Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Finanze |
Titolo: | Interventi a sostegno della competitività dei capitali |
Serie: | Progetti di legge Numero: 112/1 |
Data: | 23/10/2023 |
Organi della Camera: | VI Finanze, Assemblea |
Servizio Studi
Ufficio ricerche nei settori economico e finanziario
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Dossier n. 94/1
Servizio Studi
Dipartimento finanze
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Progetti di legge n. 112/1
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Articolo 1 (Tecniche alternative per l’ammissione a negoziazione)
Articolo 2 (Estensione della definizione della categoria di PMI emittenti azioni quotate)
Articolo 3 (Dematerializzazione delle quote di piccole e medie imprese)
Articolo 4 (Riforma della disciplina degli emittenti strumenti finanziari diffusi)
Articolo 6 (Disposizioni in materia di flottante)
Articolo 8 (SOPPRESSO) (Misure a favore degli aumenti di capitale)
Articolo 9 (Semplificazione delle procedure di ammissione alla quotazione)
Articolo 12 (Svolgimento delle assemblee delle società per azioni quotate)
Articolo 12-bis (Lista del consiglio di amministrazione nelle società per azioni quotate)
Articolo 13 (Disposizioni in materia di voto plurimo)
Articolo 13-bis (Disposizioni in materia di voto maggiorato)
Articolo 14 (Disposizioni in materia di Enti previdenziali privati e privatizzati)
Articolo 15 (Semplificazione del regime di vigilanza sulle SICAV e SICAF eterogestite)
Articolo 16-bis (attivo delle banche popolari)
Articolo 17 (Risarcimento del danno per mancata vigilanza delle Autorità)
Articolo 19 (Poteri di contrasto dell’attività pubblicitaria riferibile a soggetti non autorizzati)
Articolo 20 (Modifiche ai poteri sanzionatori di Consob)
Articolo 20-bis (Interpretazione autentica)
Articolo 21 (Misure in materia di educazione finanziaria)
Articolo 22 (Misure per rafforzare l’operatività del Patrimonio Destinato)
Articolo 23 (Disposizioni finanziarie)
Articolo 1
(Tecniche alternative per l’ammissione a negoziazione)
L’articolo 1, modificato in sede referente, intende ampliare i casi di esenzione dalla disciplina dell’offerta fuori sede, estendendo l’esenzione anche all’offerta di strumenti finanziari di propria emissione per importi superiori o uguali a 250.000 euro e alle offerte di vendita o di sottoscrizione di azioni proprie con diritto di voto effettuate da emittenti quotati su mercati regolamentati o MTF - sistemi multilaterali di negoziazione. Per effetto delle modifiche apportate al Senato, tale ultima esenzione non si applica alle azioni emesse da SICAV e da SICAF.
In sintesi, il TUF qualifica come offerta fuori sede la promozione e collocamento presso il pubblico di strumenti finanziari in luogo diverso dalla sede legale o dalle dipendenze dell’emittente, del proponente l’investimento o del soggetto incaricato della promozione o del collocamento, ovvero di servizi di investimento in luogo diverso dalla sede legale o dalle dipendenze di chi presta, promuove o colloca il servizio. L'offerta fuori sede di strumenti finanziari può essere effettuata solo da soggetti autorizzati, elencati dall’articolo 30 TUF, con finalità di tutela degli investitori. La disciplina dell’offerta fuori sede si caratterizza per la circostanza secondo cui l'efficacia dei contratti di collocamento di strumenti finanziari o di gestione di portafogli individuali conclusi fuori sede è sospesa per la durata di sette giorni decorrenti dalla data di sottoscrizione da parte dell'investitore. Entro detto termine l'investitore può comunicare il proprio recesso senza spese né corrispettivo al consulente finanziario abilitato all'offerta fuori sede o al soggetto abilitato; tale facoltà è indicata nei moduli o formulari consegnati all'investitore. L'omessa indicazione della facoltà di recesso nei moduli o formulari comporta la nullità dei relativi contratti, che può essere fatta valere solo dal cliente. La disciplina dell’offerta fuori sede si applica anche ai depositi strutturati e ai prodotti finanziari diversi dagli strumenti finanziari.
Si ricorda che ai sensi del Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (d. lgs. n.58 del 1998) per prodotti finanziari si intendono gli strumenti finanziari e ogni altra forma di investimento di natura finanziaria e che non costituiscono prodotti finanziari i depositi bancari o postali non rappresentati da strumenti finanziari.
Per strumenti finanziari si intende invece qualsiasi strumento riportato nella Sezione C dell'Allegato I (tra i quali i valori mobiliari, gli strumenti del mercato monetario, le quote di OICR, opzioni, prodotti derivati, ecc.) compresi gli strumenti emessi mediante tecnologia a registro distribuito. Gli strumenti di pagamento non sono strumenti finanziari.
Come chiarito dalla Relazione illustrativa, l’intervento normativo è volto ad ampliare i casi di esenzione dalla disciplina delle offerte fuori sede in casi di c.d. “auto-collocamento”, per i quali non si ritiene sussistente un chiaro bisogno di protezione verso l’investitore.
A tal fine, si esentano dalla disciplina dell’offerta fuori sede:
- l’offerta di strumenti finanziari di propria emissione per importi superiori o uguali a 250.000 euro, a eccezione dei collocamenti finalizzati all’ammissione alle negoziazioni su un mercato regolamentato o un sistema multilaterale di negoziazione (nuova lettera b-bis) dell’articolo 30, comma 2);
- le offerte di vendita o di sottoscrizione di azioni proprie con diritto di voto, o di altri strumenti finanziari di propria emissione, che permettano di acquisire o sottoscrivere tali azioni, se effettuate da emittenti quotati su mercati regolamentati o MTF- sistemi multilaterali di negoziazione, in tal caso a prescindere dall’importo della singola sottoscrizione (nuova lettera b-ter) dell’articolo 30, comma 2). Con le modifiche apportate in sede referente, l’esenzione (di cui alla lettera b-ter) non si applica alle azioni emesse da SICAV e da SICAF.
Al riguardo, la Relazione illustrativa chiarisce che rimangono fermi gli obblighi di trasparenza cui sono soggette tali offerte e fermo restando che i collocamenti legati alla ammissione alle negoziazioni debbono comunque passare attraverso un intermediario ai fini di verifica dell’integrità del flottante.
La disciplina dei mercati finanziari in Italia è frutto di un complesso e stratificato insieme di fonti, europee e nazionali, di rango primario e secondario. La disciplina europea dei mercati regolamentati è precipuamente contenuta nella direttiva 2014/65/UE (Markets in Financial Instruments Directive - MiFID II) e nel Regolamento (UE) n. 600/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, (Markets in Financial Instruments Regulation- MiFIR). Il quadro normativo europeo è stato successivamente modificato e integrato nel tempo ed è corredato dagli Orientamenti dell’ESMA (European Securities and Markets Authority). In Italia la disciplina primaria dei mercati, che recepisce e integra la normativa europea, è contenuta nel Testo Unico della Finanza (Decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58), in particolare nella Parte III.
La normativa primaria, oltre a disciplinare l’ossatura del mercato, stabilisce quali sono i compiti di vigilanza della Consob e della Banca d'Italia. In seno ai poteri di vigilanza regolamentare della Consob sono state dettate ulteriori norme di dettaglio (Regolamenti dell’autorità).
La Consob autorizza i sistemi a operare come mercati regolamentati. Il regolamento del mercato garantisce trasparenza, ordinato svolgimento delle negoziazioni e tutela degli investitori. L'attività di organizzazione e gestione dei mercati regolamentati di strumenti finanziari è esercitata da società per azioni, dette società di gestione. I mercati regolamentati italiani autorizzati sono iscritti in un elenco tenuto dalla Consob (art. 64-quater, commi 1 e 2, del TUF).
Per la supervisione sui mercati all'ingrosso dei titoli di Stato, sui sistemi multilaterali di scambio di depositi monetari in euro e sulle infrastrutture di post-trading (gestione accentrata, regolamento dei titoli, controparti centrali) la legge attribuisce alla Banca d'Italia poteri di regolamentazione, autorizzazione all'operatività, approvazione delle regole di funzionamento, ispezione e, in caso di gravi irregolarità, sanzionatori. Nell'esercizio di tali responsabilità la Banca:
· vigila sulla sana e prudente gestione delle società cui fanno capo le infrastrutture;
· verifica l'efficiente e sicuro svolgimento delle negoziazioni e dei processi di liquidazione, attraverso la supervisione giornaliera degli scambi e dei flussi di regolamento e l'analisi dell'attività svolta dagli operatori;
· tiene sotto osservazione l'adeguatezza dei presidi per il contenimento del rischio sistemico.
Specifiche condizioni devono essere imposte su condizioni e modalità di ammissione/sospensione/esclusione dalle negoziazioni di strumenti finanziari e operatori; sullo svolgimento delle negoziazioni, sulla pubblicazione e l'accertamento dei prezzi, sui tipi e i lotti minimi dei contratti. Sono imposte anche misure in materia di conflitto di interesse tra il mercato regolamentato, i proprietari, il gestore e l'ordinato funzionamento del mercato; misure di gestione del rischio; per la gestione sana delle operazioni tecniche di sistema; regole e procedure trasparenti per la negoziazione.
I mercati regolamentati riconosciuti ai sensi dell'ordinamento comunitario sono iscritti in un apposito elenco tenuto dall'ESMA (art. 56 della Direttiva 2014/65/UE). A seguito dell'entrata in vigore della Direttiva 2014/65/UE (MiFID II), l'elenco aggiornato è disponibile sul sito internet dell'Esma.
Borsa Italiana attualmente gestisce:
· Euronext Growth Milan – MTF, dedicato alle PMI;
Segmento Professionale – all’interno di Euronext Growth Milan, è dedicato alle PMI che desiderano accedere ai mercati con un approccio graduale; a start-up e scale-up che hanno avviato commercializzazione da meno di un anno;
· Euronext Milan – si rivolge alle imprese di media e grande capitalizzazione;
· Euronext STAR Milan – Segmento Titoli Alti Requisiti, all’interno del mercato Euronext Milan è dedicato alle piccole e medie imprese che aderiscono a specifici requisiti di governance, trasparenza e liquidità.
Euronext MIV Milan – mercato degli Investment Vehicles, per la quotazione di fondi e veicoli societari che investono in strumenti di economia reale.
I mercati che ricadono attualmente nell'ambito della vigilanza della Banca d'Italia sono:
§ il mercato regolamentato all'ingrosso dei titoli di Stato MTS Italy, suddiviso nei due segmenti cash e pronti contro termine (Repo);
§ il sistema multilaterali di scambi di depositi monetari in euro, MTS Depo.
Entrambi i mercati sono gestiti dalla società MTS S.p.A., che gestisce direttamente anche tre sistemi multilaterali di negoziazione di titoli obbligazionari, vigilati dalla Consob: BondVision Europe, MTS cash domestic market e EBM.
Si veda il sito internet della Banca d’Italia per ulteriori informazioni.
Accanto ai mercati regolamentati, operano i sistemi multilaterali di negoziazione - Multilateral Trading Facilities. Si tratta di sistemi di negoziazione, gestiti da privati, che consentono l'acquisto e la vendita, mediante l'incontro di interessi di negoziazione provenienti da una pluralità di soggetti, in base a regole non discrezionali, di strumenti finanziari già quotati presso una o più borse nazionali. Essi trattano titoli già quotati presso altri mercati. Analogamente ai mercati organizzati, i MTF svolgono funzioni di organizzazione degli scambi, ma non possono decretare l'ammissione alle negoziazioni dei titoli oggetto di scambio e sono soggetti a regole e procedure di autorizzazione all'operatività in parte diverse da quelle previste per i mercati organizzati. Sono anch’essi autorizzati dalla Consob e disciplinati da regole sottoposte alla stessa Consob, ma possono essere gestiti anche da soggetti diversi da società di gestione del mercato (ad esempio banche o SIM) purché autorizzati allo specifico servizio di investimento consistente nella gestione di sistemi multilateriali di negoziazione. Il set informativo a disposizione degli investitori è meno ampio; non sono ad esempio previsti meccanismi di pubblicità relativamente ai maggiori azionisti, al controllo della società e alle operazioni compiute da amministrazioni, sindaci e dirigenti su titoli dell'emittente.
Infine, gli internalizzatori sistematici sono intermediari (soprattutto banche) abilitati al servizio di investimento di negoziazione per conto proprio che, in modo organizzato, frequente e sistematico, negoziano strumenti finanziari per conto proprio, eseguendo gli ordini dei clienti. Si tratta di un sistema di negoziazione bilaterale (e non multilaterale) perché l'unico intermediario presente è proprio l'internalizzatore sistematico che si interpone in ogni operazione, acquistando, al prezzo da esso stesso stabilito, dai clienti che vogliono vendere e vendendo a quelli che vogliono acquistare. Non sono previste norme particolari per quanto riguarda le informazioni sugli emittenti i titoli negoziati esclusivamente su tali sistemi.
Al di fuori di tale circuito è possibile vendere o acquistare strumenti finanziari anche al di fuori dei mercati (cd. over the counter).
Articolo 2
(Estensione della definizione della categoria
di PMI emittenti azioni quotate)
L’articolo 2 è volto a modificare la definizione di PMI, ai fini della regolamentazione finanziaria, portando a 1 miliardo di euro la soglia di capitalizzazione massima prevista (rispetto all’attuale soglia di 500 milioni di euro di capitalizzazione che qualifica una impresa emittente quote azionarie come PMI).
La lettera w-quater.1), del Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, (TUF) stabilisce che, fermo quanto previsto da altre disposizioni di legge, per PMI (piccole e medie imprese) sono da considerarsi le imprese emittenti azioni quotate, che abbiano una capitalizzazione di mercato inferiore ai 500 milioni di euro. Non si considerano PMI gli emittenti azioni quotate che abbiano superato tale limite per tre anni consecutivi.
L’articolo 2 in esame prevede l’innalzamento di tale soglia. In particolare, la disposizione estende la definizione della categoria delle PMI includendo tutti gli emittenti con capitalizzazione di mercato inferiore a 1 miliardo di euro.
Nella Relazione illustrativa si sottolinea che tale nuova soglia tiene conto delle risultanze dell’analisi di impatto sulle società interessate ed è in linea con le raccomandazioni formulate in ambito europeo nell’ambito del progetto volto alla creazione dell’Unione dei mercati di capitali (Raccomandazione High Level Forum on Capital Markets Union, 2019; Raccomandazione Final report of the Technical Expert Stakeholder Group (TESG) on SMEs, 2021).
A gennaio 2023 le società quotate come PMI (sulla base della soglia di 500 milioni di euro sopra ricordata) sono 128.
Per approfondimenti sulla disciplina e sulle conseguenze derivanti dalla qualificazione di una società emittente come PMI si veda la pagina CONSOB “Emittenti azioni quotate "pmi" (ai sensi dell'art. 1 w-quater.1 del tuf)”, dove, tra l’altro, si evidenzia come l'attribuzione della qualifica di PMI ad un emittente comporta alcune significative modificazioni della disciplina applicabile in materia di:
1. trasparenza degli assetti proprietari, con l'innalzamento della soglia minima delle partecipazioni rilevanti da comunicare ai sensi dell'art. 120 del TUF dal 3% al 5%;
2. offerte pubbliche d'acquisto obbligatorie, con specifico riferimento:
a) alla facoltà degli emittenti PMI di stabilire, per via statutaria, una soglia OPA diversa da quella standard purché compresa tra il 25% e il 40% (art. 106, comma 1-ter del TUF);
b) alla facoltà degli emittenti PMI di esercitare la facoltà di opt-out statutario dell'obbligo di OPA da consolidamento nei primi cinque anni dalla quotazione (art. 106, comma 3-quater del TUF).
Articolo 3
(Dematerializzazione delle quote di piccole e medie imprese)
L’articolo 3 permette la dematerializzazione delle quote di PMI (piccole e medie imprese) e reca misure per disciplinarla. Si prevede così di semplificare le procedure nonché di ridurre i costi e gli oneri amministrativi legati all’emissione e al trasferimento delle quote in oggetto, specie in funzione di sviluppo del mercato dei capitali.
La facoltà di dematerializzare le quote di PMI (piccole e medie imprese) e la relativa disciplina del fenomeno che viene introdotta per mezzo dell’articolo 3 dell’Atto Senato 674 è tra le misure di semplificazione in materia di accesso e regolamentazione dei mercati di capitali previste dal disegno di legge in esame.
Per dematerializzazione si intende, nel contesto dell’articolo 3 dell’Atto Senato 674, l’eliminazione del certificato fisico che rappresenta la proprietà del titolo, cosicché il titolo esiste soltanto come scrittura contabile. Grazie alla dematerializzazione, innanzi tutto i risparmiatori non rischiano di subire il furto dei propri titoli oppure di entrare in possesso di titoli falsi e al contempo gli emittenti risparmiano i costi di stampa; a livello di sistema, si riducono i costi di movimentazione (conseguente all'avvicendamento della proprietà) dei titoli. Inoltre il pagamento degli interessi e il rimborso del capitale alla scadenza non sono più legati alla presentazione dei titoli, poiché avvengono con accrediti sui conti bancari e sui conti detenuti dagli emittenti presso la società di gestione accentrata.
In Italia le funzioni di depositario centrale di strumenti finanziari (dematerializzati o no) nonché di gestore dei servizi di liquidazione e regolamento delle operazioni in titoli sono svolte da Monte Titoli, sotto la vigilanza della Banca d'Italia e della Consob. La quasi totalità dei titoli accentrati è gestita in forma dematerializzata. In caso di transazione di titoli, la società di gestione accentrata effettua una scrittura contabile con la quale addebita il conto titoli del soggetto venditore e contestualmente accredita il conto titoli del soggetto compratore, evitando agli interessati di dover consegnare fisicamente i certificati azionari. La dematerializzazione è quindi uno strumento di semplificazione nonché di riduzione di costi e di oneri.
Le nuove norme sono in forma di novelle. Il primo dei due commi che formano l’articolo 3 dell’AS 674 interviene sull’articolo 26 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, mentre il comma 2 modifica l’articolo 100-ter del Testo Unico in materia di intermediazione finanziaria corrispondente al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.
Il decreto-legge 179/2012 reca Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese e, con il suo articolo 26, si occupa di deroghe al diritto societario e di riduzione di oneri per l’avvio. In particolare, il comma 2 dell’articolo 26 del decreto-legge 179/2012 stabilisce che l'atto costitutivo di una PMI costituita in forma di società a responsabilità limitata possa creare categorie di quote fornite di diritti diversi e, nei limiti imposti dalla legge, possa liberamente determinare il contenuto delle varie categorie anche in deroga a quanto previsto dall'articolo 2468, commi secondo e terzo, del codice civile. Ai sensi delle richiamate disposizioni dell’articolo 2468 del codice civile, i diritti sociali spettano ai soci in misura proporzionale alla partecipazione da ciascuno posseduta, fatta salva la possibilità che l'atto costitutivo preveda l'attribuzione a singoli soci di particolari diritti riguardanti l'amministrazione della società o la distribuzione degli utili. Inoltre, le partecipazioni dei soci sono determinate in misura proporzionale al conferimento, qualora l’atto costitutivo non preveda diversamente.
Il comma 1 dell’articolo 3 dell’Atto Senato 674 aggiunge tre nuovi commi, numerati 2-bis, 2-ter e 2-quater all’articolo 26 novellato, subito dopo il comma 2 di quest’ultimo. Per effetto del nuovo comma 2-bis inserito nell’articolo 26 del decreto legislativo 179/2012, le quote aventi eguale valore e conferenti uguali diritti delle società in questione potranno esistere in forma scritturale, vale a dire di semplici registrazioni contabili, senza bisogno di emissione fisica di titoli. L’esplicito riferimento all’articolo 83-bis del Testo Unico in materia di intermediazione finanziaria, che si trova nel comma 2-bis in parola, comporta il raccordo delle nuove disposizioni con quelle in tema di dematerializzazione dettate appunto dall’articolo 83-bis. Il nuovo comma 2-ter che entrerà a fare parte dell’articolo 26 del decreto legislativo 179/2012 provvede ad inquadrare l’emissione in forma scritturale nel sistema di gestione accentrata (di cui si diceva prima) delineato dalla sezione I del Capo IV del titolo II-bis della Parte III del Testo Unico sull’intermediazione finanziaria. Tutta la vigente disciplina relativa alla gestione accentrata si applicherà perciò alle emissioni in forma scritturale rese possibili dal precedente comma 2-bis. Il nuovo e aggiuntivo comma 2-quater, peraltro, impone l’obbligo di tenere il libro dei soci alle piccole e medie imprese che decideranno di avvalersi della dematerializzazione delle loro quote. Nel libro dei soci, per le quote emesse in forma diversa da quella scritturale sarà necessario indicare i nomi dei soci, la partecipazione spettante a ciascuno, i versamenti fatti sulle partecipazioni ed eventuali variazioni nelle persone dei soci. Quanto alle quote emesse in fora scritturale, la PMI dovrà tenere aggiornato il libro dei soci e mettere a disposizione dei soci le risultanze del libro.
Il comma 2 dell’articolo 3 dell’Atto Senato 674 novella l’articolo 100-ter del citato Testo Unico in materia di intermediazione finanziaria. Tale articolo 100-ter verte sulle offerte di crowdfunding. Premesso che a legislazione vigente le quote di partecipazione in società a responsabilità limitata possono costituire oggetto di offerta al pubblico di prodotti finanziar, anche attraverso le piattaforme di crowdfunding, la novella puntualizza che la disciplina per la sottoscrizione e per la successiva alienazione di quote rappresentative del capitale di società a responsabilità limitata ivi prevista sarà da considerarsi alternativa al regime di circolazione in forma scritturale di cui al precedente nuovo comma 2-bis da inserire nell’articolo 26 del decreto legge 179/2012.
La Relazione tecnica che accompagna l’Atto Senato 674 prefigura una perdita di gettito erariale in conseguenza dell’introduzione delle disposizioni contenute nell’articolo 3 del disegno di lege medesimo. Attualmente, infatti, gli atti di trasferimento di quote di società a responsabilità limitata sono soggette a imposta di registro, imposte di bollo e pagamento di diritti di segreteria. La Relazione tecnica informa sulle stime relative alla prevista perdita di gettito e conclude che quest’ultima è quantificabile in un massimo di 3,3 milioni di euro su base annua.
Articolo 4
(Riforma della disciplina degli emittenti strumenti finanziari diffusi)
L’articolo 4, come modificato in sede referente, riforma la disciplina degli emittenti strumenti finanziari diffusi, i quali riguardano da vicino le imprese che intendono aprirsi al mercato dei capitali. Si sopprimono obblighi che, attualmente, accomunano le società con titoli diffusi alle società i cui titoli, invece, sono quotati in mercati regolamentati. Le riforme sono di natura ordinamentale, non comportano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e sono in armonia con l’evoluzione normativa a livello europeo.
