Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Finanze
Titolo: Decreto legislativo recante attuazione del primo modulo di riforma delle imposte sul reddito delle persone fisiche e altre misure in tema di imposte sui redditi
Riferimenti: SCH.DEC N.88/XIX
Serie: Atti del Governo   Numero: 88
Data: 14/11/2023
Organi della Camera: VI Finanze

Schema di decreto legislativo recante attuazione del primo modulo di riforma delle imposte sul reddito delle persone fisiche e altre misure in tema di imposte sui redditi

 

Atto del Governo 88

 

 

14 novembre 2023

 

 

 

 


 

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Atti del Governo n. 88

 

 

 

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I N D I C E

 

 

Premessa. 5

schede di lettura

Articolo 1 (Revisione della disciplina dell’imposta sul reddito delle persone fisiche)  11

Articolo 2 (Revisione della disciplina delle detrazioni fiscali). 17

Articolo 3 (Adeguamento della disciplina delle addizionali regionale e comunale all'imposta sul reddito delle persone fisiche alla nuova disciplina dell'imposta sul reddito delle persone fisiche) 21

Articolo 4 (Maggiorazione del costo ammesso in deduzione in presenza di nuove assunzioni)  26

Articolo 5 (Abrogazioni). 30

Articolo 6 (Disposizioni finanziarie). 32

Articolo 7 (Entrata in vigore). 33

 


Premessa

 

Lo schema di decreto legislativo in esame mira ad attuare le disposizioni di cui all’articolo 5, comma 1, lettera a), e all’articolo 9, comma 1, lettera g), della legge n. 111 del 2023, recante “Delega al Governo per la riforma fiscale”, finalizzate a realizzare la revisione del sistema di imposizione del reddito delle persone fisiche e la graduale riduzione della relativa imposta (IRPEF), nonché rivedere e razionalizzare gli incentivi fiscali alle imprese e i meccanismi di determinazione e fruizione degli stessi.

 

In particolare, l’articolo 5 (Princìpi e criteri direttivi per la revisione del sistema di imposizione sui redditi delle persone fisiche) della legge n. 111 del 2023 individua, al comma 1, i seguenti princìpi e criteri direttivi specifici per la revisione del sistema di imposizione sui redditi delle persone fisiche:

a)      per gli aspetti generali:

1)      la revisione e la graduale riduzione dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), nel rispetto del principio di progressività e nella prospettiva della transizione del sistema verso l'aliquota impositiva unica, attraverso il riordino delle deduzioni dalla base imponibile, degli scaglioni di reddito, delle aliquote di imposta, delle detrazioni dall'imposta lorda e dei crediti d'imposta, tenendo conto delle loro finalità, con particolare riguardo:

1.1) alla composizione del nucleo familiare, in particolare di quelli in cui sia presente una persona con disabilità, e ai costi sostenuti per la crescita dei figli;

1.2) alla tutela del bene costituito dalla casa, in proprietà o in locazione, e di quello della salute delle persone, dell'istruzione e della previdenza complementare;

1.3) agli obiettivi del miglioramento dell'efficienza energetica, della riduzione del rischio sismico del patrimonio edilizio esistente nonché della rigenerazione urbana e della rifunzionalizzazione edilizia, valutando anche le esigenze di tutela, manutenzione e conservazione dei beni culturali di cui all'articolo 10 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;

1.4) a misure volte a favorire la propensione a stipulare assicurazioni aventi per oggetto il rischio di eventi calamitosi, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;

1.5) a misure volte a favorire lo stabile inserimento nel mercato del lavoro dei giovani che non hanno compiuto il trentesimo anno di età;

2)      il graduale perseguimento dell'equità orizzontale prevedendo, nelle more dell'attuazione della revisione di cui al numero 1), in particolare:

2.1) la progressiva applicazione della medesima area di esenzione fiscale e del medesimo carico impositivo nell'ambito dell'IRPEF, indipendentemente dalla natura del reddito prodotto, con priorità per l'equiparazione tra i redditi di lavoro dipendente e i redditi di pensione;

2.2) la possibilità di consentire la deduzione dal reddito di lavoro dipendente e assimilato, anche in misura forfetizzata, delle spese sostenute per la produzione dello stesso;

2.3) la possibilità per il contribuente di dedurre i contributi previdenziali obbligatori in sede di determinazione del reddito della pertinente categoria e l'eccedenza dal reddito complessivo;

2.4) l'applicazione, in luogo delle aliquote per scaglioni di reddito, di un'imposta sostitutiva dell'IRPEF e delle relative addizionali, in misura agevolata, sulle retribuzioni corrisposte a titolo di straordinario che eccedono una determinata soglia e sui redditi indicati all'articolo 49 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, riferibili alla percezione della tredicesima mensilità, ferma restando la complessiva valutazione, anche a fini prospettici, del regime sperimentale di tassazione degli incrementi di reddito introdotto, per l'anno 2023, per le persone fisiche esercenti attività d'impresa, arti o professioni;

2.5) l'applicazione del medesimo regime di imposizione alternativa di cui al numero 2.4) sui premi di produttività;

3)      l'inclusione nel reddito complessivo, rilevante ai fini della spettanza di detrazioni, deduzioni o benefìci a qualsiasi titolo, anche di natura non tributaria, dei redditi assoggettati a imposte sostitutive e a ritenute alla fonte a titolo di imposta in relazione all'IRPEF;

4)     valutare l'introduzione, per un periodo limitato di tempo, di misure idonee a favorire i trasferimenti di residenza nei comuni periferici e ultraperiferici come individuati dalla Strategia nazionale per le aree interne.

 

Inoltre, l’articolo 9 (Ulteriori princìpi e criteri direttivi), comma 1, lettera g), della legge di delega prevede che nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, il Governo osservi altresì i seguenti princìpi e criteri direttivi specifici: rivedere e razionalizzare, anche in adeguamento ai princìpi di cui all'articolo 6, comma 1, lettera a) (riduzione dell'aliquota dell'IRES nel caso in cui sia impiegata in investimenti, con particolare riferimento a quelli qualificati, o anche in nuove assunzioni ovvero in schemi stabili di partecipazione dei dipendenti agli utili), gli incentivi fiscali alle imprese e i meccanismi di determinazione e fruizione degli stessi, tenendo altresì conto della direttiva (UE) 2022/2523 del Consiglio, del 14 dicembre 2022 intesa a garantire un livello di imposizione fiscale minimo globale per i gruppi multinazionali di imprese e i gruppi nazionali su larga scala nell'Unione.

 


 

Sintesi del contenuto

 

Si riporta di seguito, in estrema sintesi, il contenuto dello schema di decreto in esame, rinviando alle singole schede per una illustrazione dettagliata degli articoli.

L’articolo 1, per l’anno 2024, indica le nuove aliquote e i nuovi scaglioni di reddito da impiegare per il calcolo dell’imposta lorda sul reddito delle persone fisiche; dispone l’innalzamento a 1.955 euro della detrazione prevista per i redditi di lavoro dipendente – esclusi i redditi di pensione- e di taluni redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente; modifica il requisito per la corresponsione della somma a titolo di trattamento integrativo; stabilisce che, nella determinazione degli acconti dovuti ai fini dell’IRPEF e relative addizionali per i periodi d’imposta 2024 e 2025, si assume, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata non applicando le disposizioni dei commi 1 e 2.

L’articolo 2, per l’anno 2024, diminuisce di un importo pari a 260 euro, ai fini dell’IRPEF, per i contribuenti titolari di un reddito complessivo superiore a euro 50.000, l’ammontare della detrazione dall’imposta lorda spettante in relazione a taluni oneri.

L’articolo 3, al fine di garantire la coerenza della disciplina dell'addizionale regionale all'IRPEF con la nuova articolazione degli scaglioni dell'IRPEF, differisce al 15 aprile 2024 il termine per modificare gli scaglioni e le aliquote applicabili per l'anno di imposta 2024; differisce al 15 maggio 2024 il termine entro cui le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, provvedono alla trasmissione dei dati rilevanti per la determinazione dell'addizionale regionale all'IRPEF prevista ai fini della pubblicazione sul sito informatico del Dipartimento delle finanze del MEF; prevede, al fine di garantire la coerenza degli scaglioni dell'addizionale comunale all'IRPEF con i nuovi scaglioni dell'IRPEF, che i comuni per l'anno 2024, entro il termine di approvazione del bilancio di previsione, modificano, con propria delibera, gli scaglioni e le aliquote dell'addizionale comunale al fine di conformarsi alla nuova articolazione prevista per l'IRPEF; stabilisce che, in talune circostanze, per l'anno 2024 l'addizionale comunale si applica sulla base dei nuovi scaglioni dell'IRPEF; a tal fine trova applicazione la prima, la terza e la quarta aliquota vigenti nel comune nell'anno 2023, con l’eliminazione della seconda aliquota.

