Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Finanze
Titolo: Legge di bilancio 2025 - Profili di interesse della VI Commissione Finanze
Riferimenti: AC N.2112-bis/XIX AC N.2112/XIX
Serie: Progetti di legge   Numero: 370/0/VI
Data: 30/10/2024
Organi della Camera: VI Finanze

 

LEGGE DI BILANCIO 2025

 

Profili di interesse della VI Commissione Finanze

 

A.C. 2112-bis

 

30 ottobre 2024

 

 

Servizio Studi

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Progetti di legge n. 370/0/VI

 

 

AVVERTENZA: la nota presente nelle schede di lettura, evidenziata con una barra gialla, che segue alla sintesi normativa della disposizione espone gli effetti finanziari previsti sul bilancio dello Stato in termini di saldo netto da finanziare, ad eccezione dei casi diversamente indicati ove si fa riferimento al fabbisogno o altri saldi. Per un’analisi di dettaglio degli effetti finanziari sui saldi di finanza pubblica e sulla quantificazione degli oneri risultante dalla Relazione tecnica si rinvia al dossier del Servizio del Bilancio dello Stato.

 

 

 

 

 

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NOTA

 

 

 

 

 

 

Il presente dossier è articolato in due parti:

§  la prima parte contiene le schede di lettura delle disposizioni della prima sezione, di competenza di ciascuna Commissione;

§  la seconda parte contiene l’analisi della seconda sezione del disegno di legge di competenza di ciascuna Commissione.

 

 


I N D I C E

 

Legge di bilancio 2025.................................................................. 3

Schede di lettura Sezione I

§  Articolo 2, commi 1-8 (Misure concernenti l’IRPEF)................................. 16

§  Articolo 2, comma 9 (Riordino delle detrazioni fiscali).............................. 22

§  Articolo 2, comma 10 (Detrazioni per familiari a carico).......................... 32

§  Articolo 3 (Deduzione delle quote delle svalutazioni e perdite su crediti e dell’avviamento correlate alle DTA)...................................................................................... 34

§  Articolo 4 (Misure in materia di imposta sui servizi digitali e cripto attività) 45

§  Articolo 5 (Rideterminazione del valore di terreni e partecipazioni).......... 48

§  Articolo 6 (Estensione dell’obbligo utilizzo dell'e-DAS)............................. 56

§  Articolo 7 (Misure per la riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi).. 57

§  Articolo 8 (Detrazioni delle spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici)..................................................... 62

§  Articolo 9 (Disposizioni per il contrasto all’evasione in materia di pagamenti elettronici e di interoperabilità delle banche dati)............................................................... 68

§  Articolo 10 (Misure in materia di tracciabilità delle spese)........................ 73

§  Articolo 11 (Misure in materia di versamento dell’imposta di bollo per i contratti di assicurazione sulla vita)............................................................................... 78

§  Articolo 12 (Disposizioni in materia di gioco pubblico raccolto a distanza e Bingo)    81

§  Articolo 13 (Estrazione settimanale aggiuntiva per il Lotto e il Superenalotto)   86

§  Articolo 14 (Proroghe delle concessioni di gioco in scadenza).................. 88

§  Articolo 15 (Disposizioni in materia di lavoratori frontalieri)................... 92

§  Articolo 17 (Mutui per la prima casa)......................................................... 99

§  Articolo 46 (Rifinanziamento del fondo speciale per la concessione di contributi in conto interessi dell’Istituto per il credito sportivo e culturale)........................... 104

§  Articolo 67 (Riduzione dell’imposta sostitutiva relativa ai lavoratori dipendenti privati e applicabile ai premi di produttività e alle forme di partecipazione agli utili d’impresa)    106

§  Articolo 68, commi 1-4 (Esenzione fiscale per somme corrisposte ai neoassunti in relazione a fabbricati)................................................................................................... 108

§  Articolo 68, commi 5 e 6 (Esclusione dal reddito imponibile dei lavoratori di alcuni valori) 110

§  Articolo 69 (Agevolazioni fiscali lavoro notturno e straordinari nei giorni festivi)   113

§  Articolo 70 (Proroga della maggiorazione del costo ammesso in deduzione in presenza di nuove assunzioni).................................................................................................. 115

§  Articolo 73 (Credito d’imposta per la quotazione delle piccole e medie imprese)    118

§  Articolo 74 (Contributi per i soggetti che hanno aderito alla procedura per il riversamento del credito di imposta in ricerca e sviluppo)................................................... 120

§  Articolo 77 (Credito d'imposta per investimenti nella Zona economica speciale per il Mezzogiorno – ZES unica)......................................................................... 123

§  Articolo 81 (Disposizioni in materia di agevolazione del credito di imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno)........................................................................................ 129

§  Articolo 93, comma 8 (Proroga dell’esenzione dal pagamento delle utenze “zona rossa”)   133

§  Articolo 93, comma 9 (Proroga agevolazione cratere sismico 2016/2017) 134

§  Articolo 93, commi 11, 12 e 13 (Proroga sospensione pagamenti sisma 2016)   135

§  Articolo 93, comma 14 (Proroga esenzione imposte di bollo e di registro, IRPEF, IRES, IMU e TASI)........................................................................................................... 137

§  Articolo 93, comma 17 (Proroga dell’esenzione dai canoni in materia di pubblicità e occupazione aree pubbliche)...................................................................... 139

§  Articolo 93, comma 18 (Proroga dell’esclusione degli immobili colpiti da calamità naturali dal computo del patrimonio immobiliare)........................................................ 140

§  Articolo 96 (Adeguamento della disciplina dell’addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche alla nuova disciplina dell’imposta sul reddito delle persone fisiche)     141

§  Articolo 98 (Misure in materia di addizionale comunale sui diritti di imbarco)   144

§  Articolo 99 (Adeguamento della disciplina dell’addizionale comunale all’imposta sul reddito delle persone fisiche alla nuova disciplina dell’imposta sul reddito delle persone fisiche)     148

§  Articolo 114 (Accantonamenti oneri connessi ai piani di stock option).... 151

§  Articolo 125 (Stato di previsione dell'entrata).......................................... 153

La seconda Sezione.................................................................. 156

§  Stato di previsione dell’entrata (Tabella n. 1)............................................ 156


Legge di bilancio 2025

Il disegno di legge di bilancio 2025 presentato dal Governo il 23 ottobre 2024 (A.C. 2112) si inquadra nella fase di prima attuazione della riforma della governance economica europea entrata in vigore lo scorso 30 aprile.

La nuova governance economica europea modifica i principii e gli strumenti delle politiche di bilancio degli Stati membri. In particolare, la programmazione è ora definita in un orizzonte pluriennale nell’ambito del Piano strutturale di bilancio a medio termine, che ha una durata corrispondente a quella della legislatura nazionale. Il Piano strutturale di bilancio individua il percorso di aggiustamento di bilancio (monitorato in termini di variazione dell’aggregato della spesa netta), la traiettoria di riferimento elaborata dalla Commissione europea, una serie di investimenti e riforme da realizzare in funzione delle raccomandazioni specifiche per Paese, delle priorità condivise a livello europeo, della complementarietà con i fondi per la politica di coesione e il PNRR.

Il Piano strutturale di bilancio 2025-2029 è stato presentato dal Governo al Parlamento il 27 settembre 2024 ed inviato alle istituzioni europee a seguito dell’approvazione, il 9 ottobre 2024, di due risoluzioni da parte delle Camere. Il Piano dovrà essere quindi approvato con raccomandazione dal Consiglio dell’UE.

Il Piano strutturale di bilancio fissa un obiettivo di tasso di crescita annuo della spesa netta pari al 1,3% nel 2025, al 1,6% nel 2026, al 1,9% nel 2027 al 1,7% nel 2028 e al 1,5% nel 2029 per garantire nel medio periodo una riduzione stabile del livello del debito pubblico, mantenere la possibilità di impiegare alcuni spazi fiscali per il finanziamento di interventi selettivi e consentire di chiudere la procedura per deficit eccessivo nel 2027. Le misure previste annualmente dal disegno di legge di bilancio rientrano dunque tra le principali politiche pubbliche del Governo per conseguire gli obiettivi programmatici della finanza pubblica in linea con il rispetto del livello stabilito della spesa netta e la realizzazione delle riforme e degli investimenti previsti nel Piano strutturale di bilancio.

In attesa della riforma del quadro normativo contabile nazionale (in particolare della legge “rinforzata” n. 243 del 2012 e della legge di contabilità e finanza pubblica, legge n. 196 del 2009), il disegno di legge di bilancio 2025 è stato predisposto secondo le disposizioni vigenti in materia.

Inoltre, al fine di favorire un primo coordinamento degli strumenti contabili nazionali con quelli europei, il disegno di legge presenta anche disposizioni ed elementi informativi che fanno espressamente riferimento alla nuova governance economica europea. Gli articoli 95 e 104 prevedono disposizioni volte a modificare le regole finanziarie e i principi del contributo alla finanza pubblica delle regioni e degli enti territoriali per dare attuazione alla riforma della governance economica europea. Un’ulteriore disposizione volta a favorire il rispetto delle nuove regole europee è l’articolo 103 che reca l’abrogazione del sistema di tesoreria unica. Infine, l’articolo 122, comma 2, istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze due fondi, uno di parte corrente e uno di conto capitale, destinati alla compensazione degli eventuali scostamenti dal percorso della spesa netta indicata nel Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029, al fine di garantire il rispetto degli obiettivi programmatici di finanza pubblica, configurandosi come fondi di riserva.

Ai sensi dell'articolo 21 della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009), la prima sezione del disegno di legge di bilancio individua il quadro di riferimento finanziario e provvede alla regolazione annuale delle grandezze previste dalla legislazione vigente al fine di adeguarne gli effetti finanziari agli obiettivi programmatici indicati nel Documento di economia e finanza, nonché gli eventuali aggiornamenti di tali obiettivi fissati dalla Nota di aggiornamento al DEF. La seconda sezione evidenzia, per ciascun programma, gli effetti finanziari derivanti dalle disposizioni contenute nella prima sezione, il bilancio a legislazione vigente e le variazioni non determinate da innovazioni normative. Queste ultime includono anche rifinanziamenti, definanziamenti e riprogrammazioni di entrate e di spese. Il disegno di legge di bilancio (C. 2112), che costituisce la manovra di finanza pubblica 2025-2027, si compone, nella prima sezione, di 124 articoli, seguiti da altri 19 articoli (dall’articolo 125 all’articolo 143) della seconda sezione, recanti l'approvazione degli stati di previsione dei Ministeri. L’ultimo articolo (articolo 144) reca infine la disposizione sull’entrata in vigore della legge.

In relazione agli effetti della manovra sui saldi di finanza pubblica, il disegno di legge di bilancio indica i principali differenziali (risparmio pubblico, saldo netto da finanziare, avanzo primario, ricorso al mercato) e le voci delle componenti delle entrate e delle spese, sia in termini di competenza, sia in termini di cassa.

Il livello massimo del saldo netto da finanziare costituisce il principale riferimento contabile per la programmazione economica vigente. Il saldo netto da finanziare è il risultato della differenza tra le entrate finali (i primi tre titoli delle entrate) e le spese finali (i primi due titoli delle spese) e corrisponde sostanzialmente alla somma di indebitamento netto e saldo delle “partite finanziarie”. Tale livello massimo di saldo non può essere modificato nel corso dell’esame parlamentare e dunque se dovessero essere introdotte delle nuove norme onerose, le stesse dovranno recare le corrispondenti risorse a compensazione.

L’articolo 1 del disegno di legge di bilancio 2025 individua i risultati differenziali del bilancio dello Stato. In particolare, il saldo netto da finanziare previsto dal disegno di legge di bilancio 2025 si attesta a circa 187,3 miliardi nel 2025, 163 miliardi nel 2026 e 143,2 miliardi nel 2027, con un peggioramento rispetto agli andamenti tendenziali di circa 8,2 miliardi nel 2025, di 19,5 miliardi nel 2026 e di 31,3 miliardi nel 2027.

Le principali aree di spesa del bilancio dello Stato, come risultanti dal disegno di legge in esame, risultano organizzate in 34 missioni e 178 programmi. Le missioni rappresentano le funzioni principali e gli obiettivi strategici (a cui possono contribuire più amministrazioni); i programmi, ciascuno dei quali affidato ad un unico centro di responsabilità amministrativa, costituiscono le unità di voto parlamentare e rappresentano aggregati diretti alla realizzazione di politiche. I programmi di spesa sono suddivisi in azioni. Le azioni del disegno di legge di bilancio 2025-2027 sono 724, ovvero 579 al netto di quelle che rappresentano le spese per il personale del programma.

Le risorse del disegno di legge di bilancio da stanziare - in considerazione del livello del saldo netto da finanziare - possono essere analizzate in relazione alle singole misure previste dagli articoli del disegno di legge, incidenti sulle entrate o sulle spese (al netto delle spese per il rimborso del debito e dei fondi da ripartire).

Per quanto attiene alle maggiori entrate, si stimano i seguenti effetti derivanti da:

·      la revisione della disciplina sulla deduzione delle quote delle svalutazioni e perdite su crediti e dell’avviamento correlate alla disciplina di trasformazione delle attività per imposte anticipate “DTA” (circa 3,6 miliardi nel biennio 2025-2026, si veda, in particolare, l’art. 3);

·      la modifica della disciplina del versamento dell’imposta di bollo per i contratti di assicurazione sulla vita (0,97 miliardi nel 2025, 0,4 miliardi nel 2026 e 0,38 miliardi nel 2027, si veda, in particolare, l’art. 11);

·      la rideterminazione del valore di terreni e partecipazioni (0,7 miliardi nel 2025, 0,75 miliardi nel 2026 e 0,8 miliardi nel 2027, si veda, in particolare, l’art. 5);

·      la lotta all’evasione fiscale, tramite misure in materia di pagamenti elettronici e di interoperabilità delle banche dati e di tracciabilità delle spese (circa 1,2 miliardi nel triennio di riferimento, si veda, in particolare, l’art. 9);

·      gli effetti di retroazione derivanti dalla manovra di bilancio, con riferimento alla riduzione del carico fiscale e alle misure a favore delle famiglie, da cui si stima una ricaduta positiva in termini di maggiori entrate pari a circa 1,6 miliardi per il 2025, 1,1 miliardi per il 2026, 2,2 per il 2027 (Relazione tecnica al disegno di legge di bilancio 2025, Tomo I, pag. 351).

 

In particolare, il disegno di legge di bilancio prevede:

-         la riduzione della pressione fiscale e ad altre misure in materia di sostegno ai redditi, lotta all’evasione, contratti di assicurazione, giochi, lavoratori frontalieri (titolo II, articoli da 2 a 15);

Si rendono strutturali sia la riforma delle aliquote IRPEF e sia gli effetti di riduzione del cuneo fiscale a favore dei lavoratori dipendenti.

-         il sostegno al potere d’acquisto delle famiglie mediante la Carta «Dedicata a te» a favore degli indigenti e altre misure come quelle per gli acquisti di beni di prima necessità e gli interventi sui mutui per la prima casa (titolo III, articoli da 16 a 17);

Sono rifinanziati i suddetti fondi: il Fondo per l'acquisto dei beni alimentari di prima necessità – carta “Dedicata a te”, il Fondo per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti, il Fondo di garanzia per la prima casa, il fondo per le non autosufficienze e il Fondo per le politiche in favore delle persone con disabilità.

-         interventi sui contratti dei dipendenti pubblici in base a nuove disposizioni sul trattamento accessorio, sul rifinanziamento del fondo per la contrattazione collettiva nazionale per il personale pubblico, quelle per il personale della giustizia, sulla capacità amministrativa dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, sull’indennità di servizio zone disagiate (titolo IV, articoli da 18 a 22);

Si autorizzano le risorse per i rinnovi contrattuali 2025-2027 del personale delle Amministrazioni centrali dello Stato e si istituisce un fondo per i rinnovi contrattuali per il periodo 2028-2030.

-         misure in materia di lavoro (come quelle sul trattenimento in servizio e la flessibilità in uscita), previdenza sociale (pensioni minime, perequazione automatica dei trattamenti pensionistici dei residenti all’estero, la previdenza complementare, i trattamenti di disoccupazione in favore dei lavoratori rimpatriati, ammortizzatori sociali e di formazione per l’attuazione del programma Garanzia Occupabilità Lavoratori), famiglia (sostegno della genitorialità “Bonus nuove nascite”, disposizioni sull’Assegno unico per la richiesta del bonus nido e per il supporto al pagamento delle rette degli asili nido, misure in materia di congedi parentali e di decontribuzione lavoratrici madri) e formazione delle donne vittime di violenza, di cui al titolo V (articoli da 23 a 36);

Per fronteggiare il divario nell’occupazione e favorire lo sviluppo dell’attività imprenditoriale nelle aree svantaggiate, si istituisce un apposito fondo di bilancio (circa 9,1 miliardi per il periodo 2025-2029). Si dispone, tra l’altro, un contributo una tantum di mille euro per ogni figlio nato o adottato da gennaio 2025 a condizione che il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente presenti un valore ISEE non superiore a 40.000 euro annui. È istituito dal 2025 un fondo per il parziale esonero contributivo della quota dei contributi previdenziali, a carico del lavoratore, per le lavoratrici dipendenti e autonome madri di due o più figli secondo specifiche condizioni. È previsto il potenziamento dei congedi parentali e del bonus relativo al pagamento delle rette per asili nido, con l’esclusione dalla soglia ISEE utile ai fini dell’accesso al beneficio. Si estende anche per le annualità 2025 e 2026 l’aumento delle pensioni di importo pari o inferiore al trattamento minimo INPS. Sono prorogate al 2025 “Quota 103” e l’“Ape sociale” con riferimento ad alcune fattispecie e si estende l’ammissione al beneficio “Opzione donna”.

-         interventi in materia di disabilità e non autosufficienza (come quelle relative ai cani di assistenza e sulla sperimentazione della riforma sulla disabilità), politiche sociali per la lotta alle droghe e alle dipendenze (si segnalano, in particolare, l’istituzione del Fondo nazionale per la prevenzione, il monitoraggio e il contrasto del diffondersi delle dipendenze comportamentali tra le giovani generazioni, l’istituzione del Fondo per gli accertamenti medico-legali e tossicologico-forensi e le disposizioni sul Sistema nazionale di allerta rapida - NEWS-D) e sport (disposizioni in materia di finanziamento sportivo, potenziamento del movimento sportivo  italiano, Paralimpiadi Milano-Cortina 2026 e concessione di contributi in conto interessi dell’Istituto per il credito sportivo e culturale) di cui al titolo VI (articoli da 37 a 46);

-         disposizioni sulle politiche della sanità con misure sul rifinanziamento del servizio sanitario nazionale, i limiti di spesa per l’acquisto di prestazioni sanitarie da soggetti privati accreditati, innovatività dei farmaci, l’aggiornamento delle tariffe per la remunerazione di alcune prestazioni, l’aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza, il Piano pandemico 2025-2029, l'acquisto di dispositivi medici utili alla riduzione delle liste d'attesa per il trapianto di organi e tessuti, la dematerializzazione delle ricette mediche, accordi bilaterali fra le regioni per la mobilità sanitaria, l’indennità del personale operante nei servizi di pronto soccorso, aziende della filiera farmaceutica, l’incremento delle risorse per le cure palliative, disposizioni per i medici in formazione specialistica, la presenza negli istituti penitenziari di professionalità psicologiche esperte, l’indennità di specificità, la premialità delle liste di attesa, le comunità terapeutiche in regime di mobilità interregionale, le patologie da dipendenze, di cui al titolo VII (articoli da 47 a 66);

Si incrementa, tra le altre misure, il finanziamento del servizio sanitario nazionale per un importo di 1,3 miliardi di euro nel 2025, 5,1 miliardi di euro nel 2026, 5,8 miliardi di euro nel 2027, 6,7 miliardi nel 2028, 7,7 miliardi nel 2029 e 8,9 miliardi a decorrere dal 2030.

-         misure in materia di crescita, infrastrutture e investimenti (interventi in materia di premi di produttività, welfare aziendale, agevolazioni fiscali lavoro notturno e straordinari nei giorni festivi, maggiorazione del costo ammesso in deduzione in presenza di nuove assunzioni, Piano Casa Italia, incentivi per il rilancio occupazionale ed economico, quotazione delle piccole e medie imprese, riversamento del credito di imposta in ricerca e sviluppo, sostegno agli investimenti produttivi delle micro, piccole e medie imprese cosiddetta “Nuova Sabatini”, banda ultra larga, credito d’imposta ZES, esigenze connesse allo svolgimento del Giubileo della Chiesa cattolica per il 2025, sostegno al settore turistico e operatività della società Autostrade dello Stato) di cui al titolo VIII (articoli da 67 a 80);

Tra le numerose misure si autorizzano risorse destinate a finanziare l’attribuzione di un credito di imposta per le imprese che effettuano l'acquisizione dei beni strumentali destinati a strutture produttive ubicate nel Mezzogiorno e si incrementa la dotazione della “Nuova Sabatini”.

-         disposizioni in materia di agricoltura per il sostegno agli investimenti nel Mezzogiorno, la ricerca nel settore dell’agricoltura e della zootecnia, determinazione delle aree prealpine di collina, pedemontane e della pianura non irrigua e in materia di terreni agricoli, di cui al titolo IX (articoli da 81 a 83);

-         interventi in materia di istruzione, università, ricerca e cultura, come le nuove disposizioni sulla “Carta del docente”, sulla sostenibilità delle attività dei centri nazionali, i partenariati estesi e le iniziative di ricerca in ambito sanitario e assistenziale, le misure rivolte in particolare ai beni culturali, allo spettacolo dal vivo e alla creatività contemporanea, di cui al titolo X (articoli da 84 a 89);

-         politiche per la difesa la sicurezza nazionale e gli affari esteri con misure come quelle sul personale delle Forze armate impiegato per le operazioni Strade sicure e Stazioni sicure 2025 e 2026-2027 ed il Rifinanziamento del NATO Innovation Fund, di cui al titolo XI (articoli da 90 a 91);

-         misure in materia di calamità naturali ed emergenze (si segnala, in particolare l’istituzione del Fondo per la ricostruzione, le disposizioni sulle esigenze connesse alla ricostruzione e quelle sulla crisi idrica) di cui al titolo XII (articoli da 92 a 94);

Si rifinanzia il fondo per le emergenze nazionali (0,5 miliardi nel 2025 e 0,2 miliardi dal 2026) e si prevede l’istituzione di un fondo per il finanziamento degli interventi di ricostruzione.

-         disposizioni concernenti i rapporti finanziari con gli enti territoriali, in relazione alle autonomie speciali, alla disciplina dell’addizionale regionale e comunale, al finanziamento del trasporto pubblico locale, al Fondo di solidarietà comunale, all’istituzione di un Fondo per l’assistenza ai minori, al contributo per le funzioni fondamentali di province e città metropolitane, all’abrogazione del sistema di tesoreria unica mista e al contributo alla finanza pubblica da parte degli enti territoriali (titolo XIII, articoli da 95 a 104);

È previsto l’incremento del Fondo di solidarietà comunale e del Fondo per il trasporto pubblico locale.

-         disposizioni finanziarie di revisione della spesa con particolare riferimento alle materie della giustizia, del personale pubblico, degli organi amministrativi di enti, del potenziamento dei controlli di finanza pubblica, del contributo alla finanza pubblica da parte di società pubbliche e da parte di enti pubblici non economici, dei piani di stock option, dell’efficientamento del fondo per la prevenzione del fenomeno dell’usura, di assegnazione agli organi dell’Amministrazione finanziaria dei beni confiscati, di Tax credit cinema, di misure di revisione della spesa e attuazione della riforma 1.13 del PNRR “spending review”, di rifinanziamento di interventi in materia di investimenti e infrastrutture, del Fondo per il finanziamento dei provvedimenti legislativi, delle disposizioni sui Fondi per la tutela del rispetto degli obiettivi programmatici di finanza pubblica, del Fondo per l’immigrazione, delle misure per le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di cui al titolo XIV (articoli da 105 a 124);

Si prevede – secondo quanto riportato nella Relazione illustrativa al disegno di legge di bilancio 2025 (Tomo I, pag. 10) - una riduzione e razionalizzazione della spesa dei Ministeri (5,2 miliardi nel 2025, 4 miliardi nel 2026, 3,5 miliardi nel 2027).

 

In estrema sintesi, le principali voci di spesa del disegno di legge di bilancio possono essere descritte come segue:

·      politiche di previdenza, assistenza e ad altre forme di sostegno: 208,9 miliardi (pari a 23,4 per cento degli stanziamenti totali), che finanzieranno prevalentemente la proroga della riforma Irpef, altre misure di riduzione del carico fiscale sul lavoro, politiche per la famiglia e spesa sociale, le pensioni, le politiche del lavoro e il sostegno alle imprese;

·      politiche relative alla salute e all’istruzione: 160,1 miliardi (17,9 per cento);

·      affari economici: circa 138,3 miliardi (15,5 per cento), finalizzati tra l’altro al rinnovo contratti di Stato;

·      servizi istituzionali e generali: 125,9 miliardi (14,1 per cento);

·      servizi pubblici generali: 87,4 miliardi (9,8 per cento), in buona parte destinati alla missione “Difesa e sicurezza del territorio” (30,8 miliardi) e alla partecipazione italiana alle politiche di bilancio in ambito UE (26,1 miliardi);

·      spesa per interessi: 106,3 miliardi (11,9 per cento);

·      Contributo Enti territoriali alla finanza pubblica: 59,9 miliardi, al netto di quelli per la spesa sanitaria che sono considerati nella categoria Salute e Istruzione (6,7 per cento);

·      cultura, ambiente e qualità della vita: circa 7 miliardi (0,8 per cento).

 

La prima sezione della legge di bilancio

 

Dopo la riforma operata nel 2016, la legge di bilancio risulta costituita da un provvedimento unico, articolato in due sezioni.

La prima sezione (che assorbe in gran parte i contenuti della ex legge di stabilità) reca esclusivamente le misure normative tese a realizzare gli obiettivi di finanza pubblica indicati nei documenti programmatici di bilancio, Documento di Economia e Finanza (DEF) e la relativa Nota di aggiornamento (NADEF). La seconda sezione (che assolve, nella sostanza, le funzioni dell’ex disegno di legge di bilancio) è dedicata alle previsioni di entrata e di spesa, formate sulla base del criterio della legislazione vigente, e reca le proposte di rimodulazioni e di variazioni della legislazione di spesa che non necessitano di innovazioni normative.

 

L’articolo 21, comma 1-ter, della legge n. 196 del 2009, pone precisi limiti al contenuto della prima sezione del disegno di legge di bilancio. In estrema sintesi, la prima sezione contiene esclusivamente:

-         la determinazione del livello massimo dei saldi del bilancio dello Stato per il triennio di riferimento,

-         le norme in materia di entrata e di spesa che determinano effetti finanziari, con decorrenza nel triennio, attraverso la modifica, la soppressione o l'integrazione dei parametri che regolano l'evoluzione delle entrate e della spesa previsti dalla normativa vigente o delle sottostanti autorizzazioni legislative ovvero attraverso nuovi interventi;

-         le norme volte a rafforzare il contrasto e la prevenzione dell'evasione fiscale e contributiva o a stimolare l'adempimento spontaneo degli obblighi fiscali e contributivi;

-         l'importo complessivo massimo destinato al rinnovo dei contratti del pubblico impiego nel triennio;

-         le norme eventualmente necessarie a garantire il concorso degli enti territoriali agli obiettivi di finanza pubblica.

 

In ogni caso, la prima sezione non deve contenere norme di delega, di carattere ordinamentale o organizzatorio, né interventi di natura localistica o microsettoriale ovvero norme che dispongono la variazione diretta delle previsioni di entrata o di spesa contenute nella seconda sezione del medesimo disegno di legge.

 

La seconda sezione della legge di bilancio

 

La parte contabile della legge di bilancio, recata dalla Sezione II del provvedimento, contiene il bilancio a legislazione vigente e le variazioni della legislazione vigente di spesa non determinate da innovazioni normative (art. 21, comma 1-sexies, legge n. 196/2009).

La parte contabile del bilancio contenuta nella Sezione II è venuta ad assumere, a seguito della riforma del 2016, un contenuto sostanziale potendo incidere direttamente, attraverso le rimodulazioni ovvero rifinanziamenti, definanziamenti o riprogrammazioni degli stanziamenti relativi a leggi di spesa vigenti.

Le variazioni degli stanziamenti relativi a leggi di spesa vigenti compongono, dunque, insieme alle innovazioni legislative introdotte con la Sezione I, il complesso della manovra di finanza pubblica.

Le previsioni contenute nella Sezione II:

-        sono formate sulla base della legislazione vigente, la quale include sia l'aggiornamento delle previsioni di spesa per oneri inderogabili e per fabbisogno sia le rimodulazioni compensative, che possono interessare anche i fattori legislativi, proposte dalle amministrazioni in sede di formazione del bilancio,

-        evidenziano per ciascuna unità di voto, le proposte relative a rifinanziamenti, definanziamenti e riprogrammazioni degli stanziamenti relativi a leggi di spesa vigenti;

-        riportano, per ciascuna unità di voto, anche gli effetti delle variazioni derivanti dalle disposizioni contenute nella Sezione I. In tal modo, la Sezione II fornisce, per ciascuna unità di voto, previsioni c.d. “integrate” con gli effetti della manovra.

Le unità di voto parlamentare e la classificazione delle spese

Ai sensi dell’articolo 25 della legge di contabilità, la classificazione delle voci di spesa si articola su tre livelli:

a)      le missioni, che rappresentano le funzioni principali e gli obiettivi strategici della spesa;

b)      i programmi, che costituiscono le unità di voto parlamentare, e rappresentano aggregati di spesa con finalità omogenea diretti al perseguimento degli obiettivi stabiliti nell'ambito delle missioni;

c)       le unità elementari di bilancio, che rappresentano le unità di gestione e rendicontazione – attualmente i capitoli - eventualmente ripartite in piani di gestione.

Con il D.Lgs. n. 90/2016 sono state introdotte nel bilancio dello Stato le azioni, quali ulteriore articolazione dei programmi, volte a specificare ulteriormente la finalità della spesa. Al momento, esse rivestono carattere meramente conoscitivo, ad integrazione della classificazione per capitoli.

Le azioni complessive del bilancio dello Stato sono rappresentate in un prospetto dell’atto deliberativo, collocato dopo i quadri generali riassuntivi, che riporta il bilancio per Missione, Programma e Azione nella sua interezza.

 

Costituiscono oggetto di approvazione parlamentare le previsioni relative all’anno cui il bilancio si riferisce, sia quelle relative al secondo e terzo anno del bilancio triennale. Soltanto le previsioni del primo anno costituiscono, tuttavia, limite alle autorizzazioni di impegno e pagamento.

Nell’ambito di ciascuna unità di voto (programma), le spese sono classificate a seconda della natura autorizzatoria di spesa sottostante in:

§  oneri inderogabili, ossia spese vincolate a particolari meccanismi o parametri che ne regolano l'evoluzione, determinati sia da leggi sia da altri atti normativi, tra cui rientrano le cosiddette spese obbligatorie (vale a dire, le spese relative al pagamento di stipendi, assegni, pensioni, le spese per interessi passivi, quelle derivanti da obblighi comunitari e internazionali, le spese per ammortamento di mutui, nonché quelle così identificate per espressa disposizione normativa);

§  fattori legislativi, ossia spese autorizzate da espressa disposizione legislativa che ne determina l'importo, considerato quale limite massimo di spesa, e il periodo di iscrizione in bilancio;

§  spese di adeguamento al fabbisogno, ossia spese diverse dagli oneri inderogabili e dai fattori legislativi, quantificate tenendo conto delle esigenze delle amministrazioni.

 

A tale classificazione si collega il diverso grado di flessibilità e di manovrabilità della spesa stessa, ai fini dell’applicazione della disciplina della flessibilità del bilancio (cfr. paragrafo seguente).

La quota delle spese per oneri inderogabili, fattore legislativo e adeguamento al fabbisogno è indicata in appositi allegati agli stati di previsione della spesa.

La flessibilità degli stanziamenti di bilancio da fattore legislativo

La c.d. flessibilità di bilancio consente alle amministrazioni di incidere sugli stanziamenti di spesa relativi ai fattori legislativi – determinati cioè da norme di legge - al fine di modularne le risorse secondo le necessità connesse al raggiungimento degli obiettivi di spesa.

L’articolo 23, comma 3, della legge n. 196 consente, nella Sezione II, per motivate esigenze e nel rispetto dei saldi programmati di finanza pubblica:

a)     la rimodulazione in via compensativa tra le dotazioni di spesa relative a fattori legislativi all’interno di ciascuno stato di previsione, anche tra missioni diverse, fermo restando la preclusione dell'utilizzo degli stanziamenti di conto capitale per finanziare spese correnti (c.d. rimodulazione verticale).

È consentita altresì la rimodulazione delle quote annuali delle autorizzazioni pluriennali di spesa in conto capitale, nel rispetto del vincolo finanziario complessivo, per l’adeguamento delle dotazioni finanziarie al Cronoprogramma dei pagamenti (ai sensi dell'art. 30, co. 2, della legge n. 196): in questo caso, le rimodulazioni coinvolgono una singola autorizzazione di spesa e trovano compensazione nell’ambito del periodo pluriennale di riferimento (c.d. rimodulazione orizzontale). Per le autorizzazioni pluriennali di spesa in conto capitale è inoltre prevista la reiscrizione nella competenza degli esercizi successivi delle somme non impegnate alla chiusura dell'esercizio. Tale facoltà è concessa per una sola volta per le medesime risorse;

b)     il rifinanziamento, definanziamento e riprogrammazione delle dotazioni finanziarie di spesa di parte corrente e in conto capitale delle leggi di spesa vigenti, per un periodo temporale anche pluriennale. Tali variazioni di autorizzazioni legislative di spesa, in quanto non compensative, concorrono alla manovra di finanza pubblica.

È prevista esplicita evidenza contabile delle variazioni relative ai fattori legislativi di spesa, in appositi allegati conoscitivi agli stati di previsione della spesa, che vengono aggiornati anche all'atto del passaggio dell'esame del provvedimento tra i due rami del Parlamento.

La struttura degli stati di previsione della spesa

La Sezione II del disegno di legge di bilancio è costituita dallo stato di previsione dell’entrata e dagli stati di previsione della spesa relativi ai singoli Ministeri (Tomo III del disegno di legge).

Il deliberativo di ciascuno stato di previsione della spesa espone gli stanziamenti dei programmi di spesa del Ministero, che costituiscono l’unità di voto parlamentare, con i seguenti Allegati:

?      Rimodulazioni compensative verticali di spese per fattori legislativi e per adeguamento al piano finanziario dei pagamenti (art.23 c.3, lett.a);

?      Rimodulazioni compensative orizzontali di spese per adeguamento al piano finanziario dei pagamenti (art.23 c.3, lett.a) e art. 30, co. 2, lett. a);

?      Rifinanziamenti, definanziamenti e riprogrammazioni previste a legislazione vigente (art.23 c.3, lett.b);

?      Dettaglio, per unità di voto, delle spese per oneri inderogabili, fattore legislativo e adeguamento al fabbisogno (art. 21, c.4);

?      Reiscrizione somme non impegnate (art. 30 c.2).

 

Ogni stato di previsione della spesa presenta la nota integrativa, che contiene gli elementi informativi dei programmi, con riferimento alle azioni sottostanti, alle risorse finanziarie ad esso destinate per il triennio, e le norme autorizzatorie che lo finanziano.

Agli stati di previsione della spesa dei singoli Ministeri sono allegati, secondo le rispettive competenze, degli elenchi degli enti cui lo Stato contribuisce in via ordinaria.

 

L’articolo 21, comma 14, della legge di contabilità dispone l'approvazione con distinti articoli di ciascuno stato di previsione dell’entrata e della spesa.

 

 

 

 

 

 

 

 


Schede di lettura
Sezione
I

 


Articolo 2, commi 1-8
(Misure concernenti l’IRPEF)

 

 

L’articolo 2, ai commi da 1 a 8, rende strutturale la riduzione da quattro a tre aliquote IRPEF (23, 35 e 43 per cento) già prevista, in deroga alla disciplina del TUIR, per l’anno 2024. Viene inoltre aumentata la soglia di detrazione per redditi da lavoro dipendente per i redditi inferiori a 15.000 euro (comma 1), adeguando conseguentemente l’importo delle detrazioni da prendere in considerazione nell’anno al fine di valutare la spettanza del trattamento integrativo previsto per i redditi da lavoro dipendente sotto una certa soglia (comma 2). Con riferimento ai redditi da lavoro dipendente fino a 20.000 euro (rapportati all’intero anno) è riconosciuta una somma, che non concorre alla formazione del reddito, calcolata in percentuale decrescente per scaglioni al crescere del reddito mentre per i redditi da lavoro dipendente compresi tra 20.000 e 40.000 euro è riconosciuto contributo in cifra fissa pari a 1.000 euro per redditi fino a 32.000 euro, e d’importo decrescente per redditi superiori a 32.000 euro e 40.000 euro fino ad azzerarsi alla soglia dei 40.000 euro (commi 3, 4 e 5). Tali somme sono riconosciute in via automatica dai sostituti d’imposta, che compensano il credito maturato secondo le disposizioni generali, all’atto dell’erogazione delle retribuzioni, verificandone la spettanza in sede di conguaglio e provvedendo al recupero delle somme non dovute (commi 6 e 7). Ai fini del calcolo delle soglie di reddito sopra indicate vanno ricompresi nel reddito complessivo alcuni redditi esenti sulla base di disposizioni speciali (comma 8).

 

Per quanto riguarda l’impatto finanziario nel triennio 2025-2027 delle disposizioni citate (unitamente agli effetti derivanti dal comma 9), dalla Relazione tecnica risulta, con riferimento al saldo netto da finanziare, un impatto complessivo, in termini di minori entrate e maggiori spese, pari a: -17.655,6 milioni di euro per l’anno 2025, -18.316,8 milioni di euro per l’anno 2026 e -17.951,7 milioni di euro per l’anno 2027 (gli effetti relativi agli anni successivi non vengono qui riportati).

In dettaglio, sempre limitatamente al triennio:

-la riduzione da quattro a tre aliquote IRPEF, unitamente alla contestuale revisione delle detrazioni fiscali disciplinata dal comma 9, all’innalzamento della detrazione per redditi da lavoro dipendente e alla conferma del meccanismo correttivo per il calcolo del reddito ai fini dell’attribuzione del trattamento integrativo comportano nel triennio 2025-2027, in termini di saldo netto da finanziare, minori entrate stimate per 4.802,5 milioni di euro nell’anno 2025; 5.333,9 milioni di euro per l’anno 2026; 4.979,9 milioni di euro per l’anno 2027.

-il bonus riconosciuto ai sensi del comma 3 per i redditi da lavoro dipendente fino a 20.000 euro e la detrazione di cui al comma 5 per i redditi da lavoro dipendente fino a 40.000 euro comportano nel triennio 2025-2027, in termini di saldo netto da finanziare, maggiori spese (bonus) minori entrate (detrazioni) e per 12.853, 1 milioni di euro per il 2025; 12.982,9 milioni di euro per il 2026 e 12.971,8 miliardi di euro nel 2027.

 

Al riguardo si fa presente che, sulla base della relazione tecnica di accompagnamento all’Atto del Governo 88, contenente lo Schema di decreto legislativo recante attuazione del primo modulo di riforma delle imposte sul reddito delle persone fisiche e altre misure in tema di imposte sui redditi (divenuto il decreto legislativo n.216 del 2023) la misura di riduzione delle aliquote IRPEF effettuata nell’anno 2024 (identica a quella di cui al comma 1 del presente articolo), comportava una perdita di gettito per l’anno 2024 stimata pari -4.594,1 milioni di euro.

 

Il comma 1, lettera a), rende strutturale la riduzione da quattro a tre aliquote IRPEF, modificando l’articolo 11, comma 1, del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR - D.P.R. n. 917 del 1986), secondo quanto già disposto, con riferimento all’anno 2024, dall’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo n. 216 del 2023.

Sono quindi confermate le aliquote per scaglioni di reddito da impiegare, a decorrere dall’anno 2025, per il calcolo dell’imposta lorda sul reddito delle persone fisiche così articolate:

a)   fino a 28.000 euro, 23 per cento;

b)   oltre 28.000 euro e fino a 50.000 euro, 35 per cento;

c)   oltre 50.000 euro, 43 per cento.

 

L'imposta sul reddito delle persone fisiche – IRPEF, è regolata dal testo unico delle imposte sui redditi (TUIR - D.P.R. n. 917 del 1986). Essa si applica sui redditi che rientrano in alcune categorie individuate dalla legge (redditi fondiari, redditi di capitale, redditi di lavoro dipendente, redditi di lavoro autonomo, redditi di impresa, redditi diversi) ed è una imposta progressiva in quanto colpisce il reddito, con aliquote che dipendono dagli scaglioni di reddito stesso. L’imponibile e l’imposta da versare sono determinati, rispettivamente, al netto degli oneri deducibili e delle detrazioni per oneri.

Tale impostazione generale è rimasta immutata, anche a seguito delle modifiche sostanziali apportate ad aliquote e scaglioni dalla legge di bilancio 2022 (articolo 1, commi 2-7, della legge n. 234 del 2021) fino alla modifica da quattro a tre scaglioni introdotta dal decreto legislativo n. 216 del 2023.

Fino all’anno 2023 il sistema prevedeva quattro scaglioni di reddito con altrettante aliquote, secondo il seguente schema:

§  fino a 15.000 euro, 23 per cento;

§  da 15.000,01 a 28.000 euro, 25 per cento;

§  da 28.000,01 a 50.000 euro, 35 per cento;

§  oltre 50.000 euro, 43 per cento.

Con l’articolo 1 del decreto legislativo n. 216 del 2023, in attuazione dei principi della delega per la riforma fiscale di cui alla legge n. 111 del 2023, si è proceduto, con esclusivo riferimento all’anno 2024 alla riduzione delle aliquote da quattro a tre, in termini corrispondenti a quanto previsto dalla disposizione in commento.

Si ricorda che, oltre che dal variare delle aliquote in relazione agli scaglioni, la progressività dell’imposta è altresì garantita dalla presenza di un complesso sistema di detrazioni e deduzioni, stratificatosi nel tempo.

A tale sistema occorre altresì aggiungere le addizionali regionali e comunali all’Irpef, che si applicano al reddito complessivo determinato ai fini IRPEF e devono essere versate se, per l’anno di riferimento, risulta dovuta l’IRPEF.

Con riferimento specifico all’unità impositiva, il sistema IRPEF italiano dal 1976 è basato sul reddito individuale.

 

Il comma 1 lettera b), modificando quanto previsto dall’articolo 13, comma 1, lettera a), del TUIR, eleva da 1.880 euro a 1.955 euro le detrazioni per reddito da lavoro dipendente previste con riferimento ai redditi fino a 15.000 euro.

 

Conseguentemente alla previsione appena descritta il comma 2, al fine di sterilizzare l’effetto dell’aumento delle detrazioni per lavoro dipendente previste per i redditi fino a 15.000 euro, modifica l’articolo 1, comma 1, primo periodo, del decreto-legge 5 febbraio 2020, n. 3, prevedendo che l’importo da prendere in considerazione per valutare il rispetto del limite previsto dalla disposizione ai fini della spettanza del trattamento integrativo venga diminuita dell’importo di 75 euro, rapportato al periodo di lavoro nell’anno (ossia all’importo della detrazione riconosciuta ai sensi della lettera b) del comma 1, appena commentata).

 

Al riguardo si ricorda infatti che il trattamento integrativo dovuto ai sensi dell’articolo 1 del decreto-legge n. 3 del 2020, viene riconosciuto qualora l'imposta lorda determinata sui redditi da lavoro dipendente sia di importo superiore a quello della detrazione spettante ai sensi dell'articolo 13, comma 1, del citato testo unico. In assenza della disposizione del comma 2, l’aumento di 75 euro della detrazione per reddito da lavoro dipendente potrebbe comportare l’esclusione di alcuni beneficiari dalla percezione del trattamento integrativo appena descritto.

 

Il comma 3 riconosce ai titolari di reddito di lavoro dipendente ad eccezione dei percettori di redditi da pensione (di cui al comma 2, lettera a) dell’articolo 49 del TUIR) che hanno un reddito complessivo non superiore a 20.000 euro una somma, che non concorre alla formazione del reddito, determinata applicando al reddito di lavoro dipendente del contribuente la percentuale corrispondente di seguito indicata:

§  7,1 per cento, se il reddito di lavoro dipendente non è superiore a 8.500 euro;

§  5,3 per cento, se il reddito di lavoro dipendente è superiore a 8.500 euro ma non a 15.000 euro;

§  4,8 per cento, se il reddito di lavoro dipendente è superiore a 15.000 euro.

 

Il comma 4 precisa che, ai soli fini dell’individuazione della percentuale di cui al comma 3 il reddito di lavoro dipendente è rapportato all’intero anno.

 

Il comma 5, a sua volta, riconosce ai titolari di reddito di lavoro dipendente ad eccezione dei percettori di redditi da pensione (di cui al comma 2, lettera a) dell’articolo 49 del TUIR), che hanno un reddito complessivo superiore a 20.000 euro una detrazione dall’imposta lorda, rapportata al periodo di lavoro, di importo pari:

§  a 1.000 euro, se l’ammontare del reddito complessivo è superiore a 20.000 euro ma non a 32.000 euro;

§  al prodotto tra 1.000 euro e l’importo corrispondente al rapporto tra 40.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 8.000 euro, se l’ammontare del reddito complessivo è superiore a 32.000 euro ma non a 40.000 euro.

 

In altri termini per i percettori di reddito tra 32.000,01 euro e i 40.000 euro l’importo riconosciuto è progressivamente decrescente rispetto ai 1.000 euro attribuiti fino alla soglia dei 32.000 euro, per azzerarsi raggiunta la soglia dei 40.000 euro.

 

Il comma 6 disciplina le modalità per l’erogazione dei benefici di cui ai commi 3 e 5 a cura dei sostituti d’imposta prevedendo che gli stessi riconoscano in via automatica la somma di cui al comma 3 e la detrazione di cui al comma 5 all’atto dell’erogazione delle retribuzioni, verificando in sede di conguaglio la spettanza delle stesse.

Qualora in tale sede la somma di cui al comma 3 o la detrazione di cui al comma 5 si riveli non spettante, i medesimi sostituti d’imposta provvedono al recupero del relativo importo. Nel caso in cui il predetto importo superi 60 euro, il recupero dello stesso è effettuato in dieci rate di pari ammontare a partire dalla retribuzione che sconta gli effetti del conguaglio.

Il comma 7 prevede poi che i sostituti d’imposta compensino il credito maturato per effetto dell’erogazione della somma di cui al comma 3 mediante l’istituto della compensazione di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

 

Il comma 8 include ai fini della determinazione del reddito complessivo e del reddito di lavoro dipendente per la spettanza dei benefici di cui ai commi 3 e 5, le quote esenti del reddito agevolato di cui:

§  all’articolo 44, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, che dispone che i redditi percepiti dai docenti e dai ricercatori impatriati siano esenti al 90 per cento al ricorrere di specifiche condizioni;

§  all’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 contenente il vecchio regime agevolativo per i lavoratori impatriati, abrogato ai sensi dell’articolo 5, comma 9, del decreto legislativo n. 209 del 2023;

§  all’articolo 5 del decreto legislativo 27 dicembre 2023, n. 209, contenente il nuovo regime agevolativo a favore dei lavoratori impatriati, che dispone che i redditi di lavoro dipendente ed i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (…), prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato. al ricorrere di specifiche condizioni, concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50 per cento del loro ammontare entro il limite annuo di 600.000 euro.

 

Per converso, il medesimo reddito complessivo è assunto al netto del reddito dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e di quello delle relative pertinenze di cui all’articolo 10, comma 3-bis, del testo unico delle imposte sui redditi.

 

Il comma 3-bis dell’articolo 10 del TUIR dispone che se alla formazione del reddito complessivo concorrono il reddito dell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale e quello delle relative pertinenze, si deduce un importo fino all’ammontare della rendita catastale dell'unità immobiliare stessa e delle relative pertinenze, rapportato al periodo dell’anno durante il quale sussiste tale destinazione ed in proporzione alla quota di possesso di detta unità immobiliare. Sono pertinenze le cose immobili di cui all' articolo 817 del codice civile, classificate o classificabili in categorie diverse da quelle ad uso abitativo, destinate ed effettivamente utilizzate in modo durevole a servizio delle unità immobiliari adibite ad abitazione principale delle persone fisiche. Per abitazione principale si intende quella nella quale la persona fisica, che la possiede a titolo di proprietà o altro diritto reale, o i suoi familiari dimorano abitualmente.

Si ricorda infine che, in seconda sezione, sono ridotte, per un importo pari a 3.409,77 milioni di euro per il 2025; 2.707,56 milioni di euro per il 2026 e 2.694,36 milioni di euro per l’anno 2027, le risorse assegnate al Fondo per l’attuazione della delega fiscale (di cui all’articolo 62, comma 1, del decreto legislativo n. 209 del 2023) e di 2.191 milioni di euro per ciascuno degli anni da 2025 a 2027 con riferimento al “Fondo delega riforma fiscale e per le maggiori entrate per la fedeltà fiscale, assegno unico” di cui all’articolo 1, comma 2, della legge n. 178 del 2020 (legge di bilancio 2021). Tali riduzioni sono permanenti e si proiettano pertanto anche sugli anni successivi al 2027.

 

 


 

Articolo 2, comma 9
(Riordino delle detrazioni fiscali)

 

 

L’articolo 2, comma 9, introduce, con riferimento ai percettori di redditi complessivamente superiori a 75.000 euro, alcuni limiti per la fruizione delle detrazioni dall’imposta sul reddito, parametrati in relazione al reddito percepito nonché al numero di figli presenti nel nucleo familiare.

 

Gli effetti finanziari derivanti del riordino degli incentivi sono ricompresi nell’impatto finanziario complessivamente riportato nella scheda precedente riferita ai commi 1-8 dell’articolo in commento.

 

Al riguardo si ricorda che, sulla base della relazione tecnica di accompagnamento all’Atto del Governo 88, contenente lo Schema di decreto legislativo recante attuazione del primo modulo di riforma delle imposte sul reddito delle persone fisiche e altre misure in tema di imposte sui redditi (divenuto il decreto legislativo n.216 del 2023) l’intervento effettuato delle detrazioni (avente contenuto diverso rispetto a quello di cui al presente comma) comportava maggiori entrate stimate per 243,5 milioni di euro (mentre la perdita di gettito derivante dalla revisione delle aliquote IRPEF era stimata pari a -4.594,1 milioni di euro).

 

Il comma 9 dell’articolo 2 introduce l’articolo 16-ter, rubricato riordino delle detrazioni, al Testo unico delle imposte sui redditi di cui decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986) ai fini del completamento dell’attuazione della delega fiscale, indicata nel Piano strutturale di bilancio medio termine 2025-2029 tra quelle necessarie ai fini della proroga del periodo di aggiustamento di cui all’articolo 14 del regolamento UE 2024/1263.

 

Con riferimento al Piano strutturale di bilancio medio termine 2025-2029, si veda il relativo dossier.

 

Le disposizioni del nuovo articolo 16-ter, al comma 1 prevedono che, fermi restando gli specifici limiti previsti da ciascuna norma agevolativa, per i soggetti con reddito complessivo superiore a 75.000 euro gli oneri e le spese per i quali è prevista una detrazione dall’imposta lorda, sia dal TUIR sia da altre disposizioni normative, considerati complessivamente, sono ammessi in detrazione fino a un ammontare calcolato moltiplicando l’importo base determinato ai sensi del comma 2 in corrispondenza del reddito complessivo del contribuente per il coefficiente indicato nel comma 3 in corrispondenza del numero di figli, compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti, adottivi, affidati o affiliati, presenti nel nucleo familiare del contribuente, che si trovano nelle condizioni previste nell’articolo 12, comma 2, del citato testo unico.

 

A questo proposito si ricorda preliminarmente che a seguito dell’introduzione del comma 3-bis all’articolo 15 del TUIR (avente ad oggetto le detrazioni per spese ed oneri), a decorrere dal 1°gennaio 2020, le detrazioni previste dall’articolo 15 spettano per l’intero importo qualora il reddito complessivo non ecceda 120.000 euro.

Qualora il reddito complessivo sia superiore a 120.000 euro esse spettano per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 240.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 120.000 euro. In altri termini la percentuale di detrazione riconosciuta diminuisce progressivamente al crescere del reddito azzerandosi alla soglia di 240.000 euro.

 

Il comma 2 dell’articolo 12 del TUIR prevede che le detrazioni per carichi di famiglia spettano a condizione che le persone alle quali si riferiscono possiedano un reddito complessivo, computando anche le retribuzioni corrisposte da enti e organismi internazionali, rappresentanze diplomatiche e consolari e missioni, nonché quelle corrisposte dalla Santa Sede, dagli enti gestiti direttamente da essa e dagli enti centrali della Chiesa cattolica, non superiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili. Per i figli di età non superiore a ventiquattro anni il limite di reddito complessivo di cui al primo periodo è elevato a 4.000 euro.

 

Il comma 2 dell’articolo 16-ter dispone che l’importo base di cui al comma 1 è pari a:

a) 14.000 euro, se il reddito complessivo del contribuente è superiore a 75.000 euro;

b) 8.000 euro, se il reddito complessivo del contribuente è superiore a 100.000 euro.

Il comma 3 prevede che il coefficiente da utilizzare ai sensi del comma 1 è pari a:

§  0,50, se nel nucleo familiare non sono presenti figli che si trovano nelle condizioni previste nell’articolo 12, comma 2;

§  0,70, se nel nucleo familiare è presente un figlio, che si trova nelle condizioni previste nell’articolo 12, comma 2;

§  0,85, se nel nucleo familiare sono presenti due figli che si trovano nelle condizioni previste nell’articolo 12, comma 2;

§  1, se nel nucleo familiare sono presenti più di due figli che si trovano nelle condizioni previste nell’articolo 12, comma 2, o almeno un figlio con disabilità accertata ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992 n. 104, che si trovi nelle condizioni previste nell’articolo 12, comma 2.

 

Alla luce del combinato disposto dei commi 2 e 3, quindi per i soggetti percipienti un reddito complessivo compreso tra 75.000 euro e 100.000 euro il livello massimo di detrazioni percepibili annualmente è pari a:

§  14.000 euro qualora il nucleo familiare comprenda tre o più figli fiscalmente a carico (o almeno un figlio con disabilità accertata ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992 n. 104);

§  11.900 euro qualora il nucleo familiare comprenda due figli fiscalmente a carico;

§  9.800 euro qualora nel nucleo familiare sia presente un figlio fiscalmente a carico;

§  7.000 euro qualora nel nucleo familiare non siano presenti figli fiscalmente a carico;

Per i soggetti percipienti un reddito complessivo superiore 100.000 euro il livello massimo di detrazioni percepibili annualmente è pari a:

§  8.000 euro qualora il nucleo familiare comprenda tre o più figli fiscalmente a carico (o almeno un figlio con disabilità accertata ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992 n. 104);

§  6.800 euro qualora il nucleo familiare comprenda due figli fiscalmente a carico;

§  5.600 euro qualora nel nucleo familiare sia presente un figlio fiscalmente a carico;

§  4.000 euro qualora nel nucleo familiare non siano presenti figli fiscalmente a carico;

 

Si ricorda, che ai sensi delle previsioni del comma 10, lettera a), n. 1), del presente articolo (si veda la relativa scheda di lettura) si prevede che la detrazione per carichi di famiglia spettante con riferimento ai figli a carico sia riconosciuta nella misura di 950 euro per ciascun figlio, compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti, i figli adottivi, affiliati o affidati, di età pari o superiore a 21 anni ma inferiore a 30 anni nonché per ciascun figlio di età pari o superiore a 30 anni con disabilità accertata ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992 n. 104. A tal fine forma oggetto di modifica l’articolo 12, comma 1, lettera c) primo periodo del TUIR.

 

Il comma 4 dell’articolo 16-ter precisa che sono escluse dal computo dell’ammontare complessivo degli oneri e delle spese, effettuato ai fini dell’applicazione del limite di cui al comma 1, le spese sanitarie detraibili ai sensi dell'articolo 15, comma 1, lettera c), del TUIR.

 

Si ricorda che sono detraibili, ai sensi dell'articolo 15, comma 1, lettera c), del TUIR le spese sanitarie, per la parte che eccede lire 250 mila. Dette spese sono costituite esclusivamente dalle spese mediche e di assistenza specifica, diverse da quelle di assistenza specifica necessarie nei casi di grave e permanente invalidità o menomazione, e dalle spese chirurgiche, per prestazioni specialistiche e per protesi dentarie e sanitarie in genere, nonché dalle spese sostenute per l'acquisto di alimenti a fini medici speciali con l'esclusione di quelli destinati ai lattanti. Ai fini della detrazione la spesa sanitaria relativa all’acquisto di medicinali deve essere certificata da fattura o da scontrino fiscale contenente la specificazione della natura, qualità e quantità dei beni e l’indicazione del codice fiscale del destinatario. Sono inoltre detraibili le spese per l’acquisizione di strumenti necessari a favorire la mobilità delle persone con disabilità.

 

Il comma 5 prevede che, ai fini del computo dell’ammontare complessivo degli oneri e delle spese di cui al comma 1, per le spese detraibili ai sensi degli articoli:

§  15, comma 1, lettera c), decimo periodo, del TUIR concernente il riparto in più annualità delle spese per l’acquisto di strumenti necessari a favorire la mobilità delle persone con disabilità,

§  16-bis del TUIR (detrazione delle spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici),

 

ovvero di altre disposizioni normative, la cui detrazione è ripartita in più annualità, rilevano le rate di spesa riferite a ciascun anno.

Sono comunque esclusi dal predetto computo gli oneri detraibili sostenuti in dipendenza di prestiti o mutui contratti fino al 31 dicembre 2024:

§  ai sensi dell'articolo 15, comma 1, lettera a) del TUIR, ossia gli interessi passivi e relativi oneri accessori, nonché le quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione, pagati a soggetti residenti nel territorio dello Stato o di uno Stato membro della Comunità europea ovvero a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti in dipendenza di prestiti o mutui agrari di ogni specie, nei limiti dei redditi dei terreni dichiarati;

§  ai sensi ai sensi dell'articolo 15, comma 1, lettera b), del TUIR ossia gli interessi passivi, e relativi oneri accessori, nonché le quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione pagati a soggetti residenti nel territorio dello Stato o di uno Stato membro della Comunità europea ovvero a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti in dipendenza di mutui garantiti da ipoteca su immobili contratti per l'acquisto dell'unità immobiliare da adibire ad abitazione principale entro un anno dall'acquisto stesso, per un importo non superiore a 4.000 euro;

§  ai sensi dell'articolo 15, comma 1, comma 1-ter, del TUIR ossia un importo pari al 19 per cento dell'ammontare complessivo non superiore a 5 milioni di lire degli interessi passivi e relativi oneri accessori, nonché delle quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione pagati a soggetti residenti nel territorio dello Stato o di uno Stato membro delle Comunità europee, ovvero a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti, in dipendenza di mutui contratti e garantiti da ipoteca, per la costruzione dell'unità immobiliare da adibire ad abitazione principale.

 

Ai sensi del testo vigente dell’articolo 15, dal comma 3-quater la detrazione compete per l'intero importo, a prescindere dall'ammontare del reddito complessivo, per gli oneri di cui al comma 1, lettere a) e b), e al comma 1-ter, nonché per le spese sanitarie di cui al comma 1, lettera c).

 

 

Sono inoltre escluse, ai fini del computo di cui al comma 1, le rate delle spese detraibili ai sensi degli articoli 15, comma 1, lettera c), decimo periodo, e 16-bis del TUIR (vedi supra) ovvero di altre disposizioni normative sostenute fino al 31 dicembre 2024.

Il comma 6, conformemente a quanto previsto anche dal comma 8, secondo periodo, del presente articolo, prevede che il reddito complessivo è assunto al netto del reddito dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e di quello delle relative pertinenze di cui all’articolo 10, comma 3-bis, del TUIR (si veda in merito la scheda relativa all’articolo 1, commi 2-8 del presente dossier).

 

Analoga disposizione è prevista in via generale con riferimento alle detrazioni di cui all’articolo 15 del TUIR.

 

L’applicazione dell’articolo 2, comma 9, alle detrazioni fiscali per spese e oneri

 

Nella seguente Tabella sono indicate, a titolo esemplificativo:

§  le detrazioni espressamente escluse dai limiti stabiliti dal comma 9 dell’articolo 2;

§  le detrazioni espressamente escluse dai limiti stabiliti dal comma 9 dell’articolo 2, con riguardo alle spese effettuate fino al 31 dicembre 2024;

§  le detrazioni alle quali il comma 9 dell’articolo 2 non si applica in quanto destinate a soggetti percettori di redditi inferiori a 75 mila euro;

§  le detrazioni alle quali si applicano i limiti di cui al comma 9 dell’articolo 2.

Non sono ricomprese nella tabella le detrazioni per carichi familiari e le detrazioni per redditi da lavoro e da pensione, in quanto non riconducibili a spese ed oneri.

 

ELENCO DELLE DETRAZIONI DALL’IMPOSTASUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE
Espressamente ESCLUSE DALL’APPLICAZIONE DEL COMMA 9  DELL’ARTICOLO 2

Tipologia di detrazione

Norma di riferimento

Detrazioni per spese sanitarie 

 

per spese sanitarie (chirurgiche, mediche e di assistenza specifica), per prestazioni specialistiche e protesi dentarie e sanitarie, per acquisto di alimenti a fini medici speciali      , per ausili alla mobilità per disabili

Art.15 co.1 lett. c) TUIR

 

 

ELENCO DELLE DETRAZIONI DALL’IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE
ESCLUSE DALL’APPLICAZIONE DEL COMMA 9  DELL’ARTICOLO 2 PER RAPPORTI IN ESSERE AL 31/12/2024 

Tipologia di detrazione

Norma di riferimento

per interessi passivi e relativi oneri accessori in dipendenza di prestiti o mutui agrari contratti fino al 31/12/2024

Art.15 co.1 lett. a) TUIR

per interessi passivi, e relativi oneri accessori in dipendenza di mutui per acquisto prima casa contratti fino al 31/12/2024

Art.15 co.1 lett. b) TUIR

per mutui contratti e garantiti da ipoteca, per la costruzione dell'unità immobiliare da adibire ad abitazione principale contratti fino al 31/12/2024

Art.15 co.1-ter TUIR

per le spese sostenute fino al 31/12/2024 per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici

Art. 16-bis TUIR

 

 

ELENCO DELLE DETRAZIONI DALL’IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE
NON RIENTRANTI NELL’AMBITO DI APPLICAZIONE DEL COMMA  9 DELL’ARTICOLO 2

(in quanto riconosciute a contribuenti con reddito complessivo inferiore a 75.000 euro)

Tipologia di detrazione

Norma di riferimento

per iscrizione annuale e l'abbonamento di ragazzi tra 5 e 18 anni a istituti per lo studio e la pratica della musica a favore dei contribuenti con reddito complessivo non superiore a 36.000 euro

Art.15 co.1 lett. e)-quater TUIR

per i canoni, e i relativi oneri accessori e il costo di acquisto derivanti da contratti di locazione finanziaria su unità immobiliari sostenuti da under-35 con un reddito complessivo non superiore a 55.000 euro

Art.15 co.1 lett. i)-sexies.1 e sexies.2 TUIR

per spese per addetti all'assistenza personale in casi di non autosufficienza se il reddito complessivo non supera 40.000 euro

Art.15 co.1 lett. i)-septies TUIR

per soggetti titolari di contratti di locazione di unità immobiliari adibite ad abitazione principale (reddito non superiore a  euro 30.987,41)

Art. 16 co. 01 TUIR

per soggetti titolari di contratti di locazione a canone concordato o convenzionato di unità immobiliari adibite ad abitazione principale (reddito non superiore  a lire 60 milioni).

Art. 16 co. 1 TUIR

per lavoratori dipendenti che hanno trasferito o trasferiscono la residenza nel comune di lavoro o in uno limitrofo nei tre anni antecedenti quello di richiesta della detrazione, e titolari di contratti di locazione di unità immobiliari adibite ad abitazione principale e situate nel nuovo comune di residenza (fino a lire 60 milioni

Art. 16 co. 1-bis TUIR

per i giovani fra i 20 e i 31 anni non compiuti, che stipulano un contratto di locazione per l'intera unità immobiliare o porzione di essa, da destinare a propria residenza (reddito non superiore a 15.493,71 euro)

Art. 16 co. 1-ter TUIR

 

 

ELENCO DELLE DETRAZIONI DALL’IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE
ALLE QUALI SI APPLICANO LE DISPOSIZIONI DEL COMMA 9  DELL’ARTICOLO 2

Tipologia di detrazione

Norma di riferimento

per interessi passivi e relativi oneri accessori in dipendenza di prestiti o mutui agrari

Art.15 co.1 lett. a) TUIR

per interessi passivi, e relativi oneri accessori in dipendenza di mutui per acquisto prima casa

Art.15 co.1 lett. b) TUIR

per mutui contratti e garantiti da ipoteca, per la costruzione dell'unità immobiliare da adibire ad abitazione principale

Art.15 co.1-ter TUIR

detrazioni ex art. 15 del TUIR spettanti

a) per l'intero importo qualora il reddito complessivo non ecceda 120.000 euro;

b)  per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 240.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 120.000 euro, qualora il reddito complessivo sia superiore a 120.000 euro.

 

per compensi pagati agli intermediatori immobiliari in dipendenza dell'acquisto prima casa

Art. 15 co 1 lett. b)-bis TUIR

per spese veterinarie

Art. 15 co 1 lett. c)-bis TUIR

per spese per i servizi di interpretariato dai soggetti riconosciuti sordi

Art. 15 co 1 lett. c)-ter TUIR

per spese funebri

Art.15 co.1 lett. d) TUIR

per spese per frequenza di corsi di istruzione universitaria presso università statali e non statali

Art.15 co.1 lett. e) TUIR

per spese per la frequenza di scuole dell'infanzia del primo ciclo di istruzione e della scuola secondaria di secondo grado

Art.15 co.1 lett. e)-bis TUIR

per spese sostenute in favore dei minori o di maggiorenni, con diagnosi di DSA fino al completamento della scuola secondaria di secondo grado

Art.15 co.1 lett. e)-ter TUIR

 

 

per premi per assicurazioni aventi per oggetto il rischio di morte o di invalidità permanente nonché di non autosufficienza per la vita quotidiana

Art.15 co.1 lett. f) TUIR

per premi per assicurazioni aventi per oggetto il rischio di eventi calamitosi

Art.15 co.1 lett. f)-bis TUIR

per spese sostenute da soggetti obbligati a manutenzione, protezione o restauro di beni soggetti a regime vincolistico

Art.15 co.1 lett. g) TUIR

per erogazioni liberali in denaro a Stato, Regioni, enti locali, enti pubblici o associazioni no-profit che svolgono o promuovono attività di rilevante valore culturale e artistico.

Art.15 co.1 lett. h) TUIR

per il costo o il valore normale dei beni ceduti gratuitamente ai soggetti indicati dal punto precedente

Art.15 co.1 lett. h)-bis TUIR

per erogazioni liberali in denaro a enti o istituzioni pubbliche e associazioni no-profit che svolgono attività nello spettacolo

Art.15 co.1 lett. i) TUIR

per erogazioni liberali a società e associazioni sportive dilettantistiche

Art.15 co.1 lett. i)-ter TUIR

per erogazioni liberali a favore delle associazioni di promozione sociale iscritte negli appositi registri

Art.15 co.1 lett. i)-quater TUIR

per iscrizione e abbonamento di ragazzi tra 5 e 18 anni, ad associazioni sportive, palestre, piscine ed altre strutture ed impianti sportivi

Art.15 co.1 lett. i)-quinquies TUIR

per canoni di locazione stipulati con enti per il diritto allo studio, università, enti no profit e cooperative, dagli iscritti a università ubicata in comune diverso da quello di residenza o dagli iscritti residenti in zone disagiate

Art.15 co.1 lett. i)-sexies e sexies.01 TUIR

per erogazioni liberali a istituti scolastici di ogni ordine e grado, statali e paritari senza scopo di lucro appartenenti al sistema nazionale di istruzione

Art.15 co.1 lett. i)-octies TUIR

per erogazioni liberali in denaro al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato

Art.15 co.1 lett. i)-novies TUIR

per spese per l'acquisto degli abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale

Art.15 co.1 lett. i)-decies TUIR

Per erogazioni liberali in denaro a ONLUS o a supporto delle iniziative umanitarie, religiose o laiche

Art.15 co.1.1 TUIR

Per locazioni

 

per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli under-35 iscritti nella previdenza agricola con riferimento all’affitto di terreni agricoli diversi da quelli dei genitori;

Art. 16 co. 1-quinquies.1 TUIR

Per interventi edilizi (art. 16-bis TUIR)[1]

 

per spese documentate sostenute ed effettivamente rimaste a carico dei contribuenti che possiedono o detengono, sulla base di un titolo idoneo, l'immobile sul quale sono effettuati interventi:

Art. 16-bis co. 1[2]

-   di manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo e ristrutturazione, su parti comuni di edificio residenziale

lett. a)

-   di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo e ristrutturazione su singole unità immobiliari residenziali di qualsiasi categoria catastale, anche rurali, e loro pertinenze

lett. b)

-   per la ricostruzione o il ripristino dell'immobile danneggiato a seguito di eventi calamitosi

lett. c)

-   per la realizzazione di autorimesse o posti auto pertinenziali anche a proprietà comune

lett. d)

-   per l’eliminazione di barriere architettoniche;

lett. e)

-   per prevenire il rischio del compimento di atti illeciti da parte di terzi

lett. f)

-   per cablare degli edifici e contenere l'inquinamento acustico

lett. g)

-   per la realizzazione di opere finalizzate al conseguimento di risparmi energetici come l'installazione di impianti basati su fonti rinnovabili

lett. h)

-   per l’adozione di misure antisismiche

lett. i)

-   per la bonifica dall'amianto e l’esecuzione di opere contro gli infortuni domestici

lett. l)

per interventi di restauro e risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia riguardanti interi fabbricati

Art. 16-bis co. 3

per interventi di sostituzione del gruppo elettrogeno di emergenza con generatori di emergenza a gas di ultima generazione.

Art. 16-bis co. 3-bis

Detrazioni contenute in leggi speciali diverse dal TUIR

 

per erogazioni liberali a favore della società di cultura Biennale di Venezia

Art. 1, l. n. 28 del 1999

per le donazioni effettuate all'ente ospedaliero "Ospedale Galliera" di Genova

Art. 8, co. 3, l. n. 52 del 2001

per spese per asili nido

Art. 1, co. 355 l. n. 266 del 2005 e art. 2, co. 6 l. 203 del 2008

per erogazioni liberali a favore dei partiti politici

Art. 11 decreto-legge n. 149 del 2013

per premi per rischio eventi calamitosi per assicurazioni stipulate contestualmente alla cessione del credito d’imposta relativo agli interventi sisma bonus al 110% ad un’impresa di assicurazione’

Art. 119, co. 4, dl n. 34 del 2020

per acquisto di mobili in occasione di acquisto della prima casa

Art. 16, co. 2, dl n. 63 del 2013

per investimenti in start-up innovative

Artt. 29 e 29-bis, dl n. 179 del 2012

Per investimenti in PMI innovative

Art. 4, co. 9 e 9-ter, d.l. n. 3 del 2015

per le erogazioni liberali a favore degli enti del Terzo settore

Art. 83, comma 1, d lgs n. 117 del 2017

per contributi a società di mutuo soccorso da parte dei soci

Art. 83, comma 5, d lgs n. 117 del 2017

per contributi a fondazioni operanti nel settore musicale

Art. 25, l n.367 del 1996

 


 

Articolo 2, comma 10
(Detrazioni per familiari a carico)

 

 

L’articolo 2, comma 10, contiene disposizioni relative alle detrazioni per carichi di famiglia. In particolare, si prevede che la detrazione per figli a carico si applichi esclusivamente con riferimento ai figli di età inferiore a 30 anni, salvo che nel caso di disabilità accertata (comma 10, lettera a), n. 1)). Viene limitata ai soli ascendenti la detrazione riconosciuta per i familiari conviventi diversi dai figli (comma 10, lettera a), n. 2). Viene, inoltre, esclusa la spettanza della detrazione per i contribuenti che non sono cittadini italiani o di uno Stato membro dell’Unione europea o di uno Stato aderente all’accordo sullo Spazio economico europeo in relazione ai loro familiari residenti all’estero (comma 10, lettera b).

 

Il totale delle maggiori entrate derivanti dal complesso delle misure recate dal comma 10 in esame è pari a: 496,4 milioni di euro per l’anno 2025; 630,9 milioni di euro per l’anno 2025; 586,5 milioni di euro a decorrere dal 2027.

In particolare:

- con riferimento alla misura di cui alla lettera a) n. 1) (detrazione per carichi di famiglia spettante con riferimento ai figli a carico) si prevedono maggiori entrate per 277,3 milioni di euro con riferimento all’anno 2025; 343,4 milioni di euro per l’anno 2026 e 319,3 milioni di euro a decorrere dal 2027;

- con riferimento alla misura di cui alla lettera a) n. 2) (detrazione per ascendenti conviventi con il contribuente) si prevedono maggiori entrate per 116,2 milioni di euro per l’anno 2025; 151,5 milioni di euro per l’anno 2026 e 140,8 milioni di euro a decorrere dall’anno 2027;

- con riferimento alla misura di cui alla lettera b (esclusione detrazione familiari residenti all’estero) si prevedono maggiori entrate per 102,6 milioni di euro per l’anno 2025; 136 milioni di euro per l’anno 2026 e 126,4 milioni di euro a decorrere dall’anno 2027.

 

In dettaglio il comma 10, lettera a), n. 1), modifica l’articolo 12, comma 1, lettera c) primo periodo del TUIR prevedendo che la detrazione per carichi di famiglia spettante con riferimento ai figli a carico sia riconosciuta nella misura di 950 euro per ciascun figlio, compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti, i figli adottivi, affiliati o affidati, di età pari o superiore a 21 anni ma inferiore a 30 anni nonché per ciascun figlio di età pari o superiore a 30 anni con disabilità accertata ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992 n. 104.

L’attuale formulazione della norma prevede che la detrazione spetti per ciascun figlio, compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti, i figli adottivi o affidati, di età pari o superiore a 21 anni.

 

Il comma 10, lettera a), n. 2), modifica l’articolo 12, comma 1, lettera d), primo periodo, del TUIR limitando ai soli ascendenti conviventi con il contribuente la detrazione riconosciuta per i familiari conviventi - pari a 750 euro - per ciascun soggetto ripartendola pro quota tra coloro che hanno diritto alla detrazione.

 

La vigente formulazione della norma riconosce invece che, da ripartire pro quota tra coloro che hanno diritto alla detrazione, per ogni altra persona indicata nell’articolo 433 del codice civile che conviva con il contribuente o percepisca assegni alimentari non risultanti da provvedimenti dell’autorità giudiziaria, esclusi in ogni caso i figli, anche quando per i medesimi non spetti la detrazione ai sensi della lettera c) del comma 1, dell’articolo 12 del TUIR (vedi supra). I soggetti indicati all’articolo 433 sono il coniuge; i figli, anche adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi; i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi; gli adottanti; i generi e le nuore; il suocero e la suocera; i fratelli e le sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli unilaterali.

 

Infine, l’articolo 10, comma 1, lettera b) esclude dalle detrazioni per familiari a carico i contribuenti che non sono cittadini italiani o di uno Stato membro dell’Unione europea o di uno Stato aderente all’accordo sullo Spazio economico europeo in relazione ai familiari residenti all’estero.

 

 


 

Articolo 3
(Deduzione delle quote delle svalutazioni e perdite su crediti e dell’avviamento correlate alle DTA)

 

 

L’articolo 3 dispone che, nella determinazione delle basi imponibili, IRES ed IRAP, degli intermediari finanziari le quote di taluni componenti negativi di reddito deducibili nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025 e nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2026 siano differite, in quote costanti, rispettivamente al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2026 ed ai successivi tre periodi ed al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2027 ed ai successivi due periodi.

Con esclusivo riferimento al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025, si introduce, per le società che partecipano al consolidato fiscale e, nella determinazione del reddito complessivo da assoggettare alla tassazione di gruppo, anche per la società consolidante, una limitazione temporanea all’uso delle perdite fiscali pregresse e delle eccedenze residue di ACE, determinata applicando una percentuale forfettaria pari al 65 per cento del maggior reddito imponibile, relativo sempre al medesimo periodo d’imposta, che emerge per effetto dei citati differimenti.

Si definiscono infine i criteri di determinazione degli acconti per i periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2025 ed ai successivi quattro che, essenzialmente, non devono tener conto dei menzionati piani di rientro (per il 2025) e dei differimenti proposti dall’articolo in commento (per i successivi). Inoltre, si stabilisce che sull’importo corrispondente alla parte dei maggiori acconti dovuti – periodi d’imposta 2025 e 2026 – per effetto delle disposizioni in commento non si possa procedere, in sede di versamento, né alla compensazione “orizzontale”, né alla compensazione “verticale”. 

 

Come risulta dalla relazione tecnica, all’articolo 3 sono ascrivibili maggiori entrate tributarie pari a 2.541,6 milioni di euro per l’anno 2025 e 1.526,1 milioni di euro per l’anno 2026.

Al medesimo articolo 3 sono altresì ascrivibili minori entrate tributarie pari a 461,7 milioni di euro per l’anno 2027 (970,4 milioni di euro per l’anno 2028, 970,4 milioni di euro per l’anno 2029 e 970,4 milioni di euro per l’anno 2030).

 

Ai fini della determinazione delle basi imponibili IRES ed IRAP, l’articolo 3 dispone il differimento, ai successivi periodi di imposta, delle quote di taluni componenti negativi di reddito deducibili nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025 e nel successivo periodo d’imposta, disciplinando le relative implicazioni sul calcolo della base imponibile del periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025, nonché i criteri di determinazione degli acconti per tali periodi d’imposta e per i successivi tre.

Nello specifico, i commi 1 e 2 recano ulteriori differimenti al piano di rientro dello stock delle svalutazioni e perdite su crediti verso la clientela non dedotte fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2015 di cui all’articolo 16 del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, applicabile agli intermediari finanziari.

Più precisamente, il comma 1 dispone che la quota delle rettifiche di valore nette su crediti verso la clientela pregresse deducibile, ai fini IRES ed IRAP, nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025 (11 per cento) sia differita, in quote costanti, al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2026 ed ai successivi tre periodi d’imposta (2,75 per cento per periodo d’imposta).

Il successivo comma 2 dispone che la quota delle rettifiche di valore nette su crediti verso la clientela pregresse deducibile, ai fini IRES ed IRAP, nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2026 (4,70 per cento) sia differita, in quote costanti, al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2027 ed ai due successivi (1,57 per cento per periodo d’imposta).

Conseguentemente, si prevede un differimento della durata del piano di rientro di cui all’articolo 16 del decreto-legge n. 83 del 2015 fino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2029.

 

A tale riguardo, la relazione tecnica precisa che, al fine di eliminare l’imputazione di imposte anticipate convertibili in crediti d’imposta utilizzabili in compensazione, il decreto-legge 27 giugno 2015 n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 132, ha previsto, in luogo della deducibilità immediata di una percentuale dei crediti, con la ripartizione della svalutazione eccedente tale percentuale in un arco temporale da 9 a 18 esercizi, la deducibilità della svalutazione dei crediti in un unico esercizio. Lo stesso decreto, sul quale sono intervenute successive modifiche normative, ha disposto la deducibilità delle svalutazioni ante 2015 in quote annuali, con un profilo temporale fino al 2028.


 

In base alla vigente formulazione dell’articolo 106, comma 3, del Testo Unico delle Imposte sui Redditi – “TUIR”, per gli intermediari finanziari le svalutazioni e le perdite su crediti verso la clientela iscritti in bilancio a tale titolo e le perdite realizzate mediante cessione a titolo oneroso sono deducibili integralmente nell'esercizio in cui sono rilevate in bilancio. Per espressa previsione normativa, le svalutazioni e le perdite - diverse da quelle realizzate mediante cessione a titolo oneroso - si assumono al netto delle rivalutazioni dei crediti risultanti in bilancio (per tale motivo si parla di rettifiche di valore nette su crediti verso clientela).

Analogamente, la vigente formulazione dell’articolo 6, comma 1, lettera c-bis) del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (decreto IRAP), dispone che concorrono alla formazione della base imponibile IRAP le rettifiche e riprese di valore nette per deterioramento dei crediti, limitatamente a quelle riconducibili ai crediti verso la clientela iscritti in bilancio a tale titolo.

Il testo di tali disposizioni è stato, nel corso degli anni, più volte modificato. L'integrale deducibilità, al netto delle rivalutazioni, di svalutazioni e perdite su credito verso la clientela è stata prevista già dal 2015.

Infatti, nel regime previgente al decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83:

(i) le svalutazioni e perdite su crediti verso clientela venivano dedotte in quinti (periodi d'imposta 2013 e 2014, secondo quanto prevedeva la formulazione dell'articolo 106, comma 3, del TUIR), nonché in diciottesimi (fino al periodo d'imposta 2012);

(ii) le rettifiche e riprese di valore nette per deterioramento dei crediti, limitatamente a quelle riconducibili ai crediti verso la clientela iscritti in bilancio a tale titolo concorrevano al valore della produzione netta in quote costanti nell'esercizio in cui venivano contabilizzate e nei quattro successivi (periodi d’imposta 2013 e 2014).

Nel disciplinare il regime transitorio, l'articolo 16 del decreto-legge n. 83 del 2015, ha disposto:

(a) che le rettifiche di valore nette su crediti rilevate nel bilancio dell'esercizio 2015 fossero dedotte nella misura del 75 per cento;

(b) un piano di rientro per la deducibilità delle rettifiche di valore su crediti pregresse (quinti e diciottesimi residui al 31 dicembre 2015) e del 25 per cento delle rettifiche di valore su crediti rilevate nel bilancio 2015 in dieci anni (in origine, dal 2016 al 2025). 

Il piano di rientro di cui all'articolo 16 del decreto-legge n. 83 del 2015 è stato più volte rimodulato, in virtù delle modifiche apportate dalle leggi di bilancio 2019 e 2020, dall'articolo 42 del decreto-legge n. 17 del 2022 e, da ultimo, dalla legge di bilancio 2024 articolo 1, commi 49-51.

In base alle suddette modifiche, le quote che dovevano "originariamente" rigirare nei periodi d'imposta 2018 e 2019 sono state rinviate ai successivi periodi d'imposta, conseguentemente la durata del piano di rientro è stata differita fino al periodo d'imposta 2028.

Il piano di rientro "originario" prevedeva le seguenti percentuali di recupero per ciascun periodo d'imposta:

 

 

Il piano di rientro risultante dalle varie rimodulazioni (cd. "differito"), attualmente vigente, prevede le seguenti percentuali di recupero per ciascun periodo d'imposta:

 

 

In base alle modifiche proposte, il nuovo piano di rientro con durata differita al periodo d’imposta 2029, prevede le seguenti percentuali di recupero per ciascun periodo d'imposta:

 

 

Il comma 3 prevede il seguente differimento del piano di rientro dello stock dell’ammortamento di avviamento non dedotte fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2017 di cui all’articolo 1, comma 1079, della legge 30 dicembre 2018, n. 145:

1)   la quota (13 per cento) deducibile, ai fini IRES ed IRAP, nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025 è differita, in quote costanti, al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2026 ed ai successivi tre periodi d’imposta (3,25 per cento per periodo d’imposta);

2)   la quota (13 per cento) deducibile, ai fini IRES ed IRAP, nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2026 è differita, in quote costanti, al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2027 ed ai successivi due periodi d’imposta (4,33 per cento per periodo d’imposta).

 

Tale disposizione è, in via principale, riferita agli intermediari finanziari, giacché il regime di trasformazione in credito d’imposta delle attività per imposte anticipate, di cui al decreto-legge n. 225 del 2010, si rende applicabile a tali soggetti (si veda il relativo focus di approfondimento).

 

L’articolo 17 del decreto-legge n. 83 del 2015 ha disposto il blocco alla trasformazione in crediti d’imposta delle attività per imposte anticipate relative al valore dell’avviamento e delle altre attività immateriali (marchi), iscritte per la prima volta a partire dai bilanci relativi all’esercizio in corso alla data del 27 giugno 2015 (per i soggetti solari, periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2015).

Prima di tale intervento normativo, il regime di trasformazione in credito d’imposta di cui all’articolo 2, commi da 56 a 56-ter, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, trovava applicazione anche per le imposte anticipate stanziate in bilancio su tali componenti negativi di reddito (deducibili ai fini sia IRES, sia IRAP, in diciottesimi). Pertanto, tale regime continua ad applicarsi, fino ad esaurimento, alle imposte anticipate relative al valore dell’avviamento e delle altre attività immateriali iscritte in bilancio fino al periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data del 27 giugno 2015 (per i soggetti solari, periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014).

Successivamente, l’articolo 1, comma 1079 della legge 30 dicembre 2018, n. 145, ha disposto un piano di rientro delle quote di ammortamento relative al valore dell'avviamento e delle altre attività immateriali che hanno dato luogo all'iscrizione di attività per imposte anticipate di cui ai commi 55, 56-bis, 56-bis.1 e 56-ter dell'articolo 2 del decreto-legge 29 n. 225 del 2010, non ancora dedotte fino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2017, nei termini che seguono:

§  la quota deducibile nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019 è pari al 5 per cento;

§  la quota deducibile nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2020 è pari al 3 per cento;

§   la quota deducibile nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2021 è pari al 10 per cento;

§  la quota deducibile nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2022 e fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2027 è pari al 12 per cento;

§  la quota deducibile nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2028 e fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2029 è pari al 5 per cento.

L’articolo 1, comma 714, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, ha disposto il differimento della quota del 5 per cento deducibile per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019, in quote costanti, al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025 ed ai successivi quattro periodi d’imposta.

Pertanto, in base al vigente piano di rientro, la quota deducibile nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025 e fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2027 è pari al 13 per cento e quella deducibile nei periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2028 ed al 31 dicembre 2029 è pari al 6 per cento.  

In base alle modifiche proposte, il nuovo piano di rientro prevede le seguenti percentuali di recupero per ciascun periodo d'imposta residuo:

§  la quota deducibile nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024 è pari al 12 per cento;

§  la quota deducibile nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025 è pari a zero;

§  la quota deducibile nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2026 è pari al 3,25 per cento;

§  la quota deducibile nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2027 è pari al 20,58 per cento;

§  la quota deducibile nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2028 è pari al 13,58 per cento;

§  la quota deducibile nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2029 è pari al 13,58 per cento.

 

Il comma 4 prevede analogo differimento del piano di rientro, di cui all’articolo 1, commi 1067 e 1068, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, delle quote deducibili riferibili ai componenti negativi emersi in sede di prima adozione dell’IFRS 9, applicabile agli intermediari finanziari.

Più precisamente, si prevede che la quota del 10 per cento deducibile, ai fini IRES ed IRAP, nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025 sia differita, in quote costanti, al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2026 ed ai successivi tre periodi d’imposta (2,5 per cento per periodo d’imposta). Si prevede altresì che la quota del 10 per cento deducibile, ai fini IRES ed IRAP, nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2026 sia differita, in quote costanti, al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2027 ed ai successivi due periodi d’imposta (3,33 per cento per periodo d’imposta).

 

Il trattamento fiscale riservato ai crediti verso la clientela, ai fini IRES (articolo 106, comma 3, del TUIR) ed IRAP (articolo 6 del Decreto IRAP), trova applicazione anche alla riduzione di valore iscritta in bilancio a copertura delle perdite attese su crediti verso la clientela di cui al paragrafo 5.5 dell'IFRS 9 rilevata dagli intermediari finanziari secondo il modello Expected Credit Losses – "ECL model" (articolo 7 del decreto ministeriale del 10 gennaio 2018).

In base al nuovo principio IFRS 9 "Strumenti finanziari" (che sostituisce, a decorrere dal 1° gennaio 2018, il previgente principio IAS 39), con riferimento all'impairment (svalutazione o perdita di valore), per gli strumenti valutati al costo ammortizzato e al fair value (valore equo o valore di mercato) con contropartita il patrimonio netto (diversi dagli strumenti di capitale), viene introdotto un modello basato sul concetto di "expected loss" (perdita attesa), in luogo del previgente "incurred loss" (perdita subita), in modo da riconoscere con maggiore tempestività le perdite. La perdita attesa è, perciò, rilevata a conto economico in contropartita di un fondo a copertura perdite che va aggiornato alla data di riferimento di ciascun bilancio.

Nello specifico, a ciascuna data di riferimento del bilancio l'intermediario deve valutare il fondo a copertura perdite relativo allo strumento finanziario a un importo pari alle perdite attese lungo tutta la vita del credito, se il rischio di credito dello strumento finanziario è significativamente aumentato dopo la rilevazione iniziale.

Per quanto concerne la prima applicazione dell'IFRS 9, la legge 30 dicembre 2018, n. 145 (articolo 1, comma 1067), ha stabilito che, ai fini IRES ed IRAP, i componenti reddituali derivanti esclusivamente dall'adozione dell'ECL model (riferibili ai crediti verso la clientela) iscritti in sede di transizione all'IFRS 9 dagli intermediari finanziari sono deducibili per il 10 per cento del loro ammontare nel periodo di imposta 2018 e la restante parte, in quote costanti, nei successivi nove periodi di imposta (la quota del 2019 è stata rinviata al periodo d'imposta 2028, ai sensi dell'articolo 1, commi 713-715, della legge 27 dicembre 2019, n. 160).

 

Il comma 5 prevede che, nella determinazione della base imponibile IRES per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025, le perdite fiscali pregresse (articolo 84 del TUIR) e le eccedenze di ACE formatesi fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2023 (articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 201 del 2011) possano essere scomputate nei limiti del 65 per cento del maggior reddito imponibile determinato, per il medesimo periodo d’imposta, quale conseguenza dei differimenti di cui ai precedenti commi da 1 a 4.

Come chiarito nell’ambito della relazione illustrativa, resta ferma l’applicazione delle regole ordinarie all’utilizzo delle perdite e delle eccedenze ACE sulla parte residua del reddito imponibile.

 

A tale riguardo, si ricorda che, ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 30 dicembre 2023, n. 216, la deduzione ACE è stata abrogata con decorrenza dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023. Le eventuali eccedenze formatesi fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2023 possono essere utilizzate, fino ad esaurimento, a scomputo del reddito imponibile dei successivi periodi d’imposta. 

Ai sensi della vigente formulazione dell’articolo 84, comma 1, del TUIR, la perdita fiscale formatasi in un periodo d’imposta può essere computata in diminuzione dal reddito imponibile dei periodi d'imposta successivi, in misura non superiore all'ottanta per cento del reddito imponibile di ciascuno di essi e per l'intero importo che trova capienza in tale ammontare.

 

Per espressa previsione normativa, tale disposizione trova applicazione anche nella determinazione del reddito imponibile dei soggetti che partecipano alla tassazione di gruppo (consolidato nazionale e mondiale di cui agli articoli 117 e seguenti del TUIR). Inoltre, si prevede che anche la società consolidante, nella determinazione del reddito complessivo globale, debba computare in diminuzione le perdite pregresse del consolidato nella misura del 65 per cento del maggior reddito imponibile che si considera prioritariamente formato dal maggior reddito imponibile determinato come somma dei maggiori redditi imponibili delle singole società.

A tale riguardo, la relazione illustrativa chiarisce che la ratio del comma 5 è quella di evitare che l’eventuale maggior reddito imponibile derivante dall’applicazione dei suddetti commi da 1 a 4, in linea di principio, potrebbe essere oggetto di compensazione con le perdite pregresse, ai sensi dell’articolo 84 del Testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, fino all’80 per cento del relativo ammontare e, per la parte residua, con le eccedenze relative all’aiuto alla crescita economica di cui all’articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito con modificazioni dalla legge n. 214 del 2011, ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo n. 216 del 2023.

Il comma 6 definisce i criteri da seguire nella determinazione degli acconti, IRES ed IRAP, secondo il cd. “metodo storico” in conseguenza delle disposizioni previste dai commi precedenti, nei seguenti termini:

§  per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025, si assume l’imposta che si sarebbe determinata senza tener conto dei piani di rientro sopra indicati (rettifiche di valore su crediti pregresse, ammortamento avviamento, componenti negativi emersi in sede di applicazione dell'IFRS 9);

§  per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2026, si assume l’imposta che si sarebbe determinata senza tener conto dei piani di rientro sopra indicati (rettifiche di valore su crediti pregresse, ammortamento avviamento, componenti negativi emersi in sede di applicazione dell'IFRS 9), né delle quote differite ai sensi dei commi da 1 e 4;

§  per il periodo d’imposta 2027 ed i successivi due periodi d’imposta, non si tiene conto delle quote differite ai sensi dei commi da 1 a 4

 

Il successivo comma 7 stabilisce che sull’importo corrispondente ai maggiori acconti dovuti per effetto delle disposizioni dell’articolo in commento, per i periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2025 e per quello successivo, non si debba applicare, in sede di versamento, né la compensazione “orizzontale” ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, né quella “verticale” di cui articolo 4, comma 3, del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 aprile 1989, n. 154.

L’istituto della compensazione fiscale consiste nella possibilità di utilizzare i crediti risultanti dalle dichiarazioni fiscali a scomputo dei debiti tributari in scadenza, distinguendosi in due tipologie:

1)   compensazione cd. “orizzontale” (o “esterna”), per la compensazione di imposte di natura diversa (es. credito IVA con un debito IRES);

2)   compensazione cd. “verticale” (o “interna”), per la compensazione attuata all’interno della medesima tipologia di imposta (es. credito IRES con debito IRES).

La compensazione cd. “orizzontale” è effettuata esclusivamente mediante modello F24, ai sensi dell’articolo 17 (rubricato “Versamento unitario e compensazione”) del decreto legislativo n. 241 del 1997.

Nello specifico, il citato articolo 17 stabilisce che i contribuenti eseguano versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all’INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate. La compensazione, sempre secondo il citato articolo 17, deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva. La compensazione del credito annuale o relativo a periodi inferiori all'anno dell'imposta sul valore aggiunto, dei crediti relativi alle imposte sui redditi e alle relative addizionali, alle imposte sostitutive delle imposte sui redditi e all'imposta regionale sulle attività produttive, per importi superiori a 5.000 euro annui, può essere effettuata a partire dal decimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell'istanza da cui il credito emerge.

Si rendono, inoltre, applicabili anche i seguenti limiti e divieti alla compensazione dei crediti d'imposta e dei contributi:

1)   limite annuale all'utilizzo in compensazione dei crediti di imposta e dei contributi compensabili ovvero rimborsabili ai soggetti intestatari di conto fiscale pari, a decorrere dal 1° gennaio 2022, a 2 milioni di euro (articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, come da ultimo stabilito dall’articolo 1, comma 72 della legge 30 dicembre 2021, n. 234);

2)   divieto di compensazione dei crediti relativi alle imposte erariali, fino a concorrenza dell'importo dei debiti, di ammontare superiore a 1.500 euro, iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori, e per i quali è scaduto il termine di pagamento (di cui all’articolo 31, comma 1del decreto-legge n. 78 del 2010).

L’articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 prevede che i crediti d'imposta da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi, in quanto derivanti a agevolazioni concesse alle imprese, possano essere utilizzati nel limite annuale di 250 mila euro (non rendendosi applicabile il limite annuale di cui sopra) e che l'ammontare eccedente debba essere riportato in avanti anche oltre il limite temporale eventualmente previsto dalle singole leggi istitutive e sia comunque compensabile per l'intero importo residuo a partire dal terzo anno successivo a quello in cui si genera l'eccedenza.

Inoltre, si fa presente che, ai sensi dell’articolo 1, comma 94, della legge d30 dicembre 2023, n. 213 (legge di bilancio 2024), sono stati introdotti nuovi limiti alle compensazioni di crediti nel modello F24, ai sensi del citato articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, ovverosia:

§  il divieto di compensazione in presenza di carichi di ruolo o accertamenti esecutivi scaduti, di importo complessivo superiore a 100.000 euro (con decorrenza dal 1° luglio 2024);

§  l’estensione dell’obbligo di utilizzare i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate per presentare i modelli F24 contenenti compensazioni;

§  l’introduzione di un termine iniziale per la compensazione dei crediti INPS e INAIL.

 

La compensazione cd. “verticale” è effettuata ai sensi dell’articolo 4, comma 3, del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 aprile 1989, n. 154.

Più precisamente, tale norma stabilisce che le eccedenze di imposta risultanti da ciascuna dichiarazione fiscale possono essere computate in diminuzione, distintamente per ciascuna imposta, anche dall’ammontare della prima rata dell’acconto dovuto per il periodo d’imposta successivo e, per il residuo, da quello della seconda rata (es., l’eccedenza a credito IRES risultante dalla relativa dichiarazione è utilizzabile a scomputo degli acconti dovuti per il successivo periodo d’imposta).


 

Articolo 4
(Misure in materia di imposta sui servizi digitali e cripto attività)

 

 

L’articolo 4 reca disposizioni in materia di imposte digitali e cripto attività.

Il comma 1 estende la platea dei soggetti passivi dell’imposta sui servizi digitali (Digital Service Tax) mediante l’eliminazione delle soglie attualmente previste. Il comma 2 modifica l’aliquota dell’imposta sostitutiva sulle plusvalenze e sugli altri proventi derivanti dalle operazioni in cripto attività, innalzandola al 42 per cento.

 

Come risulta dal prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del disegno di legge di bilancio, all’articolo 4 sono ascrivibili maggiori entrate tributarie complessive pari a: 16,7 milioni di euro per l’anno 2025; 68,3 milioni di euro per l’anno 2026; 68,3 milioni di euro per l’anno 2027.

 

Il comma 1 provvede a sostituire il comma 36 dell’articolo 1 della legge, 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019) con il nuovo comma 36, il quale ridefinisce l’ambito soggettivo di applicazione della disciplina dell’imposta sui servizi digitali (Digital Service Tax).

Nello specifico, la presente disposizione ricomprende nel novero dei soggetti passivi dell’imposta sui servizi digitali tutti gli esercenti attività d’impresa che realizzano, nel territorio dello Stato, ricavi derivanti dai seguenti servizi digitali (contemplati dall’articolo 1, comma 37, della legge di bilancio 2019):

§  veicolazione su un’interfaccia digitale di pubblicità mirata agli utenti della medesima interfaccia;

§  messa a disposizione di un’interfaccia digitale multilaterale che consente agli utenti di essere in contatto e di interagire tra loro, anche al fine di facilitare la fornitura diretta di beni o servizi;

§  trasmissione di dati raccolti da utenti e generati dall’utilizzo di un’interfaccia digitale.

 

Si evidenzia che, rispetto alla disciplina vigente, viene superato l’attuale presupposto impositivo rappresentato dalla cumulativa realizzazione, nel corso dell’anno solare precedente a quello in cui sorge il relativo presupposto d’imposta, di un ammontare di ricavi globali di qualunque natura non inferiore a 750 milioni di euro e di ricavi derivanti dai sopra citati servizi digitali, conseguiti in Italia, non inferiore a 5,5 milioni di euro.

Alla luce della presente modifica, il presupposto impositivo è costituito dalla percezione di ricavi derivanti dai servizi digitali di cui al sopra richiamato comma 37, non risultando, peraltro, più necessario il superamento delle soglie suddette.

La c.d. Web Tax, introdotta dalla legge, 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio 2018) consisteva nell’imposta sulle transazioni digitali.

Siffatta imposta è stata successivamente abrogata dall’articolo 1, commi 35-50, della legge, 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019) e, conseguentemente, sostituita dalla nuova Digital Service Tax “imposta sui servizi digitali”.

Tale ultima imposta ha subìto modifiche per effetto dell’articolo 1, comma 678, della legge, 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio 2020), il quale, peraltro, inserendo il nuovo comma 49-bis nell’articolo 1 della legge di bilancio 2019, ne ha disposto l’abrogazione con decorrenza dal momento in cui sarebbero entrate in vigore le disposizioni derivanti da accordi internazionali in materia di tassazione dell’economia digitale.

Pertanto, nelle more dell’entrata in vigore di tali accordi, sono state apportate alla Digital Service Tax le predette modifiche con effetto a partire dal 1° gennaio 2020.

Tutto ciò premesso, l’imposta sui servizi digitali (Digital Service Tax) si applica nella misura del 3 per cento sui ricavi derivanti dalla fornitura dei seguenti servizi digitali:

§  veicolazione su un’interfaccia digitale di pubblicità mirata agli utenti della medesima interfaccia;

§  messa a disposizione di un’interfaccia digitale multilaterale che consente agli utenti di essere in contatto e di interagire tra loro, anche al fine di facilitare la fornitura diretta di beni o servizi;

§  trasmissione di dati raccolti da utenti e generati dall’utilizzo di un’interfaccia digitale.

La tassazione ha ad oggetto, pertanto, la pubblicità digitale su siti e social network, l’accesso alle piattaforme digitali, i corrispettivi percepiti dai gestori di tali piattaforme, e anche la trasmissione di dati “presi” dagli utenti.

Affinché un ricavo sia considerato imponibile è necessario che l’utente del servizio digitale sia localizzato nel territorio nello Stato. Per i servizi di pubblicità online, l’utente si considera localizzato nel territorio dello Stato se la pubblicità appare sul proprio dispositivo nel momento in cui è utilizzato nel territorio dello Stato. La localizzazione nel territorio italiano del dispositivo è determinata sulla base dell’indirizzo IP dello stesso.

Per quanto concerne l’ambito soggettivo di applicazione, ai sensi del vigente articolo 1, comma 36, della legge di bilancio 2019, sono considerati soggetti passivi di imposta gli esercenti attività d’impresa, residenti e non residenti, che, singolarmente o a livello di gruppo, nel corso dell’anno solare precedente a quello in cui sorge il presupposto impositivo realizzano congiuntamente:

§  un ammontare complessivo di ricavi, ovunque realizzati, non inferiore a 750 milioni di euro;

§  un ammontare di ricavi derivanti dai servizi digitali sopra citati non inferiore a 5,5 milioni di euro nel territorio dello Stato.

§  Infine, con riguardo all’ambito oggettivo di applicazione dell’imposta in esame, tra i servizi digitali esclusi ai sensi dell’articolo 1, comma 37-bis, della legge di bilancio 2019 si annoverano:

§  la fornitura diretta di beni e servizi, nell'ambito di un servizio di intermediazione digitale;

§  la fornitura di beni o servizi ordinati attraverso il sito web del fornitore di quei beni e servizi, quando il fornitore non svolge funzioni di intermediario;

§  la messa a disposizione di un’interfaccia digitale il cui scopo esclusivo o principale, in termini di ricavi realizzati, è quello della fornitura agli utenti dell’interfaccia, da parte del soggetto che gestisce l’interfaccia stessa, di contenuti digitali, servizi di comunicazione o servizi di pagamento;

§  la messa a disposizione di un’interfaccia digitale utilizzata per gestire i sistemi dei regolamenti interbancari; le piattaforme di negoziazione o i sistemi di negoziazione degli internalizzatori sistematici; le attività di consultazione di investimenti partecipativi e, qualora facilitino la concessione di prestiti, i servizi di intermediazione nel finanziamento partecipativo; le sedi di negoziazione all’ingrosso; le controparti centrali; i depositari centrali; gli altri sistemi di collegamento la cui attività è soggetta ad autorizzazione e l’esecuzione delle prestazioni dei servizi soggetta alla sorveglianza di un’autorità di regolamentazione al fine di assicurare la sicurezza, la qualità e la trasparenza delle transazioni riguardanti strumenti finanziari, prodotti di risparmio o altre attività finanziarie; la cessione di dati da parte dei soggetti che forniscono la messa a disposizione di un’interfaccia digitale; nonché, lo svolgimento delle attività di organizzazione e gestione di piattaforme telematiche per lo scambio dell'energia elettrica, del gas, dei certificati ambientali e dei carburanti, nonché la trasmissione dei relativi dati ivi raccolti e ogni altra attività connessa.

 

Il comma 2 aumenta al 42 per cento l’aliquota dell’imposta sostitutiva, prevista dall’articolo 5 del decreto legislativo, 21 novembre 1997, n. 461, attualmente pari al 26 per cento, sulle plusvalenze e gli altri proventi derivanti dalle operazioni in cripto attività di cui all’articolo 67, comma 1, lettera c-sexies), del decreto del Presidente della Repubblica, 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR).

 

Si rammenta che l’aliquota dell’imposta sostitutiva sui redditi diversi di cui al sopra citato articolo 5, originariamente stabilita nella misura del 12,5 per cento, è stata aumentata al 26 per cento dall’articolo 3 del decreto legge, 24 aprile 2014, n. 66.

 

La nuova aliquota si applica sulle plusvalenze e gli altri proventi derivanti dalle operazioni in cripto attività realizzati a decorrere dall’entrata in vigore della presente disposizione.


 

Articolo 5
(Rideterminazione del valore di terreni e partecipazioni)

 

 

L’articolo 5 introduce a regime la possibilità di avvalersi della rideterminazione del costo di acquisto delle partecipazioni, negoziate e non negoziate, e dei terreni edificabili e con destinazione agricola.

In particolare, possono formare oggetto di rivalutazione le partecipazioni (negoziate e non) possedute dal 1° gennaio di ciascun anno, a condizione che, entro il termine del 30 novembre del medesimo anno, si proceda al versamento di apposita imposta sostitutiva. Analogamente, entro il 30 novembre di ciascun anno, i contribuenti possano optare, mediante pagamento di un’imposta sostitutiva per la rivalutazione dei terreni edificabili e con destinazione agricola posseduti alla data del 1° gennaio dello stesso anno.

 

Come risulta dalla relazione tecnica, all’articolo 5 sono ascrivibili maggiori entrate tributarie pari a 683,9 milioni di euro per l’anno 2025, 747,8 milioni di euro per l’anno 2026 e 811,7 milioni di euro per l’anno 2027 (655,7 milioni di euro per l’anno 2028, 499,8 milioni di euro per l’anno 2029, 343,9 milioni di euro per l’anno 2030, 187,9 milioni di euro per l’anno 2031 e 32,0 milioni di euro per l’anno 2032).

Al medesimo articolo 5 sono altresì ascrivibili minori entrate tributarie pari a 124,0 milioni di euro per l’anno 2033 e 279,9 milioni di euro dall’anno 2034.

 

Si ricorda al riguardo che la legge di bilancio 2023 (articolo 1, commi 107-109 della legge n. 197 del 2022) ha consentito di assumere, ai fini del computo di plusvalenze e minusvalenze finanziarie, anche riferite a titoli o partecipazioni negoziate in mercati regolamentari, il valore normale di tali titoli al 31 dicembre 2023, in luogo del loro costo o valore di acquisto (comma 107), dietro il versamento di un’imposta sostitutiva con aliquota al 16 per cento.

Le predette disposizioni hanno inoltre esteso alla rideterminazione dei valori di acquisto delle partecipazioni negoziate e non negoziate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione e dei terreni edificabili e con destinazione agricola - posseduti alla data del 1° gennaio 2023 - le disposizioni in materia di rivalutazione, già previste in passato e più volte prorogate nel tempo, stabilendo anche per tali operazioni un’imposta sostitutiva con aliquota al 16 per cento.

Entrambe le fattispecie di rivalutazione hanno formato oggetto di ulteriore proroga nell’ambito della legge di bilancio 2024 (articolo 1, commi 52 e 53, della legge n. 213 del 2023.

Le disposizioni in esame introducono a regime la possibilità di avvalersi della rideterminazione del costo di acquisto delle partecipazioni, negoziate e non negoziate, e dei terreni edificabili e con destinazione agricola.

Per tale motivo, al comma 1 si propone la novella del contenuto dell’articolo 5 (Rideterminazione dei valori di acquisto di partecipazioni) e dell’articolo 7 (Rideterminazione dei valori di acquisto dei terreni edificabili e con destinazione agricola) della legge 28 dicembre 2001, n. 448.

 

In tal senso, la stessa relazione illustrativa chiarisce che il comma 1, novellando gli articoli 5 e 7 della legge n. 448 del 2001, introduce a regime la possibilità di rideterminare il costo d’acquisto delle partecipazioni, negoziate e non negoziate, e dei terreni. Con particolare riguardo alla facoltà di rideterminare il valore di terreni e partecipazioni, previo il pagamento di un’imposta sostitutiva, tale disposizione è stata peraltro riproposta numerose volte nel corso del tempo, da ultimo dall’articolo 1, commi 52 e 53, della legge n. 213 del 2023.

 

Nello specifico, il comma 1 alla lettera a), novella l’articolo 5 della legge n. 448 del 2001 relativamente alla disciplina applicabile alla rideterminazione del costo di acquisto delle partecipazioni, aggiornando, tra l’altro, i riferimenti normativi al Testo unico delle Imposte sui Redditi “TUIR” che nella versione vigente risultano obsoleti. 

In particolare, al punto n. 1) si novella il comma 1 del citato articolo 5, richiamando l’articolo 67, comma 1, lettere c) e c-bis) del TUIR (articolo 81, comma 1, lettere c) e c-bis), secondo l’attuale formulazione) con riguardo agli effetti che la rideterminazione del valore produce nel calcolo delle plusvalenze e delle minusvalenze di natura finanziaria relative a tali partecipazioni.

L’articolo 67, comma 1, lettere c) e c-bis), TUIR (d. P. R. n. 917 del 1986) definisce, rispettivamente, le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate nonché la cessione di diritti o titoli attraverso cui possono essere acquisite le predette partecipazioni (lettera c)) e le plusvalenze, diverse da quelle imponibili ai sensi della lettera c) (lettera c-bis). In particolare la lettera c) precisa che sono partecipazioni qualificate quelle che rappresentano, complessivamente, una percentuale di diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria superiore al 2 o al 20 per cento ovvero una partecipazione al capitale od al patrimonio superiore al 5 o al 25 per cento, secondo che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni.

La medesima disposizione indica le modalità secondo le quali è accertata la sussistenza di queste condizioni e definisce le plusvalenze assimilabili a quelle appena descritte. Anche la lettera c-bis) dopo aver individuato l’ambito applicativo, precisando che oggetto della disposizione sono le plusvalenze, diverse da quelle di cui alla lettera c) realizzate mediante cessione a titolo oneroso di azioni e di ogni altra partecipazione al capitale o al patrimonio di società nonché di diritti o titoli attraverso cui possono essere acquisite le predette partecipazioni, definisce le plusvalenze assimilabili.

 

In linea generale, possono formare oggetto di rivalutazione le partecipazioni possedute dal 1° gennaio di ciascun anno, a condizione che, entro il termine del 30 novembre del medesimo anno, si proceda al versamento di apposita imposta sostitutiva.

Il nuovo comma 1 dell’articolo 5 ripropone le modalità di determinazione del valore normale al 1° gennaio dell’anno di rivalutazione, da assumere in luogo al costo di acquisto delle partecipazioni.

a)   titoli, quote o diritti non negoziati in mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione: il valore normale è pari alla frazione del patrimonio netto della società, associazione o ente, determinato sulla base di una perizia giurata di stima redatta da specifiche categorie di soggetti (iscritti nell’albo dei dottori commercialisti e/o nel registro dei revisori legali), cui si applica l’articolo 64 del codice di procedura civile;

b)   titoli, quote o diritti negoziati in mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione: il valore normale alla data del 1° gennaio è determinato ai sensi dell’articolo 9, comma 4, lettera a), del TUIR, con riferimento al mese di dicembre dell’anno precedente.

Secondo quanto stabilito dall’articolo 9, comma 4, lettera a), del TUIR (d. P. R. n. 917 del 1986) il valore normale è determinato per le azioni, obbligazioni e altri titoli negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri, in base alla media aritmetica dei prezzi rilevati nell’ultimo mese.

 

Conseguentemente, con il punto n. 2) si dispone l’abrogazione del comma 1-bis dell’articolo 5, concernente le modalità di determinazione del valore normale delle partecipazioni negoziate in mercati regolamentari ed introdotto dalla legge di bilancio 2023.

 

Il punto n. 3), sostituisce il comma 2 dell’articolo 5, prevedendo che l’aliquota dell’imposta sostitutiva per la rivalutazione delle partecipazioni debba essere pari al 16 per cento e versata, secondo le modalità previste dal Capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, entro il 30 novembre di ciascun anno.

Secondo la vigente formulazione dell’articolo 5, comma 2, invece, l'imposta sostitutiva di cui al comma 1 è pari al 4 per cento per le partecipazioni che risultano qualificate, ai sensi dell'articolo 81 [rectius articolo 67], comma 1, lettera c), del citato testo unico delle imposte sui redditi, alla data del 1° gennaio 2002, e al 2 per cento per quelle che, alla predetta data, non risultano qualificate ai sensi del medesimo articolo 81 [rectius articolo 67], comma 1, lettera c-bis), ed è versata, con le modalità previste dal Capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, entro il 16 dicembre 2002.

 

Il successivo punto n. 4), sostituisce il comma 3 dell’articolo 5, prevedendo la possibilità di rateizzare il versamento dell’imposta sostitutiva fino ad un massimo di tre rate annuali, di pari importo, dovute a partire dalla predetta data del 30 novembre. Pertanto, la nuova formulazione della norma de qua, non prevede il pagamento di interessi sulle rate successive alla prima.

 

Secondo la vigente formulazione dell’articolo 5, comma 3, l'imposta sostitutiva può essere rateizzata fino ad un massimo di tre rate annuali di pari importo, a partire dalla predetta data del 16 dicembre 2002. Sull'importo delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi nella misura del 3 per cento annuo, da versarsi contestualmente a ciascuna rata.

 

Il punto n. 5), nel modificare l’ultimo periodo del comma 4 dell’articolo 5, stabilisce che, in ogni caso, la redazione e il giuramento della perizia giurata debbano essere effettuati entro il 30 novembre di ciascun anno.

 

Secondo la vigente formulazione dell’articolo 5, comma 4, il valore periziato è riferito all'intero patrimonio sociale; la perizia, unitamente ai dati identificativi dell'estensore della perizia e al codice fiscale della società periziata, nonché alle ricevute di versamento dell'imposta sostitutiva, sono conservati dal contribuente ed esibiti o trasmessi a richiesta dell'Amministrazione finanziaria. In ogni caso la redazione ed il giuramento della perizia devono essere effettuati entro il termine del 16 dicembre 2002.

 

Sempre al fine di rendere la disciplina relativa alla rivalutazione applicabile “a regime”, il punto n. 6) modifica il comma 5 dell’articolo facendo riferimento alla data del 1° gennaio di ogni anno (anziché al 1° gennaio 2022, come prevede il testo vigente).

 

In particolare il comma 5 dispone che se la relazione giurata di stima è predisposta per conto della stessa società o dell’ente nel quale la partecipazione è posseduta, la relativa spesa è deducibile dal reddito d’impresa in quote costanti nell’esercizio in cui è stata sostenuta e nei quattro successivi. Se la relazione giurata di stima è predisposta per conto di tutti o di alcuni dei possessori dei titoli, quote o diritti alla data del 1° gennaio di ogni anno [1° gennaio 2022, nella vigente versione], la relativa spesa è portata in aumento del valore di acquisto della partecipazione in proporzione al costo effettivamente sostenuto da ciascuno dei possessori.

 

Al fine di aggiornare i riferimenti normativi al Testo unico delle Imposte sui Redditi “TUIR”, il punto n. 7), aggiorna i riferimenti normativi al testo unico delle imposte sui redditi post riforma del 2004 (mentre i riferimenti normativi presenti nel testo vigente – precedente al 2004 – facevano rinvio ai testi dei corrispondenti articoli del testo precedente alla riforma).

 

L’assunzione del valore così definito, quale valore di acquisto, non consente il realizzo di minusvalenze utilizzabili ai sensi del comma 5 dell’articolo 68 del TUIR [commi 3 e 5 dell’articolo 82, nella vigente versione].

In generale, l’articolo 68, comma 5, del TUIR, dispone che le plusvalenze derivanti dalla cessione, a titolo oneroso, di partecipazioni qualificate, di azioni e di ogni altra partecipazione al capitale o al patrimonio di società debbano essere sommate algebricamente alle relative minusvalenze. Laddove l’ammontare complessivo delle minusvalenze sia superiore a quello delle plusvalenze, l’eccedenza può essere portata in deduzione, fino a concorrenza, delle medesime plusvalenze relative ai successivi quattro periodi d’imposta, a condizione che tale eccedenza di minusvalenze sia indicata in dichiarazione.

Per espressa previsione dell’articolo 5, comma 6, della legge n. 448 del 2001, in caso di rivalutazione delle partecipazioni non è possibile applicare tale disposizione circa l’utilizzo in compensazione delle minusvalenze.

 

Il successivo punto n. 8) sempre al fine di rendere permanente la normativa in questione sopprime al comma 7 dell’articolo 5 il riferimento temporale alla data del 1° gennaio 2002.

 

Il comma 7, nel testo vigente stabilisce che per i titoli, le quote o i diritti non negoziati nei mercati regolamentati, posseduti alla data del 1°gennaio 2002, per i quali il contribuente si è avvalso della facoltà di rideterminazione dei valori di acquisto di partecipazioni gli intermediari abilitati all’applicazione dell’imposta sostitutiva a norma degli articoli 6 e 7 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461 tengono conto del nuovo valore, in luogo di quello del costo o del valore di acquisto, soltanto se prima della realizzazione delle plusvalenze e delle minusvalenze ricevono copia della perizia, unitamente ai dati identificativi dell’estensore della perizia stessa e al codice fiscale della società periziata.

 

Il punto n. 9) introduce un comma aggiuntivo all’articolo 5 (comma 7-bis), ai sensi del quale si preclude la facoltà di procedere con la rivalutazione delle partecipazioni detenute da società o enti commerciali non residenti nel territorio dello Stato e privi di stabile organizzazione e che soddisfano i presupposti per fruire del regime della cd. “participation exemption – PEX” (articolo 68, comma 2-bis, del TUIR).

 

Ai sensi dell’articolo 2-bis le plusvalenze da cessione delle partecipazioni di cui all’articolo 67, comma 1, lettera c), per il 5 per cento del loro ammontare sono sommate algebricamente alla corrispondente quota delle relative minusvalenze. Laddove le minusvalenze siano superiori alle plusvalenze, l'eccedenza è riportata in deduzione, fino a concorrenza del 5 per cento dell'ammontare delle plusvalenze dei periodi successivi, ma non oltre il quarto, a condizione che sia indicata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta nel quale le minusvalenze sono state realizzate.

Per espressa previsione dell’ultimo periodo del comma de quo, tali disposizioni si applicano anche alle cessioni di partecipazioni qualificate aventi i requisiti di cui alle lettere a), b), c) e d) del comma 1 dell'articolo 87 (regime “PEX”), effettuate da società ed enti commerciali di cui all'articolo 73, comma 1, lettera d), privi di stabile organizzazione nel territorio dello Stato, residenti in uno Stato appartenente all'Unione europea o allo Spazio economico europeo che consente un adeguato scambio di informazioni e siano ivi soggetti a un'imposta sul reddito delle società.

I requisiti per beneficiare del regime di esenzione “PEX” sono i seguenti:

a)    ininterrotto possesso dal primo giorno del dodicesimo mese precedente quello dell'avvenuta cessione;

b)   classificazione nella categoria delle immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso;

c)    residenza fiscale o localizzazione dell'impresa o ente partecipato in Stati o territori diversi da quelli a regime fiscale privilegiato;

d)   esercizio da parte della società partecipata di un'impresa commerciale.

 

Il comma 1 alla lettera b), dell’articolo in commento, novella l’articolo 7 della legge n. 448 del 2001 relativamente alla disciplina applicabile alla rideterminazione del costo di acquisto dei terreni edificabili e con destinazione agricola, modificando, altresì, i riferimenti normativi al TUIR che nella versione vigente risultano obsoleti. 

 

Nello specifico, il punto n. 1) sostituisce il comma 1 dell’articolo 7, al fine di disciplinare a regime la rivalutazione dei terreni. In tal senso, si prevede che, entro il 30 novembre di ciascun anno, i contribuenti possano optare, mediante pagamento di un’imposta sostitutiva, per la rivalutazione dei terreni edificabili e con destinazione agricola posseduti alla data del 1° gennaio dello stesso anno, ai fini della determinazione delle plusvalenze di cui all’articolo 67, comma 1, lettere a) e b) del TUIR.  

Per effetto di tale opzione, nella determinazione delle plusvalenze, si considera il valore del terreno al 1° gennaio dell’anno di esercizio dell’opzione, in luogo al costo o il valore d’acquisto dello stesso. Il valore deve risultare da una perizia di stima giurata, cui si applica l’articolo 64 del codice di procedura civile, redatta da determinate categorie di soggetti (iscritti negli albi degli ingegneri, degli architetti, dei geometri, dei dottori agronomi, degli agrotecnici, dei periti agrari e dei periti industriali edili).

Ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettere a) e b), del TUIR, si considerano redditi diversi:

a)    le plusvalenze realizzate mediante la lottizzazione di terreni, o l'esecuzione di opere intese a renderli edificabili, e la successiva vendita, anche parziale, dei terreni e degli edifici;

b)   le plusvalenze realizzate mediante cessione, a titolo oneroso, di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l'acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari, nonché, in ogni caso, le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione.

 

Il punto n. 2) sostituisce il comma 2 dell’articolo 7, prevedendo che l’aliquota dell’imposta sostitutiva per la rivalutazione dei terreni debba essere pari al 16 per cento e versata, secondo le modalità previste dal Capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, entro il 30 novembre dell’anno di esercizio dell’opzione.

Secondo la vigente formulazione dell’articolo 7, comma 2, invece, l'imposta sostitutiva di cui al comma 1 è pari al 4 per cento del valore determinato a norma del comma 1 ed è versata, con le modalità previste dal capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, entro il 16 dicembre 2002.

 

Il successivo punto n. 3), sostituisce il primo periodo al comma 3 dell’articolo 7, prevedendo la possibilità di rateizzare il versamento dell’imposta sostitutiva fino ad un massimo di tre rate annuali, di pari importo, dovute a partire dalla predetta data del 30 novembre. Pertanto, la nuova formulazione della norma de qua, non prevede il pagamento di interessi sulle rate successive alla prima.

Secondo la vigente formulazione dell’articolo 7, comma 3, l'imposta sostitutiva può essere rateizzata fino ad un massimo di tre rate annuali di pari importo, a partire dalla predetta data del 16 dicembre 2002. Sull'importo delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi nella misura del 3 per cento annuo, da versarsi contestualmente a ciascuna rata.

 

Sempre al fine di rendere la disciplina relativa alla rivalutazione applicabile a regime, il punto n. 4) sostituisce all’ultimo periodo del comma 4 dell’articolo 7 il riferimento temporale ivi contenuto con quello più generale al termine del 30 novembre richiamato al comma 2, come riformulato dalla presente disposizione.

In particolare il comma 4 dispone che la perizia, unitamente ai dati identificativi dell'estensore della perizia e al codice fiscale del titolare del bene periziato, nonché alle ricevute di versamento dell'imposta sostitutiva, è conservata dal contribuente ed esibita o trasmessa a richiesta dell’Amministrazione finanziaria. In ogni caso la redazione ed il giuramento della perizia devono essere effettuati entro lo stesso termine del 30 novembre di cui al comma 2 [il termine del 16 dicembre 2002, nella vigente formulazione].

 

Allo stesso modo, il successivo punto n. 5) sopprime al comma 5 dell’articolo 7 il riferimento al fatto che il costo per la relazione giurata di stima possa essere portato in aumento del valore di acquisto del terreno edificabile e con destinazione agricola nella misura in cui non solo sia stato effettivamente sostenuto ma sia anche rimasto a carico del contribuente.

Pertanto, con il nuovo comma 5 dell’articolo 7 l’aumento del valore di acquisto del terreno edificabile e con destinazione agricola del costo per la relazione giurata di stima è ammesso sempre nella misura in cui è stato effettivamente sostenuto dal contribuente.

 


 

Articolo 6
(
Estensione dell’obbligo utilizzo dell'e-DAS)

 

 

L’articolo 6 estende l’obbligo di utilizzo del documento e-DAS da parte degli esercenti depositi commerciali di prodotti energetici a tutti i trasferimenti nazionali.

 

Le maggiori entrate attese in conseguenza della presente disposizione sono stimati pari a complessivi 23,9 milioni di euro a regime.

 

In dettaglio l’articolo 6 modifica l’articolo 25, comma 8, del testo unico accise che prevede, in via generale, con finalità antifrode, che i prodotti energetici assoggettati ad accisa devono circolare con il documento di accompagnamento previsto dall'articolo 12 (e-DAS o documento analogo all’e-DAS).

Nella formulazione vigente il comma 8 prevede un’eccezione all’obbligo di circolazione con l’e-DAS, con riferimento ai prodotti energetici trasferiti in quantità non superiore a 1.000 chilogrammi a depositi non soggetti a denuncia ed ai gas di petrolio liquefatti per uso combustione trasferiti dagli esercenti la vendita al minuto.

L’articolo in commento sopprime il riferimento ai prodotti energetici trasferiti in quantità non superiore a 1.000 chilogrammi a depositi non soggetti a denuncia estendendo anche a tale ultima fattispecie l’utilizzo del documento di accompagnamento.

Viene per converso mantenuta l’esclusione dall’obbligo dell’e-DAS con riferimento ai gas di petrolio liquefatti per uso combustione trasferiti dagli esercenti la vendita al minuto.

 

Si ricorda che l’e-DAS, introdotto con l’articolo 11 del decreto-legge n.124 del 2019 è il documento di accompagnamento semplificato necessario per la circolazione dei prodotti energetici assoggettati ad accisa.

Si segnala che nel corso dell’Indagine conoscitiva sui fenomeni di evasione dell'IVA e delle accise nel settore della distribuzione dei carburanti, svolta presso la Commissione VI della Camera dei deputati, ed il cui documento conclusivo è stato approvato il 3 luglio 2024, una delle misure suggerite al fine di limitare le frodi in materia di accisa - in particolare dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli nel corso dell’audizione del 12 marzo 2024 - è stata quella di abrogare la deroga prevista dall’articolo 25, comma 8, del TUA, che prevede l’esclusione dall’obbligo di tracciamento per i prodotti energetici, in quantità non superiore a 1.000 kg, trasferiti a depositi non soggetti a denuncia, così come per i gas di petrolio liquefatti per uso combustione trasferiti a depositi non soggetti a denuncia dagli esercenti la vendita al minuto, in quantità non superiore a 1.000 kg.

Articolo 7
(Misure per la riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi)

 

 

L’articolo 7, al comma 1 modifica la disciplina della tassazione dei redditi di lavoro dipendente nei casi di concessione in uso promiscuo ai dipendenti di autoveicoli, motocicli e ciclomotori prevedendo che partecipa alla formazione del reddito un ammontare pari al 50 per cento dell’importo corrispondente ad una percorrenza convenzionale di 15.000 chilometri. Tale percentuale è ridotta al 10 per cento nei casi in cui i veicoli concessi ai dipendenti siano a trazione esclusivamente elettrica a batteria ovvero al 20 per cento per i veicoli elettrici ibridi plugin. Le nuove disposizioni si applicano ai contratti stipulati a decorrere dal 1° gennaio 2025. Il comma 2 novella la disciplina dell’IVA al fine di assoggettare all’aliquota IVA ordinaria del 22 per cento (anziché ridotta al 10 per cento) le prestazioni di smaltimento dei rifiuti qualora avvengano mediante conferimento in discarica o mediante incenerimento senza recupero efficiente di energia.

 

La relazione tecnica sull’articolo 7, comma 1, prevede, per quanto riguarda l’orizzonte temporale del disegno di legge di bilancio, un maggior gettito complessivo per Irpef, addizionale regionale e addizionale comunale pari a 25,2 milioni di euro nel 2025, 77,2 milioni nel 2026 e 119,9 milioni nel 2026. Per quanto riguarda le disposizioni di cui al comma 2, la relazione tecnica stima effetti finanziari positivi stimati in 148,1 milioni di euro su base annua a partire dal 2025.

 

Nel dettaglio, il comma 1 modifica l’articolo 51, comma 4, del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, sostituendone la lettera a).

 

Il menzionato articolo 51, comma 4, lettera a) del TUIR stabilisce che, ai fini della determinazione in denaro dei valori che costituiscono il reddito da lavoro dipendente, per le autovetture, gli autoveicoli per uso promiscuo e gli autocaravan indicati nell'articolo 54, comma 1, lettere a), c) e m), del codice della strada, di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992, i motocicli e i ciclomotori di nuova immatricolazione, con valori di emissione di anidride carbonica non superiori a grammi 60 per chilometro (g/km di CO2), concessi in uso promiscuo con contratti stipulati a decorrere dal 1° luglio 2020, si considera soltanto il 25 per cento dell'importo corrispondente ad una percorrenza convenzionale di 15.000 chilometri calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio convenzionale, con effetto dal periodo d'imposta successivo, al netto degli ammontari eventualmente trattenuti al dipendente. Tale percentuale è via via aumentata per veicoli con valori di emissione di anidride carbonica superiori a 60 g/km.

 

Per effetto del comma 1 dell’articolo in esame, invece, ai fini della determinazione del reddito da lavoro dipendente, per le autovetture, autoveicoli per trasporto promiscuo e autocaravan indicati nell’articolo 54, comma 1, lettere a), c) e m) del codice della strada, di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992, i motocicli e i ciclomotori di nuova immatricolazione, concessi in uso promiscuo con contratti stipulati a decorrere dal 1° gennaio 2025, si assume il 50 per cento dell’importo corrispondente ad una percorrenza convenzionale di 15.000 chilometri calcolato sulla base del costo chilometrico convenzionale, con effetto dal periodo d’imposta successivo, al netto degli ammontari eventualmente trattenuti al dipendente.

La predetta percentuale è ridotta al 10 per cento per i veicoli a batteria a trazione esclusivamente elettrica ovvero al 20 per cento per i veicoli elettrici ibridi plug-in.

 

Testo a fronte delle modifiche apportate dal comma 1 dell’articolo in esame

Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), di cui al D.P.R. n. 917 del 1986

Testo vigente

Modificazioni apportate dall’art. 7, comma 1, del DDL di bilancio 2025

Art. 51
(Determinazione del reddito di lavoro dipendente)

Art. 51
(Determinazione del reddito di lavoro dipendente)

Ai fini dell'applicazione del comma 3:

a) per gli autoveicoli indicati nell'articolo 54, comma 1, lettere a), c) e m), del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, i motocicli e i ciclomotori di nuova immatricolazione, con valori di emissione di anidride carbonica non superiori a grammi 60 per chilometro (g/km di CO2), concessi in uso promiscuo con contratti stipulati a decorrere dal 1° luglio 2020, si assume il 25 per cento dell'importo corrispondente ad una percorrenza convenzionale di 15.000 chilometri calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio desumibile dalle tabelle nazionali che l'Automobile club d'Italia deve elaborare entro il 30 novembre di ciascun anno e comunicare al Ministero dell'economia e delle finanze, che provvede alla pubblicazione entro il 31 dicembre, con effetto dal periodo d'imposta successivo, al netto degli ammontari eventualmente trattenuti al dipendente. La predetta percentuale è elevata al 30 per cento per i veicoli con valori di emissione di anidride carbonica superiori a 60 g/km ma non a 160 g/km. Qualora i valori di emissione dei suindicati veicoli siano superiori a 160 g/km ma non a 190 g/km, la predetta percentuale è elevata al 40 per cento per l'anno 2020 e al 50 per cento a decorrere dall'anno 2021. Per i veicoli con valori di emissione di anidride carbonica superiori a 190 g/km, la predetta percentuale è pari al 50 per cento per l'anno 2020 e al 60 per cento a decorrere dall'anno 2021;

Ai fini dell'applicazione del comma 3:

a) per gli autoveicoli indicati nell’articolo 54,

comma 1, lettere a), c) e m) del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, i motocicli e i ciclomotori di nuova immatricolazione,

 

 

concessi in uso promiscuo con contratti stipulati a decorrere dal 1° gennaio 2025, si assume il 50 per cento dell’importo corrispondente ad una percorrenza convenzionale di 15.000 chilometri calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio desumibile dalle tabelle nazionali che l’Automobile club d’Italia deve elaborare entro il 30 novembre di ciascun anno e comunicare al Ministero dell’economia e delle finanze, che provvede alla pubblicazione entro il 31 dicembre, con effetto dal periodo d’imposta successivo, al netto degli ammontari eventualmente trattenuti al dipendente. La predetta percentuale è ridotta al 10 per cento per i veicoli a batteria a trazione esclusivamente elettrica ovvero al 20 per cento per i veicoli elettrici ibridi plug-in;

(…)

(…)

Il comma 2 modifica l’elenco dei beni e servizi soggetti ad aliquota IVA ridotta al 10 per cento (anziché aliquota ordinaria del 22 per cento) di cui alla tabella A, parte III, del D.P.R. n. 633 del 1972 sostituendo il punto 127-sexiesdecies) in modo tale da escludere dall’applicazione dell’aliquota ridotta il conferimento in discarica e l’incenerimento senza recupero efficiente di energia di rifiuti urbani e di rifiuti speciali.

La novella, inoltre, aggiorna i riferimenti alle norme in materia ambientale contenuti nel suddetto punto n. 127-sexiesdecies), attesa l’abrogazione del decreto legislativo n. 22 del 1997, sostituito dal decreto legislativo n. 152 del 2006.

 

Entrambi i commi dell’articolo 7 specificano che la finalità delle disposizioni consiste nel raggiungimento degli obiettivi di transizione ecologica ed energetica, mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici previsti nell’ambito dei documenti programmatici.

Nella relazione illustrativa, il Governo specifica, inoltre, che l’innalzamento dell’aliquota IVA, dal 10 per cento al 22 per cento, per le attività di smaltimento in discarica e di incenerimento senza efficiente recupero di energia dei rifiuti, risponde alla finalità di eliminare un sussidio ambientale dannoso (SAD) in contrasto con il principio dell’economia circolare, in coerenza con il disposto delle direttive unionali in tema di economia circolare, a mente delle quali lo smaltimento in discarica dovrebbe costituire una opzione residuale.

 

Testo a fronte delle modifiche apportate dal comma 2 dell’articolo in esame

D.P.R. n. 633 del 1972

Testo vigente

Modificazioni apportate dall’art. 7, comma 2, del DDL di bilancio 2025

Tabella A - Parte III
[Beni e servizi soggetti ad aliquota ridotta]

Tabella A - Parte III
[Beni e servizi soggetti ad aliquota ridotta]

127-sexiesdecies) prestazioni di gestione, stoccaggio, e deposito temporaneo, previste dall'articolo 6, comma 1, lettere d), l) e m), del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, di rifiuti urbani di cui all'articolo 7, comma 2, e di rifiuti speciali di cui all'articolo 7, comma 3, lettera g),

 

del medesimo decreto, nonché prestazioni di gestione di impianti di fognatura e depurazione;

127-sexiesdecies) prestazioni di gestione, stoccaggio e deposito temporaneo, escluso il conferimento in discarica e l’incenerimento senza recupero efficiente di energia, previste dall’ articolo 183, comma 1, lettere n), aa), bb), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, di rifiuti urbani, e di rifiuti speciali di cui all’articolo 184, commi 2 e 3, lettera g), del medesimo decreto, nonché prestazioni di gestione di impianti di fognatura e depurazione;

(…)

(…)

 


 

Articolo 8
(Detrazioni delle spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici)

 

L’articolo 8 introduce modifiche alla disciplina di alcune agevolazioni fiscali previste in materia di recupero edilizio, di efficientamento energetico, di interventi antisismici nonché per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici destinati ad arredare un immobile oggetto di interventi di recupero del patrimonio edilizio. Le norme rimodulano i termini di fruizione e le aliquote di detrazione, prevedendo altresì regimi più vantaggiosi per le unità immobiliari adibite ad abitazione principale.

Si interviene, infine, anche sulla disciplina del superbonus in merito ai requisiti richiesti per avvalersi della detrazione per le spese sostenute nell’anno 2025 e sulla possibilità di ripartire in dieci quote annuali le spese sostenute nel 2023.

 

La relazione tecnica, in merito agli effetti complessivi sulle entrate tributarie recati dagli interventi relativi al recupero edilizio, all’efficienza energetica, alle misure antisismiche e al superbonus, ascrive i seguenti effetti finanziari: 13,9 milioni nel 2025; 79,3 milioni nel 2026; -165,9 nel 2027 (-18,1 nel 2028; -47,0 nel 2029; -47 nel 2030; -8,9 nel 2031; -25,3 nel 2032; -25,3 nel 2033; -25,3 nel 2034; -49,4 nel 2035, 172,5 nel 2036; 9,7 nel 2037; -23,2 nel 2038; 0 nel 2039).

In merito all’andamento delle entrate tributarie conseguenti alla norma che prevede la proroga della detrazione per l'acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici, finalizzati all'arredo dell'immobile oggetto di ristrutturazione, la relazione tecnica ascrive i seguenti effetti finanziari: 14,4 milioni di euro nel 2025; -93,9 milioni di euro nel 2026; -79,1 milioni di euro nel 2027 (-68,2 nel 2028; -68,2 nel 2029; -68,2 nel 2030; -68,2 nel 2031; -68,2 nel 2032; -68,2 nel 2033; -68,2 nel 2034; -58 nel 2035; 51,2 nel 2036; 0 nel 2037).

 

Il comma 1 della disposizione, modificando l’articolo 16-bis, comma 1, del TUIR, anticipa i termini della riduzione dal 36 al 30 per cento dell’aliquota di detrazione delle spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici.

 

Si ricorda che  l’articolo 9-bis, comma 8, del decreto legge 29 marzo 2024, n. 39, ha stabilito che per le spese agevolate per interventi di riqualificazione edilizia, ai sensi dell’articolo 16-bis del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, sostenute dal 1° gennaio 2028 al 31 dicembre 2033, escluse quelle per interventi di sostituzione del gruppo elettrogeno di emergenza esistente con generatori di emergenza a gas di ultima generazione, l’aliquota di detrazione dovesse essere ridotta dal 36 al 30 per cento.

La norma in esame anticipa ulteriormente l’entrata in vigore dell’aliquota al 30 per cento a far data dal 1° gennaio 2025.

L’articolo 16-bis del TUIR sopra menzionato stabilisce, al comma 1, che dall'imposta lorda si detrae un importo pari al 36 per cento delle spese documentate, fino ad un ammontare complessivo delle stesse non superiore a 48.000 euro per unità immobiliare, sostenute ed effettivamente rimaste a carico dei contribuenti che possiedono o detengono, sulla base di un titolo idoneo, l'immobile sul quale sono effettuati una serie di interventi edilizi. Il comma 3-bis precisa che la detrazione di cui al comma 1 spetta, nella misura del 50 per cento, anche per interventi di sostituzione del gruppo elettrogeno di emergenza esistente con generatori di emergenza a gas di ultima generazione.

Per una panoramica dettagliata degli interventi agevolati in materia edilizia si veda il dossier del Servizio studi della Camera dei deputati: Le agevolazioni fiscali per gli interventi edilizi.

 

Il comma 2 apporta delle modifiche al decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, in materia di agevolazioni fiscali, sia per alcuni interventi di risparmio energetico (ecobonus) sia per interventi di riqualificazione edilizia e antisismici (sismabonus).

In particolare, la lettera a) rimodula la percentuale di detrazione prevista per l’ecobonus (articolo 14 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63) ovvero del beneficio consistente in una detrazione dall’IRPEF o dall’IRES, da ripartire in 10 rate annuali di pari importo, la cui entità varia a seconda che l’intervento riguardi la singola unità immobiliare o gli edifici condominiali e dell’anno in cui lo stesso è stato effettuato (per la maggior parte degli interventi, fino al 31 dicembre 2024, la detrazione è pari al 65 per cento per altri spetta nella misura del 50 per cento).

La disposizione introduce all’articolo 14 un nuovo comma 3-quinquies che stabilisce che la detrazione spetta anche per le spese documentate, sostenute negli anni 2025, 2026 e 2027, nella misura fissa per tutte le tipologie di interventi agevolati pari al:

§  36 per cento delle spese sostenute nell’anno 2025;

§  30 per cento delle spese sostenute negli anni 2026 e 2027.

È prevista inoltre una maggiorazione delle suddette aliquote per le prime case. Si stabilisce, infatti, che la detrazione spettante per gli anni 2025, 2026 e 2027 è innalzata al 50 per cento delle spese per l’anno 2025 (rispetto al 36 per cento) e al 36 per cento delle spese per gli anni 2026 e 2027 (rispetto al 30 per cento), nel caso in cui le medesime spese siano sostenute dai titolari di diritto di proprietà o di diritto reale di godimento sull’unità immobiliare adibita ad abitazione principale.

La lettera b), numero 1), sostituisce interamente il comma 1 dell’articolo 16 del decreto legge 4 giugno 2013, n. 63, in materia di bonus per interventi di riqualificazione edilizia, il quale prevede, nel testo vigente, che, ferme restando le ulteriori disposizioni contenute nel sopra citato articolo 16-bis del testo unico delle imposte sui redditi, per le spese documentate, relative agli interventi indicati nel comma 1 del medesimo articolo 16-bis, spetta una detrazione dall’imposta lorda fino ad un ammontare complessivo delle stesse non superiore a 96.000 euro per unità immobiliare. La detrazione è pari al 50 per cento per le spese sostenute dal 26 giugno 2012 al 31 dicembre 2024.

La nuova formulazione prevede che, sempre ferme restando le ulteriori disposizioni contenute nell'articolo 16-bis del testo unico delle imposte sui redditi, per le spese documentate relative agli interventi indicati nel comma 1 del citato articolo 16-bis sostenute negli anni 2025, 2026 e 2027, spetta una detrazione dall'imposta lorda pari al 36 per cento delle spese sostenute nell’anno 2025 e al 30 per cento delle spese sostenute negli anni 2026 e 2027, fino a un ammontare complessivo delle stesse non superiore a 96.000 euro per unità immobiliare .

Analogamente a quanto disposto per l’ecobonus viene prevista inoltre una maggiorazione delle aliquote per le prime case. Si dispone, infatti, che fermo restando il predetto limite, la detrazione di cui al primo periodo spettante per gli anni 2025, 2026 e 2027 è innalzata al 50 per cento delle spese sostenute nell’anno 2025 e al 36 per cento delle spese sostenute negli anni 2026 e 2027 nel caso in cui le medesime spese siano sostenute dai titolari di diritto di proprietà o di diritto reale di godimento sull’unità immobiliare adibita ad abitazione principale.

 

La lettera b), numero 2), inserisce un nuovo comma 1-septies.1 sempre all’articolo 16, che interviene sulla disciplina del sismabonus in maniera analoga a quanto visto per le ristrutturazioni edilizie.

 

Si ricorda, sinteticamente, che la disciplina del sismabonus prevede una detrazione per interventi di adozione di misure antisismiche del 50 per cento, che va calcolata su un ammontare massimo di 96.000 euro per unità immobiliare (per ciascun anno) e che deve essere ripartita in cinque quote annuali di pari importo. La detrazione è più elevata (70 o 80 per cento) quando dalla realizzazione degli interventi si ottiene una riduzione del rischio sismico di 1 o 2 classi e quando i lavori sono stati realizzati sulle parti comuni di edifici condominiali (80 o 85 per cento). Inoltre, viene riconosciuto a che acquista un edificio demolito e ricostruito nei comuni in zone classificate a rischio sismico 1, una detrazione dalle imposte per una parte consistente del prezzo di acquisto (75 o 85 per cento, fino a un massimo di 96.000 euro).

 

La norma prevede, infatti, che la detrazione di cui ai commi da 1-bis a 1-septies del medesimo articolo 16 (sismabonus) spetta anche per le spese, documentate, sostenute negli anni 2025, 2026 e 2027 nella misura fissa per tutte le tipologie di interventi agevolati pari al 36 per cento delle spese sostenute nell’anno 2025 e al 30 per cento delle spese sostenute negli anni 2026 e 2027.

Anche in questo caso è prevista una maggiorazione delle aliquote per le prime case. La detrazione di cui al primo periodo spettante per gli anni 2025, 2026 e 2027 è innalzata al 50 per cento delle spese sostenute per l’anno 2025 e al 36 per cento delle spese sostenute per gli anni 2026 e 2027 nel caso in cui le medesime spese siano sostenute dai titolari di diritto di proprietà o di diritto reale di godimento sull’unità immobiliare adibita ad abitazione principale.

 

La lettera b), numero 3), apporta delle modifiche al comma 2 sempre dell’articolo 16 che riconosce ai contribuenti che già fruiscono della detrazione per gli interventi di ristrutturazione edilizia un’ulteriore detrazione dall'imposta lorda per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla classe A per i forni, alla classe E per le lavatrici, le lavasciugatrici e le lavastoviglie, alla classe F per i frigoriferi e i congelatori, per le apparecchiature per le quali sia prevista l'etichetta energetica, finalizzati all’arredo dell’immobile oggetto di ristrutturazione. Con la norma in esame si stabilisce che tale agevolazione si applica anche per le spese sostenute nel 2025 e con lo stesso limite di spesa detraibile di 5.000 euro previsto per il 2024.

 

Si ricorda che la detrazione in commento è da ripartire tra gli aventi diritto in dieci quote annuali di pari importo e spetta nella misura del 50 per cento delle spese sostenute ed è calcolata su un ammontare complessivo non superiore a 5.000 euro. La detrazione spetta a condizione che gli interventi di recupero del patrimonio edilizio siano iniziati a partire dal 1° gennaio dell'anno precedente a quello dell'acquisto. Qualora gli interventi di recupero del patrimonio edilizio siano effettuati nell'anno precedente a quello dell'acquisto, ovvero siano iniziati nell'anno precedente a quello dell'acquisto e proseguiti in detto anno, il limite di spesa di cui al secondo periodo è considerato al netto delle spese sostenute nell'anno precedente per le quali si è fruito della detrazione.

 

Il comma 3 modifica l’articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, in materia di superbonus.

Sinteticamente si ricorda che il richiamato articolo 119 ha introdotto una detrazione pari al 110 per cento delle spese relative a specifici interventi di efficienza energetica (anche attraverso interventi di demolizione e ricostruzione) e di misure antisismiche sugli edifici (anche per la realizzazione di sistemi di monitoraggio strutturale continuo a fini antisismici). La detrazione è ripartita dagli aventi diritto in quattro quote annuali di pari importo per la parte di spesa sostenuta dal 1° gennaio 2022. Successivamente il beneficio, ovvero l’aliquota di detrazione è stata stabilita nella misura del 90 per cento per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2023, nella misura ridotta al 70 per cento per le spese sostenute nel 2024 e in quella ulteriormente ridotta al 65 per cento per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2025.

Per una analisi dettagliata della misura di superbonus si rinvia alla lettura del dossier: Il superbonus edilizia al 110 per cento - aggiornamento al decreto legge n. 39 del 2024

 

La lettera a) introduce un nuovo comma 8-bis.2. all’articolo 119 che stabilisce che la detrazione del 65 per cento prevista dal comma 8-bis, primo periodo, per le spese sostenute nell’anno 2025 spetta esclusivamente per gli interventi già avviati ovvero per i quali, alla data del 15 ottobre 2024, risulti:

a)   presentata la comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA) ai sensi del comma 13-ter, se gli interventi sono diversi da quelli effettuati dai condomini;

b)   adottata la delibera assembleare che ha approvato l'esecuzione dei lavori e presentata la comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA) ai sensi del comma 13-ter, se gli interventi sono effettuati dai condomini;

c)   presentata l'istanza per l'acquisizione del titolo abilitativo, se gli interventi comportano la demolizione e la ricostruzione degli edifici.

 

La lettera b) introduce un nuovo comma 8-sexies. sempre all’articolo 119 che riconosce la facoltà di ripartire in dieci quote annuali di pari importo la detrazione spettante per le spese sostenute dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023.

 

Nello specifico si prevede che per le spese sostenute dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023 relativamente agli interventi rientranti nella disciplina del superbonus, la detrazione può essere ripartita, su opzione del contribuente, in dieci quote annuali di pari importo a partire dal periodo d'imposta 2023. Sono, altresì, indicate le modalità e i termini di presentazione della dichiarazione di scelta dell’opzione in commento. Si stabilisce che l'opzione è irrevocabile ed è esercitata tramite una dichiarazione dei redditi integrativa di quella presentata per il periodo di imposta 2023 da presentarsi, in deroga a quanto previsto dall’articolo 2, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, entro il termine stabilito per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta 2024. Se dalla predetta dichiarazione integrativa emerge una maggiore imposta dovuta, quest’ultima è versata, senza applicazione di sanzioni e interessi, entro il termine per il versamento del saldo delle imposte sui redditi relative al periodo d’imposta 2024.

 

Si ricorda che il citato articolo 2, comma 8, prevede che, salva l’applicazione delle sanzioni e ferma restando l'applicazione dell'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, le dichiarazioni dei redditi, dell'imposta regionale sulle attività produttive e dei sostituti d'imposta possono essere integrate per correggere errori od omissioni, compresi quelli che abbiano determinato l'indicazione di un maggiore o di un minore imponibile o, comunque, di un maggiore o di un minore debito d’imposta ovvero di un maggiore o di un minore credito, mediante successiva dichiarazione da presentare, secondo le disposizioni di cui all'articolo 3, che disciplina le modalità di presentazione ed obblighi di conservazione delle dichiarazioni, utilizzando modelli conformi a quelli approvati per il periodo d'imposta cui si riferisce la dichiarazione, non oltre i termini stabiliti dall'articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.

La relazione, sul punto, rileva che la disposizione è analoga ad altra introdotta, con riferimento alle spese sostenute nell’anno 2022, con l’articolo 2, comma 3-sexies, del decreto-legge n. 11 del 2023, che, in deroga alla disciplina generale che prevedeva di ripartire la detrazione in quattro quote annuali di pari importo, aveva riconosciuto per tali spese la facoltà di optare per 10 quote annuali di pari importo. Peraltro, con riferimento alle spese sostenute a decorrere dall’anno 2024, l’articolo 4-bis, comma 4, del decreto-legge n. 39 del 2024, ha stabilito che in relazione agli interventi di cui all’articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020, la detrazione sia sempre ripartita in 10 quote annuali di pari importo.


 

Articolo 9
(Disposizioni per il contrasto all’evasione in materia di pagamenti elettronici e di interoperabilità delle banche dati)

 

 

L’articolo 9 introduce delle norme volte a favorire una totale interazione tra il processo di certificazione fiscale e quello di pagamento elettronico (anche attraverso l’applicazione di una conseguente disciplina sanzionatoria in caso di non corretto adempimento delle nuove disposizioni). L’articolo, inoltre, in materia di locazioni per finalità turistiche, di locazioni brevi, di attività turistico-ricettive, interviene sulla disciplina del codice identificativo nazionale (CIN), e prevede la condivisione dei risultati emersi dai controlli svolti degli organi di polizia locale sulle strutture turistico-ricettive alberghiere o extralberghiere o unità immobiliari concesse in locazione con l'Agenzia delle entrate. Infine, viene riconosciuta la facoltà di accesso ai dati della fatturazione elettronica anche all’Agenzia delle dogane e dei monopoli.

 

Come indicato nella Relazione tecnica, dall’introduzione di un vincolo di collegamento tecnico tra gli strumenti di pagamento elettronico (sia fisici che digitali) con il registratore telematico, sono ascrivibili maggiori entrate tributarie per 50 milioni nel 2026 e 76,25 milioni nel 2027.

 

La norma, al comma 1 sostituisce interamente il comma 3 dell’articolo 2 del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, che disciplina la trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi, al fine attuare una piena integrazione e interazione del processo di registrazione dei corrispettivi con il processo di pagamento elettronico.

Sul punto, si ricorda che chi effettua operazioni di commercio al minuto e attività assimilate per le quali non è obbligatoria l’emissione della fattura (se non richiesta dal cliente), deve memorizzare elettronicamente e trasmettere telematicamente all'Agenzia delle entrate i dati relativi ai corrispettivi giornalieri.

 

Nello specifico, il comma 3, come sostituito, stabilisce che la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica sono effettuate mediante strumenti tecnologici che garantiscano l’inalterabilità e la sicurezza dei dati, nonché la piena integrazione e interazione del processo di registrazione dei corrispettivi con il processo di pagamento elettronico.

A tal fine, lo strumento hardware o software mediante il quale sono accettati i pagamenti elettronici è sempre collegato allo strumento mediante il quale sono registrati e memorizzati, in modo puntuale, e trasmessi, in modo aggregato, i dati dei corrispettivi nonché i dati dei pagamenti elettronici giornalieri.

 

Nella relazione illustrativa si osserva che la sostituzione del comma 3 è volta a rendere maggiormente integrati il processo di certificazione fiscale (memorizzazione e trasmissione dei corrispettivi) e quello di pagamento elettronico, facendo emergere in modo puntuale l’eventuale incoerenza tra incassi (da transato elettronico) e scontrini emessi. Si introduce un vincolo di collegamento tecnico tra gli strumenti di pagamento elettronico (sia fisici che digitali) con il registratore telematico in modo tale che quest’ultimo possa memorizzare sempre le informazioni minime di tutte le transazioni elettroniche (con esclusione di quelle che si riferiscono all’identificazione del cliente) e trasmettere all’Agenzia delle entrate l’importo complessivo dei pagamenti elettronici giornalieri acquisiti dall’esercente anche indipendentemente dalla registrazione dei corrispettivi.

 

Il comma 2, conseguentemente alle modifiche introdotte al comma 1, modifica l’articolo 11 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, in materia di violazioni di imposte dirette e di imposta sul valore aggiunto.

Il comma 2-quinquies del richiamato articolo 11 stabilisce che per l'omessa o tardiva trasmissione ovvero per la trasmissione con dati incompleti o non veritieri dei corrispettivi giornalieri se la violazione non ha inciso sulla corretta liquidazione del tributo, si applica la sanzione amministrativa di euro 100 per ciascuna trasmissione, comunque entro il limite massimo di euro 1.000 per ciascun trimestre. 

La lettera a) del comma 2 estende l’applicazione di tale sanzione, anche nei casi di violazione degli obblighi di memorizzazione o trasmissione dei pagamenti elettronici di cui al sopra descritto articolo 2, comma 3, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127.

La lettera b) modifica inoltre il comma 5 del medesimo articolo 11, stabilendo che la sanzione amministrativa da euro 1.000 a euro 4.000 prevista per l'omessa installazione degli apparecchi per l'emissione dello scontrino fiscale si applica anche nel caso di mancato collegamento dello strumento hardware o software mediante il quale sono accettati i pagamenti elettronici allo strumento mediante il quale sono registrati e memorizzati, in modo puntuale, e trasmessi, in modo aggregato, i dati dei corrispettivi nonché i dati dei pagamenti elettronici giornalieri.

 

Il comma 3 a sua volta modifica l’articolo 12 sempre del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, relativo alle sanzioni accessorie in materia di imposte dirette ed imposta sul valore aggiunto.

La lettera a) estende al sopra descritto comma 3 dell’articolo 2 del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127 la disciplina sanzionatoria prevista per la violazione dell'obbligo di emettere ricevuta fiscale o scontrino fiscale, se le violazioni consistono nella mancata o non tempestiva memorizzazione o trasmissione, ovvero nella memorizzazione o trasmissione con dati incompleti o non veritieri.

 

A tale proposito si ricorda che il comma 2 del richiamato articolo 12 stabilisce che, qualora siano state contestate ai sensi dell’articolo 16 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, nel corso di un quinquennio, quattro distinte violazioni dell'obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale compiute in giorni diversi, anche se non sono state irrogate sanzioni accessorie in applicazione delle disposizioni del citato decreto legislativo n. 472 del 1997, è disposta la sospensione della licenza o dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività ovvero dell'esercizio dell'attività medesima per un periodo da tre giorni ad un mese. In deroga all'articolo 19, comma 7, del medesimo decreto legislativo n. 472 del 1997, il provvedimento di sospensione è immediatamente esecutivo. Se l'importo complessivo dei corrispettivi oggetto di contestazione eccede la somma di euro 50.000 la sospensione è disposta per un periodo da un mese a sei mesi.

 

La lettera b) dispone che le sanzioni previste dal comma 3 dell’articolo 12 si applicano anche nel caso di mancato collegamento dello strumento hardware o software mediante il quale sono accettati i pagamenti elettronici di cui all’articolo 2, comma 3, primo periodo, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127 (sopra descritto) allo strumento mediante il quale sono registrati e memorizzati, in modo puntuale, e trasmessi, in modo aggregato, i dati dei corrispettivi nonché i dati dei pagamenti elettronici giornalieri.

 

Il suddetto comma 3 prevede che se è accertata l'omessa installazione degli apparecchi misuratori fiscali previsti dall'articolo 1 della legge 26 gennaio 1983, n. 18, è disposta la sospensione della licenza o dell’autorizzazione all'esercizio dell'attività nei locali ad essa destinati per un periodo da quindici giorni a due mesi. In caso di recidiva, la sospensione è disposta da due a sei mesi. Le sanzioni di cui ai periodi precedenti si applicano anche all'omessa installazione ovvero alla manomissione o alterazione degli strumenti di cui all'articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, salve le procedure alternative adottate con i provvedimenti di attuazione di cui al medesimo comma.

 

Il comma 4 stabilisce la decorrenza delle misure in oggetto, disponendo che le disposizioni di cui ai commi da 1 a 3 si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2026.

 

Il comma 5 prevede che con i provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate di approvazione della modulistica fiscale sono definite le modalità di indicazione del codice identificativo nazionale (CIN) di cui all’articolo 13-ter del decreto-legge 18 ottobre 2023, n. 145 (disciplina delle locazioni per finalità turistiche, delle locazioni brevi, delle attività turistico-ricettive e del codice identificativo nazionale), nelle dichiarazioni fiscali e nella certificazione unica.

Il medesimo codice identificativo è indicato nelle comunicazioni che devono essere trasmesse dai soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare nonché di quelli che gestiscono portali telematici mettendo in contatto persone in ricerca di un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da locare (articolo 4, comma 4, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50).

 

Si ricorda che l’articolo 13-ter stabilisce che al fine di assicurare la tutela della concorrenza e della trasparenza del mercato, il coordinamento informativo, statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale e la sicurezza del territorio e per contrastare forme irregolari di ospitalità, il Ministero del turismo assegna, tramite apposita procedura automatizzata, un codice identificativo nazionale (CIN) alle unità immobiliari ad uso abitativo destinate a contratti di locazione per finalità turistiche, alle unità immobiliari ad uso abitativo destinate alle locazioni brevi e alle strutture turistico-ricettive alberghiere ed extralberghiere definite ai sensi delle vigenti normative regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano e detiene e gestisce la relativa banca dati.

 

Il comma 6 modifica il suddetto l'articolo 13-ter, comma 11, del decreto-legge 18 ottobre 2023, n. 145, stabilendo che ai fini del rafforzamento delle attività di analisi, i risultati dei controlli degli organi di polizia locale sulle strutture turistico-ricettive alberghiere o extralberghiere o l'unità immobiliare concessa in locazione, sono comunicati anche alla direzione provinciale dell'Agenzia delle entrate territorialmente competente in base al domicilio fiscale del trasgressore.

Si ricorda che il comma 11 sopra richiamato dispone che alle funzioni di controllo e verifica e all'applicazione delle sanzioni amministrative provvede il comune nel cui territorio è ubicata la struttura turistico-ricettiva alberghiera o extralberghiera o l'unità immobiliare concessa in locazione, attraverso gli organi di polizia locale.

 

Il comma 7 modifica l’articolo 1 del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, in materia di fatturazione elettronica e trasmissione telematica delle fatture o dei relativi dati.

La lettera a) stabilisce che i file delle fatture elettroniche acquisiti sono memorizzati fino al 31 dicembre dell'ottavo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione di riferimento ovvero fino alla definizione di eventuali giudizi, al fine di essere utilizzati anche dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli (attualmente prevista per l’Agenzia delle entrate e per la Guardia di Finanza) limitatamente alle cessioni di prodotti soggetti alla vigilanza e al controllo di cui all’articolo 18 del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 (ossia i prodotti assoggettati ad accisa e quelli assoggettati alle altre imposte indirette di cui al citato testo unico accise).

 

La lettera b), in conseguenza della modifica di cui alla lettera a) stabilisce che non solo la Guardia di Finanza e l'Agenzia delle entrate, ma anche l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, adottano idonee misure di garanzia a tutela dei diritti e delle libertà degli interessati, attraverso la previsione di apposite misure di sicurezza, anche di carattere organizzativo,

 

 


 

Articolo 10
(Misure in materia di tracciabilità delle spese)

 

 

L’articolo 10, al comma 1, novella il TUIR limitando la deducibilità, ai fini delle imposte sui redditi da lavoro dipendente, sui redditi da lavoro autonomo, delle spese per prestazioni di lavoro dipendente e delle spese di rappresentanza, ai soli pagamenti tracciabili per quanto riguarda le spese per vitto e alloggio sostenute o rimborsate analiticamente, nonché quelle per viaggio e trasporto effettuati mediante autoservizi pubblici non di linea (servizio di taxi e servizio di noleggio con conducente). Il comma 2 estende all’IRAP le disposizioni del comma 1, mentre il comma 3 prevede che le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applichino a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024. I commi 4 e 5 prevedono che, a decorrere dal 1° gennaio 2026, i limiti di importo previsti dall’articolo 48-bis, comma 1, del D.P.R. n. 602 del 1973, non si applichino al pagamento delle somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento. Il comma 6 novella il decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, sostituendo l’articolo 38-bis, comma 2, al fine di demandare ad appositi provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate, d’intesa con il comandante generale della Guardia di Finanza, la procedura di sottoscrizione dei processi verbali redatti nel corso e al termine delle attività amministrative di controllo fiscale in materia di imposte dirette e indirette.

 

La Relazione tecnica sull’articolo 10, commi 1-3, stima, per quanto riguarda l’orizzonte temporale del disegno di legge di bilancio, un recupero di gettito evaso pari a 432 milioni di euro nel 2026 e 244 nel 2027. I commi 4 e 5 comportano un effetto positivo sul gettito pari a 36 milioni di euro nel 2026 e 90 milioni a regime. Al comma 6, la disposizione non ascrive effetti finanziari.

 

Nel dettaglio, il comma 1 apporta una serie di modificazioni al testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), di cui al D.P.R. n. 917 del 1986.

La lettera a), intervenendo sull’articolo 51, comma 5, riguardante il concorso alla formazione del reddito da lavoro dipendente delle indennità percepite per le trasferte o le missioni fuori del territorio comunale, delle spese di alloggio e di vitto, specifica che i rimborsi delle spese per vitto, alloggio, viaggio e trasporto, effettuati mediante autoservizi pubblici non di linea di cui all’articolo 1 della legge n. 21 del 1992 (servizio di taxi e servizio di noleggio con conducente), non concorrono a formare il reddito se le predette spese sono effettuate con metodi tracciabili, cioè con versamento bancario o postale ovvero mediante altri sistemi di pagamento previsti dall’articolo 23 del decreto legislativo n. 241 del 1997 (carte di debito, di credito e prepagate, assegni bancari e circolari).

La lettera b), aggiungendo il comma 6-ter all’articolo 54, riguardante la determinazione del reddito da lavoro autonomo, specifica che, ferma restando la disciplina della deducibilità delle spese di cui ai commi 5 e 6, le spese relative a prestazioni alberghiere e di somministrazione di alimenti e bevande e le spese per viaggio e trasporto, effettuati mediante autoservizi pubblici non di linea indicati nella lettera precedente, addebitate analiticamente al committente, nonché i rimborsi analitici relativi alle medesime spese sostenute per le trasferte dei dipendenti ovvero corrisposti a lavoratori autonomi, sono deducibili se effettuate con i metodi tracciabili di cui alla lettera precedenti.

La lettera c), aggiungendo il comma 3-bis all’articolo 95, riguardante le spese per prestazioni di lavoro dipendente deducibili dal reddito, specifica che le spese di vitto e alloggio, nonché i rimborsi analitici delle spese per viaggio e trasporto, effettuati mediante autoservizi pubblici non di linea indicati nelle lettere precedenti, sostenute per le trasferte dei dipendenti ovvero corrisposti a lavoratori autonomi, sono deducibili nei limiti di cui ai commi 1, 2 e 3 del medesimo articolo 95 se effettuate con i metodi tracciabili di cui alle lettere precedenti.

La lettera d), intervenendo sull’articolo 108, comma 2, riguardante la deducibilità dal reddito imponibile delle spese di rappresentanza, specifica che le spese medesime sono deducibili se effettuate con i metodi tracciabili di cui alle lettere precedenti.

 

Nella relazione tecnica, il Governo fornisce le seguenti informazioni di contesto.

L’evasione fiscale è riconducibile a quattro distinti fenomeni:

i) evasione da omessa fatturazione o evasione con consenso (il cedente, allo scopo di non dichiarare il ricavo, concorda con il cessionario di effettuare la transazione senza che vi sia alcuna emissione di un documento fiscale, talvolta in cambio di uno sconto sul corrispettivo);

ii) evasione da omessa dichiarazione o evasione senza consenso (il documento fiscale viene emesso e il cessionario paga il prezzo di acquisto inclusivo dell’IVA, ma il ricavo non viene dichiarato dal cedente);

iii) evasione da omesso versamento (la transazione viene fatturata e dichiarata ma il cedente non versa la relativa imposta dovuta);

iv) false compensazioni e frodi.

Il pagamento in contanti delle spese di vitto, alloggio e trasporto, sia se sostenute da dipendenti e collaboratori in occasione di trasferte, sia se contabilizzate come spese di rappresentanza, consente la realizzazione di due comportamenti volti a minimizzare l’onere fiscale. Dal lato dell’offerta, i soggetti che erogano i servizi, in presenza di pagamenti non tracciabili, possono sottodichiarare i ricavi, contribuendo quindi all’evasione da omessa dichiarazione. Il fenomeno della sottodichiarazione sfuggirebbe difficilmente ai controlli incrociati da parte dell'Agenzia delle entrate se, oltre all’obbligo di pagamenti tracciabili, venisse introdotta la confrontabilità diretta, per singola transazione, dei dati relativi ai corrispettivi inviati con i dati comunicati dagli intermediari finanziari sui pagamenti con POS.

Dal lato della domanda, le imprese che si avvalgono dei servizi di trasporto, alloggio e ristorazione possono registrare in contabilità e dedurre dalla base imponibile anche costi non effettivamente sostenuti in quanto non è previsto alcun requisito circa la tracciabilità del pagamento. La previsione, ai fini della deduzione fiscale, del requisito della tracciabilità dei pagamenti, introduce un contrasto di interessi tra chi offre i servizi (che ha interesse a percepire i corrispettivi in contanti al fine di sottodichiarare i ricavi) e le imprese acquirenti (che hanno interesse ad effettuare pagamenti elettronici per poter dedurre i costi sostenuti). Tale contrasto d’interessi è suscettibile di contrastare i fenomeni evasivi dal lato dell’offerta, facendo emergere la base imponibile non dichiarata per la quota in relazione alla quale i pagamenti passano da contanti a elettronici. Inoltre, il requisito della tracciabilità dei pagamenti, dal lato della domanda, consentirà alle imprese di dedurre solo le spese effettivamente sostenute.

Negli ultimi anni, prosegue la relazione, sono state adottate principalmente due misure di contrasto all’evasione: la fatturazione elettronica obbligatoria per le operazioni effettuate nei confronti di soggetti passivi IVA (B2B) e l’obbligo di memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi relativi alle operazioni effettuate nei confronti di consumatori finali (B2C). Questi strumenti hanno consentito di contrastare efficacemente l’evasione da omessa dichiarazione, grazie all’acquisizione in tempo reale delle fatture emesse e dei corrispettivi registrati, che permettono all’Amministrazione di controllare la coerenza tra quanto fatturato e quanto dichiarato. Per quanto riguarda le imprese che erogano servizi di alloggio e ristorazione, essendo queste soggette all’obbligo di fatturazione elettronica e di trasmissione dei corrispettivi, si assume che non ci sia un recupero di gettito dal lato dell’offerta, in quanto le transazioni sono già tracciabili indipendentemente dal metodo di pagamento utilizzato. Viceversa, si prevede che la tracciabilità dei pagamenti possa contribuire all’emersione di ricavi dal lato dell’offerta per i soggetti che erogano servizi di trasporto, non soggetti all’obbligo di fatturazione elettronica e trasmissione dei corrispettivi.

Ai fini del calcolo del recupero di gettito dall’evasione, la relazione tecnica stima una propensione all’evasione di alberghi e ristoranti in misura pari a 20,9 per cento, mentre la propensione all’evasione di taxi e noleggi con conducente è stimata pari al 49,8 per cento.

 

Il comma 2 estende le disposizioni in merito alla tracciabilità delle spese deducibili di cui al comma 1 fini dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) di cui al decreto legislativo n. 446 del 1997, mentre il comma 3 ne stabilisce l’applicazione, si ai fini dell’IRPEF, sia dell’IRAP, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024.

 

Il comma 4 aggiunge il comma 1-bis all’articolo 48-bis del D.P.R. n. 602 del 1973 (recante Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito).

 

Il comma 1 di tale articolo 48-bis stabilisce che, a decorrere dalla data di entrata in vigore del D.M. 18 gennaio 2008, n. 40, le amministrazioni pubbliche e le società a prevalente partecipazione pubblica, prima di effettuare, a qualunque titolo, il pagamento di un importo superiore a cinquemila euro, verificano, anche in via telematica, se il beneficiario è inadempiente all’obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a tale importo e, in caso affermativo, non procedono al pagamento e segnalano la circostanza all’agente della riscossione competente per territorio, ai fini dell’esercizio dell’attività di riscossione delle somme iscritte a ruolo. La presente disposizione non si applica alle aziende o società per le quali sia stato disposto il sequestro o la confisca, ovvero che abbiano ottenuto la dilazione del pagamento, che hanno subito un pregiudizio ingiusto da parte di banche e loro controllate aventi sede legale in Italia, poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 16 gennaio 2018.

 

La disposizione in esame prevede l’applicazione del comma 1 (quindi il divieto di procedere al pagamento e di segnalazione al competente ufficio di riscossione), limitatamente alle somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, per il pagamento di importi superiori a duemilacinquecento euro. Si mantiene inalterata invece la necessità di verifica da parte delle amministrazioni pubbliche e degli altri soggetti della sussistenza di un inadempimento del beneficiario all'obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a cinquemila euro.

 

Il comma 5 precisa che le disposizioni di cui al comma 4 si applicano con riferimento ai pagamenti da effettuarsi a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, a partire dal 1° gennaio 2026.

Il comma 6 modifica l’articolo 38-bis (in materia di atti di recupero) del D.P.R. n. 600 del 1973 (recante Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), sostituendo il comma 2 così da specificare che la procedura di sottoscrizione dei processi verbali redatti nel corso e al termine delle attività amministrative di controllo fiscale in materia di imposte dirette e indirette è disciplinata con provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate, d’intesa con il Comandante Generale della Guardia di finanza.

 

Testo a fronte delle modifiche apportate dal comma 6 dell’articolo in esame

 

Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. n. 600 del 1973

Testo vigente

Modificazioni apportate dall’art. 10, comma 6, del DDL di bilancio 2025

Art. 38-bis
(Atti di recupero)

Art. 38-bis
(Atti di recupero)

(…)

(…)

2. Con provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle entrate

è disciplinata la procedura di sottoscrizione dei processi verbali redatti nel corso e al termine delle attività amministrative di controllo fiscale,

 

 

anche disponendo la possibilità che i verbalizzanti possano firmare digitalmente la copia informatica del documento preventivamente sottoscritto, anche in via analogica, dal contribuente. In caso di firma analogica del documento da parte del contribuente, i verbalizzanti attestano la conformità della copia informatica al documento analogico ai sensi dell'articolo 22 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

Con provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate, d’intesa con il Comandante Generale della Guardia di finanza, è disciplinata la procedura di sottoscrizione dei processi verbali redatti nel corso e al termine delle attività amministrative di controllo fiscale in materia di imposte dirette e indirette, anche disponendo la possibilità che i verbalizzanti possano firmare digitalmente la copia informatica del documento preventivamente sottoscritto, anche in via analogica, dal contribuente. In caso di firma analogica del documento da parte del contribuente, i verbalizzanti attestano la conformità della copia informatica al documento analogico ai sensi dell’articolo 22 del Codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005

 


 

Articolo 11
(Misure in materia di versamento dell’imposta di bollo per i contratti di assicurazione sulla vita)

 

 

L’articolo 11 dispone che per le comunicazioni relative a contratti di assicurazione sulla vita l’imposta di bollo dovuta sia versata annualmente e non al momento del rimborso o del riscatto.

 

La relazione tecnica ascrive all’articolo 11 effetti finanziari di maggiori entrate tributarie per: 970,4 milioni di euro per il 2025; 397 milioni di euro per il 2026; 385,1 milioni di euro per il 2027 e 184,8 nel 2028. Per gli anni successivi, la Relazione tecnica riporta effetti di minori entrate (per -15,4 nel 2029; -27,4 nel 2030; -39,4 nel 2031; -51,3 nel 2032; -4,2 nel 2033 e 0 nel 2034).

 

L’articolo 11, comma 1, stabilisce che per le comunicazioni relative a contratti di assicurazione sulla vita, l’imposta di bollo (2 per mille) di cui all’articolo 13, comma 2-ter, della tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, è dovuta annualmente e il corrispondente ammontare è versato ogni anno, a decorrere dal 2025, dalle imprese di assicurazione con le modalità ordinarie previste dall’articolo 4 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 24 maggio 2012.

Si ricorda che in base al richiamato articolo 13, sulle comunicazioni periodiche alla clientela relative a prodotti finanziari, anche non soggetti ad obbligo di deposito, ivi compresi i depositi bancari e postali, anche se rappresentati da certificati o relative a cripto-attività è prevista l’applicazione dell’imposta proporzionale nella misura del 2 per mille annuo.

 

Nella relazione tecnica si rileva che la legislazione vigente prevede l’applicazione dell’imposta di bollo sulle comunicazioni relative a conti correnti, titoli, strumenti e prodotti finanziari. Tali comunicazioni sono assoggettate a tassazione in misura proporzionale, a prescindere dall’esistenza di un rapporto di deposito, ferma restando l’applicazione dell’imposta in misura fissa per i conti correnti e i libretti di risparmio intestati a persone fisiche e a soggetti diversi, pari, rispettivamente, a 34,20 euro e a 100 euro. Per quanto riguarda i prodotti finanziari, è prevista l’applicazione dell’imposta proporzionale nella misura del 2 per mille annuo, calcolato sul valore dei prodotti finanziari rilevato dagli intermediari al termine del periodo rendicontato.

L’imposta è dovuta, in ogni caso, nella misura minima di 34,20 euro annui. Ai fini dell’applicazione dell’imposta e del relativo versamento, la comunicazione relativa a prodotti finanziari si considera inviata, in ogni caso, almeno una volta all’anno, anche quando non sussiste un obbligo di invio o di redazione.

L’articolo 3, comma 7, del D.M. 24 maggio 2012, recante le modalità di attuazione delle disposizioni in materia di imposta di bollo su conti correnti e prodotti finanziari, prevede che, per le comunicazioni relative a polizze di assicurazione di cui ai rami III (assicurazioni, di cui ai rami sulla durata della vita e di nuzialità e di natalità, le cui prestazioni principali sono direttamente collegate al valore di quote di organismi di investimento collettivo del risparmio o di fondi interni ovvero a indici o ad altri valori di riferimento) e V (operazioni di capitalizzazione), di cui all’articolo 2, comma 1,decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, l’imposta di bollo, sebbene determinata dall’ente gestore al 31 dicembre di ogni anno, deve essere versata solo al momento del rimborso o del riscatto. Per tali prodotti, quindi, l’imposta viene calcolata anno per anno sul valore della polizza e versata dall’ente gestore solo al termine del rapporto con il cliente. La disposizione in esame è volta a superare tale disparità di trattamento, prevedendo il versamento dell’imposta ogni anno anche per le polizze di assicurazione di cui ai rami III e V.

 

Resta comunque fermo che l’ammontare corrispondente all’imposta di bollo versato annualmente dall’impresa di assicurazione è computato in diminuzione della prestazione erogata alla scadenza o al riscatto della polizza.

 

Il comma 2 specifica le modalità di versamento dell’imposta, stabilendo che per i contratti di assicurazione sulla vita in essere al 1° gennaio 2025, l’ammontare corrispondente all’importo complessivo dell’imposta di bollo di cui al sopra citato articolo 13, comma 2-ter, della tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, calcolata per ciascun anno fino al 2024, è versato per una quota pari al:

§  50 per cento entro il 30 giugno 2025;

§  20 per cento entro il 30 giugno 2026;

§  20 per cento entro il 30 giugno 2027;

§  10 per cento della restante quota entro il 30 giugno 2028.

Anche in questo caso, si ribadisce che per le comunicazioni relative a contratti di assicurazione sulla vita, resta fermo che l’ammontare corrispondente all’imposta di bollo versato annualmente dall’impresa di assicurazione è computato in diminuzione della prestazione erogata alla scadenza o al riscatto della polizza.

Articolo 12
(Disposizioni in materia di gioco pubblico
raccolto a distanza e Bingo)

 

 

L’articolo 12 apporta modifiche in materia di gioco pubblico raccolto a distanza e Bingo.

Il comma 1 reca una norma di interpretazione autentica con cui si specifica che l’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse si applica nella misura del 25 per cento oltre che ai giochi di abilità a distanza anche ai giochi di sorte a quota fissa e ai giochi di carte organizzati in forma diversa dal torneo.

Il comma 2 modifica le condizioni necessarie ai fini della deroga al divieto di trasferimento dei locali che ospitano le sale Bingo nel periodo di proroga della concessione.

Infine, il comma 3 introduce, a decorrere dall’anno 2025, il limite massimo del 75 per cento del prezzo di vendita delle cartelle ai fini della determinazione del montepremi del gioco del Bingo (resta fermo il limite minimo pari al 70 per cento).

 

Il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del disegno di legge di bilancio non ascrive all’articolo 12 effetti finanziari sui saldi di finanza pubblica.

 

Il comma 1 reca una norma di interpretazione autentica dell’articolo 1, comma 1052, lettera a), della legge, 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019), il quale prevede che ai giochi di abilità a distanza con vincita in denaro e al gioco del Bingo a distanza si applichi l’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse di cui al decreto legislativo, 23 dicembre 1998, n. 504 nella misura del 25 per cento delle somme che, in base al regolamento di gioco, non risultano restituite al giocatore.

Specificamente, viene chiarito che, al fine di garantire la parità di trattamento tributario tra tipologie omologhe di gioco pubblico raccolto a distanza, l’importo del prelievo di cui sopra si applica anche ai giochi di sorte a quota fissa e ai giochi di carte organizzati in forma diversa dal torneo.

 

In merito, si segnala che l’articolo 12, comma 1, lettera f), del decreto legge, 28 aprile 2009, n. 39 stabilisce l’applicazione ai giochi di sorte a quota fissa e ai giochi di carte organizzati in forma diversa dal torneo dell’imposta unica sopra citata nella misura del 20 per cento delle somme che, in base al regolamento di gioco, non risultano restituite al giocatore.

Per tale ragione, il Governo, alla luce dell’indeterminatezza dell’enunciato normativo, rileva che la disposizione in esame muove proprio dall’esigenza di chiarire l’applicabilità, ai predetti giochi, dell’aliquota di imposta del 25 per cento in luogo di quella del 20 per cento prevista dal predetto articolo 12, comma 1, lettera f). Peraltro, il Governo stesso rappresenta che la volontà del legislatore era già desumibile dalle considerazioni riportate nelle relazioni tecniche e illustrative di accompagnamento all’articolo 1, comma 1052, lettera a), della legge n. 145 del 2018, le quali evidenziavano la volontà di estenderne il campo di applicazione anche ai giochi di sorte.

 

 

L’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse, disciplinata dal decreto legislativo, 23 dicembre 1998, n. 504, si applica ai concorsi pronostici e alle scommesse di qualunque tipo, relativi a qualunque evento, anche se svolto all’estero.

La base imponibile per i concorsi pronostici è costituita dall’intero ammontare della somma corrisposta dal concorrente per il gioco al netto di diritti fissi e compensi ai ricevitori. La base imponibile per le scommesse è costituita dall’ammontare della somma giocata per ciascuna scommessa.

I soggetti passivi dell’imposta sono coloro i quali gestiscono, anche in concessione, i concorsi pronostici e le scommesse.

Le aliquote variano a seconda del tipo di gioco:

§  per i concorsi pronostici: 26,8 per cento della base imponibile;

§  per le scommesse: da un minimo del 2 per cento a un massimo del 22,5 per cento in base alla tipologia di scommessa.

La legge di bilancio 2019 ha disposto che, a decorrere dal l° gennaio 2019, l’imposta unica è stabilita:

a)    per i giochi di abilità a distanza con vincita in denaro e per il gioco del Bingo a distanza, nella misura del 25 per cento delle somme che, in base al regolamento di gioco, non risultano restituite al giocatore;

b)   per le scommesse a quota fissa, escluse le scommesse ippiche, nelle misure del 20 per cento, se la raccolta avviene su rete fisica, e del 24 per cento, se la raccolta avviene a distanza, applicata sulla differenza tra le somme giocate e le vincite corrisposte;

c)    per le scommesse a quota fissa su eventi simulati di cui all’articolo 1, comma 88, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, nella misura del 22 per cento della raccolta al netto delle somme che, in base al regolamento di gioco, sono restituite in vincite al giocatore.

 

Il comma 2 novella l’articolo 1, comma 636, lettera c), della legge, 27 dicembre 2013, n. 147, concernente il divieto di trasferimento dei locali che ospitano le sale Bingo nel periodo di proroga della concessione.

Nello specifico, l’intervento normativo, riguardante le condizioni legittimanti la deroga al predetto divieto, prevede che questa si applichi ai concessionari che versino in una situazione di impossibilità di mantenimento della disponibilità dei locali per cause di forza maggiore, per loro comprovata diseconomia o per fatti non imputabili al concessionario medesimo.

Ai fini del trasferimento è richiesta la disponibilità da parte dei concessionari di un altro immobile presso cui trasferirsi, sito nello stesso comune a una distanza minima stradale di un chilometro dalla sala Bingo più vicina, ovvero in altro comune a una distanza minima stradale di 30 chilometri dalla sala Bingo più vicina, ferma restando, comunque, la previa favorevole valutazione dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli.

 

In merito, si rammenta che il vigente articolo 1, comma 636, della legge n. 147 del 2013, al fine di contemperare il principio di fonte europea secondo il quale le concessioni pubbliche vanno attribuite ovvero riattribuite, dopo la loro scadenza, secondo procedure di selezione concorrenziale con l’esigenza di perseguire, in materia di concessioni di gioco per la raccolta del Bingo, il tendenziale allineamento temporale di tali concessioni, relativamente a queste concessioni in scadenza negli anni dal 2013 al 2020, prevede che l’Agenzia delle dogane e dei monopoli procede entro il 31 marzo 2023, con un introito almeno pari a 73 milioni di euro a una gara per l’attribuzione di 210 concessioni per il predetto gioco attenendosi ai seguenti criteri direttivi:

a) introduzione del principio dell’onerosità delle concessioni per la raccolta del gioco del Bingo e fissazione nella somma di 350 mila euro della soglia minima corrispettiva per l’attribuzione di ciascuna concessione;

b) durata delle concessioni pari a nove anni, non rinnovabile;

c) versamento della somma di 7.500 euro, per ogni mese ovvero frazione di mese superiore ai quindici giorni, oppure di 3.500 euro per ogni frazione di mese inferiore ai quindici giorni, da parte del concessionario in scadenza che intenda altresì partecipare al bando di gara per la riattribuzione della concessione, per ogni mese ovvero frazione di mese di proroga del rapporto concessorio scaduto e comunque fino alla data di sottoscrizione della nuova concessione riattribuita, fermi in ogni caso la sottoscrizione dell’atto integrativo previsto dall'articolo 1, comma 79, della legge, 13 dicembre 2010, n. 220, anche successivamente alla scadenza dei termini ivi previsti, e il divieto di trasferimento dei locali per tutto il periodo della proroga fatta eccezione per i concessionari che, successivamente al termine del 31 dicembre 2016, si trovino nell’impossibilità di mantenere la disponibilità dei locali per cause di forza maggiore e, comunque, non a loro imputabili o per scadenza del contratto di locazione oppure di altro titolo e che abbiano la disponibilità di un altro immobile, situato nello stesso comune, nel quale trasferirsi, ferma, comunque, la valutazione dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli;

d) all’atto dell’aggiudicazione, versamento della somma offerta ai sensi della lettera a) entro la data di sottoscrizione della concessione;

d-bis) possibilità di partecipazione per i soggetti che già esercitano attività di raccolta di gioco in uno degli Stati dello Spazio economico europeo, avendovi la sede legale ovvero operativa, sulla base di valido ed efficace titolo abilitativo rilasciato secondo le disposizioni vigenti nell’ordinamento di tale Stato;

e) determinazione nella somma complessiva annua di 300 mila euro dell’entità della garanzia bancaria ovvero assicurativa dovuta dal concessionario, per tutta la durata della concessione, a tutela dell’Amministrazione statale, durante l’intero arco di durata della concessione, per il mantenimento dei requisiti soggettivi e oggettivi, dei livelli di servizio e di adempimento delle obbligazioni convenzionali pattuite.

Nella relazione illustrativa il Governo segnala che il Consiglio di Stato con le ordinanze n. 10264 del 21 novembre 2022 e n. 10261 del 10 novembre 2022 ha ritenuto non secondarie le doglianze dei concessionari circa il fatto che il regime di proroga tecnica, disposto per la prima volta nel 2013 e rinnovato negli anni senza soluzione di continuità, sia stato reso più gravoso per gli operatori del settore dall’introduzione di un canone concessorio sempre più alto, a fronte dell’originaria gratuità del titolo, dalla preclusione alla partecipazione alla nuova futura gara in caso di rifiuto di adesione alla proroga stessa e dal divieto di trasferimento dei locali.

Il Governo medesimo evidenzia che la disposizione in esame risponde all’esigenza di rendere meno stringente il divieto di trasferimento in questione, ferma restando, tuttavia, la previa autorizzazione dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli al trasferimento volta alla salvaguardia degli interessi erariali e degli altri concessionari come evincibile dal testo della disposizione.

 

Il comma 3 modifica l’articolo 10, comma 9-septies, del decreto legge, 2 marzo 2012, n. 16 recante disposizioni volte al potenziamento dell’accertamento in materia di giochi.

In particolare, si introduce la disposizione in forza della quale, a decorrere dall’anno 2025, il montepremi del gioco del Bingo è fissato in una misura compresa tra il 70 per cento e il 75 per cento del prezzo di vendita delle cartelle.

Rispetto alla vigente formulazione resta fermo l’attuale limite minimo del 70 per cento, ma viene aggiunto il limite massimo del 75 per cento.

 

Al riguardo, si segnala che il testo vigente dell’articolo 10, comma 9-septies, sopra citato, stabilisce, a decorrere dal 1º gennaio 2013, le seguenti misure per quanto concerne il gioco del Bingo:

§  prelievo erariale pari all’11 per cento del prezzo di vendita delle cartelle;

§  montepremi pari ad almeno il 70 per cento del prezzo di vendita delle cartelle;

§  compenso per il controllore centralizzato del gioco pari all’1 per cento del prezzo di vendita delle cartelle.

Tali aliquote si applicano sia al gioco raccolto su rete fisica sia a quello effettuato con partecipazione a distanza.

A tal proposito, la relazione illustrativa del Governo evidenzia che la modifica in esame è finalizzata alla riduzione degli spazi di concorrenza sleale tra i concessionari di sale Bingo, i quali possono presentare margini di utile fortemente differenziati (specie in conseguenza della presenza o meno, in dette sale, anche dell’offerta di gioco mediante le slot machine). Pertanto, il limite del 75 per cento risponde all’esigenza di evitare che una eccessiva flessibilità nella fissazione delle percentuali di raccolta da destinare al montepremi si traduca in uno strumento di realizzazione di forme di concorrenza sleale tra le sale Bingo.

 

Per una panoramica sulla disciplina riguardante il gioco lecito in Italia si veda l’approfondimento tematico disponibile sul Portale della documentazione della Camera dei deputati.


 

Articolo 13
(Estrazione settimanale aggiuntiva per il Lotto e il Superenalotto)

 

 

L’articolo 13 stabilizza, a decorrere dall’anno 2025, l’estrazione settimanale aggiuntiva dei giochi del Lotto e del Superenalotto nella giornata del venerdì.

Con la medesima disposizione si provvede al finanziamento del Fondo per le emergenze nazionali per un importo pari a 50 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2025.

 

Il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del disegno di legge di bilancio ascrive all’articolo 13 maggiori entrate extratributarie pari a 50 milioni di euro annui per gli anni 2025, 2026 e 2027 che vengono destinate al finanziamento del Fondo per le emergenze nazionali.

 

Il comma 1 prevede che, a decorrere dall’anno 2025, si tenga nella giornata del venerdì l’estrazione settimanale aggiuntiva dei giochi del Lotto e del Superenalotto.

Tuttavia, qualora tale estrazione ricorra in un giorno di festività riconosciuta agli effetti civili su tutto il territorio nazionale, essa viene posticipata al primo giorno feriale successivo ovvero, in casi eccezionali, anticipata al primo giorno feriale antecedente, con provvedimento direttoriale dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, garantendo la continuità progressiva dei concorsi.

 

In merito, si evidenzia che la disposizione in esame stabilizza, a partire dal 2025, l’estrazione aggiuntiva settimanale dei giochi del Lotto e del Superenalotto, attualmente prevista solo in via temporanea per l’anno 2024.

Invero, siffatta estrazione è stata introdotta per il solo anno 2023 dall’articolo 21, comma 4, del decreto legge, 1° giugno 2023, n. 61, successivamente prorogata per l’anno 2024 dall’articolo 3, comma 7, del decreto legge, 30 dicembre 2023, n. 215.

L’estrazione aggiuntiva rientra tra le misure adottate in occasione dell’emergenza provocata dagli eventi alluvionali verificatisi in Emilia Romagna, Marche e Toscana a partire dal 1° maggio 2023, al fine di finanziare gli interventi a favore delle popolazioni di tali territori colpite dai medesimi eventi.

Infatti, si prevede che le maggiori entrate derivanti dalla predetta misura siano destinate al Fondo per le emergenze nazionali di cui all’articolo 44 del decreto legislativo, 2 gennaio 2018, n. 1 (codice della protezione civile).

Le disposizioni sopra indicate hanno trovato attuazione con specifici provvedimenti direttoriali dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, che hanno fissato nella giornata di venerdì le estrazioni settimanali aggiuntive sia per il gioco del Lotto che del gioco del Superenalotto.

 

Il comma 2, conseguentemente, prevede che il Fondo per le emergenze nazionali di cui all’articolo 44 del decreto legislativo n. 1 del 2018 sia incrementato di 50 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2025.


 

Articolo 14
(Proroghe delle concessioni di gioco in scadenza)

 

 

L’articolo 14 proroga a titolo oneroso fino al 31 dicembre 2026 le seguenti concessioni in scadenza al 31 dicembre 2024:

- concessioni relative al Bingo;

- concessioni in materia di scommesse;

- concessioni per la realizzazione e la conduzione delle reti di gestione telematica del gioco mediante apparecchi da divertimento e intrattenimento.

 

Come risulta dal prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del disegno di legge di bilancio, all’articolo 14 sono ascrivibili maggiori entrate extratributarie pari a 232,76 milioni di euro per ciascuna delle annualità 2025 e 2026.

 

La disposizione in esame proroga sino al 31 dicembre 2026 le concessioni in materia di Bingo, le concessioni di raccolta delle scommesse su eventi sia sportivi, anche ippici, sia non sportivi, inclusi quelli simulati, nonché le concessioni di realizzazione e conduzione delle reti di gestione telematica del gioco mediante apparecchi da divertimento e intrattenimento, in scadenza al 31 dicembre 2024.

Tali proroghe risultano necessarie per le seguenti ragioni:

§  realizzazione dell’obiettivo di riordino della disciplina dei giochi pubblici di cui alla legge, 9 agosto 2023, n. 111;

§  la persistente assenza di intesa con le regioni e gli enti locali per un adeguato quadro regolatorio ed economico idoneo all’identificazione di un corretto equilibrio finanziario delle concessioni in materia di distribuzione e raccolta del gioco pubblico;

§  le dovute esigenze di continuità delle connesse entrate erariali.

 

Nello specifico, il comma 1, lettera a), dispone la proroga a titolo oneroso delle concessioni relative al Bingo. Ne consegue la corresponsione da parte di ciascun concessionario dell’importo pari a 108 mila euro per ogni concessione e per ogni anno di proroga. Tale versamento è effettuato, in rate di pari ammontare, all’Agenzia delle dogane e dei monopoli entro il 31 gennaio e il 30 giugno sia dell’anno 2025 sia dell’anno 2026.

 

Nel merito si ricorda che la legge di stabilità del 2014 (articolo 1, commi 636-638) aveva previsto che entro il 31 marzo 2023, termine prorogato al 31 dicembre 2024 dalla legge di bilancio 2023 (articolo 1, comma 124, lettera a) della legge n. 197 del 2022), venissero messe a gara 210 concessioni per la raccolta del bingo. Anche in tal caso il corrispettivo una tantum, è stato maggiorato dalla legge di bilancio 2024 del 15 per cento rispetto alla previsione delle norme in vigore.

 

Il comma 1, lettera b), proroga a titolo oneroso le concessioni in materia di scommesse. Si prevede il versamento all’Agenzia delle dogane e dei monopoli degli oneri concessori dovuti, in due rate per ciascun anno di proroga, entro il 30 aprile e il 31 ottobre sia dell’anno 2025 sia dell’anno 2026. Tali oneri ammontano a 9.500 euro annui per diritto afferente ai punti vendita aventi come attività principale la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici, compresi i punti di raccolta regolarizzati, e a 5.700 euro annui per ogni diritto afferente ai punti vendita aventi come attività accessoria la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici. Le garanzie economiche dovute dai concessionari, adeguate ai nuovi termini di scadenza delle concessioni e idonee alla salvaguardia dell’effettivo versamento degli oneri concessori dovuti, sono stabilite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli.

 

Con riferimento alle concessioni relative alla raccolta di scommesse, si ricorda che la legge di bilancio 2023 (comma 124),ha previsto la proroga a titolo oneroso fino al 31 dicembre 2024 delle concessioni. Nello specifico, la legge proroga le concessioni relative alla raccolta delle scommesse su eventi sportivi, anche ippici, e non sportivi, compresi gli eventi virtuali.

 

Infine, il comma 1, lettera c), prevede la proroga fino al 31 dicembre 2026 a titolo oneroso delle concessioni per la realizzazione e la conduzione delle reti di gestione telematica del gioco mediante apparecchi da divertimento e intrattenimento di cui all’articolo 110, comma 6, del regio decreto, 18 giugno 1931, n. 773.

 

Pertanto, si dispone il versamento all’Agenzia delle dogane e dei monopoli degli oneri concessori dovuti da ciascun concessionario entro il 15 marzo, il 15 luglio e il 1° ottobre sia dell’anno 2025 sia dell’anno 2026. L’importo di tali oneri è pari a:

§  120 euro per ciascun apparecchio con riferimento a quelli di cui alla lettera a) del predetto articolo 110, comma 6;

§  4 mila euro per ciascun diritto, rispettivamente per i nulla osta posseduti da ciascun concessionario e per i diritti rilasciati a ciascun concessionario al 31 dicembre 2023, con riguardo agli apparecchi di cui alla lettera b) del medesimo comma 6.

A tal proposito, si segnala che, ai sensi del suddetto articolo 110, comma 6, si considerano apparecchi idonei per il gioco lecito:

a) quelli che, dotati di attestato di conformità alle disposizioni vigenti rilasciato dal Ministero dell’economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e obbligatoriamente collegati alla rete telematica di cui all’articolo 14-bis, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica, 26 ottobre 1972, n. 640, si attivano con l’introduzione di moneta metallica ovvero con appositi strumenti di pagamento elettronico definiti con provvedimenti del Ministero dell’economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, nei quali insieme con l’elemento aleatorio sono presenti anche elementi di abilità, che consentono al giocatore la possibilità di scegliere, all’avvio o nel corso della partita, la propria strategia, selezionando appositamente le opzioni di gara ritenute più favorevoli tra quelle proposte dal gioco, il costo della partita non supera 1 euro, la durata minima della partita è di quattro secondi e che distribuiscono vincite in denaro, ciascuna comunque di valore non superiore a 100 euro, erogate dalla macchina. Le vincite, computate dall’apparecchio in modo non predeterminabile su un ciclo complessivo di non più di 140 mila partite, devono risultare non inferiori al 75 per cento delle somme giocate. In ogni caso tali apparecchi non possono riprodurre il gioco del poker o comunque le sue regole fondamentali;

b) quelli che, facenti parte della rete telematica di cui al predetto articolo 14-bis, comma 4, si attivano esclusivamente in presenza di un collegamento ad un sistema di elaborazione della rete stessa. Per tali apparecchi, con regolamento del Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministro dell’interno sono definiti, tenendo conto delle specifiche condizioni di mercato:

§  il costo e le modalità di pagamento di ciascuna partita;

§  la percentuale minima della raccolta da destinare a vincite;

§  l’importo massimo e le modalità di riscossione delle vincite;

§  le specifiche di immodificabilità e di sicurezza, riferite anche al sistema di elaborazione a cui tali apparecchi sono connessi;

§  le soluzioni di responsabilizzazione del giocatore da adottare sugli apparecchi;

§  le tipologie e le caratteristiche degli esercizi pubblici e degli altri punti autorizzati alla raccolta di giochi nei quali possono essere installati gli apparecchi di cui alla presente lettera.

Si ricorda che tali giochi, effettuabili su rete fisica facenti parte di una rete o più reti telematiche dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, si attivano esclusivamente in presenza di un sistema di elaborazione della rete stessa e che consentono la gestione telematica, anche attraverso apparecchi videoterminali, dei giochi leciti secondo le previsioni di appositi decreti ministeriali (articolo 110, comma 6, lettera b) del TULPS).

Tali reti sono affidate in concessione con procedure ad evidenza pubblica (articolo 14, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica n. 640 del 1972). Nel 2013 sono state sottoscritte le convenzioni di concessione relative all'affidamento in concessione della realizzazione e conduzione della rete per la gestione telematica del gioco lecito (New slot e VLT), di durata novennale. Tali concessioni, prorogate fino al 29 giugno 2022, in ragione dell'emergenza derivante dall'epidemia di COVID-19, sono state da ultimo prorogate al 31 dicembre 2024 dalla legge di bilancio 2023 (articolo 1, comma 124, lettera b) della legge n. 197 del 2022). Il corrispettivo una tantum, previsto per l'ottenimento delle citate concessioni, è stato maggiorato del 15 per cento dalla legge di bilancio 2024 rispetto alla previsione delle norme in vigore.

 

La disposizione prevede infine che le garanzie economiche dovute dai concessionari, adeguate ai nuovi termini di scadenza delle concessioni e idonee alla salvaguardia dell’effettivo versamento degli oneri concessori dovuti, sono definite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli.

 

Per una panoramica sulla disciplina riguardante il gioco lecito in Italia si veda l’approfondimento tematico disponibile sul Portale della documentazione della Camera dei deputati.

 


 

Articolo 15
(Disposizioni in materia di lavoratori frontalieri)

 

 

L’articolo 15 prevede, al comma 1, che, nelle more della ratifica ed entrata in vigore del Protocollo di modifica dell’Accordo tra la Repubblica italiana e la Confederazione svizzera relativo all’imposizione dei lavoratori frontalieri, fatto a Roma il 23 dicembre 2020, i lavoratori frontalieri possono svolgere, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2024 e fino alla data di entrata in vigore del predetto Protocollo, fino al 25 per cento della loro attività di lavoro dipendente in modalità di telelavoro presso il proprio domicilio nello Stato di residenza senza che ciò comporti la perdita dello status di lavoratore frontaliere. Il comma 2 estende anche al reddito di tali lavoratori frontalieri la disciplina del TUIR che ne prevede la determinazione sulla base delle retribuzioni convenzionali. Il comma 3 estende anche a comuni di frontiera che non erano stati precedentemente inclusi nei relativi elenchi una quota del contributo statale previsto dall’attuazione del menzionato Accordo.

 

La relazione tecnica sull’articolo 15 non ascrive effetti finanziari alle disposizioni in esso contenute.

 

Il comma 1 stabilisce che, nelle more della ratifica e dell’entrata in vigore del Protocollo di modifica dell’Accordo tra la Repubblica italiana e la Confederazione svizzera relativo all’imposizione dei lavoratori frontalieri, fatto a Roma il 23 dicembre 2020, i lavoratori frontalieri, inclusi coloro che beneficiano del regime transitorio previsto dall’articolo 9 dell’Accordo medesimo, possono svolgere, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2024 e fino alla data di entrata in vigore del predetto Protocollo, fino al 25 per cento della loro attività di lavoro dipendente in modalità di telelavoro presso il proprio domicilio nello Stato di residenza senza che ciò comporti la perdita dello status di lavoratore frontaliere.

Ai fini dell’applicazione dell’articolo 3 dell’Accordo, l’attività di lavoro dipendente svolta dal lavoratore frontaliere in modalità di telelavoro presso il proprio domicilio nello Stato di residenza, fino a un massimo del 25 per cento del tempo di lavoro, si considera effettuata nell’altro Stato contraente presso il datore di lavoro.

 

 

Sintesi dell'Accordo e del Protocollo aggiuntivo tra la Repubblica italiana e la Confederazione svizzera relativo all’imposizione dei lavoratori frontalieri, fatto a Roma il 23 dicembre 2020

 

Il provvedimento mira a definire, in condizione di reciprocità, il quadro giuridico volto ad eliminare le doppie imposizioni sui salari, sugli stipendi e sulle altre remunerazioni analoghe ricevute dai lavoratori frontalieri. L'accordo intende tenere conto sia "dei costi sostenuti dalle aree di frontiera per infrastrutture e servizi pubblici" a essi connessi, sia dell'importante contributo che essi arrecano all'economia delle aree di frontiera, considerando altresì che in entrambi i paesi l'imposizione finale avviene nello Stato di residenza".

L'Accordo, che sostituisce quello del 1974, istituisce - a partire dalla sua entrata in vigore - un regime di tassazione concorrente che attribuisce i diritti di imposizione sia allo Stato di residenza del lavoratore frontaliero, sia allo Stato della fonte del reddito da lavoro dipendente. In particolare, i salari sono imponibili nel Paese di svolgimento dell'attività lavorativa, ma entro il limite dell'80 per cento di quanto dovuto dallo stesso Paese in base alla normativa sulle imposte sui redditi delle persone fisiche. Lo Stato di residenza applica poi le proprie imposte sui redditi ed elimina la doppia imposizione relativamente alle imposte prelevate nell'altro Stato.

L'Accordo definisce le cosiddette "aree di frontiera" che, per quanto concerne l'Italia sono le regioni Lombardia, Piemonte e Valle d'Aosta nonché la Provincia autonoma di Bolzano, nonché una definizione di “lavoratori frontalieri”. In particolare, ai sensi dell’articolo 2, lettera b), del predetto Accordo, l’espressione «lavoratore frontaliere» designa un residente di uno Stato contraente che:

                 i.             è fiscalmente residente in un Comune il cui territorio si trova, totalmente o parzialmente, nella zona di 20 km dal confine con l’altro Stato contraente,

               ii.            svolge un’attività di lavoro dipendente nell’area di frontiera dell’altro Stato contraente per un datore di lavoro residente, una stabile organizzazione o una base fissa di detto altro Stato, e

             iii.            ritorna, in linea di principio, quotidianamente al proprio domicilio principale nello Stato di residenza ai sensi del punto i.;

le autorità competenti degli Stati contraenti stabiliscono con procedura di amichevole composizione le modalità di applicazione dei punti i. e iii. della presente lettera.

L’Accordo prevede inoltre alcune disposizioni transitorie relative agli attuali lavoratori frontalieri residenti in Italia che lavorano in Svizzera, ai quali continuerà ad applicarsi il regime di tassazione esclusiva in Svizzera. A titolo di compensazione, la Svizzera è tenuta a versare fino alla fine del 2033 una compensazione finanziaria a favore dei comuni italiani di confine, pari al 40 per cento dell'imposta alla fonte prelevata dalla Svizzera.

Dell'Accordo è parte integrante anche un Protocollo aggiuntivo con funzione interpretativa e integrativa.

Il Protocollo è composto di 12 paragrafi e prevede – fra l'altro – la consultazione bilaterale in caso di modifica sostanziale della legislazione fiscale da parte di uno dei due Paesi (paragrafo 1), la precisazione circa la tipologia di imposte applicabili ai frontalieri (paragrafo 4), nonché la disciplina relativa ad alcuni aspetti di funzionamento della Commissione mista di cui all'articolo 6 sulla composizione delle controversie riguardanti l'interpretazione o applicazione dell'Accordo.

La sostituzione dell'Accordo sui lavoratori frontalieri del 3 ottobre 1974 con il nuovo Accordo del dicembre 2020 comporta la necessità di adeguare, attraverso lo strumento del Protocollo modificativo, anche la disposizione dell'articolo 15, paragrafo 4, della Convenzione tra la Repubblica italiana e la Confederazione svizzera per evitare le doppie imposizioni del 1976. Composto di due articoli, il Protocollo modificativo cambia il paragrafo 4 dell'articolo 15 della Convenzione bilaterale per evitare le doppie imposizioni del 1976, adeguando il riferimento al nuovo Accordo relativo all'imposizione dei lavoratori frontalieri e confermando che anche il nuovo Accordo costituisce parte integrante della Convenzione del 9 marzo 1976.

 

La legge n. 83 del 2023 reca la ratifica ed esecuzione dell’Accordo e del Protocollo modificativo della Convenzione bilaterale.

Gli articoli 1 e 2 della legge di ratifica ed esecuzione recano rispettivamente l'autorizzazione alla ratifica dell'Accordo e del Protocollo e il relativo ordine di esecuzione.

L'articolo 3 specifica che le disposizioni dell'Accordo si applicano ai lavoratori transfrontalieri residenti in Italia che lavorano nell'area di frontiera in Svizzera e che quelli tra questi che rientrano nel regime transitorio di cui all'articolo 9 dell'Accordo restano imponibili solo in Svizzera.

L'articolo 4 prevede che, a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore dell'Accordo, il reddito da lavoro dipendente prestato all'estero in zona di frontiera o in altri paesi limitrofi al territorio nazionale, in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto, da lavoratori residenti nel territorio dello Stato italiano, concorre a formare il reddito complessivo per l'importo eccedente 10.000 euro; tale franchigia si applica a tutti i lavoratori frontalieri anche se non lavorano in Svizzera. Attualmente l'importo della franchigia, come definito, da ultimo, dall'articolo 1, comma 690, della legge n. 190 del 2014, è pari a 7.500 euro.

L'articolo 5 prevede la deducibilità, a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore dell'Accordo, dei contributi previdenziali per i prepensionamenti di categoria che, in base a disposizioni contrattuali, sono a carico dei lavoratori frontalieri. Anche questa norma si applica a tutti i lavoratori frontalieri.

L'articolo 6 stabilisce che, sempre a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore dell'Accordo, gli assegni familiari corrisposti a tutti i lavoratori frontalieri dagli enti di previdenza dello Stato in cui è prestata l'attività lavorativa siano esclusi dalla base imponibile IRPEF.

L'articolo 7 riguarda le modalità di calcolo della NASpI per i lavoratori frontalieri italiani, prevedendo tra l'altro che in caso di disoccupazione la NASpI sia equiparata a quella percepita dai lavoratori svizzeri per i primi tre mesi (comma 1), a meno che quella italiana non sia di importo più elevato rispetto a quella svizzera (comma 2).

L'articolo 8, in relazione ai redditi prodotti in Italia dai frontalieri residenti in Svizzera, prevede che – sempre a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore dell'Accordo – l'imposta netta e le addizionali comunale e regionale all'IRPEF, dovute sui redditi derivanti da lavoro dipendente prestato in Italia, siano ridotte del 20 per cento.

Le riduzioni sono indicate nella certificazione unica rilasciata dal sostituto d'imposta e spettano comunque negli importi determinati da detto soggetto anche qualora sia presentata la dichiarazione dei redditi.

L'articolo 9, con riferimento alla ripartizione della compensazione finanziaria dovuta dai cantoni dei Grigioni, del Ticino e del Vallese in relazione ai lavoratori frontalieri interessati dal regime transitorio di cui all'articolo 9 dell'Accordo, prevede che tale compensazione sia pari, per ognuno dei tre cantoni, al 40 per cento dell'ammontare lordo delle imposte sui salari, sugli stipendi e le altre remunerazioni analoghe pagate durante l'anno fiscale di riferimento dai frontalieri italiani. Essa è dovuta per ciascun anno fiscale di riferimento, fino all'anno fiscale in corso al 31 dicembre 2033.

L'articolo 10 dispone, tra l'altro, al comma 1, che nel corso del periodo transitorio di cui all'articolo 9 dell'Accordo, ai comuni italiani di frontiera, spetti un contributo statale idoneo a garantire un livello di finanziamento pari a 89 milioni di euro annui, che corrispondono all'importo ottenuto per l'anno 2019 per i trasferimenti effettuati dai cantoni della Svizzera in base al precedente Accordo del 3 ottobre 1974.

L'articolo 11 prevede l'istituzione, l'alimentazione e il riparto del Fondo per lo sviluppo economico, il potenziamento delle infrastrutture e il sostegno dei salari nelle zone di confine italo-elvetiche, allocato nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. Il Fondo, la cui dotazione annua è indicata nel comma 1 a partire dal 2025, è destinato al finanziamento di progetti di sviluppo economico e sociale dei territori dei comuni di frontiera e al potenziamento delle infrastrutture nelle zone di confine tra Italia e Svizzera, con particolare riguardo al sostegno delle remunerazioni nette dei lavoratori residenti nei suddetti comuni, occupati in aziende negli stessi territori, mediante assegni integrativi a titolo di premio di frontiera, al fine di sostenere la competitività salariale rispetto ai livelli salariali oltre confine e scongiurare i conseguenti rischi di desertificazione produttiva.

Il nuovo articolo 12, inserito durante l'esame alla Camera, contiene "disposizioni diverse": i primi due commi riguardano norme relative al telelavoro; nel terzo si dispone che, in considerazione del rafforzamento dei rapporti economici italo-svizzeri dovuto alla ratifica dell'Accordo in oggetto e delle disposizioni in materia di scambio di informazioni contenute nell'articolo 7 del suddetto Accordo, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge in questione, si provvede all'eliminazione della Svizzera dall'elenco di cui all'articolo 1 del decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999 (la cosiddetta "black list" dei Paesi con particolari regimi fiscali agevolati) con decorrenza dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di pubblicazione del suddetto decreto.

Il nuovo articolo 13 (ex articolo 12) dispone che entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali istituisce con proprio decreto, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un tavolo interministeriale con lo scopo di discutere proposte in materia di sicurezza sociale, mercato del lavoro e dialogo sociale, nonché cooperazione transnazionale per la definizione di uno Statuto dei lavoratori frontalieri.

Il nuovo articolo 14 (ex articolo 13) provvede alla copertura finanziaria del provvedimento.

Il nuovo articolo 15 (ex articolo 14) disciplina l'entrata in vigore della legge.

 

 

In termini di inquadramento, nella relazione tecnica il Governo rappresenta che, con la Dichiarazione di intenti del Ministro dell’Economia e delle Finanze della Repubblica Italiana e del Capo del Dipartimento federale delle

finanze della Confederazione Svizzera del 10 novembre 2023, è stata espressa la volontà di modificare e integrare il punto 2 del Protocollo aggiuntivo all’Accordo, ratificato dall’Italia con legge n. 83 del 2023, con una nuova disposizione che consenta ai lavoratori frontalieri di potere svolgere fino al 25 per cento della propria attività di lavoro dipendente in modalità di telelavoro senza perdere lo status di lavoratore frontaliere. La citata Dichiarazione di intenti ha previsto che la modifica e l’integrazione del punto 2 del Protocollo aggiuntivo avvenga mediante un Protocollo di modifica dell’Accordo, che è stato successivamente firmato a Roma e a Berna, rispettivamente, il 30 maggio e il 6 giugno 2024, con previsione che le disposizioni del Protocollo di modifica dell’Accordo trovino applicazione dalla data di prima applicazione dell’Accordo (1° gennaio 2024).

Sotto il profilo bilaterale, in attesa della ratifica e dell’entrata in vigore del Protocollo che modifica l’Accordo frontalieri del 2020, Italia e Svizzera hanno concordato di attuare le modalità relative al telelavoro con l’accordo amichevole transitorio del 28 novembre 2023 in cui è stato indicato che, per quanto riguarda l’Italia, l’efficacia a partire dal 1° gennaio 2024 delle disposizioni di cui al richiamato Protocollo di modifica prima della ratifica ed entrata in vigore di quest’ultimo richiederà in ogni caso l’adozione di una norma di rango legislativo.

 

Il comma 2 chiarisce, in via interpretativa, le disposizioni di cui all’articolo 51, comma 8-bis, del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), di cui al D.P.R. n. 917 del 1986.

 

Come chiarito dalla relazione illustrativa, ai fini dell’applicazione dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, l’articolo 51, comma 8-bis, del TUIR stabilisce che, in deroga alle regole ordinarie, i redditi di lavoro dipendente, prestato all'estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto da lavoratori che nell'arco di dodici mesi soggiornano in uno Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni, pur mantenendo la residenza fiscale in Italia, sono determinati sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto-legge n. 317 del 1987, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 398 del 1987.

Per l’anno 2024 dette retribuzioni convenzionali sono state definite con il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, emanato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze in data 6 marzo 2024 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana 19 marzo 2024, n. 66.

 

Il comma 2 stabilisce che il predetto comma 8-bis si interpreta nel senso di includere anche i redditi di lavoro dipendente prestato all'estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto dai dipendenti che, nell'arco di dodici mesi, soggiornano nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni ritornando in Italia al proprio domicilio una volta alla settimana.

 

Il comma 3 stabilisce che, a seguito dell’istituzione di apposito fondo nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze a decorrere dall’anno 2025, ai sensi dell’articolo 10, comma 3, della legge n. 83 del 2023, una quota del contributo statale di cui ai commi 1 e 2 del medesimo articolo 10 compete anche ai comuni italiani di frontiera indicati nell’allegato 1 al decreto-legge n. 113 del 2024, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 143 del 2024.

La quota del contributo statale di cui al primo periodo è calcolata sulla base di criteri da individuare con il decreto di cui all’articolo 10, comma 5, della legge n. 83 del 2023.

Non è dovuto alcun contributo statale per le annualità antecedenti a quella di istituzione del fondo di cui al citato articolo 10, comma 3, della legge n. 83 del 2023.

 

Come chiarito dal Governo nella relazione illustrativa, il citato Accordo, nell’individuare, all’articolo 2, lettera b), i lavoratori frontalieri, prevede, tra i requisiti, al punto i., l’essere fiscalmente residenti in un Comune il cui territorio si trova, totalmente o parzialmente, nella zona di 20 km dal confine con l’altro Stato contraente, rinviando ad atti delle autorità competenti degli Stati contraenti (il Ministero dell’economia e delle finanze per l’Italia e il capo del Dipartimento federale delle finanze per la Svizzera), con procedura di amichevole composizione, le necessarie previsioni applicative.

Con procedura di amichevole composizione del 22 dicembre 2023 (i relativi atti sono rinvenibili sul sito del Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento delle finanze), le suddette autorità hanno provveduto all’individuazione di tali comuni, elencati, quelli della Confederazione svizzera, nel relativo allegato A, e quelli italiani, nel relativo allegato B.

L’articolo 10 della menzionata legge di ratifica dell’Accordo (legge n. 83 del 2023), all’articolo 10, ha previsto un contributo statale a favore dei comuni italiani frontalieri, come individuati ai sensi delle suddette disposizioni, sia in via transitoria (cfr. comma 1), sia successivamente al termine del periodo transitorio (cfr. comma 2), prevedendo, per dette finalità, l’istituzione di un apposito fondo presso il Ministero dell’economia e delle finanze (cfr. comma 3) e demandando ad un decreto del relativo Ministro le necessarie disposizioni attuative (cfr. comma 5).

Considerato che:

                    i.            il previgente Accordo sui lavoratori frontalieri del 3 ottobre 1974 non prevedeva alcun elenco dei comuni frontalieri,

                 ii.            la Svizzera ha applicato le relative disposizioni sulla base degli elenchi predisposti dai cantoni dei Grigioni, del Ticino e del Vallese e

               iii.            l’elenco dei comuni italiani redatto dall’Istituto Geografico Militare ha fatto emergere un numero di 72 comuni compresi nella fascia di 20 km dal confine con la Svizzera che non erano stati precedentemente inclusi negli elenchi predisposti dai citati cantoni, il comma 3 prevede che una quota del contributo statale di cui ai citati commi 1 e 2 dell’articolo 10 della legge n. 83 del 2023 competa anche ai comuni italiani di frontiera, dettagliati nell’allegato 1 al decreto-legge 9 agosto 2024, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 ottobre 2024, n. 143, compresi nell’allegato B della richiamata procedura amichevole 22 dicembre 2023 (ovvero il cui territorio si trova, totalmente o parzialmente, nella zona di 20 km dal confine con la Svizzera) che non erano stati precedentemente inclusi negli elenchi dei cantoni dei Grigioni, del Ticino e del Vallese al fine dell’applicazione del previgente Accordo tra l’Italia e la Svizzera del 3 ottobre 1974. A tali comuni, in quanto non presenti negli elenchi precedentemente predisposti dai citati cantoni, non sono mai state attribuite somme a titolo di compensazione finanziaria (ristorni). Inoltre, il comma 3, prevede che la quota del contributo di cui al comma 1 sia determinata sulla base dei criteri individuati dal richiamato decreto attuativo di cui all’articolo 10, comma 5, della legge n. 83 del 2023 e che nessuna contribuzione è dovuta per le annualità antecedenti a quella di istituzione del citato fondo di cui all’articolo 10, comma 3, della legge n. 83 del 2023.


 

Articolo 17
(Mutui per la prima casa)

 

 

L’articolo 17 interviene sulla disciplina del Fondo di garanzia per l’acquisto della prima casa, prorogando al 31 dicembre 2027 (dal 31 dicembre 2024) la possibilità di usufruire della garanzia massima dell’80 per cento, a valere sul Fondo medesimo, sulla quota capitale dei mutui destinati alle categorie prioritarie, aventi specifici requisiti di reddito ed età.

La disposizione, inoltre, differisce alla medesima data l’applicazione di alcune norme a supporto nell’accesso al credito fornito dalle garanzie del Fondo prima casa in favore delle famiglie numerose.

 

La disposizione prevede maggiori spese dovute al rifinanziamento del Fondo di garanzia per la prima casa per 130 milioni di euro per l’anno 2025 e per 270 milioni di euro per ciascuno degli anni 2026 e 2027.

 

L’articolo 17, comma 1, proroga al 31 dicembre 2027 la possibilità di avvalersi della disciplina speciale che eleva la misura massima della garanzia rilasciata dal Fondo di garanzia per la prima casa (istituito dall'articolo 1, comma 48, lettera c) della legge 27 dicembre 2013, n. 147) dal 50 fino all’80 per cento della quota capitale le categorie prioritarie, qualora in possesso di un indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) non superiore a 40 mila euro annui e per mutui di importo superiore all’80 per cento del prezzo dell’immobile, compreso di oneri accessori. Sul punto si ricorda che tali categorie prioritarie sono le giovani coppie, i nuclei familiari monogenitoriali con figli minori, i conduttori di alloggi IACP e i giovani di età inferiore ai 36 anni, in possesso di ISEE non superiore a 40.000 euro annui, richiedenti un mutuo superiore all’80 per cento dell’immobile, ivi compresi gli oneri accessori.

 

Si evidenzia che il termine temporale di tale disciplina di favore, originariamente previsto per il 30 giugno 2022, è stato prorogato più volte: al 31 marzo 2023 dall’articolo 1, comma 74, lettera b), della legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio per il 2023), quindi al 30 giugno 2023 dall’articolo 3, comma 10-bis, del decreto legge 29 dicembre 2022, n. 198 e al 30 settembre 2023 dall’articolo 4-sexies, comma 1, del decreto-legge n. 51 del 2023. Da ultimo tale termine è stato differito al 31 dicembre 2023 dall’articolo 1 del decreto-legge 29 settembre 2023, n. 132 e successivamente al 31 dicembre 2024 dall’articolo 1, comma 7, della legge 30 dicembre 2023, n. 213 (legge di bilancio per il 2024).

Si segnala, altresì, che il comma 3 dell’articolo 64 del decreto-legge n. 73 del 2021 (a seguito delle modifiche introdotte l’articolo 35-bis del decreto-legge n. 144 del 2022) stabilisce, al secondo periodo, che la possibilità di elevare la garanzia fino all’80 per cento in favore delle categorie prioritarie, fermi i requisiti richiesti, operi anche quando il tasso effettivo globale-TEG sia superiore al tasso effettivo globale medio-TEGM, nel rispetto di determinate condizioni. In particolare, viene stabilito che il TEG può superare il TEGM nella misura massima pari al differenziale tra la media del tasso Interest Rate Swap a 10 anni calcolata nel mese precedente al mese di erogazione e la medesima media calcolata nel trimestre sulla base del quale è stato calcolato il TEGM in vigore. La norma si applica in caso di differenziale positivo. Qualora, invece, tale differenziale risulti negativo, i soggetti finanziatori sono tenuti ad applicare le condizioni di maggior favore in relazione al TEGM in vigore.

 

Il comma 2 stabilisce che le disposizioni di cui all’articolo 1, commi, 9, 10, 11, 12 e 13, della legge 30 dicembre 2023, n. 213, si applicano sino al 31 dicembre 2027. In sintesi, si tratta delle norme contenute nella legge di bilancio per il 2024 che:

§   prevedono l’inclusione, tra le categorie prioritarie, di famiglie numerose che rispettino determinate condizioni anagrafiche e reddituali;

§   dettano, in relazione alle domande presentate da tali famiglie, specifiche disposizioni concernenti, tra l’altro, la misura massima della garanzia concedibile e la misura dell’accantonamento di un coefficiente di rischio;

§   prevedono ulteriori disposizioni applicabili alle agevolazioni in parola nei casi di surroga del mutuo originario.

 

Si ricorda che i sopracitati commi da 9 a 13 prevedono che, per l’anno 2024, siano inserite tra le categorie prioritarie i nuclei familiari che:

§  -includono tre figli di età inferiore a 21 anni e ISEE non superiore a 40.000 euro annui;

§  -includono quattro figli di età inferiore a 21 anni e ISEE non superiore a 45.000 euro annui;

§  -includono cinque o più figli di età inferiore a 21 anni e ISEE non superiore a 50.000 euro annui.

In caso di domande di finanziamento con limite di finanziabilità (quando il rapporto tra l’importo del finanziamento e il prezzo d’acquisto dell’immobile è superiore all’80%), per le suddette famiglie numerose la misura massima della garanzia concedibile dal Fondo di garanzia per la prima casa è fissata:

a)    all’80% della quota capitale (tempo per tempo in essere sui finanziamenti concessi) per le famiglie con tre figli con età inferiore a 21 anni e ISEE non superiore a 40.000 euro annui;

b)   all’85% della quota capitale (tempo per tempo in essere sui finanziamenti concessi) per le famiglie con 4 figli con età inferiore a 21 anni e ISEE non superiore a 45.000 euro annui;

c)    al 90% della quota capitale (tempo per tempo in essere sui finanziamenti concessi) per le famiglie con 4 figli con età inferiore a 21 anni e ISEE non superiore a 45.000 euro annui.

Tali disposizioni si applicano alle domande presentate dal trentesimo giorno dall’entrata in vigore della legge di bilancio 2024 al 31 dicembre 2024. Si rammenta che per le categorie prioritarie la garanzia massima è ordinariamente elevata dal 50 per cento all’80 per cento.

Sempre in relazione alle domande presentate dalle famiglie numerose in oggetto, si prevede che sia accantonato un coefficiente di rischio non inferiore:

§  all’8,5 per cento dell’importo garantito dal finanziamento stesso per le famiglie di cui alla lettera a);

§  al 9 per cento per le famiglie di cui alla lettera b);

§  al 10 per cento per quelle di cui alla lettera c).

Ai finanziamenti in esame si applica quanto previsto dall’ articolo 35-bis del decreto-legge n. 144 del 2022, convertito dalla legge n. 269 del 2022. Si prevede, infine, che per l’anno 2024 e per tutte le categorie aventi priorità, la garanzia del Fondo rimane operativa anche nell’ipotesi di surroga del mutuo originario, nel caso in cui le condizioni economiche rimangano sostanzialmente invariate o siano migliorative di quelle originarie e comunque non abbiano impatti negativi sull'equilibrio economico-finanziario del Fondo medesimo.

Si rammenta che la disciplina attuativa del Fondo recata dal decreto ministeriale 31 luglio 2014 stabilisce (art. 3, comma 5) che per i mutui ai quali è assegnata priorità il tasso effettivo globale (TEG) non può essere superiore al tasso effettivo globale medio (TEGM). Il citato articolo 35-bis del decreto-legge n. 144 del 2022 ha previsto che la garanzia all’80 per cento può essere concessa, in favore delle categorie prioritarie, a determinate condizioni, anche quando il TEG risulti superiore al TEGM. Il Tasso Effettivo Globale Medio (TEGM) risulta dalla rilevazione effettuata ogni tre mesi dalla Banca d'Italia per conto del MEF ed è pubblicato trimestralmente dal Ministero stesso ai sensi della legge n. 108 del 1996 (recante “Disposizioni in materia di usura”). Il TEGM si riferisce agli interessi annuali praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari per operazioni della stessa natura. Sulla base del TEGM è calcolato il limite oltre il quale gli interessi sono ritenuti usurari. Il TEG è invece il tasso effettivo globale praticato dall’intermediario in una specifica operazione (ad esempio in un contratto di mutuo) ed espresso su base annua. Per approfondimenti, si veda la pagina sul sito della Banca d’Italia Tassi effettivi globali medi (TEGM). Riguardo ai metodi di calcolo del TEGM e del TEG, si veda la pagina internet Istruzioni per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi e disposizioni correlate sul medesimo sito della Banca d’Italia.

L’interest rate swap (IRS) è un contratto attraverso il quale due parti si scambiano, in date stabilite e per un periodo prefissato, flussi costituiti da pagamenti di interessi, applicando a uno stesso capitale nozionale (ossia capitale sul quale vengono fatti i calcoli del contratto) due diversi tassi d'interesse (cfr. sito Borsa italiana). Nella loro forma più semplice (plain vanilla), gli IRS danno luogo a uno scambio di flussi di interessi in cui una controparte paga un tasso fisso e l’altra un tasso variabile su un valore nozionale sottostante, che invece non viene scambiato. La disciplina in parola - secondo quanto rappresentato dalle relazioni di accompagnamento al decreto-legge n. 144 del 2022 – è stata introdotta a seguito del nuovo scenario determinato dall’innalzamento dei tassi di interesse a partire dal 2022. Poiché il valore soglia per i tassi dei mutui agevolati, rappresentato dal TEGM, viene determinato, nel trimestre di riferimento, sulla base dei tassi applicati nei due trimestri precedenti, risulta che il tetto massimo del tasso praticabile sui mutui agevolati sia, a causa di tale criterio retrospettivo, non in linea con il mercato. Tale differenza, determinata dal “ritardo” con il quale è calcolato il TEGM rispetto all'aumento dei tassi registrato nel precedente periodo di riferimento, potrebbe indurre la diminuzione dell’offerta dei mutui agevolati, privilegiando talvolta l’offerta di contratti a tasso variabile, con maggiore esposizione nel lungo periodo delle categorie destinatarie delle agevolazioni, in caso di ulteriori rialzi dei tassi di mercato.

 

Il comma 2 dispone, inoltre, che le risorse disponibili a valere sulla riserva di cui all’articolo 1, comma 11, della legge 30 dicembre 2023, n. 213, possono essere utilizzate anche per le finalità di cui al comma 1.

 

L’articolo 1, comma 11, della legge n. 213 del 2023 dispone che per le garanzie rilasciate alle condizioni di cui ai commi da 9 a 13 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2023, n. 213 (sopra descritte), è accantonato a titolo di coefficiente di rischio un importo non inferiore, rispettivamente, all’8,5 per cento dell'importo garantito del finanziamento stesso nei casi di cui alla lettera a) del comma 9, al 9 per cento dell'importo garantito del finanziamento stesso nei casi di cui alla lettera b) del comma 9 e del 10 per cento dell'importo garantito del finanziamento stesso nei casi di cui alla lettera c) del comma 9 ed è prevista una riserva complessiva di importo massimo pari a 100 milioni di euro della dotazione finanziaria annua.

 

Il comma 3, infine, incrementa di 130 milioni di euro per l’anno 2025 e di 270 milioni di euro per ciascuno degli anni 2026 e 2027 la dotazione del richiamato Fondo di garanzia per la prima casa, di cui all'articolo 1, comma 48, lettera c), della legge n. 147 del 2013.

 

 

L'articolo 1, comma 48, lettera c) della legge di stabilità per il 2014 (legge 27 dicembre 2013, n. 147) ha istituito presso il Ministero dell'Economia e delle Finanze il Fondo di garanzia per la prima casa ("Fondo prima casa"), nell'ambito di un riordino generale del sistema delle garanzie per l'accesso al credito delle famiglie e delle imprese e in sostituzione del Fondo per l'accesso al credito per l'acquisto della prima casa. Il Fondo prevede la concessione di garanzie a prima richiesta su mutui, dell'importo massimo di 250 mila euro, per l'acquisto - ovvero per l'acquisto anche con interventi di ristrutturazione purché con accrescimento dell'efficienza energetica - di unità immobiliari site sul territorio nazionale da adibire ad abitazione principale del mutuatario.

Con decreto ministeriale 31 luglio 2014, pubblicato nella G.U. n. 226 del 29 settembre 2014 sono state emanate le norme di attuazione della disciplina ed è stata individuata Consap quale soggetto gestore del Fondo.

Il Fondo concede garanzie, a prima richiesta, su mutui ipotecari o su portafogli di mutui ipotecari, nella misura massima del 50 per cento della quota capitale, tempo per tempo in essere sui finanziamenti, connessi all'acquisto e ad interventi di ristrutturazione e accrescimento dell'efficienza energetica di unità immobiliari, site sul territorio nazionale, da adibire ad abitazione principale del mutuatario, con le priorità sopra ricordate. Gli interventi del Fondo di garanzia per la prima casa sono assistiti dalla garanzia dello Stato, quale garanzia di ultima istanza.

Con il Protocollo d’intesa tra il Ministero dell’economia e delle finanze e l’ABI, siglato l’8 settembre 2014, sono state disciplinate le modalità di adesione all’iniziativa da parte delle banche e degli intermediari finanziari.

Si ricorda che l'articolo 1, comma 658, della legge di bilancio per il 2019 (l. n. 145/2018), dispone che il Fondo possa essere alimentato, oltre che mediante il versamento di contributi da parte delle regioni e di altri enti e organismi pubblici, con l’intervento della Cassa depositi e prestiti, anche a valere su risorse di soggetti terzi e al fine di incrementare la misura massima della garanzia del Fondo. Si prevede inoltre che le norme di rango secondario di attuazione del Fondo stabiliscano le condizioni alle quali è subordinato il mantenimento dell’efficacia della garanzia del Fondo, in caso di cessione del mutuo.


 

Articolo 46
(
Rifinanziamento del fondo speciale per la concessione di contributi in conto interessi dell’Istituto per il credito sportivo e culturale)

 

 

L’articolo 46 incrementa di 50 milioni di euro per l’anno 2026 e di 40 milioni di euro per l’anno 2027 la dotazione del fondo speciale istituito presso l’Istituto per il credito sportivo ai fini della concessione di contributi per il pagamento di interessi sui mutui.

 

L’articolo 46 comporta maggiori spese pari a 50 milioni di euro per il 2026 e a 40 milioni di euro per il 2027.

 

L’articolo in commento, composto da un unico comma, incrementa di 50 milioni di euro per l’anno 2026 e di 40 milioni per l’anno 2027 la dotazione del fondo speciale per la concessione di contributi in conto interessi istituito presso l’Istituto per il credito sportivo ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 dicembre 1957, n. 1295, ai fini della concessione di contributi per il pagamento di interessi sui mutui.

 

Si ricorda che l’Istituto per il credito sportivo è un ente pubblico economico, istituito con la legge n. 1295 del 1957, e successivamente disciplinato dal decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 2000, n. 453, che opera nel settore del credito per lo sport e per le attività culturali. La legge di bilancio per il 2023 (legge 29 dicembre 2022, n. 197), in particolare all’articolo 1, commi da 619 a 626, ne ha disposto la trasformazione in società per azioni di diritto singolare, denominata “Istituto per il credito sportivo e culturale Spa”, prevedendone contestualmente l’assoggettamento alle disposizioni del testo unico in materia bancaria e creditizia, nonché ai poteri di controllo della Corte dei conti.

 

Ai sensi dell’articolo 5 della citata legge istitutiva, la n. 1295 del 1957, l'Istituto per il credito sportivo può concedere contributi per interessi sui mutui anche se accordati da altre aziende di credito e dalla Cassa depositi e prestiti per le finalità istituzionali, con le disponibilità di un fondo speciale costituito presso l'Istituto medesimo. La concessione del contributo agli interessi può essere sospesa o revocata dall'Istituto nei casi più gravi anche con effetto retroattivo, nei confronti di quei mutuatari che non si trovassero, a seguito di successivi controlli, nelle condizioni previste dal contratto di concessione del finanziamento.

 

La disciplina del fondo in parola è stata integrata dall’articolo 10 del già ricordato decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 2000, n. 453, che ha riordinato l’Istituto per il credito sportivo. In particolare, tale articolo dispone che il fondo è alimentato dal versamento, da parte del CONI, di due distinte aliquote sugli incassi lordi dei concorsi pronostici (pari nel complesso al 3%), dagli importi dei premi dei concorsi pronostici colpiti da decadenza, oltreché dai proventi netti derivanti dagli investimenti del fondo.

 

La legge di bilancio per il 2023 (legge 29 dicembre 2022, n. 197), nel disporre la trasformazione in società per azioni dell’Istituto per il credito sportivo e culturale, ha confermato, tramite il comma 623 dell’articolo 1, la gestione in capo al nuovo soggetto dei fondi precedentemente gestiti, tra cui quello in parola. La gestione è separata e a titolo gratuito. Al Ministro per lo sport e i giovani e al Ministro della cultura è attribuito il potere di indirizzo delle rispettive gestioni separate.

Ai sensi del comma 625, al Ministro per lo sport e i giovani, con decreto adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro della cultura, sentita la Banca d'Italia, è demandato il compito, tra l’altro, di stabilire i criteri di governo societario, amministrativi, contabili e organizzativi per la gestione dei fondi speciali, oltreché le modalità e i criteri di nomina e di insediamento degli organi di gestione e controllo di tali fondi.

 

Nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze allegato al presente disegno di legge, le risorse stanziate dall’articolo in commento sono riversate nel capitolo 2158, “Somma da trasferire alla Presidenza del Consiglio dei ministri per il contributo in conto interessi sui finanziamenti erogati dall'istituto per il credito sportivo o da altro istituto bancario per le esigenze di liquidità delle federazioni sportive nazionali, delle discipline sportive associate, degli enti di promozione sportiva, delle associazioni e delle società sportive dilettantistiche”, che presenta una dotazione di competenza pari a 45.125.000 euro per il 2025, 95.125.000 euro per il 2026 e 40.000.000 per il 2027.


 

Articolo 67
(Riduzione dell’imposta sostitutiva relativa ai lavoratori dipendenti privati e applicabile ai premi di produttività e alle forme di partecipazione agli utili d’impresa)

 

 

L’articolo 67 estende ai premi e alle somme erogati negli anni 2025, 2026 e 2027 la riduzione transitoria da 10 a 5 punti percentuali (già prevista per le corrispondenti erogazioni negli anni 2023 e 2024) dell’aliquota dell'imposta sostitutiva dell'IRPEF e delle relative addizionali regionali e comunali, concernente alcuni emolumenti retributivi, costituiti da premi di risultato e da forme di partecipazione agli utili d’impresa. Sia la disciplina a regime sia quella transitoria concerne esclusivamente i lavoratori dipendenti privati.

 

La relazione tecnica allegata al disegno di legge prevede, in relazione al presente articolo 67, un onere finanziario (costituito da minori entrate tributarie) pari a 163,0 milioni di euro annui per il periodo 2025-2027 (nessun effetto finanziario è previsto per l’anno successivo).

 

La disciplina a regime del trattamento tributario sostitutivo in oggetto è stabilita dall’articolo 1, commi da 182 a 189, della L. 28 dicembre 2015, n. 208, e successive modificazioni, e dal D.M. 25 marzo 2016. Essa concerne gli emolumenti retributivi dei lavoratori dipendenti privati di ammontare variabile e la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili, nonché le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa.

Tale regime tributario (fatta in ogni caso salva l'ipotesi di espressa rinunzia al medesimo da parte del lavoratore, con conseguente applicazione del regime ordinario) consiste in un'imposta sostitutiva dell'IRPEF (e delle relative addizionali regionali e comunali), con aliquota pari al 10%, e concerne esclusivamente – entro determinati limiti di importo e a condizione che il reddito da lavoro dipendente del soggetto non superi un certo limite[3] – le somme ed i valori suddetti corrisposti in esecuzione di contratti collettivi, territoriali o aziendali, stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o di contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali delle suddette associazioni ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.

La riduzione temporanea dell’aliquota da 10 a 5 punti percentuali è stata già prevista per i premi e le somme erogati nell’anno 2023 (articolo 1, comma 63, della L. 29 dicembre 2022, n. 197) e per quelli erogati nell’anno 2024 (articolo 1, comma 18, della L. 30 dicembre 2023, n. 213).

Il limite annuo di importo complessivo dell'imponibile ammesso al regime tributario in oggetto è pari a 3.000 euro (lordi), elevato a 4.000 euro per le imprese che coinvolgano pariteticamente i lavoratori nell'organizzazione del lavoro.

L’applicazione del regime sostitutivo è subordinata alla condizione che il reddito da lavoro dipendente privato del soggetto non sia stato superiore, nell’anno precedente a quello di percezione degli emolumenti in oggetto, a 80.000 euro.

Si ricorda che per molti profili del regime tributario sostitutivo in oggetto è ancora valida la circolare dell’Agenzia delle entrate n. 28/E del 15 giugno 2016.

 

Articolo 68, commi 1-4
(Esenzione fiscale per somme corrisposte ai neoassunti
in relazione a fabbricati)

 

 

I commi da 1 a 4 dell’articolo 68 introducono un regime transitorio di esenzione dalle imposte sui redditi in favore dei lavoratori dipendenti assunti a tempo indeterminato nel corso dell’anno 2025; l’esenzione concerne, per i primi due anni a decorrere dalla data di assunzione, nel limite di 5.000 euro annui, le somme erogate direttamente dai datori di lavoro, o rimborsate da essi ai summenzionati lavoratori, per il pagamento dei canoni di locazione e delle spese di manutenzione dei fabbricati presi in locazione dai medesimi lavoratori, a condizione che questi ultimi non superino un determinato limite di reddito da lavoro dipendente e abbiano trasferito la residenza nel comune della sede di lavoro e che tale comune sia distante più di 100 chilometri dal comune di precedente residenza.

 

La relazione tecnica allegata al disegno di legge quantifica l’onere finanziario derivante dai commi da 1 a 4 in esame in 45,40 milioni di euro per l’anno 2025, 86,41 milioni per l’anno 2026, 43,32 milioni per l’anno 2027, 2,21 milioni per l’anno 2028, 0,01 milioni per l’anno 2029.

 

La suddetta esenzione, introdotta dai commi da 1 a 4 in esame, non si applica per la determinazione della base imponibile al fine della contribuzione previdenziale e assistenziale (comma 1). Le somme oggetto dell’esenzione medesima sono incluse nel computo del valore di ISEE del nucleo familiare[4] e nei calcoli previsti ai fini dell’accesso alle prestazioni di previdenza e assistenza sociale (comma 3).

Il limite di reddito da lavoro dipendente al cui rispetto è subordinato il beneficio in esame è pari a 35.000 euro, con riferimento all’anno 2024 (comma 2).

Secondo la relazione tecnica allegata al disegno di legge, il beneficio può applicarsi in relazione alle spese inerenti all’abitazione principale e ai relativi oneri accessori.

Si valuti l’opportunità di chiarire se, al fine del beneficio in oggetto, il termine “fabbricati” comprenda anche unità immobiliari diverse da quella abitative e, nell’ipotesi positiva, anche unità immobiliari non qualificabili come pertinenze di unità abitative. Si valuti altresì l’opportunità di chiarire se il beneficio possa applicarsi, per ogni lavoratore interessato, a più unità abitative.

Il comma 4 richiede, al fine dell’applicazione del beneficio in oggetto, che il lavoratore interessato rilasci al datore di lavoro un’apposita autocertificazione[5], con cui attesti il luogo di residenza nei sei mesi precedenti la data di assunzione.

Si valuti l’opportunità di chiarire, considerato che i presupposti per la fruizione del beneficio di cui al comma 2 non fanno riferimento a una durata minima della precedente residenza, le modalità di utilizzo del dato oggetto di autocertificazione, anche ai fini del riconoscimento del predetto beneficio e posto anche che il trasferimento della residenza potrebbe intervenire (per esempio, per motivi organizzativi) anche in una data precedente alla data di assunzione.

Si ricorda che, ai sensi delle norme transitorie di cui successivi commi 5 e 6 (si veda la relativa scheda), le somme erogate direttamente dai datori di lavoro, o rimborsate da essi ai lavoratori, per le spese relative al contratto di locazione dell’abitazione principale ovvero agli interessi sul mutuo relativo all’abitazione principale sono escluse, a determinate condizioni ed entro determinati limiti, dal reddito imponibile.

Si valuti l’opportunità di chiarire se, per il medesimo fabbricato, il limite di esenzione di cui ai commi da 1 a 4 in esame sia cumulabile con quello di cui ai commi 5 e 6 (ferma restando l’applicazione delle relative condizioni).

 


 

Articolo 68, commi 5 e 6
(Esclusione dal reddito imponibile dei lavoratori di alcuni valori)

 

 

I commi 5 e 6 dell’articolo 68 prevedono, limitatamente ai periodi d’imposta 2025, 2026 e 2027, una disciplina più favorevole – rispetto a quella stabilita a regime e già più volte interessata da modifiche transitorie – in materia di esclusione dal computo del reddito imponibile del lavoratore[6] per i beni ceduti e i servizi prestati al lavoratore medesimo (fringe benefits); il regime transitorio di cui ai commi in esame è identico a quello previsto per il periodo d’imposta 2024[7]. Il regime transitorio più favorevole consiste: nell’elevamento del limite di esenzione suddetta da 258,23 euro (per ciascun periodo d'imposta) a 2.000 euro per i lavoratori con figli fiscalmente a carico e a 1.000 euro per gli altri lavoratori; nell’inclusione nel regime di esenzione (nell’ambito del medesimo unico limite) delle somme erogate direttamente dal datore di lavoro, o rimborsate dal medesimo al lavoratore, per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale e delle spese per il contratto di locazione dell’abitazione principale ovvero per gli interessi sul mutuo relativo all’abitazione principale.

Le esenzioni riconosciute ai sensi del regime transitorio in esame concernono anche la base imponibile della contribuzione previdenziale.

 

La relazione tecnica allegata al disegno di legge quantifica l’importo delle minori entrate tributarie derivante dai commi 5 e 6 in esame in 277,8 milioni di euro per l’anno 2025, 302,0 milioni per l’anno 2026, 300,2 milioni per l’anno 2027 e 22,4 milioni per l’anno 2028 (mentre si prevede un effetto fiscale positivo per l’anno 2029, pari a 1,8 milioni). La stessa relazione quantifica l’importo delle minori entrate contributive derivanti dai medesimi commi 5 e 6 in 370,4 milioni per ciascuno degli anni 2025, 2026 e 2027.

 

Il regime generale di esenzione in oggetto – di cui all'articolo 51, comma 3, del testo unico delle imposte sui redditi[8] – concerne non solo il reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi, ma anche – in base al rinvio, di cui all'articolo 12 della L. 30 aprile 1969, n. 153, e successive modificazioni, al medesimo regime fiscale (di cui al testo unico suddetto) – la base imponibile della contribuzione previdenziale. Come accennato, anche la norma transitoria in oggetto – secondo l’interpretazione già seguita in passato[9] – si applica anche per la determinazione della base imponibile della contribuzione previdenziale[10].

Riguardo alla nozione di figli fiscalmente a carico, si ricorda che, in base all'articolo 12, comma 2, del suddetto testo unico delle imposte sui redditi, e successive modificazioni – comma richiamato dal presente comma 5 –, sono fiscalmente a carico i figli che abbiano un reddito non superiore a 4.000 euro, ovvero a 2.840,51 euro nel caso di figli di età superiore a ventiquattro anni (per il computo di tali limiti si considera il reddito al lordo degli oneri deducibili). Al fine del beneficio di cui ai commi 5 e 6, secondo l’interpretazione già seguita dall’Agenzia delle entrate in relazione alle precedenti norme transitorie (relative al periodo di imposta 2023 e al periodo di imposta 2024)[11], la condizione a cui è subordinato il limite più elevato è soddisfatta anche qualora il figlio sia a carico ripartito con l’altro genitore nonché qualora il lavoratore non benefici della detrazione fiscale per il figlio a carico in ragione del riconoscimento (in relazione al medesimo figlio) dell’assegno unico e universale per i figli a carico. Inoltre, sono esplicitamente ricompresi nell’ambito dei commi 5 e 6 i figli fiscalmente a carico nati fuori del matrimonio o adottivi, affiliati o affidati.

I commi 5 e 6 in esame si pongono in deroga esclusivamente alla prima parte dell’articolo 51, comma 3, terzo periodo, del citato testo unico delle imposte sui redditi; resta quindi fermo il principio che, qualora il valore dei beni o dei servizi forniti risulti complessivamente superiore al limite in oggetto, l’intero valore rientra nell’imponibile fiscale e contributivo – come esplicitato in sede di interpretazione delle suddette precedenti norme transitorie[12] –.

Il medesimo comma 5 prevede che i datori di lavoro provvedano all’attuazione del regime transitorio più favorevole in esame previa informativa alle rappresentanze sindacali unitarie, ove presenti[13].

Il comma 6 specifica che il regime transitorio in esame si applica nella suddetta misura più favorevole se il lavoratore dichiara al datore di lavoro di avere diritto a quest’ultima, indicando il codice fiscale del figlio (o dei figli) a carico.

 


 

Articolo 69
(Agevolazioni fiscali lavoro notturno e straordinari nei giorni festivi)

 

 

L’articolo 69 riconosce, per il periodo dal 1° gennaio 2025 al 30 settembre 2025, ai lavoratori degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande e ai lavoratori del comparto del turismo, ivi inclusi gli stabilimenti termali, un trattamento integrativo speciale, che non concorre alla formazione del reddito, pari al 15 per cento delle retribuzioni lorde corrisposte in relazione al lavoro notturno e alle prestazioni di lavoro straordinario effettuate nei giorni festivi (comma 1). Il trattamento si applica a favore dei lavoratori dipendenti del settore privato titolari di reddito da lavoro dipendente di importo non superiore a 40 mila euro nel periodo d'imposta 2024 (comma 2). Il comma 3 stabilisce le modalità di riconoscimento e di compensazione del trattamento da parte del sostituto d'imposta.

 

La relazione tecnica sull’articolo 69 stima maggiori oneri per l’anno 2025 pari a 152,1 milioni di euro.

 

Nel dettaglio, il comma 1 riconosce, per il periodo dal 1° gennaio 2025 al 30 settembre 2025, ai lavoratori degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, di cui all'articolo 5 della legge n. 287 del 1991, e ai lavoratori del comparto del turismo, ivi inclusi gli stabilimenti termali, un trattamento integrativo speciale, che non concorre alla formazione del reddito, pari al 15 per cento delle retribuzioni lorde corrisposte in relazione al lavoro notturno e alle prestazioni di lavoro straordinario, ai sensi del decreto legislativo n. 66 del 2003, effettuate nei giorni festivi.

 

Il menzionato articolo 5 della legge n. 287 del 1991 distingue i pubblici esercizi in:

a)      esercizi di ristorazione, per la somministrazione di pasti e di bevande, comprese quelle aventi un contenuto alcoolico superiore al 21 per cento del volume, e di latte (ristoranti, trattorie, tavole calde, pizzerie, birrerie ed esercizi similari);

b)      esercizi per la somministrazione di bevande, comprese quelle alcooliche di qualsiasi gradazione, nonché di latte, di dolciumi, compresi i generi di pasticceria e gelateria, e di prodotti di gastronomia (bar, caffè, gelaterie, pasticcerie ed esercizi similari);

c)      esercizi di cui alle lettere a) e b), in cui la somministrazione di alimenti e di bevande viene effettuata congiuntamente ad attività di trattenimento e svago, in sale da ballo, sale da gioco, locali notturni, stabilimenti balneari ed esercizi similari;

d)      esercizi di cui alla lettera b), nei quali è esclusa la somministrazione di bevande alcoliche di qualsiasi gradazione.

 

Ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera c), del menzionato decreto legislativo n. 66 del 2003, il «lavoro straordinario» è il lavoro prestato oltre l'orario normale di lavoro di 40 ore settimanali.

 

Le disposizioni del comma 1 sono esplicitamente finalizzate a garantire la stabilità occupazionale e a sopperire all'eccezionale mancanza di offerta di lavoro nel settore turistico, ricettivo e termale.

 

Il comma 2 restringe il riconoscimento del trattamento integrativo speciale di cui al comma 1 a favore dei lavoratori dipendenti del settore privato titolari di reddito di lavoro dipendente di importo non superiore, nel periodo d'imposta 2024, a euro 40.000.

 

Il comma 3 specifica le modalità di riconoscimento dell’agevolazione. Il sostituto d'imposta riconosce il trattamento integrativo speciale di cui al comma 1 su richiesta del lavoratore, che attesta per iscritto l'importo del reddito di lavoro dipendente conseguito nell'anno 2024.

Le somme erogate sono indicate nella certificazione unica prevista dall'articolo 4, comma 6-ter, del regolamento di cui al D.P.R. n. 322 del 1998.

 

Ai sensi del comma 4, il sostituto d'imposta compensa il credito maturato per effetto dell'erogazione del trattamento integrativo speciale di cui al comma 1 mediante compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997.


 

Articolo 70
(Proroga della maggiorazione del costo ammesso in deduzione in presenza di nuove assunzioni)

 

 

L’articolo 70 dispone una proroga dell’incentivo fiscale alle nuove assunzioni di personale dipendente al periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024 ed ai successivi due. Definisce altresì i criteri di determinazione degli acconti dovuti, prevedendo, in via generale, che per ciascuno dei periodi d’imposta in cui è vigente l’incentivo fiscale de quo non si debba tener conto dei relativi effetti.   

 

Come risulta dalla relazione tecnica, all’articolo 70 sono ascrivibili minori entrate tributarie pari a 1.329,7 milioni di euro per l’anno 2026 e 1.327,9 milioni di euro per l’anno 2027 (nonché 1.327,9 milioni di euro per l’anno 2028 e 1,8 milioni di euro per l’anno 2029).

 

 

L’articolo 70 dispone una proroga alle disposizioni contenute nell’articolo 4 del decreto legislativo 30 dicembre 2023, n. 216, riguardante la maggiorazione del costo ammesso in deduzione in presenza di nuove assunzioni (misura cd. “più assumi, meno paghi”).

Nello specifico, il comma 1 prevede che l’incentivo fiscale alle nuove assunzioni trovi applicazione anche per i tre periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2024 (per i soggetti solari, periodi d’imposta che chiudono al 31 dicembre 2025, al 31 dicembre 2026 ed al 31 dicembre 2027). 

Si riconosce, pertanto, ai titolari di reddito d’impresa e di redditi di lavoro autonomo, nei limiti ed alle condizioni già previste per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024, una maggiorazione del costo del personale deducibile a fronte agli incrementi occupazionali risultanti al termine di ciascuno dei predetti periodi d’imposta rispetto al corrispondente periodo d’imposta precedente.

 

A tale riguardo, la relazione illustrativa precisa che, in altri termini, l’incentivo deve essere calcolato su base “mobile” che consente di determinare l’incremento occupazionale in ciascuno dei periodi d’imposta agevolati rispetto al corrispondente periodo d’imposta precedente. Pertanto, ad esempio, per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2026, l’incremento si determina rispetto al periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2025. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del Decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 25 giugno 2024.

Il comma 2 definisce i criteri di determinazione degli acconti dovuti, prevedendo, in via generale, che per ciascuno dei periodi d’imposta in cui è vigente l’incentivo fiscale de quo non si debba tener conto dei relativi effetti.

Più precisamente, la lettera a) prevede che, nella determinazione degli acconti delle imposte sui redditi dovuti per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2025 e per i successivi due (per i soggetti solari, periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2026, al 31 dicembre 2027 ed al 31 dicembre 2028), secondo il cd. “metodo storico”, si debba considerare l’imposta dell’anno precedente senza tener conto della maggiore deduzione del costo del personale risultante dall’applicazione delle disposizioni in commento.

Nella relazione illustrativa si precisa che la norma de qua non menziona il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025, giacché per tale periodo d’imposta già opera, nello stesso senso, l’articolo 4, comma 7, del decreto legislativo n. 216 del 2023.

 

La successiva lettera b) prevede che anche nella determinazione degli acconti dovuti per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024 e per i due successivi (per i soggetti solari, periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2025, al 31 dicembre 2026 ed al 31 dicembre 2027), secondo il cd. “metodo previsionale”, non si debba tener conto delle disposizioni in commento.

 

 

In attesa della completa attuazione dell’articolo 6, comma 1, lettera a) della delega al Governo per la riforma fiscale (legge n. 111 del 2023), l’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 2024, n. 216, dispone che, per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023, per i titolari di reddito d’impresa e per gli esercenti arti e professioni, il costo del personale di nuova assunzione con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato è maggiorato, ai fini della determinazione del reddito, di un importo pari al 20 per cento del costo riferibile all’incremento occupazionale determinato ai sensi del comma 3 e nel rispetto delle ulteriori disposizioni di cui al presente articolo. L’agevolazione di cui al primo periodo spetta ai soggetti che hanno esercitato l’attività nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2023 per almeno trecentosessantacinque giorni.

 L’agevolazione non spetta alle società e agli enti in liquidazione ordinaria, assoggettati a liquidazione giudiziale o agli altri istituti liquidatori relativi alla crisi d’impresa.

Gli incrementi occupazionali rilevano a condizione che il numero dei dipendenti a tempo indeterminato al termine del periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023 sia superiore al numero dei dipendenti a tempo indeterminato mediamente occupato del periodo d’imposta precedente (comma 2). L’incremento occupazionale va considerato al netto delle diminuzioni occupazionali verificatesi in società controllate o collegate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto.

Il comma 3 individua il costo riferibile all’incremento occupazionale come pari al minor importo tra:

(i) il costo effettivo relativo ai nuovi assunti e

(ii) l’incremento complessivo del costo del personale risultante dal conto economico ai sensi dell’articolo 2425, primo comma, lettera B), numero 9), del codice civile rispetto a quello relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2023. Per i soggetti che, in sede di redazione del bilancio di esercizio, non adottano lo schema di conto economico di cui all’articolo 2425 del codice civile si assumono le corrispondenti voci di costo del personale (esempio, per i soggetti IFRS adopter). I costi riferibili al personale dipendente sono imputati temporalmente in base alle regole applicabili ai fini della determinazione del reddito del contribuente.

Laddove alla fine del periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023, il numero dei lavoratori dipendenti, inclusi quelli a tempo determinato, risulti inferiore o pari al numero degli stessi lavoratori mediamente occupati nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2023, non può definirsi alcun costo riferibile all’incremento occupazione (comma 4).

Inoltre, per il medesimo periodo d’imposta successivo al 31 dicembre 2023, al fine di incentivare l’assunzione di particolari categorie di soggetti, il costo di cui al comma 3 riferibile a ciascun nuovo assunto, anche ai fini della determinazione dell’incremento complessivo del costo del personale risultante dal conto economico ai sensi dell’articolo 2425, primo comma, lettera b), numero 9), del codice civile, è moltiplicato per coefficienti di maggiorazione laddove il nuovo assunto rientra in una delle categorie di lavoratori meritevoli di maggiore tutela (comma 5).

Con decreto 25 giugno 2024, adottato dal Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sono state altresì introdotte le disposizioni attuative del presente articolo, con particolare riguardo alla determinazione dei coefficienti di maggiorazione relativi alle categorie di lavoratori svantaggiati in modo da garantire che la complessiva maggiorazione non ecceda il 10 per cento del costo del lavoro sostenuto per dette categorie (in attuazione del comma 6).

Si stabilisce che nella determinazione dell’acconto delle imposte sui redditi dovuto per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023, non si tiene conto delle disposizioni del presente articolo. Nella determinazione dell’acconto per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024 si assume, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata non applicando le disposizioni del presente articolo (comma 7).


 

Articolo 73
(Credito d’imposta per la quotazione delle piccole e medie imprese)

 

 

L’articolo 73 dispone un’ulteriore proroga fino al 31 dicembre 2027 al credito d’imposta riconosciuto in relazione alle spese di consulenza sostenute dalle piccole e medie imprese per la quotazione. Conseguentemente, vengono aggiornati i limiti di utilizzo del medesimo credito d’imposta.

 

All’articolo 5 sono ascrivibili minori entrate tributarie pari a 3,0 milioni di euro per l’anno 2026 e 3,0 milioni di euro per l’anno 2027.

 

Si ricorda che i commi da 89 a 92 della legge di bilancio 2018 (legge 27 dicembre 2017, n. 205) hanno istituito un credito d’imposta in favore delle piccole e medie imprese in relazione alle spese di consulenza sostenute per l’ammissione alla negoziazione su mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione (Multilateral Trading Facility - MTF) europei, in misura pari al 50 per cento delle spese fino a un massimo di 500.000 euro. Le disposizioni prevedevano che il regime agevolativo avesse termine il 31 dicembre 2020.

Sul punto, successivamente, sono intervenuti: il comma 230 della legge di bilancio 2021 che ha esteso il credito d’imposta al 31 dicembre 2021, il comma 46 della legge di bilancio 2022 che ha esteso l’agevolazione ai costi sostenuti fino al 31 dicembre 2022, il comma 395 della legge di bilancio 2023 che ha esteso la misura al 31 dicembre 2023 e, da ultimo, l’articolo 3, comma 4-bis, del decreto-legge n. 215 del 2023 (convertito, con modificazioni, dalla legge  n. 18 del 2024) che ha prorogato la misura al 31 dicembre 2024.

 

La misura è inserita in un complesso di interventi volti a potenziare strumenti per la concessione di finanziamenti al settore produttivo, alternativi rispetto al credito bancario: emissione di specifici strumenti di debito (cd. minibond), raccolta tramite portali on-line (cd. crowdfunding) e varie forme di incentivazione fiscale a favore dei soggetti che investono in strumenti finanziari emessi da piccole e medie imprese. Più in dettaglio, il comma 89 ha riconosciuto un credito d’imposta alle piccole e medie imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro oppure il cui attivo totale di bilancio non supera i 43 milioni di euro e che abbiano iniziato, dopo l'entrata in vigore della legge di bilancio 2018, una procedura di ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato o in un MTF di uno Stato membro dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo, e siano state effettivamente ammesse agli scambi.

 

L’articolo 73, comma 1, dispone un’ulteriore proroga alle disposizioni contenute all’articolo 1, commi 89 e seguenti, della legge 27 dicembre 2017, n. 205.

Nello specifico, la lettera a), modificando il comma 89 dell’articolo 1, dispone una proroga dell’agevolazione fino al 31 dicembre 2027.

 

La successiva lettera b), modificando il primo periodo del comma 90 del medesimo articolo 1, al fine di prevedere che il credito d'imposta per la quotazione delle piccole e medie imprese sia utilizzabile nei limiti di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2026 e 2027.

 


 

Articolo 74
(
Contributi per i soggetti che hanno aderito alla procedura per il riversamento del credito di imposta in ricerca e sviluppo)

 

 

L’articolo 74 riconosce, al comma 1, un contributo in conto capitale per investimenti ai soggetti che hanno aderito alla procedura di riversamento del credito d’imposta in ricerca e sviluppo, del quale hanno fruito senza averne titolo. Le modalità di erogazione del contributo, le percentuali dello stesso e la sua rateizzazione sono stabilite, ai sensi del comma 2, con decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

 

L’articolo 74 finanzia a questo proposito un Fondo per 60 milioni di euro per l’anno 2025, 50 milioni di euro per l’anno 2026 e 80 milioni di euro per l’anno 2027. L’autorizzazione opera come limite massimo di spesa.

 

Ai sensi del comma 1, ai soggetti che hanno fruito del credito d’imposta ricerca e sviluppo di cui all’articolo 3 del D.L. n. 145/2013, e che hanno aderito alla procedura di riversamento dell’importo entro il 31 ottobre 2024, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 5 del D.L. n. 146/2021, è riconosciuto un contributo in conto capitale commisurato in termini percentuali a quanto riversato, nel limite di spesa di cui al successivo comma 3.

 

Pertanto il presupposto per l’ottenimento del contributo in conto capitale è:

§  l’aver percepito il credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo di cui all’articolo 3 del decreto legge n. 145 del 2013, senza averne in tutto o in parte titolo;

 

Tale disposizione riconosceva a tutte le imprese  che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo, a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2019, un credito d'imposta nella misura del 25 per cento (elevata al 50 per cento in alcuni casi specifici) delle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d'imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015.

 

§  l’aver aderito alla procedura di riversamento spontaneo del credito d’imposta prevista dall’articolo 5, commi da 7 e 12, del decreto legge n. 146 del 2021.

Tale norma prevede che i soggetti che alla data di entrata in vigore del decreto-legge hanno utilizzato in compensazione il credito d'imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo di cui all'articolo 3 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, senza averne titolo, possono effettuare il riversamento dell'importo del credito utilizzato, senza applicazione di sanzioni e interessi al ricorrere di determinate condizioni ed entro specifici termini (per maggiori dettagli si veda il relativo box).

 

Ai sensi del comma 2, le modalità di erogazione del contributo, le percentuali e la rateizzazione dello stesso sono stabilite, con decreto emanato, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente disposizione, dal Ministro delle imprese e del made in Italy di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

 

Il comma 3 istituisce, per le finalità di cui al comma 1, nello stato di previsione del Ministero delle imprese e del made in Italy, un fondo con una dotazione finanziaria di 60 milioni di euro per l’anno 2025, di 50 milioni di euro per l’anno 2026 e di 80 milioni di euro per l’anno 2027.

 

 

La procedura di riversamento spontaneo del credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo di cui all’articolo 3 del decreto legge n. 145 del 2013 è stata prevista dall’articolo 5, commi da 7 e 12, del decreto legge n. 146 del 2021 (vedi supra).

Con provvedimento del 1° giugno 2022 del direttore dell’Agenzia delle Entrate,

è stato altresì definito il relativo ambito di applicazione (conformemente alle previsioni normative vigenti).

Più precisamente, ai sensi dell’articolo 1, del predetto provvedimento, la procedura de qua è riservata ai soggetti che intendono riversare il credito maturato, in uno o più periodi di imposta, a decorrere da quello successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2019 e utilizzato indebitamente in compensazione alla data del 22 ottobre 2021 (data di entrata in vigore del decreto), e che si trovino in almeno una delle seguenti condizioni:

a) hanno realmente svolto, sostenendo le relative spese, attività in tutto o in parte non qualificabili come attività di ricerca o sviluppo ammissibili nell’accezione rilevante ai fini del credito d’imposta;

b) hanno applicato il comma 1-bis dell’articolo 3 del decreto, in maniera non conforme a quanto dettato dalla diposizione d’interpretazione autentica recata dall’articolo 1, comma 72, della legge 30 dicembre 2018, n. 145;

c) hanno commesso errori nella quantificazione o nell’individuazione delle spese ammissibili in violazione dei principi di pertinenza e congruità;

d) hanno commesso errori nella determinazione della media storica di riferimento.

Ai sensi del successivo articolo 2, paragrafo 2.1, la procedura di riversamento non può essere utilizzata per il riversamento dei crediti il cui indebito utilizzo in compensazione sia già stato accertato con un atto di recupero crediti o con altri provvedimenti impositivi, divenuti definitivi alla data del 22 ottobre 2021 (di entrata in vigore del decreto). Gli atti o provvedimenti sono definitivi in quanto non più soggetti ad impugnazione o definiti con il pagamento o con altra forma di definizione oppure oggetto di pronunce passate in giudicato.

In ogni caso, ai sensi del paragrafo 2.2, la regolarizzazione è altresì esclusa nei casi in cui il credito d’imposta utilizzato in compensazione sia il risultato:

- di condotte fraudolente;

- di fattispecie oggettivamente o soggettivamente simulate;

- di false rappresentazioni della realtà basate sull’utilizzo di documenti falsi o di fatture che documentano operazioni inesistenti;

- della mancanza di documentazione idonea a dimostrare il sostenimento delle spese ammissibili al credito d’imposta.

 


 

Articolo 77
(Credito d'imposta per investimenti nella Zona economica speciale per il Mezzogiorno – ZES unica)

 

 

L’articolo 77, comma 1, estende al 2025 il credito d’imposta nella Zona Economica Speciale unica (ZES unica) con riferimento ad investimenti realizzati dal 1° gennaio al 15 novembre 2025. Il medesimo comma fissa a 1,6 miliardi per il 2025 il limite di spesa per il riconoscimento di tale credito d’imposta.

Il comma 2 pone in capo agli operatori economici interessati specifici obblighi di comunicazione all’Agenzia delle entrate circa le spese ammissibili. Con ulteriore comunicazione integrativa all’Agenzia delle entrate, corredata dalla documentazione indicata dalla disposizione in esame, i richiedenti devono attestare, a pena di rigetto della comunicazione, l’avvenuta realizzazione degli investimenti precedentemente comunicati. Il comma 3 demanda ad un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate la definizione dei profili attuativi inerenti ai suddetti  obblighi di comunicazione. Il comma 4 reca disposizioni che mirano ad assicurare il rispetto del limite di spesa fissato dal comma 1. Si prevede, infatti, che il credito maturato da ciascun beneficiario debba essere moltiplicato per una percentuale, ottenuta secondo specifici criteri, notificata con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate. Il comma 5 specifica ulteriori contenuti della predetta notifica del direttore dell’Agenzia delle entrate. Il comma 6 dispone in ordine al caso in cui il credito d'imposta indicato dal provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate risulti inferiore a quello massimo riconoscibile.

Il comma 7 specifica la disciplina applicabile per tutto quanto non previsto dalle disposizioni in esame.

 

L’articolo 77 comporta oneri a carico della finanza pubblica per 1.600 milioni di euro per l’anno 2025, pari al limite di spesa fissato dal comma 1 per il riconoscimento del credito d’imposta ZES unica per il medesimo anno 2025.

 

L’articolo 77, comma 1, estende al 2025 il credito d’imposta per investimenti realizzati dal 1° gennaio al 15 novembre 2025 nella Zona Economica Speciale unica (ZES unica).

A tal fine il comma in esame propone modifiche ai commi 1, 4 e 6 dell'articolo 16 del decreto-legge n. 124 del 2023 (convertito dalla legge n. 162 del 2023) che ha introdotto la disciplina del credito d’imposta ZES unica per l’anno 2024.

Si segnala che la disciplina del credito d’imposta in esame è stata da ultimo modificata dall’art. 8 del decreto-legge n. 155 del 2024, il cui disegno di legge di conversione (A.S. n. 1274) è stato presentato in Senato il 19 ottobre 2024. Al momento della presentazione alla Camera dei deputati del disegno di legge di bilancio in esame, l’iter di conversione del suddetto decreto-legge n. 155 non era quindi concluso.

 

Sintesi della disciplina del credito d’imposta ZES unica per il 2024 (art. 16 DL 124/2023; art. 1 DL 113/2024; art. 8 DL 155/2024)

 

L’articolo 16 del decreto-legge n. 124 del 2023 ha introdotto, per l’anno 2024, il credito di imposta per investimenti nella ZES unica, nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato, a favore delle imprese che effettuano l'acquisizione dei beni strumentali indicati nel comma 2 del medesimo articolo, destinati a strutture produttive ubicate nelle zone assistite delle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e Molise. Il comma 3 dell’articolo 16 individua i settori esclusi dall’agevolazione, il comma 4 indica i criteri di determinazione della misura del contributo, il quale è commisurato alla quota del costo complessivo dei beni indicati nel comma 2 acquistati o, in caso di investimenti immobiliari di cui al citato comma 2, realizzati dal 1° gennaio 2024 al 15 novembre 2024 nel limite massimo, per ciascun progetto di investimento, di 100 milioni di euro. Il comma 5 specifica la base giuridica europea per la compatibilità della misura e il comma 6 stabilisce che il credito di imposta per investimenti nella ZES unica è riconosciuto nel limite di spesa complessivo di 1.800 milioni di euro per l'anno 2024. Gli importi sono versati alla contabilità speciale n. 1778 intestata all'Agenzia delle entrate. Il comma rinvia quindi a un decreto del Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, per la definizione delle modalità di accesso al beneficio, nonché i criteri e le modalità di applicazione e di fruizione del credito d'imposta e dei relativi controlli, anche al fine di assicurare il rispetto del limite di spesa di cui al primo periodo (si veda il decreto del Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR 17 maggio 2024, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 117 del 21 maggio 2024).

 

La disciplina del credito d’imposta ZES unica è stata modificata dall’articolo 1 del decreto-legge n. 113 del 2024 (convertito dalla legge n. 143 del 2024) che ha integrato le modalità per l’erogazione del contributo sotto forma di credito di imposta per la realizzazione di investimenti nella ZES unica. In particolare, tale articolo dispone che, a pena di decadenza dall’agevolazione, gli operatori economici che hanno presentato la comunicazione di cui all’articolo 5, comma 1, del decreto del Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR 17 maggio 2024, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 117 del 21 maggio 2024, inviano dal 18 novembre 2024 al 2 dicembre 2024 all’Agenzia delle entrate una comunicazione integrativa attestante l’avvenuta realizzazione entro il termine del 15 novembre 2024 degli investimenti indicati nella comunicazione presentata ai sensi del predetto articolo 5, comma 1.

Per una illustrazione di tale articolo, si rinvia al Dossier di documentazione curato dai Servizi studi della Camera e del Senato.

 

Da ultimo, l’articolo 8 del decreto-legge n. 155 del 2024 ha novellato l’articolo 1, del decreto-legge n. 113 del 2024, prevedendo che mediante la comunicazione integrativa di cui al primo periodo del comma 1 del medesimo articolo 1, possono essere indicati anche investimenti realizzati nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2024 e il 15 novembre 2024, ulteriori rispetto a quelli risultanti dalla comunicazione presentata ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del citato decreto ministeriale 21 maggio 2024 (v. sopra), ovvero di importo superiore rispetto a quello risultante dalla citata comunicazione, unitamente all’ammontare del maggior credito d’imposta maturato e alla documentazione probatoria di cui al secondo periodo.

Per approfondimenti, si veda il relativo dossier di documentazione curato dai Servizi studi della Camera e del Senato.

 

Si rammenta, infine, per completezza di informazione, che il decreto-legge n. 63 del 2024 recante “Disposizioni urgenti per le imprese agricole, della pesca e dell’acquacoltura, nonché per le imprese di interesse strategico nazionale” ha introdotto nel decreto-legge n. 124 del 2023, l’art. 16-bis, rubricato “Credito d'imposta per investimenti nella ZES unica per il settore della produzione primaria di prodotti agricoli e della pesca e dell'acquacoltura”.

 

La lettera a) del comma 1 integra l’articolo 16, comma 1, del decreto-legge n. 124 del 2023, inserendo il riferimento all’anno 2025 per la fruizione del credito d’imposta ZES unica.

La lettera b) integra l’articolo 16, comma 4. Come accennato (v. box), tale comma stabilisce che il credito d'imposta ZES unica è commisurato alla quota del costo complessivo dei beni indicati nel comma 2 acquistati o, in caso di investimenti immobiliari di cui al citato comma 2, realizzati dal 1° gennaio 2024 al 15 novembre 2024 nel limite massimo, per ciascun progetto di investimento, di 100 milioni di euro. Con la novella in esame si inserisce il riferimento ai beni acquistati o investimenti immobiliari realizzati dal 1° gennaio 2025 al 15 novembre 2025 per la fruizione del credito d’imposta per l’anno 2025.

La lettera c) modificando il comma 6 dell’articolo 16 introduce un limite di spesa pari a 1.600 milioni di euro per l'anno 2025.

 

Il comma 2 stabilisce che gli operatori economici, ai fini della fruizione del credito d’imposta per il 2025:

§  comunichino all'Agenzia delle entrate – tra ill 31 marzo 2025 e il 30 maggio 2025 - l'ammontare delle spese ammissibili sostenute a partire dal 16 novembre 2024 e quelle che prevedono di sostenere fino al 15 novembre 2025;

§  trasmettano all'Agenzia delle entrate, a pena di decadenza dall'agevolazione – tra il 18 novembre 2025 e il 2 dicembre 2025 - una comunicazione integrativa attestante l'avvenuta realizzazione entro il termine del 15 novembre 2025 degli investimenti indicati nella comunicazione precedentemente presentata.

Giova rammentare che l’articolo 1 del decreto-legge 9 agosto 2024, n. 113, ha previsto che tutti gli operatori economici che hanno presentato la comunicazione dal 12 giugno al 12 luglio 2024 (“comunicazione originaria”) hanno dovuto inviare all’Agenzia delle entrate dal 18 novembre al 2 dicembre 2024 (date che corrispondono al giorno e al mese del 2025 nella nuova disciplina) la comunicazione integrativa, attestante l’avvenuta realizzazione degli investimenti previsti, indicati nella comunicazione originaria già presentata. La comunicazione integrativa deve essere presentata anche se la comunicazione originaria reca l’indicazione di investimenti agevolabili e già realizzati alla data di trasmissione della medesima comunicazione.

 

Si prevede che la suddetta comunicazione integrativa debba altresì indicare:

§  l'ammontare del credito di imposta maturato in relazione agli investimenti effettivamente realizzati, corredato dalle relative fatture elettroniche e dagli estremi della certificazione circa l'effettivo sostenimento delle spese ammissibili e la corrispondenza delle stesse alla documentazione contabile, di cui al già menzionato decreto 17 maggio 2024;

A tale riguardo si rammenta che in base all'art. 7, comma 14, del citato dm 17 maggio 2024, ai fini del riconoscimento del credito d'imposta, l'effettivo sostenimento delle spese ammissibili e la corrispondenza delle stesse alla documentazione contabile predisposta dall'impresa devono risultare da apposita certificazione rilasciata dal soggetto incaricato della revisione legale dei conti.

§  un ammontare di investimenti effettivamente realizzati non superiore a quello riportato nella prima comunicazione inviata agli uffici fiscali.

 

Il comma 3 demanda ad un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate l’approvazione dei modelli da utilizzare per le suddette comunicazioni e la definizione delle relative modalità di trasmissione telematica. Tale provvedimento deve essere emanato entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge di bilancio.

Si rammenta che, ai fini della fruizione del beneficio per l’anno 2024, il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 9 settembre 2024 ha approvato il modello di comunicazione integrativa di cui all’articolo 1 del decreto-legge 9 agosto 2024, n. 113, attestante l’avvenuta realizzazione entro il termine del 15 novembre 2024 degli investimenti nella ZES unica, con le relative istruzioni e definizione delle modalità di trasmissione telematica, da presentare a pena di decadenza dal contributo sotto forma di credito d’imposta di cui all’articolo 16 del decreto-legge 19 settembre 2023, n. 124

 

Il comma 4 reca disposizioni che mirano ad assicurare il rispetto del limite di spesa pari, come detto, a 1.600 milioni di euro per l'anno 2025. Si prevede, infatti, che l'ammontare massimo del credito d'imposta, fruibile da ciascun beneficiario, debba essere pari all'importo del credito d'imposta risultante dalla comunicazione integrativa moltiplicato per un fattore percentuale notificato con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate. Tale percentuale è ottenuta rapportando il limite di spesa all'ammontare complessivo dei crediti d'imposta indicati nelle comunicazioni integrative.

Tale ulteriore provvedimento del direttore dell’Agenzie delle entrate deve essere emanato entro dieci giorni dalla scadenza del termine di presentazione delle comunicazioni integrative.

 

Il comma 5 stabilisce che il suddetto provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate renda noto, altresì:

a)      il numero delle comunicazioni inviate entro i termini previsti;

b)     la tipologia di investimenti realizzati entro la data del 15 novembre 2025;

c)      l'ammontare complessivo del credito d'imposta complessivamente richiesto.

Tali dati devono essere dettagliati per ciascuna regione della Zona economica speciale per il Mezzogiorno e distinguendo ciascuna delle categorie di microimprese, di piccole imprese, di medie imprese e di grandi imprese come definite dalla Carta degli aiuti a finalità regionale 2022-2027.

 

Qualora (comma 6) il credito d'imposta indicato dal provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate risulti inferiore a quello massimo riconoscibile nelle zone assistite delle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e Molise, ammissibili alle deroghe, il Ministero delle imprese e del made in Italy e le regioni della Zona economica speciale per il Mezzogiorno – ZES unica comunicano, entro il 15 gennaio 2026; al Dipartimento per le politiche di coesione e il Sud della Presidenza del Consiglio dei ministri, la possibilità di agevolare i medesimi investimenti a valere sulle risorse dei programmi della politica di coesione europea relativi al periodo di programmazione 2021-2027 di loro titolarità.

Rimane fermo quanto previsto dal comma 5, secondo periodo, dell’art. 16 del decreto-legge n. 124 del 2023, il quale stabilisce che il credito d'imposta in esame è cumulabile con aiuti de minimis e con altri aiuti di Stato che abbiano ad oggetto i medesimi costi ammessi al beneficio, a condizione che tale cumulo non porti al superamento dell'intensità o dell'importo di aiuto più elevati consentiti dalle pertinenti discipline europee di riferimento.

 

Il comma 7 dispone l’applicabilità del più volte richiamato decreto 17 maggio 2024 per tutto quanto non espressamente previsto dalle disposizioni in esame.


 

 

Articolo 81
(Disposizioni in materia di agevolazione del credito di imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno)

 

 

L’articolo 81 reca disposizioni di completamento della disciplina del credito di imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno per gli anni dal 2018 al 2022.

A tal fine, si autorizza il Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste all’adempimento dei relativi obblighi di registrazione sul Registro nazionale degli aiuti di Stato previsti per gli aiuti individuali non subordinati all’emanazione di provvedimenti di concessione o di autorizzazione alla fruizione comunque denominati.

 

Il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del disegno di legge di bilancio non ascrive all’articolo 81 effetti finanziari sui saldi di finanza pubblica.

 

La disposizione in esame concerne la disciplina del credito di imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno di cui all’articolo 1, commi da 98 a 108, della legge, 28 dicembre 2015, n. 208.

In particolare, il comma 1, sulla base di quanto disposto dall’articolo 10, comma 6, del decreto del Ministro dello sviluppo economico, 31 maggio 2017, n. 115, autorizza il Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste all’adempimento, per gli anni dal 2018 al 2022, degli obblighi di registrazione sul Registro nazionale degli aiuti di Stato ivi previsti per gli aiuti individuali non subordinati all’emanazione di provvedimenti di concessione o di autorizzazione alla fruizione comunque denominati.

 

L’articolo 10, comma 6, del decreto del Ministro dello sviluppo economico, 31 maggio 2017, n. 115, stabilisce che, con riferimento agli obblighi di registrazione dei regimi di aiuti e degli aiuti ad hoc che prevedono gli aiuti individuali non subordinati all’emanazione di provvedimenti di concessione o di autorizzazione alla fruizione comunque denominati, il termine per la relativa registrazione è pari a sessanta giorni decorrenti dalla data di entrata in vigore della norma primaria, ovvero del provvedimento di attuazione, che consente la fruizione dell’aiuto individuale da parte del soggetto beneficiario. La predetta registrazione, nel caso di regimi di aiuti e di aiuti ad hoc subordinati alla preventiva comunicazione ovvero alla notifica alla Commissione europea, deve intervenire entro sessanta giorni, rispettivamente, dalla data di comunicazione nazionale del regime di aiuti o dell’aiuto ad hoc alla Commissione europea ovvero dalla data di ricevimento dell’autorizzazione da parte della medesima del regime di aiuti o aiuto ad hoc notificato. La registrazione deve intervenire, comunque, prima della registrazione dell’aiuto individuale.

L’inadempimento dei predetti obblighi di registrazione previsti dal decreto n. 115 del 2017 entro l’esercizio finanziario successivo a quello della fruizione da parte del soggetto beneficiario ovvero, per gli aiuti fiscali, entro l’esercizio finanziario successivo a quello di presentazione della dichiarazione fiscale nella quale gli aiuti individuali sono dichiarati, determina l’illegittimità della fruizione dell’aiuto individuale.

 

Il comma 2 prevede che, successivamente alla predetta registrazione, l’Agenzia delle entrate provveda agli adempimenti di registrazione nel Registro nazionale aiuti.

 

Il comma 3 stabilisce che, conclusi gli adempimenti di registrazione, qualora il credito di imposta sia stato usufruito nei limiti e alle condizioni previste dalla normativa dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato nei settori agricolo, forestale e delle zone rurali e ittico, si esclude l’adozione di ogni atto di recupero ai sensi degli articoli 1, commi da 31 a 36, della legge, 30 dicembre 2021, n. 234, ovvero ai sensi della procedura prevista per il recupero di agevolazioni e  contributi a fondo perduto, da essa erogati, introdotti a seguito dell'emergenza epidemiologica da COVID19, e 38-bis del decreto del Presidente della Repubblica, 29 settembre 1973, n. 600, relativo al recupero di crediti non spettanti o inesistenti, nonché degli avvisi di accertamento (di cui all’articolo 43 del decreto medesimo).

 

La legge, 28 dicembre 2015, n. 208, all’articolo 1, commi da 98 a 108, ha istituito un credito di imposta a favore delle imprese che acquistano beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive ubicate nelle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Molise, Sardegna e Abruzzo, nella misura massima del 20 per cento per le piccole imprese, del 15 per cento per le medie e del 10 per cento per le grandi.

Il decreto legge n. 243 del 2016 ha modificato la disciplina del credito di imposta, prevedendo tra l’altro:

- l’estensione dell’agevolazione all’intero territorio della regione Sardegna;

- l’innalzamento delle aliquote del credito di imposta che sono stabilite nella misura massima consentita dalla Carta degli aiuti a finalità regionale 2014-2020;

- l’aumento dell’ammontare massimo agevolabile per ciascun progetto di investimento;

- la cumulabilità del credito di imposta con altri aiuti di Stato e con gli aiuti de minimis, nei limiti dell’intensità o dell’importo di aiuti più elevati consentiti dalla normativa europea.

L’art. 1, comma 175, della legge n. 234 del 2021, ha riformulato il comma 98 dell’art. 1 della legge n. 208 del 2015, adeguando il perimetro geografico di applicazione del credito di imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno, per l’anno 2022, a quanto previsto dalla nuova Carta degli aiuti a finalità regionale 2022-2027.

Tale credito d’imposta, da ultimo, è stato esteso agli investimenti effettuati nell’anno 2023 dall’articolo 1, comma 265, della legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio 2023).

    

 

Il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea prevede un divieto generale di concedere aiuti di Stato (articolo 107, par 1) al fine di evitare che, concedendo vantaggi selettivi a talune imprese, venga falsata la concorrenza nel mercato interno.

Gli Stati membri sono tenuti a comunicare alla Commissione europea gli aiuti di Stato che abbiano intenzione di concedere, con esclusione di quelli coperti da una esenzione generale per categoria oppure quelli di minore importanza, ossia con un impatto appena percettibile sul mercato (principio "de minimis").

In particolare, il paragrafo 3 dell’articolo 107 stabilisce che possono considerarsi compatibili con il mercato interno:

a) gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione, nonché quello delle regioni di cui all’articolo 349, tenuto conto della loro situazione strutturale, economica e sociale;

b) gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro;

c) gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse;

d) gli aiuti destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio, quando non alterino le condizioni degli scambi e della concorrenza nell’Unione in misura contraria all’interesse comune;

e) le altre categorie di aiuti, determinate con decisione del Consiglio, su proposta della Commissione.

Per un approfondimento in materia di aiuti di Stato si fa rinvio al relativo Tema web sul sito della Camera dei deputati, nonché, per approfondimenti ulteriori, al dossier di documentazione e ricerche Gli aiuti di Stato - Parte generale e Gli aiuti di Stato - Parte speciale.


 

Articolo 93, comma 8
(Proroga dell’esenzione dal pagamento delle utenze “zona rossa”)

 

 

L’articolo 93, comma 8, dispone la proroga anche per l’anno 2025 dell’esonero dal pagamento delle utenze riferibili a una “zona rossa” istituita mediante apposita ordinanza sindacale.

 

Come risulta dalla relazione tecnica, dalla disposizione non derivano effetti finanziari negativi, atteso che vengono individuate modalità di copertura delle predette agevolazioni attraverso specifiche componenti tariffarie, facendo ricorso, ove opportuno, a strumenti di tipo perequativo.

 

Il comma 8 proroga al 31 dicembre 2025 le esenzioni di cui all’articolo 2-bis, comma 25, secondo periodo, del decreto legge, 16 ottobre 2017, n. 148,  ai sensi del quale con i provvedimenti delle autorità di regolazione, ovvero del Commissario straordinario, sono previste esenzioni in favore delle utenze localizzate in una “zona rossa” istituita mediante apposita ordinanza sindacale, individuando anche le modalità per la copertura delle esenzioni stesse attraverso specifiche componenti tariffarie, facendo ricorso, ove opportuno, a strumenti di tipo perequativo.


 

Articolo 93, comma 9
(Proroga agevolazione cratere sismico 2016/2017)

 

 

L’articolo 93, comma 9, dispone la proroga anche per l’anno 2025 delle agevolazioni previste in favore dei comuni situati nel Centro Italia ricompresi nel cratere sismico 2016/2017.

 

Come risulta dalla relazione tecnica, dalla disposizione non derivano effetti finanziari negativi, atteso che vengono individuate modalità di copertura delle predette agevolazioni attraverso specifiche componenti tariffarie, facendo ricorso, ove opportuno, a strumenti di tipo perequativo.

 

Il comma 9 proroga al 31 dicembre 2025 le agevolazioni, anche di natura tariffaria, previste dall’articolo 48, comma 2, del decreto legge, 17 ottobre 2016, n. 189, a favore dei titolari delle utenze relative a immobili inagibili in seguito al sisma del 24 agosto 2016, al sisma del 26 e del 30 ottobre 2016, nonché a quello del 18 gennaio 2017, situati nei comuni di cui agli allegati 1, 2 e 2-bis al decreto medesimo.

Si ricorda che la proroga delle agevolazioni si applica, altresì, ai seguenti comuni di cui all’articolo 17, comma 1, del decreto legge, 28 settembre 2018, n. 109: Casamicciola Terme, Forio, Lacco Ameno dell’Isola di Ischia interessati dagli eventi sismici verificatisi il giorno 21 agosto 2017.

 

In merito, si evidenzia che le agevolazioni di cui sopra consistono nella sospensione dei pagamenti delle fatture relative ai servizi di energia elettrica, acqua e gas, assicurazioni e telefonia, con una rateizzazione dei predetti pagamenti e in agevolazioni di natura tariffaria disposte dalle competenti Autorità di regolazione.


 

Articolo 93, commi 11, 12 e 13
(Proroga sospensione pagamenti sisma 2016)

 

 

L’articolo 93, comma 11, dispone la proroga anche per l’anno 2025 del termine di sospensione di alcuni pagamenti nei comuni colpiti dal sisma del 24 agosto 2016 e dal sisma del 26 e del 30 ottobre 2016 (Lazio, Abruzzo, Umbria e Marche).

Il comma 12, dispone la proroga anche per l’anno 2025 del termine di sospensione delle rate dei mutui e dei finanziamenti di cui al precedente comma, in scadenza alla data medesima, in caso di omessa informazione da parte delle banche e degli intermediari finanziari della facoltà di ottenere la sospensione delle rate predette.

Il comma 13, prevede che lo Stato concorra, in tutto o in parte, agli oneri derivanti dalle misure sopra citate, nel limite di spesa complessivo di 1,5 milioni euro per l’anno 2025.

 

Come risulta dalla relazione tecnica, il comma 13 comporta effetti finanziari per lo Stato in termini di maggiori spese pari a 1,5 milioni di euro per l’anno 2025.

 

Il comma 11 proroga al 31 dicembre 2025 il termine di sospensione, previsto dall’articolo 48, comma 1, lettera g), del decreto legge, 17 ottobre 2016, n. 189 in favore dei contribuenti residenti o aventi sede legale nei comuni colpiti dal sisma del 24 agosto 2016 e dal sisma del 26 e del 30 ottobre 2016, di cui agli allegati 1 e 2 al medesimo decreto.

Nello specifico, tale sospensione concerne i pagamenti delle rate dei mutui e dei finanziamenti di qualsiasi genere, ivi incluse le operazioni di credito agrario di esercizio e di miglioramento e di credito ordinario, erogati dalle banche, nonché dagli intermediari finanziari e dalla Cassa depositi e prestiti S.p.a., comprensivi dei relativi interessi.

Analoga sospensione si applica, altresì, ai pagamenti di canoni per contratti di locazione finanziaria aventi ad oggetto edifici distrutti o divenuti inagibili, anche parzialmente, ovvero beni immobili strumentali all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale, agricola o professionale svolta nei medesimi edifici.

La sospensione si applica anche ai pagamenti di canoni per contratti di locazione finanziaria aventi per oggetto beni mobili strumentali all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale, agricola o professionale.

 

Il comma 12 proroga al 31 dicembre 2025 la sospensione di cui all’articolo 2-bis, comma 22, terzo periodo, del decreto legge, 16 ottobre 2017, n. 148.

Specificamente, tale sospensione, senza oneri aggiuntivi a carico dei beneficiari, concerne le rate in scadenza entro la suddetta data dei mutui e dei finanziamenti di cui al comma 11 dell’articolo 93 del presente disegno di legge, nel caso in cui le banche e gli intermediari finanziari omettano di informare i beneficiari, della possibilità di chiedere la sospensione delle rate, indicando costi e tempi di rimborso dei pagamenti sospesi.

 

Sul punto, il sopra citato articolo 2-bis, comma 22, specifica che l’informazione avente ad oggetto la possibilità di beneficiare della sospensione delle rate debba avvenire almeno mediante avviso esposto nelle filiali e pubblicato nel proprio sito internet.

 

È, altresì, prorogata la sospensione del termine, non inferiore a trenta giorni, per l’esercizio dell’opzione tra la sospensione dell’intera rata o della sola quota capitale.

 

Il comma 13 autorizza la spesa di 1,5 milioni di euro per l’anno 2025 ai fini del concorso dello Stato agli oneri derivanti dalle sospensioni dei termini di pagamento delle rate dei mutui e dei finanziamenti previste dai commi precedenti.

 


 

Articolo 93, comma 14
(Proroga esenzione imposte di bollo e di registro, IRPEF, IRES, IMU e TASI)

 

 

L’articolo 93, comma 14, proroga le norme disciplinanti le esenzioni in favore dei contribuenti residenti o aventi sede legale nei comuni siti nel cratere sismico 2016/2017 (con riferimento agli eventi sismici verificatosi nei territori delle Regioni Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo) dalle imposte di bollo e di registro, nonché dall’IRPEF, dall’IRES, dall’IMU e dalla TASI.

 

Come risulta dalla relazione tecnica, gli oneri derivanti dall’articolo 93, comma 14, risultano complessivamente pari a 18,64 milioni di euro per l’anno 2025, in termini di maggiori spese per 14,5 milioni e di minori entrate per 4,1 milioni.

 

Il comma 14, lettera a), proroga al 31 dicembre 2025 l’esenzione, prevista dall’articolo 48, comma 7, del decreto legge, 17 ottobre 2016, n. 189, dall’imposta di bollo e dall’imposta di registro per le istanze, i contratti e i documenti presentati alla pubblica amministrazione in favore delle persone fisiche residenti o domiciliate e le persone giuridiche che hanno sede legale o operativa nei comuni colpiti dal sisma del 24 agosto 2016, dal sisma del 26 e 30 ottobre 2016, nonché di quello del 18 gennaio 2017.

 

Si segnala che i comuni sopra citati sono indicati negli allegati 1, 2 e 2-bis al decreto legge n. 189 del 2016.

 

La lettera b), numero 1), novellando il primo periodo del comma 16 del suddetto articolo 48, stabilisce che i redditi dei fabbricati, ubicati nelle zone colpite dagli eventi sismici di cui sopra, purché distrutti od oggetto di ordinanze sindacali di sgombero, comunque adottate entro il 31 dicembre 2018, in quanto inagibili totalmente o parzialmente, non concorrono alla formazione del reddito imponibile ai fini IRPEF ed IRES, fino alla definitiva ricostruzione e agibilità dei fabbricati medesimi e comunque fino all’anno d’imposta 2024 (in luogo dell’anno d’imposta 2023).

 

La lettera b), numero 2), novellando il secondo periodo del comma 16 del suddetto articolo 48, stabilisce che i predetti fabbricati sono, altresì, esenti dall’applicazione dell’IMU e della TASI a decorrere dalla rata scadente il 16 dicembre 2016 e fino alla definitiva ricostruzione o agibilità dei fabbricati stessi e comunque non oltre il 31 dicembre 2025 (in luogo del 31 dicembre 2024).


 

Articolo 93, comma 17
(Proroga dell’esenzione dai canoni in materia di pubblicità e occupazione aree pubbliche)

 

 

L’articolo 93, comma 17 prevede l’esenzione, per l’anno 2025, in favore delle attività con sede legale od operativa nei territori interessati dagli eventi sismici verificatisi tra il 2016 e il 2017 nei territori delle regioni Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo, dal pagamento del canone patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria nonché dal canone di concessione per l’occupazione delle aree e degli spazi appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile, destinati a mercati realizzati anche in strutture attrezzate.

 

Come risulta dal prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del disegno di legge di bilancio, all’articolo 93, comma 17, sono ascrivibili maggiori spese pari a 5 milioni di euro per l’anno 2025.

 

Il comma 17 stabilisce la non debenza, per l’anno 2025, dei canoni di cui all’articolo 1, commi da 816 a 847, della legge, 27 dicembre 2019, n. 160 in materia di pubblicità comunale, di autorizzazione all’installazione dei mezzi pubblicitari, riferiti alle insegne di esercizio di attività commerciali e di produzione di beni o servizi, nonché di occupazione di spazi ed aree pubbliche per le attività con sede legale od operativa nei territori delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, interessati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016, ricompresi nei comuni indicati negli allegati 1, 2 e 2-bis al decreto-legge, 17 ottobre 2016, n. 189.

Si prevede, altresì, al fine di ristorare i comuni interessati dalle minori entrati derivanti dal mancato pagamento dei canoni sopra citati, il finanziamento per l’anno 2025 del Fondo istituito dall’articolo 17-ter, comma 1, del decreto legge, 31 dicembre 2020, n. 183 di un importo pari a 5 milioni di euro.

 


 

Articolo 93, comma 18
(Proroga dell’esclusione degli immobili colpiti da calamità naturali dal computo del patrimonio immobiliare)

 

 

L’articolo 93, comma 18, prevede che la disposizione concernente l’esclusione dal computo del patrimonio immobiliare degli immobili e dei fabbricati di proprietà distrutti o non agibili in seguito a calamità naturali si applichi anche all’anno 2025.

 

Come risulta dalla relazione tecnica, la disposizione determina oneri, pari a 2 milioni di euro per l’anno 2025, in soli termini di fabbisogno e di indebitamento netto.

 

Il comma 18 estende anche all’anno 2025 l’esclusione dal computo del patrimonio immobiliare (prevista dall’articolo 1, comma 986, della legge, 30 dicembre 2018, n. 145), ai fini dell’accertamento dell’indicatore della situazione patrimoniale, degli immobili e dei fabbricati di proprietà distrutti o non agibili in seguito a calamità naturali, nel limite di spesa di 2 milioni di euro annui.


 

Articolo 96
(
Adeguamento della disciplina dell’addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche alla nuova disciplina dell’imposta sul reddito delle persone fisiche)

 

 

L’articolo 96 prevede il differimento dei termini per la modifica, da parte delle regioni, degli scaglioni e delle aliquote dell’addizionale regionale sull’imposta sui redditi per l’anno 2025, 2026 e 2027 in considerazione della modifica degli scaglioni dell’IRPEF disposta dall’articolo 2 del disegno di legge.

 

L’articolo in questione non determina effetti finanziari.

 

Il comma 1, al fine di garantire la coerenza della disciplina dell'addizionale regionale all'IRPEF con la nuova articolazione degli scaglioni dell'IRPEF stabilita dall’articolo 11, comma 1 del TUIR, come modificato dall’articolo 2 del presente disegno di legge, differisce al 15 aprile 2025 il termine (previsto dalla legislazione vigente al 31 dicembre dell’anno precedente a quello in cui l’addizionale si riferisce) di cui all'articolo 50, comma 3, secondo periodo, del decreto legislativo n. 446 del 1997 per modificare gli scaglioni e le aliquote applicabili per l'anno di imposta 2025.

 

Come specificato dal Governo nella relazione illustrativa, il differimento del suddetto termine del 31 dicembre si rende necessario perché la modifica degli scaglioni di cui all’articolo 1 entra in vigore il 1° gennaio 2025.

Per una ricostruzione della disciplina riguardante l’addizionale regionale all’IRPEF si veda il dossier relativo allo schema di decreto legislativo recante attuazione del primo modulo di riforma delle imposte sul reddito delle persone fisiche e altre misure in tema di imposte sui redditi (pagg. 21-23).

 

Il comma 2 dispone che, nelle more del riordino della fiscalità degli enti territoriali, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono determinare, per i soli anni di imposta 2025, 2026 e 2027, aliquote differenziate dell’addizionale regionale all'imposta sul reddito delle persone fisiche sulla base degli scaglioni di reddito previsti dall’articolo 11, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, vigenti fino alla data di entrata in vigore della presente legge.

Per il solo anno di imposta 2025, il termine per approvare gli scaglioni di reddito e le aliquote di cui al primo periodo è fissato al 15 aprile 2025.

 

Per gli anni 2026 e 2027 il termine è invece quello previsto dall'articolo 50, comma 3, secondo periodo, del decreto legislativo n. 446 del 1997 al 31 dicembre dell’anno precedente a quello al quale l’addizionale si riferisce.

 

Il comma 3 disciplina l'ipotesi in cui le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano non approvino entro il suddetto termine - vale a dire entro il 15 aprile per l’anno 2025 ed entro il 31 dicembre per gli anni 2026 e 2027 - la legge modificativa degli scaglioni e delle aliquote, per gli anni di imposta 2025, 2026 e 2027.

In tale caso l’addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche si applicherà sulla base degli scaglioni di reddito e delle aliquote già vigenti in ciascun ente nell’anno precedente a quello di riferimento.

 

Come segnalato dalla relazione illustrativa tale norma risponde alle esigenze di semplificazione dell’iter procedurale posto a carico degli enti territoriali interessati e consente, quindi, che vengano automaticamente confermati gli scaglioni di reddito e le aliquote approvate dalle regioni per ciascun anno precedente a quello di riferimento, garantendo, quindi, anche le scelte sul numero degli scaglioni già operate da ciascun ente.

 

Il comma 4 differisce al 15 maggio 2025 il termine (previsto dalla legislazione vigente al 31 gennaio dell’anno a cui l’addizionale si riferisce) di cui all’articolo 50, comma 3, quarto periodo, del citato decreto legislativo n. 446 del 1997, entro cui le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, provvedono alla trasmissione dei dati rilevanti per la determinazione dell'addizionale regionale all’IRPEF prevista ai fini della pubblicazione sul sito informatico di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto legislativo n. 360 del 1998.

 

L'articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360 prevede la  possibilità per i comuni di deliberare l'istituzione o la variazione dell'aliquota dell'addizionale comunale all'imposta sul reddito delle persone fisiche da applicare a partire dall'anno successivo con deliberazione da pubblicare su un sito informatico individuato con il decreto del capo del Dipartimento per le politiche fiscali del Ministero dell'economia e delle finanze 31 maggio 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 130 del 5 giugno 2002 con il quale sono stabilite le modalità applicative (qui il relativo link, come riportato anche nella relazione illustrativa del disegno di legge in commento).

 

Si segnala che le disposizioni di cui ai commi 1, 3 e 4 ricalcano sostanzialmente quanto già previsto, per l’anno 2024, dall’articolo 3, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 216 del 2023, recante attuazione del primo modulo di riforma delle imposte sul reddito delle persone fisiche e altre misure in tema di imposte sui redditi, rispetto al quale si rinvia al dossier relativo al relativo schema di decreto legislativo (AG 88)

 


 

Articolo 98
(Misure in materia di addizionale comunale sui diritti di imbarco)

 

 

L’articolo 98 prevede che per gli anni 2025, 2026 e 2027 nella regione Abruzzo non si applichi l'addizionale comunale sui diritti d'imbarco di passeggeri sugli aeromobili.

 

Il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del disegno di legge di bilancio 2025 non ascrive all’articolo 98 effetti finanziari sui saldi di finanza pubblica in quanto, come rilavato nella relazione tecnica, l’effetto complessivo delle norme è quello di spostare l’onere dell’addizionale d’imbarco dai passeggeri alla regione che provvederà a versarla allo Stato.

 

La disposizione al comma 1 dispone che per gli anni 2025, 2026 e 2027, nel territorio della regione Abruzzo non si applica l'addizionale comunale sui diritti d'imbarco di passeggeri sugli aeromobili, di cui all'articolo 2, comma 11, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e successivi incrementi.

 

Il sopra citato comma 11 ha istituito l'addizionale comunale sui diritti d'imbarco di passeggeri sugli aeromobili. L'addizionale è pari a 1 euro per passeggero.

Le seguenti disposizioni hanno previsto un incremento dell'importo dell'addizionale comunale sui diritti d'imbarco nella misura:

- 1 euro (articolo 6-quater, comma 2, D.L. 31 gennaio 2005, n. 7);

- 0,50 euro (articolo 1, comma 1328, L. 27 dicembre 2006, n. 296);

- 2 euro (dall’articolo 2, comma 5-bis del decreto-legge 134 del 2008, in quanto sostituendo all’articolo 6-quater, comma 2, D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, l’importo di un euro con quello di tre euro previsto determina un incremento effettivo di due euro);

- 2 euro (articolo 4, comma 75, L. 28 giugno 2012, n. 92).

Il totale dell’imposta è quindi pari a 6,50 euro.

 

Conseguentemente, ai comuni della regione Abruzzo, per le stesse annualità, non sono dovuti i trasferimenti di cui alla lettera a) del medesimo comma 11 e la regione Abruzzo provvede a ristorare, per ciascun anno dal 2025 al 2027, i comuni interessati.

 

Il comma 2, conseguentemente a quanto previsto al comma 1, dispone che la Regione Abruzzo provvede a ristorare annualmente i comuni interessati. In particolare prevede che per gli anni 2025, 2026 e 2027 la regione Abruzzo versi, entro il 30 aprile di ciascun anno, all'entrata del bilancio dello Stato, con oneri a carico della finanza regionale, la somma di 4.763.000 euro.

 

Di conseguenza, il comma 3 stabilisce che, per effetto di quanto previsto dai commi 1 e 2, è trasferita all'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), per gli anni 2025, 2026 e 2027, la somma di 3.663.000 euro annui ai fini della relativa destinazione alle gestioni interessate.

 

Quanto alla destinazione del gettito dell’imposta in questione si ricorda che la somma originariamente riscossa dalla citata addizionale (pari ad un euro a passeggero) era riassegnata quanto a 30 milioni di euro, in un apposito fondo istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti destinato a compensare l'ENAV S.p.a., secondo modalità regolate dal contratto di servizio per i costi sostenuti da ENAV S.p.a. per garantire la sicurezza ai propri impianti e per garantire la sicurezza operativa e, quanto alla residua quota, in un apposito fondo istituito presso il Ministero dell'interno e ripartito sulla base del rispettivo traffico aeroportuale secondo i seguenti criteri:

a) il 40 per cento del totale a favore dei comuni del sedime aeroportuale o con lo stesso confinanti secondo la media delle seguenti percentuali: percentuale di superficie del territorio comunale inglobata nel recinto aeroportuale sul totale del sedime; percentuale della superficie totale del comune nel limite massimo di 100 chilometri quadrati; 

b) al fine di pervenire ad efficaci misure di tutela dell'incolumità delle persone e delle strutture, il 60 per cento del totale per il finanziamento di misure volte alla prevenzione e al contrasto della criminalità e al potenziamento della sicurezza nelle strutture aeroportuali e nelle principali stazioni ferroviarie.

Il successivo aumento dell’addizionale è (1 euro a passeggero dal D.L. n. 7/2005 e, quella di 3 € a passeggero prevista dall’articolo 2, comma 5-bis del decreto-legge 134 del 2008) è stato destinato, a decorrere dal 1° gennaio 2020 alla gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali dell'INPS. Con il decreto-legge n. 34 del 2020 a decorrere dal 1° luglio 2021, le maggiori somme derivanti dall'incremento dell'addizionale comunale sui diritti di imbarco previsto dall'articolo 6-quater, comma 2, del decreto-legge n. 7/2005 sono riversate, nella misura del 50 per cento, alla gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali dell'INPS (prevista dal citato articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88), e nella restante misura del 50 per cento sono destinate ad alimentare il Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale.

L’incremento di ulteriori 50 centesimi di euro a passeggero imbarcato disposto dall’articolo 1, comma 1328, della legge n. 296 del 2006 è destinato al fine di ridurre il costo a carico dello Stato del servizio antincendi negli aeroporti.

L’ultimo incremento di due euro, disposto dall'articolo 4, comma 75, della legge n. 92 del 2012 è versato all'INPS.

L’INPS è quindi destinatario del 77 per cento delle addizionali comunali pari a 5 euro (3,5 euro alla Gestione GIAS e 1,5 euro al Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale) a passeggero.

 

Il comma 4 stabilisce che alle finalità di cui al sopra citato articolo 2, comma 11, lettere a) e b), della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e di cui all'articolo 1, comma 1328, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (ovvero al fine di ridurre il costo a carico dello Stato del servizio antincendi negli aeroporti), per gli anni 2025, 2026 e 2027, è destinato l'importo complessivo di 1.100.000 euro annui.

 

La relazione tecnica osserva che per gli anni 2025, 2026 e 2027, la Regione Abruzzo versa con oneri a carico della finanza regionale entro il 30 aprile di ciascun anno la somma di 4.763.000 euro all’entrata del bilancio dello Stato, di cui l’importo di euro 3.663.000 annui è trasferito all'Istituto Nazionale della Previdenza sociale (INPS), per essere destinato alle gestioni interessate. L’INPS è infatti destinatario del 77 per cento delle addizionali comunali oggetto di disapplicazione, pari a 5 euro (3,5 euro alla Gestione GIAS e 1,5 euro al Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale) a passeggero della quota (che complessivamente è di 6,5 euro – come si evince dallo schema riportato di seguito), ai sensi di quanto stabilito dall’articolo 2, comma 5-bis, del DL 134/2008, convertito con legge 166/2008, nonché dall’articolo 4, comma 75, della legge 92/2012. Invece, l’importo residuo di 1.100.000 euro annui (pari al 23 per cento) è destinato alle finalità di cui all’articolo 2, comma 11, lettere a), al netto della quota a favore dei comuni del sedime aeroportuale o con lo stesso confinanti della Regione, al cui ristoro provvede la medesima regione, e b) (ossia il finanziamento di misure volte alla prevenzione e al contrasto della criminalità e al potenziamento della sicurezza nelle strutture aeroportuali e nelle principali stazioni ferroviarie), della legge 21 dicembre 2003, n. 350, oltre che alle finalità di cui all'articolo 1 comma 1328, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (riduzione del costo a carico dello Stato del servizio antincendi negli aeroporti).

 

Il comma 5 specifica che per effetto di quanto previsto dal presente articolo, qualora la regione Abruzzo non disponga i versamenti entro i termini previsti, si applica quanto previsto dall'articolo 1, comma 527, ultimo periodo, della legge 30 dicembre 2023, n. 213 che prevede che qualora un versamento non sia effettuato entro il termine previsto, il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato provvede al recupero mediante corrispondente riduzione delle risorse a qualsiasi titolo spettanti a ciascuna regione.

 

In merito, la relazione tecnica rileva che l’effetto complessivo delle norme è quindi quello di spostare l’onere dell’addizionale d’imbarco dai passeggeri alla regione che provvederà a versarla allo Stato. Conseguentemente, per dare copertura certa all’onere finanziario previsto dalla disposizione, si prevede espressamente che si possa procedere in ultima istanza anche al recupero a valere su risorse statali a qualsiasi titolo spettanti alla regione.

 

 

 

 


 

Articolo 99
(
Adeguamento della disciplina dell’addizionale comunale all’imposta sul reddito delle persone fisiche alla nuova disciplina dell’imposta sul reddito delle persone fisiche)

 

 

L’articolo 99 prevede il differimento dei termini per la modifica, da parte dei comuni, degli scaglioni e delle aliquote dell’addizionale comunale sull’imposta sui redditi per l’anno 2025, 2026 e 2027 in considerazione della modifica degli scaglioni dell’IRPEF disposta dall’articolo 2 del disegno di legge.

 

Alla disposizione in commento non si ascrivono effetti finanziari.

 

Il comma 1 prevede che, al fine di garantire la coerenza della disciplina dell'addizionale comunale all'imposta sul reddito delle persone fisiche con la nuova articolazione degli scaglioni di reddito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche prevista dall'articolo 11, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi – come modificato dall’articolo 2 del presente disegno di legge - i comuni per l'anno 2025 modificano, con propria delibera, entro il 15 aprile 2025, gli scaglioni e le aliquote dell'addizionale comunale.

Ciò in deroga all’articolo 1, comma 169, primo periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, che dispone che gli enti locali deliberano le tariffe e le aliquote relative ai tributi di loro competenza entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione, e all’articolo 172, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, che prevede che devono essere allegate al bilancio di previsione le deliberazioni con le quali sono determinati, per l’esercizio successivo, tra l’altro le tariffe, le aliquote d'imposta e le eventuali maggiori detrazioni, le variazioni dei limiti di reddito per i tributi locali.

 

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 151 comma 1, del testo unico enti locali gli enti locali (…) deliberano il bilancio di previsione finanziario entro il 31 dicembre, riferiti ad un orizzonte temporale almeno triennale.


 

I comuni possono istituire, ai sensi dell’art. 1 del decreto legislativo n. 360 del 1998, un’addizionale all’IRPEF, fissandone l’aliquota in misura non eccedente lo 0,8 per cento, salvo deroghe espressamente previste dalla legge, come nel caso di Roma Capitale, che, a decorrere dall’anno 2011, può stabilire un’aliquota fino allo 0,9 per cento.

A decorrere dall’anno 2007, inoltre, è stata riconosciuta ai comuni la facoltà d’introdurre una soglia d’esenzione dal tributo in presenza di specifici requisiti reddituali: in tal caso, l’addizionale non è dovuta qualora il reddito sia inferiore o pari al limite stabilito dal comune, mentre la stessa si applica al reddito complessivo nell’ipotesi in cui il reddito superi detto limite.

I comuni possono stabilire un’aliquota unica oppure una pluralità di aliquote differenziate tra loro, ma in tale ultima eventualità queste devono necessariamente essere articolate secondo i medesimi scaglioni di reddito stabiliti per l'IRPEF nazionale, nonché diversificate e crescenti in relazione a ciascuno di essi.

L’addizionale è dovuta al comune nel quale il contribuente ha il domicilio fiscale alla data del 1° gennaio dell’anno cui si riferisce il pagamento dell’addizionale stessa. L’imposta è calcolata applicando l’aliquota fissata dal comune al reddito complessivo determinato ai fini IRPEF, al netto degli oneri deducibili, ed è dovuta solo se per lo stesso anno risulta dovuta l’IRPEF stessa, al netto delle detrazioni per essa riconosciute e del credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero.

Il versamento dell’addizionale è effettuato in acconto e a saldo, unitamente al saldo dell’imposta sul reddito delle persone fisiche. L’acconto è stabilito nella misura del 30 per cento dell’addizionale ottenuta applicando l’aliquota fissata dal comune per l’anno precedente al reddito imponibile IRPEF dell’anno precedente.

 

Il comma 2 dispone che, nelle more del riordino della fiscalità degli enti territoriali, i comuni possono determinare, per i soli anni di imposta 2025, 2026 e 2027, aliquote differenziate dell’addizionale regionale all'imposta sul reddito delle persone fisiche sulla base degli scaglioni di reddito previsti dall’articolo 11, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, vigenti fino alla data di entrata in vigore della presente legge.

Per il solo anno di imposta 2025, il termine per approvare gli scaglioni di reddito e le aliquote di cui al primo periodo è fissato al 15 aprile 2025.

 

Anche in tal caso il termine è previsto in deroga all’articolo 1, comma 169, primo periodo, della legge n. 296 del 2006 e all’articolo 172, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (vedi supra).

 

Il comma 3, dispone infine che qualora i comuni non adottino la delibera di cui ai commi 1 e 2 o non la trasmettono entro il termine stabilito dall’articolo 14, comma 8, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, per gli anni di imposta 2025, 2026 e 2027, l'addizionale comunale all'imposta sul reddito delle persone fisiche si applica sulla base degli scaglioni di reddito e delle aliquote già vigenti in ciascun ente nell’anno precedente a quello di riferimento.

 

Il suddetto articolo 14, comma 8, del decreto legislativo n. 23 del 2011 prevede che, a decorrere dall'anno 2011, le delibere di variazione dell'addizionale comunale all'imposta sul reddito delle persone fisiche hanno effetto dal 1° gennaio dell'anno di pubblicazione sul sito informatico di cui all'articolo 1, comma 3, del citato decreto legislativo n. 360 del 1998 (si veda in proposito la scheda relativa all’articolo 96), a condizione che detta pubblicazione avvenga entro il 20 dicembre dell'anno a cui la delibera afferisce.

 


 

Articolo 114
(Accantonamenti oneri connessi ai piani di stock option)

 

 

L’articolo 114 stabilisce che i componenti negativi imputati a conto economico relativi ai piani di stock options sono deducibili da parte dei soggetti che adottano i principi contabili internazionali IAS/IFRS solo al momento dell’avvenuta assegnazione ai beneficiari del piano.

 

Come risulta dal prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del disegno di legge di bilancio, all’articolo 114 sono ascrivibili maggiori entrate tributarie pari a 25 milioni di euro per l’anno 2026 e a 39 milioni di euro per l’anno 2027. La Relazione tecnica precisa, inoltre, che nell’anno 2028 sono previste minori entrate pari a 21 milioni di euro.

 

Il comma 1 introduce il nuovo comma 6-bis nell’articolo 95 del decreto del Presidente della Repubblica, 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR).

 

In merito, si rammenta che il sopra citato articolo 95 reca la disciplina concernente la deducibilità ai fini IRES delle spese per prestazioni di lavoro.

 

Specificamente, il nuovo comma 6-bis riconosce ai soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali IAS/IFRS la deducibilità dei componenti negativi imputati a conto economico riferiti alle operazioni con pagamento basato su azioni (c.d. stock option) regolate con propri strumenti rappresentativi di capitale ovvero con azioni di altre società del gruppo solo al momento di assegnazione di tali strumenti. In tale momento, sono, altresì, riconosciuti i maggiori valori delle partecipazioni iscritti in bilancio dalle società del gruppo i cui strumenti rappresentativi di capitale sono assegnati a seguito di tali operazioni.

 

Sul punto, si segnala che l’IFRS 2 (20 giugno 2011) definisce l’operazione con pagamento basato su azioni (c.d. stock option) come “un’operazione in cui l’entità riceve beni o servizi come corrispettivo di strumenti rappresentativi di capitale della entità (incluse le azioni o le opzioni su azioni), oppure acquisisce beni o servizi sostenendo delle passività nei confronti del fornitore di tali beni o servizi per importi basati sul prezzo delle azioni delle entità o di altri strumenti rappresentativi di capitale della entità stessa”. In altri termini, si tratta di un’operazione mediante la quale l’impresa che acquista o riceve beni e/o servizi conferisce al cedente, a titolo di corrispettivo, propri strumenti rappresentativi di capitale (azioni od opzioni su azioni) oppure si obbliga a pagargli un importo definito in relazione al prezzo delle proprie azioni o di altri strumenti rappresentativi di capitale.

L’IFRS 2 si sofferma, altresì, sui profili fiscali relativi a piani di stock options, tuttavia, premettendo prodromiche osservazioni sulla disciplina contabile.

Segnatamente, viene evidenziato che la società conferente stock options rileva a conto economico il costo relativo ai servizi lavorativi prestati dal dipendente e iscrive in contropartita una riserva di patrimonio netto. La rilevazione dei servizi resi (l’iscrizione del costo) viene effettuata nel periodo di maturazione (c.d. vesting period), contestualmente alla loro prestazione, con un corrispondente incremento del patrimonio netto.

L’IFRS 2 dà conto di un duplice orientamento in letteratura in merito al momento di deducibilità del costo suddetto:

§  un orientamento favorevole alla deducibilità al momento della sua imputazione a conto economico;

§  un orientamento che, invece, propende per la deducibilità al momento dell’esercizio dell’opzione.

In questo complesso quadro interpretativo è intervenuto il decreto del Ministero dell’economia e delle finanze dell’8 giugno 2011 che, all’articolo 6, comma 1, aderendo al primo dei due orientamenti, ha stabilito che i componenti negativi imputati a conto economico a titolo di spese per servizi in conformità alle disposizioni dell’IFRS 2 sono rilevanti ai fini fiscali sulla base delle imputazioni temporali rilevate in bilancio ai sensi dell’articolo 83 del TUIR.

Tuttavia, per effetto del nuovo comma 6-bis, la deduzione dei componenti negativi di reddito riferiti ai piani di stock option è consentita esclusivamente al momento dell’assegnazione di tali strumenti finanziari ai soggetti beneficiari del piano e, ovviamente, nella misura in cui questi ultimi esercitino le opzioni in loro possesso.

Dalla nuova disciplina deriva, pertanto, l’inapplicabilità dell’articolo 6 del sopra citato decreto ai nuovi piani di stock option avviati a partire dall’esercizio in corso al 31 dicembre 2025 o dai successivi, con la conseguenza che, qualora i beneficiari del piano non esercitino le opzioni loro assegnate, i relativi oneri saranno indeducibili.

Infine, la relazione illustrativa del Governo evidenzia, che, per ragioni di coerenza sistematica, la modifica del regime si applica anche per i soggetti che adottano in bilancio i principi contabili nazionali (OIC) e rappresentano le operazioni in esame con le regole contenute nell’IFRS 2, in considerazione delle previsioni di cui all’OIC 11.

 

Il comma 2 prevede che il criterio di deducibilità al momento di assegnazione ai beneficiari del piano di stock option si applichi alle operazioni con pagamento basato su azioni i cui oneri sono rilevati per la prima volta nei bilanci riferiti all’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2025 oppure nei successivi.

 

 

 


 

Articolo 125
(Stato di previsione dell'entrata)

 

 

Ai sensi dell’articolo 125, l’ammontare delle entrate previste per l’anno finanziario 2025 è stabilito nell’annesso stato di previsione dell’entrata di cui alla Tabella n. 1.

 

Lo stato di previsione dell’entrata contabilizza, nella Sezione II, gli effetti di retroazione derivanti dalla manovra di finanza pubblica con riferimento alle entrate tributarie, per un importo pari a 1.314 milioni di euro per l’anno 2025, 908 milioni di euro per l’anno 2026, 1.728 milioni di euro per l’anno 2027.

 

Ai sensi dell'articolo 125, comma 1, si definisce che l’ammontare delle entrate previste per l’anno finanziario 2025 afferenti imposte, tasse, contributi di ogni specie e ogni altro provento accertate, riscosse e versate nelle casse dello Stato, per effetto di leggi, decreti, regolamenti e ogni altro titolo, risulta dall’annesso stato di previsione dell’entrata di cui alla Tabella n. 1, di seguito riepilogata.

 

Previsioni entrate integrate per il triennio 2025-2027

(Dati di competenza, Importi in milioni di euro)

 

 

Bilancio integrato 2025

Bilancio integrato 2026

Bilancio integrato 2027

Entrate tributarie

643.330

655.351

672.169

Entrate extra-tributarie

84.619

81.200

79.716

Alienazione ed ammortamento di beni patrimoniali e riscossione di crediti

345

346

348

Totale entrate finali

728.293

736.897

752.233

 

In particolare, le previsioni di competenza integrate delle entrate finali per l’anno 2025 risultano pari a 728.293 milioni di euro, così ripartite:

§  643.330 milioni di euro per le entrate tributarie;

§  84.619 milioni di euro per le entrate extra-tributarie;

§  345 milioni di euro per le entrate da alienazione e ammortamento di beni patrimoniali e riscossione di crediti.

 

Nel disegno di legge di bilancio di Sezione II, le previsioni di entrata a legislazione vigente sono state integrate con le variazioni derivanti dagli effetti di retroazione della manovra per 1.314 milioni di euro nell’anno 2025, 908 milioni di euro per l’anno 2026 e 1.728 milioni di euro per l’anno 2027.

Come evidenziato nella relazione tecnica, dalle misure di riduzione del carico fiscale sul lavoro e di sostegno alle famiglie, con particolare riguardo a quelle più numerose, si attende un impulso favorevole sui consumi interni e, anche attraverso la maggiore domanda aggregata, sugli investimenti delle imprese rispetto allo scenario tendenziale. Gli effetti positivi di tali interventi si protrarranno anche nel biennio successivo.

Il miglioramento del PIL programmatico e delle componenti della domanda interna si riflettono, sull’aumento delle entrate tributarie (effetti di retroazione) nel seguente modo:

§  1.314 milioni di euro, quali effetti di retroazione sulle entrate tributarie anno 2025;

§  908 milioni di euro, quali effetti di retroazione sulle entrate tributarie anno 2026;

§  1.728 milioni di euro, quali effetti di retroazione sulle entrate tributarie anno 2027;

§  2.264 milioni di euro, quali effetti di retroazione sulle entrate tributarie anno 2028;

§  1.936 milioni di euro, quali effetti di retroazione sulle entrate tributarie anno 2029.

 

 

 


 

La seconda Sezione

Stato di previsione dell’entrata
(Tabella n. 1)

L’articolo 125 del disegno di legge di bilancio definisce l’ammontare delle entrate previste per l'anno finanziario 2025, relative a imposte, tasse, contributi di ogni specie e ogni altro provento, accertati, riscossi e versati nelle casse dello Stato, in virtù di leggi, decreti, regolamenti e di ogni altro titolo, risulta dall’annesso stato di previsione dell’entrata (Tabella n. 1).

Nella Tabella che segue sono esposte le previsioni di competenza per gli anni 2025, 2026 e 2027 relative alle entrate finali distinte per i primi tre titoli dell’entrata. Tali entrate previste a legislazione vigente dal disegno di legge di bilancio nella Sezione II, in termini di competenza, sono integrate con le variazioni derivanti dagli effetti di retroazione della manovra per 1.314 milioni di euro nell’anno 2025, 908 milioni di euro per l’anno 2026 e 1.728 milioni di euro

 per l’anno 2027.

(Importi in milioni di euro)

 

DDl di bilancio Sez. II

 

2025

2026

2027

Entrate tributarie

652.348

667.956

685.932

Entrate extra-tributarie

82.656

80.292

78.608

Alienazione ed ammortamento di beni patrimoniali e riscossione di crediti

345

346

348

Totale entrate finali

735.349

748.593

764.889

 

Come indicato dal prospetto, le entrate finali di competenza previste per il 2025 nella Sezione II, integrate dagli effetti di retroazione risultano pari a 735.349 milioni.

 

Le entrate finali di competenza per il 2025 risultano così ripartite:

§  652.348 milioni per le entrate tributarie;

§  82.656 milioni per le entrate extra-tributarie;

§  345 milioni per le entrate da alienazione e ammortamento di beni patrimoniali e riscossione di crediti.

 

 

Rispetto alle previsioni assestate di competenza del 2024, pari a 712.220 milioni, le entrate finali registrano un aumento complessivo di 23.130 milioni per effetto dell’incremento stimato delle entrate tributarie per 31.201 milioni, del decremento previsto per le entrate extra-tributarie per 7.267 milioni e della diminuzione delle entrate derivanti dall’alienazione ed ammortamento dei beni patrimoniali per 805 milioni.

Il raffronto tra le previsioni per l’anno 2025 e le previsioni di bilancio per l’anno 2024, assestate con la legge, 8 agosto 2024, n. 118, concernente “Disposizioni per l’assestamento del bilancio dello Stato per l’anno finanziario 2024”, si presenta come segue:

 

(Importi in milioni di euro)

 

previsioni assestate 2024

disegno legge bilancio

sezione ii

2025

variazioni

in termini assoluti

in termini percentuali

Entrate tributarie

621.147

652.348

+31.20

+5,0

Entrate extra-tributarie

89.923

82.656

-7.267

-8,1

Alienazione ed ammortamento di beni patrimoniali e riscossione di crediti

1.150

345

-805

-70,0

TOTALE ENTRATE FINALI

712.220

735.349

+23.130

+3,2

 

Al fine di consentire un migliore confronto, le previsioni assestate sono state integrate con gli effetti derivanti dai provvedimenti approvati successivamente alla presentazione del disegno di legge per l'assestamento del bilancio dello Stato per l’anno finanziario 2024.

Le previsioni di entrata per il triennio 2025-2027, di competenza esposte nella Sezione II del disegno di legge di bilancio, sono integrate con gli effetti finanziari derivanti dalle disposizioni contenute nella Sezione I del disegno di legge.

Le previsioni di bilancio integrate per il triennio 2025-2027 sono riportate nel prospetto che segue, distintamente per titolo di entrata.

 

(Importi in milioni di euro)

 

Bilancio Integrato

 

2025

2026

2027

Entrate tributarie

643.330

655.351

672.169

Entrate extra-tributarie

84.619

81.200

79.716

Alienazione ed ammortamento di beni patrimoniali e riscossione di crediti

345

346

348

Totale entrate finali

728.293

736.897

752.233

 

Le previsioni di competenza integrate (Sezione I e II) delle entrate finali per il 2025 risultano pari a 728.293 milioni, così ripartite:

§  643.330 milioni per le entrate tributarie;

§  84.619 milioni per le entrate extra-tributarie;

§  345 milioni per le entrate da alienazione e ammortamento di beni patrimoniali e riscossione di crediti.

 

 

 

(Importi in milioni di euro)

 

2025

disegno di legge di bilancio

sezione ii

effetti finanziari

sezione i

disegno di legge di bilancio integrato

(sezione i + sezione ii)

totale

di cui:

effetti di retroazione della manovra

Entrate tributarie

652.348

1.314

-9.019

643.330

Entrate extra-tributarie

82.656

0

1.963

84.619

Alienazione ed ammortamento di beni patrimoniali e riscossione di crediti

345

0

0

345

TOTALE ENTRATE FINALI

735.349

1.314

-7.056

728.293

 

Come risulta dalla tabella sopra esposta, le misure introdotte con la Sezione I modificano le previsioni della Sezione II determinando, per le entrate finali, una riduzione nel 2025 di 7.056 milioni, quale risultante del decremento, in termini di competenza, stimato per le entrate tributarie per 9.019 milioni e dell’aumento delle entrate extra-tributarie per 1.963 milioni.

 

Nel 2026 la riduzione delle entrate finali è pari a 11.697 milioni , derivante dalla variazione negativa delle entrate tributarie per 12.606 milioni, e dall’incremento delle entrate extra-tributarie per 908 milioni di competenza. Le variazioni per l’ultimo esercizio del triennio di previsione determinano, infine, una riduzione delle entrate finali per 12.655 milioni, ascrivibile al comparto tributario per un importo negativo di 13.763 milioni, marginalmente compensato dall’aumento delle entrate extratributarie per 1.108 milioni di competenza.

 

Tra le principali misure adottate con la Sezione I sono da evidenziare, in particolare per le entrate tributarie:

§  conferma della revisione della struttura delle aliquote e degli scaglioni dell’IRPEF, nonché della modalità di calcolo delle detrazioni da lavoro dipendente, con conseguenti minori entrate in termini di IRPEF per 4.802,5 milioni per l’anno 2025, per 5.377,5 milioni per l’anno 2026 e per 5.102,9 milioni a partire dall’anno 2027 (articolo 2, commi 1 e 9);

§  riconoscimento di un bonus ai titolari di reddito da lavoro dipendente non superiore a 20 mila euro, finalizzato alla riduzione del cuneo fiscale con minori entrate per 8.439,5 milioni a decorrere dall’anno 2025 (articolo 2, comma 1);

§  limitazione della detrazione per figli a carico ai figli con età inferiore ai 30 anni e abrogazione detrazione per altri familiari a carico, con esclusione degli ascendenti con conseguenti maggiori entrate IRPEF per 393,5 per l’anno 2025, per 470 milioni per l’anno 2026 e per 437,2 milioni a decorrere dal 2027 (articolo 2, comma 10, lettera a));

§  modifiche alla deducibilità delle quote di svalutazione e perdite su crediti e dell’avviamento, con differimento della quota di deduzione riferibile ai periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2025 e al 31 dicembre 2026 dello stock delle svalutazioni e perdite su crediti non dedotte fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2015, e con sospensione, per gli anni 2025 e 2026, della percentuale di deducibilità per l’avviamento, con maggiori entrate in termini di IRES per 2.132,9 milioni complessivi per l’anno 2025, per 1.216,1 milioni nel 2026 e una riduzione per 359,5 milioni nel 2027 (articolo 3);

§  estensione a regime della rivalutazione dei terreni e delle partecipazioni quotate e non quotate, disposta da ultimo dall’articolo 1 commi da 107 a 109 della legge di bilancio 2023, con l’applicazione dell’imposta sostitutiva al 16 per cento, da cui si stimano complessivamente maggiori entrate per 683,9 milioni per l’anno 2025, per 747,8 milioni per l’anno 2026 e 811,7 milioni per l’anno 2027 (articolo 5, comma 1);

§  innalzamento dell’aliquota IVA dal 10 per cento al 22 per cento per le operazioni di conferimento in discarica e di incenerimento senza recupero efficiente di energia dalle prestazioni di gestione di rifiuti urbani e speciali, da cui si stima un maggiore gettito per 148,1 milioni dall’anno 2025 (articolo 7, comma 2);

§  modifiche all’applicazione e al versamento dell’imposta di bollo finalizzata al versamento annuale del tributo anche per le polizze di assicurazione di cui ai rami III e V, con stimati effetti positivi per 970,4 milioni per l’anno 2025, per 397 milioni per l’anno 2026 e per 385,1 milioni per l’anno 2027 (articolo 11, comma 1);

§  esclusione dal concorso alla formazione del reddito del lavoratore dipendente, entro il limite complessivo di 2.000 euro, del valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori con figli a carico, nonché delle somme erogate o rimborsate ai medesimi lavoratori dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell'energia elettrica e del gas naturale, con minori entrate per 277,8 milioni dal 2025 al 2027 (articolo 68, comma 5).

 

Per le entrate extra-tributarie, gli interventi principali riguardano:

 

§  proroga fino al 31 dicembre 2026 delle concessioni del gioco pubblico, con riferimento al gioco del bingo, alle concessioni su eventi sportivi, anche ippici e non sportivi in rete fisica, nonché delle concessioni per la realizzazione e conduzione delle reti di gestione telematica del gioco mediante apparecchi da divertimento e intrattenimento, da cui derivano effetti positivi per 232,76 milioni per gli anni 2025 e 2026 (articolo 14, comma 1);

§  versamento a favore del bilancio dello Stato per le risorse ricevute in eccesso rispetto alla perdita di gettito connessa all’emergenza COVID-19 per il biennio 2020-2021 dell’importo di 422,6 milioni da parte della regione Friuli-Venezia Giulia, di 451,4 milioni da parte della Regione Siciliana e di 258,6 milioni complessivamente dalla Regione Trentino-Alto Adige e dalle province autonome di Trento e Bolzano (articolo 95).

 

Con riferimento agli effetti di retroazione, complessivamente pari a 1.314 milioni di euro per l’anno 2025, 908 milioni di euro, per l’anno 2026 essi sono così distribuiti, 1.728 milioni di euro, quali effetti di retroazione sulle entrate tributarie anno 2027:

§  imposta sul reddito delle persone fisiche: 275 milioni di euro per l’anno 2025; 190 milioni di euro per l’anno 2026; 362 milioni di euro per l’anno 2027;

§  imposta sul valore aggiunto: 761 milioni di euro per l’anno 2025; 526 milioni di euro per l’anno 2026; 1.001 milioni di euro  per l’anno 2027;

§  imposte di registro e di bollo: 183 milioni di euro per l’anno 2025; 126 milioni di euro per l’anno 2026; 240 milioni di euro per l’anno 2027;

§  altre tasse e imposte sugli affari: 95 milioni di euro per l’anno 2025; 66 milioni di euro per l’anno 2026; 125 milioni di euro per l’anno 2027.

 

Si ricorda infine che, in seconda sezione, nel programma 23.1 Fondi da assegnare, della missione 23, Fondi da ripartire, sono ridotte, per un importo pari a 3.409,77 milioni di euro per il 2025; 2.707,56 milioni di euro per il 2026 e 2.694,36 milioni di euro per l’anno 2027, le risorse assegnate al Fondo per l’attuazione della delega fiscale (di cui all’articolo 62, comma 1, del decreto legislativo n. 209 del 2023) e di 2.191 milioni di euro per ciascuno degli anni da 2025 a 2027 con riferimento al “Fondo delega riforma fiscale e per le maggiori entrate per la fedeltà fiscale, assegno unico” di cui all’articolo 1, comma 2, della legge n. 178 del 2020 (legge di bilancio 2021). Tali riduzioni sono permanenti e si proiettano pertanto anche sugli anni successivi al 2027.

 

 



[1]     Con riferimento all’incremento degli importi riconosciuti in detrazione, si vedano anche: art. 14 dl n. 63 del 2014 e art. 1 co. 344 e 345 l. n. 266 del 2006 (ecobonus); art. 16 co. da 1-bis a 1-septies dl n. 63 del 2013 (sismabonua); art. 16, co. 1, dl n. 63 del 2013 e art. 1, co.219 l. 160 del 2019 (riqualificazione edilizia); art. 119-ter dl 34 del 2020 (abbattimento barriere architettoniche); Art. 119, co. 8-bis d-l. n. 34 del 2020 (superbonus).

[2]     Tra le spese sostenute di cui al co. 1 dell’articolo 16-bis sono comprese quelle di progettazione e per prestazioni professionali connesse all'esecuzione delle opere edilizie e alla messa a norma degli edifici ai sensi della legislazione vigente in materia.

[3]     Riguardo a tali limiti, cfr. infra.

[4]     Riguardo all’Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), cfr. il regolamento di cui al D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159.

[5]     Autodichiarazione o dichiarazione sostitutiva, ai sensi del richiamato articolo 46 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, e successive modificazioni.

[6]     Per i titolari di redditi assimilati a quello da lavoro dipendente, cfr. infra, in nota.

[7]     Le norme speciali relative al periodo di imposta 2024 sono state poste dall’articolo 1, commi 16 e 17, della L. 30 dicembre 2023, n. 213. Riguardo ad esse, cfr. anche la circolare dell’Agenzia delle entrate n. 5/E del 7 marzo 2024. Si ricorda che i suddetti commi 16 e 17, pur facendo testualmente riferimento ai soli lavoratori dipendenti, sono stati ritenuti applicabili anche ai titolari di redditi assimilati a quello da lavoro dipendente; cfr. la suddetta circolare dell’Agenzia delle entrate n. 5/E, che conferma, in quanto compatibili, le indicazioni della circolare dell’Agenzia delle entrate n. 23/E del 1° agosto 2023, circolare relativa alla disciplina transitoria per il periodo di imposta 2023, la quale ultima presentava, riguardo al profilo delle categorie di lavoratori, una sostanziale identità di linguaggio con le norme relative al periodo di imposta 2024 e con le disposizioni di cui ai commi 5 e 6 in esame. La suddetta estensione ai redditi assimilati può essere quindi ritenuta implicita anche nell’ambito della disciplina transitoria di cui ai medesimi commi 5 e 6. Riguardo alle categorie di redditi assimilati a quello da lavoro dipendente, cfr. l’articolo 50 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.

[8]     Di cui al citato D.P.R. n. 917 del 1986.

[9]     Cfr. la circolare dell’INPS n. 49 del 31 maggio 2023; cfr. anche la relazione tecnica allegata al disegno di legge.

[10]   Per i titolari di redditi assimilati a quello da lavoro dipendente, cfr. supra, in nota.

[11]   Cfr. la citata circolare dell’Agenzia delle entrate n. 23/E del 1° agosto 2023, la quale, come detto, è richiamata, in via generale e in quanto compatibile, dalla circolare dell’Agenzia delle entrate n. 5/E del 7 marzo 2024.

[12]   Cfr. la citata circolare dell’Agenzia delle entrate n. 23/E del 1° agosto 2023, la quale, come detto, è richiamata, in via generale e in quanto compatibile, dalla circolare dell’Agenzia delle entrate n. 5/E del 7 marzo 2024.

[13]   In merito a tale condizione per il beneficio fiscale, cfr. anche la citata circolare dell’Agenzia delle entrate n. 23/E del 1° agosto 2023 (circolare che, come detto, è richiamata, in via generale e in quanto compatibile, dalla circolare dell’Agenzia delle entrate n. 5/E del 7 marzo 2024).