Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Finanze
Titolo: Schema di decreto legislativo recante disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell'Unione
Riferimenti: SCH.DEC N.166/XIX
Serie: Atti del Governo   Numero: 166
Data: 24/06/2024
Organi della Camera: VI Finanze

Atto del Governo n. 166

 

Schema di decreto legislativo recante disposizioni nazionali complementari al codice
doganale dell'Unione

 

Ai sensi degli articoli 1, 11 e 20, commi 2 e 3, della legge
9 agosto 2023, n. 111

 

24 giugno 2024

 

 

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Dossier n. 300

 

 

 

 

 

 

 

 

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Atti del Governo n. 166

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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I N D I C E

 

 

 

Premessa.. 3

Articolo 1 (Disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione) 11

Articolo 2 (Disposizioni in materia di spedizionieri doganali). 12

Articolo 3, comma 1, lett. a)- f) (Modifiche al Capo IV del Titolo I del TU accise)  19

Articolo 3, lett. g-m (Modifiche al Capo IV del Titolo I del TU accise). 27

Articolo 4 (Modifiche al d. lgs. 231/2001 in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, società e associazioni). 33

Articolo 5 (Modifica all’art. 51 c.p.p.). 34

Articolo 6 (Modifiche in materia di Iva all’importazione). 35

Articolo 7 (Disposizioni finali e di coordinamento). 38

Articolo 8 (Abrogazioni). 39

Articolo 9 (Disposizioni finanziarie). 41

Articolo 10 (Entrata in vigore). 42

Disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’unione (allegato 1)

Titolo I – Disposizioni generali

Capo I (Fonti, definizioni e linea di vigilanza doganale). 43

Capo II (Organizzazione dei servizi doganali). 45

Capo III (Vigilanza e controlli). 46

Titolo II – Rapporto doganale

Capo I (Obbligazione doganale e diritti doganali) 49

Capo II (La rappresentanza doganale). 52

Capo III (Procedure di accertamento). 56

Capo IV (Revisione dell’accertamento). 61

Capo V (Riscossione). 66

Titolo III – Movimento delle merci

Capo I (Disposizioni sulla temporanea custodia delle merci). 72

Capo II (Entrata delle merci). 74

Capo III (Uscita delle merci). 75

Titolo IV – Regimi speciali. 77

Titolo V – Trattamento delle merci. 84

Titolo VI – Violazioni doganali

Capo I (Sanzioni di natura penale). 87

Capo II (Sanzioni di natura amministrativa). 96

Capo III (Disposizioni comuni al contrabbando e alle sanzioni amministrative)  101

Titolo VII – Disposizioni finali

Capo I Scritture doganali 105


Premessa

 

Lo schema di decreto legislativo recante disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell'Unione e revisione del sistema sanzionatorio in materia di accise e di altre imposte indirette sulla produzione e sui consumi (A.G. 166) dà attuazione in primo luogo all’articolo 11 della legge delega per la riforma fiscale n. 111 del 2023, recante i principi e criteri direttivi per la revisione della disciplina doganale nonché alle disposizioni di cui all’articolo 20, commi 2 e 3, della citata legge n. 111 del 2023, recante rispettivamente principi e criteri direttivi per il riordino del sistema sanzionatorio in materia di accise e di altre imposte indirette sulla produzione e sui consumi previste dal testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e per la revisione del sistema sanzionatorio applicabile alle violazioni della normativa doganale.

Lo schema di decreto legislativo è composto di 10 articoli e contiene, in allegato, le disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione (di 122 articoli).

In relazione ai contenuti delle disposizioni sopra descritte si vedano le relative schede di lettura.

 

I principi di cui all’articolo 11 della legge n. 111 del 2023.

 

L’articolo 11 della legge n. 111 del 2023 reca i principi e i criteri direttivi specifici a cui il Governo è tenuto ad attenersi per la revisione della disciplina doganale, attraverso:

·           il riassetto del quadro normativo in materia doganale;

·           il completamento della telematizzazione delle procedure e degli istituti doganali;

·           un migliore coordinamento tra le Autorità doganali e la semplificazione delle verifiche, potenziando lo Sportello unico doganale e dei controlli;

·           il riordino delle procedure di liquidazione, accertamento, revisione dell’accertamento e riscossione;

·           la revisione dell’istituto della controversia doganale.

 

Più in dettaglio, la lettera a) prevede di procedere al riassetto del quadro normativo in materia doganale attraverso l’aggiornamento o l’abrogazione delle disposizioni attualmente vigenti, in conformità al diritto europeo in materia doganale.

 

Si rammenta che la normativa doganale nazionale è attualmente contenuta nel Testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale (TULD), approvato con il decreto del Presidente della Repubblica n. 43 del 23 gennaio 1973 e in altri provvedimenti di rango primario (decreto legislativo 8 novembre 1990, n. 374 e legge 17 luglio 1942, n. 907). Al riguardo, la Relazione illustrativa del disegno di legge di delega fiscale chiarisce che tali provvedimenti normativi sono obsoleti e, in buona parte (specie per quanto attiene al predetto TULD), non più applicabili tenuto conto dell’evoluzione del diritto unionale in materia doganale.

 

In estrema sintesi, si ricorda in questa sede che l’unione doganale europea, istituita nel 1968, è volta ad agevolare gli scambi commerciali per le imprese, armonizzare i dazi doganali sui beni provenienti dai paesi extra UE e contribuire alla protezione di cittadini, animali e ambiente europei.

Per effetto dell’unione doganale le autorità doganali di tutti i paesi dell’UE collaborano come se fossero un’unica entità. Applicano le stesse tariffe alle merci importate nel loro territorio dal resto del mondo e non applicano tariffe fra di loro. Di conseguenza, non si applicano dazi doganali alle merci trasportate da uno Stato membro all’altro. Il dazio doganale proveniente dalle merci importate nell’UE corrisponde a circa il 14% del bilancio totale dell’UE e rientra nelle “risorse proprie tradizionali”.

I controlli doganali alle frontiere esterne dell’UE intendono tutelare i consumatori dalle merci e dai prodotti potenzialmente pericolosi o nocivi per la salute; intendono proteggere gli animali e l’ambiente contrastando il commercio illegale di specie a rischio di estinzione e prevenendo malattie vegetali e animali.

Le dogane dell’UE contrastano anche le frodi fiscali e sui dazi doganali da parte di imprese e privati cittadini.

 

Il regolamento (UE) n. 952/2013, come successivamente modificato e integrato nel tempo, ha istituito il codice doganale dell’Unione, abrogando il precedente regolamento (CE) n. 450/2008 (vedi qui per la panoramica del codice doganale UE).

Esso ha inteso allineare la disciplina doganale europea al quadro giuridico introdotto con il Trattato di Lisbona con l’obiettivo di rafforzare l’armonizzazione delle procedure e dei controlli doganali, anche mediante la riduzione delle deroghe nazionali e l’informatizzazione dei processi a livello UE. Rispetto alla disciplina precedente, il codice doganale vigente presenta un numero minore di disposizioni operative, concernente solo il fulcro della disciplina doganale, rinviando alla legislazione di attuazione (atti delegati e atti esecutivi) la regolamentazione di dettaglio.

Tra le principali innovazioni del codice doganale si segnalano i seguenti argomenti:

§  rappresentanza di dogana: viene confermata la distinzione tra quella diretta (il rappresentante doganale agisce in nome e per conto di un’altra persona), e quella indiretta (il rappresentante doganale agisce in nome proprio ma per conto di un’altra persona), stabilendo che il rappresentante, salvi casi particolari, debba essere stabilito nel territorio doganale dell’UE;

§  concorrenza tra i rappresentanti doganali: è espressamente previsto che il rappresentante doganale che soddisfi i criteri specifici previsti dal regolamento possa prestare i propri servizi anche in uno Stato membro diverso da quello in cui è stabilito;

§  semplificazione: il regolamento dispone che le autorità doganali non possano imporre al rappresentante di presentare, per ciascuna operazione, prove del potere di rappresentanza (ovvero del potere di agire in nome e per conto di altra persona), qualora egli sia in grado - a richiesta - di fornire la prova dei propri poteri. Le imprese possano sdoganare le merci con una procedura centralizzata, anche se le stesse sono entrate nello Stato attraverso canali diversi.

§  scambio di informazioni: le autorità doganali e gli operatori economici possono scambiarsi informazioni, anche non specificamente richieste ai sensi della normativa doganale, ai fini della cooperazione reciproca per identificare e contrastare i rischi di frode;

§  sanzioni: il codice doganale fa propri i principi giurisprudenziali della Corte di giustizia in materia di proporzionalità, effettività e dissuasione, pur senza armonizzare completamente le norme sanzionatorie.

 

Il Governo nella Relazione illustrativa di accompagnamento dell’A.C. 1038 chiarisce che il TULD fa tuttora riferimento al territorio doganale della Repubblica italiana circoscritto entro i confini politici con gli altri Stati e la linea del lido del mare. Esso mira a disciplinare le procedure e gli istituti doganali, tipicamente riferiti all’arrivo o alla partenza delle merci dal territorio dello Stato, sempre in considerazione del desueto presupposto territoriale sopra descritto; di conseguenza esso è superato dalla sovraordinata normativa unionale, di per sé direttamente applicabile.

Nel contesto delineato, il testo unico delle leggi doganali contiene anche disposizioni di carattere autonomo, inerenti ad aspetti che la normativa unionale demanda agli Stati membri; in particolare per quanto attiene ai profili attinenti all’organizzazione delle strutture e dei servizi doganali, alla disciplina relativa ai requisiti richiesti per lo svolgimento di funzioni di rappresentanza doganale e ai poteri attribuiti alle articolazioni dell’Amministrazione finanziaria nell’ambito dell’espletamento delle procedure in questione. A parere del Governo tali aspetti richiedono una revisione.

 

La lettera b) del comma 1 chiarisce che il Governo è tenuto, nell’esercizio della delega, a completare la telematizzazione delle procedure e degli istituti doganali, allo scopo di incrementare e migliorare l’offerta di servizi per gli utenti.

 

La lettera c) prevede di accrescere la qualità dei controlli doganali migliorando il coordinamento tra le Autorità doganali (di cui al paragrafo 1 dell’articolo 5 del Codice doganale dell’Unione: amministrazioni doganali degli Stati membri competenti ad applicare la normativa doganale e qualsiasi altra autorità che, ai sensi del diritto nazionale, dispone del potere di applicare alcune norme doganali) e semplificare le verifiche inerenti alle procedure doganali, anche attraverso un maggiore coordinamento tra le Amministrazioni coinvolte, potenziando lo Sportello unico doganale e dei controlli.

 

La lettera d) del comma 1 prevede poi di riordinare le procedure di liquidazione, accertamento, revisione dell’accertamento e riscossione di cui al decreto legislativo 8 novembre 1990, n. 374.

Il predetto decreto legislativo n. 374/1990, in sintesi, ha inteso riordinare gli istituti doganali e procedere alla revisione delle procedure di accertamento e controllo, delle procedure di immissione in libera pratica delle merci e delle procedure di esportazione delle merci comunitarie.

 

Da ultimo, la lettera e) intende procedere a una revisione dell’istituto della controversia doganale, di cui al Titolo II, Capo IV, del D.P.R. n. 43 del 1973, in considerazione - come chiarito dal Governo - della necessità di procedere al suo coordinamento con gli altri rimedi esperibili in sede di accertamento del tributo dovuto.

 

I principi di cui all’articolo 20, commi 2 e 3, della legge n. 111 del 2023.

Lo schema di decreto legislativo dà altresì attuazione all’articolo 20 commi 2 e 3 della legge n. 111 del 2023.

Il comma 2 dell’articolo 20 prescrive il riordino del sistema sanzionatorio in materia di accisa e di altre imposte indirette sui consumi e sulla produzione disciplinato nel testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali, c.d. testo unico delle accise (decreto legislativo n. 504 del 1995).

La lettera a) del comma 2 prefigura una razionalizzazione dei sistemi sanzionatori amministrativo e penale. Gli obiettivi della razionalizzazione sono una maggiore semplificazione e una maggiore coerenza con i princìpi giurisprudenziali della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, fra cui, in particolare, quelli di predeterminazione e proporzionalità alla gravità delle condotte.

 

La lettera b) del comma 2 è interamente dedicata all’introduzione di un nuovo illecito, denominato sottrazione, relativo all’accertamento o al pagamento dell’accisa sui tabacchi lavorati e, su prodotti fiscalmente equiparabili a essi (ma non su altri manufatti o prodotti). L’illecito si configura anche se la sottrazione viene solamente tentata ma non viene compiuta. Del resto, l’equiparazione del delitto tentato al delitto consumato è già prevista da uno dei riferimenti normativi che si trovano nella lettera b) del comma 2, ovvero nella legge n. 907 del 1942 (Legge sul monopolio del sale dei tabacchi). Il mezzo e le modalità della sottrazione (o del tentativo di sottrazione) non rilevano.

 

Nella relazione illustrativa di accompagnamento dell’A.C. 1038 si afferma che l’intervento serve a ricondurre le violazioni sui prodotti in questione all’interno del testo unico delle accise. Allo stato della legislazione vigente, le medesime violazioni sono sanzionate ricorrendo alle norme di cui al D.P.R. n. 43 del 1973 che puniscono il reato di contrabbando di tabacchi lavorati esteri, o nella citata legge sul monopolio del sale e dei tabacchi, n. 907 del 1942. Mediante l’innovazione recata dalla lettera b) del comma 2 dell’articolo 20, si avrà una disciplina sanzionatoria specifica e a carattere organico che riguarderà espressamente ed esclusivamente il mancato assolvimento dell’accisa, a prescindere dal luogo di provenienza e/o di produzione del prodotto in oggetto.

 

La lettera b) numeri da 1 a 11, prevede, con riferimento alla nuova fattispecie di illecito, che siano determinate: le pene detentive, che vanno da un minimo di due anni ad un massimo di cinque, essendo tuttavia previste soglie di non punibilità, al fine di applicare sanzioni amministrative in luogo di quelle penali, e riduzioni per i casi meno gravi; le circostanze aggravanti in linea con quelle previste dalla disciplina doganale in materia di contrabbando di tabacchi lavorati; le fattispecie associative, le quali sono punibili con pene più severe le quali vanno da tre a otto anni di reclusione (coordinandola con l’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale); la confisca delle cose che sono oggetto dell’illecito nonché di quelle che servirono o furono destinate a commetterlo; le confische del prezzo, del prodotto o del profitto del reato oppure, quando le prime sono impossibili, le confische di somme di denaro, beni o altre utilità al soggetto condannato, anche per interposta persona, per un valore equivalente; l’affidamento in custodia di beni sequestrati diversi dal denaro; le disposizioni sulla custodia delle cose sequestrate, sulla distruzione delle cose sequestrate o confiscate e sulla vendita delle cose confiscate. È previsto altresì un coordinamento tra la normativa da introdurre e l’articolo 266, comma 1, del codice di procedura penale che delinea i limiti di ammissibilità delle intercettazioni di conversazioni e telecomunicazioni.

 

La lettera e) del citato comma 1 dell’articolo 266 del codice di procedura penale consente le intercettazioni per i delitti di contrabbando.

 

I suddetti princìpi e criteri direttivi relativi al nuovo illecito di sottrazione (compiuta o tentata) saranno applicati anche a prodotti diversi dal tabacco ma fiscalmente equiparabili ai prodotti da fumo tradizionali (per l’individuazione di tali prodotti equiparabili, il riferimento normativo è agli articoli 62-quater, 62-quater.1 e 62-quinquies del testo unico). Se i prodotti alternativi non contengono nicotina, possono aversi sanzioni amministrative invece che penali.

Si prevede inoltre che sia disposta l’abrogazione delle disposizioni della citata legge 907 del 1942 e della legge 27 del 1951 , Modificazioni alla legge 17 luglio 1942, n. 907, sul monopolio dei sali e dei tabacchi, che risultano superate a seguito dell’introduzione delle nuove norme recate dalla lettera b) del comma 2 dell’articolo 20 della delega al Governo. 

 

La lettera c) del comma 2 dell’articolo 20 risponde all’esigenza di razionalizzare e sistematizzare il quadro giuridico complessivo delle disposizioni inerenti alla vendita dei tabacchi lavorati e dei prodotti diversi dal tabacco ma equiparabili ai prodotti da fumo tradizionali che avviene senza autorizzazione o all’acquisto da persone che non sono autorizzate alla vendita. Le violazioni sui tabacchi lavorati e sugli altri prodotti cui si riferisce lettera c) saranno ricondotte all’interno del testo unico delle accise.

 

La lettera d) applica, per i reati puniti con la pena detentiva non inferiore nel limite massimo a cinque anni, concernenti i tabacchi lavorati e i prodotti fiscalmente equiparabili ad essi la cosiddetta “confisca per sproporzione”, prevista dal vigente articolo 240-bis del codice penale .

Si tratta della confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito dichiarato o alla propria attività economica.

 

La lettera e) del comma 2 introduce nella disciplina concernente i tabacchi lavorati la responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche anche per i reati previsti dal testo unico delle accise. Ciò avverrà sotto forma di integrazione del decreto legislativo 231 del 2001, che reca la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300. Saranno applicate sanzioni amministrative, che dovranno essere effettive, proporzionate e dissuasive rispetto alla tipologia di illecito. A titolo di esempio, la relazione illustrativa indica l’interdizione dall’esercizio dell’attività o la sospensione e la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito.

 

L’oggetto del comma 3 dell’articolo 20 è la revisione della disciplina sanzionatoria da applicare alle violazioni della normativa doganale. Il comma è suddiviso in quattro lettere.

Ai sensi della lettera a) del comma 3, la revisione, innanzi tutto, dovrà coordinare la disciplina dell’illecito introdotta con il comma 2, lettera b), con la disciplina del contrabbando di tabacchi contenuta nel citato D.P.R. 43 del 1973 testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale anche in coerenza con la disciplina delle altre fattispecie di contrabbando previste dal citato testo unico delle leggi doganali. Di conseguenza saranno comminabili contestualmente sia le sanzioni per inosservanza delle prescrizioni doganali, sia quelle riguardanti il mancato assolvimento dell’accisa, la quale in occasione di un’importazione irregolare diventa esigibile.

 

Nella relazione illustrativa di accompagnamento dell’A.C. 1038 si sottolinea che tale intervento vuole perseguire lo scopo di armonizzare le disposizioni sanzionatorie applicabili alle violazioni riguardanti il caso in cui i tabacchi lavorati, sottratti all’accertamento o al pagamento dell’accisa dovuta, siano anche oggetto di violazioni della disciplina doganale in quanto importati irregolarmente nel territorio doganale; in tale ipotesi, quindi, saranno comminabili, contestualmente, sia la sanzione prevista per l’inosservanza delle prescrizioni della normativa doganale (ad esempio, per il mancato pagamento dei dazi dovuti) sia quella prevista dalle disposizioni che disciplinano il nuovo illecito in relazione al mancato assolvimento dell’accisa per la quale l’obbligazione tributaria sorge e diventa esigibile, nel caso di specie, al momento dell’importazione irregolare.

 

Inoltre, in base alla lettera b), si prevede il riordino della disciplina sanzionatoria del D.P.R. 43 del 1973 per il contrabbando di prodotti diversi dai tabacchi lavorati, in relazione alle merci che entrano in Italia o ne escono ai sensi, rispettivamente, dell’articolo 79 e dell’articolo 82 del Codice Doganale dell’Unione Europea.

In particolare, si prevede la razionalizzazione delle fattispecie sanzionatorie penali e la revisione delle sanzioni amministrative per adeguarle ai princìpi di effettività, proporzionalità e dissuasione indicati dall’articolo 42 del Codice Doganale dell’Unione.

Inoltre si prevede la razionalizzazione delle disposizioni sulla custodia delle cose sequestrate, sulla distruzione delle cose sequestrate o confiscate e sulla vendita delle cose confiscate.

 

La lettera c) prescrive un riordino e una revisione della disciplina sanzionatoria in relazione al contrabbando di prodotti diversi dai tabacchi lavorati, avuto riguardo sia alle fattispecie illecite di natura penale che di natura amministrativa, con precipuo riferimento al Decreto del Presidente della Repubblica 43/1973.

Con la revisione saranno introdotte soglie di punibilità, sanzioni minime o sanzioni proporzionali rispetto all’ammontare del tributo evaso ovvero alla gravità della condotta. Per il resto si tratterà di armonizzazione delle fattispecie illecite che sono oggetto delle sanzioni.

 

La lettera d) si riprende il tema della responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche e si ribadisce l’intenzione di intervenire mediante integrazione del decreto legislativo 231 del 2001, specificando la necessità di operare sull’articolo 25-sexdecies, comma 3, di quest’ultimo, che è dedicato al contrabbando e alle sanzioni per contrastarlo.

Per effetto dell’integrazione, nelle ipotesi di mancato pagamento di diritti di confine dovuti il cui importo ammonti a più di centomila euro, alle sanzioni interdittive già previste (il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio, l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi, il divieto di pubblicizzare beni o servizi) si aggiungeranno l’interdizione dall’esercizio delle attività e la sospensione o revoca di autorizzazioni, licenze e commissioni funzionali alla commissione dell’illecito.

 


 

Articolo 1
(Disposizioni nazionali complementari al
codice doganale dell’Unione)

 

 

L’articolo 1 contiene l’approvazione delle disposizioni di cui all’allegato 1 dello schema di decreto legislativo contenente le Disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione.

 

Al riguardo si ricorda che la legislazione doganale è da tempo uniformata e che la tariffa doganale europea è unica.

Le norme di cui all’allegato rappresentano disposizioni complementari che concernono specifici aspetti delle disposizioni unionali rispetto ai quali è necessario o opportuno un intervento di coordinamento o di integrazione.

Sono invece integralmente rimessi alla disciplina nazionale i profili sanzionatori (sia penali che amministrativi) cui sono dedicate le disposizioni del Titolo VI.

Per una descrizione delle norme di cui all’allegato si rinvia alla scheda dedicata all’allegato 1.

 


 

Articolo 2
(Disposizioni in materia di spedizionieri doganali)

 

 

L’articolo 2 dello schema modifica la disciplina concernente la professione di spedizioniere doganale.

In particolare:

-       si subordina l’esercizio della professione di spedizioniere doganale al rilascio di apposita patente, con validità illimitata, da parte dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli;

-       si chiarisce che gli spedizionieri sono iscritti al relativo albo professionale quali esperti negli adempimenti connessi con gli scambi internazionali;

-       sono disciplinati i requisiti per l’ottenimento della patente e le relative esclusioni;

-       vengono dettagliatamente disciplinati gli esami per il conseguimento della patente di spedizioniere doganale, le relative procedure di indizione, l’oggetto e il numero delle prove, nonché la composizione della commissione esaminatrice;

-       in presenza di specifiche condizioni, legate al possesso di titoli di studio, si prevedono forme semplificate di svolgimento dell’esame;

-       si ridisciplinano le attribuzioni e le competenze dei Centri di Assistenza Doganale – CAD.

 

Esercizio della professione di spedizioniere doganale

In particolare il comma 1, lettera a) sostituisce l’articolo 1 della legge n. 213 del 2000, in tema di esercizio della professione di spedizioniere doganale.

 

Nella sua formulazione vigente esso si limita a prevedere che gli spedizionieri doganali, iscritti agli appositi albi professionali (istituiti con la legge 22 dicembre 1960, n. 1612), riconosciuti quali professionisti qualificati per le materie fiscale, merceologica, valutaria, e quant'altro si riferisce al campo doganale, come previste dall'articolo 1 della richiamata legge n. 1612 del 1960, sono abilitati alla rappresentanza dinanzi agli uffici dell'Amministrazione finanziaria. Gli spedizionieri iscritti agli albi sono altresì abilitati a svolgere i compiti che lo Stato, le regioni, le province, i comuni e gli enti locali, per effetto di norme nazionali o comunitarie, possono affidare ai privati.

 

La disposizione in esame disciplina dettagliatamente l’esercizio della professione, anzitutto subordinandola (nuovo comma 1) al rilascio di apposita patente, con validità illimitata, da parte dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, sentito il Consiglio nazionale degli spedizionieri doganali.

Gli spedizionieri (comma 2), o doganalisti, sono iscritti al relativo albo professionale (di cui alla legge 22 dicembre 1960, n. 1612) quali esperti negli adempimenti connessi con gli scambi internazionali.

Rispetto alla normativa vigente, viene usata la locuzione “adempimenti connessi con gli scambi internazionali” in luogo di specificare nel dettaglio le materie in cui tali soggetti possono operare.

Il comma 3 tiene ferma la vigente previsione per cui gli spedizionieri iscritti all’albo sono altresì abilitati a svolgere i compiti che lo Stato, le regioni, le province, i comuni e gli enti locali, per effetto di norme nazionali o unionali, possono affidare ai privati.

 

Il comma 4 disciplina i requisiti che consentono il rilascio della patente di spedizioniere doganale alle persone fisiche.

Si tratta dei seguenti:

a) cittadinanza italiana, di uno Stato dell’Unione Europea o di un Paese terzo che accorda in materia uguale trattamento ai cittadini italiani;

b) maggiore età;

c) assenza di condanne penali, passate in giudicato per i delitti non colposi, di cui all’articolo 33, comma 1, lettere c) e d), delle disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione, di cui al decreto legislativo emanato ai sensi degli articoli 11 e 20 della legge 9 agosto 2023, n. 111, introdotto dal provvedimento in esame (vedi allegato);

d) assenza di violazioni gravi o ripetute della normativa doganale e fiscale;

e) superamento dell'esame per l’esercizio della professione di spedizioniere doganale.

 

Il comma 5 esclude dal rilascio della patente coloro che siano esclusi dall'elettorato attivo o che siano stati destituiti dall'impiego presso una pubblica amministrazione.

Ai sensi del comma 6, la patente è sospesa o revocata nei casi di cui agli articoli 32 e 33 delle predette disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione, di cui al decreto legislativo emanato ai sensi degli articoli 11 e 20 della legge 9 agosto 2023, n. 111.

 

Si tratta dei casi di sospensione della rappresentanza diretta (art. 32) e di revoca dell’abilitazione alla rappresentanza diretta (art. 33). La sospensione è disposta per: a) mancato pagamento dei diritti liquidati per le operazioni doganali compiute ovvero di mancato adempimento di qualsiasi altro obbligo doganale; b) condanna non definitiva alla pena della reclusione per una durata superiore a un anno, per un delitto previsto dalle leggi finanziarie ovvero per uno dei delitti indicati nell’articolo 33, comma 1, lettere c) e d).

La revoca dell’abilitazione è sempre disposta nei casi di: a) radiazione dall'albo professionale degli spedizionieri doganali; b) perdita dei requisiti previsti dall’articolo 31, comma 2, lettere b) e c) (perdita dei requisiti di onorabilità e capacità professionale); c) condanna, con sentenza passata in giudicato, per uno dei delitti non colposi previsti dai titoli secondo, settimo e tredicesimo del libro secondo del codice penale; d) condanna, con sentenza passata in giudicato, per ogni altro delitto non colposo per il quale la legge prevede la pena della reclusione non inferiore nel minimo a tre anni o nel massimo a dieci anni.

 

Esami per il conseguimento della patente di spedizioniere doganale

La lettera b) del comma 1 introduce due nuovi articoli (1-bis e 1-ter) alla legge n. 213 del 2000.

 

L’articolo 1-bis in particolare reca la disciplina degli esami per il conseguimento della patente di spedizioniere.

 

Il comma 1 del nuovo articolo chiarisce che gli esami per il conseguimento della patente di spedizioniere doganale sono indetti, con provvedimento dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, con cadenza annuale e il relativo bando è pubblicato con avviso nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

 

Il comma 2 stabilisce la composizione della commissione esaminatrice, nominata con provvedimento del direttore dell’Agenzia e presieduta dal predetto direttore o da altro dirigente di prima fascia dell'Agenzia medesima.

Essa ed è composta da:

a) due dirigenti di seconda fascia appartenenti, rispettivamente, al ruolo dell’Agenzia e al ruolo dell’Agenzia delle entrate;

b) due spedizionieri doganali designati dal Consiglio nazionale degli spedizionieri doganali, di cui uno con funzioni di vicepresidente;

c) un professore universitario titolare dell'insegnamento di diritto doganale o di diritto tributario.

 

Ai sensi del comma 3 la commissione opera senza oneri a carico del bilancio dello Stato e ai componenti della stessa non spettano compensi, indennità, gettoni di presenza, rimborsi spese o altri emolumenti comunque denominati, salve le indennità spettanti agli spedizionieri doganali e ai professori universitari chiamati a far parte della commissione esaminatrice, che sono poste a sono a carico del Consiglio nazionale degli spedizionieri doganali (secondo quanto previsto dall’articolo 1-ter, comma 8, introdotto dalla lettera c) dell’articolo 1 dello schema in commento).