L’articolo 4 dispone che, per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023, per i titolari di reddito d’impresa e per gli esercenti arti e professioni, il costo del personale di nuova assunzione con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato è maggiorato, ai fini della determinazione del reddito, di un importo pari al 20 per cento del costo riferibile all’incremento occupazionale; gli incrementi occupazionali rilevano a condizione che il numero dei dipendenti a tempo indeterminato al termine del periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023 è superiore al numero dei dipendenti a tempo indeterminato mediamente occupato del periodo d’imposta precedente; definisce il costo riferibile all’incremento occupazionale; precisa che nessun costo è riferibile all’incremento occupazionale nel caso in cui, alla fine del periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023, il numero dei lavoratori dipendenti, inclusi quelli a tempo determinato, risulti inferiore o pari al numero degli stessi lavoratori mediamente occupati nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2023; il costo riferibile a ciascun nuovo assunto è moltiplicato per coefficienti di maggiorazione laddove il nuovo assunto rientra in una delle categorie di lavoratori meritevoli di maggiore tutela di cui all’Allegato 1; stabilisce che nella determinazione dell’acconto delle imposte sui redditi dovuto per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023, non si tiene conto delle disposizioni del presente articolo. Nella determinazione dell’acconto per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024 si assume, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata non applicando le disposizioni del presente articolo.

L’articolo 5 dispone, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023, l’abrogazione dell’Aiuto alla crescita economica (ACE). L’articolo stabilisce, inoltre, che, sino ad esaurimento dei relativi effetti, continuano ad applicarsi le disposizioni relative all'importo del rendimento nozionale eccedente il reddito complessivo netto del periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2023.

L’articolo 6 istituisce nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze il Fondo per l’attuazione della delega fiscale; reca la quantificazione degli oneri derivanti dagli articoli 1, 2 e 4 e dal comma 1 del presente articolo; indica quindi le fonti di copertura finanziaria.

L’articolo 7 stabilisce che le disposizioni del presente decreto entrano in vigore il giorno successivo a quello di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.


Schede di lettura


Articolo 1
(Revisione della disciplina dell’imposta sul reddito delle persone fisiche)

 

Il comma 1 indica le nuove aliquote per scaglioni di reddito da impiegare, per l’anno 2024, per il calcolo dell’imposta lorda sul reddito delle persone fisiche in luogo delle aliquote previste dall’articolo 11, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR - D.P.R. n. 917 del 1986)

a)      fino a 28.000 euro, 23 per cento;

b)     oltre 28.000 euro e fino a 50.000 euro, 35 per cento;

c)      oltre 50.000 euro, 43 per cento.

 

Rispetto al sistema vigente (si veda il box di seguito), la rimodulazione proposta comporta, quindi, un accorpamento dei primi due scaglioni di reddito attuali (fino a 28.000 euro) e la riduzione di 2 punti percentuali dell’aliquota applicata ai redditi tra 15.000 e 28.000 euro (23 anziché 25 per cento). I restanti scaglioni e le restanti aliquote rimangono immutati.

 

L'imposta sul reddito delle persone fisiche – IRPEF, è regolata dal testo unico delle imposte sui redditi (TUIR - D.P.R. n. 917 del 1986). Essa si applica sui redditi che rientrano in alcune categorie individuate dalla legge (redditi fondiari, redditi di capitale, redditi di lavoro dipendente, redditi di lavoro autonomo, redditi di impresa, redditi diversi) ed è una imposta progressiva in quanto colpisce il reddito, con aliquote che dipendono dagli scaglioni di reddito stesso. L’imponibile e l’imposta da versare sono determinati, rispettivamente, al netto degli oneri deducibili e delle detrazioni per oneri.

Tale impostazione generale è rimasta immutata, anche a seguito delle modifiche sostanziali apportate ad aliquote e scaglioni dalla legge di bilancio 2022 (articolo 1, commi 2-7, della legge n. 234 del 2021).

Per effetto di tali modifiche, il sistema prevede attualmente quattro scaglioni di reddito con altrettante aliquote, secondo il seguente schema:

§  fino a 15.000 euro, 23 per cento;

§  da 15.000,01 a 28.000 euro, 25 per cento;

§  da 28.000,01 a 50.000 euro, 35 per cento;

§  oltre 50.000 euro, 43 per cento.

 

Oltre che dal variare delle aliquote in relazione agli scaglioni, la progressività dell’imposta è altresì garantita dalla presenza di un complesso sistema di detrazioni e deduzioni, stratificatosi nel tempo.

A tale sistema occorre altresì aggiungere le addizionali regionali e comunali all’Irpef, che si applicano al reddito complessivo determinato ai fini IRPEF e devono essere versate se, per l’anno di riferimento, risulta dovuta l’IRPEF.

Con riferimento specifico all’unità impositiva, il sistema IRPEF italiano dal 1976 è basato sul reddito individuale.

 

Il comma 2 dispone l’innalzamento a 1.955 euro (rispetto ai 1.880 euro attuali), per l’anno 2024, della detrazione prevista dall’articolo 13, comma 1, lettera a), primo periodo (redditi di lavoro dipendente – esclusi i redditi di pensione- e di taluni redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente), del TUIR.

 

Più in dettaglio, il menzionato articolo 13, comma 1, lettera a), primo periodo, del TUIR prevede che, se alla formazione del reddito complessivo concorrono uno o più redditi di cui agli articoli 49 (redditi di lavoro dipendente), con esclusione di quelli indicati nel comma 2, lettera a) (pensioni e assegni equiparati), e 50, comma 1 (redditi assimilati a quelli da lavoro dipendente), lettere a) (compensi percepiti da soci di cooperative), b) (indennità e compensi per incarichi), c) (borse di studio), c-bis) (incarichi e collaborazioni vari), d) (remunerazioni dei sacerdoti), h-bis) (prestazioni pensionistiche complementari) e l) (compensi dei lavoratori socialmente utili), spetta una detrazione dall'imposta lorda, rapportata al periodo di lavoro nell'anno, pari a 1.880 euro, se il reddito complessivo non supera 15.000 euro.

 

Come chiarito dal Governo nella relazione illustrativa, per effetto di tale modifica la soglia di no tax area prevista dalla normativa vigente per i redditi di lavoro dipendente si amplia fino a 8.500 euro, diventando quindi pari a quella già vigente per i redditi da pensione.

Si ricorda, infatti, che nel sistema tributario vigente, l’applicazione delle diverse detrazioni per lavoro dipendente o pensione o da lavoro autonomo, decrescenti al crescere del reddito, produce delle fasce di reddito esenti da tassazione. Tale no tax area varia a seconda delle diverse categorie di contribuenti: è pari a circa 8.174 euro (nella legislazione vigente) per i lavoratori dipendenti, a circa 8.500 per i pensionati, a 5.500 per i lavoratori autonomi. L’azzeramento dell’Irpef porta con sé quello delle relative addizionali regionale e comunale.

 

Nell'ottica di agevolare i redditi che vedono prevalente la componente lavorativa al loro interno, il legislatore ha cercato di attenuare l'impatto della tassazione attraverso la previsione di una detrazione IRPEF da applicarsi in maniera progressiva, fino a certe soglie, al reddito derivante da lavoro autonomo, dipendente o da pensione (la detrazione pertanto non si applica agli altri redditi sottoposti a IRPEF indicati all’articolo 6 del TUIR: fondiari, dei fabbricati e dei terreni, di capitale, di impresa, redditi diversi).

La disciplina delle due fattispecie (lavoro autonomo e dipendente) si differenzia, tuttavia, per le modalità del calcolo della detrazione, nonché per le soglie dei limiti di reddito che danno diritto all’esonero dalla presentazione della dichiarazione (no tax area).

 

1) le detrazioni Irpef per lavoro autonomo sono riconosciute ad alcuni soggetti che svolgono attività di lavoro non dipendente. Si tratta di professionisti, imprese minori, titolari di partita Iva e tutti i soggetti che svolgono lavoro autonomo, sia di carattere continuativo, sia occasionale nonché alcune tipologie di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente. Le regole per il calcolo dell’importo riconosciuto ai titolari di partita Iva sono contenute al comma 5, articolo 13 del TUIR.

