Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Finanze |
Titolo: | Elementi essenziali della tassazione in Italia |
Serie: | Documentazione e ricerche Numero: 1 |
Data: | 12/07/2023 |
Organi della Camera: | VI Finanze |
della tassazione in Italia
12 luglio 2023
La documentazione dei Servizi e degli Uffici del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. Si declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.
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I N D I C E
§ L'imposta sul reddito delle persone fisiche – Irpef
§ La riduzione del cuneo fiscale
§ Il sistema di deduzioni e detrazioni (spese fiscali o tax expenditures)
§ La tassazione proporzionale (cd. flat tax) nel sistema fiscale italiano
§ 4. La tassazione delle rendite finanziarie
§ 5. Coltivatori diretti e imprenditori agricoli
§ 6. Il regime opzionale per i neoresidenti
§ 7. La flat tax per i pensionati
§ 8. La tassazione dei redditi agrari
§ L’imposizione immobiliare: lineamenti generali
§ L’imposizione immobiliare nel quadro della finanza locale
§ Le imposte indirette sui trasferimenti
§ Il sistema catastale italiano
§ I crediti fiscali immobiliari: ristrutturazioni edilizie e superbonus
IRES E TASSAZIONE DELLE IMPRESE
§ Lineamenti dell’imposizione diretta sul settore produttivo: l’Ires
§ Stabile organizzazione e base imponibile
§ Aliquote
§ Superammortamento e iperammortamento e Transizione 4.0
§ La tassazione delle imprese del settore finanziario
§ L’Irap
LA CESSIONE DEI CREDITI FISCALI
§ L’imposta sul valore aggiunto – Iva
§ Le iniziative europee in materia di IVA
§ Sistema dell'IVA definitivo e riforma delle aliquote nell’Unione europea
§ Fatturazione elettronica e trasmissione telematica
§ Semplificazione adempimenti fiscali
§ I ruoli da riscuotere (cd. magazzino)
§ Gli interventi per favorire la compliance
§ La riscossione degli enti locali
§ Tassi di interesse per il versamento, la riscossione e i rimborsi dei tributi
§ Brevi cenni agli organi della giurisdizione tributaria
§ Lineamenti del processo tributario
L’imposta sul reddito delle persone fisiche nei principali paesi europei
§ Francia
§ Germania
§ Spagna
§ Francia
§ Germania
La fiscalità immobiliare in Francia, Germania, Regno Unito e Spagna
§ Francia
§ Germania
§ Spagna
Con il presente lavoro si intende fornire una sintetica panoramica dei principali istituti fiscali italiani e, in particolare, delle forme di imposizione tributaria che nel corso degli ultimi anni sono state all’attenzione del legislatore, sia in ragione della loro importanza politico-economica (si pensi al dibattito sull’imposizione del lavoro e delle attività produttive), sia per i loro effetti sulla finanza pubblica (si pensi agli interventi in materia di compliance fiscale).
Il dossier raccoglie brevi schede di sintesi sulle singole tasse o imposte, gli ultimi interventi del legislatore per ciascuna di esse, le questioni aperte e alcune proposte provenienti dall'attività parlamentare o da istituzioni pubbliche e private.
In particolare, con riferimento alle imposte dirette, nella prima parte del lavoro sono descritti i lineamenti fondamentali dell’Imposta sul reddito delle persone fisiche – Irpef, oggetto di una significativa modifica da parte della Legge di bilancio 2022. Sono poi illustrati, in particolare, i dati sull’imposta risultanti dalle dichiarazioni dei redditi e dai principali documenti riassuntivi sul gettito fiscale (resi disponibili dal Dipartimento finanze del MEF).
Con riferimento alla tassazione immobiliare, il dossier illustra le principali caratteristiche sia dell’imposizione diretta che delle forme indirette di prelievo su tali cespiti. Specifica rilevanza in tale settore è rivestita dalle agevolazioni fiscali per la valorizzazione del patrimonio immobiliare privato (in particolare, la disciplina delle detrazioni per ristrutturazioni edilizie e per la riqualificazione energetica degli edifici).
Per quanto riguarda la tassazione di impresa, specifica attenzione è dedicata alla disciplina delle imposte sui redditi e all’Irap, quest’ultima oggetto di modifica con la menzionata Legge di bilancio 2022; viene poi data specifica attenzione ad alcuni istituti agevolativi introdotti nel corso degli ultimi anni. Uno specifico capitolo è inoltre dedicato alla disciplina della cessione dei crediti fiscali.
Relativamente alle imposte indirette, nel presente lavoro è fornita una panoramica sull’Imposta sul valore aggiunto – IVA e sulle accise, entrambe imposte armonizzate a livello UE. Con riferimento all’Iva, si dà conto tra l’altro delle principali modifiche in corso a livello europeo. Per quanto invece concerne le accise, specifica attenzione è dedicata alle accise sui carburanti e sui prodotti energetici, in ragione della crisi in atto in Europa.
Alla riscossione delle imposte viene dedicato un apposito capitolo del dossier, al fine di illustrare le problematiche relative al cd. magazzino fiscale (ruoli da riscuotere) e i principali interventi legislativi (e non) per migliorare l’aderenza all’obbligo tributario da parte dei contribuenti (cd. tax compliance).
La legge n. 130 del 2022 ha operato una complessiva riforma della giustizia tributaria, di cui viene effettuata una panoramica volta a evidenziarne le principali innovazioni, con riferimento in particolare agli organi della giurisdizione e alle modifiche procedurali.
Infine, il dossier illustra i principali lineamenti dell’imposizione tributaria in alcuni Paesi europei allo scopo di fornire una rapida panoramica comparatistica. Tale sezione del dossier è curata dal Servizio Biblioteca della Camera dei deputati.
Il 16 marzo 2023 il Consiglio dei ministri ha deliberato un disegno di legge contenente delega al Governo per la riforma fiscale (A.C. 1038). Il provvedimento è stato assegnato in sede referente alla VI Commissione Finanze, che ne ha concluso l’esame in sede referente il 5 luglio 2023.
In sintesi consta di 20 articoli, distribuiti in cinque titoli.
Il Titolo I contiene i principi generali e i tempi di esercizio della delega (artt. 1-3) nonché i principi e i criteri direttivi per la riforma dello statuto del contribuente, con particolare riguardo alla disciplina dell’interpello (art. 4).
Il Titolo II, concernente i tributi, rappresenta la parte più ampia della delega ed è articolato in tre capi. Il Capo I concerne le imposte sui redditi, l’Iva e l’IRAP (artt. 5-8) ed un articolo nel quale confluiscono ulteriori disposizioni sulla materia (art. 9). Il Capo II (artt. 10-12) concerne tutte le altre imposte indirette. Il Capo III invece contiene un unico articolo concernente la disciplina dei giochi (art. 13).
Il Titolo III attiene alla disciplina delle procedure di definizione dell’imponibile, accertamento, riscossione e contenzioso (capo I, artt. 14-17) e le sanzioni (Capo II, artt. 18).
Il Titolo IV contiene i principi e i criteri direttivi relativi al riordino della normativa tributaria e alla codificazione (art. 19).
Il Titolo V contiene le disposizioni finanziarie (art. 20).
L'articolo 1 delega il Governo ad adottare, entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi recanti la revisione del sistema tributario, indicando i principi e criteri direttivi generali e specifici cui deve attenersi la stessa (comma 1), disciplinando le modalità e i termini di esame parlamentare degli schemi di decreto legislativo (commi 2-3) e il meccanismo di slittamento del termine di delega (comma 4), stabilendo le modalità di coordinamento con la normativa vigente e di individuazione delle norme da abrogare (commi 5) e fissando i termini per l'adozione degli eventuali decreti legislativi correttivi (comma 6).
L'articolo 2 individua i seguenti principi generali cui il Governo deve attenersi nell'esercizio della delega: stimolo della crescita economica e alla natalità, prevenzione e riduzione dell'evasione e dell'elusione fiscale attraverso l'aumento dell'efficienza della struttura dei tributi e la riduzione del carico fiscale, razionalizzazione e semplificazione del sistema tributario e revisione degli adempimenti dichiarativi e di versamento per i contribuenti. Si prevede anche un trattamento particolare per gli atti di trasferimento o di destinazione di beni e diritti in favore di persone con disabilità e l'applicazione dei principi e criteri direttivi generali di cui alla legge sul federalismo fiscale
Nel corso dell'esame in sede referente sono state introdotte alcune specificazioni (come ad esempio un esplicito riferimento al principio di progressività) e precisazioni (ossia i soggetti cui deve essere prioritariamente indirizzato il beneficio fiscale).
L'articolo 3 reca i princìpi e criteri direttivi di delega per la riforma del sistema fiscale con riferimento agli aspetti internazionali e sovranazionali del sistema tributario, con particolare riferimento all'adeguamento dell'ordinamento tributario nazionale agli standard di protezione dei diritti stabiliti dal diritto dell'Unione europea, alle raccomandazioni OCSE nell'ambito del progetto BEPS (base erosion and profit shifting) contro l'erosione della base imponibile, alla migliore prassi internazionale e alle convenzioni sottoscritte dall'Italia per evitare le doppie imposizioni. Più in dettaglio, la norma individua come ambito di intervento la revisione della disciplina della residenza fiscale delle persone fisiche, delle società e degli enti diversi dalle società come criterio di collegamento personale all'imposizione e come obiettivo quello di promuovere l'introduzione di misure volte a conformare il sistema di imposizione sul reddito a una maggiore competitività sul piano internazionale. Si prevede inoltre il coordinamento di tale disciplina con quella relativa alla stabile organizzazione e dei regimi speciali vigenti per i soggetti che trasferiscono la residenza in Italia, anche valutando la possibilità di adeguarla all'esecuzione della prestazione lavorativa in modalità agile (inciso aggiunto nel corso dell'esame in sede referente).
L'articolo 4 stabilisce che il Governo, nell'esercizio della delega per la revisione del sistema fiscale, osservi una serie di principi e criteri direttivi per la revisione dello Statuto dei diritti del contribuente tra i quali, oltre al rafforzamento dell'obbligo di motivazione degli atti impositivi, e alla valorizzazione dei principi di legittimo affidamento e di certezza del diritto, rilevano specialmente i principi introdotti in materia di interpelli.
A seguito di una modifica introdotta in sede referente le norme dello Statuto dei diritti del contribuente sono qualificate come princìpi generali dell'ordinamento e criteri di interpretazione adeguatrice della legislazione tributaria.
Nel corso dell'esame in sede referente sono stati inoltre introdotti due principi di delega: il primo diretto a istituire disciplinare l'istituto della consulenza giuridica, distinguendolo dall'interpello e prevedendone presupposti, procedure ed effetti, assicurando che non ne derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica; il secondo volto a prevedere l'istituzione e la definizione dei compiti del Garante nazionale del contribuente con la contestuale soppressione del Garante del contribuente, operante presso ogni direzione delle entrate regionale e delle province autonome.
L'articolo 5 contiene i principi e i criteri direttivi in materia di IRPEF.
In termini generali si dispone la revisione e la graduale riduzione dell'Irpef, nel rispetto del principio di progressività e tendenzialmente e gradualmente diretto al raggiungimento di un'aliquota unica. Nel riordino delle agevolazioni si deve tenere conto delle relative finalità, con particolare riguardo ad alcuni elementi (tra cui la composizione del nucleo familiare, la tutela del bene casa e della salute, dell'istruzione). Si prevede inoltre il graduale perseguimento della equità orizzontale attraverso, tra l'altro: l'applicazione della stessa area di esenzione fiscale e dello stesso carico impositivo Irpef indipendentemente dalla natura del reddito prodotto; la possibilità del contribuente di dedurre i contributi previdenziali obbligatori. Con le modifiche in sede referente, è stata limitata l'applicazione della cd. flat tax incrementale, originariamente prevista in via generalizzata dal testo del disegno di legge presentato dal Governo, alle retribuzioni corrisposte a titolo di straordinario che eccedono una determinata soglia e sui redditi da lavoro dipendente e assimilati se riferibili alla percezione della tredicesima mensilità ed è stata altresì prevista l'introduzione della medesima tassazione flat, in misura agevolata anche sui premi di produttività.
Specifici principi sono previsti per i redditi agrari con l'obiettivo di favorire ed agevolare l'aggiornamento delle classi e qualità di coltura prevedendo, tra l'altro, un regime di favore per i redditi ottenuti da soggetti titolari di pensione o di redditi modesti che svolgano attività agricole.
Per quanto concerne i redditi dei fabbricati, il disegno di legge indica la possibilità di estendere il regime della cedolare secca agli immobili adibiti ad uso diverso da quello abitativo, qualora, è stato precisato in sede referente, il conduttore sia un esercente, una attività d'impresa, o di arti e professioni.
Diversi principi e criteri direttivi concernono i redditi di natura finanziaria rispetto ai quali si prevede la creazione di un'unica categoria reddituale (superando quindi la distinzione tra rediti da capitale e redditi diversi), determinando il valore di tali redditi sulla base del principio di cassa e assicurando una più ampia possibilità di compensazione tra componenti positivi e negativi (è stato precisato in sede referente che ciò deve avvenire nel rispetto dell'obiettivo di contenere gli spazi di elusione e di erosione dell'imposta). Viene inoltre prevista l'ipotesi di tassazione sostitutiva di imposte sui redditi e relative addizionali applicabile ai redditi finanziari, e iniziative agevolative e di semplificazione con riferimento ai rendimenti finanziari delle forme previdenziali complementari e per gli enti previdenziali privati.
Con riferimento ai redditi da lavoro dipendente e assimilati, i principi e criteri direttivi prevedono revisione e la semplificazione delle disposizioni riguardanti le somme e i valori esclusi dall'imponibile salvaguardando specifiche finalità.
Per quanto riguarda il lavoro autonomo, nell'ottica di semplificazione e razionalizzazione, si prevede in particolare: il concorso alla formazione del reddito di tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo conseguiti; l'allineamento del trattamento fiscale degli immobili strumentali, nonché di quelli a uso promiscuo; la riduzione delle ritenute operate sui compensi, nel caso in cui ci si avvalga di dipendenti e collaboratori; la neutralità fiscale delle operazioni di aggregazione e riorganizzazione degli studi professionali.
Per quanto riguarda i redditi d'impresa, il disegno di legge prevede un regime opzionale di tassazione per le imprese in contabilità ordinaria, per favorire la neutralità tra i diversi sistemi di tassazione, mediante l'assimilazione al regime dell'imposta sul reddito delle società e l'assoggettamento ad aliquota proporzionale allineata a quella ordinaria dell'Ires. Sono infine contemplati specifici interventi sui cd. redditi diversi.
L'articolo 5 è stato oggetto di diverse modifiche in sede referente: è stato specificato che, nella revisione e riduzione dell'Irpef, tenuto conto della composizione del nucleo familiare, occorre prendere in considerazione, in particolare, i nuclei familiari in cui sia presente una persona con disabilità; per quanto riguarda la tutela del bene costituito dalla casa, è stato specificato che tale tutela avviene con riferimento: alla casa in proprietà o in locazione; al miglioramento di efficienza energetica e riduzione del rischio sismico cui è stato aggiunto l'obiettivo della rigenerazione urbana e rifunzionalizzazione edilizia, valutando anche le esigenze di tutela, manutenzione e conservazione dei beni culturali; è stato previsto che nella medesima revisione dell'imposta sul reddito delle persone fisiche l'esecutivo abbia riguardo a misure volte a a favorire la propensione a stipulare assicurazioni con oggetto il rischio di eventi calamitosi, nonché volte a favorire lo stabile inserimento nel mercato del lavoro dei giovani che non hanno compiuto il trentesimo anno di età. È stato chiarito che i redditi di natura finanziaria, nell'impianto di delega, devono essere inclusi nel reddito complessivo. Inoltre, nell'esercizio della delega il Governo è chiamato a valutare l'introduzione, per un periodo limitato di tempo, di misure idonee a favorire i trasferimenti di residenza nei comuni periferici e ultraperiferici, come individuati dalla Strategia nazionale per le aree interne.
E' stato infine introdotto un principio di delega, con particolare riguardo alle modalità di versamento dell'IRPEF dovuta dai lavoratori autonomi, dagli imprenditori individuali e dai contribuenti a cui si applicano gli indici sintetici di affidabilità fiscale, diretto a prevedere una migliore distribuzione del carico fiscale nel tempo, anche mediante la progressiva introduzione della periodicità mensile dei versamenti degli acconti e dei saldi e un'eventuale riduzione della ritenuta d'acconto ed è stato precisato, con riguardo alla tassazione dei collezionisti di opere d'arte, l'esonero dei medesimi da ogni forma dichiarativa di carattere patrimoniale.
L'articolo 6 reca i princìpi e i criteri direttivi per la revisione del sistema di imposizione sui redditi delle società e degli enti. In sintesi, a seguito delle modifiche introdotte in sede referente, si prevede, oltre alla semplificazione dell'allineamento tra valori civilistici e fiscali, un doppio regime agevolato rispetto all'Ires ordinaria: accanto all'aliquota ordinaria (attualmente pari al 24%) infatti, in sostituzione del principio di delega originariamente previsto alla lettera a), si prevedono due regimi di vantaggio complementari. Il primo prevede la riduzione dell'aliquota dell'IRES nel caso in cui sia impiegata in investimenti, con particolare riferimento a quelli qualificati, in nuove assunzioni o in schemi stabili di partecipazione dei dipendenti agli utili, una somma corrispondente, in tutto o in parte, al reddito entro i due periodi d'imposta successivi alla sua produzione. La riduzione non si applica al reddito corrispondente agli utili che, nel predetto biennio, sono distribuiti o destinati a finalità estranee all'esercizio dell'attività d'impresa; per le imprese che non beneficiano della riduzione come appena descritta, viene introdotta la possibilità di fruire di eventuali incentivi fiscali riguardanti gli investimenti qualificati, anche attraverso il potenziamento dell'ammortamento, nonché di misure finalizzate all'effettuazione di nuove assunzioni, anche attraverso la possibile maggiorazione della deducibilità dei costi relativi alle medesime. Sono inoltre introdotti specifici principi e criteri direttivi relativi a specifici aspetti contabili (dalla valutazione degli interessi passivi, della disciplina dei conferimenti di azienda, dal regime di compensazione delle perdite fiscali, all'introduzione di un regime speciale, in caso di passaggio dei beni dall'attività commerciale a quella non commerciale e viceversa).
L'articolo 7 reca i princìpi e criteri direttivi specifici per la revisione dell'Iva prevedendo una ridefinizione dei presupposti dell'imposta in modo da renderli più aderenti alla normativa dell'Unione europea, la revisione della disciplina delle operazioni esenti la razionalizzazione del numero e della misura delle aliquote Iva, la revisione della disciplina della detrazione ed alcuni interventi più settoriali (con riferimento al gruppo Iva, terzo settore, importazione di opere d'arte).
L'articolo 8 stabilisce principi e criteri direttivi specifici volti a realizzare il graduale superamento dell'imposta regionale sulle attività produttive, indicando le priorità di attuazione dell'intervento.
L'articolo 9 disciplina diversi ambiti specifici attinenti all'imposizione sui redditi, tra i quali si colloca innanzi tutto la razionalizzazione e la semplificazione dei criteri di determinazione del reddito d'impresa prevedendo inoltre la razionalizzazione degli incentivi alle imprese e della fiscalità di vantaggio; sono stabiliti principi e criteri direttivi con riferimento ai redditi delle imprese che accedono agli istituti disciplinati dal codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, alle società "di comodo", nonché con riferimento ai regimi agevolativi per gli enti del Terzo settore e alle misure fiscali per gli enti sportivi.
Nel corso dell'esame in sede referente sono stati introdotti tre ulteriori principi di delega: il primo diretto a semplificare e razionalizzare la disciplina della liquidazione ordinaria delle imprese individuali e delle società commerciali; il secondo volto a prevedere al fine di garantire il rafforzamento del processo di avvicinamento dei valori fiscali a quelli civilistici la semplificazione e la razionalizzare la disciplina del codice civile in materia di bilancio, con particolare riguardo alle imprese di minori dimensioni e la previsione della possibilità per i soggetti che adottano i princìpi contabili internazionali IAS/IFRS per il bilancio consolidato, la facoltà di applicarli anche al bilancio di esercizio, salve alcune eccezioni; il terzo volto a favorire lo sviluppo economico del Mezzogiorno e la riduzione del divario territoriale, valutando la semplificazione del sistema di agevolazioni fiscali nei riguardi delle imprese.
Nel corso dell'esame in sede referente è stato infine aggiunto un nuovo principio di delega primo diretto ad introdurre la disciplina fiscale relativa alla scissione societaria parziale.
Un ulteriore principio di delega introdotto in sede referente prevede l'adozione di misure volte a favorire la permanenza in Italia di studenti ivi formati, anche mediante la razionalizzazione degli incentivi per il rientro in Italia di persone ivi formate e occupate all'estero.
L'articolo 10, modificato nel corso dell'esame in sede referente, specifica i princìpi e i criteri direttivi specifici relativi ai tributi indiretti diversi dall'Iva, con particolare riferimento all'imposta di registro, imposta sulle successioni e donazioni e imposta di bollo.
In particolare, tra gli altri, interventi si prevede di razionalizzare la disciplina dei singoli tributi, anche mediante l'accorpamento o la soppressione di fattispecie imponibili, ovvero mediante la revisione della base imponibile o della misura dell'imposta applicabile nonché di prevedere il sistema di autoliquidazione per l'imposta sulle successioni e per l'imposta di registro.
Nel corso dell'esame in sede referente è stato introdotto uno specifico principio di delega diretto al riordino delle tasse automobilistiche valutando l'eventuale progressivo superamento dell'addizionale erariale sulla tassa automobilistica per le autovetture e gli autoveicoli destinati al trasporto promiscuo di persone e cose, aventi potenza superiore a 185 chilowatt (cosiddetto superbollo);
L'articolo 11 reca i principi e i criteri direttivi specifici a cui il Governo è tenuto ad attenersi per la revisione della disciplina doganale, attraverso il riassetto del quadro normativo in materia doganale, il completamento della telematizzazione delle procedure e degli istituti doganali, il potenziamento dello Sportello unico doganale e dei controlli ed il riordino delle procedure di liquidazione, accertamento, revisione dell'accertamento e riscossione. Si prevede infine la revisione dell'istituto della controversia doganale.
L'articolo 12 reca i princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della delega con riferimento alle accise e alle altre imposte indirette sulla produzione e sui consumi. Si prevedono vari principi e criteri direttivi tra i quali la rimodulazione delle aliquote di accisa sui prodotti energetici e sull'energia elettrica e sul teleriscaldamento in modo da tener conto dell'impatto ambientale di ciascun prodotto, la promozione della produzione di energia elettrica, di gas metano o di gas naturale o di altri gas ottenuti da biomasse o altre risorse rinnovabili e la rimodulazione della tassazione sui prodotti energetici impiegati per la produzione di energia elettrica per incentivare l'uso di quelli più compatibili con l'ambiente intervenendo inoltre sulle agevolazioni in materia di accisa sui prodotti energetici, con particolare riferimento ai sussidi ambientalmente dannosi. Specifici principi concernono gli adempimenti relativi ai prodotti alcolici e la revisione della disciplina di applicazione dell'imposta di consumo sugli oli lubrificanti.
Nel corso dell’esame è stato introdotto un principio di delega concernente il divieto di vendita a distanza, con provenienza del prodotto o con approvvigionamento dello stesso da Paesi o territori estranei all'Unione europea ai consumatori che acquistano nel territorio dello Stato dei prodotti da inalazione contenenti nicotina o preparati allo scopo di consentire l'assorbimento di questa sostanza senza inalazione o combustione, precisando inoltre che la consegna dei prodotti acquistati a distanza avvenga esclusivamente presso una rivendita scelta dal consumatore al momento dell'acquisto, tra quelle autorizzate.
L'articolo 13, contenente i principi e i criteri direttivi in materia di giochi, conferma innanzitutto il modello organizzativo del sistema dei giochi basato sul regime concessorio e autorizzatorio. Reca inoltre i princìpi e criteri direttivi per il riordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici, con specifico riguardo, tra l'altro, alla tutela dei soggetti maggiormente vulnerabili e alla prevenzione dei fenomeni di disturbi da gioco d'azzardo, alla dislocazione territoriale degli esercizi, ai requisiti soggettivi e di onorabilità dei soggetti concessionari, alla crisi del rapporto concessorio, alla riserva statale nella organizzazione ed esercizio dei giochi, al prelievo erariale, alla partecipazione degli enti locali al procedimento di autorizzazione e di pianificazione, alle regole di rilascio delle licenze, alla disciplina dei controlli e dell'accertamento dei tributi, alla qualificazione e alla responsabilità degli organismi di certificazione degli apparecchi da intrattenimento. Nel corso dell'esame in sede referente sono stati introdotti due principi di delega: il primo volto a prevedere l'impiego di forme di comunicazione del gioco legale coerenti con l'esigenza di tutela dei soggetti più vulnerabili; il secondo contenente la previsione dell'accesso, da parte dei soggetti pubblici e privati che svolgono attività di prevenzione e cura della patologia da gioco d'azzardo, ai dati concernenti la diffusione territoriale, la raccolta, la spesa e la tassazione dei giochi autorizzati di qualsiasi tipologia e classificazione.
L'articolo 14 contiene undici principi e criteri direttivi relativi alla revisione generale degli adempimenti tributari aventi ad oggetto l'introduzione di misure per la semplificazione degli obblighi dichiarativi e di versamento, anche tenendo conto dei periodi di riduzione dell'attività lavorativa (agosto e dicembre); interventi diretti a favorire l'accesso ai servizi dell'amministrazione finanziaria; misure dirette a rafforzare la posizione dei cittadini nel rapporto con l'amministrazione finanziaria ed interventi concernenti l'amministrazione finanziaria. Sono inoltre individuati due principi concernenti specificamente il riordino della disciplina delle cauzioni in materia di accisa e la revisione delle procedure amministrative per la gestione della rete di vendita dei prodotti del tabacco.
L'articolo 15 indica principi e criteri direttivi specifici per la revisione dell'attività di accertamento. Le norme di delega prevedono misure di semplificazione del procedimento accertativo e un'applicazione generalizzata del procedimento del contraddittorio. In particolare, la disposizione delega al Governo il compito di disciplinare il diritto al contraddittorio in modo omogeneo concedendo anche al contribuente un termine congruo per le eventuali osservazioni, su cui l'ente impositore è tenuto a motivare espressamente in caso di mancato accoglimento delle stesse. Viene previsto, inoltre, il riordino delle norme in materia di analisi delle posizioni di rischio fiscale e l'utilizzo sempre maggiore delle tecnologie digitali (anche supportate dall'intelligenza artificiale), un potenziamento e una semplificazione del regime dell'adempimento collaborativo (anche attraverso maggiori meccanismi premiali e la riduzione della soglia di ingresso al regime), nonché a introdurre per i soggetti di minori dimensioni la possibilità di accedere a un concordato preventivo biennale. Altre norme sono rivolte ad assicurare una maggiore certezza del diritto tributario anche attraverso la diminuzione degli aggravi degli oneri amministrativi previsti per il contribuente.
L'articolo 16 reca i principi e i criteri direttivi specifici per una revisione del sistema nazionale della riscossione che assicuri una maggiore efficacia, imparzialità ed efficienza. Oltre a diversi aspetti procedurali si prevede il discarico automatico, al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello dell'affidamento, delle quote non riscosse, con individuazione delle quote automaticamente discaricate in ciascun anno da sottoporre al controllo; la revisione della responsabilità dell'agente della riscossione, oltre alla salvaguardia del credito, all'aggiornamento tecnologico, il progressivo superamento dello strumento del ruolo e della cartella di pagamento nonché dell'attuale separazione tra Agenzia delle entrate ed Agenzia delle entrate-Riscossione.
L'articolo 17 reca i princìpi e i criteri direttivi a cui il Governo è chiamato ad attenersi nell'esercitare la delega conferita per la revisione della disciplina e dell'organizzazione dei processi tributari con particolare riguardo al rafforzamento agli istituti deflattivi del contenzioso, all'implementazione del processo di informatizzazione della giustizia tributaria nonché intervenendo su alcuni aspetti procedurali e organizzativi.
Con l'articolo 18 si prevedono una serie di princìpi e criteri direttivi specifici per la revisione del sistema sanzionatorio tributario, amministrativo e penale, in materia di imposte sui redditi, di imposta sul valore aggiunto, di altri tributi erariali indiretti e di tributi degli enti territoriali. Obiettivo delle norme è razionalizzare, riparametrare e coordinare il rapporto tra sanzioni amministrative e penali, anche definendo specifici aspetti (ad esempio l'introduzione di uno specifico reato di sottrazione applicabile ai tabacchi lavorati ed ai prodotti ad essi assimilati e i reati doganali).
L'articolo 19 reca la delega per la codificazione della normativa fiscale e detta i princìpi e i criteri direttivi che il Governo è chiamato a seguire per un riordino organico delle disposizioni che regolano il sistema fiscale mediante la redazione di testi unici e di un vero e proprio codice tributario.
L'articolo 20 reca le disposizioni riguardanti gli oneri derivanti dalle norme di delega e le relative coperture finanziarie. Anche sulla base di quanto indicato dalla relazione tecnica, le norme di delega non comportano oneri immediati per la finanza pubblica. Viceversa la realizzazione della riforma attraverso gli specifici decreti legislativi che il Governo intenderà adottare, qualora comporti dei costi per la finanza pubblica, dovrà trovare copertura secondo modalità specificamente indicate dalla norma medesima.
Per ulteriori informazioni si veda il relativo dossier.
Nel corso della XVII legislatura, la legge 11 marzo 2014, n. 23 ha conferito una delega al Governo per la realizzazione di un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita. In attuazione della predetta delega sono stati adottati provvedimenti concernenti, tra l’altro: semplificazioni fiscali e dichiarazione dei redditi precompilata; tassazione dei tabacchi lavorati; composizione, attribuzioni e funzionamento delle Commissioni censuarie; fatturazione elettronica e trasmissione telematica delle operazioni Iva; norme sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente; misure per la crescita e l'internazionalizzazione delle imprese; una revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario; una revisione della disciplina dell'organizzazione delle agenzie fiscali; una revisione del sistema sanzionatorio; misure per la semplificazione e razionalizzazione delle norme in materia di riscossione; stima e il monitoraggio dell'evasione fiscale e il monitoraggio e il riordino delle disposizioni in materia di erosione fiscale. Il 27 giugno 2015 è scaduto il termine per l'attuazione della delega. Sono dunque rimaste inattuate o parzialmente attuate, tra le altre, le norme concernenti la revisione del catasto dei fabbricati, fatta salva la riforma delle Commissioni censuarie; la revisione della riscossione degli enti locali e dell'imposizione sui redditi di impresa; la razionalizzazione dell’Iva e di altre imposte indirette, la revisione della disciplina dei giochi pubblici e il rilancio del settore ippico; la revisione della fiscalità energetica e ambientale.
Nel corso della XVIII Legislatura, come sarà dettagliato infra nel presente lavoro, è stato approvato dal Governo un disegno di legge di delega per la riforma del sistema fiscale il 5 ottobre 2021 (anche a esito dei lavori delle Commissioni Finanze di Camera e Senato, che hanno condotto congiuntamente una articolata indagine conoscitiva). Il disegno di legge è stato trasmesso alla Camera dei deputati il 29 ottobre 2021, che ne ha concluso l’esame il 22 giugno 2022 trasmettendolo al Senato (A.S. 2651). Tuttavia, a seguito della conclusione anticipata della legislatura, il disegno di legge non ha concluso il suo iter. Alcune delle misure auspicate nelle conclusioni dell'indagine conoscitiva e riportate come principi di delega sono state attuate in via legislativa, in particolare con la legge di bilancio 2022 (ad esempio la revisione delle aliquote IRPEF ed il parziale superamento dell'IRAP). Per approfondimenti si rinvia al sito della documentazione parlamentare.
Per quanto attiene al 2022 (periodo gennaio-dicembre 2022) accertate in base al criterio della competenza giuridica ammontano a 544.528 milioni di euro, con un aumento di 48.484 milioni di euro rispetto allo stesso periodo dell’anno 2021 (+9,8%).
Le imposte dirette si attestano a 296.078 milioni di euro (+26.234 milioni di euro, pari a +9,7%) e le imposte indirette risultano pari a 248.450 milioni di euro (+22.250 milioni di euro, pari a +9,8%).
Le entrate totali relative ai giochi sono risultate pari a 14.617 milioni di euro (+2.102 milioni di euro, pari a +16,8%); considerando solo le imposte indirette, il gettito delle attività da gioco (lotto, lotterie e delle altre attività di gioco) è di 13.802 milioni di euro (+2.131 milioni di euro, pari a +18,3%).
Nel periodo gennaio-dicembre 2022 il gettito derivante dall’attività di accertamento e controllo si è attestato a 12.271 milioni (+3.684 milioni di euro, pari a +42,9%) di cui: 6.498 milioni di euro (+2.288 milioni di euro, pari a +54,3%) sono affluiti dalle imposte dirette e 5.773 milioni di euro (+1.396 milioni di euro, pari a +31,9%) dalle imposte indirette.
Nel periodo gennaio-aprile 2023, le entrate tributarie erariali accertate in base al criterio della competenza giuridica ammontano a 150.907 milioni di euro, con un incremento di 2.596 milioni di euro rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (+1,8%).
Fonte: MEF-Dipartimento finanze
Di seguito l’andamento del flusso delle entrate tributarie negli anni dal 2009 al 2022.
Merita infine segnalare che, a seguito del conflitto in Ucraina e della crisi energetica, il legislatore nazionale ha adottato un complesso di misure – anche fiscali – volte a sostenere famiglie e imprese nella contingenza economica sfavorevole. Per una sintetica panoramica degli interventi si rinvia al portale della documentazione.
Sotto il profilo metodologico si segnala che, in linea generale, le misure temporanee non sono illustrate nel presente lavoro; si dà conto invece degli interventi contenuti nei provvedimenti emergenziali che, però, hanno natura strutturale o sono destinati ad avere effetti (anche di gettito) continuativi nel tempo.
L'imposta sul reddito delle persone fisiche – Irpef, è regolata dal Testo unico delle imposte sui redditi (DPR 22 dicembre 1986 n. 917). Essa si applica sui redditi che rientrano in alcune categorie individuate dalla legge (redditi fondiari, redditi di capitale, redditi di lavoro dipendente, redditi di lavoro autonomo, redditi di impresa, redditi diversi) ed è una imposta progressiva in quanto colpisce il reddito, con aliquote che dipendono dagli scaglioni di reddito stesso. L’imponibile e l’imposta da versare sono determinati, rispettivamente, al netto degli oneri deducibili e delle detrazioni per oneri.
Tale impostazione generale è rimasta immutata, anche a seguito delle modifiche sostanziali apportate ad aliquote e scaglioni dalla Legge di Bilancio 2022 (articolo 1, commi 2-7 della legge n. 234 del 2021).
Per effetto di tali modifiche, il sistema prevede quattro scaglioni di reddito con altrettante aliquote, secondo il seguente schema:
§ fino a 15.000 euro, 23%;
§ da 15.000,01 a 28.000 euro, 25%;
§ da 28.000,01 a 50.000 euro, 35%;
§ oltre 50.000 euro, 43%.
Al riguardo l’Agenzia delle entrate ha pubblicato sul proprio sito una estesa circolare (n. 4/E del 18 febbraio 2022) che fornisce chiarimenti sulla riforma dell’Irpef contenuta nella Legge di bilancio 2022.
Il sistema in vigore fino alla fine del 2021 prevedeva invece cinque aliquote e modulava diversamente gli scaglioni:
§ fino a 15.000 euro, 23 per cento;
§ oltre 15.000 euro e fino a 28.000 euro, 27 per cento;
§ oltre 28.000 euro e fino a 55.000 euro, 38 per cento;
§ oltre 55.000 euro e fino a 75.000 euro, 41 per cento;
§ oltre 75.000 euro, 43 per cento.
La progressività dell’imposta è altresì garantita dalla presenza di un complesso sistema di detrazioni e deduzioni, stratificatosi nel tempo.
A tale sistema occorre altresì aggiungere le addizionali regionali e comunali all’Irpef, che si applicano al reddito complessivo determinato ai fini Irpef e devono essere versate se, per l’anno di riferimento, risulta dovuta l’Irpef.
Con riferimento specifico all’unità impositiva, il sistema Irpef italiano dal 1976 è basato sul reddito individuale.
Altri Paesi utilizzano correttivi finalizzati a considerare in modo più compiuto il nucleo familiare (come lo splitting – utilizzato in Germania, Irlanda e USA – o il quoziente familiare, utilizzato in Francia).
La risoluzione del Parlamento europeo sull’uguaglianza di genere e politiche fiscali del 15 gennaio 2019 chiarisce che la tassazione individuale sia da preferire a qualsiasi alternativa su base familiare, a causa della sua caratteristica di neutralità nei confronti dell’offerta di lavoro del secondo percettore di reddito. Nell’adottare tale risoluzione,
quindi, il Parlamento europeo incentiva gli Stati membri che non hanno questo sistema ad un passaggio graduale.
È prevista una no tax area, derivante dall’applicazione delle diverse detrazioni per lavoro dipendente o pensione o da lavoro autonomo, che sono decrescenti al crescere del reddito.
La no tax area varia a seconda delle diverse categorie di contribuenti: è pari a circa 8.174 euro per i lavoratori dipendenti, a circa 8.500 per i pensionati, a 5.500 per i lavoratori autonomi. L’azzeramento dell’Irpef porta con sé quello delle relative addizionali regionale e comunale.
Nell'ottica di agevolare i redditi che vedono prevalente la componente lavorativa al loro interno, il legislatore ha cercato di attenuare l'impatto della tassazione attraverso la previsione di una detrazione Irpef da applicarsi in maniera progressiva, fino a certe soglie, al reddito derivante da lavoro autonomo, dipendente o da pensione (la detrazione pertanto non si applica agli altri redditi sottoposti a Irpef indicati all’articolo 6 del TUIR: fondiari, dei fabbricati e dei terreni, di capitale, di impresa, redditi diversi).
Circa l’assimilazione del reddito da pensione a quello di lavoro dipendente si ricorda che l’articolo 49 del TUIR stabilisce che sono redditi di lavoro dipendente quelli che derivano da rapporti aventi per oggetto la prestazione di lavoro, con qualsiasi qualifica, alle dipendenze e sotto la direzione di altri, compreso il lavoro a domicilio quando è considerato lavoro dipendente secondo le norme della legislazione sul lavoro. Costituiscono, altresì, redditi di lavoro dipendente le pensioni di ogni genere e gli assegni ad esse equiparati.
La disciplina delle due fattispecie (lavoro autonomo e dipendente) si differenzia, tuttavia, per le modalità del calcolo della detrazione, nonché per le soglie dei limiti di reddito che danno diritto all’esonero dalla presentazione della dichiarazione (no tax area).
1) le detrazioni Irpef per lavoro autonomo sono riconosciute ad alcuni soggetti che svolgono attività di lavoro non dipendente. Si tratta di professionisti, imprese minori, titolari di partita Iva e tutti i soggetti che svolgono lavoro autonomo, sia di carattere continuativo, sia occasionale nonché alcune tipologie di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente. Le regole per il calcolo dell’importo riconosciuto ai titolari di partita Iva sono contenute al comma 5, articolo 13 del TUIR.
La legge di bilancio 2022 (articolo 1, comma 2 lettera b), n. 5 della legge n. 234 del 2021) ha rimodulato tale detrazione, disciplinata dall’articolo 13 del TUIR, fissandola nelle seguenti misure:
§ 1.265 euro, se il reddito complessivo non supera 5.500 euro;
§ 500 euro, aumentata del prodotto fra 765 euro e l’importo corrispondente al rapporto fra 28.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 22.500 euro, se l’ammontare del reddito complessivo è superiore a 5.500 euro ma non a 28.000 euro;
§ fino a 500 euro, se il reddito complessivo è superiore a 28.000 euro ma non a 50.000 euro. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 50.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 22.000 euro.
Si prevede un aumento della detrazione di un importo pari a 50 euro, se il reddito complessivo è superiore a 11.000 euro ma non a 17.000 euro.
L’importo delle detrazioni Irpef sui redditi da lavoro autonomo, fino alla fine del 2021, era così stabilito:
§ detrazione di 1.104 euro, se il reddito complessivo non superava 4.800 euro;
§ detrazione di 1.104 euro, se il reddito complessivo era superiore a 4.800 euro ma non a 55.000 euro. In questo caso la detrazione spettava per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 55.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 50.200 euro.
Rispetto al regime previgente quindi:
§ è stata aumentata da 1.104 euro a 1.265 euro la detrazione per la prima soglia di reddito, elevata da 4.800 euro a 5.500 euro;
§ è stata introdotta una ulteriore soglia di reddito (superiore a 5.500 euro e fino a 28.000 euro) con una specifica detrazione (vedi sopra). Tale detrazione è pari a 500 euro, aumentata di una somma pari a 765 euro per un reddito pari 5.500 euro, che decresce al crescere del reddito fino ad azzerarsi alla soglia dei 28.000 euro;
§ è stata rimodulata conseguentemente l’ultima soglia di reddito, ora compresa tra i 28.000 euro e 50.000 euro. Per tale ultima soglia, la detrazione è rimodulata; essa spetta nell’importo massimo di 500 euro per un reddito pari a 28.000 euro, riducendosi progressivamente fino ad annullarsi raggiunti i 50.000 euro;
§ analogamente a quanto previsto per le altre tipologie di reddito, si prevede un aumento della detrazione di un importo pari a 50 euro per la fascia di reddito superiore a 11.000 euro ma non a 17.000 euro.
Il calcolo dell’importo spettante è quindi effettuato in base al reddito percepito nell’anno di riferimento, dato dalla differenza tra ricavi e costi in base a quanto dichiarato nel modello Unico PF. In merito alle prestazioni di lavoro occasionale, le ritenute d’acconto dell’Irpef vanno considerate nel calcolo dell’Irpef dovuta in sede di presentazione dei redditi. Pertanto, presentando il modello Unico PF, il lavoratore che ha effettuato prestazioni occasionali fino a 4.800 euro potrà richiedere le ritenute d’acconto indietro portandole a credito Irpef.
La detrazione Irpef per lavoro autonomo è riconosciuta in misura piena per i redditi non superiori a 5.500 euro con relativo esonero dalla presentazione della dichiarazione perché in tal caso l’importo riconosciuto copre completamente l’ammontare dell’Irpef dovuta nell’anno. L’aliquota Irpef fino a 15.000 euro è
rimasta infatti del 23%, quindi l’imposta lorda calcolata sarebbe appunto pari a 1.104 euro, completamente azzerata dalla detrazione.
2) Come anticipato, anche i lavoratori dipendenti hanno diritto di ricevere particolari detrazioni fiscali legate alla produzione di reddito da lavoro dipendente o assimilato che possono fruire al fine di abbattere la propria tassazione Irpef.
Le detrazioni da lavoro dipendente o assimilati sono disciplinate dall’articolo 13, comma 1, lettere a), b) e c) del TUIR, anch’esso profondamente modificato dalla legge di bilancio 2022.
Si ricorda che per redditi da lavoro assimilati rilevanti ai fini del riconoscimento della detrazione (articolo 50, comma 1, lettere a), b), c), c-bis), d), h-bis) e l) del TUIR) si intendono:
a) i compensi percepiti dai lavoratori soci delle cooperative di produzione e lavoro, delle cooperative di servizi, delle cooperative agricole e di prima trasformazione dei prodotti agricoli e delle cooperative della piccola pesca;
b) le indennità e i compensi percepiti a carico di terzi dai prestatori di lavoro dipendente per incarichi svolti in relazione a tale qualità, ad esclusione di quelli che
per clausola contrattuale devono essere riversati al datore di lavoro e di quelli che per legge devono essere riversati allo Stato;
c) le somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio o di assegno, premio o sussidio per fini di studio o di addestramento professionale, se il beneficiario non è legato da rapporti di lavoro dipendente nei confronti del soggetto erogante;
c-bis) le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d'imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione agli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società, associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica, alla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili, alla partecipazione a collegi e commissioni, nonché quelli percepiti in relazione ad altri rapporti di collaborazione aventi per oggetto la prestazione di attività svolte senza vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto nel quadro di un rapporto unitario e continuativo senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita, sempreché gli uffici o le collaborazioni non rientrino nei compiti istituzionali compresi nell'attività di lavoro dipendente, concernente redditi di lavoro dipendente, o nell'oggetto dell'arte o professione concernente redditi di lavoro autonomo, esercitate dal contribuente;
d) le remunerazioni dei sacerdoti;
h-bis) le prestazioni pensionistiche da previdenza complementare;
l) i compensi percepiti dai soggetti impegnati in lavori socialmente utili in conformità a specifiche disposizioni normative.
La legge di bilancio 2022 (articolo 1, comma 2 lettera b) n. 1 della legge n. 234 del 2021), come anticipato, ha rimodulato la detrazione per redditi da lavoro dipendente e assimilati, novellando il comma 1, lettere a), b) e c) dell’articolo 13 del TUIR
Con le modifiche in commento, la detrazione suddetta ammonta a:
1) 1.880 euro, se il reddito complessivo non supera 15.000 euro, precisando che l’ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore
2) a 690 euro e che, per i rapporti di lavoro a tempo determinato, non può essere inferiore a 1.380 euro;
3) 1.910 euro, aumentata del prodotto tra 1.190 euro e l’importo corrispondente al rapporto tra 28.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 13.000 euro, se l’ammontare del reddito complessivo è superiore a 15.000 euro ma non a 28.000 euro;
4) fino a 1.910 euro, se il reddito complessivo è superiore a 28.000 euro ma non a 50.000 euro; la detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 50.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 22.000 euro.
Si prevede, aggiungendo un comma 2 all’articolo 13 del TUIR, un aumento della detrazione pari a 65 euro per i redditi superiori a 25.000 euro ed inferiori a 35.000 euro.
La normativa previgente disponeva che, se alla formazione del reddito complessivo concorrevano uno o più redditi da lavoro dipendente o assimilati a quelli di lavoro dipendente, spettasse una detrazione dall'imposta lorda, rapportata al periodo di lavoro nell'anno, pari a:
a) 1.880 euro, se il reddito complessivo non superava 8.000 euro con relativo esonero dalla presentazione della dichiarazione (l'ammontare della detrazione spettante non può essere inferiore a 690 euro e, per i rapporti di lavoro a tempo determinato, l'ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 1.380 euro);
b) 978 euro, aumentata del prodotto tra 902 euro e l'importo corrispondente al rapporto tra 28.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 20.000 euro, se l'ammontare del reddito complessivo era superiore a 8.000 euro ma non a 28.000 euro;
c) 978 euro, se il reddito complessivo era superiore a 28.000 euro ma non a 55.000 euro; la detrazione spettava per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 55.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 27.000 euro.
Rispetto al regime precedentemente vigente, quindi:
§ viene ampliata la prima soglia di reddito cui si applica la detrazione, da 8.000 a 15.000 euro. Per tali redditi rimane ferma la misura di 1.880 euro della detrazione;
§ con riferimento alla seconda soglia di reddito, che passa da 15.000 a 28.000 euro, la misura della detrazione base passa da 978 a 1.910 euro. Viene conseguentemente modificata la modalità di calcolo della quota ulteriore della predetta detrazione, stabilendo:
· l’aumento del valore iniziale da 902 a 1.190 euro;
· l’adeguamento dei valori utilizzati nel prodotto, ai fini della determinazione della quota aggiuntiva di detrazione. Pertanto tale quota ulteriore è pari a 1.190 euro per un reddito pari a 15.000 euro e decresce, all’aumentare del reddito, fino ad annullarsi raggiunti i 28.000 euro;
§ la terza e ultima soglia di reddito per cui spetta la detrazione è ridotta da 55.000 a 50.000 euro. La detrazione base, per tali redditi, passa da 978 a 1.910 euro. Essa ammonta a 1.910 euro per redditi pari a 28.000 euro e decresce fino ad annullarsi alla soglia dei 50.000 euro;
§ si prevede un aumento di 65 euro della detrazione applicabile, specificamente, alla fascia di reddito tra 25.000 e 35.000 euro.
L’ammontare della detrazione per redditi da lavoro dipendente, spettante ai lavoratori ogni mese in busta paga, viene calcolato in rapporto ai giorni di detrazioni spettanti nel mese (compreso sabato e domenica). Per il calcolo della detrazione per lavoro dipendente in busta paga, occorre distinguere il calcolo effettuato in via presuntiva dal datore di lavoro sostituto d’imposta nelle buste paga da gennaio a novembre, rispetto al calcolo effettuato dal datore di lavoro nel mese di dicembre e in occasione del conguaglio fiscale di fine anno, che è calcolato sul reddito da lavoro dipendente definitivo.
Per i redditi da pensione la detrazione è disciplinata dall’articolo 13, comma 3 lettere a), b) e c) del TUIR.
Anch’essa è stata ridefinita dalla manovra 2022.
L’articolo 1, comma 2, lettera b) n. 3 della menzionata legge di bilancio 2022 rimodula la detrazione per redditi da pensione, novellando il comma 3, lettere a), b) e c) dell’articolo 13 del TUIR, fissandola in:
1) 1.955 euro, se il reddito complessivo non supera 8.500 euro. L’ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 713 euro;
2) 700 euro, aumentata del prodotto fra 1.255 euro e l’importo corrispondente al rapporto fra 28.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 19.500 euro, se l’ammontare del reddito complessivo è superiore a 8.500 euro ma non a 28.000 euro;
3) fino a 700 euro, se il reddito complessivo è superiore a 28.000 euro ma non a 50.000 euro. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 50.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 22.000 euro.
Aggiungendo un comma 3-bis all’articolo 13 TUIR, si prevede un aumento della detrazione pari a 50 euro per i redditi superiori a 25.000 euro ed inferiori a 29.000 euro.
Nel regime previgente essa era pari a:
a) 1.880 euro, se il reddito complessivo non supera 8.000 euro (l’ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 713 euro);
b) 1.297 euro, aumentata del prodotto fra 583 euro e l'importo corrispondente al rapporto fra 15.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 7.000 euro, se l'ammontare del reddito complessivo è superiore a 8.000 euro ma non a 15.000 euro;
c) 1.297 euro, se il reddito complessivo è superiore a 15.000 euro ma non a 55.000 euro. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 55.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 40.000 euro.
Rispetto al regime precedentemente vigente, quindi:
§ con riferimento la prima soglia di reddito per cui spetta la detrazione, essa è elevata da 8.000 a 8.500 euro. Per tale soglia, la detrazione viene innalzata da 1.880 a 1.995 euro, con una misura minima di detrazione che passa 690 a 713 euro;
§ per quanto concerne la seconda soglia di reddito individuata ex lege, essa viene portata da 15.000 a 28.000 euro. Per tale soglia, si riduce da 1.297 a 700 euro la
§ detrazione base. Si apportano modifiche al calcolo della quota ulteriore della detrazione, stabilendo: a) l’aumento del valore iniziale da 583 euro a 1.255 euro; b) l’adeguamento dei valori utilizzati nel prodotto ai fini della determinazione della quota aggiuntiva di detrazione. Pertanto tale quota ulteriore è pari a 1.255 euro per un reddito pari a 8.500 euro e decresce, all’aumentare del reddito, fino ad annullarsi una volta raggiunti i 28.000 euro;
§ la terza e ultima soglia, oltre la quale non spetta la detrazione, viene abbassata da 55.000 a 50.000 euro. Con riferimento a tale terza soglia, la base di calcolo della detrazione d’imposta per i redditi superiori a 28.000 euro e fino a 50.000 euro si abbassa da 1.297 a 700 euro. La detrazione è pari a 700 euro per redditi pari a 28.000 euro e decresce fino ad annullarsi alla soglia dei 50.000 euro;
§ si prevede uno specifico an aumento della detrazione, pari a 50 euro, nella fascia di reddito compresa tra 25.000 e 29.000 euro.
Infine, si ricorda che se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi derivanti dagli assegni periodici corrisposti al coniuge, ad esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli, in conseguenza di separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell'autorità giudiziaria (articolo 10, comma 1, lettera c)), spetta una detrazione dall'imposta lorda, non cumulabile, in misura pari a quelle di cui al sopra citato comma 3, non rapportate ad alcun periodo nell'anno (articolo 13, comma 5-bis).
Il quadro attuale contempla la possibilità per le regioni e i comuni di applicare addizionali alla base imponibile dell’Irpef, scegliendo tra l’applicazione di un’aliquota proporzionale e l’utilizzo degli stessi scaglioni dell’imposta erariale.
Il legislatore degli ultimi anni è intervenuto sulla disciplina dell’Irpef -soprattutto a seguito delle istanze provenienti dalle istituzioni europee- principalmente per ridurre il cd. cuneo fiscale (imposizione fiscale e contributiva sul lavoro) e rilanciare i consumi. Parallelamente, gli interventi
sull’Irpef hanno perseguito finalità ulteriori, quali il riordino delle agevolazioni e il rilancio di specifici settori economici. A tale scopo il legislatore si è concentrato sul sistema di deduzioni e detrazioni sopra menzionate, lasciando immutate sia la struttura, sia i presupposti generali dell’imposta.
Come ha più volte rilevato l’Ocse (Taxing Wages 2023), in Italia il prelievo sul lavoro è tra i più elevati in Europa: l’aliquota implicita di tassazione sul lavoro, che include anche i contributi sociali versati dal datore e dal lavoratore, è stato pari nel 2022 al 45,9% (era al 46,5% nel 2021) contro una media OCSE del 34,6%; il quinto valore più alto rilevato dopo il Belgio (53%), la Germania (47,8%), la Francia (47%) e l’Austria (46,8%).
La legge di bilancio 2020 ha costituito un Fondo per la riduzione del carico fiscale sui lavoratori dipendenti, con una dotazione di 3 miliardi di euro per l'anno 2020 e 5 miliardi a decorrere dal 2021; con il decreto-legge n. 3 del 2020 sono state concretamente attuate le predette misure di riduzione del cuneo fiscale. Dal 1° luglio 2020 è riconosciuta una somma a titolo di trattamento integrativo ai percettori di reddito di lavoro dipendente e di taluni redditi assimilati, a specifiche condizioni (imposta lorda superiore all'ammontare della detrazione spettante per lavoro dipendente). In sostanza, è stata innalzata da 80 a 100 euro la misura mensile del bonus in busta paga previsto per tali categorie di contribuenti (introdotta dal decreto-legge n. 66 del 2014, contestualmente abrogato); è anche elevato il limite di reddito che dà diritto all’agevolazione in misura piena (da 24.600 euro si passa a 28.000 euro).