 

Ammissione agli esami e loro svolgimento

 

L’introdotto articolo 1-ter disciplina l’ammissione agli esami per il conseguimento della patente di spedizioniere e il loro svolgimento.

Ai fini dell’ammissione agli esami gli aspiranti devono (comma 1), entro il termine stabilito nel bando:

a) inoltrare l’istanza di partecipazione;

b) aver conseguito il diploma di istruzione secondaria di secondo grado ovvero la laurea in discipline economiche, giuridiche o equipollenti;

c) essere in possesso del certificato rilasciato dal competente Consiglio territoriale degli spedizionieri doganali, attestante il compiuto svolgimento del tirocinio (disciplinato dal decreto del Presidente della Repubblica 7 agosto 2012, n. 137, che reca la riforma degli ordinamenti professionali).

 

Ai sensi del comma 2, su istanza dell’interessato, il Direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli può esonerare dal sostenere l’esame i dirigenti e funzionari della medesima Agenzia e gli ufficiali del Corpo della Guardia di finanza, cessati dal rapporto di impiego dopo aver prestato almeno venti anni di effettivo servizio in tali posizioni, avuto riguardo ai precedenti di carriera e alle specifiche mansioni svolte nel settore dei servizi doganali. Per gli ufficiali del Corpo della Guardia di finanza, l’istanza è corredata da idonea attestazione dell’Amministrazione di appartenenza.

 

Il comma 3 chiarisce che, per i candidati in possesso di diploma di istruzione secondaria di secondo grado, l’esame per il conseguimento della patente di spedizioniere doganale consiste in una prova scritta, in una prova pratica ed in un colloquio.

 

Il comma 4 disciplina la prova scritta, che verte su:

a) istituzioni di diritto privato;

b) nozioni di diritto tributario;

c) diritto doganale;

d) nozioni di diritto dell’Unione europea e di diritto internazionale.

 

Ai sensi del comma 5, la prova pratica consiste nell’analisi e nella risoluzione argomentata di un caso pratico in materia di tecnica doganale.

 

Il comma 6 individua gli elementi del colloquio, che verte sulle materie oggetto della prova scritta e di quella pratica nonché sulle seguenti materie:

a) nozioni di diritto amministrativo, penale e della navigazione;

b) nozioni di merceologia, di geografia economica e commerciale;

c) lingua inglese;

d) nozioni di contabilità di Stato e sulle risorse proprie tradizionali, sul sistema sanzionatorio e sul contenzioso in materia doganale.

 

Inoltre il comma 7 prevede che, per i candidati in possesso di laurea in discipline economiche, giuridiche ed equipollenti, l’esame consiste in un colloquio su tutte le materie che fanno parte della prova scritta, pratica e del colloquio (di cui ai commi 4, 5 e 6 dell’articolo 1-ter in commento).

 

Come già anticipato supra, il comma 8 pone le indennità spettanti agli spedizionieri doganali e ai professori universitari chiamati a far parte della commissione esaminatrice sono a carico del Consiglio nazionale degli spedizionieri doganali.

Il comma 9 prevede che l’elenco dei candidati idonei, formato dalla commissione esaminatrice sia approvato con determinazione dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli e pubblicato sul sito istituzionale della medesima Agenzia.

Inoltre, ai sensi del comma 10, l’attestato di compiuto svolgimento del tirocinio - di cui al comma 1, lettera c) - non è richiesto agli aspiranti che, per almeno un anno, abbiano prestato servizio in qualità di dirigenti o funzionari presso l’Agenzia delle dogane e dei monopoli o di ufficiali, ispettori o sovrintendenti del Corpo della Guardia di finanza.

Infine, l'esclusione dagli esami per difetto dei requisiti è disposta con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli (comma 11).

 

Centri di assistenza doganale

La lettera c) sostituisce integralmente l’articolo 3 della legge n. 213 del 2000, che disciplina le attribuzioni dei Centri di assistenza doganale.

 

Il decreto-legge n. 417 del 1991 e il decreto del Ministero delle finanze dell’11 dicembre 1992, n. 549 hanno disciplinato i Centri di assistenza doganale – CAD, consentendo agli spedizionieri doganali iscritti da almeno tre anni all’albo professionale, e che esercitano l'attività professionale non vincolati a rapporto di lavoro subordinato, di costituire società di capitali, denominate CAD (centri assistenza doganale), aventi per oggetto esclusivamente l'esercizio di assistenza doganale. Essi sono sottoposti alla vigilanza, anche ispettiva, dell'Amministrazione finanziaria.

Il vigente articolo 3 della legge n. 213 del 2000 stabilisce che centri di assistenza doganale (CAD) sono muniti dall'Amministrazione finanziaria di un timbro speciale conforme a quello di cui all'allegato 62 del regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione, del 2 luglio 1993, da utilizzare per la certificazione dei documenti emessi. Ai CAD si applicano le disposizioni in tema di spedizionieri doganali e di asseverazione dei dati.

I CAD, obbligatoriamente muniti di collegamento telematico con gli uffici dell'amministrazione doganale, possono anche acquisire e trasmettere gli elenchi riepilogativi delle cessioni e degli acquisti intracomunitari, dopo averne asseverata la conformità dei dati.

I CAD, in attuazione delle procedure semplificate, possono presentare le merci, oltre che negli spazi e nei luoghi destinati all'effettuazione delle operazioni doganali, anche presso i luoghi, i magazzini o i depositi dei soggetti per conto dei quali di volta in volta essi operano e presso i quali le merci si trovano giacenti, sempreché tali luoghi, magazzini o depositi siano siti nell'àmbito territoriale di competenza della circoscrizione doganale presso la quale sono accreditati ad operare.

I CAD sono abilitati a svolgere attività quali Enti per le ispezioni pre-esportazione, di cui al regolamento (CE) n. 3287/94 del Consiglio, del 22 dicembre 1994.

 

Le disposizioni in esame sostituiscono integralmente l’articolo 3, mantenendo per i CAD l’autorizzazione a riscuotere i diritti portuali secondo le modalità fissate dalle amministrazioni competenti.

Con le modifiche in esame si chiarisce che essi sono autorizzati a svolgere i compiti che lo Stato, le regioni, le province, i comuni e gli enti locali, per effetto di norme nazionali o unionali, possono affidare ai privati (di cui all'articolo 1, comma 3, come novellato dalle norme in esame).

Il nuovo comma 2, al fine di adeguare le norme alle vigenti disposizioni europee, prevede che il CAD autorizzati siano ammessi alle semplificazioni previste dalle disposizioni unionali in materia doganale.

Resta fermo che i CAD sono abilitati a svolgere attività quali Enti per le ispezioni pre-esportazione, di cui al regolamento (CE) n. 3287/94 del Consiglio, del 22 dicembre 1994.

 

Il regolamento (CE) n. 3287/94 del Consiglio, del 22 dicembre 1994 si applica alle attività svolte, al di fuori del territorio doganale dell’Unione, da un ente per le ispezioni pre-imbarco che effettua, per conto di governi o di organismi governativi di paesi terzi, controlli della qualità, della quantità o del prezzo, ivi compresi il tasso di cambio e le condizioni finanziarie, delle merci destinate ad essere esportate nel territorio di detti paesi terzi («programmi di ispezione pre-imbarco»). Si tratta in particolare del controllo fisico della merce prima che sia esportata onde verificare la conformità della spedizione (qualità, quantità) con le specifiche del contratto, nonché il rispetto delle norme e degli standard del paese importatore o riconosciuti a livello internazionale e della verifica del prezzo e, se del caso, del tasso di cambio, in base al contratto tra esportatore e importatore, alla fattura pro forma e, se del caso, alla domanda di autorizzazione d'importazione.

Il regolamento individua le condizioni che gli enti devono soddisfare per lo svolgimento delle attività sopra indicate (articoli 4 e 5).

Si segnala al riguardo che l’articolo 8 del provvedimento in esame sopprime talune disposizioni della legge n. 213 del 2000, al fine di renderla coerente con l’intervenuta modifica delle disposizioni che regolano il sistema doganale unionale.


 

Articolo 3, comma 1, lett. a)- f)
(Modifiche al Capo IV del Titolo I del TU accise)

 

 

L’articolo 3, comma 1, lett. a)-f), reca una serie di modifiche al Capo IV del Titolo I del decreto legislativo n. 504 del 1995 (TUA), che disciplina le sanzioni in materia di accise.

 

L’articolo 3 apporta una serie di modifiche al Capo IV (artt.40-51) del Titolo I del decreto legislativo n. 504 del 1995, c.d. T.U. accise (TUA).

 

Il comma 1, lett. a), dell’articolo 3 modifica l’articolo 40 del TUA che sanziona la sottrazione all'accertamento o al pagamento dell'accisa sui prodotti energetici.

I nn. 1 e 2 della lett. a) intervengono sul comma 3 dell’articolo 40 nella parte in cui disciplina il tentativo di destinazione ad uso soggetto ad imposta maggiore di oli minerali ammessi ad aliquote agevolate. Con riferimento alla disciplina delle condotte prodromiche assimilabili al tentativo, è sostituito il riferimento alla responsabilità “salva prova contraria”, con una responsabilità per condotte preparatorie e prodromiche, salvo che risulti che esse non siano dirette a realizzare condotte di sottrazione alle imposte. Si prevede quindi che si configuri come tentativo di sottrarre il prodotto all'accertamento, la fabbricazione di prodotti soggetti ad accisa mediante operazioni effettuate in tempi diversi da quelli dichiarati nella comunicazione di lavoro, se prevista. Si configura altresì come tentativo di sottrazione del prodotto all'accertamento, la circolazione dei prodotti che avvenga, senza giustificato motivo, in assenza della preventiva emissione del Codice di riscontro amministrativo o sulla base di dati risultanti non veritieri o senza che sia stata eseguita, da parte dell'Ufficio dell’Agenzia, la validazione del predetto codice a causa della mancata presentazione dei prodotti presso il medesimo Ufficio.

 

Si tratta di una modifica, che come precisa la relazione illustrativa è volta a preservare “la necessità, preventiva, di punire tali condotte, ma in modo armonioso con il principio per cui sono escluse presunzioni di colpevolezza in materia penale”.

 

Il n. 3 della lett. a) interviene sul comma 4 dell’articolo 40 TUA innalzando (da 2.000 chilogrammi a 10.000 chilogrammi) il limite quantitativo di prodotto energetico sottratto al pagamento dell’accisa, al di sopra del quale trova applicazione la pena detentiva più aggravata.

 

Il n. 4 della lett. a) modifica da ultimo i commi 5 e 6 dell’articolo 40 TUA.

 

Oltre a riordinare il riparto tra illecito penale ed illecito amministrativo in materia di prodotti energetici, con esclusione del gas naturale, il provvedimento restringe il campo di applicazione della sanzione penale ampliando invece l’area di operatività della sanzione amministrativa pecuniaria per le fattispecie di minore gravità. Ciò sia in ragione dell’adeguamento, in aumento, della vigente soglia quantitativa di prodotto energetico sottratto prevista dall’articolo 40, comma 5, del TUA (da 100 chilogrammi a 1.000 chilogrammi) che dà luogo a tale ultima tipologia di sanzione, sia tramite l’estensione dell’ambito applicativo dell’illecito amministrativo a tutte le fattispecie contemplate dal comma 1 del medesimo articolo 40. Viene poi aggiornata la vigente disposizione riservata al gas naturale, che viene posposta divenendo comma 6 (attuale comma 5), nella parte relativa alla sanzione, già oggetto di depenalizzazione per effetto del decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 8, (art. 1, comma 6) procedendo, al contempo, a eliminare il limite massimo della sanzione previsto. In linea con quanto effettuato per gli altri prodotti energetici sottoposti ad accisa, viene ampliata la sfera di operatività dell’illecito amministrativo, aumentando la soglia di efficacia da 5.000 a 10.000 metri cubi di prodotto.

 

La lett. b) introduce, in attuazione delle norme contenute nell’art. 20, comma 2, della legge 9 agosto 2023, n. 111 (“delega al Governo per la riforma fiscale”), cinque nuovi articoli (dall’articolo 40-bis all’articolo 40 sexies) nel TUA.

 

Il nuovo articolo 40-bis introduce un nuovo illecito allo scopo di sanzionare la sottrazione, con qualsiasi mezzo o modalità, all’accertamento o al pagamento dell’accisa sui tabacchi lavorati.

 

A tal riguardo la relazione illustrativa evidenzia che “La previsione del nuovo illecito trova la sua ratio nella necessità di riorganizzare il quadro normativo sanzionatorio esistente in materia, prevedendo la punibilità della sottrazione (o del tentativo di sottrazione) di tali prodotti, sottoposti ad accisa, all’accertamento o al pagamento del medesimo tributo”.

 

Il nuovo illecito di “sottrazione all’accertamento o al pagamento dell’accisa sui tabacchi lavorati” (in analogia a quanto già previsto dal TUA per i prodotti energetici e per le bevande alcoliche) rappresenta una norma di “chiusura”, attraverso la quale possono essere sanzionate tutte le altre fattispecie non altrimenti riconducibili al contrabbando di tali prodotti ai sensi dell’art. 84 delle nuove disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione. Viene così punito con la reclusione da due a cinque anni chiunque sottrae, con qualsiasi mezzo e modalità, all’accertamento o al pagamento dell’accisa i tabacchi lavorati (comma 1).

 

Il tentativo è punito con la stessa pena prevista per il reato consumato (comma 2).

 

In proposito nella relazione illustrativa si ricorda che anche l’allegato 1 (in linea con quanto già stabilito dal vigente testo unico delle leggi doganali) prevede, in linea generale nel caso di contrabbando, l’equiparazione del delitto tentato a quello consumato.

 

Al comma 3 si prevede l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria (euro 5 per ogni grammo convenzionale di prodotto) per violazioni fino a 15 chilogrammi convenzionali di prodotto sottratto.

 

Come si sottolinea nella relazione tecnica la descritta fattispecie di illecito amministrativo viene ad affiancarsi all’ipotesi di contrabbando contemplata dall’allegato 1 del presente decreto [che conferma quella già stabilita dal Testo unico delle leggi doganali approvato con d.P.R. n. 43/1973 (TULD)], che verrà anch’essa ampliata fino a 15 chilogrammi convenzionali (attualmente fissata a 10 chilogrammi convenzionali) di prodotto sottratto per armonizzare i contenuti delle due distinte discipline sanzionatorie.

 

Ai sensi del comma 4 se il quantitativo di tabacchi lavorati sottratto all’accertamento o al pagamento dell’accisa risulta:

a) non superiore a 200 grammi convenzionali, la sanzione amministrativa è di 500 euro;

 b) superiore a 200 grammi convenzionali e fino a 400 grammi convenzionali, la sanzione amministrativa è di 1.000 euro.

 

Nel caso in cui infine il quantitativo di tabacchi lavorati sottratti, con qualsiasi mezzo e modalità, all’accertamento o al pagamento dell’accisa non sia determinato, si applica la sanzione amministrativa da un minimo di euro 3.000 a un massimo di euro 30.000, tenuto conto delle modalità della condotta e della gravità del fatto (comma 5).

 

La previsione inserita nel comma 5 – precisa la relazione illustrativa - è finalizzata altresì a sanzionare anche le fattispecie delle vendite a distanza di tabacchi lavorati, in qualsiasi forma e modo effettuate, non potendo altrimenti, nei suddetti casi, essere irrogata una sanzione in misura proporzionale in mancanza di un quantitativo di tabacchi determinato.

 

L’articolo 40-ter del TUA prevede circostanze aggravanti del delitto di sottrazione all’accertamento o al pagamento dell’accisa sui tabacchi lavorati, di cui all’articolo 40-bis del TUA, garantendo sistematicità con le omologhe circostanze aggravanti disposte dall’art. 85 delle disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione.

 

Lo schema intende dare attuazione ai criteri di delega che prevedono l’introduzione di circostanze aggravanti coerenti con quelle previste dalla disciplina doganale in materia di contrabbando di tabacchi lavorati [art. 20 comma 2, lett. b), punto 2)] e un coordinamento tra la disciplina sanzionatoria tributaria e quella doganale concernente il contrabbando di tabacchi lavorati esteri, in coerenza anche con il regime delle altre fattispecie di contrabbando già previste dal TULD [art. 20, comma 3, lett. a)] e ora riprodotte nell’allegato 1 del provvedimento.

 

Si prevede, in particolare un aumento di pena nel caso in cui il delitto di cui all’articolo 40-bis è commesso adoperando mezzi di trasporto appartenenti a persone estranee al reato (comma 1).

 

Il comma 2 prevede ulteriori specifiche circostanze aggravanti (che si applicano anche nel caso di reato tentato). Si applica la multa di euro 25 per ogni grammo convenzionale di prodotto e la reclusione da tre a sette anni, quando:

·      nel commettere il reato o nei comportamenti diretti ad assicurare il prezzo, il prodotto, il profitto o l’impunità del reato, l’autore faccia uso delle armi o si accerti averle possedute nell’esecuzione del reato;

·      nel commettere il reato o immediatamente dopo, l’autore è sorpreso insieme a due o più persone in condizioni tali da frapporre ostacolo agli organi di polizia;

·      il fatto è connesso con altro reato contro la fede pubblica o contro la pubblica amministrazione;

·      nel commettere il reato, l’autore ha utilizzato mezzi di trasporto, che, rispetto alle caratteristiche omologate, presentano alterazioni o modifiche idonee ad ostacolare l’intervento degli organi di polizia ovvero a provocare pericolo per la pubblica incolumità;

·      nel commettere il reato l’autore ha utilizzato società di persone o di capitali ovvero si è avvalso di disponibilità finanziarie in qualsiasi modo costituite in Stati che non hanno ratificato la Convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato del 1990, e che comunque non hanno stipulato e ratificato convenzioni di assistenza giudiziaria con l’Italia aventi ad oggetto il delitto di contrabbando.

 

L’articolo 40-quater disciplina invece le circostanze attenuanti.

 

In particolare le pene previste dall’articolo 40-bis, commi 1 e 2, sono diminuite da un terzo alla metà nei confronti dell’autore che si adopera per evitare che l’attività delittuosa sia portata ad ulteriori conseguenze anche aiutando concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l’individuazione o la cattura degli autori del reato o per la individuazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti

 

I successivi articoli 40-quinquies e 40-sexies del TUA, in materia di vendita senza autorizzazione e acquisto di tabacchi lavorati da persone non autorizzate, riproducono, tenendo anche conto di quanto previsto dal decreto legislativo n. 8 del 2016, le fattispecie contenute negli articoli 96 della legge 907/1942, 8 della legge n. 27/1951 e 5 della legge n. 50/1994, di cui si dispone contestualmente l’abrogazione (si veda art. 8).

 

Ai sensi dell’articolo 40-quinquies è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 10.000 chiunque senza autorizzazione dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli vende o pone in vendita tabacchi lavorati. La sanzione è ridotta da un terzo alla metà, se il quantitativo di tabacco lavorato non supera i grammi 250(comma 1).

 

Con la medesima pena è punito chiunque acquista tabacchi lavorati da persona non autorizzata alla vendita. La sanzione è ridotta – anche in questo caso - da un terzo alla metà, se il quantitativo di tabacco lavorato non supera i grammi 500 (comma 2).

 

 Quando le suddette condotte hanno ad oggetto un quantitativo di tabacco lavorato rispettivamente superiore a chilogrammi 5 o superiore a chilogrammi 10, si applica la pena dell’arresto fino a un anno e dell’ammenda da euro 25 a euro 64 (comma 3).

 

Con riguardo all’articolo 40-sexies – come evidenzia la relazione illustrativa - viene aggiornata e consolidata l’attribuzione della competenza ad irrogare le sanzioni previste in materia di chiusura degli esercizi commerciali abilitati alla vendita di tabacchi lavorati o sospensione della licenza/autorizzazione incardinandola in capo ad organi dell’Amministrazione finanziaria.

 

Si prevede, nel dettaglio che, ove, all’interno di esercizi commerciali o di esercizi pubblici, sia contestata nei confronti dei titolari o di loro coadiuvanti o dipendenti la detenzione o la cessione di tabacchi lavorati in violazione delle disposizioni del TUA, nonché delle disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione,  o di altre leggi speciali in materia, ovvero la cessione abusiva di tabacchi lavorati in violazione della legge 22 dicembre 1957, n. 1293, in aggiunta alle specifiche sanzioni previste è disposta, dal competente organo dell’Amministrazione finanziaria, la chiusura dell’esercizio presso il quale è stata riscontrata la violazione ovvero la sospensione della licenza o dell’autorizzazione dell’esercizio stesso per un periodo non inferiore a cinque giorni e non superiore a un mese (comma 1).

 

 Nel caso di reiterazione della violazione la chiusura o la sospensione è disposta per un periodo non inferiore a un mese e non superiore a due mesi (comma 2). Mentre nel caso in cui la contestazione avvenga più di due volte, può essere disposta la chiusura definitiva dell’esercizio.

 

Contro i provvedimenti adottati è ammesso ricorso amministrativo (comma 4). L’inosservanza dei provvedimenti di sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio o del provvedimento di chiusura, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000 (comma 5).

 

La lett. c) modifica l’articolo 43 del TUA.

 

Tale intervento si sostanzia nella:

·      armonizzazione della disciplina delle condotte prodromiche attraverso l’espunzione del riferimento alla responsabilità “salva prova contraria” (n.1);

·       riformulazione del comma 4, con riguardo alla misura della sanzione, alla luce di quanto previsto dal decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 8. Viene inserita, al contempo, una clausola di riserva per meglio precisare la sfera di applicazione della fattispecie penale di cui al comma 1, lett. b), contemplante condotte illecite in materia di detenzione di alcole in specie, denaturato (n.2).

 

La lett. d) interviene sull’articolo 44 TUA, aggiornando le disposizioni vigenti in materia di confisca attraverso il richiamo alle violazioni del predetto nuovo articolo 40-bis (n.1); anche per le violazioni previste dal menzionato articolo 40-bis sarà possibile applicare la confisca dei prodotti, delle materie prime e dei mezzi comunque utilizzati per commettere le medesime violazioni.

      

Come già prevede il vigente articolo 40 per gli altri prodotti sottoposti ad accisa, anche per il nuovo reato di cui all’art. 40-bis, per l’applicabilità della confisca, si opera un generale rinvio alle disposizioni contenute nelle disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione.

 

Inoltre, si prevede la possibilità di procedere alla confisca di somme di denaro, beni e altre utilità per un valore equivalente di cui il soggetto condannato ha la disponibilità, anche per interposta persona fisica o giuridica, (c.d. “confisca per equivalente”) (n. 2).

 

Tali previsioni – secondo quanto precisato nella relazione illustrativa – sono in linea con le analoghe previsioni che già estendono l’applicabilità di tali misure alle ipotesi di contrabbando previste dall’allegato 1 del provvedimento (coerentemente con quanto già stabilito dal testo unico delle leggi doganali) doganali nonché con le disposizioni di cui all’art. 12-bis del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, concernente i reati in materia di imposte sui redditi e IVA.

 

È infine prevista l’applicazione della confisca c.d. “per sproporzione” di cui all’articolo 240-bis del codice penale per i reati più gravi previsti dal testo unico delle accise, in coerenza con quanto stabilito dalla normativa doganale (n. 3).

 

La lett. e) introduce poi nel TUA altri due nuovi articoli in materia di beni sequestrati e confiscati.

 

In particolare mutuando la disciplina contenuta nell’allegato 1 del provvedimento (in linea con quanto già stabilito dal testo unico delle leggi doganali), con l’art. 44-bis del TUA vengono previsti, anche per le nuove violazioni in materia di sottrazione all’accertamento o al pagamento dell’accisa sui tabacchi lavorati, l’affidamento in custodia dei beni sequestrati, diversi dal denaro e dalle disponibilità finanziarie, agli organi di polizia che ne facciano richiesta per l’impiego in attività di polizia ovvero la possibilità di affidare gli stessi beni ad altri organi dello Stato o ad altri enti pubblici non economici, per finalità di giustizia, di protezione civile o di tutela ambientale, nonché l’assegnazione dei beni acquisiti dallo Stato a seguito di provvedimento definitivo di confisca agli organi o enti che ne hanno avuto l’uso e che ne facciano richiesta.

 

Con l’art. 44-ter sono, altresì, previste, nei casi di violazioni di cui agli articoli 40-bis e 40-ter, disposizioni in tema di custodia delle cose sequestrate, di distruzione delle cose sequestrate o confiscate e di vendita delle cose confiscate, facendo rinvio a quanto stabilito dal nuovo articolo 118 delle disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione.

 

Infine la lett. f) abroga il comma 3 dell’articolo 45 TUA. Come precisa la relazione illustrativa, si tratta di una abrogazione strettamente correlata con le modifiche apportate, a seguito della depenalizzazione derivante dal decreto legislativo n. 8 del 2016, ai commi 5 dell’art. 40 e 4 dell’art. 43 del TUA.

 


 

Articolo 3, lett. g-m
(Modifiche al Capo IV del Titolo I del TU accise)

 

 

La lett. g) interviene sull’articolo 47 del d.lgs. 504/1995, concernente il trattamento sanzionatorio in materia di deficienze ed eccedenze nel deposito e nella circolazione dei prodotti soggetti ad accisa.

 

In particolare, si prevede la depenalizzazione e la trasformazione in illecito amministrativo della fattispecie di deficienze di prodotti denaturati eccedenti l’1 per cento del calo consentito, prevedendo la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 10.000 in luogo della multa fino a 2.582 euro attualmente prevista (numero 1).

 

Si introduce, inoltre, una disposizione di coordinamento nel comma 5 del medesimo art. 47, sostituendo, il richiamo all’art. 304 del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale di cui al d.P.R. 43/1973 (abrogato dall’art. 8, c. 1., lett. f), dello schema in commento) con il richiamo all’art. 96, commi 1 e 2, delle disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione, allegate allo schema di decreto in commento (su cui vedi infra). Si specifica, infine, che l’importo della sanzione sia calcolato sulla somma indebitamente restituita o richiesta in restituzione.

 

Sotto il profilo della formulazione del testo, a fini di chiarezza della norma nonché per prevenire dubbi interpretativi, si valuti l’opportunità di sostituire il riferimento, contenuto in numerose disposizioni dello schema in commento, alle “disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione, di cui al decreto legislativo emanato ai sensi degli articoli 11 e 20 della legge 9 agosto 2023, n. 111” con il riferimento alle “disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione, allegate al presente decreto”.

 

Il comma 5 dell’articolo 47, nella formulazione attualmente vigente, prevede che in caso di differenze di qualità o di quantità tra i prodotti soggetti ad accisa destinati all’esportazione e quelle indicati nella dichiarazione presentata per ottenere l’abbuono o la restituzione dell’accisa, si applichi la sanzione amministrativa prevista dal citato articolo 304 del testo unico in materia doganale, ovvero pari ad un importo compreso tra la somma che indebitamente si sarebbe restituita e il decuplo di essa, salvo che il fatto non costituisca reato di contrabbando e che l’inesattezza della dichiarazione non dipenda da errori commessi in buona fede.

L’art. 96, commi 1 e 2, delle disposizioni nazionali complementari, invece, reca disposizioni in materia di sanzioni amministrative, derubricando in illeciti amministrativi talune fattispecie di contrabbando di minore gravità (vedi infra)

La lett. h) interviene sull’art. 61, comma 4, del d.lgs. 504/1995, in materia di violazioni relative alle imposte indirette sulla produzione e sui consumi.

In particolare, viene elevata da 100 a 200 chilogrammi di prodotto la soglia al di sotto della quale l’evasione dell’imposta non è considerata reato bensì illecito amministrativo (punito con la sanzione pecuniaria dal doppio al decuplo dell’imposta evasa).

Inoltre, nella definizione della fattispecie il riferimento alle violazioni dell’obbligo del pagamento dell’imposta è sostituito da quello alle “violazioni che costituiscono sottrazione al pagamento dell’imposta”.

Si specifica, infine, che le disposizioni di cui al medesimo comma 4 non si applicano alle violazioni relative ai prodotti di cui agli articoli 62-quater (prodotti succedanei dei prodotti da fumo), 62-quater.1 (prodotti che contengono nicotina) e 62-quinquies (prodotti accessori ai tabacchi da fumo).

 

La lett. i) interviene sull’art. 62-quater del d. lgs. 504/1995, in materia di sanzioni per l’evasione dell’imposta di consumo sui prodotti succedanei dei prodotti da fumo.

