Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Istituzioni
Titolo: Legislazione e politiche di genere - terza edizione
Serie: Documentazione e ricerche   Numero: 17
Data: 05/03/2025
Organi della Camera: I Affari costituzionali


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DOCUMENTAZIONE E RICERCHE


Legislazione e politiche di genere


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N. 17 Marzo 2025

TERZA EDIZIONE


Servizio Studi

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Ha collaborato:

Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

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Le informazioni contenute nel presente dossier sono aggiornate al 14 febbraio 2025.


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File: ID0004.docx


INDICE


Premessa 1


  1. L’enforcement delle politiche di genere: il Pnrr e la Strategia nazionale 5

    1. I principi dell’ordinamento italiano 6

    2. Le politiche di genere nel PNRR 8

    3. La Strategia nazionale per la parità di genere 10

    4. Il bilancio di genere e la sperimentazione sull’analisi di impatto 17

    5. Gli organismi pubblici nazionali a tutela delle pari opportunità 25


  2. Politiche dell’UE in materia di parità di genere 31

    1. L’uguaglianza di genere nel diritto primario dell’UE 32

    2. L’uguaglianza di genere nel diritto derivato 33

    3. Gli orientamenti politici per la Commissione europea 2024–2029 36

    4. Attività del Parlamento europeo 37

    5. Documenti programmatici 39

    6. La direttiva sulla lotta alla violenza contro le donne 40

    7. L’adesione dell’UE alla Convenzione di Istanbul 42

    8. Risorse finanziarie in materia di politiche per l’equilibrio di genere 43

    9. Dati sulla parità tra donne e uomini nell’UE 44


  3. La promozione delle donne nella vita politica e istituzionale 47

    1. La rappresentanza di genere nella legislazione elettorale 49

    2. Italia: le donne nelle istituzioni 54


  4. Le pari opportunità nelle pubbliche amministrazioni 65

    1. Quadro normativo 66

    2. Il Fondo per le pari opportunità 75

    3. Le donne ai vertici delle pubbliche amministrazioni 82


  5. Donne e istruzione 95

    1. Competenze 96


    2. Quota di laureate in discipline STEM 100

    3. La presenza femminile nel sistema universitario italiano 105

    4. Donne negli atenei statali e non statali 108


  6. Donne nel mondo del lavoro 111

    1. La parità di genere nel PNRR: certificazione e clausola di priorità 114

    2. Misure di conciliazione vita–lavoro 116

    3. Parità salariale e misure di sostegno al reddito 122

    4. Misure per favorire l’ingresso e la permanenza delle donne

      nel mondo del lavoro 124

    5. Istituti pensionistici 128


  7. Politiche sociali e sanitarie in tema di pari opportunità 133

    1. Politiche sociali 134

    2. Politiche sanitarie 144


  8. Strumenti di sostegno all’imprenditoria femminile 151

    1. Dati e tendenze dell’imprenditorialità femminile in Italia 152

    2. PNRR 159

    3. Fondo impresa donna e Comitato impresa donna 161

    4. Credito agevolato per l’autoimprenditorialità 165

    5. Imprenditoria femminile in agricoltura 171


  9. Equilibrio di genere nelle società 175

    9.1 La legge 12 luglio 2011, n. 120 176

      1. Gender balance nel settore bancario 181

      2. La direttiva (UE) 2022/2381 sul miglioramento dell’equilibrio di genere

        fra gli amministratori delle società quotate 182

      3. Dati e statistiche 184


  10. Violenza contro le donne 189

    1. I principali interventi legislativi in materia di violenza

      contro le donne 192

    2. Il Piano strategico nazionale contro la violenza nei confronti

      delle donne e la violenza domestica 204

    3. La Commissione bicamerale d’inchiesta sul femminicidio

      e la violenza di genere 210

    4. La raccolta di dati statistici sulla violenza di genere ed il suo

      potenziamento con la legge n. 53 del 2022 212


  11. Focus: la giurisprudenza costituzionale 219

    1. La giurisprudenza costituzionale sull’accesso delle donne

      agli uffici e alle cariche pubbliche 220

    2. Altri elementi di giurisprudenza costituzionale

sulle questioni di pari opportunità 230


Premessa


Come nelle precedenti edizioni, nel presente dossier sono raccolte le principali misure approvate dal Parlamento italiano nelle ultime legislature con l’obiettivo di favorire le pari opportunità di genere. Insieme, si ricostruisce anche l’azione legislativa dell’Unione europea in materia.

