Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Giustizia |
Titolo: | Disposizioni in materia di prevenzione e contrasto del fenomeno del bullismo e di misure rieducative dei minori |
Riferimenti: | AC N.536/XIX AC N.891/XIX AC N.910/XIX |
Serie: | Progetti di legge Numero: 39 |
Data: | 07/03/2023 |
Organi della Camera: | II Giustizia, XII Affari sociali |
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Camera dei deputati |
XIX LEGISLATURA |
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Documentazione per l’esame di |
Disposizioni in materia di prevenzione e contrasto del fenomeno del bullismo e di misure rieducative dei minori A.C. 536, 891, 910 |
Schede di lettura |
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n. 39 |
Seconda edizione |
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7 marzo 2023 |
Servizio responsabile: |
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Servizio Studi – Dipartimento Giustizia ( 066760-9148 – * st_giustizia@camera.it |
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Servizio Studi – Dipartimento Affari sociali ( 066760-3266 – * st_affarisociali@camera.it |
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File: ID0003 |
INDICE
Schede di lettura
Premessa 3
La proposta di legge A.C. 536 5
§ Articolo 1 (Modifiche all’articolo 612-bis del codice penale) 5
§ Articolo 2 (Modifiche all’articolo 731 del codice penale) 7
§ Articolo 3 (Modifiche alla legge 29 maggio 2017, n. 71) 9
§ Articolo 4 (Modifiche al regio decreto 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 19345, n. 835, in materia di provvedimenti per il tribunale per i minorenni) 12
§ Articolo 5 (Adeguamento dello statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria) 17
§ Articolo 6 (Attività di formazione e di monitoraggio per prevenire e contrastare i fenomeni di bullismo e cyberbullismo. Educazione all'intelligenza emotiva) 19
§ Articolo 7 (Numero telefonico gratuito nazionale e applicazione informatica per dispositivi mobili) 21
§ Articolo 8 (Rilevazione statistica) 22
§ Articolo 9 (Clausola di invarianza finanziaria) 23
La proposta di legge A.C. 891 25
§ Articolo 1 (Modifiche alla legge 29 maggio 2017, n. 71) 25
§ Articoli 2-5 (Disposizioni per il contrasto del cyberbullismo, obblighi per gli operatori telefonici, campagne informative sull’uso consapevole di internet) 27
§ Art. 6. (Numero telefonico gratuito nazionale) 30
La proposta di legge A.C. 910 31
§ Articolo 1 (Introduzione nel codice penale dei reati di bullismo e cyberbullismo) 31
§ Articolo 2 (Modifiche al codice penale in materia di inosservanza dell’obbligo di istruzione dei minori) 34
§ Articolo 3 (Delega al Governo per l'adozione di disposizioni in materia di prevenzione e contrasto del bullismo e del cyberbullismo) 35
§
Le proposte di legge A.A.C. 536, 891 e 910 recano disposizioni volte a prevenire e contrastare il fenomeno del bullismo.
Un primo filone di intervento concerne le misure in materia penale: l’A.C. 536 amplia l’ambito oggettivo del delitto di atti persecutori di cui all’art. 612-bis c.p. al fine di includervi anche le condotte che pongano la vittima in una condizione di emarginazione, mentre l’A.C. 910 introduce nel codice la disciplina dei nuovi reati di bullismo e cyberbullismo.
Un secondo ambito di intervento riguarda la legge n. 71 del 2017, recante disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo. Sia la proposta C. 536 che la proposta C. 891 ne ampliano l’ambito di applicazione al bullismo in generale. Tutte le proposte prevedono inoltre misure volte a promuovere iniziative di sostegno psicologico agli studenti e attribuendo ulteriori compiti – di informazione dei genitori, di attivazione di azioni e misure di carattere educativo, di coinvolgimento dei servizi sociali - ai dirigenti scolastici.
Sia la proposta C. 536 che la C. 910 recano disposizioni in materia di misure coercitive non penali. La C. 536 modifica l’art. 25 della c.d. legge minorile, prevedendo che le misure dell’affidamento ai servizi sociali e del collocamento in comunità costituiscano l’extrema ratio e possano essere disposte solo nel caso di fallimento di un percorso di mediazione o di progetto di intervento educativo con finalità anche riparativa svolti sotto la direzione e il controllo dei servizi sociali. La C. 910 prevede la predisposizione di percorsi personalizzati per l'assistenza alle vittime di atti di bullismo e cyberbullismo e per l'accompagnamento rieducativo degli autori degli atti medesimi anche per l'eventuale attivazione delle misure rieducative di cui all'art. 25 della c.d. legge minorile.
L’A.C. 891 contiene invece specifiche misure dedicate alla regolazione di aspetti tecnici riferiti ai siti Internet prevedendo: che ogni sito debba avere un amministratore responsabile, del quale sono individuati gli obblighi nonché le sanzioni amministrative irrogate dalla medesima AGCOM per la violazione dei suddetti obblighi; misure interdittive per gli utenti che si rendano responsabili di condotte illecite o gravemente lesive della dignità delle persone; obblighi per gli operatori telefonici.
Tutte le proposte prevedono l’istituzione di un numero telefonico di emergenza gratuito nazionale nonchè campagne di informazione e sensibilizzazione sui fenomeni del bullismo e cyberbullismo.
La proposta di legge C. 536 riproduce il testo della proposta di legge AC 1524-A, approvata dalla Camera nella scorsa legislatura, nella seduta del 29 gennaio 2020, e tramessa al Senato (S. 1690), dove l’iter si interruppe, nel corso dell’esame in sede redigente presso le Commissioni Affari sociali e Giustizia, a seguito del sopravvenuto scioglimento delle Camere
Articolo 1
(Modifiche all’articolo 612-bis del codice penale)
L’articolo 1 interviene sul delitto di atti persecutori, previsto dall’art. 612-bis del codice penale, per estendere l’ambito oggettivo dell’illecito penale alle condotte di reiterata minaccia e molestia che pongono la vittima in una condizione di emarginazione.
Già attualmente la giurisprudenza, in assenza di una specifica norma penale che punisca il bullismo, tenta, laddove possibile, di inquadrare negli atti persecutori le condotte di prevaricazione del bullo. Si ricorda, ad esempio, la sentenza n. 28623 del 2017 con la quale la Corte di cassazione ha affermato che gli atti di bullismo posti in essere nei confronti della vittima integravano pienamente il reato di atti persecutori previsto e punito dall'art. 612-bis c.p., essendo sufficiente ai fini della compiuta integrazione dell'evento del reato, la prova della causazione nella persona offesa di un grave e perdurante stato di ansia o di paura, ove ancorata ad elementi sintomatici di tale turbamento psicologico ricavabili dalle dichiarazioni della stessa vittima del reato.
In particolare, la riforma (lett. a) interviene sul primo comma dell’art. 612-bis per aggiungere ai possibili eventi prodotti dalle condotte reiterate di minaccia o molestia – che attualmente possono cagionare «un perdurante e grave stato di ansia o di paura» oppure ingenerano «un fondato timore per l'incolumità» della vittima, di un suo prossimo congiunto o del partner, oppure costringono la vittima ad «alterare le proprie abitudini di vita» - anche la condizione di emarginazione della vittima.
La condizione di emarginazione non è attualmente definita dal codice penale ma il concetto è richiamato dalla più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato (Sez. IV, sentenza n. 5905 del 2018) sul mobbing, definito anche come “danno da emarginazione”. Secondo il Giudice amministrativo ai fini della configurabilità della condotta lesiva di mobbing, è rilevante, innanzitutto, la strategia unitaria persecutoria, «che non si sostanzia in singoli atti da ricondurre nell'ordinaria dinamica del rapporto di lavoro (come i normali conflitti interpersonali nell'ambiente lavorativo, causati da antipatia, sfiducia, scarsa stima professionale, ma che non sono caratterizzati dalla volontà di emarginare il lavoratore), che ha come disegno unitario la finalità di emarginare il dipendente o di porlo in una posizione di debolezza».
Per quanto riguarda la pena applicabile al reato di atti persecutori, è opportuno ricordare l’inasprimento operato dalla recente legge n. 69 del 2019 (c.d. legge sul codice rosso), che ha previsto la reclusione da un anno a 6 anni e 6 mesi.
La riforma non interviene sul secondo comma dell’art. 612-bis c.p., che prevede una aggravante (pena aumentata fino a un terzo) oltre che quando gli atti persecutori sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa, anche quando il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.
Intervenendo sul terzo comma dell’art. 612-bis, il disegno di legge (lett. b) aggiunge all’attuale aggravante per fatto commesso in danno di minore (di donna in gravidanza e di disabile) ovvero con armi o da persona travisata, l’aggravante per fatto commesso da più persone. Tali aggravanti comportano un aumento della pena fino alla metà.
La proposta di legge, infine (lett. c), inserisce un comma nell’art. 612-bis c.p. per prevedere in caso di condanna per il reato di atti persecutori la confisca obbligatoria degli strumenti informatici e telematici eventualmente utilizzati per commettere il reato.
