Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Finanze
Titolo: Schema di decreto legislativo recante modifiche allo statuto dei diritti del contribuente
Riferimenti: SCH.DEC N.97/XIX
Serie: Atti del Governo   Numero: 97
Data: 30/11/2023
Organi della Camera: VI Finanze

30 novembre 2023

 

 

Schema di decreto legislativo

recante modifiche allo statuto dei

diritti del contribuente

 

 

Atto del Governo n. 97

 

 

 

Ai sensi degli articoli 1, 4 e 17, comma 1, lettera b), della legge 9

agosto 2023, n. 111

 

 

 

 

 

 

 

Servizio Studi

Tel. 06 6706-2451 - * studi1@senato.it @SR_Studi

 

Dossier n. 194

 

 

 

 

 

 

 

 

Servizio Studi

Dipartimento Finanze

Tel. 06 6760-9496 - * st_finanze@camera.it @CD_finanze

 

Atti del Governo n. 97

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La documentazione dei Servizi e degli Uffici del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati è destinata alle esigenze di documentazione interna per l’attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. Si declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.

 

FI0045.docx

 


I N D I C E

 

 

Premessa Le disposizioni in tema di razionalizzazione e semplificazione delle norme in materia di adempimenti tributari 3

Articolo 1, comma 1, lettera a) (Principi generali). 7

Articolo 1, comma 1, lettere b), c) e d) (Modifiche allo Statuto del contribuente)  10

Articolo 1, comma 1, lettera e) (Principio del contraddittorio). 13

Articolo 1, comma 1, lettera f) (Chiarezza e motivazione degli atti). 16

Articolo 1, comma 1, lettera g) (Regime di validità degli atti). 19

Articolo 1, comma 1, lettera h) (Conservazione degli atti). 23

Articolo 1, comma 1, lettera i) (Ne bis in idem e divieto di divulgazione dei dati)  25

Articolo 1, comma 1, lettera l) (Tutela dell’affidamento e della
buona fede)
. 28

Articolo 1, comma 1, lettera m), articolo 10-ter (Principio di proporzionalità nel procedimento tributario). 29

Articolo 1, comma 1, lettera m), articolo 10-quater (Esercizio del potere di autotutela obbligatoria) 31

Articolo 1, comma 1, lettera m), articolo 10-quinquies (Esercizio del potere di autotutela facoltativa). 34

Articolo 1, comma 1, lettera m), articolo 10-sexies (Documenti di prassi). 35

Articolo 1, comma 1, lettera m), articolo 10-septies (Circolari). 36

Articolo 1, comma 1, lettera m), articolo 10-octies (Consulenza giuridica). 37

Articolo 1, comma 1, lettera m), articolo 10-nonies (Consultazione semplificata)  39

Articolo 1, comma 1, lettera n) (Interpello). 41

Articolo 1, comma 1, lettera o) (Abrogazione norma in materia di garanzie per il contribuente sottoposto a verifiche fiscali) 50

Articolo 1, comma 1, lettera p) (Garante nazionale del contribuente). 51

Articolo 1, comma 2 (Clausola di invarianza finanziaria) 53

Articolo 2 (Disposizioni finali e abrogazioni). 54

Articolo 3 (Entrata in vigore). 56


Premessa
Le disposizioni in tema di razionalizzazione e semplificazione delle norme in materia di adempimenti tributari

 

Lo schema di decreto legislativo AG. 97, recante modifiche allo statuto dei diritti del contribuente, dà attuazione all’articolo 4 della legge n. 111 del 2023, avente specificamente ad oggetto la riforma dello statuto del contribuente, ma anche al comma 1, lettera p) dell’articolo 16 della medesima disposizione, in materia di sospensione dei termini di risposta all’interpello nel mese di agosto, nonché all’articolo 17, comma 1, lettera b) che delega il Governo ad applicare in via generalizzata il principio del contraddittorio, a pena di nullità, fuori dei casi dei controlli automatizzati e delle ulteriori forme di accertamento di carattere sostanzialmente automatizzato, prevedendo inoltre una disposizione generale sul diritto del contribuente a partecipare al procedimento tributario, secondo le seguenti caratteristiche: 1) previsione di una disciplina omogenea indipendentemente dalle modalità con cui si svolge il controllo; 2) assegnazione di un termine non inferiore a sessanta giorni a favore del contribuente per formulare osservazioni sulla proposta di accertamento; 3) previsione dell’obbligo, a carico dell’ente impositore, di formulare espressa motivazione sulle osservazioni formulate dal contribuente; 4) estensione del livello di maggiore tutela previsto dall’articolo 12, comma 7, della citata legge n. 212 del 2000.

Lo schema di decreto legislativo è composto da tre articoli.

L’articolo 1 contiene le modifiche alla legge n. 212 del 2000 e si articola a sua volta in 2 commi: il comma 1, dalle lettere a) a p), contiene tutte le modifiche alla legge n. 212 del 2000 mentre il comma 2 contiene la clausola di invarianza finanziaria relativa ad alcune specifiche norme di cui al comma 1.

L’articolo 2 ha ad oggetto le disposizioni finali e le abrogazioni mentre l’articolo 3 disciplina l’entrata in vigore.

Sotto il profilo contenutistico di dettaglio l’articolo 1, lettera a) contiene le modifiche all’articolo 1 della legge n. 212 del 2020, contenente i principi generali.

La lettera b) introduce il divieto di analogia nell’ambito tributario, la lettera c) specifica che l’applicazione delle norme modificative a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data della rispettiva entrata in vigore riguarda non solo i cosiddetti tributi periodici, ma anche i tributi dovuti, determinati ovvero liquidati periodicamente, mentre la lettera d) stabilisce che i provvedimenti emessi in violazione dell’obbligo di invitare a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti non siano più nulli, ma annullabili.

La lettera e) disciplina l’applicazione del principio del contraddittorio (introducendo l’articolo 6-bis allo Statuto del contribuente), La lettera f) modifica l’articolo 7 dello statuto del contribuente in materia di obbligo di motivazione, che viene circoscritto ai soli provvedimenti tributari e non riguarda più tutti gli atti e, come previsto dai principi di delega, prevedendosi inoltre che la motivazione rechi i presupposti, i mezzi di prova e le ragioni giuridiche su cui si fonda la decisione. Sono poi previsti specifici principi in merito alla trasmissione degli atti richiamati nella motivazione, il divieto di successiva modifica dei fatti e dei mezzi di prova a fondamento del provvedimento ed il contenuto minimo degli atti della riscossione che costituiscono il primo atto con il quale è comunicata una pretesa per tributi, interessi, sanzioni o accessori.

La lettera g) introduce gli articoli da 7-bis a 7-sexies che recano disposizioni in tema di validità degli atti dell’amministrazione tributaria: viene disciplinato il regime generale di annullabilità, di nullità e irregolarità degli atti; sono elencati i vizi dell’attività istruttoria (con particolare riferimento all’inutilizzabilità degli atti acquisiti nel corso di attività ispettiva presso il contribuente oltre i termini di permanenza previsti dalla legge) e i relativi effetti; infine, le disposizioni disciplinano altresì i vizi delle notificazioni. La lettera h) novella l’articolo 8 dello Statuto del contribuente, recante disposizioni in tema di tutela dell’integrità patrimoniale del contribuente, con riferimento ai limiti temporali all’obbligo di conservazione delle scritture contabili.

La lettera i) introduce gli articoli 9-bis e 9-ter concernenti rispettivamente il divieto di bis in idem nell’ambito dell’accertamento tributario e il divieto di divulgazione dei dati dei contribuenti.

La lettera l) prevede una specifica disposizione in materia di tutela dell’affidamento del contribuente con riguardo ai tributi unionali.

La lettera m) introduce gli articoli da 10-ter a 10- nonies nello statuto del contribuente concernenti rispettivamente l’introduzione del principio di proporzionalità (art. 10-ter) la disciplina dell’autotutela obbligatoria e facoltativa (10-quater e 10-quinques), la descrizione della documentazione di prassi ossia le circolari, la consulenza giuridica e la consultazione semplificata (da 10-sexies a 10-nonies).

La lettera n) novella integralmente la disciplina dell’interpello, prevedendo anche nuove misure volte a contenere l’elevato numero di interpelli che pervengono all’Agenzia delle entrate, tra le quali la previsione del versamento di un contributo e l’impossibilità di interpello allorché l’amministrazione finanziaria abbia fornito, mediante documenti di prassi, la soluzione per fattispecie corrispondenti.

La lettera o) contiene una disposizione di coordinamento mentre la lettera p) prevede l’istituzione del garante nazionale del contribuente in sostituzione dei garanti regionali del contribuente oggi esistenti.

I principi di delega di cui all’articolo 4 della legge n. 111 del 2023

 

L’articolo 4 della legge n. 111 del 2023 prevede che le disposizioni dello Statuto costituiscono princìpi generali dell’ordinamento e criteri di interpretazione adeguatrice della legislazione tributaria e indica i seguenti princìpi e criteri direttivi di delega per la revisione dello Statuto medesimo:

a) rafforzare l’obbligo di motivazione degli atti impositivi, anche mediante l’indicazione delle prove su cui si fonda la pretesa;

b) valorizzare il principio del legittimo affidamento del contribuente e il principio di certezza del diritto;

c) razionalizzare la disciplina dell’interpello, al fine di:

§  ridurre il ricorso all’istituto dell’interpello incrementando l’emanazione di provvedimenti interpretativi di carattere generale, anche indicanti una casistica delle fattispecie di abuso del diritto, elaborati anche a seguito dell’interlocuzione con gli ordini professionali, con le associazioni di categoria e con gli altri enti esponenziali di interessi collettivi nonché tenendo conto delle proposte pervenute attraverso pubbliche consultazioni;

§  rafforzare il divieto di presentazione di istanze di interpello, riservandone l’ammissibilità alle sole questioni che non trovano soluzione in documenti interpretativi già emanati;

§  subordinare, per le persone fisiche e i contribuenti di minori dimensioni, l’utilizzazione della procedura di interpello alle sole ipotesi in cui non è possibile ottenere risposte scritte mediante servizi di interlocuzione rapida, realizzati anche attraverso l’utilizzo di tecnologie digitali e di intelligenza artificiale;

§  subordinare l’ammissibilità delle istanze di interpello al versamento di un contributo, da graduare in relazione a diversi fattori, quali la tipologia di contribuente o il valore della questione oggetto dell’istanza, finalizzato al finanziamento della specializzazione e della formazione professionale continua del personale delle agenzie fiscali;

d) disciplinare l’istituto della consulenza giuridica, distinguendolo dall’interpello e prevedendone presupposti, procedure ed effetti, assicurando che non ne derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica;

e) prevedere una disciplina generale del diritto di accesso agli atti del procedimento tributario;

f) prevedere una generale applicazione del principio del contraddittorio a pena di nullità;

g) prevedere una disciplina generale delle cause di invalidità degli atti impositivi e degli atti della riscossione;

h) potenziare l’esercizio del potere di autotutela estendendone l’applicazione agli errori manifesti nonostante la definitività dell’atto, prevedendo l’impugnabilità del diniego ovvero del silenzio nei medesimi casi nonché, con riguardo alle valutazioni di diritto e di fatto operate, limitando la responsabilità nel giudizio amministrativocontabile dinanzi alla Corte dei conti alle sole condotte dolose;

i) prevedere l’istituzione e la definizione dei compiti del Garante nazionale del contribuente, quale organo monocratico con incarico di durata quadriennale, rinnovabile una sola volta, e la contestuale soppressione del Garante del contribuente, operante presso ogni direzione regionale delle entrate e direzione delle entrate delle province autonome, di cui all’articolo 13 della legge 27 luglio 2000, n. 212, e assicurando la complessiva invarianza degli oneri finanziari.


 

Articolo 1, comma 1, lettera a)
(Principi generali)

 

 

L’articolo 1, comma 1, lettera a) modifica l’articolo 1 dello Statuto del contribuente, recante i principi generali.

Tra le modifiche più rilevanti:

§  si precisa che le disposizioni dello Statuto del Contribuente hanno portata generale in quanto si applicano a tutti i soggetti del rapporto tributario;

§  si introducono i riferimenti ai principi legislativi europei;

§  viene rafforzato e precisato il ruolo degli enti locali nella regolazione delle materie oggetto dello Statuto del contribuente.

 

In particolare, l’articolo 1, comma 1, lettera a), al numero 1 modifica l’articolo 1, comma 1 dello Statuto.

In particolare si precisa che le disposizioni dello Statuto del Contribuente hanno portata generale in quanto si applicano a tutti i soggetti del rapporto tributario e, dunque, anche all’Amministrazione finanziaria. Viene introdotta una norma di carattere generale volta a garantire che tali disposizioni, in luogo di attuare solo alcuni articoli della Costituzione, si conformano:

§  a tutte le norme della Costituzione rilevanti in materia tributaria; rispetto alla formulazione vigente, dunque, esse non costituiscono più la sola attuazione del principio di uguaglianza (articolo 3 Cost.), del principio di legalità in materia tributaria (articolo 23), della capacità contributiva e della progressività del sistema tributario (articolo 53) e ai principi di buon andamento, imparzialità e organizzazione ex lege della pubblica amministrazione (articolo 97);

§  ai principi dell’ordinamento dell’Unione Europea;

§  alla Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo.