Con l'articolo 4 dell’Atto Senato 674, formato da quattro commi, si riforma in molti punti la disciplina degli emittenti strumenti finanziari diffusi. Le nuove disposizioni, che hanno valenza semplificatoria, sono introdotte per mezzo di modifiche e abrogazioni ad alcuni articoli del testo unico sull’intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, nonché al decreto legislativo 27 gennaio 2010 n. 39, al codice civile e al decreto 30 marzo 1942, n. 318.
Il comma 1 dell’articolo 4 dell’A.S. 674 qui in esame novella il citato testo unico sulle intermediazioni finanziarie.
La lettera a) del comma interviene sull’articolo 83-sexies, comma 3, del testo unico. L’articolo 83-sexies del testo unico concerne il diritto d’intervento in assemblea e l’esercizio del voto. Premesso che le assemblee dei portatori di strumenti finanziari diffusi sono diverse dalle assemblee dei portatori di strumenti finanziari ammessi alla negoziazione, e fermo restando che per le assemblee del primo tipo lo statuto può richiedere che gli strumenti finanziari oggetto di comunicazione siano registrati nel conto del soggetto a cui spetta il diritto di voto a partire da un termine prestabilito, la lettera a) del comma 1 dell’articolo 4 dell’A.S. 674 sopprime la vigente regola che impone di mantenere quel termine entro due giorni non festivi.
La lettera b) del comma 1 modifica l’articolo 102 (recante Obblighi degli offerenti e poteri interdittivi), comma 4, del testo unico. Di regola, le promozioni di offerte pubbliche di acquisto o di scambio sono presentate alla CONSOB, la quale le approva, se formulate in maniera idonea a consentire ai destinatari di pervenire ad un fondato giudizio sull'offerta. A legislazione vigente, il termine ordinario per l’approvazione è di quindici giorni che però salgono a trenta qualora si tratti di prodotti finanziari non quotati o diffusi tra il pubblico ai sensi dell'articolo 116 del testo unico. Per effetto della lettera b) del comma 1 dell’articolo 4 dell’Atto Senato 674, il termine di trenta giorni varrà non più per prodotti finanziari diffusi tra il pubblico ai sensi dell'articolo 116 del testo unico, bensì per prodotti finanziari negoziati in sistemi multilaterali di negoziazione (i cosiddetti MTF), oltre che per i prodotti finanziari non quotati.
Gli MTF, acronimo di Multilateral Trading Facilities, sono sistemi di contrattazione privati che offrono la possibilità di negoziare strumenti finanziari quotati presso una Borsa, senza compiti regolamentari di ammissione e informativa. Essi sono soggetti a regole e procedure di autorizzazione all'operatività in parte diverse da quelle previste per i mercati organizzati.
Si anticipa, in proposito, che la lettera d) del comma 1 dell’articolo 4 dell’Atto Senato 674, della quale si dirà, abroga il suddetto articolo 116 del testo unico.
Con la lettera c) del comma 1 dell’articolo 4 si novella l’articolo 114-bis del testo unico, dedicato alle informazioni al mercato in materia di attribuzione di strumenti finanziari a esponenti aziendali, dipendenti o collaboratori. Mediante una modifica al comma 1 e l’abrogazione del comma 2 dell’articolo 114-bis del testo unico, si stabilisce che la disciplina ivi dettata dei piani di compensi basati su strumenti finanziari a favore di componenti del consiglio di amministrazione ovvero del consiglio di gestione, di dipendenti o di collaboratori non legati alla società da rapporti di lavoro subordinato, ovvero di componenti del consiglio di amministrazione ovvero del consiglio di gestione, nonché di dipendenti o di collaboratori di altre società controllanti o controllate, si applica agli emittenti quotati.
La lettera d) del comma 1 dell’articolo 4 dell’Atto Senato 674 abroga l’articolo 116 del testo unico. A legislazione vigente, l’articolo da abrogare concerne gli strumenti finanziari diffusi tra il pubblico, con particolare riferimento agli obblighi informativi in capo agli emittenti.
L’articolo 4, comma 1, lettera e) dell’Atto Senato 674, a sua volta, abroga il comma 2 dell’articolo 118 del testo unico. Quest’ultimo comma, che si intende abrogare, riguarda strettamente l’applicazione dell’articolo 116 del testo unico che, come si è visto poco sopra, sarebbe abrogato dalla lettera d) del comma 1 dell’articolo 4 dell’Atto Senato 674. La presente abrogazione del comma 2 dell’articolo 118, quindi, è diretta conseguenza della precedente abrogazione dell’articolo 116 del testo unico medesimo.
La lettera f) del comma 1 dell’articolo 4 dell’Atto Senato 674 modifica in due punti il vigente articolo 148-bis del testo unico, che pone limiti al cumulo degli incarichi di amministrazione e controllo che possono assumere i componenti degli organi di controllo di talune categorie di società, nonché delle società emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante. Le modifiche espungono i richiami agli emittenti strumenti finanziari diffusi, cui dunque non si applicherà più la disciplina sul cumulo degli incarichi di cui sopra.
La lettera g) del comma 1 dell’articolo 4 dell’Atto Senato 674 rivede l’articolo 165-ter del testo unico, sostituendone il comma 1 e modificandone il comma 6. L’articolo 165-ter novellato definisce l’ambito di applicazione della sezione VI-bis del testo unico la quale regola i rapporti delle società italiane con società estere aventi sede legale in Stati che non garantiscono la trasparenza societaria. In base alla nuova formulazione del comma 1 dell’articolo 165-ter, in tale ambito di applicazione ricadranno le società italiane quotate in mercati regolamentati (di cui all’articolo 119 del testo unico) le quali controllino o siano controllate o si colleghino con società estere aventi sede legale in quegli Stati che non garantiscono la trasparenza delal costituzione, della situazione patrimoniale e della gestione. Viceversa, ne resteranno fuori le società italiane emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante, le quali a legislazione vigente vi rietrano. La lettera g) del comma 1 dell’articolo 4 dell’Atto Senato 674, inoltre, esclude le società italiane emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante dal novero delle società italiane cui è consentito controllare imprese aventi sede in uno degli Stati dove non sussistono adeguate garanzie di trasparenza soltanto a condizione di rispettare criteri dettati dalla CONSOB con apposito regolamento.
Ai sensi della lettera h) del comma 1 dell’articolo 4 dell’Atto Senato 674, le società italiane emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante saranno esonerate dagli obblighi delle società italiane controllanti società aventi sede legale in uno degli Stati i quali, come si è detto anche in precedenza, non offrono sufficienti garanzie di trasparenza. A tale scopo si prevede l’abrogazione di talune parole dell’articolo 165-quater del testo unico. In sostanza, si tratta di obblighi relativi alla predisposizione, presentazione e revisione di bilanci.
La lettera i) e la lettera l) del comma 1 dell’articolo 4 dell’Atto Senato 674 compiono analoga operazione di esonero da obblighi che, a legislazione vigente, gravano sulle società italiane emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante. Nel caso della lettera i), si tratta di obblighi per le società italiane che sono collegate con società aventi sede legale in uno degli Stati i quali non danno adeguate garanzie di trasparenza, disposti dal vigente dell’articolo 165-quinquies del testo unico, destinato ad essere opportunamente novellato. Per quanto riguarda invece la lettera l) le società italiane emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante che non saranno più soggette agli obblighi in materia di predisposizione dei bilanci esistenti a legislazione vigente, vale a dire a norma dell’articolo 165-quinquies del testo unico che perciò viene modificato, sono le società controllate da società aventi sede legale in uno degli Stati che non assicurano la trasparenza.
La lettera m) del comma 1 dell’articolo 4 dell’Atto Senato 674 reca una novella al comma 6 dell’articolo 191-ter del testo unico. L’intervento normativo riguarda il quadro delle sanzioni per chi viola le regole dell’offerta al pubblico di sottoscrizione e di vendita e ammissione alle negoziazioni di quote o azioni di OICR aperti.
Gli OICR sono Organismi d’Investimento Collettivo del Risparmio. Si definiscono aperti gli OICR che accettano l’ingresso costante di nuovi investitori e dunque possono aumentare la loro dotazione patrimoniale non solo in caso di buone performance sul mercato.
A legislazione vigente in tali casi, oltre ad una sanzione amministrativa pecuniaria, per i trasgressori scatta una perdita temporanea dei requisiti di idoneità previsti per gli esponenti aziendali dei soggetti abilitati e dei requisiti previsti per i consulenti finanziari abilitati all'offerta fuori sede, per i consulenti finanziari autonomi e per gli esponenti aziendali delle società di consulenza finanziaria, nonché l'incapacità temporanea ad assumere incarichi di amministrazione, direzione e controllo nell'ambito di società aventi titoli quotati nei mercati regolamentati o diffusi tra il pubblico in maniera rilevante e di società appartenenti al medesimo gruppo. Per effetto della lettera m) del comma 1 dell’articolo 4 dell’Atto Senato 674, la sanzione amministrativa accessoria non si applicherà a coloro che hanno incarichi nell’ambito delle società aventi titoli diffusi tra il pubblico in maniera rilevante.
Anche la lettera n) del comma 1 dell’articolo 4 dell’Atto Senato 674 riguarda sanzioni. Stavolta, però, si tratta di un adeguamento conseguente all’abrogazione dell’articolo 116 del testo unico (abrogazione di cui si è detto sopra). Coerentemente con tale abrogazione, l’articolo 116 viene tolto dall’elenco degli articoli presente al comma 1 dell’articolo 193 del testo unico stesso che comportano doveri di effettuazione di comunicazioni i quali, se inosservati, determinano l’adozione di sanzioni amministrative (indicate in dettaglio dal medesimo articolo 193).
Il comma 2 dell’articolo 4 dell’A.S. 674 interessa un altro decreto legislativo, ossia quello del 27 gennaio 2010, n. 39 che ha attuato la direttiva 2006/43/CE relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati e, contestualmente, ha modificato o abrogato precedenti direttive europee in materia.
Segnatamente, il comma 2 dell’articolo 4 dell’A.S. 674 abroga l’articolo 19-bis, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 39/2010. Di conseguenza, le società emittenti strumenti finanziari, che, ancorché non quotati su mercati regolamentati, sono diffusi tra il pubblico in maniera rilevante, non rientreranno più tra gli enti sottoposti a regime intermedio (acronimo: ESRI). Si ricorda, in proposito, che si definiscono enti sottoposti a regime intermedio quegli enti che, sebbene espunti dal novero degli enti di interesse pubblico (e dunque non sottoposti alla disciplina specifica contenuta nel regolamento n. 537/2014), tuttavia per esigenze di vigilanza rimangono assoggettati ad obblighi maggiormente stringenti rispetto a quelli previsti per la generalità dei revisori legali.
L’effetto forse più importante dell’esclusione dalla categoria degli ESRI sarà che la revisione legale dei bilanci delle società emittenti strumenti finanziari le quali, sebbene non quotati su mercati regolamentati, sono diffusi tra il pubblico in maniera rilevante, potrà essere esercitata dal collegio sindacale, cosa che a legislazione vigente non è consentita.
Il comma 3 dell’articolo 4 dell’A.S. 674, apporta varie modificazioni al codice civile.
La lettera a) del comma 3 inserisce nel codice civile, dopo l’articolo 2325-bis avente ad oggetto le Società che fanno ricorso al capitale di rischio, un nuovo articolo numerato 2325-ter, che sarà rubricato Società emittenti strumenti finanziari diffusi, mentre le lettere b), c) e d) del comma 3 novellano, rispettivamente, gli articoli 2341-ter, 2357-ter e 2391-bis del codice civile stesso.
L’articolo 2325-ter entrerà fare parte del codice civile subito dopo il già vigente articolo 2325-bis, il quale ha ad oggetto le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio.
Il nuovo articolo 2325-ter, al suo primo capoverso, indica i requisiti che gli emittenti italiani non quotati devono possedere al fine di essere qualificati come emittenti di azioni oppure di obbligazioni che, le une e le altre, siano diffuse tra il pubblico in misura rilevante, oppure ancora come emittenti di strumenti finanziari diffusi.
Cominciando dagli emittenti di azioni, essi, ai fini della suddetta qualificazione, secondo le nuove disposizioni, avranno azionisti diversi dai soci che partecipano in misura superiore al tre per cento del capitale (come specificato in sede referente), in numero superiore a cinquecento, che detengano una percentuale complessiva di capitale sociale non inferiore al cinque per cento; inoltre, dovranno superare almeno due delle tre soglie poste dall’articolo 2435-bis, comma 1, del codice civile alle società, che non abbiano emesso titoli negoziati in mercati regolamentati, le quali volessero redigere il bilancio in forma abbreviata. Si ricorda perciò che i tre limiti fissati dal comma 1 dell’articolo 2435-bis del codice civile sono:
· 4.400.000 euro di totale dell’attivo dello stato patrimoniale
· 8.800.000 di ricavi delle vendite e delle prestazioni
· 50 unità di dipendenti occupati in media durante l’esercizio
Nel nuovo articolo 2325-ter seguono precisazioni casi di emittenti che non saranno considerati diffusi. Essi sono: emittenti le cui azioni sono soggette a limiti legali alla circolazione (riguardanti anche l’esercizio dei diritti aventi contenuto patrimoniale); emittenti il cui oggetto sociale prevede soltanto attività non lucrative oppure volte al godimento di un bene o servizio da parte dei soci; emittenti in amministrazione straordinaria (per cessazione dell’attività d’impresa); emittenti in concordato preventivo liquidatorio o in continuità indiretta dalla data di omologazione da parte dell’autorità giudiziaria; emittenti dichiarati in stato di liquidazione giudiziale o messi in liquidazione coatta amministrativa (secondo le procedure previste dal decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, che codifica la normativa della crisi d’impresa e dell’insolvenza); gli emittenti nei cui confronti è stata disposta la totale riduzione delle azioni o del valore delle obbligazioni dalla data di pubblicazione del relativo provvedimento di avvio di risoluzione.
Su questo punto, il nuovo articolo 2325-ter fa esplicito riferimento al provvedimento previsto dall’articolo 32, comma 3, del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180 . Si tratta di un provvedimento che viene emesso dalla Banca d’Italia, previo assenso da parte del Ministro dell’Economia, di risoluzione di una banca o di liquidazione coatta amministrativa, da adottare se la situazione non consente di rimediare altrimenti ad uno stat odi dissesto o a un rischio di dissesto.
Passando alle obbligazioni, saranno considerati emittenti di obbligazioni diffuse tra il pubblico in misura rilevante gli emittenti italiani di obbligazioni il cui valore nominale sia complessivamente non inferiore a cinque milioni di euro e con un numero di obbligazionisti superiore a cinquecento.
Di seguito, nell’articolo 2325-ter si precisa che le disposizioni precedenti non si applicano agli strumenti finanziari emessi dalle banche diversi dalle azioni o dagli strumenti finanziari che permettono di acquistare o sottoscrivere azioni.
Si valuti l’opportunità di chiarire il senso di questa precisazione, anche perché essa viene subito dopo la parte dell’articolo riguardante le obbligazioni -strumento ovviamente diverso dalle azioni- e subito prima della parte sugli strumenti finanziari diffusi, che sarà illustrata tra poco.
A norma del futuro articolo 2325-ter, per quanto riguarda la diffusione degli strumenti finanziari saranno considerati quelli diffusi dall’inizio dell’esercizio sociale successivo a quello nel corso del quale si sono verificate le condizioni previste dall’articolo stesso, fino alla chiusura dell’esercizio sociale in cui è stato accertato il venir meno di tali condizioni.
Qualora la revisione legale dei conti fosse esercitata dal collegio sindacale -ipotesi prevista dall’articolo 2409-bis, secondo comma, del codice civile, richiamato dall’articolo 2325-ter in esame- il collegio stesso informerà la CONSOB e gli organi di controllo nell’eventualità di fatti censurabili rilevati nello svolgimento della revisione (come prescrive l’articolo 155, comma 2, del testo unico, anch’esso richiamato esplicitamente).
La lettera b) del comma 3 dell’articolo 4 dell’Atto Senato 674 modifica il primo comma dell’articolo 2341-ter del codice civile. L’articolo da novellare si occupa della pubblicità dei patti parasociali. Per mezzo della novella in questione, si stabilisce che nelle società con azioni negoziate in sistemi multilaterali di negoziazione (gli MTF, sistemi di cui si è parlato sopra) i patti parasociali devono essere comunicati alla società e dichiarati in apertura di ogni assemblea. La dichiarazione deve essere trascritta nel verbale e questo deve essere depositato presso l'ufficio del registro delle imprese. A legislazione vigente, tali disposizioni relative alla pubblicità dei patti parasociali invece valgono esclusivamente per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio -per le quali la disciplina resta quindi inalterata- mentre le società che operano con MTF non sono menzionate.
La lettera c) del comma 3 dell’articolo 4 dell’Atto Senato 674, innovando il primo comma e il terzo comma dell’articolo 2391-bis del codice civile, modifica il campo di applicazione della norma. Non saranno più gli organi di amministrazione delle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, bensì quelli delle società con azioni quotate in mercati regolamentati, ad adottare regole che assicurano la trasparenza e la correttezza sostanziale e procedurale delle operazioni con parti correlate e li rendono noti nella relazione sulla gestione. Inoltre, la CONSOB continuerà ad individuare regole procedurali e di trasparenza proporzionate rispetto alla rilevanza e alle caratteristiche delle operazioni, alle dimensioni della società ovvero alla tipologia di società, nonché i casi di esenzione dall'applicazione, in tutto o in parte, delle predette regole, ma lo farà con riferimento a tutte le società e non più soltanto per le società facenti ricorso al mercato del capitale di rischio.
L’attuale lettera c) del comma 3 dell’articolo 4 dell’AS 674-A corrisponde alla lettera d) della versione che era stata presentata dal Governo al Parlamento. Il cambio di lettera si è reso necessario a seguito di modifiche apportate al comma 3 durante l’esame in Commissione.
Il quarto e ultimo comma dell’articolo 4 dell’Atto Senato 674 abroga l’articolo 111-bis del regio decreto 30 marzo 1942, n. 318.
L’articolo da abrogare, al suo primo comma, contiene riferimenti indiretti all’articolo 116 del decreto legislativo 58/1998 che, come si è visto, è destinato anch’esso ad essere abrogato, nonché al secondo comma dell’articolo 2409-bis del codice civile.
Si rileva che il secondo comma dell’articolo 2409-bis del codice civile era stato richiamato dal nuovo articolo 2325-ter del codice civile a proposito della revisione dei conti.
Il secondo comma dell’articolo 111-bis del regio decreto 30 marzo 1942, n. 318 interessa i valori mobiliari e gli strumenti del mercato monetario ai fini del conferimento di beni in natura o crediti senza relazioni di stima.
Articolo 5
(Estensione alle società aventi azioni negoziate su MTF della facoltà di redigere il bilancio secondo i principi contabili internazionali)
L’articolo 5 introduce, per le società aventi azioni negoziate su sistemi multilaterali di negoziazione – MTF, la facoltà di redigere il bilancio secondo i principi contabili internazionali.
A tale scopo la norma in esame modifica l’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38.
Al riguardo, si ricorda sinteticamente che gli International Accounting Standard – IAS (emanati fino al 2001) o International Financial Reporting Standard – IFRS (a partire dal 2001) sono principi contabili di redazione del bilancio emanati dallo IASB (International Accounting Standards Board) e approvati con regolamento comunitario. Al fine di garantire un elevato livello di trasparenza e comparabilità dell’informativa finanziaria da parte di tutte le società quotate nei mercati regolamentati dell’Unione Europea, il Regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 luglio 2002 ha disciplinato l’adozione e l’utilizzo dei principi contabili internazionali IAS/IFRS.
L’emanazione del regolamento n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 luglio 2002, disciplinante l’adozione dei principi contabili internazionali IAS/IFRS, ha dato attuazione al processo di armonizzazione della normativa contabile eurounitaria. Il Regolamento ha disposto che le società quotate nei mercati regolamentati dell’Unione Europea dovessero, al più tardi a partire dal 2005, obbligatoriamente redigere il proprio bilancio consolidato, adottando i principi contabili internazionali, e le relative interpretazioni, emanati dallo IASB. Il medesimo Regolamento riconosce la facoltà di applicare gli IAS/IFRS ai conti annuali delle società quotate e ai conti annuali e consolidati delle società non quotate nei mercati regolamentari dell’Unione Europea.
L’introduzione nell’ordinamento nazionale dei principi contabili IAS/IFRS è avvenuta a seguito dell’esercizio della delega contenuta nell’articolo 25 della legge 31 ottobre 2003, n. 306. Nel nostro ordinamento, quindi, è stata largamente sfruttata la possibilità concessa dal regolamento europeo di estendere, facoltativamente, il campo di applicazione degli IAS/IFRS anche alle società che, ai sensi del regolamento n. 1606/2002, non sarebbero risultate obbligate a redigere i loro bilanci conformemente agli standard contabili internazionali.
In attuazione della delega è stato emanato il decreto legislativo n. 38 del 2005, contenente disposizioni relative all’esercizio delle opzioni previste dall’articolo 5 del regolamento (CE) n. 1606/2002 in materia di principi contabili internazionali. Il decreto legislativo è stato successivamente modificato e integrato nel tempo.
Il suddetto provvedimento:
• individua, dapprima, l’ambito soggettivo e i termini di decorrenza nell’applicazione degli IAS/IFRS;
• introduce, poi, alcune modifiche di sistema alle disposizioni tributarie in materia di reddito d’impresa;
• regolamenta, da ultimo, le disposizioni transitorie in sede di prima applicazione degli IAS/IFRS.
Nel coordinare le nuove regole di redazione dei bilanci in conformità ai principi IAS/IFRS con le disposizioni recate dal TUIR, il legislatore ha inteso perseguire una duplice finalità: da un lato preservare il generale principio di derivazione dell’imponibile fiscale dal risultato economico di bilancio espressamente sancito dall’articolo 83 del TUIR; dall’altro assicurare un sistema di neutralità nella determinazione del reddito complessivo “sganciato” dai criteri contabili seguiti nella predisposizione dei bilanci. Si rinvia alla circolare dell’Agenzia delle entrate del 28 febbraio 2011 per ulteriori informazioni.
L’articolo 2 del decreto legislativo n. 38 del 2005 individua i soggetti cui si applicano i principi contabili internazionali, in ottemperanza alle disposizioni europee, le quali (articolo 4 del regolamento UE 1606/2002) dispongono che le società quotate applichino i principi contabili internazionali. In particolare, la norma europea dispone che le società soggette al diritto di uno Stato membro redigano i loro conti consolidati conformemente ai principi contabili internazionali qualora, alla data del bilancio, i loro titoli siano ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato di un qualsiasi Stato membro. Viene fatta salva la possibilità (successivo articolo 5) che gli Stati membri estendano l'applicazione di detti principi anche ad altre società, benché non quotate.