La riforma non modifica l’ultimo comma dell’art. 612-bis c.p., conseguentemente, anche per le condotte reiterate di minaccia o molestia che provocano emarginazione, il delitto è punito a querela della persona offesa (il termine per la proposizione della querela è di 6 mesi; la remissione della querela può essere soltanto processuale. La querela è irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate). Si procede tuttavia d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio.
Articolo 2
(Modifiche all’articolo 731 del codice penale)
L'articolo 2 della proposta di legge modifica la contravvenzione prevista dall’art. 731 del codice penale in caso di inosservanza dell’obbligo scolastico.
Si ricorda che attualmente l’art. 731 c.p. punisce con l’ammenda fino a 30 euro chiunque, rivestito di autorità o incaricato della vigilanza di un minore, omette, senza giusto motivo, d'impartirgli o di fargli impartire l'istruzione elementare.
Si tratta di un reato a soggettività ristretta, che può essere commesso da genitori, tutori, adottanti, affidatari, responsabili degli istituti di assistenza, pervenendo, in sostanza, ad una coincidenza tra i soggetti destinatari dell'obbligo penalmente sanzionato e i soggetti responsabili dell'adempimento dell'obbligo scolastico che, ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. n. 76 del 2005 sono «i genitori dei minori o coloro che a qualsiasi titolo ne facciano le veci».
La condotta può essere posta in essere soltanto attraverso un'omissione e – data la natura contravvenzionale – non rileva l'elemento soggettivo che può essere, indifferentemente, il dolo o la colpa. Il reato è attribuito alla competenza del giudice di pace (art. 4, co. 1, lett. b) del d.lgs. n. 274 del 2000).
Per quanto riguarda l'ambito di applicazione della norma penale, la disposizione utilizza tanto nella rubrica, quanto nel testo, l'aggettivo "elementare".
Ciononostante, fino al 2010, la contravvenzione si applicava anche per l’inosservanza dell’obbligo di frequenza della scuola media in virtù dell’art. 8 della legge n. 1859 del 1962 (Istituzione e ordinamento della scuola media statale), che prevedeva in caso di violazione dell’obbligo scolastico l’applicazione delle «sanzioni previste dalle vigenti disposizioni per gli inadempimenti all'obbligo dell'istruzione elementare».
Con l’abrogazione di questa norma da parte del d.lgs. n. 212 del 2010, nessuna norma penale punisce attualmente l'inosservanza dell'obbligo scolastico della scuola media anche inferiore, sicché l'eventuale estensione dell'art. 731 a detta ipotesi si risolverebbe in un'inammissibile interpretazione analogica in malam partem. In questo senso si è espressa la Corte di cassazione (Sez. III, sentenza n. 4520 del 2017), affermando che l'art. 731 non ha contenuto meramente sanzionatorio dell'obbligo scolastico previsto da varie leggi di ordine pubblico che si sono succedute nel tempo e prevede una specifica condotta costituita dall'inosservanza non del generico obbligo scolastico ma di quello specifico dell'istruzione elementare (nello stesso senso anche Sez. III, sentenza n. 4523 del 2017).
Rispetto alla formulazione vigente, la proposta di legge:
- qualifica espressamente il reato come “proprio” del genitore, dell’esercente la responsabilità genitoriale e di chiunque eserciti le funzioni genitoriali;
- innalza la pena portando l’attuale ammenda fino a 30 euro all’ammenda da 100 a 1.000 euro;
- elimina il riferimento all’istruzione elementare, prevedendo l’applicazione della norma penale in caso di violazione dell’istruzione obbligatoria.
In merito alla durata dell'obbligo scolastico si ricorda che in base all’art. 34, secondo comma, della Costituzione «L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita».
Il limite minimo previsto dalla Costituzione è poi stato innalzato dal legislatore ordinario: in particolare, da ultimo, l’art. 1, co. 622, della L. 26 dicembre 2006, n. 296 (L. finanziaria 2007) ha stabilito che, a decorrere dall'a.s. 2007/2008, è obbligatoria l’istruzione impartita per almeno dieci anni e che la stessa è finalizzata a consentire il conseguimento di un titolo di studio di scuola secondaria superiore o di una qualifica professionale di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età. L'obbligo di istruzione si assolve anche – in base al medesimo art. 1, co. 622 – nei percorsi di istruzione e formazione professionale (che rappresentano una delle componenti del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione e la cui competenza legislativa esclusiva è delle regioni, spettando allo Stato la garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni).
Articolo 3
(Modifiche alla legge 29 maggio 2017, n. 71)
L’articolo 3 della proposta di legge interviene sulla recente legge n. 71 del 2017, che ha dettato disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo.
In sintesi, la legge n. 71 del 2017:
- individua la finalità dell'intervento nel contrasto del cyberbullismo in tutte le sue manifestazioni attraverso una strategia che comprende misure di carattere preventivo ed educativo nei confronti dei minori (vittime e autori del bullismo sul web) da attuare in ambito scolastico;
- prevede che il minorenne che abbia compiuto 14 anni e sia vittima di bullismo informatico (nonché ciascun genitore o chi esercita la responsabilità sul minore) possa rivolgere istanza al gestore del sito Internet o del social media o, comunque, al titolare del trattamento per ottenere provvedimenti inibitori e prescrittivi a sua tutela (oscuramento, rimozione, blocco di qualsiasi altro dato personale del minore diffuso su Internet, con conservazione dei dati originali). Il titolare del trattamento o il gestore del sito Internet o del social media deve comunicare, entro 24 ore dall'istanza, di avere assunto l'incarico e deve provvedere sulla richiesta nelle successive 48 ore. In caso contrario l'interessato può rivolgere analoga richiesta, mediante segnalazione o reclamo, al Garante per la protezione dei dati personali che deve provvedere, in base alla normativa vigente, entro le successive 48 ore;
- istituisce un tavolo tecnico per la prevenzione ed il contrasto del cyberbullismo e prevede l'adozione, da parte del MIUR, sentito il Ministero della giustizia, di apposite linee di orientamento - da aggiornare ogni due anni - per la prevenzione ed il contrasto del cyberbullismo nelle scuole. In particolare, le linee di orientamento dovranno prevedere una specifica formazione del personale scolastico, la promozione di un ruolo attivo degli studenti e la previsione di misure di sostegno e rieducazione dei minori coinvolti;
- prevede la designazione, in ogni istituto scolastico, di un docente con funzioni di referente per le iniziative contro il cyberbullismo che dovrà collaborare con le Forze di polizia, e con le associazioni e con i centri di aggregazione giovanile presenti sul territorio;
- prevede interventi di caratteri educativo in materia di cyberbullismo (finanziamento di progetti e promozione dell'uso consapevole di internet);
- in caso di episodi di cyberbullismo in ambito scolastico, prevede inoltre l'obbligo da parte del dirigente responsabile dell'istituto di informare tempestivamente i genitori (o i tutori) dei minori coinvolti e di attivare adeguate azioni educative;
- applica la disciplina sull'ammonimento del questore, mutuata da quella dello stalking, anche al cyberbullismo: fino a quando non sia stata proposta querela o presentata denuncia per i reati di ingiuria, diffamazione, minaccia o trattamento illecito di dati personali commessi, mediante Internet, da minorenni ultraquattordicenni nei confronti di altro minorenne, il questore - assunte se necessario informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti - potrà convocare il minore responsabile (insieme ad almeno un genitore o ad altra persona esercente la responsabilità genitoriale), ammonendolo oralmente ed invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge.
In particolare, la riforma:
· interviene sull’articolo 1 per estendere il campo d’applicazione della legge n. 71 del 2017 dalla prevenzione e contrasto del solo cyberbullismo, anche alla prevenzione e contrasto del bullismo, precisando che tali fenomeni si possono realizzare “anche” (ma non solo) per via telematica;
· modifica l’articolo 3 di tale legge, nel senso sia di inserire il riferimento, in relazione al tavolo tecnico ivi previsto, del fenomeno del bullismo oltre che di quello del cyberbullismo, sia di prevedere - nella composizione di tale tavolo - la presenza anche di rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei ministri (comma 1). Si prevede, inoltre, che tale tavolo tecnico sia coordinato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche della famiglia, e non più dal Ministero dell’istruzione (comma 2). Si ricorda che tale tavolo redige un piano di azione integrato per il contrasto e la prevenzione del cyberbullismo (non vi è qui il riferimento al fenomeno del bullismo). Si aggiunge altresì un nuovo comma, che prevede che il suddetto tavolo sia convocato regolarmente a cadenza semestrale (comma 2-bis). Si dispone, infine, che sia il Ministro delegato per le politiche della famiglia, e non più il Ministro dell’istruzione, a trasmettere la relazione ogni anno sull’attività del tavolo tecnico (comma 6).
