Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Bilancio
Titolo: Legge di bilancio 2023 - Volume I - Articoli 1-92
Riferimenti: AC N.643-bis/XIX
Serie: Progetti di legge   Numero: 9/Volume I
Data: 01/12/2022
Organi della Camera: V Bilancio

LEGGE DI

BILANCIO 2023

A.C. 643-bis

Volume I

Articoli 1-92

1° dicembre 2022

 

 

 

 

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Dossier n. 18 - Volume I

 

 

 

 

 

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Progetti di legge n. 9 - Volume I

 

 

 

 

Il presente dossier è articolato in tre volumi:

§  Volume I - Articoli 1-92;

§  Volume II – Articoli 93-174;

§  Volume III – Stati di previsione dei Ministeri

 

 

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I N D I C E

 

 

PARTE I - SEZIONE I - MISURE QUANTITATIVE PER LA REALIZZAZIONE DEGLI OBIETTIVI PROGRAMMATICI

TITOLO I – RISULTATI DIFFERENZIALI DEL BILANCIO DELLO STATO

Articolo 1 (Risultati differenziali bilancio dello Stato). 7

TITOLO II – MISURE IN MATERIA DI ENERGIA ELETTRICA, GAS NATURALE E CARBURANTI

Articolo 2 (Contributo straordinario, sotto forma di credito d'imposta, a favore delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale). 9

Articolo 3 (Azzeramento degli oneri generali di sistema nel settore elettrico per il primo trimestre 2023). 19

Articolo 4, comma 1 (Riduzione dell’imposta sul valore aggiunto e degli oneri generali nel settore del gas per il primo trimestre 2023). 23

Articolo 4, comma 2 (Riduzione degli oneri generali nel settore del gas per il primo trimestre 2023)  25

Articolo 5 (Misure in materia di bonus sociale elettrico e gas). 28

Articolo 6 (Fiscalizzazione oneri generali di sistema impropri -  attuazione obiettivo M1C2-7 PNRR). 30

Articolo 7 (Misure di contenimento delle conseguenze derivanti dagli aumenti dei prezzi nel settore del gas naturale). 37

Articolo 8 (Contributi per maggiore spesa per energia e gas in favore degli enti territoriali)  38

Articolo 9 (Attuazione del Regolamento (UE) 2022/1854 del Consiglio del 6 ottobre 2022, relativo a un intervento di emergenza per far fronte ai prezzi elevati dell'energia)  40

Articolo 10 (Riduzione dei consumi di energia elettrica). 43

Articolo 11 (Estensione credito di imposta per l’acquisto di carburanti per l’esercizio dell’attività agricola e della pesca). 45

TITOLO III – MISURE FISCALI

Capo I Riduzione della pressione fiscale

Articolo 12 (Regime forfettario). 52

Articolo 13 (Tassa piatta incrementale). 54

Articolo 14 (Detassazione delle mance percepite dal personale impiegato nel settore ricettivo e di somministrazione di pasti e bevande). 56

Articolo 15 (Riduzione dell’imposta sostitutiva applicabile ai premi di produttività dei lavoratori dipendenti) 58

Articolo 16 (Differimento delle disposizioni relative a sugar tax e plastic tax). 60

Articolo 17 (Aliquota IVA per prodotti dell’infanzia e per la protezione dell’igiene intima femminile). 62

Articolo 18 (Proroga per il 2023 delle agevolazioni per l’acquisto prima casa per under 36)  65

Articolo 19 (Norma imposta sostitutiva AVS-LPP SVIZZERA). 71

Articolo 20 (Proroga esenzione IRPEF redditi dominicali e agrari). 73

Articolo 21 (Esenzione IMU su immobili occupati). 75

Capo II Disposizioni in materia di entrate

Articolo 22 (Disposizioni in materia di indeducibilità dei costi derivanti da operazioni intercorse con imprese localizzate in Paesi o territori non cooperativi a fini fiscali)  77

Articolo 23 (Imposta sostitutiva sulle riserve di utili). 83

Articolo 24 (Disposizioni in materia di tassazione delle plusvalenze realizzate da soggetti esteri). 89

Articolo 25 commi 1-6 (Assegnazione agevolata ai soci). 92

Articolo 25 comma 7 (Estromissione dei beni delle imprese individuali). 96

Articolo 26 (Rideterminazione dei valori di acquisto dei terreni e partecipazioni)  97

Articolo 27 (Affrancamento quote di OICR e polizze assicurative). 100

Articolo 28 (Contributo di solidarietà temporaneo per il 2023). 104

Articolo 29 (Accisa tabacchi). 108

Articolo 30 (Proroga della scadenza delle concessioni per l’esercizio e la raccolta di giochi pubblici). 112

Articoli 31-35 (Norme in materia di cripto-attività). 114

Articolo 36 (Presidio preventivo connesso all’attribuzione e all’operatività delle partite IVA)  130

Articolo 37 (Vendita di beni tramite piattaforme digitali). 132


 

Capo III Misure di sostegno in favore del contribuente

Articolo 38 (Definizione agevolata avvisi bonari). 134

Articolo 39 (Regolarizzazione irregolarità formali). 138

Articolo 40 (Adesione agevolata e definizione agevolata degli atti del procedimento di accertamento). 140

Articolo 41 (Adesione agevolata e definizione agevolata degli atti del procedimento di accertamento). 144

Articolo 42 (Definizione agevolata delle controversie tributarie). 150

Articolo 43 (Conciliazione agevolata delle controversie tributarie) 157

Articolo 44 (Rinuncia agevolata dei giudizi tributari pendenti in Cassazione) 160

Articolo 45 (Regolarizzazione degli omessi pagamenti di rate dovute a seguito di acquiescenza, accertamento con adesione, reclamo/mediazione e conciliazione giudiziale) 162

Articolo 46 (Stralcio dei debiti fino a mille euro affidati agli agenti della riscossione)  165

Articolo 47 (Definizione agevolata carichi affidati all’agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022). 168

Articolo 48 (Disposizioni in materia di comunicazioni di inesigibilità). 181

Capo IV Altre misure fiscali

Articolo 49 (Implementazione in Italia della c.d. Investment Management Exemption)  184

Articolo 50 (Potenziamento dell’Amministrazione finanziaria). 188

Articolo 51 (Ulteriori disposizioni in materia fiscale). 190

TITOLO IV – LAVORO, FAMIGLIA E POLITICHE SOCIALI

Capo I Lavoro e politiche sociali

Articolo 52 (Esonero parziale dei contributi previdenziali a carico dei lavoratori dipendenti)  192

Articolo 53 (Disposizioni in materia di pensione anticipata). 194

Articolo 54 (Incentivo alla prosecuzione dell'attività lavorativa). 199

Articolo 55 (Ape sociale). 200

Articolo 56 (Opzione donna). 205

Articolo 57 (Esoneri contributivi per assunzioni di determinati soggetti e proroga decontribuzione per imprenditori agricoli). 208


 

Articolo 58 (Disposizioni in materia di perequazione dei trattamenti pensionistici e di incremento transitorio dei trattamenti pensionistici pari o inferiore al minimo)  214

Articolo 59 (Disposizioni di riordino delle misure di sostegno alla povertà e inclusione lavorativa). 218

Articolo 60 (Misure di semplificazione in materia di ISEE). 224

Articolo 61 (Rifinanziamento del fondo sociale per occupazione e formazione e relativi utilizzi) 227

Articolo 62 (Emolumento accessorio una tantum). 232

Articolo 63 (Misure a sostegno del Piano strategico nazionale contro la violenza sulle donne e rifinanziamento del Fondo per le misure anti-tratta). 234

Articolo 64 (Modifiche alla disciplina delle prestazioni occasionali). 236

Capo II Famiglia e disabilità

Articolo 65 (Norme in materia di assegno unico e universale per i figli a carico)  238

Articolo 66 (Congedo parentale). 241

Articolo 67 (Fondo per le periferie inclusive) 243

TITOLO V – CRESCITA E INVESTIMENTI

Capo I Misure per favorire la crescita e gli investimenti

Articolo 68 (Misure per fronteggiare l’aumento del costo dei materiali per le opere pubbliche) 246

Articolo 69 (Mezzi di pagamento). 249

Articolo 70 (Rifinanziamento dei contratti di sviluppo). 251

Articolo 71 (Sostenimento del Registro nazionale degli aiuti di Stato e della piattaforma incentivi.gov.it). 259

Articolo 72 (Proroga dell’operatività transitoria e speciale del Fondo di garanzia per le PMI) 261

Articolo 73 (Proroga del credito d'imposta per le spese di consulenza relative alla quotazione delle PMI). 265

Articolo 74 (Fondo per politiche industriali di sostegno alle filiere produttive del Made in Italy)  267

Articolo 75 (Garanzia a favore di progetti del Green New Deal). 269

Capo II Agricoltura e sovranità alimentare

Articolo 76 (Fondo per la sovranità alimentare). 272

Articolo 77 (Fondo per l’innovazione in agricoltura). 276

Articolo 78 (Agevolazioni per l’acquisto di alimentari di prima necessità). 279

Capo III Infrastrutture e trasporti

Articolo 79 (Disposizioni in materia di revisione prezzi). 280

Articolo 80 (Unificazione degli strumenti residuali di pianificazione e programmazione delle infrastrutture secondo criteri di rendimento). 282

Articolo 81 (Trasporto pubblico locale e trasporto rapido di massa). 290

Articolo 82 (Collegamento stabile, viario e ferroviario tra la Sicilia e il continente) 293

Articolo 83 (Sospensione dell’aggiornamento biennale sanzioni amministrative previsto dal codice della strada). 297

Articolo 84 (Olimpiadi invernali 2026 Milano-Cortina) 299

Articolo 85 (Misure a favore del settore dell’autotrasporto). 305

Articolo 86 (Finanziamento del lotto costruttivo n. 3 della linea ferroviaria Torino-Lione) 306

Articolo 87 (Finanziamento delle tratte nazionali di accesso al tunnel di base della linea ferroviaria Torino-Lione). 309

Articolo 88 (Strada statale 106 Jonica). 311

Articolo 89 (Strade statali sismi 2009 e 2016). 313

Articolo 90 (Strada Statale n. 4 Salaria). 314

Articolo 91 (Corridoio Reno-Alpi). 316

Articolo 92 (Peschiera). 318

 

 


PARTE I - SEZIONE I -
MISURE QUANTITATIVE PER LA REALIZZAZIONE DEGLI OBIETTIVI PROGRAMMATICI

TITOLO I – RISULTATI DIFFERENZIALI
DEL BILANCIO DELLO STATO

Articolo 1
(Risultati differenziali bilancio dello Stato)

 

 

L'articolo 1 fissa, mediante rinvio all'allegato 1, per ciascuno degli anni 2023, 2024 e 2025, i livelli massimi del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario, in termini di competenza e di cassa.

 

In ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 21, comma 1-ter, lettera a) della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009), il comma in esame determina, mediante rinvio all'allegato 1 annesso alla legge di bilancio medesima, i livelli massimi del saldo netto da finanziare, in termini di competenza e di cassa, e del ricorso al mercato finanziario, in termini di competenza, per ciascun anno del triennio di riferimento (2023, 2024 e 2025).

I livelli del ricorso al mercato si intendono al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare prima della scadenza o di ristrutturare passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato.

 

Tabella 1: risultati differenziali                                        (importi in milioni di euro)

 

2023

2024

2025

COMPETENZA

Livello massimo del saldo netto da finanziare, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge

206.000

138.500

116.800

Livello massimo del ricorso al mercato finanziario, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge

516.820

451.968

435.240

CASSA

Livello massimo del saldo netto da finanziare, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge

261.000

180.500

152.500

Livello massimo del ricorso al mercato finanziario, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge

571.831

493.968

471.240

Si rammenta che il saldo netto da finanziare (SNF) è pari alla differenza tra le entrate finali e le spese finali iscritte nel bilancio dello Stato, cioè la differenza tra il totale delle entrate e delle spese al netto delle operazioni di accensione e rimborso prestiti.

Il ricorso al mercato finanziario, invece, rappresenta la differenza tra le entrate finali e il totale delle spese. Esso indica la misura in cui occorre fare ricorso al debito per far fronte alle spese che non sono coperte dalle entrate finali. Tale importo coincide, pertanto, con l’accensione dei prestiti.

 

Si rammenta inoltre che, in ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 21, comma 1-ter, della legge di contabilità e finanza pubblica, i livelli del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario sono determinati dal presente articolo coerentemente con gli obiettivi programmatici del saldo del conto consolidato delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 10, comma 2, della legge di contabilità e finanza pubblica medesima, riguardante i contenuti del Documento di economia e finanza pubblica (DEF). Tali obiettivi per il triennio di riferimento sono stati aggiornati da ultimo lo scorso novembre dalla Nota di aggiornamento al DEF (NADEF) 2022 (cfr. la tavola II.1 a pagina 18 della NADEF 2022), la quale indica un indebitamento netto programmatico pari a -4,5% del PIL nel 2023, -3,7% nel 2024 e -3,0% nel 2025, obiettivi confermati dal successivo Documento programmatico di bilancio 2023.

A tali valori corrispondono, in base alla tavola di "Raccordo tra il saldo netto da finanziare (SNF) programmatico e il conto PA programmatico 2023-2025" contenuta nella relazione tecnica allegata al disegno di legge di bilancio i seguenti valori, in termini di competenza, del saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato: 201 miliardi di euro per l'anno 2023, 134 miliardi per il 2024, 113 miliardi per il 2025. Tali valori sono pertanto coerenti con il livello massimo del saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato di competenza riportati nell'allegato 1 all'articolo in esame.

Su tale percorso programmatico, le Camere si sono espresse favorevolmente con l'approvazione della risoluzione n. 6/00006 del Senato e della risoluzione n. 6/00006 della Camera.


 

TITOLO II – MISURE IN MATERIA DI ENERGIA ELETTRICA, GAS NATURALE E CARBURANTI

Articolo 2
(
Contributo straordinario, sotto forma di credito d'imposta, a favore
delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale
)

 

 

L’articolo 2 riconosce anche nel primo trimestre 2023, elevandone le percentuali, alcuni crediti di imposta già concessi nel 2022 dai decreti-legge n. 4, n. 17, n. 21, n. 50, n. 115, n. 144 e n. 176 del 2022 per contrastare l’aumento dei costi dell’energia elettrica e del gas in capo alle imprese, e da ultimo estesi alle spese relative all’energia e al gas sostenute fino a dicembre 2022.

Si tratta in particolare:

§  del credito d’imposta per le imprese energivore, che viene concesso nella misura del 45% (in luogo del 40%) delle spese sostenute per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nel mese di primo trimestre 2023;

§  del credito d’imposta per imprese dotate di contatori di energia elettrica di specifica potenza disponibile, pari o superiore a 4,5 kW, diverse dalle energivore, che viene attribuito in misura pari al 35% (in luogo del 30 per cento) della spesa sostenuta per l’acquisto della componente energetica, effettivamente utilizzata nel primo trimestre 2023;

§  del credito d’imposta per imprese gasivore, concesso in misura pari al 45% per cento (in luogo del 40%) della spesa sostenuta per l’acquisto del medesimo gas, consumato nel primo trimestre 2023, per usi energetici diversi dagli usi termoelettrici;

§  del credito d’imposta per l’acquisto di gas naturale per imprese non gasivore, pari al 45% (in luogo del 40%) della spesa sostenuta per l’acquisto del medesimo gas, consumato nel primo trimestre 2023, per usi diversi dal termoelettrico.

Le disposizioni in esame regolano le modalità di fruizione dei crediti d’imposta e il regime di cedibilità, tra l’altro fissando al 31 dicembre 2023 i termini per il relativo utilizzo e la relativa cessione.

 

L’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti sulle predette agevolazioni con la circolare 13/E del 2022.

 

Credito d’imposta imprese energivore (comma 1)

Il comma 1 dell’articolo 1 riconosce un contributo straordinario, sotto forma di credito di imposta, alle imprese a forte consumo di energia elettrica, di cui all’elenco per l’anno 2023 pubblicato dalla Cassa per i Servizi Energetici e Ambientali ai sensi del decreto del Ministro dello sviluppo economico 21 dicembre 2017 (comunicato nella Gazzetta Ufficiale n. 300 del 27 dicembre 2017), a condizione che i relativi costi per kWh della componente energia elettrica, calcolati sulla base della media del quarto trimestre 2022 ed al netto delle imposte e degli eventuali sussidi, abbiano subìto un incremento superiore al 30 per cento rispetto al medesimo periodo dell’anno 2019, anche tenuto conto di eventuali contratti di fornitura di durata stipulati dall’impresa.

Per effetto delle norme in esame, l’ammontare dell’agevolazione è pari al 45 % delle spese sostenute per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nel primo trimestre 2023. Le disposizioni in commento, dunque, oltre a prorogare l’agevolazione, ne elevano la misura dal previgente 40 al 45%.

L’agevolazione è riconosciuta anche in relazione alla spesa per l’energia elettrica prodotta dalle imprese energivore e dalle stesse autoconsumata nel primo trimestre 2023. In tal caso l’incremento del costo per kWh di energia elettrica prodotta e autoconsumata va calcolato con riferimento alla variazione del prezzo unitario dei combustibili acquistati ed utilizzati dall’impresa per la produzione della medesima energia elettrica; sempre in tale ipotesi, il credito di imposta è determinato con riguardo al prezzo convenzionale dell’energia elettrica pari alla media, relativa primo trimestre 2023, del prezzo unico nazionale dell’energia elettrica (PUN, ovvero il prezzo di riferimento dell’energia elettrica in Italia acquistata alla borsa elettrica).

 

L’articolo 15 del decreto-legge n. 4 del 2022 ha concesso alle imprese "energivore" che hanno subito un significativo incremento del relativo costo, un contributo straordinario sotto forma di credito di imposta, pari al 20 per cento delle spese sostenute per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nel primo trimestre 2022.

L’articolo 4, comma 1, del decreto legge n. 17 del 2022 ha riconosciuto alle medesime imprese un analogo credito di imposta, originariamente pari al 20 per cento delle spese sostenute per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nel secondo trimestre 2022. L’articolo 5, comma 1, del decreto-legge n. 21 del 2022 ha incrementato dal 20 al 25 per cento la quota delle spese sostenute per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nel secondo trimestre 2022. L’articolo 6, comma 1 del decreto-legge n. 115 del 2022 ha prorogato l’agevolazione al 25 per cento anche nel terzo trimestre 2022. Successivamente l’agevolazione è stata estesa ai mesi di ottobre e novembre 2022 dal decreto-legge n. 144 del 2022 nella misura del 40 per cento e, infine, il decreto-legge n. 176 del 2022 l’ha estesa nella medesima misura del 40 per cento al mese di dicembre 2022.

 

Le imprese a forte consumo di energia elettrica sono identificate, in base alle disposizioni del decreto del Ministro dello sviluppo economico 21 dicembre 2017, come quelle che hanno un consumo medio di energia elettrica, calcolato nel periodo di riferimento, pari ad almeno 1 GWh/anno e che rispettano uno dei seguenti requisiti:

§  operano nei settori dell’Allegato 3 alla Disciplina in materia di aiuti di Stato a favore dell’ambiente e dell’energia 2014-2020 (estrazione di minerali, produzione di oli e grassi, tessitura, produzione di cemento, fabbricazione di componenti elettronici, etc.);

§  operano nei settori dell’Allegato 5 alla Disciplina in materia di aiuti di Stato a favore dell’ambiente e dell’energia 2014-2020 (altri settori minerari e manifatturieri non inclusi nell’allegato 3) e sono caratterizzate da un indice di intensità elettrica positivo determinato, sul periodo di riferimento, in relazione al valore medio triennale del valore aggiunto lordo a prezzi di mercato non inferiore al 20 per cento;

§  non rientrano fra quelle di cui ai precedenti punti a) e b), ma sono ricomprese negli elenchi delle imprese a forte consumo di energia redatti, per gli anni 2013 o 2014, dalla Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA) in attuazione dell’articolo 39 del decreto legge n. 83 del 2012;

 

Di seguito si illustra l’andamento della misura del credito d’imposta in parola, come modificata nel tempo:

 

Destinatari

I trim. 2022
(DL 4/2022)

II trim. 2022
(DL 17 e 21/2022)

III trim. 2022
(DL 115/2022)

Ott. Nov. 2022
(DL 144/2022)

Dic. 2022
(DL 176 /2022)

I trim. 2023
(Art. 2, c. 1 DLB)

Imprese energivore

20%

25%*

25%

40%

40%

45%

 

*Il credito di imposta, originariamente fissato nella misura del 20 per cento per il secondo trimestre 2022 dal decreto-legge n. 17 del 2022, è stato così rideterminato dal decreto-legge n. 21 del 2022.

Credito d’imposta per imprese dotate di contatori di energia elettrica di potenza disponibile pari o superiore a 4,5 kW (comma 2)

Il comma 2 attribuisce alle imprese dotate di contatori di energia elettrica di potenza disponibile pari o superiore a 4,5 kW, diverse dalle imprese energivore, a parziale compensazione dei maggiori oneri effettivamente sostenuti per l’acquisto della componente energia, un contributo straordinario, sotto forma di credito di imposta, pari al 35 per cento (in luogo del previgente 30 per cento) della spesa sostenuta per l’acquisto della componente energetica, effettivamente utilizzata nel primo trimestre dell’anno 2023. Tale acquisto va comprovato mediante le relative fatture. L’agevolazione è concessa qualora il prezzo della stessa, calcolato sulla base della media riferita al quarto trimestre 2022, al netto delle imposte e degli eventuali sussidi, abbia subito un incremento del costo per kWh superiore al 30 per cento del corrispondente prezzo medio riferito al medesimo trimestre dell'anno 2019.

 

L’articolo 3 del decreto-legge n. 21 del 2022 ha concesso alle imprese dotate di contatori di energia elettrica di potenza disponibile pari o superiore a 16,5 kW, diverse dalle imprese a forte consumo di energia elettrica, un contributo straordinario sotto forma di credito di imposta pari originariamente al 12 per cento della spesa sostenuta per l’acquisto della componente energetica, effettivamente utilizzata nel secondo trimestre 2022. L’articolo 2 del decreto-legge n. 50 del 2022 ha elevato la misura del predetto credito innalzando dal 12 al 15 per cento l’importo della spesa agevolabile, riferita al secondo trimestre 2022. Come per le misure di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo, l’agevolazione è stata estesa al terzo trimestre 2022 dall’articolo 6 del decreto-legge n. 115 del 2022.

L’articolo 1, comma 3 del decreto-legge n. 144 del 2022 ha riconosciuto l’agevolazione a un novero diverso e più ampio di imprese, e cioè quelle dotate di contatori di energia elettrica di potenza disponibile pari o superiore a 4,5 kW, altresì elevando l’agevolazione al 30 per cento della spesa sostenuta per l'acquisto della componente energetica, effettivamente utilizzata nei mesi di ottobre e novembre 2022. L’agevolazione spetta, nella medesima misura del 40%, anche per il mese di dicembre 2022 (decreto-legge n. 176 del 2022).

Credito d’imposta per le imprese gasivore (comma 3)

Il comma 1 riconosce alle imprese a forte consumo di gas naturale (cd. gasivore), a parziale compensazione dei maggiori oneri sostenuti per l’acquisto del gas medesimo, un contributo straordinario, sotto forma di credito di imposta, pari al 45 per cento (in luogo della precedente misura del 40 per cento) della spesa sostenuta per l’acquisto del medesimo gas consumato nel primo trimestre solare del 2023, per usi energetici diversi dagli usi termoelettrici.

Il contributo spetta qualora il prezzo di riferimento del gas naturale, calcolato come media, riferita al quarto trimestre 2022, dei prezzi di riferimento del Mercato Infragiornaliero (MI-GAS) pubblicati dal Gestore dei mercati energetici (GME), abbia subito un incremento superiore al 30 per cento del corrispondente prezzo medio riferito al medesimo trimestre dell’anno 2019.

Viene definita “impresa a forte consumo di gas naturale” quella di cui all’elenco per l’anno 2023 pubblicato dalla Cassa per i Servizi Energetici e Ambientali operante in uno dei settori di cui all’allegato 1 al decreto del Ministro della transizione ecologica 21 dicembre 2021, n. 541 (comunicato nella Gazzetta Ufficiale n. 5 del 8 gennaio 2022).

 

L’articolo 15.1 del decreto-legge n. 4 del 2022 (introdotto dal decreto-legge n. 50 del 2022) ha riconosciuto un contributo straordinario, sotto forma di credito di imposta, pari al 10 per cento della spesa sostenuta dalle imprese gasivore per l’acquisto del medesimo gas, consumato nel primo trimestre solare dell’anno 2022. L’articolo 5, comma 1, del decreto-legge n. 17 del 2022 ha riconosciuto alle cosiddette "gasivore", ad analoghe condizioni, un credito di imposta pari al 15 per cento della spesa sostenuta per l’acquisto del medesimo gas, consumato nel secondo trimestre solare dell’anno 2022. L’articolo 5, comma 2, del decreto-legge n. 21 del 2022 ha poi incrementato dal 15 al 20 per cento la quota delle spese sostenute oggetto del contributo straordinario. L’articolo 2, comma 2 del decreto-legge n. 50 del 2022 ha ulteriormente elevato dal 20 al 25 per cento la quota della spesa agevolabile sostenuta per l’acquisto del gas naturale, consumato nel secondo trimestre solare dell’anno 2022. L’agevolazione è stata estesa, nella medesima misura del 25 per cento, anche ai costi sostenuti nel terzo trimestre 2022 dal decreto-legge n. 115 del 2022 (aiuti-bis) e nei mesi di ottobre e novembre 2022, nella misura del 40 per cento, dal decreto-legge n. 144 del 2022. Da ultimo, il decreto-legge n. 176 del 2022 ha esteso l’agevolazione nella misura del 40 per cento al mese di dicembre 2022.

 

Le imprese a forte consumo di gas naturale sono identificate facendo riferimento alle disposizioni del decreto del Ministro della Transizione ecologica 21 dicembre 2021, come quelle che: a) operano nei settori elencati nell’allegato 1 al medesimo decreto; b) che hanno un consumo medio di gas naturale, calcolato per il periodo di riferimento, pari ad almeno 1 GWh/anno (ovvero 94.582 Sm3/anno, considerando un potere calorifico superiore per il gas naturale pari a 10,57275 kWh/Sm3); e c) hanno consumato, nel primo trimestre solare dell’anno 2022, un quantitativo di gas naturale per usi energetici non inferiore al 25 per cento di tale volume di gas naturale (indicato all’articolo 3, comma 1, del medesimo decreto), al netto dei consumi di gas naturale impiegato in usi termoelettrici. Per "periodo di riferimento" si intende, per l’anno di competenza “N” in cui si fruisce dell’agevolazione, il triennio che va da “N-4” a “N-2”, salvo che per le imprese di più recente costituzione. Al riguardo, la Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA), nel rispetto delle disposizioni impartite dall’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (ARERA), è tenuta a costituire, in riferimento a ciascun anno di competenza, l’Elenco delle imprese a forte consumo di gas naturale.

 

Di seguito si illustra l’andamento della misura del credito d’imposta in parola, come modificata nel tempo:

 

 

 

Destinatari

I trim 2022

(DL 50/2022 e 4/2022)

II trim 2022

(DL 21 e 50/2022)

III trim 2022
(DL 115/2022)

Ott. Nov. 2022

 (DL 144/2022)

Dic. 2022
(DL 176/2022)

I trim 2023

(Art. 2 c. 3
LDB 2023)

 

Imprese gasivore

10%

25%*

25%

40%

40%

45%

 

 

*Il credito di imposta, originariamente fissato nella misura del 15 per cento per il secondo trimestre 2022 dal decreto-legge n. 17 del 2022, è stato poi rideterminato al 20 per cento dal decreto-legge n. 21 del 2022 e al 25 per cento dal decreto-legge n. 50 del 2022.

Credito d’imposta per l’acquisto di gas naturale da parte di imprese non gasivore (comma 4)

Il comma 4 riconosce alle imprese diverse da quelle gasivore, a parziale compensazione dei maggiori oneri effettivamente sostenuti per l’acquisto del gas naturale, un contributo straordinario, sotto forma di credito di imposta, pari al 45 per cento della spesa sostenuta per l’acquisto del medesimo gas nel primo trimestre solare dell’anno 2023, per usi energetici diversi dagli usi termoelettrici.

L’agevolazione spetta qualora il prezzo di riferimento del gas naturale, calcolato come media, riferita al quarto trimestre 2022, dei prezzi di riferimento del Mercato Infragiornaliero (MI-GAS) pubblicati dal Gestore dei mercati energetici (GME), abbia subito un incremento superiore al 30 per cento del corrispondente prezzo medio riferito al medesimo trimestre dell’anno 2019.

 

L’articolo 4 del decreto-legge n. 21 del 2022 ha attribuito un credito di imposta, per l’acquisto del gas naturale, da riconoscersi alle imprese diverse da quelle gasivore, inizialmente in misura pari al 20 per cento della spesa sostenuta per l’acquisto del medesimo gas, consumato nel secondo trimestre solare dell’anno 2022. Il contributo è stato incrementato dal decreto-legge n. 50 del 2022, elevando dal 20 al 25 per cento la spesa oggetto di beneficio sostenuta per l’acquisto del medesimo gas, consumato nel secondo trimestre solare dell’anno 2022. La misura è stata prorogata al terzo trimestre 2022 dal decreto-legge n. 115 del 2022 (articolo 6) per un ammontare pari al 25 per cento della spesa e ai mesi di ottobre e novembre 2022, nella misura del 40 per cento, dal decreto-legge n. 144 del 2022. La misura del 40 per cento è stata confermata dal decreto-legge n. 176 del 2022 anche per il mese di dicembre 2022.

 

Di seguito si illustra l’andamento della misura del credito d’imposta in parola, come modificata nel tempo:

 

 

v

II trim 2022

(DL 50/2022)

III trim 2022

(DL 115/2022)

Ott. Nov. 2022

(DL 144/2022)

Dic. 2022

(DL 176/2022)

I trim 2023

(Art. 2. c. 4
DLB 2023)

Imprese non gasivore

25%*

25%

40%

40%

45%*

 

*Il credito di imposta, originariamente fissato nella misura del 20 per cento per il secondo trimestre 2022 dal decreto-legge n.21 del 2022, è stato così rideterminato dal decreto-legge n. 50 del 2022.

Regime dei crediti d’imposta, cedibilità e controlli

Il comma 5 dell’articolo chiarisce che ai fini della fruizione dei contributi straordinari, sotto forma di credito d'imposta, per le imprese non energivore e non gasivore, ove l'impresa destinataria del contributo si rifornisca, nel quarto trimestre del 2022 e nel primo trimestre del 2023, di energia elettrica o di gas naturale dallo stesso venditore da cui si riforniva nel quarto trimestre dell'anno 2019, il venditore, entro sessanta giorni dalla scadenza del periodo per il quale spetta il credito d'imposta, invia al proprio cliente, su sua richiesta, una comunicazione nella quale sono riportati il calcolo dell'incremento di costo della componente energetica e l'ammontare del credito d'imposta spettante per il primo trimestre 2023.

L'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA), entro dieci giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, definisce il contenuto della predetta comunicazione e le sanzioni in caso di mancata ottemperanza da parte del venditore.

 

Il comma 6 dispone in ordine all’utilizzo dei crediti di imposta in commento chiarendo che il termine per il relativo utilizzo è fissato al 31 dicembre 2023.

Più in dettaglio, i crediti di imposta sono utilizzabili esclusivamente in compensazione mediante F24 (ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241).

Non si applicano i limiti di cui all’articolo 1, comma 53, della legge n. 244 del 2007, e di cui all’articolo 34 della legge n. 388 del 2000. Al riguardo, si ricorda che l’articolo 22 del decreto legge n. 73 del 2021 (cd. Sostegni-bis) aveva modificato per l’anno 2021 il limite annuo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili per soggetti intestatari di conto fiscale individuato dal menzionato articolo 34, elevandolo a 2 milioni di euro. Tale limite è stato reso strutturale dalla legge di bilancio per il 2022 (articolo 1, comma 72 della legge n. 234 del 2021) a decorrere dal 2022. Resta fermo il limite di compensazione annuale per le agevolazioni alle imprese, di cui alla già menzionata legge n. 244 del 2007, pari a 250.000 euro.

Le agevolazioni non concorrono alla formazione del reddito d’impresa né della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive (Irap) e non rilevano ai fini della determinazione della percentuale di deducibilità degli interessi passivi, di cui all’articolo 61 del Testo unico delle imposte sui redditi (D.P.R. n. 917 del 1986 - TUIR), né rispetto ai criteri di inerenza delle altre spese, di cui all’articolo 109, comma 5, del medesimo TUIR.

I crediti d’imposta sono cumulabili con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile Irap, non porti al superamento del costo sostenuto.

 

L’articolo 1, al comma 7, chiarisce che i crediti d’imposta sono cedibili, solo per intero, dalle medesime imprese beneficiarie ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, senza facoltà di successiva cessione, fatta salva la possibilità di due ulteriori cessioni, se effettuate a favore di banche e intermediari finanziari iscritti all’albo previsto dal Testo Unico Bancario - TUB (articolo 106 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385), società appartenenti a un gruppo bancario iscritto all’albo apposito (articolo 64 TUB) ovvero imprese di assicurazione autorizzate ad operare in Italia ai sensi del codice delle assicurazioni private - CAP, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209.

Resta ferma l’applicazione dei controlli preventivi e delle misure di contrasto alle frodi in materia di cessioni dei crediti di cui all’articolo 122-bis, comma 4, del decreto legge n. 34 del 2020, in base al quale i soggetti obbligati di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, che intervengono nelle predette cessioni, non procedono all’acquisizione del credito in tutti i casi in cui ricorrono gli obblighi di segnalazione delle operazioni sospette e di astensione (rispettivamente previsti dagli articoli 35 e 42 del predetto d.lgs. n. 231 del 2007 in materia di antiriciclaggio), per ogni cessione intercorrente tra i predetti soggetti, anche successiva alla prima.

 

I contratti di cessione conclusi in violazione delle predette prescrizioni sono nulli.

 

In caso di cessione dei crediti d’imposta le imprese beneficiarie sono tenute a chiedere il visto di conformità dei dati relativi alla documentazione che attesta la sussistenza dei presupposti che danno diritto ai crediti d’imposta.

Inoltre il credito d’imposta è usufruito dal cessionario con le stesse modalità con le quali sarebbe stato utilizzato dal soggetto cedente e, comunque, entro la medesima data del 31 dicembre 2023.

Il visto di conformità è rilasciato ai sensi dell’articolo 35 del decreto legislativo n. 241 del 1997, dai soggetti indicati alle lettere a) e b) del comma 3 dell’articolo 3 del D.P.R. n. 322 del 1998, e dai responsabili dell’assistenza fiscale dei centri costituiti dai soggetti di cui all’articolo 32 del citato decreto legislativo n. 241 del 1997.

L’articolo 35 del decreto legislativo n. 241 del 1997 prevede che il responsabile del Centro di assistenza fiscale (CAF) rilasci un visto di conformità dei dati delle dichiarazioni predisposte dal centro alla relativa documentazione e alle risultanze delle scritture contabili, nonché di queste ultime alla relativa documentazione contabile. Sono abilitati al rilascio del visto gli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro (lettera a) del comma 3 dell’articolo 3 del D.P.R. n. 322 del 1998), gli iscritti nel registro dei revisori legali e i soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria (lettera b) del comma 3 dell’articolo 3 del D.P.R. n. 322 del 1998), nonché i responsabili dei CAF.

 

Si demanda a un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate la definizione le modalità attuative delle disposizioni relative alla cessione e alla tracciabilità dei crediti d’imposta, da effettuarsi in via telematica, anche avvalendosi dei soggetti di cui al comma 3, dell’articolo 3 del D.P.R. n. 322 del 1998.

 

Oltre all’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 122-bis del decreto legge n. 34 del 2020, già richiamate, si prevede l’applicazione di quelle recate dall’articolo 121, commi da 4 a 6, del medesimo decreto legge, in quanto compatibili.

Il comma 4 dell’articolo 121 del decreto legge n. 34 del 2020 dispone che, ai fini del controllo sulla cessione dei crediti d’imposta, si applichino le attribuzioni e i poteri di accertamento in tema di imposte sui redditi, posti in capo all’Amministrazione finanziaria dagli articoli 31 e seguenti del D.P.R. n. 600 del 1973. Si chiarisce che i fornitori e i soggetti cessionari rispondono solo per l’eventuale utilizzo del credito d’imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito ricevuto. L’Agenzia delle entrate, nell’ambito dell’ordinaria attività di controllo procede, in base a criteri selettivi e tenendo anche conto della capacità operativa degli uffici, alla verifica documentale della sussistenza dei presupposti che danno diritto alla detrazione d’imposta negli ordinari termini di accertamento (per i crediti non spettanti: cinque anni dalla dichiarazione, ai sensi articolo 43 del D.P.R. n. 600 del 1973; per i crediti inesistenti: otto anni dall’utilizzo del credito ai sensi dell’articolo 27, commi da 16 a 20, del decreto legge n. 185 del 2008).

Ai sensi del successivo comma 5, in assenza dei requisiti che danno diritto alla detrazione, l’Agenzia delle entrate provvede a recuperare l’importo corrispondente alla detrazione non spettante. Tale importo è maggiorato degli interessi per ritardata iscrizione a ruolo (di cui all’articolo 20 del D.P.R. n. 602 del 1973) e delle sanzioni per utilizzo di crediti di imposta in misura superiore a quella spettante, ovvero inesistenti (di cui all’ articolo 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997).

Il comma 6 prevede infine che il recupero del predetto importo sia effettuato nei confronti del soggetto beneficiario delle originarie detrazioni. Resta ferma, in presenza di concorso nella violazione con dolo o colpa grave, l’applicazione della norma per cui, ove più persone concorrono in una violazione, ciascuna di esse soggiace alla sanzione per questa disposta (articolo 9, comma 1 del decreto legislativo n. 472 del 1997); rimane ferma anche la responsabilità in solido del fornitore che ha applicato lo sconto e dei cessionari per il pagamento dell’importo maggiorato di sanzioni e interessi.

 

Le norme in esame richiamano, sostanzialmente, il regime di cedibilità dei crediti di imposta già previsto dai precedenti decreti-legge.

 

Il comma 8 affida al Ministero dell'economia e delle finanze il monitoraggio delle fruizioni dei crediti d'imposta, ai fini del rispetto delle norme di contabilità pubblica.


 

Articolo 3
(Azzeramento
degli oneri generali di sistema
nel settore elettrico per il primo trimestre 2023
)

 

 

L’articolo 3 dispone che l’ARERA provveda ad annullare, per il I trimestre 2023 le aliquote relative agli oneri generali di sistema elettrico applicate alle utenze domestiche e alle utenze non domestiche in bassa tensione, per altri usi, con potenza disponibile fino a 16,5 kW (comma 1).

Per le finalità di cui sopra, un importo pari a 963 milioni di euro per l'anno 2023 è trasferito alla Cassa per i servizi energetici e ambientali-CSEA entro il 28 febbraio 2023 (comma 2).

 

Si evidenzia che quota parte degli oneri generali del sistema elettrico – quella afferente allo smantellamento delle centrali nucleari e alle relative misure di compensazione territoriale – è fiscalizzata a decorrere dall’anno 2023, ai sensi di quanto disposto dall’articolo 6 del disegno di legge in esame, alla cui scheda di lettura si rinvia. Ciò significa che i predetti oneri nucleari e relative misure di compensazione territoriale, a decorrere dall’anno 2023 non sono più riscossi dai fornitori in bolletta elettrica, bensì coperti a valere su risorse appostate a bilancio statale.

La relazione tecnica precisa dunque che, dalla stima degli oneri derivanti dall’articolo 3 qui in esame – il quale, in via transitoria, per il I trimestre 2023 dispone l’azzeramento delle (altre) aliquote relative agli oneri generali di sistema elettrico - sono detratti gli oneri coperti dalla fiscalizzazione disposta dall’articolo 6 del disegno di legge.

Tale stima non comprende inoltre gli oneri derivanti dall’ampliamento della platea di beneficiari del bonus sociale, disposto dall’articolo 5, comma 1, alla cui scheda di lettura si rinvia.

 

La spesa sostenuta da famiglie e imprese per la fornitura dell'energia elettrica e del gas naturale è composta dalle seguenti voci di spesa indicate su tutte le bollette:

§  il costo della materia prima (spesa per la materia energia),

§  il costo dei servizi di rete (trasporto) e di misura (gestione del contatore),

§  gli oneri generali di sistema,

§  le imposte (accise ed IVA) (si rinvia ad ARERA, guida alle voci di spesa per la bolletta elettrica e del gas).

Gli oneri generali di sistema sono componenti della bolletta volte a finanziare obiettivi di interesse generale identificati da una serie di misure legislative. Tali obiettivi attengono precipuamente allo sviluppo delle fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica. Accanto a questi obiettivi direttamente connessi al sistema energetico, nel corso degli anni, con tali componenti tariffarie, sono stati finanziati anche altri obiettivi, di politica sociale, come il bonus per le famiglie economicamente disagiate, o industriale, quali il sostegno alle imprese energivore, quali la copertura del regime tariffario speciale riconosciuto alla società RFI per i consumi di energia elettrica relativi ai servizi ferroviari su rete tradizionale (ARERA, Memoria 8 febbraio 2022).

Per quanto attiene al settore elettrico, gli oneri sono suddivisi in due raggruppamenti:

§  ASOS, principalmente finalizzata a finanziare gli incentivi alle fonti rinnovabili, e

§  ARIM, per altre finalità, quali la promozione dell'efficienza energetica, la messa in sicurezza del nucleare da parte di SOGIN S.p.a, le compensazioni alle imprese elettriche minori, i regimi tariffari speciali per il servizio ferroviario (RFI), il bonus elettrico, misure di compensazione teritoriale, il sostegno alla ricerca di sistema (si rinvia più nel dettaglio ad ARERA, sito istituzionale, pagina dedicata agli oneri di sistema, e alla Memoria presentata l’8 febbraio 2022 in occasione dell’audizione svolta dall’autorità presso la Commissione parlamentare d’inchiesta sulla tutela dei consumatori e degli utenti)[1].

Il settore elettrico è quello in cui gli oneri di sistema hanno il maggior peso: nel II trimestre 2021, ultimo trimestre prima della crisi dei prezzi, tali oneri gravavano sulla bolletta del cliente domestico tipo servito in regime di maggiore tutela per più del 20% della spesa annua

Dunque, per far fronte a all’aumento dei prezzi energetici, la componente tariffaria relativa degli oneri di sistema elettrico è stata dapprima ridotta e poi del tutto azzerata.

Nella sostanza, per calmierare l'impatto dell'aumento dei prezzi dell'energia, il peso di tali oneri è stato spostato a carico delle finanze pubbliche, anziché a carico dell'utente che lo pagava attraverso le bollette.

In particolare, sia per il I che per il II, il III e il IV trimestre 2022, vi è stato un annullamento delle componenti tariffarie ASOS e ARIM per tutte le utenze elettriche.

La Tabella che segue sistematizza gli interventi sugli oneri generali di sistema elettrico, con indicazione dei destinatari e del periodo di riferimento. La Tabella è stata redatta sulla base dei testi normativi e delle informazioni attuative fornite da ARERA (cfr. Memoria 8 febbraio 2022 e Relazione 212/2022/I/com).

ntervento legislativo

Art/co

Risorse statali

Contenuto

Trimestre di riferimento

Settore
di riferimento

Delibera ARERA
attuativa

D.L. n. 73/2021
(
conv. con mod. in L. n. 106/2021)

Art. 5-bis

1.200

Dimezzamento livello ASOS per tutte le utenze elettriche

III 2021
(luglio-settembre)

elettrico

278/2021/Com

D.L. n. 130/2021 (**)
(conv. con mod. in L. n. 171/2021)

Art. 1,
co.1

1.200

Dimezzamento livello ASOS per tutte le utenze elettriche

(proroga)

IV 2021
(ottobre-
dicembre)

elettrico

396/2021R/Com

D.L. n. 130/2021 (**)
(conv. con mod. in L. n. 171/2021)

Art. 1,
co.2

800

Annullamento ASOS e ARIM per utenze domestiche (DOM) e per utenze non domestiche in bassa tensione, per altri usi, con potenza disponibile fino a 16,5 kW (BTAU 1-5)

IV 2021
(ottobre-
dicembre)

elettrico

396/2021R/Com

L. n. 234/2021
Legge di bilancio 2022

Art. 1 co. 503
-505

1800

Dimezzamento livello ASOS per tutte le utenze elettriche (c.503)

Annullamento ASOS e ARIM per utenze domestiche (DOM) e per utenze non domestiche in bassa tensione, per altri usi, con potenza disponibile fino a 16,5 kW BTAU 1-5 (c.504)

(proroga)

I 2022
(gennaio-marzo)

elettrico

635/2021R/Com

D.L. n. 4/2022
(conv. con mod. in L. n. 25/2022)

Art.14

1200

Annullamento oneri generali per le utenze con potenza pari o superiore a 16,5 kW, anche in media e alta/altissima tensione o per usi di illuminazione pubblica o di ricarica di veicoli elettrici in luoghi accessibili al pubblico.

I 2022
(gennaio
marzo)

elettrico

35/2022/R/eel

D.L. n. 17/2022
(conv. con mod. in L. n. 34/2022)

Art. 1

3.000

Annullamento ASOS e ARIM per utenze domestiche (DOM) e per utenze non domestiche in bassa tensione, per altri usi, con potenza disponibile fino a 16,5 kW (BTAU 1-5), nonché per utenze con potenza disponibile pari o superiore a 16,5 kW, anche connesse in media e alta/altissima tensione o per usi di illuminazione pubblica o di ricarica di veicoli elettrici in luoghi accessibili al pubblico.

(proroga)

II 2022
(aprile-giugno)

elettrico

141/2022/R/Com

D.L. n. 80/2022
(trasposto, in sede di conversione, nel D.L. n. 50/2022)

Art. 1, co.
1-2

1.915

Annullamento ASOS e ARIM per utenze domestiche (DOM) e per utenze non domestiche in bassa tensione, per altri usi, con potenza disponibile fino a 16,5 kW (BTAU 1-5), nonché per utenze con potenza disponibile pari o superiore a 16,5 kW, anche connesse in media e alta/altissima tensione o per usi di illuminazione pubblica o di ricarica di veicoli elettrici in luoghi accessibili al pubblico.

(proroga)

III 2022
(luglio-settembre)

elettrico

295/2022/R/com

D.L. n. 115/2022
(conv. con mod. in L. n. 142/2022)

Art. 4

1.100

Annullamento ASOS e ARIM per utenze domestiche (DOM) e per utenze non domestiche in bassa tensione, per altri usi, con potenza disponibile fino a 16,5 kW (BTAU 1-5), nonché per utenze con potenza disponibile pari o superiore a 16,5 kW, anche connesse in media e alta/altissima tensione o per usi di illuminazione pubblica o di ricarica di veicoli elettrici in luoghi accessibili al pubblico.

(proroga)

IV 2022
(ottobre-dicembre)

elettrico

462/2022/R/com

 


 

Articolo 4, comma 1
(Riduzione dell’imposta sul valore aggiunto e degli oneri generali nel settore del gas per il primo trimestre 2023)

 

 

L'articolo 4, comma 1 dispone l'estensione alle somministrazioni di gas metano usato per combustione per usi civili e industriali contabilizzate nelle fatture emesse per i consumi stimati o effettivi dei mesi di gennaio, febbraio e marzo 2023 della riduzione dell'aliquota IVA al 5 per cento in deroga all'aliquota del 10 o 22 per cento prevista a seconda dei casi dalla normativa vigente.

 

In particolare, il comma 1 dell'articolo in esame prevede che, in deroga a quanto previsto dal d.P.R. n. 633 del 1972 (Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto), le somministrazioni di gas metano usato per combustione per usi civili e industriali di cui all’articolo 26, comma 1, del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo n. 504 del 1995, contabilizzate nelle fatture emesse per i consumi stimati o effettivi dei mesi di gennaio, febbraio e marzo 2023, sono assoggettate all’aliquota IVA del 5 per cento. Qualora le somministrazioni di cui al primo periodo siano contabilizzate sulla base di consumi stimati, l’aliquota IVA del 5 per cento si applica anche alla differenza derivante dagli importi ricalcolati sulla base dei consumi effettivi riferibili, anche percentualmente, ai mesi di gennaio, febbraio e marzo 2023.

 

Si rammenta che l'articolo 26, comma 1, del decreto legislativo n. 504 del 1995 stabilisce che il gas naturale, destinato alla combustione per usi civili e per usi industriali, nonché all'autotrazione, è sottoposto ad accisa, con l'applicazione delle aliquote di cui all'allegato I, al momento della fornitura ai consumatori finali ovvero al momento del consumo per il gas naturale estratto per uso proprio. L'allegato I citato individua i seguenti usi di gas naturale (oltre alle relative aliquote vigenti): per autotrazione, per combustione per usi industriali, per combustione per usi civili a) per usi domestici di cottura cibi e produzione di acqua calda b) per usi di riscaldamento individuale c) per altri usi civili, per la produzione diretta o indiretta di energia elettrica.

In base alla normativa in vigore dal 1° gennaio 2008, l’aliquota IVA applicabile alle somministrazioni di gas metano usato per combustione per usi civili è determinata sulla base di scaglioni di consumo. In particolare, l’articolo 2, comma 5, del decreto legislativo n. 26 del 2007, armonizzando le disposizioni IVA con quelle previste in materia di accise, ha modificato il n. 127-bis) della tabella A, parte III, allegata al d.P.R. n. 633 del 1972, prevedendo l’applicazione dell’aliquota IVA del 10 per cento per la somministrazione di gas metano usato per combustione per usi civili limitatamente a 480 metri cubi annui (riferiti all’anno solare). Per i consumi per uso civile, eccedenti il predetto limite, si applica l’aliquota del 22 per cento.

I consumi di gas metano per uso industriale sono ordinariamente assoggettati all’aliquota IVA del 22 per cento, ad eccezione di quanto previsto dal n. 103) della Tabella A, parte III, allegata al medesimo decreto n. 633 del 1972, che assoggetta all’aliquota IVA del 10 per cento le somministrazioni per uso di imprese estrattive, agricole e manifatturiere, comprese le imprese poligrafiche, editoriali e simili.

L’applicazione dell’aliquota IVA ridotta del 5 per cento riguarda, pertanto, sia le somministrazioni di gas metano per usi civili e industriali ordinariamente assoggettate all’aliquota del 10 per cento sia a quelle per usi civili e industriali ordinariamente assoggettate all’aliquota del 22 per cento. La riduzione di aliquota si applica in via temporanea, limitatamente alle somministrazioni contabilizzate nelle fatture emesse per suddetti consumi dei mesi di gennaio, febbraio e marzo 2023.

 

Come ricordato nella relazione illustrativa, la misura era inizialmente stata introdotta dall’articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 130 n. 2021, per contenere gli effetti dell’aumento del prezzo del gas metano sui consumi, stimati o effettivi, dei mesi di ottobre, novembre e dicembre 2021. La riduzione dell’aliquota IVA è già stata estesa, dalla legge di bilancio 2022 (articolo 1, comma 506, della legge n. 234 del 2021), ai consumi relativi ai mesi di gennaio, febbraio e marzo 2022, dall’articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 17 del 2022, ai consumi relativi ai mesi di aprile, maggio e giugno 2022, dall’articolo 2 del decreto-legge n. 80 del 2022, ai consumi relativi ai mesi di luglio, agosto e settembre 2022 e dall’articolo 5 del decreto-legge n. 115 del 2022, ai consumi relativi ai mesi di ottobre, novembre e dicembre 2022.

 

Nella relazione tecnica, il Governo stima una perdita di gettito complessiva attribuibile alla disposizione di cui al comma 1 pari a circa 834 milioni di euro per l'anno 2023.


 

Articolo 4, comma 2
(Riduzione
degli oneri generali nel settore del gas
per il primo trimestre 2023
)

 

 

L’articolo 4, comma 2, al fine di contenere per il I trimestre del 2023 gli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore del gas naturale, dispone che l’ARERA mantenga inalterate le aliquote relative agli oneri generali di sistema per il settore del gas naturale in vigore nel quarto trimestre del 2022. Per queste finalità è autorizzata la spesa di 3.800 milioni di euro, da trasferire alla Cassa per i servizi energetici e ambientali in due versamenti di 1300 milioni entro il 31 marzo 2023 e il 30 aprile 2023 e un versamento da 1200 milioni entro il 31 maggio 2023.

 

L’articolo 4, al comma 2 autorizza la spesa di 3.800 milioni di euro, da trasferire alla Cassa per i servizi energetici e ambientali in due versamenti di 1300 milioni entro il 31 marzo 2023 e il 30 aprile 2023 e un versamento da 1200 milioni entro il 31 maggio 2023, per contenere gli effetti degli aumenti dei prezzi del gas sulle tariffe a carico degli utenti relative al I trimestre dell’anno 2023.

In particolare, si dispone che l’ARERA mantenga inalterate le aliquote relative agli oneri generali di sistema per il settore del gas naturale in vigore nel quarto trimestre del 2022.

 

Dal III trimestre 2022, l’aliquota degli oneri generali di sistema per il settore gas, che la disposizione in commento intende confermare per il I trimestre 2023, è pari a -33,32 c€/mc, per una famiglia con un consumo annuale di 1.400 m³, in c€/m³.

 

La spesa sostenuta da famiglie e imprese per la fornitura dell'energia elettrica e del gas naturale è composta dalle seguenti voci di spesa indicate su tutte le bollette:

·         il costo della materia prima (spesa per la materia energia),

·         il costo dei servizi di rete (trasporto) e di misura (gestione del contatore),

·         gli oneri generali di sistema,

·         le imposte (accise ed IVA) (si rinvia ad ARERA, guida alle voci di spesa per la bolletta elettrica e del gas).

Per quanto riguarda il settore gas, le componenti tariffarie degli oneri generali di sistema sono quattro:

§  RE/REt che raccolgono il gettito tariffario necessario alla promozione dell'efficienza energetica per il settore (certificati bianchi)

§  GS/GSt che raccolgono il gettito tariffario necessario al bonus sociale per il settore gas

§  UG2 che compensa i costi di commercializzazione della vendita al dettaglio di gas naturale degli esercenti i servizi di tutela (QVD) tenendo conto dell'obiettivo di contenimento della spesa dei clienti finali con bassi consumi

§  UG3/UG3t che servono alla copertura degli oneri sostenuti dalle imprese distributrici per alcuni interventi di interruzione della fornitura gas, nonché dei meccanismi di reintegrazione gli oneri relativi alla morosità dei clienti finali (si rinvia ad ARERA, Relazione 212/2022/I/com sull'utilizzo delle risorse rese disponibili dal Bilancio dello Stato per la riduzione degli oneri generali di sistema e il rafforzamento dei bonus sociali a partire dal luglio 2021 (la cui presentazione è stata prevista dall'articolo 2-bis del D.L. n. 17/2022, conv. con modificazioni in L. n. 34/2022).

Per contrastare gli aumenti dell’energia, sia per il I che per il II, il III e il IV trimestre 2022, è stato disposto l'azzeramento delle componenti tariffarie RE/REt, GS/GSt e UG3/UG3t per tutte le utenze gas. Quanto alla componente UG2 gas, questa è stata ridotta nell'anno 2022 da ARERA – attraverso l'utilizzo delle giacenze CSEA - con la deliberazione 148/2022/R/gas, a vantaggio di tutti gli utenti in fascia di consumi fino a 5.000 metri cubi di gas all'anno. Il decreto legge n. 80/2022 ha disposto, per essi, una ulteriore riduzione della componente UG2 nel III trimestre, confermata anche per il IV trimestre in attuazione del decreto-legge n. 115/2022.

 

 

Intervento legislativo

Art/co

Risorse statali

Contenuto

Trimestre di riferimento

Settore
di riferimento

Delibera ARERA
attuativa

D.L. n. 130/2021 (**)
(conv. con mod. in L. n. 171/2021)

Art. 2, co.2

480

annullamento componenti RE/REt, GS/GSt e UG3/UG3t per tutte le utenze

IV 2021
(ottobre-
dicembre)

gas

396/2021R/Com

401/2021/R/gas

L. n. 234/2021
Legge di bilancio 2022

Art. 1
co. 507

480

annullamento componenti RE/REt, GS/GSt e UG3/UG3t per tutte le utenze del gas.

(proroga)

I 2022
(gennaio-marzo)

gas

635/2021R/Com

637/2021R/Com

D.L. n. 17/2022
(conv. con mod. in L. n. 34/2022)

Art. 2,
co. 3-4

250

Annullamento componenti RE/REt, GS/GSt e UG3/UG3t*** per tutte le utenze del gas.

(proroga)

II 2022
(aprile-giugno)

gas

141/2022/R/com

D.L. n. 80/2022
(trasposto, in sede di conversione, nel D.L. n. 50/2022)

Art. 2,
co. 3

292

Annullamento componenti RE/REt, GS/GSt e UG3/UG3t***per tutte le utenze del gas.

(proroga)

III 2022
(luglio-settembre)

gas

295/2022/R/com

D.L. n. 80/2022
(trasposto, in sede di conversione, nel D.L. n. 50/2022)

Art. 2,
co. 5

240

Ulteriore riduzione della componente UG2 a vantaggio dei clienti con consumi fino a 5.000 metri cubi di gas,  rispetto a quanto già disposto da ARERA con la deliberazione 148/2022/R/gas***

III 2022
(luglio-settembre)

gas

295/2022/R/com

D.L. n. 115/2022
(conv. con mod. in L. n. 142/2022)

Art.5,
co. 3

1.820

Mantenimento annullamento componenti RE/REt, GS/GSt e UG3/UG3t***per tutte le utenze del gas e conferma riduzione componente UG2 a vantaggio dei clienti con consumi fino a 5.000 metri cubi di gas come nel III trim

(proroga)

IV 2022
(ottobre-dicembre)

gas

462/2022/R/com

 


 

Articolo 5
(Misure in materia di bonus sociale elettrico e gas)

 

 

L’articolo 5 modifica i requisiti di accesso ai bonus sociali nel settore elettrico e in quello del gas aumentando da 12.000 a 15.000 euro il valore soglia dell'Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) per accedere alle agevolazioni per l'anno 2023 con riferimento ai clienti domestici economicamente svantaggiati. L'articolo prevede inoltre che, per il primo trimestre 2023, le agevolazioni relative alle tariffe per la fornitura di energia elettrica riconosciute ai clienti domestici economicamente svantaggiati o in gravi condizioni di salute e la compensazione per la fornitura di gas naturale sino rideterminate dall'ARERA, con delibera da adottare entro il 31 dicembre 2022, nel limite di 2,4 miliardi di euro complessivamente tra elettricità e gas.

 

I bonus sociali elettrico e del gas sono una misura volta a ridurre la spesa sostenuta per la fornitura di energia elettrica e di gas naturale dai nuclei familiari in condizioni di disagio economico o fisico. Sono stati gradualmente introdotti nel corso degli anni dalla legislazione e successivamente attuati con provvedimenti di regolazione dell'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA).

Per quanto riguarda la disciplina dei bonus sociali, si ricorda che l'articolo 1, comma 375, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria 2006), ha affidato ad un decreto del Ministro delle attività produttive, adottato d'intesa con i Ministri dell'economia e delle finanze e del lavoro e delle politiche sociali, il compito di definire i criteri per l'applicazione delle tariffe agevolate per l’energia elettrica ai clienti economicamente svantaggiati, prevedendo in particolare una revisione della fascia di protezione sociale tale da ricomprendere le famiglie economicamente disagiate. Sulla base di tale disposizione è intervenuto il decreto del Ministro dello sviluppo economico 28 dicembre 2007, citato dalla norma in esame. Lo stesso decreto disciplina anche i criteri per individuare i clienti aventi diritto alle tariffe agevolate per gravi condizione di salute.

L'articolo 3, comma 9, del decreto legge n. 185 del 2008, a sua volta citato dalla disposizione in esame, ha esteso il diritto alla tariffa agevolata per la fornitura di energia elettrica di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 28 dicembre 2007 anche ai clienti domestici presso i quali sono presenti persone che versano in gravi condizioni di salute, tali da richiedere l'utilizzo di apparecchiature medico-terapeutiche, alimentate ad energia elettrica, necessarie per il loro mantenimento in vita.

La medesima disposizione ha altresì disposto che ai clienti aventi diritto alle forniture elettriche agevolate spetti anche una compensazione della spesa per la fornitura di gas naturale.

L’articolo 5, comma 7, del decreto legge n. 4 del 2019 ha accordato la compensazione della spesa per la fornitura di energia elettrica anche ai beneficiari del reddito o della pensione di cittadinanza.

Si ricorda che in base all’articolo 57-bis, comma 5, del decreto legge n. 124 del 2019, i bonus sociali per disagio economico, compreso quello elettrico, sono riconosciuti automaticamente ai cittadini e nuclei familiari che ne hanno diritto, senza che sia necessario presentare domanda.

Il potenziamento del bonus applicato ai clienti domestici del settore elettrico e del gas naturale in condizione economicamente svantaggiata ed ai clienti domestici in gravi condizioni di salute era stato oggetto dell'articolo 1, comma 508 della legge n. 324 del 2021 (legge di bilancio 2022).

 

Il comma 1 dell'articolo in esame, ai fini del potenziamento del bonus sociale nel settore elettrico e in quello del gas, l'articolo in esame modifica i requisiti di accesso ai medesimi bonus, aumentando da 12.000 a 15.000 euro il valore soglia dell'Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) di accesso alle agevolazioni per l'anno 2023 () con riferimento ai clienti domestici economicamente svantaggiati.

 

Il comma 2 prevede che, per il primo trimestre 2023, le agevolazioni relative alle tariffe per la fornitura di energia elettrica riconosciute ai clienti domestici economicamente svantaggiati o in gravi condizioni di salute e la compensazione per la fornitura di gas naturale siano rideterminate dall'ARERA, con delibera da adottare entro il 31 dicembre 2022, nel limite di 2,4 miliardi di euro complessivamente tra elettricità e gas.

 

L'ARERA delibera con l'obiettivo conseguire risparmi più elevati per le famiglie il cui valore di ISEE di accesso ai bonus sociali elettricità e gas sia quello fissato secondo l’articolo 1, comma 3, del decreto del Ministro dello sviluppo economico 29 dicembre 2016, come successivamente aggiornato dall’ARERA in attuazione di quanto disposto dall’articolo 1, comma 4, del medesimo decreto (valore pari a pari a 8.265 euro).

 

Il comma 3 prevede, infine, il trasferimento di un importo pari a 2.515 milioni di euro alla Cassa per i servizi energetici e ambientali entro il 31 marzo 2023, per le finalità di cui all'articolo in esame.


 

Articolo 6
(
Fiscalizzazione oneri generali di sistema impropri -
attuazione obiettivo M1C2-7 PNRR
)

 

 

L’articolo 6 – in coerenza con il Piano nazionale di ripresa e resilienza (M1C2-7) – dispone la fiscalizzazione degli oneri generali di sistema afferenti al nucleare e alle connesse misure di compensazione territoriale. Tali oneri non sono dunque più assoggettati all’obbligo di riscossione da parte dei fornitori (attraverso la componente tariffaria A2RIM e AmctRIM della bolletta elettrica) (comma 1). A decorrere dall’anno 2023, quindi, le relative misure (afferenti al nucleare e alla compensazione territoriale) sono adottate nel limite di spesa (fissato dal comma 3) di 400 milioni di euro annui, di cui 15 milioni destinati alle misure di compensazione territoriale, da trasferire alla Cassa per i servizi energetici e ambientali-CSEA entro il 28 febbraio di ogni anno.

Ogni anno, entro il 30 giugno, l’ARERA, nello svolgimento delle attività connesse al decomissioning, comunica al Ministero dell’economia e delle finanze e al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica l’aggiornamento del piano delle attività anche ai fini delle eventuali rimodulazioni finanziarie (comma 1).

Contestualmente, sono abrogate talune disposizioni legislative, di cui alle leggi finanziarie 2005 e 2006, che prevedono che una parte del gettito derivante dagli oneri nucleari riscossi dai fornitori sia annualmente versato al bilancio statale a compensazione di interventi ivi previsti (comma 2).

Entro il 30 settembre 2023 l’ARERA formula proposte e relative stime per l’estensione della fiscalizzazione ad altre tipologie di oneri generali di sistema (comma 4).

 

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (M1C2-7), nell’ambito della Riforma 2[2]- si prefigge di garantire la diffusione della concorrenza nei mercati al dettaglio dell’elettricità, con l’adozione, entro il quarto trimestre 2022 (milestone T4 2022), di una serie di misure, tra le quali l’eliminazione dell’obbligo per i fornitori[3] di riscuotere (in bolletta) oneri “impropri”, ossia non collegati al settore energetico. L’impegno assunto in sede di PNRR risponde anche ad una serie di osservazioni e rilievi espressi sia dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM, cfr. Segnalazione AS1730 del 19 marzo 2021) sia dall’Autorità per l’energia le reti e l’ambiente (ARERA, cfr., Memoria 8 febbraio 2022) circa la necessità di eliminare il peso improprio degli oneri sulla filiera elettrica.

Gli “oneri generali di sistema” sono componenti della bolletta volti a finanziare obiettivi di interesse generale identificati da una serie di misure legislative.

Al riguardo, come evidenziato da ARERA, nel corso degli anni si è assistito a notevoli mutamenti in relazione al dimensionamento di tali oneri, con particolare riguardo al settore elettrico. Da un lato, la necessità di gettito per le diverse finalità di incentivi è andata progressivamente aumentando, soprattutto in relazione al crescente sostegno dato alle fonti rinnovabili (componente tariffaria ASOS della bolletta elettrica), in considerazione dello sviluppo di tali fonti. Dall’altro, la voce “oneri generali” è andata a finanziare anche obiettivi di interesse generale non direttamente connessi al sistema energetico, per esempio di politica sociale o industriale, determinando un’incidenza via via maggiore sulla bolletta di famiglie e imprese. Col passare del tempo, dunque, la voce oneri generali di sistema ha assunto un’incidenza sempre maggiore nella bolletta. Nel II trimestre 2021, ultimo trimestre prima degli interventi legislativi di riduzione per far fronte all’aumento dei costi dell’energia, gli oneri generali di sistema gravavano sulla bolletta del cliente domestico tipo servito in regime di maggior tutela per più del 20% della spesa annua[4].

Questo peso considerevole – secondo l’ARERA e l’AGCM – è suscettibile di incidere anche sul processo di liberalizzazione del mercato della vendita al dettaglio, poiché riduce la capacità di scelta e la comprensione delle offerte da parte dei clienti finali[5].

Le Autorità hanno dunque sottolineato la necessità di eliminare dalla bolletta gli oneri non strettamente afferenti al sistema energetico – quali bonus sociali, sostegno alle imprese energivore, regime tariffario speciale riconosciuto alla società RFI, costi connessi allo smantellamento delle centrali elettronucleari dismesse - con una copertura degli stessi mediante trasferimenti dal bilancio dello Stato, finanziati attraverso la stabile destinazione del gettito delle aste per l’assegnazione delle quote di emissione di CO2.

In particolare, l’AGCM ha evidenziato la necessità di iniziare eliminando le componenti relative alla copertura dei costi connessi allo smantellamento delle centrali elettronucleari dismesse (componente tariffaria A2RIM della bolletta, nonché componente AmctRIM di cui si darà approfonditamente conto infra) – oggetto dell’intervento qui in esame - nonché la copertura del regime tariffario speciale riconosciuto alla società RFI per i consumi di energia elettrica relativi ai servizi ferroviari su rete tradizionale (componente tariffaria A4RIM).

 

Segnatamente, ai sensi del comma 1, in prima attuazione, in coerenza con la milestone 7 della Missione 1, componente 2 (M1C2-7), gli oneri nucleari coperti tramite il conto per il finanziamento delle attività nucleari e il conto per il finanziamento delle misure di compensazione territoriale - di cui, rispettivamente, all’articolo 42 e all’articolo 51 dell’Allegato A della deliberazione ARERA n. 231/2021/R/eel – non sono più soggetti all’obbligo, da parte dei fornitori, di riscossione.

A decorrere dall’anno 2023, le relative misure sono adottate nel limite delle risorse di cui al comma 3, il quale stanzia 400 milioni di euro annui (cfr. infra).

Si rileva l’opportunità, in conseguenza del trasferimento “a regime” a carico del bilancio statale degli oneri inerenti il nucleare, di abrogare l’articolo 1, comma 1, lett. a), del decreto-legge 18 febbraio 2003, n. 25, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 aprile 2003, n. 83, la quale dispone che, a decorrere dal 1 gennaio 2004, gli oneri generali del sistema elettrico di cui all’articolo 3, comma 11 del D.Lgs. n. 79/1999 comprendano i costi connessi allo smantellamento delle centrali elettronucleari dismesse, alla chiusura del ciclo del combustibile nucleare, alle attività derivanti dagli obblighi di cui all'Accordo transattivo tra il Governo italiano e la Comunità europea dell'energia atomica stipulato a Roma e Bruxelles il 27 novembre 2009 ed alle attività connesse e conseguenti.

 

Il D.Lgs. 79/19999 – all'articolo 3, comma 11- ha istituito gli oneri generali del sistema elettrico come “maggiorazioni” dei corrispettivi del servizio di trasporto di energia elettrica pagati in bolletta. Questo significa che i fornitori (ossia i venditori) fatturano e riscuotono dai propri clienti finali gli oneri generali, con le altre voci che compongono la bolletta. I fornitori, a loro volta, pagano gli oneri generali ai distributori nelle fatture del servizio di trasporto. I distributori, quindi, ai sensi di quanto previsto nell’articolo 36 del “Testo integrato delle disposizioni per l’erogazione dei servizi di trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica”, approvato con la deliberazione ARERA n. 231/2021/R/eel, versano, con cadenza mensile, il gettito degli oneri generali (componente ASOS e ARIM della bolletta) in appositi conti presso la Cassa per i servizi energetico ambientali CSEA, la quale li destina alle diverse finalità definite dalla legge[6]. I conti aperti presso CSEA sono molteplici e indicati nell’articolo 41 del Testo integrato. La molteplicità dei conti è dovuta al fatto che, come sopra illustrato, sono molteplici le finalità per le quali sono riscossi gli oneri generali di sistema. A tale fine, le componenti ASOS e ARIM sono suddivise al loro interno in diverse sotto componenti, dette elementi. Ciascuno dei quali è destinato a finanziare ciascuna delle predette finalità. Per quanto qui interessa, l’elemento A2RIM[7] della componente tariffaria ARIM alimenta il Conto per il finanziamento delle attività nucleari residue, che viene utilizzato, previa autorizzazione dell’ARERA, per la copertura dei costi connessi alle attività di smantellamento delle centrali elettronucleari dismesse e di chiusura del ciclo del combustibile nucleare e alle attività connesse e conseguenti, di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a) del D.L. n. 25/2003[8]. Si evidenzia che predetti costi, ai sensi di quest’ultima norma, costituiscono oneri generali del sistema elettrico.

Invece, l’elemento AmctRIM [9]della componente tariffaria ARIM alimenta il conto oneri per il finanziamento delle misure di compensazione territoriale disciplinato dall’articolo 51, che viene utilizzato per la copertura degli oneri derivanti dalle misure di compensazione territoriale nei siti su cui insistono gli impianti nucleari (e, dopo lo smantellamento definitivo il deposito nazionale), di cui all’articolo 4, comma 1-bis, del decreto legge n. 314/2003 (L. n. 368/2003), nonché degli adempimenti di cui all’articolo 1, comma 298, della legge finanziaria 2005 di cui subito infra si dirà.

 

Il comma 1 dispone che entro il 30 giugno di ogni anno, l’ARERA, nell’esercizio delle proprie funzioni e competenze in relazione alla definizione dei criteri di efficienza economica nello svolgimento delle attività connesse al decomissioning delle centrali elettronucleari dismesse, alla chiusura del ciclo del combustibile e alle attività connesse e conseguenti, comunica al Ministero dell’economia e delle finanze e al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica l’aggiornamento del piano delle attività anche ai fini delle eventuali rimodulazioni finanziarie.

 

Il comma 2 dispone l’abrogazione di due norme - comma 298 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2005 (L. n. 311/2004) e comma 493 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2006 (L. n. 266/2005) - che dispongono il versamento all’entrata del bilancio statale di quota parte del gettito derivante dalla componente tariffaria afferente agli oneri generali per la copertura dei costi connessi allo smantellamento delle centrali elettronucleari dismesse e alle misure di compensazione territoriale per i relativi siti interessati (si tratta della sotto componente tariffaria A2RIM  e della sotto componente AmctRIM ).

Ai sensi dell’articolo 1, comma 298, della legge finanziaria 2005 (L. n. 311/2004), a decorrere dal 1º gennaio 2005 è assicurato un gettito annuo pari a 100 milioni di euro mediante il versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una quota[10] della componente della tariffa elettrica (sotto componente AmctRIM, denominata fino all’anno 2017 componente tariffaria MCT) di cui al comma 1-bis dell'articolo 4 del D.L. n. 314/2003 (L. n. 368/2003) destinata a favore dei siti che ospitano gli impianti nucleari fino al definitivo smantellamento delle centrali nucleari e, dopo il loro smantellamento, a favore del territorio che ospita il Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, nonché di una ulteriore quota che assicuri il predetto gettito a valere sulle entrate derivanti dalla sotto componente tariffaria A2RIM (fino al 2017 denominata componente A2) sul prezzo dell'energia elettrica.

Ai sensi dell’articolo 1, comma 493 della legge finanziaria 2006 (L. n. 266/2005), fatto salvo quanto disposto dal citato articolo 1, comma 298, L. n. n. 311/2004, a decorrere dall'anno 2006, sono assicurate maggiori entrate, pari a 35 milioni di euro annui, mediante versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una quota degli introiti della sotto componente tariffaria A2RIM (la ex componente A2) sul prezzo dell'energia elettrica.

 

Per le finalità di cui al comma 1, il successivo comma 3 autorizza la spesa di 400 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2023, di cui 15 milioni di euro annui destinati alle misure di compensazione territoriale per i siti interessati dagli impianti nucleari e, successivamente allo smantellamento, interessati dal deposito nazionale (di cui all’articolo 4, comma 1-bis, del D.L. n. 314/2003).

Le risorse sono trasferite alla CSEA entro il 28 febbraio di ciascun anno.

 

Infine, ai sensi del comma 4, entro il 30 settembre 2023, l’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente - ARERA formula proposte e relative stime per l’estensione della fiscalizzazione ad altre tipologie di oneri generali di sistema.

 

La spesa sostenuta da famiglie e imprese per la fornitura dell'energia elettrica e del gas naturale è composta dalle seguenti voci di spesa indicate su tutte le bollette:

il costo della materia prima (spesa per la materia energia),

il costo dei servizi di rete (trasporto) e di misura (gestione del contatore),

gli oneri generali di sistema,

le imposte (accise ed IVA) (si rinvia ad ARERA, guida alle voci di spesa per la bolletta elettrica e del gas).

Gli oneri generali di sistema sono componenti della bolletta volte a finanziare obiettivi di interesse generale identificati da una serie di misure legislative.

Nel dettaglio, gli oneri generali di sistema del settore elettrico sono suddivisi in due raggruppamenti:

§  ASOS, essenzialmente finalizzata a finanziare gli incentivi alle fonti rinnovabili. La ASOS è composta dai seguenti elementi:

-     A3*SOS a copertura dei costi per il sostegno delle fonti rinnovabili, corrispondente approssimativamente alla componente A3 applicata fino al 31 dicembre 2017;

-     AESOS a copertura degli oneri derivanti dallo sconto praticato sull’elemento A3*SOS (applicazione in misura ridotta) alle imprese a forte consumo di energia elettrica. Tale sconto agli energivori è dunque compensato con l’elemento AESOS imposto agli utenti non energivori (clienti finali, persone fisiche ed imprese che non sono a forte consumo di energia elettrica). Corrisponde alla componente tariffaria AE applicata fino al 31 dicembre 2017;

-     A91/14SOS per la riduzione dell'elemento A3*SOS . Si tratta di un elemento negativo, nel senso che produce un effetto di sconto sulle categorie individuate dall'art.23 del DL 91/14 (clienti in media e bassa tensione) applicato ai punti di prelievo di media tensione e di bassa tensione con potenza disponibile superiore a 16,5 kW, che non sono nella titolarità di imprese a forte consumo di energia elettrica. Gli effetti di riduzione del cd. "spalma incentivi fotovoltaico" di cui alla medesima legge sono in sostanza inclusi in questa componente negativa[11].

§  ARIM, composta dai seguenti elementi

-      A2RIM per la copertura dei costi connessi allo smantellamento delle centrali elettronucleari dismesse, alla chiusura del ciclo del combustibile nucleare e alle attività connesse e conseguenti. Corrisponde alla componente tariffaria A2 applicata fino al 31 dicembre 2017;

-     AmctRIM per il finanziamento delle misure di compensazione territoriale. Corrisponde alla componente tariffaria MCT applicata fino al 31 dicembre 2017

-     A3RIM per la copertura dei costi per l'incentivazione della produzione di energia elettrica ascrivibile a rifiuti non biodegradabili. Corrisponde a quota parte della ex componente A3 che non è rientrata nell'elementoA3*SOS;

-     A4RIM per la copertura dei costi per la perequazione dei contributi sostitutivi del regime tariffario speciale riconosciuto a RFI (gruppo Ferrovie dello Stato). Corrisponde alla componente tariffaria A4 applicata fino al 31 dicembre 2017;

-     A5RIM per la copertura dei costi relativi all'attività di ricerca e sviluppo finalizzata all'innovazione tecnologica di interesse generale del sistema elettrico. Corrisponde alla componente tariffaria A5 applicata fino al 31 dicembre 2017;

-     ASRIM per la copertura degli oneri derivanti dall'adozione di misure di tutela tariffaria per i clienti del settore elettrico in stato di disagio. Corrisponde alla componente tariffaria AS applicata fino al 31 dicembre 2017;

-     Auc4RIM per la copertura delle integrazioni alle imprese elettriche minori. Corrisponde alla componente tariffaria UC4 applicata fino al 31 dicembre 2017;

-     Auc7RIM per la copertura degli oneri derivanti da misure ed interventi per la promozione dell'efficienza energetica negli usi finali. Corrisponde alla quota parte della componente UC7 relativa ai suddetti oneri applicata fino al 31 dicembre 2017;

-     ASVRIM per la copertura degli oneri per il finanziamento di interventi a favore dello sviluppo tecnologico e industriale per l'efficienza energetica. Corrisponde alla quota parte della componente UC7 relativa ai suddetti oneri applicata fino al 31 dicembre 2017.

Gli elementi di cui sopra sono calcolati ed aggiornati dall'Autorità. Non sono distintamente applicati dai distributori, che invece applicano il totale di suddetti elementi, la componente tariffaria ARIM.

Si rinvia alla pagina del sito istituzionale di ARERA dedicata agli oneri di sistema, e alla Memoria ARERA 8 febbraio 2022)[12].

Articolo 7
(
Misure di contenimento delle conseguenze derivanti dagli aumenti dei prezzi nel settore del gas naturale)

 

 

L’articolo 7 reca delle misure di contenimento delle conseguenze derivanti dagli aumenti dei prezzi nel settore del gas naturale attraverso l'istituzione di un apposito Fondo con una dotazione finanziaria, per l'anno 2023, pari a 220 milioni di euro.

 

In particolare il comma 1, istituisce un Fondo, nello stato di previsione del Ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica, da destinare al contenimento delle conseguenze derivanti agli utenti finali dagli aumenti dei prezzi nel settore del gas naturale.

La dotazione finanziaria per l'anno 2023 è di 220 milioni di euro.

 

I commi 2 e 3 autorizzano la spesa necessaria alla compensazione derivante dal riconoscimento dei costi sostenuti dal responsabile del bilanciamento del gas naturale. Le risorse in questione sono trasferite alla Cassa per i servizi energetici e ambientali, previa comunicazione da parte dell’Autorità di regolazione energia reti e e ambiente (ARERA) dell’effettivo fabbisogno finanziario.

Si prevede, infine, che le eventuali risorse residue siano destinate alla riduzione degli oneri generali di sistema per il settore del gas naturale.

 

Per quanto attiene ai profili relativi agli oneri generali di sistema che gravano sul gas naturale, nonché, più in generale, sulle diverse voci che compongono la bolletta del gas, si rinvia alla scheda di lettura dell'articolo 4, contenuta nel presente dossier.

 


 

Articolo 8
(
Contributi per maggiore spesa per energia e gas
in favore degli enti territoriali
)

 

 

L’articolo 8 autorizza per l’anno 2023 un contributo straordinario agli enti locali per fronteggiare le maggiori spese derivanti dagli aumenti dei prezzi di gas ed energia, e garantire la continuità dei servizi erogati dagli enti locali.

A tal fine viene istituito, nello stato di previsione del Ministero dell’interno, un fondo con una dotazione di 400 milioni di euro per l’anno 2023, da destinare, per 350 milioni di euro in favore dei comuni e per 50 milioni di euro in favore delle città metropolitane e delle province, da ripartire in relazione alla spesa sostenuta dagli enti per utenze di energia elettrica e gas.

 

La norma è finalizzata ad attribuire anche per l’anno 2023 risorse in favore di Comuni, Province e Città metropolitane per fronteggiare le maggiori spese che gli enti locali devono affrontare per garantire la continuità dei servizi locali, a seguito degli aumenti dei prezzi di gas ed energia dopo la fine dell’emergenza epidemiologica, ulteriormente aggravati dalle tensioni prodotte sui mercati dal conflitto russo-ucraino.

Alla ripartizione del fondo tra gli enti interessati si provvede con decreto del Ministro dell'interno - di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali - da adottare entro il 31 marzo 2023, in relazione alla spesa sostenuta dagli enti per utenze di energia elettrica e gas, rilevata anche sulla base dei dati risultanti dal SIOPE-Sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici.

 

Si tratta di un Fondo del tutto analogo a quello già istituito per l’anno finanziario 2022 dall’articolo 27, comma 2, del D.L. n. 17 del 2022 (c.d. decreto energia), più volte rifinanziato nel corso dell’anno dai decreti legge n. 50/2022 (c.d. decreto Aiuti), n. 115/2022 (decreto Aiuti-bis) e n. 144/2022 (Aiuti-ter), in conseguenza del perdurare della crisi energetica. A seguito dei successivi rifinanziamenti, il contributo straordinario agli enti locali per la continuità dei servizi erogati è stato complessivamente pari, nel 2022, a 1.020 milioni di euro, di cui:

§  860 milioni destinati ai comuni;

§  160 milioni destinati a città metropolitane e province.

 

 

Il D.L. n. 17 del 2022 (c.d. decreto energia), all’articolo 27, comma 2, ha autorizzato un contributo straordinario agli enti locali finalizzato a garantire la continuità dei servizi erogati, da ripartire in relazione alla spesa sostenuta dagli enti per utenze di energia elettrica e gas. A tal fine è stato istituito nello stato di previsione del Ministero dell’interno un apposito fondo dotato di 250 milioni di euro per l’anno 2022, da destinare, per 200 milioni in favore dei comuni e per 50 milioni in favore delle città metropolitane e delle province.

Per la ripartizione del fondo, la norma rinviava ad un decreto del Ministro dell'interno - di concerto con il Ministro dell'economia e finanze e il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali – da adottare entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione[13] del D.L. n. 17/2022 (vale a dire, entro il 28 maggio 2022), tenendo conto della spesa sostenuta dagli enti per utenze di energia elettrica e gas, secondo i dati risultanti dal SIOPE-Sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici. Al riparto delle risorse si è provveduto con decreto del Ministro dell’interno 1 giugno 2022.

Il Fondo è stato successivamente incrementato di 170 milioni di euro, dall’articolo 40, comma 3, del D.L. n. 50/2022 (decreto Aiuti), destinati per 150 milioni in favore dei comuni e per 20 milioni di euro in favore delle città metropolitane e delle province, da ripartire tra gli enti in relazione alla spesa per utenze di energia elettrica e gas entro il 30 giugno 2022. Al relativo riparto si è provveduto con il decreto del Ministro dell’interno 22 luglio 2022.

Un ulteriore incremento del Fondo è stato disposto dall’articolo 16, comma 1, del D.L. n. 115/2022 (Aiuti-bis), per 400 milioni di euro per l’anno 2022, di cui 350 milioni ai comuni e 50 milioni a città metropolitane e province, da ripartirsi, con i medesimi criteri, entro il 30 settembre 2022. Le risorse sono state ripartite con il decreto del Ministro dell’interno 27 settembre 2022.

Da ultimo, l’articolo 5, comma 1, del D.L. n. 144/2022 (Aiuti-ter) ha ulteriormente rifinanziato il Fondo di 200 milioni di euro per l’anno 2022, destinati per 160 milioni di euro in favore dei comuni e per 40 milioni di euro in favore delle città metropolitane e delle province. Il decreto di riparto, da adottarsi entro il da adottare entro il 31 ottobre 2022, non risulta ancora adottato.


 

Articolo 9
(
Attuazione del Regolamento (UE) 2022/1854 del Consiglio del 6 ottobre 2022, relativo a un intervento di emergenza per far fronte ai prezzi elevati dell'energia)

 

 

L’articolo 9 mira a dare piena attuazione a quanto contenuto nel Regolamento (UE) 2022/1854 che ha previsto l’applicazione di un limite massimo di 180€/MWh ai ricavi di mercato dei produttori o dei loro intermediari, ottenuti dalla produzione e della vendita di energia elettrica da diverse fonti di energia che, per completezza, si indicano di seguito: energia eolica;  energia solare (termica e fotovoltaica); energia geotermica; energia idroelettrica senza serbatoio; combustibili da biomassa (combustibili solidi o gassosi da biomassa), escluso il biometano; rifiuti; energia nucleare; lignite;  prodotti del petrolio greggio; torba.

 

In merito al Regolamento (UE) 2022/1854 è utile ricordare come lo stesso ha previsto che gli Stati membri provvedono affinché tutti i ricavi eccedenti derivanti dall'applicazione del tetto di 180 euro/MWh siano utilizzati in modo mirato per finanziare misure a sostegno dei clienti finali di energia elettrica che attenuino l'impatto su questi ultimi dei prezzi elevati dell'energia elettrica. Tali misure possono comprendere:

 

§  la concessione di una compensazione finanziaria ai clienti finali di energia elettrica per la riduzione del loro consumo di energia elettrica, anche attraverso procedure d'asta o di gara per la riduzione della domanda;

§  trasferimenti diretti ai clienti finali di energia elettrica, anche attraverso riduzioni proporzionali nelle tariffe di rete;

§  compensazioni ai fornitori obbligati a fornire energia elettrica ai clienti sotto il prezzo di costo a seguito di un intervento dello Stato o pubblico nella fissazione dei prezzi;

§  la riduzione dei costi di acquisto dell'energia elettrica sostenuti dai clienti finali, anche limitatamente a un volume determinato di energia elettrica consumata;

§  la promozione di investimenti dei clienti finali di energia elettrica nelle tecnologie di decarbonizzazione, nelle energie rinnovabili e nell'efficienza energetica

 

Passando quindi all'esame dell'articolo in questione si segnala che con i commi 1 e 2 e 3 si prevede l’applicazione di un meccanismo di compensazione cosiddetto a una via, in base al quale il Gestore dei servizi energetici-GSE calcola, relativamente all’energia immessa in rete dagli impianti interessati, la differenza tra il tetto ai ricavi prestabilito e un prezzo di mercato pari alla media mensile del prezzo zonale orario di mercato, ponderata, per gli impianti non programmabili, sulla base del profilo di produzione del singolo impianto e aritmetica per gli impianti programmabili,

 

Il tetto ai ricavi è posto, in base a quanto stabilito dallo stesso comma 2, come detto in precedenza, a 180€/MWh ovvero ad un valore più elevato per tecnologia stabilito sulla base di criteri definiti dall’Autorità di regolazione energia, reti e ambiente (ARERA), tenuto conto dei costi di investimento e di esercizio e di un’equa remunerazione degli investimenti.

 

Nel caso la differenza predetta sia negativa, il GSE procede a richiederne la restituzione (comma 4).

 

Secondo quanto previsto, il suddetto meccanismo si applica a partire dal 1° dicembre 2022 e fino al 30 giugno 2023, come stabilito dal Regolamento UE medesimo.

 

Viene inoltre affidata (commi 5 e 6) all'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (ARERA) la disciplina delle modalità con le quali è data attuazione all'articolo in esame.

 

Il comma 7 prevede che i proventi derivanti dalle restituzioni al GSE da parte dei produttori dei maggiori ricavi rispetto al tetto prestabilito restano acquisiti all’erario fino a concorrenza dell'importo complessivo di 1.400 milioni di euro.  

Le eventuali maggiori somme affluite  all'entrata  del  bilancio dello  Stato  rispetto  a quanto previsto al primo periodo sono riassegnate ad  un apposito Fondo da istituire nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, volto al finanziamento delle finalità di cui al citato regolamento (UE) 2022/1854, sulla base di criteri e modalità da definire con apposito decreto del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

 

Il comma 8, invece, prevede una serie di esclusioni.

In particolare il sopradescritto meccanismo non si applica:

§  all’energia prodotta da impianti di potenza fino a 20 kW;

§  all’energia oggetto di contratti di fornitura conclusi prima del 1° dicembre 2022, purché le condizioni di tali contratti non siano collegate all’andamento dei prezzi dei mercati spot dell’energia (limitatamente alla durata di tali contratti) e prevedano un prezzo medio, comunque, non superiore al tetto previsto;

§  all’energia oggetto di contratti di ritiro da parte del GSE ad un prezzo non superiore al tetto previsto;

§  agli impianti a fonti rinnovabili che producono energia elettrica condivisa nell’ambito delle comunità energetiche e delle configurazioni di autoconsumo.