 

Si ricorda che l’art. 16, comma 2, lett. c) della legge delega n. 111 del 2023 reca, tra i principi e i criteri direttivi per la revisione degli adempimenti in materia di accise e di altre imposte indirette, la previsione, a fini di contrasto del mercato illecito, di tutela dei consumatori e dei minori e di tutela delle entrate erariali, del divieto di vendita a distanza dei prodotti da inalazione senza combustione costituiti da sostanze liquide contenenti nicotina, di cui all’art. 62-quater citato.

Si ricorda altresì che l’art. 20, comma 2, lett. b), n. 10 della medesima legge delega prevede, tra i principi e criteri direttivi per il riordino del sistema sanzionatorio in materia di accise e di altre imposte indirette, l’estensione della relativa disciplina anche alla sottrazione all’accertamento o al pagamento dell’imposta sui prodotti di cui agli artt. 62-quater, 62-quater.1 e 62-quinquies

 

     In particolare, la lettera i) introduce quale criterio di equivalenza ai fini dell’applicazione delle sanzioni e della determinazione delle soglie quantitative di riferimento la previsione in base alla quale per i prodotti da inalazione senza combustione costituiti da sostanze liquide (c.d. prodotti succedanei del tabacco) un grammo convenzionale di tabacco equivale a 0,2 millilitri per quelli contenenti nicotina e a 1 millilitro per i prodotti non contenenti nicotina.

Si prevede, altresì, che ai medesimi prodotti siano applicabili, sia che contengano nicotina sia che non la contengano, le previsioni di cui all’articolo 85 delle disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione (Circostanze aggravanti del delitto di contrabbando di tabacchi lavorati), secondo il criterio in base al quale un grammo convenzionale di tabacco lavorato equivale a 0,2 millilitri di prodotto.

Si sostituisce, inoltre, il rinvio agli artt. 291-bis, 291-ter e 291-quater del testo unico in materia doganale di cui al d.P.R. 43/1973 (abrogato dall’art. 8, c. 1., lett. f), dello schema in commento), recanti la disciplina sanzionatoria del contrabbando di tabacchi, con quello all’art. 84 delle disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione, allegate allo schema di decreto in commento (su cui vedi infra) (numero 1, che modifica il comma 7-bis).

 

Gli artt. 84 e 85 delle disposizioni nazionali complementari (sui quali vedi infra) riguardano rispettivamente il reato di contrabbando di tabacchi lavorati e le relative circostanze aggravanti.

 

Viene inoltre prevista l’applicabilità, ai prodotti succedanei del tabacco (numero 2, che introduce i commi 7-bis.1 e 7-bis.2):

§  della disciplina sanzionatoria in materia di sottrazione all’accertamento o al pagamento dell’accisa sui tabacchi lavorati di cui all’art. 40-bis del d. lgs. 504/1995 (introdotto dalla lett. b), vedi supra), sulla base del criterio di equivalenza per cui un grammo convenzionale di tabacco equivale a 0,2 millilitri per i prodotti contenenti nicotina e a 1 millilitro per i prodotti non contenenti nicotina, nonché dell’art. 40-ter del medesimo d. lgs. 504/1995 (parimenti introdotto dalla lett. b), vedi supra), secondo il criterio in base al quale un grammo convenzionale di tabacco lavorato equivale a 0,2 millilitri di prodotto sia che contenga nicotina sia che non la contenga e dell’art. 40-quater (Circostanze attenuanti) del medesimo d. lgs. 504/1995 (parimenti introdotto dalla lett. b), vedi supra);

§  della disciplina sanzionatoria in materia di vendita di tabacchi lavorati senza autorizzazione o acquisto da persone non autorizzate alla vendita di cui all’art. 40-quinquies del d.lgs. 504/1995 (introdotto dalla lett. b), vedi supra), sulla base del criterio di equivalenza per cui un grammo convenzionale di tabacco equivale a 0,2 millilitri per i prodotti contenenti nicotina e a 1 millilitro per i prodotti non contenenti nicotina, nonché la disciplina sanzionatoria per la detenzione o cessione di tabacchi lavorati da parte di esercizi commerciali in violazione di legge, di cui all’art. 40-sexies del d.lgs. 504/1995 (parimenti introdotto dalla lett. b), vedi supra), e delle norme relative alla confisca di cui all’art. 44 del medesimo decreto (come modificato dalla lett. d), vedi supra) e alla destinazione, custodia, distruzione, vendita e campionatura dei beni sequestrati o confiscate di cui agli artt. 44-bis e 44-ter del medesimo decreto (introdotti dalla lett. e), vedi supra).

 

La lett. l) interviene sull’art. 62-quater.1 del d. lgs. 504/1995 in materia di imposta di consumo sui prodotti che contengono nicotina, diversi dai tabacchi lavorati.

 

In particolare, attraverso una modifica al comma 15 – che, nel testo vigente, prevede l’applicabilità della disciplina sanzionatoria del contrabbando di tabacchi, di cui agli artt. 291-bis, 291-ter e 291-quater del testo unico in materia doganale di cui al d.P.R. 43/1973, anche ai prodotti in questione, fissando il criterio di equivalenza di un grammo di tabacco convenzionale lavorato a 10 grammi di prodotto succedaneo contenente nicotina – si specifica che il predetto criterio di equivalenza è stabilito sia ai fini dell’applicazione delle sanzioni sia ai fini della determinazione delle soglie quantitative di riferimento.

Inoltre, nel medesimo comma 15, si sostituisce il rinvio agli artt. 291-bis e ss. del testo unico in materia doganale (abrogato dall’art. 8, c. 1., lett. f), dello schema in commento) con quello agli artt. 64 e 85 delle disposizioni nazionali complementari (su cui vedi infra) e si sopprime l’ultimo periodo, che reca rinvii a disposizioni anch’esse abrogate dall’art. 8 (numero 1).

 

L’art. 64 delle disposizioni nazionali complementari – che riproduce sostanzialmente l’art. 113 del testo unico in materia doganale - prevede che ogni comandante di aeromobile proveniente da altro Stato sia obbligato ad atterrare in un aeroporto doganale e che gli aeroporti doganali siano individuati con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze.

L’art. 85 delle disposizioni nazionali complementari riguarda, invece, le circostanze aggravanti del delitto di contrabbando di tabacchi lavorati (vedi infra).

 

Viene, inoltre, prevista per le violazioni costituenti fattispecie di sottrazione dei medesimi prodotti all’accertamento o al pagamento dell’imposta l’applicabilità della disciplina sanzionatoria in materia di sottrazione all’accertamento o al pagamento dell’accisa sui tabacchi lavorati di cui all’art. 40-bis del d. lgs. 504/1995 (introdotto dalla lett. b), vedi supra), nonché dell’art. 40-ter del medesimo d. lgs. 504/1995 (parimenti introdotto dalla lett. b), vedi supra), sulla base del criterio di equivalenza per cui un grammo convenzionale di tabacco equivale a 10 grammi di prodotto, si applica altresì l’art. 40-quater (Circostanze attenuanti) del medesimo d. lgs. 504/1995 (parimenti introdotto dalla lett. b), vedi supra).

Si prevede, inoltre, l’applicazione della disciplina sanzionatoria in materia di vendita di tabacchi lavorati senza autorizzazione o acquisto da persone non autorizzate alla vendita di cui all’art. 40-quinquies del d.lgs. 504/1995 (introdotto dalla lett. b), vedi supra), sulla base del criterio di equivalenza per cui un grammo convenzionale di tabacco equivale, sia ai fini dell’applicazione delle sanzioni che ai fini della determinazione delle soglie quantitative di riferimento, a 10 grammi di prodotto.

Si prevede, infine, l’applicazione ai medesimi prodotti  della disciplina sanzionatoria per la detenzione o cessione di tabacchi lavorati da parte di esercizi commerciali in violazione di legge, di cui all’art. 40-sexies del d.lgs. 504/1995 (parimenti introdotto dalla lett. b), vedi supra), e delle norme relative alla confisca di cui all’art. 44 del medesimo decreto (come modificato dalla lett. d), vedi supra) e alla destinazione, custodia, distruzione, vendita e campionatura dei beni sequestrati o confiscate di cui agli artt. 44-bis e 44-ter del medesimo decreto (introdotti dalla lett. e), vedi supra) e dell’art. 50, in materia di sanzioni per inosservanza di prescrizioni e regolamenti. (numero 2).

 

La lett. m) interviene sull’art. 62-quinquies del d. lgs. 504/1995 in materia di imposta di consumo sui prodotti accessori ai tabacchi da fumo (cartine e filtri).

 

In particolare, la disposizione in commento sostituisce il comma 7 del citato art. 62-auinquies al fine di specificare che ai prodotti accessori ai tabacchi da fumo si applica la disciplina prevista dagli artt. 84 e 85 delle disposizioni nazionali complementari (su cui vedi infra) secondo un criterio di equivalenza in base al quale un grammo convenzionale di tabacco equivale, sia ai fini dell’applicazione delle sanzioni che ai fini della determinazione delle soglie quantitative di riferimento, a 5 grammi di prodotti accessori.

Si prevede, quindi, che per le violazioni costituenti fattispecie di sottrazione all’accertamento o al pagamento dell’imposta di consumo dei prodotti accessori trovino applicazione le disposizioni di cui all’art. 40-bis, commi da 1 a 4 (Sottrazione all’accertamento o al pagamento dell’accisa sui tabacchi lavorati), introdotte dalla precedente lettera b), (vedi supra) secondo il sopra richiamato criterio di equivalenza. Nei predetti casi trovano altresì applicazione le disposizioni di cui agli artt. 40-ter (Circostanze aggravanti del delitto di sottrazione all’accertamento o al pagamento dell’accisa sui tabacchi) e 40-quater (Circostanze attenuanti), anch’esse introdotte dalla precedente lettera b) (vedi supra). (comma 7-bis).

Ai medesimi prodotti accessori, inoltre, si applicano, secondo il richiamato criterio di equivalenza, le disposizioni di cui all’art. 40-quinquies (Vendita di tabacchi lavorati senza autorizzazione o acquisto da persone non autorizzate alla vendita), introdotto dalla precedente lett. b) (vedi supra) (comma 7-ter).

Viene, infine, prevista l’applicabilità, ai prodotti in questione, della disciplina sanzionatoria relativa alla detenzione o cessione da parte di esercizi commerciali in violazione di legge, di cui all’art. 40-sexies (introdotto dalle lett. b), vedi sopra), e delle norme relative alla confisca di cui all’art. 44 (come modificato dalla lett. d), vedi sopra) e alla destinazione, custodia, distruzione, vendita e campionatura dei beni sequestrati o confiscate di cui agli artt. 44-bis e 44-ter (introdotti dalla lett. e), vedi sopra).


 

Articolo 4
(Modifiche al d. lgs. 231/2001 in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, società e associazioni)

 

 

L’articolo 4 reca alcune modifiche all’art. 25-sexiesdecies del d.lgs. 231/2001, in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, società e associazioni in relazione ai reati di contrabbando.

 

L’art. 25-sexiesdecies del d.lgs. 231/2001 nel testo attualmente vigente prevede, al comma 1, la sanzione pecuniaria di 200 quote in relazione alla commissione dei reati di contrabbando previsti testo unico di cui al d.P.R. 43/1973.

Il comma 2 prevede la sanzione fino a 400 quote se i diritti di confine dovuti superano 100mila euro.

Il comma 3 prevede l’applicazione delle sanzioni interdittive di cui all’art. 9, comma 2, lett. c) (divieto di contrattare con la pubblica amministrazione), d) (esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi e sussidi) ed e) (divieto di pubblicizzare beni o servizi).

 

In particolare:

·      al comma 1, il rinvio ai reati previsti dal testo unico di cui al d.P.R. 43/1973 (abrogato dall’art. 8, c. 1., lett. f), dello schema in commento) è sostituito dal rinvio ai reati previsti dalle disposizioni nazionali complementari di cui all’allegato 1 dello schema di decreto in esame (lett. a) (vedi infra);

·      al comma 2, viene inserito il riferimento, oltre che ai diritti di confine, anche alle imposte (lett. b);

·      al comma 3, viene ampliato il novero delle sanzioni interdittive applicabili, includendovi anche, limitatamente alla fattispecie di cui al comma 2, l’interdizione dall’esercizio dell’attività (art. 9, comma 2, lett. a) e la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito (art. 9, comma 2, lett. b) (lett. c).

 


 

Articolo 5
(Modifica all’art. 51 c.p.p.)

 

 

L’articolo 5 reca una modifica di coordinamento all’art. 51, comma 3-bis, c.p.p., sostituendo il rinvio ai reati di cui all’art. 291-quater del testo unico di cui al d.P.R. 43/1973 (abrogato dall’art. 8, c. 1., lett. f), dello schema in commento) con il rinvio ai reati di cui all’art. 86 delle disposizioni nazionali complementari di cui all’allegato 1.

 

Il comma 3-bis dell’art. 51 c.p.p. reca i reati attribuiti, per quanto concerne l’esercizio delle funzioni del pubblico ministero, alla competenza dell’ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto (cd. “procura distrettuale”).

 

L’art. 86 delle disposizioni nazionali complementari reca disposizioni penali in materia di associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati (su cui vedi infra).


 

Articolo 6
(Modifiche in materia di Iva all’importazione)

 

 

L’articolo 6 reca alcune norme in materia di sospensione del pagamento dell’IVA. In particolare la disposizione aggiorna il riferimento alla normativa prevista per le manipolazioni usuali sui beni destinati a essere trasferiti in un altro Stato membro che possono eventualmente intervenire durante la sospensione nonché disciplina la costituzione e l’incameramento e della cauzione durante l’esame della documentazione necessaria per fruire della sospensione medesima.

 

 

L’articolo 6, alla lettera a), modifica l’articolo 67 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1973, n. 633 (Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto), aggiornando il riferimento normativo alla tipologia di manipolazioni usuali che eventualmente possono intervenire durante il regime di sospensione del pagamento dell’IVA per le importazioni derivanti dalle operazioni di immissione in libera pratica.

La norma prevede pertanto che per le importazioni derivanti dalle operazioni di immissione in libera pratica, il pagamento dell'imposta è sospeso qualora si tratti di beni destinati a essere trasferiti in un altro Stato membro dell'Unione europea, eventualmente dopo l'esecuzione di manipolazioni usuali di cui all'allegato 71-03 del regolamento delegato (UE) 2015/2446 della Commissione (non più l’allegato 72 del regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione, del 2 luglio 1993), e successive modificazioni, previamente autorizzate dall'autorità doganale.

 

L’articolo 67, comma 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1973, n. 633 (Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto) prevede per le importazioni provenienti da Paesi o territori non compresi nel territorio dell’Unione europea e che non siano stati già immessi in libera pratica in altro Paese membro dell’Unione che il pagamento dell'imposta è sospeso qualora si tratti di beni destinati a essere trasferiti in un altro Stato membro, eventualmente dopo l'esecuzione di manipolazioni usuali (il riferimento normativo relativo all’indicazione delle manipolazioni usuali è aggiornato dal comma in commento). Si tratta di una deroga al principio secondo il quale all’atto dell’importazione di merci l’importatore è tenuto a corrispondere i tributi unionali e quelli nazionali (principalmente l’IVA).

 

La lettera b), introduce un nuovo comma 2-quater al medesimo articolo 67 che disciplina la costituzione e della cauzione ai fini della sospensione del pagamento IVA.

Nell’ambito dell’analisi dei rischi effettuata secondo i principi stabili dal Codice doganale dell’Unione, qualora venga richiesta la documentazione necessaria per fruire della sospensione del pagamento dell’IVA indicata al comma 2-ter, l’autorità doganale può esigere la costituzione di una cauzione pari all’importo dell’imposta sospesa.

 

L’articolo 67, comma 2-ter del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1973, n. 633, in stretta connessione con quanto previsto dal comma 2-bis sancisce che, per fruire della sospensione del pagamento dell’IVA sopra descritta, l'importatore fornisce il proprio numero di partita IVA, il numero di identificazione IVA attribuito al cessionario stabilito in un altro Stato membro nonché, a richiesta dell'autorità doganale, idonea documentazione che provi l'effettivo trasferimento dei medesimi beni in un altro Stato membro dell'Unione.

 

L’autorità doganale procede all’incameramento della cauzione se entro quarantacinque giorni dallo svincolo delle merci non pervenga la predetta documentazione.

L’autorità doganale provvede, altresì, all’incameramento della cauzione qualora tale documentazione non sia ritenuta comprovante l'effettivo trasferimento dei beni oggetto dell’importazione in un altro Stato membro dell'Unione.

La cauzione non è richiesta ai soggetti in possesso dell’autorizzazione per ottenere lo status di operatore economico autorizzato prevista dall’articolo 38 del Regolamento UE n. 952/2013 e a quelli esonerati ai sensi dell’articolo 51 delle disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione, di cui al decreto legislativo emanato ai sensi degli articoli 11 e 20 della legge 9 agosto 2023, n. 111.

 

Si valuti l’opportunità di riferirsi alle disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione facendo riferimento all’allegato 1 al presente schema di decreto legsilativo.

 

Il citato articolo 51 delle disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione, di cui all’allegato 1 del presente schema di decreto legislativo, prevede che il competente ufficio dell’Agenzia può autorizzare, su richiesta, la riduzione dell’importo della garanzia o l’esonero dalla garanzia per i diritti doganali rimettendo ad un provvedimento dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli le condizioni e i criteri da soddisfare per la concessione dei benefici di sopra descritti. La concessione dei benefici medesimi può essere revocata, in qualsiasi momento, quando sorgano fondati dubbi sulla solvibilità del beneficiario, il quale, entro cinque giorni dalla notifica della revoca, deve prestare la prescritta cauzione relativamente alle operazioni in corso.


 

Articolo 7
(Disposizioni finali e di coordinamento)

 

 

L’articolo 7 reca delle disposizioni di coordinamento con le norme contenute nel testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, chiarendo inoltre i termini di applicazione delle sanzioni amministrative previste nell’allegato 1 e nell’articolo 3 dello schema di decreto in commento.

 

In particolare, l’articolo 7, al comma 1, specifica che quando leggi, regolamenti, decreti o altre norme o provvedimenti, fanno riferimento a disposizioni contenute in articoli del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, il riferimento si intende alle corrispondenti disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione di cui all’allegato 1 al presente decreto.

Il comma 2 fa salve le procedure di revisione delle dichiarazioni previste dal testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, già avviate alla data di entrata in vigore del presente decreto presso uffici diversi da quello presso il quale la dichiarazione è stata registrata.

Il comma 3 chiarisce che le sanzioni amministrative di cui all’allegato 1 e all’articolo 3 si applicano alle violazioni commesse a partire dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo in esame.

 

 


 

Articolo 8
(Abrogazioni)

 

 

L’articolo 8 specifica le norme vigenti che sono espressamente abrogate, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

In particolare, si segnalano:

a) il regio decreto 13 febbraio 1896, n. 65, contenente il regolamento per l'esecuzione del testo unico delle leggi doganali;

b) gli articoli 64, 65, 66, 73, 75 e 96 della legge 17 luglio 1942, n. 907, in materia di contrabbando di tabacchi lavorati e relative sanzioni;

c) gli articoli 2, 3, 4 e 8 della legge 3 gennaio 1951, n. 27, concernenti la vendita di tabacco senza autorizzazione o acquisto da persone non autorizzate alla vendita;

d) il decreto del Presidente della Repubblica 2 febbraio 1970, n. 62, contenete disposizioni legislative in materia doganale in attuazione della legge delega 23 gennaio 1968, n. 29;

e) gli articoli 125, 126, 127 e 128 del decreto del Presidente della Repubblica 18 febbraio 1971, n. 18, in tema di procuratori doganali, merci abbandonate e controversie doganali;

f) il decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, recante approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale;

g) il decreto legislativo 8 novembre 1990, n. 374, in materia di riordinamento degli istituti doganali e revisione delle procedure di accertamento e controllo delle merci;

h) gli articoli 3, 4, 5 e 6 del decreto legislativo 9 novembre 1990, n. 375, concernenti reati aventi ad oggetto tabacchi lavorati esteri;

i) l’articolo 5 della legge 18 gennaio 1994, n. 50, in materia di sospensione della licenza per gli esercizi che detengono tabacchi in materia illecita;

l) l’articolo 20 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, sui versamenti delle accise e di interessi sui diritti doganali;

m) gli articoli 2, 4, 6, 7, 8, commi 1, 2, 4, e 9 della legge 25 luglio 2000, n. 213, sulle attività degli spedizionieri doganali;

n) gli articoli 2, 3 e 7, comma 2, della legge 19 marzo 2001, n. 92, sul sequestro e contrabbando dei tabacchi lavorati;

o) l’articolo 35, comma 35, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, sull’attività di prevenzione e contrasto delle violazioni tributarie connesse alla dichiarazione fraudolenta del valore in dogana;

p) il decreto del Ministero delle finanze 2 luglio 1941, concernente determinazione dei casi nei quali è ammessa la dichiarazione verbale nelle operazioni doganali.


 

Articolo 9
(Disposizioni finanziarie)

 

 

L’articolo 9 reca disposizioni relative alla copertura finanziaria necessaria dall’applicazione delle sanzioni amministrative prevista dall’articolo 96, comma 14, dell’allegato 1 di cui all’articolo 1 del presente decreto.

 

Nello specifico, la disposizione in esame stabilisce che alle minori entrate derivanti dall'articolo 96, comma 14, dell’allegato 1 di cui all’articolo 1 del presente decreto, concernente le sanzioni amministrative, valutate in 131.497 euro annui a decorrere dall’anno 2024, si provvede mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle maggiori entrate derivanti dal medesimo articolo.

 

 


 

Articolo 10
(
Entrata in vigore)

 

 

L’articolo 10 disciplina l’entrata in vigore.

 

In particolare si prevede che il decreto entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.


 

Disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’unione (allegato 1)

Titolo I – Disposizioni generali

Capo I
(Fonti, definizioni e linea di vigilanza doganale
)

 

Nel Capo I dell’Allegato 1, articolo 1, viene preliminarmente svolta una ricognizione delle fonti della disciplina doganale unionale nonché le disposizioni che si applicano per quanto non espressamente disciplinato dal medesimo diritto unionale, e vengono fornite le definizioni rilevanti ai fini della corretta applicazione delle norme contenute nell’Allegato medesimo (articolo 1).

 

Si tratta:

a) del Regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013, che istituisce il codice doganale dell'Unione;

b) del Regolamento delegato (UE) n. 2015/2446 della Commissione, del 28 luglio 2015, che integra il regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio in relazione alle modalità che specificano alcune disposizioni del codice doganale dell’unione;

c) del Regolamento di esecuzione (UE) n. 2447/2015 della Commissione, del 24 novembre 2015, recante modalità di applicazione di talune disposizioni del regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il codice doganale dell’Unione.

Le ulteriori fonti sono quelle di diritto internazionale e le norme nazionali.

 

All’articolo 2 viene pertanto definita la linea di vigilanza doganale che risulta costituita dal lido del mare e dai confini con gli Stati non unionali.

 

Il Regolamento (UE) n. 952/2013 (codice doganale dell’Unione-CDU) non fornisce la nozione di linea di vigilanza doganale in quanto, come rilevato anche nella relazione illustrativa, considerata l’unicità del territorio doganale prevista dal diritto unionale e vista la supremazia di quest’ultimo sulle norme nazionali, oggi non è più possibile prevedere una linea doganale lungo il confine con gli Stati membri dell’Unione europea.

 

Si stabilisce, infine che il territorio extra-doganale e i punti franchi sono disciplinati dalle speciali disposizioni di legge che li riguardano nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento dell’Unione europea e dagli obblighi internazionali (articolo 3).

A tale proposito si ricorda che l’articolo 4 del CDU elenca espressamente i territori degli Stati membri, compresi le acque territoriali, le acque interne e lo spazio aereo, che fanno parte del territorio doganale dell’Unione europea.


 

Capo II
(Organizzazione dei servizi doganali)

Nel testo si prevede il coordinamento delle attività di rispettiva competenza tra l’Agenzia delle dogane e dei monopoli e la Guardia di finanza, al fine di assicurare un livello di protezione efficace degli interessi finanziari unionali e nazionali (articolo 4).

L’articolo 5, in ottemperanza a quanto previsto dall’articolo 52, paragrafo 2 del CDU, stabilisce che l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, compatibilmente con le esigenze di servizio, può autorizzare, su richiesta motivata degli operatori, il compimento delle operazioni doganali oltre l’orario ordinario di apertura degli uffici o fuori del circuito doganale verso il pagamento del costo del servizio.

 

Il sopra citato articolo 52, paragrafo 2 prevede che le autorità doganali possono imporre oneri o recuperare costi per servizi specifici resi, in particolare, in relazione alla presenza, ove richiesta, del personale doganale fuori degli orari d'ufficio ufficiali o in locali diversi da quelli delle dogane.

 

Si prevede, infine, che, in caso di insufficienza di personale dell’Agenzia, la conduzione di strutture operative territoriali di modestissimo traffico di confine può essere affidata, con provvedimento del Comandante Generale della Guardia di finanza su richiesta del direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, alla Guardia di finanza (articolo 6).


 

Capo III
(Vigilanza e controlli)

L’articolo 7 stabilisce il divieto di costruzioni di edifici in prossimità della linea di vigilanza doganale e nel mare territoriale, senza l'autorizzazione dell’ufficio dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli competente per territorio. Inoltre (articolo 8) viene previsto che l’Agenzia delle dogane e dei monopoli e la Guardia di finanza possono procedere all'espropriazione o all'occupazione temporanea di terreni o di locali da destinare all'esercizio della vigilanza doganale, secondo quanto previsto dalla normativa in materia di espropriazione per pubblica utilità. Si stabilisce, altresì, che con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze la costituzione, in territori extra-doganali, di depositi di determinate merci non unionali, può essere vietata ovvero limitata al bisogno degli abitanti (articolo 9).

Si definisce la titolarità all’adozione degli atti di delimitazione degli spazi e dei circuiti doganali, prevedendo che l’Agenzia delle dogane e dei monopoli delimita

§  gli spazi doganali, tenendo conto della peculiare situazione di ciascuna località (articolo 10);

§  il circuito doganale, sentita la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio (articolo 11).

L’articolo 12 riconosce al personale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, la possibilità di procedere, direttamente o a mezzo dei militari della Guardia di finanza, alla visita dei mezzi di trasporto di qualsiasi genere che attraversano la linea di vigilanza doganale in corrispondenza degli spazi doganali o che circolano negli spazi stessi e, qualora sussistano fondati sospetti di irregolarità, i mezzi di trasporto possono essere sottoposti anche a ispezioni o controlli tecnici particolarmente accurati diretti ad accertare eventuali occultamenti di merci.

Viene disciplinata anche la possibilità di controllo doganale delle persone, disponendo che il personale dell’Agenzia può invitare coloro che circolano negli spazi doganali a esibire gli oggetti e i valori portati sulla persona e in caso di rifiuto, tali persone possono essere sottoposte a perquisizioni personali, purché vi siano fondati motivi di sospetto (articolo 13).

L’articolo 14 prevede che le disposizioni di cui agli articoli 12 e 13, in materia di visite, ispezioni e controlli, si applicano, al fine di assicurare l'osservanza delle norme in materia doganale e valutaria, anche fuori degli spazi doganali.

Viene stabilito che il servizio di riscontro è svolto, in via esclusiva, dai militari della Guardia di finanza. Ai valichi di confine con Paesi non unionali, ai varchi dei territori extra-doganali e ai varchi degli spazi doganali, i militari della Guardia di finanza procedono al riscontro sommario ed esterno dei colli e delle merci alla rinfusa, allo scopo di controllarne la corrispondenza rispetto ai documenti che li scortano e di provvedere agli altri adempimenti demandati ai militari stessi dalle disposizioni in vigore. Il servizio di riscontro è altresì espletato, relativamente alle merci oggetto di operazioni doganali, negli altri luoghi ove si compiono tali operazioni (ad esempio: a bordo delle navi o degli aeromobili in sosta). Qualora dal riscontro svolto emergano discordanze o vi siano fondati sospetti di irregolarità, i militari della Guardia di finanza inoltrano motivata richiesta all'Agenzia affinché la merce sia sottoposta a visita di controllo. Tali adempimenti non sono effettuati presso gli uffici di passaggio, limitatamente ai trasporti vincolati al regime di transito (articolo 15).