 

Secondo quanto riportato dalla relazione illustrativa il riferimento a tutti i soggetti del rapporto tributario consente di estendere l’applicazione dei principi dello Statuto applicabili al contribuente anche a tutti gli altri soggetti passivi del tributo nonché ai destinatari di obblighi formali connessi all’adempimento tributario (dichiarativo e di versamento). Inoltre la relazione illustrativa rileva come, nel corso degli ultimi anni, si è riscontrata, specialmente a livello internazionale ed europeo, una forte proliferazione di obblighi formali, aventi natura dichiarativa o comunicativa, anche in capo a soggetti diversi da quelli che hanno un ruolo direttamente connesso con il pagamento del tributo.

Secondo la relazione illustrativa, è fondamentale assicurare anche a tali soggetti, secondo modalità non diverse da quanto applicabile ai contribuenti, la protezione effettiva dei diritti fondamentali all’interno dell’ordinamento tributario italiano nel rispetto di tutti i principi fondamentali contenuti nello Statuto.

 

Rimane fermo che le norme dello Statuto costituiscono princìpi generali dell'ordinamento; rispetto alla formulazione vigente, sono princìpi dell’intero ordinamento e non solo di quello tributario. Viene chiarito che le norme dello Statuto costituiscono criteri di interpretazione adeguatrice della legislazione tributaria.

Infine, viene eliminato il divieto di deroga e modifica per effetto di leggi speciali.

 

Nella Relazione illustrativa il Governo chiarisce che in tal modo le disposizioni contenute nello Statuto possono svolgere una funzione orientativa per l’interpretazione di tutte le norme tributarie, contribuendo al rafforzamento della certezza del diritto e alla coerenza di tali norme con i principi giuridici dell’ordinamento tributario italiano.

L’intervento normativo recepisce la ormai consolidata giurisprudenza di legittimità che, sin dalla sentenza n. 17576 del 2002, ha affermato la “superiorità assiologica dei principi espressi o desumibili dallo Statuto e, quindi, la loro funzione di orientamento ermeneutico, vincolante per l’interprete; in altri termini, il dubbio interpretativo o applicativo sul significato e sulla portata di qualsiasi disposizione tributaria, che attenga ad ambiti materiali disciplinati dalla L. n. 212/2000, deve essere risolto dall’interprete nel senso più conforme ai principi statutari”.

 

Il numero 2 sostituisce l’articolo 1, comma 3 dello Statuto del contribuente.

A legislazione vigente, si affida alle sole regioni a statuto ordinario il compito di regolare le materie disciplinate dallo Statuto del contribuente, in attuazione delle disposizioni in essa contenute.

Per effetto delle modifiche in esame si chiarisce che non solo le regioni, ma altresì gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, regolano le materie disciplinate dallo Statuto, precisando che ciò deve avvenire nel rispetto del sistema costituzionale e delle garanzie del cittadino nei riguardi dell’azione amministrativa, così come definite dai principi stabiliti dalla medesima legge n. 212 del 2000.

 

Il numero 3 dell’articolo 1, comma 1, lettera a) introduce i nuovi commi 3-bis e 3-ter nell’articolo 2 della legge n. 212 del 2000.

In particolare, il comma 3-bis prevede che le amministrazioni, statali e territoriali, osservano le disposizioni dello Statuto del contribuente concernenti la garanzia del contradditorio e dell’accesso alla documentazione amministrativa tributaria, la tutela dell’affidamento, il divieto del bis in idem, il principio di proporzionalità e l’autotutela le disposizioni concernenti la garanzia del contradditorio e dell’accesso alla documentazione amministrativa tributaria (cfr. infra).

 

Il vigente comma 4 dispone che gli enti locali adeguano i rispettivi statuti e gli atti normativi da essi emanati ai princìpi dettati dalla legge n. 212 del 2000.

 

Il successivo comma 3-ter pone a regioni ed enti locali, nella disciplina dei procedimenti amministrativi di loro competenza, il divieto di stabilire garanzie inferiori a quelle assicurate dai principi richiamati al comma 3-bis, potendo tuttavia prevedere livelli ulteriori di tutela.

 

Il numero 4 sostituisce il comma 4 dell’articolo 1 dello Statuto, riproducendo parzialmente quanto previsto dal vigente comma 3: si affida infatti alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano il compito di adeguare la propria legislazione alle disposizioni dello Statuto del contribuente, secondo i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione.

 

La vigente formulazione del comma 3 prevede infatti che le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono ad adeguare i rispettivi ordinamenti alle norme fondamentali contenute nello Statuto del contribuente.


 

Articolo 1, comma 1, lettere b), c) e d)
(Modifiche allo Statuto del contribuente)

 

 

L’articolo 1, comma 1, alla lettera b) chiarisce che le norme impositive recanti la disciplina del presupposto tributario e dei soggetti passivi si applicano esclusivamente ai casi e ai tempi in esse considerati.

La lettera c) chiarisce che l’applicazione delle norme modificative a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data della rispettiva entrata in vigore riguarda non solo i cosiddetti tributi periodici, ma anche i tributi dovuti, determinati ovvero liquidati periodicamente.

La lettera d) modifica il regime di validità degli atti emessi in violazione degli obblighi dell’amministrazione in materia di contraddittorio prima dell’iscrizione a ruolo; le norme in esame dispongono che i provvedimenti emessi in violazione dell’obbligo di invitare a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti non siano più nulli, ma annullabili.

 

In particolare, l’articolo 1, comma 1, lettera b), introduce un nuovo comma 4-bis all’articolo 2 (chiarezza e trasparenza delle disposizioni tributarie) dello Statuto del contribuente, contenuto nella legge n. 212 del 2000.

La norma introdotta intende introdurre un principio applicativo restrittivo, precisando che le norme tributarie impositive che recano la disciplina del presupposto tributario e dei soggetti passivi si applicano esclusivamente ai casi e ai tempi in esse considerati.

Tale disposizioni è diretta nell’intendimento del Governo ad escludere la possibilità di interpretazione analogica delle norme tributarie.

 

Al riguardo il Governo fa infatti presente, nella Relazione illustrativa, che l’introduzione del divieto di analogia per le disposizioni tributarie impositive che recano la disciplina del presupposto tributario e dei soggetti passivi recepisce un orientamento della dottrina tributaria e della giurisprudenza, che hanno affrontato il problema sotto numerosi punti di vista: sia quello della riserva di legge, ora facendosi discendere da tale principio un divieto di analogia (Cass., SS.UU., n. 18574/2016), ora ritenendolo irrilevante, non creando l’analogia un nuovo tributo e risolvendosi la differenza tra interpretazione e analogia in una mera distinzione “di grado”; poi, quello della struttura delle norme tributarie, soprattutto per la tesi che qualifica le norme tributarie come norme “a fattispecie esclusiva”, non potendo esse trovare applicazione al di fuori di date situazioni concrete ben determinate (anche Cass., n. 30722/2011); ancora, quello del principio di “tassatività” delle fattispecie impositive; infine, quello della completezza dell’ordinamento giuridico tributario, ora nella prospettiva della “norma generale esclusiva” (secondo cui tutti i comportamenti non compresi nella norma particolare sono regolati da una norma generale esclusiva, cioè dalla regola che implicitamente esclude (cd. esclusiva) tutti (in generale) i comportamenti che non rientrano nella norma particolare, ora in quella dello “spazio giuridico vuoto” (per la quale l’ordinamento giuridico si innesterebbe su una situazione di fondo rappresentata dalla libertà naturale degli individui, sicché il diritto sarebbe costituito da norme imperative, le quali agirebbero in funzione di limitazione di tale libertà, con l’effetto che le aree non disciplinate presupporrebbero aree di libertà “residuali” contrapposte ad aree regolate da norme imperative). Il Governo afferma che tali tesi hanno scarsa idoneità al perseguimento del fine da esse propostosi, ritenendo invece necessario introdurre un espresso divieto di analogia. 

 

La lettera c) modifica l’articolo 3 dello Statuto, relativo all’efficacia delle leggi tributarie nel tempo.

Si ricorda che l’articolo 3, comma 1, dispone che – salvo le norme interpretative, espressamente qualificate come tali – le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo.

Per effetto delle disposizioni in esame, si chiarisce che le norme tributarie, ove si tratti di norme modificative a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono, non si applicano più in relazione ai cosiddetti tributi periodici, bensì ai tributi dovuti, determinati o liquidati periodicamente.

La norma in esame di fatto amplia la portata di tale principio, consentendo di estenderlo anche in relazione a tributi che, oltre alla debenza e alla determinazione periodica, sono periodicamente liquidati.

 

La Relazione chiarisce che la modifica sostituisce alla generica indicazione della categoria dei tributi periodici, una definizione di tale nozione che fa leva sul carattere della ricorrenza, secondo intervalli appunto periodici e consecutivi, di momenti di determinazione della base imponibile e di liquidazione della somma dovuta a titolo di tributo. Ciò ovviamente a prescindere dal fatto che la determinazione della base imponibile o la liquidazione della somma dovuta trovi espressione formale nella presentazione di dichiarazione (circostanza che, ad esempio, non si verifica in taluni tributi locali che, pure, sono da considerare periodici) ovvero che le ricorrenti e consecutive applicazioni del tributo dipendano da un’unica causa debendi.

Una recente pronuncia della Corte di cassazione (n. 13430 del 2022)  ha al contrario ritenuto che l’IRPEF non potrebbe essere considerata un’imposta periodica in quanto “come questa Corte ha già precisato (Cass. n. 17695/2019, cit.; Cass. n. 29343/2020, cit.), la nozione di “tributi periodici” cui fa riferimento il disposto dell’articolo 3, comma 1, secondo periodo, della legge n. 212 del 2000 (Statuto dei diritti del contribuente), per il quale «relativamente ai tributi periodici le modifiche introdotte si applicano solo a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono», attiene ai tributi che connotino le prestazioni periodiche come basate su un’unica causa debendi continuativa (così, ad esempio, tra i tributi locali, la tassa sui rifiuti, su cui, nel vigore della c.d. Tarsu., cfr. Cass. 23/02/2010, n. 4823), mentre essa non sarebbe riferibile all’Irpef in cui la prestazione tributaria, sebbene dovuta di anno in anno (donde l’obbligo di dichiarazione che si rinnova “periodicamente”), stante l’autonomia dei singoli periodi d’imposta ed in relazione all’autonoma valutazione dei presupposti impositivi, non può definirsi “periodica” secondo l’accezione sopra illustrata”.

La disciplina in questione intende quindi ripristinare l’originaria funzione della norma per ricomprendere i principali tributi del nostro ordinamento tributario che sono caratterizzati dalla periodicità e ciò indipendentemente dalla circostanza che ciò si rifletta nell’obbligo dichiarativo, lasciando immutata l’autonomia dei singoli periodi d’imposta

 

Con una disposizione aggiuntiva, si introduce poi il divieto di applicazione retroattiva delle presunzioni legali.

 

Secondo quanto riporta la relazione illustrativa tale intervento recepisce la più recente giurisprudenza di legittimità che prevede che le presunzioni legali si applichino ai soli fatti successivi alla loro entrata in vigore.

 

La lettera d) modifica l’articolo 6, comma 5 dello Statuto, recante norme in tema di conoscenza degli atti e semplificazione.

Il vigente articolo 6, al comma 5, dispone che prima di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, l’amministrazione finanziaria deve invitare il contribuente, a mezzo del servizio postale o con mezzi telematici, a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti entro un termine congruo e comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione della richiesta. La disposizione si applica anche qualora, a seguito della liquidazione, emerga la spettanza di un minor rimborso di imposta rispetto a quello richiesto. La disposizione non si applica nell’ipotesi di iscrizione a ruolo di tributi per i quali il contribuente non è tenuto ad effettuare il versamento diretto.

La modifica introdotta interviene, in particolare, sul regime di validità degli atti emessi in violazione dei predetti obblighi dell’amministrazione in materia di contraddittorio: in luogo di essere nulli, la norma in esame dispongono che i provvedimenti emessi in violazione delle disposizioni di cui al comma 5 siano annullabili.

 

Con riferimento alla qualificazione giuridica e agli effetti dell’annullabilità degli atti e dei provvedimenti tributari si veda la scheda relativa alla lettera g) dell’articolo 1.


 

Articolo 1, comma 1, lettera e)
(Principio del contraddittorio)

 

L’articolo 1, comma 1, alla lettera e) introduce nello Statuto del contribuente il principio del diritto al contraddittorio.

Tale principio riguarda tutti i provvedimenti che incidono sfavorevolmente nella sfera giuridica del destinatario in materia di tributi. Essi sono preceduti, a pena di annullabilità, da un contraddittorio informato ed effettivo.

Il diritto al contraddittorio è escluso per gli atti privi di contenuto provvedimentale.

 

In particolare, l’articolo 1, comma 1, lettera e), introduce un nuovo articolo 6-bis allo Statuto del contribuente, di cui alla legge n. 212 del 2000.

Il comma 1 del nuovo articolo 1 stabilisce che tutti i provvedimenti che incidono sfavorevolmente nella sfera giuridica del destinatario in materia di tributi, compresi quelli regionali, provinciali, comunali, i dazi e i diritti doganali, le sovrimposte, le addizionali, nonché i provvedimenti sanzionatori, sono preceduti, a pena di annullabilità, da un contraddittorio informato ed effettivo.

 

Il Governo chiarisce che l’intervento è volto ad adeguare la protezione dei diritti fondamentali dei contribuenti agli standard di tutela internazionale e a quelli applicabili in base al diritto dell’Unione Europea, rispettando altresì i canoni interpretativi del giusto processo applicati alla materia tributaria dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU, 23.11.2006, Jussila v Finlandia, App. n. 73053/01, parr. 36 ss.) e ricorda che il successivo articolo 7 bis dello Statuto, introdotto dalle norme dello schema in esame, menziona espressamente, tra le cause che determinano l’annullabilità degli atti dell’amministrazione finanziaria, la violazione delle norme concernenti la partecipazione del contribuente. 