L’Italia (articolo 2 del decreto legislativo n. 38 del 2005) ha esercitato detta opzione scegliendo di applicare i principi contabili internazionali alle scritture di una platea più ampia delle sole società quotate.
Ai sensi del richiamato decreto legislativo n. 38 del 2005 devono redigere il bilancio secondo i principi contabili internazionali:
1) le società quotate (cioè che emettono strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in mercati regolamentati di qualsiasi Stato membro dell'Unione europea);
2) le società emittenti strumenti finanziari diffusi tra il pubblico in misura rilevante, sebbene non quotati in mercati regolamentati;
3) le banche, le società finanziarie italiane e le società di partecipazione finanziaria mista italiane che controllano banche o gruppi bancari; le SIM, le SGR, le società finanziarie, gli istituti di moneta elettronica e gli istituti di pagamento;
4) le società consolidate diverse da quelle per le quali vige l’obbligo di adozione dei principi contabili internazionali, fatta eccezione per le società minori che possono redigere il bilancio in forma abbreviata;
5) le imprese di assicurazione quotate, ovvero quelle che redigono il bilancio consolidato del gruppo assicurativo.
Il successivo articolo 2-bis concede la facoltà, in luogo dell'obbligo attualmente previsto, di applicare i principi contabili internazionali ai soggetti individuati dall'articolo 2 i cui titoli non siano ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato.
L’OIC – Organismo italiano di contabilità emana invece i principi contabili nazionali.
Più precisamente le norme in esame introducono nell’articolo 2, comma 1, del richiamato decreto legislativo n. 38 del 2005 la lettera a-bis), ricomprendendo nel novero dei soggetti cui si applica il provvedimento anche le società aventi azioni negoziate su sistemi multilaterali di negoziazione – MTF (si veda la scheda di lettura dell’articolo 1 per ulteriori informazioni sugli MTF).
Per effetto delle disposizioni contenute nell’articolo 2-bis del decreto legislativo n. 38 del 2005, tali società possono scegliere la redazione del bilancio secondo i principi contabili internazionali.
Articolo 6
(Disposizioni in materia di flottante)
L’articolo 6 prevede la soppressione della possibilità, attribuita alla Consob, di aumentare il flottante nelle ipotesi in cui un soggetto che detiene una partecipazione superiore al novanta per cento del capitale rappresentato da titoli ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato, sia tenuto a ripristinare un flottante sufficiente ad assicurare il regolare andamento delle negoziazioni.
L’articolo 108 (comma 2) del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58-Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF) dispone che chiunque venga a detenere una partecipazione superiore al novanta per cento del capitale rappresentato da titoli ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato, ha l'obbligo di acquistare i restanti titoli ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato da chi ne faccia richiesta se non ripristina entro novanta giorni un flottante sufficiente ad assicurare il regolare andamento delle negoziazioni. Qualora siano emesse più categorie di titoli, l'obbligo sussiste soltanto in relazione alle categorie di titoli per le quali sia stata raggiunta la soglia del novanta per cento.
In relazione a questo obbligo di acquisto, il successivo articolo 112 del TUF riconosce in capo alla Consob il potere di incrementare tale soglia, la norma in particolare stabilisce che la CONSOB con provvedimento da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, può, sentita la società di gestione del mercato, elevare per singole società la percentuale prevista dall'articolo 108.
L’articolo in esame, modificando il richiamato articolo 112, è volto a sopprimere tale potere discrezionale della Consob.
Nella Relazione illustrativa che accompagna il provvedimento si rappresenta, tra l’altro, che l’esercizio del richiamato potere di incremento della soglia non si riscontra in altri ordinamenti e non discende da vincoli normativi europei; esso può, inoltre, determinare, nel medio-lungo periodo, delle difficoltà interpretative per gli emittenti che non sono posti in condizione di prevedere con ragionevole certezza la soglia al di sotto della quale potrebbe non scattare l’obbligo di ripristino del flottante. Inoltre, la disciplina è suscettibile di creare situazioni di asimmetria rispetto ad altre società negoziate in mercati regolamentati di altri paesi dell’Unione europea assoggettate alla disciplina sulle offerte pubbliche residuali.
Articolo 7
(Modifica in materia di sottoscrizioni di obbligazioni emesse da società per azioni e di titoli di debito emessi da società a responsabilità limitata)
L’articolo 7 introduce delle modifiche a due articoli del codice civile volte rispettivamente a far sì che agli investitori professionali non si applichino i limiti all’emissione di obbligazioni al portatore o nominative per le obbligazioni emesse dalle società per azioni e a far venire meno l’obbligo di interposizione, con finalità di garantire la solvenza, da parte di un investitore professionale soggetto a vigilanza prudenziale nelle ipotesi nelle quali l’acquirente delle stesse sia un operatore professionale anche nel caso di collocazione di titoli di debito emessi dalle società a responsabilità limitata.
L’articolo 2412 del codice civile prevede, tra l’altro, che le società per azioni possono emettere obbligazioni al portatore o nominative per somma complessivamente non eccedente il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato. Tale limite può essere superato se le obbligazioni emesse in eccedenza sono destinate alla sottoscrizione da parte di investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale a norma delle leggi speciali. In caso di successiva circolazione delle obbligazioni, chi le trasferisce risponde della solvenza della società nei confronti degli acquirenti che non siano investitori professionali. Tali disposizioni non si applicano alle emissioni di obbligazioni destinate ad essere quotate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione ovvero di obbligazioni che danno il diritto di acquisire ovvero di sottoscrivere azioni.
Con una norma introdotta in sede referente, il comma 1, lettera a), n.1, modifica il primo comma dell’articolo 2412, specificando che il doppio del capitale sociale, limite entro cui la società può emettere obbligazioni al portatore o nominative, è quella risultante dall’ultima delle iscrizioni di cui all'articolo 2444, comma 1. Quest’ultimo articolo, si ricorda, prevede che nei trenta giorni dall’avvenuta sottoscrizione delle azioni di nuova emissione gli amministratori devono depositare per l’iscrizione nel registro delle imprese un’attestazione che l’aumento del capitale è stato eseguito (fino a che l’iscrizione nel registro non sia avvenuta, l’aumento del capitale non può essere menzionato negli atti della società).
La norma in esame, comma 1, lettera a), n.2, modificando il quinto comma dell’articolo 2412, prevede che la disciplina sopra descritta non si applichi neanche alle emissioni di obbligazioni destinate ad essere sottoscritte, anche in sede di rivendita, esclusivamente da investitori professionali ai sensi delle leggi speciali qualora tale previsione risulti tra le condizioni dell’emissione restando comunque salva l’esclusione, già prevista dalla vigente disciplina, concernete l’emissione di obbligazioni destinate ad essere quotate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione ovvero di obbligazioni che danno il diritto di acquisire ovvero di sottoscrivere azioni. Pertanto con tale modifica si dispone che agli investitori professionali non si applicano le limitazioni previste ai primi due commi dell’articolo 2412 del Codice civile.
Come evidenziato anche nella relazione illustrativa, al fine di agevolare l’emissione di titoli di debito da parte delle società per azioni non quotate in mercati regolamentati, con tali modifiche la società:
§ potrà emettere obbligazioni per una somma complessivamente eccedente il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato quando la sottoscrizione e la successiva circolazione è riservata unicamente esclusivamente ad investitori professionali;
§ non sarà soggetta all’obbligo di interposizione, con finalità di garantire la solvenza, da parte di un investitore professionale sottoposto a vigilanza prudenziale.
Il comma 1, lettera b), reca norme di modifica dell’articolo 2483 del codice civile in materia di emissione di titoli di debito delle società a responsabilità limitate.
In particolare il comma 2 dell’articolo 2483 stabilisce che i titoli di debito, emessi da società a responsabilità limitata, possono essere sottoscritti soltanto da investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale a norma delle leggi speciali. In caso di successiva circolazione dei titoli di debito, chi li trasferisce risponde della solvenza della società nei confronti degli acquirenti che non siano investitori professionali ovvero soci della società medesima.
Con la modifica in esame si prevede che tale disciplina non si applichi ai titoli destinati ad essere acquistati esclusivamente da investitori professionali ai sensi delle leggi speciali qualora tale previsione risulti tra le condizioni dell’emissione, senza facoltà di modifica. In altre parole qualora la sottoscrizione di titoli di debito e la successiva circolazione sia riservata a investitori professionali non sussisterebbe più l’obbligo di interposizione, con finalità di garanzia della solvibilità, da parte di un investitore professionale soggetto a vigilanza prudenziale.
Nella relazione illustrativa si sottolineano le finalità delle due modifiche al codice civile rappresentando che le modifiche ai due articoli hanno la finalità di ridurre il costo della provvista da parte di S.p.a. e S.r.l., poiché la garanzia prestata dall’investitore professionale è a titolo oneroso e comporta un costo più alto per assicurarsi finanziamenti. Per quanto concerne la tutela degli investitori al dettaglio, non vi sono modifiche rispetto al vigente regime poiché nel caso di sottoscrizione (e successiva circolazione) tra i clienti di questo tipo continuerà a sussistere l’obbligo della interposizione dell’investitore professionale.
Articolo 8 (SOPPRESSO)
(Misure a favore degli aumenti di capitale)
L’articolo 8 è stato soppresso durante l’esame in sede referente.
In sintesi, esso riproponeva alcune le misure già introdotte, fino al 30 giugno 2021, dal decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 (c.d. Decreto Semplificazioni) per supportare le operazioni di ricapitalizzazione delle società di capitali italiane.
In particolare erano previsti, per un periodo sperimentale (fino al 30 aprile 2025), quorum agevolati per l’approvazione delle delibere di aumento di capitale delle società di capitali. Si prevedeva anche, per il medesimo periodo, l’attribuzione della facoltà, alle società con azioni quotate in mercati regolamentati e alle società con azioni negoziate in sistemi multilaterali di negoziazione di deliberare l’aumento del capitale sociale con l’esclusione del diritto di opzione nei limiti del 20 per cento del capitale sociale preesistente, in deroga al regime ordinario che prevede una soglia pari al 10 per cento e anche in assenza di una espressa previsione statutaria al riguardo, anch’essa prevista dal regime ordinario.
Articolo 9
(Semplificazione delle procedure di ammissione alla quotazione)
L’articolo 9 è volto a introdurre una serie di semplificazioni delle procedure di ammissione alla negoziazione, anche attraverso l’eliminazione di particolari requisiti per la quotazione.
In particolare, viene soppressa la possibilità riconosciuta alla Consob di:
§ regolare con propri regolamenti i requisiti di alcune società in quotazione;
§ di sospendere per un tempo limitato le decisioni di ammissione.
Il comma 1, lettera a), modifica l’articolo 66-bis del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (TUF) in materia di condizioni per la quotazione di determinate società. In particolare il comma 2 dell’articolo 62, alle lettere a) e c), stabilisce che la Consob determina con proprio regolamento:
a) i criteri di trasparenza contabile e di adeguatezza della struttura organizzativa e del sistema dei controlli interni che le società controllate, costituite e regolate dalla legge di Stati non appartenenti all’Unione europea, devono rispettare affinché le azioni della società controllante possano essere quotate in un mercato regolamentato italiano;
c) i criteri di trasparenza e i limiti per l’ammissione alla quotazione sul mercato mobiliare italiano delle società finanziarie, il cui patrimonio è costituito esclusivamente da partecipazioni.
La norma in esame sopprime tali previsioni. La motivazione dell’intervento normativo è riconducibile alla volontà di semplificare le procedure di ammissione alla negoziazione, anche attraverso l’eliminazione di particolari requisiti per la quotazione. Nella Relazione illustrativa si fa notare, inoltre, che la scelta di non lasciare all’autoregolamentazione del mercato la fissazione dei requisiti per la quotazione di particolari tipologie di società deve essere rivista anche in ragione dell’intervenuta armonizzazione dei requisiti minimi di ammissione a un mercato regolamentato a livello di diritto eurounionale (MIFID II) che lascia, comunque, alla discrezionalità dei singoli gestori dei mercati la facoltà di introdurre ulteriori e più rigorosi requisiti di ammissione a seconda del livello di ‘qualità’ che intendono garantire sul proprio mercato. Tale previsione pone, inoltre, i mercati regolamentati italiani in una posizione di svantaggio competitivo rispetto agli altri concorrenti.
La lettera b) modifica il comma 66-ter del TUF in materia di provvedimenti di ammissione, sospensione ed esclusione di strumenti finanziari dalla quotazione e dalle negoziazioni adottati dal gestore della sede di negoziazione. In particolare vengono soppressi i commi 4 e 5.
Si ricorda che i sopracitati commi prevedono che nel caso di mercati regolamentati, l'esecuzione delle decisioni di ammissione alla quotazione di azioni ordinarie, di obbligazioni e di altri strumenti finanziari emessi da soggetti diversi dagli Stati membri dell'Unione europea, dalle banche UE e dalle società con azioni quotate in un mercato regolamentato, nonché delle decisioni di esclusione di azioni dalle negoziazioni, è sospesa finché non sia decorso il termine indicato al comma 6 (cinque giorni di mercato aperto). La sospensione non si applica nel caso di ammissione alla quotazione di strumenti finanziari in regime di esenzione dall'obbligo di pubblicare il prospetto o sulla base di un prospetto per il quale l'Italia risulta Stato membro ospitante, nonché per l'ammissione di lotti supplementari di azioni già ammesse alle negoziazioni.
Nella Relazione illustrativa si sottolinea che l’abrogazione del comma 4, trova la propria ratio nella necessità di eliminare un aggravio procedurale, come emerso nella prassi applicativa, atteso che le attività di scrutinio della Consob e di Borsa Italiana si svolgono in coordinamento tra loro per tutta la loro durata. In tal modo verrebbe inoltre allineata la procedura di ammissione in questione con quella degli altri Paesi europei.
La norma, conseguentemente alla soppressione del richiamato comma 4, modifica anche il comma 6 dell’articolo 66-ter sopprimendo la parte in cui si prevede la possibilità per la Consob di vietare l'esecuzione delle decisioni di ammissione alla quotazione e di esclusione dalle negoziazioni di cui al comma 4.
Articolo 10
(Modifiche alla disciplina di approvazione del prospetto e della responsabilità del collocatore)
L’articolo 10 introduce norme volte a chiarire i termini di decorrenza per l’approvazione del prospetto e a modificare il regime di responsabilità del collocatore.
In particolare il comma 1, lettera a), introduce un nuovo periodo al comma 2 dell’articolo 94 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (TUF) in materia di offerta al pubblico di titoli, che precisa che i termini di approvazione del prospetto decorrono dalla data di presentazione della bozza di prospetto.
Più in dettaglio, la norma prevede che i termini per l’approvazione del prospetto, previsti dall’articolo 20, paragrafi 2, 3 e 6 del regolamento 2017/1129/UE, decorrono dalla data di presentazione del progetto di prospetto. Qualora la Consob accerti che il progetto di prospetto non risponde ai criteri di completezza, comprensibilità e coerenza necessari per la sua approvazione ovvero che sono necessarie modifiche o informazioni supplementari, si applicano la procedura e i termini di cui all’articolo 20, paragrafo 4 del regolamento 2017/1129/UE secondo l’approccio proporzionato previsto dall’articolo 41 del regolamento delegato (UE) 2019/980.
Nella Relazione illustrativa il Governo evidenzia che ai sensi del regolamento (UE) 2017/1129 (c.d. regolamento prospetto), esplicitamente richiamato, la verifica di completezza avviene contestualmente a quelle di comprensibilità e coerenza, in occasione della presentazione della prima bozza di prospetto. La modifica ha, quindi, la finalità di ridurre l’incertezza interpretativa in ordine al momento a partire dal quale decorrono i termini per l’approvazione del prospetto, che viene così a coincidere con la data di presentazione del progetto di prospetto e non già nel momento in cui l’Autorità ritiene l’istanza completa. È, altresì, richiamata l’applicazione dell’approccio proporzionato al controllo della bozza del prospetto previsto dall’articolo 41 del regolamento delegato (UE) 2019/980. Questa norma, in particolare, per le bozze successive di prospetto (paragrafo 5, dell’articolo 41), impone all’autorità competente di applicare i criteri di controllo di completezza, comprensibilità e coerenza “solamente alle modifiche apportate alla bozza precedente e ad ogni altra informazione sulla quale le modifiche hanno un’incidenza”, ciò al fine di consentire che la procedura di controllo e l’approvazione del prospetto si svolga in modo efficiente e tempestivo come previsto dalle disposizioni europee.
La lettera b) abroga il comma 7 dell’articolo 94 del TUF che disciplina la responsabilità del collocatore. In particolare, la norma citata prevede che la responsabilità per informazioni false o per omissioni idonee ad influenzare le decisioni di un investitore ragionevole grava sull'intermediario responsabile del collocamento, a meno che non provi di aver adottato ogni diligenza allo scopo di verificare che le informazioni contenute nel prospetto fossero conformi ai fatti e non presentassero omissioni tali da alterarne il senso. Tale modifica appare coerente per allineare il quadro normativo italiano a quello europeo. La motivazione alla base della modifica in esame è infatti così riassunta nella Relazione illustrativa: con riferimento all’abrogazione della norma recante la disciplina di responsabilità del collocatore, figura introdotta nel 2007 nell’ordinamento italiano e non prevista dalla regolamentazione europea si precisa che tale disciplina, senza pregiudicare la tutela degli investitori, trova compiuta regolamentazione in altre disposizioni di seguito riportate, tenuto conto:
a) dei doveri già previsti dall’articolo 95, comma 2, del TUF a carico dell'emittente, dell'offerente e degli intermediari finanziari incaricati dell'offerta pubblica di prodotti finanziari nonché di coloro che si trovano in rapporto di controllo o di collegamento con tali soggetti; e di cui all’articolo 34-sexies, del regolamento Consob n. 11971/1999;
b) dei doveri dei distributori ai sensi dell’articolo 21 del TUF e dell’articolo 34-decies del regolamento Consob n. 11971/1999;
c) delle disposizioni in tema di abusi di mercato volte a limitare fenomeni di underpricing pre-IPO;
d) della limitata concorrenza in tale segmento di mercato.
Articolo 11
(Abrogazione dell’obbligo di segnalazione delle operazioni
effettuate dagli azionisti di controllo)
L’articolo 11 sopprime l’obbligo vigente di segnalazione alla Consob delle operazioni effettuate da parte degli azionisti di controllo.
Nello specifico, la disposizione abroga il comma 7 dell’articolo 114 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (TUF), recante la disciplina in tema di comunicazioni al pubblico, che impone ai soggetti che detengono azioni in misura almeno pari al dieci per cento del capitale sociale, nonché ogni altro soggetto che controlla l’emittente quotato, l’obbligo di comunicare alla Consob le operazioni da loro effettuate anche per interposta persona.
Nello specifico il richiamato comma 7 prevede che chiunque detenga azioni in misura almeno pari al dieci per cento del capitale sociale, nonché ogni altro soggetto che controlla l'emittente quotato, comunicano alla Consob e al pubblico le operazioni, aventi ad oggetto azioni emesse dall’emittente o altri strumenti finanziari ad esse collegati, da loro effettuate, anche per interposta persona. Tale comunicazione è effettuata anche dalle persone strettamente legate ai soggetti sopra indicati, individuati dalla Consob con regolamento. La Consob individua con lo stesso regolamento le operazioni, le modalità e i termini delle comunicazioni, le modalità e i termini di diffusione al pubblico delle informazioni, nonché i casi in cui detti obblighi si applicano anche con riferimento alle società in rapporto di controllo con l'emittente.
Tale misura appare motivata per allineare il quadro normativo italiano a quello europeo oltreché per snellire la procedura delle operazioni, aventi ad oggetto azioni emesse dall'emittente o altri strumenti finanziari ad esse collegati.
Nella Relazione illustrativa il legislatore rappresenta, a tale proposito, che la previsione dell’obbligo contenuta nell’attuale testo del TUF esula dall’ambito normativo europeo (regolamento (UE) n. 596/2014 sugli abusi di mercato – MAR), che prevede che detti obblighi di comunicazione si applichino solo alle persone che esercitano funzioni di amministrazione, di controllo o di direzione presso l’emittente (nonché ai soggetti ad essi strettamente legati).
Peraltro viene sottolineato che sono presenti nell’ordinamento nazionale ulteriori presìdi a tutela degli investitori, attraverso i quali si realizza la divulgazione delle operazioni effettuate su azioni dell’emittente che possono avere un impatto sul mercato.
Ove effettivamente sussistano particolari ragioni di tutela degli investitori, tali da giustificare la disclosure delle operazioni effettuate su azioni dell’emittente da parte di un azionista rilevante, la Consob può, infatti, richiedere, anche in via generale, la comunicazione al pubblico di informazioni rilevanti per il pubblico, nonché esercitare i poteri di vigilanza informativa e ispettiva, ai sensi degli articoli 114, comma 5, e 115, comma 2, del TUF.
Articolo 12
(Svolgimento delle assemblee delle società per azioni quotate)
L’articolo 12, modificato in sede referente, consente, ove sia contemplato nello statuto, che le assemblee delle società quotate si svolgano esclusivamente tramite il rappresentante designato dalla società. In tale ipotesi, non è consentita la presentazione di proposte di deliberazione in assemblea e il diritto di porre domande è esercitato unicamente prima dell’assemblea. Per effetto delle modifiche apportate in Commissione, la predetta facoltà statutaria si applica anche alle società ammesse alla negoziazione su un sistema multilaterale di negoziazione; inoltre, sempre per effetto delle modifiche in sede referente, sono prorogate al 31 dicembre 2024 le misure previste per lo svolgimento delle assemblee societarie disposte con riferimento all’emergenza Covid-19 dal decreto-legge n. 18 del 2020, in particolare per quanto attiene l’uso di mezzi telematici.
L’articolo 12 introduce un nuovo articolo 135-undecies.1 nel TUF – Testo Unico Finanziario (D. Lgs. n. 58 del 1998) il quale consente, ove sia contemplato nello statuto, che le assemblee delle società quotate si svolgano esclusivamente tramite il rappresentante designato dalla società.
Le disposizioni in commento rendono permanente, nelle sue linee essenziali, e a condizione che lo statuto preveda tale possibilità, quanto previsto dall’articolo 106, commi 4 e 5 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, che ha introdotto specifiche disposizioni sullo svolgimento delle assemblee societarie ordinarie e straordinarie, allo scopo di contemperare il diritto degli azionisti alla partecipazione e al voto in assemblea con le misure di sicurezza imposte in relazione all’epidemia da COVID-19.
Il Governo, nella Relazione illustrativa, fa presente che la possibilità di continuare a svolgere l’assemblea esclusivamente tramite il rappresentante designato tiene conto dell’evoluzione, da tempo in corso, del modello decisionale dei soci, che si articola, sostanzialmente, in tre momenti: la presentazione da parte del consiglio di amministrazione delle proposte di delibera dell’assemblea; la messa a disposizione del pubblico delle relazioni e della documentazione pertinente; l’espressione del voto del socio sulle proposte del consiglio di amministrazione.