La legge di bilancio 2022 (articolo 1, comma 2 lettera b), n. 5 della legge n. 234 del 2021) ha rimodulato tale detrazione, disciplinata dall’articolo 13 del TUIR, fissandola nelle seguenti misure:

 

§  1.265 euro, se il reddito complessivo non supera 5.500 euro;

§  500 euro, aumentata del prodotto fra 765 euro e l’importo corrispondente al rapporto fra 28.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 22.500 euro, se l’ammontare del reddito complessivo è superiore a 5.500 euro ma non a 28.000 euro;

§  fino a 500 euro, se il reddito complessivo è superiore a 28.000 euro ma non a 50.000 euro. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 50.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 22.000 euro.

Si prevede un aumento della detrazione di un importo pari a 50 euro, se il reddito complessivo è superiore a 11.000 euro ma non a 17.000 euro.

Il calcolo dell’importo spettante è quindi effettuato in base al reddito percepito nell’anno di riferimento, dato dalla differenza tra ricavi e costi in base a quanto dichiarato nel modello Unico PF. In merito alle prestazioni di lavoro occasionale, le ritenute d’acconto dell’Irpef vanno considerate nel calcolo dell’Irpef dovuta in sede di presentazione dei redditi. Pertanto, presentando il modello Unico PF, il lavoratore che ha effettuato prestazioni occasionali fino a 4.800 euro potrà richiedere le ritenute d’acconto indietro portandole a credito Irpef.

La detrazione Irpef per lavoro autonomo è riconosciuta in misura piena per i redditi non superiori a 5.500 euro con relativo esonero dalla presentazione della dichiarazione perché in tal caso l’importo riconosciuto copre completamente l’ammontare dell’Irpef dovuta nell’anno. L’aliquota Irpef fino a 15.000 euro è rimasta infatti del 23%, quindi l’imposta lorda calcolata sarebbe appunto pari a 1.104 euro, completamente azzerata dalla detrazione.

 

2) Come anticipato, anche i lavoratori dipendenti hanno diritto di ricevere particolari detrazioni fiscali legate alla produzione di reddito da lavoro dipendente o assimilato che possono fruire al fine di abbattere la propria tassazione Irpef.

Le detrazioni da lavoro dipendente o assimilati sono disciplinate dall’articolo 13, comma 1, lettere a), b) e c) del TUIR, anch’esso profondamente modificato dalla legge di bilancio 2022.

Si ricorda che per redditi da lavoro assimilati rilevanti ai fini del riconoscimento della detrazione (articolo 50, comma 1, lettere a), b), c), c-bis), d), h-bis) e l) del TUIR) si intendono:

a) i compensi percepiti dai lavoratori soci delle cooperative di produzione e lavoro, delle cooperative di servizi, delle cooperative agricole e di prima trasformazione dei prodotti agricoli e delle cooperative della piccola pesca;

b) le indennità e i compensi percepiti a carico di terzi dai prestatori di lavoro dipendente per incarichi svolti in relazione a tale qualità, ad esclusione di quelli che per clausola contrattuale devono essere riversati al datore di lavoro e di quelli che per legge devono essere riversati allo Stato;

c) le somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio o di assegno, premio o sussidio per fini di studio o di addestramento professionale, se il beneficiario non è legato da rapporti di lavoro dipendente nei confronti del soggetto erogante;

c-bis) le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d'imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione agli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società, associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica, alla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili, alla partecipazione a collegi e commissioni, nonché quelli percepiti in relazione ad altri rapporti di collaborazione aventi per oggetto la prestazione di attività svolte senza vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto nel quadro di un rapporto unitario e continuativo senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita, sempreché gli uffici o le collaborazioni non rientrino nei compiti istituzionali compresi nell'attività di lavoro dipendente, concernente redditi di lavoro dipendente, o nell'oggetto dell'arte o professione concernente redditi di lavoro autonomo, esercitate dal contribuente;

d) le remunerazioni dei sacerdoti;

h-bis) le prestazioni pensionistiche da previdenza complementare;

l) i compensi percepiti dai soggetti impegnati in lavori socialmente utili in conformità a specifiche disposizioni normative.

 

La legge di bilancio 2022 (articolo 1, comma 2 lettera b) n. 1 della legge n. 234 del 2021), come anticipato, ha rimodulato la detrazione per redditi da lavoro dipendente e assimilati, novellando il comma 1, lettere a), b) e c) dell’articolo 13 del TUIR

Con le modifiche in commento, la detrazione suddetta ammonta a:

1)      1.880 euro, se il reddito complessivo non supera 15.000 euro, precisando che l’ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 690 euro e che, per i rapporti di lavoro a tempo determinato, non può essere inferiore a 1.380 euro;

2)      1.910 euro, aumentata del prodotto tra 1.190 euro e l’importo corrispondente al rapporto tra 28.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 13.000 euro, se l’ammontare del reddito complessivo è superiore a 15.000 euro ma non a 28.000 euro;

3)      fino a 1.910 euro, se il reddito complessivo è superiore a 28.000 euro ma non a 50.000 euro; la detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 50.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 22.000 euro.

Si prevede, aggiungendo un comma 2 all’articolo 13 del TUIR, un aumento della detrazione pari a 65 euro per i redditi superiori a 25.000 euro ed inferiori a 35.000 euro.

L’ammontare della detrazione per redditi da lavoro dipendente, spettante ai lavoratori ogni mese in busta paga, viene calcolato in rapporto ai giorni di detrazioni spettanti nel mese (compreso sabato e domenica). Per il calcolo della detrazione per lavoro dipendente in busta paga, occorre distinguere il calcolo effettuato in via presuntiva dal datore di lavoro sostituto d’imposta nelle buste paga da gennaio a novembre, rispetto al calcolo effettuato dal datore di lavoro nel mese di dicembre e in occasione del conguaglio fiscale di fine anno, che è calcolato sul reddito da lavoro dipendente definitivo.

 

Per i redditi da pensione la detrazione è disciplinata dall’articolo 13, comma 3 lettere a), b) e c) del TUIR.

Anch’essa è stata ridefinita dalla manovra 2022.

L’articolo 1, comma 2, lettera b) n. 3 della menzionata legge di bilancio 2022 rimodula la detrazione per redditi da pensione, novellando il comma 3, lettere a), b) e c) dell’articolo 13 del TUIR, fissandola in:

 

1)      1.955 euro, se il reddito complessivo non supera 8.500 euro. L’ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 713 euro;

2)       700 euro, aumentata del prodotto fra 1.255 euro e l’importo corrispondente al rapporto fra 28.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 19.500 euro, se l’ammontare del reddito complessivo è superiore a 8.500 euro ma non a 28.000 euro;

3)      fino a 700 euro, se il reddito complessivo è superiore a 28.000 euro ma non a 50.000 euro. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 50.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 22.000 euro.

 

Aggiungendo un comma 3-bis all’articolo 13 TUIR, si prevede un aumento della detrazione pari a 50 euro per i redditi superiori a 25.000 euro ed inferiori a 29.000 euro.

Infine, si ricorda che se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi derivanti dagli assegni periodici corrisposti al coniuge, ad esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli, in conseguenza di separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell'autorità giudiziaria (articolo 10, comma 1, lettera c)), spetta una detrazione dall'imposta lorda, non cumulabile, in misura pari a quelle di cui al sopra citato comma 3, non rapportate ad alcun periodo nell'anno (articolo 13, comma 5-bis).

 

Il comma 3 modifica, per l’anno 2024, il requisito per la corresponsione della somma a titolo di trattamento integrativo, di cui all’articolo 1, comma 1, primo periodo, del decreto-legge n. 3 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 21 del 2020, prevedendo che tale somma è riconosciuta a favore dei contribuenti con reddito complessivo non superiore a 15.000 euro qualora l'imposta lorda determinata sui redditi di cui agli articoli 49, con esclusione di quelli indicati nel comma 2, lettera a), e 50, comma 1, lettere a), b), c), c-bis), d), h-bis) e l), del TUIR, sia di importo superiore a quello della detrazione spettante ai sensi dell'articolo 13, comma 1, del citato TUIR diminuita dell’importo di 75 euro rapportato al periodo di lavoro nell'anno.