Il decreto-legge n. 3 del 2020 ha poi riconosciuto una ulteriore misura di sostegno al reddito, sotto forma di detrazione dall’imposta lorda, per i titolari di reddito complessivo compreso tra 28.000 e 40.000 euro, inizialmente a carattere temporaneo (semestre 1° luglio -31 dicembre 2020), in vista di una revisione strutturale del sistema delle detrazioni. La legge di bilancio 2021 ha stabilizzato la suindicata detrazione, precisando che per le prestazioni rese a decorrere dal 1° gennaio 2021 l'agevolazione spetta per importi raddoppiati rispetto a quelli previsti nel solo secondo semestre 2020, pari a:
§ 960 euro, aumentati del prodotto tra 240 euro e l'importo corrispondente al rapporto tra 35.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 7.000 euro, se l'ammontare del reddito complessivo è superiore a 28.000 euro ma non a 35.000 euro;
§ 960 euro, se il reddito complessivo è superiore a 35.000 euro ma non a 40.000 euro; la detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 40.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 5.000 euro.
Tale trattamento integrativo è stato oggetto di modifiche da parte della menzionata legge di bilancio 2022 (articolo 1, comma 3 della legge n. 234 del 2021) che in linea generale riduce da 28.000 euro a 15.000 euro il reddito complessivo oltre il quale non è più dovuto il bonus (pari a 1.200 euro in ragione annua a decorrere dal 2021, mentre è stato pari a 600 euro per l’anno 2020).
Dall’altro lato, la norma riconosce comunque il trattamento integrativo, se il reddito complessivo è compreso tra 15.000 e 28.000 euro, ma in presenza
di una specifica condizione: la somma di un insieme di detrazioni individuate dalla norma medesima (per carichi di famiglia, per redditi da lavoro dipendente, assimilati e da pensione, per mutui agrari e immobiliari per acquisto della prima casa limitatamente agli oneri sostenuti in dipendenza di prestiti o mutui contratti fino al 31 dicembre 2021, per erogazioni liberali, per spese sanitarie nei limiti previsti dall’articolo 15 del TUIR, per le rate per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici e da altre disposizioni normative, per spese sostenute fino al 31 dicembre 2021) deve essere di ammontare superiore all’imposta lorda.
In tal caso, il trattamento integrativo è riconosciuto per un ammontare, comunque non superiore a 1.200 euro, determinato in misura pari alla differenza tra la somma delle detrazioni ivi elencate e l’imposta lorda.
È stato poi abrogato l’articolo 2 del medesimo decreto-legge n. 3 del 2020, che – come visto supra - prevedeva un’ulteriore detrazione fiscale per redditi di lavoro dipendente e assimilati, in considerazione delle modifiche alle detrazioni per tipologie di reddito (v. supra) apportate dalla medesima legge di bilancio 2022.
Fonte. Ordine nazionale dei commercialisti
Per quanto invece riguarda le misure, diverse da quelle di natura strettamente tributaria, atte a incidere sul cd. cuneo fiscale si ricorda che sul punto è da ultimo intervenuto il decreto-legge n. 48 del 2023. Si veda il portale della documentazione parlamentare per ulteriori informazioni.
In questa sede giova ricordare che l’articolo 40 del provvedimento menzionato dispone, limitatamente al periodo d’imposta 2023 e a determinate condizioni, una disciplina più favorevole in materia di esclusione dal reddito imponibile, per i lavoratori dipendenti, per i beni ceduti e i servizi prestati al lavoratore medesimo. Il regime transitorio più favorevole consiste: nell’elevamento del limite di esenzione suddetta da 258,23 euro a 3.000 euro; nell’inclusione nel regime di esenzione (nell’ambito del medesimo unico limite) delle somme erogate o rimborsate al
medesimo dal datore di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale. Tale regime transitorio più favorevole è riconosciuto ai lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico.
Sotto un diverso profilo, nel corso degli ultimi anni si sono succedute diverse misure volte ad attrarre risorse umane in Italia, prevedendo agevolazioni condizionate al trasferimento della residenza: si segnala qui il regime speciale per lavoratori impatriati (D. Lgs. n. 147 del 2015, più volte modificato nel tempo), che ha previsto sostanziali riduzioni Irpef per i lavoratori che, non essendo stati residenti in Italia nei cinque periodi di imposta precedenti, trasferiscano la residenza nel territorio dello Stato. Tale regime è stato rafforzato dalla legge di bilancio 2021 che, al comma 50, consente di usufruire dell’allungamento temporale del regime fiscale agevolato anche ai soggetti che hanno trasferito la residenza in Italia prima dell'anno 2020; la legge di bilancio 2022, dall’altro lato, ha ampliato l'operatività della disciplina delle agevolazioni fiscali per il rientro in Italia di docenti e ricercatori (articolo 1, comma 763 della legge n. 234 del 2021).
Il tema delle spese fiscali (c.d. tax expenditures) è al centro del dibattito ormai da diversi anni. Il fabbisogno informativo a esso associato ha trovato risposta grazie alla procedura di monitoraggio delle spese fiscali ridisegnata dal D.Lgs. n. 160 del 2015, che prevede due strumenti con caratteristiche ben distinte.
Da un lato, il rapporto annuale sulle spese fiscali, affidato ad una Commissione sulle tax expenditures e allegato allo stato di previsione dell’entrata della legge di bilancio, è il documento che elenca qualunque forma di esenzione, esclusione, riduzione dell'imponibile o dell'imposta ovvero regime di favore, derivante da disposizioni normative vigenti, con separata indicazione di quelle introdotte nell'anno precedente e nei primi sei mesi dell'anno in corso.
Dall'altro lato il rapporto programmatico, allegato alla Nota di aggiornamento del DEF, indica gli interventi volti a ridurre, eliminare o riformare le spese fiscali in tutto o in parte ingiustificate o superate alla luce delle mutate esigenze sociali o economiche ovvero che si sovrappongono a programmi di spesa aventi le stesse finalità, da attuare con la manovra di finanza pubblica.
Con riferimento alla definizione di spese fiscali, la Commissione ha scelto di allinearsi ai Paesi che sembrano oggi attuare le best practices nel campo, utilizzando così il metodo del benchmark legale, nel quale il sistema tributario di riferimento è identificato con quello vigente (current tax law). Il metodo del benchmark legale consiste nel valutare, volta per volta, se una disposizione di natura agevolativa, rappresenti una caratteristica strutturale del tributo, riferita cioè al suo assetto “normale”, oppure rappresenti una deviazione dalla norma. Solo in questo secondo caso la disposizione sarà ritenuta spesa fiscale. La valutazione è basata, da un lato, sull’esame di carattere sistematico del tributo, a partire dalle norme istitutive e della loro giustificazione da parte del legislatore (relazioni di accompagnamento e altri documenti ufficiali), dall’altro lato, sulla considerazione della portata dimensionale della disposizione, sia sotto il profilo delle implicazioni finanziarie in termini di gettito, sia del numero dei soggetti destinatari del provvedimento. Le principali implicazioni
di questa scelta metodologica per i due maggiori tributi sono, a titolo esemplificativo, le seguenti:
· nel campo dell’Irpef, non sono state qualificate come spese fiscali le detrazioni per spese di produzione del reddito (reddito da lavoro dipendente, pensioni e redditi assimilati), le detrazioni per familiari a carico e le imposte sostitutive sui redditi da capitale;
· nel campo dell’Iva, non sono state qualificate come spese fiscali le aliquote ridotte e le disposizioni obbligatorie derivanti dall’armonizzazione dell’imposta a livello comunitario.
Per maggiori informazioni sul rapporto allegato alla NADEF 2022 si veda il relativo dossier.
In proposito si segnala che in base ai dati consultabili sul sito del MEF-dipartimento finanze nella sezione Analisi statistiche - Dichiarazioni 2022 - Anno d'imposta 2021, il reddito complessivo dichiarato, composto per circa l’83,2% da redditi da lavoro dipendente e da pensione, ammonta a oltre 912,4 miliardi di euro (47 miliardi in più rispetto all’anno precedente, +5,5%) per un valore medio di 22.540 euro, in aumento del 4,5%.
Fonte: elaborazione dai dati del MEF – Dipartimento delle finanze (Dati statistici dichiarazioni 2022 – anno 2021). I valori negativi di reddito complessivo derivano da agevolazioni attribuite dall’ordinamento alle corrispondenti categorie di contribuenti.
Con riferimento alle tipologie di reddito, il Dipartimento Finanze del MEF ha reso nota l’adozione, dal 2018, del criterio di prevalenza, che considera anche i redditi soggetti a tassazione sostitutiva dei contribuenti in regime forfettario e di vantaggio.
Per reddito prevalente si intende quello di ammontare più elevato risultante dal confronto dei valori assoluti dei redditi soggetti a tassazione ordinaria Irpef o a tassazione sostitutiva in regime di cedolare secca (prevista per gli immobili locati) o a tassazione agevolata per i contribuenti in regime forfetario e di vantaggio. Il Mef rileva che circa l’85% dei soggetti detiene prevalentemente reddito da lavoro dipendente o pensione e solo il 6,4% un reddito derivante dall’esercizio di attività d’impresa o di lavoro autonomo compreso anche quello in regime forfetario e di vantaggio.
Le detrazioni ammontano a circa 73,9 miliardi di euro e sono composte prevalentemente da: detrazioni per redditi da lavoro dipendente e pensione (61%), carichi di famiglia (15%), oneri detraibili da sez. I del quadro RP (8,4%), spese per recupero edilizio (11,3%) e spese per il risparmio energetico (2,6%). Il confronto con l’anno precedente evidenzia incrementi, tra l’altro, per le spese di recupero edilizio (+6,2%) e per l’arredo di immobili ristrutturati (+29,6%).
Spostando l’attenzione sugli oneri detraibili, di particolare interesse è l’analisi degli oneri detraibili al 19% (per un ammontare di circa 32,5 miliardi di euro), per i quali si rileva un incremento del 19,2% rispetto al 2020. Gli oneri detraibili al 19% non commisurati al reddito complessivo ammontano a 25,8 miliardi di euro (80% del totale), mentre quelli commisurati al reddito complessivo ammontano a 6,7 miliardi di euro. L’analisi delle componenti, confrontate con l’anno precedente, consente di cogliere l’incremento delle spese sanitarie (+27,2%) e delle spese per istruzione non universitarie (+29,2%), mentre diminuisce la spesa per interessi per mutui su abitazione principale (-4,5%). A partire dal 2021 tra gli oneri detraibili al 19% sono incluse anche le spese per l’iscrizione dei ragazzi ai conservatori, agli AFAM, a scuole di musica nonché a cori, bande e scuole di musica riconosciuti da una pubblica amministrazione (risultano oltre 20.800 soggetti, per un ammontare di circa 10 milioni di euro di spesa).
Fonte: MEF - Statistiche sulle dichiarazioni fiscali - Analisi dei dati Irpef anno d’imposta 2021 (dichiarazioni 2022)
Secondo quanto emerge dall’ultimo Rapporto annuale sulle spese fiscali per l'anno 2022 le 740 tipologie di spese fiscali censite (erariali e locali) comportano un minor gettito di circa 128,6 miliardi (dunque in aumento rispetto alle 721 agevolazioni censite nel 2021 con un minor gettito stimato di 112,3 miliardi in tale anno).
Secondo il rapporto più di un terzo delle spese fiscali riguarda l’Irpef - per costo e tipo di tributo per natura della misura, con il ruolo prevalente di esclusioni ed esenzioni, ma anche di detrazioni e deduzioni e per soggetti e categorie di beneficiari - circa il 40 per cento delle misure riguarda le persone fisiche.
Dall’altro lato, secondo l’analisi dei dati delle dichiarazioni Irpef, nel 2021 le deduzioni ammontano a circa 34,4 miliardi di euro (+1,4% rispetto al 2020) e si suddividono tra la deduzione per abitazione principale (9,2 miliardi di euro) e gli oneri deducibili (25,2 miliardi di euro). Rispetto al 2020 gli oneri deducibili mostrano un incremento dell’1,2%, imputabile prevalentemente alla previdenza complementare (+7,9%). I successivi grafici mettono in evidenza sia la frequenza di utilizzo sia la composizione percentuale dell’ammontare delle singole componenti.
La voce principale, sia in termini di frequenza che di ammontare, riguarda i contributi previdenziali e assistenziali (68% degli oneri deducibili). Si tratta principalmente di oneri riferiti a imprenditori individuali e lavoratori autonomi: questi contribuenti devono riportare in dichiarazione il loro reddito al lordo di tali contributi, che vengono poi dedotti prima del calcolo dell’imponibile Irpef. In questo caso la normativa si differenzia dai lavoratori dipendenti che riportano il reddito in dichiarazione già al netto dei contributi. Tra gli oneri deducibili sono previste anche le erogazioni liberali a favore di Onlus, organizzazioni di volontariato e associazioni di promozione sociale, per le quali, in base al nuovo codice del Terzo Settore, è prevista la possibilità di scegliere tra deduzione e detrazione. La deduzione è prevista nel limite del 10% del reddito complessivo dichiarato, ed è stata utilizzata da oltre 521.000 soggetti per un ammontare di 217 milioni di euro.
Fonte: MEF - Statistiche sulle dichiarazioni fiscali - Analisi dei dati Irpef anno d’imposta 2021 (dichiarazioni 2022)
Accanto al sistema generale dell’Irpef come appena delineato, esistono in Italia alcune ipotesi di tassazione proporzionale (cd. flat tax nel dibattito politico: letteralmente “tassa piatta” calcolata come percentuale costante) che consiste nell’imposizione fiscale non progressiva, basata su una aliquota fissa, al netto di eventuali deduzioni fiscali o detrazioni. Tale modalità di tassazione si applica ad alcuni redditi da lavoro, di impresa e, in linea generale, ai redditi di capitale.
La prima teorizzazione di questo sistema fiscale è generalmente attribuita all’economista Milton Friedman che nel 1956 ne descrisse il funzionamento durante una conferenza al Claremont College dedicata alla distribuzione del reddito (The Distribution of Income). Successivamente nel 1962 tale modello fu definito in dettaglio nel libro Capitalismo e Libertà. Nel testo l’economista affermava che la struttura dell'imposta sul reddito delle persone fisiche migliore sarebbe un'imposta ad aliquota unica (flat tax) applicata a qualsiasi reddito superiore a una somma esentata da imposta, definendo il reddito in termini assai ampi e permettendo esclusivamente la detrazione delle spese, rigorosamente definite, incorse al fine di guadagnare il reddito stesso. Lo studioso individuò per gli Stati Uniti un’aliquota unica ottimale al 23,5% sull'imponibile complessivo.
In Italia esistono alcune tipologie di tassa piatta, che verranno esposte in seguito.
Da ultimo la legge di bilancio 2023 (commi 55-57) ha previsto per il solo anno 2023 che i contribuenti persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni, diversi da quelli che applicano il regime forfettario possono applicare, in luogo delle aliquote per scaglioni di reddito vigenti (previste dall’articolo 11 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917,) un’imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e relative addizionali. Tale imposta viene calcolata con un’aliquota del 15 per cento su una base imponibile, comunque non superiore a 40.000 euro, pari alla differenza tra il reddito d’impresa e di lavoro autonomo determinato nel 2023 e il reddito d’impresa e di lavoro autonomo, d’importo più elevato, dichiarato negli anni dal 2020 al 2022, decurtata di un importo pari al 5 per cento di quest’ultimo ammontare.
La disciplina del regime forfettario è riservata alle persone fisiche titolari di redditi d’impresa o di lavoro autonomo che nell’anno precedente hanno conseguito ricavi o percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a 85 mila euro e hanno sostenuto spese per un importo complessivo non superiore a 20.000 euro lordi per lavoro accessorio, lavoro dipendente e compensi a collaboratori.
La disciplina fondamentale è contenuta nella legge di stabilità 2015 e ha subito modifiche, da ultimo, per effetto della legge di bilancio 2023 (comma 54) che ha innalzato a 85.000 euro (rispetto al precedente valore previsto a 65.000 euro) il limite per accedere al regime forfettario agevolato e ha stabilito che chi avrà compensi o ricavi superiori ai 100 mila non potrà fruire, sin da subito del regime, forfettario, senza aspettare l’anno fiscale seguente (conseguentemente sarà dovuta l'imposta sul valore aggiunto a partire dalle operazioni effettuate che comportano il superamento del predetto limite). Chi invece supererà la nuova soglia degli 85 mila, restando sotto ai 100 mila, cesserà di essere assoggettato al regime forfettario a partire dall’anno successivo, come già previsto dalla legislazione vigente.
In estrema sintesi, l’accesso a tale regime comporta i seguenti sconti fiscali:
§ determinazione agevolata del reddito imponibile mediante l’applicazione, ai ricavi conseguiti o compensi percepiti, di un coefficiente di redditività stabilito ex lege, con deduzione dei contributi previdenziali obbligatori, compresi quelli corrisposti per conto dei collaboratori dell’impresa familiare fiscalmente a carico;
§ applicazione al reddito imponibile di un’unica imposta, nella misura del 15%, sostitutiva di quelle ordinariamente previste (imposte sui redditi, addizionali regionale e comunale, Irap); l’imposta sostitutiva è ridotta al 5% per i primi cinque anni di attività in presenza di determinati requisiti di legge.
Si segnala che secondo i dati presentati dall’Osservatorio sulle partite IVA nel 2022 sono stati 239.131 i soggetti che hanno aderito al regime forfetario (anziché al regime fiscale ordinario), dato sostanzialmente identico al 2021; tali adesioni rappresentano il 47,7% del totale delle nuove aperture di partita Iva.
Dal 1° luglio 2022 i contribuenti in regime forfettario - che nell’anno precedente abbiano conseguito ricavi o compensi superiori a 25.000 euro - sono soggetti all’obbligo di fatturazione elettronica (decreto-legge n. 33 del 2022). Dal 1° gennaio 2024 la fattura elettronica viene estesa a tutti i contribuenti che usufruiscono del regime forfettario.
In linea generale, anche l'imposta sul reddito delle società (Ires) è assimilabile ad una tassa piatta, in quanto determinata mediante l’applicazione di un’aliquota unica, la cui entità, variata nel corso degli anni, è attualmente fissata al 24% (comma 61, legge 28 dicembre 2015, n. 208- legge di stabilità 2016). Per un’analisi più dettagliata di tale imposta si rinvia al relativo paragrafo.
Si ricorda inoltre che, al fine di incoraggiare l'emersione di base imponibile il legislatore ha progressivamente ampliato l’operatività della cd. cedolare secca sui redditi derivanti dalle locazioni immobiliari, che consente di optare per un'imposta sostitutiva ad aliquota unica (flat), in luogo delle ordinarie regole Irpef (con scaglioni e aliquote differenziate).
Il regime agevolato consente di applicare ai redditi derivanti da locazione (ai sensi del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23) un'imposta sostitutiva del 21%, ovvero ad aliquota minore, in presenza di alcune condizioni di legge. Possono optare per il regime della cedolare secca le persone fisiche titolari del diritto di proprietà o del diritto reale di godimento (per esempio, usufrutto), che locano l’immobile al di fuori dell’attività di impresa o di arti e professioni. L’opzione può essere esercitata per unità immobiliari appartenenti alle categorie catastali da A1 a A11 (esclusa l’A10, uffici o studi privati) locate a uso abitativo e per le relative pertinenze.
Il decreto-legge n. 50 del 2017 ha consentito di optare per la cedolare secca al 21 per cento anche per i redditi derivanti dalle cd. locazioni brevi, ovvero contratti di locazione di immobili ad uso abitativo, purché stipulati da persone fisiche al di fuori dell'esercizio d'impresa, direttamente o in presenza di intermediari e anche online. Il provvedimento ha introdotto puntuali obblighi informativi a carico degli intermediari; se tali soggetti intervengono anche nella fase del pagamento dei canoni di locazione, sono tenuti ad applicare una ritenuta del 21 per cento all'atto dell'accredito, a titolo di acconto o d'imposta a seconda che sia stata effettuata o meno l'opzione per la cedolare secca. La legge di bilancio 2021 ha limitato la cd. cedolare secca al 21 per cento sulle locazioni brevi al caso di destinazione di non più di quattro appartamenti per periodo d'imposta, presumendosi altrimenti l'esercizio di impresa a fini fiscali.
In via temporanea, la legge di bilancio 2019 ha consentito di utilizzare la cedolare secca per i contratti di locazione di locali commerciali stipulati solo nell'anno 2019, purché tali immobili siano classificati nella categoria catastale C/1 e abbiano determinati limiti di superficie (fino a 600 mq).
La legge di bilancio 2020 ha ridotto dal 15 al 10 per cento, a regime, l'aliquota della cedolare secca sui canoni dei contratti di locazione di immobili ad uso abitativo a canone concordato, nei comuni ad alta densità abitativa. Il decreto legge n. 162 del 2019 (proroga termini) ha esteso tale riduzione ai comuni per i quali sia stato deliberato lo stato di emergenza a seguito del verificarsi di eventi calamitosi, inclusi i comuni colpiti dagli eventi sismici del Centro Italia.
Sono assoggettate a Irpef anche le cd. rendite finanziarie, che nella disciplina del TUIR sono riconducibili alle due categorie dei redditi di capitale (ovvero che derivano dall’investimento in capitali: dividendi, interessi e altri proventi analoghi) e dei redditi diversi (plusvalenze e minusvalenze derivanti da transazioni su azioni, su titoli rappresentativi di capitale d’impresa e altri prodotti).
Queste due categorie reddituali sono autonome e distinte e non possono formare oggetto di compensazione tra di loro. In particolare, tale distinzione ha comportato effetti distorsivi, dovuti essenzialmente al divieto di compensare i redditi di capitale con le minusvalenze o le perdite conseguite, così come comportamenti elusivi, finalizzati essenzialmente a riclassificare i redditi nell'una o nell'altra categoria a seconda della convenienza fiscale.
In linea generale, l’aliquota dell’imposizione su tali redditi è proporzionale (flat) ed è pari al 26% (misura così stabilita, da ultimo, dal decreto-legge n. 66 del 2014). Secondo il tipo di reddito oggetto di imposizione, si applica la ritenuta a titolo di imposta o l’imposta sostitutiva.
Più in dettaglio i redditi da capitale (interessi e dividendi) sono tassati per cassa, al lordo delle spese e sottoposti all’aliquota sostitutiva del 26%, tranne i proventi derivanti da:
§ titoli di Stato, risparmio postale e interessi dei project bond (12,5%);
§ PIR (esenti, se mantenuti per 5 anni);
§ partecipazione qualificata detenuta da un titolare di reddito di impresa;
§ partecipazione a Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio, se la quota di partecipazione è superiore al 5% (tassati in Irpef).
La tassazione dei redditi diversi di natura finanziaria per i soggetti che non svolgono attività d’impresa, le persone fisiche, le società semplici e soggetti equiparati, gli enti non commerciali prevede tre regimi: il regime della dichiarazione, quello del risparmio amministrato e quello del risparmio gestito. La differenza tra i tre regimi si sostanzia negli adempimenti posti a carico dell’investitore o del gestore, nel momento in cui viene applicata la tassazione (maturato o realizzato) nonché nel trattamento fiscale di profitti e perdite (con particolare riferimento alla loro compensabilità). I redditi diversi sono tassati per cassa nei regimi di risparmio amministrato e di risparmio dichiarativo, mentre sono tassati per competenza nel caso del risparmio gestito. Con riferimento alla tassazione dei fondi comuni di investimento, con il decreto legge n. 225 del 2010 è stato effettuato il passaggio da un sistema di tassazione per maturazione in capo al fondo a un sistema di tassazione per cassa in capo agli investitori.
Uno specifico trattamento viene riservato ai proventi derivanti da cd. paesi black list (con cui non vi è adeguato scambio di informazioni fiscali), che possono essere sottoposti a imposizione con l’aliquota Irpef ordinaria, ovvero ad aliquota flat nei casi previsti dalla legge (qualora la scarsa trasparenza venga superata da alcune circostanza di fatto, ad esempio se i proventi derivano da società negoziate in mercati regolamentati e siano corrisposti da intermediari finanziari residenti in Italia), ovvero imputati per trasparenza ai soci.
Specifiche modifiche alla tassazione dei redditi finanziari sono state apportate dalla legge di bilancio 2023, per la cui ricognizione si rinvia al portale della documentazione parlamentare.
In questa sede si ricorda che per effetto della richiamata legge (n. 197 del 2022):
§ sono ripristinati alcuni limiti alla deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi di reddito derivanti da operazioni intercorse con imprese e professionisti residenti, ovvero localizzati in Stati non cooperativi a fini fiscali (commi 84-86);
§ si consente ai contribuenti che, nell'ambito di attività di impresa, detengono partecipazioni in società ed enti esteri, in particolare ubicati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, di affrancare o rimpatriare, attraverso il pagamento di un'imposta sostitutiva, gli utili e le riserve di utili non distribuiti alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, come risultanti dal bilancio chiuso nell'esercizio 2021 (antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022) (commi 87-95);
§ si assoggettano a imposizione in Italia le plusvalenze derivanti, per i soggetti non residenti, dalla cessione di partecipazioni in società ed enti, non negoziate in mercati regolamentati, il cui valore, per più del 50%, deriva direttamente o indirettamente da beni immobili situati in Italia (commi 96-99);
§ sono introdotte agevolazioni fiscali temporanee per le cessioni o assegnazioni, da parte delle società - ivi incluse le cd. società non operative - di beni immobili e di beni mobili registrati ai soci: a queste operazioni si applica un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'IRAP ed è ridotta l'imposta di registro. Analoghe agevolazioni sono previste per le relative trasformazioni societarie; le disposizioni concernenti la cd. estromissione dei beni di imprese individuali - ossia la possibilità di escludere beni immobili strumentali dal patrimonio dell'impresa, assegnandoli all'imprenditore dietro pagamento di un'imposta sostitutiva; sono estese anche alle esclusioni dei beni posseduti alla data del 31 ottobre 2022, poste in essere dal 1° gennaio 2023 al 31 maggio 2023 (commi da 100 a 106);
§ si consente di assumere, ai fini del computo di plusvalenze e minusvalenze finanziarie, anche riferite a titoli o partecipazioni negoziate in mercati regolamentari, il valore normale di tali titoli al 31 dicembre 2023, in luogo del loro costo o valore di acquisto, dietro il versamento di un'imposta sostitutiva con aliquota al 16% (commi 107-109);
§ si consente di considerare realizzati i redditi derivanti dalla cessione o dal rimborso di quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) assoggettando ad imposta sostitutiva con aliquota del 14 per cento la differenza tra il valore delle quote o azioni rilevato dai prospetti periodici alla data del 31 dicembre 2022 e il costo o valore di acquisto o di sottoscrizione; si introduce la facoltà di considerare corrisposti i redditi derivanti dai contratti di assicurazione sulla vita di cui al ramo I (assicurazioni sulla durata della vita umana) e al ramo V (operazioni di capitalizzazione) assoggettando a imposta sostitutiva con aliquota del 14 per cento la differenza tra il valore della riserva matematica alla data del 31 dicembre 2022 e i premi versati (commi 112-114).
Il provvedimento introduce altresì una specifica disciplina fiscale applicabile alle cripto-attività (commi 126-147), che sono incluse nell'ambito del quadro impositivo sui redditi delle persone fisiche in modo esplicito le cripto-attività.
Viene a tal fine introdotta una nuova categoria di "redditi diversi" costituita dalle plusvalenze e dagli altri proventi realizzati mediante rimborso o cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione di cripto-attività, comunque denominata, archiviata o negoziata elettronicamente su tecnologie di registri distribuiti o tecnologie equivalenti, non inferiori complessivamente a 2.000 euro nel periodo d'imposta.
Va ricordato in questa sede il regime di favore riservato ai coltivatori diretti e agli imprenditori agricoli che, allo stato attuale, sono esentati dall’Irpef, ma anche dall’Irap e dall’Imu e che beneficiano di un regime speciale Iva. Va considerato a tale proposito che in molti casi oggi le attività di questo settore sono assimilabili ad attività industriali. Nel 2018 sono stati esentati i redditi fondiari (determinati usualmente su base catastale) per gli agricoltori professionali.
Con la legge di bilancio 2017, n. 232 del 2016 (comma 152), è stato introdotto un regime speciale riservato alle persone fisiche che trasferiscono la residenza fiscale in Italia. Tali soggetti possono beneficiare di una imposta sostitutiva forfettaria di centomila euro, per ciascun periodo d’imposta per cui viene esercitata, sui redditi prodotti all’estero.
Si segnala che non si tratta strettamente di tassa piatta con applicazione di aliquota fissa, essendo un’imposta forfettaria sostitutiva, ma generalmente viene ricompresa nel novero delle figure di flat tax.
Tale regime forfettario può essere esteso anche ad uno o più familiari in possesso dei requisiti, attraverso una specifica indicazione nella dichiarazione dei redditi riferita al periodo d’imposta in cui il familiare trasferisce la residenza fiscale in Italia o in quella successiva. In questo caso, l’imposta sostitutiva è pari a 25mila euro per ciascuno dei familiari ai quali sono estesi gli effetti della stessa opzione.
Istituita con la legge di bilancio 2019 e corretta con il decreto crescita, la flat tax per i pensionati è un'imposta unica del 7% che l'erario applica a tutti i redditi di pensionati che, dall'estero, decidono di trasferire la loro residenza in una regione del Sud Italia.
Il processo di cedolarizzazione è un tratto già presente alla nascita dell’imposta personale sul reddito, con la tassazione proporzionale dei redditi di capitale.
Negli ultimi due decenni, oltre ai regimi descritti, ha interessato anche i premi di risultato dei dipendenti e diverse forme di welfare aziendale, nonché i compensi per ripetizioni.
La crescente estensione dei regimi di tassazione sostitutiva può determinare un carico fiscale diseguale tra le varie fonti di reddito, incidendo negativamente sulla capacità redistributiva dell’imposta, anche in considerazione della mancata applicazione a tali redditi delle addizionali comunali e regionali.
Secondo la Banca d’Italia, nel complesso la cedolarizzazione riduce la base imponibile dell’Irpef di circa un decimo, effetto in gran parte riconducibile a redditi finanziari e a redditi d’impresa e da lavoro autonomo, soprattutto dopo l’estensione del prelievo proporzionale ai soggetti con ricavi non superiori a 65 mila euro.
Secondo la disciplina del TUIR, i redditi riconducibili alle attività agricole si distinguono in redditi agrari e redditi dominicali. Il reddito dominicale, definito come “la parte dominicale del reddito ordinariamente ritraibile dal terreno attraverso l'esercizio di attività agricole” (art. 27) è definito sulla base delle tariffe d’estimo rivalutate, più volte nel corso degli anni, per ciascuna qualità e classe di terreno (art. 28).
Tali tariffe si basano sui valori delle colture eseguite e possono quindi variare in aumento o in diminuzione a seconda delle colture praticate nonché per fattori naturali (oltre a calamità naturali, eventi fitopatologici o entomologici). In tali ultimi casi è necessaria un’apposita denuncia agli uffici dell’Agenzia delle entrate competenti, i cui effetti, ai sensi dell’articolo 30 del TUIR, si verificano nello stesso anno nel quale la perdita di reddito si è verificata, a condizione che la denuncia sia effettuata entro il 31 gennaio dell’anno successivo. Con riguardo alle variazioni in aumento esse vanno comunicate entro il medesimo termine delle precedenti ma gli effetti decorrono dall’anno successivo a quello in cui si è verificato l’evento.
Se la perdita di reddito supera il 30% il reddito dominicale non concorre alla formazione del reddito imponibile.
Il reddito agrario, secondo la definizione del TUIR è rappresentato dalla parte del reddito medio ordinario imputabile al capitale d'esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati nei limiti delle potenzialità del terreno nell'esercizio di attività agricole sullo stesso. Anche il reddito agrario, come il reddito dominicale è calcolato sulla base di tariffe d’estimo stabilite per ciascuna qualità e classe secondo le norme della legge catastale più volte rivalutate (art. 34) ed è considerato inesistente se l’attività agricola non è svolta per cause naturali o per la semplice mancata coltivazione. Le attività produttive di reddito agrario sono definite all’articolo 35 del TUIR e da altre disposizioni normative (ad esempio l'attività di acquacoltura, ai sensi dell’articolo 2 della legge n. 102 del 1992, ovvero quella di produzione di energia elettrica tramite biocombustibili di origine forestale, ai sensi dell’articolo 1, comma 423 della legge n. 266 del 2005).
Posto che l’elemento caratterizzante il reddito agrario è legato all’esercizio normale delle attività agricole nei limiti delle potenzialità del terreno, tali principi segnano il discrimine tra attività produttiva di reddito agrario e quella produttiva di reddito d’impresa. Tale principio è precisato in alcune disposizioni volte a individuare la linea di confine tra il reddito agrario e il reddito d’impresa.
Ad esempio, con riferimento al limite di reddito ritraibile dall’allevamento di animali, si prevede che ai fini della configurazione dell’attività come agricola essa debba svolgersi con mangimi ottenibili per almeno un quarto dai terreni in cui insiste l’attività, o, con riferimento alla produzione di vegetali tramite strutture fisse o mobili, anche se provvisorie, la superficie destinata alla produzione non può eccedere il doppio del terreno su cui insiste.
La legge di bilancio 2020 ha istituito il "Fondo assegno universale e servizi alla famiglia", indirizzato al riordino e alla sistematizzazione delle politiche di sostegno alle famiglie con figli.
In seguito, la legge n. 46 del 2021 ha conferito una delega al Governo per riordinare, semplificare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l'introduzione dell'Assegno unico e universale (AUU). Con l'approvazione del D. Lgs. n. 230 del 2021, il Governo ha dato attuazione alla Legge delega introducendo l'AUU nel nostro ordinamento.
Questo Assegno, erogato dal mese di marzo 2022, costituisce un beneficio economico attribuito su base mensile ai nuclei familiari in base all'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) (qui da ultimo la Circolare INPS n. 41 del 7 aprile 2023 che aggiorna i valori dopo le modifiche intervenute da ultimo con la legge di bilancio 2023 (legge 29 dicembre 2022, n. 197).
Con l'entrata in vigore dell'AUU, sono state abrogate in quanto assorbite dall'Assegno, le seguenti misure di sostegno alla natalità:
§ il premio alla nascita o all'adozione (Bonus mamma domani);
§ l'assegno ai nuclei familiari con almeno tre figli minori;
§ gli assegni familiari ai nuclei familiari con figli e orfanili;
§ l'assegno di natalità (cd. Bonus bebè);
§ le detrazioni fiscali per figli fino a 21 anni.
L'Assegno unico invece non assorbe né limita gli importi del bonus asilo nido ed è compatibile con la fruizione di eventuali altre misure in denaro a favore dei figli a carico erogate dalle Regioni, dalle Province autonome e dagli enti locali.
Come stabilito dal decreto delegato, l'importo dell'assegno unico e universale è parametrato ai diversi livelli ISEE e alle diverse tipologie di nucleo familiare. È corrisposto dal settimo mese di gravidanza, per ciascun figlio a carico.
Il valore dell'assegno varia fino ad un massimo di 189,20 euro/mese per ciascun figlio minorenne nelle famiglie con ISEE inferiore o pari a 15.000 euro. Tale importo si riduce gradualmente a seconda dei livelli ISEE fino a raggiungere un valore minimo e costante (pari a 50 euro) in corrispondenza di ISEE pari o superiore a 40.000 euro.
L'importo dell'Assegno diminuisce al crescere della condizione economica anche per ciascun figlio maggiorenne (anche se disabile) dai 18 ai 21 anni; in questi casi gli importi variano da 85 a 25 euro mensili.
L'AUU è concesso nella forma di credito d'imposta ovvero di erogazione mensile di una somma in denaro. Per la determinazione del reddito familiare, l'Assegno non deve essere computato nei trattamenti assistenziali e non concorre alla formazione del reddito complessivo ai fini IRPEF.
L'assegno, proprio perché basato sul principio universalistico, costituisce un beneficio economico attribuito con criteri di progressività a tutti i nuclei familiari con figli a carico, nell'ambito delle risorse del Fondo assegno universale e servizi alla famiglia e dei risparmi di spesa (risorse rinvenienti stimate in 14 miliardi di euro circa) derivanti da graduale superamento o dalla soppressione delle misure previgenti per il sostegno dei figli a carico.
Per i nuclei familiari con quattro o più figli, è prevista una maggiorazione forfettaria pari a 150 euro mensili (importo incrementato dalla legge di bilancio 2023, precedentemente era pari a 100 euro). La legge di bilancio 2023 (art. 1, commi 357 e 358, della legge n. 197 del 2022) ha inoltre introdotto, con decorrenza dal 1° gennaio 2023, un incremento pari al 50% (commisurato sull'assegno al netto dell'eventuale maggiorazione temporanea) per ciascun figlio di età inferiore ad un anno, oppure di età inferiore a tre anni nel caso in cui l'ISEE del nucleo familiare sia inferiore o pari a 40.000 euro e nel nucleo medesimo vi siano almeno tre figli.
Per ciascun figlio maggiorenne a carico, l’Assegno è corrisposto fino al compimento del 21° anno di età, con possibilità di corresponsione dell'importo direttamente al figlio, su sua richiesta, al fine di favorirne l'autonomia.
Per i figli maggiorenni, l'importo dell'AUU è inferiore a quello corrisposto per i figli minorenni: più precisamente l'importo massimo erogabile è pari a 85 euro al mese e l'importo minimo erogabile è pari a 25 euro al mese. Inoltre, l'assegno ai maggiorenni è concesso solo nel caso in cui il figlio frequenti un percorso di formazione scolastica o professionale, un corso di laurea, svolga un tirocinio ovvero un'attività lavorativa limitata con reddito complessivo inferiore a un determinato importo annuale, sia registrato come disoccupato e in cerca di lavoro presso un centro per l'impiego o un'agenzia per il lavoro o svolga il servizio civile universale.
Per i figli con disabilità, a prescindere dall'età, è previsto che l'assegno unico e universale per ciascun figlio sia di massimo 189,5 euro mensili. La legge di bilancio 2023 (art, 1, commi 357 e 358, della legge 197 del 2022) ha confermato e reso strutturali le maggiorazioni dell'assegno unico per ciascun figlio con disabilità a carico senza limiti di età introdotte dal decreto legge n. 73 del 2022 che aveva modificato in tal senso quanto stabilito dal D. Lgs. n. 230 del 2021 circa l’importo dell'assegno per i figli disabili maggiorenni. Viene annullata pertanto permanentemente la differenziazione degli importi dell'Assegno unico e universale per i figli a carico (AUU) tra figli minorenni e maggiorenni, per il solo caso di figli a carico con disabilità. Viene poi equiparata la maggiorazione dell'importo base tra figli minorenni e figli maggiorenni sotto 21 anni: tale maggiorazione viene calcolata sulla base della condizione di disabilità ed è pari a 105 euro mensili in caso di non autosufficienza, a 95 euro mensili in caso di disabilità grave e a 85 euro mensili in caso di disabilità media. Tale importo viene percepito nel caso in cui l'ISEE familiare non superi i 15.000 euro scendendo progressivamente fino a 50 euro nel caso di ISEE pari o superiore a 40.000 euro. Viene esteso anche per il 2023 l'importo aggiuntivo (120 euro mensili) per i nuclei familiari con almeno un figlio a carico con disabilità e rientranti nell'ambito di applicazione della maggiorazione temporanea (in particolari situazioni, fra cui limiti di ISEE).
Sono poi previste una serie di maggiorazioni dell'importo dell'assegno:
§ per le madri di età inferiore a 21 anni: maggiorazione fissa pari a 20 euro mensili per ciascun figlio;
§ per i nuclei familiari in cui entrambi i genitori siano titolari di reddito da lavoro: maggiorazione variabile per ciascun figlio minore (30 euro mensili in misura piena in corrispondenza di un ISEE inferiore o pari a 15.000 euro che si riducono gradualmente fino ad annullarsi in corrispondenza di un ISEE pari a 40.000 euro);
§ per i casi in cui vi sia un solo genitore lavoratore e l'altro sia deceduto (corresponsione per un massimo di 5 anni dal decesso dell'altro genitore). Questa novità, introdotta dall'articolo 22 del DL. 48/2023 (Inclusione e lavoro) ha in tal modo esteso la disciplina sulla maggiorazione specifica dell'assegno del nucleo familiare, in base al valore complessivo ISEE inferiore o pari a 43.132 euro, a partire dal 1° giugno 2023. La misura della maggiorazione rimane variabile in relazione al valore dell'ISEE, con importi minimi di 32,4 euro mensili nel 2023, nel caso in cui il valore dell'ISEE non sia superiore a 16.215, riducendosi gradualmente per livelli superiori fino appunto ad annullarsi in corrispondenza di un ISEE pari o superiore a 43.240 euro.
In ultimo si segnala che, al fine di consentire la graduale transizione alla nuova misura e di garantire il rispetto della progressività, è stata prevista, per le prime tre annualità, una maggiorazione transitoria mensile dell'assegno unico riconosciuta in favore dei nuclei familiari con valore ISEE non superiore a 25.000 euro, che, in presenza di figli minori - da parte del richiedente o da parte di altro componente del nucleo familiare del richiedente - abbiano effettivamente percepito nel corso del 2021 l'assegno per il nucleo familiare (ANF). In tale ambito, la maggiorazione è riconosciuta, nel periodo 1° marzo 2022-31 dicembre 2022, per intero e, nel periodo 1° gennaio 2023-28 febbraio 2025, secondo una percentuale decrescente nel tempo.
Si ricorda preliminarmente che la componente diretta del prelievo sugli immobili in Italia - imposte sui redditi e patrimoniali – colpisce il reddito effettivo e figurativo, nonché il valore patrimoniale derivato dalle rendite catastali, mentre la componente di imposizione indiretta ha come presupposto una transazione economica.
Il livello di imposizione è diverso sia in funzione della natura degli immobili (terreni, fabbricati a uso abitativo, industriale o commerciale) sia dei soggetti passivi (da un lato, imprese e professionisti; dall’altro, soggetti che non esercitano attività di impresa e di lavoro autonomo). Nel sistema tributario italiano esiste, inoltre, un’importante distinzione tra l’abitazione principale, destinata a soddisfare l’esigenza abitativa e le altre unità immobiliari possedute a scopo produttivo, d’investimento o tenute a disposizione.
L’abitazione principale, a partire dal 2001, non concorre alla formazione del reddito ai fini Irpef e gode di importanti agevolazioni fiscali, tra cui la detraibilità di parte degli interessi passivi sui mutui ipotecari contratti per l’acquisto, la costruzione o la ristrutturazione dell’immobile. Il trattamento fiscale dell’abitazione principale è stato oggetto di numerosi interventi normativi, negli ultimi anni. La legge di bilancio 2020, nell’unificare IMU e TASI, ha mantenuto l’esenzione dall’imposta per la cd. “prima casa” del contribuente.
Il regime di tassazione degli investimenti immobiliari è misto: una tassazione proporzionale al 21 per cento (cosiddetta cedolare secca, ridotta al 10 per cento in alcuni casi) si può applicare sui canoni di locazione degli immobili residenziali; i redditi da locazione degli immobili ad uso commerciale sono soggetti ad Irpef (per i contratti conclusi nel 2019 è possibile optare per la cedolare secca); i redditi figurativi degli immobili non locati sono esclusi dall’imposta sui redditi, ad eccezione dei redditi figurativi degli immobili non locati siti nello stesso comune di quello dell’abitazione principale, soggetti a Irpef per la metà del reddito determinato catastalmente.
Secondo i dati forniti dall’Agenzia delle entrate, le imposte gravanti a vario titolo sugli immobili risultano (a carico sia dei soggetti privati sia di professionisti e imprese) è pari a circa 42 miliardi di euro nel 2022. La composizione percentuale del gettito complessivo mostra che, nel 2022, circa il 49 per cento delle entrate deriva dall’IMU, che dal 2020 ha incorporato il gettito relativo alla TASI. Il gettito da imposte di natura reddituale è pari a quasi il 20 per cento del totale ed è in gran parte attribuibile all’IRPEF (11 per cento del totale) e alla cedolare secca sulle locazioni abitative (7 per cento).
Fonte: dati Agenzia delle entrate-Gli immobili in Italia 2023
Numerose ragioni hanno indotto a ritenere le imposte immobiliari come le fonti più adatte al finanziamento degli enti locali. Anzitutto, tale considerazione discende dal principio del beneficio (chi paga l’imposta può mettere in relazione l’entità del prelievo con i servizi forniti dal governo locale), nonché dal rischio contenuto di concorrenza fiscale e dalla certezza di gettito. Inoltre, la prossimità della base imponibile al livello di governo municipale comporta specifici vantaggi in termini di accertamento delle imposte e, dunque, di tax compliance.
Dall’altro lato, il sistema delle entrate comunali presenta un quadro complesso a causa del sovrapporsi di numerosi interventi normativi, anche con carattere di urgenza, che hanno più volte modificato la disciplina di tributi locali immobiliari. L’assetto normativo è dunque caratterizzato da elementi di transitorietà.
Nel corso degli ultimi anni la tassazione immobiliare locale ha infatti subito un complessivo riordino. In occasione della manovra 2020 (decreto fiscale 2019 e legge di bilancio 2020) sono state modificate la disciplina positiva di tale forma di prelievo, nonché quella di altri tributi e canoni comunali; è stata incentivata la partecipazione dei comuni all’attività di accertamento e riscossione dei tributi e, inoltre, è stato riformato il sistema della riscossione delle entrate degli enti locali (per cui cfr. il relativo paragrafo).
La legge di bilancio 2020 (articolo 1, commi da 738 a 783 della legge n. 160 del 2019) ha riformato l'assetto dell'imposizione reale immobiliare, unificando le due previgenti forme di prelievo - IMU e TASI - e facendo confluire la relativa normativa in un unico testo, relativo all’Imposta Municipale Propria – IMU.
Tale disciplina ha sostanzialmente recepito le proposte già avanzate in sede parlamentare e giunte all'esame delle competenti Commissioni permanenti; si tratta dell'A.C. 1429, cui sono stati successivamente abbinati l'A.C. 1904 e l'A.C. 1918.
Con riferimento alla disciplina positiva dell’imposta, il presupposto dell’imposta è rappresentato dal possesso di immobili, ad eccezione degli immobili qualificati come abitazioni principali o assimilate salvo che questi ultimi non rientrino nelle categorie A1 (abitazioni di tipo signorile), A8 (ville) o A9 (castelli e palazzi eminenti). L'imposta è dovuta per anni solari proporzionalmente alla quota e ai mesi dell'anno nei quali si è protratto il possesso.
Per gli immobili di tali categorie adibite ad abitazione principale l'aliquota di base e per le relative pertinenze è pari allo 0,5 per cento e il comune, con deliberazione del consiglio comunale, può aumentarla di 0,1 punti percentuali o diminuirla fino all'azzeramento. Dall’imposta si detraggono, fino a concorrenza del suo ammontare, euro 200 rapportati al periodo dell'anno durante il quale si protrae tale destinazione
Il soggetto attivo dell'imposta è il comune con riferimento agli immobili la cui superficie insiste, interamente o prevalentemente, sul territorio del comune stesso. I soggetti passivi dell’imposta sono i possessori di immobili, intendendosi per tali il proprietario ovvero il titolare del diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie sugli stessi.
La base imponibile dell'imposta è costituita dal valore degli immobili. Per i fabbricati iscritti in catasto, il valore è costituito da quello ottenuto applicando all'ammontare delle rendite risultanti in catasto, vigenti al 1°gennaio dell'anno di imposizione, rivalutate del 5 per cento alcuni moltiplicatori (per gli immobili ordinariamente accatastate come abitazioni, appartenenti al gruppo A, il moltiplicatore è 160).
Per gli immobili diversi dall’abitazione principale, che, come detto non sono presupposto d’imposta, l’aliquota di base è pari allo 0,86 per cento, sostanzialmente la somma delle precedenti IMU e TASI, e può essere aumentata con deliberazione del consiglio comunale, sino all'1,06 per cento o diminuita fino all'azzeramento.
Per quanto riguarda i fabbricati rurali ad uso strumentale l’aliquota è dello 0,1 per cento e i comuni possono solo ridurla fino all'azzeramento; i fabbricati costruiti e destinati dall'impresa costruttrice alla vendita, finché permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati, sono esenti dall'IMU; per i terreni agricoli è pari allo 0,76 per cento e i comuni, con deliberazione del consiglio comunale, possono aumentarla sino all'1,06 per cento o diminuirla fino all'azzeramento; per gli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D l'aliquota di base è pari allo 0,86 per cento, di cui la quota pari allo 0,76 per cento è riservata allo Stato, e i comuni, con deliberazione del consiglio comunale, possono aumentarla sino all'1,06 per cento o diminuirla fino al limite dello 0,76 per cento.
Quanto alle modalità e ai termini di pagamento i soggetti passivi effettuano il versamento dell'imposta dovuta al comune per l'anno in corso in due rate, scadenti la prima il 16 giugno e la seconda il 16 dicembre. Resta in ogni caso nella facoltà del contribuente provvedere al versamento dell'imposta complessivamente dovuta in un'unica soluzione annuale, da corrispondere entro il 16 giugno. Il versamento della prima rata è pari all'imposta dovuta per il primo semestre applicando l'aliquota e la detrazione dei dodici mesi dell'anno precedente. Sono state introdotte modalità telematiche di pagamento.
La legge di bilancio 2020, tra le principali innovazioni:
§ ha concesso di dedurre completamente l'IMU sugli immobili strumentali già dal 2022, rimodulando le deduzioni per gli anni 2020 e 2021 (rispettivamente pari al 60 per cento)
§ ha precisato che il diritto di abitazione assegnata al genitore affidatario è considerato un diritto reale ai soli fini dell'IMU;
§ ha chiarito gli effetti tributari delle variazioni di rendita catastale (quelle intervenute in corso d'anno, a seguito di interventi edilizi sul fabbricato, producono effetti dalla data di ultimazione dei lavori, o, se antecedente, dalla data di utilizzo);
§ ha precisato il valore delle aree fabbricabili (è quello venale al 1° gennaio ovvero dall'adozione degli strumenti urbanistici in caso di variazione in corso d'anno);
§ ha consentito ai comuni di affidare, fino alla scadenza del contratto, la gestione dell'IMU ai soggetti ai quali, al 31 dicembre 2019, era affidato il servizio di gestione della vecchia IMU o della TASI.
La medesima disposizione aveva inoltre eliminato la possibilità di avere due abitazioni principali, una nel comune di residenza di ciascun coniuge, ma tale disposizione è stata dichiarata costituzionalmente illegittima con la sentenza 209/2022 della Corte Costituzionale.
In particolare la Corte Costituzionale, con la citata sentenza, ha dichiarato illegittimo l’articolo 13, comma 2, quarto periodo, del decreto-legge n. 201/2011 nella parte in cui si riferisce al nucleo familiare, ritenendolo in contrasto con gli articoli 3, 31 e 53 della Costituzione. L’illegittimità è stata estesa anche ad altre norme, in particolare a quelle che, per i componenti del nucleo familiare, limitano l’esenzione ad uno solo degli immobili siti nel medesimo comune (quinto periodo del comma 2 dell’articolo 13, Dl 201/2011) e che prevedono che essi optino per una sola agevolazione quando hanno residenze e dimore abituali diverse (comma 741, lettera b) della legge n. 160 del 2019, come modificato dall’articolo 5-decies del Dl 146/2021).
Quanto agli introiti dell’IMU, si ricorda che è riservato allo Stato il gettito dell'IMU derivante dagli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D, calcolato ad aliquota dello 0,76 per cento.
La medesima legge di bilancio 2020 ha istituito, dal 2021, il cd. canone unico patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria, per riunire in una sola forma di prelievo le entrate relative all’occupazione di aree pubbliche e la diffusione di messaggi pubblicitari, e il canone unico patrimoniale di concessione per l’occupazione nei mercati, che dal 2021 sostituisce la TOSAP, il COSAP e, limitatamente ai casi di occupazioni temporanee, anche la TARI.
Con riferimento all’IMU, accanto alle misure di natura transitoria legate all’emergenza da COVID-19, si ricorda che la legge di bilancio 2021 ha introdotto una modifica operante a regime che prevede la riduzione a metà dell'IMU dovuta sull'unica unità immobiliare, purché non locata o data in comodato d'uso, posseduta in Italia a titolo di proprietà o usufrutto da soggetti non residenti nel territorio dello Stato, che siano titolari di pensione maturata in regime di convenzione internazionale con l'Italia. Per tali immobili la TARI o l'equivalente tariffa è applicata nella misura di due terzi (commi 48-49).
Simile all’IMU nella struttura e nei lineamenti fondamentali è l’IVIE, istituita dal decreto-legge n. 201 del 2011, che grava sugli immobili siti all’estero.
La TARI
La tassa sui rifiuti (TARI) è il tributo destinato a finanziare - mediante copertura integrale dei costi - il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti ed è dovuta da chiunque possieda o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte suscettibili di produrre i rifiuti medesimi. In via transitoria, la superficie delle unità immobiliari assoggettabile alla TARI è costituita da quella calpestabile dei locali e delle aree suscettibili di produrre rifiuti urbani e assimilati.
I comuni che hanno realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico hanno la facoltà di applicare, in luogo della TARI, che ha natura tributaria, una tariffa avente natura di corrispettivo.
La TARI è stata introdotta dalla legge 27 dicembre 2013, n. 147 per sostituire il precedente tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES), che è stato vigente per il solo anno 2013 e che, a sua volta, aveva preso il posto di tutti i precedenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti, sia di natura patrimoniale sia di natura tributaria (TARSU, TIA1, TIA2). La legge di bilancio per il 2020, nel ridisciplinare l’imposizione immobiliare locale, ha fatto salve la TARI e la relativa disciplina.
Per la determinazione della tariffa sono stati applicati i criteri determinati con DPR 158 del 1999 (cd. metodo normalizzato) ovvero, in via transitoria, è stato consentito ai comuni di commisurare la tariffa alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia delle attività svolte nonché al costo del servizio sui rifiuti.
Entro il termine per l'approvazione del bilancio di previsione il consiglio comunale deve approvare le tariffe in conformità al piano finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani, redatto dal soggetto che svolge il servizio.
Il decreto-legge n. 124 del 2019 ha prorogato fino a diversa regolamentazione disposta dall'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (Arera) tale modalità di commisurazione della tariffa sulla base del criterio medio-ordinario (in luogo dell’effettiva quantità di rifiuti prodotti). Il provvedimento ha disposto l'accesso a condizioni tariffarie agevolate alla fornitura del servizio di gestione integrato dei rifiuti urbani e assimilati per gli utenti domestici che si trovino in condizioni economico-sociali disagiate.
La legge di bilancio 2018 (legge 205 del 2017, comma 527) ha affidato ad Arera il compito di regolare il settore dei rifiuti, con riguardo al miglioramento del servizio agli utenti, all’omogeneità tra le aree del Paese, alla valutazione dei rapporti costo-qualità e all’adeguamento infrastrutturale.
