Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Affari Comunitari
Titolo: Legge di delegazione europea 2022-2023
Riferimenti: AC N.1342/XIX
Serie: Progetti di legge   Numero: 163
Data: 12/09/2023
Organi della Camera: XIV Unione Europea

A.C. 1342

 

 

 

Legge di delegazione europea 2022-2023

 

12 settembre 2023

 

 

 

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Dossier n. 143

 

 

 

 

 

 

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Progetti di legge n. 163

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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INDICE

 

Schede di lettura

Premessa. 5

Articolo 1 (Delega al Governo per l'attuazione e il recepimento degli atti normativi dell'Unione europea). 19

Articolo 2 (Delega al Governo per la disciplina sanzionatoria di violazioni di atti normativi dell’Unione europea). 23

Articolo 3 (Principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega per il recepimento della direttiva (UE) 2022/2555, relativa a misure per un livello comune elevato di cybersicurezza nell'Unione). 26

Articolo 4 (Principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega per il recepimento della direttiva (UE) 2022/2557, relativa alla resilienza dei soggetti critici) 34

Articolo 5 (Principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega per il recepimento della direttiva (UE) 2021/2167, relativa ai gestori di crediti e agli acquirenti di crediti e che modifica le direttive 2008/48/CE e 2014/17/UE). 39

Articolo 6 (Princìpi e criteri direttivi per l’esercizio della delega per il recepimento della direttiva (UE) 2022/431, che modifica la direttiva 2004/37/CE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro e che estende la medesima direttiva alle sostanze tossiche per la riproduzione umana)  44

Articolo 7 (Principi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva (UE) 2022/2380 che modifica la direttiva 2014/53/UE, concernente l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato di apparecchiature radio e l’adeguamento della normativa nazionale all’articolo 138 del Regolamento (UE) 2018/1139, che modifica la direttiva 2014/53/UE concernente l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato di apparecchiature radio)  53

Articolo 8 (Principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega per il recepimento della direttiva di esecuzione (UE) 2022/2438). 56

Articolo 9 (Principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega per il recepimento delle direttive (UE) 2023/958 e 2023/959 in materia di emissioni di gas a effetto serra)  58

Articolo 10 (Trattamento prudenziale degli enti di importanza sistemica a livello mondiale con strategia di risoluzione a punto di avvio multiplo e metodi di sottoscrizione indiretta degli strumenti ammissibili per il soddisfacimento del requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili). 64

Articolo 11 (Delega al Governo per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2018/1672, relativo ai controlli sul denaro contante in entrata nell’Unione o in uscita dall’Unione e che abroga il regolamento (CE) n. 1889/2005, nonché alle disposizioni del regolamento di esecuzione (UE) 2021/776 della Commissione dell’11 maggio 2021). 66

Articolo 12 (Principi e criteri direttivi per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2022/2554, relativo alla resilienza operativa digitale per il settore finanziario e che modifica i regolamenti (CE) n. 1060/2009, (UE) n. 648/2012, (UE) n. 600/2014, (UE) n. 909/2014 e (UE) 2016/1011 e per il recepimento della direttiva (UE) 2022/2556 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 dicembre 2022 che modifica le direttive 2009/65/CE, 2009/138/CE, 2011/61/UE, 2013/36/UE, 2014/59/UE, 2014/65/UE, (UE) 2015/2366 e (UE) 2016/2341 per quanto riguarda la resilienza operativa digitale per il settore finanziario). 72

Articolo 13 (Governance europea dei dati). 77

Allegato A

Direttiva (UE) 2021/2101 (del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 novembre 2021 che modifica la direttiva 2013/34/UE per quanto riguarda la comunicazione delle informazioni sull’imposta sul reddito da parte di talune imprese e succursali)  85

Direttiva 2022/362/UE (del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 febbraio 2022 che modifica le direttive 1999/62/CE, 1999/37/CE e (UE) 2019/520 per quanto riguarda la tassazione a carico di veicoli per l’uso di alcune infrastrutture). 88

Direttiva (UE) 2022/542 (del Consiglio del 5 aprile 2022 recante modifica delle direttive 2006/112/CE e (UE) 2020/285 per quanto riguarda le aliquote sull'imposta sul valore aggiunto). 89

Direttiva (UE) 2022/2041 (del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 ottobre 2022 relativa a salari minimi adeguati nell’Unione europea). 92

Direttiva (UE) 2022/2381 (del Parlamento Europeo e del Consiglio riguardante il miglioramento dell'equilibrio di genere fra gli amministratori delle società quotate e relative misure). 97

Direttiva (UE) 2022/2464 (del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 dicembre 2022, che modifica il regolamento (UE) n. 537/2014, la direttiva 2004/109/CE, la direttiva 2006/43/CE e la direttiva 2013/34/UE per quanto riguarda la rendicontazione societaria di sostenibilità) 99

Direttiva (UE) 2022/2523 (del Consiglio del 14 dicembre 2022 intesa a garantire un livello di imposizione fiscale minimo globale per i gruppi multinazionali di imprese e i gruppi nazionali su larga scala nell’Unione). 105

Direttiva (UE) 2023/946 (del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 maggio 2023, che modifica la direttiva 2003/25/CE per quanto riguarda l’inclusione di requisiti di stabilità migliorati e l’allineamento di tale direttiva ai requisiti di stabilità definiti dall’Organizzazione marittima internazionale) 120

Direttiva (UE) 2023/970 (del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 maggio 2023, volta a rafforzare l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore attraverso la trasparenza retributiva e i relativi meccanismi di applicazione) 121

Direttiva (UE) 2023/977 (del Parlamento europeo e del Consiglio del 10 maggio 2023 relativa allo scambio di informazioni tra le autorità di contrasto degli Stati membri e che abroga la decisione quadro 2006/960/GAI del Consiglio). 129


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Schede di lettura


Premessa

 

Il presente dossier contiene le schede di lettura riferite ai singoli articoli del disegno di legge recante “Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2022-2023” (A.C. 1342), nonché una descrizione delle direttive elencate nell'Allegato A.

 

Il disegno di legge di delegazione europea 2022-2023 consta di 13 articoli, divisi in tre Capi. L’articolato contiene principi e criteri direttivi specifici per l’esercizio della delega relativa a 7 direttive, nonché per l’adeguamento della normativa nazionale a 4 regolamenti europei. L’annesso Allegato A ha ad oggetto 10 direttive.

 

Le leggi europee

 

La legge di delegazione europea è uno dei due strumenti di adeguamento all’ordinamento dell’Unione europea introdotti dalla legge 24 dicembre 2012, n. 234, che ha attuato una riforma organica delle norme che regolano la partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea.

In base all’articolo 29 della legge n. 234 del 2012, infatti, la legge comunitaria annuale (prevista dalla legge n. 11 del 2005) è stata sostituita da due distinti provvedimenti:

- la legge di delegazione europea, il cui contenuto è limitato alle disposizioni di delega necessarie per il recepimento delle direttive e degli altri atti dell’Unione europea;

- la legge europea, che contiene norme di diretta attuazione volte a garantire l’adeguamento dell’ordinamento nazionale all’ordinamento europeo, con particolare riguardo ai casi di non corretto recepimento della normativa europea.

Il comma 4 dell’articolo 29 prevede che il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per gli affari europei, di concerto con il Ministro degli affari esteri e con gli altri Ministri interessati, presenta alle Camere, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, un disegno di legge di delegazione europea, con l’indicazione dell'anno di riferimento.

Il termine per la presentazione è posto entro il 28 febbraio di ogni anno.

Il contenuto del disegno di legge di delegazione europea è stabilito all’articolo 30, comma 2, della legge n. 234 del 2012:

a)   disposizioni per il conferimento al Governo di delega legislativa volta

esclusivamente all'attuazione delle direttive europee e delle decisioni quadro da recepire nell'ordinamento nazionale, esclusa ogni altra disposizione di delegazione legislativa non direttamente riconducibile al recepimento degli atti legislativi europei;

b)   disposizioni per il conferimento al Governo di delega legislativa, diretta a modificare o abrogare disposizioni statali vigenti, limitatamente a quanto indispensabile per garantire la conformità dell'ordinamento nazionale ai pareri motivati indirizzati all'Italia dalla Commissione europea o al dispositivo di sentenze di condanna per inadempimento emesse della Corte di giustizia dell'Unione europea;

c)    disposizioni che autorizzano il Governo a recepire le direttive in via regolamentare;

d)   delega legislativa al Governo per la disciplina sanzionatoria di violazioni di atti normativi dell'Unione europea;

e)    delega legislativa al Governo limitata a quanto necessario per dare attuazione a eventuali disposizioni non direttamente applicabili contenute in regolamenti europei;

f)     disposizioni che, nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome, conferiscono delega al Governo per l'emanazione di decreti legislativi recanti sanzioni penali per la violazione delle disposizioni UE recepite dalle regioni e dalle province autonome;

g)   disposizioni che individuano i principi fondamentali nel rispetto dei quali le regioni e le province autonome esercitano la propria competenza normativa per recepire o per assicurare l'applicazione di atti dell'Unione europea nelle materie di cui all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione;

h)   disposizioni che, nell'ambito del conferimento della delega legislativa per il recepimento o l'attuazione degli atti di cui alle lettere a), b) ed e), autorizzano il Governo a emanare testi unici per il riordino e per l'armonizzazione di normative di settore, nel rispetto delle competenze delle regioni e delle province autonome;

i)     delega legislativa al Governo per l'adozione di disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi emanati.

Nell’esercizio delle deleghe legislative conferite, il Governo è tenuto al rispetto dei principi e criteri generali di delega[1], nonché degli specifici principi e criteri direttivi aggiuntivi eventualmente stabiliti dalla legge di delegazione europea, come previsto all’articolo 32 della legge n. 234 del 2012.

Ai sensi dell’articolo 29, comma 7, il Governo deve inoltre dare conto dell’eventuale omesso inserimento delle direttive il cui termine di recepimento è scaduto o scade nel periodo di riferimento, considerati i tempi previsti per l’esercizio della delega, e fornire dati sullo stato delle procedure di infrazione, l’elenco delle direttive recepite o da recepire in via amministrativa, l’elenco delle direttive recepite con regolamento e l’elenco dei provvedimenti con i quali le singole regioni e province autonome hanno provveduto a recepire direttive nelle materie di loro competenza. Tutte queste informazioni sono contenute nella articolata ed estesa relazione illustrativa che precede il testo del disegno di legge.

 

Ai sensi dell’articolo 32, comma 1, della legge n. 234 del 2012, il disegno di legge di delegazione stabilisce - con riferimento ad alcuni atti dell’Unione europea - principi e criteri direttivi specifici cui il Governo deve attenersi nell’esercizio della delega, in aggiunta a quelli contenuti nelle direttive da attuare e a quelli generali di delega, richiamati alle lettere da a) a i) del citato comma 1.

 

In particolare, il disegno di legge in esame introduce principi e criteri direttivi specifici di delega riferiti ai seguenti atti:

 

Direttive:

 

§   (UE) 2022/2555 - relativa alla cybersicurezza (art.3);

§  (UE) 2022/2557 - relativa alla resilienza dei soggetti critici (art.4);

§   (UE) 2021/2167 - relativa ai gestori di crediti e agli acquirenti di crediti (art.5);

§  (UE) 2022/431 - relativa alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro (art. 6);

§  (UE) 2022/2380 - relativa all’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri inerenti la messa a disposizione sul mercato di apparecchiature radio (art. 7);

§  (UE) 2022/2438 - relativa agli organismi nocivi delle piante (art. 8);

§  (UE) 2023/958 - relativa al trasporto aereo (art. 9).

 

Regolamenti:

 

§  (UE) 2022/2036, relativo al trattamento prudenziale degli enti di importanza sistemica a livello mondiale con strategia di risoluzione a punto di avvio multiplo e metodi di sottoscrizione indiretta degli strumenti ammissibili per il soddisfacimento del requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili (art.10);

§  (UE) 2018/1672, relativo ai controlli sul denaro contante in entrata nell’Unione o in uscita dall’Unione (art.11);

§  (UE) 2018/848, relativo alla resilienza operativa digitale per il settore finanziario (art.12);

§  (UE) 2017/625, relativo alla governance europea dei dati (art.13).

 

La successiva Tabella elenca le direttive dell'Unione europea oggetto di attuazione mediante il disegno di legge di delegazione 2022-2023 e la relativa scadenza dei termini di recepimento.

 

Tabella IV - Direttive per termine di recepimento

 

Termine di recepimento

Direttive

22 giugno 2023

1)2021/2101 del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 novembre 2021 che modifica la direttiva 2013/34/UE per quanto riguarda la comunicazione delle informazioni sull’imposta sul reddito da parte di talune imprese e succursali

29 dicembre 2023

2)  2021/2167 del Parlamento e del Consiglio relativa ai gestori di crediti e agli acquirenti di crediti

25 marzo 2024

 

3) 2022/362 del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 febbraio 2022 che modifica le direttive 1999/62/CE, 1999/37/CE e (UE) 2019/520 per quanto riguarda la tassazione a carico di veicoli per l’uso di alcune infrastrutture

5 aprile 2024

4) 2022/431 del parlamento e del Consiglio relativa alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro

31 dicembre 2024

 

5) 2022/542 del Consiglio del 5 aprile 2022 recante modifica delle direttive 2006/112/CE e (UE) 2020/285 per quanto riguarda le aliquote dell’imposta sul valore aggiunto

15 novembre 2024

 

6) 2022/2041 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 ottobre 2022 relativa a salari minimi adeguati nell’Unione europea

 

28 dicembre 2023

7) 2022/2380  del parlamento europeo e del Consiglio relativa all’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri inerenti la messa a disposizione sul mercato di apparecchiature radio

28 dicembre 2024

8) 2022/2381 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 novembre 2022 riguardante il miglioramento dell’equilibrio di genere fra gli amministratori delle società quotate e relative misure

30 giugno 2023

9) 2022/2438 della Commissione relativa agli organismi nocivi delle piante

6 luglio 2024

10) 2022/2464 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 dicembre 2022, che modifica il regolamento (UE) n. 537/2014, la direttiva 2004/109/CE, la direttiva 2006/43/CE e la direttiva 2013/34/UE per quanto riguarda la rendicontazione societaria di sostenibilità

31 dicembre 2023

11) 2022/2523 del Consiglio del 14 dicembre 2022 intesa a garantire un livello di imposizione fiscale minimo globale per i gruppi multinazionali di imprese e i gruppi nazionali su larga scala nell'Unione

17 ottobre 2024

12) 2022/2555 del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla cybersicurezza

17 ottobre 2024

13) 2022/2557 del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla resilienza dei soggetti critici

5 dicembre 2024

14) 2023/946 del Parlamento europeo e del Consiglio del 10 maggio 2023 che modifica la direttiva 2003/25/CE per quanto riguarda l’inclusione di requisiti di stabilità migliorati e l’allineamento di tale direttiva ai requisiti di stabilità definiti dall’Organizzazione marittima internazionale

31 dicembre 2023

15)2023/958 del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al trasporto aereo

 

7 giugno 2026

16) 2023/970 del Parlamento europeo e del Consiglio del 10 maggio 2023 volta a rafforzare l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore attraverso la trasparenza retributiva e i relativi meccanismi di applicazione

12 dicembre 2024

17) 2023/977 del Parlamento europeo e del Consiglio del 10 maggio 2023 relativa allo scambio di informazioni tra le autorità di contrasto degli Stati membri e che abroga la decisione quadro 2006/960/GAI del Consiglio

 

 

 

Il processo di recepimento degli atti dell’UE

Ai sensi dell’articolo 29, comma 7, della legge n. 234 del 2012, il disegno di legge di delegazione europea deve essere corredato di una relazione illustrativa, aggiornata al 31 dicembre dell'anno precedente, nella quale il Governo, in occasione della presentazione del disegno di legge, dà conto di una serie di informazioni utili alla valutazione del processo di recepimento delle direttive e degli altri atti dell’Unione europea.

Al fine di fornire le informazioni previste dal citato articolo 29 senza soluzione di continuità, la Relazione illustrativa allegata al disegno di legge di delegazione 2022 riporta le informazioni riferite agli anni 2021 e 2022 - e fino al 12 giugno 2023 - mediante le quali il Governo:

a)      dà conto delle motivazioni che lo hanno indotto all'inclusione delle direttive dell'Unione europea in uno degli allegati, con specifico riguardo all'opportunità di sottoporre i relativi schemi di atti normativi di recepimento al parere delle competenti Commissioni parlamentari;

 

A tale riguardo la suddetta Relazione precisa che nel disegno di legge in esame è presente un solo allegato poiché tutte le direttive europee contenute nel disegno di legge saranno attuate con decreti legislativi sottoposti all’esame delle competenti Commissioni parlamentari per l’espressione del prescritto parere. Si precisa altresì che nel disegno di legge sono state inserite le direttive dell’Unione europea pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea alla data dell’8 giugno 2021.

 

b)     riferisce sullo stato di conformità dell'ordinamento interno al diritto dell'Unione europea e sullo stato delle eventuali procedure d'infrazione, dando conto, in particolare, della giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea relativa alle eventuali inadempienze e violazioni da parte della Repubblica italiana di obblighi derivanti dal diritto dell'Unione europea;

 

Al riguardo, il Governo evidenzia che il numero delle procedure d’infrazione a carico dell’Italia alla data del 31 dicembre 2022 ammontava a 82, di cui 57 per violazione del diritto dell’Unione e 25 per mancato recepimento di direttive. Alla data del 12 giugno 2023 il numero delle procedure è pari ad 82.

Di seguito sono riportati i tre prospetti, contenuti nella relazione illustrativa al disegno di legge, riepilogativi delle procedure di infrazione attive, suddivise per stadio, per materia e per amministrazione (per quest’ultimo è riportato solo l’aggiornamento al 12 giugno 2023).

Il numero corrisponde al totale effettivo delle procedure pendenti, depurato da duplicazioni, tenuto conto che alcune procedure sono di competenza condivisa tra più Amministrazioni;


 

 

SUDDIVISIONE PROCEDURE DI INFRAZIONE PER STADIO DELLA PROCEDURA

 

 

 31 dicembre 2022

12 giugno 2023

Messa in mora Art. 258 TFUE

30

32

Messa in mora complementare Art. 258 TFUE

9

7

Parere motivato Art. 258 TFUE

20

20

Decisione ricorso Art. 258 TFUE

1

1

Ricorso Art. 258 TFUE

2

3

Sentenza Art. 258 TFUE

7

6

Messa in mora Art. 260 TFUE

6

5

Decisione ricorso Art. 260 TFUE

1

2

Sentenza Art. 260 TFUE

6

6

Totale

82

82

 

 

SUDDIVISIONE PROCEDURE DI INFRAZIONE PER MATERIA

 

 

31 dicembre 2022

12 giugno 2023

Ambiente

16

15

Affari economici e finanziari

13

14

Trasporti

9

7

Giustizia

7

5

Concorrenza e aiuti di Stato

6

6

Energia

5

5

Lavoro e politiche sociali

5

7

Fiscalità e dogane

5

5

Libera prestazione dei servizi e stabilimento

3

2

Affari interni

4

5

Salute

2

2

Appalti

2

2

Agricoltura

2

2

Affari esteri

2

2

Tutela dei consumatori

1

2

Libera circolazione delle merci

-

1

TOTALE

82

82

 


 

SUDDIVISIONE INFRAZIONI PER AMMINISTRAZIONE COMPETENTE

 

Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica

19

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti

8

Ministero dell’economia e delle finanze

19

Ministero del lavoro e delle politiche sociali

8

Ministero della giustizia

7

Ministero dell’interno

6

Ministero delle imprese e del made in Italy

4

Presidenza del Consiglio – Dipartimento politiche europee

1

Ministero della salute

4

Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste

2

Regioni e Enti locali (competenza esclusiva)

1

Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione

2

Ministero degli affari esteri

1

Ministro per le disabilità

1

Ministro per la protezione civile e le politiche del mare

1

Ministero dell’università e della ricerca

1

Totale

82

 

c)      fornisce l'elenco delle direttive dell'Unione europea recepite o da recepire in via amministrativa (2021-2022);

 

Al riguardo, si rappresenta che le direttive attuate in via amministrativa nel 2021 sono state 15, mentre nell’anno successivo ammontavano a 12 e, infine, sono 3 alla data del 12 giugno 2023;

d)     dà partitamente conto delle ragioni dell'eventuale omesso inserimento di quattro direttive dell'Unione europea poiché l’ordinamento nazionale risulta essere conforme al dettato normativo europeo e, pertanto, non necessitano di norme di attuazione;

e)      dichiara che nel corso del 2021 e 2022, non risultano recepite direttive dell’Unione europea con regolamenti, ai sensi dell'articolo 35 della legge n. 234 del 2012;

f) fornisce l'elenco delle direttive dell'Unione europea, pubblicate negli anni 2021-2022, che delegano alla Commissione europea il potere di adottare gli atti di cui all'articolo 290 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;

g)     dichiara che sulla base delle comunicazioni, pervenute dagli enti territoriali per mezzo della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome ed effettuate tenendo conto della nota tecnica condivisa tra la Segreteria della Conferenza e il Dipartimento per le politiche europee sull’applicazione degli articoli 29, commi 3 e 7, e 40, comma 2, della legge n. 234 del 2012, nessuna Regione, nel corso dell’anno 2022, ha dovuto recepire le direttive dell'Unione europea nelle materie di loro competenza.

 

 

La procedura parlamentare di esame delle leggi europee 

 

La fase discendente di esame ed approvazione dei disegni di legge europea e di delegazione europea - con il contestuale esame della Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione -, rappresentano il momento per compiere, in sede parlamentare, una verifica complessiva dell'adempimento di tutti gli obblighi derivanti dall'appartenenza all'UE da parte dell'Italia.

Sui due atti si svolge un procedimento di esame congiunto in Commissione ed in Assemblea, pur avendo l'uno natura legislativa e l'altro quella di indirizzo e controllo.

Per quanto riguarda il Senato, la procedura vigente per l'esame del disegno di legge di delegazione europea (come della legge europea e delle relazioni annuali sulla partecipazione dell'Italia all'UE) è disciplinata dall’articolo 144-bis del Regolamento interno.

Il suddetto articolo, al comma 1, prevede che tali atti siano assegnati, per l'esame generale in sede referente, alla 14a Commissione "Politiche dell'Unione europea" e, per l'esame delle parti di rispettiva competenza, alle Commissioni competenti per materia.

Queste ultime dispongono di quindici giorni per condurre l'esame che potrà concludersi, nel caso del disegno di legge di delegazione (e del disegno di legge europea), con l'approvazione di una relazione e con la nomina di un relatore. E' prevista inoltre la possibilità di trasmettere relazioni di minoranza.

Nel caso si tratti delle relazioni annuali sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, l'esame nelle commissioni si concluderà con l'approvazione di un parere.

Trascorsi quindici giorni dall'assegnazione la 14a Commissione potrà in ogni caso procedere all'esame (comma 2). Avrà a disposizione trenta giorni per concluderlo e per trasmettere una relazione generale all'Assemblea. A tale relazione sono allegate altresì le relazioni delle Commissioni (o i pareri nel caso si esamini la relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea).

Per quanto concerne gli emendamenti, fermi restando i principi sanciti dall'articolo 97 R.S. (dichiarazione di improbabilità e inammissibilità), sono inammissibili quelli che riguardano materie estranee al disegno di legge in esame. Il Presidente del Senato, ricorrendo tali condizioni, può dichiarare inammissibili disposizioni del testo proposto dalla Commissione all'Assemblea (comma 4). L'articolo 144-bis prevede poi, al comma 5, che possano essere presentati in Assemblea, anche dal solo proponente, i soli emendamenti respinti nella 14a Commissione. Il Presidente del Senato, tuttavia, potrà ammetterne dei nuovi purché correlati con modifiche proposte dalla Commissione o già approvate in Assemblea.

In base al comma 6, la discussione generale dell'esame del disegno di legge di delegazione europea (e della legge europea) può avvenire congiuntamente con la discussione della relazione annuale sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, sulla quale è prevista la possibilità di presentare delle proposte di risoluzione. Al termine della votazione sul disegno di legge, l'Assemblea delibera sulle suddette proposte, votando per prima quella accettata dal Governo, alla quale ciascun senatore può proporre emendamenti (comma 7).

 

Per quanto riguarda la Camera, occorre far riferimento all' articolo 126-ter[2] del Regolamento interno (R.C.) che traccia una procedura speciale.

Più in dettaglio, l'art. 126-ter R.C. prevede che il disegno di legge comunitaria (ora: europea e di delegazione europea) e la relazione (ora: consuntiva) sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'UE siano assegnati, per l'esame generale in sede referente, alla Commissione politiche dell'Unione europea, e, per l'esame delle parti di rispettiva competenza, alle Commissioni competenti per materia.

Ciascuna Commissione è tenuta ad esaminare le parti del disegno di legge di propria competenza entro quindici giorni dall'assegnazione, concludendo con l’approvazione di una relazione e con la nomina di un relatore, che può partecipare alle sedute della Commissione politiche dell'Unione europea. Entro lo stesso termine sono trasmesse le eventuali relazioni di minoranza. Le singole Commissioni approvano anche gli emendamenti al disegno di legge, relativi alle parti di competenza, che vengono inclusi nella relazione. Analogamente, sempre entro quindici giorni, ciascuna Commissione esamina le parti della Relazione annuale che riguardino la propria competenza ed approvano un parere.

Decorso il termine indicato, la Commissione politiche dell'Unione europea, entro i successivi trenta giorni, conclude l'esame del disegno di legge e della relazione, predisponendo per ciascun atto una relazione generale per l'Assemblea, alla quale sono allegate, rispettivamente, le relazioni ed i pareri approvati dalle singole Commissioni.

La Commissione politiche dell’Unione europea svolge l'esame in sede referente del provvedimento e gli emendamenti approvati dalle singole Commissioni si ritengono accolti, salvo che la Commissione politiche dell’Unione europea non li respinga per motivi di compatibilità con la normativa comunitaria, ovvero per esigenze di coordinamento generale.

Criteri particolari riguardano l'ammissibilità degli emendamenti: oltre ai princìpi generali contenuti all'art. 89 R.C. (estraneità all'oggetto della discussione), sono considerati inammissibili gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi che riguardino materie estranee all'oggetto proprio delle leggi europee, come definito dalla legislazione vigente. Gli emendamenti dichiarati inammissibili in commissione non possono essere ripresentati in Assemblea.

Terminato l’esame in Commissione, i disegni di legge europea e di delegazione

europea e la Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, sono trasmessi all'Assemblea, dove ha luogo la discussione generale congiunta, nell’ambito della quale possono essere presentate risoluzioni sulla Relazione annuale, che sono votate dopo la votazione finale sul disegno di legge.

Si ricorda, infine, che sul disegno di legge di delegazione europea (e su quello di legge europea, ove contenga deleghe), si esprime, inoltre, il Comitato per la legislazione, ai sensi dell'art. 16-bis, comma 6- bis, R.C., dal momento che si tratta di una legge contenente norme di delegazione legislativa.

 

 

 


Articolo 1
(Delega al Governo per l'attuazione e il recepimento degli atti normativi dell'Unione europea)

 

Il comma 1 reca la delega legislativa al Governo per l’adozione dei decreti legislativi di attuazione degli atti normativi dell’Unione europea indicati nell’articolato del provvedimento in esame, nonché per l’attuazione delle direttive elencate nell’allegato A.

 

L’allegato A elenca 10 direttive da recepire con decreto legislativo.

 

Per quanto riguarda i termini, le procedure, i princìpi e i criteri direttivi della delega, il comma 1 in esame rinvia alle disposizioni previste dagli articoli 31 e 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234.

 

L’articolo 31, comma 1, della legge n. 234 del 2012 dispone che il termine per l’esercizio delle deleghe conferite al Governo con la legge di delegazione europea sia di quattro mesi antecedenti il termine di recepimento indicato in ciascuna delle direttive[3]. Per le direttive il cui termine così determinato sia già scaduto alla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea, o scada nei tre mesi successivi, la delega deve essere esercitata entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge stessa. Per le direttive che non prevedono un termine di recepimento, il termine per l’esercizio della delega è di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea.

L’articolo 31, comma 5, della legge n. 234 del 2012 prevede inoltre che il Governo possa adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi emanati in base alla delega conferita con la legge di delegazione entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore di ciascun decreto legislativo, sempre nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi fissati dalla legge stessa.

L’articolo 32 della legge n. 234 del 2012 detta i seguenti princìpi e criteri direttivi generali di delega:

a)        le amministrazioni direttamente interessate provvedono all'attuazione dei decreti legislativi con le ordinarie strutture, secondo il principio della massima semplificazione dei procedimenti;

b)        ai fini di un migliore coordinamento con le discipline vigenti sono introdotte le occorrenti modificazioni alle discipline stesse, anche attraverso il riassetto e la semplificazione della normativa;

c)        gli atti di recepimento di direttive dell'Unione europea non possono prevedere l'introduzione o il mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive stesse (c.d. gold plating);

d)        ove necessario, al fine di assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, sono previste sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti stessi. In ogni caso le sanzioni penali sono previste "solo nei casi in cui le infrazioni ledano o espongano a pericolo interessi costituzionalmente protetti";

e)        al recepimento di direttive o di altri atti che modificano precedenti direttive o di atti già attuati con legge o con decreto legislativo si procede apportando le corrispondenti modificazioni alla legge o al decreto legislativo di attuazione;

f)         nella redazione dei decreti legislativi si tiene conto delle eventuali modificazioni delle direttive comunque intervenute fino al momento dell'esercizio della delega;

g)        quando si verificano sovrapposizioni di competenze tra amministrazioni diverse o comunque siano coinvolte le competenze di più amministrazioni statali, i decreti legislativi individuano le procedure per salvaguardare l'unitarietà dei processi decisionali, l’efficacia e la trasparenza dell’azione amministrativa, nel rispetto dei princìpi di sussidiarietà e delle competenze delle regioni e degli enti territoriali;

h)        le direttive che riguardano le stesse materie o che comportano modifiche degli stessi atti normativi vengono attuate con un unico decreto legislativo, compatibilmente con i diversi termini di recepimento;

i)         è sempre assicurata la parità di trattamento dei cittadini italiani rispetto ai cittadini degli altri Stati membri dell'Unione europea e non può essere previsto in ogni caso un trattamento sfavorevole dei cittadini italiani.

 

Il comma 2 dell’articolo 1 prevede che gli schemi di decreto legislativo siano sottoposti al parere delle competenti Commissioni parlamentari.

 

La disposizione segue lo schema procedurale disciplinato in via generale dall’articolo 31, comma 3, della legge 234 del 2012. Esso prevede che gli schemi di decreto legislativo, una volta acquisiti gli altri pareri previsti dalla legge, siano trasmessi alle Camere per l’espressione del parere e che, decorsi quaranta giorni dalla data di trasmissione, essi siano emanati anche in mancanza del parere.

Qualora il termine fissato per l’espressione del parere parlamentare scada nei trenta giorni che precedono il termine per l’esercizio della delega o successivamente, il termine per la delega è prorogato di tre mesi. Si intende in tal modo permettere al Governo di usufruire in ogni caso di un adeguato periodo di tempo per l’eventuale recepimento, nei decreti legislativi, delle indicazioni emerse in sede parlamentare.

Il comma 9 del medesimo articolo 31 prevede altresì che ove il Governo non intenda conformarsi ai pareri espressi dagli organi parlamentari relativi a sanzioni penali contenute negli schemi di decreti legislativi, ritrasmette i testi alle Camere, con osservazioni ed eventuali modificazioni. Decorsi venti giorni dalla data di ritrasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza di nuovo parere.

 

Il comma 3 dell’articolo in esame dispone che eventuali spese non contemplate dalla legislazione vigente che non riguardano l’attività ordinaria delle amministrazioni statali o regionali possono essere previste nei decreti legislativi attuativi esclusivamente nei limiti necessari per l’adempimento degli obblighi di attuazione dei medesimi provvedimenti.

Alla copertura degli oneri recati da tali spese eventualmente previste nei decreti legislativi attuativi, nonché alla copertura delle minori entrate eventualmente derivanti dall’attuazione delle direttive, qualora non sia possibile farvi fronte con i fondi già assegnati alle competenti amministrazioni, si provvede a carico del Fondo per il recepimento della normativa europea, di cui all’articolo 41-bis della legge n. 234/2012.

 

Il Fondo per il recepimento della normativa europea è stato istituito dalla legge 29 luglio 2015, n. 115 (Legge europea 2014) attraverso l’introduzione dell'articolo 41-bis della legge 234/2012, al fine di consentire il tempestivo adeguamento dell'ordinamento interno agli obblighi imposti dalla normativa europea, nei soli limiti occorrenti per l'adempimento di tali obblighi e soltanto in quanto non sia possibile farvi fronte con i fondi già assegnati alle competenti amministrazioni dalla legislazione vigente.

 

Lo stesso comma 3 prevede inoltre che, in caso di incapienza del Fondo per il recepimento della normativa europea, i decreti legislativi attuativi delle direttive dai quali derivano nuovi o maggiori oneri sono emanati solo successivamente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanziano le occorrenti risorse finanziarie, in conformità all'articolo 17, comma 2, della legge di contabilità e finanza pubblica (legge 31 dicembre 2009, n. 196).

 

Il comma 2 dell’articolo 17 della legge n. 196/2009 ("Legge di contabilità e finanza pubblica") ha introdotto specifiche disposizioni relative alla copertura degli oneri recati dall’attuazione di deleghe legislative. In particolare, è espressamente sancito il principio in base al quale le leggi di delega comportanti oneri recano i mezzi di copertura finanziaria necessari per l’adozione dei relativi decreti legislativi. Qualora, in sede di conferimento della delega, per la complessità della materia trattata, non sia possibile procedere alla determinazione degli effetti finanziari derivanti dai decreti legislativi, a tale quantificazione si procede al momento dell’adozione dei singoli decreti.

A tal fine, si dispone, in primo luogo, che ciascuno schema di decreto sia corredato di una relazione tecnica che dia conto della neutralità finanziaria del medesimo provvedimento ovvero dei nuovi o maggiori oneri da esso derivanti e dei corrispondenti mezzi di copertura. In secondo luogo, la norma dispone che l’individuazione dei mezzi di copertura deve in ogni caso precedere l’entrata in vigore dei decreti medesimi, subordinando l’emanazione dei decreti legislativi alla previa entrata in vigore degli atti legislativi recanti lo stanziamento delle relative risorse finanziarie.

 

È altresì previsto il parere delle Commissioni parlamentari competenti anche per i profili finanziari sugli schemi dei decreti legislativi in questione, come richiesto dall'articolo 31, comma 4, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, che disciplina le procedure per l'esercizio delle deleghe legislative conferite al Governo con la legge di delegazione europea.

 


 

Articolo 2
(Delega al Governo per la disciplina sanzionatoria di violazioni di atti normativi dell’Unione europea)

 

L'articolo 2 conferisce al Governo, ai sensi dell'articolo 33 della legge n. 234 del 2012, una delega della durata di diciotto mesi per l'emanazione di disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative per le violazioni di obblighi discendenti da precetti europei non trasfusi in leggi nazionali. Può trattarsi di direttive attuate in via regolamentare o amministrativa, ossia con fonti non primarie inidonee a istituire sanzioni penali, o di regolamenti dell’Unione europea.

 

Si rammenta che gli atti legislativi dell'Unione europea non introducono né disciplinano, di norma, sanzioni, rimandando invece agli ordinamenti nazionali, in virtù della netta diversità dei sistemi giuridici nazionali. I regolamenti e le direttive lasciano quindi agli Stati membri di regolare le conseguenze della loro inosservanza.

 

La disposizione in oggetto è analoga a quella contenuta nelle leggi di delegazione europea relative agli anni precedenti. Essa risponde all'esigenza di prevedere con fonte normativa interna di rango primario - atta ad introdurre norme di natura penale o amministrativa nell’ordinamento nazionale - l'eventuale disciplina sanzionatoria necessaria all’attuazione di direttive in via regolamentare o amministrativa. La stessa necessità si ravvisa per eventuali sanzioni da introdurre per violazione di norme contenute in regolamenti dell’Unione europea che, come è noto, non richiedono leggi di recepimento, essendo direttamente applicabili nell’ordinamento nazionale. La finalità dell’articolo è pertanto quella di consentire al Governo, fatte salve le norme penali vigenti, di introdurre sanzioni volte a punire le trasgressioni commesse in violazione dei precetti contenuti nelle disposizioni normative dell’Unione europea, garantendo il rispetto degli atti regolamentari o amministrativi con cui tali disposizioni vengono trasposte nell’ordinamento interno.

 

L’articolo 33 della legge n. 234 del 2012 individua la delega stessa come contenuto proprio della legge di delegazione europea. Il comma 2 dell’articolo 33 prevede che i decreti legislativi siano adottati, in base all'art. 14 della legge n. 400 del 1988[4], su proposta del Presidente del Consiglio o del Ministro per gli affari europei e del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri competenti per materia.

La tipologia e la scelta delle sanzioni deve essere effettuata, oltre che secondo i princìpi e i criteri direttivi generali indicati all’articolo 32, comma 1, lettera d), della legge n. 234 del 2012, secondo quelli specifici eventualmente indicati nella legge di delegazione europea.