 

Da ultimo il comma 9 contiene una norma di interpretazione autentica in base alla quale nel caso di produttori appartenenti a un gruppo societario che hanno ceduto l'energia elettrica immessa in rete a imprese appartenenti al medesimo gruppo societario, le disposizioni di cui ai precedenti commi vengono applicate esclusivamente ai contratti stipulati tra le imprese del gruppo, anche non produttrici, e altre persone fisiche o giuridiche esterne al gruppo societario.

 


 

Articolo 10
(Riduzione dei consumi di energia elettrica)

 

 

L’articolo 10, al fine di raggiungere i target di riduzione dei consumi energetici, recentemente fissati a livello europeo, prevede una estensione della misura all’intero anno 2023 in modo da garantire la prevista riduzione dei consumi in un arco temporale più ampio con riguardo ai consumi elettrici nelle ore di maggior consumo (cosiddette ore di picco).

 

In particolare, il comma 1 stabilisce che, per il conseguimento degli obiettivi di riduzione dei consumi di energia elettrica nelle ore di picco, di cui all’articolo 4 del Regolamento (UE) 2022/1854, venga istituito un servizio di riduzione dei consumi di energia elettrica, affidato da Terna S.p.A. su base concorsuale, mediante procedura aperta a tutti i clienti o gruppi di clienti. Tale procedura ha l’obiettivo di selezionare i soggetti che assumono l’impegno di ridurre i consumi elettrici fino al 31 marzo 2023.

Si prevede, quindi, che entro cinque giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, Terna S.p.A. trasmette una proposta di procedura al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, che provvede all’approvazione della stessa, sentita l’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (ARERA).

 

In merito al sopracitato Regolamento europeo, è utile ricordare che tale provvedimento prevede un intervento di emergenza per attenuare gli effetti dei prezzi elevati dell'energia per mezzo di misure eccezionali, mirate e limitate nel tempo. Tali misure mirano a: ridurre il consumo di energia elettrica; introdurre un tetto sui ricavi di mercato che alcuni produttori ricevono dalla produzione di energia elettrica ridistribuendoli in modo mirato ai clienti finali di energia elettrica; consentire agli Stati membri di applicare misure di intervento pubblico nella fissazione dei prezzi di fornitura dell'energia elettrica ai clienti civili e alle PMI; a istituire norme per un contributo di solidarietà temporaneo obbligatorio alimentato dalle imprese e dalle stabili organizzazioni dell'Unione che svolgono attività nei settori del petrolio greggio, del gas naturale, del carbone e della raffinazione, al fine di contribuire all'accessibilità economica dell'energia per le famiglie e per le imprese. Il Regolamento è in vigore dall'8 ottobre dl 2022 e si applica fino al 31 dicembre del 2023.

 

Il comma 2 dispone che la proposta di procedura di cui al comma 1 individua le ore di picco che rappresentano la base per il calcolo dell’obiettivo di riduzione dei consumi.

Il comma 3 stabilisce che il servizio di riduzione dei consumi sia coordinato con le restanti misure già previste per il contenimento indiretto dei consumi di gas da parte dei carichi industriali che offrono il servizio di interrompibilità elettrica e deve tenere conto delle esigenze di adeguatezza del sistema elettrico nazionale.

 

Il comma 4, da ultimo, autorizza, per le sopra richiamate finalità, la spesa di 150 milioni di euro per l’anno 2023.


 

Articolo 11
(Estensione credito di imposta per l’acquisto di carburanti
per l’esercizio dell’attività agricola e della pesca)

 

 

L’articolo 11 riconosce un credito d'imposta a favore delle imprese esercenti attività agricola, della pesca e agromeccanica pari al 20 per cento della spesa sostenuta per l’acquisto del carburante per la trazione dei mezzi utilizzati effettuato nel primo trimestre solare dell'anno 2023. Tale agevolazione è, altresì, estesa per lo stesso periodo, per le sole imprese esercenti attività agricola e della pesca, anche alla spesa sostenuta per l'acquisto del gasolio e della benzina utilizzati per il riscaldamento delle serre e dei fabbricati produttivi adibiti all’allevamento degli animali.

Il credito d’imposta è cedibile, solo per intero, dalle imprese beneficiarie ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, senza facoltà di successiva cessione, salva la possibilità di due ulteriori cessioni solo se effettuate a favore di determinati soggetti. Il credito d’imposta è utilizzato dal cessionario con le stesse modalità con le quali sarebbe stato utilizzato dal soggetto cedente e comunque entro la medesima data del 31 dicembre 2023.

Le modalità attuative delle disposizioni relative alla cessione e alla tracciabilità del credito d'imposta sono definite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate.

 

Il comma 1 dell’articolo in esame stabilisce che al fine di mitigare gli effetti economici derivanti dal perdurare dell'aumento eccezionale del prezzo del gasolio e della benzina, alle imprese esercenti attività agricola e della pesca e alle imprese esercenti l’attività agromeccanica, ovvero attività di supporto alla produzione vegetale (codice ATECO 01.61), è riconosciuto, a parziale compensazione dei maggiori oneri effettivamente sostenuti per l'acquisto di gasolio e benzina per la trazione dei mezzi utilizzati per l'esercizio delle predette attività, un contributo straordinario, sotto forma di credito di imposta, pari al 20 per cento della spesa sostenuta per l'acquisto del carburante effettuato nel primo trimestre solare dell'anno 2023.

Tale acquisto deve essere comprovato mediante le relative fatture d'acquisto, al netto dell'imposta sul valore aggiunto.

 

In merito all’agevolazione in esame, si ricorda che in precedenza l’articolo 18 del decreto-legge n. 21 del 2022 aveva introdotto un credito d'imposta a favore delle imprese esercenti attività agricola e della pesca, pari al 20 per cento della spesa sostenuta per l’acquisto del carburante, per la trazione dei mezzi utilizzati per l'esercizio dell'attività agricola e della pesca, comprovato mediante le relative fatture d’acquisto e al netto dell’imposta sul valore aggiunto. La norma dell’articolo 18 concede tale credito d’imposta per gli acquisti effettuati nel primo trimestre solare dell’anno 2022. L’articolo 3-bis del decreto legge n. 50 del 2022 ha prorogato al secondo trimestre solare 2022 il credito richiamato ma limitatamente alle imprese esercenti la pesca. L’articolo 17 del decreto legge 115 del 2022 ha prorogato la misura ulteriormente al terzo trimestre solare 2022 estendendola nuovamente sia all’attività agricola, che alla pesca, mentre, da ultimo, l’articolo 2 del decreto legge ha riconosciuto alle imprese esercenti attività agricola e della pesca e alle imprese esercenti l’attività agromeccanica, ovvero attività di supporto alla produzione vegetale (codice ATECO 01.61), un contributo straordinario, sotto forma di credito di imposta, pari al 20 per cento della spesa sostenuta per l'acquisto del carburante effettuato nel quarto trimestre solare dell'anno 2022.

 

Il comma 2 estende la possibilità di avvalersi del contributo di cui al comma 1 anche ad altre attività non riconducibili alla trazione dei mezzi. Nello specifico, il credito d’imposta è riconosciuto alle imprese esercenti attività agricola e della pesca in relazione alla spesa sostenuta primo trimestre solare dell'anno 2023 per l'acquisto del gasolio e della benzina utilizzati per il riscaldamento delle serre e dei fabbricati produttivi adibiti all’allevamento degli animali.

 

Il comma 3 specifica che il credito d’imposta di cui ai commi 1 e 2:

§  è utilizzabile esclusivamente in compensazione mediante modello F24 ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, entro la data del 31 dicembre 2023.

 

Il citato articolo 17 stabilisce che i contribuenti eseguano versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all’INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate. La compensazione, sempre secondo il citato articolo 17, deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva. La compensazione del credito annuale o relativo a periodi inferiori all'anno dell'imposta sul valore aggiunto, dei crediti relativi alle imposte sui redditi e alle relative addizionali, alle imposte sostitutive delle imposte sui redditi e all'imposta regionale sulle attività produttive, per importi superiori a 5.000 euro annui, può essere effettuata a partire dal decimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell'istanza da cui il credito emerge.

 

A tal fine, non si applicano alcuni dei vigenti limiti e divieti alla compensazione e, in particolare:

§  il limite annuale all’utilizzo della compensazione dei crediti d'imposta (di cui all’articolo 1, comma 53 della legge n. 244 del 2007);

 

L’articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 prevede che i crediti d'imposta da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi, in quanto derivanti a agevolazioni concesse alle imprese, possano essere utilizzati nel limite annuale di 250.000 euro e che l'ammontare eccedente debba essere riportato in avanti anche oltre il limite temporale eventualmente previsto dalle singole leggi istitutive e sia comunque compensabile per l'intero importo residuo a partire dal terzo anno successivo a quello in cui si genera l'eccedenza.

 

§  il limite massimo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili ovvero rimborsabili ai soggetti intestatari di conto fiscale (di cui all’articolo 34 della legge n. 388 del 2000);

 

L’articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 ha previsto un limite massimo di crediti imposta compensabili ai sensi del citato articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, pari, a decorrere dal 1° gennaio 2022, a 2 milioni di euro, come da ultimo stabilito dall’articolo 1, comma 72 della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio 2022), che ha reso così permanente il limite indicato transitoriamente, per il 2021, dall’articolo 22 del decreto-legge n. 73 del 2021 (cd. sostegni-bis).

 

Resta, pertanto, fermo il divieto di compensazione dei crediti relativi alle imposte erariali, fino a concorrenza dell'importo dei debiti, di ammontare superiore a millecinquecento euro, iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori, e per i quali è scaduto il termine di pagamento (di cui all’articolo 31, comma 1 del decreto-legge n. 78 del 2010);

 

Il credito d’imposta di cui ai commi 1 e 2, inoltre:

§  non concorre alla formazione del reddito d’impresa;

§  non concorre alla formazione della base imponibile dell’IRAP (imposta regionale sulle attività produttive) di cui al decreto legislativo n. 446 del 1997;

§  non rileva ai fini del rapporto di deducibilità degli interessi passivi, delle spese e degli altri componenti negativi del reddito Pertanto, non è considerato ai fini dell’applicazione dei limiti previsti dal TUIR per la deducibilità degli interessi passivi e delle componenti negative indistintamente riferibili ad attività o beni produttivi di proventi imputabili a reddito, secondo quanto previsto dagli articoli 61 e 109, comma 5, del TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986);

 

Ai sensi dell'articolo 61, comma 1, del TUIR, gli interessi passivi inerenti all'esercizio d'impresa sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi. Pertanto, gli interessi passivi dei soggetti IRPEF imprenditori sono deducibili pro rata, nella stessa misura in cui i ricavi e proventi dell’impresa sono imponibili.

Ai sensi dell'articolo 109, comma 5 del TUIR, le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi. Se si riferiscono indistintamente ad attività o beni produttivi di proventi computabili e ad attività o beni produttivi di proventi non computabili in quanto esenti nella determinazione del reddito sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.

Pertanto, nei casi previsti agli articoli 61 e 109 del TUIR, il credito di imposta previsto all’articolo 3 non concorre a formare l’ammontare dei ricavi e proventi complessivi da imputare al denominatore, il cui aumento determinerebbe una riduzione della parte deducibile degli interessi passivi per i soggetti IRPEF e, per i soggetti IRES, di altre componenti negative indistintamente riferite a beni o attività produttivi di proventi computabili e non computabili ai fini delle imposte sui redditi.

 

§  è cumulabile con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive, non porti al superamento del costo sostenuto.

 

Il comma 4 stabilisce i criteri per avvalersi della possibilità di cedere il credito maturato in base al disposto dei commi 1 e 2.

In particolare la norma prevede che il credito d'imposta è cedibile, solo per intero, dalle imprese beneficiarie ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, senza facoltà di successiva cessione, fatta salva la possibilità di due ulteriori cessioni solo se effettuate a favore di banche e intermediari finanziari iscritti all'albo previsto dall'articolo 106 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385) società appartenenti a un gruppo bancario iscritto all'albo (articolo 64 del medesimo decreto legislativo) ovvero imprese di assicurazione autorizzate ad operare in Italia ai sensi del codice delle assicurazioni private (decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209).

Resta ferma l'applicazione delle disposizioni in materia di segnalazione delle operazioni sospette di previste all'articolo 122-bis, comma 4, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, per ogni cessione intercorrente tra i predetti soggetti, anche successiva alla prima. I contratti di cessione conclusi in violazione del delle norme in commento sono nulli.

 

Il richiamato comma 4 stabilisce che i soggetti obbligati che intervengono nelle cessioni comunicate non procedono all'acquisizione del credito in tutti i casi in cui ricorrono i presupposti della segnalazione di operazioni sospette (articoli 35 e 42 del decreto legislativo n. 231 del 2007), fermi restando gli obblighi ivi previsti. Si ricorda che in base al testo del sopra citato articolo 35 per operazioni sospette si intendono le operazioni per le quali i soggetti obbligati sanno, sospettano o hanno motivi ragionevoli per sospettare che siano in corso o che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo o che comunque i fondi, indipendentemente dalla loro entità, provengano da attività criminosa. Il sospetto può essere desunto da caratteristiche, entità e natura delle operazioni, dal loro collegamento o frazionamento o da qualsiasi altra circostanza conosciuta dai segnalanti in ragione delle funzioni esercitate, tenuto conto anche della capacità economica o dell’attività svolta dai soggetti cui le operazioni sono riferite.

Per una ricostruzione dettagliata della materia si rinvia alla consultazione della pagina web della UIF(Unità di Informazione Finanziaria per l'Italia)-Banca d’Italia.

 

In caso di cessione del credito d'imposta, le imprese beneficiarie richiedono il visto di conformità dei dati relativi alla documentazione che attesta la sussistenza dei presupposti che danno diritto al credito d'imposta di cui all’ articolo in esame.

 

Il visto di conformità è rilasciato ai sensi dell'articolo 35 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, dai soggetti indicati alle lettere a) e b) del comma 3 dell'articolo 3 del regolamento recante modalità per la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all'imposta regionale sulle attività produttive e all'imposta sul valore aggiunto (decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322) e dai responsabili dell'assistenza fiscale dei CAF costituiti dai soggetti di cui all'articolo 32 del citato decreto legislativo n. 241 del 1997.

 

A tal fine si ricorda che i soggetti richiamati alle lettere a) e b) sono rispettivamente:

§  gli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro;

§  i soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria.

Mentre i soggetti abilitati alla costituzione dei centri di assistenza fiscale sono:

§  associazioni sindacali di categoria fra imprenditori, presenti nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, istituite da almeno dieci anni;

§  associazioni sindacali di categoria fra imprenditori, istituite da almeno dieci anni, diverse da quelle indicate nella lettera a) se, con decreto del Ministero delle finanze, ne è riconosciuta la rilevanza nazionale con riferimento al numero degli associati, almeno pari al 5 per cento degli appartenenti alla stessa categoria, iscritti negli appositi registri tenuti dalla camera di commercio, nonché all'esistenza di strutture organizzate in almeno 30 province;

§  organizzazioni aderenti alle associazioni di cui alle lettere a) e b), previa delega della propria associazione nazionale;

§  organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti e pensionati od organizzazioni territoriali da esse delegate, aventi complessivamente almeno cinquantamila aderenti;

§  sostituti di cui all'art. 23 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, aventi complessivamente almeno cinquantamila dipendenti;

§  associazioni di lavoratori promotrici di istituti di patronato riconosciuti ai sensi del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 29 luglio 1947, n. 804, aventi complessivamente almeno cinquantamila aderenti

 

Il credito d'imposta è utilizzato dal cessionario con le stesse modalità con le quali sarebbe stato utilizzato dal soggetto cedente e comunque entro la medesima data del 31 dicembre 2023. Le modalità attuative delle disposizioni relative alla cessione e alla tracciabilità del credito d'imposta, da effettuarsi in via telematica, anche avvalendosi dei soggetti previsti dal richiamato comma 3 dell'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, sono definite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate.

Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 122-bis, nonché, in quanto compatibili, quelle di cui all'articolo 121, commi da 4 a 6, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 rispettivamente in materia di misure di contrasto alle frodi in materia di cessioni dei crediti, rafforzamento dei controlli preventivi e opzione per la cessione o per lo sconto in luogo delle detrazioni fiscali.

 

Il comma 5 dispone che le disposizioni del presente articolo si applicano nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato. Ai relativi adempimenti europei provvede il Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste.

 

Il comma 6 specifica che il Ministero dell'economia e delle finanze effettua il monitoraggio delle fruizioni del credito d'imposta di cui al presente articolo, ai fini di quanto previsto dall'articolo 17, comma 13, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 che stabilisce che il Ministro dell'economia e delle finanze, allorché riscontri che l'attuazione di leggi rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, assume tempestivamente le conseguenti iniziative legislative al fine di assicurare il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione. La medesima procedura è applicata in caso di sentenze definitive di organi giurisdizionali e della Corte costituzionale recanti interpretazioni della normativa vigente suscettibili di determinare maggiori oneri.

 


 

TITOLO III – MISURE FISCALI

Capo I Riduzione della pressione fiscale

Articolo 12
(Regime forfettario)

 

 

L’articolo 12 innalza a 85 mila euro, la soglia di ricavi e compensi che consente di applicare un’imposta forfettaria del 15 per cento sostitutiva di quelle ordinariamente previste. La disposizione prevede inoltre che tale agevolazione cessa immediatamente di avere applicazione per coloro che avranno maturato compensi o ricavi superiori ai 100 mila euro, senza aspettare l’anno fiscale seguente.

 

La norma, comma 1, lettera a), modifica il comma 54, dell’articolo 1, della legge di stabilità 2015 (legge 23 dicembre 2014, n. 190), che istituisce per gli esercenti attività d'impresa e arti e professioni un regime forfetario di determinazione del reddito da assoggettare a un’unica imposta sostitutiva di quelle dovute con aliquota al 15 per cento. La lettera a) del comma 54, come modificato, porta a 85.000 euro (rispetto al precedente limite previsto a 65.000 euro) il limite dei ricavi conseguiti o compensi percepiti nell'anno precedente per accedere al regime forfettario agevolato.

 

Si ricorda che conformemente a quanto stabilito dalla legge di delega fiscale 11 marzo 2014, n. 23, il cui articolo 11, comma 1, prevede l’introduzione di regimi semplificati per i contribuenti di minori dimensioni, nonché, per i contribuenti di dimensioni minime, che prevedano il pagamento forfetario di un'unica imposta in sostituzione di quelle dovute, i commi da 54 a 89 della legge di stabilità 2015 hanno introdotto un nuovo regime forfetario, destinato agli operatori economici di ridotte dimensioni che assicura rilevanti semplificazioni ai fini IVA e ai fini contabili, e consente, altresì, la determinazione forfetaria del reddito da assoggettare a un’unica imposta in sostituzione di quelle ordinariamente previste.

La disciplina del regime forfetario è riservata alle persone fisiche titolari di redditi d’impresa o di lavoro autonomo che nell’anno precedente hanno conseguito ricavi o percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a 65mila euro e hanno sostenuto spese per un importo complessivo non superiore a 20.000 euro lordi per lavoro accessorio, lavoro dipendente e compensi a collaboratori. In estrema sintesi, l’accesso a tale regime comporta i seguenti sconti fiscali:

§  determinazione agevolata del reddito imponibile mediante l’applicazione, ai ricavi conseguiti o compensi percepiti, di un coefficiente di redditività stabilito ex lege, con deduzione dei contributi previdenziali obbligatori, compresi quelli corrisposti per conto dei collaboratori dell’impresa familiare fiscalmente a carico;

§  applicazione al reddito imponibile di un’unica imposta, nella misura del 15%, sostitutiva di quelle ordinariamente previste (imposte sui redditi, addizionali regionale e comunale, Irap).

Per una ricognizione completa della disciplina del regime forfettario si rinvia alla consultazione delle schede Nuovo regime forfetario agevolato presenti sul sito dell’Agenzia delle entrate.

 

La lettera b) modifica il comma 71 disponendo che chi avrà compensi o ricavi superiori ai 100 mila uscirà immediatamente dal forfettario, senza aspettare l’anno fiscale seguente. Conseguentemente sarà dovuta l'imposta sul valore aggiunto a partire dalle operazioni effettuate che comportano il superamento del predetto limite.

Chi invece supererà la nuova soglia degli 85 mila, restando sotto ai 100 mila, uscirà dal regime forfettario a partire dall’anno successivo come già previsto dalla legislazione vigente.


 

Articolo 13
(Tassa piatta incrementale)

 

 

L’articolo 13 introduce, a determinate condizioni e limitatamente all’anno 2023, per le persone fisiche titolari di reddito d’impresa e/o di lavoro autonomo che non applicano il regime forfettario, una tassa piatta al 15 per cento da applicare alla parte degli aumenti di reddito calcolata rispetto ai redditi registrati nei tre anni precedenti. La norma precisa altresì le conseguenze di tale nuovo regime relativamente alla determinazione dei requisiti reddituali validi ai fini del riconoscimento di benefici fiscali nonché degli acconti dovuti per il periodo d’imposta 2024.

 

La norma stabilisce che ai lavoratori autonomi con redditi fino a 40 mila euro che non aderiscono al regime forfettario, si applicherà una tassa piatta del 15 per cento sulle variazioni di reddito (superiori al 5 per cento) calcolate come differenza tra il maggior reddito prodotto nell'anno 2023 rispetto al più elevato dei redditi dichiarato nel triennio precedente.

 

Si segnala che in tema di regime forfettario l’articolo 12 del disegno di legge in esame introduce rilevanti modifiche alla disciplina dell’istituto agevolativo. Si rimanda alla scheda dell’articolo citato per ulteriori dettagli.

 

In particolare la disposizione, al comma 1, prevede per il solo anno 2023 che i contribuenti persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni, diversi da quelli che applicano il regime forfetario possono applicare, in luogo delle aliquote per scaglioni di reddito vigenti (previste dall’articolo 11 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917,) un’imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e relative addizionali. Tale imposta viene calcolata con un’aliquota del 15 per cento su una base imponibile, comunque non superiore a 40.000 euro, pari alla differenza tra il reddito d’impresa e di lavoro autonomo determinato nel 2023 e il reddito d’impresa e di lavoro autonomo, d’importo più elevato, dichiarato negli anni dal 2020 al 2022, decurtata di un importo pari al 5 per cento di quest’ultimo ammontare.

 

Il comma 2 precisa che quando le vigenti disposizioni fanno riferimento, per il riconoscimento della spettanza o per la determinazione di deduzioni, detrazioni o benefìci di qualsiasi titolo, anche di natura non tributaria, al possesso di requisiti reddituali, si tiene comunque conto anche della quota di reddito assoggettata all’imposta sostitutiva introdotta al comma 1.

 

Il comma 3 dispone che nella determinazione degli acconti dovuti ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e relative addizionali per il periodo d’imposta 2024 si assume, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata non applicando le disposizioni dei commi 1 e 2.

 


 

Articolo 14
(Detassazione delle mance percepite dal personale impiegato nel settore ricettivo e di somministrazione di pasti e bevande)

 

 

L’articolo 14 qualifica come redditi da lavoro dipendente le somme destinate dai clienti a titolo di liberalità (ossia le cosiddette mance) nei settori della ristorazione e dell’attività ricettive, sottoponendole a un’imposta sostituiva dell’Irpef e delle relative addizionali territoriali con aliquota del 5%, individuandone inoltre il regime giuridico e l’ambito applicativo.

 

In particolare il comma 1 individua come costituenti reddito da lavoro dipendente le somme destinate dai clienti ai lavoratori delle strutture ricettive e delle imprese di somministrazione di cibi e bevande a titolo di liberalità (di cui all’articolo 5 della legge 25 agosto 1991 n. 287), anche attraverso mezzi di pagamento elettronici, riversate ai lavoratori di cui al comma 5.

 

Il regime di tassazione sostitutiva è applicabile:

§  entro il limite del 25 per cento del reddito percepito nell’anno precedente, per le relative prestazioni di lavoro;

§  ai lavoratori del settore privato titolari di reddito da lavoro dipendente, non superiore nell’anno precedente a 50.000 euro (comma 5);

§  salvo espressa rinuncia scritta del prestatore di lavoro.

 

Ne consegue che il regime di tassazione separata è il regime naturale di tassazione delle cosiddette mance, alle condizioni sopra indicate, essendo possibile l’applicazione dell’ordinario regime di tassazione solo in caso di rinuncia scritta del lavoratore a tale regime di favore.

 

Si ricorda che con la sentenza 26512 del 1 ottobre 2021, la Corte di cassazione, accogliendo il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, aveva classificato come reddito da lavoro dipendente quanto percepito, a titolo di liberalità, dal dipendente, in quanto ritenuto nell’ambito della nozione onnicomprensiva di reddito, fissata dall’articolo 51, primo comma, del TUIR, assoggettandolo conseguentemente a tassazione secondo le ordinarie aliquote IRPEF.

 

Tali somme sono escluse dalla retribuzione imponibile ai fini del calcolo dei contributi di previdenza e assistenza sociale e dei premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e non sono computate ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto.

I redditi soggetti a tassazione separata sopra descritti sono comunque computati ai fini della determinazione del reddito da prendere in considerazione per il riconoscimento della spettanza o per la determinazione di deduzioni, detrazioni o benefìci di qualsiasi titolo, anche di natura non tributaria (comma 2).

Il comma 3 dispone che l’imposta sostitutiva sia applicata dal sostituto d’imposta.

Il comma 4 rinvia alle le ordinarie disposizioni in materia di imposte dirette, in quanto compatibili, per la determinazione delle norme applicabili per l’accertamento, la riscossione, le sanzioni e il contenzioso con riferimento alle suddette fattispecie.


 

Articolo 15
(Riduzione dell’imposta sostitutiva applicabile
ai premi di produttività dei lavoratori dipendenti)

 

 

L'articolo 15 dispone la riduzione dal 10% al 5% dell’aliquota dell’imposta sostitutiva sulle somme erogate sotto forma di premi di risultato o di partecipazione agli utili d’impresa ai lavoratori dipendenti del settore privato.

 

In particolare, l'articolo dispone la riduzione al 5 per cento (in luogo del vigente 10 per cento) dell’aliquota dell’imposta sostitutiva, di cui all’articolo 1, comma 182, della legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015), per i premi e le somme erogati nell’anno 2023.

 

Si rammenta che, ai sensi dell'articolo 1, comma 182, della legge di stabilità 2016, salva espressa rinuncia scritta del prestatore di lavoro, sono soggetti a una imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali pari al 10 per cento, entro il limite di importo complessivo di 3.000 euro lordi (innalzato a 4 mila euro se l’azienda coinvolge pariteticamente i lavoratori nella organizzazione del lavoro), i premi di risultato di ammontare variabile la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili sulla base di criteri definiti con il decreto di cui al comma 188, nonché le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell'impresa.

Ai sensi del comma 186, le disposizioni di cui al comma 182 trovano applicazione per il settore privato e con riferimento ai titolari di reddito di lavoro dipendente di importo non superiore, nell'anno precedente quello di percezione delle somme di cui al comma 182, a euro 80.000. Inoltre, ai sensi del comma 187, le somme e i valori di cui al comma 182devono essere erogati in esecuzione dei contratti aziendali o territoriali di cui all'articolo 51 del decreto legislativo n. 81 del 2015. Il comma 188 rinvia a un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze la determinazione dei criteri di misurazione degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione di cui al comma 182. Il decreto prevede altresì le modalità del monitoraggio dei contratti aziendali o territoriali di cui al comma 187. In attuazione di quanto disposto dal presente comma, si veda il D.M. 25 marzo 2016.

 

Nella relazione tecnica, il Governo stima, sulla base dei dati delle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche relative all’anno d’imposta 2019, un ammontare di premi di circa 2.647,3 milioni di euro. Stima altresì, prudenzialmente, un incremento dell’ammontare dei premi a tassazione separata di circa il 10% per considerare l’effetto incentivante relativo alla nuova aliquota, e quindi pari a 264,7 milioni di euro, per un totale di base imponibile di circa 2.912,0 milioni di euro.

Il costo totale della misura, considerando il mancato gettito dell'Irpef e delle addizionali comunale e regionale, ammonta a 222,3 milioni di euro nel 2023 e 6,9 milioni nel 2024.


 

Articolo 16
(Differimento delle disposizioni relative a sugar tax e plastic tax)

 

 

L’articolo 16 posticipa al 1° gennaio 2024 la decorrenza dell'efficacia della c.d. plastic tax e della c.d. sugar tax istituite dalla legge di bilancio 2020.

 

In particolare l’articolo in esame apporta le seguenti modifiche all'articolo 1 della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019):

a)   posticipa al 1° gennaio 2024 l’efficacia delle disposizioni istitutive della c.d. plastic tax (lettera a).

 

A tale proposito si ricorda che i commi 634-658 della legge n. 160 del 2019 (legge di bilancio 2020) hanno istituito e disciplinato l’imposta sul consumo di manufatti in plastica con singolo impiego (MACSI) che hanno o sono destinati ad avere funzione di contenimento, protezione, manipolazione o consegna di merci o di prodotti alimentari, ad esclusione dei manufatti compostabili, dei dispositivi medici e dei MACSI adibiti a contenere e proteggere medicinali. Le disposizioni riconoscono altresì un credito di imposta alle imprese attive nel settore delle materie plastiche, produttrici di MACSI destinati ad avere funzione di contenimento, protezione, manipolazione o consegna di merci o di prodotti alimentari nella misura del 10% delle spese sostenute, dal 1° gennaio 2020 al 31 dicembre 2020, dalle citate imprese per l'adeguamento tecnologico finalizzato alla produzione di manufatti compostabili. Il comma 651 ha demandato a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli (ADM), da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, la definizione delle modalità di attuazione dell’imposta e ha affidato a un provvedimento interdirettoriale dell'ADM e dell'Agenzia delle entrate il compito di stabilire le modalità per l'eventuale scambio di informazioni tra l'Agenzia delle dogane e dei monopoli e l'Agenzia delle Entrate. Tali provvedimenti non risultano ancora emanati.

Sul sito dell'ADM sono disponibili alcuni elementi preliminari all'adozione dei suddetti provvedimenti attuativi.

 

La decorrenza dell’imposta di consumo sui MACSI, ai sensi della formulazione originaria dell'articolo 1, comma 652, della legge di bilancio 2020 era fissata a partire dal primo giorno del secondo mese successivo alla data di pubblicazione del predetto provvedimento interdirettoriale. Tale termine è stato più volte modificato e differito nel tempo e da ultimo portato al 1° gennaio 2023 dall'articolo 1, comma 12, lettera a), della legge di bilancio 2022 (legge n. 234 del 2021).

La norma in commento posticipa il termine di decorrenza dell'efficacia dell’imposta al 1° gennaio 2024, a tal fine intervenendo sul termine previsto dal comma 652 sopra citato.

 

b)   posticipa altresì al 1° gennaio 2024 l’efficacia delle disposizioni istitutive della c.d. sugar tax (lettera b).

 

Si rammenta innanzitutto, sinteticamente, che i commi 661-676 della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019) prevedono l'istituzione e disciplinano l'applicazione di un’imposta sul consumo di bevande analcoliche edulcorate nella misura di 10 euro per ettolitro nel caso di prodotti finiti e di 0,25 euro per chilogrammo nel caso di prodotti predisposti a essere utilizzati previa diluizione. Successivamente, l'articolo 1, comma 1086, lettera e), della legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020) è intervenuto per modificare la platea dei soggetti che effettuano la cessione da cui origina l'obbligazione tributaria, ampliare la platea dei soggetti obbligati al pagamento dell'imposta e modificare la disciplina delle sanzioni amministrative.

 

La decorrenza dell’imposta sul consumo di bevande edulcorate, ai sensi della formulazione originaria dell'articolo 1, comma 676, della legge di bilancio 2020 era fissata a partire dal primo giorno del secondo mese successivo alla data di pubblicazione del provvedimento attuativo del Ministero dell'economia e delle finanze (si veda il D.M. 12 maggio 2021). Tale termine è stato più volte modificato e differito nel tempo e da ultimo portato al 1° gennaio 2023 dall'articolo 1, comma 12, lettera b), della legge di bilancio 2022 (legge n. 234 del 2021).

La norma in commento posticipa il termine di decorrenza dell'efficacia dell’imposta al 1° gennaio 2024, a tal fine intervenendo sul termine previsto dal comma 676 sopra citato.


 

Articolo 17
(Aliquota IVA per prodotti dell’infanzia e per
la protezione dell’igiene intima femminile)

 

 

L’articolo 17 assoggetta all’aliquota IVA ridotta al 5% i prodotti per la protezione dell’igiene intima femminile, i tamponi e gli assorbenti (precedentemente soggetti all’aliquota IVA al 10%), nonché alcuni prodotti per l’infanzia.

Riduzione IVA per tamponi e assorbenti

L’articolo in esame, al comma 1, lettera a) n. 1 estende il regime IVA al 5% ai prodotti assorbenti e tamponi per la protezione dell'igiene femminile, prevista dalla normativa vigente solo per i prodotti per la protezione dell’igiene intima femminile compostabili e lavabili, modificando il numero 1-quinquies della Parte II-bis, della Tabella A, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

 

Sulla base della normativa vigente sono assoggettati, come detto:

§  all’aliquota IVA del 5% i prodotti per la protezione dell’igiene intima femminile, se compostabili secondo la norma UNI EN 13432: 2002 o lavabili (alla stessa aliquota sono assoggettate le coppette mestruali);

§  all’aliquota del 10% i prodotti assorbenti e tamponi, destinati alla protezione dell’igiene femminile non compostabili o lavabili.

 

Si ricorda che rispetto ai prodotti assorbenti e tamponi non compostabili o lavabili, la legge di bilancio 2022 era già intervenuta (articolo 1, comma 13) per abbassare l’aliquota IVA ad essi applicabile dal 22% al 10% introducendo, a tale scopo il numero 114-bis alla parte III della citata Tabella A (contenente l’elenco dei beni soggetti all’aliquota IVA al 10%).

 

In conseguenza delle modifiche apportate è quindi abrogato il citato numero 114-bis della parte III della citata Tabella A (comma 1, lettera b), n. 2).

 

La relazione tecnica specifica che la stima della riduzione di gettito IVA di 36,9 milioni di euro su base annua dal 2023.

Riduzione IVA per prodotti per l’infanzia

Il comma 1, lettera a) n. 2) assoggetta all’IVA al 5% i seguenti prodotti per l’infanzia:

§  latte in polvere o liquido per l’alimentazione dei lattanti o dei bambini nella prima infanzia, condizionato per la vendita al minuto;

§  preparazioni alimentari di farine, semole, semolini, amidi, fecole o estratti di malto per l'alimentazione dei lattanti o dei bambini, condizionate per la vendita al minuto (codice NC1901 10 00);

§  pannolini per bambini;

§  seggiolini per bambini da installare negli autoveicoli.

 

A tal fine viene inserito un numero 1-sexies nella Parte II-bis, della Tabella A, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

 

Secondo le previsioni dell’articolo 2, comma 2, lettere a) e b) del Regolamento (UE) N. 609/2013 per “lattanti” si intendono i bambini di età inferiore a dodici mesi e per “bambini nella prima infanzia” i bambini di età compresa tra uno e tre anni.

 

In conseguenza di ciò, a fini di coordinamento, il n. 1, lettera b) del comma 1 modifica la disposizione che assoggetta all’aliquota del 10% tutti i prodotti per l’alimentazione dei fanciulli (n. 65 della parte III della tabella A) precisando che tale aliquota non si applica a prodotti per l’alimentazione dei lattanti e dei bambini nella prima infanzia indicati al n. 1-sexies) della Tabella A, Parte II-bis allegata al d. P. R. n. 633 del 1972, sopra descritto.

 

Si ricorda che l’imposta sul valore aggiunto (Iva) è una imposta armonizzata a livello europeo (articolo 113 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea - TFUE), disciplinata dalla cosiddetta direttiva Iva (direttiva 2006/112/CE), che ha istituito il Sistema comune d'imposta sul valore aggiunto. Ciò significa che i lineamenti fondamentali della disciplina e i livelli minimi di aliquote sono stabiliti dal legislatore europeo, lasciando agli Stati membri il compito di innalzare o mantenere le aliquote e dettare la disciplina di dettaglio, anche in materia di fatturazione e documentazione necessaria al corretto adempimento dell'obbligo tributario, coerentemente agli indirizzi forniti in sede UE.

La direttiva (UE) 2022/542 ha recentemente modificato la "direttiva IVA" al fine di riformare il sistema delle aliquote IVA, in particolare aggiornando l'elenco di beni e servizi per cui sono concesse aliquote IVA ridotte, quindi l'allegato III. Le modifiche saranno applicabili dal 1° gennaio 2025: gli Stati membri avranno tempo fino a fine 2024 per recepirne le disposizioni.

In concreto, gli Stati membri avranno la possibilità di avvalersi di non più di due aliquote ridotte non inferiori al 5%, un'aliquota super-ridotta inferiore al 5% e un'aliquota zero, cioè un'esenzione con diritto alla detrazione dell'IVA a monte. Il numero di articoli a cui è possibile applicare aliquote ridotte viene limitato al fine di evitare la proliferazione di aliquote ridotte.

Tra l'altro, la direttiva (UE) 2022/542 prevede anche l'eliminazione di periodi di aliquote ridotte o eccezioni applicate a prodotti con un impatto negativo sull'ambiente, come ad esempio ai combustibili fossili e ad altri beni con un impatto analogo sulle emissioni di gas a effetto serra, che cesseranno di applicarsi al più tardi dal 1° gennaio 2030 e ai pesticidi e fertilizzanti chimici, che cesseranno di applicarsi al più tardi dal 1° gennaio 2032.

Concede, altresì, agli Stati membri di applicare un'aliquota ridotta in particolare a servizi di accesso a Internet, allo scopo di intervenire sulla bassa copertura di tali servizi e promuoverne lo sviluppo, a pannelli solari, biciclette elettriche e servizi di riciclaggio dei rifiuti, ritenuti beni e servizi rispettosi dell'ambiente, e a beni e servizi che favoriscono finalità di politica sociale e culturale specifiche.

 

A questo proposito si ricorda che l’allegato III alla direttiva 2006/112/CE, come da ultimo modificato dalla direttiva (UE) 2022/542 ricomprende tra i beni assoggettabili ad IVA ridotta i prodotti alimentari (n. 1), i prodotti utilizzati per fini (…) di protezione dell'igiene femminile, e i prodotti igienici assorbenti -in cui rientrano secondo la nomenclatura doganale anche i pannolini per bambini - (n. 3) e i seggiolini per bambini installati negli autoveicoli (n. 24).

Si segnala che, secondo quanto prevede il medesimo n. 24 della direttiva (aggiunto dalla direttiva (UE) 2022/542) possono essere assoggettati ad aliquota ridotta anche l’abbigliamento e le calzature per bambini.

 

La relazione tecnica specifica che la stima della riduzione di gettito con riferimento è pari a circa 178,18 milioni di euro su base annua a decorrere dal 2023 (-86,26 per i pannolini, -69,58 per i seggiolini e -22,35 per latte e alimenti per bambini).

 


 

Articolo 18
(Proroga per il 2023 delle agevolazioni per
l’acquisto prima casa per
under 36)

 

L’articolo 18, al comma 1:

-         proroga al 31 dicembre 2023 la speciale disciplina emergenziale del Fondo di solidarietà per la sospensione dei mutui relativi all’acquisto della prima casa (cd. Fondo Gasparrini), che ne consente l’accesso a un più ampio novero di soggetti rispetto alle regole ordinarie;

-         proroga al 31 marzo 2023 la disciplina emergenziale del Fondo di garanzia per la prima casa, con particolare riferimento alla più alta misura della garanzia rilasciata dal medesimo Fondo;

-         proroga al 31 dicembre 2023 le agevolazioni in materia di imposte indirette per l’acquisto della prima casa da parte degli under 36.

Il comma 2 dispone il rifinanziamento del Fondo di garanzia per la prima casa per l’anno 2023 con l'assegnazione di ulteriori 430 milioni di euro.

Proroga del regime emergenziale del Fondo di solidarietà per la sospensione dei mutui prima casa (cd. Fondo Gasparrini)

In particolare, il comma 1, lettera a) dell'articolo in esame apporta modificazioni all’articolo 64 del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, estendendo dal 31 dicembre 2022 fino al 31 dicembre 2023 l'orizzonte temporale di operatività delle misure speciali relative al Fondo di solidarietà per la sospensione dei mutui relativi all’acquisto della prima casa, istituito dall’articolo 2, commi da 475 a 480, della legge finanziaria 2008.

 

Si ricorda in questa sede che il Fondo di solidarietà per i mutui per l'acquisto della prima casa (cd. fondo Gasparrini) è stato istituito presso il MEF dall’articolo 2, commi 475 e seguenti della legge finanziaria 2008 (legge n. 244 del 2007).  Ordinariamente esso consente, ai titolari di un mutuo fino a 250.000 euro contratto per l'acquisto della prima casa, di beneficiare della sospensione per 18 mesi del pagamento delle rate al verificarsi di situazioni di temporanea difficoltà. Il Fondo sostiene il 50% degli interessi che maturano nel periodo della sospensione.

 

Con i provvedimenti emanati durante l’emergenza pandemica, il Fondo è stato rifinanziato e, come disposto dall’articolo 54 del decreto-legge n. 18 del 2020 e dall’articolo 12 del decreto-legge n. 23 del 2020, è stata introdotta una speciale disciplina emergenziale in deroga, con la quale è stato esteso il novero dei beneficiari. La speciale disciplina prevista per l’emergenza, originariamente prevista per nove mesi ed estesa a tutto il 2021 in forza del decreto-legge n. 73 del 2021 – che viene modificato dalle norme in esame –per mezzo dell’articolo 1, comma 62, della legge di bilancio 2022 (legge n. 234 del 2021) era stata prorogata fino al 31 dicembre 2022.

 

In sintesi, sono prorogate a tutto il 2023 le seguenti misure straordinarie:

§  l’estensione dei benefici del Fondo a lavoratori autonomi, liberi professionisti, imprenditori individuali e piccoli imprenditori in presenza di un calo del fatturato;

§  l'ammissione ai benefìci del Fondo alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, per mutui ipotecari, a specifiche condizioni;

§  l’ammissione al Fondo anche senza presentazione dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE);

§  la possibilità di accedere alle agevolazioni anche in caso di mutui di importo non superiore a 400.000 euro (rispetto all’ordinario limite di 250.000 euro);

§  la possibilità di concedere la sospensione del pagamento delle rate anche ai mutui già ammessi ai benefici del Fondo per i quali sia ripreso, per almeno tre mesi, il regolare ammortamento delle rate;

§  la concessione della sospensione del pagamento delle rate può essere concessa anche ai mutui che fruiscono della garanzia del Fondo di garanzia per la prima casa (cfr. infra).

Per ulteriori informazioni sul Fondo si rinvia al sito del dipartimento del Tesoro e, per la disciplina in deroga, al dossier sulla legge di bilancio 2022.

Proroga dalla speciale disciplina del Fondo di garanzia per la prima casa

La lettera b), a fronte del protrarsi e dell'aggravarsi dell’emergenza socio-economica, interviene sulla disciplina del Fondo di garanzia per la prima casa (di cui all'articolo 1, comma 48, lettera c), della legge 27 dicembre 2013, n. 147), al fine di continuare a garantire ai soggetti più fragili (rientranti nelle categorie prioritarie, come le giovani coppie, i nuclei familiari monogenitoriali con figli minori, i conduttori di alloggi IACP e giovani di età inferiore ai 36 anni) l’accesso ai mutui garantiti, al pari di quanto avvenuto durante l’emergenza sanitaria da Covid-19, nel corso della quale la misura ha avuto origine.

In primo luogo, difatti, viene prorogato dal 31 dicembre 2022 al 31 marzo 2023 il regime speciale introdotto dall’art. 64, comma 3, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73 (c.d. DL Sostegni bis), convertito con modificazioni dalla legge 23 luglio 2021, n. 106, ai sensi del quale la misura massima della garanzia rilasciata dal Fondo è stata elevata, per le categorie prioritarie (di cui sopra), dal 50% fino all’80% della quota capitale, qualora in possesso di un indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) non superiore a 40 mila euro annui e per mutui di importo superiore all’80% del prezzo dell’immobile, compreso di oneri accessori (Loan to Value (LTV)).

In aggiunta, viene altresì prorogata al 31 marzo 2023, per le istanze ricomprese nel regime speciale dell’80%, l’applicazione di un add-on rispetto al TEGM, quale introdotto dall’art. 35-bis del decreto-legge 23 settembre 2022, n. 144, convertito con modificazioni dalla legge 17 novembre 2022, n. 175, per le domande presentate dal 1° dicembre 2022 fino al 31 dicembre 2022.

 

In particolare, si rammenta che il citato articolo 35-bis prevede che la garanzia massima dell'80% sulla quota capitale dei mutui destinati alle categorie proritarie possa essere concessa anche quando il Tasso Effettivo Globale (TEG) sia superiore al Tasso Effettivo Globale Medio (TEGM), nel rispetto di determinate condizioni, laddove la disciplina attuativa del Fondo recata dal decreto ministeriale 31 luglio 2014 stabilisce (art. 3, comma 5) che per i mutui ai quali è assegnata priorità il tasso effettivo globale (TEG) non può essere superiore al tasso effettivo globale medio (TEGM). Con la modifica in esame si prevede che la garanzia all’80% può essere concessa, in favore delle citate categorie prioritarie, a determinate condizioni, anche quando il TEG risulti superiore al TEGM. Quanto alle condizioni, viene stabilito che il TEG può superare il TEGM nella misura massima pari al differenziale tra la media del tasso Interest Rate Swap a 10 anni calcolata nel mese precedente al mese di erogazione e la medesima media calcolata nel trimestre sulla base del quale è stato calcolato il TEGM in vigore. Tale disposizione si applica in caso di differenziale positivo. Qualora, invece, tale differenziale risulti negativo, i soggetti finanziatori sono tenuti ad applicare le condizioni di maggior favore in relazione al TEGM in vigore.

Proroga delle agevolazioni fiscali per l’acquisto prima casa “under 36”

Con la successiva lettera c), vengono prorogate di un anno, fino al 31 dicembre 2023, anche le speciali agevolazioni in materia di imposte indirette, previste per l'acquisto della “prima casa” di abitazione e per i finanziamenti a tal fine erogati, disposte a favore dei giovani che presentino il duplice requisito, anagrafico ed economico, di non aver compiuto trentasei anni di età e di avere un Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) non superiore a 40.000 euro annui. Viene a tal punto prorogato il termine contenuto nell’articolo 64, comma 9 del decreto-legge n. 73 del 2021 e, da ultimo, prorogato al 31 dicembre 2022 dalla legge di bilancio 2022 (articolo 1, comma 151 della legge n. 234 del 2021)

 

In sintesi, le predette agevolazioni (commi 6-8 del citato articolo 64) prevedono l'esenzione dall'imposta di bollo e dalle imposte ipotecaria e catastale sugli atti relativi a trasferimenti di proprietà ovvero su atti traslativi o costitutivi di nuda proprietà, usufrutto, uso o abitazione, di prime case di abitazione, a favore di soggetti che non abbiano compiuto trentasei anni aventi un ISEE non superiore a 40.000 euro annui.

Se la cessione è soggetta ad IVA l'acquirente beneficia di un credito d'imposta di importo pari a quello dell'IVA versata in relazione all'acquisto. Inoltre si prevede l'esenzione delle imposte sostitutive applicabili ai finanziamenti per acquisto, costruzione e ristrutturazione di immobili, al ricorrere delle condizioni e requisiti di legge (imposta sostitutiva delle imposte di registro, di bollo, ipotecarie e catastali e delle tasse sulle concessioni governative, pari allo 0,25% dell'ammontare complessivo del finanziamento).

Per ulteriori informazioni si rinvia al dossier sulla legge di bilancio 2022.

Rifinanziamento del Fondo di garanzia prima casa

Il comma 2 dispone il rifinanziamento del Fondo di garanzia per la prima casa per l’anno 2023, con l'assegnazione di ulteriori 430 milioni di euro, derivanti dalle disposizioni di cui al comma 1 lettera b), per riuscire ad assicurare di far fronte al potenziale di domande di garanzia stimate dal Gestore per l’anno 2023, considerando sia la prosecuzione dell’operatività ordinaria della copertura al 50%, sia la proroga al 31 marzo 2023 della copertura fino all’80%.

 

Si ricorda che l'articolo 1, comma 48, lettera c) della legge di stabilità per il 2014 (legge 27 dicembre 2013, n. 147) ha istituito presso il Ministero dell'Economia e delle Finanze il Fondo di garanzia per la prima casa (Fondo prima casa), nell'ambito di un riordino generale del sistema delle garanzie per l'accesso al credito delle famiglie e delle imprese e in sostituzione del Fondo per l'accesso al credito per l'acquisto della prima casa, Il Fondo, rifinanziato nel tempo, prevede la concessione di garanzie a prima richiesta su mutui, dell'importo massimo di 250 mila euro, per l'acquisto ovvero per l'acquisto anche con interventi di ristrutturazione purché con accrescimento dell'efficienza energetica di unità immobiliari site sul territorio nazionale da adibire ad abitazione principale del mutuatario.

Con Decreto interministeriale 31 luglio 2014, pubblicato nella G.U.R.I n. 226 del 29 settembre 2014, sono state emanate le norme di attuazione della disciplina ed è stata individuata Consap quale soggetto gestore del Fondo.

Al nuovo Fondo sono state attribuite risorse pari complessivamente a 600 milioni di euro nel triennio 2014-2016 (200 milioni annui), nonché le attività e le passività del precedente Fondo per l'accesso al credito per l'acquisto della prima casa da parte delle giovani coppie o dei nuclei familiari monogenitoriali con figli minori (istituito dall’articolo 13, comma 3-bis, del D.L. 112/2008), che ha continuato ad operare fino all'emanazione dei decreti attuativi necessari a rendere operativo il nuovo Fondo di garanzia. Si ricorda che l'articolo 1, comma 233, della legge di bilancio per il 2020 (L. 160/2019) ha assegnato 10 milioni di euro per il 2020 al Fondo, riducendo altresì - dall'8 al 6,5 per cento - la percentuale minima del finanziamento da accantonare a copertura del rischio. L'articolo 19 del decreto-legge n. 34 del 2019, novellato dal comma 233, oltre a disporre un rifinanziamento del Fondo pari a 100 milioni per l'anno 2019, aveva già ridotta, dal 10 all’8 per cento, la percentuale minima del finanziamento da accantonare a copertura del rischio. L'articolo 31, comma 4, del D.L. n. 34 del 2020 (decreto Rilancio) assegna 100 milioni di euro per il 2020 al Fondo.

La dotazione del fondo è stata incrementata di 290 milioni di euro per l'anno 2021 e di 250 milioni di euro per l'anno 2022.

Il Fondo concede garanzie, a prima richiesta, su mutui ipotecari o su portafogli di mutui ipotecari, nella misura massima del 50 per cento della quota capitale, in essere sui finanziamenti connessi all'acquisto e ad interventi di ristrutturazione e accrescimento dell'efficienza energetica di unità immobiliari, site sul territorio nazionale, da adibire ad abitazione principale del mutuatario, con priorità per l'accesso al credito da parte delle giovani coppie o dei nuclei familiari monogenitoriali con figli minori, da parte dei conduttori di alloggi di proprietà degli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, nonché dei giovani che non hanno compiuto trentasei anni di età. Si ricorda che la misura massima della garanzia rilasciata dal Fondo è stata elevata, per le categorie prioritarie (di cui sopra), dal 50% fino all’80% della quota capitale, qualora in possesso di un indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) non superiore a 40 mila euro annui e per mutui di importo superiore all’80% del prezzo dell’immobile, compreso di oneri accessori (Loan to Value (LTV)).

Gli interventi del Fondo di garanzia per la prima casa sono assistiti dalla garanzia dello Stato, quale garanzia di ultima istanza.

Si ricorda che l'art. 1, comma 658, della legge di bilancio per il 2019 (l. n. 145/2018), dispone che il Fondo possa essere alimentato, oltre che mediante il versamento di contributi da parte delle regioni e di altri enti e organismi pubblici, con l’intervento della Cassa depositi e prestiti, anche a valere su risorse di soggetti terzi e al fine di incrementare la misura massima della garanzia del Fondo.  Si prevede inoltre che le norme di rango secondario di attuazione del Fondo stabiliscano le condizioni alle quali è subordinato il mantenimento dell’efficacia della garanzia del Fondo, in caso di cessione del mutuo, nonché i criteri, le condizioni e le modalità per l'operatività della garanzia dello Stato e per l'incremento della dotazione del Fondo.

Si evidenzia, infine, che nella relazione tecnica il Governo stima un effetto finanziario negativo (perdita di gettito complessiva) derivante dalle varie disposizioni dell'articolo ammontante a circa 132 milioni di euro per l'anno 2023.

 

Il Fondo di garanzia è allocato sul capitolo 7077 con una dotazione per l’anno 2023 pari a 450 milioni di euro (20 milioni disponibili a legislazione vigente cui si aggiungono i 430 milioni di euro disposti dal comma 2 della norma in commento).

 

 


 

Articolo 19
(Norma imposta sostitutiva AVS-LPP SVIZZERA)

 

 

L’articolo 19 estende il regime della ritenuta a titolo di imposta sostitutiva del 5 per cento, operata dagli intermediari residenti che intervengono nella riscossione sulle somme corrisposte in Italia da parte della assicurazione invalidità, vecchiaia e superstiti Svizzera (AVS) e della gestione della previdenza professionale per la vecchiaia, i superstiti e l'invalidità svizzera (LPP), anche al contribuente che riceva all’estero l’accredito delle suddette somme, senza intervento nel pagamento da parte di intermediari finanziari italiani.

 

In particolare, il comma 1 dell'articolo 19 aggiunge all’articolo 76 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, un nuovo comma 1-ter, al fine di stabilire che le somme ovunque corrisposte da parte della assicurazione invalidità, vecchiaia e superstiti Svizzera (AVS) e da parte della gestione della previdenza professionale per la vecchiaia, i superstiti e l'invalidità svizzera (LPP), ivi comprese le prestazioni erogate dagli enti o istituti svizzeri di prepensionamento, maturate sulla base anche di contributi previdenziali tassati alla fonte in Svizzera, in qualunque forma e titolo erogate, che vengano percepite da soggetti residenti senza intervento nel pagamento da parte di intermediari finanziari italiani, sono soggette ad imposizione sostitutiva delle imposte sui redditi con la stessa aliquota del 5 per cento della ritenuta prevista dai commi 1 e 1-bis del medesimo art. 76.

 

È bene ricordare che, a norma dell’articolo 76 della legge n. 413 del 1991, le rendite corrisposte in Italia da parte della assicurazione invalidità, vecchiaia e superstiti Svizzera (AVS), maturata sulla base anche di contributi previdenziali tassati alla fonte in Svizzera, e da parte della gestione della previdenza professionale per la vecchiaia, i superstiti e l'invalidità svizzera (LPP), sono assoggettate a ritenuta unica del 5 per cento da parte degli istituti italiani, quali sostituti d'imposta, per il cui tramite gli enti previdenziali svizzeri le erogano ai beneficiari in Italia. La ritenuta esclude l’obbligo dichiarativo da parte del contribuente.

Come evidenziato dal Governo nella relazione illustrativa, intende apprestare rimedio alla disparità di trattamento generata dalla lacuna normativa, considerato che, a legislazione vigente, nel caso in cui l’accredito delle prestazioni AVS o LPP non venga canalizzato in Italia, in assenza di un sostituto d’imposta che operi la ritenuta del 5 per cento, i commi 1 e 1-bis del citato articolo 76 non potrebbero trovare applicazione e il contribuente non potrebbe fruire dell'aliquota impositiva del 5 per cento. Ne consegue, che il contribuente che riceve l’accredito delle somme in questione all’estero, a legislazione vigente, non ha la possibilità di godere del trattamento fiscale agevolativo aliquota del 5 per cento che sarebbe previsto a suo favore nel caso in cui canalizzasse la riscossione in Italia.

 

Nella relazione tecnica si stima una perdita di gettito derivante da tale disposizione pari a 6,3 milioni di euro per l'anno 2024 e 3 milioni di euro per l'anno 2025.

 

Al comma 2 è disciplinata la decorrenza dell'efficacia della predetta disposizione, individuata alla data di entrata in vigore del decreto-legge 30 settembre 2015, n. 153, convertito con modificazioni dalla legge 20 novembre 2015, n. 187. Infine, viene specificato che non può darsi luogo al rimborso o alla ripetizione di quanto già pagato.


 

Articolo 20
(Proroga esenzione IRPEF redditi dominicali e agrari)

 

 

L’articolo 20 estende all'anno 2023 l’esenzione ai fini IRPEF - già prevista per gli anni dal 2017 al 2022 - dei redditi dominicali e agrari relativi ai terreni dichiarati da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola.

 

La disposizione in commento stabilisce che, con riferimento all'anno d'imposta 2023, non concorrano alla formazione della base imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, e delle relative addizionali, i redditi dominicali e agrari relativi a terreni dichiarati dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali (come individuati dall'art. 1, d.lgs. n. 99 del 2004) iscritti nella previdenza agricola.

A tal fine è novellato l'articolo 1, comma 44, primo periodo, della legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016). Tale comma 44, nel testo previgente, prevedeva già l'esenzione con riferimento agli anni di imposta dal 2017 al 2022.

 

Si ricorda che l'articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99 definisce imprenditore agricolo professionale (IAP) chi sia in possesso di competenze e conoscenze professionali specifiche e dedichi alle attività agricole (di cui all’articolo 2135 del codice civile) almeno il 50% del proprio tempo di lavoro complessivo, ricavando dalle attività così svolte almeno il 50% del proprio reddito globale. Ai fini del calcolo del reddito globale, vengono esclusi una serie di redditi, tra cui pensioni di ogni genere, gli assegni ad esse equiparati, le indennità e le somme percepite per l'espletamento di cariche pubbliche, ovvero in associazioni ed altri enti operanti nel settore agricolo.

Inoltre, vengono considerati imprenditori agricoli professionali anche i soci o amministratori di società di persone, di capitali e cooperative che, oltre all’esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all’articolo 2135 del codice civile, presentino i seguenti requisiti:

§  nel caso di società di persone, che almeno un socio sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale (per la società in accomandita la qualifica è riferita ai soci accomandatari);

§  per le società di capitali o cooperative, che almeno un amministratore che sia anche socio per le società cooperative sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale. La qualifica di imprenditore agricolo professionale può essere apportata da parte dell'amministratore ad una sola società.

I requisiti - lavoro e reddito - sono ridotti al 25% per l'imprenditore che opera nelle zone svantaggiate di cui all'articolo 17 del regolamento (CE) n. 1257/1999 (zone di montagna, minacciate di spopolamento e altre zone nelle quali l’attività agricola dovrebbe essere continuata per assicurare la conservazione o il miglioramento dell'ambiente naturale).

L’attribuzione della qualifica di IAP consente il riconoscimento delle agevolazioni tributarie in materia di imposizione indiretta e creditizie stabilite dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto (colui che contribuisce, con il lavoro proprio e della propria famiglia, ad almeno un terzo del fabbisogno lavorativo aziendale).

I redditi dominicali e i redditi agrari costituiscono, insieme ai redditi dei fabbricati, due delle tre categorie in cui il Testo Unico delle Imposte sui Redditi (D.P.R. n. 917 del 1986) suddivide i redditi fondiari (cfr. in particolare il capo II del Titolo I, artt. 25-43).

L’articolo 25 definisce “fondiari” i redditi (di seguito: r.) inerenti ai terreni e ai fabbricati situati nel territorio dello Stato che sono iscritti o devono essere iscritti, con attribuzione di rendita, nel catasto dei terreni o nel catasto edilizio urbano. Si prescinde dal fatto che il possessore sia residente o meno nel territorio dello Stato. Limitando il campo di analisi alle due categorie oggetto della presente disposizione i r. fondiari sono determinati sulla base delle risultanze catastali e si distinguono per l'appunto in: r. dominicale dei terreni, attribuibile al proprietario del terreno o al titolare di un diritto reale di godimento (artt. 27-31) e r. agrario, attribuibile al soggetto che coltiva il terreno, direttamente o avvalendosi di dipendenti, a prescindere dal fatto che sia il proprietario del terreno, il titolare di un diritto reale di godimento sul terreno medesimo ovvero l’affittuario (artt. 32-35).

Nell'ordinamento fiscale l’esistenza di due diverse tipologie di reddito associata ai terreni è motivata dalla possibilità che, su di essi, sia svolta un’attività agricola e nella conseguente necessità di distinguere il reddito derivante dal possesso dell’immobile (il reddito dominicale) da quello derivante dall’esercizio dell'attività agricola, anche ad opera di un soggetto diverso dal possessore (il r. agrario).

I redditi fondiari sono dunque determinati con un sistema forfetario basato sulle risultanze catastali, oggetto dell’imposizione non è il reddito effettivo del singolo terreno o del singolo fabbricato, ma la astratta e potenziale capacità del bene di produrre un reddito, a prescindere dal suo concreto manifestarsi e dalla sua effettiva entità. Tali redditi concorrono alla formazione del reddito complessivo del possessore a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale, indipendentemente dalla loro percezione e in relazione alla durata del possesso.


 

Articolo 21
(Esenzione IMU su immobili occupati)

 

 

L’articolo 21 è volto ad esentare dal pagamento dell'imposta municipale propria (IMU) i proprietari di immobili occupati che abbiano presentato regolare denuncia.

 

Nello specifico, il comma 1, introduce una nuova lettera g-bis) all’articolo 1, comma 759, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 che esenta dal pagamento dell’IMU, limitatamente al periodo dell'anno durante il quale sussistono le condizioni prescritte, una serie di fattispecie.

 

A tale proposito si ricorda che il sopra citato comma 759 prevede che sono esenti dall'imposta, per il periodo dell'anno durante il quale sussistono le condizioni prescritte:

a)    gli immobili posseduti dallo Stato, dai comuni, nonché gli immobili posseduti, nel proprio territorio, dalle regioni, dalle province, dalle comunità montane, dai consorzi fra detti enti, dagli enti del Servizio sanitario nazionale, destinati esclusivamente ai compiti istituzionali;

b)   i fabbricati classificati o classificabili nelle categorie catastali da E/1 a E/9;

c)    i fabbricati con destinazione ad usi culturali;

d)   i fabbricati destinati esclusivamente all'esercizio del culto, purché compatibile con le disposizioni degli articoli 8 e 19 della Costituzione, e le loro pertinenze;

e)    i fabbricati di proprietà della Santa Sede indicati negli articoli 13, 14, 15 e 16 del Trattato tra la Santa Sede e l'Italia, sottoscritto l'11 febbraio 1929 e reso esecutivo con la legge 27 maggio 1929, n. 810;

f)    i fabbricati appartenenti agli Stati esteri e alle organizzazioni internazionali per i quali è prevista l'esenzione dall'imposta locale sul reddito dei fabbricati in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia;

g)   gli immobili posseduti e utilizzati dai soggetti di cui alla lettera i) del comma 1 dell'articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, ovvero gli enti pubblici e privati diversi dalle società, i trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale nonché gli organismi di investimento collettivo del risparmio, e destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali delle attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, attività di religione o di culto.

 

Nello specifico la norma prevede che sono esenti dal pagamento dell’IMU gli immobili non utilizzabili né disponibili, per i quali sia stata presentata denuncia all'autorità giudiziaria in relazione ai reati di violazione di domicilio e invasione di terreni o edifici (rispettivamente articoli 614, secondo comma, o 633 del codice penale) o per la cui occupazione abusiva sia stata presentata denuncia o iniziata azione giudiziaria penale.

 

Sul punto si ricorda la sentenza del 19/01/2022 n. 67/1 - Comm. trib. reg. per la Toscana nella quale si evidenziava, tra l’altro, che: il titolare di un immobile occupato non trae nessun utile dal suo diritto di proprietà né quello di un godimento diretto del bene, né di un godimento mediato attraverso il conseguimento di un corrispettivo per il suo utilizzo ed è anzi costretto a subire un deterioramento del bene con conseguente diminuzione patrimoniale.

 

Il soggetto passivo deve comunicare al comune interessato, secondo modalità telematiche da stabilire con decreto del Ministero dell’economia e delle Finanze, da emanarsi entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente disposizione, sentita la Conferenza Stato-città ed Autonomie locali, il possesso dei requisiti che danno diritto all’esenzione.

Analoga comunicazione deve essere trasmessa nel momento in cui cessa il diritto all’esenzione.

 

Il comma 2 prevede un ristoro ai comuni a fronte delle minori entrate derivanti dalla disposizione. In particolare la norma stabilisce che per ristorare i comuni per le minori entrate derivanti dall’attuazione della sopra descritta nuova lettera g-bis), nello stato di previsione del Ministero dell’interno è istituito un apposito fondo con una dotazione di 62 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2023. Le modalità di accesso al Fondo sono definite con decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali.


 

Capo II Disposizioni in materia di entrate

Articolo 22
(Disposizioni in materia di indeducibilità dei costi derivanti
da operazioni intercorse con imprese localizzate
in Paesi o territori non cooperativi a fini fiscali)

 

 

L’articolo 22 intende ripristinare alcuni limiti alla deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi di reddito derivanti da operazioni intercorse con imprese e professionisti residenti, ovvero localizzati in Stati non cooperativi a fini fiscali.

In particolare, si prevede la deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi di reddito derivanti da operazioni intercorse con imprese residenti, ovvero localizzate in Paesi o territori non cooperativi a fini fiscali, nei limiti del loro valore normale, a condizione che tali operazioni abbiano avuto concreta esecuzione.

La deducibilità nei limiti del valore normale non si applica in presenza di due condizioni, che devono essere provate dalle imprese residenti in Italia:

§  le operazioni poste in essere devono rispondere a un effettivo interesse economico;

§  le stesse operazioni devono avere avuto concreta esecuzione.

Le norme così introdotte trovano applicazione anche per le prestazioni di servizi rese dai professionisti domiciliati in Paesi o territori non collaborativi a fini fiscali.

 

La disciplina riguardante il regime di deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi di reddito derivanti da operazioni intercorse con imprese e professionisti residenti, ovvero localizzati in Stati o territori a fiscalità privilegiata (di seguito costi black list), contenuta nell’articolo 110, commi da 10 a 12-bis, del Testo unico delle imposte sui redditi - decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), è stata riformata per effetto di importanti interventi normativi succedutesi nel corso del 2015 e 2016, come diffusamente commentato dall’Agenzia delle entrate nella Circolare n. 39/E del 2016.

In estrema sintesi, la disciplina delle transazioni intercorse con controparti estere è stata introdotta nell’ordinamento con l’articolo 11, comma 12, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, prevedendo la totale indeducibilità dei relativi costi, salvo dimostrazione di specifiche esimenti, in deroga ai principi generali di rilevanza fiscale dei componenti negativi di reddito (contenuti nell’articolo 109 TUIR).

La legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015, comma 678) ha modificato i criteri fissati per l’identificazione dei Paesi a fiscalità privilegiata, rilevanti ai fini della redazione della lista contenuta nel D.M. 23 gennaio 2002, facendo esclusivo riferimento “alla mancanza di un adeguato scambio di informazioni”.

Il decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 (c.d. decreto internazionalizzazione) ha modificato la disciplina applicabile ai costi black list, introducendo un diverso regime fiscale basato sul riconoscimento:

-          della deducibilità dei costi black list fino a concorrenza del relativo valore normale;

-          della deducibilità dell’eventuale importo del costo black list eccedente il valore normale del bene o servizio acquistato, a condizione che fosse dimostrato l’effettivo interesse economico, da parte del soggetto residente, a porre in essere l’operazione (c.d. seconda esimente) e l’avvenuta esecuzione della operazione medesima.

Da ultimo la legge 28 dicembre 2015, n. 208 (c.d. legge di stabilità 2016, comma 142 dell’articolo 1) ha abrogato i commi da 10 a 12-bis dell’articolo 110 TUIR, con la conseguente soppressione tout court del trattamento fiscale specifico riservato ai costi derivanti da transazioni commerciali intercorse con controparti estere localizzate in Paesi a fiscalità privilegiata.

Per effetto della predetta evoluzione normativa, il regime sulle restrizioni piene alla deducibilità dei costi black list è stato sostituito - in una prima fase - da un regime basato su limitazioni parziali collegate ad un certo limite prestabilito (i.e. eccedenza rispetto al valore normale del bene o servizio acquistato), fino a giungere ad ammettere i costi in parola alle regole ordinarie di deducibilità previste per la generalità dei componenti negativi di reddito.

 

Al riguardo, il Governo nella relazione illustrativa chiarisce che la norma intende garantire il rispetto, da parte dell’Italia, dell’impegno politico assunto da tutti gli Stati membri nell’ambito dei lavori del Consiglio Ecofin nel 2019, in materia di tassazione del reddito d’impresa, con riferimento alle giurisdizioni incluse nella lista europea di giurisdizioni non cooperative a fini fiscali. In particolare, con le Conclusioni del 5 dicembre 2017 (cfr. Conclusioni del Consiglio 5 dicembre 2017, documento 15429/17), il Consiglio Ecofin ha adottato la prima lista europea di giurisdizioni non cooperative a fini fiscali (Allegato I al documento 15429/17), su impulso del Gruppo tecnico di lavoro “Codice di Condotta per la tassazione del reddito di impresa” costituito in seno al Consiglio europeo. Con le Conclusioni del 5 dicembre 2019, il Consiglio Ecofin ha adottato le Linee Guida (Allegato 4 al Report semestrale del Gruppo Codice di Condotta al Consiglio Ecofin documento n. 14114/19, di seguito Linee Guida) relative alle misure difensive in materia fiscale, legislative ed amministrative, che gli Stati membri si sono impegnati ad adottare nei confronti delle giurisdizioni terze incluse nella lista. Di regola, gli Stati membri devono avere introdotto le suddette misure difensive nella normativa nazionale che deve essere in vigore dal 1° gennaio 2021. Gli Stati membri sono obbligati a selezionare ed introdurre nella normativa domestica almeno una tra le misure legislative contenute nelle Linee Guida: indeducibilità dei costi derivanti da operazioni intercorse con imprese localizzate in Paesi o territori non cooperativi a fini fiscali; disposizioni in materia di società controllate estere (CFC); applicazione di ritenute alla fonte sui pagamenti in uscita e, infine, limitazioni all’applicazione della disciplina della c.d. “participation exemption” sui pagamenti effettuati a soggetti localizzati in Paesi o territori non cooperativi a fini fiscali. Le Linee Guida prevedono che le misure difensive debbano avere l’effetto di incoraggiare le giurisdizioni terze, incluse nella lista, ad allinearsi ai principi di buon governo fiscale. Le Linee Guida, specificano che l'adozione delle misure difensive non debba pregiudicare le disposizioni del diritto nazionale che consentono al contribuente di fornire la prova contraria per disapplicare la norma.

 

Il comma 1 dell’articolo 28 introduce i commi da 9-bis a 9-quinquies nell’articolo 110 del TUIR, allo scopo di ripristinare una disciplina speciale e più limitata della deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi di reddito derivanti da operazioni intercorse con imprese e professionisti residenti, ovvero localizzati in Stati o territori non cooperativi a fini fiscali.

 

Il comma 9-bis più in dettaglio prevede la deducibilità di spese e altri componenti negativi di reddito, derivanti da operazioni intercorse con imprese residenti ovvero localizzate in Paesi o territori non cooperativi a fini fiscali, nei limiti del loro valore normale, determinato ai sensi dell’articolo 9 del TUIR, qualora tali operazioni abbiano avuto concreta esecuzione.

In sostanza tali componenti sfuggono al regime ordinario di deducibilità previsto dall’articolo 110 TUIR, per essere deducibili nel limite del valore normale, qualora derivino da operazioni che abbiano avuto concreta esecuzione.

Viene dunque ripresa la dicitura, già illustrata supra, contenuta nel decreto internazionalizzazione (D.Lgs. n. 147 del 2015), che richiamava la deducibilità al cd. valore normale dei predetti componenti reddituali.

 

Ai sensi dell’articolo 9 del TUIR, per “valore normale” si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi. Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d'uso. Per i beni e i servizi soggetti a disciplina dei prezzi si fa riferimento ai provvedimenti in vigore.

Per specifici beni il valore normale è determinato secondo le seguenti regole (comma 4 dell’articolo 9):

a)    per le azioni, obbligazioni e altri titoli negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri, in base alla media aritmetica dei prezzi rilevati nell'ultimo mese;

b)   per le altre azioni, per le quote di società non azionarie e per i titoli o quote di partecipazione al capitale di enti diversi dalle società, in proporzione al valore del patrimonio netto della società o ente, ovvero, per le società o enti di nuova costituzione, all'ammontare complessivo dei conferimenti;

c)    per le obbligazioni e gli altri titoli diversi da quelli indicati alle lettere a) e b), comparativamente al valore normale dei titoli aventi analoghe caratteristiche negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri e, in mancanza, in base ad altri elementi determinabili in modo obiettivo.

 

Le disposizioni considerano Paesi o territori non cooperativi a fini fiscali le giurisdizioni individuate nell’Allegato I alla lista UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali, adottata con conclusioni del Consiglio dell’Unione europea.

 

Ai sensi del comma 9-ter la precedente disposizione (che prevede la deducibilità dei componenti negativi nei limiti normale delle stesse) non si applica in presenza di due condizioni, che devono essere provate dalle imprese residenti in Italia:

§  che le operazioni poste in essere rispondono ad un effettivo interesse economico;

§  che le stesse operazioni hanno avuto concreta esecuzione.

 

La relazione illustrativa chiarisce che dal ripristino del limite, qualora il costo risulti inferiore o uguale al valore normale del bene o servizio, lo stesso sarà deducibile per l’intero valore. Viceversa, se il costo in questione risulta superiore, lo stesso sarà comunque ammesso in deduzione fino a concorrenza del valore normale; l’eventuale eccedenza, rispetto al valore normale, potrà essere dedotta dal reddito d’impresa del soggetto residente, qualora sia dimostrato che le operazioni poste in essere rispondono a un effettivo interesse economico e che le stesse hanno avuto concreta esecuzione.

 

Le norme dispongono che le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni con Paesi a fiscalità privilegiata, nei limiti del loro valore normale o in assenza dell’applicazione di tale limite, siano separatamente indicati nella dichiarazione dei redditi.

 

L’Amministrazione finanziaria, prima di procedere all’emissione dell’avviso di accertamento d’imposta o di maggiore imposta, deve notificare all’interessato un apposito avviso con il quale viene concessa al medesimo la possibilità di fornire, nel termine di novanta giorni, le prove richiese ex lege. Dal tenore letterale della disposizione si evince dunque che le imprese residenti debbano provare l’effettiva esecuzione dell’operazione (per la deducibilità limitata, al valore normale) e l’ulteriore presenza di un effettivo interesse economico (per l’applicazione del regime ordinario).

Ove l’Amministrazione non ritenga idonee le prove addotte, è tenuta a darne specifica motivazione nell’avviso di accertamento. A tal fine, il contribuente può avvalersi dello strumento dell’interpello probatorio all’Agenzia delle entrate, ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera b), della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante lo Statuto dei diritti del contribuente: si tratta dello strumento col quale il contribuente può interpellare l'amministrazione per ottenere una risposta riguardante fattispecie concrete e personali relativamente alla sussistenza delle condizioni e alla valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l'adozione di specifici regimi fiscali.

 

Il nuovo comma 9-quater contiene una disposizione di chiusura, che prevede la disapplicazione delle norme in esame nel caso di operazioni intercorse con soggetti non residenti per cui risulti applicabile l’articolo 167, concernente disposizioni in materia di imprese estere controllate (cd. disciplina CFC – Controlled Foreign Companies).

 

La disciplina contenuta nell’articolo 167 del TUIR ha la finalità di rendere imponibili in capo ai soggetti residenti o stabiliti in Italia gli utili prodotti dalle società estere controllate che beneficiano di una tassazione ridotta nello Stato di insediamento e che, al tempo stesso, risultano titolari di determinate categorie di proventi (passive income), senza svolgere un’attività economica effettiva. L’imposizione derivante dall’applicazione delle disposizioni previste dalla disciplina CFC viene subita dal soggetto controllante italiano, in proporzione alla quota di partecipazione agli utili e in modo separato, indipendentemente dall’effettiva percezione degli stessi utili sotto forma di dividendi. La normativa CFC, introdotta nel nostro ordinamento con l’articolo 1, lettera a), della legge 21 novembre 2000, n. 342 e oggetto di ripetute modifiche nel corso degli anni, e? stata riformata dall’articolo 4 del decreto legislativo 29 novembre 2018 n. 142. Si rinvia ai chiarimenti dell’Agenzia delle entrate per ulteriori approfondimenti.

 

Il comma 9-quinquies estende le norme così introdotte anche alle prestazioni di servizi rese dai professionisti domiciliati in Paesi o territori non collaborativi a fini fiscali, come definiti dal comma 9-bis.

 

Il comma 2 reca le conseguenti modifiche di coordinamento, intervenendo sull’articolo 8 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, che si occupa del regime sanzionatorio per le violazioni relative al contenuto e alla documentazione delle dichiarazioni; in particolare, si stabilisce che al comma 3-bis il riferimento all’abrogato comma 11 dell’articolo 110 TUIR sia sostituito dal riferimento al comma 9-ter introdotto dall’articolo in esame.

Di conseguenza, per effetto delle norme in commento, quando l'omissione o incompletezza riguardi l'indicazione delle spese e degli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse con Paesi a fiscalità privilegiata, (di cui all'articolo 110, comma 9-ter del TUIR, come introdotto dalle norme in esame), si applica una sanzione amministrativa pari al 10 per cento dell'importo complessivo delle spese e dei componenti negativi non indicati nella dichiarazione dei redditi, con un minimo di 500 ed un massimo di 50.000 euro.

 

Analogamente, il comma 3 modifica la disciplina degli accordi preventivi per le imprese con attività internazionale, di cui all’articolo 31-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.

In particolare, analogamente a quanto previsto dal comma 2, all’articolo 31-ter sopra menzionato (comma 1, lettera a), secondo periodo), il riferimento all’abrogato comma 10 dell’articolo 110 TUIR è sostituito dal riferimento al nuovo comma 9-bis.

Di conseguenza. per effetto delle norme in esame, le imprese con attività internazionale che hanno accesso al regime dell'adempimento collaborativo possono sottoscrivere accordi preventivi, in contraddittorio col Fisco, volti a definire i metodi di calcolo del valore normale delle operazioni con Paesi non collaborativi da cui discendono componenti di reddito negativi parzialmente deducibili, ai sensi del nuovo comma 9-bis dell’articolo 110 TUIR.

 


 

Articolo 23
(Imposta sostitutiva sulle riserve di utili)

 

 

L’articolo 23 consente ai contribuenti che, nell’ambito di attività di impresa, detengono partecipazioni in società ed enti esteri, in particolare ubicati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, di affrancare o rimpatriare, attraverso il pagamento di un’imposta sostitutiva, gli utili e le riserve di utili non distribuiti alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, come risultanti dal bilancio chiuso nell’esercizio 2021 (antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022). Con l’esercizio dell’opzione sono esclusi da imposizione, in capo al soggetto fiscalmente residente o localizzato in Italia, tali utili affrancati provenienti dalle suddette partecipate estere.

Più in dettaglio, a tali contribuenti è consentito di optare per l’assoggettamento a imposta sostitutiva (al 9% o al 30%, a seconda che si tratti di soggetti Ires o Irpef, o con aliquote ulteriormente ridotte per i proventi accantonati per almeno due esercizi) degli utili e delle riserve di utile non distribuiti, relativi all’esercizio chiuso nel periodo di imposta 2021 (più precisamente, antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022).

L’opzione è esercitabile anche per gli utili attribuibili alle stabili organizzazioni che applicano la cd. branch exemption, ovvero l’opzione che consente di esentare da imposizione in Italia i proventi prodotti all’estero dalla stabile organizzazione dell’impresa residente nello Stato.

 

Il comma 1 in particolare prevede che, ai fini della disciplina della tassazione degli utili di fonte estera, in particolare provenienti da Stati e territori a regime fiscale privilegiato, percepiti da persone fisiche e da persone giuridiche (rispettivamente ai fini dei menzionati articoli 47, comma 4 e 89, comma 3 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi - TUIR, di cui al D.P.R. n. 917 del 1986) gli utili e le riserve di utile non ancora distribuiti alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, risultanti dal bilancio di società o enti, direttamente o indirettamente partecipati, non residenti nel territorio dello stato (soggetti IRES di cui all’art. 73, comma 1, lettera d), del TUIR), relativo all’esercizio chiuso nel periodo di imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022, sono integralmente esclusi dalla formazione del reddito del soggetto partecipante residente o localizzato nel territorio dello Stato, a condizione che sia esercitata una specifica opzione per l’assoggettamento di tali proventi a imposta sostitutiva, secondo il comma 2.

 

In estrema sintesi si ricorda che la vigente disciplina della tassazione degli utili, ovvero dei proventi derivanti dal possesso di un titolo partecipativo (dividendi; rientrano tra i redditi di capitale di cui all’articolo 44 del Testo Unico delle Imposte sui redditi - TUIR, di cui al D.P.R. n. 917 del 1986) si declina diversamente secondo la natura giuridica del percipiente e, in particolare, dipende dalla circostanza che il soggetto percipiente agisca o meno nell’esercizio dell’attività di impresa. La tassazione degli utili, in linea generale, avviene al momento dell’effettiva percezione dell’utile medesimo (principio di cassa).

In particolare, è previsto un regime fiscale differenziato per gli utili percepiti:

§  al di fuori dell’esercizio di imprese commerciali, dai soggetti passivi dell'Ipef;

§  nell'esercizio di imprese commerciali, dai soggetti passivi dell'Irpef;

§  da società ed enti soggetti all'Ires.

Le norme di riferimento contenute negli  articoli 44, 47, 59, e 89 del TUIR, che qualificano tali redditi e individuano l’imponibile; negli articoli 27 e 27-bis del DPR n. 600 del 1973, che disciplinano le ritenute da applicare alla distribuzione degli utili.

 

Schematicamente:

§  con le modifiche recate dalla legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017) è stata equiparata la tassazione dei dividendi derivanti da partecipazioni qualificate a quelle non qualificate, detenute da persone fisiche al di fuori dell'esercizio di impresa. A decorrere dal 1° gennaio 2018, su tali utili è prevista la tassazione, per l’intero ammontare, con aliquota del 26 per cento (ai sensi dell’articolo 27 del d.P.R. n. 600 del 1973). Tale equiparazione si applica anche agli utili e ai proventi equiparati di fonte estera derivanti da soggetti residenti in Paesi che non sono considerati a regime fiscale privilegiato: per le persone fisiche, essi sono sottratti al reddito imponibile e sull’intero ammontare è applicata la tassazione al 26%.

§  per le imprese individuali e le società di persone, il dividendo concorre alla base imponibile nella misura del 58,14% su cui si applica la tassazione progressiva Irpef (articolo 59 TUIR, che rinvia a sua volta all’articolo 47 TUIR, e decreti ministeriali di attuazione), anche nel caso di dividendi di fonte estera, salvo che per i Paesi black list;

§  se il socio che percepisce degli utili è una società di capitali, il dividendo concorre alla formazione del reddito del percipiente (concorre a formare la base imponibile Ires) nella misura del 5%, mentre per il restante 95% il socio deve effettuare in dichiarazione una variazione in diminuzione per l’importo corrispondente (articolo 89 TUIR). Questa disciplina è applicabile anche nel caso in cui la società che distribuisce utili non risieda nel territorio dello Stato, salvo il caso di Paesi cd. black list.

 

L’articolo 47 del TUIR prevede un regime di tassazione differente dei dividendi percepiti da soggetti residenti in Italia in relazione a partecipazioni detenute in società non residenti, a seconda che essi provengano o meno da Paesi qualificabili come a fiscalità privilegiata. In particolare, il comma 4 di tale disposizione stabilisce, relativamente agli utili percepiti da persone fisiche residenti, al di fuori dell'esercizio di attività di impresa (nonché agli utili percepiti da persone fisiche titolari di imprese commerciali, in virtù del rinvio contenuto nell'articolo 59 del Tuir), il concorso integrale alla formazione del reddito imponibile del socio residente degli utili provenienti da soggetti residenti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, qualora non abbiano già concorso a formare il reddito imputato ai soci per trasparenza. Si considerano provenienti da imprese o enti residenti o localizzati in Stati o territori a regime privilegiato gli utili relativi al possesso di partecipazioni dirette in tali soggetti, o di partecipazioni di controllo in società residenti all'estero che conseguono utili dalla partecipazione in imprese o enti residenti o localizzati in Stati o territori a regime privilegiato e nei limiti di tali utili. L’imponibilità totale non si applica se detti utili sono stati già imputati al socio ai sensi della disciplina specifica per le controllate estere (articolo 167 TUIR), ovvero se è dimostrato che, sin dal primo periodo di possesso della partecipazione nel soggetto estero (ai sensi dell'articolo 47-bis, comma 2, lettera b), del TUIR) non è stato conseguito l'effetto di localizzare i redditi in Stati o territori a regime fiscale privilegiato. Ai sensi del combinato disposto dell’articolo 59 e dell’articolo 47 TUIR, la medesima regola si applica al caso di persona fisica imprenditore.

L’articolo 89, comma 3 del TUIR stabilisce che, a fini Ires, gli utili provenienti da società ed enti non residenti scontano il medesimo regime fiscale degli utili distribuiti dalle società italiane, a condizione che gli utili siano totalmente indeducibili nella determinazione del reddito nello Stato estero di residenza del soggetto emittente e che detti soggetti non siano stabiliti in Paesi a fiscalità privilegiata. Se ivi residenti o localizzati, per l’applicazione dell’esenzione al 95%, deve essere dimostrato il rispetto, sin dal primo periodo di possesso della partecipazione, di specifiche condizioni di legge.

In altri termini, l'articolo 89, comma 3, del TUIR prevede la tassazione integrale degli utili provenienti da società o enti residenti o localizzati in Stati o territori a fiscalità privilegiata, ferma restando la possibilità di dimostrare, sin dal primo periodo di possesso della partecipazione nel soggetto estero, la sussistenza della condizione (indicata nell'articolo 47-bis, comma 2, lettera b), del TUIR), cioè che non è stato conseguito l'effetto di localizzare i redditi in Stati o territori a regime fiscale privilegiato.

Si veda la risposta all’interpello n. 587/2020 dell’Agenzia delle entrate per ulteriori informazioni.

 

In sostanza le norme in esame consentono, ai contribuenti che detengono le partecipazioni in società estere nell’ambito dell’attività di impresa, di affrancare o rimpatriare con pagamento di imposta sostitutiva (al 9% o al 30%) gli utili e le riserve di utile di fonte estera non distribuiti, risultanti dal bilancio delle partecipate estere relativo all’esercizio chiuso nel periodo di imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022.

L’opzione (comma 2) è esercitabile, come anticipato, a condizione che le partecipazioni siano detenute nell’ambito dell’attività di impresa. Dall’esercizio dell’opzione consegue:

-        l’esclusione di tali utili dalle imposte sui redditi, che per utili di fonte estera, come anticipato, sono tassati integralmente con le ordinarie aliquote Irpef e Ires;

-       l’assoggettamento di tali proventi a imposta sostitutiva con le seguenti aliquote:

o  9% per i soggetti Ires;

o  30% per i soggetti Irpef.

 

La relazione illustrativa chiarisce che l’opzione è di tipo cherry-picking, nel senso che può essere esercitata in relazione a tutte o soltanto ad alcune (o una sola) delle partecipate estere.

 

Il comma 3 dispone la riduzione di tali aliquote di 3 punti percentuali (dunque l’applicazione dell’imposta sostitutiva al 6% per i soggetti Ires e al 27% per i soggetti Irpef) in relazione agli utili percepiti, dal controllante residente o localizzato nel territorio dello Stato, entro il termine di scadenza del versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo di imposta 2023 (più precisamente, quello successivo al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2022; 30 giugno 2024 per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare). L’applicazione dell’aliquota ridotta avviene a condizione che gli stessi utili siano accantonati, per un periodo non inferiore a due esercizi, in una specifica riserva di patrimonio netto.

Nel caso in cui non siano rispettate le condizioni di cui al periodo precedente, entro i successivi 30 giorni, che decorrono dal termine di scadenza stabilito per il rimpatrio degli utili o dalla data di riduzione dell’utile accantonato nell’apposita riserva prima del decorso del biennio, deve essere versata la differenza, maggiorata del 20 per cento e dei relativi interessi, tra l’imposta sostitutiva determinata secondo l’aliquota ordinaria (ai sensi del comma 2) e l’imposta sostitutiva decurtata, ai sensi del comma 3 in esame.

 

Ai sensi del comma 4, l’imposta sostitutiva è determinata in proporzione alla partecipazione detenuta nell’ente estero, e tenendo conto dell’effetto demoltiplicativo della quota di possesso, in presenza di partecipazioni indirette per il tramite di società controllate (ai sensi dell’articolo 167, comma 2, dello stesso testo unico).

 

Il comma 5 individua le modalità di esercizio dell’opzione per l’imposta sostitutiva sugli utili provenienti da Paesi a fiscalità privilegiata e del relativo versamento.

Essa è esercitabile distintamente per ciascuna partecipata estera e con riguardo a tutti o a parte dei relativi utili e riserve di utile. L’opzione si perfeziona mediante indicazione nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2022 ed è efficace a decorrere dall’inizio del periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2022.

Il versamento dell’imposta sostitutiva è effettuato in un’unica soluzione entro il termine di scadenza del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2022 (30 giugno 2023 per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare) e non è ammessa compensazione in F24, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

 

Ai sensi del comma 6, gli utili distribuiti si considerano prioritariamente formati con quelli assoggettati alle imposte sostitutive di cui ai commi 2 e 3.