Si tratta di disposizioni che riguardano diversi ambiti di intervento: la promozione delle donne nella vita politica e istituzionale e le pari opportunità nelle pubbliche amministrazioni; le politiche fiscali, quelle relative al mercato del lavoro e all’istruzione; la conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro e il supporto alla genitorialità; la salute, lo stile di vita e la sicurezza; il contrasto alla violenza di genere. Sono inoltre evidenziati gli interventi previsti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) diretti alla riduzione dei divari di genere nei diversi settori.


Quello del Legislatore italiano nel settore è infatti un impegno di lungo periodo. Il dossier ricorda i presupposti costituzionali di questa azione che si radica, infatti – oltre che nel principio di eguaglianza di cui all’articolo 3 – nell’articolo 51, come riformulato dalla legge costituzionale n. 1 del 2003, in base al quale la Repubblica promuove le pari opportunità tra donne e uomini. Uno specifico approfondimento è dedicato alla principale giurisprudenza in materia della Corte

costituzionale.


Rispetto alla precedente edizione del dossier (marzo 2024) merita segnalare le seguenti novità legislative che saranno oggetto di approfondimento nel dossier:



Un tema delicato che la Corte ha avuto modo di affrontare riguarda inoltre il rapporto tra il carcere e le detenute madri, tra i soggetti più deboli in un istituto pensato prevalentemente al maschile, anche per ragioni di ordine quantitativo.

Sono stati molti gli interventi su tale tematica, quale la sentenza n. 239 del 2014 che, facendo leva sul bilanciamento tra le esigenze punitive dello Stato, anch’esse di livello costituzionale, e le esigenze del migliore interesse del minore, ha dichiarato la illegittimità costituzionale della norma (articolo 4–bis, comma 1, della legge n. 354 del 1975 che includeva tra i benefici penitenziari che potevano essere oggetto di divieto anche la detenzione domiciliare speciale per detenute



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  1. La Corte non manca, tuttavia, di sottolineare la centralità che dev’essere in ogni caso riconosciuta all’interesse del minore, tanto a mantenere le relazioni affettive già di fatto instaurate e consolidate con il partner del genitore biologico (sent. n. 79 del 2022), quanto a conservare lo status filiationis già acquisito in tutti i casi in cui si riscontri una divergenza tra identità genetica e identità legale (sent. n. 272 del 2017). Entrambi gli aspetti concorrono, infatti, a comporre l’identità stessa del minore, con la conseguenza che il giudice è chiamato a tenere conto, nelle sue valutazioni, di elementi complessi e ulteriori rispetto alla mera esigenza di verità della filiazione, quali la durata dei rapporti personali instauratisi e quindi la condizione identitaria già acquisita in via di fatto dal minore, le modalità del concepimento e della gestazione e la presenza di strumenti legali che consentano la costituzione di un legame giuridico con il genitore contestato.



madri di prole di anni inferiore a dieci di cui all’articolo 47–quinquies della medesima legge n. 354 del 1975).


Nella sentenza n. 350 del 2003 viene affrontata specificamente la condizione di un figlio portatore di handicap, estendendo la possibilità della concessione della detenzione domiciliare anche nei confronti della madre condannata e, nei casi previsti del padre condannato, conviventi con un figlio portatore di ‘handicap’ totalmente invalidante, a fronte di una normativa che stabiliva tale beneficio in caso di figli di età non superiore a dieci anni.


Con riferimento al tema della violenza sulle donne, è opportuno ricordare la recente sentenza n. 173 del 2024 in materia di divieto di avvicinamento nei reati di genere. La Corte ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 282–ter, commi 1 e 2, cod. proc. pen., come modificato dalla legge n. 168 del 2023 (“nuovo codice rosso”), che prevede la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, prescrivendo la distanza minima di 500 metri e l’applicazione obbligatoria del braccialetto elettronico (nonché imposizione dell’applicazione, anche congiunta, di ulteriori misure cautelari, anche più gravi, qualora l’organo di esecuzione accerti la non fattibilità tecnica del controllo remoto). La Consulta ha sottolineato che il braccialetto elettronico è un importante dispositivo funzionale alla tutela delle persone vulnerabili rispetto ai reati di genere, e che la distanza minima di 500 metri corrisponde alla finalità pratica del tracciamento di prossimità, quella di dare uno spazio di tempo sufficiente alla persona minacciata per trovare sicuro riparo e alle forze dell’ordine per intervenire in soccorso. La Corte afferma dunque che “a un sacrificio relativamente sostenibile per l’indagato si contrappone l’impellente necessità di salvaguardare l’incolumità della persona offesa, la cui stessa vita è messa a rischio dall’imponderabile e non rara progressione dal reato–spia (tipicamente lo stalking) al delitto di sangue”.