In questo contesto, l’assemblea ha perso la sua funzione informativa, di dibattito e di confronto essenziale al fine della definizione della decisione di voto da esprimere. La partecipazione all’assemblea si riduce, in particolar modo, per gli investitori istituzionali e i gestori di attività, nell’esercizio del diritto di voto in una direzione definita ben prima dell’evento assembleare, all’esito delle procedure adottate in attuazione della funzione di stewardship e tenendo conto delle occasioni di incontro diretto con il management della società in applicazione delle politiche di engagement.
Le misure introdotte in via temporanea per l’emergenza Covid-19
In sintesi, il menzionato articolo 106, commi 4 e 5 - la cui efficacia è stata prorogata nel tempo e, da ultimo, fino al 31 luglio 2023 dall’articolo 3, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228 - prevede che le società quotate possano designare per le assemblee ordinarie o straordinarie il rappresentante designato, previsto dall'articolo 135-undecies TUF, anche ove lo statuto preveda diversamente; inoltre, la medesima disposizione consente alle società di prevedere nell’avviso di convocazione che l’intervento in assemblea si svolga esclusivamente tramite il rappresentante designato, al quale potevano essere conferite deleghe o sub-deleghe ai sensi dell’articolo 135-novies del TUF.
L'articolo 135-undecies del TUF dispone che, salvo diversa previsione statutaria, le società con azioni quotate in mercati regolamentati designano per ciascuna assemblea un soggetto al quale i soci possono conferire, entro la fine del secondo giorno di mercato aperto precedente la data fissata per l'assemblea, anche in convocazione successiva alla prima, una delega con istruzioni di voto su tutte o alcune delle proposte all'ordine del giorno. La delega ha effetto per le sole proposte in relazione alle quali siano conferite istruzioni di voto, è sempre revocabile (così come le istruzioni di voto) ed è conferita, senza spese per il socio, mediante la sottoscrizione di un modulo il cui contenuto è disciplinato dalla Consob con regolamento. Il conferimento della delega non comporta spese per il socio. Le azioni per le quali è stata conferita la delega, anche parziale, sono computate ai fini della regolare costituzione dell'assemblea mentre con specifico riferimento alle proposte per le quali non siano state conferite istruzioni di voto, le azioni non sono computate ai fini del calcolo della maggioranza e della quota di capitale richiesta per l'approvazione delle delibere. Il soggetto designato come rappresentante è tenuto a comunicare eventuali interessi che, per conto proprio o di terzi, abbia rispetto alle proposte di delibera all’ordine del giorno. Mantiene altresì la riservatezza sul contenuto delle istruzioni di voto ricevute fino all'inizio dello scrutinio, salva la possibilità di comunicare tali informazioni ai propri dipendenti e ausiliari, i quali sono soggetti al medesimo dovere di riservatezza.
In forza della delega contenuta nei commi 2 e 5 dell'articolo 135-undecies del TUF la Consob ha disciplinato con regolamento alcuni elementi attuativi della disciplina appena descritta. In particolare, l'articolo 134 del regolamento Consob n. 11971/1999 ("regolamento emittenti") stabilisce le informazioni minime da indicare nel modulo e consente al rappresentante che non si trovi in alcuna delle condizioni di conflitto di interessi previste nell'articolo 135-decies del TUF, ove espressamente autorizzato dal delegante, di esprimere un voto difforme da quello indicato nelle istruzioni nel caso si verifichino circostanze di rilievo, ignote all'atto del rilascio della delega e che non possono essere comunicate al delegante, tali da far ragionevolmente ritenere che questi, se le avesse conosciute, avrebbe dato la sua approvazione, ovvero in caso di modifiche o integrazioni delle proposte di deliberazione sottoposte all'assemblea.
Più in dettaglio, per effetto del comma 4 dell'articolo 106, le società con azioni quotate in mercati regolamentati possono designare per le assemblee ordinarie o straordinarie il rappresentante al quale i soci possono conferire deleghe con istruzioni di voto su tutte o alcune delle proposte all'ordine del giorno, anche ove lo statuto disponga diversamente. Le medesime società possono altresì prevedere, nell’avviso di convocazione, che l’intervento in assemblea si svolga esclusivamente tramite il rappresentante designato, al quale possono essere conferite anche deleghe o sub-deleghe ai sensi dell’articolo 135-novies del TUF, che detta le regole generali (e meno stringenti) applicabili alla rappresentanza in assemblea, in deroga all’articolo 135-undecies, comma 4, del TUF che, invece, in ragione della specifica condizione del rappresentante designato dalla società, esclude la possibilità di potergli conferire deleghe se non nel rispetto della più rigorosa disciplina prevista dall'articolo 135-undecies stesso. Per effetto del comma 5, le disposizioni di cui al comma 4 sono applicabili anche alle società ammesse alla negoziazione su un sistema multilaterale di negoziazione e alle società con azioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante.
Le disposizioni in materia di assemblea introdotte dalle norme in esame
L’articolo in esame, come anticipato, introduce un nuovo articolo 135-undecies.1 nel Testo Unico Finanziario, ai sensi del quale (comma 1) lo statuto di una società quotata può prevedere che l’intervento in assemblea e l’esercizio del diritto di voto avvengano esclusivamente tramite il rappresentante designato dalla società, ai sensi del già illustrato supra articolo 135-undecies. A tale rappresentante possono essere conferite anche deleghe o sub-deleghe ai sensi dell'articolo 135-novies, in deroga all'articolo 135-undecies, comma 4.
Nel corso dell’esame in sede referente è stato introdotto un comma 3-bis, ai sensi del quale la predetta facoltà statutaria si applica anche alle società ammesse alla negoziazione su un sistema multilaterale di negoziazione.
Si ricorda in sintesi che sistemi i multilaterali di negoziazione (c.d. Mtf, definiti dall’articolo 1 del TUF) sono sistemi di negoziazione alternativi ai mercati regolamentati di tipo multilaterale il cui esercizio è riservato ad imprese di investimento, banche e gestori dei mercati regolamentati. La relativa vigilanza è esercitata, secondo le competenze, dalla Consob (articolo 62, comma 3 TUF e regolamenti attuativi) o dall’Autorità europea dei mercati finanziari – ESMA.
In sintesi l’articolo 135-novies permette al soggetto cui spetta il diritto di voto di indicare un unico rappresentante per ciascuna assemblea, salva la facoltà di indicare uno o più sostituti. In deroga a tale previsione, colui al quale spetta il diritto di voto può delegare un rappresentante diverso per ciascuno dei conti, destinati a registrare i movimenti degli strumenti finanziari, a valere sui quali sia stata effettuata l’opportuna comunicazione prevista ex lege.
Il comma 4 dell’articolo 135-undecies prevede che il soggetto designato come rappresentante sia tenuto a comunicare eventuali interessi che per conto proprio o di terzi abbia rispetto alle proposte di delibera all'ordine del giorno; mantiene altresì la riservatezza sul contenuto delle istruzioni di voto ricevute fino all'inizio dello scrutinio, salva la possibilità di comunicare tali informazioni ai propri dipendenti e ausiliari, i quali sono soggetti al medesimo dovere di riservatezza.
Il comma 1-bis, anch’esso introdotto in sede referente, proroga dal 31 luglio 2023 al 31 dicembre 2024 il termine di applicazione individuato dal già menzionato articolo 106, comma 7, del TUF relativo allo svolgimento delle assemblee di società ed enti.
Per effetto delle norme introdotte, al di là delle disposizioni contenute nell’articolo in esame che vengono rese permanenti (v. supra), sono prorogate al 31 dicembre 2024 tutte le altre misure in materia di svolgimento delle assemblee societarie – dunque non solo quelle relative alle società quotate – previste nel corso dell’emergenza Covid-19.
In particolare, il comma 2 del richiamato articolo 106 consente un più ampio ricorso ai mezzi di telecomunicazione per lo svolgimento delle assemblee, anche in deroga alle disposizioni statutarie. In particolare, viene stabilito che le S.p.A., le società in accomandita per azioni (S.a.p.A.), le s.r.l. e le società cooperative e le mutue assicuratrici, anche in deroga alle diverse disposizioni statutarie, con l’avviso di convocazione delle assemblee ordinarie o straordinarie possono prevedere che:
? il voto venga espresso in via elettronica o per corrispondenza;
? l'intervento all’assemblea avvenga mediante mezzi di telecomunicazione;
? l’assemblea si svolga, anche esclusivamente, mediante mezzi di telecomunicazione che garantiscano l’identificazione dei partecipanti, la loro partecipazione e l’esercizio del diritto di voto, ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 2370, quarto comma, 2479-bis, quarto comma, e 2538, sesto comma, codice civile senza in ogni caso la necessità che si trovino nel medesimo luogo, ove previsti, il presidente, il segretario o il notaio. In aggiunta, con esclusivo riferimento alle s.r.l., il comma 3 consente che l’espressione del voto avvenga mediante consultazione scritta o per consenso espresso per iscritto.
Il comma 6 prevede che anche le banche popolari, le banche di credito cooperativo, le società cooperative e le mutue assicuratrici, in deroga alle disposizioni legislative e statutarie che prevedono limiti al numero di deleghe conferibili ad uno stesso soggetto, possano designare per le assemblee ordinarie o straordinarie il rappresentante previsto dall’articolo 135-undecies del TUF. Le medesime società possono altresì prevedere nell’avviso di convocazione che l’intervento in assemblea si svolga esclusivamente tramite il predetto rappresentante designato. Viene tuttavia esclusa l'applicabilità del comma 5 dell'articolo 135-undecies del TUF, per cui viene esclusa la possibilità di esprimere un voto difforme rispetto alle istruzioni impartite dal delegante. Il termine per il conferimento della delega è fissato al secondo giorno precedente la data di prima convocazione dell’assemblea.
Ai sensi del comma 2, nella fattispecie prevista dal comma 1, non è consentita la presentazione di proposte di deliberazione in assemblea.
Fermo restando quanto previsto in tema di integrazione dell’ordine del giorno (dall’articolo 126-bis, comma 1, primo periodo TUF, ai sensi del quale i soci che, anche congiuntamente, rappresentino almeno un quarantesimo del capitale sociale possono chiedere, entro specifici termini di legge, l'integrazione dell’elenco delle materie da trattare ovvero presentare proposte di deliberazione su materie già all'ordine del giorno), coloro che hanno diritto al voto possono presentare individualmente proposte di delibera sulle materie all’ordine del giorno, ovvero proposte la cui presentazione è altrimenti consentita dalla legge, entro il quindicesimo giorno precedente la data della prima o unica convocazione dell’assemblea.
Le proposte di delibera sono messe a disposizione del pubblico sul sito internet della società entro i due giorni successivi alla scadenza del termine. La legittimazione alla presentazione individuale di proposte di delibera è subordinata alla ricezione da parte della società della comunicazione prevista dall’articolo 83-sexies (ovvero della comunicazione che attesta la legittimazione all’intervento in assemblea e all’esercizio del diritto di voto, effettuata dall'intermediario, in conformità alle proprie scritture contabili, in favore del soggetto a cui spetta il diritto di voto).
Il comma 3 chiarisce che, nel caso previsto dalle norme in esame. il diritto di porre domande (di cui all’articolo 127-ter del TUF) è esercitato unicamente prima dell’assemblea. La società fornisce almeno tre giorni prima dell’assemblea le risposte alle domande pervenute.
In sintesi, ai sensi dell’articolo 127-ter, coloro ai quali spetta il diritto di voto possono porre domande sulle materie all'ordine del giorno anche prima dell'assemblea. Alle domande pervenute prima dell'assemblea è data risposta al più tardi durante la stessa. La società può fornire una risposta unitaria alle domande aventi lo stesso contenuto. L’avviso di convocazione indica il termine entro il quale le domande poste prima dell'assemblea devono pervenire alla società.
Non è dovuta una risposta, neppure in assemblea, alle domande poste prima della stessa, quando le informazioni richieste siano già disponibili in formato "domanda e risposta" nella sezione del sito Internet della società ovvero quando la risposta sia stata pubblicata ai sensi del medesimo comma. Si considera fornita in assemblea la risposta in formato cartaceo messa a disposizione, all’inizio dell'adunanza, di ciascuno degli aventi diritto al voto.
Articolo 12-bis
(Lista del consiglio di amministrazione nelle società per azioni quotate)
L’articolo 12-bis, introdotto in sede referente, intende disciplinare la presentazione delle liste da parte del consiglio di amministrazione delle società quotate in occasione del rinnovo degli organi apicali.
Si consente allo statuto societario di prevedere che il consiglio di amministrazione uscente possa presentare una lista di candidati per l'elezione dei componenti del medesimo organo di amministrazione, purché, tra le altre condizioni, essa contenga un numero di candidati pari al numero dei componenti da eleggere maggiorato di un terzo.
Viene disciplinato, in dettaglio, il numero dei consiglieri spettanti in base ai risultati ottenuti dalla lista dei consiglieri uscenti.
La applicazione delle disposizioni introdotte è prevista a decorrere dalla prima assemblea convocata per una data successiva al 1° gennaio 2025.
A tale scopo, la norma in esame inserisce l’articolo 147-ter.1 nel testo unico finanziario – TUF, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. La norma si inserisce nella parte II (disciplina degli emittenti), Titolo III (Emittenti) Capo II (Disciplina delle società con azioni quotate) e, in particolare, nella Sezione IV-bis che riguarda gli organi di amministrazione.
La Consob, nel richiamo di attenzione n. 1/22 del 21 gennaio 2022, fa presente che l’articolo 147-ter del TUF disciplina le modalità di elezione dei consigli di amministrazione delle società quotate italiane, disponendo che la nomina avvenga sulla base di liste presentate da soci titolari di una partecipazione qualificata individuata anche sulla base della regolamentazione della Consob. Salva la possibilità che lo statuto riservi alle minoranze una più ampia rappresentanza nel board, almeno uno dei componenti del consiglio di amministrazione è espresso dalla lista di minoranza che abbia ottenuto il maggior numero di voti e non sia collegata in alcun modo, neppure indirettamente, con i soci che hanno presentato o votato la lista risultata prima per numero di voti. Tale riforma ha inteso accrescere il monitoraggio delle minoranze nella gestione delle società e mitigare i problemi di agenzia tra azionisti di maggioranza e minoranza, consentendo a questi ultimi di nominare almeno un amministratore di propria scelta.
Rammenta l’autorità che alcuni emittenti quotati hanno previsto nel proprio statuto la possibilità che anche il consiglio di amministrazione presenti una lista di candidati per il rinnovo del consiglio medesimo, sebbene tale facoltà non sia contemplata nel TUF.
L’autorità rammenta come, al momento di redazione del richiamo di attenzione, non vi erano specifiche pronunce giurisprudenziali sull’ammissibilità di tale facoltà ai sensi dell’art. 147-ter del TUF, mentre la Corte di Cassazione nel 2007 ha dichiarato illegittima, con riguardo all’art. 148 del TUF che disciplina la nomina del collegio sindacale, una clausola statutaria che consentiva al CdA la presentazione di una lista di candidati sindaci; ciò in considerazione del pericolo che la lista del consiglio possa pregiudicare la nomina di candidati della minoranza, oltre che per “l’anomalia” di un organo controllante nominato dall’organo soggetto al suo controllo.
Ricorda inoltre che la dottrina ritiene la clausola statutaria che consente la presentazione di una lista di amministratori da parte del CdA ammissibile anche nelle società quotate, in quanto espressione dell’autonomia statutaria e purché la presentazione di tale lista non pregiudichi la nomina di componenti espressi dai soci di minoranza. Il Codice di Corporate Governance adottato nel 2020, con riferimento all’eventuale presentazione di una lista di candidati per il rinnovo del CdA da parte dell’organo di amministrazione prevede che la stessa sia “da attuarsi secondo modalità che ne assicurino una formazione e una presentazione trasparente”, e che il CdA sia coadiuvato dal comitato nomine, composto in maggioranza da amministratori indipendenti.
Si rammenta che nel corso della XVIII Legislatura è stata presentata la proposta di legge A.S. 2433, che intendeva introdurre un articolo 147-ter.1 nel TUF, in materia di presentazione di liste di candidati da parte dei consigli di amministrazione uscenti delle società quotate. Sulla proposta è stato svolto un ciclo di audizioni, il cui testo è consultabile al seguente indirizzo. Si rinvia al dossier predisposto dal Servizio Studi del Senato per ulteriori informazioni.
In particolare il comma 1 del nuovo articolo 147-ter.1 dispone che lo statuto societario possa prevedere che il consiglio di amministrazione uscente possa presentare una lista di candidati per l'elezione dei componenti dell'organo di amministrazione.
In tale caso:
a) il consiglio di amministrazione uscente delibera sulla presentazione della lista, con il voto favorevole dei due terzi dei suoi componenti;
b) la lista contiene un numero di candidati pari al numero dei componenti da eleggere, maggiorato di un terzo.
Viene fatto salvo quanto previsto dall’articolo 147-ter, ai commi 3 e 4 del TUF, ai sensi dei quali almeno uno dei componenti del consiglio di amministrazione è espresso dalla lista di minoranza che abbia ottenuto il maggior numero di voti e non sia collegata in alcun modo, neppure indirettamente, con i soci che hanno presentato o votato la lista risultata prima per numero di voti. Nelle società organizzate secondo il sistema monistico, il componente espresso dalla lista di minoranza deve essere in possesso dei requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza determinati ex lege. In aggiunta, almeno uno dei componenti del consiglio di amministrazione, ovvero due se il consiglio di amministrazione sia composto da più di sette componenti, devono possedere i requisiti di indipendenza stabiliti dalla legge nonché, se lo statuto lo prevede, gli ulteriori requisiti previsti da codici di comportamento redatti da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria. Tale previsione non si applica al consiglio di amministrazione delle società organizzate secondo il sistema monistico, per le quali rimane fermo il disposto dell'articolo 2409-septiesdecies, secondo comma, del codice civile (per cui almeno un terzo dei componenti del consiglio di amministrazione deve essere in possesso dei requisiti di indipendenza stabiliti per i sindaci, e, se lo statuto lo prevede, di quelli al riguardo previsti da codici di comportamento redatti da associazioni di categoria o da società di gestione di mercati regolamentati). L'amministratore indipendente che, successivamente alla nomina, perda i requisiti di indipendenza deve darne immediata comunicazione al consiglio di amministrazione e, in ogni caso, decade dalla carica.
Ai sensi del successivo comma 2, la lista è depositata e resa pubblica con le modalità previste dall'art. 147-ter, comma 1-bis, entro il quarantesimo giorno precedente la data dell'assemblea convocata per deliberare sulla nomina dei componenti del consiglio di amministrazione.
Ai sensi delle richiamate disposizioni, le liste sono depositate presso l'emittente, anche tramite un mezzo di comunicazione a distanza, nel rispetto degli eventuali requisiti strettamente necessari per l'identificazione dei richiedenti indicati dalla società, entro il venticinquesimo giorno precedente la data dell'assemblea convocata per deliberare sulla nomina dei componenti del consiglio di amministrazione e messe a disposizione del pubblico presso la sede sociale, sul sito Internet e con le altre modalità previste dalla Consob con regolamento almeno ventuno giorni prima della data dell'assemblea.
Il comma 3 individua la disciplina applicabile nel caso in cui gli amministratori uscenti presentino la summenzionata lista.
In particolare, in tale ipotesi:
a) qualora la lista del consiglio di amministrazione uscente risulti quella che ha ottenuto il maggior numero di voti, dalla medesima lista è tratto, in base al numero di ordine progressivo con il quale i candidati sono elencati, il numero dei consiglieri spettanti - secondo quanto precisato alla lettera b) - con le seguenti modalità:
1. l'assemblea procede a una ulteriore votazione individuale su ogni singolo candidato;
2. i candidati sono ordinati sulla base del numero di voti da ciascuno di essi ottenuto dal più alto al più basso;
3. risulteranno eletti i candidati che abbiano ottenuto i maggiori suffragi, in ragione dei posti da assegnare;
4. in caso di parità tra candidati si procede in base all'ordine progressivo con il quale i medesimi sono elencati nella lista;
b) nel caso in cui la lista del consiglio di amministrazione uscente risulti quella che ha riportato il maggior numero di voti in assemblea, i componenti del nuovo consiglio di amministrazione di competenza delle minoranze sono tratti dalle altre liste secondo le seguenti modalità:
1. qualora il totale dei voti raccolti dalle altre liste, in numero non superiore a due in ordine di consensi raccolti in assemblea, sia non superiore al 20% del totale dei voti espressi, le predette liste concorrono alla ripartizione dei posti in consiglio di amministrazione in proporzione ai voti da ciascuna riportati in assemblea e comunque per un ammontare complessivo non inferiore al 20% del totale dei componenti dello stesso organo. I restanti posti in consiglio di amministrazione sono attribuiti alla lista che ha riportato il maggior numero di voti, e i relativi candidati sono votati dall'assemblea con le modalità di cui alla già commentata lettera a);
2. qualora il totale dei voti raccolti in assemblea dalle altre liste, in numero non superiore a due in ordine di consensi raccolti, sia superiore al 20% del totale dei voti espressi, i componenti del nuovo consiglio di amministrazione di competenza delle minoranze sono assegnati proporzionalmente ai voti ottenuti dalle liste di minoranza che hanno conseguito una percentuale di voti non inferiore al 3 per cento. Ai fini del computo del riparto dei consiglieri spettanti ai sensi del primo periodo, i voti delle liste che hanno conseguito una percentuale di voti inferiore al 3 per cento sono assegnati proporzionalmente ai voti ottenuti dalle liste di minoranza che hanno superato detta soglia;
c) ove la lista del consiglio di amministrazione uscente risulti l'unica ritualmente presentata, i consiglieri da eleggere sono tratti per intero dalla stessa.
Ai sensi del comma 4, qualora la lista del consiglio di amministrazione uscente abbia concorso, in conformità al presente articolo, al riparto degli amministratori eletti, risultando quella che ha riportato il maggior numero di voti in assemblea, lo statuto prevede che l'eventuale comitato endo-consiliare istituito in materia di controllo interno e gestione dei rischi sia nominato dal consiglio di amministrazione e abbia come presidente un amministratore indipendente individuato fra gli amministratori eletti che non siano stati tratti dalla lista del consiglio di amministrazione uscente.
Si affida alla Consob il compito (comma 2 dell’articolo 12-bis) di individuare, con regolamento, le relative disposizioni attuative, entro trenta giorni dall'entrata in vigore del provvedimento in esame.
Il comma 3 dell’articolo in esame dispone che gli emittenti provvedano all'adeguamento degli statuti in maniera da consentire la applicazione delle disposizioni in esame a decorrere dalla prima assemblea convocata per una data successiva al 1° gennaio 2025.