· modifica l’articolo 4 della medesima legge, relativo alle linee di orientamento che deve emanare il Ministero dell’istruzione per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo, estendendo anche in questo caso il campo d’applicazione di questo strumento alla prevenzione e al contrasto del bullismo (comma 1). Stabilisce inoltre che le linee di orientamento, così integrate, debbano essere recepite da ogni istituto scolastico (comma 3);
· inserisce il nuovo articolo 4-bis, che prevede che le regioni possano adottare iniziative affinché sia fornito alle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, che lo richiedano, anche tramite convenzione con gli uffici scolastici regionali, nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un servizio di sostegno psicologico agli studenti, al fine di favorire lo sviluppo e la formazione della personalità degli studenti medesimi nonché di prevenire fattori di rischio o situazioni di disagio, anche attraverso il coinvolgimento delle famiglie;
· interviene sull’articolo 5, che attualmente impone al dirigente scolastico, in caso di episodi di cyberbullismo in ambito scolastico che non costituiscano reato, di informare tempestivamente i genitori (o i tutori) dei minori coinvolti e di attivare adeguate azioni educative. La riforma prevede che a fronte di tali episodi, o di episodi di bullismo, il dirigente scolastico – salvo che il fatto costituisca reato, debba anzitutto attenersi alle linee di orientamento ministeriali, quindi informare i genitori e disporre iniziative di carattere educativo che coinvolgano anche il gruppo classe. Nei casi più gravi, ovvero di condotte reiterate, quando le iniziative educative non appaiano sufficienti, il dirigente potrà coinvolgere i servizi sociali per individuare percorsi personalizzati di assistenza delle vittime e di “accompagnamento rieducativo” degli autori degli atti, oppure attivare le autorità competenti per l’adozione delle misure rieducative previste dall’art. 25 della legge sui tribunali per i minorenni;
· infine, con disposizione di chiusura, il provvedimento prevede che ogniqualvolta nella legge n. 71/2017 si fa riferimento a “fenomeno del cyberbullismo” occorra riferirsi invece a “fenomeni di bullismo e cyberbullismo”.
Si valuti l’opportunità di introdurre il riferimento al bullismo anche in disposizioni nelle quali la legge si riferisce al cyberbullismo e non al “fenomeno del cyberbullismo” (al “contrasto del cyberbullismo” si riferiscono gli articoli 3 - come già anticipato - 4 e 6, quest’ultimo non oggetto di modifica da parte del
L’articolo 4 modifica la legge sull’istituzione e sul funzionamento del Tribunale per i minorenni (regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n. 835, c.d. legge minorile).
Si ricorda che nell’ambito della riforma del processo civile introdotta dal D. Lgs. 149/2022 (cd. “riforma Cartabia”) è stata prevista (Capo IV, sezione III, art. 30 ss.) l’istituzione del tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, destinato a sostituire l’attuale tribunale per i minorenni.
Secondo quanto previsto dall’art. 30, che reca modifiche all’ordinamento giudiziario di cui al RD 12/1941, il nuovo tribunale avrà giurisdizione: in primo e in secondo grado, in materia civile nei procedimenti aventi ad oggetto lo stato e la capacità delle persone, ivi compresa la materia tutelare, la famiglia, l'unione civile, le convivenze, i minori; in primo grado in materia penale e nella materia della sorveglianza minorile.
Il tribunale sarà costituito in ogni sede di corte d’appello (o di sezione distaccata di corte d’appello) e sarà articolato in una sezione distrettuale, avente sede nel capoluogo del distretto, con giurisdizione su tutto il territorio della corte d’appello (o della sezione distaccata di corte d’appello) e in una o più sezioni distaccate circondariali, costituite in ogni sede di tribunale ordinario del distretto, con giurisdizione sul circondario.
La riforma distingue poi le materie che dovranno essere trattate dalla sede distrettuale del tribunale (tutta la materia penale e il secondo grado della materia civile trattata dalla sezione circondariale; alcune questioni civili in primo grado) e quelle di competenza della sede circondariale e conferma nella sezione di corte d’appello la competenza a trattare le impugnazioni avverso le decisioni della sezione distrettuale del tribunale. Per ciascun organo giudicante è stabilita una diversa composizione (nella sezione circondariale il giudice è monocratico), anche in ragione delle materie trattate, e una specifica disciplina è riservata all’ufficio del pubblico ministero presso il tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, costituito presso sezione distrettuale del tribunale.
Il tribunale è diretto da un presidente e, se le dimensioni del tribunale lo richiederanno, potrà avere sezioni e presidenti di sezione. Vi saranno addetti più giudici, dotati di specifiche competenze nelle materie attribuite al tribunale, che eserciteranno le funzioni in via esclusiva; ad essi non si applicherà il limite di permanenza nell'incarico presso lo stesso ufficio e potranno svolgere funzioni presso la sezione distrettuale e presso una o più sezioni circondariali del medesimo tribunale.
Al tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie sono inoltre addetti giudici onorari esperti, nominati (ai sensi dell’art. 6 del RDL n. 1404/1934 come sostituito dall’art. 31 del D. Lgs. 149/2022) con decreto del Ministro della giustizia su proposta del CSM. Non viene modificata la normativa vigente per quanto riguarda le categorie di esperti, che dovranno infatti sempre essere tratti tra “i cultori di biologia, di psichiatria, di antropologia criminale, di pedagogia, di psicologia, che abbiano compiuto il trentesimo anno di età”.
Le richiamate disposizioni della riforma sul tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie hanno effetto, ai sensi dell’art. 49, comma 1, del citato D. Lgs. 149, decorsi due anni dalla data di pubblicazione del D. Lgs. medesimo (il decreto è stato pubblicato il 17 ottobre 2022).
In particolare, tramite la riformulazione dell’art. 25 del citato regio decreto, sono apportate alcune modifiche alla disciplina delle misure coercitive di intervento non penale nei confronti di minorenni dalla condotta socialmente inaccettabile (lett. a).
A differenza degli interventi penali, possibili solo a partire dal quattordicesimo anno e nel caso in cui il fatto costituisca reato, per l’applicazione delle misure di cui all’art. 25 non è prevista un’età minima, e non sono tipizzate le condotte devianti che possono darvi luogo. Si tratta di un istituto introdotto con la legge 25 luglio 1956 n. 888, che ha modificato il r.d.l. 20/7/1934 n.1404 istitutivo del Tribunale per i minorenni. La legge n. 888, dopo aver sostituito la definizione di minore traviato con quella di “minore irregolare per condotta o carattere”, ha introdotto e ha messo al primo posto la misura dell’affidamento del minore al servizio sociale, quale attività di sostegno e controllo della condotta del minore, ordinata dal tribunale per i minorenni e attuata dal servizio sociale, che lascia il minore nel suo contesto familiare facendolo però seguire ed aiutare dal servizio stesso. Accanto ad essa, la medesima legge ha conservato la misura del collocamento del minore presso un istituto di rieducazione o istituto medico psico-pedagogico.
In primo luogo la riforma interviene sulle diverse ipotesi che consentono l’adozione delle misure rieducative del minore aggiungendo all’“irregolarità per condotta e per carattere” del minore, anche il riferimento a condotte aggressive, anche di gruppo, nei confronti di persone, animali o cose o lesive della dignità altrui.
Diverse modifiche attengono altresì al procedimento per l’adozione delle misure.
Attualmente esso inizia a seguito di segnalazione non obbligatoria del minore al tribunale per i minorenni da parte del pubblico ministero minorile, oppure da parte dei genitori, o dell’ufficio di servizio sociale, o degli organismi di educazione (es., la scuola), o di protezione e di assistenza all’infanzia (servizi sociosanitari).
Con la riforma, il pubblico ministero è l’unico soggetto che può riferire al tribunale sulla base delle segnalazioni ricevute da chiunque, dopo aver assunto le necessarie informazioni. L’organo competente all’adozione delle misure resta il Tribunale dei minorenni (nuovo comma 1 dell’art. 25 legge minorile). Quest’ultimo dovrà però previamente sentire il minore stesso, i genitori o l’esercente la responsabilità genitoriale.
Nell’ordinamento vigente il Tribunale, effettuate indagini sulla personalità del minore, può disporre con decreto motivato l’applicazione della misura che ritiene più consona al caso, scegliendo fra affidamento al servizio sociale e collocamento in una struttura.
La novità più rilevante della riforma consiste nella previsione di un intervento preliminare rispetto alle suddette misure. Tale intervento consiste nell’attivazione di un percorso di mediazione oppure nello svolgimento di un progetto di intervento educativo con finalità rieducativa e riparativa, sotto la direzione e il controllo dei servizi sociali minorili, che può essere disposto dal Tribunale dei minori con decreto, nel quale dovranno essere esplicitati gli obiettivi e la durata dell’intervento (nuovo comma 2).
La determinazione del contenuto del progetto educativo è rimessa invece ai servizi sociali territoriali e nello stesso può essere previsto il coinvolgimento del nucleo familiare del minore, tramite un percorso di sostegno all’esercizio della responsabilità genitoriale (nuovo comma 3 dell’art. 25).