I militari della Guardia di finanza, all’arrivo delle imbarcazioni in porto, possono, altresì, recarsi a bordo per verificare sommariamente lo stato del carico rispetto alla dichiarazione, al manifesto e agli altri documenti del carico e riscontrare le provviste di bordo esistenti, apponendo i sigilli sui generi soggetti a vincolo fiscale che ne facciano parte in quantità superiore ai limiti consentiti (articolo 16).

L’articolo 17 riconosce ai responsabili degli uffici dell’Agenzia (d’intesa con i competenti comandanti della Guardia di finanza) la possibilità di consentire che il servizio di vigilanza affidato ai militari della Guardia di finanza venga organizzato e attuato con particolari accorgimenti, che non richiedano la continua presenza dei militari, o che venga espletato, per motivi di sicurezza fiscale, anche in luoghi diversi dagli spazi doganali e dal circuito doganale.

Viene istituita una zona di vigilanza doganale terrestre, nella quale il trasporto e il deposito delle merci non unionali sono soggetti a speciale sorveglianza ai fini della difesa doganale e viene specificato il parametro per definire l’estensione della zona di vigilanza medesima dalla linea di vigilanza doganale terrestre e dal lido del mare, fissandola, rispettivamente, in 10 e 5 chilometri. Il Ministro dell’economia e delle finanze è l’autorità competente all’adozione dei decreti ministeriali per la delimitazione e la modificazione delle zone di vigilanza doganale terrestre (articolo 18).

L’articolo 19 disciplina l’esercizio della vigilanza nella zona terrestre. Si stabilisce che per accertare la legittima provenienza delle merci soggette a diritti di confine, che sono trasportate o depositate nella zona di vigilanza doganale terrestre, può procedersi a perquisizioni, verificazioni e ricerche. Le merci possono essere sottoposte a sequestro quando vi sono indizi che esse siano state introdotte in violazione delle disposizioni dell’allegato in commento nel territorio doganale e comunque, il detentore delle merci deve dimostrarne la legittima provenienza.

Si prevedono restrizioni per la navigazione nella zona di vigilanza doganale terrestre, nel rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea e dagli obblighi internazionali, per la navigazione nei laghi e nei fiumi compresi nella zona di vigilanza doganale terrestre (articolo 20) nonché l’obbligo per la Guardia di finanza di fermare e visitare le navi che circolano nelle acque nazionali del lago Maggiore e del lago di Lugano, quando vi siano indizi di violazione delle disposizioni in esame (articolo 21).

L’articolo 22 disciplina la zona di vigilanza doganale marittima, che può essere estesa alla zona contigua, fino ai limiti massimi consentiti dal diritto internazionale vigente, stabilendo che è sottoposta a vigilanza doganale la zona costituita dalla fascia di mare che si estende dalla linea di vigilanza doganale fino al limite esterno del mare territoriale.

Si prevede (articolo 23), inoltre, che nella sopra citata zona di vigilanza doganale marittima i militari della Guardia di finanza hanno la facoltà di recarsi a bordo delle navi di stazza netta non superiore a duecento tonnellate per farsi esibire il manifesto e gli altri documenti del carico eventualmente prescritti, mentre per le navi di stazza netta superiore a duecento tonnellate la vigilanza è esercitata sui movimenti delle navi medesime (ma quando si tenta l'imbarco o lo sbarco ovvero il trasbordo, dove non sono presenti uffici dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, i militari della Guardia di finanza hanno facoltà di salire a bordo).

L’articolo 24 disciplina il comportamento dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli e della Guardia di finanza in caso di naufragio: dopo aver prestato i soccorsi ai naufraghi, provvedono, secondo le rispettive attribuzioni, alla tutela degli interessi doganali, coordinandosi con la Capitaneria di Porto. Alle merci recuperate dal naufragio, ove non sia accertata la relativa posizione unionale, è data una destinazione doganale dagli aventi diritto, secondo le ordinarie procedure doganali.

Infine, gli ultimi due articoli del Titolo I disciplinano rispettivamente la vigilanza doganale negli aeroporti (attribuendo al personale dell’Agenzia e ai militari della Guardia di finanza la facoltà di svolgere gli accertamenti di propria competenza sia con riguardo all’aeromobile che al relativo equipaggio, ai passeggeri e alle cose trasportate (articolo 25) e la costruzione e l’esercizio di aeroporti (l'autorizzazione per la costruzione e l'esercizio di qualsiasi aeroporto, anche privato, non può essere concessa senza il preventivo assenso del Ministero dell’economia e delle finanze ai fini della vigilanza doganale ai sensi dell’articolo 26).

Titolo II – Rapporto doganale

Capo I
(Obbligazione doganale e diritti doganali
)

 

L’articolo 27 recepisce, con modifiche, il disposto di cui all’articolo 34 del vigente TULD.

Vengono innanzi tutto definiti diritti doganali tutti i diritti che vengono riscossi dall’Agenzia, in forza dei vincoli che derivano dall’ordinamento unionale o da altre disposizioni di legge. Viene inoltre specificato che, tra i diritti doganali, sono diritti di confine i dazi all’importazione e all’esportazione previsti dalla normativa unionale, i prelievi e le altre imposizioni all’importazione o all’esportazione, i diritti di monopolio, le accise, l’imposta sul valore aggiunto e ogni altra imposta di consumo dovuta all’atto dell’importazione a favore dello Stato.

Rispetto alla formulazione vigente, tra i diritti di confine viene esplicitamente inserita l’imposta sul valore aggiunto, al fine di chiarire che anche a questo tributo, per le operazioni di importazione, si applica la normativa unionale in materia di individuazione del debitore e di estinzione dell’obbligazione doganale.

 

Tale disposizione è in linea anche con la posizione della Corte di Cassazione (Cass. pen., Sez. III, Sent., 11/02/2022, n. 4978) che ha ritenuto di dare “continuità all'orientamento giurisprudenziale che qualifica l'IVA all'importazione quale diritto di confine ai sensi dell'articolo 34 TULD, la cui evasione integra il reato di contrabbando ex art. 292 TULD, e ciò in quanto detta soluzione interpretativa si presenta più aderente alla lettera dell'art. 34 TULD che, relativamente alle merci in importazione, ricomprende tra i diritti di confine non solo i dazi ma anche "ogni altra imposta o sovrimposta di consumo a favore dello Stato". La testuale indicazione dell’IVA tra i diritti di confine è inoltre finalizzata a fornire una risposta normativa al principio enunciato dalla Corte di Giustizia Europea, 12 maggio 2022, causa C-714/20, con cui è stato affermato: “L’articolo 201 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che non può essere riconosciuta la responsabilità del rappresentante doganale indiretto per il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione, in solido con l’importatore, in assenza di disposizioni nazionali che lo designino o lo riconoscano, in modo esplicito e inequivocabile, come debitore di tale imposta”.

 

Si prevede, infine, che l’imposta sul valore aggiunto non costituisce diritto di confine nei casi di:

a)   immissione in libera pratica di merci senza assolvimento dell’imposta sul valore aggiunto, perché le medesime sono destinate alla successiva immissione in consumo in altro Stato membro dell’Unione europea;

b)   immissione in libera pratica di merci senza assolvimento dell’imposta sul valore aggiunto e vincolo delle medesime a un regime di deposito diverso dal deposito doganale. In questo caso, si tratta di merci immesse in libera pratica e poi introdotte in un deposito IVA.

 

L’articolo 28 recepisce, con modifiche e integrazioni, il disposto di cui all’articolo 3 del decreto legislativo n. 374 del 1990.

In primo luogo la disposizione stabilisce che i diritti doganali, diversi dai diritti di confine, sono accertati, liquidati e riscossi secondo le rispettive disposizioni nazionali.

I diritti di confine sono accertati, liquidati e riscossi secondo le disposizioni della normativa unionale, nonché, ove queste rinviino alla disciplina dei singoli Stati membri o comunque non provvedano, secondo le disposizioni nazionali.

Le disposizioni precedenti si osservano anche per quanto concerne i rimborsi e gli sgravi.

Oltre ai diritti doganali, sono dovute le spese per l’applicazione di sigilli o di altri contrassegni alle merci, ai colli e container che le contengono, ai mezzi di trasporto, ai boccaporti e negli altri casi in cui ne sia previsto l’utilizzo, per il compimento di lavori di facchinaggio nonché ogni altra spesa e indennità stabilite da speciali disposizioni di legge o di regolamento.

L’idoneità e le caratteristiche dei sigilli doganali sono stabilite dalle disposizioni doganali unionali e i sigilli certificati sulla base della norma internazionale ISO sono considerati conformi alle prescrizioni unionali e nazionali.

Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sono stabiliti i criteri in base ai quali l’Agenzia fissa e aggiorna l’importo dovuto per il pagamento dei sigilli, forniti dall’Agenzia medesima, da parte dei dichiaranti. Con provvedimento dell’Agenzia sono inoltre stabiliti il tipo, la forma e le modalità di applicazione dei sigilli, nei casi in cui il loro uso è prescritto.

Sono dovuti, da parte dell’ente o dell’impresa, che, nel proprio esclusivo interesse e nel rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea, richiede l’istituzione di un ufficio dell’Agenzia, la messa a disposizione gratuita dei locali da adibire a sede della struttura nonché le spese di impianto e di esercizio dei servizi necessari ad assicurarne il funzionamento.

 

L’articolo 29 recepisce, con modifiche, l’ultimo comma del vigente articolo 37 del TULD.

La disposizione prevede che, fermo quanto previsto dalla normativa unionale, ai fini dell’estinzione dell’obbligazione doganale, i cali ammissibili sono determinati con decreto dal Ministro dell’economia e delle finanze. La norma tiene conto delle disposizioni unionali, dal momento che la perdita, la distruzione delle merci e i cali ammissibili sono regolamentati dall’articolo 124, paragrafo 1, lettera g), e dall’articolo 137, paragrafo 1, del codice doganale dell’Unione, di cui al Regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013.

 

L’articolo 30 recepisce, con modificazioni, il dettato di cui al primo comma dell’articolo 38 del vigente TULD, stabilendo che, per i diritti di confine, i soggetti obbligati al pagamento sono individuati in base alla normativa doganale unionale che regola l’obbligazione doganale. L’individuazione dei soggetti passivi dell’obbligazione doganale è effettuata in conformità alla corrispondente disciplina unionale di cui agli articoli 77, 78 e 79 del codice doganale dell’Unione.

 


 

Capo II
(La rappresentanza doganale
)

 

L’articolo 31 recepisce, con modificazioni, l’articolo 40 del vigente TULD. La disposizione è focalizzata sulla figura del rappresentante doganale, senza riferimento a specifiche figure professionali, analogamente a quanto previsto nel codice doganale dell’Unione.

 

Le disposizioni del Codice europeo in materia di rappresentanza doganale

 

L’articolo 18 del Codice doganale europeo disciplina la figura del rappresentante doganale, come persona che può essere designata per agire a nome di un'altra persona nei confronti delle autorità doganali. Si prevede la distinzione tra rappresentanza diretta, in cui il rappresentante agisce per conto del rappresentato, e rappresentanza indiretta, in cui il rappresentante agisce in proprio nome ma per conto del rappresentato. Il rappresentante doganale, secondo la previsione dell’articolo 18 può essere “chiunque”, tuttavia esso deve essere stabilito nel territorio dell’Unione ma si deroga a tale requisito se il rappresentante doganale agisce per conto di persone che non sono tenute a essere stabilite nel territorio doganale dell'Unione (salvo che sia altrimenti disposto). Gli Stati membri possono stabilire, conformemente al diritto dell’Unione, le condizioni alle quali un rappresentante doganale può prestare servizio nello Stato membro in cui è stabilito. Gli Stati membri possono fissare anche criteri meno rigidi per il riconoscimento dello status di rappresentante doganale ma, qualora non si orientino in tal senso, il rappresentante doganale che soddisfa i criteri fissati dall’articolo 39 (che indica i criteri per la concessione dello status di operatore economico autorizzato) può prestare servizi di rappresentanza doganale anchenegli Stati membri diversi da quello in cui è stabilito.

Nei rapporti con le autorità doganali, il rappresentante doganale dichiara di agire per conto della persona rappresentata e precisa se la rappresentanza è diretta o indiretta. Le persone che non dichiarano di agire in veste di rappresentanti doganali o che dichiarano di agire in veste di rappresentanti doganali senza disporre del potere di rappresentanza sono considerate agire in nome proprio e per proprio conto.

Le autorità doganali possono imporre alle persone che dichiarano di agire in veste di rappresentanti doganali di fornire le prove della delega conferita loro dalla persona rappresentata. In casi specifici le autorità doganali non richiedono di fornire tali prove. Le autorità doganali non impongono a una persona che, in qualità di rappresentante doganale, espleta atti e formalità su base regolare di presentare ogni volta prova del potere di rappresentanza, a condizione che tale persona sia in grado di presentare tale prova su richiesta delle autorità doganali.

 

Per l’espletamento di procedure e adempimenti previsti dalla normativa doganale si può agire personalmente o avvalendosi di un rappresentante doganale, che esercita il suo potere sulla base di un contratto di mandato, con o senza rappresentanza.

La rappresentanza doganale può essere diretta o indiretta e i poteri del rappresentante sono definiti dalla normativa unionale. Inoltre, viene previsto che l’abilitazione per prestare i servizi di rappresentanza diretta è rilasciata dall’Agenzia alle seguenti condizioni:

a) assenza di condanne penali, passate in giudicato, per i delitti non colposi di cui alle lettere c) e d) del successivo articolo 33, comma 1;

b) assenza di violazioni gravi o ripetute della normativa doganale e fiscale;

c) rispetto degli standard minimi di competenza o qualifiche professionali direttamente connesse all’attività di rappresentante, fissati con provvedimento dell’Agenzia.

 

La puntuale individuazione delle condizioni che legittimano il conferimento dell’abilitazione per l’esercizio della rappresentanza diretta è in linea con la previsione del codice doganale dell’Unione che consente a ciascuno Stato membro di regolare l’esercizio della rappresentanza nel proprio territorio.

 

Le condizioni sopra indicate si ritengono soddisfatte se il richiedente:

a)      è iscritto all’albo professionale degli spedizionieri doganali;

b)     è autorizzato quale centro di assistenza doganale;

c)      è in possesso di certificazione di Operatore Economico Autorizzato (AEO).

Un operatore non stabilito nel territorio doganale unionale, per effettuare operazioni doganali, deve farsi rappresentare da un soggetto stabilito nel territorio unionale che agisce con la modalità della rappresentanza indiretta, laddove la normativa doganale unionale preveda che il dichiarante sia stabilito nel territorio doganale dell’Unione.

Per assicurare una maggiore coerenza si prevede, altresì, che gli atti, i provvedimenti o le decisioni dell’Agenzia siano validamente notificati al rappresentante, se il rappresentato non ha comunicato per iscritto la revoca del mandato.

Viene poi precisato che le mansioni di carattere esecutivo, nei luoghi in cui vengono svolte le operazioni doganali che richiedono la presenza fisica, possono essere affidate dal rappresentante doganale a personale ausiliario, il quale agisce nello stretto ambito delle mansioni affidategli e sotto la responsabilità del rappresentante medesimo; l’ausiliario, su richiesta dell’Agenzia e della Guardia di finanza, è tenuto a fornire prova dell’incarico affidatogli.

Da ultimo si prevede che gli appartenenti all’amministrazione finanziaria, ivi inclusa la Guardia di finanza, non possono esercitare le funzioni di rappresentante doganale nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di impiego. I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto dal periodo precedente sono nulli ed è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati a essi riferiti.

 

L’articolo 32 recepisce, con modificazioni, il disposto di cui all’articolo 53 del vigente TULD.

Viene estesa la disciplina della sospensione a tutti i casi di rappresentanza diretta, non limitandola ai soli spedizionieri doganali iscritti nell’albo professionale. La competenza a emettere il provvedimento di sospensione dell’abilitazione alla rappresentanza diretta è attribuita ai direttori territoriali dell’Agenzia.

Tra i casi di sospensione facoltativa, oltre al mancato pagamento dei diritti liquidati per le operazioni doganali compiute (comma 1, lettera a)), viene contemplata l’ipotesi della condanna non definitiva per un delitto previsto dalle leggi finanziarie ovvero per uno dei delitti indicati nell'articolo 33, lettere c) e d), alla pena della reclusione per una durata superiore a un anno (comma 1, lettera b)).

Viene introdotto un limite temporale di durata della sospensione non superiore a:

?         due mesi, prorogabili fino a quando non siano stati pagati i diritti o non siano stati adempiuti gli altri obblighi doganali nei casi di cui al comma 1, lettera a);

?         sei mesi, salvo quanto stabilito al comma 3, nel caso di cui al comma 1, lettera b); la sospensione in esame cessa, comunque, in presenza di una pronuncia di proscioglimento, ancorché non definitiva.

Si prevede un’ipotesi di sospensione obbligatoria dell’abilitazione alla rappresentanza diretta, a seguito dell’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere o degli arresti domiciliari in conseguenza della commissione di qualsiasi reato. La successiva revoca della misura cautelare comporta la cessazione del provvedimento di sospensione, salvo che non sussistano altri motivi che ne giustifichino il mantenimento ai sensi del comma 1.

Il provvedimento di sospensione è comunicato al Consiglio nazionale degli spedizionieri doganali per gli adempimenti di competenza.

 

L’articolo 33 recepisce, con modificazioni, il dettato dell’articolo 54 del vigente TULD.

La norma opera in coordinamento con l’articolo 32 relativo ai casi di sospensione, stabilendo che la revoca si applica a tutti i casi di rappresentanza diretta e non solo agli spedizionieri doganali (comma 1) ed è disposta con provvedimento dei direttori territoriali dell’Agenzia. In, particolare, il provvedimento di revoca deve essere emesso nei seguenti casi:

a)      radiazione dall’albo professionale degli spedizionieri doganali;

b)     perdita dei requisiti previsti dall’articolo 31, comma 2, lettere b) e c);

c)      condanna, con sentenza passata in giudicato, per ogni altro delitto non colposo previsti dai titoli secondo, settimo e tredicesimo del libro secondo del codice penale;

d)     condanna, con sentenza passata in giudicato, per ogni altro delitto non colposo per il quale la legge prevede la pena della reclusione non inferiore nel minimo a tre anni o nel massimo a dieci anni.

Per le fattispecie di cui alle precedenti lettere c) e d), la revoca, ai sensi del comma 2, è disposta soltanto qualora venga pronunciata condanna alla pena della reclusione per una durata superiore a un anno, anche in caso di applicazione di una misura sostitutiva della detenzione.

Nel caso in cui la revoca riguardi uno spedizioniere doganale iscritto all’albo, il relativo provvedimento è adottato dall’Agenzia, sentito il Consiglio nazionale degli spedizionieri doganali.


 

Capo III
(Procedure di accertamento
)

 

Controlli in linea sulle merci

 

L’articolo 34 del testo in esame apporta delle modifiche alla normativa vigente in materia di analisi e verifica della merce in dogana.

 

Si rammenta che nella disciplina doganale sussistono due fattispecie di controlli: i controlli in linea, consistenti nella verifica sulle merci all’atto della loro entrata nel territorio nazionale, qualora l’autorità non possa determinarne caratteri, natura o composizione, e i controlli a posteriori, aventi ad oggetto le merci già svincolate, in cui la verifica può eseguirsi anche presso le sedi degli operatori.

 

Specificamente, si provvede ad armonizzare la procedura di controllo in linea, nonché il procedimento di definizione e di accertamento dei tributi doganali, ai principi europei concernenti il diritto al contraddittorio.

Nell’ipotesi in cui l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli proceda ad effettuare analisi di laboratorio sulle merci oggetto di dichiarazione con lo scopo di individuarne l’esatta classificazione ai fini doganali, è previsto, in capo all’Agenzia stessa, un obbligo di notifica al dichiarante del risultato delle predette analisi. Viene introdotta, altresì, la facoltà per il dichiarante di presentare una richiesta di ripetizione delle analisi entro un termine di dieci giorni dalla suddetta notifica, il cui esito deve, peraltro, essergli notificato.

Inoltre, viene disciplinata una procedura di verbalizzazione di eventuali contestazioni da parte dell’Agenzia. Quest’ultima, in particolare, a seguito delle verifiche previste dalla normativa unionale in materia doganale, è tenuta a redigere un verbale di constatazione laddove sia riscontrato:

a) il mancato soddisfacimento delle condizioni previste per il vincolo al regime richiesto;

b) la presentazione di merci oggetto di divieti o restrizioni;

c) la determinazione di un importo dei diritti di confine diverso da quello risultante dagli elementi della dichiarazione doganale.

Il suddetto verbale deve essere notificato alla parte e deve recare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche ad esso sottesi, nonché la descrizione delle attività da svolgere ai sensi della normativa europea.

Viene ridefinito il contraddittorio tra l’operatore e l’Agenzia con la possibilità per il primo di presentare delle osservazioni entro il termine trenta giorni dalla notifica del verbale di constatazione previsto dall’articolo 8, paragrafo 1, del Regolamento UE, 28 luglio 2015, n. 2446, decorso il quale l’Agenzia emana e notifica alla parte un provvedimento motivato di accertamento. Si evidenzia, pertanto, la soppressione della controversia doganale, istituto previsto dalla normativa vigente.

 

A tal proposito, si precisa che l’articolo 41 della Carta di Nizza prevede il diritto alla buona amministrazione, in forza del quale le questioni concernenti qualsiasi soggetto devono essere trattate in modo imparziale ed equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni, organi e organismi dell’Unione. In particolare, al paragrafo 2, lettera a), dell’articolo medesimo, si prevede il diritto di ciascuno di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento che gli rechi pregiudizio.

Peraltro, si segnala che, in materia di contraddittorio nelle procedure di controllo della dichiarazione doganale, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha confermato, con circolare n. 2/D del 17 gennaio 2024, l’applicazione del termine di trenta giorni in luogo di quello di sessanta giorni previsto dal nuovo articolo 6-bis della legge, 27 luglio 2000, n. 212 introdotto con il decreto legislativo, 30 dicembre 2023, n. 219, alla luce del principio di “primauté” del diritto europeo su quello nazionale.

 

La disposizione in esame disciplina, altresì, un adempimento procedurale a carico dell’operatore economico in presenza di motivi igienico-sanitari o di pubblica sicurezza, consistente nel ritiro, su richiesta dell’Agenzia ed entro un termine dalla stessa stabilito, dei campioni prelevati per l’effettuazione delle analisi e dei controlli sulle merci. Laddove decorra inutilmente detto termine, l’Agenzia provvede, a spese dell’operatore, alla distruzione dei campioni o, in caso di impossibilità, alla conservazione degli stessi in appositi istituti specializzati.

Per quanto concerne le merci giunte o spedite via mare a bordo di nave, l’Agenzia, secondo modalità stabilite con proprio provvedimento, può consentire lo svolgimento delle operazioni doganali, rispettivamente, prima dello sbarco o dopo l’imbarco (articoli 35 e 36)

Vengono disciplinate le visite di controllo, eseguibili saltuariamente su iniziativa dei responsabili degli uffici dell’Agenzia o dei funzionari delegati, sia sulle merci non visitate sia su quelle già visitate in tutto o in parte, a condizione che non siano state immesse nella disponibilità del proprietario o del vettore. Tali visite possono essere espletate, altresì, in materia di prelevamento di campioni per l’analisi. Tuttavia, queste sono sempre eseguite su motivata richiesta dei militari della Guardia di finanza, a norma dell’articolo 15 del testo in esame, nonché degli operatori interessati.

Inoltre, al fine di razionalizzare la normativa e adeguarla alle mutate strutture organizzative dell’amministrazione finanziaria, viene previsto un potere sostitutivo.

Nello specifico, nei casi straordinari di necessità e urgenza, la decisione in merito all’esenzione dalla visita doganale delle merci compete al Direttore territoriale dell’Agenzia, il quale con proprio provvedimento esercita il potere sostitutivo, determinandone, altresì, presupposti, criteri e limiti. L’esercizio del predetto potere non comporta responsabilità in capo al Direttore territoriale, eccetto i casi di dolo o colpa grave. Le visite sono in ogni caso eseguite su motivata richiesta della Guardia di finanza, per procedere al servizio di riscontro di cui all’articolo 15 del testo in commento, nonché degli operatori interessati (articoli 37 e 38).

 

 

Secondo le previsioni dell’articolo 46 del Codice doganale europeo di cui al Regolamento (UE) n. 952 del 2013 le autorità doganali possono effettuare qualsiasi controllo doganale che ritengono necessario. Tali controlli doganali possono consistere, in particolare, nella visita delle merci, nel prelievo di campioni, nella verifica dell'accuratezza e della completezza delle informazioni fornite in dichiarazioni o notifiche e dell'esistenza, dell'autenticità, dell'accuratezza e della validità di documenti, nell'esame della contabilità degli operatori economici e di altre scritture, nel controllo dei mezzi di trasporto, nonché nel controllo del bagaglio e di altre merci che le persone portano con sé o su di sé e nello svolgimento di indagini ufficiali e altri atti simili.

I controlli doganali diversi dai controlli casuali si basano principalmente sull'analisi dei rischi effettuata mediante procedimenti informatici al fine di identificare e valutare i rischi e di mettere a punto le contromisure necessarie, sulla base di criteri elaborati a livello nazionale, unionale e, se del caso, internazionale.

I controlli doganali sono effettuati nell'ambito di un quadro comune in materia di gestione del rischio, i cui criteri sono definiti in modo assai articolato nella disposizione, basato sullo scambio di informazioni attinenti ai rischi e dei risultati dell'analisi dei rischi tra le amministrazioni doganali, che stabilisce criteri e norme comuni per la valutazione del rischio, misure di controllo e settori di controllo prioritari. I controlli basati su tali informazioni e criteri sono effettuati senza pregiudizio degli altri controlli sopra descritti o alle altre disposizioni in vigore.

Le autorità doganali applicano una gestione del rischio intesa a differenziare i livelli di rischio connessi alle merci oggetto di controllo o di vigilanza doganale e a stabilire se sia necessario sottoporre tali merci a controlli doganali specifici e, in caso affermativo, in quale luogo.

La gestione del rischio comprende attività quali raccolta di dati e informazioni, analisi e valutazione dei rischi, prescrizione e adozione di misure e regolare monitoraggio ed esame di tale processo e dei suoi risultati, sulla base di fonti e strategie internazionali, unionali e nazionali.

Le autorità doganali si scambiano informazioni attinenti ai rischi e gli esiti delle analisi dei rischi se l'autorità doganale giudica che i rischi siano significativi e che richiedano un controllo doganale e i risultati del controllo indicano che l'evento che determina il rischio si è verificato oppure se i risultati del controllo non indicano che l’evento che determina il rischio si è verificato, ma le autorità doganali ritengono che la minaccia costituisca un rischio elevato altrove nell'Unione.

I settori di controllo prioritari comprendono regimi doganali particolari, tipi di merci, percorsi delle merci, modi di trasporto o operatori economici che sono oggetto di livelli accresciuti di analisi del rischio e di controlli doganali per un determinato periodo, fatti salvi gli altri controlli abitualmente eseguiti dalle autorità doganali.

 

 

Lo Sportello unico doganale e dei controlli (S.U.Do.Co.)

 

Infine, l’articolo 39 positivizza e rafforza lo Sportello unico doganale e dei controlli (S.U.Do.Co), istituto di coordinamento e di collaborazione tra amministrazioni.

 

Si rammenta che il predetto istituto viene introdotto nell’ordinamento italiano, inizialmente come Sportello unico doganale, con l’articolo, 4, comma 57, della legge, 24 dicembre 2003, n. 35 (Legge finanziaria 2004) al fine di semplificare le operazioni di importazione ed esportazione e per concentrare i termini delle attività istruttorie, anche di competenza di amministrazioni diverse, connesse a tali operazioni.

Successivamente, l’articolo 20 del decreto legislativo, 4 agosto 2016, n. 169 ha ampliato la competenza dello Sportello unico doganale a tutti i controlli, inclusi quelli disposti da altre Amministrazioni o organi dello Stato, con conseguente ridenominazione dell’istituto in Sportello unico doganale e dei controlli.

A livello unionale, lo Sportello unico doganale e dei controlli trova la sua disciplina nell’articolo 47 del Regolamento UE, 9 ottobre 2013, n. 952 (codice doganale dell’Unione europea), il quale ha ad oggetto la cooperazione tra autorità.