La citata lettera d) dell’articolo 32, comma 1, della legge n. 234 del 2012 indica i principi e criteri di delega per l’adozione della disciplina sanzionatoria corrispondente. In particolare, al di fuori dei casi previsti dalle norme penali vigenti, al fine di assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, possono essere previste sanzioni penali, nei limiti, rispettivamente, dell'ammenda fino a 150.000 euro e dell'arresto fino a tre anni, in via alternativa o congiunta, solo nei casi in cui le infrazioni ledano o espongano a pericolo interessi costituzionalmente protetti. In tali casi è prevista la pena dell'ammenda alternativa all'arresto per le infrazioni che espongano a pericolo o danneggino l'interesse protetto; la pena dell'arresto congiunta a quella dell'ammenda per le infrazioni che rechino un danno di particolare gravità. In luogo dell'arresto e dell'ammenda, possono essere anche previste le sanzioni alternative di cui agli articoli 53 e seguenti del decreto legislativo n. 274 del 2000, e la relativa competenza del giudice di pace. Tali sanzioni consistono nell’obbligo di permanenza domiciliare e nel divieto di accesso a luoghi determinati. È altresì prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma non inferiore a 150 euro e non superiore a 150.000 euro per le infrazioni che ledono o espongono a pericolo interessi diversi da quelli sopra indicati. L’entità delle sanzioni è determinata tenendo conto della diversa potenzialità lesiva dell'interesse protetto che ciascuna infrazione presenta in astratto, di specifiche qualità personali del colpevole, con particolare riguardo a quelle che impongono particolari doveri di prevenzione, controllo o vigilanza, nonché del vantaggio patrimoniale che l'infrazione può recare al colpevole o alla persona o all'ente nel cui interesse egli agisce. Ove necessario per assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, sono previste inoltre le sanzioni amministrative accessorie della sospensione fino a sei mesi e, nei casi più gravi, della privazione definitiva di facoltà e diritti derivanti da provvedimenti dell'amministrazione, nonché sanzioni penali accessorie nei limiti stabiliti dal codice penale. Sempre al medesimo fine è prevista la confisca obbligatoria delle cose utilizzate per commettere l'illecito amministrativo o il reato previsti dai medesimi decreti legislativi, nel rispetto dei limiti stabiliti dall'articolo 240, commi 3 e 4, del codice penale e dall'articolo 20 della legge n. 689 del 1981. Entro i limiti di pena indicati sono previste sanzioni anche accessorie identiche a quelle eventualmente già comminate dalle leggi vigenti per violazioni omogenee e di pari offensività rispetto a quelle previste nei decreti legislativi. Infine, nelle materie di cui all'articolo 117, quarto comma, della Costituzione, le sanzioni amministrative sono determinate dalle regioni.

 

Sugli schemi di decreto legislativo adottati in virtù della delega conferita dal presente articolo è prevista l’acquisizione del parere delle competenti Commissioni parlamentari.

 

 

 


 

Articolo 3
(Principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega per il recepimento della direttiva (UE) 2022/2555, relativa a misure per un livello comune elevato di cybersicurezza nell'Unione)

 

L’articolo 3 reca specifici principi e criteri di delega al Governo per il recepimento della direttiva (UE) 2022/2555 del 14 dicembre 2022, relativa a misure per un livello comune elevato di cybersicurezza nell’Unione europea (c.d. “direttiva NIS 2”).

Tale direttiva, il cui termine per il recepimento è fissato al 17 ottobre 2024, abroga la direttiva (UE) 2016/1148 (c.d. direttiva NIS, Network and Information Security), nonché modifica sia il regolamento (UE) n. 910/2014 sull’identità digitale, sia la direttiva (UE) 2018/1972, che ha istituito il Codice europeo delle comunicazioni elettroniche.

 

In premessa è utile ricordare che a livello di Unione europea la materia della sicurezza cibernetica è stata inizialmente regolata dalla direttiva (UE) 2016/1148 del 6 luglio 2016 che reca misure per un livello comune elevato di sicurezza delle reti e dei sistemi informativi nell'Unione (c.d. direttiva NIS - Network and Information Security)  al fine di conseguire un "livello elevato di sicurezza della rete e dei sistemi informativi in ambito nazionale, contribuendo ad incrementare il livello comune di sicurezza nell'Unione europea".

La direttiva è stata recepita nell'ordinamento italiano con il decreto legislativo n. 65 del 18 maggio 2018 (c.d. decreto legislativo NIS), che detta la cornice legislativa interna delle misure da adottare per la sicurezza delle reti e dei sistemi informativi ed individua i soggetti competenti per dare attuazione agli obblighi previsti dalla direttiva NIS.

Le norme introdotte nel 2016 sono state aggiornate dalla direttiva (UE) 2022/2555 del 14 dicembre 2022 (c.d. direttiva NIS 2) che sostituisce il quadro di riferimento in materia, al fine di tener conto di una crescente digitalizzazione del mercato interno e di un panorama in evoluzione delle minacce alla cibersicurezza. L’aggiornamento della direttiva mira inoltre ad eliminare le ampie divergenze tra gli Stati membri che hanno attuato gli obblighi in materia di sicurezza e segnalazione degli incidenti, nonché in materia di vigilanza ed esecuzione, stabiliti dalla direttiva NIS in modi significativamente diversi a livello nazionale, con un effetto potenzialmente pregiudizievole sul funzionamento del mercato interno.

In particolare, la direttiva NIS 2 stabilisce norme minime e meccanismi per la cooperazione tra le autorità competenti di ciascuno Stato membro, aggiornando l’elenco dei settori e delle attività soggetti agli obblighi in materia di cybersicurezza, e prevedendo mezzi di ricorso e sanzioni per garantirne l'applicazione. La direttiva, in particolare: a) stabilisce obblighi per gli Stati membri di adottare una strategia nazionale per la cybersicurezza, designare autorità nazionali competenti, punti di contatto unici e CSIRT; b) prevede che gli Stati membri stabiliscano obblighi di gestione e segnalazione dei rischi di cybersicurezza per i soggetti indicati come soggetti essenziali nell'allegato I e come soggetti importanti nell'allegato II; c) prevede che gli Stati membri stabiliscano obblighi in materia di condivisione delle informazioni sulla cybersicurezza.

Per quanto riguarda le principali novità, la direttiva NIS 2 amplia il campo di applicazione, da un lato, includendovi anche la pubblica amministrazione centrale (lasciando discrezionalità agli Stati membri di inserire gli enti locali in base all’assetto istituzionale), le piccole e microimprese (solo se operano in settori chiave per la società) e, indipendentemente dalle dimensioni, fornitori di servizi di comunicazione elettroniche pubbliche e di reti di comunicazione elettronica accessibili al pubblico, e dall’altro lato, aumentando significativamente i settori di applicazione.

Inoltre, mentre ai sensi della precedente direttiva NIS la responsabilità di determinare quali soggetti soddisfacessero i criteri per essere considerati operatori di servizi essenziali spettava agli Stati membri, la nuova direttiva NIS 2 introduce la regola della soglia di dimensione. Ciò significa che tutti i soggetti di medie e grandi dimensioni che operano nei settori o forniscono i servizi contemplati dalla direttiva dovrebbero rientrare nel suo ambito di applicazione.

Il nuovo regime esclude dalla sua applicazione i soggetti operanti in settori quali la sicurezza nazionale, la pubblica sicurezza o la difesa, il contrasto, comprese la prevenzione, le indagini, l'accertamento e il perseguimento dei reati. Sono altresì esclusi Parlamenti e banche centrali.

Inoltre la direttiva NIS 2 prevede l'istituzione di una rete europea delle organizzazioni di collegamento per le crisi informatiche EU-CyCLONe, volta a sostenere la gestione coordinata degli incidenti di cibersicurezza su vasta scala.

 

La direttiva (UE) 2022/2555 apporta alcune modifiche al regolamento (UE) n. 910/2014, noto come regolamento eIDAS (electronic IDentification Authentication and Signature), che fornisce una base normativa comune per interazioni elettroniche sicure fra cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni e incrementa la sicurezza e l’efficacia dei servizi elettronici e delle transazioni di e-business e commercio elettronico nell’Unione Europea. In particolare, tale regolamento: fissa le condizioni a cui gli Stati membri riconoscono i mezzi di identificazione elettronica delle persone fisiche e giuridiche che rientrano in un regime notificato di identificazione elettronica di un altro Stato membro; stabilisce le norme relative ai servizi fiduciari, in particolare per le transazioni elettroniche; istituisce un quadro giuridico per le firme elettroniche, i sigilli elettronici, le validazioni temporali elettroniche, i documenti elettronici, i servizi elettronici di recapito certificato e i servizi relativi ai certificati di autenticazione di siti web.

Ulteriori modifiche riguardano la direttiva (UE) 2018/1972, che istituisce il Codice europeo delle comunicazioni elettroniche.

Più in generale, in materia di sicurezza informatica si veda la pagina Sicurezza cibernetica del portale della documentazione della Camera dei deputati.

 

Oltre ai princìpi e criteri direttivi generali di cui all’articolo 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, gli ulteriori princìpi e criteri direttivi specifici assegnati al Governo sono i seguenti:

 

Ø  individuare i criteri in base ai quali un ente pubblico può essere considerato pubblica amministrazione ai fini dell’applicazione delle disposizioni della direttiva (UE) 2022/2555 (lettera a): in proposito l’articolo 2 della direttiva stabilisce infatti che essa si applica ad un ente della amministrazione centrale, quale definito da ciascuno Stato membro conformemente al diritto nazionale ovvero ad un ente pubblico a livello regionale quale definito dallo Stato, ma solo se a seguito di una valutazione basata sul rischio, si ritenga che fornisca servizi la cui perturbazione potrebbe avere un impatto significativo su attività sociali o economiche critiche;

Ø  prevedere l’esclusione dall’ambito di applicazione delle disposizioni della nuova direttiva NIS 2 degli enti della pubblica amministrazione operanti nei settori di cui all’articolo 2, paragrafo 7, della direttiva medesima (lettera b), ossia quelli che svolgono le loro attività nei settori della sicurezza nazionale, della pubblica sicurezza o della difesa, del contrasto, comprese la prevenzione, le indagini, l'accertamento e il perseguimento dei reati, ivi compresi gli organismi di informazione per la sicurezza ai quali si applicano le disposizioni di cui alla legge 3 agosto 2007, n. 124;

Ø  avvalersi della facoltà prevista per gli stati membri dall’articolo 2, paragrafo 8, della direttiva, di esentare alcuni soggetti specifici che svolgono attività nei settori ivi indicati (sicurezza nazionale, della pubblica sicurezza, della difesa o del contrasto) o che forniscono servizi esclusivamente agli enti della pubblica amministrazione, con la precisazione che ciò avvenga mediante uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, adottati su proposta delle competenti Amministrazioni (lettera c);

Ø  confermare la distinzione tra l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale[5], quale autorità nazionale competente e punto di contatto, ai sensi della direttiva (articolo 8), e le autorità di settore operanti negli ambiti di cui agli allegati I e II alla medesima direttiva (lettera d);

Ai sensi del D.Lgs. n. 65/2018 (articolo 7), come modificato dal D.L. 82/2021, l'Agenzia per la cybersicurezza nazionale è stata designata quale autorità nazionale competente NIS per i settori e sottosettori di cui all'allegato II e per i servizi di cui all'allegato III[6]. Sono designate quali autorità di settore:

a) il Ministero dello sviluppo economico, per il settore infrastrutture digitali, nonché per i servizi digitali;

b) il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, per il settore trasporti, sottosettori aereo, ferroviario, per vie d'acqua e su strada;

c) il Ministero dell'economia e delle finanze, per il settore bancario e per il settore infrastrutture dei mercati finanziari, in collaborazione con le autorità di vigilanza di settore, Banca d'Italia e Consob, secondo modalità di collaborazione e di scambio di informazioni stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze;

d) il Ministero della salute, per l'attività di assistenza sanitaria prestata dagli operatori dipendenti o incaricati dal medesimo Ministero o convenzionati con lo stesso, e le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, direttamente o per il tramite delle Autorità sanitarie territorialmente competenti, per le attività di assistenza sanitaria prestata dagli operatori autorizzati e accreditati dalle Regioni o dalle Province autonome negli ambiti territoriali di rispettiva competenza;

e) il Ministero della transizione ecologica per il settore energia, sottosettori energia elettrica, gas e petrolio;

f) il Ministero della transizione ecologica e le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, direttamente o per il tramite delle Autorità territorialmente competenti, in merito al settore fornitura e distribuzione di acqua potabile.

Ø  in attuazione dell’articolo 10 della direttiva NIS2, confermare le disposizioni del citato D.Lgs. n. 65/2018 in materia di istituzione del CSIRT Italia, nonché ampliare quanto previsto dal medesimo decreto prevedendo la collaborazione tra tutte le strutture pubbliche (CERT) coinvolte in caso di eventi malevoli alla sicurezza informatica (lettera e);

Già attualmente, il d.lgs. 85/2018 in attuazione della direttiva NIS, dispone che presso l'Agenzia opera il CSIRT-Computer Emergency Response Team italiano, con un contingente di 30 persone e lo stanziamento di specifiche risorse finanziarie, al quale sono attribuite le funzioni del CERT nazionale (in precedenza presso il Ministero per lo sviluppo economico) e del CERT-PA (in precedenza presso l'Agenzia per l'Italia digitale-AGID). Il CSIRT è definito dalla direttiva 2016/1148 quale "gruppo di intervento per la sicurezza informatica in caso di incidente", che ogni Stato membro è chiamato a designare con il compito di trattare gli incidenti e i rischi secondo una procedura definita.

L’articolo 10 della nuova direttiva NIS 2 conferma la designazione da parte di ciascuno Stato membro di uno o più CSIRT, anche all'interno di un'autorità competente. I CSIRT devono essere conformi ai requisiti stabiliti nella direttiva e sono responsabili della gestione degli incidenti conformemente a una procedura ben definita. Gli Stati membri devono provvedere affinché ogni CSIRT disponga di un'infrastruttura di informazione e comunicazione adeguata, sicura e resiliente attraverso la quale scambiare informazioni con i soggetti essenziali e importanti e con gli altri portatori di interesse pertinenti. Devono inoltre garantire la collaborazione effettiva, efficiente e sicura dei loro CSIRT nella rete di CSIRT.

Ø  prevedere un regime transitorio per i soggetti già sottoposti alla disciplina del D.lgs. n. 65/2018, di recepimento della direttiva (UE) 2016/1148, ai fini della migliore applicazione delle disposizioni previste dalla direttiva NIS2 (lettera f);

In merito si ricorda che il D.Lgs. n. 65/2018 definisce gli obblighi in capo agli operatori dei servizi essenziali e ai fornitori dei servizi digitali con riferimento alla sicurezza della rete e dei sistemi informativi che utilizzano nel contesto dei servizi individuati dall'allegato III. Gli operatori di servizi essenziali, ai fini del provvedimento, sono i soggetti pubblici o privati, della tipologia prevista dall'elenco dell'allegato II (settori dell'energia e trasporti, settore bancario, infrastrutture dei mercati finanziari, settore sanitario, fornitura e distribuzione di acqua potabile, infrastrutture digitali), individuati dalle autorità competenti NIS.

Ø  prevedere meccanismi che consentano la registrazione dei soggetti essenziali e importanti, di cui all’articolo 3 della direttiva (UE) 2022/2555, ai fini della comunicazione dei dati previsti dal paragrafo 4 del medesimo articolo 3 (lettera g);

La Direttiva NIS 2 supera l’impostazione della precedente direttiva legata ai concetti di “operatore di servizi essenziali” e di “fornitore di servizi digitali”, liberamente identificati dagli Stati membri attraverso criteri disomogenei, stabilendo, invece, alcuni criteri uniformi per permettere una organica identificazione degli operatori pubblici e privati da includere in due nuove categorie di attori: quella dei “soggetti essenziali” (articolo 3, paragrafo 1) e quella dei “soggetti importanti” (articolo 3, paragrafo 2). Entro il 17 aprile 2025, gli Stati membri devono definire un elenco dei soggetti essenziali ed importanti nonché dei soggetti che forniscono servizi di registrazione dei nomi di dominio, da riesaminare e aggiornare ogni due anni. Ai fini della compilazione dell'elenco, gli Stati membri impongono a tali soggetti di presentare alle autorità competenti le seguenti informazioni: nome; indirizzo e recapiti aggiornati; se del caso, i settori e sottosettori pertinenti di cui all'allegato I o II; se del caso, un elenco degli Stati membri in cui forniscono servizi che rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva.

Ø  introdurre le modifiche necessarie alla legislazione vigente, anche in materia penale, al fine di assicurare il recepimento nell’ordinamento nazionale delle disposizioni della direttiva NIS 2 in tema di divulgazione coordinata delle vulnerabilità (lettera h);

La direttiva NIS 2 stabilisce (articolo 12) un quadro per la divulgazione coordinata delle vulnerabilità, che consiste in un processo strutturato attraverso il quale le vulnerabilità sono segnalate al fabbricante o al fornitore dei prodotti TIC (tecnologie dell’informazione e della comunicazione) dei servizi TIC potenzialmente vulnerabili, in modo tale da consentire loro di diagnosticarle ed eliminarle prima che informazioni dettagliate in merito siano divulgate a terzi o al pubblico.

Ø  definire le competenze dell’Agenzia per l’Italia digitale e dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale in relazione alle attività previste dal regolamento (UE) n. 910/2014, noto come regolamento eIDAS (lettera i);

Ø  rivedere il sistema sanzionatorio e il sistema di vigilanza ed esecuzione previsto dal D.Lgs. n. 65/2018 (lettera l), che attualmente individua i poteri di controllo dell'autorità NIS sia nei confronti degli operatori di servizi essenziali, sia dei fornitori di servizi digitali, prevedendo poteri di verifica e di ispezione (articolo 19) oltre che l'irrogazione di sanzioni amministrative nel caso di mancato adempimento degli obblighi previsti (articoli 20 e 21). In proposito, si dispone un primo specifico criterio di delega che prevede che le nuove sanzioni siano effettive, proporzionate e dissuasive rispetto alla gravità della violazione degli obblighi derivanti dalla direttiva NIS 2, “anche in deroga ai limiti previsti dall’articolo 32, comma 1, lettera d), della legge n. 234/2012 e alla legge n. 689/1981” ed introducendo strumenti deflattivi del contenzioso. La relazione illustrativa motiva la necessità di derogare ai limiti previsti dall’articolo 32 della legge n. 234 del 2012 con riferimento all’attuazione delle disposizioni della direttiva NIS 2 che contemplano anche l’applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie che possono raggiungere nel massimo un importo di dieci milioni di euro.

Si ricorda che l’articolo 32, comma 1, lettera d), della legge n. 234/2012 definisce i limiti delle sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi di recepimento delle direttive europee previste dalla legge di delegazione europea. Per le sanzioni penali si dispone, tra le altre cose, che queste possano essere previste nei limiti, rispettivamente, dell’ammenda fino a 150.000 euro e dell’arresto, fino a tre anni, solo nei casi in cui le infrazioni ledano o espongano a pericolo interessi costituzionalmente protetti. In tali casi, prosegue la disposizione, sono previste la pena dell’ammenda alternativa all’arresto per le infrazioni che espongano a pericolo o danneggino l’interesse protetto; la pena dell’arresto congiunta a quella dell’ammenda per le infrazioni che rechino un danno di particolare gravità. Il principio direttivo in commento consente quindi di derogare anche a tali limiti senza introdurne di nuovi. In proposito, si ricorda che la giurisprudenza costituzionale ha rilevato che il legislatore delegante, in ambito penale, deve adottare principi e criteri direttivi “configurati in modo assai preciso, sia definendo la specie e l’entità massima delle pene, sia dettando il criterio, in sé restrittivo, del ricorso alla sanzione penale solo per la tutela di determinati interessi rilevanti” (sentenza n. 175/2022. Precedenti: sent. n. 174/2021; sent. n. 127/2017; sent. n. 5/2014; sent. n. 49/1999; sent. n. 53/1997). In questo ambito, infatti, il controllo sul rispetto di tali criteri e principi direttivi è “anche strumento di garanzia della riserva di legge e del rispetto del principio di stretta legalità, spettando al Parlamento l’individuazione dei fatti da sottoporre a pena e delle sanzioni loro applicabili”. Al riguardo, si valuti quindi l’opportunità di un approfondimento del criterio di delega di cui alla lettera l), n. 1.

 

Un secondo criterio di delega stabilisce (o meglio, sembra confermare) che gli introiti derivanti dall’irrogazione delle sanzioni siano versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati ad apposito capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia per incrementare la dotazione del bilancio dell'Agenzia per la cybersicurezza nazionale;

 

Per quanto concerne la destinazione degli introiti delle sanzioni, si ricorda che ai sensi del decreto-legge n. 82/2021, già attualmente i proventi delle sanzioni irrogate dall’Agenzia ai sensi di quanto previsto dal decreto legislativo NIS e relative norme attuative, costituiscono entrate dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (art. 11, co. 2, lett. f)).

Ø  assicurare il coordinamento tra le disposizioni della direttiva (UE) NIS 2, quelle della direttiva (UE) 2022/2557 (c.d. direttiva CER) relativa alla resilienza dei soggetti critici, la cui delega è contenuta nell’articolo 4 della proposta di legge in esame, nonché del regolamento (UE) 2022/2554 (c.d. regolamento DORA) e della direttiva (UE) 2022/2556 in materia di servizi finanziari, la cui delega è contenuta nell’articolo 11 della medesima proposta (lettera m);

In proposito si ci limita a ricordare che la direttiva NIS 2 fa parte di un più ampio pacchetto di strumenti giuridici a livello dell’Unione, mirato a rafforzare i soggetti pubblici e privati rispetto alle minacce nell’ambito cibernetico. In particolare, per quanto qui rileva:

-          la direttiva (UE) 2022/2557 (cosiddetta direttiva CER – Critical Entities Resilience) è relativa alla resilienza dei soggetti critici e interviene in abrogazione della precedente direttiva 2008/114/CE del Consiglio, concernente l’individuazione e la designazione delle infrastrutture critiche europee e la valutazione della necessità di migliorarne la protezione;

-          il Regolamento (UE) 2022/2554 (c.d. Digital Operational Resilience Act – DORA) definisce obblighi sulla sicurezza dei sistemi informatici e di rete che sostengono i processi commerciali delle entità finanziarie;

-          la correlata direttiva (UE) 2022/2556 reca una serie di modifiche necessarie per rendere chiara e coerente l’applicazione, da parte delle entità finanziarie autorizzate e sottoposte a vigilanza conformemente a tali direttive, dei vari requisiti di resilienza operativa digitale necessari per lo svolgimento delle loro attività e per la prestazione di servizi.

 

Si rinvia, in proposito, anche alle schede di lettura degli articoli 4 e 11.

Ø  apportare alla normativa vigente tutte le modificazioni e le integrazioni occorrenti ad assicurare il coordinamento con le disposizioni emanate in attuazione dell’articolo in esame (lettera n).

 


 

Articolo 4
(Principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega per il recepimento della direttiva (UE) 2022/2557, relativa alla resilienza dei soggetti critici)

 

L’articolo 4 reca specifici principi e criteri di delega al Governo per il recepimento – da effettuarsi entro il 17 ottobre 2024 della direttiva (UE) 2022/2557 del 14 dicembre 2022, relativa alla resilienza dei soggetti critici, in vigore dal 16 gennaio 2023.

L’atto in questione abroga la direttiva 2008/114/CE dell’8 dicembre 2008, con la quale il Consiglio dell'Unione europea ha disciplinato la procedura per l'individuazione e la designazione da parte degli Stati membri delle Infrastrutture critiche europee (ECI) che si trovano sul loro territorio, definendo altresì un approccio comune per la valutazione della necessità di migliorarne la protezione.

 

Ai fini della direttiva 2008/114/CE, recepita in Italia con il d.lgs. 11 aprile 2011, n. 61, per infrastruttura critica si intende «un elemento, un sistema o parte di questo ubicato negli Stati membri che è essenziale per il mantenimento delle funzioni vitali della società, della salute, della sicurezza e del benessere economico e sociale dei cittadini ed il cui danneggiamento o la cui distruzione avrebbe un impatto significativo in uno Stato membro a causa dell’impossibilità di mantenere tali funzioni».

Nel definire, inoltre, l’infrastruttura critica europea (o ECI), la direttiva fa riferimento a «un’infrastruttura critica ubicata negli Stati membri il cui danneggiamento o la cui distruzione avrebbe un significativo impatto su almeno due Stati membri».

Attraverso l’atto normativo in questione gli Stati membri sono, pertanto, stati chiamati ad individuare – secondo la procedura indicata dalla direttiva stessa – le strutture presenti nei rispettivi territori rispondenti alle summenzionate definizioni e a dotarle di un Piano di sicurezza per gli operatori (PSO), al fine di garantirne la protezione.

Come evidenziato nel considerando n. 2 della direttiva (UE) 2022/2557 (c.d. direttiva CERResilience of Critical Entities), la valutazione della direttiva 2008/114/CE, svolta nel 2019, ha fatto emergere l’insufficienza di misure di protezione riguardanti solo singole strutture ad evitare il verificarsi di perturbazioni, a fronte del carattere sempre più interconnesso e transfrontaliero delle operazioni effettuate attraverso infrastrutture critiche.

Per queste ragioni è parso necessario modificare il quadro normativo di riferimento attraverso l’introduzione, per il tramite della direttiva succitata, di norme armonizzate volte a garantire la fornitura di servizi essenziali nel mercato interno, ad aumentare la resilienza dei soggetti critici – vale a dire la loro capacità di prevenire, attenuare, assorbire un incidente, di proteggersi da esso, di rispondervi, di resistervi, di adattarvisi e di ripristinare le proprie capacità operative – e a migliorare la cooperazione transfrontaliera tra le autorità competenti.

Più specificamente, la direttiva (UE) 2022/2557 provvede, tra l’altro:

-          a porre in capo agli Stati membri diversi obblighi in merito all’adozione di misure specifiche volte a garantire che i servizi essenziali per il mantenimento di funzioni vitali della società o di attività economiche siano forniti senza impedimenti nel mercato interno;

-          a stabilire per gli stessi soggetti critici obblighi volti a rafforzare la loro resilienza e la loro capacità di fornire i citati servizi essenziali nel mercato interno;

-          a regolare le modalità di individuazione dei soggetti critici di particolare rilevanza a livello europeo (vale a dire che forniscono servizi essenziali identici o analoghi a o in sei o più Stati membri);

-          a stabilire procedure comuni di cooperazione e comunicazione sull’applicazione della direttiva;

-          a prevedere misure intese a raggiungere un livello di resilienza elevato dei soggetti critici al fine di garantire la fornitura di servizi essenziali nell’Unione e migliorare il funzionamento del mercato interno.

 

Oltre ai principi e criteri direttivi di cui all’articolo 32 della legge n. 234 del 2012, l’articolo 4 stabilisce che, nel recepimento della direttiva (UE) 2022/2557, il Governo osservi i seguenti principi e criteri direttivi specifici:

a)      prevedere l’esclusione, dall’ambito di applicazione delle disposizioni di recepimento della succitata direttiva, degli enti della pubblica amministrazione operanti nei settori della sicurezza nazionale, della pubblica sicurezza, della difesa o dell’attività di contrasto, compresi l’indagine, l’accertamento e il perseguimento di reati, compresi gli Organismi di informazione per la sicurezza, ai quali si applicano le disposizioni di cui alla legge 3 agosto 2007, n. 124 (Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto);

b)     avvalersi della facoltà di escludere anche specifici soggetti critici operanti nei suddetti settori o che forniscano servizi esclusivamente ai succitati enti della pubblica amministrazione, rimettendone l’individuazione a uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta delle competenti Amministrazioni di settore;

c)      con riferimento agli undici settori disciplinati dalla direttiva, istituire o designare una o più autorità competenti ovvero – in caso di istituzione o designazione di un’unica autorità competente – di un punto di contatto unico che svolga una funzione di collegamento allo scopo di garantire la cooperazione transfrontaliera con i punti di contatto unici di altri Stati membri e con il gruppo per la resilienza dei soggetti critici;

Secondo l’articolo 19 della direttiva (UE) 2022/2557, il gruppo per la resilienza dei soggetti critici, composto da rappresentanti degli Stati membri e della Commissione, è chiamato a sostenere la Commissione stessa e ad agevolare la cooperazione e lo scambio di informazioni tra gli Stati membri su questioni attinenti alla medesima direttiva. 

d)     istituire o designare un punto di contatto unico al quale attribuire anche le funzioni di: assicurare il  collegamento con la Commissione europea e la cooperazione con i Paesi terzi; coordinare le attività di sostegno ai soggetti critici nel rafforzamento della loro resilienza; ricevere, da parte dei soggetti critici, contestualmente alle autorità competenti di cui alla lettera b), le notifiche degli incidenti che perturbano o possono perturbare in modo significativo la fornitura di servizi essenziali; promuovere le attività di ricerca e formazione in materia di resilienza delle infrastrutture critiche; coordinare l’attività delle autorità competenti di cui alla lettera b);

e)      avvalersi della facoltà di individuare servizi essenziali aggiuntivi rispetto all’elenco predisposto dalla Commissione europea ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva;

Tale disposizione conferisce, per l’appunto, alla Commissione europea il potere di integrare la direttiva attraverso l’adozione, entro il 17 novembre 2023, di un atto delegato contenente un elenco, non esaustivo, dei servizi essenziali nei settori e nei sottosettori indicati dall’allegato alla direttiva medesima. Le autorità competenti utilizzano tale elenco dei servizi essenziali per effettuare le valutazioni del rischio dello Stato membro e individuare i soggetti critici ai sensi della direttiva, nonché per aiutarli ad adottare misure tecniche, di sicurezza e organizzative adeguate e proporzionate a garantire la propria resilienza.

La Commissione europea ha, ad oggi, adottato solo in bozza il suddetto atto delegato.

f)       prevedere che le soglie applicate per specificare i criteri di rilevanza degli effetti negativi degli incidenti possano essere comunicate alla Commissione europea come tali o in forma aggregata;

g)     prevedere, ove necessario, misure atte a conseguire un livello di resilienza più elevato per i soggetti critici del settore bancario, del settore delle infrastrutture dei mercati finanziari e del settore delle infrastrutture digitali;

h)     introdurre sanzioni penali e amministrative efficaci, proporzionate e dissuasive – ove necessario anche in deroga ai limiti previsti dall’articolo 32, comma 1, lettera d), della legge n. 234 del 2012 e alla legge 4 novembre 1981, n. 689 –, nonché strumenti deflattivi del contenzioso, quali la diffida ad adempiere;

La relazione illustrativa giustifica la necessità di prevedere un criterio di delega specifico che consenta di derogare all’articolo 32, comma 1, lettera d)  della legge n. 234 del 2012 – che, si rammenta, definisce i limiti delle sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi di recepimento delle direttive europee previste dalla legge di delegazione europea – sulla base del considerando 40 della direttiva, che invita gli Stati membri a tenere conto della gravità della violazione e della capacità economica del soggetto interessato nel disporre i provvedimenti volti a porre rimedio alle violazioni riscontrate.

Sempre secondo la relazione illustrativa, entrambi i parametri devono essere letti alla luce delle disposizioni della direttiva che, ai fini dell’individuazione dei soggetti critici, impongono di tenere conto del numero di utenti che dipendono dal servizio, dell’impatto degli incidenti sulle attività economiche e sociali, l’ambiente, la pubblica sicurezza, l’incolumità e la salute pubblica, dell’estensione dell’area geografica interessata da un incidente.

Si ricorda che l’articolo 32, comma 1, lettera d), della legge n. 234/2012 definisce i limiti delle sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi di recepimento delle direttive europee previste dalla legge di delegazione europea. Per le sanzioni penali si dispone, tra le altre cose, che queste possano essere previste nei limiti, rispettivamente, dell’ammenda fino a 150.000 euro e dell’arresto, fino a tre anni, solo nei casi in cui le infrazioni ledano o espongano a pericolo interessi costituzionalmente protetti. In tali casi, prosegue la disposizione, sono previste la pena dell’ammenda alternativa all’arresto per le infrazioni che espongano a pericolo o danneggino l’interesse protetto; la pena dell’arresto congiunta a quella dell’ammenda per le infrazioni che rechino un danno di particolare gravità. Il principio direttivo in commento consente quindi di derogare anche a tali limiti senza introdurne di nuovi. In proposito, si ricorda che la giurisprudenza costituzionale ha rilevato che il legislatore delegante, in ambito penale, deve adottare principi e criteri direttivi “configurati in modo assai preciso, sia definendo la specie e l’entità massima delle pene, sia dettando il criterio, in sé restrittivo, del ricorso alla sanzione penale solo per la tutela di determinati interessi rilevanti” (sentenza n. 175/2022. Precedenti: sent. n. 174/2021; sent. n. 127/2017; sent. n. 5/2014; sent. n. 49/1999; sent. n. 53/1997). In questo ambito, infatti, il controllo sul rispetto di tali criteri e principi direttivi è “anche strumento di garanzia della riserva di legge e del rispetto del principio di stretta legalità, spettando al Parlamento l’individuazione dei fatti da sottoporre a pena e delle sanzioni loro applicabili”. Al riguardo, si valuti quindi l’opportunità di un approfondimento del criterio di delega di cui alla lettera h).

i)       prevedere che le autorità competenti di cui alla lettera b) possano irrogare le sanzioni amministrative;

l)       prevedere, anche per le autorità di cui alla lettera b), e nell’ambito delle rispettive competenze, la facoltà di adottare una disciplina secondaria;

m)    assicurare il coordinamento delle disposizioni recanti il recepimento della direttiva in esame con quelle di recepimento della direttiva (UE) 2022/2555 – la cui delega è contenuta all’articolo 3 del disegno di legge in esame –, nonché con il regolamento (UE) 2022/2554, ivi comprese le disposizioni nazionali di adeguamento a quest’ultimo;

Rinviando per ulteriori approfondimenti alla scheda di lettura dell’articolo 3, ci si limita a segnalare che la direttiva (UE) 2022/2555 del 14 dicembre 2022, relativa a misure per un livello comune elevato di cybersicurezza nell’Unione europea (c.d. “direttiva NIS 2”), ha modificato, aggiornandola, la disciplina vigente a livello di Unione nel settore della sicurezza cibernetica, sostituendo il quadro normativo introdotto dalla direttiva (UE) 2016/1148 del 6 luglio 2016 (c.d. direttiva NIS - Network and Information Security).

 Il regolamento (UE) 2022/2554 sulla resilienza operativa digitale per il settore finanziario (c.d. Digital Operational Resilience Act – DORA) definisce, invece, obblighi sulla sicurezza dei sistemi informatici e di rete che sostengono i processi commerciali delle entità finanziarie, riunendo per la prima volta in un unico atto legislativo tutte le disposizioni in materia di rischio digitale nel settore finanziario.

n)     curare il coordinamento con le disposizioni vigenti, operando le necessarie modifiche o abrogazioni espresse e, in particolare, modificando o abrogando l’articolo 211-bis del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 – che reca disposizioni finalizzate a garantire la continuità dei servizi erogati dagli operatori di infrastrutture critiche –, nonché il decreto legislativo 11 aprile 2011, n. 61, di attuazione della succitata direttiva 2008/114/CE;

o)     tenere ferme le attribuzioni dell’autorità giudiziaria relativamente alla ricezione delle notizie di reato, del Ministero dell’interno in materia di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica e di difesa civile, del Ministero della difesa in materia di difesa e sicurezza dello Stato, e del Dipartimento della Protezione civile in materia di previsione, prevenzione e mitigazione dei rischi, del Ministero delle imprese e del made in Italy in materia di resilienza fisica delle reti, nonché dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale in materia di cybersicurezza e resilienza nazionale nello spazio cibernetico, istituendo un tavolo di coordinamento tra il punto di contatto unico di cui alle lettere b) e c) e la Commissione interministeriale tecnica di difesa civile in relazione alla formulazione e attuazione degli obiettivi di resilienza nazionale.

Articolo 5
(Principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega per il recepimento della direttiva (UE) 2021/2167, relativa ai gestori di crediti e agli acquirenti di crediti e che modifica le direttive 2008/48/CE e 2014/17/UE)

 

L’articolo 5 contiene i principi e i criteri di delega al Governo per il recepimento della direttiva (UE) 2021/2167 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2021, relativa ai gestori di crediti e agli acquirenti di crediti, che modifica le direttive 2008/48/CE e 2014/17/UE.

Per quanto concerne il recepimento, l’art. 32 stabilisce che gli Stati membri adottano e pubblicano entro il 29 dicembre 2023 le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva.

Come rammentato dal Governo nella relazione illustrativa, per l’attuazione del piano d’azione sui crediti deteriorati del 2017 (c.d. “NPL Action Plan”), la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva relativa a gestori e acquirenti di crediti (secondary market directive, SMD) e al meccanismo accelerato di escussione stragiudiziale delle garanzie reali (accelerated extrajudicial collateral enforcement, AECE).

La proposta è stata scorporata in due parti: mentre la proposta normativa relativa all’AECE è ancora sottoposta al vaglio del legislatore europeo, la prima parte, relativa alla SMD (direttiva (UE) 2021/2167), è stata approvata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea l’8 dicembre 2021.

La SMD si propone di incoraggiare lo sviluppo di mercati secondari dei crediti deteriorati nell’Unione, eliminando gli ostacoli al trasferimento dei crediti deteriorati da parte di enti creditizi ad acquirenti di crediti e garantendo al tempo stesso la tutela dei diritti dei debitori. La proposta introduce un regime di armonizzazione minima cui i gestori e gli acquirenti devono attenersi per operare all’interno dell’Unione, fissando standard comuni per garantirne l’idonea condotta e la vigilanza.