Articolo 13
(Disposizioni in materia di voto plurimo)
L’articolo 13 incrementa da tre a dieci del numero di voti che può essere assegnato, per statuto, a ciascuna azione a voto plurimo.
L’articolo 13 apporta modifiche all’articolo 2351, quarto comma, ultimo periodo del Codice civile.
La norma dunque prevede l’incremento da tre a dieci del numero di voti che può essere assegnato, per statuto, a ciascuna azione a voto plurimo.
Ai sensi del richiamato articolo 2351, salvo quanto previsto dalle leggi speciali, lo statuto può prevedere la creazione di azioni senza diritto di voto, con diritto di voto limitato a particolari argomenti, con diritto di voto subordinato al verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative. Il valore di tali azioni non può complessivamente superare la metà del capitale sociale. Lo statuto può altresì prevedere che, in relazione alla quantità delle azioni possedute da uno stesso soggetto, il diritto di voto sia limitato a una misura massima o disporne scaglionamenti.
Salvo quanto previsto dalle leggi speciali, lo statuto può prevedere la creazione di azioni con diritto di voto plurimo anche per particolari argomenti o subordinato al verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative. Ciascuna azione a voto plurimo può avere, a legislazione vigente, fino a un massimo di tre voti.
Al riguardo, il Libro Verde del MEF sulla competitività dei capitali rileva che, tra le possibili aree di evoluzione dell’ordinamento, è stata avviata una riflessione sull’efficacia delle previsioni normative che consentono un potenziamento dei diritti di voto (voto plurimo e maggiorato) e sull’opportunità di un possibile potenziamento di tali misure per favorire l’apertura delle società italiane al mercato e/o la scelta dell’Italia come Stato di costituzione e quotazione. Si fa presente che quasi un terzo delle società quotate italiane ha adottato il voto maggiorato, mentre sono rari i casi in cui le società quotate hanno adottato il voto plurimo prima della quotazione. Se da un lato, il voto maggiorato sembra essere piuttosto diffuso tra le società quotate di medie dimensioni e con assetti proprietari più concentrati e potrebbe favorirne una maggiore apertura al mercato nel lungo termine, il voto plurimo appare ancora scarsamente utilizzato. Un motivo di questa scarsa utilizzazione potrebbe risiedere nel limitato fattore moltiplicatore (a legislazione vigente, 1:3) che appare delimitato rispetto alla previsione di altri ordinamenti e non sufficiente a facilitare e incentivare il ricorso al mercato dei capitali. Al riguardo, tenendo conto dell’evoluzione degli ordinamenti europei e internazionali, il MEF ritiene opportuno riflettere su un possibile rafforzamento dell’effetto moltiplicatore, almeno per la vigente disciplina del voto plurimo a favore delle società di possibile futura quotazione.
La relazione illustrativa che accompagna il provvedimento chiarisce che la norma in esame si applicherebbe solo alle nuove quotazioni ed è volta a potenziare la flessibilità dell’ordinamento societario, nonché a evitare che la minoranza possa imporre il proprio potere decisionale.
Chiarisce che resta ferma l’applicabilità dell’articolo 127-sexies del TUF, ai sensi del quale la disposizione normativa di cui all’articolo 2351, quarto comma, Codice civile non si applica alle società già quotate.
Articolo 13-bis
(Disposizioni in materia di voto maggiorato)
L’articolo 13-bis, introdotto in sede referente, modifica la disciplina del voto maggiorato recata dal Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF) al fine di prevedere che gli statuti possano disporre l’attribuzione di un voto ulteriore ? rispetto ai due voti, per ciascuna azione, previsti dalla disciplina vigente ? alla scadenza di ogni periodo di dodici mesi, successivo alla maturazione del periodo necessario, fino a un massimo complessivo di dieci voti per azione. Norme specifiche per l’obbligo di offerta pubblica di acquisto e per il computo del periodo continuativo di titolarità delle azioni vengono disposte per i casi di fusione, scissione o trasformazione transfrontaliera.
L’unico comma dell’articolo in esame, inserito in sede referente, apporta due modificazioni al Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF) di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998.
In particolare, la prima modificazione (lettera a)) riguarda l’articolo 106, ai sensi del quale chiunque venga a detenere, a seguito di acquisti ovvero di maggiorazione dei diritti di voto, una partecipazione superiore alla soglia del trenta per cento ovvero a disporre di diritti di voto in misura superiore al trenta per cento dei medesimi promuove una offerta pubblica di acquisto rivolta a tutti i possessori di titoli sulla totalità dei titoli ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato in loro possesso.
L’articolo 13-bis in esame inserisce nell’articolo 106 il comma 5-bis secondo cui l’obbligo di offerta non sussiste se le soglie sono superate per effetto della maggiorazione dei diritti di voto conseguente ad una operazione di fusione, trasformazione transfrontaliera o scissione proporzionale realizzata ai sensi del decreto legislativo n. 19 del 2023, laddove in ciascuno dei suddetti casi non vi sia una modifica del rapporto di controllo, diretto o indiretto, sulla società risultante da dette operazioni.
La seconda modificazione (lettera b)) sostituisce l’articolo 127-quinquies del TUF.
Nel nuovo testo, l’articolo 127-quinquies (Maggiorazione del voto) prevede, al comma 1, che gli statuti possono disporre che sia attribuito voto maggiorato, fino a un massimo di due voti, per ciascuna azione appartenuta al medesimo soggetto per un periodo continuativo non inferiore a ventiquattro mesi a decorrere dalla data di iscrizione nell’elenco previsto dal comma 2.
Nella versione vigente, il comma 1 prevede altresì che gli statuti possono prevedere che colui al quale spetta il diritto di voto possa irrevocabilmente rinunciare, in tutto o in parte, al voto maggiorato. Nel nuovo testo tale facoltà è prevista dal comma 1-ter (si veda oltre).
Il nuovo comma 1-bis prevede che gli statuti possono altresì disporre l’attribuzione di un voto ulteriore alla scadenza di ogni periodo di dodici mesi, successivo alla maturazione del periodo di cui al comma 1, in cui l’azione sia appartenuta al medesimo soggetto iscritto nell’elenco previsto dal comma 2, fino a un massimo complessivo di dieci voti per azione. Per gli azionisti che hanno maturato la maggiorazione di cui al comma 1 e che sono iscritti nell’elenco previsto dal comma 2 alla data della iscrizione della deliberazione assembleare che modifica lo statuto ai sensi del comma in oggetto, il periodo di maturazione ulteriore inizia a decorrere da questa data.
Ai sensi del nuovo comma 1-ter, gli statuti possono altresì prevedere che colui al quale spetta il diritto di voto possa irrevocabilmente rinunciare, in tutto o in parte, al voto maggiorato di cui al comma 1 o al comma 1-bis.
Tale facoltà è prevista nel testo vigente dal comma 1 (si veda sopra).
Il comma 2 prevede che gli statuti stabiliscono le modalità per l’attribuzione del voto maggiorato previsto dai commi 1 e 1-bis e per l’accertamento dei relativi presupposti, prevedendo in ogni caso un apposito elenco. La Consob stabilisce con proprio regolamento le disposizioni di attuazione del presente articolo al fine di assicurare la trasparenza degli assetti proprietari e la 'osservanza delle disposizioni del titolo II (Servizi e attività di investimento), capo II (Svolgimento dei servizi e delle attività), sezione II. Restano fermi gli obblighi di comunicazione previsti in capo ai titolari di partecipazioni rilevanti.
L’unica differenza rispetto al testo vigente del comma 2 riguarda il riferimento al nuovo comma 1-bis.
Ai sensi del comma 3, la cessione dell’azione a titolo oneroso o gratuito, ovvero la cessione diretta o indiretta di partecipazioni di controllo in società o enti che detengono azioni a voto maggiorato previsto dai commi 1 e 1-bis in misura superiore alla soglia prevista dall’articolo 120, comma 2 (misura superiore al tre per cento del capitale elevata al cinque per cento nel caso in cui l’emittente sia una PMI), comporta la perdita della maggiorazione del voto. Se lo statuto non dispone diversamente, il diritto di voto maggiorato:
a) è conservato in caso di successione per causa di morte nonché in caso di fusione e scissione del titolare delle azioni;
b) si estende alle azioni di nuova emissione in caso di aumento di capitale ai sensi dell’articolo 2442 del codice civile.
L’unica differenza rispetto al testo vigente del comma 3 riguarda il riferimento al nuovo comma 1-bis.
Il comma 4 riguarda le fusioni e scissioni di società e prevede che il progetto di fusione o di scissione di una società il cui statuto disciplina la maggiorazione del voto di cui ai commi 1 e 1-bis può stabilire che il diritto di voto maggiorato spetti anche alle azioni spettanti in cambio di quelle cui è attribuito voto maggiorato. Tale previsione trova applicazione anche nel caso di una operazione di fusione, scissione o trasformazione transfrontaliera ai sensi del decreto legislativo n. 19 del 2023. Lo statuto può prevedere che la maggiorazione del voto si estenda proporzionalmente alle azioni emesse in esecuzione di un aumento di capitale mediante nuovi conferimenti.
L’unica differenza rispetto al testo vigente del comma 4 riguarda il riferimento al nuovo comma 1-bis nonché il riferimento al decreto legislativo n. 19 del 2023 recante attuazione della direttiva (UE) 2019/2121 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 per quanto riguarda le trasformazioni, le fusioni e le scissioni transfrontaliere. Per una illustrazione di tale normativa europea e del decreto legislativo, si rinvia al Dossier n. 32 curato dai Servizi studi di Camera e Senato.
Il comma 5 precisa che le azioni cui si applica il beneficio previsto dai commi 1 e 1-bis non costituiscono una categoria speciale di azioni ai sensi dell’articolo 2348 del codice civile.
L’unica differenza rispetto al testo vigente del comma 5 riguarda il riferimento al nuovo comma 1-bis.
Il comma 6 specifica che la maggiorazione del voto ai sensi del comma 1 non attribuisce il diritto di recesso, mentre la maggiorazione del voto ai sensi del comma 1-bis attribuisce il diritto di recesso ai sensi dell’articolo 2437 del codice civile.
Il testo vigente del comma 6, analogamente al testo modificato, dispone che la deliberazione di modifica dello statuto con cui viene prevista la maggiorazione del voto non attribuisce il diritto di recesso ai sensi dell’articolo 2437 del codice civile.
Ai sensi del comma 7, qualora la deliberazione di modifica dello statuto di cui al comma 6 sia adottata nel corso del procedimento di quotazione in un mercato regolamentato delle azioni di una società non risultante da una fusione che coinvolga una società con azioni quotate, la relativa clausola può prevedere che ai fini del possesso continuativo previsto dai commi 1 e 1-bis sia computato anche il possesso anteriore alla data di iscrizione nell'elenco previsto dal comma 2.
Non vi sono differenze rispetto al testo vigente del comma 7.
Ai sensi del comma 8, se lo statuto non dispone diversamente, la maggiorazione del diritto di voto si computa anche per la determinazione dei quorum costitutivi e deliberativi che fanno riferimento ad aliquote del capitale sociale. La maggiorazione non ha effetto sui diritti, diversi dal voto, spettanti in forza del possesso di determinate aliquote di capitale.
Non vi sono differenze rispetto al testo vigente del comma 7.
Il nuovo comma 8-bis, infine, stabilisce che nei casi di fusione, scissione o trasformazione transfrontaliera ai sensi del decreto legislativo n. 19 del 2023, o ai sensi dell’articolo 25, comma 3, della legge n. 218 del 1995, ove la società risultante da dette operazioni sia una società con azioni quotate o in corso di quotazione, lo statuto può prevedere che, ai fini del computo del periodo continuativo previsto al comma 1, rilevi anche il periodo di titolarità ininterrotta prima della iscrizione nell’elenco previsto dal comma 2 di azioni con diritto di voto della società incorporata, scissa o soggetta a trasformazione comprovato dall’attestazione rilasciata da un intermediario autorizzato ovvero con altri mezzi idonei ai sensi dell'ordinamento dello Stato che disciplina la società incorporata, scissa o soggetta a trasformazione.
Nel Libro verde su “La competitività dei mercati finanziari italiani a supporto della crescita”, il Ministero dell’economia e delle finanze, Dipartimento del Tesoro, indica, tra le altre possibili aree di evoluzione dell’ordinamento, il potenziamento dei diritti di voto (voto plurimo e maggiorato) per favorire l’apertura delle società italiane al mercato e/o la scelta dell’Italia come Stato di costituzione e quotazione. Al momento di pubblicazione del Libro verde (marzo 2022), quasi un terzo (70) delle società quotate italiane ha adottato il voto maggiorato.
Articolo 14
(Disposizioni in materia di Enti previdenziali privati e privatizzati)
L’articolo 14 novella il Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), estendendo agli Enti previdenziali privati e privatizzati la qualifica di controparti qualificate ai fini della prestazione dei servizi di investimento.
In particolare, l’articolo 14 in esame modifica l'articolo 6, comma 2-quater, lettera d), numero 1, del Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998, estendendo agli Enti previdenziali privati e privatizzati la qualifica di controparti qualificate ai fini della prestazione dei servizi di investimento.
Si ricorda che l’articolo 6 del TUF definisce i poteri regolamentari in tema di vigilanza, esercitati da Banca d’Italia e Consob, per garantire la trasparenza e la correttezza dei comportamenti, e per assicurare le sana e prudente condotta mediante controllo e monitoraggio dei rischi nello svolgimento delle diverse attività di gestione da parte degli intermediari finanziari.
Le controparti qualificate rappresentano clienti con i quali l’intermediario che presta i servizi di esecuzione di ordini per conto dei clienti, e/o negoziazione per conto proprio, e/o ricezione e trasmissione di ordini, può determinare o concludere operazioni senza essere tenuto - salvo un diverso accordo con il cliente - all’osservanza degli obblighi di cui alla direttiva MiFID II (Markets in financial instruments directive (2004/39/EC)).
Alla luce del combinato disposto di cui all’articolo 30 del MiFID II, all’articolo 6, comma 2-quater, lettera d), n. 1, 2, 3 del TUF e all’articolo 61 del Regolamento intermediari, la Consob ha esteso lo status di controparte qualificata a pressoché tutti i clienti professionali privati di diritto. Alla luce delle suddette disposizioni normative e regolamentari si possono considerare controparti qualificate le seguenti categorie di soggetti, sia italiani che esteri (paesi membri dell’UE e extra-UE):
a) le Sim (Società di Intermediazione Mobiliare) e le imprese di investimento UE;
b) le banche;
c) le imprese di assicurazione;
d) gli Oicr (Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio);
e) i fondi pensione;
f) gli intermediari finanziari iscritti nell’albo previsto dall’articolo 106 del Testo unico bancario (TUB);
g) le società di cui all’articolo 18 del TUB;
h) gli istituti di moneta elettronica;
i) le fondazioni bancarie;
l) i Governi nazionali e loro corrispondenti uffici, compresi gli organismi pubblici incaricati di gestire il debito pubblico;
m) le banche centrali e le organizzazioni sovranazionali a carattere pubblico.
Con la novella in esame viene pertanto considerata l'inclusione degli Enti previdenziali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509 e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, tra le controparti qualificate nei servizi e attività di investimento.
Come chiarito dal Governo nella Relazione illustrativa, tale misura è finalizzata a conferire maggiore attenzione alla categoria degli investitori professionali, che in Italia potrebbe essere ampliata in modo da favorire il flusso di investimenti verso i mercati dei capitali. L’inclusione degli Enti previdenziali suddetti tra le controparti qualificate eviterà a tali Enti e alle controparti con cui interagiscono le procedure e i costi connessi alla necessità di vedersi riconosciuti come "clienti professionali su richiesta" e a cui non corrispondono effettivi benefici in termini di protezione e tutela, così riconoscendo in via definitiva le conoscenze e le esperienze di mercato che li contraddistinguono. La Relazione precisa inoltre che si tratta, in ogni caso, di Enti che sono sostanzialmente già investitori professionali e che hanno capacità di valutare in maniera adeguata i propri investimenti. La norma, pertanto, sempre secondo la Relazione illustrativa, non abbassa i livelli di tutela degli iscritti.
Il sistema di tutela obbligatoria previsto nell'ordinamento previdenziale italiano è strutturato in due settori di riferimento: l'uno destinato ai lavoratori dipendenti, pubblici e privati, autonomi e collaboratori, gestito dall'INPS (che attualmente include anche le ex gestioni INPDAP ed ENPALS); l'altro, indirizzato alle categorie di liberi professionisti, gestito dagli enti previdenziali di diritto privato, istituiti con decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509 (Enti Pubblici trasformati in associazioni o fondazioni con personalità giuridica di diritto privato) e con decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103 (costituzione di fondazioni con personalità giuridica di diritto privato). Per un approfondimento su tali Enti, si rinvia al seguente link.
Articolo 15
(Semplificazione del regime di vigilanza sulle SICAV e SICAF eterogestite)
L’articolo 15 prevede misure volte a semplificare la disciplina delle Sicav (Società di Investimento a Capitale Variabile) e Sicaf (Società di Investimento a Capitale Fisso) in gestione esterna (c.d. eterogestite). Si modificano le disposizioni del TUF applicabili alle Sicav e Sicaf eterogestite al fine di chiarire che queste società non rientrano tra i soggetti autorizzati alla gestione collettiva del risparmio e allineare la disciplina di questi soggetti a quella prevista per i fondi comuni di investimento.
In particolare, il comma 1 apporta una serie di modificazioni al TUF di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998 al fine di introdurre una distinzione tra le Sicav e le Sicaf che gestiscono direttamente il proprio patrimonio (c.d. autogestite) da quelle in gestione esterna.
Come riportato dal sito della Banca d’Italia, l'attività di gestione collettiva del risparmio si realizza tramite la gestione in via professionale di Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio (OICR) e può essere svolta da SGR (Società di Gestione del Risparmio), SICAV (Società di Investimento a Capitale Variabile) e SICAF (Società di Investimento a Capitale Fisso). Resta ferma la possibilità di delegare a terzi specifiche funzioni nei limiti previsti dall'ordinamento.
In base al TUF, le SGR sono autorizzate a:
- gestire il patrimonio e i rischi degli OICR nonché commercializzare quote o azioni di OICR gestiti in proprio o da terzi;
- prestare il servizio di gestione di portafogli;
- prestare il servizio di consulenza in materia di investimenti;
- prestare il servizio di ricezione e trasmissione di ordini, qualora autorizzate a prestare il servizio di gestione di Fondi di Investimento Alternativi (FIA).
- istituire e gestire fondi pensione;
- svolgere le attività connesse o strumentali e, limitatamente alle quote o azioni di Oicr gestiti, prestare il servizio accessorio di custodia e amministrazione di strumenti finanziari per conto dei clienti.
Le SICAV e le SICAF sono OICR costituiti in forma societaria e prestano il servizio di gestione collettiva del risparmio e le attività previste per le SGR in relazione al patrimonio raccolto mediante l'offerta di azioni proprie; esse possono altresì svolgere le attività connesse e strumentali previste dalle disposizioni applicabili.
Una particolare forma di SICAF è rappresentata dalle Società di investimento semplice (SiS), che hanno per oggetto esclusivo l'investimento diretto del patrimonio raccolto in PMI non quotate su mercati regolamentati, che si trovano nella fase di sperimentazione, di costituzione e di avvio dell'attività.
I requisiti per il rilascio dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività di gestione collettiva del risparmio sono:
- forma giuridica di società per azioni;
- sede legale e direzione generale situate in Italia;
- capitale iniziale versato pari almeno a € 1 milione, con le seguenti eccezioni:
€ 500.000 nel caso di gestori di FIA chiusi riservati;
€ 50.000 per i gestori sotto soglia che gestiscono FIA chiusi riservati;
- pari a quanto richiesto dal codice civile per la costituzione di società per azioni per le SICAF e le SICAV che designano un gestore esterno (€ 50.000) e per le SiS;
- possesso dei requisiti previsti dalla normativa per i titolari delle partecipazioni qualificate;
- possesso dei requisiti di idoneità previsti dalla normativa per gli esponenti aziendali;
- la struttura del gruppo di cui è parte la società non sia tale da pregiudicare l'effettivo esercizio della vigilanza;
- la denominazione sociale contenga le parole "società di gestione del risparmio", "società di investimento per azioni a capitale variabile", "società di investimento per azioni a capitale fisso", ovvero "società di investimento semplice per azioni a capitale fisso", in base all'istanza;
- oggetto sociale che specifichi l'attività riservata di interesse.
Per le SiS, in particolare, sono previsti: i) un patrimonio netto non eccedente € 25 mln; ii) il divieto di ricorso alla leva finanziaria; iii) la stipula di un'assicurazione sulla responsabilità civile professionale adeguata ai rischi derivanti dall'attività svolta.
Vanno inoltre presentati documenti specifici, indicati nel Regolamento sulla Gestione Collettiva del Risparmio (provvedimento del 19 gennaio 2015), quali l'atto costitutivo, lo statuto, un programma di attività e la relazione sulla struttura organizzativa.
La Banca d'Italia nega l'autorizzazione alle SGR e alle SICAV e SICAF quando dalla verifica dei requisiti sopra indicati non risultino garantiti la sana e prudente gestione e il rispetto della disciplina in materia di gestione collettiva del risparmio. Per le SICAV e SICAF eterogestite, il diniego è possibile quando la situazione tecnica od organizzativa della società di gestione designata non assicuri la capacità di gestire il patrimonio nell'interesse degli investitori.
Con il rilascio dell'autorizzazione, la Banca d'Italia iscrive la SGR nelle apposite sezioni dell'albo previsto dall'articolo 35, comma 1, TUF, salvo che non siano richiesti specifici adempimenti successivi alla autorizzazione, e comunica il codice identificativo.
Per le SICAV e SICAF, non ancora costitute all'atto di presentazione dell'istanza, i soci promotori, ricevuta l'autorizzazione, procedono alla loro costituzione entro i successivi 30 giorni e ne danno comunicazione alla Banca d'Italia; trasmettono, inoltre, la documentazione attestante le verifiche effettuate in merito ai requisiti degli esponenti aziendali. La Banca d'Italia, verificate la completezza e la correttezza della documentazione trasmessa, iscrive l'intermediario nell'apposito albo e comunica il codice identificativo. La mancata costituzione della società o il mancato versamento del capitale iniziale sottoscritto entro il previsto termine di 30 giorni comportano la decadenza dell'autorizzazione.
Una volta iscritto all'albo, l'intermediario viene assegnato all'unità della Banca d'Italia responsabile della supervisione secondo i criteri organizzativi pubblicati sul sito ed è sottoposto alla vigilanza della Banca d'Italia per i profili di contenimento del rischio, stabilità e sana e prudente gestione, e della Consob per la trasparenza e la correttezza dei comportamenti.