 

L’istituto del S.U.Do.Co. si propone di implementare, in via telematica, il coordinamento tra le amministrazioni coinvolte nel controllo doganale delle merci (sia in entrata sia in uscita), unificando le attività di competenza di amministrazioni diverse, mediante lo svolgimento contestuale e in un unico luogo (“single window”) dei controlli sulle merci in entrata, in uscita o in transito. Pertanto, il S.U.Do.Co. è finalizzato a realizzare due grandi obiettivi:

§  la totale digitalizzazione della documentazione necessaria per l’importazione e l’esportazione delle merci;

§  lo snellimento dell’attività di controllo sulle importazioni e sulle esportazioni, con particolare riferimento a quelle operazioni in cui diverse amministrazioni potrebbero dover svolgere i controlli di propria competenza.

 

Si precisa che, ai sensi dell’articolo 20, comma 1, del decreto legislativo, 4 agosto 2016, n. 269, i controlli disposti dall’autorità giudiziaria, nonché quelli svolti dagli organi competenti per la sicurezza dello Stato e dalle forze di polizia non rientrano nell’ambito di applicazione dell’istituto in esame.

Viene prescritta una identità temporale e spaziale (ossia nell’ambito del S.U.Do.Co.) tra i controlli di natura amministrativa di cui alla normativa europea, implicanti una visita di merci ai fini del rilascio di un atto autorizzatorio, e i controlli doganali.

I controlli amministrativi, sia obbligatori sia d’iniziativa, devono essere oggetto di apposita integrazione nel S.U.Do.Co. È, inoltre, contemplata la facoltà per le amministrazioni competenti di espletare controlli aggiuntivi rispetto a quelli predetti su una specifica operazione, previa esatta valutazione del rischio, sulla base di indicatori oggettivi o soggettivi.

Tuttavia, la disciplina in esame non trova applicazione ai controlli amministrativi non eseguibili nell’ambito del S.U.Do.Co. per motivi oggettivi di natura logistica o per puntuali prescrizioni della normativa europea o domestica.

 


 

Capo IV
(Revisione dell’accertamento
)

Controlli a posteriori

 

Il Capo IV del Titolo II, in un’ottica di armonizzazione con le disposizioni unionali, nonché di riordino della normativa vigente, reca una puntuale disciplina concernente i controlli a posteriori delle dichiarazioni doganali.

 

Il Codice doganale europeo dispone (articolo 48), con rifermento ai controlli a posteriori che le autorità doganali possono verificare l'esattezza e la completezza delle informazioni fornite in una dichiarazione in dogana, in una dichiarazione per la custodia temporanea, in una dichiarazione sommaria di entrata, in una dichiarazione sommaria di uscita, in una dichiarazione di riesportazione o in una notifica di riesportazione, nonché l'esistenza, l'autenticità, l'accuratezza e la validità di qualsiasi documento di accompagnamento e può esaminare la contabilità del dichiarante e altre scritture riguardanti le operazioni relative alle merci in questione o le precedenti e successive operazioni commerciali relative alle stesse merci dopo averle svincolate. Le medesime autorità possono procedere anche alla visita delle merci e/o al prelievo di campioni quando ne hanno ancora la possibilità. Tali controlli possono essere effettuati presso il titolare delle merci o il rappresentante del titolare, presso qualsiasi altra persona direttamente o indirettamente interessata dalle predette operazioni a causa della sua attività professionale o presso qualsiasi altra persona che possieda, per le stesse ragioni, tali documenti e dati.

 

Detti controlli hanno ad oggetto le merci già svincolate, ossia quelle per le quali:

§  la dichiarazione doganale sia stata accettata senza verifica;

§  le indicazioni riportate nella suddetta dichiarazione siano già state oggetto di verifica.

Sono, altresì, disciplinati gli organi titolari dei poteri di controllo a posteriori: l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e la Guardia di finanza. Nello specifico, essi sono dotati dei seguenti poteri istruttori:

§  potere di invito agli operatori (nonché ad altri soggetti interessati alle medesime operazioni doganali) a comparire, anche a mezzo di rappresentante, o a fornire notizie e documenti inerenti alle merci oggetto di operazioni doganali. Nell’invito devono essere indicati il motivo e un termine non inferiore a quindici giorni;

§  potere di accesso, mediante apposita autorizzazione rilasciata dai responsabili dei rispettivi uffici, nei luoghi adibiti all’esercizio di attività produttive e commerciali e negli altri luoghi in cui devono essere custodite le scritture e la documentazione inerenti alle merci oggetto di operazioni doganali, al fine di procedere all’eventuale ispezione di tali merci e alla verifica della relativa documentazione.

Si dispone che tali controlli rientrino nell’ambito di applicazione dell’articolo 52, commi da 4 a 10, del decreto del Presidente della Repubblica, 26 ottobre 1972, n. 633, in materia di accessi, ispezioni e verifiche ai fini IVA.

 

Si ricorda che l’articolo 8, comma 1, lettera f), del presente schema di decreto legislativo, abroga per esigenze di coordinamento normativo, il decreto legislativo, 8 novembre 1990, n. 374, il cui articolo 11, (commi 1-4), richiama il contenuto della presente disposizione.

 

Le autorizzazioni per le richieste di esecuzione di indagini finanziarie sono rilasciate, per l’Agenzia, dal direttore regionale o interregionale e, limitatamente alle province autonome di Trento e di Bolzano, dal direttore provinciale, nonché, per la Guardia di finanza, dal Comandante regionale o equiparato.

L’Agenzia e la Guardia di finanza sono tenuti alla redazione di apposito verbale di constatazione in cui viene riportato l’esito dei controlli a posteriori, da notificare alla parte interessata, nonché da trasmettere all’ufficio dell’Agenzia presso il quale la dichiarazione è stata registrata e agli altri organi eventualmente competenti per materia.

 

È altresì disciplinato il procedimento di revisione della dichiarazione doganale che consente all’ufficio dell’Agenzia presso il quale è stata registrata la dichiarazione di intervenire a posteriori sulla dichiarazione doganale successivamente allo svincolo delle merci e di adottare, eventualmente, i provvedimenti necessari alla regolarizzazione della dichiarazione stessa, sulla base di nuovi elementi o di quelli non correttamente valutati.

Il predetto procedimento è attivabile d’ufficio, successivamente alla ricezione del verbale di constatazione, o su istanza di parte e deve concludersi, in ogni caso, entro il termine stabilito dalla normativa doganale unionale (articoli 22 e 29, del Regolamento UE, 9 ottobre 2013, n. 952).

Si ricorda comunque che l’articolo 103 del Regolamento UE, 9 ottobre 2013, n. 952 dispone che nessuna obbligazione doganale può essere notificata al debitore dopo la scadenza di un termine di tre anni dalla data in cui è sorta l’obbligazione doganale. Pertanto la revisione della dichiarazione doganale d’ufficio è preclusa decorsi tre anni dalla registrazione della dichiarazione doganale medesima.

 

Quanto invece ai termine per la conclusione della procedura, gli articoli 22 e 29, del Regolamento UE, 9 ottobre 2013, n. 952 dispongono che con riferimento alle decisioni adottate su richiesta le autorità doganali verificano, senza indugio e comunque entro 30 giorni dal ricevimento della richiesta di decisione, se sono soddisfatte le condizioni per l'accettazione di tale richiesta. Le autorità doganali competenti adottano una decisione e la notificano al richiedente al più presto e, comunque, entro 120 giorni dalla data di accettazione della richiesta, salvo che sia altrimenti disposto. Se si trovano nell'impossibilità di rispettare il termine per l'adozione di una decisione, prima che esso scada le autorità doganali ne informano il richiedente, indicando i motivi di tale impossibilità e l’ulteriore periodo di tempo che ritengono necessario per decidere. Salvo che sia altrimenti disposto, tale ulteriore periodo di tempo non supera i 30 giorni. Fatto salvo il secondo comma, le autorità doganali possono prorogare il termine per l’adozione di una decisione, come previsto dalla normativa doganale, qualora sia il richiedente a farne richiesta per realizzare adeguamenti al fine di assicurare il rispetto delle condizioni e dei criteri. rima di prendere una decisione che abbia conseguenze sfavorevoli per il richiedente, le autorità doganali comunicano le motivazioni su cui intendono basare la decisione al richiedente, cui è data la possibilità di esprimere il proprio punto di vista entro un dato termine a decorrere dalla data in cui il richiedente riceve la comunicazione o si ritiene l'abbia ricevuta. Dopo la scadenza di detto termine, la decisione è notificata nella debita forma al richiedente

 

Si ricorda che con riferimento al termine per la pronuncia sull’istanza di revisione la legislazione attualmente vigente prevede una procedura di silenzio rifiuto in forza della quale qualora l’operatore istante non riceva risposta dall’amministrazione doganale entro 90 giorni dall’istanza questa si intende rigettata.

 

Si valuti l’opportunità di indicare specificamente i riferimenti normativi alla disciplina unionale ai quali fare riferimento ai fini del computo dei termini procedimentali della presente disposizione onde evitare dubbi interpretativi.

 

Viene confermato, in ossequio al principio del contraddittorio, il diritto della parte interessata di presentazione delle osservazioni e richieste al competente ufficio dell’Agenzia entro il termine di trenta giorni dalla notifica o avvenuta consegna del verbale di constatazione. Il contradditorio è, peraltro, rafforzato alla luce della sostituzione della locuzione “valutate dall’ufficio” con la locuzione “tiene conto nel provvedimento finale”. Invero, mentre la vigente normativa ritiene sufficiente che le osservazioni siano valutate dall’ufficio competente, la disposizione in commento richiede espressamente che le stesse siano indicate dall’ufficio competente nel provvedimento finale, con relativa esplicitazione delle ragioni del loro mancato accoglimento.

Nell’ipotesi in cui la revisione della dichiarazione sia attivata su istanza di parte, all’Agenzia spettano i poteri istruttori precedentemente esaminati.

 

Si rammenta che l’attivazione spontanea della procedura di revisione della dichiarazione consente alla parte interessata di ottenere dei benefici ai fini sanzionatori.

 

Qualora l’Agenzia ritenga di non accogliere, anche solo in parte, detta istanza, è necessaria la notifica di un preavviso di diniego alla parte, la quale può presentare osservazioni e richieste entro il termine di trenta giorni, decorso il quale il procedimento si conclude con un provvedimento motivato di accertamento dell’Agenzia, recante l’esito dell’attività di controllo.

 

In materia doganale, l’accertamento consiste nel procedimento amministrativo mediante il quale viene verificata la correttezza delle operazioni di importazione ed esportazione ai fini dell’esatto adempimento dell’obbligazione tributaria doganale. L’accertamento doganale è connotato da una dimensione sostanziale (verifica degli elementi che contribuiscono a determinare l’an ed il quantum dell’obbligazione tributaria) e da una dimensione formale (verifica dell’adempimento tributario).

L’atto di accertamento deve necessariamente indicare: l’ammontare del tributo; le ragioni della pretesa erariale; a pena di nullità, i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che lo hanno determinato.

Si segnala, altresì, che con il testo in esame si provvede alla modificazione della rubrica da “Revisione dell’accertamento” in “Revisione della dichiarazione”. Invero, in sede di controllo a posteriori potrebbero eventualmente emergere difformità non attinenti agli elementi dell’accertamento (qualità, quantità, origine e valore) oppure non implicanti una differenza di diritti rispetto alla liquidazione indicata dall’operatore. Le discrepanze tra l’accertato e il dichiarato potrebbero indurre, pertanto, all’applicazione di divieti o restrizioni oppure alla constatazione di violazioni procedurali non concernenti l’accertamento tributario, ma in ogni caso postulanti la revisione della dichiarazione.

 

Qualora l’esito del procedimento conduca alla rettifica della dichiarazione, l’Agenzia provvede al recupero dei maggiori diritti dovuti ovvero al rimborso di quelli eventualmente riscossi e non dovuti dalla parte.

Nel caso in cui debbano essere irrogate sanzioni diverse da quelle doganali, il provvedimento è comunicato dall’Agenzia anche all’organo competente, unitamente alle osservazioni presentate dalla parte.

Infine, si consente all’Agenzia di adottare, con proprio provvedimento, conforme alla normativa doganale unionale, procedure semplificate, qualora la revisione della dichiarazione non comporti rimborsi o sgravi (articoli da 40 a 42)

 

 

Controlli integrati

 

L’articolo 43 disciplina i controlli integrati da eseguirsi presso le imprese interessate all’interscambio di beni con Paesi extracomunitari.

Viene demandata a un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, ai fini dell’esecuzione di detti controlli, la disciplina del coordinamento delle attività di controllo dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, incluse quelle inerenti ai controlli a posteriori, con quelle degli altri organi dell’amministrazione finanziaria e della Guardia di finanza.

La disposizione rimette, inoltre, a un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze la determinazione dei criteri e delle modalità con cui regolare sia i rapporti dell’Agenzia e della Guardia di finanza con le autorità doganali di altri Paesi sia lo scambio reciproco di dati e notizie acquisiti in conseguenza di tali rapporti.


 

Capo V
(Riscossione)

 

Il Capo V contiene le disposizioni concernenti il pagamento dei diritti doganali e le procedure di riscossione.

 

Modalità di pagamento o deposito dei diritti doganali

 

In primo luogo, sono oggetto di disciplina le modalità di adempimento dei diritti doganali, delle sanzioni, nonché del deposito cauzionale delle somme a garanzia del pagamento di tali diritti presso gli uffici dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (articolo 44). Nello specifico il pagamento può avvenire mediante:

§  carte di debito, di credito o prepagate e ogni altro strumento di pagamento elettronico;

§  bonifico;

§  contanti, secondo quanto stabilito con provvedimento dell’Agenzia;

§  assegni circolari non trasferibili nei casi di necessità e urgenza stabiliti con provvedimento dell’Agenzia;

§  ogni altra modalità consentita dalla legge.

Le modalità per il versamento alla Tesoreria delle somme riscosse devono essere definite con provvedimento adottato dal direttore dell’Agenzia di concerto con il Ragioniere generale dello Stato, sentita la Banca d’Italia.

l’articolo 109 del Regolamento n. 952 del 2013 (codice doganale dell’Unione) consente che il pagamento possa essere effettuato da un terzo al posto del debitore.

 

 

Quanto ai termini di pagamento, l’articolo 108 del Regolamento n. 952 del 2013 (codice doganale dell’Unione) prescrive che le somme dovute in relazione ad un’obbligazione doganale notificata devono essere corrisposte entro il termine prescritto dalle autorità doganali e tale termine non può superare i 10 giorni della notifica. Sono previste alcune deroghe ipotesi di sospensione di tale termine. Il debitore, ai sensi dell’articolo 108 può effettuare comunque il pagamento di quanto dovuto anticipatamente rispetto al termine fissato dalle autorità doganali.

Pagamenti dilazionati o periodici dei diritti doganali e relativi interessi

 

È possibile il pagamento dilazionato dei diritti doganali ossia il differimento nel tempo del versamento dei diritti doganali nonché il pagamento periodico che garantisce agli operatori che pongono in essere continuativamente operazioni doganali la disponibilità della merce senza il previo pagamento dei diritti liquidati.

In merito, il testo in esame conferisce all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli la facoltà di autorizzare, previa richiesta dell’operatore economico, il pagamento dilazionato o periodico dei diritti doganali, in conformità alla normativa doganale unionale e alle altre disposizioni nazionali in materia di dilazioni e di autorizzazioni.

 

A tal proposito, si rammenta che la disciplina unionale in materia di dilazioni e di altre agevolazioni di pagamento è contenuta negli articoli da 110 a 114 del codice doganale dell’Unione e nelle relative disposizioni applicative contenute nel Regolamento di esecuzione UE, 24 novembre 2015, n. 2447 e nel Regolamento delegato UE, 28 luglio 2015, n. 2446.

In merito, la normativa unionale dispone che le autorità doganali possono concedere alla persona interessata, su sua richiesta e previa costituzione di una garanzia, una dilazione di pagamento di trenta giorni dei dazi dovuti.

Le autorità doganali possono, altresì, concedere al debitore agevolazioni di pagamento diverse dalla dilazione, subordinatamente alla costituzione di apposita garanzia, le quali implicano l’applicazione di un interesse di credito sull’importo dei dazi all’importazione o all’esportazione. Il tasso di interesse, per gli Stati membri che hanno adottato l’euro, è quello pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, serie C, che la Banca centrale europea ha applicato alle sue operazioni di rifinanziamento principali il primo giorno del mese della scadenza, maggiorato di un punto percentuale.

Infine, qualora non si sia provveduto al pagamento dei diritti doganali entro il termine previsto, le autorità doganali procedono alla esecuzione coatta del pagamento secondo la legislazione dello Stato membro interessato. In tal caso, gli interessi di mora sono calcolati sulla base del tasso di interesse pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, serie C, che la Banca centrale europea ha applicato alle sue operazioni di rifinanziamento principali il primo giorno del mese della scadenza, maggiorato di due punti percentuali.

 

È, altresì, contemplata, per i soli diritti doganali disciplinati dalla normativa nazionale (ad esempio, l’IVA dovuta all’importazione), la possibilità di estendere la dilazione fino a un massimo di novanta giorni, comprensivi dei primi trenta, previa prestazione di idonea garanzia e pagamento dei relativi interessi. Questi ultimi sono dovuti, con esclusione dei primi trenta giorni, sulla base del tasso di interesse di credito applicato dalla Banca centrale europea alle sue principali operazioni di rifinanziamento.

 

Si segnala che il predetto parametro sostituisce, per ragioni semplificative, quello vigente, corrispondente al saggio di interesse stabilito semestralmente con decreto del Ministro delle finanze, fissato sulla base del rendimento netto dei buoni ordinari del Tesoro a tre mesi.

 

Peraltro, viene disposto che il suddetto tasso sia quello rilevato semestralmente, con riferimento al 1° gennaio e al 1° luglio di ciascun anno, e che rimanga in vigore, ai fini della determinazione degli interessi dovuti sui pagamenti differiti, per i sei mesi solari successivi. Si stabilisce una soglia minima del tasso di interesse applicato in caso di pagamento differito dei diritti doganali pari allo 0,50 per cento.

Qualora la scadenza della dilazione coincida con un giorno festivo, il termine per l’adempimento è prorogato al primo giorno non festivo (articoli 45 e 46).

 

Ritardo nel pagamento dei diritti e relativi interessi

 

In materia di ritardato pagamento dei diritti doganali, vengono assicurati il diritto al contraddittorio e lo spontaneo adempimento della parte.

Invero, viene contemplata una procedura collaborativa in ossequio al principio di legale collaborazione tra amministrazione finanziaria e contribuente.

Nello specifico, si prevede che in caso di mancato assolvimento dei diritti di confine (e dei relativi interessi e oneri accessori), accertati prima dello svincolo della merce, entro il termine di dieci giorni dall’accettazione dei risultati di verifica o dalla notifica del provvedimento motivato di accertamento di cui all’articolo 34, comma 6, del testo in commento, l’Agenzia assegna, ai fini dell’adempimento, un ulteriore termine di trenta giorni, con l’avvertimento che, decorso inutilmente anche detto termine, si procederà all’adozione delle misure necessarie (inclusa la vendita della merce).

Diversamente, con riguardo ai diritti di confine accertati successivamente allo svincolo della merce, nonché ai diritti doganali diversi dai diritti di confine (compresi interessi e oneri accessori), decorso inutilmente il termine di dieci giorni dalla notifica dell’avviso di accertamento, si procede direttamente alla riscossione coattiva.

Infine, si prevede, in caso di ritardato pagamento dei diritti doganali e ferme restando eventuali sanzioni, l’applicazione degli interessi di mora secondo quanto previsto dall’articolo 114 del codice doganale dell’Unione, fatta eccezione per i diritti doganali diversi dai diritti di confine, per i quali, invece, trovano applicazione le disposizioni nazionali (articoli 47 e 49).

 

 

Termini per la notifica dell'obbligazione doganale

 

L’articolo 48, con riferimento ai termini di notifica dell’obbligazione doganale avente a oggetto diritti di confine, rinvia alla vigente normativa doganale dell’Unione europea.

 

Specificamente, l’articolo 102, paragrafo 1, del codice doganale dell’Unione europea stabilisce che l’obbligazione doganale è notificata al debitore, nella forma prescritta del luogo in cui è sorta, o si ritiene sia sorta, a norma dell’articolo 87 del codice medesimo. Ai sensi del successivo articolo 103, paragrafo 1, l’obbligazione doganale deve essere notificata al debitore entro il termine di prescrizione di tre anni decorrente dalla data in cui la stessa è sorta.

Peraltro, il termine di notifica è elevato a sette anni qualora l’obbligazione riguardi diritti di confine e sia sorta a seguito di un comportamento penalmente rilevante.

In merito, si segnala che il vigente articolo 103, paragrafo 2, del codice doganale unionale prevede l’estensione del termine da un minimo di cinque anni a un massimo di dieci anni.

Infine, si stabilisce che rientrano nell’ambito di applicazione della norma in commento le obbligazioni doganali sorte dal 1° maggio 2016, nonché, salvo diversa disposizione, i diritti doganali diversi dai diritti di confine.

 

Garanzia per l’obbligazione doganale potenziale o esistente

 

Sempre con finalità di semplificazione e di adeguamento all’evoluzione della normativa europea, si interviene sulle disposizioni concernenti l’istituto delle garanzie per l’obbligazione.

Viene stabilito che, laddove la normativa doganale unionale preveda l’obbligo di prestazione di apposita garanzia, esso viene esteso a tutti i diritti di confine, inclusi i relativi interessi e oneri.

Con riguardo alle garanzie dovute per il deposito o il trasporto di prodotti non unionali soggetti ad accisa, il calcolo viene rapportato, per quanto concerne l’accisa medesima, alla stessa misura percentuale stabilita sui corrispondenti prodotti nazionali trasportati o stoccati nei depositi fiscali.

Tuttavia, tali garanzie sono limitate al dieci per cento dell’ammontare dell’accisa in caso di operazioni di perfezionamento attivo effettuate da soggetti che lavorano le merci nei propri stabilimenti in regime di deposito fiscale. In tal caso, i crediti per i tributi e i relativi interessi, per le sanzioni pecuniarie e per le spese di ogni specie sono garantiti da privilegio.

Viene, altresì, previsto, a favore dell’operatore economico, il beneficio della riduzione dell’importo della garanzia o dell’esonero dalla garanzia per i diritti doganali. Detto beneficio deve essere richiesto dall’operatore e autorizzato dal competente ufficio dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli secondo condizioni e criteri determinati con provvedimento dell’Agenzia medesima. La concessione del sopracitato beneficio può essere revocata, in qualsiasi momento, laddove emergano fondati dubbi sulla solvibilità del beneficiario. Quest’ultimo è tenuto a prestare la prescritta cauzione entro cinque giorni dalla notifica della revoca.

La garanzia in oggetto può essere costituita nelle seguenti forme:

§  deposito in contanti o qualsiasi altro mezzo di pagamento individuato dall’Agenzia come equivalente a un deposito in contanti, in euro;

§  fideiussione bancaria o polizza assicurativa conforme alla vigente normativa unionale e ai modelli di fideiussione predisposti dall’Agenzia.

Le forme di cui al secondo punto sono condizionate all’accettazione da parte dell’ufficio competente, il quale può motivatamente rifiutarle.

In ogni caso, l’Agenzia può autorizzare altre forme di garanzia che assicurino in modo equivalente il pagamento dell’importo dei diritti di confine all’importazione o all’esportazione corrispondente all’obbligazione doganale e degli altri oneri (articoli da 50 a 52).

 

Rimborsi, sgravi e restituzione delle somme tramite i rappresentanti doganali

 

Viene inoltre disciplinato il diritto al rimborso e allo sgravio delle somme relative a diritti di confine corrisposti o contabilizzati in misura maggiore al dovuto. Tale diritto deve essere riconosciuto dal competente ufficio dell’Agenzia, sulla base delle disposizioni e delle procedure previste in materia doganale unionale.

 

In materia di sgravio e rimborso dei dazi, si segnala che la disciplina unionale rilevante è contenuta negli articoli da 116 a 121 del codice doganale dell’Unione europea, nonché negli articoli da 92 a 102 del Regolamento delegato UE, 28 luglio 2015, n. 2446 e negli articoli da 172 a 181 del Regolamento di esecuzione UE, 24 novembre 2015, n. 2447.

 

Viene previsto il rimborso di diritti di confine indebitamente riscossi ovvero lo svincolo totale o parziale di somme assunte in deposito dall’Agenzia, il quale può essere eseguito nelle mani del rappresentante doganale, qualora tali diritti o somme afferiscano a un’operazione doganale da esso compiuta in rappresentanza del titolare della merce, alle seguenti condizioni:

§  il pagamento dei diritti di confine deve essere stato effettuato dal rappresentante doganale che ne chiede il rimborso o lo svincolo;

§  la ricevuta delle somme in deposito deve essere firmata dal rappresentante doganale in qualità di effettivo versante;

§  non deve essere stata notificata all’Agenzia la cessazione del rapporto di rappresentanza;

§  il rappresentante doganale richiedente non deve risultare sospeso dalle operazioni doganali ovvero destinatario di un provvedimento di revoca dell’abilitazione.

§   

Fatto salvo quanto previsto da specifiche disposizioni, gli interessi relativi ai diritti doganali diversi dal dazio indebitamente corrisposti sono dovuti nei termini e con le modalità indicate dalla normativa doganale unionale. La regola unionale sugli interessi passivi viene estesa agli altri diritti di confine non contemplati dal codice doganale dell’Unione (articoli da 53 a 55).

 

Spese per l’introduzione nelle strutture di deposito per la custodia temporanea su disposizione dell’Agenzia

 

Si prevede infine a carico del proprietario o del vettore titolare le spese di custodia delle merci introdotte nelle strutture di deposito per la custodia temporanea, anche laddove la predetta introduzione sia avvenuta su disposizione dell’Agenzia.

Peraltro, viene manlevata l’Agenzia dalle avarie e dai deperimenti naturali delle merci in temporanea custodia, nonché dai danni e dalle perdite derivanti da cause a essa non imputabili, ancorché si tratti di merci introdotte nei depositi o recinti magazzini sotto diretta gestione dell’Agenzia medesima (articolo 54).

 


 

Titolo III – Movimento delle merci

Capo I
(Disposizioni sulla temporanea custodia delle merci
)

 

Il Capo I del Titolo III reca alcune disposizioni inerenti l’esercizio della temporanea custodia, in accordo con quanto disciplinato dal Regolamento (CE) 9 ottobre 2013, n. 952/2013, che ha istituito il codice doganale dell'Unione europea. In particolare, stabilisce che durante il controllo delle merci immagazzinate in custodia temporanea qualora si riscontrino delle discrepanze, come la mancanza di alcune merci, il gestore del deposito è responsabile di pagare i diritti per le merci mancanti, calcolati sulla base delle informazioni fornite nella dichiarazione di temporanea custodia o attraverso altri accertamenti. Il calcolo viene effettuato utilizzando la misura più elevata applicabile tra la data di introduzione delle merci e la data in cui è stata scoperta la mancanza o la deficienza. Nel caso di merci in eccesso rispetto a quelle dichiarate, o merci completamente diverse da quelle registrate, il gestore ha l’obbligo di prendere in carico le merci irregolarmente presenti.

Le disposizioni sopra indicate si applicano anche nel caso di sostituzione di merci

 

Le disposizioni relative alla custodia temporanea nel Codice doganale europeo

 

Si ricorda che il Regolamento (CE) 9 ottobre 2013, n. 952/2013, che ha istituito il codice doganale dell'Unione, tratta nello specifico la custodia temporanea delle merci negli articoli dal 144 al 152.

In particolare, il Regolamento definisce come si considerino in custodia temporanea le merci non unionali dal momento in cui queste sono presentate in dogana (art.144).

Tali merci sono assoggettate alla presentazione di una dichiarazione di custodia temporanea nella quale sono riportate tutte le indicazioni necessarie ai sensi delle norme vigenti, che viene presentata al più tardi al momento dell’arrivo delle merci in dogana da uno dei soggetti individuati dall’art. 139 del Regolamento ossia:

-          la persona che ha introdotto le merci nel territorio doganale dell'Unione;

-          la persona in nome o per conto della quale agisce la persona che ha introdotto le merci in detto territorio;

-          la persona che ha assunto la responsabilità del trasporto delle merci dopo la loro introduzione nel territorio doganale dell'Unione

L’articolo 139 indica anche come le merci possano essere presentate altresì da qualsiasi persona che vincoli immediatamente le merci a un regime doganale o dal titolare di un'autorizzazione per la gestione di strutture di deposito o da qualsiasi persona che svolga un'attività in una zona franca.

La documentazione riferita alle merci è previsto che deve essere fornita alle autorità doganali se la normativa dell'Unione lo richiede o se sono necessari per controlli doganali (art. 145).