 

La legge di bilancio 2020 ha costituito un Fondo per la riduzione del carico fiscale sui lavoratori dipendenti, con una dotazione di 3 miliardi di euro per l'anno 2020 e 5 miliardi a decorrere dal 2021; con il decreto-legge n. 3 del 2020 sono state concretamente attuate le predette misure di riduzione del cuneo fiscale.  Dal 1° luglio 2020 è riconosciuta una somma a titolo di trattamento integrativo ai percettori di reddito di lavoro dipendente e di taluni redditi assimilati, a specifiche condizioni (imposta lorda superiore all'ammontare della detrazione spettante per lavoro dipendente). In sostanza, è stata innalzata da 80 a 100 euro la misura mensile del bonus in busta paga previsto per tali categorie di contribuenti (introdotta dal decreto-legge n. 66 del 2014, contestualmente abrogato); è anche elevato il limite di reddito che dà diritto all’agevolazione in misura piena (da 24.600 euro si passa a 28.000 euro).

Tale trattamento integrativo è stato oggetto di modifiche da parte della menzionata legge di bilancio 2022 (articolo 1, comma 3 della legge n. 234 del 2021) che in linea generale riduce da 28.000 euro a 15.000 euro il reddito complessivo oltre il quale non è più dovuto il bonus (pari a 1.200 euro in ragione annua a decorrere dal 2021, mentre è stato pari a 600 euro per l’anno 2020).

Dall’altro lato, la norma riconosce comunque il trattamento integrativo, se il reddito complessivo è compreso tra 15.000 e 28.000 euro, ma in presenza di una specifica condizione: la somma di un insieme di detrazioni individuate dalla norma medesima (per carichi di famiglia, per redditi da lavoro dipendente, assimilati e da pensione, per mutui agrari e immobiliari per acquisto della prima casa limitatamente agli oneri sostenuti in dipendenza di prestiti o mutui contratti fino al 31 dicembre 2021, per erogazioni liberali, per spese sanitarie nei limiti previsti dall’articolo 15 del TUIR, per le rate per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici e da altre disposizioni normative, per spese sostenute fino al 31 dicembre 2021) deve essere di ammontare superiore all’imposta lorda. In tal caso, il trattamento integrativo è riconosciuto per un ammontare, comunque non superiore a 1.200 euro, determinato in misura pari alla differenza tra la somma delle detrazioni ivi elencate e l’imposta lorda.

 

Come chiarito dal Governo nella relazione illustrativa, la modifica recata dal comma 3 in esame assicura la corresponsione del trattamento integrativo ai lavoratori dipendenti alle stesse condizioni previste dalla disciplina vigente a regime (si veda il box sopra). Infatti, considerato che uno dei requisiti richiesti dall’articolo 1 del citato decreto-legge n. 3 del 2020 per l’attribuzione del trattamento integrativo è la capienza dell’imposta lorda calcolata sui redditi di lavoro dipendente rispetto alla detrazione spettante ai sensi dell’articolo 13, comma 1, lettera a), del citato TUIR, un livello più elevato di tale detrazione determinerebbe la perdita del beneficio per alcuni lavoratori dipendenti che in base alla disciplina vigente a regime ne sono invece destinatari. A tale inconveniente si pone rimedio con il correttivo che si va a introdurre che, ai fini della spettanza del trattamento integrativo, neutralizza l’innalzamento della soglia di non tax area da 8.173 euro a 8.500 euro previsto dal comma 2 dell’articolo 1.

 

Il comma 4, infine, stabilisce che, nella determinazione degli acconti dovuti ai fini dell’IRPEF e relative addizionali per i periodi d’imposta 2024 e 2025, si assume, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata non applicando le disposizioni dei commi 1 e 2.

 


Articolo 2
(Revisione della disciplina delle detrazioni fiscali)

 

Il comma 1 dell’articolo 2 diminuisce di un importo pari a 260 euro, ai fini dell’IRPEF, per i contribuenti titolari di un reddito complessivo superiore a euro 50.000, l’ammontare della detrazione dall’imposta lorda spettante per l’anno 2024.

Il comma precisa cha tale decurtazione va operata sulla detrazione determinata ai sensi dell’articolo 15, comma 3-bis, del TUIR.

 

In sostanza, la decurtazione di 260 euro va applicata alla detrazione dall’imposta lorda che, per i titolari di reddito superiore a 120.000 euro, è già ridotta per effetto del suddetto articolo 15, comma 3-bis, il quale prevede che la detrazione per oneri spetta:

a) per l'intero importo qualora il reddito complessivo non ecceda 120.000 euro;

b) per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 240.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 120.000 euro, qualora il reddito complessivo sia superiore a 120.000 euro.

 

La decurtazione di cui al presente comma 1 deve essere applicata sulla detrazione spettante per le seguenti tipologie di oneri:

a)                 gli oneri la cui detraibilità è fissata nella misura del 19 per cento dal citato TUIR o da qualsiasi altra disposizione fiscale, fatta eccezione per le spese sanitarie di cui all’articolo 15, comma 1, lettera c) del predetto TUIR;

b)                 le erogazioni liberali a favore delle ONLUS, delle iniziative umanitarie, religiose o laiche di cui all’articolo 15, comma 1.1;

c)                 le erogazioni liberali in favore dei partiti politici di cui all’articolo 11 del decreto-legge n. 149 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 13 del 2014;

d)                 le erogazioni liberali a favore degli enti del terzo settore di cui all’articolo 83, comma 1, primo e secondo periodo, del decreto legislativo n. 117 del 2017 (Codice del terzo settore);

e)                 i premi di assicurazione per rischio eventi calamitosi di cui all’articolo 119, comma 4, quinto periodo, del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020.


 

Il tema delle spese fiscali (c.d. tax expenditures) è al centro del dibattito ormai da diversi anni. Il fabbisogno informativo a esso associato ha trovato risposta grazie alla procedura di monitoraggio delle spese fiscali ridisegnata dal decreto legislativo n. 160 del 2015, che prevede due strumenti con caratteristiche ben distinte.

Da un lato, il rapporto annuale sulle spese fiscali, affidato ad una Commissione sulle tax expenditures e allegato allo stato di previsione dell’entrata della legge di bilancio, è il documento che elenca qualunque forma di esenzione, esclusione, riduzione dell'imponibile o dell'imposta ovvero regime di favore, derivante da disposizioni normative vigenti, con separata indicazione di quelle introdotte nell'anno precedente e nei primi sei mesi dell'anno in corso.

Dall'altro lato il rapporto programmatico, allegato alla Nota di aggiornamento del DEF, indica gli interventi volti a ridurre, eliminare o riformare le spese fiscali in tutto o in parte ingiustificate o superate alla luce delle mutate esigenze sociali o economiche ovvero che si sovrappongono a programmi di spesa aventi le stesse finalità, da attuare con la manovra di finanza pubblica.

Con riferimento alla definizione di spese fiscali, la Commissione ha scelto di allinearsi ai Paesi che sembrano oggi attuare le best practices nel campo, utilizzando così il metodo del benchmark legale, nel quale il sistema tributario di riferimento è identificato con quello vigente (current tax law). Il metodo del benchmark legale consiste nel valutare, volta per volta, se una disposizione di natura agevolativa, rappresenti una caratteristica strutturale del tributo, riferita cioè al suo assetto “normale”, oppure rappresenti una deviazione dalla norma. Solo in questo secondo caso la disposizione sarà ritenuta spesa fiscale. La valutazione è basata, da un lato, sull’esame di carattere sistematico del tributo, a partire dalle norme istitutive e della loro giustificazione da parte del legislatore (relazioni di accompagnamento e altri documenti ufficiali), dall’altro lato, sulla considerazione della portata dimensionale della disposizione, sia sotto il profilo delle implicazioni finanziarie in termini di gettito, sia del numero dei soggetti destinatari del provvedimento. Le principali implicazioni di questa scelta metodologica per i due maggiori tributi sono, a titolo esemplificativo, le seguenti:

-          nel campo dell’Irpef, non sono state qualificate come spese fiscali le detrazioni per spese di produzione del reddito (reddito da lavoro dipendente, pensioni e redditi assimilati), le detrazioni per familiari a carico e le imposte sostitutive sui redditi da capitale;

-          nel campo dell’Iva, non sono state qualificate come spese fiscali le aliquote ridotte e le disposizioni obbligatorie derivanti dall’armonizzazione dell’imposta a livello comunitario.

In proposito si segnala che in base ai dati consultabili sul sito del MEF-dipartimento finanze nella sezione Analisi statistiche - Dichiarazioni 2022 - Anno d'imposta 2021, il reddito complessivo dichiarato, composto per circa l’83,2% da redditi da lavoro dipendente e da pensione, ammonta a oltre 912,4 miliardi di euro (47 miliardi in più rispetto all’anno precedente, +5,5%) per un valore medio di 22.540 euro, in aumento del 4,5%.