Nella relazione illustrativa, il Governo chiarisce che la disposizione è finalizzata a favorire lo sviluppo della gestione collettiva del risparmio, anche nell’ottica di incoraggiare l’investimento indiretto del capitale privato nell’economia reale, chiarendo che le Sicav e le Sicaf non rientrano tra i soggetti autorizzati alla gestione collettiva del risparmio e allineando la disciplina applicabile a questi soggetti a quella prevista per i fondi comuni di investimento. L’esperienza applicativa ha mostrato, infatti, secondo la relazione illustrativa, che il quadro delle regole applicabili alle Sicav e Sicaf eterogestite è sproporzionato alla natura e ai rischi assunti da questi soggetti. Ciò in quanto le Sicav e le Sicaf eterogestite, pur non avendo alcun potere di gestione del patrimonio raccolto, sono considerate gestori autorizzati all’esercizio professionale della gestione collettiva del risparmio ai fini dell’articolo 32-quater del TUF e, conseguentemente, sono assoggettate ai requisiti tipici di tali soggetti (ad es. requisiti di idoneità degli esponenti aziendali, requisiti dei partecipanti al capitale).
La lettera a) modifica l’articolo 1, comma 1, per:
1) alla lettera i), specificare che l’attuale definizione delle Sicav si applica solo alle Sicav che gestiscono direttamente il proprio patrimonio, cioè autogestite;
2) dopo la lettera i), inserire la lettera i.1) per introdurre la definizione di “società di investimento a capitale variabile in gestione esterna” (Sicav in gestione esterna): l’Oicr aperto costituito in forma di società per azioni a capitale variabile con sede legale e direzione generale in Italia avente per oggetto esclusivo l’investimento collettivo del patrimonio raccolto mediante l’offerta di proprie azioni e che designa come gestore esterno una SGR o una società di gestione UE o un GEFIA UE secondo quanto previsto dall’articolo 38;
3) alla lettera i-bis), specificare che l’attuale definizione delle Sicaf si applica solo alle Sicaf che gestiscono direttamente il proprio patrimonio, cioè autogestite;
4) dopo la lettera i-bis), è inserita la lettera i-bis.1) per introdurre la definizione di “società di investimento a capitale fisso in gestione esterna” (Sicaf in gestione esterna): l’Oicr chiuso costituito in forma di società per azioni a capitale fisso con sede legale e direzione generale in Italia avente per oggetto esclusivo l’investimento collettivo del patrimonio raccolto mediante l’offerta di proprie azioni e di altri strumenti finanziari partecipativi e che designa come gestore esterno una SGR o un GEFIA UE secondo quanto previsto dall’articolo 38.
Le modifiche apportate dalla lettera a), numeri 5, 6, 7, 8, 9, e 10, allineano le altre definizioni rilevanti in materia di gestione collettiva del risparmio e contenute nell’articolo 1, comma 1, del TUF alle nuove modifiche che distinguono le Sicav e Sicaf autogestite da quelle eterogestite.
La lettera b) modifica l’articolo 35-bis del TUF per specificare, al comma 6, che delle obbligazioni contratte per conto del singolo comparto, la Sicav o la Sicaf risponde esclusivamente con il patrimonio del comparto medesimo. Sul patrimonio del singolo comparto non sono ammesse azioni dei creditori della società o nell’interesse della stessa, né azioni dei creditori del depositario o del sub depositario o nell’interesse degli stessi; del pari, sul patrimonio della Sicav o Sicaf non sono ammesse azioni dei creditori del depositario o del sub depositario o nell’interesse degli stessi. Gli atti compiuti in relazione alla gestione di un singolo comparto debbono recare espressa menzione del comparto; in mancanza la Sicav o la Sicaf ne risponde anche con il suo patrimonio generale.
Inoltre, dopo il comma 6 sono aggiunti i seguenti commi 6-bis, in base al quale ciascun comparto di Sicav e Sicaf costituisce a ogni effetto un Oicr, e 6-ter, secondo cui la distribuzione dei proventi relativi al singolo comparto può avvenire anche in assenza di utili complessivi della società; le perdite relative ad un comparto sono imputate esclusivamente al patrimonio del medesimo comparto e nei limiti dell’ammontare dello stesso.
Infine, il nuovo comma 6-quater dispone che, qualora le attività della Sicav e della Sicaf eterogestite o del comparto, nel caso di Sicav e Sicaf multicomparto, non consentano di soddisfare le rispettive obbligazioni e non sussistano ragionevoli prospettive che tale situazione possa essere superata, si applica il comma 6-bis dell’articolo 57, in base al quale, qualora le attività del fondo o del comparto non consentano di soddisfare le obbligazioni dello stesso e non sussistano ragionevoli prospettive che tale situazione possa essere superata, uno o più creditori o la SGR possono chiedere la liquidazione del fondo al tribunale del luogo in cui la SGR ha la sede legale;
La lettera c) modifica l’articolo 35-quinquies (in materia di capitale e azioni delle Sicaf), comma 5, del TUF inserendo il riferimento all’articolo 2351, secondo comma, ultimo periodo, del Codice civile, secondo cui il valore delle azioni senza diritto di voto, con diritto di voto limitato a particolari argomenti, con diritto di voto subordinato al verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative, non può complessivamente superare la metà del capitale sociale.
La lettera d) modifica l’articolo 35-decies, comma 1, alinea, del TUF sopprimendo il riferimento alle Sicaf e Sicav che gestiscono i propri patrimoni.
La lettera e) sostituisce l’attuale articolo 38 del TUF, rubricato “Sicav e Sicaf che designano un gestore esterno”, che, come chiarito dal Governo nella relazione illustrativa, assoggetta le Sicav e le Sicaf eterogestite a un regime semplificato ispirato a quello dello dei fondi comuni di investimento.
In particolare, il comma 1 del nuovo articolo 38 del TUF specifica le seguenti condizioni essenziali ai fini del riconoscimento della qualifica di Sicav e Sicaf in gestione esterna:
a) adottano la forma di società per azioni;
b) la sede legale e la direzione generale della società sono situate nel territorio della Repubblica;
c) dispongono di un capitale sociale almeno pari a quello previsto dall’articolo 2327 del codice civile (non inferiore a cinquantamila euro);
d) lo statuto prevede:
1) per le Sicav, come oggetto sociale esclusivo, l’investimento collettivo del patrimonio raccolto mediante offerta al pubblico delle proprie azioni; per le Sicaf, come oggetto sociale esclusivo, l’investimento collettivo del patrimonio raccolto mediante offerta al pubblico delle proprie azioni e degli altri strumenti finanziari partecipativi previsti dallo statuto stesso;
2) con riferimento all’intero patrimonio raccolto, l’affidamento della prestazione delle attività di cui all’articolo 33 (ad esempio la gestione del patrimonio e dei rischi degli Oicr nonché l’amministrazione e commercializzazione degli Oicr gestiti) a un gestore esterno e l’indicazione della società designata;
e) definiscono procedure idonee ad assicurare la continuità della gestione in caso di sostituzione del gestore esterno;
f) stipulano accordi con il gestore esterno per consentire al consiglio di amministrazione della società di disporre dei documenti e delle informazioni necessarie a verificare il corretto adempimento degli obblighi del gestore nonché per definire la tempistica e le modalità di trasmissione di tali documenti e informazioni;
g) la stipula di un accordo tra il gestore esterno, se diverso da una Sgr, e il depositario che assicura a quest’ultimo la disponibilità delle informazioni necessarie per lo svolgimento dei propri compiti, secondo quanto previsto negli articoli 41-bis, comma 3, lettera c), e 41-ter, comma 2, lettera b).
Il comma 2 del nuovo articolo 38 del TUF dispone innanzitutto che la denominazione sociale della Sicav in gestione esterna contenga l’indicazione di società di investimento per azioni a capitale variabile in gestione esterna e che la denominazione sociale della Sicaf in gestione esterna contenga l’indicazione di società di investimento per azioni a capitale fisso in gestione esterna. Tali denominazioni risultano in tutti i documenti della società. Inoltre, il comma prevede che alle Sicav e Sicaf in gestione esterna non si applicano gli articoli 2333 (Programma e sottoscrizione delle azioni), 2334 (Versamenti e convocazione dell’assemblea dei sottoscrittori), 2335 (Assemblea dei sottoscrittori) e 2336 (Stipulazione e deposito dell’atto costitutivo) del Codice civile. Si prevede infine che per le Sicav in gestione esterna non sono ammessi i conferimenti in natura.
Il comma 3 del nuovo articolo 38 del TUF, oltre a specificare che nel caso di Sicav e Sicaf multicomparto in gestione esterna, ciascun comparto costituisce patrimonio autonomo, distinto a tutti gli effetti da quello degli altri comparti, stabilisce anche che il patrimonio di una medesima Sicav in gestione esterna può essere suddiviso in comparti costituiti esclusivamente da FIA (Fondi di investimento alternativo) o da OICVM (Organismi di investimento collettivo in valori mobiliari).
Il comma 4 del nuovo articolo 38 prevede che, in caso di scioglimento del contratto o di liquidazione del gestore esterno, il consiglio di amministrazione della Sicav o Sicaf in gestione esterna provvede a convocare tempestivamente l’assemblea dei soci per deliberare sulla sostituzione del gestore. Se entro due mesi dal verificarsi di una delle cause di cui al periodo precedente non è stata disposta la sostituzione del gestore esterno, la società si scioglie.
In base al comma 5 del nuovo articolo 38, alle Sicav e alle Sicaf in gestione esterna continueranno ad applicarsi i seguenti articoli del TUF: 35-quater (Capitale e azioni delle Sicav), 35-quinquies (Capitale e azioni delle Sicaf), 35-sexies (Assemblea della Sicav), 35-septies (Modifiche dello statuto), 35-octies (Scioglimento e liquidazione volontaria) e 35-novies (Trasformazione).
Ai sensi del comma 6 del nuovo articolo 38, il gestore esterno è responsabile del rispetto da parte delle Sicav e Sicaf gestite delle disposizioni loro applicabili ai sensi del presente decreto.
Al fine di verificare il rispetto del comma 6, ai sensi del comma 7 la Banca d’Italia e la Consob possono, nell’ambito delle relative competenze e in armonia con le disposizioni dell’Unione europea, chiedere informazioni al gestore esterno sulle Sicav e Sicaf gestite nonché effettuare ispezioni e richiedere l’esibizione dei documenti e il compimento degli atti ritenuti necessari presso tali società.
Il comma 8 del nuovo articolo 38 del TUF prevede che, nel caso delle Sicav e Sicaf in gestione esterna non riservate, l’avvio dell’operatività è subordinato all’approvazione dello statuto dalla Banca d’Italia su istanza del gestore esterno. La Banca d’Italia attesta la conformità dello statuto alle prescrizioni di legge e di regolamento e ai criteri generali e al contenuto minimo dello statuto dalla stessa predeterminati e accerta che la situazione tecnica od organizzativa del gestore esterno designato assicuri la capacità di quest’ultimo di gestire il patrimonio della Sicav o Sicaf nell’interesse degli investitori.
Nella relazione illustrativa, il Governo chiarisce che tale disposizione è analoga a quanto previsto per i fondi comuni di investimento dall’articolo 37, comma 4, del TUF.
Ai sensi del comma 9 del nuovo articolo 38, il gestore esterno trasmette alla Banca d’Italia gli statuti delle Sicav e Sicaf in gestione esterna riservate e le relative modificazioni entro dieci giorni dagli adempimenti previsti dagli articoli 2330 (Deposito dell’atto costitutivo e iscrizione della società) e 2436 (Deposito, iscrizione e pubblicazione delle modificazioni) del codice civile.
Nella relazione illustrativa, il Governo chiarisce che tale disposizione è in linea con quanto previsto per i regolamenti e statuti di OICR non soggetti all’approvazione della Banca d’Italia.
La lettera f) del comma 1 dell’articolo 15 in esame dispone l’introduzione, all’interno dell’articolo 57 relativo alla liquidazione coatta amministrativa, di un nuovo comma 6-bis.2 che estende l’applicazione della procedura disciplinata dall’articolo 57, comma 6-bis (in base al quale, qualora le attività del fondo o del comparto non consentano di soddisfare le obbligazioni dello stesso e non sussistano ragionevoli prospettive che tale situazione possa essere superata, uno o più creditori o la SGR possono chiedere la liquidazione del fondo al tribunale del luogo in cui la SGR ha la sede legale), anche nei confronti delle Sicav e Sicaf in gestione esterna o dei relativi comparti, intendendosi le suddette disposizioni riferite alle Sicav e Sicaf in gestione esterna o ai relativi comparti in luogo dei fondi o dei comparti, e al gestore esterno designato ai sensi dell’articolo 38 in luogo della Sgr.
Il comma 2 precisa che le modifiche recate dal presente articolo si applicano a tutti i procedimenti relativi a Sicav e Sicaf in gestione esterna in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.
Il comma 3 attribuisce alla Banca d’Italia il compito di cancellare tutte le Sicav e Sicaf in gestione esterna dall’albo di cui all’articolo 35-ter del TUF, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Il comma 4 prevede un regime transitorio, della durata di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, per consentire alle Sicav e Sicaf in gestione esterna costituite prima della data di entrata in vigore della presente legge di adeguarsi alle nuove disposizioni.
Articolo 16
(Semplificazione delle modalità di rappresentanza per l’esercizio dei diritti di voto in assemblea)
L’articolo 16 consente di conferire a un gestore di portafogli il potere di esercitare i diritti di voto per più assemblee, in deroga alle norme del codice civile riferite alle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio.
La norma proposta si pone in deroga all’articolo 2372, comma secondo, del codice civile secondo cui, nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, la rappresentanza può essere conferita solo per singole assemblee, con effetto anche per le successive convocazioni, salvo che si tratti di procura generale o di procura conferita da una società, associazione, fondazione o altro ente collettivo o istituzione ad un proprio dipendente.
L’articolo 1, comma 5-quinquies, del TUF qualifica come gestione di portafogli la gestione, su base discrezionale e individualizzata, di portafogli di investimento che includono uno o più strumenti finanziari e nell'ambito di un mandato conferito dai clienti.
L’articolo 24 del TUF dispone che al servizio di gestione di portafogli si applichino le seguenti regole:
a) il cliente può impartire istruzioni vincolanti in ordine alle operazioni da compiere;
b) il cliente può recedere in ogni momento dal contratto, fermo restando il diritto di recesso del prestatore del servizio ai sensi di legge;
c) la rappresentanza per l'esercizio dei diritti di voto inerenti agli strumenti finanziari in gestione può essere conferita al prestatore del servizio con procura da rilasciarsi per iscritto e, a legislazione vigente, per singola assemblea nel rispetto dei limiti e con le modalità stabiliti con regolamento dal Ministro dell'economia e delle finanze, sentite la Banca d'Italia e la Consob. Nella prestazione del servizio di gestione di portafogli non devono essere accettati e trattenuti onorari, commissioni o altri benefici monetari o non monetari pagati o forniti da terzi o da una persona che agisce per conto di terzi, ad eccezione dei benefici non monetari di entità minima che possono migliorare la qualità del servizio offerto ai clienti e che, per la loro portata e natura, non possono essere considerati tali da pregiudicare il rispetto del dovere di agire nel migliore interesse dei clienti. Tali benefici non monetari di entità minima devono essere chiaramente comunicati ai clienti. Sono nulli i patti contrari alle norme dell’articolo 24 e la nullità può essere fatta valere solo dal cliente.
Nella Relazione illustrativa il Governo chiarisce che le norme in esame discendono dal processo di implementazione nell’ordinamento italiano della Direttiva Shareholder Rights II (SRD II).
Si segnala, in particolare, che il vigente articolo 24, imponendo limitazioni stringenti e proceduralmente onerose per il rilascio al gestore di deleghe da parte del cliente per poter esercitare i diritti di voto relativi agli strumenti finanziari inclusi nella gestione patrimoniale, sembra andare in direzione contraria rispetto alla nuova architettura scaturente dalla SRD II, volta a favorire l’esercizio dei diritti degli azionisti (ivi inclusi quelli di voto) e a prevedere “un importante e pervasivo coinvolgimento dei gestori di attivi nella facilitazione dell’esercizio dei diritti del cliente/azionista”. A parere del Governo l’esercizio di tali diritti di voice rappresenta, infatti, uno strumento fondamentale per l’assunzione del ruolo attivo che gestori di attivi e investitori istituzionali sono chiamati a svolgere nella governance delle società partecipate, con l’obiettivo della creazione di valore nel lungo periodo anche in considerazione delle nuove sfide relative alla sostenibilità. Inoltre si rappresenta che la disciplina di cui all’articolo 24, comma 1, lettera c), del TUF non sembra trovare riscontro nell’impianto normativo definito in via generale dalla disciplina europea sui mercati di strumenti finanziari (MiFID), né modelli in altri singoli ordinamenti europei. Si chiarisce che tale ultimo profilo rappresenta un’ulteriore asimmetria del nostro ordinamento con effetti negativi sulla capacità concorrenziale dei fondi italiani.
Il Governo al riguardo ricorda che negli altri ordinamenti, infatti, non solo, non si ritrovano vincoli analoghi, ma è possibile per i gestori di attivi costituire fondi comuni anche per singoli investitori istituzionali, potendo così esercitare direttamente i diritti di voto relativi agli strumenti finanziari gestiti. Tale differenza dell’ordinamento nazionale è stata da ultimo acuita anche in esito all’entrata in vigore della SRD II, alla luce dell’accresciuta consapevolezza, da parte degli investitori istituzionali, dell’importanza dell’esercizio attivo dei propri diritti di azionista: nella selezione degli operatori di mercato cui affidare la gestione dei propri asset, infatti, gli investitori istituzionali ormai includono tra i parametri fondamentali di scelta anche la possibilità di esercitare in maniera proficua i diritti (ivi inclusi quelli di voto) correlati agli investimenti, nonché le relative modalità offerte dal gestore.
Il decreto legislativo n. 49 del 2019, in conformità alla delega conferita al Governo con la legge di delegazione europea 2016-2017 (legge n. 163 del 2017), ha recepito nell'ordinamento le disposizioni della direttiva (UE) 2017/828 (cd. Shareholders' Rights Directive - SRD II), che ha modificato la direttiva 2007/36/UE (SRD) in tema di incoraggiamento dell'impegno a lungo termine degli azionisti.
Per favorire un più consapevole e stabile coinvolgimento degli azionisti nel governo societario e semplificare l'esercizio dei relativi diritti, la direttiva 2017/828/UE ha introdotto presidi normativi volti ad assicurare che le società abbiano il diritto di identificare i propri azionisti e che gli intermediari agevolino l'esercizio dei diritti da parte dell'azionista, ivi compreso il diritto di partecipare e votare nelle assemblee generali. Viene inoltre richiesto a investitori istituzionali e gestori di attività di fare disclosure sulla propria politica di impegno nelle società partecipate e sulla politica di investimento. Sono inoltre dettati presidi informativi e procedurali relativi alla politica di remunerazione degli amministratori e alle operazioni con parti correlate. Il decreto legislativo affida alla Consob l'individuazione di alcuni aspetti di dettaglio in materia di operazioni con parti correlate, quali le soglie di rilevanza; le regole procedurali e di trasparenza; i casi di esenzione dalla disciplina; l'obbligo di astensione dalla deliberazione sulle operazioni. Inoltre le norme, intervenendo sulla disciplina della gestione accentrata di strumenti finanziari contenuta nel Testo Unico Finanziario – TUF (decreto legislativo n. 58 del 1998) delegano alla Consob, d'intesa con la Banca d'Italia, il compito di adottare un regolamento che reca le disposizioni attuative della richiamata direttiva; disciplinano i compiti degli intermediari in relazione all'identificazione degli azionisti, alla trasmissione delle informazioni rilevanti ed all'agevolazione dell'esercizio dei diritti dei soci, nonché i costi connessi a tali servizi; limitano l'identificazione degli azionisti ai titolari di una partecipazione superiore allo 0,5% del capitale sociale, con diritto di voto. Il provvedimento poi modifica la Parte IV (Titolo III, Capo II) del TUF in merito alla relazione sulla politica di remunerazione e sui compensi corrisposti e introduce la sezione sulla trasparenza degli investitori istituzionali, dei gestori di attivi e dei consulenti in materia di voto e novella la disciplina sanzionatoria del TUF, in ottemperanza alle norme della direttiva che richiedono agli Stati membri di stabilire misure e sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate in attuazione della medesima direttiva.
Articolo 16-bis
(attivo delle banche popolari)
L’articolo 16-bis modifica l’art. 29, comma 2-bis, del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, innalzando il limite dell’attivo delle banche popolari da 8 miliardi di euro a 16 miliardi di euro.
L’art. 29, comma 2-bis del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (TUB), modificato dall’articolo 16-bis, è stato introdotto dall'art. 1, comma 1, lett. b), n. 1), del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, che ha fissato in 8 miliardi di euro il limite dell’attivo delle banche popolari.
L’art. 29, comma 1, del TUB prevede che le banche popolari siano costituite in forma di società cooperativa per azioni a responsabilità limitata.
La norma, dunque, ai fini dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria, esonera le banche popolari dall’obbligo generale, previsto per le altre banche, di assumere la forma di società per azioni.
In caso di superamento del limite dimensionale sancito dal comma 2-bis, la banca popolare ha l’obbligo di assumere la forma di società per azioni, secondo le previsioni dell’art. 31 del TUB, salvo che, in alternativa, non riporti l'attivo entro il limite massimo consentito, secondo quanto disposto dall’art. 29, comma 2-ter del TUB.
Ai sensi dell’art. 29, comma 2-ter del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, in caso di superamento del limite di cui al comma 2-bis, l'organo di amministrazione convoca l'assemblea per le determinazioni del caso. Se entro un anno dal superamento del limite l'attivo non è stato ridotto al di sotto della soglia né è stata deliberata la trasformazione in società per azioni ai sensi dell'articolo 31 o la liquidazione, la Banca d'Italia, tenuto conto delle circostanze e dell'entità del superamento, può adottare il divieto di intraprendere nuove operazioni ai sensi dell'articolo 78, o i provvedimenti previsti nel titolo IV, capo I, sezione I, o proporre alla Banca centrale europea la revoca dell'autorizzazione all'attività bancaria e al Ministro dell'economia e delle finanze la liquidazione coatta amministrativa. Restano fermi i poteri di intervento e sanzionatori attribuiti alla Banca d'Italia dal TUB.
La disposizione è quindi diretta a consentire il mantenimento della forma di società cooperativa per azioni a responsabilità limitata, e il relativo regime, anche alle banche popolari di maggiori dimensioni.
Articolo 16-ter
(Delega al Governo per la riforma organica del TUF e delle disposizioni in materia di società di capitali contenute nel Codice civile applicabili anche agli emittenti)
L’articolo 16-ter, introdotto in sede referente, delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi recanti la revisione del Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF) e delle disposizioni in materia di società di capitali contenute nel Codice civile applicabili anche agli emittenti.
