Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: RUE - Ufficio SG - Ufficio Rapporti con l'Unione europea
Titolo: Elementi per la verifica di conformità dei progetti di atti legislativi dell'UE al principio di sussidiarietà - Proposta di regolamento sull'infrastruttura Gigabit (Gigabit Infrastructure Act)
Serie: Documentazione per le Commissioni - Esame di atti e documenti dell'UE   Numero: 14
Data: 24/04/2023
Organi della Camera: XIV Unione Europea


+ maggiori informazioni sul dossier

Elementi per la verifica di conformità dei progetti di atti legislativi dell'UE al principio di sussidiarietà - Proposta di regolamento sull'infrastruttura Gigabit (Gigabit Infrastructure Act)

24 aprile 2023


Indice

|Oggetto e finalità della proposta|Le principali misure proposte dalla Commissione Europea|Contesto|Valutazione d'impatto ed opzioni regolative|Base giuridica|Sussidiarietà|Proporzionalità|Ricorso agli atti delegati ed esecutivi|Altri contenuti della relazione del Governo|Esame presso le Istituzioni dell'UE|Esame presso altri Parlamenti nazionali|



Oggetto e finalità della proposta

La proposta di regolamento in esame, presentata dalla Commissione europea lo scorso 23 febbraio, mira ad accelerare il dispiegamento delle reti ad altissima capacità fisse e senza fili/mobili (VHCN, Very High Capacity Network), o Gigabit, come la fibra ottica e il 5G, in tutti gli Stati membri.
La proposta è parte del cd. pacchetto connettività che include anche:
  • un   progetto di raccomandazione sulla connettività Gigabit, inteso a fornire orientamenti alle autorità nazionali di regolamentazione sulle condizioni di accesso alle reti di telecomunicazione degli operatori che detengono un significativo potere di mercato, per incentivare un più rapido abbandono delle tecnologie preesistenti e una diffusione accelerata delle reti Gigabit;
  • una consultazione (che si chiuderà il 19 maggio) sul futuro del settore della connettività e delle relative infrastrutture, volta a raccogliere opinioni sul modo in cui l'aumento della domanda di connettività e i progressi tecnologici potrebbero incidere sulle esigenze e sugli sviluppi futuri.
La proposta intende abrogare e sostituire la direttiva 2014/61/UE ( Broadband Cost Reduction Directive, BCRD), che, adottata in risposta alla necessità di attuare politiche capaci di abbattere i costi di installazione della banda larga, contiene misure sulla condivisione delle infrastrutture, sul coordinamento delle opere di genio civile e sulla riduzione degli oneri amministrativi.
La Commissione europea osserva al riguardo che, per un verso, la direttiva in questione ha contribuito ad aumentare, dal 58,1% nel 2013 al 90,1% nel 2021, la percentuale di famiglie dell'UE che hanno accesso a Internet con una velocità pari a 30 Mbps, sufficienti a consentire un uso agevole della posta elettronica e della navigazione in rete; per altro verso, essa:
  • non sarebbe più adatta a sostenere le crescenti esigenze di connettività fissa e mobile ad altissima capacità di cittadini e imprese (per le quali i soli 30 Mbps non sono più sufficienti), derivanti tra l'altro dalla diffusione di tecnologie digitali come il metaverso, l'intelligenza artificiale, il calcolo quantistico, la realtà aumentata e virtuale;
  • non è allineata agli obiettivi stabiliti dal codice europeo delle comunicazioni elettroniche ( direttiva (UE) 2018/1972) e ai nuovi obiettivi di connettività del decennio digitale europeo, fissati dalla Bussola per il decennio digitale dell'UE e dal programma strategico per il decennio digitale 2030, in base ai quali tutte le famiglie e le imprese dell'UE dovrebbero essere raggiunte da reti mobili Gigabit e veloci entro il 2030;
  • non è stata pienamente efficace nel ridurre i costi di installazione delle reti a banda larga, principalmente a causa della flessibilità concessa agli Stati membri per la sua implementazione, che ha portato a un'attuazione incoerente a livello UE e a interpretazioni divergenti delle sue disposizioni. Il mosaico di norme che ne è derivato impedisce, secondo l'analisi della Commissione, le economie di scala per gli operatori e crea ostacoli agli investimenti transfrontalieri, compromettendo il corretto funzionamento del mercato interno, in particolare per le applicazioni di natura transfrontaliera, come la guida connessa e autonoma che necessita di un'ampia disponibilità di reti Gigabit.
La Commissione europea rileva, inoltre, che tutti gli Stati membri stanno affrontando due problemi principali per installare reti ad altissima capacità VHCN: 1) elevati costi di installazione delle reti; 2) persistente lentezza della loro installazione, con il risultato che cittadini e imprese dell'UE rischiano di non trarre pieno vantaggio dalla trasformazione digitale e che venga limitato il potenziale di efficienza energetica nel settore digitale e in altri settori.
Una parte preponderante dei costi è imputabile a inefficienze nel processo di installazione concernenti: i)  l'uso dell'infrastruttura passiva esistente  (come cavidotti, tubature, pozzetti, centraline, pali, piloni, installazioni di antenne, tralicci e altre strutture di supporto); ii) rallentamenti legati al  coordinamento delle opere di genio civile ; iii) procedure amministrative farraginose di  rilascio delle autorizzazioni ; e iv) strozzature per  l'installazione delle reti all'interno degli edifici , che comportano rilevanti ostacoli finanziari, in particolare nelle zone rurali.
Di seguito un grafico estratto dalla valutazione d'impatto della Commissione europea (traduzione a cura dell'Ufficio RUE), che riassume i fattori di criticità sopra richiamati :


















Le principali misure proposte dalla Commissione Europea

Alla luce degli argomenti sopra richiamati, per aumentare la copertura e facilitare l'installazione delle reti ad altissima capacità fisse e senza fili/mobili VHCN nell'UE, ad avviso della Commissione è opportuno abrogare la direttiva vigente e sostituirla con un regolamento, allo scopo di ridurre il margine di manovra degli Stati membri e garantire una maggiore certezza del diritto.
La proposta introduce una serie di misure finalizzate in particolare a:
  • estendere l'ambito di applicazione (rispetto alla direttiva del 2014) dall'alta velocità alle reti ad altissima capacità, al fine di rispondere alle nuove ambizioni del codice e agli obiettivi di connettività del decennio digitale (articolo 1);
  • stabilire le definizioni (articolo 2), tra cui quella di " operatore di rete".
    Tenendo conto del rapido sviluppo dei fornitori di infrastrutture fisiche senza fili, come le "società delle torri", e del loro ruolo sempre più importante come fornitori di accesso alle infrastrutture fisiche adatte all'installazione di elementi di reti di comunicazione elettronica senza fili, quali il 5G, la definizione di "operatore di rete" - spiega la Commissione - è estesa ad altre imprese al di là di quelle che forniscono o sono autorizzate a fornire reti di comunicazione elettronica e agli operatori di altri tipi di reti, quali quelle di trasporto, del gas o dell'elettricità, allo scopo di includere le imprese che forniscono risorse correlate, che diventano così soggette a tutti gli obblighi e a tutti i vantaggi di cui al regolamento, fatta eccezione per le disposizioni relative all'infrastruttura fisica interna all'edificio e all'accesso alla stessa.
  • migliorare il coordinamento intersettoriale: le misure proposte intendono agevolare il coordinamento della realizzazione dell'infrastruttura fisica (condotte, torri o piloni) con i lavori su altre infrastrutture pubbliche;
  • snellire e accelerare le procedure di rilascio delle autorizzazioni: le misure proposte intendono agevolare la richiesta di autorizzazioni e ridurre i ritardi nell'ottenimento delle stesse, imponendo alle autorità competenti di confermare la completezza di una domanda di autorizzazione entro 15 giorni dal suo ricevimento e stabilendo che le domande di autorizzazione che non ricevono risposta entro quattro mesi saranno considerate tacitamente approvate (principio del silenzio-assenso) (articolo 7)
  • passare interamente al digitale: gli operatori potranno consultare online, attraverso uno sportello unico, le informazioni sull'infrastruttura fisica esistente (articolo 4), con limitazioni ad esempio per motivi di sicurezza o per determinate categorie di edifici, e sulle opere di genio civile (pubbliche e private) programmate (articolo 6), con limitazioni ad esempio per motivi connessi alla sicurezza delle reti, alla sicurezza nazionale o a segreti commerciali. Gli operatori potranno inoltre presentare le domande per ottenere autorizzazioni o diritti di passaggio online tramite uno sportello unico (articolo 7). Inoltre, gli Stati membri dovranno istituire un unico punto di accesso digitale nazionale (articolo 10).
  • semplificare il dispiegamento: le misure proposte intendono semplificare per gli operatori il riutilizzo dell'infrastruttura pubblica, come condotte o piloni, e gli spazi, come i tetti, per installare infrastrutture di rete;
  • preparare all'innovazione: tutti gli edifici nuovi e quelli sottoposti a ristrutturazioni importanti, eccetto in casi giustificati, dovranno disporre di infrastruttura in fibra e predisposta alla fibra (articolo 8);
  • contribuire alla sostenibilità: le misure proposte intendono contribuire a ridurre l'impronta ambientale delle reti di comunicazione elettronica promuovendo la diffusione di tecnologie più efficienti sotto il profilo ambientale, come la fibra ottica e il 5G. Inoltre, intendono promuovere il riutilizzo dell'infrastruttura fisica esistente e un maggiore coordinamento delle opere di genio civile, riducendo in tal modo il loro impatto ambientale;
  • risolvere le controversie dinanzi agli organismi nazionali competenti entro tempi abbreviati (rispetto alle disposizioni attuali della direttiva) ed emettere una decisione vincolante (articoli 11 e 12);
  • fissare l'applicazione del regolamento 6 mesi dopo la sua entrata in vigore (articolo 18).
Sulla proposta è stata trasmessa, da parte del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, la relazione ai sensi dell'articolo 6, comma 4 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, nella quale, pur essendo valutate positivamente le finalità generali del progetto, si registra la necessità di ricalibrare il testo per tenere in debita considerazione le prerogative nazionali in materia di organizzazione della PA e contenere l'impatto sulle finanze pubbliche. I contenuti della relazione saranno richiamati di volta in volta nei paragrafi successivi.

Contesto

Ai fini della valutazione della portata e delle finalità della proposta, è opportuno richiamare il quadro normativo dell'UE a sostegno degli investimenti per i mercati delle telecomunicazioni definito, in particolare, nel citato codice europeo delle comunicazioni elettroniche, nella raccomandazione (UE) 2020/2245 della Commissione relativa ai mercati rilevanti di prodotti e servizi del settore delle comunicazioni elettroniche che possono essere oggetto di una regolamentazione ex ante ai sensi del codice e nel pacchetto di strumenti comuni dell'Unione per la connettività di cui alla raccomandazione (UE) 2020/1307 della Commissione, che mira a ridurre i costi di installazione di reti ad altissima capacità e garantire un accesso tempestivo allo spettro radio 5G.
Secondo l'Indice DESI 2022 ( Digital Economy and Society Index), nel 2021 la connettività Gigabit in Europa è aumentata, registrando una copertura delle reti che collegano gli edifici con fibra ottica per la metà delle famiglie, e con il 70% della copertura globale della rete fissa ad altissima capacità VHCN (dal 20% circa del 2014), anche se sussistono importanti differenze tra gli Stati membri ( Italia 44%) e problemi significativi di copertura per le zone rurali.
Inoltre, una buona parte delle famiglie non beneficia di una connessione FTTH ( Fiber to the Home, letteralmente "fibra fino a casa", anche conosciuta come FTTP " Fiber to the Premises") a prova di futuro, anche qui con notevoli differenze tra Stati e tra zone urbane e zone rurali.
In aumento, secondo l'Indice DESI, anche la copertura del 5G, che raggiunge nel 2021 il 66% delle zone popolate (dal 14% nel 2020 - Italia 99,7%), anche se lo spettro, presupposto importante per il lancio commerciale del 5G, non è stato ancora completamente assegnato (siamo solo al 56% - Italia al 60%).
Per un approfondimento sui dati italiani, si veda pagina DESI dedicata specificamente all'Italia.

Valutazione d'impatto ed opzioni regolative

La valutazione d'impatto condotta dalla Commissione europea ha vagliato 4 opzioni strategiche (tutte, fatta eccezione per la prima, richiederebbero un nuovo regolamento) che sono sinteticamente riportate nella tabella seguente:
La Commissione europea ha scelto l'opzione 3 poiché nel complesso sembra bilanciare al meglio i costi di attuazione a breve termine con i vantaggi a medio termine, mantenere al minimo gli oneri normativi non necessari e limitare le emissioni di gas a effetto serra del settore delle comunicazioni elettroniche.
Di seguito un sintetico riepilogo dei vantaggi, dei costi e degli impatti previsti dall'opzione prescelta.

Vantaggi

Per quanto riguarda i vantaggi, la Commissione ritiene che l'opzione scelta possa: 
  • aumentare l'installazione di reti nuove riutilizzando le infrastrutture fisiche o coordinando le opere di genio civile a 470.000 km anziché i 250.000 km previsti dallo scenario di base;
  • ridurre i costi di installazione delle reti di 14,5 miliardi di euro e le sovvenzioni pubbliche necessarie di 2,4 miliardi di euro; 
  • evitare 0,7 milioni di tonnellate di emissioni di gas a effetto serra nel periodo fino al 2030;
  • produrre vantaggi per la società, in particolare riducendo il divario digitale tra zone urbane e rurali, e vantaggi economici, in particolare grazie al reinvestimento dei risparmi previsti sui costi.

Costi

Per quanto riguarda invece i costi, la Commissione rileva che l'opzione scelta comporta oneri una tantum di 70 milioni di euro, che comprendono 15 milioni per i fornitori di reti di comunicazione elettronica, mentre il resto è destinato principalmente alle PA in relazione all'istituzione di procedure coerenti di rilascio delle autorizzazioni e alla creazione di piattaforme digitali. Vi è inoltre un costo ricorrente di 6-7 milioni di euro per gli organismi competenti per la risoluzione delle controversie e gli sportelli unici. Tuttavia, una volta effettuato tale investimento, la Commissione prevede che l'opzione 3 generi un risparmio annuo sui costi amministrativi pari a 40 milioni di euro per gli operatori di reti di comunicazione elettronica, grazie a un migliore accesso alle infrastrutture fisiche e a migliori procedure di richiesta delle autorizzazioni. Vi saranno altresì risparmi sui costi operativi per le autorità pubbliche, compresi i comuni. Tali vantaggi possono essere estesi se le piattaforme di autorizzazione online vengono utilizzate anche da altri settori, come già avviene in diversi Stati membri.

Impatto su PMI e competitività, bilanci e amministrazioni nazionali

La Commissione ha stimato anche gli impatti dell'opzione prescelta sulle PMI e sulla competitività, rilevando come non vi sono obblighi specifici per le PMI in qualità di acquirenti di servizi Gigabit, mentre le PMI che operano in veste di operatori di rete possono essere interessate come le altre imprese. Tuttavia, sostiene la Commissione, l'attuale mancanza di accesso alle infrastrutture fisiche e i prezzi elevati della connettività Gigabit rappresentano sfide notevoli, in particolare per le PMI e i piccoli fornitori di servizi pubblici, in quanto limitano la loro capacità di beneficiare degli aumenti di produttività associati alla banda larga più veloce e alle applicazioni digitali avanzate. L'attuale mosaico di norme e pratiche a livello nazionale e subnazionale costituisce – come già riportato - un ostacolo anche per le imprese che intendono realizzare economie di scala, e ciò incide sulla competitività dell'UE.
In merito, invece, all' impatto sui bilanci e sulle amministrazioni nazionali dell'opzione scelta, la Commissione stima che essa comporti costi una tantum pari a circa 35-40 milioni di euro per le autorità locali, principalmente legati alle procedure di rilascio delle autorizzazioni e alle piattaforme digitalizzate per le autorizzazioni. Per gli organismi di risoluzione delle controversie e gli sportelli unici è previsto un costo una tantum di 10-15 milioni di euro e, come già detto, un costo ricorrente di 6-7 milioni di euro. Tuttavia, secondo le previsioni della Commissione, le autorità locali risparmierebbero tra i 3 e i 4 milioni di euro l'anno grazie alla digitalizzazione dei processi di rilascio delle autorizzazioni e degli obblighi di fornire l'accesso alle strutture pubbliche non appartenenti alle reti. Inoltre i bilanci nazionali degli Stati membri possono contare su un risparmio potenziale di 2,4 miliardi di euro in sovvenzioni che sarebbero altrimenti state necessarie per installare la "fibra ottica fino all'abitazione" per il 90% delle famiglie.
Infine, con riguardo ad altri eventuali impatti significativi, la Commissione osserva che un'installazione più rapida delle reti ad altissima capacità, basate su tecnologie più efficienti sotto il profilo energetico, in particolare la fibra e il 5G, faciliterebbe la doppia transizione verde e digitale dell'UE. Prevede inoltre che ciò porti a una riduzione dell'intensità d'uso di energia elettrica per il funzionamento delle comunicazioni elettroniche, contribuendo così a ridurre le emissioni di gas a effetto serra, anche se ciò sarebbe potenzialmente contrastato da un aumento più rapido del traffico di dati. Un maggiore riutilizzo delle infrastrutture fisiche esistenti e un migliore coordinamento delle opere di genio civile renderanno anche, a giudizio della Commissione, l'installazione delle reti più sostenibile dal punto di vista ambientale.

Base giuridica

La base giuridica addotta dalla Commissione europea a fondamento della proposta è l' articolo 114 del TFUE, che prevede la possibilità di adottare misure per il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che hanno per oggetto l'instaurazione e il funzionamento del mercato interno. Si tratta della medesima base giuridica della direttiva che la proposta di regolamento intende abrogare.
Con riferimento alla proposta di regolamento in esame, l'articolo 114 del TFUE costituisce, a giudizio della Commissione, una base giuridica adeguata in quanto l' obiettivo dell'intervento è proprio quello di armonizzare ulteriormente i mercati delle comunicazioni elettroniche dell'UE e migliorare le condizioni per l'istituzione e il funzionamento del mercato interno.
Al riguardo, nella valutazione di impatto la Commissione osserva in modo particolare che, nonostante i miglioramenti avvenuti da quando la regolamentazione delle comunicazioni elettroniche ha avviato la creazione di un mercato unico delle telecomunicazioni nell'Unione, i mercati delle comunicazioni elettroniche rimangono nazionali, con diverse condizioni di domanda e offerta, differenti licenze di spettro concesse su base nazionale e diversi regimi normativi (seppur armonizzati). Gli operatori di telecomunicazioni devono pertanto adattare le loro strategie ai vincoli e alle differenze nazionali anche quando fanno parte di gruppi multinazionali più grandi.
Tale frammentazione del mercato dell'UE lungo i confini nazionali, afferma la Commissione, impedisce all'Unione di sfruttare appieno il potenziale di un mercato europeo delle telecomunicazioni.
Tra l'altro, secondo i dati della Commissione, mentre sono presenti nell'Unione circa 50 operatori mobili e più di 100 fissi; i quattro principali operatori mobili europei (Deutsche Telekom, Vodafone, Orange e Telia) detengono oltre il 60% del mercato mobile. A livello nazionale, invece, dove si verifica la concorrenza, il livello di concentrazione è elevato, con 16 Stati membri che hanno 3 operatori di rete mobile, 9 Stati che ne hanno 4 e 2 Stati che ne hanno cinque. In alcuni Stati membri, il numero di infrastrutture di rete di telecomunicazioni mobili distinte è persino inferiore al numero di operatori a causa degli accordi di condivisione della rete esistenti (ad esempio in Danimarca o in Italia). Tuttavia, gli operatori ECN non sono in grado di realizzare effetti di scala perché le differenze nelle norme nazionali mantengono i mercati delle telecomunicazioni principalmente nazionali. Anche per i quattro grandi operatori gli effetti di scala sono limitati perché operano su mercati nazionali e non sembrano armonizzare pienamente le loro offerte e i loro sistemi operativi.
Tuttavia, osserva ancora la Commissione, le infrastrutture digitali, comprendenti tra l'altro i cavi in fibra che supportano le comunicazioni elettroniche fisse e le antenne necessarie per fornire comunicazioni mobili, anche in aree remote, hanno un forte effetto a valle sul commercio transfrontaliero e sulla fornitura di servizi, poiché molti servizi possono essere forniti solo dove esiste una rete adeguatamente efficiente in tutta l'UE. Pertanto, sono essenziali per garantire l'istituzione e il corretto funzionamento di un mercato di prodotti e servizi digitali all'interno dell'UE, ad es. comunicazioni fisse e wireless/mobili, servizi dati e trasformazione digitale degli ecosistemi manifatturiero, sanitario, edile, agricolo e della mobilità. Pertanto, la copertura VHCN è fondamentale per garantire che questi servizi possano essere forniti senza problemi a livello transfrontaliero.

Rilievi formulati nella relazione del Governo

Secondo la relazione del Governo, la scelta della Commissione di utilizzare l'articolo 114 del TFUE come base giuridica appare in linea generale coerente con l'asserita necessità di raggiungere un più elevato livello di armonizzazione del mercato interno e quindi in linea col principio di attribuzione.
Tuttavia, a giudizio della relazione, la proposta disciplina in modo piuttosto invasivo l'organizzazione e l'attività delle PA nazionali, soprattutto nel governo del territorio e nella gestione/regolamentazione dei servizi pubblici. Ciò solleva dubbi circa l'effettiva coerenza della proposta col principio di attribuzione, oltre a rendere particolarmente problematico l'adattamento dell'ordinamento italiano al regolamento, laddove venisse adottato nella sua forma attuale.
Nel caso specifico dell'Italia, infatti, prosegue la relazione, l'applicazione del regolamento impatta sul funzionamento di diversi enti ed amministrazioni locali, dotati di autonomia nell'ordinamento nazionale, aventi competenze su aspetti specifici che interessano la salute, la sicurezza, nonché la protezione del patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale, che rientrano nelle clausole di salvaguardia di cui all'articolo 36 del TFUE.
Al riguardo si segnala che queste argomentazioni della relazione tecnica sembrano riferibili propriamente al rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità piuttosto che a quello di attribuzione che attiene esclusivamente alla correttezza della base giuridica utilizzata.

Sussidiarietà


Necessità dell'azione a livello UE

Nella relazione illustrativa della proposta e nella valutazione di impatto, la Commissione, per dimostrare la necessità di intraprendere un'azione a livello dell'UE, osserva che l'esperienza acquisita con l'attuazione della direttiva sulla riduzione dei costi della banda larga ha dimostrato che l'obiettivo di fornire all'UE una copertura completa della banda larga ad alta velocità non può essere conseguito né da una direttiva né dai soli Stati membri in tempi ragionevoli e ricorrendo all'uso più efficiente possibile di investimenti pubblici e privati e che le misure adottate finora dagli Stati membri per incentivare l'installazione delle reti e, in particolare, per ridurre i costi e i tempi di installazione sono molto diverse, a volte anche all'interno del medesimo Stato membro.
In assenza di ulteriori azioni politiche a livello europeo, continua la Commissione, è probabile che questo mosaico di norme e pratiche a livello nazionale e subnazionale, facilitato dal fatto che una direttiva consente recepimenti più flessibili , persisterà o si accentuerà e, di conseguenza, aumenterà la frammentazione del mercato interno.
Inoltre - continua la Commissione - l'attuale quadro normativo frammentato crea ostacoli agli investimenti transfrontalieri, limitando la libertà di fornire reti e servizi di comunicazione elettronica. Incide inoltre sul funzionamento del mercato interno, in particolare per le applicazioni transfrontaliere intrinseche, quali la guida connessa e autonoma, che necessitano di reti ad altissima capacità estese. La situazione attuale rende inoltre molto difficile per gli operatori del settore delle comunicazioni elettroniche e gli altri portatori di interessi (fabbricanti di apparecchiature, imprese di genio civile, ecc.) realizzare economie di scala. 

Valore aggiunto dell'azione a livello UE

La Commissione indica quale valore aggiunto che discenderebbe da un'azione comune a livello dell'UE anziché nazionale la disponibilità di un quadro chiaro e prevedibile a sostegno della diffusione della rete. Vi sarebbero innanzitutto minori costi di implementazione, soprattutto per gli operatori fissi e mobili non storici, che non dispongono di una propria infrastruttura fisica preesistente. Inoltre, le misure a livello dell'UE consentirebbero processi di pianificazione e realizzazione degli investimenti più efficienti (e quindi economie di scala) per gli operatori ECN e faciliterebbero anche specifici progetti transfrontalieri promossi dall'UE. Consentirebbe altresì agli operatori di rete coinvolti in progetti di interesse comune una migliore pianificazione e attuazione delle infrastrutture di connettività digitale multinazionali interessate.
L'inazione dell'UE, a giudizio della Commissione, rallenterebbe la diffusione di reti fisse e 5G complete e comporterebbe maggiori costi agli operatori ECN e alle PA, nonché tempi più lunghi per l'installazione dell'infrastruttura mobile e rischierebbe altresì di privare alcune regioni dell'UE di tutti i vantaggi della digitalizzazione, aumentando il divario digitale e le disuguaglianze nell'UE.
Come già riportato in precedenza, la Commissione europea motiva infine la scelta dello strumento giuridico in base all'esperienza acquisita con il recepimento e l'attuazione della direttiva sulla riduzione dei costi della banda larga e sui suoi limiti dimostrati nell'affrontare i problemi persistenti individuati, derivanti non soltanto dal suo approccio di armonizzazione minima, ma anche dal basso livello di armonizzazione perseguito (ad esempio numerose disposizioni sono rimaste facoltative e altre, quali quelle concernenti la trasparenza, hanno armonizzato soltanto un numero minimo di elementi), nonché dal recepimento lento e inefficace. Un regolamento, invece, avrebbe il massimo impatto nel promuovere l' installazione delle reti Gigabit essendo direttamente applicabile in tutti gli Stati membri.

Rilievi formulati nella relazione del Governo

In merito al rispetto del principio di sussidiarietà, la relazione del Governo evidenzia che per analizzare e superare le difficoltà di applicazione della precedente direttiva era stato costituito uno specifico gruppo di lavoro in seno al Comitato comunicazioni che ha prodotto una serie di linee guida (il c.d. Toolbox connettività) le quali trovano riscontro nel presente regolamento. In tale sede, continua la relazione, erano emerse diverse criticità, in particolare in relazione ai differenti ordinamenti giuridici degli Stati membri; pertanto, nelle stesse linee guida, era stato deciso di lasciare un certo margine di flessibilità.
Ciò premesso, conclude la relazione, la scelta di adottare un regolamento in sostituzione della precedente direttiva potrebbe non risultare coerente con l'obiettivo prefissato poiché levare i margini di flessibilità agli Stati, anziché favorire l'implementazione, potrebbe anche portare a situazioni di stallo.
Nei primi incontri tecnici in Consiglio, Danimarca e Austria avrebbero criticato la decisione della Commissione di adottare un regolamento, esprimendo la preferenza per una direttiva.
Alla luce di quanto riportato dalla relazione (anche con riferimento al principio di attribuzione, v. supra) potrebbe tuttavia risultare utile valutare se la scelta operata dalla Commissione europea di disciplinare la materia con regolamento sia coerente con i principi di sussidiarietà e proporzionalità.

Proporzionalità

La Commissione europea argomenta la conformità della proposta di regolamento al principio di proporzionalità in quanto essa avrebbe un'intensità proporzionata alle sue finalità di promozione delle reti ad altissima capacità in linea con il codice nonché di conseguimento dell'obiettivo per il 2030 del decennio digitale relativo alla copertura con reti senza fili ad alta velocità di prossima generazione aventi prestazioni almeno equivalenti a quelle delle reti 5G e Gigabit.
Il principale vantaggio della proposta - ribadisce la Commissione - consiste nel fatto che consentirà processi di pianificazione e di attuazione degli investimenti più efficienti (e quindi economie di scala molto consistenti) per gli operatori di reti pubbliche di comunicazione elettronica. Inoltre le economie di scala e i risparmi associati andranno oltre il settore delle comunicazioni elettroniche e si estenderanno ad altri settori (ad esempio: fabbricanti di apparecchiature, imprese di costruzione).
Tali vantaggi, inoltre, sono possibili a fronte di un onere amministrativo minimo. Gli obblighi - osserva la Commissione - sono limitati ad alcune parti dell'infrastruttura di rete per le quali si possono prevedere risparmi significativi (ad esempio i cavi sono esclusi dalla definizione di infrastruttura fisica e pertanto dagli obblighi di accesso e trasparenza previsti dalla presente proposta) e le norme proposte introducono adeguamenti proporzionati (ad esempio, la possibilità di rifiutare richieste di accesso nel rispetto di condizioni specifiche) e prevedono eccezioni secondo le quali taluni obblighi non si applicano in determinate circostanze (ad esempio l'accesso a determinate categorie di edifici di proprietà o sotto il controllo di enti pubblici per motivi di valore architettonico, storico, religioso o naturalistico oppure la fornitura di informazioni su tali edifici). Tali eccezioni, afferma la Commissione, contribuiscono a garantire la proporzionalità della proposta e offrono la flessibilità adeguata per tenere conto delle circostanze nazionali. Infine, la Commissione evidenzia che le misure proposte per la digitalizzazione delle procedure amministrative pertinenti consentono agli Stati membri di riutilizzare e ampliare i servizi e le piattaforme digitali esistenti a livello locale, regionale o nazionale che hanno il medesimo scopo e sono conformi al presente regolamento.

Rilievi formulati nella relazione del Governo

La relazione del Governo considera le misure della proposta idonee, in via generale, per conseguire l'obiettivo di ottimizzare i costi e le procedure amministrative necessarie per una capillare realizzazione di infrastrutture di reti VHCN. Osserva, tuttavia, che una maggiore enfasi sul principio di proporzionalità potrebbe aiutare a soppesare maggiormente gli interessi in gioco. In particolare, la relazione fa presente che:
  • non risulta compitamente dimostrato dalla valutazione di impatto della Commissione che le tempistiche e le modalità dell'attività autorizzatoria siano un elemento determinante per il livello dei costi dell'installazione di reti ad altissima capacità. Tale dimostrazione sarebbe necessaria, a giudizio del Governo, considerando che l'adeguamento dell'attività e dell'organizzazione amministrativa che viene richiesto presenta significative complessità ed elevati costi per gli Stati membri, e che la necessaria ponderazione degli interessi pubblici considerati nel quadro di tali procedimenti non necessariamente consentirà di procedere all'accelerazione procedurale auspicata;
  • non risulta dimostrato che altre opzioni, come ad esempio la mera armonizzazione delle funzionalità delle piattaforme digitali e della modulistica relative ai procedimenti autorizzatori, non produrrebbero un impatto comparabile a fronte di una minore invasione della prerogativa nazionale di organizzare la PA e l'esercizio del potere pubblico, nonché di costi ridotti. La relazione pone in particolare l'accento sul significativo impatto che la proposta è suscettibile di produrre sulle modalità e le tempistiche di svolgimento dell'attività autorizzatoria degli enti locali, specie dei comuni, rispetto all'installazione di infrastrutture di comunicazione elettronica (ad es. la fissazione di un limite di 15 giorni per valutare la completezza della domanda). A tale proposito, la relazione sottolinea che sono previste delle ipotesi di risarcimento del danno da mero ritardo a seguito di mancato rispetto dei termini prescritti dal regolamento;
  • la prescrizione di realizzare piattaforme digitali integrate (i.e. punti di accesso digitale nazionale) che consentano l'accesso ai dati e ai servizi di più amministrazioni locali, in grado di offrire le funzionalità prescritte dal regolamento, il che comporterà costi ingenti al momento non ancora quantificati nella valutazione d'impatto della Commissione;
  • la prescrizione di introdurre misure di semplificazione - e in alcuni casi liberalizzazione - per la realizzazione di opere edilizie potrebbe avere ripercussioni su interessi pubblici quali la sicurezza, la salute pubblica e la tutela dell'ambiente.