Con riferimento alle tipologie di reddito, il Dipartimento Finanze del MEF ha reso nota l’adozione, dal 2018, del criterio di prevalenza, che considera anche i redditi soggetti a tassazione sostitutiva dei contribuenti in regime forfettario e di vantaggio.

Per reddito prevalente si intende quello di ammontare più elevato risultante dal confronto dei valori assoluti dei redditi soggetti a tassazione ordinaria Irpef o a tassazione sostitutiva in regime di cedolare secca (prevista per gli immobili locati) o a tassazione agevolata per i contribuenti in regime forfetario e di vantaggio. Il Mef rileva che circa l’85% dei soggetti detiene prevalentemente reddito da lavoro dipendente o pensione e solo il 6,4% un reddito derivante dall’esercizio di attività d’impresa o di lavoro autonomo compreso anche quello in regime forfetario e di vantaggio.

Le detrazioni ammontano a circa 73,9 miliardi di euro e sono composte prevalentemente da: detrazioni per redditi da lavoro dipendente e pensione (61%), carichi di famiglia (15%), oneri detraibili da sez. I del quadro RP (8,4%), spese per recupero edilizio (11,3%) e spese per il risparmio energetico (2,6%). Il confronto con l’anno precedente evidenzia incrementi, tra l’altro, per le spese di recupero edilizio (+6,2%) e per l’arredo di immobili ristrutturati (+29,6%).

Spostando l’attenzione sugli oneri detraibili, di particolare interesse è l’analisi degli oneri detraibili al 19% (per un ammontare di circa 32,5 miliardi di euro), per i quali si rileva un incremento del 19,2% rispetto al 2020. Gli oneri detraibili al 19% non commisurati al reddito complessivo ammontano a 25,8 miliardi di euro (80% del totale), mentre quelli commisurati al reddito complessivo ammontano a 6,7 miliardi di euro. L’analisi delle componenti, confrontate con l’anno precedente, consente di cogliere l’incremento delle spese sanitarie (+27,2%) e delle spese per istruzione non universitarie (+29,2%), mentre diminuisce la spesa per interessi per mutui su abitazione principale (-4,5%). A partire dal 2021 tra gli oneri detraibili al 19% sono incluse anche le spese per l’iscrizione dei ragazzi ai conservatori, agli AFAM, a scuole di musica nonché a cori, bande e scuole di musica riconosciuti da una pubblica amministrazione (risultano oltre 20.800 soggetti, per un ammontare di circa 10 milioni di euro di spesa).

Secondo quanto emerge dall’ultimo Rapporto annuale sulle spese fiscali per l'anno 2022 le 740 tipologie di spese fiscali censite (erariali e locali) comportano un minor gettito di circa 128,6 miliardi (dunque in aumento rispetto alle 721 agevolazioni censite nel 2021 con un minor gettito stimato di 112,3 miliardi in tale anno).

Secondo il rapporto più di un terzo delle spese fiscali riguarda l’Irpef - per costo e tipo di tributo per natura della misura, con il ruolo prevalente di esclusioni ed esenzioni, ma anche di detrazioni e deduzioni e per soggetti e categorie di beneficiari - circa il 40 per cento delle misure riguarda le persone fisiche.

Dall’altro lato, secondo l’analisi dei dati delle dichiarazioni Irpef, nel 2021 le deduzioni ammontano a circa 34,4 miliardi di euro (+1,4% rispetto al 2020) e si suddividono tra la deduzione per abitazione principale (9,2 miliardi di euro) e gli oneri deducibili (25,2 miliardi di euro). Rispetto al 2020 gli oneri deducibili mostrano un incremento dell’1,2%, imputabile prevalentemente alla previdenza complementare (+7,9%). I successivi grafici mettono in evidenza sia la frequenza di utilizzo sia la composizione percentuale dell’ammontare delle singole componenti.

La voce principale, sia in termini di frequenza che di ammontare, riguarda i contributi previdenziali e assistenziali (68% degli oneri deducibili). Si tratta principalmente di oneri riferiti a imprenditori individuali e lavoratori autonomi: questi contribuenti devono riportare in dichiarazione il loro reddito al lordo di tali contributi, che vengono poi dedotti prima del calcolo dell’imponibile Irpef. In questo caso la normativa si differenzia dai lavoratori dipendenti che riportano il reddito in dichiarazione già al netto dei contributi.  Tra gli oneri deducibili sono previste anche le erogazioni liberali a favore di Onlus, organizzazioni di volontariato e associazioni di promozione sociale, per le quali, in base al nuovo codice del Terzo Settore, è prevista la possibilità di scegliere tra deduzione e detrazione. La deduzione è prevista nel limite del 10% del reddito complessivo dichiarato, ed è stata utilizzata da oltre 521.000 soggetti per un ammontare di 217 milioni di euro.

Per ulteriori disamine delle spese fiscali in Italia, si veda il Documento di analisi n. 27 dell’Ufficio Valutazione Impatto del Senato.

 

Il comma 2 precisa che, ai fini del comma 1, il reddito complessivo è assunto al netto del reddito dell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale e di quello delle relative pertinenze di cui all'articolo 10, comma 3-bis, del citato TUIR.

 

Il citato articolo 10, comma 3-bis, del TUIR dispone che, se alla formazione del reddito complessivo concorrono il reddito dell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale e quello delle relative pertinenze, si deduce un importo fino all'ammontare della rendita catastale dell'unità immobiliare stessa e delle relative pertinenze, rapportato al periodo dell'anno durante il quale sussiste tale destinazione ed in proporzione alla quota di possesso di detta unità immobiliare. Sono pertinenze le cose immobili di cui all'articolo 817 del codice civile, classificate o classificabili in categorie diverse da quelle ad uso abitativo, destinate ed effettivamente utilizzate in modo durevole a servizio delle unità immobiliari adibite ad abitazione principale delle persone fisiche. Per abitazione principale si intende quella nella quale la persona fisica, che la possiede a titolo di proprietà o altro diritto reale, o i suoi familiari dimorano abitualmente. Non si tiene conto della variazione della dimora abituale se dipendente da ricovero permanente in istituti di ricovero o sanitari, a condizione che l'unità immobiliare non risulti locata.

 

Nella relazione tecnica, il Governo stima complessivamente gli effetti finanziari derivanti dagli articoli 1 e 2, prevedendo, in considerazione della validità delle norme per il solo 2024, una riduzione di gettito pari a circa 4,28 miliardi di euro nel 2024, un aumento di 17,3 milioni nel 2025, una riduzione di 140,4 milioni nel 2026.

 


Articolo 3
(Adeguamento della disciplina delle addizionali regionale e comunale all'imposta sul reddito delle persone fisiche alla nuova disciplina dell'imposta sul reddito delle persone fisiche)

 

Il comma 1, al fine di garantire la coerenza della disciplina dell'addizionale regionale all'IRPEF con la nuova articolazione degli scaglioni dell'IRPEF stabilita dall’articolo 1, differisce al 15 aprile 2024 il termine (previsto dalla legislazione vigente al 31 dicembre dell’anno precedente a quello in cui l’addizionale si riferisce) di cui all'articolo 50, comma 3, secondo periodo, del decreto legislativo n. 446 del 1997 per modificare gli scaglioni e le aliquote applicabili per l'anno di imposta 2024.

 

Come specificato dal Governo nella relazione illustrativa, il differimento del suddetto termine del 31 dicembre si rende necessario perché la modifica degli scaglioni di cui all’articolo 1 entra in vigore il 1° gennaio 2024.

 

L'addizionale regionale all’IRPEF è stata istituita dell’articolo 50 del decreto legislativo n. 446 del 1998, il quale dispone che la stessa è determinata applicando l'aliquota, fissata dalla Regione e dalla Provincia autonoma in cui il contribuente ha la residenza, al reddito complessivo determinato ai fini dell'IRPEF, al netto degli oneri deducibili riconosciuti ai fini di tale imposta. L’addizionale regionale è dovuta se per lo stesso anno l'IRPEF, al netto delle detrazioni per essa riconosciute e del credito di imposta per gli utili distribuiti da società ed enti e per i redditi prodotti all’estero, risulta dovuta. Sono esclusi dal campo di applicazione dell’addizionale regionale le persone fisiche esercenti attività d'impresa, arti o professioni che applicano il regime forfettario.

La disciplina dell’addizionale regionale all’IRPEF è stata integrata dall’articolo 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 - recante disposizioni sul federalismo fiscale provinciale e regionale - che detta norma valide solo per le Regioni ordinarie le quali possono aumentare o diminuire l’aliquota base. Il comma 4 di tale articolo 6, in particolare, stabilisce che, per assicurare la razionalità del sistema tributario nel suo complesso e la salvaguardia dei criteri di progressività cui il sistema medesimo è informato, le regioni possono stabilire aliquote dell'addizionale regionale all'IRPEF differenziate esclusivamente in relazione agli scaglioni di reddito corrispondenti a quelli stabiliti dalla legge statale.