A conclusione del progetto, il Tribunale dei minorenni, sulla base della relazione predisposta dai servizi sociali, e sentito il minorenne, i genitori o gli esercenti la potestà genitoriale adotta un ulteriore decreto motivato optando tra quattro diverse soluzioni (nuovo comma 4):
· conclusione del procedimento;
· continuazione del progetto o adozione di un progetto diverso in relazione alle mutate esigenze educative del minore;
· affidamento del minore ai servizi sociali;
L'applicazione della misura dell’affidamento ai servizi sociali, già presente nell’attuale formulazione dell’art. 25, non costituisce una misura di carattere penale e neppure una misura di prevenzione in quanto non presuppone necessariamente la commissione di un fatto costituente reato né la pericolosità sociale del minore. L'affidamento ai servizi sociali, che ha carattere rieducativo nei confronti del minore e non carattere sanzionatorio nei confronti dei genitori, non comporta necessariamente l'allontanamento del minore dal proprio nucleo familiare: i servizi sociali nella maggior parte dei casi, si affiancano ai genitori al fine di provvedere alla rieducazione del figlio minore. Il testo della legge, in ogni caso, non esclude che il figlio minore possa essere temporaneamente allontanato dal proprio ambiente familiare ed in questo caso, le spese di mantenimento sono interamente poste a carico dei genitori o di coloro che ne facciano le veci.
Nell’ipotesi in cui sia disposto l’affidamento al servizio sociale, il giudice in una apposita udienza convoca il minore e il rappresentante del servizio sociale, e indica in un verbale le prescrizioni che il minore dovrà seguire in ordine alla sua istruzione o formazione professionale e all’utilizzazione del tempo libero, nonché le linee direttive dell’assistenza alle quali egli deve essere sottoposto (art. 27 legge minorile). Nella stessa circostanza il giudice può disporre, dandone atto a verbale, l’allontanamento del minore dalla famiglia, con indicazione del luogo in cui dovrà vivere e della persona o dell’ente che si prenderà cura della sua educazione. Il servizio sociale “controlla la condotta del minore e lo aiuta a superare le difficoltà in ordine a una normale vita sociale”. Riferisce periodicamente al giudice del tribunale per i minorenni sul suo comportamento, proponendo a seconda dei casi la modifica delle prescrizioni in senso più restrittivo o chiedendone la cessazione per avvenuto riadattamento (artt. 27 e 29 legge minorile).
· collocamento del minore in una comunità, da utilizzare solo come extrema ratio, ovvero quando tutte le altre possibilità appaiano inadeguate.
Il collocamento in comunità sostituisce l’attuale riferimento al collocamento in una "casa di rieducazione" o di un "istituto medico psico pedagogico”.
Già attualmente la misura del collocamento in una casa di rieducazione o in un istituto medico psico-pedagogico, è caduta in desuetudine. L’entrata in vigore del d.p.r. n. 616 del 1977, con l’attribuzione della competenza per l’esecuzione di tali provvedimenti ai servizi degli enti locali, ha determinato la chiusura sia degli istituti di rieducazione che di quelli medici psico-pedagogici. L’attuazione della misura rieducativa, attribuita in origine agli uffici di servizio sociale del Ministero della giustizia, è stata trasferita alla competenza degli enti locali territoriali (Comuni o consorzi di Comuni) ed è stata attuata dagli enti locali con il collocamento in comunità o in piccole strutture.
La riforma conferma le disposizioni vigenti circa il procedimento in camera di consiglio e il regime delle spese ma aggiunge che ogni provvedimento deve essere preso previo ascolto del minore (anche infradodicenne, se capace di discernimento), dei genitori o degli esercenti la responsabilità genitoriale. La riforma consente l’assistenza del difensore (nuovo comma 5).
Le ulteriori disposizioni dell’articolo 4 (lettere da b) a e)) modificano altre norme della legge minorile (R.D. n. 1404 del 1934), coordinandone il contenuto con il nuovo testo dell’articolo 25.
In particolare vengono modificati:
· l’articolo 26, il quale prevede la possibilità dell’applicazione della misura dell’affidamento del minore ai servizi sociali (“misura di cui all'art. 25, n. 1”), anche quando il minore si trovi nella condizione prevista dall'art. 333 del codice civile (Condotta del genitore pregiudizievole ai figli). Il riferimento alla misura dell’affidamento ai servizi sociali è sostituito dalla possibilità alternativa del Tribunale di disporre l’affidamento stesso oppure il progetto educativo di cui ai commi 1-3 del nuovo articolo 25;
· l’articolo 27, il quale contiene le prescrizioni in caso di adozione della misura dell’affidamento ai servizi sociali. La modifica consiste nel mero aggiornamento del riferimento normativo della misura (ora contenuta all’art. 25, comma 4, n. 3);
· l’articolo 28, che contiene gli obblighi di comunicazione al tribunale dei minori da parte del direttore dell’istituto ove il minore è collocato, in applicazione della misura, attualmente prevista, del collocamento in una casa di rieducazione od in un istituto medico psicopedagogico; la modifica sostituisce il riferimento alla misura del collocamento in comunità e modifica di conseguenza la rubrica dell’articolo;
· l’articolo 29, che attiene alle modificazioni, trasformazioni e cessazione delle misure amministrative del tribunale dei minori, aggiornandone i riferimenti normativi con quelli introdotti dalla riforma in esame.
Il comma 2 dell'articolo 4 del disegno di legge, prevede la possibilità di consentire anche nel quadriennio (2021-2024) la sperimentazione degli interventi di cui al comma 205 dell'articolo 1 della legge n. 2015 del 2017 (legge di bilancio 2018) estendendo gli interventi contemplati da tale disposizione fino al compimento del venticinquesimo anno di età nei confronti sia di soggetti già destinatari degli interventi sia di altri soggetti che versino nelle condizioni previste dal citato comma 205. A tal fine la disposizione prevede un'apposita copertura (comma 3). In tale disposizione viene inoltre soppressa la previsione della cessazione delle misure.
Articolo 5
(Adeguamento dello statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria)
L’articolo 5 prevede un adeguamento dello statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria, adottato con il regolamento di cui al DPR 249/1998 e modificato con DPR 235/2007.
Preliminarmente si ricorda che il DPR 249/1998 è stato adottato, ai sensi dell’art. 17, co. 1, della L. 400/1988, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato.
Esso dispone, per quanto qui più interessa, che la vita della comunità scolastica si basa, fra l’altro, sul rispetto reciproco di tutte le persone che la compongono, quale che sia la loro età e condizione, nel ripudio di ogni barriera ideologica, sociale e culturale (art. 1).
La scuola si impegna a porre progressivamente in essere le condizioni per assicurare un ambiente favorevole alla crescita integrale della persona, nonché servizi di sostegno e promozione della salute e di assistenza psicologica (art. 2).
Gli studenti sono tenuti ad avere nei confronti di tutto il personale della scuola e dei loro compagni lo stesso rispetto che chiedono per se stessi e a mantenere un comportamento corretto, anche in modo da non arrecare danni al patrimonio della scuola (art. 3).
I regolamenti delle singole istituzioni scolastiche individuano i comportamenti che configurano mancanze disciplinari e le relative sanzioni, nel rispetto dei criteri indicati dal regolamento. In particolare, i provvedimenti disciplinari hanno finalità educativa e tendono al recupero dello studente. Le sanzioni sono sempre temporanee, proporzionate alla infrazione disciplinare e ispirate al principio di gradualità e, per quanto possibile, al principio della riparazione del danno. Possono consistere anche nell’allontanamento dalla comunità scolastica: in particolare, nei periodi di allontanamento superiori a 15 giorni, in coordinamento con la famiglia e, ove necessario, anche con i servizi sociali e l’autorità giudiziaria, la scuola promuove un percorso di recupero educativo che miri all’inclusione, alla responsabilizzazione e al reintegro, ove possibile, nella comunità scolastica (art. 4).
Inoltre, contestualmente all’iscrizione ad ogni istituzione scolastica, è richiesta la sottoscrizione da parte dei genitori e degli studenti di un Patto educativo di corresponsabilità educativa, finalizzato a definire in maniera dettagliata e condivisa diritti e doveri nel rapporto fra istituzione scolastica, studenti e famiglie (art. 5-bis).
Per l’adeguamento del regolamento di cui al DPR 249 del 1998, da adottarsi con regolamento ai sensi dell’art. 17, comma 1, della legge n. 400 del 1988, si individuano i seguenti principi:
· prevedere, nell'ambito dei diritti dello studente di cui all'art. 2 del DPR, che la scuola si impegna a porre progressivamente in essere anche le condizioni per assicurare l'emersione di episodi riconducibili ai fenomeni del bullismo e del cyberbullismo, di situazioni di uso o abuso di alcool o di sostanze stupefacenti e di forme di dipendenza;
· prevedere, nell'ambito dei doveri dello studente stabiliti dall'art. 3 del citato regolamento, che gli studenti siano tenuti a rispettare il dirigente scolastico, i docenti, il personale della scuola e i loro compagni;
· integrare la disciplina relativa al Patto educativo di corresponsabilità, di cui all'art. 5-bis del citato regolamento, prevedendo che il Patto contenga l'impegno da parte delle famiglie a partecipare ad attività di formazione organizzate dalla scuola, con particolare riferimento all'uso della rete internet e delle comunità virtuali, e a collaborare con la scuola per consentire l'emersione di episodi riconducibili ai fenomeni del bullismo e del cyberbullismo, di situazioni di uso o abuso di alcool o di sostanze stupefacenti e di forme di dipendenza.
