Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Finanze
Titolo: Disposizioni di aggiomamento della delega di cui alla legge 5 marzo 2024, n. 21
Serie: Progetti di legge   Numero: 400
Data: 21/01/2025

 


A.S. n. 1351

 

Disposizioni di aggiornamento della delega di cui alla legge

5 marzo 2024, n. 21

 

21 gennaio 2025

 

 

 

Servizio Studi

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Dossier n. 427

 

 

 

 

 

 

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Progetti di legge n. 400

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La documentazione dei Servizi e degli Uffici del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. Si declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.

 


I N D I C E

 

 

Schede di lettura

Articolo 1, comma 1, lettera a) (Delega al Governo per la riforma organica delle disposizioni in materia di mercati dei capitali recate dal testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e delle disposizioni in materia di società di capitali contenute nel codice civile applicabili anche agli emittenti) 7

Articolo 1, comma 1, lettera b) (Delega al Governo per la riforma organica e il riordino del sistema sanzionatorio e di tutte le procedure sanzionatorie di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58) 9

Articolo 1, comma 2 (Clausola di invarianza finanziaria) 14

Articolo 2 (Entrata in vigore) 15

 


Schede di lettura


Articolo 1, comma 1, lettera a)
(Delega al Governo per la riforma organica delle disposizioni in materia di mercati dei capitali recate dal testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e delle disposizioni in materia di società di capitali contenute nel codice civile applicabili anche agli emittenti)

 

 

L’articolo 1, comma 1, lettera a), proroga da dodici a ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge delega n. 21 del 2024 il termine per l’adozione di uno o più decreti legislativi per la riforma organica delle disposizioni in materia di mercati dei capitali e, ove necessario, delle disposizioni in materia di società di capitali. Conseguentemente, la disposizione proroga da diciotto a ventiquattro mesi anche il termine per l’adozione degli eventuali decreti correttivi e integrativi.

 

In particolare, l’articolo 1, comma 1, lettera a), modifica due termini temporali previsti dall’articolo 19 della legge n. 21 del 2024 recante «Interventi a sostegno della competitività dei capitali e delega al Governo per la riforma organica delle disposizioni in materia di mercati dei capitali recate dal testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e delle disposizioni in materia di società di capitali contenute nel codice civile applicabili anche agli emittenti».

La prima modifica (punto 1)) riguarda il termine previsto dal comma 1 dell’articolo 19 per l’adozione, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto, per i profili di competenza, con il Ministro della giustizia, di uno o più decreti legislativi per la riforma organica delle disposizioni in materia di mercati dei capitali del Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF) di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998 e, ove necessario, delle disposizioni in materia di società di capitali contenute nel Codice civile applicabili anche agli emittenti ovvero ai soggetti che offrono i propri titoli ai sottoscrittori, rendendosi garanti degli obblighi derivanti dalla particolare categoria di appartenenza degli stessi. Tale termine è esteso a ventiquattro mesi, in luogo dei dodici previsti dal testo vigente, dalla data di entrata in vigore della legge n. 21 del 2024 (e quindi il termine passa dal 26 marzo 2025 al 26 marzo 2026).

 

La seconda modifica (punto 2)) riguarda il termine concesso dal comma 4 dell’articolo 19 al Governo per emanare, ove necessario, dei decreti correttivi ed integrativi dei decreti legislativi di cui al comma 1, nel rispetto dei principi e criteri direttivi elencati al comma 2. Tale termine è esteso a ventiquattro mesi, in luogo dei diciotto previsti dal testo vigente, dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1.

 

Il menzionato articolo 19 della legge n. 21 del 2024 delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi recanti la revisione del Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF) di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998 e delle disposizioni in materia di società di capitali contenute nel Codice civile applicabili anche agli emittenti. La disposizione, a tal fine:

?        indica i principi e criteri direttivi generali e specifici cui deve attenersi il Governo nell’esercizio della delega;

?        disciplina le modalità e i termini di esame parlamentare degli schemi di decreto legislativo, nonché il meccanismo di slittamento del termine di delega;

?        fissa i termini per l’adozione degli eventuali decreti legislativi correttivi.