La disposizione, a tal fine:
-indica i principi e criteri direttivi generali e specifici cui deve attenersi il Governo nell’esercizio della delega;
-disciplina le modalità e i termini di esame parlamentare degli schemi di decreto legislativo, nonché il meccanismo di slittamento del termine di delega;
-fissa i termini per l’adozione degli eventuali decreti legislativi correttivi.
In particolare, il comma 1 stabilisce che il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge in commento, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto, per i profili di competenza, con il Ministro della giustizia, uno o più decreti legislativi per la riforma organica della disciplina di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n 58 - Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria e, ove necessario, delle disposizioni in materia di società di capitali contenute nel Codice civile applicabili anche agli emittenti ovvero ai soggetti che offrono i propri titoli ai sottoscrittori, rendendosi garanti degli obblighi derivanti dalla particolare categoria di appartenenza degli stessi.
Sulla materia si ricorda che il MEF, il 2 marzo 2022, aveva presentato Il Libro Verde su la competitività dei mercati finanziari italiani a supporto della crescita, curato dal Dipartimento del Tesoro e sottoposto a successiva consultazione pubblica . Tale documento, come scritto in premessa nel testo, era volto a stimolare una discussione ampia e inclusiva, per proseguire il percorso di revisione del quadro delle regole e della loro efficace ed efficiente applicazione.
La norma chiarisce che tali decreti legislativi sono da adottarsi, nel rispetto dei principi costituzionali e, in particolare della tutela del risparmio, nonché dell'ordinamento dell'Unione europea e del diritto internazionale, sulla base dei princìpi e criteri direttivi di cui all’articolo in commento, senza nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica.
Il comma 2 indica i principi e i criteri direttivi specifici da seguire nell'esercizio della delega.
La disposizione prevede che il Governo è tenuto ad osservare i seguenti princìpi e criteri direttivi:
§ sostenere la crescita del Paese, favorire l'accesso delle imprese al capitale di rischio con particolare riguardo ai mercati regolamentati nonché favorire l'accesso delle PMI a forme alternative di finanziamento, la canalizzazione degli investimenti verso le imprese e rendere le imprese maggiormente attrattive per gli investitori internazionali;
§ aumentare la competitività del mercato nazionale, semplificare e razionalizzare la disciplina degli emittenti, ivi inclusi il relativo sistema sanzionatorio, la disciplina in tema di operazioni con parti correlate, anche con riferimento alle soglie di partecipazione, in linea con gli standard internazionali, e la possibilità di prevedere sistemi di moltiplicazione del diritto di voto, riducendo gli obblighi e gli oneri previsti a legislazione vigente;
§ facilitare il passaggio dalla quotazione sui mercati non regolamentati a quelli regolamentati;
§ rivedere le regole in materia di attività di investimento privato per favorirne la massima diffusione, garantendo la correttezza e l'adempimento degli obblighi informativi a tutela degli investitori;
§ semplificare le regole del governo societario anche tenendo conto delle regole previste dai codici di autodisciplina;
§ prevedere un riordino e l'aggiornamento della disciplina in materia di appello al pubblico risparmio, con particolare riguardo alle offerte al pubblico di titoli e alle offerte pubbliche di acquisto e scambio;
§ contemperare il livello degli oneri amministrativi imposti alle imprese con l'esigenza di assicurare l'efficienza, l'efficacia e la rilevanza dei controlli;
§ assicurare un sistema coerente e integrato dei controlli interni, eliminando sovrapposizioni o duplicazioni nelle funzioni e strutture di controllo e individuando altresì adeguate forme di coordinamento e di scambio di informazioni per un più efficace contrasto delle irregolarità rilevate;
§ aggiornare il regime di responsabilità di cui all'articolo 24 della legge 28 dicembre 2005, n. 262, comma 6-bis, tenuto conto della disciplina applicabile al sistema di vigilanza italiano, delle raccomandazioni e degli standard internazionali.
Si ricorda a tale proposito che il richiamato comma 6-bis stabilisce che nell'esercizio delle proprie funzioni di controllo, la Banca d'Italia, la CONSOB, l’ISVAP, la COVIP, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, i componenti dei loro organi nonché i loro dipendenti, rispondono dei danni cagionati da atti o comportamenti posti in essere con dolo o colpa grave;
§ procedere a una complessiva razionalizzazione e al coordinamento del TUF, del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385- Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209- Codice delle assicurazioni private, del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252- Disciplina delle forme pensionistiche complementari, per assicurare una maggiore coerenza e semplificazione delle fonti normative.
Il comma 3 disciplina le modalità e i termini dell’esame parlamentare. La norma prevede che gli schemi dei decreti legislativi sono trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica affinché su di essi sia espresso il parere delle competenti Commissioni parlamentari.
Decorsi quaranta giorni dalla data di trasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza del parere.
Qualora detto termine venga a scadere nei trenta giorni antecedenti allo spirare del termine previsto dal comma 1 (dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge) o successivamente, la scadenza di quest'ultimo è prorogata di novanta giorni.
Il comma 4 stabilisce che entro diciotto mesi dall'entrata in vigore dei decreti legislativi, il Governo, ove necessario, può emanare decreti correttivi ed integrativi degli stessi, nel rispetto dei principi e criteri direttivi elencati al comma 2.
Articolo 17
(Risarcimento del danno per mancata vigilanza delle Autorità)
L’articolo 17 riconosce normativamente la possibilità che un soggetto possa agire direttamente contro l’Autorità nel caso in cui abbia subito un danno riconducibile alla mancata vigilanza dell’Autorità stessa sul rispetto di leggi e regolamenti.
L’articolo 17 introduce un nuovo comma 6-ter all’articolo 24 della legge 28 dicembre 2005, n. 262, in materia di risarcimento del danno per omessa vigilanza. In particolare la norma prevede che, fermo restando quanto disposto dal comma 6-bis, chi ha subito un danno per effetto di un atto o di un comportamento posto in essere da un soggetto vigilato da una delle Autorità di cui al medesimo comma (Banca d'Italia, CONSOB, ISVAP, COVIP e Autorità garante della concorrenza e del mercato), può agire contro di essa per ottenere soltanto il risarcimento del danno che sia conseguenza immediata e diretta della violazione di leggi e di regolamenti sulla cui osservanza è mancata la vigilanza dell’Autorità stessa.
Si ricorda che il richiamato comma 6-bis prevede che nell'esercizio delle proprie funzioni di controllo le Autorità di cui al comma 1 e l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, i componenti dei loro organi nonché i loro dipendenti rispondono dei danni cagionati da atti o comportamenti posti in essere con dolo o colpa grave.
Si ricorda altresì che esiste con una giurisprudenza consolidata sul pagamento del risarcimento danni ai risparmiatori per omessa vigilanza da parte dell’Autorità richiamate. Si veda, ad esempio, Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, sentenza n. 22164 depositata il 5 settembre 2019.
Articolo 18
(Modifiche alla disciplina delle incompatibilità per i componenti e i dirigenti della Consob, della Banca d’Italia e dell’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni)
L’articolo 18, come modificato in sede referente, reca norme relative alla disciplina del c.d. cooling off e cooling in, ossia, delle regole che disciplinano le restrizioni all'uscita del personale o dei membri degli organi direttivi che esercitano attività professionali nel settore regolamentato, e contribuiscono a rafforzare l'indipendenza delle Autorità, riducendo il rischio di conflitto di interessi e di interferenza dell'industria nelle attività di supervisione.
In particolare, l’articolo in esame, al comma 1, modifica l’articolo 29-bis della legge 28 dicembre 2005, n.262, che disciplina le incompatibilità per i componenti e i dirigenti della CONSOB (Commissione nazionale per le società e la borsa) cessati dall'incarico.
Si ricorda che il menzionato articolo 29-bis della legge n. 262 del 2005 introduce per i componenti degli organi di vertice e i dirigenti il divieto di intrattenere, direttamente o indirettamente, rapporti di collaborazione, di consulenza o di impiego con i soggetti pubblici o privati operanti nei settori di competenza (siano soggetti regolati o società da questi controllate). Il divieto opera nei due anni successivi alla cessazione dell'incarico, ma dalla sua applicazione sono esclusi i dirigenti che, negli ultimi due anni di servizio, siano stati responsabili esclusivamente di uffici di supporto. Viene altresì specificato che i contratti conclusi in violazione di tale norma sono nulli. Siffatte previsioni si applicano altresì ai componenti degli organi di vertice e ai dirigenti della Banca d'Italia e dell'IVASS (Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni). Peraltro, per questi due organismi si prevede non la mera diretta applicabilità, bensì, la determinazione - da parte di un D.P.C.M. (D.P.C.M. 29 gennaio 2015) emanato previo parere della Banca centrale europea - di un periodo di incompatibilità che si protrae fino a due anni.
La novella riduce il periodo di incompatibilità, previsto nella disciplina del cooling off delle Autorità di vigilanza, da 2 anni a 1 anno per i componenti degli organi di vertice e i dirigenti della CONSOB (comma 1), e, per la Banca d’Italia e l’IVASS (Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni), ad un periodo non superiore all’anno (che sarà stabilito per questi ultimi due enti con D.P.C.M. da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione) (comma 2).
Inoltre, si prevede che le disposizioni occorrenti per l’attuazione della disposizione di cui al comma 1 siano stabilite, in coerenza con il provvedimento di cui al comma 2, con D.P.C.M. da adottarsi entro centottanta giorni dalla data della sua entrata in vigore.
Si segnala che la formulazione vigente dell'articolo 29-bis prevede il divieto di intrattenere, direttamente o indirettamente, rapporti di collaborazione, di consulenza o di impiego, mentre il testo che si intende sostituire con l'articolo 18 in esame si riferisce ai soli rapporti diretti.
Il comma 2 interviene in materia di cooling in delle Autorità amministrative indipendenti, apportando al D.Lgs. 8 aprile 2013, n.39, (recante la disciplina su inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni, ivi comprese le Autorità amministrative indipendenti, e gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell'articolo 1, commi 49 e 50, di cui alla legge 6 novembre 2012, n. 190) le seguenti modificazioni:
a) tale lettera, soppressa in sede referente, prevedeva che la modifica all’art. 1, comma 2, lett. i), finalizzata a chiarire che tale disciplina si applica anche ai componenti dell’organo collegiale di vertice di un’Autorità amministrativa indipendente;
b)
1. la modifica all’art. 4 riduce il periodo cui fare riferimento per la verifica della sussistenza di cause di inconferibilità a 1 anno antecedente l’assunzione dell’incarico;
2. mediante l’introduzione di un comma 1-bis (art.4), si procede a una rimodulazione dell’inconferibilità in ragione del tipo di incarico svolto in precedenza, prevedendo che nell’ipotesi in cui l’incarico (la carica o l’attività professionale) assuma scarsa rilevanza (poiché ha carattere occasionale o non esecutivo o di controllo), è sufficiente adottare, successivamente all’assunzione dell’incarico, misure organizzative e di trasparenza presso l’ente pubblico/Autorità amministrativa che siano atte a gestire potenziali conflitti di interesse.
In sede referente è stato introdotto, dopo il comma 1-bis di cui sopra, anche un comma 1-ter ai sensi del quale i presidi organizzativi di cui al comma 1-bis si applicano anche ai componenti l’organo collegiale delle Autorità amministrative indipendenti.
Attualmente, a coloro che, nei due anni precedenti, abbiano svolto incarichi o ricoperto cariche in enti di diritto privato o finanziati dall’amministrazione o dall’ente pubblico che conferisce l’'incarico, ovvero abbiano svolto in proprio attività professionali, se queste sono regolate, finanziate o comunque retribuite dall’amministrazione o ente che conferisce l'incarico, non possono essere conferiti:
a) gli incarichi amministrativi di vertice nelle amministrazioni statali, regionali e locali;
b) gli incarichi di amministratore di ente pubblico, di livello nazionale, regionale e locale;
c) gli incarichi dirigenziali esterni, comunque denominati, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici che siano relativi allo specifico settore o ufficio dell'amministrazione che esercita i poteri di regolazione e finanziamento.
Infine, il comma 3 interviene con finalità di coordinamento sull’articolo 1, comma 40, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, sopprimendo la previsione relativa al D.P.C.M. recante le disposizioni di attuazione della norma di cui al primo periodo del comma 1 dell’articolo 29-bis della legge n. 262/2005.
In particolare, si ricorda che il penultimo periodo del comma 40 si riferisce alle disposizioni attuative della norma in tema di incompatibilità di cui al citato articolo 29-bis e a tal fine ha previsto l’adozione di un D.P.C.M. (entro i sessanta giorni successivi alla data di entrata in vigore della legge), in coerenza con il predetto D.P.C.M. 29 gennaio 2015, con cui è stato definito il regime delle incompatibilità per la Banca d'Italia e l’IVASS.
La relazione tecnica sottolinea che le disposizioni hanno natura ordinamentale e, comunque, non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Articolo 19
(Poteri di contrasto dell’attività pubblicitaria
riferibile a soggetti non autorizzati)
L’articolo 19, al fine di contrastare la diffusione di pubblicità svolta da soggetti non autorizzati, riconosce alla Consob la possibilità di:
§ vietare la diffusione di pubblicità riferibile a soggetti non autorizzati allo svolgimento di servizi e attività di investimento;
§ ordinare ai fornitori di connettività alla rete Internet la rimozione delle iniziative pubblicitarie svolte da operatori finanziari abusivi.
L’articolo 19 attribuisce alla Consob nuovi poteri di contrasto all’attività pubblicitaria, anche attraverso Internet, avente a oggetto servizi e attività di investimento prestati da soggetti non abilitati.
In particolare il comma 1 aggiunge un comma 1-bis all’articolo 7-octies del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (TUF) in materia dei poteri della Consob volti al contrasto dell'abusivismo.
La norma prevede che la Consob può vietare lo svolgimento delle campagne pubblicitarie condotte tramite la rete Internet (nella Relazione illustrativa viene specificato il riferimento ai banner, inserzioni, pop-up e mailing list) o ogni altro mezzo di comunicazione quando hanno ad oggetto, direttamente o indirettamente, servizi e attività di investimento prestati da soggetti non abilitati allo svolgimento di servizi e attività di investimento (così come individuati all’articolo 18 del TUF).
Il comma 2 aggiunge un nuovo comma 2-quaterdecies all’articolo 36 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, che riconosce alla Consob la possibilità di ordinare ai fornitori di connettività alla rete Internet la rimozione delle iniziative pubblicitarie svolte da soggetti abusivi.
In particolare la disposizione prevede che la Consob può ordinare ai soggetti fornitori di connettività alla rete Internet ovvero ai gestori di altre reti telematiche o di telecomunicazione, o agli operatori che in relazione ad esse forniscono servizi telematici o di telecomunicazione, la rimozione delle campagne pubblicitarie, pertanto l’oscuramento, condotte attraverso le reti telematiche o di telecomunicazione, aventi ad oggetto servizi o attività di investimento prestati da chi non vi è abilitato.
Articolo 20
(Modifiche ai poteri sanzionatori di Consob)
L’articolo 20 inserisce nel Testo unico della finanza di un nuovo titolo, contenente disposizioni comuni a tutti i provvedimenti sanzionatori irrogabili da Consob e che consentono di definire il procedimento sanzionatorio con modalità negoziali.
In sintesi, si permette al destinatario della lettera di contestazione di sanzioni di presentare impegni tali da far venir meno i profili di lesione degli interessi degli investitori e del mercato oggetto della contestazione, oggetto di valutazione della Consob, all’esito della quale l’Autorità può emettere una decisione con impegni vincolanti. In caso di mancato rispetto degli impegni presi, i limiti edittali massimi della sanzione amministrativa pecuniaria prevista dalla normativa di riferimento sono aumentati del 10 per cento; sono individuati i casi in cui è consentita la riapertura, d’ufficio, del procedimento sanzionatorio da parte della Consob. Si rinvia a un provvedimento della Consob per la definizione delle regole procedurali che disciplinano la presentazione e la valutazione dei suddetti impegni.
L’articolo 20 inserisce nel Testo Unico Finanziario (D. Lgs. n. 58 del 1998) un nuovo Titolo II-bis, rubricato “disposizioni comuni”, costituito dal solo articolo 196-bis.1, nella parte V, dedicata alla disciplina sanzionatoria.
L’articolo, rubricato “Modifiche ai poteri sanzionatori di Consob” introduce specifici poteri in capo alla Consob, che consentono all’autorità di emettere decisioni con impegni valevoli nei confronti dei destinatari di eventuali addebiti.
La Relazione illustrativa del Governo al riguardo chiarisce che l’inserimento nel TUF del nuovo titolo è volto a prevedere norme comuni a tutti i provvedimenti sanzionatori irrogabili da Consob, inclusi quelli emessi per violazione della disciplina sugli abusi di mercato.
La Relazione illustrativa del Governo chiarisce che le norme in esame intendono replicare, con gli opportuni adattamenti, la corrispondente disciplina in materia di impegni già prevista per l’Antitrust dall’articolo 14-ter della legge n. 287 del 1990. Tale disposizione si pone, altresì, in linea con l’articolo 9, paragrafi 4, 7 e 8 del regolamento (UE) 2017/2394 in tema di consumer protection (Regolamento CPC). L'articolo 9, paragrafo 4, del Regolamento CPC prevede che le autorità competenti dispongono – tra l’altro - del potere di cercare di ottenere o di accettare impegni da parte dell'operatore responsabile dell'infrazione di cui al presente regolamento a porre fine all'infrazione stessa e di ricevere impegni riparatori aggiuntivi da parte dell'operatore, su iniziativa di quest'ultimo, a beneficio dei consumatori interessati dalla presunta infrazione di cui al presente regolamento o, se del caso, cercare di ottenere che l’operatore si impegni a offrire ai consumatori interessati da tale infrazione rimedi adeguati. In caso di inottemperanza agli impegni, è attribuito alle Autorità competenti il potere di irrogare sanzioni, come ammende o penalità di mora (articolo 9, paragrafo 4, lettera g)). Infine il successivo paragrafo 7 prevede che le autorità competenti possono pubblicare le decisioni definitive, gli impegni assunti dagli operatori o le ordinanze adottate ai sensi del medesimo regolamento, compresa la pubblicazione dell'identità dell'operatore responsabile di un'infrazione di cui al presente regolamento. Ai sensi del paragrafo 8, ove applicabile, le autorità competenti possono consultare le organizzazioni dei consumatori, le associazioni degli operatori, gli organismi designati o le altre persone interessate con riguardo all'efficacia degli impegni proposti per la cessazione dell'infrazione di cui al presente regolamento. L'adeguamento al Regolamento CPC è avvenuto con la legge n. 238 del 2021 (legge europea 2019-2020) che ha modificato l'articolo 144-bis del Codice del consumo (decreto legislativo n. 206/2005).
Più in dettaglio, il comma 1 del nuovo articolo prevede che, per le violazioni di competenza della Consob, entro trenta giorni dalla notificazione della lettera di contestazione degli addebiti, il soggetto destinatario della lettera di contestazione può presentare impegni, tali da far venir meno i profili di lesione degli interessi degli investitori e del mercato oggetto della contestazione.
A tal fine la Consob, valutata la gravità delle violazioni e l’idoneità di tali impegni anche in relazione alla tutela degli interessi lesi e previa eventuale consultazione degli operatori di settore può, nei limiti previsti dall’ordinamento europeo, renderli obbligatori per i soggetti destinatari del procedimento sanzionatorio e pubblicare gli impegni assunti. Tale decisione può essere adottata per un periodo di tempo determinato e chiude il procedimento sanzionatorio senza accertare la violazione.
Ai sensi del successivo comma 2, nell’ipotesi di mancato rispetto degli impegni resi obbligatori, i limiti edittali massimi della sanzione amministrativa pecuniaria prevista dalla normativa di riferimento sono aumentati del 10 per cento. Al fine di monitorare l’attuazione degli impegni, la Consob può esercitare i poteri di vigilanza a essa attribuiti al fine dell’accertamento della violazione contestata.
Il comma 3 consente alla Consob di riaprire d’ufficio il procedimento sanzionatorio se:
a) si modifica in modo determinante la situazione di fatto rispetto ad un elemento su cui si fonda la decisione;
b) i soggetti interessati contravvengono agli impegni assunti;
c) la decisione si fonda su informazioni trasmesse dalle parti che sono incomplete, inesatte o fuorvianti.
Infine, la Consob definisce con proprio provvedimento generale, in conformità con l’ordinamento dell’Unione europea e garantendo il diritto al contraddittorio, le regole procedurali che disciplinano la presentazione e la valutazione degli impegni di cui al presente articolo.
La disposizione, che consente di addivenire a soluzioni negoziali delle vertenze in materia di mercati finanziari, intende consentire la riduzione del contenzioso.
L’articolo 195 del TUF chiarisce che le sanzioni amministrative sono applicate dalla Banca d'Italia o dalla Consob, secondo le rispettive competenze, con provvedimento motivato, previa contestazione degli addebiti agli interessati, da effettuarsi entro centottanta giorni dall'accertamento ovvero entro trecentosessanta giorni se l'interessato risiede o ha la sede all'estero. I soggetti interessati possono, entro trenta giorni dalla contestazione, presentare deduzioni e chiedere un'audizione personale in sede di istruttoria, cui possono partecipare anche con l'assistenza di un avvocato. Il procedimento sanzionatorio è retto dai princìpi del contraddittorio, della conoscenza degli atti istruttori, della verbalizzazione nonché della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie.
Avverso il provvedimento che applica la sanzione è ammesso ricorso alla corte d'appello del luogo in cui ha sede la società o l'ente cui appartiene l'autore della violazione ovvero, nei casi in cui tale criterio non sia applicabile, del luogo in cui la violazione è stata commessa. Il ricorso è notificato, a pena di decadenza, all'Autorità che ha emesso il provvedimento nel termine di trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento impugnato, ovvero sessanta giorni se il ricorrente risiede all'estero, ed è depositato in cancelleria, unitamente ai documenti offerti in comunicazione, nel termine perentorio di trenta giorni dalla notifica.
La delibera Consob n. 18750/2013, che reca il Regolamento sul procedimento sanzionatorio Consob, dispone – in simmetria al TUF – che l’avvio del procedimento sanzionatorio è disposto a mezzo di lettera di contestazione degli addebiti. I destinatari della lettera di contestazione degli addebiti esercitano il proprio diritto di difesa nella fase istruttoria, anche con l’assistenza di terzi, mediante la presentazione di deduzioni scritte e documenti, l'accesso agli atti nonché l'audizione personale in merito agli addebiti contestati. All’esito dell’esame degli atti del procedimento e a conclusione della fase istruttoria, l’Ufficio Sanzioni Amministrative predispone una relazione finale, nella quale formula proposte motivate in merito alla sussistenza della violazione contestata e alla specifica determinazione del tipo e dell’entità della sanzione ovvero in merito all’archiviazione, e la trasmette alla Commissione entro trentacinque giorni precedenti alla scadenza del termine di conclusione del procedimento.