Tra le numerose misure proposte il Governo segnala, in particolare, l’introduzione dei seguenti istituti:

?          autorizzazione all’esercizio dell’attività del gestore di crediti in base a specifiche condizioni (articoli 4 e segg.);

?          obblighi di comunicazione nei confronti dei debitori a carico dei gestori e degli acquirenti dei crediti (articolo 10);

?          libertà di prestare attività di gestione dei crediti nello Stato membro ospitante (articolo 13);

?          diritto all’informativa a beneficio del potenziale acquirente dei crediti (articolo 15);

?          obblighi a carico degli acquirenti di crediti (articoli 17 e ss.);

?          norme sulla vigilanza (articoli 21 e ss.);

?          regime sanzionatorio specifico (articolo 23).

 

La direttiva (UE) 2021/2167 stabilisce, quindi, un quadro e requisiti comuni per: 

-          gestori di crediti che gestiscono i diritti del creditore derivanti da un contratto di credito deteriorato o il contratto di credito deteriorato stesso, emesso da un ente creditizio stabilito nell’Unione, che agisce per conto di un acquirente di crediti (Titolo II); 

-          gli acquirenti di crediti che acquisiscono i diritti del creditore derivanti da un contratto di credito deteriorato o il contratto di credito deteriorato stesso, erogato da un ente creditizio stabilito nell’Unione (Titolo III).

In estrema sintesi, la direttiva in parola prevede (art. 4) che i gestori di crediti debbano ottenere un’autorizzazione dallo Stato membro di origine (concessa dall’Autorità designata dal suddetto Stato ai sensi dall’art. 21, par. 3) in conformità ai requisiti stabiliti dalle disposizioni di recepimento. Nondimeno, la direttiva richiede (art. 5) che i soggetti interessati dimostrino di godere di una reputazione sufficientemente buona e che l'organo di direzione o di amministrazione possieda esperienza e conoscenze sufficienti per condurre l'attività in modo competente e responsabile. Inoltre, dovranno essere richiesti specifici requisiti in relazione alla solidità del governo societario e alle misure di controllo interno, garantendo altresì il rispetto delle norme in materia di tutela e di leale e diligente trattamento dei debitori. Il gestore dovrà inoltre garantire la registrazione e il trattamento dei reclami e dimostrare di poter mettere in atto adeguate procedure per il rispetto delle disposizioni antiriciclaggio e antiterrorismo. Infine, il richiedente è soggetto a obblighi di segnalazione e informativa al pubblico. L’art. 6 della direttiva pone in capo agli Stati membri di prevedere ulteriori requisiti quando il richiedente è autorizzato a ricevere e detenere fondi dai debitori ai fini del trasferimento di tali fondi agli acquirenti di crediti. Sono quindi dettate disposizioni inerenti alla concessione e alla revoca dell’autorizzazione. Si prevede (art. 9) che lo Stato membro istituisca un elenco o registro dei gestori di crediti autorizzati, aggiornato periodicamente e pubblicamente accessibile online sul sito dell’autorità competente. L’elenco o registro dovrà comunque essere immediatamente aggiornato in caso di revoca di un’autorizzazione precedentemente concessa. Specifiche disposizioni sono inoltre dettate in merito ai rapporti con i debitori e al rapporto contrattuale tra gestore e acquirente del credito. L’art. 12 detta specifiche condizioni per l’esternalizzazione delle attività di gestione del credito, stabilendo, in ogni caso, che il gestore di crediti conservi la piena responsabilità per il rispetto di tutti gli obblighi di cui alle disposizioni nazionali di recepimento. Gli articoli 13 e 14 dispongono in ordine alle attività transfrontaliere.

Per quanto concerne gli acquirenti, la direttiva pone in capo agli Stati membri di assicurare al potenziale acquirente di valutare la possibilità di acquisto, prevedendo che l’ente creditizio fornisca, al medesimo acquirente, le informazioni necessarie relative ai diritti del creditore derivanti da un contratto di credito deteriorato o al contratto di credito deteriorato stesso e, se del caso, alle garanzie reali. Sono inoltre previsti specifici obblighi informativi, su base almeno semestrale, in capo agli enti creditizi che trasferiscono a un acquirente di crediti i diritti del creditore derivanti da un contratto di credito deteriorato, o il contratto di credito deteriorato stesso (art. 15). L’art. 16 prevede che l’Autorità bancaria europea (ABE) elabori progetti di norme tecniche per i modelli che devono essere usati dagli enti creditizi per la trasmissione delle informazioni. Sono quindi stabiliti gli obblighi posti in capo agli acquirenti di crediti (articoli 17 e seguenti).

Il Titolo IV è dedicato agli strumenti di vigilanza (articoli 21 e 22) e al regime sanzionatorio (art. 23). Il Titolo V reca misure di salvaguardia e obblighi di collaborazione (articoli dal 24 al 26). Il Titolo VI della direttiva modifica le direttive 2008/48/CE sui contratti di credito ai consumatori (CCD) e 2014/17/UE sui contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali (MCD), mentre il Titolo VII reca le disposizioni finali.

La direttiva si colloca in un percorso strategico approntato per fronteggiare l'aumento significativo dei crediti deteriorati, quei crediti erogati da soggetti bancari per i quali diviene meno probabile il recupero delle somme mutuate. Per affrontare tale criticità il Consiglio dell'Ue ha adottato un Piano d'azione sui crediti deteriorati (non-performing loans) l'11 luglio del 2017 (v. le Conclusioni del Consiglio dell'11 luglio 2017). Il livello dei crediti deteriorati rispetto al totale dell'attivo costituisce uno dei più importanti indicatori della "salute" di un soggetto bancario e, pertanto, le istituzioni europee hanno intrapreso una serie di azioni volte a sostenere le banche nel processo di riduzione delle attività rischiose presenti nei loro attivi. Nel 2019 è stato adottato il Regolamento (UE) 2019/630 che ha modificato le regole sulla copertura minima delle perdite sulle esposizioni deteriorate, imponendo nuovi requisiti prudenziali in termini di riserve di capitale richieste agli enti creditizi nel momento in cui i propri crediti vengono classificati come deteriorati e negli anni successivi in assenza di un miglioramento delle prospettive dei debitori.

Nel corso del 2020, in seguito alla crisi sanitaria e alle misure di contenimento dei contagi adottate a livello nazionale, i crediti deteriorati sono tornati a crescere. Nel dicembre dello stesso anno la Commissione ha presentato la sua comunicazione dal titolo "Far fronte ai crediti deteriorati all'indomani della pandemia di COVID-19", proponendo di affrontare la questione attraverso una serie di azioni e misure aventi quattro obiettivi principali: favorire l'ulteriore sviluppo dei mercati secondari delle attività deteriorate; riformare la normativa dell'UE in materia di insolvenza delle imprese e di recupero crediti; sostenere a livello dell'Ue la creazione di società nazionali di gestione di attivi e la loro cooperazione; attuare misure precauzionali eccezionali di sostegno pubblico.

Si veda, in proposito, il dossier “La centralità dell'Unione europea nei settori bancario, finanziario e assicurativo” del Servizio studi e del Servizio affari internazionali del Senato (giugno 2023).

 

Con il comma 1 dell’articolo in esame, nell'esercizio della delega per il recepimento della direttiva (UE) 2021/2167 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2021, il Governo osserva, oltre ai principi e criteri direttivi generali di cui all'articolo 32 della legge n. 234 del 2012, anche i seguenti principi e criteri direttivi specifici:

a)      apportare alla normativa vigente e, in particolare, al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, le modifiche e le integrazioni necessarie al corretto e integrale recepimento della direttiva (UE) 2021/2167, all'eventuale esercizio delle opzioni ivi previste, nonché all’applicazione delle pertinenti norme tecniche di recepimento della direttiva, tenendo conto, ove opportuno, degli orientamenti dell’Autorità bancaria europea;

b)     apportare alla normativa vigente ogni modifica e integrazione necessaria ad assicurare l’adeguatezza, l’efficacia e l’efficienza del quadro normativo nazionale, modificando, in particolare, il decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231 (Attuazione della direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo nonché della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione) al fine di assicurare l’opportuno coordinamento tra la disciplina nazionale in materia di prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo, ivi compreso il relativo impianto sanzionatorio, e quella di recepimento della direttiva (UE) 2021/2167;

c)      garantire la coerenza tra la disciplina nazionale di recepimento della direttiva (UE) 2021/2167 e il quadro normativo dell’Unione europea in materia di tutela dei consumatori e dei debitori nonché con le norme in materia di protezione dei dati personali;

d)     individuare una o più autorità, dotate di indipendenza anche finanziaria, competenti a esercitare le attività di vigilanza nonché le funzioni e i compiti previsti dalla direttiva (UE) 2021/2167, compreso lo scambio di informazioni e il coordinamento con le autorità competenti degli Stati membri e la pubblicazione sul proprio sito internet dell’elenco dei gestori di crediti autorizzati e delle disposizioni nazionali, primarie e secondarie, di recepimento della direttiva (UE) 2021/2167, attribuendo loro tutti i poteri di vigilanza, indagine e intervento previsti dalla citata direttiva; nel caso di individuazione di più autorità, identificare l’autorità competente come punto unico di contatto per lo scambio di informazioni e il coordinamento con le autorità competenti degli Stati membri;

e)      prevedere, ove opportuno, il ricorso alla disciplina secondaria, in particolare dell’autorità o delle autorità individuate ai sensi della lettera d), nell'ambito e per le finalità specificamente previsti dalla direttiva (UE) 2021/2167 e degli orientamenti dell’Autorità bancaria europea;

f)       apportare le opportune modifiche alla disciplina vigente per attribuire all’autorità o alle autorità individuate ai sensi della lettera d) il potere di applicare le sanzioni amministrative e i provvedimenti correttivi previsti dall’articolo 23 della direttiva (UE) 2021/2167 per la violazione delle disposizioni di recepimento e di attuazione della direttiva (UE) 2021/2167 e di quelle emanate in attuazione  del presente articolo, nonché per coordinare dette modifiche con le vigenti disposizioni nazionali che disciplinano l'esercizio del potere sanzionatorio da parte dell’autorità competente o delle autorità competenti individuate ai sensi della lettera d), nel rispetto dei criteri, dei limiti e delle procedure previsti da tali disposizioni.

 

Il comma 2 reca la clausola di invarianza finanziaria, stabilendo che dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono all'adempimento dei compiti derivanti dall'esercizio della delega di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 


 

Articolo 6
(Princìpi e criteri direttivi per l’esercizio della delega per il recepimento della direttiva (UE) 2022/431, che modifica la direttiva 2004/37/CE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro e che estende la medesima direttiva alle sostanze tossiche per la riproduzione umana)

 

L’articolo 6 reca princìpi e criteri direttivi specifici per l’esercizio della delega al Governo per il recepimento della direttiva (UE) 2022/431 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2022; quest’ultima modifica la direttiva 2004/37/CE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro e ne estende l’ambito di applicazione alle sostanze tossiche per la riproduzione umana[7] (in relazione a quest’ultima estensione, viene integrato anche il titolo della suddetta direttiva 2004/37/CE).

Gli Stati membri devono mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva (UE) 2022/431 entro il 5 aprile 2024.

I princìpi e criteri direttivi specifici di cui al presente articolo 6 – i quali si aggiungono a generali (ove inerenti) posti dall’articolo 32 della L. 24 dicembre 2012, n. 234, con riferimento all’esercizio di deleghe per il recepimento di direttive dell’Unione europea – prevedono di:

a) apportare alla normativa vigente le modifiche necessarie ad assicurare la corretta applicazione della suddetta direttiva (UE) 2022/431, in particolare attraverso la previsione di obblighi specifici del datore di lavoro, anche in materia di formazione ovvero informazione, in ragione dei nuovi livelli di rischio individuati;

b) aggiornare l’attuale sistema di sorveglianza sanitaria, al fine del suo adeguamento alla valutazione dello stato di salute dei lavoratori adibiti ad attività nelle quali sono o possono essere esposti a specifici agenti cancerogeni o mutageni o a sostanze tossiche per la riproduzione umana.

Riguardo ai princìpi e criteri direttivi generali di cui al summenzionato articolo 32 della L. n. 234 del 2012 e riguardo ai termini e alla procedura per l’esercizio della presente delega, si rinvia alla scheda di lettura dell’articolo 1 del presente disegno di legge.

 

 

Quadro sulla direttiva (UE) 2022/431

La direttiva (UE) 2022/431 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2022, modifica la direttiva 2004/37/CE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro e ne estende l’ambito di applicazione alle sostanze tossiche per la riproduzione umana[8] (in relazione a quest’ultima estensione, viene integrato anche il titolo della suddetta direttiva 2004/37/CE). I profili generali della disciplina oggetto delle suddette estensione e modifica concernono l’individuazione e la valutazione dei rischi, l’esclusione o riduzione dell’esposizione (anche con la previsione di relativi valori limite), le informazioni da fornire all’autorità competente, le misure per i casi (prevedibili o non prevedibili) di aumento dell’esposizione, l’accesso alle zone di rischio, le misure igieniche e di protezione individuale, l’informazione e la formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti, la consultazione e partecipazione degli stessi, la sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti, la conservazione della documentazione.

La direttiva (UE) 2022/431 reca, dunque, un complesso di novelle alla direttiva 2004/37/CE; inoltre, l’estensione alle sostanze tossiche per la riproduzione umana è in genere implicitamente operante anche per le norme degli articoli della direttiva 2004/37/CE che non sono formalmente oggetto di novella. 

Nel titolo e nell’articolo 1 della direttiva 2004/37/CE viene inserito il suddetto riferimento alle sostanze tossiche per la riproduzione[9].

Nel successivo articolo 2 vengono inserite[10] le definizioni di:

1.      sostanza tossica per la riproduzione (sostanza o miscela che corrisponde ai criteri di classificazione come sostanza tossica per la riproduzione di categoria 1A o 1B – criteri di cui all’allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008[11], e successive modificazioni –);

2.      sostanza tossica per la riproduzione priva di soglia (sostanza tossica per la riproduzione per la quale non esiste un livello di esposizione sicuro per la salute dei lavoratori)[12];

3.      sostanza tossica per la riproduzione con valore soglia (sostanza tossica per la riproduzione per la quale esiste un livello di esposizione sicuro, al di sotto del quale non vi sono rischi per la salute dei lavoratori[13]). La soglia suddetta costituisce un parametro diverso rispetto al valore limite, il quale, come si dirà, indica, per ogni agente o sostanza in esame (ivi comprese le sostanze summenzionate prive di soglia), il limite di esposizione che non può essere in ogni caso superato;

4.      valore limite biologico (costituito dal limite della concentrazione nell’adeguato mezzo biologico del relativo agente, di un suo metabolita, o di un indicatore di effetto);

5.      sorveglianza sanitaria (costituita dalla valutazione dello stato di salute di un singolo lavoratore in relazione all’esposizione, durante il lavoro, a specifici agenti cancerogeni o mutageni o a sostanze tossiche per la riproduzione).

Nel medesimo articolo 2 e nei successivi articoli 3, 4 e 5, il riferimento agli agenti cancerogeni o mutageni viene integrato con quello alle sostanze tossiche per la riproduzione, nell’ambito della nozione di valore limite e delle norme della direttiva relative al campo di applicazione della stessa, all’individuazione e alla valutazione dei rischi, all’esclusione o riduzione dell’esposizione. In merito a questi ultimi profili, in particolare, viene estesa (articolo 5 citato) alle sostanze tossiche per la riproduzione l’applicazione dei princìpi in base ai quali: l’utilizzo o la produzione di uno degli agenti o sostanze in oggetto è ammesso solo se non sia possibile la sostituzione con elementi sicuri o meno nocivi; il medesimo utilizzo o produzione deve essere effettuato, ove possibile, in un sistema chiuso o, in caso di impossibilità, in modo da ridurre il livello di esposizione in oggetto al più basso valore tecnicamente possibile[14]; l’esposizione non deve superare il valore limite, stabilito, per ogni agente o sostanza in oggetto, nell’allegato III (anch’esso modificato dalla direttiva (UE) 2022/431 in esame).

Come accennato, la direttiva (UE) 2022/431 modifica anche l’allegato III della direttiva 2004/37/CE: sono aggiunte nuove sostanze (fra cui l’acrilonitrile e i composti del nichel), con l’indicazione dei relativi valori limite vincolanti, ed è inoltre aggiornato il valore limite per il benzene.

Anche negli articoli 6 e 10 (della suddetta direttiva 2004/37/CE) viene inserito il riferimento alle sostanze tossiche per la riproduzione; si ricorda che tali articoli concernono, rispettivamente, le informazioni da fornire all’autorità competente e le misure igieniche e di protezione individuale. Si ricorda altresì che gli articoli da 7 a 9 – i quali, pur non essendo formalmente novellati dalla direttiva (UE) 2022/431, trovano ora applicazione anche per le sostanze tossiche per la riproduzione – recano le norme relative: alle misure per i casi (prevedibili o non prevedibili) di aumento dell’esposizione; all’accesso alle zone di rischio.

L’articolo 11 (della medesima direttiva 2004/37/CE) è relativo all’informazione e formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti; le novelle di cui alla direttiva (UE) 2022/431 estendono l’ambito di tali norme alle sostanze tossiche per la riproduzione e modificano le medesime norme nei seguenti termini:

-          riguardo al principio, già previsto, di adattamento della formazione all’evoluzione dei rischi e all’insorgenza di nuovi rischi, si specifica che tale principio deve trovare in particolare applicazione quando i lavoratori sono o possono essere esposti a vari o nuovi agenti cancerogeni o mutageni o a sostanze tossiche per la riproduzione, compresi quelli contenuti in farmaci pericolosi, o in caso di mutamento delle circostanze relative al lavoro;

-          rispetto al principio, già previsto, di ripetizione periodica, ove necessario, della formazione, la novella richiede che la formazione sia comunque offerta periodicamente nelle strutture sanitarie per tutti i lavoratori esposti ad agenti cancerogeni o mutageni o a sostanze tossiche per la riproduzione (in particolare per il caso in cui siano utilizzati nuovi farmaci pericolosi che contengano tali sostanze) e prevede che la formazione sia periodicamente ripetuta in altri contesti, se necessario;

-          si prevede che, per gli agenti o sostanze in oggetto per i quali sia stabilito un valore limite biologico nell’allegato III bis, la sorveglianza sanitaria sia obbligatoria per l’accesso alla relativa lavorazione e che tale sorveglianza sia svolta in conformità alle procedure definite nel medesimo allegato[15]. I lavoratori devono essere informati del suddetto obbligo di sorveglianza sanitaria prima che venga loro assegnato un compito che comporti il rischio di esposizione in oggetto.

L’allegato III bis – inserito nella direttiva 2004/37/CE dalla direttiva (UE) 2022/431 in esame – stabilisce i valori limite biologici e le misure di sorveglianza sanitaria relativi al piombo e ai suoi composti ionici.

Si ricorda che gli articoli 12 e 13 della direttiva 2004/37/CE – i quali, pur non essendo formalmente novellati dalla direttiva (UE) 2022/431, trovano ora applicazione anche per le sostanze tossiche per la riproduzione – recano norme intese a garantire l’informazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti e la consultazione e partecipazione degli stessi. Il successivo articolo 13 bis – anch’esso non novellato ma implicitamente esteso alle sostanze tossiche per la riproduzione – concerne gli eventuali accordi tra le parti sociali.

L’articolo 14 della medesima direttiva 2004/37/CE e il relativo allegato II concernono la sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti a rischi in relazione ai fattori in esame. Le novelle di cui alla direttiva (UE) 2022/431[16] estendono l’ambito di tali norme alle sostanze tossiche per la riproduzione e modificano le medesime norme nei seguenti termini:

-          si prevede che il medico o l’autorità responsabile della sorveglianza sanitaria dei lavoratori possa esigere di sottoporre a sorveglianza sanitaria gli altri lavoratori (esposti in modo analogo) anche nei casi di superamento di un valore limite biologico (relativo ad un lavoratore);

-          si specifica che la sorveglianza sanitaria può comprendere il monitoraggio biologico e i relativi requisiti;

-          si prescrive che siano notificati all’autorità responsabile tutti i casi di cancro e di effetti nocivi sulla funzione sessuale e sulla fertilità delle lavoratrici e dei lavoratori adulti o sullo sviluppo della loro progenie che, in conformità delle leggi o delle prassi nazionali, risultino essere stati causati dall’esposizione a un agente cancerogeno o mutageno o a una sostanza tossica per la riproduzione durante l’attività lavorativa (si amplia così l’obbligo di notifica, in precedenza posto solo con riferimento ai casi di cancro derivanti da agenti cancerogeni o mutageni)[17].

Nell’articolo 15 della direttiva 2004/37/CE – relativo alla conservazione della documentazione – viene inserito il paragrafo 1 bis; quest’ultimo prevede che, per quanto riguarda le sostanze tossiche per la riproduzione, gli elenchi dei lavoratori addetti alle relative attività che comportino un rischio per la sicurezza e la salute[18] e le cartelle sanitarie individuali dei medesimi lavoratori[19] siano conservati, in conformità delle leggi o delle prassi nazionali, per un periodo di almeno cinque anni a decorrere dalla fine dell’esposizione.

Il paragrafo 1 del successivo articolo 16, nel testo formalmente adeguato dalla novella di cui alla direttiva (UE) 2022/431, indica quale base giuridica per la successiva revisione, con direttive, dei valori limite relativi a tutti gli agenti cancerogeni o mutageni o alle sostanze tossiche per la riproduzione l’articolo 153, paragrafo 2, lettera b), del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE)[20], che fa riferimento a deliberazioni legislative ordinarie del Parlamento europeo e del Consiglio[21]. Nel medesimo articolo 16, viene introdotta una norma che prevede l’individuazione con direttive del Parlamento europeo e del Consiglio (secondo la procedura di cui al citato articolo 153, paragrafo 2, lettera b), del TFUE), sulla base dell’informazione disponibile, ivi compresi i dati scientifici e tecnici, di altri valori limite biologici e di altre informazioni pertinenti in materia di sorveglianza sanitaria[22].

La direttiva (UE) 2022/431 inserisce inoltre (nella medesima direttiva 2004/37/CE) l’articolo 16 bis, il quale prevede che, conformemente alla procedura di cui al citato articolo 153, paragrafo 2, lettera b), del TFUE, il Parlamento europeo e il Consiglio aggiornino, sulla base dei dati scientifici e tecnici disponibili, la colonna “osservazioni” dell’allegato III, la quale indica se una sostanza tossica per la riproduzione sia classificata come priva di soglia oppure con valore soglia[23].

Si ricorda che l’articolo 17 (della medesima direttiva 2004/37/CE) conferisce alla Commissione il potere di adottare atti delegati, conformemente al successivo articolo 17 bis (ovvero all’articolo 17 ter, per i casi di urgenza), al fine di apportare modifiche di carattere strettamente tecnico al suddetto allegato II, inerente alla sorveglianza sanitaria dei lavoratori, per tener conto del progresso tecnico, dell’evoluzione delle normative o specifiche internazionali e delle nuove conoscenze nel settore degli agenti cancerogeni o mutageni o – come aggiunto dalla direttiva (UE) 2022/431 in esame – delle sostanze tossiche per la riproduzione.

I suddetti articoli 17 bis e 17 ter (relativi all’esercizio della delega) sono stati inseriti dal regolamento (UE) 2019/1243 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, che ha adattato agli articoli 290 e 291 del TFUE una serie di atti giuridici che prevedono il ricorso alla procedura di regolamentazione con controllo.

L’articolo 18 bis della direttiva 2004/37/CE – relativo a successive valutazioni tecniche – è novellato per intero dalla direttiva (UE) 2022/431 in esame. Il nuovo testo prevede che:

1.      nel quadro della prossima valutazione dell’attuazione della medesima direttiva 2004/37/CE – nell’ambito della valutazione di cui all’articolo 17 bis della direttiva 89/391/CEE, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro – la Commissione valuti (a partire dal 2022) la necessità di modificare il valore limite per la polvere di silice cristallina respirabile. La Commissione, quindi, proporrà, se del caso, le modifiche necessarie relativamente a tale sostanza in una successiva revisione della direttiva 2004/37/CE;

2.      entro l’11 luglio 2022, la Commissione avrebbe valutato l’eventualità di modificare la presente direttiva per includervi disposizioni relative alla combinazione di un limite di esposizione professionale nell’aria e un valore limite biologico per il cadmio e i suoi composti inorganici;

3.      entro il 31 dicembre 2022, se del caso e previa consultazione del Comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro (CCSS), la Commissione, tenendo conto delle raccomandazioni esistenti formulate da diverse agenzie, dalle parti interessate e dall’Organizzazione mondiale della sanità sugli agenti cancerogeni o mutageni e sulle sostanze tossiche per la riproduzione prioritari per i quali sono necessari valori limite, avrebbe presentato un piano d’azione per stabilire valori limite di esposizione professionale, nuovi o rivisti, per almeno 25 sostanze, gruppi di sostanze o sostanze generate da processi. Se del caso, la Commissione, tenendo conto del piano d’azione e degli ultimi sviluppi delle conoscenze scientifiche e previa consultazione del CCSS, presenta proposte legislative a norma del suddetto articolo 16. Si ricorda che il 28 giugno 2021 la Commissione ha adottato il quadro strategico in materia di salute e sicurezza sul lavoro (SSL) per il periodo 2021-2027 (COM(2021) 323); inoltre, il 13 febbraio 2023 la Commissione ha presentato la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 98/24/CE del Consiglio e della direttiva 2004/37/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i valori limite per il piombo e i suoi composti inorganici e i diisocianati (COM(2023) 71). Per approfondimenti sui limiti di esposizione professionale (OEL) si rimanda al sito dell’ECHA (European Chemical Agency);

4.      se del caso, entro il 5 aprile 2025, la Commissione, tenendo conto degli ultimi sviluppi delle conoscenze scientifiche e previa opportuna consultazione delle parti interessate, elaborerà una definizione e stilerà un elenco indicativo dei farmaci pericolosi o delle sostanze che li contengono, conformemente ai criteri – inerenti alle categorie 1A e 1B (di cui all’allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008[24], e successive modificazioni) – per la classificazione come sostanza cancerogena o agente mutageno o sostanza tossica per la riproduzione;

5.      entro il 31 dicembre 2022 la Commissione, previa opportuna consultazione delle parti interessate, avrebbe dovuto elaborare orientamenti dell’Unione per la preparazione, la somministrazione e lo smaltimento dei farmaci pericolosi sul luogo di lavoro. Tali orientamenti e norme vengono pubblicati sul sito web dell’EU-OSHA e diffusi in tutti gli Stati membri dalle autorità competenti interessate. Il 28 aprile 2023 la Commissione ha pubblicato i seguenti orientamenti: Guidance for the safe management of hazardous medicinal products at work;

6.      se del caso, dopo aver ricevuto un parere del CCSS, la Commissione, tenendo conto della metodologia esistente per fissare i valori limite per gli agenti cancerogeni in alcuni Stati membri e del parere del CCSS, stabilisca i livelli di rischio minimo e massimo. Entro 12 mesi dal ricevimento del parere del CCSS, la Commissione, previa opportuna consultazione delle parti interessate, elabora orientamenti dell’Unione sulla metodologia per fissare valori limite basati sul rischio. Tali orientamenti sono pubblicati sul sito web dell’EU-OSHA e diffusi in tutti gli Stati membri dalle autorità competenti interessate;

7.      entro il 31 dicembre 2024 la Commissione, tenendo conto degli ultimi sviluppi delle conoscenze scientifiche e previa opportuna consultazione delle parti interessate, proponga, se del caso, un valore limite per il cobalto e i composti inorganici di cobalto.

La direttiva trae origine dalla proposta della Commissione europea COM(2020) 571, del 22 settembre 2020.

Presso il Senato della Repubblica, la suddetta proposta fu esaminata, nella XVIII Legislatura:

-          dalla 14a Commissione permanente (Politiche dell’Unione europea) per i profili di sussidiarietà e proporzionalità. La suddetta Commissione approvò il 18 novembre 2020 la risoluzione Doc. XVIII-bis, n. 3; quest’ultima, pur ritenendo rispettato il principio di sussidiarietà, evidenzia tuttavia che la proposta non rispetta pienamente il principio di proporzionalità, “nella misura in cui non tiene conto del diverso impatto che i nuovi valori limite previsti rischiano di produrre sulle imprese di più piccole dimensioni, in termini di costi di adeguamento in rapporto al fatturato, rispetto alle imprese medie e grandi”;

-          dall’11a Commissione permanente (Lavoro pubblico e privato, previdenza sociale) per i profili di merito; tale Commissione approvò il 20 ottobre 2020 una risoluzione (Doc. XVIII, n. 20) recante un parere favorevole.

La Commissione europea  ha risposto in data 26 gennaio 2021 (C(2021) 499).

 


 

Articolo 7
(
Principi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva (UE) 2022/2380 che modifica la direttiva 2014/53/UE, concernente l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato di apparecchiature radio e l’adeguamento della normativa nazionale all’articolo 138 del Regolamento (UE) 2018/1139, che modifica la direttiva 2014/53/UE concernente l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato di apparecchiature radio)

 

L’articolo 7 pone al Governo princìpi e criteri direttivi specifici da osservare in sede di esercizio della delega per il recepimento, entro il 28 dicembre 2023, della direttiva (UE) 2022/2380, nonché per assicurare l’adeguamento dell’ordinamento nazionale all’articolo 138 del Regolamento (UE) 2018/1139.

Sia la direttiva (UE) 2022/2380 sia il Regolamento (UE) 2018/1139 apportano modifiche alla direttiva 2014/53/UE, concernente l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato di apparecchiature radio e già recepita con il decreto legislativo n. 128 del 2016.

 

In estrema sintesi, si segnala – come riportato anche dalle Relazioni illustrativa e tecnica che accompagnano il disegno di legge – il contenuto di tali fonti del diritto europeo.

La direttiva (UE) 2022/2380 definisce ulteriori requisiti essenziali che alcune categorie o classi specifiche di apparecchiature radio devono soddisfare, al fine di limitare – anche nell’ottica del contenimento dei rifiuti ambientali – la frammentazione delle interfacce di ricarica dei telefoni cellulari e di apparecchiature radio analoghe (quali tablet, fotocamere digitali, cuffie, cuffie microfono, console portatili per videogiochi, altoparlanti portatili, lettori elettronici, tastiere, mouse, sistemi di navigazione portatili, auricolari e laptop).

In tale ottica, la direttiva dispone:

1) l'armonizzazione delle interfacce di ricarica e dei protocolli di comunicazione per la ricarica di categorie o classi specifiche di apparecchiature radio ricaricabili mediante cavo;

2) la previsione di offerta ai consumatori e agli altri utenti finali, nonché la possibilità di acquistare l’apparecchiatura radio tra quelle sopra indicate senza alcun dispositivo di ricarica;

3) l'introduzione di un apposito sistema di informazioni e di etichettature indicante la presenza o meno del carica-batterie accluso all’apparecchiatura radio e l’introduzione di informazioni sulle specifiche relative alle capacità di ricarica e ai dispositivi di ricarica compatibili;

4) la modifica della procedura a livello nazionale per le apparecchiature radio che presentano rischi per la salute o l’incolumità delle persone o per altri aspetti della protezione del pubblico interesse di cui alla direttiva 2014/53/UE;

5) la previsione di un periodo di tempo sufficiente per procedere ai necessari adattamenti delle apparecchiature radio rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva.

Quanto all’articolo 138 del Regolamento (UE) 2018/1139, esso incide sull’allegato 1 della direttiva 2014/53/UE, contenente l’elenco delle apparecchiature non contemplate dalla direttiva stessa, escludendo dall’ambito di applicazione della normativa le apparecchiature dell'aviazione destinate esclusivamente all'uso in volo e costituite da aeromobili diversi dagli aeromobili senza equipaggio rientranti nel citato Regolamento e aeromobili senza equipaggio già certificati in conformità all’articolo 56 del medesimo Regolamento.

 

Gli ulteriori princìpi e criteri direttivi specifici assegnati al Governo riguardano le modifiche da apportare al decreto legislativo n. 128 del 2016 – che, come detto, ha recepito la precedente direttiva 2014/53/UE – per renderlo coerente con il nuovo quadro normativo e, nello specifico, sono i seguenti:

a) apportare al decreto legislativo n. 128 del 2016 le modifiche e integrazioni necessarie al corretto e integrale recepimento della direttiva (UE) 2022/2380 nell’ordinamento nazionale, tenendo anche conto di quanto riportato nelle premesse della direttiva medesima;

Con riferimento a tale ultimo richiamo ai Considerando della direttiva, si segnala che le Relazioni illustrativa e tecnica espressamente richiamano l’attenzione sul contenuto del Considerando n. 14, a mente del quale:

Ø  la direttiva 2014/53/UE dovrebbe essere modificata al fine di includere disposizioni sulle interfacce di ricarica e sui protocolli di comunicazione per la ricarica;

Ø  le categorie o le classi di apparecchiature radio specificamente contemplate da tali nuove disposizioni dovrebbero essere ulteriormente specificate in un nuovo allegato di tale direttiva;

Ø  nell'ambito di tali categorie o classi di apparecchiature radio sono interessate solo le apparecchiature radio che dispongono di una batteria ricaricabile amovibile o incorporata;

Ø  per quanto riguarda le fotocamere digitali, le apparecchiature radio interessate sono tutte le fotocamere e le videocamere digitali, comprese quelle d'azione;

Ø  per le fotocamere digitali progettate esclusivamente per il settore audiovisivo o per il settore della sicurezza e sorveglianza non dovrebbe sussistere l'obbligo di integrare la soluzione di ricarica armonizzata;

Ø  per quanto riguarda gli auricolari, l'apparecchiatura radio interessata è considerata insieme al vano o alla custodia di ricarica appositi, dato che gli auricolari sono raramente o non sono mai dissociati dal vano o dalla custodia di ricarica a causa delle loro dimensioni e della loro forma specifiche;

Ø  il vano o la custodia di ricarica per questo tipo specifico di apparecchiatura radio non sono considerati parte del dispositivo di ricarica;

Ø  per quanto riguarda i laptop, l'apparecchiatura radio interessata è qualsiasi computer portatile, tra cui laptop, notebook, pc ultraportatili, dispositivi ibridi o convertibili e netbook.

 

b) introdurre nel medesimo decreto legislativo n. 128 del 2016 ulteriori sanzioni amministrative efficaci, proporzionate e dissuasive per le violazioni degli obblighi derivanti dalla direttiva (UE) 2022/2380;

Come sottolineano le Relazioni illustrativa e tecnica, tale criterio risponde alla finalità di adeguare il vigente trattamento sanzionatorio alle nuove prescrizioni emergenti dalla direttiva (UE) 2022/2380 la quale, introducendo nuovi requisiti essenziali, aggiorna conseguentemente anche l’elenco delle non conformità dei prodotti.

c) apportare al medesimo decreto legislativo n. 128 del 2016 le modifiche e le integrazioni necessarie ad assicurarne la coerenza con il regolamento (CE) n. 2018/1139.

I suddetti princìpi e criteri direttivi specifici vanno ad aggiungersi, come specifica l’articolo 7, ai princìpi e criteri direttivi generali di delega per l’attuazione del diritto dell’Unione europea, di cui all’art. 32 della legge n. 234 del 2012.

 

Infine, dal punto di vista finanziario, la Relazione tecnica evidenzia che dall’esercizio della delega non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, provvedendo le amministrazioni allo svolgimento delle attività di competenza con le risorse strumentali, umane e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 


 

Articolo 8
(
Principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega per il recepimento della direttiva di esecuzione (UE) 2022/2438)

 

L’articolo 9, comma 1, elenca i principi e criteri direttivi specifici che il Governo è tenuto a osservare, oltre ai principi e criteri direttivi generali di cui all'articolo 32 della legge n. 234 del 2012, nell’esercizio della delega per il recepimento della direttiva (UE) 2022/2438.

 

Tale direttiva che modifica la direttiva 93/49/CEE e la direttiva di esecuzione 2014/98/UE con particolare riferimento agli elenchi degli organismi nocivi rilevanti per l’Unione, ai materiali di moltiplicazione delle piante ornamentali, ai materiali di moltiplicazione delle piante da frutto e alle piante da frutto destinate alla produzione di frutti.

 

Il termine di recepimento della direttiva in esame è scaduto il 30 giugno 2023. La banca dati del Governo Eurinfra riporta l’avvenuta apertura, in data 19 luglio 2023, di una procedura di infrazione per mancato recepimento della direttiva di esecuzione 2022/2438 (procedura 2023_0151), attualmente allo stato di messa in mora ex art. 258 TFUE.

 

Nel rispetto della lettera a) del comma 1 il Governo dovrà apportare alle disposizioni di cui al decreto legislativo n. 18 del 2021, le modifiche e le integrazioni necessarie ai fini del recepimento delle disposizioni contenute nella direttiva e inerenti ai materiali di moltiplicazione delle piante da frutto e sulle piante da frutto destinate alla produzione di frutti, e in particolare funzionali a prevedere:

o   la deroga per i materiali di pre-base (numero 1), per i materiali di base (2), per i materiali certificati (3) e per i materiali CAC (Conformità Agricola Comunitaria) qualora tali materiali siano stati prodotti in zone notoriamente indenni, o riconosciute indenni, da taluni organismi nocivi da determinati requisiti fitosanitari.

o   la modifica (numero 5) dell’allegato II, parti 1, 2 e 4, del decreto legislativo n. 18 del 2021, relativamente all’elenco degli organismi nocivi regolamentati non da quarantena e le azioni da intraprendere contro di essi.

