previsto in materia dall'articolo 2, commi 71, 72 e 73 della legge 191/2009 (legge finanziaria 2010), per il triennio 2010-2012 e per gli anni 2013 e 2014. La norma ha confermato per il 2013 e per il 2014, ed esteso al 2015, il livello di spesa stabilito per il 2004, ridotto dell'1,4 per cento, al netto dei rinnovi contrattuali successivi al 2004. Per il conseguimento di questo obiettivo le Regioni hanno adottato interventi sulla rete ospedaliera e sulla spesa per il personale (fondi di contrattazione integrativa, organizzazione delle strutture semplici e complesse, dirigenza sanitaria e personale del comparto sanitario). La Regione è ritenuta adempiente al raggiungimento di tali obiettivi, a seguito dell'accertamento eseguito dal Tavolo di verifica degli adempimenti (ai sensi dell'art. 2, comma 73 della legge 191/2009).

La legge di stabilità 2015 (legge 190/2014), al comma 584, ha successivamente esteso al 2020 i parametri di contenimento della spesa di personale degli enti del SSN, già previsti dall'art. 2, co. 71-73, della legge di stabilità 2010 (L. n. 191/2009), aggiungendo ulteriori condizioni perché una Regione sia giudicata adempiente in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi di riduzione di tale tipologia di spesa. Più in particolare la Regione viene giudicata adempiente nel caso in cui:

§  venga accertato l'effettivo conseguimento degli obiettivi collegati al contenimento della spesa per il personale degli enti del SSN;

§  se la Regione non raggiunga tali obiettivi, negli anni dal 2013 al 2019, è considerata adempiente ove abbia raggiunto l'equilibrio economico. Rispetto alla normativa previgente, è stata però aggiunta un'ulteriore condizione per gli anni dal 2015 al 2019, in base alla quale la Regione può essere considerata adempiente se, oltre ad aver raggiunto l'equilibrio economico, abbia attuato, negli anni dal 2015 al 2019, un percorso di graduale riduzione della spesa di personale fino al totale conseguimento, nel 2020, degli obiettivi indicati in quel settore.

In un successivo momento, l’articolo 11, commi da 1 a 4-ter,  del D. L. n. 35/2019 (c.d. Decreto Calabria, L. n. 60/2019) ha operato una revisione della disciplina sui limiti di spesa per il personale degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale. Il nuovo limite (decorrente dal 2019) ha previsto di non superare il valore della spesa sostenuta nell'anno 2018, come certificata dal Tavolo di verifica degli adempimenti, o, se superiore, il corrispondente ammontare riferito al 2004, diminuito dell'1,4 per cento.

Ai fini del calcolo, i predetti valori vengono incrementati annualmente, a livello regionale, di un importo pari al 5% dell'incremento del Fondo sanitario regionale rispetto all'esercizio precedente.  Peraltro, il D.L. legge 124/2019 (c.d. Decreto Fiscale), all’articolo 45, co. 1-bis, ha aumentato, nel triennio 2019-2021, il limite di incremento dal 5 al 10% in ciascun anno, sulla base dell'incremento del Fondo sanitario regionale rispetto all'esercizio precedente. Un ulteriore incremento del 5% può essere previsto per ogni singola regione sulla base di una specifica valutazione di ulteriori fabbisogni di personale. 

Dal 2022, tali incrementi sono subordinati all'adozione di una metodologia per la determinazione del fabbisogno di personale. La legge di bilancio 2020 (art. 1, comma 269, della legge 160/2019) ha inteso specificare che i limiti annui di spesa per il personale degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale si applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed alle Province autonome.

 

 

Oltre all’attuazione della riforma obiettivo sulla definizione di un nuovo modello organizzativo della rete di assistenza sanitaria territoriale sopra esaminata con l’approvazione del DM Salute n. 77/2022, che ha inteso istituire un nuovo modello di assistenza sanitaria territoriale, insieme alla definizione di un nuovo assetto istituzionale per la prevenzione in ambito sanitario, ambientale e climatico, in linea con un approccio integrato ("One Health") e con una visione olistica ("Planetary Health"), il PNRR prevede ulteriori investimenti per il rafforzamento dell’assistenza territoriale come segue:

§  nell’ambito della Missione 5, Componente 3, si collocano gli investimenti relativi alla Strategia nazionale per le aree interne (SNAI), con risorse pari a 825 milioni di euro, finalizzate in parte al potenziamento dei servizi e delle infrastrutture sociali di comunità, intervento rivolto al disagio e alla fragilità sociale, con la previsione di una intensificazione dell’erogazione di servizi (agli anziani, ai giovani in difficoltà, servizi di natura socioassistenziale, etc.), anche facilitando l’accessibilità ai territori e i collegamenti con i centri urbani. Questo intervento prevede la spesa di 725 milioni (di cui 500 milioni per i comuni delle aree interne e 225 milioni per i comuni del Mezzogiorno), con progetti che possono riguardare i servizi di assistenza domiciliare per anziani; la figura dell’infermiere e delle ostetriche di comunità; il potenziamento di piccoli ospedali (senza pronto soccorso) o alcuni servizi di base (es. radiologia, cardiologia, ginecologia) e ambulatoriali; le infrastrutture per l'elisoccorso; il rafforzamento di centri per disabili; i centri di consulenza, servizi culturali, sportivi e per l'accoglienza di migranti. L'intervento deve prevedere la creazione di nuovi servizi e infrastrutture o il miglioramento di quelli esistenti attraverso un aumento del numero di destinatari o della qualità dell'offerta. Per la restante parte di 100 milioni di euro, nell’ambito della Missione 5 Coesione è previsto il rafforzamento dei servizi sanitari di prossimità attraverso il consolidamento delle farmacie rurali convenzionate rendendole strutture in grado di erogare servizi sanitari territoriali nei piccoli centri con meno di 3.000 abitanti e così in grado di partecipare al servizio integrato di assistenza domiciliare, attraverso percorsi diagnostico-terapeutici previsti per patologie specifiche; erogando farmaci che il paziente è attualmente costretto a ritirare in ospedale, oltre alla possibile attività di monitoraggio dei pazienti con la cartella clinica elettronica e il fascicolo farmaceutico. L’obiettivo finale è infatti quello di consolidare almeno 2.000 farmacie rurali (definite ai sensi della L. n. 221/1968 che stabilisce le provvidenze a favore dei farmacisti rurali) in comuni di aree interne con meno di 3.000 abitanti, entro il secondo trimestre del 2026 (500 farmacie rurali entro il quarto trimestre del 2023);

§  nell’ambito della Missione 6, Componente 1, gli interventi riguardano investimenti volti: a) all’attivazione di 1.350 Case della comunità anche di nuova costruzione dotate di attrezzature tecnologiche, che garantiscano parità di accesso, prossimità territoriale e qualità dell'assistenza alle persone, entro la metà del 2026; b) all’erogazione di cure domiciliari (ADI) supportate dalle nuove tecnologie (telemedicina, domotica, digitalizzazione) per sostenere al meglio i pazienti con malattie croniche, e con l’obiettivo, entro la metà del 2026, di aumentare le prestazioni rese in assistenza domiciliare in grado di prendere in carico fino al 10% della popolazione di età superiore ai 65 anni con una o più patologie croniche e/o non autosufficienti (1,5 milioni di persone stimate nel 2026). Si stima che il numero di persone assistite dovrà essere aumentato di almeno 800.000 unità entro il 2026; c) l’attivazione delle COT (Centrali Operative Territoriali) prevedendo la piena operatività di 600 centrali una in ogni distretto (circa 100.000 abitanti), per il coordinamento dei servizi domiciliari con gli altri servizi sanitari, assicurando l'interfaccia con gli ospedali e la rete di emergenza-urgenza entro la metà del 2024; d) l’utilizzo diffuso della telemedicina, con l’obiettivo di assistere almeno 200.000 persone sfruttando gli strumenti dedicati entro il 2025 e l’attivazione del Fascicolo sanitario elettronico. In proposito si fa presente il recente decreto del Ministero della salute sul Fascicolo sanitario elettronico 2.0 (DM 7 settembre 2023) con il quale sono individuati i contenuti del Fascicolo, i limiti di responsabilità e i compiti dei soggetti che concorrono alla sua implementazione, le garanzie e le  misure  di  sicurezza  da adottare nel trattamento dei dati personali nel rispetto dei diritti dell'assistito e le modalità e i livelli diversificati di accesso al FSE da parte dei soggetti preposti alla elaborazione dei dati.

Ulteriori obiettivi del PNRR sono previsti in relazione al rafforzamento dell’assistenza sanitaria intermedia e delle sue strutture, con la realizzazione di 400 Ospedali di Comunità entro la metà del 2026 (standard nazionale stimato di un ospedale di comunità per 158.122 abitanti.