Riguardo alla dichiarazione di custodia temporanea è previsto che possa assumere anche la forma:

-          di una dichiarazione recante i dati identificativi della dichiarazione sommaria di entrata presentata con l'aggiunta di particolari contenuti presenti nella dichiarazione di custodia temporanea;

-          di un manifesto o un altro titolo di trasporto, recante particolari contenuti nella dichiarazione di custodia temporanea e i dati identificativi della dichiarazione sommaria di entrata relativa.

La dichiarazione di custodia temporanea è previsto possa essere modificata, tranne per ciò che concerne la tipologia di merci riportata, purché questo avvenga prima che le autorità doganali comunichino al dichiarante l’intenzione di procedere a ispezione o che le autorità doganali abbiano riscontrato irregolarità nella dichiarazione fornita (art.146).

La custodia temporanea delle merci può avvenire o in strutture autorizzate dalle autorità doganali, (nell’autorizzazione rilasciata sono indicate le condizioni in base alle quali è consentita la gestione delle strutture di deposito) o in altri luoghi designati o approvati dalle autorità doganali. Le merci oggetto di custodia temporanea possono essere oggetto di manipolazione, salvo quanto previsto dall’articolo 134 del Regolamento riguardo la vigilanza doganale, solo per ragioni collegate alla preservazione del loro stato originario. Il gestore delle merci poste in custodia temporanea è responsabile di garantire che non siano sottratte alla vigilanza e adempie agli obblighi risultanti dal magazzinaggio delle merci (art. 147).

Il gestore delle merci poste in custodia temporanea adempie agli obblighi connessi alla tenuta di scritture adeguate contenenti le informazioni e le indicazioni necessarie alle autorità doganali per la sorveglianza sulla gestione delle strutture di deposito. Lo spostamento delle merci tra diverse strutture di deposito è consentito, previa autorizzazione delle autorità doganali, a condizione che tali movimenti non aumentino il rischio di frode (art.148). Le merci in custodia temporanea sono vincolate ad un regime doganale, scelto dal dichiarante alle condizioni previste dal regime individuato e salvo che non sia altrimenti disposto, ovvero riesportate nel termine massimo di 90 giorni.

Alle merci in custodia temporanea si applicano le disposizioni degli articoli 188-193 relativi alla verifica e allo svincolo delle merci.

 


 

Capo II
(Entrata delle merci
)

 

Il capo II del Titolo III si struttura in due sezioni, distinguendo se le merci in entrata arrivano nel territorio sottoposto a vigilanza doganale italiana via lago, via mare o via aerea. In merito all’arrivo via lago si indica come le merci introdotte nel territorio dell’Unione dal lago Maggiore o dal lago di Lugano debbano essere presentate a uno degli uffici preposti dall’ Agenzia delle dogane e dei monopoli e accompagnate da idonea documentazione (art. 58).

Per quanto riguarda gli arrivi via mare e via aerea sono specificate le responsabilità dei comandanti e dei capitani, indicando che altri soggetti possono avere responsabilità secondo le leggi doganali europee. L’Agenzia delle dogane e dei monopoli, anche su richiesta della Guardia di Finanza, può vietare ai capitani delle navi di compiere manovre che facilitino il carico o scarico facile di merci non unionali o l'attracco. I comandanti e i capitani devono essere muniti di un manifesto del carico (il cui contenuto è stabilito dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli): nel caso di aeromobile o all’atterraggio o prima del decollo; nel caso di nave o prima della partenza oppure all’ingresso nella zona di vigilanza doganale marittima. La trasmissione di tale manifesto, contenente le informazioni prescritte, assolve agli obblighi dichiarativi secondo quanto previsto dalla normativa doganale dell’Unione. L’Agenzia può chiedere a comandanti e capitani di esibire tutti gli altri documenti di bordo. La mancata trasmissione di tale manifesto di carico può determinare, oltre alle sanzioni applicabili, l’ordine di scarico delle merci e la loro custodia in depositi di temporanea custodia o al tri luoghi, con oneri e rischi a carico di comandanti e capitani. (artt. Da 59 a 63).

Gli ultimi tre articoli del Capo II sono riferiti al trasporto con aeromobile. In particolare è previsto l’obbligo per i comandanti di aeromobili provenienti da altri stati di atterrare in aeroporti doganali individuati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze. In caso di atterraggio forzato fuori da aeroporto doganale il comandante ha l’obbligo di denunciare l’avvenuto atterraggio nel più breve termine possibile, per i necessari adempimenti, all’Agenzia o alla Guardia di finanza o ad altro organo di polizia ovvero al sindaco. Infine, nel caso di aeromobili senza merci a bordo, si prevede la possibilità che, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con le altre amministrazioni eventualmente interessate, tali aeromobili -a determinate condizioni- possano atterrare anche in aeroporti non doganali (artt.64 a 66).


 

Capo III
(Uscita delle merci
)

 

Il Capo III, intitolato “uscita delle merci” si limita a stabilire che l’Agenzia delle dogane e dei monopoli può rilasciare autorizzazione, a determinate condizioni, per l’istituzione e la gestione di negozi adibiti alla vendita di prodotti non unionali, esenti da tributi, ai viaggiatori in uscita per uso o consumo al di fuori dell’Unione. In particolare, possono essere autorizzate amministrazioni, enti o esercenti porti, aeroporti, ferrovie, strade e autostrade, alla vendita diretta o a mezzo concessionario, mediante l’istituzione e la gestione di negozi specializzati (art. 67).

La disciplina dell’uscita delle merci è disciplinata in dettaglio dagli articoli 263-277 del Codice doganale europeo e dalle relative disposizioni attuative.

 

Il titolo VIII del Regolamento (CE) 9-10-2013 n. 952/2013 disciplina l’uscita delle merci dal territorio dell’Unione, articolando la trattazione della materia in sei capi. In particolare, nel capo I del titolo VIII è disciplinata la procedura di presentazione della dichiarazione pre-partenza per le merci in uscita dal territorio doganale dell'Unione. La presentazione di tale dichiarazione è obbligatoria, da effettuarsi presso l'ufficio doganale competente entro un termine specifico stabilito prima dell'uscita delle merci, nelle forme previste (art. 263). L'ufficio doganale che riceve la dichiarazione pre-partenza deve effettuare un'analisi dei rischi, principalmente per motivi di sicurezza, entro un termine prestabilito. Le misure necessarie devono essere adottate in base ai risultati di questa analisi (art. 264). Alla Commissione sono riconosciuti i poteri di:

- adottare atti delegati per stabilire il termine specifico entro cui la dichiarazione pre-partenza deve essere presentata e per determinare i casi specifici in cui l'obbligo di presentare una dichiarazione pre-partenza è oggetto di esonero (art. 265)

- specificare il termine entro il quale deve essere effettuata l’analisi dei rischi (art. 266)

Il capo II tratta le procedure di vigilanza doganale e le formalità di uscita delle merci dal territorio doganale dell'Unione, oltre a conferire alla Commissione Europea competenze per l'adozione di norme procedurali specifiche. Nello specifico, è previsto che le merci in uscita dal territorio doganale dell'Unione siano sottoposte a vigilanza doganale e possano essere soggette a controlli doganali; sono stabiliti altresì dalle norme i soggetti che devono presentare le merci in dogana all’uscita e le condizioni per la concessione dell’autorizzazione di svincolo da parte delle autorità doganali (art.267).

Nel capo III è disciplinata l'esportazione di merci unionali e la riesportazione di merci non unionali, stabilendo le procedure e le eccezioni per ciascun caso. Le merci unionali che devono uscire dal territorio doganale dell'Unione devono essere vincolate al regime di esportazione, salvo le eccezioni previste (comma 2, art. 269). Le merci non unionali che devono uscire dal territorio doganale dell'Unione sono soggette a una dichiarazione di riesportazione, che deve essere presentata presso l'ufficio doganale competente; anche in questo caso vi sono eccezioni, ad esempio per merci vincolate al regime di transito esterno che si limitano ad attraversare il territorio doganale dell'Unione o merci trasbordate all’interno di una zona franca (art. 270).

Il capo IV del titolo VIII è incentrato sulla dichiarazione sommaria di uscita. Gli articoli 271, 272 e 273 trattano la dichiarazione sommaria di uscita per le merci che devono uscire dal territorio doganale dell'Unione, specificando modalità di presentazione, modifica e invalidamento della dichiarazione stessa, nonché le competenze di esecuzione conferite alla Commissione Europea in merito alla presentazione, la modifica e l’invalidamento della dichiarazione sommaria di uscita.

Si osserva che quando le merci devono uscire dal territorio doganale dell'Unione e non viene presentata una dichiarazione in dogana né una dichiarazione di riesportazione come dichiarazione pre-partenza, deve essere presentata una dichiarazione sommaria di uscita presso l'ufficio doganale di uscita (comma 1, art. 271).

Il capo V riguarda la notifica di riesportazione prevista per:

-          le merci trasbordate all'interno di una zona franca o direttamente riesportate da una zona franca;

-          le merci in custodia temporanea direttamente riesportate da una struttura di custodia temporanea;

per le suddette merci quando escono dal territorio doganale dell'Unione e non è richiesta una dichiarazione sommaria di uscita, deve essere presentata una notifica di riesportazione. Questa parte del Regolamento (CE) n.952/2013 indica le informazioni che devono essere contenute nella notifica di riesportazione nonché le procedure di modifica e invalidamento della stessa. Alla Commissione sono conferite competenze in merito alla presentazione, la modifica e l’invalidamento della notifica di esportazione. (artt. 274 a 276).

Il capo VI stabilisce le condizioni per l'esenzione dai dazi all'esportazione per le merci unionali che vengono temporaneamente esportate dal territorio doganale dell'Unione, prevedendo un principio di esenzione per il quale le merci unionali che sono temporaneamente esportate dal territorio doganale dell'Unione possono beneficiare di un'esenzione subordinata alla reimportazione delle merci nel territorio doganale dell'Unione, fatte salve le previsioni dell’articolo 259 del Regolamento (CE) 9-10-2013 n. 952/2013 in materia di perfezionamento passivo delle merci (vedi infra).

 


 

Titolo IV – Regimi speciali

 

Il Titolo IV reca la disciplina complementare, in coerenza con il Codice Doganale, di alcuni regimi speciali.  

 

L’immissione in libera pratica e i regimi doganali speciali

 

Il Codice doganale europeo individua nell’immissione in libera pratica la modalità generale di introduzione delle merci non unionali nel territorio dell’unione.

Secondo l’articolo 201 del Codice le merci non unionali destinate al mercato dell'Unione o all'uso o consumo privato nel territorio doganale dell'Unione sono vincolate al regime di immissione in libera pratica. Questo comporta la riscossione dei dazi dovuti all'importazione, l'applicazione di eventuali altri oneri previsti, l'applicazione delle misure dei divieti e delle restrizioni di politica commerciale, e l'espletamento di altre formalità stabilite per l'importazione delle merci. L'immissione in libera pratica conferisce alle merci non unionali la posizione doganale di merci unionali.

Le disposizioni di cui agli articoli da 203 a 209 disciplinano le ipotesi di esenzione dai dazi all’importazione ad esempio nel caso di reintroduzione di merci non unionali esportate come merci unionali che rientrano nel territorio dell’Unione entro tre anni, in regime di immissione in libera pratica ovvero nell’ipotesi in cui merci unionali abbiano perso la loro posizione in ragione di specifici fatti individuati dall’articolo 154 del Codice doganale europeo (uscita dal territorio doganale, assoggettamento al regime di transito esterno, deposito o perfezionamento attivo, la dichiarazione di immissione in libera pratica è invalidata, ecc.).

Gli articoli da 210 a 262 disciplinano i regimi doganali speciali. I regimi speciali sono;

a) transito, che comprende il transito esterno e interno;

b) deposito, che comprende il deposito doganale e le zone franche;

c) uso particolare, che comprende l'ammissione temporanea e l'uso finale;

d) perfezionamento, che comprende il perfezionamento attivo e passivo.

 

L'autorizzazione delle autorità doganali è necessaria per utilizzare i regimi di perfezionamento attivo o passivo, di ammissione temporanea, di uso finale, e per la gestione di strutture di deposito per il deposito doganale, a meno che il gestore non sia l'autorità doganale stessa.

 

Il regime di transito esterno (art. 226) è quello secondo cui le merci non unionali possono circolare nel territorio doganale dell'Unione senza essere soggette a dazi all'importazione, ad altri oneri specifici, o alle misure di politica commerciale, salvo che non vietino l'entrata o l'uscita delle merci. In taluni casi anche merci unionali possono essere assoggettate a questo regime. La circolazione delle merci segue regimi specifici indicati all’articolo 226,

Il regime di transito interno (artt. 227) comporta che merci unionali possono circolare nel territorio doganale dell'Unione, attraversando un Paese che non fa parte del territorio doganale dell’Unione.

Il titolare del regime di transito interno prevede per il titolare del regime l’obbligo di presentazione delle merci intatte all'ufficio doganale di destinazione entro i termini previsti (tale obbligo concerne anche il vettore, e il destinatario per le merci in transito che accettano le stesse conoscendo che esse sono soggette a tale regime), il rispetto delle disposizioni doganali relative al regime e, a meno che non sia diversamente previsto, la fornitura di una garanzia per il pagamento dell'importo dei dazi dovuti. Il regime di transito interno termina con la presentazione delle merci e delle informazioni all'ufficio di destinazione secondo le normative doganali (art. 233). Il regime di transito unionale esterno si applica alle merci che attraversano un territorio non appartenente all'Unione, a condizione che ciò sia consentito da un accordo internazionale o che il trasporto avvenga con un documento unico redatto nell'Unione. Durante il passaggio fuori dall'Unione, l'effetto del regime di transito è sospeso (art. 234).

Il regime di deposito (artt. 237-242) comporta che merci non unionali possono essere immagazzinate nel territorio doganale dell'Unione senza essere soggette a dazi all'importazione, ad altri oneri come previsto dalle altre disposizioni pertinenti in vigore, o alle misure di politica commerciale, a condizione che queste non vietino l'entrata o l'uscita delle merci nel o dal territorio doganale dell'Unione. Inoltre, le merci unionali possono essere vincolate al regime di deposito doganale o di zona franca, conformemente alla normativa dell'Unione specifica o al fine di beneficiare di una decisione che accorda il rimborso o lo sgravio dei dazi all'importazione.

La durata di permanenza delle merci in un regime di deposito non è soggetta ad alcuna limitazione. Tuttavia, in circostanze eccezionali, le autorità doganali possono stabilire un termine entro il quale un regime di deposito deve essere appurato, in particolare quando il tipo e la natura delle merci possono, nel caso di deposito di lunga durata, costituire una minaccia per la salute umana, animale o vegetale, o per l'ambiente.

Le merci non unionali possono essere collocate in locali o altri luoghi autorizzati dalle autorità doganali e sotto la loro vigilanza, noti come "depositi doganali". I depositi doganali possono essere accessibili da chiunque per il magazzinaggio doganale di merci ("depositi doganali pubblici"), ovvero destinati al magazzinaggio di merci da parte del titolare di un'autorizzazione per il deposito doganale ("depositi doganali privati),. Le merci vincolate al regime di deposito doganale possono essere temporaneamente rimosse dal deposito, previa autorizzazione delle autorità doganali, tranne in caso di forza maggiore. Il titolare dell'autorizzazione e il titolare del regime sono responsabili di garantire che le merci in regime di deposito doganale non siano sottratte alla vigilanza doganale e di rispettare gli obblighi risultanti dal magazzinaggio delle merci in regime di deposito doganale. Quando l'autorizzazione riguarda un deposito doganale pubblico, può prevedere che le responsabilità indicate ricadano esclusivamente sul titolare del regime.

Nel quadro del regime di uso finale, le merci possono essere immesse in libera pratica in esenzione da dazio o a dazio ridotto a causa del loro uso particolare. Le autorità doganali possono stabilire nell'autorizzazione le condizioni alle quali si ritiene che le merci siano state utilizzate ai fini stabiliti per l'applicazione dell'esenzione dai dazi o del dazio ridotto, quando le merci si trovano in una fase di produzione in cui solo l'uso finale previsto può essere realizzato in modo efficace sotto il profilo dei costi. Quando le merci si prestano a un uso ripetuto e le autorità doganali lo ritengono opportuno al fine di evitare abusi, la vigilanza doganale continua per un periodo non superiore a due anni dopo la data del primo uso ai fini stabiliti per l'applicazione dell'esenzione dai dazi o del dazio ridotto.

La vigilanza doganale nell'ambito del regime dell'uso finale cessa:  quando le merci sono state utilizzate ai fini stabiliti per l'applicazione dell'esenzione dai dazi o del dazio ridotto; quando le merci sono uscite dal territorio doganale dell'Unione, distrutte o abbandonate allo Stato; quando le merci sono state utilizzate a fini diversi da quelli stabiliti per l'applicazione dell'esenzione dai dazi o del dazio ridotto e sono stati pagati i dazi all'importazione applicabili.

Per la descrizione delle norme del codice doganale europeo relative ai regimi speciali di zona franca, ammissione temporanea, perfezionamento attivo e perfezionamento passivo si vedano i box di approfondimento relativi alle norme in commento relative a tali regimi.

Custodia temporanea

Gli articoli 68 e 69 riguardano il deposito nelle strutture di deposito per la custodia temporanea e l’esercizio della relativa vigilanza.

Si tratta di un regime disciplinato degli articoli 144 e ss.gg. del Codice, cui sono sottoposti tutti i beni che non provengono da paesi appartenenti all’Unione Europea. Secondo quanto definito dal testo, la custodia temporanea riguarda le merci non unionali e decorre dal momento della loro presentazione presso gli uffici doganali fino alla loro riesportazione o allo svincolamento per l’importazione. La custodia temporanea può essere disposta in strutture di deposito per la custodia temporanea, debitamente autorizzate, ai sensi degli articoli 147 e seguenti del Codice; le merci non unionali in custodia temporanea sono vincolate a un regime doganale o riesportate entro 90 giorni (per approfondimenti si veda il box di cui al titolo III).

 

In particolare, l’articolo 68 chiarisce che le merci depositate nelle strutture di deposito per la custodia temporanea sotto diretta gestione dell’Agenzia, quando possibile, devono essere racchiuse in colli e questi sigillati; al titolare delle merci, previa autorizzazione e con l'assistenza dell’Agenzia, è consentito vigilare sulle merci, disfare i colli e di estrarne campioni. Si affida a un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze il compito di stabilire i criteri in base ai quali l’Agenzia fissa e aggiorna l’importo dovuto per le spese di custodia nei magazzini di temporanea custodia sotto diretta gestione dell’Agenzia.

Il successivo articolo 69 affida all’Agenzia delle dogane e dei monopoli l’esercizio della vigilanza sui magazzini e sui depositi doganali, da effettuarsi in via ordinaria, ogni due anni. L’Agenzia può altresì effettuare verifiche straordinarie, anche senza preavviso, quando lo ritenga opportuno.

 

Zone franche doganali

Gli articoli 70 e 71 recano le disposizioni procedurali per la costituzione di zone franche doganali (ai sensi degli articoli 243-249 del Codice) e specifiche indicazioni sul punto franco di Trieste.

 

 

Come rilevato supra, gli articoli 243-249 riguardano la disciplina delle zone franche, le costruzioni e le attività permesse, e le disposizioni relative alle merci unionali e non unionali in queste zone.

E’ compito degli Stati membri designare parti specifiche del territorio doganale dell'Unione come zone franche. Ogni Stato membro stabilisce l'area e i punti di entrata e uscita per ciascuna zona franca. Le zone franche sono chiuse e sottoposte a vigilanza doganale, con la possibilità di sottoporre persone, merci e mezzi di trasporto a controlli doganali all'entrata e all'uscita.

Le merci introdotte in una zona franca devono essere presentate in dogana e soggette alle formalità appropriate, in presenza di specifiche condizioni; altrimenti, esse non richiedono presentazione in dogana.

Le merci unionali possono essere introdotte, immagazzinate, spostate, utilizzate, trasformate o consumate all'interno di una zona franca, senza essere considerate vincolate al regime di zona franca. Le merci non unionali possono essere immesse in libera pratica o vincolate a regimi di perfezionamento attivo, ammissione temporanea o uso finale mentre si trovano in una zona franca, alle condizioni stabilite per tali regimi. Queste merci non sono considerate vincolate al regime di zona franca durante la loro permanenza.

Le merci situate in una zona franca possono essere esportate, riesportate o introdotte in un'altra parte del territorio doganale dell'Unione, fatte salve le normative settoriali.

 

In particolare, l’articolo 70 afferma il principio per cui le zone franche doganali previste dalla normativa doganale unionale sono istituite con legge, che deve individuare il termine di presentazione della proposta di perimetrazione e l’autorità alla quale competono l’elaborazione di tale proposta, nonché i poteri di gestione.

Si affida la perimetrazione a un provvedimento dell’Agenzia da approvare entro sessanta giorni dalla presentazione della proposta. Tale provvedimento stabilisce le condizioni per l’operatività della zona franca e individua l’ufficio dell’Agenzia competente per la vigilanza e per ogni altro procedimento previsto dalla normativa doganale unionale.

 

Si mantengono ferme, ai sensi dell’articolo 71, le vigenti disposizioni più favorevoli stabilite per i punti franchi compresi nella zona del porto franco di Trieste di cui all'allegato VIII al trattato di pace fra l'Italia e le potenze alleate e associate, firmato a Parigi il 10 febbraio 1947, e reso esecutivo con decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 28 novembre 1947, n. 1430.

 

Agevolazioni per il traffico internazionale

 

Il Capo II del titolo IV si occupa di specifiche agevolazioni per il traffico internazionale.

 

In particolare l’articolo 72 reca la disciplina complementare dell’esportazione temporanea.

 

Il regime della temporanea esportazione concerne principalmente le merci che debbono essere sottoposte all’estero a particolari procedimenti; la merce esce dal territorio nazionale, senza pagamento di diritti, per l’esecuzione di specifiche operazioni industriali e commerciali e per il successivo rientro della stessa.

Nel quadro del regime di perfezionamento attivo, le merci non unionali possono essere utilizzate nel territorio doganale dell'Unione per operazioni di perfezionamento senza essere soggette a dazi all'importazione, ad altri oneri, o a misure di politica commerciale che non vietino l'entrata o l'uscita delle merci nel o dal territorio. Questo regime è utilizzabile solo se le merci possono essere identificate nei prodotti trasformati, a meno che non siano previste condizioni specifiche per le merci equivalenti. Le autorità doganali stabiliscono il periodo entro il quale il regime di perfezionamento attivo deve essere appurato.

Le autorità doganali possono autorizzare la riesportazione temporanea di merci vincolate al regime di perfezionamento attivo, o di prodotti trasformati, per perfezionamento complementare fuori dell'Unione, alle condizioni stabilite per il regime di perfezionamento passivo.

Nel quadro del regime di perfezionamento passivo, merci unionali possono essere temporaneamente esportate dal territorio doganale dell'Unione per essere sottoposte a operazioni di perfezionamento. I prodotti trasformati risultanti da tali merci possono essere immessi in libera pratica in esenzione totale o parziale dai dazi all'importazione su richiesta del titolare dell'autorizzazione o di qualsiasi persona stabilita nel territorio doganale dell'Unione, purché essa abbia ottenuto il consenso del titolare dell'autorizzazione e le condizioni di quest'ultima siano soddisfatte.

 

In particolare, l’articolo 72 chiarisce che - salvi i vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea e dagli obblighi internazionali – sia il competente ufficio dell'Agenzia ad autorizzare l’esportazione temporanea di merce unionale, destinata a essere reimportata tal quale, da utilizzare come campioni per studio, per visionatura, per esperimento, per collaudo, per tentarne la vendita, per manifestazioni culturali, fieristiche, artistiche, sportive, tecniche, scientifiche, per turismo, per spettacoli, esclusi quelli cinematografici, per pascolo, per riproduzione nonché per altre similari esigenze. Tali merci possono rimanere vincolate alla temporanea esportazione per il tempo necessario a raggiungere la finalità per cui sono state esportate e comunque per un periodo massimo di trentasei mesi, eventualmente prorogabile su richiesta motivata dell’interessato.

In sostanza, come chiarito dalla Relazione illustrativa, l’articolo 72 regolamenta il solo regime di temporanea esportazione delle merci unionali destinate a essere reimportate tal quali, subordinandolo al rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea e dagli obblighi internazionali e limitandone, inoltre, l’applicazione a specifiche fattispecie.

 

L’articolo 73 reca la disciplina dell’ammissione temporanea di veicoli in uso privato nell’ambito di convenzioni internazionali, allo scopo di rinviare alle condizioni stabilite dalla normativa doganale unionale e dai trattati internazionali vigenti in materia. Si rinvia alle disposizioni di cui al Titolo VI, Capi I e II (concernenti le sanzioni amministrative e penali) nel caso di mancata osservanza delle norme richiamate.

 

Il regime di ammissione temporanea, di cui agli articoli 250-253 del Codice doganale unionale, permette l’importazione temporanea di merci extracomunitarie, per utilizzi vari, in esonero totale o parziale dai diritti doganali (dazio e IVA) e senza l’applicazione di misure di politica commerciale. La merce in ammissione temporanea deve essere riesportata senza aver subito modifiche a parte il normale deprezzamento dovuto all’uso che ne è stato fatto. Nell’ipotesi in cui la merce non venga riesportata, ma nazionalizzata, dovranno essere pagati i diritti relativi (dazio e IVA), oltre agli interessi compensatori contabilizzati dalla data di vincolo della merce al regime di ammissione temporanea. Scopo del regime è facilitare il traffico internazionale e la circolazione di strumenti, attrezzature e merci a fini economici e non (ad esempio mezzi di trasporto, merci utilizzate per esposizioni, fiere, convegni, merci a seguito di viaggiatori).

 

Provviste e dotazioni di bordo

 

L’articolo 74, corrispondente al Capo III, si occupa della disciplina delle provviste e dotazioni di bordo.

 

L’articolo 269 del Codice vincola le merci unionali che devono uscire dal territorio doganale dell'Unione al regime di esportazione. Da tale regime sono escluse le merci fornite, esenti da IVA o da accise, come approvvigionamento di aeromobili o navi, indipendentemente dalla destinazione dell'aeromobile o della nave, per cui è necessaria una prova di tale approvvigionamento.

 

L’approvvigionamento (comma 1) è definito come la nella fornitura di provviste e dotazioni di bordo ad aeromobili e navi.

Sono altresì definite le provviste di bordo, ovvero le merci destinate a essere consumate a bordo per assicurare il soddisfacimento delle normali esigenze di consumo delle persone componenti l’equipaggio e dei passeggeri; l’alimentazione degli organi di propulsione della nave e dell’aeromobile e il funzionamento degli altri macchinari e apparati di bordo; la manutenzione e la riparazione della nave e dell’aeromobile, nonché delle relative dotazioni di bordo; la conservazione, la lavorazione e la confezione a bordo delle merci trasportate.

Sono altresì definite le dotazioni di bordo (consistono in macchinari, attrezzi, strumenti, mezzi di salvataggio, parti di ricambio, arredi e ogni altro oggetto suscettibile di utilizzazione reiterata destinato a ornamento del mezzo di trasporto).

Fermo restando quanto previsto dagli obblighi internazionali, per le provviste e le dotazioni di bordo, la dichiarazione di esportazione costituisce prova dell’avvenuto imbarco, ai sensi della normativa doganale unionale.


 

Titolo V – Trattamento delle merci

 

Le norme del Titolo V dell’Allegato 1 recepiscono, modificandole, le disposizioni previste dagli articoli 278, 279 e 281 del vigente testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale in materia, rispettivamente, di esito delle merci abbandonate, procedimenti per la vendita delle merci abbandonate ed esecuzione dei verbali di aggiudicazione e dei contratti di vendita.

Più nel dettaglio, l’articolo 75 stabilisce che, fermo restando quanto previsto dagli articoli 95 (Destinazione di beni sequestrati o confiscati a seguito di operazioni anticontrabbando) e 96 (Sanzioni amministrative), l’Agenzia delle dogane e dei monopoli può procedere alla vendita delle merci nei casi previsti dalla normativa doganale unionale, nel rispetto delle disposizioni di cui al regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, e al regio decreto 23 maggio 1924, n. 827, salvo quanto diversamente disciplinato nell’Allegato in commento.