La presunzione di distribuzione appare diretta ad assicurare un'omogeneità di tassazione in capo ai soci in relazione ai dividendi distribuiti (rispetto al livello impositivo degli utili in capo alla società) che produce, pertanto, sul piano fiscale una "stratificazione" temporale degli utili conseguiti dalla società, in ragione della diversa aliquota d'imposta applicata nel corso del tempo.

 

Ai sensi del comma 7, per evitare fenomeni di doppia imposizione e di limitare l’impatto di eventuali cessioni di partecipazioni, il costo fiscalmente riconosciuto (ai fini della determinazione dell’imponibile) della partecipazione nella entità estera detenuta dal soggetto residente è incrementato, sino a concorrenza del corrispettivo della cessione, dell’importo degli utili e delle riserve di utili assoggettati all’imposta sostitutiva ed è diminuito dell’importo dei medesimi utili e riserve di utili distribuiti.

 

Con il comma 8 si consente di applicare l’opzione per l’imposta sostitutiva anche in relazione agli utili attribuibili alle stabili organizzazioni che applicano la cd. branch exemption, ovvero il regime fiscale disciplinato dall’articolo 168-ter del TUIR.

 

L’articolo 168-ter attribuisce alle imprese residenti nel territorio dello Stato la facoltà di optare per l’esenzione degli utili e delle perdite attribuibili a tutte le proprie stabili organizzazioni all’estero (cd. branch exemption).

In virtù dell’esercizio dell’opzione, che è irrevocabile, il regime della branch exemption prevede che i proventi prodotti all’estero dalla stabile organizzazione siano esenti da imposta, in deroga al principio per cui devono essere tassati in Italia i redditi ovunque prodotti. L’opzione è esercitata da qualunque soggetto residente in Italia titolare di reddito di impresa, a condizione che svolga la propria attività commerciale anche all’estero, tramite una o più stabili organizzazioni. Essa va esercitata nella dichiarazione dei redditi, con effetto dal medesimo periodo: per effetto dell’opzione esercitata dalla casa madre italiana sono irrilevanti, ai fini fiscali, gli utili e le perdite realizzati dalle sue stabili organizzazioni all’estero. Il reddito viene indicato separatamente nella dichiarazione dei redditi dell'impresa.

 

Ai sensi del comma 9, si affida il compito di emanare le disposizioni di attuazione e coordinamento delle norme introdotte al comma 1 emanate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.

 


 

Articolo 24
(Disposizioni in materia di tassazione
delle plusvalenze realizzate da soggetti esteri)

 

 

L’articolo 24 intende assoggettare a imposizione in Italia le plusvalenze derivanti, ai soggetti non residenti, dalla cessione di partecipazioni in società ed enti, non negoziate in mercati regolamentati, il cui valore, per più del 50%, deriva direttamente o indirettamente da beni immobili situati in Italia.

 

Più precisamente, il comma 1 introduce un nuovo comma 1-bis all’articolo 23 del Testo Unico delle Imposte sui redditi, norma che individua i proventi considerati come prodotti nel territorio dello Stato, ai fini dell’applicazione delle imposte sui redditi nei confronti dei soggetti non residenti.

 

Di conseguenza, per effetto dell’introduzione del nuovo comma 1-bis nell’articolo 23 del TUIR, sono assoggettati a imposta in Italia - in quanto si considerano prodotti nel territorio italiano - i redditi diversi (plusvalenze) realizzati dai soggetti non residenti mediante la cessione, a titolo oneroso, di partecipazioni in società ed enti non residenti, a condizione che il valore di tali partecipazioni per più del 50% derivi, in qualsiasi momento nel corso dei 365 giorni che precedono la loro cessione, direttamente o indirettamente, da beni immobili situati in Italia.

Sono esclusi dalle norme introdotte - dunque non si presumono prodotti in Italia e non sono assoggettati alle imposte sui redditi nel territorio dello Stato - i proventi derivanti da cessione di titoli negoziati in mercati regolamentati.

 

A norma dell'articolo 23 del TUIR, sono assoggettati a imposta in Italia, tra l’altro, i redditi diversi derivanti da attività svolte nel territorio dello Stato e da beni che si trovano nel territorio stesso, nonché le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società residenti.

Sono invece tassate nello Stato estero di residenza fiscale del percipiente: le plusvalenze realizzate da soggetti residenti all'estero e derivanti da cessioni di azioni negoziate in mercati regolamentati; le plusvalenze derivanti da cessione a titolo oneroso, ovvero da rimborso, di titoli non rappresentativi di merci e di certificati di massa negoziati in mercati regolamentati, nonché da cessione o da prelievo di valute estere rivenienti da depositi e conti correnti; i redditi derivanti da contratti conclusi, anche attraverso l'intervento d'intermediari, in mercati regolamentati.

Il Governo, nella relazione illustrativa, chiarisce che la disposizione in esame è conforme all’articolo 13, paragrafo 4, del Modello di Convenzione OCSE per evitare le doppie imposizioni, con particolare riferimento alla tassazione sul reddito e sul patrimonio stipulate dall’Italia.  L’inserimento nell’articolo 23 del TUIR del criterio di collegamento allo Stato della fonte, previsto dal citato modello di Convenzione, mira ad assoggettare ad imposizione in Italia le medesime plusvalenze, qualora ciò sia consentito da una specifica disposizione nelle Convenzioni già stipulate.

 

Il comma 2 interviene sull’articolo 5 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461, che disciplina l’imposta sostitutiva (la cui aliquota è oggi al 26%) applicabile alle plusvalenze.

In particolare l'articolo 5, comma 5, del decreto legislativo n. 461 del 1997 prevede che non concorrono a formare il reddito, quindi sono esenti da imposta sostitutiva, le plusvalenze e le minusvalenze, nonché i redditi e le perdite percepiti o sostenuti da soggetti residenti all'estero residenti in Stati e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni; non sono altresì soggetti ad imposizione gli interessi, i premi ed altri frutti delle obbligazioni e titoli similari percepiti da:

a)   enti od organismi internazionali costituiti in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia;

b)   gli investitori istituzionali esteri, ancorché privi di soggettività tributaria, costituiti in Paesi di cui al primo periodo;

c)   banche centrali o organismi che gestiscono anche le riserve ufficiali dello Stato.

 

Per effetto delle disposizioni in commento, con una formulazione simmetrica al comma 1, rientrano nei proventi tassabili (poiché a essi non si applica l’esclusione di cui al comma 5 dell’articolo 5) i redditi derivanti dalla cessione di partecipazioni in società ed enti, non negoziate in mercati regolamentati, il cui valore, per più della metà, deriva, in qualsiasi momento nel corso dei 365 giorni che precedono la loro cessione, direttamente o indirettamente, da beni immobili situati in Italia.

 

La relazione illustrativa chiarisce che la norma intende evitare che il regime di esenzione previsto all’articolo 5 sia applicabile anche alle partecipazioni in società ed enti, non negoziate in mercati regolamentati, il cui valore, per più della metà, deriva, direttamente o indirettamente, da beni immobili situati in Italia. In sintesi, le plusvalenze in esame – essendo assimilate a quelle derivanti dalla cessione di partecipazione in società residenti - sono redditi diversi di natura finanziaria cui non si applica l’art. 5, comma 5, del D.Lgs. n. 461 del 1997, secondo cui non concorrono a formare il reddito, tra l’altro, le plusvalenze da partecipazioni non qualificate realizzate da soggetti residenti in Paesi o territori che consentono un adeguato scambio di informazioni.


 

Articolo 25 commi 1-6
(
Assegnazione agevolata ai soci)

 

 

L’articolo 25, ai commi da 1 a 6, introduce agevolazioni fiscali temporanee per le cessioni o assegnazioni, da parte delle società - ivi incluse le cd. società non operative - di beni immobili e di beni mobili registrati ai soci: a queste operazioni si applica un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP ed è ridotta l’imposta di registro. Analoghe agevolazioni sono previste per le relative trasformazioni societarie.

 

L'assegnazione dei beni costituisce, insieme all'attribuzione di denaro, lo strumento col quale la società effettua la distribuzione di utili o la restituzione di capitale. Con le norme in esame viene riproposta la misura in passato già prevista dall’articolo 29 della legge 23 dicembre 1997, n. 449, come successivamente integrato dall'articolo 13 della legge 18 febbraio 1999, n. 28, nonché, da ultimo, dalla legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015), prorogata dalla legge di bilancio 2017 (articolo 1, comma 565).

Sulle questioni applicative di questa ultima disposizione era intervenuta la Circolare n. 26 del 1° giugno 2016 del Ministero delle finanze, cui si farà riferimento in seguito

 

In particolare il comma 1 individua i destinatari di tale agevolazione, ovvero le società in nome collettivo, in accomandita semplice, a responsabilità limitata, per azioni e in accomandita per azioni che assegnino o cedano ai soci beni immobili, diversi da quelli utilizzati esclusivamente per l'esercizio dell'impresa commerciale, o beni mobili iscritti in pubblici registri non utilizzati come beni strumentali nell'attività propria dell'impresa.

Le medesime norme si applicano alle società che hanno per oggetto esclusivo o principale la gestione dei predetti beni e che entro il 30 settembre 2023 si trasformino in società semplici.

 

Si ricorda che, secondo quanto previsto dall’articolo 9 del TUIR, l’assegnazione dei predetti beni ovvero la trasformazione di una società commerciale in società semplice, in assenza dell’agevolazione introdotta, comporterebbe il realizzo al valore normale dei citati beni.

 

Le agevolazioni previste si applicano a condizione che:

§  le cessioni o assegnazioni siano avvenute entro il 30 settembre 2023;

§  tutti i soci siano iscritti nel libro dei soci, ove prescritto, alla data del 30 settembre 2022 ovvero vengano iscritti entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, in forza di titolo di trasferimento avente data certa anteriore al 1° ottobre 2022.

 

Il comma 2 individua in primo luogo la base imponibile cui applicare l’imposta sostitutiva ossia la differenza tra il valore normale dei beni assegnati o, in caso di trasformazione, quello dei beni posseduti all’atto della trasformazione, e il loro costo fiscalmente riconosciuto.

L’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP ha un’aliquota dell’8 per cento, che cresce al 10,5 per cento per le società considerate non operative in almeno due dei tre periodi di imposta precedenti a quello in corso al momento della assegnazione, cessione o trasformazione.

 

In assenza di tale agevolazione il regime ordinario applicabile sarebbe: 24% di Ires, la tassazione progressiva Irpef, nonché l’aliquota del 3,9% di Irap salvo maggiorazione settoriale o regionale.

 

L’aliquota è fissata nella misura del 13 per cento per le riserve in sospensione d’imposta annullate per effetto dell’assegnazione dei beni ai soci e quelle delle società che si trasformano.

 

Le riserve e i fondi in sospensione d’imposta sono poste patrimoniali costituite in occasione di particolari situazioni, in genere previste da norme speciali (ad esempio nel caso di rivalutazioni di beni d’impresa), che ne rinviano l’imposizione ad un momento successivo, generalmente coincidente con la distribuzione di detti fondi e riserve o con il verificarsi di uno dei presupposti che comportano il venir meno del regime di sospensione.

 

Il comma 3 chiarisce i criteri di determinazione del valore normale, necessario per la determinazione della base imponibile.

Per gli immobili, su richiesta della società e nel rispetto delle condizioni prescritte, il valore normale può essere determinato in misura pari a quello risultante dall’applicazione all’ammontare delle rendite risultanti in catasto dei moltiplicatori determinati con i criteri e le modalità previsti dalle norme in tema di imposta di registro.

Si fa riferimento in particolare ai criteri e alle modalità previsti dal primo periodo del comma 4 dell'articolo 52 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131.

 

Il comma 4, primo periodo, dell’articolo 52 del Testo Unico dell’imposta di registro prevede che la rendita dominicale (per i terreni) e la rendita catastale (per i fabbricati) moltiplicati per specifici coefficienti (rispettivamente 75 e 100) ed aggiornati con i coefficienti stabiliti per le imposte sul reddito non danno luogo a rettifica di valore ai fini della predetta imposta.

 

Si precisa inoltre che, nel caso di cessione, il corrispettivo della stessa, ove inferiore al valore normale del bene - determinato ai sensi delle regole generali del TUIR (art. 9) o, in alternativa, con l’applicazione dei moltiplicatori di cui al precedente inciso - sia computato in misura non inferiore ad uno dei due valori (valore normale o valore catastale).

 

Secondo l’articolo 9 del TUIR per valore normale si intende il prezzo o il corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi. Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d'uso. Per i beni e i servizi soggetti a disciplina dei prezzi si fa riferimento ai provvedimenti in vigore.

 

Il comma 4 dispone che il costo fiscalmente riconosciuto delle azioni o quote possedute dai soci delle società trasformate va aumentato della differenza assoggettata ad imposta sostitutiva.

 

Viene inoltre disposto che, nei confronti dei soci assegnatari, non si applichino le disposizioni sul trattamento fiscale degli utili di cui al comma 1, secondo periodo e dal 5 all'8 del menzionato articolo 47, relativi alla presunzione di distribuzione degli utili di esercizio, nonché in tema di distribuzione di beni ai soci e trattamento fiscale di dette assegnazioni.

 

Si chiarisce inoltre che il valore normale dei beni ricevuti, al netto dei debiti accollati, riduce il costo fiscalmente riconosciuto delle azioni o quote possedute.

 

Per quanto concerne il costo fiscalmente riconosciuto del bene assegnato, la citata Circolare n. 26 del 1° giugno 2016 rimandava, relativamente ai beni plusvalenti, ai criteri previsti dall'art. 110, comma 1, lettera b), del Tuir, norma secondo cui si comprendono nel costo anche gli oneri accessori di diretta imputazione, esclusi gli interessi passivi e le spese generali; la circolare chiariva che tale costo andava computato al netto degli ammortamenti fiscalmente dedotti.

Per quanto invece riguarda i cd. “beni merce” (beni che in caso di cessione danno luogo a ricavi), ove non siano valutati dalla società in base al metodo del "costo specifico", il costo fiscalmente riconosciuto era determinato con criteri corrispondenti a quelli stabiliti per la determinazione del costo del venduto, facendo quindi riferimento ad una situazione di magazzino, relativa ai beni assegnati, redatta alla data di assegnazione.

 

Il comma 5 stabilisce che le aliquote dell'imposta proporzionale di registro eventualmente applicabili alle assegnazioni e le cessioni ai soci di cui ai commi da 1 a 3 sono ridotte alla metà (in via generale dal 9% al 4,5%) e le imposte ipotecarie e catastali si applicano in misura fissa (in luogo dell’aliquota del 2% per le imposte ipotecarie e dell’1% per quelle catastali).

 

Quanto al versamento dell’imposta il comma 6 precisa che esso deve avvenire in due rate: il 60 per cento entro il 31 luglio 2023 e la restante parte entro il 30 novembre 2023 secondo le norme generali sui versamenti (di cui al decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241).

Per la riscossione, i rimborsi ed il contenzioso si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi.

 


 

Articolo 25 comma 7
(
Estromissione dei beni delle imprese individuali)

 

 

L’articolo 25, comma 7 prevede che le disposizioni concernenti la cd. estromissione dei beni di imprese individuali - ossia la possibilità di escludere beni immobili strumentali dal patrimonio dell’impresa, assegnandoli all’imprenditore dietro pagamento di un’imposta sostitutiva -  possano applicarsi anche alle esclusioni dei beni posseduti alla data del 31 ottobre 2022, poste in essere dal 1° gennaio 2023 al 31 maggio 2023.

 

Le norme in esame estendono l’applicazione delle previsioni contenute nell’articolo 1, comma 121, della legge 28 dicembre 2015, n. 208. Il comma 121 aveva disposto l’applicazione opzionale, per gli imprenditori individuali, di un’imposta sostitutiva di IRPEF e IRAP, con aliquota dell’8 per cento, sugli immobili strumentali posseduti alla data del 31 ottobre 2015. Il pagamento dell’imposta consentiva di escludere tali beni dal patrimonio dell'impresa, con effetto dal primo periodo d'imposta in corso alla data del 1° gennaio 2016.

Più in dettaglio, si disponeva che l'imprenditore individuale che alla data del 31 ottobre 2015 possedeva beni immobili strumentali potesse, entro il 31 maggio 2016, optare per l'esclusione dei beni stessi dal patrimonio dell'impresa, con effetto dal periodo di imposta in corso alla data del 1° gennaio 2016. L’esclusione implicava il pagamento di una imposta sostitutiva di IRPEF e IRAP, con aliquota dell'8 per cento, applicata sulla differenza tra il valore normale di tali beni ed il relativo valore fiscalmente riconosciuto.

La disposizione prevedeva inoltre l’applicazione, in quanto compatibili delle norme dei già commi 115 a 120 dell’articolo 1 della legge n. 208 del 2015, che sono sostanzialmente analoghi ai commi da 1 a 6 dell’articolo 25, alla cui scheda pertanto si rinvia per approfondimenti.

 

La disposizione citata disciplina inoltre i termini per il versamento dell’imposta sostitutiva che deve essere fatto in due rate, rispettivamente, entro il 30 novembre 2023 e il 30 giugno 2024.

Si chiarisce, infine, che per i soggetti che si avvalgono della disposizione in esame gli effetti della estromissione decorrono dal 1° gennaio 2023.


 

Articolo 26
(
Rideterminazione dei valori di acquisto dei terreni e partecipazioni)

 

 

L’articolo 26 prevede la facoltà di assumere, ai fini del computo di plusvalenze e minusvalenze finanziarie, anche riferite a titoli o partecipazioni negoziate in mercati regolamentari, il valore normale di tali titoli al 31 dicembre 2023, in luogo del loro costo o valore di acquisto (comma 1), dietro il versamento di un’imposta sostitutiva con aliquota al 14%.

Sono inoltre estese alla rideterminazione dei valori di acquisto delle partecipazioni negoziate e non negoziate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione e dei terreni edificabili e con destinazione agricola - posseduti alla data del 1° gennaio 2023 - le disposizioni in materia di rivalutazione, già previste in passato e più volte prorogate nel tempo, stabilendo anche per tali operazioni un’imposta sostitutiva con aliquota al 14%.

 

In particolare il comma 1, lettera b), consente di rideterminare a fini fiscali le plusvalenze e minusvalenze di natura finanziaria relative ai titoli, alle quote o ai diritti negoziati nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione (di cui all'articolo 67, comma 1, lettere c) e c-bis), TUIR, d. P. R. n. 917 del 1986), posseduti alla data del 1° gennaio 2023.

La rideterminazione consiste nell’assumere, a fini fiscali, il valore normale degli stessi al mese di dicembre 2022, in luogo del costo o valore di acquisto, a condizione che il predetto valore sia assoggettato ad una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi con aliquota, stabilita al comma 3 del presente articolo, al 14%.

 

A tal fine viene aggiunto un nuovo comma 1-bis all’articolo 5 della legge n. 448 del 2001, che disciplina la rideterminazione dei valori di acquisto di partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentati.

In considerazione del fatto che la possibilità di rideterminazione dei valori d’acquisto di partecipazioni viene consentita anche con riferimento ai titoli negoziati in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione, la lettera a) del comma 1 modifica la rubrica del predetto articolo sopprimendo il riferimento all’esclusione dei titoli negoziati nei mercati regolamentati.

 

Secondo quanto stabilito dall’articolo 9, comma 4, lettera a), del TUIR (d. P. R. n. 917 del 1986) il valore normale è determinato per le azioni, obbligazioni e altri titoli negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri, in base alla media aritmetica dei prezzi rilevati nell'ultimo mese.

L'articolo 67, comma 1, lettere c) e c-bis), TUIR (d. P. R. n. 917 del 1986) definisce rispettivamente le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate nonché la cessione di diritti o titoli attraverso cui possono essere acquisite le predette partecipazioni (lettera c)) e le plusvalenze, diverse da quelle imponibili ai sensi della lettera c) (lettera c-bis).

In particolare la lettera c) precisa che sono partecipazioni qualificate quelle che rappresentano, complessivamente, una percentuale di diritti di voto esercitabili nell'assemblea ordinaria superiore al 2 o al 20 per cento ovvero una partecipazione al capitale od al patrimonio superiore al 5 o al 25 per cento, secondo che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni. La medesima disposizione indica le modalità secondo le quali è accertata la sussistenza di queste condizioni e definisce le plusvalenze assimilabili a quelle appena descritte.

Anche la lettera c-bis) dopo aver individuato l’ambito applicativo, precisando che oggetto della disposizione sono le plusvalenze, diverse da quelle di cui alla lettera c) realizzate mediante cessione a titolo oneroso di azioni e di ogni altra partecipazione al capitale o al patrimonio di società nonché di diritti o titoli attraverso cui possono essere acquisite le predette partecipazioni, definisce le plusvalenze assimilabili.

 

Il comma 2, novellando l’articolo 2, comma 2, del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282 estende l’applicazione delle disposizioni dei commi da 5 a 7 del citato articolo 5 della legge n. 488 del 2001 anche alla rideterminazione dei valori di acquisto delle partecipazioni negoziate e non negoziate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione e dei terreni edificabili e con destinazione agricola posseduti alla data del 1° gennaio 2023.

 

I commi da 5 a 7 dell’articolo 5 della legge n. 448 del 2001 stabiliscono le modalità di applicazione delle disposizioni in materia di rivalutazione delle partecipazioni e dei terreni, secondo le quali il valore da assumere in luogo del costo o valore di acquisto deve essere determinato sulla base di una perizia giurata di stima redatta da specifiche categorie di soggetti. In particolare il comma 5 dispone che se la relazione giurata di stima è predisposta per conto della stessa società o dell’ente nel quale la partecipazione è posseduta, la relativa spesa è deducibile dal reddito d'impresa in quote costanti nell'esercizio in cui è stata sostenuta e nei quattro successivi. Se la relazione giurata di stima è predisposta per conto di tutti o di alcuni dei possessori dei titoli, quote o diritti la relativa spesa è portata in aumento del valore di acquisto della partecipazione in proporzione al costo effettivamente sostenuto da ciascuno dei possessori. L'assunzione del valore così definito quale valore di acquisto non consente il realizzo di minusvalenze utilizzabili ai sensi dei commi 3 e 4 dell'articolo 82 del citato testo unico delle imposte sui redditi (comma 6). Infine il comma 7 stabilisce gli intermediari abilitati all'applicazione dell'imposta sostitutiva a norma degli articoli 6 e 7 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461 tengono conto del nuovo valore, in luogo di quello del costo o del valore di acquisto, soltanto se prima della realizzazione delle plusvalenze e delle minusvalenze ricevono copia della perizia, unitamente ai dati identificativi dell'estensore della perizia stessa e al codice fiscale della società periziata.

 

Si dispone inoltre che le imposte sostitutive, ivi previste, possano essere rateizzate fino ad un massimo di tre rate annuali di pari importo, a decorrere dalla data del 30 giugno 2023; prevedendo un interesse, da versarsi contestualmente, pari al 3% sull'importo delle rate successive alla prima.

Si prevede inoltre che la redazione e il giuramento della perizia, previsti dalle citate norme, debbano essere effettuati entro la predetta data del 30 giugno 2023.

 

Il comma 3 prevede un’aliquota d’imposta sostitutiva al 14% sui valori di acquisto delle partecipazioni e dei terreni edificabili e con destinazione agricola rideterminati secondo quanto previsto dal comma 2 dell'articolo 2 del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27, come da ultimo modificato dal comma 2 del presente articolo.

 

La stessa aliquota d’imposta sostitutiva è inoltre applicabile alla fattispecie di cui all'articolo 5, commi 1-bis, introdotta dalla disposizione in esame e 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e alla fattispecie di cui all'articolo 7, comma 2, della medesima legge riguardante le plusvalenze e le minusvalenze afferenti ai terreni edificabili e con destinazione agricola posseduti.

 

Si ricorda che la rideterminazione del valore delle partecipazioni (di cui all’articolo 5 della legge n. 448 del 2001), dei valori di acquisto dei terreni edificabili e con destinazione agricola e dell’acquisto di partecipazioni, di cui all’articolo 7 della medesima legge, sono state più volte oggetto di proroga, da ultimo dall’articolo 29, comma 2, del decreto-legge 1 marzo 2022, n. 17, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 aprile 2022, n. 34.

Si segnala tuttavia che la presente disposizione estende tale regime anche ai titoli e alle partecipazioni negoziate nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione.


 

Articolo 27
(Affrancamento quote di OICR e polizze assicurative)

 

 

L'articolo 27 prevede la facoltà di considerare realizzati i redditi derivanti dalla cessione o dal rimborso di quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) assoggettando ad imposta sostitutiva con aliquota del 14 per cento la differenza tra il valore delle quote o azioni rilevato dai prospetti periodici alla data del 31 dicembre 2022 e il costo o valore di acquisto o di sottoscrizione (comma 1). L'articolo prevede altresì la facoltà di considerare corrisposti i redditi derivanti dai contratti di assicurazione sulla vita di cui al ramo I (assicurazioni sulla durata della vita umana) e al ramo V (operazioni di capitalizzazione) assoggettando a imposta sostitutiva con aliquota del 14 per cento la differenza tra il valore della riserva matematica alla data del 31 dicembre 2022 e i premi versati (comma 2).

 

In particolare, il comma 1 stabilisce una condizione affinché i redditi di capitale di cui all’articolo 44, comma 1, lettera g), del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, e i redditi diversi di cui all’articolo 67, comma 1, lettera c-ter), del medesimo testo unico derivanti dalla cessione o dal rimborso di quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) si possano considerare realizzati, e quindi assoggettati a tassazione. La condizione prevede che, su richiesta del contribuente, sia assoggettata ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi nella misura del 14 per cento, la differenza tra il valore delle quote o azioni rilevato dai prospetti periodici alla data del 31 dicembre 2022 e il costo o valore di acquisto o di sottoscrizione.

 

In buona sostanza, come chiarito dalla relazione illustrativa, il comma 1 prevede la facoltà, ai fini della determinazione dei redditi di capitale e dei redditi diversi di natura finanziaria di sostituire, previo pagamento di un’imposta sostitutiva, il costo di acquisto delle quote o azioni di partecipazione a organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR), con il valore rideterminato secondo i criteri stabiliti nel medesimo comma 1, ovvero con la differenza tra il valore delle quote o azioni rilevato dai prospetti periodici alla data del 31 dicembre 2022 e il costo o valore di acquisto o di sottoscrizione.

 

Si rammenta che i suddetti redditi di capitale di cui all'articolo 44, comma 1, lettera g) del TUIR corrispondono ai proventi derivanti dalla gestione, nell'interesse collettivo di pluralità di soggetti, di masse patrimoniali costituite con somme di denaro e beni affidati da terzi o provenienti dai relativi investimenti. I redditi diversi di cui all'articolo 67, comma 1, lettera c-ter) del TUIR corrispondono invece alle le plusvalenze, diverse da quelle di cui alle lettere c) e c-bis) del medesimo comma, realizzate mediante cessione a titolo oneroso ovvero rimborso di titoli non rappresentativi di merci, di certificati di massa, di valute estere, oggetto di cessione a termine o rivenienti da depositi o conti correnti, di metalli preziosi, sempreché siano allo stato grezzo o monetato, e di quote di partecipazione ad organismi d'investimento collettivo. Agli effetti dell'applicazione della presente lettera si considera cessione a titolo oneroso anche il prelievo delle valute estere dal deposito o conto corrente.

 

Si rammenta, inoltre, che il Testo Unico dell'Intermediazione Finanziaria (TUIF), di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998, definisce gli OICR (Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio) identificandoli con i fondi comuni (OICR aventi forma contrattuale) e le Sicav (OICR aventi forma statutaria). Entrambe le categorie sono disciplinate da un apposito documento, il regolamento di gestione nel caso dei fondi comuni e lo statuto nel caso delle Sicav. Tale documento definisce le caratteristiche e i criteri di funzionamento, la denominazione, la durata, le modalità di partecipazione, i termini e le modalità di emissione ed estinzione dei certificati, di sottoscrizione, di rimborso e di liquidazione, gli organi competenti per la scelta degli investimenti, il tipo di beni e strumenti finanziari oggetto di investimento, le spese e le modalità di pubblicizzazione del valore.

 

Il contribuente esercita l'opzione di cui al comma in esame rendendo apposita comunicazione all'intermediario presso il quale è intrattenuto il rapporto di custodia, amministrazione, gestione di portafogli o altro stabile rapporto entro il 30 giugno 2023 e si estende a tutte le quote o azioni appartenenti ad una medesima categoria omogenea, posseduti alla data del 31 dicembre 2022 nonché alla data di esercizio dell'opzione.

L'imposta sostitutiva è versata dagli intermediari entro il 16 settembre 2023, ricevendone provvista dal contribuente.

 

La tassazione delle rendite finanziarie

 

Le cd. rendite finanziarie, che nella disciplina del TUIR sono riconducibili alle due categorie dei redditi di capitale (ovvero che derivano dall’investimento in capitali: dividendi, interessi e altri proventi analoghi) e dei redditi diversi (plusvalenze e minusvalenze derivanti da transazioni su azioni, su titoli rappresentativi di capitale d’impresa e altri prodotti), sono assoggettate a Irpef.

In linea generale, l’aliquota dell’imposizione su tali redditi è proporzionale e pari al 26% (misura così stabilita, da ultimo, dal decreto-legge n. 66 del 2014). Secondo il tipo di reddito oggetto di imposizione, si applica la ritenuta a titolo di imposta o l’imposta sostitutiva.

Più in dettaglio i redditi da capitale (interessi e dividendi) sono tassati per cassa, al lordo delle spese e sottoposti all’aliquota sostitutiva del 26%, tranne i proventi derivanti da:

?          titoli di Stato, risparmio postale e interessi dei project bond (12,5%);

?          PIR (esenti, se mantenuti per 5 anni);

?          partecipazione qualificata detenuta da un titolare di reddito di impresa;

?          partecipazione a Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio, se la quota di partecipazione è superiore al 5% (tassati in Irpef).

La tassazione dei redditi diversi di natura finanziaria per i soggetti che non svolgono attività d’impresa, le persone fisiche, le società semplici e soggetti equiparati, gli enti non commerciali prevede tre regimi: il regime della dichiarazione, quello del risparmio amministrato e quello del risparmio gestito. La differenza tra i tre regimi si sostanzia negli adempimenti posti a carico dell’investitore o del gestore, nel momento in cui viene applicata la tassazione (maturato o realizzato) nonché nel trattamento fiscale di profitti e perdite (con particolare riferimento alla loro compensabilità). I redditi diversi sono tassati per cassa nei regimi di risparmio amministrato e di risparmio dichiarativo, mentre sono tassati per competenza nel caso del risparmio gestito. Con riferimento alla tassazione dei fondi comuni di investimento, con il decreto legge n. 225 del 2010 è stato effettuato il passaggio da un sistema di tassazione per maturazione in capo al fondo a un sistema di tassazione per cassa in capo agli investitori.

Per maggiori dettagli, si rinvia al dossier del Servizio studi della Camera e del Senato "Elementi essenziali della tassazione in Italia".

 

Il comma 2 stabilisce una condizione affinché, per i contratti di assicurazione sulla vita di cui al ramo I (assicurazioni sulla durata della vita umana) e al ramo V (operazioni di capitalizzazione) dell'articolo 2,  comma 1, del codice delle assicurazioni private, approvato con decreto legislativo n. 209 del 2005, i redditi di cui all’articolo 44, comma 1, lettera g-quater), del TUIR, costituiti dalla differenza tra il valore della riserva matematica alla data del 31 dicembre 2022 e i premi versati, si possano considerare corrisposti, e quindi assoggettati a tassazione.

La condizione prevede che, su richiesta del contraente, tale differenza sia assoggettata dall’impresa di assicurazione ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi nella misura del 14 per cento. L’imposta sostitutiva è versata dall’impresa di assicurazione entro il 16 settembre 2023. La provvista dell’imposta sostitutiva è fornita dal contraente.

 

Si rammenta che i redditi di cui all'articolo 44, comma 1, lettera g-quater) del TUIR corrispondono ai redditi compresi nei capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione.

 

Il comma prosegue specificando che l’imposta sostitutiva non è compensabile con il credito di imposta di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 209 del 2002, convertito, con modificazione, dalla legge n. 265 del 2002. Inoltre, i contratti per i quali è esercitata l’opzione di cui al primo periodo non possono essere riscattati prima del 1° gennaio 2025. Il comma esclude tuttavia dall’applicazione delle disposizioni precedenti i contratti di assicurazione la cui scadenza è prevista entro il 31 dicembre 2024.

 

Si rammenta che, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 209 del 2002, le società e gli enti che esercitano attività assicurativa sono tenuti al versamento di un'imposta pari allo 0,20 per cento delle riserve matematiche dei rami vita iscritte nel bilancio dell'esercizio, con esclusione di quelle relative ai contratti aventi per oggetto il rischio di morte o di invalidità permanente da qualsiasi causa derivante ovvero di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana, nonché di quelle relative ai fondi pensione e ai contratti di assicurazione. Il versamento è effettuato entro il termine di versamento a saldo delle imposte sui redditi e costituisce credito di imposta, da utilizzare a decorrere dal 1° gennaio 2005, per il versamento delle ritenute previste dall'articolo 6 della legge n. 482 del 1985, e dell'imposta sostitutiva prevista dall'articolo 26-ter del D.P.R. n. 600 del 1973.


 

Articolo 28
(Contributo di solidarietà temporaneo per il 2023)

 

 

L’articolo 28 istituisce un contributo di solidarietà straordinario sotto forma di prelievo temporaneo per l’anno 2023 per i soggetti che producono, importano, distribuiscono o vendono energia elettrica, gas naturale o prodotti petroliferi, al fine di contenere gli effetti dell’aumento dei prezzi e delle tariffe del settore energetico per le imprese e i consumatori. Il contributo è determinato applicando un'aliquota del 50 per cento a una quota del maggior reddito conseguito dai suddetti soggetti passivi nel 2022 rispetto alla media dei quattro anni precedenti, in ragione dello straordinario aumento dei prezzi dell'energia. Il contributo è versato entro il sesto mese successivo a quello di chiusura dell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023 e non è deducibile ai fini dell'IRES e dell'IRAP.

 

Il comma 1 dell'articolo 28 istituisce un contributo di solidarietà temporaneo per l’anno 2023 a carico dei soggetti che:

§  esercitano nel territorio dello Stato, per la successiva vendita dei beni, l’attività di produzione di energia elettrica;

§  esercitano l’attività di produzione di gas metano o di estrazione di gas naturale;

§  rivendono energia elettrica, gas metano e gas naturale;

§  esercitano l’attività di produzione, distribuzione e commercio di prodotti petroliferi;

§  importano energia elettrica, gas naturale o gas metano, prodotti petroliferi a titolo definitivo, per la successiva rivendita o introducono nel territorio dello Stato detti beni provenienti da altri Stati dell’Unione europea.

Il contributo non è invece dovuto dai soggetti che svolgono l’attività di organizzazione e gestione di piattaforme per lo scambio dell’energia elettrica, del gas, dei certificati ambientali e dei carburanti, nonché dalle piccole e microimprese che esercitano l’attività di commercio al dettaglio di carburante per autotrazione identificata dal codice ATECO 473000.

La relazione illustrativa del Governo stima il numero complessivo dei soggetti passivi del contributo in circa 7.000 unità.

 

Il comma 2 disciplina le modalità di determinazione del contributo straordinario e prevede l'applicazione di un'aliquota del 50 per cento a una quota del maggior reddito conseguito dai soggetti passivi nel 2022 rispetto alla media dei quattro anni precedenti, in ragione dello straordinario aumento dei prezzi nel settore energetico. Più in particolare, la base imponibile è data dall’ammontare della quota del reddito complessivo determinato ai fini dell’imposta sul reddito delle società (IRES) relativo al periodo d’imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023, che eccede per almeno il 10 per cento la media dei redditi complessivi determinati ai sensi dell’IRES conseguiti nei quattro periodi d’imposta antecedenti a quello in corso al 1° gennaio 2022, assumendo un valore pari a zero nel caso in cui tale media sia negativa. La norma identifica anche un limite all’ammontare del contributo straordinario, che non può essere superiore al 25 per cento del valore del patrimonio netto del soggetto passivo alla data di chiusura dell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022.

Il contributo così determinato è versato, ai sensi del comma 3, entro il sesto mese successivo a quello di chiusura dell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023. Per i soggetti che chiudono il bilancio al 31 dicembre, il contributo deve quindi essere calcolato sull'esercizio 2022 e corrisposto entro il mese di giugno 2023. I soggetti che in base a disposizioni di legge approvano il bilancio oltre il termine di quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio effettuano il versamento entro il mese successivo a quello di approvazione del bilancio. I soggetti con esercizio non coincidente con l’anno solare possono effettuare il versamento del contributo entro il 30 giugno 2023.

Nella relazione illustrativa del Governo l'ammontare atteso del contributo viene stimato in circa 2,5 miliardi di euro con effetto di cassa interamente nel 2023.

 

Il comma 4 prevede che il contributo non sia deducibile ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRES e IRAP). Il successivo comma 5 stabilisce inoltre che ai fini dell’accertamento, delle sanzioni e della riscossione del contributo, nonché del contenzioso, vengano applicate le disposizioni in materia di imposte sui redditi.

 

La relazione illustrativa del Governo precisa che il contributo di solidarietà temporaneo in esame costituisce, per l’anno 2023, una misura nazionale equivalente al contributo temporaneo istituito ai sensi del regolamento (UE) 2022/1854, relativo a un intervento di emergenza per far fronte ai prezzi elevati dell’energia, un contributo di solidarietà temporaneo.

L'articolo 14 del regolamento (UE) 2022/1854 prevede che gli utili eccedenti generati da imprese e stabili organizzazioni dell'Unione che svolgono attività nei settori del petrolio greggio, del gas naturale, del carbone e della raffinazione siano soggetti a un contributo di solidarietà temporaneo obbligatorio, a meno che gli Stati membri non abbiano adottato misure nazionali equivalenti. Gli Stati membri sono tenuti aa adottare tali misure entro il 31 dicembre 2022 e a provvedere che le stesse condividano obiettivi simili a quelli del contributo di solidarietà temporaneo europeo, siano soggette a norme analoghe e generino proventi comparabili o superiori ai proventi stimati del contributo di solidarietà.

Il successivo articolo 15 disciplina il contributo di solidarietà temporaneo per le imprese e le stabili organizzazioni dell'Unione che svolgono attività nei settori del petrolio greggio, del gas naturale, del carbone e della raffinazione, comprese quelle che fanno parte di un gruppo consolidato unicamente a fini fiscali, calcolato sugli utili imponibili, determinati in base alla normativa fiscale nazionale, nell'esercizio fiscale 2022 e/o nell'esercizio fiscale 2023 e per tutta la rispettiva durata, che eccedono un aumento del 20 per cento degli utili imponibili medi, determinati secondo la normativa tributaria nazionale, nei quattro esercizi fiscali che iniziano il 1° gennaio 2018 o successivamente. Qualora la media degli utili imponibili di tali quattro esercizi fiscali sia negativa, ai fini del calcolo del contributo di solidarietà temporaneo l'utile imponibile medio è pari a zero. Il successivo articolo 16 stabilisce il tasso applicabile per il calcolo del contributo di solidarietà temporaneo, pari ad almeno il 33 per cento della base imponibile. L'articolo 17 elenca gli scopi per sostenere i quali possono essere utilizzati i proventi del contributo di solidarietà temporaneo.

 

Il contributo straordinario contro i rincari energetici per l'anno 2022

Per effetto dell'articolo 37 del decreto legge n. 21 del 2022 è stato istituito il cosiddetto contributo straordinario contro il caro bollette, a carico delle imprese energetiche che svolgono attività di produzione, importazione, estrazione, vendita di energia elettrica, gas e prodotti petroliferi.

La base imponibile è data dall'incremento del saldo tra operazioni attive e passive, come da comunicazioni dei dati delle liquidazioni periodiche IVA, riferito al periodo dal 1° ottobre 2021 al 30 aprile 2022, rispetto al saldo del periodo dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile 2021. In caso di saldo negativo del periodo dal 1° ottobre 2020 al 31 marzo 2021, ai fini del calcolo della base imponibile per tale periodo è assunto un valore di riferimento pari a zero. Il contributo si applica solo qualora il suddetto incremento sia superiore a 5 milioni di euro e almeno del 10 per cento.

Il decreto legge n. 50 del 2022 ha elevato l'aliquota dell'imposta dal 10 al 25 per cento ed esteso il periodo di riferimento al mese di aprile (in origine, erano considerate le operazioni attive e passive riferite al periodo dal 1° ottobre 2021 al 31 marzo 2022).

Il predetto decreto ha, inoltre, previsto il versamento dell'imposta in due rate: un acconto del 40 per cento entro il 30 giugno ed il saldo entro il 30 novembre del 2022.

Infine, l'articolo 42 del decreto legge n. 115 del 2022 prevede che i soggetti tenuti al versamento del contributo straordinario contro il caro bollette che non abbiano provveduto, in tutto o in parte, ad effettuare tale versamento, decorso il termine del 31 agosto 2022 per l'acconto e del 15 dicembre 2022 per il saldo, non possono avvalersi di talune disposizioni in materia di ravvedimento e riduzione delle relative sanzioni. Stabilisce, altresì, l'applicazione della sanzione in misura doppia in caso di omesso versamento, in tutto o in parte, o di versamento successivo alle medesime date.


 

Articolo 29
(Accisa tabacchi)

 

 

L’articolo 29 riconfigura i criteri utilizzati per il calcolo della quota specifica in misura fissa, nonché di quella ad valorem, che determina l’accisa sui tabacchi lavorati.

Viene altresì aggiornato l’importo dell’onere fiscale minimo per le sigarette, ridotte le aliquote dell’imposta di consumo gravante sui prodotti liquidi da inalazione e rideterminata, in riduzione, la tassazione delle sostanze liquide, contenenti o meno nicotina, destinate ad essere inalate senza combustione.

 

La disposizione in esame modifica la disciplina in materia di accisa sui tabacchi lavorati e di imposta di consumo sui prodotti succedanei dei prodotti da fumo (testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, approvato con il decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504).

In particolare il comma 1, lettera a), sostituisce il comma 3 dell’articolo 39-octies del richiamato decreto legislativo, che con riferimento alla struttura delle accise sulle sigarette, prevede una tassazione di tipo misto che presenta:

§  una componente specifica, in cui la tassazione è calcolata come un ammontare fisso secondo la quantità di prodotto, uguale per tutti i prodotti indipendentemente dal prezzo;

§  una componente ad valorem, calcolata in percentuale rispetto ad un determinato parametro, generalmente il prezzo di vendita del prodotto.

 

In particolare il vigente sistema di determinazione dell'ammontare dell'accisa per le sigarette è costituito dalla somma dei seguenti elementi:

a)    un importo specifico fisso per unità di prodotto, pari all'11 per cento della somma dell'accisa globale e dell'imposta sul valore aggiunto calcolate con riferimento al "PMP-sigarette" ovvero al prezzo medio ponderato delle sigarette;

b)   un importo risultante dall'applicazione di un'aliquota proporzionale al prezzo di vendita al pubblico corrispondente all'incidenza percentuale sul "PMP-sigarette" dell'accisa globale sul medesimo "PMP-sigarette" diminuita dell'importo di cui alla lettera a).

Nella Relazione illustrativa che accompagna il testo, a tale proposito, si ricorda che la tassazione dei prodotti a base di tabacco si inserisce in un quadro normativo sovranazionale che ne delinea i principi generali. In particolare, le linee guida essenziali relative alla tassazione delle sigarette sono contenute nel Capo III della direttiva (UE) del Consiglio del 2011/64/UE del 21 giugno 2011. Conformemente alle disposizioni ivi stabilite, il sistema di tassazione delle sigarette è un sistema misto, ossia composto da un’accisa ad valorem e da un’accisa specifica. Il diritto unionale richiede quindi che gli Stati membri applichino, a tutte le tipologie di sigarette, un medesimo regime di tassazione; inoltre deve risultare che il peso dell’accisa specifica (la sua incidenza) nell’ambito dell’onere fiscale totale (costituito dall’accisa specifica, dall’accisa ad valorem e dall’IVA calcolate con riguardo al prezzo medio ponderato - PMP) deve essere compreso tra il 7,5% e il 76,5%. Infine, l’accisa totale (specifica più ad valorem) non deve essere inferiore al 60% del prezzo medio ponderato e comunque non inferiore a 90 euro per 1000 sigarette. A questa regola è prevista una deroga se l’accisa corrispondente al prezzo medio ponderato sia comunque superiore a 115 euro, come nell’ordinamento nazionale.

 

La norma in esame, innovando la disciplina sopra descritta, stabilisce che per le sigarette, l'ammontare dell'accisa è costituito dalla somma dei seguenti elementi:

a) un importo specifico fisso per unità di prodotto, determinato,

§  per l’anno 2023, in 36,00 euro per 1.000 sigarette;

§  per l’anno 2024 in 36,50 euro per 1.000 sigarette;

§  a partire dall’anno 2025, in 37,00 euro per 1.000 sigarette;

 

b) un importo risultante dall’applicazione dell’aliquota di base, di cui alla voce “Tabacchi lavorati”, lettera c), dell’Allegato I (sigarette 59,5%, valore modificato dalla successiva lettera d) dell’articolo in esame), al prezzo di vendita al pubblico.

 

Conseguentemente alla nuova modalità di determinazione dell’accisa viene soppresso il comma 4 dell’articolo 39-octies che prevedeva che l'accisa globale, di cui alle sopra descritte lettere a) e b) del comma 3, è calcolata applicando l’aliquota di base di cui al comma 1, al "PMP-sigarette".

 

Viene inoltre sostituito interamente il comma 6 dell’articolo 39-octies che determina l'onere fiscale minimo sulle sigarette.

Il nuovo comma 6 stabilisce che per i tabacchi lavorati (sigarette), l’onere fiscale minimo, (previsto all'articolo 7, paragrafo 4, della direttiva 2011/64/UE del Consiglio, del 21 giugno 2011) è pari, per l’anno 2023, al 96,22 per cento della somma dell’accisa globale costituita dalle due componenti di cui alle lettere a) e b) del comma 3 e dell'imposta sul valore aggiunto calcolate con riferimento al "PMP-sigarette".

La medesima percentuale è determinata al 96,50 per cento per l’anno 2024 e al 96,90 per cento a partire dall’anno 2025.

 

Viene inserito, inoltre, un nuovo comma 10-bis che prevede che con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze da emanare entro il 31 maggio di ciascun anno a decorrere dall’anno 2023, è determinata l’incidenza percentuale dell’importo specifico fisso per unità di prodotto, sull’importo dell’onere fiscale totale calcolato con riferimento al “PMP-sigarette” rilevato in relazione all’anno precedente.

Qualora la predetta incidenza percentuale non risulti compresa nell’intervallo di cui all’articolo 8, paragrafo 4 della direttiva 2011/64/UE del Consiglio, del 21 giugno 2011, con il medesimo decreto, la componente specifica è conseguentemente rideterminata entro il 1° gennaio del secondo anno successivo, in modo da garantire che dalla medesima rideterminazione non derivino minori entrate erariali, rispetto all’anno solare precedente, relativamente all’applicazione dell’accisa sulle sigarette.

 

Si ricorda a tale proposito che l’articolo 8 richiamato prevede che dal 1° gennaio 2014 l'elemento specifico dell'accisa sulle sigarette non può essere inferiore al 7,5% e non può essere superiore al 76,5% dell'importo dell'onere fiscale totale derivante dall'aggregazione dei seguenti elementi:

a)    l'accisa specifica;

b)   l'accisa ad valorem e l'IVA applicate al prezzo medio ponderato di vendita al minuto.

 

La lettera b) modifica l’articolo 39-terdecies, in tema di tabacchi da inalazione senza combustione, stabilendo che tali tabacchi sono sottoposti ad accisa in misura pari a al 36,5 per cento dal 1° gennaio 2023 (rispetto al quaranta per cento previsto in precedenza) al 38 per cento dal 1° gennaio 2024, al 39,5 per cento dal 1° gennaio 2025 e al 41 per cento dal 1° gennaio 2026.

 

La lettera c) rimodula, diminuendola per il 2023, l’imposta di consumo prevista per i prodotti succedanei dei prodotti da fumo (articolo 62-quater). La norma prevede che i prodotti da inalazione senza combustione (c.d. sigarette elettroniche). costituiti da sostanze liquide, contenenti o meno nicotina, esclusi quelli autorizzati all'immissione in commercio come medicinali, sono assoggettati ad imposta di consumo in misura pari, rispettivamente, al 15 per cento e al 10 per cento dal 1° gennaio 2023 (rispetto al venticinque per cento e al venti per cento dal 1° gennaio 2023) dell'accisa gravante sull'equivalente quantitativo di sigarette.

 

La lettera d) modifica, diminuendola, l’aliquota di base, di cui alla voce tabacchi lavorati, dell’Allegato I, lettera c) portandola dal 59,5 per cento al 47,50 per cento.


 

Articolo 30
(Proroga della scadenza delle concessioni per l’esercizio e la raccolta di giochi pubblici)

 

 

L’articolo 30 proroga, a titolo oneroso, fino al 31 dicembre 2023, talune concessioni per la raccolta a distanza dei giochi pubblici in scadenza al 31 dicembre 2022. Dispone altresì una maggiorazione del 15 per cento del corrispettivo una tantum versato dai concessionari interessati, calcolata in proporzione alla durata della proroga. Tale somma è versata in due rate di pari importo con scadenza, rispettivamente, al 15 gennaio 2023 e al 1° giugno 2023.

 

La disposizione specifica che gli importi dovuti dai concessionari a seguito della proroga in esame sono calcolati alle medesime condizioni previste dalle convenzioni accessive alle concessioni e dalla normativa vigente. Si tratta delle concessioni assegnate ai sensi delle seguenti norme:

§  articolo 24, comma 13, lettera a), della legge 7 luglio 2009, n. 88 (legge comunitaria 2008);

§  articolo 1, comma 935, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità per il 2016).

 

L’articolo 1, comma 935, della citata legge n. 208 del 2015 reca disciplina concernente la gara per il gioco a distanza: ai fini di un riallineamento temporale al 31 dicembre 2022 tale disposizione prevedeva un bando di gara – da emanarsi entro il 31 luglio 2016 - per selezionare, mediante procedura aperta, competitiva e non discriminatoria, 120 concessioni, previo versamento di un corrispettivo una tantum, per la durata della concessione, pari a 200.000 euro. Il comma 933 del medesimo articolo 1 stabilisce che i concessionari per la raccolta delle scommesse e per la raccolta del gioco a distanza proseguono le loro attività fino alla sottoscrizione delle nuove concessioni, a condizione che presentino domanda di partecipazione ai nuovi bandi. Prima dell’entrata in vigore di tale norma della legge di stabilità 2016, tali concessioni risultavano in scadenza al 30 giugno 2016.

Il comma 935 citato si applica alle concessioni relative alla raccolta a distanza dei giochi di cui all'articolo 24, comma 11, lettere da a) ad f), della legge n. 88 del 2009, ossia:

a)   scommesse, a quota fissa e a totalizzatore, su eventi, anche simulati, sportivi, inclusi quelli relativi alle corse dei cavalli, nonché su altri eventi;

b)   concorsi a pronostici sportivi e ippici;

c)   giochi di ippica nazionale;

d)   giochi di abilità;

e)   scommesse a quota fissa con interazione diretta tra i giocatori;

f)    bingo.

L’articolo 24 della legge n. 88 del 2009, al comma 13, lettera a) - lettera richiamata dalle disposizioni in epigrafe - stabilisce che l'esercizio e la raccolta a distanza di uno o più dei giochi qui sopra elencati è consentito ai soggetti in possesso di requisiti e che assumono taluni obblighi (ivi specificati, al comma 15) ai quali l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato attribuisce la relativa concessione.

Per completezza di informazione si rammenta che la lettera b) del medesimo comma 13 reca una disposizione inerente ai soggetti già titolari di concessione alla data di entrata in vigore della legge n. 88 del 2009.

 

Secondo quanto rappresentato dalla relazione illustrativa, attualmente sono attive 93 concessioni per la raccolta del gioco a distanza: 34 concessioni sono state assegnate in esito alla gara pubblica svolta in ossequio alla previsione recata dall’articolo 24, comma 13, lettera a), della legge 7 luglio 2009 n 88 e 59 concessioni in esito alla gara svolta in attuazione dell’articolo 1 comma 935 della legge 28 dicembre 2015, n. 208.

 

Le finalità dichiarate delle disposizioni in esame sono il perseguimento della garanzia del gettito erariale, di un’effettiva e adeguata riorganizzazione del settore delle reti di raccolta dei giochi pubblici - ferma restando la tutela della salute pubblica - nonché dell’esigenza di evoluzione delle pertinenti concessioni (ivi compresi i relativi strumenti e gli ambiti di raccolta) alle innovazioni tecnologiche, con particolare riferimento alle nuove forme di intrattenimento e sport, anche virtuali.

 

Si segnala che, secondo i dati comunicati dal MEF -Dipartimento delle finanze, nel 2021 le entrate totali relative ai giochi (che includono varie imposte classificate come entrate erariali sia dirette che indirette) sono risultate pari a 12.407 milioni di euro; considerando solo le imposte indirette, il gettito delle attività da gioco (lotto, lotterie e delle altre attività di gioco) è di 11.712 milioni di euro (estratto da: temawebGiochi” nel portale della documentazione della Camera dei deputati).


 

Articoli 31-35
(Norme in materia di cripto-attività)

 

 

Gli articoli da 31 a 35 contengono una disciplina fiscale applicabile alle cripto-attività.

L'articolo 31 include in modo esplicito le cripto-attività nell'ambito del quadro impositivo sui redditi delle persone fisiche. Il comma 1, lettera a) inserisce nell'articolo 67, comma 1, del D.P.R. n. 917 del 1986 (Testo unico delle imposte sui redditi - TUIR) una nuova categoria di "redditi diversi" (nuova lettera c-sexies) costituita da le plusvalenze e gli altri proventi realizzati mediante rimborso o cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione di cripto-attività, comunque denominata, archiviata o negoziata elettronicamente su tecnologie di registri distribuiti o tecnologie equivalenti, non inferiori complessivamente a 2.000 euro nel periodo d’imposta. Il comma 1, lettera b) definisce le plusvalenze realizzate su cripto-attività. Il comma 2 consente di portare in deduzione dalle plusvalenze le minusvalenze relative ad operazioni aventi ad oggetto cripto-attività realizzate fino alla data di entrata in vigore della disposizione in esame. Il comma 3 modifica gli articoli 5, 6 e 7 del decreto legislativo n. 461 del 1997, i quali introducono la disciplina dell’imposta sostitutiva sulle plusvalenze e sugli altri redditi, configurando i tre diversi regimi della "dichiarazione", quello cosiddetto del "risparmio amministrato" e quello del "risparmio gestito". Il comma 4 dell'articolo 31 modifica il decreto legge n. 167 del 1990, che disciplina la rilevazione a fini fiscali di taluni trasferimenti da e per l'estero di denaro, titoli e valori, includendovi i riferimenti alle cripto-attività e ai prestatori di servizi di portafoglio digitale. Il comma 5 dell'articolo 31 stabilisce che le maggiori entrate derivanti dall'attuazione del medesimo articolo sono destinate al Fondo per la riduzione della pressione fiscale istituito nello stato di previsione del MEF.

L'articolo 32 stabilisce che i componenti positivi e negativi che risultano dalla valutazione delle cripto-attività non concorrono alla formazione del reddito ai fini dell'imposta sul reddito delle società (IRES) e dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).

L'articolo 33 consente di determinare, per il calcolo delle plusvalenze e minusvalenze, il valore di acquisto delle cripto-attività possedute alla data del 1° gennaio 2023 a condizione che il predetto valore sia assoggettato ad una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, nella misura del 14 per cento. Anche le maggiori entrate derivanti dall'attuazione dell'imposta sostitutiva sono destinate al citato Fondo per la riduzione della pressione fiscale.

L'articolo 34 del disegno di legge in esame consente ai contribuenti che non hanno indicato nella propria dichiarazione la detenzione delle cripto-attività e i redditi derivati dalle stesse, di regolarizzare la propria posizione presentando un’apposita dichiarazione e versando la sanzione per l'omessa indicazione nonché, nel caso in cui le cripto-attività abbiano prodotto reddito, un’imposta sostitutiva in misura pari al 3,5 per cento del valore delle cripto-attività detenute al termine di ogni anno o al momento del realizzo.

L'articolo 35 applica l’imposta di bollo ai rapporti aventi ad oggetto le cripto-attività nella misura del 2 per mille annui del relativo valore. Le modalità e i termini di versamento sono le stesse di quelle dell’imposta di bollo. A decorrere dal 2023 si prevede l'applicazione di un’imposta sul valore delle cripto-attività detenute da tutti i soggetti residenti nel territorio dello Stato le cui entrate sono anch'esse sono destinate al citato Fondo per la riduzione della pressione fiscale.

 

Gli articoli da 31 a 35 contengono una disciplina fiscale applicabile alle cripto-attività.

 

Le cripto-attività e il loro trattamento fiscale nella legislazione vigente

Le cripto-attività sono rappresentazioni digitali di valore e di diritti, la cui diffusione è andata di pari passo con una nuova tecnologia cosiddetta di "registro distribuito" di informazioni digitali ("Distributed Ledgers Technology"), la cui principale applicazione è rappresentata dalla blockchain. Il registro è "distribuito" in quanto è composto da unità indipendenti ("nodi") invece che essere centralizzato in una unità da cui dipende l'accesso delle altre. La blockchain ne rappresenta una specifica tipologia, che prevede l'archiviazione delle informazioni in "blocchi" che, ad intervalli regolari, vengono condivisi dai nodi del sistema e resi immutabili.

Questi registri possono ospitare una grande varietà di informazioni. In ambito finanziario la loro utilità dipende dal fatto che possono contenere informazioni sui diritti che spettano al possessore (token di attività), al quale è garantito l'accesso esclusivo per mezzo della crittografia, per cui un solo soggetto è in possesso della chiave di accesso all'informazione da cui dipende l'esercizio di uno o più diritti. Il token è il gettone (virtuale) che consente questo esercizio e per questo è dotato di un valore, che non è intrinseco ma dipende dal bene o dalla prestazione alla quale consente di accedere. Più tale bene o prestazione è diffusa e standardizzata e più aumentano le potenzialità di un token come mezzo di scambio, unità di conto e riserva di valore (caratteristiche della moneta). In altri termini, il valore del token dipende dal "contesto" in cui viene accettato come strumento rappresentativo, come una fiches, un buono pasto o un titolo azionario. I token più diffusi nell'attuale contesto di mercato sono i token di moneta elettronica (o "valute virtuali"). Come già accennato, dal punto di vista tecnico le valute virtuali sono stringhe di codici digitali criptati, generati in via informatica mediante algoritmi. Lo scambio di tali codici criptati tra gli utenti avviene attraverso specifiche applicazioni software come la blockchain. Pertanto, tali "valute" hanno natura esclusivamente "digitale" essendo create, memorizzate e utilizzate attraverso dispositivi elettronici e sono conservate, generalmente, in "portafogli elettronici"(cosiddetti wallet). In sostanza, i wallet consistono in una coppia di chiavi crittografiche di cui la chiave pubblica, comunicata agli altri utenti, rappresenta l'indirizzo a cui associare la titolarità delle valute virtuali ricevute, mentre la chiave privata, mantenuta segreta per garantire la sicurezza, consente di effettuare operazioni di trasferimento.

Poiché un token è un sistema di informazioni gestite attraverso un registro distribuito (DLT), esso può assumere una varietà enorme di forme virtuali, al di là della valuta virtuale. Questo rende estremamente complesso il suo inquadramento dal punto di vista normativo.

In tale contesto, la Commissione europea ha ritenuto necessario proporre un quadro specifico e armonizzato a livello dell'Unione, allo scopo di definire norme specifiche per le cripto-attività e le attività e i servizi correlati e per chiarire il quadro giuridico applicabile. Con la sua comunicazione del 24 settembre 2020 (COM (2020) 591 final) la Commissione ha adottato una strategia in materia di finanza digitale per l'Ue indicando i principali obiettivi da portare a compimento entro il 2024. Insieme alla comunicazione strategica, la Commissione ha presentato un "Pacchetto finanza digitale", di cui facevano parte tre proposte di regolamento: sulle cripto-attività (Markets in Crypto Assets - MiCA), sulla resilienza digitale operativa del settore finanziario (Digital Operational Resilience Act - DORA) e un regime "pilota" per infrastrutture di mercato basate sulla tecnologia dei registri distribuiti (tra le quali rientra la blockchain). Per ulteriori approfondimenti si fa rinvio alla Nota n. 83 del Servizio studi del Senato sulle Proposte europee in materia di pagamenti e finanza digitale. Con riferimento a tali proposte, si segnala la definitiva approvazione e pubblicazione del Regolamento (UE) 2022/858 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 maggio 2022 relativo a un regime pilota per le infrastrutture di mercato basate sulla tecnologia a registro distribuito e che modifica i regolamenti (UE) n. 600/2014 e (UE) n. 909/2014 e la direttiva 2014/65/UE. Le altre due proposte MiCA e DORA sono in fase di finalizzazione, sulla base degli accordi raggiunti nei rispettivi triloghi.

Per quanto riguarda il trattamento fiscale applicabile a legislazione vigente alla detenzione di cripto-attività in capo a persone fisiche, al di fuori dell'esercizio di arte, professione o impresa, si segnala che lo stesso è stato oggetto di chiarimenti nella risoluzione 2 settembre 2016, n. 72/E dell'Agenzia delle entrate, con particolare riferimento alla valuta virtuale bitcoin (la cripto-attività caratterizzata dalla maggiore diffusione fra gli operatori). Come precisato nella risoluzione, in assenza di una specifica normativa applicabile al sistema delle monete virtuali, il punto di riferimento sul piano della disciplina fiscale applicabile alle stesse è costituito dalla sentenza della Corte di Giustizia 22 ottobre 2015, causa C-264/14, secondo cui tali operazioni rientrano tra le operazioni "relative a divise, banconote e monete con valore liberatorio" di cui all'articolo 135, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2006/112/CE. Alla luce di quanto precede, l'Agenzia delle entrate ha ritenuto che, ai fini delle imposte sul reddito delle persone fisiche che detengono valute virtuali al di fuori dell'attività d'impresa, alle operazioni in valuta virtuale debbano essere applicati i principi generali che regolano le operazioni aventi ad oggetto valute tradizionali.

Ai sensi dell'articolo 67, comma 1, lettera c-ter), del D.P.R. n. 917 del 1986 (Testo unico delle imposte sui redditi - TUIR) costituiscono redditi diversi di natura finanziaria le plusvalenze realizzate mediante "cessione a titolo oneroso ovvero rimborso di titoli non rappresentativi di merci, di certificati di massa, di valute estere, oggetto di cessione a termine o rivenienti da depositi o conti correnti, di metalli preziosi, sempreché siano allo stato grezzo o monetato, e di quote di partecipazione ad organismi d'investimento collettivo. Agli effetti dell'applicazione della presente lettera si considera cessione a titolo oneroso anche il prelievo delle valute estere dal deposito o conto corrente". Ai sensi del comma 1-ter) del medesimo articolo 67, le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di valute estere rivenienti da depositi e conti correnti concorrono a formare il reddito a condizione che nel periodo d'imposta la giacenza dei depositi e conti correnti complessivamente intrattenuti dal contribuente, calcolata secondo il cambio vigente all'inizio del periodo di riferimento, sia superiore a 51.645,69 euro per almeno sette giorni lavorativi continui. In via generale, una plusvalenza corrisponde ad una cessione realizzata a un prezzo maggiore rispetto ad un precedente accertamento del valore (ad esempio al costo di acquisto o ad una successiva diversa valutazione contabile). Viceversa, in caso di cessione ad un prezzo inferiore a quello precedentemente accertato si realizza una minusvalenza.

Conseguentemente, secondo l'Agenzia delle entrate, le cessioni a termine di valute virtuali rilevano sempre fiscalmente, in quanto sono effettuate con lo scopo precipuo di ottenere un risultato economico dalla differenza fra il valore atteso al momento dell'operazione e quello espresso dal mercato al termine stabilito. Diversamente, le cessioni a pronti (ovvero transazioni in cui si ha lo scambio contestuale di una valuta contro una valuta differente e la cui esecuzione ha luogo immediatamente) generalmente non danno origine a redditi imponibili né a minusvalenze deducibili, mancando la finalità speculativa, salva l'ipotesi in cui la valuta ceduta derivi da prelievi da portafogli elettronici (wallet), per i quali la giacenza media superi un controvalore di 51.645,69 euro per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d'imposta, ai sensi del combinato disposto degli articoli 67, comma 1, lettera c-ter), e comma 1-ter. Agli effetti di quest'ultima disposizione, il prelievo dai wallet è equiparato ad una cessione a titolo oneroso.

Il valore in euro della giacenza media in valuta virtuale va calcolato secondo il cambio di riferimento all'inizio del periodo di imposta, e cioè al 1° gennaio dell'anno in cui si verifica il presupposto di tassazione. Tenuto conto che manca un prezzo ufficiale giornaliero cui fare riferimento per il rapporto di cambio tra la valuta virtuale e l'euro all'inizio del periodo di imposta, il contribuente può utilizzare il rapporto di cambio al 1° gennaio rilevato sul sito dove ha acquistato la valuta virtuale o, in mancanza, quello rilevato sul sito dove effettua la maggior parte delle operazioni. La giacenza media va verificata rispetto all'insieme dei wallet detenuti dal contribuente.

Pertanto, nel caso in cui si realizzi la conversione di una data valuta virtuale con altra valuta virtuale (oppure da valute virtuali in euro o altra valuta avente corso legale) per effetto di una cessione a termine oppure in caso di cessione a pronti o di prelievo se la giacenza media dei wallet abbia superato il controvalore di 51.645,69 euro per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d'imposta, il reddito risultante, se percepito da una persona fisica al di fuori dell'esercizio di attività d'impresa, è soggetto ad imposta sostitutiva generalmente prevista per le rendite finanziarie nella misura del 26 per cento, ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 461 del 1997 (vedi infra).

L'Agenzia ha altresì chiarito che i soggetti che detengono valute virtuali devono indicarle nella dichiarazione annuale dei redditi fra le attività estere di natura finanziaria suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia (obblighi di monitoraggio fiscale di cui all'articolo 4 del decreto legge n. 167 del 1990).

Da ultimo, L'Agenzia dell'entrate ha precisato che le valute virtuali non sono soggette all'imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all'estero (IVAFE) dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato, in quanto tale imposta si applica ai depositi e conti correnti esclusivamente di natura bancaria.

 

Tutto ciò premesso, l'articolo 31 include in modo esplicito le cripto-attività nell'ambito del quadro impositivo sui redditi delle persone fisiche.

Il comma 1, lettera a) inserisce nell'articolo 67, comma 1, del D.P.R. n. 917 del 1986 (Testo unico delle imposte sui redditi - TUIR) una nuova categoria di "redditi diversi" (nuova lettera c-sexies) costituita da le plusvalenze e gli altri proventi realizzati mediante rimborso o cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione di cripto-attività, comunque denominata, archiviata o negoziata elettronicamente su tecnologie di registri distribuiti o tecnologie equivalenti, non inferiori complessivamente a 2.000 euro nel periodo d’imposta. La norma specifica invece che non costituisce una fattispecie fiscalmente rilevante la permuta tra cripto-attività aventi medesime caratteristiche e funzioni.

La distinzione fra “redditi di capitale” (articolo 44 del TUIR) e “redditi diversi” (articolo 67 del TUIR), costituisce una specificità del sistema fiscale nazionale rispetto a quello internazionale, la cui principale conseguenza è di non consentire all’investitore la compensazione tra guadagni e perdite conseguiti nelle citate diverse tipologie di redditi. Appartengono al primo gruppo, in linea generale, gli interessi, gli utili e i proventi che sono prodotti da un impiego stabile di capitale, i quali sono tassati nella misura lorda. Sono redditi diversi di natura finanziaria, quei redditi che producono plusvalenze o minusvalenze in relazione ad eventi incerti. La categoria dei redditi diversi include inoltre, in via residuale, tutti gli altri redditi che derivano da altre forme di impiego del capitale, tassati al netto di minusvalenze, perdite e costi. Le due suddette categorie reddituali sono autonome e distinte e non possono formare oggetto di compensazione tra di loro.

 

Il comma 1, lettera b) definisce le plusvalenze realizzate su cripto-attività (nuovo comma 9-bis dell'articolo 68 del TUIR) prevedendo che esse siano costituite dalla differenza tra il corrispettivo percepito ovvero il valore normale delle cripto-attività permutate e il costo o il valore di acquisto. Tali plusvalenze possono essere portate in compensazione (sono sommate algebricamente) alle relative minusvalenze. Se le minusvalenze indicate nella dichiarazione dei redditi relativa a un dato periodo d’imposta sono superiori alle plusvalenze, per un importo superiore a 2.000 euro, l’eccedenza può essere integralmente riportata in deduzione dall’ammontare delle plusvalenze dei periodi successivi, ma non oltre il quarto periodo. Nel caso di acquisto per successione, si assume come costo il valore definito o, in mancanza, quello dichiarato agli effetti dell’imposta di successione. Nel caso di acquisto per donazione si assume come costo il costo sostenuto dal donante. Il costo o valore di acquisto deve essere documentato con elementi certi e precisi a cura del contribuente, in mancanza dei quali dovrà considerarsi pari a zero. I proventi derivanti dalla detenzione di cripto-attività percepiti nel periodo d’imposta sono assoggettati a tassazione senza alcuna deduzione.

Il comma 2 consente di portare in deduzione dalle plusvalenze, ai sensi dell'articolo 68, comma 5 del TUIR, le minusvalenze relative ad operazioni aventi ad oggetto cripto-attività realizzate fino alla data di entrata in vigore della disposizione in esame. 

 

Il comma 3 dell'articolo 31 in esame modifica il decreto legislativo n. 461 del 1997, recante la disciplina tributaria dei redditi di capitale e dei redditi diversi. Più in particolare, sono oggetto di modifica, a seguito dell'inclusione del riferimento esplicito alle cripto-attività nel TUIR effettuata dal comma 1, gli articoli 5, 6 e 7 del citato decreto legislativo, i quali introducono la disciplina dell'imposta sostitutiva sulle plusvalenze e sugli altri redditi.

Il decreto legislativo n. 461 del 1997 ha complessivamente riorganizzato la tassazione dei redditi diversi di natura finanziaria. Gli articoli 5, 6 e 7 del decreto configurano tre diversi regimi: il regime della dichiarazione, quello cosiddetto del "risparmio amministrato" e quello del "risparmio gestito". La differenza tra i tre regimi si sostanzia negli adempimenti posti a carico dell’investitore o del gestore delle attività finanziarie, nel momento in cui viene applicata la tassazione (maturato o realizzato) nonché nel trattamento fiscale di profitti e perdite (con particolare riferimento alla possibilità di portare in deduzione le minusvalenze).

Il regime dichiarativo (di cui all’articolo 5 del decreto legislativo n. 461 del 1997) prevede che tutti gli adempimenti di natura fiscale sui redditi finanziari siano compiuti dal titolare delle attività che hanno generato il reddito. Tale regime si caratterizza per l'applicazione di un'imposta sui redditi di capitale al momento del loro realizzo, con l’assoggettamento alla ritenuta alla fonte da parte dell’intermediario, oppure in dichiarazione dei redditi. In questa dichiarazione vengono, in ogni caso, tassati i redditi diversi di natura finanziaria, con imposta sostitutiva al 26 per cento. Il regime della dichiarazione costituisce il regime ordinario di tassazione dei redditi diversi di natura finanziaria ed è caratterizzato dall’applicazione di un'imposta sostitutiva dovuta dal contribuente direttamente nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta di realizzo, su una base imponibile determinata compensando le componenti reddituali positive e negative. Le eventuali eccedenze di minusvalenze e perdite possono essere utilizzate in compensazione nei quattro periodi d’imposta successivi.

Nel regime dichiarativo il contribuente ha l’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi annuale, identificandosi come titolare delle attività finanziarie che hanno prodotto i redditi. La tassazione avviene "per cassa" alla realizzazione del provento. Inoltre la compensazione tra guadagni e perdite può avere luogo solo tra redditi della stessa natura (non è possibile compensare la plusvalenza realizzata da partecipazioni qualificate con la minusvalenza realizzata da partecipazioni non qualificate).

Il regime del risparmio amministrato (di cui all’articolo 6 del decreto legislativo n. 461 del 1997) riguarda il caso in cui l’investitore affidi i propri risparmi in deposito a un intermediario, generalmente attraverso un contratto di amministrazione e custodia, senza delegarne la gestione. L’investitore delega l’intermediario per gli adempimenti fiscali: è l’intermediario a calcolare, per ogni operazione, l’imposta dovuta e a versarla al fisco in base all'aliquota corrente. Il regime del risparmio amministrato costituisce un regime opzionale di tassazione per i redditi diversi di natura finanziaria che comporta la tassazione al realizzo dei redditi mediante applicazione di una imposta sostitutiva da parte degli intermediari con cui il contribuente det iene uno stabile rapporto (custodia e amministrazione titoli, deposito titoli, gestione individuale di portafogli o rubrica fondi).

Le imposte sono calcolate solo sulle plusvalenze effettivamente realizzate a seguito di un’attività di compravendita ed è possibile effettuare la compensazione con le minusvalenze. La compensazione può avere luogo solo tra redditi della stessa natura. Eventuali perdite o minusvalenze possono essere compensate con successive plusvalenze realizzate nel medesimo periodo d’imposta o in quelli successivi, ma non oltre il quarto. Anche tale regime prevede la tassazione secondo il principio di cassa, con l’applicazione dell’imposta sostitutiva con aliquota del 26 per cento a cura degli intermediari. La tassazione avviene a conclusione di ogni singola operazione e non al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi.

Il regime cosiddetto del risparmio gestito (di cui all'articolo 7 del decreto legislativo n. 461 del 1997) riguarda il caso in cui un intermediario finanziario specializzato (Banca, Società d’intermediazione mobiliare, fondo comune d’investimento aperto o chiuso e SICAV) gestisca una serie di attività finanziarie in base a uno specifico contratto di investimento relativo al servizio di gestione individuale di portafogli.

L’imposta viene pagata dall’intermediario che gestisce i risparmi dell’investitore ed è calcolata sul risultato netto della gestione maturato, confrontando cioè la valorizzazione complessiva del portafoglio investimenti alla fine dell’esercizio con quella all’inizio. Pertanto l’investitore è esente da obblighi nei confronti dell'amministrazione fiscale, in quanto ad essi adempie il gestore del suo risparmio. Di conseguenza, rispetto agli altri regimi in questo caso la tassazione avviene "per competenza", cioè in un momento preciso in cui viene valutata la maturazione del provento, e non al momento della sua effettiva percezione.

Il risultato maturato dalla gestione, se positivo, deve essere assoggettato all’imposta sostitutiva del 26 per cento. Il regime del risparmio gestito costituisce un regime opzionale di tassazione non solo dei redditi diversi ma anche dei redditi di capitale, la cui applicazione è demandata agli intermediari che prestano il servizio di gestione individuale di portafogli. Tale regime, che si basa sulla tassazione del risultato maturato di gestione dell’anno, determinato come differenza tra il valore del patrimonio gestito al termine di ciascun anno solare e il valore dello stesso a inizio del medesimo anno, è l’unico che consente di compensare le perdite e le minusvalenze con i redditi di capitale.

 

La lettera a) del comma 3 in esame modifica l'articolo 5 del decreto legislativo n. 461 del 1997, il quale prevede che i redditi diversi di cui alle lettere da c) a c-quinquies) del comma 1 dell'articolo 67 del TUIR siano soggetti ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi con l'aliquota del 12,50 per cento. La misura di tale aliquota è stata successivamente innalzata dall'articolo 3, comma 1, del decreto legge n. 66 del 2014, ai sensi del quale le ritenute e le imposte sostitutive sugli interessi, premi e ogni altro provento di cui all'articolo 44 del TUIR, e sui redditi diversi di cui all'articolo 67, comma 1, lettere da c-bis) a c-quinquies), del medesimo testo unico, ovunque ricorrano, sono stabilite nella misura del 26 per cento. Pertanto, per effetto della modifica introdotta, la nuova lettera c-sexies) del comma 1 dell'articolo 67 del TUIR viene inserita nell'elenco previsto dal citato articolo 5, fra i redditi diversi oggetto dell'imposta sostitutiva. Di conseguenza, le plusvalenze e gli altri proventi realizzati mediante rimborso o cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione di cripto-attività, al di sopra della soglia definita vengono assoggettate a un’imposta del 26 per cento.

Con riferimento alla misura dell'aliquota, si valuti inoltre di apportare la medesima modifica all'articolo 3, comma 1, del decreto legge n. 66 del 2014.

 

La lettera b) del comma 3 dell'articolo in esame modifica l'articolo 6 del decreto legislativo n. 461 del 1997 che prevede l'opzione per l'applicazione dell'imposta sostitutiva su ciascuna plusvalenza o altro reddito diverso realizzato (regime cosiddetto del risparmio amministrato, vedi supra). Il numero 1) ne modifica il dettato includendo "i rimborsi, le cessioni, le permute o la detenzione di cripto-attività di cui alla lettera c-sexies) del comma 1 dell'articolo 67 del TUIR" fra le operazioni per cui è possibile optare per l'applicazione dell'imposta sostitutiva su ciascuna plusvalenza o altro reddito diverso realizzato. L'esercizio dell'opzione è consentito sempreché intervengano nei predetti rapporti o cessioni, come intermediari professionali o come controparti, banche o imprese di investimento autorizzate, con cui siano intrattenuti rapporti di custodia, amministrazione, deposito (soggetti amministratori).

Il successivo numero 2) inserisce al citato articolo 6 del decreto legislativo n. 461 del 1997 il comma 1-bis ai sensi del quale l'opzione per il regime del risparmio amministrato può essere resa, con riferimento alle plusvalenze e gli altri proventi realizzati sulle cripto-attività, anche ai prestatori di servizi relativi all'utilizzo di valuta virtuale e ai prestatori di servizi di portafoglio digitale.

I prestatori di servizi relativi all'utilizzo di valuta virtuale e i prestatori di servizi di portafoglio digitale sono operatori non finanziari inclusi dalle lettere i) e i-bis) del comma 5 dell’articolo 3 del decreto legislativo n. 231 del 2007 fra i soggetti ai quali si applicano le regole previste dal medesimo decreto, per prevenire che il sistema finanziario venga utilizzato a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo (normativa antiriciclaggio). Tali soggetti sono iscritti nel Registro dei cambiavalute tenuto dall'Organismo Agenti e Mediatori (OAM) in base al disposto del decreto 13 gennaio 2022 del MEF.

Il numero 3) della lettera b) del comma 3 modifica l'articolo 6, comma 3 del decreto legislativo n. 461 del 1997 specificando che, nel caso in cui i soggetti deputati al pagamento dell'imposta sostitutiva non siano in possesso dei dati e delle informazioni necessarie per l'applicazione della stessa alle plusvalenze e agli altri redditi realizzati sulle cripto-attività, il contribuente è tenuto a consegnare, anche in copia, la relativa documentazione. Viene invece esclusa la possibilità (riservata ad altre tipologie di redditi diversi) di presentare, in mancanza dei suddetti dati, una dichiarazione sostitutiva in cui gli stessi siano attestati dal contribuente.

Il numero 4) include il riferimento alle cripto-attività nell'articolo 6, comma 4 del decreto legislativo n. 461 del 1997, che specifica la modalità con cui i soggetti amministratori sono tenuti a calcolare ciascuna plusvalenza, differenziale positivo o provento realizzato, ai fini dell’applicazione dell’imposta nel caso di pluralità di titoli, quote, certificati, rapporti o cripto-attività appartenenti a categorie omogenee.

In particolare per applicare l'imposta su ciascuna plusvalenza, differenziale positivo o provento realizzato, escluse quelle realizzate mediante la cessione a termine di valute estere, i soggetti amministratori, nel caso di pluralità di titoli, quote, certificati, rapporti o cripto-attività appartenenti a categorie omogenee, assumono come costo o valore di acquisto il costo o valore medio ponderato relativo a ciascuna categoria dei predetti titoli, quote, certificati, rapporti o cripto-attività.

Il numero 5) include il riferimento alle cripto-attività nell'articolo 6, comma 6 del decreto legislativo n. 461 del 1997, il quale specifica che si considera cessione a titolo oneroso anche il trasferimento dei titoli, quote, certificati, rapporti o cripto-attività a rapporti di custodia o amministrazione intestati a soggetti diversi dagli intestatari del rapporto di provenienza, nonché il passaggio dal regime del risparmio amministrato a quello del risparmio gestito (di cui al successivo articolo 7 del decreto), salvo che il trasferimento non sia avvenuto per successione o donazione.

Il numero 6) include il riferimento alle cripto-attività nell'articolo 6, comma 7 del decreto legislativo n. 461 del 1997, che disciplina la modalità di valutazione delle plusvalenze e minusvalenze nei casi di prelievo delle attività, di loro trasferimento a rapporti di custodia o amministrazione intestati agli stessi soggetti intestatari dei rapporti di provenienza, o di revoca dell'opzione l'opzione per l'applicazione dell'imposta sostitutiva su ciascuna plusvalenza o altro reddito diverso realizzato (regime del risparmio amministrato).

I numeri 7) e 8) della lettera b) del comma 3 includono i prestatori di servizi relativi all'utilizzo di valuta virtuale e i prestatori di servizi di portafoglio digitale fra i soggetti tenuti a:

§  provvedere al versamento diretto dell'imposta dovuta dal contribuente al concessionario della riscossione ovvero alla sezione di tesoreria provinciale, entro il quindicesimo giorno del secondo mese successivo a quello in cui è stata applicata, trattenendone l'importo su ciascun reddito realizzato o ricevendone provvista dal contribuente (comma 9 del decreto legislativo n. 461 del 1997);

§  comunicare all'amministrazione finanziaria entro il termine stabilito per la presentazione della dichiarazione dei sostituti d'imposta l'ammontare complessivo delle plusvalenze e degli altri proventi e quello delle imposte sostitutive applicate nell'anno solare precedente (comma 10 del decreto legislativo n. 461 del 1997).

La lettera c) del comma 3 interviene sull'articolo 7 del decreto legislativo n. 461 del 1997 che prevede l'opzione per l'applicazione dell’imposta sostitutiva sul risultato maturato delle gestioni individuali di portafoglio (regime cosiddetto del risparmio gestito, vedi supra). Il numero 1) ne modifica il dettato includendo i rimborsi, le cessioni, le permute o la detenzione di cripto-attività di cui alla lettera c-sexies) del comma 1 dell'articolo 67 del TUIR" fra le operazioni per cui è possibile optare per l'applicazione dell'imposta sostitutiva sul risultato maturato delle gestioni individuali di portafoglio. In tal caso le citate operazioni su cripto-valute andranno a concorrere alla determinazione del risultato della gestione ai fini dell'applicazione dell'imposta. L’esercizio di tale opzione è consentito sempreché il contribuente abbia conferito a un soggetto, abilitato alla prestazione del servizio di gestione di portafogli, l'incarico di gestire masse patrimoniali costituite da somme di denaro o beni non relativi all'impresa.

Il numero 2) include il riferimento alle cripto-attività nell'articolo 7, comma 5, del decreto legislativo n. 461 del 1997, che prevede le modalità di valutazione del patrimonio gestito all'inizio ed alla fine di ciascun periodo d'imposta.

Il numero 3) include il riferimento alle cripto-attività nell'articolo 7, comma 7 del decreto legislativo n. 461 del 1997, il quale specifica che si considera cessione a titolo oneroso il conferimento al regime del risparmio gestito di titoli, quote, certificati, rapporti o (per effetto della novella in esame) cripto-attività. La norma specifica inoltre le modalità di valutazione delle attività, fra cui vengono incluse le cripto-attività, in caso di passaggio dal regime del risparmio amministrato a quello del risparmio gestito, nonché nel caso di passaggio da due diversi rapporti contrattuali entrambi in regime di risparmio gestito.

Il numero 4) include il riferimento alle cripto-attività nell'articolo 7, comma 8 del decreto legislativo n. 461 del 1997, che disciplina la modalità di determinazione del risultato della gestione nei casi di prelievo delle attività, di loro trasferimento ad altro deposito o rapporto di custodia, amministrazione o gestione.

Il successivo numero 5) include il riferimento alle cripto-attività nell'articolo 7, comma 9 del decreto, che reca ulteriori elementi ai fini della valutazione delle plusvalenze e minusvalenze nei casi appena citati.

La lettera d) del comma 3 include il riferimento alle cripto-attività nell'articolo 10, comma 1 del decreto legislativo n. 461 del 1997, che disciplina gli obblighi a carico di intermediari ed altri soggetti che intervengono in operazioni fiscalmente rilevanti (rilascio della relativa certificazione; comunicazione all'amministrazione finanziaria dei dati relativi alle singole operazioni effettuate nell'anno precedente e dei redditi di capitale non imponibili o imponibili in misura ridotta, imputabili a soggetti non residenti).

 

Il comma 4 dell'articolo 31 in esame modifica il decreto legge n. 167 del 1990, che disciplina la rilevazione a fini fiscali di taluni trasferimenti da e per l'estero di denaro, titoli e valori, includendovi i riferimenti alle cripto-attività e ai prestatori di servizi di portafoglio digitale.

In particolare, l'articolo 1 del decreto legge n. 167 del 1990 stabilisce che gli intermediari bancari e finanziari che intervengono nei trasferimenti da o verso l'estero di mezzi di pagamento sono tenuti a trasmettere all'Agenzia delle entrate i dati acquisiti in occasione dell'adeguata verifica dell'identità della clientela in relazione alle predette operazioni, effettuate anche in valuta virtuale ovvero (per effetto della lettera a) del comma 4) in cripto-attività, di importo pari o superiore a 5.000 euro, limitatamente alle operazioni eseguite per conto o a favore di persone fisiche, enti non commerciali e di società semplici e associazioni equiparate ai sensi dell'articolo 5 del TUIR. Nella norma in vigore, fra gli intermediari è già incluso il riferimento ai prestatori di servizi relativi all'utilizzo di valuta virtuale mentre quello ai prestatori di servizi di portafoglio digitale viene inserito mediante la novella in esame (lettera b) del comma 4). I medesimi prestatori di servizi sono inclusi fra gli intermediari soggetti ai poteri informativi dell'Unità speciale per il contrasto della evasione ed elusione internazionale dell'Agenzia delle entrate costituita ai sensi dell'articolo 12, comma 3, del decreto legge n. 78 del 2009, e dei reparti speciali della Guardia di finanza in relazione ai trasferimenti effettuati attraverso non residenti (articolo 3 del decreto legge n. 167 del 1990).

Il successivo articolo 4 stabilisce che le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici ed equiparate ai sensi dell'articolo 5 TUIR, residenti in Italia che, nel periodo d'imposta, detengono investimenti all'estero ovvero attività estere di natura finanziaria ovvero (per effetto della lettera c) del comma 4) delle cripto-attività, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, devono indicarli nella dichiarazione annuale dei redditi. Sono altresì tenuti agli obblighi di dichiarazione i medesimi soggetti che, pur non essendo possessori diretti degli investimenti esteri e delle attività estere di natura finanziaria ovvero (per effetto della modifica in esame) in cripto-attività, siano titolari effettivi dell'investimento secondo quanto previsto dalla normativa antiriciclaggio.

 

Il comma 5 dell'articolo 31 stabilisce che le maggiori entrate derivanti dall'attuazione del medesimo articolo sono destinate al Fondo per la riduzione della pressione fiscale istituito nello stato di previsione del MEF.

 

L'articolo 32 stabilisce che i componenti positivi e negativi che risultano dalla valutazione delle cripto-attività non concorrono alla formazione del reddito ai fini dell'imposta sul reddito delle società (IRES) e dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).

A tal fine, viene integrato l’articolo 110 del TUIR, recante norme generali sulle valutazioni necessarie per la determinazione della base imponibile IRES, inserendovi il comma 3-bis, per effetto del quale, in deroga alla disciplina generale, non concorrono alla formazione del reddito i componenti positivi e negativi che risultano dalla valutazione delle cripto-attività alla data di chiusura del periodo d’imposta a prescindere dall'imputazione al conto economico. Il comma 2 dell'articolo 32 stabilisce che tale disposizione si applichi anche ai fini dell'IRAP.

Come illustrato dal Governo nella sua relazione, "resta fermo che nel momento in cui le cripto-attività sono permutate con altri beni (incluse altre cripto-attività) o cedute in cambio di moneta avente corso legale, la differenza tra il corrispettivo incassato e il valore fiscale concorre alla formazione del reddito di periodo".

 

L'articolo 33 consente di determinare, per il calcolo delle plusvalenze e minusvalenze, il valore di acquisto delle cripto-attività possedute alla data del 1° gennaio 2023 a condizione che il predetto valore sia assoggettato ad una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, nella misura del 14 per cento.

Più in particolare l'articolo 33, comma 1, stabilisce che, per la determinazione delle plusvalenze e minusvalenze di cui all'articolo 67, comma 1, lettera c-sexies), del TUIR, per ciascuna cripto-attività posseduta alla data del 1° gennaio 2023, può essere assunto, in luogo del costo o valore di acquisto, il valore a tale data, determinato ai sensi dell’articolo 9 del TUIR, a condizione che il predetto valore sia assoggettato ad una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, nella misura del 14 per cento. L’imposta sostitutiva così determinata è versata entro il 30 giugno 2023, con le modalità previste dal capo III del decreto legislativo n. 241 del 1997 (comma 2) e può essere rateizzata fino ad un massimo di tre rate annuali di pari importo, a partire dalla predetta data del 30 giugno 2023 (comma 3). Sull'importo delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi nella misura del 3 per cento annuo, da versarsi contestualmente a ciascuna rata.