Articolo 6
(Attività di formazione e di monitoraggio per prevenire e contrastare i fenomeni di bullismo e cyberbullismo. Educazione all'intelligenza emotiva)
L’articolo 6 del provvedimento in esame prevede interventi del Ministero dell’istruzione volti a predisporre strumenti di monitoraggio del fenomeno del bullismo e del cyberbullismo ed a sviluppare le competenze dei docenti che tali fenomeni devono fronteggiare. Esso inoltre prevede moduli di formazione specifici, anche relativi all'educazione all'intelligenza emotiva.
Esso prevede, nel dettaglio, che il Ministero dell'istruzione metta a disposizione delle scuole proprie piattaforme di formazione e di monitoraggio, al fine di prevenire e contrastare i fenomeni di bullismo e cyberbullismo, da realizzare nel limite di una maggiore spesa pari a 100.000 euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2022 (comma 1).
Si ricorda che una piattaforma nazionale di monitoraggio e di e-learning – che svolge proprio le funzioni richieste dalla proposta di legge - è già attualmente operativa: si tratta della Piattaforma Elisa.
A seguito dell’entrata in vigore della legge n. 71 del 2017, recante “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo” e dell’emanazione, ad ottobre 2017, delle Linee di orientamento per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo, il dicastero dell’istruzione si è impegnato nell’attuazione di un piano nazionale di formazione dei docenti referenti per il contrasto del bullismo e del cyberbullismo.
È stata conseguentemente realizzata, in collaborazione con il dipartimento di formazione, intercultura, lingue, letterature e psicologia dell’università di Firenze, la Piattaforma ELISA (E-learning degli insegnanti sulle strategie antibullismo), presentata nel corso della seconda edizione della Fiera Didacta Italia il 19 ottobre 2018.
La Piattaforma ELISA si suddivide in due sezioni, dedicate, rispettivamente:
- ai corsi in e-learning, sia teorici che pratici. Questa sezione è rivolta ai docenti referenti per il bullismo e il cyberbullismo, individuati da ogni scuola, fino ad un massimo di due ed è finalizzata a consentire l’acquisizione delle competenze psicopedagogiche e sociali per la prevenzione del disagio giovanile;
- al monitoraggio. Questa sezione è rivolta a tutte le scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado del territorio nazionale. Ogni scuola può accedere periodicamente a survey nazionali on line, da far compilare a studenti, docenti e dirigenti scolastici per valutare l’estensione dei fenomeni fra gli studenti e la percezione degli stessi da parte di docenti e dirigenti scolastici, ricevendo un report personalizzato.
L’articolo 6 prevede inoltre che, al fine di prevenire e ridurre i conflitti in ambito scolastico siano erogati moduli di formazione specifici, anche relativi all'educazione all'intelligenza emotiva, che mirino a sviluppare relazioni positive tra pari e a promuovere rapporti interpersonali ispirati al rispetto e all'uso di forme di comunicazione non violente, da realizzare nel limite di una maggiore spesa pari a 100.000 euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2022 (comma 2).
Alla relativa copertura finanziaria degli oneri complessivi, relativi alle due misure sopra indicate, pari a 200.000 euro per ciascuno degli anni 2020-2022, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'art. 1, comma 125, della legge 13 luglio 2015, n. 107, finalizzata alla realizzazione delle attività formative dei docenti delle scuole di ogni ordine e grado, e per la quale sono previsti 40 milioni di euro annui a decorrere dal 2016 (comma 3).
Al riguardo, si osserva che la proiezione temporale degli oneri triennali indicati all’art. 6 (e della relativa copertura finanziaria) va aggiornata in relazione all’entrata in vigore della proposta di legge, e quindi, il primo dei tre anni di riferimento non può essere anteriore al 2023.
Articolo 7
(Numero telefonico gratuito nazionale e applicazione informatica per dispositivi mobili)
L'articolo 7 istituisce un numero telefonico nazionale gratuito per fornire assistenza alle vittime di bullismo e di cyberbullismo presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche della famiglia mediante il numero pubblico emergenza infanzia 114.
Più nel dettaglio, la disposizione, al comma 1, prevede che presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche della famiglia sia assicurato un servizio per l'assistenza delle vittime di atti di bullismo e cyberbullismo mediante il numero pubblico emergenza infanzia 114, accessibile gratuitamente e attivo nell'intero arco delle ventiquattro ore. Tale servizio è chiamato a:
- fornire alle vittime, ovvero alle persone congiunte o legate a esse da relazione affettiva, un servizio di prima assistenza psicologica e giuridica da parte di personale dotato di adeguate competenze;
- nei casi di urgenza, informare prontamente l'organo di polizia competente degli atti di bullismo e cyberbullismo segnalati.
Il numero 114 - Emergenza infanzia è un servizio di emergenza rivolto a tutti coloro vogliano segnalare una situazione di pericolo e di emergenza in cui sono coinvolti bambini e adolescenti. Il 114 è promosso dal Dipartimento per le politiche della famiglia ed è gestito da SOS Il Telefono Azzurro Onlus, dal 2003, anno della sua istituzione. Il numero, multilingue, è accessibile gratuitamente sia da telefonia fissa che da mobile su tutto il territorio italiano, 365 giorni all’anno, 24 ore su 24, al quale chiunque può rivolgersi per segnalare situazioni di disagio o pericolo riguardanti l’infanzia e l’adolescenza. Il servizio fornisce consulenza multi-disciplinare, di natura psicologica, psicopedagogica, legale e sociologica, e offre un collegamento in rete con le istituzioni e le strutture territoriali competenti in ambito sociale, giudiziario e di pubblica sicurezza, seguendo un modello multiagency.
Nell'ambito dell'applicazione informatica offerta gratuitamente dal servizio 114, si prevede inoltre una specifica area dotata di una funzione di geolocalizzazione, attivabile previo consenso dell'utilizzatore, nonché di un servizio di messaggistica istantanea (comma 2).
Articolo 8
(Rilevazione statistica)
L'articolo 8, al fine di contrastare il fenomeno del bullismo, in tutte le sue manifestazioni, con azioni di carattere preventivo, prevede che l'Istituto nazionale di statistica, nell'ambito delle proprie risorse e competenze istituzionali, assicuri lo svolgimento di una rilevazione con cadenza triennale sugli atti di bullismo che ne misuri le caratteristiche fondamentali e individui i soggetti più esposti al rischio.
Sul punto si rammenta che l’Istat è stata recentemente audita su questo tema dalla Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza: una prima volta nel marzo 2019 nel corso dei lavori della Commissione in merito all’Indagine conoscitiva su bullismo e cyberbullismo; la seconda nel giugno del 2020 in merito all’Indagine conoscitiva sulle forme di violenza fra i minori e ai danni di bambini e adolescenti. In entrambe le occasioni, i dati più rilevanti forniti sul bullismo provengono da una Statistica Report “Comportamenti offensivi e violenti tra i giovanissimi: bullismo” diffusa dall’Istat nel dicembre del 2015.
Nella memoria scritta consegnata in occasione della prima audizione, il Presidente dell’Istituto ha fornito alcune riflessioni preliminari sulla definizione del fenomeno e una serie di informazioni a disposizione dell’Istituto provenienti da diverse fonti, per concludere con una illustrazione delle prospettive future sulla misurazione di bullismo e cyberbullismo e sulle sfide poste dalla valutazione quantitativa del fenomeno. In occasione della seconda audizione, nella memoria scritta consegnata alla Commissione, sono state tracciate alcune considerazioni finali sui temi del bullismo e del cyderbullismo, misurati attraverso le indagini Istat “Aspetti della vita quotidiana” e “L’integrazione delle seconde generazioni”.
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Articolo 9
(Clausola di invarianza finanziaria)
L'articolo 9 reca la clausola di invarianza finanziaria, prevedendo che, salvo quanto previsto dagli artt. 4, commi 2 e 3, e 6, che recano specifiche norme di copertura, dall’attuazione della legge non debbano derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che le amministrazioni provvedano agli adempimenti di cui alla legge medesima nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Articolo 1
(Modifiche alla legge 29 maggio 2017, n. 71)
L’articolo 1 interviene sulla legge n. 71 del 2017, che ha dettato disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo.
In particolare, le disposizioni in esame:
· modificano l’articolo 1 della legge 71/2017, estendendo l’ambito di applicazione della legge anche al cyberbullismo e ai soggetti esercenti la responsabilità genitoriale, e inserendo una specifica definizione del “bullismo”;
· sostituiscono integralmente l’articolo 3 della medesima legge, relativo al Piano di azione integrato, nel senso sia di inserire il riferimento, in relazione al tavolo tecnico ivi previsto - e nel resto dell’articolo, come al comma 6 relativamente alla relazione da inviare al Parlamento - del fenomeno del bullismo oltre che di quello del cyberbullismo, sia di prevedere - nella composizione di tale tavolo, che ora viene insediato presso il Ministero dell’istruzione e del merito (anziché presso la Presidenza del Consiglio dei ministri) - la presenza di esperti dotati di specifiche competenze in campo psicologico, pedagogico e delle comunicazioni sociali telematiche, nominati dal Ministero dell'istruzione e del merito (comma 1). Si ricorda che il tavolo redige un piano di azione integrato per il contrasto e la prevenzione del bullismo e del cyberbullismo. Si prevede, inoltre, che tale tavolo tecnico sia non più solo coordinato dal Ministero dell’istruzione - come finora previsto - bensì presieduto dal Ministro dell’istruzione e del merito (comma 2). Si segnala, poi, che viene previsto che sia il Ministero dell'istruzione e del merito, in collaborazione con l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni – e non più la Presidenza del Consiglio - a predisporre periodiche campagne informative di prevenzione e di sensibilizzazione sui fenomeni del bullismo e del cyberbullismo (comma 5). Si segnala, infine, che viene autorizzata, ai fini della copertura degli oneri di cui al comma 5 per la predisposizione di periodiche campagne informative di prevenzione e di sensibilizzazione sui fenomeni del bullismo e del cyberbullismo, la spesa di 150 mila euro annui, a decorrere dal 2023, incrementando quella attualmente vigente pari a 50 mila euro annui (lettera b)).