Con delibera 31 ottobre 2019, n. 443/2019/R/rif, è stato quindi definito il nuovo metodo tariffario del servizio integrato di gestione dei rifiuti. Con la delibera 3 agosto 2021, n. 363/2021/R/RIF, l’ARERA ha poi provveduto all’approvazione del metodo tariffario rifiuti (MTR-2) per il secondo periodo regolatorio 2022-2025.
L’articolo 2 di tale delibera definisce le seguenti componenti tariffarie del servizio integrato di gestione dei rifiuti urbani:
a) costi operativi, intesi come somma dei costi operativi di gestione delle attività di spazzamento e di lavaggio, di raccolta e di trasporto di rifiuti urbani indifferenziati, di trattamento e di smaltimento, di raccolta e di trasporto delle frazioni differenziate, di trattamento e di recupero, nonché di oneri incentivanti il miglioramento delle prestazioni;
b) costi d’uso del capitale; intesi come somma degli ammortamenti delle immobilizzazioni, degli accantonamenti ammessi al riconoscimento tariffario, della remunerazione del capitale investito netto riconosciuto e della remunerazione delle immobilizzazioni in corso;
c) componenti a conguaglio relative ai costi delle annualità pregresse.
La determinazione delle componenti tariffarie è effettuata in conformità al predetto metodo Tariffario, di cui all’Allegato A della delibera.
Il comma 5-quinquies dell'articolo 3 del decreto-legge n. 228 del 2021 prevede che, a decorrere dal 2022, i comuni, in deroga alla disciplina vigente, possono approvare i piani finanziari del servizio di gestione dei rifiuti urbani, le tariffe e i regolamenti della TARI e della tariffa corrispettiva entro il termine del 30 aprile di ciascun anno).
L'articolo 43, comma 11, del decreto-legge n. 50 del 2022, prevede che, qualora il termine di deliberazione del bilancio di previsione del comune venga prorogato a una data successiva al 30 aprile dell'anno di riferimento, il termine per l'approvazione dei piani finanziari del servizio di gestione dei rifiuti urbani, delle tariffe e dei regolamenti della TARI, nonché della tariffa corrispettiva, coincida con quello per la deliberazione del bilancio di previsione. Qualora l'approvazione o la modifica di provvedimenti relativi alla TARI o alla tariffa corrispettiva intervengano dopo l'approvazione del proprio bilancio di previsione, si dispone che il comune provveda ad effettuare le conseguenti modifiche in occasione della prima variazione utile.
Si fa notare che, ai sensi del decreto del Ministero dell’Interno del 31 maggio 2023, il termine per l'approvazione del bilancio di previsione 2023/2025 è differito al 31 luglio 2023.
Si ricorda infine che la Banca d’Italia ha analizzato (Il prelievo locale sui rifiuti in Italia: benefit tax o imposta patrimoniale (occulta)?) le caratteristiche della Tari sia in termini di efficienza che in termini di equità, avvalendosi di una simulazione sui dati dell'indagine sui bilanci delle famiglie della Banca d'Italia. L'Istituto rileva che la Tari non discrimina adeguatamente fra famiglie in base alla produzione di rifiuti e presenta effetti redistributivi peculiari a sfavore dei nuclei con redditi più bassi; una riconfigurazione del prelievo in chiave tariffaria porterebbe quindi benefici non solo in termini di efficienza - per gli incentivi ad un utilizzo più responsabile delle risorse pubbliche e di quelle ambientali - ma anche in termini di equità, poiché rimuoverebbe i profili di regressività dell'attuale tariffa.
Anche l'imposizione sui trasferimenti immobiliari, mediante atto tra vivi (donazione o compravendita) o successione ereditaria, è stata oggetto di modifiche nel corso degli ultimi anni, sia al fine di razionalizzarne la misura e le modalità applicative, sia per contrastare la crisi del settore immobiliare attraverso la leva fiscale.
La finalità di razionalizzazione è stata perseguita (articolo 26 del decreto-legge n. 104 del 2013, che ha novellato l'articolo 10 del D. Lgs. n. 23 del 2011 sul c.d. federalismo municipale) modificando, dal 1° gennaio 2014, la misura delle imposte di registro, ipotecaria e catastale relative ai trasferimenti immobiliari: si applica oggi un'aliquota unica, pari al 9 per cento, per tutti i trasferimenti immobiliari ad eccezione della casa adibita ad abitazione principale non "di lusso", che invece sconta le predette imposte con aliquota agevolata al 2 per cento. È stato elevato da 168 a 200 euro l'importo di ciascuna delle imposte di registro, ipotecaria e catastale in tutti quei casi in cui esso sia stabilito in misura fissa.
Nel dettaglio i trasferimenti immobiliari in Italia, a legislazione vigente, sono assoggettati alle:
§ imposte sul trasferimento degli immobili a titolo oneroso, ovvero imposte di registro e di bollo e imposte ipotecarie e catastali. In particolare, le imposte ipotecarie e catastali sono stabilite in somma fissa per i trasferimenti onerosi e in percentuale per la parte non agevolata di successioni e donazioni. Inoltre, negli anni più recenti, con riferimento ai casi nei quali si applica l’Iva (ipotesi in cui non è dovuta l’imposta di registro) ai trasferimenti immobiliari, le aliquote del 4 per cento sull’acquisto dell’abitazione principale (n. 21 della tabella A, parte II, allegata al Dpr n. 633/1972) e del 10 per cento sugli acquisti di immobili non di lusso che non rientrano nell’ambito dell’agevolazione sull’abitazione di residenza (n. 127-undecies della tabella A, parte III, allegata al Dpr n. 633/1972) sono rimaste invariate, mentre l’aliquota applicata agli acquisti dei fabbricati di lusso, che è l’aliquota ordinaria, è aumentata progressivamente fino al 22 per cento. L’imposta sugli atti traslativi a titolo oneroso esenti da Iva è stata modificata, come ricordato, nel 2014, con una riduzione dell’incidenza della tassazione immobiliare complessiva, dal 10 per cento al 9 per cento, e, in particolare, della tassazione relativa all’abitazione principale, dal 3 per cento al 2 per cento (il sopra citato articolo 10 del d.lgs. 14 marzo 2011, che modifica, a decorrere dal 2014, l’articolo 1 della tariffa, parte prima, allegata al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986);
§ imposte sul trasferimento degli immobili a titolo gratuito, ovvero su successioni e donazioni. È anzitutto prevista una franchigia di un milione di euro per i parenti in linea retta e di 100 mila euro per fratelli e sorelle e il prelievo varia a seconda del grado di parentela tra cedente e beneficiario, con un’aliquota compresa tra il 4 per cento e l’8 per cento, cui si aggiungono le imposte ipotecarie e catastali rispettivamente fissate al 2 per cento e all’1 per cento (per le successioni: articolo 2, comma 48, decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262; per le donazioni: comma 49 del medesimo decreto).
Più nello specifico i trasferimenti immobiliari sono assoggettati ad imposta di registro sul corrispettivo pagato ovvero, su richiesta dell’acquirente al notaio rogante, sul valore catastale del fabbricato. Per le cessioni dei fabbricati a uso abitativo e delle relative pertinenze, effettuate nei confronti di persone fisiche che non agiscono nell'esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, l’acquirente può scegliere - richiedendolo al notaio rogante - di calcolare l’imposta di registro sul valore catastale del fabbricato, anziché sul corrispettivo pagato. Gli atti assoggettati all’imposta di registro proporzionale e tutti gli atti e le formalità necessari per effettuare gli adempimenti presso il catasto e i registri immobiliari sono esenti dall'imposta di bollo, dai tributi speciali catastali e dalle tasse ipotecarie.
Quando la vendita della casa è soggetta a Iva la base imponibile è costituita dal prezzo della cessione come stabilito dall’articolo 43 del Testo unico sull’imposta di registro (TUR) che prevede che la base imponibile, per i contratti a titolo oneroso traslativi o costitutivi di diritti reali, è costituita dal valore del bene o del diritto alla data dell’atto e, in base all’articolo 51 dello stesso TUR, in caso di atti riguardanti i beni immobili o i diritti reali immobiliari, per valore deve intendersi il valore venale in comune commercio. Successivamente l’articolo 1, comma 497, della legge n. 266 del 2005 ha stabilito che, in deroga al sopra citato articolo 43, per i trasferimenti immobiliari, per le sole cessioni nei confronti di persone fisiche che non agiscano nell'esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e relative pertinenze, la base imponibile può essere costituita dal valore catastale dell’immobile, indipendentemente dal corrispettivo pattuito nell’atto (cosiddetto prezzo-valore).
Si ricorda che il valore catastale dei fabbricati a uso abitativo (diversi dalla prima casa) ai fini dell’imposizione immobiliare indiretta si determina moltiplicando la rendita catastale (rivalutata del 5%) per il coefficiente 120. Nel caso di acquisto di prima casa il valore catastale si determina moltiplicando la rendita catastale (rivalutata del 5%) per il coefficiente 110.
L’aliquota dell’imposta di registro è pari al 9 per cento, che scende al 2 per cento per la casa adibita ad abitazione, ove non di lusso, con esclusione cioè di quelle di categoria catastale A/1, A/8 e A/9. a cui vanno aggiunte le imposte catastale e ipotecaria, nella misura di 50 euro ciascuna, per le operazioni di vendita fra privati o impresa con vendita esente da Iva, e nella misura di 200 euro ciascuna se soggette a Iva.
Se il venditore è un’impresa, i trasferimenti sono soggetti a Iva del 10% (22% in caso di abitazioni di lusso), che scende al 4% ove sussistano i requisiti di prima casa.
Si ricorda che la cessione è soggetta a Iva nei seguenti casi:
§ vendite effettuate dalle imprese costruttrici o di ripristino dei fabbricati entro 5 anni dall’ultimazione della costruzione o dell’intervento, oppure anche dopo i 5 anni se il venditore sceglie di sottoporre la cessione a Iva (la scelta va espressa nell’atto di vendita);
§ vendite di fabbricati abitativi destinati ad alloggi sociali, per le quali il venditore sceglie di sottoporre la cessione a Iva (anche in questo caso, la scelta va espressa nell’atto di vendita).
Si applica, infine, l’aliquota del 15 per cento per i trasferimenti di terreni agricoli a favore di soggetti diversi dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali (articolo 1 della tariffa, parte prima, allegata al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986).
Per ulteriori informazioni si veda anche la Guida all’acquisto della casa dell’Agenzia delle entrate. La seguente tabella illustra schematicamente le imposte dovute in caso di trasferimento immobiliare.
Fonte: Agenzia delle entrate
In caso di trasferimento di proprietà per successione e donazione si applica l’imposta ipotecaria nella misura del 2% e l’imposta catastale nella misura dell’1% del valore dell’immobile. Ove si tratta di prima casa il beneficiario sostiene le imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di 200 euro ciascuna (articolo 69, comma 3, della legge 21 novembre 2000, n. 342).
In questa sede si rammenta che, nel quadro dei provvedimenti emergenziali, è stata introdotta una specifica agevolazione in materia di imposte indirette per l'acquisto della "prima casa" di abitazione e per i finanziamenti a tal fine erogati, disposte a favore dei giovani che presentino il duplice requisito, anagrafico ed economico, di non aver compiuto trentasei anni di età e di avere un Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) non superiore a 40.000 euro annui. Tale agevolazione è stata prorogata anche al 2023 dalla relativa legge di bilancio e consiste, per gli acquisti non soggetti a IVA, nell’esenzione dal pagamento dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale. Per gli acquisti soggetti a IVA è riconosciuto anche un credito d’imposta pari all’imposta pagata per l’acquisto, che da utilizzare in dichiarazione o in compensazione tramite F24.
Con riferimento ai finanziamenti collegati all’acquisto, alla costruzione e alla ristrutturazione dell’immobile per tali soggetti non è dovuta l’imposta sostitutiva delle imposte di registro, di bollo, ipotecarie e catastali e delle tasse sulle concessioni governative (articolo 1, comma 74 della legge n. 197 del 2022).
Il catasto italiano, inventario dei beni immobili presenti nel territorio nazionale contiene i dati costitutivi della base imponibile di diversi tributi immobiliari (ad esempio IMU, IRPEF, per quanto riguarda il computo dei redditi da terreni e fabbricati, ecc.).
Esso è stato realizzato attraverso la costituzione di due successivi distinti sub-sistemi: il primo - denominato Catasto Terreni - comprendente l’elenco di tutti i terreni di natura agricola ovvero comunque inedificati, il secondo – denominato Catasto Edilizio Urbano - costituito dalle costruzioni di natura civile, industriale e commerciale. La formazione del Catasto Terreni, disposta con la legge 1° marzo 1886, n. 3682, è stata completata nel 1956. Il regolamento per la conservazione del Catasto Terreni è stato approvato con regio decreto 8 dicembre 1938, n. 2153. Il Catasto Terreni è di tipo geometrico-particellare, poiché recante informazioni sia sulla natura geometrica (topografia - forma e consistenza) che sulle caratteristiche tecnico-economiche (caratteristiche tecnico-fisiche e redditi) dell’elemento minimo inventariato e rappresentato in mappa, costituito dalla particella catastale.
La formazione del Catasto Edilizio Urbano, successiva a quella del Catasto Terreni, fu disposta con la legge 11 agosto 1939, n. 1249. Il relativo regolamento di attuazione è stato approvato con decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1949, n. 1142. Il Catasto Edilizio Urbano è entrato in conservazione, con regole unitarie in tutto il territorio dello Stato, dal 1° gennaio 1962. Il Catasto dei Fabbricati, istituito con l’emanazione del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557 è l’evoluzione del Catasto Edilizio Urbano; si occupa di tutte le costruzioni, sia urbane che rurali. Nell’archivio censuario del Catasto Edilizio Urbano sono registrati dati di natura tecnico-fisica, giuridica ed economica, associati a ogni unità immobiliare urbana. In sintesi tali dati sono:
§ identificazione catastale (il comune, il foglio, la particella, la particella denominatore, il subalterno, la sezione amministrativa e la sezione urbana per i fabbricati, la sezione censuaria per i terreni. I primi tre elementi sono sempre presenti);
§ indirizzo;
§ categoria (informazione codificata, connessa alla destinazione d’uso dell’unità immobiliare urbana, che fa riferimento a un quadro generale di qualificazione che comprende differenti categorie organizzate in 5 gruppi identificati con le lettere A - funzioni residenziali e uffici, B - funzioni pubbliche, C - funzioni commerciali e pertinenze, D - funzioni industriali e commerciali speciali, E –funzioni ad uso pubblico, fabbricati costruiti per particolari esigenze di servizio collettivo, F (categorie fittizie) - unità immobiliari urbane (u.i.u.) non idonee a produrre ordinariamente un reddito, anche solo temporaneamente;
§ classe di redditività (espressa solo per le unità immobiliari censite in una delle categorie dei gruppi A, B e C. Si tratta di una indicazione codificata, che esprime differenti livelli di potenzialità reddituale);
§ consistenza (espressa in modo differente in relazione alla categoria di censimento dell’unità immobiliare urbana. Per le unità censite nelle categorie del gruppo A è espressa in numero di vani utili. Per le unità censite nelle categorie del gruppo B è espressa in metri cubi, mentre per quelle censite nelle categorie del gruppo C, è espressa in metri quadrati di superficie netta. Per le unità censite nelle categorie dei gruppi D ed E, la consistenza non è espressa. In aggiunta ai dati di consistenza originariamente previsti dalla legge istitutiva del Catasto Edilizio Urbano, con riferimento a quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138, per le unità censite nelle categorie afferenti ai gruppi A, B e C, è stata determinata anche la consistenza in metri quadrati di superficie lorda sviluppata);
§ rendita catastale (definita come il reddito ordinario potenzialmente ritraibile dall’unità immobiliare urbana, calcolato al netto delle spese ordinarie di conservazione e perdite eventuali ed al lordo delle imposte).
In sintesi il sistema estimativo del catasto edilizio urbano prevede per le unità immobiliari censite nelle categorie dei gruppi A, B e C, l’individuazione di una o più classi di redditività (operazione definita di classificazione), dove tra una classe e la successiva la variazione di redditività risulta, di norma, non inferiore al 15 per cento, e successivamente la determinazione delle tariffe d’estimo da associare a ogni categoria e classe presente. La metodologia di determinazione della rendita catastale di ogni unità censita si completa attraverso l’attribuzione del “classamento”, che consiste nell’associare a ogni unità la categoria e la classe più pertinenti tra quelle presenti nel prospetto di qualificazione e classificazione del comune in cui è ubicata, tenuto conto dei caratteri posizionali e tipologico-edilizi dell’immobile, nel determinarne la consistenza (in vani, metri quadri o metri cubi in relazione alla categoria di censimento) e, successivamente, nel moltiplicare la tariffa d’estimo accertata per la consistenza dell’unità immobiliare urbana.
Nel tempo si sono avuti alcuni tentativi di intervento normativo sulla disciplina che non sono stati tuttavia portati a termine (ad esempio: la proposta di legge delega per il riordino della tassazione dei redditi di capitale, della riscossione e accertamento dei tributi erariali, del catasto dei fabbricati, nonché per la redazione di testi unici delle disposizioni sui tributi statali A.C. n. 1762, oltre alla citata legge delega 11 marzo 2014, n. 23 e al recente disegno di legge delega per la revisione del sistema fiscale approvato dal Consiglio dei ministri il 5 ottobre 2021, A.C. 3343) o che hanno inciso solo su specifici aspetti come l’articolo 3, comma 48, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 che stabilisce che fino all’entrata in vigore delle nuove tariffe d'estimo le rendite catastali urbane sono rivalutate del 5 per cento ai fini dell'applicazione dell'imposta comunale sugli immobili e di ogni altra imposta.
Una revisione parziale del classamento è stata invece disciplinata dalla legge finanziaria del 2005 (legge 30 dicembre 2004, n. 311) che, all’art. 1, comma 335, ha previsto la possibilità, per i comuni, di chiedere all’Amministrazione catastale la revisione parziale del classamento degli immobili. L’Agenzia, una volta accertata la sussistenza dei presupposti (l’esistenza di almeno tre microzone catastali nel comune e lo scostamento fra valore medio di mercato e quello medio catastale maggiore o minore almeno del 35% rispetto all’analogo rapporto riferito all'insieme delle microzone comunali), avvia l’attività di riclassamento e revisione delle rendite catastali. La revisione, che può modificare la categoria e la classe dell’unità immobiliare, comporta anche la variazione della rendita catastale che viene successivamente notificata ai soggetti intestatari mediante avvisi di accertamento. I comuni che hanno richiesto all’Agenzia la revisione parziale del classamento sono 17 (tra cui Roma, Milano, Ferrara, Perugia, Bari, Lecce). Le microzone revisionate nelle 17 città sono state complessivamente 38, per un totale di 418.118 unità immobiliari presenti. Le unità immobiliari urbane variate sono state 327.649 (circa il 78% di quelle ubicate nelle microzone anomale), cui è risultato un incremento della rendita catastale di oltre 183 milioni di euro.
In materia di classamento degli immobili l’Ufficio parlamentare di bilancio, nel testo presentato nel corso dell’audizione presso la Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale il 20 ottobre 2021, ha rilevato che: “l’eccessiva ampiezza delle zone censuarie, che non riflette correttamente l’attuale eterogeneità del patrimonio immobiliare e l’obsolescenza della definizione delle categorie catastali sono proprio i principali fattori che condizionano la rappresentatività dell’attuale sistema di rendite rispetto ai valori patrimoniali reali”.
La gestione delle banche dati catastali e lo svolgimento dei relativi servizi sono stati affidati all’Agenzia del Territorio, istituita con il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 che ha ereditato le competenze del Dipartimento del Territorio del Ministero delle Finanze. Da ultimo, l'Agenzia del Territorio, dal 1° dicembre 2012, è stata incorporata nell'Agenzia delle Entrate (art. 23-quater, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95).
Per una panoramica sui contenuti del sistema informativo catastale e del patrimonio cartografico, le caratteristiche e le procedure di aggiornamento delle banche dati, le iniziative progettuali e l'offerta di servizi a cittadini, professionisti e istituzioni.si veda il documento: Il sistema catastale (edizione 2022) dell’Agenzia delle entrate. Nel testo citato è presente anche una dettagliata ricostruzione degli strumenti utilizzati ai fini della mappatura degli immobili.
Circa la situazione patrimoniale e catastale degli immobili italiani e i loro utilizzo si consiglia la consultazione sul sito dell'Agenzia delle entrate (21luglio 2022) del Rapporto statistiche catastali 2021. In sintesi, lo stock immobiliare censito negli archivi catastali italiani al 31.12.2021 consiste di oltre 77 milioni di immobili o loro porzioni, di cui oltre 66,5 milioni sono censiti nelle categorie catastali ordinarie e speciali, con attribuzione di rendita, oltre 3,6 milioni sono censiti nelle categorie catastali del gruppo F, che rappresentano unità non idonee, anche se solo temporaneamente, a produrre ordinariamente un reddito (aree urbane, lastrici solari, unità in corso di costruzione o di definizione, ruderi) e circa 6,9 milioni sono beni comuni non censibili, cioè di proprietà comune e che non producono reddito, o unità ancora in lavorazione (circa 72 mila).
Nel corso del tempo numerose norme (da ultimo la legge di bilancio 2023) hanno prorogato la facoltà di rideterminare ai fini fiscali i valori delle partecipazioni possedute in società non quotate e dei terreni (sia agricoli sia edificabili), sulla base di una perizia giurata di stima, assoggettando il valore rideterminato a imposta sostitutiva rateizzabile.
Tale istituto, introdotto dalla legge finanziaria 2002, permette di rideterminare i predetti valori agli effetti della determinazione delle plusvalenze e minusvalenze assoggettate alle imposte sui redditi.
La legge di bilancio 2021, con riferimento al valore delle aliquote per la determinazione dell'imposta sostitutiva menzionato, ha previsto un'unica aliquota all'11 per cento sulla rideterminazione di valore delle partecipazioni in società non quotate e dei terreni.
Il decreto legge n. 17 del 2022 ha prorogato tale facoltà, consentendo che le imposte sostitutive siano rateizzate in un massimo di tre rate annuali di pari importo, a decorrere dal 15 novembre 2022; si aumenta dall’11 al 14 per cento l’aliquota dell'imposta sostitutiva applicabile alla rideterminazione di valore delle partecipazioni in società non quotate (siano esse qualificate o non qualificate) e dei terreni edificabili e con destinazione agricola.
La legge di bilancio 2023 ha introdotto un’ulteriore proroga (commi da 107 a 109 della legge n. 197 del 2022) della rivalutazione di terreni e partecipazioni societarie non quotate, con l’applicazione di un’aliquota dell’imposta sostitutiva al 16% mediante perizia di stima e versamento del dovuto entro il 15 novembre 2023.
La medesima legge ha esteso tale facoltà anche alle partecipazioni quotate, ai titoli, quote o diritti negoziati in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione possedute alla data del 1° gennaio 2023.
Nel dibattito politico relativo sulla tassazione degli immobili rivestono un ruolo chiave le agevolazioni fiscali (tax expenditures) per l’edilizia, con particolare riferimento alle detrazioni Irpef per la ristrutturazione e la riqualificazione energetica degli edifici.
Tali misure sono state prorogate di anno in anno, con specifiche rimodulazioni della misura e dei limiti di tali benefici.
Da ultimo il comma 37 della legge di bilancio 2022 ha modificato l'articolo 16 del decreto legge 4 giugno 2013, n. 63, in materia di interventi di ristrutturazione edilizia, prorogando al 31 dicembre 2024 la misura della detrazione al 50 per cento, fino ad una spesa massima di 96.000 euro, per gli interventi di ristrutturazione edilizia indicati dall'articolo 16-bis, comma 1, del TUIR ovvero interventi di:
§ manutenzione ordinaria (solo sulle parti comuni di edifici residenziali), straordinaria, di restauro e risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia (sulle parti comuni di edificio residenziale e sulle singole unità immobiliari residenziali di qualsiasi categoria catastale);
§ ricostruzione o ripristino dell'immobile danneggiato a seguito di eventi calamitosi;
§ realizzazione di autorimesse o posti autopertinenziali;
§ eliminazione delle barriere architettoniche;
§ prevenzione del compimento di atti illeciti da parte di terzi;
§ cablatura degli edifici e al contenimento dell'inquinamento acustico;
§ risparmio energetico con particolare riguardo all'installazione di impianti basati sull'impiego delle fonti rinnovabili di energia;
§ adozione di misure antisismiche;
§ bonifica dall'amianto e opere volte ad evitare gli infortuni domestici.
Sono altresì prorogate al 31 dicembre 2024 le detrazioni per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici (“ecobonus” ordinario del 50 o 65% a seconda del tipo di lavoro ed “ecobonus parti comuni” del 70-75% ovvero dell’80-85% in caso di opere finalizzate anche alla riduzione del rischio sismico), nonché per quelli volti all’adozione di misure antisismiche e l’esecuzione di opere per la messa in sicurezza statica degli edifici.
Il comma 38 inoltre proroga fino al 2024 l'agevolazione fiscale del 36 per cento della spesa sostenuta, nel limite di spesa di 5.000 euro annui, inerente la sistemazione a verde di aree scoperte di immobili privati a uso abitativo.
Il comma 39 sempre della legge di bilancio 2022 proroga per l'anno 2022 anche la detrazione per il recupero o restauro della facciata esterna degli edifici (cd. bonus facciate) riducendo dal 90 al 60 la percentuale di detraibilità.
Per ulteriori informazioni sulle sopra citate agevolazioni si rinvia al dossier tematico sulle agevolazioni fiscali per gli interventi edilizi.
In aggiunta a tali interventi, il decreto legge n. 34 del 2020 (cd. decreto rilancio) ha introdotto il cd. superbonus, che consiste nella possibilità di detrarre il 110% delle spese relative a specifici interventi di efficienza energetica e di misure antisismiche sugli edifici.
Successivamente, in primo luogo con il comma 28 della legge di bilancio 2022, e poi con l'articolo 9 del decreto legge n.176 del 2022, ed infine con la legge di bilancio 2023 (comma 894), la disciplina è stata più volte modificata, rimodulando l'importo della misura, con scadenze differenziate, in base al soggetto beneficiario. In sintesi, per gli interventi effettuati, il beneficio, da ripartire in quattro quote annuali di pari importo, spetta nella misura del 90% per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2023, nella misura ridotta al 70% per le spese sostenute nel 2024 e in quella ulteriormente ridotta al 65% per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2025. Tale beneficio si applica anche agli interventi effettuati su edifici oggetto di demolizione e ricostruzione.
Per le persone fisiche che realizzano interventi sugli edifici unifamiliari, invece, la detrazione del 110% spetta anche per le spese sostenute entro il 30 settembre 2023 a condizione che, alla data del 30 settembre 2022, siano stati effettuati lavori per almeno il 30 per cento dell'intervento complessivo. È altresì prevista la possibilità di avvalersi dell'agevolazione fiscale (al 90 per cento) per tutto il 2023 per le spese sostenute per interventi realizzati sulle medesime unità immobiliari dalle persone fisiche a partire dal 1° gennaio 2023. Per avvalersi dell'agevolazione si devono verificare le seguenti condizioni: il contribuente sia titolare di diritto di proprietà o di diritto reale di godimento sull'unità immobiliare; la stessa unità immobiliare sia adibita ad abitazione principale; il contribuente abbia un reddito di riferimento non superiore a 15.000 euro. Tale reddito di riferimento deve essere calcolato dividendo la somma dei redditi complessivi posseduti, nell'anno precedente quello di sostenimento della spesa, dal contribuente, dal coniuge del contribuente, dal soggetto legato da unione civile o convivente se presente nel suo nucleo familiare, e dai familiari, diversi dal coniuge o dal soggetto legato da unione civile, presenti nel suo nucleo familiare, che, nell'anno precedente quello di sostenimento della spesa si sono trovati nelle condizioni dei requisiti reddituali previsti al comma 2 dell'articolo 12 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, per un numero di parti determinato secondo la Tabella 1-bis, allegata al medesimo decreto-legge n.34 del 2020.
Per gli interventi effettuati nei comuni dei territori colpiti da eventi sismici dal 1° aprile 2009, laddove sia stato dichiarato lo stato di emergenza, la detrazione spetta comunque nella misura del 110% per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2025.
Per ulteriori informazioni sull’agevolazione si rinvia al dossier tematico sul superbonus.
In Italia, il tipo di imposizione diretta che grava sulle attività di impresa è dipendente dalla natura del soggetto passivo (persone fisiche o persone giuridiche) e dall’organizzazione degli stessi (società di persone o di capitali). In linea generale, i lavoratori autonomi e le imprese individuali sono assoggettati a Irpef, mentre le persone giuridiche (con la rilevante eccezione delle società di persone) sono assoggettate a Ires, imposta sul reddito delle società.
In linea generale:
§ i redditi dei cd. contribuenti forfettari - imprese individuali e lavoratori autonomi con ricavi e compensi fino a 85.000 euro annui - sono assoggettati a tassazione sostitutiva proporzionale (flat), con un’aliquota agevolata del 15% e imponibile determinato forfettariamente, applicando un coefficiente di redditività diverso a seconda del tipo di attività svolta. Non si applicano Irap, Iva e addizionali locali;
§ la legge di bilancio 2023 (commi 55-57) ha previsto per il solo anno 2023 che i contribuenti persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni, diversi da quelli che applicano il regime forfettario possono applicare, in luogo delle aliquote per scaglioni di reddito vigenti, un’imposta sostitutiva che viene calcolata con un’aliquota del 15 per cento su una base imponibile, comunque non superiore a 40.000 euro, pari alla differenza tra il reddito d’impresa e di lavoro autonomo determinato nel 2023 e il reddito d’impresa e di lavoro autonomo, d’importo più elevato, dichiarato negli anni dal 2020 al 2022, decurtata di un importo pari al 5 per cento di quest’ultimo ammontare;
§ in assenza dei requisiti per rientrare nel regime forfettario, le imprese minori ricadono nel cd. regime di contabilità semplificata, il quale comporta una semplificazione nella tenuta delle scritture previste dal codice civile e, dal punto di vista fiscale, specifiche modalità di determinazione del reddito imponibile. A tali soggetti si applica il sistema di scaglioni e aliquote Irpef; rientrano in tale regime le imprese individuali, le società di persone e gli enti non commerciali, con ricavi inferiori a 400.000 euro (per prestazioni di servizi) o 700.000 euro (per cessione di beni). L’imponibile è determinato sul principio di cassa “impuro”, con alcune componenti reddituali calcolate col principio di competenza;
§ al di sopra di specifiche soglie di fatturato, ovvero per le imprese con alcune forme giuridiche, nonché per scelta del contribuente, l’ordinamento prescrive la cd. contabilità ordinaria, a cui si applica di norma il sistema di scaglioni e aliquote Irpef. Qualora l’impresa rientri tra i soggetti individuati dall’art. 73 TUIR, principalmente società di capitali ed enti non residenti si applica l’imposta sui redditi sulle società, Ires, con aliquota proporzionale e unica al 24 per cento (salvo l’applicazione di addizionali previste dalla legge per specifiche categorie di imprese).
Inoltre, gli utili delle società di persone sono soggetti a Irpef, quindi tassati in base all’aliquota marginale del percettore, pertanto con un trattamento fiscale differente rispetto ad altre forme di reddito derivanti da attività produttive. Gli utili distribuiti ai soci delle società di capitale scontano una tassazione con un’aliquota del 43,76%, derivante dal combinato disposto della tassazione a monte – il 24% di Ires – e di quella a valle, la ritenuta del 26% a titolo di imposta sostitutiva. I redditi derivanti da attività finanziarie sono invece sottoposti – come visto supra – ad un’aliquota del 26%.
Così come per l’Irpef, anche con riferimento all’Ires il legislatore ha inteso ridurre il carico fiscale sulle imprese lasciando immutata la struttura fondamentale dell’imposta, incidendo invece sulle aliquote e sul complesso sistema di deduzioni (quindi sulle regole di determinazione delle basi imponibili) nonché sui crediti di imposta.
Accanto alla tassazione dei redditi riveste un ruolo chiave l’Imposta regionale sulle attività produttive - Irap (D. Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446), sia con riferimento alla sua funzione di finanziamento del sistema sanitario nazionale, sia per la sua incidenza sul cd. cuneo fiscale.
Sulla base dei dati più recenti della Commissione europea, nel 2018 in Italia il peso relativo delle imposte sul capitale è stato più alto della media europea (23 per cento contro una media per l’area dell’euro del 21 per cento), così come l’aliquota effettiva di tassazione che si ottiene rapportando tutte le imposte su tale fattore (sui redditi e sullo stock, di famiglie e imprese) al totale dei redditi da capitale (29,2 per cento contro il 23). Considerando la sola tassazione societaria, nel 2018 l’aliquota effettiva media è stata pari in Italia al 24,6 per cento a fronte di una media del 21,7 per cento per l’area dell’euro. Includendo anche la tassazione dei dividendi (ma non quella della ricchezza finanziaria), la stessa aliquota si attestava al 36 per cento (30,2 per cento nell’area dell’euro). Tra gli interventi adottati per ridurre la tassazione del capitale: l’aliquota Ires, passata dal 27,5 al 24 per cento dal 2017; l’Aiuto alla Crescita Economica (ACE), introdotto dal 2011; gli incentivi adottati nell’ambito del piano “Impresa 4.0” poi divenuto Transizione 4.0.
In sintesi, l’Ires (anch’essa disciplinata dal TUIR - Testo unico delle imposte sui redditi, DPR 22 dicembre 1986 n. 917) è un'imposta personale e proporzionale con aliquota pari al 24 per cento (misura in vigore dal 2017, per effetto della legge di stabilità 2016; in precedenza l’aliquota era pari al 27,5 per cento). Soggetti passivi sono le società di mutua assicurazione, le società cooperative e le società di capitali residenti nel territorio italiano, gli enti pubblici, gli enti privati e i trust residenti nel territorio italiano e qualsiasi tipo di società, con o senza personalità giuridica, non residente nel territorio italiano.
Le modalità di calcolo della base imponibile variano in funzione del soggetto passivo: in linea generale, le società di capitali e gli enti residenti utilizzano quale base imponibile il reddito di impresa, ovvero i redditi calcolati sulla base dell'utile di esercizio derivante dal conto economico, considerando le variazioni fiscali stabilite dal TUIR, in diminuzione o in aumento (tra cui le spese e i costi deducibili). Per le persone giuridiche non residenti, sono invece imponibili i redditi prodotti nel territorio dello Stato, derivanti da attività commerciali e a condizione che nel territorio italiano sia presente una stabile organizzazione. Specifiche regole valgono per gli enti non commerciali, per cui la base imponibile è determinata sulla base delle regole in vigore per le persone fisiche.
L’impatto economico e il volume d’affari derivante dall’e-commerce internazionale, nonché la fornitura di servizi telematici privi di localizzazione fisica hanno richiesto una revisione della base imponibile e, in particolare, del concetto di stabile organizzazione, per adeguarlo alla nuova realtà socioeconomica. Al contempo, tali esigenze hanno sollecitato le istituzioni internazionali a ricercare specifici accordi per uniformare le basi imponibili e, dunque, per limitare la concorrenza fiscale tra Paesi ed evitare la costituzione di veri e propri paradisi fiscali.
È stato da più parti segnalato, infatti, che il mancato coordinamento delle politiche fiscali ha portato a livello mondiale a una intensa concorrenza fiscale (tax competition) tra paesi, che ha generato una progressiva riduzione negli ultimi decenni dei livelli di tassazione sui profitti delle società. Questo calo nel livello della tassazione ha causato perdite di entrate tra i paesi che va ben al di là della perdita dovuta alla vera e propria elusione.
Con riferimento alla base imponibile, il dibattito nazionale sull’imposta ha riguardato principalmente il concetto di stabile organizzazione, presupposto necessario per l’assoggettamento a tassazione dei redditi in Italia. La legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017) ha apportato significative modifiche alla disciplina della stabile organizzazione e ai criteri per la sua determinazione, rideterminando le tradizionali categorie della stabile organizzazione materiale e personale, per allentare il nesso tra presenza fisica di un'attività nel territorio dello Stato e assoggettabilità alla normativa fiscale. In particolare, è stata introdotta la possibilità di ravvisare una stabile organizzazione in Italia anche nel caso di significativa e continuativa presenza economica nel territorio dello Stato costruita in modo tale da non fare risultare una sua consistenza fisica nel territorio dello stesso (nuovo articolo 162, comma 2, lettera f-bis) del TUIR).
La legge di bilancio 2023 (articolo 1, comma 255 della legge n. 197 del 2022) introduce alcune misure volte a chiarire le condizioni secondo le quali non si configura una stabile organizzazione in Italia, da cui discende l’applicazione della normativa fiscale, di un veicolo d’investimento non residente che opera sul territorio nazionale tramite un soggetto indipendente che svolge, per suo conto, l’attività di gestione di investimenti (asset manager).
Al riguardo si segnala che, sebbene l’imposizione diretta sia di competenza degli Stati membri, negli ultimi anni l’UE ha introdotto misure armonizzate, alcune delle quali modificate di recente, allo scopo di garantire un sistema fiscale equo e trasparente e contrastare l'evasione e l'elusione fiscali.
Tra queste figurano la direttiva (UE) 2016/1164 (cosiddetta direttiva antielusione), la direttiva 2011/16/UE sulla cooperazione amministrativa nel settore fiscale, la direttiva (UE) n. 2018/822 recante nuove norme in materia di trasparenza per gli intermediari della pianificazione fiscale (come consulenti fiscali, contabili, banche e avvocati) e la direttiva 2013/34/UE sulla comunicazione delle informazioni sull'imposta sul reddito da parte di talune imprese e succursali.
Due sono tuttavia le questioni-chiave per il contrasto al dumping fiscale e alla concorrenza fiscale sleale su cui l’Unione si sta confrontando ormai da qualche anno.
In primo luogo, le differenze esistenti tra i regimi nazionali di imposta sulle società nell'UE creano le condizioni favorevoli per comportamenti opportunistici da parte delle imprese transnazionali attraverso una pianificazione fiscale che tende a trasferire i propri utili verso giurisdizioni a bassa imposizione. L’UE ha cercato di porvi rimedio presentando una proposta per l’introduzione di una base imponibile consolidata comune per l'imposta sulle società sulla quale, tuttavia, i negoziati si sono arenati. La Commissione europea ha annunciato il ritiro della proposta e una sua sostituzione con un nuovo quadro per l'imposizione dei redditi delle imprese in Europa (Imprese in Europa: quadro per l'imposizione dei redditi, denominato anche BEFIT), che dovrebbe essere presentato entro la fine del 2023.
In secondo luogo, la necessità di introdurre un sistema equo di tassazione effettiva della cd. economia digitale alla luce del fatto che le maggiori imprese multinazionali del web hanno spesso sede legale al di fuori dall’Unione europea e che vi è difficoltà ad applicare nei loro confronti i principi ordinari della tassazione su base territoriale. Al riguardo, l’Unione ha preferito dare precedenza a una soluzione concordata a livello internazionale; ad ottobre 2021 in sede OCSE/G20 è stato raggiunto un accordo su una soluzione a due pilastri per affrontare le sfide fiscali derivanti dalla digitalizzazione dell'economia.
Il primo pilastro intende garantire una più equa distribuzione dei profitti e dei diritti di tassazione fra i Paesi in cui operano le grandi imprese multinazionali, incluse le grandi aziende digitali, ripartendo il diritto di tassazione tra i Paesi in cui esse svolgono attività commerciali e realizzano profitti, indipendentemente dal fatto che vi abbiano o meno una presenza fisica.
Il secondo pilastro cerca di contrastare il dumping fiscale attraverso l’introduzione di un’aliquota minima globale (global minimum tax) pari al 15% sulle società multinazionali, comprese quelle che operano nell’economia digitale, con ricavi superiori a 750 milioni di euro l’anno.
Per ulteriori dettagli si veda altresì il paragrafo sulla cd. web tax, infra.
Con riferimento alle aliquote, come anticipato in precedenza, la legge di stabilità 2016 ha abbassato la misura dell’Ires per la generalità delle imprese dal 27,5 al 24 per cento, a decorrere dal 2017.
La legge di bilancio 2019 (commi 28-34) aveva introdotto la cd. mini-Ires, ossia l’applicazione di una aliquota agevolata al 15 per cento su parte del reddito delle imprese che avessero incrementato i livelli occupazionali ed effettuato nuovi investimenti. Tale misura è stata poi sostituita (articolo 2, decreto-legge n. 34 del 2019) con una progressiva riduzione dell'aliquota Ires sulla parte di reddito di impresa correlata al reimpiego degli utili, rimodulata nel tempo in modo da raggiungere il 20 per cento a decorrere dal 2023 (anch’essa mai entrata in vigore).
La legge di bilancio 2020 ha infine ripristinato, dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018 (in sostanza, dal 2019), l'applicazione del cd. meccanismo fiscale di aiuto alla crescita economica - ACE, sopprimendo le predette misure di incentivo alle imprese, legate al reinvestimento degli utili, disposte durante l'anno 2019.
L’ACE, istituito per la prima volta dal decreto-legge n. 201 del 2011 e la cui disciplina è stata ritoccata più volte negli anni successivi, consiste nella detassazione di una parte degli incrementi del patrimonio netto, o meglio nella deduzione di un importo corrispondente al rendimento nozionale del nuovo capitale proprio. Pertanto, l’agevolazione spetta alle imprese il cui capitale proprio viene incrementato mediante conferimenti in denaro e accantonamenti di utili a riserva, allo scopo di costituire un incentivo per la patrimonializzazione delle imprese. Per il calcolo dell'importo deducibile si effettua la somma dei componenti che hanno inciso positivamente (conferimenti, utili accantonati) e negativamente (riduzioni di patrimonio con attribuzione ai soci, acquisti di partecipazioni in società controllate, acquisti di aziende o rami di aziende) sul capitale. A tale base si moltiplica un’aliquota percentuale, fissata all'1,3 per cento dalla legge di bilancio 2020.
L’articolo 19 del decreto-legge Sostegni-bis (decreto-legge n. 73 del 2021) ha introdotto altresì un regime transitorio straordinario della disciplina dell'ACE (Aiuto alla Crescita Economica) per gli aumenti di capitale fino a 5 milioni di euro, che prevede anche la possibilità di trasformare il relativo beneficio fiscale in credito d'imposta compensabile per il 2021. La norma stabilisce inoltre che nel 2021, per la variazione in aumento del capitale proprio rispetto a quello esistente alla chiusura del periodo d'imposta precedente, l'aliquota percentuale per il calcolo del rendimento nozionale del nuovo capitale è pari al 15 per cento (rispetto al coefficiente ordinario di remunerazione dell'1,3 per cento).
La legge di bilancio 2020 ha maggiorato l’Ires al 27,5 per cento (in luogo della misura ordinaria del 24 per cento) sui redditi derivanti dallo svolgimento di attività in regime di concessione, nei periodi di imposta 2019, 2020 e 2021.
Si ricorda al riguardo che, con la sentenza n. 10 del 2015, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della cd. Robin Hood Tax (vale a dire l'addizionale all'aliquota Ires nei confronti delle società che operano nel settore petrolifero, nel settore dell'energia elettrica e nel trasporto e distribuzione del gas naturale, introdotta dall'art. 81, commi 16, 17 e 18, del decreto-legge n. 112 del 2008), senza effetti retroattivi; la norma è stata censurata sotto il profilo della ragionevolezza e della proporzionalità.
Infine in questa sede si rammenta che la legge di bilancio 2019 ha abrogato il regime opzionale dell’imposta sul reddito d’impresa (Iri) introdotto dalla legge di bilancio 2017 e disciplinato dall’articolo 55-bis, Tuir. Tale meccanismo avrebbe consentito a imprese individuali, società in nome collettivo e in accomandita semplice in regime di contabilità ordinaria e società a responsabilità limitata a ristretta base proprietaria di applicare la tassazione proporzionale e separata del reddito d’impresa, con l’aliquota Ires. L’entrata in vigore del regime era stata differita al 1° gennaio 2018. L’abrogazione dell’Iri è stabilita a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017 (quindi dal 2018 per i contribuenti “solari”). Pertanto, alla luce del differimento dell’entrata in vigore e della successiva abrogazione, in sostanza il regime non ha mai esplicato effetti.
Come anticipato, l'avvento dell'economia digitale ha determinato importanti sfide dal punto di vista fiscale. Nel panorama globalizzato dell'economia mondiale, infatti, le politiche fiscali si sono trovate ad affrontare fenomeni di alta mobilità dei contribuenti e del capitale, di alto numero di transazioni transfrontaliere e di internazionalizzazione delle strutture finanziarie, con significativi rischi di evasione e di elusione fiscale, nonché di politiche commerciali volte a sfruttare il gap legislativo-tributario tra le legislazioni dei diversi Paesi.
Specifica attenzione riguarda il regime fiscale della fornitura di beni e servizi senza una presenza fisica o legale (es. e-commerce), nonché i casi in cui i consumatori accedono a servizi digitali gratuitamente, a fronte della mera corresponsione dei propri dati personali (es. Google, Facebook, ecc.).
Un primo tentativo italiano di tassare i servizi digitali è stato effettuato con l’imposta sulle transazioni digitali, disciplinata dalla legge di bilancio 2018. Essa avrebbe dovuto applicarsi alle transazioni digitali relative a prestazioni di servizi effettuate tramite mezzi elettronici, con un’aliquota del 3 per cento applicata al valore della singola transazione, al netto dell'Iva.
Successivamente la legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018) ha abrogato la previgente disciplina, istituendo un'imposta sui servizi digitali, da applicare ai soggetti che prestano tali servizi e che presentino un ammontare complessivo di ricavi pari o superiore a 750 milioni di euro, di cui almeno 5,5 milioni realizzati nel territorio italiano per prestazione di servizi digitali. L’imposta è applicata sui ricavi, con aliquota del 3 per cento, e viene versata entro il mese successivo a ciascun trimestre.
La legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019) ha modificato la disciplina dell’imposta sui servizi digitali, tra l’altro, allo scopo di chiarire le modalità applicative dell'imposta con riferimento ai corrispettivi colpiti, alle dichiarazioni, alla periodicità del prelievo, ma soprattutto per svincolare l’applicazione dell’imposta - per quanto possibile -dall’emanazione di provvedimenti attuativi.
L’articolo 5, comma 15, del decreto legge n. 41 del 2021 (cd Decreto Sostegni) sposta il termine di versamento dell'imposta sui servizi digitali dal 16 febbraio al 16 maggio dell’anno solare successivo a quello in cui sono prodotti i ricavi derivanti dai predetti servizi, nonché quello di presentazione della relativa dichiarazione dal 31 marzo al 30 giugno del medesimo anno.
La norma dispone altresì, in sede di prima applicazione, lo slittamento del termine di versamento dell'imposta sui servizi digitali dal 16 marzo al 16 maggio 2021, con riferimento alle operazioni imponibili nel 2020, nonché lo spostamento del termine di presentazione della relativa dichiarazione dal 30 aprile al 30 giugno 2021.
A tale proposito si segnala che il provvedimento del 15 gennaio 2021 dell’Agenzia delle entrate definisce le regole operative per la prima applicazione della disciplina, in particolare individuando:
§ l’ambito oggettivo dell’imposta istituita, con evidenziazione dei servizi digitali esclusi;
§ le modalità di determinazione della base imponibile e dell’imposta sui servizi digitali;
§ i criteri di collegamento con il territorio dello Stato;
§ il versamento dell’imposta;
§ gli adempimenti dichiarativi;
§ gli obblighi strumentali ai fini dell’adempimento;
§ gli obblighi contabili in capo ai soggetti passivi dell’imposta;
§ la responsabilità solidale dei soggetti residenti per l’assolvimento degli obblighi di versamento dell’imposta sui servizi digitali da parte di soggetti passivi non residenti;
§ i rimborsi per le eccedenze di versamento.
In tale contesto si ricorda che il decreto-legge n. 50 del 2017 ha introdotto, per le società non residenti che appartengono a gruppi multinazionali con ricavi superiori a 1 miliardo di euro e che effettuano cessione di beni e prestazioni di servizio in Italia per un ammontare superiore a 50 milioni, avvalendosi di società residenti o di stabili organizzazioni di società non residenti, la possibilità di accedere ad una procedura di cooperazione e collaborazione rafforzata per la definizione dei debiti tributari dovuti in relazione alla eventuale stabile organizzazione.
La legge di bilancio 2023 (articolo 1, comma 151 della legge n. 197 del 2022), per contrastare frodi ed evasione in materia di imposta sul valore aggiunto, impone obblighi comunicativi, relativi ai dati dei fornitori e delle operazioni effettuate, a carico della piattaforma digitale che facilita la vendita online ai consumatori finali di determinati beni (quali, ad esempio, telefoni cellulari, console da gioco, tablet, PC e laptop), successivamente da individuare con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, che siano presenti nel territorio dello Stato.
L’8 ottobre 2021, come già anticipato, è stato raggiunto un importante accordo in sede OCSE/G20, sottoscritto da 139 giurisdizioni, su una soluzione a due pilastri per affrontare le sfide fiscali derivanti dalla digitalizzazione dell'economia.
Il primo pilastro intende garantire una più equa distribuzione dei profitti e dei diritti di tassazione fra i Paesi in cui operano le grandi imprese multinazionali, incluse le grandi aziende digitali, ripartendo il diritto di tassazione tra i Paesi in cui esse svolgono attività commerciali e realizzano profitti, indipendentemente dal fatto che vi abbiano o meno una presenza fisica.
Il nuovo regime si applicherà alle grandi imprese multinazionali (escluse quelle che operano nel settore estrattivo e nel settore finanziario regolamentato) aventi un fatturato globale superiore a 20 miliardi di euro e redditività (rapporto utili ante tassazione-ricavi) superiore al 10%. In pratica, il 25% dei profitti oltre il margine del 10% verranno riattribuiti ai Paesi dove le grandi multinazionali vendono i loro prodotti e forniscono i loro servizi, indipendentemente dalla presenza fisica nel territorio, e potranno essere tassati dai paesi stessi. L'elemento fondamentale di questo pilastro sarà una convenzione multilaterale su cui sono in corso i lavori tecnici in sede OCSE/G20. Per maggiori informazioni, si consulti la pagina web tematica dell’OCSE.
In merito al primo pilastro, a livello UE, la proposta di decisione COM(2021)570 ha l’obiettivo di introdurre una nuova risorsa propria dell’UE consistente nell'applicazione di un'aliquota uniforme di prelievo del 15% alla quota degli utili residui delle imprese multinazionali riassegnata agli Stati membri (a norma della direttiva sull'attuazione dell'accordo globale sulla ridistribuzione dei diritti di imposizione che la Commissione stessa dovrebbe presentare). La proposta è esaminata secondo la procedura di consultazione. Il Parlamento europeo ha adottato la sua risoluzione sulla proposta lo scorso novembre. Si attende ora l’adozione da parte del Consiglio, che deve avvenire all’unanimità, e la successiva ratifica da parte di tutti gli Stati membri.
Il secondo pilastro cerca di contrastare il dumping fiscale, ossia lo spostamento dei profitti laddove le aliquote fiscali sono più basse o inesistenti, attraverso l’introduzione di un’aliquota minima globale (global minimum tax) pari al 15% sulle società multinazionali, comprese quelle che operano nell’economia digitale, con ricavi superiori a 750 milioni di euro l’anno.
A livello UE, è stata definitivamente approvata la direttiva (UE) 2022/2523 intesa a garantire un livello di imposizione fiscale minimo globale per i gruppi multinazionali di imprese e i gruppi nazionali su larga scala nell'Unione. Essa ricalca l’accordo sul secondo pilastro e determina pertanto le modalità tramite le quali i principi dell’aliquota fiscale effettiva del 15% saranno applicati nell’UE a qualsiasi grande gruppo, multinazionale (come nell’intesa) ma anche nazionale, presente in uno Stato membro, che abbia un fatturato consolidato di almeno 750 milioni di euro. La direttiva deve essere recepita nelle legislazioni nazionali degli Stati membri entro la fine del 2023.
La direttiva poggia su due regole, tra loro collegate, volte ad assicurare una tassazione minima effettiva in ogni giurisdizione in cui l’impresa opera (c.d. regole GloBE - Global Anti-Base Erosion rules): 1) la Income Inclusion Rule (IIR), regola di inclusione del reddito, la quale presuppone che, nell’ambito di un gruppo societario, l’entità controllante versi un’imposta integrativa per compensare l’imposizione effettiva inferiore al 15% scontata dalle entità costitutive nelle giurisdizioni a bassa fiscalità. Nell’ambito di tale sistema, l’entità controllante localizzata in uno Stato membro ha l’obbligo di applicare l’IIR proporzionalmente alla sua partecipazione al reddito di ciascuna entità del gruppo a bassa imposizione, sia essa localizzata nell’Unione o no; 2) la undertaxed profit rule (UTPR), regola sui profitti a bassa imposizione, cui si ricorre nel caso in cui non operi la IIR. Essa può concretizzarsi nella negazione della deduzione di componenti negativi di reddito, oppure in un meccanismo equivalente di aggiustamento delle imposte dovute (come ad esempio il disconoscimento di un beneficio fiscale), quando imprese appartenenti allo stesso gruppo multinazionale sono localizzate in giurisdizioni dove scontano una tassazione effettiva inferiore a quella minima. Ciò fa sì che aumenti il reddito imponibile, con un conseguente incremento dell’imposta fino all’ammontare equivalente a quello delle entità del gruppo residenti in giurisdizioni che invece hanno introdotto le regole GloBE (“UTPR Top-up Tax”). L’UTPR dovrebbe fungere da sostegno all’IIR attraverso la re-imputazione di un eventuale importo residuo dell’imposta integrativa nei casi in cui le entità controllanti non abbiano riscosso l’intero importo dell’imposta integrativa relativa alle entità a bassa imposizione attraverso l’IIR.
Da segnalare, inoltre, che, recentemente, la direttiva (UE) 2021/514 (nota come «DAC7») ha modificato la direttiva 2011/16/UE (direttiva sulla cooperazione amministrativa - DAC), che stabilisce un sistema di cooperazione amministrativa sicura tra le autorità fiscali nazionali degli Stati membri dell’UE e definisce le regole e le procedure per lo scambio di informazioni a fini fiscali, allo scopo di introdurre nuove regole per migliorare le procedure di cooperazione includendo la segnalazione di vendite e servizi effettuati tramite piattaforme digitali. In particolare, ha introdotto nuovi obblighi di comunicazione per i gestori di piattaforme digitali dell’Unione e non che consentono a determinati venditori di essere collegati ad altri utenti per eseguire determinate attività transfrontaliere o nazionali (locazioni immobiliari, servizi personali, vendita di beni, locazione di qualsiasi mezzo di trasporto).
Inoltre, la proposta di direttiva del Consiglio COM(2022)707, cd. DAC8, presentata dalla Commissione europea lo scorso 8 dicembre, intende modificare ulteriormente la direttiva 2011/16/UE principalmente allo scopo di regolamentare lo scambio di informazioni sulle criptoattività e sulla moneta elettronica.