 

Il comma 1 in esame prevede inoltre che con decreto del Ministro della salute, di concerto con il MEF, le somme di cui al primo periodo sono ripartite fra le Regioni e le province autonome, anche tenendo conto degli obiettivi previsti dal PNRR.

 

Inoltre, il comma 2, dispone un incremento di 10 milioni di euro annui, a decorrere dal 2024, delle risorse vincolate del Fondo sanitario nazionale che attualmente prevede un vincolo di risorse non inferiore a 100 milioni di euro annui, per la realizzazione delle finalità della legge che garantisce l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore, mediante novella all’articolo 12, comma 2, della L. n. 38 del 2010.

 

Si ricorda che la legge n. 38/2010 ha introdotto alcuni principi e linee guida omogenee su tutto il territorio nazionale, per quanto attiene l’erogazione dell’assistenza, la formazione del personale impiegato nel settore, l’uso dei farmaci per la terapia del dolore, il monitoraggio dell’attuazione delle nuove disposizioni, e di quelle preesistenti, da parte delle regioni e dei soggetti impegnati in tale ambito.

Dopo aver definito le cure palliative e le terapie del dolore obiettivi prioritari del Piano sanitario nazionale, la legge rimette  al Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, previo parere del Consiglio superiore di sanità, nel rispetto del riparto di competenze tra Stato e regioni, la definizione delle linee guida per il coordinamento degli interventi regionali negli ambiti individuati dalla legge. L'accordo è intervenuto già dal dicembre 2010.

Con l’Accordo del 10 luglio 2014 (qui il testo) sono state successivamente individuate le figure professionali con specifiche competenze nei settori delle cure palliative e della terapia del dolore, anche per l’età pediatrica, con particolare riferimento ad alcune categorie espressamente previste, nonché delle tipologie di strutture nelle quali, a livello regionale, si articolano le due reti - per le cure palliative e per la terapia del dolore - e delle modalità per assicurare il coordinamento delle due reti a livello nazionale e regionale.

Una particolare attenzione viene dedicata alla formazione e all’aggiornamento del personale medico e sanitario sulle cure palliative e sulla terapia del dolore. In proposito, il comma 522, articolo 1, della legge 145 del 2018 ha stabilito che i medici in servizio presso le reti dedicate alle cure palliative pubbliche e private accreditate sono idonei ad operare presso tali reti se in possesso di specifici requisiti individuati dal Ministero della salute. Scopo della norma è garantire l’attuazione della legge sulle cure palliative (L. n. 38 del 2010) ed il rispetto dei livelli essenziali di assistenza di cui al DPCM 12 gennaio 2017 sui Nuovi LEA (v. box).

Presso il Ministero della salute è stato peraltro attivato un apposito ufficio di monitoraggio per l’attuazione della semplificazione della prescrizione di farmaci per il trattamento di pazienti affetti da dolore severo.

Ogni anno il Ministero della salute trasmette una relazione annuale sullo stato di attuazione della legge n. 38/2010 (DOC CLXVI).

Si sottolinea che il comma 83, art. 1, della Legge di Bilancio 2023 (L. n. 197/2022), novellando con il comma 4-bis la vigente legge di disciplina delle cure palliative, prevede la presentazione da parte delle Regioni, entro il 30 gennaio di ciascun anno, di un piano di potenziamento delle cure palliative finalizzato al raggiungimento entro il 2028 del 90% della relativa popolazione regionale. Il monitoraggio del piano è affidato, a cadenza semestrale, all’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas). Si prevede che la presentazione del Piano in esame e la relativa attuazione costituiscano adempimento regionale ai fini dell’accesso al finanziamento integrativo statale del Servizio sanitario nazionale[196].

Riguardo la presentazione di programmi regionali per l’attuazione della legge n. 38/2010 che ha introdotto nell’ordinamento nazionale specifiche disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore, si segnala che già il DL. n. 73/2021 (cd. Sostegni-bis, L. n. 106/2021) all’art. 35, commi 2-bis- 2-quinquies, ha previsto l’elaborazione di un programma attuativo triennale di tale legge, per garantire, entro il 2025, l’uniforme erogazione dei livelli di assistenza del decreto relativo ai nuovi LEA in materia, con particolare riferimento alle cure palliative domiciliari, all’assistenza sociosanitaria residenziale alle persone nella fase terminale della vita ed al ricovero ordinario per acuti.

In ottemperanza a tali norme del richiamato decreto Sostegni-bis, l’Agenas ha realizzato l’istruttoria sullo stato di attuazione della legge 38/2010 in materia di rete delle cure palliative (qui il documento integrale), con l’obiettivo di supportare il Ministero della Salute e le singole Regioni e Province Autonome nell’individuazione dei campi prioritari di intervento, per uno sviluppo omogeneo sul tutto il territorio nazionale sia della rete di cure palliative, sia di quelle a carattere pediatrico[197].

 

 

Le cure palliative sono presenti nei livelli essenziali di assistenza  DPCM 12 gennaio 2017 (decreto LEA), allo scopo di garantirne l’uniforme erogazione, con particolare riferimento agli interventi previsti ai seguenti articoli:

§  articolo 23: cure palliative domiciliari;

Le cure palliative a domicilio sono erogate dall’unità di cure palliative domiciliari, che ne assicura il coordinamento e vede la collaborazione integrata tra i medici di medicina generale o i pediatri di libera scelta e l’equipe medico-infermieristica, composta prevalentemente, dal medico palliativista, dall’infermiere e dall’operatore socio-sanitario. L’équipe garantisce l’erogazione delle seguenti prestazioni sulla base di protocolli formalizzati: prestazioni professionali di tipo medico, infermieristico, riabilitativo e psicologico, accertamenti diagnostici, fornitura di farmaci, dispositivi medici e preparati per nutrizione artificiale, aiuto infermieristico e assistenza tutelare professionale.

§  articolo 31: assistenza sociosanitaria residenziale alle persone nella fase terminale della vita;

L’erogazione delle cure palliative residenziali, nell’ambito della Rete locale di cure palliative, avviene presso strutture residenziali dette hospice[198] che garantiscono il complesso integrato di accertamenti diagnostici, prestazioni mediche specialistiche, infermieristiche, riabilitative, psicologiche, l’assistenza farmaceutica, la somministrazione di preparati di nutrizione artificiale, le prestazioni sociali, tutelari e alberghiere e il sostegno spirituale. Le prestazioni sono erogate da équipe multidisciplinari e multiprofessionali, e sono a totale carico del Servizio sanitario nazionale

§  articolo 38, comma 2: prestazioni garantite nell’ambito delle attività di ricovero ordinario per acuti.

In tale ambito sono garantite tutte le prestazioni cliniche, mediche e chirurgiche, ostetriche, farmaceutiche, strumentali e tecnologiche necessarie ai fini dell'inquadramento diagnostico, della terapia, inclusa la terapia del dolore e le cure palliative, o di specifici controlli clinici e strumentali.


 

Il comma 3 dell’articolo 50 in esame, infine, dispone la destinazione di una quota delle risorse incrementali di cui all’articolo 41 del presente disegno di legge riguardante il rifinanziamento del SSN, pari a 240 milioni di euro per l’anno 2025 e a 340 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2026, all’incremento delle disponibilità per il perseguimento degli obiettivi sanitari di carattere prioritario e di rilievo nazionale, di cui all’articolo 1, commi 34 e 34-bis della legge 23 dicembre 1996, n. 662, recante misure di razionalizzazione della finanza pubblica.

 

I predetti commi trattano, più in dettaglio, di progetti e di procedure per l’erogazione di acconti per la loro realizzazione, riguardanti la tutela della salute materno-infantile, della salute mentale, della salute degli anziani, oltre che progetti finalizzati alla prevenzione, e in particolare alla prevenzione delle malattie ereditarie, nonché alla realizzazione degli obiettivi definiti dal Patto per la salute purché relativi al miglioramento dell'erogazione dei LEA.

Ulteriori progetti finanziabili con le risorse vincolate nell'ambito della prevenzione delle malattie infettive nell'infanzia, riguardano la concessione gratuita da parte delle regioni, nell'ambito delle loro disponibilità finanziarie, dei vaccini per le vaccinazioni non obbligatorie (quali antimorbillosa, antirosolia, antiparotite, antipertosse e antihaemophulius influenza e tipo B) se richieste dietro prescrizione medica[199]. La procedura di erogazione dell’acconto prevista all’art. 34-bis, volta ad agevolare le Regioni nell'attuazione dei progetti di cui al comma 34, prevede che il MEF eroghi, a titolo di acconto, il 70% dell'importo complessivo annuo spettante a ciascuna Regione, mentre l'erogazione del restante 30% deve essere subordinata all'approvazione da parte della Conferenza permanente Stato-regioni dei progetti presentati dalle Regioni, pena la mancata erogazione della quota residua ed il recupero, anche a carico delle somme a qualsiasi titolo spettanti nell'anno successivo, dell'anticipazione già erogata.