L'aliquota di base dell’addizionale dall'anno 2012 è pari all’1,23 per cento.

Ciascuna Regione e Provincia autonoma, con propria legge da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale non oltre il 31 dicembre dell'anno precedente a quello in cui l'addizionale si riferisce, può maggiorare l'aliquota di base entro i limiti fissati dalla legge statale. La maggiorazione a decorrere dal 2015 non può essere superiore a 2,1 punti percentuali.

Il suddetto articolo 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 dispone poi che:

·         la maggiorazione oltre i 0,5 punti percentuali non trova applicazione sui redditi ricadenti nel primo scaglione dei redditi IRPEF;

·         nel caso in cui la regione decida di non adottare un’unica aliquota ma una pluralità di aliquote differenziate tra loro, queste devono essere articolate esclusivamente in relazione ai medesimi scaglioni di reddito stabiliti per l'IRPEF, nonché diversificate e crescenti in relazione a ciascuno di essi. La nuova articolazione degli scaglioni di reddito stabiliti per l’IRPEF conseguente alla riformulazione dell’articolo 11, comma 1 del TUIR ad opera dall’articolo 1, comma 2, lettera a) della legge di bilancio 2022 (legge n. 234 del 2021), ha prodotto effetti anche ai fini del calcolo del tributo regionale. Le Regioni e le Province autonome hanno, infatti, dovuto adeguare la disciplina del tributo regionale applicabile dall’anno di imposta 2022 prevedendo quattro scaglioni di reddito anziché i cinque scaglioni stabiliti dalla normativa vigente fino al 31 dicembre 2021 attraverso un’apposita legge da pubblicare entro il 31 marzo 2022;

·         le regioni possono disporre detrazioni di imposta in favore della famiglia maggiorando quelle previste ai fini IRPEF, e possono altresì adottare misure di sostegno economico diretto, a favore dei soggetti IRPEF, che, a causa del livello di reddito e della relativa imposta, non possono fruire di detta detrazione. Le regioni possono inoltre disporre, detrazioni dall'addizionale stessa in luogo dell'erogazione di sussidi, voucher, buoni servizio e altre misure di sostegno sociale previste dalla legislazione regionale. Tali facoltà non possono essere esercitate dalle regioni impegnate nei piani di rientro dal deficit sanitario alle quali è stata applicata la misura prevista per mancato rispetto del piano stesso;

·         restano fermi gli automatismi fiscali previsti dalla vigente legislazione nel settore sanitario nei casi di squilibrio economico, nonché le disposizioni in materia di applicazione di incrementi delle aliquote fiscali per le regioni sottoposte ai piani di rientro dai deficit sanitari;

·         resta fermo il limite della maggiorazione di 0,5 punti percentuali ove la regione abbia disposto la riduzione dell'IRAP.

Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, invece, possono maggiorare l’aliquota di base dell’addizionale - pari all’1,23 per cento - fino a 0,5 punti percentuali, in quanto per tali autonomie speciali continuano ad applicarsi le disposizioni dell’articolo 50 del decreto legislativo n. 446 del 1997.
Detta maggiorazione, a decorrere dall'anno 2014 può arrivare fino ad un massimo di 1 punto percentuale esclusivamente al fine di consentire la predisposizione delle misure di copertura finanziaria degli oneri derivanti dal rimborso delle anticipazioni di liquidità previste dall’articolo 3-ter del decreto legislativo n. 35 del 2013.

L'addizionale regionale è versata, in unica soluzione e con le modalità e nei termini previsti per il versamento delle ritenute e del saldo dell'IRPEF, alla regione in cui il contribuente ha il domicilio fiscale alla data del 1° gennaio dell'anno cui si riferisce l'addizionale stessa.

L'addizionale regionale all’IRPEF è un “tributo proprio derivato”, vale a dire un tributo istituito e regolato dalla legge dello Stato, il cui gettito è attribuito alle regioni che devono, pertanto, esercitare la propria autonomia impositiva entro i limiti stabiliti dalla legge statale.

Il gettito dell'addizionale regionale all’IRPEF concorre, nella misura e nelle forme stabilite dalla legge, al finanziamento del Servizio sanitario nazionale.

Nel caso in cui le Regioni sottoposte ai Piani di rientro dai deficit sanitari, in sede di verifica annuale, non raggiungano gli obiettivi previsti trova applicazione l’incremento automatico nella misura fissa di 0,30 punti percentuali rispetto al livello delle aliquote vigenti, come stabilito dall’articolo 2, comma 86, della legge finanziaria 2010 (legge n. 191 del 2009).

Questa sintesi è tratta dal sito del Dipartimento delle finanze.

 

 

Il comma 2 differisce al 15 maggio 2024 il termine (previsto dalla legislazione vigente al 31 gennaio dell’anno a cui l’addizionale si riferisce) di cui all'articolo 50, comma 3, quarto periodo, del citato decreto legislativo n. 446 del 1997, entro cui le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, provvedono alla trasmissione dei dati rilevanti per la determinazione dell'addizionale regionale all'IRPEF prevista ai fini della pubblicazione sul sito informatico di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto legislativo n. 360 del 1998.

 

Si tratta del sito individuato con decreto del capo del Dipartimento per le politiche fiscali del Ministero dell'economia e delle finanze 31 maggio 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 130 del 5 giugno 2002. L'efficacia della deliberazione decorre dalla data di pubblicazione nel predetto sito informatico.

 

Il comma 3 prevede, al fine di garantire la coerenza degli scaglioni dell'addizionale comunale all'IRPEF con i nuovi scaglioni dell'IRPEF, stabiliti dall’articolo 1, che i comuni per l'anno 2024, entro il termine di approvazione del bilancio di previsione, modificano, con propria delibera, gli scaglioni e le aliquote dell'addizionale comunale al fine di conformarsi alla nuova articolazione prevista per l'IRPEF.

 

A tal proposito, nella relazione illustrativa il Governo rammenta che, con riferimento all'addizionale comunale all'IRPEF, l’articolo 1, comma 11, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, prevede che per “assicurare la razionalità del sistema tributario nel suo complesso e la salvaguardia dei criteri di progressività cui il sistema medesimo è informato, i comuni possono stabilire aliquote dell'addizionale comunale all'imposta sul reddito delle persone fisiche utilizzando esclusivamente gli stessi scaglioni di reddito stabiliti, ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, dalla legge statale, nel rispetto del principio di progressività”.

 

I comuni possono istituire, ai sensi dell’art. 1 del decreto legislativo n. 360 del 1998, un’addizionale all’IRPEF, fissandone l’aliquota in misura non eccedente lo 0,8 per cento, salvo deroghe espressamente previste dalla legge, come nel caso di Roma Capitale, che, a decorrere dall’anno 2011, può stabilire un’aliquota fino allo 0,9 per cento.

A decorrere dall’anno 2007, inoltre, è stata riconosciuta ai comuni la facoltà d’introdurre una soglia d’esenzione dal tributo in presenza di specifici requisiti reddituali: in tal caso, l’addizionale non è dovuta qualora il reddito sia inferiore o pari al limite stabilito dal comune, mentre la stessa si applica al reddito complessivo nell’ipotesi in cui il reddito superi detto limite.

I comuni possono stabilire un’aliquota unica oppure una pluralità di aliquote differenziate tra loro, ma in tale ultima eventualità queste devono necessariamente essere articolate secondo i medesimi scaglioni di reddito stabiliti per l'IRPEF nazionale, nonché diversificate e crescenti in relazione a ciascuno di essi.

L’addizionale è dovuta al comune nel quale il contribuente ha il domicilio fiscale alla data del 1° gennaio dell’anno cui si riferisce il pagamento dell’addizionale stessa. L’imposta è calcolata applicando l’aliquota fissata dal comune al reddito complessivo determinato ai fini IRPEF, al netto degli oneri deducibili, ed è dovuta solo se per lo stesso anno risulta dovuta l’IRPEF stessa, al netto delle detrazioni per essa riconosciute e del credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero.

Il versamento dell’addizionale è effettuato in acconto e a saldo, unitamente al saldo dell’imposta sul reddito delle persone fisiche. L’acconto è stabilito nella misura del 30 per cento dell’addizionale ottenuta applicando l’aliquota fissata dal comune per l’anno precedente al reddito imponibile IRPEF dell’anno precedente.