La Commissione europea motiva la presentazione della proposta rilevando come le autorità fiscali non dispongano attualmente delle informazioni necessarie per monitorare i proventi ottenuti utilizzando criptoattività, che sono facilmente scambiate a livello transfrontaliero; ne consegue che la capacità delle medesime autorità di garantire che le imposte siano effettivamente pagate è fortemente limitata, determinando perdite ingenti di gettito fiscale.
Pertanto, la Commissione europea propone di aggiornare la direttiva DAC affinché la segnalazione e lo scambio di informazioni tra le autorità fiscali all'interno dell'UE coprano anche il reddito o le entrate generati dagli utenti residenti nell'UE che operano con le criptoattività.
Lo scorso maggio il Consiglio ha concordato, quale propria posizione in vista della prosecuzione dei negoziati interistituzionali nell’ambito della procedura legislativa ordinaria, un orientamento generale sulla proposta di direttiva.
La legge 6 giugno 2016, n. 106 ha conferito al Governo una delega per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale.
In attuazione della delega è stato emanato il D. Lgs. 3 luglio 2017, n. 117 - Codice del Terzo settore, integrato e corretto successivamente dal decreto legislativo n. 105 del 2018, con il quale si provvede tra l'altro al riordino e alla revisione organica della disciplina speciale e delle altre disposizioni vigenti relative agli enti del Terzo settore, compresa la disciplina tributaria applicabile a tali enti.
Il decreto disciplina inoltre i titoli di solidarietà degli enti del terzo settore (che possono essere emessi da tutti gli enti iscritti al Registro unico nazionale, inclusi gli enti del Terzo settore commerciali) e le altre forme di finanza sociale (anche con riferimento al cd. peer to peer lending).
In estrema sintesi, il Titolo X del codice (artt. 79-89) disciplina il regime fiscale degli enti del Terzo settore che prevede, per gli Enti del Terzo Settore - ETS, diversi dalle imprese sociali, l’applicazione di specifiche misure di sostegno. Agli stessi enti si applicano inoltre le norme del TUIR relative all'Ires, in quanto compatibili. Si introduce un regime fiscale opzionale per la determinazione del reddito d’impresa degli enti non commerciali del Terzo settore, vale a dire quegli enti che svolgono in via esclusiva o prevalente attività di interesse generale, basato su coefficienti di redditività. Le norme individuano le attività svolte dagli enti del Terzo settore che si caratterizzano per essere non commerciali. In particolare, si presume che tali attività si considerano non commerciali qualora siano svolte a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi che non superano i costi effettivi. Viene attribuito un credito d'imposta per coloro che effettuano erogazioni liberali in denaro a favore degli enti del Terzo settore non commerciali (cd. social bonus). Sono poi introdotte disposizioni che attribuiscono ulteriori benefici, non previsti dalle norme tributarie generali; viene introdotta una disciplina unitaria per le deduzioni e detrazioni previste per chi effettua erogazioni liberali a favore di enti del Terzo settore non commerciali e di cooperative sociali.
Con riferimento alle organizzazioni di volontariato e alle associazioni di promozione sociale, sono elencate una serie di attività che, ai fini delle imposte sui redditi, sono considerate non commerciali se svolte senza l'impiego di mezzi organizzati professionalmente per fini di concorrenzialità sul mercato. Anche le organizzazioni di volontariato usufruiscono della detraibilità del 35 per cento delle erogazioni liberali eseguite in loro favore; gli atti costitutivi e quelli connessi allo svolgimento delle attività delle organizzazioni di volontariato sono esenti dall’imposta di registro. Sono esenti da Ires i redditi degli immobili destinati in via esclusiva allo svolgimento di attività non commerciali.
Viene disciplinato il regime tributario delle associazioni di promozione sociale, iscritte nell'apposita sezione speciale del Registro unico nazionale del Terzo settore, in sostanziale continuità con le previgenti norme ma con alcuni interventi di aggiornamento e razionalizzazione. Si prevede per le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale la possibilità di applicare un regime forfettario, con contabilità semplificata, per le attività commerciali esercitate, a condizione di non superare il limite di ricavi di 130.000 euro nel periodo d'imposta precedente. È poi introdotta una disciplina specifica relativa agli obblighi di tenuta e conservazione delle scritture contabili per le attività degli enti del Terzo settore.
Con il D. Lgs. 3 luglio 2017, n. 112 (successivamente modificato dal D. Lgs. N. 95 del 2018) si è proceduto a revisionare la disciplina dell'impresa sociale: si consente tra l'altro all'impresa sociale di distribuire dividendi ai soci (entro certi limiti) e si estende il novero di attività che configurano una "utilità sociale" a fini di legge, con l'attribuzione inoltre di alcuni incentivi fiscali.
La legge di bilancio 2021 prevede la detassazione al 50 per cento degli utili degli enti non commerciali, dal 1° gennaio 2021, a condizione che tali enti esercitino, in via esclusiva o principale, una o più attività di interesse generale per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità; sociale (commi 44-47).
Da ultimo, una complessiva revisione delle agevolazioni fiscali e finanziarie del codice del Terzo settore e della normativa in tema di impresa sociale è contenuta nell'articolo 26 del decreto legge semplificazioni fiscali, n. 73 del 2022 che, lasciato immutato l’impianto del Codice, ha tuttavia apportato alcune significative novità.
Tra le modifiche più rilevanti si segnala la nuova definizione di attività di interesse generale "non commerciali" e, in particolare, la precisazione in tema di costi effettivi - che si utilizzano come parametro per l'individuazione di tali attività –, nonché dei parametri numerici valevoli per la qualificazione di commercialità in caso di attività in pareggio o in perdita. Sono disposte specifiche esenzioni da alcune imposte indirette per gli Enti del terzo settore e viene semplificato l'accesso agli incentivi alle erogazioni liberali effettuate nei confronti dei medesimi enti. Sono introdotte agevolazioni fiscali sui beni immobili delle organizzazioni di volontariato e degli enti filantropici.
Come anticipato supra, il legislatore fiscale negli anni ha ritoccato la tassazione del settore produttivo - fermi restando i lineamenti fondamentali delle imposte dirette - con l’introduzione di numerose agevolazioni sotto forma di deduzioni, detrazioni e crediti di imposta. Tale sistema di agevolazioni ha consentito di alleggerire da un lato il carico fiscale sulle imprese e, con interventi mirati in specifici settori, di sostenere la crescita economica.
In questa sede si ricordano in particolare il cd. superammortamento e iperammortamento, misure agevolative introdotte – rispettivamente – dalla legge di stabilità 2016 e dalla legge di bilancio 2017, per poi essere successivamente prorogate fino al biennio 2019-2020. In sostanza, tali agevolazioni hanno consentito alle imprese di maggiorare a fini fiscali i costi per l’acquisto di determinati beni strumentali (e, dunque, la deducibilità dalle imposte dirette), in particolare i beni materiali e immateriali connessi agli investimenti e all’innovazione tecnologica.
La legge di bilancio 2020, in luogo di prorogare tali misure, le ha sostituite con un nuovo credito d'imposta per le spese sostenute a titolo di investimento in beni strumentali nuovi. Esso riguarda tutte le imprese e, con riferimento ad alcuni investimenti, anche i professionisti. Il credito è riconosciuto con aliquota differenziata secondo la tipologia di beni oggetto dell'investimento e copre gli investimenti in beni strumentali nuovi, ivi compresi i beni immateriali funzionali alla trasformazione tecnologica secondo il modello Industria 4.0. Il decreto Rilancio (decreto legge 34 del 2020), emanato nel quadro degli interventi per fronteggiare l’emergenza economico-sanitaria, ha prorogato dal 30 giugno al 31 dicembre 2020 il termine finale di efficacia del cd. superammortamento (per maggiorare del 30 per cento il costo di acquisizione a fini fiscali degli investimenti in beni materiali strumentali nuovi).
La legge di bilancio 2021, nell'ambito di un più ampio rafforzamento del programma Transizione 4.0 diretto ad accompagnare le imprese nel processo di transizione tecnologica e di sostenibilità ambientale, nonché per rilanciare il ciclo degli investimenti penalizzato dall'emergenza legata al COVID-19, ha esteso fino al 31 dicembre 2022 la disciplina del credito d'imposta per gli investimenti in beni strumentali nuovi, potenziando e diversificando le aliquote agevolative, incrementando le spese ammissibili e ampliandone l'ambito applicativo (commi 1051-1052). Sulla disciplina di tale beneficio è intervenuto inoltre il decreto Sostegni-bis (articolo 20 del decreto-legge n. 73 del 2021) agevolandone l’utilizzabilità in un’unica quota in favore delle grandi imprese (soggetti con un volume di ricavi o compensi non inferiori a 5 milioni di euro).
Successivamente la legge di bilancio 2022 (articolo 1, comma 44 della legge 234 del 2021) ha ulteriormente prorogato e rimodulato la disciplina di tale credito d'imposta occupandosi del triennio 2023-2025 e il decreto-legge n. 4 del 2022 ne ha perfezionato l'operatività rispetto agli obiettivi del PNRR.
Si rinvia al portale della documentazione per le modifiche più rilevanti all’istituto.
La legge di bilancio 2023 (comma 265) proroga dal 31 dicembre 2022 al 31 dicembre 2023 il credito di imposta per investimenti (acquisto di beni strumentali nuovi, quali macchinari, impianti e attrezzature varie) destinati a strutture produttive nelle regioni del Mezzogiorno.
Con il decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 il legislatore ha introdotto nell'ordinamento un quadro normativo di sostegno alla nascita ed alla crescita di nuove imprese innovative (c.d. start up innovative) con l'esplicito obiettivo di favorire lo sviluppo tecnologico, la nuova imprenditorialità e l'occupazione, in particolare giovanile. Le misure consistono essenzialmente in semplificazioni alla costituzione di tali società, dunque in deroghe al diritto societario, nella riduzione degli oneri per l'avvio, in agevolazioni fiscali e di sostegno al lavoro (assunzioni di personale) e agevolazioni fiscali agli investimenti nel capitale di rischio delle start up innovative.
Le start-up innovative sono imprese di nuova costituzione che svolgono attività di sviluppo, produzione e commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico. A questa tipologia d'impresa, che deve possedere specifici requisiti, sono riconosciute misure agevolative, sia nella fase di avvio che in quella di sviluppo. Oltre a requisiti necessari, l'impresa deve possedere almeno uno tra i requisiti alternativi che identificano il carattere innovativo dell'attività: deve sostenere spese di ricerca e sviluppo in misura almeno pari al 15% del maggiore tra costo e valore totale della produzione; deve impiegare, come dipendenti o collaboratori, personale altamente qualificato in determinate misure alternative; deve essere titolare o depositaria o licenziataria di almeno una privativa industriale ovvero titolare dei diritti relativi ad un programma per elaboratore originario.
Alle start-up innovative si applica una disciplina di deroga alla normativa sulle società di comodo. Pertanto, nel caso conseguano ricavi "non congrui" non scattano nei loro confronti le penalizzazioni fiscali previste per le cosiddette società di comodo, ad esempio l'imputazione di un reddito minimo e di una base imponibile minima ai fini Irap, l'utilizzo limitato del credito Iva, l'applicazione della maggiorazione Ires del 10,5% (citato articolo 26 del decreto-legge n. 179 del 2012). Le stesse sono inoltre esonerate dall'obbligo di apposizione del visto di conformità per compensazione dei crediti Iva (art. 4, comma 11-novies, del decreto-legge n. 3 del 2015).
Nei confronti di amministratori, dipendenti e collaboratori di tali soggetti opera l'esenzione da imposizione fiscale e contributiva per la parte di reddito di lavoro che deriva dall'attribuzione di azioni, quote, strumenti finanziari partecipativi o diritti delle predette imprese (articolo 27 del D.L. 179 del 2012).
Sono previsti incentivi fiscali strutturali anche per l'investimento nel capitale di rischio delle start-up innovative provenienti da persone fisiche e giuridiche: per le persone fisiche è prevista una detrazione Irpef pari al 30 per cento dell'investimento, fino a un massimo di 1 milione di euro. Per le persone giuridiche l'incentivo consiste in una deduzione dall'imponibile Ires del 30 per cento dell'investimento, fino a un massimo di 1,8 milioni di euro. A partire dal 2017, la fruizione dell'incentivo è condizionata al mantenimento della partecipazione nella start-up innovativa per un minimo di tre anni. Con riferimento agli incentivi di natura finanziaria, si ricorda la possibilità per le suddette categorie di imprese di raccogliere capitale di rischio con modalità innovative, segnatamente attraverso portali online (crowdfunding); tale modalità di raccolta di capitale, inizialmente riservata alle start-up e alle PMI innovative, è stata estesa a tutte le PMI (legge di stabilità 2017). Al fine di favorire gli investimenti in start-up, la legge di bilancio 2017 ha previsto la possibilità per le società quotate di acquisire le perdite fiscali di società start-up partecipate per almeno il 20 per cento, a specifiche condizioni.
In seguito, il legislatore è intervenuto non solo implementando le misure a sostegno delle start up innovative introdotte nel 2012, ma anche introducendo una disciplina di sostegno alle PMI innovative "più mature", non iscritte al registro speciale delle start up innovative (decreto-legge n. 3 del 2015, successivamente modificato e integrato).
Il decreto-legge Rilancio ha introdotto incentivi in regime de minimis all’investimento in start-up innovative. In alternativa alle ordinarie agevolazioni fiscali sugli investimenti delle persone fisiche, si consente di usufruire di una detrazione del 50 per cento degli investimenti nel capitale sociale di una o piu? start-up innovative, per le sole imprese iscritte alla sezione speciale del Registro delle imprese al momento dell’investimento. Tale detrazione e? concessa ai sensi della disciplina sugli aiuti di Stato cd. de minimis, di cui al Regolamento (UE) n. 1407/2013, a specifiche condizioni e nel limite massimo investito di 200.000 euro in tre anni. Lo stesso regime agevolativo fiscale in regime de minimis è applicabile anche alle PMI innovative.
L’articolo 14 del decreto Sostegni-bis esenta temporaneamente da imposizione le plusvalenze realizzate da persone fisiche che derivano dalla cessione di partecipazioni al capitale di imprese start up innovative e PMI innovative, nonché le plusvalenze reinvestite in start up e PMI innovative, a specifiche condizioni legate al momento della sottoscrizione delle quote e al mantenimento dell’investimento nel tempo. La condizione per fruire dell’esenzione è che le plusvalenze siano realizzate da persone fisiche e derivino dalla cessione di partecipazioni al capitale di imprese start up innovative e PMI innovative, nonché siano acquisite mediante sottoscrizione di capitale sociale dal 1° giugno 2021 al 31 dicembre 2025 e siano possedute per almeno tre anni.
È all’esame dell’Assemblea della Camera un disegno di legge (A.C. n. 107) che modifica le agevolazioni fiscali per la promozione e lo sviluppo delle start-up e delle piccole e medie imprese, per cui si rinvia al relativo dossier.
Negli ultimi anni il legislatore è intervenuto a più riprese sulla fiscalità delle banche, delle società finanziarie e delle assicurazioni, anche per coordinare la relativa disciplina con le norme di settore.
In questa sede si ricordano i seguenti interventi:
§ la nuova disciplina del gruppo Iva con riferimento ai gruppi bancari cooperativi (articolo 20 del decreto-legge n. 119 del 2018);
§ l'elevazione dell'acconto dell'imposta sulle assicurazioni, che viene innalzato dal 59 all'85 per cento per l'anno 2019, al 90 per cento per l'anno 2020 e infine fissato al 100 per cento a decorrere dall'anno 2021 (comma 1066 della legge di bilancio 2019);
§ la modifica la disciplina delle scritture contabili dei gruppi bancari cooperativi (comma 1072 del citato provvedimento), a seguito della quale, nella redazione del bilancio consolidato, le poste contabili relative a capogruppo e banche affiliate siano iscritte con modalità omogenee;
§ l’elevazione dallo 0,45 allo 0,50 l’aliquota dell’imposta sulle riserve matematiche dei rami vita iscritte nel bilancio dell'esercizio delle imprese assicurative (articolo 1, comma 268 della legge n. 197 del 2022, legge di bilancio 2023).
Il legislatore fiscale, in seno agli interventi sui non performing loans delle banche italiane, ha stabilito (articolo 16 del decreto legge n.83 del 2015), tra l'altro, la deducibilità delle svalutazioni e perdite su crediti di enti creditizi e finanziari e imprese di assicurazione.
In particolare, inizialmente si prevedeva che le svalutazioni e le perdite su crediti verso la clientela iscritte in bilancio fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2014, non ancora dedotte ai sensi del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (comma 3 dell'articolo 106) fossero deducibili per il 5 per cento del loro ammontare nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2016, per l'8 per cento nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2017, per il 10 per cento nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2018, per il 12 per cento nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2019 e fino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2024, e per il 5 per cento nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2025.
Inoltre il provvedimento del 2015 ha disposto che le rettifiche, le perdite, le svalutazioni e le riprese di valore nette iscritte in bilancio dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2013 e non ancora dedotte a fini Irap, fossero deducibili per il 5 per cento del loro ammontare nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2016, per l’8 per cento nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2017, per il 10 per cento nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2018, per il 12 per cento nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019 e fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024, e per il 5 per cento nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2025.
Sul punto è poi intervenuta la legge di bilancio 2019 (articolo 1, comma 1056 della legge n. 145 del 2018) che ha differito la quota del 10 per cento, prevista per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2018, al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2026.
La legge di bilancio 2020 (articolo 1, comma 712 della legge n. 160 del 2019) ha differito la deduzione della quota del 12 per cento dell'ammontare dei componenti negativi, prevista per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2019, in quote costanti, al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2022 e ai tre successivi (3 per cento annuo).
L'articolo 42 del decreto-legge n. 17 del 2022 (decreto energia) ha differito, in quote costanti, al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2023 e ai tre successivi (in luogo del periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2022 e ai tre successivi, come previsto dalla formulazione originaria del testo) una parte della quota di deducibilità, pari al 12 per cento, dell'ammontare dei componenti negativi prevista, ai fini dell'IRES (imposta sul reddito delle società) e dell'Irap (imposta regionale sulle attività produttive), per gli enti creditizi e finanziari e per le imprese di assicurazione, rispettivamente dai commi 4 e 9 dell'articolo 16 (Deducibilità delle svalutazioni e perdite su crediti enti creditizi e finanziari e imprese di assicurazione) del decreto-legge n. 83 del 2015, per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2022.
L’imposta regionale sulle attività produttive – Irap, disciplinata dal D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, è dovuta per l'esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata, diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi. Soggetti passivi sono gli esercenti attività d’impresa e lavoro autonomo, operanti sia in forma individuale che associata, gli enti non commerciali privati nonché le amministrazioni ed enti pubblici.
È un tributo proprio derivato, vale a dire un tributo istituito e regolato dalla legge dello Stato, il cui gettito è attribuito alle regioni, le quali devono, pertanto, esercitare la propria autonomia impositiva entro i limiti stabiliti dalla legge statale.
Il gettito dell’Irap concorre, nella misura e nelle forme stabilite dalla legge, al finanziamento del Servizio sanitario nazionale.
L’Irap ha una base imponibile diversa da quella prevista ex lege per le imposte sui redditi: essa si applica infatti sul valore della produzione netta derivante dall’attività esercitata nel territorio della regione o provincia autonoma, calcolato in maniera differenziata in base alla tipologia dei soggetti e delle attività esercitate.
L’imposta è determinata applicando al valore della produzione netta le aliquote previste ex lege. In particolare, l’aliquota ordinaria è pari al 3,9 per cento. Sulle imprese bancarie e finanziarie essa grava nella misura del 4,65 per cento e, con riferimento al settore assicurativo, nella misura del 5,9 per cento.
Le Regioni e le Province autonome, con propria legge, hanno facoltà di variare le aliquote, differenziandole per settori di attività e per categorie di soggetti passivi. La disciplina dell’Irap è stata integrata dal D. Lgs. 6 maggio 2011, n. 68 - sul federalismo fiscale provinciale e regionale - che detta norme valide solo per le Regioni ordinarie, le quali possono ridurre le aliquote fino ad azzerarle, nonché disporre deduzioni dalla base imponibile nel rispetto della normativa dell'Unione europea e degli orientamenti giurisprudenziali della Corte di giustizia dell'Unione europea.
La possibilità di azzeramento delle aliquote è consentita, altresì, alle Regioni a statuto speciale ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano, in virtù di specifiche norme contenute negli Statuti speciali o nelle disposizioni di attuazione statutaria.
Tra i principali interventi legislativi volti alla riduzione del cd. cuneo fiscale si annoverano i provvedimenti che hanno inciso sulle deduzioni Irap, in particolare sulle componenti relative al costo del lavoro.
La legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014) ha disposto l'integrale deducibilità dall'Irap del costo sostenuto per lavoro dipendente a tempo indeterminato. La misura opera nei confronti dei soggetti passivi Irap ad esclusione degli enti non commerciali, delle amministrazioni e degli enti pubblici relativamente alle attività istituzionali. Detta deduzione è stata poi estesa dalla legge di stabilità 2016, seppure entro specifici limiti, anche ai costi sostenuti per l’assunzione di lavoratori stagionali, a determinate condizioni legate, tra l’altro, alla durata del rapporto.
Con riferimento alla cd. autonoma organizzazione Irap, presupposto per l’applicazione dell’imposta ai lavoratori autonomi, la legge di stabilità 2015 ha chiarito che non sussiste autonoma organizzazione ai fini Irap per i medici che abbiano sottoscritto specifiche convenzioni con le strutture ospedaliere per lo svolgimento della professione ove percepiscano, per l'attività svolta presso dette strutture, più del 75 per cento del proprio reddito complessivo. Sono in ogni caso irrilevanti, ai fini della sussistenza dell'autonoma organizzazione, l'ammontare del reddito realizzato e le spese direttamente connesse all'attività svolta. L'esistenza dell'autonoma organizzazione è comunque configurabile in presenza di elementi che superano lo standard e i parametri previsti dalla Convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale.
La legge di stabilità 2016 ha esentato da Irap i soggetti che operano nel settore agricolo, le cooperative di piccola pesca ed i loro consorzi, e le cooperative ed i loro consorzi che forniscono in via principale, anche nell'interesse di terzi, servizi nel settore della silvicoltura, a decorrere dal 2016. Il medesimo provvedimento ha elevato gli importi deducibili dall'Irap in favore di alcuni soggetti di minori dimensioni, rafforzando le deduzioni in favore delle società in nome collettivo e in accomandita semplice (ed equiparate) e delle persone fisiche esercenti attività commerciali, nonché delle persone fisiche e delle società semplici esercenti arti e professioni.
In tal senso, la menzionata legge di bilancio 2022 (articolo 1, commi 8 e 0 della legge n. 234 del 2021) dal 2022 esentano da Irap i contribuenti persone fisiche che esercitano attività commerciali, nonché arti e professioni. Sono previste specifiche forme di copertura del mancato gettito Irap in favore delle Regioni e delle Province autonome, mediante l'istituzione di apposito Fondo. Gli importi spettanti possono essere modificati, previo accordo in sede di Conferenza permanente Stato, Regioni e Province autonome, a decorrere dal 2025. Si veda anche la Circolare dell’Agenzia delle entrate del 18 febbraio 2022 n. 4/E per i chiarimenti sulla riforma.
L'articolo 121 del decreto-legge n. 34 del 2020 ha introdotto la possibilità di usufruire di alcune agevolazioni fiscali in materia edilizia e di efficientamento energetico (in prevalenza, aventi forma di detrazione dalle imposte sui redditi) sotto forma di sconti sui corrispettivi, ovvero di crediti d'imposta cedibili ad altri soggetti, comprese banche e intermediari finanziari, in deroga alle ordinarie disposizioni previste in tema di cedibilità dei relativi crediti.
L'articolo 122 del medesimo decreto-legge ha disposto la cedibilità dei crediti d’imposta istituiti per l'emergenza economico-sanitaria da Covid-19 (credito d'imposta per botteghe e negozi, per i canoni di locazione, per la sanificazione e l'adeguamento degli ambienti di lavoro, nonché per l'acquisto dei dispositivi di protezione individuali). La disciplina della cessione dei crediti di imposta è stata oggetto di successive modifiche e integrazioni nel tempo, al fine di perfezionarne i meccanismi e prevenire le frodi.
Più in dettaglio, in favore di chi sostiene le spese indicate dai richiamati articoli 121 e 122, per le quali è previsto un meccanismo di detrazione dalle imposte sui redditi, è stato consentito di usufruire di tali agevolazioni sotto forma, alternativamente, di:
§ un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto fino a un importo massimo pari al corrispettivo dovuto, che viene anticipato dai fornitori che hanno effettuato gli interventi, il quale può recuperarlo sotto forma di credito d'imposta, con facoltà di successiva cessione del credito ad altri soggetti;
§ un credito d'imposta di pari ammontare, cedibile in successione ulteriore ad altri soggetti, ivi inclusi istituti di credito e altri intermediari finanziari, con trasformazione della detrazione in credito di imposta solo all’atto della cessione ad altri soggetti.
L’opzione si può esercitare in relazione a ciascuno stato di avanzamento dei lavori. Le norme suddette si applicano alle spese relative agli interventi di recupero del patrimonio edilizio, di efficienza energetica, di adozione di misure antisismiche, di recupero o restauro della facciata degli edifici esistenti (cd. bonus facciate); di installazione di impianti fotovoltaici; di installazione di colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici; di superamento ed eliminazione di barriere architettoniche.
I crediti d’imposta cedibili sono utilizzati in compensazione con F24 (ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241), sulla base delle rate residue di detrazione non fruite, e con la stessa ripartizione in quote annuali con la quale sarebbe stata utilizzata la detrazione. La quota di credito d'imposta non utilizzata nell'anno non può essere usufruita negli anni successivi e non può essere richiesta a rimborso.
Successivamente l'articolo 2 del decreto legge n. 11 del 2023 è intervenuto sulla disciplina sopra citata, stabilendo che (a decorrere dal 17 febbraio 2023) tale facoltà non potesse più essere esercitata.
Il medesimo articolo prevede tuttavia delle deroghe al divieto introdotto al comma 1. In particolare stabilisce che il divieto non si applica alle opzioni relative alle spese sostenute per gli interventi rientranti nella disciplina del superbonus che in data antecedente al 17 febbraio 2023 rispettino determinate condizioni. In particolare le norme introdotte al comma 1 non si applicano:
§ per gli interventi diversi da quelli effettuati dai condomini qualora risulti presentata la comunicazione di inizio lavori asseverata-CILA;
§ per gli interventi effettuati dai condomini qualora risulti adottata la delibera assembleare che ha approvato l'esecuzione dei lavori e risulti presentata la CILA;
§ per gli interventi comportanti la demolizione e la ricostruzione degli edifici qualora risulti presentata l'istanza per l'acquisizione del titolo abilitativo. Si prevede inoltre che, con esclusivo riferimento alle aree classificate come zone sismiche di categoria 1, 2 e 3, le disposizioni in esame al periodo precedente si applicano anche alle spese per gli interventi già rientranti nell'ambito di applicazione dell'articolo 119 e dell'articolo 121, comma 2, del decreto-legge 19 maggio 2020 n. 34, ricompresi in piani di recupero del patrimonio edilizio esistente e di riqualificazione urbana comunque denominati. Tali piani di recupero e di riqualificazione urbana, tuttavia, devono presentare contenuti progettuali di dettaglio, attuabili a mezzo di titoli semplificati, che alla data di entrata in vigore del decreto in commento risultino approvati dalle amministrazioni comunali a termine di legge e che concorrono al risparmio del consumo energetico e all'adeguamento sismico dei fabbricati previsti.
Ulteriori deroghe sono previste per interventi non rientranti nel superbonus.
La norma stabilisce che le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano alle opzioni relative alle spese sostenute per gli interventi diversi dal superbonus per i quali in data antecedente al 17 febbraio 2023:
§ risulti presentata la richiesta del titolo abilitativo, ove necessario;
§ per gli interventi per i quali non è prevista la presentazione di un titolo abilitativo, siano già iniziati i lavori. La deroga al divieto si applica altresì, secondo una modifica introdotta in sede referente, anche nel caso di lavori non ancora iniziati, ma in cui sia già stato stipulato un accordo vincolante tra le parti per la fornitura dei beni e dei servizi oggetto dei lavori. A tal fine, nel caso in cui alla data di entrata in vigore del presente decreto non risultino versati acconti, la data antecedente dell'avvio dei lavori, o della stipula di un accordo vincolante tra le parti per la fornitura dei beni e dei servizi oggetto dei lavori, deve essere attestata sia dal cedente o committente, sia dal cessionario o prestatore, mediante dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, resa ai sensi dell'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445;
§ risulti presentata la richiesta di titolo abilitativo per l'esecuzione dei lavori edilizi, con riguardo alle agevolazioni per gli interventi relativi:
· alla realizzazione di autorimesse o posti auto pertinenziali anche a proprietà comune (articolo 16-bis, comma 1, lettera d));
· al restauro e risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia riguardanti interi fabbricati, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie, che provvedano entro diciotto mesi dalla data di termine dei lavori alla successiva alienazione o assegnazione dell'immobile (articolo 16-bis, comma 3);
· a interventi di restauro e risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia riguardanti interi fabbricati o per interventi realizzati nei comuni ricadenti nelle zone classificate a rischio sismico 1, 2 e 3 mediante demolizione e ricostruzione di interi edifici, allo scopo di ridurne il rischio sismico (articolo 16, comma 1-septies, del decreto-legge n. 63 del 2013).
Per una panoramica dettagliata della materia si rinvia alla lettura del focus la cessione del credito.
Nel tempo il legislatore ha riconosciuto la possibilità di adottare la misura della cessione del credito anche per altre tipologie di crediti d’imposta riconosciuti prevalentemente alle imprese. Tali norme hanno introdotto una autonoma disciplina della materia che spesso richiama, soprattutto per quanto attiene alle misure di contrasto alle frodi e ai controlli preventivi, le disposizioni già adottate nel decreto legge 34 del 2020 (in particolare gli articoli 122-bis e 121, commi da 4 a 6).
A titolo di esempio, nel 2022:
§ l’articolo 28, comma 4, del decreto legge n. 4, in merito al credito d'imposta per la digitalizzazione di agenzie di viaggio e tour operator;
§ l’articolo 3, comma 3, del decreto legge 21, in merito al credito d'imposta, a favore delle imprese per l'acquisto di energia elettrica;
§ l’articolo 9, comma 1, del decreto legge 21 del 2022, in merito alla cedibilità dei crediti di imposta riconosciuti alle imprese energivore e alle imprese a forte consumo di gas naturale;
§ l’articolo 18, comma 3, del decreto legge 21, in materia di credito d'imposta, per l'acquisto di carburanti per l'esercizio dell'attività agricola e della pesca;
§ l’articolo 4, comma 4, del decreto legge n. 50, in merito al credito d'imposta, in favore delle imprese a forte consumo di gas naturale;
Nel 2023:
§ l’articolo 4, comma 8, del decreto legge n. 34, in merito al contributo straordinario, sotto forma di credito d'imposta, in favore delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale.
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Le imposte indirette comprendono l'imposta sul valore aggiunto (Iva) e le accise su alcolici, tabacco e prodotti energetici. Il sistema comune in materia di Iva è applicabile in generale ai beni e ai servizi acquistati e venduti ai fini dell'uso o del consumo nell'UE. Le accise vengono applicate sulla vendita o sull'uso di prodotti specifici. Ai fini del corretto funzionamento del mercato interno, l'attività legislativa dell'UE mira a coordinare e allineare le disposizioni in materia di Iva, nonché ad armonizzare le accise su alcolici, tabacco e prodotti energetici.
Secondo quanto rilevato da Banca d’Italia, nel 2018 l’aliquota implicita di tassazione sul consumo è stata pari in Italia al 15,7 per cento (il terzo valore più basso dopo Spagna e Romania), a fronte di una media del 16,8 per cento nell’area dell’euro. La quota dovuta all’Iva sull’aliquota implicita complessiva è la più bassa in Europa (56 per cento a fronte di circa il 63 per cento della media dell’area euro). Anche rispetto al PIL, in Italia il gettito Iva è più basso della media europea (6,2 per cento rispetto al i 6,9 per cento nell’area dell’euro).
Per quanto attiene alle accise, si ricorda che queste sono da molti anni imposte armonizzate a livello europeo. La relativa struttura e misura si differenziano secondo la tipologia di prodotto colpito da imposta (a grandi linee, le accise gravano su alcolici, tabacchi e prodotti energetici e il documento del Parlamento europeo ne individua le caratteristiche e le differenze). In linea generale, si può affermare che la struttura delle accise e le aliquote minime sono stabilite dalle norme UE e rimane facoltà degli Stati innalzare la misura delle aliquote.
Nel tempo le accise sono state elevate, anche con finalità emergenziali: l'innalzamento delle aliquote di accisa produce immediati effetti finanziari per l'erario, anche perché colpiscono beni la cui domanda non è strettamente legata al prezzo (quali la benzina e i tabacchi).
Negli ultimi mesi, in controtendenza rispetto al periodo precedente e come conseguenza dei rincari energetici causati anche dalla crisi in Ucraina, il legislatore è intervenuto a più riprese per ridurre le accise gravanti sui prodotti energetici allo scopo di aiutare famiglie e imprese. Per una panoramica generale sugli interventi finanziari volti a fronteggiare i rincari energetici, si rinvia al relativo tema.
Per quanto attiene alle entrate erariali da tributi accisa, il bollettino delle entrate relativo al 2022 riporta che nell’anno di riferimento l’accisa sui prodotti energetici, loro derivati e prodotti analoghi (oli minerali) si attesta a 18.054 milioni di euro (-5.779 milioni di euro, pari a –24,2%), l’accisa sull’energia elettrica e addizionali ammonta a 2.793 milioni (+290 milioni, pari a +11,6%), mentre l’accisa sul gas naturale per combustione (gas metano) ha generato entrate per 3.700 milioni di euro (+554 milioni di euro, pari a +17,6%).
Con riferimento alle principali disposizioni in materia di contrasto alle frodi nel settore delle accise, si ricorda che il decreto Crescita (articolo 13-ter del decreto-legge n. 34 del 2019) ha introdotto la possibilità per i contribuenti di pagare i diritti doganali, così come tutti gli altri diritti riscossi dalle dogane in forza di specifiche disposizioni legislative, mediante strumenti di pagamento tracciabili ed elettronici. Con il decreto Fiscale 2019 (articoli da 5 a 12 del decreto-legge n. 124 del 2019) si è inteso prevenire le frodi e l'evasione fiscale nella filiera della distribuzione dei carburanti e con riferimento alle accise sui prodotti energetici, oltre a limitare i casi di utilizzo della dichiarazione d'intento per la non applicazione dell'IVA. Tuttavia, a seguito dell'emergenza da Covid-19, il decreto Rilancio ha differito l'efficacia di alcune delle predette disposizioni antifrode (articolo 130 del decreto-legge n. 34 del 2020).
Inoltre, sul tema di prevenzione delle frodi ha inciso la legge di bilancio 2021 (commi 1075-1078 della legge n. 178 del 2020), con particolare riguardo agli adempimenti dei gestori di depositi di prodotti energetici sottoposti ad accisa. Con il D. Lgs. 5 novembre 2021, n. 180 (Atto del Governo n. 276) è stata recepita nell'ordinamento nazionale la direttiva (UE) 2020/262 del Consiglio del 19 dicembre 2019 che, provvedendo alla modifica e alla rifusione della direttiva 2008/118/CE, contiene ora tutte le disposizioni inerenti il regime generale delle accise, apportando ampie modifiche al Testo Unico Accise (D.Lgs. n. 504 del 1995) che riguardano, tra l'altro: l'individuazione, per casi particolari, del momento in cui sorge l'obbligazione tributaria e la previsione di soglie comuni relative alla perdita parziale dovuta alla natura dei prodotti sottoposti ad accisa durante il loro trasporto tra più Stati membri dell'UE; la disciplina di nuove figure di soggetti obbligati (speditore e destinatario certificati); la previsione di modalità telematiche di tracciamento dei trasferimenti di prodotti immessi in consumo nel territorio di uno Stato membro e spediti verso il territorio di un altro Stato membro, al fine di esservi consegnati per scopi commerciali.
Per quanto riguarda i carburanti, dal 22 marzo al 31 dicembre 2022 è stata disposta una generale riduzione delle accise sui carburanti, mediante provvedimenti di rango primario e secondario (elementi che, com'è noto, incidono sul prezzo finale alla pompa). Tali riduzioni sono dunque cessate il 31 dicembre 2022.
L'accisa sul gas naturale usato per autotrazione è paria a € 0,00331 per m³.
Opera una misura di IVA ridotta al 5 per cento sulle somministrazioni di gas metano usato per combustione per usi civili e industriali contabilizzate nelle fatture emesse per i consumi stimati o effettivi dei mesi di gennaio, febbraio e marzo 2023 (legge di bilancio per il relativo anno, legge n. 197 del 2022, commi 13 e 14) e a quelle di energia termica prodotta con gas metano in esecuzione di un contratto servizio energia.
Per quanto in generale concerne il gas naturale, la sua imposizione varia secondo l'uso (combustione per uso industriale, combustione per uso civile, uso autotrazione e produzione di energia elettrica).
Si veda, per dettagli, la tabella dell'Agenzia delle dogane sulle aliquote di accisa sui prodotti energetici, aggiornata in tempo reale.
La vigente struttura dell'imposizione fiscale sui è tabacchi frutto della riforma operata, nel corso della XVII Legislatura, dal D. Lgs. n. 188 del 2014, che ha riformato la tassazione dei tabacchi in attuazione della delega contenuta nella legge n. 23 del 2014.
Significative modifiche all'accisa sui tabacchi sono state inoltre apportate dalla legge di bilancio 2023 (articolo 1, comma 122 della legge n. 197 del 2023) che riconfigura i criteri utilizzati per il calcolo della quota specifica in misura fissa, nonché di quella ad valorem, che determina l'accisa sui tabacchi lavorati. Il provvedimento ha innalzato inoltre l'importo dell'accisa minima gravante sul tabacco trinciato usato per arrotolare le sigarette, ha aggiornato l'importo dell'onere fiscale minimo per le sigarette, ha ridotto le aliquote dell'imposta di consumo gravante sui prodotti liquidi da inalazione e ha rideterminato, in riduzione, la tassazione delle sostanze liquide, contenenti o meno nicotina, destinate ad essere inalate senza combustione. Sono stati poi definiti alcuni adempimenti a cui sono tenuti i soggetti che effettuano l'immissione in consumo di prodotti contenenti nicotina diversi dai tabacchi lavorati provenienti da uno Stato dell'UE. La norma stabilisce, tra l'altro, che tali soggetti sono tenuti al pagamento dell'imposta di consumo.
Con riferimento agli alcolici si ricorda che in Italia, giusta autorizzazione europea, il vino e le bevande fermentate diverse dal vino e dalla birra sono esenti da accisa.
L'imposta grava su altri prodotti, in particolare sull'alcole etilico (1.035,52 euro per ettolitro anidro), sui prodotti alcolici intermedi (88,67 euro per ettolitro) e sulla birra. L'imposta sulla birra è fissata nella misura di 2.99 euro per ettolitro e grado-Plato per il 2023.
Per approfondimenti sulle ultime modifiche alla disciplina delle accise si rinvia al relativo tema web.
Anche l’imposta sul valore aggiunto (Iva) è una imposta armonizzata a livello europeo (articolo 113 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea - TFUE), disciplinata dalla cosiddetta direttiva Iva (direttiva 2006/112/CE), che ha istituito il Sistema comune d'imposta sul valore aggiunto. Ciò significa che i lineamenti fondamentali della disciplina e i livelli minimi di aliquote sono stabiliti dal legislatore europeo, lasciando agli Stati membri il compito di innalzare o mantenere le aliquote e dettare la disciplina di dettaglio, anche in materia di fatturazione e documentazione necessaria al corretto adempimento dell'obbligo tributario, coerentemente agli indirizzi forniti in sede UE.
Ai sensi dell’articolo 1 del DPR 633 del 1972, decreto Iva, l’imposta sul valore aggiunto si applica sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese o nell’esercizio di arti e professioni e sulle importazioni da chiunque effettuate.
In relazione alle aliquote Iva, si ricorda che a decorrere dal 1° ottobre 2013, l'aliquota ordinaria è stata rideterminata nella misura del 22 per cento (legge di bilancio 2013). L'ordinamento prevede inoltre due aliquote ridotte: una aliquota al 10 per cento e una al 5 per cento, quest’ultima istituita con la legge di stabilità 2016 (commi 960-963). Resta in vigore fino all'introduzione del regime definitivo previsto dalla direttiva Iva, infine, l'aliquota super–ridotta al 4 per cento, a condizione che l'aliquota fosse in vigore al 1° gennaio 1991 e che la sua applicazione risponda a ben definite ragioni di interesse sociale (articolo 110, direttiva Iva).
Si riportano di seguito le più significative modifiche al novero dei prodotti e dei servizi assoggettati alle diverse aliquote Iva che sono intervenute nella XVIII legislatura:
§ il c.d. decreto fiscale 2019 (l'articolo 32 del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124) ha limitato il perimetro delle prestazioni didattiche esenti dall'IVA, chiarendo che in tale perimetro non ricade l'insegnamento finalizzato a conseguire le patenti di guida delle categorie B e C1, per adeguare l'ordinamento interno alla sentenza della Corte di giustizia UE 14 marzo 2019, C-449/17;
§ l'introduzione dell'Iva al 10 per cento per i dispositivi medici a base di sostanze, normalmente utilizzati per cure mediche, per la prevenzione delle malattie e per trattamenti medici e veterinari, operata dalla legge di bilancio 2019 (art 1, comma 3 della legge ); ha esteso l'estensione dell'Iva agevolata al 4 per cento per alcuni ingredienti utilizzati per la preparazione del pane, quali il destrosio e il saccarosio, i grassi e gli oli alimentari industriali ammessi dalla legge, i cereali interi o in granella e i semi, i semi oleosi, le erbe aromatiche e le spezie di uso comune (legge di bilancio 2019, articolo 1, comma 4 della legge n. 145 del 2018) e ha previsto la riduzione dell'aliquota per i tartufi;
§ la applicazione (articolo 124 del decreto Rilancio) dell'Iva al 5 per cento alle cessioni di mascherine e di altri dispositivi medici e di protezione individuale; giusta applicazione della legge di bilancio 2021 (commi 452 e 453 della legge n. 178 del 2020) e in applicazione della normativa europea, fino al 31 dicembre 2022 sono esenti da Iva le cessioni di strumenti diagnostici Covid-19 e dei vaccini;
§ l'abbassamento al 10 per cento (articolo 18-bis del decreto legge n. 73 del 2021) dell'Iva sulla cessione di animali vivi per l'attività venatoria;
§ l'applicazione (comma 40 della legge di bilancio 2021, n. 78 del 2020) dell'Iva al 10 per cento le cessioni di piatti pronti e di pasti che siano stati cotti, arrostiti, fritti o altrimenti preparati in vista del loro consumo immediato, della loro consegna a domicilio o dell'asporto;
§ l'esenzione Iva per le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione della persona rese nell'esercizio delle professioni e arti sanitarie dalle case di cura non convenzionate e l'applicazione dell'aliquota al 10 per cento alle prestazioni di alloggio rese (anche da soggetti diversi dalle case di cura non convenzionate) agli accompagnatori delle persone ricoverate e alle prestazioni di diagnosi, cura e ricovero che non siano esenti; l'estensione dell'Iva al 10 per cento alle prestazioni di ricovero e cura, comprese le prestazioni di maggiore comfort alberghiero, diverse da quelle già esenti ai sensi della legislazione vigente, nonché alle prestazioni di alloggio rese agli accompagnatori delle persone ricoverate (articolo 18 del decreto legge semplificazioni fiscali, n. 73 del 2022).
La legge di bilancio 2023 (legge n. 197 del 2022):
§ proroga la riduzione dell'aliquota IVA al 5 per cento (in deroga all'aliquota del 10 o 22 per cento prevista a seconda dei casi dalla normativa vigente) alle somministrazioni di gas metano usato per combustione per usi civili e industriali contabilizzate nelle fatture emesse per i consumi stimati o effettivi dei mesi di gennaio, febbraio e marzo 2023 (comma 13); l’agevolazione è stata prorogata alle somministrazioni contabilizzate nelle fatture emesse per i consumi stimati o effettivi dei mesi di aprile, maggio e giugno 2023 (articolo 2 del decreto legge n. 34 del 2023);
§ prevede la riduzione al 5 per cento dell'aliquota IVA anche in relazione alle somministrazioni di energia termica prodotta con gas metano in esecuzione di un contratto servizio energia (comma 14). Anche tale agevolazione è stata prorogata alle somministrazioni contabilizzate nelle fatture emesse per i consumi stimati o effettivi dei mesi di aprile, maggio e giugno 2023 (articolo 2 del decreto legge n. 34 del 2023);
§ estende l'aliquota IVA ridotta al 5% alle forniture di servizi di teleriscaldamento contabilizzate nelle fatture emesse per i consumi stimati o effettivi dei mesi di gennaio, febbraio e marzo dell'anno 2023 (comma 16); Analogamente alle precedenti, l’agevolazione è stata prorogata alle somministrazioni contabilizzate nelle fatture emesse per i consumi stimati o effettivi dei mesi di aprile, maggio e giugno 2023 (articolo 2 del decreto legge n. 34 del 2023);
§ assoggetta all'aliquota IVA ridotta al 5% i prodotti per la protezione dell'igiene intima femminile, i tamponi e gli assorbenti (precedentemente soggetti all'aliquota IVA al 10%, per effetto dell'articolo 1, comma 13 della legge di bilancio 2022, n. 234 del 2021), nonché alcuni prodotti per l'infanzia (comma 72);
§ assoggetta ad aliquota IVA ridotta al 10% la cessione dei pellet, in luogo dell'aliquota ordinaria al 22% (comma 73);
§ consente di detrarre dall'IRPEF il 50 per cento dell'IVA versata, per l'acquisto entro il 31 dicembre 2023 di immobili residenziali di classe energetica A o B cedute dalle imprese costruttrici degli immobili stessi (comma 76).
Secondo i dati presentati dall’Osservatorio sulle partite iva nel corso del 2022 sono state aperte circa 501.500 nuove partite Iva ed in confronto all’anno precedente si è registrata una moderata flessione (-8,7%), che era da attendersi, dato l’elevato numero di aperture che si era registrato nel 2021 a seguito dell’allentamento delle restrizioni legate alla pandemia da Covid-19. La distribuzione per natura giuridica mostra che il 70% delle partite Iva è stato aperto da persone fisiche, il 22,3% da società di capitali e solo il 3,3% da società di persone. Rispetto al 2021 la diminuzione di avviamenti è generalizzata: dalle società di persone (-8,1%), alle società di capitali (- 5,9%) fino alle persone fisiche (-4,9%). Si nota, inoltre, il considerevole calo di partite Iva avviate da soggetti non residenti (-51,3%), che l’anno prima avevano, invece, segnato un notevolissimo aumento a causa dell’incremento delle vendite online dovute al periodo pandemico. Riguardo alla ripartizione territoriale, il 46,5% delle nuove aperture è localizzato al Nord, il 22,3% al Centro e circa il 31% al Sud ed Isole;
Il quadro giuridico dell'UE in materia di IVA è costituito principalmente dalla direttiva IVA n. 2006/112/CE (c.d. "direttiva IVA"), da direttive specifiche aggiuntive, dal regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011 e dal regolamento (UE) n. 904/2010 relativo alla cooperazione amministrativa e alla lotta contro la frode in materia di IVA. Il sistema comune in materia di IVA è applicabile in generale ai beni e ai servizi acquistati e venduti ai fini dell'uso o del consumo nell'UE. Per garantire il corretto funzionamento del mercato interno e, in particolare, per evitare che la concorrenza sia falsata da disparità di aliquote a livello di fiscalità indiretta e da sistemi che conferiscano alle imprese di uno Stato membro un indebito vantaggio sulle imprese concorrenti di altri Stati membri, l'attività legislativa dell'UE mira a coordinare e armonizzare la legislazione concernente l'IVA.
La riforma del suddetto quadro normativo ha preso avvio nel 2016 quando la Commissione Juncker ha presentato un piano d'azione sull'IVA volto a delineare le iniziative chiave da intraprendere al fine di modernizzare il sistema dell'IVA per adeguarlo all'economia digitale e alle esigenze delle PMI, nonché per far fronte al divario dell'IVA (la differenza tra le entrate IVA previste e quelle effettivamente riscosse negli Stati membri) e migliorare la cooperazione amministrativa.
Negli anni successivi, sono state avanzate diverse proposte legislative, alcune delle quali già approvate, volte in particolare a modificare la citata "direttiva IVA".
Più di recente, nel dicembre 2022, dando seguito a quanto annunciato nel piano d'azione per una fiscalità equa e semplice, la Commissione von der Leyen ha presentato un pacchetto di proposte (COM(2022)701, 703 e 704), la cd. iniziativa "L'IVA nell'era digitale", volte a modernizzare e rendere il sistema IVA dell'UE più efficace per le imprese e più resiliente alle frodi mediante l'adozione e la promozione della digitalizzazione.
Di seguito, una breve rassegna delle iniziative più importanti in materia di IVA, recentemente approvate o ancora in corso di esame (per maggiori informazioni, si può consultare la pagina dedicata della Commissione europea).
Si ricorda che nel processo legislativo UE in materia fiscale (che è definita principalmente a livello nazionale), il Parlamento europeo ha un ruolo consultivo e le decisioni devono essere prese dal Consiglio all'unanimità.
Il principale obiettivo strategico della riforma nel settore dell'IVA è passare dall'attuale regime transitorio per l'imposizione degli scambi tra Stati membri a un regime definitivo che si baserà sul principio dell'imposizione nello Stato membro di destinazione, il che implica che i beni scambiati a livello transfrontaliero siano tassati nel Paese in cui sono consumati (il Paese di destinazione) e all'aliquota fiscale del Paese di destinazione, piuttosto che dove sono prodotti (il Paese di origine).
Le Istituzioni europee hanno optato per un approccio legislativo in due fasi. È stato già approvato un pacchetto legislativo (regolamento 2018/1541, regolamento 2018/1912 e direttiva 2018/1910) volto ad apportare "soluzioni rapide" al sistema dell'IVA attuale contenente, tra l'altro, una serie di nuove disposizioni sul concetto di soggetto passivo certificato (SPC) e i cosiddetti "principi fondamentali" del sistema dell'IVA definitivo (che figurano come modifiche dell'articolo 402 della direttiva IVA). È, invece, ancora oggetto di negoziato la proposta di direttiva (COM(2018)329) relativa a misure tecniche dettagliate per il funzionamento del sistema dell'IVA definitivo.
Sotto un diverso profilo, la "direttiva IVA" prevede che l'aliquota normale che tutti gli Stati membri devono applicare a beni e servizi deve corrispondere almeno al 15%. Gli Stati membri possono applicare una o due aliquote ridotte non inferiori al 5% a beni o servizi specifici elencati nell'allegato III della direttiva stessa. Si applicano inoltre, a determinate condizioni, una serie di eccezioni a tali norme (ad esempio aliquote ridotte su altri beni o servizi). La direttiva prevede anche esenzioni dall'IVA, la maggior parte delle quali non gode del diritto di detrazione, come l'assistenza sanitaria, i servizi sociali e i servizi finanziari e assicurativi. Vi sono però anche esenzioni che godono del diritto di detrazione, come forniture di beni tra Stati membri o esportazioni di beni verso Paesi terzi.
La direttiva (UE) 2022/542 ha recentemente modificato la "direttiva IVA" al fine di riformare il sistema delle aliquote IVA, in particolare aggiornando l'elenco di beni e servizi per cui sono concesse aliquote IVA ridotte, quindi l'allegato III. Le modifiche saranno applicabili dal 1° gennaio 2025: gli Stati membri avranno tempo fino a fine 2024 per recepirne le disposizioni.
In concreto, gli Stati membri avranno la possibilità di avvalersi di non più di due aliquote ridotte non inferiori al 5%, un'aliquota super-ridotta inferiore al 5% e un'aliquota zero, cioè un'esenzione con diritto alla detrazione dell'IVA a monte. Il numero di articoli a cui è possibile applicare aliquote ridotte viene limitato al fine di evitare la proliferazione di aliquote ridotte.
Tra l'altro, la direttiva (UE) 2022/542 prevede anche l'eliminazione di periodi di aliquote ridotte o eccezioni applicate a prodotti con un impatto negativo sull'ambiente, come ad esempio ai combustibili fossili e ad altri beni con un impatto analogo sulle emissioni di gas a effetto serra, che cesseranno di applicarsi al più tardi dal 1° gennaio 2030 e ai pesticidi e fertilizzanti chimici, che cesseranno di applicarsi al più tardi dal 1° gennaio 2032. Concede, altresì, agli Stati membri di applicare un'aliquota ridotta in particolare a servizi di accesso a Internet, allo scopo di intervenire sulla bassa copertura di tali servizi e promuoverne lo sviluppo, a pannelli solari, biciclette elettriche e servizi di riciclaggio dei rifiuti, ritenuti beni e servizi rispettosi dell'ambiente, e a beni e servizi che favoriscono finalità di politica sociale e culturale specifiche.
Nel corso degli ultimi anni, le iniziative in materia di IVA intraprese dall'Unione hanno riguardato specifici settori o contingenze. In estrema sintesi, esse hanno riguardato il commercio elettronico, la trasmissione e lo scambio obbligatori di informazioni sui pagamenti, la semplificazione delle norme Iva per le piccole imprese e le misure adottate in occasione dell'emergenza sanitaria da Covid-19.
Come accennato in precedenza, da ultimo, a dicembre 2022, la Commissione europea ha presentato il pacchetto di proposte "L'IVA nell'era digitale", che assume la forma di modifiche di tre atti legislativi dell'UE: la direttiva IVA 2006/112/CE, il regolamento di esecuzione (UE) 282/2011 e il regolamento relativo alla cooperazione amministrativa (UE) 904/2010, con cui mira ad aiutare gli Stati membri a riscuotere fino a 18 miliardi di euro all'anno in più di entrate IVA e nel contempo promuovere la crescita delle imprese, comprese le PMI.
In particolare, il nuovo sistema introdurrebbe la comunicazione digitale in tempo reale ai fini dell'IVA basata sulla fatturazione elettronica, che fornirebbe agli Stati membri le informazioni preziose di cui hanno bisogno per intensificare la lotta contro le frodi dell'IVA, in particolare le frodi carosello. Inoltre, introdurrebbe norme IVA aggiornate per il trasporto passeggeri e le piattaforme ricettive a breve termine. Infine, sulla base del modello già esistente di "sportello unico per l'IVA" per le imprese di acquisti online, consentirebbe alle imprese che vendono a consumatori in un altro Stato membro di registrarsi una sola volta ai fini dell'IVA per tutta l'UE e di adempiere ai loro obblighi in materia di IVA attraverso un unico portale online in un'unica lingua.