 

 



[1]     Si tratta in particolare delle modalità di individuazione dei titolari del beneficio, tenendo conto dell'età dei cittadini, dei trattamenti pensionistici e di altre forme di sussidi e trasferimenti già ricevuti dallo Stato, della situazione economica del nucleo familiare, dei redditi conseguiti, nonché di eventuali ulteriori elementi atti a escludere soggetti non in stato di effettivo bisogno. Il decreto ha poi definito l'ammontare del beneficio unitario, le modalità e i limiti di utilizzo del fondo e di fruizione del beneficio, da erogare sulla base di procedure di competenza dei Comuni di residenza e le modalità e le condizioni di accreditamento degli esercizi commerciali che aderiscono a Piani di contenimento dei costi dei generi alimentari di prima necessità.

[2]     Misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi, nonché disposizioni in materia di produzione lattiera e rateizzazione del debito nel settore lattiero-caseario.

[3]     Misure urgenti in materia di energia, interventi per sostenere il potere di acquisto e a tutela del risparmio.

[4]     Introdotto dall’articolo 14, comma 9, del DL. n. 13/2023 (L. n. 41/2023)

[5]     Per l’accesso ai benefici, il richiedente è tenuto a registrarsi nella piattaforma digitale messa a disposizione del concessionario convenzionato (la cd. “piattaforma della ristorazione”) ovvero andare presso gli sportelli del concessionario convenzionato. In entrambi i casi dovrà essere fatta richiesta di accesso al beneficio e dovranno essere forniti i dati richiesti, tra i quali copia del versamento dell’importo di adesione all’iniziativa di sostegno, effettuato tramite bollettino di pagamento, fisico o digitale. Gli acquisti dei prodotti agricoli e alimentari, anche DOP e IGP, è certificato dal beneficiario attraverso la presentazione dei documenti richiesti; all’esito della verifica il concessionario convenzionato provvederà ad emettere, nelle medesime modalità, i bonifici a saldo del contributo.

[6]     Il comma 375 ha affidato ad un decreto dell’allora Ministro delle attività produttive, adottato d'intesa con i Ministri dell'economia e delle finanze e del lavoro e delle politiche sociali, il compito di definire i criteri per l'applicazione delle tariffe agevolate per l’energia elettrica ai clienti economicamente svantaggiati.

[7]     Di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, e s.m.i..

[8]     Per la corretta individuazione della retribuzione imponibile cfr. Circ. INPS n. 7 del 2023, con riferimento all’analogo esonero previsto per il 2023.

[9]     Cfr. INPS mess 1932/2023.

[10]   Si ricorda che tale aliquota - che consiste nella percentuale applicata alla retribuzione per calcolare il montante contributivo annuo da rivalutare nel sistema contributivo – per i lavoratori dipendenti è pari al 33 per cento.

[11]   Si ricorda che, in materia, rispetto alla disciplina a regime, sono spesso intervenute normative transitorie più favorevoli. Per la normativa transitoria relativa al periodo d'imposta 2023, cfr. l'articolo 40 del D.L. 4 maggio 2023, n. 48, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 luglio 2023, n. 85.          

[12]   Riguardo a tale estensione, cfr. la circolare dell’INPS n. 49 del 31 maggio 2023, concernente la suddetta normativa transitoria relativa al periodo di imposta 2023, nonché la relazione tecnica allegata all’originario disegno di legge di bilancio per il 2024 (tale relazione è reperibile nell’A.S. n. 926).

[13]   Di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.

[14]   Cfr. supra, in nota.

[15]   Cfr. la circolare dell’Agenzia delle entrate n. 23/E del 1° agosto 2023.

[16]   Cfr. la citata circolare dell’INPS n. 49 del 31 maggio 2023 e la citata circolare dell’Agenzia delle entrate n. 23/E del 1° agosto 2023.

[17]   In merito a tale condizione per il beneficio fiscale, cfr. anche la citata circolare dell’Agenzia delle entrate n. 23/E del 1° agosto 2023 (circolare concernente, come detto, la normativa transitoria relativa al periodo di imposta 2023).

[18]   Di un importo pari a 6,7 volte il relativo valore annuale attualmente erogato, salva l’effettuazione di eventuali successivi conguagli.

[19]   Tali lavoratori rientrano nel cosiddetto sistema contributivo integrale.

[20]   La novella concerne l’articolo 24, comma 7, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214.

[21]   Si ricorda che l’assegno sociale è pari, nel 2023, a 503,27 euro mensili (per tredici mensilità).

[22]   La relazione tecnica allegata all’originario disegno di legge di bilancio per il 2024 (relazione reperibile nell’A.S. n. 926) indica che, per il 2023, l’importo soglia è comunque pari all’applicazione del coefficiente moltiplicatore di 1,5 sull’importo dell’assegno sociale.

[23]   La lettera b) novella il comma 11 del citato articolo 24 del D.L. n. 201 del 2011.

[24]   La relazione tecnica allegata all’originario disegno di legge di bilancio per il 2024 (relazione reperibile, come detto, nell’A.S. n. 926) indica che, per il 2023, l’importo soglia è comunque pari all’applicazione del coefficiente moltiplicatore di 2,8 sull’importo dell’assegno sociale.

[25]   La lettera c) novella il comma 12 del citato articolo 24 del D.L. n. 201 del 2011.

[26]   Si ricorda che per il riconoscimento della pensione di vecchiaia in base all’ordinario requisito anagrafico di 67 anni è necessaria un’anzianità di contribuzione (effettiva o non effettiva) pari a 20 anni (a tale requisito si aggiunge, come detto, per i soggetti in esame, il valore di importo minimo oggetto della presente novella).

[27]   Per le eventuali revisioni della serie storica del PIL operate dall'ISTAT, cfr. il suddetto articolo 24, comma 7, del D.L. n. 201 del 2011.

[28]   In ogni caso, è escluso esplicitamente dalla norma che l’applicazione della suddetta variazione media quinquennale possa determinare un importo soglia inferiore rispetto a quello riferito all’assegno sociale.

      In merito ai valori correnti, cfr. supra, in nota.

[29]   Riguardo a quest’ultimo requisito, cfr. ora la lettera c) del presente articolo 26, comma 1.

[30]   Riguardo ai valori correnti, cfr. supra, in nota.

[31]   La norma esclude che l’applicazione della suddetta variazione media quinquennale possa determinare un importo soglia inferiore rispetto a quello derivante dall’applicazione del coefficiente moltiplicatore dell’assegno sociale.

[32]   Si ricorda che il valore provvisorio del trattamento minimo per il 2023 è pari a 563,74 euro mensili (per tredici mensilità).

[33]   Cfr., in merito, riguardo ad una formulazione normativa corrispondente, la circolare dell’INPS n. 27 del 10 marzo 2023.

[34]   Quest’ultima data è quella di entrata in vigore della presente legge di bilancio.

[35]   Riguardo al quadro normativo in materia, cfr. la premessa del suddetto decreto del Ragioniere generale dello Stato del 18 luglio 2023.

[36]            Quest’ultima data è quella di entrata in vigore della presente legge di bilancio.

[37]            Riguardo a tale ambito, cfr. infra.

[38]            Cfr. la parte di scheda relativa al comma 3 del presente articolo 27.

[39]            Di cui all’articolo 20, commi da 1 a 5, del D.L. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 marzo 2019, n. 26.

[40]            L’esclusione posta dal comma 1 del presente articolo 27 – la quale, letteralmente, concerne i soggetti già titolari di pensione e che è identica a quella posta dal comma 1 del citato articolo 20 del D.L. n. 4 del 2019 – è stata interpretata nei suddetti termini da parte dell’INPS con riferimento al citato D.L. n. 4; tuttavia, più in particolare, cfr. il seguente passaggio della circolare dell’INPS n. 106 del 25 luglio 2019:

                “A titolo esemplificativo, si chiarisce quanto segue:

                -  la titolarità di pensione diretta preclude all’interessato di chiedere il riscatto in esame sulla propria posizione assicurativa, ma non preclude allo stesso di chiedere il riscatto in qualità di superstite per incrementare la posizione del de cuius al fine di ottenere la liquidazione della pensione indiretta;

                -   la titolarità di pensione ai superstiti - sia essa indiretta o di reversibilità - preclude all’interessato di chiedere il riscatto sulla posizione del de cuius, ma non gli preclude di chiederla sulla propria posizione laddove non sia già titolare anche di pensione diretta;

                -  nel caso in cui l’istanza di riscatto sia presentata in qualità di superstite per incrementare la posizione assicurativa del de cuius ed ottenere la liquidazione della pensione indiretta, le condizioni prescritte per l’accesso al riscatto in esame devono essere verificate in relazione alla situazione del de cuius”.