 

Per una illustrazione dettagliata dei contenuti e del contesto della legge n. 21 del 2024 si rinvia al relativo Dossier curato dai Servizi studi della Camera e del Senato.


Articolo 1, comma 1, lettera b)
(Delega al Governo per la riforma organica e il riordino del sistema sanzionatorio e di tutte le procedure sanzionatorie di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58)

 

 

L’articolo 1, comma 1, lettera b), delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per la riforma organica e il riordino del sistema sanzionatorio e di tutte le procedure sanzionatorie di cui al Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF). Stabilisce a tal fine una serie di principi e criteri direttivi.

 

In particolare, la disposizione in esame inserisce il nuovo articolo 19-bis alla legge n. 21 del 2024 recante «Interventi a sostegno della competitività dei capitali e delega al Governo per la riforma organica delle disposizioni in materia di mercati dei capitali recate dal testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e delle disposizioni in materia di società di capitali contenute nel codice civile applicabili anche agli emittenti».

Il nuovo articolo delega il Governo ad adottare, secondo i termini di cui all’articolo 19, comma 1, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto, per i profili di competenza, con il Ministro della giustizia, uno o più decreti legislativi per la riforma organica e il riordino del sistema sanzionatorio e di tutte le procedure sanzionatorie di cui al Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF) di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998.

 

Il menzionato articolo 19 della legge n. 21 del 2024 delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi recanti la revisione del Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF) di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998 e delle disposizioni in materia di società di capitali contenute nel Codice civile applicabili anche agli emittenti. La disposizione, a tal fine:

?        indica i principi e criteri direttivi generali e specifici cui deve attenersi il Governo nell’esercizio della delega;

?        disciplina le modalità e i termini di esame parlamentare degli schemi di decreto legislativo, nonché il meccanismo di slittamento del termine di delega;

?        fissa i termini per l’adozione degli eventuali decreti legislativi correttivi.

In particolare, il comma 1 chiarisce che tali decreti legislativi sono da adottarsi, nel rispetto dei principi costituzionali e, in particolare della tutela del risparmio, nonché dell'ordinamento dell'Unione europea e del diritto internazionale, sulla base dei princìpi e criteri direttivi di cui al comma 2, senza nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Nella Analisi tecnico-normativa (ATN) il Governo evidenzia che l’obbiettivo del presente intervento legislativo è procedere ad una riforma sistematica della disciplina delle sanzioni amministrative e penali in materia di diritto dei mercati finanziari, in modo da garantire la proporzionalità e la dissuasività della sanzione, nel rispetto del diritto euro-unitario e della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo. L’esigenza è emersa nell’ambito dei lavori relativi all’esercizio della delega di cui all’art. 19 della legge n. 21 del 2024, in particolare con riferimento alla necessità di provvedere ad una più ampia revisione dell’intero apparato sanzionatorio e non solamente limitato alle sole condotte riferibili agli emittenti, come previsto dal citato articolo 19. Il presente intervento risulta coerente con il programma di Governo ed in particolare con la legge n. 21 del 2024, volta a rendere più competitivo il sistema del mercato dei capitali italiano.

 

Il nuovo articolo 19-bis stabilisce i seguenti principi e criteri direttivi:

a)     individuazione, selezione, determinazione e coordinamento delle condotte illecite e delle relative sanzioni, differenziando fra illeciti amministrativi e penali sulla base del criterio di offensività e prevedendo, altresì, criteri di tassativizzazione delle fattispecie di illecito;

b)    individuazione dei casi di applicazione del principio del ne bis in idem ai fini della più adeguata valorizzazione di tale principio e, ove opportuno, individuazione delle ipotesi di retroattività della lex mitior in materia di sanzioni amministrative;

 

La locuzione ne bis in idem viene utilizzata dagli ordinamenti penali nazionali in un duplice significato: da una parte quello espresso dal brocardo nemo debet bis vexari pro una et eadem causa, ossia il divieto di doppio processo per lo stesso fatto, e dall'altra quello del nemo debet bis puniri pro uno delicto, vale a dire il divieto di addebitare più volte, mediante il ricorso a molteplice pena, lo stesso accadimento criminoso all'autore. Il principio in questione è codificato, nell’ordinamento interno, dall’art. 649 del Codice di procedura penale (c.p.p.). Tale principio è stato positivizzato anche a livello europeo dall’art. 4, p. 1, del VII Protocollo addizionale della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU); e dall’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE (dotata di efficacia vincolante al pari dei Trattati).