Questa sintesi è tratta dal sito del Dipartimento delle finanze.

 

 

Il comma 4, infine, per i comuni nei quali nell’anno 2023 risultano vigenti le aliquote dell'addizionale comunale all'IRPEF differenziate per scaglioni di reddito e che non adottano la delibera di cui al comma 3 nel rispetto del termine di cui al medesimo comma o non la trasmettono entro il termine stabilito dall'articolo 14, comma 8, del decreto legislativo n. 23 del 2011, per l'anno 2024 l'addizionale comunale si applica sulla base dei nuovi scaglioni dell'IRPEF; a tal fine trova applicazione la prima, la terza e la quarta aliquota vigenti nel comune nell'anno 2023, con l’eliminazione della seconda aliquota.

 

Il suddetto articolo 14, comma 8, del decreto legislativo n. 23 del 2011 prevede che, a decorrere dall'anno 2011, le delibere di variazione dell'addizionale comunale all'imposta sul reddito delle persone fisiche hanno effetto dal 1° gennaio dell'anno di pubblicazione sul sito informatico di cui all'articolo 1, comma 3, del citato decreto legislativo n. 360 del 1998 (si veda sopra), a condizione che detta pubblicazione avvenga entro il 20 dicembre dell'anno a cui la delibera afferisce.

 

Nella relazione illustrativa, il Governo chiarisce che per l’addizionale comunale all’IRPEF, il comma 4 in commento mira ad evitare che, in virtù dell’articolo 1, comma 169, della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006), si proroghino automaticamente aliquote dell’addizionale comunale all’IRPEF differenziate sulla base degli scaglioni dell’IRPEF non più vigenti a seguito dell’entrata in vigore della nuova articolazione di cui all’articolo 1 del presente schema di decreto legislativo. In mancanza del comma 4, infatti, un evidente contrasto delle delibere prorogate con il citato articolo 1, comma 11, del decreto-legge n. 138 del 2011. Il comma 4 introduce, quindi, una norma di chiusura per il caso in cui la delibera di adeguamento non venga adottata entro il termine previsto per l’approvazione del bilancio di previsione o non venga trasmessa entro il termine del 20 dicembre 2024, previsto dall’articolo 14, comma 8, del decreto legislativo n. 23 del 2011, ai fini della pubblicazione, con efficacia costitutiva, sul sito istituzionale del MEF. La disposizione prevede, in particolare, che in tali ipotesi, per l’anno 2024, l'addizionale comunale si applichi sulla base della prima, terza e quarta aliquota vigenti nel comune nell'anno 2023, con l’eliminazione della seconda aliquota.

 


Articolo 4
(Maggiorazione del costo ammesso in deduzione in presenza di nuove assunzioni)

 

Il comma 1 dispone che, per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023, in attesa della completa attuazione dell’articolo 6, comma 1, lettera a) della Delega al Governo per la riforma fiscale (legge n. 111 del 2023), e della revisione delle agevolazioni a favore degli operatori economici, per i titolari di reddito d’impresa e per gli esercenti arti e professioni, il costo del personale di nuova assunzione con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato è maggiorato, ai fini della determinazione del reddito, di un importo pari al 20 per cento del costo riferibile all’incremento occupazionale determinato ai sensi del comma 3 e nel rispetto delle ulteriori disposizioni di cui al presente articolo. L’agevolazione di cui al primo periodo spetta ai soggetti che hanno esercitato l’attività nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2023 per almeno trecentosessantacinque giorni. L’agevolazione non spetta alle società e agli enti in liquidazione ordinaria, assoggettati a liquidazione giudiziale o agli altri istituti liquidatori relativi alla crisi d’impresa.

 

Come precisato dal Governo nella relazione illustrativa, l’agevolazione spetta ai titolari di reddito d’impresa e, quindi, ai soggetti di cui all’articolo 73 del TUIR, alle imprese individuali, comprese le imprese familiari e le aziende coniugali, alle società di persone ed equiparate ai sensi dell’articolo 5 del TUIR, nonché agli esercenti arti e professioni che svolgono attività di lavoro autonomo ai sensi dell’articolo 54 del TUIR. Per gli enti di cui all’articolo 73, comma 1, lett. c), del TUIR il regime in questione si rende operante esclusivamente in relazione al reddito di impresa eventualmente conseguito.

L’agevolazione presuppone che l’impresa si trovi in condizioni di normale operatività, stante la necessità di realizzare incrementi occupazionali. Per questo motivo sono escluse dall’ambito soggettivo le imprese in liquidazione ordinaria nonché le imprese che si trovano in stato di liquidazione giudiziale (fallimento) o che abbiano fatto ricorso ad altri istituti di risoluzione della crisi di impresa di natura liquidatoria alla luce del decreto legislativo n. 14 del 2019 (Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza). Si tratta, ad esempio, delle procedure di liquidazione coatta amministrativa, di amministrazione straordinaria delle grandi imprese, del concordato preventivo, del concordato minore o degli accordi o piani di ristrutturazione soggetti ad omologazione da cui discenda l’estinzione dell’impresa.

 

Ai sensi del comma 2, gli incrementi occupazionali rilevano a condizione che il numero dei dipendenti a tempo indeterminato al termine del periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023  sia superiore al numero dei dipendenti a tempo indeterminato mediamente occupato del periodo d’imposta precedente. L’incremento occupazionale va considerato al netto delle diminuzioni occupazionali verificatesi in società controllate o collegate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto.

 

Come specificato dal Governo nella relazione illustrativa, l’ultimo periodo del comma in esame ha finalità antielusive.

 

Il comma 3 definisce il costo riferibile all’incremento occupazionale come pari al minor importo tra il costo effettivo relativo ai nuovi assunti e l’incremento complessivo del costo del personale risultante dal conto economico ai sensi dell’articolo 2425, primo comma, lettera B), numero 9), del codice civile rispetto a quello relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2023. Per i soggetti che, in sede di redazione del bilancio di esercizio, non adottano lo schema di conto economico di cui all’articolo 2425 del codice civile si assumono le corrispondenti voci di costo del personale. I costi riferibili al personale dipendente sono imputati temporalmente in base alle regole applicabili ai fini della determinazione del reddito del contribuente.

 

Nella relazione illustrativa, il Governo chiarisce che i costi riferibili al personale dipendente sono imputati temporalmente in base alle regole applicabili ai fini della determinazione del reddito del contribuente, per cui, ad esempio, per i soggetti in contabilità semplificata e per gli esercenti arti e professioni, detti costi rileveranno secondo il principio di cassa.

 

Il comma 4 precisa che nessun costo è riferibile all’incremento occupazionale nel caso in cui, alla fine del periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023, il numero dei lavoratori dipendenti, inclusi quelli a tempo determinato, risulti inferiore o pari al numero degli stessi lavoratori mediamente occupati nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2023.

 

Nella relazione illustrativa, il Governo chiarisce che il comma 4 ha la finalità di non pregiudicare il grado di occupazione dei dipendenti a tempo determinato in forza presso le imprese, fermo restando il fine di incentivare l’incremento delle basi occupazionali favorendo la stipula di contratti di lavoro a tempo indeterminato.

 

Il comma 5 aggiunge che, per lo stesso periodo d’imposta di cui al comma 1, al fine di incentivare l’assunzione di particolari categorie di soggetti, il costo di cui al comma 3 riferibile a ciascun nuovo assunto, anche ai fini della determinazione dell’incremento complessivo del costo del personale risultante dal conto economico ai sensi dell’articolo 2425, primo comma, lettera B), numero 9), del codice civile, è moltiplicato per coefficienti di maggiorazione laddove il nuovo assunto rientra in una delle categorie di lavoratori meritevoli di maggiore tutela di cui all’Allegato 1 (sotto riportato).