La norma in esame specifica inoltre (comma 4) che le minusvalenze calcolate per effetto della rideterminazione del valore di acquisto delle cripto-attività al 1° gennaio 2023 non sono utilizzabili ai sensi del comma 9-bis dell’articolo 68 del TUIR, la cui introduzione è prevista dal comma 2 dell'articolo 31 del disegno di legge in esame (vedi supra).

 

Le maggiori entrate derivanti dall'attuazione dell'imposta sostitutiva sono destinate al Fondo per la riduzione della pressione fiscale istituito nello stato di previsione del MEF.

 

L'articolo 34 del disegno di legge in esame consente ai contribuenti che non hanno indicato nella propria dichiarazione la detenzione delle cripto-attività e i redditi derivati dalle stesse, di regolarizzare la propria posizione presentando un’apposita dichiarazione e versando la sanzione per l'omessa indicazione nonché, nel caso in cui le cripto-attività abbiano prodotto reddito, un’imposta sostitutiva in misura pari al 3,5 per cento del valore delle cripto-attività detenute al termine di ogni anno o al momento del realizzo.

L'articolo si applica alle persone fisiche, agli enti non commerciali e alle società semplici ed equiparate ai sensi dell'articolo 5 TUIR, residenti in Italia che, che non hanno indicato nella propria dichiarazione annuale dei redditi le cripto-attività detenute entro la data del 31 dicembre 2021, nonché i redditi sulle stesse realizzati (ai sensi dell'articolo 4, comma 1 della legge n. 167 del 1990). Tali soggetti possono presentare una dichiarazione che sarà approvata con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, con la quale far emergere tali attività e che definirà (comma 4) le modalità di effettuazione del versamento.

Il comma 2 dispone che, nel caso in cui le cripto-attività non abbiano prodotto reddito per regolarizzare la propria posizione è sufficiente presentare la dichiarazione, indicando le attività detenute al termine di ciascun periodo d’imposta e versando la sanzione per la omessa indicazione delle proprie attività, nella misura ridotta pari allo 0,5 per cento per ciascun anno sul valore delle attività non dichiarate.

I soggetti che hanno realizzato redditi nel periodo di riferimento, invece, ai sensi del comma 3 dell'articolo in esame, possono regolarizzare la propria posizione presentando la dichiarazione e pagando un’imposta sostitutiva nella misura del 3,5 per cento del valore delle medesime attività detenute al termine di ogni anno o al momento del realizzo, nonché di una ulteriore somma pari allo 0,5 per cento per ciascun anno del predetto valore a titolo di sanzioni e interessi, per la omessa indicazione delle attività.

Ferma restando la dimostrazione della liceità della provenienza delle somme in-vestite, la regolarizzazione produce effetti esclusivamente in riferimento ai redditi relativi alle attività di cui al comma 1 e alla non applicazione delle sanzioni di cui all’articolo 5, comma 2, del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167.

Le maggiori entrate derivanti dall’attuazione dei commi da 1 a 5 affluiscono ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato per essere destinate, anche mediante riassegnazione, sulla base del monitoraggio periodico dei relativi versamenti, al Fondo per la riduzione della pressione fiscale di cui all’articolo 31, comma 5.

 

L'articolo 35 applica l’imposta di bollo ai rapporti aventi ad oggetto le cripto-attività nella misura del 2 per mille annui del relativo valore. Le modalità e i termini di versamento sono le stesse di quelle dell’imposta di bollo.

L'articolo in esame, al comma 1, modifica il D.P.R. n. 642 del 1972 (disciplina dell'imposta di bollo) all’articolo 13 dell'Allegato A - Tariffa, parte prima, comma 2-ter che prevede l'applicazione dell'imposta del 2 per mille alle "Comunicazioni periodiche alla clientela relative a prodotti finanziari, anche non soggetti ad obbligo di deposito, ivi compresi i depositi bancari e postali, anche se rappresentati da certificati". A tale elenco, per effetto della disposizione in esame vengono aggiunte le comunicazioni relative a cripto-attività di cui all’articolo 67, comma 1, lettera c-sexies), TUIR.

Il comma 2 modifica l’articolo 13 dell'Allegato A - Tariffa, parte prima, nota 3-ter, del D.P.R. n. 642 del 1972 là dove specifica che la comunicazione relativa ai prodotti finanziari, ivi compresi i buoni postali fruttiferi, anche non soggetti all'obbligo di deposito, si considera in ogni caso inviata almeno una volta nel corso dell'anno anche quando non sussiste un obbligo di invio o di redazione e che l'imposta è comunque dovuta una volta l'anno o alla chiusura del rapporto, per includere le cripto-attività fra i prodotti finanziari soggetti all'obbligo di comunicazione.

 

Il comma 3 interviene sull'articolo 19, comma 18, del decreto legge n. 201 del 2011 che ha previsto, a decorrere dal 2012, un’imposta sul valore dei prodotti finanziari, dei conti correnti e dei libretti di risparmio detenuti all'estero da soggetti residenti nel territorio dello Stato applicabile ai soggetti tenuti agli obblighi di monitoraggio di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto legge n. 167 del 1990. Con la modifica in esame viene integrata tale disposizione prevedendo che, a decorrere dal 2023, in luogo dell’imposta di bollo di cui all’articolo 13 della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. n. 642 del 1972, si applichi un’imposta sul valore delle cripto-attività detenute da tutti i soggetti residenti nel territorio dello Stato e non solo ai soggetti obbligati ai sensi dell'articolo 4 del decreto legge n. 167 del 1990.

La relazione illustrativa del Governo, al riguardo, rappresenta che l’applicazione di un’imposta sul valore delle stesse detenute da soggetti residenti nel territorio dello Stato nella medesima misura del 2 per mille da versare secondo le modalità e i termini delle imposte sui redditi sarebbe prevista in luogo dell’imposta di bollo con esclusivo riferimento ai "casi in cui, ad esempio, le cripto-attività siano detenute presso intermediari non residenti o archiviate su chiavi USB, personal computer e smartphone". Tale imposta si applica a decorrere dal 2023 a tutti i soggetti residenti nel territorio dello Stato e non solo a quelli tenuti agli obblighi di monitoraggio di cui all'articolo 4 del decreto legge n. 167 del 1990.

 

Alla luce della lettera della disposizione in esame – anche  in considerazione di quanto chiarito dal Governo nella relazione illustrativa - si valuti l'opportunità di specificare con maggiore precisione, nel testo della disposizione in commento, quali sono i presupposti al ricorrere dei quali trova applicazione l’imposta di bollo di cui all’articolo 13 della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. n. 642 del 1972 e, quali invece, siano le condizioni alle quali si applica l’introdotta imposta sul valore delle cripto attività.

 

Il comma 4 prevede infine che le eventuali maggiori entrate derivanti dall'attuazione dell'articolo 35 in commento siano destinate, anche mediante riassegnazione, al Fondo per la riduzione della pressione fiscale istituito nello stato di previsione del MEF.

 


 

Articolo 36
(Presidio preventivo connesso all’attribuzione
e all’operatività delle partite IVA)

 

 

L’articolo 36 rafforza l’attività di presidio preventivo connesso all’attribuzione e all’operatività delle partite IVA. In particolare, la norma riconosce all’Agenzia delle entrate la possibilità di effettuare specifiche analisi del rischio anche attraverso l’esibizione di documentazione tramite cui sia possibile la verifica dell’effettivo esercizio dell’attività. Vengono altresì specificate le modalità con le quali, successivamente al provvedimento di cessazione, la partita IVA può essere nuovamente richiesta nonché il regime sanzionatorio applicabile.

 

La disposizione in esame introduce nuove misure a quelle già previste per l’esercizio del presidio preventivo connesso all’attribuzione e all’operatività delle partite IVA disposte dall’articolo 35, comma 15-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

 

Si ricorda che il citato comma 15-bis prevede che l’attribuzione del numero di partita IVA determina l’esecuzione di riscontri automatizzati per la individuazione di elementi di rischio connessi al rilascio dello stesso nonché l'eventuale effettuazione di accessi nel luogo di esercizio dell'attività, avvalendosi dei poteri previsti dal medesimo decreto. Gli Uffici verificano che i dati forniti da soggetti per la loro identificazione ai fini dell'IVA, siano completi ed esatti. In caso di esito negativo, l'Ufficio emana provvedimento di cessazione della partiva IVA e provvede all'esclusione della stessa dalla banca dati dei soggetti passivi che effettuano operazioni intracomunitarie.

 

Il comma 1 dell’articolo in esame introduce due nuovi commi 15-bis.1. e 15-bis.2 al sopra richiamato articolo 35.

Nello specifico, il nuovo comma 15-bis.1. stabilisce che ai fini del rafforzamento del presidio previsto dal comma 15-bis, l’Agenzia delle entrate effettua specifiche analisi del rischio connesso al rilascio di nuove partite IVA, a esito delle quali l’ufficio invita il contribuente a presentarsi in ufficio per esibire la documentazione prevista agli articoli 14 e 19 del decreto del Presidente della Repubblica del 29 settembre 1973, n. 600, ove obbligatoria. Si tratta in particolare di scritture contabili delle imprese commerciali, delle società e degli enti equiparati nonché degli esercenti arti e professioni. L’esibizione di tale documentazione è volta a consentire in ogni caso la verifica dell’effettivo esercizio dell’attività di esercizio di impresa nonché di arti e professioni e per dimostrare, sulla base di documentazione idonea, l’assenza dei profili di rischio individuati.

In caso di mancata comparizione di persona del contribuente ovvero di esito negativo dei riscontri operati sui documenti eventualmente esibiti, l’ufficio emana provvedimento di cessazione della partita IVA.

Il comma 15-bis.2. chiarisce che, ferma restando la disciplina applicabile nelle ipotesi in cui la cessazione della partita IVA comporti l’esclusione della stessa dalla banca dati dei soggetti che effettuano operazioni intracomunitarie, in caso di cessazione ai sensi dei commi 15-bis e 15-bis.1, la partita IVA può essere successivamente richiesta dal medesimo soggetto, come imprenditore individuale, lavoratore autonomo o rappresentante legale di società, associazione od ente, con o senza personalità giuridica, costituite successivamente al provvedimento di cessazione della partita IVA, solo previo rilascio di polizza fideiussoria o fideiussione bancaria per la durata di tre anni dalla data del rilascio e per un importo non inferiore a 50.000 euro.

In caso di eventuali violazioni fiscali commesse antecedentemente all’emanazione del provvedimento di cessazione, l’importo della fideiussione deve essere pari alle somme, se superiori a 50.000 euro, dovute a seguito di dette violazioni fiscali, sempreché non sia intervenuto il versamento delle stesse.

 

Il comma 2 introduce un nuovo comma 7-quater. all’articolo 11 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, in materia di violazioni in materia di imposte dirette e di imposta sul valore aggiunto. Tale norma prevede che il contribuente destinatario del provvedimento emesso ai sensi dell’articolo 35, commi 15-bis e 15-bis.1, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria pari a euro 3.000, irrogata contestualmente al provvedimento che dispone la cessazione della partita IVA.

Risponde in solido della sanzione l’intermediario che trasmette per conto del contribuente la dichiarazione di inizio attività e non si applica l’articolo 12 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 in materia di sanzioni inflitte per concorso di violazioni di norme tributarie.

 

Il comma 3 specifica che con uno o più provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate sono stabiliti criteri, modalità e termini per l’attuazione, anche progressiva, delle disposizioni in esame.


 

Articolo 37
(Vendita di beni tramite piattaforme digitali)

 

 

L’articolo 37 prevede obblighi comunicativi, relativi ai dati dei fornitori e delle operazioni effettuate, a carico della piattaforma digitale che facilita la vendita on line di determinati beni, presenti nel territorio dello Stato.

 

L'articolo 37, al fine di apprestare misure di contrasto alle frodi IVA, impone obblighi comunicativi, relativi ai dati dei fornitori e delle operazioni effettuate, a carico della piattaforma digitale che facilita la vendita on line ai consumatori finali di determinati beni (quali, ad esempio, telefoni cellulari, console da gioco, tablet PC e laptop), successivamente individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, che siano presenti nel territorio dello Stato.

La presente disposizione, in sostanza, prevede nuovi adempimenti a carico delle piattaforme e-commerce e dei loro fornitori per contrastare frodi ed evasione in materia di imposta sul valore aggiunto.

 

In tema di vendita di beni tramite piattaforme digitali, si ritiene opportuno richiamare quanto disposto dall'articolo 13 del D.L. 30/04/2019, n. 34, a norma del quale il soggetto passivo che facilita, tramite l'uso di un'interfaccia elettronica, le vendite a distanza di beni importati o le vendite a distanza di beni all’interno dell’Unione europea deve trasmettere all'Agenzia delle entrate, entro il mese successivo a ciascun trimestre, i dati relativi alle transazioni effettuate per ciascun fornitore.

In particolare, la disposizione obbliga il soggetto passivo che facilita, tramite l'uso di un'interfaccia elettronica quale un mercato virtuale, una piattaforma, un portale o mezzi analoghi, le vendite a distanza di beni importati o le vendite a distanza di beni all’interno dell’Unione europea a trasmettere entro il mese successivo a ciascun trimestre, secondo modalità stabilite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate (provvedimento del 31 luglio 2019, prot. n. 660061), per ciascun fornitore i seguenti dati:

a) la denominazione, la residenza o il domicilio, l’indirizzo di posta elettronica;

b) il numero totale delle unità vendute in Italia;

c) a scelta del soggetto passivo, per le unità vendute in Italia, l’ammontare totale dei prezzi di vendita o il prezzo medio di vendita.

Il soggetto passivo è considerato debitore d’imposta per le vendite a distanza per le quali non ha trasmesso, o ha trasmesso in modo incompleto, i suddetti dati, presenti sulla piattaforma, se non dimostra che l’imposta è stata assolta dal fornitore.

Il comma 4, nello specifico, dispone che anche il soggetto passivo che ha facilitato tramite l'uso di un'interfaccia elettronica le vendite a distanza di apparecchi elettronici, nel periodo compreso tra il 13 febbraio 2019 e il 1° maggio 2019, è tenuto a inviare all'Agenzia delle entrate i dati relativi a dette operazioni nel mese di luglio 2019

In proposito, va chiarito che il riferimento è alla disciplina IVA relativa alle cessioni di apparecchi elettronici introdotta a decorrere dal 13 febbraio 2019 dall’articolo 11-bis, commi da 11 a 15, del D.L. 135/2018 (L. 12/2019).

Nello specifico, si dispone che, se un soggetto passivo facilita le vendite a distanza dei suddetti apparecchi elettronici importati da territori o paesi terzi, di valore intrinseco non superiore a 150 euro (comma 11), ovvero facilita le cessioni dei medesimi beni da un soggetto passivo non stabilito nell’Unione europea a una persona che non è soggetto passivo (comma 12), lo stesso soggetto passivo che favorisce (le vendite o) la cessione sia considerato come avente "ricevuto e ceduto detti beni".

Il comma 13 stabilisce che, ai fini dell'applicazione dei due commi appena richiamati, si presume che la persona che vende i beni tramite l'interfaccia elettronica sia un soggetto passivo e la persona che acquista tali beni non sia un soggetto passivo.

Il comma 14, con il fine di agevolare le azioni di contrasto di fenomeni fraudolenti, pone in capo al soggetto passivo che facilita le vendite a distanza l'onere di conservare la documentazione di tali vendite e di metterla a disposizione delle amministrazioni fiscali degli Stati membri (s'intende dell'Unione europea) in cui dette cessioni sono imponibili.

Ai sensi del comma 15, il soggetto passivo che facilita le vendite a distanza, nel caso in cui stabilito in un paese che non ha sottoscritto alcun accordo di assistenza reciproca con l'Italia, ha l'obbligo di designare un intermediario che agisce in suo nome e per suo conto.

La direttiva 2017/2455, al fine di contrastare più efficacemente l’evasione dell’Iva sull’e-commerce di provenienza extraUe, ha introdotto disposizioni particolari che responsabilizzano i titolari delle piattaforme digitali che facilitano le transazioni. Dal 1° luglio 2021, data di applicazione delle nuove disposizioni (di cui al Decreto Legislativo 25 maggio 2021, n. 83, che recepisce gli articoli 2 e 3 della direttiva citata), vengono meno gli obblighi di comunicazione a carico dei gestori delle piattaforme elettroniche introdotti nell’ordinamento nazionale con il D.L. 34/2019.

In particolare, con l'articolo 8, comma 1, D.Lgs. 8372021, i commi da 11 a 15 dell'articolo 11-bis del D.L. 135/2018 vengono abrogati.


 

Capo III Misure di sostegno in favore del contribuente

Articolo 38
(Definizione agevolata avvisi bonari)

 

 

L’articolo 38 consente di definire con modalità agevolate le somme dovute a seguito del controllo automatizzato (cd. avvisi bonari), relative ai periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2019, al 31 dicembre 2020 e al 31 dicembre 2021, per le quali il termine di pagamento non sia ancora scaduto alla data di entrata in vigore della norma in esame, ovvero i cui avvisi siano stati recapitati successivamente a tale data.

Tali importi possono essere definiti con il pagamento:

§  delle imposte e dei contributi previdenziali;

§  degli interessi e delle somme aggiuntive;

§  delle sanzioni nella misura ridotta del 3% (in luogo del 30% ridotto a un terzo), senza riduzione sulle imposte non versate o versate in ritardo.

È prevista poi la definizione agevolata delle somme derivanti da controlli automatizzati le cui rateazioni sono in corso all’entrata in vigore della norma in esame, che possono essere definite col pagamento del debito residuo a titolo di imposte e contributi previdenziali, interessi e somme aggiuntive. Anche in tal caso le sanzioni sono dovute nella misura del 3%.

 

Al riguardo si ricorda che l’articolo 5, commi da 1 a 11 e comma 17 del decreto-legge Sostegni (n. 41 del 2021) ha consentito agli operatori economici che hanno subito consistenti riduzioni del volume d’affari nell’anno 2020 (più del 30%), in conseguenza degli effetti economici derivanti dal perdurare dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, di definire in via agevolata le somme dovute a seguito del controllo automatizzato (cd. avvisi bonari), ai fini delle imposte dirette e dell’IVA, le cui comunicazioni sono state elaborate entro il 31 dicembre 2020 (con riferimento alle dichiarazioni 2017) ovvero devono essere elaborate entro il 31 dicembre 2021 (con riferimento alle dichiarazioni 2018), qualora tali comunicazioni di irregolarità non siano state inviate per la sospensione disposta dai provvedimenti emergenziali. La definizione agevolata ha consentito di abbattere le sanzioni e le somme aggiuntive richieste con gli avvisi bonari; restano dovuti imposte, interessi e contributi previdenziali.

Inoltre il decreto-legge n. 21 del 2022 ha disposto che il termine entro il quale è possibile per il contribuente o il sostituto d'imposta provvedere a pagare le somme dovute a seguito di controlli automatizzati e conseguentemente evitare l’iscrizione a ruolo, è fissato in sessanta giorni piuttosto che trenta (come previsto a regime dall'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462).

 

Il richiamato comma 1 individua le somme oggetto di definizione agevolata.

Si tratta di somme dovute a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni, richieste con le comunicazioni previste dagli articoli 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, con riferimento alle imposte dirette, e 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, con riferimento all’IVA, relative ai periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2019, al 31 dicembre 2020 e al 31 dicembre 2021.

 

Le comunicazioni emesse in seguito al controllo automatico evidenziano la correttezza della dichiarazione (comunicazione di regolarità) o l’eventuale presenza di errori (comunicazione di irregolarità). In quest’ultimo caso, il contribuente può pagare le somme indicate con una riduzione delle sanzioni, oppure segnalare all’Agenzia delle Entrate le ragioni per cui ritiene il pagamento non dovuto.

Come anticipato, il contribuente può regolarizzare la propria posizione con il pagamento di una sanzione ridotta, oltre all’imposta e agli interessi. Il pagamento deve essere effettuato entro 30 giorni dal ricevimento della prima comunicazione o di quella definitiva emessa a seguito della eventuale rideterminazione delle somme a debito e la sanzione è prevista nella misura agevolata di 1/3 di quella ordinaria (10% invece del 30%). Gli interessi dovuti sono calcolati al tasso del 3,5% annuo, dalla data in cui avrebbe dovuto essere effettuato il versamento all’ultimo giorno del mese antecedente alla data di elaborazione della comunicazione (articolo 6, comma 1 del D.M. 21 maggio 2009 e articolo 3 del D.Lgs. n. 462 del 1997).

A decorrere dall’anno d’imposta 2017 il controllo automatico è effettuato anche sulle comunicazioni dei dati delle liquidazioni periodiche IVA. In questo caso, prima dell’emissione della comunicazione di irregolarità, le eventuali incoerenze riscontrate a seguito del controllo sono rese disponibili al contribuente attraverso un’apposita lettera di invito alla compliance. Si rinvia alla scheda informativa dell’Agenzia delle entrate per ulteriori dettagli.

 

Condizione per la definizione agevolata è che, al momento di entrata in vigore della norma in commento:

§   non sia scaduto il termine di pagamento di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462, ovvero non siano decorsi trenta giorni dal ricevimento dell’avviso o della comunicazione definitiva, contenente la rideterminazione in sede di autotutela delle somme dovute, a seguito dei chiarimenti forniti dal contribuente o dal sostituto d'imposta; tale termine, come anticipato supra, è stato allungato a 60 giorni fino al 31 agosto 2022 dal decreto-legge n. 21 del 2022;

§  ovvero, che le comunicazioni di irregolarità siano state recapitate successivamente all’entrata in vigore della norma in esame.

Come anticipato, la definizione si perfeziona con il pagamento delle imposte e dei contributi previdenziali ivi contenuti, degli interessi e delle somme aggiuntive (maggiorazioni Inps sui crediti di natura previdenziale).

 

Inoltre, in caso di adesione (comma 2), è previsto che il versamento delle somme dovute avvenga secondo le modalità di riscossione delle somme dovute in seguito a controlli automatici, in un’unica soluzione entro 30 giorni ovvero a rate, rispettivamente ai sensi degli articoli 2 e 3-bis del già citato D.Lgs. n. 462 del 1997.

 

Il pagamento avviene dunque entro 30 giorni dal ricevimento dell’avviso o della comunicazione definitiva contenente l’imposta rideterminata a seguito dell’esperimento dei mezzi di autotutela del contribuente.

 

Il comma 7 dell’articolo in esame interviene sull’articolo 3-bis, comma 1 del D.Lgs. n. 462 del 1997, al fine di prevedere che il pagamento delle somme da versare possa sempre essere rateizzato in un numero massimo di venti rate trimestrali di pari importo, a prescindere dal quantum dovuto.

Viene dunque eliminata la previsione che consentiva la dilazione del pagamento in un numero massimo di otto rate trimestrali, per gli importi pari o inferiori a cinquemila euro.

 

L’articolo 3-bis prevede inoltre che la prima rata sia versata entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione. Sull'importo delle rate successive sono dovuti gli interessi, calcolati dal primo giorno del secondo mese successivo a quello di elaborazione della comunicazione. Le rate trimestrali nelle quali il pagamento è dilazionato scadono l'ultimo giorno di ciascun trimestre. In caso di inadempimento nei pagamenti rateali si applicano le disposizioni generali previste nel caso di inadempimenti nei pagamenti delle somme dovute per i controlli dell’Agenzia delle entrate (di cui all'articolo 15-ter del DPR 29 settembre 1973, n. 602).

 

Il comma 3 consente di definire con modalità agevolate anche le rate, relative a comunicazioni di irregolarità, delle dilazioni ancora in corso all’entrata in vigore della norma in commento (ai sensi dell’articolo 3-bis del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462, come modificato dalle norme in esame), mediante il pagamento del debito residuo a titolo di imposte e contributi previdenziali, interessi e somme aggiuntive.

Anche in tal caso le sanzioni sono dovute nella misura del 3%, senza alcuna riduzione sulle imposte residue non versate o versate in ritardo. 

Il pagamento rateale delle suddette somme prosegue quindi secondo le modalità e i termini già illustrati (previsti dall’articolo 3-bis del D.Lgs. n. 462 del 1997, come modificato).

In caso di mancato pagamento, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, delle somme dovute, la definizione non produce effetti e si applicano le ordinarie disposizioni in materia di sanzioni e riscossione (comma 4).

Le somme residue sono dunque iscritte a ruolo delle residue somme dovute con l’applicazione della sanzione per gli omessi o ritardati versamenti (come chiarisce la relazione illustrativa che accompagna la norma; la sanzione è dovuta nella misura del 30% ordinariamente prevista dall’articolo 13 del d.lgs. n. 471 del 1997).

 

La relazione illustrativa chiarisce che per i pagamenti rateali regolarmente in corso dei debiti emergenti dalle suddette comunicazioni, per qualunque periodo d’imposta, è previsto che:

§  la durata del periodo di rateazione venga estesa fino a un massimo di venti rate trimestrali di pari importo (come da previsione del comma 7), anche nei casi in cui, secondo le disposizioni previgenti, era ammessa solo la rateazione fino a un massimo di otto rate;

§  le sanzioni sono dovute nella misura del 3% (anziché del 30% ridotte a un terzo), senza alcuna riduzione, sulle imposte residue non versate o versate in ritardo. Restano dovuti gli interessi (anche di rateazione);

§  in caso di mancato pagamento, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, tenuto conto delle disposizioni di cui all’art. 15-ter del d.P.R. n. 602 del 1973, la definizione non produce effetti e si procede all’iscrizione a ruolo delle residue somme dovute con l’applicazione della sanzione nella misura ordinariamente prevista dall’articolo 13 del D.Lgs. n. 471 del 1997.

 

Ai sensi del comma 5, le somme già versate fino a concorrenza dei debiti definibili ai sensi delle norme in esame, anche anteriormente alla definizione, restano definitivamente acquisite e non sono dunque rimborsabili al contribuente.

 

Il comma 6 chiarisce che, in deroga allo statuto del contribuente (articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, che all’ultimo comma vieta la proroga dei termini di prescrizione e decadenza), i termini di decadenza per la notificazione delle cartelle di pagamento per le somme dovute a seguito di controllo automatizzato, contemplati dall'articolo 25, comma 1, lettera a), del d.P.R. n. 602 del 1973, ordinariamente previsti entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, sono prorogati di un anno.

 


 

Articolo 39
(Regolarizzazione irregolarità formali)

 

 

L’articolo 39 consente di sanare le irregolarità, le infrazioni e le inosservanze di obblighi o adempimenti, di natura formale, non rilevanti sulla determinazione della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi, ai fini dell'IVA e dell'IRAP e sul pagamento di tali tributi, se commesse fino al 31 ottobre 2022, mediante la loro rimozione e il versamento di una somma pari a 200 euro per ciascun periodo d'imposta cui si riferivano le violazioni, eseguito in due rate di pari importo, la prima entro il 31 marzo 2023 e la seconda entro il 31 marzo 2024.

 

Preliminarmente si ricorda che l’articolo 9 del decreto-legge n. 119 del 2018 aveva consentito di sanare le irregolarità, le infrazioni e le inosservanze di obblighi o adempimenti, di natura formale, non rilevanti sulla determinazione della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi, ai fini dell'IVA e dell'IRAP e sul pagamento dei tributi, se commesse fino al 24 ottobre 2018, mediante la loro rimozione e il versamento di una somma pari a 200 euro per ciascun periodo d'imposta cui si riferivano le violazioni, eseguito in due rate di pari importo, la prima entro il 31 maggio 2019 e la seconda entro il 2 marzo 2020.

Le norme in esame presentano un contenuto sostanzialmente analogo al richiamato articolo 9, da cui si differenziano per la tempistica.

 

Il comma 1 prevede la possibilità di sanare le irregolarità, le infrazioni e le inosservanze di obblighi o adempimenti, di natura formale, che non rilevano sulla determinazione della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi, ai fini dell'IVA e dell'IRAP e sul pagamento dei tributi, commesse fino al 31 ottobre 2022, mediante la loro rimozione (comma 3) e il versamento di una somma pari a 200 euro per ciascun periodo d'imposta cui si riferiscono le violazioni, eseguito in due rate (comma 2) di pari importo, la prima entro il 31 marzo 2023 e la seconda entro il 31 marzo 2024.

 

Tale procedura di regolarizzazione non può essere esperita:

§  con riferimento agli atti di contestazione o irrogazione delle sanzioni emessi nell'ambito della procedura di collaborazione volontaria (cd. voluntary disclosure) di cui all'articolo 5-quater del decreto legge n. 167 del 1990 (comma 4);

§  per l'emersione di attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute fuori dal territorio dello Stato (comma 5);

§  per le irregolarità e altre violazioni formali già contestate in atti divenuti definitivi alla data di entrata in vigore della disposizione in esame (comma 7).

 

Il comma 6 prevede che, in deroga all'articolo 3, comma 1, dello Statuto del contribuente (legge n. 212 del 2000 che dispone l’irretroattività delle norme tributarie), con riferimento alle violazioni commesse fino al 31 ottobre 2022, oggetto del processo verbale di constatazione, i termini di prescrizione (cinque anni) previsti all'articolo 20, comma 1, del decreto legislativo n. 472 del 1997, sono prorogati di due anni.

Le modalità di attuazione dell'articolo in esame devono essere disciplinate con provvedimento del direttore della Agenzia delle entrate (comma 8).

 


 

Articolo 40
(Adesione agevolata e definizione agevolata
degli atti del procedimento di accertamento)

 

 

L’articolo 40 consente, in deroga all’ordinaria disciplina del ravvedimento operoso, di regolarizzare le dichiarazioni relative al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2021 e a quelli precedenti, purché le relative violazioni non siano state già contestate alla data del versamento del dovuto (in unica soluzione o alla prima rata) mediante la rimozione dell’irregolarità o dell’omissione e il pagamento dell’imposta, degli interessi e delle sanzioni, queste ultime ridotte a un diciottesimo del minimo edittale irrogabile. Il versamento può avvenire in un’unica soluzione o a rate; la regolarizzazione si perfeziona con il versamento di quanto dovuto ovvero della prima rata entro il 31 marzo 2023 e non può essere esperita dai contribuenti per l’emersione di attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute fuori dal territorio dello Stato.

 

Le norme in commento si riferiscono ai tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate e concernono le violazioni diverse da quelle definibili con gli articoli 38 e 39, rispettivamente concernenti la definizione agevolata degli avvisi bonari e la regolarizzazione delle irregolarità formali. Si rinvia alle relative schede di lettura per ulteriori informazioni.

Per effetto del comma 1 possono essere regolarizzate le violazioni, diverse da quelle menzionate, che riguardano le dichiarazioni relative al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2021 e precedenti, con il pagamento:

§  dell’imposta;

§  degli interessi dovuti;

§  delle sanzioni, ma in misura ridotta a un diciottesimo del minimo edittale previsto dalla legge.

 

Le disposizioni in esame appaiono, per le annualità fino al 31 dicembre 2021, in deroga all’istituto del cd. ravvedimento operoso, disciplinato dall’articolo 13 del D.Lgs. n. 472 del 1997, strumento con il quale tutti contribuenti possono regolarizzare omessi o insufficienti versamenti e sanare altre irregolarità fiscali. La legge di stabilità per il 2015 - articolo 1, comma 637, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 – ha innovato la disciplina del ravvedimento operoso e, in particolare, ai fini di una maggiore semplificazione del rapporto tra fisco e contribuenti, ha rimodulato l’istituto attraverso un sostanziale ampliamento delle modalità e dei termini per la sua applicazione. La predetta legge ha consentito di esperire l’istituto senza limiti di tempo e ha eliminato ulteriori condizioni ostative all’esperimento del medesimo, relative alle attività di controllo del fisco.

Il ravvedimento è inibito, per i tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate, solo dalla notifica degli atti di liquidazione e di accertamento (comprese le comunicazioni da controllo automatizzato e formale delle dichiarazioni). Il pagamento e la regolarizzazione non precludono l’inizio o la prosecuzione di accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di controllo e accertamento.

Errori, omissioni e versamenti carenti possono essere regolarizzati eseguendo spontaneamente il pagamento dell’imposta dovuta, degli interessi, calcolati al tasso legale annuo dal giorno in cui il versamento avrebbe dovuto essere effettuato a quello in cui viene effettivamente eseguito, e della sanzione in misura ridotta.

La sanzione ridotta è pari:

§  a 1/10 del minimo nei casi di mancato pagamento del tributo o di un acconto, se esso viene eseguito nel termine di trenta giorni dalla data di scadenza;

§  a 1/9 del minimo se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il novantesimo giorno successivo al termine per la presentazione della dichiarazione, oppure, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro novanta giorni dall'omissione o dall'errore;

§  a 1/8 del minimo, se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno nel corso del quale è stata commessa la violazione, oppure, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro un anno dall'omissione o dall'errore;

§  a 1/7 del minimo, se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione oppure, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro due anni dall'omissione o dall'errore;

§  a 1/6 del minimo, se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene oltre il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione, oppure, quando non è prevista dichiarazione periodica, oltre due anni dall'omissione o dall'errore;

§  a 1/5 del minimo se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene dopo la constatazione della violazione (ai sensi dell'articolo 24 della legge 7 gennaio 1929, n. 4), salvo nei casi di mancata emissione di ricevute fiscali, scontrini fiscali o documenti di trasporto o di omessa installazione degli apparecchi per l'emissione dello scontrino fiscale);

§  a 1/10 del minimo di quella prevista per l'omissione della presentazione della dichiarazione, se questa viene presentata con ritardo non superiore a novanta giorni, oppure a 1/10 del minimo di quella prevista per l'omessa presentazione della dichiarazione periodica prescritta in materia di imposta sul valore aggiunto, se questa viene presentata con ritardo non superiore a trenta giorni.

Il decreto legislativo n. 158 del 2015 ha modificato la normativa sulle sanzioni per ritardati od omessi versamenti, prevedendo la riduzione alla metà della sanzione ordinaria per i versamenti effettuati con un ritardo non superiore a 90 giorni dalla scadenza. In tali casi, quindi, la sanzione passa dal 30% al 15%. Un’ulteriore riduzione della sanzione è prevista per i versamenti effettuati con un ritardo non superiore a 15 giorni. In tali casi la sanzione del 15% è ulteriormente ridotta a 1/15 per ogni giorno di ritardo (1%). Pertanto, in sede di ravvedimento, la sanzione da versare è pari allo 0,1% per ciascun giorno di ritardo (1/10 dell’1%).

 

Si consente il versamento delle somme dovute a seguito del ravvedimento speciale anche in otto rate trimestrali di pari importo, con scadenza della prima rata il 31 marzo 2023. Sulle rate successive alla prima, da versare rispettivamente, entro il 30 giugno, il 30 settembre, il 20 dicembre e il 31 marzo di ciascun anno, sono dovuti gli interessi nella misura del tasso legale.

Condizione per regolarizzare le violazioni è che esse non siano state già contestate, alla data del versamento di quanto dovuto o della prima rata, con atto di liquidazione, di accertamento o di recupero, di contestazione e di irrogazione delle sanzioni, comprese le comunicazioni derivanti dai controlli formali delle dichiarazioni (di cui all’articolo 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600).

 

Ai sensi del comma 2, la regolarizzazione si perfeziona con il versamento di quanto dovuto ovvero della prima rata entro il 31 marzo 2023 e con la rimozione delle irregolarità od omissioni.

Sono disciplinate le conseguenze del mancato pagamento, in tutto o in parte, di una delle rate successive alla prima entro il termine di pagamento della rata successiva: ciò  comporta la decadenza dal beneficio della rateazione e l’iscrizione a ruolo degli importi ancora dovuti, nonché della sanzione pari al trenta per cento di ogni importo non versato, di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, applicata sul residuo dovuto a titolo di imposta, e degli interessi per ritardata iscrizione a ruolo, nella misura del 4% annuo prevista all’articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, con decorrenza dalla data del 31 marzo 2023.

In tali ipotesi, la cartella di pagamento deve essere notificata, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di decadenza della rateazione.

 

Si chiarisce che (comma 3) la regolarizzazione non può essere esperita dai contribuenti per l’emersione di attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute fuori dal territorio dello Stato.

Il comma 4 chiarisce che restano validi i ravvedimenti già effettuati alla data di entrata in vigore della presente disposizione e non si dà luogo a rimborso.

 

Il comma 5 affida a un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate la facoltà di definire le modalità di attuazione delle norme in esame.

 


 

Articolo 41
(Adesione agevolata e definizione agevolata
degli atti del procedimento di accertamento)

 

 

L’articolo 41 consente di definire con modalità agevolate gli atti del procedimento di accertamento adottati dall’Agenzia delle entrate, purché non impugnati e per i quali non siano decorsi i termini per presentare ricorso, nonché quelli notificati dall’Agenzia delle entrate entro la data del 31 marzo 2023.

Più in dettaglio sono previste sanzioni ridotte, da un terzo a un diciottesimo del minimo previsto dalla legge, per gli accertamenti con adesione relativi a:

§  processi verbali di constatazione consegnati entro la data del 31 marzo 2023;

§  avvisi di accertamento, rettifica e liquidazione, non impugnati e ancora impugnabili, nonché avvisi notificati entro il 31 marzo 2023.

La medesima riduzione sanzionatoria a un diciottesimo è applicata anche agli atti di accertamento con adesione relativi agli inviti a comparire per l’avvio del procedimento di definizione dell’accertamento.

Le norme consentono di definire in acquiescenza avvisi di accertamento, di rettifica e quelli di liquidazione, non impugnati e ancora impugnabili, nonché quelli notificati fino al 31 marzo 2023, con analoga riduzione sanzionatoria a un diciottesimo delle sanzioni irrogate. La medesima riduzione delle sanzioni è applicata nel caso di acquiescenza agli atti di recupero non impugnati e ancora impugnabili, in tal caso con pagamento degli interessi.

Le somme dovute possono essere anche dilazionate in un massimo di 20 rate trimestrali di pari importo, con applicazione degli interessi al saggio legale per le rate successive alla prima.

 

Preliminarmente si ricorda che l’articolo 1 del decreto-legge n. 119 del 2018 ha consentito di definire con modalità agevolate i processi verbali di constatazione - PVC consegnati entro il 24 ottobre 2018 effettuando un’apposita dichiarazione e versando la sola imposta autoliquidata, senza sanzioni o interessi, in un’unica soluzione o in un massimo di venti rate trimestrali.  Il successivo articolo 2 del richiamato decreto-legge n. 119 ha consentito di definire con modalità agevolate gli avvisi di accertamento, gli avvisi di rettifica e di liquidazione, gli atti di recupero, gli inviti al contraddittorio e gli accertamenti con adesione notificati o sottoscritti entro il 24 ottobre 2018, mediante pagamento delle sole imposte in un’unica soluzione o in più rate, senza pagare sanzioni, interessi ed eventuali somme accessorie.

Più in dettaglio, con riferimento ai tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate, il comma 1 dispone la riduzione delle sanzioni da un terzo a un diciottesimo del minimo previsto dalla legge per gli accertamenti con adesione, di cui agli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, relativi a:

§  processi verbali di constatazione, redatti ai sensi dell’articolo 24 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, e consegnati entro la data del 31 marzo 2023.

§  I processi verbali di constatazione (PVC) di cui all’articolo 24 della legge n. 4 del 1929 sono i verbali coi quali, in caso di verifica fiscale presso la sede del contribuente, si conclude l’attività di controllo svolta dagli uffici dell’Agenzia o dalla Guardia di finanza. In tali verbali, che vanno consegnati al contribuente, sono indicate le eventuali violazioni rilevate e i relativi addebiti;

§  avvisi di accertamento e avvisi di rettifica e liquidazione, non impugnati e ancora impugnabili alla data di entrata di entrata in vigore della disposizione in esame, nonché a quelli notificati successivamente, entro il 31 marzo 2023.

 

Le norme in esame si riferiscono agli accertamenti con adesione di cui agli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218 e riducono a un diciottesimo del minimo di legge le sanzioni disposte dal comma 5 dell’articolo 2 e dell’articolo 3, comma 3 del medesimo decreto legislativo, ordinariamente previste in un terzo del minimo di legge.

 

L’accertamento con adesione consente al contribuente di definire le imposte dovute ed evitare, in tal modo, l’insorgere di una lite tributaria; si tratta di un “accordo” tra contribuente e ufficio che può essere raggiunto sia prima dell’emissione di un avviso di accertamento, che dopo, sempre che il contribuente non presenti ricorso davanti al giudice tributario.

La procedura riguarda tutte le più importanti imposte dirette e indirette e può essere attivata tanto dal contribuente quanto dall’ufficio dell’Agenzia delle Entrate. Con l’accertamento con adesione il contribuente può usufruire della riduzione delle sanzioni amministrative, che saranno dovute nella misura di un terzo del minimo previsto dalla legge.

 Inoltre, per i fatti accertati, perseguibili anche penalmente, costituisce una circostanza attenuante il perfezionamento dell’adesione con il pagamento delle somme dovute prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado. L’effetto premiale si concretizza nell’abbattimento fino a un terzo delle sanzioni penali previste e nella non applicazione delle sanzioni accessorie.

Il procedimento può essere attivato per iniziativa d’ufficio (che, tramite un invito a comparire, può invitare il contribuente a tentare una forma di definizione concordata del rapporto tributario prima ancora di procedere alla notifica di un avviso di accertamento) o a richiesta del contribuente, che può presentare una domanda in carta libera in cui chiede all’ufficio di formulargli una proposta di accertamento per un’eventuale definizione, prima di aver ricevuto la notifica di un atto di accertamento non preceduto da un invito a comparire o dopo aver ricevuto la notifica di un atto impositivo non preceduto da invito a comparire, ma solo fino al momento in cui non scadono i termini per la proposizione dell’eventuale ricorso.

La domanda di adesione, corredata di tutte le informazioni richieste dalla legge, deve essere presentata – prima dell’impugnazione dell’avviso di accertamento innanzi alla Commissione tributaria provinciale – all’ufficio che lo ha emesso entro 60 giorni dalla notifica dell’atto mediante consegna diretta o a mezzo posta.

Il contribuente può avviare il procedimento anche quando nei suoi confronti siano stati effettuati accessi, ispezioni e verifiche, sia da parte dell’Amministrazione finanziaria che da parte della Guardia di Finanza, che si sono conclusi con un processo verbale di constatazione.

Il raggiungimento o meno dell’accordo avviene in contraddittorio e può richiedere più incontri successivi, per la partecipazione ai quali il contribuente può farsi rappresentare o assistere da un procuratore.

Se le parti raggiungono un accordo, i contenuti dello stesso vengono riportati su un atto di adesione che va sottoscritto da entrambe le parti.

L’intera procedura si perfeziona soltanto con il pagamento delle somme risultanti dall’accordo stesso (articolo 9 del D. Lgs. n. 218 del 1997). Se non si raggiunge un accordo, il contribuente può presentare ricorso al giudice tributario contro l’atto già emesso (o che sarà in seguito emesso) dall’ufficio.

Dalla data di presentazione della domanda di accertamento con adesione i termini restano sospesi per un periodo di 90 giorni, sia per un eventuale ricorso, sia per il pagamento delle imposte accertate. Anche l’iscrizione a ruolo a titolo provvisorio delle imposte accertate dall’ufficio è effettuata, ricorrendone i presupposti, dopo la scadenza del termine di sospensione. Al termine di questo arco di tempo il contribuente se non ha raggiunto l’accordo con l’Amministrazione può impugnare l’atto ricevuto dinanzi alla Commissione tributaria provinciale.

Il versamento delle somme dovute può essere effettuato, a seconda del tipo di imposta, tramite i modelli di versamento F24 o F23.

Il contribuente può scegliere di effettuare il pagamento:

§  in unica soluzione, entro i 20 giorni successivi alla redazione dell’atto;

§  in forma rateale in un massimo di 8 rate trimestrali di uguale importo (16 rate trimestrali se le somme dovute superano 50.000 euro), delle quali la prima da versare entro il termine di 20 giorni dalla redazione dell’atto.

Sull'importo delle rate successive sono dovuti gli interessi calcolati dal giorno successivo al termine di versamento della prima rata.

Entro i 10 giorni successivi al pagamento dell’intero importo o della prima rata, il contribuente deve far pervenire all’ufficio la quietanza.

Per il versamento delle somme dovute per effetto dell’adesione il contribuente può effettuare la compensazione con eventuali crediti d’imposta vantati, sempre che gli importi a debito siano da versare con il modello F24 (non è infatti possibile compensare i debiti che devono essere pagati con il modello F23).

Con il decreto-legge 35 del 2013 è stata introdotta la possibilità per il contribuente di utilizzare i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, nei confronti delle amministrazioni pubbliche per somministrazioni, forniture e appalti, per compensare le somme dovute a seguito di accertamento con adesione, adesione all'invito al contraddittorio o al processo verbale di constatazione, acquiescenza, definizione agevolata delle sanzioni, conciliazione giudiziale e mediazione.

 

La riduzione sanzionatoria si applica anche agli atti di accertamento con adesione relativi agli inviti a comparire per l’avvio del procedimento di definizione dell’accertamento, di cui all’articolo 5-ter del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, notificati entro il 31 marzo 2023.

 

Ai sensi del richiamato articolo 5-ter, fuori dei casi in cui sia stata rilasciata copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, prima di emettere un avviso di accertamento, notifica l'invito a comparire per l'avvio del procedimento di definizione dell'accertamento.

 

Il comma 2 consente di definire in acquiescenza gli avvisi di accertamento, gli avvisi di rettifica e di liquidazione, purché non impugnati e ancora impugnabili alla data di entrata di entrata in vigore della disposizione in esame, nonché quelli notificati dall’Agenzia delle entrate successivamente, fino al 31 marzo 2023, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, entro il termine ivi previsto, con la riduzione a un diciottesimo delle sanzioni irrogate.

 

Ai sensi dell’articolo 15 del D. Lgs. n. 218 del 1997, il contribuente che riceve un avviso di accertamento ha l’opportunità, se rinuncia a presentare ricorso, di ottenere una riduzione delle sanzioni. Tale accettazione è giuridicamente definita acquiescenza e comporta la riduzione a 1/3 delle sanzioni amministrative irrogate, sempre che il contribuente:

§  rinunci ad impugnare l’avviso di accertamento;

§  rinunci a presentare istanza di accertamento con adesione;

§  paghi, entro il termine di proposizione del ricorso (ordinariamente, 60 giorni dalla notifica dell'atto) le somme complessivamente dovute tenendo conto delle riduzioni.

Le somme dovute a seguito di acquiescenza si versano, in unica soluzione o in forma rateale, presso banche, poste o agenti della riscossione, utilizzando, a seconda del tributo, il modello F24 o il modello F23. Sull’importo delle rate successive sono dovuti gli interessi calcolati dal giorno successivo al termine di versamento della prima rata.

Entro dieci giorni dal versamento dell’intero importo o di quello della prima rata il contribuente deve far pervenire all’ufficio la quietanza dell’avvenuto pagamento.

Anche gli atti di contestazione con cui vengono irrogate solo sanzioni possono essere definiti per acquiescenza mediante il pagamento, entro il termine previsto per la proposizione del ricorso, di 1/3 della sanzione indicata.

Il richiamato decreto-legge n. 35 del 2013 ha introdotto la possibilità per il contribuente di utilizzare i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, nei confronti delle amministrazioni pubbliche, per somministrazioni, forniture e appalti, per compensare le somme dovute a seguito di accertamento con adesione, adesione all’invito al contraddittorio o al processo verbale di constatazione, acquiescenza, definizione agevolata delle sanzioni, conciliazione giudiziale e mediazione.

 

Il comma 3 estende la facilitazione predetta, nonché la riduzione sanzionatoria, anche all’acquiescenza nei confronti di atti di recupero non impugnati e ancora impugnabili alla data di entrata di entrata in vigore della disposizione in esame e a quelli notificati dall’Agenzia delle entrate successivamente, fino al 31 marzo 2023. Anche in tal caso la definizione prevede il pagamento delle sanzioni nella misura di un diciottesimo delle sanzioni irrogate e degli interessi applicati, entro il termine per presentare il ricorso.

 

In assenza di precisazioni della lettera della norma, essa sembra doversi riferire agli atti di recupero dei crediti indebitamente utilizzati (di cui ai commi da 421 a 423 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311), da notificare ai contribuenti.

In caso di mancato pagamento, in tutto o in parte, delle somme dovute entro il termine assegnato dall'ufficio, comunque non inferiore a sessanta giorni, si procede alla riscossione coattiva. Per il pagamento delle somme dovute, di cui al periodo precedente, non è possibile avvalersi della compensazione con modello F24. prevista dall'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. La competenza all'emanazione degli atti di recupero, emessi prima del termine per la presentazione della dichiarazione, spetta all'ufficio nella cui circoscrizione è il domicilio fiscale del soggetto per il precedente periodo di imposta.

 

In deroga alle disposizioni specifiche per ciascun istituto, ai sensi del comma 4 le somme dovute ai sensi dei già commentati commi 1, 2 e 3 possono essere versate anche ratealmente, in un massimo di 20 rate trimestrali di pari importo, entro l’ultimo giorno di ciascun trimestre successivo al pagamento della prima rata. Sulle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi al tasso legale.  Per tali importi è esclusa la compensazione con F24.

Con una disposizione di chiusura si chiarisce che resta ferma l’applicazione delle disposizioni di cui al decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, non esplicitamente derogate.

 

Il comma 5 esclude dalla definizione agevolata gli atti emessi nell’ambito della procedura di collaborazione volontaria (cd. voluntary disclosure) di cui all’articolo 5-quater  del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, che ha consentito ai contribuenti che detenevano illecitamente patrimoni all’estero di regolarizzare la propria posizione denunciando spontaneamente all’Amministrazione finanziaria la violazione degli obblighi di monitoraggio.

 

Il comma 6 affida a uno o più provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate il compito di adottare le ulteriori disposizioni necessarie per l’attuazione delle norme in esame e il comma 7 destina le maggiori entrate derivanti dalla presente disposizione, accertate sulla base del monitoraggio periodico effettuato dall'Agenzia delle entrate, anche mediante riassegnazione, al Fondo per la riduzione della pressione fiscale, istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, ai sensi dell’articolo 31, comma 5.

 


 

Articolo 42
(Definizione agevolata delle controversie tributarie)

 

 

L’articolo 42 consente di definire con modalità agevolate le controversie tributarie pendenti alla data di entrata in vigore della norma medesima, anche in Cassazione e a seguito di rinvio, in cui è parte l’Agenzia delle entrate, aventi ad oggetto atti impositivi (avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto di imposizione), mediante il pagamento di un importo pari al valore della controversia.

Se il ricorso pendente è iscritto in primo grado, la controversia può essere definita con il pagamento del 90 per cento del valore della controversia.

Se vi è soccombenza dell’Agenzia delle entrate, controversie pendenti possono essere definite con il pagamento del 40% del valore della controversia, in caso di soccombenza dell’Agenzia nella pronuncia di primo grado e del 15% del valore, in caso di soccombenza della medesima Agenzia nella pronuncia di secondo grado.

 

Secondo quanto emerge dalla Relazione sullo stato del contenzioso tributario per l’anno 2021, al 31 dicembre 2021 risultavano pendenti 147.889 ricorsi in commissione tributari provinciale (-27,8% rispetto all’anno precedente) per un valore pari a 17,8 miliardi di euro e 124.788 appelli in secondo grado (-11,2% rispetto all’anno precedente) per un valore di 19,8 miliardi di euro. Nei due gradi di giudizio il valore complessivo delle pendenze ammonta a 37,6 miliardi di euro.  Il 39,4% delle controversie pendenti al 31 dicembre 2021 (107.414 unità) aveva valore fino a 3.000 euro ed il 39,4% (107.375 unità) compreso tra 3.000 e 50.000 euro. L’analisi per ente impositore rivela che il 38,0% (56.174 unità) dei ricorsi pendenti presso le commissioni tributarie provinciali ed il 59,0% (73.584 unità) degli appelli pendenti presso gli organi di secondo grado riguardano l’Agenzia delle Entrate, che risulta essere, quindi, l’ente impositore con il maggior numero di controversie pendenti. Un dato rilevante attiene all’anzianità media delle controversie pendenti, calcolata come la somma del numero di giorni intercorsi tra la data di presentazione della singola controversia e il 31 dicembre 2021, rapportata al numero delle controversie pendenti. L’analisi evidenzia che l’anzianità media generale registrata nel 2021 nei due gradi di giudizio, pari a 736 giorni (circa 2 anni), è superiore del 2,7% rispetto al valore fatto registrare nel 2020 (716 giorni) e del 7,9% rispetto al valore fatto registrare nel 2019 (682 giorni).  È stato calcolato anche un valore sintetico della capacità di riduzione delle controversie pendenti da parte delle Commissioni tributarie, ossia il c.d. “tasso di smaltimento” di periodo, ottenuto rapportando il numero di controversie definite al numero delle controversie pervenute nello stesso periodo. Un valore del tasso superiore a 100 indica la capacità della singola Commissione tributaria, mediante le definizioni, di smaltire non solo un numero di ricorsi pari a quelli nuovi in entrata ma anche parte delle pendenze esistenti; un valore inferiore a 100 segnala, invece, che la singola Commissione non riesce a far fronte al numero dei nuovi ricorsi affluiti nel medesimo periodo, generando di conseguenza un aumento delle pendenze. Il primo grado di giudizio ha fatto registrare nel 2021 un tasso pari a 173,6, con un deciso miglioramento rispetto al 2020 (93,4) ed al 2019 (119,8). Anche nel secondo grado, il tasso di smaltimento registrato nel 2021 è stato superiore a 100, più precisamente pari a 136,6, migliorando le prestazioni registrate nel 2020 (93,9) e nel 2019 (123,0).  

 

 

L’articolo 6 del decreto-legge n. 119 del 2018 ha concesso di definire con modalità agevolate le controversie tributarie pendenti, anche in cassazione e a seguito di rinvio, in cui fosse parte l’Agenzia delle entrate, aventi ad oggetto atti impositivi (avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto di imposizione).

In caso di ricorso pendente iscritto nel primo grado, la controversia poteva essere definita con il pagamento del 90 per cento del valore della controversia. In deroga alla regola generale che prevede il pagamento di un importo uguale al valore della lite, in caso di soccombenza dell’Agenzia, le controversie potevano essere definite con il pagamento:

§  del 40% del valore della controversia (soccombenza in primo grado)

§  del 15% del valore della controversia (soccombenza in secondo grado).

La norma ha consentito di definire le controversie tributarie pendenti in Corte di cassazione al 19 dicembre 2018 (data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 119), per le quali l'Agenzia delle Entrate fosse soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio, con il pagamento di un importo pari al 5% del valore della controversia. Legittimati alla presentazione della domanda sono stati coloro che hanno proposto l’atto introduttivo del giudizio o chi vi è subentrato o ne aveva la legittimazione.

La definizione ha riguardato solo le controversie in cui il ricorso in primo grado fosse stato notificato entro il 24 ottobre 2018 e per le quali, alla data di presentazione della domanda di definizione agevolata, il processo non si fosse concluso con una pronuncia definitiva. Entro il 31 maggio 2019, per ciascuna controversia autonoma (una per ogni atto impugnato) poteva essere presentata una distinta domanda di definizione, esente dall’imposta di bollo, con effettuazione di un distinto versamento. Per importi superiori a 1.000 euro è stato ammesso il pagamento rateale. Nel caso di assenza di importi da versare, la definizione si perfezionava con la sola presentazione della domanda.

 

La riforma della giustizia tributaria, operata dalla legge n. 130 del 2022 (modificando il decreto legislativo n. 545 del 1992, provvedimento il quale disciplina l'ordinamento degli organi speciali di giurisdizione tributaria e l'organizzazione degli uffici di collaborazione) da un lato ha razionalizzato il sistema della giustizia tributaria prevedendo la figura del magistrato tributario a tempo pieno e, conseguentemente,  modificando le norme che disciplinano il reclutamento, il tirocinio e la formazione professionale, la nomina alle funzioni direttive e le progressioni in carriera dei componenti delle commissioni tributarie. Dall’altro lato, con riguardo agli aspetti processuali della riforma, la legge n. 130 apporta una serie di modifiche - anche conseguenti alla nuova articolazione degli organi di giustizia tributaria - al decreto legislativo n. 546 del 1992, che disciplina il processo tributario.

In questa sede occorre in particolare segnalare che la riforma, all’articolo 5, consente di definire con modalità agevolata le controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di cassazione per le quali l'Agenzia delle entrate risulti integralmente soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio, con valore della lite non superiore a 100.000 euro.

In sintesi tali controversie sono definite, a domanda dei soggetti legittimati, previo pagamento di un importo pari al 5 per cento del valore della lite.

Analogamente, sono definibili le controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di cassazione, per le quali l'Agenzia delle entrate risulti soccombente in tutto o in parte in uno dei gradi di merito e il cui valore delle quali non superi i 50.000 euro. In tal caso per la definizione è previsto il previo pagamento di un importo pari al 20 per cento del valore della lite.

Legittimato a chiedere la definizione agevolata è il soggetto che ha proposto l'atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione. Per controversie tributarie pendenti si intendono quelle per le quali il ricorso per cassazione è stato notificato alla controparte entro il 15 settembre 2022 purché, alla data della presentazione della domanda, non sia intervenuta una sentenza definitiva. L’adesione alla definizione agevolata delle controversie comporta la contestuale rinuncia ad ogni eventuale pretesa di equa riparazione e le spese del giudizio estinto restano a carico della parte che le ha anticipate. Sono escluse dall'applicazione delle disposizioni del presente articolo le controversie concernenti anche solo in parte:

a)    le risorse proprie tradizionali UE e l’Iva all’importazione;

b)   le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato.

La definizione si perfeziona con la presentazione della domanda entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e con il pagamento degli importi dovuti. Qualora non ci siano importi da versare, la definizione si perfeziona con la sola presentazione della domanda. Le controversie definibili non sono sospese, salvo che il contribuente faccia apposita richiesta al giudice, dichiarando di volersi avvalere delle relative disposizioni.  L'eventuale diniego della definizione va notificato entro trenta giorni con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. Il diniego è impugnabile entro sessanta giorni dinanzi alla Corte di cassazione. In mancanza di istanza di trattazione presentata dalla parte interessata, entro due mesi decorrenti dalla scadenza del termine di cui al comma 7, il processo è dichiarato estinto.

 

Preliminarmente all’analisi più dettagliata delle disposizioni in commento, si rileva che il comma 18 dell’articolo 42 dispone in ordine al rapporto tra la definizione agevolata prevista dalle norme in parola e quella disposta dalla riforma della giustizia tributaria. Si chiarisce che la definizione della legge n. 130 del 2022 resta ferma ed è alternativa a quella prevista dalle norme in commento. 

 

Le norme in esame appaiono analoghe, nel contenuto, a quanto già disposto dall’articolo 6 del decreto-legge n. 119 del 2018.

 

In particolare, il comma 1 consente di definire con modalità agevolate le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello pendente presso la Corte di cassazione e anche a seguito di rinvio, alla data di entrata in vigore della disposizione in esame. La definizione agevolata è adita su domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione; si consente il pagamento di un importo pari al valore della controversia, stabilito ai sensi dell’articolo 12, comma 2 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546.

Ai sensi del richiamato comma 2 dell’articolo 12, il valore della lite è l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato; in caso di controversie relative alle sole irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste.

 

Ai sensi del comma 2, per i ricorsi pendenti iscritti nel primo grado, si prevede che la controversia possa essere definita con il pagamento del 90 per cento del valore della stessa.

 

In deroga al comma 1, per il caso di soccombenza dell’Agenzia delle entrate nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare depositata alla data di entrata in vigore della norma in esame, le controversie possono essere definite con il pagamento di una quota parte del valore della controversia pari al:

a)    40% del valore della controversia in caso di soccombenza nella pronuncia di primo grado;

b)  15% del valore della lite in caso di soccombenza nella pronuncia di secondo grado (comma 3).

 

Il comma 4 reca disposizioni applicabili ai casi di accoglimento parziale del ricorso o comunque di soccombenza ripartita tra il contribuente e l’Agenzia delle entrate. Per tali fattispecie, viene chiarito che è dovuto, per intero, l’importo del tributo relativo alla parte di atto confermata dalla pronuncia giurisdizionale. Per la parte di atto annullata viene applicata la misura ridotta (40 o 15 per cento), secondo le disposizioni del comma 3, sopra illustrate.

La relazione illustrativa chiarisce che, in sostanza, le misure ridotte di cui al comma 3 si applicano limitatamente alla parte del valore della controversia in cui l’Agenzia delle entrate è risultata soccombente, mentre per la parte del valore della controversia in cui è risultato soccombente il contribuente è dovuto l’intero importo. Si chiarisce inoltre, nella stessa relazione, che ove sia intervenuta sentenza di Cassazione con rinvio, la controversia si considera pendente in primo grado, in coerenza con la previsione dell’articolo 68, comma 1, lettera c-bis) del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, in materia di riscossione in pendenza di giudizio di rinvio.

 

Ai sensi del comma 5, le controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di cassazione, per le quali l’Agenzia delle entrate risulti soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio, possono essere definite con il pagamento di un importo pari al 5 per cento del valore della controversia.

 

Il comma 6 prevede che le controversie relative esclusivamente alle sanzioni non collegate al tributo possano essere definite con il pagamento del quindici per cento del valore della controversia in caso di soccombenza dell’Agenzia delle entrate nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare, sul merito o sull’ammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio, depositata alla data di entrata in vigore delle norme in esame, e con il pagamento del quaranta per cento negli altri casi.

In caso di controversia relativa esclusivamente alle sanzioni collegate ai tributi cui si riferiscono, per la definizione non è dovuto alcun importo relativo alle sanzioni, qualora il rapporto relativo ai tributi sia stato definito, anche con modalità diverse dalla definizione in commento.

 

Possono essere definite con modalità agevolate le controversie in cui il ricorso in primo grado è stato notificato alla controparte entro la data di entrata in vigore della norma in esame e per le quali, alla data della presentazione della domanda di definizione, il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva (comma 7).

 

Sono invece escluse dalla definizione, ai sensi del comma 8, le controversie concernenti anche solo in parte:

a)   le risorse proprie tradizionali dell’Unione europea previste dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), delle decisioni 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, 2014/335/ UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, e 2020/2053/UE, Euratom del Consiglio del 14 dicembre 2020, e l’imposta sul valore aggiunto riscossa all’importazione;

b)  le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015.

 

La definizione (comma 9) si perfeziona con la presentazione della domanda e con il pagamento degli importi dovuti o della prima rata entro il 30 giugno 2023; nel caso in cui gli importi dovuti superino mille euro, è ammesso il pagamento rateale, in un massimo di venti rate trimestrali di pari importo, con decorrenza dal 1° aprile 2023 e da versare, rispettivamente, entro il 30 giugno 2023, 30 settembre, 20 dicembre e il 31 marzo di ciascun anno.

Trovano applicazione, in quanto compatibili, delle disposizioni dell’articolo 8 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, relativo al versamento delle somme dovute a seguito dell’accertamento con adesione.

 

Sulle rate successive alla prima, si applicano gli interessi legali calcolati dalla data del versamento della prima rata. Non è ammesso il pagamento tramite compensazione. Nel caso di versamento rateale, la definizione si perfeziona con la presentazione della domanda e con il pagamento degli importi dovuti con il versamento della prima rata entro il termine previsto del 30 giugno 2023.

 

Qualora non ci siano importi da versare, la definizione si perfeziona con la sola presentazione della domanda.

 

Ai sensi del comma 10, in presenza di autonome controversie, occorre presentare una distinta domanda di definizione, entro il 30 giugno 2023, esente dall’imposta di bollo. Per controversia autonoma si intende quella relativa a ciascun atto impugnato.

 

Il comma 11 prevede che dagli importi dovuti vanno scomputati quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio (importi versati per effetto delle disposizioni vigenti in materia di riscossione in pendenza di giudizio).

In ogni caso, la definizione non dà luogo alla restituzione delle somme già versate, ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione. Gli effetti della definizione perfezionata prevalgono su quelli delle eventuali pronunce giurisdizionali non passate in giudicato prima della data di entrata in vigore delle norme in commento.

Ai sensi del comma 12, le controversie definibili sono sospese soltanto a seguito di apposita istanza al giudice nella quale il richiedente dichiara di volersi avvalere delle disposizioni in commento; in tal caso, il processo è sospeso fino al 10 luglio 2023. Con il deposito, entro tale data, di copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata, si determina l'ulteriore sospensione del processo fino al 31 dicembre 2024.

 

Per le controversie definibili sono sospesi per nove mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione, nonché per la proposizione del controricorso in Cassazione che scadono dalla data di entrata in vigore delle norme in esame fino al 31 luglio 2023 (comma 13).

 

In base al comma 14, l’eventuale diniego della definizione va notificato entro il 31 luglio 2024 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. Il diniego è impugnabile entro sessanta giorni dinanzi all'organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia. Nel caso in cui la definizione della controversia è richiesta in pendenza del termine per impugnare, la pronuncia giurisdizionale può essere impugnata dal contribuente unitamente al diniego della definizione entro sessanta giorni dalla notifica di quest'ultimo ovvero dalla controparte nel medesimo termine.

Il processo si estingue, con decreto presidenziale, in mancanza di istanza di trattazione presentata entro il 31 dicembre 2024 dalla parte che ne ha interesse. L'impugnazione della pronuncia giurisdizionale e del diniego, qualora la controversia risulti non definibile, valgono anche come istanza di trattazione. Si prevede quindi che le spese del giudizio estinto restino a carico della parte che le ha anticipate (comma 15).

 

Il comma 16 prevede che, nei casi in cui la definizione sia perfezionata dal coobbligato, la stessa giova in favore degli altri, inclusi quelli per i quali la controversia non sia più pendente, fermo restando che la definizione non dà luogo alla restituzione di quanto già versato, anche in eccesso.

 

Il comma 17 demanda a uno o più provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate le modalità di attuazione del presente articolo.

 

Il comma 19 dà facoltà agli enti territoriali di stabilire, entro il 31 marzo 2023, l’applicazione delle disposizioni in esame alle controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte il medesimo ente o un suo ente strumentale.

Articolo 43
(Conciliazione agevolata delle controversie tributarie)

 

 

L’articolo 43, in alternativa alla definizione agevolata delle controversie, disciplinata dall’articolo 42 del provvedimento in esame, consente di definire -entro il 30 giugno 2023 - con un accordo conciliativo fuori udienza le controversie tributarie pendenti, aventi ad oggetto atti impositivi in cui è parte l’Agenzia delle entrate.

Si prevede la sottoscrizione di un accordo tra le parti nel quale sono indicate le somme dovute con i termini e le modalità di pagamento. All’accordo conciliativo si applicano le sanzioni ridotte ad un diciottesimo del minimo previsto dalla legge (in luogo di quaranta o cinquanta per cento del minimo, ordinariamente previsto secondo il grado di giudizio in cui interviene la conciliazione), gli interessi e gli eventuali accessori.

 

In estrema sintesi si ricorda che l’articolo 42 del provvedimento in esame - alla cui scheda di lettura si rinvia per maggiori informazioni - consente di definire con modalità agevolate le controversie tributarie pendenti, anche in Cassazione e a seguito di rinvio, in cui è parte l’Agenzia delle entrate, aventi ad oggetto atti impositivi (avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto di imposizione). Le controversie possono essere definite con il pagamento della metà del valore della controversia in caso di soccombenza dell’Agenzia nella pronuncia di primo grado e di un quinto del valore in caso di soccombenza nella pronuncia di secondo grado.

 

In particolare, il comma 1 dell’articolo 43 in commento, in alternativa alla definizione agevolata di cui all’articolo 42, permette di definire entro il 30 giugno 2023 le controversie in cui è parte l’Agenzia delle entrate pendenti - alla data di entrata in vigore della disposizione in esame - innanzi alle corti di giustizia tributaria di primo e di secondo grado e aventi ad oggetto atti impositivi, con l’accordo conciliativo fuori udienza disciplinato dall’articolo 48 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546.

 

Ai sensi del richiamato articolo 48, ove in pendenza del giudizio le parti raggiungano un accordo conciliativo, devono presentare un’istanza congiunta - sottoscritta personalmente o dai difensori - per la definizione totale o parziale della controversia. Qualora la data di trattazione sia già fissata e sussistano le condizioni di ammissibilità, la commissione pronuncia sentenza di cessazione della materia del contendere. Se l'accordo conciliativo è parziale, la commissione dichiara con ordinanza la cessazione parziale della materia del contendere e procede alla ulteriore trattazione della causa. In caso di data di trattazione non fissata, il presidente della sezione provvede con decreto. La conciliazione si perfeziona con la sottoscrizione dell'accordo, nel quale sono indicate le somme dovute con i termini e le modalità di pagamento. L'accordo costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute all'ente impositore e per il pagamento delle somme dovute al contribuente.

 

In sostanza la disposizione in esame introduce e disciplina una ipotesi di conciliazione agevolata delle controversie tributarie basata sulla cd. conciliazione fuori udienza, che si realizza con il deposito in giudizio – di primo o di secondo grado – di un’istanza congiunta, ovvero una proposta di conciliazione alla quale l’altra parte abbia previamente aderito.

Ai sensi del comma 2, in deroga a quanto previsto dall’articolo 48-ter, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, il beneficio dell’accordo conciliativo consiste nell’applicare le sanzioni in misura ridotta ad un diciottesimo del minimo previsto dalla legge, oltre agli interessi e agli eventuali accessori.

 

Il comma 1 dell’articolo 48-ter sopra richiamato prevede che, ordinariamente, alla conciliazione le sanzioni amministrative si applichino nella misura del quaranta per cento del minimo previsto dalla legge, in caso di perfezionamento della conciliazione nel corso del primo grado di giudizio e nella misura del cinquanta per cento del minimo previsto dalla legge, in caso di perfezionamento nel corso del secondo grado.

 

Ai sensi del comma 3, come previsto dall’articolo 48-ter, commi 2 e 4 del più volte richiamato decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, il versamento delle somme dovute ovvero, in caso di rateizzazione, della prima rata, deve essere effettuato entro venti giorni dalla data di sottoscrizione dell’accordo conciliativo.

 

I commi 2 e 4 dell’articolo 48-ter sanciscono, rispettivamente, che il versamento delle somme dovute ovvero, in caso di rateizzazione, della prima rata sia effettuato entro venti giorni dalla data di sottoscrizione dell'accordo conciliativo e che rinvia, per il versamento rateale, in quanto compatibili, alle disposizioni previste per l'accertamento con adesione.

 

La dilazione di pagamento è effettuata in un massimo di venti rate trimestrali di pari importo, da versare entro l’ultimo giorno di ciascun trimestre successivo al pagamento della prima rata. Sull’importo delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi legali calcolati dal giorno successivo al termine per il versamento della prima rata, con esclusione della compensazione.

 

Dalla conciliazione agevolata sono escluse (comma 5) le controversie concernenti, anche solo in parte:

a) le risorse proprie tradizionali UE (previste dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), delle decisioni 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, 2014/335/ UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, e 2020/2053/UE, Euratom del Consiglio del 14 dicembre 2020), e l’imposta sul valore aggiunto riscossa all’importazione;

b) le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato (ai sensi dell'articolo 16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015).

 

Con una norma di chiusura, il comma 6 dispone, l’applicazione, in quanto compatibile con la presente disposizione, del già illustrato articolo 48 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, in tema di conciliazione fuori udienza.

 

Il comma 7 destina le eventuali maggiori entrate, accertate sulla base del monitoraggio periodico effettuato dall'Agenzia delle entrate, anche mediante riassegnazione, al Fondo per la riduzione della pressione fiscale istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze ai sensi dell’articolo 31, comma 5.


 

Articolo 44
(Rinuncia agevolata dei giudizi tributari pendenti in Cassazione)

 

 

L’articolo 44 introduce e disciplina, in alternativa alla definizione agevolata delle controversie tributarie prevista dall’articolo 42 del provvedimento in esame, la rinuncia agevolata, entro il 30 giugno 2023, alle controversie tributarie in cui è parte l’Agenzia delle entrate e che sono pendenti in Corte di Cassazione. La rinuncia avviene mediante definizione transattiva con la controparte di tutte le pretese azionate in giudizio. Con la rinuncia agevolata si dispone il pagamento delle somme dovute per le imposte, gli interessi e gli accessori, ma con sanzioni ridotte ad un diciottesimo del minimo previsto dalla legge.

 

In particolare, il comma 1 prevede, in alternativa alla definizione agevolata delle controversie disciplinata all’articolo 42 del provvedimento in esame, che nelle controversie tributarie pendenti - alla data di entrata in vigore della disposizione in esame - innanzi alla Corte di cassazione, ai sensi dell’articolo 62 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, in cui è parte l’Agenzia delle entrate e aventi ad oggetto atti impositivi, che il ricorrente possa rinunciare entro il 30 giugno 2023 al ricorso principale o incidentale, a seguito della intervenuta definizione transattiva con la controparte di tutte le pretese azionate in giudizio.

 

In estrema sintesi si ricorda che l’articolo 42 del provvedimento in esame - alla cui scheda di lettura si rinvia per maggiori informazioni - consente di definire con modalità agevolate le controversie tributarie pendenti, anche in Cassazione e a seguito di rinvio, in cui è parte l’Agenzia delle entrate, aventi ad oggetto atti impositivi (avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto di imposizione). Le controversie possono essere definite con il pagamento della metà del valore della controversia in caso di soccombenza dell’Agenzia nella pronuncia di primo grado e di un quinto del valore in caso di soccombenza nella pronuncia di secondo grado.

 

L’articolo 62 del richiamato D.Lgs. n. 546 del 1992 consente di proporre ricorso in Cassazione avverso la sentenza della corte di giustizia tributaria di secondo grado. Al ricorso per cassazione ed al relativo procedimento si applicano le norme dettate dal codice di procedura civile in quanto compatibili.

 

Il comma 2 prevede che tale definizione transattiva comporti il pagamento delle somme dovute per le imposte, le sanzioni ridotte ad un diciottesimo del minimo previsto dalla legge, gli interessi e gli eventuali accessori.

Essa (comma 3) si perfeziona con la sottoscrizione e con il pagamento integrale delle somme dovute entro 20 giorni dalla sottoscrizione dell’accordo intervenuto tra le parti.

È esclusa la compensazione (con F24) e la rinuncia non dà comunque luogo alla restituzione delle somme già versate, ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione (comma 4).

 

Ai sensi del comma 5, alla rinuncia agevolata del ricorso per cassazione si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 390 del codice di procedura civile.

L’articolo 390 c.p.c., nella formulazione applicabile fino al 30 giugno 2023, permette alla parte di rinunciare al ricorso principale o incidentale finché non sia cominciata la relazione all'udienza o sino alla data dell'adunanza camerale, o finché non siano notificate le conclusioni scritte del pubblico ministero. La rinuncia deve farsi con atto sottoscritto dalla parte e dal suo avvocato o anche da questo solo se è munito di mandato speciale a tale effetto. L'atto di rinuncia è notificato alle parti costituite o comunicato agli avvocati delle stesse, che vi appongono il visto.

 

Il comma 6 esclude dalla rinuncia agevolata le controversie concernenti, anche solo in parte:

a) le risorse proprie tradizionali UE (previste dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), delle decisioni 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, 2014/335/ UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, e 2020/2053/UE, Euratom del Consiglio del 14 dicembre 2020), e l’imposta sul valore aggiunto riscossa all’importazione;

b) le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato (ai sensi dell'articolo 16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015).

 


 

Articolo 45
(Regolarizzazione degli omessi pagamenti di rate dovute a seguito di acquiescenza, accertamento con adesione, reclamo/mediazione e conciliazione giudiziale)

 

 

L’articolo 45 consente di regolarizzare l’omesso o carente versamento di alcune somme riferite a tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate e, in particolare:

§  delle rate, successive alla prima, relative alle somme dovute a seguito di accertamento con adesione o di acquiescenza agli avvisi di accertamento, degli avvisi di rettifica e liquidazione, nonché a seguito di reclamo o mediazione;

§  degli importi, anche rateali, relativi alle conciliazioni giudiziali.

La regolarizzazione si perfeziona con l’integrale versamento di quanto dovuto entro il 31 marzo 2023, ovvero in un massimo di venti rate di pari importo, e consente al contribuente di corrispondere la sola imposta senza sanzioni e interessi.

Nel caso di mancato perfezionamento della regolarizzazione, il competente ufficio procede all’iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti a titolo di imposta, interessi e sanzioni, nonché della sanzione prevista per ritardati ovvero omessi versamenti, pari al 30 per cento delle somme dovute.

 

Il comma 1 consente di regolarizzare l’omesso o carente versamento di somme riferite a tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate.

In particolare, è possibile regolarizzare i pagamenti:

a)   delle rate, successive alla prima, relative alle somme dovute a seguito di accertamento con adesione o di acquiescenza degli avvisi di accertamento, degli avvisi di rettifica e liquidazione, nonché a seguito di reclamo o mediazione (ai sensi dell’articolo 17-bis, comma 6, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546), qualora siano scadute alla data di entrata in vigore della norma in esame e a condizione che non sia stata notificata la cartella di pagamento, ovvero l’atto di intimazione. Tali versamenti si regolarizzano mediante il versamento integrale della sola imposta. Non sono dunque dovute sanzioni e interessi;

b)   degli importi, anche rateali, relativi alle conciliazioni giudiziali (di cui agli articoli 48 e 48-bis del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546), ove siano scaduti alla data di entrata in vigore della disposizione in esame e a condizione che non sia stata ancora notificata la cartella di pagamento, ovvero l’atto di intimazione, anche in tal caso con versamento integrale della sola imposta (senza sanzioni e interessi).

 

In estrema sintesi si ricorda che l’accertamento con adesione, disciplinato dal D.lgs. n. 218 del 1997, è un istituto deflativo del contenzioso che consente al contribuente di definire le imposte dovute mediante un accordo tra contribuente e Amministrazione finanziaria. L’accordo può essere raggiunto sia prima dell’emissione di un avviso di accertamento, sia dopo, sempre che il contribuente non presenti ricorso davanti al giudice tributario. La procedura riguarda tutte le più importanti imposte dirette e indirette e può essere attivata tanto dal contribuente quanto dall’ufficio dell’Agenzia delle Entrate nella cui circoscrizione territoriale il contribuente ha il domicilio fiscale.

Con l’acquiescenza agli avvisi di accertamento (articolo 15 del richiamato D.Lgs. n. 218 del 1997) il contribuente ha l’opportunità, previa rinuncia a presentare ricorso, di ottenere una riduzione delle sanzioni. Effetto dell’acquiescenza è la riduzione a un terzo delle sanzioni irrogate, sempre che il contribuente rinunci ad impugnare l’avviso di accertamento, rinunci a presentare istanza di accertamento con adesione e paghi, entro il termine di proposizione del ricorso (ordinariamente, 60 giorni dalla notifica dell'atto) le somme complessivamente dovute tenendo conto delle riduzioni.

La mediazione tributaria si applica alle controversie di valore non superiore a 20.000 euro, relative a tutti gli atti impugnabili (individuati dall’art. 19 del D.lgs. n. 546 del 1992): in tale ipotesi, il ricorso produce gli effetti del reclamo e può contenere una proposta di mediazione con rideterminazione dell'ammontare della pretesa. A decorrere dal 1° gennaio 2016, la mediazione è applicabile anche alle controversie relative all'Agenzia delle dogane e dei monopoli, agli enti locali e all'agente e ai concessionari della riscossione (per i ricorsi introduttivi presentati a partire dal 1° gennaio 2016).

Il valore della controversia va determinato con riferimento a ciascun atto impugnato ed è dato dall’importo del tributo contestato dal contribuente con l’impugnazione, al netto degli interessi, delle eventuali sanzioni e di ogni altro eventuale accessorio. In caso di impugnazione esclusivamente di atti di irrogazione delle sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste.  Le controversie instaurate a seguito di rigetto dell'istanza di reclamo ovvero di mancata conclusione dell'accordo di mediazione rientrano nell'ambito di applicabilità della conciliazione giudiziale, disciplinata dagli articoli 48, 48-bis e 48-ter del D.Lgs. n. 546 del 1992.

La conciliazione giudiziale è il mezzo attraverso il quale si può chiudere un contenzioso fiscale, applicabile a tutte le controversie tributarie (in primo o in secondo grado) anche se instaurate a seguito di rigetto dell'istanza di reclamo ovvero di mancata conclusione dell'accordo di mediazione. Può essere proposta dalla Commissione tributaria, che può prospettare alle parti il tentativo di conciliazione, o dalle parti stesse (contribuente, Agenzia delle Entrate, Ente locale, agente della riscossione). Il tentativo di conciliazione comunque non è vincolante.

 

Ai sensi del comma 2, la regolarizzazione di cui al comma 1 comporta il versamento dell’imposta dovuta si perfeziona con l’integrale versamento di quanto dovuto entro il 31 marzo 2023, oppure in un massimo di venti rate trimestrali di pari importo con scadenza della prima rata il 31 marzo 2023.

Sull’importo delle rate successive alla prima, aventi scadenza il 30 giugno, il 30 settembre, il 20 dicembre e il 31 marzo di ciascun anno, sono dovuti gli interessi legali calcolati dal giorno successivo al termine per il versamento della prima rata. È esclusa la compensazione.

 

Il comma 3 disciplina le conseguenze del mancato perfezionamento della regolarizzazione.

Oltre a non prodursi lo sconto sul quantum dovuto, il competente ufficio in tale ipotesi procede all’iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti a titolo di imposta, interessi e sanzioni, nonché della sanzione prevista per ritardati ovvero omessi versamenti, pari al 30 per cento (di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471), da applicare sul residuo importo dovuto a titolo di imposta.

In tali ipotesi la cartella deve essere notificata entro il termine di decadenza del 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui si è verificato l’omesso versamento integrale o parziale di quanto dovuto.

 

 


 

Articolo 46
(
Stralcio dei debiti fino a mille euro affidati
agli agenti della riscossione)

 

 

L’articolo 46 dispone l’annullamento automatico dei debiti tributari fino a mille euro (comprensivo di capitale, interessi e sanzioni) risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2015, ancorché ricompresi in precedenti definizioni agevolate relative ai debiti affidati all’agente della riscossione.

Lo stralcio dei carichi è estesa anche ai debiti risultanti dai carichi affidati agli agenti della riscossione degli enti di previdenza privati.

 

Più in dettaglio, il comma 1 dispone l’annullamento automatico alla data del 31 gennaio 2023, dei debiti di importo residuo, alla data di entrata in vigore della  presente legge, fino a mille euro, comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni, risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2015, ancorché ricompresi nelle definizioni agevolate dei carichi affidati all’agente della riscossione introdotte anteriormente (articolo 3 del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, articolo 16-bis del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 e all’articolo 1, commi da 184 a 198, della legge 30 dicembre 2018, n. 145).

 

Si tratta, in particolare, delle definizioni agevolate:

§  di cui all’articolo 3 del decreto-legge n. 119 del 2018 (cd. rottamazione ter delle cartelle), relativa ai carichi affidati all’agente della riscossione nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2000 ed il 31 dicembre 2017. Tale misura ha consentito ai contribuenti di estinguere il debito con abbattimento delle sanzioni, degli interessi di mora, delle sanzioni e delle somme aggiuntive e anche in più rate, la cui scadenza è stata successivamente posposta nel tempo;

§  di cui all’articolo 1, commi da 184 a 198, della legge di bilancio 2019, (legge n. 145 del 2018), cd. saldo e stralcio, che ha consentito la definizione agevolata dei debiti fiscali e contributivi per le persone fisiche in grave e comprovata situazione di difficoltà economica,  affidati all’agente della riscossione tra il 1° gennaio 2000 e il 31 dicembre 2017. Il contribuente ha potuto estinguere il debito con pagamento delle somme dovute a titolo di capitale e interessi per ritardata iscrizione, secondo percentuali diversificate in funzione dell’ISEE, indicatore della situazione economica equivalente del nucleo familiare;

§  di cui all’articolo 16-bis del decreto-legge n. 34 del 2019, che ha riaperto i termini per aderire alla rottamazione-ter e al saldo e stralcio dei contribuenti in difficoltà economica, fissando la scadenza per presentare la domanda di adesione al 31 luglio 2019.

 

Si ricorda inoltre che successivamente l’articolo 4, ai commi 4-11, del decreto legge n. 41 del 2021 dispone l’annullamento automatico di tutti i debiti di importo residuo fino a 5.000 euro risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010, ancorché ricompresi in precedenti definizioni agevolate relative ai debiti affidati all’agente della riscossione dal 2000 al 2017. L’agevolazione opera in favore di persone fisiche che hanno percepito, nell’anno d’imposta 2019, un reddito imponibile fino a 30.000 euro e di soggetti diversi dalle persone fisiche che hanno percepito, nel periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2019, un reddito imponibile fino a 30.000 euro.

 

Ai fini del conseguente discarico, senza oneri amministrativi a carico dell'ente creditore, e dell'eliminazione dalle relative scritture patrimoniali, l’agente della riscossione trasmette agli enti interessati, entro il 30 giugno 2023, l'elenco delle quote annullate su supporto magnetico, ovvero in via telematica, in conformità alle specifiche tecniche di cui all'allegato 1 del decreto direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze del 15 giugno 2015.

Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 529, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 che stabiliscono che ai crediti annullati non si applicano gli articoli 19 e 20 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112 in materia di discarico per inesigibilità e reiscrizione nei ruoli e, fatti salvi i casi di dolo, non si procede a giudizio di responsabilità amministrativo e contabile.

Gli enti creditori, sulla base dell’elenco trasmesso dall’agente della riscossione, adeguano le proprie scritture contabili in ossequio ai rispettivi principi contabili vigenti, deliberando i necessari provvedimenti volti a compensare gli eventuali effetti negativi derivanti dall’operazione di annullamento.

Restano definitivamente acquisite le somme versate anteriormente alla data dell'annullamento.

 

Il comma 2, conseguentemente a quanto disposto al comma 1, stabilisce che dalla data di entrata in vigore della presente legge e fino alla data dell’annullamento, è sospesa la riscossione dei debiti di cui allo stesso comma 1.

 

Il comma 3 specifica che per il rimborso delle spese di notifica della cartella di pagamento, nella formulazione tempo per tempo vigente, nonché di quelle per le procedure esecutive, relative alle quote, erariali e non, diverse da quelle dello stralcio dei debiti previste da precedenti provvedimenti (articolo 4, comma 1, del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, e articolo 4, comma 4, del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41), e annullate ai sensi del comma 1 del presente articolo, l'agente della riscossione presenta, entro il 30 settembre 2023, sulla base dei crediti risultanti dal proprio bilancio al 31 dicembre 2022, e fatte salve le anticipazioni eventualmente ottenute, apposita richiesta al Ministero dell'economia e delle finanze. Il rimborso è effettuato, a decorrere dal 20 dicembre 2023, in dieci rate annuali, con onere a carico del bilancio dello Stato.

 

Il comma 4 specifica che restano ferme, per i debiti ivi contemplati, le disposizioni già previste dai precedenti provvedimenti di stralcio dei debiti (articolo 4 del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119 e articolo 4, commi da 4 a 9, del decreto-legge22 marzo 2021, n. 41).

 

Il comma 5 esclude dall’annullamento automatico (e dunque dalle disposizioni dei commi da 1 a 4):

§  le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato dichiarati illegali, i crediti derivanti da pronunce di condanna della Corte dei Conti e le multe, le ammende e le sanzioni pecuniarie dovute a seguito di provvedimenti e sentenze penali di condanna (di cui all’articolo 3, comma 16, lettere a), b) e c), del citato decreto-legge n. 119 del 2018);

§  le risorse proprie tradizionali dell’Unione europea, (previste dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), delle decisioni 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, e 2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014 e 2020/2053/UE, Euratom del Consiglio del 14 dicembre 2020), vale a dire i dazi e i diritti doganali e i contributi provenienti dall’imposizione di diritti alla produzione dello zucchero;

§  l’imposta sul valore aggiunto riscossa all’importazione.

 

Il comma 6 estende la rottamazione anche ai debiti risultanti dai carichi affidati agli agenti della riscossione degli enti di previdenza privati (enti di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103), previe apposite delibere dei medesimi enti (approvate ai sensi del comma 2 dell’articolo 3 del citato decreto legislativo n. 509 del 1994) e pubblicate nei rispettivi siti internet istituzionali entro il 31 gennaio 2023, se comunicate entro la medesima data all’agente della riscossione mediante posta elettronica certificata.

 


 

Articolo 47
(Definizione agevolata carichi affidati all’agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022)

 

 

L’articolo 47 reca la disciplina della definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione (cd. rottamazione delle cartelle esattoriali) nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2000 ed il 30 giugno 2022, così collocandosi nel solco degli interventi previsti dai decreti-legge n. 193 del 2016, n. 148 del 2017, n. 119 del 2018, n. 34 del 2019 e dalla legge di bilancio 2019 (n. 145 del 2018).

Il debitore beneficia dell'abbattimento delle somme affidate all’agente della riscossione a titolo di sanzioni e interessi, nonché degli interessi di mora, delle sanzioni civili e delle somme aggiuntive.

Innovando rispetto alla disciplina precedente, aderendo alla definizione agevolata prevista dalle norme in esame è abbattuto l’aggio in favore dell’agente della riscossione.  

La definizione agevolata richiede quindi il versamento delle sole somme:

§  dovute a titolo di capitale;

§  maturate a titolo di rimborso delle spese per le procedure esecutive e di notifica della cartella di pagamento.

Si può effettuare il pagamento in unica soluzione o anche a rate, con un tasso di interesse al 2 per cento. Con il versamento della prima o unica rata delle somme dovute si estinguono le procedure esecutive già avviate.