Il doppio binario sanzionatorio non sembra incontrare un limite nel principio sancito nel già ricordato art. 649 c.p.p., il quale vieta formalmente il ne bis in idem solo con riguardo alle sanzioni penali. Tuttavia, la giurisprudenza della Corte EDU, a partire dalla sentenza, Engel c. Paesi Bassi, del 1976 ha elaborato una serie di indici volti a riqualificare la sanzione formalmente amministrativa, secondo il diritto interno, per attribuirle natura sostanzialmente penale. La natura intrinsecamente penale determina l’applicazione delle garanzie convenzionali previste per la materia penale, fra cui il divieto di ne bis in idem.

Con riguardo all’ordinamento italiano, la Corte EDU, inizialmente, con la sentenza resa nel caso Grande Stevens v. Italia del 2014, aveva sancito l’incompatibilità con l’art. 4 del VII Protocollo addizionale della CEDU dei sistemi a doppio binario sanzionatorio, in presenza dell’idem factum e nel caso in cui la sanzione formalmente amministrativa fosse da considerarsi avente natura penale. In seguito, con la sentenza A e B c. Norvegia del 2016, la Corte di Strasburgo ha mutato il proprio orientamento, ritenendo il ne bis in idem compatibile con i sistemi a doppio binario sanzionatorio, penale e amministrativo (ma sostanzialmente penale), in presenza di una connessione sostanziale e temporale sufficientemente stretta tra i due procedimenti.

In altri termini, premessa la verifica dell’idem factum e della natura penale della sanzione formalmente amministrativa, si ha la predetta connessione qualora: i due procedimenti perseguano obiettivi complementari relativi al medesimo interesse protetto; la doppia risposta sanzionatoria risulti prevedibile per l’agente; i due procedimenti siano connessi, evitando duplicazioni nella raccolta/valutazione delle prove, nonché assicurando interazione tra le autorità procedenti;  sia assicurata la proporzionalità complessiva delle sanzioni irrogate, per scongiurarne un’eccessiva severità; i due procedimenti, per quanto non consequenziali, non lascino il soggetto in un perdurante stato di incertezza processuale, protraendo eccessivamente i tempi di definizione.

A livello eurounitario, peraltro, la Corte di Giustizia dell’UE è intervenuta nel 2018 con tre pronunce (le sentenze Menci, Garlsson Real Estate e altri, Di Puma e Zecca), accogliendo il nuovo approccio ermeneutico della Corte EDU e confermando la tenuta del sistema di duplicazione sanzionatoria in particolare in materia tributaria e di abusi di mercato. La Corte di Lussemburgo, pur non negando che il cumulo di procedimenti e sanzioni costituisca un limite al principio del ne bis in idem, conclude che il doppio binario sanzionatorio è conforme all’art. 50 CDFUE, a condizione che la normativa nazionale rispetti determinati criteri, ampiamente ripresi dalla pronuncia A. e B. c. Norvegia (con particolare attenzione alla proporzionalità complessiva delle sanzioni). Secondo la Corte UE, in caso di condanna penale, qualora la stessa sia già idonea a reprimere il reato in maniera efficace e proporzionata, non è consentito irrogare anche la sanzione amministrativa. Con riguardo alla giurisprudenza nazionale, la Corte di Cassazione (Cass. pen., Sez. V, 31.10.18, n. 49869), ha affermato che la verifica della proporzionalità delle sanzioni, vero criterio cardine del ne bis in idem, impone la disapplicazione delle norme relative al trattamento sanzionatorio dell’illecito oggetto del secondo procedimento, in toto (se la prima sanzione assorbe interamente il disvalore del fatto) o (più frequentemente) derogando in mitius al minimo edittale, sempre nel rispetto, sul fronte penale, del limite insuperabile dell’art. 23 c.p. In una successiva decisione (Cass. pen., Sez. V, 5.02.19, n. 5679) la Corte ha precisato come tale valutazione debba operare in concreto, valorizzando pertanto anche eventuali sconti di pena conseguenti all’accesso ai riti premiali.