Si segnala che secondo uno studio realizzato dalla Commissione europea (VAT GAP Report 2022) in termini assoluti, l’Italia ha ancora il primato dell’IVA perduta a causa di frodi, evasione ed elusione. Nel 2020 gli Stati dell'Unione europea hanno perso 93 miliardi di euro di mancata riscossione dell'Iva, di cui almeno un quarto per frode; l'Italia è stata la peggiore con una perdita di 26 miliardi di euro (comunque in miglioramento rispetto agli oltre 30 miliardi registrati nell’anno precedente), seguita dalla Francia con 14 miliardi e dalla Germania con 11 miliardi.
Si rappresenta, inoltre, che la dimensione di questa evasione appare largamente sottostimata da parte dei contribuenti italiani. Da una ricerca condotta da The European House – Ambrosetti (Verso la cashless revolution: i progressi dell’italia e cosa resta da fare-Rapporto 2020) emerge che 7 italiani su 10 sottostimano i volumi di evasione Iva, non sapendo come l’Italia si posizioni rispetto agli altri 27 Paesi dell’Unione Europea. Meno di un terzo (31,7% del campione) ha fornito la risposta esatta ovvero che l’Italia è il peggior Paese nell’UE per volumi assoluti di evasione Iva.
L'articolo 1, comma 209, legge n. 244 del 2007, ha introdotto l'obbligo di invio elettronico delle fatture alla PA, mentre il successivo decreto del Ministero dell'economia e delle finanze n. 55 del 3 aprile 2013 ha dato attuazione all'obbligo di fatturazione elettronica nei rapporti economici tra pubblica amministrazione e fornitori a partire dal 6 giugno 2014 per Ministeri, Agenzie fiscali ed enti nazionali di previdenza e dal 31 marzo 2015 per le altre pubbliche amministrazioni, compresi gli enti locali.
Dal 1° gennaio 2017, il Ministero dell'economia e delle finanze ha messo a disposizione dei soggetti passivi Iva il Sistema di Interscambio per la trasmissione e ricezione delle fatture elettroniche. Dalla stessa data, chi effettua cessioni di beni e prestazioni di servizi (imprese, artigiani e professionisti) può trasmettere telematicamente all'Agenzia delle entrate i dati dei corrispettivi giornalieri delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi, in sostituzione degli obblighi di registrazione.
La legge di bilancio 2018 ha previsto l'obbligo di emettere soltanto fatture elettroniche attraverso il Sistema di Interscambio a partire dal 1° gennaio 2019 sia nel caso di cessione del bene o prestazione di servizio tra due operatori Iva (operazioni B2B, cioè Business to Business) che da un operatore Iva verso un consumatore finale (operazioni B2C, cioè Business to Consumer). Sono esonerati coloro che rientrano nel regime forfettario agevolato o che continuano ad applicare il regime fiscale di vantaggio.
La fatturazione elettronica obbligatoria attraverso il Sistema di Interscambio consente all’amministrazione finanziaria di acquisire in tempo reale le informazioni contenute nelle fatture emesse e ricevute fra operatori, consentendo alle autorità tributarie di effettuare controlli tempestivi e automatici della coerenza fra l’Iva dichiarata e quella versata, e imprimendo un impulso alla digitalizzazione e alla semplificazione amministrativa.
Secondo i dati presentati dal Mef-Dipartimento finanze (Analisi statistiche sulle rilevazioni dei flussi mensili dei dati della fatturazione elettronica) nell'anno 2021 l'imponibile IVA rilevato tramite la fatturazione elettronica è cresciuto complessivamente del 24,8% rispetto al 2020. L'incremento è stato più significativo per le persone non fisiche (+25,0%) rispetto alle persone fisiche (+20,4%). I maggiori aumenti percentuali di imponibile sono stati registrati dalle costruzioni (+37,5%) e dall'attività manifatturiera (+35,7%). A livello territoriale, gli incrementi più consistenti si sono registrati in Emilia Romagna (+38,9%).
Sempre ai fini di una maggiore tracciabilità, dal 1° luglio 2019 è iniziata la graduale sostituzione degli scontrini e delle ricevute fiscali con i corrispettivi elettronici. Nel 2020 scontrini e ricevute sono sostituiti da un documento commerciale, che è emesso esclusivamente utilizzando un registratore telematico (RT) o una procedura web messa a disposizione gratuitamente dall’Agenzia delle entrate. Chi effettua operazioni di commercio al minuto e attività assimilate, per le quali non è obbligatoria l’emissione della fattura (se non richiesta dal cliente), deve certificare i corrispettivi tramite memorizzazione e trasmissione telematica degli stessi all’Agenzia delle entrate. Questo obbligo è scattato dal 1° luglio 2019 per gli operatori economici con volume d’affari superiore a 400.000 euro e dal 1° gennaio 2020 per gli altri, con applicazione delle sanzioni dal 1° luglio, poi rinviata al 1° gennaio 2021 in considerazione delle difficoltà legate all’emergenza da Coronavirus.
Il decreto legge n. 183 del 2020 (cd. Proroga termini) ha prorogato al 1° gennaio 2022 la decorrenza dell'obbligo di invio dei dati al Sistema tessera sanitaria, ai fini dell'elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata, esclusivamente mediante memorizzazione elettronica e trasmissione telematica.
Dal 1° luglio 2022 i contribuenti in regime forfettario - che nell’anno precedente abbiano conseguito ricavi o compensi superiori a 25.000 euro - sono soggetti all’obbligo di fatturazione elettronica (decreto-legge n. 33 del 2022). Dal 1° gennaio 2024 la e-fattura viene estesa a tutti i contribuenti che usufruiscono del regime forfettario.
Nel corso degli anni sono stati emanati numerosi provvedimenti normativi di semplificazione in ambito tributario:
§ con il decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 sono state introdotte semplificazioni fiscali, tra l’altro, in tema di abolizione, per i lavoratori dipendenti e i pensionati, dell’obbligo di comunicazione annuale dei dati relativi alle detrazioni per familiari a carico, se non variati, nonché relativamente all’abolizione delle comunicazioni all’Agenzia delle entrate in occasione di ristrutturazioni che beneficiano della detrazione dall’imposta sul reddito;
§ il decreto-legge 2 marzo 2012 ha introdotto previsioni volte sia a facilitare la sanatoria di errori e omissioni formali, attraverso il rilevante istituto della c.d. remissione in bonis, sia a ridurre taluni oneri amministrativi per i cittadini e le imprese;
§ con il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 sono state introdotte disposizioni volte a semplificare le comunicazioni telematiche all'Agenzia delle entrate per i soggetti titolari di partita Iva, a sopprimere l'obbligo di presentazione mensile del modello 770, ad ampliare l'assistenza fiscale al contribuente nonché a facilitare il contribuente nell’ambito della procedura di riscossione mediante ruolo.
In attuazione della legge 11 marzo 2014, n. 23 (c.d. legge delega per la riforma fiscale), sono stati emanati i seguenti decreti legislativi:
§ il D.Lgs. n. 175 del 2014, con il quale, fra l’altro, è stata introdotta la dichiarazione dei redditi precompilata, è stato elevato il limite di esonero dalla dichiarazione di successione ed è stato eliminato l’obbligo di presentare modelli ad hoc per aderire ad alcuni regimi fiscali speciali;
§ il D.Lgs. n. 127 del 2015, in tema di trasmissione telematica delle fatture o dei dati relativi alle operazioni Iva e di controllo delle cessioni dei beni effettuate attraverso distributori automatici;
§ il D.Lgs. n. 128 del 2015, in tema di certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente e, in particolare, fra gli altri profili, con l’espressa disciplina in tema di abuso del diritto nonché con l’introduzione del regime dell'adempimento collaborativo;
§ il D.Lgs. n. 156 del 2015, il quale ha introdotto misure per la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario;
§ il D.Lgs. n. 159 del 2015, diretto a semplificare e razionalizzare la disciplina in materia di riscossione.
Il decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, ha previsto ulteriori norme di semplificazione degli adempimenti tributari, tra le quali:
§ articolo 4-bis in materia di semplificazioni controlli formali delle dichiarazioni dei redditi e termine per la presentazione della dichiarazione telematica;
§ articolo 4-quater in materia di semplificazioni in materia di versamento unitario;
§ articolo 4-quinquies in materia di semplificazione in tema di Indici sintetici di affidabilità fiscale;
§ articolo 6-bis in materia di semplificazione degli obblighi informativi dei contribuenti che applicano il regime forfettario;
§ articolo 12-septies in materia di semplificazioni in materia di dichiarazioni di intento relative all’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto.
Da ultimo, le disposizioni fiscali e finanziarie contenute nel decreto-legge n. 73 del 2022 sono state rivolte alla semplificazione, con particolare riferimento agli adempimenti dei contribuenti, ai compiti dell'Amministrazione finanziaria e, in generale, dei soggetti coinvolti nell'assolvimento dell'obbligazione tributaria.
Tra i principali interventi in tal senso:
§ è stata modificata la disciplina del controllo sul repertorio degli atti formati da pubblici ufficiali, ai fini dell'imposta di registro, chiarendo la generale competenza dell'Agenzia delle entrate nel controllo dei predetti repertori; è stato esteso da venti a trenta giorni il termine per la registrazione degli atti in termine fisso;
§ sono stati stabiliti in norma primaria alcuni adempimenti a cui sono tenuti i sostituti d'imposta nella loro attività di assistenza fiscale;
§ sono modificati numerosi termini previsti dalla legge per alcuni adempimenti fiscali;
§ è stato chiarito che anche in caso di presentazione senza modifiche della dichiarazione precompilata mediante CAF o professionista non venga effettuato il controllo formale sui dati;
§ è stato chiarito che la dichiarazione con cui si attesta la rispondenza del contenuto economico e normativo di un contratto di locazione a canone concordato, transitorio o per studenti universitari, agli accordi definiti a livello locale, possa essere fatta valere per tutti i contratti di locazione, stipulati successivamente al suo rilascio, fino ad eventuali variazioni delle caratteristiche dell’immobile o dell'Accordo Territoriale del Comune a cui essa si riferisce;
§ è stata estesa l'applicazione del cd. principio di derivazione rafforzata (secondo il quale la determinazione del reddito d'impresa a fini Ires è coerente con la rappresentazione contabile, in deroga alle norme del Testo Unico delle Imposte sui Redditi) alle microimprese che optano per la redazione del bilancio in forma ordinaria; successivamente, la più volte menzionata legge di bilancio 2023 (commi 273-275) ha previsto che l’estensione del criterio di cd. “derivazione rafforzata” alle poste contabilizzate a seguito della correzione di errori contabili si applichi ai soli soggetti che sottopongono il proprio bilancio d’esercizio a revisione legale dei conti;
§ è stata abrogata la disciplina delle cd. società in perdita sistematica, dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2022 e l'addizionale Ires per le imprese operanti nel settore degli idrocarburi, a decorrere dal periodo d'imposta 2021;
§ a fini IRAP sono state previste semplificazioni procedurali per consentire la deduzione integrale del costo complessivo per il personale dipendente con contratto a tempo indeterminato;
§ sono stati rinviati al mese di febbraio i termini per l'approvazione della modulistica dichiarativa per l'imposta sui redditi e l'IRAP;
§ sono stati ampliati i casi di esonero dallo specifico obbligo di comunicazione telematica (esterometro); è stato differito al 1° luglio 2022 il termine a partire dal quale si applicano le sanzioni per omessa o errata trasmissione delle fatture relative alle operazioni transfrontaliere;
§ è stato consentito di estendere, con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, le ipotesi di pagamento per via telematica dell'imposta di bollo;
§ è stata ridotta da 15.000 a 5.000 euro la soglia prevista per la trasmissione da parte degli intermediari all'Agenzia delle entrate di specifici dati sulle operazioni di trasferimento da o verso l'estero di mezzi di pagamento;
§ è stato eliminato l'obbligo di comunicazione da parte delle P.A. e degli enti pubblici all'anagrafe tributaria degli estremi dei contratti di appalto, di somministrazione e di trasporto conclusi, mediante scrittura privata e non registrati;
§ sono state introdotte norme volte a realizzare una maggiore integrazione logistica tra l'Agenzia delle entrate e l'Agenzia delle entrate-Riscossione anche attraverso la gestione congiunta dei fabbisogni immobiliari.
La riscossione mediante ruolo è il procedimento volto al recupero di somme di denaro che i cittadini devono agli enti pubblici. Tali somme possono essere dovute sia per debiti di natura tributaria che di altra natura (ad es. per multe). Tale tipo di procedimento era stato originariamente previsto per la sola riscossione delle imposte sul reddito ed è regolato dal D.p.r. 29 settembre 1973, n. 602. L’articolo 17 del decreto legislativo 26 febbraio 1999 n. 46 specifica che si effettua mediante ruolo la riscossione coattiva delle entrate dello Stato, anche diverse dalle imposte sui redditi, e di quelle degli altri enti pubblici, anche previdenziali, esclusi quelli economici. Nei ruoli sono iscritte le imposte, le sanzioni e gli interessi e si distinguono in ordinari e straordinari (i ruoli straordinari sono formati quando vi è fondato pericolo per la riscossione).
L’articolo 29 del decreto-legge n. 78 del 2010, allo scopo di ridurre i tempi di recupero coattivo del credito tributario, ha stabilito che gli atti emessi dall’Agenzia delle Entrate dal 1° ottobre 2011 (relativi al periodo d’imposta in corso al 31/12/2007 e successivi) hanno efficacia esecutiva, in quanto decorso il termine utile per la proposizione del riscorso legittimano l’esecuzione forzata nei confronti del contribuente (cd. accertamento esecutivo).
Sin dalla loro emanazione, gli atti assumono la veste di provvedimenti impositivi, di precetto (intimazione ad adempiere) e di titolo esecutivo (che consente di promuovere l’esecuzione forzata, unitamente al precetto), e una volta notificato l’avviso di accertamento il contribuente deve provvedere (entro i termini) al versamento delle somme dovute, senza che sia necessario attendere la notifica della cartella di pagamento.
In materia di riscossione si segnala che la legge di bilancio 2022 (commi 14-23) introduce delle modifiche alla governance del servizio nazionale della riscossione volte a realizzare una maggiore integrazione tra l'Agenzia delle entrate e l'Agenzia delle entrate-Riscossione. A tal fine, si prevede che l'Agenzia delle entrate-Riscossione è sottoposta all'indirizzo operativo e di controllo dell'Agenzia delle entrate, ente titolare della funzione di riscossione. In tale ottica, tra l'altro, l'Agenzia delle entrate approva le modifiche dei regolamenti e degli atti di carattere generale che regolano il funzionamento dell'Agenzia delle entrate-Riscossione, nonché i bilanci e i piani pluriennali di investimento. Sono, altresì, previste forme di assegnazione temporanea, comunque denominate, di personale da un'agenzia all'altra. Le norme, pure in ragione delle modifiche apportate alla governance all'Agenzia delle entrate-Riscossione, modificano anche il sistema di remunerazione dell'Agente della riscossione attraverso una dotazione con oneri a carico del bilancio dello Stato volta ad assicurare il funzionamento dell'ente e la copertura dei relativi costi.
Ai fini della maggiore integrazione logistica tra l'Agenzia delle entrate e l'Agenzia delle entrate-Riscossione sono previste anche modalità di gestione congiunta dei fabbisogni immobiliari (articolo 21 del decreto-legge n. 73 del 2022).
Il comma 653, della medesima legge di bilancio, dispone inoltre che l'obbligo per le pubbliche amministrazioni di verificare preventivamente, per pagamenti di importi superiore a 5 mila euro, se il beneficiario è inadempiente ai versamenti derivanti dalla notifica di una o più cartelle di pagamento, non si applica per l'erogazione da parte dell'Agenzia delle entrate di contributi a fondo perduto mentre il comma 913 estende il termine per l'adempimento dell'obbligo risultante dal ruolo portandolo, per le cartelle notificate dal 1° gennaio al 31 marzo 2022, da 60 a 180 giorni.
L'articolo 6-bis del decreto-legge n.73 del 2022 introduce un nuovo comma 5-bis all'articolo 6 della legge n.212, del 27 luglio 2000 (Statuto dei diritti del contribuente) in materia di conoscenza degli atti e di semplificazione. In particolare, la disposizione prevede che in caso di esercizio di attività istruttorie di controllo nei confronti del contribuente del cui avvio lo stesso sia informato, l'amministrazione finanziaria comunica al contribuente, in forma semplificata, entro il termine di sessanta giorni della conclusione della procedura di controllo, l'esito negativo della medesima. La disposizione chiarisce che le modalità semplificate di comunicazione sono individuate dall'amministrazione finanziaria, con proprio provvedimento, anche mediante l'utilizzo di messaggistica di testo indirizzata all'utenza mobile del destinatario, della posta elettronica, anche non certificata, o dell'applicazione "IO". Inoltre, con il medesimo provvedimento, sono definite le modalità attraverso le quali il contribuente fornisce i propri dati al fine di consentire la sopra citata comunicazione. La norma specifica che la comunicazione dell'esito negativo non pregiudica tuttavia l'esercizio successivo dei poteri di controllo dell'amministrazione finanziaria. L'articolo 6-ter del medesimo decreto consente al debitore, in seno alle procedure di riscossione coattiva con pignoramento o ipoteca di beni, di effettuare la vendita diretta di immobili, ove si tratti di immobili censibili nel catasto edilizio urbano senza attribuzione di rendita catastale, al valore determinato da perizia inoppugnabile effettuata dall'Agenzia delle entrate.
Sul fronte della riscossione, nel 2021, secondo i dati pubblicati dal MEF, le entrate tributarie erariali accertate in base al criterio della competenza giuridica sono state pari a 496.094 milioni di euro con un aumento di 48.497 milioni di euro rispetto all'anno 2020 (+10,8%). Nel 2021 le imposte dirette ammontano a 269.806 milioni di euro con un aumento rispetto al 2020 del 6,7% (+16.848 milioni di euro). Il gettito dell'IRPEF si è attestato a 198.203 milioni di euro in aumento di 10.679 milioni di euro (+5,7%) rispetto all'anno precedente. Le imposte indirette ammontano a 226.287 milioni di euro, con un incremento di 31.648 milioni di euro (pari al + 16,3%). Alla dinamica positiva ha contribuito l'aumento dell'IVA (+23.928 milioni di euro, +19,3%) e, in particolare, la componente di prelievo sugli scambi interni (+18.582 milioni di euro, +16,3%) e sulle importazioni (+5.346 milioni di euro, +53,2%). Le entrate relative ai giochi ammontano nel 2021 a 12.401 milioni di euro (+1.895 milioni di euro, +18,0%). Le entrate tributarie erariali derivanti da attività di accertamento e controllo si sono attestate a 8.587 milioni (-264 milioni di euro, pari a -3,0%) di cui 4.210 milioni di euro (+235 milioni di euro, +5,9%) affluiti dalle imposte dirette e 4.377 milioni di euro (-499 milioni di euro, -10,2%) dalle imposte indirette.
Nel 2022, le entrate tributarie erariali accertate in base al criterio della competenza giuridica ammontano a 544.528 milioni di euro, con un aumento di 48.484 milioni di euro rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (+9,8%).
Il gettito IRPEF si è attestato a 205.844 milioni di euro (+7.635 milioni di euro, pari a +3,9%), mentre le entrate IVA sono risultate pari a 171.601 milioni di euro (+23.646 milioni di euro, pari a +16,0%). le entrate totali relative ai giochi (che includono varie imposte classificate come entrate erariali sia dirette che indirette) sono risultate pari a 14.617 milioni di euro (+2.102 milioni di euro, pari a +16,8%); considerando solo le imposte indirette, il gettito delle attività da gioco (lotto, lotterie e delle altre attività di gioco) è di 13.802 milioni di euro (+2.131 milioni di euro, pari a +18,3%).
Nel periodo gennaio-dicembre 2022 il gettito derivante dall’attività di accertamento e controllo si è attestato a 12.271 milioni (+3.684 milioni di euro, pari a +42,9%) di cui: 6.498 milioni di euro (+2.288 milioni di euro, pari a +54,3%) sono affluiti dalle imposte dirette e 5.773 milioni di euro (+1.396 milioni di euro, pari a +31,9%) dalle imposte indirette.
In occasione dell’audizione presso la VI Commissione finanze della Camera dei deputati, il direttore dell’Agenzia delle entrate ha sottolineato il problema della costante crescita del cosiddetto magazzino ruoli dei crediti ancora da riscuotere. Alla data del 30 giugno 2020, il valore del carico contabile residuo, affidato dai diversi enti creditori all’Agente della riscossione dal 1° gennaio 2000, ammonta a circa 987 miliardi di euro, di cui 405,3 miliardi di euro, pari a circa il 41% del totale, appaiono di difficile recuperabilità per le condizioni soggettive del contribuente (152,7 miliardi di euro sono dovuti da soggetti falliti, 129,2 miliardi di euro da persone decedute e imprese cessate, 123,4 miliardi da nullatenenti, in base ai dati presenti nell’Anagrafe tributaria); 440,3 miliardi di euro, pari a circa il 45% del residuo totale, sono riferiti a contribuenti nei confronti dei quali l’Agente della riscossione ha già svolto, in questi anni, azioni esecutive e/o cautelari che non hanno consentito il recupero integrale dell’attuale loro debito attuale; ulteriori 50,2 miliardi di euro (5% del totale residuo), l’attività di riscossione è sospesa per provvedimenti di autotutela emessi dagli enti creditori, in forza di sentenze dell’autorità giudiziaria o, ancora, perché gli importi residui rientrano tra le quote oggetto degli istituti di definizione agevolata in corso.
Nella Relazione inviata al Parlamento ai sensi del decreto sostegni (articolo 4, comma 10 del decreto-legge n. 41 del 2021, Doc XXVII, n. 25) relativa ai criteri per la revisione del meccanismo di controllo e di discarico dei crediti non riscossi, viene fatta anzitutto una breve ricognizione della genesi e dell'attuale consistenza del c.d. magazzino fiscale, ovvero dei crediti attualmente in carico all'Agenzia delle entrate Riscossione.
Si rappresenta, in tale contesto, che – anche dal raffronto con altri Paesi europei - tale condizione è una anomalia del sistema della riscossione italiano; si suggerisce quindi di valutare una possibile complessiva rivisitazione delle disposizioni normative di settore, per riequilibrare il rapporto tra ente impositore e agente della riscossione, per rendere più efficiente il sistema ed evitare che talune criticità riscontrabili nel procedimento di riscossione finiscano per gravare sull'ultima fase del procedimento medesimo, quella appunto della riscossione coattiva.
La Relazione sottolinea che le cause della difficoltà di gestione dei crediti affidati alla riscossione sono in parte riconducibili ad alcune limitazioni dei poteri dell'agente della riscossione - introdotte dal legislatore con l’intento di contemperare le ragioni del fisco con il perdurare della grave crisi economico-finanziaria che ha caratterizzato l’inizio dello scorso decennio, che hanno indebolito l'azione di recupero coattivo - e, in parte, ai termini brevi di prescrizione dell'azione di riscossione.
L’anomala consistenza del magazzino deriva, a parere dell’Amministrazione finanziaria, anche dalla modalità di rendicontazione agli enti creditori delle quote inesigibili e il conseguente loro discarico amministrativo e contabile. Vengono quindi formulate alcune proposte tese a rendere più incisiva l 'azione di recupero coattivo dell'Agente della riscossione, mediante l'accesso a nuove informazioni (banca dati della fatturazione elettronica) e migliorando la frequenza di aggiornamento di quelle già disponibili (Anagrafe dei rapporti finanziari). Sono, inoltre, illustrate proposte riguardanti specifiche fasi dei processi della riscossione, come la razionalizzazione dell'istituto della rateizzazione, l'estensione dei termini di efficacia della notifica e il riequilibrio dei tassi di interesse attivi e passivi.
Nel Rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto all'evasione fiscale e contributiva anno 2022, allagato alla NADEF 2022, si rappresenta che il risultato annuale relativo all'obiettivo di riscossione complessiva svolta dall'Agenzia delle entrate nel 2021 è stato pari a 13,7 miliardi di euro, di cui 4 miliardi derivano dalla riscossione coattiva, 8 miliardi dai versamenti diretti (somme versate a seguito di atti emessi dall'Agenzia delle entrate o accordi per deflazionare il contenzioso) e 1,7 miliardi dalle iniziative relative all'attività di promozione della compliance. Mentre nel focus sull'attività di contrasto all'evasione fiscale presente all'interno del DEF 2021, veniva evidenziato che nel corso del 2020 erano stati riscossi complessivamente dall'Agenzia delle Entrate 12,7 miliardi dall'attività di promozione della compliance e dall'attività di controllo, di cui 8,2 miliardi derivano dai versamenti diretti su atti emessi dall'Agenzia, circa 1,2 miliardi sono il risultato dell'attività di promozione della compliance e 3,3 miliardi rappresentano le somme recuperate a seguito di riscossione coattiva (i risultati del 2020, non confrontabili con quelli del 2019 -pari a circa 17 miliardi-, sono condizionati dagli effetti degli interventi normativi adottati nel corso dell'anno dal legislatore per sostenere le attività economiche a seguito del diffondersi dell'emergenza sanitaria Covid–19).
Il decreto legge n. 193 del 2016 ha introdotto, dal periodo d’imposta 2018, gli Indici Sintetici di Affidabilità Fiscale (ISA), che sostituiscono definitivamente gli studi di settore. Gli ISA rappresentano i nuovi indicatori statistici introdotti dall’Agenzia delle Entrate per valutare l’affidabilità fiscale di imprese e lavoratori autonomi su una scala da 1 a 10. Rispetto ai precedenti studi di settore, gli ISA sono stati concepiti con l’obiettivo di passare da indicatori con mera funzione di accertamento ad indicatori basati sull’adempimento spontaneo degli obblighi tributari (tax compliance). La prospettiva in cui gli ISA si inseriscono è quella di un cambio di paradigma: da strumenti vòlti ad una maggiore efficacia ed incisività dell’attività di accertamento (studi di settore) ad indicatori (ISA) che stimolino la cooperazione tra Fisco e contribuenti (cooperative compliance, intesa in senso lato) e valorizzino l’affidabilità del contribuente tramite benefici premiali. Infatti, in base al punteggio raggiunto dall’impresa o dal lavoratore autonomo, sono riconosciuti specifici vantaggi, tanto maggiori quanto più alto è il livello di affidabilità fiscale calcolato dall’indice.
In un primo momento, la platea dei soggetti interessati dagli ISA (anno imposta 2018) era rappresentata da 3.189.124 posizioni, in aumento rispetto a quella degli studi di settore relativi all’anno 2017 (+ 0,18%). La platea è composta per il 60% da persone fisiche (-2,3% rispetto al 2017), per il 17,53% da società di persone (-2,9%) e per il 22,47% da società di capitali ed enti non commerciali (+10,3% rispetto al 2017). I ricavi e i compensi medi dichiarati dai soggetti sono pari a 249.430 euro, in aumento dell’8,90% rispetto a quelli degli studi di settore del 2017.
Secondo i dati presentati dal MEF il numero dei soggetti interessati dagli ISA (anno d’imposta 2021) ha riguardato 2.418.313 posizioni, in aumento rispetto a quella degli ISA relativi all’anno 2020 (+16,8%). La platea è composta per il 53% da persone fisiche, per il 19% da società di persone e per il 28% da società di capitali ed enti non commerciali, in linea con l’anno precedente. Anche analizzando la distribuzione territoriale, non si osservano rilevanti cambiamenti nella composizione territoriale dei soggetti: come l’anno precedente, il numero dei contribuenti è concentrato per il 52% nel Nord del Paese; nel Sud e Isole la percentuale sul totale è pari al 27%, mentre al Centro del 21%. In termini economici, inoltre, si rileva che con gli ISA 2021 i ricavi e compensi medi dichiarati dai soggetti sono pari a 315.450 euro, in aumento (+8,27%) rispetto al periodo d’imposta precedente.
Ricavi o compensi medi dichiarati e valore aggiunto medio
Fonte: Mef – Dipartimento delle Finanze
L’articolo 148 del decreto-legge n. 34 del 2020, come modificato dall’articolo 24 del decreto-legge n. 73 del 2022, ha previsto che per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2021, si tiene conto anche del livello di affidabilità fiscale più elevato derivante dall'applicazione degli indici per i periodi d'imposta in corso al 31 dicembre 2019 e al 31 dicembre 2020. Inoltre, per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2022, si tiene conto anche del livello di affidabilità fiscale più elevato derivante dall'applicazione degli indici per i periodi d'imposta in corso al 31 dicembre 2020 e al 31 dicembre 2021.
La disposizione sembra volta a tenere ancora conto delle difficoltà correlate agli effetti sull’economia e sui mercati conseguenti all’emergenza sanitaria, prevedendo pertanto che nella definizione delle strategie di controllo l’Agenzia delle entrate e il Corpo della Guardia di finanza tengano conto anche del livello di affidabilità fiscale derivante dall’applicazione degli indici per due successivi periodo d’imposta e non solo utilizzando i dati dichiarati per il periodo d’imposta di riferimento.
Il decreto-legge n. 34 del 2020 (decreto Rilancio) ha infatti modificato il procedimento di elaborazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale-ISA per i periodi di imposta in corso al 31 dicembre 2020 e 2021 e ha differito i termini per l'approvazione degli indici e la loro eventuale integrazione rispettivamente al 31 marzo e al 30 aprile dell'anno successivo a quello di applicazione (articolo 148); la medesima disposizione fornisce inoltre nuove indicazioni all'Agenzia delle entrate e al Corpo della guardia di finanza utilizzabili per la definizione delle specifiche strategie di controllo dell'affidabilità fiscale del contribuente.
Con il decreto del 2 febbraio 2021 il MEF ha approvato le modifiche agli indici sintetici di affidabilità fiscale applicabili al periodo d'imposta 2020. Successivamente è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 17 maggio 2021 il decreto del MEF recante ulteriori modifiche agli indici sintetici di affidabilità fiscale applicabili al periodo d'imposta 2020. La disposizione introduce specifici correttivi da apportare all'applicazione degli ISA, sia materia di analisi degli indicatori elementari di affidabilità che di indicatori elementari di anomalia. I correttivi tengono conto di alcune grandezze e variabili economiche, e delle relative relazioni, modificate a seguito della crisi economica verificatasi nel corso del 2020. Tra questi correttivi straordinari si segnalano:
§ le giornate di chiusura disposte differenziate per ciascun codice Ateco;
§ la riduzione del valore dei ricavi/compensi nel periodo d'imposta 2020;
§ la riduzione dei costi per l'acquisto di materie prime, sussidiarie, semilavorati e merci e per la produzione di servizi rispetto al valore del periodo d'imposta precedente;
§ la riduzione delle giornate di lavoro dipendente di fonte INPS Uniemens.
In seguito, per tenere conto della situazione di particolarità economica, derivante sia dalla pandemia che dalle misure di contenimento del contagio, l’Agenzia delle Entrate ha emanato un’apposita circolare (n. 6/E del 4 giugno 2021) in cui sono state introdotte nuove cause di esclusione e in cui è stata prevista una revisione degli indici. Conseguentemente, il numero di soggetti interessati dagli ISA nel 2020 ha riguardato 2.071.051 contribuenti, in forte diminuzione rispetto agli ISA relativi all’anno 2019 (-24%), per l’introduzione delle cause di esclusione. La platea è composta per il 54% da persone fisiche, per il 18% da società di persone e per il 28% da società di capitali ed enti non commerciali, in linea con l’anno precedente. Anche analizzando la distribuzione territoriale, non si osservano rilevanti cambiamenti nella localizzazione dei soggetti: come l’anno precedente, il numero dei contribuenti è concentrato per il 53% nel Nord; nel Sud e Isole la percentuale sul totale è pari al 27%, mentre al Centro è al 21%.
La notevole diminuzione della platea dei soggetti a cui si applicano gli ISA ha comportato una selezione dei soggetti con migliori risultati economici. Nel 2020 si registra un aumento dell’1% nei ricavi e compensi medi dichiarati. Tale dato sale all’11,4% per quanto riguarda il settore del commercio, aumento probabilmente dovuto a diverse cause: a uno spostamento temporaneo dei consumi dal settore della ristorazione a quello dell’acquisto degli alimentari, a causa della pandemia, alle innovazioni antielusive introdotte dalla fatturazione elettronica e a un maggiore uso di mezzi di pagamento elettronici da parte dei consumatori. Anche il valore aggiunto medio è aumentato dell’1,1% rispetto al periodo d’imposta precedente, mentre il reddito medio d’impresa o da lavoro autonomo è cresciuto dell’8,6%.
Più recentemente, diverse norme del c.d. decreto fiscale 2019 e della legge di bilancio 2020 hanno inteso ampliare e a rendere più tempestive le informazioni a disposizione dell’Agenzia delle entrate e della Guardia di finanza sia per la realizzazione dei controlli, sia per rafforzare l’attività preventiva e migliorare il rapporto di collaborazione con il contribuente attraverso un maggiore ricorso a strumenti persuasivi (comunicazioni per la promozione della compliance).
In particolare, i commi da 681 e 686 della legge di bilancio 2020 stabiliscono che per le attività di analisi del rischio di evasione effettuate utilizzando le informazioni contenute nell’archivio dei rapporti finanziari tenuto presso l’anagrafe tributaria, l'Agenzia delle entrate e la Guardia di finanza si possano avvalere delle tecnologie, delle elaborazioni e delle interconnessioni con le altre banche dati di cui dispongono, allo scopo di individuare criteri di rischio utili per far emergere posizioni da sottoporre a controllo e incentivare l’adempimento spontaneo, nel rispetto di specifiche condizioni poste a protezione dei dati personali dei cittadini. Viene incluso, fra le ipotesi in cui viene limitato l'esercizio di specifici diritti in tema di protezione dei dati personali, l'effettivo e concreto pregiudizio alle attività di prevenzione e contrasto all'evasione fiscale.
In materia di interconnessione di banche dati si segnala che la Commissione parlamentare di vigilanza sull'anagrafe tributaria nel corso della XVIII legislatura ha svolto un’indagine conoscitiva sulla digitalizzazione e interoperabilità delle banche dati fiscali nel corso della quale sono stati auditi esponenti delle istituzioni ed esperti del settore.
La portata innovativa della norma risiede, in sintesi, nella possibilità per l’Agenzia delle entrate di passare da logiche deduttive a logiche induttive nell’attività di controllo grazie a un’attività di data mining (estrazione di informazioni utili da grandi quantità di dati attraverso metodi automatici o semi-automatici) svolta a monte della determinazione dei criteri di rischio.
L’Ufficio parlamentare di bilancio (Rapporto sulla politica di bilancio 2020 (UPB)) rileva che l’efficacia delle norme, alla quale sono associate maggiori entrate a regime pari a 460 milioni, dipende in modo cruciale:
§ dalla capacità dell’Agenzia delle entrate di sfruttare il potenziale informativo che avrà a disposizione e cioè di poter disporre delle adeguate competenze statistico-informatiche e di risorse umane professionalmente idonee a questo scopo;
§ dall’effettivo superamento delle problematiche connesse con il trattamento dei dati personali.
In merito alla contrapposizione tra norme volte al contrasto dell’evasione fiscale e privacy dei cittadini, si ricorda che nell’Unione europea 16 Stati su 27 pubblicano i nomi degli evasori fiscali e di quanti devono soldi allo Stato (name and shame). E la pratica non riguarda solo i Paesi europei, ma anche 23 Stati degli Usa e altri paesi del mondo come Australia, Messico, Nigeria e Uganda. In Francia, inoltre, (in cui è legittima la pubblicazione del nome dell’evasore) con la Loi des finances 2020 l’amministrazione fiscale e quella doganale possono raccogliere ed elaborare in via automatizzata, cioè attraverso algoritmi, le informazioni pubblicate dagli utenti sui propri profili social e utilizzarle nell’attività di contrasto agli illeciti fiscali e doganali per selezionare i soggetti da sottoporre a controllo. A rientrare nello scanner fiscale saranno le informazioni diffuse pubblicamente dagli utenti stessi, in pratica quelle postate e condivise, con l’esclusione, quindi, delle conversazioni private all’interno dei social stessi e in generale tutto ciò che è accessibile solo tramite password.
Sempre in materia di contrasto dell’evasione si segnala che l’Agenzia delle entrate ha ottenuto il via libera dell’Unione europea al finanziamento del progetto A data driven approach to tax evasion risk analysis in Italy ideato e presentato dall’Agenzia stessa con la finalità di innovare i processi di valutazione del rischio di non-compliance.
In sintesi, gli specifici ambiti d’intervento del progetto saranno:
§ network science. La rappresentazione dei dati sotto forma di reti permette di far emergere con maggiore facilità relazioni indirette e non evidenti tra soggetti (ad esempio relazioni tra società);
§ analisi visuale delle informazioni. L’adozione di interfacce innovative uomo-macchina (ad esempio modalità visuali fluide e intuitive di navigazione dei dati), consente di potenziare le capacità degli analisti;
§ intelligenza artificiale. L’ausilio di tecniche di apprendimento automatico (machine learning) accelera i processi decisionali, sempre sotto controllo da parte degli analisti, e ne aumenta l’accuratezza e l’efficacia.
L’Agenzia ha sottolineato che con l’utilizzo della network science, dell’intelligenza artificiale e della data visualization intende valorizzare al meglio il vasto patrimonio di dati di cui dispone come ad esempio, per ogni singola annualità, 42 milioni di dichiarazioni, 750 milioni di informazioni comunicate da soggetti terzi, 400 milioni di rapporti finanziari attivi, 197 milioni di versamenti F24, circa 2 miliardi di fatture elettroniche e oltre 150 milioni di immobili censiti.
In tale ottica il D.M. 28 giugno 2022 dà attuazione alle misure in materia di analisi del rischio prospettate dalla Relazione per orientare le azioni del Governo volte a ridurre l’evasione fiscale da omessa fatturazione pubblicata il 20 dicembre 2021, in attuazione del traguardo M1C1-101 del PNRR. L’agenzia delle entrate con la Circolare 21/E del 20 giugno 2022,chiarisce che l’analisi del rischio di evasione basata sui dati dell’Archivio dei rapporti, già avviata in via sperimentale in attuazione di quanto previsto dall’articolo 11, comma 4, del decreto-legge 6 dicembre 2011,n. 201, sarà potenziata mediante l’elaborazione di nuove liste selettive per l’attività di controllo, che saranno rese disponibili mediante l’applicativo Ve.R.A. Gli elenchi elaborati a livello centrale, mediante specifici criteri di rischio basati sull’utilizzo integrato delle informazioni comunicate dagli operatori finanziari all’Archivio dei rapporti finanziari e degli altri elementi presenti in Anagrafe tributaria, permetteranno a ciascuna Direzione regionale e provinciale di indirizzare l’ordinaria attività di controllo nei confronti delle posizioni a più elevato rischio di evasione, previa autonoma valutazione della proficuità comparata.
Nella legge di bilancio 2023 (comma 258) è previsto inoltre che l’Agenzia delle entrate-Riscossione, per ottimizzare i servizi informatici strumentali al servizio nazionale della riscossione, trasferisce, entro il 31 dicembre 2023, le attività relative all’esercizio dei sistemi ICT, demand and delivery riscossione enti e contribuenti e demand and delivery servizi corporate alla società SOGEI Spa, mediante cessione del ramo di azienda
Ai fini di migliorare la compliance del contribuente, la legge di bilancio 2017 ha previsto l’istituzione di una lotteria nazionale, cui partecipano i contribuenti che effettuano acquisti di beni o servizi presso esercenti che trasmettono telematicamente i corrispettivi. Per partecipare all'estrazione è necessario che i contribuenti, al momento dell'acquisto, comunichino il proprio codice lotteria all'esercente e che quest'ultimo trasmetta all'Agenzia delle entrate i dati della singola cessione o prestazione (le vincite non concorrono alla formazione del reddito imponibile del vincitore e non sono assoggettate ad alcun prelievo erariale e ove siano utilizzati strumenti di pagamento elettronici da parte dei consumatori (carte di credito e bancomat) sono previsti premi aggiuntivi sia per il consumatore che per l’esercente). In tale modo si cerca di attribuire al consumatore finale un ruolo di controllo mediante l’introduzione di un contrasto di interessi tra le controparti della transazione economica.
Successivamente l'articolo 18 del decreto legge n. 36 del 2022 ha innovato la disciplina della lotteria stabilendo che per partecipare alla estrazione è necessario che le persone fisiche maggiorenni residenti nel territorio dello Stato procedano all'acquisto con metodi di pagamento elettronico di cui sono titolari (che traggano fondi detenuti su propri rapporti di credito o debito bancari o su rapporti intestati a componenti del proprio nucleo familiare certificato dal proprio stato di famiglia e costituito antecedentemente alla data di estrazione del premio ovvero che operino in forza di una rappresentanza rilasciata antecedentemente alla partecipazione) e che associno all'acquisto medesimo il proprio codice lotteria individuato dal provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, d'intesa con l'Agenzia delle entrate. La norma prevede, altresì, che con uno o più provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, d'intesa con l'Agenzia delle entrate, sono disciplinate le modalità tecniche di tutte le lotterie degli scontrini, sia istantanee sia differite, relative alle operazioni di estrazione, l'entità e il numero dei premi messi a disposizione, nonché ogni altra disposizione necessaria per l'avvio e per l'attuazione delle lotterie. La norma, pertanto, diversamente dal precedente regime della lotteria, contempla la possibilità di introdurre nuove e ulteriori lotterie degli scontrini con estrazioni sia istantanee, sia differite, che possono essere anche differenziate per entità e numero dei premi. Tale misura è, tra l’altro, conseguente a quanto indicato nella Relazione per orientare le azioni del Governo volte a ridurre l'evasione fiscale da omessa fatturazione dove si rappresentava che la meccanica di partecipazione alla lotteria ("per partecipare all'estrazione è necessario che i contribuenti, al momento dell'acquisto, comunichino il proprio codice lotteria") poteva rappresentare un elemento frenante ("barriera all'ingresso") e, pertanto, si auspicava un più agile sistema di validazione attraverso una APP di gioco.
Si segnala, inoltre, l’introduzione del cd. cashback, un rimborso attribuito in misura percentuale per ogni transazione regolata con strumenti di pagamento elettronici a chi, fuori dall'esercizio di attività d'impresa, arte o professione, effettua acquisti fino al 30 giugno 2022. A tale proposito il comma 1 dell’articolo 11-bis del decreto legge n. 73 del 2021 sospende il rimborso cashback per il secondo semestre 2021, mantenendo il programma di rimborso per il secondo semestre 2022.
Il programma cashback è stato definitivamente chiuso il 31 dicembre 2021, per effetto dell'articolo 1, commi da 637 a 644, della legge di bilancio 2022 (legge n. 234 del 2021).
Le condizioni, i criteri e le modalità attuative per l'attribuzione del rimborso sono disciplinati dal Decreto n. 156 del Ministero dell’Economia e delle Finanze, in applicazione dell'articolo 1, commi da 288 a 290, della legge di bilancio 2020.
Accedono al rimborso solo gli aderenti che abbiano effettuato un numero minimo di 50 transazioni in un periodo di sei mesi. Il rimborso è pari al 10% dell'importo di ogni transazione, fino a un valore massimo di 150 euro per singola transazione. Le transazioni di importo superiore a 150 euro concorrono fino all'importo di 150 euro. I rimborsi, che sono erogati entro 60 giorni dal termine di ciascun periodo, sono in ogni caso determinati su un valore complessivo delle transazioni effettuate non superiore a 1.500 euro in ciascun periodo.
Il periodo sperimentale (dall’8 dicembre al 31 dicembre 2020, con il primo rimborso nel mese di febbraio 2021), che precedeva l’entrata a regime della misura, ha registrato 5,8 milioni di cittadini iscritti, 9,8 milioni di strumenti di pagamento elettronici registrati e oltre 63 milioni di transazioni effettuate.
Con riferimento al contenzioso pendente innanzi alla giustizia tributaria si segnala che, anche grazie al contributo degli strumenti deflattivi, primo fra tutti l’introduzione del reclamo-mediazione obbligatorio (2011), nell’ultimo decennio il numero dei giudizi pendenti dinanzi le CTP e le CTR è progressivamente diminuito (da circa 700.000 nel 2010 a 335.000 nel 2019). Nello stesso periodo, il numero delle pendenze dinanzi la Cassazione è invece aumentato, come anche la durata media dei giudizi, attestatasi nel 2019 a circa 4 anni, che vanno ad aggiungersi ai 4 anni circa di durata media complessiva dei giudizi di merito nei gradi precedenti.
In materia di definizione agevolata (cd. pace fiscale) si ricorda che nel corso degli ultimi anni diversi provvedimenti (anche d'urgenza) hanno consentito di definire alcune tipologie di pretese tributarie, così come le liti pendenti col fisco, con modalità agevolate; in sostanza i contribuenti sono stati invitati a liquidare le somme dovute, in unica soluzione o a rate, a fronte di uno sconto sulle somme richieste (generalmente senza corrispondere sanzioni e interessi) e con specifici effetti favorevoli fiscali e/o penali.
In particolare sia la legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018) che il decreto-legge n. 119 del 2018 hanno introdotto numerose misure complessivamente volte a consentire la chiusura delle pendenze col fisco attraverso una molteplicità di strumenti:
§ definizione agevolata delle cartelle tributarie, degli atti del procedimento di accertamento fiscale e delle liti pendenti (cd. rottamazione ter);
§ annullamento automatico (stralcio) di alcuni debiti di modico valore;
§ regolarizzazione delle irregolarità formali dei periodi d'imposta precedenti;
§ definizione agevolata dei debiti delle persone fisiche in difficoltà economica (saldo e stralcio);
§ definizione agevolata ai carichi affidati all’Agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2017 a titolo di risorse proprie tradizionali dell’Unione Europea (tariffe doganali) e di Iva riscossa all’importazione.
Successivamente il decreto legge 34 del 2020 ha disposto per i contribuenti decaduti dai benefici della definizione agevolata (“rottamazione-ter”, “saldo e stralcio” e “definizione agevolata delle risorse UE”), per mancato, insufficiente o tardivo versamento delle rate scadute nel 2019, la possibilità di chiedere la dilazione del pagamento (ai sensi dell’art. 19 del DPR 602/1973) per le somme ancora dovute. La norma inoltre prevede che la decadenza del debitore dalle rateazioni accordate dall'agente della riscossione si verifichino in caso di mancato pagamento di dieci, anziché di cinque rate anche non consecutive.
A tale proposito, si segnala che nel 2019 sul fronte del maggior gettito derivante dalla definizione agevolata dei debiti tributari e dalle misure di pace fiscale si registra un risultato sostanzialmente uguale a quello del 2018 con riferimento al recupero derivante da misure straordinarie pari a 3 miliardi di euro. Di questi, 2,1 miliardi (-19% rispetto al 2018) derivano dalla rottamazione delle cartelle riferite all’Agenzia delle Entrate e 900 milioni dalla definizione agevolata di cui agli artt. 1, 2, 6 e 7 del decreto legge n. 119 del 2018 (rottamazione-ter).
Il decreto-legge sostegni (decreto-legge n. 41 del 2021) ha poi differito al 31 luglio 2021 il termine per il pagamento delle rate in scadenza nel 2020 relative alla rottamazione-ter, al saldo e stralcio e alla definizione agevolata delle risorse UE; tale termine era stato precedentemente fissato al 1° marzo 2021 dal cd. decreto Ristori (decreto-legge n. 137 del 2020). In particolare, per i contribuenti in regola con il pagamento delle rate 2019, il mancato, insufficiente o tardivo versamento di quelle in scadenza per l’anno 2020 non determina la perdita dei benefici della Definizione agevolata, se le stesse vengono integralmente corrisposte entro il 31 luglio 2021. Per il pagamento entro questo nuovo termine di scadenza sono ammessi i cinque giorni di tolleranza di cui all’articolo 3, comma 14-bis, del decreto--legge n. 119 del 2018.
Il provvedimento ha differito al 30 novembre 2021 il termine per il pagamento delle rate in scadenza nel 2021 relative ai predetti istituti agevolativi. In particolare, per i contribuenti in regola con il pagamento delle rate 2020, da effettuarsi entro il prossimo 31 luglio 2021, il mancato, insufficiente o tardivo versamento delle rate in scadenza per l’anno 2021, non determina la perdita dei benefici della definizione agevolata se le stesse sono corrisposte entro il 30 novembre 2021. Resta confermata la scadenza del 30 novembre 2021 per il pagamento della quarta rata in scadenza nell’anno 2021 della cd. rottamazione-ter e della definizione agevolata delle risorse UE.
L’articolo 1-sexies del decreto legge Sostegni-bis (decreto-legge n.73 del 2021) ha rimodulato ulteriormente le predette scadenze e, in particolare, chiarisce che si considera tempestivo, tale da non pregiudicare l’efficacia delle relative definizioni agevolate, il versamento delle rate dovute nel 2020 e delle rate dovute entro il 28 febbraio, il 31 marzo, il 31 maggio e il 31 luglio 2021, se effettuato integralmente:
§ entro il 31 luglio 2021, per le rate in scadenza il 28 febbraio e il 31 marzo 2020;
§ entro il 31 agosto 2021, per la rata in scadenza il 31 maggio 2020;
§ entro il 30 settembre 2021, per la rata in scadenza il 31 luglio 2020;
§ entro il 31 ottobre 2021, per la rata in scadenza il 30 novembre 2020;
§ entro il 30 novembre 2021, per le rate in scadenza il 28 febbraio, il 31 marzo, il 31 maggio e il 31 luglio 2021.
Il decreto-legge n. 146 del 2021 ha riammesso i contribuenti che non hanno corrisposto le rate 2020 e 2021 della rottamazione-ter, del “saldo e stralcio” e della rottamazione UE alle scadenze di legge ai benefici della definizione agevolata effettuando il pagamento delle somme dovute entro il 9 dicembre 2021. Il pagamento è considerato tempestivo se effettuato entro il 14 dicembre 2021.
Il decreto legge n. 4 del 2022 ha previsto un’ulteriore riammissione ai benefici della definizione agevolata per i contribuenti decaduti a causa del mancato, tardivo o insufficiente pagamento, entro il 9 dicembre 2021, delle rate in scadenza negli anni 2020 e 2021.
I contribuenti che non hanno corrisposto le rate 2020 e 2021, sono riammessi ai benefici della “Definizione agevolata” effettuando il pagamento delle somme dovute entro il:
§ 30 aprile 2022 per le rate in scadenza nell’anno 2020 di “Rottamazione-ter”, “Saldo e stralcio” e “Rottamazione UE”;
§ 31 luglio 2022 per le rate in scadenza nell’anno 2021 di “Rottamazione-ter”, “Saldo e stralcio” e “Rottamazione UE”.
Inoltre, per le rate in scadenza nell’anno 2022 è considerato tempestivo e non determina l’inefficacia della “Definizione agevolata” se effettuato integralmente entro il 30 novembre 2022.Per il pagamento entro questi nuovi termini sono previsti cinque giorni di tolleranza. Il provvedimento normativo ha, altresì, stabilito l’estinzione delle procedure esecutive eventualmente già avviate a seguito del mancato, parziale o intempestivo pagamento delle rate in scadenza negli anni 2020 e 2021 entro i precedenti termini di legge.
Il decreto Sostegni, anche per alleggerire il magazzino fiscale dell’Agenzia delle entrate – Riscossione ha disposto i seguenti interventi:
§ l’annullamento automatico di tutti i debiti di importo residuo fino a 5.000 euro risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010, ancorché ricompresi in precedenti definizioni agevolate relative ai debiti affidati all’agente della riscossione dal 2000 al 2017. L’agevolazione opera in favore di persone fisiche che hanno percepito, nell’anno d’imposta 2019, un reddito imponibile fino a 30.000 euro e di soggetti diversi dalle persone fisiche che hanno percepito, nel periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2019, un reddito imponibile fino a 30.000 euro;
§ la definizione agevolata, per gli operatori economici che hanno subito consistenti riduzioni del volume d’affari nell’anno 2020 (più del 30%), in conseguenza degli effetti dell’emergenza da COVID-19, delle somme dovute a seguito del controllo automatizzato (cd. avvisi bonari) le cui comunicazioni sono state elaborate entro il 31 dicembre 2020 (con riferimento alle dichiarazioni 2017) ovvero devono essere elaborate entro il 31 dicembre 2021 (con riferimento alle dichiarazioni 2018), qualora tali comunicazioni di irregolarità non siano state inviate per la sospensione disposta dai provvedimenti emergenziali. La definizione agevolata abbatte le sanzioni e le somme aggiuntive richieste con gli avvisi bonari; restano dovuti imposte, interessi e contributi previdenziali.
Nel solco degli interventi sopra illustrati, la legge di bilancio 2023 (legge n. 197 del 2022) ha introdotto uno strumentario di norme che permette ai contribuenti di definire con modalità agevolate, e dunque in deroga alle regole ordinarie, la pretesa tributaria ovvero il relativo contenzioso.
Le misure si riferiscono a un ampio ventaglio di fasi dell'adempimento fiscale, che va dall'accertamento alla cartella di pagamento, fino al contenzioso innanzi alle corti di merito e di legittimità.
Le norme consentono di usufruire di dilazioni dei pagamenti dovuti e dell'abbattimento di alcune somme dovute al fisco a titolo di aggio, di interessi, ovvero a titolo di sconto sulle sanzioni.
I primi chiarimenti sono stati forniti dall'Agenzia delle entrate-Riscossione sul proprio sito internet, con riferimento alla definizione delle somme ad essa affidate.
Con riferimento alla fase prodromica, le disposizioni della legge di bilancio 2023 (articolo 1, commi 153-159 della legge n. 197 del 2022) consentono di definire con modalità agevolate le somme dovute a seguito del controllo automatizzato (cd. avvisi bonari), relative ai periodi d'imposta in corso al 31 dicembre 2019, al 31 dicembre 2020 e al 31 dicembre 2021, per le quali il termine di pagamento non sia ancora scaduto al 1° gennaio 2023, ovvero i cui avvisi siano stati recapitati successivamente a tale data.
Tali importi possono essere definiti con il pagamento:
§ delle imposte e dei contributi previdenziali;
§ degli interessi e delle somme aggiuntive;
§ delle sanzioni nella misura ridotta del 3% (in luogo del 30% ridotto a un terzo), senza riduzione sulle imposte non versate o versate in ritardo.
È prevista poi la definizione agevolata delle somme derivanti da controlli automatizzati le cui rateazioni sono ancora in corso al 1° gennaio 2023 (data di entrata in vigore della norma), mediante pagamento del debito residuo a titolo di imposte e contributi previdenziali, interessi e somme aggiuntive. Anche in tal caso le sanzioni sono dovute nella misura del 3%.