Il comma 2 esclude il diritto al contraddittorio per gli atti privi di contenuto provvedimentale.

 

Per “atto di natura provvedimentale” si intende in dottrina un atto che non si riferisce a soggetti e situazioni generali e astratte, ma è indirizzato a soggetti e situazioni rispettivamente particolari e concrete.

Il Governo nella relazione illustrativa chiarisce che sono esclusi gli atti istruttori e, più in generale, gli atti privi di immediata lesività; per gli atti automatizzati, sostanzialmente automatizzati, di liquidazione e di controllo formale delle dichiarazioni individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, resta invariata la relativa disciplina, nonché i casi motivati di fondato pericolo per la riscossione.

 

Ai sensi del comma 3, per individuare i provvedimenti per cui sussiste il diritto al contraddittorio, si ha riguardo all’effettiva natura e contenuto decisorio dell’atto, indipendentemente dalla sua denominazione.

 

Il Governo chiarisce nella Relazione che, ai fini della applicazione della regola, la sostanza prevale sulla forma. Pertanto, ove, come talvolta avviene nella prassi, la pubblica amministrazione adotti forme cui corrispondono minori garanzie (ad esempio la cartella di pagamento), in luogo di quelle prescritte (ad esempio, l’avviso di accertamento) e cui si applichino garanzie procedimentali più rigorose, si devono applicare le garanzie procedimentali più rigorose (segnatamente, il contraddittorio) previste il tipo di atto che sostanzialmente è stato adottato, anche se diversamente denominato.

 

Il comma 4 individua le modalità atte a garantire il contradditorio.

In particolare, l’Amministrazione finanziaria comunica al contribuente lo schema del provvedimento tributario atto a incidere sfavorevolmente sulla sua sfera giuridica assegnando un termine non inferiore a sessanta giorni per consentirgli eventuali controdeduzioni ovvero, su richiesta, per accedere ed estrarre copia degli atti del fascicolo.

Il provvedimento non è adottato prima della scadenza del termine di cui al periodo precedente ovvero a quello prorogato dall’amministrazione, ove ritenuto necessario ai fini del contraddittorio, per non più di trenta giorni.

Se la scadenza di tale termine è successiva a quella del termine di decadenza per l’adozione del provvedimento conclusivo ovvero se fra la scadenza del termine assegnato per l’esercizio del contraddittorio e il predetto termine di decadenza decorrono meno di centoventi giorni, tale ultimo termine è posticipato al centoventesimo giorno successivo alla data di scadenza del termine di esercizio del contraddittorio.

 

Come riporta anche la relazione tecnica, altre disposizioni dell’ordinamento, per singole fattispecie, già prevedono l’obbligo di attivare un contraddittorio preventivo in fase istruttoria. In particolare gli articoli 5 e 5-ter del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, già contemplano delle ipotesi, facoltative o obbligatorie, di invito al contraddittorio preventivo finalizzato all’accertamento con adesione. Tali norme, peraltro, sono state interpretate estensivamente dall’Agenzia delle entrate che negli anni ha invitato le proprie strutture di controllo ad attivare il contraddittorio preventivo anche nei casi di non obbligatorietà dello stesso, allo scopo di attuare il principio di collaborazione e tutela della buona fede, nonché per deflazionare il contenzioso tributario (cfr. Circolare del 22 giugno 2020, n. 17/E). In relazione agli atti di irrogazione delle sanzioni, l’attuale procedimento, di cui all’articolo 16 del decreto legislativo del 18 dicembre 1997, n. 472, prevede che l’atto di irrogazione delle sanzioni sia preceduto, a pena di invalidità, da un atto di contestazione che consente al contribuente, entro 60 giorni, di presentare memorie e osservazioni che l’Ufficio procedente deve valutare entro 12 mesi. Ulteriori specifiche ipotesi di contraddittorio preventivo obbligatorio sono regolate dall’articolo 10-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212 (accertamento delle fattispecie abusive); dall’articolo 6 del decreto legislativo 24 ottobre 2015, n. 156 (accertamento delle fattispecie elusive specifiche); dall’articolo 11 del decreto legislativo 29 novembre 2018, n. 142  (accertamento delle fattispecie ibride); dall’articolo 167, comma 11, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (accertamento in materia di società estere controllate).


 

Articolo 1, comma 1, lettera f)
(Chiarezza e motivazione degli atti)

 

 

L’articolo 1, comma 1, alla lettera f) modifica la disciplina della motivazione degli atti contenuta nello Statuto del contribuente.

Con le modifiche in esame, l’obbligo di motivazione è circoscritto ai soli provvedimenti tributari e non riguarda più tutti gli atti; reca i presupposti, i mezzi di prova e le ragioni giuridiche su cui si fonda la decisione. Ove la motivazione indichi altri atti cui si fa riferimento nella motivazione, non vige l’obbligo di allegarli qualora l’atto richiamante ne riproduca il contenuto essenziale e la motivazione indichi espressamente le ragioni per le quali i dati e gli elementi contenuti nell’atto richiamato si ritengono sussistenti e fondati.

È fatto divieto di ogni successiva modifica dei fatti e dei mezzi di prova a fondamento del provvedimento, così come la loro integrazione o sostituzione, se non attraverso l’adozione di un ulteriore provvedimento, ove ne ricorrano i presupposti e non siano maturate decadenze.

Viene dettagliato inoltre il contenuto minimo degli atti della riscossione che costituiscono il primo atto con il quale è comunicata una pretesa per tributi, interessi, sanzioni o accessori.

 

Più in dettaglio, l’articolo 1, comma 1, lettera f) apporta numerose modifiche all’articolo 7 dello Statuto del contribuente, di cui alla legge n. 212 del 2000, avente ad oggetto chiarezza e comunicazione degli atti.

In particolare il numero 1 modifica il comma 1 dell’articolo 7 sopra richiamato che, nella vigente formulazione, prevede che gli atti dell’amministrazione finanziaria siano motivati secondo quanto prescritto dall'articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione. Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all'atto che lo richiama.

Con le modifiche in esame il predetto obbligo di motivazione è circoscritto ai soli provvedimenti (atti con contenuto specifico e concreto). Viene espunto il riferimento all’articolo 3 della legge n. 241 del 1990 già menzionato.

Di conseguenza, per effetto delle modifiche in commento, la motivazione reca i presupposti, i mezzi di prova e le ragioni giuridiche su cui si fonda la decisione (in luogo di riferirsi agli elementi su cui si fonda la decisione dell’amministrazione).

 

Viene altresì modificato l’obbligo di allegare gli atti cui si fa riferimento nella motivazione: tale obbligo, per effetto delle modifiche in esame, è escluso qualora l’atto richiamante riproduca il contenuto essenziale di quelli richiamati e la motivazione indichi espressamente le ragioni per le quali i dati e gli elementi contenuti nell’atto richiamato si ritengono sussistenti e fondati.

 

Il Governo al riguardo chiarisce che l’espresso riferimento ai mezzi di prova così diventa elemento cardine del fondamento dell’atto, in tal modo dando non solo attuazione alla delega, ma altresì armonizzando la disciplina prevista per tutte le imposte a quella prevista in materia di IVA (in adempimento di altro principio e criterio direttivo generale della delega). Viene, inoltre, armonizzata la disciplina con quella di cui all’articolo 42 del F. lgs. 600/73, in punto di motivazione per relationem, eliminando la non proporzionata necessità di allegare in ogni caso, anche quando noto, l’atto richiamato, ciò nella direzione dell’efficienza della azione amministrativa. Viene altresì specificato, in armonia con la giurisprudenza della Suprema Corte (Cfr. Cass., 11 marzo 2010, n. 5913, Cass., 11 maggio 2009, n. 10680, Cass., 17 giugno 2002, n. 8690), che parte necessaria della motivazione in questi casi è anche la espressa spiegazione del perché l’organo o l’ente che emana il provvedimento ritiene accertati i fatti di cui all’atto richiamato o ne condivide le valutazioni.

 

Il numero 3 introduce i nuovi commi da 1-bis a 1-quater all’articolo 7.

Il nuovo comma 1-bis vieta ogni successiva modifica dei fatti e dei mezzi di prova a fondamento del provvedimento, così come la loro integrazione o sostituzione, se non attraverso l’adozione di un ulteriore provvedimento, ove ne ricorrano i presupposti e non siano maturate decadenze.

Ai sensi del nuovo comma 1-ter, gli atti della riscossione che costituiscono il primo atto con il quale è comunicata una pretesa per tributi, interessi, sanzioni o accessori, indicano, per gli interessi, la tipologia, la norma tributaria di riferimento, il criterio di determinazione, l’imposta in relazione alla quale sono stati calcolati, la data di decorrenza e i tassi applicati in ragione del lasso di tempo preso in considerazione per la relativa quantificazione.

 

Secondo la relazione governativa, il comma 1-ter si pone l’obiettivo di recepire il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (SS. UU. n. 11722/2010), secondo cui “Quando la cartella esattoriale non segua uno specifico atto impositivo già notificato al contribuente, ma costituisca il primo ed unico atto con il quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria (…), essa deve (…) contenere gli elementi indispensabili per consentire al contribuente di effettuare il necessario controllo sulla correttezza dell’imposizione”. La motivazione “piena” riguarda, quanto alla norma introdotta, in particolare gli interessi, in conformità a quanto statuito dalle  Sezioni Unite con sentenza 14 luglio 2022, n. 22281, con l’unica precisazione che si è qui inteso valorizzare la prassi ormai adottata dall’amministrazione ed evidenziata dalla stessa giurisprudenza di legittimità (par. 13.2.2.), “nell’ottica di una migliore collaborazione con il contribuente – anche alla luce dell’art. 10 del c.d. Statuto dei diritti del contribuente – volta ad esplicitare nelle cartelle anche i tassi via via applicabili per la quantificazione degli interessi richiesti”. 

 

Tali disposizioni (nuovo comma 1-quater) si applicano altresì agli atti della riscossione emessi nei confronti dei coobbligati solidali, paritetici e dipendenti, fermo l’obbligo di autonoma notificazione della cartella di pagamento nei loro confronti.

 

Infine, il numero 4 abroga il comma 3 dell’articolo 7, che obbliga a riportare sul titolo esecutivo il riferimento all'eventuale precedente atto di accertamento ovvero, in mancanza, la motivazione della pretesa tributaria.

 

Alla luce delle disposizioni in commento, si valuti l’opportunità di modificare la rubrica dell’articolo 7 al fine di riferirla più puntualmente ai provvedimenti, in luogo di fare generico riferimento agli atti.


 

Articolo 1, comma 1, lettera g)
(Regime di validità degli atti)

 

 

L’articolo 1, comma 1, alla lettera g) introduce gli articoli da 7-bis a 7-sexies nello Statuto del contribuente, che recano disposizioni in tema di validità degli atti dell’amministrazione tributaria: viene disciplinato il regime generale di annullabilità, di nullità e irregolarità degli atti; sono elencati i vizi dell’attività istruttoria e i relativi effetti; infine, le disposizioni disciplinano altresì i vizi delle notificazioni.

 

Le norme in esame introducono una disciplina organica sul regime di validità e sui vizi degli atti dell’Amministrazione finanziaria.

Al riguardo occorre preliminarmente rammentare che l’ordinamento tributario – a differenza dell’ordinamento civile e amministrativo - non contiene norme generali che identificano con precisione i vizi dell’atto impositivo (o, più in generale, dell’atto dell’Amministrazione finanziaria) e le relative conseguenze.

Con riferimento alla nullità, l’ordinamento tributario prevede in casi espressi tale sanzione: per esempio, nel caso di avvisi di accertamento non motivati o non sottoscritti ovvero privi di alcune indicazioni essenziali, come le aliquote applicate ai sensi dell’articolo 42, comma 3 del DPR n. 600 del 1973.

Tuttavia, nella prassi giurisprudenziale, la categoria della nullità tributaria non implica l’inefficacia dell’atto: esso – ancorché viziato – produce gli effetti propri, salvo possibilità di impugnazione e successivo annullamento.

Dall’altro lato, la categoria della nullità-annullabilità degli atti tributari, sempre seguendo le indicazioni di prassi, non coincide con le indicazioni del diritto amministrativo.

Si registra un consolidato orientamento della Corte di Cassazione (sentenze nn. 22800, 22803 e 22810 del 2015) che non considera, in linea di principio, automaticamente invalidi (cioè nulli-annullabili) tutti gli atti amministrativi adottarti in violazione di legge; la Corte ha applicato invece il principio di tassatività, per cui la sanzione deve essere espressamente prevista da una norma di legge, o deve essere conseguenza della lesione di un qualche diritto del contribuente, tra cui una violazione del domicilio o del diritto al contraddittorio in sede amministrativa.

Si ricorda che per gli atti amministrativi, invece, l’articolo 21-octies della predetta legge n. 241 del 1990 (comma 1) prevede che il provvedimento amministrativo è annullabile se adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza; ai sensi del comma successivo, non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

Nella Relazione il Governo chiarisce che con le disposizioni in esame si vuole delineare un sistema “duale” delle invalidità tributarie, articolato nei regimi generali della “nullità” in senso proprio (articolo 7-ter) e della “annullabilità” (articolo 7-bis), cui si affianca – ma in via residuale ed eccezionale – una ipotesi di “irregolarità” (art. 7-quater) che, come tale, non rientra nei regimi di “invalidità” propriamente detti (questi essendo per definizione finalizzati alla elisione degli effetti giuridici e/o materiali degli atti “viziati”); infine viene introdotta una disciplina specifica del vizi dell’attività istruttoria (articolo 7-quinquies) e della notificazione degli atti impositivi e della riscossione (7-sexies). 