Accanto ad alcune novità, le norme riproducono in sostanza le procedure già utilizzate per le precedenti definizioni agevolate, disponendo che il contribuente presenti apposita dichiarazione all’agente della riscossione. A seguito dell’accoglimento della domanda, l’agente della riscossione comunica al contribuente il quantum dovuto, nonché, in caso di scelta del pagamento dilazionato, il giorno e il mese di scadenza di ciascuna rata.

Rispetto alle precedenti rottamazioni, sono innovative anche le norme che:

§  rimettono i termini, con riferimento alle precedenti istituti di pace fiscale (rottamazioni e saldo e stralcio) i contribuenti che siano decaduti dai relativi benefici, più precisamente nei confronti del quali tali istituti non siano stati efficaci, purché la relativa dichiarazione sia stata presentata nei termini di legge;

§  estendono la cd. rottamazione anche ai carichi relativi alle somme dovute a enti di previdenza privati;

§  escludono la definizione agevolata per le cd. risorse proprie UE.

 

L’articolo 6 del decreto-legge n. 193 del 2016 ha consentito la definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione negli anni compresi tra il 2000 e il 2016 (cd. rottamazione delle cartelle).

Successivamente, l’articolo 1 del decreto-legge n. 148 del 2017 (cd. rottamazione-bis) oltre a prorogare il termine per il pagamento delle rate relative alla definizione 2016 - ha riaperto i termini per la definizione agevolata dei carichi, permettendo di estinguere con modalità agevolate anche i carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio al 30 settembre 2017 (cd. rottamazione 2017). Il citato provvedimento ha anche riaperto la definizione agevolata dei carichi 2000-2016 per i quali non fosse stata presentata tempestivamente la domanda, oppure ove il contribuente non avesse potuto accedere alla rottamazione 2016 per mancato pagamento tempestivo di precedenti piani di rateazione. Il decreto-legge n. 148 del 2017 ha rinviato, per quanto non espressamente derogato, alla procedura individuata dal richiamato decreto-legge n. 193. Con l’adesione alla definizione agevolata al contribuente è stato consentito di pagare solo le somme iscritte a ruolo a titolo di capitale, di interessi legali e di remunerazione del servizio di riscossione, senza corrispondere le sanzioni, gli interessi di mora e le sanzioni e somme aggiuntive gravanti su crediti previdenziali.

La procedura prevedeva la presentazione di una domanda e una successiva comunicazione di diniego o di accoglimento da parte dell’Agenzia delle Entrate avente a oggetto l'ammontare complessivo delle somme dovute ai fini della definizione, nonché delle relative rate e il giorno e il mese di scadenza di ciascuna di esse.

Sia il decreto-legge n. 193 del 2016, sia il decreto-legge n. 148 del 2017 hanno consentito al debitore aderente alla procedura di pagare il quantum dovuto in un’unica soluzione, ovvero a rate. In caso di mancato, insufficiente o tardivo pagamento dell’unica rata o di ciascuna delle rate in cui è dilazionata la somma “rottamabile”, la definizione agevolata non ha prodotto effetti e Agenzia delle entrate-Riscossione ha ripreso le procedure di riscossione ordinarie.

Oltre alle risorse proprie tradizionali UE, alle somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ed ai crediti derivanti da pronunce di condanna della Corte dei conti, sono state escluse dalla definizione agevolata le multe, le ammende e le sanzioni pecuniarie dovute a seguito di provvedimenti e sentenze penali di condanna, nonché le altre sanzioni, diverse da quelle irrogate per violazioni tributarie o per violazione degli obblighi relativi ai contributi e ai premi dovuti dagli enti previdenziali, ai sensi dell’articolo 6, comma 10 del decreto-legge n. 193 del 2016. Con riferimento alle sanzioni amministrative per violazioni al Codice della strada, la definizione agevolata ha riguardato (articolo 6, comma 11 del decreto-legge n. 193 del 2016) i soli interessi sulle sanzioni amministrative. Con la circolare 2/E dell’8 marzo 2017 l’Agenzia delle Entrate ha fornito i chiarimenti relativi alla disciplina in esame.

L'articolo 3 del decreto-legge n. 119 del 2018 (cd. rottamazione-ter) ha consentito di definire con modalità agevolate i carichi affidati agli agenti della riscossione nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2000 ed il 31 dicembre 2017, così collocandosi nel solco degli interventi previsti dal decreto-legge n. 193 del 2016 (in relazione ai carichi 2000-2016) e dal decreto-legge n. 148 del 2017 (per i carichi affidati fino al 30 settembre 2017).

Analogamente alle precedenti rottamazioni, il debitore ha beneficiato dell'abbattimento delle sanzioni, degli interessi di mora e delle sanzioni e somme aggiuntive.

Rispetto alle passate rottamazioni, tuttavia:

-          è stata rimodulata la dilazione dei pagamenti;

-          è stato possibile avvalersi della compensazione con i crediti non prescritti, certi liquidi ed esigibili maturati nei confronti della PA;

-          col versamento della prima o unica rata delle somme dovute si è verificata l’estinzione delle procedure esecutive già avviate.

Le norme hanno riprodotto le procedure già utilizzate per le precedenti definizioni agevolate (presentazione di apposita dichiarazione all’agente della riscossione; a seguito dell’accoglimento della domanda, comunicazione da parte dell’agente della riscossione del quantum dovuto, nonché, in caso di scelta del pagamento dilazionato, del giorno e il mese di scadenza di ciascuna rata).  E’ stato poi consentito l’accesso alla definizione agevolata anche a chi ha aderito alle precedenti “rottamazioni” con pagamento tempestivo del quantum dovuto per la restante parte del debito. Il decreto-legge n. 34 del 2019 ha riaperto i termini per aderire alla rottamazione-ter, fissando la scadenza per presentare la domanda di adesione al 31 luglio 2019. Tale agevolazione ha interessato solo i debiti non ricompresi nelle dichiarazioni di adesione alla “Rottamazione-ter” già presentate entro il 30 aprile 2019.

Nel corso degli anni, anche in considerazione dell’emergenza da Covid-19, i termini per il pagamento delle rate dovute per aderire alla rottamazione-ter sono stati posticipati e rimodulati dai provvedimenti emergenziali.

Da ultimo, il decreto-legge Sostegni-ter (n. 4 del 2022) ha previsto la riammissione ai benefici della definizione agevolata per i contribuenti che non hanno corrisposto, entro il 9 dicembre 2021, le rate in scadenza negli anni 2020 e 2021, fissando nuovi termini per il pagamento.  Inoltre è stato stabilito che, per le rate in scadenza nell’anno 2022, il pagamento è considerato tempestivo se effettuato integralmente entro il 30 novembre 2022.

In particolare il termine per pagare le rate in scadenza nel 2020 è stato fissato al 30 aprile 2022; per mantenere i benefici della definizione agevolata entro tale termine devono essere state corrisposte le rate in scadenza il 28 febbraio, il 31 maggio, il 31 luglio e il 30 novembre 2020. Per il pagamento entro questo termine la norma ha previsto i cinque giorni di tolleranza di cui all’articolo 3, comma 14-bis, del DL n. 119 del 2018. Pertanto, il pagamento è stato considerato tempestivo se effettuato entro il 9 maggio 2022. Se il pagamento è avvenuto oltre i termini previsti o per importi parziali, la misura agevolativa non si perfeziona e i versamenti effettuati sono considerati a titolo di acconto sulle somme dovute.

Il termine per pagare le rate in scadenza nel 2021 è stato fissato al 31 luglio 2022, a patto che siano state corrisposte entro tale termine le rate in scadenza il 28 febbraio, il 31 maggio, il 31 luglio e il 30 novembre 2021. Per il pagamento entro questo termine la norma ha previsto i cinque giorni di tolleranza di cui all’articolo 3, comma 14-bis, del DL n. 119 del 2018. Pertanto, il pagamento è considerato tempestivo se effettuato entro l’8 agosto 2022. Se il pagamento è avvenuto oltre i termini previsti o per importi parziali, la misura agevolativa non si perfeziona e i versamenti effettuati sono considerati a titolo di acconto sulle somme dovute.

Con riferimento alle rate in scadenza 2022, il termine è stato fissato al 30 novembre 2022, a patto che siano state corrisposte le rate in scadenza del 28 febbraio, 31 maggio, 31 luglio e 30 novembre 2022. Considerati i cinque giorni di tolleranza il pagamento deve avvenire entro il 5 dicembre 2022.

Per completezza si ricorda infine che la legge di bilancio 2019 (articolo 1, commi da 184 a 199 della legge n. 145 del 2018) ha consentito di definire con modalità agevolate i debiti delle persone fisiche versanti in una grave e comprovata situazione di difficoltà economica (diversi da quelli annullati automaticamente ai sensi del decreto-legge n. 119 del 2018), affidati all’agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2017, derivanti  dall’omesso versamento di imposte risultanti dalle dichiarazioni annuali e dalle attività di accertamento a fini IRPEF e IVA. Detti debiti sono stati resi definibili col pagamento del capitale, degli interessi e delle somme spettanti all’agente della riscossione. Gli interessi sono stati versati in misura differenziata e graduale secondo la condizione economica del debitore. Il pagamento è stato consentito in unica soluzione o in più rate. Per accedere alla misura il debitore è stato tenuto a inoltrare apposita dichiarazione (entro il 31 luglio 2019, termine così riaperto dal decreto-legge n. 34 del 2019).

È stato consentito di versare le somme dovute in unica soluzione (entro il 30 novembre 2019), o in rate suddivise per importo e percentuale rispetto all’anno di riferimento, con interessi al tasso del 2 per cento annuo.

Anche i termini per il versamento delle rate di tale istituto sono stati prorogati nel tempo, anche in ragione dell’emergenza da Covid-19. Da ultimo, il citato decreto Sostegni-ter (n. 4 del 2022) ha disposto la riammissione dei contribuenti decaduti dall’agevolazione per il mancato o parziale pagamento, entro il 9 dicembre 2021, delle rate originariamente in scadenza negli anni 2020 e 2021, fissando nuovi termini per considerare tempestivo il pagamento di tali rate.

La riammissione al beneficio è stata subordinata al pagamento delle somme dovute entro il:

·         30 aprile 2022 per le rate in scadenza nel 2020 (9 maggio con i cinque giorni di tolleranza);

·         31 luglio 2022 (8 agosto con i cinque giorni di tolleranza) per le rate in scadenza nel 2021.

Per le rate in scadenza nell’anno 2022, il pagamento è considerato tempestivo e non determina l’inefficacia della definizione se effettuato integralmente entro il 30 novembre 2022 (5 dicembre coi predetti giorni di tolleranza).

 

L’articolo 47, al comma 1, fermo restando l’annullamento automatico delle cartelle fino a 1000 euro (di cui all’articolo 46 del provvedimento in esame, alla cui scheda di lettura si rinvia), consente di definire con modalità agevolate i debiti risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022.

 

Ove si aderisca a tale procedura sono dovute le sole somme affidate a titolo di capitale e di rimborso spese per le procedure esecutive e di notifica.

 

Sono abbattuti dunque:

§  gli importi affidati a titolo di interessi e sanzioni;

§  gli interessi di mora (ai sensi dell’articolo 30, comma 1 del DPR n. 602 del 1973), come in passato.

Gli interessi di mora sono oneri aggiuntivi, previsti dalla legge, che si applicano alle somme da pagare in caso di scadenza dei termini previsti. Gli interessi di mora, decorsi inutilmente 60 giorni dalla notifica della cartella/avviso, si applicano giornalmente sulle somme richieste a partire dalla data della notifica e fino alla data del pagamento. A partire dai ruoli consegnati dal 13 luglio 2011, gli interessi di mora non sono più calcolati sulle sanzioni pecuniarie tributarie e sugli altri interessi. La misura degli interessi di mora viene determinata annualmente dall’Agenzia delle Entrate, tenendo conto della media dei tassi bancari attivi stimati dalla Banca d’Italia. Dal 23 maggio 2019 sono pari al 2,68% annuo;

§  le sanzioni e le somme aggiuntive dovute sui crediti previdenziali (cd. sanzioni civili, di cui all’articolo 27, comma 1, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46), analogamente alle passate rottamazioni.

Si ricorda brevemente che nella cartella di pagamento (oggi anche nell’accertamento esecutivo) viene indicato l’importo totale da saldare e gli enti che ne hanno fatto richiesta tramite l’agente della riscossione. Sono inoltre indicati il dettaglio dei singoli tributi / somme non pagati, gli interessi, le sanzioni, la remunerazione dell’agente della riscossione e le altre spese;

§  con una novità rispetto alle precedenti definizioni agevolate, le somme maturate a titolo di aggio per l’agente della riscossione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112.

 

Come già illustrato, la cd. rottamazione-ter (Decreto-legge n. 119 del 2018) consentiva di estinguere i debiti iscritti a ruolo contenuti nelle cartelle di pagamento fino al 31 dicembre 2017, versando le somme dovute senza corrispondere le sanzioni e gli interessi di mora. Dovevano dunque essere versate le somme affidate all'agente della riscossione a titolo di capitale e interessi, nonché quelle maturate a titolo di aggio e di rimborso delle spese per le procedure esecutive e di notifica della cartella di pagamento.

La legge di bilancio 2022 (commi 18-24 della legge n. 234 del 2021) in ragione delle modifiche apportate alla governance all’Agenzia delle entrate-Riscossione, ha modificato il sistema di remunerazione dell'Agente della riscossione, attraverso una dotazione con oneri a carico del bilancio dello Stato volta ad assicurare il funzionamento dell'ente e la copertura dei relativi costi.

La riforma è vigente a decorrere dal 1° gennaio 2022; tuttavia, fino alla data di entrata in vigore delle norme attuative (del decreto di cui all’articolo 17, comma 3, lettera a), del decreto legislativo n. 112 del 1999, come modificato), continuano ad applicarsi le disposizioni di rango secondario, in quanto compatibili, contenute nel decreto del Direttore generale del Dipartimento delle entrate del Ministero delle finanze del 21 novembre 2000.

Per i ruoli affidati all’Agente della riscossione fino al 31 dicembre 2021, a prescindere dalla data di notifica della relativa cartella di pagamento che potrà essere notificata anche successivamente a tale data, permangono ancora a carico del contribuente gli aggi e gli oneri di riscossione nella misura e secondo la ripartizione previste dalle previgenti norme.

Per ulteriori informazioni sulla disciplina della riscossione si rinvia al relativo tema web, e al sito dell’Agenzia delle entrate-Riscossione con particolare riferimento alle cartelle di pagamento. Si rinvia al dossier di ricerca sulla tassazione in Italia per una disamina della disciplina degli interessi.

 

Analogamente alle precedenti rottamazioni, ai sensi del comma 2 il pagamento delle somme dovute può essere effettuato in unica soluzione, entro il 31 luglio 2023, ovvero usufruendo di una dilazione dei pagamenti.

In particolare, il pagamento può essere effettuato nel numero massimo di diciotto rate, da corrispondersi con le modalità e nell’ammontare di seguito illustrati:

-       la prima e la seconda, ciascuna di importo pari al 10 per cento delle somme complessivamente dovute, scadenti rispettivamente il 31 luglio e il 30 novembre 2023;

-       le restanti, di pari ammontare, scadenti il 28 febbraio, il 31 maggio, il 31 luglio e il 30 novembre di ciascun anno a decorrere dal 2024.

 

Ai sensi del comma 3 - che riprende quanto già disposto per la cd. rottamazione-ter dall’articolo 3, comma 3 del decreto-legge n. 119 del 2018 - in caso di pagamento rateale sono dovuti, a decorrere dal 1° agosto 2023, gli interessi al tasso del 2 per cento annuo.

Non si applicano le disposizioni generali sulla rateazione delle somme iscritte a ruolo, contenute nell’articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.

 

In sintesi si ricorda che l’articolo 19, modificato più volte nel tempo, consente al contribuente che dichiara di versare in temporanea situazione di obiettiva difficoltà di accedere alla dilazione delle somme iscritte a ruolo fino ad un massimo di settantadue rate mensili. Se le somme iscritte a ruolo sono superiori a 120.000 euro, la dilazione può essere concessa se il contribuente documenta una temporanea situazione di obiettiva difficoltà. In caso di comprovato peggioramento della situazione di obiettiva difficoltà, la dilazione concessa può essere prorogata una sola volta, per un ulteriore periodo e fino a settantadue mesi, a condizione che non sia intervenuta decadenza. Il piano di rateazione può prevedere, in luogo di rate costanti, rate variabili di importo crescente per ciascun anno. Sono previsti specifici limiti all’iscrizione di fermo e ipoteca nel caso di rateazione. Se il debitore si trova, per ragioni estranee alla propria responsabilità, in una comprovata e grave situazione di difficoltà legata alla congiuntura economica, può vedere aumentata la propria rateazione fino a centoventi rate mensili. Si decade dal beneficio nel caso di mancato pagamento, nel corso del periodo di rateazione, di otto rate, anche non consecutive; in tal caso l'intero importo iscritto a ruolo ancora dovuto è immediatamente ed automaticamente riscuotibile in unica soluzione ed il carico non può essere nuovamente rateizzato.

 

Ricalcando le procedure previste per le precedenti definizioni agevolate, il comma 4 pone a carico dell'agente della riscossione l'onere di fornire i dati necessari ad individuare i carichi definibili presso i propri sportelli e in apposita area del suo sito internet;  il comma 5 stabilisce che il debitore, per aderire alla definizione, deve presentare entro i1 30 aprile 2023 una dichiarazione all'agente della riscossione in cui indica anche il numero di rate prescelto per l'eventuale pagamento dilazionato, nel limite massimo di diciotto rate (come disposto dal comma 2).

L’agente della riscossione pubblica sul proprio sito internet, entro 20 giorni dalla data in vigore della norma in esame, le modalità - esclusivamente telematiche - con cui è effettuata la predetta dichiarazione.

 

Analogamente alla cd. rottamazione-ter, il comma 6 prevede che nella predetta dichiarazione il debitore indichi l’eventuale pendenza di giudizi aventi ad oggetto i carichi in essa ricompresi e assuma l'impegno a rinunciare ad eventuali giudizi pendenti relativi ai carichi che intende definire.

Le disposizioni in commento chiariscono puntualmente le conseguenze della procedura di definizione agevolata sui giudizi pendenti. In particolare, tali giudizi sono sospesi dal giudice, fino al pagamento di quanto dovuto, dietro presentazione di copia della stessa dichiarazione. Successivamente, il giudizio si estingue a seguito della produzione, a cura di una delle parti, della documentazione attestante i versamenti eseguiti per perfezionare la definizione. Se, invece, le somme dovute non sono integralmente pagate, la sospensione de1 giudizio viene revocata dal giudice su istanza di una delle predette parti.

 

Il comma 7 dispone che la dichiarazione già presentata possa essere integrata entro la stessa data del 30 aprile 2023.

 

Il comma 8 stabilisce che, ai fini della determinazione dell'ammontare delle somme da versare per la definizione - a titolo di capitale compreso nei carichi affidati e a titolo di rimborso delle spese per le procedure esecutive e di notifica della cartella di pagamento - si considerano unicamente gli importi già pagati allo stesso titolo e che il debitore, se ha già interamente versato le medesime somme con precedenti pagamenti parziali, deve comunque dichiarare la sua volontà di aderire alla definizione per beneficiare degli effetti di quest'ultima.

 

In base al comma 9 restano comunque definitivamente acquisite, e non sono rimborsabili, le somme versate a qualunque titolo e relative ai debiti definibili.

 

Con il comma 10 sono chiariti gli effetti della presentazione della dichiarazione di adesione con procedura agevolata.

Essa, riprendendo in parte quanto previsto dalla cd. rottamazione-bis e rottamazione-ter:

§  sospende i termini di prescrizione e decadenza;

§  sospende, fino alla scadenza della prima o unica rata delle somme dovute a titolo di definizione, gli obblighi di pagamento derivanti da precedenti dilazioni in essere alla data di tale presentazione;

§  inibisce l'iscrizione di nuovi fermi amministrativi e ipoteche, con salvezza di quelli già iscritti alla predetta data;

§  vieta l’avvio di nuove procedure esecutive e la prosecuzione di quelle già avviate, a meno che non si sia già tenuto il primo incanto con esito positivo;

§  vieta di considerare “irregolare” il debitore nell'ambito della procedura di erogazione dei rimborsi d'imposta ex articolo 28-ter del D.P.R. n. 602 del 1973.

In estrema sintesi, in sede di erogazione di un rimborso d'imposta, l'Agenzia delle entrate verifica se il beneficiario risulta iscritto a ruolo e, in caso affermativo, trasmette in via telematica apposita segnalazione all'agente della riscossione che ha in carico il ruolo, mettendo a disposizione dello stesso le somme da rimborsare. Ricevuta la segnalazione, l'agente della riscossione notifica all'interessato una proposta di compensazione tra il credito d'imposta ed il debito iscritto a ruolo, sospendendo l'azione di recupero ed invitando il debitore a comunicare entro sessanta giorni se intende accettare tale proposta;

§  vieta di considerare inadempiente il debitore ai fini della verifica della morosità da ruolo, ex articolo 48-bis del D.P.R. n. 602 del 1973, per un importo superiore a 5.000 euro, all’atto del pagamento, da parte delle Pubbliche Amministrazioni e delie società a totale partecipazione pubblica, di somme di ammontare pari almeno allo stesso importo.

Il richiamato articolo dispone che le Amministrazioni Pubbliche e le società a prevalente partecipazione pubblica, prima di effettuare a qualunque titolo il pagamento di un importo superiore a cinquemila euro, siano tenute a verificare se il beneficiario è inadempiente all'obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a tale importo e, in caso affermativo, non procedono al pagamento e segnalano la circostanza all'agente della riscossione competente per territorio, ai fini dell'esercizio dell'attività di riscossione delle somme iscritte a ruolo.

§  estende alla rottamazione in esame la norma (articolo 54 del D.L. n. 50 del 2017) che consente il rilascio del DURC a seguito della presentazione della domanda di definizione agevolata, purché sussistano gli altri requisiti di regolarità previsti dalla vigente disciplina ai fini del rilascio del documento.

Opera dunque una deroga al principio generale in base al quale, in caso di inadempimento degli obblighi di versamento dei contributi, il DURC è rilasciato solo successivamente all'adozione di un provvedimento di rateizzazione, adozione che, peraltro, secondo le determinazioni in materia dell'INPS, non si considera perfezionata prima del pagamento della prima rata (Cfr. il DM 30 gennaio 2015), già applicata per le precedenti edizioni della definizione agevolata dei carichi.

 

Al comma 11, analogamente a quanto previsto per le precedenti definizioni agevolate, si affida all'agente della riscossione, entro il 30 giugno 2023, il compito di comunicare ai debitori che hanno aderito alla definizione il quantum dovuto, nonché, in caso di scelta del pagamento dilazionato, il giorno e il mese di scadenza di ciascuna rata.

Tale comunicazione è resa disponibile ai debitori anche nell’area riservata del sito internet dell’agente della riscossione.

 

Il comma 12 individua le modalità di versamento delle somme dovute, che può essere effettuato mediante domiciliazione sul conto corrente ovvero con bollettini precompilati, che l’agente della riscossione è tenuto ad allegare alla comunicazione delle somme da pagare, o, in alternativa, presso gli sportelli dell’agente della riscossione.

 

Il comma 13 disciplina le conseguenze della domanda di definizione agevolata sulle dilazioni di pagamento già in atto.

Alla lettera a) si stabilisce che, limitatamente ai debiti definibili ricompresi nella dichiarazione di adesione, alla data del 31 luglio 2023 le dilazioni sospese per effetto della presentazione della stessa dichiarazione di adesione siano automaticamente revocate.

La lettera b) permette al debitore che ha aderito alla definizione agevolata di ottenere, sempre limitatamente ai debiti definibili e a seguito del pagamento della prima o unica rata delle somme in parola, di ottenere l’estinzione delle procedure esecutive avviate in precedenza, salvo che non si sia tenuto il primo incanto con esito positivo.

 

Il comma 14 disciplina l’ipotesi di omesso, insufficiente o tardivo versamento (superiore ai cinque giorni di tolleranza) di una sola rata ovvero del versamento unico, relativi alle somme “rottamate”.

Analogamente a quanto prescritto per il passato, in tal caso la definizione non produce effetti e riprendono a decorrere i termini di prescrizione e decadenza per il recupero dei carichi oggetto di dichiarazione; i versamenti effettuati sono considerati semplici acconti delle somme complessivamente dovute a seguito dell'iscrizione a ruolo e non determinano l’estinzione del debito residuo. Al verificarsi delle predette condizioni, l'agente della riscossione prosegue l'attività di recupero coattivo del debito residuo.

 

Il comma 15 ricomprende nella definizione agevolata, analogamente a quanto disposto per il passato, anche i debiti relativi ai carichi affidati agli agenti della riscossione che rientrano nei procedimenti avviati a seguito di istanze presentate dai debitori per l'accordo di composizione della crisi e il piano del consumatore (ai sensi del capo II, sez. I, della legge n. 3 del 2012 in tema di crisi da sovra indebitamento) e nei procedimenti instaurati in seno alla ristrutturazione dei debiti del consumatore e del cd. concordato minore, ai sensi del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza (D.Lgs. n. 14 del 2019).

I debitori possono provvedere al pagamento del debito, anche falcidiato, nelle modalità e nei tempi eventualmente previsti nel decreto di omologazione.

 

Il comma 16 riprende parzialmente le previsioni dei decreti-legge n. 193 del 2016 e n. 119 del 2018 in merito alle esclusioni dalla definizione agevolata.

 

In particolare, sono esclusi dalla definizione agevolata i carichi affidati agli agenti della riscossione relativi:

a)   alle risorse proprie tradizionali UE di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), delle decisioni 200 /436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, 2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, e 2020/2053/UE, Euratom del Consiglio del 14 dicembre 2020) all’imposta sul valore aggiunto riscossa all'importazione;

b)   alle somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato (di cui all'articolo 16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015);

c)   ai crediti derivanti da pronunce di condanna della Corte dei conti;

d)   alle multe, le ammende e le sanzioni pecuniarie dovute a seguito di provvedimenti e sentenze penali di condanna;

e)   alle sanzioni diverse da quelle irrogate per violazioni tributarie o per violazione degli obblighi relativi ai contributi e ai premi dovuti agli enti previdenziali.

 

Si ricorda in questa sede che l’articolo 11, comma 10-bis del decreto-legge n.8 del 2017 ha introdotto una norma di interpretazione autentica dell’articolo 6, comma 10 del decreto-legge n. 193 del 2016, nella parte che ha escluso dalla procedura di definizione agevolata i carichi relativi alle altre sanzioni amministrative, diverse da quelle irrogate per violazioni tributarie o per violazione degli obblighi relativi ai contributi e ai premi dovuti dagli enti previdenziali. Si chiarisce in particolare che, ai fini dell'accesso alla definizione agevolata, non sono dovute le sanzioni irrogate per violazione degli obblighi relativi ai contributi e ai premi, anche nel caso in cui il debitore sia lo stesso ente previdenziale.

 

Si rammenta inoltre che l’articolo 5 del decreto-legge n. 119 del 2018 ha consentito di definire con modalità agevolate i carichi concernenti i dazi doganali, i contributi provenienti dall’imposizione di diritti alla produzione dello zucchero (risorse proprie tradizionali UE) nonché l'IVA sulle importazioni, affidati agli agenti della riscossione nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2000 ed il 31 dicembre 2017. I termini per il pagamento delle rate sono stati più volte dilazionati nel tempo. Da ultimo, il decreto-legge Sostegni-ter (n.  4 del 2022) ha previsto la riammissione ai benefici della definizione agevolata delle risorse UE per i contribuenti che non avessero corrisposto, entro il 9 dicembre 2021, le rate in scadenza negli anni 2020 e 2021, fissando nuovi termini per il pagamento. Inoltre ha stabilito che, per le rate in scadenza nell’anno 2022, il pagamento è considerato tempestivo se effettuato integralmente entro il 30 novembre 2022.

 

Ai sensi del comma 17, per le sanzioni amministrative per violazioni del codice della strada la definizione si applica limitatamente agli interessi, ivi compresi gli interessi per ritardato pagamento delle somme dovute (ai sensi dell’articolo 27, sesto comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689).

L’articolo 27 sopra richiamato prevede che, in caso di ritardo nel pagamento, la somma dovuta è maggiorata di un decimo per ogni semestre a decorrere da quello in cui la sanzione è divenuta esigibile e fino a quello in cui il ruolo è trasmesso all'esattore. La maggiorazione assorbe gli interessi eventualmente previsti dalle disposizioni vigenti.

Con una novità rispetto alle precedenti rottamazioni, la definizione agevolata per violazioni del codice della strada opera anche con riferimento alle somme maturate dall’agente della riscossione a titolo di aggio, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112.

 

Il comma 18, riconosce la prededucibilità delle somme occorrenti per la definizione con riferimento ai soggetti che si trovano in procedura concorsuale o di composizione negoziale della crisi di impresa di cui alla legge fallimentare (R.D. n. 267 del 1942) e al codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (richiamato decreto legislativo n. 14 del 2019).

Di conseguenza le somme ricavate dalla liquidazione dell’attivo sono destinate, con priorità, alla definizione agevolata, conseguentemente modificando l’ordine di ripartizione dell’attivo.

 

Il comma 19 consente di estinguere con le procedure in esame (di cui ai commi da 1 a 18) anche i debiti relativi a precedenti istituti di “pace fiscale” (definizioni agevolate) e, in particolare, i debiti relativi ai carichi affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2017, anche se con riferimento a essi si è determinata l’inefficacia della definizione, purché oggetto di dichiarazioni rese nei termini di legge.

Si tratta di istituti disciplinati ai sensi:

a) dell’articolo 6, comma 2, del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193 (rottamazione)

b) dell’articolo 1, comma 5, del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148 (rottamazione-bis)

c) dell’articolo 3, comma 5, del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119 e dell'articolo 16-bis, commi 1 e 2, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, (rottamazione-ter);

d) dell’articolo 1, comma 189, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (“saldo e stralcio” o più precisamente definizione agevolata per le persone fisiche in difficoltà economiche).

 

Come anticipato, viene consentito di utilizzare le procedure in esame anche con riferimento a precedenti definizioni agevolate, incluse le pregresse misure di pace fiscale per cui si sia determinata l’inefficacia della relativa procedura.

In sostanza, il comma 19 sembra rimettere i termini i contribuenti decaduti dalle precedenti rottamazioni (carichi affidati fino al 2017), purché sia stata presentata la relativa dichiarazione nei termini prescritti ex lege, e tra l’altro a condizioni più vantaggiose: le norme di cui all’articolo 47 in esame abbattono, tra l’altro, anche l’aggio per l’agente della riscossione.

Il comma 20 stabilisce che, per effetto del pagamento delle somme dovute per la definizione, l'agente della riscossione è automaticamente discaricato dell'importo residuo contenuto nei carichi definiti. La norma disciplina altresì le modalità operative da seguire per eliminare i carichi dalle scritture contabili degli enti creditori.

Al fine di consentire agli enti creditori di eliminare dalle proprie scritture patrimoniali i crediti corrispondenti alle quote discaricate, lo stesso agente della riscossione trasmette, anche in via telematica, a ciascun ente interessato, entro il 31 dicembre 2028, l'elenco dei debitori che si sono avvalsi delle disposizioni in esame e dei codici tributo per i quali è stato effettuato il versamento.

 

Con una novità rispetto al passato, il comma 21 estende la rottamazione anche ai debiti risultanti dai carichi affidati agli agenti della riscossione degli enti di previdenza privati (enti di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103), previe apposite delibere dei medesimi enti (approvate ai sensi del comma 2 dell’articolo 3 del citato decreto legislativo n. 509 del 1994) e  pubblicate nei rispettivi siti internet istituzionali entro il 31 gennaio 2023, se comunicate entro la medesima data all’agente della riscossione mediante posta elettronica certificata.

 

Infine, il comma 22 consente agli enti territoriali e ai loro enti e organismi strumentali di ripianare in cinque esercizi, in quote costanti, il disavanzo derivante dalla cancellazione dei propri crediti determinata dall’applicazione dell’articolo 46, concernente la regolarizzazione degli omessi pagamenti di rate dovute a seguito di acquiescenza, accertamento con adesione, reclamo/mediazione e conciliazione giudiziale e delle norme in esame.

Si chiarisce che le modalità di ripiano sono quelle previste dall’art. 1, commi 5 e 6, del Decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 14 luglio 2021, che ha disciplinato le modalità di annullamento automatico dei debiti tributari di importo residuo fino a 5.000 euro, risultanti da carichi affidati agli agenti della riscossione tra il 1° gennaio 2000 e il 31 dicembre 2010, previsto dal cd. decreto Sostegni (decreto-legge n. 41 del 2021). 

Ai sensi del richiamato decreto il ripiano dei disavanzi, ai fini del rendiconto degli enti territoriali, è effettuato in sede di riaccertamento straordinario dei residui, attraverso la cancellazione definitiva dalle scritture patrimoniali dei crediti individuati in apposito elenco, che deve essere trasmesso dall'agente della riscossione, già stralciati dal conto del bilancio.

 


 

Articolo 48
(Disposizioni in materia di comunicazioni di inesigibilità)

 

 

L’articolo 48 rimodula i termini per la comunicazione di inesigibilità relative alle quote affidate agli agenti della riscossione, non prevedendo solamente un differimento delle scadenze attualmente previste per adeguarle ai tempi di chiusura della nuova misura di definizione agevolata, ma introducendo anche una contrazione del calendario complessivo dei termini di invio delle comunicazioni.

La norma riconosce, inoltre, la possibilità per l’agente della riscossione di presentare le predette comunicazioni di inesigibilità anche anteriormente alle scadenze fissate al verificarsi di alcuni specifici casi di palese inesigibilità.

 

Nello specifico, l’articolo 48, comma 1, lettera a) introduce dei nuovi termini per la presentazione delle comunicazioni di inesigibilità da parte dell'agente della riscossione, segnatamente novellando l'articolo 1, comma 684, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015) anche per adeguare i termini di presentazione delle comunicazioni di inesigibilità ai tempi di chiusura della nuova procedura di definizione agevolata introdotta dalla legge di bilancio in esame.

Con le modifiche in esame, le comunicazioni di inesigibilità relative alle quote affidate agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2022, anche da soggetti creditori che hanno cessato o cessano di avvalersi delle società del Gruppo Equitalia ovvero dell'Agenzia delle entrate-Riscossione, sono presentate:

§  per i ruoli consegnati negli anni dal 2000 al 2005, entro il 31 dicembre 2028;

§  per quelli consegnati dal 2006 al 2010, entro il 31 dicembre 2029;

§   per quelli consegnati dal 2011 al 2015, entro il 31 dicembre 2030;

§  per quelli consegnati dal 2016 al 2020, entro il 31 dicembre 2031;

§  per quelli consegnati negli anni 2021 e 2022, entro il 31 dicembre 2032.

La norma, in questo modo, interviene sul meccanismo dello scalare inverso annuale (per cui si controllano prima i ruoli più recenti) introducendo uno scalare inverso a scaglioni.

 

Si ricorda che il richiamato articolo 684 stabilisce che le comunicazioni di inesigibilità relative alle quote affidate agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2017, anche da soggetti creditori che hanno cessato o cessano di avvalersi delle società del Gruppo Equitalia ovvero dell'Agenzia delle entrate-Riscossione, sono presentate, per i ruoli consegnati negli anni 2016 e 2017, entro il 31 dicembre 2026 e, per quelli consegnati fino al 31 dicembre 2015, per singole annualità di consegna partendo dalla più recente, entro il 31 dicembre di ciascun anno successivo al 2026. Inoltre, in base al comma 687 le comunicazioni di inesigibilità relative alle quote di cui al comma 684, presentate anteriormente alla data di entrata in vigore della legge (ovvero 1à gennaio 2015), possono essere integrate entro i termini previsti dallo stesso comma 684.

Pertanto in pratica i termini per la presentazione dei ruoli consegnati tra il 2000 ed il 2017 sono il:

31/12/2026 per i ruoli consegnati nel 2016 e nel 2017;

31/12/2027 per i ruoli consegnati nel 2015;

Ogni anno successivo scadono i termini per i ruoli consegnati in ogni anno precedente al 2015, fino al 31/12/2042, quando scadono i termini per i ruoli del 2000.

 

Nella Relazione che accompagna il testo si evidenzia che a differenza di quanto avvenuto nelle precedenti definizioni, la norma non si limita a contemplare il differimento dei termini di presentazione delle comunicazioni di inesigibilità relative ai carichi affidati in alcuni anni, ma bilancia gli effetti di tale differimento con una contrazione del calendario complessivo delle scadenze per le comunicazioni relative alle quote affidate agli agenti della riscossione. Infatti, con il nuovo calendario delineato dalla disposizione in commento, l’attività di presentazione delle comunicazioni di inesigibilità afferenti ai carichi consegnati negli anni 2000-2022 dovrà essere esaurita - partendo dalle annualità più remote, in luogo di quelle più recenti - entro il 31 dicembre 2032, anziché, come stabilito dalla legislazione attualmente vigente, entro il 31 dicembre 2042. In pratica si prevede un differimento delle prime scadenze attualmente previste, al fine di adeguarle ai tempi di chiusura della nuova misura di definizione agevolata e, al contempo, bilanciando gli effetti di tale differimento con una contrazione del calendario complessivo dei termini di invio delle comunicazioni inesigibilità.


La lettera b) introduce, nel citato articolo 1 della legge n. 190 del 2014 il nuovo comma 684-bis, che prevede i casi in cui l’agente della riscossione può presentare in qualsiasi momento le comunicazioni di inesigibilità relative alle quote di cui al comma 684:

§  intervenuta chiusura del fallimento, in presenza di debitore fallito (lett. a));

§  assenza di beni del debitore, risultante alla data dell’accesso al sistema informativo del Ministero dell’economia e delle finanze in qualunque momento effettuato dall’agente della riscossione (lett. b));

§  intervenuta prescrizione del diritto di credito (lett. c));

§  esaurimento delle azioni di recupero previste all’art. 19, comma 2, lett. d) e d-bis), del D.Lgs. n. 112/1999 (lett.d));

§  mancanza di nuovi beni rispetto a quelli con riferimento ai quali, nel biennio antecedente, le attività di recupero sopra citate sono state esaurite con esito parzialmente o totalmente infruttuoso (lett. e));

§  rapporto percentuale tra il valore dei beni del debitore risultanti alla data dell'accesso al sistema informativo del Ministero dell’economia e delle finanze e l'importo complessivo del credito per cui si procede inferiore al 5 per cento (lett. f)).

 

Viene, altresì introdotto un nuovo comma 684-ter che dispone che nei casi di presentazione anticipata della comunicazione di inesigibilità di cui al comma 684-bis si applicano le previsioni dei seguenti commi:

§  684, secondo periodo, e 685, relativi a tempi e modalità di restituzione all’agente della riscossione delle spese, rispettivamente, afferenti alle procedure esecutive effettuate dall'anno 2000 all'anno 2010 e maturate negli anni 2000-2013 per le procedure poste in essere per conto dei comuni;

§  688, relativo all’applicabilità degli artt. 19 e 20 del D.Lgs. n. 112/1999, con la precisazione che, al ricorrere delle condizioni previste al comma 684-bis, lettere e) e f), in deroga a quanto stabilito dallo stesso articolo 19, il mancato svolgimento delle attività di recupero non costituisce causa di perdita del diritto al discarico.

Relativamente a tali comunicazioni il controllo di cui al comma 687, secondo periodo, può essere avviato dal giorno successivo a quello di presentazione.

 

La lettera c) modifica il comma 686 al fine di prevedere che, fino alla presentazione della comunicazione di inesigibilità prevista al comma 684, l’agente della riscossione è facoltizzato a procedere alla riscossione delle somme non pagate, ai sensi del DPR n. 602/1973, anche nei casi previsti al comma 684-bis, alle sopra descritte lettere e) e f).

 

Conseguentemente alle norme introdotte alla lettera a), il comma 2 abroga il comma 4 dell’art. 68 del DL n. 18/2020 in materia di sospensione dei termini di versamento dei carichi affidati all'agente della riscossione che prevede, tra l’altro, che le comunicazioni di inesigibilità relative alle quote affidate agli agenti della riscossione nell'anno 2018, nell'anno 2019, nell'anno 2020 e nell'anno 2021 sono presentate, rispettivamente, entro il 31 dicembre 2023, entro il 31 dicembre 2024, entro il 31 dicembre 2025 e entro il 31 dicembre 2026.

Capo IV Altre misure fiscali

Articolo 49
(I
mplementazione in Italia della
c.d.
Investment Management Exemption)

 

 

L’articolo 49 introduce alcune misure volte a chiarire le condizioni secondo le quali non si configura una stabile organizzazione in Italia, da cui discende l’applicazione della normativa fiscale, di un veicolo d’investimento non residente che opera sul territorio nazionale tramite un soggetto indipendente che svolge, per suo conto, l’attività di gestione di investimenti (asset manager).

 

In particolare la lettera b) del comma 1 aggiunge i nuovi commi 7-ter, 7-quater e 7-quinquies all’articolo 162 del TUIR, avente ad oggetto la definizione a fini fiscali della “stabile organizzazione”; la lettera a) del medesimo comma modifica il comma 6 del medesimo articolo 162, per inserirvi i riferimenti ai nuovi commi introdotti dalla citata lettera b).

 

Ai fini della comprensione delle disposizioni in esame, occorre preliminarmente ricordare quanto segue.

Innanzi tutto si ricorda che la nozione di stabile organizzazione di cui all’articolo 162 risulta rilevante ai fini delle imposte sul reddito nonché dell’IRAP in quanto è ad essa che occorre far riferimento per individuare espressamente quali redditi d’impresa risultino tassabili in Italia.

Va inoltre ricordato che il comma 6 dell’articolo 162 del TUIR prevede che se un soggetto agisce nel territorio dello Stato per conto di un’impresa non residente svolgendo una serie di attività di gestione di asset si considera che quest’ultima impresa abbia una stabile organizzazione nel territorio dello Stato, in relazione a ogni attività svolta dal suddetto soggetto per conto dell'impresa.

 

L’articolo 162, comma 6, indica le seguenti attività di gestione di asset:

-          conclusione abituale conclude contratti,

-          attività dirette ai fini della conclusione di contratti senza modifiche sostanziali da parte dell'impresa.

I contratti di cui sopra sono conclusi in nome dell'impresa, relativi al trasferimento della proprietà, o per la concessione del diritto di utilizzo, di beni di tale impresa o che l'impresa ha il diritto di utilizzare, oppure relativi alla fornitura di servizi da parte di tale impresa.

Il comma 6 esclude che possa considerarsi essere presente la stabile organizzazione esclusivamente quando si faccia riferimento ad alcune attività ausiliarie o preparatorie (quali ad esempio il deposito, l’esposizione o la consegna di merci dell’impresa) che, se esercitate per mezzo di una sede fissa di affari, non permetterebbero di considerare questa sede fissa una stabile organizzazione.

 

In deroga a quanto previsto dal comma 6 il successivo comma 7 dell art. 162 TUIR chiarisce che, quando il soggetto che opera nel territorio dello Stato per conto di un’impresa non residente svolge la propria attività in qualità di agente indipendente, e agisce per l'impresa nell'ambito della propria ordinaria attività, non sussiste il requisito della stabile organizzazione a fini fiscali (più esattamente, non opera il comma 6 dell’articolo 162).

 

Tale principio conosce alcuni contemperamenti, previsti dalla medesima disposizione: in particolare, quando un soggetto opera esclusivamente o quasi esclusivamente per conto di una o più imprese alle quali è strettamente correlato, tale soggetto non è considerato un agente indipendente in relazione a ciascuna di tali imprese.

Inoltre, il vigente comma 7-bis definisce a quali condizioni un soggetto può essere considerato strettamente correlato ad un’impresa (in caso di controllo anche da parte di una comune controllante, o di possesso di una partecipazione diretta o indiretta di più del 50% delle quote dell’altra o dei diritti di voto nonché nel caso in cui una società possieda più del 50% delle quote di entrambe).

 

Passando ora all’esame delle nuove disposizioni introdotte dall’articolo in commento, il comma 7-ter precisa che ai fini del comma 7, e cioè ai fini di considerare un “agente indipendente” senza che si configuri una stabile organizzazione da parte del veicolo d’investimento, al ricorrere di specifiche condizioni (di cui al comma 7-quater), si presume l’indipendenza dal veicolo di investimento non residente del soggetto (asset manager), residente o non residente, anche operante tramite propria stabile organizzazione nel territorio dello Stato, che:

§  in nome e/o per conto del veicolo di investimento non residente o di sue controllate, dirette o indirette, ed anche se con poteri discrezionali, abitualmente concluda contratti di acquisto e/o di vendita e/o di negoziazione;

§  ovvero contribuisca, anche tramite operazioni preliminari o accessorie, all’acquisto e/o alla vendita e/o alla negoziazione di strumenti finanziari, anche derivati ed incluse le partecipazioni al capitale o al patrimonio, e di crediti.

 

Il comma 7-quater stabilisce le condizioni affinché la disposizione sopra indicata possa considerarsi applicabile e, pertanto, il soggetto residente all’estero sia sottratto all’applicazione di quanto previsto dal comma 6 dell’articolo 162 e non si configuri la stabile organizzazione.

In primo luogo, il veicolo di investimento non residente e le relative controllate devono essere residenti o localizzati in uno Stato o territorio incluso nell’elenco di cui all’articolo 11, comma 4, lettera c) del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239 e successive modificazioni (ossia essere in territori che consentono un adeguato scambio di informazioni fiscali con l’Italia).

Inoltre, il veicolo di investimento non residente deve rispettare i requisiti di indipendenza stabiliti dal decreto previsto dal comma 7-quinquies (vedi infra).

Il soggetto residente o non residente, che svolge l’attività nel territorio dello Stato in nome e/o per conto del veicolo di investimento non residente non deve poi ricoprire cariche negli organi di amministrazione e controllo del veicolo di investimento e di sue controllate, dirette o indirette, e non deve detenere una partecipazione ai risultati economici del veicolo d’investimento non residente superiore al 25%.

A tal fine si considerano anche le partecipazioni agli utili spettanti a soggetti appartenenti al medesimo gruppo di tale soggetto.

Si dispone inoltre che il decreto previsto dal comma 7-quinquies stabilisca le modalità di computo della partecipazione agli utili.

 

Infine il soggetto residente, o la stabile organizzazione nel territorio dello Stato del soggetto non residente, che presta servizi nell’ambito di accordi con entità appartenenti al medesimo gruppo deve ricevere, per l’attività svolta nel territorio dello Stato una remunerazione supportata dalla documentazione idonea di cui all’articolo 1, comma 6, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471.

 

L’articolo 1, comma 6, del decreto legislativo n. 471 del 1997 dispone che il contribuente consegni all’Amministrazione finanziaria la documentazione indicata in apposito provvedimento del direttore dell'Agenzia delle Entrate idonea a consentire il riscontro della conformità al valore normale dei prezzi di trasferimento praticati. Tale documentazione è individuata nel provvedimento dell’Agenzia delle entrate del 23 novembre 2020.

 

Spetta ad un provvedimento dell’Agenzia delle Entrate la definizione delle linee guida per l’applicazione a tale remunerazione dell’articolo 110 comma 7.

 

L’articolo 110, comma 7 del TUIR dispone che i componenti del reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato, che direttamente o indirettamente controllano l'impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l'impresa, sono determinati con riferimento alle condizioni e ai prezzi che sarebbero stati pattuiti tra soggetti indipendenti operanti in condizioni di libera concorrenza e in circostanze comparabili, se ne deriva un aumento del reddito.

Il comma 7-quinquies stabilisce che le disposizioni di attuazione della disciplina di cui ai precedenti commi 7-ter e 7-quater siano fissate da un decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze.

 

Infine la lettera c) del comma 1 introduce un nuovo comma 9-bis all’articolo 162, diretto a chiarire che, anche quando ricorrano le condizioni del comma 7-quater (sopra descritte), la sede fissa d’affari a disposizione di un’impresa residente che vi svolge la propria attività, utilizzando il proprio personale, non si considera a disposizione del veicolo di investimento non residente per il solo fatto che l’attività dell’impresa residente reca un beneficio alla società veicolo di investimento.

 

La relazione illustrativa segnala che lo scopo della norma è quello di evitare il rischio derivante dalla possibile configurazione di una stabile organizzazione in capo alla struttura di investimento (e quindi al veicolo e alle sue controllate e, in ultima analisi, in capo agli investitori) che potrebbe avere effetti fortemente deterrenti relativamente alla decisione di localizzare in Italia gli “asset manager” (e quindi dei loro dipendenti e/o collaboratori).

 

La relazione tecnica precisa che sotto il profilo finanziario la misura è suscettibile di determinare effetti positivi prudenzialmente non stimati.

 


 

Articolo 50
(Potenziamento dell’Amministrazione finanziaria)

 

 

L’articolo 50 riconosce all’Agenzia delle entrate la possibilità di indire procedure concorsuali pubbliche volte al reclutamento di nuovo personale, in aggiunta alle assunzioni già autorizzate o consentite, anche in deroga alle norme vigenti sul reclutamento delle figure professionali e sulla mobilità nelle amministrazioni pubbliche.

 

La norma in esame, al comma 1, stabilisce, in particolare, che l’Agenzia delle entrate, nel biennio 2023-2024, è autorizzata ad assumere con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, nei limiti della vigente dotazione organica, in aggiunta alle vigenti facoltà assunzionali, un contingente di personale pari a 3.900 unità da inquadrare nell’Area dei Funzionari del vigente sistema di classificazione del C.C.N.L. 2019-2021 – Comparto Funzioni centrali, mediante l’indizione di procedure concorsuali pubbliche.

 

Tali procedure concorsuali potranno essere svolte anche in deroga alle disposizioni in materia di concorso unico (contenute nell’articolo 4, comma 3-quinquies, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101) e a quelle in materia di mobilità tra pubbliche amministrazioni (contenute nell’articolo 30 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165).

 

Il richiamato comma 3-quinquies stabilisce, tra l’altro, che a decorrere dal 1° gennaio 2014, il reclutamento dei dirigenti e delle figure professionali comuni a tutte le amministrazioni pubbliche si svolge mediante concorsi pubblici unici, nel rispetto dei principi di imparzialità, trasparenza e buon andamento. I concorsi unici sono organizzati dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, anche avvalendosi della Commissione per l'attuazione del progetto di riqualificazione delle pubbliche amministrazioni, previa ricognizione del fabbisogno presso le amministrazioni interessate, nel rispetto dei vincoli finanziari in materia di assunzioni a tempo indeterminato. Il Dipartimento della funzione pubblica, nella ricognizione del fabbisogno, verifica le vacanze riguardanti le sedi delle amministrazioni ricadenti nella medesima regione. Ove tali vacanze risultino riferite ad una singola regione, il concorso unico si svolge in ambito regionale, ferme restando le norme generali di partecipazione ai concorsi pubblici. Le amministrazioni pubbliche, nel rispetto del regime delle assunzioni a tempo indeterminato previsto dalla normativa vigente, possono assumere personale solo attingendo alle nuove graduatorie di concorso predisposte presso il Dipartimento della funzione pubblica, fino al loro esaurimento, provvedendo a programmare le quote annuali di assunzioni. Mentre l’articolo 30, in materia di mobilità, prevede che le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti appartenenti a una qualifica corrispondente e in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento.

 

Il comma 2 quantifica gli oneri finanziari della misura stabilendo ai fini dell’attuazione del comma 1, è autorizzata la spesa di euro 48.165.000 per l'anno 2023 e di euro 191.840.220 annui a decorrere dall'anno 2024.

 


 

Articolo 51
(Ulteriori disposizioni in materia fiscale)

 

 

L’articolo 51 a decorrere dal 2023 (più precisamente, dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2022) eleva dallo 0,45 allo 0,50 l’aliquota dell’imposta sulle riserve matematiche dei rami vita iscritte nel bilancio dell'esercizio delle imprese assicurative.

 

Viene in particolare introdotta una lettera b-bis) all’articolo 1, comma 2-bis del decreto-legge n. 2019 del 2022, che reca la disciplina degli aumenti, nel tempo, della predetta imposta.

 

L'articolo 1, comma 2, del decreto legge 24 settembre 2002, n. 209 stabilisce che le società e gli enti che esercitano attività assicurativa sono tenuti al versamento di un'imposta, originariamente pari allo 0,20 per cento e che nel corso del tempo è stata successivamente elevata allo 0,45 per cento, delle riserve matematiche dei rami vita iscritte nel bilancio dell'esercizio, con esclusione di quelle relative ai contratti aventi per oggetto il rischio di morte o di invalidità permanente.

Il prelievo avviene, in sostanza, sullo stock delle riserve matematiche dei rami vita esistente alla fine di ogni esercizio e il relativo pagamento è effettuato, per ciascun periodo di imposta, entro il termine di versamento a saldo delle imposte sui redditi derivanti dalla dichiarazione annuale dei redditi. 

Le riserve da assoggettare all’imposta sulle riserve matematiche sono quelle relative ai contratti assicurativi, i cui rendimenti sono potenzialmente assoggettabili alla ritenuta prevista dall’articolo 6 della legge 26 settembre 1985, n. 482 o all’imposta sostitutiva di cui all’articolo 26-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600: si tratta delle ritenute applicabili sui capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione e dell’imposta sostitutiva da applicare sui redditi compresi nei capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita o di capitalizzazione stipulati a partire dal 1° gennaio 2001, sui redditi derivanti dai rendimenti delle prestazioni pensionistiche complementari erogate in forma periodica e sui redditi derivanti dalle rendite vitalizie aventi funzione previdenziale di cui all’articolo 44, comma 1, lettere g-quater) e g-quinquies) del testo unico delle imposte sui redditi di cui al dPR 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR). Dunque, ai sensi di legge, versamento dell’imposta sulle riserve matematiche costituisce un credito di imposta, da utilizzare per il versamento delle predette ritenute e imposte sostitutive che sono applicate in sede di erogazione delle prestazioni agli assicurati.

Come già richiamato supra, la disposizione è stata successivamente modificata nel tempo e, in particolare, dalla legge di stabilità 2013 (legge 24 dicembre 2012, n. 228) Le modifiche hanno implicato la variazione in aumento dell’aliquota dell’imposta e l’introduzione di un limite - parametrato allo stock delle riserve matematiche - all’importo complessivo del credito di imposta derivante dal versamento dell’imposta medesima, al superamento del quale si riduce l’imposta da versare.

In particolare il comma 506 della legge di stabilità 2013 ha elevato l’aliquota dell’imposta sulle riserve matematiche dei rami vita iscritte nel bilancio dell’esercizio. In particolare, l’imposta dovuta, già elevata allo 0,35 per cento (dal valore originario dello 0,20 per cento) è stata aumentata allo 0,50 per cento per il periodo di imposta in corso alla data del 31 dicembre 2012 e, dal periodo di imposta successivo, fissata allo 0,45 per cento.

Il comma 507 ha inserito un nuovo periodo al citato comma 2, in base al quale è stato previsto che, qualora in un anno l'ammontare del credito di imposta non ancora compensato o ceduto, aumentato dell'imposta da versare, ecceda un determinato limite, parametrato allo stock di riserve matematiche dei rami vita iscritte nel bilancio dell'esercizio, l'imposta sulle riserve matematiche (IRM) da versare per tale anno sia corrispondentemente ridotta. In tal modo, come chiarito dall’Agenzia delle entrate nella Circolare n. 12/E del 3 maggio 2013, il versamento dell’imposta da eseguire, in un determinato periodo d'imposta, è ridotto, fino ad azzerarsi del tutto, in misura pari all'eventuale eccedenza del credito d'imposta - aumentato dell'imposta teorica da versare - rispetto al limite delle predette riserve. Il comma 511 della medesima legge di stabilità ha chiarito che il versamento dell’acconto del prelievo sulle riserve tecniche – il quale, come si è detto, costituisce credito d’imposta - può essere compreso tra i crediti d'imposta da utilizzare ai fini della copertura delle riserve tecniche, nonché tra gli attivi delle gestioni separate.

 

Per effetto delle modifiche in esame, dal 2023 (più precisamente dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2022) viene elevata dallo 0,45 allo 0,50 l’aliquota di imposta sulle riserve matematiche dei rami vita, iscritte nel bilancio dell'esercizio delle imprese assicurative, ferme restando le altre condizioni vigenti ex lege.

 

 

 


 

TITOLO IV – LAVORO, FAMIGLIA E POLITICHE SOCIALI

Capo I Lavoro e politiche sociali

Articolo 52
(Esonero parziale dei contributi previdenziali
a carico dei lavoratori dipendenti)

 

 

L’articolo 52 reintroduce, per i periodi di paga dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023, un esonero sulla quota dei contributi previdenziali dovuti dai lavoratori dipendenti pubblici e privati, esclusi i lavoratori domestici, già previsto per il 2022.

Tale esonero è pari al 2 per cento se la retribuzione imponibile non eccede l'importo mensile di 2.692 euro e al 3 per cento se la medesima retribuzione non eccede l'importo mensile di 1.538 euro.

 

In entrambi i casi la retribuzione imponibile è parametrata su base mensile per tredici mensilità, e i suddetti limiti di importo mensile sono maggiorati del rateo di tredicesima per la competenza del mese di dicembre[14].

Inoltre, tenuto conto dell'eccezionalità di tale misura, resta ferma l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche[15].

L’esonero in questione, come anticipato, è stato introdotto dalla legge di bilancio 2022 (art. 1, co. 121, L. 234/2021) nella misura dello 0,8 per cento sulla quota dei contributi previdenziali per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti dovuti dai lavoratori dipendenti pubblici e privati, ad eccezione di quelli domestici, per i periodi di paga dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2022, a condizione che la predetta retribuzione imponibile non eccedesse l'importo mensile di 2.692 euro, maggiorato, per la competenza del mese di dicembre, del rateo di tredicesima.

Successivamente la suddetta percentuale dello 0,8 è stata elevata a 2 punti percentuali (art. 20 del D.L. 115/2022) per i periodi di paga dal 1° luglio 2022 al 31 dicembre 2022 nei confronti dei medesimi lavoratori e alle stesse condizioni retributive.

 

La relazione tecnica stima gli oneri conseguenti per la finanza pubblica in 3.521 milioni di euro per il 2023 e in 799 milioni di euro per il 2024, ovvero, in termini di indebitamento netto, in 4.185 milioni di euro nel 2023 e in 135 milioni di euro nel 2024.

Articolo 53
(Disposizioni in materia di pensione anticipata)

 

 

Il comma 1 dell’articolo 53 introduce, in via sperimentale per il 2023, un'ulteriore fattispecie - denominata pensione anticipata flessibile - di diritto al trattamento pensionistico anticipato, la quale si aggiunge - come possibilità alternativa - alle ipotesi in cui, nella disciplina vigente, è riconosciuto il diritto alla pensione anticipata. Il diritto al trattamento in base alla fattispecie in esame si consegue al raggiungimento di un'età anagrafica di almeno 62 anni e di un'anzianità contributiva di almeno 41 anni (cosiddetta quota 103). La fattispecie è introdotta per i regimi pensionistici relativi ai lavoratori dipendenti, pubblici e privati, ovvero, limitatamente alle forme gestite dall'INPS, ai lavoratori autonomi e parasubordinati; sono esclusi dall'ambito i soggetti di cui al capoverso 10 del presente comma 1. Per il trattamento riconosciuto in base alla fattispecie in esame sono previste disposizioni specifiche sui criteri di calcolo (capoverso 1), sui termini dilatori per la decorrenza della prestazione (capoversi 2 e da 4 a 7) e sui limiti di cumulo con redditi da lavoro (capoverso 3). Il successivo comma 2 specifica che i trattamenti di fine servizio (comunque denominati) dei dipendenti pubblici che accedono al pensionamento anticipato in base alla fattispecie di cui al comma 1 decorrono dal momento in cui il diritto al trattamento pensionistico sarebbe maturato in base ad altri istituti.

Il comma 3 abroga la disciplina istitutiva di un fondo destinato a favorire l'uscita anticipata dal lavoro, su base convenzionale, dei lavoratori aventi almeno 62 anni di età e dipendenti da piccole e medie imprese in crisi.

 

Come accennato, la novella di cui al comma 1 introduce[16], in via sperimentale per il 2023, un'ulteriore fattispecie - denominata pensione anticipata flessibile - di diritto al trattamento pensionistico anticipato, la quale si aggiunge - come possibilità alternativa - alle fattispecie per le quali, nella disciplina vigente, è riconosciuto il diritto alla pensione anticipata. I soggetti che, in base alla nuova fattispecie transitoria, conseguono il diritto entro il 31 dicembre 2023 possono presentare la domanda per il relativo trattamento anche successivamente, ferma restando l'applicazione delle norme previste dalla novella in esame (capoverso 1 del citato comma 1).

La nuova fattispecie è introdotta per i regimi pensionistici relativi ai lavoratori dipendenti, pubblici e privati, ovvero, limitatamente alle forme gestite dall'INPS, ai lavoratori autonomi e parasubordinati; sono esclusi dall'applicazione (capoverso 10) il personale militare delle Forze armate (ivi compreso il personale il personale della Guardia di finanza), il personale delle Forze di polizia a ordinamento civile (ivi compreso il Corpo di polizia penitenziaria), il personale operativo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

Il diritto al trattamento in base alla fattispecie in esame si consegue al raggiungimento di un'età anagrafica di almeno 62 anni e di un'anzianità contributiva di almeno 41 anni (cosiddetta quota 103). Al fine del conseguimento del requisito contributivo, i periodi assicurativi maturati nelle diverse gestioni pensionistiche summenzionate sono cumulabili secondo la disciplina richiamata che consente il cumulo gratuito delle contribuzioni pensionistiche (capoverso 2)[17]; resta fermo, come nella suddetta disciplina richiamata, che il cumulo è consentito solo per periodi assicurativi non coincidenti e che esso è subordinato alla condizione che il soggetto non sia già titolare di un trattamento pensionistico diretto[18]. Resta implicitamente fermo che, per i soggetti la cui pensione sia interamente determinata secondo il sistema contributivo, il cumulo (sempre di periodi assicurativi non coincidenti) è disciplinato dall'articolo 1 del D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 184, e successive modificazioni.

Per il trattamento riconosciuto in base alla nuova fattispecie sono previste disposizioni specifiche sui criteri di calcolo, sui termini dilatori per la decorrenza della prestazione e sui limiti di cumulo con redditi da lavoro. Sono in ogni caso fatte salve le normative che prevedono requisiti più favorevoli in materia di accesso al pensionamento (capoverso 8)[19] - fermo restando che, come detto, la fattispecie sperimentale ha carattere aggiuntivo rispetto alle altre fattispecie di riconoscimento del diritto alla pensione anticipata (per ciascuna delle quali resta applicabile la rispettiva disciplina).

Come disposizione specifica sui criteri di calcolo, si prevede (capoverso 1) che il trattamento conseguito in base alla fattispecie sperimentale sia riconosciuto, in una prima fase, nel rispetto di un limite massimo mensile di importo pari al quintuplo del valore lordo mensile del trattamento minimo previsto - tempo per tempo - nel regime generale INPS[20]; la successiva liquidazione in base agli ordinari criteri di calcolo ha luogo a decorrere dal mese in cui si avrebbe diritto al trattamento in base alla disciplina della pensione di vecchiaia - quindi, dal mese successivo al compimento di 67 anni (salvi casi specifici) -.

Il trattamento liquidato in base alla fattispecie sperimentale, fino alla maturazione dei requisiti per l'accesso alla pensione di vecchiaia, non è cumulabile con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione parziale di quelli da lavoro autonomo occasionale[21]; questi ultimi sono cumulabili nel limite di 5.000 euro lordi annui, limite che corrisponde - per i redditi da lavoro autonomo occasionale - a quello di esclusione[22] dalla contribuzione pensionistica.

I termini dilatori per la decorrenza del trattamento riconosciuto in base alla fattispecie sperimentale sono i seguenti (capoversi 2 e da 4 a 6) - per i dipendenti del comparto scuola e AFAM a tempo indeterminato, cfr. infra -:

§  i soggetti che maturano i requisiti entro il 31 dicembre 2022 hanno diritto al trattamento a decorrere dal 1° aprile 2023, ovvero, se dipendenti pubblici[23], dal 1° agosto 2023, con presentazione della domanda di collocamento a riposo alla pubblica amministrazione di appartenenza con un preavviso di almeno sei mesi;

§  i soggetti che maturino i requisiti successivamente al 31 dicembre 2022 conseguono il diritto al trattamento a decorrere dal quarto mese successivo a quello di maturazione dei requisiti, ovvero, se dipendenti pubblici, dal settimo mese successivo - e in ogni caso non prima della suddetta data del 1° agosto 2023 -, con presentazione della domanda di collocamento a riposo alla pubblica amministrazione di appartenenza con un preavviso di almeno sei mesi.

Ai dipendenti pubblici si applicano i termini temporali ad essi relativi anche qualora siano o siano stati iscritti presso più di una gestione pensionistica (capoverso 2).

Per i dipendenti del comparto scuola e AFAM[24] a tempo indeterminato il trattamento in esame decorre dal primo giorno dell'anno scolastico o accademico avente inizio nel 2023, a condizione che la domanda di cessazione dal servizio sia presentata entro il 28 febbraio 2023[25] (capoverso 7).

Per i dipendenti pubblici il possesso dei requisiti per l'accesso al pensionamento in base alla fattispecie sperimentale in esame non costituisce motivo di collocamento a riposo di ufficio, pur in caso di compimento del limite anagrafico per tale collocamento (lettera d) del capoverso 6[26]); la norma garantisce dunque al soggetto la possibilità di rimanere in servizio oltre tale limite, fermo restando il successivo collocamento a riposo di ufficio in caso di conseguimento dei requisiti posti da altre fattispecie di riconoscimento del pensionamento anticipato ovvero fino al compimento del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia (pari in genere, come detto, a 67 anni).

Il capoverso 9 del presente comma 1 esclude che i requisiti posti per la fattispecie sperimentale in esame possono essere considerati ai fini dell'applicazione ai lavoratori: degli accordi cosiddetti di isopensione - di cui all'articolo 4, commi da 1 a 7-ter, della L. 28 giugno 2012, n. 92, e successive modificazioni; degli istituti di assegno straordinario previsti dai fondi di solidarietà bilaterali - di cui all'articolo 26, comma 9, lettera b), e all'articolo 27, comma 5, lettera f), del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148 -, ferma restando, ai sensi della novella di cui al successivo comma 2[27] del presente articolo 53, la possibilità che la regolamentazione del fondo preveda uno specifica forma di assegno straordinario con riferimento ai requisiti di cui alla fattispecie sperimentale; dell'indennità di prepensionamento nell'ambito dei contratti di espansione, disciplinata dall'articolo 41, comma 5-bis, del citato D.Lgs. n. 148 del 2015, e successive modificazioni.

Riguardo al capoverso 10, cfr. supra.

La summenzionata novella[28] di cui al comma 2 del presente articolo 53 specifica altresì che i termini temporali per il riconoscimento dei trattamenti di fine servizio (comunque denominati) dei dipendenti pubblici che accedono al pensionamento anticipato in base alla fattispecie sperimentale di cui al comma 1 decorrono solo con riferimento alla data in cui il diritto al trattamento pensionistico sarebbe maturato in base alla pensione di vecchiaia o alle forme di pensione anticipata di cui all'articolo 24 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni[29].

Il successivo comma 3 abroga la disciplina[30] istitutiva di un fondo, con una dotazione di 150 milioni di euro per il 2022 e di 200 milioni per ciascuno degli anni 2023 e 2024, destinato a favorire l'uscita anticipata dal lavoro, su base convenzionale, dei lavoratori aventi almeno 62 anni di età e dipendenti da piccole e medie imprese in crisi (si ricorda che il decreto ministeriale attuativo di tale normativa non è stato emanato).


 

Articolo 54
(Incentivo alla prosecuzione dell'attività lavorativa)

 

 

L’articolo 54 prevede la facoltà, per il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che abbia raggiunto, o raggiunga entro il 31 dicembre 2023, i requisiti per il trattamento pensionistico anticipato posti dalla disciplina transitoria - di cui al precedente articolo 53, comma 1 - relativa alla cosiddetta quota 103, di richiedere al datore di lavoro la corresponsione in proprio favore dell'importo corrispondente alla quota a carico del medesimo dipendente di contribuzione alla gestione pensionistica, con conseguente esclusione del versamento della quota contributiva e del relativo accredito. Si demanda a un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanarsi, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore (1° gennaio 2023) della presente legge, la definizione delle modalità attuative della norma in esame.

 

La norma specifica che la decorrenza degli effetti dell'esercizio della facoltà è in ogni caso successiva alla data del medesimo esercizio ed esclude che la decorrenza in oggetto possa essere anteriore alla prima scadenza utile per il pensionamento prevista dalla normativa vigente. A quest'ultimo riguardo, si valuti l'opportunità di chiarire se si faccia riferimento al momento di maturazione dei requisiti per il pensionamento ovvero al momento in cui il trattamento pensionistico avrebbe avuto decorrenza (dopo il decorso dei termini dilatori, previsti da alcune discipline pensionistiche, tra le quali quella - posta dalla novella di cui al citato articolo 53, comma 1 - sulla suddetta quota 103).

La norma in oggetto - che, come detto, demanda le relative modalità attuative ad un decreto ministeriale - non specifica se l'opzione possa essere revocata.


 

Articolo 55
(Ape sociale)

 

 

L’articolo 55 novella la disciplina dell’APE sociale – consistente in una indennità, corrisposta fino al conseguimento dei requisiti pensionistici, a favore di soggetti che si trovino in particolari condizioni – prorogandone l’applicazione in via sperimentale a tutto il 2023.

 

In dettaglio, le disposizioni in commento, con una modifica all’art. 1, comma 179, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, che istituisce l’APE sociale (cfr. infra il box a fine scheda) ne prorogano l’applicazione di un anno, fino al 31 dicembre 2023.

 

Inoltre, viene confermata anche per il 2023 la possibilità per gli appartenenti alle categorie professionali individuate all’allegato 2, annesso alla legge di bilancio 2022[31], ulteriori rispetto a quelle già individuate dall’elenco di cui all’allegato C) alla l. 232/2016, di accedere all’Ape sociale qualora svolgano tali attività da almeno sette anni negli ultimi dieci ovvero almeno sei anni negli ultimi sette, e siano in possesso di un'anzianità contributiva di almeno 36 anni (32 nel caso di operai edili, ceramisti e conduttori di impianti per la formatura di articoli in ceramica e terracotta).

 

Il medesimo articolo 55, comma 1 dispone l’applicazione delle disposizioni di cui al secondo e terzo periodo del comma 165, dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (che semplifica la procedura per l'accesso all’APE sociale), anche con riferimento ai soggetti che verranno a trovarsi nelle condizioni indicate nel corso del 2023.

 

Pertanto, devono ritenersi conseguentemente adeguati i termini e le scadenze attualmente previsti, per cui i soggetti che ne hanno i requisiti possono presentare domanda per il loro riconoscimento dell’APE sociale entro il 31 marzo 2023, ovvero (in deroga a quanto previsto dal D.P.C.M. 88/2017), entro il 15 luglio 2023. Le domande presentate successivamente a tale data (e comunque non oltre il 30 novembre 2021) sono prese in considerazione solamente nel caso in cui siano ancora disponibili le risorse finanziarie a ciò destinate.

 

Il richiamato comma 165 stabilisce per i soggetti che si trovavano nelle condizioni per la fruizione dell’istituto nel corso dell'anno 2018 un termine di presentazione della domanda entro il 31 marzo 2018, ovvero (in deroga a quanto previsto dal D.P.C.M. 88/2017), entro il 15 luglio 2018. Ai sensi del terzo periodo, restava comunque fermo che le domande presentate oltre il 15 luglio 2018 e, comunque, non oltre il 30 novembre 2018 venissero prese in considerazione esclusivamente se all'esito dello specifico monitoraggio e ordinamento delle domande per l’accesso all’istituto e l’eventuale clausola di salvaguardia residuavano le necessarie risorse finanziarie.

 

Infine, la norma incrementa l'autorizzazione di spesa di cui al comma 186 dell'articolo 1 della legge 11 dicembre 2016, n. 232, che finanzia il beneficio in esame, di 64 milioni di euro per l'anno 2023, 220 milioni di euro per l'anno 2024, 235 milioni di euro per l'anno 2025, 175 milioni di euro per l'anno 2026, 100 milioni di euro per l’anno 2027 e 8 milioni di euro per l’anno 2028.

 

La relazione tecnica allegata al disegno di legge stima in 20.000 soggetti i lavoratori che accederanno all’Ape sociale in virtù della proroga disposta per il 2023.

 

 

 

 

L'articolo 1, commi da 179 a 186, della L. 232/2016 ha introdotto, in via sperimentale dal 1° maggio 2017 fino al 31 dicembre 2021 - termine da ultimo prorogato dalla Legge di bilancio 2022 (articolo 1, commi 91-93, L. 234/2021) - l'istituto dell'APE sociale, consistente in una indennità, corrisposta fino al conseguimento dei requisiti pensionistici, a favore di soggetti che si trovino in particolari condizioni. Successivamente, l'articolo 1, commi 162-167, della L. 205/2017, ha apportato sostanziali modifiche alla disciplina dell'indennità.

In base a quanto disposto dai richiamati commi da 179 a 186 della L. 232/2016 (come modificati sostanzialmente dalla L. 205/2017) possono accedere all'APE sociale i soggetti con un'età anagrafica minima di 63 anni, che non siano già titolari di pensione diretta e siano in possesso, alternativamente, di uno dei seguenti requisiti:

- soggetti in stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento (anche collettivo) dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale (avvenuta nell'ambito della procedura di conciliazione di cui all'art. 7 della L. 604/1966 e successive modificazioni) che siano in possesso di un'anzianità contributiva di almeno 30 anni e abbiano concluso la prestazione per la disoccupazione loro spettante. Lo stato di disoccupazione si configura anche nel caso di scadenza del termine del rapporto di lavoro a tempo determinato, a condizione che il soggetto abbia avuto, nei 36 mesi precedenti la cessazione del rapporto, periodi di lavoro dipendente per almeno 18 mesi;

- soggetti che assistono da almeno sei mesi il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap grave (ai sensi dell'articolo 3, c. 3, della L. 104/1992), ovvero un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto 70 anni oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, a condizione di possedere un'anzianità contributiva di almeno 30 anni;

- soggetti che hanno una riduzione della capacità lavorativa uguale o superiore al 74% (accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell'invalidità civile) e sono in possesso di un'anzianità contributiva di almeno 30 anni;

- lavoratori dipendenti al momento della decorrenza dell'APE sociale, che svolgono specifiche attività lavorative "gravose" (indicate negli appositi Allegati[32]) da almeno sette anni negli ultimi dieci ovvero almeno sei anni negli ultimi sette, e sono in possesso di un'anzianità contributiva di almeno 36 anni. Si segnala che con L. 234/2021, è stato stabilito che per gli operai edili[33], per i ceramisti[34] e conduttori di impianti per la formatura di articoli in ceramica e terracotta[35] il requisito dell'anzianità contributiva è di almeno 32 anni (anziché 36 anni);

È stata inoltre semplificata la procedura per l'accesso all'indennità per tali attività, prevedendo che non sia più necessario il vincolo dell'assoggettamento alla Tariffa INAIL del 17 per mille, indicato come elemento necessario dal D.P.C.M. 88/2017 ai fini della validità della domanda da inoltrare per la concessione del beneficio.

Inoltre:

§  per quanto riguarda le donne, è prevista una riduzione dei requisiti contributivi richiesti per l'accesso all'APE sociale, pari a 12 mesi per ciascun figlio, nel limite massimo di 2 anni (cd. APE sociale donna);

§  per quanto concerne l'accesso al beneficio dei lavoratori dipendenti operai dell'agricoltura e della zootecnia, si è assunto come riferimento per il computo integrale dell'anno di lavoro il numero minimo di giornate (pari a 156), relativo all'anno di contribuzione, previsto dalla normativa vigente;

L'erogazione dell'APE sociale è esclusa nei seguenti casi:

§  mancata cessazione dell'attività lavorativa;

§  titolarità di un trattamento pensionistico diretto;

§  soggetti beneficiari di trattamenti di sostegno al reddito connessi allo stato di disoccupazione involontaria;

§  soggetti titolari di assegno di disoccupazione (ASDI);

§  soggetti che beneficiano di indennizzo per cessazione di attività commerciale;

§  raggiungimento dei requisiti per il pensionamento anticipato.

L'indennità è comunque compatibile con la percezione di redditi da lavoro dipendente o parasubordinato entro 8.000 euro annui e con la percezione di redditi da lavoro autonomo entro 4.800 annui.

L'indennità, erogata mensilmente su dodici mensilità all'anno, è pari all'importo della rata mensile della pensione calcolata al momento dell'accesso alla prestazione, non soggetto a rivalutazione, e non può in ogni caso superare l'importo massimo mensile di 1.500 euro.

Per i dipendenti pubblici che cessano l'attività lavorativa e richiedono l'APE sociale si prevede che i termini di pagamento delle indennità di fine servizio (comunque denominate) iniziano a decorrere dal raggiungimento del requisito anagrafico previsto per il pensionamento di vecchiaia.


 

Articolo 56
(Opzione donna)

 

 

L’articolo 56 estende la possibilità di accedere al trattamento pensionistico anticipato denominato “Opzione donna” a favore delle lavoratrici che abbiano maturato entro il 31 dicembre 2022 un’anzianità contributiva pari almeno a 35 anni, un’età anagrafica di almeno 60 anni (ridotta di un anno per ogni figlio e nel limite massimo di 2 anni) e siano in possesso di particolari requisiti. Nel caso di lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale, il requisito anagrafico è ridotto a cinquantotto anni.

 

L’articolo 56, al comma 1, modificando l’articolo 16 del D.L. n. 4/2019 (“opzione donna”) e inserendovi il comma 1-bis, consente l’accesso anticipato al trattamento pensionistico, calcolato secondo le regole del sistema contributivo, alle lavoratrici che abbiano maturato entro il 31 dicembre 2022 un’anzianità contributiva pari almeno a 35 anni, abbiano un’età anagrafica di almeno 60 anni (ridotta di un anno per ogni figlio e nel limite massimo di 2 anni) e siano in possesso, alternativamente, di uno dei seguenti requisiti:

§  assistano da almeno sei mesi il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap grave[36], ovvero un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto 70 anni oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti;

§  abbiano una riduzione della capacità lavorativa uguale o superiore al 74% (accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell'invalidità civile);

§  siano lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d’impresa di cui all’articolo 1, comma 852, della legge 27 dicembre 2006, n. 296[37]. In questo caso, la riduzione di due anni del requisito anagrafico di 60 anni trova applicazione a prescindere dal numero di figli.

Resta fermo che le lavoratrici che già entro il 31 dicembre 2021 abbiano maturato un’anzianità contributiva di almeno trentacinque anni e un’età di almeno 58 anni per le lavoratrici dipendenti o 59 anni nel caso di lavoratrici autonome possano comunque accedere al trattamento pensionistico anticipato “opzione donna”, ai sensi dell’articolo 16, comma 1 del D.L. n. 16/2019, non modificato dalle norme in esame.

 

Come indicato nella Relazione illustrativa, viene confermato il regime delle decorrenze previsto dall’articolo 12 del D.L. n. 78/2010 (richiamato dall’articolo 16 del D.L. n. 4/2019), che comporta il conseguimento al diritto al trattamento pensionistico trascorsi un numero di mesi dalla data di maturazione dei requisiti pari a diciotto per le lavoratrici autonome e dodici per le lavoratrici dipendenti.

 

Resta fermo quanto previsto dall’articolo 59, comma 9 della legge n. 449/1997, richiamato dall’articolo 16 del D.L. n. 4/2019, in forza del quale, ai fini dell'accesso al trattamento pensionistico da parte delle lavoratrici dei comparti scuola e AFAM, la cessazione dal servizio e la decorrenza del relativo trattamento pensionistico hanno effetto dalla data di inizio del nuovo anno scolastico o accademico.

 

In sede di prima applicazione, per le lavoratrici del comparto scuola e AFAM a tempo indeterminato, la domanda di cessazione del servizio può essere presentata entro il 28 febbraio 2023, con effetti dall'inizio rispettivamente dell'anno scolastico o accademico.

 

L'articolo 1, comma 9, della L. 243/2004 ha introdotto una misura sperimentale (cd. opzione donna) che prevede la possibilità per le lavoratrici che hanno maturato 35 anni di contributi e 57 anni di età per le lavoratrici dipendenti o 58 anni per le lavoratrici autonome (requisito anagrafico per il quale era inizialmente previsto l'adeguamento all'aumento della speranza di vita), di accedere anticipatamente al trattamento pensionistico, a condizione che optino per il sistema di calcolo contributivo integrale.

Tale opzione, per anni poco utilizzata, è stata esercitata invece in maniera più consistente dopo la riforma pensionistica realizzata dal D.L. 201/2011 (cd. Riforma Fornero), che ha notevolmente incrementato i requisiti anagrafici e contributivi per l'accesso al trattamento pensionistico, consentendo alle lavoratrici di anticipare di parecchi anni l'uscita dal lavoro, sia pur con una riduzione dell'importo della pensione. La riforma Fornero ha confermato la possibilità di accedere ad un pensionamento anticipato avvalendosi dell'opzione donna, a condizione che le lavoratrici maturassero i requisiti richiesti entro il 31 dicembre 2015.

L'articolo 1, commi 222 e 223, della L. 232/2016 (legge di bilancio per il 2017) ha ulteriormente esteso la possibilità di accedere alla cd. opzione donna alle lavoratrici che non hanno maturato entro il 31 dicembre 2015 i requisiti richiesti (di cui all'art. 1, c. 9, della L. 243/2004) a causa degli incrementi determinati dall'adeguamento dei medesimi all'aumento della speranza di vita (di cui all'art. 12 del D.L. 78/2010).

Successivamente, l'articolo 16 del D.L. 4/2019 ha esteso la possibilità di ricorrere all'opzione donna alle lavoratrici che abbiano maturato un'anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un'età anagrafica pari o superiore a 58 anni (per le lavoratrici dipendenti) e a 59 anni (per le lavoratrici autonome) entro il 31 dicembre 2018 (in luogo del 31 dicembre 2015), disponendo al contempo che a tale trattamento si applichino le decorrenze (cd. finestre) pari, rispettivamente, a 12 mesi per le lavoratrici dipendenti e a 18 mesi per le lavoratrici autonome, mentre i requisiti anagrafici non sono adeguati agli incrementi alla speranza di vita.

Il suddetto termine è stato poi prorogato al 31 dicembre 2020 dall'articolo 1, comma 336, della L. 178/2020 (legge di bilancio 2021) e, da ultimo, al 31 dicembre 2021, dall’articolo 1, comma 94, della L. 234/2021 (legge di bilancio 2022).


 

Articolo 57
(Esoneri contributivi per assunzioni di determinati soggetti e proroga decontribuzione per imprenditori agricoli)

 

 

L’articolo 57 reca disposizioni in merito all’introduzione o alla proroga degli esoneri contributivi riconosciuti, previa autorizzazione della Commissione europea, ai datori di lavoro privati[38] per le assunzioni, effettuate nel 2023, di determinati soggetti e ai coltivatori diretti e agli imprenditori agricoli professionali di età inferiore a quarant'anni per la promozione dell’imprenditoria in agricoltura.

In primo luogo, in alternativa all’esonero previsto dalla normativa vigente per l’assunzione di beneficiari del reddito di cittadinanza, viene introdotto un nuovo esonero contributivo totale per le assunzioni di lavoratori a tempo indeterminato (ad esclusione di quelli domestici) effettuate nel 2023. Tale esonero si applica anche alle trasformazioni dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato.

Vengono altresì estesi anche alle assunzioni effettuate nel 2023 gli esoneri per le assunzioni di donne svantaggiate e di giovani al di sotto di 36 anni e viene prorogato al 31 dicembre 2023 il termine finale per effettuare le nuove iscrizioni nella previdenza agricola per fruire della decontribuzione prevista dalla normativa vigente.

 

Esonero contributivo per assunzioni effettuate nel 2023 (commi 1, 2, 3 e 6)

L’articolo 57, comma 1 riconosce ai datori di lavoro privati che nel 2023 assumono con contratto di lavoro a tempo indeterminato beneficiari del reddito di cittadinanza l’esonero dal versamento del 100 per cento dei contributi previdenziali a loro carico - con esclusione dei premi e contributi dovuti all’Inail e ferma restando l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche[39].

Tale esonero non si applica ai rapporti di lavoro domestico ed è subordinato all’autorizzazione della Commissione europea (comma 6); esso è riconosciuto:

§  per un periodo massimo di dodici mesi e nel limite massimo di importo pari a 6.000 euro su base annua, riparametrato e applicato su base mensile;

§  in alternativa all’esonero previsto dall’articolo 8 del D.L. 4/2019 per l’assunzione dei percettori del reddito di cittadinanza (comma 3).

 

Il richiamato art. 8 del D.L. 4/2019, istitutivo del Rdc, ha previsto, a favore dei datori di lavoro privati che assumono con contratto a tempo determinato, indeterminato o di apprendistato percettori del reddito di cittadinanza, l'esonero dal versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali a carico del datore di lavoro e del lavoratore nel limite dell'importo mensile del Reddito di Cittadinanza percepito dal lavoratore e, comunque, non superiore a 780 euro mensili.
La durata dell'esonero è pari alla differenza tra 18 mensilità e le mensilità già godute del reddito di cittadinanza e, comunque, non inferiore a cinque mesi; nel caso il beneficio del Rdc sia stato rinnovato, la durata dell'esonero è pari a cinque mensilità. Per accedere al beneficio i datori di lavoro devono conseguire un incremento occupazionale netto del numero di dipendenti a tempo indeterminato.
Qualora l'assunzione consegua ad un percorso formativo, svolto a cura di un ente accreditato, la misura dell'incentivo è riconosciuta per metà al datore di lavoro e per metà all'ente di formazione. In tal caso, la durata minima dell'incentivo è pari a sei, anziché cinque, mensilità. Se l'assunzione ha luogo con la mediazione di un'agenziale per il lavoro, il 20 per cento dell'incentivo è decurtato al datore di lavoro e riconosciuto alla medesima agenzia.

 

Si valuti l’opportunità di specificare la compatibilità o meno con analoghi esoneri previsti dalla normativa vigente.

 

Il comma 2 prevede che l’esonero è riconosciuto anche per le trasformazioni dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato effettuate nel medesimo arco temporale.

 

La Relazione tecnica allegata al disegno di legge ipotizza l’assunzione di 30.000 percettori di Rdc con un onere medio per esonero contributivo al lordo fiscale pari a 4.000 euro, con conseguenti effetti per la finanza pubblica negativi per 60 milioni di euro nel 2022 e 37 milioni di euro nel 2024. Nel 2025 ipotizza effetti positivi per 14 milioni di euro e per il 2026 un saldo negativo per 10 milioni di euro.

 

Esonero contributivo per assunzioni di giovani al di sotto di 36 anni (commi 4 e 6)

L’articolo in esame estende, al comma 4, alle nuove assunzioni a tempo indeterminato di soggetti che non hanno compiuto il 36° anno di età, effettuate nel corso del 2023, l’esonero contributivo totale già previsto per le assunzioni dei medesimi soggetti effettuate nel biennio 2021-2022 dall’articolo 1, comma 10, della L. 178/2020, che a tal fine aveva modificato in via transitoria la normativa a regime vigente per il medesimo esonero dettata dall’articolo 1, commi da 100 a 107 e da 113 a 115, della L. 205/2017.

Sulla base di quanto detto, l’esonero in questione, subordinato all’autorizzazione della Commissione europea (comma 6), è riconosciuto per le assunzioni a tempo indeterminato, nonché per le trasformazioni dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato, effettuate nel 2023 e relative a soggetti che non hanno compiuto il trentaseiesimo anno di età, in luogo del trentesimo anno richiesto dalla normativa a regime, e non siano stati occupati a tempo indeterminato con il medesimo o con altro datore di lavoro nel corso dell’intera vita lavorativa[40]:

§  nella misura del 100 per cento dei contributi previdenziali dovuti dal datore di lavoro privato (con esclusione dei premi e contributi dovuti all’Inail e ferma restando l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche) e nel limite massimo di importo pari a 6.000 euro annui, in luogo dei valori previsti a regime, pari, rispettivamente, al 50 per cento ed a 3.000 euro su base annua;

§  per un periodo massimo di 36 mesi, come previsto a regime, elevato però in via transitoria a 48 mesi per le assunzioni in una sede o unità produttiva ubicata nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna;

§  ai datori di lavoro che non abbiano proceduto, nei 6 mesi precedenti l'assunzione, né procedano, nei nove mesi successivi alla stessa (in luogo dei 6 richiesti dalla normativa a regime), a licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo o a licenziamenti collettivi nei confronti di lavoratori inquadrati con la medesima qualifica nella stessa unità produttiva (nella normativa a regime non è richiesta invece la medesima qualifica).

L’esonero totale dal versamento dei contributi non si applica:

§  ai rapporti di apprendistato e ai contratti di lavoro domestico[41];

§  alle prosecuzioni di contratto di apprendistato in rapporto a tempo indeterminato;

§  alle assunzioni, entro sei mesi dall'acquisizione del titolo di studio, di studenti che abbiano svolto presso il medesimo datore attività di alternanza scuola-lavoro (per un determinato minimo di ore) o periodi di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore o periodi di apprendistato in alta formazione per le quali già opera a regime l’esonero del 100 per cento previsto dall’articolo 1, comma 108 della legge n. 205/2017.

 

La relazione tecnica ipotizza una platea complessiva di potenziali beneficiari per il 2023 pari a 200.000 lavoratori con contratto a tempo indeterminato e a 78.000 apprendisti. Stima i maggiori oneri per la finanza pubblica in 319,3 milioni di euro nel 2023, in 663,9 milioni di euro nel 2024, in 566,2 milioni di euro nel 2025, in 337,7 milioni di euro nel 2026, in 9,6 milioni di euro nel 2027, in 56,6 milioni di euro nel 2028, in 12,1 milioni di euro nel 2029 e in 0,7 milioni di euro nel 2029.