· modificano l’articolo 4, relativo alle linee di orientamento che deve emanare il Ministero dell’istruzione per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo, estendendo anche in questo caso il campo d’applicazione di questo strumento alla prevenzione e al contrasto del bullismo (comma 1). Prevede, inoltre, con l’introduzione di un nuovo comma, che ogni istituto scolastico, nell'ambito della propria autonomia e in conformità alle linee di orientamento, adotti un codice interno per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni del bullismo e del cyberbullismo e istituisca un tavolo permanente di monitoraggio del quale fanno parte rappresentanti degli studenti, degli insegnanti, delle famiglie ed esperti di settore le linee di orientamento, così integrate, debbano essere recepite da ogni istituto scolastico (comma 2-bis). Si segnala che, al comma 2 dell’art. 4, residua un riferimento all’ex Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (lettera c));
· intervengono sull’articolo 5, che attualmente impone al dirigente scolastico, in caso di episodi di cyberbullismo in ambito scolastico che non costituiscano reato, di informare tempestivamente i genitori (o i tutori) dei minori coinvolti e di attivare adeguate azioni educative (comma 1). La riforma prevede, oltre a ricomprendere gli episodi di bullismo, un comma aggiuntivo, il quale dispone che, ove, dopo le comunicazioni del dirigente scolastico, i soggetti esercenti la responsabilità genitoriale omettano di assumere le iniziative educative necessarie e i minori coinvolti reiterino le condotte di bullismo e di cyberbullismo, il dirigente stesso ne dia notizia al pubblico ministero presso il tribunale per i minorenni competente per territorio, per l'adozione delle iniziative necessarie anche ai sensi degli articoli 330 e 333 del codice civile (lettere d) ed e)).
· infine, sostituiscono l’attuale titolo della legge, rinominandolo «Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni del bullismo e del cyberbullismo» (lettera f)).
Gli articoli da 2 a 5 sono dedicati alla regolazione di aspetti tecnici riferiti ai siti Internet.
Più nel dettaglio, l’articolo 2 è volto a prescrivere – nel comma 1 - che ogni sito Internet debba avere un amministratore responsabile, che sia individuato tra soggetti in possesso di requisiti stabiliti con regolamento dell’AGCom. La figura del responsabile del sito ha lo scopo di assicurare la libera, trasparente e responsabile utilizzazione della rete.
Si ricorda che la nozione di sito Internet è piuttosto generica. In via di approssimazione, infatti, possono individuarsi:
- siti di soggetti che esercitano un controllo sulle proprie pagine (il sito di un ente pubblico, di un’impresa commerciale, di un’associazione, eccetera);
- siti che fungono da servizio per contenuti altrui (i c.d. provider: per esempio, i motori di ricerca, Youtube, Facebook, eccetera);
- siti che – senza essere provider – producono contenuti propri ma consentono l’inserimento di messaggi pubblici degli utenti (per esempio: commenti, likes, eccetera).
L’art. 2, comma 1, della proposta n. 891 appare quindi tesa a recepire nella più generale comunicazione on line principi analoghi a quelli vigenti per la stampa (art. 57 c.p. e legge n. 47 del 1948) che vigono – secondo taluna giurisprudenza (v. Cassazione, sez. V penale, 11 dicembre 2017, n. 13398) - anche per le testate on line di giornali cartacei registrati.
In pratica, la proposta intende identificare un soggetto responsabile per il sito Internet in quanto tale, superando così le incertezze che invece sussistono in argomento, anche in ragione della disciplina prevista nel decreto legislativo n. 70 del 2003, il quale esclude un obbligo generale di sorveglianza (art. 17) nonché – a determinate condizioni - la responsabilità per:
il mero trasporto (art. 14);
la memorizzazione temporanea (catching) (art. 15);
la memorizzazione d’informazioni (hosting) (art. 16).
La materia è stata oggetto di numerose pronunzie giurisdizionali.
In sede di Consiglio d’Europa, sono degne di nota le sentenze della Corte europea dell’uomo:
Delfi c. Estonia del 16 giugno 2015, nella quale un sito Internet è stato ritenuto responsabile di contenuti offensivi caricati da terzi;
Magyar Tartalomszolgáltatók c. Ungheria del 2 febbraio 2016, in cui viceversa è stata accertata la violazione dell’art. 10 CEDU (libertà di espressione) a carico dell’Ungheria per avere condannato un sito Internet per i commenti apparsi a opera di utenti;
Magyar Jeti Zrt c. Ungheria del 4 dicembre 2018, in cui – analogamente – l’Ungheria è stata condannata per violazione dell’art. 10 CEDU, in ragione delle condanne inflitte a una testata on line per aver inserito un link a un altro sito;
Standard Verlagsgellschaft c. Austria n. 3 del 7 dicembre 2021, in cui a carico dell’Austria è stata accertata la violazione dell’art. 10 CEDU per avere costretto una testata giornalistica on line a rivelare dati idonei a risalire all’identità di commentatori, i cui post erano stati ritenuti offensivi da un partito politico.
Per l’Unione europea, v., per esempio, la sentenza della Corte di giustizia del Lussemburgo, sez. V, 2 aprile 2020, n. 567.
Per l’Italia, le pronunzie intervenute paiono esprimere un prevalente indirizzo nel senso di escludere la responsabilità, a patto che il gestore del sito:
• non intervenga sui contenuti medesimi (cioè non diventi “attivo”) e, comunque,
• non sia informato della loro natura illecita (vuoi perché offensiva, vuoi perché in violazione del diritto d’autore o - ancora – perché costituente pratica commerciale scorretta: v., tra le tante, Corte di cassazione, sez. III penale, 17 dicembre 2013, n. 5107; Corte di cassazione, sez. I civile, 19 marzo 2019, n. 7708; Consiglio di Stato, sez. VI, 17 febbraio 2020, n. 1217; tribunale civile di Roma, 20 gennaio 2021; proprio di recente (il 2 marzo 2023) – peraltro – risulta emanata una sentenza del tribunale civile di Milano che ha ritenuto Meta – id est: Facebook – responsabile di diffamazione nei riguardi di dirigenti della società Snaitech per non aver rimosso un commento offensivo).
Nel comma 2 dell’art. 2 della proposta n. 891, si stabilisce che l’amministratore responsabile deve predisporre nella pagina principale del sito una sezione dedicata e facilmente individuabile e un indirizzo PEC, che consentano una comunicazione certa ed efficace tra gli utenti e l’amministratore responsabile.
Nel comma 3, sono previsti ulteriori specifici obblighi dell’amministratore responsabile del sito, tra cui quelli di:
• fornire alle autorità competenti in materia di prevenzione e contrasto del cyberbullismo le informazioni che consentano l'identificazione dell'utente dei suoi servizi, al fine di individuare e prevenire attività illecite;
• rimuovere, entro 96 ore dalla pubblicazione, contenuti illeciti o gravemente lesivi della dignità della persona che siano segnalati o di cui sia venuto a conoscenza;
• ad adottare gli strumenti di filtraggio di contenuti offensivi della dignità e gli altri standard tecnologici individuati con proprio regolamento dall'AGCom.
Nel comma 4 sono previste sanzioni amministrative per la violazione delle menzionate disposizioni, irrogate dalla medesima AGCom.
A sua volta, l’articolo 3 della proposta n. 891 prevede misure interdittive per gli utenti che si rendano responsabili di condotte illecite o gravemente lesive della dignità delle persone. Viene stabilito che, nei confronti di tali utenti, i fornitori di servizi di comunicazione elettronica adottino misure adeguate, proporzionate ed effettive per interdire, su richiesta dell'autorità giudiziaria, l'accesso e la consultazione di siti Internet. A tal fine l’AGCom – d’intesa con il Garante per i dati personali – adotta un apposito regolamento. Anche in questo caso, la violazione degli adempimenti da parte degli operatori è sanzionata sul piano amministrativo.
Nel capo III della proposta di legge n. 891 sono poi collocate disposizioni sulla tutela dei minori.