 

Più in dettaglio, l’articolo 7-bis reca il regime generale di annullabilità degli atti dell’Amministrazione finanziaria.

In particolare (comma 1 del nuovo articolo 7-bis) prevede che gli atti dell’Amministrazione finanziaria impugnabili dinanzi agli organi di giurisdizione tributaria siano annullabili per violazione di legge, ivi incluse le norme sulla competenza, sul procedimento, sulla partecipazione del contribuente e sulla validità degli atti.

 

La disposizione in esame sembra prevedere, a differenza di quanto consolidato nella richiamata prassi giurisprudenziale, la generica annullabilità di tutti gli atti tributari adottati in violazione di legge; attenendosi strettamente alla lettera della norma introdotta, la locuzione “ivi incluse” - riferito ai vizi di competenza, procedimento e partecipazione - sembra avere una funzione meramente esemplificativa. Ciò sembra essere confermato nella relazione illustrativa che sancisce che il nuovo articolo 7-bis intende fissare tale principio attraverso una formulazione ampia, tesa – di fatto – a considerare qualunque ipotesi di “violazione di legge” (formale, partecipativa e procedimentale).

 

Ai sensi del comma 2 i motivi di annullabilità e di infondatezza dell’atto sono dedotti, a pena di decadenza, con il ricorso introduttivo del giudizio dinanzi alla Corte di giustizia tributaria di primo grado e non sono rilevabili d’ufficio.

 

L’articolo 7-ter dispone in ordine alla nullità degli atti dell’Amministrazione finanziaria chiarendo che i relativi vizi devono essere anzitutto qualificati espressamente come tali da norme di legge successive alla data di entrata in vigore della disposizione in esame.

Essi possono essere sempre eccepiti in sede amministrativa o giudiziaria, sono rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio e danno diritto alla ripetizione di quanto versato, fatta salva la prescrizione del credito.

 

L’articolo 7-quater si occupa della irregolarità degli atti dell’Amministrazione finanziaria, chiarendo che la mancata o erronea indicazione dei seguenti elementi (indicati all’articolo 7 comma 2) non costituisce vizio di annullabilità:

a)   l'ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni complete in merito all'atto notificato o comunicato e il responsabile del procedimento;

b)   l'organo o l'autorità amministrativa presso i quali è possibile promuovere un riesame anche nel merito dell'atto in sede di autotutela;

c)   le modalità, il termine, l'organo giurisdizionale o l'autorità amministrativa cui è possibile ricorrere in caso di atti impugnabili.

 

L’articolo 7-quinquies si occupa dei vizi dell’attività istruttoria.

La norma proposta dispone al riguardo che non sono utilizzabili ai fini dell’accertamento amministrativo o giudiziale del tributo gli elementi di prova acquisiti oltre i termini previsti dallo Statuto del contribuente per l’esecuzione di verifiche da parte dell’amministrazione finanziaria (di cui all’articolo 12, comma 5 della medesima legge n. 212 del 2000), o in violazione di libertà costituzionalmente riconosciute.

 

Il richiamato comma 5 dell’articolo 12 prevede che la permanenza degli operatori civili o militari dell'amministrazione finanziaria, dovuta a verifiche presso la sede del contribuente, non può superare i trenta giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori trenta giorni nei casi di particolare complessità dell'indagine individuati e motivati dal dirigente dell'ufficio. Gli operatori possono ritornare nella sede del contribuente, decorso tale periodo, per esaminare le osservazioni e le richieste eventualmente presentate dal contribuente dopo la conclusione delle operazioni di verifica ovvero, previo assenso motivato del dirigente dell'ufficio, per specifiche ragioni. Il periodo di permanenza presso la sede del contribuente di cui al primo periodo, così come l'eventuale proroga ivi prevista, non può essere superiore a quindici giorni lavorativi contenuti nell'arco di non più di un trimestre, in tutti i casi in cui la verifica sia svolta presso la sede di imprese in contabilità semplificata e lavoratori autonomi. In entrambi i casi, ai fini del computo dei giorni lavorativi, devono essere considerati i giorni di effettiva presenza degli operatori civili o militari dell'Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente.

 

L’esecutivo al riguardo afferma che l’articolo 7-quinquies essenzialmente cristallizza quanto emergente da consolidati orientamenti giurisprudenziali prevedendo il generale regime di “inutilizzabilità” delle prove acquisite in violazione di norme di legge poste a tutela di diritti fondamentali del contribuente, in particolare nell’ipotesi specifica di cui all’articolo 12 comma 5 di superamento del termine di permanenza massimo.

Al riguardo si rammenta, tuttavia, che in senso contrario, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9448 del 18 aprile 2018, ha affermato che “in tema di verifiche tributarie, la violazione del termine di permanenza degli operatori dell'Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente, previsto art. 12, comma 5, non determina la sopravvenuta carenza del potere di accertamento […], ispettivo, né l'invalidità degli atti compiuti o l'inutilizzabilità delle prove raccolte, atteso che nessuna di tali sanzioni è stata prevista dal legislatore, la cui scelta risulta razionalmente giustificata dal mancato coinvolgimento di diritti del contribuente costituzionalmente tutelati”.

 

L’articolo 7-sexies disciplina i vizi delle notificazioni.

 

Esso intende recepire la giurisprudenza delle sezioni unite in tema di inesistenza (Cass. SS.UU., n. 14906/2016), nonché la giurisprudenza in tema di emissione degli atti e notifica a soggetti inesistenti, non legittimati a riceverla o estinti (ferme naturalmente restando le disposizioni speciali) e fatto salvo il diritto di ciascun terzo, anche ai fini della certezza dei termini di decadenza e prescrizione nei relativi confronti, di ricevere autonome notifiche.

 

In particolare, è inesistente la notificazione degli atti impositivi o della riscossione priva dei suoi elementi essenziali ovvero effettuata nei confronti di soggetti giuridicamente inesistenti, totalmente privi di collegamento con il destinatario o estinti. Fuori da tali casi, la notificazione eseguita in violazione delle norme di legge è nulla, ma la nullità può essere sanata dal raggiungimento dello scopo dell’atto, sempreché l’impugnazione sia proposta entro il termine di decadenza dell’accertamento (comma 1).

Se la notifica di un atto recettizio è invalida, tale circostanza comporta l’inefficacia dell’atto stesso (comma 2).

Infine (comma 3) a decorrere dalla data di entrata in vigore della disposizione in esame, gli effetti della notificazione, ivi compresi quelli interruttivi, sospensivi o impeditivi, si producono solo nei confronti del destinatario e non si estendono ai terzi, ivi inclusi i coobbligati.


 

Articolo 1, comma 1, lettera h)
(Conservazione degli atti)

 

 

L’articolo 1, comma 1, alla lettera h) novella l’articolo 8 dello Statuto del contribuente, recante disposizioni in tema di tutela dell’integrità patrimoniale del contribuente.

Con le modifiche in esame:

§  l’obbligo di conservazione degli atti a fini tributari per non più di dieci anni è esteso alle scritture contabili;

§  si chiarisce che l’obbligo riguarda non solo la conservazione, ma altresì l’utilizzazione dei predetti atti.

Con una modifica di chiusura si chiarisce che il decorso del termine preclude definitivamente la possibilità per l’Amministrazione finanziaria di fondare pretese su tale documentazione.

 

 

Più in dettaglio, la lettera h), numero 1 modifica l’articolo 8, comma 5 della legge n. 212 del 2000, in materia di conservazione degli atti.

Nella sua formulazione vigente, la richiamata norma prevede che l’obbligo di conservazione di atti e documenti, stabilito a soli effetti tributari, non può eccedere il termine di dieci anni dalla loro emanazione o dalla loro formazione.

Con le modifiche in esame:

§  l’obbligo di conservazione degli atti a fini tributari per non più di dieci anni è esteso alle scritture contabili;

§  si chiarisce che l’obbligo riguarda non solo la conservazione, ma altresì l’utilizzazione dei predetti atti.

Con una modifica di chiusura si chiarisce che il decorso del termine preclude definitivamente la possibilità per l’Amministrazione finanziaria di fondare pretese su tale documentazione.

 

La disposizione in esame sembra sancire un principio di segno opposto rispetto a quello individuato dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 16752 del 2020 che ha chiarito che le società devono conservare le scritture contabili obbligatorie anche oltre dieci anni.

In particolare, ai fini dell’accertamento, secondo la Cassazione l’amministrazione finanziaria può esigere un periodo superiore, soprattutto ai fini della documentabilità dei costi sostenuti.

Al riguardo la Corte ha sancito che, secondo l’articolo 22, comma 2, del predetto D.P.R. n. 600 del 1973, le scritture contabili obbligatorie devono essere conservate fino a quando non siano definiti gli accertamenti relativi al corrispondente periodo di imposta, anche oltre il termine decennale stabilito dall'articolo 2220 del codice civile o da altre leggi tributarie.

 

Secondo la Corte si tratta di una disposizione speciale che, ai fini tributari, detta una regola diversa in materia di obbligo di conservazione delle scritture contabili, prevalente sul termine decennale indicato invece dall'articolo 2220 del codice civile.

 

Il numero 2 modifica il comma 6 dell’articolo 8, che affida a un decreto ministeriale il compito di emanare le disposizioni attuative dell’intero articolo; le modifiche in esame aggiornano il testo della norma con l’attuale denominazione dei ministeri (introducendo il riferimento al Ministro dell’economia e delle finanze).

 


 

Articolo 1, comma 1, lettera i)
(Ne bis in idem e divieto di divulgazione dei dati)

 

 

L’articolo 1, comma 1, alla lettera i) introduce due nuovi articoli, 9-bis e 9-ter, nello Statuto del Contribuente allo scopo di disciplinare il divieto di bis in idem e quello di divulgazione dei dati dei contribuenti.

Ai sensi del nuovo articolo 9-bis, il contribuente ha diritto a che l’Amministrazione finanziaria eserciti l’azione accertativa relativamente a ciascun tributo una sola volta per ogni periodo d’imposta.

L’articolo 9-ter consente all’Amministrazione finanziaria di acquisire, anche attraverso l’interoperabilità, dati e informazioni riguardanti i contribuenti, contenuti in banche dati di altri soggetti pubblici; ma è fatto divieto alla medesima Amministrazione finanziaria di divulgare i dati e le informazioni così acquisite, salvi gli obblighi di trasparenza previsti per legge, ove da essa non specificamente derogati.

 

 

Più in dettaglio, la lettera i) introduce gli articoli 9-bis e 9-quater nella legge n. 212 del 2000 (Statuto del contribuente).

L’articolo 9-bis introduce il divieto di bis in idem nel procedimento tributario.

Si prevede in particolare che, salvo che specifiche disposizioni prevedano diversamente e ferma l’emendabilità di vizi formali e procedurali, il contribuente ha diritto a che l’Amministrazione finanziaria eserciti l’azione accertativa relativamente a ciascun tributo una sola volta per ogni periodo d’imposta.

 

Il principio del “ne bis in idem” introdotto dalla disposizione si riferisce alla gestione del procedimento amministrativo di accertamento e non a quello processuale di cui tratta invece l’articolo 20, comma 1, lettera a) della legge n. 111 del 2023 che dispone espressamente tra i principi di delega che il Governo proceda a razionalizzare il sistema sanzionatorio amministrativo e penale, anche attraverso una maggiore integrazione tra i diversi tipi di sanzione, ai fini del completo adeguamento al principio del ne bis in idem.

Con riferimento all’applicazione del principio secondo il quale l’amministrazione può effettuare un unico atto accertativo per ciascun tributo per periodo d’imposta, pur non espressamente previsto dalla legge delega, si ricorda che l’articolo 4 della legge n. 111 del 2023 (concernente proprio la revisione dello statuto del contribuente) prevede la valorizzazione del principio del legittimo affidamento del contribuente e del principio di certezza del diritto; la generale applicazione del principio del contraddittorio a pena di nullità nonché la disciplina generale delle cause di invalidità degli atti impositivi e degli atti della riscossione.

 

La relazione governativa chiarisce che restano ferme le esclusioni previste dalle disposizioni vigenti, in particolare in tema di accertamenti parziali in tema di imposte sui redditi e sull’Iva, di cui agli articoli 41-bis e 43, comma 3, del D.P.R. 600/73 e di cui all’articolo 57, comma 4, D.P.R. 633/72, con riferimento agli elementi nuovi.

 

Si ricorda che l’articolo 41-bis fa riferimento al cosiddetto accertamento parziale, ovvero al caso in cui – senza pregiudizio dell'ulteriore azione accertatrice - i competenti uffici dell'Agenzia delle entrate, qualora dalle attività istruttorie nonché dalle segnalazioni effettuate dalla Direzione centrale accertamento, da una Direzione regionale ovvero da un ufficio della medesima Agenzia ovvero di altre Agenzie fiscali, dalla Guardia di finanza o da pubbliche amministrazioni ed enti pubblici oppure dai dati in possesso dell'anagrafe tributaria, risultino elementi che consentono di stabilire l'esistenza di un reddito non dichiarato o il maggiore ammontare di un reddito parzialmente dichiarato, che avrebbe dovuto concorrere a formare il reddito imponibile o l'esistenza di deduzioni, esenzioni ed agevolazioni in tutto o in parte non spettanti, nonché l'esistenza di imposte o di maggiori imposte non versate possono limitarsi ad accertare, in base agli elementi predetti, il reddito o il maggior reddito imponibili, ovvero la maggiore imposta da versare.