Il decreto legislativo n. 18 del 2021 reca norme per la produzione e la commercializzazione dei materiali di moltiplicazione e delle piante da frutto e delle ortive. Stabilisce, più in particolare, le norme per la produzione, la certificazione, la commercializzazione nell'Unione europea dei materiali di moltiplicazione di piante da frutto e delle piante da frutto dei generi e delle specie elencate nell'Allegato I, sezione A del medesimo decreto, e dei loro ibridi, dei portainnesti e di altre parti di piante di altri generi o specie e dei loro ibridi, se i materiali dei generi o delle specie elencati nell'Allegato I, sezione A, o i loro ibridi, sono innestati o destinati ad essere innestati su di essi, nonché i materiali delle piante erbacee a moltiplicazione agamica. Il decreto stabilisce inoltre le norme per la commercializzazione nell'Unione europea delle piantine di piante ortive e dei materiali di moltiplicazione di piante ortive, ad eccezione delle sementi, dei generi e delle specie elencati nell'Allegato I, sezione B del medesimo decreto, e dei loro ibridi, nonché dei portainnesto e di altre parti di piante di altri generi o specie e dei loro ibridi se i materiali dei generi o specie elencati nell'Allegato I, sezione B, o i loro ibridi sono innestati o destinati ad essere innestati su di essi. Il decreto disciplina infine l'organizzazione e l'articolazione del Sistema nazionale volontario di qualificazione del materiale di propagazione vegetale, la definizione e l'attuazione delle fasi della qualificazione, la definizione delle categorie dei materiali di qualificazione e il riconoscimento di accessioni di cultivar, cloni e selezioni da sottoporre a qualificazione volontaria. Il decreto non si applica invece alle varietà geneticamente modificate e ai materiali di moltiplicazione né alle piante di cui sia comprovata la destinazione all'esportazione in Paesi terzi, qualora siano correttamente identificati come tali e sufficientemente isolati, né ai materiali destinati a prove per scopi scientifici o lavori di selezione, fino al momento della loro commercializzazione.

 

La lettera b) del comma 1 impone al Governo di adeguare le misure transitorie del decreto legislativo n. 18 del 2021 a quanto previsto dalla direttiva (UE) 2022/2438, in modo da consentire la commercializzazione di sementi e plantule prodotti a partire da piante madri di pre-base, di base e certificate o da materiali CAC esistenti prima del 1° gennaio 2017 e che sono stati ufficialmente certificati o che soddisfano le condizioni per essere qualificati come materiali CAC anteriormente al 31 dicembre 2029.

 

Per effetto della lettera c) il Governo dovrà apportare al testo del decreto legislativo n. 18 del 2021, le modifiche necessarie a correggere il difetto di coordinamento ravvisabile tra il comma 7 e i restanti commi dell’articolo 86. La lettera d) delega inoltre il Governo ad apportare al testo del decreto legislativo n. 18 del 2021, le modifiche necessarie a correggere gli articoli 37, comma 2, 40, comma 1, 56, comma 5, al fine di garantire una corretta interpretazione e applicazione delle disposizioni in questione. Si tratta della correzione di errori materiali e refusi di scrittura riscontrati negli articoli appena elencati.

Il comma 2 prevede che i decreti legislativi attuativi della delega in esame siano adottati previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 281 del 1997.

Il comma 3 dell’articolo reca la clausola di invarianza finanziaria.

Articolo 9
(
Principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega per il recepimento delle direttive (UE) 2023/958 e 2023/959 in materia di emissioni di gas a effetto serra)

 

L’articolo 9 prevede una serie di principi e criteri direttivi specifici da osservare nell’esercizio della delega per il recepimento, entro il 31 dicembre 2023, delle direttive (UE) 2023/958 e 2023/959 che hanno modificato la disciplina europea previgente in materia di riduzione delle emissioni di gas serra.

 

L’articolo in esame prevede che, nell’esercizio della delega per l’attuazione delle direttive (UE) 2023/958 e 2023/959, il Governo osserva, oltre ai principi e criteri direttivi generali di cui all’art. 32 della legge 234/2012, anche i seguenti principi e criteri direttivi specifici:

a) rafforzare la struttura organizzativa dell’autorità nazionale competente prevista dall’art. 4 del D.Lgs. 47/2020 (v. infra), in considerazione dell’ampliamento dei compiti da svolgere anche verso nuovi settori, e tenuto conto della incrementata rilevanza, anche in termini economici, dei provvedimenti decisori adottati dalla stessa autorità;

In proposito la relazione illustrativa sottolinea che l’estensione dell’EU ETS “al nuovo settore del trasporto marittimo, nonché la correlazione tra il sistema EU ETS e il nuovo meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM, previsto dal regolamento 2023/956, n.d.r.), comporterà l’assoggettabilità alla Direttiva ETS di un grande numero di nuovi soggetti, finora estranei al sistema, con un corrispondente incremento dell’attività amministrativa a carico delle autorità designate”.

b) istituire un’autorità nazionale competente responsabile dell’attuazione della normativa correlata al nuovo istituito ETS II (v. infra), in ragione dell’autonomia tecnica e normativa nonché della specificità di tale ambito;

In proposito la relazione illustrativa ricorda che l’ETS II sarà un sistema distinto e parallelo rispetto all’attuale EU ETS e che “si stima un numero di soggetti obbligati nell’ordine di circa 1.100, non dissimile dal numero dei soggetti obbligati nel sistema EU ETS storico” e sottolinea altresì che “per consentire in Italia una gestione efficiente ed efficace del sistema e per evitare interferenze col buon funzionamento del sistema EU ETS, risulta necessaria l’individuazione di una nuova autorità nazionale competente con caratteristiche specifiche e settoriali in grado di gestire l’introduzione del nuovo ETS II e la sua implementazione nel tempo”.

c) ottimizzare e informatizzare le rinnovate e aggiuntive procedure rientranti nel Sistema europeo di scambio di quote di emissione di gas a effetto serra (EU ETS), allineando e integrando tali procedure con il sistema informatizzato già esistente nel Portale ETS (v. infra);

La relazione illustrativa sottolinea che “stante le principali modifiche introdotte dalle Direttiva (UE) 2023/959 e (UE) 2023/958 nonché dal Regolamento 2023/956 è necessaria l’attività di aggiornamento e ottimizzazione del ‘Portale ETS’, in particolare in riferimento a: estensione dello scope del sistema al settore marittimo; definizione del nuovo sistema ETS II; variazione delle procedure e delle caratteristiche del sistema delle assegnazioni gratuite; definizione procedure interlocuzione informatica Registro CBAM europeo”.

d) revisionare e adeguare il sistema sanzionatorio al fine di definire sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive e di consentire una maggior efficacia nella prevenzione delle violazioni anche nei nuovi settori inclusi o ampliati;

La relazione illustrativa sottolinea che, in seguito all’estensione del sistema ETS a nuovi settori occorre procedere all’introduzione delle sanzioni anche ai nuovi soggetti normati (in proposito viene evidenziato che “in questo contesto, non è sufficiente estendere le sanzioni già previste, essendo necessario adeguarle alle peculiarità dei nuovi settori ed agli adempimenti in precedenza non prescritti” in modo da rendere “coerente ed unitario l’intero apparato per tutti i soggetti sottoposti alla disciplina ETS”), e che “in tale ambito, si registra discrezionalità degli Stati membri nella definizione delle sanzioni purché siano efficaci, proporzionate e dissuasive” e inoltre che “appare opportuno anche semplificare le fattispecie sanzionatorie cercando di sanzionare separatamente i singoli inadempimenti che siano rilevanti ai fini del rispetto della normativa sostanziale, nell’ottica di responsabilizzazione degli operatori coinvolti. In particolare, la finalità dell’apparato sanzionatorio deve essere improntato ad incentivare il rispetto della normativa onde garantire il raggiungimento degli obiettivi climatici codificati”.

e) assegnare al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (MASE) i proventi derivanti dalle sanzioni amministrative di nuova istituzione e destinare gli stessi al miglioramento delle attività istruttorie, di vigilanza, di prevenzione e di monitoraggio, nonché alla verifica del rispetto delle condizioni previste dai procedimenti rientranti nell’EU ETS;

La relazione illustrativa ricorda che, in base alle disposizioni recate dal d.lgs. 47/2020, il MASE svolge attività istruttoria preliminare a supporto del Comitato ETS, anche nell’ambito dei procedimenti sanzionatori. L’attribuzione al MASE dei proventi prevista dalla lettera in esame è necessaria, secondo la medesima relazione, poiché “a seguito della estensione della disciplina sostanziale e sanzionatoria a nuovi settori, nonché a seguito dell’integrazione degli obblighi per gli operatori e gestori già inclusi, gli adempimenti a carico del MASE divengono capillari, numericamente più numerosi, oltre che maggiormente specialistici e onerosi”.

f)  abrogare espressamente le disposizioni incompatibili e coordinare le correlate disposizioni della disciplina vigente in materia di ETS recata dal D.Lgs. 47/2020, assicurando la neutralità sui saldi di finanza pubblica nell’attribuzione delle quote dei proventi derivanti dalle aste delle quote di emissione.

La disciplina nazionale vigente in materia di ETS

Le disposizioni di recepimento nell’ordinamento nazionale della direttiva 2003/87/CE, come successivamente modificata e integrata, sono contenute nel D.Lgs. 47/2020 recante “Attuazione della direttiva (UE) 2018/410 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 marzo 2018, che modifica la direttiva 2003/87/CE per sostenere una riduzione delle emissioni più efficace sotto il profilo dei costi e promuovere investimenti a favore di basse emissioni di carbonio, …”.

Tale decreto legislativo contiene quindi la disciplina nazionale vigente in materia di sistema di scambio di quote di emissione di gas a effetto serra (emission trading system - ETS).

In base al disposto dell’art. 4 di tale decreto legislativo, l’Autorità nazionale competente (ANC) per l'attuazione delle disposizioni della direttiva 2003/87/CE è il Comitato ETS, che ha sede presso il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica.

La disciplina del Comitato ETS è stata recentemente modificata dall’art. 19 del D.L. 75/2023, al fine precipuo di mutare la composizione e i criteri di nomina dei componenti della Segreteria tecnica dedicata all’istruttoria per stesura degli atti deliberativi del Comitato stesso. Inoltre è stato integrato il testo del secondo periodo del comma 6 dell’articolo 4 del D.Lgs. 47/2020 – secondo cui il MASE si avvale, per l’istruttoria testé menzionata, delle proprie società in house, del GSE e di ISPRA, anche attraverso la stipula di apposite convenzioni – prevedendo che il MASE si avvale anche di Unioncamere per l’implementazione informatica del Portale ETS.

Si ricorda in proposito che il Portale ETS, disciplinato dal comma 8 dell’articolo 4 del D.Lgs. 47/2020, è lo strumento utilizzato dal MASE e dal Comitato ETS per lo svolgimento delle rispettive attività, ai fini dell'interlocuzione con i destinatari della disciplina dell’ETS recata dal medesimo decreto.

La direttiva n. 2023/959/UE

La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 10 maggio 2023, n. 2023/959/UE, reca disposizioni di modifica della direttiva 2003/87/CE, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nell'Unione, nonché della decisione (UE) 2015/1814, relativa all'istituzione e al funzionamento di una riserva stabilizzatrice del mercato nel sistema dell'UE per lo scambio di quote di emissione dei gas a effetto serra. L’articolo 3 della direttiva 2023/959/UE prevede, come termine per il recepimento delle disposizioni recate dall’art. 1 della direttiva medesima, la data del 31 dicembre 2023.

Come evidenziato nell’infografica “Pronti per il 55%: riforma del sistema di scambio di quote di emissione dell'UE”, il sistema di scambio di quote di emissione dell'UE (EU ETS) “è uno dei più grandi mercati del carbonio al mondo e lo strumento fondamentale dell'UE per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. Il sistema fissa il prezzo del carbonio. Ogni anno i soggetti coperti dall'ETS devono acquistare ‘quote’ corrispondenti alle loro emissioni di gas a effetto serra. Ogni anno è fissato un massimale relativo al numero di quote immesse sul mercato per l'anno in questione, che diminuisce di anno in anno. In questo modo le imprese hanno incentivi finanziari a ridurre le emissioni. Tuttavia, determinati settori esposti al rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio ottengono quote a titolo gratuito a sostegno della loro competitività”. Nell’infografica viene sottolineato che il sistema EU ETS “riguarda circa il 40% delle emissioni totali dell'UE e ha già dimostrato di essere lo strumento chiave per la riduzione delle emissioni. Dal 2005 (anno di introduzione del sistema) le emissioni dell'UE sono state ridotte del 41% nei settori coperti” e che il medesimo sistema attualmente copre circa 10 000 imprese nei settori della produzione di energia elettrica e calore, nei settori industriali ad alta intensità energetica (ad esempio raffinerie di petrolio, industria siderurgica e produzione di cemento, vetro e carta) e nel settore dell’aviazione commerciale (voli nello Spazio economico europeo)”.

Le principali modifiche operate alla direttiva 2003/87/CE dall’articolo 1 della direttiva n. 2023/959 riguardano, in estrema sintesi:

o   obiettivi di riduzione delle emissioni più ambiziosi

Nel 39° considerando della direttiva in questione viene sottolineato che “per conseguire l'obiettivo di riduzione delle emissioni dell'Unione per il 2030 occorrerà una riduzione delle emissioni dei settori coperti dall'EU ETS del 62% rispetto al 2005”, rispetto al precedente obiettivo del 43% previsto dalla precedente riforma della direttiva 2003/87/CE (operata con la direttiva 2018/410/UE).

o   riduzione delle quote sul mercato

Nel citato 39° considerando viene evidenziato che “è necessario ridurre il quantitativo di quote dell'EU ETS a livello dell'Unione per creare l'indispensabile segnale di prezzo del carbonio a lungo termine e incentivare il conseguimento di tale livello di decarbonizzazione”.

Per il conseguimento del nuovo obiettivo di riduzione delle emissioni nei settori coperti dall'ETS viene quindi prevista una diminuzione del numero totale di quote rilasciate nell'ambito del sistema. A tal fine, sono apportate due tipologie di correzioni all'art. 9 della direttiva 2003/87/CE:

- l'aumento del fattore di riduzione lineare, ossia la percentuale di diminuzione che è applicata annualmente al massimale, dall'attuale 2,2% al 4,3 % dal 2024 al 2027 e al 4,4 % a partire dal 2028;

- una riduzione di 117 milioni di quote. Per la precisione viene previsto che, nel 2024, il quantitativo di quote a livello dell'UE è ridotto di 90 milioni di quote, e che, nel 2026, tale quantitativo è ridotto di 27 milioni di quote. Viene però altresì previsto che, nel 2024, il quantitativo di quote a livello dell'UE è aumentato di 78,4 milioni di quote per il trasporto marittimo.

o   ampliamento dell’EU ETS a nuovi settori

Un primo ampliamento prevede l’inclusione nell’EU ETS del trasporto marittimo. Nello specifico, sono inserite, nell’allegato I della direttiva 2003/87/CE (“Categorie di attività cui si applica la presente direttiva”), le attività di trasporto marittimo disciplinate dal regolamento (UE) 2015/757, vale a dire alle “navi di stazza lorda pari o superiore a 5.000 tonnellate per le emissioni di gas a effetto serra rilasciate durante le tratte finalizzate al trasporto di passeggeri o merci a fini commerciali effettuate dall'ultimo porto di scalo di tali navi verso un porto di scalo sotto la giurisdizione di uno Stato membro e da un porto di scalo sotto la giurisdizione di uno Stato membro al successivo porto di scalo, così come all'interno dei porti di scalo sotto la giurisdizione di uno Stato membro” (art. 2, par. 1, Reg. 2015/757).

Sono inoltre introdotti gli articoli da 3-octies bis e 3-octies octies, che recano disposizioni per l’assegnazione di quote e l'applicazione degli obblighi di restituzione per le attività di trasporto marittimo, per il monitoraggio e la comunicazione delle emissioni generate dal trasporto marittimo, nonché per la verifica e l’accreditamento delle emissioni generate dal trasporto medesimo.

Un ulteriore ampliamento consiste nella previsione di un nuovo e distinto sistema ETS (c.d. ETS II) che si applicherà, a decorrere dal 1° gennaio 2025, ai “combustibili utilizzati per la combustione nei settori dell'edilizia e del trasporto stradale e in ulteriori settori” (nuovo allegato III della direttiva 2003/87/CE).

La disciplina di tale sistema è recata dal nuovo Capo IV-bis, che comprende gli articoli da 30-bis a 30-duodecies. Tali articoli prevedono, tra l’altro, la messa all’asta (separatamente dalle quote relative agli impianti fissi e ai trasporti aereo e marittimo), a decorrere dal 2027, delle quote disciplinate da tale capo IV-bis, nonché che, sempre a partire dal 2027, gli Stati membri possono estendere l'attività di cui all'allegato III a settori non elencati in tale allegato e applicare quindi lo scambio di quote di emissioni a norma del presente capo in tali settori, a determinate condizioni. Viene inoltre previsto il rinvio dello scambio di emissioni per i settori dell'edilizia e del trasporto su strada e per ulteriori settori fino al 2028 in caso di prezzi eccezionalmente elevati dell'energia.

o   ulteriori modifiche

Ulteriori modifiche degne di nota riguardano l’eliminazione graduale delle quote a titolo gratuito per determinati settori, nonché la riscrittura dell’art. 10, paragrafo 3, della direttiva 2003/87/CE che eleva dal 50% al 100% la quota dei proventi delle aste che gli Stati membri devono destinare a finalità legate al clima.

Viene inoltre prevista la destinazione di un importo massimo di 65 miliardi di euro (in parte derivanti dal nuovo sistema ETS previsto per i settori dell'edilizia e del trasporto stradale e per ulteriori settori) al Fondo sociale per il clima, istituito dal regolamento (UE) 2023/955. Sono inoltre previsti maggiori finanziamenti per la decarbonizzazione (Fondo per la modernizzazione e Fondo per l'innovazione).

Si ricorda inoltre che l’articolo 2 reca modifiche alla decisione n. 2015/1814/UE relativa all'istituzione e al funzionamento di una riserva stabilizzatrice del mercato nel sistema dell'Unione per lo scambio di quote di emissione dei gas a effetto serra.

La direttiva n. 2023/958/UE

La direttiva 2023/058 modifica la direttiva 2003/87/CE per quanto riguarda il contributo del trasporto aereo all’obiettivo di riduzione delle emissioni in tutti i settori dell’economia dell’Unione, rivedendo la normativa dell’UE in materia di ETS nel settore aereo.

Il trasporto aereo genera dal 2 al 3 % delle emissioni globali di CO2 e l’impatto climatico complessivo del trasporto aereo è almeno il doppio rispetto a quello associato al solo CO2. Il trasporto aereo è, dopo il trasporto su strada, la seconda maggiore fonte di impatto climatico generato dai trasporti.

 

In base alle nuove diposizioni le quote di emissione a titolo gratuito per il settore del trasporto aereo saranno eliminate gradualmente e, a partire dal 2026, sarà attuata la messa all’asta integrale.

Fino al 31 dicembre 2030 saranno riservate 20 milioni di quote per incentivare la transizione degli operatori aerei dall’uso dei combustibili fossili. In particolare, per il periodo dal 1o gennaio 2024 al 31 dicembre 2030, un massimo di 20 milioni del quantitativo totale di quote è riservato agli operatori aerei commerciali, in modo trasparente, equo e non discriminatorio, per l’uso di carburanti sostenibili per l’aviazione e di altri carburanti per l’aviazione che non derivano da combustibili fossili.

 

Il sistema ETS si applicherà ai voli intraeuropei (compresi i voli in partenza verso Regno Unito e Svizzera), mentre il sistema CORSIA (Carbon Offsetting and Reduction Scheme for International Aviation), uno schema internazionale di regolazione delle emissioni di CO2 derivanti dall’Aviazione Civile, si applicherà ai voli extraeuropei da e verso i paesi terzi che vi partecipano dal 2022 al 2027 (principio clean cut).

 

Viene inoltre migliorata la trasparenza in materia di emissioni e compensazione degli operatori aerei e istituito un quadro di monitoraggio, comunicazione e verifica per gli effetti del trasporto aereo non legati alle emissioni di CO2. Entro il 1º gennaio 2028, sulla scorta dei risultati di questo quadro, la Commissione proporrà, se del caso, misure di mitigazione per gli effetti del trasporto aereo non legati alle emissioni di CO2.

Il termine di recepimento della direttiva è fissato al 31 dicembre 2023.

 


 

Articolo 10
(
Trattamento prudenziale degli enti di importanza sistemica a livello mondiale con strategia di risoluzione a punto di avvio multiplo e metodi di sottoscrizione indiretta degli strumenti ammissibili per il soddisfacimento del requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili)

 

L’articolo 10 delega il Governo (comma 1) ad adottare uno o più decreti legislativi per adeguare, entro sei mesi dalla data di entrate in vigore del provvedimento in esame, l’ordinamento nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2022/2036 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 ottobre 2022, relativo al trattamento prudenziale degli enti di importanza sistemica a livello mondiale con strategia di risoluzione a punto di avvio multiplo e ai metodi di sottoscrizione indiretta degli strumenti ammissibili per il soddisfacimento del requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili.

 

In estrema sintesi, il regolamento (UE) 2022/2036, che modifica il regolamento (UE) n. 575/2013 (CRR) e la direttiva 2014/59/UE (BRRD), dispone circa il trattamento prudenziale degli enti di importanza sistemica a livello mondiale con strategia di risoluzione a punto di avvio multiplo, nonché dei metodi di sottoscrizione indiretta degli strumenti ammissibili per il soddisfacimento del requisito minimo di fondi propri e delle passività ammissibili.

Si ricorda che il regolamento (UE) n. 575/2013, noto anche come regolamento sui requisiti patrimoniali (CRR), ha stabilito un insieme unico di norme prudenziali armonizzate, che le banche in tutta l'Unione europea (UE) devono rispettare. Fissa infatti un quadro armonizzato per l'autorizzazione all'esercizio dell'attività creditizia e per la successiva vigilanza prudenziale, fondato sul principio dell'adeguatezza patrimoniale, che si traduce in requisiti qualitativi e quantitativi per i fondi propri, nel rispetto delle norme derivanti degli accordi internazionali cd. "Basilea III". Introduce una serie di strumenti per rafforzare la stabilità degli enti creditizi, su cui si fonda il sistema armonizzato di norme prudenziali (cd. "single rulebook"). La direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014 (che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento, cd. "BRRD") ha stabilito regole comuni nell'Unione europea (UE) per il risanamento e la ristrutturazione delle banche in dissesto, rappresentando il primo significativo passo verso l'armonizzazione delle norme in materia di risoluzione delle banche in tutta l'Unione[25].

La modifica normativa, come emerge dai considerando, deriva dalle modifiche apportate al quadro di risoluzione dell'Unione per gli enti creditizi e le imprese di investimento (regolamento (UE) n. 575/2013, regolamento (UE) n. 806/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio e direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio) apportate nel corso del 2019 (regolamento (UE) 2019/876, regolamento (UE) 2019/877 e direttiva (UE) 2019/87).

Tali modifiche si sono rese necessarie per attuare nell'Unione la lista internazionale delle condizioni relative alla capacità totale di assorbimento delle perdite (Total-Loss Absorbing Capacity - TLAC) disposta dal Consiglio per la stabilità finanziaria nel novembre 2015 nei confronti delle banche a rilevanza sistemica a livello globale, a cui si fa riferimento nel quadro dell'Unione come enti a rilevanza sistemica a livello globale (G-SII), nonché per migliorare l'applicazione del requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili (Minimum Requirement for own funds and Eligible Liabilities -MREL) nei confronti di tutte le banche.

Il MREL (Minimum Requirement of Eligible Liabilities) e il TLAC (Total Loss Absorbing Capacity) sono due requisiti diversi, miranti entrambi a consentire la risolvibilità di una banca evitando di ricorrere a fondi pubblici.

 Il MREL è disciplinato dall’articolo 45 della direttiva BRRD del maggio 2014 e dal Regolamento Delegato della Commissione UE n. 2016/1450; viene definito per singolo istituto.

Il TLAC è stato disciplinato dal Financial Stability Board (FSB) nel novembre 2015 in seguito alla richiesta del G20 di aumentare la capacità di assorbimento delle perdite delle istituzioni globali a livello sistemico (G-SIBs) in caso di risoluzione.

Attraverso il rispetto dei parametri di MREL e TLAC, gli istituti di credito predispongono le proprie passività (o parte di esse) nel rispetto di specifici criteri e condizioni, in modo da assicurare la capacità di assorbimento delle perdite in caso di risoluzione.

Per un quadro generale sui meccanismi di gestione delle crisi bancarie, si veda l’apposita sezione del sito internet della Banca d’Italia

Il Regolamento si applica a decorrere dal 14 novembre 2022.

 

Ai sensi del comma 2, nell’esercizio della predetta delega il Governo osserva i principi e criteri direttivi generali di cui all’articolo 32 della legge n. 234 del 2012 (per cui si veda l’articolo 1 del provvedimento in esame, alla cui scheda di lettura si rinvia).

 

Il comma 3 dell’articolo 9 reca la clausola di invarianza finanziaria.

 


 

Articolo 11
(
Delega al Governo per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2018/1672, relativo ai controlli sul denaro contante in entrata nell’Unione o in uscita dall’Unione e che abroga il regolamento (CE) n. 1889/2005, nonché alle disposizioni del regolamento di esecuzione (UE) 2021/776 della Commissione dell’11 maggio 2021)

 

L’articolo 11 contiene la delega al Governo, da esercitare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2018/1672, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, relativo ai controlli sul denaro contante in entrata nell’Unione o in uscita dall’Unione e che abroga il regolamento (CE) n. 1889/2005, nonché alle disposizioni del regolamento di esecuzione (UE) 2021/776 della Commissione, dell’11 maggio 2021.

 

Come specificato dal Governo nella relazione illustrativa, il regolamento (UE) 2018/1672 ha integrato la legislazione unionale per il contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, tenendo anche conto della Raccomandazione 32 del GAFI (FATF), con cui si fa presente l’opportunità di adottare misure che prevedano controlli adeguati sui movimenti transfrontalieri di denaro contante. L’obiettivo è quello di migliorare i controlli sui flussi di denaro in contante sia in entrata che in uscita dal territorio dell’Unione europea, armonizzando le misure volte al monitoraggio del trasporto transfrontaliero di denaro contante, nonché quelle volte alla condivisione e utilizzazione delle relative informazioni. Il menzionato regolamento si applica unitamente al relativo regolamento di esecuzione (UE) 2021/776 che stabilisce “i modelli per determinati moduli nonché le norme tecniche per l’efficace scambio di informazioni a norma del regolamento (UE) 2018/1672”. I regolamenti intervengono su più piani, innovando la materia oggetto di disciplina in modo organico, anche alla luce della contestuale abrogazione del regolamento (CE) n. 1889/2005.

Più in dettaglio, il regolamento (UE) 2018/1672 è riconducibile al quadro giuridico per la prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo recato dalla direttiva (UE) 2015/849, c.d. quarta direttiva antiriciclaggio, la quale, tra l'altro, tiene conto delle raccomandazioni del GAFI (Gruppo di azione finanziaria internazionale) adottate ed ampliate nel febbraio del 2012. La medesima direttiva è stata recepita con il decreto legislativo n. 90 del 2017.

Il regolamento 2018/1672 in esame mira a rafforzare le verifiche sul denaro contante per coloro che entrano o escono dall'UE con 10.000 euro o più. La nozione di “denaro contante” comprende, secondo le definizioni recate dall’art. 2, valuta, strumenti negoziabili al portatore, beni utilizzati come riserve altamente liquide di valore e le carte prepagate. L’art. 3 pone un obbligo di dichiarazione da parte del portatore del denaro contante, per le somme pari o superiori alla soglia suddetta, specificando i contenuti minimi della dichiarazione che dovranno riportare: i dati relativi al portatore e al proprietario del denaro contante, nonché, se previsto, al destinatario della somma; la natura, l'importo o il valore, la provenienza economica e l'uso previsto del denaro contante; l'itinerario seguito e il mezzo di trasporto. Tali dichiarazioni, rese in forma scritta o elettronica, sono poste a disposizione delle autorità competenti per gli opportuni controlli. L’art. 4 riguarda invece gli obblighi di informativa del denaro in contanti non accompagnato. Tali obblighi, sempre per le cifre superiori alla soglia indicata, possono essere imposti, dallo Stato membro interessato, al mittente o al destinatario del denaro contante o a un loro rappresentante, i quali dovranno presentare una dichiarazione a scopo informativo entro un termine di 30 giorni. Le autorità competenti possono trattenere il denaro contante finché non sia stata presentata tale dichiarazione. La dichiarazione deve riportare i dati del dichiarante, del mittente, del destinatario, del proprietario del denaro contante nonché le informazioni circa la natura, l'importo o il valore, la provenienza economica e l'uso previsto del denaro contante. Anche in questo caso le informazioni sono fornite per iscritto o per via elettronica. L’art. 5 conferisce alle autorità competenti il potere di eseguire controlli sulle persone fisiche o su qualunque spedizione, contenitore o mezzo di trasporto che possa contenere denaro contante, ai fini della verifica del rispetto degli obblighi sopra ricordati. Nel caso di importi inferiori alla soglia, l’art. 6 stabilisce che, qualora indizi denotino che la somma, accompagnata o meno, sia correlata ad attività criminose, le autorità competenti registrano tale informazione unitamente alle informazioni elencate, rispettivamente, dagli articoli 3 e 4. L’art. 7 disciplina le condizioni che determinano il trattenimento del denaro contante mediante decisione amministrativa, conformemente a quanto previsto dal diritto nazionale, nonché la durata del trattenimento. Ulteriori disposizioni riguardano: le campagne informative; la trasmissione dei dati all’Unità di informazione finanziaria (UIF), Unità prevista in ciascuno Stato membro ai sensi della citata quarta direttiva antiriciclaggio; lo scambio di informazioni tra le autorità competenti, la Commissione europea (in caso di possibile pregiudizio agli interessi finanziari dell'Unione) e i Paesi terzi; il rispetto della segretezza professionale e la protezione dei dati. Il regolamento demanda agli Stati membri la definizione di sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive (art. 14). Si ricorda, infine, che il regolamento in esame ha abrogato il precedente regolamento (CE) n. 1889/2005 in materia.

Il presente regolamento si applica a decorrere dal 3 giugno 2021 (ad eccezione delle disposizioni in materia di atti di esecuzioni, applicabili dal 2 dicembre 2021) ed è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

 

Il comma 1 del presente articolo delega il Governo ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per adeguare la normativa nazionale, fatta salva la possibilità del Governo di emanare disposizioni integrative e correttive entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al presente comma.

 

Il comma 2 condiziona l’adozione dei decreti legislativi, adottati dal Governo, al previo parere positivo del Garante per la protezione dei dati personali. Come rammentato nella relazione illustrativa, tale previsione consente all’Autorità garante per la protezione dei dati personali la valutazione del bilanciamento di valori costituzionali, come la trasparenza, la riservatezza e la protezione dei dati personali rispetto alla disciplina sui controlli transfrontalieri sui flussi di denaro che possono potenzialmente porsi a detrimento dei menzionati interessi.

 

Il comma 3 stabilisce che, nell’esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo osserva, oltre ai principi e criteri direttivi generali di cui all’articolo 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, i seguenti principi e criteri direttivi specifici:

a) apportare ogni necessaria modifica al decreto legislativo 19 novembre 2008, n. 195 (recante modifiche e integrazioni alla normativa in materia valutaria), al fine di dare piena attuazione alle previsioni del regolamento (UE) 2018/1672 e del regolamento di esecuzione (UE) 2021/776 della Commissione dell’11 maggio 2021, prevedendo:

1) la conferma delle autorità competenti di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 195 del 2008;

2) l’esercizio, da parte dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli e della Guardia di finanza, dei poteri e delle facoltà loro riconosciuti dall’ordinamento nazionale al fine di verificare l’osservanza dell’obbligo di dichiarazione di cui all’articolo 3 del regolamento (UE) 2018/1672 e ai fini dell’attuazione dell’obbligo di informativa di cui all’articolo 4 del medesimo regolamento, garantendo la celerità, l’economicità e l’efficacia dei controlli di cui al relativo articolo 5, paragrafi 1 e 2;

3) la realizzazione, a cura delle autorità competenti, di controlli basati sull’analisi dei rischi, anche mediante procedimenti informatici, in conformità all’articolo 5, paragrafo 4, del regolamento (UE) 2018/1672.

Nella relazione illustrativa, il Governo chiarisce che il numero 3 della lettera a) prevede che il Governo, nell’esercizio della delega legislativa, possa prevedere che i controlli di cui all’articolo 5, paragrafo 4, del regolamento (UE) 2018/1672 possano avvenire anche mediante procedimenti informatici. In particolare, l’articolo 5, paragrafo 4, del regolamento prevede che i controlli si basino su un’analisi risk-based e non si esclude che le tecnologie informatiche possano consentire il raggiungimento delle finalità ivi previste, anche nell’ottica del quadro comune di gestione dei rischi conformemente ai criteri di cui all’articolo 16, paragrafo 1, lettera b), del regolamento, che tiene conto anche delle valutazioni dei rischi eseguita dalla Commissione e dall'Unità di Informazione Finanziaria per l'Italia (UIF) ai sensi della direttiva (UE) 2015/849;

 

4) la disciplina dell’istituto del trattenimento temporaneo del denaro contante di cui all’articolo 7 del regolamento (UE) 2018/1672, tenuto conto delle disposizioni previste dal codice di procedura penale.

Come specificato dal Governo nella relazione illustrativa, il numero 4 della lettera a) delega il Governo all’adeguamento dell’ordinamento nazionale rispetto alla previsione dell’istituto del trattenimento temporaneo del denaro contante di cui all’articolo 7 del regolamento (UE)2018/1672. La relativa disciplina nazionale dovrà dunque prevedere le condizioni necessarie per l’applicazione di tale istituto, che deve avvenire con una decisione amministrativa. Si specifica – per garantire il coordinamento con le altre forme di sottrazione temporanea di un bene previste dal nostro ordinamento – che l’istituto del trattenimento temporaneo non possa precludere l’osservanza delle disposizioni del codice di procedura penale per il compimento degli atti necessari ad assicurare le fonti di prova e a raccogliere quant’altro possa servire per l’applicazione della legge penale;

 

5) l’applicazione del sistema di sorveglianza sui movimenti transfrontalieri di denaro contante anche ai movimenti di denaro contante tra l'Italia e gli altri Stati membri.

Nella relazione illustrativa, il Governo chiarisce che questo criterio è conforme al considerando 9 del regolamento (UE) 1672/2018, che fa espressamente salva la possibilità per gli Stati membri di prevedere attraverso il diritto interno controlli ulteriori con riferimento ai movimenti di denaro contante nell’ambito delle frontiere interne dell’Unione europea, fermo restando il rispetto delle libertà fondamentali garantite dagli articoli 63 e 65 TFUE (divieto alle restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri e tra Stati membri e Paesi terzi);

 

6) la celerità, l’economicità e l’efficacia dell’azione amministrativa, della fase dell’accertamento delle violazioni e dei procedimenti sanzionatori;

7) la definizione del sistema sanzionatorio per la violazione degli obblighi di dichiarazione e di informativa di cui agli articoli 3 e 4 del regolamento (UE) 2018/1672 attraverso la previsione di sanzioni amministrative efficaci, dissuasive e proporzionate alla gravità delle relative violazioni.

Come chiarito dal Governo nella relazione illustrativa, il legislatore europeo ha lasciato agli Stati membri la facoltà di individuare le sanzioni applicabili in ipotesi di violazione degli obblighi di dichiarazione e informativa, purché le stesse siano efficaci, dissuasive e proporzionate (articolo 14). A tal proposito, è stato previsto che le sanzioni, di natura amministrativa, siano proporzionate alla gravità delle relative violazioni;

 

8) adeguate forme di scambio di informazioni, anche per via elettronica, tra le autorità competenti nazionali nonché con le omologhe autorità degli altri Stati membri, anche mediante collegamento diretto al Sistema informativo doganale, e dei Paesi terzi.

Questa previsione intende dare attuazione, in particolare, all’articolo 5 del regolamento di esecuzione (UE) 2021/776 recante la disciplina dello “scambio di informazioni attraverso il sistema di informazione doganale”, nonché agli articoli 9, 10 e 11 del regolamento (UE) 2018/1672;

 

9) il rispetto del vigente assetto istituzionale e di competenze stabilito dall’ordinamento nazionale, ai sensi del decreto legislativo 22 giugno 2007, n. 109 (recante “Misure per prevenire, contrastare e reprimere il finanziamento del terrorismo e l’attività dei Paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale, in attuazione della direttiva 2005/60/CE”) e del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231 (recante “Attuazione della direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo nonché della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione”);

b) apportare ogni necessaria modifica alla legge 17 gennaio 2000, n. 7 (disciplina del mercato dell’oro), per coordinarne le disposizioni con quanto previsto dal regolamento (UE) 2018/1672 evitando la sovrapposizione di obblighi dichiarativi in materia di oro, precisandone presupposti, modalità, termini e il relativo apparato sanzionatorio in caso di violazione, nonché prevedendo l’invio delle dichiarazioni di cui alla medesima legge 17 gennaio 2000, n. 7, all’Unità di informazione finanziaria per l’Italia e delle comunicazioni previste dall’articolo 1, comma 3, della legge 17 gennaio 2000, n. 7, all’Organismo per la gestione degli elenchi degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi, istituito ai sensi dell'articolo 128-undecies del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385.