 

Esonero contributivo per promuovere l’occupazione femminile (commi 5 e 6)

L’articolo in esame estende al comma 5 alle nuove assunzioni di donne lavoratrici svantaggiate, effettuate nel corso del 2023, l’esonero contributivo totale già previsto per le assunzioni delle medesime donne effettuate nel biennio 2021-2022 dall’articolo 1, comma 16, della L. 178/2020 per le medesime assunzioni effettuate nel biennio 2021-2022, che a tal fine aveva modificato in via transitoria la normativa a regime vigente per il medesimo esonero dettata dall’articolo 4, commi da 8 a 11, della L. 92/2012.

Con riferimento all’esonero oggetto dell’estensione temporale in commento, si ricorda che la Circ. INPS n. 32 del 2021 specifica che esso spetta per le assunzioni a tempo determinato, a tempo indeterminato, nonché per le trasformazioni a tempo indeterminato di un precedente rapporto agevolato.

Sulla base di quanto detto, l’esonero in questione, subordinato all’autorizzazione della Commissione europea (comma 6), è riconosciuto nella misura del 100 per cento dei contributi previdenziali dovuti dal datore di lavoro (in luogo del 50 per cento previsto dalla normativa a regime) e nel limite massimo di importo pari a 6.000 euro annui, per la durata di dodici mesi in caso di contratto a tempo determinato e di 18 mesi in caso di assunzioni o trasformazioni a tempo indeterminato, per le assunzioni effettuate nel 2023 di donne che si trovano in una delle seguenti condizioni:

§  donne con almeno 50 anni di età e disoccupate da oltre 12 mesi;

§  donne di qualsiasi età, residenti in regioni ammissibili ai finanziamenti nell'ambito dei fondi strutturali dell'Unione europea, prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi;

Ai fini del rispetto del requisito, è necessario che la lavoratrice risulti residente in una delle aree individuate dalla Carta degli aiuti a finalità regionale 2014-2020, approvata dalla Commissione europea in data 16 settembre 2014 e successivamente modificata con decisione della medesima Commissione C (2016) final del 23 settembre 2016. Si ricorda che non sono previsti vincoli temporali riguardanti la permanenza del requisito della residenza nelle aree svantaggiate appositamente previste nella suddetta Carta e che il rapporto di lavoro può svolgersi anche al di fuori delle aree indicate.

§  donne di qualsiasi età che svolgono professioni o attività lavorative in settori economici caratterizzati da un’accentuata disparità di genere, con un tasso di disparità uomo-donna che superi di almeno il 25 per cento la disparità media uomo-donna, e prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi[42];

§  donne di qualsiasi età, ovunque residenti e prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno ventiquattro mesi.

 

In considerazione del fatto che l’articolo in esame richiama espressamente il solo comma 16 dell’articolo 1 della L. 178/2020 e non anche il successivo comma 17, si valuti l’opportunità di specificare se la condizione ivi prevista, che subordinava la fruizione dello sgravio in esame per il biennio 2021-2022 al fatto che le assunzioni comportassero un incremento occupazionale netto, si applichi anche alle medesime assunzioni effettuate nel 2023.

 

La Relazione tecnica ipotizza una platea complessiva di potenziali beneficiari per il 2023 pari a 80.000 lavoratrici. Gli oneri per la finanza pubblica sono stimati in 62,1 milioni di euro nel 2023 e 84,7 milioni di euro nel 2024 e 15,7 milioni di euro nel 2015. Nel 2026 sono previsti effetti positivi per 15,7 milioni di euro; nel 2026, 2027 e 2028 effetti nuovamente negativi rispettivamente per 11,4 milioni di euro, 2,5 milioni di euro e 0,1 milioni di euro.

 

Decontribuzione giovani imprenditori agricoli (comma 7)

Il presente articolo, infine, proroga al comma 7 dal 31 dicembre 2022 al 31 dicembre 2023 il termine finale entro cui effettuare le nuove iscrizioni nella previdenza agricola per fruire della disposizione che ha riconosciuto, ferma restando l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, per un periodo massimo di 24 mesi, l'esonero dal versamento del 100 per cento dell'accredito contributivo presso l'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, in favore dei coltivatori diretti e degli imprenditori agricoli professionali, di cui all'art. 1 del d.lgs. 99/2004[43], con età inferiore a quarant'anni.

La disposizione modifica a tal fine l'articolo l, comma 503, della L.  160/2019 il quale specifica altresì che l’esonero in oggetto non è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente.

 

La Relazione tecnica ipotizza una platea complessiva di 10.000 nuovi iscritti e stima effetti di finanza pubblica negativi per 9 milioni di euro nel 2023, 27,9 milioni di euro nel 2024, 15,7 milioni di euro nel 2025, nonché effetti positivi per 1 milione di euro nel 2026 e oneri per 1 milione di euro nel 2027.

 

 


 

Articolo 58
(Disposizioni in materia di perequazione dei trattamenti pensionistici e di incremento transitorio dei trattamenti
pensionistici pari o inferiore al minimo)

 

 

Il comma 1 dell’articolo 58 reca, per gli anni 2023-2024, una disciplina speciale in materia in materia di indicizzazione - cosiddetta perequazione automatica - dei trattamenti pensionistici (ivi compresi quelli di natura assistenziale); tali norme transitorie prevedono una perequazione in termini più restrittivi - rispetto a quella posta dalla disciplina a regime - per i casi in cui il complesso dei trattamenti pensionistici di un soggetto sia superiore a quattro volte il trattamento minimo del regime generale INPS e confermano, per i casi in cui il valore complessivo sia pari o inferiore al suddetto quadruplo, il relativo criterio vigente a regime. Il successivo comma 2 prevede - in via aggiuntiva rispetto alla summenzionata perequazione automatica - un incremento transitorio - con riferimento alle sole mensilità relative agli anni 2023 e 2024 - per i casi in cui il complesso dei trattamenti pensionistici di un soggetto sia pari o inferiore al trattamento minimo del regime generale INPS. Tale incremento è pari a 1,5 punti percentuali per l'anno 2023 e a 2,7 punti per l'anno 2024; la seconda percentuale non si somma alla prima; l'incremento per il 2024 si applica, dunque, sulla base di calcolo al netto del primo incremento (fermo restando il previo adeguamento della medesima base in virtù della perequazione automatica).

 

Più in particolare, il comma 1 prevede che, per gli anni 2023 e 2024, la perequazione automatica dei trattamenti pensionistici si applichi nei seguenti termini:

§  per i casi in cui il complesso dei trattamenti pensionistici di un soggetto sia pari o inferiore (nella misura lorda) a quattro volte il trattamento minimo del regime generale INPS[44], la perequazione è riconosciuta nella misura del 100 per cento della variazione dell'indice del costo della vita (riguardo a tale base di calcolo, cfr. anche infra);

§  per gli altri casi, la perequazione è riconosciuta in misura variabile da 80 a 35 punti percentuali, in relazione a determinate classi di importo del complesso dei trattamenti. Il valore percentuale è in ogni caso riconosciuto nella misura immediatamente superiore a quella spettante per la relativa classe, fino a concorrenza dell'importo che deriva dall'applicazione del medesimo valore percentuale superiore sull'importo massimo della classe per la quale è attribuita tale percentuale superiore.

Si ricorda che, nell'ambito della disciplina della perequazione automatica, si fa riferimento (in via interpretativa) all'importo del trattamento minimo INPS nell'anno precedente a quello di applicazione della perequazione medesima[45].

In base alla disciplina generale, gli incrementi a titolo di perequazione automatica dei trattamenti pensionistici - ivi compresi i trattamenti di natura assistenziale - si basano sulla variazione dell'indice del costo della vita e decorrono dal 1° gennaio dell'anno successivo a quello di riferimento[46]. Più in particolare, la decorrenza dal 1° gennaio dell'anno successivo concerne sia l'incremento riconosciuto in base alla variazione dell'indice del costo della vita relativa all'anno precedente e provvisoriamente accertata con decreto ministeriale entro il 20 novembre di quest'ultimo anno[47] sia l'eventuale conguaglio, relativo alla differenza tra il valore - definitivamente accertato con il suddetto decreto - della variazione dell'indice relativo al penultimo anno precedente e il valore provvisoriamente accertato con il precedente decreto annuo[48]. Tale eventuale conguaglio comprende il ricalcolo, in via retroattiva, dei ratei di pensione decorrenti dal 1° gennaio dell'anno precedente[49].

Le percentuali di perequazione delle norme a regime - norme che, come detto, sono oggetto di deroga transitoria da parte del presente comma 1 per i casi in cui il complesso dei trattamenti pensionistici di un soggetto sia superiore a quattro volte il trattamento minimo - possono essere più di una per ogni soggetto, in relazione a fasce di importo del complesso dei trattamenti, mentre la disciplina transitoria di cui al comma 1 prevede l'applicazione di una percentuale unica per il soggetto (ferma restando l'articolazione delle percentuali nei casi specifici summenzionati). 

In base alla disciplina generale, la perequazione è riconosciuta: nella misura del 100% della variazione dell'indice del costo della vita per la fascia di importo complessivo (sempre lordo) dei trattamenti pensionistici del soggetto fino a 4 volte il trattamento minimo INPS[50]; nelle misure - ferma restando la deroga transitoria di cui al presente comma 1 - del 90% per la fascia di importo complessivo dei trattamenti pensionistici compresa tra 4 e 5 volte il predetto minimo e del 75% per la fascia di importo complessivo dei trattamenti superiore a 5 volte il medesimo minimo[51].

Riguardo alla giurisprudenza costituzionale in materia di perequazione automatica, si ricorda che la sentenza della Corte costituzionale n. 234 del 22 ottobre 2020-9 novembre 2020, facendo riferimento anche a precedenti sentenze della stessa Corte, ha rilevato che il carattere parziale, per alcuni trattamenti pensionistici, della rivalutazione al costo della vita non costituisce, di per sé, una violazione del principio di adeguatezza dei trattamenti previdenziali (principio di cui all'articolo 38, secondo comma, della Costituzione) e che, nella valutazione del rispetto o meno (da parte di normative che presentino il suddetto effetto) di tale principio, sono fondamentali "la considerazione differenziata dei trattamenti di quiescenza in base al loro importo" nonché la sussistenza di una "motivazione sostenuta da valutazioni della situazione finanziaria basate su dati oggettivi, emergenti, ad esempio, dalle relazioni tecniche di accompagnamento delle misure legislative".

Come accennato, il comma 2 del presente articolo 58 prevede - in via aggiuntiva rispetto alla summenzionata perequazione automatica - un incremento transitorio ed eccezionale - con riferimento alle sole mensilità (ivi inclusa la tredicesima) relative agli anni 2023 e 2024 - per i casi in cui il complesso dei trattamenti pensionistici di un soggetto sia (nella misura lorda) pari o inferiore al suddetto trattamento minimo del regime generale INPS. Tale incremento è pari a 1,5 punti percentuali per l'anno 2023 e a 2,7 punti per l'anno 2024; la seconda percentuale non si somma alla prima; l'incremento per il 2024 si applica, dunque, sulla base di calcolo al netto del primo incremento, fermo restando il previo adeguamento della medesima base in virtù della perequazione automatica. Resta altresì fermo che quest'ultima si applica sui valori al netto dell'incremento transitorio medesimo.

L'incremento si commisura - nei termini suddetti - in base alla disciplina vigente prima dell'entrata in vigore (1° gennaio 2023) della presente legge di bilancio.

Considerato che nella disciplina della perequazione automatica si fa riferimento (in via interpretativa) all'importo del trattamento minimo INPS nell'anno precedente a quello di applicazione della perequazione medesima, si valuti l'opportunità di chiarire se per l'incremento transitorio ed eccezionale in esame si faccia riferimento allo stesso criterio oppure al valore minimo dell'anno medesimo di applicazione dell'incremento. La relazione tecnica allegata al disegno di legge di bilancio opera le quantificazioni finanziarie sulla base del secondo criterio suddetto, in quanto essa fa riferimento al valore provvisorio per il 2023 del trattamento minimo, nonché, implicitamente, al successivo eventuale conguaglio e ai valori relativi al 2024.

Per i casi in cui il valore del complesso dei trattamenti pensionistici del soggetto sia di poco superiore al minimo, l'incremento transitorio in esame si applica fino a concorrenza dell'importo derivante dall'applicazione dell'incremento medesimo sul suddetto minimo.

Inoltre, l'incremento transitorio non rileva ai fini del computo dei limiti reddituali previsti per il riconoscimento delle prestazioni collegate al reddito.

Il comma 2 in esame specifica che l'incremento transitorio è disposto al fine di contrastare gli effetti negativi derivanti dall'aumento del tasso di inflazione.

 


 

Articolo 59
(Disposizioni di riordino delle misure
di sostegno alla povertà e inclusione lavorativa)

 

 

L’articolo 59 prevede che, nel corso del 2023, nelle more di una riforma organica delle misure di sostegno alla povertà e di inclusione attiva, il reddito di cittadinanza sia riconosciuto per un massimo di otto mensilità, salvo il caso in cui siano presenti nel nucleo familiare persone con disabilità, minorenni o con almeno sessant’anni di età.

Dal 1° gennaio 2023, si dispone l’obbligo, per i beneficiari del reddito di cittadinanza tenuti all’adesione ad un percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo e all’inclusione sociale, di frequentare, per sei mesi, un corso di formazione e/o riqualificazione professionale, pena la decadenza dal beneficio per l’intero nucleo familiare. La decadenza interviene sempre nel caso in cui uno dei componenti il nucleo familiare non accetti la prima offerta congrua, anche se perviene nei primi diciotto mesi di godimento del beneficio.

Inoltre, si richiede ai comuni l’impiego di tutti i percettori di reddito di cittadinanza residenti che sottoscrivono un patto per il lavoro o per l’inclusione sociale, anziché solo un terzo di essi, nell’ambito di progetti utili alla collettività.

Si prevede, poi, che il maggior reddito da lavoro percepito in forza di contratti di lavoro stagionale o intermittente, fino a 3.000 euro lordi, non concorra alla determinazione del beneficio economico.

Infine, si dispone l’abrogazione delle norme istitutive del reddito e della pensione di cittadinanza dal 1° gennaio 2024.

Per effetto di tali misure, è ridotta di 743 milioni di euro per l’anno 2023 l’autorizzazione di spesa prevista per il finanziamento del reddito e della pensione di cittadinanza. È, invece, incrementato, di 9 milioni di euro nel 2023 e di oltre 700 milioni di euro l’anno dal 2024, lo stanziamento a favore dell’assegno unico e universale per i figli a carico. Le ulteriori risorse derivanti dalla soppressione del reddito e della pensione di cittadinanza, come rideterminate sulla base di quanto stabilito in Sezione II della legge di bilancio, confluiscono in un capitolo istituito presso lo stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali denominato “Fondo per il sostegno alla povertà e all’inclusione attiva”.

 

L’articolo 59 prevede alcune modifiche alla disciplina del reddito di cittadinanza applicabile nel 2023, in vista della soppressione di tale istituto e della pensione di cittadinanza dal 2024, nell’ambito di una più ampia riforma delle misure di sostegno alla povertà e di inclusione attiva.

Il comma 1 prevede che, dal 1° gennaio 2023, la misura del reddito di cittadinanza sia riconosciuta nel limite massimo di otto mensilità. Si rammenta, a tal proposito, che attualmente il beneficio è riconosciuto per un periodo massimo di diciotto mesi, rinnovabile, previa sospensione dell’erogazione del medesimo per un mese.

 

Il comma 2 precisa che la riduzione del periodo massimo di fruizione del reddito di cittadinanza non si applica ai nuclei al cui interno siano presenti componenti con disabilità come definita ai fini ISEE (ai sensi del d.P.C.M n. 159 del 2013[52]), minorenni o persone con almeno sessant’anni di età.

 

L'Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) valuta la situazione economica delle famiglie, tenendo conto del reddito di tutti i componenti, del loro patrimonio e di una scala di equivalenza che varia in base alla composizione del nucleo familiare. L'indicatore tiene conto di particolari situazioni di bisogno, prevedendo trattamenti di favore per i nuclei con tre o più figli o dove sono presenti persone con disabilità o non autosufficienti. Viene considerato disabile ai fini della dichiarazione ISEE chi soddisfa le condizioni indicate nell’Allegato 3 al d.P.C.M n. 159 del 2013. In particolare, il decreto differenzia le persone con disabilità media dalle persone con disabilità grave e dai non autosufficienti. Inoltre, i disabili e le persone non autosufficienti, presentando l’ISEE socio sanitario, hanno diritto ad ottenere prestazioni sociali agevolate, assicurate nell’ambito di percorsi assistenziali, e prestazioni di natura residenziale. L'ISEE socio sanitario è infatti utile per l'accesso alle prestazioni sociosanitarie come l'assistenza domiciliare per le persone con disabilità e/o non autosufficienti, e l'ospitalità alberghiera presso strutture residenziali e semiresidenziali per le persone che non possono essere assistite a domicilio.

 

Il comma 3 prevede che i percettori del Reddito di cittadinanza di età tra i diciotto e i sessantacinque anni, non già occupati o pensionati, né frequentanti un regolare corso di studi, né con disabilità o gravati da carichi di cura, debbano essere inseriti, per un periodo di sei mesi, in un corso di formazione e/o di riqualificazione professionale di cui alla legge n. 53/2003. In caso di mancata frequenza al programma assegnato, si prevede la decadenza del nucleo familiare di appartenenza dal diritto alla prestazione. A tal fine, le regioni sono tenute a trasmettere all’Anpal gli elenchi dei soggetti che non rispettano l’obbligo di frequenza.

 

Tale obbligo di frequenza a corsi di formazione e riqualificazione è previsto dalla norma in commento per “i soggetti tenuti agli obblighi di cui all’articolo 4” del D.L. n. 4/2019. Il medesimo articolo 4 già condiziona, al comma 1, l’erogazione del reddito di cittadinanza alla dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro da parte dei componenti il nucleo familiare maggiorenni (…) nonché all'adesione ad un percorso personalizzato di accompagnamento all'inserimento lavorativo e all'inclusione sociale che prevede attività al servizio della comunità, di riqualificazione professionale, di completamento degli studi, nonché altri impegni individuati dai servizi competenti finalizzati all'inserimento nel mercato del lavoro e all'inclusione sociale”. Il successivo comma 2 precisa che sono tenuti agli obblighi previsti dal medesimo articolo “tutti i componenti il nucleo familiare che siano maggiorenni, non già occupati e non frequentanti un regolare corso di studi, ferma restando per il componente con disabilità interessato la possibilità di richiedere la volontaria adesione a un percorso personalizzato di accompagnamento all'inserimento lavorativo e all'inclusione sociale” che tenga conto “delle condizioni e necessità specifiche dell’interessato”. Esclude, inoltre, dai medesimi obblighi “i beneficiari della Pensione di cittadinanza ovvero i beneficiari del Rdc titolari di pensione diretta o comunque di età pari o superiore a 65 anni, nonché i componenti con disabilità”. Il successivo comma 3 precisa che “possono altresì essere esonerati dagli obblighi connessi alla fruizione del Rdc, i componenti con carichi di cura, valutati con riferimento alla presenza di soggetti minori di tre anni di età ovvero di componenti il nucleo familiare con disabilità grave o non autosufficienza”, nonché i lavoratori il cui reddito da lavoro corrisponde a un'imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti ai lavoratori dipendenti ai sensi dell’art. 13 del D.P.R. n. 917/1986 (pari a 690 euro per i lavoratori a tempo indeterminato, 1.380 euro per i lavoratori a tempo determinato).

 

Il comma 4 prevede, alla lettera c), che i medesimi beneficiari decadano, con i propri nuclei familiari, dal diritto al reddito di cittadinanza qualora non accettino la prima offerta di lavoro congrua, anche se perviene nei primi diciotto mesi di fruizione del reddito di cittadinanza (attualmente, invece, la decadenza interviene se non viene accettata la seconda offerta congrua nei primi diciotto mesi di fruizione o la prima offerta congrua a seguito del rinnovo del beneficio).

 

L'offerta è giudicata congrua, ai sensi dell'art. 4 del D.L. n. 4/2019, nonché dell'art. 25 del D.Lgs. n. 150/2015 a cui rinvia e delle disposizioni attuative contenute nel D.M. 10 aprile 2018, se:

§  essa è coerente con le esperienze e le competenze maturate (il criterio si applica in modo meno stringente dopo sei e dodici mesi);

§  la sede di lavoro è localizzata entro:

-     ottanta chilometri di distanza dalla residenza del beneficiario o comunque raggiungibile nel limite temporale massimo di cento minuti con i mezzi pubblici, se si tratta di prima offerta;

-     ovunque collocata nel territorio italiano se si tratta di seconda offerta o, salvo non siano presenti figli minori nel nucleo familiare, di prima offerta ricevuta dopo il rinnovo del beneficio;

-     entro ottanta chilometri di distanza dalla residenza o comunque raggiungibile nel limite temporale massimo di cento minuti con i mezzi pubblici, in caso di rapporto di lavoro a tempo determinato o a tempo parziale, sia che si tratti di prima che di seconda offerta.

§  la retribuzione è:

-     superiore di almeno il 10 per cento rispetto al beneficio mensile massimo fruibile da un solo individuo, inclusivo della componente ad integrazione del reddito dei nuclei residenti in abitazione in locazione, riproporzionata in base all'orario di lavoro previsto nel contratto individuale di lavoro;

-     non inferiore ai minimi salariali previsti dai contratti collettivi.

§  il rapporto di lavoro è:

-     a tempo pieno o con un orario di lavoro non inferiore al 60 per cento dell'orario a tempo pieno previsto nei medesimi contratti collettivi;

-     a tempo indeterminato oppure determinato o di somministrazione di durata non inferiore a tre mesi.

 

La lettera a) del comma 4 prevede una deroga alla norma secondo cui, in caso di avvio di un'attività di lavoro dipendente dei componenti il nucleo familiare durante l'erogazione del Rdc, il maggior reddito da lavoro concorre alla determinazione del beneficio economico nella misura dell'80 per cento, dal mese successivo a quello della variazione e fino a quando non è recepito nell'ISEE per l'intera annualità. In particolare, si prevede che il maggior reddito da lavoro percepito svolgendo lavoro stagionale o intermittente non concorra alla determinazione del beneficio economico (e pertanto non determina alla sua riduzione), entro il limite massimo di 3.000 euro lordi. Pertanto, sono comunicati all’INPS, ai fini della decurtazione dell’importo spettante, solo i redditi eccedenti tale limite massimo, con riferimento alla parte eccedente.

 

Il comma 4, alla lettera b), dispone che i comuni debbano impiegare tutti i percettori di Rdc residenti che hanno sottoscritto un Patto per il lavoro o un Patto per l’inclusione sociale, e non più almeno un terzo di essi, nell’ambito dei progetti utili alla collettività.

 

Sul punto, si ricorda che, ai sensi dell’articolo 4, comma 15 del D.L. n. 4/2019, salvo i casi di esclusione dagli obblighi di cui al medesimo articolo (vedi supra), i beneficiari del reddito di cittadinanza sono tenuti ad offrire nell’ambito del Patto per il lavoro o del Patto per l’inclusione sociale la propria disponibilità per la partecipazione a progetti a titolarità dei comuni, utili alla collettività, in ambito culturale, sociale, artistico, ambientale, formativo e di tutela dei beni comuni, da svolgere presso il medesimo comune di residenza, mettendo a disposizione a titolo gratuito un numero di ore compatibile con le altre attività del beneficiario e comunque non inferiore a otto e non superiore a sedici ore settimanali. La partecipazione ai progetti è facoltativa per le persone non tenute agli obblighi connessi al Rdc.

La pubblicazione Progetti utili alla collettività (PUC): spunti per la progettazione. Esperienze nei Comuni italiani , del febbraio 2020, ha fornito una prima panoramica delle esperienze e delle buone prassi realizzate  su tutto il territorio nazionale, attraverso forme di volontariato, cittadinanza attiva, lavoro protetto ed altro, attuate nei Comuni anche con l'apporto di Enti Pubblici e di Soggetti del Terzo Settore. Attualmente, l'elenco dei PUC attivati dai Comuni (Catalogo PUC) è disponibile nella sezione dedicata della pagina web GEPI - Piattaforma per la gestione del Patto per l'inclusione sociale (lo strumento per l'attuazione delle attività di competenza dei Comuni rivolte ai beneficiari del Reddito di Cittadinanza).

 

Il comma 5 prevede che dal 1° gennaio 2024 siano abrogate le disposizioni del D.L. n. 4/2019 che disciplinano il reddito e la pensione di cittadinanza, istituti di cui, dunque, si prevede l’abolizione dal 2024.

 

Il comma 5 si limita ad abrogare le disposizioni in materia di reddito di cittadinanza di cui al D.L. n. 4/2019. Si ricorda che tale istituto è richiamato da altre disposizioni, quali l’articolo 25, comma 1, let. d-bis) del D.Lgs. n. 150/2015, introdotte con legge n. 234/2021, in materia di offerta di lavoro congrua.

 

Il comma 6 prevede che, per effetto delle precedenti disposizioni, l’autorizzazione di spesa prevista all’articolo 12 del D.L. n. 4/2019 per l’erogazione del beneficio economico del Rdc e della Pensione di cittadinanza sia ridotta di 743 milioni di euro per il 2023.

 

Il D.L. n. 4/2019 prevedeva, inizialmente, all’articolo 12, per gli anni 2023 e seguenti, un’autorizzazione di spesa di 7.245,9 milioni di euro annui. Successivamente, la medesima autorizzazione di spesa è stata incrementata di 474,1 milioni di euro per l'anno 2023, di 474,6 milioni di euro per l'anno 2024, di 475,5 milioni di euro per l'anno 2025, di 476,2 milioni di euro per l'anno 2026, di 476,7 milioni di euro per l'anno 2027, di 477,5 milioni di euro per l'anno 2028 e di 477,3 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2029 dalla legge di bilancio 2021 (art. 1, comma 371, L. n. 178/2020). Con legge di bilancio 2022 (articolo 1, comma 73, legge n. 234/2021), la medesima autorizzazione di spesa è stata ulteriormente incrementata di 1.064,9 milioni di euro per l'anno 2023, 1.064,4 milioni di euro per l'anno 2024, 1.063,5 milioni di euro per l'anno 2025, 1.062,8 milioni di euro per l'anno 2026, 1.062,3 milioni di euro per l'anno 2027, 1.061,5 milioni di euro per l'anno 2028 e 1.061,7 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2029

 

Il comma 7 dispone, invece, l’incremento dello stanziamento a favore dell’assegno unico e universale per i figli a carico, previsto dall’articolo 6, comma 8 del D.Lgs. n. 230/2021, per 9 milioni di euro nel 2023, 708,8 milioni di euro nel 2024, 717,2 milioni di euro nel 2025, 727,9 milioni di euro nel 2026, 732,2 milioni di euro nel 2027, 736,5 milioni di euro nel 2028 e 740,8 milioni di euro l’anno dal 2029.

 

In merito alle modifiche alla disciplina dell’Assegno unico e universale, si rinvia alla scheda relativa all’articolo 65. Per un approfondimento della disciplina vigente alla data di presentazione del disegno di legge in esame, si rinvia alla sezione ad essa dedicata del dossier di inizio legislatura.

 

Infine, il comma 8 istituisce nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali un capitolo denominato “Fondo per il sostegno alla povertà e all’inclusione attiva” nel quale confluiscono le economie derivanti dalla soppressione dal 2024 dell’autorizzazione di spesa prevista dalle norme istitutive del reddito e della pensione di cittadinanza, rideterminate al netto delle risorse destinate al rafforzamento dell’assegno unico e universale e sulla base di quanto stabilito in Sezione II della legge di bilancio.

 

 


 

Articolo 60
(Misure di semplificazione in materia di ISEE)

 

 

L’articolo 60 è diretto ad incoraggiare, fino a renderla ordinaria, la presentazione della DSU in modalità precompilata. A tal fine prevede che fino al 31 dicembre 2022 permanga la possibilità di presentare la DSU nella modalità non precompilata, ma che, a decorrere dal 1° luglio 2023, la presentazione della DSU da parte del cittadino avvenga prioritariamente in modalità precompilata fermo restando la possibilità di presentare la DSU nella modalità ordinaria. Con successivo decreto sono individuate le modalità operative, le ulteriori semplificazioni e le modalità tecniche per consentire al cittadino la gestione della dichiarazione precompilata resa disponibile in via telematica dall'INPS.

 

L’intervento legislativo è attuato modificando l’articolo 10 del D.Lgs. n. 147 del 2017[53], di cui viene modificato il comma 2-bis e abrogato il comma 3.

In premessa si ricorda che l'erogazione di molti servizi e prestazioni sociali è effettuata in base alla situazione economica del nucleo familiare del richiedente ponderata attraverso l'Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE), istituito nel 1998 e successivamente riformato dal d.P.C.M. n. 159 del 2013[54] (c.d. Regolamento ISEE) per migliorare l'equità nell'accesso alle prestazioni agevolate. L'ISEE viene calcolato sulla base di una Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU) e vale annualmente per tutti i membri del nucleo familiare e per tutte le prestazioni sociali. Per semplificare il rilascio dell’ISEE, l’articolo 10 del D. Lgs n. 147 del 2017 ha introdotto la DSU precompilata, caratterizzata dalla coesistenza di dati autodichiarati da parte del cittadino con dati precompilati forniti dall’Agenzia delle Entrate e dall’INPS.

 

L’art 10, comma 1, del D.Lgs. n. 147 del 2017, stabilisce che, per precompilare la DSU, l’INPS cooperi con l’Agenzia delle Entrate, utilizzi le informazioni disponibili nell’Anagrafe tributaria, nel Catasto e negli archivi dell’INPS, nonché le informazioni su saldi e giacenze medie del patrimonio mobiliare dei componenti il nucleo familiare. Ai sensi dell’art. 10, comma 2, del citato D.Lgs. n. 147 del 2017, la DSU precompilata dall'INPS è resa disponibile mediante i servizi telematici dell'INPS direttamente al cittadino, che può accedervi anche per il tramite del portale dell'Agenzia delle entrate attraverso sistemi di autenticazione federata, o tramite un centro di assistenza fiscale, conferendo apposita delega,. In attuazione del citato comma 2, il decreto del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali del 9 agosto 2019[55] ha consentito la possibilità di utilizzare la DSU precompilata a decorrere dal 1° gennaio 2020, disciplinandone al contempo l’accesso, le componenti che continuano ad essere autodichiarate, nonché le omissioni o difformità rispetto al patrimonio mobiliare dichiarato. Il D.M. 9 agosto 2019 è stato modificato dal decreto del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali del 12 maggio 2022[56], così come  il disciplinare tecnico, modificato da ultimo in data 1° agosto 2022, con la previsione di ulteriori modalità semplificate di accesso alla DSU precompilata con l’obiettivo principale di favorirne la più ampia diffusione (sul punto il Messaggio INPS n° 3041 del 2 agosto 2022). Nello specifico, è stato previsto che, in alternativa agli elementi di riscontro, è possibile autorizzare la precompilazione dei dati da parte dei componenti maggiorenni del nucleo, diversi dal dichiarante, mediante accesso diretto al Sistema Informativo dell’ISEE con la propria identità digitale, ossia SPID almeno di 2° livello, Carta di Identità Elettronica (CIE) o Carta Nazionale dei Servizi (CNS)[57]. Tale nuova modalità di precompilazione dell’ISEE, presupponendo un’autorizzazione espressa alla precompilazione dei dati da parte dei componenti maggiorenni del nucleo, semplifica notevolmente il processo di rilascio dell’ISEE, in quanto il caricamento automatico dei dati da parte dell’Agenzia delle Entrate esclude l’ipotesi, a oggi frequente, di esito negativo del controllo preliminare sui dati di riscontro inseriti e solleva il dichiarante dall’onere di fornirli.

Il successivo comma 2-bis dell’articolo 10, del D. Lgs. 147 del 2017 fa salva la possibilità di presentare la DSU in modalità non precompilata  prevedendo, in tal caso, che in sede di attestazione dell’ISEE, siano riportate analiticamente le eventuali omissioni o difformità riscontrate nei dati dichiarati rispetto alle informazioni disponibili nell’Anagrafe tributaria, nel Catasto e negli archivi dell’INPS, incluse eventuali difformità su saldi e giacenze medie del patrimonio mobiliare, secondo le modalità definite dal citato decreto del 9 agosto 2019.

 

Più nel dettaglio, il comma 1, lettera a) dell’articolo in commento, modificando il comma 2-bis dell’art. 10 del D. Lgs. n. 147 del 2017, prevede che, fino al 31 dicembre 2022, resti ferma la possibilità di presentare la DSU nella modalità non precompilata. In tal caso, in sede di attestazione dell'ISEE, sono riportate le eventuali omissioni o difformità riscontrate nei dati dichiarati rispetto alle informazioni disponibili nell'Anagrafe tributaria, nel Catasto e negli archivi dell'INPS, nonché le informazioni su saldi e giacenze medie del patrimonio mobiliare dei componenti il nucleo familiare, secondo modalità definite con il decreto 9 agosto 2019 (si veda supra). A decorrere dal 1° luglio 2023, la presentazione della DSU da parte del cittadino avviene prioritariamente in modalità precompilata fermo restando la possibilità di presentare la DSU nella modalità ordinaria. Con successivo decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentiti l'INPS, l'Agenzia delle entrate e il Garante per la protezione dei dati personali, sono individuate le modalità operative, le ulteriori semplificazioni e le modalità tecniche per consentire al cittadino la gestione della dichiarazione precompilata resa disponibile in via telematica dall'INPS. Resta fermo quanto previsto dal Regolamento ISEE per quanto attiene al trattamento dei dati e alle misure di sicurezza (art. 10, comma 6; art.  11, commi 1-4;  art. 12, comma 3  del d.P.C.M. 159 del 2013)[58].

 

Si osserva che la norma in commento consente la presentazione della DSU in modalità non precompilata soltanto fino al 31 dicembre 2022, ma fissa tuttavia al 1° luglio 2023 la data dalla quale la presentazione citata avviene prioritariamente in modalità precompilata: in proposito si valuti l’opportunità di un coordinamento tra le citate disposizioni ai fini della fissazione della data entro la quale è consentita la presentazione della DSU in modalità precompilata.

Si valuti inoltre l’opportunità di indicare il termine entro il quale deve essere emanato il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

             

          Infine, il comma 1, lettera b) dell’articolo in commento abroga il comma 3 dell’articolo 10 del D.Lgs. n. 147 del 2017, contenente norme prescrittive ormai soddisfatte con l’emanazione del decreto 9 agosto 2019 (fissazione della data a partire dalla quale è possibile accedere alla modalità precompilata di presentazione della DSU; fissazione della data a partire dalla quale è avviata una sperimentazione in materia, anche ai soli fini del rilascio dell'ISEE corrente; determinazione delle componenti della DSU che restano interamente autodichiarate e non precompilate).

Articolo 61
(Rifinanziamento del fondo sociale
per occupazione e formazione e relativi utilizzi)

 

 

L’articolo 61 reca la proroga di alcune misure, ponendo i relativi oneri a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione che viene conseguentemente incrementato di 250 milioni di euro annui a decorrere dal 2023.

I suddetti interventi concernono: lo stanziamento di ulteriori risorse per il riconoscimento dei trattamenti di integrazione salariale straordinaria e di mobilità in deroga in favore dei lavoratori delle imprese operanti in aree di crisi industriale complessa; l’indennità per il fermo pesca obbligatorio e non obbligatorio; le misure di sostegno al reddito per i lavoratori dipendenti delle imprese del settore dei call center; la proroga dell’integrazione economica del trattamento di integrazione salariale straordinaria in favore dei lavoratori dipendenti dalle imprese del Gruppo Ilva; la proroga del trattamento straordinario di integrazione salariale per crisi aziendale per le imprese che cessano l’attività produttiva.

 

Nel dettaglio, il suddetto incremento del Fondo, pari a 250 milioni di euro annui a decorrere dal 2023 (comma 1), viene disposto per finanziare le seguenti misure.

 

Proroga CIGS e mobilità in deroga nelle aree di crisi industriale complessa (comma 2)

La norma in esame stanzia per il 2023 ulteriori risorse, pari a 70 milioni di euro a valere sul Fondo sociale occupazione e formazione, incrementato dal comma 1, per la prosecuzione dei trattamenti straordinari di integrazione salariale, riconosciuti in deroga ai limiti generali di durata vigenti, e di mobilità in deroga, previsti – rispettivamente, dall’art. 44, co. 11-bis, del D.Lgs. 148/2015, e dall’art. 53-ter del D.L. 50/2017 - in favore dei lavoratori di imprese operanti in aree di crisi industriale complessa.

Le suddette risorse saranno ripartite tra le regioni con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

L’articolo 44, comma 11-bis del D.Lgs. n. 148/2015 autorizza un ulteriore intervento di integrazione salariale straordinaria, previo accordo stipulato in sede governativa, sino al limite massimo di 12 mesi per ciascun anno di riferimento, alle imprese operanti in un'area di crisi industriale complessa che, a tal fine, debbono presentare un piano di recupero occupazionale che preveda appositi percorsi di politiche attive del lavoro concordati con la regione e finalizzati alla rioccupazione dei lavoratori, dichiarando contestualmente di non poter ricorrere al trattamento di integrazione salariale straordinaria né secondo le disposizioni del citato decreto, né secondo le disposizioni attuative dello stesso. Tali risorse, a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione, sono assegnate alle regioni dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali che provvede ad una ripartizione proporzionale alle esigenze rappresentate.

Ai sensi dell’articolo 53-ter del D.L. 50/2017, le suddette risorse finanziarie  possono essere destinate dalle regioni, nei limiti della parte non utilizzata, per la prosecuzione - senza soluzione di continuità e a prescindere dall'applicazione dei criteri di cui al DM n. 83473 del 1° agosto 2014 - del trattamento di mobilità in deroga, per un massimo di dodici mesi, per i lavoratori che operino in un'area di crisi industriale complessa e che, alla data del 1º gennaio 2017, risultavano beneficiari di un trattamento di mobilità ordinaria o di un trattamento di mobilità in deroga, a condizione che ai medesimi lavoratori siano contestualmente applicate le misure di politica attiva individuate in un apposito piano regionale.

Inizialmente, il citato art. 44, co. 11-bis, del D.Lgs. 148/2015 ha disposto che il trattamento straordinario di integrazione salariale ivi previsto fosse concesso entro un limite massimo di spesa di 216 mln di euro per il 2016 (ripartite con il decreto interministeriale n. 1 del 12 dicembre 2016) e di 117 mln per il 2017 (ripartite con il decreto interministeriale n. 12 del 5 aprile 2017).

Successivamente, le leggi di bilancio dal 2018 al 2022, per la prosecuzione dei trattamenti di CIGS in oggetto, hanno più volte autorizzato l’impiego delle risorse residue anche per le annualità successive al 2017 e hanno altresì stanziato ulteriori risorse. In dettaglio:

§  per il 2018 e 2019 è stato consentito l’impiego delle risorse residue stanziate per il 2016 ed il 2017 (art. 1, co. 139, della L. 205/2017 e art. 1, co. 282, della L. 145/2018);

§  per il 2019 sono stati stanziati ulteriori 117 mln di euro, ripartiti con il decreto interministeriale n. 16 del 29 aprile 2019 (art. 1, co. 282, della L. 145/2018);

§  per il 2020 sono stati stanziati ulteriori 45 mln di euro, ripartiti con il DM 5 marzo 2020 (art. 1, co. 491, L. 160/2019);

§  per il 2021 sono stati stanziati ulteriori 180 mln di euro, ripartiti con il DM n. 18 del 16 aprile 2021  (art. 1, co. 289, L. 178/2020)[59];

§  per il 2022 sono stati stanziati ulteriori 60 mln di euro, ripartiti con il DM n. 5 del 9 marzo 2022 (art. 1, co. 127, L. 234/2021).

 

Indennità per i lavoratori del settore della pesca (comma 3)

Per l’erogazione, anche per il 2023, dell’indennità giornaliera onnicomprensiva prevista per i lavoratori dipendenti da imprese adibite alla pesca marittima nel periodo di sospensione dell’attività lavorativa, a causa delle misure di arresto temporaneo obbligatorio e non obbligatorio, vengono stanziate risorse pari a 30 milioni di euro per il medesimo anno 2023, a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione, rifinanziato dal comma 1.

La suddetta indennità è pari a trenta euro giornalieri ed è riconosciuta ad ogni lavoratore dipendente da imprese adibite alla pesca marittima, compresi i soci lavoratori delle cooperative della piccola pesca.

Si ricorda che la misura in oggetto è stata rifinanziata più volte, da ultimo dall’art. 1, co. 123 e 124, della L. 234/2021 (legge di bilancio 2022) che ha stanziato risorse pari a 19 mln di euro per il 2022 (di cui 12 mln per il riconoscimento dell’indennità legata al fermo pesca obbligatorio e 7 mln per quella connessa al fermo pesca non obbligatorio).

 

Sostegno al reddito per i lavoratori dei call center (comma 4)

La disposizione in commento rifinanzia anche per il 2023, nella misura di 10 milioni di euro - a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione incrementato dal comma 1 - le misure di sostegno al reddito previste in favore dei lavoratori dipendenti dalle imprese del settore dei call center dall’art. 44, co. 7, del D.Lgs. 148/2015.

La misura dell’indennità in oggetto è pari al trattamento massimo di integrazione salariale straordinaria e può essere richiesta quando la sospensione o la riduzione dell'attività lavorativa sia determinata da una crisi aziendale ed il relativo programma contenga un piano di risanamento volto a fronteggiare gli squilibri creatisi.

In base al combinato disposto del richiamato art. 44, co. 7, del D.Lgs. 148/2015 e del relativo decreto attuativo DM 22763/2015, le citate misure di sostegno al reddito consistono nell’erogazione di un’indennità in favore dei lavoratori appartenenti alle aziende del settore dei call center non rientranti nel campo di applicazione del trattamento straordinario di integrazione salariale, con un organico superiore alle 50 unità nel semestre precedente alla presentazione della domanda.

Si ricorda che la misura di cui al presente articolo è stata rifinanziata più volte, da ultimo, per il 2022, dall’art. 1, co. 125, della L. 234/2021 (legge di bilancio 2022) nel limite di spesa di 20 mln di euro.

 

Integrazione delle misure di sostegno al reddito per i dipendenti ex ILVA (comma 5)

Viene altresì prorogato per il 2023 - nel limite di spesa di 19 mln di euro a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione incrementato dal comma 1 - l’integrazione economica, per la parte non coperta, del trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria riconosciuta, anche ai fini della formazione professionale per la gestione delle bonifiche (ex art. 1-bis, del D.L. 243/2016, vedi infra), in favore dei dipendenti impiegati presso gli stabilimenti produttivi del gruppo ILVA.

Il richiamato art. 1-bis del D.L. 243/2016 ha autorizzato una spesa di 24 mln di euro per il 2017 allo scopo di integrare il trattamento economico dei dipendenti impiegati presso gli stabilimenti produttivi del gruppo ILVA per i quali sia stato avviato o prorogato, nel corso dello stesso anno, il ricorso alla cassa integrazione guadagni straordinaria (anche in relazione ad impegni dei lavoratori in corsi di formazione professionale per la gestione delle bonifiche relative ai medesimi stabilimenti). La misura è stata successivamente prorogata per il 2018 nel limite di spesa di 24 milioni di euro (art. 1, co. 1167, della L. 205/2017), per il 2019 nel limite di spesa di 35 milioni di euro (art. 1, co. 248, della L. 145/2018), per il 2020 nel limite di spesa di 19 milioni di euro (art. 11-quater, co. 1, del D.L. 162/2019), per il 2021 nel limite di spesa di 19 milioni di euro (art. 9 del D.L. 41/2021) e per il 2022 nel limite di spesa di 19 milioni di euro (art. 1, co. 128, L. 234/2021).

 

Proroga CIGS per cessazione di attività (comma 6)

La disposizione in commento proroga per 2023 - nel limite di spesa di 50 milioni di euro a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione incrementato dal comma 1 - la possibilità (attualmente prevista sino al 2022) per le imprese che cessano l’attività produttiva di accedere, in deroga ai limiti generali di durata vigenti e qualora ricorrano determinate condizioni, ad un trattamento straordinario di integrazione salariale per crisi aziendale finalizzato alla gestione degli esuberi di personale, per un periodo massimo di 12 mesi, di cui all’articolo 44 del D.L. 109/2018.

La disposizione in commento fa salva la disciplina prevista dal richiamato articolo 44 del D.L. 109/2018 (vedi infra) in materia di condizioni e presupposti per l’accesso al suddetto intervento straordinario di integrazione salariale per cessazione di attività.

In particolare l’autorizzazione è concessa:

§  qualora sussista una delle seguenti ipotesi:

-     risultino concrete prospettive di cessione dell’attività, con conseguente riassorbimento occupazionale;

-     sia possibile realizzare interventi di reindustrializzazione del sito produttivo;

-     siano svolti specifici percorsi di politica attiva del lavoro, posti in essere dalla regione interessata e relativi ai lavoratori dell'azienda in oggetto;

§  per un periodo massimo complessivo di dodici mesi;

§  anche in deroga ai limiti di durata massima per la cassa integrazione ordinaria e straordinaria, che prevedono, rispettivamente, in generale, una durata massima complessiva di 24 mesi in un quinquennio mobile e di 12 mesi, anche continuativi, in caso di crisi aziendale;

§  subordinatamente alla conclusione di un accordo stipulato presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali in cui viene altresì verificata la sostenibilità finanziaria del trattamento straordinario e indicato il relativo onere finanziario. Tali accordi sono trasmessi al Ministero dell'economia e delle finanze e all'INPS per il monitoraggio mensile del rispetto dei limiti di spesa. Qualora dal monitoraggio emerga il raggiungimento, anche in via prospettica, del limite di spesa, non possono essere stipulati altri accordi.

 

In attuazione della delega di cui alla L. 183/2014, che ha disposto, nell’ambito del riordino degli ammortizzatori sociali in costanza di lavoro, l’esclusione di ogni forma di integrazione salariale in caso di cessazione definitiva dell'attività aziendale o di un ramo di essa, il D.Lgs. 148/2015 ha escluso (dal 1° gennaio 2016) la cessazione di attività di impresa (o di un ramo di essa) tra le cause di richiesta di cassazione integrazione guadagni. Tuttavia, l’articolo 21, comma 4, del medesimo decreto n. 148 ha previsto (in deroga ai limiti di durata massima) la possibilità di autorizzare, entro il limite di spesa di 50 milioni di euro annui per il triennio 2016-2018 (a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione), sino a un limite massimo di 12, 9 e 6 mesi, e previo accordo stipulato in sede governativa, un ulteriore intervento di CIGS, nel caso in cui all'esito dello specifico programma di crisi aziendale, l'impresa avesse cessato l'attività produttiva e sussistano concrete prospettive di rapida cessione dell'azienda e di un conseguente riassorbimento occupazionale.

Successivamente, il richiamato art. 44 del D.L. 109/2018 – come modificato da ultimo dal D.L. 162/2019 - ha prorogato la concessione della CIGS in oggetto per il periodo dal 29 settembre 2018 al 31 dicembre 2020, nel limite di spesa costituito dalle risorse stanziate ai sensi del predetto art. 21, c. 4, del D.Lgs. 148/2015 e non utilizzate, nonché (come disposto dai decreti legge nn. 124 e 162 del 2019) nel limite di 45 milioni di euro per il 2019 e di 28,7 milioni di euro per il 2020.

Infine, il trattamento in oggetto è stato prorogato anche per gli anni 2021 e 2022 (art. 1, co. 278, L. 178/2020) nel limite di spesa, rispettivamente, di 200 e di 50 milioni di euro.

 

 


 

Articolo 62
(Emolumento accessorio una tantum)

 

 

L’articolo 62 incrementa di 1 miliardo di euro, per il solo 2023, gli oneri posti dalla normativa vigente a carico del bilancio dello Stato per la contrattazione collettiva nazionale per il triennio 2022-2024 e per i miglioramenti economici del personale statale in regime di diritto pubblico. Tale incremento è volto all’erogazione, esclusivamente nel medesimo 2023, di un emolumento accessorio una tantum, da corrispondersi per tredici mensilità, con effetti ai soli fini del trattamento di quiescenza.

Per il personale dipendente da amministrazioni, istituzioni ed enti pubblici diversi dall'amministrazione statale i predetti oneri, da destinare alla medesima finalità, sono posti a carico dei bilanci delle amministrazioni stesse.

 

Preliminarmente, si ricorda che gli oneri posti a carico del bilancio statale per la contrattazione collettiva nazionale per il triennio 2022-2024 sono attualmente pari a 310 milioni di euro per il 2022 e a 500 milioni a decorrere dal 2023 (art. 1, co. 609, L. 234/2021). Con il suddetto incremento, tali oneri vengono portati, per il solo 2023, a 1,5 miliardi di euro.

Come anticipato, l’incremento disposto dall’articolo in commento è destinato all’erogazione, nel solo anno 2023, di un emolumento accessorio una tantum, da corrispondere per tredici mensilità, da determinarsi nella misura dell’1,5 per cento dello stipendio con effetti ai soli fini del trattamento di quiescenza. Pertanto, tale emolumento, come specificato dalla Relazione tecnica allegata al disegno di legge, non è computabile agli effetti dell’indennità premio di fine servizio, dell’indennità sostitutiva di preavviso, del TFR, nonché delle indennità per cessazione del rapporto di lavoro da corrispondersi agli eredi che vivevano a carico del prestatore di lavoro in caso di morte di quest’ultimo (comma 1).

Le relative somme saranno ripartite, nel 2023, con uno o più decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, sulla base del personale in servizio al 1° gennaio 2023 (comma 4).

Il suddetto importo - comprensivo degli oneri contributivi ai fini previdenziali e dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) -concorre a costituire l'importo complessivo massimo destinato, in ciascun anno del triennio di riferimento, al rinnovo dei contratti del pubblico impiego ed alle modifiche del trattamento economico e normativo del personale dipendente dalle amministrazioni statali in regime di diritto pubblico, ai sensi dell’articolo 21, comma 1-ter, lett. e) della legge n. 196 del 2009[60] (comma 2).

Infine, si dispone che per il personale dipendente da amministrazioni, istituzioni ed enti pubblici diversi dall’amministrazione statale, gli oneri di cui al comma 1 sono posti a carico dei rispettivi bilanci e sono destinati alla medesima finalità (comma 3).


 

Articolo 63
(Misure a sostegno del Piano strategico nazionale contro la violenza sulle donne e rifinanziamento del Fondo per le misure anti-tratta)

 

 

L’articolo 63 incrementa – portandole da 5 a 15 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2023 - le risorse del fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, al fine di potenziare le azioni previste dal Piano strategico nazionale contro la violenza sulle donne (comma 1).

L’articolo inoltre stanzia 2 milioni di euro per il 2023 e 7 milioni di euro annui a decorrere dal 2024, da destinare all’attuazione del Piano nazionale d'azione contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani (comma 2).

 

Il comma 1 interviene sull’art. 5 del d.l. n. 93 del 2013, che disciplina il Piano strategico nazionale contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, prevedendo che - per il finanziamento del suddetto Piano - le risorse del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, siano incrementate di 10 milioni di euro annui rispetto ai 5 milioni attualmente previsti e portando dunque le risorse stanziate annualmente a 15 milioni di euro a decorrere dal 2023.

 

La disciplina del Piano, previsto e disciplinato dall’art. 5 del D.L. n. 93 del 2013, è stata in parte recentemente modificata dall'art. 1, comma 149, della legge di bilancio 2022 (legge n. 234/2021), che ne ha innanzitutto mutato la denominazione da Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere a Piano strategico nazionale contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica; il Piano perde quindi la qualifica di "straordinario" per diventare uno strumento "strategico" nel contrasto alla violenza sulle donne. 

Dopo l'emanazione nel 2015 del primo Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere e del Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020, è stato adottato, il 21 novembre 2021, il terzo Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne per il biennio 2021-2023. Il Piano 2021-2023 ripropone la struttura del Piano precedente, con un'articolazione in 4 assi tematici (prevenzione, protezione e sostegno, perseguire e punire, assistenza e promozione) secondo le linee indicate dalla Convenzione di Istanbul, a ciascuna delle quali si ricollegano specifiche priorità.

Per quanto riguarda le risorse finanziarie a sostegno degli interventi previsti dal Piano, occorre fare riferimento alle risorse del Fondo per le pari opportunità che sono appostate - unitamente agli altri eventuali ulteriori interventi a carico del Fondo - nel cap. 2108 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (MEF), per essere successivamente trasferite al bilancio della Presidenza del Consiglio, dove il cap. 496 contiene le somme da destinare al Piano contro la violenza alle donne.

 

Il comma 2 rifinanzia con 2 milioni di euro per il 2023 e 7 milioni di euro annui a decorrere dal 2024, il programma di emersione, assistenza e integrazione sociale attuativo del Piano nazionale d'azione contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani. Le somme sono destinate al bilancio della Presidenza del Consiglio.

A tal fine la disposizione interviene sull’articolo 1, comma 417, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), che da ultimo aveva destinato al suddetto programma una somma pari a 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018, in attuazione del Piano nazionale d'azione contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani, nonché per la realizzazione delle correlate azioni di supporto e di sistema da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri- Dipartimento per le pari opportunità.

L’art. 18 del TU immigrazione (D.Lgs. n. 286 del 1998), ha previsto un programma di emersione, assistenza e integrazione sociale destinato agli stranieri e ai cittadini UE vittime del reato di riduzione (o mantenimento) in schiavitù o servitù (art. 600 c.p.) e del reato di tratta (art. 601 c.p.) o nei cui confronti siano accertate situazioni di violenza o di grave sfruttamento ed emergano concreti pericoli per la loro incolumità, per effetto dei tentativi di sottrarsi ai condizionamenti di un'associazione criminale dedita alla tratta o delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari o del giudizio penale (comma 3-bis). Il programma garantisce, in via transitoria, adeguate condizioni di alloggio, di vitto e di assistenza sanitaria e, successivamente, la prosecuzione dell'assistenza e l'integrazione sociale. La disciplina del programma unico di emersione, assistenza e integrazione sociale è contenuta nel D.P.C.M. del 16 maggio 2016.

Il Piano nazionale d'azione contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani di cui all'articolo 13, comma 2-bis, della legge 11 agosto 2003, n. 228, è adottato su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro dell'interno nell'ambito delle rispettive competenze, sentiti gli altri Ministri interessati, previa acquisizione dell'intesa in sede di Conferenza Unificata, al fine di definire strategie pluriennali di intervento per la prevenzione e il contrasto al fenomeno della tratta e del grave sfruttamento degli esseri umani, nonché azioni finalizzate alla sensibilizzazione, alla prevenzione sociale, all'emersione e all'integrazione sociale delle vittime.. Il Piano nazionale d’azione contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani relativo al periodo 2022-2025 è stato adottato dal Consiglio dei ministri del 19 ottobre 2022 (l’adozione del precedente Piano risaliva a febbraio 2016 ed era relativo agli anni 2016-2018).

 


 

Articolo 64
(Modifiche alla disciplina delle prestazioni occasionali)

 

 

L’articolo 64 è volto a estendere la possibilità di acquisire prestazioni di lavoro occasionali, innanzi tutto elevando da cinque a dieci mila euro l’anno il limite massimo dei compensi che possono essere corrisposti da ciascun utilizzatore e ammettendone il ricorso anche da parte degli utilizzatori con più di cinque, fino a dieci, lavoratori a tempo indeterminato.

Nel settore agricolo, si rimuove il divieto di ricorrere al contratto di prestazione occasionale per prestazioni rese da soggetti iscritti nell’anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli e si consente l’acquisizione di prestazioni occasionali anche in relazione alle attività agricole di carattere stagionale, per un periodo non superiore a 45 giorni l’anno.

 

L’articolo 64, attraverso modifiche puntuali all’articolo 54-bis del D.L. n. 50/2017, estende la possibilità di acquisire prestazioni occasionali.

 

Al comma 1, lettera a), è elevato da cinque a dieci mila euro nel corso di un anno civile il limite massimo di compensi che possono essere corrisposti da ciascun utilizzatore per prestazioni occasionali, con riferimento alla totalità dei prestatori. Resta, invece, fermo a 5 mila euro il compenso massimo che può essere percepito da ciascun prestatore nel corso dell’anno civile.

 

Al comma 1, lettera d), è rimosso il divieto di ricorso al contratto di prestazione occasionale per gli utilizzatori che hanno alle proprie dipendenze un numero di lavoratori subordinati a tempo indeterminato da cinque a dieci. Attualmente, infatti, il divieto interessa gli utilizzatori con più di cinque dipendenti a tempo indeterminato. Tale soglia è elevata a dieci dalla disposizione in esame. Detto limite si applicherebbe anche a tutte le aziende alberghiere e le strutture ricettive che operano nel settore del turismo, equiparate, dunque, agli altri utilizzatori.

 

Si rammenta che il testo vigente dell’articolo 54-bis, comma 14 del D.L. n. 50/2017 consente ai medesimi operatori del settore del turismo di ricorrervi anche in deroga al limite di cinque lavoratori a tempo indeterminato a condizione che alle proprie dipendenze abbiano fino a otto lavoratori (a tempo indeterminato o determinato) e purché le prestazioni siano rese dai seguenti soggetti: titolari di pensione di vecchiaia o di invalidità, giovani con meno di 25 anni iscritti a un corso di studi, disoccupati, percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito.

 

Al comma 1, lettera b), si ammette il ricorso a prestazioni occasionali anche per lo svolgimento di attività lavorative di natura occasionale svolte nell’ambito delle attività agricole di carattere stagionale per un periodo non superiore a 45 giorni nel corso dell’anno solare. In tal caso, per ogni giornata lavorativa va corrisposto al lavoratore un compenso pattuito per la prestazione in misura pari almeno a quella minima fissata per la remunerazione di tre ore lavorative prevista per il settore agricoltura. È fatto salvo quanto previsto al successivo comma 16, laddove prevede che, nel settore agricolo, il compenso minimo sia pari all'importo della retribuzione oraria delle prestazioni di natura subordinata individuata dal contratto collettivo di lavoro stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

 

Il comma 1, lettera d), sopprime la lettera b) dell’articolo 54-bis, comma 14 del D.L. n. 50/2017 che vieta il ricorso al contratto di prestazione occasionale da parte delle imprese del settore agricolo a meno che non siano titolari di pensione di vecchiaia o di invalidità, giovani con meno di 25 anni iscritti a un corso di studi, disoccupati o percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito e purché, in ogni caso, non siano iscritti nell'anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli.

 

Al comma 1, lettera c), è conseguentemente abrogata la disposizione di cui all’articolo 54-bis, comma 8-bis del D.L. n. 50/2017 che obbliga, per prestazioni da rendere a favore di imprese del settore agricolo, il prestatore ad autocertificare, nella piattaforma informatica INPS, di non essere stato iscritto nell’anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli.

 


 

Capo II Famiglia e disabilità

Articolo 65
(Norme in materia di assegno unico e universale per i figli a carico)

 

 

L’articolo 65 reca alcune novelle alla disciplina dell'assegno unico e universale per i figli a carico, di cui al D.Lgs. 29 dicembre 2021, n. 230. Le novelle rendono permanenti, al fine della misura dell'assegno, le equiparazioni, già previste fino al 31 dicembre 2022, rispettivamente: tra il figlio minorenne a carico e il figlio maggiorenne disabile e a carico; tra il figlio minorenne a carico e disabile e il figlio di età inferiore a ventuno anni, sempre disabile e a carico. Inoltre, si proroga, nell'ambito dell'istituto in esame, un ulteriore beneficio con riferimento ai figli a carico con disabilità, nell'ambito dei nuclei familiari rientranti in una determinata fattispecie, e si introduce un incremento dell'assegno con riferimento ai figli di età inferiore ad un anno ovvero, in una determinata ipotesi, di età inferiore a tre anni.

 

Più in particolare, in base alle novelle in esame:

§  la misura di base[61] dell'assegno in esame per ciascun figlio maggiorenne a carico[62] e disabile[63] viene equiparata in via permanente a quella generale prevista per ciascun figlio minorenne a carico. Si ricorda che l'equiparazione è già stata prevista in via transitoria fino al 31 dicembre 2022[64]; la novella sopprime sia tale termine temporale sia, correlativamente, gli importi complessivi specifici (meno elevati di quelli suddetti) previsti, a decorrere dal 2023, per i figli maggiorenni disabili e a carico[65];

§  la maggiorazione (dell'assegno in esame) prevista per ciascun figlio minorenne a carico e disabile viene estesa in via permanente per i figli maggiorenni - a carico e disabili - di età inferiore a ventuno anni[66]. Anche in tal caso, l'equiparazione è già stata prevista in via transitoria fino al 31 dicembre 2022 (riguardo alle novelle soppressive, cfr. supra);

§  si prevede (analogamente alla disposizione operante fino al 31 dicembre 2022) un importo aggiuntivo (dell'assegno in esame) per i nuclei familiari con almeno un figlio a carico con disabilità e rientranti nell'ambito di applicazione della maggiorazione temporanea di cui all'articolo 5 del citato D.Lgs. n. 230 del 2021, e successive modificazioni. L'importo aggiuntivo in esame è pari, in base alla formulazione letterale della norma oggetto di novella[67], a 120 euro mensili. Si ricorda che la suddetta maggiorazione temporanea, in base al citato art. 5 del D.Lgs. 230/21,  ha natura decrescente, essendo il relativo importo ridotto a due terzi a partire dal 1° gennaio 2023 e ad un terzo per il 2024 e per i mesi di gennaio e febbraio del 2025 (dal mese di marzo 2025 la maggiorazione cessa); la relazione tecnica allegata al disegno di legge di bilancio[68] sembrerebbe considerare gli oneri finanziari derivanti dalla novella in oggetto secondo un importo fisso e permanente - importo pari, come detto, a 120 euro -; si valuti l'opportunità di chiarire tale profilo, considerato che l'importo aggiuntivo in esame è qualificato dalla normativa oggetto di novella (cfr. il comma 9-bis del citato articolo 5 del D.Lgs. n. 230) come un incremento della maggiorazione temporanea. Riguardo all'ambito di applicazione - all'interno del quale è riconosciuto, con riferimento, come detto, ai casi di presenza di un figlio a carico con disabilità, l'importo aggiuntivo -, si ricorda che la maggiorazione di cui al citato articolo 5 del D.Lgs. n. 230[69] spetta qualora sussistano entrambe le seguenti condizioni: il valore dell’ISEE[70] del nucleo familiare non sia superiore a 25.000 euro; sia stato effettivamente percepito[71], nel corso del 2021, l’assegno per il nucleo familiare, in presenza di figli minori;

§  si introduce, con decorrenza dal 1° gennaio 2023, un incremento della misura dell'assegno in esame - incremento pari al 50 per cento (commisurato sull'assegno al netto dell'eventuale maggiorazione temporanea suddetta) - per ciascun figlio di età inferiore ad un anno, oppure di età inferiore a tre anni nel caso in cui l'ISEE del nucleo familiare sia inferiore o pari a 40.000 euro e nel nucleo medesimo vi siano almeno tre figli. Si valuti l'opportunità di chiarire se l'incremento percentuale in oggetto si applichi anche prima della nascita del figlio, considerato che la disciplina dell'assegno in esame prevede il riconoscimento dell'assegno, per i nuovi nati, a decorrere dal settimo mese di gravidanza[72], e se nel computo dei tre figli rientrino anche quelli non a carico.

Si ricorda che, per i nuclei familiari percettori di Reddito di cittadinanza, la misura dell'assegno unico e universale per i figli a carico è determinata secondo uno specifico criterio di calcolo[73].

In relazione alle suddette novelle, nonché sulla base dell'attività di monitoraggio finanziario svolta dall'INPS, il presente articolo 65 provvede alla riquantificazione degli oneri finanziari derivanti dall'applicazione dell'istituto dell'assegno unico e universale; a tali quantificazioni occorre tuttavia aggiungere gli importi di cui all'articolo 59, comma 7, alla cui scheda si rinvia.


 

Articolo 66
(Congedo parentale)

 

 

L’articolo 66 prevede, con riferimento alla madre lavoratrice dipendente e limitatamente ad un periodo o ad un complesso di periodi[74] non superiori ad un mese e compresi entro il sesto anno di vita del bambino - ovvero entro il sesto anno dall’ingresso in famiglia del minore nel caso di adozione o affidamento[75] -, un elevamento della misura dell'indennità per congedo parentale; la relativa aliquota (commisurata sulla retribuzione) viene elevata dal trenta all'ottanta per cento. L'elevamento non si applica per i casi in cui il periodo di congedo di maternità sia terminato entro il 31 dicembre 2022[76].

 

La novella di cui all'articolo 66 concerne l'articolo 34, comma 1, del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, e successive modificazioni.

Il citato comma 1 riconosce il trattamento economico - pari, come accennato, al trenta per cento della retribuzione[77] e costituito da un'indennità corrisposta dall'INPS o, per i dipendenti pubblici, dal datore di lavoro - per i seguenti periodi di congedo parentale, salvi i casi di periodo più ampio in relazione al reddito individuale o all'ipotesi che il congedo riguardi un minore disabile in situazione di gravità accertata[78]: per tre mesi per ciascun genitore - tale diritto non è trasferibile all'altro genitore -; per un ulteriore periodo di tre mesi, fruibile in alternativa (o anche divisibile) tra i genitori[79]; per nove mesi di congedo, qualora vi sia un solo genitore o l'affidamento del minore sia esclusivo di un genitore.

La novella in esame inserisce la norma sul suddetto elevamento nel primo periodo del citato articolo 34, comma 1, del testo unico, periodo concernente la quota di tre mesi di congedo usufruibile da ciascun genitore. Si valuti l'opportunità di inserire una novella di coordinamento nel terzo periodo dello stesso articolo 34, comma 1, periodo relativo ai nove mesi di congedo parentale a cui ha diritto il genitore unico o titolare dell'affidamento esclusivo, al fine di fare salva esplicitamente - nell'ambito della formulazione sull'aliquota del trenta per cento - l'ipotesi di elevamento in oggetto.


 

Articolo 67
(Fondo per le periferie inclusive)

 

 

L’articolo 67 istituisce il Fondo per le periferie inclusive con una dotazione di 10 milioni per il 2023. Il Fondo è destinato ai comuni con popolazione superiore a 300.000 abitanti per il finanziamento di progetti finalizzati a favorire, nelle periferie, l’inclusione sociale delle persone con disabilità e il miglioramento del loro livello di autonomia. A un decreto del Presidente del Consiglio è demandato il compito di regolamentare il Fondo (requisiti di ammissibilità dei progetti, modalità di erogazione del finanziamento e eventuali forme di co-finanziamento), e di istituire un Comitato di valutazione che definisca i criteri per la valutazione dei progetti favorendo l'attivazione di finanziamenti pubblici e privati, il coinvolgimento di enti privati, anche del Terzo settore, e le forme di co-programmazione e co-progettazione.

 

La norma in commento, al comma 1, istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un Fondo denominato “Fondo per le periferie inclusive”, con una dotazione di 10 milioni di euro per il  2023, il cui stanziamento è da trasferirsi al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Fondo è destinato ai comuni con popolazione superiore a 300.000 abitanti per il finanziamento di progetti finalizzati a favorire l’inclusione sociale delle persone con disabilità nelle aree periferiche urbane delle grandi città, favorendo al contempo un miglioramento del livello di autonomia, in coerenza con gli obiettivi fissati dall’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 25 settembre 2015. Con riguardo alla dotazione del Fondo, la RT al provvedimento evidenzia che, tenuto conto del numero dei comuni italiani con più di 300 mila abitanti (pari a 10), si stima un contributo medio per ciascuna città di circa 1 milione di euro.

 

Il Rapporto del 2018 dell’ONU “Un Flagship Report on Disability and Development 2018: Realization of the Sustainable Development Goals by, for and with persons with disabilities” ha analizzato per la prima volta lo stato dell’arte rispetto ai 17 obiettivi di sviluppo sostenibile delle persone con disabilità: più diffusa povertà, minore accesso a salute, istruzione e lavoro, inaccessibilità dei trasporti pubblici, maggiore rischio di violenza. D’altra parte il Rapporto evidenzia il crescente numero di buone pratiche che possono creare una società più inclusiva, sottolineando l’esigenza di riconoscere il contributo che le persone con disabilità possono dare allo sviluppo della società (qui una sintesi del Rapporto).

 

Il comma 2 demanda ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o dell’Autorità con delega in materia di disabilità[80], da adottare, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze, delle infrastrutture e dei trasporti, del lavoro e delle politiche sociali, previa intesa in sede di Conferenza unificata, la definizione:

a) dei tempi e delle modalità di presentazione della domanda, i requisiti di ammissibilità e le relative modalità di erogazione del finanziamento e le eventuali forme di co-finanziamento;

b) dei criteri per la valutazione delle proposte da parte del Comitato per la valutazione dei progetti (a cui è dedicato il successivo comma 3), individuati in coerenza con le finalità del Fondo, privilegiando in particolare l'attivazione di finanziamenti sia pubblici che privati, il coinvolgimento di enti privati, anche del Terzo settore, e le forme di co-programmazione e co-progettazione di cui all’articolo 55 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n.117;

 

Il Titolo VII (artt. 55, 56 e 57) del Codice del terzo settore (CTS) individua una serie di istituti specifici che valorizzano i rapporti collaborativi sulle “attività di interesse generale” (di cui all’art. 5 del CTS) fra la Pubblica amministrazione ed il Terzo settore. In particolare l’art. 55 prevede rapporti di partenariato fra enti della pubblica amministrazione e gli Enti del Terzo settore (ETS) attraverso forme di partenariqto, co-programmazione e co-progettazione (con possibilità di accreditamento). Il successivo art. 56 prevede convenzioni fra pubblica amministrazione ed Organizzazioni di volontariato (ODV) e Associazioni di promozione sociale (APS) finalizzate allo svolgimento in favore di terzi di attività o servizi sociali di interesse generale, se più favorevoli rispetto al ricorso al mercato. Infine, l’art. 57 dispone che i servizi di trasporto sanitario di emergenza e urgenza possano essere, in via prioritaria, oggetto di affidamento in convenzione alle Organizzazioni di volontariato. Sul punto è intervenuta la  Sentenza della Corte costituzionale n. 131 del 2020 che sottolinea come l’art. 55 del CTS realizzi per la prima volta in termini generali una vera e propria procedimentalizzazione dell’azione sussidiaria, realizzando “una delle più significative attuazioni del principio di sussidiarietà orizzontale valorizzato dall’art. 118, quarto comma, Cost.”. La Corte ritiene che in tal modo si instauri, tra i soggetti pubblici e gli ETS, un canale di amministrazione condivisa, alternativo a quello del profitto e del mercato: la ‘co-programmazione’, la ‘co-progettazione’ e il ‘partenariato’ (che può condurre anche a forme di ‘accreditamento’) si configurano come fasi di un procedimento complesso, espressione di un diverso rapporto tra il pubblico ed il privato sociale, non fondato semplicemente su un rapporto sinallagmatico (contratto a prestazioni corrispettive). Il modello configurato dall’art. 55 CTS, infatti, non si basa sulla corresponsione di prezzi e corrispettivi dalla parte pubblica a quella privata, ma sulla convergenza di obiettivi e sull’aggregazione di risorse pubbliche e private per la programmazione e la progettazione, in comune, di servizi e interventi diretti a elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, secondo una sfera relazionale che si colloca al di là del mero scambio utilitaristico”. La Corte inoltre evidenzia che “lo stesso diritto dell’unione … mantiene, a ben vedere, in capo agli stati membri la possibilità di apprestare, in relazione ad attività a spiccata valenza sociale, un modello organizzativo ispirato non al principio di concorrenza ma a quello di solidarietà”;

c) delle modalità di monitoraggio e le ipotesi di revoca del finanziamento.

 

Ai sensi del comma 3, il d.P.C.M di cui al precedente comma istituisce presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, il Comitato per la valutazione dei progetti, composto da due rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei ministri o dell’Autorità con delega in materia di disabilità, di cui uno con funzioni di presidente, da un rappresentante del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, del Ministero dell'economia e delle finanze e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nonché da un rappresentante dell'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI). Ai componenti del Comitato non è corrisposto alcun compenso, indennità, rimborso di spese e ogni altro emolumento comunque denominato.

 

 

 


 

TITOLO V – CRESCITA E INVESTIMENTI

Capo I Misure per favorire la crescita e gli investimenti

Articolo 68
(
Misure per fronteggiare l’aumento del costo dei materiali
per le opere pubbliche)

 

 

L’articolo 68 reca alcune disposizioni volte a fronteggiare, nel settore degli appalti pubblici di lavori, gli aumenti eccezionali dei prezzi dei materiali da costruzione, dei carburanti e dei prodotti energetici attraverso un incremento delle risorse finanziarie a dispozione.

Attraverso tale intervento normativo si mira, tra l'altro, ad assicurare la realizzazione degli interventi finanziati in tutto o in parte con le risorse del PNRR e del PNC.

 

Il comma 1, al fine di fronteggiare gli aumenti eccezionali dei prezzi dei materiali da costruzione, nonché dei carburanti e dei prodotti energetici, registrati a seguito dell’aggiornamento, per l’anno 2023, dei prezzari regionali di cui all'articolo 23, comma 16, terzo periodo, del decreto legislativo n. 50 del 2016 e in relazione alle procedure di affidamento delle opere pubbliche avviate dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023, anche tramite accordi quadro, ovvero affidate a contraente generale,  incrementa la dotazione del Fondo per l’avvio delle opere indifferibili.

In particolare l'incremento in questione è pari a: 500 milioni di euro per l'anno 2023, di 1000 milioni di euro per il 2024, 2000 milioni di euro per l'anno 2025, 3000 milioni di euro per l'anno 2026e di 3500 milioni di euro per l'anno 2027.

Il comma 2 prevede che, per le medesime finalità di cui al comma 1, e a valere sulle risorse del Fondo per l’avvio delle opere indifferibili, agli interventi degli enti locali, finanziati con risorse previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), nonché dal Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR, sia preassegnato, in aggiunta all’importo assegnato con il relativo decreto di assegnazione, un contributo nella misura percentuale del 10 per cento dell’importo di cui al predetto decreto di assegnazione delle risorse del Fondo per l’avvio delle opere indifferibili.

Si prevede, inoltre, che alla preassegnazione accedano, su base semestrale, gli enti locali attuatori che avviano le procedure di affidamento delle opere pubbliche dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023.

 

Il comma 3 prevede che le regioni, entro il 31 gennaio 2023 e entro il 30 giugno 2023, procedono all’aggiornamento dei prezzari regionali. In caso di inadempienza da parte delle regioni, i prezzari sono aggiornati, entro i successivi quindici giorni, dalle competenti articolazioni territoriali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sentite le regioni interessate.

Il comma 4 stabilisce che per l’accesso al Fondo, i prezzari regionali aggiornati ai sensi del comma 3 si applichino alle procedure di affidamento per opere pubbliche ed interventi per le quali intervengano la pubblicazione dei bandi o dell’avviso per l’indizione della procedura di gara, ovvero l’invio delle lettere di invito finalizzate all’affidamento di lavori e alle medesime procedure di affidamento avviate, rispettivamente, dal 1° gennaio 2023 al 30 giugno 2023 e dal 1° luglio 2023 al 31 dicembre 2023, anche tramite accordi quadro ovvero affidate a contraente generale.

Il comma 5 prevede che, per fronteggiare i maggiori costi derivanti dall'aggiornamento dei prezzari, le stazioni appaltanti debbano preliminarmente procedere alla rimodulazione delle “somme a disposizione” indicate nel quadro economico degli interventi e che possano utilizzare le somme disponibili relative ad altri interventi ultimati di competenza delle medesime stazioni appaltanti e per i quali siano stati eseguiti i relativi collaudi o emessi i certificati di regolare esecuzione, nel rispetto delle procedure contabili della spesa e nei limiti della residua spesa autorizzata disponibile alla data di entrata in vigore della presente disposizione.

Il comma 6, fermo quanto previsto dal comma 5 del presente articolo, prevede che l’accesso al Fondo sia consentito esclusivamente per far fronte al maggior fabbisogno derivante dall’applicazione dei prezzari aggiornati relativamente alla voce “lavori” del quadro economico dell’intervento ovvero con riguardo alle altre voci del medesimo quadro economico, qualora, le stesse, ai sensi della normativa vigente, siano determinate in misura percentuale all’importo posto a base di gara e il loro valore sia funzionalmente e strettamente collegato all’incremento dei costi dei materiali.

Il comma 7 elenca gli interventi finanziati dal Fondo con risorse statali o europee, secondo il seguente ordine prioritario:

§  gli interventi finanziati in tutto o in parte, con le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR);

§  gli interventi integralmente finanziati la cui realizzazione deve essere ultimata entro il 31 dicembre 2026, relativi al Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR e quelli in relazione ai quali siano nominati Commissari straordinari;

§  gli interventi per i quali sia stata presentata, per l’anno 2022, istanza di accesso al Fondo e con riguardo ai quali non sia stata avviata, nel termine prefissato, la relativa procedura di affidamento;

§  limitatamente al secondo semestre, gli interventi integralmente finanziati con risorse statali, la cui realizzazione deve essere ultimata entro il 31 dicembre 2026.

Il comma 8 prevede che la determinazione della graduatoria semestrale degli interventi, qualora l’entità delle richieste pervenute superi l’ammontare delle risorse disponibili del Fondo, costituenti limite di spesa, tiene conto del seguente ordine di priorità:

§  della data prevista di pubblicazione dei bandi o dell'avviso per l'indizione della procedura di gara, ovvero l'invio delle lettere di invito che siano finalizzate all'affidamento di lavori nonché l'affidamento congiunto di progettazione ed esecuzione dei relativi lavori;

§  dell'ordine cronologico di presentazione delle domande da parte delle stazioni appaltanti e validate dalle Amministrazioni statali finanziatrici degli interventi o titolari dei relativi programmi di investimento.

Il comma 9 demanda ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, l’individuazione delle modalità e del termine semestrale di presentazione, attraverso apposita piattaforma informatica, già in uso presso il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, delle domande di accesso al Fondo da parte delle stazioni appaltanti e delle istanze di assegnazione delle risorse del medesimo Fondo da parte delle Amministrazioni statali finanziatrici degli interventi o titolari dei relativi programmi di investimento, stabilendo un termine per la convalida delle predette domande.

Il comma 10 dispone che l'assegnazione delle risorse di cui al comma 2 ed al comma 9, costituisce titolo per l'avvio delle procedure di affidamento delle opere pubbliche.

Il comma 11, infine, precisa il perimetro dei soggetti cui si applicano le disposizioni di cui al presente articolo.


 

Articolo 69
(Mezzi di pagamento)

 

 

L’articolo 69 innalza il valore soglia oltre il quale si applica il divieto al trasferimento di denaro contante, portandolo, a decorrere dal 1°gennaio 2023, da 1.000 a 5.000 euro.

Viene, altresì stabilito che per le cifre inferiori a sessanta euro nelle attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi non si applica l’obbligo di accettare i pagamenti con carte di pagamento.

 

Il comma 1 dell’articolo in esame introduce delle modifiche all’articolo 49 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, in materia di limitazione all’uso del contante.

In particolare, la lettera a) sostituisce un riferimento normativo non più vigente previsto al comma 2 del sopra citato articolo 49. Viene infatti sostituito il riferimento al servizio di rimessa di denaro indicato all'articolo 1, comma 1, lettera b), numero 6), del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 11 (definizione prevista nel testo precedente le modifiche apportate dal D.Lgs. 15 dicembre 2017, n. 218.) con la definizione servizio di rimessa indicata al vigente articolo 1, comma 2, lettera h-septies.1), numero 6), del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385.

 

La lettera b) stabilisce che il valore soglia oltre il quale si applica il divieto al trasferimento di denaro contante e di titoli al portatore in euro o in valuta estera, effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi, siano esse persone fisiche o giuridiche, a decorrere dal 1° gennaio 2023 sia di 5.000 euro.

Si ricorda, sul punto, che l’articolo 49, comma 3-bis, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, prevedeva che a decorrere dal 1°luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2021, il divieto di trasferimento di denaro contante e di titoli al portatore in euro o in valuta estera, effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi pari o superiore a 3.000 euro, e la soglia di medesimo importo prevista per la negoziazione a pronti di mezzi di pagamento in valuta, sono riferiti alla cifra di 2.000 euro (a decorrere dal 1°luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2021). A decorrere dal 1°gennaio 2022 il predetto divieto veniva riferito alla cifra di 1.000 euro. Successivamente l'articolo 3, comma 6-septies, del decreto legge n.228 del 2021 ha stabilito che il valore soglia ritorna ad essere stabilito nella misura di 2.000 euro fino al 31 dicembre 2022, per ridursi a 1.000 euro a decorrere dal 1° gennaio 2023.

 

Il comma 2 modifica l'articolo 15, comma 4-bis, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, che stabilisce che a decorrere dal 30 giugno 2022, nei casi di mancata accettazione di un pagamento, di qualsiasi importo, effettuato con una carta di pagamento da parte di un soggetto che effettua l'attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, anche professionali, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma pari a 30 euro, aumentata del 4 per cento del valore della transazione per la quale sia stata rifiutata l'accettazione del pagamento. Con la modifica in esame si dispone che le sopra citate sanzioni si applicheranno esclusivamente in caso di mancata accettazione di pagamenti, a mezzo di carta di pagamento (carta di debito, carta di credito e carte prepagate), di importo superiore a sessanta euro.

 

Nella Relazione illustrativa che accompagna il testo si rappresenta che tale misura è stata introdotta da un lato, al fine di assicurare la proporzionalità tra l’entità della sanzione irrogabile (in ogni caso non inferiore ad euro 30) e l’importo del pagamento rifiutato e, dall’altro, di tenere conto della crisi di liquidità e degli incrementi dei costi produttivi, gestionali e operativi, prodotti in capo agli operatori economici dall’inflazione e dall’aumento dei costi dei prodotti energetici, nonché dal ripristino della misura ordinaria del 30% del credito di imposta sulle commissioni bancarie per le transazioni effettuate mediante strumenti di pagamento elettronico disposta dall’articolo 22, commi 1 e 1-bis, del decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124.

 

A tale proposito si ricorda che l’articolo 18 del decreto legge n. 36 del 2022 ha anticipato il termine del 1° gennaio 2023 al 30 giugno 2022 a partire dal quale si applicano le sanzioni (sanzione di importo pari a 30 euro, aumentata del 4 per cento) del valore della transazione per la mancata accettazione dei pagamenti elettronici.

 

Si segnala inoltre che nella relazione illustrativa del decreto-legge n. 36 del 2022 il Governo precisava che: “la previsione di sanzioni per la mancata accettazione di pagamenti effettuati con carta, oltre ad iscriversi tra le misure idonee a disincentivare comportamenti cash-based, inserendosi in una più ampia strategia di riduzione del contante e di promozione di strumenti di pagamento alternativi e digitali, rientra, per il 1° semestre 2022, nella Milestone M1C1 -103 del PNRR (entrata in vigore di atti di diritto primario e derivato e delle disposizioni regolamentari e completamento delle procedure amministrative per incoraggiare il rispetto degli obblighi fiscali (tax compliance) e migliorare gli audit e i controlli) che al punto iii) prevede “l’entrata in vigore della riforma della legislazione al fine di garantire sanzioni amministrative efficaci in caso di rifiuto da parte di fornitori privati di accettare pagamenti elettronici”.


 

Articolo 70
(Rifinanziamento dei contratti di sviluppo)

 

 

L’articolo 70 rifinanzia lo strumento agevolativo dei contratti di sviluppo per:

a)   160 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2027 e 240 milioni per ciascuno degli anni dal 2028 al 2037 destinando le risorse ai programmi di sviluppo industriale, compresi i programmi riguardanti l’attività di trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli, e ai programmi di sviluppo per la tutela ambientale;

b)   40 milioni per ciascuno degli anni dal 2023 al 2027 e 60 milioni per ciascuno degli anni dal 2028 al 2037 per i programmi di sviluppo di attività turistiche (comma 1).

Il Ministero delle imprese e del Made in Italy può impartire ad INVITALIA, soggetto gestore, direttive specifiche per l’utilizzo delle predette risorse, al fine di sostenere la realizzazione di particolari finalità di sviluppo (comma 2).

 

La relazione illustrativa evidenzia che, alla luce dei risultati conseguiti e dei dati di operatività, lo strumento agevolativo dei contratti di sviluppo, disciplinati all’articolo 43 del D.L. n. 112/2008, si è dimostrato in grado di intercettare e soddisfare un’ampia gamma di esigenze imprenditoriali, anche alla luce degli ampi margini di flessibilità che caratterizzano le modalità attuative, registrando negli anni una forte risposta da parte del tessuto produttivo ed una sempre crescente richiesta di intervento.

In tale contesto, la dotazione finanziaria disponibile risulta non sufficiente a garantire – anche in prospettiva – una piena operatività dello strumento, anche tenuto conto dei particolari ambiti di intervento propri di talune delle assegnazioni in passato intervenute. Di qui la ratio dell’articolo in esame, volto a rifinanziare lo strumento agevolativo nella misura sopra indicata.

 

I Contratti di Sviluppo - finalizzati al sostegno di grandi progetti di investimento nei settori industriale, turistico, commerciale, e della tutela ambientale – costituiscono uno strumento di politica industriale che registra una forte risposta da parte del tessuto produttivo nazionale, con particolare riferimento alle aree del Sud del Paese, sebbene non sia esclusivamente e direttamente destinato a tali realtà territoriali. In tal senso, rientra tra gli strumenti di politica di coesione economica, essendo, i contratti di sviluppo, per buona parte, finanziati attraverso le risorse dei Fondi strutturali europei, PON Competitività, e del Fondo per lo sviluppo e la coesione, con i relativi vincoli territoriali per esse previsti (80% Mezzogiorno e 20% Centro-Nord). Negli ultimi anni, lo strumento è stato considerevolmente potenziato, sia quanto ad ambito di intervento e a velocizzazione delle relative procedure, sia quanto a risorse finanziarie ad esso dedicate, per le quali si rinvia al paragrafo infra, accennandosi già qui le risorse assegnate ai contratti di sviluppo non derivano solo da interventi legislativi ad hoc, ma anche dal riparto del Fondo sviluppo e coesione e dai Fondi strutturali.

 

La disciplina dei contratti di sviluppo

Il "contratto di sviluppo" è stato introdotto nell'ordinamento dall'art. 43 del decreto-legge n. 112/2008 in funzione di semplificazione degli strumenti di attrazione degli investimenti e di sviluppo d'impresa. È divenuto operativo dal 2011.

L’articolo 43 ha affidato all'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.a. - INVITALIA le funzioni di gestione dell'intervento.

Lo strumento è stato riformato ai sensi di quanto previsto dall’articolo 3 del D.L. n. 69/2013 (L. n. 98/2013). In attuazione della norma testé citata è stato adottato il D.M. 14 febbraio 2014 e il D.M. 9 dicembre 2014, che ha adeguato la disciplina della misura alla normativa sugli aiuti di Stato di cui al Regolamento generale di esenzione per categoria (di determinate tipologie di aiuti dall’obbligo di notifica preventiva alla Commissione UE), cd. GBER (General Block Exempion Regulation), Regolamento 651/2014/UE, la cui efficacia è stata prorogata al 31 dicembre 2023.

Il D.M. 9 dicembre 2014 è stato da ultimo modificato ed integrato dal D.M 2 novembre 2021, che ha introdotto nuovi requisiti volti a valutare la rilevanza strategica dei programmi di sviluppo finanziati attraverso lo strumento.

Ai sensi dell’articolo 4, i programmi finanziabili sono:

- di sviluppo industriale, compresi i programmi riguardanti l’attività di trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli;

- di sviluppo per la tutela ambientale;

- di sviluppo di attività turistiche che possono comprendere, per un importo non superiore al 20% degli investimenti complessivi da realizzare, programmi destinati allo sviluppo delle attività commerciali (comma 1).

I programmi di sviluppo possono includere la realizzazione di opere infrastrutturali, materiali e immateriali, ad essi funzionali. I relativi oneri, compresa la loro progettazione, sono integralmente a carico delle risorse pubbliche.

Solo ove sia accertata la carenza, totale o parziale, di risorse di carattere generale destinabili da parte degli enti pubblici competenti, la copertura delle opere può essere garantita attraverso le risorse riservate ai contratti di sviluppo (comma 2).

L'importo complessivo delle spese e dei costi ammissibili degli investimenti oggetto del programma di sviluppo, con esclusione quindi del costo di opere infrastrutturali, se previste, non deve essere inferiore a 20 milioni di euro, ovvero 7,5 milioni di euro qualora il programma riguardi esclusivamente attività di trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli, e nel caso programmi di sviluppo di attività turistiche che prevedano interventi da realizzare nelle aree interne del Paese o il recupero e la riqualificazione di strutture edilizie dismesse (comma 3)[81].

I beneficiari delle agevolazioni previste per i contratti di sviluppo sono l'impresa che promuove il programma di sviluppo ("soggetto proponente") e le eventuali altre imprese che intendono realizzare i progetti di investimento che compongono il programma ("aderenti"). Il programma di sviluppo può comunque anche essere realizzato in forma congiunta anche mediante il ricorso allo strumento del contratto di rete tra imprese (comma 5).

Il programma deve essere concluso entro 36 mesi dalla data della determinazione di concessione delle agevolazioni, ovvero entro un termine più breve se reso necessario dalla normativa di riferimento in caso di cofinanziamento con risorse comunitarie. Il termine di conclusione del programma può essere prorogato, sulla base di una motivata richiesta dell'impresa beneficiaria, per un periodo massimo di diciotto mesi, ferma restando la compatibilità del termine richiesto con eventuali vincoli relativi alle risorse finanziarie dedicate (comma 4).