L’articolo 43 sopra richiamato prevede, al comma 3, che fino alla scadenza del termine per l’accertamento delle imposte sui redditi, tale accertamento può essere integrato o modificato in aumento mediante la notificazione di nuovi avvisi, in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi da parte dell'Agenzia delle entrate. Nell'avviso devono essere specificamente indicati, a pena di nullità, i nuovi elementi e gli atti o fatti attraverso i quali sono venuti a conoscenza dell'ufficio delle imposte. Analoghe disposizioni sono previste in materia di Iva dal D.P.R. n. 633 del 1972.

 

Al riguardo si osserva che la disposizione in esame fa riferimento a ciascun “tributo”. Si valuti l’opportunità di precisare nel testo a quali forme di prelievo vada inteso tale riferimento.

 

L’articolo 9-ter disciplina il divieto di divulgazione dei dati dei contribuenti.

In particolare (comma 1) si prevede che, nell’esercizio dell’azione amministrativa e al fine di realizzare la corretta attuazione del prelievo tributario, l’Amministrazione finanziaria ha il potere di acquisire, anche attraverso l’interoperabilità, dati e informazioni riguardanti i contribuenti, contenuti in banche dati di altri soggetti pubblici, fermo il rispetto di ogni limitazione stabilita dalla legge, ma (comma 2) è fatto divieto alla medesima Amministrazione finanziaria di divulgare i dati e le informazioni così acquisite, salvi gli obblighi di trasparenza previsti per legge, ove da essa non specificamente derogati.

 

Il Governo al riguardo chiarisce che l’inserimento di una norma sul divieto di divulgazione dei dati del contribuente, salvo gli obblighi di trasparenza previsti per legge ove non espressamente derogati, è necessario a seguito del rafforzamento della protezione dei dati a livello dell’Unione europea, attuato dal Regolamento generale UE 2016/679 del 4 maggio 2016 (nel testo vigente con modifiche apportate il 23 maggio 2018), sulla protezione e la circolazione dei dati personali. Il suddetto Regolamento attua il principio giuridico unionale della protezione dei dati, sancito nell’articolo 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che a sua volta è espressione di un diritto fondamentale della persona. È opportuno ricordare che l’articolo 23 del suddetto Regolamento UE contiene una clausola di salvaguardia applicabile alla materia tributaria, ammettendo che in tale ambito siano possibili restrizioni a carattere necessario e proporzionate al raggiungimento di obiettivi di interesse generale. 


 

Articolo 1, comma 1, lettera l)
(Tutela dell’affidamento e della buona fede)

 

 

L’articolo 1, comma 1, alla lettera l) modifica l’articolo 10 dello Statuto del contribuente prevedendo che, limitatamente ai tributi unionali (tra cui i dazi doganali), quando le indicazioni contenute in atti dell’Amministrazione finanziaria, ancorché da essa successivamente modificate, per la loro formulazione precisa ingenerano nel contribuente un ragionevole affidamento, non sono dovuti tributi, sanzioni ed interessi con riferimento al loro periodo di vigenza.

 

 

Più in dettaglio, la lettera l) introduce il comma 2-bis all’articolo 10 della legge n. 212 del 2000 (Statuto del contribuente), articolo che disciplina, tra l’altro, la tutela dell'affidamento e della buona fede dei contribuenti.

Il comma 2-bis introdotto dalle modifiche in esame dispone che, limitatamente ai tributi unionali (tra cui i dazi doganali), quando le indicazioni contenute in atti dell’Amministrazione finanziaria, ancorché da essa successivamente modificate, per la loro formulazione precisa ingenerano nel contribuente un ragionevole affidamento, non sono dovuti tributi, sanzioni ed interessi con riferimento al loro periodo di vigenza.

 

Si ricorda che l’articolo 4, comma 1, lettera b) della legge n. 111 del 2023 prevede espressamente, quale principio direttivo, di valorizzare il principio del legittimo affidamento del contribuente e il principio di certezza del diritto.

 

Come rammenta la Relazione illustrativa, secondo la giurisprudenza di legittimità  “il principio di tutela del legittimo affidamento del cittadino, reso esplicito in materia tributaria dall’articolo 10, comma 1, della legge n. 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente), trovando origine nella Costituzione, e precisamente negli artt. 3, 23, 53 e 97, espressamente richiamati dal vigente articolo 1 del medesimo Statuto, è immanente in tutti i rapporti di diritto pubblico e costituisce uno dei fondamenti dello Stato di diritto nelle diverse articolazioni, limitandone l’attività legislativa e amministrativa. A differenza di altre norme dello Statuto, che presentano un contenuto innovativo rispetto alla legislazione preesistente, la previsione del citato articolo 10 è dunque espressiva di principi generali, anche di rango costituzionale, immanenti nel diritto e nell’ordinamento tributario anche prima della legge n. 212/2000” (Cass. n. 21513/2006, n. 7080/2004, n. 17576/2002 e n. 10982/2009). 


 

Articolo 1, comma 1, lettera m), articolo 10-ter
(Principio di proporzionalità nel procedimento tributario)

 

 

L’articolo 1, comma 1, alla lettera m) introduce l’articolo 10-ter nello Statuto del contribuente, disciplinando così il principio di proporzionalità nel procedimento tributario.

A tal fine l’azione amministrativa deve essere necessaria per l’attuazione del tributo, non eccedente rispetto ai fini perseguiti e non limitare i diritti dei contribuenti oltre quanto strettamente necessario al raggiungimento del proprio obiettivo.

Il principio di proporzionalità si applica anche alle misure di contrasto dell’elusione e dell’evasione fiscale e alle sanzioni tributarie.

 

L’introdotto articolo 10-ter, al comma 1, chiarisce che il procedimento tributario bilancia la protezione dell’interesse erariale alla percezione del tributo con la tutela dei diritti fondamentali del contribuente, nel rispetto del principio di proporzionalità.

Ai sensi del comma 2, in conformità al principio di proporzionalità, l’azione amministrativa deve essere necessaria per l’attuazione del tributo, non eccedente rispetto ai fini perseguiti e non limitare i diritti dei contribuenti oltre quanto strettamente necessario al raggiungimento del proprio obiettivo.

Infine, il principio di proporzionalità si applica anche alle misure di contrasto dell’elusione e dell’evasione fiscale e alle sanzioni tributarie.

 

Si ricorda che il principio di proporzionalità è previsto dal trattato sull’Unione europea (articolo 5, paragrafo 4) e disciplina il contenuto e la forma dell’azione dell'Unione degli atti dell’Unione che si limitano a quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi dei trattati. Proprio a partire dell’ordinamento tale principio si è progressivamente diffuso nel nostro ordinamento sulla base di diverse ricostruzioni giurisprudenziali che ne hanno tracciato le linee essenziali. Secondo la giurisprudenza di legittimità il principio di proporzionalità impone all’amministrazione di adottare un provvedimento non eccedente quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato (ex multis Consiglio di Stato n. 964 del 2015). Il principio di proporzionalità osta quindi a che atti invasivi della sfera giuridica dei privati possano realizzarsi in modo non proporzionato alla necessità di tutela dell’interesse pubblico che si intende perseguire. Tale configurazione del principio sembra essere sostanzialmente rappresentata nel testo della disposizione che, richiamando i criteri di necessità, non eccedenza (o idoneità) e proporzionalità in senso stretto, individuati dalla dottrina maggioritaria, quale nucleo essenziale del principio di proporzionalità li introduce specificamente nel diritto positivo tributario quali criteri cui attenersi nella definizione dei procedimenti tributari.

 


 

Articolo 1, comma 1, lettera m), articolo 10-quater
(Esercizio del potere di autotutela obbligatoria)

 

 

L’articolo 1, comma 1, alla lettera m), introduce l’articolo 10-quater nello Statuto del contribuente che reca norme volte a disciplinare l’esercizio del potere di autotutela obbligatoria da parte dell’amministrazione finanziaria.

 

L’introdotto articolo 10-quater, al comma 1, indica gli specifici casi in cui l’Amministrazione finanziaria procede all’annullamento o alla rinuncia ad atti di imposizione.

La norma, in particolare, stabilisce che l’amministrazione finanziaria procede in tutto o in parte all’annullamento di atti di imposizione ovvero alla rinuncia all’imposizione, senza necessità di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio o in caso di atti definitivi, nei seguenti casi di manifesta illegittimità dell’atto o dell’imposizione:

§  errore di persona;

§  errore di calcolo;

§  errore sull’individuazione del tributo;

§  errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’Amministrazione finanziaria.

 

Nella relazione illustrativa si evidenzia che la normativa vigente, per come interpretata dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione (cfr. Cass. 18992/2019), prevede che l’esercizio in capo all’Amministrazione finanziaria dell’autotutela in campo tributario (sotto forma di annullamento d’ufficio, rinuncia alla imposizione o rimborso di somme non dovute) abbia essenzialmente natura discrezionale. Tale posizione, che risente evidentemente del consolidato orientamento formatosi con riferimento all’analogo istituto esistente in campo amministrativo, non sembra, ad avviso del Governo, tuttavia tenere in debita considerazione la peculiarità del rapporto tributario che afferisce a diritti soggettivi (e non interessi legittimi) e che trova il suo fondamento nell’articolo 53 della Costituzione, sia in senso positivo (obbligo di pagare le imposte previste dalla legge), sia in senso negativo (divieto di pagare imposte non dovute in base alla legge).  Conseguentemente l’articolo 4, comma 1, lett. h), della legge delega consente un intervento diretto a prevedere come obbligatoria l’autotutela in taluni specifici casi.

 

Il comma 2 specifica, invece, i casi in cui l’Amministrazione finanziaria non procede all’annullamento d’ufficio ovvero alla rinuncia all’imposizione.

Non procede, nello specifico, per i seguenti motivi:

§  nel caso sia intervenuta sentenza passata in giudicato ad essa favorevole;

§  in caso di atti definitivi, decorsi tre mesi dalla definitività per mancata impugnazione.

 

Il comma 3 circoscrive l’ambito della responsabilità dell’amministrazione finanziaria nelle valutazioni prese ai fini dell’applicazione del presente articolo.

Si prevede che con riguardo alle valutazioni di fatto operate dall’Amministrazione finanziaria ai fini del presente articolo, in caso di avvenuto esercizio dell’autotutela, la responsabilità di cui all’articolo 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti, è limitata alle ipotesi di dolo.

 

Si ricorda che il citato articolo 1, comma 1, stabilisce che la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica è personale e limitata ai fatti ed alle omissioni commessi con dolo o con colpa grave, ferma restando l'insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali. La prova del dolo richiede la dimostrazione della volontà dell'evento dannoso. In ogni caso è esclusa la gravità della colpa quando il fatto dannoso tragga origine dall’emanazione di un atto vistato e registrato in sede di controllo preventivo di legittimità, limitatamente ai profili presi in considerazione nell'esercizio del controllo. La gravità della colpa e ogni conseguente responsabilità sono in ogni caso escluse per ogni profilo se il fatto dannoso trae origine da decreti che determinano la cessazione anticipata, per qualsiasi ragione, di rapporti di concessione autostradale, allorché detti decreti siano stati vistati e registrati dalla Corte dei conti in sede di controllo preventivo di legittimità svolto su richiesta dell'amministrazione procedente. Il relativo debito si trasmette agli eredi secondo le leggi vigenti nei casi di illecito arricchimento del dante causa e di conseguente indebito arricchimento degli eredi stessi.

 

A legislazione vigente, non sussiste nel nostro ordinamento un obbligo generale di revoca in autotutela da parte dell’amministrazione finanziaria al ricorrere di specifiche circostanze indicative di una palese insussistenza della pretesa tributaria.

Tuttavia secondo gli attuali orientamenti della giurisprudenza costituzionale (in particolare si veda la sentenza 181 del 2017) ciò non impedisce al legislatore di introdurre, ove lo ritenga ipotesi di autotutela obbligatoria.

Si ricorda che l’istituto dell’autotutela tributaria è ad oggi disciplinato dall’articolo 2-quater del decreto-legge n. 564 del 1994 (rubricato appunto “Autotutela”) e dal decreto del Ministro dell’economia n. 37 del 1997.

L’articolo 2-quater del decreto-legge n. 564 del 1994 prevede infatti che con decreti del Ministro delle finanze sono indicati gli organi dell'Amministrazione finanziaria competenti per l'esercizio del potere di annullamento d’ufficio o di revoca, anche in pendenza di giudizio o in caso di non impugnabilità, degli atti illegittimi o infondati. Con gli stessi decreti sono definiti i criteri di economicità sulla base dei quali si inizia o si abbandona l'attività dell'amministrazione. Nel potere di annullamento o di revoca deve intendersi compreso anche il potere di disporre la sospensione degli effetti dell'atto che appaia illegittimo o infondato.

Il decreto ministeriale n. 37 del 1997 individua i casi nei quali l’amministrazione finanziaria può procedere, in tutto o in parte, all'annullamento o alla rinuncia all'imposizione in caso di autoaccertamento, senza necessità di istanza di parte.