Sono poi riaperti (commi 160-165) i termini per il versamento delle ritenute alla fonte, ivi comprese quelle dovute per addizionali regionali e comunali e per IVA, già sospese da precedenti provvedimenti, nei confronti di federazioni sportive nazionali, enti di promozione sportiva e associazioni e società sportive professionistiche e dilettantistiche, in scadenza il 22 dicembre 2022.
Tali pagamenti possono essere dilazionati in sessanta rate di pari importo, con scadenza delle prime tre rate entro il 29 dicembre 2022 e delle successive rate mensili entro l'ultimo giorno di ciascun mese, a decorrere dal mese di gennaio 2023. In caso di pagamento rateale è dovuta una maggiorazione nella misura del 3 per cento sulle somme complessivamente dovute, da versare, per intero, contestualmente alla prima rata. Tali disposizioni sono entrate in vigore il 29 dicembre 2022.
Si consente inoltre (commi 166-173) di sanare le infrazioni e le inosservanze di obblighi o adempimenti, di natura formale, non rilevanti sulla determinazione della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi, ai fini dell'IVA e dell'IRAP e sul pagamento di tali tributi, se commesse fino al 31 ottobre 2022, mediante la loro rimozione e il versamento di una somma pari a 200 euro per ciascun periodo d'imposta cui si riferiscono le violazioni, eseguito in due rate di pari importo, la prima entro il 31 ottobre 2023 e la seconda entro il 31 marzo 2024 (termini così modificati dall’articolo 19 del decreto-legge n. 34 del 2023).
In deroga all'ordinaria disciplina del ravvedimento operoso, la legge di bilancio (commi 174-178) ha introdotto la possibilità di regolarizzare le dichiarazioni - purché validamente presentate - relative al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2021 e a quelli precedenti, purché le relative violazioni non siano state già contestate alla data del versamento del dovuto (in unica soluzione o alla prima rata), mediante la rimozione dell'irregolarità o dell'omissione e il pagamento dell'imposta, degli interessi e delle sanzioni, queste ultime ridotte a un diciottesimo del minimo edittale irrogabile.
Gli effetti della regolarizzazione sono circoscritti alle sole dichiarazioni validamente presentate.
Il versamento può avvenire in un'unica soluzione o a rate; la regolarizzazione si perfeziona con il versamento di quanto dovuto ovvero della prima rata entro il 30 settembre 2023 (termine così fissato dal menzionato articolo 19 del decreto-legge n. 34 del 2023) e non può essere esperita dai contribuenti per l'emersione di attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute fuori dal territorio dello Stato.
L’articolo 21 del decreto-legge n. 34 del 2023, con norme di interpretazione autentica:
§ ha precisato l’ambito di applicazione della disciplina del cd. ravvedimento speciale, ovvero ha indicato alcune violazioni escluse dalla normativa e altre, invece, ricomprese nella regolarizzazione;
§ ha disposto che possano essere regolarizzate, mediante ravvedimento speciale, le violazioni relative ai redditi di fonte estera, all’IVIE ed all’IVAFE non rilevabili in sede di liquidazione della dichiarazione, mentre esclude dalla regolarizzazione le violazioni degli obblighi di monitoraggio fiscale, vale a dire l’omessa o incompleta compilazione del Quadro RW della dichiarazione.
Un altro gruppo di norme (commi 179-185) ha introdotto la possibilità di definire con modalità agevolate gli atti del procedimento di accertamento adottati dall'Agenzia delle entrate, purché non impugnati e per i quali non siano decorsi i termini per presentare ricorso, nonché quelli notificati dall'Agenzia delle entrate entro la data del 31 marzo 2023.
Il menzionato articolo 21, comma 3 del decreto-legge n. 34 del 2023 ha chiarito l’ambito applicativo dell’istituto dell’adesione agevolata agli atti del procedimento di accertamento. Attraverso una disposizione di interpretazione autentica, ha specificato che la definizione agevolata prevista al comma 179 relativamente ai processi verbali di constatazione consegnati entro il 31 marzo 2023 si applica anche all’accertamento con adesione relativo ai provvedimenti impositivi notificati dopo tale data ed emessi sulla base delle risultanze dei predetti processi verbali.
Più in dettaglio sono previste sanzioni ridotte, da un terzo a un diciottesimo del minimo previsto dalla legge, per gli accertamenti con adesione relativi a:
§ processi verbali di constatazione consegnati entro la data del 31 marzo 2023;
§ avvisi di accertamento, rettifica e liquidazione, non impugnati e ancora impugnabili, nonché avvisi notificati entro il 31 marzo 2023.
La medesima riduzione sanzionatoria a un diciottesimo è applicata anche agli atti di accertamento con adesione relativi agli inviti a comparire per l'avvio del procedimento di definizione dell’accertamento.
Le norme consentono poi di definire in acquiescenza avvisi di accertamento, di rettifica e quelli di liquidazione, non impugnati e ancora impugnabili, nonché quelli notificati fino al 31 marzo 2023, con analoga riduzione sanzionatoria a un diciottesimo delle sanzioni irrogate. La medesima riduzione delle sanzioni è applicata nel caso di acquiescenza agli atti di recupero non impugnati e ancora impugnabili, in tal caso con pagamento degli interessi. Le somme dovute possono essere anche dilazionate in un massimo di 20 rate trimestrali di pari importo, con applicazione degli interessi al saggio legale per le rate successive alla prima.
L’articolo 17 del decreto-legge n. 34 del 2023 ha precisato l’operatività di tale definizione agevolata, permettendo ai contribuenti di definire con modalità agevolate gli avvisi di accertamento, gli avvisi di rettifica e di liquidazione e gli atti di recupero non impugnati e ancora impugnabili al 1° gennaio 2023, ma divenuti definitivi per mancata impugnazione nel periodo compreso tra il 2 gennaio ed il 15 febbraio 2023, con riduzione delle sanzioni a 1/18 di quelle irrogate, con il versamento del quantum così rideterminato entro il 30 aprile 2023 (trenta giorni dalla data di entrata in vigore della norma in esame). Per gli avvisi di accertamento, rettifica e liquidazione definiti in acquiescenza nel periodo compreso tra il 2 gennaio e il 15 febbraio 2023, ove sia in corso il pagamento rateale, si consente di rideterminare il quantum dovuto a titolo di sanzione a 1/18 di quelle irrogate (comma 180 della legge di bilancio 2023) e con la loro rateizzazione in venti rate trimestrali di pari importo (ai sensi del successivo comma 182).
In sostanza le predette norme:
§ hanno esteso la definizione agevolata agli atti impugnabili al 1° gennaio 2023, ma divenuti definitivi per mancata impugnazione nel periodo compreso tra il 2 gennaio ed il 15 febbraio 2023;
§ hanno consentito che la predetta definizione si perfezioni con il pagamento di 1/18 delle sanzioni irrogate entro trenta giorni dall’entrata in vigore della norma in esame (e non nel termine di proposizione del ricorso).
I commi 186-205 della legge di bilancio 2023 hanno consentito consentono di definire con modalità agevolate le controversie tributarie pendenti, anche in Cassazione e a seguito di rinvio, in cui sono parte l'Agenzia delle entrate e l'Agenzia delle dogane (tale estensione è stata operata durante l'esame parlamentare), aventi ad oggetto atti impositivi (avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto di imposizione), mediante il pagamento di un importo pari al valore della controversia.
Se il ricorso pendente è iscritto in primo grado, la controversia può essere definita con il pagamento del 90 per cento del valore.
Se vi è soccombenza dell'Agenzia fiscale, le controversie pendenti possono essere definite con il pagamento del 40% del valore della controversia, in caso di soccombenza dell'Agenzia nella pronuncia di primo grado e del 15% del valore, in caso di soccombenza della medesima Agenzia nella pronuncia di secondo grado.
Con riferimento agli effetti della definizione agevolata delle controversie sul processo tributario, si prevede la sospensione della controversia, condizionata alla presentazione di apposita richiesta del contribuente di avvalersi della definizione agevolata, ponendo in capo al contribuente l'obbligo di depositare, perentoriamente entro la medesima data, la domanda di definizione e il versamento degli importi dovuti o della prima rata. Al deposito della documentazione richiesta dalle norme il processo è dichiarato estinto (con decreto del presidente della sezione o con ordinanza in camera di consiglio se è stata fissata la data della decisione) e le spese del processo restano a carico della parte che le ha anticipate, in relazione alle controversie pendenti in ogni stato e grado.
L’articolo 20 del decreto-legge n. 34 del 2023 (comma 1, lettere da a) a f)) ha riaperto i termini per la definizione agevolata delle controversie tributarie.
In sintesi, le norme hanno posticipato dal 30 giugno al 30 settembre 2023 il termine per perfezionare la definizione agevolata attraverso la presentazione della domanda e il pagamento dei dovuti importi. Sono stati altresì rimodulati i termini per il versamento rateale del quantum dovuto. Nel caso di versamento rateale, è stato posticipato dal 30 giugno al 30 settembre il termine per presentare domanda e versare la prima rata. Inoltre è stata rimodulata la tempistica dei pagamenti rateali, con riferimento alle rate successive alle prime tre. Viene posticipato dal 10 luglio al 10 ottobre 2023 il termine finale di sospensione del processo conseguente alla presentazione dell’istanza di definizione agevolata; viene esteso da nove a undici mesi il periodo di sospensione dei termini di impugnazione delle pronunce; è altresì posticipato dal 31 luglio al 31 ottobre 2024 il termine per la notifica dell’eventuale diniego della definizione agevolata. Si prevede inoltre che l'eventuale diniego della definizione sia impugnabile dinanzi all'organo giurisdizionale che ha dichiarato l'estinzione; che il predetto diniego sia motivo di revocazione del provvedimento di estinzione per adesione alla definizione agevolata; che la revocazione sia chiesta congiuntamente all'impugnazione del diniego.
In alternativa alla definizione agevolata delle controversie, è consentito definire con un accordo conciliativo fuori udienza (commi 206-212) le controversie tributarie pendenti al 1° gennaio 2023, aventi ad oggetto atti impositivi in cui è parte l'Agenzia delle entrate.
Si prevede la sottoscrizione di un accordo tra le parti nel quale sono indicate le somme dovute con i termini e le modalità di pagamento. All'accordo conciliativo si applicano le sanzioni ridotte ad un diciottesimo del minimo previsto dalla legge (in luogo di quaranta o cinquanta per cento del minimo, ordinariamente previsto secondo il grado di giudizio in cui interviene la conciliazione), gli interessi e gli eventuali accessori.
L’articolo 20, comma 1, lettera f) del decreto-legge n. 34 del 2020 ha riaperto i termini per usufruire della conciliazione agevolata delle liti tributarie pendenti in primo e secondo grado, estendendoli dal 30 giugno al 30 settembre 2023.
La legge (commi 213-218) introduce e disciplina, in alternativa alla citata definizione agevolata delle controversie, la rinuncia agevolata alle controversie tributarie in cui è parte l'Agenzia delle entrate e che sono pendenti in Corte di Cassazione. La rinuncia avviene mediante definizione transattiva con la controparte di tutte le pretese azionate in giudizio. Con la rinuncia agevolata si dispone il pagamento delle somme dovute per le imposte, gli interessi e gli accessori, ma con sanzioni ridotte ad un diciottesimo del minimo previsto dalla legge.
L’articolo 20, comma 1 lettera g) del decreto-legge n. 34 del 2023 ha riaperto i termini per usufruire della rinuncia agevolata alle liti tributarie pendenti in Cassazione, estendendoli dal 30 giugno al 30 settembre 2023.
Si consente inoltre (commi 219-221) di regolarizzare l'omesso o carente versamento di alcune somme riferite a tributi amministrati dall'Agenzia delle entrate e, in particolare:
§ delle rate, successive alla prima, relative alle somme dovute a seguito di accertamento con adesione o di acquiescenza agli avvisi di accertamento, degli avvisi di rettifica e liquidazione, nonché a seguito di reclamo o mediazione;
§ degli importi, anche rateali, relativi alle conciliazioni giudiziali.
La regolarizzazione si perfeziona con l'integrale versamento di quanto dovuto in unica soluzione, ovvero in un massimo di venti rate di pari importo, e consente al contribuente di corrispondere la sola imposta senza sanzioni e interessi.
Nel caso di mancato perfezionamento della regolarizzazione, il competente ufficio procede all'iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti a titolo di imposta, interessi e sanzioni, nonché della sanzione prevista per ritardati ovvero omessi versamenti, pari al 30 per cento delle somme dovute.
L’articolo 18 del decreto-legge n. 34 del 2023 ha modificato anche tale disciplina, precisandone l’ambito applicativo e chiarendo che la regolarizzazione riguarda le somme per cui non sia stata notificata una cartella di pagamento o un atto di intimazione al 1° gennaio 2023.
Si ricorda che l’articolo 3-bis del decreto-legge proroga termini (n. 198 del 2022) ha integrato la disciplina della definizione agevolata delle controversie tributarie, introdotta dall’articolo 1, commi 186-205 della legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio 2023). Si chiarisce in particolare che i provvedimenti con cui gli enti territoriali scelgono di applicare tale definizione agevolata, in deroga alle norme generali relative all’efficacia delle delibere degli enti territoriali in materia di tributi, acquistano efficacia con la pubblicazione nel sito internet istituzionale dell'ente creditore.
Le norme inoltre hanno dato facoltà agli enti territoriali di estendere alcuni istituti deflativi del contenzioso disciplinati dalla legge di bilancio 2023 (conciliazione agevolata delle controversie, della rinuncia agevolata dei giudizi pendenti in Cassazione e della regolarizzazione agevolata degli omessi pagamenti di rate dovute a seguito di acquiescenza, accertamento con adesione, reclamo/mediazione e conciliazione giudiziale,) alle controversie in cui è parte il medesimo ente o un suo ente strumentale, in alternativa alla definizione agevolata delle controversie.
Le disposizioni della legge di bilancio 2023 (commi 222-230) prevedono l'annullamento automatico dei debiti tributari fino a mille euro (comprensivi di capitale, interessi e sanzioni) risultanti alla data del 30 aprile 2023 dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2015, ancorché ricompresi in precedenti definizioni agevolate relative ai debiti affidati all'agente della riscossione.
Viene stabilito un regime differenziato per i carichi affidati agli agenti della riscossione da enti diversi dalle amministrazioni statali, dalle agenzie fiscali e dagli enti pubblici previdenziali (dunque, tra gli altri anche dagli enti territoriali e dagli enti di previdenza privati); per tali carichi l'annullamento automatico opera limitatamente alle somme dovute a titolo di interessi per ritardata iscrizione a ruolo, di sanzioni e di interessi di mora ma non opera per quanto dovuto a titolo di capitale e al quantum maturato a titolo di rimborso delle spese per le procedure esecutive e di notificazione della cartella di pagamento.
Viene prevista una specifica disciplina per le altre sanzioni amministrative, incluse quelle per violazioni del codice della strada, in relazione alle quali l'annullamento opera solo per gli interessi comunque denominati e non, invece, per le sanzioni e le somme maturate a titolo di rimborso delle spese per le procedure esecutive e di notificazione, le quali restano integralmente dovute. Dal 1° gennaio al 31 marzo 2023 è comunque sospesa la riscossione dell'intero ammontare.
Con riferimento agli enti territoriali, il menzionato articolo 3-bis del decreto-legge n. 198 del 2023 ha esteso poi il ventaglio di opzioni praticabili in ordine all’annullamento automatico dei carichi fino a mille euro (cd. saldo e stralcio) per gli enti diversi dalle amministrazioni statali, dalle agenzie fiscali e dagli enti pubblici previdenziali (dunque, tra gli altri, gli enti territoriali e dagli enti di previdenza privati). In sostanza, per effetto delle norme in esame, gli enti diversi dalle amministrazioni statali, dalle agenzie fiscali e dagli enti pubblici previdenziali (dunque, tra gli altri, gli enti territoriali e dagli enti di previdenza privati):
§ se alla data del 31 gennaio 2023 non hanno adottato il provvedimento con il quale stabiliscono di non applicare l’annullamento automatico (secondo le disposizioni dello stesso comma 227), sono rimessi in termini e possono adottarlo entro il 31 marzo 2023;
§ in alternativa, possono aderire all’integrale applicazione dell’annullamento automatico, secondo le norme e per gli importi valevoli per agenzie fiscali, amministrazioni statali ed enti pubblici previdenziali, con provvedimento da adottare entro la stessa data del 31 marzo 2023.
Di conseguenza gli enti predetti sono posti in condizione di applicare parzialmente il saldo e stralcio direttamente ex lege, ovvero di disapplicarlo del tutto (con rimessione in termini al 31 marzo 2023 per l’adozione di provvedimenti in tal senso), ovvero ancora di scegliere di applicarlo integralmente, entro il medesimo termine del 31 marzo 2023.
Analogamente a quanto disposto in passato dai decreti-legge nn. 193 del 2016, 148 del 2017 e 119 del 2018, la legge di bilancio 2023 (commi 231-252) consente di definire con modalità agevolate i carichi affidati agli agenti della riscossione (cd. rottamazione delle cartelle esattoriali) nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2000 ed il 30 giugno 2022.
Il debitore beneficia dell'abbattimento delle somme affidate all'agente della riscossione a titolo di sanzioni e interessi, nonché degli interessi di mora, delle sanzioni civili e delle somme aggiuntive.
Innovando rispetto alla disciplina precedente, con l'adesione alla definizione agevolata prevista dalle norme in esame è abbattuto l'aggio in favore dell'agente della riscossione.
La definizione agevolata richiede quindi il versamento delle sole somme:
§ dovute a titolo di capitale;
§ maturate a titolo di rimborso delle spese per le procedure esecutive e di notifica della cartella di pagamento.
Si può effettuare il pagamento in unica soluzione o anche a rate, con un tasso di interesse al 2 per cento. Con il versamento della prima o unica rata delle somme dovute si estinguono le procedure esecutive già avviate.
Accanto ad alcune novità, le norme riproducono in sostanza le procedure già utilizzate per le precedenti definizioni agevolate, disponendo che il contribuente presenti apposita dichiarazione all'agente della riscossione. A seguito dell'accoglimento della domanda, l'agente della riscossione comunica al contribuente il quantum dovuto, nonché, in caso di scelta del pagamento dilazionato, il giorno e il mese di scadenza di ciascuna rata.
Rispetto alle precedenti rottamazioni, sono innovative anche le norme che:
§ rimettono i termini, con riferimento alle precedenti istituti di pace fiscale (rottamazioni e saldo e stralcio) i contribuenti che siano decaduti dai relativi benefici, più precisamente nei confronti del quali tali istituti non siano stati efficaci, purché la relativa dichiarazione sia stata presentata nei termini di legge;
§ estendono la cd. rottamazione anche ai carichi relativi alle somme dovute a enti di previdenza privati;
§ escludono la definizione agevolata per le cd. risorse proprie UE.
La definizione agevolata è estesa alle sanzioni amministrative diverse da quelle irrogate per violazioni tributarie o per violazione degli obblighi relativi ai contributi e ai premi dovuti agli enti previdenziali.
L’articolo 4 del decreto-legge n. 51 del 2023 ha riaperto i termini per aderire alla cd. rottamazione-quater, ovvero la definizione agevolata dei carichi affidati all’agente della riscossione fino al 30 giugno 2022. Il termine per la presentazione delle domande per aderire alla procedura viene posticipato dal 30 aprile al 30 giugno 2023; viene differito al 30 settembre 2023 (in luogo del 30 giugno 2023) il termine entro il quale l’Agenzia delle entrate-Riscossione deve trasmettere, ai soggetti che hanno presentato le istanze di adesione, la comunicazione delle somme dovute per il perfezionamento della definizione agevolata; slitta anche la scadenza per il pagamento della prima o unica rata, originariamente fissata al 31 luglio 2023 e prorogata dalle norme in esame al 31 ottobre 2023.
Conseguentemente alle misure agevolative introdotte, si prevede infine (commi 253-254) la rimodulazione dei termini per la comunicazione di inesigibilità relative alle quote affidate agli agenti della riscossione, non prevedendo solamente un differimento delle scadenze attualmente previste per adeguarle ai tempi di chiusura della nuova misura di definizione agevolata, ma introducendo anche una contrazione del calendario complessivo dei termini di invio delle comunicazioni. Si riconosce, inoltre, la possibilità per l'agente della riscossione di presentare le predette comunicazioni di inesigibilità anche anteriormente alle scadenze fissate al verificarsi di alcuni specifici casi di palese inesigibilità.
L’attuale quadro della riscossione delle entrate degli enti locali è il frutto di un’articolata evoluzione normativa che ha portato, dal 1° luglio 2017, con l’istituzione dell’ente pubblico economico Agenzia delle entrate-Riscossione (AdeR), alla possibilità per le amministrazioni locali di deliberare l’affidamento diretto alla stessa Agenzia delle attività di riscossione spontanea e coattiva delle entrate tributarie o patrimoniali proprie e delle società da esse partecipate (il termine è così stato fissato dal decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193).
In sintesi, da tale data, gli enti locali possono svolgere il servizio di riscossione delle proprie entrate secondo le seguenti modalità:
§ svolgimento del servizio tramite risorse interne;
§ affidamento in house del servizio (tramite società strumentali);
§ affidamento del servizio all’ente pubblico economico (AdeR) titolare dello svolgimento delle funzioni della riscossione nazionale, previa delibera;
§ affidamento del servizio tramite le ordinarie procedure ad evidenza pubblica.
Successivamente, sostanziali innovazioni hanno riguardato (commi 784 e ss.gg. della legge di bilancio 2020) la riscossione degli enti locali, con particolare riferimento agli strumenti per l'esercizio della potestà impositiva.
In dettaglio, tali norme hanno previsto, anche per gli enti locali, l'istituto dell'accertamento esecutivo, sulla falsariga di quanto già previsto per le entrate erariali, che consente di emettere un unico atto di accertamento avente i requisiti del titolo esecutivo. Esso opera, a partire dal 1° gennaio 2020, con riferimento ai rapporti pendenti a tale data.
Inoltre la legge di bilancio 2020:
§ è intervenuta sulla disciplina del versamento diretto delle entrate degli enti locali, prevedendo che tutte le somme a qualsiasi titolo riscosse appartenenti agli enti locali affluiscano direttamente alla tesoreria dell'ente;
§ ha disciplinato in modo sistematico l'accesso ai dati da parte degli enti e dei soggetti affidatari del servizio di riscossione;
§ novella la procedura di nomina dei funzionari responsabili della riscossione;
§ in assenza di regolamentazione da parte degli enti, ha disciplinato puntualmente la dilazione del pagamento delle somme dovute;
§ ha istituito una sezione speciale nell'albo dei concessionari della riscossione, cui devono obbligatoriamente iscriversi i soggetti che svolgono le funzioni e le attività di supporto propedeutiche all'accertamento e alla riscossione delle entrate locali;
§ ha previsto la gratuità delle trascrizioni, iscrizioni e cancellazioni di pignoramenti e ipoteche richiesti dal soggetto che ha emesso l'ingiunzione o l'atto esecutivo.
La legge di bilancio 2021 è intervenuta sulla predetta riforma, modificando i requisiti patrimoniali richiesti per l'iscrizione nell'albo dei privati abilitati all'accertamento e alla riscossione delle entrate locali per i comuni di minore dimensione.
Il decreto-legge Proroga termini 2021 (decreto-legge n. 182 del 2020) ha differito al 30 giugno 2021 il termine per l'adeguamento alla riforma della riscossione delle entrate locali operata dalla legge di bilancio 2020 dei contratti in corso alla data del 1° gennaio 2020 tra gli enti locali e i soggetti concessionari della riscossione delle entrate locali.
Il legislatore ha adottato ulteriori misure volte a favorire l’attività di riscossione degli enti locali.
In particolare, l’articolo 17-bis del decreto semplificazioni (decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76) novella la disciplina inerente all'accesso alle informazioni presenti nell'Anagrafe tributaria da parte degli enti locali e dei soggetti affidatari del servizio di riscossione, specificando che tale accesso è consentito anche ai dati e alle informazioni relativi a soggetti che intrattengano rapporti o effettuino operazioni di natura finanziaria con operatori finanziari.
Il decreto-legge n. 146 del 2021 ha inoltre semplificato la procedura per l'affidamento all'Agenzia delle entrate-Riscossione delle attività di riscossione delle entrate delle società partecipate dalle amministrazioni locali, eliminando la necessità della delibera di affidamento da parte degli enti partecipanti, invece prevista dalla norma precedente (articolo 5, comma 6).
Con riguardo ai soggetti della riscossione l'articolo 3, comma 5-quaterdecies del decreto-legge n. 228 del 2021 ha prorogato dal 30 giugno 2021 al 31 dicembre 2024 il termine valevole per i soggetti iscritti all'albo per l'accertamento e riscossione delle entrate degli enti locali e alla relativa sezione speciale (prevista per i soggetti che svolgono esclusivamente le funzioni e le attività di supporto propedeutiche all'accertamento e alla riscossione delle entrate degli enti locali e delle società da essi partecipate) per adeguare il proprio capitale sociale alle condizioni e alle misure richieste dalla disciplina vigente.
Il decreto-legge sostegni-bis (decreto-legge n. 73 del 2021) ha disposto (articolo 76) lo scioglimento, dal 30 settembre 2021, di Riscossione Sicilia S.p.A. e il passaggio dell'esercizio delle funzioni relative alla riscossione nel territorio regionale all'Agenzia delle entrate, che le svolge mediante l'Agenzia delle entrate-Riscossione.
In applicazione del principio di sussidiarietà e al fine di rafforzare gli strumenti della lotta all'evasione fiscale, il legislatore ha complessivamente previsto un maggior coinvolgimento degli enti territoriali nell'attività di accertamento e riscossione. Il decreto fiscale 2019 ha prorogato all'anno 2021 l'attribuzione ai comuni dell'incentivo previsto per la partecipazione all'attività di accertamento tributario, pari al 100 per cento del riscosso a titolo di accertamento nell'anno precedente, a seguito delle segnalazioni qualificate trasmesse da tali enti; tale incentivo era stato da ultimo esteso al 2019 dal decreto-legge n. 193 del 2016.
Il Dipartimento delle finanze del MEF con la circolare n. 3/DF del 27 ottobre 2020 ha fornito istruzioni agli enti locali, ai soggetti che svolgono la funzione di tesoreria e ai soggetti affidatari della riscossione delle entrate degli enti locali in merito alle modalità di verifica e di rendicontazione dei versamenti delle entrate dei predetti enti, in modo da assicurare, in tempi certi, il pagamento dei compensi dovuti dall'ente impositore al proprio soggetto affidatario della riscossione. Si ricorda infatti che l'Agenzia delle entrate-Riscossione può svolgere le attività di riscossione delle entrate tributarie o patrimoniali di tutte le amministrazioni locali (come individuate dall'ISTAT) e delle società da esse partecipate, con l'esclusione delle società di riscossione (D.L. n. 50 del 2017, articolo 35).
Si ricorda che, in attuazione della delega contenuta nella legge n. 23 del 2014, l’articolo 13 del D.Lgs. 159 del 2015 affidava al Ministro dell’economia e delle finanze il compito di emanare un decreto che disciplinasse la misura e la decorrenza dell’applicazione del tasso di interesse per il versamento, la riscossione e i rimborsi di ogni tributo da determinarsi possibilmente in misura unica, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, compresa nell’intervallo tra lo 0,5 per cento e il 4,5 per cento. Tale decreto, volto in sostanza a unificare la misura degli interessi per la fase di adempimento spontaneo e coattivo dell'obbligo tributario nonché per i rimborsi, non è stato tuttavia emanato.
La norma prevede che fino all'emanazione del decreto, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui alle singole leggi d'imposta e il decreto ministeriale del 21 maggio 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 136 del 15 giugno 2009.
Per gli interessi di mora di cui all'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, si applica il tasso individuato annualmente con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate.
Successivamente l’articolo 37 del decreto legge n. 124 del 2019, comma 1-ter, ha stabilito che il tasso di interesse per il versamento, la riscossione e i rimborsi di ogni tributo è determinato, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, in misura compresa tra lo 0,1 per cento e il 3 per cento. Ai sensi del comma 1-quater, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze (non emanato) dovevano essere stabilite misure differenziate, nei limiti predetti, per gli interessi di cui all'articolo 20 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 (Pagamenti rateali in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto), agli articoli 20 (Interessi per ritardata iscrizione a ruolo), 21 (Interessi per dilazione del pagamento), 30 (Interessi di mora), 39 (Sospensione amministrativa della riscossione), 44 (Interessi per ritardato rimborso di imposte pagate) e 44-bis (Interessi per rimborsi eseguiti mediante procedura automatizzata) del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, in materia di riscossione, nonché per quelli di cui agli articoli 8, comma 2, e 15, commi 2 e 2-bis, del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218 in materia di accertamento con adesione.
L’esigenza manifestata dal legislatore di intervenire sulla disciplina dei tassi di interesse in materia fiscale deriva da una disciplina frammentata e stratificatasi nel tempo.
In primo luogo occorre ricordare la legge. n. 29 del 1961, che concerne la riscossione dei carichi in materia di tasse e di imposte indirette sugli affari e, in particolare, la misura degli interessi da applicarsi in caso di omessi o ritardati versamenti da parte del contribuente o di mancati rimborsi da parte dell’amministrazione.
In sostanza, la norma stabilisce che sulle somme dovute all'Erario per tasse e imposte indirette sugli affari si applicano gli interessi moratori nella misura semestrale del 3 per cento da computarsi per ogni semestre compiuto (misura superata dal DM 21 maggio 2009 di seguito illustrato). Gli interessi si computano a decorrere dal giorno in cui il tributo è divenuto esigibile. In caso di omissione di formalità o di omessa autotassazione, o di insufficiente o mancata denuncia, gli interessi si computano dal giorno in cui la tassa o l'imposta sarebbe stata dovuta se la formalità fosse stata eseguita o l'autotassazione effettuata o la denuncia presentata in forma completa e fedele. Gli interessi sono dovuti indipendentemente dall'applicazione di ogni penalità o sopratassa prevista dalle singole leggi tributarie.
Sulle somme pagate per tasse e imposte indirette sugli affari e ritenute non dovute a seguito di provvedimento in sede amministrativa o giudiziaria spettano al contribuente gli interessi di mora nella medesima misura a decorrere dalla data della domanda di rimborso.
Su tale impianto è intervenuto, da ultimo, l'art. 1, comma 150, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, che ha demandato a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze la definizione delle misure, anche differenziate, degli interessi per il versamento, la riscossione e i rimborsi di ogni tributo nei limiti di tre punti percentuali di differenza rispetto al tasso di interesse legale fissato ai sensi dell'art. 1284 del codice civile (limite introdotto dall'articolo 13 della legge 13 maggio 1999, n. 133), ad eccezione della determinazione degli interessi di mora ai sensi dell'art. 30 del citato DPR n. 602 del 1973.
Successivamente, l’articolo 7 del decreto legge n. 70 del 2011 in materia di semplificazioni fiscali ha ridotto tale differenza da tre a un punto percentuale.
Il D. M. 21 maggio 2009 ha quindi provveduto alla determinazione di tutti i tassi di interesse per la riscossione e il rimborso dei tributi, diversificando tra i vari tributi:
Interesse per ritardato rimborso delle imposte (articolo 1)
Sono dovuti nella misura del 2 per cento annuo ovvero dell'1 per cento semestrale:
§ gli interessi per ritardato rimborso di imposte pagate e per rimborsi eseguiti mediante procedura automatizzata (articoli 44 e 44-bis del DPR n. 602 del 1973;
§ gli interessi per i rimborsi in materia di imposta sul valore aggiunto (articoli 38-bis e 38-ter del DPR n. 633 del 1972 decreto Iva);
§ gli interessi per i rimborsi dell'imposta di successione (articoli 42, comma 3, e 37, comma 2, del d.lgs. n. 346 del 1990) e delle imposte ipotecaria e catastale (articolo 13, comma 4, del d.lgs. n. 347 del 1990);
§ gli interessi per i rimborsi delle somme non dovute per tasse e imposte indirette sugli affari (articoli 1 e 5 della citata legge n. 29 del 1961).
Interessi per ritardata iscrizione a ruolo (articolo 2)
Gli interessi per ritardata iscrizione a ruolo (articolo 20 del DPR n. 602 del 1973) sono dovuti nella misura del 4 per cento annuo.
Interessi per dilazione del pagamento (articolo 3)
Gli interessi per dilazione del pagamento (articolo 21 del DPR n. 602 del 1973) sono dovuti nella misura del 4,5 per cento annuo.
Interessi per la sospensione amministrativa (articolo 4)
Gli interessi per la sospensione amministrativa della riscossione (articolo 39 del DPR n. 602 del 1973) sono dovuti nella misura del 4,5 per cento annuo.
Interessi per pagamenti rateali (articolo 5)
Gli interessi per i pagamenti rateali in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto (articolo 20, d.lgs. n. 241 del 1997) sono dovuti nella misura del 4 per cento annuo.
Gli interessi per inadempimento dei pagamenti rateali a seguito di controlli formali e controlli automatizzati (articolo 3-bis, comma 3, d.lgs. n. 462 del 1997) sono dovuti nella misura del 3,5 per cento annuo.
Gli interessi sugli importi dilazionati per l'imposta sulle successioni e donazioni (articolo 38, comma 2, d.lgs. n. 346 del 1990), sono dovuti nella misura del 3 per cento annuo.
Interessi per ritardato pagamento (articolo 6)
Gli interessi relativi alle somme dovute per i pagamenti rateali a seguito di controlli formali e controlli automatizzati (articoli 2, comma 2, e 3, comma 1, d.lgs. n. 462 del 1997), versate entro 30 giorni, sono dovuti nella misura del 3,5 per cento annuo.
Sono stabiliti al tasso del 3,5 per cento annuo gli interessi relativi alle somme dovute a seguito di:
§ rinuncia all'impugnazione dell'accertamento (articolo 15, d.lgs. n. 218 del 1997);
§ pagamento dell'imposta di registro, di donazione, ipotecaria e catastale entro 60 giorni (articoli 54, comma 5, e 55, comma 1, DPR n. 131 del 1986);
§ pagamento delle tasse sulle concessioni governative (DPR n. 641 del 1972), e delle tasse automobilistiche la cui gestione è di competenza dello Stato, entro i termini previsti dagli avvisi di accertamento;
§ accertamento con adesione (articolo 8, d.lgs. n. 218 del 1997), versate entro 20 giorni;
§ conciliazione giudiziale (articolo 48, d.lgs. n. 546 del 1992), versate nei termini fissati dall’accordo.
Sono stabiliti nella misura del 2,5 per cento per ogni semestre compiuto gli interessi relativi alle somme dovute per le imposte sulle successioni e per le imposte ipotecarie e catastali, versate entro sessanta giorni (articolo 37, comma 1, d.lgs. n. 346 del 1990.
Viceversa, come anticipato, la definizione del tasso degli interessi di mora di cui all’articolo 30 del DPR n. 602 del 1973 è demandata a un provvedimento annuale del Direttore dell'Agenzia delle entrate che deve tener conto della media dei tassi bancari attivi. Da ultimo, il provvedimento del 23 maggio 2019 ha fissato il tasso di interesse nella misura del 2,68 per cento annuo.
L’articolo 30 stabilisce che, decorso inutilmente il termine previsto dalla cartella di pagamento, sulle somme iscritte a ruolo, esclusi le sanzioni pecuniarie tributarie e gli interessi, si applicano, a partire dalla data della notifica della cartella e fino alla data del pagamento, gli interessi di mora.
Con riferimento alla misura degli interessi di mora per ritardato pagamento delle somme iscritte a ruolo, vedi anche il focus dell'Agenzia.
Il sistema della giustizia tributaria è stato profondamente innovato dalla legge n. 130 del 2022, recante disposizioni volte a professionalizzare il giudice tributario e a ridurre la durata del processo tributario, con particolare riguardo anche al contenzioso di legittimità pendente presso la Corte di Cassazione.
La normativa di riferimento resta contenuta nel d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 545 sull’ordinamento degli organi speciali di giurisdizione tributaria e organizzazione degli uffici di collaborazione, mentre il d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 reca le disposizioni sul processo tributario.
Tale impianto normativo è rimasto sostanzialmente immutato e la riforma ha operato con numerose novelle.
La riforma anzitutto persegue la razionalizzazione del sistema della giustizia tributaria attraverso la professionalizzazione del giudice di merito, con la previsione della figura del magistrato tributario professionale, e apporta le conseguenti, modifiche alle norme che disciplinano il reclutamento, la nomina alle funzioni direttive e le progressioni in carriera dei componenti delle commissioni tributarie. La legge, intervenendo sul decreto legislativo n. 545 del 1992 modifica inoltre la denominazione delle commissioni tributarie in corti di giustizia tributaria (di primo e secondo grado) e stabilisce che la giurisdizione tributaria è esercitata dai nuovi magistrati tributari a tempo pieno, reclutati mediante procedure concorsuali appositamente disciplinate.
Viene introdotto altresì un regime transitorio, da applicare fino alla costituzione dei nuovi organi giurisdizionali, prevedendo:
§ una riserva di posti nei primi tre bandi di concorso per l'assunzione di magistrati tributari presenti alla data del 1° gennaio 2022 nel ruolo unico;
§ che i magistrati ordinari, amministrativi, contabili o militari, non collocati in quiescenza, presenti alla data di entrata in vigore della legge nel ruolo unico e collocati nello stesso ruolo da almeno 5 anni possano optare, con alcune limitazioni, per il definitivo transito nella giurisdizione tributaria;
§ prevede una procedura di interpello per la copertura delle posizioni vacanti nelle sedi giudiziarie;
§ disciplina la riammissione in servizio dei magistrati ordinari che abbiano optato per il transito nella giurisdizione tributaria;
§ autorizza il MEF ad assumere 100 unità di magistrati tributari per l'anno 2023 e (con procedure differenti) 476 unità per gli anni dal 2024 al 2030.
La riforma della giustizia tributaria risponde agli impegni assunti in sede di Unione europea con il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) di rendere più efficace l'applicazione della legislazione tributaria e ridurre l'elevato numero di ricorsi alla Corte di Cassazione. Nel PNRR (pagine 59-60) il contenzioso tributario viene considerato un settore cruciale per l'impatto che può avere sulla fiducia degli operatori economici e sugli investimenti dall'estero. In particolare:
§ sotto il profilo quantitativo, il contenzioso tributario è una componente molto importante dell'arretrato che si è accumulato dinanzi alla Corte di Cassazione (circa 50.000 ricorsi pendenti alla fine del 2020);
§ sotto il profilo qualitativo, le decisioni adottate dalla Corte di Cassazione comportano molto spesso l'annullamento di quanto è stato deciso in appello dalle commissioni tributarie regionali (circa il 47% dei casi nel 2020);
§ sotto il profilo temporale, i tempi di giacenza dei ricorsi in Cassazione sono in alcuni casi lunghi, aggiungendosi alla durata dei giudizi svolti nei due precedenti gradi di giudizio.
Il PNRR individua per l'attuazione della "Riforma delle commissioni tributarie di primo e secondo grado" (riforma 1.7 ? traguardo M1C1-35) il termine del quarto trimestre del 2022.
Attraverso la modifica del decreto legislativo n. 545 del 1992, che disciplina l'ordinamento degli organi speciali di giurisdizione tributaria e l'organizzazione degli uffici di collaborazione, la legge n. 130 del 2022 intende, innanzitutto, razionalizzare il sistema della giustizia tributaria prevedendo la figura del magistrato tributario a tempo pieno e, conseguentemente, modificando le norme che disciplinano il reclutamento, il tirocinio e la formazione professionale, la nomina alle funzioni direttive e le progressioni in carriera dei componenti delle commissioni tributarie.
La giurisdizione tributaria è affidata ai nuovi magistrati tributari a tempo pieno, assunti tramite concorso pubblico. I giudici tributari nominati presso le corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado attualmente in organico eserciteranno le proprie attribuzioni sino al completamento della loro carriera. L'organico dei magistrati tributari è determinato in 448 unità presso le corti di giustizia tributaria di primo grado e 128 unità presso le corti di secondo grado.
Il concorso per il reclutamento dei giudici tributari sarà articolato in una prova scritta, una prova teorico-pratica (l’art. 18 del decreto-legge n. 75/2023 ha specificato che tale prova consisterà nella redazione di una sentenza in materia tributaria)[1]e una prova orale. Possono accedere al concorso i laureati magistrali in Scienze dell'economia o in Scienze economico-aziendali o i laureati degli ordinamenti previgenti a questi equiparati, oltre che i laureati in giurisprudenza. Il concorso è bandito, di norma annualmente, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, previa deliberazione conforme del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, che determina il numero dei posti. Anche la commissione di concorso (i cui membri sono stati portati da 10 a 29 dal citato art. 18 del decreto-legge n. 75/2023) è nominata con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, adottato previa delibera del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria. È prevista una riserva di posti del 30 per cento nei primi tre bandi di concorso per l'assunzione di magistrati tributari presenti alla data del 1° gennaio 2022 nel ruolo unico. I magistrati tributari neo-assunti svolgono un tirocinio formativo di almeno sei mesi volto al conseguimento del giudizio di idoneità al conferimento delle funzioni giurisdizionali. Ai magistrati tributari sarà garantito dal Consiglio di presidenza un percorso di formazione continua e di aggiornamento professionale attraverso la frequenza di corsi di carattere teorico-pratico.
Alle nomine dei magistrati tributari assunti con concorso, nonché a quelle dei giudici tributari attualmente presenti nel ruolo unico, si provvede con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, previa deliberazione conforme del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria.
Si modifica inoltre da 72 a 67 anni il requisito di età per essere ammessi tra i componenti delle corti di giustizia tributaria.
A partire dal 2026 tutti gli appartenenti alla giurisdizione tributaria (sia i giudici presenti nel ruolo unico, sia i nuovi magistrati tributari) cesseranno dall'incarico al compimento del settantesimo anno di età, mentre in via transitoria dal 2023 al 2025 l'età massima di 75 anni attualmente vigente è ridotta progressivamente.
Il trattamento economico dei componenti delle corti di giustizia tributaria presenti alla data del 1° gennaio 2022 nel ruolo unico continua a essere determinato dal MEF. Il trattamento economico dei magistrati tributari a tempo pieno assunti mediante concorso viene invece equiparato a quello dei magistrati ordinari.
La riforma modifica le attribuzioni del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria prevedendo che esso vigili sul funzionamento dell'attività giurisdizionale delle corti di giustizia tributaria e possa disporre ispezioni nei confronti del personale giudicante. Presso il Consiglio di presidenza vengono istituiti un Ufficio ispettivo, con carattere di autonomia e indipendenza, e l'Ufficio del massimario nazionale, con la funzione di provvede a rilevare, classificare e ordinare in massime le decisioni delle corti di giustizia tributaria di secondo grado e le più significative tra quelle emesse dalle corti di giustizia tributaria di primo grado. Le massime delle decisioni alimentano la banca dati della giurisprudenza tributaria di merito, gestita dal MEF.
È prevista la possibilità, con alcune limitazioni, per i magistrati ordinari, amministrativi, contabili o militari, non collocati in quiescenza, presenti alla data di entrata in vigore della presente legge nel ruolo unico e collocati nello stesso ruolo da almeno cinque anni precedenti tale data e che siano in possesso di determinati requisiti, di optare per il definitivo transito nella giurisdizione tributaria che avrà luogo a seguito di una procedura di interpello bandita dal Consiglio di presidenza della giustizia tributaria.
Al fine di dare attuazione alle disposizioni previste dal PNRR in materia di giustizia tributaria e alle disposizioni di cui alla presente legge, nonché di incrementare il livello di efficienza degli uffici e delle strutture centrali e territoriali della giustizia tributaria, si autorizza il MEF ad assumere, oltre ai 34 già assunti nel 2023, 134 magistrati tributari nel 2024, 204 nel 2026 e ulteriori 204 nel 2029 (secondo una rimodulazione del piano di assunzioni previsto dalla legge n. 130/2022 operata dall’art. 18 del decreto-legge n. 75/2023), per un totale complessivo di 576 unità. Per le medesime finalità, a decorrere dal 1° ottobre 2022, sono istituiti nel MEF – Dipartimento delle finanze due uffici dirigenziali di livello non generale aventi funzioni rispettivamente, in materia di status giuridico ed economico dei magistrati tributari e di organizzazione e gestione delle procedure concorsuali per il reclutamento dei magistrati tributari, da destinare alla Direzione della giustizia tributaria, nonché 18 posizioni dirigenziali di livello non generale da destinare alla direzione di uno o più uffici di segreteria di corti di giustizia tributaria. Il MEF è inoltre autorizzato ad assumere con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, in aggiunta alle vigenti facoltà assunzionali e anche mediante l'utilizzo di vigenti graduatorie di concorsi pubblici, per l'anno 2022, 20 unità di personale dirigenziale non generale e 50 unità di personale non dirigenziale da inquadrare nell'Area funzionari, posizione economica F1, per l'anno 2023, 75 unità di personale non dirigenziale da inquadrare nell'Area funzionari, posizione economica F1, e 50 unità di personale da inquadrare nell'Area assistenti, posizione economica F2, da destinare agli uffici di segretaria delle corti di giustizia tributaria.
Il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, entro il 31 gennaio 2023, dovrà individuare le sedi delle corti di giustizia tributaria nelle quali non è possibile assicurare l'esercizio della funzione giurisdizionale a seguito dell'abbassamento, in applicazione della riforma, dell'età massima per il pensionamento dei componenti delle commissioni tributarie da 75 a 70 anni, al fine di assegnare d'ufficio alle predette sedi, in applicazione non esclusiva, giudici tributari appartenenti al ruolo unico.
La riforma interviene anche sulla disciplina della prestazione di garanzia per la sospensione parziale dell'atto impugnato, prevedendo che la necessità di tale garanzia sia esclusa per i contribuenti con "bollino di affidabilità fiscale", cioè quei contribuenti a cui sia attribuito un determinato punteggio di affidabilità pari ad almeno nove negli ultimi tre periodi d'imposta precedenti a quello di proposizione del ricorso per i quali tali punteggi siano disponibili.
Viene istituita poi presso la Corte di cassazione una sezione civile incaricata esclusivamente della trattazione delle controversie in materia tributaria. Il primo presidente adotta provvedimenti organizzativi adeguati al fine di stabilizzare gli orientamenti di legittimità e di agevolare la rapida definizione dei procedimenti pendenti presso la Corte di cassazione in materia tributaria, favorendo l'acquisizione di una specifica competenza da parte dei magistrati assegnati alla suddetta sezione. È introdotta inoltre una misura deflattiva che, in attuazione degli obiettivi del PNRR, mira ad alleggerire l'enorme numero di cause giacenti presso la sezione tributaria della Suprema Corte. In particolare la riforma ha strutturato la nuova sanatoria delle liti pendenti in Cassazione lungo due diversi binari, entrambi attivabili a domanda del contribuente che abbia avuto ragione in uno dei gradi di merito ovvero sia in primo che in secondo grado con esborso forfettario rispettivamente quantificato nel 20% ovvero nel 5% del valore di lite, come quantificato nel ricorso di primo grado.
Con specifico riguardo agli aspetti processuali della riforma, la legge n. 130 apporta una serie di modifiche - anche conseguenti alla nuova articolazione degli organi di giustizia tributaria - al decreto legislativo n. 546 del 1992 che disciplina il processo tributario. In particolare viene sostituito ovunque ricorra nel testo il riferimento alle commissioni tributarie provinciali e regionali con il richiamo alle Corti di giustizia tributaria di primo grado e secondo grado, rispettivamente. È poi attribuita - con riguardo ai ricorsi notificati a decorrere dal 1° gennaio 2023 – alla competenza del giudice monocratico in primo grado le controversie entro il limite di 3.000 euro (limite elevato a 5.000 euro dal decreto-legge n. 13 del 2023, a partire dai ricorsi notificati a decorrere dal 1° luglio 2023) di valore, con l'obiettivo di deflazionare il contenzioso delle Corti di giustizia tributaria di primo grado. Di indubbio rilievo è poi il superamento del divieto di assunzione della prova testimoniale nel processo tributario. È infatti introdotta la possibilità per il giudice tributario di ammettere la prova testimoniale, in forma scritta, in presenza di specifici presupposti.
Sempre in tema di prova la riforma formalizza la regola sull'onere della prova, per la quale quindi l'amministrazione finanziaria ha l'onere di provare in giudizio le violazioni contestate con l'atto impugnato. Ancora, è previsto un addebito delle spese di giudizio, maggiorate del 50%, per la parte che, dopo non aver accettato una proposta di conciliazione, si veda riconosciuta nel merito una pretesa inferiore a quanto previsto in sede di conciliazione. La riforma prevede poi che in caso di rigetto del reclamo o di mancato accoglimento della proposta di mediazione, la soccombenza di una delle parti, in accoglimento delle ragioni già espresse in sede di reclamo o mediazione, comporti per la parte soccombente la condanna al pagamento delle relative spese di giudizio. La legge n. 130 modifica, inoltre, la disciplina della sospensione giurisdizionale dell'esecuzione dell'atto impugnato. In particolare: è introdotto un termine (non oltre il trentesimo giorno dalla presentazione dell'istanza) entro il quale il presidente deve fissare con decreto la trattazione della istanza di sospensione per la prima camera di consiglio utile; si prevede che ne sia data comunicazione alle parti almeno cinque giorni liberi prima (attualmente 10 giorni) e che l'udienza di trattazione dell'istanza di sospensione non possa in ogni caso coincidere con l'udienza di trattazione del merito della controversia; si precisa poi che il collegio, sentite le parti in camera di consiglio e delibato il merito, debba provvedere con ordinanza motivata non impugnabile «nella stessa udienza di trattazione dell'istanza»; è infine soppressa la previsione per la quale l'istanza di sospensione doveva essere decisa antro centottanta giorni dalla data di presentazione della stessa.
La riforma introduce, poi, l'istituto della conciliazione su proposta del giudice tributario. La nuova disciplina prevede che per le controversie soggette a reclamo, la corte di giustizia tributaria, ove possibile, può formulare alle parti una proposta conciliativa avuto riguardo all'oggetto del giudizio e all'esistenza di questioni di facile e pronta soluzione. Tale proposta può essere formulata in udienza o fuori udienza. Nel caso di buon esito della conciliazione, il giudizio è dichiarato estinto per cessazione della materia del contendere.
La legge n. 130 interviene, inoltre, in materia di giustizia tributaria digitale, modificando l'articolo 16 del decreto-legge n. 119 del 2018 relativo alla possibilità di partecipazione all'udienza da remoto. In base alla nuova disciplina: la richiesta di udienza da remoto può essere presentata dalle parti nel primo atto difensivo o in apposita istanza da depositare in segreteria almeno venti giorni liberi prima della data di trattazione; l'udienza si tiene a distanza se la richiesta è formulata da tutte le parti costituite nel processo, trovando altrimenti applicazione la disciplina dell'udienza da tenersi presso la sede delle commissioni tributarie contenuta nell'articolo 34 del decreto legislativo n. 546 del 1992 con riguardo alle udienze pubbliche; le udienze pubbliche, tenute dalla corte di giustizia tributaria di primo grado in composizione monocratica, nonché l'udienza di trattazione della istanza di sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato e quella di trattazione della istanza di sospensione in caso di appello davanti alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado si svolgono esclusivamente a distanza.
Si ricorda che l’articolo 40 del decreto-legge n. 13 del 2023 è intervenuto sulla legge 31 agosto 2022, n. 130, al fine di accelerare e semplificare le procedure di rinnovo del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria.
Il provvedimento ha inoltre introdotto disposizioni volte ad accelerare la dichiarazione di estinzione dei giudizi di legittimità in materia tributaria, ponendo in capo all’Agenzia delle entrate il compito di depositare appositi elenchi delle controversie per le quali è avanzata istanza di definizione agevolata ai sensi delle norme vigenti. Si prevede infine che, in sede di prima applicazione, gli incarichi in essere all'atto del definitivo transito, se svolti presso amministrazioni che realizzano o autorizzano interventi finanziati in tutto o in parte con le risorse previste dal PNRR, dal PNC e dai programmi cofinanziati dai fondi strutturali europei, restano in ogni caso ultimabili sino alla scadenza naturale, previa autorizzazione del relativo organo di autogoverno.
L’articolo 4, comma 3 del decreto-legge n. 51 del 2023 da ultimo ha disposto che le elezioni del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria siano indette entro 15 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame e che esse abbiano luogo entro il 30 settembre 2023.
Da ultimo, il decreto-legge n. 75 del 2023, in corso di conversione, è intervenuto sul piano di assunzione di 576 magistrati tributari, stabilendo una diversa programmazione delle immissioni in servizio, che avverrà in tre scaglioni (2024, 2026 e 2029).
Il decreto ha inoltre apportato modifiche in materia di procedure e prove concorsuali per l’assunzione dei nuovi magistrati tributari. Tra l’altro:
si precisa che la prova teorico-pratica consiste nella redazione di una sentenza in materia tributaria;
si eliminano alcune materie (diritto internazionale pubblico e privato e diritto fallimentare) dalla prova orale e si circoscrive l’ambito del diritto penale al solo diritto penale tributario
si innalza il numero; dei componenti della Commissione di concorso da 10 a 29 e si dettano norme sulla procedura di valutazione degli elaborati.
Nei prossimi paragrafi si darà conto con maggior dettaglio della disciplina degli organi e delle procedure del contenzioso.
Nell’assetto post riforma, la giurisdizione tributaria è esercitata dai magistrati tributari selezionati per concorso, nonché dai giudici tributari nominati presso le corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado e che sono presenti nel ruolo unico nazionale alla data del 1° gennaio 2022.
Ogni collegio giudicante è presieduto dal presidente della sezione o dal vicepresidente e giudica con numero invariabile di tre votanti (articolo 2, d.lgs. n. 545 del 1992).
I presidenti delle commissioni tributarie regionali o provinciali sono nominati tra i magistrati tributari ovvero tra quelli ordinari, ovvero amministrativi o militari, in servizio o a riposo (articolo 3).
Nel nuovo assetto post riforma, la nomina a magistrato tributario nelle corti di primo grado si consegue mediante un concorso per esami bandito in relazione ai posti vacanti e a quelli che si renderanno vacanti nel quadriennio successivo, per i quali può essere attivata la procedura di reclutamento (articolo 4).
Analogamente, i giudici delle corti di giustizia tributaria di secondo grado sono nominati tra i magistrati tributari e i giudici tributari presenti nel richiamato ruolo unico. Ai magistrati tributari reclutati per concorso si applicano le incompatibilità disposte dalle norme dell’ordinamento giudiziario.
La legge stabilisce altresì i casi specifici di incompatibilità in ragione di specifiche condizioni.