[41]            Cfr. la citata circolare dell’INPS n. 106 del 25 luglio 2019.

[42]            Di cui al richiamato articolo 2, comma 5, del D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 184.

                Si ricorda che, in base al suddetto articolo 2, comma 5, del D.Lgs. n. 184 del 1997, la rivalutazione del montante individuale dei contributi versati in sede di riscatto ha effetto dalla data della domanda del medesimo riscatto.

[43]            Ai sensi dell’articolo 10, comma 1, lettera e), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.

[44]            Cfr. il comma 3 del citato articolo 20 del D.L. n. 4 del 2019.

[45]            Riguardo alla possibilità di rateazione, cfr. infra.

[46]            Cfr. la risposta n. 181 del 2020 ad interpello.

[47]   Si ricorda che, in base al suddetto articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165, per "amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300", nonché (fino ad una revisione organica della disciplina di settore) il CONI.

[48]   Si ricorda, in sintesi, che tale comma stabilisce che, per i dipendenti pubblici, i termini di prescrizione ivi richiamati non si applicano, fino al 31 dicembre 2023, agli obblighi relativi alle contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria afferenti ai periodi di competenza fino al 31 dicembre 2018.

[49]   Si ricorda che la suddetta data è quella di entrata in vigore della legge di bilancio per il 2024.

[50]   La relazione tecnica è reperibile nell’A.S. n. 926.

[51]   Cfr. il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari allegato alla relazione tecnica dell’originario disegno di legge di bilancio (nel tomo I dell’A.S. n. 926), prospetto nel quale l’importo annuo in oggetto figura tra gli incrementi di spesa corrente (con riferimento, come detto, alla sola competenza contabile).

[52]   Quest’ultima è la data di entrata in vigore della legge di bilancio per il 2024.

[53]   Si ricorda che l'istituto della perequazione automatica non concerne i trattamenti delle forme gestite dagli enti previdenziali di diritto privato; per tali trattamenti, l'indicizzazione si applica in base alla disciplina della singola gestione.

[54]   Per la perequazione decorrente dal 1° gennaio 2024, tale valore minimo di riferimento è pari a quello definitivo per il 2023. In merito, cfr. anche infra.

[55]   Riguardo al valore definitivo per il 2023 del trattamento minimo, cfr. supra, in nota.

[56]   Come detto, l'istituto della perequazione automatica non concerne i trattamenti delle forme gestite dagli enti previdenziali di diritto privato; per tali trattamenti, la perequazione si applica in base alla disciplina della singola gestione.

[57]   Più in particolare, la rivalutazione si commisura al rapporto percentuale tra il valore medio dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati relativo all'anno di riferimento e il valore medio del medesimo indice relativo all'anno precedente.

      L'aumento della rivalutazione automatica dovuto viene attribuito, su ciascun trattamento, in misura proporzionale all'ammontare del trattamento da rivalutare rispetto all'ammontare complessivo (articolo 34, comma 1, della L. 23 dicembre 1998, n. 448, e successive modificazioni). Nella valutazione dell'importo complessivo dei trattamenti pensionistici del soggetto si deve tener conto (ai sensi del medesimo articolo 34, comma 1, della L. n. 448, e successive modificazioni) anche degli assegni vitalizi derivanti da uffici elettivi, assegni che sono quindi inclusi nella base di riferimento pur essendo estranei all'ambito di applicazione degli incrementi a titolo di perequazione.              

[58]   Decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali (cfr. l'articolo 24, comma 5, della L. 28 febbraio 1986, n. 41).

[59]   La decorrenza sia degli incrementi a titolo di perequazione sia dei relativi conguagli dal 1° gennaio (dell'anno successivo a quello rispettivamente di riferimento) è stata introdotta dall'articolo 14 della L. 23 dicembre 1994, n. 724.

[60]   Si ricorda che alcune norme transitorie (più favorevoli per i pensionati) in materia di anticipo e conguaglio - le quali hanno riguardato alcuni mesi dell'anno 2022 e dell’anno 2023 - sono state stabilite dall'articolo 21 del D.L. 9 agosto 2022, n. 115, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 settembre 2022, n. 142, e dall’articolo 1 del D.L. 18 ottobre 2023, n. 145, quest’ultimo in fase di conversione alle Camere.

[61]   Come già ricordato, ai fini in oggetto, si fa riferimento (in via interpretativa) all'importo del trattamento minimo INPS nell'anno precedente a quello di applicazione della perequazione medesima.

[62]   Tali aliquote a regime sono poste dall'articolo 1, comma 478, della L. 27 dicembre 2019, n. 160, e hanno trovato applicazione (per la prima volta) per la perequazione riconosciuta dal 1° gennaio 2022. Riguardo ai criteri di calcolo per la perequazione per gli anni 2020 e 2021, cfr. il comma 477 dello stesso articolo 1 della L. n. 160. Per la perequazione relativa al 2023, cfr. l’articolo 1, comma 309, della L. 29 dicembre 2022, n. 197.

 

[63]   APE è un'abbreviazione che sta per anticipo pensionistico.

[64]   L’Allegato C alla legge n. 232/2016, di cui all’articolo 1, comma 179, lettera d), in vigore dal 1° gennaio 2018, indica, in via di prima attuazione, le seguenti categorie professionali, per le quali si ritiene sia richiesto un impegno tale da rendere particolarmente difficoltoso e rischioso il loro svolgimento in modo continuativo:

A. Operai dell'industria estrattiva, dell'edilizia e della manutenzione degli edifici

B. Conduttori di gru o di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni

C. Conciatori di pelli e di pellicce

D. Conduttori di convogli ferroviari e personale viaggiante

E. Conduttori di mezzi pesanti e camion

F. Personale delle professioni sanitarie infermieristiche ed ostetriche ospedaliere con lavoro organizzato in turni

G. Addetti all'assistenza personale di persone in condizioni di non autosufficienza

H. Insegnanti della scuola dell'infanzia e educatori degli asili nido

I. Facchini, addetti allo spostamento merci e assimilati

L. Personale non qualificato addetto ai servizi di pulizia

M. Operatori ecologici e altri raccoglitori e separatori di rifiuti

N. Operai dell'agricoltura, della zootecnia e della pesca

O. Pescatori della pesca costiera, in acque interne, in alto mare, dipendenti o soci di cooperative

P. Lavoratori del settore siderurgico di prima e seconda fusione e lavoratori del vetro addetti a lavori ad alte temperature non già ricompresi nella normativa del decreto legislativo n. 67 del 2011

Q. Marittimi imbarcati a bordo e personale viaggiante dei trasporti marini e in acque interne.

[65]   “Come indicati nel contratto collettivo nazionale di lavoro per i dipendenti delle imprese edili ed affini”, precisa la novella.

[66]   Di cui alla classificazione Istat 6.3.2.1.2

[67]   Di cui alla classificazione Istat 7.1.3.3

[68]   L’elenco comprende le seguenti professioni sulla base della classificazione ISTAT:

      2.6.4- Professori di scuola primaria, pre-primaria e professioni assimilate

      32.1- Tecnici della salute

4.3.1.2 Addetti alla gestione dei magazzini e professioni assimilate

5.3.1.1- Professioni qualificate nei servizi sanitari e sociali

5.4.3- Operatori della cura estetica

5.4.4- Professioni qualificate nei servizi personali ed assimilati

6 - Artigiani, operai specializzati, agricoltori

7.11-Conduttori di impianti e macchinari per l'estrazione e il primo trattamento dei minerali

7.1.2- Operatori di impianti per la trasformazione e lavorazione a caldo dei metalli

7.1.3- Conduttori di forni ed altri impianti per la lavorazione del vetro, della ceramica e di materiali assimilati

7.14-Conduttori di impianti per la trasformazione del legno e la fabbricazione della carta

7.1.5 -Operatori di macchinari e di impianti per la raffinazione del gas e dei prodotti petroliferi, per la chimica di base e la chimica fine e perla fabbricazione di prodotti derivati dalla chimica

7.1.6- Conduttori di impianti per la produzione di energia termica e di vapore, per il recupero dei rifiuti e per il trattamento e la distribuzione delle acque

7.1.81-Conduttori di mulini e impastatrici

7.1,8.2- Conduttori di forni e di analoghi impianti per il trattamento termico dei minerali

7.2- Operai semiqualificati di macchinari fissi per la lavorazione in serie e operai addetti al montaggio

7.3 -Operatori di macchinari fissi in agricoltura e nella industria alimentare

7.4- Conduttori di veicoli, di macchinari mobili e di sollevamento

8.1.3- Personale non qualificato addetto allo spostamento e alla consegna merci

8.1.4 -Personale non qualificato nei servizi di pulizia di uffici, alberghi, navi, ristoranti, aree pubbliche e veicoli

8.1.52- Portantini e professioni assimilate

8.3- Professioni non qualificate nell'agricoltura, nella manutenzione del verde, nell'allevamento, nella silvicoltura e nella pesca

8.4-Professioni non qualificate nella manifattura, nell'estrazione di minerali e nelle costruzioni.