A tale proposito si ricorda che l’articolo 198, al paragrafo 1, del Regolamento (UE) n. 952/2013 (codice doganale dell’Unione-CDU) prevede che le autorità doganali prendono tutte le misure necessarie, compresa la confisca e la vendita o la distruzione, per rimuovere le merci nei casi seguenti:

a) qualora non sia stato osservato uno degli obblighi stabiliti dalla normativa doganale in relazione all'introduzione di merci non unionali nel territorio doganale dell'Unione o le merci siano state sottratte alla vigilanza doganale;

b)  quando le merci non possono essere svincolate per una delle ragioni seguenti:

                 i.            non è stato possibile per motivi imputabili al dichiarante intraprenderne o proseguirne la visita nel termine prescritto dalle autorità doganali;

               ii.            non sono stati i forniti i documenti alla cui presentazione è subordinato il vincolo delle merci al regime doganale chiesto o il loro svincolo ai fini di tale regime;

            iii.            i dazi all'importazione o all'esportazione, a seconda dei casi, che avrebbero dovuto essere pagati o garantiti non lo sono stati nel termine prescritto;

             iv.            le merci sono soggette a divieti o restrizioni;

c)  quando le merci non sono state ritirate entro un termine ragionevole dopo il loro svincolo;

d) quando, dopo lo svincolo, le merci sono risultate non conformi alle condizioni per la concessione dello stesso; oppure

e) quando le merci sono abbandonate allo Stato conformemente all'articolo 199.

 

La vendita delle merci può essere affidata a soggetti terzi e in caso di vendita, le merci non unionali sono soggette alle relative formalità doganali con pagamento dei diritti di confine dovuti, qualora debbano essere immesse in consumo nell’Unione europea. In alternativa alla vendita, in osservanza dei principi di economicità, efficacia, pubblicità e trasparenza, le merci possono essere:

a) assegnate a titolo gratuito a enti pubblici o a istituti aventi scopi di assistenza e beneficenza, col vincolo della destinazione agli scopi predetti, quando si tratti di merci deperibili di esigua quantità e di nessun valore commerciale;

b) acquisite dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli per un utilizzo a fini istituzionali ovvero cedute ad altre amministrazioni pubbliche qualora funzionali all’esercizio delle loro attribuzioni.

 

Nel testo vengono successivamente disciplinati i procedimenti per la vendita delle merci (articolo 76).

In sintesi si prevede che prima della vendita, l'Agenzia definisce il prezzo di vendita delle merci, che costituirà il prezzo base, tenendo conto dei prezzi di mercato e dello stato d’uso. Qualora la vendita venga svolta al pubblico incanto, sul sito internet dell’Agenzia è pubblicato il relativo avviso, almeno dieci giorni prima della gara, mentre se per la vendita si è ritenuto di ricorrere alla licitazione privata, l’invito alla partecipazione alla procedura deve essere indirizzato ad almeno cinque operatori economici (nel rispetto del criterio di rotazione). Qualora l’aggiudicazione non abbia luogo al primo incanto, le merci invendute sono messe in vendita con una successiva gara al migliore offerente, prescindendosi dal prezzo base.

 

L’articolo 77 disciplina l’esecuzione dei verbali di aggiudicazione e dei contratti di vendita. Si prevede che dal perfezionamento della vendita decorrono i termini per vincolare le merci a un regime doganale o per riesportarle.

A tale proposito si ricorda che l’articolo 149 del CDU stabilisce che le merci non unionali in custodia temporanea sono vincolate a un regime doganale o riesportate entro 90 giorni.

 

La somma ricavata dalla vendita, esclusi i diritti doganali, è destinata in primo luogo al recupero delle spese di custodia e di vendita sostenute dall’Agenzia, la parte residua della somma è assunta in deposito dall’Agenzia e resta a disposizione degli eventuali aventi diritto, i quali possono chiederne la restituzione a pena di decadenza, non oltre due anni dalla vendita. Trascorso inutilmente tale termine, la somma è incamerata a favore dell’Erario.

Salvo che non siano state oggetto di confisca, fino a che non sia avvenuta la cessione, la distruzione o la vendita, gli aventi diritto possono ottenere la disponibilità delle merci presentando una dichiarazione diretta a vincolarle a un regime doganale, previo pagamento delle spese di custodia di pertinenza dell’Agenzia e di quelle già sostenute per la procedura di vendita, nonché dei diritti doganali dovuti, in caso di immissione in consumo nel territorio doganale.

Nei confronti dell’avente diritto che ottiene lo svincolo della somma residua ovvero il recupero della disponibilità della merce è contestata, ove ne ricorrano i presupposti, la violazione relativa alla mancata presentazione, entro il prescritto termine, della dichiarazione doganale.

Le merci invendute sono di regola distrutte, salvo che l’Agenzia non ritenga di acquisirle per un utilizzo a fini istituzionali o disporne la gratuita cessione a norma dell'articolo 75, comma 4, lettera a).

 


 

Titolo VI – Violazioni doganali

Capo I
(Sanzioni di natura penale
)

 

Il titolo VI, dedicato alle violazioni doganali, dà attuazione, nell’ambito delle disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione di cui all’allegato allo schema di decreto, ai principi e criteri direttivi per la revisione del sistema sanzionatorio, di natura sia penale che amministrativa, applicabile alle violazioni della normativa doganale recata dal testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale (d.P.R. n. 43 del 1973, di seguito TULD).

 

Tali principi e criteri direttivi, dettati dall’art. 20, comma 3, della legge n. 111 del 2023, prevedono:

-       la revisione della disciplina sanzionatoria relativa al contrabbando dei tabacchi lavorati contenuta nel citato testo unico e il suo coordinamento con la disciplina concernente la sottrazione all’accertamento o al pagamento dell’accisa sui tabacchi lavorati di cui all’art. 40-bis del d.lgs. n. 504 del 1995, introdotto dall’art. 3 dello schema di decreto in esame in attuazione del criterio di delega di cui all’art. 20, comma 2, lett. b), della legge 111/2023 (lettera a);

-       il riordino dell’intero impianto sanzionatorio (relativo sia alle merci in entrata nel territorio della Repubblica italiana, ai sensi dell’art. 79 del regolamento (UE) n. 952/2013, istitutivo del codice doganale dell'Unione, sia alle merci in uscita, ai sensi dell’art. 82 del medesimo regolamento) in materia di contrabbando di prodotti diversi dai tabacchi lavorati contenuto nel titolo VII (violazioni doganali), capo I (contrabbando), del TULD, con riguardo tanto alle fattispecie penali che alle sanzioni amministrative (per le quali si richiede specificamente l’adeguamento ai princìpi di effettività, proporzionalità e dissuasività fissati dall’art. 42 del citato regolamento (UE) n. 952/2013), nonché la razionalizzazione della normativa su custodia, distruzione o vendita delle cose sequestrate o confiscate (lettera b);

-       il riordino della disciplina sanzionatoria contenuta nel titolo VII (violazioni doganali), capo II (contravvenzioni ed illeciti amministrativi), del TULD, tenendo conto, ai fini della determinazione delle sanzioni e della soglia di punibilità, della gravità della condotta, ed eventualmente stabilendone l’entità in proporzione al tributo evaso (lettera c).

 

Per quanto riguarda la lettera d) del comma 3 dell’art. 20, si rinvia alla scheda di lettura dell’art. 4 dello schema di decreto.

 

Il titolo VI si compone di tre capi:

·         il capo I riguarda le sanzioni di natura penale (artt. da 78 a 95);

·         il capo II concerne le sanzioni di natura amministrativa (artt. da 96 a 103);

·         il capo III reca le disposizioni comuni al contrabbando e alle sanzioni amministrative (artt. da 104 a 120).

 

Il capo I, relativo alle sanzioni penali, comprende norme descrittive di fattispecie penali e disposizioni in materia di circostanze aggravanti, recidiva, abitualità e professionalità nel reato, misure di sicurezza personali e patrimoniali, nonché di destinazione di beni sequestrati o confiscati a seguito di operazioni anticontrabbando.

 

Per quanto riguarda i delitti, gli articoli da 78 a 83, in attuazione dell’art. 20, comma 3, lettera b), della legge 111/2023, operano un riordino di diverse fattispecie di delitti di contrabbando, al fine di adeguare la disciplina italiana vigente, dettata dal titolo VII, capo I, del d.P.R. n. 43 del 1973, abrogato dallo schema di decreto in esame, al codice doganale dell’Unione di cui al regolamento (UE) n. 952/2013. Per tutti i suddetti delitti, è prevista la diminuzione della multa attualmente prescritta (da 2 a 10 volte i diritti di confine dovuti), sostituita con la multa dal 100 al 200 per cento dei diritti di confine dovuti. Restano sostanzialmente invariate le circostanze aggravanti stabilite dall’articolo 88 rispetto a quelle previste dall’art. 295 del d.P.R. 43/1973 (ad eccezione dell’aumento della multa prevista al comma 1 per chi adopera mezzi di trasporto appartenenti a persona estranea al reato).

 

Gli articoli 84, 85 e 86, danno invece attuazione ai principi direttivi di cui dell’art. 20, comma 3, lettera a), della legge 111/2023 in materia di contrabbando di tabacchi lavorati, attualmente disciplinata dagli articoli 291-bis, 291-ter e 291-quater del d.P.R. n. 43 del 1973. La nuova disciplina del reato di contrabbando di tabacchi lavorati (art. 84) e delle relative aggravanti (art. 85) nonché dell’associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati (art. 86) non si discosta in modo sostanziale da quella vigente se non per gli aspetti di coordinamento con il reato di sottrazione all’accertamento o al pagamento dell’accisa sui tabacchi lavorati e le relative aggravanti, introdotti dall’art. 3, lettera b), dello schema di decreto.

Ulteriori modifiche riguardano l’introduzione, nel reato di contrabbando, della condotta di “far circolare” nel territorio dello Stato un quantitativo di tabacco lavorato, che viene rideterminato in 15 kg. convenzionali (a fronte dei 10 kg. attuali), e l’ampliamento dell’ambito applicativo del reato di associazione a delinquere finalizzata al contrabbando, in cui vengono ricompresi anche i prodotti succedanei e accessori ai tabacchi da fumo, di cui agli artt. 62-quater, 62-quater.1 e 62-quinquies del d.lgs. 504/1995.

L’entità delle pene rimane invariata ad eccezione della sanzione amministrativa comminata per condotte afferenti un quantitativo di tabacco lavorato inferiore ai 15 kg. (che non può essere inferiore ai 5.000€ anziché ai 516€ attuali); a fronte di tale aumento, vengono stabilite sanzioni amministrative di 500€ e 1.000€ per il contrabbando di quantitativi minimi (rispettivamente fino a 200 gr. e tra 200 e 400 gr.).

 

I restanti articoli ricalcano perlopiù le disposizioni vigenti, ad eccezione di alcune modifiche di coordinamento. Con riferimento a recidiva, abitualità e professionalità nel contrabbando, si segnala che negli articoli 89, 90 e 91 sostanzialmente si specifica che possono essere dichiarate solo in presenza di precedenti condanne definitive.

 

Di seguito il dettaglio delle disposizioni contenute nei singoli articoli.

 

L’art. 78 (Contrabbando per omessa dichiarazione) punisce con la multa dal 100 al 200% dei diritti di confine dovuti, chiunque, in assenza di dichiarazione doganale, introduce, fa circolare nel territorio doganale o sottrae alla vigilanza doganale merci non unionali ovvero fa uscire merci unionali dal territorio doganale. La medesima sanzione si applica al detentore di merci non unionali che rifiuta o non è in grado di dimostrarne la legittima provenienza o presenta prove inattendibili.

 

Come sottolineato dalla relazione illustrativa, la nuova disciplina ha lo scopo di razionalizzare la fattispecie criminosa del contrabbando, superando l’attuale frammentazione in diverse e poco coordinate disposizioni che sanzionano la violazione in base al luogo in cui essa si verifica ovvero in base alle modalità di realizzazione del comportamento.

A tal fine in luogo dell’attuale ripartizione in molteplici fattispecie (articoli da 282 a 300 del vigente TULD) sono state individuate solo due specifiche macro-fattispecie: il contrabbando per omessa dichiarazione, di cui all’articolo 78, e il contrabbando per dichiarazione infedele, di cui al successivo articolo 79.

 

L’art. 79 (Contrabbando per dichiarazione infedele) punisce con la multa dal 100 al 200% dei diritti di confine dovuti o dei diritti indebitamente percepiti o indebitamente richiesti in restituzione chiunque dichiara qualità, quantità, origine e valore delle merci, o altri elementi occorrenti per l'applicazione della tariffa e per la liquidazione dei diritti in modo non corrispondente all’accertato.

 

L’art. 80 (Contrabbando nel movimento delle merci marittimo, aereo e nei laghi di confine) punisce con la multa dal 100 al 200% dei diritti di confine dovuti il comandante di aeromobili o il capitano di navi che sbarca, imbarca o trasborda nel territorio dello Stato merce non unionale omettendo di presentarla al più vicino ufficio dell’Agenzia ovvero alla partenza non ha a bordo merci non unionali o in esportazione con restituzione di diritti previste che dovrebbero esserci secondo il manifesto, la dichiarazione sommaria e gli altri documenti doganali ovvero trasporta merci non unionali nel territorio dello Stato senza essere munito del manifesto, della dichiarazione sommaria e degli altri documenti doganali, se prescritti. La medesima sanzione si applica inoltre al capitano della nave che trasporta merci non unionali e in violazione del divieto di approdo e di sosta delle navi rasenta le sponde nazionali o getta l’àncora, sta alla cappa ovvero comunque si mette in comunicazione con il territorio dello Stato in modo che sia agevole lo sbarco o l'imbarco delle merci stesse, nonché al comandante dell’aeromobile che, trasportando merci non unionali, atterra fuori di un aeroporto doganale e non denuncia l’atterraggio entro il giorno lavorativo successivo alle autorità di cui all'art. 65 (ufficio dell’Agenzia, comando della Guardia di finanza, altro organo di polizia, sindaco). In tal caso oltre al carico anche l’aeromobile è considerato introdotto in contrabbando.

 

Si evidenzia che la norma unifica in un’unica fattispecie penale le attuali disposizioni degli artt. 283, 284 e 285 del TULD, applicandosi tanto al comandante di aeromobili quanto al capitano della nave.

 

L’art. 81 (Contrabbando per indebito uso di merci importate con riduzione totale o parziale dei diritti) punisce con la multa dal 100 al 200% dei diritti di confine dovuti chiunque attribuisce a merci non unionali una destinazione o un uso diverso da quello per il quale è stata concessa la franchigia o la riduzione.

 

L’art. 82 (Contrabbando nell'esportazione di merci ammesse a restituzione di diritti) punisce con la multa dal 100 al 200% dei diritti che ha indebitamente riscosso o tentava di riscuotere chiunque usa mezzi fraudolenti per ottenere l’indebita restituzione di diritti stabiliti per l'importazione delle materie prime impiegate nella fabbricazione di merci che si esportano.

 

L’art. 83 (Contrabbando nell’esportazione temporanea e nei regimi di uso particolare e di perfezionamento) punisce con la multa dal 100 al 200% dei diritti di confine dovuti chiunque, nelle operazioni di esportazione temporanea e nei regimi di uso particolare o di perfezionamento, sottopone le merci a manipolazioni artificiose o usa altri mezzi fraudolenti allo scopo di sottrarle al pagamento dei diritti di confine dovuti.

 

L’art. 88 (Circostanze aggravanti del contrabbando) prevede, con riferimento ai reati di cui agli artt. da 78 a 83, l’aumento della pena fino alla metà se il contrabbando è commesso adoperando mezzi di trasporto appartenenti a persone estranee al reato.

Al comma 2 sono inoltre previste una serie di circostanze aggravanti che comportano, oltre alla multa stabilita per ciascun reato, la reclusione da 3 a 5 anni se nel commettere il reato: l’autore è sorpreso nella zona di vigilanza a mano armata (nella commissione del reato o immediatamente dopo); 3 o più autori del reato sono sorprese nella zona di vigilanza che frappongono ostacolo agli organi di polizia (anche immediatamente dopo la commissione del reato); il contrabbando è connesso con altro reato contro la fede pubblica o contro la p.a.; l’autore fa parte di un’associazione finalizzata a commettere contrabbando; l’ammontare di almeno uno dei diritti dovuti, distintamente considerati, è superiore a 100.000€ (ai sensi del comma 3, la reclusione è fino a 3 anni se l’ammontare è compreso tra 50.000€ e 100.000€).

 

L’art. 84 (Contrabbando di tabacchi lavorati) punisce con la reclusione da 2 a 5 anni chiunque introduce, vende, fa circolare, acquista o detiene a qualunque titolo nel territorio dello Stato tabacco lavorato di contrabbando in quantità superiore a 15 kg. convenzionali, calcolati secondo la definizione dell’art. 39-quinquies del d.lgs. n. 504 del 1995 (1 kg. = 200 sigari, 400 sigaretti, 1000 sigarette). I medesimi fatti sono puniti con sanzione amministrativa di 5€ per ogni grammo convenzionale di prodotto (non inferiore in ogni caso a 5.000 €) se hanno a oggetto un quantitativo di tabacco lavorato fino a 15 kg. convenzionali (sempre che non ricorrano le aggravanti di cui all’art. 85); per quantitativi minimi la sanzione amministrativa è fissa (500€ fino a 200 gr., 1.000€ tra i 200 e i 400 gr.).

 

L’art. 85 (Circostanze aggravanti del delitto di contrabbando di tabacchi lavorati) prevede l’aumento della pena se il contrabbando di tabacchi lavorati è commesso adoperando mezzi di trasporto appartenenti a persone estranee al reato.

Al comma 2 sono inoltre previste una serie di circostanze aggravanti che comportano la multa di 25€ per ogni grammo convenzionale e la reclusione da 3 a 7 anni se nel commettere il reato: l’autore fa uso di armi o venga accertato che le possedeva nell'esecuzione del reato (o nei comportamenti diretti ad assicurare il prezzo, il prodotto, il profitto o l'impunità del reato); l'autore è sorpreso insieme a due o più persone che frappongono ostacolo agli organi di polizia (anche se immediatamente dopo la commissione del reato); l'autore ha utilizzato mezzi di trasporto che presentano alterazioni o modifiche idonee a ostacolare l'intervento degli organi di polizia ovvero a provocare pericolo per la pubblica incolumità; l'autore ha utilizzato società di persone o di capitali ovvero si è avvalso di disponibilità finanziarie costituite in Stati che non hanno ratificato la Convenzione di Strasburgo sul riciclaggio dell'8 novembre 1990 o che comunque non hanno stipulato convenzioni di assistenza giudiziaria con l'Italia in materia di contrabbando. La suddetta multa e la reclusione da 3 a 7 anni si applicano altresì se il fatto è connesso con altro reato contro la fede pubblica o contro la p.a.

 

L’art. 86 (Associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati) punisce con la reclusione da 3 a 8 anni coloro che promuovono, costituiscono, dirigono, organizzano o finanziano l’associazione di 3 o più persone finalizzata a commettere i delitti di cui all’art. 84 o all’art. 40-bis (Sottrazione all’accertamento o al pagamento dell’accisa sui tabacchi lavorati) del d.lgs. n. 504 del 1995, introdotto dall’art. 3 dello schema di decreto, anche con riferimento ai prodotti succedanei dei prodotti da fumo, ai prodotti che contengono nicotina e ai prodotti accessori ai tabacchi da fumo. I partecipanti all’associazione sono puniti con la reclusione da 1 a 6 anni. Se gli associati sono 10 o più la pena è aumentata. Per l’associazione armata (che si considera tale se ha a disposizione armi o materie esplodenti, anche se occultate o tenute in deposito) ovvero per i casi in cui gli autori del reato hanno utilizzato mezzi di trasporto alterati in modo da ostacolare l'intervento della polizia o da costituire pericolo per la pubblica incolumità oppure hanno utilizzato società o disponibilità finanziarie costituite in Stati che non hanno ratificato la Convenzione di Strasburgo sul riciclaggio dell'8 novembre 1990 o non hanno stipulato convenzioni di assistenza giudiziaria con l'Italia in materia di contrabbando la reclusione è da 5 a 15 anni per i promotori/organizzatori e da 4 a 10 anni per i partecipanti. Per l’autore che si dissocia, adoperandosi per evitare che l'attività delittuosa sia portata a ulteriori conseguenze, anche aiutando concretamente l'autorità giudiziaria o di polizia nella ricostruzione dei fatti e per l'individuazione o la cattura degli autori del reato, le pene (anche quelle previste dall’art. 84) sono diminuite da un terzo alla metà.

 

Per tutti i reati sopra indicati, l’art. 87 equipara il reato tentato a quello consumato ai fini dell’applicazione della pena.

 

In materia di recidiva, l’art. 89 stabilisce che:

·         il condannato in via definitiva per delitto di contrabbando è punito, oltre che con la pena della multa, con la reclusione fino a un anno se ne commette un altro, anche se la legge stabilisce la sola multa;

·         se il condannato è recidivo e commette un altro reato di contrabbando, per il quale la legge stabilisce la sola multa, la reclusione fino ad un anno è aumentata dalla metà a due terzi.

Negli altri casi, la recidiva nel contrabbando resta regolamentata dal codice penale.

 

Gli artt. 90 e 91 disciplinano, rispettivamente, l’abitualità e la professionalità riferite al delitto di contrabbando, dichiarando:

·         delinquente abituale chi, dopo aver riportato 3 condanne per contrabbando per reati commessi non contestualmente nell’arco di 10 anni, relativi alla sottrazione (o al tentativo di sottrazione) di diritti non inferiori complessivamente a 30.000€, viene nuovamente condannato per contrabbando;

 

Per gli effetti della dichiarazione di abitualità o professionalità nel contrabbando (art. 92) si applicano le disposizioni generali di cui all’art. 109 c.p., in base alle quali da tale dichiarazione discendono l’applicazione degli aumenti di pena stabiliti per la recidiva e delle misure di sicurezza.

L’art. 109 c.p. stabilisce, inoltre, che la suddetta dichiarazione può essere pronunciata in ogni tempo, anche dopo l’esecuzione della pena, ma se pronunciata dopo la sentenza di condanna non si tiene conto della condotta del colpevole ad essa successiva e rimane ferma la pena inflitta. La dichiarazione di abitualità e professionalità nel reato si estinguono a seguito di riabilitazione.

Restano comunque applicabili le disposizioni relative all’abitualità presunta per legge e alla professionalità nel reato di cui agli artt. 102 e 105 c.p. ove ne ricorrano le condizioni.

Ai sensi dell’art. 102 c.p. è dichiarato delinquente abituale chi, dopo essere stato condannato ad oltre 5 anni di reclusione complessivi per 3 delitti non colposi della stessa indole, commessi non contestualmente nell’arco di 10 anni, riporta un'altra condanna per un delitto, non colposo, della stessa indole, commesso entro i 10 anni successivi all'ultimo dei delitti precedenti (nei 10 anni non si computa il tempo in cui il condannato è stato sottoposto a pena o misura di sicurezza detentiva).

Ai sensi dell’art. 105 c.p. è dichiarato delinquente o contravventore professionale chi, trovandosi nelle condizioni richieste per la dichiarazione di abitualità, riporta una condanna per un altro reato, qualora debba ritenersi che egli viva abitualmente, anche solo in parte, dei proventi del reato. La professionalità si desume dalla natura dei reati, dalla condotta, dal genere di vita del colpevole e dalle altre circostanze indicate nell'art. 133, secondo comma, c.p. (motivi a delinquere e carattere del reo; precedenti penali e giudiziari, nonché condotta e vita del reo antecedenti al reato; condotta contemporanea o susseguente al reato; condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo).

 

Ulteriori disposizioni riguardano l’applicazione di misure di sicurezza, sia di natura personale che di natura patrimoniale.

In particolare;

·         l’art. 93 dispone che ove venga comminata la pena della reclusione superiore a un anno per il delitto di contrabbando, il condannato viene sempre sottoposto alla libertà vigilata (alla cui esecuzione concorre la Guardia di finanza);

·         l’art. 94 dispone che sia sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono l'oggetto ovvero il prodotto o il profitto; quando ciò non sia possibile, è ordinata la confisca per equivalente di somme di denaro, beni e altre utilità di cui il condannato ha la disponibilità, anche per interposta persona. Sono inoltre confiscati i mezzi di trasporto, a chiunque appartenenti, che risultino adattati allo stivaggio fraudolento di merci o modificati al fine di maggiorarne la capacità di carico o l'autonomia o impiegati in violazione alle norme concernenti la circolazione o la navigazione e la sicurezza in mare. Se il mezzo di trasporto appartiene a persona estranea al reato non si procede a confisca, ai sensi dell’art. 240 c.p., qualora questa dimostri di non averne potuto prevedere l'illecito impiego, anche occasionale, e di non essere incorsa in un difetto di vigilanza. La confisca opera anche in caso di applicazione della pena su richiesta; se la condanna, anche conseguente a patteggiamento, riguarda un reato di contrabbando aggravato ai sensi dell’art. 88, comma 2, si procede alla confisca in casi particolari di cui all’art. 240-bis (in base al quale è sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica).

 

Infine, l’art. 95 detta disposizioni circa la destinazione di beni sequestrati o confiscati a seguito di operazioni anticontrabbando. Tali beni (beni mobili, navi e aeromobili) possono essere affidati in custodia giudiziale ovvero distrutti. A tal fine l’Agenzia delle dogane chiede preventivamente l’autorizzazione all’autorità giudiziaria competente, che provvede entro 30 giorni dal ricevimento della richiesta.

I beni possono essere affidati:

·         agli organi di polizia che ne facciano richiesta per l'impiego in attività di polizia;

·         ad altri organi dello Stato o ad altri enti pubblici non economici, per finalità di giustizia, di protezione civile o di tutela ambientale.

I relativi oneri (compresi quelli per l'assicurazione obbligatoria dei veicoli, dei natanti e degli aeromobili e le formalità doganali) sono a carico dell'ufficio o comando affidatario; a seguito di provvedimento definitivo di confisca, gli organi o gli enti che hanno avuto l’uso dei suddetti beni possono richiederne l’assegnazione.

La distruzione viene disposta qualora non vi sia alcuna istanza di affidamento o di assegnazione ovvero si tratti di beni di cui siano vietati la fabbricazione, il possesso, la detenzione o la commercializzazione. In caso di distruzione, la cancellazione dei beni dai pubblici registri è esente da qualsiasi tributo o diritto. Ai fini della distruzione, gli uffici territoriali dell’Agenzia delle dogane possono stipulare apposite convenzioni. Ove siano state distrutte merci deperibili successivamente dissequestrate, all'avente diritto è corrisposta una indennità sulla base delle quotazioni di mercato, tenuto conto dello stato del bene al momento del sequestro.

Le norme di attuazione sulla destinazione dei beni sequestrati sono adottate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della giustizia.

 


 

Capo II
(Sanzioni di natura amministrativa
)

 

Il Capo II, relativo alle sanzioni di natura amministrativa, comprende norme in materia di illeciti amministrativi, di violazioni nelle zone extra-doganali, di violazioni sul manifesto e sulla dichiarazione sommaria, disposizioni concernenti l’inosservanza di obblighi connessi al vincolo a un regime speciale e alla temporanea esportazione, degli obblighi imposti ai capitani di navi e ai comandanti di aeromobili, di adempimenti per opere in prossimità della linea di vigilanza doganale, norme in tema di rifiuto di fornire informazioni e assistenza, e infine disposizioni recanti altre violazioni.

 

L’articolo 96, riprendendo i contenuti di cui agli articoli 295-bis e 303 del vigente TULD, rispettivamente relativi alle violazioni di lieve entità e agli altri illeciti amministrativi, al comma 1 punisce con la sanzione amministrativa dal 100 al 200 per cento dei diritti di confine dovuti, e comunque in misura non inferiore a euro 2.000, e, per le violazioni relative al contrabbando per dichiarazione infedele (art. 79), in misura non inferiore a euro 1.000, chiunque commette le violazioni relative al contrabbando previste dagli articoli da 78 a 83, salvo che, alternativamente, ricorra una delle circostanze aggravanti del contrabbando di cui all’articolo 88, comma 2, lettere da a) a d) ovvero quando l’ammontare di almeno uno dei diritti di confine dovuti o indebitamente percepiti, distintamente considerati, ovvero dei diritti di confine indebitamente richiesti in restituzione, sia superiore a euro 10.000.

Il comma 2 prevede una riduzione di un terzo della sanzione laddove i maggiori diritti sono inferiori al tre per cento di quelli dichiarati.