Nella relazione illustrativa, il Governo chiarisce che questa previsione si rende altresì necessaria sia per coordinare le competenze in subiecta materia dell’UIF e dell’OAM che per definire, ampliandone la portata, la nozione di oro da investimento, in modo da renderlo compatibile con l’articolo 2 del regolamento (UE) 2018/1672, che ha esteso, come indicato in premessa, la definizione di “denaro contante”, che comprende ora anche i “beni utilizzati come riserve altamente liquide di valore”, specificamente individuati, nell’Allegato I del regolamento, in a) monete con un tenore in oro di almeno il 90% e b) lingotti in qualsivoglia forma (barre, pepite o aggregati) con un tenore in oro di almeno il 99,5%;

 

c) prevedere che, attraverso apposite campagne di informazione, le persone in entrata o in uscita dall’Unione europea e le persone che inviano o ricevono nell’Unione europea denaro contante non accompagnato siano informate dei loro diritti e obblighi a norma del regolamento (UE) 2018/1672;

d) prevedere, in conformità alle definizioni, alla disciplina e alle finalità del regolamento (UE) 2018/1672 e del regolamento di esecuzione (UE) 2021/776, le occorrenti modificazioni e abrogazioni della normativa vigente, per i settori interessati dalla normativa da attuare, al fine di assicurare la corretta e integrale applicazione dei medesimi regolamenti e di realizzare il migliore coordinamento con le altre disposizioni vigenti.

 


 

Articolo 12
(
Principi e criteri direttivi per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2022/2554, relativo alla resilienza operativa digitale per il settore finanziario e che modifica i regolamenti (CE) n. 1060/2009, (UE) n. 648/2012, (UE) n. 600/2014, (UE) n. 909/2014 e (UE) 2016/1011 e per il recepimento della direttiva (UE) 2022/2556 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 dicembre 2022 che modifica le direttive 2009/65/CE, 2009/138/CE, 2011/61/UE, 2013/36/UE, 2014/59/UE, 2014/65/UE, (UE) 2015/2366 e (UE) 2016/2341 per quanto riguarda la resilienza operativa digitale per il settore finanziario)

 

L’articolo 12, al comma 1, reca la delega al Governo per adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con le procedure di cui all'articolo 31 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, acquisito il parere dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, uno o più decreti legislativi per l'adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) 2022/2554 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 dicembre 2022 relativo alla resilienza operativa digitale per il settore finanziario e che modifica i regolamenti (CE) 1060/2009, (UE) 648/2012, (UE) 600/2014, (UE) 909/2014 e (UE) 2016/1011.

 

Il regolamento (UE) 2022/2554 (c.d. DORA, Digital Operational Resilience Act) - riconducibile al c.d. “Pacchetto finanza digitale” - è volto a definire un quadro dettagliato sulla resilienza operativa digitale per le entità finanziarie dell'UE al fine di:

§  approfondire la dimensione della gestione dei rischi digitali e in particolare migliorare e razionalizzare la gestione dei rischi relativi alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (Information and Communication Technologies – ICT) da parte delle entità finanziarie;

§  istituire test accurati dei sistemi di ICT e accrescere la consapevolezza da parte delle autorità di vigilanza dei rischi informatici e degli incidenti cui sono esposte le entità finanziarie;

§  conferire alle autorità di vigilanza finanziaria poteri di sorveglianza sui rischi dovuti alla dipendenza delle entità finanziarie da fornitori terzi di servizi;

§  istituire un meccanismo coerente di segnalazione degli incidenti.

Il regolamento in esame si applica ad un novero ampio di entità finanziarie regolamentate, tra cui enti creditizi, istituti di pagamento, istituti di moneta elettronica, imprese di investimento, fornitori di servizi per le cripto-attività, depositari centrali di titoli, controparti centrali, sedi di negoziazione, gestori di fondi di investimento alternativi e società di gestione, fornitori di servizi di comunicazione dati, imprese di assicurazione e di riassicurazione, agenzie di rating del credito, revisori legali e società di revisione, fornitori di servizi di crowdfunding (art. 2).

Il Capo II del regolamento si compone degli articoli da 5 a 16 ed è dedicato alla gestione dei rischi informatici. L’art. 5 stabilisce che le entità finanziarie devono predisporre un quadro per la gestione dei rischi relativi alle ICT efficace e prudente. Le entità finanziarie devono predisporre un quadro per la gestione dei rischi informatici (art. 6) “solido, esaustivo ed adeguatamente documentato”, che consenta di affrontare i rischi in maniera “rapida, efficiente ed esaustiva”, assicurando un elevato livello di resilienza operativa digitale corrispondente alle esigenze, alle dimensioni e alla complessità delle loro attività commerciali. Esso deve comprendere anche una strategia di resilienza digitale, che definisca le modalità di attuazione del quadro medesimo.

In particolare, le entità finanziarie devono:

§  utilizzare strumenti e sistemi di ICT idonei, affidabili, di sufficiente capacità e resilienti, tali da fare fronte alle esigenze di informazioni supplementari richieste da condizioni di stress del mercato o da altre situazioni avverse (art. 7);

§  identificare costantemente tutte le fonti di rischi relativi alle ICT (art. 8);

§  introdurre misure di protezione e prevenzione (art. 9);

§  individuare tempestivamente le attività anomale, compresi i problemi di prestazione della rete delle ICT e gli incidenti a esse connessi, nonché per individuare i potenziali singoli punti di vulnerabilità rilevanti, c.d. points of failure (art. 10);

§  mettere in atto politiche di continuità operativa e sistemi e piani di risposta e ripristino in caso di disastro relativo alle ICT (artt. 11 e 12).

Ulteriori disposizioni del Capo II dispongono in ordine agli strumenti di riesame delle situazioni critiche, alle capacità evolutive di resilienza dei sistemi e alla comunicazione tra le entità finanziarie. L’art. 16 chiude il Capo II in parola e reca una disciplina concernente talune entità che non sono destinatarie delle disposizioni sopra ricordate. 

Il Capo III (artt. da 17 a 23) disciplina le misure per la gestione, classificazione e segnalazione degli incidenti informatici. Le entità finanziarie devono approntare un processo di gestione per individuare, gestire e notificare gli incidenti (art. 17), per classificarli e determinarne l'impatto, sulla base dei criteri ivi specificati (art. 18) e segnalarli alle autorità competenti secondo determinate modalità (art. 19). Ulteriori disposizioni riguardano l’armonizzazione dei modelli e dei contenuti per le segnalazioni e la centralizzazione delle segnalazioni. Si prevede, infatti, la possibilità di istituire un polo unico dell'UE per la segnalazione degli incidenti gravi connessi alle ICT da parte delle entità finanziarie (art. 21).

Il Capo IV (composto dagli articoli da 24 a 27) dispone in ordine ai test di resilienza, ordinari ed avanzati, al fine di identificare punti deboli, carenze o lacune, nonché verificare la capacità di attuare tempestivamente misure correttive. Si prevede un'applicazione proporzionata di tali prescrizioni: solo talune entità hanno l'obbligo di svolgere prove avanzate mediante test di penetrazione guidati dalla minaccia (TLPT). Tali test sono eseguiti da soggetti che rispettano specifici requisiti.

Il Capo V (articoli da 28 a 44) reca disposizioni concernenti i rischi informatici derivanti da terzi, in considerazione del fatto che le società finanziarie dipendono sempre più da società tecnologiche non finanziarie per i loro servizi ICT. A tale riguardo, l’art. 30 precisa le principali disposizioni contrattuali inerenti a diritti e obblighi dell'entità finanziaria e del fornitore terzo di servizi ITC. Tali diritti e obblighi dovranno essere attribuiti chiaramente e definiti per iscritto. In particolare, i contratti che disciplinano il rapporto dovranno contenere una descrizione chiara e completa dei servizi, l'indicazione delle località in cui i dati devono essere trattati, descrizioni complete del livello dei servizi accompagnate da obiettivi di prestazione quantitativi e qualitativi, disposizioni pertinenti in materia di accessibilità, disponibilità, integrità, sicurezza e protezione dei dati personali, nonché garanzie per l'accesso, il ripristino e la restituzione in caso di inadempienze dei fornitori terzi di servizi di ICT, termini di preavviso e obblighi di segnalazione dei fornitori terzi di servizi di ICT, diritti di accesso, ispezione e audit da parte dell'entità finanziaria o di un terzo designato a tale scopo, strategie di uscita dedicate. Inoltre, il medesimo Capo V reca disposizioni finalizzate a sottoporre i fornitori terzi di servizi di ICT critici a un quadro di sorveglianza dell'Unione per garantire la convergenza in materia di vigilanza.

Il Capo VI si compone del solo art. 45, il quale mira a consentire alle entità finanziarie di istituire accordi per lo scambio di informazioni e dati sulle minacce informatiche.

Il regolamento, inoltre, individua le autorità competenti ad assicurare il rispetto degli obblighi disposti dalla nuova disciplina in relazione alle varie categorie di entità finanziarie (Capo VII, artt. 46-56). Il Capo VIII dispone in ordine agli atti delegati mentre il Capo IX reca le disposizioni transitorie e finali e le modifiche ai regolamenti (CE) n. 1060/2009, (UE) n. 648/2012, (UE) n. 600/2014, (UE) n. 909/2014 e regolamento (UE) 2016/1011.

Il regolamento in esame si applica a decorrere dal 17 gennaio 2025 (art. 64).

 

La direttiva (UE) 2022/2556 introduce un'esenzione temporanea per i sistemi multilaterali di negoziazione e modifica o chiarisce talune disposizioni delle vigenti direttive UE relative ai servizi finanziari onde conseguire gli obiettivi previsti dalla proposta sulla resilienza operativa digitale. La direttiva dovrà essere recepita dagli Stati membri entro il 17 gennaio 2025.

 

Il comma 2 stabilisce che, nell'esercizio della delega di cui al comma 1, nonché per il recepimento della direttiva (UE) 2022/2556 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 dicembre 2022 che modifica le direttive 2009/65/CE, 2009/138/CE, 2011/61/UE, 2013/36/UE, 2014/59/UE, 2014/65/UE, (UE) 2015/2366 e (UE) 2016/2341 per quanto riguarda la resilienza operativa digitale per il settore finanziario, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai principi e criteri direttivi generali di cui all'articolo 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, anche i seguenti principi e criteri direttivi specifici:

a)      apportare alla normativa vigente le occorrenti modifiche e integrazioni, anche al sistema sanzionatorio, necessarie all’adeguamento dell’ordinamento giuridico nazionale al regolamento (UE) 2022/2554 e al recepimento della direttiva (UE) 2022/2556, incluso l'eventuale esercizio delle opzioni, anche mediante la normativa secondaria di cui alla lettera d), previste dal regolamento (UE) 2022/2554. Nell’adozione di tali modifiche e integrazioni il Governo tiene conto degli orientamenti delle Autorità di vigilanza europee, degli atti delegati adottati dalla Commissione europea e delle disposizioni legislative nazionali di recepimento delle seguenti direttive strettamente correlate al regolamento (UE) 2022/2554:

1)     la direttiva (UE) 2022/2555 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 dicembre 2022 relativa a misure per un livello comune elevato di cybersicurezza nell'Unione, recante modifica del regolamento (UE) n. 910/2014 e della direttiva (UE) 2018/1972 e che abroga la direttiva (UE) 2016/1148 (direttiva NIS 2);

2)     la direttiva (UE) 2022/2557 del 14 dicembre 2022 del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla resilienza dei soggetti critici e che abroga la direttiva 2008/114/CE del Consiglio;

b)     assicurare che alle autorità competenti, individuate ai sensi dell’articolo 19, comma 1, paragrafo 2, e dell’articolo 46 del regolamento (UE) 2022/2554, siano attribuiti tutti i poteri di vigilanza, di indagine e sanzionatori per l’attuazione del regolamento (UE) 2022/2554 e della direttiva (UE) 2022/2556, coerentemente con il riparto di competenze nel settore finanziario nazionale;

c)      attribuire alle autorità di cui alla lettera b) il potere di imporre le sanzioni e le altre misure amministrative previste dagli articoli 42, paragrafo 6, e 50 del regolamento (UE) 2022/2554, nel rispetto dei limiti edittali e delle procedure previsti dalle disposizioni nazionali che disciplinano l’irrogazione delle sanzioni e l’applicazione delle altre misure amministrative da parte delle autorità anzidette, avuto riguardo al riparto di competenze nel settore finanziario nazionale;

d)     prevedere, ove opportuno, il ricorso alla disciplina secondaria adottata dalle autorità indicate alla lettera b) secondo le rispettive competenze.

 

Il comma 3 reca la clausola di invarianza finanziaria, ai sensi della quale dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono all’adempimento dei compiti derivanti dall’esercizio della delega di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 


 

Articolo 13
(Governance europea dei dati)

 

L’articolo 13 conferisce, al comma 1, una delega al Governo per l’adeguamento del quadro normativo nazionale al regolamento UE 2022/868 relativo alla governance europea dei dati.

Il termine per l’esercizio della delega è quattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge. In base all’articolo 38 del Regolamento, l’applicazione dello stesso è invece prevista dal 24 settembre 2023.

Sono richiamate, per l’attuazione della delega, le procedure dell’articolo 31 della legge n. 234 del 2012 (norme generali sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea).

 

Tale articolo prevede, tra le altre cose, che gli schemi di decreto legislativo di recepimento delle direttive (rectius: degli atti dell’Unione europea) siano adottati su proposta del Presidente del Consiglio o del Ministro degli affari europei e del Ministro con competenza prevalente nella materia. I decreti legislativi sono accompagnati da una tabella di concordanza tra le disposizioni in essi previste e quelle della direttiva da recepire. La legge di delegazione europea indica le direttive (rectius: gli atti dell’Unione europea) in relazione alle quali sugli schemi dei decreti legislativi di recepimento è previsto il parere delle competenti commissioni parlamentari. In proposito si rinvia all’articolo 1 del disegno di legge di delegazione che prevede che su tutti gli schemi di decreti legislativi attuativi della legge sia acquisito il parere delle competenti commissioni parlamentari. L’articolo 31 prevede anche che il Governo, quando non intende conformarsi ai pareri parlamentari relativi a sanzioni penali contenute negli schemi dei decreti legislativi (come dovrebbe essere il caso del decreto legislativo di attuazione del presente articolo, in forza del criterio direttivo di cui al comma 2, lettera f) ritrasmette i testi, con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, alla Camera e al Senato. Decorsi venti giorni dalla data di ritrasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza di nuovo parere.

 

Il decreto legislativo sarà adottato previo parere del Garante per la protezione dei dati personali, dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale e dell’Agenzia per l’Italia digitale.

 

Si ricorda che in termini generali, il regolamento UE 2022/868 stabilisce, come indicato dall’articolo 1, le condizioni per il riutilizzo, all’interno dell’Unione, di determinate categorie di dati detenuti da enti pubblici, un quadro di notifica e controllo per la fornitura di servizi di intermediazione dei dati; un quadro per la registrazione volontaria delle entità che raccolgono e trattano i dati messi a disposizione a fini altruistici (cioè la condivisione volontaria di dati sulla base del consenso accordato dagli interessati, senza la richiesta o la ricezione di un compenso che vada oltre la compensazione dei costi sostenuti per la messa a disposizione per obiettivi di interesse generale; per approfondimenti cfr. infra) e un quadro per l’istituzione di un comitato europeo per l’innovazione in materia di dati.

In base all’articolo 2, costituiscono “dati” qualsiasi rappresentazione digitale di atti, fatti o informazioni e qualsiasi raccolta di tali atti, fatti o informazioni, anche sotto forma di registrazione sonora, visiva o audiovisiva. L’articolo 3 specifica le categorie di dati oggetto del regolamento: i dati detenuti da enti pubblici che sono protetti per motivi di riservatezza commerciale, compresi i segreti commerciali, professionali e d’impresa, riservatezza statistica, protezione dei diritti di proprietà intellettuale di terzi o protezione dei dati personali (paragrafo 1). Non si applica invece ai dati detenuti da imprese pubbliche, da emittenti di servizio pubblico o da società da queste controllate, da enti culturali e di istruzione, ai dati detenuti da enti pubblici e protetti per motivi di pubblica sicurezza, difesa o sicurezza nazionale, ai dati la cui fornitura è un’attività che esula dall’ambito dei compiti di servizio pubblico degli enti pubblici in questione (paragrafo 2).

In base all’articolo 4, sono vietati gli accordi o altre pratiche relativi al riutilizzo di dati detenuti da enti pubblici e rientranti nelle categorie di cui all’articolo 3, paragrafo 1, che concedono diritti esclusivi o che hanno per oggetto o per effetto di concedere tali diritti. L’articolo 5 prevede che gli enti pubblici che, a norma del diritto nazionale, hanno facoltà di concedere o negare l’accesso per il riutilizzo di una o più delle categorie di dati di cui all’articolo 3, paragrafo 1, rendono pubbliche le condizioni per consentire tale riutilizzo nonché la procedura di richiesta del riutilizzo. Le condizioni per il riutilizzo devono essere non discriminatorie, trasparenti, proporzionate e oggettivamente giustificate in relazione alle categorie di dati e alle finalità del riutilizzo e alla natura dei dati per i quali è consentito il riutilizzo. Tale condizioni non possono inoltre essere utilizzate per limitare la concorrenza.

In base all’articolo 10, rientrano tra i servizi di intermediazione dei dati soggetti a procedura di notifica i servizi di intermediazione tra i titolari dei dati e i potenziali utenti dei dati, compresa la messa a disposizione di mezzi tecnici o di altri tipo per consentire tali servizi; i servizi di intermediazione tra interessati che intendono mettere a disposizione i propri dati personali o persone fisiche che intendono mettere a disposizione dati non personali e potenziali utenti dei dati, compresa la messa a disposizione di mezzi tecnici o di altro tipo per consentire tali servizi; i servizi di cooperative di dati. L’articolo 11 prevede che i fornitori di servizi di intermediazione dei dati che intendono fornire servizi di intermediazione devono presentare una notifica all’autorità competente. La notifica contiene, tra le altre informazioni, il nome del fornitore di servizi di intermediazione dei dati; lo status giuridico, la forma giuridica, l’assetto proprietario, le pertinenti società controllate; l’indirizzo dell’eventuale stabilimento principale; un sito web pubblico; le persone di contatto e i recapiti; una descrizione del servizio di intermediazione che il fornitore intende fornire.

L’articolo 16 prevede che gli Stati membri possono predisporre disposizioni organizzative o tecniche, o entrambe, per facilitare l’altruismo dei dati; in base all’articolo 17, le autorità competenti devono aggiornare periodicamente un registro pubblico nazionale delle organizzazioni per l’altruismo dei dati riconosciute.

L’articolo 29 prevede l’istituzione da parte della Commissione europea di un comitato europeo per l’innovazione in materia di dati sotto forma di un gruppo di esperti, costituito, tra gli altri, da rappresentanti delle autorità nazionali competenti per i servizi di intermediazione dei dati e di quelle competenti per la registrazione delle organizzazioni per l’altruismo dei dati, del comitato europeo per la protezione dei dati, del garante europeo della protezione dei dati.

 

Il comma 2 individua principi e criteri direttivi specifici per l’adeguamento dell’ordinamento interno al regolamento, oltre a quelli generali previsti dall’articolo 32 della legge n. 234 del 2012.

 

L’articolo 32 prevede quali principi e criteri direttivi generali, tra gli altri, l’obbligo per le amministrazioni direttamente interessate di provvedere all’attuazione dei decreti legislativi con le ordinarie strutture amministrative, secondo il principio della massima semplificazione dei procedimenti; l’obbligo di non prevedere l’introduzione di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive oggetto di recepimento; l’obbligo, qualora non siano di ostacolo i diversi termini di recepimento, di attuare con un unico decreto legislativo le direttive che riguardano le stesse materie o che comunque comportano modifiche degli stessi atti normativi.

 

I principi e criteri direttivi specifici prevedono invece:

·        la designazione di una o più autorità quale autorità competente ai sensi degli articoli 13 e 23 del regolamento, nel rispetto dei requisiti di cui all’articolo 26 e fermo il rispetto dell’articolo 1, paragrafo 3 (lettera a);

 

L’articolo 13 prevede che ciascun Stato membro designi una o più autorità competenti a svolgere i compiti relativi alla procedura di notifica per i servizi di intermediazione dei dati e che notifichino alla Commissione europea l’identità di tali autorità competenti entro il 24 settembre 2023. In base al paragrafo 2 dell’articolo 13, le autorità competenti devono rispettare i requisiti dell’articolo 26. Tra questi: essere giuridicamente distinte e funzionalmente indipendenti da qualsiasi fornitore di servizi di intermediazione dei dati o organizzazione per l’altruismo dei dati riconosciuta; svolgere i propri compiti in maniera imparziale, trasparente, coerente, affidabile e tempestiva; avere a disposizione risorse finanziarie e umane adeguate per svolgere i compiti loro affidati, comprese le risorse e le conoscenze tecniche necessarie. In base al paragrafo 3 dell’articolo 13, i poteri delle autorità competenti per i servizi di intermediazione dei dati non devono inoltre pregiudicare i poteri delle autorità per la protezione dei dati, delle autorità nazionale garanti della concorrenza, delle autorità responsabili di cibersicurezza e di altre autorità settoriali pertinenti.

L’articolo 23 prevede invece che ciascuno Stato individui, sempre con obbligo di relativa notifica alla Commissione europea entro il 24 settembre 2023, le autorità nazionali competenti responsabili del registro pubblico nazionale delle organizzazioni per l’altruismo dei dati riconosciute. Anche in questo le autorità nazionali competenti devono rispettare i requisiti dell’articolo 26 del regolamento sopra richiamati. Inoltre, in base al paragrafo 3 dell’articolo 23, l’autorità competente per la registrazione delle organizzazioni per l’altruismo dei dati svolgono i propri compiti in collaborazione con la pertinente autorità per la protezione dei dati, qualora tali compiti siano connessi al trattamento dei dati personali, e con le pertinenti autorità settoriali dello Stato membro in questione.

L’articolo 1, paragrafo 3, del regolamento prevede in via generale che il diritto dell’Unione europea in materia di dati personali si applichi a qualsiasi dato personale trattato in relazione al regolamento e che non siano pregiudicati poteri e competenze delle autorità di controllo in materia.

 

·        il coordinamento, nel rispetto del principio di leale collaborazione, delle competenze delle autorità designate e delle altre autorità competenti in materia (lettera b);

·        l’introduzione di disposizioni organizzative e tecniche per facilitare “l’altruismo” dei dati ai sensi dell’articolo 16 del regolamento; dovranno essere inoltre stabilite le informazioni da fornire agli interessati in ordine al riutilizzo dei loro dati (lettera c);

 

Come già si è accennato (v. box supra), l’articolo 2 definisce “altruismo dei dati” la condivisione volontaria di dati sulla base del consenso accordato dagli interessati, senza la richiesta o la ricezione di un compenso che vada oltre la compensazione dei costi sostenuti per la messa a disposizione per obiettivi di interesse generale, stabiliti nel diritto nazionale quali l’assistenza sanitaria, la lotta ai cambiamenti climatici, il miglioramento della mobilità, l’agevolazione dell’elaborazione, della produzione e della divulgazione di statistiche ufficiali, il miglioramento della fornitura dei servizi pubblici, l’elaborazione delle politiche pubbliche o la ricerca scientifica nell’interesse generale. In base all’articolo 16, gli Stati membri possono predisporre disposizioni organizzative o tecniche, o entrambe, per facilitare l’altruismo dei dati ed adottare in materia politiche nazionali. L’articolo 17 prevede che le autorità competenti aggiornino periodicamente un registro pubblico nazionale delle organizzazioni per l’altruismo dei dati riconosciute. L’articolo 18 prevede, tra i requisiti necessari per essere iscritti nel registro, essere una persona giuridica costituita a norma del diritto nazionale per conseguire obiettivi di interesse generale, operare senza scopo di lucro ed essere giuridicamente indipendente da qualsiasi entità che operi a scopo di lucro e svolgere le proprie attività di altruismo dei dati mediante una struttura funzionalmente separata dalle sue altre attività.

 

·        designare gli organismi competenti ai sensi dell’articolo 7 del regolamento (lettera d);

 

In base all’articolo 7 del regolamento gli organismi competenti individuati da ciascuno Stato membro forniscono, tra le altre cose, assistenza tecnica su come strutturare e conservare al meglio i dati per renderli facilmente accessibili e per la pseudonomizzazione in modo da garantire la tutela della vita privata, la riservatezza, l’integrità e l’accessibilità delle informazioni contenute nei dati per i quali è consentito il riutilizzo.

 

·        garantire i presupposti di liceità per la trasmissione a terzi di dati personali ai fini del riutilizzo di cui all’articolo 5, sulla base di quanto disposto dall’articolo 1, paragrafo 3 (lettera e);

 

Come già si è accennato (v. box supra) l’articolo 5 del regolamento prevede che gli enti pubblici che, a norma del diritto nazionale, hanno facoltà di concedere o negare l’accesso per il riutilizzo di una o più delle categorie di dati di cui all’articolo 3, paragrafo 1, rendono pubbliche le condizioni per consentire tale riutilizzo nonché la procedura di richiesta del riutilizzo.

L’articolo 1, paragrafo 3, del regolamento prevede in via generale che il diritto dell’Unione europea in materia di dati personali si applichi a qualsiasi dato personale trattato in relazione al regolamento e che non siano pregiudicati poteri e competenze delle autorità di controllo in materia.

 

·        adeguare il sistema sanzionatorio penale e amministrativo vigente alle disposizioni del regolamento con previsione di sanzioni efficaci, dissuasive e proporzionate alla gravità della violazione, nel rispetto dei criteri di cui all’articolo 34 del regolamento (lettera f);

 

L’articolo 34 del regolamento richiede che gli Stati membri prevedano sanzioni per violazione degli obblighi in materia di trasferimento di dati non personali a paesi terzi, dell’obbligo di notifica per i fornitori dei servizi di intermediazione dati, delle condizioni per la fornitura di servizi di intermediazione dati, delle condizioni per la registrazione come organizzazione per l’altruismo dei dati. Le sanzioni devono essere effettive proporzionate e dissuasive. Esse devono tenere conto, tra le altre cose, della natura, della gravità, dell’entità e della durata della violazione; di qualsiasi azione intrapresa dal fornitore di servizi di intermediazione dei dati o da un’organizzazione per l’altruismo dei dati riconosciuta al fine di attenuare il danno derivante dalla violazione o porvi rimedio; di qualsiasi precedente violazione da parte del fornitore di servizi di intermediazione dei dati o dell’organizzazione per l’altruismo dei dati riconosciuta.

Si ricorda che l’articolo 32, comma 1, lettera d), della legge n. 234/2012 definisce i limiti delle sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi di recepimento delle direttive europee previste dalla legge di delegazione europea. Per le sanzioni penali si dispone, tra le altre cose, che queste possano essere previste nei limiti, rispettivamente, dell’ammenda fino a 150.000 euro e dell’arresto, fino a tre anni, solo nei casi in cui le infrazioni ledano o espongano a pericolo interessi costituzionalmente protetti. In tali casi, prosegue la disposizione, sono previste la pena dell’ammenda alternativa all’arresto per le infrazioni che espongano a pericolo o danneggino l’interesse protetto; la pena dell’arresto congiunta a quella dell’ammenda per le infrazioni che rechino un danno di particolare gravità. Con riferimento alle sanzioni amministrative, sempre l’articolo 32, comma 1, lettera d) prevede, tra le altre cose, che la sanzione amministrativa del pagamento di una somma non inferiore a 150 euro e non superiore a 150.000 euro è prevista per le infrazioni che ledono o espongono a pericolo interessi diversi da quelli già sopra richiamati.

 

·        adeguare il sistema delle tutele amministrativa e giurisdizionale alle fattispecie previste dagli articoli 9, paragrafo 2, 27 e 28 del regolamento (lettera g);

 

L’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento prevede che qualsiasi persona fisica o giuridica direttamente interessata dalla decisione sulle richieste di riutilizzo dei dati abbia effettivo diritto di ricorso nello Stato membro in cui è situato l’organismo in questione. Tale diritto di ricorso deve essere stabilito nel diritto nazionale e comprende la possibilità di revisione da parte di un organo imparziale dotato delle opportune competenze, come ad esempio l’autorità nazionale garante della concorrenza, l’autorità competente per l’accesso ai documenti, l’autorità di controllo sul trattamento dei dati personali o l’autorità giudiziaria nazionale, le cui decisioni sono vincolanti per l’ente pubblico o per l’organismo competente interessato.

L’articolo 27 prevede che in relazione a qualunque aspetto rientrante nell’ambito di applicazione del regolamento, le persone fisiche e giuridiche abbiano il diritto di presentare un reclamo individuale o, se del caso, collettivo alla pertinente autorità nazionale per i servizi di intermediazione dei dati o all’autorità competente per la registrazione delle organizzazioni per l’altruismo dei dati.

L’articolo 28 prevede che le persone fisiche e giuridiche interessate abbiano diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo per quanto riguarda le decisioni adottate dalle autorità competenti per i servizi di intermediazione dei dati e dalle autorità competenti per la registrazione delle organizzazioni per l’altruismo dei dati.

 

Il comma 2 reca la clausola di invarianza finanziaria.

 

 


Allegato A


Direttiva (UE) 2021/2101
(del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 novembre 2021 che modifica la direttiva 2013/34/UE per quanto riguarda la comunicazione delle informazioni sull’imposta sul reddito da parte di talune imprese e succursali)

 

Con la direttiva UE n. 2021/2101, entrata in vigore il 21 dicembre 2021, è stato previsto uno specifico regime di trasparenza per le imprese multinazionali, le quali a partire dal 2024 devono dichiarare pubblicamente le imposte corrisposte all'interno dell'Unione Europea e, più in dettaglio, in ciascun Stato membro (Cbcr – country by country reporting).

Si fa presente che dal sito del Dipartimento per le politiche comunitarie risulta avviata una procedura di infrazione contro l’Italia (allo stato di messa in mora ex articolo 258 TFUE al momento di redazione del presente lavoro) per il mancato recepimento della direttiva in parola (n. 2023_0150).

Il termine di recepimento della direttiva in esame è fissato al 22 giugno 2023.

 

Come emerge dai considerando, già nella sua risoluzione del 26 marzo 2019 il Parlamento europeo aveva sottolineato la necessità di un’ambiziosa comunicazione pubblica paese per paese quale strumento per aumentare la trasparenza delle società e rafforzare il controllo pubblico, in parallelo con il lavoro svolto dal Consiglio per combattere l’elusione dell’imposta sul reddito delle società.

Viene a tal fine modificata la direttiva 2013/34/UE relativa ai bilanci d’esercizio, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di talune tipologie di imprese.

In sintesi, con il nuovo articolo 48-ter della direttiva 2013/34/UE, gli Stati membri devono assicurare che alcune imprese multinazionali (imprese capogruppo, grandi imprese autonome, imprese “figlie” e succursali), qualora i ricavi alla data di chiusura del loro bilancio abbiano superato per ciascuno dei due ultimi esercizi consecutivi un importo complessivo di 750 milioni di euro, come risulta dal bilancio, redigano, pubblichino e mettano a disposizione una comunicazione delle informazioni sull’imposta sul reddito relativa al più recente di tali due esercizi consecutivi.

L’articolo 48 quater individua il contenuto della comunicazione delle informazioni sull’imposta sul reddito.

Essa deve contenere le informazioni relative a tutte le attività dell’impresa autonoma o dell’impresa capogruppo, comprese quelle di tutte le imprese partecipate consolidate nel bilancio, relative all’esercizio pertinente.

Più in dettaglio essa reca:

·        il nome dell’impresa capogruppo o dell’impresa autonoma, l’esercizio in questione, la valuta utilizzata per la presentazione della comunicazione e, se del caso, un elenco di tutte le imprese figlie consolidate nel bilancio dell’impresa capogruppo, per l’esercizio pertinente, stabilite nell’Unione o nelle giurisdizioni fiscali non cooperative a fini fiscali;

·        una breve descrizione della natura delle loro attività;

·        il numero di dipendenti su base equivalente a tempo pieno;

·        i ricavi;

·        l’importo dell’utile o della perdita al lordo dell’imposta sul reddito;

·        l’importo dell’imposta sul reddito maturata nel corso del pertinente esercizio, che si calcola come l’importo attuale delle imposte riconosciuto su utili e perdite imponibili dell’esercizio da imprese e succursali nella pertinente giurisdizione fiscale;

·        l’importo dell’imposta sul reddito versata secondo il principio di cassa, che si calcola come l’importo dell’imposta sul reddito versata nel corso del pertinente esercizio da imprese o succursali nella pertinente giurisdizione fiscale;

·        l’importo degli utili non distribuiti al termine del pertinente esercizio.

Gli Stati membri possono consentire che una o più informazioni di cui è altrimenti richiesta la comunicazione siano temporaneamente omesse dalla comunicazione qualora la loro comunicazione possa recare grave pregiudizio alla posizione commerciale delle imprese cui si riferisce la comunicazione. Le eventuali omissioni sono indicate chiaramente nella comunicazione, unitamente a una spiegazione debitamente motivata circa le ragioni della stessa. Gli Stati membri provvedono affinché tutte le informazioni omesse siano rese pubbliche in una successiva comunicazione delle informazioni sull’imposta sul reddito, entro un termine massimo di cinque anni dalla data dell’omissione iniziale.

 

L’articolo 48-quinquies reca le modalità di pubblicazione e accessibilità della comunicazione. Le informazioni sono pubblicate entro dodici mesi dalla data di chiusura del bilancio dell’esercizio per il quale la comunicazione è redatta

L’articolo 48-sexies pone la responsabilità in materia di redazione, pubblicazione e messa a disposizione della comunicazione delle informazioni sull’imposta sul reddito, collettivamente, agli organi apicali delle imprese: si tratta dei membri degli organi di amministrazione, gestione e controllo delle imprese sottoposte all’obbligo di comunicazione la responsabilità di garantire che la comunicazione delle informazioni sull’imposta sul reddito sia redatta, pubblicata e resa accessibile.

Per le succursali, tale obbligo è posto in capo alla persona o alle persone incaricate delle formalità relative alla pubblicità societaria, nell’esercizio delle competenze loro attribuite dalla normativa nazionale.

L’articolo 48-septies obbliga gli Stati membri a disporre che, qualora i bilanci di un’impresa debbano essere sottoposti a revisione da parte di uno o più revisori legali o di una o più società di revisione, la relazione di audit dichiara se, per l’esercizio che precede l’esercizio per il quale sono stati preparati i bilanci sottoposti a revisione, l’impresa fosse tenuta o meno a pubblicare una comunicazione delle informazioni sull’imposta sul reddito e, in caso affermativo, se la comunicazione sia stata pubblicata in conformità alle norme introdotte.

Ai sensi dell’articolo 48-octies le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative di recepimento delle nuove norme devono applicarsi al più tardi a decorrere dalla data di inizio del primo esercizio avente inizio il 22 giugno 2024 o dopo tale data.

In sostanza, i primi obblighi informativi decorrono dal 22 giugno 2024. Per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare, il primo CBCR pubblico riguarderà il 2025, con pubblicazione dei dati entro la fine del 2026.

 


 

Direttiva 2022/362/UE
(del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 febbraio 2022 che modifica le direttive 1999/62/CE, 1999/37/CE e (UE) 2019/520 per quanto riguarda la tassazione a carico di veicoli per l’uso di alcune infrastrutture)

 

La direttiva ha a oggetto la tassazione dei veicoli per l’uso che essi fanno di talune infrastrutture. Essa è redatta con la tecnica della novella di precedenti direttive (non, dunque, dell’abrogazione). Si tratta delle direttive 1999/62 e 1999/37/CE nonché della 2019/520/UE.

 

La scadenza per il recepimento è fissata al 25 marzo 2024

La nuova direttiva è preceduta da 49 Considerando e modifica:

-          all’art. 1, la direttiva 1999/62/CE;

-          all’art. 2, la direttiva 1999/37/CE;

-          all’art. 3, l’allegato I della direttiva 2019/520/UE.

 

La portata modificatrice della direttiva sta nell’art. 1 e investe in via largamente maggioritaria la direttiva 1999/62/CE, di cui molti articoli sono interamente sostituiti e altri aggiunti.

 

In via di sintesi, lo scopo fondamentale della direttiva è di far adottare agli Stati membri un sistema di pedaggi e di diritti d’utenza su strade e autostrada che:

-          non distorca la concorrenza (e quindi – per esempio – elimini, con alcune possibilità di eccezione, a decorrere dal 25 marzo 2030 ogni tassazione per i veicoli pesanti sulla rete centrale transeuropea dei trasporti) (v. nuovo art. 7);

-          sia proporzionato alla durata dell’uso dell’infrastruttura (v. nuovo art. 7-bis);

-          promuova la sostenibilità ambientale della circolazione sulle infrastrutture (e quindi – per esempio – possa mantenere o introdurre oneri per i costi esterni in relazione all’inquinamento atmosferico e acustico e alle emissioni di CO2 dovute al traffico) (v. nuovi artt. 7-quater, 7 quater bis e 7 quater ter nonché 7-octies bis e 7-octies ter); 

-          muova verso la riduzione della congestione (v. nuovi artt. da 7-quinquies a 7-octies).


 

Direttiva (UE) 2022/542
(del Consiglio del 5 aprile 2022 recante modifica delle direttive 2006/112/CE e (UE) 2020/285 per quanto riguarda le aliquote sull'imposta sul valore aggiunto)

 

Il 6 aprile 2022 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea la direttiva (UE) 2022/542.

Essa, tramite una serie di modifiche alla previgente direttiva 2006/112/CE (cd. "direttiva IVA"), prevede la possibilità, per gli Stati membri, di introdurre nuove aliquote di IVA ridotte.

Il termine di recepimento della direttiva in esame è fissato al 31 dicembre 2024.