È appena il caso di ricordare poi che la Sentenza n. 149 del 2022 nella quale la Corte costituzionale – dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 649 c.p.p., nella parte in cui non prevede che il giudice pronunci sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere nei confronti di un imputato per uno dei delitti previsti dall’art. 171-ter della legge 22 aprile 1941, n. 633 (Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio), che, in relazione al medesimo fatto, sia già stato sottoposto a procedimento, definitivamente conclusosi, per l’illecito amministrativo di cui all’art. 174-bis della medesima legge – ha rivolto un espresso monito al legislatore sollecitandolo a “rimodulare la disciplina in esame in modo da assicurare un adeguato coordinamento tra le sue previsioni procedimentali e sanzionatorie, nel quadro di un’auspicabile rimeditazione complessiva dei vigenti sistemi di doppio binario sanzionatorio alla luce dei principi enunciati dalla Corte EDU, dalla Corte di giustizia e da questa stessa Corte”.

Da ultimo con l’attuazione di quanto previsto dall’articolo 20 della legge delega per la riforma fiscale, l’art. 1 del decreto legislativo n. 87 del 2024, intervenendo sulle disposizioni comuni alle sanzioni amministrative e penali, ha apportato sostanziali modifiche contenute nel decreto legislativo n. 74 del 2000. Per effetto delle lettere h), i), l) e m) dell’art. 1, c. 1, D.lgs. 87/2024 vengono individuati diversi innesti nelle disposizioni che, nel D.lgs. 74/2000, disciplinano il principio di specialità (art. 19), i rapporti tra procedimenti (art. 20), l’irrogazione di sanzioni amministrative per le violazioni fatte oggetto di notizie di reato (art. 21), accanto all’introduzione di due norme (artt. 21-bis e 21-ter) deputate, rispettivamente, all’efficacia delle sentenze penali nel processo tributario e all’applicazione ed esecuzione delle sanzioni penali e amministrative sul sistema dei rapporti tra procedimento penale e procedimento amministrativo. In particolare l’art. 21-ter del novellato D.lgs. 74/2000, contenente la regola applicativa del ne bis in idem, dispone che il giudice o l’autorità amministrativa per ultimo investita, al momento delle determinazione della sanzione di sua competenza, nel rispetto del principio di proporzionalità, deve tener conto di quelle già irrogate da autorità o altro organo giurisdizionale con provvedimento definitivo, a tal punto che la vicenda possa essere riferibile anche a enti e società, con o senza personalità giuridica, e può essere applicato in relazione alla doppia misura disposta nei loro confronti anche se con due sanzioni entrambe formalmente qualificate.

 

Il principio della retroattività della norma più favorevole non è contemplato dalla legge n. 689 del 1981 con riguardo alle sanzioni previste per gli illeciti amministrativi. Non vi è, infatti, in tale corpus normativo alcuna disposizione assimilabile all’art. 2, co. 3, del Codice penale. La mancata previsione di tale principio nella citata legge ha dunque indotto per molti anni la giurisprudenza prevalente a reputare che in detto sistema sanzionatorio debbano tendenzialmente considerarsi irrilevanti le sopravvenute modifiche normative favorevoli al reo. Di conseguenza, in rigoroso ossequio al principio tempus regit actum, si è soliti ritenere che la sanzione amministrativa debba essere irrogata alla luce e in considerazione della sola legge vigente al momento in cui la condotta illecita è stata posta in essere. Siffatta impostazione trovava eccezione in una serie di casi espressamente previsti da specifiche leggi di settore.

La stessa Consulta ha, in più occasioni, ribadito l’inapplicabilità di tale principio con riguardo agli illeciti amministrativi, ritenendo «manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale [dell’] art. 1, 2° comma, l. 24 novembre 1981 n. 689 (…) nella parte in cui non preved(e) che, se la legge in vigore al momento in cui fu commessa la violazione e quella posteriore stabiliscano sanzioni amministrative pecuniarie diverse, si applichi la legge più favorevole al responsabile» (Corte Cost., 28 novembre 2002, ord. n. 501).