Con riferimento alla impossibilità tecnica del controllo elettronico, la Consulta ha interpretato la norma in senso costituzionalmente orientato sicché il giudice non è tenuto a imporre una misura più grave del divieto di avvicinamento, ma deve rivalutare le esigenze cautelari della fattispecie concreta, potendo, all’esito della rivalutazione, in base ai criteri ordinari di idoneità, necessità e proporzionalità, scegliere non solo una misura più grave (quale il divieto o l’obbligo di dimora),



ma anche una misura più lieve (quale l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria).


Il tema della prostituzione è affrontato dalla Corte da ultimo in una recente sentenza del 2019, centrata sulla dignità della donna, conclusa con una pronuncia di non fondatezza. Le questioni sollevate erano rivolte alla configurazione come illecito penale del reclutamento e del favoreggiamento della prostituzione, anche quando si tratti di prostituzione liberamente e volontariamente esercitata.

In tale pronuncia la Corte evidenzia in particolare come risulti “inconfutabile che, anche nell’attuale momento storico, quando pure non si sia al cospetto di vere e proprie forme di prostituzione forzata, la scelta di ‘vendere sesso’ trova alla sua radice, nella larghissima maggioranza dei casi, fattori che condizionano e limitano la libertà di autodeterminazione dell’individuo, riducendo, talora drasticamente, il ventaglio delle sue opzioni esistenziali. Può trattarsi non soltanto di fattori di ordine economico, ma anche di situazioni di disagio sul piano affettivo o delle relazioni familiari e sociali, capaci di indebolire la naturale riluttanza verso una ‘scelta di vita’ quale quella di offrire prestazioni sessuali contro mercede”.

La Corte non accoglie quindi la tesi in base alla quale la prostituzione volontaria rappresenterebbe una «modalità autoaffermativa della persona umana», ribadendo invece che le residue forme di compressione delle possibilità di sviluppo dell’attività di prostituzione è strumentale al perseguimento della tutela dei diritti fondamentali delle persone vulnerabili e della dignità umana (sentenza n. 141 del 2019).


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È opportuno richiamare la sentenza n. 1 del 2022. In tale pronuncia, la Corte prende in esame una disposizione che mantiene ferma la distinzione tra gli educatori di sesso maschile e femminile nell’ambito della dotazione organica delle strutture convittuali destinate separatamente agli alunni convittori e alle alunne convittrici.

La ratio della disposizione in scrutinio, secondo il rimettente, si rivelerebbe anacronistica e sproporzionata nel perseguire lo scopo di creare le condizioni idonee per uno svolgimento delle attività educative in modo paritario, confidenziale e libero da ogni soggezione per gli allievi e le allieve accolti nelle rispettive istituzioni convittuali.

Secondo la Corte, con tale disposizione il legislatore avrebbe inteso configurare un sistema educativo conforme al sistema delle strutture convittuali, “nel quale la



distinzione tra educatori ed educatrici è speculare e funzionale alla separazione tra gli allievi convittori e le allieve convittrici”.

Ne consegue che “l’ablazione della norma censurata – che tale differenziazione assicura con riferimento a coloro che svolgono la funzione educativa – inciderebbe sulla funzionalità dell’assetto così congegnato, generando, di conseguenza, disarmonie nel sistema complessivamente considerato”.

In conclusione, pur dichiarando inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal giudice a quo in riferimento agli artt. 3 e 51 Cost., la Corte evidenzia come “la verifica della perdurante rispondenza della finalità presidiata dalla disposizione in esame agli orientamenti e ai valori radicati nella coscienza sociale richiederebbe una rimeditazione della disciplina delle istituzioni educative nella sua globalità, che spetta alla discrezionalità del legislatore. Ad esso solo compete di rimodulare il sistema normativo in esame, apprezzando, «quale interprete della volontà della collettività» (sentenza n. 84 del 2016), la persistente opportunità del filtro selettivo prescritto dalla disposizione in scrutinio attraverso una rivalutazione delle ragioni che sorreggono la distinta configurazione delle istituzioni convittuali per allieve e per allievi”.

Appare interessante richiamare, altresì, un breve passaggio contenuto nella

sentenza n. 2 del 2022, in materia di reati commessi da minorenni.

Nel ricordare gli elementi di specialità che connotano il rito e la fase esecutiva della condanna, entrambi improntati alle preminenti finalità di recupero e tutela della personalità del minore, la Corte offre particolare risalto alla previsione della diversificazione di genere nella composizione dell’organo giudicante, sottolineando che “l’art. 50–bis, comma 2, del r.d. n. 12 del 1941, esigendo che i componenti onorari siano «un uomo e una donna», garantisce che «nelle sue decisioni il collegio possa sempre avvalersi del peculiare contributo di esperienza e di sensibilità proprie del sesso di appartenenza» (ordinanza n. 172 del 2001)”.