L'intervento legislativo parte dalla premessa che le aliquote ridotte dovrebbero rimanere un'eccezione rispetto all’aliquota normale (considerando n. 5). I beni e servizi che possono beneficiarne dovrebbero non solo costituire un beneficio del consumatore finale ma perseguire obiettivi di interesse generale (considerando n. 3). In quest'ottica, dovrebbero essere coerenti con le altre politiche dell'Unione europea (considerando n. 4) e segnatamente con:

·        il rafforzamento della resilienza dei sistemi sanitari, estendendo l'ambito di applicazione dei beni e servizi considerati essenziali per sostenere la prestazione di assistenza sanitaria e per compensare e superare le disabilità;

·        la realizzazione di un’economia verde e climaticamente neutra, applicando aliquote ridotte alle cessioni e prestazioni rispettose dell'ambiente e preparando, al contempo, l’eliminazione graduale dell’attuale trattamento preferenziale per cessioni e prestazioni considerate invece dannose per l’ambiente. 

 

La portata innovativa della direttiva (UE) 2022/542 si traduce in una serie di modifiche della direttiva IVA.

In particolare, il testo in commento introduce le seguenti, principali novità: 

1)     l’aggiornamento dell’elenco di beni e servizi a cui gli Stati membri possono applicare aliquote IVA ridotte o esenzioni con diritto a detrazione di IVA, contenuto nell'Allegato III della direttiva 2006/112/CE. Come già evidenziato, le scelte effettuate dal legislatore unionale mirano al perseguimento delle priorità politiche dell'UE, con particolare riferimento alle transizioni gemelle (digitale e ecologica) e alla resilienza sanitaria. Così, nell'elenco di beni e servizi a cui possono essere applicate le agevolazioni appaiono: i servizi di accesso a Internet, per intervenire sulla bassa copertura e promuoverne lo sviluppo (punto 8 dell'Allegato III); i pannelli solari (punto 10-quater); le biciclette, comprese quelle elettriche (punto n. 25); i servizi di riciclaggio dei rifiuti considerati beni e servizi rispettosi dell’ambiente (punto n. 18); beni e servizi che favoriscono finalità di politica sociale e culturale specifiche (punto 68); il trasporto di passeggeri e di beni al seguito (punto n. 5);

2)     l'introduzione di un limite specifico, in termini di tipologia di beni o servizi, a cui è possibile applicare aliquote ridotte, al fine di evitarne la proliferazione. Così, l'articolo 98 della direttiva 2006/112/CE, nel testo modificato, consente l’applicazione di:

a.       non più di due aliquote ridotte, fissate a una percentuale della base imponibile non inferiore al 5 per cento, applicabili a un massimo di 24 punti tra quelli elencati nell'Allegato III;

b.      un’unica aliquota ridotta inferiore al minimo del 5 per cento ed un’unica esenzione con diritto a detrazione dell'IVA a monte ("aliquota zero"), entrambe applicabili ad un massimo di sette punti dell'Allegato III. Queste possono essere applicate a cessioni di beni o prestazioni di servizi destinati a coprire esigenze di base, collegate quindi alla cessione di prodotti alimentari, acqua, medicinali, prodotti farmaceutici o sanitari o per l’igiene, il trasporto di persone e taluni beni culturali. Vi rientrano anche, in ossequio agli impegni ambientali assunti dall'Unione, i pannelli solari e la promozione dell’uso di fonti energetiche rinnovabili; 

3)     l’ampliamento a tutti gli Stati membri delle eccezioni pre-esistenti che permettono ad alcuni di essi l’applicazione di aliquote preferenziali ad alcuni prodotti (articolo 105-bis, par. 1, c. 4 e par. 3, c. 3; articolo 105-ter, c. 3). In linea generale, tali eccezioni sono giustificate da caratteristiche geografiche specifiche o motivi sociali che vanno a beneficio del consumatore finale o sono nell'interesse generale; 

4)      l’eliminazione di aliquote ridotte o eccezioni applicate a prodotti con un impatto negativo sull’ambiente, come ad esempio i combustibili fossili, la legna, la torba e altri beni con un impatto analogo sulle emissioni di gas a effetto serra. Tali aliquote cesseranno di applicarsi al più tardi dal 1° gennaio 2030, mentre quelle relative ai pesticidi e fertilizzanti chimici cesseranno di applicarsi entro il 1° gennaio 2032 (nuovo articolo 105-bis, par. 4).

 

Il nuovo articolo 101-bis consente agli Stati membri autorizzati a applicare un'esenzione dall'Iva ai beni importati a beneficio delle vittime di catastrofi di applicare l’esenzione, alle medesime condizioni, agli acquisti intracomunitari, alle cessioni nazionali e alle relative prestazioni di servizi. Traendo esperienza dalla recente crisi pandemica, tale norma intende approntare un quadro giuridico in grado di affrontare crisi future, consentendo agli Stati membri di rispondere con prontezza a eventi eccezionali.

L’articolo 3 della direttiva indica - come sopra segnalato- il termine del 31 dicembre 2024 per il recepimento della medesima. L’applicazione di tali disposizioni decorrere comunque dal 1°gennaio 2025.

 

 


 

Direttiva (UE) 2022/2041
(del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 ottobre 2022 relativa a salari minimi adeguati nell’Unione europea)

 

La Direttiva (UE) 2022/2041 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 ottobre 2022 è volta a migliorare le condizioni di vita e di lavoro nell’Unione, in particolare attraverso l’adeguatezza dei salari minimi per i lavoratori al fine di contribuire alla convergenza sociale verso l’alto e alla riduzione delle disuguaglianze retributive.

Il termine di recepimento della direttiva in esame è fissato al 15 novembre 2024.

Viene altresì specificato che la Direttiva – che si applica ai lavoratori dell’Unione che hanno un contratto di lavoro o un rapporto di lavoro quali definiti dal diritto, dai contratti collettivi o dalle prassi in vigore in ciascuno Stato membro (tenendo conto della giurisprudenza della Corte di giustizia) (art. 2) - non configura l'obbligo per gli Stati membri di introdurre un salario minimo legale, laddove la formazione dei salari sia garantita esclusivamente mediante contratti collettivi, né quello di dichiarare un contratto collettivo universalmente applicabile (art. 1, par. 4). Il salario minimo può essere pertanto stabilito per legge (salario minimo legale), dalla contrattazione collettiva, o dalla combinazione della fonte normativa con quella negoziale.

Per la realizzazione dei suddetti obiettivi, la direttiva in esame interviene principalmente nei seguenti ambiti, nel pieno rispetto dell’autonomia delle parti sociali (art. 1, par. 1 e 2):

1.      promozione della contrattazione collettiva sulla determinazione dei salari;

2.      adeguatezza dei salari minimi legali;

3.      accesso effettivo dei lavoratori alla tutela garantita dal salario minimo;

 

Promozione della contrattazione collettiva sulla determinazione dei salari

Nell’ambito delle disposizioni generali del Capo I, l’articolo 4 - in relazione a quegli Stati membri, tra cui l'Italia, in cui la definizione di un salario minimo è affidata alla contrattazione collettiva - reca alcune disposizioni volte alla sua promozione, nonché ad incrementarne la copertura.

In dettaglio, al fine di aumentare la copertura della contrattazione collettiva si dispone che gli Stati membri:

Inoltre, qualora il tasso di copertura della contrattazione collettiva sia inferiore a una soglia dell’80 per cento, ogni Stato membro prevede un quadro di condizioni favorevoli alla contrattazione collettiva e, previa consultazione delle parti sociali, o mediante un accordo con queste ultime, o a seguito di una richiesta congiunta delle parti sociali, definisce altresì un piano d'azione - sottoposto a riesame almeno ogni cinque anni – volto alla promozione della contrattazione collettiva. Con tale piano lo Stato stabilisce un calendario chiaro e misure concrete per aumentare progressivamente il tasso di copertura della contrattazione collettiva, nel pieno rispetto dell'autonomia delle parti sociali.

 

Adeguatezza dei salari minimi legali

Nell’ambito del Capo II, con gli articoli da 5 a 7, la direttiva chiede agli Stati membri in cui sono previsti salari minimi legali di istituire le necessarie procedure per la determinazione e l'aggiornamento di tali salari, che deve avvenire almeno ogni due anni (almeno ogni quattro per gli Stati membri che ricorrono ad un meccanismo di indicizzazione automatica).

La determinazione e l’aggiornamento devono basarsi su criteri stabiliti per contribuire alla loro adeguatezza, al fine di conseguire un tenore di vita dignitoso, ridurre la povertà lavorativa, promuovere la coesione sociale e una convergenza sociale verso l'alto, nonché ridurre il divario retributivo di genere.

Tali criteri nazionali – il cui peso relativo può essere deciso dagli Stati membri e che devono essere aggiornati almeno ogni due anni (quattro per gli Stati che ricorrono ad un meccanismo di indicizzazione automatica) con il coinvolgimento delle parti sociali – comprendono almeno:

Gli Stati membri possono inoltre ricorrere ad un meccanismo automatico di adeguamento dell'indicizzazione dei salari minimi legali, basato su criteri appropriati e a condizione che l'applicazione di tale meccanismo non comporti una diminuzione del salario minimo legale.

Se gli Stati membri autorizzino salari minimi legali diversi per specifici gruppi di lavoratori o consentano trattenute che riducono la retribuzione versata portandola a un livello inferiore a quello del salario minimo legale pertinente, gli stessi Stati provvedono affinché tali variazioni e trattenute rispettino i principi di non discriminazione e di proporzionalità.

Gli Stati membri adottano le misure necessarie a coinvolgere le parti sociali nella determinazione e nell’aggiornamento dei salari minimi legali, anche attraverso la partecipazione negli organi consultivi che devono essere istituiti per fornire consulenza alle autorità competenti sulle questioni relative a tali salari.

 

Accesso effettivo dei lavoratori alla tutela garantita dal salario minimo

L’articolo 8 del Capo II potenzia l'accesso effettivo dei lavoratori alla tutela garantita dal salario minimo sotto forma di salario minimo legale, laddove esista, o se prevista nei contratti collettivi.
Al fine di migliorare il suddetto accesso da parte dei lavoratori la direttiva dispone:

·         un aumento della copertura della contrattazione collettiva sino ad arrivare all'80 per cento, per gli Stati membri in cui la determinazione del salario minimo è affidata alla contrattazione medesima;

Disposizioni orizzontali e finali

I Capi III e IV recano, rispettivamente, disposizioni orizzontali e finali. In particolare, si prevede:

-        che, nell’ambito degli appalti pubblici, gli Stati membri adottano misure adeguate a garantire che gli operatori  economici e i  loro subappaltatori si conformino agli obblighi applicabili concernenti i  salari (articolo 9);

-        che gli Stati membri prevedano misure volte a monitorare la tutela garantita dal salario minimo e comunicano alla Commissione determinati dati e informazioni ogni due anni, prima del 1° ottobre dell’anno di riferimento. La Commissione riferisce a tale riguardo ogni due anni al Parlamento europeo e al Consiglio e pubblica contemporaneamente i dati e le informazioni trasmessi dagli Stati membri (articolo 10);

-        che gli Stati membri provvedono affinché le informazioni relative ai salari minimi legali e alla tutela garantita dal salario minimo prevista da contratti collettivi universalmente applicabili siano accessibili al pubblico (articolo 11);

-        che gli Stati membri provvedono affinché i lavoratori abbiano accesso a una risoluzione efficace, tempestiva e imparziale delle controversie e sia loro garantito il diritto di ricorso in caso di violazione del diritto relativo ai salari minimi legali o alla tutela garantita dal salario minimo (articolo 12, par. 1);

-        che gli Stati membri adottano le misure necessarie a proteggere i lavoratori e i loro rappresentanti da qualsiasi trattamento o conseguenza sfavorevole da parte del datore di lavoro derivante da un reclamo rivolto al datore di lavoro o da una procedura promossa al fine di ottenere il rispetto dei suddetti diritti (articolo 12, par. 2);

-        che gli Stati membri stabiliscono le sanzioni (effettive, proporzionate e dissuasive) applicabili in caso di violazione della presente direttiva. Negli Stati membri senza salari minimi legali, tali norme possono contenere o limitarsi a un riferimento alla compensazione e/o alle penalità contrattuali previste, se del caso, dalle norme sull’applicazione dei contratti collettivi. Le sanzioni previste devono essere (articolo 13);

-        che gli Stati membri portino a conoscenza dei lavoratori e dei datori di lavoro le misure nazionali che recepiscono la presente direttiva (articolo 14);

-        che la Commissione, entro il 15 novembre 2029, effettua una valutazione dell’attuazione della presente direttiva e propone, ove opportuno, modifiche legislative (articolo 15);

-        che la presente direttiva non costituisce un motivo valido per ridurre il livello generale di protezione già offerto ai lavoratori negli Stati membri e lascia impregiudicata la loro prerogativa di applicare o introdurre disposizioni più favorevoli ai lavoratori o di promuovere o consentire l’applicazione di contratti collettivi che siano più favorevoli ai lavoratori (articolo 16).

Come sopra indicato, gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 15 novembre 2024 (articolo 17).

In merito ai princìpi e ai criteri direttivi generali per l’esercizio della delega relativa al recepimento della direttiva in oggetto (di cui all’articolo 32 della L. n. 234 del 2012), nonché ai termini e alla procedura per l’esercizio della medesima delega, si rinvia alla scheda di lettura dell’articolo 1 del presente disegno di legge.

 

La direttiva trae origine dalla proposta della Commissione europea COM (2020) 682, del 28 ottobre 2020.

 

 La suddetta proposta fu esaminata, nella XVIII Legislatura, dalle Commissioni Lavoro della Camera e del Senato che adottarono, rispettivamente, una risoluzione (DOC XVIII, n. 22) e un documento finale.

In occasione dell’esame da parte delle Camere, il Governo presentò il 25 novembre 2020 una Relazione sulla proposta di direttiva trasmessa ai sensi dell'articolo 6, comma 4, della L. 234/2012, a cui è dedicato un intero paragrafo di approfondimento all’interno di apposito dossier.

 

Si ricorda che, nella presente legislatura, la Commissione XI Lavoro ha avviato, il 22 marzo 2023, l'esame in sede referente di proposte di legge in materia di salario minimo (A.C. 141, A.C. 210, A.C. 216, A.C. 306, A.C. 432, A.C.1053 e A.C. 1275). Nella seduta del 12 luglio è stata adottata quale testo base per il seguito dell’esame la proposta di legge A.C. 1275. L'esame in sede referente si è concluso nella seduta del 25 luglio, nel corso della quale è stata approvata una proposta emendativa soppressiva dell’intero articolato della proposta di legge A.C. 1275 e si è proceduto al conferimento del mandato alla relatrice a riferire in senso contrario all’Assemblea.

Si ricorda altresì che, nel corso dell’esame in Assemblea della pdl 1275, avuto inizio il 27 luglio, è stata presentata, a norma dell'articolo 40, comma 1, del Regolamento, una questione sospensiva (Foti, Molinari, Barelli, Lupi ed altri n. 1), approvata nella seduta del 3 agosto. La discussione della pdl 1275 è stata pertanto sospesa nei termini previsti dalla questione sospensiva approvata (ossia per un periodo di sessanta giorni).

Per gli approfondimenti relativi alla legislazione nazionale, europea e alla direttiva de qua, vedasi i dossier riguardanti “Disposizioni in materia di giusta retribuzione e salario minimo” e “Disposizioni per l'istituzione del salario minimo” predisposti dal Servizio Studi della Camera dei deputati e reperibili al seguente link.

Direttiva (UE) 2022/2381
(del Parlamento Europeo e del Consiglio riguardante il miglioramento dell'equilibrio di genere fra gli amministratori delle società quotate e relative misure)

 

La Direttiva (UE) 2022/2381 del Parlamento Europeo e del Consiglio si colloca nel solco di precedenti iniziative delle istituzioni unionali in materia di miglioramento dell'equilibrio di genere, con particolare riferimento agli organi apicali delle imprese: il Parlamento europeo, nella sua risoluzione del 6 luglio 2011 sulle donne e la direzione delle imprese, ha incoraggiato le imprese a raggiungere entro il 2015 la soglia critica del 30% di donne negli organi di gestione ed entro il 2020 quella del 40 %, e ha chiesto alla Commissione di proporre entro il 2012, nel caso in cui le misure adottate dalle imprese e dagli Stati membri fossero risultate inadeguate, un intervento legislativo (quote incluse). Il Parlamento europeo ha ribadito tale richiesta d’intervento legislativo nelle successive risoluzioni del 13 marzo 2012 e del 21 gennaio 2021. Nella comunicazione del 5 marzo 2020 intitolata “Un’Unione dell’uguaglianza: la strategia per la parità di genere 2020-2025” la Commissione ha sottolineato che le istituzioni, gli organi e gli organismi dell’Unione dovrebbero garantire l’equilibrio di genere nelle posizioni dirigenziali. Nella comunicazione del 5 aprile 2022 intitolata «Una nuova strategia per le risorse umane», la Commissione si è impegnata a garantire al suo interno la piena parità di genere a tutti i livelli dirigenziali entro il 2024.

Gli Stati devono recepire la direttiva prima indicata entro il 28 dicembre 2024.

 

La direttiva (UE) 2022/2381 dispone che gli Stati membri devono provvedere affinché le società quotate siano soggette al conseguimento di uno dei seguenti obiettivi, entro il 30 giugno 2026:

- gli appartenenti al sesso sottorappresentato devono occupare almeno il 40% dei posti di amministratore senza incarichi esecutivi (ovvero che non si occupano della gestione quotidiana della società, ma che svolgono una funzione di sorveglianza);

- gli appartenenti al sesso sottorappresentato devono occupare almeno il 33% del totale dei posti di amministratore, con e senza incarichi esecutivi.

Le società esentate dall’obbligo (piccole, medie e micro imprese) devono invece fissare obiettivi individuali di miglioramento dell’equilibrio di genere tra gli amministratori aventi incarichi esecutivi.

Le norme UE inoltre intendono introdurre requisiti minimi per le società quotate prive di una rappresentanza di genere equilibrata, relativi alla selezione di candidati per la nomina o l’elezione degli amministratori: essa deve avvenire sulla base di un processo di selezione trasparente e chiaramente definito e di una valutazione comparativa oggettiva delle loro qualifiche in termini di idoneità, competenza e rendimento professionale.

Al momento della selezione dei candidati per la nomina o l’elezione a posizioni di amministratore, la direttiva prescrive agli Stati membri di provvedere affinché, nella scelta tra candidati ugualmente qualificati in termini di idoneità, competenza e rendimento professionale, sia data priorità al candidato del sesso sottorappresentato, a meno che, in casi eccezionali, motivi di maggiore rilevanza giuridica, quali il perseguimento di altre politiche in materia di diversità, invocati nell’ambito di una valutazione obiettiva che tenga conto della situazione specifica di un candidato dell’altro sesso e che sia basata su criteri non discriminatori, non facciano propendere per il candidato dell’altro sesso.

Viene mantenuta la facoltà per gli Stati membri di introdurre o mantenere disposizioni più favorevoli di quelle previste dalla direttiva per garantire una rappresentanza più equilibrata di donne e uomini nelle società quotate registrate sul loro territorio nazionale.

 

In merito al tema affrontato dalla direttiva in esame, si veda l’apposito paragrafo contenuto nel  dossier pubblicato nel marzo 2023 dal Servizio studi sulla legislazione e politiche  di genere.

 


 

Direttiva (UE) 2022/2464
(del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 dicembre 2022, che modifica il regolamento (UE) n. 537/2014, la direttiva 2004/109/CE, la direttiva 2006/43/CE e la direttiva 2013/34/UE per quanto riguarda la rendicontazione societaria di sostenibilità)

 

La direttiva (UE) 2022/2464 ha modificato una serie di atti legislativi previgenti dell’Unione al fine di rafforzare la normativa sulla rendicontazione non finanziaria, nell’intento di renderla più idonea alla transizione dell’Unione europea verso un’economia sostenibile. In particolare, si introducono requisiti di rendicontazione più dettagliati, garantendo che le grandi società e le PMI quotate siano tenute a pubblicare informazioni su questioni rilevanti ai fini della sostenibilità, quali diritti ambientali, diritti sociali, diritti umani e fattori di governance. Si auspica che l'obbligo per le aziende di divulgare tali informazioni aumenterà la responsabilità aziendale, eviterà discrepanze negli standard di sostenibilità e faciliterà la transizione verso un'economia verde.

Il termine per il recepimento della direttiva sopra indicata è fissato al 6 luglio 2024.

In particolare, l’articolo 1 del documento in titolo modifica la direttiva 2013/34/Ue[26] introducendo, tra l’altro:

1)     la rendicontazione di sostenibilità[27] per le imprese di grandi dimensioni e le piccole e medie imprese che sono enti di interesse pubblico, con l’esclusione delle microimprese (nuovo articolo 19-bis), nonché per le imprese madri di un gruppo di grandi dimensioni (nuovo articolo 29-bis). Questi soggetti dovranno includere, nelle proprie relazioni sulla gestione, informazioni necessarie alla comprensione dell’impatto dell’impresa o del gruppo sulle questioni di sostenibilità, nonché informazioni necessarie alla comprensione del modo in cui le questioni di sostenibilità influiscono sull’andamento dell’impresa o del gruppo, sui suoi risultati e sulla sua situazione (par. 1, c. 1 di entrambi i citati articoli). Tali informazioni – elencate puntualmente al par. 2 dei due articoli citati - dovranno essere chiaramente identificabili in un’apposita sezione della relazione sulla gestione (par. 1, c. 2) e includere dettagli sulla catena del valore, prodotti e servizi, rapporti commerciali e catena di fornitura (par. 3). Fino all’esercizio 2028, peraltro, l’introduzione del nuovo regime è opzionale per le PMI che sono enti di interesse pubblico, subordinatamente alla necessità di giustificare brevemente, nella relazione di gestione, i motivi per cui non viene fornita la relazione di sostenibilità (par. 7 dell’articolo 19-bis). Il par. 6 dell’articolo 19-bis introduce la possibilità di una rendicontazione semplificata per alcune categorie di piccole e medie imprese e di imprese di assicurazione. Il par. 5 dell’articolo 19-bis e il par. 6 dell’articolo 20-bis prevedono altresì forme di coinvolgimento dei rappresentanti dei lavoratori. Nel caso di gruppi di imprese, le informazioni di sostenibilità devono essere comunicate dalle imprese madri (par. 5 dell’articolo 29-bis) a meno che esse siano a loro volta “imprese figlie” incluse nella relazione sulla gestione consolidata di un’altra impresa madre, redatta conformemente alla normativa UE (par. 8). Parallelamente, il par. 9 dell’articolo 19-bis esenta l’impresa figlia se essa e le sue figlie sono incluse nella rendicontazione consolidata di sostenibilità di un’impresa madre. Sono altresì esentate le imprese figlie di un’impresa madre stabilita in un paese terzo se incluse nella sua rendicontazione consolidata di sostenibilità, coerente con la normativa UE (par. 8, articolo 29-bis).

L’articolo 30, quale novellato dalla direttiva in commento, prevede che gli Stati membri possano imporre alle imprese di mettere gratuitamente a disposizione del pubblico la documentazione relativa alla rendicontazione di sostenibilità;

2)     una delega alla Commissione europea per l’elaborazione - tramite atti delegati da approvare tra il 30 giugno 2023 e il 30 giugno 2024 (articolo 29-ter, par. 1) - di principi armonizzati di rendicontazione di sostenibilità (nuovo capo VI-bis, articoli 29-ter – 29-quater). Questi dovranno specificare quali informazioni le imprese siano tenute a comunicare e l’eventuale struttura da utilizzare per la trasmissione. Si intende così assicurare che le informazioni raccolte siano comparabili tra loro e che tutti gli aspetti rilevanti siano oggetto di rendicontazione.

Si ricorda che la fattispecie degli atti delegati è prevista dall’articolo 290 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), ai sensi del quale "un atto legislativo può delegare alla Commissione il potere di adottare atti non legislativi di portata generale che integrano o modificano determinati elementi non essenziali dell'atto legislativo. Gli atti legislativi delimitano esplicitamente gli obiettivi, il contenuto, la portata e la durata della delega di potere. Gli elementi essenziali di un settore sono riservati all'atto legislativo e non possono pertanto essere oggetto di delega di potere".

Il par. 2 dell’articolo 29-ter specifica che i principi di rendicontazione della sostenibilità “assicurano la qualità delle informazioni comunicate, richiedendo che esse siano comprensibili, pertinenti, verificabili, comparabili e rappresentate fedelmente” senza imporre un onere amministrativo sproporzionato alle imprese. Vengono elencate in dettaglio (articolo 29-ter, par. 2, c. 2) le informazioni da comunicare, con specifico riferimento a: fattori ambientali (lettera a), fattori sociali e diritti umani (lettera b), fattori di governance (lettera c). Si prevede di tenere in considerazione possibili difficoltà nella raccolta di informazioni presso i vari soggetti della catena di valore, soprattutto in contesti in cui non vi sia obbligo di rendicontazione di sostenibilità e nei paesi emergenti (par. 4).

Un primo atto delegato è stato adottato dalla Commissione europea in data 31 luglio 2023 (C(2023)5303). Al momento della redazione del presente Dossier, non risulta ancora pubblicato.

La scadenza del 30 giugno 2024 è fissata dall’articolo 29-quater per l’adozione di atti delegati relativi ai principi di rendicontazione di sostenibilità applicabili alle PMI. In questo caso – specifica il par. 1 – i principi dovranno essere “proporzionati e pertinenti alle capacità e alle caratteristiche delle piccole e medie imprese e alla portata e alla complessità delle loro attività”.

In entrambi i casi gli obblighi di rendicontazione sono destinati a entrare in vigore non prima di quattro mesi dopo l’adozione da parte della Commissione (par. 1, c. 4 dell’articolo 29-ter e par. 1, c. 2, dell’articolo 29-quater) e il loro contenuto sarà riesaminato almeno ogni tre anni, tenendo conto del parere tecnico del Gruppo consultivo europeo sull’informatica finanziaria (par. 1, c. 6 dell’articolo 29-ter e par. 3 dell’articolo 29-quater);

3)     un formato elettronico uniforme di comunicazione per la relazione sulla gestione (articolo 29-quinquies) sulla base delle specifiche contenute nel regolamento delegato (UE) 2019/815 della Commissione europea;

4)     l’elaborazione di una relazione sulla sostenibilità ad opera delle imprese figlie, stabilite nel territorio dell’UE, la cui impresa capogruppo sia soggetta al diritto di un paese terzo (capo 9-bis, articoli 40-bis – 40-quinquies) e che abbia generato nell’Unione ricavi netti delle vendite e delle prestazioni superiori a 150 milioni di euro per ciascuno degli ultimi due esercizi consecutivi (articolo 40-bis, par. 1, c. 4). I principi di rendicontazione di sostenibilità specifici ad esse applicabili dovranno essere adottati con atto delegato entro il 30 giugno 2024 (articolo 40-ter).

La relazione, non richiesta alle microimprese (articolo 40-bis, par. 1, c. 1), dovrà essere resa accessibile a livello di gruppo e dovrà, di norma, essere conforme ai principi di rendicontazione (articolo 40-bis, par. 1, c. 2). L’articolo 40-quinquies ne dispone la pubblicazione e la messa a diposizione del pubblico gratuitamente in almeno una delle lingue ufficiale dell’UE entro dodici mesi dalla data di chiusura del bilancio dell’esercizio per il quale è redatta la rendicontazione.

L’articolo 2 reca modifiche alla direttiva 2004/109/CE [28], in virtù delle quali:

1)     nel contesto della revisione del bilancio, il revisore legale esprime il giudizio e rilascia la dichiarazione in merito alla relazione della gestione. Tale relazione è comunicata al pubblico, integralmente, assieme alla relazione di attestazione della conformità della rendicontazione di sostenibilità (articolo 4, par. 4 e 5 novellati);

2)     alla Commissione europea viene demandata la possibilità di adottare atti di legislazione secondaria dell’Unione (articolo 23): decisioni di esecuzione circa l’equivalenza dei principi contabili o di rendicontazione della sostenibilità utilizzati dagli emittenti di paesi terzi (par. 4, c. 3), e atti delegati su misure intese a stabilire criteri di equivalenza generali relativi ai principi contabili e ai principi di rendicontazione di sostenibilità riguardanti emittenti di più di un paese (par. 4, c. 4);

3)     l’ESMA (Autorità europea per gli strumenti finanziari e dei mercati) può formulare orientamenti circa il controllo della rendicontazione di sostenibilità da parte delle autorità nazionali competenti, previa consultazione dell’Agenzia europea dell’ambiente e dell’Agenzia dell’unione europea per i diritti fondamentali (articolo 28-quinquies).

L’articolo 3 apporta modifiche alla direttiva 2006/43/CE[29], il cui stesso oggetto (articolo 1) è stato modificato per comprendervi la disciplina dell’attestazione della conformità della rendicontazione annuale e consolidata di sostenibilità.

Vengono introdotte, tra l’altro, norme relative alla figura professionale del responsabile della sostenibilità, definito dal nuovo articolo 2, punto 16-bis), come un revisore legale designato da un'impresa di revisione contabile per un incarico finalizzato al rilascio di un'attestazione circa la conformità della rendicontazione di sostenibilità in qualità di responsabile principale dell'esecuzione dell'attestazione della conformità della rendicontazione di sostenibilità, anche al livello di gruppo. Rientra nella definizione anche il revisore che firma la relazione sull'attestazione della conformità della rendicontazione di sostenibilità.

Norme specifiche sono dedicate alla formazione dei revisori (articolo 6, titoli e diplomi; articolo 7, esame di idoneità professionale; articolo 12, combinazione di tirocinio e formazione teorica), con particolare riferimento ai requisiti specifici necessari per affiancare alla generica attività di revisore quella di abilitazione a svolgere il rilascio di un’attestazione sulla conformità della rendicontazione di sostenibilità[30]. L’articolo 14-bis contiene una norma transitoria relativa ai revisori legali abilitati, riconosciuti o in via di abilitazione prima del 1° gennaio 2024.

In tema di deontologia professionale, l’articolo 25-ter equipara gli incaricati dell’attestazione di conformità della rendicontazione di sostenibilità ai revisori del bilancio, mediante l’estensione – mutatis mutandis – della normativa ad essi applicabile. In aggiunta, l’articolo 25 novellato incarica gli Stati membri di assicurare che i corrispettivi per la revisione legale dei conti e per l’attestazione della conformità della rendicontazione di sostenibilità non siano influenzati né determinati dalla prestazione di servizi aggiuntivi all’ente sottoposto a revisione e che non siano subordinati ad alcuna condizione. E’, infine, vietata la somministrazione di servizi diversi dalla revisione contabile nel caso in cui il revisore sia incaricato del rilascio di un’attestazione circa la conformità della rendicontazione di sostenibilità di un ente di interesse pubblico (articolo 25-quater).

Ai revisori spetta il compito di illustrare i risultati dell’attestazione della conformità della rendicontazione in una relazione (articolo 28-bis), da predisporre conformemente a principi armonizzati che la Commissione europea è incaricata di adottare mediante atti delegati entro il 1° ottobre 2026 (articolo 26-bis, par. 3). La relazione deve essere redatta per iscritto e firmata dal revisore che la rilascia. L’articolo 28-bis, par. 2, ne indica il contenuto necessario (ad esempio data, ente e periodo a cui si riferisce). L’articolo 27-bis disciplina la fattispecie della rendicontazione “consolidata” di sostenibilità, relativa a un gruppo di imprese, in relazione alla quale il revisore del gruppo deve avere la “piena responsabilità” della relazione e valutare ed esaminare il lavoro svolto da revisori di un paese terzo.

Agli Stati membri spetta assicurare “efficaci sistemi di indagine e sanzioni per individuare, correggere e prevenire un non corretto svolgimento della revisione legale dei conti e dell’attestazione della conformità della rendicontazione di sostenibilità o di altri servizi relativi alla sostenibilità” (articolo 30, par. 1).

L’articolo 4 introduce, infine, modifiche minori al regolamento (UE) n. 537/2014 [31] finalizzate tra l’altro a escludere dal perimetro di operatività delle norme vigenti la fattispecie della rendicontazione di sostenibilità (dai limiti di corrispettivi stabiliti per i revisori legali , articolo 4, par. 2) o a stabilire il divieto, per i revisori legali, di effettuare – direttamente o indirettamente - attività di preparazione della rendicontazione di sostenibilità.

L’articolo 5 ne prescrive l’applicazione a scaglioni temporali successivi, tra il 2024 e il 2028, e in maniera differenziata a seconda dei destinatari a cui è rivolta e degli atti giuridici che vengono modificati.

L’articolo 6 incarica, infine, la Commissione europea di pubblicare una relazione sull’attuazione della direttiva in commento entro il 30 aprile 2029 e, successivamente, ogni tre anni. Entro il 28 dicembre 2029 riesaminerà inoltre il livello di concentrazione del mercato dell’attestazione della sostenibilità, valutando eventuali misure giuridiche per garantire una sufficiente diversificazione del mercato medesimo.

La direttiva trae origine dalla proposta della Commissione europea COM(2021) 189.

Nella XVIII Legislatura la 14a Commissione permanente del Senato (Politiche dell’Unione europea) aveva esaminato la proposta per i profili di sussidiarietà e proporzionalità. L’esame è stato concluso nella seduta del 21 settembre 2021 senza rilevare criticità sul rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità.

Direttiva (UE) 2022/2523
(del Consiglio del 14 dicembre 2022 intesa a garantire un livello di imposizione fiscale minimo globale per i gruppi multinazionali di imprese e i gruppi nazionali su larga scala nell’Unione)

 

La direttiva (UE) 2022/2523 è volta ad attuare a livello dell’UE la componente relativa all’imposizione minima (secondo pilastro) della riforma in materia di tassazione internazionale dell’OCSE. A tale fine il 22 dicembre 2021 la Commissione Europea aveva presentato una proposta di direttiva volta a garantire un’aliquota fiscale minima effettiva per le attività dei grandi gruppi multinazionali. La proposta ricalcava il richiamato Accordo internazionale raggiunto in sede OCSE/G20 (Sfide fiscali derivanti dalla digitalizzazione dell’economia-Norme tipo globali di lotta contro l’erosione della base imponibile-secondo pilastro) e determinava le modalità tramite le quali i principi dell’aliquota fiscale effettiva del 15%, c.d. global minimum tax, dovranno essere applicati con correttezza e coerenza in tutta l’UE.

Il termine di recepimento della direttiva in esame scade il 31 dicembre 2023.

Sul punto si ricorda, come anticipato, che l’8 ottobre 2021 quasi 140 Paesi del quadro inclusivo dell’OCSE/G20 sull’erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili (Base Erosion and Profit Shifting-BEPS) hanno raggiunto un accordo sulla riforma della tassazione internazionale, nonché su un piano di attuazione dettagliato. La riforma delle norme in materia di tassazione internazionale delle società consiste di due pilastri.

Il primo pilastro riguarda il nuovo sistema di attribuzione dei diritti di imposizione delle maggiori imprese multinazionali alle giurisdizioni in cui sono realizzati gli utili. L’elemento fondamentale di questo pilastro sarà una convenzione multilaterale. I lavori tecnici sui dettagli sono in corso nell’ambito del quadro inclusivo.

Il secondo pilastro comprende norme volte a ridurre le possibilità di erosione della base imponibile e di trasferimento degli utili, attraverso l’imposizione minima effettiva, affinché i maggiori gruppi multinazionali di imprese versino un’aliquota minima di imposta sulle società. A livello giuridico questo pilastro è ora sancito nella direttiva dell’UE in commento che è stata adottata all’unanimità con il voto favorevole di tutti gli Stati membri.

Il secondo pilastro si fonda principalmente su due regole da applicare nel diritto interno (regole GloBE-Global anti-Base Erosioni rules):

i) la regola dell’inclusione del reddito (Income Inclusion Rule-IIR), in base alla quale la società madre di un gruppo multinazionale è assoggettata a un’imposta complementare in ragione della bassa imposizione cui sono soggette le sue entità costitutive;

ii) la regola sui profitti a bassa imposizione (undertaxed profit rule-UTPR), con la quale un’entità costitutiva di un gruppo multinazionale di imprese ha un onere fiscale supplementare pari alla sua quota di imposta integrativa che non è stata applicata nell’ambito dell’IIR per le entità costitutive a bassa imposizione del gruppo.

 

Nel considerando n. 5 della direttiva quanto sopra esposto viene così sintetizzato: è necessario stabilire norme al fine di istituire un quadro di riferimento efficiente e coerente per un livello di imposizione minimo globale a livello dell’Unione. Tale quadro di riferimento istituisce un sistema di due regole intrecciate, congiuntamente denominate anche «norme GloBE», attraverso le quali si dovrebbe riscuotere un importo integrativo d’imposta (c.d. imposta integrativa) ogniqualvolta l’aliquota effettiva d’imposta di un gruppo multinazionale di imprese in una data giurisdizione sia inferiore al 15 %. In tali casi la giurisdizione dovrebbe essere considerata a bassa imposizione. Tali due regole intrecciate sono denominate «regola di inclusione del reddito» (income inclusion rule-IIR) e «regola sui profitti a bassa imposizione» (undertaxed profit rule-UTPR). Nell’ambito di tale sistema, l’entità controllante di un gruppo multinazionale di imprese localizzata in uno Stato membro dovrebbe avere l’obbligo di applicare l’IIR alla sua quota di imposta integrativa relativa a ogni entità del gruppo a bassa imposizione, sia tale entità localizzata nell’Unione o al di fuori di essa. L’UTPR dovrebbe fungere da sostegno all’IIR attraverso una reimputazione di un eventuale importo residuo dell’imposta integrativa nei casi in cui le entità controllanti non abbiano potuto riscuotere l’intero importo dell’imposta integrativa relativa alle entità a bassa imposizione attraverso l’IIR.