L’articolo 4 ammette poi che specifici Accordi di programma, sottoscritti dal Ministero delle imprese e del made in Italy e dalle Regioni, dagli enti pubblici, da INVITALIA, possano destinare una quota parte delle risorse disponibili per l'attuazione degli interventi al finanziamento di iniziative di rilevante e significativo impatto sulla competitività del sistema produttivo dei territori cui le iniziative stesse si riferiscono (comma 6).

L’articolo 9-bis, inserito dal D.M. 8 novembre 2016 e da ultimo modificato con il D.M. di novembre scorso, disciplina poi in modo specifico i programmi di sviluppo di grandi dimensioni (con un importo complessivo di spese e costi ammissibili pari o superiori a 50 milioni di euro, ovvero a 20 milioni di euro se il programma riguardi esclusivamente attività di trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli) aventi una particolare rilevanza strategica in relazione al contesto territoriale e al sistema produttivo interessato, di rilevante impatto ambientale, inteso come programma di sviluppo per la tutela ambientale[82], ovvero realizzati in forma congiunta mediante il ricorso allo strumento del contratto di rete. Tali programmi di sviluppo sono denominati “Accordi di sviluppo”. Ai fini della loro sottoscrizione in quanto programmi di rilevanza strategica, INVITALIA valuterà alternativamente la sussistenza di almeno tre dei requisiti per l’accesso al beneficio dei contratti di sviluppo previsti dall’articolo 9, comma 6[83], del decreto, ovvero il rilevante impatto ambientale del programma, ovvero la realizzazione del programma di sviluppo in forma congiunta mediante il ricorso allo strumento del contratto di rete.

Gli Accordi sono quindi sottoscritti dal MISE, da INVITALIA e l'impresa proponente nonché, qualora intervengano nel cofinanziamento del programma, con le regioni e le eventuali altre amministrazioni interessate. Gli Accordi di sviluppo godono di una corsia preferenziale con priorità nella prenotazione delle risorse e nei tempi di valutazione e di attuazione: i tempi di istruttoria sono di 90 giorni (cfr. sito istituzionale INVITALIA).

Ai fini della sottoscrizione di un accordo di sviluppo, i beneficiari, nel caso in cui sia previsto un incremento occupazionale, si impegnano a procedere prioritariamente, nell'ambito del rispettivo fabbisogno di addetti, e previa verifica dei requisiti professionali, all'assunzione dei lavoratori che risultino percettori di interventi a sostegno del reddito, ovvero risultino disoccupati a seguito di procedure di licenziamento collettivo, ovvero dei lavoratori delle aziende del territorio di riferimento coinvolte da tavoli di crisi attivi presso il Ministero delle imprese e del made in Italy[84].

Ai fini della sottoscrizione dell'Accordo, le regioni comunicano al MISE e all'Agenzia la propria eventuale volontà di stipularlo, impegnandosi ad intervenire nel cofinanziamento del programma di sviluppo.

Le imprese sottoscrittrici non maturano alcun diritto alle agevolazioni, che sono, comunque, subordinate al positivo esito dell'istruttoria da parte di INVITALIA (cfr. articolo 9, che disciplina la fase di accesso, negoziazione e concessione delle agevolazioni).

Le agevolazioni concedibili attraverso i contratti di sviluppo sono indicate dagli articoli 8 e 8-bis.

Le agevolazioni, ai sensi dell’articolo 8, assumono diverse forme, anche in combinazione tra loro: finanziamento agevolato nei limiti del 75% delle spese ammissibili e assistito da garanzie ipotecarie, contributo in conto interessi, contributo in conto impianti e contributo diretto alla spesa. L'utilizzo delle varie forme di agevolazioni e la loro entità è determinato, nel rispetto della disciplina in materia di aiuti di Stato (cfr. art. 16 del decreto), nell'ambito della negoziazione sulla base della tipologia di progetto, della localizzazione dell'iniziativa e della dimensione dell’impresa. Gli incentivi sono diversi per i progetti a finalità ambientale.

Relativamente alle iniziative oggetto:

- degli accordi di programma per l'attuazione degli interventi al finanziamento di iniziative di rilevante e significativo impatto sulla competitività (di cui agli articoli 4, comma 6)

- degli Accordi di sviluppo (di cui all’articolo 9-bis),

sottoscritti dal Ministero e dalle Regioni, dagli enti pubblici, dal Soggetto gestore e dalle imprese interessate, finalizzati al rilancio produttivo di stabilimenti industriali di rilevanti dimensioni, altrimenti dismessi o comunque nei quali l'attività produttiva è stata o verrebbe interrotta, il proponente può richiedere ad INVITALIA, a date condizioni dettagliate nell’articolo 8-bis del decreto, l'assunzione di una partecipazione temporanea e di minoranza nel capitale del medesimo proponente, che viene finanziata dal MISE a valere sulle risorse del Fondo crescita sostenibile. Alla scadenza del decimo anno dalla data di erogazione, INVITALIA deve restituire il finanziamento, per l'importo corrispondente al valore complessivo di smobilizzo degli investimenti, nettizzato di alcune voci.

Per una ricostruzione di dettaglio si rinvia al sito istituzionale dei MISE e al sito di Invitalia S.p.A., soggetto gestore per conto del MISE.

 

Risorse finanziarie

Le risorse finanziarie destinate dall’anno 2014 ai contratti di sviluppo sono indicate nell’apposita pagina del sito istituzionale del Ministero delle imprese e del made in Italy. Tali risorse, come detto, non derivano solo da interventi legislativi ad hoc, ma anche dal riparto del Fondo sviluppo e coesione e dai Fondi strutturali.

Secondo le informazioni ivi riportate, allo strumento sono state assegnate, dal 2014, 7.912,4 milioni di euro, come di seguito dettagliato:

·         250 milioni di euro di risorse del Fondo Sviluppo e Coesione-FSC 2014-2020 (Deliberazione CIPE n. 33/2015)

·         336,3 milioni di euro di risorse del Programma Operativo Nazionale Imprese e Competitività FESR 2014-2020 (decreti del Ministro delle imprese e del made in Italy del 29 luglio 2015 e del 21 maggio 2018)

·         352,2 milioni di euro di risorse del Programma nazionale complementare “Imprese e competitività 2014-2020” (Deliberazione CIPE n. 10/2016)

·         90 milioni di euro di risorse del Fondo per la crescita sostenibile (decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy del 9 agosto 2016, successivamente modificato dal decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy del 2 agosto 2017 e decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy 18 dicembre 2017)

·         20 milioni di euro di risorse del Fondo per la crescita sostenibile destinati ad interventi nel capitale di rischio (decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy del 23 marzo 2018)

·         1.745,6 milioni di euro del “Piano imprese e competitività FSC 2014-2020” (Deliberazioni CIPE n. 25/2016, n. 52/2016 e n. 14/2018)

·         155,8 milioni di euro destinati a programmi di sviluppo promossi da piccole e medie imprese nel territorio della regione Sicilia

·         112,5 milioni di euro di risorse assegnate dalla legge di bilancio per il 2019 (articolo 1, comma 202, della legge 30 dicembre 2018, n. 145)

·         200 milioni di euro di risorse assegnate dalla legge di bilancio per il 2020 (articolo 1, comma 231, della legge 27 dicembre 2019, n. 160)

·         400 milioni di euro di risorse assegnate dall’articolo 80 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18

·         500 milioni di euro per l’anno 2020 autorizzate dall’articolo 60, comma 2, del DL. n. 104/2020

·         50 milioni di euro di risorse assegnate dal decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e delle infrastrutture e dei trasporti, 17 gennaio 2020 destinati al consolidamento della filiera produttiva del trasporto pubblico su gomma e dei sistemi intelligenti per il trasporto (gli ulteriori 50 milioni originariamente destinati all’intervento sono confluiti nella dotazione assegnata all’Investimento 5.3 Misura Missione 2, Componente 2) del PNRR;

·         130 milioni di euro, di cui 100 milioni di euro per l'anno 2021 e di 30 milioni di euro per l'anno 2022, di risorse assegnate dalla legge di bilancio per il 2021 (articolo 1, comma 86, L. 30 dicembre 2020, n. 178), specificamente destinati al finanziamento di programmi di sviluppo turistici realizzati nelle aree interne del Paese ovvero che prevedono il recupero e la riqualificazione di strutture edilizie dismesse e per programmi riguardanti esclusivamente l’attività di trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli accompagnati da investimenti finalizzati all’erogazione di servizi di ospitalità connessi alle suddette attività.

·         200 milioni di euro di risorse assegnate dal D.L. n. 41/2021, articolo 20, commi 7-10, destinati a sostenere gli investimenti finalizzati alla ricerca e alla riconversione industriale nel settore biofarmaceutico verso la produzione di nuovi farmaci e vaccini.

·         1.050 milioni di euro, di cui 100 milioni di euro per l’anno 2022, 100 milioni di euro per il 2023, 80 milioni per il 2024 e 70 milioni per ciascuno degli anni dal 2025 al 2035, disposti, a titolo di rifinanziamento sul capitolo7343/1/MISE, dalla Legge di bilancio 2021, L. 30 dicembre 2020, n. 178, Sez. II.

·         1.950 milioni di euro, di cui 400 milioni di euro per l’esercizio finanziario 2022, 250 milioni di euro per l’esercizio finanziario 2023, e 100 milioni di euro per ciascuno degli esercizi finanziari dal 2024 al 2036, disposti, a titolo di rifinanziamento sul capitolo7343/1/MISE dalla Legge di bilancio per il 2022, Legge 30 dicembre 2021, n. 234, Sez. II [85];

·         2.000 milioni di euro assegnati dal CIPESS con deliberazione n. 7 del 14 aprile 2022, nell’ambito delle disponibilità del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo di programmazione 2021-2027[86];

·         525 milioni di euro, a valere sulle risorse del Fondo istituito dall’articolo 22 del D.L. n. 17/2022 a sostegno della transizione verde, della ricerca e dello sviluppo nel settore automotive;

·         128,092 milioni euro per l’esercizio finanziario 2022 autorizzati sul capitolo 7343/1/MISE, dalla legge di assestamento 2022, L. 5 agosto 2022, n. 111.

·         524 milioni di euro assegnati dal decreto-legge 9 agosto 2022, n. 115, articolo 35, comma 1, lett. a) di cui 40 milioni di euro per l’anno 2022, 400 milioni di euro per l’anno 2023, 12 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2030. Le risorse sono state autorizzate

La Direttiva ministeriale 3 ottobre 2022 – pubblicata in G.U. 22 novembre 2022 - ha stabilito le modalità di utilizzo delle risorse assegnate ai contratti di sviluppo da norme di legge approvate nel 2022, e delle risorse residue destinate agli stessi contratti con direttiva ministeriale 2 marzo 2022.

 

 

 

 

Contratti di sviluppo e PNRR

Il contratto di sviluppo costituisce anche uno degli strumenti principali prescelti per l’attuazione degli investimenti del PNRR. La revisione della relativa disciplina (operata con il decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy  2 novembre 2021 (cfr. infra) è stata in questo senso finalizzata ad orientare lo strumento verso programmi in grado di determinare un maggiore impatto sulla competitività del sistema produttivo nazionale. Di seguito una descrizione degli investimenti per la cui attuazione è stato scelto l’utilizzo dei contratti di sviluppo.

La Missione 1 Componente 2 del PNRR si prefigge di promuovere la digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo attraverso investimenti in politiche industriali di filiera. In particolare, nell’abito dell’Investimento 5 “Sviluppo di una leadership internazionale, industriale e di ricerca e sviluppo nelle principali filiere della transizione”:

·         l’Investimento 5.1 “Rinnovabili e batterie, con una dotazione finanziaria di 1 miliardo di euro mira a sviluppare le filiere industriali nel settore fotovoltaico, eolico e delle batterie (sono previsti tre sub investimenti) [87]. Lo strumento prescelto per la “messa a terra” degli interventi è quello dei contratti di sviluppo [88].

·         l’Investimento 5.2 “Competitività e resilienza delle filiere produttive”, è volto a potenziare la capacità delle filiere più innovative e/o strategiche, attraverso il riconoscimento di un supporto finanziario agli investimenti da concedere tramite i contratti di sviluppo. Il target da conseguire entro il 31 dicembre 2023 prevede la firma di almeno 40 contratti di sviluppo. Le risorse PNRR stanziate sono 750 milioni. Il principio per cui almeno il 40% delle risorse allocabili territorialmente va alle regioni del Mezzogiorno (art. 2, comma 6-bis del D.L. 77/2021, conv. con mod. in L. 108/2021) è stato attuato per la misura in esame dall’art. 1, comma 3, del DM del 13 gennaio 2022, decreto ministeriale attuativo dell’Investimento in questione[89].

Nella Missione 2 Rivoluzione verde e transizione ecologica Componente 2 Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile si segnala, infine, l’Investimento 5.3 “Bus elettrici il quale prevede una dotazione di 300 milioni euro per il periodo 2021 – 2026, di cui 50 milioni imputati a progetti già in essere, per promuovere, mediante il ricorso alla misura dei contratti di sviluppo, la realizzazione di programmi di investimento finalizzati finalizzato a sostenere circa 45 progetti capaci di promuovere la trasformazione verde e digitale dell'industria degli autobus al fine di produrre veicoli elettrici e connessi sostenendo gli investimenti a favore del rinnovo del parco autobus elettrici, ad esclusione degli autobus ibridi. Il decreto del Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili del 29 novembre 2021 ha dato attuazione normativa all’investimento demandando ad un successivo provvedimento del Ministro delle imprese e del made in Italy  le modalità di utilizzo ed erogazione delle risorse destinate all’Investimento. Con decreto direttoriale 8 aprile 2022 è stata fissata l’apertura dello sportello per la presentazione delle domande di agevolazioni.

Il soggetto gestore degli aiuti concessi attraverso i contratti di sviluppo, per tutti gli investimenti del PNRR sopra richiamati, previsti è INVITALIA. Si rinvia all’apposita pagina istituzionale.


 

Articolo 71
(Sostenimento del Registro nazionale degli aiuti di Stato
e della piattaforma incentivi.gov.it)

 

 

L’articolo 71 destina 900 mila euro alla copertura dei costi di gestione e sviluppo del Registro nazionale degli aiuti di Stato e della piattaforma incentivi.gov.it.

 

La norma in esame autorizza la spesa di 900 mila euro, a decorrere dall’anno 2023, destinati alla copertura dei costi di gestione e manutenzione anche evolutiva del Registro nazionale degli aiuti di Stato e della piattaforma incentivi.gov.it.

L'obiettivo espresso della disposizione è quello di incrementare l'efficacia degli interventi pubblici in materia di sostegno alle attività economiche e produttive, assicurando la piena ed effettiva operatività degli strumenti di valutazione e monitoraggio delle misure attivate e di quelli rivolti alla comunicazione delle iniziative, nonché per agevolare la messa a sistema degli strumenti medesimi.

 

Il Registro nazionale degli aiuti di Stato (RNA) è stato istituito dall’articolo 14, comma 2, della legge n. 115 del 2015 (Legge europea 2014) che ha, a tal fine, modificato l’articolo 52 della legge n. 234 del 2012, n. 234, recante norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea. L'attuazione della disciplina legislativa è avvenuta mediante adozione del regolamento recante la disciplina per il funzionamento del Registro nazionale degli aiuti di Stato.

Il Registro è lo strumento nazionale per verificare che gli aiuti pubblici siano concessi nel rispetto delle disposizioni previste dalla normativa europea, in particolare con riferimento al cumulo dei benefici e al superamento del massimale per gli aiuti de minimis. Oltre alle funzioni di controllo, il Registro rafforza e razionalizza le funzioni di pubblicità e trasparenza relative agli aiuti concessi. Esso è rivolto a tutte le amministrazioni pubbliche responsabili della concessione di misure di aiuto in favore delle imprese e ai soggetti, anche di natura privata, incaricati della gestione di tali aiuti, per effettuare i controlli amministrativi nella fase di concessione dell’aiuto. A tal fine, il Registro rilascia specifiche “visure” che riportano l’elenco dei benefici già concessi al potenziale destinatario dell’aiuto, in modo che sia verificata la possibilità o il rischio di cumulo del nuovo aiuto con quelli già concessi. Il Registro contiene, pertanto, l’elenco e i codici delle misure di aiuto vigenti in Italia e delle concessioni effettuate dalle amministrazioni a favore delle imprese; a garanzia dell’avvenuto controllo preventivo, ciascun provvedimento che dispone la concessione di aiuti a favore di un’impresa, per avere efficacia, deve riportare i codici identificativi rilasciati dal Registro. Esso contiene, inoltre, l’elenco dei soggetti tenuti alla restituzione di un aiuto oggetto di decisione di recupero della Commissione europea (la cosiddetta "lista Deggendorf") e che quindi non possono ricevere aiuti.

 

La piattaforma incentivi.gov.it è stata realizzata in attuazione dell’articolo 18-ter del decreto legge n. 34 del 2019. La Piattaforma promuove la conoscenza di tutte le misure di incentivazione e dei programmi di finanziamento gestiti dal Ministero delle imprese e del made in Italy, migliorando la trasparenza e la comprensione delle procedure di accesso e di erogazione degli incentivi anche attraverso un accesso alle informazioni interattivo e di facile utilizzo che, sulla base delle esigenze dei beneficiari, li indirizzi verso le misure più appropriate e agevoli la conoscenza dello stato di avanzamento delle procedure di concessione degli incentivi, anche attraverso sistemi dedicati di assistenza. Una sezione della piattaforma è dedicata alle informazioni relative alle misure di sostegno al tessuto produttivo gestite dalle altre amministrazioni pubbliche centrali e locali, alimentata attraverso l'interoperabilità con il Registro nazionale degli aiuti di Stato.

I criteri per lo sviluppo e il funzionamento della piattaforma telematica sono dettati dal decreto ministeriale 30 settembre 2021.

 


 

Articolo 72
(Proroga dell’operatività transitoria e speciale del Fondo di garanzia per le PMI)

 

 

L’articolo 72, al comma 1, interviene sull’operatività transitoria e speciale del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, disposta dalla legge di bilancio 2022 (art. 1, commi 55 e 55-bis), prorogandola di un anno, fino al 31 dicembre 2023.

Il comma 2, per le finalità di cui al comma 1, rifinanzia il Fondo di 800 milioni di euro per l’anno 2023.

 

Segnatamente, il comma 1 proroga dal 31 dicembre 2022 al 31 dicembre 2023 il termine finale di applicazione della disciplina transitoria del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese prevista nel comma 55, primo e secondo periodo, della legge di bilancio 2022 (L. n. 234/2022).

Il citato comma 55 prevede, a decorrere dal 1° luglio 2022, e, nella sua formulazione attuale, fino al 31 dicembre 2022, una disciplina “ponte”, di phasing out dall’intervento straordinario del Fondo previsto per il periodo pandemico ai fini del ritorno alla sua ordinaria operatività. Si tratta quindi di un periodo in cui tale ordinaria operatività è ripristinata solo in parte.

 

Nel quadro delle misure a sostegno della liquidità durante il periodo pandemico, un ruolo significativo è stato attribuito al potenziamento e all’operatività straordinaria del Fondo di garanzia PMI, disposta dall'articolo 13 del D.L. n. 23/2020. L'intervento straordinario del Fondo è stato esteso fino al 30 giugno 2022 (in linea con quanto consentito dalla disciplina europea sugli aiuti di Stato) dalla legge di bilancio 2022 (L. n. 234/2021, articolo 1, comma 54), ma, contestualmente, la stessa legge di bilancio ha ridimensionato l’intervento del fondo, in una logica di un graduale phasing out dal periodo emergenziale, introducendo, a decorrere dal 1 luglio 2022 sino al 31 dicembre 2022, una disciplina transitoria, ripristinando parzialmente le modalità operative ordinarie del Fondo.

In particolare, già dal 1° aprile 2022 è stata ripristinata l'onerosità della garanzia del Fondo. Le garanzie sono infatti concesse previo pagamento di una commissione (articolo 1, comma 53, lett. a) n. 2). Ai sensi di quanto previsto dal successivo D.L. n. 17/2022 (L. n. 34/2022, articolo 8), per agevolare le imprese nella sopravvenuta crisi energetica, è stata comunque consentita, fino al 30 giugno 2022, la gratuità delle garanzie rilasciate su finanziamenti concessi per comprovate esigenze di liquidità conseguenti ai maggiori costi dell'energia.

Nel periodo intercorrente tra il 1° luglio 2022 e il 31 dicembre 2022, la legge di bilancio 2022 ha previsto, all’articolo 1, comma 55, che:

·         l’importo massimo garantito per singola impresa dal Fondo è pari a 5 milioni di euro e la garanzia è concessa mediante applicazione del modello di valutazione del merito creditizio dell’impresa, con talune eccezioni. E’ infatti fatta salva l'ammissibilità alla garanzia del Fondo dei soggetti rientranti nella fascia 5 del modello di valutazione di cui alle disposizioni operative del Fondo (D.O. parte IX, lettera A, allegate al D.M. 12 febbraio 2019) (primo periodo del comma 55);

·         ferme restando le maggiori coperture previste, in relazione a particolari tipologie di soggetti beneficiari, dalla disciplina attuativa del Fondo (D.M. 6 marzo 2017), la garanzia del Fondo è concessa:

1)   per esigenze diverse dal sostegno alla realizzazione di investimenti, nella misura massima dell'80 per cento dell'importo dell'operazione finanziaria in favore delle imprese rientranti nelle fasce 3, 4 e 5 di cui al modello di valutazione e nella misura massima del 60 per cento in favore di quelle rientranti nelle fasce 1 e 2; in relazione alla riassicurazione, la misura massima del 60 per cento è riferita alla copertura del Fondo rispetto all'importo dell'operazione finanziaria sottostante, come previsto dalla disciplina attuativa del Fondo (art. 7, co. 3, D.M. 6 marzo 2017);

2)   per il sostegno alla realizzazione di investimenti, nella misura massima dell'80 per cento dell'operazione finanziaria in favore di tutte le imprese, indipendentemente dalla fascia di appartenenza di cui al predetto modello di valutazione (secondo periodo del comma 55).

 

Fondo garanzia PMI -Finanziamenti garantiti 1 luglio 2022-

31 dicembre 2022

Periodo

Ammontare massimo garantibile

% massima di copertura

Commissioni

Valutazione del merito di credito

1 luglio 2022-

31 dicembre 2022

5 milioni

80% per
investimenti (per tutti, a prescindere dalla fascia)

60% per liquidità

(imprese in fascia 1 e 2 del modello di valutazione del rating)

SI

SI, con ammissione delle imprese in fascia 5

 

I commi 56 e 57 della legge di bilancio 2022 hanno poi introdotto rilevanti novità alla disciplina ordinaria del Fondo, stabilendo che questo debba operare entro il limite massimo di impegni assumibile, fissati annualmente dalla legge di bilancio, sulla base di un piano annuale di attività e sulla base del sistema dei limiti di rischio.

 

Il medesimo comma 1 proroga dal 31 dicembre 2022 al 31 dicembre 2023 il termine finale di applicazione del sostegno speciale e temporaneo, da parte dello stesso Fondo nel contesto delle misure di supporto alla liquidità delle imprese e si contrasto agli effetti della crisi ucraina. Tale sostegno speciale e temporaneo trova disciplina nel comma 55-bis e 55-ter della citata legge di bilancio 2022, come inseriti dal D.L. n. 50/2022.

 

Per far fronte alle esigenze di liquidità delle imprese derivanti dall’interruzione delle catene di approvvigionamento e dal rincaro dei prezzi di materie prime e fattori di produzione a seguito dello scoppio del conflitto russo ucraino, il successivo D.L. n. 50/2022[90] (articolo 16) – in considerazione di quanto consentito dal nuovo Quadro europeo temporaneo di aiuti di Stato a sostegno dell’economia a seguito dell’aggressione della Russia contro l’Ucraina - ha introdotto ulteriori norme - sotto forma di due ulteriori commi 55-bis e 55-ter nella legge di bilancio 2022 – che prevedono un intervento speciale del Fondo di garanzia PMI.In particolare, il comma 55-bis ammette la garanzia del Fondo su finanziamenti individuali, concessi successivamente al 16 luglio 2022, destinati a finalità di investimento o copertura dei costi del capitale di esercizio, alle seguenti condizioni:

1)        per la realizzazione di investimenti, la garanzia può essere concessa nella misura massima del 90 per cento, in favore di finanziamenti finalizzati alla realizzazione di obiettivi di efficientamento o diversificazione della produzione o del consumo energetici[91];

2)        entro il limite di 5 milioni di euro, per un importo massimo del finanziamento garantito non superiore al maggiore tra i seguenti parametri:

a) il 15 per cento del fatturato annuo totale medio degli ultimi tre esercizi conclusi[92];

b) il 50 per cento dei costi sostenuti per l’energia nei dodici mesi precedenti il mese della richiesta di finanziamento inviata dall’impresa beneficiaria al finanziatore;

3)        la garanzia è a titolo gratuito nei confronti delle imprese, localizzate in Italia, che operino in uno o più settori o sottosettori economici particolarmente colpiti, individuati all’allegato I al Quadro temporaneo di crisi per misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia a seguito dell’aggressione della Russia contro l’Ucraina, nel rispetto delle condizioni di compatibilità ivi previste e dai pertinenti regolamenti «de minimis» o di esenzione per categoria[93];

4)        sono escluse dalla garanzia speciale le imprese soggette alle sanzioni adottate dall’Unione europea[94], nella misura in cui il rilascio della garanzia pregiudichi gli obiettivi delle sanzioni in questione.

Il comma 55-ter, a sua volta, pone dei divieti di cumulo delle garanzie relative allo stesso capitale di prestito sottostante[95].

 

Il comma 2, per le finalità di cui al comma 1, rifinanzia il Fondo di 800 milioni di euro per l’anno 2023.


 

Articolo 73
(
Proroga del credito d'imposta per le spese di consulenza
relative alla quotazione delle PMI
)

 

 

L’articolo 73 proroga al 31 dicembre 2023 il credito d'imposta per le spese di consulenza relative alla quotazione delle piccole e medie imprese (PMI) istituito dalla legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio 2018) e al contempo ne aumenta l’importo massimo da 200.000 euro a 500.000 euro.

 

Si ricorda che i commi da 89 a 92 della legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017) hanno istituito un credito d’imposta in favore delle PMI in relazione alle spese di consulenza sostenute per l’ammissione alla negoziazione su mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione (Multilateral Trading Facility - MTF) europei, in misura pari al 50 per cento delle spese e, originariamente, fino a un massimo di 500.000 euro. Le disposizioni prevedevano che il regime agevolativo avesse termine il 31 dicembre 2020.

 

La misura è inserita in un complesso di interventi volti a potenziare strumenti per la concessione di finanziamenti al settore produttivo, alternativi rispetto al credito bancario: emissione di specifici strumenti di debito (cd. minibond), raccolta tramite portali on-line (cd. crowdfunding) e varie forme di incentivazione fiscale a favore dei soggetti che investono in strumenti finanziari emessi da PMI. Più in dettaglio, il comma 89 ha riconosciuto un credito d’imposta alle PMI (imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro oppure il cui attivo totale di bilancio non supera i 43 milioni di euro), che abbiano iniziato, dopo l'entrata in vigore della legge di bilancio 2018, una procedura di ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato o in un MTF di uno Stato membro dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo, e siano state effettivamente ammesse agli scambi.

 

Sul punto è intervenuto poi il comma 46 della legge di bilancio 2022 che ha esteso l’agevolazione ai costi sostenuti fino al 31 dicembre 2022 ed è intervenuta sul comma 90 della legge di bilancio 2018, al fine di disporre che il credito d’imposta è utilizzabile in compensazione nel limite complessivo di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021, di 35 milioni per l’anno 2022 e di 5 milioni per l’anno 2023.

 

La disposizione in esame, comma 1, lettera a), proroga l’agevolazione fiscale sopra descritta e ne aumenta l’importo massimo.

Nel dettaglio si prevede che alle piccole e medie imprese, come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, che successivamente al 1 gennaio 2022 iniziano una procedura di ammissione alla quotazione in un mercato regolamentato o in sistemi multilaterali di negoziazione di uno Stato membro dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo è riconosciuto, nel caso di ottenimento dell'ammissione alla quotazione, un credito d'imposta, fino ad un importo massimo nella misura di 500.000 euro (rispetto ai precedenti 200.000 euro), del 50 per cento dei costi di consulenza sostenuti fino al 31 dicembre 2023 (rispetto al precedente termine del 31 dicembre 2022), per la predetta finalità.

 

La lettera b), conseguentemente ai nuovi oneri per la finanza pubblica introdotti e sopra descritti, integra lo stanziamento previsto per la misura nell'anno 2023 di ulteriori 5 milioni di euro aggiuntivi, portandolo a 10 milioni di euro (rispetto al precedente stanziamento di 5 milioni di euro), e stabilisce in 10 milioni di euro il nuovo stanziamento per l'anno 2024.

 


 

Articolo 74
(
Fondo per politiche industriali di sostegno
alle filiere produttive del
Made in Italy)

 

 

L’articolo 74 istituisce nello stato di previsione del Ministero delle imprese e del made in Italy un Fondo per il potenziamento delle politiche industriali di sostegno alle filiere produttive del made in Italy, dotandolo di 5 milioni di euro per l’anno 2023 e di 95 milioni per il 2024.

La finalità del fondo è quella di sostenere lo sviluppo e modernizzazione dei processi produttivi e accrescere l’eccellenza qualitativa del made in Italy (comma 1).

Ad uno o più decreti del Ministero delle imprese ed il made in Italy, da adottarsi di concerto con il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e con il Ministero dell’economia e delle finanze, è demandata la definizione dei settori di intervento ammissibili al finanziamento del fondo e il riparto delle risorse (comma 2).

 

Quanto ai settori di intervento, la relazione illustrativa evidenzia che, negli ultimi dieci anni la manifattura si è ampiamente spesa nel settore di Ricerca & Sviluppo, raggiungendo ottimi risultati che andrebbero ulteriormente sostenuti. Inoltre, la transizione ecologica rappresenta per le imprese, allo stesso tempo, una sfida complicata e un’opportunità di crescita importante. Il comparto del Tessile - moda riveste una posizione di primaria importanza nell’economia italiana e contribuisce in maniera determinante alla performance nell’export.

La strategia Europea per prodotti tessili circolari e sostenibili, tra le altre misure di settore, contiene obiettivi che imporranno alle imprese di cambiare molto il proprio modello di business. Anche il settore alimentare sta cercando di votarsi alla lotta agli sprechi alimentari e contestualmente ridurre nelle coltivazioni l’uso di diserbanti, pesticidi e antibiotici. L’arredamento cerca di re-impiegare il più possibile i suoi materiali, mentre il settore dell’automazione si è aperto ai carburanti eco e all’impiego delle risorse rinnovabili.

 

L’articolo 2 del D.L. n. 176/2022, cd. “D.L. Ministeri” in corso di esame parlamentere per la sua conversione in legge, ha ridenominato il Ministero dello sviluppo economico in Ministero delle imprese e del made in Italy (comma 1), apportando i conseguenti adeguamenti testuali nel d.lgs. n. 300/1999, e, contestualmente, una integrazione delle relative attribuzioni. Il Ministero – secondo quanto inseriro dal decreto legge nell’articolo 27 del D.lgs. 300/1999 - contribuisce a definire le strategie e gli indirizzi per la valorizzazione, la tutela e la promozione del made in Italy in Italia e nel mondo, ferme restando le competenze degli altri dicasteri interessati: Ministero affari esteri e cooperazione internazionale, Ministero dell’economia e delle finanze, Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e foreste e Ministero del turismo.

L’articolo 9 del D.L n. 176/2022 ha poi istituito il Comitato interministeriale per il made in Italy nel mondo (CIMIM), composto dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dal Ministro delle imprese e del made in Italy, che lo co-presiedono, e dai Ministri dell’economia e delle finanze, dell’agricoltura, sovranità alimentare e foreste e del Ministro del turismo. Il CIMIM ha il compito di indirizzare e coordinare le strategie in materia di promozione e internazionalizzazione delle imprese italiane, per valorizzare il made in Italy nel mondo.

Si rammenta, infine, che un apposito investimento del PNRR è destinato alla competitività e resilienza delle filiere produttive (M1C2-I.5.2-28-29). L’intervento, gestito sempre dal Ministero delle Imprese e del made in Italy, dotato di 750 milioni di euro per nuovi progetti, consiste nel sostegno finanziario alle imprese, attraverso lo strumento del contratto di sviluppo, per progetti legati alle principali catene del valore strategiche, quali programmi di sviluppo industriale, programmi di sviluppo a tutela dell'ambiente, mobilità sostenibile e attività turistiche. Il traguardo (T2 2022), relativo all’entrata in vigore di un decreto comprendente la politica di investimento dei Contratti di Sviluppo, è stato conseguito[96].

 

 

 


 

Articolo 75
(Garanzia a favore di progetti del Green New Deal)

 

 

L’articolo 75 fissa, per il 2023, l’importo delle risorse del Fondo Green New Deal da destinare alla copertura delle garanzie concesse da SACE S.p.A. per progetti economicamente sostenibili in 565 milioni di euro, per un impegno massimo assumibile dalla SACE S.p.A. pari a 3.000 milioni di euro.

 

L’articolo 75 fissa - per l’anno 2023, ai sensi di quanto disposto dall’articolo 64, commi 2 e 5 del D.L. n. 76/2020 - l’importo delle risorse disponibili del Fondo Green New Deal di cui all’articolo 1, comma 85 della legge di bilancio 2020, da destinare alla copertura delle garanzie concesse da SACE S.p.A. per la realizzazione dei progetti economicamente sostenibili rientranti nelle categorie indicate dalla stessa legge di bilancio. Tale importo è pari a 565 milioni di euro, per un impegno massimo assumibile dalla SACE S.p.A. pari a 3.000 milioni di euro.

 

La legge di bilancio 2020 - legge 27 dicembre 2019, n. 160 , articolo 1, commi da 85 a 89 - ha costituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze un Fondo da ripartire a supporto di progetti economicamente sostenibili, che abbiano come obiettivo:

·         la decarbonizzazione dell'economia,

·         l'economia circolare, il supporto all'imprenditoria giovanile e femminile,

·         la riduzione dell'uso della plastica a favore di materiali alternativi,

·         la rigenerazione urbana,

·         il turismo sostenibile,

·         l'adattamento e la mitigazione dei rischi sul territorio derivanti dal cambiamento climatico e, in generale,

·         programmi di investimento e progetti a carattere innovativo e ad elevata sostenibilità ambientale, in coerenza con il Green Deal europeo [97] (comma 86).

Per il sostegno a tali progetti - definiti come "Green and Innovation Deal italiano" -  il Fondo è stato dotato di 470 milioni di euro per l'anno 2020, di 930 milioni di euro per l'anno 2021 e di 1.420 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023 (comma 85).

Per realizzare i predetti progetti, il Ministro dell'economia e finanze, a valere sulle disponibilità del Fondo, è stato autorizzato ad intervenire con la concessione di una o più garanzie, a titolo oneroso, nella misura massima dell'80 per cento e anche con riferimento ad un portafoglio collettivo di operazioni (comma 86)[98].

L'articolo 64 del D.L. n. 76/2020 ha disciplinato il rilascio delle predette garanzie, da parte della SACE, per conto del MEF, in virtù della convenzione tra essi stipulata ai sensi di quanto previsto dal comma 2 dell’articolo, tra il Ministero dell’economia e delle finanze e SACE S.p.A., approvata con delibera del CIPE (ora CIPESS) n. 56 del 29 settembre 2020 (la “Convezione Green SACE-MEF”)[99]. Il medesimo comma 2 ha disposto che SACE S.p.A. assuma le garanzie nel limite di 2.500 milioni di euro per l'anno 2020 e, per gli anni successivi, dei limiti di impegno assumibili fissati annualmente dalla legge di bilancio.

Ai sensi del comma 1 dell’articolo, le garanzie possono riguardare, tenuto conto degli indirizzi che il CIPESS può emanare entro il 28 febbraio di ogni anno e conformemente al Green Deal europeo:

a)      progetti verso un'economia pulita e circolare e ad integrare i cicli produttivi con tecnologie a basse emissioni per la produzione di beni e servizi sostenibili;

b)      progetti verso una mobilità sostenibile e intelligente, con particolare riferimento a progetti volti a favorire l'avvento della mobilità multimodale automatizzata e connessa, idonei a ridurre l'inquinamento e l'entità delle emissioni inquinanti, anche attraverso lo sviluppo di sistemi intelligenti di gestione del traffico, resi possibili dalla digitalizzazione.

Ai sensi del comma 3, il rilascio da parte di SACE S.p.A. delle garanzie di importo pari o superiore a 600 milioni di euro, è subordinato a decisione ministeriale, (decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti il Ministro delle imprese e il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica) sulla base dell'istruttoria trasmessa da SACE S.p.A..

Ai sensi del comma 4, sulle obbligazioni di SACE S.p.A. derivanti dalle garanzie, è accordata di diritto la garanzia dello Stato a prima richiesta e senza regresso, la cui operatività sarà registrata da SACE S.p.A. con gestione separata.

La garanzia dello Stato è esplicita, incondizionata, irrevocabile e si estende al rimborso del capitale, al pagamento degli interessi e ad ogni altro onere accessorio, al netto delle commissioni ricevute da SACE stessa.

Secondo quanto previsto dal comma 5, le risorse disponibili del Fondo Green Deal, per l'anno 2020, sono state interamente destinate alla copertura delle garanzie dello Stato di cui al comma 4 mediante versamento sull'apposito conto di tesoreria centrale.

Sul medesimo conto sono versati i premi riscossi da SACE S.p.A. al netto delle commissioni trattenute da SACE S.p.A. per le attività svolte e risultanti dalla contabilità, salvo conguaglio all'esito dell'approvazione del bilancio.

Per gli esercizi successivi, le risorse del fondo destinate alla copertura delle garanzie concesse da SACE S.p.A. sono determinate con la legge di bilancio, tenuto conto dei limiti di impegno definiti ai sensi del comma 2.

 

 


 

Capo II Agricoltura e sovranità alimentare

Articolo 76
(Fondo per la sovranità alimentare)

 

 

L’articolo 76 istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, il “Fondo per la sovranità alimentare”, con una dotazione di 25 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023, 2024, 2025 e 2026 allo scopo di rafforzare il sistema agricolo e agroalimentare nazionale.

 

Nel dettaglio, il comma 1 della disposizione in commento, individua la finalità che si intende perseguire con il sopraindicato “Fondo per la sovranità alimentare”, da istituirsi, come sopra specificato, nello stato di previsione del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, con una dotazione di 25 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023, 2024, 2025 e 2026.

La suddetta finalità consiste nel rafforzamento del sistema agricolo e agroalimentare nazionale mediante interventi aventi lo scopo di:

§  tutelare e valorizzare il cibo italiano di qualità;

§  ridurre i costi di produzione per le imprese agricole;

§  sostenere le filiere agricole;

§   gestire le crisi di mercato garantendo la sicurezza delle scorte e degli approvvigionamenti alimentari.

 

Si ricorda che recentemente l’art. 3 del D. L. 11 novembre 2022 n. 173 recante “Disposizioni urgenti in materia di riordino dei Ministeri”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’11 novembre scorso, attualmente all’esame parlamentare per la sua conversione in legge (A.C. 547), ha, tra l’altro, modificato la denominazione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali in Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (comma 1). La stessa disposizione ha previsto, al comma 2, alcune modifiche al d.lgs. n. 300 del 1999 volte a specificare - cosi come osservato nella Relazione Tecnica allegata al disegno di legge di conversione dello stesso decreto-legge n. 173 del 2022 - le attribuzioni del Ministero in esame in coerenza con l’assetto delle competenze stabilito dalla normativa vigente. Il suddetto comma 2 dispone, in particolare, che il Ministero eserciti le funzioni e i compiti spettanti allo Stato in materia di:

1)  tutela della sovranità alimentare garantendo la sicurezza delle scorte e degli approvvigionamenti alimentari;

2) sostegno della filiera agroalimentare, della pesca e dell’acquacoltura;

3) coordinamento delle politiche di gestione delle risorse ittiche marine;

4) produzione di cibo di qualità, cura e valorizzazione delle aree e degli ambienti rurali;

5) promozione delle produzioni agroalimentari nazionali sui mercati internazionali.

 

Con riferimento alla “sovranità alimentare” giova richiamare l’intervento del Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida, svoltosi nel corso della seduta di question time presso l’Aula del Senato lo scorso 17 novembre, nonché quello tenuto dallo stesso Ministro lo scorso 29 novembre nel corso dell’audizione sulle Linee programmatiche del Ministero presso la 9ª commissione del Senato. Durante quest’ultimo intervento, in particolare, il Ministro - richiamando l’importanza dell’istituendo Fondo oggetto della disposizione in esame - ha definito la sovranità alimentare come “il diritto di una nazione di scegliere e difendere il proprio sistema alimentare e decidere il proprio modello produttivo”. La sovranità alimentare -ha aggiunto lo stesso Ministro - garantisce da un lato il produttore ed il collegamento al rispetto alla capacità di produrre, e dall’altro il consumatore finale con la garanzia di cibo disponibile per tutti e di qualità. Del resto che la sovranità alimentare e la sicurezza degli approvvigionamenti costituiscono questioni di rilevante attualità - ha proseguito il Ministro Lollobrigida - è dimostrato dalla crisi anche alimentare generata dal conflitto russo-ucraino. Tale emergenza pone anche una riflessione sulla necessità di produrre cibi sani e di qualità, oltre a quella sulla capacità di approvvigionamento delle materie agricole, che riguarda, peraltro, una questione non solo economica ma anche di sicurezza di ogni Paese. Con riferimento alla tutela della qualità dei cibi, il Ministro Lollobrigida ha poi rilevato che l’Italia è il Paese europeo che vanta il maggior numero di indicazioni geografiche (845 DOP, IGP e STG). Si tratta di cibi in termini di valorizzazione delle risorse umane e della biodiversità dei territori che fa dei prodotti DOP e IGP del nostro Paese un unicum nel panorama comunitario e globale. Inoltre in base al Rapporto ISMEA-QUALIVITA 2022, di recentissima pubblicazione, nel 2021 il valore dei prodotti a Indicazione Geografica (DOP e IGP) alla produzione, per il comparto food, ammonta a poco meno di 8 miliardi di euro (+9,7% rispetto al 2020), mentre al consumo viene stimato in circa 16 miliardi di euro (+4,5%). Il valore delle esportazioni ha superato i 4,4 miliardi di euro (+12,5%).

Si segnala che un riferimento alla “sovranità alimentare” dell’Unione Europea è contenuto nel comma 8, articolo 6 del Trattato tra la Repubblica italiana e la Repubblica francese per una cooperazione bilaterale rafforzata (L. n. 90/2022, pubblicata nella G.U. 15 luglio 2022, n. 164).

Inoltre, la Relazione Tecnica allegata al disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 173 del 2022, rileva che la sicurezza delle scorte e degli approvvigionamenti si riaggancia alla definizione già stabilita dal Reg.(UE) n. 2019/452 in materia di esercizio dei poteri speciali di golden power. L’articolo 4 del predetto Regolamento prevede che, nel determinare se un investimento estero diretto possa incidere sulla sicurezza o sull'ordine pubblico, gli Stati membri e la Commissione possono prendere in considerazione i suoi effetti potenziali, tra l'altro, a livello di sicurezza dell'approvvigionamento di fattori produttivi critici, tra cui l'energia e le materie prime, nonché la sicurezza alimentare.

 

Il comma 2, stabilisce che con uno o più decreti del Ministro dell’agricoltura della sovranità alimentare e delle foreste, da adottarsi di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze e d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, sono definiti i criteri e le modalità di attuazione del Fondo descritto al precedente comma 1.

Con riferimento ai decreti di cui al comma 2, si osserva, che la disposizione non indica il termine entro il quale gli stessi devono essere adottati.

 

Si ricorda che con l'istituzione del Fondo per lo sviluppo ed il sostegno delle filiere agricole, della pesca e dell'acquacoltura - di cui all'articolo 1, comma 128, della L. 178/2020 (legge di bilancio 2021) - il legislatore ha creato un bacino di risorse da indirizzare alle diverse filiere agricole. La dotazione finanziaria iniziale del suddetto Fondo pari a 150 milioni di euro per l'anno 2021, è stata poi successivamente incrementata di altri 150 milioni di euro (articolo 39, comma 1, del D.L. 41/2021 https://temi.camera.it/leg19DIL/resources/img/freccia-link-blu.png ), portando le risorse complessive del Fondo stesso  a 300 milioni di euro per il 2021. In considerazione del rilevante incremento dei costi di produzione per il settore zootecnico, derivante dalle tensioni sui mercati nazionale e internazionali, riguardanti gli alimenti per il bestiame, il Fondo è stato incrementato di 5 milioni di euro per l'anno 2021 al fine di erogare contributi agli allevatori bovini (articolo 68, comma 2-bis, D.L. 73/2021 https://temi.camera.it/leg19DIL/resources/img/freccia-link-blu.png ).Inoltre, è stato riconosciuto, per l'anno 2021, un contributo a fondo perduto ai birrifici nella misura di 10 milioni di euro (articolo 68-quater del D.L. 73/2021 https://temi.camera.it/leg19DIL/resources/img/freccia-link-blu.png ).

A partire dal 2021 le risorse del predetto Fondo sono state cosi distribuite:

·       il D.M. 6 agosto 2021 https://temi.camera.it/leg19DIL/resources/img/freccia-link-blu.png  ha destinato 94 milioni di euro alle filiere zootecniche;

·       il D.M. 11 agosto 2021 https://temi.camera.it/leg19DIL/resources/img/freccia-link-blu.png  ha destinato 20 milioni di euro in favore delle imprese della pesca e dell'acquacoltura.

·       il D.M. 8 novembre 2021 https://temi.camera.it/leg19DIL/resources/img/freccia-link-blu.png  ha destinato 50 milioni di euro a titolo di contributo straordinario per il rafforzamento patrimoniale delle organizzazioni dei produttori ortofrutticoli e 0,5 milioni di euro a sostegno del processo di internazionalizzazione delle imprese operanti nel settore ortofrutticolo;

·       il D.M. 23 novembre 2021 https://temi.camera.it/leg19DIL/resources/img/freccia-link-blu.png  ha destinato risorse pari a 30 milioni di euro alla filiera olivicola-olearia;

·       il D.M. 23 marzo 2022 https://temi.camera.it/leg19DIL/resources/img/freccia-link-blu.png  ha destinato 25 milioni di euro per la filiera vitivinicola

·       il decreto 16 settembre 2022  risorse pari a 15 milioni di euro per il 2022 in favore del settore del riso in crisi; 

·       firmato il decreto di riparto di 25 milioni per il settore florovivaistico.

Inoltre, in favore della filiera delle carni derivanti da polli, tacchini, conigli domestici, lepri e altri animali vivi destinati all'alimentazione umana, nonché delle uova di volatili in guscio, fresche e conservate il Parlamento ha previsto la destinazione di una somma non inferiore a 40 milioni di euro dello stanziamento per l'anno 2022 (articolo 1, comma 528, L. 234/2021 https://temi.camera.it/leg19DIL/resources/img/freccia-link-blu.png ) e ha rifinanziato il Fondo per lo sviluppo ed il sostegno delle filiere agricole, della pesca e dell'acquacoltura in oggetto con 80 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2022 e 2023, successivamente rifinanziato con una dotazione pari a 35 milioni di euro per l'anno 2022 al fine di fronteggiare il peggioramento economico internazionale con innalzamento dei costi di produzione dovuto alla crisi ucraina (articolo 20, del D.L. 21/2022).

Si ricorda, che da ultimo, l'articolo 19 del D.L. n.50/2022 ha rifinanziato il Fondo per lo sviluppo ed il sostegno delle filiere agricole di 20 milioni di euro.

 


 

Articolo 77
(Fondo per l’innovazione in agricoltura)

 

 

L’articolo 77 istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, il “Fondo per l’innovazione in agricoltura”, con una dotazione di 75 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023, 2024 e 2025, al fine di sostenere lo sviluppo di progetti di innovazione nei settori dell’agricoltura, pesca e acquacoltura.

 

Nel dettaglio, il comma 1 della disposizione in esame individua le finalità che si intendono perseguire con il sopraindicato “Fondo per l’innovazione in agricoltura”, da istituirsi nello stato di previsione del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, con una dotazione di 75 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023, 2024 e 2025.

Le suddette finalità consistono nel favorire lo sviluppo di progetti di innovazione aventi lo scopo di incrementare la produttività nei settori dell’agricoltura, pesca e acquacoltura attraverso la diffusione delle tecnologie per la gestione digitale dell’impresa, per l’utilizzo di macchine, soluzioni robotiche, sensoristica e piattaforme e infrastrutture 4.0, per il risparmio dell’acqua e la riduzione dell’impiego di sostanze chimiche, nonché per l’utilizzo di sottoprodotti.

 

L’innovazione in agricoltura è una tematica di rilevante attualità e quindi di crescente interesse da parte del legislatore. Per Agricoltura di precisione (Adp), in particolare, si intende un insieme di tecnologie e strumenti applicati ai processi produttivi in agricoltura posti in essere al fine di migliorare la produzione, minimizzare i danni ambientali ed elevare gli standard qualitativi dei prodotti agricoli. La "precisione" introdotta da tali tecnologie consente di effettuare una distribuzione mirata dei principali fattori di produzione (acqua, fertilizzanti, fitofarmaci) solo dove serve e nella quantità corrispondente al reale fabbisogno della coltivazione in atto. Per Agricoltura 4.0 si intende la versione più evoluta dell'agricoltura di precisione.

L'agricoltura di precisione è stata incentivata dal legislatore italiano nelle ultime leggi di bilancio e nel PNRR ove essa è presente all'interno della missione M2C1 "Economia circolare e agricoltura sostenibile". In questa ultima componente è ricompreso, infatti, l'investimento 2.3 riguardante “l'Innovazione e la meccanizzazione del settore agricolo e alimentare" la cui dotazione finanziaria ammonta a 500 milioni di euro. Per l'attuazione della misura su descritta si rinvia al tema PNRR- Politiche pubbliche per l'Agricoltura.

Con riferimento alle più recenti leggi di bilancio, si ricordano, in particolare, le misure contenute nella legge di bilancio 2020 (legge 27 dicembre 2019, n. 160).  A tal fine si segnalano: l'istituzione - presso il Ministero dello sviluppo economico - del Fondo per gli investimenti innovativi delle imprese agricole, con una dotazione di 5 milioni di euro per il 2020 (art. 1, comma 123). In attuazione della predetta disposizione, è stato adottato il decreto ministeriale 30 luglio 2021, recante "Modalita' attuative connesse all'utilizzo delle risorse del «Fondo per gli investimenti innovativi delle imprese agricole» destinato a favorire la realizzazione, da parte delle imprese agricole, di investimenti in beni materiali e immateriali nuovi, strumentali allo svolgimento dell'attività". Inoltre è stato emanato il Decreto direttoriale 2 maggio 2022 - Fondo per gli investimenti innovativi delle imprese agricole - che definisce i termini e le modalità di presentazione delle domande di agevolazione e gli ulteriori elementi utili a disciplinare l'attuazione dell'intervento agevolativo. Una disciplina relativa all'innovazione tecnologica in agricoltura, la quale prevede la concessione, alle imprese agricole, di un contributo a fondo perduto nel limite massimo di 100.000 euro e dell'80 per cento delle spese ammissibili, per il finanziamento di iniziative finalizzate allo sviluppo di processi produttivi innovativi e dell'agricoltura di precisione o alla tracciabilità dei prodotti con tecnologie blockchain, nei limiti previsti dalla normativa europea in materia di aiuti de minimis.  Per l'attuazione degli interventi è stata autorizzata la spesa di 1 milione di euro per l'anno 2020 da intendere come limite massimo di spesa (art. 1, commi 520-521 e successive modificazioni). Si ricorda, inoltre, l'articolo 68-bis del decreto-legge n. 73 del 2021, cosiddetto Sostegni-bis (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 2021), che ha incrementato di 0,5 milioni di euro, per il 2021, la predetta autorizzazione di spesa, al fine di sostenere, entro il predetto limite di spesa, la ripresa, lo sviluppo e il sostegno delle filiere agricole tramite sperimentazioni, progetti innovativi e impiego di soluzioni tecnologiche per la produzione agricola, con l'obiettivo di: ridurre i costi e le spese sostenute dai produttori agricoli; aumentarne la resilienza di fronte alle costrizioni dell'emergenza pandemica; contenere l'impatto ambientale; mitigare i cambiamenti climatici. Tra le altre misure normative volte a sostenere l’innovazione in agricoltura si ricordano inoltre:

-       la riforma della disciplina relativa al credito d'imposta per investimenti in beni strumentali. Tale disciplina prevede, in luogo di prorogare al 2020 il cd. superammortamento e iperammortamento in favore delle imprese e di disciplinare un credito d'imposta per la realizzazione di progetti ambientali, l'introduzione di un nuovo credito d'imposta per le spese sostenute a titolo di investimento in beni strumentali nuovi. In estrema sintesi, esso riguarda tutte le imprese e, con riferimento ad alcuni investimenti, anche i professionisti. Il credito viene riconosciuto con aliquota differenziata secondo la tipologia di beni oggetto dell'investimento e copre gli investimenti in beni strumentali nuovi, ivi compresi i beni immateriali funzionali alla trasformazione tecnologica secondo il modello Industria 4.0. Le norme in esame chiariscono il regime transitorio applicabile ad alcuni investimenti in beni strumentali effettuati nel 2020, al fine di evitare la sovrapposizione dell'agevolazione introdotta con la disciplina di superammortamento e iperammortamento (art. 1, commi 184-197 della legge 160 del 2019 sopra citata);

-       l' articolo 32, comma 1-ter del decreto legge n. 36 del 2022  in materia di digitalizzazione del settore agricolo, alimentare e forestale. Più nel dettaglio il comma prevede che con decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali siano individuati i casi e le condizioni tecniche di dettaglio per l'utilizzo della energia sostenibile e delle tecniche di agricoltura di precisione intelligenti, che contribuiscono alla riduzione delle emissioni di gas serra, alla decarbonizzazione e all'utilizzo sostenibile delle risorse naturali, oltre che ad un migliore utilizzo delle matrici ambientali

 

Il comma 2, individua le diverse modalità con le quali possono essere finanziati i progetti di innovazione descritti al comma 1. Il Fondo di cui al comma 1 può essere utilizzato per la concessione di agevolazioni alle imprese – anche nelle forme di contributi a fondo perduto e garanzie sui finanziamenti – nonché per la sottoscrizione di quote o azioni di Fondi di venture capital così come definiti dall’art. 31 del decreto-legge n. 98 del 2011. Per sostenere i progetti di innovazione di cui al comma 1 possono, inoltre, essere concessi finanziamenti agevolati a valere sulle risorse del “Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca” di cui all’art. 1, commi 354-361 della legge n. 311 del 2004.

 

Ai sensi dell’art. 1, comma 354 della legge 311 del 2004, il predetto “Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca” è finalizzato alla concessione alle imprese - anche associate in appositi organismi costituiti o promossi dalle associazioni imprenditoriali e dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura - di finanziamenti agevolati che assumono la forma dell’anticipazione rimborsabile con un piano di rientro pluriennale.

 

Il comma 3, stabilisce che con uno o più decreti del Ministro dell’agricoltura della sovranità alimentare e delle foreste - da adottarsi di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze e d’intesa con la Conferenza Stato-regioni - sono definiti i criteri e le modalità di attuazione del Fondo descritto al precedente comma 1, nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato. La stessa disposizione precisa che il Ministro dell’agricoltura della sovranità alimentare e delle foreste può stipulare, con ISMEA e Cassa depositi e prestiti S.p.A., apposite convenzioni volte a definire lo svolgimento di attività di assistenza e supporto tecnico-operativo per la gestione del Fondo descritto al precedente comma 1.

 

Con riferimento ai decreti di cui al comma 3, si osserva, che la disposizione non indica il termine entro il quale gli stessi devono essere adottati.

 

Il comma 4, infine, autorizza, per la gestione degli interventi descritti dalla disposizione in esame, l’apertura di un apposito conto corrente di Tesoreria centrale intestato al Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste ove confluiscono le disponibilità finanziare di cui al comma 1.


 

Articolo 78
(Agevolazioni per l’acquisto di alimentari di prima necessità)

 

 

L’articolo 78 istituisce un fondo con una dotazione di 500 milioni di euro per l'anno 2023, destinato a sostenere l’acquisito di beni alimentari di prima necessità dei soggetti con un ISEE non superiore a 15.000 euro.

 

Il comma 1 dell'articolo in esame istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, un fondo, con una dotazione di 500 milioni di euro per l'anno 2023, destinato all’acquisito di beni alimentari di prima necessità dei soggetti con un ISEE non superiore a 15.000 euro, da fruire mediante l’utilizzo di un apposito sistema abilitante.

 

La definizione di tale sistema abilitante è demandata a un decreto del Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste e del Ministro dell'economia e delle finanze. In particolare, il comma 2 dell'articolo 78 stabilisce che entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della medesima disposizione, con il suddetto decreto siano stabiliti:

a)   i criteri e le modalità di individuazione dei titolari del beneficio, tenendo conto dell'età dei cittadini, dei trattamenti pensionistici e di altre forme di sussidi e trasferimenti già ricevuti dallo Stato, della situazione economica del nucleo familiare, dei redditi conseguiti, nonché di eventuali ulteriori elementi atti a escludere soggetti non in stato di effettivo bisogno;

b)   l'ammontare del beneficio unitario;

c)   le modalità e i limiti di utilizzo del fondo e di fruizione del beneficio, da erogare sulla base di procedure di competenza dei Comuni di residenza;

d)   le modalità e le condizioni di accreditamento degli esercizi commerciali che aderiscono a Piani di contenimento dei costi dei generi alimentari di prima necessità.

 


 

Capo III Infrastrutture e trasporti

Articolo 79
(
Disposizioni in materia di revisione prezzi)

 

 

L’articolo 79 introduce delle disposizioni finalizzate, da un lato, a semplificare le procedure di pagamento dei crediti maturati in conseguenza del caro materiali, dall’altro, a disciplinare un nuovo meccanismo di compensazione a favore delle stazioni appaltanti, che, in conseguenza dell’obbligatorietà delle clausole di revisione prezzi, si vedessero costrette al pagamento di somme maggiorate di un importo superiore al 10 per cento del valore contrattuale.

 

In particolare, l'articolo prevede che, in relazione agli interventi diversi da quelli finanziati con risorse PNRR o con le risorse del fondo complementare, per l’accesso alle risorse del Fondo per l'adeguamento dei prezzi, limitatamente agli stati di avanzamento concernenti le lavorazioni eseguite o contabilizzate dal direttore dei lavori ovvero annotate, sotto la responsabilità dello stesso, nel libretto delle misure dal 1° agosto 2022 e fino al 31 dicembre 2022, le stazioni appaltanti trasmettano entro il 31 gennaio 2023, in luogo della copia dello stato di avanzamento dei lavori, il prospetto di calcolo del maggiore importo dello stato di avanzamento dei lavori rispetto all’importo dello stato di avanzamento dei lavori determinato alle condizioni contrattuali, firmato dal direttore dei lavori e vistato dal responsabile unico del procedimento.

Si dispone, inoltre che, per fronteggiare gli aumenti eccezionali dei prezzi dei materiali da costruzione, nonché dei carburanti e dei prodotti energetici, in relazione agli appalti pubblici di lavori, ivi compresi quelli affidati a contraente generale, nonché agli accordi quadro, aggiudicati sulla base di offerte, con termine finale di presentazione entro il 31 dicembre 2021, lo stato di avanzamento dei lavori afferente alle lavorazioni eseguite o contabilizzate dal direttore dei lavori ovvero annotate, sotto la responsabilità dello stesso, nel libretto delle misure dal 1° gennaio al 31 dicembre 2023 è adottato, anche in deroga alle specifiche clausole contrattuali, applicando i prezzari regionali.

Si prevede, altresì, che i maggiori importi derivanti dall'applicazione dei suddetti prezzari, al netto dei ribassi formulati in sede di offerta, sono riconosciuti dalla stazione appaltante nella misura del 90 per cento nei limiti delle risorse appositamente accantonate per imprevisti nel quadro economico di ogni intervento, nonché di quelle del Fondo per la prosecuzione delle opere pubbliche.

Si prevede inoltre che tali disposizioni si applicano anche agli appalti pubblici di lavori i cui bandi o avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente, anche tramite accordi quadro, pubblicati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022 e che non abbiano accesso al Fondo per l’avvio di opere indifferibili, relativamente alle lavorazioni eseguite o contabilizzate dal direttore dei lavori ovvero annotate, sotto la responsabilità dello stesso, nel libretto delle misure, dal 1° gennaio al 31 dicembre 2023.

L'articolo in esame prevede altresì che, per le finalità precedentemente illustrate siano utilizzate, anche in termini di residui, le risorse del Fondo per la prosecuzione delle opere pubbliche che è ulteriormente incrementato con una dotazione di: 1.100 milioni di euro per l’anno 2023 e 500 milioni per l’anno 2024. Le richieste di accesso al Fondo sono valutate e le risorse sono assegnate e trasferite alle stazioni appaltanti secondo l’ordine cronologico delle richieste presentate, fino a concorrenza del limite di spesa.

Si stabilisce, infine, che nelle more dell’aggiornamento dei prezzari, le stazioni appaltanti utilizzino l’ultimo prezzario adottato, fermo restando il successivo conguaglio, in aumento o in diminuzione, in occasione del pagamento degli stati di avanzamento dei lavori afferenti alle lavorazioni eseguite o contabilizzate dal direttore dei lavori ovvero annotate, sotto la responsabilità dello stesso, nel libretto delle misure successivamente all’adozione del prezzario aggiornato.

 


 

Articolo 80
(
Unificazione degli strumenti residuali di pianificazione e programmazione delle infrastrutture secondo criteri di rendimento)

 

 

L’articolo 80 disciplina le procedure di pianificazione e programmazione secondo criteri di coerenza, misurazione del rendimento atteso, certezza dei tempi di realizzazione relative alle infrastrutture che non rivestono carattere prioritario per lo sviluppo del Paese, non sono finanziate attraverso il Fondo per lo sviluppo e la coesione ovvero attraverso fondi europei, non sono incluse nel PNRR o nel PNC, non sono incluse nei contratti di programma con RFI e ANAS (comma 1).

Si prevede (al comma 2) che con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono determinati gli obiettivi di sviluppo infrastrutturale del Paese da ripartire tra le macro-aree territoriali e sono individuati gli indicatori finalizzati a misurare i criteri di rendimento ai fini dell’accesso al Fondo per le infrastrutture ad alto rendimento (FIAR) istituito dal comma 3 con una dotazione iniziale di 100 milioni di euro per l'anno 2023 e 60 milioni di euro per l’anno 2024.

Viene previsto che, in sede di prima attuazione, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con uno o più decreti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro il 30 giugno 2023, procede alla revisione degli strumenti destinati alla pianificazione e al finanziamento delle infrastrutture non a carattere prioritario e alla revoca delle risorse destinate ad interventi non corrispondenti ai criteri di rendimento, e che a decorrere dall’anno 2024 possano essere adottati dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ulteriori decreti per le medesime finalità.

I commi 4, 5 e 6 disciplinano la procedura di riparto delle risorse del Fondo.

Il comma 7 reca una previsione in materia di finanziamento di attività di studio e analisi ai fini dell’individuazione delle infrastrutture da finanziare con le risorse del FIAR, mentre i commi 8-11 dettano disposizioni con riguardo alla destinazione delle risorse del FIAR a specifiche finalità (realizzazione e messa in sicurezza di ponti e viadotti e progetti di riqualificazione delle infrastrutture urbane).

Il comma 12 autorizza, infine, il Ministero dell'economia e delle finanze ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio, e a riassegnare al FIAR le somme eventualmente revocate.

 

Il comma 1 stabilisce che le disposizioni dell’articolo in esame disciplinano le procedure di pianificazione e programmazione secondo criteri di coerenza, misurazione del rendimento atteso, certezza dei tempi di realizzazione relative alle infrastrutture che:

a)    non rivestono carattere prioritario per lo sviluppo del Paese ai sensi dell’art. 200 del D.Lgs. n. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici);

L’art. 200 del D.Lgs. n. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici) prevede, al comma 1, che le infrastrutture e gli insediamenti prioritari per lo sviluppo del Paese sono valutati e conseguentemente inseriti negli appositi strumenti di pianificazione e programmazione di cui agli articoli successivi, dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Il comma 2 individua le modalità di affidamento per la realizzazione delle opere e delle infrastrutture prioritarie. Ai sensi del comma 3, in sede di prima individuazione delle infrastrutture e degli insediamenti di cui al comma 1, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti effettua una ricognizione di tutti gli interventi già compresi negli strumenti di pianificazione e programmazione, comunque denominati, vigenti alla data di entrata in vigore del presente codice. All'esito di tale ricognizione, il Ministro propone l'elenco degli interventi da inserire nel primo Documento Pluriennale di Pianificazione (DPP), il cui contenuto tiene conto di quanto indicato all'articolo 201, comma 3, che sostituisce tutti i predetti strumenti. La ricognizione deve, in ogni caso, comprendere gli interventi per i quali vi sono obbligazioni giuridiche vincolanti, intendendosi per tali quelle relative agli interventi in relazione ai quali sia già intervenuta I'approvazione del contratto all'esito della procedura di affidamento della realizzazione dell'opera, nonché quelli che costituiscono oggetto di accordi internazionali sottoscritti dall'Italia. Fino all’approvazione del primo DPP (peraltro non ancora emanato), valgono come programmazione degli inve­stimenti in materia di infrastrutture e trasporti gli strumenti di pianificazione e pro­grammazione e i piani, comunque denominati, già approvati secondo le procedure vigenti alla data di entrata in vigore del Codice o in relazione ai quali sussiste un im­pegno assunto con i competenti organi dell’Unione europea (articolo 201, comma 9, del Codice).

Sotto il profilo della disciplina degli strumenti programmatori, di rilievo appare ora il criterio di delega di cui all’art. 1, comma 2, lettera o), della legge 21 giugno 2022, n. 78 (Delega al Governo in materia di contratti pubblici) – che costituisce una riforma attuativa di uno specifico obiettivo del PNRR – concernente la “revi­sione e semplificazione della normativa primaria in materia di programma­zione, localizzazione delle opere pubbliche e dibattito pubblico”.

Per approfondimenti sulle problematiche connesse alla disciplina dettata dal Codice del 2016 per la programmazione e il fi­nanziamento delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari, anche con riferimento alla ridefinizione del concetto di opera prioritaria e alla crescente sovrapposizione degli strumenti di pianificazione e programmazione, si rinvia al cap. 1 del Rapporto 2022 “Infrastrutture strategiche e prioritarie – Programmazione e realizzazione”, a cura del Servizio Studi della Camera dei deputati in collaborazione con l’istituto di ricerca Cresme e con l’Autorità nazionale anticorruzione.

b)   non sono finanziate attraverso il Fondo per lo sviluppo e la coesione ovvero attraverso fondi europei;

c)   non sono incluse nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), di cui al regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 febbraio 2021 ovvero nel Piano nazionale per gli investimenti complementari (PNC) di cui al D.L. n. 59/2021;

d)   non sono incluse nei contratti di programma stipulati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. e con ANAS S.p.A.

 

Il comma 2 disciplina la procedura di pianificazione e programmazione delle infrastrutture di cui al comma 1, prevedendo che:

§  essa è disposta con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze;

§  con il suddetto decreto sono determinati gli obiettivi di sviluppo infrastrutturale del Paese da ripartire tra le macro-aree territoriali del Nord, Centro e Sud del Paese;

§  con il medesimo decreto sono altresì individuati gli indicatori finalizzati a misurare i seguenti criteri ai fini dell’accesso al Fondo di cui al comma 3 (su cui v. infra):

a)   il rendimento infrastrutturale in termini di potenziamento della viabilità, sicurezza delle infrastrutture e degli spostamenti, miglioramento della qualità della vita, sostegno alla competitività delle imprese, sostenibilità ambientale;

b)   il rendimento in termini di valutazione costi-benefici, basato su standard internazionali riconosciuti;

c)   i tempi di realizzazione dell’intervento, con riferimento alla minor durata degli stessi, anche tenuto conto dello stato di avanzamento dell’intervento medesimo, sulla base dei dati risultanti nei sistemi informativi del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato.

 

Il comma 3 prevede, per le finalità di cui al comma 2, l’istituzione nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del “Fondo per le infrastrutture ad alto rendimento” (FIAR), con una dotazione iniziale di 100 milioni di euro per l'anno 2023 e 60 milioni di euro per l’anno 2024.

Nella relazione illustrativa si segnala che l’istituzione di un fondo unico è finalizzata anche ad “operare una generale revisione della spesa e della valutazione degli investimenti, in coerenza con quanto previsto dall’articolo 22-bis della legge 31 dicembre 2009, n. 196 che, nell'ambito del contributo dello Stato alla definizione della manovra di finanza pubblica, sulla base degli obiettivi programmatici indicati nel Documento di economia e finanza e di quanto previsto dal cronoprogramma delle riforme indicato nel suddetto documento programmatico, rinvia all’adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, la definizione degli obiettivi di spesa per ciascun Ministero. La proposta normativa in argomento, pertanto, risponde all’esigenza di introdurre un procedimento di programmazione del sistema di revisione, analisi e valutazione della spesa”.

 

Il comma in esame prevede, inoltre, che, in sede di prima attuazione del presente articolo, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con uno o più decreti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro il 30 giugno 2023, procede:

§  alla revisione degli strumenti destinati alla pianificazione e al finanziamento delle infrastrutture non a carattere prioritario nell’ottica della semplificazione delle fonti di finanziamento (comma 3, lettera a));

§  alla revoca delle risorse destinate ad interventi non corrispondenti ai criteri di rendimento di cui al comma 2, lettere a) e b) (vale a dire rendimento infrastrutturale e rendimento in termini di valutazione costi benefici), per i quali non siano stati adottati strumenti amministrativi di programmazione e, sulla base dei dati risultanti sui sistemi informativi del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, non risultano essere state assunte obbligazioni giuridicamente vincolanti come definite all’art. 44, comma 7-bis, del D.L. n. 34/2019. Si dispone, inoltre, che le risorse revocate a detti interventi affluiscono al FIAR, per le annualità e gli importi già autorizzati, per essere destinati agli interventi con le modalità di cui al comma 4 (su cui v. infra) (comma 3, lettera b)).

L’art. 44 del D.L. n. 34/2019 (rubricato “Semplificazione ed efficientamento dei processi di programmazione, vigilanza ed attuazione degli interventi finanziati dal Fondo per lo sviluppo e la coesione”) prevede, al comma 7-bis, che, ai fini dell’esclusione del definanziamento degli interventi realizzati a valere su risorse del Fondo sviluppo e coesione, si intendono per obbligazioni giuridicamente vincolanti quelle derivanti dalla stipulazione del contratto ai sensi dell’art. 32, comma 8, del D. Lgs. n. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici) avente ad oggetto i lavori, o la progettazione definitiva unitamente all'esecuzione dei lavori, ai sensi dell’art. 44, comma 5, del D.L. n. 77/2021 (si ricorda che l’art. 44 del D.L. 77/2021, collocato nel Titolo III recante “Procedura speciale per alcuni progetti PNRR”, ha ad oggetto semplificazioni procedurali in materia di opere pubbliche di particolare complessità o di rilevante impatto).

 

L’ultimo periodo del comma in esame stabilisce, poi, la possibilità per il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di adottare, per le medesime finalità, ulteriori decreti ai sensi del comma in esame entro il 30 giugno di ogni anno a decorrere dall’anno 2024.

 

I commi 4, 5 e 6 disciplinano la procedura di riparto delle risorse del Fondo per le infrastrutture ad alto rendimento istituito dal comma 3.

Tenuto conto che i commi 2 e 3 già disciplinano la procedura di riparto delle risorse del Fondo per l’anno 2023, si valuti l’opportunità di chiarire se la procedura dettata dai commi 4, 5 e 6 valga per le annualità successive.

A tal fine, il comma 4 individua le categorie di infrastrutture finanziabili con le risorse del FIAR, disponendo che queste sono destinate, mediante riparto, al finanziamento:

§  delle infrastrutture da realizzare per gli obiettivi di sviluppo infrastrutturale di cui al comma 1 che soddisfano i requisiti di cui al comma 2;

§  nonché delle infrastrutture per le quali sono registrati maggiori costi derivanti dagli adeguamenti progettuali necessari a seguito di specifiche prescrizioni da parte delle competenti autorità.

Si valuti l’opportunità di chiarire se tale seconda categoria rappresenti una fattispecie ulteriore rispetto a quelle indicate al comma 2 ovvero se costituisca una specificazione della categoria di cui al comma 2, lettera b).

 

Il comma 5 prevede che con decreti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, si provvede:

§  all’individuazione degli interventi da finanziare a valere sul FIAR;

§  alla disciplina relativa alla erogazione delle risorse e alla revoca delle stesse in caso di mancato utilizzo nei termini previsti dai cronoprogrammi;

§  nonché a prevedere le occorrenti variazioni contabili.

Il medesimo comma precisa inoltre che:

§  la revoca (analogamente a quanto già previsto dal comma 3) non è disposta ove siano comunque intervenute obbligazioni giuridicamente vincolanti ai sensi dell’art. 44, comma 7-bis, del D.L. n. 34/2019;

§  ai decreti del Ministro delle infrastrutture e dei traporti sono allegate le schede degli interventi recanti cronoprogrammi procedurali e finanziari per la realizzazione degli stessi;

§  nel caso in cui siano individuati interventi rientranti nelle materie di competenza regionale o delle province autonome, e limitatamente agli stessi, sono adottati appositi decreti previa intesa con gli enti territoriali interessati ovvero in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

 

Viene poi stabilito, dal comma 6, che ai fini dell’adozione dei decreti di cui al comma 5, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti può avvalersi della procedura di dibattito pubblico di cui all’art. 22 del D.Lgs. n. 50/2016.

Il dibattito pubblico, disciplinato dall'art. 22 del Codice dei contratti pubblici, prevede che le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori pubblicano, nel proprio profilo del committente, i progetti di fattibilità relativi alle grandi opere infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale, aventi impatto sull'ambiente, sulle città e sull'assetto del territorio, nonché gli esiti della consultazione pubblica, comprensivi dei resoconti degli incontri e dei dibattiti con i portatori di interesse. I contributi e i resoconti sono pubblicati, con pari evidenza, unitamente ai documenti predisposti dall'amministrazione e relativi agli stessi lavori. Con il D.P.C.M. 10 maggio 2018, n. 76, emanato ai sensi del comma 2 dell’art. 22, è stato disciplinato il regolamento recante modalità di svolgimento, tipologie e soglie dimensionali delle opere sottoposte a dibattito pubblico. Con il decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti del 30 dicembre 2020, n. 627 è stata istituita la Commissione nazionale per il Dibattito pubblico sulle grandi opere infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale. Si ricorda altresì che con l’art. 46 del D.L. 77/2021 sono state recate modifiche alla disciplina del dibattito pubblico, prevedenosi, tra l’altro, che per le  opere di cui all'art. 44, comma 1, del medesimo decreto-legge nonché per quelle finanziate in tutto o in parte con le risorse del PNRR e del PNC possono essere individuate soglie dimensionali delle opere da sottoporre obbligatoriamente a dibattito pubblico inferiori a quelle previste dall'Allegato 1 del D.P.C.M. 10 maggio 2018, n. 76.

 

Il comma 7 dispone che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è autorizzato a destinare una quota parte non superiore al 0,02 per cento delle risorse annualmente attribuite del FIAR ad attività di studio e analisi ai fini dell’individuazione delle infrastrutture da finanziare con le risorse del medesimo FIAR, con riferimento alla valutazione dei rendimenti attesi di cui al comma 2, lettere a) e b).

 

I commi 8-11 recano disposizioni con riguardo alla destinazione delle risorse del FIAR a specifiche finalità.

In particolare, viene previsto che:

§  una quota non superiore al 2,5 per cento delle risorse del FIAR è destinata alla realizzazione e messa in sicurezza dei ponti e viadotti della rete viaria di province e città metropolitane (comma 8);

Si ricorda che la missione 3 del PNRR prevede l’intervento di riforma "Sicurezza stradale 4.0" (M3C1-21 e M3C1-22), volto, per la linea di intervento M3C1-2.2, al trasferimento della titolarità delle opere d'arte (ponti, viadotti e cavalcavia), relative alle strade di secondo livello, ai titolari delle strade di primo livello (autostrade e strade extraurbane principali). Per quanto riguarda l'altra linea di intervento M3C1-2.1, si prevede l'attuazione del processo di valutazione del rischio di ponti e viadotti esistenti, secondo modalità definite dalle Linee guida, che assicurano l'omogeneità della classificazione e della gestione del rischio, della valutazione della sicurezza e del monitoraggio di ponti, viadotti, rilevati, cavalcavia e opere similari, esistenti lungo strade statali o autostrade gestite da ANAS Spa o da concessionari autostradali. Tale seconda riforma si intende attuata con il decreto ministeriale n. 493 del 2021, le cui linee guida (come precisato dall’art. 1, comma 2, del medesimo decreto) si adottano anche in relazione ai ponti, viadotti, rilevati, cavalcavia e opere similari esistenti lungo infrastrutture stradali gestite da enti diversi da Anas S.p.A. o da concessionari autostradali.

§  una quota non superiore al 2,5 per cento delle risorse del FIAR è destinata a progetti di riqualificazione delle infrastrutture urbane ovvero di miglioramento della qualità del decoro urbano di competenza degli enti locali (comma 9). Per tale finalità, si prevede che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, predispone apposito bando per la definizione:

a)   della procedura per la presentazione dei progetti;

b)   della documentazione che i comuni interessati debbono allegare ai progetti;

c)   dei criteri di valutazione dei progetti, tra i quali:

1) il miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale, anche mediante interventi di ristrutturazione edilizia, con particolare riferimento allo sviluppo dei servizi sociali ed educativi e alla promozione delle attività culturali, didattiche e sportive;

Si ricorda che ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera d), del D.P.R. n. 380/2001 (Testo unico dell’edilizia) sono "interventi di ristrutturazione edilizia" gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica, per l'applicazione della normativa sull'accessibilità, per l'istallazione di impianti tecnologici e per l'efficientamento energetico. L'intervento può prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana. Costituiscono inoltre ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza.

2) la tempestiva esecutività degli interventi così come risultante nei sistemi informativi del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato;

3) la capacità di coinvolgimento di soggetti e finanziamenti pubblici e privati e di attivazione di un effetto moltiplicatore del finanziamento pubblico nei confronti degli investimenti privati.

Con riferimento alla selezione dei progetti di riqualificazione delle infrastrutture urbane presentati ai sensi del comma 9 e che risultino ammissibili al finanziamento, il comma 10 prevede che con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, è costituita apposita commissione, ai cui componenti non è corrisposto alcun gettone di presenza, indennità, rimborso spese e ogni altro emolumento comunque denominato.

Il comma 11 attribuisce a tale commissione il compito di selezionare i progetti, con indicazioni di priorità. Il medesimo comma dispone che con uno o più decreti ministeriali sono individuati i progetti ammissibili al finanziamento ai fini della stipulazione di convenzioni o accordi di programma con gli enti promotori dei progetti medesimi. Tali convenzioni o accordi di programma definiscono:

§  i soggetti partecipanti alla realizzazione dei progetti;

§  le risorse finanziarie, ivi incluse quelle a valere sul FIAR;

§  i tempi di attuazione dei progetti medesimi;

§  nonché i criteri per la revoca dei finanziamenti in caso di inerzia realizzativa o di mancata alimentazione dei sistemi informativi del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato.

La norma in esame stabilisce, inoltre, che le Amministrazioni che sottoscrivono le convenzioni o gli accordi di programma si impegnano a fornire al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti i dati e le informazioni necessarie all'espletamento della attività di monitoraggio degli interventi attraverso i sistemi informativi del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato.

 

Il comma 12 prevede, infine, che il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato:

§  ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio, anche in conto residui, ai sensi dell’articolo in esame;

§  a riassegnare al FIAR le somme eventualmente revocate e versate all’entrata del bilancio da parte dei soggetti beneficiari.


 

Articolo 81
(Trasporto pubblico locale e trasporto rapido di massa)

 

 

L’articolo 81 – al comma 1 - rifinanzia il Fondo istituito con l’art. 200 del decreto-legge n. 34 del 2020 (c.d. Rilancio). È autorizzata la spesa di 100 milioni per il 2023 e di 250 milioni per il 2024, per compensare gli operatori di servizio di trasporto pubblico regionale e locale passeggeri sottoposti a obbligo di servizio pubblico, degli effetti negativi in termini di riduzione dei ricavi a seguito dell’epidemia del Covid-19.

Nel comma 2 sono stanziate risorse per il completamento della linea C della metropolitana di Roma. Dal 2023 al 2032 è previsto un totale di 2 miliardi e 200 milioni di euro. L’erogazione è subordinata alla presentazione – da parte del commissario straordinario ed entro il 28 febbraio 2023 – di un quadro aggiornato dell’avanzamento dell’opera e di un cronoprogamma.

 

Più in dettaglio, la disposizione di cui al comma 1 prevede ulteriori risorse per il Fondo per il sostengono al TPL, che era stato istituto nello stato di previsione MIMS (ora nuovamente MIT) per il 2020, in ragione dei mancati ricavi delle imprese che lo gestiscono, dovuti alla crisi pandemica.

La dotazione inziale del fondo era di 500 milioni di euro e doveva coprire il periodo 23 febbraio 2020 – 31 dicembre 2021.

Il riparto doveva avvenire con decreto del MIMS, di concerto con il MEF e previa intesa con la Conferenza unificata. Il primo riparto – come si evince dalla Relazione tecnica - è avvenuto con decreto interministeriale n. 340 del 2020.

Come specificato anche dalla Relazione illustrativa, il Fondo era stato incrementato, dapprima, con l’art. 44 del decreto-legge n. 104 del 2020 (c.d. Sostegni) per 400 milioni per l’anno 2020 e, poi, con l’art. 29 del decreto-legge n. 41 del 2021 (c.d. Sostegni-bis), di 800 milioni per l’anno 2021.

Si sono quindi avuti successivi decreti interministeriali di riparto.

La nuova disposizione estende il periodo di riferimento per ottenere il contributo del Fondo fino al 31 marzo 2022 e prevede 100 milioni per il 2023 e 250 milioni per il 2024.

I nuovi decreti di riparto dovranno tener presenti i contributi già ottenuti dalle imprese destinatarie del sostegno.

 

Posto che il termine di efficacia dell’autorizzazione di spesa (31 dicembre 2021) appare scaduto, si valuti l’opportunità di formulare meglio la disposizione per chiarire che si tratta di una nuova autorizzazione di spesa e non di un incremento.

Al comma 2, è autorizzata la spesa complessiva di 2 miliardi e 200 milioni per le seguenti voci inerenti al completamento della linea C della metropolitana di Roma:

§  realzizzazione della tratta T1;

§  completamento della tratta T2;

§  adeguamento contrattuale per maggiori oneri per la tratta T3.

 

Gli importi sono così distribuiti sugli anni di riferimento:

§  50 milioni er gli anni dal 2023 al 2025;

§  100 milioni per il 2026 e il 2027;

§  200 milioni per il 2028 e il 2029;

§  500 milioni per il 2030 e il 2031;

§  450 peril 2032.

 

La disposizione specifica che tali importi costituiscono il limite massimo di contributo dello Stato alla realizzazione dell’opera. Per il caso di eccedenze necessarie, dovranno provvedervi il comune (Roma Capitale) e la regione Lazio.

Ai fini dell’erogazione dei finanziamenti, è previsto che entro il 28 febbraio 2023 il commissario straordinario – nominato ai sensi del decreto-legge c.d. sblocca cantieri (n. 32 del 2019) – presenti al MIT un quadro completo e aggiornato, riscontrabile sui sistemi informativi della Ragioneria generale dello Stato, dei lotti in corso di realizzazione e da realizzare, con indicazione, per ciascun lotto:

§  dei relativi costi;

§  dello stato progettuale o realizzativo;

§  delle risorse già disponibili;

§  del cronoprogramma procedurale e finanziario. 

 

L’inserimento della linea C della metropolitana di Roma è avvenuto con DPCM del 16 aprile 2021.

 

Sul relativo schema (atto del Governo n. 241 – XVIII legislatura) la IX - Commissione Trasporti della Camera ha reso parere favorevole con condizioni in data 11 marzo 2021; l’8° Commissione Lavori pubblici e comunicazioni del Senato ha reso parere favorevole con osservazioni il medesimo 11 marzo 2021.

Il costo stimato dell’opera era originariamente di 5 miliardi e 832 milioni di euro.

Il commissario straordinario inizialmente nominato era il dott. Maurizio Gentile.

Successivamente, con DPCM 14 aprile 2022, il provvedimento commissariale è stato aggiornato ed è stata nominata commissario straordinario l’arch. M. Lucia Conti, la quale è stata ascoltata dalla IX Commissione Trasporti della Camera in data 22 marzo 2022. Sullo schema (atto del Governo n. 365 – XVIII legislatura) poi la medesima Commissione ha espresso parere favorevole con osservazioni in data 23 marzo 2022. L’8° Commissione Lavori pubblici e comunicazioni del Senato ha espresso nella stessa data parere favorevole.

Per ulteriori ragguagli si rinvia al dossier sull’atto 365 – XVIII legislatura.

Qui la prima ordinanza commissariale dell’arch. Conti.

 


 

Articolo 82
(
Collegamento stabile, viario e ferroviario
tra la Sicilia e il continente)

 

 

L’articolo 82 contiene diverse disposizioni volte a riavviare l’attività di progettazione e realizzazione del collegamento stabile, viario e ferroviario tra la Sicilia e il continente (c.d. Ponte sullo Stretto) confermandone la natura di opera prioritaria e, quindi, l’applicabilità della normativa derogatoria per le infrastrutture di preminente interesse nazionale.

 

A tale riguardo è utile ricordare che il Ponte sullo Stretto di Messina (Opera) già dichiarato con la legge n. 1158 del 17 dicembre 1971opera di prevalente interesse nazionale”, veniva poi anche inserito, con delibera CIPE n. 121 del 2001, nel programma delle opere di “preminente interesse nazionale.

Gli studi e le fasi progettuali dell’Opera – svolti dalla società concessionaria “Stretto di Messina S.p.A.”, di seguito SdM, successivamente posta in liquidazione, come si dirà in seguito, partecipata da ANAS S.p.A., azionista di controllo (81,848), Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. (13,000), Regione Calabria (2,576) e Regione Siciliana (2,576) – hanno avuto il seguente sviluppo:

§  ante 1978: Studi di Fattibilità sviluppati dal Gruppo Ponte di Messina S.p.A., acquistati e poi parzialmente utilizzati da SdM;

§  1984-1987: Studi di Fattibilità sviluppati da SdM, relativi alla scelta tipologica dell’opera tra le tre possibili tipologie (ponti, tunnel subacquei, tunnel subalvei), con relativi pareri ANAS, FS, CSLLPP e Consulta Estera SdM;

§  1988-1990: Progettazione di Massima Preliminare di un ponte a due campate e di un ponte a campata unica per pervenire alla scelta della tipologia di opera e a stabilire il suo posizionamento, con relativi pareri ANAS, FS, Consiglio Superiore dei Lavori pubblici (di seguito CSLLPP) e Consulta Estera SdM;

§  1991-1994: Progettazione di massima e Studio d’Impatto Ambientale (SIA), con relativi pareri ANAS, FS; Commissione di Garanzia della Qualità del progetto incaricata da SdM;

§  1997-2001: Presentazione al CSLLPP con relativi aggiornamenti ed integrazioni, esame del CIPE, valutazione da parte degli Advisor Ministeriali (Steinman e PriceWaterhouseCoopers) nonché della Commissione congiunta Dicoter (LLPP) – Min. Tesoro;

§  2001-2003: Progetto Preliminare e SIA, istruttoria e deliberazioni del Ministero Infrastrutture e Trasporti (“MIT”), parere di Valutazione Impatto Ambientale (“VIA”);

§  2003: in data 01.08.2003 con delibera n. 66 il CIPE (ora CIPESS) ha approvato il Progetto Preliminare dell’Opera;

§  2003: in data 30.12.2003 è stata sottoscritta la Convenzione di Concessione tra il MIT (ora MIMS) Concedente e la Stretto di Messina S.p.A. La Convenzione demandava alla Concessionaria, tra l’altro, il compito di progettare e realizzare l’Opera mediante affidamenti secondo le regole dell’evidenza pubblica, con ricorso al finanziamento dell’Opera basato sulla finanza di progetto.

§  2003-2005: Preparazione ed Espletamento delle procedure concorsuali ad evidenza pubblica;

§  2009-2011: Progettazione Definitiva con Aggiornamento SIA e Valutazione d’Incidenza, iter approvativo SdM, Conferenza di Servizi, parere VIA.

Tutta la documentazione progettuale è stata trasmessa all’azionista di controllo Anas S.p.A. nel settembre del 2020.

Per quanto riguarda, invece, gli ulteriori principali interventi normativi, si segnala che nel novembre 2012 venivano emanate nuove disposizioni (inizialmente previste dall’art. 1 del decreto-legge 2 novembre 2012, n. 187, sostituito dall’art. 34-decies del decreto-legge n. 179/2012, convertito con modificazioni in Legge 17 dicembre 2012, n. 221) che erano finalizzate ad introdurre speciali procedure per verificare la sostenibilità del piano economico-finanziario dell’Opera, considerata l’allora condizione di tensione dei mercati finanziari internazionali.