Tra le ipotesi elencate nel decreto ministeriale (non connotate tuttavia da tassatività), vista la formulazione della norma sono indicate le seguenti:

a)    errore di persona;

b)   evidente errore logico o di calcolo;

c)    errore sul presupposto dell'imposta;

d)   doppia imposizione;

e)    mancata considerazione di pagamenti di imposta, regolarmente eseguiti;

f)    mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini di decadenza;

g)   sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi, precedentemente negati;

h)   errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall'Amministrazione.

Viene inoltre previsto che non si procede all'annullamento d'ufficio, o alla rinuncia all'imposizione in caso di autoaccertamento, per motivi sui quali sia intervenuta sentenza passata in giudicato favorevole all'Amministrazione finanziaria.

 

Si segnala che sia l’articolo 2-quater del decreto-legge n. 564 del 1994 sia il decreto del Ministro dell’economia n. 37 del 1997 sono oggetto di abrogazione ai sensi dell’articolo 2, comma 3, lettere a) e b) dell’Atto del Governo all’esame.

 

L’introduzione nello statuto del contribuente dei nuovi articoli 10-quater e 10-quinquies (vedi la relativa scheda), danno attuazione all’articolo 4, comma 1, lettera h), della legge delega n. 111 del 2023, diretto a potenziare l’esercizio del potere di autotutela estendendone l’applicazione agli errori manifesti nonostante la definitività dell’atto, prevedendo l’impugnabilità del diniego ovvero del silenzio nei medesimi casi nonché, con riguardo alle valutazioni di diritto e di fatto operate, limitando la responsabilità nel giudizio amministrativo-contabile dinanzi alla Corte dei conti alle sole condotte dolose.


 

Articolo 1, comma 1, lettera m), articolo 10-quinquies
(Esercizio del potere di autotutela facoltativa)

 

 

L’articolo 1, comma 1, alla lettera m), introduce nello Statuto del contribuente larticolo 10-quinquies che reca norme volte a disciplinare l’esercizio del potere di autotutela facoltativa da parte dell’amministrazione finanziaria

 

L’introdotto articolo 10-quinquies, al comma 1, indica i casi in cui l’esercizio del potere di autotutela non è obbligatorio. Nello specifico si prevede che fuori dei casi di cui all’articolo 10-quater (dove l’esercizio di autotutela è obbligatorio), l’Amministrazione finanziaria può comunque procedere all’annullamento, in tutto o in parte, di atti di imposizione, ovvero alla rinuncia all’imposizione, senza necessità di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio o in caso di atti definitivi, in presenza di una illegittimità o dell’infondatezza dell’atto o dell’imposizione.

 

Il comma 2 circoscrive l’ambito della responsabilità dell’amministrazione finanziaria nelle valutazioni prese ai fini dell’applicazione del presente articolo, stabilendo che trova applicazione il comma 3 dell’articolo 10-quater del medesimo provvedimento (Statuto dei diritti del contribuente):

 

Il richiamato articolo 10-quater prevede che con riguardo alle valutazioni di fatto operate dall’Amministrazione finanziaria ai fini del presente articolo, la responsabilità di cui all’articolo 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti, è limitata alle ipotesi di dolo.

 

Risultano pertanto ricomprese nelle ipotesi di autotutela facoltativa, tra l’altro, tutte le ipotesi indicate nel decreto ministeriale n. 37 del 1997 non riportate all’articolo 10-quater tra le quali ad esempio la doppia imposizione, la mancata considerazione di pagamenti di imposta, regolarmente eseguiti, la mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini di decadenza e la sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi, precedentemente negati.


 

Articolo 1, comma 1, lettera m), articolo 10-sexies
(
Documenti di prassi)

 

 

L’articolo 1, comma 1, alla lettera m), introduce nello Statuto del contribuente larticolo 10-sexies che indica gli strumenti documentali attraverso i quali l’Amministrazione finanziaria supporta il contribuente nella conoscenza delle disposizioni tributarie.

 

Nello specifico, l’introdotto articolo 10-sexies stabilisce che l’Amministrazione finanziaria fornisce supporto ai contribuenti nell’interpretazione e nell’applicazione delle disposizioni tributarie mediante:

§  circolari interpretative e applicative;

§   consulenza giuridica;

§   interpello;

§  consultazione semplificata.


 

Articolo 1, comma 1, lettera m), articolo 10-septies
(Circolari)

 

 

L’articolo 1, comma 1, alla lettera m), introduce nello Statuto del contribuente larticolo 10-septies che indica i contenuti propri delle circolari adottate dall’Amministrazione finanziaria e volte a supportare il contribuente nell’interpretazione e nell’applicazione delle disposizioni tributarie.

 

In particolare, l’introdotto articolo 10-septies, al comma 1, elenca i contenuti che devono contenere le circolari adottate dall’Amministrazione finanziaria.

La norma, pertanto, prevede che l’amministrazione finanziaria adotta circolari per fornire:

§  la ricostruzione del procedimento formativo delle nuove disposizioni tributarie e i primi chiarimenti dei loro contenuti (lettera a));

§  approfondimenti e aggiornamenti interpretativi conseguenti a nuovi orientamenti legislativi e giurisprudenziali (lettera b));

§  inquadramenti sistematici su tematiche di particolare complessità (lettera c));

§  istruzioni operative ai suoi uffici (lettera d)).

 

Il comma 2 stabilisce che nella elaborazione delle circolari di cui al comma 1, lettere a), b) e c), l’amministrazione finanziaria, nei casi di maggiore interesse, può effettuare interlocuzioni preventive con soggetti istituzionali ovvero con ordini professionali, associazioni di categoria o altri enti esponenziali di interessi collettivi, nonché fare oggetto le medesime circolari di pubblica consultazione prima della loro pubblicazione.

 

Nel corso degli anni dal 2020 al 2022, sono state emanate e pubblicate sul sito istituzionale dell’Agenzia delle entrate, rispettivamente, 34, 20 e 36 circolari.


 

Articolo 1, comma 1, lettera m), articolo 10-octies
(Consulenza giuridica)

 

 

L’articolo 1, comma 1, alla lettera m), inserisce larticolo 10-octies nello Statuto del contribuente che introduce nell’ordinamento tributario l’istituto della consulenza giuridica ed indica i soggetti che possono richiederla all’Amministrazione finanziaria. La disposizione specifica, inoltre, la mancanza di effetti che la consulenza medesima ha su alcuni termini tributari.

 

L’introdotto articolo 10-octies, al comma 1, precisa che l’Amministrazione finanziaria offre, su richiesta, consulenza giuridica per fornire chiarimenti interpretativi di disposizioni tributarie su casi di rilevanza generale che non riguardano singoli contribuenti:

§  alle associazioni sindacali e di categoria;

§  agli ordini professionali;

§  agli enti pubblici o privati;

§  alle regioni e agli enti locali;

§  alle amministrazioni dello Stato.

 

La relazione illustrativa specifica che con l’inserimento dell’articolo 10-octies si intende introdurre nel nostro ordinamento giuridico la disciplina della consulenza giuridica, ovvero dell’attività interpretativa svolta dall’Amministrazione finanziaria e finalizzata all’individuazione del corretto trattamento fiscale di fattispecie riferite a problematiche di carattere generale, che non riguardano singoli contribuenti. Ciò significa che il predetto istituto non può giammai tradursi in un interpello generalizzato essendo riservata ai soggetti collettivi o pubblici sopra indicati.

L’AIR precisa che tale forma di interlocuzione nel contesto antecedente alla riforma non trovava una disciplina giuridica, essendo regolata in via amministrativa come strumento finalizzato a incentivare la tax compliance. L’Agenzia delle entrate negli ultimi anni ha reso pubbliche sul proprio sito istituzionale 16 consulenze rese nel 2020, 14 nel 2021 e 7 nel 2022.

 

 

Il comma 2 dispone che la richiesta di consulenza giuridica non ha effetto:

§  sulle scadenze previste dalle norme tributarie;

§  sulla decorrenza dei termini di decadenza.

La consulenza, altresì, non comporta interruzione o sospensione dei termini di prescrizione.

 

Il comma 3 prevede, infine, che con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze sono adottate disposizioni applicative del presente articolo.

 

Si ricorda che l’articolo 4 della legge n. 111 del 2023 prevede espressamente, alla lettera d), la delega al Governo al fine di disciplinare l’istituto della consulenza giuridica, distinguendolo dall'interpello e prevedendone presupposti, procedure ed effetti, assicurando che non ne derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 


 

Articolo 1, comma 1, lettera m), articolo 10-nonies
(Consultazione semplificata)

 

 

L’articolo 1, comma 1, alla lettera m), inserisce nello Statuto del contribuente larticolo 10-nonies che prevede la possibilità di introdurre, disciplinandone l’accesso, il servizio di consultazione semplificata, attraverso apposita banca dati, dei documenti di prassi in possesso dall’Amministrazione finanziaria, ai fini dell’individuazione della soluzione al quesito interpretativo o applicativo esposto dal contribuente.

 

La relazione illustrativa precisa infatti che la norma introduce solo la possibilità che questo nuovo servizio sia istituito rimettendo però a futuri interventi normativi la disciplina di dettaglio e le modalità di funzionamento dello stesso.

 

 

L’introdotto articolo 10-nonies, al comma 1, prevede che le persone fisiche e i contribuenti di minori dimensioni di cui al comma 2, avvalendosi dei servizi telematici dell’Amministrazione finanziaria accedono gratuitamente, su richiesta relativa a casi concreti, anche per il tramite di intermediari specificamente delegati, a una apposita banca dati che, nel rispetto della normativa in materia di tutela dei dati personali, contiene i documenti di cui all’articolo 10-sexies, ovvero alle risposte a istanze di consulenza giuridica e interpello, le risoluzioni e ogni altro atto interpretativo.

 

Si ricorda che l’articolo 10-sexies, anch’esso introdotto dal testo in esame, stabilisce che l’Amministrazione finanziaria fornisce supporto ai contribuenti nell’interpretazione e nell’applicazione delle disposizioni tributarie mediante:

a)    circolari interpretative e applicative;

b)   consulenza giuridica;

c)    interpello;

d)   consultazione semplificata.

 

Il comma 2 indica i possibili fruitori del servizio sopra descritto. Nello specifico, si prevede che l’accesso al servizio di cui al comma 1 è offerto esclusivamente, oltre a tutte le persone fisiche, anche non residenti, alle società semplici, in nome collettivo, in accomandita semplice e alle società ad esse equiparate, ai sensi dell’articolo 5 del predetto decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, che applicano il regime di contabilità semplificata.

 

Si precisa che tale nuova disciplina lascia impregiudicate le attuali disposizioni concernenti il servizio di call center.

 

 

Il comma 3 precisa che la banca dati consente l’individuazione della soluzione al quesito interpretativo o applicativo esposto dal contribuente. Quando la risposta al quesito non è individuata univocamente, la banca dati informa il contribuente che può presentare istanza di interpello.

La risposta produce gli effetti di cui all’articolo 10, comma 2, esclusivamente nei confronti del contribuente istante. Si ricorda a tale proposito che il comma 2 citato stabilisce che non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell'amministrazione finanziaria, ancorché successivamente modificate dall'amministrazione medesima, o qualora il suo comportamento risulti posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori dell'amministrazione stessa.

 

Il comma 4 chiarisce che l’utilizzazione del servizio di cui al presente articolo è condizione di ammissibilità ai fini della presentazione di istanze di interpello.

 

Nella relazione illustrativa si chiarisce che l’articolo in esame introduce una nuova disciplina dei servizi di consultazione rapida destinati, secondo le previsioni della legge delega, ai contribuenti meno strutturati, come le persone fisiche, anche non residenti, e i contribuenti di minori dimensioni, come le società di persone, che adottano regimi di contabilità semplificata. Il servizio, gratuitamente fruibile avvalendosi dei servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate, previa richiesta del contribuente, specificamente riferita ad un caso concreto e personale, si sostanzia nella possibilità di interrogazione di una apposita banca dati, di nuova costituzione, che raccoglie, debitamente classificati e categorizzati, tutti gli atti di prassi che esprimono indirizzi interpretativi (ad esempio, risposte a istanze di interpello, risoluzioni, principi di diritto).


 

Articolo 1, comma 1, lettera n)
(Interpello)

 

 

L’articolo 1, comma 1, lettera n), sostituisce l’articolo 11 dello Statuto del contribuente che reca la disciplina dell’istituto dell’interpello, prevedendo anche nuove misure volte a contenere l’elevato numero di interpelli che pervengono all’Agenzia delle entrate.

Tra queste vi è la previsione del versamento di un contributo e l’impossibilità di interpello allorché l’amministrazione finanziaria abbia fornito, mediante documenti di prassi, la soluzione per fattispecie corrispondenti.

 

In particolare l’articolo 1, comma 1, lettera n), sostituisce interamente l’articolo 11 dello Statuto del contribuente in materia di interpello ovvero - secondo la definizione dell’Agenzia delle entrate – dell’istanza che il contribuente rivolge all’Agenzia delle Entrate prima di attuare un comportamento fiscalmente rilevante, per ottenere chiarimenti in relazione a un caso concreto e personale in merito all’interpretazione, all’applicazione o alla disapplicazione di norme di legge di varia natura relative a tributi erariali.

Secondo i dati dell’Agenzia delle entrate, nel corso dell’anno 2022, sono state più di 17 mila le risposte alle istanze di interpello da parte dell’ente, quasi 50 al giorno di media.