[69]   Ai sensi dell’art.1, comma 289, della L 197/2022: “Le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 92, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, si applicano anche per l'anno 2023”.

[70]   L’elenco comprende le seguenti professioni sulla base della classificazione ISTAT:

2.6.4- Professori di scuola primaria, pre—primaria e professioni assimilate

32.1- Tecnici della salute

4.3.1.2 Addetti alla gestione dei magazzini e professioni assimilate

5.3.1.1- Professioni qualificate nei servizi sanitari e sociali

5.4.3- Operatori della cura estetica

5.4.4- Professioni qualificate nei servizi personali ed assimilati

6 - Artigiani, operai specializzati, agricoltori

7.11-Conduttori di impianti e macchinari per l'estrazione e il primo trattamento dei minerali

7.1.2- Operatori di impianti per la trasformazione e lavorazione a caldo dei metalli

7.1.3- Conduttori di forni ed altri impianti per la lavorazione del vetro, della ceramica e di materiali assimilati

7.14 - Conduttori di impianti per la trasformazione del legno e la fabbricazione della carta

7.1.5 - Operatori di macchinari e di impianti per la raffinazione del gas e dei prodotti petroliferi, per la chimica di base e la chimica fine e perla fabbricazione di prodotti derivati dalla chimica

7.1.6 - Conduttori di impianti per la produzione di energia termica e di vapore, per il recupero dei rifiuti e per il trattamento e la distribuzione delle acque

7.1.81-Conduttori di mulini e impastatrici

7.1,8.2- Conduttori di forni e di analoghi impianti per il trattamento termico dei minerali

7.2- Operai semiqualificati di macchinari fissi per la lavorazione in serie e operai addetti al montaggio

7.3 - Operatori di macchinari fissi in agricoltura e nella industria alimentare

7.4- Conduttori di veicoli, di macchinari mobili e di sollevamento

8.1.3 - Personale non qualificato addetto allo spostamento e alla consegna merci

8.1.4 -Personale non qualificato nei servizi di pulizia di uffici, alberghi, navi, ristoranti, aree pubbliche e veicoli

8.1.52 - Portantini e professioni assimilate

8.3 - Professioni non qualificate nell'agricoltura, nella manutenzione del verde, nell'allevamento, nella silvicoltura e nella pesca

8.4-Professioni non qualificate nella manifattura, nell'estrazione di minerali e nelle costruzioni.

[71]   L’handicap in situazione di gravità è definito dall’articolo 3, comma 3, della legge n. 104/1992, ove si prevede che “Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità. Le situazioni riconosciute di gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici”.

[72]   Tale struttura è stata istituita, ai sensi dell’articolo 1, comma 852 della legge n. 296/2006, dal Ministero dello sviluppo economico, ora Ministero per le imprese e il Made in Italy, d’intesa con il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, per valutare e coordinare gli interventi che possono essere realizzati per superare situazioni di crisi di impresa. La struttura opera in collaborazione con le competenti Commissioni parlamentari, nonché con le regioni nel cui ambito si verificano le situazioni di crisi d'impresa oggetto d'intervento. I parlamentari eletti nei territori nel cui ambito si verificano le situazioni di crisi d'impresa oggetto d'intervento possono essere invitati a partecipare ai lavori della struttura.

[73]   Riguardo a tali incentivi e ai relativi riferimenti normativi, cfr. alla fine della presente scheda.

[74]   La novella di cui al comma 5 concerne l’articolo 1, comma 286, della L. 29 dicembre 2022, n. 197.

[75]   Cfr. il comma 10 del citato articolo 14.1 del D.L. n. 4 del 2019.

[76]   Cfr. il comma 2 del citato articolo 14.1 del D.L. n. 4 del 2019, il quale fa riferimento alla disciplina sul cumulo (in merito a quest’ultima, cfr. l'articolo 1, commi da 239 a 248, della L. 24 dicembre 2012, n. 228, e successive modificazioni).

[77]   Cfr. la circolare dell’INPS n. 27 del 10 marzo 2023.

[78]   Riguardo alla limitazione del riferimento ai soli trattamenti pensionistici diretti (con esclusione, dunque, di quelli in favore dei superstiti), cfr. la citata circolare dell’INPS n. 27 del 10 marzo 2023.

[79]   Si ricorda che la norma fa riferimento, al fine specifico in esame, a tale requisito ordinario anche per i casi in cui il soggetto rientri nell’ambito di applicazione di un diverso requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia; cfr., in merito, la citata circolare dell’INPS n. 27 del 10 marzo 2023.

[80]   Si ricorda che il valore minimo provvisorio per il 2023 del regime generale INPS è pari a 563,73 euro mensili.

[81]   Al fine in oggetto, si fa riferimento al requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia specifico di ogni regime pensionistico; cfr. la citata circolare dell’INPS n. 27 del 10 marzo 2023.

[82]   Si rileva che l'identica distinzione nella possibilità di cumulo, posta nell'ambito di precedenti norme transitorie in materia di pensionamenti anticipati, è stata ritenuta legittima dalla sentenza n. 234 del 4 ottobre 2022-24 novembre 2022 della Corte costituzionale.

[83]   Riguardo a quest'ultimo limite, cfr. l'articolo 44, comma 2, del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 novembre 2003, n. 326.

[84]   Il termine dilatorio relativo ai lavoratori privati si applica anche ai dipendenti pubblici che siano iscritti a forme pensionistiche proprie dei lavoratori privati.

      Inoltre, per i dipendenti pubblici si applicano i termini temporali ad essi relativi anche qualora siano iscritti contestualmente presso più gestioni pensionistiche.

      Riguardo alle distinzioni in oggetto, cfr. la citata circolare dell’INPS n. 27 del 10 marzo 2023.

[85]   Ai sensi dei commi 2 e da 4 a 6 del citato articolo 14.1 del D.L. n. 4 del 2019, come parzialmente novellati dal comma 4, lettere b) e c), del presente articolo 30. In merito, cfr. anche la citata circolare dell’INPS n. 27 del 10 marzo 2023.

      Si ricorda che l'alinea del suddetto comma 6 dell’articolo 14.1 richiama la specificità del rapporto di impiego nella pubblica amministrazione e l'esigenza di garantire la continuità e il buon andamento dell'azione amministrativa.

[86]   In quest'ultimo rientra il personale delle accademie di belle arti, dell'accademia nazionale di danza, dell'accademia nazionale di arte drammatica, degli istituti superiori per le industrie artistiche – ISIA, dei conservatori di musica e degli istituti musicali pareggiati.

[87]   Cfr. il comma 9 dell'articolo 59 della L. 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, comma richiamato dal comma 7 del citato articolo 14.1 del D.L. n. 4 del 2019, come parzialmente novellato dal comma 4, lettera d), del presente articolo 30.  

[88]   Per i dipendenti pubblici e in particolare per i dipendenti del comparto scuola e AFAM, cfr. anche supra.

      Per i lavoratori che abbiano conseguito la quota 103 prima del 1° gennaio 2023, cfr. i relativi termini dilatori di cui ai summenzionati commi 2 e da 4 a 6 dell’articolo 14.1 del D.L. n. 4 del 2019.

[89]   Il comma 6, lettera d), del citato articolo 14.1 del D.L. n. 4 del 2019, infatti, esclude l'applicazione del principio di cui all'articolo 2, comma 5, del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 ottobre 2013, n. 125.

[90]   Cfr. la parte della novella concernente l'articolo 22, comma 1, del citato D.L. n. 4 del 2019, e successive modificazioni.

[91]   Cfr. la parte della novella concernente l'articolo 23, comma 1, del citato D.L. n. 4 del 2019, e successive modificazioni.

[92]   Al fine in oggetto, non rileva, ai sensi dell'articolo 1, comma 201, della L. 11 dicembre 2016, n. 232, la circostanza che il soggetto rientri nella disciplina pensionistica dei cosiddetti lavoratori precoci.

[93]   Si rileva che nell'ambito della norma di salvezza (di cui al comma 8 del citato articolo 14.1 del D.L. n. 4 del 2019) rientrano anche i soggetti che, pur in possesso, entro il 31 dicembre 2022, dei requisiti previsti per la cosiddetta quota 102, abbiano inteso o intendano esercitare il diritto al trattamento in base a quest'ultima solo successivamente al 2022. Riguardo alla norma che ha ammesso, nel 2022, il pensionamento anticipato con la quota 102 - costituita dal possesso di almeno 62 anni di età e di almeno 38 anni di contribuzione - e alla relativa disposizione che fa salvo l'esercizio successivo del diritto, cfr. l'articolo 14, commi da 1 a 10, del citato D.L. n. 4 del 2019, e successive modificazioni.