Al comma 3, si prevede che, indipendentemente dagli articoli dichiarati, la sanzione non si applica se l'ammontare dei diritti di confine complessivamente dichiarati è pari o superiore a quelli complessivamente accertati. Ai sensi del comma 4 quando non sono indicati in maniera esatta e completa tutti gli elementi prescritti per il compimento dei controlli e l'ammontare dei diritti di confine complessivamente dichiarati è pari o superiore a quelli complessivamente accertati, si applica la sanzione nella misura da euro 150 a euro 1.000 ed è stabilito che, in presenza di più articoli, detta sanzione si applica una sola volta. Il comma 5 prevede un’esimente nel caso in cui, nella verifica delle merci immesse nei magazzini o nei recinti di custodia temporanea, sia rinvenuta, rispetto alla giacenza dichiarata, un’eccedenza di quantità inferiore al due per cento o una deficienza di quantità inferiore al due per cento oltre il calo riconosciuto. Il comma 6 stabilisce che se la deficienza di quantità è superiore al 2 per cento oltre il calo riconosciuto, la sanzione è calcolata sull’intera differenza, senza tener conto di detto calo. Se invece non si conosce il peso della merce mancante, questo è calcolato in base alla media di quelle della stessa specie. il criterio di calcolo dell’importo sul quale applicare la sanzione nelle ipotesi in cui la deficienza di quantità è superiore al due per cento e assicura, al secondo periodo, la corretta applicazione della sanzione ove non si conosca il peso della merce mancante.

Il comma 7 prevede che nei casi previsti dal comma 1, fatta salva l’ipotesi relativa al contrabbando nell’esportazione di merci ammesse a restituzione di diritti di cui all’articolo 82, è sempre disposta la confisca amministrativa delle merci oggetto dell’illecito con provvedimento adottato dall’ufficio dell’Agenzia territorialmente competente. Ai sensi del comma 8, la confisca si applica anche ai mezzi di trasporto utilizzati per commettere la violazione nelle ipotesi in cui questi siano adattati per consentire lo stivaggio fraudolento di merci ovvero siano modificati per aumentare la capacità di carico o l’autonomia, in difformità con le caratteristiche costruttive omologate.

In base a quanto previsto dal comma 9, nel caso di contrabbando per dichiarazione infedele o fraudolenta (art. 79), oltre che nei casi di cui al comma 14 (vedi infra), la confisca non si applica al ricorrere di una delle seguenti ipotesi:

·        pur essendo errati taluni elementi della dichiarazione, il dato corretto è desumibile dai documenti di accompagnamento;

·        le merci dichiarate e quelle riconosciute in accertamento sono ricomprese nella tariffa in sotto voci differenti di una medesima voce e l’ammontare dei diritti di confine dovuti è uguale a quello dei diritti liquidati o lo supera di meno di un terzo;

·        le differenze in eccesso o in difetto nella qualità o valore non superano il 5 per cento per ciascuna singolo dichiarato;

·        quando le merci non sono occultate o nascoste nei bagagli e siano rese disponibili per la verifica;

·        quando le violazioni sono caratterizzate da lieve entità.

 

Secondo quanto previsto dal comma 10 nei casi in cui la violazione consiste in una differenza tra la quantità dichiarata e quella accertata, la confisca ha a oggetto solo la quantità di merce eccedente quella dichiarata. Nel caso di beni indivisibili la confisca ha a oggetto invece l’intero bene.  Nel caso di beni a seguito di viaggiatori, la confisca si applica solo quando il valore complessivo dei beni rinvenuti è pari o superiore a tre volte la franchigia doganale.

 

Il comma 11 prevede che per le merci e i mezzi di cui è ordinata la confisca trovano applicazione le disposizioni di cui all’articolo 95. In questi casi però i relativi provvedimenti sono adottati, in luogo dell’autorità giudiziaria, dall’ufficio dell’Agenzia territorialmente competente in relazione al luogo in cui la violazione è stata accertata. Il comma 12 prevede che la confisca amministrativa si applica sempre alle violazioni amministrative relative ai tabacchi lavorati, di cui all’art. 84, commi 2 e 3. Il comma 13 introduce un esimente per i casi in cui la revisione è avviata su istanza del dichiarante, prevedendo altresì che sui maggiori diritti di confine gli interessi di mora sono dovuti qualora l’istanza sia presentata oltre i novanta giorni dallo svincolo delle merci.

Infine ai sensi del comma 14 per le violazioni relative al contrabbando per infedele dichiarazione (art. 79) in riferimento alle ipotesi in cui l’autorità giudiziaria non ravvisi una condotta dolosa, è prevista l’applicazione, a titolo di colpa, della sanzione amministrativa dall’80 per cento al 150 per cento dei diritti di confine dovuti e comunque in misura non inferiore a euro 500.

 

L’articolo 97 punisce la violazione dell’articolo 9 che riconosce al Ministro per le finanze la possibilità di vietare, con proprio decreto, la costituzione, nei territori extra-doganali, di depositi di determinate merci estere, ovvero di imporne la limitazione ai bisogni degli abitanti. Si prevede in questi casi l’applicazione della sanzione amministrativa dal 100 al 200 per cento dei diritti di confine che sarebbero dovuti se la merce fosse immessa in consumo nel territorio doganale, e comunque in misura non inferiore a euro 2.000 (comma 1). Tale sanzione, ai sensi del comma 2, è commisurata sull’eccedenza rispetto ai limiti stabiliti.

 

L’articolo 98 prevede l’irrogazione di una sanzione amministrativa da euro 150 a euro 2000 qualora si riscontrino differenze tra il numero di colli accertato e quello indicato nei documenti di entrata e uscita delle merci (manifesto, dichiarazione sommaria di entrata e di uscita ai sensi degli articoli 127 e 271 del codice doganale dell’Unione), ove obbligatoriamente previsti (comma 1).

 E’ invece punita con una sanzione amministrativa da 300 a 2.000 euro l’omessa presentazione dei già citati documenti di entrata e uscita delle merci (comma 2).

Il comma 3 introduce la previsione di una responsabilità solidale da parte di tutti i soggetti che, ai sensi degli articoli 127, 133 e 271 del codice doganale dell’Unione, possono presentare le dichiarazioni e i documenti indicati nella norma (vettore, importatore, destinatario o altra persona in nome o per conto della quale agisce il vettore, qualsiasi persona in grado di presentare o di far presentare le merci presso l’ufficio doganale di entrata).

 

L’articolo 99 interviene in materia di inosservanza di obblighi connessi al vincolo a un regime speciale e alla temporanea esportazione. Il comma 1 nello specifico punisce con la sanzione amministrativa dal 100 al 200 per cento dei maggiori diritti di confine dovuti e comunque in misura non inferiore a euro 500, chiunque violando gli obblighi prescritti dalla connessa decisione doganale, altera, manomette, trasforma la merce vincolata al regime speciale o alla temporanea esportazione o la rende inutilizzabile. E’ punita con la sanzione in misura fissa da euro 150 a euro 2.000, invece, la violazione formale del mancato appuramento del regime nei termini e con le modalità prescritti (comma 2). 

 

L’articolo 100, comma 1, punisce con la sanzione amministrativa da euro 150 a euro 1.000 il capitano di navi e il comandante di aeromobili che:

 

a) viola le disposizioni di cui all’articolo 60 ovvero omette di denunciare l’approdo, entro il giorno lavorativo successivo, in violazione di prescrizioni, divieti e limitazioni stabiliti dalla normativa doganale unionale e nazionale;

 

b) atterra per cause di forza maggiore fuori dell'aeroporto doganale e non ne segnala l'atterraggio al più vicino ufficio dell’Agenzia o comando della Guardia di finanza o altro organo di polizia ovvero al sindaco;

 

c) è sprovvisto del manifesto, della dichiarazione sommaria di entrata e dei documenti del carico ovvero ne ritarda la presentazione, quando previsti;

 

d) effettua l'imbarco, lo sbarco e il trasbordo di merci, bagagli e persone senza il permesso, ove richiesto.

 

Il comma 2 punisce invece con una sanzione amministrativa da 300 a 2.000 euro, il capitano di navi e il comandante di aeromobili che si oppone agli accertamenti di competenza dell’Agenzia o della Guardia di finanza o ne trasgredisce gli ordini, ovvero fa partire la nave o l’aeromobile senza il relativo permesso, atterra fuori dell'aeroporto doganale, ancorché ne segnali l'atterraggio alle Autorità di cui al predetto articolo 65.

 

L’articolo 101 punisce la violazione dell’articolo 7 (che vieta di eseguire ogni forma di costruzione in prossimità della linea di vigilanza doganale e nel mare territoriale, in assenza di specifica autorizzazione) con la sanzione amministrativa da un decimo all’intero valore del manufatto, determinato con le modalità stabilite dall’Agenzia (comma 1). Il comma 2 affida all’Agenzia l’emissione del provvedimento di demolizione del manufatto, in danno e a spese del trasgressore, ove sia accertata la sussistenza di un rilevante pericolo per gli interessi erariali, non altrimenti eliminabile a cura e spese del trasgressore medesimo.

 

 L’articolo 102 punisce con la sanzione amministrativa da euro 5.000 a euro 10.000 chiunque si rifiuta di fornire all’Agenzia e alla Guardia di finanza, entro i termini assegnati, la documentazione e le informazioni richieste, nonché l’assistenza necessaria ai fini dell’espletamento delle attività di competenza.

 

 

L’articolo 103, in applicazione del criterio che prevede il riordino della disciplina sanzionatoria in linea con il codice doganale dell’Unione, introduce ulteriori fattispecie di illeciti amministrativi puniti con una sanzione amministrativa da euro 150 a euro 2.000. Si tratta dei seguenti illeciti:

·        inosservanza di un provvedimento relativo all'applicazione della normativa doganale;

·        fornitura all’Agenzia e alla Guardia di finanza di informazioni o documenti inesatti o invalidi;

·        mancata conservazione dei documenti e delle informazioni relativi all'espletamento delle formalità doganali, nonché la tenuta non corretta delle scritture previste ai fini doganali;

·        manomissione e l’alterazione dei sigilli doganali.


 

Capo III
(Disposizioni comuni al contrabbando e alle sanzioni amministrative
)

 

Il Capo III (artt. da 104 a 120) contiene una serie di disposizioni comuni al contrabbando e alle sanzioni amministrative, che si apre con il rinvio, per quanto non specificamente previsto e nei limiti della compatibilità, all’impianto sanzionatorio tributario generale di cui ai decreti legislativi 471 e 472 del 18 dicembre 1997, applicabile alle violazioni e alle correlative sanzioni disciplinate dalle disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’unione di cui all’allegato 1 dello schema di decreto (di seguito disposizioni nazionali complementari) (art. 104).

Gli articoli da 105 a 109 sono volti a regolare le modalità di accertamento, da eseguire mediante redazione di processo verbale, delle violazioni della normativa doganale, nonché le competenze dei funzionari dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli in materia.

In particolare, viene attribuita ai funzionari dell’Agenzia la facoltà di accertare le violazioni sia della normativa doganale (unionale e nazionale) sia delle altre disposizioni di legge la cui applicazione è demandata alla Agenzia, con la previsione che, nell’esercizio di tali attribuzioni, i medesimi funzionari rivestono la qualità di ufficiali di polizia tributaria (art. 106).

Sono previste due distinte procedure a seconda che le violazioni siano accertate all’interno degli spazi doganali (art. 107) o fuori dagli spazi doganali (art. 108):

·         nel primo caso, la redazione del verbale, anche sulla base di rapporti degli altri organi della polizia giudiziaria, è competenza esclusiva dei funzionari dell’Agenzia[1]; il processo verbale deve essere successivamente trasmesso alla Procura della Repubblica o all’ufficio dell’Agenzia rispettivamente competenti per il procedimento penale o per quello relativo all'applicazione della sanzione amministrativa, salvo che la violazione sia estinta ai sensi dell'articolo 112 o per oblazione;

·         nel secondo caso, i verbali di accertamento sono trasmessi, a cura dei pubblici ufficiali che li hanno redatti, all’ufficio dell’Agenzia competente, qualora le violazioni siano state estinte ai sensi dell'articolo 112 o tramite oblazione; diversamente l’ufficio competente dell’Agenzia provvederà a trasmettere il processo verbale alla Procura della Repubblica presso il Tribunale nel cui territorio la violazione è stata accertata.

Per quanto riguarda il contenuto del verbale di accertamento, l’art. 107, comma 3, dispone l’obbligatorietà di talune specifiche informazioni (origine, qualità, quantità e valore delle merci; presa in consegna e custodia delle cose sequestrate; classificazione doganale delle merci; ammontare dei diritti dovuti nonché delle sanzioni penali e amministrative stabilite dalla legge per le violazioni accertate).

Infine, in merito alle violazioni aventi rilevanza penale, per le quali non è ammessa né l’oblazione né l’estinzione ai sensi dell’articolo 112, si dispone (art. 109) una forma di trasmissione diretta dei verbali alla competente Procura della Repubblica da parte dei pubblici ufficiali che li hanno redatti, con contestuale invio anche all’ufficio dell’Agenzia competente, funzionale alla comunicazione, alla Procura della Repubblica destinataria, delle indicazioni di cui al comma 3 dell’articolo 107.

Gli articoli dal 110 al 115, ricalcando in gran parte la disciplina precedente contenuta nel TULD regolano una serie di istituti eterogenei:

-          l’obbligazione civile (artt. 110 e 111) dipendente dai delitti di contrabbando commessi sulle navi, sugli aeromobili, sui veicoli di qualsiasi genere, nelle stazioni, sui treni, negli stabilimenti industriali e commerciali, negli esercizi pubblici o in altri luoghi aperti al pubblico, a carico di diversi soggetti (il capitano, il comandante, il vettore, il capostazione, il capotreno, l’ente o la persona da cui dipende il servizio o lo stabilimento, l’esercente o il proprietario), tenuti al pagamento di una somma pari all'ammontare della multa inflitta, se il condannato sia persona da essi dipendente o sottoposta alla loro autorità, direzione o vigilanza e risulti insolvibile. Con l’eccezione, tuttavia, dei casi in cui il condannato sia dipendente dallo Stato, da una regione, da una provincia o da un comune o sia sottoposto alla loro autorità, direzione o vigilanza, nonché nei confronti dei gestori di servizi di trasporto per i delitti di contrabbando commessi da viaggiatori. Sono, invece, obbligati solidalmente al pagamento: il capitano con l'armatore; il comandante dell'aeromobile con la società di navigazione o con il proprietario dell'apparecchio; il capostazione e il capotreno, per le linee gestite dall'industria privata, con la società concessionaria. Qualora i soggetti civilmente obbligati per il pagamento della multa risultino insolvibili, si procede, contro il condannato, alla conversione della multa, ai sensi degli artt. 102 e 103 della legge n. 689 del 1981;

-          l’estinzione dei delitti di contrabbando punibili con la sola pena della multa (art. 112), in conseguenza del pagamento di una somma ulteriore rispetto al tributo, determinata dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli in misura compresa tra il 100% e il 200% dei diritti previsti per la violazione commessa. Con la precisazione che il pagamento di tale somma non impedisce l’applicazione della confisca, che viene disposta con provvedimento dell’Agenzia;

-          l’oblazione per le contravvenzioni (art. 113) punibili con la sola pena dell'ammenda il cui massimo non supera 50€, secondo la disciplina contenuta nella legge n. 4 del 1929. In questi casi l’Agenzia può, quando ricorrono particolari circostanze, determinare, oltre al tributo, la somma da pagare per l'estinzione del reato anche in misura inferiore al sesto del massimo dell'ammenda stabilita dalla legge;

-          l’obbligo del pagamento dei diritti di confine[2] (art. 115), anche in seguito al pagamento della multa o della sanzione amministrativa, salvo il caso in cui la merce oggetto degli illeciti sia stata sequestrata o confiscata. In quest’ultimo caso, i diritti di confine, se non dovuti, sono comunque considerati ai fini dell’applicazione delle sanzioni penali o amministrative, se le stesse devono essere determinate in misura a essi proporzionali.

Una disposizione specifica (art. 114) è dedicata alle modalità di ripartizione delle somme riscosse, in sede di accertamento delle violazioni alla normativa doganale, per multe, ammende e sanzioni amministrative, nonché di quelle ricavate dalla vendita delle cose confiscate. In particolare, si prevede che tali somme, dedotte le spese e la quota di spettanza del Fondo Unico di Giustizia di cui all’articolo 2 del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, siano devolute per metà all’erario. L’altra metà è, invece, destinata ad una successiva ripartizione tra l’Agenzia delle dogane e dei monopoli e la Guardia di finanza o altra amministrazione, in base all’appartenenza degli scopritori delle violazioni da cui derivano le medesime somme.

Gli articoli 116 e 117 riproducono testualmente i corrispondenti articoli 339 e 340 del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale (d.P.R. 43/1973). Si tratta di disposizioni volte a coordinare le norme introdotte ad opera dall’allegato allo schema di decreto in esame con quelle contenute in leggi speciali. Più nel dettaglio si ribadisce, in primo luogo, la regola secondo cui l’applicazione delle pene comminate da leggi speciali, relative ai divieti di importazione e di esportazione, deve avvenire in modo da non pregiudicare l’applicazione delle disposizioni nazionali complementari; in secondo luogo, si ribadisce l’estensione delle disposizioni del Titolo VI, dedicato alle “Violazioni doganali”, anche alle violazioni in materia doganale contenute in leggi e decreti che non contemplino sanzioni particolari per le violazioni stesse.

L’articolo 118, invece, introduce disposizioni in materia di gestione dei beni e delle merci sequestrate o confiscate per le violazioni previste dalle disposizioni nazionali complementari (v. anche gli artt. 95 e 96, ai quali l’art. 118 rinvia). A tale riguardo, viene stabilito, in via generale (salva diversa disposizione dell’autorità giudiziaria per le fattispecie costituenti reato), l’affidamento in custodia all’Agenzia delle dogane e dei monopoli delle cose sequestrate o confiscate, con il rispetto, nei limiti della compatibilità, delle cautele prescritte dal codice di procedura penale al fine di assicurarne l'identità e la conservazione. Se sussiste pericolo di deperimento delle cose sequestrate, l’Agenzia può procedere alla vendita, previa autorizzazione, per le fattispecie costituenti reato, dell’autorità giudiziaria, che si pronuncia entro trenta giorni.

Tuttavia, nei procedimenti a carico di ignoti, l’Agenzia può procedere alla distruzione delle merci sequestrate, decorso il termine di tre mesi dalla data di effettuazione del sequestro, dandone comunicazione all’autorità giudiziaria per le fattispecie costituenti reato; decorsi 15 giorni dalla comunicazione, l’Agenzia potrà procedere alla distruzione, salva la facoltà di conservazione di campioni da utilizzare a fini giudiziari.

Sono, altresì, previste alcune disposizioni specifiche con riferimento ai tabacchi lavorati di contrabbando: al riguardo, viene stabilito che quando il decreto di sequestro o di convalida del sequestro non è più assoggettabile a riesame, l’autorità giudiziaria può: a) ordinare la distruzione del tabacco lavorato sequestrato, disponendo il prelievo di uno o più campioni determinandone l’entità, con l’osservanza delle formalità prescritte dall’articolo 364 del codice di procedura penale per garantire l’assistenza difensiva della persona sottoposta ad indagini; b) autorizzare la consegna di un campione ai produttori nazionali o esteri.

In considerazione dei possibili elevati costi per il mantenimento dei reperti, è peraltro consentito all’Agenzia di distruggere e campionare i prodotti, decorso un anno dal sequestro e trascorsi 15 giorni dalla comunicazione all’autorità giudiziaria. In ogni caso, i costi per la distruzione delle merci possono essere anticipati dall’Agenzia e recuperati a carico dei soggetti individuati dalle disposizioni doganali unionali.

È prevista la vendita, con le modalità di cui agli articoli dal 75 al 77 (v. supra), delle cose sequestrate in via amministrativa ove il soggetto che avrebbe diritto alla restituzione non provveda a ritirarle entro 90 giorni dalla notifica del relativo provvedimento. L’Agenzia può di converso consentire al trasgressore, su richiesta, il riscatto delle merci confiscate in via amministrativa previo pagamento del valore delle stesse, dei diritti dovuti, degli interessi, delle sanzioni e delle spese sostenute per la loro gestione.

Gli articoli 119 e 120 chiudono il Capo III, riconoscendo all’Agenzia delle dogane e dei monopoli e alla Guardia di finanza una duplice facoltà, da esercitare a condizioni di reciprocità e nel rispetto del diritto unionale, dei trattati multilaterali e bilaterali applicabili nonché delle leggi speciali in materia:

-          procedere allo scambio di documenti e informazioni con le competenti autorità amministrative di Paesi esteri, utili per l'accertamento di violazioni previste da leggi e regolamenti applicabili nel loro territorio all'entrata o all'uscita delle merci;

-           consentire che i propri dipendenti depongano come testimoni nei procedimenti civili, penali e amministrativi, riguardanti la materia doganale, instaurati in Paesi esteri.

Titolo VII – Disposizioni finali

Capo I
Scritture doganali

 

Il Titolo VII dell’Allegato 1, contiene le disposizioni finali, concernenti le scritture doganali. L’articolo 121 recepisce, con modificazioni, le norme previste all’articolo 350 del vigente TULD, stabilisce che, con provvedimento dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, sono definiti i modelli di registri, gli stampati e gli altri formulari relativi alle scritture contabili, nonché le istruzioni per il loro uso.

Nel testo, in materia di revisione delle scritture doganali (articolo 122), si prevede che, ai sensi dell’articolo 17 del codice dell’amministrazione digitale di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, con provvedimenti dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli siano fissati i termini e le modalità per la telematizzazione delle procedure e degli istituti doganali.

Sempre con provvedimenti dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli sono fissate le regole per la digitalizzazione di documenti, supporti e registri cartacei ancora in uso, non contemplati nel programma di lavoro relativo allo sviluppo e all’utilizzazione dei sistemi elettronici previsti dal Codice doganale dell’Unione, di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2023/2879 della Commissione, del 15 dicembre 2023.

 

Si ricorda che, in allegato alla suddetta decisione, sono elencati 17 progetti da realizzarsi in gran parte entro il 2025 (i sistemi Aes per l’esportazione e Ncts per il transito saranno obbligatori per la componente nazionale entro il 2 dicembre 2024):

-Sistema degli esportatori registrati (REX) nell’ambito del CDU;

-Informazione tariffaria vincolante (ITV) nell’ambito del CDU;

-Decisioni doganali nell’ambito del CDU;

-Accesso diretto degli operatori ai sistemi di informazioni europei (gestione uniforme degli utenti e firma digitale);

-Aggiornamento del sistema degli operatori economici autorizzati (AEO) nell’ambito del CDU;

-Aggiornamento del sistema di registrazione e identificazione degli operatori economici nell’ambito del CDU (EORI 2);

-Surveillance 3 nell’ambito del CDU;

-Prova della posizione unionale delle merci (PoUS) nell’ambito del CDU;

-Aggiornamento del nuovo sistema di transito informatizzato (NCTS) nell’ambito del CDU;

-Sistema automatizzato di esportazione (AES) nell’ambito del CDU;

-Bollettini di informazione (INF) per i regimi speciali nell’ambito del CDU;

-Regimi speciali nell’ambito del CDU;

-Notifica di arrivo, notifica di presentazione e custodia temporanea nell’ambito del CDU;

-Aggiornamento dei sistemi nazionali di importazione nell’ambito del CDU;

-Sdoganamento centralizzato all’importazione (CCI) nell’ambito del CDU;

-Gestione delle garanzie (GUM) nell’ambito del CDU;

-Sistema di controllo delle importazioni 2 nell’ambito del CDU (ICS2).

 

Sul punto si ricorda, inoltre, che l’articolo 6 del CDU prevede che tutti gli scambi di informazioni, quali dichiarazioni, richieste o decisioni, tra autorità doganali nonché tra operatori economici ed autorità doganali, e l'archiviazione di tali informazioni richiesti dalla normativa doganale sono effettuati mediante procedimenti informatici.

 

L’articolo 17 del codice dell’amministrazione digitale

 

In materia di digitalizzazione delle procedure di lavoro e della documentazione in possesso delle pubbliche amministrazioni, il richiamato articolo 17 del codice dell’amministrazione digitale prevede alcune norme di organizzazione. Secondo la disposizione richiamata, le pubbliche amministrazioni garantiscono l'attuazione delle linee strategiche per la riorganizzazione e la digitalizzazione dell'amministrazione definite dal Governo in coerenza con le Linee guida. A tal fine, ciascuna pubblica amministrazione affida a un unico ufficio dirigenziale generale, fermo restando il numero complessivo di tali uffici, la transizione alla munodalità operativa digitale e i conseguenti processi di riorganizzazione finalizzati alla realizzazione di un'amministrazione digitale e aperta, di servizi facilmente utilizzabili e di qualità, attraverso una maggiore efficienza ed economicità. Al suddetto ufficio sono inoltre attribuiti i compiti relativi a:

a)  coordinamento strategico dello sviluppo dei sistemi informativi, di telecomunicazione e fonia, in modo da assicurare anche la coerenza con gli standard tecnici e organizzativi comuni;

b)  indirizzo e coordinamento dello sviluppo dei servizi, sia interni che esterni, forniti dai sistemi informativi di telecomunicazione e fonia dell'amministrazione;

c)  indirizzo, pianificazione, coordinamento e monitoraggio della sicurezza informatica relativamente ai dati, ai sistemi e alle infrastrutture anche in relazione al sistema pubblico di connettività, nel rispetto delle regole tecniche di cui all'articolo 51, comma 1;

d)  accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici e promozione dell'accessibilità anche in attuazione di quanto previsto dalla legge 9 gennaio 2004, n. 4;

e)  analisi periodica della coerenza tra l'organizzazione dell'amministrazione e l'utilizzo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, al fine di migliorare la soddisfazione dell'utenza e la qualità dei servizi nonché di ridurre i tempi e i costi dell'azione amministrativa;

f)  cooperazione alla revisione della riorganizzazione dell'amministrazione ai fini di cui alla lettera e);

g)  indirizzo, coordinamento e monitoraggio della pianificazione prevista per lo sviluppo e la gestione dei sistemi informativi di telecomunicazione e fonia;

h)  progettazione e coordinamento delle iniziative rilevanti ai fini di una più efficace erogazione di servizi in rete a cittadini e imprese mediante gli strumenti della cooperazione applicativa tra pubbliche amministrazioni, ivi inclusa la predisposizione e l'attuazione di accordi di servizio tra amministrazioni per la realizzazione e compartecipazione dei sistemi informativi cooperativi;

i)  promozione delle iniziative attinenti l’attuazione delle direttive impartite dal Presidente del Consiglio dei Ministri o dal Ministro delegato per l'innovazione e le tecnologie;

j)  pianificazione e coordinamento del processo di diffusione, all'interno dell'amministrazione, dei sistemi di identità e domicilio digitale, posta elettronica, protocollo informatico, firma digitale o firma elettronica qualificata e mandato informatico, e delle norme in materia di accessibilità e fruibilità nonché del processo di integrazione e interoperabilità tra i sistemi e servizi dell'amministrazione e quello di cui all'articolo 64-bis;

j-bis) pianificazione e coordinamento degli acquisti di soluzioni e sistemi informatici, telematici e di telecomunicazione al fine di garantirne la compatibilità con gli obiettivi di attuazione dell'agenda digitale e, in particolare, con quelli stabiliti nel piano triennale di cui all'articolo 16, comma 1, lettera b).

Per lo svolgimento di tali compiti, le Agenzie, le Forze armate, compresa l'Arma dei carabinieri e il Corpo delle capitanerie di porto, nonché i Corpi di polizia hanno facoltà di individuare propri uffici senza incrementare il numero complessivo di quelli già previsti nei rispettivi assetti organizzativi. Il responsabile dell'ufficio di è dotato di adeguate competenze tecnologiche, di informatica giuridica e manageriali e risponde, con riferimento ai compiti relativi alla transizione, alla modalità digitale direttamente all'organo di vertice politico.

 



[1]     In materia di competenza all’accertamento di violazioni, è comunque fatto salvo quanto previsto da specifiche disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore delle disposizioni nazionali complementari: sul punto la Relazione illustrativa richiama, a titolo di esempio, l’art. 103 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 e l’art. 10 del decreto legislativo n. 177 del 2016, che riconoscono alla Guardia di finanza facoltà di autonoma attività di controllo e conseguente verbalizzazione, rispettivamente, nel settore del contrasto al traffico di sostanze stupefacenti e dei controlli doganali in materia di commercio illegale della flora e della fauna in via di estinzione.

[2]     Si ricorda che i diritti di confine costituiscono una species dei diritti doganali e sono, ai sensi dell’art. 34 del d.P.R. 43/1973: i dazi di importazione e quelli di esportazione, i prelievi e le altre imposizioni all'importazione o all'esportazione previsti dai regolamenti comunitari e dalle relative norme di applicazione ed inoltre, per quanto concerne le merci in importazione, i diritti di monopolio, le sovrimposte di confine ed ogni altra imposta o sovrimposta di consumo a favore dello Stato.