L’articolo 4, in particolare, contempla obblighi per gli operatori telefonici, stabilendo che i contratti degli utenti stipulati con i fornitori di servizi di comunicazione e di informazione offerti mediante reti di comunicazione elettronica (di cui all’art. 70 – oggi, peraltro, art. 98-quaterdecies - del decreto legislativo n. 259 del 2003, codice delle comunicazioni elettroniche) devono espressamente richiamare le disposizioni di cui all'articolo 2048 del codice civile in materia di responsabilità dei genitori per i danni cagionati dai figli minori, in conseguenza di atti illeciti posti in essere attraverso l'uso della rete. La disposizione è volta – evidentemente – a sollecitare negli adulti che acquistano apparecchi cellulari per i figli una maggiore vigilanza sull’uso che questi ne facciano, collegandosi a Internet.
L’articolo 5 – a sua volta – prevede che la Presidenza del Consiglio dei ministri promuova periodiche campagne informative di prevenzione e di sensibilizzazione sull'uso consapevole di Internet e sui suoi rischi.
La Presidenza del Consiglio si dovrà avvalere dei principali mezzi di informazione, degli organi di comunicazione e di stampa nonché di soggetti privati e tale attività avrà lo scopo di assicurare adeguate forme di pubblicità ai sistemi di controllo parentale ovvero di filtro di contenuti inappropriati.
Art. 6.
(Numero telefonico gratuito nazionale)
L’articolo 6 dispone l’istituzione, presso il Dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei ministri, di un servizio per l'assistenza delle vittime di atti di bullismo e di cyberbullismo. Il servizio consiste in un numero telefonico nazionale, accessibile gratuitamente e attivo nell'intero arco delle ventiquattro ore, con i seguenti compiti:
fornire alle vittime un servizio di prima assistenza psicologica e giuridica da parte di personale dotato di adeguate competenze (comma 1, lett. a));
nei casi di urgenza, informare prontamente l'organo di polizia competente degli atti di bullismo e di cyberbullismo segnalati (comma 1, lett. b)).
In proposito si ricorda che presso il Dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei ministri è attivo dal 2003 il numero 114 - Emergenza infanzia, un servizio di emergenza in grado di attivare una rete di intervento e supporto per le segnalazioni di una situazione di pericolo in cui sono coinvolti bambini e adolescenti.
Il servizio, gestito dal suo avvio da SOS-Telefono Azzurro Onlus, si sostanzia nella possibilità di chiamare un numero multilingue, accessibile gratuitamente sia da telefonia fissa che da mobile su tutto il territorio italiano, ogni giorno dell’anno, h24, per segnalare situazioni di disagio o pericolo riguardanti l’infanzia e l’adolescenza.
Il servizio fornisce consulenza multi-disciplinare, di natura psicologica, psicopedagogica, legale e sociologica, e offre un collegamento in rete con le istituzioni e le strutture territoriali competenti in ambito sociale, giudiziario e di pubblica sicurezza, seguendo un modello multiagency, basato cioè su una metodologia di indagine clinica e psico-sociale.
Articolo 1
(Introduzione nel codice penale dei reati di bullismo e cyberbullismo)
L’articolo 1 reca l’introduzione dell’art. 612-bis.1 c.p. volto a prevedere i reati di bullismo e cyberbullismo.
Il primo comma dell’art. 612-bis.1 definisce la fattispecie di reato e la relativa pena.
In particolare la norma punisce chiunque, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con condotte reiterate, mediante, violenza, atti ingiuriosi, denigratori o diffamatori o ogni altro atto idoneo, intimidisce, minaccia o molestai taluno, in modo da porlo in stato di grave soggezione psicologica ovvero da isolarlo dal proprio contesto sociale.
Per la configurazione della fattispecie di reato sono dunque necessari:
- l’intimidazione, minaccia o molestia mediante violenza, atti ingiuriosi, denigratori o diffamatori;
- la reiterazione della condotta;
- la determinazione, quale conseguenza della condotta, di uno stato di grave soggezione psicologica o dell’isolamento sociale della persona offesa.
La pena prevista è la reclusione da uno a sette anni.
Si ricorda che l’art. 612-bis c.p. (Atti persecutori) punisce con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi, salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di una persona legata da relazione affettiva ovvero da costringere a cambiare le proprie abitudini di vita.
Il secondo comma punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni chiunque, trovandosi nella possibilità di impedire o denunciare i fatti di cui al primo comma, non si avvale di tale possibilità.
La norma, pertanto, pone in primo luogo un obbligo di impedire l’evento a carico di chiunque si trovi nella possibilità di farlo.
Per quanto concerne l’obbligo di impedire l’evento si ricorda che, ai sensi dell’art. 40, secondo comma, c.p. non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo. La disposizione recata dalla proposta di legge in commento sembra introdurre una deroga alla predetta norma del codice penale, in quanto prevede, per chi non abbia impedito l’evento, una pena diversa, e più mite, rispetto a quella stabilita per la fattispecie principale
Inoltre la medesima disposizione introduce l’obbligo di denunciare i fatti per chiunque si trovi nella possibilità di farlo.
Si ricorda che l’art. 331, comma 1, c.p.p. prevede l’obbligo di denuncia per i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio che, nell’esercizio o a causa delle loro funzioni, abbiano notizia di un reato perseguibile d’ufficio. L’omessa denuncia da parte del pubblico ufficiale è punita dall’art. 331 c.p. con la multa da 30 a 516 euro.
Per quanto concerne la denuncia da parte di privati, l’art. 333, comma 1, c.p.p. rinvia alla legge la determinazione dei casi in cui la denuncia è obbligatoria.
Attualmente, l’art. 364 c.p. prevede l’obbligo di denuncia da parte del cittadino dei delitti contro la personalità dello Stato per i quali la legge prevede la pena dell’ergastolo e sanziona l’omessa denuncia con la reclusione fino a un anno e con la multa da 103 a 1.032 euro.
L’art. 1 del DL 8/1991 prevede, inoltre, un obbligo di denuncia a carico di chi venga a conoscenza di atti, fatti o circostanze concernenti il delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione e punisce l’omessa denuncia con la reclusione fino a tre anni (la norma non si applica ai prossimi congiunti della persona offesa).
Con riguardo all’obbligo di denuncia andrebbe valutata l’opportunità di fare riferimento a chiunque sia venuto a conoscenza dei fatti, anziché a chiunque si trovi nella possibilità di farlo.
Il terzo comma prevede che, qualora i fatti di cui al primo comma siano commessi mediante la rete internet o la rete di telefonia mobile, si applichi la pena della reclusione da due a otto anni.
Il quarto comma prevede una circostanza aggravante, per effetto della quale la pena di cui al primo comma è aumentata di un terzo, se il fatto è commesso dal coniuge, anche se legalmente separato o divorziato, da un convivente o da persona che sia o sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa.
La circostanza aggravante è mutuata da quella prevista dal secondo comma dell’art. 612-bis c.p. Per il delitto di atti persecutori; se ne discosta, tuttavia, in quanto l’art. 612-bis prevede l’aumento della pena fino a un terzo (ex art. 64 c.p.), mentre la proposta in commento prevede l’aumento nella misura fissa di un terzo. Inoltre, l’art. 612-bis fa riferimento al coniuge anche “anche separato o divorziato”, mentre la proposta in commento fa riferimento al coniuge “anche se legalmente separato o divorziato”.
Stando alla formulazione del testo, la circostanza aggravante di cui al quarto comma si applica alla fattispecie di bullismo di cui al primo comma ma non anche a quella di cyberbullismo cui al terzo comma (fatti commessi mediante la rete internet o la rete di telefonia mobile).
Il quinto comma prevede un’ulteriore circostanza aggravante, che comporta l’aumento della pena fino alla metà (circostanza a effetto speciale) se il fatto è commesso da tre o più persone riunite o a danno di un minore o di una persona con disabilità di cui all’art. 3 L. 104/1992 o di una donna in stato di gravidanza.
L’art. 612-bis, terzo comma, c.p. prevede un’analoga circostanza aggravante del delitto di atti persecutori qualora sia commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’art. 3 L. 104/1992 ovvero con armi o da persona travisata.
Ai sensi dell’art. 3, comma 1, della L. 104/1992 “E' persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione”
Il sesto comma prevede che il delitto sia punibile a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di dodici mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale.
Si tratta di una disposizione parzialmente analoga a quella recata dall’art. 612-bis c.p. per il delitto di atti persecutori, il quale prevede che il delitto sia punibile a querela, che il termine per la proposizione della stessa sia di sei mesi possa essere soltanto processuale.
La remissione processuale, ai sensi dell’art. 340 c.p.p., può essere fatta personalmente o a mezzo di procuratore speciale con dichiarazione ricevuta dall’autorità procedente o da un ufficiale di polizia giudiziaria.
Si procede tuttavia d’ufficio se il delitto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.
L’articolo 2 interviene sull’art. 731 c.p. (Inosservanza dell’obbligo di istruzione dei minori), prevedendo l’inasprimento della pena prevista (si prevede la pena dell’ammenda da euro 500 a euro 2000, mentre il testo vigente prevede l’ammenda fino a 30 euro).
Si tratta di una disposizione che, eccezion fatta per l’entità della pena, risulta analoga a quella di cui all’art. 2 della proposta di legge AC 536 (si rinvia, pertanto, alla relativa scheda di lettura).
L’articolo 3 della proposta di legge AC 910, composto di 4 commi, prevede una delega legislativa al Governo per l'adozione di disposizioni in materia di prevenzione e contrasto del bullismo e del cyberbullismo.