Il compenso fisso mensile spettante ai giudici tributari iscritti nel ruolo unico è determinato dal Ministro dell’economia e delle finanze con proprio decreto (articolo 13). Con D.M. 5 febbraio 2016 sono stati definiti i criteri per la determinazione del compenso aggiuntivo. Per converso, ai magistrati tributari reclutati per concorso si applicano le disposizioni in materia di trattamento economico previsto per i magistrati ordinari, in quanto compatibili.
Le più recenti tendenze legislative riferibili al contenzioso tributario registrano un progressivo incremento dei meccanismi di snellimento del contenzioso e di risoluzione stragiudiziale delle controversie fiscali.
Con il decreto-legge crescita (articolo 4-octies del decreto-legge n. 34 del 2019) si è introdotto, nell'ambito dell'accertamento fiscale, un nuovo obbligo per l'Amministrazione finanziaria, tenuta ad avviare necessariamente in alcuni casi specifici un contraddittorio con il contribuente, per definire in via amministrativa la pretesa tributaria.
Il decreto-legge n. 119 del 2018 ha introdotto numerose misure deflative del contenzioso tributario e di semplificazione dei processi: è estesa la possibilità di trasmissione telematica delle comunicazioni e notificazioni inerenti il processo, sono agevolate le procedure in materia di certificazione di conformità relative alle copie di atti, provvedimenti e documenti, è resa possibile la partecipazione a distanza delle parti all'udienza pubblica, è semplificata la procedura di avvio dei provvedimenti cautelari amministrativi per violazioni tributarie.
Ulteriori, sostanziali modifiche alla disciplina del processo sono state apportate dalla già citata legge 130.
Già l’articolo 9 del d.lgs. 156 del 2015 ha modificato in più parti l’assetto del processo in materia tributaria. In estrema sintesi, le norme:
§ sottolineano il ruolo di parte processuale delle nuove articolazioni dell’Amministrazione finanziaria, ivi compresi gli agenti della riscossione ed i concessionari della riscossione per conto degli enti territoriali,
§ in materia di assistenza tecnica nel processo, elevano il valore della lite che consente alle parti di stare in giudizio senza assistenza tecnica, complessivamente riformando e razionalizzando la disciplina dei soggetti abilitati a tale attività;
§ rafforzano il principio in base al quale le spese del giudizio tributario seguono la soccombenza, in particolare riducendo la discrezionalità del giudice nel disporre la compensazione delle spese;
§ modificano la disciplina di comunicazioni e notifiche, orientandola verso il rafforzamento degli strumenti telematici ed elettronici;
§ estendono a tutti gli enti impositori l’istituto del reclamo, razionalizzandone la struttura e incoraggiandone l’utilizzo mediante la previsione di sconti sulle sanzioni irrogate;
§ dettano una disciplina delle diverse tipologie di conciliazione giudiziale, rafforzando tale istituto ed estendendolo anche ai giudizi pendenti davanti alla Commissione tributaria regionale; in tal modo la conciliazione è resa esperibile per tutta la durata del giudizio di merito, anche mediante l’introduzione di disposizioni premiali che riducono l’entità delle sanzioni irrogabili;
§ stabiliscono che anche la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva, salvo provvedimento di sospensione;
§ apportano ulteriori modifiche con l’intento di velocizzare il giudizio tributario e ottenere effetti deflativi del contenzioso, quali il ricorso per saltum alla Cassazione;
§ dispongono l'immediata esecutività delle sentenze di condanna in favore del contribuente, il cui pagamento può essere subordinato dal giudice alla prestazione di idonea garanzia, ove superi l'importo di 10.000 euro;
§ rafforzano il cd. rimedio dell’ottemperanza, esperibile anche nei confronti degli agenti della riscossione e dei concessionari della riscossione.
Il d.lgs. n. 546 del 1992 individua l’oggetto della giurisdizione tributaria e chiarisce altresì quali sono le controverse escluse dalla stessa.
In dettaglio sono oggetto di giurisdizione tributaria:
§ tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati, compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il Servizio sanitario nazionale, le sovrimposte e le addizionali, le relative sanzioni, nonché gli interessi e ogni altro accessorio;
§ le controversie promosse dai singoli possessori concernenti l'intestazione, la delimitazione, la figura, l'estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell'estimo fra i compossessori a titolo di promiscuità di una stessa particella, nonché le controversie concernenti la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l'attribuzione della rendita catastale;
§ le controversie attinenti l'imposta o il canone comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni;
§ in via incidentale, ogni questione da cui dipende la decisione delle controversie rientranti nella giurisdizione del giudice tributario, fatta eccezione per le questioni in materia di querela di falso e sullo stato o la capacità delle persone, diversa dalla capacità di stare in giudizio.
Le norme individuano le parti del nel ricorrente e negli uffici dell’amministrazione finanziaria (articolo 10).
L’ordinamento stabilisce i criteri di individuazione della competenza territoriale (articolo 4) e, per effetto della riforma del 2022, specifica che le corti di giustizia tributaria di primo grado decidono in composizione monocratica le controversie di valore fino a 3.000 euro (articolo 4-bis).
Il processo è introdotto con ricorso (articolo 18) che può essere proposto avverso un insieme di atti individuati ex lege (dall’articolo 19) e, con una norma di chiusura, avverso ogni atto per cui l’ordinamento preveda l’autonoma impugnabilità.
Per le controversie di valore non superiore a cinquantamila euro, il ricorso produce anche gli effetti di un reclamo e può contenere una proposta di mediazione con rideterminazione dell’ammontare della pretesa. La procedura di reclamo/mediazione deve essere conclusa, a pena di improcedibilità del ricorso, entro il termine di novanta giorni dalla data di notifica di quest’ultimo (articolo 17-bis). L’istituto si applica agli atti emessi dall’Agenzia delle entrate e dall’Agenzia delle dogane e, in quanto compatibili, anche agli atti emessi dagli agenti della riscossione e non si applica alle controversie di valore indeterminabile (ad eccezione di quelle in materia catastale) e alle controversie relative alle risorse proprie tradizionali UE.
L'articolo 10 del decreto-legge n. 50 del 2017 ha esteso l'ambito operativo dell'istituto del reclamo/mediazione nel contenzioso tributario alle controversie di valore sino a 50.0000 euro, innalzando detto ammontare dalla previgente soglia di 20.000 euro; le norme si applicano agli atti impugnabili notificati a decorrere dal 1° gennaio 2018.
La costituzione in giudizio del ricorrente, a pena di inammissibilità, si effettua esclusivamente mediante deposito del ricorso, previamente notificato a mezzo pec, attraverso il Sistema informativo della Giustizia Tributaria - SIGIT, secondo le disposizioni sul processo tributario telematico (articolo 22).
Il presidente della sezione, scaduti i termini per la costituzione in giudizio delle parti, esamina preliminarmente il ricorso e dichiara con decreto, soggetto a reclamo, innanzi alla Commissione tributaria:
§ l’inammissibilità nei casi espressamente previsti, se manifesta;
§ la sospensione, l’interruzione e l’estinzione del processo, ove ne sussistano i presupposti (articolo 27).
Qualora non ravvisi i presupposti per l’emanazione di tali provvedimenti, il presidente fissa la trattazione della controversia e nomina il relatore (articolo 30). La controversia è trattata in camera di consiglio, salvo che almeno una delle parti non abbia chiesto la discussione in pubblica udienza.
Non sono ammesse sentenze non definitive o limitate solo ad alcune domande. (articolo 35).
Dal 16 novembre 2020, con la pubblicazione in GU del decreto direttoriale 11 novembre 2020 che individua le regole tecnico-operative per lo svolgimento e la partecipazione alle udienze pubbliche o camerali da remoto, sono state attuate le diposizioni contenute nell’articolo 16, comma 4 del decreto-legge 119/2018 come modificato dall’art. 135, comma 2, del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34. La partecipazione alle udienze può avvenire a distanza mediante collegamento audiovisivo tra l'aula di udienza e il luogo del collegamento da remoto del contribuente, del difensore, dell'ufficio impositore e dei soggetti della riscossione, nonché dei giudici tributari e del personale amministrativo delle Commissioni tributarie, tali da assicurare la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone presenti in entrambi i luoghi e di udire quanto viene detto. Il luogo dove avviene il collegamento da remoto è equiparato all'aula di udienza. La partecipazione da remoto può essere richiesta dalle parti processuali nel ricorso o nel primo atto difensivo ovvero con apposita istanza da depositare in segreteria e notificata alle parti costituite prima della comunicazione dell'avviso sulla data di trattazione.
La sentenza è l'atto conclusivo del processo tributario (articolo 36). La corte giudica nei limiti e nell'ambito delle domande e delle eccezioni di parte.
La comunicazione del dispositivo della sentenza è eseguita:
1. con posta elettronica certificata;
2. con avviso della segreteria consegnato a mano o utilizzando la spedizione postale.
L’art. 67-bis - introdotto dal citato articolo 9 del d.lgs. n. 156 del 2015 - stabilisce che le sentenze emesse dalle Commissioni tributarie sono esecutive, introducendo il principio generale di immediata esecutività delle pronunce delle Commissioni tributarie provinciale e regionale, per tutte le parti in causa.
I successivi artt. 68 e 69 dispongono che l’esecuzione delle sentenze tributarie favorevoli al contribuente è effettuata con l’esperimento del giudizio di ottemperanza.
I mezzi di impugnazione delle sentenze delle Commissioni tributarie sono l’appello, il ricorso per cassazione e la revocazione (articolo 50).
La conciliazione giudiziale, come modificata dall’art. 9, comma 1, lett. s), t) del d.lgs. n. 156 del 2015, è il mezzo attraverso il quale il contribuente può definire, in tempi brevi, un contenzioso, già in atto o anche solo potenziale, godendo di una riduzione delle sanzioni amministrative, variabile in base al grado di giudizio in cui si perfeziona.
La disciplina della conciliazione è contenuta negli articoli articolo 48 (conciliazione fuori udienza), 48 bis (conciliazione in udienza) e 48 ter (definizione e pagamento delle somme dovute).
Con riguardo alle spese del giudizio, l’art. 1 del d.lgs. n. 156 del 2015 ha introdotto alcune limitazioni in ordine alla possibilità del giudice di compensare la spese prevedendole per i soli casi di soccombenza reciproca o qualora sussistano gravi ed eccezionali ragioni che devono essere adeguatamente motivate nel provvedimento del giudice.
Tra i ricorsi definiti nel 2019 con esito completamente favorevole agli uffici, nel 53,72% dei provvedimenti emessi le spese di giustizia sono risultate a carico del contribuente ed il 45,63% compensate. Tra gli esiti favorevoli al contribuente il 44,49% ha avuto le spese a carico dell’ufficio ed il 54,79% sono state compensate.
Con riferimento, infine, al contenzioso pendente innanzi alla giustizia tributaria si segnala che, a seguito dell’introduzione degli strumenti deflattivi, primo fra tutti il reclamo-mediazione obbligatorio (2011), nell’ultimo decennio il numero dei giudizi pendenti dinanzi le CTP e le CTR è progressivamente diminuito (da circa 700.000 nel 2010 a 335.000 nel 2019). Nello stesso periodo, il numero delle pendenze dinanzi la Cassazione è invece aumentato, come anche la durata media dei giudizi, attestatasi nel 2019 a circa 4 anni, che vanno ad aggiungersi ai 4 anni circa di durata media complessiva dei giudizi di merito nei gradi precedenti.
Come già anticipato supra, la riforma del 2022 ha istituito presso la Corte di cassazione una sezione civile incaricata esclusivamente della trattazione delle controversie in materia tributaria. Parallelamente la legge n. 130 ha introdotto una misura deflattiva che, in attuazione degli obiettivi del PNRR, mira ad alleggerire l'enorme numero di cause giacenti presso la sezione tributaria della Suprema Corte. In particolare la riforma ha strutturato la nuova sanatoria delle liti pendenti in Cassazione lungo due diversi binari, entrambi attivabili a domanda del contribuente che abbia avuto ragione in uno dei gradi di merito ovvero sia in primo che in secondo grado con esborso forfettario rispettivamente quantificato nel 20% ovvero nel 5% del valore di lite, come quantificato nel ricorso di primo grado.
Si veda altresì il paragrafo sulle misure di definizione agevolata introdotte dalla legge di bilancio 2023 con riferimento alle misure deflative del contenzioso.
L’imposta sul reddito è disciplinata dagli artt. 1A e ss. del Code général des impôts (CGI). Il calcolo dell’imposta sul reddito è stabilito dall’art. 197 del CGI, da ultimo modificato dall’art. 2 della legge finanziaria per il 2023 (Loi n. 2022-1726 du 30 décembre 2022 de finances pour 2023). Precedentemente era anche intervenuto, tra gli altri provvedimenti, il Décret n. 2020-897 du 22 juillet 2020 portant incorporation au Code général des impôts de divers textes modifiant et complétant certaines dispositions de ce code.
L’attuale norma prevede le seguenti aliquote, in base alla suddivisione dei contribuenti in quattro fasce di reddito:
Reddito (in euro) |
Aliquota |
Da 0 a 10.777 |
0% |
Dalla frazione superiore a 10.777 fino a 27.478 |
11% |
Dalla frazione superiore a 26.478 fino a 78.570 |
30% |
Dalla frazione superiore a 78.570 fino a 168.994 |
41% |
Per la frazione superiore a 168.994 |
45% |
Alla fine del 2011 il Governo ha approvato una serie di misure per ridurre il deficit pubblico, tra cui l’introduzione di un “contributo eccezionale sugli alti redditi”. L’art. 223 sexies del CGI, introdotto dall’art. 2 della legge finanziaria per il 2012 (Loi n. 2011- 1977 du 28 décembre 2011 de finances pour 2012 – LF 2012), ha fissato al 3% l’aliquota contributiva da applicare alla frazione di reddito da imposta di riferimento compresa tra 250.000 e 500.000 euro per i contribuenti single, vedovi, separati o divorziati, e tra 500.000 e 1 milione di euro per i contribuenti soggetti a tassazione comune (coppie in regime matrimoniale o di PACS). L’aliquota contributiva è innalzata al 4% in relazione ai redditi da imposta superiori a 500.000 euro per i contribuenti single, vedovi, separati o divorziati, e a 1 milione di euro per i contribuenti soggetti a tassazione comune (coppie in regime matrimoniale o di PACS). Tale contributo, sempre secondo le disposizioni dell’art. 2 della LF 2012, si applica fino all’anno d’imposizione fiscale per il quale il disavanzo delle amministrazioni pubbliche è pari a zero.
2. Quoziente familiare
In base al meccanismo del “quoziente familiare” (quotient familial), disciplinato dagli artt. 194-197 del CGI, il contribuente è assoggettabile all’imposta sul reddito per l’insieme degli utili e redditi dei membri della famiglia fiscale (foyer fiscal), composta dal contribuente, dall’eventuale coniuge (o dal partner nel caso di un PACS), dagli eventuali figli minori, nonché dalle eventuali persone invalide conviventi a carico.
Per determinare il quoziente familiare occorre determinare il numero delle quote (o parti, rappresentative dei carichi di famiglia) che spettano a ciascun tipo di contribuente (ad es. il single, lo sposato, il divorziato, il vedovo), del quale sono considerate le persone a carico. Il quoziente familiare è il risultato della divisione del reddito complessivo del foyer fiscal per il numero delle quote che ad esso spettano. Il numero delle quote incide in modo considerevole nel determinare l’imposta sul reddito da liquidare.
Nello specifico l’imposta è calcolata figurativamente sul quoziente familiare, quindi solo su una quota del reddito complessivo, ma l’effettivo del carico fiscale risulta poi dal prodotto delle “imposte individuali” per il numero delle parti (o quote) che compongono la famiglia fiscale.
L’art. 194 del CGI presenta una tabella in cui è indicato il numero delle quote da prendere in considerazione per la divisione del reddito complessivo del foyer fiscal:
Stato di famiglia |
Numero delle parti (o quote) |
Single, divorziato o vedovo senza figli a carico |
1 |
Coniugato senza figli a carico |
2 |
Single o divorziato con un figlio a carico |
1,5 |
Coniugato o vedovo con un figlio a carico |
2,5 |
Single o divorziato con due figli a carico |
2 |
Coniugato o vedovo con due figli a carico |
3 |
Single o divorziato con tre figli a carico |
3 |
Coniugato o vedovo con tre figli a carico |
4 |
Single o divorziato con quattro figli a carico |
4 |
Coniugato o vedovo con quattro figli a carico |
5 |
Single o divorziato con cinque figli a carico |
5 |
Coniugato o vedovo con cinque figli a carico |
6 |
Single o divorziato con sei figli a carico |
6 |
Esempio
Una coppia senza figli dispone di un reddito imponibile netto di 60.000 euro. Il suo quoziente familiare sarà di € 30.000 (€ 60.000/2).
L’imposta è calcolata come segue:
§ fino a € 10.777:
· 0%;
§ da € 10.778 a € 27.478:
· (€ 27.478 - € 10.777) × 11% = € 16.701 × 11% = € 1.837,11;
§ da € 27.479 a € 30.00:
· (€ 30.000 - € 27.478) x 30% = € 2.522 × 30% = € 756,60.
L'imposta lorda è: € 0 + € 1.837,11 + € 756,70 = € 2.593,71.
Tale importo deve essere poi moltiplicato per il numero di quote della famiglia fiscale. In questo esempio, verrà moltiplicato per 2 poiché si tratta di una coppia. La sua imposta lorda sarà quindi di € 5.187,42.
2.1 Limitazione degli effetti del quoziente familiare
Gli aumenti del quoziente familiare (mezze quote, quarti di quote in caso di residenza alternata che si aggiungono a 1 o 2 quote a seconda della situazione personale del contribuente) possono essere assoggettati a un massimale (plafonnement) al fine di limitare il vantaggio fiscale previsto dal sistema del quoziente familiare.
Il limite di riduzione d'imposta legato al quoziente familiare è sempre fissato dal citato art. 197 del CGI:
§ € 1.678 per ogni metà aggiuntiva legata a persone a carico, nel caso generale;
§ € 1.002 per la metà quota aggiuntiva a favore di chi ha cresciuto da solo un figlio per almeno 5 anni.
2.2 Massimali specifici
Si applicano massimali specifici ai contribuenti che si trovano in una delle seguenti situazioni:
§ genitore single che alleva i figli da solo: € 3.959 per la quota intera concessa al primo figlio a carico (contribuenti single, divorziati o separati che allevano uno o più figli da soli);
§ persona disabile o invalido di guerra: si applica un’ulteriore riduzione d’imposta pari a € 1.673 al raggiungimento del massimale di € 1.678 per la metà della quota aggiuntiva concessa;
§ vedovo con figli a carico: viene concessa un’ulteriore riduzione fiscale di € 1.868 al raggiungimento del massimale per le prime due mezze quote aggiuntive oltre ad una quota[2].
L’imposta sul reddito delle persone fisiche (Einkommensteuer), che rappresenta la principale fonte di gettito in Germania, è disciplinata dall’Einkommensteuergesetz - EStG (Legge sull’imposta sul reddito) nel testo coordinato dell’8 ottobre 2009, modificato da ultimo con legge del 20 dicembre 2022.
L’imposta ha carattere progressivo e si applica alle seguenti tipologie di reddito:
§ proventi derivanti da attività agricole e forestali (§§ 13-14a EStG);
§ redditi derivanti da attività commerciali o industriali (§§ 15–17 EStG);
§ redditi da lavoro autonomo (§ 18 EStG);
§ redditi da lavoro dipendente (§§ 19 e 19a EStG);
§ redditi da capitale (§ 20 EStG);
§ proventi da noleggio e leasing (§ 21 EStG);
§ altri proventi (§§ 22–23 EStG).
Dalla base imponibile sono esclusi gli alimenti dovuti dai coniugi, i sussidi di disoccupazione, le borse di studio, nonché i redditi inferiori, per l’anno 2023, a € 10.908 nel caso di single (o anche separati o divorziati) o a € 21.816 per le coppie sposate, incluse le unioni civili. Oltre la soglia esente (Grundfreibetrag), le aliquote variano in maniera continua e progressiva fra il 14% (Eingangssteuersatz) e il 42%. L’aliquota più elevata (Spitzensteuersatz), pari al 45%, si applica solo a redditi superiori a € 277.825.
La seguente tabella riassume le aliquote dell’imposta sul reddito per l’anno 2023 ai sensi del § 32a EStG:
Reddito (in euro) |
Aliquota |
Da 0 a 10.908 |
0% |
Da 10.909 a 62.809 |
14% (aliquota iniziale variabile in funzione del reddito) |
Da 62.810 a 277.825 |
42% |
Da 277.826 in su |
45% |
Su tale imposta è applicata, inoltre, un’addizionale di solidarietà sociale (Solidaritätszuschlag) pari al 5,5% (§ 4 Solidaritätszuschlaggesetz). La sovrattassa di solidarietà è stata introdotta dalla legge del 24 giugno 1991 e, con la successiva formulazione del 1995, è stata giustificata con i costi aggiuntivi della riunificazione tedesca, tra i quali sono stati ricompresi i debiti e gli obblighi pensionistici del governo della Germania dell’Est (DDR), nonché i costi di ammodernamento delle infrastrutture e di bonifica ambientale nei nuovi Länder.
Ai sensi dell’art. 106, commi 3 e 5, della Legge fondamentale (Grundgesetz), le entrate derivanti dall’imposta sul reddito spettano alla Federazione, ai Länder e ai comuni. Questi ultimi ricevono il 15% del gettito dell’imposta sul reddito, mentre il restante 85% è diviso a metà (42,5% ciascuno) tra il Governo federale e i governi dei singoli Länder.
Responsabile dell’accertamento e del prelievo dell’imposta sul reddito delle persone fisiche è l’ufficio delle imposte (Finanzbezirk) del distretto in cui è domiciliato il contribuente. Ciascun contribuente può inoltre calcolare le proprie imposte sulla relativa pagina del sito del Ministero federale delle finanze, a seconda dello stato civile e in base all’anno fiscale di riferimento (a partire dal 1958).
1. Imposta sul reddito
L’imposta sul reddito (Income tax), disciplinata dall’Income Tax Act 2007, si applica al reddito complessivo delle persone fisiche residenti nel Regno Unito, ovunque i redditi siano stati prodotti (c.d. world-wide principle). Tale imposta si applica a differenti tipologie reddituali quali – solo per citare i principali - i redditi da lavoro dipendente e da lavoro autonomo, i redditi da pensioni, i redditi da locazione, i dividendi, i capital gains e i redditi percepiti dai trust. Viceversa, hanno diritto all’esenzione alcune tipologie di reddito: redditi derivanti da assegni di mantenimento ai figli; redditi da interessi su rimborsi fiscali; indennità di maternità; pensioni corrisposte alle vedove di guerra; pensioni di invalidità per i disabili.
Ai fini della determinazione della Income tax, il periodo di imposta nel Regno Unito va dal 6 aprile di ogni anno al 5 aprile dell’anno successivo.
L’imposta è soggetta ad aliquote progressive, per scaglioni di reddito, fino a un massimo del 45%. Per ciascuna categoria di reddito la normativa interna prevede (con alcune variazioni per la Scozia e il Galles) specifiche regole di determinazione del reddito complessivo, partendo dai compensi lordi percepiti ed applicando ad essi le deduzioni personali stabilite per legge. La tassazione è articolata sulla base di quattro soglie reddituali (bands), costituite da una fascia corrispondente ad una soglia progressiva di detrazione di imposta sul reddito personale dal livello di reddito complessivo, purché questo non superi le 100.000 sterline (personal allowance); da due fasce di reddito imponibile, una di base ed una elevata (basic e higher rate, applicate ai redditi non superiori rispettivamente alle 50.000 e alle 150.000 sterline); a cui si aggiunge una fascia comprendente i redditi superiori alla soglia di 150.000 sterline (additional rate).
La seguente tabella[3] riporta le aliquote delle imposte sul reddito delle persone fisiche per l’anno fiscale 2023-2024:
Categorie di reddito |
Scaglioni di reddito |
Aliquota d’imposta |
Personal allowance |
fino a 12.750 sterline |
0% |
Basic rate |
da 12.571 a 50.270 |
20% |
Higher rate |
da 50.271 a 125.140 |
40% |
Additional rate |
oltre 125.140 |
45% |
Sono altresì previste detrazioni per specifiche tipologie di reddito e per alcune categorie di contribuenti. Ad esempio, una detrazione di 1.000 sterline è prevista per il reddito da lavoro autonomo (trading allowance) e, a determinate condizioni, per il reddito da locazione. Lo status personale, d’altra parte, ha incidenza sulla quota di reddito detraibile poiché mentre le coppie coniugate o costituite in unione civile possono usufruire, entro determinate soglie di reddito, di apposite detrazioni a titolo di married couple allowance[4].
L’esenzione totale dall’imposta è prevista per i sussidi pubblici erogati a categorie svantaggiate. Non è invece più vigente, a partire dal 2016, la modulazione delle detrazioni in misura proporzionale all’età del contribuente.
Il meccanismo delle detrazioni vigenti per l’imposta dovuta dalle persone fisiche trova applicazione anche per i redditi prodotti da forme di risparmio e da investimenti finanziari. La quota di reddito detraibile dall’imposta (personal allowance) può infatti essere utilizzata dal contribuente per la detrazione di altri redditi costituiti dagli interessi maturati sul risparmio (nella forma di assicurazioni sulla vita, piani di accumulo, partecipazioni a trust o a fondi di investimento). Per i proventi di tale natura è prevista una soglia massima di reddito detraibile di 5.000 sterline annue, importo decrescente in proporzione agli altri redditi percepiti fino all’abbattimento per i redditi annuali pari o superiori a 17.570 sterline annue.
Il reddito personale prodotto da dividendi azionari, precedentemente (fino al 2016) soggetto a tassazione in base ad aliquote commisurate allo scaglione di reddito del contribuente (dal 7,5% per i redditi non imponibile o soggetti al basic rate, fino al 42,5% per lo scaglione sottoposto all’additional rate), beneficia attualmente di una soglia detraibile fino a 1.000 sterline (dividend allowance)[5]. Di conseguenza il reddito eccedente tale soglia è tassato in misura dell’ 8,75% se il contribuente è soggetto a basic rate, del 33,75% per la fascia di reddito superiore (higher rate) e del 39,35% per i redditi soggetti a prelievo addizionale (additional rate)[6].
La riscossione delle imposte avviene in modo differente, a seconda che il dichiarante sia un lavoratore dipendente (o percettore di trattamento pensionistico) oppure un lavoratore autonomo. Nel primo caso si applica il cosiddetto sistema PAYE (Pay As You Earn), in base al quale il lavoratore dipendente riceve la propria retribuzione al netto delle ritenute d’acconto prelevate dal datore di lavoro, mentre il saldo definitivo, a credito o a debito, viene determinato annualmente in occasione della presentazione della dichiarazione dei redditi. Per i lavoratori autonomi o nel caso di operazioni fiscali complesse è invece prevista la modalità dell’autodichiarazione (self assessment), che comporta la compilazione e l’invio della propria dichiarazione dei redditi (anche in formato elettronico) all’amministrazione tributaria (HM Revenue & Customs). Il reddito da lavoro dipendente e autonomo è inoltre sottoposto al versamento dei contributi previdenziali (National Insurance Contributions) che gravano sui lavoratori e sui datori di lavoro in proporzioni diverse e in relazione agli scaglioni di reddito.
2. Tassazione delle plusvalenze finanziarie
Il reddito prodotto da plusvalenze (ovvero da attivi finanziari conseguiti dal contribuente in virtù della differenza di valore tra il prezzo di acquisto e il prezzo della successiva cessione di un bene determinato), è soggetto a tassazione se superiore alla soglia annuale di esenzione attualmente pari all’importo di 6.000 sterline (3.000 se il reddito deriva da partecipazioni ad un trust)[7].
La capital gain tax, in particolare, è dovuta sulle plusvalenze prodotte dalla cessione di; (a) beni mobili, se di valore superiore alle 6.000 sterline (eccettuati gli autoveicoli); (b) beni immobili (eccettuata la prima abitazione purché non sia superata una determinata soglia di reddito complessivo); (c) quote societarie; (d) beni strumentali (compresi i diritti di proprietà industriale e l’avviamento aziendale).
L’aliquota è determinata in relazione ai beni ceduti e allo scaglione di reddito del contribuente. Essa è quindi del 20% per i contribuenti inquadrati nelle classi reddituali più elevate (higher e additional rate), e del 28% per la medesima categoria di contribuenti quando la plusvalenza è prodotta dalla cessione di un immobile residenziale. Per contro, il contribuente soggetto all’aliquota inferiore (basic rate) e che abbia conseguito una plusvalenza tale da non superare il relativo scaglione, deve un’imposta del 10% e rispettivamente del 18% per gli immobili residenziali. L’imposta sulla plusvalenza è invece applicata nella misura del 20%, e del 28% nel caso degli immobili residenziali, sugli importi eccedenti il limite massimo soggetto a basic rate[8]. In un limitato numero di casi l’imposta applicabile è calcolata non sulla plusvalenza bensì sul valore di mercato del bene ceduto (cessioni tra coniugi, donazioni a fondazioni, cessione di beni acquisiti prima del 1982).
L’imposta sul reddito delle persone fisiche (Impuesto sobre la Renta de las Personas Físicas-IRPF) è disciplinata dalla Legge 35/2006 (Ley 35/2006, de 28 de noviembre, del Impuesto sobre la Renta de las Personas Físicas y de modificación parcial de las leyes de los Impuestos sobre Sociedades, sobre la Renta de no Residentes y sobre el Patrimonio) e dal relativo regolamento contenuto nel decreto 439/2007 (Real Decreto 439/2007, de 30 de marzo, por el que se aprueba el Reglamento del Impuesto sobre la Renta de las Personas Físicas y se modifica el Reglamento de Planes y Fondos de Pensiones, aprobado por Real Decreto 304/2004, de 20 de febrero).
L’IRPF è un tributo personale e diretto, ispirato ai principi di uguaglianza, generalità e progressività. Essa colpisce varie categorie di reddito: di lavoro, di capitale, redditi di esercizio di attività economiche, guadagni patrimoniali, altre imputazioni di reddito stabilite dalla legge.
Dal 1° gennaio 2016 le aliquote variano dal 19% al 45%, ma la percentuale dell’aliquota può cambiare a seconda della Comunità autonoma di residenza.
Dal 1° gennaio 2021 è applicata inoltre l’aliquota del 47% per i redditi superiori a € 300.000, prevista dalla legge di bilancio per il 2021 (Ley 11/2020, de 30 de diciembre, de Presupuestos Generales del Estado para el año 2021)[9].
L’aliquota totale è la somma di quella stabilita a livello statale e di quella della Comunità autonoma.
Reddito (in euro) |
Aliquota statale |
Aliquota autonomica |
Aliquota totale |
Da 0 a 12.450 |
9,50% |
9,50% |
19% |
Da 12.450,01 a 20.200 |
12% |
12% |
24% |
Da 20.200,01 a 35.200 |
15% |
15% |
30% |
Da 35.200,01 a 60.000 |
18,5% |
18,5% |
37% |
Da 60.000,01 a 300.000,00 |
22,5% |
22,5% |
45% |
Oltre 300.000 |
24,5% |
22,5% |
47%
|
La tabella si riferisce a un tipo autonomico generico di imposta che è applicabile solo ai non residenti in Spagna. In ogni altro caso è necessario consultare le tabelle specifiche della Comunità autonoma in cui il contribuente risiede. Si tenga inoltre presente che alcune Comunità autonome (Navarra, Paesi Baschi) hanno una competenza completa in merito ai trasferimenti fiscali, potendo così stabilire la quota totale dell’IRPF, ad esempio in Navarra le aliquote sono differenti, con un’aliquota massima che arriva al 52%[10].
La legge sul bilancio generale dello Stato per il 2023 (Ley 31/2022, de 23 de diciembre, de Presupuestos Generales del Estado para el año 2023) ha introdotto nella Ley 35/2006 alcune novità sul regime fiscale applicabile alle persone fisiche, tra le quali si segnalano:
§ riduzione per reddito da lavoro (art. 20): è stato aumentato l’importo della riduzione per il conseguimento del reddito da lavoro e la soglia a partire dalla quale è applicabile. Secondo la precedente formulazione, la riduzione era applicata ai contribuenti con reddito netto da lavoro inferiore a 16.825 euro; dal 2023, si applica ai contribuenti con reddito netto da lavoro inferiore a 19.747,5 euro. Allo stesso modo, l’importo della riduzione sale da 5.565 a 6.498 euro annui;
§ obbligo di dichiarazione (art. 96, comma 3): la soglia inferiore ai fini dell’obbligo di dichiarazione per i percettori di reddito da lavoro è stata elevata da 14.000 a 15.000 euro annui;
§ contribuzioni e contributi ai sistemi previdenziali (art 52, comma 1): sono stati apportati miglioramenti tecnici nella disciplina che prevede la possibilità di aumentare il limite di 1.500 euro di riduzione della base imponibile le contribuzioni e i contributi ai sistemi previdenziali quando vi siano contributi aziendali ai piani del sistema del lavoro, ovvero contributi ai piani pensionistici di lavoro semplificati e contributi ai piani pensionistici di settore versati da lavoratori autonomi;
§ imposta sul risparmio (artt. 66, 76 e 93): la tassazione dei redditi da risparmio è stata aumentata di un punto percentuale, dal 26% al 27%, nell’ultima sezione dell’attuale scala; è stata inserita una nuova tranche di tassazione al 28% per i redditi superiori a 300.000 euro;
§ detrazioni per maternità (art. 81): sono state prorogate le ipotesi che danno diritto all’applicazione della detrazione con riferimento a situazioni non contemplate dalla normativa vigente al 31 dicembre 2022.
In Francia, per compensare le perdite realizzate durante un esercizio, una società può optare per uno dei due metodi di riporto: in avanti (en avant, in inglese carry forward) o all’indietro (en arrière, in inglese carry back)[11].
Il riporto in avanti consente di applicare la perdita dell’esercizio finanziario corrente agli utili dell’esercizio successivo. Si considera cioè la perdita di un esercizio come spesa deducibile dall’utile di quelli successivi e ciò senza alcuna limitazione di durata. La destinazione del disavanzo all’esercizio successivo è peraltro limitata a 1 milione di euro all’anno, aumentato del 50% della frazione di profitto al di sopra di questo tetto.
Per le imprese in difficoltà è più elevato il limite per l’addebito del disavanzo all’esercizio successivo: è infatti maggiorato dell’importo delle rinunce ai debiti da parte dei creditori concesse nel contesto di una procedura di conciliazione o di una procedura di salvaguardia, amministrazione controllata o liquidazione giudiziaria. Ciò vale anche quando l’utile dell’anno successivo non è sufficientemente elevato da riportare l’intero deficit, nonché quando è stato raggiunto il limite di detrazione. Se dunque una parte del disavanzo non può essere riportata sull’esercizio successivo, è possibile riportarla su quelli futuri.
Ad esempio, se una società soggetta all’Impôt sur les sociétés ha un deficit di € 50.000 nel corso dell’esercizio 2019, può riportare tale deficit agli anni successivi. Se nel 2020 realizza un profitto di € 10.000 su cui può addebitare il deficit dell’anno precedente, il suo risultato imponibile è zero e non paga l’imposta sulle società. Il suo disavanzo in attesa di essere riportato alla fine dell’esercizio finanziario 2020 è quindi di 40.000 euro. Se nel 2021 ottiene un utile di € 60.000, il suo reddito imponibile per l’imposta sulle società sarà quindi di € 20.000 (60.000 - 40.000). Il deficit rilevato nel 2019, già ridotto nel 2020, viene pertanto definitivamente detratto dall’utile del 2021.
La modifica dell’attività della società o del regime fiscale comporta la perdita del diritto di riporto: se, ad esempio, una società che opera in ambito commerciale si trasforma in holding e cambia attività, non potrà addebitare al risultato attuale il deficit dell’attività precedente. Analogamente, non si possono riportare le perdite negli esercizi successivi qualora si opti per il regime speciale della tassazione degli utili, previsto per le società che realizzano il loro fatturato per almeno il 75% attraverso navi mercantili.
Non è peraltro necessario richiedere all’amministrazione l’applicazione del riporto: tale regime si applica automaticamente a un bilancio in deficit al momento della dichiarazione del conto economico (Code général des impôts, art. 209). In caso di fusione o operazione assimilata, i precedenti disavanzi sono trasferiti, previa autorizzazione, alla società o alle società beneficiarie dei contributi, e imputabili ai suoi successivi utili. In caso di frazionamento o conferimento parziale dei beni, le perdite trasferite sono quelle relative al ramo di attività conferito.
L’autorizzazione viene rilasciata quando:
§ l’operazione è giustificata da un punto di vista economico ed è dettata da motivazioni diverse da quelle fiscali;
§ l’attività che ha dato origine ai disavanzi o di cui si richiede il trasferimento non è stata oggetto da parte della società incorporata o conferente, nel periodo rispetto al quale tali disavanzi sono stati registrati, di variazione significativa, in particolare in termini di clienti, occupazione, risorse operative effettivamente implementate, natura e volume di attività;
§ l’attività all’origine dei disavanzi di cui si richiede il trasferimento è proseguita dalla o dalle società incorporanti o dai beneficiari dei contributi per un periodo minimo di tre anni, senza subire, durante tale periodo, variazioni significative;
§ i disavanzi passibili di trasferimento non derivano né dalla gestione di beni mobili da parte di società il cui patrimonio è costituito principalmente da partecipazioni finanziarie in altre società o gruppi assimilati, né dalla gestione di un immobile. Sempre in caso di fusioni, invece, il trasferimento di disavanzi precedenti è esente da approvazione quando l’importo cumulativo dei disavanzi precedenti è inferiore a € 200.000 e sussistono altre determinate condizioni.
Limitato all’esercizio precedente, il riporto all’indietro consente di compensare un disavanzo fiscale con un utile già realizzato al fine di recuperare l’imposta sulle società già pagata. Tale spostamento all’indietro ha quindi la conseguenza di far sorgere un debito fiscale dello Stato nei confronti della società. Se dopo il disavanzo registrato in un esercizio e riportato all’indietro, negli esercizi successivi si realizzano utili, il credito potrà essere addebitato all'imposta che la società dovrà pagare negli anni successivi. In caso contrario o nel caso cui si opti per un rimborso in un’unica soluzione, il credito sarà rimborsabile non prima di 5 anni. Tale periodo può tuttavia essere ridotto qualora la società sia oggetto di una procedura di conciliazione, salvaguardia, riorganizzazione o liquidazione giudiziaria. In questi casi, il rimborso del credito può essere richiesto dalla data della sentenza che ha aperto il procedimento e viene effettuato previa deduzione degli interessi applicati al credito ancora da addebitare.
Il credito è inalienabile e non trasferibile, salvo che presso un istituto di credito, in cessione o in pegno. Se il credito viene ceduto a garanzia di un istituto di credito, non può più essere compensato con l’imposta dovuta sulle società. La società madre di un gruppo può scegliere di riportare il deficit complessivo dell’anno a nome di tutte le altre società. L’art.5 della Loi n. 2020-935 du 30 juillet 2020 de finances rectificative pour 2020 consente di richiedere eccezionalmente il credito d'imposta maturato prima dello scadere dei 5 anni ed entro il 31 maggio 2021. La medesima norma prevede peraltro che, in caso di sopravvalutazione superiore al 20% del debito da rimborsare, al pagamento in eccesso venga applicato un aumento del 5% e un interesse di mora mensile dello 0,2%. Il credito fiscale maturato, in ogni caso, non è imponibile per la determinazione del risultato fiscale dell’esercizio per il quale è iscritto. Inoltre, nell’ambito delle misure di sostegno alle imprese, l’art. 1 della legge finanziaria rettificativa per il 2021 (Loi n° 2021-953 du 19 juillet 2021 de finances rectificative pour 2021) introduce una deroga e un meccanismo temporaneo per il calcolo del riporto del disavanzo (RAD) per il primo esercizio in disavanzo terminato il 30 giugno 2020 (o successivamente) e fino al 30 giugno 2021. Il disavanzo in questione può, in opzione, essere imputato all’utile dichiarato dell’esercizio precedente e, se del caso, a quello del penultimo esercizio, e successivamente a quello dell'esercizio ancora precedente. L’imputazione del disavanzo dell’anno N è, dunque, possibile prima sull’utile dell’anno precedente, poi su quello dell’anno N-2 e infine, se il disavanzo non è interamente imputato, su quello dell’anno N-3.
Il regime è derogatorio al sistema di diritto ordinario anche perché il deficit riportato indietro non è limitato quanto alla cifra. L’opzione per questo regime derogatorio può essere esercitata fino al termine ultimo per la presentazione del conto economico per un esercizio chiuso al 30 giugno 2021 e al più tardi prima dell’accertamento dell’imposta sulle società dovuta per l’esercizio successivo a quello per il quale l’opzione è stata esercitata. Il credito fiscale derivante dall’opzione esercitata a titolo derogatorio può essere utilizzato per il pagamento dell’imposta sulle società dovuta per gli esercizi chiusi nei cinque anni successivi alla fine dell'esercizio finanziario per il quale è stata esercitata l’opzione di riporto. Tale opzione non potrà però beneficiare delle disposizioni dell’articolo 5 della legge n. 2020-935 del 30 luglio 2020 di modifica delle finanze per il 2020, che prevede un rimborso anticipato dei crediti derivanti da RAD.
L’importo del disavanzo riportato all’anno precedente è limitato a 1 milione di euro e non può comunque eccedere la somma dell’utile realizzato nell’anno precedente. Il riporto deve inoltre riguardare la parte di utile non distribuita. Di conseguenza, se la perdita è maggiore dell’utile, il saldo verrà riportato al bilancio in corso; analogamente, se l’utile è maggiore del disavanzo va riportato nell’anno in corso il disavanzo rimanente, qualora non vi possa essere totale compensazione a causa del limite di 1 milione di euro.
Se, ad esempio, una società il cui anno fiscale coincide con l’anno solare subisce un deficit di € 1.400.000 nel 2020 e opta per il riporto di questo deficit, il deficit può essere addebitato all’utile del 2019 che ammontava a € 1.800.000. Poiché l’addebito ha il limite predetto, la società può riportare solo € 1.000.000. Il saldo di 400.000 euro può quindi essere riportato nel bilancio in corso.
Per richiedere il rimborso occorre inviare all’amministrazione un apposito modulo. L’opzione non può essere riferita ad un esercizio durante il quale si verificano eventi come: vendita o cessazione totale dell’attività, fusione di società, sentenza di liquidazione giudiziaria della società. È peraltro ammesso che la società incorporante durante una fusione o beneficiaria di un conferimento parziale di attività possa riportare al nuovo esercizio il disavanzo rilevato (Codice generale delle imposte, art. 220 quinquies). Il deficit può essere detratto solo dalla tassazione della società stessa; non è possibile addebitarlo alla dichiarazione dei redditi personali degli amministratori in detrazione da altri eventuali redditi.
Le regole tecniche per l’esercizio del riporto delle perdite all’esercizio precedente sono contenute nel Code générale des impôts, Annex 3, Section VI, artt. 46 quater-0 S – 46 quater 0 W). In particolare, si prevede che, nel caso in cui la società abbia più crediti, questi possano essere compensati con l’imposta sulle società solo rispettando l’ordine in cui sono apparsi. In caso di cessione a garanzia di un istituto di credito o di una società finanziatrice, il credito non potrà più essere compensato, dalla data del trasferimento, con l’imposta dovuta dalla società.
In Germania il riporto in avanti delle perdite nette di esercizio (carry forward, in tedesco Verlustvortrag) è consentito senza limiti di tempo. La legge sull’imposta sul reddito delle società prevede inoltre un riporto indietro (carry back, in tedesco, Verlustrücktrag) facoltativo, limitatamente all’anno precedente e fino a 1 milione di euro (Körperschaftsteuergesetz, KStG, artt. 8, 8c e 8d).
La compensazione delle perdite anticipata, esigibile in un anno, è di regola limitata a 1 milione di euro più il 60% del reddito corrente eccedente tale importo. Il restante 40% del reddito superiore a 1 milione di euro è addebitato alle imposte sul commercio e sulle società, ai tassi correnti (“tassazione minima”, come viene definita). Il riporto delle perdite, così come le perdite correnti dell’esercizio fiscale in corso maturate fino alla data del trasferimento dannoso delle azioni, viene annullato se un singolo azionista (immediato o finale) acquisisce più del 50% del capitale emesso (diritti di voto) entro un periodo di cinque anni. La regola della decadenza non si applica alle acquisizioni di azioni nell’ambito di una riorganizzazione interna del gruppo senza effetto sull’unico azionista finale, o in quanto la perdita riportata è coperta da riserve nascoste nel patrimonio della società che, al momento della realizzazione, comporteranno l’applicazione della tassazione tedesca. Inoltre, è prevista un’esenzione dalla confisca delle perdite fiscali riportate a nuovo per i trasferimenti di azioni allo scopo di ristrutturare la rispettiva entità aziendale (KStG, art. 8c).
Per i trasferimenti dannosi di azioni avvenuti dopo il 31 dicembre 2015, può essere presentata una domanda ai sensi di una disposizione introdotta nel dicembre 2016 per evitare una perdita per decadenza. Il beneficio è ottenibile se la società ha mantenuto esclusivamente la stessa attività nell’arco di un determinato periodo di osservazione, durante il quale non si è verificato alcun “evento dannoso”. In questo contesto gli eventi dannosi includono, ad esempio, la cessazione dell’attività, l’inizio di un’attività aggiuntiva e un cambiamento nell’attività/settore di attività. Laddove le condizioni siano soddisfatte e la società abbia presentato domanda, la perdita fiscale totale riportabile a nuovo, disponibile alla fine del periodo di accertamento in cui è avvenuto il trasferimento dannoso di azioni, sarà classificata come “riporto a nuovo di perdite legate alla continuazione” (Fortführungsgebundener Verlust). Il verificarsi di uno degli eventi dannosi, come stabilito nella relativa norma, comporterà la decadenza dell’ultima perdita vincolata a titolo di continuazione e riportata per ultima, nella misura in cui la perdita fiscale vincolata a nuovo non è compensata da riserve nascoste (KStG, art. 8d).
In risposta alla pandemia COVID-19, il carry back è stato elevato da 1 a 5 milioni di euro per le perdite subite nel 2020 e nel 2021. Inoltre, è stata prevista la possibilità di prendere in considerazione il riporto delle perdite dal 2020 già nel calcolo dei pagamenti anticipati 2019 o nel rilascio dell’accertamento fiscale 2019, prima dell’emissione dell’accertamento 2020. Il calcolo si basa quindi su un riporto forfetario delle perdite (30% della base imponibile per i pagamenti anticipati o l’accertamento per il 2019) o su una stima delle perdite del 2020 (art. 1, comma 4 della Zweites Gesetz zur Umsetzung steuerlicher Hilfsmaßnahmen zur Bewältigung der Corona-Krise del 29 giugno 2020). Con la successiva (terza) legge di agevolazioni fiscali per far fronte alla crisi economica determinata dalla pandemia (Drittes Corona-Steuerhilfegesetz del 10 marzo 2021) il riporto delle perdite fiscali, utilizzabile dalle società, è stato ulteriormente e provvisoriamente esteso da 5 a un massimo di 10 milioni di euro sempre con riferimento al 2020 e al 2021.
Riconoscendo gli effetti positivi del carry back sulla liquidità delle imprese nel periodo critico della pandemia, con la quarta legge di misure fiscali per affrontare la crisi pandemica (Viertes Gesetz zur Umsetzung steuerlicher Hilfsmaßnahmen zur Bewältigung der Corona-Krise) del 19 giugno 2022, il Governo federale ha deciso di prorogare di due anni - fino al 2024 - l’efficacia delle disposizioni già introdotte con la terza legge di agevolazioni fiscali, ovvero la possibilità di riportare fiscalmente le perdite subite fino a un massimo di 10 milioni di euro. In base a quanto stabilito dall’art. 4 della legge, dal 1° gennaio 2024 verrà ripristinato il carry back limitato a 1 milione di euro.
L’istituto della compensazione fiscale mediante deduzione delle perdite subite nello svolgimento di un’attività di impresa o professionale è vigente anche nel Regno Unito e negli Stati Uniti, la cui legislazione in materia tributaria contempla, seppure con alcune differenze, la possibilità di un riporto delle perdite di fine esercizio (final losses) a valere sui redditi futuri oppure su quelli percepiti in precedenza e già assoggettati a prelievo fiscale. Le due modalità sono definite “carry forward” o “carry back”, in quanto comportano lo slittamento in avanti o indietro del termine temporale entro il quale può procedersi alla compensazione fiscale.
1. Regno Unito
Nel Regno Unito, in applicazione di uno schema la cui introduzione può farsi risalire al 1949[12], il riporto delle perdite ad esercizi precedenti è previsto nel limite ordinario di un anno. Di conseguenza, la perdita di esercizio in cui sia incorsa una società in un determinato esercizio contabile può essere compensata, senza limitazione di importo, con gli utili complessivi imponibili (comprese le plusvalenze) maturati nel medesimo periodo fiscale oppure negli esercizi precedenti (“carry back”), in quest’ultimo caso a condizione che (a) essi siano compresi entro i dodici mesi che hanno preceduto quello in cui si sono realizzate le perdite, e (b) che la deduzione sia applicata a redditi originati dalle medesime attività a cui sono imputate tali perdite. L’applicazione del riporto ad anni precedenti comporta il rimborso delle somme già sottoposte a prelievo fiscale[13].
Le modalità di impiego delle perdite ai fini della deduzione fiscale dipendono dunque dalla fonte reddituale che le ha generate. In particolare, in applicazione del Corporation Tax Act 2010[14], le perdite determinatesi nell’ambito di un’attività di impresa e a questa direttamente riconducibili (trading losses) possono essere dedotte dall’imposta sulle società previa la loro contabilizzazione secondo i vigenti standard internazionali. Tali perdite possono perciò essere dedotte a titolo di credito di imposta per investimenti relativi a beni strumentali dell’impresa (capital allowances), di ammortamenti per immobilizzazioni (depreciation) o rientrare in altre categorie di spesa inerenti allo svolgimento dell’attività suddetta (disallowable expenditure).
Nel caso del riporto delle perdite ad anni successivi (carry forward), il Corporation Tax Act prevede che la società soggetta a tassazione possa dedurre per l’intero importo le perdite registrate nell’attività di impresa (trading losses) dal reddito imponibile degli esercizi successivi, purché vi sia continuazione dell’attività (prima del 2017 l’importo deducibile poteva essere imputato solo ai redditi prodotti dallo stesso ramo di attività interessato dalla perdita, mentre ora la deduzione può essere fatta valere in relazione al reddito complessivo della società)[15].
La deducibilità delle perdite può essere applicata anche all’interno di un gruppo societario (group relief), ciò comportando l’imputabilità della deduzione ad una delle società che lo compongono[16]. Mediante lo sgravio fiscale di gruppo è consentito ad una società (surrendering company) di trasferire la propria perdita fiscalmente rilevante ad una società diversa (claimant company), che può utilizzare questa perdita per il calcolo del proprio carico fiscale, ferma restando l’autonomia di ciascuna società del gruppo. Una variante del group relief è costituita dal cosiddetto consortium relief, qualora il trasferimento di perdite sia effettuato pro-quota da una società posseduta da un consorzio societario nei confronti degli altri membri.
La compensazione fiscale (anche infra-gruppo) può inoltre essere fatta valere in relazione all’imposta relativa alla tassazione di cespiti immobiliari dell’impresa (property business), in virtù dell’applicazione estensiva della regola che normalmente consente di applicare la relativa deduzione nel medesimo periodo d’imposta, oppure di imputare ai redditi futuri le perdite di tale origine[17].
La deduzione fiscale riferita ad esercizi successivi è egualmente prevista per le perdite da capitale (capital losses), che possono farsi valere sulle plusvalenze attive imputabili ai futuri esercizi (capital gain). Questa deduzione può tuttavia essere soggetta a limitazioni quanto alla sua fruibilità all’interno di un gruppo societario.
Ancora con riguardo alla “deducibilità intra-gruppo” è opportuno segnalare l’evoluzione della disciplina di riferimento. L’applicazione della regola del group relief, prima riservata alle società stabilite nel territorio nazionale, è stata successivamente estesa, con il Finance Act 2000, alle società non aventi la propria sede fiscale nel Regno Unito purché vi esercitassero un’attività economica mediante loro filiali. Il predetto criterio del group relief è stato inoltre applicato, a seguito di una decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea[18], in relazione alle perdite derivanti da una società controllata stabilita in un altro Stato membro qualora non fosse possibile ottenere il medesimo sgravio fiscale al di fuori del Regno Unito; con la conseguenza che, a certe condizioni, le perdite generate all’estero da società controllate residenti in altre paesi potevano essere cedute ed utilizzate a fini di compensazione fiscale da altre società del gruppo stabilite nel Regno Unito. Venuta meno l’appartenenza del Regno Unito all’Unione europea la regola non è più applicabile, e in forza del Finance Act 2022 (sec. 24(3)) ha perduto efficacia dal 27 ottobre 2021[19].
Consolidatasi negli schemi della legislazione tributaria, la deducibilità fiscale delle perdite è venuta in considerazione nel quadro delle misure finanziarie adottate nel Regno Unito per fronteggiare la situazione di crisi economica determinatasi in conseguenza dell’epidemia da Covid-19[20].
In proposito può ricordarsi che, nel 2021, la Commissione parlamentare del Tesoro della Camera dei Comuni (Treasury Committee) ha raccomandato l’estensione del periodo temporale in cui può essere effettuata la deduzione fiscale delle perdite delle imprese e dei lavoratori autonomi. La Commissione ha anche ricordato come tale misura sia stata già adottata nel Regno Unito nel 1991 e nel 2008 in occasione di crisi finanziarie, allorché il termine del carry back fu esteso al triennio, consentendo l’erogazione di rimborsi fiscali a categorie di contribuenti in difficoltà[21].
Iniziative conformi sono state adottate dal Governo, che con il Finance Act 2021[22] ha introdotto misure finalizzate a una revisione della disciplina della compensazione fiscale per le imprese, tra cui la temporanea estensione triennale del periodo fiscale di riporto delle perdite subite nell’esercizio di attività di impresa o professionali durante il periodo dal 1° aprile 2021 al 31 marzo 2022. Il termine per la deducibilità di perdite subite nell’anno finanziario 2021-2022 ha quindi scadenza il 31 gennaio 2024.
Nel merito, la legge del 2021 ha previsto che le perdite possano essere portate in deduzione a valere sui redditi degli anni più recenti e poi con quelli degli anni precedenti. Mentre per il primo anno del carry back è confermata l’assenza di limiti di importo (secondo la regola ordinaria vigente per le trading losses), la deducibilità nei due anni precedenti è soggetta ad una soglia fissata ad un importo massimo di 2 milioni di sterline per l’anno finanziario 2021 (decorrente dal 1° aprile come di norma, e perciò fino al 31 marzo dell’anno successivo), e ad una soglia di pari importo per l’anno finanziario precedente.