Il procedimento sanzionatorio si conclude con l’adozione da parte della Commissione del provvedimento sanzionatorio, dell’atto di archiviazione ovvero della proposta di applicazione di misura sanzionatoria di competenza di altra Amministrazione o Autorità. Il provvedimento sanzionatorio è pubblicato per estratto nel Bollettino della Consob dopo la notizia dell’avvenuta notificazione al soggetto interessato ovvero, nel caso di più soggetti, dopo la notizia dell’avvenuta ultima notificazione.
Articolo 20-bis
(Interpretazione autentica)
L’articolo 20-bis, con una norma di interpretazione autentica, precisa che i soggetti in possesso dei requisiti di accesso all'Albo dei promotori finanziari, nel periodo precedente il trasferimento delle funzioni di tenuta dell'albo unico dei consulenti finanziari dalla Consob all' Organismo di vigilanza e tenuta dell'albo unico dei consulenti finanziari, che prestano la consulenza in materia di investimenti, possono continuare a svolgere tale attività.
Nello specifico la disposizione reca l’interpretazione autentica dell’articolo 19, comma 14, del decreto legislativo 17 settembre 2007 n. 164.
L’art. 19, comma 14, del decreto legislativo 17 settembre 2007 n. 164 prevede che, fino al trasferimento delle funzioni di vigilanza sui promotori finanziari attribuite alla CONSOB e comunque non oltre il 31 dicembre 2017, la riserva all’esercizio professionale nei confronti del pubblico dei servizi e delle attività di investimento di cui all’art. 18 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (TUF), non pregiudica la possibilità per i soggetti che, alla data del 31 ottobre 2007, prestano la consulenza in materia di investimenti, di continuare a svolgere tale attività senza detenere somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza dei clienti.
Si ricorda che l’articolo 18 del TUF riserva l'esercizio professionale nei confronti del pubblico dei servizi e delle attività di investimento alle Sim, alle imprese di investimento UE, alle banche italiane, alle banche UE e alle imprese di paesi terzi.
Le Sgr possono prestare professionalmente nei confronti del pubblico i servizi gestione di portafogli e consulenza in materia di investimenti. Possono, altresì, prestare professionalmente nei confronti del pubblico il servizio di ricezione e trasmissione di ordini, qualora autorizzate a prestare il servizio di gestione di FIA. Le società di gestione UE possono prestare professionalmente nei confronti del pubblico i servizi gestione di portafogli e consulenza in materia di investimenti, qualora autorizzate nello Stato membro d'origine.
Gli intermediari finanziari iscritti nell'albo previsto dall'articolo 106 del testo unico bancario possono esercitare professionalmente nei confronti del pubblico, nei casi e alle condizioni stabilite dalla Banca d'Italia, sentita la Consob, i servizi e le attività negoziazione per conto proprio e di esecuzione di ordini per conto dei clienti limitatamente agli strumenti finanziari derivati, nonché il servizio di assunzione a fermo e/o collocamento sulla base di un impegno irrevocabile nei confronti dell'emittente.
Le SIM possono prestare professionalmente nei confronti del pubblico i servizi accessori e altre attività finanziarie, nonché attività connesse o strumentali.
La disposizione subordina la possibilità di continuare ad esercitare l’attività di consulenza in materia di investimenti alla titolarità dei requisiti di accesso all'Albo dei promotori finanziari di cui all'articolo 4 del decreto del ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica 11 novembre 1998, n. 472 nel periodo precedente il trasferimento delle funzioni di tenuta dell'albo unico dei consulenti finanziari dalla Consob all' Organismo di vigilanza e tenuta dell'albo unico dei consulenti finanziari.
Articolo 21
(Misure in materia di educazione finanziaria)
L’articolo 21, modificato nel corso dell’esame in sede referente, introduce modifiche alla disciplina, di cui alla legge n. 92 del 2019, avente ad oggetto l’insegnamento dell’educazione civica, al fine di inserire il riferimento all’insegnamento dell’educazione finanziaria e alle disposizioni generali concernenti l'educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale di cui al decreto-legge n. 237 del 2016.
In particolare con il comma 1, lettera a), viene modificato l’articolo 1, comma 1, della legge n. 92 del 2019 introducendo tra gli obiettivi dell’insegnamento dell’educazione civica, anche la partecipazione piena e consapevole alla vita economica (oltre che civica, culturale e sociale delle comunità) nel rispetto delle regole, dei diritti e dei doveri.
La lettera b) del comma 1, nel testo risultante dalle modifiche introdotte, intervenendo sull’articolo 1, comma 2, della legge n. 92 del 2019, introduce una disposizione diretta a riconoscere un vero e proprio diritto all’educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale, anche con riferimento all'utilizzo delle nuove tecnologie digitali di gestione del denaro e alle nuove forme di economia e finanza sostenibile, e alla cultura dell’impresa (tale locuzione sostituisce la previsione del testo iniziale che si limitava a fare particolare riferimento solo alla finanza personale, al risparmio e all’investimento).
Le lettere c), d) ed e) del comma 1 modificano l’articolo 3, avente ad oggetto lo sviluppo delle competenze e degli obiettivi di apprendimento per l’educazione civica, prevedendo, a seguito delle modifiche introdotte nel corso dell’esame:
§ l’inserimento (con una nuova lettera h-bis) dell’educazione finanziaria assicurativa e previdenziale, anche con riferimento all'utilizzo delle nuove tecnologie digitali di gestione del denaro e alle nuove forme di economia e finanza sostenibile, tra le tematiche oggetto di insegnamento dell’educazione civica (lettera c, n. 2) e la previsione che per l'insegnamento di cui sopra, il Ministero dell'istruzione e del merito determina i contenuti d'intesa con la Banca d'Italia e la Commissione nazionale per le società e la borsa, l'Istituto per la Vigilanza sulle assicurazioni e la Commissione di vigilanza sui fondi pensione, sentito il Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria (tale ultima previsione è prevista attraverso l’inserimento, dalla lettera c, n. 3, di un nuovo comma 1-bis all’articolo 3);
§ all’alinea del comma 1, dell’articolo 3 viene sostituito il riferimento al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca con quello al Ministero dell’istruzione e del merito (lettera c, n. 1);
§ l’inserimento dell’educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale anche nell’ambito dell’insegnamento trasversale dell’educazione civica (lettera d).
Si valuti l’opportunità di prevedere, per ragioni di coordinamento, anche alla lettera d) la definizione “educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale”, prevista alle lettere b) e c) anziché quella di “educazione finanziaria”.
Il comma 2 modifica il comma 10 dell’articolo 24-bis del decreto-legge 23 dicembre 2016, n. 237 che istituisce il Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria, con il compito di promuovere e programmare iniziative di sensibilizzazione ed educazione finanziaria.
La lettera a) del comma 2 precisa che, a decorrere dall’anno 2023, il Comitato, con propria delibera, approva il piano triennale di attività, in coerenza con il programma di cui al comma 3. (A seguito della formulazione del nuovo comma 1-bis dell’articolo 3, come sopra descritto, viene conseguentemente soppresso il vincolo di tenere conto degli accordi di cui al comma 10-bis).
Il comma 3 dell’articolo 24-bis del decreto-legge 23 dicembre 2016, n. 237 prevede che il Ministero dell'economia e delle finanze, d’intesa con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, adotta, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, il programma per una "Strategia nazionale per l'educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale".
La lettera b) del comma 2, come riformulata nel corso dell’esame, introduce un comma 10-bis all’articolo 24-bis del decreto-legge 23 dicembre 2016, n. 237 che dispone che il Ministero dell’istruzione e del merito, sentito il Comitato, sottoscrive appositi accordi con la Banca d'Italia, la Commissione nazionale per le società e la borsa, l'Istituto per la Vigilanza sulle assicurazioni e la Commissione di vigilanza sui fondi pensione al fine di promuovere la cultura dell’educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale, nel rispetto dell’autonomia scolastica e nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
L’articolo 24-bis del decreto-legge n. 237 del 2016 è volto ad assicurare l'efficacia, l'efficienza e la sistematicità delle azioni dei soggetti pubblici e privati riconoscendo l’importanza dell’educazione finanziaria quale strumento per la tutela del consumatore e promuovendo un utilizzo più consapevole degli strumenti e dei servizi finanziari presenti sul mercato.
La disposizione definisce il concetto di educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale come il processo attraverso il quale le persone migliorano la loro comprensione degli strumenti e dei prodotti finanziari, ivi compresi quelli di natura assicurativa e previdenziale e sviluppano le competenze necessarie ad acquisire una maggiore consapevolezza dei rischi e delle opportunità finanziarie.
Si affida al Ministero dell'economia e delle finanze, d’intesa con il Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca, il compito di adottare, nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, un programma per una Strategia nazionale per l'educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale, individuando i principi ispiratori della stessa, su cui si esprimono le Commissioni parlamentari. Si prevede la trasmissione annuale (entro il 31 luglio) alle Camere, da parte del Governo, di una relazione sullo stato di attuazione della Strategia nazionale per l'educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale.
Per l’attuazione della Strategia nazionale, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, è istituito un Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria.
Il Comitato ha il compito di promuovere e programmare iniziative di sensibilizzazione in tema di educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale prevedendone composizione, durata e modalità di nomina. Il Comitato individua obiettivi misurabili, programmi e azioni da porre in essere, valorizzando le esperienze, le competenze e le iniziative maturate dai soggetti attivi sul territorio nazionale e favorendo la collaborazione tra i soggetti pubblici e privati.
Articolo 22
(Misure per rafforzare l’operatività del Patrimonio Destinato)
L’articolo 22 amplia l’operatività del Patrimonio Destinato istituito dal decreto-legge n. 34 del 2020 (cd. Rilancio).
Le norme in commento prevedono che:
§ al fine di beneficiare degli interventi a condizioni di mercato del Patrimonio Rilancio nella forma di operazioni sul mercato primario, tramite partecipazione ad aumenti di capitale e sottoscrizione di prestiti obbligazionari convertibili, le società risultanti da fusioni o scissioni possano utilizzare anche uno o più bilanci pro-forma, certificati da un revisore contabile;
§ limitatamente all’operatività a condizioni di mercato, sia consentito l’accesso agli interventi di Patrimonio Destinato anche alle società che sono sottoposte a indagini per reati da cui deriva la responsabilità amministrativa dell’ente, ai sensi del decreto legislativo n. 231 del 2001, fermo restando il divieto di accesso – invece - per gli enti condannati o sottoposti a sanzione su richiesta.
Il Patrimonio Destinato o Patrimonio Rilancio trova origine nel contesto dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, quale strumento volto ad attuare interventi e operazioni di sostegno e rilancio del sistema economico-produttivo italiano, anche attraverso il rafforzamento patrimoniale delle imprese. L'articolo 27, comma l, del decreto-legge n. 34 del 2020 (decreto Rilancio) ha previsto a tal fine la costituzione, nell'ambito di Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. – CDP, di un patrimonio le cui risorse sono destinate all’attuazione di interventi e operazioni di sostegno e rilancio del sistema economico-produttivo italiano, in conseguenza dell'emergenza epidemiologica da COVID-19.
Ai sensi dell'articolo 27 del decreto-legge n.34 del 2020, il Patrimonio Destinato non è costituito mediante segregazione di una parte del patrimonio di CDP, ma mediante l'apporto di beni da parte del Ministero dell'economia e delle finanze (MEF); a tal fine, è stata autorizzata per l'anno 2020 l'assegnazione a CDP di titoli di Stato o di liquidità, nel limite massimo di 44 miliardi di euro. Si tratta quindi di un fondo interamente pubblico la cui gestione è affidata a CDP.
All’apporto del MEF corrisponde l’emissione, da parte di CDP S.p.A., a valere sul Patrimonio Destinato e in favore del Ministero dell’economia e delle finanze, di strumenti finanziari di partecipazione. Le risorse del Patrimonio Destinato sono impiegate per il sostegno e il rilancio del sistema economico produttivo italiano.
In via preferenziale il Patrimonio Destinato effettua i propri interventi mediante sottoscrizione di prestiti obbligazionari convertibili, partecipazione ad aumenti di capitale, acquisto di azioni quotate sul mercato secondario in caso di operazioni strategiche. Per il finanziamento delle attività del Patrimonio Destinato o di singoli comparti è consentita l’emissione, a valere sul Patrimonio Destinato o su singoli comparti, di titoli obbligazionari o altri strumenti finanziari di debito. Sulle obbligazioni del Patrimonio Destinato, in caso di incapienza del patrimonio medesimo, è concessa la garanzia di ultima istanza dello Stato.
La garanzia dello Stato può essere altresì concessa in favore dei portatori dei titoli emessi per finanziare il Patrimonio Destinato, a specifiche condizioni. Il Patrimonio opera in regime di totale esenzione fiscale: gli interessi e gli altri proventi dei titoli emessi dal patrimonio destinato e dai suoi comparti sono soggetti a imposta sostitutiva con aliquota del 12,5 per cento.
Il Patrimonio Destinato cessa ex lege decorsi dodici anni dalla costituzione; tuttavia la sua durata può essere estesa o anticipata con delibera del consiglio di amministrazione di CDP, su richiesta del Ministero dell’economia e delle finanze.
Al conto corrente di tesoreria centrale fruttifero, su cui confluiscono le disponibilità liquide del Patrimonio Destinato possono affluire anche le disponibilità liquide dei contribuenti che intendano investire i loro risparmi a sostegno della crescita dell’economia reale. Gli schemi di decreto attuativo della disciplina primaria sono sottoposti al Parlamento. Al Parlamento è inoltre inviata una relazione annuale sugli effetti prodotti e sui risultati conseguiti dall'applicazione delle disposizioni in parola.
Il decreto MEF n. 26 del 3 febbraio 2021 (GU 10 marzo 2021) reca il Regolamento concernente i requisiti di accesso, condizioni, criteri e modalità degli investimenti del Patrimonio Destinato. Al riguardo le Commissioni VI Finanze e X Attività Produttive della Camera, nel mese di dicembre 2020 hanno espresso parere favorevole con osservazioni sul relativo schema (Atto del Governo n. 222).
In estrema sintesi, il decreto ministeriale dispone due differenti operatività del Patrimonio Destinato:
· la prima, definita secondo i termini e alle condizioni di cui al Temporary Framework sugli aiuti di Stato in seno all'emergenza COVID-19, su cui - come riferisce il Governo - la Commissione europea si è positivamente espressa a seguito di formale notifica da parte delle autorità italiane (decisione C(2020) 6459 final del 17 settembre 2020); nell'ambito di tale operatività, il Patrimonio Destinato interviene mediante la partecipazione ad aumenti di capitale, la sottoscrizione di prestiti obbligazionari con obbligo di conversione, la sottoscrizione di prestiti obbligazionari subordinati convertibili, la sottoscrizione di prestiti obbligazionari subordinati;
· una operatività a condizioni di mercato, mediante la partecipazione ad aumenti di capitale, la sottoscrizione di prestiti obbligazionari convertibili, operazioni sul mercato secondario e ristrutturazioni di impresa; gli strumenti sono strutturati in coerenza con le operazioni di mercato della stessa specie e prevedono sempre la presenza di terzi co-investitori nella misura almeno del 30 per cento dell’ammontare: questi ultimi sottoscrivono gli strumenti a condizioni identiche a quelle del Patrimonio Destinato (c.d. pari passu).
L’articolo 27 del decreto Rilancio, al comma 2, dispone tra l'altro che gli apporti del Ministero dell'economia e delle finanze siano effettuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze; al riguardo il Decreto 7 maggio 2021 stabilisce (articolo 3) che, ai fini della dotazione iniziale del Patrimonio Destinato, siano assegnati a titolo di apporto a Cassa depositi e prestiti S.p.a., in nome e per conto del Patrimonio Destinato medesimo, titoli di Stato per un controvalore di tre miliardi di euro. Qualora intervenga autorizzazione di legge l'apporto iniziale e gli apporti successivi potranno essere effettuati, in tutto o in parte, attraverso l'assegnazione di disponibilità liquide, oltre che di titoli di Stato, fermo restando il limite massimo complessivo di 44 miliardi.
Ai sensi dell’articolo 27, comma 18-bis, del Decreto Rilancio, il Ministro dell’economia e delle finanze, entro il 31 gennaio di ogni anno, trasmette alle Camere una relazione sugli effetti prodotti e sui risultati conseguiti dal Patrimonio Rilancio (l’ultima relazione, relativa all’anno 2021, è stata presentata in data 4 marzo 2022 e predisposta in base ai dati relativi all’operatività del Patrimonio Rilancio, forniti da CDP).
L'articolo 17 del decreto-legge n. 73 del 2021 ha esteso al 31 dicembre 2021 gli interventi del Patrimonio Destinato effettuati nelle forme e alle condizioni previste dal quadro normativo dell'Unione Europea sugli aiuti di Stato adottato per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da Covid-19 (cd. interventi in Temporary Framework: aumenti di capitale di imprese, sottoscrizione di prestiti obbligazionari con obbligo di conversione, di prestiti obbligazionari subordinati convertibili e di prestiti obbligazionari subordinati). Ha chiarito inoltre che l'emissione di titoli di stato in anni successivi al 2020, a titolo di apporto al fondo da parte del MEF (se non emessi e assegnati nel medesimo anno), possa avvenire in alternativa all'apporto di liquidità.
L’articolo 5, comma 6-bis del decreto-legge n. 176 del 2021:
§ ha esteso al 30 giugno 2022 gli interventi del Patrimonio Destinato effettuati nelle forme e alle condizioni previste dal quadro normativo dell’Unione Europea sugli aiuti di Stato adottato per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da Covid-19 (cd. interventi in Temporary Framework: aumenti di capitale di imprese, sottoscrizione di prestiti obbligazionari con obbligo di conversione, di prestiti obbligazionari subordinati convertibili e di prestiti obbligazionari subordinati);
§ ha ampliato gli interventi di Patrimonio Destinato a condizioni di mercato, sia con riferimento ai soggetti, sia con riferimento alle tipologie di operazioni.
Come rammenta la Relazione illustrativa del Governo, le operatività del Patrimonio Rilancio sono due:
1) la prima è definita secondo i termini e alle condizioni di cui al Temporary Framework sugli aiuti di Stato in seno all’emergenza epidemiologica da COVID-19;
2) la seconda forma di operatività si sviluppa a condizioni di mercato, mediante la partecipazione ad aumenti di capitale, la sottoscrizione di prestiti obbligazionari convertibili, operazioni sul mercato primario e secondario, nonché operazioni per ristrutturazioni di imprese; gli strumenti sono strutturati in coerenza con le operazioni di mercato della stessa specie.
Il Governo rammenta che, di conseguenza, il Patrimonio Rilancio è articolato in tre comparti:
1) Fondo Nazionale Supporto Temporaneo-FNST (che ha cessato la propria operatività il 30 giugno 2022 in linea al termine previsto dalla Comunicazione sul “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”);
2) Fondo Nazionale Strategico-FNS;
3) Fondo Nazionale Ristrutturazioni Imprese-FNRI. Gli ultimi due Fondi concernono l’operatività a condizioni di mercato.
Le disposizioni in esame (comma 1, lettera a)) anzitutto integrano l’articolo 27, comma 4-quater del decreto Rilancio, prevedendo che, al fine di beneficiare degli interventi a condizioni di mercato del Patrimonio Rilancio nella forma di operazioni sul mercato primario, tramite partecipazione ad aumenti di capitale e sottoscrizione di prestiti obbligazionari convertibili, le società risultanti da fusioni o scissioni possano utilizzare anche uno o più bilanci pro-forma, certificati da un revisore contabile.
Al riguardo, il Governo chiarisce che la modifica intende consentire l’accesso agli interventi del FNS anche a società risultanti da recenti operazioni di fusione o scissione, che, non avendo ancora i bilanci di esercizio approvati e assoggettati a revisione legale, necessari ai fini dei requisiti previsti dal Decreto attuativo, possono soddisfare i medesimi requisiti anche per il tramite di bilanci pro-forma certificati da un revisore contabile: si tratta di documenti che recano dati finanziari preliminari, i quali mostrano gli effetti delle operazioni che si intende condurre. Attraverso i bilanci pro-forma sono tradotte in grandezze contabili le ipotesi relative al futuro svolgimento della gestione.
La successiva lettera b) inserisce all’articolo 27 un nuovo comma 4-quinquies che estende l’ambito operativo degli interventi del Patrimonio Destinato a condizioni di mercato.
A legislazione vigente gli interventi del Patrimonio Destinato sulle imprese devono soddisfare alcune condizioni, individuate dall’articolo 3 delle norme attuative, contenute nel citato Decreto MEF n. 26 del 2021.
Tra le condizioni previste a legislazione vigente è previsto che nei confronti della società su cui interviene Patrimonio Destinato non deve essere stata pronunciata sentenza di condanna, né di applicazione della sanzione su richiesta, ai sensi delle disposizioni sulla responsabilità amministrativa degli enti (di cui all'articolo 63 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231), anche non passata in giudicato, e l'impresa non deve essere a conoscenza della pendenza di procedimenti a suo carico in relazione agli illeciti amministrativi commessi nell'interesse o a vantaggio dell'ente, previsti in relazione ai profili di responsabilità amministrativa da reato (di cui alla sezione III del Capo I del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231).
In sostanza le norme vigenti impediscono che il Patrimonio Destinato intervenga per le imprese che, per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, siano:
a) soggette a indagini;
b) destinatarie di una sentenza di condanna di primo grado anche non passata in giudicato.
Con le modifiche in esame si prevede che, limitatamente all’operatività a condizioni di mercato, le disposizioni che impediscono l’accesso agli interventi di Patrimonio Destinato nei casi di responsabilità da reato (di cui all’articolo 3, comma 1, lettera h), del decreto MEF n. 26 del 2021) trovino applicazione solo alle società nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di condanna o di applicazione della sanzione, anche non passata in giudicato.
Di conseguenza, come chiarisce la Relazione illustrativa, la norma in esame consente di presentare domanda per l’accesso agli interventi di Patrimonio Destinato alle società che, pur essendo nelle condizioni e in possesso degli altri requisiti, a legislazione vigente non potrebbero farlo a fronte della sola pendenza di indagini preliminari.
Articolo 23
(Disposizioni finanziarie)
L’articolo 23 reca la quantificazione degli oneri derivanti dall’attuazione della dematerializzazione delle quote di PMI – Srl (pari a 3,3 milioni di euro a decorrere dall’anno 2023) e individua la relativa fonte di copertura finanziaria. L’articolo reca inoltre la clausola di invarianza finanziaria relativamente al resto del provvedimento.
In particolare, il comma 1 stabilisce che agli oneri derivanti dall’attuazione dell’articolo 3 della presente legge (dematerializzazione delle quote di PMI – Srl), pari a 3,3 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2023, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2023-2025, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2023, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Il comma 2 reca la clausola di invarianza finanziaria, salvo quanto previsto dal comma 1, per cui dall’attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono all’attuazione dei compiti derivanti dalla presente legge con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.