In merito all’importanza dell’Accordo raggiunto in sede Ocse, la rivista online dell’Agenzia delle entrate, Fiscooggi, sottolineava: la portata storica consiste proprio nell’ampia adesione, quasi unanime, dei 140 Paesi che da anni siedono al tavolo dei lavori, provenienti da tradizioni fiscali e sistemi economici profondamente diversi e in competizione tra loro, dagli Stati Uniti all’Europa, a Cina, India, Hong Kong, Singapore, ma anche Australia, Regno Unito, Svizzera, un gran numero di Paesi africani, dell’area caraibica e dell’America latina. L’accordo porterà alla condivisione di alcune regole comuni in gran parte del mercato globale dove è generato il 90% del Pil mondiale.

 

Tali regole hanno l’effetto di introdurre un’imposta complementare corrispondente al livello minimo, con riferimento a un’aliquota effettiva d’imposta calcolata su una base giurisdizionale e avvalendosi di definizioni comuni riguardo alle imposte contemplate e alla base imponibile, determinata con riferimento all’utile contabile. Esse si applicano alle imprese multinazionali che presentano un fatturato minimo di 750 milioni di euro nei conti finanziari.

L’aliquota d’imposta minima di riferimento, sia per l’IIR, che per l’UTPR, è pari al 15 % ed è volta a contrastare le pratiche fiscali che mirano a trasferire gli utili verso giurisdizioni con livello di tassazione basso.

Le regole GloBE prevedono inoltre un’esclusione de minimis per le giurisdizioni in cui l’impresa multinazionale realizza un fatturato inferiore a 10 milioni di euro e utili inferiori a 1 milione di euro.

Nel considerando n.18 della direttiva, a tale proposito, si legge che al fine di conseguire un equilibrio fra gli obiettivi della riforma relativa a un’imposizione minima globale e gli oneri amministrativi a carico delle amministrazioni fiscali nonché dei contribuenti, la presente direttiva dovrebbe contemplare un’esclusione de minimis dei gruppi multinazionali di imprese e dei gruppi nazionali su larga scala aventi un ricavo medio inferiore a 10.000.000 di euro e un reddito o una perdita qualificante inferiore a 1.000.000 di euro in una data giurisdizione. Tali gruppi multinazionali di imprese e gruppi nazionali su larga scala non dovrebbero versare un’imposta integrativa anche se la loro aliquota effettiva d’imposta è inferiore all’aliquota minima d’imposta in detta giurisdizione.

Secondo le stime dell’OCSE le entrate fiscali aggiuntive che dovrebbero prodursi grazie al meccanismo ammonteranno a circa 150 miliardi di dollari ogni anno.

 

Più nel dettaglio, all’interno del Capo I della direttiva del Consiglio del 14 dicembre 2022 sono indicate le seguenti disposizioni generali:

§  l’oggetto ovvero le misure comuni per la tassazione effettiva minima dei gruppi multinazionali di imprese e dei gruppi nazionali su larga scala sotto forma di regola di inclusione del reddito e regola sui profitti a bassa imposizione, o attraverso l’applicazione di un’imposta integrativa domestica qualificata (articolo 1);

§  l’ambito di applicazione che viene definito con riferimento alle entità costitutive localizzate in uno Stato membro che fanno parte di un gruppo multinazionale di imprese o di un gruppo nazionale su larga scala avente ricavi annui pari o superiori a 750.000.000 euro, ivi compresi i ricavi delle entità escluse, nel bilancio consolidato dell’entità controllante capogruppo in almeno due dei quattro esercizi fiscali immediatamente precedenti l’esercizio fiscale sottoposto a verifica (articolo 2).

 

La direttiva non si applica, sempre in base a quanto disposto all’articolo 2, alle seguenti entità, cd entità escluse:

a)      un’entità statale, un’organizzazione internazionale, un’organizzazione senza scopo di lucro, un fondo pensione, un fondo d’investimento che è un’entità controllante capogruppo o un veicolo di investimento immobiliare che è un’entità controllante capogruppo;

b)      un’entità il cui valore è di proprietà per almeno il 95 % di una o più entità di cui alla lettera a), direttamente o attraverso una o più entità escluse, fatta eccezione per le entità di servizi pensionistici, e che:

                                                                       I.      opera esclusivamente o quasi esclusivamente per detenere attività o investire fondi a beneficio della o delle entità di cui alla lettera a);

                                                                    II.      svolge esclusivamente attività ausiliarie a quelle eseguite dalla o dalle entità di cui alla lettera a);

c)      un’entità il cui valore è di proprietà per almeno l’85% di una o più entità di cui alla lettera a), direttamente o attraverso una o più entità escluse, fatta eccezione per le entità di servizi pensionistici, a condizione che sostanzialmente tutto il suo reddito sia derivato da dividendi o plusvalenze o minusvalenze esclusi dal calcolo del reddito o della perdita qualificante, a norma dell’articolo 16, paragrafo 2, lettere b) e c).

 

§  le definizioni (articolo 3);

§  la localizzazione di un’entità costitutiva che secondo la direttiva, qualora sia diversa da un’entità fiscalmente trasparente, deve essere localizzata nella giurisdizione ove è considerata residente a fini fiscali, sulla base della sua sede di direzione, della sua sede di costituzione o criteri analoghi, ovvero, nel caso in cui non sia possibile stabilire la localizzazione secondo i criteri sopra esposti, deve essere localizzata nella giurisdizione in cui è stata costituita (articolo 4).

 

Il Capo II definisce le modalità di applicazione della disciplina, ovvero del calcolo, delle regole IIR e UTPR.

Nel considerando n. 12 si rappresenta, a tale proposito, che l’aliquota minima d’imposta del 15% concordata dal quadro inclusivo dell’OCSE/G20 sulla BEPS rispecchia un equilibrio fra le aliquote d’imposta sulle società a livello mondiale. Pertanto, nei casi in cui l’aliquota effettiva d’imposta di un gruppo multinazionale di imprese sia inferiore all’aliquota minima d’imposta in una data giurisdizione, l’imposta integrativa dovrebbe essere imputata alle entità del gruppo multinazionale di imprese che sono soggette a pagare l’imposta secondo l’applicazione dell’IIR e dell’UTPR, al fine di soddisfare l’aliquota effettiva minima concordata a livello globale del 15 %. Nei casi in cui l’aliquota effettiva d’imposta di un gruppo nazionale su larga scala sia inferiore all’aliquota minima d’imposta, l’entità controllante capogruppo del gruppo nazionale su larga scala dovrebbe applicare l’IIR alle sue entità costitutive a bassa imposizione, al fine di garantire che tale gruppo sia soggetto all’aliquota effettiva minima d’imposta del 15 %.

 

In pratica, gli Stati membri sono tenuti a garantire, in base all’articolo 5, che un’entità controllante capogruppo che è un’entità costitutiva localizzata in uno Stato membro sia assoggettata all’imposta integrativa IIR per l’esercizio fiscale per le sue entità costitutive a bassa imposizione localizzate in un’altra giurisdizione o apolidi. A tale obbligo sono tenuti, altresì, un’entità controllante intermedia nell’Unione (articolo 6), un’entità controllante intermedia localizzata nell’Unione e detenuta da un’entità controllante capogruppo che è un’entità esclusa (articolo 7) e un’entità controllante parzialmente partecipata nell’Unione (articolo 8).

L’imposta integrativa IIR dovuta da un’entità controllante per un’entità costitutiva a bassa imposizione è uguale all’imposta integrativa (top-up tax) dell’entità costitutiva a bassa imposizione, calcolata secondo i valori indicati all’articolo 27 della direttiva in commento, moltiplicata per la quota imputabile dell’entità controllante nell’imposta integrativa per l’esercizio fiscale. La quota imputabile dell’entità controllante nell’imposta integrativa per un’entità costitutiva a bassa imposizione è proporzionale alla partecipazione dell’entità controllante nel reddito qualificante dell’entità costitutiva a bassa imposizione. Tale proporzione è pari al reddito qualificante dell’entità costitutiva a bassa imposizione per l’esercizio fiscale, ridotto dell’importo di tale reddito attribuibile a partecipazioni detenute da altri proprietari, diviso per il reddito qualificante dell’entità costitutiva a bassa imposizione per l’esercizio fiscale (articolo 9).

L’IIR si applica dall’alto verso il basso, il che significa che è applicata dall’entità che si trova al vertice della catena di proprietà del gruppo multinazionale di imprese, o in prossimità di esso, che di norma è l’entità controllante capogruppo.

Tuttavia, nel caso in cui l’entità controllante capogruppo non applichi l’IIR, le entità controllanti intermedie situate sotto l’entità controllante capogruppo nella catena di proprietà e localizzate nell’Unione dovrebbero avere l’obbligo, nell’ambito della presente direttiva, di applicare l’IIR fino alla loro quota imputabile dell’imposta integrativa. Ove l’entità controllante intermedia tenuta ad applicare l’IIR non detenga una partecipazione di controllo su un’altra entità controllante intermedia, l’IIR dovrebbe essere applicata dalla prima entità controllante intermedia.

 

È previsto, all’articolo 10, anche un meccanismo di compensazione dell’IIR nel caso in cui un’entità controllante localizzata in uno Stato membro detenga una partecipazione in un’entità costitutiva a bassa imposizione indirettamente attraverso un’entità controllante intermedia o un’entità controllante parzialmente partecipata assoggettata a un’IIR qualificata per l’esercizio fiscale.

 

Gli Stati membri possono scegliere, inoltre, anche di applicare un’imposta integrativa domestica qualificata in base alla quale l’imposta integrativa è calcolata e versata sugli utili in eccesso di tutte le entità costitutive a bassa imposizione localizzate nella loro giurisdizione conformemente alla presente direttiva. In particolare, se uno Stato membro in cui sono localizzate le entità costitutive di un gruppo multinazionale di imprese o di un gruppo nazionale su larga scala sceglie di applicare un’imposta integrativa domestica qualificata, tutte le entità costitutive a bassa imposizione del gruppo multinazionale di imprese o del gruppo nazionale su larga scala in tale Stato membro sono assoggettate a tale imposta integrativa domestica per l’esercizio fiscale. Nell’ambito di un’imposta integrativa domestica qualificata, gli utili domestici in eccesso delle entità costitutive a bassa imposizione possono essere calcolati sulla base di un principio contabile conforme o di un principio contabile autorizzato approvato dall’organismo contabile autorizzato e aggiustato per evitare distorsioni competitive rilevanti, invece che sulla base del principio contabile utilizzato nel bilancio consolidato (articolo 11).

 

Nel considerando n.13 si legge che al fine di consentire agli Stati membri di beneficiare delle imposte integrative percepite presso le rispettive entità a bassa imposizione localizzate sul loro territorio, gli Stati membri dovrebbero avere la facoltà di scegliere di applicare un sistema fiscale basato su un’imposta integrativa domestica qualificata. Quando scelgono di applicare un’imposta integrativa domestica qualificata, gli Stati membri dovrebbero informarne la Commissione, con l’obiettivo di fornire alle autorità fiscali di altri Stati membri e giurisdizioni di paesi terzi, nonché ai gruppi multinazionali di imprese, sufficiente certezza per quanto riguarda l’applicabilità dell’imposta integrativa domestica qualificata alle entità costitutive a bassa imposizione in tale Stato membro.

 

Gli articoli 12 e 13 disciplinano rispettivamente l’applicazione dell’UTPR all’intero gruppo multinazionale di imprese o nella giurisdizione di un’entità controllante capogruppo.

Nello specifico, se l’entità controllante capogruppo di un gruppo multinazionale di imprese è localizzata nella giurisdizione di un paese terzo che non applica un’IIR qualificata o se l’entità controllante capogruppo di un gruppo multinazionale di imprese è un’entità esclusa, gli Stati membri garantiscono che le entità costitutive localizzate nell’Unione siano soggette, nello Stato membro in cui sono localizzate, a un aggiustamento pari all’importo dell’imposta integrativa UTPR imputato a tale Stato membro per l’esercizio fiscale.

Tale aggiustamento può assumere la forma di un’imposta integrativa dovuta da tali entità costitutive o di una negazione della deduzione dal reddito imponibile di tali entità costitutive che risulti in un importo di debito d’imposta necessario per riscuotere l’importo dell’imposta integrativa UTPR imputato a tale Stato membro (articolo 12).

Mentre se l’entità controllante capogruppo di un gruppo multinazionale di imprese è localizzata nella giurisdizione di un paese terzo a bassa imposizione, gli Stati membri garantiscono che le entità costitutive localizzate nell’Unione siano soggette, nello Stato membro in cui sono localizzate, a un aggiustamento pari all’importo dell’imposta integrativa UTPR imputato a tale Stato membro per l’esercizio fiscale, da realizzarsi con le stesse modalità sopra descritte ovvero attraverso un’imposta negativa o con la negazione della deduzione dal reddito imponibile (articolo 13).

L’UTPR imputa un’imposta integrativa alle giurisdizioni sulla base di una formula di imputazione basata su due fattori: il valore contabile delle attività materiali nella giurisdizione e il numero di dipendenti nella giurisdizione (articolo 14). In particolare, nei casi in cui l’entità controllante capogruppo è situata al di fuori dell’UE in una giurisdizione che non applica un’IIR qualificata, tutte le sue entità costitutive in giurisdizioni con un quadro UTPR adeguato sono soggette all’UTPR. In questo caso, le entità costitutive situate in uno Stato membro si ripartiranno, e dovranno versare nel loro Stato membro, una quota dell’imposta integrativa connessa alle controllate a bassa imposizione del gruppo multinazionale di imprese. Ai fini del calcolo dell’imposta integrativa si tiene in considerazione del reddito o della perdita qualificante. Il reddito o la perdita qualificante di un’entità costitutiva sono calcolati apportando gli aggiustamenti di cui agli articoli da 16 a 19 al valore contabile netto del reddito o della perdita dell’entità costitutiva per l’esercizio fiscale prima di eventuali aggiustamenti di consolidamento per eliminare le operazioni infragruppo, come stabilito in base al principio contabile utilizzato nell’elaborazione del bilancio consolidato dell’entità controllante capogruppo (articolo 15).

 

Nel capo III, come sopra anticipato, sono indicate le modalità di determinazione del reddito o della perdita qualificante (articolo 15) nonché gli aggiustamenti intesi a determinare il reddito o la perdita qualificante (articoli da 16 a 19). In particolare, la direttiva stabilisce che il reddito o la perdita qualificante di un’entità costitutiva sono calcolati apportando gli aggiustamenti di cui agli articoli da 16 a 19 al valore contabile netto del reddito o della perdita dell’entità costitutiva per l’esercizio fiscale prima di eventuali aggiustamenti di consolidamento per eliminare le operazioni infragruppo, come stabilito in base al principio contabile utilizzato nell’elaborazione del bilancio consolidato dell’entità controllante capogruppo.

 

L’articolo 17 prevede, inoltre, che il reddito del trasporto marittimo internazionale e il reddito accessorio qualificato del trasporto marittimo internazionale di un’entità costitutiva sono esclusi dal calcolo del reddito o della perdita qualificante, a condizione che l’entità costitutiva dimostri che la gestione strategica o commerciale di tutte le navi interessate è effettivamente esercitata all’interno della giurisdizione in cui l’entità costitutiva è localizzata.

Nel considerando n.17 si rileva che a causa della natura altamente volatile e del ciclo economico lungo del settore del trasporto marittimo, questo è tradizionalmente assoggettato a regimi fiscali alternativi o integrativi negli Stati membri. Per evitare di compromettere le motivazioni strategiche e consentire agli Stati membri di continuare ad applicare un trattamento fiscale specifico al settore del trasporto marittimo in linea con le pratiche internazionali e le norme in materia di aiuti di Stato, il reddito del trasporto marittimo dovrebbe anch’esso essere escluso dal sistema.

 

Il Capo IV definisce il calcolo delle imposte rilevanti aggiustate di un’entità costitutiva.

In particolare l’articolo 20 stabilisce che le imposte rilevanti di un’entità costitutiva comprendono:

§  le imposte registrate nella contabilità finanziaria di un’entità costitutiva per quanto riguarda il suo reddito o i suoi utili, o la sua quota del reddito o degli utili di un’entità costitutiva in cui possiede una partecipazione;

§  le imposte sugli utili distribuiti, sulle presunte distribuzioni di utili e sulle spese estranee all’attività d’impresa assoggettate a imposizione nell’ambito di un regime di imposizione delle distribuzioni ammissibile;

§  le imposte applicate in luogo di un’imposta sul reddito delle società di applicazione generale;

§  le imposte prelevate con riferimento agli utili non distribuiti e al patrimonio, comprese le imposte su più componenti basate sul reddito e sul patrimonio.

Le imposte rilevanti di un’entità costitutiva non comprendono:

§  l’imposta integrativa maturata da un’entità controllante in base a un’IIR qualificata;

§  l’imposta integrativa maturata da un’entità costitutiva nell’ambito di un’imposta integrativa domestica qualificata;

§  le imposte attribuibili a un aggiustamento effettuato da un’entità costitutiva a seguito dell’applicazione di un’UTPR qualificata;

§  l’imposta di imputazione rimborsabile non qualificata;

§  le imposte versate da una impresa di assicurazioni in relazione ai rendimenti degli assicurati.

 

Gli articoli 21 e 22 definiscono rispettivamente l’aggiustamento delle imposte rilevanti di un’entità costitutiva per un esercizio fiscale, attraverso l’elencazione delle maggiorazioni e delle riduzioni delle imposte rilevanti nonché l’importo totale degli aggiustamenti relativi alla fiscalità differita.

Il successivo articolo 23 prevede, invece, un regime opzionale della perdita qualificante che, in deroga all’articolo 22, riconosce a un’entità costitutiva che presenta la dichiarazione la possibilità di optare per una perdita qualificante per una giurisdizione in base alla quale è determinata un’attività fiscale differita relativa a una perdita qualificante per ciascun esercizio fiscale in cui vi è una perdita netta qualificante in tale giurisdizione. A tal fine l’attività fiscale differita relativa a una perdita qualificante è pari alla perdita netta qualificante per un esercizio fiscale per la giurisdizione moltiplicata per l’aliquota minima d’imposta.

La direttiva prevede comunque la possibilità di aggiustamenti successivi alla presentazione della dichiarazione e di variazioni dell’aliquota fiscale (articolo 25).

 

Nel Capo V sono indicate le specifiche modalità di calcolo dell’aliquota effettiva d’imposta (articolo 26), dell’imposta integrativa (articolo 27) e dell’imposta integrativa aggiuntiva (articolo 29). L’articolo 28 prevede, invece, un’esclusione del reddito in base alla sostanza in funzione dei costi salariali e delle attività materiali.

    

Tale disposizione è così commentata nel considerando n.14: per garantire un approccio proporzionato, la presente direttiva dovrebbe tener conto di alcune situazioni specifiche nelle quali i rischi di BEPS sono ridotti. La presente direttiva dovrebbe quindi prevedere un’esclusione del reddito in base alla sostanza fondata sui costi associati ai dipendenti e al valore delle attività materiali in una data giurisdizione. Tale esclusione risolve in una certa misura le situazioni in cui un gruppo multinazionale di imprese o un gruppo nazionale su larga scala svolge attività economiche che richiedono la presenza materiale in una giurisdizione a bassa imposizione, al fine di ostacolare le pratiche BEPS. Si dovrebbe inoltre tenere in considerazione il caso specifico dei gruppi multinazionali di imprese che si trovano nella fase iniziale della loro attività internazionale, al fine di non scoraggiare lo sviluppo delle attività transfrontaliere dei gruppi multinazionali di imprese che traggono vantaggio della bassa imposizione nella propria giurisdizione nazionale ove operano in modo predominante. Pertanto, le attività nazionali a basso tasso di imposizione di tali gruppi multinazionali dovrebbero essere escluse dall’applicazione delle regole per un periodo transitorio di cinque anni, a condizione che il gruppo multinazionale di imprese non abbia entità costitutive in più di sei giurisdizioni. Al fine di garantire la parità di trattamento ai gruppi nazionali su larga scala, il reddito derivato dalle attività di tali gruppi dovrebbe anch’esso essere escluso per un periodo transitorio di cinque anni.

 

Come sopra anticipato viene altresì prevista un’esclusione de minimis. L’articolo 30, infatti, stabilisce che in deroga agli articoli da 26 a 29, a scelta dell’entità costitutiva che presenta la dichiarazione, l’imposta integrativa dovuta dalle entità costitutive localizzate in una giurisdizione è pari a zero per un dato esercizio fiscale se, per tale esercizio fiscale:

§  i ricavi qualificanti medi di tutte le entità costitutive localizzate in tale giurisdizione sono inferiori a 10.000.000 di euro;

§  il reddito qualificante medio o la perdita qualificante media di tutte le entità costitutive in detta giurisdizione è una perdita o è inferiore a 1.000.000 di euro.

La scelta è effettuata con cadenza annuale.

 

L’articolo 31 fornisce la definizione di entità costitutive partecipate in via minoritaria e indica le modalità di calcolo della relativa aliquota effettiva d’imposta e dell’imposta integrativa.

L’articolo 32 prevede che in deroga agli articoli da 26 a 31, gli Stati membri provvedono affinché, a scelta dell’entità costitutiva che presenta la dichiarazione, l’imposta integrativa dovuta da un gruppo in una giurisdizione sia considerata pari a zero per un esercizio fiscale se il livello effettivo di imposizione delle entità costitutive localizzate in detta giurisdizione soddisfa le condizioni di un accordo internazionale qualificante sui porti sicuri ove per accordo internazionale qualificante sui porti sicuri si intende un insieme di norme e condizioni a cui tutti gli Stati membri hanno acconsentito e che concede ai gruppi che rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva la possibilità di scegliere di beneficiare di uno o più porti sicuri per una giurisdizione.

 

Il Capo VI reca norme speciali per la ristrutturazione di imprese e per le strutture di holding.

In particolare vengono definite le modalità di raggiungimento della soglia dei ricavi consolidati alle fusioni e alle scissioni di gruppi (articolo 33) stabilendo che:

§  nel caso in cui due o più gruppi si fondano per costituire un unico gruppo in uno degli ultimi quattro esercizi fiscali consecutivi immediatamente precedenti l’esercizio fiscale sottoposto a verifica, si ritiene che la soglia dei ricavi consolidati del gruppo multinazionale di imprese o del gruppo nazionale su larga scala sia raggiunta per un qualsiasi esercizio fiscale che precede la fusione se la somma dei ricavi inclusi nei rispettivi bilanci consolidati per detto esercizio fiscale è pari o superiore a 750.000.000 euro;

§   se un’entità che non fa parte del gruppo (c.d. entità target) si fonde con un’entità o gruppo (c.d. entità acquirente) nell’esercizio fiscale sottoposto a verifica e l’entità target o l’entità acquirente non dispone di bilanci consolidati negli ultimi quattro esercizi fiscali consecutivi immediatamente precedenti l’esercizio fiscale sottoposto a verifica, si ritiene che la soglia dei ricavi consolidati del gruppo multinazionale di imprese o del gruppo nazionale su larga scala sia raggiunta per tale esercizio se la somma dei ricavi inclusi nei rispettivi bilanci o bilanci consolidati per detto esercizio fiscale è pari o superiore a 750.000.000 euro.

 

Se un unico gruppo multinazionale di imprese o gruppo nazionale su larga scala rientrante nell’ambito di applicazione della presente direttiva si scinde in due o più gruppi (ciascuno un gruppo scisso), si ritiene che la soglia dei ricavi consolidati sia raggiunta da un gruppo scisso se:

§  per quanto riguarda il primo esercizio fiscale sottoposto a verifica che termina dopo la scissione, il gruppo scisso ha ricavi annui pari o superiori a 750.000.000 euro in tale esercizio fiscale;

§  per quanto riguarda gli esercizi fiscali dal secondo al quarto che terminano dopo la scissione, il gruppo scisso ha ricavi annui pari o superiori a 750.000.000 euro in almeno due di tali esercizi fiscali.

 

Vengono calcolate l’aliquota effettiva d’imposta e l’imposta integrativa in caso di entità costitutive che entrano nel gruppo multinazionale di imprese o nel gruppo nazionale su larga scala o ne escono (articolo 34).

La norma chiarisce che se un’entità (entità target) diventa o cessa di essere un’entità costitutiva di un gruppo multinazionale di imprese o di un gruppo nazionale su larga scala in conseguenza di un trasferimento diretto o indiretto di partecipazione nell’entità target o se l’entità target diventa l’entità controllante capogruppo di un nuovo gruppo durante un dato esercizio fiscale (c.d. esercizio di acquisizione), l’entità target è considerata parte del gruppo multinazionale di imprese o del gruppo nazionale su larga scala ai fini della presente direttiva, a condizione che una parte delle sue attività, passività, reddito, spese e flussi di cassa sia inclusa voce per voce nel bilancio consolidato dell’entità controllante capogruppo nell’esercizio di acquisizione.

 

Vengono altresì fornite, ai fini dell’applicazione della disciplina in esame, le definizioni di trasferimento di attività e passività (articolo 35), di joint venture (articolo 36), di gruppi multinazionali di imprese a controllante multipla (articolo 37).

 

Il CAPO VII definisce i regimi di neutralità fiscale e di imposizione delle distribuzioni.

In sintesi, vengono indicati i casi in cui:

§  il reddito qualificante di un’entità fiscalmente trasparente che è un’entità controllante capogruppo è ridotto, per l’esercizio fiscale, dell’importo del reddito qualificante attribuibile al titolare di una partecipazione (c.d. titolare della partecipazione) nell’entità fiscalmente trasparente (articolo 38);

§  l’entità controllante capogruppo di un gruppo multinazionale di imprese o di un gruppo nazionale su larga scala assoggettata a un regime di dividendi deducibili riduce, fino a un minimo di zero, per l’esercizio fiscale, il proprio reddito qualificante dell’importo distribuito come dividendo deducibile entro 12 mesi dalla fine dell’esercizio fiscale (articolo 39).

Sono altresì definiti:

§  i regimi di imposizione delle distribuzioni ammissibili in quanto un’entità costitutiva che presenta la dichiarazione può scegliere, per sé stessa o nei confronti di un’altra entità costitutiva assoggettata a un regime di imposizione delle distribuzioni ammissibile, di includere l’importo determinato come imposta sulla distribuzione presunta nelle imposte rilevanti aggiustate dell’entità costitutiva per l’esercizio fiscale. La scelta è effettuata con cadenza annuale (articolo 40);

§  l’aliquota effettiva d’imposta e dell’imposta integrativa di un’entità d’investimento (articolo 41), prevedendo, tra l’altro, che:

o   se l’entità costitutiva di un gruppo multinazionale di imprese o di un gruppo nazionale su larga scala è un’entità d’investimento che non è un’entità fiscalmente trasparente e che non ha effettuato una scelta a norma degli articoli 42 e 43, l’aliquota effettiva d’imposta di tale entità d’investimento è calcolata separatamente dall’aliquota effettiva d’imposta della giurisdizione in cui è localizzata;

o   l’imposta integrativa di un’entità d’investimento è un importo pari alla percentuale di imposta integrativa dell’entità d’investimento moltiplicata per un importo pari alla differenza tra la quota imputabile del gruppo multinazionale di imprese o del gruppo nazionale su larga scala nel reddito qualificante dell’entità d’investimento e l’esclusione del reddito in base alla sostanza calcolata per l’entità d’investimento;

§  la scelta di considerare un’entità d’investimento come un’entità fiscalmente trasparente (articolo 42), in quanto, a scelta dell’entità costitutiva che presenta la dichiarazione, un’entità costitutiva che è un’entità d’investimento o un’entità di investimento assicurativo può essere considerata come un’entità fiscalmente trasparente se l’entità costitutiva proprietaria è assoggettata a imposizione nella giurisdizione in cui è localizzata in base a un valore di mercato equo o a un regime analogo basato sulle variazioni annuali del valore equo delle sue partecipazioni in tale entità e l’aliquota d’imposta applicabile all’entità costitutiva proprietaria su tale reddito è pari o superiore all’aliquota minima d’imposta;

§  la scelta di applicare un metodo di distribuzione imponibile (43), in quanto, a scelta dell’entità costitutiva che presenta la dichiarazione, l’entità costitutiva proprietaria di un’entità d’investimento può applicare un metodo di distribuzione imponibile per quanto riguarda la sua partecipazione nell’entità d’investimento, a condizione che l’entità costitutiva proprietaria non sia un’entità d’investimento e si possa ragionevolmente prevedere che sia assoggettata a imposizione sulle distribuzioni dell’entità d’investimento ad un’aliquota d’imposta pari o superiore all’aliquota minima.

 

Il Capo VIII reca disposizioni amministrative in merito agli obblighi di dichiarazione (articolo 44), alle scelte che può effettuare l’entità costitutiva che presenta la dichiarazione, indicate all’articolo 2, paragrafo 3, secondo comma, all’articolo 16, paragrafi 3, 6 e 9, e agli articoli 42 e 43 (articolo 45), nonché alle sanzioni (articolo 46).

In particolare, in merito alle sanzioni, si prevede che gli Stati membri stabiliscono le norme relative alle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate a norma della presente direttiva, comprese quelle riguardanti l’obbligo di un’entità costitutiva di dichiarare e versare la propria quota di imposta integrativa o di avere un onere fiscale supplementare, e adottano tutte le misure necessarie per assicurarne l’applicazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.

 

Il Capo IX detta le norme transitorie sul trattamento fiscale di attività fiscali differite, passività fiscali differite e attività trasferite nel periodo di transizione (articolo 47) e sull’esenzione transitoria per l’esclusione del reddito in base alla sostanza (articolo 48).

Su quest’ultimo punto si segnala che le regole GloBE prevedono eccezioni fondate sul criterio della sostanza e basate su una formula che esclude un importo di reddito corrispondente a una percentuale fissa (5%) del valore netto contabile delle attività materiali e del valore della massa salariale. Per i primi dieci anni, una regola transitoria prevede che tale esclusione legata alla sostanza scatti dall’8% del valore contabile delle attività materiali e dal 10% della massa salariale. Per le attività materiali, l’aliquota diminuirà quindi annualmente dello 0,2% per i primi cinque anni e dello 0,4% per il rimanente periodo. Per quanto riguarda la massa salariale, l’aliquota diminuirà annualmente dello 0,2% per i primi cinque anni e dello 0,8% per il rimanente periodo.

 

Viene altresì disciplinata la fase iniziale dell’esclusione dall’IIR e dall’UTPR dei gruppi multinazionali di imprese e dei gruppi nazionali su larga scala (articolo 49). Come auspicato nel considerando n.14, infatti, si tiene in considerazione il caso specifico dei gruppi multinazionali di imprese che si trovano nella fase iniziale della loro attività internazionale, al fine di non scoraggiare lo sviluppo delle attività transfrontaliere dei gruppi multinazionali di imprese che traggono vantaggio della bassa imposizione nella propria giurisdizione nazionale ove operano in modo predominante. Pertanto, le attività nazionali a basso tasso di imposizione di tali gruppi multinazionali dovrebbero essere escluse dall’applicazione delle regole per un periodo transitorio di cinque anni, a condizione che il gruppo multinazionale di imprese non abbia entità costitutive in più di sei giurisdizioni. Al fine di garantire la parità di trattamento ai gruppi nazionali su larga scala, il reddito derivato dalle attività di tali gruppi dovrebbe anch’esso essere escluso per un periodo transitorio di cinque anni.

 

La normativa riconosce agli Stati membri anche la possibilità di un’applicazione differita dell’IIR e dell’UTPR (articolo 50). Nello specifico, in deroga agli articoli da 5 a 14, gli Stati membri in cui sono localizzate non più di dodici entità controllanti capogruppo di gruppi che rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva possono scegliere di non applicare l’IIR e l’UTPR per sei esercizi finanziari consecutivi che iniziano a decorrere dal 31 dicembre 2023. Gli Stati membri che effettuano tale scelta ne informano la Commissione entro il 31 dicembre 2023. Se, tuttavia, l’entità controllante capogruppo di un gruppo multinazionale di imprese è localizzata in uno Stato membro che ha effettuato la scelta dell’applicazione differita, gli Stati membri diversi da quello in cui è localizzata l’entità controllante capogruppo provvedono affinché le entità costitutive di tale gruppo multinazionale siano soggette, nello Stato membro in cui sono localizzate, all’importo dell’imposta integrativa UTPR assegnato a tale Stato membro per gli esercizi finanziari che iniziano a decorrere dal 31 dicembre 2023.

 

Il Capo X reca le disposizioni finali. Tra queste, si segnala l’articolo 56 che disciplina il recepimento della normativa, stabilendo che gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 31 dicembre 2023. Sono tenuti altresì a comunicare immediatamente alla Commissione il testo di tali norme e applicano le disposizioni in relazione agli esercizi fiscali che iniziano a decorrere dal 31 dicembre 2023. Tuttavia, ad eccezione della norma di cui all’articolo 50, paragrafo 2, essi applicano le disposizioni necessarie per conformarsi agli articoli 12, 13 e 14 in relazione agli esercizi fiscali che iniziano a decorrere dal 31 dicembre 2024.


 

Direttiva (UE) 2023/946
(del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 maggio 2023, che modifica la direttiva 2003/25/CE per quanto riguarda l’inclusione di requisiti di stabilità migliorati e l’allineamento di tale direttiva ai requisiti di stabilità definiti dall’Organizzazione marittima internazionale)

 

La direttiva (UE) 2023/946 reca alcune modifiche alla direttiva 2003/25/CE in materia di requisiti di stabilità definiti dall’Organizzazione marittima internazionale.

Il termine di recepimento della direttiva sopra indicata scade il 5 dicembre 2024.

A tale proposito si ricorda che la citata direttiva 2003/25/CE del Parlamento europeo e del Consiglio stabiliva un livello uniforme di requisiti specifici di stabilità per le navi ro/ro da passeggeri (si tratta, in pratica delle navi traghetto adibite anche al trasporto di autoveicoli), in modo da migliorarne le possibilità di sopravvivenza in caso di avaria in seguito a collisione e garantire un elevato livello di sicurezza ai passeggeri e all’equipaggio, congiuntamente ai requisiti stabiliti dalla convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare («convenzione SOLAS»).

L’articolo 1 della direttiva reca alcune modifiche alla direttiva 2003/25.

In particolare si prevede che ogni Stato membro, in quanto Stato di approdo, provvede affinché le navi ro/ro da passeggeri battenti bandiera di un paese terzo siano pienamente conformi ai requisiti della presente direttiva prima di essere adibite a viaggi nell’ambito di servizi di linea da o per i porti di tale Stato membro.

Si stabilisce, inoltre, che le navi ro/ro da passeggeri esistenti che erano impiegate per servizi di linea da o verso un porto di uno Stato membro al 5 dicembre 2024 continuano a rispettare i requisiti specifici di stabilità di cui all’allegato I, nella versione applicata prima dell’entrata in vigore della direttiva (UE) 2023/946 del Parlamento europeo e del Consiglio.

Per quanto concerne i certificati di bordo la direttiva stabilisce che tutte le navi ro/ro da passeggeri nuove ed esistenti battenti bandiera di uno Stato membro tengono a bordo un certificato che sancisca la conformità ai requisiti specifici di stabilità della direttiva.

L’articolo 2, infine, stabilisce che gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva- come sopra indicato- entro il 5 dicembre 2024.


 

Direttiva (UE) 2023/970
(del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 maggio 2023, volta a rafforzare l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore attraverso la trasparenza retributiva e i relativi meccanismi di applicazione)

 

La direttiva (UE) 2023/970 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 maggio 2023, è intesa a stabilire prescrizioni minime[32] per rafforzare l'applicazione del principio della parità retributiva per uno stesso lavoro tra uomini e donne e il divieto di discriminazione in materia di occupazione e impiego per motivi di genere (articolo 1)[33]. Per il conseguimento delle suddette finalità, si stabiliscono sia obblighi di trasparenza e di informazioni in materia di retribuzioni sia obblighi di adeguamento, in caso di sussistenza di discriminazioni retributive di genere immotivate, e si prevedono garanzie di accesso a connessi strumenti di tutela amministrativa o giurisdizionale in favore dei lavoratori.

Il termine finale per il recepimento della direttiva in commento è fissato al 7 giugno 2026.

Le norme della direttiva concernono tutti i datori di lavoro, del settore pubblico e del settore privato, e tutti i lavoratori, aventi un contratto o un rapporto di lavoro (articolo 2). Anche i candidati sono destinatari delle norme relative alla trasparenza contributiva pre-assunzione (articolo 5, vedi oltre).

L'articolo 4 richiede che gli Stati membri adottino le misure necessarie affinché i datori di lavoro dispongano di sistemi retributivi conformi al principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore e affinché siano sviluppati strumenti o metodologie, facilmente accessibili, per valutare e confrontare il valore del lavoro. In particolare (par. 4) i sistemi retributivi devono consentire di valutare se i lavoratori si trovino in una situazione comparabile, in termini di valore del lavoro, sulla base di criteri oggettivi e neutri sotto il profilo del genere, ove possibile concordati con i rappresentanti dei lavoratori. Tali criteri – che non possono basarsi, neanche indirettamente, sul sesso dei lavoratori – concernono le competenze (ivi comprese quelle trasversali), l'impegno, le responsabilità e le condizioni di lavoro, nonché qualsiasi altro fattore pertinente al lavoro o alla posizione specifici.

Il capo II ("Trasparenza retributiva", articoli 5-13) disciplina preliminarmente l’obbligo, per i datori di lavoro, di fornire le seguenti informazioni, in un formato accessibile alle persone con disabilità (articolo 8):

1)     già prima dell’assunzione, la retribuzione iniziale o la fascia retributiva da attribuire alla relativa posizione e le pertinenti disposizioni del contratto collettivo applicabile (articolo 5, par. 1).