 

Il comma 1 dell’articolo 11, in proposito, specifica che il contribuente può interpellare l’amministrazione finanziaria per ottenere una risposta riguardante fattispecie concrete e personali relativamente alla:

§  applicazione delle disposizioni tributarie, quando vi sono condizioni di obiettiva incertezza sulla loro corretta interpretazione (interpello interpretativo);

§  corretta qualificazione di fattispecie alla luce delle disposizioni tributarie ad esse applicabili (interpello qualificatorio);

§  disciplina dell’abuso del diritto in relazione a una specifica fattispecie (interpello antiabuso);

§  disapplicazione di disposizioni tributarie che, per contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta, o altre posizioni soggettive del contribuente altrimenti ammesse dall’ordinamento tributario, fornendo la dimostrazione che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non possono verificarsi (interpello disapplicativo);

§  sussistenza delle condizioni e valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l’adozione di specifici regimi fiscali nei casi espressamente previsti dalla legge (interpello probatorio);

§  sussistenza delle condizioni e valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge ai fini dell’articolo 24-bis del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 che disciplina l’opzione per l’imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero realizzati da persone fisiche che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia.

 

 

Il Decreto Legislativo n. 156 del 2015 (riforma degli interpelli e del contenzioso tributario), modificando lo Statuto del contribuente (articolo 11 della legge n. 212 del 2000), ha disciplinato quattro diverse tipologie di interpello:

§  ordinario, riguardante l’applicazione delle disposizioni tributarie, quando vi sono condizioni di obiettiva incertezza sulla corretta interpretazione delle disposizioni ovvero sulla corretta qualificazione di fattispecie (cosiddetto interpello qualificatorio), e non siano comunque attivabili le procedure relative all’accordo preventivo per le imprese con attività internazionale e all’interpello sui nuovi investimenti (previsti dal D. Lgs. n. 147 del 2015, si veda oltre);

§  probatorio, concernente la sussistenza delle condizioni e la valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l’adozione di specifici regimi fiscali nei casi espressamente previsti;

§  antiabuso, sull’applicazione della disciplina sull’abuso del diritto ad una specifica fattispecie;

§  disapplicativo, per la disapplicazione di norme tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta, o altre posizioni soggettive del soggetto passivo altrimenti ammesse dall’ordinamento, fornendo la dimostrazione che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non possono verificarsi. Tale ultima tipologia è di carattere obbligatorio, ferma restando la possibilità per il contribuente, qualora non sia stata resa risposta favorevole, di fornire la richiesta dimostrazione anche nelle successive fasi dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa.

La risposta agli interpelli, scritta e motivata, vincola ogni organo della amministrazione con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell’istanza e limitatamente al richiedente. Quando la risposta non è comunicata al contribuente entro il termine previsto, il silenzio equivale a condivisione, da parte dell’amministrazione, della soluzione prospettata dal contribuente. Gli atti - anche a contenuto impositivo o sanzionatorio - difformi dalla risposta, espressa o tacita, sono nulli. Tale efficacia si estende ai comportamenti successivi del contribuente, riconducibili alla fattispecie oggetto di interpello, salvo rettifica della soluzione interpretativa da parte dell’amministrazione con valenza esclusivamente per gli eventuali comportamenti futuri.

Il provvedimento 4 gennaio 2016 dell’Agenzia delle entrate contiene le regole procedurali e le indicazioni operative sulle istanze d’interpello. Il provvedimento opera una tendenziale regionalizzazione degli interpelli, ossia tutte le istanze relative ai tributi erariali, indipendentemente dalla tipologia, devono essere presentate alle Direzioni regionali competenti in funzione del domicilio fiscale del contribuente. Tutte le istanze di competenza del ramo Territorio devono essere inviate alla Direzione Regionale nel cui ambito opera l’ufficio competente ad applicare la norma tributaria oggetto di interpello. Resta ferma la competenza delle strutture centrali (Direzione Centrale Normativa e Direzione Centrale Catasto, Cartografia e Pubblicità immobiliare) per le amministrazioni dello Stato, gli enti pubblici a rilevanza nazionale, i soggetti di più rilevante dimensione e i contribuenti esteri; fa ancora eccezione, ma in solo via transitoria, la gestione delle nuove istanze cd. "antiabuso" che fino al 31 dicembre 2017 saranno presentate direttamente alla Direzione Centrale Normativa indipendentemente dai requisiti dimensionali o dalla residenza del contribuente che presenta l’istanza. Con la circolare 9/E del 1° aprile 2016, l’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti in ordine alla disciplina sostanziale e procedurale dell’interpello del contribuente, con riferimento alle istanze relative ai tributi amministrati dalla stessa Agenzia.

L’articolo 2 del D. Lgs. n. 147 del 2015 ha introdotto nell’ordinamento una nuova tipologia di interpello per le società che effettuano nuovi investimenti: il soggetto che intenda effettuare in Italia rilevanti investimenti può rivolgersi all’Agenzia delle entrate allo scopo di conoscere preventivamente il parere in merito al corretto trattamento fiscale del piano di investimenti e delle operazioni straordinarie pianificate per la conseguente esecuzione dello stesso. La società deve presentare un business plan in cui sono descritti, oltre alle caratteristiche e all’ammontare dell’investimento, anche l’incremento occupazionale in relazione alla attività in cui avviene l’investimento. Sono dunque valutati i riflessi, anche in termini quantitativi, che l’investimento ha sul sistema fiscale italiano. Le disposizioni di attuazione sono state adottate con il decreto 29 aprile 2016. Con la circolare 25/E  del 1° giugno 2016 l’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti sull’ambito applicativo e sulle modalità di presentazione dell’interpello sui nuovi investimenti.

Si segnala infine che i contribuenti che aderiscono al regime dell’adempimento collaborativo possono presentare l’istanza di interpello abbreviato, prima della scadenza dei termini previsti per l’assolvimento degli obblighi tributari. L’adempimento collaborativo è il regime agevolativo - introdotto dal decreto legislativo n. 128 del 2015 - che intende promuovere l’adozione di forme di comunicazione e di cooperazione rafforzate, basate sul reciproco affidamento tra l’amministrazione finanziaria e le società di maggiori dimensioni, nonché di favorire nel comune interesse la prevenzione e la risoluzione delle controversie in materia fiscale.

Infine l’articolo 24-bis del TUIR disciplina una speciale procedura d’interpello probatorio obbligatoria ai fini dell’esercizio dell’opzione per il riconoscimento dell’applicazione di un’imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero da persone che trasferiscono la loro residenza in Italia.

 

Il comma 2 dell’articolo 11 chiarisce, attraverso una modifica alla disciplina precedente (vedi infra tabella di confronto), che l’interpello per l’adozione di specifici regimi fiscali è riservato ai soggetti che aderiscono al regime dell’adempimento collaborativo di cui agli articoli 3 e seguenti del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128, e ai soggetti che presentano le istanze di interpello sui nuovi investimenti di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147.

 

Il comma 3, innovando la disciplina, subordina la presentazione dell’interpello al pagamento di un contributo. Nello specifico si prevede che la presentazione dell’istanza di interpello è in ogni caso subordinata al versamento di un contributo, destinato a finanziare iniziative per implementare la formazione del personale delle agenzie fiscali, la cui misura e le cui modalità di corresponsione sono individuate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze in funzione della tipologia di contribuente, del suo volume di affari o di ricavi e della particolare rilevanza e complessità della questione oggetto di istanza.

 

Il comma 4 introduce una norma che specifica che agli effetti del comma 1, non ricorrono condizioni di obiettiva incertezza quando l’amministrazione finanziaria ha fornito, mediante documenti di prassi o risoluzioni, la soluzione per fattispecie corrispondenti a quella rappresentata dal contribuente.

 

Il comma 5 rimodula le tempistiche della risposta all’interpello. L’amministrazione finanziaria, ferma la facoltà di chiedere documentazione integrativa da produrre secondo le modalità e i termini di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 156, risponde alle istanze di interpello nel termine di novanta giorni (nel testo precedente, a seconda della tipologia di interpello da 90 a 120 giorni, vedi infra tabella di confronto).

Tale termine è sospeso tra il 1° e il 31 agosto e ogni volta che è obbligatorio chiedere un parere preventivo ad altra amministrazione e se il parere non è reso entro 60 giorni dalla richiesta, l’amministrazione risponde comunque all’istanza di interpello.

Il termine per la risposta che cade il sabato o un giorno festivo è senz’altro prorogato al primo giorno successivo non festivo.

 

La sospensione dei termini per la risposta all’interpello nel mese di agosto attua l’articolo 16, comma 1, lettera p). della legge delega n. 111 del 2023 che prevede espressamente la sospensione, nel mese di agosto dei termini per la risposta all’Agenzia delle entrate alle istanze di interpello.

 

La risposta, scritta e motivata, vincola ogni organo della Amministrazione finanziaria con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell’istanza e limitatamente al richiedente.

Quando la risposta non è comunicata al contribuente entro il termine previsto, il silenzio equivale a condivisione della soluzione prospettata dal contribuente da parte dell’amministrazione.

Gli atti, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio difformi dalla risposta, espressa o tacita, sono nulli.

Gli effetti della risposta alla istanza di interpello si estendono ai comportamenti successivi del contribuente riconducibili alla fattispecie già oggetto di interpello, salvo rettifica della soluzione interpretativa da parte dell’amministrazione con valenza esclusivamente per gli eventuali comportamenti futuri dell’istante.

 

Il comma 6 prevede che la presentazione della istanza di interpello non incide sulle scadenze previste dalle norme tributarie né sulla decorrenza dei termini di decadenza e non comporta interruzione o sospensione dei termini di prescrizione.

 

Il comma 7 precisa, innovando la disciplina, che la risposta alla istanza di interpello non è impugnabile.

 

Il comma 8, innovando anch’esso, stabilisce che le disposizioni di cui all’articolo 32, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e all’articolo 52, quinto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 non si applicano a dati, notizie, atti, registri o documenti richiesti dall’amministrazione nel corso dell’istruttoria delle istanze di interpello.

 

Si ricorda che il richiamato quarto comma dell’articolo 32 prevede che per l’adempimento dei loro compiti gli uffici delle imposte possono inviare ai contribuenti questionari relativi a dati e notizie di carattere specifico rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti nonché nei confronti di altri contribuenti con i quali abbiano intrattenuto rapporti, con invito a restituirli compilati e firmati.

Mentre l’articolo 52, quinto comma, stabilisce che i libri, registri, scritture e documenti di cui è rifiutata l’esibizione non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai fini dell’accertamento in sede amministrativa o contenziosa. Per rifiuto d’esibizione si intendono anche la dichiarazione di non possedere i libri, registri, documenti e scritture e la sottrazione di essi alla ispezione.

 

 

Statuto del contribuente (legge 27 luglio 2000, n. 212)

Testo previgente

Modificazioni apportate dalla lettera n) del comma 1 dell’articolo 1

Art. 11
(Diritto di interpello)

Art. 11
(Interpello)

1. Il contribuente può interpellare l’amministrazione per ottenere una risposta riguardante fattispecie concrete e personali relativamente a:

a) l’applicazione delle disposizioni tributarie, quando vi sono condizioni di obiettiva incertezza sulla corretta interpretazione di tali disposizioni e la corretta qualificazione di fattispecie alla luce delle disposizioni tributarie applicabili alle medesime, ove ricorrano condizioni di obiettiva incertezza e non siano comunque attivabili le procedure di cui all’articolo 31-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, introdotto dall’articolo 1 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 e di cui all’articolo 2 del medesimo decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147;

b) la sussistenza delle condizioni e la valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l’adozione di specifici regimi fiscali nei casi espressamente previsti;

c) l’applicazione della disciplina sull’abuso del diritto ad una specifica fattispecie.

1. Il contribuente può interpellare l’amministrazione finanziaria per ottenere una risposta riguardante fattispecie concrete e personali relativamente alla:

a) applicazione delle disposizioni tributarie, quando vi sono condizioni di obiettiva incertezza sulla loro corretta interpretazione;

b) corretta qualificazione di fattispecie alla luce delle disposizioni tributarie ad esse applicabili;

c) disciplina dell’abuso del diritto in relazione a una specifica fattispecie;

d) disapplicazione di disposizioni tributarie che, per contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta, o altre posizioni soggettive del contribuente altrimenti ammesse dall’ordinamento tributario, fornendo la dimostrazione che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non possono verificarsi;

e) sussistenza delle condizioni e valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l’adozione di specifici regimi fiscali nei casi espressamente previsti dalla legge;

f) sussistenza delle condizioni e valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge ai fini dell’articolo 24-bis del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

 

 

 

 

 

 

2. L’interpello di cui alla lettera e) del comma 1 è riservato ai soggetti che aderiscono al regime di cui agli articoli 3 e seguenti del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128, e ai soggetti che presentano le istanze di interpello di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147.

2. Il contribuente interpella l’amministrazione finanziaria per la disapplicazione di norme tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta, o altre posizioni soggettive del soggetto passivo altrimenti ammesse dall’ordinamento tributario, fornendo la dimostrazione che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non possono verificarsi. Nei casi in cui non sia stata resa risposta favorevole, resta comunque ferma la possibilità per il contribuente di fornire la dimostrazione di cui al periodo precedente anche ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa.

 

 

3. La presentazione dell’istanza di interpello è in ogni caso subordinata al versamento di un contributo, destinato a finanziare iniziative per implementare la formazione del personale delle agenzie fiscali, la cui misura e le cui modalità di corresponsione sono individuate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze in funzione della tipologia di contribuente, del suo volume di affari o di ricavi e della particolare rilevanza e complessità della questione oggetto di istanza.