È solo con la sentenza, resa in data 17 settembre 2009 nel caso Scoppola c. Italia, che la Corte di Strasburgo, per la prima volta è stata riconosciuta valenza convenzionale al principio della retroattività in bonam partem delle norme di carattere sanzionatorio, stabilendo che detto principio debba implicitamente farsi rientrare nella previsione dell’art. 7 CEDU, evidenziando la necessità di interpretare la Convenzione conformemente a quanto prescritto in subiecta materia dalle principali Carte internazionali dei diritti, che espressamente contemplano il principio in parola. La Corte, con la sentenza Scoppola ha ritenuto imprescindibile includere tra i principi enucleati dall’art. 7 CEDU anche quello della retroattività in mitius. Successivamente la Corte costituzionale con la sentenza n. 193/2016, pur ritenendo non fondata detta questione di legittimità costituzionale, ha compiuto un passo in avanti verso la definitiva estensione alle sanzioni amministrative del principio della retroattività in bonam partem, affermando che ove una sanzione amministrativa sia da considerarsi “convenzionalmente penale”, dovrà ad essa trovare applicazione, inter alios, anche il principio della retroattività del trattamento sanzionatorio più mite.

Da ultimo, con la sentenza del 21 marzo 2019, n. 63, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 6, co. 2, del decreto legislativo n. 72 del 2015, in riferimento agli artt. 3 e 117, co. 1, Cost. (quest’ultimo in relazione all’art. 7 CEDU), nella parte in cui esclude l’applicazione retroattiva delle modifiche apportate dal terzo comma dello stesso articolo 6 alle sanzioni previste per l’illecito amministrativo di abuso di informazioni privilegiate, disciplinato – come è noto – dall’art. 187 bis del decreto legislativo n. 58 del 1998 (Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria - TUF) e dell’articolo 6, comma 2, del D.lgs. 72/2015, ritenendo, in altri termini, applicabile il principio di retroattività della disposizione più favorevole anche alle sanzioni amministrative.

 

c)     revisione di tutte le procedure sanzionatorie al fine di garantire il rispetto di tempi certi, del contraddittorio, della pubblicità, della verbalizzazione tempestiva e della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie, anche prevedendo l’introduzione di meccanismi di risoluzione alternativa e preventiva delle controversie a fini deflattivi del contenzioso;

d)    revisione delle competenze giurisdizionali e del rito applicabile in materia di ricorsi avverso le sanzioni di cui al TUF;

e)     revisione dei poteri delle Autorità di vigilanza finalizzati all’accertamento delle violazioni in materia di abusi di mercato;

f)     coordinamento tra le disposizioni del TUF, del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB) di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993, del Codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo n. 209 del 2005, della Disciplina delle forme pensionistiche complementari di cui al decreto legislativo n. 252 del 2005, e della legge n. 262 del 2005 recante Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari.

 

Il comma 2 del nuovo articolo disciplina la procedura per l’espressione del parere parlamentare sugli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1. In particolare, questi ultimi sono trasmessi alla Camera dei Deputati e al Senato della Repubblica affinché su di essi sia espresso il parere dei competenti organi parlamentari. Decorsi quaranta giorni dalla data di trasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza del parere. Qualora il termine previsto per l’espressione del parere parlamentare di cui al secondo periodo, scada nei trenta giorni antecedenti allo spirare del termine previsto al comma 1 o successivamente, la scadenza di quest'ultimo è prorogata di novanta giorni.

 

Il comma 3 fissa il termine di ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti di cui al comma 1, per l’emanazione da parte del Governo, ove necessario, di uno o più decreti correttivi e integrativi degli stessi, nel rispetto dei principi e criteri direttivi di cui al comma 1.


Articolo 1, comma 2
(Clausola di invarianza finanziaria)

 

 

L’articolo 1, comma 2, reca la clausola di invarianza finanziaria.

 

In particolare, l’articolo 1, comma 2, stabilisce che dall'attuazione delle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le amministrazioni competenti provvedono ai relativi adempimenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.


Articolo 2
(Entrata in vigore)

 

 

L’articolo 2 dispone che la presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.