Il par. 2 dell’articolo 5 vieta esplicitamente ai datori di lavoro di chiedere ai candidati informazioni sulle retribuzioni percepite negli attuali o precedenti rapporti di lavoro;

2)     nei confronti dei lavoratori assunti, i criteri utilizzati per determinare la retribuzione, i livelli retributivi e la progressione economica, con possibilità, per lo Stato membro, di esonerare da tale obbligo le imprese con meno di 50 lavoratori (articolo 6);

3)     su richiesta dei singoli lavoratori assunti, le informazioni sul livello retributivo del medesimo lavoratore e su quelli medi, ripartiti per sesso, delle categorie di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore (articolo 7).

L’articolo 9 introduce la previsione che gli Stati membri contemplino l’obbligo per i datori di lavoro di fornire, con determinate cadenze temporali minime di aggiornamento, informazioni complete (comprensive dei profili indicati nel par. 1) sul divario retributivo di genere dei propri lavoratori; tale informativa è prevista come facoltativa per i datori di lavoro con meno di 100 lavoratori (salva decisione più rigida dello Stato membro, par. 5). L’obbligo in esame a carico dei datori di lavoro deve essere introdotto entro il termine del 7 giugno 2027 o, a seconda del numero dei lavoratori del datore, entro quello del 7 giugno 2031 (par. 2-4); anche la cadenza temporale dell’aggiornamento varia a seconda della suddetta dimensione numerica. I relativi dati, confermati dalla dirigenza del datore di lavoro previa consultazione dei rappresentanti dei lavoratori (par. 6):

1)     vengono comunicati all’organismo di monitoraggio, il quale (ai sensi del successivo articolo 29, par. 3, lettera c)) pubblica i medesimi dati, con esclusione di quelli inerenti al “divario retributivo di genere tra lavoratori per categorie di lavoratori ripartito in base al salario o allo stipendio normale di base e alle componenti complementari o variabili” (cfr. oltre sul suddetto organismo);

2)     possono essere pubblicati sul sito web del datore di lavoro o altrimenti resi pubblici, con esclusione dei dati inerenti al “divario retributivo di genere tra lavoratori per categorie di lavoratori ripartito in base al salario o allo stipendio normale di base e alle componenti complementari o variabili” (articolo 9, par. 7);

3)     possono essere compilati – con la medesima esclusione di cui al punto precedente – dagli stessi Stati membri sulla base di dati amministrativi in loro possesso e resi pubblici (articolo 9, par. 8).

I dati inerenti al “divario retributivo di genere tra lavoratori per categorie di lavoratori ripartito in base al salario o allo stipendio normale di base e alle componenti complementari o variabili” sono messi a disposizione dei lavoratori e dei loro rappresentanti e sono trasmessi, su richiesta, all’ispettorato del lavoro e all’organismo per la parità (articolo 9, par. 9).

I dati forniti ai sensi del presente articolo 9 possono essere oggetto di richiesta di chiarimenti e di dettagli da parte di lavoratori, loro rappresentanti, ispettorati del lavoro o organismi della parità (articolo 9, par. 10). Entro un termine ragionevole i datori di lavoro devono fornire risposta motivata e porre rimedio a eventuali differenze retributive di genere non motivate sulla base di criteri oggettivi e neutri sotto il profilo del genere; quest’ultimo intervento deve svolgersi in stretta collaborazione con i rappresentanti dei lavoratori, l'ispettorato del lavoro e/o l'organismo per la parità.

L’articolo 10 introduce la previsione che gli Stati membri garantiscano lo svolgimento, in presenza di determinate circostanze, della valutazione congiunta delle retribuzioni, da parte dei datori di lavoro con almeno 100 lavoratori, in collaborazione con i rappresentanti dei lavoratori. Tale operazione deve essere svolta qualora sussistano tutte le seguenti condizioni: si verifichi una differenza del livello retributivo medio tra lavoratori e lavoratrici pari ad almeno il 5 per cento in una qualsiasi categoria di lavoratori; il datore di lavoro non abbia motivato tale differenza sulla base di criteri oggettivi e neutri sotto il profilo di genere né l’abbia corretta entro sei mesi dalla data della comunicazione delle informazioni sulle retribuzioni. Gli elementi principali della valutazione sono elencati nel par. 2 dell’articolo 10, mentre il par. 3 concerne la messa a disposizione del contenuto della stessa valutazione (par. 3). Il datore di lavoro deve attuare le misure derivanti da quest’ultima, correggendo le differenze di retribuzione immotivate “entro un periodo di tempo ragionevole” (par. 4).

L’articolo 11 richiede che gli Stati membri forniscano assistenza e formazione ai datori di lavoro con meno di 250 lavoratori e ai rappresentanti dei lavoratori interessati, al fine di facilitare il rispetto degli obblighi stabiliti dalla presente direttiva.

L’articolo 12 concerne la protezione dei dati personali (da non utilizzare per scopi diversi dall’applicazione del principio della parità di retribuzione, par. 2), mentre l'articolo 13 tutela il dialogo con le parti sociali, specificando che "gli Stati membri adottano misure adeguate affinché le parti sociali siano effettivamente coinvolte, attraverso un confronto riguardante i diritti e gli obblighi stabiliti nella presente direttiva, se del caso, su richiesta di tali parti". Il par. 2 dello stesso articolo 13 incarica gli Stati membri di adottare “misure adeguate per promuovere il ruolo delle parti sociali e incoraggiare l'esercizio del diritto di contrattazione collettiva in relazione alle misure volte a contrastare la discriminazione retributiva e il relativo impatto negativo sulla valutazione dei lavori svolti prevalentemente da lavoratori di un solo sesso”. Proprio alle parti sociali – ai sensi del successivo articolo 33 – può del resto essere affidata "l'attuazione della presente direttiva, conformemente al diritto e/o alle prassi nazionali (…) a condizione che gli Stati membri adottino tutte le disposizioni necessarie per essere sempre in grado di assicurare i risultati prescritti”.

Il capo III (articoli 14-26) è dedicato ai mezzi di tutela e applicazione. Si rileva, in primo luogo, che, ai sensi dell’articolo 26, le procedure disciplinate dal capo III si applicano anche ai procedimenti riguardanti diritti o obblighi connessi al principio di parità di retribuzione previsto nell’articolo 4 (“divieto di discriminazione”) della direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego.

Nel presente capo, l’articolo 14 prevede l'obbligo di predisporre a tutela dei lavoratori, dopo un eventuale tentativo di conciliazione, procedure giudiziarie "facilmente accessibili (...) anche dopo la cessazione del rapporto di lavoro". Queste devono assicurare, in caso di accertamento della violazione, il diritto al pieno risarcimento o riparazione per il danno (non limitati dalla fissazione a priori di un massimale, articolo 16) e il diritto al conseguimento di atti – amministrativi o giudiziali – che impongano la cessazione della violazione e l'adozione di misure volte a garantire che i diritti o gli obblighi connessi al principio della parità di retribuzione siano applicati (articolo 17, par. 1); il par. 2 dell’articolo 17 richiede che l’ordinamento dello Stato membro contempli, per il caso di inadempimento rispetto ad uno degli atti summenzionati, il ricorso a un'ingiunzione (amministrativa o giudiziale) di pagamento di una pena pecuniaria, suscettibile di reiterazione.

Sono legittimati ad avviare procedimenti giudiziari anche le associazioni, ovvero gli altri soggetti di cui all'articolo 15, che siano portatori di interessi legittimi.

Ai sensi dell’articolo 18, nei procedimenti giudiziari diversi da quelli penali[34], l'onere della prova – circa la discriminazione retributiva, diretta o indiretta – è a carico della parte convenuta, secondo, tuttavia, criteri di inversione dell’onere variabili. In particolare, l’inversione è subordinata alla condizione che l’agente abbia fornito elementi di fatto in base ai quali si possa presumere che ci sia stata discriminazione, diretta o indiretta[35], ad eccezione dei casi in cui il datore di lavoro non abbia adempiuto agli obblighi in materia di trasparenza retributiva di cui agli articoli 5, 6, 7, 9 e 10 della presente direttiva; in questi ultimi casi, l’inversione è automatica, a meno che il datore di lavoro non dimostri che la violazione dei suddetti obblighi di trasparenza retributiva sia stata “manifestamente involontaria e di lieve entità”. Resta ferma la possibilità per gli Stati membri di introdurre norme probatorie più favorevoli al lavoratore che dà avvio a un procedimento amministrativo o giudiziario per presunta violazione di uno qualsiasi dei diritti o degli obblighi connessi al principio della parità di retribuzione.

L’articolo 19 specifica che, per determinare se i lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile svolgano lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore, non si fa riferimento solo ai lavoratori dello stesso datore di lavoro, ma alla fonte unica che stabilisce gli elementi di retribuzione pertinenti per il confronto tra lavoratori (par. 1); qualora non sia possibile individuare un riferimento reale, è possibile fare ricorso a qualsiasi altro elemento di prova per dimostrare una discriminazione retributiva, ivi comprese le statistiche (par. 3).

Gli Stati membri, inoltre, devono garantire (articolo 20) che le autorità amministrative o giudiziarie competenti possano ordinare al convenuto di divulgare qualsiasi elemento di prova pertinente, anche di natura riservata.

I termini di prescrizione per i ricorsi in materia di parità di retribuzione sono definiti (articolo 21) dall’ordinamento nazionale, che deve specificarne la decorrenza (di regola non prima che la parte ricorrente sia a conoscenza della violazione), la durata (non inferiore a tre anni) e le circostanze in cui possono essere sospesi o interrotti. Il par. 3 dell’articolo 21 sottrae peraltro i termini di decadenza dei ricorsi dall’ambito di applicazione dell’articolo medesimo.

Ai sensi dell’articolo 22, l’ordinamento nazionale deve contemplare la possibilità di valutazione, da parte dell’organo giurisdizionale, per i ricorsi in oggetto respinti, del riconoscimento dell’esenzione della parte soccombente dal pagamento delle spese legali.

Sanzioni "effettive, proporzionate e dissuasive" devono essere stabilite dall’ordinamento nazionale per la violazione dei diritti e degli obblighi connessi al principio della parità di retribuzione (articolo 23). Tali sanzioni devono garantire un “reale effetto deterrente” e comprendere ammende, la cui fissazione è basata sul diritto nazionale (par. 2). Si deve tener conto di eventuali fattori aggravanti o attenuanti (par. 3), con l’applicazione di sanzioni specifiche in caso di violazioni ripetute (par. 4).

L'articolo 24 richiede l'adozione di misure ad hoc intese a garantire il rispetto degli obblighi di parità retributiva anche nel settore degli appalti pubblici e delle concessioni.

L'articolo 25, con una norma di carattere generale, dispone che i lavoratori e i loro rappresentanti non possano essere trattati in modo meno favorevole per il fatto di aver esercitato i loro diritti in materia di parità retributiva. Disposizioni a loro tutela dovranno essere quindi inserite negli ordinamenti nazionali.

Il Capo IV (articoli 27-37) reca le "disposizioni orizzontali".

Per le questioni relative al principio di parità di retribuzione tra uomini e donne, l’articolo 28 attribuisce la competenza al livello nazionale a organismi per la parità, “fatta salva la competenza degli ispettorati del lavoro o di altri organismi deputati a garantire i diritti dei lavoratori, comprese le parti sociali”. Tali organismi devono disporre delle risorse adeguate necessarie per svolgere le proprie funzioni in maniera efficace. Inoltre, ogni Stato membro dovrà designare un “organismo di monitoraggio” (articolo 29), incaricato di monitorare e sostenere l’attuazione delle misure di attuazione della direttiva in commento. I principali compiti di tale organismo sono elencati al par. 3. Tra essi si ricordano la sensibilizzazione di imprese e organizzazioni pubbliche e private e la raccolta di dati e relazioni (riguardo alla pubblicazione dei dati, cfr. anche la parte della presente scheda relativa all’articolo 9).

L’articolo 30 specifica che la direttiva non pregiudica “in alcun modo” il diritto di negoziare, concludere e applicare contratti collettivi o di intraprendere azioni collettive conformemente al diritto o alle prassi nazionali.

Gli Stati membri devono trasmettere annualmente alla Commissione europea statistiche aggiornate per il calcolo del divario retributivo di genere (articolo 31) e garantire la divulgazione sul territorio nazionale del contenuto della direttiva in esame (articolo 32).

Il termine finale per il recepimento della presente direttiva, come sopra esposto, è fissato al 7 giugno 2026 (articolo 34); come detto, l’articolo 33 consente che, secondo i criteri ivi previsti, il recepimento sia affidato alle parti sociali. Gli Stati membri forniscono alla Commissione una sintesi dei risultati di una valutazione relativa all'impatto dell'atto delle loro misure di recepimento sui lavoratori e sui datori di lavoro con meno di 250 lavoratori e un riferimento circa il luogo di pubblicazione di tale valutazione (articolo 34 citato).

Riguardo ai princìpi e criteri direttivi generali per l’esercizio della delega relativa al recepimento della presente direttiva – princìpi e criteri di cui all’articolo 32 della L. 24 dicembre 2012, n. 234 – nonché riguardo ai termini e alla procedura per l’esercizio della medesima delega, si rinvia alla scheda di lettura dell’articolo 1 del presente disegno di legge.

 

La direttiva trae origine dalla proposta della Commissione europea COM(2021) 93[36], del 4 marzo 2021.

Presso il Senato della Repubblica, la suddetta proposta fu esaminata, nella XVIII Legislatura:

1)     dalla 14a Commissione permanente (Politiche dell’Unione europea) per i profili di sussidiarietà e proporzionalità; venne approvata una risoluzione (Doc XVIII-bis, n. 10) che esprimeva un orientamento favorevole circa il rispetto dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità. A tale risoluzione la Commissione europea rispose in data 12 novembre 2021;

2)     dall’11a Commissione permanente (Lavoro pubblico e privato, previdenza sociale) per i profili di merito; tale Commissione approvò il 26 maggio 2021 una risoluzione (Doc XVIII, n. 24) recante un parere favorevole con osservazioni. Il 16 agosto 2021 la Commissione europea inviò una risposta.

Alla Camera dei deputati, con riferimento alla medesima proposta, l’XI Commissione (Lavoro pubblico e privato) adottò il 7 luglio 2021 – anche sulla base del parere trasmesso dalla XIV Commissione (Politiche dell’Unione europea) – un documento conclusivo, recante una valutazione favorevole con alcune osservazioni. La Commissione europea inviò una risposta il 30 agosto 2021.

 


 

Direttiva (UE) 2023/977
(del Parlamento europeo e del Consiglio del 10 maggio 2023 relativa allo scambio di informazioni tra le autorità di contrasto degli Stati membri e che abroga la decisione quadro 2006/960/GAI del Consiglio)

 

La direttiva (UE) 2023/977 è volta a rendere più efficace ed efficiente la collaborazione tra gli organismi nazionali che contrastano criminalità e terrorismo all’interno degli Stati dell’Unione europea. Come enunciato nella premessa, poiché “le attività criminali transnazionali costituiscono una minaccia significativa per la sicurezza interna dell’Unione e richiedono una risposta coordinata, mirata e adeguata” (considerando n. 1), “per combattere efficacemente la criminalità transfrontaliera è di fondamentale importanza che le autorità di contrasto competenti si scambino informazioni rapidamente e collaborino tra loro sul piano operativo” (considerando n. 2).

La direttiva abroga, a decorrere dal 12 dicembre 2024, la decisione quadro 2006/960/GAI, attraverso la quale è stato delineato un modello semplificato per lo scambio di informazioni e intelligence in ambito europeo[37].

Il termine di recepimento della direttiva in esame è stabilito al 12 dicembre 2024.

Lo scambio di informazioni tra gli Stati membri ai fini della prevenzione e dell’individuazione dei reati è stato inizialmente disciplinato dalla convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen del 14 giugno 1985, adottata il 14 giugno 1990, in particolare gli articoli 39 e 46. La decisione quadro 2006/960/GAI del Consiglio ha parzialmente sostituito tali disposizioni e ha introdotto nuove norme per lo scambio di informazioni e intelligence tra le autorità di contrasto competenti. Il recepimento della decisione ha consentito di reimpostare la cooperazione di polizia utilizzando i canali di comunicazione esistenti con l'introduzione di una procedura unica e di termini stringenti per lo scambio di informazioni. della cooperazione di polizia tra i Paesi membri.

In Italia la decisione è stata recepita con il decreto legislativo 23 aprile 2015, n. 54.

La direttiva in commento, adottata in base al principio di sussidiarietà sull’assunto che un flusso di informazioni rapido e adeguato possa essere conseguito meglio a livello di Unione attraverso la fissazione di norme comuni, regola gli scambi di informazioni nel rispetto dei principi di necessità e proporzionalità, fornendo in tal modo garanzie contro qualsiasi abuso delle richieste di informazioni.

Più in dettaglio, la direttiva si compone di 24 articoli, suddivisi in 6 capi.

Nel Capo I (artt. da 1 a 3), che contiene le disposizioni generali, viene definito l’oggetto della direttiva (art. 1), ovvero stabilire norme armonizzate per lo scambio di informazioni tra le autorità di contrasto al crimine dei vari Stati membri, in particolare quelle riguardanti l’istituzione e l’organizzazione dei punti di contatto unici di ciascuno Stato membro, il canale prestabilito di comunicazione da utilizzare per tutti gli scambi di informazioni, la formulazione delle richieste di informazione così come la trasmissione di informazioni di propria iniziativa da parte di uno Stato membro. La direttiva non si applica qualora si tratti di reati per la cui prevenzione ed individuazione vi siano già specifici atti giuridici dell’Unione. La direttiva inoltre non istituisce alcun diritto di utilizzare le informazioni comunicate conformemente alla stessa a titolo di prova nell’ambito di un procedimento giudiziario.

Vi sono inoltre contenute le definizioni (art. 2), tra le quali ha particolare rilievo quella di informazioni disponibili, suddivise in «informazioni direttamente accessibili», cioè contenute in una banca dati cui il punto di contatto abbia libero accesso, e «informazioni indirettamente accessibili», ovvero quelle che possono essere acquisite da altre autorità pubbliche o parti private stabilite nel medesimo Stato membro, ove ciò sia consentito dalla legge, e l’indicazione dei cinque principi fondamentali (art. 3) che occorre rispettare nello scambio di informazioni:

o   Disponibilità;

o   Accesso equivalente (a quello riservato a richieste analoghe provenienti da organismi interni al medesimo Stato membro);

o   Riservatezza;

o   Proprietà dei dati (lo Stato membro che ha fornito i dati deve dare l’assenso affinché siano trasmessi ad altri);

o   Affidabilità dei dati (con cancellazione o rettifica immediata dei dati inesatti).

Il Capo II (artt. da 4 a 6) regolamenta lo scambio di informazioni attraverso i punti di contatto unici. In primo luogo vi è stabilito (art. 4) che gli Stati membri dovrebbero consentire di inoltrare una richiesta solo qualora le informazioni siano necessarie, proporzionate e a disposizione dello Stato a cui la richiesta viene inviate; sono inoltre individuati una serie di elementi che devono essere necessariamente contenuti nella richiesta (tra gli altri, una spiegazione dettagliata delle informazioni richieste e la finalità per cui vengono richieste).

Le richieste di informazioni possono essere inviate, oltre che dai punti di contatto, anche da autorità di contrasto appositamente designate dal proprio Stato, il quale è tenuto a inviare alla Commissione un elenco di tali autorità. Le medesime autorità, ogni qualvolta avanzano una richiesta di informazioni, devono inviarne contestualmente copia anche al proprio punto di contatto nazionale, salvo eccezioni previste dalla stessa direttiva (indagini che richiedono un alto livello di riservatezza, casi di terrorismo che non comportino la gestione di situazioni di emergenza o situazioni in cui possa risultare compromessa la sicurezza di una persona).

La richiesta può essere definita urgente (art. 5) se coinvolge interessi indicati nella direttiva (quali la sicurezza dello Stato, la vita o l’incolumità di una persona, il mantenimento di misure restrittive della libertà). In tali casi il punto di contatto interpellato dovrà rispondere in 8 ore o in 3 giorni consecutivi a seconda che le richieste siano relative a informazioni direttamente o indirettamente accessibili (il termine è di 7 giorni consecutivi per le richieste non urgenti).

Le richieste possono essere rigettate (art. 6) per una serie di motivi, tra i quali figurano il fatto che le informazioni non siano a disposizione dello Stato destinatario della richiesta; la richiesta sia priva dei requisiti richiesti dalla direttiva; l’autorità giudiziaria competente non abbia concesso l’autorizzazione (quando prevista); la richiesta sia contraria agli interessi essenziali dello Stato, metta a repentaglio l’esito di un’indagine penale o la sicurezza delle persone; riguardi reati punibili con pena inferiore ad un anno nello Stato destinatario della richiesta ovvero il fatto non vi è considerato reato.

 

Il Capo III (artt. 7 e 8) disciplina altri tipi di scambi di informazioni, ovvero la comunicazione di informazioni di propria iniziativa (art. 7) da parte degli Stati, tramite il loro punto di contatto unico o le loro autorità di contrasto competenti (o direttamente da parte dei punti di contatto e delle autorità competenti) quando abbiano motivo di ritenere che tali informazioni possano essere utili a tali altri Stati membri ai fini della prevenzione e dell’individuazione dei reati o delle relative indagini, e lo scambio di informazioni a seguito di richieste presentate direttamente dal punto di contatto alle autorità di contrasto competenti (art. 8).

Quando lo scambio avvenga direttamente tra autorità di contrasto o autorità di contrasto e punto di contatto è prevista l’esenzione dall’obbligo di inviare copia al punto di contatto dello Stato di cui fa parte l’autorità di contrasto in casi specifici previsti dalla (indagini che richiedono un alto livello di riservatezza, casi di terrorismo che non comportino la gestione di situazioni di emergenza o situazioni in cui possa risultare compromessa la sicurezza di una persona).

Il Capo IV (artt. da 9 a 13) detta norme aggiuntive relative alla comunicazione di informazioni ai sensi dei Capi II e III, prevedendo in particolare che:

·        qualora sia il diritto nazionale preveda un’autorizzazione da parte dell’autorità giudiziaria per lo scambio di informazioni, il punto di contatto o l’autorità di contrasto competenti si attivino per ottenerla nei tempi più brevi possibili (art. 9);

·        i dati personali siano esatti, completi e aggiornati in conformità a quanto disposto dalla direttiva (UE) 2016/680[38] e siano necessari e proporzionati al raggiungimento dello scopo della richiesta (art. 10);

·        ogni Stato deve fornire un elenco di lingue (comprendente necessariamente l’inglese) in cui il punto di contatto unico è in grado di scambiare informazioni (art. 11);

·        copia della richiesta di informazioni o delle informazioni comunicate sia inviata anche a Europol se riguardano reati che rientrano nell’ambito degli obiettivi di Europol, quali stabiliti all’articolo 3 del regolamento (UE) 2016/794[39] (art. 12);

·        i punti di contatto e le autorità competenti si avvalgano principalmente dell’applicazione di rete per lo scambio sicuro di informazioni di Europol (Secure information exchange network application - SIENA) quale canale di comunicazione sicuro per inviare richieste di informazioni, comunicare informazioni a seguito di tali richieste o comunicare informazioni di propria iniziativa; l’utilizzo di SIENA è escluso qualora nello scambio siano coinvolti paesi terzi, la comunicazione sia urgente e richieda l’uso di un canale alternativo o vi siano problemi tecnici che ne impediscano l’utilizzazione (art. 13).

 

Il Capo V (art. da 14 a 17) concerne l’istituzione e l’organizzazione del punto di contatto unico per lo scambio di informazioni tra gli Stati membri.

I punti di contatto (art. 14) devono essere operativi 7 giorni su 7 e 24 ore al giorno, avere accesso a tutte le informazioni di cui dispongono le loro autorità di contrasto competenti e disporre del personale e degli strumenti necessari a far fronte ai compiti loro affidati che consistono principalmente nel ricevere e vagliare le richieste, comunicare le informazioni se la richiesta risponde ai requisiti della direttiva e, in caso contrario, rigettare la richiesta, inoltrare eventualmente la richiesta all’autorità giudiziaria competente.

Il personale del punto di contatto unico (art. 15) deve provenire dalle autorità di contrasto competenti, tra le quali vengono indicate in particolare l’unità nazionale Europol, l’ufficio SIRENE (Supplementary Information Request at National Entry) e l’ufficio centrale nazionale Interpol (ove lo Stato membro sia tenuto ad istituirli).

Il sistema di gestione dei casi (art. 16) prevede la registrazione delle richieste di informazioni, la registrazione degli scambi di informazioni, il tempestivo seguito alle richieste pervenute, l’interoperabilità con il sistema SIENA, una gestione dei dati personali limitata nel tempo e proporzionata, l’attenzione alla cybersicurezza.

La cooperazione tra punti di contatto unici (art. 17) è incoraggiata anche attraverso riunioni periodiche, con cadenza almeno annuale.

 

Infine, il Capo VI (artt. da 18 a 24) detta le disposizioni finali, in cui sono comprese una serie di norme eterogenee, che comprendono:

-     la produzione di statistiche annuali da parte degli Stati membri sul numero di richieste presentate, ricevute e rigettate (art. 18);

-     le relazioni che la Commissione europea deve presentare (entro il 12 giugno 2026 e ogni cinque anni dopo il 12 giugno 2027) sull’attuazione della direttiva, contenente informazioni dettagliate su come ciascuno Stato membro l’ha attuata e (entro il 12 giugno 2027 e successivamente ogni cinque anni) sulla valutazione dell’efficacia della direttiva (art. 19);

-     la sostituzione, a decorrere dal 12 dicembre 2024, degli articoli 39 e 46 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen nelle parti che non erano già state sostituite dalla decisione quadro 2006/960/GAI (art. 20);

-     l’abrogazione, a decorrere dal 12 dicembre 2024, della decisione quadro 2006/960/GAI (art. 21);

-     il recepimento (art. 22), l’entrata in vigore (art. 23) e i destinatari (art. 24).

Limitatamente all’art. 13 (utilizzo dell’applicazione di rete per lo scambio sicuro di informazioni di Europol - SIENA) tale termine è fissato al 12 giugno 2027.



[1] Per maggiori dettagli sui criteri generali di delega (art. 32, L. 234/2012), vedi all'articolo 1.

[2] Nella vigente formulazione la norma regolamentare mantiene il riferimento alla legge comunitaria e alla relazione annuale, precedentemente previsti dalla legge n. 11 del 2005. Per effetto dello sdoppiamento dello strumento legislativo recato dalla legge n. 234 del 2012, tale disciplina si intende applicabile all'esame della legge europea e della legge di delegazione europea. La disciplina speciale prevista all'art. 126-ter, inoltre, si intende riferita solamente all'esame della Relazione consuntiva. A tal riguardo, la Giunta per il Regolamento della Camera con due pareri adottati il 6 ottobre 2009 ed il 14 luglio 2010, ha ritenuto, in via interpretativa, che: la relazione programmatica, che il Governo presenta entro il 31 dicembre di ciascun anno, è oggetto di esame congiunto con il programma legislativo delle Istituzioni europee, secondo la procedura già delineata dalla Giunta medesima il 9 febbraio 2000; la relazione a consuntivo, che il Governo presenta assieme al disegno di legge comunitaria, è invece oggetto di esame congiunto con il disegno di legge comunitaria, secondo il disposto regolamentare vigente.

[3]     Il termine è stato esteso da due a quattro mesi dall’articolo 29 della legge n. 115 del 2015 (legge europea 2014).

[4]     L'articolo 14 della legge n. 400/1988 ("Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri") contiene la disciplina di riferimento per i decreti legislativi. Questi sono emanati dal Presidente della Repubblica (comma 1) entro il termine fissato dalla legge di delegazione (comma 2). Se la delega legislativa si riferisce ad una pluralità di oggetti distinti suscettibili di separata disciplina, il Governo può esercitarla mediante più atti successivi per uno o più degli oggetti predetti; il Governo informa inoltre periodicamente le Camere sui criteri che segue nell'organizzazione dell'esercizio della delega (comma 3). Si evidenzia la norma di cui al comma 4, secondo il quale "qualora il termine previsto per l'esercizio della delega ecceda i due anni, il Governo è tenuto a richiedere il parere delle Camere sugli schemi dei decreti delegati. Il parere è espresso dalle Commissioni permanenti delle due Camere competenti per materia entro sessanta giorni, indicando specificamente le eventuali disposizioni non ritenute corrispondenti alle direttive della legge di delegazione. Il Governo, nei trenta giorni successivi, esaminato il parere, ritrasmette, con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, i testi alle Commissioni per il parere definitivo che deve essere espresso entro trenta giorni".

[5]     . L'Agenzia per la cybersicurezza nazionale (ACN) è stata istituita dal decreto-legge n. 82/2021 (che ha definita l’intera governance del sistema nazionale di sicurezza cibernetica) a tutela degli interessi nazionali nel campo della cibersicurezza. L'Agenzia è l'Autorità nazionale per la cybersicurezza e in quanto tale ha il coordinamento tra i soggetti pubblici coinvolti nella cibersicurezza a livello nazionale. Promuove azioni comuni dirette ad assicurare la sicurezza cibernetica, a sviluppare la digitalizzazione del sistema produttivo e delle pubbliche amministrazioni e del Paese, nonché a conseguire autonomia (nazionale ed europea) per i prodotti e processi informatici di rilevanza strategica, a tutela degli interessi nazionali nel settore. Essa predispone la strategia nazionale di cibersicurezza.

[6]     La qualifica di "autorità competente NIS" (in origine attribuita ai singoli ministeri in base ai settori di competenza) è stata accentrata nell'Agenzia nazionale per la cybersicurezza con il D.L. 82/2021. I singoli ministeri sono designati quali autorità di settore (settori dell'energia e trasporti, settore bancario, infrastrutture dei mercati finanziari, settore sanitario, fornitura e distribuzione di acqua potabile, infrastrutture digitali).

[7]     Riguardo a queste ultime sostanze, cfr. infra, anche in nota.

[8]     Il considerando n. 3 della direttiva (UE) 2022/431 sottolinea che, “secondo i dati scientifici più recenti, le sostanze tossiche per la riproduzione possono avere effetti nocivi sulla funzione sessuale e sulla fertilità di uomini e donne in età adulta, nonché sullo sviluppo della progenie” e che dunque “anche le sostanze tossiche per la riproduzione dovrebbero essere disciplinate dalla direttiva 2004/37/CE al fine di migliorare la coerenza, tra l’altro, con il regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio e di garantire un analogo livello di protezione minima su scala dell’Unione”.

[9]     In particolare, il titolo della “direttiva 2004/37/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro (sesta direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE del Consiglio) (versione codificata)” viene sostituito dal seguente: “direttiva 2004/37/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni, mutageni o a sostanze tossiche per la riproduzione durante il lavoro (sesta direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE del Consiglio) (versione codificata)”. Inoltre, all’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2004/37/CE, il primo comma è sostituito dal seguente: “La presente direttiva ha per oggetto la protezione dei lavoratori contro i rischi che derivano o possono derivare per la loro salute e la loro sicurezza dall’esposizione agli agenti cancerogeni, mutageni o alle sostanze tossiche per la riproduzione durante il lavoro, ivi compresa la prevenzione di tali rischi”.

[10]   Con l’introduzione delle lettere b bis), b ter), b quater), d) ed e).

[11]   Regolamento n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, “relativo alla classificazione, all'etichettatura e all'imballaggio delle sostanze e delle miscele che modifica e abroga le direttive 67/548/CEE e 1999/45/CE e che reca modifica al regolamento (CE) n. 1907/2006”.

[12]   Tali sostanze sono contraddistinte dalla presenza di indicazioni nella colonna “Osservazioni” dell’allegato III della direttiva 2004/37/CE (allegato anch’esso modificato dalla direttiva (UE) 2022/431 in esame). Riguardo a tale allegato, cfr. infra.

[13]   Tali sostanze sono contraddistinte dall’assenza di indicazioni nella colonna “Osservazioni” dell’allegato III della direttiva 2004/37/CE (allegato, come detto, anch’esso modificato dalla direttiva (UE) 2022/431 in esame). Riguardo a tale allegato, cfr. infra.

[14]   Tali princìpi si applicano anche con riferimento alle sostanze tossiche per la riproduzione diverse sia da quelle classificate come prive di soglia sia da quelle classificate con valore soglia. Per tali sostanze “diverse”, peraltro, i datori di lavoro dovranno tener conto, nell’effettuare la valutazione dei rischi, della possibilità che potrebbe non esistere un livello di esposizione sicuro per la salute dei lavoratori e dovranno stabilire misure appropriate.

[15]   Riguardo alla sorveglianza sanitaria per i lavoratori esposti a rischi derivanti dagli agenti o sostanze in esame, cfr. anche infra.

[16]   Si segnala che la novella all’allegato II è posta dall’articolo 1, primo comma, punto 16), della suddetta direttiva (UE) 2022/431.

[17]   Si ricorda che l’articolo 18 della direttiva 2004/37/CE prevede che i risultati dell'utilizzazione da parte delle autorità responsabili nazionali delle informazioni oggetto delle suddette notifiche siano tenuti a disposizione della Commissione europea.

[18]   Elenchi di cui all’articolo 12, primo comma, lettera c), della direttiva 2004/37/CE.

[19]   Cartelle di cui all’articolo 14, paragrafo 4, della direttiva 2004/37/CE (come novellato dalla direttiva (UE) 2022/431 in esame).

[20]   Ex articolo 137 del Trattato che istituisce la Comunità europea – TCE.

[21]   Tali revisioni devono essere definite in forma di novelle del summenzionato allegato III.

[22]   Tali valori e informazioni devono essere inseriti – da parte delle suddette direttive – nel summenzionato allegato III bis.

[23]   Cfr. supra, anche nelle note.

[24]   Regolamento relativo, come detto, “alla classificazione, all'etichettatura e all'imballaggio delle sostanze e delle miscele che modifica e abroga le direttive 67/548/CEE e 1999/45/CE e che reca modifica al regolamento (CE) n. 1907/2006”.

[25] Per maggiori dettagli, si rinvia al Dossier: “La centralità dell'Unione europea nei settori bancario, finanziario e assicurativo”, Dossier n. 36/DE, giugno 2023.

[26]   Direttiva 2013/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativa ai bilanci d’esercizio, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di talune tipologie di imprese, recante modifica della direttiva 2006/43/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e abrogazione delle direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE del Consiglio

[27] Per i gruppi di grandi dimensioni si parla di “rendicontazione consolidata” di sostenibilità, articolo 29-bis.

[28]   Direttiva 2004/109/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2004, sull'armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato e che modifica la direttiva 2001/34/CE

[29]   Direttiva 2006/43/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2006, relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati, che modifica le direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE del Consiglio e abroga la direttiva 84/253/CEE del Consiglio.

[30]   L’articolo 2, punto n. 22 della direttiva 2006/43/CE definisce l’attestazione della conformità della rendicontazione di sostenibilità come l’incarico finalizzato al rilascio di un’attestazione contenente le conclusioni espresse dal revisore legale o dall’impresa di revisione contabile circa il rispetto conformità della rendicontazione di sostenibilità con le prescrizioni della normativa dell’Unione.

[31]   Regolamento (UE) n. 537/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 aprile 2014 sui requisiti specifici relativi alla revisione legale dei conti di enti di interesse pubblico e che abroga la decisione 2005/909/CE della Commissione

[32]   L’articolo 27, rubricato “livello di protezione”, autorizza gli Stati membri a introdurre o mantenere disposizioni più favorevoli ai lavoratori rispetto a quelle stabilite nella direttiva in esame, l’attuazione della quale “non può in alcun caso costituire motivo di riduzione del livello di protezione” dei lavoratori.

[33]   Non si vuole per contro impedire ai datori di lavoro di retribuire in modo diverso sulla base di “criteri oggettivi, neutri sotto il profilo del genere e privi di pregiudizi” chi svolge lo stesso lavoro (o un lavoro di pari valore) (punto n. 17 delle Premesse).

[34]   Salvo diversa disposizione del diritto nazionale, il presente articolo 18 – ai sensi del par. 5 dello stesso – non si applica ai procedimenti penali.

[35]   Gli Stati membri non sono tenuti ad applicare questa prima fattispecie di inversione per le procedure e i procedimenti in cui l'istruttoria spetta all'autorità competente o all'organo giurisdizionale nazionale.

[36]   Sulla proposta della Commissione europea, il Servizio studi del Senato della Repubblica pubblicò un approfondimento all’interno della collana “Elementi di valutazione sui progetti di atti legislativi dell'UE” (n. 30/1, del 7 aprile 2021) e l’Ufficio Rapporti con l’Unione europea della Camera dei deputati pubblicò il dossier n. 49 del 20 aprile 2021.

[37] Come evidenziato nelle premesse, l’UE ha deciso di intervenire in materia di scambi di informazioni, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea, in quanto è emerso che la decisione quadro 2006/960/GAI non è sufficientemente chiara e non garantisce uno scambio adeguato e rapido di informazioni pertinenti tra gli Stati membri ed inoltre trova scarsa applicazione concreta.

[38] La direttiva (UE) 2016/680 del Parlamento europeo e del Consiglio è relativa alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la decisione quadro 2008/977/GAI del Consiglio.

[39] Ai sensi del citato articolo 3 del regolamento 2016/794, Europol sostiene e potenzia l'azione delle autorità competenti degli Stati membri e la loro reciproca cooperazione nella prevenzione e nella lotta contro la criminalità grave che interessa due o più Stati membri, il terrorismo e le forme di criminalità che ledono un interesse comune oggetto di una politica dell'Unione. La competenza di Europol si estende anche ai reati connessi.