[94]   Ai sensi dell’articolo 1, commi 286 e 287, della citata L. n. 197 del 2022 e del D.M. attuativo del 21 marzo 2023; cfr., al riguardo, anche la circolare dell’INPS n. 82 del 22 settembre 2023.

[95]   La Legge di bilancio per il 2021 faceva invece riferimento al Reddito di cittadinanza.

[96]   La Legge di bilancio per il 2021 faceva invece riferimento alla produzione di un reddito di lavoro autonomo, nell’anno precedente la presentazione della domanda, inferiore al 50 per cento della media dei redditi da lavoro autonomo conseguiti nei tre anni precedenti all’anno precedente a quello di presentazione della domanda.

[97]   La Legge di bilancio per il 2021 faceva invece riferimento a un reddito non superiore a 8.145 euro.

[98]   In merito va richiamata la circolare INPS n.94 del 30 giugno 2021 - intervenuta a chiarire l’articolo 1, comma 388, lettera d), della Legge di bilancio per il 2021- che ha precisato che il reddito cui si riferisce la disposizione sopra richiamata è relativo al solo reddito prodotto per lo svolgimento dell’attività lavorativa autonoma di cui all’articolo 53, comma 1, del TUIR ed esposto nella dichiarazione dei redditi - nel quadro “RE”, nel caso di attività professionale individuale, nel quadro “RH” nel caso di partecipazione a studi associati, o nel quadro “LM”, per i soggetti in regime forfettario - e non anche ad altre tipologie di reddito quale il reddito da lavoro dipendente o parasubordinato o di partecipazione ad impresa.

[99]   La sopra richiamata circolare INPS n.94 del 30 giugno 2021 ha precisato che il riconoscimento dell’indennità sarà subordinato all’esito positivo della verifica di regolarità contributiva tramite il rilascio del Durc on line di cui al D.M. 30 gennaio 2015, e successive modificazioni.

[100] La Legge di bilancio per il 2021 richiedeva invece la titolarità di partita Iva attiva da almeno quattro anni.

[101] A norma della sopra richiamata circolare INPS n.94 del 30 giugno 2021, nel predetto periodo deve essere presente una attività professionale attiva con relativa partita IVA e la stessa deve essere connessa all’attività autonoma per cui l’assicurato intende presentare domanda di indennità ISCRO. Nel caso di partecipante a studio associato, sarà verificata la partecipazione dello stesso nello studio nel periodo di osservazione per il riconoscimento del beneficio.

[102] La Legge di bilancio per il 2021 faceva invece riferimento a un incremento dell’aliquota aggiuntiva dovuta alla Gestione separata (di cui all’art. 59, c. 16, della L. 449/1997) pari a 0,26 punti percentuali nel 2021 e a 0,51 punti percentuali per ciascuno degli anni 2022 e 2023.

[103] Riguardo ad un quadro delle categorie di lavoratori per ciascuna delle Casse in oggetto, cfr. la seguente url: https://www.inps.it/it/it/dettaglio-approfondimento.schede-informative.49926.le-gestioni-previdenziali-dei-dipendenti-pubblici.html.

[104] Si ricorda che in tale Cassa sono iscritti anche i dipendenti delle regioni. Per un quadro dettagliato, cfr. l’url citata in precedenza in nota.

[105] I dipendenti pubblici del settore sanitario rientrano in genere nella suddetta CPS o nella CPDEL. Per un quadro dettagliato, cfr. l’url citata in precedenza in nota.

[106] Riguardo ai criteri di determinazione della retribuzione pensionabile per i dipendenti pubblici, cfr. l’articolo 7 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503 (come modificato dall’articolo 1, comma 17, della L. 8 agosto 1995, n. 335) e l’articolo 13 dello stesso D.Lgs. n. 503.

[107] Si ricorda che, per la CPS, l’articolo 7 del D.L. 30 giugno 1972, n. 267, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 1972, n. 485, fa rinvio ai criteri di calcolo del trattamento pensionistico di cui alla citata L. n. 965. 

[108] Cfr. l’articolo 1, commi 6, 12 e 13, della citata L. n. 335 del 1995, e successive modificazioni.

[109] La relazione tecnica è reperibile nell’A.S. n. 926.

[110] Ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della L. 23 dicembre 1994, n. 724. Si ricorda che l’articolo 2, comma 19, della citata L. n. 335 del 1995 ha escluso che l’applicazione di tale aliquota annua generale possa determinare un trattamento superiore a quello che sarebbe spettato in base all'applicazione delle aliquote di rendimento previste in precedenza dalla normativa.

[111] La relazione tecnica è reperibile nell’A.S. n. 926.

[112] Di cui all’art. 18, c. 1, lett. a), del D.L. 185/2008.

[113] La medesima legge di bilancio 2021 (al comma 290) ha istituito un Fondo per il sostegno al reddito dei lavoratori delle aree di crisi industriale complessa, con una dotazione di 10 milioni di euro per il 2021, al fine di assicurare la prosecuzione degli interventi di cassa integrazione guadagni straordinaria e di mobilità in deroga nelle aree di crisi industriale complessa individuate dalle regioni per l'anno 2020 e non autorizzate per mancanza di copertura finanziaria.

[114] Il trattamento in oggetto è stato prorogato fino al 2024 dalla legge di bilancio 2022 (art. 1, c. 129, L. 234/2021).

[115] Si ricorda che i limiti di durata della CIGS – su cui non interviene la novella di cui agli artt. da 43 a 64 del presente disegno di legge - sono, per ogni unità produttiva, pari a: 24 mesi, anche continuativi, in un quinquennio mobile, per la fattispecie di programma di riorganizzazione aziendale; 12 mesi, anche continuativi, per la fattispecie di crisi aziendale (e connesso piano di risanamento), con divieto di nuova concessione prima che sia decorso un periodo pari a due terzi di quello relativo alla precedente concessione e fatto salvo il rispetto del limite di 24 mesi in un quinquennio mobile (ovvero di 30 mesi per le imprese - industriali o artigiane - dell'edilizia e del settore lapideo).

[116]  Tale durata massima è pari a 12 mesi, anche continuativi, per la causale di crisi aziendale e a 24 mesi, anche continuativi, in un quinquennio mobile per la causale di contratto di solidarietà.

[117] Riguardo all’Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), cfr. il regolamento di cui al D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159.

[118] Riguardo alla disciplina in oggetto, cfr. anche il D.P.C.M. 17 febbraio 2017.

[119] Cfr., a quest’ultimo riguardo, il messaggio dell’INPS n. 889 del 2 marzo 2023.

[120] A quest’ultimo riguardo, cfr. l’articolo 4 del D.P.C.M. 17 febbraio 2017.

[121] La relazione tecnica allegata all’originario disegno di legge di bilancio (relazione reperibile nell’A.S. n. 926) indica che il rifinanziamento in oggetto comprende anche una ridefinizione degli oneri finanziari derivanti dalla disciplina già vigente dell’istituto (oneri che sono risultati superiori rispetto alle stime sulla base delle quali venne determinato il precedente limite di spesa).

[122] Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici.

 

[123] (FAQ INPS su Assegno unico e universale e Circolare INPS 9 febbraio 2022).

[124] Composto dal reddito complessivo di tutti i componenti il nucleo familiare e da un reddito derivante dal patrimonio mobiliare, al netto delle spese per l’affitto.

[125] Dato dalla somma del patrimonio immobiliare (considerato al valore ICI) del nucleo familiare, al netto della casa di abitazione se di proprietà (la franchigia per l’abitazione principale è pari a 51.646 euro), e del patrimonio mobiliare, al netto di una franchigia di 15.494 euro.

[126] Parametro che permette il confronto tra situazioni familiari diverse, tenuto conto delle economie di scala che derivano dalla convivenza e di alcune particolari condizioni del nucleo familiare che comportano maggiori spese o disagi (presenza di persone con disabilità, nuclei monogenitore, entrambi genitori lavoratori).

[127] Finora l’esclusione dei trasferimenti esenti da imposizione è stata motivata anche dal fatto che questi tipi di prestazioni rispondono a specifiche condizioni di bisogno, essendo sostanzialmente misure non sottoposte alla prova dei mezzi. 

[128] Cfr. il capitolo 3671 del programma 3.2 dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

[129] Riguardo ai criteri e alla procedura di riparto del Fondo nazionale per le politiche sociali, cfr. il comma 2 del citato articolo 46 della L. n. 388, e successive modificazioni, e l’articolo 2, comma 473, della L. 24 dicembre 2007, n. 244.