Presupposto per l’avvio del percorso previsto dalle nuove norme di legge era costituito dalla sottoscrizione di un apposito atto aggiuntivo tra SdM e il Contraente Generale Eurolink da formalizzare nel termine perentorio del 1° marzo 2013.

Poiché tale atto aggiuntivo non è stato formalizzato si è verificata la caducazione – ex lege – di ogni rapporto contrattuale e convenzionale stipulato da SdM.

Oltre alla conseguenza della caducazione di tutti i contratti è stata disposta la messa in liquidazione della Società con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 15 aprile 2013 che ha nominato un Commissario Liquidatore entrato in carica il 14 maggio 2013.

All’apertura della liquidazione, sono state emanate, con Atto Interministeriale del MEF e del MIT del 12 settembre 2013, le linee guida per la liquidazione della SdM

In conseguenza di tali disposizioni, la stessa Società, nonché gli aggiudicatari delle procedure di appalto (caducate) proponevano ricorso in sede civile, domandando in via principale:

1)   lo Stretto di Messina S.p.A., nei confronti della Presidenza del Consiglio e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti: indennizzo di 325 milioni in conseguenza della revoca della concessione e dei lavori già effettuati;

2)   Eurolink (Contraente generale), nei confronti della Società, della Presidenza del Consiglio e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti: risarcimento per complessivi 700 milioni di euro, oltre rivalutazione ed interessi in ragione della caducazione ex lege del contratto già stipulato;

3)   Parsons Transportation Group Inc (Project Management Consultant), nei confronti della Società, della Presidenza del Consiglio e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti: risarcimento per complessivi 90 milioni di euro in ragione della caducazione ex lege del contratto già stipulato.

 

L'articolo in questione, al fine di riattivare la Società e di risolvere il contenzioso pendente, prevede la rinuncia della Società al contenzioso con le Amministrazioni pubbliche, la definizione stragiudiziale delle sopra citate controversie con il contraente generale e il Project Management Consultant e la revoca dello stato di liquidazione a suo tempo disposto.

Passando, nello specifico, all'esame del contenuto normativo si segnala che il comma 1 qualifica l’intervento come opera prioritaria e di preminente interesse nazionale consentendo quindi l'accelerazione dei tempi di realizzazione dell'opera attraverso l'assunzione da parte della figura del contraente generale delle funzioni di progettista, costruttore e finanziatore dell'opera da realizzare, disciplinata dall'articolo 194 del Codice degli appalti.

Il comma prevede inoltre la reiterazione dei vincoli preordinati all’esproprio.

Il comma 2 stabilisce la sospensione dei giudizi civili pendenti con il contraente generale e gli altri soggetti affidatari dei servizi connessi alla realizzazione dell'opera, nel periodo temporale di novanta giorni che sono riservati alla procedura transattiva di cui al successivo comma 4.

Il comma 3 prevede che le Società ricorrenti in giudizio sottoscrivano l’atto di rinuncia al contenzioso con le Amministrazioni pubbliche.

Il comma 4 autorizza la Società Stretto di Messina a stipulare con tutte la parti in causa nei precitati giudizi uno o più atti transattivi di reciproca integrale rinuncia alle azioni e agli atti dei medesimi giudizi.

Il comma 5, indipendentemente dall’esito della procedura transattiva, prevede che è revocato lo stato di liquidazione della Società con effetto dalla data di iscrizione del medesimo decreto nel registro delle imprese in deroga all’articolo 2487-ter, comma 2 del Codice civile che, ove applicabile, ne avrebbe subordinato l’efficacia alla previa acquisizione del consenso dei soci creditori.

A seguito della revoca dello stato liquidatorio, il comma 6 dispone la convocazione dell’assemblea dei soci così da procedere, ai sensi dell’art. 2364 del codice civile, alla nomina degli organi sociali.

Il comma 7, infine, prevede che, al fine di sostenere i programmi di sviluppo e il rafforzamento patrimoniale della società, Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. e la Società ANAS S.p.a. sono autorizzate a sottoscrivere aumenti di capitale, proporzionalmente alla quota di partecipazione, sino all’importo complessivamente non superiore a 50.000.000 euro.


 

Articolo 83
(Sospensione dell’aggiornamento biennale sanzioni amministrative previsto dal codice della strada)

 

 

L’articolo 83 sospende, per gli anni 2023 e 2024, l’aumento biennale dell’importo delle sanzioni amministrative al Codice della strada.

 

L’articolo 83 sospende, per gli anni 2023 e 2024, l’operatività dell’articolo 195, comma 3, del Codice della strada, di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992, e quindi l’aumento biennale dell’importo delle sanzioni amministrative ivi previsto, in considerazione dell’eccezionalità dell’attuale situazione economica.

 

L’articolo 195 citato dispone, al comma 3, che la misura delle sanzioni amministrative pecuniarie previste per le violazioni al Codice della strada sia aggiornata con cadenza biennale in misura pari all’intera variazione, accertata dall’ISTAT, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (media nazionale) verificatasi nei due anni precedenti.

A tal fine, entro il 1° dicembre di ogni biennio, il Ministro della giustizia provvede, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e delle infrastrutture e dei trasporti, a fissare i nuovi limiti delle sanzioni amministrative pecuniarie, che si applicano a decorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo.

Tali limiti devono essere stabiliti seguendo i criteri di cui ai commi precedenti, vale a dire (comma 2):

§  la gravità della violazione;

§  l’opera svolta dall’agente per l’eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione;

§  la personalità del trasgressore e le sue condizioni economiche.

Infine, l’ultimo periodo del comma 3 dispone espressamente che i suddetti limiti possono superare quelli massimi previsti dal comma 1, a mente del quale – e premesso che la sanzione amministrativa consiste nel pagamento  di una somma di danaro tra un limite minimo ed un limite massimo fissato dalla singola norma, sempre entro il limite minimo generale di euro 21 ed il limite massimo generale di euro 9.296 (per la conversione in euro degli importi delle sanzioni originariamente stabiliti in lire, si veda il decreto legislativo n. 213 del 1998, articolo 51) – il predetto limite massimo generale può essere superato solo in tre casi:

1.      nelle ipotesi di aggiornamento di cui al comma 3;

2.      quando si tratti di sanzioni proporzionali;

3.      quando si tratti di più violazioni ai sensi dell’articolo 198, nel qual caso è irrogata la sanzione prevista per la violazione più grave, aumentata fino al triplo.

 

Come chiarisce la Relazione tecnica, la disposizione non comporta nuovi né maggiori oneri per la finanza pubblica, in quanto l’introito derivante dall’applicazione delle predette sanzioni ha carattere eventuale e aleatorio, non determinabile ex ante.

 


 

Articolo 84
(
Olimpiadi invernali 2026 Milano-Cortina)

 

 

L’articolo 84 reca misure finalizzate a garantire la realizzazione del Piano complessivo delle opere relative ai Giochi olimpici e paralimpici invernali Milano Cortina 2026.

Il comma 1 modifica il comma 2 dell’art. 3 del D.L. n. 16/2020, prevedendo, rispetto alla disciplina vigente, che il piano complessivo delle opere ricomprende anche le opere individuate con decreto del Ministro per le politiche giovanili e lo sport adottato ai sensi dell’art. 1, comma 774, della legge n. 178/2020 e che il D.P.C.M. approvativo del piano complessivo delle opere è approvato su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

Il comma 2 reca una norma in materia di finanziamento del fabbisogno residuo del Piano complessivo delle opere di cui al D.P.C.M. 26 settembre 2022. Il comma 3 autorizza la spesa di 400 milioni di euro per il triennio 2024-2026 per il finanziamento del fabbisogno residuo del Piano complessivo delle opere olimpiche nonché per il finanziamento delle ulteriori opere di cui al comma 1 dell’articolo in esame.

Il comma 4 riduce di 400 milioni di euro l’incremento del Fondo per l’avvio di opere indifferibili istituito dall’art. 26, comma 7, del D.L. n. 50/2022, con una conseguente rimodulazione delle risorse aggiuntive stanziate per le singole annualità fino al 2027.

Il comma 5 prevede che, al fine di consentire lo svolgimento per gli anni 2022, 2023 e 2024 delle funzioni attribuite alla società Infrastrutture Milano Cortina 2020-2026 S.p.A., il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è autorizzato a trasferire alla medesima società una somma non superiore alla metà della quota massima prevista, nel limite di 14 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022, 2023 e 2024.

 

L’articolo 84 reca misure finalizzate a garantire la realizzazione del Piano complessivo delle opere relative ai Giochi olimpici e paralimpici invernali Milano Cortina 2026, di cui all’art. 3, comma 2, del D.L. n. 16/2020, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 31/2020.

Si ricorda che l’art. 3 del D.L. 16/2020 ha dal 18 maggio 2022 autorizzato (al comma 1) la costituzione della Società «Infrastrutture Milano Cortina 2020-2026 S.p.A.», con sede in Roma, il cui oggetto sociale è lo svolgimento delle attività indicate al comma 2. Il comma 2 prevede che lo scopo statutario della Società è la progettazione nonché la realizzazione, quale centrale di committenza e stazione appaltante, anche stipulando convenzioni con altre amministrazioni aggiudicatrici, delle opere individuate con decreto adottato ai sensi dell'art. 1, comma 20, della L. n. 160/2019 (legge di bilancio 2020), nonché delle opere, anche connesse e di contesto, relative agli impianti sportivi olimpici, finanziate interamente sulla base di un piano degli interventi predisposto dalla società, d'intesa con il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili (ora Ministero delle infrastrutture e dei trasporti) e con le regioni interessate, e approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o dell'autorità di Governo competente in materia di sport adottato entro il 31 ottobre 2021. Il medesimo comma 2 aggiunge che, a tale fine, la Società opera in coerenza con le indicazioni del Comitato Organizzatore e con quanto previsto dal sopramenzionato decreto, relativamente alla predisposizione del piano degli interventi, al rispetto del cronoprogramma, alla localizzazione e alle caratteristiche tecnico-funzionali e sociali delle opere, all'ordine di priorità e ai tempi di ultimazione delle stesse, nonché alla quantificazione dell'onere economico di ciascuna opera e alla relativa copertura finanziaria. Al medesimo fine e ove ne ricorrano le condizioni, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze, può nominare uno o più commissari straordinari dotati dei poteri e delle funzioni di cui all’art. 4 del D.L. n. 32/2019.

Si ricorda altresì che ai sensi del citato comma 1, la Società «Infrastrutture Milano Cortina 2020-2026 S.p.A.» è partecipata dai Ministeri dell'economia e delle finanze e delle infrastrutture e dei trasporti nella misura del 35 per cento ciascuno, dalla Regione Lombardia e dalla Regione Veneto nella misura del 10 per cento ciascuna, dalle Province autonome di Trento e di Bolzano nella misura del 5 per cento ciascuna, ed è sottoposta alla vigilanza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che, d'intesa con le Regioni Lombardia e Veneto e le Province autonome di Trento e di Bolzano, esercita il controllo analogo congiunto ai sensi dell'art. 5, comma 5, del D.Lgs. n. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici) (ossia, il controllo esercitato dalla amministrazione aggiudicatrice o ente aggiudicatore in forme analoghe a quello esercitato sui propri servizi, laddove tali amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori sono in grado di esercitare congiuntamente un'influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative della persona giuridica controllata).

Per una panoramica sulla normativa emanata per le Olimpiadi di Milano Cortina del 2026 si veda la sezione "Le Olimpiadi e Paralimpiadi Milano-Cortina 2026" del paragrafo "Interventi per eventi sportivi" del tema web sul sito della Camera dei deputati.

 

Nel dettaglio, il comma 1 sostituisce, con due nuovi periodi, il primo periodo del comma 2 dell’art. 3 del D.L. n. 16/2020, prevedendo, rispetto alla disciplina vigente:

§  che le opere olimpiche costituiscono oggetto di un “piano complessivo”;

§  che il piano complessivo ricomprende anche le opere individuate con decreto adottato ai sensi dell’art. 1, comma 774, della L. n. 178/2020 (legge di bilancio 2021), oltre alle opere già contemplate dalla vigente disposizione (ossia le opere individuate con decreto adottato ai sensi dell'art. 1, comma 20, della legge di bilancio 2020 e le opere, anche connesse e di contesto, relative agli impianti sportivi olimpici);

Il comma 774 della legge di bilancio 2021 stabilisce che con uno o più decreti del Ministro per le politiche giovanili e lo sport, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare previa intesa con gli enti territoriali interessati, sono individuati gli interventi da finanziare con il riparto delle risorse (stanziate dal comma 773 e pari a 45 milioni di euro per il 2021 e a 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023) destinate ad accelerare e garantire sotto il profilo ambientale, economico e sociale la realizzazione delle opere connesse agli impianti sportivi delle Olimpiadi invernali 2026 nei territori della regione Lombardia, della regione Veneto e delle province autonome di Trento e di Bolzano e di incrementare l'attrattività turistica dei citati territori.

In attuazione di quanto disposto dall’art. 1, comma 20, della L. n. 160/2019 si veda invece il D.M. 7 dicembre 2020 (recante “Identificazione delle opere infrastrutturali da realizzare al fine di garantire la sostenibilità delle Olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026”).

§  la soppressione del riferimento al 31 ottobre 2021, contenuto nella disciplina vigente, come termine di adozione del D.P.C.M. approvativo del piano complessivo delle opere (piano degli interventi nella vigente formulazione) nonché la previsione, per l’adozione del D.P.C.M. approvativo del piano complessivo delle opere, della proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e del concerto del Ministro dell’economia e delle finanze.

 

Il comma 2 dispone che i rifinanziamenti disposti ai sensi della legge 30 dicembre 2021, n. 234 dell’autorizzazione di spesa indicata dall’art. 1, comma 18, della L. n. 160/2019 (legge di bilancio 2020), sono destinati al finanziamento del fabbisogno residuo del Piano complessivo delle opere di cui al D.P.C.M. 26 settembre 2022 (recante approvazione, ai sensi dell’art. 3, comma 2, del D.L. n. 16/2020, del Piano degli interventi  da realizzare in funzione dei giochi olimpici e paralimpici invernali Milano Cortina 2026).

Nella relazione tecnica si legge che la disposizione in esame “finalizza la somma di 324 milioni di euro recati dalla legge n. 234 del 2021 alla copertura finanziaria del fabbisogno residuo del Piano complessivo delle opere di cui al d.P.C.M. 26 settembre 2022 con cui è stato definito il piano complessivo delle opere relative ai Giochi olimpici e paralimpici invernali Milano Cortina 2026 di cui all’articolo 3, comma 2, del decreto-legge n. 16 del 2020. Tale fabbisogno ammonta a complessivi 554,6 milioni di euro, di cui 531,1 milioni di euro relativi a interventi di cui al DM 7 dicembre 2020 (all. C) e 23,5 milioni di euro su nuovi interventi (all. B). Trattandosi di finalizzazione di risorse già previste a legislazione vigente, la disposizione non determina nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.

 

Il comma 3 autorizza la spesa complessiva di 400 milioni di euro per il triennio 2024-2026 (120 milioni per l’anno 2024, 140 milioni per l’anno 2025 e 140 milioni per l’anno 2026) per:

§  il finanziamento del fabbisogno residuo del Piano complessivo delle opere olimpiche di cui al D.P.C.M. 26 settembre 2022;

§  nonché per il finanziamento delle ulteriori opere individuate ai sensi dell’art. 3, comma 2, del D.L. n. 16/2020, come modificato dal comma 1 dell’articolo in esame.

 

Il comma 4 sostituisce il comma 7-quater dell’art. 26 del D.L. n. 50/2022 con una riformulazione volta a ridurre di 400 milioni di euro (da 1300 milioni a 900 milioni) l’incremento (già disposto dal medesimo comma 7-quater) del Fondo per l’avvio di opere indifferibili istituito dal comma 7 del citato art. 26.

La relazione tecnica evidenzia che la riduzione è effettuata “a copertura degli oneri di cui al comma precedente”. La stessa relazione tecnica chiarisce che “il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti non ha presentato istanza di accesso al predetto Fondo relativamente alle opere olimpiche, per le quali, quindi, non sono state rilevate procedure di affidamento di lavori delle opere avviate dal 18 maggio 2022 al 31 dicembre 2022, con ultimazione delle stesse entro il 31 dicembre 2026 e l’ammontare complessivo delle istanze presentate, rispetto alla dotazione complessiva del predetto Fondo, ha determinato la disponibilità di tale importo”.

 

Alla riduzione dell’incremento del Fondo consegue una rimodulazione delle risorse aggiuntive stanziate per le singole annualità dal citato comma 7-quater, che la norma in esame quantifica in:

-     180 milioni di euro per l'anno 2022;

-     240 milioni di euro per l'anno 2023;

-     125 milioni di euro per l'anno 2024;

-     55 milioni di euro per l'anno 2025;

-     65 milioni di euro per l'anno 2026;

-     235 milioni di euro per l'anno 2027.

 Si ricorda che l’art. 26 del D.L. 50/2022 reca alcune disposizioni volte a fronteggiare, nel settore degli appalti pubblici di lavori, gli aumenti eccezionali dei prezzi dei materiali da costruzione, dei carburanti e dei prodotti energetici e ad assicurare la realizzazione degli interventi finanziati in tutto o in parte con le risorse del PNRR e del PNC. In particolare, il comma 7 istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze il “Fondo per l’avvio di opere indifferibili”, con una dotazione di 1.500 milioni di euro per l'anno 2022, 1.700 milioni di euro per l'anno 2023, 1.500 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024 e 2025 e 1.300 milioni di euro per l'anno 2026, volto a far fronte all’insufficienza delle risorse di cui al comma 6 per i maggiori costi derivanti dall’aggiornamento, ai sensi dei commi 2 e 3, dei prezzari utilizzati nelle procedure di affidamento delle opere pubbliche avviate successivamente all’entrata in vigore del presente decreto e sino al 31 dicembre 2022. Al Fondo possono altresì accedere il Commissario straordinario per le celebrazioni del Giubileo della Chiesa cattolica per il 2025; la società Infrastrutture Milano-Cortina 2020-2026 S.p.A. per la realizzazione degli interventi inseriti nel programma delle infrastrutture connesse alle Olimpiadi, nonché i soggetti attuatori per la realizzazione delle opere infrastrutturali per lo svolgimento dei Giochi del Mediterraneo di Taranto 2026.

Il nuovo comma 7-quater, come modificato dalla norma in esame, mantiene la vigente previsione secondo cui l’incremento del Fondo (ridotto dalla norma in esame a 900 milioni) è destinato agli interventi del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR, di cui all' art. 1 del D.L. n. 59/2021, secondo le modalità definite ai sensi del comma 7-bis e relativamente alle procedure di affidamento di lavori delle opere avviate successivamente alla data di entrata in vigore del D.L. n. 50/2022 e fino al 31 dicembre 2022 la cui realizzazione deve essere ultimata entro il 31 dicembre 2026.

Resta inoltre confermata la previsione che le eventuali risorse eccedenti l'importo finalizzato agli interventi del PNC rimangono nella disponibilità del Fondo per essere utilizzate ai sensi dei commi 7 e seguenti.

 

Il comma 5 modifica, infine, l’art. 10, comma 3-septiesdecies del D.L. n. 228/2021 (c.d. proroga termini) al fine di prevedere la proroga fino all’anno 2024 dell’autorizzazione per il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti a trasferire alla società Infrastrutture Milano Cortina 2020-2026 Spa una somma non superiore alla metà della quota massima prevista all'art. 3, comma 11, del D.L. n. 16/2020, nel limite inizialmente previsto di 14 milioni di euro per il solo anno 2022 ed ora esteso anche alle annualità fino al 2024, utilizzando le risorse di cui all'art. 1, comma 18, della L. n. 160/2019.

L’art. 10, comma 3-septiesdecies del D.L. n. 228/2021 prevede la sopra menzionata autorizzazione a favore del Ministero delle infrastrutture al fine di consentire lo svolgimento delle funzioni attribuite alla società Infrastrutture Milano Cortina 2020-2026 Spa ai sensi dell'art. 3 del D.L. n. 16/2020, relativamente alle opere individuate con decreto adottato ai sensi dell'art. 1, comma 20, della L. n. 160/2019, n. 160.

Il comma 11 dell’art. 3 del D.L. n. 16/2020, come modificato dall'art. 16, comma 3-septies, lettera b), del D.L. n. 121/2021, dispone che per lo svolgimento delle sue funzioni, sono attribuite alla Società Infrastrutture Milano Cortina 2020-2026 le somme previste alla voce «oneri di investimento» compresa nel quadro economico di ciascun progetto delle opere di cui al comma 2, e che tale ammontare è commisurato sino al limite massimo del 3 per cento dell'importo complessivo lordo dei lavori e delle forniture.

Nella relazione tecnica si segnala che “tali somme rientrano nell’ambito della quota già prevista a legislazione vigente dall’articolo 3, comma 11, del predetto decreto-legge n. 16 del 2020, utilizzando le risorse di cui all'articolo 1, comma 18, della sopra citata legge 27 dicembre 2019, n. 160. La disposizione, pertanto, non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, essendo limitata agli stanziamenti annuali già previsti a legislazione vigente, e nell’ambito degli effetti già considerati in termini di indebitamento e fabbisogno, e non pregiudicando la realizzazione degli interventi”.

 


 

Articolo 85
(Misure a favore del settore dell’autotrasporto)

 

 

L’articolo 85 autorizza la spesa di 200 milioni di euro per il 2023 quale contributo per l’aumento del costo del carburante alle imprese aventi sede legale o stabile organizzazione in Italia, che utilizzino veicoli di categoria euro 5 o superiore per attività di autotrasporto.

 

L’articolo 85 autorizza la spesa di 200 milioni di euro per l’anno 2023 al fine di riconoscere un contributo per mitigare gli effetti economici derivanti dall’aumento del costo del carburante impiegato in veicoli di categoria euro 5 o superiore, alle imprese aventi sede legale o stabile organizzazione in Italia che effettuano attività di autotrasporto.

La disposizione, nel richiamare il rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato di cui all’articolo 107 TFUE, dispone che ai relativi adempimenti provvede il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

Ai sensi del successivo comma 2, compete, altresì, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, stabilire con decreto, entro il 31 marzo 2023, modalità e termini per l’erogazione del contributo.

 

La disposizione si inserisce nel quadro delle misure di sostegno al settore dell’autotrasporto, da ultimo previste dall’articolo 14, comma 1, del decreto-legge n. 144 del 2022 (c.d. aiuti ter: qui il dossier) e dall’articolo 7 del decreto-legge n. 176 del 2022 (c.d. aiuti quater: qui il dossier), quest’ultimo in corso di conversione.

Nel dettaglio, l’articolo 7 appena citato dispone che i contributi, già previsti dall’articolo 14 del decreto-legge n. 144 per il sostegno al settore dell’autotrasporto merci, sono erogati esclusivamente alle imprese aventi sede legale o stabile organizzazione in Italia, e sempre nel rispetto della normativa europea sugli aiuti di Stato, delegando ogni relativo adempimento al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT).

L’articolo 14, a sua volta, ha autorizzato la spesa di 100 milioni di euro per il 2022, di cui 85 milioni destinati al sostegno del settore dell’autotrasporto di merci e 15 milioni destinati al sostegno del settore dei servizi di trasporto di persone su strada.

 

Si valuti l’opportunità di esplicitare meglio le attività di autotrasporto interessate dal contributo, giacchè l’espressione “predette attività” non trova riscontro nel testo, ma solo nella rubrica.


 

Articolo 86
(Finanziamento del lotto costruttivo n. 3 della linea ferroviaria Torino-Lione)

 

 

L’articolo 86 autorizza l’avvio del terzo lotto costruttivo della sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, con delibera CIPESS da emanare entro il 31 marzo 2023.

 

In dettaglio, il comma 1 dispone che il Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (CIPESS), entro il 31 marzo 2023, autorizzi con deliberazione l’avvio della realizzazione del terzo lotto costruttivo dell’intervento “Nuova linea ferroviaria Torino-Lione, sezione internazionale – parte comune italo-francese – sezione transfrontaliera”, ai sensi dell’articolo 2, commi 232 e 233 della legge 23 dicembre 2009, n.191. Il lotto 3 consiste nel completamento del tunnel di base e delle opere civili del tunnel di base in Francia ed in Italia, con un fabbisogno finanziario previsto di 1.274,32 mln €

 

La disposizione richiamata, della legge finanziaria 2010, prevede che possa essere autorizzato l’avvio della realizzazione del progetto definitivo per lotti costruttivi dei progetti prioritari ricompresi nei corridoi europei TEN-T e inseriti nel programma delle infrastrutture strategiche, per un importo complessivo residuo da finanziare non superiore a 10 miliardi di euro, rispettando alcune condizioni.

 

Il comma 1 prevede inoltre che il MIT, ai fini dell’assegnazione delle risorse, presenti un’apposita relazione concernente i contributi versati dall’Unione europea alla società Tunnel Euralpin Lyon Turin-TELT s.a.s. per l’intervento di cui al periodo precedente.

 

Si valuti l’opportunità di specificare a chi debba essere presentata la relazione prevista e in che tempi.

 

Si dispone infine che entro il 31 marzo di ogni anno - a partire dal 2024 - il MIT proponga al CIPESS la destinazione dei contributi europei, di cui al periodo precedente, versati alla società al 31 dicembre dell’anno precedente, in via prioritaria alla copertura del fabbisogno residuo dei lotti costruttivi del medesimo intervento ovvero ad altri interventi ferroviari previsti nel Contratto di programma tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Rete ferroviaria Italiana S.p.a.. Si prevede che in tale ultimo caso, le risorse confluiscano al pertinente capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, previo versamento all’entrata del bilancio da parte della società TELT sas.

 

Nel box si riportano sinteticamente le principali caratteristiche della tratta ferroviaria Torino Lione. Per ulteriori approfondimenti si rinvia all’apposito Focus.

 

La tratta ferroviaria Torino – Lione è una linea mista merci/passeggeri, come le altre dorsali di attraversamento delle Alpi già esistenti, che è collocata nel "Corridoio Mediterraneo" della Rete Transeuropea dei trasporti TEN-T. Il progetto, deriva dall’Accordo Internazionale tra Italia e Francia, stipulato il 30 gennaio 2012 e ratificato con la legge 23 aprile 2014, n. 71, e prevede la messa in esercizio della tratta transfrontaliera alla fine del 2029.

La «sezione internazionale» è l'insieme delle opere, degli impianti e delle attrezzature ferroviari costruiti e da costruire tra Saint-Didier de-la-Tour e il nodo ferroviario di Torino. All’interno della sezione internazionale, vi è la “sezione transfrontaliera”, che si estende per 65 Km tra le nuove stazioni di Saint-Jean-de-Maurienne in Francia e di Susa-Bussoleno in Italia, il cui elemento principale è il tunnel di base del Moncenisio lungo 57,5 km (12,5 in territorio italiano e 45 in territorio francese). Il nuovo tunnel sostituirà l'attuale percorso, di cui fa parte anche il tunnel ferroviario storico del Frejus di circa 14 km, che non risponde ai nuovi standard europei di sicurezza (definiti nel regolamento UE n. 1303/2014).

Le opere saranno realizzate (in base all’articolo 4 dell'Accordo del 2012) in diverse fasi funzionali: la prima fase prevede la realizzazione della sezione transfrontaliera, che comprende, oltre al tunnel di base, anche i raccordi alle linee esistenti (in Italia alla linea storica a Bussoleno). Il Progetto definitivo della sezione transfrontaliera è stato approvato dal CIPE con delibera n. 19 del 20 febbraio 2015 ed il 23 gennaio 2015 è avvenuta la costituzione del nuovo soggetto Promotore pubblico, la società Tunnel Euralpin Lyon Turin (TELT S.A.S.), responsabile dei lavori di realizzazione e della gestione della futura infrastruttura. Con la delibera n. 6/2018 (modificata dalle successive delibere 21 marzo e 28 aprile 2018) il CIPE ha dato il parere sullo schema di Contratto di programma fino al 2029 tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ferrovie dello Stato Italiane S.p.a. e Tunnel Euralpin Lyon Turin (TELT) per il finanziamento, la progettazione e la realizzazione della sezione transfrontaliera della parte comune della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, poi oggetto di esame parlamentare da parte della IX Commissione della Camera nella XVIII legislatura (A.G. 221), che ha espresso il proprio parere nella seduta del 23 dicembre 2020. Il contratto è stato sottoscritto il 21 maggio 2021.

Circa lo stato de lavori, sono stati completati gli studi e le opere geognostiche e sono in corso i lavori del 1° e del 2° lotto costruttivo per la realizzazione del Tunnel di base. Ad aprile 2022 risultano completati 10,5 km del tunnel di base. Per approfondimenti sui finanziamenti, le delibere e lo stato dei lavori si rinvia alla relativa scheda opera della banca dati SILOS sulle infrastrutture strategiche ed al sito della società TELT Spa.

Con DPCM 5 agosto 2021 il Cons. Calogero Mauceri, è stato nominato Commissario straordinario per la tratta italiana della linea ferroviaria alta capacità/alta velocità Torino-Lione e, con il successivo DPCM 22 febbraio 2022, Presidente dell'Osservatorio per la realizzazione dell'asse ferroviario Torino-Lione, con il compito di favorire la partecipazione del territorio alle attività di analisi, elaborazione, condivisione e confronto durante le fasi di realizzazione dell'opera.

Nell'Allegato Infrastrutture al DEF 2022 è inserito l'intervento "Torino-Lione - Nuova linea Torino-Lione: tunnel di base (compreso finanziamento UE) (di competenza TELT)", con un costo dell'intervento di 5.631 milioni di euro, un ammontare di risorse disponibili di 3.359 milioni di euro e un fabbisogno residuo di 2.273 milioni di euro.


 

Articolo 87
(Finanziamento delle tratte nazionali di accesso al tunnel di base della linea ferroviaria Torino-Lione)

 

 

L’articolo 87 autorizza il finanziamento delle tratte nazionali di alcune opere di accesso al tunnel di base Torino Lione, relative alla “Cintura di Torino” e all’adeguamento della linea storica Torino-Modane tratta Bussoleno-Avigliana.

 

In dettaglio, il comma 1, autorizza la spesa di:

§  50 milioni di euro per l’anno 2024;

§  100 milioni di euro per l’anno 2025;

§  150 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2026 al 2029,

 

al fine di consentire l’accesso ai contributi da parte dell’Unione europea delle seguenti opere ferroviarie relative alle tratte nazionali di accesso al tunnel di base Torino Lione:

a)   “Cintura di Torino e connessione al collegamento Torino-Lione opere prioritarie”;

b)   “Adeguamento linea storica Torino-Modane tratta Bussoleno-Avigliana”.

 

Si ricorda che la parte in territorio italiano della Sezione transfrontaliera è complessivamente pari a 17 km circa, di cui: 12,53 km nel Tunnel di base (la parte italiana del Tunnel), dal confine di Stato all'imbocco est del tunnel a Bussoleno (Susa); il Nodo di Susa, comprendente sia la nuova Stazione internazionale che un tratto all'aperto di circa 3 km; la galleria per l'interconnessione alla linea storica Torino Modane di 2,1 km; l'interconnessione con la linea storica Torino Modane all'entrata della Stazione di Bussoleno; lo svincolo di Chiomonte e opere connesse. La variante di Cantierizzazione del 2018, colloca a Chiomonte il principale cantiere italiano. A ciò si aggiunge la realizzazione della galleria geognostica e di servizio de La Maddalena a Chiomonte di 7,5 km. In aggiunta, Rete Ferroviaria Italiana è incaricata di realizzare i lavori di miglioramento della capacità sulla linea storica tra Avigliana e Bussoleno.

Per quanto riguarda i costi, la delibera CIPE n. 67/2017 ha definito il nuovo limite di spesa rivalutato per la parte di competenza italiana in 5.631,47 milioni di euro, al lordo dei finanziamenti UE (che sono da determinare) ed ha fissato gli stanziamenti annui a carico dell'Italia nella misura di 143,54 milioni € dal 2020 al 2029. A questi vanno aggiunti 451,26 milioni € di risorse UE attribuite all'Italia (di cui 327,8 milioni inclusi nel costo certificato e 123,4 milioni per indagini geognostiche, quindi escluse dal costo certificato), che sono stati ripartiti negli anni dal 2015 al 2019, in base ad un contratto di sovvenzione siglato il 1° dicembre 2015 tra Italia, Francia e Agenzia europea per l'Innovazione reti (INEA). Le risorse nazionali disponibili per l’opera sono pari a 2.966,76 milioni di euro, distribuiti su diversi capitoli del bilancio dello Stato (capitoli 7532/MIT, 7163/MIT e 7122/MEF). I fabbisogni residui, relativi al finanziamento dei restanti lotti costruttivi 3, 4 e 5 sono stati stimati dal CIPE complessivamente in 2.738,84 milioni di euro, comprensivi della quota a carico dell'Unione europea che è ancora da determinare. Per quanto riguarda le risorse UE, il Grant Agreement sottoscritto il 25 novembre 2015 fra lo Stato Italiano, lo Stato francese e l'UE ha assegnato sovvenzioni a valere sulla quota italiana fino ad un massimo di 451,26 milioni di euro, sia per le opere geognostiche (123,40 milioni di euro) che per i lavori (327,86 milioni di euro). Ad aprile 2020 il Grant agreement a valere sui fondi CEF è stato prorogato fino al 31 dicembre 2022.

 

Per approfondimenti sulla realizzazione della tratta ferroviaria Torino-Lione e sui relativi finanziamenti si rinvia al Focus pubblicato sul portale di documentazione della Camera dei deputati, nonché alla scheda del precedente articolo 86.

 

Con il comma 2 si rinvia al Contratto di programma tra il MIT e Rete ferroviaria Italiana spa l’indicazione distinta dei finanziamenti per le opere suddette.

Il comma 2 prevede inoltre che i contributi dell’Unione europea versati a Rete ferroviaria Italiana spa relativamente ai medesimi interventi siano rifinalizzati nell’ambito del contratto di programma vigente tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la medesima società.

 

Si ricorda che il CIPESS con delibera 2 agosto 2022 (GU del 9 novembre 2022) ha approvato il Contratto di programma 2022-2026 - Parte investimenti tra il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e Rete ferroviaria italiana S.p.a. Il Contratto è stato registrato alla Corte dei conti il 25 ottobre 2022. Il 26 novembre 2021, MIT e RFI avevano sottoscritto l'Aggiornamento 2020-2021 del Contratto di Programma 2017–2021, parte Investimenti.


 

Articolo 88
(Strada statale 106 Jonica)

 

 

L’articolo 88 autorizza la spesa complessiva di 3.000 milioni per il periodo 2023-2037, per la realizzazione di lotti funzionali del nuovo asse viario Sibari – Catanzaro della S.S. 106 Jonica (comma 1). Si prevede, inoltre, l’adozione di un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, entro il 30 aprile 2023, per l’individuazione delle tratte - lotti funzionali - da finanziare con le predette risorse, delle modalità di erogazione, e dei casi di revoca del finanziamento (comma 2).

 

Il comma 1 autorizza la spesa complessiva di 3.000 milioni per il periodo 2023-2037, per la realizzazione di lotti funzionali del nuovo asse viario Sibari – Catanzaro della S.S. 106 Jonica.

Nel merito, si prevede una spesa di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024, 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2025 e 2026, 150 milioni di euro per l’anno 2027, 200 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2028 al 2031, 250 milioni di euro per l’anno 2032 e 300 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2033 al 2037.

 

Il comma 2 rinvia ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, l’individuazione delle tratte - lotti funzionali - da finanziare con le predette risorse, delle modalità di erogazione e dei casi di revoca delle stesse.

Il citato decreto deve essere adottato, entro il 30 aprile 2023, previa presentazione da parte del Commissario straordinario al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, entro il 28 febbraio 2023, di un quadro completo e aggiornato dei lotti in corso di realizzazione e da realizzare, riscontrabile sui sistemi informativi della Ragioneria generale dello Stato, che indica, per ciascun lotto, i relativi costi, lo stato progettuale o realizzativo e delle risorse già disponibili, nonché il cronoprogramma procedurale  e finanziario.

L’erogazione delle risorse è subordinata all’aggiornamento tempestivo e costante dei dati contenuti nei sistemi informativi della Ragioneria Generale dello Stato e al relativo riscontro del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

La S.S. 106 Jonica si sviluppa lungo la fascia litorale jonica da Reggio Calabria a Taranto per un percorso di circa 491 km.

L’arteria, che collega i territori costieri della Calabria, della Basilicata e della Puglia, ha un ampliamento di quattro corsie, con spartitraffico centrale, e risulta completata nei tratti ricadenti nelle regioni Puglia (39 km) e Basilicata (37 km). Nella Regione Calabria, ANAS ha in atto un piano complessivo di riqualificazione dell’arteria, che comprende sia la realizzazione di tratti con due carreggiate separate, ciascuna a due corsie per senso di marcia, che la messa in sicurezza dell’arteria esistente. Oltre il Megalotto 3, in fase di realizzazione per 1.335 milioni di euro e interventi in corso di messa in sicurezza per circa 29 milioni di euro, il Contratto di programma 2016-2020 Anas-Mit ha previsto interventi per 1.888 milioni di euro (finanziati per 874,6 milioni di euro). Il piano di completamento della riqualificazione dell’arteria sul tracciato calabrese, affidato al Commissario straordinario ing. Massimo Simonini, nominato con il D.P.C.M. del 16 aprile 2021, prevede un piano complessivo di riqualificazione con la realizzazione di tratti con 2 o 4 corsie. Per quanto riguarda le risorse stanziate per la S.S. 106 Jonica il valore dell’investimento è pari a circa 3,9 miliardi di cui 885 milioni stanziati.

Nell’Allegato Infrastrutture al DEF 2022 si segnala che l’adeguamento della S.S. 106 Jonica, nel tratto ricadente in Calabria, necessita di importanti investimenti sia per tracciati in variante che per interventi diffusi sull’intero percorso e, in particolare, appare rilevante “concretizzare il piano di riqualificazione complessivo dell’arteria nel tratto calabro, dal confine regionale a Reggio Calabria, con la programmazione e la realizzazione di interventi di potenziamento e di messa in sicurezza, per un importo stimato di oltre 3 miliardi di euro, oltre alle risorse già stanziate per gli interventi in corso” (pag. 151 del citato Allegato).

Il 3 febbraio 2021 presso le Commissioni riunite VIII e IX della Camera dei deputati si è svolta l’audizione del Commissario straordinario sulla S.S. 106 Jonica (qui il link alla relativa documentazione).

Per ulteriori approfondimenti si rinvia alla seguente scheda presente nel Sistema Informativo Legge Opere Strategiche (SILOS).


 

Articolo 89
(Strade statali sismi 2009 e 2016)

 

 

L’articolo 89 autorizza una spesa complessiva di 400 milioni per il periodo 2023-2027, per la realizzazione di interventi sulle strade statali delle aree dei crateri sismici 2009 (Abruzzo) e 2016 (Centro-Italia).

 

Nel merito, l’art. 89 autorizza la spesa di 50 milioni di euro per il 2023, 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026 e 50 milioni di euro per il 2027, per la realizzazione di interventi sulle strade statali delle aree dei crateri sismici 2009 (Abruzzo) e 2016 (Centro-Italia).

Tali risorse integrano gli investimenti previsti dal Piano nazionale complementare (PNC) al PNRR, come disciplinati dall’ordinanza n. 1 del 16 dicembre 2021 del Commissario straordinario Ricostruzione Sisma 2016, che ha dettato norme per l'attuazione degli interventi del Piano complementare nei territori colpiti dal sisma 2009-2016, nell’ambito della Sub-misura A4, "Infrastrutture e mobilità", Linea di intervento 4, intitolata "Investimenti sulla rete stradale statale", per 177 milioni di euro. Nell’Allegato  alla citata ordinanza n. 1 del 16 dicembre 2021 sono elencati gli interventi previsti.

Con l’ordinanza n. 6 del 30 dicembre 2021 è stata data invece attuazione agli interventi del PNC al PNRR, Sub-misura A4, “Infrastrutture e mobilità”, Linea di intervento 5, intitolata “Investimenti sulla rete stradale comunale”, per circa 60 milioni di euro (vedi il seguente Allegato che presenta l’elenco degli interventi).

Per la ricostruzione delle aree colpite dal terremoto del 2009 (Abruzzo) e del 2016 (Centro-Italia), l’art. 1, comma 2, lett. b), del D.L. 59/2021, che disciplina le risorse dedicate del Fondo complementare sisma al PNRR, prevede complessivi 1.780 milioni di euro, di cui: 220 milioni di euro per l'anno 2021, 720 milioni di euro per l'anno 2022, 320 milioni di euro per l'anno 2023, 280 milioni di euro per l'anno 2024, 160 milioni di euro per l'anno 2025 e 80 milioni di euro per l'anno 2026. Per approfondire si vedano anche gli interventi previsti nel “Fondo complementare Aree sisma 2009-2016” del Commissario straordinario.

Il pacchetto Sisma è suddiviso in due macromisure A e B, una dotata di 1 miliardo e 80 milioni destinata essenzialmente a soggetti pubblici e finalizzata a migliorare la sicurezza, la sostenibilità e la connessione digitale dei territori, l’altra dotata di 700 milioni di euro, per gli incentivi alle imprese sui nuovi investimenti. Nella macromisura A è prevista la citata quarta sottomisura (A4, “Infrastrutture e mobilità”).


 

Articolo 90
(Strada Statale n. 4 Salaria)

 

 

L’articolo 90 autorizza la spesa di 50 milioni di euro per l’anno 2023, 100 milioni per ciascuno degli anni 2024 e 2025 e 50 milioni di euro per l’anno 2026 per il potenziamento, riqualificazione e adeguamento della SS4 Salaria e demanda ad un decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, l’individuazione delle tratte da finanziare e delle modalità di erogazione e revoca delle risorse, previa presentazione da parte del Commissario straordinario di un quadro completo e aggiornato dei lotti in corso di realizzazione e da realizzare. 

 

Il comma 1, al fine di garantire il collegamento verso i territori interessati dagli eventi sismici 2009 e 2016, autorizza la spesa complessiva di 300 milioni di euro fino al 2026 (50 milioni per l’anno 2023, 100 milioni per ciascuno degli anni 2024 e 2025 e 50 milioni per l’anno 2026) per il potenziamento, riqualificazione e adeguamento della SS4 Salaria.

 

Il comma 2 demanda ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi entro il 30 aprile 2023, il compito di individuare:

§  le tratte – ossia i lotti funzionalida finanziare con le risorse di cui al comma 1;

§  le modalità di erogazione e i casi di revoca delle risorse, previa presentazione da parte del Commissario straordinario al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, entro il 28 febbraio 2023,  di un quadro completo e aggiornato, riscontrabile sui sistemi informativi della Ragioneria generale dello Stato, dei lotti in corso di realizzazione e da realizzare, con indicazione, per ciascun lotto, dei relativi costi, dello stato progettuale o realizzativo e delle risorse già disponibili, nonché del cronoprogramma procedurale e finanziario.

La strada statale 4 “Via Salaria” è un importante collegamento trasversale dell’Italia centrale, che unisce Roma ad Ascoli Piceno, con un percorso di circa 170 km in gestione di ANAS. Rappresenta, inoltre, l’asse stradale più importante di accessibilità e mobilità interna dei territori dell’Italia centrale colpiti dagli eventi sismici del 2016.

Si ricorda che gli interventi stradali per il potenziamento della SS4 Salaria figurano tra le opere prioritarie previste dall’Allegato infrastrutture al DEF 2022. Con D.P.C.M. 16 aprile 2021 l’ing. Fulvio Maria Soccodato è stato nominato Commissario straordinario del Governo per l’adeguamento ed il potenziamento della Strada Statale n. 4 “Salaria”, ai sensi dell’art. 4 del D.L. n. 32/2019.

Per i dati di dettaglio sull’opera, compresi lo stato di avanzamento e i dati relativi al quadro finanziario (costo complessivo dell’opera stimato al 31 maggio 2022: 1.132 milioni di euro; fabbisogno residuo: circa 642 milioni di euro) si rinvia alla apposita scheda su SILOS - Sistema Informativo Legge Opere Strategiche, a cura del Servizio Studi della Camera, in collaborazione con ANAC e Cresme.

Per ulteriori informazioni sul piano commissariale per gli interventi sulla Salaria si veda anche la pagina dedicata della struttura commissariale sul sito della Presidenza del Consiglio dei ministri.

 

Il medesimo comma 2 dispone, inoltre, che l’erogazione delle risorse è subordinata all’aggiornamento tempestivo e costante dei dati contenuti nei sistemi informativi della Ragioneria Generale dello Stato e al relativo riscontro del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

 


 

Articolo 91
(Corridoio Reno-Alpi)

 

 

L’articolo 91 autorizza la spesa di 22 milioni di euro per il 2023, in favore di RFI S.p.A., per la progettazione della linea Chiasso-Monza lungo il corridoio europeo Reno-Alpi.

 

L’articolo 91 autorizza, in attuazione della dichiarazione di intenti sottoscritta tra Italia e Svizzera il 18 settembre 2014, la spesa di 22 milioni di euro per il 2023 in favore di Rete Ferroviaria Italiana – RFI S.p.A. per la progettazione della linea Chiasso-Monza lungo il corridoio europeo Reno-Alpi.

 

Il corridoio Reno-Alpi è, tra le reti di trasporto trans-europee TEN-T, quella che si snoda lungo la direttrice nord-sud, collegando il Mare del Nord e i porti di Anversa, Rotterdam, Amsterdam e Brugge, con il Mar Mediterraneo tramite il porto di Genova. 

Tra le opere strategiche nel territorio italiano, si ricorda proprio il progetto del Terzo Valico dei Giovi, che consentirà di potenziare i collegamenti del sistema portuale ligure con le principali linee ferroviarie del Nord Italia e del resto d’Europa e di trasferire quote consistenti di traffico merci dalla strada alla rotaia, in linea con gli obiettivi europei della sostenibilità ambientale e sociale dei trasporti (per la fonte e ulteriori approfondimenti, v. qui).

In base ai dati forniti da RFI (qui il link), il corridoio Reno-Alpi ha un’estensione di circa 3.900 km, attraversa l’area maggiormente industrializzata d’Europa e rappresenta la linea ferroviaria con il maggior volume di merci trasportate in Europa: basti pensare che su di esso viaggia la metà del traffico ferroviario merci internazionale in Italia.

Lo stato di avanzamento di alcuni progetti del lato italiano dell’infrastruttura è rimasto, tuttavia, a lungo fermo.

Sul tema era stata presentata nella XVIII legislatura la risoluzione Mulè 7-00543 in Commissione Trasporti alla Camera dei deputati (22 settembre 2020), nella quale, sottolineandosi la mancanza di finanziamenti per la progettazione definitiva e la fase realizzativa del progetto di quadruplicamento della linea Chiasso-Seregno, costituita da una nuova linea lunga circa 37 chilometri, si evidenziava il concreto rischio che si verificasse un “effetto imbuto” prodotto dall'inadeguatezza della ferrovia Chiasso-Como, per il sommarsi del traffico ferroviario proveniente dalla Svizzera in direzione Milano (con un volume stimato per il 2025 in 98 treni pendolari giornalieri, contro i 37 del 2015 e in 170 convogli merci giornalieri a fronte dei 44 del 2015) e del traffico ferroviario che, attraverso il tunnel del Terzo valico del Giovi (la cui realizzazione definitiva è prevista per il 2023), da Genova attraverserà la pianura padana.

La risoluzione impegnava, conseguentemente, il Governo, «alla luce di una nuova valutazione dell'adeguatezza delle precedenti previsioni in ordine alla capacità della linea ferroviaria Chiasso-Como-Monza di assorbire in maniera efficiente i nuovi volumi di traffico ferroviario conseguenti all'apertura del traforo del monte Ceneri, in ragione degli adeguamenti in corso di realizzazione, ad avviare il completamento della realizzazione del raddoppio della ferrovia».

 


 

Articolo 92
(Peschiera)

 

 

L’articolo 92, per il miglioramento dell’approvvigionamento idrico della Città Metropolitana di Roma, autorizza la spesa complessiva di 700 milioni di euro da destinare alla realizzazione del sottoprogetto “Nuovo tronco superiore acquedotto del Peschiera - dalle sorgenti alla Centrale di Salisano” del progetto denominato “Messa in sicurezza e ammodernamento del sistema idrico del Peschiera” e disciplina le procedure da seguire per l’individuazione degli interventi da finanziare con le risorse citate e le modalità di erogazione e i casi di revoca delle risorse stesse.

 

Il comma 1 dell’articolo in esame, per il miglioramento dell’approvvigionamento idrico della Città Metropolitana di Roma, autorizza la spesa complessiva di 700 milioni di euro (50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024 e 100 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2030) da destinare alla realizzazione del sottoprogetto “Nuovo tronco superiore acquedotto del Peschiera - dalle sorgenti alla Centrale di Salisano” del progetto denominato “Messa in sicurezza e ammodernamento del sistema idrico del Peschiera”.

Si ricorda che per gli interventi elencati nell’allegato IV al D.L. 77/2021, tra i quali rientra la “Messa in sicurezza e ammodernamento del sistema idrico del Peschiera”, l’art. 44 del medesimo decreto-legge ha introdotto una serie di semplificazioni procedurali anche in considerazione del fatto che gli stessi interventi sono stati indicati nel PNRR o inclusi nel c.d. Fondo complementare.

Con il D.M. n. 517/2021 “Investimenti in infrastrutture idriche primarie per la sicurezza dell'approvvigionamento idrico dell’Investimento 4.1, Missione 2, Componente C4 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)”, in attuazione di quanto previsto dal PNRR, sono state ripartite e assegnate ai soggetti attuatori le risorse destinate alla misura M2C4-I4.1. In particolare, come ricordato nella scheda opera n. 247 del rapporto “Infrastrutture strategiche e prioritarie 2022” curato dal Servizio studi della Camera, nell’Allegato 1 “Risorse aggiuntive PNRR” (€ 900.000.000,00)” sono inseriti quattro sottointerventi, con soggetto attuatore Acea ATO 2 S.p.A., dell’intervento complessivo “Progetto di sicurezza e ammodernamento dell'approvvigionamento della città metropolitana di Roma - Messa in sicurezza e ammodernamento del sistema idrico del Peschiera”: Nuovo Acquedotto Marcio - I lotto, con un costo di 103,5 milioni di euro e un finanziamento ammissibile PNRR di 57 milioni; Raddoppio VIII Sifone - Tratto Casa Valeria-Uscita Galleria Ripoli, con un costo di 75,1 milioni di euro e un finanziamento ammissibile PNRR di 41 milioni; Condotta Monte Castellone-Colle S. Angelo (Valmontone), con un costo di 51,8 milioni di euro e un finanziamento ammissibile PNRR di 29 milioni; Adduttrice Ottavia-Trionfale, con un costo di 42,4 milioni e un finanziamento ammissibile PNRR di 23 milioni.

Si ricorda inoltre che, con il D.P.C.M. 16 aprile 2021, l’ing. Massimo Sessa è stato nominato, ai sensi dell’art. 4 del c.d. decreto-legge “sblocca cantieri” (D.L. 32/2019), Commissario straordinario dell’intervento “Messa in sicurezza del sistema acquedottistico del Peschiera” del costo complessivo stimato di 2,3 miliardi.

Come indicato nella scheda opera “Peschiera - Messa in sicurezza del sistema acquedottistico”, disponibile sul sito “Osserva cantieri” del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT), le risorse disponibili per l’opera medesima risultano pari a 320,5 milioni di euro, a cui si aggiungono quindi le risorse previste dall’articolo in esame

 

Il comma 2 demanda ad un apposito decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti da adottare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro il 30 aprile 2023:

§  l’individuazione degli interventi da finanziare con le risorse previste dal comma 1;

§  le modalità di erogazione e i casi di revoca delle risorse stesse, previa presentazione, da parte del Commissario straordinario al MIT, entro il 28 febbraio 2023, di un quadro completo e aggiornato, riscontrabile sui sistemi informativi della Ragioneria generale dello Stato (RGS), dei lotti in corso di realizzazione e da realizzare, con indicazione, per ciascun lotto, dei relativi costi, dello stato progettuale o realizzativo e delle risorse già disponibili, nonché del cronoprogramma procedurale e finanziario. L’erogazione delle risorse è subordinata all’aggiornamento tempestivo e costante dei dati contenuti nei sistemi informativi della RGS e al relativo riscontro del MIT.

 



[1]     Dicasi anche che il peso delle diverse componenti tariffarie (componente energia, trasporto, oneri di sistema, imposte) non è omogeneo al variare delle quantità consumate e dunque la variazione di ognuna di esse ha un differente impatto sulla bolletta per gli utenti che consumano diverse quantità di energia. A fronte della sola componente dell'IVA, proporzionale ai consumi, vi sono componenti che pesano maggiormente in corrispondenza di bassi consumi (trasporto e commercializzazione) e altre che aumentano con essi (come appunto gli oneri di sistema e le accise). Una ricostruzione in tal senso è stata fatta dall'UPB, nella Memoria del 30 maggio 2022, il quale ha evidenziato come – tra giugno 2021 e oggi - siano variate due delle componenti tariffarie della bolletta elettrica: la componente energia dovuta all'aumento dei prezzi, che indirettamente modifica anche l'impatto dell'IVA, e quella degli oneri di sistema.

[2]     Nell’ambito della Riforma 2, attinente all’adozione della legge annuale per la concorrenza 2022 (L. n. 118/2022).

[3]     Ai sensi dell’articolo 1, comma 25-sexies del D.lgs. n. 79/1999 Attuazione della direttiva 96/92/CE sul mercato interno dell'energia elettrica, è fornitura la vendita, compresa la rivendita, di energia elettrica ai clienti.

[4]     Quanto all’azzeramento degli oneri per far fronte all’aumento del costo dell’energia, disposto dal presente disegno di legge anche nel I trimestre 2023, si rinvia alla scheda di lettura relativa all’articolo 3.

[5]     Inoltre, sempre secondo quanto rileva ARERA nella Memoria presentata alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulla tutela dei consumatori e degli utenti l’8 febbraio 2022, la catena di esazione di tali componenti, che passa attraverso le società di vendita, comporta la presenza di rischi di controparte di complessa gestione, che hanno portato all’esigenza di socializzare importi rilevanti corrispondenti ad insoluti all’interno della medesima catena. Ciò in particolare alla luce delle sentenze della giustizia amministrativa, che hanno limitato la responsabilità delle società di vendita in relazione al versamento degli oneri in caso di insoluti del cliente finale.

[6]     L’articolo 33-ter del D.L. n. 77/2021 ha demandato ad un decreto dei Ministri dell'economia e delle finanze e della transizione ecologica (ora ambiente e sicurezza energetica), da adottare su proposta dell’ARERA, la rideterminazione delle modalità di riscossione degli oneri generali, entro un termine fissato da ultimo con l’art. 11, comma 5-octies del D.L. n. 228/2021 al 30 giugno 2022. L’ARERA, con Deliberazione 17 maggio 2022, n. 216/2022/R/eel, ha presentato ai Ministri interessati una proposta di riforma.

      Svariate sentenze del giudice amministrativo hanno individuato nel cliente finale l’unico soggetto tenuto a pagare gli oneri generali di sistema (cfr. Consiglio di Stato, Sez VI, sent. 2182/2016; Tar Lombardia, Sez. II, sent.237/2017, 238/2017, 243/2017, 244/2017; Consiglio di Stato, Sez. VI, sent.5619/20 17 e 5620/2017). Le statuizioni giurisprudenziali hanno in sostanza ribaltato il principio generale del metodo di riscossione precedentemente impostato dall’ARERA, che poneva in capo ai venditori e ai distributori l’eventuale rischio legato alla morosità della propria controparte (per i venditori, dei clienti finali, e, per i distributori, dei venditori). Pertanto, i venditori - secondo le sentenze sopra richiamate - sono tenuti a versare ai distributori solo quanto effettivamente incassato dai clienti finali.

      Successivamente alle pronunce giurisprudenziali, l’Autorità ha adottato da ultimo la Delibera 32/2021/R/eel del 2 febbraio 2021 che istituisce il "Meccanismo di riconoscimento degli oneri generali di sistema non riscossi dai clienti finali e già versati dai venditori alle imprese distributrici". La delibera interviene a conclusione del procedimento di ottemperanza alle sentenze della giustizia amministrativa. La delibera (che opera i rimborsi a partire dal 2016) individua le condizioni di accesso al meccanismo, i criteri per la quantificazione e il riconoscimento degli oneri generali non riscossi e le tempistiche di presentazione delle istanze e di liquidazione dei corrispettivi da parte della CSEA. Cfr. ARERA, memoria depositata al Senato sull’Affare (Atto 397). Sul punto, l’Autorità ha più volte evidenziato la necessità di un intervento riformatore (cfr. documento per la consultazione 597/2017/R/eel e Nota ARERA sul tema riscossione e versamento oneri generali di sistema del febbraio 2018).

[7]     Denominata componente tariffaria A2 fino al 31 dicembre 2017

[8]     Il Conto viene utilizzato anche per la copertura degli oneri derivanti dalle misure di compensazione dei territori interessati, di cui all’articolo 4, comma 1-bis, del decreto legge n. 314/2003 di competenza dell’anno 2004, nonché, degli adempimenti di cui all’articolo 1, comma 298, della legge finanziaria 2005 e dell’articolo 1, comma 493, della legge finanziaria 2006, per cui si rinvia al comma 2 dell’articolo in esame.

[9]     Denominata componente tariffaria MCT, fino al 31 dicembre 2017.

[10]   Pari al 70 per cento degli importi derivanti dall'applicazione dell'aliquota.

[11]   Come evidenzia ARERA, sul suo sito istituzionale, gli elementi di cui sopra sono calcolati dall'Autorità. Non sono distintamente applicati dai distributori, che invece applicano il totale dei suddetti elementi, la componente ASOS. Poiché, come sopra evidenziato, gli elementi si applicano in maniera differenziata a seconda che l'utente sia incluso tra le imprese a forte consumo di energia elettrica o meno e, nel primo caso, a seconda della classe e di agevolazione, ne deriva che la componente ASOS risulta distinta per classi di agevolazione.

[12]   Dicasi anche che il peso delle diverse componenti tariffarie (componente energia, trasporto, oneri di sistema, imposte) non è omogeneo al variare delle quantità consumate e dunque la variazione di ognuna di esse ha un differente impatto sulla bolletta per gli utenti che consumano diverse quantità di energia. A fronte della sola componente dell'IVA che è proporzionale ai consumi, vi sono componenti che pesano maggiormente in corrispondenza di bassi consumi (trasporto e commercializzazione) e altre che aumentano con essi (come appunto gli oneri di sistema e le accise). Una ricostruzione in tal senso è stata fatta dall'UPB, nella Memoria del 30 maggio 2022, il quale ha evidenziato come – tra giugno 2021 e oggi - siano variate due delle componenti tariffarie della bolletta elettrica: la componente energia dovuta all'aumento dei prezzi, che indirettamente modifica anche l'impatto dell'IVA, e quella degli oneri di sistema.

[13]   Legge 27 aprile 2022, n. 34.

[14]   Per la corretta individuazione della retribuzione imponibile a fini previdenziali cfr. Circ. INPS n. 43 del 2022 e Messaggio INPS n. 3499 del 2022, con riferimento all’analogo esonero previsto per il 2022.

[15]   Si ricorda che tale aliquota - che consiste nella percentuale applicata alla retribuzione per calcolare il montante contributivo annuo da rivalutare nel sistema contributivo – per i lavoratori dipendenti è pari al 33 per cento.

[16]   Il comma 1 in esame inserisce l'articolo 14.1 nel D.L. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 marzo 2019, n. 26.

[17]   Riguardo a tale disciplina, cfr. l'articolo 1, commi da 239 a 248, della L. 24 dicembre 2012, n. 228, e successive modificazioni.

[18]   Riguardo alla limitazione del riferimento ai soli trattamenti pensionistici diretti (con esclusione, dunque, di quelli in favore dei superstiti), cfr. la circolare dell'INPS n. 11 del 29 gennaio 2019.

[19]   Si rileva che nell'ambito della norma di salvezza rientrano anche i soggetti che, pur in possesso, entro il 31 dicembre 2022, dei requisiti previsti per la cosiddetta quota 102, intendano esercitare il diritto al trattamento in base a quest'ultima solo successivamente al 2022. Riguardo alla norma che ha ammesso, nel 2022, il pensionamento anticipato con la quota 102 - costituita dal possesso di almeno 62 anni di età e di almeno 38 anni di contribuzione - e alla relativa disposizione che fa salvo l'esercizio successivo del diritto, cfr. l'articolo 14, commi da 1 a 10, del citato D.L. n. 4 del 2019, e successive modificazioni.

[20]   Si ricorda che il valore minimo provvisorio per il 2023 del regime generale INPS è pari a 563,73 euro mensili. La misura del quintuplo - come risulta anche dalla relazione tecnica allegata al disegno di legge di bilancio - è quindi pari, nel gennaio 2023, a circa 2.818,7 euro mensili (salvo successivo ricalcolo in base al valore definitivo del minimo INPS per il 2023).

[21]   Si rileva che l'identica distinzione nella possibilità di cumulo, posta nell'ambito di precedenti norme transitorie in materia di pensionamenti anticipati, è stata ritenuta legittima dalla sentenza n. 234 del 4 ottobre 2022-24 novembre 2022 della Corte costituzionale.

[22]   Riguardo a quest'ultimo limite, cfr. l'articolo 44, comma 2, del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 novembre 2003, n. 326.

[23]   L'alinea del comma 6 richiama la specificità del rapporto di impiego nella pubblica amministrazione e l'esigenza di garantire la continuità e il buon andamento dell'azione amministrativa.

      Le pubbliche amministrazioni richiamate sono tutte quelle di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni. In base a quest'ultimo comma, per "amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300", nonché (fino ad una revisione organica della disciplina di settore) il CONI.

[24]   In quest'ultimo rientra il personale delle accademie di belle arti, dell'accademia nazionale di danza, dell'accademia nazionale di arte drammatica, degli istituti superiori per le industrie artistiche – ISIA, dei conservatori di musica e degli istituti musicali pareggiati.

[25]   Cfr. il comma 9 dell'articolo 59 della L. 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, comma richiamato dal capoverso 7 del presente comma 1.

[26]   La suddetta lettera d), infatti, esclude l'applicazione del principio di cui all'articolo 2, comma 5, del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 ottobre 2013, n. 125.

[27]   Cfr. la parte della novella concernente l'articolo 22, comma 1, del citato D.L. n. 4 del 2019, e successive modificazioni.

[28]   Cfr. la parte della novella concernente l'articolo 23, comma 1, del citato D.L. n. 4 del 2019, e successive modificazioni.

[29]   Al fine in oggetto, non rileva, ai sensi dell'articolo 1, comma 201, della L. 11 dicembre 2016, n. 232, la circostanza che il soggetto rientri nella disciplina pensionistica dei cosiddetti lavoratori precoci.

[30]   Di cui ai commi 89 e 90 dell'articolo 1 della L. 30 dicembre 2021, n. 234.

[31]   L’elenco comprende le seguenti professioni sulla base della classificazione ISTAT:

2.6.4- Professori di scuola primaria, pre—primaria e professioni assimilate

32.1- Tecnici della salute

4.3.1.2 Addetti alla gestione dei magazzini e professioni assimilate

5.3.1.1- Professioni qualificate nei servizi sanitari e sociali

5.4.3- Operatori della cura estetica

5.4.4- Professioni qualificate nei servizi personali ed assimilati

6 - Artigiani, operai specializzati, agricoltori

7.11-Conduttori di impianti e macchinari per l'estrazione e il primo trattamento dei minerali

7.1.2- Operatori di impianti per la trasformazione e lavorazione a caldo dei metalli

7.1.3- Conduttori di forni ed altri impianti per la lavorazione del vetro, della ceramica e di materiali assimilati

7.14-Conduttori di impianti per la trasformazione del legno e la fabbricazione della carta

7.1.5 -Operatori di macchinari e di impianti per la raffinazione del gas e dei prodotti petroliferi, per la chimica di base e la chimica fine e perla fabbricazione di prodotti derivati dalla chimica

7.1.6- Conduttori di impianti per la produzione di energia termica e di vapore, per il recupero dei rifiuti e per il trattamento e la distribuzione delle acque

7.1.81-Conduttori di mulini e impastatrici

7.1,8.2- Conduttori di forni e di analoghi impianti per il trattamento termico dei minerali

7.2- Operai semiqualificati di macchinari fissi per la lavorazione in serie e operai addetti al montaggio

7.3 -Operatori di macchinari fissi in agricdtura e nella industria alimentare

7.4- Conduttori di veicoli, di macchinari mobili e di sollevamento

8.1.3- Personale non qualificato addetto allo spostamento e alla consegna merci

8.1.4 -Personale non qualificato nei servizi di pulizia di uffici, alberghi, navi, ristoranti, aree pubbliche e veicoli

8.1.52- Portantini e professioni assimilate

8.3- Professioni non qualificate nell'agricoltura, nella manutenzione del verde, nell'allevamento, nella silvicoltura e nella pesca

8.4-Professioni non qualificate nella manifattura, nell'estrazione di minerali e nelle costruzionI.

[32]   L’Allegato C alla legge n. 232/2016, di cui all’articolo 1, comma 179, lettera d), in vigore dal 1 gennaio 2018, indica, in via di prima attuazione, le seguenti categorie professionali, per le quali si ritiene sia richiesto un impegno tale da rendere particolarmente difficoltoso e rischioso il loro svolgimento in modo continuativo:

A. Operai dell'industria estrattiva, dell'edilizia e della manutenzione degli edifici

B. Conduttori di gru o di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni

C. Conciatori di pelli e di pellicce

D. Conduttori di convogli ferroviari e personale viaggiante

E. Conduttori di mezzi pesanti e camion

F. Personale delle professioni sanitarie infermieristiche ed ostetriche ospedaliere con lavoro organizzato in turni

G. Addetti all'assistenza personale di persone in condizioni di non autosufficienza

H. Insegnanti della scuola dell'infanzia e educatori degli asili nido

I. Facchini, addetti allo spostamento merci e assimilati

L. Personale non qualificato addetto ai servizi di pulizia

M. Operatori ecologici e altri raccoglitori e separatori di rifiuti

N. Operai dell'agricoltura, della zootecnia e della pesca

O. Pescatori della pesca costiera, in acque interne, in alto mare, dipendenti o soci di cooperative

P. Lavoratori del settore siderurgico di prima e seconda fusione e lavoratori del vetro addetti a lavori ad alte temperature non già ricompresi nella normativa del decreto legislativo n. 67 del 2011

Q. Marittimi imbarcati a bordo e personale viaggiante dei trasporti marini e in acque interne.

[33]   “Come indicati nel contratto collettivo nazionale di lavoro per i dipendenti delle imprese edili ed affini”, precisa la novella.

[34]   Di cui alla classificazione Istat 6.3.2.1.2

[35]   Di cui alla classificazione Istat 7.1.3.3

[36]   L’handicap in situazione di gravità è definito dall’articolo 3, comma 3, della legge n. 104/1992, ove si prevede che “Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità. Le situazioni riconosciute di gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici”.

[37]   Tale struttura è stata istituita, ai sensi dell’articolo 1, comma 852 della legge n. 296/2006, dal Ministero dello sviluppo economico, ora Ministero per le imprese e il Made in Italy, d’intesa con il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, per valutare e coordinare gli interventi che possono essere realizzati per superare situazioni di crisi di impresa. La struttura opera in collaborazione con le competenti Commissioni parlamentari, nonché con le regioni nel cui ambito si verificano le situazioni di crisi d'impresa oggetto d'intervento. I parlamentari eletti nei territori nel cui ambito si verificano le situazioni di crisi d'impresa oggetto d'intervento possono essere invitati a partecipare ai lavori della struttura.

[38]   In base all’interpretazione seguita dall’INPS nel settore degli sgravi contributivi, la locuzione "datori di lavoro privati" comprende anche gli enti pubblici economici (cfr., tra le altre, la circolare dell’INPS n. 57 del 28 aprile 2020).

[39]   Si ricorda che tale aliquota - che consiste nella percentuale applicata alla retribuzione per calcolare il montante contributivo annuo da rivalutare nel sistema contributivo – per i lavoratori dipendenti è pari al 33 per cento.

[40]   Si ricorda che l’INPS, con il messaggio n. 3389 del 2021, precisa che prendendo a riferimento le forme di incentivo all’assunzione maggiormente diffuse fruibili in relazione alle nuove assunzioni, l’esonero contributivo oggetto dell’estensione di cui al presente articolo non è cumulabile con l’incentivo per l’assunzione di donne prive di impiego regolarmente retribuito da almeno 24 mesi ovvero prive di impiego da almeno 6 mesi e appartenenti a particolari aree o settori economici o professioni, né con l’incentivo all’assunzione rivolto alla medesima categoria di donne, c.d. svantaggiate, previsto dall’articolo 1, commi da 16 a 19, della legge n. 178/2020, né con la cosiddetta Decontribuzione Sud, disciplinata, da ultimo, dall’articolo 1, commi da 161 a 168, della medesima legge di Bilancio 2021.

[41]   Cfr. sul punto anche la Circ. INPS n. 56 del 2021.

[42]   Per l’individuazione dei suddetti settori per il 2023 cfr il DM del 16 novembre 2022.

[43]   Per l'art. 1 del d.lgs. 99/2004, ai fini dell'applicazione della normativa statale, è imprenditore agricolo professionale (IAP) colui il quale, in possesso di determinate conoscenze e competenze professionali, dedichi alle attività agricole di cui all'articolo 2135 del codice civile, direttamente o in qualità di socio di società, almeno il 50 per cento del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi dalle attività medesime almeno il 50 per cento del proprio reddito globale da lavoro.

[44]   Per la perequazione decorrente dal 1° gennaio 2023, il valore minimo di riferimento è pari a 525,38 euro; tale importo costituisce il valore definitivo, per il 2022, del trattamento minimo del regime generale INPS. In merito, cfr. anche infra.

[45]   Riguardo al valore definitivo per il 2022 del trattamento minimo, cfr. supra, in nota.

[46]   Più in particolare, la rivalutazione si commisura al rapporto percentuale tra il valore medio dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati relativo all'anno di riferimento e il valore medio del medesimo indice relativo all'anno precedente.

      L'aumento della rivalutazione automatica dovuto viene attribuito, su ciascun trattamento, in misura proporzionale all'ammontare del trattamento da rivalutare rispetto all'ammontare complessivo (articolo 34, comma 1, della L. 23 dicembre 1998, n. 448, e successive modificazioni). Nella valutazione dell'importo complessivo dei trattamenti pensionistici del soggetto si deve tener conto (ai sensi del medesimo articolo 34, comma 1, della L. n. 448, e successive modificazioni) anche degli assegni vitalizi derivanti da uffici elettivi, assegni che sono quindi inclusi nella base di riferimento pur essendo estranei all'ambito di applicazione degli incrementi a titolo di perequazione. 

[47]   Decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali (cfr. l'articolo 24, comma 5, della L. 28 febbraio 1986, n. 41).

[48]   La decorrenza sia degli incrementi a titolo di perequazione sia dei relativi conguagli dal 1° gennaio (dell'anno successivo a quello rispettivamente di riferimento) è stata introdotta dall'articolo 14 della L. 23 dicembre 1994, n. 724.

[49]   Si ricorda che alcune norme transitorie (più favorevoli per i pensionati) in materia di anticipo e conguaglio - le quali hanno riguardato alcuni mesi dell'anno 2022 - sono state stabilite dall'articolo 21 del D.L. 9 agosto 2022, n. 115, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 settembre 2022, n. 142.

 

[50]   Come già ricordato, ai fini in oggetto, si fa riferimento (in via interpretativa) all'importo del trattamento minimo INPS nell'anno precedente a quello di applicazione della perequazione medesima.

[51]   Tali aliquote a regime sono poste dall'articolo 1, comma 478, della L. 27 dicembre 2019, n. 160, e hanno trovato applicazione (per la prima volta) per la perequazione riconosciuta dal 1° gennaio 2022. Riguardo ai criteri di calcolo per la perequazione per gli anni 2020 e 2021, cfr. il comma 477 dello stesso articolo 1 della L. n. 160.

[52]   D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159, Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE).

[53]   D.Lgs. 15 settembre 2017, n. 147, Disposizioni per l'introduzione di una misura nazionale di contrasto alla povertà.

[54]   D.P.C.M.  5 dicembre  2013, n. 159, Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE).

[55]   D.M. 9 agosto 2019, Individuazione delle modalità tecniche per consentire al cittadino di accedere alla dichiarazione ISEE precompilata resa disponibile in via telematica dall'INPS che ha introdotto nel corpo del D.M. 9 agosto 2019 l’articolo 2-bis.

[56]   D.M. 12 maggio 2022, Introduzione di meccanismi di semplificazione in materia di ISEE precompilato.

[57]   Prima delle modifiche introdotte dal decreto del 12 maggio 2022 il dichiarante poteva scegliere di presentare la DSU in modalità precompilata esclusivamente se era stato delegato da ogni componente maggiorenne del nucleo familiare ed aveva fornito per questi ultimi gli elementi di riscontro reddituali e patrimoniali. Nel caso in cui il dichiarante non intendeva avvalersi della facoltà di accesso alla DSU precompilata ovvero nei casi di riscontro negativo sugli elementi suddetti, la DSU doveva essere presentata nella modalità non precompilata.

[58]   Sul punto: Garante per la protezione dei dati personali, Parere in tema di ISEE precompilato - 20 giugno 2019.

[59]   La medesima legge di bilancio 2021 (al comma 290) ha istituito un Fondo per il sostegno al reddito dei lavoratori delle aree di crisi industriale complessa, con una dotazione di 10 milioni di euro per il 2021, al fine di assicurare la prosecuzione degli interventi di cassa integrazione guadagni straordinaria e di mobilità in deroga nelle aree di crisi industriale complessa individuate dalle regioni per l'anno 2020 e non autorizzate per mancanza di copertura finanziaria.

[60]   Il suddetto importo, per la parte non utilizzata al termine dell'esercizio, è conservato nel conto dei residui fino alla sottoscrizione dei relativi contratti di lavoro o all'emanazione dei provvedimenti negoziali.

[61]   Tale misura è pari, per il periodo 1° marzo 2022-28 febbraio 2023, a 175 euro mensili qualora l'ISEE (Indicatore della situazione economica equivalente) del nucleo familiare sia inferiore o pari a 15.000 euro; per livelli di ISEE superiori, essa si riduce gradualmente[61] fino (per i casi di ISEE pari o superiore a 40.000 euro) ad un valore pari a 50 euro. Si ricorda che tali valori (ivi compresi quelli relativi alle soglie dell'ISEE) sono adeguati annualmente - con decorrenza dal 1° marzo di ciascun anno - alle variazioni dell'indice del costo della vita (ai sensi del comma 11 del citato articolo 4 del D.Lgs. n. 230 del 2021). Riguardo all'ISEE, cfr. il regolamento di cui al D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159.

[62]   Si ricorda che, in base all'articolo 12, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sono fiscalmente a carico i figli che abbiano un reddito non superiore a 4.000 euro, ovvero a 2.840,51 euro nel caso di figli di età superiore a ventiquattro anni (per il computo di tali limiti si considera il reddito al lordo degli oneri deducibili).

[63]   Si ricorda che, per l'istituto dell'assegno unico e universale, rileva la disabilità almeno media (secondo le definizioni stabilite, nell'ambito della disciplina sull'ISEE, dall'allegato 3 del citato regolamento di cui al D.P.C.M. n. 159 del 2013). Cfr., in merito, la circolare dell'INPS n. 23 del 9 febbraio 2022.

[64]   L'istituto dell'assegno unico e universale per i figli a carico si applica a decorrere dalla data del 1° marzo 2022, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del citato D.Lgs. n. 230 del 2021.

[65]   In base a tali importi complessivi specifici, la misura dell'assegno - salve le eventuali riduzioni in relazione ai valori dell'ISEE - sarebbe stata pari, nel gennaio 2023, a 165 euro fino al compimento del ventunesimo anno di età del figlio disabile maggiorenne ed a 85 euro in caso di figlio disabile di età pari o superiore a ventuno anni.

[66]   Si ricorda che tale maggiorazione è pari, per il periodo 1° marzo 2022-28 febbraio 2023, a 85, 95 o 105 euro mensili, a seconda che la disabilità sia media o grave o consista in una condizione di non autosufficienza (secondo le relative definizioni stabilite, nell'ambito della disciplina sull'ISEE, dal citato allegato 3 del regolamento di cui al D.P.C.M. n. 159 del 2013).

[67]   La novella in oggetto concerne l'articolo 5, comma 9-bis, del citato D.Lgs. n. 230 del 2021.

[68]   La relazione tecnica è reperibile nel tomo I dell'A.C. n. 643.

[69]   Riguardo ai criteri di calcolo della maggiorazione, cfr. il citato articolo 5 del D.Lgs. n. 230, e successive modificazioni.

[70]   Riguardo all'ISEE, cfr. supra, in nota.

[71]   Da parte del richiedente l'assegno unico e universale, o da parte di altro componente del nucleo familiare del richiedente.

[72]   Ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera a), del citato D.Lgs. n. 230 del 2021.

[73]   In particolare, ai sensi dell'articolo 7, comma 2, del citato D.Lgs. n. 230 del 2021, l'importo del Reddito di cittadinanza e della quota di integrazione del medesimo - la quale rappresenta, nel caso in esame, l'istituto dell'assegno - è determinato sottraendo dall'importo ipotetico complessivo - costituito dalla somma del Reddito di cittadinanza già spettante e dalla misura dell'assegno unico - la quota del Reddito di cittadinanza relativa ai figli facenti parte del nucleo familiare - quota calcolata in base alla scala di equivalenza di cui all'articolo 2, comma 4, del D.L. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 marzo 2019, n. 26 -. Si ricorda che la scala di equivalenza è pari ad 1 per il primo componente del nucleo familiare ed è incrementato di 0,4 per ogni ulteriore componente di età maggiore di anni 18 e di 0,2 per ogni ulteriore componente di minore età, fino ad un massimo di 2,1, ovvero fino ad un massimo di 2,2 nel caso in cui nel nucleo familiare siano presenti componenti in condizione di disabilità grave o di non autosufficienza, come definite ai fini dell'ISEE.

[74]   Si ricorda che i congedi parentali sono fruibili in forma frazionata (cfr. l'articolo 32, comma 1, del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, e successive modificazioni).

[75]   Si ricorda che, in ogni caso, il congedo non può essere fruito dopo il compimento della maggiore età del soggetto adottato o in affidamento (articolo 36, comma 2, del citato testo unico, e successive modificazioni).

[76]   Riguardo al termine finale del periodo di congedo di maternità, cfr. gli articoli 16, 16-bis, 20 e 26 del citato testo unico di cui al D.Lgs. n. 151 del 2001, e successive modificazioni.

[77]   Per i dipendenti pubblici, in genere, in base ai relativi contratti collettivi, l'indennità in esame è pari, per i primi trenta giorni, al cento per cento della retribuzione.

      Riguardo alla determinazione della base di calcolo su cui si applica la suddetta aliquota del trenta per cento, si rinvia alla circolare dell'INPS n. 122 del 27 ottobre 2022.

[78]   Si ricorda infatti che i commi 2 e 3 del citato articolo 34 del testo unico, e successive modificazioni, riconoscono la suddetta indennità per tutti i periodi di congedo fruibili dal soggetto, qualora il reddito individuale dell'interessato sia inferiore a 2,5 volte l'importo del trattamento minimo di pensione a carico dell'assicurazione generale obbligatoria o qualora si rientri nelle fattispecie di prolungamento del congedo di cui all'articolo 33 del suddetto testo unico, e successive modificazioni (articolo concernente l'ipotesi che il congedo riguardi un minore disabile in situazione di gravità accertata).

      Riguardo alla durata dei periodi congedo fruibili, si rinvia alla citata circolare dell'INPS n. 122 del 2022.

[79]   Cfr. la citata circolare dell'INPS n. 122 del 2022.

[80]   La Dott.ssa Alessandra Locatelli ha giurato il 22 ottobre 2022 come Ministro per le Disabilità nel Governo guidato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, Giorgia Meloni.

[81]   Il D.M. di novembre 2021 ha aggiunto nell’articolo 5 del D.M. 9 dicembre 2014 la previsione (nuovo comma 4-bis) che i programmi di sviluppo riguardanti esclusivamente l'attività di trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli possano essere accompagnati da investimenti per la creazione, ristrutturazione e ampliamento di strutture idonee alla ricettività e all'accoglienza dell'utente, finalizzati all'erogazione di servizi di ospitalità connessi alle attività di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli. Gli investimenti funzionali a tali servizi devono essere realizzati dai medesimi soggetti, proponente o aderenti, che realizzano i progetti di trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli. Per gli investimenti per la ricettività e l'accoglienza le agevolazioni sono concesse ai sensi e nei limiti della disciplina sugli aiuti a sostegno della politica di coesione territoriale, dunque secondo i limiti e massimali della Carta degli aiuti a finalità regionale e del già citato GBER (cfr. art. 16 D.M. 9 dicembre che indica i massimali d’aiuto).

[82]   Cfr. art. 6 del D.M.

[83]   I requisiti indicati dall’articolo 9, comma 6, sono i seguenti: 1. positivo impatto sull'occupazione, 2. idoneità del programma di realizzare/consolidare sistemi di filiera diretta e allargata, 3. idoneità del programma a rafforzare la presenza dell'impresa sui mercati esteri o idoneità del programma di attrarre investimenti esteri, riconducibile, oltre che all'attrazione di nuovi investimenti, anche alla realizzazione di programmi di sviluppo in grado di consolidare la presenza dell'investitore estero sul territorio nazionale, 4. Contributo allo sviluppo tecnologico da valutarsi avuto riguardo alla presenza di investimenti che determinano rilevanti innovazioni di prodotto, di processo produttivo, dell'organizzazione aziendale e/o nelle modalità di commercializzazione, 5. Impatto ambientale dell'investimento.

[84]   La sottoscrizione di un Accordo di sviluppo concernente la trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli è, altresì, subordinata alla verifica della capacità del programma di sviluppo di determinare positivi effetti o sinergie con i sistemi di filiera diretta ed allargata regionali e/o nazionali.

[85]   Con direttiva del Ministro dello sviluppo economico del 2 marzo 2022, le risorse destinate al rifinanziamento della misura dei Contratti di sviluppo dalla legge 30 dicembre 2020, n. 178 (legge di bilancio per il 2021) e dalla legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio per il 2022) per gli esercizi dal 2022 al 2026, pari a complessivi 1.370 milioni di euro, sono state destinate al finanziamento di istanze di Contratti di sviluppo e di istanze di Accordo di programma o di Accordo di sviluppo relative a programmi ubicati sull’intero territorio nazionale, nel rispetto delle priorità individuate nella medesima direttiva. Con la direttiva sono state altresì riprogrammate, per la quota non utilizzata, le risorse assegnate dall’articolo 60, co. 2 D.L. n. 104/2020, a parziale modifica delle disposizioni già dettate dal decreto ministeriale 5 marzo 2021.

[86]   Il decreto ministeriale del 10 agosto 2022 ha destinato i fondi (due miliardi) assegnati dal CIPESS con la deliberazione n. 7 del 14 aprile 2022 a istanze di Contratto di sviluppo presentate in procedura ordinaria (per 1,5 miliardi); Accordi di programma sottoscritti successivamente alla data di pubblicazione del decreto e istanze di Accordo di sviluppo aventi a oggetto programmi di sviluppo industriali o programmi di sviluppo per la tutela ambientale (500 milioni di euro). Le disponibilità sono soggette al vincolo di riparto 80% aree del Mezzogiorno e 20% aree del Centro-Nord

[87]   Sono previsti i seguenti tre sub-investimenti:

·       I. 5.1.1 “Tecnologia PV (PhotoVoltaics)”: sostiene investimenti privati nel settore della produzione di pannelli fotovoltaici innovativi ad alto rendimento (con una dotazione finanziaria di 400 mln di euro);

·       I. 5.1.2 “Industria eolica”: sostiene investimenti privati nel settore della produzione di aerogeneratori di nuova generazione e taglia medio-grande (con una dotazione finanziaria di 100 mln di euro);

·       I. 5.1.3 “Settore batterie”: sostiene investimenti privati nel settore della produzione di batterie (con una dotazione finanziaria di 500 mln di euro);

[88]   Si rinvia a:

·       Decreto ministeriale 27 gennaio 2022 - Attuazione dell’Investimento 5.1 “Rinnovabili e batterie” del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). L’utilizzo dello strumento agevolativo dei contrati di sviluppo, come era stato annunciato dal Ministro dell'economia e delle finanze Daniele Franco in audizione del 23 febbraio 2022 presso la V Commissione (allegato III alla documentazione depositata).

·       Decreto direttoriale25 marzo 2022 ha fissato dei termini per la presentazione delle domande di agevolazioni, dall’11 aprile 2022 fino all’11 luglio 2022 (la comunicazione dell’adozione del decreto è stata data in G.U. del 2 aprile 2022).

[89]   Si rinvia a:

·       Circolare 28 marzo 2022, n. 120820 – Contratti di sviluppo. Valutazione del principio DNSH ai fini del finanziamento con le risorse del PNRR

·       Decreto ministeriale 13 gennaio 2022 – Attuazione dell’Investimento 5.2 “Competitività e resilienza delle filiere produttive” del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), con il quale è stato raggiunto il target al 31/03/222.

·       Decreto Direttoriale 25 Marzo 2022 ha approvato i termini per la presentazione delle domande di agevolazioni, dall’11 aprile 2022 (di esso è stata data notizia in G.U. del 2 aprile 2022).

[90]   Convertito, con modificazioni, in legge n. 91/2022.

[91]   Quali, a titolo esemplificativo quelli volti a soddisfare il fabbisogno energetico con energie provenienti da forme rinnovabili, a effettuare investimenti in misure di efficienza energetica che riducono il consumo di energia assorbito dalla produzione economica, a effettuare investimenti per ridurre o diversificare il consumo di gas naturale ovvero a migliorare la resilienza dei processi aziendali rispetto a oscillazioni eccezionali dei prezzi sui mercati dell’energia elettrica.

[92]   Come risultante dai relativi bilanci o dalle dichiarazioni fiscali; qualora l'impresa abbia iniziato la propria attività successivamente al 31 dicembre 2019, si fa riferimento al fatturato annuo totale medio degli esercizi effettivamente conclusi.

[93]   L’Allegato I elenca 26 settori economici particolarmente colpiti.

[94]   Comprese quelle specificamente elencate nei provvedimenti che comminano tali sanzioni, quelle possedute o controllate da persone, entità o organismi oggetto delle sanzioni adottate dall’Unione europea e quelle che operano nei settori industriali oggetto delle sanzioni adottate dall’Unione europea.

[95]   In particolare, le garanzie concesse a norma del comma 55-bis non possono essere cumulate con altre misure di supporto alla liquidità concesse sotto forma di prestito agevolato, ai sensi della sezione 2.3 (Sostegno alla liquidità sotto forma di prestiti agevolati) della citata Comunicazione, né con le misure di supporto alla liquidità concesse sotto forma di garanzia o prestito agevolato ai sensi delle sezioni 3.2 (Aiuti sotto forma di garanzie sui prestiti) o 3.3 (Aiuti sotto forma di tassi d'interesse agevolati per i prestiti) del quadro temporaneo per l'emergenza del COVID-19 (cfr. apposito tema).

      Se invece il beneficiario è il medesimo ma muta il capitale di prestito sottostante, le garanzie concesse a norma del comma 55-bis possono essere cumulate con altre misure di aiuto, anche diverse da quelle di supporto alla liquidità mediante garanzie, a condizione che l’importo complessivo dei prestiti per beneficiario non superi l’importo massimo di 5 milioni, ai sensi del comma 55-bis, numero 2).

[96]   Il D.M. 13 gennaio 2022 che comprende la politica di investimento dei contratti di sviluppo è stato pubblicato in G.U. del 12 febbraio 2022. Il decreto dà attuazione alla riserva del 40% delle risorse al Sud (vedi Art. 2, c. 6 bis D.L. n. 77/2021, convertito in L. 108/2021). Il decreto direttoriale 25 marzo 2022 ha approvato i termini per la presentazione delle domande di agevolazioni.

[97]   COM(2019) 640.

[98]   Il Ministro è stato autorizzato ad intervenire anche attraverso la partecipazione indiretta in quote di capitale di rischio e/o di debito, anche di natura subordinata (comma 87).

[99]   Ai sensi del medesimo articolo 64, comma 2, la convenzione disciplina:

a) lo svolgimento da parte di SACE S.p.A. dell'attività istruttoria delle operazioni, anche con riferimento alla selezione e alla valutazione delle iniziative in termini di rispondenza agli obiettivi e di efficacia degli interventi in relazione ai medesimi obiettivi;

b) le procedure per il rilascio delle garanzie e delle coperture assicurative da parte di SACE S.p.A. anche al fine di escludere che da tali garanzie e coperture possano derivare oneri non previsti in termini di indebitamento netto delle PP.AA;

c) la gestione delle fasi successive al pagamento dell'indennizzo, incluse le modalità di esercizio dei diritti nei confronti del debitore e l'attività il recupero crediti;

d) le modalità con le quali è richiesto al MEF il pagamento dell'indennizzo a valere sul Fondo e le modalità di escussione della garanzia dello Stato relativa agli impegni assunti da SACE S.p.A., nonché la remunerazione della garanzia stessa;

e) ogni altra modalità operativa rilevante ai fini dell'assunzione e gestione degli impegni;

f) le modalità con cui SACE S.p.A. riferisce periodicamente al MEF degli esiti della rendicontazione dei finanziatori verso la stessa SACE S.p.A., ai fini della verifica della permanenza delle condizioni di validità ed efficacia della garanzia.