Nel dettaglio, il comma 1 dispone che, al fine di prevenire e contrastare i fenomeni del bullismo e del cyberbullismo in tutte le loro manifestazioni, in particolare con azioni di carattere preventivo e con una strategia di attenzione e tutela nei confronti dei minori, vittime o responsabili degli illeciti, il Governo sia delegato ad emanare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della proposta di legge, uno o più decreti legislativi volti a:
a) promuovere iniziative tese a prevedere un servizio di sostegno psicologico agli studenti presso le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, anche al fine di favorire lo sviluppo e la formazione della personalità degli studenti medesimi nonché di prevenire fattori di rischio o situazioni di disagio, attraverso il coinvolgimento delle famiglie;
Si ricorda, a tale proposito, che la legge di bilancio 2022 (legge n. 234 del 2021), ha incrementato il Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche statali istituito dall’art. 1, comma 601, della L. 296/2006, di 20 milioni di euro per il 2022, al fine di garantire nelle stesse assistenza e supporto psicologici. L’incremento è stato destinato a supportare il personale delle istituzioni scolastiche statali, gli studenti e le famiglie attraverso servizi professionali per l’assistenza e il supporto psicologici in relazione alla prevenzione e al trattamento dei disagi e delle conseguenze derivanti dall’emergenza epidemiologica da COVID-19 (art. 1, commi 697 e 698).
b) prevedere, nei casi più gravi ovvero se si tratti di condotte reiterate o, comunque, quando le iniziative di carattere educativo adottate dall'istituzione scolastica non abbiano prodotto esito positivo, il coinvolgimento da parte del dirigente scolastico dei rappresentanti dei servizi sociali e sanitari al fine di predisporre percorsi personalizzati per l'assistenza alle vittime di atti di bullismo e cyberbullismo e per l'accompagnamento rieducativo degli autori degli atti medesimi, ovvero riferire alle autorità competenti anche per l'eventuale attivazione delle misure rieducative di cui all'art. 25 del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404 (L. 835/1935) che, nell’ambito del testo normativo che ha istituito il Tribunale per i minorenni, reca le misure applicabili ai minori irregolari per condotta o per carattere.
Si ricorda che il citato art. 25 del RDL 1404/1934 – modificato, da ultimo, dall'art. 31, comma 1, lett. f), D.Lgs. n. 149 del 2022, a decorrere dal 18 ottobre 2022, prevede che quando un minore degli anni 18 da manifeste prove di irregolarità della condotta o del carattere, il procuratore della Repubblica, l'ufficio di servizio sociale minorile, i genitori il tutore, gli organismi di educazione, di protezione e di assistenza dell'infanzia e dell'adolescenza, possono riferire i fatti al tribunale per le persone, per i minorenni e per le famigli, il quale, a mezzo di uno dei suoi componenti all'uopo designate dal presidente, esplica approfondite indagini sulla personalità del minore, e dispone con decreto motivato una delle seguenti misure:
1) affidamento del minore al servizio sociale minorile;
2) collocamento in una casa di rieducazione od in un istituto medico-psico-pedagogico.
Il provvedimento è deliberato in Camera di consiglio con l'intervento del minore, dell'esercente la patria potestà o la tutela, sentito il pubblico ministero. Nel procedimento è consentita l'assistenza del difensore. Le spese di affidamento o di ricovero, da anticiparsi dall'Erario, sono a carico dei genitori. In mancanza dei genitori sono tenuti a rimborsare tali rette gli esercenti la tutela, quando il patrimonio del minore lo consente.
c) “apportare le opportune modifiche” al regio decreto-legge 1404/1934 (cd. “legge minorile”) “in materia di misure rieducative del minore che dia prove di irregolarità della condotta o del carattere, ovvero tenga condotte aggressive, anche in gruppo, nei confronti di persone, animali o cose ovvero lesive della dignità altrui”. Con particolare riguardo alle “opportune modifiche” andrebbe valutata l’opportunità di specificare maggiormente i princìpi e i criteri direttivi per l’esercizio della delega.
La disposizione sembra fare riferimento all’art. 25 della legge minorile (si veda il relativo approfondimento nella scheda relativa all’art. 4 della proposta di legge A.C. 536).
d) promuovere le condizioni per assicurare l'emersione di episodi riconducibili ai fenomeni del bullismo e del cyberbullismo, di situazioni di uso o abuso di alcool o di sostanze stupefacenti e di forme di dipendenza nell'ambito delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado;
e) predisporre piattaforme di formazione e di monitoraggio destinate alle scuole, al fine di prevenire e contrastare i fenomeni di bullismo e cyberbullismo, nonché moduli di formazione specifici, anche relativi all'educazione all'intelligenza emotiva, che mirino a sviluppare relazioni positive tra pari e a promuovere rapporti interpersonali ispirati al rispetto e all'uso di forme di comunicazione non violente;
Si ricorda che una piattaforma nazionale di monitoraggio e di e-learning – che svolge proprio le funzioni richieste dalla proposta di legge - è già attualmente operativa: si tratta della Piattaforma Elisa.
A seguito dell’entrata in vigore della legge n. 71 del 2017, recante “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo” e dell’emanazione, ad ottobre 2017, delle Linee di orientamento per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo, il dicastero dell’istruzione si è impegnato nell’attuazione di un piano nazionale di formazione dei docenti referenti per il contrasto del bullismo e del cyberbullismo.
È stata conseguentemente realizzata, in collaborazione con il dipartimento di formazione, intercultura, lingue, letterature e psicologia dell’università di Firenze, la Piattaforma ELISA (E-learning degli insegnanti sulle strategie antibullismo), presentata nel corso della seconda edizione della Fiera Didacta Italia il 19 ottobre 2018.
La Piattaforma ELISA si suddivide in due sezioni, dedicate, rispettivamente:
- ai corsi in e-learning, sia teorici che pratici. Questa sezione è rivolta ai docenti referenti per il bullismo e il cyberbullismo, individuati da ogni scuola, fino ad un massimo di due ed è finalizzata a consentire l’acquisizione delle competenze psicopedagogiche e sociali per la prevenzione del disagio giovanile;
- al monitoraggio. Questa sezione è rivolta a tutte le scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado del territorio nazionale. Ogni scuola può accedere periodicamente a survey nazionali on line, da far compilare a studenti, docenti e dirigenti scolastici per valutare l’estensione dei fenomeni fra gli studenti e la percezione degli stessi da parte di docenti e dirigenti scolastici, ricevendo un report personalizzato.
f) prevedere l'istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche della famiglia di un servizio per l'assistenza delle vittime di atti di bullismo e cyberbullismo mediante il numero pubblico «Emergenza infanzia 114», accessibile gratuitamente e attivo nell'intero arco delle ventiquattro ore;
In proposito, si ricorda che presso il Dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei ministri è attivo dal 2003 il numero 114 - Emergenza infanzia, un servizio di emergenza in grado di attivare una rete di intervento e supporto per le segnalazioni di una situazione di pericolo in cui sono coinvolti bambini e adolescenti. Il servizio, gestito dal suo avvio da SOS-Telefono Azzurro Onlus, si sostanzia nella possibilità di chiamare un numero multilingue, accessibile gratuitamente sia da telefonia fissa che da mobile su tutto il territorio italiano, ogni giorno dell’anno, h24, per segnalare situazioni di disagio o pericolo riguardanti l’infanzia e l’adolescenza.
g) rilevare, mediante statistiche periodiche condotte dall'Istituto nazionale di statistica, gli atti di bullismo e cyberbullismo, al fine di misurarne le caratteristiche fondamentali e di individuare i soggetti più esposti al rischio;
Si rileva che l’Istat ha già prodotto rilevazioni sul fenomeno in oggetto. Si ricorda in particolare, l’audizione svolta dal presidente dell’Istituto, il 27 marzo 2019, presso la Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza, nell’ambito dell’indagine conoscitiva svolta su bullismo e cyberbullismo. Qui il testo della relazione del presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo.
Qui il testo del documento conclusivo dell’indagine conoscitiva, approvato dalla Commissione il 29 ottobre 2019.
h) stanziare le necessarie risorse finanziarie, anche attraverso l'istituzione di uno specifico Fondo, al fine di dare attuazione e di potenziare le misure previste dalla presente legge.
A tale proposito, si ricorda che la legge di bilancio 2022 (legge n. 234 del 2021), ha istituito, presso l’attuale Ministero dell'istruzione e del merito, il Fondo permanente per il contrasto del fenomeno del cyberbullismo, con una dotazione di 2 milioni di euro per il 2022 (art. 1, commi 671-674)
Ai sensi del comma 2, i decreti legislativi di cui sopra sono adottati su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dell'istruzione e del merito.
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In base al comma 3, lo schema di ciascun decreto legislativo è trasmesso alle Camere per l'espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che si pronunciano nel termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale il decreto legislativo può essere comunque adottato.
Ai sensi del comma 4, infine, entro un anno dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui sopra, il Governo può adottare, con la stessa procedura e nel rispetto dei medesimi princìpi e criteri direttivi di cui al presente articolo, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive.