Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Finanze |
Titolo: | Schema di decreto legislativo recante revisione del regime impositivo dei redditi |
Riferimenti: | SCH.DEC N.218/XIX |
Serie: | Atti del Governo Numero: 218 |
Data: | 21/10/2024 |
Organi della Camera: | VI Finanze |
Schema di decreto legislativo recante revisione del regime impositivo dei redditi
Atto del Governo n. 218
Ai sensi degli articoli 1, 5, 6 e 9 della legge 9 agosto 2023, n. 111
Servizio Studi
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Ufficio per le ricerche nei settori economico e finanziario
Dossier n. 380
Servizio Studi
Dipartimento Finanze
Tel. 06 6760-9496 - * st_finanze@camera.it –@CD_finanze
Atti del Governo n. 218
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FI0088.docx
I N D I C E
PREMESSA.................................................................................... 3
TITOLO I – Diposizioni in materia di redditi dei terreni, di lavoro dipendente, di lavoro autonomo e diversi
Capo I: Redditi dei terreni................................................... 13
Articolo 1 (Revisione della disciplina dei redditi dei terreni)................... 13
Articolo 2 (Aggiornamento delle banche dati catastali).......................... 21
Capo II: Redditi di lavoro dipendente............................ 23
Articolo 3 (Revisione della disciplina sulla tassazione dei redditi di lavoro dipendente)......................................................................................... 23
Articolo 4 (Decorrenza delle disposizioni in tema di revisione della disciplina sulla tassazione dei redditi di lavoro dipendente).................... 28
Capo III: Redditi di lavoro autonomo............................. 29
Articolo 5 (Revisione della disciplina dei redditi di lavoro autonomo)..... 29
Articolo 6 (Disposizioni transitorie e finali)........................................... 48
Capo IV: Redditi diversi........................................................ 50
Articolo 7 (Plusvalenze delle aree edificabili ricevute in donazione)....... 50
TITOLO II – Disposizioni in materia di redditi d’impresa
Capo I: Avvicinamento dei valori fiscali ai valori contabili...................................................................................... 52
Articolo 8 (Riduzione del doppio binario tra valori contabili e fiscali e regimi di riallineamento)..................................................................... 52
Articolo 9 (Riduzione del doppio binario tra valori contabili e fiscali)..... 54
Articolo 10 (Disciplina delle divergenze tra i valori contabili e fiscali emerse in sede di cambiamento dei principi contabili)............................ 58
Articolo 11 (Regimi di riallineamento).................................................. 65
Articolo 12 (Riallineamenti dei maggiori valori emersi in esito a operazioni straordinarie)..................................................................... 68
Articolo 13 (Entrata in vigore, disposizioni transitorie e disposizioni abrogate)............................................................................................ 70
Articolo 14 (Affrancamento straordinario delle riserve)......................... 73
Capo II: Disposizioni ulteriori........................................... 74
Articolo 15 (Modifiche al regime di riporto delle perdite nelle operazioni straordinarie)..................................................................................... 74
Articolo 16 (Disciplina fiscale relativa alla scissione mediante scorporo) 93
Articolo 17 (Modifiche alla disciplina dei conferimenti)......................... 98
TITOLO III – Disposizioni finali
Articolo 19 (Disposizioni finanziarie)................................................. 109
Lo schema di decreto legislativo recante diposizioni in materia di redditi dei terreni, di lavoro dipendente, di lavoro autonomo e diversi (AG 218) dà attuazione ad alcuni principi di cui all’articolo 5 della legge delega per la riforma fiscale n. 111 del 2023, con particolare riferimento al reddito agrario (articoli 1 e 2 dello schema di decreto legislativo), al reddito da lavoro dipendente (articoli 3 e 4 dello schema di decreto legislativo), ed al reddito da lavoro autonomo (articoli 5 e 6 dello schema di decreto legislativo) nonché ai redditi diversi (articolo 7 dello schema di decreto legislativo).
Alcune disposizioni attuano altresì l’articolo 6 in materia di IRES con particolare riguardo al principio di cui al comma 1) lettera c) che prevede la razionalizzazione e la semplificazione dei regimi di riallineamento dei valori fiscali a quelli contabili, al fine di prevedere una disciplina omogenea e un trattamento fiscale uniforme per tutte le fattispecie rilevanti a tal fine, comprese quelle di cambiamento dell'assetto contabile, e di limitare possibili arbitraggi tra realizzi non imponibili e assunzioni di valori fiscalmente riconosciuti (articoli da 8 a 12 dello schema di decreto legislativo).
È inoltre attuato il principio di cui al comma 1) lettera e) con riguardo al riordino del regime di compensazione delle perdite fiscali e di circolazione di quelle delle società partecipanti a operazioni straordinarie o al consolidato fiscale, con l'osservanza, in particolare, dei seguenti princìpi (art. 15 dello schema di decreto legislativo), e quello di cui al comma 1) lettera f) con riferimento alla sistematizzazione e razionalizzazione della disciplina dei conferimenti di azienda e degli scambi di partecipazioni mediante conferimento, con particolare riferimento alle partecipazioni detenute nelle holding, nel rispetto dei vigenti princìpi di neutralità fiscale e di valutazione delle azioni o quote ricevute dal conferente in base alla corrispondente quota delle voci del patrimonio netto formato dalla conferitaria per effetto del conferimento (art. 17 dello schema di decreto legislativo).
Infine sono oggetto di attuazione alcuni principi di delega contenuti all’articolo 9, con particolare riguardo alle previsioni di cui:
§ al comma 1) lettera c), che prevede di semplificare e razionalizzare i criteri di determinazione del reddito d’impresa al fine di ridurre gli adempimenti amministrativi, fermi restando i princìpi di inerenza, neutralità fiscale delle operazioni di riorganizzazione aziendale e divieto di abuso del diritto, attraverso la revisione della disciplina dei costi parzialmente deducibili e il rafforzamento del processo di avvicinamento dei valori fiscali a quelli civilistici, prevedendo la possibilità di limitare le variazioni in aumento e in diminuzione da apportare alle risultanze del conto economico (articoli da 8 a 12 dello schema di decreto legislativo).
§ al comma 1) lettera e) che prevede l’introduzione della disciplina fiscale relativa alla scissione societaria parziale disciplinata dall'articolo 2506.1 del codice civile, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (articolo 16 dello schema di decreto legislativo)
§ al comma 1) lettera f) che prevede di semplificare e razionalizzare la disciplina della liquidazione ordinaria delle imprese individuali e delle società commerciali, stabilendo la definitività del reddito relativo a ciascun periodo di imposta, fatta salva la facoltà del contribuente, se la liquidazione non si protrae rispettivamente per più di tre o di cinque esercizi, di determinare il reddito d'impresa relativo ai periodi compresi tra l'inizio e la chiusura della stessa in base al bilancio finale, provvedendo alla riliquidazione dell'imposta (articolo 18 dello schema di decreto legislativo);
Lo schema di decreto legislativo è composto di 19 articoli, suddivisi in tre Titoli che disciplinano rispettivamente: i redditi dei terreni, di lavoro dipendente, di lavoro autonomo e diversi (Titolo I, organizzato in quattro Capi, corrispondenti alle tipologie di reddito sopra ricordate, articoli da 1 a 7); i redditi d’impresa (Titolo II, suddiviso in due capi, articoli da 8 a 18); le disposizioni finali (Titolo III, articolo 19, contenente le disposizioni finanziarie)
In relazione ai contenuti delle disposizioni sopra indicate si vedano le relative schede di lettura.
L’articolo 5 della legge n. 11 del 2023 reca i principi e i criteri direttivi per la revisione del sistema di imposizione sui redditi delle persone fisiche. La disposizione è molto articolata, contemplando, oltre agli aspetti generali, (lettera a) del comma 1), i principi e i criteri direttivi relativi a tutte le tipologie di reddito prese in considerazione nel Testo unico sulle imposte sui redditi vigente (redditi agrari redditi da lavoro dipendente, redditi da lavoro autonomo, redditi d’impresa, redditi da fabbricati, redditi di natura finanziaria, redditi diversi).
Con riguardo al presente atto del Governo si riporta la descrizione dei principi e criteri direttivi concernenti gli aspetti generali, i redditi agrari, i redditi da lavoro dipendente, i redditi da lavoro autonomo e i redditi d’impresa.
Con riferimento agli aspetti generali (lettera a) del comma 1 dell’articolo 5) il Governo intende:
§ anzitutto perseguire la revisione e la graduale riduzione dell’Irpef, nel rispetto del principio di progressività (su cui si veda infra) e nella prospettiva di transizione del sistema verso l'aliquota impositiva unica. Tale finalità è perseguita mediante il riordino delle deduzioni dalla base imponibile, degli scaglioni di reddito, delle aliquote di imposta, delle detrazioni dall'imposta lorda e dei crediti d'imposta, tenendo conto delle loro finalità, con particolare riguardo alla composizione del nucleo familiare e ai costi sostenuti per la crescita dei figli, e in particolare di quelli in cui sia presente una persona con disabilità; alla tutela del bene casa, in proprietà o in locazione e di quello della salute delle persone, dell'istruzione, della previdenza complementare, nonché degli obiettivi di miglioramento dell’efficienza energetica e della riduzione del rischio sismico del patrimonio edilizio esistente, nonché di rigenerazione urbana e rifunzionalizzazione edilizia, valutando anche le esigenze di tutela, manutenzione e conservazione dei beni culturali (articolo 10 del codice dei beni culturali, D. Lgs. n. 42 del 2004); si prevedono misure volte a favorire la propensione a stipulare assicurazioni con oggetto il rischio di eventi calamitosi, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, nonché a misure volte a favorire lo stabile inserimento nel mercato del lavoro dei giovani che non hanno compiuto il trentesimo anno di età;
§ il graduale perseguimento della equità orizzontale (secondo cui i contribuenti che si trovano in condizioni analoghe devono essere sottoposti al medesimo carico fiscale). A tal fine si prevede, nelle more dell'attuazione della revisione dell’Irpef (nel senso di revisione e riduzione, di cui al numero 1), in particolare:
2.1 la progressiva applicazione della medesima area di esenzione fiscale e del medesimo carico impositivo Irpef, indipendentemente dalla natura del reddito prodotto, con priorità per l'equiparazione tra redditi di lavoro dipendente e redditi di pensione.
Al riguardo occorre ricordare che l’attuale sistema dell’Irpef ad aliquote e scaglioni è integrato da un insieme di agevolazioni (detrazioni, deduzioni etc.) che non trovano applicazione con riferimento a tutte le tipologie di reddito sottoposte a imposizione (es. benefici fiscali per i cd. impatriati, applicabili ai soli redditi da lavoro). Di conseguenza, a parità di aliquote e scaglioni, le tipologie di reddito sono sottoposte diversamente a imposizione, secondo la relativa natura.
In particolare, nell'ottica di agevolare i redditi che vedono prevalente la componente lavorativa al loro interno, il legislatore ha cercato di attenuare l'impatto della tassazione attraverso la previsione di una detrazione Irpef da applicarsi in maniera progressiva, fino a certe soglie, al reddito derivante da lavoro autonomo, dipendente o da pensione (la detrazione pertanto non si applica agli altri redditi sottoposti a Irpef indicati dal TUIR: fondiari, dei fabbricati e dei terreni, di capitale, di impresa, redditi diversi). Tali detrazioni specifiche sono decrescenti al crescere del reddito, contribuiscono a definire il grado di progressività complessivo del sistema e garantiscono l’esenzione dall’imposta dei redditi più bassi. Dall’applicazione delle diverse detrazioni per lavoro dipendente o pensione o da lavoro autonomo, che sono decrescenti al crescere del reddito, deriva la cd. no tax area, ossia una soglia di reddito esente da imposizione. Anch’essa, come le detrazioni specifiche, varia a seconda delle diverse categorie di contribuenti: è pari a circa 8.145 euro per i lavoratori dipendenti, a circa 8.130 per i pensionati, a 4.800 per i lavoratori autonomi. Tenendo conto anche delle detrazioni per familiari a carico, la no tax area per una famiglia monoreddito formata da due genitori e due figli è di circa 16.340 euro. L’azzeramento dell’Irpef porta con sé quello delle relative addizionali regionale e comunale;
2.2 la possibilità di consentire la deduzione dal reddito di lavoro dipendente e assimilato, anche in misura forfettizzata, delle spese sostenute per la produzione dello stesso.
Attualmente, come ricordato supra, ai lavoratori dipendenti e assimilati è attribuita una detrazione specifica per tipologia di lavoro; per tali soggetti non è dunque possibile dedurre le spese sostenute per la produzione del reddito. Diversamente, dal reddito di lavoro autonomo (ove non si opti per il regime forfettario) è possibile dedurre le spese sostenute per la produzione del reddito, secondo le regole del TUIR (articolo 54 D.P.R. n. 917 del 1986);
2.3 la possibilità, per tutti i contribuenti, di dedurre i contributi previdenziali obbligatori in sede di determinazione del reddito di categoria, consentendo, in caso di incapienza, di dedurre l’eccedenza dal reddito complessivo.
Come chiarito dalla Relazione illustrativa di accompagnamento dell’A.C. 1038, con tale disposizione si intende consentire all’imprenditore individuale e al lavoratore autonomo di dedurre i contributi previdenziali dal reddito di categoria, diminuendo, di conseguenza, il reddito complessivo. Solo in caso di incapienza, i contributi in questione, per un ammontare pari all’eccedenza non dedotta, possono essere deducibili dal reddito complessivo.
2.4 l’applicazione della cd. flat tax incrementale ossia l’applicazione, in luogo delle aliquote per scaglioni di reddito, di un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle relative addizionali, in misura agevolata, alle retribuzioni corrisposte a titolo di straordinario che eccedono una determinata soglia e sui redditi da lavoro dipendente e assimilati (indicati all’articolo 49 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.917) e riferibili alla percezione della tredicesima mensilità. Resta ferma la complessiva valutazione, anche a fini prospettici, del regime sperimentale di tassazione degli incrementi di reddito introdotto, per l’anno 2023, per le persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni.
2.5 l’applicazione del regime di imposizione alternativa di cui al numero 2.4) sui premi di produttività;
§ l'inclusione nel reddito complessivo, rilevante ai fini della spettanza di detrazioni, deduzioni o benefici di qualsiasi titolo, anche di natura non tributaria, dei redditi assoggettati ad imposte sostitutive e a ritenute alla fonte a titolo di imposta sul reddito delle persone fisiche.
§ la valutazione relativa all'introduzione, per un periodo limitato di tempo, di misure idonee a favorire i trasferimenti di residenza nei comuni periferici e ultraperiferici, come individuati dalla Strategia nazionale per le aree interne. Per ulteriori informazioni sulla Strategia, si rinvia al portale della documentazione parlamentare.
Con riferimento ai redditi agrari (lettera b) del comma 1) il Governo osserva i seguenti principi e criteri direttivi:
1. l’introduzione, per le attività agricole di coltivazione di cui all’articolo 2135, primo comma, del codice civile, di nuove classi e qualità di coltura al fine di tenere conto dei più evoluti sistemi di coltivazione, riordinando il relativo regime di imposizione su base catastale e individuando il limite oltre il quale l’attività eccedente è produttiva di reddito d’impresa;
2. la riconducibilità dei redditi relativi ai beni, anche immateriali, derivanti dalle attività di coltivazione e allevamento che concorrono alla tutela dell’ambiente e alla lotta ai cambiamenti climatici, entro limiti determinati, ai redditi ottenuti dalle attività agricole di cui all’articolo 2135, primo comma, del codice civile con eventuale assoggettamento ad imposizione semplificata;
3. l’introduzione di procedimenti, anche digitali, che consentono, senza oneri aggiuntivi per i possessori e conduttori dei terreni agricoli, di aggiornare, entro il 31 dicembre di ogni anno, le qualità e le classi di coltura presenti in catasto con quelle effettivamente praticate;
4. la revisione, ai fini di semplificazione, del regime fiscale dei terreni agricoli su cui i titolari di redditi di pensione e i soggetti con reddito complessivo di modesto ammontare svolgono attività agricole.
Redditi da lavoro dipendente e assimilati
La lettera e) del comma 1 prevede, per i redditi da lavoro dipendente e assimilati, la revisione e la semplificazione delle disposizioni riguardanti le somme e i valori esclusi dalla formazione del reddito, con particolare riguardo ai limiti di non concorrenza al reddito previsti per l'assegnazione dei compensi in natura, salvaguardando le finalità della mobilità sostenibile, dell'attuazione della previdenza complementare, dell'efficientamento energetico, dell'assistenza sanitaria, della solidarietà sociale e della contribuzione agli enti bilaterali.
Redditi da lavoro autonomo
La lettera f) del comma 1 prevede, per i redditi da lavoro autonomo, specifici princìpi e criteri direttivi.
Ai sensi del punto 1) tra i princìpi e i criteri direttivi per la revisione della tassazione dei redditi di lavoro autonomo è annoverata altresì l’attuazione del principio di riduzione degli oneri documentali (di cui all’articolo 2, comma 1, lettera e), numero 1) del disegno di legge), con particolare riguardo alle modalità di versamento dell’Irpef dovuta dai lavoratori autonomi, dagli imprenditori individuali e dai contribuenti a cui si applicano gli indici sintetici di affidabilità fiscale, fermo restando il vigente sistema di calcolo, anche previsionale, del saldo e degli acconti, e realizzando, senza peggioramenti per il contribuente rispetto al sistema vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, una migliore distribuzione del carico fiscale nel tempo, anche mediante la progressiva introduzione della periodicità mensile dei versamenti degli acconti e dei saldi e un’eventuale riduzione della ritenuta d’acconto.
Ulteriori princìpi direttivi prevedono:
2) la semplificazione e la razionalizzazione dei criteri di determinazione del reddito derivante dall'esercizio di arti e professioni stabilendo, in particolare:
2.1) il concorso alla formazione di tale reddito di tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo conseguiti nel periodo d'imposta in relazione all'attività artistica o professionale, ad esclusione delle somme percepite a titolo di rimborso delle spese sostenute e riaddebitate al cliente, non deducibili dal reddito dell'esercente arte o professione. Il criterio di imputazione temporale dei compensi deve essere allineato a quello di effettuazione delle ritenute da parte del committente.
Ai sensi dell’articolo 54 TUIR, la determinazione del reddito di lavoro autonomo avviene esclusivamente sulla base del cosiddetto principio di cassa; salvo deroghe specifiche, lo stesso è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili, e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’arte o della professione. L’articolo 25 del D.P.R. n. 600 del 1973 prevede che, sui compensi per prestazioni di lavoro autonomo corrisposti a soggetti residenti, i sostituti d’imposta operino, all’atto del pagamento, una ritenuta a titolo d’acconto pari al 20%. Dal momento che il periodo d’imposta del lavoratore autonomo coincide con l’anno solare, l’Agenzia delle entrate in passato si è pronunciata con particolare riferimento alle modalità con cui il lavoratore autonomo può percepire i propri compensi ai fini della dichiarazione dei redditi, nel caso di pagamento con strumenti che non consentono di ottenere la immediata disponibilità delle somme (ad es. bonifico bancario) e con particolare riferimento alle ipotesi di pagamenti a cavallo di due anni. La Relazione illustrativa al disegno di legge di delega fiscale al riguardo chiarisce che tale criterio di delega intende superare la criticità emergente, per i lavoratori autonomi, che consiste nella necessità di considerare compensi anche l’ammontare delle spese che contrattualmente sono a carico del committente e che sono da quest’ultimo rimborsate.
2.2) l'eliminazione della disparità di trattamento tra l'acquisto in proprietà e l'acquisizione in leasing degli immobili strumentali e di quelli adibiti promiscuamente all'esercizio dell’arte o professione e all’uso personale o familiare del contribuente.
La disciplina dell’ammortamento dei costi degli immobili dei lavoratori autonomi è contenuta nell’articolo 54 TUIR. In estrema sintesi, per quanto riguarda gli immobili strumentali (ovvero destinati allo svolgimento dell’attività di lavoro autonomo in via esclusiva) di proprietà del lavoratore autonomo, se acquistati dal 2010 in poi, le relative quote di ammortamento non sono deducibili dal reddito. Per quanto riguarda i canoni di leasing immobiliare, invece, per i contratti stipulati dal 2014, essi sono deducibili per un periodo non inferiore a dodici anni. Con riferimento ai costi di acquisizione degli immobili a uso promiscuo, nel caso di immobile di proprietà parzialmente destinato ad attività professionali e parzialmente a finalità personali, è possibile dedurre il 50% della rendita catastale sempre che il contribuente non disponga nel medesimo comune di altro immobile dedito esclusivamente all’attività professionale. Anche per gli immobili in leasing utilizzabili promiscuamente, è possibile dedurre una quota dei canoni che varia secondo l’anno di stipula del contratto; in sintesi, dal 2015 è possibile dedurre il 50% del canone, sempre purché il contribuente non disponga nel medesimo comune di altro immobile dedito esclusivamente all’attività professionale;
2.3) la riduzione delle ritenute operate sui compensi degli esercenti arti e professioni che si avvalgono, in via continuativa e rilevante, dell'opera di dipendenti o di altre tipologie di collaboratori, al fine di evitare l'insorgere di sistematiche situazioni creditorie; la disposizione appare finalizzata a evitare che il professionista, nelle more della ricezione del compenso, non disponga della necessaria liquidità per provvedere alle spese relative ai collaboratori;
2.4) la neutralità fiscale delle operazioni di aggregazione e riorganizzazione degli studi professionali, comprese quelle riguardanti il passaggio da associazioni professionali a società tra professionisti.
Redditi di impresa
La lettera g) del comma 1 individua i principi e i criteri direttivi per la revisione dei redditi d'impresa.
Al riguardo il disegno di legge individua, con riferimento al reddito di impresa soggetto a Irpef, un regime opzionale di tassazione per le imprese in contabilità ordinaria, che favorisca la tendenziale neutralità tra i diversi sistemi di tassazione. Tale obiettivo è da perseguire mediante l'assimilazione al regime dell'imposta sul reddito delle società, con l'assoggettamento a un'imposta ad aliquota proporzionale allineata a quella ordinaria dell'Ires (la cui aliquota è attualmente al 24%).
Rimane ferma la partecipazione alla formazione del reddito complessivo degli utili prelevati dall’imprenditore e di quelli distribuiti ai soci, fino a concorrenza delle somme assoggettate alla detta imposta proporzionale, prevedendo lo scomputo di quest'ultima dall'imposta personale.
La Relazione illustrativa di accompagnamento dell’A.C. 1038 chiarisce che, nel caso di esercizio dell’opzione, il reddito d’impresa non concorre per trasparenza alla formazione del reddito complessivo ai fini Irpef nel periodo d’imposta di competenza ma viene assoggettato a un diverso regime impositivo, con applicazione di un’imposta ad aliquota proporzionale allineata all’Ires. Successivamente, nell’anno in cui avviene il prelievo dell’utile da parte dell’imprenditore o la sua distribuzione ai soci, il reddito d’impresa partecipa a quello complessivo dei citati soggetti, riconoscendo ai medesimi lo scomputo dall’imposta personale di quella proporzionale precedentemente assolta dagli stessi.
Per quanto riguarda l’imposizione delle imprese si ricorda sinteticamente in questa sede che in Italia il tipo di imposizione diretta che grava sulle attività di impresa non è neutrale, bensì dipende dalla natura del soggetto passivo (persone fisiche o persone giuridiche) e dall’organizzazione degli stessi (società di persone o di capitali).
In linea generale, i lavoratori autonomi e le imprese individuali sono assoggettati a Irpef, mentre le persone giuridiche (con la rilevante eccezione delle società di persone) sono assoggettate a Ires, imposta sui redditi d’impresa.
In linea generale:
§ i redditi dei cd. contribuenti forfettari - imprese individuali e lavoratori autonomi con ricavi e compensi fino a 85.000 euro annui - sono assoggettati a tassazione sostitutiva proporzionale (flat), con un’aliquota agevolata del 15% e imponibile determinato forfettariamente, applicando un coefficiente di redditività diverso a seconda del tipo di attività svolta. Non si applicano Irap, Iva e addizionali locali;
§ la legge di bilancio 2023 (commi 55-57) ha previsto per il solo anno 2023 che i contribuenti persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni, diversi da quelli che applicano il regime forfettario possono applicare, in luogo delle aliquote per scaglioni di reddito vigenti, un’imposta sostitutiva che viene calcolata con un’aliquota del 15 per cento su una base imponibile, comunque non superiore a 40.000 euro, pari alla differenza tra il reddito d’impresa e di lavoro autonomo determinato nel 2023 e il reddito d’impresa e di lavoro autonomo, d’importo più elevato, dichiarato negli anni dal 2020 al 2022, decurtata di un importo pari al 5 per cento di quest’ultimo ammontare (cd. flat tax incrementale);
§ in assenza dei requisiti per rientrare nel regime forfettario, le imprese minori ricadono nel cd. regime di contabilità semplificata, il quale comporta una semplificazione nella tenuta delle scritture previste dal codice civile e, dal punto di vista fiscale, specifiche modalità di determinazione del reddito imponibile. A tali soggetti si applica il sistema di scaglioni e aliquote Irpef; rientrano in tale regime le imprese individuali, le società di persone e gli enti non commerciali, con ricavi inferiori a 400.000 euro (per prestazioni di servizi) o 700.000 euro (per cessione di beni). L’imponibile è determinato sul principio di cassa “impuro”, con alcune componenti reddituali calcolate col principio di competenza;
§ al di sopra di specifiche soglie di fatturato, ovvero per le imprese con alcune forme giuridiche, nonché per scelta del contribuente, l’ordinamento prescrive la cd. contabilità ordinaria, a cui si applica di norma il sistema di scaglioni e aliquote Irpef. Qualora l’impresa rientri tra i soggetti individuati dall’art. 73 TUIR, principalmente società di capitali ed enti non residenti si applica l’imposta sui redditi di impresa, Ires, con aliquota proporzionale e unica al 24 per cento (salvo l’applicazione di addizionali previste dalla legge per specifiche categorie di imprese).
Inoltre, gli utili delle società di persone sono soggetti a Irpef, quindi tassati in base all’aliquota marginale del percettore, pertanto con un trattamento fiscale differente rispetto ad altre forme di reddito derivanti da attività produttive. Gli utili distribuiti ai soci delle società di capitale scontano una tassazione con un’aliquota del 43,76%, derivante dal combinato disposto della tassazione a monte – il 24% di Ires – e di quella a valle, la ritenuta del 26% a titolo di imposta sostitutiva. I redditi derivanti da attività finanziarie sono invece sottoposti – come visto supra – ad un’aliquota del 26%.
Articolo 1
(Revisione della disciplina dei redditi dei terreni)
L’articolo 1 apporta le seguenti modifiche al TUIR:
§ prescrive l’emanazione di un decreto ministeriale per la determinazione del reddito dominicale delle culture prodotte utilizzando immobili oggetto di censimento al catasto dei fabbricati;
§ prevede, nella fattispecie sopra descritta, l’utilizzo della tariffa d’estimo provinciale più alta incrementata del 400 per cento per il calcolo del reddito dominicale nelle more dell’emanazione del suddetto decreto ministeriale;
§ individua il limite minimo del reddito dominicale per specifiche fattispecie;
§ ridefinisce il reddito agrario come composto dal reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d’esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati nell’esercizio delle attività agricole di cui all’articolo 2135 del codice civile;
§ amplia le fattispecie delle attività agricole;
§ prevede che con decreto ministeriale si proceda all’individuazione di nuove classi e qualità di coltura dei terreni adeguate agli ultimi sistemi di coltivazione;
§ prevede l’esclusione dalla formazione del reddito dei fabbricati degli immobili, non locati, adoperati per compiere attività dirette alla produzione di vegetali;
§ prevede che il reddito relativo alla parte eccedente i limiti per le attività dirette alla produzione di vegetali, concorra a formare reddito di impresa e in che termini, specialmente rispetto alla superficie di riferimento;
§ definisce il calcolo del reddito derivante dalle attività dirette alla produzione di vegetali oltre il limite di cui al punto precedente.
Il comma 1 introduce diverse modifiche al testo unico delle imposte sui redditi (decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917). In particolare:
La lettera a) aggiunge all’articolo 28, concernente i redditi dominicali, dopo il comma 4-bis i seguenti commi:
§ 4-ter, il quale prevede, nelle more dell’emanazione del decreto di cui all’articolo 32, comma 3-bis (su cui si veda infra), che la determinazione del reddito dominicale delle culture prodotte utilizzando immobili censiti come fabbricati (articolo 32, comma 2, lettera b-bis) si effettui applicando la tariffa d’estimo più alta in vigore nella provincia ove la produzione insiste, incrementata del 400 per cento;
§ 4-quater, prescrive che il reddito dominicale non possa essere inferiore alla rendita catastale degli immobili volti alle attività di produzioni di vegetali come previsto da articolo 32, comma 2, lettera b-bis).
Il reddito dominicale
Secondo la disciplina del TUIR, i redditi riconducibili alle attività agricole si distinguono in redditi agrari e redditi dominicali. Il reddito dominicale, che indica “la parte dominicale del reddito ordinariamente ritraibile dal terreno attraverso l'esercizio di attività agricole” (art. 27) è definito sulla base delle tariffe d’estimo rivalutate, più volte nel corso degli anni, per ciascuna qualità e classe di terreno (art. 28).
Tali tariffe si basano sui valori delle colture eseguite e possono quindi variare in aumento o in diminuzione a seconda delle colture praticate nonché per fattori naturali (oltre a calamità naturali, eventi fitopatologici o entomologici). In tali ultimi casi è necessaria un’apposita denuncia agli uffici dell’Agenzia delle entrate competenti, i cui effetti, ai sensi dell’articolo 30 del TUIR, si verificano nello stesso anno nel quale la perdita di reddito si è verificata, a condizione che la denuncia sia effettuata entro il 31 gennaio dell’anno successivo. Con riguardo alle variazioni in aumento esse vanno comunicate entro il medesimo termine delle precedenti ma gli effetti decorrono dall’anno successivo a quello in cui si è verificato l’evento.
Se la perdita di reddito supera il 30 per cento il reddito dominicale non concorre alla formazione del reddito imponibile.
La lettera b) del comma 1 modifica l’articolo 32 concernente il reddito agrario. In particolare:
- il numero 1) novella il comma 1 dell’articolo 32 in modo da ridefinire il reddito agrario come formato dalla parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d’esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati nell’esercizio delle attività agricole di cui all’articolo 2135 del codice civile.
Si ricorda che l’articolo 2135, primo comma, del codice civile definisce l’imprenditore agricolo come o chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse. I commi successivi precisano il contenuto di tali attività con particolare riferimento ai criteri per l’individuazione delle “attività connesse”.
Il secondo comma del medesimo articolo precisa che per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.
Rispetto al testo vigente:
a) viene introdotto il riferimento all’articolo 2135 del codice civile;
b) viene soppresso il riferimento “ai limiti della potenzialità del terreno”.
La relazione illustrativa precisa come la modifica sopra descritta si renda necessaria al fine di allineare la normativa civilistica – che considera attività agricole quelle che “utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine” – e la normativa fiscale, che attualmente considera reddito agrario solo quello che deriva dall’esercizio di un’attività agricola “nei limiti della potenzialità del terreno”. Con l’utilizzo del verbo “possono” (riferito all’utilizzo del terreno) si è inteso rendere solo potenziale o funzionale il collegamento con il terreno, al fine di tenere conto anche delle più moderne tecniche di produzione agricola, che non sono più esclusivamente incentrate, come avvenuto in passato, sul fattore “terra” e sullo “sfruttamento” della stessa. Ciò fermo restando che va negata la qualità di impresa agricola quando non risulti la diretta cura di alcun ciclo biologico o di una fase necessaria dello stesso, vegetale o animale.
- Il numero 2) modifica l’alinea del comma 2, dell’articolo 32 che definisce le attività agricole ai fini fiscali precisando che tali attività sono quelle produttive di reddito agrario;
- Il numero 3) aggiunge dopo la lettera b) del comma 2 due commi (comma b-bis e comma b-ter) volti ad individuare due ulteriori tipologie di attività agricole produttive di reddito agrario.
In particolare il comma b-bis) individua quali attività agricole le attività dirette alla produzione di vegetali tramite l’utilizzo di immobili oggetto di censimento al catasto dei fabbricati, rientranti nelle categorie catastali C/1, C/2, C/3, C/6, C/7, D/1, D/7. D/8, D/9 e D/10, entro il limite di superficie adibita alla produzione non eccedente il doppio della superficie agraria di riferimento definita con il decreto di cui al comma 3-bis (vedi infra);
Al fine della qualificazione come “attività agricole produttive di reddito agrario” di cui alla fattispecie comma b-bis), è necessario che gli immobili utilizzati nella produzione di vegetali rientrino nelle seguenti categorie catastali:
i. Negozi e botteghe (C/1);
ii. Magazzini e locali di deposito (C/2);
iii. Laboratori per arti e mestieri (C/3);
iv. Stalle, scuderie, rimesse, autorimesse senza fine di lucro (C/6);
v. Tettoie chiuse od aperte (C/7);
vi. Opifici (D/1);
vii. Fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un’attività industriale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni (D/7);
viii. Fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un’attività commerciale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni (D/8);
ix. Edifici galleggianti o sospesi assicurati a punti fissi del suolo, ponti privati soggetti a pedaggio (D/9);
x. Fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole (D/10).
La relazione illustrativa precisa come, nella nuova lettera b-bis) del comma 2 dell’articolo 32 del TUIR (comma 1, lett. b), n. 3), sono ricondotti nel novero delle attività agricole principali le produzioni di vegetali realizzate mediante i più evoluti sistemi di coltivazione. Si tratta di sistemi di coltivazione, quali, ad esempio, le c.d. vertical farm e le colture idroponiche, in grado di ridurre, tra l’altro, il consumo di acqua, di rendere più salubri i prodotti vegetali, di sottrarre determinate produzioni di carattere vegetale agli effetti distruttivi dei cambiamenti climatici. Tali attività si realizzano in strutture protette, quali, oltre alle serre, i fabbricati a destinazione agricola, industriale, commerciale e artigianale, anche dismessi e più in generale agli immobili riconvertiti alle produzioni in esame. Per individuare la parte di attività produttiva di reddito agrario si applica il criterio attualmente previsto dalla lettera b) del medesimo comma 2 con riguardo alla produzione di vegetali tramite l’utilizzo di strutture fisse o mobili; più precisamente si considera produttiva di reddito agrario la superficie adibita alla produzione che non eccede il doppio della superficie agraria di riferimento definita con apposito decreto interministeriale. La parte di produzione che eccede tale limite concorrerà alla formazione del reddito d’impresa.
Il comma b-ter) individua come attività agricole le attività dirette alla produzione di beni, anche immateriali, realizzate mediante la coltivazione, l’allevamento e la silvicoltura che concorrono alla tutela dell’ambiente e alla lotta ai cambiamenti climatici, nei limiti dei corrispettivi delle cessioni di beni, registrate o soggette a registrazione agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, derivanti dall’esercizio delle attività di cui all’articolo 2135 del codice civile;
- il numero 4) aggiunge infine, all’articolo 32, il comma 3-bis il quale prevede che mediante decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste:
1. si individuino nuove classi e qualità di coltura dei terreni adeguate agli ultimi sistemi di coltivazione;
2. siano disciplinate le modalità di dichiarazione in catasto dell’utilizzazione degli immobili censiti come fabbricati per attività di produzione di vegetali nonché le modalità di determinazione della superficie agraria di riferimento di cui al comma 2, lettera b-bis).
Secondo quanto riportato nella relazione illustrativa I redditi dominicale e agrario, determinati secondo i criteri fissati dal decreto interministeriale per qualità e classi di coltura, non potendo trovare indicazione nel Catasto dei Fabbricati, dovranno essere annotati in corrispondenza dell’immobile utilizzato per la produzione di vegetali.
Il reddito agrario
Il reddito agrario, secondo la definizione del TUIR, che è oggetto di modifica nell’ambito del presente schema di decreto legislativo, è rappresentato dalla parte del reddito medio ordinario imputabile al capitale d’esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati nei limiti delle potenzialità del terreno nell'esercizio di attività agricole sullo stesso. Anche il reddito agrario, come il reddito dominicale è calcolato sulla base di tariffe d’estimo stabilite per ciascuna qualità e classe secondo le norme della legge catastale più volte rivalutate (art. 34) ed è considerato inesistente se l’attività agricola non è svolta per cause naturali o per la semplice mancata coltivazione. Le attività produttive di reddito agrario sono definite all’articolo 35 del TUIR e da altre disposizioni normative (ad esempio l'attività di acquacoltura, ai sensi dell’articolo 2 della legge n. 102 del 1992, ovvero quella di produzione di energia elettrica tramite biocombustibili di origine forestale, ai sensi dell’articolo 1, comma 423 della legge n. 266 del 2005).
Posto che l’elemento caratterizzante il reddito agrario è legato all’esercizio normale delle attività agricole nei limiti delle potenzialità del terreno, tali principi segnano il discrimine tra attività produttiva di reddito agrario e quella produttiva di reddito d’impresa. Tale principio è precisato in alcune disposizioni volte a individuare la linea di confine tra il reddito agrario e il reddito d’impresa.
Ad esempio, con riferimento al limite di reddito ritraibile dall’allevamento di animali, si prevede che ai fini della configurazione dell’attività come agricola essa debba svolgersi con mangimi ottenibili per almeno un quarto dai terreni in cui insiste l’attività, o, con riferimento alla produzione di vegetali tramite strutture fisse o mobili, anche se provvisorie, la superficie destinata alla produzione non può eccedere il doppio del terreno su cui insiste.
La lettera c) del comma 1 aggiunge all’articolo 34 il comma 4-bis che prevede, nelle more dell’emanazione del decreto di cui all’articolo 32, comma 3-bis), che il calcolo del reddito agrario delle colture di cui all’articolo 32, comma 2, lettera b-bis), si effettui mediante l’applicazione alla superficie della particella catastale prevista per l’immobile della tariffa d’estimo più alta in vigore nella provincia ove insiste il terreno, incrementata del 400 per cento.
La lettera d) inserisce, all’articolo 36, dopo il comma 3, il comma 3.1 che prevede l’esclusione dalla formazione del reddito dei fabbricati degli immobili, non locati, adoperati per compiere attività dirette alla produzione di vegetali di cui all’articolo 32, comma 2, lettera b-bis), ai quali si applica quanto previsto dai commi 4-ter e 4-quater dell’articolo 28 (vedi supra).
La lettera e) introduce modifiche all’articolo 56-bis concernente le altre attività agricole:
§ In particolare il numero 1 sostituisce il comma 1 del citato articolo in modo da prevedere, anche al fine di coordinare il testo della disposizione con le modifiche introdotte dalle precedenti disposizioni del presente schema di decreto, che il reddito relativo alla parte eccedente i limiti previsti all'articolo 32, comma 2, lettere b) e b-bis) per le attività dirette alla produzione di vegetali, concorra a formare reddito di impresa nella misura del reddito agrario relativo alla superficie ove la produzione insiste (come già previsto dalla normativa vigente) ovvero relativo alla superficie di riferimento come definita dal decreto di cui all’articolo 32, comma 3-bis, in proporzione alla superficie eccedente;
§ il numero 2 introduce il comma 3-ter che disciplina il calcolo del reddito derivante dalle attività dirette alla produzione di vegetali oltre il limite di cui all’articolo 32, comma 2, lettera b-ter). Si prevede l’applicazione del coefficiente di redditività del 25 per cento all’ammontare dei corrispettivi delle operazioni soggette all’imposta sul valore aggiunto;
§ Il numero 3 sostituisce il comma 4 in modo da prevedere l’applicazione dell’articolo 56-bis anche ai soggetti che rientrano nella fattispecie prevista all’articolo 1, comma 1093, della legge 27 dicembre 2006, n. 296;
L’articolo 1, comma 1093 della legge n. 296 del 2006 prevede la possibilità di optare per l’applicazione delle disposizioni in materia di reddito fondiario di cui all’articolo 36 del TUIR per le società di persone, le società a responsabilità limitata e le società cooperative, che rivestono la qualifica di società agricola ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99.
In altri termini la presente disposizione prevede che le società di persone, le società a responsabilità limitata e le società cooperative, che rivestono la qualifica di società agricola ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99 possano applicare le disposizioni di calcolo degli altri redditi agricoli di cui all’articolo 56-bis.
Pertanto, tali soggetti:
§ il reddito relativo alla parte eccedente i limiti previsti all’articolo 32, comma 2, lettere b) e b-bis) per le attività dirette alla produzione di vegetali, concorre a formare reddito di impresa nella misura del reddito agrario relativo alla superficie ove la produzione insiste (come già previsto dalla normativa vigente) ovvero relativo alla superficie di riferimento come definita dal decreto di cui all’articolo 32, comma 3-bis, in proporzione alla superficie eccedente (comma 1);
§ per le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, valorizzazione e commercializzazione di prodotti diversi da quelli indicati nell'articolo 32, comma 2, lettera c), ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, il reddito è determinato applicando all'ammontare dei corrispettivi delle operazioni registrate o soggette a registrazione agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto, conseguiti con tali attività, il coefficiente di redditività del 15 per cento (comma 2);
§ per le attività dirette alla fornitura di servizi di cui al terzo comma dell'articolo 2135 del codice civile, il reddito è determinato applicando all’ammontare dei corrispettivi delle operazioni registrate o soggette a registrazione agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto, conseguiti con tali attività, il coefficiente di redditività del 25 per cento (comma 3);
§ per le attività dirette alla commercializzazione di piante vive e prodotti della floricoltura acquistate da imprenditori agricoli florovivaistici di cui all'articolo 2135 del codice civile, nei limiti del 10 per cento del volume di affari, da altri imprenditori agricoli florovivaistici, il reddito è determinato applicando all'ammontare dei corrispettivi delle operazioni registrate o soggette a registrazione agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto il coefficiente di redditività del 5 per cento (comma 3-bis);
§ il calcolo del reddito derivante dalle attività dirette alla produzione di vegetali oltre il limite di cui all’articolo 32, comma 2, lettera b-ter). Si prevede l’applicazione del coefficiente di redditività del 25 per cento all’ammontare dei corrispettivi delle operazioni soggette all’imposta sul valore aggiunto (comma 3-ter).
Si ricorda che tale regime fiscale è opzionale.
Il testo vigente del comma 4 dell’articolo 56-bis dispone che le norme dei commi da 1 a 3 dell’articolo 56-bis non si applichino: alle società in nome collettivo ed in accomandita semplice, alle società per azioni e in accomandita per azioni, alle società a responsabilità limitata, alle società cooperative e alle società di mutua assicurazione, nonché alle società europee di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001 e alle società cooperative europee di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003 residenti nel territorio dello Stato; agli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché ai trust, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali; agli enti pubblici e privati diversi dalle società, ai trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale nonché agli organismi di investimento collettivo del risparmio, residenti nel territorio dello Stato; alle società e agli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato.
La lettera f) del comma 1 aggiunge al comma 1 dell’articolo 81, comma 1, le parole «fatto salvo quanto stabilito all’articolo 56-bis, comma 4».
Il testo vigente dell’articolo 81 dispone che il reddito complessivo delle società e degli enti commerciali di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 73, da qualsiasi fonte provenga, è considerato reddito d'impresa ed è determinato secondo le disposizioni di questa sezione.
Ne consegue che non vengono considerati redditi d’impresa quelli conseguiti dalle società di cui all’articolo 56-bis, comma 4, come modificato dal presente articolo.
Il comma 2 prevede che le modifiche al testo unico delle imposte sui redditi effettuate dal presente articolo producono effetto dal periodo d’imposta corrente alla data di entrata in vigore del decreto stesso.
Articolo 2
(Aggiornamento delle banche dati catastali)
L’articolo 2 dispone, con riferimento ai terreni sottoposti a monitoraggio dell’AGEA, l’esonero dall’obbligo di comunicazione previsto dal testo unico delle imposte sui redditi che prevede la comunicazione all’Agenzia delle entrate dei fatti che possono comportare variazione del reddito dominicale in aumento o in diminuzione.
In particolare il comma 1 prevede che in relazione ai terreni sottoposti a monitoraggio da parte dell’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (AGEA), diversi da quelli di cui all’articolo 2, comma 33, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, i contribuenti tenuti all'adempimento previsto dall'articolo 30 del testo unico delle imposte sui redditi, in materia di denuncia e decorrenza delle variazioni del reddito dominicale, relativo alle variazioni inerenti alle qualità e classi di coltura, sono esonerati dal medesimo, al quale provvede la stessa AGEA con le modalità previste dal citato articolo 2, comma 33, del decreto-legge n. 262 del 2006 e con le risorse umane, finanziarie e strumentali previste a legislazione vigente senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Si segnala che il suddetto articolo 2, comma 33, stabilisce tra l’altro che al fine di consentire la semplificazione degli adempimenti a carico del cittadino ed al contempo conseguire una maggiore rispondenza del contenuto delle banche dati dell'Agenzia delle entrate all'attualità territoriale, a decorrere dal 1º gennaio 2007 le dichiarazioni relative all'uso del suolo sulle singole particelle catastali rese dai soggetti interessati nell'ambito degli adempimenti dichiarativi presentati agli organismi pagatori, riconosciuti ai fini dell'erogazione dei contributi agricoli, previsti dalla normativa comunitaria relativa alle Organizzazioni comuni di mercato (OCM) del settore agricolo, esonerano i soggetti tenuti dall'adempimento previsto dall'articolo 30 del TUIR (ossia dalla comunicazione al competente ufficio dell’Agenzia delle entrate dei fatti che determinino variazioni in aumento o in diminuzione del reddito dominicale).
A tale fine la richiesta di contributi agricoli, contenente la dichiarazione di cui al periodo precedente relativamente all'uso del suolo, deve contenere anche gli elementi per consentire l'aggiornamento del catasto, ivi compresi quelli relativi ai fabbricati inclusi nell'azienda agricola, e, conseguentemente, risulta sostitutiva per il cittadino della dichiarazione di variazione colturale da rendere al catasto terreni stesso. Le disposizioni di cui al periodo precedente si applicano anche alle comunicazioni finalizzate all'aggiornamento del fascicolo aziendale. All'atto della accettazione delle suddette dichiarazioni l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) predispone una proposta di aggiornamento della banca dati catastale, attraverso le procedure informatizzate rilasciate dall'Agenzia delle entrate e la trasmette alla medesima Agenzia per l'aggiornamento della banca dati. L'Agenzia delle entrate, sulla base delle suddette proposte, provvede ad inserire nei propri atti i nuovi redditi relativi agli immobili oggetto delle variazioni colturali.
L’articolo 30 del TUIR prevede, a sua volta, che le variazioni del reddito dominicale derivanti dalla sostituzione della qualità di coltura allibrata in catasto con altra di maggiore reddito (variazione in aumento) ovvero dalla sostituzione della qualità di coltura allibrata in catasto con altra di minore reddito o dalla diminuzione della capacità produttiva del terreno per naturale esaurimento o per altra causa di forza maggiore, anche se non vi è stato cambiamento di coltura, ovvero per eventi fitopatologici e entomologici interessanti le piantagioni (variazione in diminuzione) devono essere denunciate dal contribuente all'ufficio competente. Nella denuncia devono essere indicate la partita catastale e le particelle cui le variazioni si riferiscono; se queste riguardano porzioni di particelle deve essere unita la dimostrazione grafica del frazionamento. Le variazioni in aumento devono essere denunciate entro il 31 gennaio dell'anno successivo a quello in cui si sono verificati i fatti sopra indicati e le variazioni in diminuzione hanno effetto dall'anno in cui si sono verificati i fatti indicati se la denuncia è stata presentata entro il 31 gennaio dell'anno successivo; se la denuncia è stata presentata dopo, dall'anno in cui è stata presentata. Le variazioni del reddito dominicale contemplate dal comma 5 dell'art. 29 (variazioni censuarie determinate con decreto ministeriale) hanno effetto dall'anno successivo a quello di pubblicazione del decreto nella Gazzetta Ufficiale.
Come ricordato nella relazione illustrativa, a seguito di tale disposizione l’obbligo di presentare la denuncia di variazione colturale di cui all’articolo 30 del TUIR rimane limitato ai casi di variazione di qualità e classi di coltura delle singole particelle che interessano terreni non sottoposti a monitoraggio da parte dell’AGEA.
Il comma 2 disciplina la definizione delle modalità di attuazione di quanto disposto dal comma 1, stabilendo che con decreto del Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, da emanarsi di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze entro novanta giorni dall’entrata in vigore del decreto in esame, sono definite le disposizioni attuative del comma 1.
Articolo 3
(Revisione della disciplina sulla tassazione dei redditi di lavoro dipendente)
L’articolo 3 apporta modifiche alla disciplina della tassazione dei redditi da lavoro dipendente.
Con le modifiche proposte:
§ sono modificate le condizioni valevoli per dedurre i contributi versati ai fondi integrativi del SSN;
§ sono modificate le condizioni per escludere dall’imponibile i contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o dal lavoratore a enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale;
§ sono esclusi dall’imponibile i contributi e i premi versati dal datore di lavoro a favore dei familiari fiscalmente a carico dei dipendenti, anche in forma assicurativa, aventi per oggetto il rischio di non autosufficienza;
§ rientrano nell’imponibile le quote di retribuzione derivanti dall'esercizio, da parte del lavoratore, della facoltà di rinuncia all'accredito contributivo presso l'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti e le forme sostitutive della medesima;
§ sono modificati i criteri per determinare il valore dei beni e servizi alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività del datore di lavoro e che sono ceduti ai dipendenti, che rientrano nel reddito da lavoro dipendente.
La lettera a) del comma 1 modifica l’articolo 10, comma 1, lettera e-ter) del TUIR, che consente – a legislazione vigente – di dedurre dal reddito complessivo i contributi versati, fino ad un massimo di 3.615,20 euro, ai fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale, istituiti o adeguati ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, a condizione che eroghino prestazioni negli ambiti di intervento stabiliti con il decreto del Ministro della salute del 31 marzo 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 18 giugno 2008, n. 141.
Per effetto delle norme in esame, sono modificate le condizioni valevoli per dedurre i contributi versati ai fondi integrativi del SSN; per dedurre le predette somme, si richiede che i fondi integrativi siano iscritti all’Anagrafe dei fondi sanitari integrativi istituita con l’articolo 2 del decreto del Ministro della salute del 31 marzo 2008 e che operino secondo il principio di mutualità e solidarietà tra gli iscritti, non più quindi che eroghino prestazioni negli ambiti di intervento stabiliti con il predetto decreto ministeriale.
La lettera b) modifica in più punti la disciplina per la determinazione del reddito di lavoro dipendente a fini Irpef, contenuta nell’articolo 51 del TUIR.
Con le novelle al comma 2 dell’articolo 51 (lettera b), n.1) del comma 1) si intende modificare le condizioni per escludere dall’imponibile (dunque esentare da Irpef) i contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o dal lavoratore a enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale (articolo 51, comma 2, lettera a)).
Tali contributi vengono dunque esclusi dall’imponibile se i predetti enti hanno finalità assistenziale in conformità a disposizioni di contratti collettivi di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, o di regolamento aziendale, e se sono iscritti all’Anagrafe dei fondi sanitari integrativi (istituita con il decreto del Ministro della salute del 31 marzo 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 18 giugno 2008, n. 141), che operino secondo il principio di mutualità e solidarietà tra gli iscritti.
A legislazione vigente, i contributi predetti sono deducibili se gli enti predetti hanno finalità assistenziale in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, e operino negli ambiti di intervento stabiliti con il decreto ministeriale di cui all’articolo 10, comma 1, lettera e-ter) ossia il già menzionato decreto del Ministro della salute del 31 marzo 2008.
Secondo le disposizioni del predetto decreto ministeriale, gli ambiti di intervento dei Fondi sanitari integrativi del servizio sanitario nazionale comprendono le prestazioni sanitarie e socio-sanitarie di prevenzione, cura e riabilitazione definite nei commi 4 e 5 del medesimo art. 9 nonché le) prestazioni socio-sanitarie di cui all'art. 3-septies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, nonché le prestazioni di cui all'art. 26 della legge 8 novembre 2000, n. 328 in quanto non ricomprese nei livelli essenziali di assistenza e quelle finalizzate al recupero della salute di soggetti temporaneamente inabilitati da malattia o infortunio per la parte non garantita dalla normativa vigente; le prestazioni di assistenza odontoiatrica non comprese nei livelli essenziali di assistenza per la prevenzione, cura e riabilitazione di patologie odontoiatriche.
Gli ambiti di intervento degli enti, casse e società di mutuo soccorso aventi esclusivamente fine assistenziale, che non rientrano nell'ambito di operatività dei Fondi sanitari integrativi del servizio sanitario nazionale di cui al comma 2, comprendono il complesso delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie da essi assicurate secondo i propri statuti e regolamenti, nonché i costi di compartecipazione alla spesa sostenuti dai cittadini nella fruizione delle prestazioni del servizio sanitario nazionale e gli oneri per l'accesso alle prestazioni erogate in regime di libera professione intramuraria. A partire dall'anno 2010, gli ambiti di intervento di cui al presente comma si intendono rispettati a condizione che i medesimi enti, casse e società di mutuo soccorso attestino su base annua di aver erogato, singolarmente o congiuntamente, prestazioni di assistenza odontoiatrica, di assistenza socio-sanitaria rivolta ai soggetti non autosufficienti nonché prestazioni finalizzate al recupero della salute di soggetti temporaneamente inabilitati da malattia o infortunio, erogate presso strutture autorizzate all'esercizio, in base alla vigente normativa regionale, anche se non accreditate, nella misura non inferiore al 20 per cento dell'ammontare complessivo delle risorse destinate alla copertura di tutte le prestazioni garantite ai propri assistiti.
Secondo quanto indicato nella relazione illustrativa con la modifica introdotta viene recepito l’orientamento espresso dalla prassi amministrativa
(Circolare Agenzia entrate n. 5 del 2018, par. 4.10; risposta consulenza giuridica) e, più in generale, quanto rilevato dall’IVASS, in data 16 febbraio 2023, in occasione dell’“Indagine conoscitiva sulle forme integrative di previdenza e di assistenza sanitaria nel quadro dell’efficacia complessiva dei
sistemi di Welfare e di tutela della salute” avviata dalla Commissione permanente Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale del Senato.
Con la lettera b), n. 1.2, sono introdotte modifiche all’articolo 51, comma 2, lettera f-quater) del TUIR dirette ad escludere dal reddito imponibile anche i contributi e i premi versati dal datore di lavoro a favore dei familiari fiscalmente a carico dei loro dipendenti, anche in forma assicurativa, aventi per oggetto il rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana.
Si tratta in particolare dei coniugi e dei figli, così come indicati dall’articolo 12 del TUIR, aventi le caratteristiche per essere considerati fiscalmente a carico: possedere un reddito complessivo non superiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili. Per i figli di età non superiore a ventiquattro anni il limite di reddito complessivo di cui al primo periodo è elevato a 4.000 euro.
Con la lettera lett. b), n. 1.3), viene poi soppressa la lettera i-bis) del comma 2 dell’articolo 51, per cui le modifiche in esame dispongono che rientrino nell’imponibile le quote di retribuzione derivanti dall'esercizio, da parte del lavoratore, della facoltà di rinuncia all'accredito contributivo presso l'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti e le forme sostitutive della medesima, per il periodo successivo alla prima scadenza utile per il pensionamento di anzianità, dopo aver maturato i requisiti minimi secondo la vigente normativa.
La relazione illustrativa chiarisce che Tale regime è stato applicato concretamente in relazione al periodo che va dal 2004 al 2007 e dal 2015 al 2018. Di conseguenza, non rinvenendosi attualmente una sua applicazione, se ne dispone la soppressione.
La lettera b), n. 2) del comma in esame modifica invece il comma 3 dell’articolo 51.
Si ricorda che il comma 3 individua i criteri per la determinazione in denaro dei valori corrisposti in relazione al rapporto di lavoro, che rientrano nella categoria di reddito da lavoro dipendente. A tale scopo la norma rinvia al cosiddetto “valore normale” dei beni e dei servizi, come individuato nell'articolo 9 del medesimo TUIR: per tale si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi. Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d'uso.
Il comma 3 dell’articolo 51, al secondo periodo, nella formulazione vigente chiarisce che il valore normale dei generi in natura prodotti dall'azienda e ceduti ai dipendenti è determinato in misura pari al prezzo mediamente praticato dalla stessa azienda nelle cessioni al grossista.
Con le modifiche disposte dal n. 2.1 della lettera b) del comma 1 si dispone invece che il valore dei beni e servizi alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività del datore di lavoro e ceduti ai dipendenti venga determinato in base al prezzo mediamente praticato nel medesimo stadio di commercializzazione in cui avviene la cessione di beni o la prestazione di servizi a favore del lavoratore o, in mancanza, in base al costo sostenuto dal datore di lavoro.
Le modifiche al terzo periodo del comma 3 dell’articolo 51 (introdotte dal n. 2.2 della lettera b) del comma 1) intendono invece aggiornare in euro l’importo ivi previsto (da 500.000 lire a 258,23 euro); di conseguenza, non concorre a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati complessivamente di importo non superiore nel periodo d'imposta a 248,23 euro; se il predetto valore è superiore al citato limite, lo stesso concorre interamente a formare il reddito.
Infine, la lettera b), n. 3) modifica il comma 5, quarto periodo dell’articolo 51 in tema di indennità di trasferta o missione.
Si ricorda che il comma 5 prevede che le indennità percepite per le trasferte o le missioni fuori del territorio comunale concorrono a formare il reddito per la parte eccedente specifici importi, modulati secondo la distanza al netto delle spese di viaggio e di trasporto; in caso di rimborso delle spese di alloggio, ovvero di quelle di vitto, o di alloggio o vitto fornito gratuitamente il limite è ridotto di un terzo. Il limite è ridotto di due terzi in caso di rimborso sia delle spese di alloggio che di quelle di vitto.
Nell’ipoteso di rimborso analitico delle spese per trasferte o missioni fuori del territorio comunale, non concorrono a formare il reddito i rimborsi di spese documentate relative al vitto, all'alloggio, al viaggio e al trasporto, nonché i rimborsi di altre spese, anche non documentabili, eventualmente sostenute dal dipendente, sempre in occasione di dette trasferte o missioni, fino a uno specifico importo massimo giornaliero.
Concorrono invece a formare il reddito le indennità o i rimborsi di spese per le trasferte nell’ambito del territorio comunale, tranne i rimborsi di spese di trasporto comprovate da documenti provenienti dal vettore, concorrono a formare il reddito.
Per effetto delle modifiche in esame, con riferimento alle spese di trasporto che sono escluse dall’imponibile, si richiede che esse siano generalmente comprovate e documentate, in luogo di richiedere che siano comprovate da documenti provenienti dal vettore.
L’articolo 4 stabilisce i termini a decorrere dai quali trovano applicazione le novità in materia di tassazione dei redditi da lavoro dipendente previste all’articolo 3.
Le norme introdotte al precedente articolo 3 (si rinvia alla relativa scheda) si applicano ai componenti del reddito di lavoro dipendente percepiti a decorrere dal 1° gennaio 2025.
Articolo 5
(Revisione della disciplina dei redditi di lavoro autonomo)
L’articolo 5 introduce delle modifiche alla disciplina dei redditi di lavoro autonomo, prevedendo i seguenti interventi:
-si estende il regime della tassazione separata per alcune plusvalenze;
-si introduce, in analogia a quanto previsto per i lavoratori dipendenti, il principio di onnicomprensività nella determinazione del reddito di lavoro autonomo;
-si conferma il principio di cassa quale criterio di imputazione temporale del reddito;
-si prevede un’apposita disciplina relativa alla deducibilità delle spese relative a taluni beni ed elementi immateriali;
-si introduce il principio di neutralità fiscale (mancata realizzazione di plusvalenze o minusvalenze) con riferimento ad una serie di operazioni (operazioni straordinarie concernenti conferimenti, trasformazioni, fusioni e scissioni relativi a società tra professionisti; apporti in associazioni senza personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni o in società semplici; apporti delle posizioni partecipative nelle associazioni professionali o società semplici in altre associazioni o società costituite per l’esercizio in forma associata di arti e professioni o in società tra professionisti).
Tassazione separata delle plusvalenze da cessione a titolo oneroso di beni immateriali attinenti all’arte e alla professione
In particolare, il comma 1, lettera a), estende il regime della tassazione separata ad alcune plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in associazioni, società ed enti, comunque riferibili all’attività artistica professionale. In particolare la disposizione modifica l’articolo 17, in materia di tassazione separata, sostituendo interamente al comma 1, la lettera g-ter).
La lettera g-ter) prevede che l’imposta si applica separatamente ai corrispettivi percepiti a seguito di cessione della clientela o di elementi immateriali, incluse le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in associazioni, società ed enti, comunque riferibili all’attività artistica o professionale, se percepiti, anche in più rate, nello stesso periodo di imposta.
Nella vigente formulazione la tassazione separata era prevista per i corrispettivi di cui all'articolo 54, comma 1-quater (ovvero i corrispettivi percepiti a seguito di cessione della clientela o di elementi immateriali comunque riferibili all'attività artistica o professionale) se percepiti in unica soluzione.
La differenza tra le due formulazioni, salvo che per l’esplicito riferimento alle plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in associazioni, società ed enti, comunque riferibili all’attività artistica o professionale, dipende dall’adeguamento del testo della norma alla prassi amministrativa (cfr. circolare Agenzia delle entrate 16 febbraio 2007, n. 11/E, par. 7.1) che aveva già chiarito che la tassazione separata fosse applicabile anche nel caso di corrispettivi percepiti in più rate, purché nello stesso periodo di imposta.
Le plusvalenze percepite in relazione a partecipazioni non riferibili all’attività artistica o professionale restano, naturalmente, produttive di redditi diversi.
Determinazione del reddito da lavoro autonomo (articolo 54)
Il comma 1, lettera b), sostituisce l’articolo 54 del TUIR in materia di determinazione del reddito di lavoro autonomo con una serie di nuovi articoli (dalla nuova formulazione dell’articolo 54 all’articolo 54-octies).
Nello specifico, nel nuovo articolo 54 si introduce principio di onnicomprensività per la determinazione del reddito da lavoro autonomo, simile a quello applicato ai lavoratori dipendenti: il reddito da lavoro autonomo è da calcolarsi sulla base della differenza tra tutti i proventi e i benefici ottenuti nel periodo di imposta e le relative spese sostenute per l’esercizio dell’attività. Si conferma inoltre il principio di cassa quale criterio di imputazione temporale dei componenti di reddito al periodo di imposta (compensi effettivamente percepiti e spese sostenute effettivamente).
Si stabilisce, infatti, che il reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni è costituito dalla differenza tra tutte le somme e i valori in genere a qualunque titolo percepiti nel periodo di imposta in relazione all’attività artistica o professionale e l’ammontare delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’attività, salvo quanto diversamente stabilito nell’articolo in esame e negli altri articoli del capo V. A tale proposito si ricorda che, analogamente, l’articolo 51 del TUIR prevede che il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d'imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro.
Nella legislazione vigente il reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili, e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell'esercizio dell'arte o della professione, salvo quanto stabilito nei successivi commi. I compensi sono computati al netto dei contributi previdenziali e assistenziali stabiliti dalla legge a carico del soggetto che li corrisponde.
Le somme e i valori in genere percepiti nel periodo di imposta successivo a quello in cui gli stessi sono stati corrisposti dal sostituto d’imposta si imputano al periodo di imposta in cui sussiste l’obbligo per quest’ultimo di effettuazione della ritenuta.
Da un punto di vista pratico la presente ipotesi, come ricordato dalla relazione illustrativa, costituisce una deroga al principio di cassa in quanto ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo il momento della percezione del compenso può infatti risultare diverso da quello nel quale è effettuato il pagamento da parte del committente, qualora quest’ultimo non sia regolato in contanti. In particolare, in caso di pagamento del compenso tramite bonifico bancario la prassi dell’Agenzia delle entrate (cfr. circ. 23 giugno 2010, n. 38/E, par. 3.3) ha precisato che il momento in cui il professionista consegue l’effettiva disponibilità delle somme corrisponde a quello in cui questi riceve l’accredito sul proprio conto corrente. Per il committente che paga il compenso, ai fini dell’adempimento dell’obbligo di effettuare la ritenuta, rileva invece il momento in cui è stato effettuato il pagamento ovvero quello in cui le somme sono uscite dalla propria disponibilità. Il professionista, peraltro, scomputa la ritenuta subita nel periodo d’imposta in cui il compenso al quale il prelievo attiene concorre a formare il reddito. Qualora il bonifico venga effettuato negli ultimi giorni dell’anno, il momento in cui il compenso si considera percepito da parte del professionista potrebbe pertanto non coincidere con quello rilevante ai fini dell’individuazione del periodo in cui il committente deve effettuare la ritenuta e includere quest’ultima nel modello 770. Al fine di risolvere tale problematica, il secondo periodo del comma 1 del nuovo articolo 54, in attuazione del criterio di delega secondo il quale “Il criterio di imputazione temporale dei compensi deve essere corrispondente a quello di effettuazione delle ritenute da parte del committente”, prevede quindi che le somme e i valori in genere percepiti nel periodo di imposta successivo a quello in cui gli stessi sono stati corrisposti dal sostituto d’imposta si imputano al periodo di imposta in cui sussiste l’obbligo da parte di quest’ultimo di effettuazione della ritenuta. Resta fermo che, nel caso in cui il compenso non sia soggetto a ritenuta, il medesimo è imputato al periodo d’imposta in cui è stato percepito secondo l’ordinario criterio di tassazione di cassa.
Il comma 2 dell’articolo 54 indica le somme che non concorrono a formare il reddito.
Non concorrono a formare il reddito le somme percepite a titolo di:
a) contributi previdenziali e assistenziali stabiliti dalla legge a carico del soggetto che li corrisponde;
Tale disposizione riproduce quanto sancito dall’ultimo periodo del comma 1 dell’articolo 54 attualmente vigente che stabilisce che i compensi sono computati al netto dei contributi previdenziali e assistenziali stabiliti dalla legge a carico del soggetto che li corrisponde.
b) rimborso delle spese sostenute dall’esercente arte o professione per l’esecuzione di un incarico e addebitate analiticamente in capo al committente;
c) riaddebito ad altri soggetti delle spese sostenute per l’uso comune degli immobili utilizzati, anche promiscuamente, per l’esercizio di tali attività e per i servizi a essi connessi.
Tali ultime fattispecie non sono presenti nella normativa vigente ma con riferimento ai riaddebiti di cui alla lettera c), viene codificato quanto già precisato dalla prassi amministrativa (cfr. circ. 23 giugno 2010, n. 38/E, par. 3.4) secondo cui “le somme incassate per il riaddebito dei costi (…) per l’uso comune degli uffici non costituisce reddito di lavoro autonomo e quindi non rileva quale componente positivo di reddito”. L’esclusione di cui alla lettera b) si giustificherebbe invece, alla luce della relazione illustrativa al disegno di legge delega fiscale, in quanto il contrasto di interessi tra il detto committente e l’artista o il professionista è sufficiente a disincentivare possibili comportamenti evasivi.
Il comma 3, infine, stabilisce che le spese relative all’esecuzione di un incarico conferito e sostenute direttamente dal committente non costituiscono compensi in natura per il professionista.
Tale disposizione riproduce il terzo periodo del comma 5 dell’articolo 54 nel testo attualmente vigente.
Plusvalenze e altri proventi nell’ambito dei redditi da lavoro autonomo (articolo 54-bis)
Il nuovo articolo 54-bis descrive le condizioni necessarie affinché possano concorrere alla formazione del reddito da lavoro autonomo:
1. le plusvalenze di beni mobili strumentali;
2. la cessione del contratto di locazione finanziaria avente a oggetto beni mobili o immobili strumentali.
In particolare si dispone (articolo 54-bis, comma 1) che le plusvalenze dei beni mobili strumentali, esclusi gli oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione di cui all’articolo 54-septies, comma 2, concorrono a formare il reddito se:
a) sono realizzate mediante cessione a titolo oneroso;
b) sono realizzate mediante il risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento dei beni;
c) i beni vengono destinati al consumo personale o familiare dell’esercente l’arte o la professione o a finalità estranee all’arte o professione.
La disposizione in questione riproduce il contenuto del comma 1-bis dell’articolo 54 vigente con riferimento all’individuazione delle condizioni al ricorrere delle quali le plusvalenze dei beni mobili strumentali concorrono a formare redditi da lavoro autonomo.
La plusvalenza è costituita, nelle ipotesi di cui al comma 1, lettere a) e b), dalla differenza tra il corrispettivo o l’indennizzo percepito e il costo non ammortizzato del bene e, nell’ipotesi di cui al comma 1, lettera c), dalla differenza tra il valore normale e il costo non ammortizzato del bene.
Tale disposizione riproduce parzialmente il contenuto dell’articolo 86 del TUIR concernente la quantificazione delle plusvalenze patrimoniali ai fini del calcolo della base imponibile ai fini IRES. Con riguardo alle plusvalenze patrimoniali di cui alle lettere a) e b) l’articolo 86 precisa tuttavia che il calcolo del corrispettivo o del rimborso conseguito debba essere fatto al netto degli oneri accessori di diretta imputazione.
L’attuale formulazione, che si riferisce in termini unitari al computo di plusvalenze e minusvalenze, si limita a stabilire in termini sostanzialmente analoghi, che si considerano plusvalenza o minusvalenza la differenza, positiva o negativa, tra il corrispettivo o l'indennità percepiti e il costo non ammortizzato ovvero, in assenza di corrispettivo, la differenza tra il valore normale del bene e il costo non ammortizzato.
In ogni caso, la plusvalenza rileva nella stessa proporzione esistente tra l’ammontare dell’ammortamento fiscalmente dedotto e quello complessivamente effettuato.
Tale norma riproduce il contenuto dell’articolo 164, comma 2, che individua, in termini analoghi, il limite alla deduzione dal reddito d’impresa di plusvalenze e minusvalenze patrimoniali.
In caso di cessione del contratto di locazione finanziaria avente a oggetto beni immobili e mobili strumentali, esclusi gli oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione di cui all’articolo 54-septies, comma 2, concorre a formare il reddito il valore normale del bene al netto del prezzo stabilito per il riscatto e dei canoni relativi alla residua durata del contratto, attualizzati alla data della cessione medesima, nonché, in caso di beni immobili, della quota capitale dei canoni, già maturati, indeducibile in quanto riferibile al terreno.
La disciplina fiscale della cessione del contratto di locazione finanziaria avente a oggetto beni immobili e mobili strumentali, non è espressamente disciplinato dal testo vigente dell’articolo 54.
Il comma 2 dell’articolo 54, nel testo vigente, dispone che con riferimento ai beni strumentali per l'esercizio dell'arte o della professione, esclusi gli oggetti d'arte, di antiquariato o da collezione di cui al comma 5, sono ammesse in deduzione quote annuali di ammortamento non superiori a quelle risultanti dall'applicazione al costo dei beni dei coefficienti stabiliti, per categorie di beni omogenei, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze. La deduzione dei canoni di locazione finanziaria di beni strumentali è ammessa per un periodo non inferiore alla metà del periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente stabilito nel predetto decreto; in caso di beni immobili, la deduzione è ammessa per un periodo non inferiore a dodici anni.
Rimborsi e riaddebiti (articolo 54-ter)
Il nuovo articolo 54-ter stabilisce che le spese di cui all’articolo 54, comma 2, lettere b) (risarcimenti) e c) (beni destinati ad uso privato), non sono deducibili dal reddito di lavoro autonomo del soggetto che le sostiene, salvo quanto previsto nel presente articolo.
Le fattispecie descritte nel presente articolo non hanno una corrispondenza piena con le norme vigenti con riferimento ai redditi di lavoro autonomo.
L’articolo 101, che disciplina le modalità di calcolo e i presupposti di deducibilità delle minusvalenze patrimoniali, delle sopravvenienze passive e delle perdite con riferimento all’IRES stabilisce la deducibilità di alcune perdite di beni a determinate condizioni prevedendo in ogni caso, la deducibilità per le perdite su crediti, se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali o ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato o un piano attestato ai sensi dell'articolo 67, terzo comma, lettera d), del Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 o è assoggettato a procedure estere equivalenti, previste in Stati o territori con i quali esiste un adeguato scambio di informazioni. Ai fini del presente comma, il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento o del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa o del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo o del decreto di omologazione dell'accordo di ristrutturazione o del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi o, per le procedure estere equivalenti, dalla data di ammissione ovvero, per i predetti piani attestati, dalla data di iscrizione nel registro delle imprese. Gli elementi certi e precisi sussistono in ogni caso quando il credito sia di modesta entità e sia decorso un periodo di sei mesi dalla scadenza di pagamento del credito stesso. Il credito si considera di modesta entità quando ammonta ad un importo non superiore a 5.000 euro per le imprese di più rilevante dimensione di cui all'articolo 27, comma 10, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 e non superiore a 2.500 euro per le altre imprese. Gli elementi certi e precisi sussistono inoltre quando il diritto alla riscossione del credito è prescritto. Gli elementi certi e precisi sussistono inoltre in caso di cancellazione dei crediti dal bilancio operata in applicazione dei princìpi contabili.
In particolare, il comma 2 prevede che le spese di cui all’articolo 54, comma 2, lettera b), non rimborsate da parte del committente sono deducibili a partire dalla data in cui:
a) il committente ha fatto ricorso o è stato assoggettato a uno degli istituti di regolazione disciplinati dal codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, o a procedure estere equivalenti, previste in Stati o territori con i quali esiste un adeguato scambio di informazioni;
b) la procedura esecutiva individuale nei confronti del committente sia rimasta infruttuosa;
c) il diritto alla riscossione del corrispondente credito si è prescritto.
Il comma 3 chiarisce le condizioni necessarie affinché il committente possa considerarsi avere fatto ricorso o essere stato assoggettato a uno degli istituti di regolazione disciplinati dal codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza.
In particolare, in merito al comma 2, lettera a), si stabilisce che il committente si considera che abbia fatto ricorso o sia stato assoggettato a uno degli istituti disciplinati dal citato codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al decreto legislativo n. 14 del 2019:
a) in caso di liquidazione giudiziale o di liquidazione controllata del sovraindebitato, dalla data della sentenza di apertura della liquidazione giudiziale o controllata;
b) in caso di liquidazione coatta amministrativa, dalla data del provvedimento che la dispone;
c) in caso di procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, dalla data di ammissione alla procedura;
d) in caso di procedura di concordato preventivo, dalla data del decreto di apertura della procedura;
e) in caso di accordo di ristrutturazione dei debiti e di piano di ristrutturazione soggetto a omologazione, dalla data di omologazione dell’accordo ovvero del piano;
f) in caso di piano attestato di risanamento, dalla data certa degli atti e dei contratti di cui all’articolo 56, comma 5, del predetto codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (decreto legislativo n. 14 del 2019);
Sul punto si ricorda che il citato comma 5 prevede che gli atti unilaterali e i contratti posti in essere in esecuzione del piano attestato di risanamento devono essere provati per iscritto e devono avere data certa.
g) in caso di contratto o accordo che rappresenti soluzione idonea al superamento della situazione di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l'insolvenza di cui all’articolo 23, comma 1, lettere a), b) e c), del citato decreto legislativo n. 14 del 2019, dalla data certa di tali atti;
h) in caso di concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio di cui all’articolo 25-sexies del medesimo decreto legislativo, dalla data del decreto previsto dal citato articolo 25-sexies, comma 4;
i) in caso di concordato minore, dalla data di apertura della procedura;
j) in caso di ristrutturazione dei debiti del consumatore di cui all’articolo 67 e seguenti (articoli 67-73) del citato codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, dalla data della pubblicazione della relativa proposta ai sensi dell’articolo 70 del medesimo decreto.
A tale proposito si ricorda che il citato articolo 70 prevede che il giudice, se la proposta e il piano sono ammissibili, dispone con decreto che siano pubblicati in apposita area del sito web del tribunale o del Ministero della giustizia e che ne sia data comunicazione entro trenta giorni, a cura dell'OCC (organismo di composizione delle crisi da sovraindebitamento), a tutti i creditori.
Il comma 4 precisa che le disposizioni di cui al comma 3 valgono per gli istituti di diritto estero equivalenti previsti in Stati o territori con i quali esiste un adeguato scambio di informazioni.
In merito alle spese di cui all’articolo 54, comma 2, lettera b), il comma 5 stabilisce che le spese di importo, comprensivo del compenso a esse relative, non superiore a 2.500 euro che non sono rimborsate dal committente entro un anno dalla loro fatturazione sono in ogni caso deducibili a partire dal periodo di imposta nel corso del quale scade il detto periodo annuale.
Minusvalenze (articolo 54-quater)
Il nuovo articolo 54-quater precisa le condizioni affinché le minusvalenze possano essere considerate deducibili.
In particolare, si prevede che le minusvalenze dei beni mobili strumentali, esclusi gli oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione di cui all’articolo 54-septies, comma 2, determinate con gli stessi criteri stabiliti per le plusvalenze, sono deducibili se realizzate ai sensi dell’articolo 54-bis, comma 1, lettere a) e b).
La norma riproduce sostanzialmente quanto indicato nell’attuale formulazione dell’articolo 54, comma 1-bis.1
Deducibilità delle spese relative ai beni mobili e immobili (articolo 54-quinquies)
Il nuovo articolo 54-quinquies, al comma 1, reca la disciplina della deduzione dei beni strumentali nonché dei canoni di locazione finanziaria dei medesimi. Si prevede che per i beni strumentali, esclusi i beni immobili e gli oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione di cui all’articolo 54-septies, comma 2, sono ammesse in deduzione quote annuali di ammortamento non superiori a quelle risultanti dall’applicazione al costo dei beni dei coefficienti stabiliti, per categorie di beni omogenei, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, ridotti alla metà per il primo periodo d’imposta. È tuttavia consentita la deduzione integrale, nel periodo d’imposta in cui sono state sostenute, delle spese di acquisizione di beni strumentali il cui costo unitario non sia superiore a euro 516,40. In caso di eliminazione dall’attività di beni non ancora completamente ammortizzati, esclusi i beni immobili e gli oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione di cui all’articolo 54-septies, comma 2, il costo residuo è ammesso in deduzione.
La deduzione dei canoni di locazione finanziaria di beni strumentali, esclusi gli oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione di cui all’articolo 54-septies, comma 2, è ammessa:
a) in caso di beni immobili, per un periodo non inferiore a dodici anni;
b) in caso di beni di cui all’articolo 164, comma 1, lettera b), per un periodo non inferiore al periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente stabilito a norma del primo periodo;
c) in tutti gli altri casi, per un periodo non inferiore alla metà del periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente stabilito a norma del primo periodo. I canoni di locazione finanziaria dei beni strumentali sono deducibili nel periodo d’imposta in cui maturano.
Ai fini del calcolo dei canoni di locazione finanziaria deducibili dei beni immobili strumentali, si applica l’articolo 36, commi 7 e 7-bis, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223. Le spese relative all’ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione straordinaria di immobili sono deducibili in quote costanti nel periodo d’imposta in cui sono sostenute e nei cinque successivi.
Si ricorda che i richiamati commi 7 e 7-bis prevedono rispettivamente che:
a) ai fini del calcolo delle quote di ammortamento deducibili il costo complessivo dei fabbricati strumentali è assunto al netto del costo delle aree occupate dalla costruzione e di quelle che ne costituiscono pertinenza. Il costo da attribuire alle predette aree, ove non autonomamente acquistate in precedenza, è quantificato in misura pari al maggior valore tra quello esposto in bilancio nell’anno di acquisto e quello corrispondente al 20 per cento e, per i fabbricati industriali, al 30 per cento del costo complessivo stesso. Per fabbricati industriali si intendono quelli destinati alla produzione o trasformazione di beni. (comma 7);
b) le disposizioni del comma 7 si applicano, con riguardo alla quota capitale dei canoni, anche ai fabbricati strumentali in locazione finanziaria. Per la determinazione dell’acconto dovuto ai sensi del comma 34 non si tiene conto della disposizione del periodo precedente. (comma 7-bis).
Il comma 2, al primo periodo, interviene sulla deducibilità dei beni mobili nonché sui canoni di locazione anche finanziaria e di noleggio e le spese relativi all’impiego di tali beni. In particolare si stabilisce che le spese relative all’acquisto di beni mobili, diversi da quelli indicati nell’articolo 164, comma 1, lettera b), ovvero autovetture e autocaravan, ciclomotori e motocicli adibiti promiscuamente all’esercizio dell’arte o professione e all’uso personale o familiare del contribuente, sono ammortizzabili, o deducibili se il costo unitario non è superiore a euro 516,40, nella misura del 50 per cento.
Nella stessa misura sono deducibili i canoni di locazione anche finanziaria e di noleggio e le spese relativi all’impiego di tali beni.
Si prevede, inoltre, che per gli immobili utilizzati promiscuamente è deducibile un importo pari al 50 per cento della rendita ovvero, in caso di immobili acquisiti mediante locazione, anche finanziaria, un importo pari al 50 per cento del relativo canone, a condizione che il contribuente non disponga nel medesimo comune di altro immobile adibito esclusivamente all’esercizio dell’arte o professione.
Per la determinazione delle quote di ammortamento e dei canoni di locazione finanziaria deducibili si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al comma 1.
Inoltre, nella stessa misura del 50 per cento sono deducibili le spese per i servizi relativi agli immobili utilizzati promiscuamente nonché quelle relative alla manutenzione ordinaria dei medesimi. Le spese relative all’ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione straordinaria di tali immobili sono deducibili per un importo pari al 50 per cento del relativo ammontare in quote costanti nel periodo d’imposta in cui sono sostenute e nei cinque successivi.
Al comma 3, infine, si stabilisce che le quote d’ammortamento, i canoni di locazione anche finanziaria o di noleggio e le spese di impiego e manutenzione relativi ad apparecchiature terminali per servizi di comunicazione elettronica a uso pubblico di cui all’articolo 2, comma 1, lettera fff), del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, sono deducibili nella misura dell’80 per cento. Si tratta dei servizi, forniti di norma a pagamento su reti di comunicazioni elettroniche, che comprendono, con l’eccezione dei servizi che forniscono contenuti trasmessi utilizzando reti e servizi di comunicazione elettronica o che esercitano un controllo editoriale su tali contenuti, i tipi di servizi seguenti:
1. servizio di accesso a internet quale definito all'articolo 2, secondo comma, punto 2), del regolamento (UE) 2015/2120;
2. servizio di comunicazione interpersonale;
3. servizi consistenti esclusivamente o prevalentemente nella trasmissione di segnali come i servizi di trasmissione utilizzati per la fornitura di servizi da macchina a macchina e per la diffusione circolare radiotelevisiva.
Le disposizioni di cui all’articolo 54-quinquies in commento riproducono in larga parte quanto disposto ai sensi dei commi 2, 3 e 3-bis dell’articolo 54 del TUIR, nel testo attualmente vigente.
Rispetto alla disciplina vigente:
§ il primo periodo del comma 1 prevede per i beni strumentali, esclusi i beni immobili (tale esclusione non è prevista dall’articolo 54) e gli oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione di cui all’articolo 54-septies, comma 2, sono ammesse in deduzione quote annuali di ammortamento non superiori a quelle risultanti dall’applicazione al costo dei beni dei coefficienti stabiliti, per categorie di beni omogenei, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, ridotti alla metà per il primo periodo d’imposta (tale riduzione non è prevista dall’articolo 54);
§ il terzo periodo del comma 1 prevede che in caso di eliminazione dall’attività di beni non ancora completamente ammortizzati, esclusi i beni immobili e gli oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione di cui all’articolo 54-septies, comma 2, il costo residuo è ammesso in deduzione;
§ l’ultimo periodo del comma 2 stabilisce che le spese relative all’ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione straordinaria di tali immobili utilizzati promiscuamente sono deducibili per un importo pari al 50 per cento del relativo ammontare in quote costanti nel periodo d’imposta in cui sono sostenute e nei cinque successivi.
Ammortamento delle spese relative a beni ed elementi immateriali (articolo 54-sexies)
Il nuovo articolo 54-sexies disciplina le quote di ammortamento delle spese relative ad alcuni beni immateriali.
La norma prevede che le quote di ammortamento del costo:
a) dei diritti di utilizzazione di opere dell’ingegno, dei brevetti industriali, dei processi, formule e informazioni relativi a esperienze acquisite in campo industriale, commerciale o scientifico sono deducibili in misura non superiore al 50 per cento del costo;
b) degli altri diritti di natura pluriennale sono deducibili in misura corrispondente alla durata di utilizzazione prevista dal contratto o dalla legge;
c) di acquisizione della clientela e di elementi immateriali relativi alla denominazione o ad altri elementi distintivi dell’attività artistica o professionale sono deducibili in misura non superiore a un diciottesimo del costo.
La disposizione non trova corrispondenze nelle norme attualmente riferite ai redditi da lavoro autonomo. Dal punto di vista contenutistico richiama tuttavia i contenuti dell’articolo 103, comma 1, che, ai fini del calcolo dell’ammortamento dei beni immateriali, ai fini IRES dispone che:
- le quote di ammortamento del costo dei diritti di utilizzazione di opere dell'ingegno, dei brevetti industriali, dei processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite in campo industriale, commerciale o scientifico sono deducibili in misura non superiore al 50 per cento del costo;
- quelle relative al costo dei marchi d'impresa sono deducibili in misura non superiore ad un diciottesimo del costo;
Il comma 2 della medesima disposizione stabilisce che le quote di ammortamento del costo dei diritti di concessione e degli altri diritti iscritti nell’attivo del bilancio sono deducibili in misura corrispondente alla durata di utilizzazione prevista dal contratto o dalla legge.
Deducibilità delle altre spese (articolo 54-septies)
Il nuovo articolo 54-septies disciplina la deducibilità di altre tipologie di spese.
Più in dettaglio in merito:
§ alle spese relative prestazioni alberghiere e a somministrazione di alimenti e bevande sono deducibili nella misura del 75 per cento e, in ogni caso, per un importo complessivamente non superiore al 2 per cento dell’ammontare dei compensi percepiti nel periodo di imposta;
§ alle spese di rappresentanza sono deducibili nei limiti dell’1 per cento dei compensi percepiti nel periodo d’imposta (sono comprese nelle spese di rappresentanza anche quelle sostenute per l’acquisto o l’importazione di oggetti di arte, di antiquariato o da collezione, anche se utilizzati come beni strumentali per l’esercizio dell’arte o professione, nonché quelle sostenute per l’acquisto o l’importazione di beni destinati a essere ceduti a titolo gratuito).
Sono integralmente deducibili:
§ entro il limite annuo di 10.000 euro, le spese per l’iscrizione a master e a corsi di formazione o di aggiornamento professionale nonché le spese di iscrizione a convegni e congressi, comprese quelle di viaggio e soggiorno;
§ entro il limite annuo di 5.000 euro, le spese sostenute per i servizi personalizzati di certificazione delle competenze, orientamento, ricerca e sostegno all’auto-imprenditorialità, mirate a sbocchi occupazionali effettivamente esistenti e appropriati in relazione alle condizioni del mercato del lavoro, erogati dagli organismi accreditati ai sensi della disciplina vigente;
§ gli oneri sostenuti per la garanzia contro il mancato pagamento delle prestazioni di lavoro autonomo fornita da forme assicurative o di solidarietà.
Tra le spese per prestazioni di lavoro deducibili si comprendono, salvo il disposto di cui al comma 7, anche le quote delle indennità di cui all’articolo 17, comma 1, lettere a) e c), maturate nel periodo di imposta.
Le spese di vitto e alloggio sostenute per le trasferte effettuate fuori dal territorio comunale dai lavoratori dipendenti degli esercenti arti e professioni sono deducibili nelle misure previste dall’articolo 95, comma 3.
Non sono ammesse deduzioni per i compensi:
§ al coniuge;
§ ai figli, affidati o affiliati, minori di età o permanentemente inabili al lavoro;
§ agli ascendenti dell’artista o professionista ovvero dei soci o associati per il lavoro prestato o l’opera svolta nei confronti dell’artista o professionista ovvero della società o associazione.
La norma precisa, a tale proposito, che i compensi non ammessi in deduzione non concorrono a formare il reddito complessivo dei percipienti.
La disposizione richiama i contenuti dei vigenti commi 5, 6 e 6-bis dell’articolo 54 del TUIR.
Determinazione dei redditi assimilati a quello di lavoro autonomo (articolo 54-octies)
Il nuovo articolo 54-octies reca norme volte a specificare l’ammontare di alcune tipologie di redditi da assimilare fiscalmente a quello di lavoratore autonomo.
Più in dettaglio la norma prevede che:
§ i redditi indicati all’articolo 53, comma 2, lettera b) (redditi derivanti dalla utilizzazione economica, da parte dell'autore o inventore, di opere dell'ingegno, di brevetti industriali e di processi, formule o informazioni relativi ad esperienze acquisite in campo industriale, commerciale o scientifico, se non sono conseguiti nell'esercizio di imprese commerciali), sono costituiti dall’ammontare dei proventi in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili, ridotto del 25 per cento a titolo di deduzione forfettaria delle spese, ovvero del 40 per cento se i relativi compensi sono percepiti da soggetti di età inferiore a 35 anni;
La disposizione riproduce il contenuto dell’articolo 54, comma 8, primo periodo del testo attualmente vigente, aggiornando il riferimento normativo relativo all’identificazione del reddito di riferimento (non più all’articolo 49 comma 2, lettera b) ma all’art. 53, comma 2, lettera b)).
§ le partecipazioni agli utili e le indennità di cui al citato articolo 53, comma 2, lettere c), d) ed e) (rispettivamente: le partecipazioni agli utili di cui alla lettera f) del comma 1 dell'articolo 41, ovvero utili derivanti da associazioni in partecipazione e dai contratti di cointeressenza agli utili di una impresa senza partecipazione alle perdite e contratti con il quale un contraente attribuisce la partecipazione agli utili e alle perdite della sua impresa, senza il corrispettivo di un determinato apporto, quando l'apporto è costituito esclusivamente dalla prestazione di lavoro; le partecipazioni agli utili spettanti ai promotori e ai soci fondatori di società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata; le indennità per la cessazione di rapporti di agenzia) costituiscono reddito per l’intero ammontare percepito nel periodo di imposta;
La disposizione riproduce il contenuto dell’articolo 54, comma 8, secondo periodo del testo attualmente vigente.
§ i redditi indicati al predetto articolo 53, comma 2, lettera f) (redditi derivanti dall'attività di levata dei protesti esercitata dai segretari comunali), sono costituiti dall’ammontare dei compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo d’imposta, ridotto del 15 per cento a titolo di deduzione forfettaria delle spese;
La disposizione riproduce il contenuto dell’articolo 54, comma 8, terzo periodo del testo attualmente vigente.
§ i redditi indicati al medesimo articolo 53, comma 2, lettera f-bis) (indennità corrisposte ai giudici onorari di pace e ai vice procuratori onorari) sono costituiti dall’ammontare delle indennità in denaro o in natura percepite nel periodo di imposta.
La disposizione riproduce il contenuto dell’articolo 54, comma 8, quarto periodo, del testo attualmente vigente.
Qualificazione come redditi diversi anche delle plusvalenze realizzate, mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni per le associazioni tra professionisti senza personalità giuridica
La lettera c) modifica l’articolo 67, comma 1, in materia di redditi diversi al fine di ricomprendere tra i redditi diversi anche le plusvalenze realizzate, mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate ovvero di azioni o partecipazioni al capitale o al patrimonio sociale non qualificate, anche dalle associazioni senza personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l'esercizio in forma associata di arti e professioni, equiparate alle società semplici.
Si ricorda che l’articolo 67, comma 1, prevede che sono redditi diversi se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente:
a) le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate;
b) le plusvalenze, diverse da quelle imponibili ai sensi del numero precedente, realizzate mediante cessione a titolo oneroso di azioni e di ogni altra partecipazione al capitale o al patrimonio di società.
In merito la relazione illustrativa precisa che le modifiche introdotte si giustificano per ragioni sistematiche e di coordinamento normativo. L’esclusione attualmente prevista per le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate e non qualificate, riconducibili alla categoria dei redditi diversi, relative alle associazioni senza personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni di cui all’articolo 5, comma 3, lettera c), del Tuir (su cui interviene il comma 1, lettera c) n. 1 e 2)) è desumibile, infatti, già da quanto disposto dall’alinea del comma 1 del citato articolo 67 secondo cui sono suscettibili di rientrare nella categoria dei redditi diversi soltanto le fattispecie ivi contemplate che non sono conseguite, tra l’altro, nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice.
In considerazione dell’introduzione del principio di onnicomprensività nella determinazione del reddito di lavoro autonomo, le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso delle partecipazioni nelle dette associazioni, così come quelle nelle società ed enti comunque riferibili all’attività artistica o professionale esercitata, risultano ora attratte al reddito di categoria, fatta salva la possibilità di beneficiare del regime di tassazione separata allorquando le stesse siano percepite,
anche in più rate, purché nello stesso periodo di imposta, ai sensi della nuova lettera g-ter) dell’articolo 17, comma 1, del Tuir, come modificata dal comma 1, lettera a).
Operazioni straordinarie concernenti le fattispecie di esercizio associato delle attività professionali
La lettera d) inserisce nel TUIR un nuovo articolo 177-bis nel TUIR diretto a disciplinare specificamente e per la prima volta, la disciplina delle operazioni straordinarie e delle trasformazioni concernenti le società costituite per l’esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico (società tra professionisti).
La nuova norma, al comma 1, stabilisce che i conferimenti di attività materiali e immateriali, inclusa la clientela e ogni altro elemento immateriale, nonché di passività, comunque riferibili all’attività artistica o professionale, in una società per l’esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico, di cui all’articolo 10 della legge 12 novembre 2011, n. 183, non costituiscono realizzo di plusvalenze o minusvalenze.
Il soggetto conferente assume, quale valore delle partecipazioni ricevute, la somma algebrica dei valori fiscalmente riconosciuti di attività e passività conferite e il soggetto conferitario subentra nella posizione di quello conferente in ordine a quanto ricevuto, facendo risultare da apposito prospetto di riconciliazione della dichiarazione dei redditi i dati esposti nelle scritture contabili e i valori fiscalmente riconosciuti.
Le disposizioni di cui al comma precedente si applicano anche:
a. ai conferimenti in società per l’esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico diverse da quelle di cui al comma 1;
b. agli apporti in associazioni o società semplici di cui all’articolo 5, costituite per l’esercizio in forma associata di arti e professioni;
c. agli apporti delle posizioni partecipative nelle associazioni o società di cui alla lettera b) in altre associazioni o società costituite per l’esercizio in forma associata di arti e professioni o in società tra professionisti di cui al comma 1 e alla lettera a);
d. alle trasformazioni, fusioni e scissioni di società tra professionisti di cui al comma 1 e alla lettera a), nonché alle medesime operazioni delle associazioni o società semplici di cui alla lettera b) e tra le società di cui al comma 1 e alla lettera a) e le associazioni o società semplici di cui alla lettera b);
e. al trasferimento di attività materiali e immateriali, inclusa la clientela e ogni altro elemento immateriale, nonché di passività, riferibili all’attività artistica o professionale svolta in forma individuale per causa di morte o per atto gratuito.
Si stabilisce, altresì, che i criteri di cui al comma 1 si applicano anche qualora, a seguito della cessazione, entro cinque anni dall’apertura della successione, dell’esercizio in forma associata di arti e professioni da parte degli eredi, la predetta attività resti svolta da uno solo di essi.
Inoltre, al fine di evitare salti o duplicazioni di imposizione, nel caso di passaggio, per effetto delle disposizioni di cui ai commi precedenti, da un periodo di imposta soggetto alla determinazione del reddito di lavoro autonomo ai sensi dell’articolo 54 a un periodo di imposta soggetto alla determinazione del reddito d’impresa ai sensi degli articoli 56 e 83, i componenti positivi e negativi che hanno già concorso alla formazione del reddito, in base alle regole del regime di determinazione del reddito di lavoro autonomo, non assumono rilevanza nella determinazione del reddito d’impresa dei periodi di imposta successivi. La disposizione, inoltre, chiarisce che i corrispondenti criteri si applicano per l’ipotesi inversa di passaggio da un periodo di imposta soggetto alla determinazione del reddito d’impresa a un periodo d’imposta soggetto alla determinazione del reddito di lavoro autonomo. Si applica, in quanto compatibile, l’articolo 170, commi 3 e 4, anche in caso di fusioni e scissioni.
L’articolo 170, commi 3 e 4 del TUIR dispone che nel caso di trasformazione di una società non soggetta all’IRES in società soggetta a tale imposta le riserve costituite prima della trasformazione con utili imputati ai soci a norma dell'articolo 5, se dopo la trasformazione siano state iscritte in bilancio con indicazione della loro origine, non concorrono a formare il reddito dei soci in caso di distribuzione e l’imputazione di esse a capitale non comporta l'applicazione del comma 6 dell'articolo 47. Nel caso di trasformazione di una società soggetta all'IRES in società non soggetta a tale imposta le riserve costituite prima della trasformazione, escluse quelle di cui al comma 5 dell'articolo 47, sono imputate ai soci, a norma dell'articolo 5: a) nel periodo di imposta in cui vengono distribuite o utilizzate per scopi diversi dalla copertura di perdite d'esercizio, se dopo la trasformazione siano iscritte in bilancio con indicazione della loro origine; b) nel periodo di imposta successivo alla trasformazione, se non siano iscritte in bilancio o vi siano iscritte senza la detta indicazione.
Il comma 2 reca modifiche di coordinamento al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto-IVA) conseguentemente all’introduzione del sopra descritto articolo 177-bis del Testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
Nello specifico la lettera a) modifica l’articolo 2, terzo comma, lettera f), prevedendo che non sono considerate cessioni di beni ai fini IVA i passaggi di beni in dipendenza di fusioni, scissioni o trasformazioni di società, operazioni straordinarie di cui all’articolo 177-bis del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 e di analoghe operazioni poste in essere da altri enti.
La lettera b) modifica l’articolo 3, quarto comma, lettera d), prevedendo che non sono considerate prestazioni di servizi i conferimenti in società e altri enti, compresi i consorzi e le associazioni o altre organizzazioni a condizione che il soggetto conferitario abbia diritto ad esercitare la detrazione totale dell’imposta nei modi ordinari e i passaggi di beni in dipendenza di fusioni, scissioni o trasformazioni di società e di analoghe operazioni poste in essere da altri enti, anche per effetto delle operazioni straordinarie di cui all’articolo 177-bis del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
Il comma 3 reca modifiche all’articolo 4, comma 1, lettera b), della Tariffa, parte prima, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 (Approvazione del Testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro). Si stabilisce, in dettaglio, che tra gli atti soggetti a registrazione in termine fisso (200,00 euro) rientrano oltre alla fusione tra società, alla scissione delle stesse, al conferimento di aziende o di complessi aziendali relativi a singoli rami dell’impresa fatto da una società ad altra società esistente o da costituire e alle analoghe operazioni poste in essere da enti diversi dalle società anche le operazioni straordinarie di cui all’articolo 177-bis del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
Articolo 6
(Disposizioni transitorie e finali)
L’articolo 6 indica la decorrenza delle misure previste dall’articolo 5 del decreto in commento e prevede altresì talune disposizioni transitorie per l’applicazione di alcune norme dell’articolo 54 del TUIR, in materia di disciplina dei redditi di lavoro autonomo, come modificato dal medesimo articolo 5.
Più nel dettaglio, il comma 1 precisa che le disposizioni dell’articolo 5, in materia di revisione della disciplina dei redditi di lavoro autonomo, si applicano per la determinazione dei redditi di lavoro autonomo prodotti a partire dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto in esame.
Il comma 2 prevede una disciplina transitoria per alcune misure introdotte del sopra citato articolo 5.
In particolare, si dispone che fino al 31 dicembre 2024, in via transitoria, le spese di cui all’articolo 54, comma 2, lettera b), del TUIR, introdotta dall’articolo 5, comma 1, lettera b) (rimborso delle spese sostenute dall’esercente arte o professione per l’esecuzione di un incarico e addebitate analiticamente in capo al committente), del presente schema di decreto, sostenute dall’esercente arte o professione per l’esecuzione di un incarico e addebitate analiticamente in capo al committente; inoltre le relative somme percepite a titolo di rimborso delle medesime, continuano, rispettivamente, a essere deducibili dal reddito di lavoro autonomo e a concorrere alla formazione del medesimo secondo le disposizioni dell’articolo 54 del TUIR in vigore anteriormente alle modifiche apportate dal presente decreto.
Fino alla stessa data del 31 dicembre 2024 le predette somme continuano a essere assoggettate alle ritenute previste dall’articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.
Il comma 3 stabilisce che la disposizione di cui all’articolo 54, comma 1, secondo periodo del TUIR, introdotta dall’articolo 5, comma 1, lettera b), ha effetto anche per i periodi di imposta antecedenti a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, se le relative dichiarazioni, validamente presentate, risultano a essa conformi.
Si tratta della disposizione che prevede che le somme e i valori in genere percepiti nel periodo di imposta successivo a quello in cui gli stessi sono stati corrisposti dal sostituto d’imposta si imputano al periodo di imposta in cui sussiste l’obbligo per quest’ultimo di effettuazione della ritenuta.
Restano, comunque, fermi gli accertamenti e le liquidazioni di imposta divenuti definitivi.
Articolo 7
(Plusvalenze delle aree edificabili ricevute in donazione)
L’articolo 7 prevede che, ai fini del calcolo della plusvalenza assoggettata a imposizione sui redditi, il prezzo di acquisto o il costo di costruzione di alcuni immobili – acquistati o costruiti da non più di cinque anni, terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria, immobili in relazione ai quali il cedente o gli altri aventi diritto abbiano eseguito gli interventi del cosiddetto superbonus – è aumentato dell’imposta sulle donazioni e di ogni altro costo successivo inerente. L’imposta sulle donazioni e i costi inerenti, di conseguenza, entrano a far parte della base imponibile delle imposte sui redditi.
Per i terreni acquisiti per donazione o successione, il prezzo di acquisto valevole per il calcolo della plusvalenza tassabile è aumentato della relativa imposta.
Il comma 1, lettera a), modifica l’articolo 68 del TUIR – Testo Unico delle Imposte sui redditi, di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, che disciplina le modalità di calcolo delle plusvalenze.
Con una prima modifica viene integrato il comma 1, secondo periodo del richiamato articolo 68, concernente le modalità di calcolo della plusvalenza assoggettata a imposta.
Si ricorda che l’articolo 68 dispone che le plusvalenze immobiliari (di cui alle lettere a), b) e b-bis) del comma 1 dell'articolo 67) assoggettate a tassazione sono costituite dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo.
Se gli immobili - di cui alle lettere b) e b-bis) del comma 1 dell'articolo 67 – sono stati acquisiti per donazione, si assume come prezzo di acquisto o costo di costruzione quello sostenuto dal donante.
Si tratta in particolare di immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria, ovvero di immobili in relazione ai quali il cedente o gli altri aventi diritto abbiano eseguito gli interventi agevolati del cosiddetto superbonus (di cui all'articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34) conclusi da non più di dieci anni all'atto della cessione, esclusi gli immobili acquisiti per successione e quelli che siano stati adibiti ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari per la maggior parte dei dieci anni antecedenti alla cessione o, qualora tra la data di acquisto o di costruzione e la cessione sia decorso un periodo inferiore a dieci anni, per la maggior parte di tale periodo.
Le norme in commento, integrando il secondo periodo del comma 1, chiariscono che per le predette categorie di immobili, ai fini del calcolo delle plusvalenze, il prezzo di acquisto o il costo di costruzioni è aumentato dell’imposta sulle donazioni e di ogni altro costo successivo inerente.
L’imposta sulle donazioni e i costi inerenti, di conseguenza, entrano a far parte della base imponibile delle imposte sui redditi (le plusvalenze, ai sensi dell’articolo 67, sono qualificate come “redditi diversi” dal TUIR).
Secondo quanto riportato nella relazione illustrativa si impedisce, in tal modo, l’effettuazione di operazioni finalizzate esclusivamente a evitare o ridurre apprezzabilmente la tassazione della plusvalenza rispetto a quella che sarebbe derivata dalla cessione dell’area edificabile qualora la stessa fosse stata effettuata direttamente dal donante. La scelta è volta a risolvere questione concernente gli effetti della donazione dei terreni edificabili a familiari, seguita, entro un ristretto arco temporale, dalla loro cessione a terzi a opera dei donatari.
L’Agenzia delle entrate ha affermato infatti , nella circolare n. 28/E del 4 agosto 2006, che, a seguito della modifica dell’art. 68 del TUIR, “la plusvalenza in caso di immobili acquisiti in donazione e ceduti entro cinque anni a decorrere dalla data di acquisto da parte del donante è determinata ponendo a confronto il corrispettivo della cessione e il costo di costruzione o di acquisto sostenuto dal donante”, senza tuttavia fare alcun riferimento ai terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria.
La lettera b) del comma 1, conseguentemente, modifica il comma 2, quarto periodo dell’articolo 68, specificando che, per i terreni acquisiti per effetto di successione e donazione, il prezzo di acquisto è pari al valore contenuto nella dichiarazione – ovvero liquidato e definito – aumentato dell’imposta di successione.
Il comma 2 dell’articolo in esame individua la decorrenza delle nuove norme per le cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria. In particolare, le norme si applicano sulle cessioni effettuate a partire dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
Articolo 8
(Riduzione del doppio binario tra valori contabili e fiscali e regimi di riallineamento)
L’articolo 8 individua l’ambito temporale di applicazione delle disposizioni dei successivi articoli da 9 a 14 del presente schema di decreto.
In particolare si prevede che fino all’attuazione dei criteri direttivi definiti dagli articoli 6, comma 1, lettere a) e c), e 9, comma 1, lettera c), della legge n.111 del 9 agosto 2023, concernenti, rispettivamente, la riduzione dell’aliquota dell’imposta sui redditi delle società a determinate condizioni, la razionalizzazione e semplificazione dei regimi di riallineamento dei valori fiscali a quelli contabili nonché i criteri di determinazione del reddito d’impresa al fine di ridurre gli adempimenti amministrativi attraverso il rafforzamento del processo di avvicinamento dei valori fiscali a quelli civilistici, si applicheranno le disposizioni degli articoli da 9 a 14.
Si ricorda che l’articolo 6, comma 1, lettere a), della legge n.111 del 9 agosto 2023 prevede un doppio binario fiscale per l’Ires. Accanto alla misura ordinaria dell’aliquota (24%) si prevede che il Governo, nell’esercizio della delega, preveda la riduzione dell’aliquota dell’IRES nel caso di impiego del reddito prodotto: in investimenti, con particolare riferimento a quelli qualificati; in nuove assunzioni ovvero in schemi stabili di partecipazione dei dipendenti agli utili.
La riduzione riguarda, in presenza di una delle precedenti condizioni, una somma corrispondente, in tutto o in parte, al reddito, entro i due periodi d’imposta successivi alla sua produzione. Si chiarisce che tale riduzione non si applica al reddito corrispondente agli utili che, nel predetto biennio, sono distribuiti o destinati a finalità estranee all’esercizio dell’attività d’impresa, e che la distribuzione degli utili stessi si presume avvenuta qualora sia accertata l’esistenza di componenti reddituali positivi non contabilizzati o di componenti negativi inesistenti. Tale disciplina dovrà essere coordinata con le altre disposizioni in materia di reddito d’impresa.
L’articolo 6, comma 1, c) delega il Governo a razionalizzare e semplificare i regimi di riallineamento dei valori fiscali a quelli contabili, al fine di prevedere una disciplina omogenea e un trattamento fiscale uniforme per tutte le fattispecie rilevanti con riferimento al riallineamento, comprese le ipotesi di mutamento dell’assetto contabile e di limitare i possibili arbitraggi tra realizzi non imponibili e assunzioni di valori fiscalmente riconosciuti.
L’articolo 9, comma 1, lettera c), infine conferisce al Governo la delega per la semplificazione e la razionalizzazione del reddito d’impresa, al fine di ridurre gli adempimenti amministrativi a carico delle imprese, attraverso un rafforzamento del processo di avvicinamento tra valori civilistici e fiscali e mediante una revisione della disciplina delle variazioni in aumento e diminuzione, apportate all’utile o alla perdita di esercizio, per pervenire alla determinazione del reddito imponibile, al fine di adeguare la disciplina attuale ai mutamenti intervenuti nel sistema economico e di allinearla tendenzialmente a quella vigente nei principali Paesi europei. Si potenzia in tal senso il principio di derivazione rafforzata e si limita la divergenza tra la disciplina fiscale e quella civilistica, fermi restando i principi di inerenza e di neutralità fiscale delle operazioni di riorganizzazione aziendale e divieto di abuso del diritto, sì da evitare la gestione di un oneroso doppio binario civilistico-fiscale. Saranno oggetto di revisione le differenze temporanee che scaturiscono dalla deroga alla competenza economica del bilancio: derivanti da fenomeni valutativi come per le opere, forniture e servizi di durata ultrannuale o per gli ammortamenti; in quanto si considera rilevante il momento del pagamento come per le differenze su cambi per i debiti o i crediti in valuta e gli interessi di mora. In alcuni casi l’allineamento può essere subordinato alla condizione che l’impresa sottoponga il proprio bilancio di esercizio a revisione legale dei conti, ovvero sia in possesso di apposite certificazioni rilasciate da professionisti qualificati che attestino la correttezza degli imponibili dichiarati.
È stata prevista anche la revisione della disciplina dei costi parzialmente deducibili.
Atteso che l’articolo in commento appare privo di un’effettiva portata normativa (poiché effettua un mero rinvio alla vigenza degli articoli da 9 a 14 del presente decreto), andrebbe valutata l’effettiva utilità del suo mantenimento all’interno del provvedimento.
Articolo 9
(Riduzione del doppio binario tra valori contabili e fiscali)
L’articolo 9 prevede una serie di modifiche inerenti alle modalità di determinazione del reddito d’impresa funzionali al processo di avvicinamento dei valori fiscali a quelli civilistici.
L’articolo in esame apporta una serie di modifiche al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1986, n. 917 – TUIR, recependo quanto previsto dall’articolo 9 della legge di delega fiscale (legge n.111 del 2023), in merito al rafforzamento del processo di avvicinamento dei valori fiscali a quelli civilistici e alla possibilità di limitare le variazioni in aumento e in diminuzione da apportare alle risultanze del conto economico quali, in particolare, quelle concernenti gli ammortamenti, le opere, le forniture e i servizi di durata ultrannuale, le differenze su cambi per i debiti e i crediti in valuta.
La lettera a) modifica l’articolo 88, comma 3, lettera b), in materia di sopravvenienze attive. Nel suddetto articolo sono considerate sopravvenienze attive i proventi in denaro o in natura conseguiti a titolo di contributo o di liberalità, esclusi i contributi di cui alle lettere g) e h) del comma 1 dell'articolo 85 (ossia i contributi in denaro, o il valore normale di quelli, in natura, spettanti sotto qualsiasi denominazione in base a contratto e i contributi spettanti esclusivamente in conto esercizio a norma di legge) e quelli per l’acquisto di beni ammortizzabili indipendentemente dal tipo di finanziamento adottato.
Secondo quanto riportato nella relazione illustrativa, in pratica, trattasi dei contributi in conto capitale iscritti in bilancio nel momento in cui esiste una ragionevole certezza che le condizioni previste per il riconoscimento degli stessi siano state soddisfatte. Solitamente ciò avviene all’atto della formale delibera da parte dell’ente erogante. Il contributo è imputato interamente a conto economico.
L’intervento, implicitamente, ha effetto anche sui contributi per i costi di studi e ricerche che, ai sensi dell’art. 108, comma 3, del TUIR, per effetto del rinvio all’articolo 88, comma 3, dello stesso TUIR, soggiacciono allo stesso trattamento tributario dei contributi trattati come sopravvenienze attive di cui sopra.
Con le modifiche introdotte tali proventi concorrono a formare il reddito esclusivamente nell'esercizio in cui sono stati incassati (nel testo vigente concorrono altresì a formare il reddito anche in quote costanti nell'esercizio in cui sono stati incassati e nei successivi ma non oltre il quarto, secondo il principio di cassa).
La lettera b) modifica l’articolo 92, in materia di variazioni delle rimanenze sostituendo integralmente il comma 6.
La nuova disciplina conferma che i prodotti in corso di lavorazione per i quali non trova applicazione l’articolo 93 (ossia che non abbiano natura ultrannuale), in corso di esecuzione al termine dell’esercizio, sono valutati in base alle spese sostenute nell’esercizio stesso.
Tuttavia, essa estende tale modalità di contabilizzazione anche alle opere e alle forniture in corso prevedendo inoltre che le imprese che contabilizzano in bilancio tali opere, forniture e servizi con il metodo della percentuale di completamento, in conformità ai corretti principi contabili, applicano il suddetto metodo anche ai fini della determinazione del reddito.
La relazione illustrativa precisa infatti che la disciplina fiscale vigente (ossia l’attuale formulazione del comma 6) prevede che i prodotti in corso di lavorazione e i servizi in corso di esecuzione al termine dell'esercizio sono valutati in base alle spese sostenute nell'esercizio stesso, ossia riconosce unicamente l’adozione del cosiddetto criterio del costo o della commessa completata, anche quando, in conformità a quanto previsto dall’OIC 23, contabilmente sia correttamente adottato il criterio della percentuale di completamento.
In quest’ultima ipotesi, l’impresa era così costretta ad applicare, in doppio binario, le disposizioni dell’art. 92, comma 6 (attualmente vigente), operando, nella dichiarazione dei redditi, una variazione in diminuzione per la parte di margine contabilizzato nella valorizzazione delle rimanenze secondo il criterio della percentuale di completamento e nell’anno successivo, alla consegna della commessa, una variazione in aumento per tassare il margine dell’operazione.
L’intervento normativo attuato in questa sede, mediante la riscrittura del comma 6 dell’art. 92 TUIR, determina il riconoscimento fiscale del criterio della percentuale di completamento, ove utilizzato in bilancio in conformità ai corretti principi contabili, facendo venire meno la necessità di operare le descritte variazioni in dichiarazione dei redditi.
La lettera c) modifica l’articolo 93, in materia di opere, forniture e servizi di durata ultrannuale sostituendo integralmente il comma 6.
Il nuovo comma 6 prevede che in deroga alle disposizioni dei commi 1, 2 e 4, le imprese che contabilizzano in bilancio le opere, forniture e servizi valutando le rimanenze al costo e imputando i corrispettivi all'esercizio nel quale sono consegnate le opere o ultimati i servizi e le forniture, in conformità ai corretti principi contabili, applicano tale metodo anche ai fini della determinazione del reddito.
I suddetti commi 1, 2 e 4 prevedono rispettivamente che:
§ le variazioni delle rimanenze finali delle opere, forniture e servizi pattuiti come oggetto unitario e con tempo di esecuzione ultrannuale, rispetto alle esistenze iniziali, concorrono a formare il reddito dell'esercizio. A tal fine le rimanenze finali, che costituiscono esistenze iniziali dell'esercizio successivo, sono assunte per il valore complessivo determinato a norma delle disposizioni che seguono per la parte eseguita fin dall'inizio dell'esecuzione del contratto, salvo il disposto del comma 4;
§ la valutazione è fatta sulla base dei corrispettivi pattuiti. Delle maggiorazioni di prezzo richieste in applicazione di disposizioni di legge o di clausole contrattuali si tiene conto, finché non siano state definitivamente stabilite, in misura non inferiore al 50 per cento. Per la parte di opere, forniture e servizi coperta da stati di avanzamento la valutazione è fatta in base ai corrispettivi liquidati;
§ i corrispettivi liquidati a titolo definitivo dal committente si comprendono tra i ricavi e la valutazione tra le rimanenze, in caso di liquidazione parziale, è limitata alla parte non ancora liquidata. Ogni successiva variazione dei corrispettivi è imputata al reddito dell'esercizio in cui è stata definitivamente stabilita.
Il vigente comma 6 dispone che alla dichiarazione dei redditi deve essere allegato, distintamente per ciascuna opera, fornitura o servizio, un prospetto recante l'indicazione degli estremi del contratto, delle generalità e della residenza del committente, della scadenza prevista, degli elementi tenuti a base per la valutazione e della collocazione di tali elementi nei conti dell’impresa.
Si ricorda che il principio contabile OIC 23 stabilisce che i lavori in corso di durata ultrannuale devono essere valutati con il criterio della percentuale di completamento se sono soddisfatte alcune condizioni, in assenza delle quali la valutazione deve essere effettuata secondo il criterio della commessa completata (vale a dire secondo i costi sostenuti). Come detto il vigente articolo 93 del TUIR prevede il riconoscimento ai fini della determinazione del reddito d’impresa del solo criterio di valutazione delle rimanenze in base ai corrispettivi pattuiti (percentuale di completamento), escludendo la rilevanza fiscale della valutazione con il metodo della commessa completata. Si ricorda infatti che l’articolo 1, comma 70, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 ha abrogato il comma 5 dell’articolo 93, che consentiva la valutazione con il citato metodo della commessa completata. Pertanto, detto metodo non ha trovato riconoscimento fiscale dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2006. Si era determinata, dunque, l’esigenza di gestire in doppio binario le differenze di valutazione, al fine di “rielaborare” ai fini fiscali la valutazione di bilancio (al costo) sulla base dei descritti canoni dell’art. 93 (basati sulla valorizzazione al corrispettivo). La nuova norma, a condizione che il criterio sia adottato in conformità ai principi contabili ammette la rilevanza fiscale del criterio della commessa completata.
La lettera d) abroga il comma 3 dell’articolo 110 in materia di norme generali sulle valutazioni dei crediti e debiti in valuta.
Tale norma prevedeva che la valutazione secondo il cambio alla data di chiusura dell'esercizio dei crediti e debiti in valuta, anche sotto forma di obbligazioni, di titoli cui si applica la disciplina delle obbligazioni ai sensi del codice civile o di altre leggi o di titoli assimilati, non assume rilevanza. Si tiene conto della valutazione al cambio della data di chiusura dell'esercizio delle attività e delle passività per le quali il rischio di cambio è coperto, qualora i contratti di copertura siano anche essi valutati in modo coerente secondo il cambio di chiusura dell'esercizio.
L’articolo 10 disciplina le modalità secondo le quali in caso di divergenze tra i valori contabili e i valori fiscali emerse in sede di variazione dei principi contabili, internazionali e nazionali, nonché di passaggio dagli uni agli altri, possa procedersi al riallineamento dei valori contabili ai fini fiscali.
Preliminarmente, si rammenta che il suddetto articolo 10 dà attuazione al criterio direttivo dell’articolo 6 della delega fiscale (legge n. 111 del 2023) sulla “razionalizzazione e semplificazione dei regimi di riallineamento dei valori fiscali a quelli contabili, al fine di prevedere una disciplina omogenea e un trattamento fiscale uniforme per tutte le fattispecie rilevanti a tal fine, comprese quelle di cambiamento dell’assetto contabile, e di limitare possibili arbitraggi tra realizzi non imponibili e assunzioni di valori fiscalmente riconosciuti”.
A tal proposito, la relazione illustrativa del Governo evidenzia come il quadro normativo dei regimi di riallineamento sia particolarmente articolato e complesso e non sia in grado di disciplinare in maniera omogenea tutte le fattispecie in cui possono emergere divergenze tra valori contabili e fiscali generando, in tal modo, incertezze interpretative e discrasie. L’attuale assetto normativo si presta, altresì, a fenomeni di arbitraggio.
In particolare, la relazione, da un lato, afferma la necessità di uniformare i diversi regimi di affrancamento dei maggiori valori emersi in sede di operazioni straordinarie “rinviando ai decreti legislativi delegati l’individuazione del nuovo regime che dovrà operare “a fattor comune”; dall’altro, individua alcune fattispecie di cambiamento dell’assetto contabile che non sono disciplinate, e che dovranno essere oggetto di un intervento normativo, precisando che “Per effetto dell’articolo 7-bis del decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38 (introdotto dall’art. 19-quater del decreto-legge n. 22 del 2019), è stato disciplinato il passaggio inverso dai principi contabili internazionali ai principi contabili nazionali senza, però, prevedere un analogo regime di riallineamento. [...] Non risulta, inoltre, regolato il passaggio delle microimprese dal regime di derivazione giuridica a quello di derivazione rafforzata, a seguito delle modifiche apportate all’articolo 83 del TUIR dall’articolo 8, comma 1, del decreto-legge n. 73 del 2022, che ha escluso da quest’ultimo regime soltanto le dette imprese che non hanno optato per la redazione del bilancio in forma ordinaria. Parimenti, non risultano regolate le fattispecie in cui il cambiamento dell’assetto contabile (passaggio agli IAS, ritorno agli OIC, modifica dimensionale delle microimprese) avviene per effetto di un’operazione straordinaria fiscalmente neutrale”.
La delega fiscale prevede, altresì, all’articolo 9 di “semplificare e razionalizzare i criteri di determinazione del reddito d’impresa al fine di ridurre gli adempimenti amministrativi […] prevedendo la possibilità di limitare le variazioni in aumento e in diminuzione da apportare alle risultanze del conto economico […]”.
Sul punto, il Governo rappresenta, altresì, che, considerato l’assetto normativo previgente e i suddetti principi e criteri direttivi della delega fiscale, le previsioni di attuazione introdotte intendono apportare una significativa razionalizzazione e semplificazione delle modalità di accesso e di applicazione dei regimi di riallineamento, anche attraverso la omogeneizzazione dei regimi precedenti e l’accorpamento di disposizioni sin qui collocate in differenti provvedimenti normativi.
Nello specifico, il comma 1 individua l’ambito di applicazione delle disposizioni in questione, ossia le seguenti fattispecie di cambiamento dei principi contabili dalle quali possono derivare le divergenze tra valori contabili e fiscali cui applicare la disciplina di riallineamento:
§ prima applicazione dei principi contabili internazionali (IAS/IFRS);
§ variazioni dei principi contabili internazionali (IAS/IFRS) già adottati;
§ passaggio dai principi contabili internazionali (IAS/IFRS) alla normativa nazionale;
§ variazione dei principi contabili nazionali;
§ cambiamento degli obblighi informativi di bilancio conseguenti a modifiche delle dimensioni dell’impresa;
§ applicazione per le micro-imprese di cui all’articolo 2435-ter del codice civile della disciplina di cui all’articolo 83, comma 1, terzo periodo, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
Secondo quanto prevede l’articolo 83, comma 1, terzo periodo del TUIR, per i soggetti che redigono il bilancio in base ai princìpi contabili internazionali e per i soggetti, diversi dalle micro-imprese di cui all'articolo 2435-ter del codice civile che non hanno optato per la redazione del bilancio in forma ordinaria, i quali redigono il bilancio in conformità alle disposizioni del codice civile, valgono i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti dai rispettivi princìpi contabili.
Si segnala, inoltre, che l’articolo 2435-ter definisce microimprese le società, che non abbiano emesso titoli negoziati in mercati regolamentati, che nel primo esercizio o, successivamente, per due esercizi consecutivi, non abbiano superato due dei seguenti limiti (aggiornati a seguito delle previsioni dell’articolo 16, comma 1, lettera b) del decreto legislativo n. 125 del 2024): totale dell'attivo dello stato patrimoniale: 220.000 euro; ricavi delle vendite e delle prestazioni: 440.000 euro; dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 5 unità.
§ operazioni straordinarie fiscalmente neutrali effettuate tra soggetti che adottano principi contabili differenti e tra soggetti che hanno obblighi informativi di bilancio differenti.
Il comma 2 dispone che i componenti reddituali e patrimoniali rilevati nel bilancio dell’esercizio relativo alle fattispecie di cui al comma 1 assumono rilevanza fiscale secondo i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione previsti dai principi contabili di riferimento, in conformità alle disposizioni dell’articolo 83 del TUIR (decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917), in materia di determinazione del reddito complessivo delle società e degli enti commerciali residenti.
La relazione illustrativa segnala come la disposizione in questione sostituisca l’articolo 15 del decreto-legge n. 185/2008 (i cui commi da 1 a 12-bis vengono abrogati dall’articolo 13, comma 1, lettera b del presente schema) riproponendone la disciplina per le operazioni pregresse diversamente qualificate, classificate e imputate temporalmente, ed eliminando, tuttavia, il riferimento alla “valutazione” di attività e passività specificamente regolate dal comma 3.
L’articolo 83 del TUIR dispone che il reddito complessivo è determinato apportando all’utile o alla perdita risultante dal conto economico, relativo all’esercizio chiuso nel periodo d'imposta, le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all'applicazione dei criteri stabiliti nelle successive disposizioni di cui agli articoli da 84 a 116 del TUIR. In caso di attività che fruiscono di regimi di parziale o totale detassazione del reddito, le relative perdite fiscali assumono rilevanza nella stessa misura in cui assumerebbero rilevanza i risultati positivi. Per i soggetti che redigono il bilancio in base ai princìpi contabili internazionali e per i soggetti, diversi dalle micro-imprese che non hanno optato per la redazione del bilancio in forma ordinaria, i quali redigono il bilancio in conformità alle disposizioni del codice civile, valgono, anche in deroga alle disposizioni dei successivi articoli della presente sezione, i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti dai rispettivi princìpi contabili. I criteri di imputazione temporale sopra indicati valgono ai fini fiscali anche in relazione alle poste contabilizzate a seguito del processo di correzione degli errori contabili. La disposizione precedente non si applica ai componenti negativi di reddito per i quali è scaduto il termine per la presentazione della dichiarazione integrativa e, sussistendo gli altri presupposti, opera soltanto per i soggetti che sottopongono il proprio bilancio d'esercizio a revisione legale dei conti.
La norma precisa, tuttavia, che continuano a essere assoggettati alla disciplina fiscale previgente gli effetti reddituali e patrimoniali sul bilancio di tale esercizio e di quelli successivi delle operazioni pregresse che risultino diversamente qualificate, classificate e imputate temporalmente ai fini fiscali rispetto alle qualificazioni, classificazioni e imputazioni temporali risultanti dal bilancio dell’esercizio precedente a quello relativo alle fattispecie di cui al comma 1.
Ciò avviene solo qualora il trattamento fiscale derivante dalla nuova qualificazione, classificazione e imputazione temporale risulti non coerente con le regole di deduzione o tassazione applicate precedentemente.
La relazione illustrativa indica i regimi transitori vigenti che sono quelli disciplinati dalle seguenti disposizioni (tutte abrogate dall’articolo 13, comma 1, dello schema di decreto legislativo in commento):
i. l’art. 15 del D.L. n. 185/2008: è il regime transitorio che si applica, in caso di prima adozione dei principi IAS/IFRS (FTA), ma anche in ipotesi di cambiamento degli IAS/IFRS già adottati;
ii. l’art. 13-bis del decreto-legge. n.244 del 2016 (con disposizioni analoghe al citato articolo 15) che regola la prima applicazione dei principi contabili nazionali (introduzione dei nuovi OIC), nonché i casi di variazioni degli OIC già esistenti e di cambiamento degli obblighi informativi di bilancio conseguenti a modifiche delle dimensioni dell’impresa (passaggio da micro-imprese a soggetti OIC adopter o viceversa);
iii. l’articolo 13 del d.lgs. n. 38/2005 che contempla alcune divergenze peculiari, descritte di seguito, connesse alla prima adozione degli IAS/IFRS o introduzione dei nuovi OIC;
iv. l’articolo 7-bis, comma 3, del d.lgs. n. 38/2005: richiama il medesimo articolo 15 del D.L. n.185/2008, per le ipotesi di ritorno agli standard contabili nazionali (LTA).
Le previsioni dell’art. 13 del d.lgs. n. 38/2005 che sterilizzava gli effetti fiscali delle principali rettifiche operate in sede di FTA (eliminazione dei costi non più capitalizzabili quali i costi d’impianto e d’ampiamento; ripristino del valore dell’avviamento; riduzione/eliminazione di fondi dedotti quale la riduzione del fondo TFR, ecc.) costituiscono la disciplina originariamente introdotta in un sistema fiscale di derivazione "giuridica" nel quale i soggetti IAS-adopter erano tenuti a operare le variazioni necessarie per “convertire” il risultato del bilancio IAS/IFRS nel reddito imponibile determinato secondo le regole giuridico-formali previste dal TUIR. La disciplina transitoria dell’art. 13 del d.lgs. 38/2005 ha operato anche nelle ipotesi di prima adozione degli IAS/IFRS e di variazione degli IAS/IFRS già adottati (in virtù dell’art. 5, comma 2, del D.M. 48/2009 e dell’art. 15, comma 8-bis, del D.L. n. 185/2008). Inoltre, come detto, questa disciplina è stata, sostanzialmente, riproposta anche nell’ipotesi di ritorno agli OIC (LTA), di introduzione dei nuovi OIC, di variazioni degli OIC già esistenti e di cambiamento degli obblighi informativi di bilancio conseguenti a modifiche delle dimensioni dell’impresa (passaggio da micro-imprese a soggetti OIC adopter o viceversa).
Nell’ordinamento tributario vigente è, invece, assente un regime transitorio nel caso in cui l’adozione dei principi contabili internazionali ovvero il ritorno a quelli nazionali avvenisse in esito a una operazione straordinaria fiscalmente neutrale (fusioni, scissioni, conferimenti tra soggetti con principi contabili differenti). Non risulta, inoltre, disciplinato, per le micro-imprese, il passaggio dalla derivazione giuridica alla derivazione rafforzata a seguito dell’opzione per la redazione del bilancio ordinario, né il passaggio inverso dalla derivazione rafforzata alla derivazione giuridica.
Il comma 3 dispone che i maggiori o minori valori derivanti dalla valutazione di attività e passività patrimoniali nell’ambito delle fattispecie di cui al comma 1 non assumono rilevanza fiscale al momento della loro rilevazione contabile.
La relazione illustrativa chiarisce come le differenze concettuali e le difficoltà interpretative riscontrate, nel vigente regime di riallineamento, nella declinazione dei fenomeni di tassazione anomala sulle variabili “valutative”, hanno reso preferibile la scelta di tenere separate – quando possibile, in quanto fenomeno a sé stante – le mere valutazioni (comunque oggetto di riallineamento secondo le disposizioni del successivo articolo 11) dalle qualificazioni, classificazioni e imputazioni temporali. La neutralità fiscale per le operazioni di valutazione non interessate dai fenomeni di diversa qualificazione, classificazione e imputazione temporale è disciplinata separatamente con le disposizioni in commento; così, ad esempio, non si assegna rilevanza fiscale ai maggiori valori (es: ripristino dell’avviamento in sede di first time adoption FTA) o i minori valori (es: eliminazione dei costi di impianto e ampliamento in sede di FTA) delle attività patrimoniali, ai maggiori o minori valori delle passività patrimoniali (es: incremento o riduzione di fondi dedotti in sede di FTA). Il regime transitorio di neutralità, tuttavia, non riguarda la riclassificazione degli strumenti finanziari operata dai soggetti IAS/IFRS adopter sulla base delle stringenti ipotesi di riclassificazione contabile (che determina effetti sul regime fiscale) contenute nei principi dello IAS 39 e IFRS 9, ed estesa anche alle ipotesi in cui tale cambio di portafoglio degli strumenti finanziari avvenga a seguito di operazioni di riorganizzazione fiscalmente neutrali (per i quali vale quanto previsto al comma 4).
Il comma 4 chiarisce che agli effetti del presente articolo trovano comunque applicazione le disposizioni previste dall’articolo 4 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 8 giugno 2011.
L’articolo 4 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 8 giugno 2011 avente ad oggetto le disposizioni di coordinamento tra i principi contabili internazionali le regole di determinazione della base imponibile dell'IRES e dell'IRAP prevede che, nella riclassificazione di uno strumento finanziario in una delle altre categorie previste dallo IAS 39, che comporta il passaggio ad un diverso regime fiscale dello strumento stesso, il valore dello strumento finanziario iscritto nella nuova categoria, quale risultante da atto di data certa e, in ogni caso, dal bilancio d’esercizio approvato successivamente alla data di riclassificazione, assume rilievo fiscale. Il differenziale tra il valore risultante ai sensi di quanto sopra detto ed il valore fiscalmente riconosciuto prima della riclassificazione dello strumento finanziario in un'altra categoria tra quelle contemplate dallo IAS 39 rileva secondo la disciplina fiscale applicabile allo strumento finanziario prima della riclassificazione. Le disposizioni sopra indicate si applicano anche alle classificazioni di uno strumento finanziario effettuate a seguito di operazioni di riorganizzazione aziendale in continuità di valori fiscali che comportano il passaggio ad un diverso regime fiscale dello strumento stesso. In tale ipotesi, il differenziale tra il valore dello strumento finanziario iscritto nella nuova categoria, individuato alla data di efficacia giuridica dell'operazione straordinaria, e quello fiscalmente riconosciuto prima dell'operazione di riorganizzazione, rileva in capo al soggetto che iscrive lo strumento finanziario in una delle altre categorie previste dallo IAS 39 secondo la disciplina fiscale applicabile allo strumento finanziario prima della nuova classificazione.
Il comma 5 prevede la facoltà per i contribuenti di riallineare le divergenze tra i valori contabili e fiscali degli elementi patrimoniali che emergono in dipendenza delle previsioni dei commi da 1 a 4 ai fini IRES, IRAP, nonché di eventuali addizionali sulla base di quanto disposto dagli articoli successivi.
Il comma 6 reca la definizione di divergenza tra valori contabili e valori fiscali degli elementi patrimoniali: in particolare, essa consiste nella divergenza dipendente dalle operazioni pregresse che sono diversamente qualificate, classificate o imputate temporalmente rispetto alle qualificazioni, classificazioni e imputazioni temporali previste dal precedente regime contabile e fiscale, nonché quella determinata dai maggiori o minori valori delle attività o passività patrimoniali, anche se preesistenti.
La relazione illustrativa precisa che ciò avviene a condizione che la nuova qualificazione, classificazione e imputazione temporale determini fenomeni di tassazione anomala che si manifesta, essenzialmente, in termini di doppia o nessuna tassazione, doppia o nessuna deduzione. Le divergenze in esame possono anche risultare preesistenti al verificarsi di una delle fattispecie di cui al comma 1 dell’articolo 11.
Il comma 7 esclude dall’ambito di applicazione del presente articolo le divergenze strutturali, ovvero quelle che si sarebbero prodotte anche se fossero stati adottati sin dall’origine i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione e che derivano da previsioni normative che derogano al principio di derivazione rafforzata.
Secondo quanto riportato nella relazione illustrativa, la presente disposizione sostituisce la previsione di cui all’articolo 15, comma 3, lettera a) del decreto-legge n. 185 del 2008 (abrogata dall’articolo 13, comma 1, lettera b) del presente schema di decreto legislativo), individuando le divergenze strutturali alle quali non sono applicabili le disposizioni del presente articolo in termini più restrittivi rispetto a quanto previsto dalla norma citata ed attualmente vigente.
Come precisato dall’Agenzia delle entrate (cfr. circolare n. 33/e del 2009) la normativa citata si riferisce alle divergenze tra valori contabili e fiscali derivanti:
1) dalle norme che prevedono una deroga al principio di derivazione rafforzata. È il caso, ad esempio, delle divergenze derivanti dall’iscrizione in bilancio dei beni di primo grado delle entità soggette a controllo congiunto in luogo delle partecipazioni nella stessa entità, nell’ipotesi in cui l’accordo di controllo congiunto sia riconducibile alla categoria delle Joint Operation;
2) da fenomeni meramente valutativi che non trovano riconoscimento fiscale in base alle norme del testo unico. È il caso, ad esempio, dei maggiori valori iscritti in sede di FTA sulle attività materiali utilizzando il fair value come sostituto del costo;
3) dalla deduzione in via extracontabile del valore fiscale dell’avviamento, dei marchi e delle altre attività a vita utile indefinita. Si ricorda, infatti, che, mentre sul piano contabile le attività la vita utile indefinita (avviamento, marchi, testate giornalistiche, ecc.) non sono soggette a un processo di ammortamento, sul piano fiscale l’art. 103, comma 3-bis, del TUIR e l’articolo 10 del D.M. 8 giugno 2011 prevedono la deducibilità del valore fiscale dell’avviamento, dei marchi e delle altre attività a vita utile indefinita, in misura non superiore a un diciottesimo.
Con la nuova disposizione solo l’ipotesi di cui al n. 1) non potrà fruire del riallineamento. Peraltro le divergenze di cui ai numeri 2) e 3) erano comunque già riallineabili, nell’ambito del regime vigente, avvalendosi delle discipline opzionali di riallineamento previste per le operazioni straordinarie fiscalmente neutrali, seppur si trattasse di disposizioni diverse da quelle del citato articolo 15 del decreto-legge n. 185 del 2008.
Il comma 8 estende l’applicabilità delle previsioni di cui ai commi da 1 a 7, in quanto compatibili, anche ai fini della determinazione della base imponibile dell’IRAP.
Il comma 9, infine, prevede che le divergenze tra i valori contabili e fiscali sono assunte distintamente ai fini IRES e IRAP.
Infatti, come sostenuto anche nella relazione illustrativa, le divergenze riallineabili ai fini IRES non necessariamente coincidono con quelle riallineabili ai fini IRAP e, ai sensi del comma 9, le due “basi imponibili” vanno tenute distinte (anche ai fini dell’applicazione delle imposte sostitutive).
Articolo 11
(Regimi di riallineamento)
L’articolo 11 disciplina vari regimi di riallineamento ai fini fiscali, le relative modalità di attuazione e il periodo di efficacia temporale. La norma disciplina, altresì, un ulteriore regime fiscale per il contribuente che non intenda avvalersi del riallineamento ordinario.
Nello specifico, il comma 1 determina l’ambito di applicazione del riallineamento. La norma prevede che esso possa essere attuato sulla totalità delle differenze positive e negative esistenti all’inizio del periodo d’imposta e derivanti dalle fattispecie già indicate nell’articolo 10, con esclusione di quelle previste dal comma 7 del medesimo articolo (si veda la relativa scheda di lettura).
Peraltro, la norma dispone che la somma algebrica delle differenze stesse, laddove positiva, è assoggettata a tassazione con l’aliquota ordinaria, cui sommare eventuali addizionali o maggiorazioni, dell’IRES e dell’IRAP, separatamente dall’imponibile complessivo.
Viene, altresì, disposto il termine iniziale di efficacia del riallineamento, ossia il periodo d’imposta in cui sono emerse le divergenze; la relativa opzione è esercitata nella dichiarazione dei redditi relativa al medesimo periodo d’imposta.
Si prevede il versamento dell’imposta in una unica soluzione entro il termine di versamento a saldo delle imposte relative al periodo d’imposta in cui sono emerse le divergenze. In caso di saldo negativo, la relativa deduzione concorre, per quote costanti, alla formazione dell’imponibile del periodo d’imposta per il quale è esercitata l’opzione per il riallineamento e dei successivi nove periodi di imposta.
Il comma 2 prevede la possibilità di attuazione del riallineamento anche alle singole fattispecie, ossia le componenti reddituali e patrimoniali delle operazioni aventi la medesima natura ai fini delle qualificazioni di bilancio, nonché ai singoli maggiori o minori valori delle attività o passività patrimoniali.
Il secondo periodo stabilisce altresì, che a ciascun saldo positivo oggetto di riallineamento è applicata l’imposta sostitutiva dell’IRES e dell’IRAP, con aliquota, rispettivamente, del 18 per cento e del 3 per cento sul relativo importo, cui sommare eventuali addizionali o maggiorazioni.
Il saldo negativo non è deducibile.
Ne consegue, secondo quanto riportato dalla relazione illustrativa, che il riallineamento – stante l’indeducibilità del saldo – consente esclusivamente un beneficio in termini di semplificazione e di minori oneri amministrativi per l’impresa conseguente alla eliminazione del disallineamento (tali valori, ovviamente, possono comunque concorrere a formare la divergenza netta riallineabile secondo il descritto metodo del saldo globale). Ne deriva che, quale alternativa al riallineamento per saldo globale, il riallineamento per singole fattispecie può riguardare sia le diverse qualificazioni, classificazioni e imputazioni temporali (ivi comprese le correlate e imprescindibili valutazioni) sia le mere valutazioni (quando fenomeno a sé stante).
La disposizione prevede che il riallineamento ha effetto a partire dal periodo d’imposta in cui sono emerse le divergenze; la relativa opzione è esercitata nella dichiarazione dei redditi relativa al medesimo periodo d’imposta.
L’opzione per il riallineamento non deve essere più effettuata nella dichiarazione relativa al periodo precedente a quello in cui avviene la transizione agli IAS/IFRS, o la prima applicazione di un nuovo IFRS, come previsto dall’art. 1, commi 2 e 4, del D.M. 30 luglio 2009. Peraltro tale obbligo ha determinato notevoli difficoltà applicative per le imprese a causa della difficoltà o impossibilità di reperire tutte le informazioni necessarie per individuare le divergenze oggetto di riallineamento (peraltro, si ricorda che la “transizione contabile” comporta la necessità di fornire informazioni comparative e, dunque, in linea generale, è effettuata rielaborando i valori di apertura dell’esercizio precedente; diversamente, la “transizione fiscale” avviene solo a decorrere dal primo esercizio – o, meglio, periodo d’imposta – o di effettiva prima applicazione delle nuove regole contabili).
Si stabilisce che il versamento dell’imposta avvenga in una unica soluzione entro il termine di versamento a saldo delle imposte relative al periodo d’imposta in cui sono emerse le divergenze.
Il comma 3 prende in considerazione l’ipotesi in cui il contribuente decida di non avvalersi del riallineamento di cui al comma 1 dell’articolo in commento. In tal caso, i maggiori valori comunque iscritti sugli elementi dell’attivo costituenti immobilizzazioni materiali e immateriali risultanti dalle operazioni di cui all’articolo 10, comma 1, lettera g), possono essere riconosciuti esclusivamente ai sensi dell’articolo 176, comma 2-ter del TUIR, come modificato dall’articolo 12.
Si rammenta che il sopracitato comma 2-ter dell’articolo 176 prevede, in caso di conferimento di azienda, la facoltà della società conferitaria di optare, in luogo della tassazione ordinaria, di un’imposta sostitutiva dell’IRPEF, dell’IRES e dell’IRAP.
Il comma 4 sancisce l’applicazione delle norme in materia di liquidazione, accertamento, riscossione, contenzioso e sanzioni previste ai fini delle imposte sui redditi.
Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 4 del presente articolo presentano una formulazione analoga rispetto ai commi 4, 5 e 9 dell’articolo 15 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 disciplinante il riallineamento e la rivalutazione volontari di valori contabili oggetto di abrogazione ai sensi dell’articolo 13, comma 1, lettera b) del presente schema di decreto legislativo.
Articolo 12
(Riallineamenti dei maggiori valori emersi in esito a operazioni straordinarie)
L’articolo 12 reca nuove norme volte a disciplinare l’istituto opzionale del riallineamento ai fini fiscali dei maggiori valori emersi in seguito all’operazione di conferimento di azienda, attuabile dalla società conferitaria.
Con l’articolo in commento si provvede a sostituire integralmente il comma 2-ter dell’articolo 176 del TUIR, in materia di regimi fiscali del soggetto conferente e del soggetto conferitario, prevedendo un unico regime di affrancamento dei maggiori valori iscritti emersi nel bilancio di esercizio in esito a operazioni di riorganizzazione fiscalmente neutrali.
Il regime di affrancamento di cui al comma 2-ter è un regime opzionale che la società conferitaria può adottare in luogo di applicare le previsioni dei commi 1, 2 e 2-bis della legge n. 917 del 1986.
Tali norme prevedono che i conferimenti di aziende effettuati tra soggetti residenti nel territorio dello Stato nell'esercizio di imprese commerciali, non costituiscono realizzo di plusvalenze o minusvalenze. Tuttavia il soggetto conferente deve assumere, quale valore delle partecipazioni ricevute, l'ultimo valore fiscalmente riconosciuto dell'azienda conferita e il soggetto conferitario subentra nella posizione di quello conferente in ordine agli elementi dell'attivo e del passivo dell'azienda stessa, facendo risultare da apposito prospetto di riconciliazione della dichiarazione dei redditi i dati esposti in bilancio e i valori fiscalmente riconosciuti. Le disposizioni sopra citate si applicano anche se il conferente o il conferitario è un soggetto non residente, qualora il conferimento abbia ad oggetto aziende situate nel territorio dello Stato. In caso di conferimento dell’unica azienda dell’imprenditore individuale, la successiva cessione delle partecipazioni ricevute a seguito del conferimento è disciplinata dagli articoli 67, comma 1, lettera c), e 68 (regime fiscale delle plusvalenze), assumendo come costo delle stesse l’ultimo valore fiscale dell’azienda conferita.
Nello specifico, il nuovo comma 2-ter prevede la possibilità per la società conferitaria di attribuire, in tutto o in parte, rilevanza fiscale ai maggiori valori contabili delle immobilizzazioni materiali e immateriali attribuiti a seguito dell’operazione di conferimento di azienda, versando, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di realizzo dell’operazione, una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive, con aliquota, rispettivamente, del diciotto e del tre per cento, cui sommare eventuali addizionali o maggiorazioni.
Il secondo periodo del suddetto comma stabilisce che i maggiori valori assoggettati all’imposta sostitutiva sono riconosciuti a partire dal periodo d’imposta in cui è stata esercitata l’opzione.
Infine, l’ultimo periodo dispone che la sopracitata imposta sostitutiva debba essere versata in una unica soluzione entro il termine di versamento a saldo delle imposte relative all’esercizio di realizzo dell’operazione.
Si evidenzia che, rispetto alla vigente formulazione del comma 2-ter, è stato eliminato il c.d. recapture in caso di realizzo dei beni riallineati prima del decorso di un certo periodo. La relazione illustrativa del Governo evidenzia che il vigente comma 2-ter rappresenta una norma finalizzata a contrastare arbitraggi, la quale non ha più motivo di essere in quanto si è ritenuto che la fissazione di una aliquota dell’imposta sostitutiva “congrua”, in linea di principio, elimini ab origine pratiche di arbitraggio.
Inoltre, con il riferimento ai “singoli” elementi dell’attivo, è stato previsto che l’applicazione dell’imposta sostitutiva non è più condizionata al riallineamento per categorie omogenee di immobilizzazioni materiali.
La norma vigente, a differenza di quella di nuova introduzione sopra descritta, prevede:
§ che l’opzione possa essere esercitata anche, al più tardi, nella dichiarazione dei redditi del periodo d’imposta successivo a quello in cui è stata realizzata l’operazione straordinaria;
§ che l’ammontare dell’aliquota dell’imposta sostitutiva sia pari al 12 per cento sulla parte dei maggiori valori ricompresi nel limite di 5 milioni di euro, del 14 per cento sulla parte dei maggiori valori che eccede 5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro e del 16 per cento sulla parte dei maggiori valori che eccede i 10 milioni di euro;
§ che in caso di realizzo dei beni anteriormente al quarto periodo d’imposta successivo a quello dell’opzione, il costo fiscale è ridotto dei maggiori valori assoggettati a imposta sostitutiva e dell’eventuale maggior ammortamento dedotto e l’imposta sostitutiva versata è scomputata dall’imposta sui redditi ai sensi degli articoli 22 e 79 del TUIR.
Articolo 13
(Entrata in vigore, disposizioni transitorie e disposizioni abrogate)
L’articolo 13 reca norme volte a disciplinare l’entrata in vigore di alcuni articoli del decreto in commento. Per finalità di coordinamento normativo, viene, pertanto, disposta l’abrogazione di disposizioni vigenti, nonché la previsione di un regime transitorio.
Il comma 1 dell’articolo in commento prevede che le disposizioni di cui agli articoli 9, 10 e 11, commi 1 e 2, si applicano dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023. Peraltro, dal medesimo periodo d’imposta non trovano più applicazione:
a) gli articoli 7-bis, comma 3 (concernente gli effetti contabili connessi con il passaggio dai principi contabili internazionali alla normativa nazionale), e 13 (recante le disposizioni transitorie sull’esercizio delle opzioni previste dall'articolo 5 del regolamento (CE) n. 1606/2002 in materia di principi contabili internazionali) del decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38;
b) l’articolo 15, commi da 1 a 12-bis, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 disciplinante il riallineamento e la rivalutazione volontari di valori contabili;
c) l’articolo 13-bis, commi da 5 a 8, del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244 (di coordinamento della disciplina in materia di IRES e IRAP con il decreto legislativo n. 139 del 2015, il quale attua la direttiva 2013/34/UE relativa ai bilanci d’esercizio, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di talune tipologie di imprese); per la valutazione degli strumenti finanziari derivati operata ai sensi dell’articolo 13-bis, comma 5, terzo periodo, del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, resta ferma la disciplina previgente fino all’estinzione degli strumenti finanziari derivati stessi.
Il comma 2 conferma l’applicazione delle disposizioni fiscali previgenti per le opere, i prodotti, le forniture e i servizi di cui al comma 6 degli articoli 92 e 93 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1986, n. 917, ancora in corso di lavorazione o di esecuzione al termine del periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2023.
Il comma 3 circoscrive l’ambito di applicazione delle disposizioni degli articoli 11, comma 3, e 12 alle operazioni effettuate a partire dal 1° gennaio 2024. Conseguentemente, per le operazioni effettuate nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2023, anteriormente alla predetta data del 1° gennaio 2024, l’esercizio dell’opzione per l’imposta sostitutiva di cui all’articolo 176, comma 2-ter, del TUIR, nella formulazione vigente anteriormente alle modifiche di cui all’articolo 12, può essere effettuato esclusivamente nella dichiarazione dei redditi relativa al medesimo periodo d’imposta, qualora detta opzione non sia stata già esercitata. Il versamento dell’imposta sostitutiva, qualora non ancora effettuato alla data di entrata in vigore del presente decreto, può essere effettuato entro il termine di trenta giorni da tale data.
Segnatamente, nella relazione illustrativa il Governo evidenzia che il nuovo regime di riallineamento non si applica alle operazioni straordinarie (conferimenti di azienda, fusioni e scissioni) effettuate fino al 31 dicembre 2023; a tali operazioni continuano ad applicarsi le disposizioni previgenti, nonché quelle attuative di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 25 luglio 2008, concernente l’imposta sostitutiva in materia di conferimenti d’azienda, fusioni e scissioni, adottato in attuazione della previgente disciplina dettata dall’articolo 176, comma 2-ter, del TUIR. Tuttavia, sempre il Governo sottolinea che per motivi legati alla opportunità di esaurire quanto prima gli effetti della disciplina previgente, si circoscrive l’esercizio dell’opzione per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2023. Si fanno salvi, naturalmente, gli effetti delle opzioni eventualmente già esercitate per il periodo d’imposta precedente (è il caso di operazioni effettuate nel corso del 2022 per le quali l’esercizio dell’opzione del riallineamento è stato effettuato con il primo modello di dichiarazione dei redditi utilizzabile in base alla previgente normativa). A seguito della restrizione temporale dettata dal comma 3 in ordine all’esercizio dell’opzione si è ritenuto necessario stabilire che il termine di versamento dell’imposta sostitutiva sia effettuato entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Si pensi al caso, ad esempio, dei soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare che, in applicazione della previgente disciplina, avrebbero potuto effettuare il versamento sia entro il 30 giugno 2024 sia entro il 30 giugno 2025, mentre, per effetto del comma 3, il versamento andrebbe effettuato “solo” entro il 30 giugno 2024. In questo caso si concedono 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto.
Il comma 4 precisa che l’imposta sostitutiva versata ai fini del riallineamento delle differenze esistenti all’inizio del periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023 (in applicazione dell’articolo 1, commi 2 e 4, del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 30 luglio 2009) è computata in diminuzione dell’imposta sostitutiva dovuta ai sensi dell’articolo 11 del decreto in commento, qualora la relativa opzione venga esercitata nella dichiarazione dei redditi relativa al successivo periodo d’imposta. In alternativa, l’imposta può essere richiesta a rimborso o utilizzata in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
Il comma 5 dispone che ai fini della determinazione dell’acconto da versare per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023 viene presa in considerazione, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata applicando l’articolo 9, comma 1, lettera a), del decreto in esame, fatto salvo quanto eventualmente già versato per lo stesso periodo d’imposta con la prima rata di acconto, con corrispondente rideterminazione della misura della seconda rata di acconto.
Articolo 14
(Affrancamento straordinario delle riserve)
L’articolo 14 riconosce la possibilità di affrancare i saldi attivi di rivalutazione, le riserve e i fondi in sospensione di imposta attraverso il versamento di un’imposta sostitutiva nella misura del dieci per cento.
Il comma 1, nel primo periodo, prevede la possibilità di affrancare i saldi attivi di rivalutazione, le riserve e i fondi, in sospensione di imposta, esistenti nel bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2023.
Più nel dettaglio la norma dispone che i saldi attivi di rivalutazione, le riserve e i fondi, in sospensione di imposta, esistenti nel bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2023, che residuano al termine dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2024, possono essere affrancati, in tutto o in parte, con l’applicazione di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive nella misura del dieci per cento.
Al secondo periodo si disciplina la modalità di liquidazione dell’imposta sostitutiva. In particolare la disposizione indica che l’imposta sostitutiva è liquidata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024 ed è versata obbligatoriamente in quattro rate di pari importo. La prima di queste quattro rate da versare con scadenza entro il termine previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative al medesimo periodo d’imposta e le altre con scadenza entro il termine rispettivamente previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative ai periodi d’imposta successivi.
Il comma 2 in merito all’attuazione di quanto previsto al comma 1 precisa che con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente articolo, possono essere dettate le relative disposizioni di attuazione.
Articolo 15
(Modifiche al regime di riporto delle perdite nelle operazioni straordinarie)
L’articolo 15 novella alcuni articoli del TUIR, concernenti il riporto delle perdite fiscali nelle fusioni di aziende, sia in Italia che all’estero.
Vengono novellati gli articoli 84, 172, 173 e 181.
L’articolo 15 apporta una pluralità di modifiche al Testo unico delle imposte sui redditi, in particolare agli articoli 84, 172, 173 e 181 concernenti il riporto delle perdite nelle operazioni straordinarie.
In particolare il comma 1, lettera a), novella l’articolo 84, comma 3 del TUIR in quanto la normativa previgente aveva posto problemi di coordinamento con quella previste dall’articolo 172 e 173, ritenendo opportuno eliminare, nell’ambito dell’articolo 84, la “condizione di vitalità” consistente nella presenza di un numero minimo di dipendenti di un’impresa, non presente nei successivi articoli 172 e 173.
Il diritto dei soggetti passivi IRES al riporto delle perdite fiscali conseguite in precedenti periodi d’imposta, è disciplinato dall’articolo 84, comma 1 del TUIR. Detta norma stabilisce che «la perdita di un periodo d’imposta, determinata con le stesse norme valevoli per la determinazione del reddito, può essere computata in diminuzione del reddito dei periodi d’imposta successivi in misura non superiore all’ottanta per cento del reddito imponibile di ciascuno di essi e per l’intero importo che trova capienza in tale ammontare».
Il comma 3 dell’articolo 84 esclude il riporto delle perdite di cui al comma 1 al ricorrere di determinate condizioni:
Ø la maggioranza delle partecipazioni aventi diritto di voto nelle assemblee ordinarie del soggetto che riporta le perdite venga trasferita o comunque acquisita da terzi, anche a titolo temporaneo;
Ø venga modificata l'attività principale in fatto esercitata nei periodi d'imposta in cui le perdite sono state realizzate. La modifica dell'attività assume rilevanza se interviene nel periodo d'imposta in corso al momento del trasferimento od acquisizione ovvero nei due successivi od anteriori.
Con la legge di bilancio 2017 la limitazione si applica anche alle eccedenze oggetto di riporto in avanti di cui al comma 5 dell'articolo 96, relativamente agli interessi indeducibili, nonché a quelle di cui all'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, relativamente all’aiuto alla crescita economica.
L’ultimo capoverso del comma 3 precisa che è prevista la possibilità per il contribuente di disapplicare la limitazione di cui allo stesso comma, presentando istanza di interpello disapplicativo.
La ratio del comma 3 mira ad evitare che le perdite subite da un soggetto in dipendenza dello svolgimento di una determinata attività possano compensare redditi che derivano da un’attività profittevole, diversa dalla prima, quando nel periodo sospetto vi sia il cambiamento della compagine sociale (norma anti-elusiva).
Con la modifica in esame recata dalla lettera a) del comma 1 dell’articolo 15 dell’Atto del Governo n. 218, si mira ad omogeneizzare i limiti e le condizioni di compensazione delle perdite fiscali, conformemente ai criteri direttivi della delega fiscale.
Pertanto, nell’ambito dell’articolo 84 del TUIR, si è eliminata la cosiddetta “condizione di vitalità”, consistente nella presenza di un numero minimo di dipendenti, e si è introdotto il limite quantitativo del valore economico del patrimonio netto. Il patrimonio netto è da assumere nel suo valore economico, non nel valore contabile. Si è ritenuto che, rispetto all’impostazione adottata dalla legislazione vigente, il valore economico del patrimonio netto sia un parametro più significativo circa la recuperabilità delle pregresse posizioni soggettive fiscali. Per inciso, il valore economico del patrimonio netto già oggi è un parametro valorizzato dall’Agenzia delle Entrate in alcune risposte e interpelli disapplicativi delle norme limitative del riporto delle perdite. Relativamente all’articolo 84 del TUIR, le condizioni e il limite si applicano ordinariamente alle perdite fiscali e ad altre posizioni soggettive risultanti al termine dell’ultimo periodo d’imposta chiuso prima della data di trasferimento delle partecipazioni; per omogeneità, il valore del patrimonio netto sarà calcolato alla medesima data.
L’intervento sull’articolo 84, inoltre, rivede il concetto di modifica dell’attività principale. Fermo restando che le disposizioni sul computo delle perdite recate dal comma 1 dell’articolo 84 non si applicano se viene modificata l’attività principale esercitata nei periodi d’imposta in cui le perdite sono state realizzate, in conseguenze delle novelle, per modifica dell’attività principale si intenderà il mutamento del settore economico o del comparto merceologico di operatività, mentre non costituirà cambiamento dell’attività la mera immissione di risorse finanziarie aggiuntive o di singoli beni strumentali. In ogni caso il contribuente, anche nella nuova versione dell’articolo 84, ha facoltà di presentare interpello al fine di chiedere la disapplicazione della norma antielusiva che lo riguarda.
Testo previgente |
Modificazioni apportate dall’art. 15, comma 1, lett.a) Dell’ A.G. 218 |
Art. 84 |
Art. 84 |
1. La perdita di un periodo d'imposta, determinata con le stesse norme valevoli per la determinazione del reddito, può essere computata in diminuzione del reddito dei periodi d'imposta successivi in misura non superiore all'ottanta per cento del reddito imponibile di ciascuno di essi e per l'intero importo che trova capienza in tale ammontare. Per i soggetti che fruiscono di un regime di esenzione dell'utile la perdita è riportabile per l'ammontare che eccede l'utile che non ha concorso alla formazione del reddito negli esercizi precedenti. La perdita è diminuita dei proventi esenti dall'imposta diversi da quelli di cui all'articolo 87, per la parte del loro ammontare che eccede i componenti negativi non dedotti ai sensi dell'articolo 109, comma 5. Detta differenza potrà tuttavia essere computata in diminuzione del reddito complessivo in misura tale che l'imposta corrispondente al reddito imponibile risulti compensata da eventuali crediti di imposta, ritenute alla fonte a titolo di acconto, versamenti in acconto, e dalle eccedenze di cui all'articolo 80. |
1. Identico. |
2. Le perdite realizzate nei primi tre periodi d'imposta dalla data di costituzione possono, con le modalità previste al comma 1, essere computate in diminuzione del reddito complessivo dei periodi d'imposta successivi entro il limite del reddito imponibile di ciascuno di essi e per l'intero importo che trova capienza nel reddito imponibile di ciascuno di essi a condizione che si riferiscano ad una nuova attività produttiva. |
2. Identico. |
3. Le disposizioni del comma 1 non si applicano nel caso in cui la maggioranza delle partecipazioni aventi diritto di voto nelle assemblee ordinarie del soggetto che riporta le perdite venga trasferita o comunque acquisita da terzi, anche a titolo temporaneo e, inoltre, venga modificata l'attività principale in fatto esercitata nei periodi d'imposta in cui le perdite sono state realizzate. La modifica dell'attività assume rilevanza se interviene nel periodo d'imposta in corso al momento del trasferimento od acquisizione ovvero nei due successivi od anteriori.
La limitazione si applica anche alle eccedenze oggetto di riporto in avanti di cui al comma 5 dell'articolo 96, relativamente agli interessi indeducibili, nonché a quelle di cui all'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, relativamente all'aiuto alla crescita economica. La limitazione non si applica qualora le partecipazioni siano relative a società che nel biennio precedente a quello di trasferimento hanno avuto un numero di dipendenti mai inferiore alle dieci unità e per le quali dal conto economico relativo all'esercizio precedente a quello di trasferimento risultino un ammontare di ricavi e proventi dell'attività caratteristica, e un ammontare delle spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, di cui all'articolo 2425 del codice civile, superiore al 40 per cento di quello risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori. Al fine di disapplicare le disposizioni del presente comma il contribuente interpella l'amministrazione ai sensi dell'articolo 11, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante lo Statuto dei diritti del contribuente. |
3. Le disposizioni del comma 1 non si applicano se la maggioranza delle partecipazioni aventi diritto di voto nell’assemblea ordinaria del soggetto che riporta le perdite viene trasferita o comunque acquisita da terzi, anche a titolo temporaneo, e, inoltre, viene modificata l’attività principale in fatto esercitata nei periodi d’imposta in cui le perdite sono state realizzate. La modifica dell’attività si intende realizzata in caso di cambiamento di settore o di comparto merceologico o di acquisizione di azienda o ramo di essa e assume rilevanza se interviene nel periodo d’imposta in corso al momento del trasferimento od acquisizione ovvero nei due successivi od anteriori. Le perdite non riportabili sono quelle che risultano al termine del periodo di imposta precedente al trasferimento delle partecipazioni oppure, qualora il trasferimento intervenga dopo il decorso di sei mesi dalla chiusura di tale periodo, quelle che risultano al termine del periodo di imposta in corso alla data del trasferimento.
3-bis. Le disposizioni di cui al comma 3 non si applicano qualora sussista almeno una delle seguenti condizioni: a) la maggioranza delle partecipazioni aventi diritto di voto nell’assemblea ordinaria del soggetto che riporta le perdite è trasferita da una società al soggetto che la controlla, a una società da essa controllata oppure a una società controllata dallo stesso soggetto che la controlla. Per controllo si intendono le fattispecie di cui all’articolo 2359, primo comma, numero 1), e secondo comma, del codice civile; b) dal conto economico del soggetto che riporta le perdite, relativo all’esercizio precedente a quello nel corso del quale è avvenuto il trasferimento, risulta un ammontare di ricavi e proventi dell’attività caratteristica e un ammontare delle spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, di cui all’articolo 2425 del codice civile, superiore al 40 per cento di quello risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori. Per i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali si assumono le componenti di conto economico corrispondenti. 3-ter. Nel caso di cui al comma 3-bis, lettera b), le perdite sono riportabili per un importo, complessivamente considerato, non eccedente il valore economico del patrimonio netto della società che riporta le perdite, alla data di riferimento delle perdite di cui al comma 3, quale risultante da una relazione giurata di stima redatta da un soggetto designato dalla società, scelto tra quelli di cui all’articolo 2409-bis, primo comma, del codice civile e al quale si applicano le disposizioni di cui all’articolo 64 del codice di procedura civile. In assenza della relazione giurata di stima, il riporto delle perdite è consentito nei limiti del valore del patrimonio netto contabile quale risulta dal bilancio chiuso alla data di riferimento delle perdite di cui al comma 3, senza tener conto dei conferimenti e versamenti fatti negli ultimi ventiquattro mesi anteriori. 3-quater. Le disposizioni dei commi precedenti si applicano anche al riporto delle eccedenze di interessi passivi previsto dall’articolo 96, comma 5 e dell’eccedenza, ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 30 dicembre 2023, n. 216, relativa all’aiuto alla crescita economica previsto dall’articolo 1, comma 4, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. |
La lettera b) del comma 1 dell’articolo 15 in esame novella l’articolo 172, comma 7, del TUIR.
La ratio delle limitazioni poste dall'articolo 172, comma 7, del TUIR consiste nel contrastare il c.d. commercio di "bare fiscali", mediante la realizzazione di fusioni con società prive di capacità produttiva poste in essere al fine di attuare la compensazione intersoggettiva delle perdite fiscali di una società con gli utili imponibili dell'altra, introducendo un divieto al riporto delle stesse qualora non sussistano quelle minime condizioni di vitalità economica previste dalla disposizione normativa.
In base all’articolo 172, comma 7 del TUIR, le perdite fiscali pregresse sono soggette ad un triplo limite per la riportabilità in capo alla società risultante dalla fusione:
a. limite del patrimonio netto: le perdite delle società partecipanti alla fusione, compresa la società incorporante, sono riportabili nel limite dell’ammontare del patrimonio netto di ciascuna società quale risulta dall’ultimo bilancio ovvero, se inferiore, dalla situazione patrimoniale di fusione ex art. 2501-quater del c.c.. Il valore del patrimonio netto deve essere “depurato” dei conferimenti/versamenti effettuati nei 24 mesi antecedenti la data di riferimento del bilancio ovvero della situazione patrimoniale;
b. test di vitalità: l’ammontare dei ricavi e dei proventi dell’attività caratteristica, nonché l’ammontare delle spese di lavoro subordinato e relativi contributi, relativi all’esercizio precedente a quello in cui la fusione è stata deliberata, deve essere superiore al 40% di quello risultante dalla media dei due esercizi anteriori allo stesso;
c. svalutazioni fiscalmente dedotte: l’articolo 172, comma 7, terzo periodo prevede che, se le azioni o quote della società erano possedute dalla società incorporante o da altra società partecipante alla fusione, la perdita non è ammessa al riporto fino a concorrenza di eventuali svalutazioni di tali azioni o quote effettuate prima della fusione.
Il comma 7 estende, agli interessi passivi indeducibili che possono essere «riportati in avanti» per effetto della disciplina di cui all’articolo 96 del TUIR, i limiti già previsti per le perdite delle società partecipanti alla fusione (i.e., limite del patrimonio netto e «test di vitalità»). Il riporto degli interessi passivi non è condizionato dall’ammontare delle svalutazioni delle partecipazioni fiscalmente dedotte nelle società fuse o incorporate.
Le disposizioni limitative al riporto delle perdite e alle eccedenze di interessi passivi indeducibili possono essere disapplicate mediante la presentazione del c.d. interpello disapplicativo, previsto dall’ articolo 11, comma 2, della Legge 27 Luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente).
La lettera b) riguarda le perdite registratesi a partire dall’ingresso di un’impresa in un gruppo societario. Le nuove disposizioni danno attuazione all’indicazione, presente nella delega fiscale, di evitare penalizzazioni per le perdite fiscali verificatesi in un periodo d’imposta in cui una società faceva già parte dello stesso gruppo cui appartiene l’altra società partecipante all’operazione di riorganizzazione. Con le modifiche apportate dalla lettera b) del comma 1 in esame, un gruppo societario è considerato quale unico soggetto economico, e si afferma il principio della libera compensabilità, senza limiti, delle perdite avvenute in un periodo d’imposta in cui le società partecipanti alla fusione erano già appartenenti allo stesso gruppo. La libera compensabilità, però, non è consentita in caso di fusione facenti parte dello stesso gruppo per le perdite anche infragruppo, relative ad un periodo in cui le stesse società interessate dall’operazione di fusione non rientravano nel medesimo perimetro di gruppo.
La Relazione illustrativa afferma che la nuova disciplina è motivata da esigenze di semplificazione, ma si presta a usi strumentali con finalità elusive. Segnatamente, ci si espone al pericolo della creazione di “bare fiscali” attraverso la cessione di partecipazioni e cambiamento dell’attività svolta. La Relazione illustrativa stessa, d’altro canto, osserva che la realizzazione di operazioni finalizzate al commercio di “bare fiscali” potranno essere contrastate dall’amministrazione finanziaria per mezzo dell’articolo 10-bis dello Statuto del Contribuente. Il comma 1 di tale articolo, infatti, stabilisce che le operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti non sono opponibili all'amministrazione finanziaria, la quale ne disconosce i vantaggi determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi.
La libera compensabilità delle perdite è garantita per quelle prodottesi all’esterno del gruppo societario ma tollerate nel quadro dei test di vitalità e di quantità in occasione dell’acquisizione del controllo delle società che le hanno prodotte. Le perdite precedenti all’ingresso nel gruppo e relative a società che entrano nel gruppo stesso senza essere sottoposte ai suddetti test, invece, sono soggette a limiti. La libera compensabilità, inoltre, è ammessa quando il commercio delle “bare fiscali” è irrealizzabile. Ulteriori disposizioni, recate dagli ultimi due periodi del nuovo comma 7-ter dell’articolo 172, regolano le ipotesi di coesistenza di perdite passate attraverso i test di vitalità e di quantità e perdite che non sono passate attraverso lo stesso vaglio.
Testo unico delle imposte sui redditi |
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Testo previgente |
Modificazioni apportate dall’art. 15, comma 1, lett. b) Dell’ A.G. 218 |
Art. 172 |
Art. 172 |
1. La fusione tra più società non costituisce realizzo né distribuzione delle plusvalenze e minusvalenze dei beni delle società fuse o incorporate, comprese quelle relative alle rimanenze e il valore di avviamento. |
1. Identico. |
2. Nella determinazione del reddito della società risultante dalla fusione o incorporante non si tiene conto dell'avanzo o disavanzo iscritto in bilancio per effetto del rapporto di cambio delle azioni o quote o dell'annullamento delle azioni o quote di alcuna delle società fuse possedute da altre. I maggiori valori iscritti in bilancio per effetto dell'eventuale imputazione del disavanzo derivante dall'annullamento o dal concambio di una partecipazione, con riferimento ad elementi patrimoniali della società incorporata o fusa, non sono imponibili nei confronti dell'incorporante o della società risultante dalla fusione. Tuttavia i beni ricevuti sono valutati fiscalmente in base all'ultimo valore riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi, facendo risultare da apposito prospetto di riconciliazione della dichiarazione dei redditi i dati esposti in bilancio ed i valori fiscalmente riconosciuti. |
2. Identico. |
3. Il cambio delle partecipazioni originarie non costituisce né realizzo né distribuzione di plusvalenze o di minusvalenze né conseguimento di ricavi per i soci della società incorporata o fusa, fatta salva l'applicazione, in caso di conguaglio, dell'articolo 47, comma 7 e, ricorrendone le condizioni, degli articoli 58 e 87. |
3. Identico. |
4. Dalla data in cui ha effetto la fusione la società risultante dalla fusione o incorporante subentra negli obblighi e nei diritti delle società fuse o incorporate relativi alle imposte sui redditi, salvo quanto stabilito nei commi 5 e 7. |
4. Identico. |
5. Le riserve in sospensione di imposta, iscritte nell'ultimo bilancio delle società fuse o incorporate concorrono a formare il reddito della società risultante dalla fusione o incorporante se e nella misura in cui non siano state ricostituite nel suo bilancio prioritariamente utilizzando l'eventuale avanzo da fusione. Questa disposizione non si applica per le riserve tassabili solo in caso di distribuzione le quali, se e nel limite in cui vi sia avanzo di fusione o aumento di capitale per un ammontare superiore al capitale complessivo delle società partecipanti alla fusione al netto delle quote del capitale di ciascuna di esse già possedute dalla stessa o da altre, concorrono a formare il reddito della società risultante dalla fusione o incorporante in caso di distribuzione dell'avanzo o di distribuzione del capitale ai soci; quelle che anteriormente alla fusione sono state imputate al capitale delle società fuse o incorporate si intendono trasferite nel capitale della società risultante dalla fusione o incorporante e concorrono a formarne il reddito in caso di riduzione del capitale per esuberanza. |
5. Identico. |
6. All'aumento di capitale, all'avanzo da annullamento o da concambio che eccedono la ricostituzione e l'attribuzione delle riserve di cui al comma 5 si applica il regime fiscale del capitale e delle riserve della società incorporata o fusa, diverse da quelle già attribuite o ricostituite ai sensi del comma 5 che hanno proporzionalmente concorso alla sua formazione. Si considerano non concorrenti alla formazione dell'avanzo da annullamento il capitale e le riserve di capitale fino a concorrenza del valore della partecipazione annullata. |
6. Identico.
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7. Le perdite delle società che partecipano alla fusione, compresa la società incorporante, possono essere portate in diminuzione del reddito della società risultante dalla fusione o incorporante per la parte del loro ammontare che non eccede l'ammontare del rispettivo patrimonio netto
quale risulta dall'ultimo bilancio o, se inferiore, dalla situazione patrimoniale di cui all'articolo 2501-quater del codice civile, senza tener conto dei conferimenti e versamenti fatti negli ultimi ventiquattro mesi anteriori alla data cui si riferisce la situazione stessa,
e sempre che dal conto economico della società le cui perdite sono riportabili, relativo all'esercizio precedente a quello in cui la fusione è stata deliberata, risulti un ammontare di ricavi e proventi dell'attività caratteristica, e un ammontare delle spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, di cui all'articolo 2425 del codice civile , superiore al 40 per cento di quello risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori.
Tra i predetti versamenti non si comprendono i contributi erogati a norma di legge dallo Stato a da altri enti pubblici. Se le azioni o quote della società la cui perdita è riportabile erano possedute dalla società incorporante o da altra società partecipante alla fusione, la perdita non è comunque ammessa in diminuzione fino a concorrenza dell'ammontare complessivo della svalutazione di tali azioni o quote effettuata ai fini della determinazione del reddito dalla società partecipante o dall'impresa che le ha ad essa cedute dopo l'esercizio al quale si riferisce la perdita e prima dell'atto di fusione. In caso di retrodatazione degli effetti fiscali della fusione ai sensi del comma 9, le limitazioni del presente comma si applicano anche al risultato negativo, determinabile applicando le regole ordinarie, che si sarebbe generato in modo autonomo in capo ai soggetti che partecipano alla fusione in relazione al periodo che intercorre tra l'inizio del periodo d'imposta e la data antecedente a quella di efficacia giuridica della fusione.
Le disposizioni del presente comma si applicano anche agli interessi indeducibili oggetto di riporto in avanti di cui al comma 5 dell'articolo 96 del presente testo unico, nonché all'eccedenza relativa all'aiuto alla crescita economica di cui all'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.
Al fine di disapplicare le disposizioni del presente comma il contribuente interpella l'amministrazione ai sensi dell'articolo 11, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante lo Statuto dei diritti del contribuente. |
7. Le perdite delle società che partecipano alla fusione, compresa la società incorporante, possono essere portate in diminuzione del reddito della società risultante dalla fusione o incorporante per la parte del loro ammontare che non eccede il valore economico del patrimonio netto della società che riporta le perdite; tale valore, determinato alla data di efficacia della fusione ai sensi dell’articolo 2504-bis del codice civile, deve risultare da una relazione giurata di stima redatta da un soggetto designato dalla società, scelto tra quelli di cui all’articolo 2409-bis, primo comma, del codice civile e al quale si applicano le disposizioni di cui all’articolo 64 del codice di procedura civile. In assenza della relazione giurata di stima, il riporto delle perdite è consentito nei limiti del valore del rispettivo patrimonio netto contabile quale risulta dall’ultimo bilancio o, se inferiore, dalla situazione patrimoniale di cui all'articolo 2501-quater del codice civile, senza tener conto dei conferimenti e versamenti fatti negli ultimi ventiquattro mesi anteriori alla data cui si riferisce la situazione stessa. La possibilità di riporto in diminuzione di cui ai periodi precedenti è subordinata alle condizioni che dal conto economico della società che riporta le perdite relative:
a) all’esercizio precedente a quello nel corso del quale la fusione ha efficacia ai sensi dell’articolo 2504-bis del codice civile risulti un ammontare di ricavi e proventi dell’attività caratteristica e un ammontare delle spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, di cui all’articolo 2425 del codice civile, superiore al 40 per cento di quello risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori; per i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali si assumono le componenti di conto economico corrispondenti; b) all’intervallo di tempo decorrente tra l’inizio dell’esercizio nel corso del quale la fusione ha efficacia ai sensi dell’articolo 2504-bis del codice civile e la data di efficacia della fusione, redatto in osservanza dei princìpi contabili applicati ai fini della redazione del bilancio di esercizio, risulti un ammontare di ricavi e proventi dell’attività caratteristica e un ammontare delle spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, di cui all’articolo 2425 del codice civile, ragguagliato ad anno, superiore al 40 per cento di quello risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori; per i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali si assumono le componenti di conto economico corrispondenti. 7-bis. In caso di retrodatazione degli effetti fiscali della fusione ai sensi del comma 9, le limitazioni del comma 7 si applicano anche alla perdita, determinata secondo le regole ordinarie, che si sarebbe generata in modo autonomo in capo alla società incorporata in relazione al periodo che intercorre tra l’inizio del periodo d’imposta e la data antecedente a quella di efficacia della fusione ai sensi dell’articolo 2504-bis del codice civile. 7-ter. Se le società partecipanti alla fusione appartengono al medesimo gruppo, nel senso che una controlla l’altra o le altre società partecipanti alla fusione o tutte le società partecipanti alla fusione sono controllate dallo stesso soggetto, i limiti e le condizioni di cui ai commi 7 e 7-bis non si applicano alle perdite conseguite in periodi di imposta nei quali le società partecipanti alla fusione erano già appartenenti allo stesso gruppo nonché a quelle conseguite antecedentemente per le quali abbiano trovato applicazione, all’atto dell’ingresso nel gruppo della società a cui si riferiscono, i limiti e le condizioni di utilizzo previsti dall’articolo 84, comma 3 ovvero dai commi 7 e 7-bis. Per controllo si intendono le fattispecie di cui all’articolo 2359, primo comma, numero 1), e secondo comma, del codice civile. Ai fini dell’applicazione del primo e del secondo periodo del comma 7, l’importo delle perdite che eccede il valore del patrimonio netto della società si considera formato prioritariamente dalle perdite diverse da quelle di cui al primo periodo. In presenza di perdite che soddisfano le condizioni di cui al primo periodo e di perdite che non le soddisfano, agli effetti dell’applicazione dell’articolo 84, commi 1 e 2, si considerano prioritariamente utilizzate queste ultime.
7-quater. Le disposizioni dei commi 7, 7-bis e 7-ter si applicano anche agli interessi passivi indeducibili oggetto di riporto in avanti di cui all’articolo 96, comma 5, nonché all’eccedenza, ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 30 dicembre 2023, n. 216, relativa all’aiuto alla crescita economica di cui all’articolo 1, comma 4, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. |
La lettera c) del comma 1 contiene delle norme di coordinamento all’articolo 173 del TUIR, a seguito delle modifiche apportate agli articoli 84 e 172.
La lettera d) del comma 1 inserisce 2 commi aggiuntivi all’articolo 181 del TUIR, colmando un vuoto normativo in merito al riporto delle perdite fiscali “finali” nelle fusioni transnazionali. Si tratta del caso di una società residente in uno Stato appartenente all’Unione Europea oppure in uno Stato aderente allo Spazio Economico Europeo con il quale l’Italia abbia accordi tali da assicurare un effettivo scambio di informazioni, la quale partecipa a una fusione con una o più società residenti in cui la società risultante dalla fusione è risiede o è incorporata da una società residente.
L’articolo 181 del T.U.I.R. disciplina solo ed esclusivamente la fattispecie del riporto e/o utilizzo da parte della società incorporante non residente, delle perdite fiscali ante fusione della società residente incorporata nella società “estera”, disponendo che il riporto delle stesse sia possibile:
· proporzionalmente – ma sempre nel suo limite – alla differenza tra elementi dell’attivo e del passivo relativi alla società italiana e/o stabile organizzazione sita nel territorio dello Stato;
· in ogni caso alle condizioni e nei limiti di cui all’art. 172 comma 7 del TUIR.
Tale articolo disciplina dunque il riporto post fusione delle perdite fiscali pregresse prendendo in considerazione le sole operazioni in cui la società residente in Italia è quella che viene fusa o incorporata e la società estera è quella che incorpora la società italiana. La norma, pertanto, non contempla la fattispecie in cui sia la società italiana ad incorporare la società estera, con le sue perdite fiscali.
Sul punto è intervenuta anche l’Agenzia delle entrate con la risoluzione 161/E/2017 del 22 dicembre 2017, che affronta le conseguenze, in termini di riporto delle perdite, di una fusione tra società Ue con stabili organizzazioni in Italia, nell’ipotesi in cui la branch della società incorporante sia stata costituita appositamente nel contesto dell’operazione.
Con le modifiche in esame, vengono stabilite le condizioni alle quali le perdite possono essere portate in diminuzione del reddito della società risultante dalla fusione o incorporante. Esse sono due, e devono ricorrere entrambe:
a. sia nei periodi d’imposta di realizzazione delle perdite fiscali sia alla data in cui la fusione ha efficacia ai sensi dell’articolo 35 del decreto legislativo 2 marzo 2023, n. 19, una delle società partecipanti alla fusione controlla l’altra o le altre società partecipanti alla fusione o tutte le società partecipanti alla fusione sono controllate dallo stesso soggetto;
b. tali perdite non possono più essere utilizzate nello Stato di sua residenza in quanto la società ha cessato la propria attività economica e alienato a terzi o, comunque dismesso, tutti i beni relativi all’impresa e, ai sensi della normativa dello Stato in cui è residente, tali perdite non possono essere utilizzate se il controllo di essa è trasferito a terzi.
Si aggiunge inoltre un comma 1-ter, ai sensi del quale, ai fini del comma 1-bis, per controllo si intendono le fattispecie di cui all’articolo 2359, primo comma, numero 1), e secondo comma, del codice civile.
Testo unico delle imposte sui redditi |
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Testo previgente |
Modificazioni apportate dall’art. 15, comma 1, lett. d) Dell’ A.G. 218 |
Art. 181 |
Art. 181 |
1. Nelle operazioni di cui alle lettere a) e b), del comma 1, dell'articolo 178, le perdite fiscali, l'eccedenza di interessi indeducibili oggetto di riporto in avanti di cui al comma 5 dell'articolo 96 del presente testo unico, nonché l'eccedenza relativa all'aiuto alla crescita economica di cui all'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, sono ammesse in deduzione da parte del soggetto non residente alle condizioni e nei limiti di cui all'articolo 172, comma 7, proporzionalmente alla differenza tra gli elementi dell'attivo e del passivo effettivamente connessi alla stabile organizzazione sita nel territorio dello Stato risultante dall'operazione e nei limiti di detta differenza. |
1. Identico
1-bis. Se una società residente in uno Stato appartenente all’Unione europea oppure in uno Stato aderente allo Spazio Economico Europeo con il quale l’Italia ha stipulato un accordo che assicura un effettivo scambio di informazioni partecipa a una fusione con una o più società residenti in cui la società risultante dalla fusione è residente oppure è incorporata da una società residente le sue perdite, determinate applicando le disposizioni contenute nel Titolo II, Capo 2, Sezione I, possono essere portate in diminuzione del reddito della società risultante dalla fusione o incorporante qualora sussistano tutte le seguenti condizioni: a) sia nei periodi d’imposta di realizzazione delle perdite fiscali sia alla data in cui la fusione ha efficacia ai sensi dell’articolo 35 del decreto legislativo 2 marzo 2023, n. 19, una delle società partecipanti alla fusione controlla l’altra o le altre società partecipanti alla fusione o tutte le società partecipanti alla fusione sono controllate dallo stesso soggetto; b) tali perdite non possono più essere utilizzate nello Stato di sua residenza in quanto la società ha cessato la propria attività economica e alienato a terzi o, comunque dismesso, tutti i beni relativi all’impresa e, ai sensi della normativa dello Stato in cui è residente, tali perdite non possono essere utilizzate se il controllo di essa è trasferito a terzi. 1-ter. Ai fini del comma 1-bis, per controllo si intendono le fattispecie di cui all’articolo 2359, primo comma, numero 1), e secondo comma, del codice civile. |
Il comma 2 dell’articolo 15 stabilisce che le disposizioni di cui al comma 1 si applicano alle operazioni effettuate dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, fatte salve alcune eccezioni.
Articolo 16
(Disciplina fiscale relativa alla scissione mediante scorporo)
L’articolo 16, comma 1, reca la disciplina inerente al trattamento fiscale applicabile in caso di scissione societaria mediante scorporo.
La nuova disciplina si applica dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente provvedimento (comma 2).
L’articolo in esame mira ad attuare il criterio di delega contenuto nell’articolo 9, comma 1, lettera e), della legge n. 111 del 2023, ossia l’introduzione “della disciplina fiscale relativa alla scissione societaria parziale disciplinata dall'articolo 2506.1 del codice civile, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.
L’art. 2506.1 del codice civile, rubricato “Scissione mediante scorporo” è stato introdotto dall’articolo 51, comma 3, del decreto legislativo n. 19 del 2023 (recante “Attuazione della direttiva (UE) 2019/2121 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 per quanto riguarda le trasformazioni, le fusioni e le scissioni transfrontaliere”).
Con la scissione mediante scorporo si consente il trasferimento di parte del patrimonio della scissa a una o più società di nuova costituzione con assegnazione della partecipazione (azioni/quote) al capitale della società beneficiaria (o delle società beneficiarie) alla società scissa.
L’art. 2506 c.c. disciplina le forme della scissione, consentendo alla società scissa di assegnare “l'intero suo patrimonio a più società, preesistenti o di nuova costituzione, o parte del suo patrimonio, in tal caso anche ad una sola società, e le relative azioni o quote ai suoi soci”. Inoltre, è consentito alla società scissa di sciogliersi o di continuare la propria attività.
Lo scorporo presenta quindi alcune peculiarità rispetto alle altre forme di scissione in quanto, a fronte del trasferimento - solo parziale - del patrimonio, le azioni o quote emesse dalla beneficiaria sono assegnate alla stessa società scissa, non ai suoi soci.
Il comma 1 dell’articolo in esame in esame prevede l’introduzione di tre commi (15-ter, 15-quater e 15-quinquies) nell’articolo 173 del d.P.R n. 917 del 1986 (TUIR) prevedendo l’applicabilità di disposizioni ivi previste alla scissione mediante scorporo disciplinata dall’articolo 2506.1 del codice civile.
Il nuovo comma 15-ter, lettera a) dell’art. 173 TUIR prevede che allo scorporo si applichino le disposizioni in materia di scissione di società previste dal medesimo art. 173 TUIR, con esclusione dei commi 3, 7, 9 e 10.
Il comma 3 dell’articolo 173 TUIR dispone circa il cambio delle partecipazioni originario, prevedendo che esso non debba costituire né realizzo né distribuzione di plusvalenze o di minusvalenze né conseguimento di ricavi per i soci della società scissa. Poiché nella scissione mediante scorporo le partecipazioni della società beneficiaria sono assegnate alla scissa e non ai suoi soci, la disposizione in oggetto non si applica in quanto non occorre ripartire il valore fiscalmente riconosciuto tra le partecipazioni della scissa e di quelle della beneficiaria.
La relazione illustrativa osserva come occorra “piuttosto quantificare ex novo il valore fiscale della partecipazione emessa dalla beneficiaria in favore della scissa”.
Il comma 7 dispone circa alcuni casi di retrodatazione degli effetti della scissione che fanno riferimento (con il richiamo al comma 11) alla scissione totale, laddove la scissione mediante scorporo assume di per sé il carattere di scissione parziale. Si tratta pertanto di una disciplina non applicabile.
Il comma 9 dispone circa il regime delle riserve. Su tale materia dispone in maniera specifica lo schema di decreto in esame.
Il comma 10 dispone circa il riporto delle perdite e degli altri attributi fiscali. Tale disciplina risulta applicabile in caso di beneficiaria già esistente, laddove la disciplina mediante scorporo dettata dall’art. 2506.1 c.c. fa riferimento a società di nuova costituzione. Si segnala, tuttavia, che l’applicazione del comma 10 in caso di scorporo viene ammessa dal comma 14-quater, al quale si rinvia.
In particolare, il comma 10 in parola stabilisce alle società che partecipano alla scissione si applichino le disposizioni del comma 7 dell'articolo 172 TUIR, in tema di fusioni, che pongono alcuni limiti al riporto delle perdite con la finalità che l’operazione si realizzi “con società prive di capacità produttiva poste in essere al fine di attuare la compensazione intersoggettiva delle perdite fiscali di una società con gli utili imponibili dell’altra, introducendo un divieto assoluto al riporto delle stesse qualora non sussistano quelle minime condizioni di vitalità economica previste dalla norma” (così l’Agenzia delle entrate, risoluzione n. 168/E del 30 giugno 2009). Tali condizioni di “vitalità” della beneficiaria risulterebbero applicabili ove essa sia già esistente, ove l’art. 2506.1 c.c. fa riferimento, come sopra ricordato, a società di nuova costituzione.
Riguardo alle altre disposizioni dettate dall’art. 173 TUIR, giova qui rammentare il carattere “neutrale” dell’operazione di scissione: la scissione, totale o parziale, di una società in altre preesistenti o di nuova costituzione non dà luogo al realizzo né alla distribuzione di plusvalenze e minusvalenze dei beni della società scissa (art. 173, comma 1). Inoltre (comma 2) non rilevano, ai fini fiscali, l’eventuale attribuzione, da parte della beneficiaria, del disavanzo derivante dalla scissione (in relazione operazioni di annullamento o di cambio di quote o azione) sugli elementi patrimoniali ricevuti dalla società scissa.
Il medesimo comma 15-ter propone, peraltro, alcune integrazioni alla disciplina applicabile.
Si prevede (lettera a)) che la società scissa assuma, quale valore delle partecipazioni ricevute, un importo pari alla differenza tra il valore fiscalmente riconosciuto delle attività e quello delle passività oggetto di scorporo, anche se non configurano un’azienda, rilevato alla data di efficacia della scissione (come stabilita ai sensi dell’art. 2506-quater c.c.).
Come rilevato dalla relazione illustrativa, si attribuisce il medesimo valore fiscale alle partecipazioni ricevute dalla scissa e ai beni attribuiti alla beneficiaria, in ossequio alla neutralità dell’operazione (v. sopra).
Le attività e passività oggetto di scorporo, compreso l’avviamento se lo scorporo ha a oggetto un’azienda, assumono in capo alle società beneficiarie il valore fiscalmente riconosciuto che esse avevano in capo alla società scissa alla data di efficacia della scissione (come stabilita ai sensi dell’art. 2506-quater c.c.). Inoltre, le medesime attività e passività oggetto di scorporo si considerano possedute dalle società beneficiarie anche per il periodo di possesso della società scissa. Ai fini del computo del periodo di possesso delle partecipazioni ricevute dalla società scissa si tiene conto anche del periodo di possesso delle attività e passività oggetto di scorporo (lettere b) e c)).
Se lo scorporo ha ad oggetto un’azienda, si prevede che le partecipazioni ricevute dalla società scissa si considerino iscritte come immobilizzazioni finanziarie se iscritte come tali nel bilancio della società scissa (lettera d), n. 1).
Se lo scorporo riguarda partecipazioni ricevute dalla scissa che godono dell’esenzione di cui all’articolo 87 TUIR (dedicato alle plusvalenze esenti) conservano i medesimi requisiti delle partecipazioni attribuite alla beneficiaria. Non si considera quanto previsto dalla lettera a) del comma 1 del medesimo articolo 87 TUIR (lettera d), n. 2).
La citata lettera a) fa riferimento, ai fini dell’esenzione, al possesso ininterrotto dal primo giorno del dodicesimo mese precedente quello dell'avvenuta cessione considerando cedute per prime le azioni o quote acquisite in data più recente.
Inoltre, si prevede (lettera d), n. 3) che i beni, le attività o le passività che non costituiscono aziende o partecipazioni sprovviste di taluni requisiti per l’esenzione (requisiti di cui all’articolo 87, comma 1, lettere c) e d)) sono ammesse al regime di esenzione di cui all’articolo 87 se e quando maturano i medesimi requisiti.
Ai fini dell’applicazione del comma 4 dell’art. 173 TUIR, si prevede che il valore netto contabile delle attività e passività oggetto di scorporo debba essere rapportato al patrimonio netto contabile della società scissa quale risultante dal bilancio relativo all’ultimo esercizio chiuso prima della data di efficacia della scissione (stabilita ai sensi dell’articolo 2506-quater c.c.). Tra le posizioni soggettive da ripartire con il criterio proporzionale di cui al comma 4 non sono ricompresi i crediti di imposta e le eccedenze d’imposta a credito della società scissa (lettera e)).
Il richiamato comma 4 dell’art. 173 TUIR stabilisce che dalla data in cui la scissione ha effetto le posizioni soggettive della società scissa e i relativi obblighi strumentali sono attribuiti alle beneficiarie e, in caso di scissione parziale, alla stessa società scissa, in proporzione delle rispettive quote del patrimonio netto contabile trasferite o rimaste, salvo che trattisi di posizioni soggettive connesse specificamente o per insiemi agli elementi del patrimonio scisso, nel qual caso seguono tali elementi presso i rispettivi titolari.
A seguito della scissione (lettera f)):
1) le riserve iscritte nel bilancio dell’ultimo esercizio della società scissa chiuso prima della data di efficacia della scissione mantengono il loro regime fiscale;
2) al patrimonio netto delle società beneficiarie, rilevato al momento della loro costituzione, si applica il regime fiscale del capitale e delle riserve di cui all’articolo 47, comma 5, TUIR.
Nel caso la società scissa non sia residente e lo scorporo abbia ad oggetto la sua stabile organizzazione nel territorio dello Stato (caso contemplato dalla lettera g)) l’assegnazione alla scissa delle partecipazioni nella beneficiaria non comporta alcuna tassazione, a prescindere dal mantenimento in Italia di una stabile organizzazione della società scissa nel cui patrimonio sono comprese tali partecipazioni.
Il nuovo comma 15-quater, di cui si lo schema di decreto propone l’introduzione, stabilisce che in caso di scissione mediante scorporo di una società in altre preesistenti si applicano le disposizioni di cui al comma 10.
Si osserva che il nuovo comma 15-ter, lett. a), prevede che non si applichi il comma 10 il quale si applicherebbe in caso di beneficiarie esistenti. Come rilevato anche dalla relazione illustrativa, il testo dell’art. 2506.1 c.c. non sembra ammettere la possibilità di uno scorporo con beneficiaria esistente, in quanto il suo primo comma stabilisce che la società assegni parte del suo patrimonio a una o più “società di nuova costituzione”. Tuttavia, la possibilità che si realizzi una scissione mediante scorporo con beneficiarie esistenti è stata ammessa in via interpretativa(cfr., ad esempio, la massima n. 209/2023 del Consiglio Notarile di Milano).
Il nuovo comma 15-quinquies dell’art. 173 TUIR, di cui si propone l’introduzione, non rileva la scissione avente ad oggetto un’azienda e la successiva cessione della partecipazione ricevuta ai fini della disciplina dell'abuso del diritto o elusione fiscale dettata dall’articolo 10-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212 (“Statuto del contribuente”).
Il comma 2 dell’articolo 16 dello schema di decreto in esame prevede che la nuova disciplina fiscale applicabile alla scissione per scorporo si applichi alle scissioni effettuate dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente provvedimento.
Articolo 17
(Modifiche alla disciplina dei conferimenti)
L’articolo 17 modifica la disciplina dei conferimenti, novellando la normativa vigente. Le nuove disposizioni riguardano, tra le varie cose: determinazioni di valore, minusvalenze, permute, casi in cui la società conferitaria non acquisisce il controllo di una società né aumenta la percentuale di controllo, conferimenti di partecipazioni detenute in società le cui azioni non sono negoziate in mercati regolamentati.
L’articolo 17 modifica la disciplina dei conferimenti, novellando gli articoli 175, 176, 177 e 178 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, (testo unico delle imposte sui redditi).
Il comma 1, lettera a) dell’articolo 17 dello schema di decreto in commento introduce un nuovo comma, numerato 1-bis, nel testo vigente dell’articolo 175 del citato DPR. 917/1986.
L’articolo 175 del DPR 917/1986 concerne specificamente le partecipazioni di controllo o di collegamento. Ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, si definiscono controllate le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea o comunque di voti sufficienti per esercitarvi un'influenza dominante, oppure sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa; sono invece considerate collegate le società sulle quali un'altra società esercita un'influenza notevole, possedendo almeno un quinto dei voti nell’assemblea ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in borsa.
Resta fermo che, come recita l’immutato comma 1 dell’articolo 175 del DPR 917/1986, fatti salvi i casi di esenzione del 95 per cento previsti per plusvalenze dei beni relativi all’impresa realizzate mediante cessione a titolo oneroso, o mediante risarcimenti per perdita o danneggiamento di beni, o mediante assegnazioni ai soci o destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa, il valore di realizzo per i conferimenti di partecipazioni di controllo o di collegamento effettuati tra soggetti residenti in Italia nell’esercizio di imprese commerciali è quello attribuito alle partecipazioni ricevute in cambio dell’oggetto conferito nelle scritture contabili del soggetto conferente ovvero, se il valore è superiore, quello attribuito nelle scritture contabili del soggetto conferitario.
Il conferente è il soggetto che trasferisce un’azienda o un ramo aziendale dotato di autonoma capacità di reddito ad altro soggetto, il conferitario, in cambio di azioni o quote. Le plusvalenze sono le differenze, positive, tra il corrispettivo percepito e il costo di acquisto. L’opposto delle plusvalenze è rappresentato dalle minusvalenze, di cui si dirà tra poco.
Dunque, il criterio di determinazione del valore di realizzo per i conferimenti di partecipazioni esposto dall’articolo 175, comma 1, del DPR 917/1986 era -e resta- diverso da quello generalmente previsto in quanto si riferisce a scritture contabili e non al puro valore normale delle azioni e elle quote. In dottrina si parla perciò di neutralità fiscale “indotta”, ovvero di “realizzo controllato”.
Peraltro, l’Agenzia delle Entrate, già a partire dalla sua Risposta ad interpello n. 38/ 2012 aveva rilevato che, sebbene all’epoca della formulazione dell’articolo 175 (nonché dell’articolo 177, come vedremo più avanti) il legislatore avesse deciso di differenziare i criteri di determinazione di plusvalenze e minusvalenze, a livello sistematico sembrava corretto applicare gli stessi criteri ad entrambe le situazioni.
Pertanto, la novella recata dal nuovo comma 1-bis recepisce il punto di vista dell’Agenzia delle Entrate, stabilendo che il medesimo criterio di determinazione previsto dal comma 1 nelle ipotesi di plusvalenza si applichi anche nelle ipotesi di minusvalenza, vale a dire quando il valore di realizzo è inferiore al costo fiscalmente riconosciuto delle partecipazioni conferite.
L’eventuale minusvalenza determinatasi sarà deducibile, fatti salvi gli stessi casi di esenzione di cui al comma 1 dell’articolo 175 del DPR 917/1986, nei limiti della differenza tra il costo fiscalmente riconosciuto delle partecipazioni conferite e il loro valore normale.
Quest’ultimo sarà determinato secondo l’articolo 9, comma 4, del DPR 917/1986, che individua tre tipologie e per ciascuna di esse indica il rispettivo criterio di calcolo. Le tre categorie sono: azioni, obbligazioni e altri titoli negoziati in mercati regolamentati italiani, altre azioni nonché quote di società non azionarie e titoli o quote di partecipazione al capitale di enti diversi dalle società, obbligazioni e altri titoli diversi da quelle della seconda categoria.
La lettera b) del comma 1 dell’articolo 17 dello schema di decreto modifica in due punti l’articolo 176 del DPR 917/1986.
Premesso che il suddetto articolo 176 del DPR 917/1986 interessa i regimi fiscali del soggetto conferente e del soggetto conferitario, e che il suo comma 1 parla dei conferimenti di aziende tra soggetti residenti nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese commerciali, la lettera b) del comma 1 dell’articolo 17 dello schema di decreto dispone che anche il valore dell’avviamento debba rientrare tra gli elementi dell’attivo e del passivo dell’azienda per i quali il soggetto conferitario subentra nella posizione del soggetto conferente.
Il secondo punto in cui la lettera b) dell’articolo 17 dello schema di decreto in commento interviene sull’articolo 176 del testo unico delle imposte sui redditi è al comma 3 di quest’ultimo, aggiornamento un riferimento normativo.
Attualmente, il riferimento normativo indicato dal comma 3 dell’articolo 176 del testo unico è all’articolo, il 37-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, che fu abrogato dall’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128. La norma abrogativa, peraltro, dispose che le disposizioni recate dall’articolo abrogato fossero riferite, da quel momento in avanti, all’articolo 10-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto del Contribuente). Pertanto la lettera b) dell’articolo 17 dello schema di decreto recepisce l’intervento legislativo effettuato nell’anno 2015 e di conseguenza aggiorna in tal senso l’obsoleto riferimento normativo oggi presente nel comma 3 dell’articolo 176 del DPR 917/1986.
La lettera c) del comma 1 dell’articolo 17 dello schema di decreto novella l’articolo 177 del DPR 917/1986, che è dedicato allo scambio di partecipazioni.
La prima novella è al comma 1 del suddetto articolo 177 e concerne le permute. Si conferma che, a condizione che il costo delle azioni o quote date in permuta sia attribuito alle azioni o quote ricevute in cambio, la permuta non dà luogo a componenti positivi o negativi del reddito imponibile. La novità in materia risiede nel fatto che a normativa vigente le permute in questione sono quelle attraverso le quali un soggetto acquista o integra una partecipazione di controllo oppure incrementa la sua percentuale, in virtù di un obbligo legale o di un vincolo statutario; ai sensi dell’articolo 18 dello schema di decreto in esame, invece, viene meno il requisito della sussistenza di un obbligo legale o di un vincolo statutario.
Inoltre, la lettera c) dell’articolo 17 dello schema di decreto sostituisce due commi, il 2 e il 2-bis, dell’articolo 177 del testo unico delle imposte dirette e aggiunge all’articolo 177 un comma 2-ter e un comma 2-quater.
Il nuovo comma 2, rispetto alla versione tuttora vigente, si differenzia perché, ai fini della determinazione del reddito del conferente, sostituisce la nozione di valore di realizzo per le azioni e le quote ricevuti a seguito di conferimenti in società al generico concetto di valutazione, non meglio specificato, presente nel comma 2 da sostituire. Inoltre, il nuovo comma 2 dell’articolo 177 del DPR 917/1986 chiarisce che ciò si applica anche nell’ipotesi di minusvalenze. A questo riguardo, è opportuno richiamare quanto detto sopra, a proposito delle differenze tra casi di plusvalenze e casi di minusvalenze, commentando la lettera a) dell’articolo 17, comma 1, dello schema di decreto in esame, nonché la Risposta ad interpello n. 38/2012 formulata dall’Agenzia delle Entrate.
In aggiunta, va tenuto conto pure della più recente Ris. n. 56/E/2023, sempre dell’Agenzia delle Entrate. La Ris. n. 56/E/2023, infatti, torna sulla questione delle minusvalenze, affermando che l’iscrizione delle partecipazioni conferite, nelle scritture contabili del conferitario, ad un valore inferiore rispetto al costo fiscale, determinerebbe esclusivamente l’emersione di una minusvalenza non deducibile in capo al conferente.
L’Agenzia ha ritenuto, in conclusione, che avrebbero rilevanza fiscale solo le minusvalenze effettivamente realizzate, mentre sarebbero fiscalmente irrilevanti quelle strettamente legate a operazioni di conferimento aventi scopi meramente riorganizzativi invece che realizzativi.
La novella in tema di minusvalenze apportata all’articolo 177 del DPR 917/1986 dalla lettera c) del comma 1 dell’articolo 17 dello schema di decreto pare quindi funzionale ad allinearsi con gli orientamenti manifestati dall’Agenzia delle Entrate.
La nuova versione del comma 2 dell’articolo 177 del DPR 917/1986 prevede che le minusvalenze in oggetto saranno deducibili, fatti salvi i casi di esenzione già illustrati precedentemente a proposito delle novelle all’articolo 175 del DPR 917/1986. La deducibilità, anche stavolta, si manterrà entro i limiti della differenza tra il costo fiscalmente riconosciuto delle partecipazioni conferite e il loro valore normale determinato, quest’ultimo, ai sensi dell’articolo 9, comma 4, del DPR 917/1986.
Il nuovo comma 2-bis dell’articolo 177 regola i casi in cui la società conferitaria non acquisisce il controllo di una società né incrementa la sua percentuale di controllo. In tali ipotesi, è confermato che valgono comunque le disposizioni di cui al comma precedente (che dovrà intendersi essere il nuovo comma 2), a due condizioni, che devono essere presenti entrambe e che sono parzialmente nuove.
La prima condizione è che le partecipazioni conferite rappresentino determinate percentuali di diritti di voto esercitabili in assemblea oppure partecipazioni al capitale o al patrimonio, le stesse percentuali già prescritte dalla normativa in vigore; la seconda condizione è che le partecipazioni siano conferite in una società partecipata unicamente dal conferente o, se il conferente è persona fisica, in alternativa anche dai suoi familiari, i quali invece non sono contemplati dalla versione attuale dell’articolo 177.
Nel passaggio dalla vecchia alla nuova formulazione del comma 2-bis dell’articolo 177 del DPR 917/1986 scompare la disposizione relativa ai conferimenti di partecipazioni detenute in società la cui attività consiste prevalentemente o esclusivamente nell’assunzione di partecipazioni, secondo la quale le percentuali di controllo si riferiscono a tutte le società indirettamente partecipate e si determinano tenendo conto dell’eventuale demoltiplicazione prodotta dalla catena partecipativa.
Il comma 2-ter all’articolo 177 è dedicato ai conferimenti di partecipazioni detenute in una società, le cui azioni non sono negoziate in mercati regolamentati, le quali al momento del conferimento sono classificabili come società di partecipazione finanziaria, o come società di partecipazione non finanziaria che però esercitano in via prevalente o esclusiva l'attività di assunzione di partecipazioni in soggetti diversi dagli intermediari finanziari, oppure ancora come società che svolgono attività in materia di intermediazione finanziaria. Stando al comma 2-ter, ai fini dell’applicazione della disposizione di cui al comma 2-bis le percentuali ivi indicate devono sussistere per le partecipazioni detenute direttamente, o indirettamente tramite società controllate.
In ogni caso, il comma 2-ter afferma chiaramente che ai fini della determinazione delle percentuali rappresentate dalle partecipazioni e della quantificazione del loro valore contabile si terrà conto dell’eventuale demoltiplicazione prodotta dalla catena partecipativa.
Il nuovo comma 2-quater apposto all’articolo 177 del DPR 917/1986 interessa le situazioni in cui la società conferitaria non acquisisce il controllo di una società, né incrementa la percentuale di controllo. Il comma 2-quater riguarda il requisito dell’ininterrotto possesso prima dell’avvenuta cessione delle partecipazioni conferite, ai fini dell’esenzione al 95 cento della tassazione sulle plusvalenze.
Con il nuovo comma 2-quater, si fissa un termine fino a sessanta mesi prima dell’avvenuta cessione.
La lettera d) del comma 1 dell’articolo 17 dello schema di decreto sopprime un passaggio dell’articolo 178, lettera e), del DPR 917/986. L’articolo novellato si occupa di fusioni, scissioni, conferimenti di attivo, scambi di azioni concernenti società di Stati membri diversi. La lettera e) di tale articolo si occupa di permute e conferimenti di azioni e quote, mediate i quali si realizzi una partecipazione di controllo o un incremento della percentuale di controllo, in virtù di obblighi legali o di vincoli statutari. Per effetto della novella, cade il riferimento agli obblighi legali e ai vincoli statutari.
Il comma 2 dell’articolo 17 dello schema di decreto all’esame del Parlamento riguarda la decorrenza delle disposizioni presenti nel comma 1: esse si applicheranno ai conferimenti di azienda e alle partecipazioni effettuati a partire dalla data di entrata in vigore del futuro decreto.
Articolo 18
(Modifiche alla disciplina della liquidazione)
L’articolo 18 novella l’articolo 182 del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), in tema di liquidazione ordinaria, al fine di snellire le procedure a carico dell’Amministrazione finanziaria.
Con l’intento di superare le significative complessità procedurali e operative a carico dell’Amministrazione finanziaria, l’articolo 18, comma 1, novella l’articolo 182 del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), di cui al DPR 917 del 1986, modificando la disciplina della liquidazione ordinaria.
La liquidazione dell'impresa è finalizzata al pagamento e chiusura dei debiti societari e, in caso di capienza, alla ripartizione dello stesso ai soci.
La liquidazione volontaria delle società di capitali è regolata, ai fini delle imposte dirette, dall'articolo 182 TUIR. Ai fini fiscali, per le società di capitali, la data di inizio della liquidazione (a partire dal quale è applicabile la relativa disciplina fiscale) coincide con l'iscrizione della delibera di liquidazione nel registro delle imprese (art. 2484 c. 3 c.c.).
L'individuazione della data di inizio della liquidazione rilevante ai fini fiscali consente di suddividere i singoli periodi d'imposta che sono interessati dalla liquidazione. Ciò in quanto si distingue il periodo compreso “fra l'inizio dell'esercizio e l'inizio della liquidazione” e “il periodo compreso fra l'inizio e la chiusura della liquidazione” (art. 182 TUIR).
Nello specifico perle società di capitali, la determinazione del reddito viene effettuata sulla base delle seguenti regole:
§ i redditi relativi al periodo compreso tra l'inizio dell'esercizio e la data di inizio della liquidazione sono determinati a norma dell'art. 182 c. 1 TUIR, in base alle risultanze del conto della gestione determinato ai sensi dell'art. 2277 c.c.;
§ i redditi del periodo compreso tra l'inizio e la chiusura della liquidazione sono determinati a norma dell'art. 182 TUIR c. 3.
Se la liquidazione si chiude nello stesso esercizio in cui ha avuto inizio, il reddito relativo al periodo intercorrente tra l'inizio e la chiusura della liquidazione deve essere determinato in base al bilancio finale.
Se la liquidazione dura più esercizi ma non oltre cinque (compreso quello in cui ha avuto inizio), il reddito relativo alla residua frazione d'esercizio rispetto a quello d'inizio della liquidazione e quello relativo a ciascun esercizio intermedio sono determinati in via provvisoria in base al rispettivo bilancio annuale, salvo conguaglio in base al bilancio finale.
Se la liquidazione dura più di cinque esercizi oppure in caso di omessa presentazione del bilancio finale di liquidazione, i redditi determinati in via provvisoria assumono carattere definitivo.
Per quanto riguarda la disciplina fiscale delle perdite relative ai soggetti IRES che si trovano in stato di liquidazione è contenuta nell'art. 182 TUIR c. 3, le perdite fiscali relative ai periodi d'imposta anteriori alla liquidazione non compensate nel corso della liquidazione stessa, se la liquidazione si chiude entro 5 anni, sono ammesse in diminuzione del reddito d'impresa in sede di conguaglio in base al bilancio finale e indipendentemente dall'eventuale superamento del limite temporale del quinquennio stabilito dall'art. 84 TUIR. Se la liquidazione dura più di 5 anni, le perdite fiscali non sono più utilizzabili.
Viceversa, le perdite conseguite durante il periodo di liquidazione sono utilizzabili a compensazione dei redditi dei futuri periodi d'imposta nel limite dell'80% di questi ultimi.
Se nell'ultimo periodo d'imposta la società ha redditi imponibili (normalmente trattasi di plusvalenze derivanti dalla vendita dei beni residui, o di sopravvenienze derivanti da transazioni con i creditori), applicando in modo letterale l'art. 84 TUIR tali redditi sconterebbero IRES limitatamente al 20% del loro ammontare, per cui la società si ritroverebbe debitrice d'imposta anche se il risultato della liquidazione è, nel suo complesso, negativo.
Le perdite realizzate negli esercizi intermedi sono da considerarsi normalmente compensabili ai sensi dell'art. 84 TUIR, a prescindere dall'eventuale superamento del limite di 5 anni dall'inizio della liquidazione e, quindi, dall'eventuale venir meno del diritto a conguagliare i risultati degli esercizi intermedi. Negli esercizi intermedi, la perdita può essere utilizzata per ridurre il reddito imponibile di ciascun periodo successivo in misura non superiore all'80% dello stesso; in sede di conguaglio finale, il reddito può essere integralmente compensato con le perdite maturate nei periodi intermedi.
Le diverse modalità di tassazione del residuo attivo derivante dalla liquidazione di una società soggetta ad IRES variano a seconda della natura giuridica del soggetto percettore delle somme.
Con la novella in esame, si ribalta il criterio di tassazione finora vigente: il risultato di ogni esercizio è determinato in via definitiva (anziché in via provvisoria), con applicazione delle regole di tassazione ordinarie, salvo prevedere anche per le imprese individuali e le società di persone lo scomputo delle perdite dal reddito dei periodi di imposta successivi compresi nella liquidazione (nuovo articolo 182, comma 1).
Se la liquidazione si chiude in perdita si applicano le disposizioni dell’articolo 8 del TUIR. Tuttavia, se la liquidazione si protrae per non più di tre esercizi, compreso quello in cui ha avuto inizio, l’impresa individuale o la società di persone può rideterminare il reddito degli esercizi di liquidazione e scomputare la perdita finale di liquidazione con il criterio c.d. carry back, cioè a riduzione del reddito dell’ultimo di tali esercizi e progressivamente del reddito di ciascuno degli esercizi precedenti fino a concorrenza del reddito degli stessi. In tal caso l’imprenditore individuale e i soci delle società personali possono chiedere la tassazione separata del reddito a norma degli articoli 17 e 21 (nuovo articolo 182, comma 2).
Stesso criterio è previsto per le società IRES per le quali tuttavia l’applicazione del carry back che consente di compensare la perdita di liquidazione con il reddito dei periodi di imposta precedenti è consentita se la liquidazione si protrae per non più di cinque esercizi (nuovo articolo 182, comma 3).
La relazione illustrativa evidenzia che la nuova disciplina di determinazione del reddito delle imprese in liquidazione, e in particolare l’eventuale applicazione del menzionato carry back delle perdite, che agevola la compensazione di redditi e delle perdite relativi ai periodi compresi nella liquidazione risulta incompatibile con le regole della tassazione di gruppo. In tal caso si deve ritenere che il nuovo regime fiscale di liquidazione delle società soggette all’IRES, pur non costituendo causa di interruzione della tassazione di gruppo che, peraltro, già prevede all’articolo 12, comma 1, lettera c), del D.M. 1 marzo 2018 che il reddito e le perdite fiscali di ciascuno degli esercizi compresi nella liquidazione si considerano definitivi, indipendentemente dalla durata della liquidazione, non risulti applicabile limitatamente al meccanismo di carry back delle perdite. Devono ritenersi quindi confermate le disposizioni del comma 7 dell’articolo 11 del D.M. 1° marzo 2018, secondo cui “La liquidazione volontaria della consolidante o della consolidata non interrompe la tassazione di gruppo”.
Parimenti, ove la società in liquidazione abbia optato per il regime di trasparenza fiscale, resta fermo quanto dispone l’articolo 10 del decreto 23 aprile 2004 secondo cui “Se la società partecipata è messa in liquidazione, l'opzione non perde efficacia. Tuttavia, in deroga all'articolo 182, comma 3, del testo unico, il reddito o le perdite fiscali di ciascuno degli esercizi compresi nella liquidazione si considerano definitivi, indipendentemente dalla durata della liquidazione stessa”.
Anche in tal caso, infatti, la necessità di imputare in ciascun periodo di imposta (in via definitiva) i redditi e le perdite ai soci sarebbe incompatibile con il regime fiscale della liquidazione che consente il riporto all’indietro delle perdite.
Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) di cui al DPR 917 del 1986 |
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Testo previgente |
Modificazioni apportate dall’art. 18 del A.G.218 |
Art. 182 |
Art. 182 |
1. In caso di liquidazione dell'impresa o della società il reddito di impresa relativo al periodo compreso tra l'inizio dell'esercizio e l'inizio della liquidazione è determinato in base ad apposito conto economico, ovvero a norma dell'articolo 66 o dell'articolo 3, comma 177, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, se ne ricorrono i presupposti; il conto economico deve essere redatto, per le società, in conformità alle risultanze del conto della gestione prescritto dall'articolo 2277 del codice civile. Per le imprese individuali la data di inizio della liquidazione, ai fini delle imposte sui redditi, è quella indicata nella dichiarazione di cui all'articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. 2. Per le imprese individuali e per le società in nome collettivo e in accomandita semplice il reddito di impresa relativo al periodo compreso tra l'inizio e la chiusura della liquidazione è determinato in base al bilancio finale, che deve essere redatto anche nei casi di cui all'articolo 66. Se la liquidazione si protrae oltre l'esercizio in cui ha avuto inizio, il reddito relativo alla residua frazione di tale esercizio e a ciascun successivo esercizio intermedio è determinato in via provvisoria in base al rispettivo bilancio, ovvero a norma dell'articolo 66 se ne ricorrono i presupposti, salvo conguaglio in base al bilancio finale. Se la liquidazione si protrae per più di tre esercizi, compreso quello in cui ha avuto inizio, nonché in caso di omessa presentazione del bilancio finale, i redditi così determinati, ancorché già tassati separatamente a norma degli articoli 17 e 21, si considerano definitivi e ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche concorrono a formare il reddito complessivo dell'imprenditore, dei familiari partecipanti all'impresa o dei soci per i periodi di imposta di competenza. Se la liquidazione si chiude in perdita si applicano le disposizioni dell'articolo 8.
3. Per le società soggette all'imposta di cui al titolo II, il reddito relativo al periodo compreso tra l'inizio e la chiusura della liquidazione è determinato in base al bilancio finale. Se la liquidazione si protrae oltre l'esercizio in cui ha avuto inizio il reddito relativo alla residua frazione di tale esercizio e ciascun successivo esercizio intermedio è determinato in via provvisoria in base al rispettivo bilancio, liquidando la relativa imposta salvo conguaglio in base al bilancio finale; le perdite di esercizio anteriori all'inizio della liquidazione non compensate nel corso di questa ai sensi dell'articolo 84 sono ammesse in diminuzione in sede di conguaglio. Se la liquidazione si protrae per più di cinque esercizi, compreso quello in cui ha avuto inizio, nonché in caso di omessa presentazione del bilancio finale, i redditi determinati in via provvisoria si considerano definitivi e ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche i redditi compresi nelle somme percepite o nei beni ricevuti dai soci, ancorché già tassati separatamente a norma degli articoli 17 e 21, concorrono a formarne il reddito complessivo per i periodi di imposta di competenza. |
1. In caso di liquidazione dell'impresa o della società il reddito di impresa relativo al periodo compreso tra l'inizio dell'esercizio e l'inizio della liquidazione è determinato in base ad apposito conto economico, ovvero a norma dell'articolo 66 se ne ricorrono i presupposti; il conto economico deve essere redatto, per le società, in conformità alle risultanze del conto della gestione prescritto all'articolo 2277 del codice civile. Per le imprese individuali la data di inizio della liquidazione, ai fini delle imposte sui redditi, è quella indicata nella dichiarazione di cui all'articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
2. Per le imprese individuali e per le società in nome collettivo e in accomandita semplice il reddito di impresa relativo al periodo compreso tra l'inizio e la chiusura della liquidazione è determinato in base al bilancio finale, che deve essere redatto anche nei casi di cui all'articolo 66. Se la liquidazione si protrae oltre l'esercizio in cui ha avuto inizio, il reddito relativo alla residua frazione di tale esercizio e a ciascun successivo esercizio intermedio, al netto delle perdite degli esercizi precedenti compresi nella liquidazione, concorre a formare il reddito complessivo dell’imprenditore, dei familiari partecipanti all’impresa o dei soci. Se la liquidazione si protrae per non più di tre esercizi, compreso quello in cui ha avuto inizio: a) l’impresa o la società può rideterminare il reddito dell’ultimo di tali esercizi e progressivamente quello degli esercizi precedenti, computando a riduzione di ciascuno di essi le perdite residue fino a concorrenza del relativo importo; b) l’imprenditore, i collaboratori familiari e i soci possono chiedere la tassazione separata del reddito a norma degli articoli 17 e 21. Se la liquidazione si chiude in perdita si applicano le disposizioni dell'articolo 8.
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L’articolo 18, comma 2, precisa che le disposizioni di cui al comma 1 si applicano alle liquidazioni che hanno inizio dalla data di entrata in vigore del decreto in esame.
Articolo 19
(Disposizioni finanziarie)
L’articolo 19 dispone l’incremento del fondo per l'attuazione della delega fiscale e provvede alla copertura del relativo onere, nonché degli oneri derivanti dagli articoli 1, 3, 5, 9, 11, 12, 14, 15 e 17 del presente schema di decreto.
Il comma 1 reca un incremento del fondo per l’attuazione della delega fiscale a decorrere dal 2024 pari a:
§ 0,2 milioni di euro per l'anno 2024,
§ 115,97 milioni per l'anno 2027,
§ 83,87 milioni per l'anno 2028,
§ 11,87 milioni per l'anno 2029,
§ 175,37 milioni per l'anno 2030,
§ 246,77 milioni per l'anno 2031,
§ 214,37 milioni per l'anno 2032,
§ 183,17 milioni per l'anno 2033,
§ 177,47 milioni per l'anno 2034,
§ 171,97 milioni per l'anno 2035,
§ 166,27 milioni per l'anno 2036
§ 160,57 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2037.
Il fondo per l’attuazione della delega fiscale è stato istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze dall’art. 62, comma 1, del decreto legislativo n. 209 del 2023 (“Attuazione della riforma fiscale in materia di fiscalità internazionale”). Il fondo è allocato sul capitolo 3832 del MEF. Su tale capitolo, la legge di assestamento del bilancio per il 2024 (legge n. 118 del 2024) reca uno stanziamento pari a 59,3 milioni per il 2024, 3.917,7 per il 2025, 3.256,9 milioni per il 2026.
Il comma 2 valuta gli oneri derivanti dagli articoli 1, 3, 5, 9, 11, 12, 14, 15 e 17 in 15,4 milioni di euro per l'anno 2024, 467,37 milioni di euro per l'anno 2025, 575,23 milioni di euro per l'anno 2026, 580,43 milioni di euro per l'anno 2027, 583,53 milioni di euro per l'anno 2028, 599,23 milioni di euro per l'anno 2029 e 583,53 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2030.
Riguardo al contenuto degli articoli dello schema qui menzionati si fa rinvio alle singole schede del presente dossier.
Gli oneri derivanti dall’incremento del fondo per l’attuazione delle delega fiscale sommati agli oneri derivanti dai suddetti articoli dello schema di decreto, risultano essere, complessivamente:
§ 15,60 milioni per il 2024,
§ 467,37 milioni per il 2025,
§ 575,23 milioni per il 2026,
§ 696,40 milioni per il 2027,
§ 667,40 milioni per il 2028,
§ 611,10 milioni per il 2029,
§ 758,90 milioni per il 2030,
§ 830,30 milioni per il 2031,
§ 797,90 milioni per il 2032,
§ 766,70 milioni per il 2033,
§ 761,00 milioni per il 2034,
§ 755,50 milioni per il 2035,
§ 749,80 milioni per il 2036,
§ 744,10 milioni annuo per il 2037 e seguenti.
Ai suddetti oneri complessivi si provvede (comma 2, lettere a), b), c)):
a) mediante la riduzione del fondo per l’attuazione della delega fiscale pari a 30,87 milioni per l'anno 2025 e 45,63 milioni per l'anno 2026;
b) mediante utilizzo delle maggiori entrate derivanti dagli articoli 9, 11, 12 e 14 quanto a 15,6 milioni di euro per l'anno 2024, 434,9 milioni di euro per l'anno 2025, 514,4 milioni per l'anno 2026, 649,4 milioni per l'anno 2027, 589,4 milioni per l'anno 2028, 506,9 milioni per l'anno 2029, 630 milioni per l'anno 2030, 690,2 milioni per l'anno 2031, 664,3 milioni per l'anno 2032, 638,7 milioni di euro per l'anno 2033, 634 milioni per l'anno 2034, 629,3 milioni per l'anno 2035, 624,6 milioni per l'anno 2036 e 619,9 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2037, che aumentano in termini di fabbisogno e indebitamento netto a 436,5 milioni per l'anno 2025, 529,6 milioni per l'anno 2026, 696,4 milioni di euro 2027, 667,4 milioni per l'anno 2028, 611,1 milioni per l'anno 2029, 758,9 milioni per l'anno 2030, 830,3 milioni per l'anno 2031, 797,9 milioni per l'anno 2032, 766,7 milioni per l'anno 2033, 761 milioni per l'anno 2034, 755,5 milioni per l'anno 2035, 749,8 milioni per l'anno 2036 e 744,1 milioni annui a decorrere dall'anno 2037;
c) mediante utilizzo delle minori spese derivanti dagli articoli 11 e 12 quanto a 1,6 milioni per l'anno 2025, 15,2 milioni per l'anno 2026, 47 milioni per l'anno 2027, 78 milioni per l'anno 2028, 104,2 milioni per l'anno 2029, 128,9 milioni per l'anno 2030, 140,1 milioni per l'anno 2031, 133,6 milioni per l'anno 2032, 128 milioni per l'anno 2033, 127 milioni per l'anno 2034, 126,2 milioni per l'anno 2035, 125,2 milioni per l'anno 2036 e 124,2 milioni annui a decorrere dall'anno 2037, in termini di saldo netto da finanziare.