[130] Il presente comma 2 richiama l’articolo 105-bis del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 luglio 2020, n. 77. Riguardo al complesso degli stanziamenti per gli anni precedenti il 2024, cfr. infra.

[131] Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei ministri.

[132] “Regolamento recante riordino dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza e del Centro nazionale di documentazione e di analisi per l'infanzia, a norma dell'articolo 29 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248”.

[133] Cfr. l’articolo 3, comma 1, lettera c), del D.L. 12 luglio 2018, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2018, n. 97, e successive modificazioni.

[134] Fondo istituito dall’articolo 19, comma 1, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.

[135] Riguardo a tale riduzione, cfr. a pag. 183 del tomo III dell’A.S. n. 926. Il Fondo è iscritto nel cap. 2102/pg7 del programma 14.1 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.

[136] Il Fondo è iscritto nel capitolo 3088 del programma 23.1 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.

[137] Dato stimato nella RT.

[138] Dato stimato nella RT-

[139] Misure urgenti a sostegno delle famiglie e delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale, nonché in materia di salute e adempimenti fiscali, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 56/2023.

 

[140] Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421.

[141] Misure urgenti a sostegno delle famiglie e delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale, nonché in materia di salute e adempimenti fiscali, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 56/2023.

 

[142] La lettera d) del citato comma 1 riguarda la “partecipazione a proventi di attività professionali a pagamento richieste da terzi (utenti singoli, associati, aziende o enti) all’Azienda o Ente anche al fine di consentire la riduzione dei tempi di attesa, secondo programmi predisposti dall’azienda stessa, d’intesa con le équipes dei servizi interessati.

[143] Legge finanziaria 2007.

[144] Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421.

[145] Istituito dall’Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005.

[146] La spesa farmaceutica per acquisti diretti è costituita dalla spesa farmaceutica ospedaliera, ivi compresa quella per i medicinali in distribuzione diretta e in distribuzione per conto. La distribuzione diretta è quella operata dalle strutture del Servizio sanitario nazionale, ivi compresa quella effettuata presso il domicilio dell'assistito, mentre la distribuzione per conto è svolta (per conto della struttura del Servizio sanitario nazionale) da parte della farmacia (in favore dell'assistito).

[147] Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024.

[148] Il tetto è stato così ridenominato dalla legge di bilancio 2017; in precedenza si faceva riferimento al “tetto della spesa farmaceutica territoriale”: cfr., al riguardo, art. 1, co. 399 L. 232/2016.

[149] Ai sensi del richiamato articolo 1, comma 426, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014), che prevede la possibilità, in regime convenzionale, di distribuzione di medicinali che richiedono un controllo ricorrente del paziente anche presso le farmacie con le medesime modalità previste per la distribuzione attraverso le strutture aziendali del Servizio sanitario nazionale.

[150] Di cui alla richiamata Determina AIFA 29 ottobre 2004, e succ. mod., pubblicata in GU Serie Generale n.259 del 04-11-2004 - Suppl. Ordinario n. 162. La Determina richiamata, all’allegato 2, reca il PH-T - Prontuario  della Distribuzione Diretta ovvero con forme alternative   di   distribuzione   che   garantiscono  uno  specifico monitoraggio  dei  consumi  e  la  presa  in  carico e la continuità assistenziale  H  (Ospedale)  -  T (Territorio).

[151] Di cui al richiamato articolo 8, comma 10, della legge 23 dicembre 1993, n. 537. Rientrano nella classe A i farmaci essenziali e i farmaci per malattie croniche.

[152] V. alla pagina https://www.senato.it/4332?link_atto=45925 per il testo integrale delle comunicazioni succitate.

[153] Indagine conoscitiva in materia di «distribuzione diretta» dei farmaci per il tramite delle strutture sanitarie pubbliche e di «distribuzione per conto» per il tramite delle farmacie convenzionate con il servizio sanitario nazionale e attuazione dell'articolo 8 del decreto-legge n. 347 del 2001 (legge n. 405 del 2001).

[154] L'attuale normativa prevede che l’AIFA individui e pubblichi la “lista di trasparenza” , cioè una lista di medicinali equivalenti di fascia A con i relativi prezzi di riferimento. Il prezzo di riferimento rappresenta il valore massimo di rimborso da parte del SSN per un medicinale contenente il principio attivo relativo alla confezione di riferimento indicata.

[155] D.l. recante Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.

[156] Come definite dalla richiamata legge 8 marzo 1968, n. 221: sono rurali le farmacie ubicate in comuni, frazioni o centri abitati con popolazione non superiore a 5.000 abitanti. In favore dei titolari delle stesse sono previste speciali indennità.

[157] Misure di razionalizzazione della finanza pubblica.

[158] Determinazione recante Approvazione delle richieste relative alle aziende farmaceutiche, che si sono avvalse della facoltà di ripianare l'eccedenza di spesa farmaceutica secondo le modalità di pay back. V., riguardo allo sconto, art. 1, co. 2, ultimo periodo.

[159] D.l. recante Interventi urgenti per il ripiano della spesa farmaceutica, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2004, n. 202.

[160] D.l. recante Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.

[161] D.l. recante Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute, convertito con modificazioni dalla legge 8 novembre 2012, n. 189.

[162] D.l. recante Interventi urgenti in materia di spesa sanitaria, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405.

[163] Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini.

[164] Il PNGLA più recente ha a sua volta determinato l'emanazione dei Piani Regionali di Governo delle Liste di Attesa, con cui le Regioni e le Province Autonome hanno dovuto recepire (entro 60 giorni dalla pubblicazione del PNGLA) le indicazioni contenute nel Piano Nazionale, declinandole secondo le proprie caratteristiche ed esigenze specifiche. Sempre secondo quanto stabilito dal Piano Nazionale, quanto contenuto da tali Piani Regionali è stato poi ripreso e ulteriormente adattato dai Piani Attuativi Aziendali che le Aziende Sanitarie sono state chiamate a elaborare. Sul punto: SDA Bocconi - Novartis, Liste e tempi di attesa in sanità. Innovazioni, soluzioni e sfide per le regioni e le aziende sanitarie italiane, marzo 2022.

[165] Ancora in questo ambito, il Decreto ministeriale 18 ottobre 2012 ha fissato una tariffa massima per la remunerazione delle prestazioni di assistenza ospedaliera e specialistica ambulatoriale. Le tariffe massime costituiscono l'importo massimo rimborsabile a carico del SSN.

[166] Qui un approfondimento del tema sulla razionalizzare dell'acquisto di prestazioni sanitarie di assistenza ambulatoriale ed ospedaliera da soggetti privati accreditati.

[167] Si ricorda, in particolare, che il richiamato comma 276 stabilisce che Regioni e Province autonome devono rimodulare i rispettivi piani per le liste d’attesa adottati in base alla normativa emergenziale Covid-19 con il termine di presentazione al Ministero della salute e al MEF fissato entro il 31 gennaio 2022. Per l’attuazione delle finalità indicate, il richiamato comma 278 ha autorizzato la spesa per complessivi 500 milioni di euro, a valere sul livello di finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato per l’anno 2022, che include, in aggiunta, l’autorizzazione di spesa relativa all’importo massimo di 150 milioni prevista dal precedente comma 277. Si sottolinea che a tale finanziamento accedono tutte le Regioni, anche speciali, in deroga alle disposizioni legislative che stabiliscono il concorso regionale e provinciale al finanziamento sanitario corrente, secondo la ripartizione riportata nell’apposita tabella allegata. Pertanto, anche le autonomie speciali concorreranno come le altre Regioni a statuto ordinario al riparto delle risorse per il finanziamento della misura in esame[167]. Infatti, per l’accesso al finanziamento del fabbisogno sanitario si tiene conto di quanto previsto ai sensi della legge n. 296/2006, art. 1, comma 830, che stabilisce la compartecipazione delle Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome al finanziamento sanitario fino a concorrenza del fabbisogno non soddisfatto dalle fonti previste a legislazione vigente, quali le entrate proprie degli enti del SSN (ticket e ricavi derivanti dall'attività intramoenia dei propri dipendenti) e la fiscalità generale delle regioni, vale a dire IRAP (nella componente di gettito destinata alla sanità) e addizionale regionale all'IRPEF. Fa eccezione la sola Regione siciliana, per la quale l'aliquota di compartecipazione è determinata in misura fissa dal 2009 nella misura del 49,11 per cento del suo fabbisogno sanitario.

[168] In base agli ultimi aggiornamenti dal sito del Ministero della salute (giugno 2022) risultano ancora sottoposte alla disciplina dei piani di rientro 7 Regioni: Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Puglia, Sicilia .