Le deduzioni devono essere applicate al momento della dichiarazione dei redditi, salvo il caso di importi non superiori a 200.000 sterline per i quali può essere presentata un’autonoma richiesta di rimborso all’amministrazione fiscale senza dover attendere l’inoltro di tale dichiarazione.
I gruppi societari possono accedere alla deduzione, entro il medesimo limite massimo di importo, qualora ogni società componente abbia subito perdite superiori alla soglia minima di 200.000 sterline.
L’articolata applicazione della regola del carry back, come riformulata, è materia di esemplificazioni fornite dall’Amministrazione finanziaria attraverso il suo sito Internet[23]. Se ne può trarre almeno un esempio riferito ad una singola società. Nel caso della stand alone company, si ipotizza che essa abbia subito nell’esercizio corrente perdite di ammontare pari a 3,3 milioni di sterline, a fronte di profitti maturati negli anni precedenti nella misura di (a) 1,1 milioni di sterline nel primo anno; (b) 1,750 nel secondo; (c) 1,250 nel terzo, procedendo a ritroso. In base alla regola comune, la società è abilitata a imputare la perdita: (a) ai redditi del primo anno precedente nel limite del loro importo (ovvero 1,1 milioni); le innovazioni annunciate consentirebbero altresì di portare in deduzione un ulteriore importo nel limite (b) di 1,750 milioni; e di un importo residuo di 250.000 sterline (c) a valere sui redditi del terzo anno precedente e in applicazione della soglia massima stabilita di 2 milioni di sterline.
In relazione alle attività economiche o professionali svolte senza costituzione di una società (unicorporated business), la regola generale prevede che le perdite incorse nel periodo fiscale corrente possano essere portate in compensazione con i redditi dello stesso periodo ed anche con l’esercizio immediatamente precedente[24]. Se la perdita è subita durante i primi quattro anni dall’inizio dell’attività, o questa sia terminata entro il medesimo periodo, la deduzione opera sui redditi di ciascuno dei tre anni precedenti; in caso di incapienza la deduzione fiscale può essere inoltre applicata sui redditi futuri (è il caso del carry forward)[25].
Rispetto alle regole ordinarie appena richiamate, le misure introdotte con il Finance Act 2021 hanno lasciato invariata la soglia massima di deducibilità prevista generalmente per la deduzione delle perdite, fissata al valore più alto tra l’importo di 50.000 sterline e una percentuale del 25% del reddito imponibile complessivo. Questa soglia è destinata tuttavia ad essere derogata relativamente alla compensazione delle minori entrate con i redditi dello stesso periodo fiscale purché riferita all’attività che ha generato sia i redditi che le perdite. Ciò comporta che in relazione alle perdite reddituali subite negli esercizi fiscali 2020-2021 e 2021-2022, il singolo contribuente possa riportarle ai tre anni precedenti quello in cui si è verificata il decremento. La deduzione può essere applicata negli anni fiscali 2020-2021 e 2021-2022, anche in questo caso, entro la soglia massima complessiva di 2 milioni di sterline a valere sui redditi dei due anni immediatamente precedenti ciascuno dei due anni fiscali[26].
2. Stati Uniti d’America
Anche negli Stati Uniti, la disciplina delle deduzioni fiscali si correla ad obiettivi di promozione della crescita delle imprese e ricorre nella legislazione come strumento di politiche economiche anticicliche, nel presupposto che il decremento della redditività delle imprese a seguito delle perdite finanziarie subite nel loro esercizio (net operating losses) abbia generale rilevanza sul piano degli investimenti, dell’efficienza economica e della capacità del sistema economico nel suo complesso di superare le fasi avverse.
La prima introduzione di un meccanismo fiscale di deducibilità delle perdite risale al Revenue Act 1918, le cui previsioni consentivano la loro compensazione con l’esercizio dell’anno precedente o dell’anno successivo al loro verificarsi; il riporto delle perdite ad anni precedenti è stato poi più volte modificato dal legislatore, e il relativo termine temporale ha subito variazioni in corrispondenza dell’alternarsi delle fasi economiche, oscillando da un minimo di un anno al massimo di un triennio per il carry back, e ad un massimo di venti anni per il carry forward (come previsto, in occasione di fasi di recessione economica, da una serie di provvedimenti legislativi come il Taxpayer Relief Act del 1997, il Job Creation and Worker Assistance Act del 2002, l’American Recovery and Reinvestment Act del 2009).
La legislazione fiscale federale consolidata nello Internal Revenue Code ha infine previsto in via ordinaria, fino al 2018, la possibilità per le imprese di riportare le perdite alla contabilità dei precedenti anni di esercizio (carry back), la cui applicazione tipicamente comporta il rimborso al contribuente della differenza tra il reddito già tassato e quello imponibile nel periodo di riferimento. Questa modalità di deduzione fiscale è stata poi sospesa per le società in occasione della riforma tributaria introdotta nel 2017 con il Tax Cuts and Jobs Act[27], contestualmente alla previsione di deduzioni standard e a limitazioni poste alla deducibilità delle perdite dal reddito dei contribuenti diversi dalle società (non corporate taxpayers, i quali fino al 2025 possono compensare, nel medesimo anno d’imposta, le perdite derivanti da un’attività professionale con i redditi di altra fonte, nel limite di 250.000 dollari per la dichiarazione del singolo contribuente e di 500.000 in caso di dichiarazione congiunta). È rimasta tuttavia invariata la possibilità per una società di riportare alla contabilità degli anni successivi la perdita subita in un anno fiscale (carry forward), che in questo modo può determinare una riduzione dell’imposta fino all’80% fino ad estinzione dell’importo compensato.
La restrizione prevista dal Tax Cuts and Jobs Act è stata a sua volta sospesa nel quadro delle misure emergenziali adottate per affrontare le conseguenze economiche della crisi pandemica. Con il Coronavirus Aid, Relief, and Economic Security (CARES) Act approvato il 27 marzo 2020[28] è stata infatti ripristinata la deducibilità delle perdite da attività di impresa o professionali nella forma del carry back, con effetti economici per il bilancio federale stimati nell’ordine di circa 160 miliardi di dollari nell’arco di un decennio. In via transitoria, la deducibilità è stata prevista per le perdite verificatesi dal 31 dicembre 2017 fino al 1° gennaio 2021, applicabile a ritroso rispetto alla tassazione dei cinque anni precedenti. Dopo pochi mesi il legislatore ha però mutato orientamento con la definitiva approvazione, il 1° ottobre 2020, dello Heroes Act[29], provvedimento contenente diverse misure economiche e che, in particolare, ha soppresso il carry back e ripristinato le altre forme di deduzione fiscale previste per i contribuenti diversi dalle società, con effetti di incremento del gettito fiscale stimati nella misura di circa 8 miliardi di dollari in dieci anni[30].
Allo stato, la deducibilità delle net operating losses registrate nel quinquennio precedente, prevista in via straordinaria nel quadro delle misure emergenziali, ha dunque avuto termine con l’anno di imposta 2020[31]. Tale deducibilità è ora consentita da tale anno in relazione ad un periodo di imposta successivo, nel limite dell’80% della parte eccedente il reddito imponibile.
Da ultimo, le disposizioni in materia tributaria presenti nell’Inflation Reduction Act (Public Law 117-169), promulgato il 16 agosto 2022, hanno esteso fino al 2028 l’applicabilità per i non corporate taxpayers dei limiti alla deducibilità delle perdite finanziarie stabiliti dal già noto Tax Cuts and Jobs Act del 2017, la cui efficacia avrebbe altrimenti avuto termine nel 2026.
Le misure di cui si tratta si sono dunque finora caratterizzate per il loro carattere tendenzialmente temporaneo od emergenziale, o quanto meno per l’oscillazione degli indirizzi politici di cui sono state espressione. L’instabilità del quadro legislativo è dovuta non solo al variare degli indirizzi politici o a caratteristiche intrinseche della legislazione (negli Stati Uniti frequentemente caratterizzata, specie nella materia economica, da clausole di scadenza temporale il cui decorrere pone fine all’efficacia delle disposizioni a meno che non siano espressamente rinnovate, secondo il modello della cosiddetta “sunset legislation”). Alla mutevolezza delle scelte in questo ambito contribuisce infatti un’incertezza di fondo circa l’efficacia delle misure fiscali descritte. Secondo quanto si riporta in una nota di documentazione predisposta per il Congresso, i dati economici indicherebbero una limitata incidenza di tali misure rispetto allo stimolo che può trarne la crescita economica durante una fase di recessione. Per contro dette misure possono avere un effetto stabilizzante per le imprese, in quanto consentono ad esse di disporre di liquidità una volta che sia stato erogato il rimborso fiscale (sottoposto però alle scadenze previste per gli adempimenti dichiarativi).
L’applicazione delle deduzioni a riporto sugli anni precedenti è inoltre una misura idonea ad avvantaggiare le “vecchie” società ovvero di più risalente costituzione rispetto a quelle di nuova formazione (come le start-up). Da questa angolazione si prospetta più appropriato un sistema che consenta la deducibilità delle perdite nello stesso anno d’imposta in cui esse sono maturate[32].
1. La tassa sull’abitazione
In Francia vige la taxe d’habitation, un’imposta locale concernente le residenze secondarie, la cui disciplina è contenuta negli artt. 1407 – 1414 C del Code général des impôts (CGI). Dal 1° gennaio 2023 è stata infatti soppressa tale tassa con riferimento alle residenze principali.
La base imponibile, come per la taxe foncière (tassa fondiaria, l’altra imposta locale sugli immobili[33]), è costituita dal valore locativo catastale dell’abitazione (rivalutato annualmente), diminuito delle spese familiari (redditi, persone a carico, ecc.) e degli abbattimenti previsti qualora si tratti di prima casa (se l’abitazione è la residenza principale del dichiarante).
La taxe d’habitation è dovuta dal soggetto che abita l’immobile, qualunque esso sia (proprietario, locatore, occupante a titolo gratuito), al 1° gennaio dell’anno di imposizione. Coloro che vivono nell’abitazione di cui sono proprietari sono tenuti a pagare sia la taxe foncière sia la taxe d’habitation.
In base all’art. 1407 CGI, la tassa sull’abitazione si applica:
§ ai locali ammobiliati adibiti ad abitazione;
§ ai locali uso ufficio occupati a titolo privato da società, associazioni ed enti privati, che non sono utilizzati per la determinazione dell'imposta sugli immobili delle società
§ ai locali ammobiliati non a carattere industriale o commerciale, occupati da organismi statali, dipartimentali o comunali.
La medesima norma, al comma II, elenca i casi di esenzione previsti.
Qualora, invece, gli immobili ricadano nella Zone de revitalisation rurale (ZRR), i comuni possono esentare dal versamento della tassa i seguenti locali:
§ i bed and breakfast;
§ i locali classificati come ammobiliati per il turismo locale.
La tassa sull’abitazione è calcolata in base al valore locativo dell’abitazione e delle sue eventuali pertinenze, quali garage, giardini ornamentali, parchi, campi da gioco (CGI, art. 1409).
Sono automaticamente esenti dall'imposta le seconde case e gli altri locali arredati non adibiti all’abitazione principale (articolo 1414)[34] relativi a:
§ gestori di ostelli per giovani lavoratori, ostelli per lavoratori migranti e ostelli c.d. residenze sociali, con riferimento agli alloggi presenti in tali ostelli;
§ organizzazioni che non svolgono operazioni a scopo di lucro, quando hanno stipulato un accordo con lo Stato ai sensi dell’articolo L. 851-1 del Codice della previdenza sociale, con riferimento ad alloggi da subaffittare o da assegnare temporaneamente alle persone svantaggiate di cui all’articolo 1 della legge n. 90-449 del 31 maggio 1990 e successive modifiche (Loi visant à la mise en oeuvre du droit au logement).
È stato inoltre introdotto un nuovo adempimento dichiarativo (Déclaration d’occupation) che il proprietario deve presentare telematicamente entro il 30 giugno 2023, indicando se mantiene l’uso dell’abitazione come residenza principale, seconda casa, o abitazione libera (logement vacant). Se l’alloggio è occupato da terzi (ad esempio da un inquilino), il proprietario deve comunicarne i relativi dati anagrafici. La dichiarazione al Centro delle Imposte competente è necessaria affinché possa essere emesso l’avviso di pagamento della tassa[35] a nome dell’occupante dell’immobile (articolo 1418). La mancata o errata comunicazione comporta una sanzione di 150 euro per unità immobiliare, oltre alla conseguente emissione dell’avviso di pagamento della tassa direttamente a nome del proprietario, anziché dell’occupante.
2. Le tasse sugli immobili ad uso non abitativo
I beni immobiliari utilizzati per scopi professionali dagli imprenditori sono potenzialmente assoggettabili a tre tipi di tasse: la taxe d’habitation; la cotisation foncière des entreprises (CFE); la taxe foncière sur les propriétés bâties (TFPB).
La taxe d’habitation, in linea di principio, è dovuta solo per i locali residenziali e le loro dipendenze, adiacenti o meno alle abitazioni (locali di servizio, garage, ecc.) (Code général des impôts, artt. 1407 – 1407 ter). I locali usati dalle aziende per lo svolgimento delle proprie attività sono, di conseguenza, esenti dall’imposta sulla casa a condizione che siano:
§ completamente separati dall’abitazione (con ingresso autonomo); o
§ già soggetti alla cotisation foncière des entreprises (CFE); o
§ progettati per renderli inadatti all’abitazione (studio dentistico all’interno dell’abitazione, stanza utilizzata come ufficio commerciale, edificio agricolo, ecc.).
La cotisation foncière des entreprises (CFE) - imposta sulla proprietà aziendale - è una delle due componenti del contributo economico territoriale (contribution économique territoriale - CET) unitamente al contributo sul valore aggiunto delle società (cotisation sur la valeur ajoutée des entreprises - CVAE). A differenza della tassa professionale, di cui riprende peraltro la maggior parte delle regole, la CFE si basa esclusivamente sui beni soggetti alla taxe foncière.
La CFE è a carico delle società e delle persone fisiche che svolgono abitualmente un’attività professionale autonoma, indipendentemente dal loro status giuridico, dall’attività o dal sistema fiscale (Code général des impôts, art. 1447). Le attività di affitto e subaffitto di edifici (ad eccezione di quelle relative a edifici spogli per uso residenziale) sono interessate dalla CFE, ad eccezione di alcuni beni ammobiliati inclusi nell’abitazione principale del proprietario.
L’importo dovuto a titolo di CFE è fissato dal comune o dall’EPCI (ètablissement public de coopération intercommunale – istituzione pubblica di cooperazione intercomunale), che ha competenza sul territorio dove l’azienda ha il suo stabilimento principale. La CFE è basata sul valore locativo dei beni soggetti alla taxe foncière e utilizzati dalla società nel penultimo anno (N-2, ad esempio, per il 2019 si paga per i beni utilizzati nel 2017). Il valore locativo dei locali professionali (locali commerciali, locali destinati ad attività non commerciali e imprese artigianali locali) è calcolato secondo un metodo di determinazione dei prezzi basato sul mercato degli affitti. Il valore locativo di edifici e terreni industriali è, invece, stabilito secondo un metodo di “contabilità” basato sul prezzo di costo degli immobili. Tuttavia, dal 2020 il valore, se inferiore a € 500.000, sarà determinato seguendo il metodo usato per i locali professionali (Code général des impôts, artt. 1498-1498 bis).
Ai fini del calcolo della CFE, il valore locativo è ridotto, in varia misura (Code général des impôts, artt. 1449-1466 F):
§ del 30% per gli stabilimenti industriali;
§ del 50% per gli impianti destinati alla lotta contro l’inquinamento (gli enti locali possono aumentare tale riduzione fino a 100 euro);
§ del 50% per le apparecchiature destinate al risparmio energetico o alla riduzione del rumore (le autorità locali possono aumentare questa riduzione al 100%);
§ del 50% per le nuove imprese, l’anno successivo a quello della loro costituzione;
§ in proporzione al tempo di inattività per determinate attività stagionali (ristoranti, caffè, per esempio);
§ del 75% per un artigiano che impiega 1 dipendente, del 50% per 2 dipendenti e del 25% per 3 dipendenti (apprendisti esclusi), se la retribuzione del lavoro svolto (comprensivo di salari e contributi sociali) ammonta a più del 50% del fatturato complessivo IVA inclusa;
§ del 25% in caso di stabilimento in Corsica.
Quando il valore locativo è molto basso, l’impresa deve versare un contributo forfetario minimo (cotisation minimum), stabilito per deliberazione del comune o dell’EPCI secondo una scala rivalutata ogni anno. Tale importo è determinato in base alle entrate della società o al fatturato realizzato incluso in un periodo di 12 mesi, al netto delle imposte pagate (Code général des impôts, art. 1647 D).
La taxe foncière sur les propriétés bâties - TFPB (tassa di proprietà sugli immobili costruiti) è invece dovuta dall’impresa proprietaria o avente un diritto equivalente sugli edifici stessi al 1° gennaio dell’anno d’imposta.
Per essere imponibile, il bene deve soddisfare le due seguenti condizioni:
§ essere fissato permanentemente al suolo (impossibilità di spostarlo senza demolirlo);
§ presentare il carattere di un vero edificio, compresi i servizi che ne fanno parte.
Ai sensi del Code général des impôts, artt. 1380-1381) i principali beni tassabili sono:
§ parcheggi;
§ suolo di edifici e terreni che si trovano nelle immediate vicinanze di una costruzione;
§ imbarcazioni stazionanti in uno stesso punto, sia pure semplicemente ormeggiate, e adibite ad abitazione, ad attività commerciali o industriali;
§ edifici commerciali, industriali o professionali;
§ impianti industriali o commerciali (ad es., capannoni, officine, cisterne);
§ terreni per uso commerciale o industriale o utilizzati, a determinate condizioni, per la pubblicità.
La TFPB è dovuta annualmente e la sua base imponibile è pari alla metà del valore locativo catastale, che viene aggiornato ogni anno. L’ammontare della TFPB è ottenuto applicando alla base imponibile l’aliquota stabilita dalle collectivités territoriales (Code général des impôts, artt. 1388-1388 octies)[36].
3. La nuova imposta sulla fortuna immobiliare
Dal 1° gennaio 2018 l’imposta di solidarietà sul patrimonio (Impôt de solidarité sur la fortune - ISF), introdotta nel 1989, è stata sostituita da una nuova tassa sui beni immobili (Impôt sur la fortune immobilière – IFI, Code général des impôts, artt. 964 - 983, introdotti dagli artt. 31 e 48 della Loi n. 2017-1837 du 30 décembre 2017 de finances pour 2018). Nel dicembre 2017, il Governo francese ha deciso di escludere gli investimenti bancari e finanziari e la liquidità monetaria dal calcolo dell’imposta sulla fortuna con l’obiettivo di rilanciare gli investimenti nelle imprese francesi favorendo al contempo la creazione di posti di lavoro. L’imposta sul patrimonio è stata quindi trasformata in un’imposta basata sulla detenzione dei soli beni immobili tassabili quando il loro valore netto imponibile supera 1,3 milioni di euro. A tal fine è preso in considerazione il patrimonio immobiliare detenuto da tutte le persone che compongono la residenza fiscale (foyer fiscale), compresi i beni dei figli minori di cui si è amministratori. In particolare, a titolo indicativo, occorre dichiarare: edifici costruiti (per uso personale o affittati); case, appartamenti e loro annessi (garage, parcheggi, cantine); edifici classificati come monumenti storici; edifici in costruzione; edifici non costruiti (terreni edificabili, terreni agricoli); edifici, o parti di edifici, rappresentati da azioni di società immobiliari possedute. Per i patrimoni il cui valore netto tassabile è superiore 1,3 milioni di euro ed inferiore a 1,4 milioni di euro, al fine di evitare sbalzi di soglia, è previsto un meccanismo di sconto (c.d. décote)
A determinate condizioni, sono applicabili esenzioni parziali o totali, ad esempio per gli edifici utilizzati per attività professionale, le proprietà rurali affittate a lungo termine o per uso professionale (terreni agricoli, edifici e attrezzature agricole). I contribuenti soggetti all’IFI continuano a pagare la taxe d’habitation, indipendentemente dal loro livello di reddito. L’abitazione principale gode comunque di uno sgravio dell’imposta del 30%. Alcuni debiti sono deducibili ai fini del pagamento dell’imposta, quali ad esempio quelli relativi all’acquisizione di beni o diritti di proprietà imponibili, quelli relativi al pagamento di lavori per il miglioramento, la costruzione, la ricostruzione o l’ampliamento di beni immobili.
Quanto all’importo da pagare, sono previsti i seguenti tassi applicabili in rapporto alla ricchezza netta imponibile:
§ 0% fino a € 800.000;
§ 0,5% tra € 800.001 e € 1.300.000;
§ 0,7% tra € 1.300.001 e € 2.570.000;
§ 1% tra € 2.570.001 e € 5.000.000;
§ 1,25% tra € 5.000.001 e € 10.000.000;
§ 1,5% sopra € 10.000.000.
In caso di donazioni a organizzazioni di interesse generale, si beneficia di una riduzione dell’IFI pari al 75% delle donazioni effettuate, fino a un limite di 50.000 euro. Infine, il cumulo dell’imposta sul reddito e dell’IFI non deve in ogni caso superare il 75% delle entrate conseguite nell’anno fiscale. La differenza va detratta eventualmente dall’importo dell’IFI[37].
L’imposta fondiaria (Grundsteuer) è una tassa sulla proprietà che riguarda non solo i terreni ma anche le costruzioni e che trova il suo fondamento giuridico nella Grundsteuergesetz (GrStG) del 7 agosto 1973, da ultimo modificata dall’art 21 della Legge fiscale del 16 dicembre 2022 (Jahressteuergesetz 2022). L’imposta, di carattere reale (Realsteuer, ai sensi del § 3, comma 2 del Codice tributario – Abgabenordnung, AO), è percepita annualmente dalle municipalità tedesche[38] sulla proprietà immobiliare situata in Germania indipendentemente dalla nazionalità del proprietario.
L’imposta immobiliare ancora vigente è divisa in due componenti[39]: la Grundsteuer A (agrarisch) che riguarda i terreni e i poderi agricoli e forestali, e la Grundsteuer B (baulich) relativa ai terreni fabbricabili e ai fabbricati. L’ammontare dell’imposta è calcolato mediante una procedura in tre fasi. Innanzitutto viene determinato, a cura dell’Ufficio locale delle imposte (Finanzamt), il valore catastale della proprietà (Einheitswert), che in genere è molto più basso del valore commerciale, sulla base della Legge di valutazione (Bewertungsgesetz - BewG). Nella seconda fase si determina la base imponibile sulle seguenti percentuali del valore catastale (l’aliquota - Steuermeßzahl - differisce a seconda del tipo di immobile):
§ 0,55 per mille per le aziende agricole e forestali (§ 14 GrStG);
§ 0,34 per mille per i terreni non edificati (§ 15 GrStG, comma 1, n. 1).
§ 0,31 per alcune tipologie di costruzioni (case unifamiliari, case bifamiliari, immobili in locazione e abitazioni di proprietà) ai sensi del § 15 GrStG, comma 2, n. 1);
§ 0,34 per mille per altri immobili (proprietà condominiali, locali commerciali, proprietà con destinazione d’uso mista e altri fabbricati (§ 15 GrStG, comma 2, n. 2).
Il valore catastale dell’immobile va diviso per queste aliquote e, per determinare l’ammontare dell’imposta, al quoziente ottenuto si applica – nella terza fase di competenza dei comuni - il c.d. moltiplicatore municipale (Hebesastz), che varia da comune a comune ed è stabilito da una decisione (Beschluss) del Consiglio comunale (Gemeinderat). Ai sensi del § 25 GrStG, comma 4, il moltiplicatore deve però essere uniforme, rispettivamente, per le aziende agricole e forestali (n. 1) e per le proprietà immobiliari (n. 2) situate nel territorio dello stesso comune.
Vari benefici sono previsti per gli immobili storici e artistici. I comuni devono infatti esonerare dall’imposta municipale gli immobili che è pubblico interesse conservare per i loro pregi storici, artistici e scientifici, se il loro reddito risulta inferiore al costo per mantenerli. Gli immobili artistici e storici che non rientrano in questa categoria possono tuttavia ottenere agevolazioni fiscali sulla base del criterio di valutazione che è per essi, generalmente, quello del reddito capitalizzato, al netto delle spese.
Dalla procedura descritta risulta evidente che le imposte sulla casa sono calcolate con criteri complicati e ormai obsoleti[40]: il valore della proprietà immobiliare dei vecchi Länder (ex Germania Ovest) è calcolato su criteri risalenti al 1964, mentre in quelli dell’ex Germania Est si fa riferimento addirittura al 1935. Ogni sei anni si sarebbero dovuti aggiornare i criteri di valutazione, ma non sono state mai adottate decisioni in proposito. Una proposta di riforma della Legge di valutazione, che stabiliva criteri per determinare l’ammontare dell’imposta immobiliare, era stata presentata al Bundesrat dai Länder dell’Assia e della Bassa Sassonia il 12 settembre 2016 (stampato BR n. 515/16). Ad eccezione della Baviera e di Amburgo tutti gli altri Länder avevano appoggiato l’iniziativa che però, trasmessa al Bundestag nel dicembre 2016 (stampato BT n. 18/10753), non venne nemmeno posta all’ordine del giorno dell’Assemblea ed è poi decaduta a causa del termine della legislatura.
Successivamente, con la sentenza del 10 aprile 2018 (1 BvL 11/14 - Rn. (1-181), la Corte costituzionale federale ha dichiarato incostituzionali le modalità di calcolo dell’imposta applicabile agli edifici e ai terreni vacanti nei Länder occidentali[41], imponendo l’approvazione di una riforma entro la fine del 2019 da attuarsi in un periodo transitorio fino al 31 dicembre 2024.
Una prima risposta del legislatore alla sentenza della Corte costituzionale federale è stata la modifica degli articoli 72, 105 e 125b della Legge fondamentale (Gesetz zur Änderung des Grundgesetzes) del 15 novembre 2019, con la quale è stata ristabilita, come era stato fino al 1994, la competenza legislativa concorrente della Federazione per la regolamentazione dell’imposta sul valore fondiario (Grundsteuer). Contestualmente è stata riconosciuta ai Länder la possibilità di adottare disposizioni in deroga. La creazione di una base giuridica unitaria a livello federale è stata quindi il presupposto per l’adozione della nuova disciplina sulla tassazione degli immobili (Gesetz zur Reform des Grundsteuer- und Bewertungsrechts) del 26 novembre 2019. La riforma varata nel rispetto dei tempi stabiliti dal giudice costituzionale entrerà definitivamente in vigore il 1° gennaio 2025. Il testo della legge, particolarmente dettagliato e corredato da allegati tecnici, è il frutto del modello di compromesso[42] concordato all’inizio del 2019 dall’allora Ministro delle finanze Olaf Scholz (attuale Cancelliere federale) con i ministri delle finanze dei Länder, che prende in considerazione come parametri di valutazione per il calcolo del nuovo tributo il valore fondiario, l’età degli edifici e i costi medi di affitto.
È stata mantenuta la precedente procedura per la determinazione dell’imposta immobiliare sulla base dei seguenti tre fattori:
§ valore immobiliare a fini fiscali (Grundsteuerwert), stabilito dall’Ufficio delle imposte in base alla dichiarazione di determinazione presentata (Feststellungserklärung);
§ aliquota fiscale (Steuermesszahl) determinata per legge;
§ moltiplicatore municipale (Hebesatz) fissato dalla città o dal comune.
Si segnala inoltre che, per agevolare l’attuazione della riforma concernente l’imposta sugli immobili, prima della scadenza della 19a legislatura è stata approvata la legge del 16 luglio 2021 (Gesetz zur erleichterten Umsetzung der Reform der Grundsteuer und Änderung weiterer steuerrechtlicher Vorschriften), che in particolare modifica alcune disposizioni della Legge di valutazione relative alle proprietà immobiliari.
Nel corso del 2022 è partita quindi in Germania la cosiddetta Grundsteuerreform, il cui scopo - come si è detto - è quello di rivedere i valori catastali dei singoli immobili o terreni, e di ridefinirne i valori imponibili. Per questo motivo i proprietari di immobili hanno ricevuto una lettera dall’Ufficio delle imposte (Finanzamt) con la richiesta di presentare obbligatoriamente una dichiarazione (Erklärungsabgabe), in cui vengono forniti dati essenziali e caratteristiche dell’immobile posseduto, sia che sia abitato dal proprietario stesso, sia che sia dato in locazione a terzi. La scadenza fissata inizialmente (31 ottobre 2022) per l’invio della dichiarazione in formato elettronico (tramite la piattaforma per la dichiarazione dei redditi online ELSTER), dopo lunghi tentennamenti, è stata prorogata al 31 gennaio 2023. La mancata presentazione della dichiarazione, dopo ripetuti inviti e avvisi da parte dell’Ufficio delle imposte, comporta il pagamento di una sanzione.
Le informazioni contenute nella dichiarazione riguardano specificamente: la posizione della proprietà immobiliare; la superficie edificabile; il valore indicativo del terreno; il tipo di edificio; la superficie abitabile; l’anno di costruzione dell’immobile. Sulla base della dichiarazione pervenuta il Finanzamt ricalcola d’ufficio il nuovo valore immobiliare a fini fiscali (valore catastale) e anche, sulla base di un’aliquota stabilita per legge, l’importo della base imponibile (Grundsteuermessbetrag). Tutti questi dati, necessari per il calcolo della nuova imposta immobiliare, sono poi trasmessi telematicamente alle città e ai comuni che, dopo aver applicato l’apposito moltiplicatore, provvedono ad inviare l’avviso di pagamento (Grundsteuerwertbescheid) ai proprietari degli immobili. Il ricalcolo dell’imposta immobiliare verrà applicato solo a partire dal 2025.
La tassazione in ambito locale dei beni immobili residenziali è imperniata sulla Council tax, introdotta nel 1993 (con il Local Government Finance Act 1992, in sostituzione della cosiddetta "poll tax”). La Council tax ha ad oggetto la proprietà a destinazione abitativa in proporzione al valore dei beni immobili, salvo talune agevolazioni o esenzioni applicabili in relazione alla condizione reddituale dei proprietari. L’eventuale incremento della tassa, per determinazione delle autorità locali, è sottoposto al rispetto di soglie massime stabilite ogni anno dal Governo centrale, il cui superamento non può aver luogo se non a seguito di approvazione ad esito di un’apposita consultazione referendaria svolta in ambito locale.
La proprietà immobiliare a destinazione non abitativa è sottoposta ai Business Rates, ossia alla tassazione concernente gli immobili in proporzione al loro rateable value, determinato in base alla stima del valore locatizio annuale (in applicazione del Local Government Finance Act 1998). L’imposta è collegata all’effettiva detenzione ed utilizzazione dell’immobile: al pagamento è perciò tenuto il soggetto occupante l’immobile, e il proprietario in sua assenza.
Alla stima degli estimi (applicati ai fini sia della Council tax sia dei Business Rates) è preposto l’apposito organismo istituito nell’ambito del Dipartimento delle finanze, la Valuation Office Agency (VOA)[43], che con cadenza quinquennale provvede al loro aggiornamento sulla base di mercato (l’ultima rivalutazione, basata su stime rilevate con riferimento all’anno 2021, è entrata in vigore il 1° aprile 2023[44]). Il rateable value è a sua volta parametrato a coefficienti di moltiplicazione (multipliers) determinati dal Governo centrale e, nell’ambito delle competenze devolute, dal Parlamento scozzese, dall’Assemblea Nazionale del Galles e dall’Esecutivo nord-irlandese. L’importo del coefficiente è generalmente commisurato all’indice dei prezzi al consumo o al tasso di inflazione, e corrisponde a tot centesimi per ogni sterlina di valore dell’immobile[45].
Allo scopo di agevolare le imprese di piccole dimensioni, l’applicazione dei Business Rates contempla esenzioni per gli immobili il cui valore (determinato in base ai criteri suddetti) non superi le 12.000 sterline, mentre aliquote di prelievo minime si applicano in relazione ad immobili di valore fino a 15.000 sterline e, in modo progressivo, fino a 50.000 sterline (small business relief). Sono altresì previste esenzioni parziali (fino all’80%) qualora gli immobili siano destinati ad attività senza scopo di lucro e a carattere benefico (charitable relief).
Alcune proprietà immobiliari, in ragione della loro estensione (è il caso di stabilimenti industriali di grandi dimensioni), sono classificate a fini fiscali in appositi elenchi (central rating lists) che ne determinano i Business Rates; le relative entrate sono normalmente incamerate dall’erario e non dagli enti locali, sebbene esse siano destinate ad alimentare i finanziamenti a questi conferiti dal Governo centrale[46].
Il gettito della tassa costituita dai business rates[47] (ad eccezione della Scozia, del Galles e dell’Irlanda del Nord che lo incamerano per intero) è trattenuto per metà dagli enti locali e per l’altra metà conferito al Governo centrale, che normalmente utilizza le relative risorse per le diverse forme di finanziamento degli enti medesimi.
In anni recenti, il Governo ha adottato linee programmatiche relative alla uniforme devoluzione dell’intera entrata tributaria agli enti locali[48], e finalizzate nel contempo al contenimento del prelievo fiscale sugli immobili a destinazione commerciale in considerazione dell’avversità della fase economica condizionata dall’emergenza sanitaria. In un rapporto pubblicato nel 2021[49], il Ministero del Tesoro ha per un verso affermato la centralità della tassazione immobiliare nel sistema fiscale, stante il suo carattere non distorsivo e di efficiente applicazione, con limitati livelli di elusione e di evasione, e poiché il relativo gettito (pari a circa 25 miliardi di sterline l’anno nella regione inglese) costituisce la fonte di finanziamento dei servizi locali; per altro verso, in considerazione della fase economica e al fine di agevolare la ripresa delle attività produttive, ha previsto la temporanea sospensione dei meccanismi di rivalutazione (multipliers) per il biennio 2022-2023. Sulla base di queste indirizzi il Governo ha inoltre promosso una consultazione sugli aspetti di natura tecnica implicati dalla programmata revisione dei business rates. L’attenzione si è concentrata sugli effetti che da tale riforma deriverebbero per lo sviluppo dei centri urbani e in relazione a misure di sostegno per gli investimenti “green” e per la riqualificazione degli immobili. È inoltre prospettata la più frequente rivalutazione periodica dei rates, pur prevedendosi, nel contempo, il momentaneo congelamento – nel 2022 e nel 2023 - dei coefficienti di moltiplicazione e, infine, la riduzione complessiva del peso fiscale dei business rates di 7 miliardi di sterline nel prossimo quinquennio[50].
Il quadro vigente della fiscalità immobiliare è integrato dalla tassazione dei proventi generati da beni immobili detenuti da persone giuridiche (società) stabilite nel Regno Unito. In tale ipotesi, le attuali aliquote fiscali in relazione a questa tassazione sono pari al 19% (a titolo di corporation tax) e del 20% per i medesimi soggetti se stabiliti all’estero.
In relazione alla tassazione del reddito generato da beni immobili di tipo residenziale detenuti nel Regno Unito da soggetti non residenti, tali beni sono sottoposti ad un duplice regime fiscale: la Annual Tax on Enveloped Dwellings (ATED), corrisposta annualmente dalle persone giuridiche che detengono nel Paese beni immobili di valore superiore alle 500.000 sterline, e la Non-Resident Capital Gains Tax (NRCGT), dal 2015 applicata alle persone fisiche, alle persone giuridiche e ai trust[51].
Da aprile 2019 l’applicazione del NRCGT è stata estesa per sottoporre a tassazione il plus-valore originato dall’alienazione di beni immobili a destinazione non residenziale da parte di soggetti non residenti nel Regno Unito. L’innovazione normativa, annunciata in occasione della legge di bilancio 2017 e sottoposta a pubblica consultazione[52], ha lo scopo di estendere ai soggetti non residenti il regime fiscale ordinario applicato ai contribuenti residenti nel Regno Unito, e di ridurre gli incentivi per i gruppi multinazionali ad esercitare il possesso di beni immobili nel Paese attraverso strutture societarie stabilite in “paradisi fiscali”. La vendita così sottoposta a prelievo fiscale può essere diretta oppure indiretta, ovvero effettuata attraverso la cessione di quote di una società proprietaria di beni immobili. Nel secondo caso, i soggetti non-residenti sono tenuti al pagamento dell’imposta suddetta in caso di cessione di quote di una società i cui proventi derivino per almeno il 75% da proprietà immobiliari detenute nel Regno Unito, e se la quota ceduta rappresenti almeno il 25% del patrimonio societario. Per contro, i soggetti non residenti diversi dalle società sono tenuti al pagamento, rispettivamente, del 28% sul valore dei beni immobili a destinazione residenziale e del 20% su quello della commercial property.
1. L’imposta sui beni immobili
In Spagna l’imposta sui beni immobili (Impuesto sobre Bienes Inmuebles - IBI) è disciplinata dalla Ley Reguladora de las Haciendas Locales di cui al Real Decreto Legislativo 2/2004 (artt. 60-77), nonché dalla Ley del Catastro Inmobiliario di cui al Real Decreto Legislativo 1/2004. L’IBI è un’imposta inquadrata nel sistema tributario locale spagnolo, con carattere di esazione obbligatoria da parte dei comuni. Il presupposto dell’imposta può essere, oltre al diritto di proprietà, la concessione amministrativa di un bene immobile, il diritto di superficie o il diritto di usufrutto. I soggetti passivi dell’imposta sono le persone, sia fisiche sia giuridiche, residenti e non residenti in Spagna, nonché le eredità giacenti, le comunità di beni e altre entità giuridiche equiparabili.
Ai fini dell’imposta, i beni immobili possono essere classificati come urbani, rustici o con caratteristiche speciali. Come regola generale, il carattere urbano o rustico di un immobile dipende dalla natura del suolo. È quindi necessario differenziare il suolo di natura urbana, di natura rustica e il concetto di costruzione.
A fini catastali, si considerano come costruzioni:
§ gli edifici fissati in permanenza al suolo, indipendentemente dai materiali con cui sono costruiti, l’uso a cui sono destinati, se sollevati sulla superficie del terreno o ancorati in profondità, se smontabili e trasportabili;
§ gli impianti industriali, commerciali, sportivi, ricreativi, agricoli, forestali, zootecnici e per la piscicoltura d’acqua dolce;
§ le opere di urbanizzazione e miglioria, come gli spianamenti, e quelle realizzate per l’uso degli spazi scoperti.
Gli immobili con caratteristiche speciali (bienes inmuebles de características especiales) costituiscono un complesso unico, formato da terreni, edifici, strutture e opere di urbanizzazione e miglioria configurati come un solo bene immobile a fini catastali, sia per il suo carattere unitario, sia per il permanente collegamento al suo funzionamento. Gli immobili di questo tipo sono quelli compresi nei seguenti gruppi:
§ immobili per la produzione di energia elettrica, gas, raffinazione del petrolio e centrali nucleari;
§ dighe, cascate e bacini artificiali, tranne quelli destinati esclusivamente all’irrigazione;
§ autostrade, strade e tunnel;
§ aeroporti e porti commerciali.
La base imponibile è costituita dal valore catastale del bene immobile.
I principali casi di non imposizione dell’IBI riguardano:
§ le strade, le altre vie terrestri e i beni di demanio pubblico marittimo-terrestre e idraulico, a condizione che il loro uso sia pubblico e gratuito;
§ i seguenti immobili di proprietà dei comuni che comprendono:
· i beni di demanio pubblico ad uso della collettività;
· i beni di demanio pubblico soggetti a un servizio gestito direttamente dal comune, ad eccezione dei beni immobiliari trasferiti a terzi mediante corrispettivo;
· i beni patrimoniali, ad eccezione di quelli ceduti a terzi mediante corrispettivo.
Sono esenti dall’imposta alcuni tipi di immobili, tra i quali:
§ quelli di proprietà dello Stato, delle Comunità autonome o degli enti locali direttamente interessati dalla difesa nazionale, dalla sicurezza dei cittadini e dai servizi educativi e penitenziari;
§ i beni comunali;
§ quelli delle associazioni confessionali legalmente riconosciute secondo i termini stabiliti nei rispettivi accordi di cooperazione conclusi ai sensi dell’art. 16 della Costituzione;
§ quelli della Croce Rossa spagnola;
§ quelli a cui è applicabile l’esenzione in virtù di accordi internazionali;
§ quelli di Governi stranieri destinati alla rappresentanza diplomatica, consolare o alle loro organizzazioni ufficiali, a condizione di reciprocità.
L’aliquota varia, a seconda del comune di riferimento, dallo 0,30% all’1,10%, in rapporto alla natura urbana o rustica o speciale del bene immobile, a cui possono aggiungersi degli incrementi. In particolare, a Madrid l’aliquota è fissata a:
§ 0,456%, per i beni immobili di natura urbana;
§ 0,567% per i beni immobili di natura rustica;
§ 1,141% per i beni immobili con caratteristiche speciali[53].
Il 26 maggio 2023 è entrata in vigore un’importante modifica[54] dell’art. 72 del Real Decreto Legislativo 2/2004, che modula l’addizionale per le proprietà residenziali permanentemente non occupate nell’IBI. Le disposizioni di cui al nuovo comma 4 dell’art. 72 si applicano alle abitazioni sfitte da più di due anni, con un minimo di quattro immobili ad uso abitativo per proprietario, salvo che sussistano giustificati motivi di inoccupazione temporanea. I Comuni possono richiedere un aumento dell’addizionale, attualmente fissata al 50% della quota netta dell’IBI, fino a un massimo del 150%, a seconda della durata dell’inoccupazione e del numero di abitazioni inoccupate appartenenti al medesimo proprietario nel territorio comunale. La finalità perseguita è chiaramente l’ottimizzazione dell’uso del patrimonio edilizio residenziale e il rafforzamento degli strumenti a disposizione dei municipi per affrontare le situazioni di inoccupazione di unità abitative applicando una maggiore tassazione.
2. L’imposta sul patrimonio
L’imposta patrimoniale (Impuesto sobre el Patrimonio), disciplinata dalla Ley 19/1991, è stata di fatto soppressa a decorrere dal 1° gennaio 2008. La Ley 4/2008 ha disposto infatti un bonus del 100% sulla quota intera dell’imposta per i soggetti passivi obbligati al pagamento. Tuttavia, il Real Decreto-ley 13/2011, de 16 de septiembre, por el que se restablece el Impuesto sobre el Patrimonio, con carácter temporal ha mantenuto tale imposta con carattere temporaneo per gli anni 2011 e 2012. Il 1° gennaio 2013 sarebbe dovuta entrare in vigore la definitiva abolizione dell’imposta, ma successivi interventi normativi hanno esteso il mantenimento dell’imposta per gli anni successivi.
L’imposta patrimoniale grava sui contribuenti con redditi superiori a 700.000 euro, a meno che non sia disposto diversamente dalla Comunità autonoma, con un’esenzione di 300.000 euro per il valore dell’abitazione principale (vivienda habitual), ed è applicata con aliquote comprese tra lo 0,2% e il 3,5%.
Il gettito proveniente dalle imposte è riscosso dai Governi delle Comunità autonome, che sono anche autorizzati a modificare le aliquote e le soglie di esenzione, fino ad un’esenzione totale.
Nella Comunità di Madrid il Governo autonomico ha invece deciso per un bonus del 100% sulla quota.
[2] Cfr. le schede informative Quotient familial et impôt sur le revenu : comment ça marche? (6 aprile 2023), Impôt sur le revenu - Quotient familial d’un couple marié ou pacsé (17 aprile 2023) e Tout comprendre au quotient familial: calcul et utilisation (23 giugno 2022).
[3] Fonte: GOV.UK, Income Tax Rates and Personal Allowances, 2023-2024.
[4] Fonte: GOV.UK., Married couples’ allowance. La riduzione applicata a tale titolo è variabile da un minimo di 401 ad un massimo di 1.037,50 sterline l’anno.
[5] Si noti che il deducibile nel periodo 2023-2024 a titolo di dividend allowance si è dimezzato rispetto agli anni precedenti.
[6] Fonte: GOV.UK, Tax on divividend allowance.
[7] Le soglie di queste Capital Gain Allowances hanno subito una riduzione rispetto al periodo 2022-2023, in cui erano determinate rispettivamente nella misura di 12.300 e di 6.150 sterline.
[8] Fonte: GOV.UK, Capital Gains Tax.
[9] Si veda anche El Gobierno aprueba los Presupuestos de 2021, con subidas en el IRPF, Sociedades y Patrimonio, Europapress, 27 ottobre 2020.
[10] Estos son los tramos de IRPF que se pagarán en cada comunidad autónoma este 2023, El debate, 11 aprile 2023
[11] Per un un’illustrazione dettagliata dell’istituto del riporto si veda: Impôt sur les sociétés: report de déficit (1° gennaio 2023). L’Impôt sur les sociétés è prelevata sugli utili realizzati durante un esercizio finanziario annuale dalle società che operano in Francia. L’azienda deve presentare una dichiarazione e pagare l’IS a date fisse. Le aliquote normali oscillano tra il 15% e il 25%. Esistono anche aliquote ridotte del 10%. Per approfondimenti si rinvia a: Impôt sur les sociétés: entreprises concernées et taux d'imposition, 2023.
[12] V. gli Hansard relativi al dibattito parlamentare svoltosi il 28 giugno 1949 in occasione del dibattito sulla riforma dello Income Tax Act 1918.
[13] HM Revenue & Customs, Company Taxation Manual, CTM04100: Corporation tax – trading losses) (agg. 1° marzo 2022).
[14] Corporation Tax Act 2010, rilevano le sections 37 (1) (2) (3) (a) (sulla deducibilità nel periodo fiscale corrente) e 37 (1) (2) (3) (b) (sul “carry back”).
[15] Corporation Tax Act 2010, section 45 (sul “carry forward”).
[16] HM Revenue & Customs, Company Taxation Manual, CTM80145: Group relief, (agg. agg. 1° marzo 2022).
[17] HM Revenue & Customs, Property Income Manual, PIM 4200: Losses for Income Tax (agg. 27 novembre 2020); Corporation Tax Act 2010, sections 62 (Relief for losses made in UK property business), 63 (Company with investment business ceasing to carry on UK property business).
[18] CGUE, 1 aprile 2014, causa C-80/12, Felixstowe Dock and Railway Company Ltd c. HM Revenue & Customs.
[20] Una rassegna delle principali misure adottate dai Dipartimenti governativi competenti è consultabile presso il sito governativo GOV.UK, Financial support for business during coronoavirus (COVID-19), agg. 6 aprile 2021.
[21] House of Commons, Treasury Committee, Tax after Coronavirus (1 marzo 2021), p. 22-23. Alla relazione della Commissione è seguita la pubblicazione del documento di replica del Governo il 2 giugno 2021.
[22] Del Finance Act 2021, munito del Royal Assent il 10 giugno 2021, rileva in particolare lo Schedule 2 (“Temporary extension of periods to which trade losses may be carried back”).
[23] HM Revenue & Customs, Extended Loss Carry Back for Business, agg. 4 aprile 2022.
[24] Income Tax Act 2007, sec. 64 (Deduction of losses from general income).
[25] Income Tax Act 2007, sec. 72 (Early trade losses relief); sec. 89 (Terminal trade loss relief); sec. 83 (Carry forward trade loss relief).
[26] V. la guida esplicativa citata alla nota 14.
[27] Perseguita dal Presidente Trump, la legge (Public Law 115-97) ha introdotto la riforma dello Internal Revenue Code in cui è consolidata la legislazione tributaria federale.
[29] Heroes Act (H.R. 6800, H.R. 8406, H.R. 925).
[30] Dati tratti da: Congressional Research Service, The Tax Treatment and Economics of Net Operating Losses, 19 ottobre 2020.
[31] Una guida operativa è stata predisposta dallo Internal Revenue Service: Net Operating Losses (NOLs) for Individual, Estates, and Trusts (febbraio 2022).
[32] Congressional Research Service, The Tax Treatment and Economics of Net Operating Losses (NOLs) in the Coronavirus Aid, Relief and Economic Security (CARES) Act (agg. 31 maggio 2020).
[33] La taxe foncière è la tassa locale sulla proprietà di beni immobili (case, appartamenti, terreni). La base d’imposta è costituita dalla rendita catastale uguale al 50% del valore locativo catastale fissato dalla pubblica amministrazione.
[34] Si consulti al riguardo la voce Taxe d'habitation sur le résidences secondaires sul sito service public.fr (agg. 5 maggio 2023).
[35] Dal 2005 l’avviso di pagamento della taxe d’habitation include anche il canone di abbonamento TV (Rédevance Audiovisuelle). Nel caso non possegga alcun apparecchio TV nell’abitazione oggetto dell’imposizione, va indicato nell’apposito allegato dell’avviso che deve essere inviato al Trésor Public entro il 31 maggio. Se si detiene invece uno o più televisori o PC con cui è possibile ricevere i programmi televisivi, la tassa è dovuta ed è già inclusa nel computo della taxe d’habitation. Per i soggetti non residenti che dispongono di più residenze secondarie in Francia (ugualmente dotate di televisore), sarà imponibile una sola abitazione a scelta del contribuente.
[36] Sulla fiscalità degli immobili ad uso non abitativo si segnalano inoltre le seguenti schede: Cotisation foncière des entreprises; Taxe foncière sur les propriétés bâties pour les entreprises; Taxe foncière et locaux industriels: pour qui et comment?; La nouvelle définition des «locaux industriels» pour la Taxe foncière et la CFE: aubaine ou leurre?.
[37] Ulteriori informazioni sono riportate sul sito service-public.fr (Impôt sur la fortune immobilière (IFI): personnes et bien concernées, 1° gennaio 2023).
[38] La Grundsteuer è anche definita un’imposta comunale (Gemeindesteuer) perché, ai sensi dell’art. 106, comma 6, della Legge fondamentale (Grundgesetz, GG), il gettito – pari a circa 14 miliardi di euro all’anno - è assegnato ai comuni. La Legge fondamentale (art. 105, comma 2) prevede una competenza legislativa concorrente per la Grundsteuer. Dato che la Federazione ha esercitato il suo diritto legislativo, l’imposta immobiliare è anche un’imposta federale unitaria (bundeseinheitliche Steuer). Per l’approvazione di modifiche alla Grundsteuergesetz è però necessario anche il consenso del Bundesrat.
[39] Negli anni 1961 e 1962 era stata introdotta anche una Grundsteuer C che gravava maggiormente sui terreni non edificati ma fabbricabili per aumentare l’offerta di aree fabbricabili (Bauland) e incentivare così il settore dell’edilizia.
[40] Nelle Country Specific Reccomendations del 2013, la Commissione europea aveva già raccomandato alla Germania (e anche all’Italia e alla Slovacchia) una revisione della base imponibile delle imposte immobiliari, in modo da allineare il valore catastale ai valori di mercato. Secondo la Commissione una maggiore efficienza nella tassazione immobiliare può essere realizzata, in primo luogo, mediante aggiornamenti periodici del sistema di valutazione del valore economico dell’immobile, tenendo presente che tale valore dovrebbe riflettere adeguatamente il costo-opportunità tra vendita e locazione dell’immobile. In una decina di Stati membri, inclusa la Germania, la Commissione aveva rilevato l’utilizzo di valori non aggiornati.
[41] Il verdetto dei giudici costituzionali riguarda circa 35 milioni di proprietà immobiliari tra terreni e edifici. Sebbene i beni immobili situati nei Länder orientali non siano stati direttamente coinvolti dal punto di vista procedurale, subiranno tuttavia gli effetti della sentenza in quanto i criteri di valutazione del loro valore catastale sono anteriori (risalgono al 1935) a quelli utilizzati nei Länder occidentali (anno 1964).
[42] Nei confronti di tale modello soltanto la Baviera ha manifestato un certo scetticismo, mentre nel modello auspicato dai liberali (FDP) il livello impositivo verrebbe stabilito in modo forfettario in funzione della superficie.
[43] Il medesimo compito è svolto da organismi analoghi in Scozia (Assessors) e nell’Irlanda del Nord (Land and Property Services).
[44] Al riguardo può consultarsi la nota di documentazione predisposta dalla House of Commons library, Business rates: the 2023 revaluation (gennaio 2023). La fascia di valore (band) attribuita all’immobile mediante il Council Tax band assessment può essere soggetta ad impugnazione da parte dell’interessato (VOA, How domestic properties are assessed for Council Tax bands).
[45] Sui coefficienti di moltiplicazione può consultarsi la nota di documentazione, curata dalla House of Commons Library, Business rates (novembre 2021): “The basic business rate liability for a property is calculated by multiplying the rateable value of a property by the multiplier. Hence, a property with a rateable value of £100,000, where the multiplier was 51.2 pence in the pound, would have an annual business rate liability of £51,200” (p. 7). Sulle caratteristiche generali dell’imposta e sui coefficienti di moltiplicazione può inoltre consultarsi la guida informativa del Governo dedicata ai Business Rates.
[46] Central Rating List (England) Regulations 2005 (S.I. 2005/551); Central rating List (Wales) Regulation 2005 (S.I. 2005/422).
[47] Le entrate riferite alla riscossione dei Business Rates in Inghilterra sono state pari a 24.9 miliardi di sterline nell’anno fiscale 2021-2022 secondo le stime previsionali effettuate nel 2015 dall’Office for Budget Responsibility, Economic and Fiscal Outlook, March 2023. Per il biennio 2023-2024 il gettito di tale imposta, per la stessa area territoriale, è stimato nell’ordine complessivo di 29,9 miliardi di sterline, per effetto delle misure adottate nel quadro degli interventi pubblici per la ripresa economica: v. Official Statistics, National non-domestic collected by Councils in England: forecast for 2022 and 2023 (aggiornato a marzo 2023).
[48] Sulle linee di riforma il Governo ha inizialmente promosso una consultazione pubblica: Ministry of Housing, Communities and Local Government, Business Rates Retention Reform, December 2018.
[49] HM Treasury, Business Rate Review. Final Report (ottobre 2021). Il rapporto fa riferimento anche ai risultati di una consultazione pubblica conclusasi nel febbraio del 2020 (Ministry of Housing, Communities and Local Government, Business Rates Retention Reform, December 2018).
[50] Department for Levelling Up, Business & Communities, Business Rates review: technical consultation (aggiornata al 15 marzo 2023).
[52] HM Revenue & Customs-HM Treasury, Taxing gains made by non-residents on UK immovable property, 22 November 2017.
[53] V. Ayuntamiento de Madrid, “Impuesto sobre Bienes Inmuebles (IBI). Tipos de gravamen”.
[54] Il testo è stato modificato dalla terza disposizione finale della Ley 12/2023, de 24 de mayo, por el derecho a la vivienda.