4. Non ricorrono condizioni di obiettiva incertezza quando l’amministrazione ha compiutamente fornito la soluzione per fattispecie corrispondenti a quella rappresentata dal contribuente mediante atti pubblicati ai sensi dell’articolo 5, comma 2.

4. Agli effetti del comma 1, non ricorrono condizioni di obiettiva incertezza quando l’amministrazione finanziaria ha fornito, mediante documenti di prassi o risoluzioni, la soluzione per fattispecie corrispondenti a quella rappresentata dal contribuente.

3. L’amministrazione risponde alle istanze di cui alla lettera a) del comma 1 nel termine di novanta giorni e a quelle di cui alle lettere b) e c) del medesimo comma 1 ed a quelle di cui al comma 2 nel termine di centoventi giorni. La risposta, scritta e motivata, vincola ogni organo della amministrazione con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell’istanza e limitatamente al richiedente. Quando la risposta non è comunicata al contribuente entro il termine previsto, il silenzio equivale a condivisione, da parte dell’amministrazione, della soluzione prospettata dal contribuente. Gli atti, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio difformi dalla risposta, espressa o tacita, sono nulli. Tale efficacia si estende ai comportamenti successivi del contribuente riconducibili alla fattispecie oggetto di interpello, salvo rettifica della soluzione interpretativa da parte dell’amministrazione con valenza esclusivamente per gli eventuali comportamenti futuri dell’istante.

5. L’amministrazione finanziaria, ferma la facoltà di chiedere documentazione integrativa da produrre secondo le modalità e i termini di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 156, risponde alle istanze di interpello nel termine di novanta giorni che, in ogni caso, è sospeso tra il 1° e il 31 agosto e ogni volta che è obbligatorio chiedere un parere preventivo ad altra amministrazione. Se il parere non è reso entro 60 giorni dalla richiesta, l’amministrazione risponde comunque all’istanza di interpello. Il termine per la risposta che cade il sabato o un giorno festivo è senz’altro prorogato al primo giorno successivo non festivo. La risposta, scritta e motivata, vincola ogni organo della Amministrazione finanziaria con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell’istanza e limitatamente al richiedente. Quando la risposta non è comunicata al contribuente entro il termine previsto, il silenzio equivale a condivisione della soluzione prospettata dal contribuente da parte dell’amministrazione. Gli atti, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio difformi dalla risposta, espressa o tacita, sono nulli. Gli effetti della risposta alla istanza di interpello si estendono ai comportamenti successivi del contribuente riconducibili alla fattispecie già oggetto di interpello, salvo rettifica della soluzione interpretativa da parte dell’amministrazione con valenza esclusivamente per gli eventuali comportamenti futuri dell’istante.

5. La presentazione delle istanze di cui ai commi 1 e 2 non ha effetto sulle scadenze previste dalle norme tributarie, né sulla decorrenza dei termini di decadenza e non comporta interruzione o sospensione dei termini di prescrizione.

6. La presentazione della istanza di interpello non incide sulle scadenze previste dalle norme tributarie né sulla decorrenza dei termini di decadenza e non comporta interruzione o sospensione dei termini di prescrizione.

6. L’amministrazione provvede alla pubblicazione mediante la forma di circolare o di risoluzione delle risposte rese nei casi in cui un numero elevato di contribuenti abbia presentato istanze aventi ad oggetto la stessa questione o questioni analoghe fra loro, nei casi in cui il parere sia reso in relazione a norme di recente approvazione o per le quali non siano stati resi chiarimenti ufficiali, nei casi in cui siano segnalati comportamenti non uniformi da parte degli uffici, nonché in ogni altro caso in cui ritenga di interesse generale il chiarimento fornito. Resta ferma, in ogni caso, la comunicazione della risposta ai singoli istanti.

 

 

7. La risposta alla istanza di interpello non è impugnabile

 

 

 

8. Le disposizioni di cui all’articolo 32, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e all’articolo 52, quinto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 non si applicano a dati, notizie, atti, registri o documenti richiesti dall’amministrazione nel corso dell’istruttoria delle istanze di interpello.


 

Articolo 1, comma 1, lettera o)
(Abrogazione norma in materia di garanzie
per il contribuente sottoposto a verifiche fiscali)

 

 

La lettera o) dell’articolo 1, comma 1, abroga il comma 7 dell’articolo 12 dello Statuto del contribuente, in materia di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali.

 

 

Tale norma prevede che nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L'avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza.

Per gli accertamenti e le verifiche aventi ad oggetto i diritti doganali di cui all'articolo 34 del testo Unico delle disposizioni legislative in materia doganale (decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43) si applicano le disposizioni dell'articolo 11 del decreto legislativo 8 novembre 1990, n. 374, in materia di revisione dell'accertamento, attribuzioni e poteri degli uffici.

 

L’abrogazione della presente disposizione è consequenziale all’introduzione dell’articolo 6-bis che disciplina l’applicazione del principio del contraddittorio nell’ambito della disciplina tributaria sostanzialmente assorbendo le disposizioni di cui alla presente norma, che viene conseguentemente abrogata.


 

Articolo 1, comma 1, lettera p)
(Garante nazionale del contribuente)

 

 

L’articolo 1, comma 1, alla lettera p), sostituisce integralmente l’articolo 13 dello Statuto del contribuente, istituendo la nuova figura del Garante nazionale del contribuente (che prende il posto dei Garanti regionali del contribuente) come organo monocratico.

 

La lettera p) sostituendo interamente l’articolo 13, rimodula la figura e i poteri del Garante del contribuente.

Il comma 1 dell’articolo 13 stabilisce che è istituito il Garante nazionale del contribuente, organo monocratico con sede in Roma (in precedenza figura regionale) che opera in piena autonomia e che è scelto e nominato dal Ministro dell’economia e delle finanze per la durata di quattro anni, rinnovabile una sola volta tenuto conto della professionalità, produttività ed attività svolta.

 

Si ricorda che nel testo vigente dell’articolo 13 è previsto che presso ogni direzione regionale delle entrate e direzione delle entrate delle province autonome sia istituito il Garante del contribuente. Il Garante del contribuente, operante in piena autonomia, è organo monocratico scelto e nominato dal presidente della commissione tributaria regionale o sua sezione distaccata nella cui circoscrizione è compresa la direzione regionale dell'Agenzia delle entrate, tra gli appartenenti alle seguenti categorie:

a) magistrati, professori universitari di materie giuridiche ed economiche, notai, sia a riposo sia in attività di servizio;

c) avvocati, dottori commercialisti e ragionieri collegiati, pensionati, scelti in una terna formata, per ciascuna direzione regionale delle entrate, dai rispettivi ordini di appartenenza.

Con riferimento all’attività dei garanti regionali del contribuente si vedano le relazioni al Parlamento presentate ai sensi del comma 13, dell’articolo 13, dello statuto del contribuente. Da ultimo si veda la relazione relativa all’anno 2021 presentata l’11 ottobre 2022.

 

Il comma 2 elenca i requisiti per la scelta del Garante. Il Garante nazionale del contribuente è scelto tra:

a)   magistrati, professori universitari di materie giuridiche ed economiche, notai, in servizio o a riposo;

b)   avvocati, dottori commercialisti e ragionieri collegiati, in pensione, designati in una terna formata dai rispettivi ordini nazionali di appartenenza.

 

Il comma 3 dispone che le funzioni di segreteria e tecniche sono assicurate al Garante nazionale del contribuente dagli uffici del Dipartimento della giustizia tributaria del Ministero dell’economia e delle finanze.

 

Il comma 4 elenca i poteri del Garante nell’esercizio delle sue funzioni.

Il Garante nazionale del contribuente, sulla base di segnalazioni scritte del contribuente o di qualsiasi altro soggetto che lamenti disfunzioni, irregolarità, scorrettezze, prassi amministrative anomale o irragionevoli o qualunque altro comportamento suscettibile di incrinare il rapporto di fiducia tra cittadini e amministrazione finanziaria:

§  può rivolgere raccomandazioni ai direttori delle Agenzie fiscali ai fini della tutela del contribuente e della migliore organizzazione dei servizi;

§  può accedere agli uffici finanziari per controllarne la funzionalità dei servizi di assistenza e di informazione al contribuente, nonché l'agibilità degli spazi aperti al pubblico;

§  può richiamare gli uffici finanziari al rispetto di quanto previsto dagli articoli 5, in materia di informazione del contribuente, e 12, in materia di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, nonché al rispetto dei termini previsti per il rimborso d’imposta;

§  relaziona ogni sei mesi sull’attività svolta al Ministro dell’economia e delle finanze, ai direttori delle Agenzie fiscali, al Comandante generale della Guardia di finanza, individuando gli aspetti critici più rilevanti e prospettando le relative soluzioni;

§  con relazione annuale fornisce al Governo e al Parlamento dati e notizie sullo stato dei rapporti tra fisco e contribuenti nel campo della politica fiscale.

 


 

Articolo 1, comma 2
(Clausola di invarianza finanziaria)

 

 

L’articolo 1, comma 2, contiene la clausola di invarianza finanziaria per alcune specifiche disposizioni.

 

In particolare, si stabilisce che all’attuazione delle disposizioni di cui agli articoli 6-bis, 10-octies e 10-nonies della legge 27 luglio 2000, n. 212, come introdotti, rispettivamente, dalle lettere e) e m) del comma 1 (alla cui scheda si rimanda), si provvede nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


 

Articolo 2
(Disposizioni finali e abrogazioni)

 

 

L’articolo 2 introduce norme volte a disciplinare il compenso e la tempistica, di insediamento del nuovo Garante nazionale del contribuente, nonché la destinazione degli eventuali risparmi di spesa che dovessero derivare dall'istituzione del Garante medesimo. La norma abroga altresì, ai fini di un generale coordinamento normativo, una serie di norme in contrasto con le disposizioni previste dal decreto legislativo in commento.

 

Il comma 1 stabilisce che le disposizioni di cui all’articolo 10, comma 2-bis, della legge 27 luglio 2000, n. 212, come introdotto dall’articolo 1, comma 1, lettera l), trovano applicazione esclusivamente per i rapporti tributari sorti successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto.

Si ricorda che il comma 2-bis prevede che limitatamente ai tributi unionali, quando le indicazioni contenute in atti dell’Amministrazione finanziaria, ancorché da essa successivamente modificate, per la loro formulazione precisa ingenerano nel contribuente un ragionevole affidamento, non sono dovuti tributi, sanzioni ed interessi con riferimento al loro periodo di vigenza.

 

Inoltre, le disposizioni dell’articolo 1, comma 1, lettera p), in merito all’istituzione del Garante nazionale del contribuente, hanno effetto a decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 2, da adottare entro il termine di sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2024. Dalla medesima data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 2 sono soppressi i Garanti del contribuente previsti dall’articolo 13 della legge 27 luglio 2000, n. 212, nella versione vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

La disposizione, al comma 2, prevede che con regolamento adottato dal Ministro dell’economia e delle finanze, ai sensi dell’articolo 17, commi 3 e 4, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabiliti il compenso annuo lordo del Garante nazionale del contribuente, nel rispetto del limite di cui all’articolo 13, comma 1, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 (ovvero 240.000 annui al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico del dipendente) , nonché la misura annua del rimborso delle spese di trasferta dovute per suoi eventuali accessi in uffici finanziari situati in comuni diversi da quello della sua sede, nel limite complessivo di spesa di 329.000 annui.

 

Il comma 3 prevede che i risparmi di spesa derivanti dall’attuazione dell’articolo 1, comma 1, lettera p) sono destinati, anche mediante versamento all’entrata del bilancio dello Stato e successiva riassegnazione, all’ apposito fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze di cui all’articolo 22, comma 3, secondo periodo, della legge 9 agosto 2023, n. 111.

 

Sul punto si segnala che la relazione tecnica ricorda che la spesa annua stanziata nel bilancio 2023 per il pagamento delle somme attribuite ai 21 Garanti regionali del contribuente, è pari ad euro 771.585,00. Considerando prudenzialmente il limite massimo retributivo del trattamento economico annuo onnicomprensivo nel pubblico impiego, quale compenso lordo da corrispondere al Garante nazionale, inclusi gli oneri annuali per il rimborso delle spese di trasferta, si stima un risparmio di spesa, a regime, dal 2025, la cui entità sarà definita sulla base del regolamento adottato dal Ministro dell’economia e delle finanze ai sensi del comma 2.

 

Il comma 4 stabilisce che, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono abrogati:

a) l’articolo 2-quater del decreto-legge 30 settembre 1994, n. 564, in materia di autotutela dell'Amministrazione finanziaria;

b) il decreto del Ministro delle finanze 11 febbraio 1997, n. 37, recante norme relative all'esercizio del potere di autotutela da parte degli organi dell'Amministrazione finanziaria;

c) il comma 2 dell’articolo 18 della legge 27 luglio 2000, n. 212, riguardante la nomina dei componenti del Garante del contribuente;

d) il comma 4-ter dell’articolo 36 del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, che dispone che la cartella di pagamento di cui all'articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, contiene, altresì, a pena di nullità, l'indicazione del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo e di quello di emissione e di notificazione della stessa cartella;

e) l’articolo 6 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 156, in materia di risposte alle istanze di interpello.


 

Articolo 3
(Entrata in vigore)

 

 

L’articolo 3 specifica l’entrata in vigore del provvedimento.

 

La norma stabilisce che il decreto in esame entra in vigore il quindicesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.