[169] A questo fine le Regioni e le province autonome hanno dovuto rimodulare il piano per le liste d’attesa già adottato ai sensi del citato articolo 29 del D.L. 104/2020, prevedendo, ove ritenuto necessario, il coinvolgimento delle strutture private accreditate e conseguentemente rimodulando l’utilizzo delle relative risorse. Le strutture private accreditate eventualmente interessate dalla deroga, sono state chiamate a rendicontare alle rispettive Regioni entro il 31 gennaio 2022 le attività effettuate nell’ambito dell’incremento di budget assegnato, anche ai fini della valutazione della deroga concessa.

[170] Si tratta di prestazioni aggiuntive, previste dall’articolo 115, comma 2, del CCNL per il periodo 2016- 2018, In merito, l’articolo 24, comma 6, di detto CCNL prevede che gli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale che richiedano ai propri dirigenti, in via eccezionale e temporanea, prestazioni ad integrazione dell’attività istituzionale, inquadrate formalmente nell’ambito dell’attività libero professionale intramuraria (cosiddetta intramoenia) siano remunerate con una tariffa oraria pari a 60 euro lordi onnicomprensivi.

[171] v. articolo 6, comma 1, lettera d), del CCNL 2016-2018 del personale del comparto sanità dipendente del Servizio sanitario nazionale.

[172] La deroga consente tali assunzioni anche in assenza dell'accordo quadro nazionale ivi previsto.

[173] Si tratta di prestazioni aggiuntive, previste dall’articolo 115, comma 2, del CCNL per il periodo 2016- 2018, In merito, l’articolo 24, comma 6, di detto CCNL prevede che gli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale che richiedano ai propri dirigenti, in via eccezionale e temporanea, prestazioni ad integrazione dell’attività istituzionale, inquadrate formalmente nell’ambito dell’attività libero professionale intramuraria (cosiddetta intramoenia) siano remunerate con una tariffa oraria pari a 60 euro lordi onnicomprensivi.

[174] V. articolo 6, comma 1, lettera d), del CCNL 2016-2018 del personale del comparto sanità dipendente del Servizio sanitario nazionale

[175] V. art. 45, co. 1-ter del D.L. 124/2019, convertito con modificazioni dalla legge 157/2019.

[176] Con il termine “privati”, contenuto anche nella rubrica dell’articolo in esame, s’intendono, in base alla disciplina di riferimento, i soggetti privati accreditati per l'assistenza specialistica ambulatoriale e per l'assistenza ospedaliera.

[177] Cfr. il richiamato art. 15, co. 14, primo periodo, del D.L. 95/2012 sulla spending review , convertito con modificazioni dalla legge 135/2012.

[178] Convertito con modificazioni dalla legge 27/2020.

[179] Convertito con modificazioni dalla legge 106/2021.

[180] Art. 1, co. 277, L. 234/2021.

[181] Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini, cd. spending review.

[182] Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini, cd. spending review.

[183] Art. 6, comma 4 del DL. n. 210/2015 (L. 21/2016, cd. proroga termini legislativi).

[184] Art. 34, comma 2, del DL. n. 50/2017 Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo (L. n. 96/2017).

[185] Art. 8, comma 3, del DL n. 91/2018, n.  91 (L. n. 108/2018, cd. proroga termini legislativi).

[186] Art. 13, comma 2, D.L. 30 aprile 2019, n. 35 (L. n. 60/2019, c.d. Decreto Calabria).

[187] Art. 5, comma 1, del DL. n. 162/2019 (L. n. 8/2020, cd. proroga termini legislativi).

[188] Art. art. 4, comma 1, del DL. n. 183/2020 (L. n. 21/ 2021, cd. proroga termini legislativi).

[189] Art. 1, comma 289, L. n. 234/2021 (L. di Bilancio 2022).

[190] Art. 4, comma 1, del D.L. n. 198/2022 (cd. Proroga termini legislativi), (L. n. 14/2023).

[191] Si ricorda che, in base alla disciplina generale vigente in materia, le prestazioni sanitarie comprese nei LEA sono erogate dal SSN a titolo gratuito oppure con partecipazione alla spesa (art. 1, co. 3, del d. lgs. 502/1992). È inoltre stabilito che il Servizio sanitario nazionale garantisce la tutela della salute e l'accesso ai servizi alla totalità dei propri assistiti, senza distinzioni individuali o sociali. Nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza efficaci, appropriati ed uniformi posti a carico del Servizio sanitario nazionale sono individuate le prestazioni la cui fruizione è subordinata al pagamento diretto da parte dell'assistito di una quota limitata di spesa, finalizzata a promuovere la consapevolezza del costo delle prestazioni stesse. La partecipazione è strutturata in modo da evitare l'uso inappropriato dei diversi regimi di erogazione dei servizi e delle prestazioni (art. 1, co. 1, d.lgs. 124/1998).

[192] Articolo 9, comma 1, dell’Accordo tra la Repubblica italiana e la Confederazione Svizzera relativo all’imposizione dei lavoratori frontalieri, con Protocollo aggiuntivo e Scambio di lettere, fatto a Roma il 23 dicembre 2020, ratificato e reso esecutivo ai sensi della legge 13 giugno 2023, n. 83. Paragrafo 3, lettera b), dell'allegato XI del regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza europeo. Accordo tra la Comunità europea ed i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione svizzera, dall'altra, sulla libera circolazione delle persone, con allegati, atto finale e dichiarazioni, fatto a Lussemburgo il 21 giugno 1999, ratificato e reso esecutivo ai sensi della legge 15 novembre 2000, n. 364, e successive modificazioni.

[193] In riferimento a patologie di particolare gravità, non adeguatamente curabili nel Paese di origine, accertate mediante idonea documentazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale.

[194] Ai sensi dell’accordo europeo sul collocamento alla pari, adottato a Strasburgo il 24 novembre 1969, ratificato e reso esecutivo ai sensi della legge 18 maggio 1973, n. 304. Si ricorda che, ai sensi dell’art. 2 del predetto accordo, il collocamento alla pari consiste nell'accoglimento temporaneo in seno a famiglie, come contropartita di alcune prestazioni, di giovani stranieri venuti allo scopo di perfezionare le loro conoscenze linguistiche ed, eventualmente, professionali e di arricchire la loro cultura generale con una migliore conoscenza del Paese di soggiorno.

[195] Si tratta del modulo di versamento tributario utilizzato per il pagamento di un’ampia gamma di imposte, tributi, contributi e premi, da parte sia di privati sia di imprese. Il modello F24 è detto anche “unificato”, perché permette al contribuente di effettuare con un’unica operazione il pagamento delle somme dovute, compensando il versamento con eventuali crediti.

[196] In proposito di ricorda che l’articolo 2, comma 68, lett. c) della legge finanziaria 2010 (legge n. 191/2009) fino al 2012 e, dal 2013, l’art. 15, comma 24 del DL. n. 95/2012[196] di revisione della spesa, hanno stabilito che una quota di finanziamento del Servizio sanitario nazionale, disposta a regime come anticipazione di tesoreria del finanziamento per il SSN, venga condizionata alla verifica positiva degli adempimenti regionali nella misura del 3% e del 2% da calcolare con riferimento alla quota indistinta del suddetto finanziamento, al netto delle entrate proprie regionali, rispettivamente per le regioni che accedono all'erogazione nella misura del 97% e per quelle che accedono all'erogazione nella misura del 98% o in misura superiore, queste ultime regioni in regola, nell'ultimo triennio, con gli adempimenti degli equilibri bilancio previsti dalla normativa vigente.

[197] Allo scopo, l’Agenzia ha condotto una rilevazione nazionale, con una rispondenza di tutte le 21 regioni e province autonome e le 99 aziende territoriali oggetto del sondaggio, sull’attuazione e sui programmi in materia di Rete per le cure palliative, che ha preso ufficialmente avvio il 15 novembre e si è conclusa il 2 dicembre 2021, con la somministrazione di due differenti tipologie di questionari, uno a cura dei referenti per regioni o provincia autonoma, l’altro per il profilo dell’azienda territoriale a cura dei referenti sulla materia nelle diverse aziende, da validare a cura del referente per regione o provincia autonoma di riferimento. I temi affrontati sono stati innanzitutto quelli a carattere organizzativo e formale per livello regionale, indicando le specificità a livello di rete locale per i setting di carattere 1) ospedaliero; 2) residenziale (hospice); 3) di assistenza domiciliare.

[198] L’hospice è quel luogo in cui i malati vengono accolti temporaneamente o definitivamente quando non possono essere assistiti a domicilio per particolare aggravamento delle condizioni cliniche, o per impossibilità dei familiari a garantire l'assistenza necessaria, per mancanza del caregiver (familiare di riferimento) o per inadeguatezza dell'abitazione.

[199] Di tale norma possono usufruire anche i minori extracomunitari non residenti sul territorio nazionale.