 

ALLEGATO 1 (articolo 4, comma 5)

Categorie di lavoratori meritevoli di maggiore tutela

 

-          lavoratori molto svantaggiati ai sensi dell'articolo 2, numero 99), del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, e successive modificazioni;

-          persone con disabilità ai sensi dell'articolo 1 della legge 12 marzo 1999, n. 68, le persone svantaggiate ai sensi dell'articolo 4 della legge 8 novembre 1991, n. 381, gli ex degenti di ospedali psichiatrici, anche giudiziari, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, le persone detenute o internate negli istituti penitenziari, i condannati e gli internati ammessi alle misure alternative alla detenzione e al lavoro all'esterno ai sensi dell'articolo 21 della legge 26 luglio 1975, n. 354 e successive modificazioni;

-          donne di qualsiasi età con almeno due figli di età minore di diciotto anni o prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi residenti in regioni ammissibili ai finanziamenti nell'ambito dei fondi strutturali dell'Unione europea e nelle aree di cui all'articolo 2, numero 4), lettera f), del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, annualmente individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;

-          donne vittime di violenza, inserite nei percorsi di protezione debitamente certificati dai centri antiviolenza di cui all’articolo 5-bis del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, da cui sia derivata la deformazione o lo sfregio permanente del viso accertato dalle competenti commissioni mediche di verifica;

-          giovani ammessi agli incentivi all’occupazione giovanile di cui all’articolo 27, comma 1, del decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48;

-          lavoratori con sede di lavoro situata in regioni che nel 2018 presentavano un prodotto interno lordo pro capite inferiore al 75 per cento della media EU27 o comunque compreso tra il 75 per cento e il 90 per cento, e un tasso di occupazione inferiore alla media nazionale;

-          già beneficiari del reddito di cittadinanza di cui agli articoli da 1 a 13 del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, che siano decaduti dal beneficio per effetto dell’articolo 1, commi 313 e 318, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 e che non integrino i requisiti per l’accesso all’Assegno di inclusione di cui all’articolo 1 e seguenti del decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 luglio 2023, n. 85,

 

 

Il comma 6 rinvia a un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disciplina, la definizione delle disposizioni attuative del presente articolo, con particolare riguardo alla determinazione dei coefficienti di maggiorazione relativi alle categorie di lavoratori svantaggiati in modo da garantire che la complessiva maggiorazione non ecceda il 10 per cento del costo del lavoro sostenuto per dette categorie.

 

Il comma 7 stabilisce che nella determinazione dell’acconto delle imposte sui redditi dovuto per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023, non si tiene conto delle disposizioni del presente articolo. Nella determinazione dell’acconto per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024 si assume, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata non applicando le disposizioni del presente articolo.

 

 


Articolo 5
(Abrogazioni)

 

L’unico comma dell’articolo in esame dispone, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023, l’abrogazione dell’Aiuto alla crescita economica (ACE), di cui all'articolo 1 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, e i commi da 549 a 552 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016). Il comma stabilisce, inoltre, che, sino ad esaurimento dei relativi effetti, continuano ad applicarsi le disposizioni relative all'importo del rendimento nozionale eccedente il reddito complessivo netto del periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2023.

 

Il trattamento fiscale agevolato istituito dall’articolo 1 del decreto-legge n. 201 del 2011, denominato aiuto alla crescita economica (ACE), spetta alle imprese il cui capitale proprio viene incrementato mediante conferimenti in denaro e accantonamenti di utili a riserva. Al fine di costituire un incentivo per la patrimonializzazione delle imprese, l'ACE consente di dedurre dal reddito delle società di capitale, di persone e delle ditte individuali in contabilità ordinaria, un importo che corrisponde al rendimento figurativo degli incrementi di capitale.

Il calcolo dell'importo deducibile si effettua a partire dalla sommatoria dei componenti che hanno inciso positivamente (conferimenti, utili accantonati) e negativamente (riduzioni di patrimonio con attribuzione ai soci, acquisti di partecipazioni in società controllate, acquisti di aziende o rami di aziende) sul capitale. Il risultato viene confrontato con il patrimonio netto contabile risultante dal bilancio di esercizio, determinando l'incremento patrimoniale che costituisce la base di calcolo dell'ACE. L’importo deducibile viene quindi individuato moltiplicando tale base per un’aliquota percentuale, che viene fissata all'1,3 per cento dall'articolo in esame.

I commi da 549 a 552 dell'articolo 1 della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017) hanno modificato l'ACE, stabilendo:

-          nell’ambito delle procedure che disciplinano la crisi dell’impresa, che la riduzione dei debiti dell’impresa non costituisce sopravvenienza attiva per l’eccedenza relativa all’ACE;

-          specifiche limitazioni all'utilizzo delle eventuali eccedenze di ACE;

-          per i soggetti diversi dalle banche e dalle imprese di assicurazione, che la variazione in aumento del capitale proprio non ha effetto fino a concorrenza dell’incremento delle consistenze dei titoli e valori mobiliari diversi dalle partecipazioni rispetto a quelli risultanti dal bilancio relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2010;

-          l’applicazione dell’ACE alle persone fisiche, alle società in nome collettivo ed a quelle in accomandita semplice in regime di contabilità ordinaria, senza che a ciò vi si provvedesse con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, così come invece previsto in origine dall'articolo 1, comma 7, del decreto legge n. 201 del 2011, identificando la base di calcolo per l'incremento del capitale proprio.

Il comma 1080 della legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018) aveva disposto l'abrogazione dell’articolo 1 del decreto legge n. 201 del 2011 e dei commi da 549 a 553 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2017.

Allo stesso tempo, l'articolo 1, commi da 28 a 34 della medesima legge di bilancio 2019, aveva previsto l'introduzione di un’aliquota ridotta al 15 per cento per l’imposta sui redditi di impresa, da applicare agli utili destinati all’acquisto di beni strumentali e alle nuove assunzioni. Successivamente, l’articolo 2 del decreto-legge n. 34 del 2019, ha sostituito l'agevolazione IRES al 15 per cento in favore di imprese che reinvestono i propri utili o effettuano nuove assunzioni, con un diverso incentivo che prevede una progressiva riduzione dell’aliquota IRES sul reddito di impresa correlata al solo reimpiego degli utili.

L’articolo 19 del decreto-legge Sostegni-bis (decreto-legge n. 73 del 2021) ha introdotto altresì un regime transitorio straordinario della disciplina dell'ACE per gli aumenti di capitale fino a 5 milioni di euro, che prevede anche la possibilità di trasformare il relativo beneficio fiscale in credito d'imposta compensabile per il 2021. La norma stabilisce inoltre che nel 2021, per la variazione in aumento del capitale proprio rispetto a quello esistente alla chiusura del periodo d'imposta precedente, l'aliquota percentuale per il calcolo del rendimento nozionale del nuovo capitale è pari al 15 per cento (rispetto al coefficiente ordinario di remunerazione dell'1,3 per cento).

 

Nella relazione tecnica, il Governo stima complessivamente l’effetto derivante dalle misure disposte dagli articoli 4 e 5 dello schema in esame, ipotizzando un incremento di gettito pari a 3.484,7 milioni di euro per l’anno 2025, 2.814,3 milioni per il 2026, 2.842,7 milioni per il 2027 e 2.853,6 milioni per il 2027.


Articolo 6
(Disposizioni finanziarie)

 

Il comma 1 istituisce nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze il Fondo per l’attuazione della delega fiscale con una dotazione di:

-         3.501,0 milioni di euro per l’anno 2025,

-         2.673,9 milioni di euro per l’anno 2026,

-         2.842,7 milioni di euro per l’anno 2027 e

-         2.853,6 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2028.

 

Il comma 2 reca innanzitutto la quantificazione degli oneri derivanti dagli articoli 1, 2 e 4, valutati in:

-         4.280,1 milioni di euro per l’anno 2024,

-         1.378,9 milioni di euro per l’anno 2025 e,

-         143,6 milioni di euro per l’anno 2026

e dal comma 1 del presente articolo, pari a:

-         3.501 milioni di euro per l’anno 2025,

-         2.673,9 milioni di euro per l’anno 2026,

-         2.842,7 milioni di euro per l’anno 2027 e

-         2.853,6 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2028.

Il comma indica quindi le seguenti fonti di copertura finanziaria:

a)      quanto a 4.064 milioni di euro per l’anno 2024, mediante corrispondente riduzione della dotazione del Fondo per la riduzione della pressione fiscale di cui all'articolo 1, comma 130, della legge di bilancio 2023 (legge n. 197 del 2022);

b)     quanto a 216,1 milioni di euro per l’anno 2024, mediante corrispondente riduzione della dotazione del Fondo per l’attuazione degli interventi in materia di riforma del sistema fiscale di cui all’articolo 1, comma 2, della legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020);

c)      quanto a 4.879,9 milioni di euro per l’anno 2025, 2.817,5 milioni di euro per l’anno 2026, 2.842,7 milioni di euro per l’anno 2027 e 2.853,6 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2028, mediante utilizzo delle maggiori entrate e delle minori spese derivanti dagli articoli 2 e 5.

 


Articolo 7
(Entrata in vigore)

 

L’unico comma dell’articolo in esame stabilisce che le disposizioni del presente decreto entrano in vigore il giorno successivo a quello di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.