Ricorso agli atti delegati ed esecutivi

L'articolo 7 della proposta attribuisce alla Commissione la competenza a stabilire, mediante un atto di esecuzione, le categorie di installazione di elementi di reti ad altissima capacità o di risorse correlate che non sono soggette ad alcuna procedura di rilascio di autorizzazioni ai sensi del medesimo articolo.

Altri contenuti della relazione del Governo

Nel presente paragrafo si dà brevemente conto di quanto riportato nella relazione del Governo su questioni non precedentemente richiamate.

Conformità del progetto all'interesse nazionale

Nel complesso, la relazione ritiene l'obiettivo della proposta conforme all'interesse nazionale in quanto teso a facilitare la realizzazione delle infrastrutture di rete e un capillare dispiegamento della banda larga, ma aggiunge tuttavia che occorre considerare l'impatto a livello di costi e la possibilità di implementazione delle misure individuate e le tempistiche stabilite, alla luce, oltre che degli elementi già richiamati in precedenza:
  • dell'ampio novero di soggetti cui il regolamento è destinato a imporre obblighi (in particolare di trasparenza e di accesso), inclusi operatori attivi in settori diversi dalle comunicazioni elettroniche e, peraltro, in larga parte partecipati da PA o enti statali. Si tratta soprattutto - specifica la relazione - di "proprietari o ai titolari dei diritti d'uso di infrastrutture fisiche estese e capillari adatte ad ospitare elementi della rete di comunicazione elettronica, come le reti fisiche di distribuzione di elettricità, gas, acqua, le fognature e il trattamento delle acque reflue e i sistemi di drenaggio, riscaldamento e i servizi di trasporto". A tale riguardo, secondo la relazione si deve considerare che la nozione di "infrastruttura fisica" ai fini dell'applicazione del regolamento è estremamente ampia;
  • del fatto che la protezione della sicurezza e integrità della rete e la riservatezza dei segreti tecnici e commerciali dei gestori di pubblici servizi potrebbero esserne pregiudicate.

Prospettive negoziali ed eventuali modifiche ritenute necessarie ed opportune

La relazione segnala, innanzitutto, che la tempistica di applicazione del regolamento (sei mesi dall'entrata in vigore) appare piuttosto stringente rispetto agli interventi che si rendono necessari al fine di allineare le procedure interne di installazione di reti alla normativa dell'UE. Ciò riguarda, in particolar modo, il progetto di costituzione del Single information point (SIP), le cui tempistiche di realizzazione potrebbero non essere compatibili con quelle individuate nella proposta di regolamento.
La relazione rappresenta poi ulteriori profili di criticità e segnatamente:
  • la definizione di "operatore di rete": si segnala che la proposta assimila la figura dell'operatore di rete al titolare/gestore dell'infrastruttura fisica. Ciò, a giudizio del Governo, può contribuire a creare confusione dal momento che l'evoluzione del settore delle comunicazioni elettroniche ha fatto sì che a fianco ai tradizionali operatori di telecomunicazione che gestiscono la componente di rete e il segnale di comunicazione, si sono moltiplicate le imprese che forniscono "risorse correlate", quali infrastrutture fisiche, servizi, elementi accessori, che permettono o supportano la fornitura di reti di comunicazione elettronica. Pertanto, conclude sul punto la relazione, in merito all'articolo 2 (Definizioni) dovrebbe essere chiarito in modo inequivocabile l'ambito di applicazione e, dunque, definire in maniera puntuale il concetto di "operatore di rete", differenziandolo rispetto al ruolo dei titolari/gestori delle infrastrutture fisiche attive e quello delle tower companies nel settore delle comunicazioni elettroniche;
  • le conseguenze della scelta di cui al punto precedente: ricomprendendo nella definizione di operatore di rete anche i gestori di rete passiva quali, ad esempio, le cd. società delle torri o tower companies, questi risultano totalmente equiparati nell'applicazione del regolamento agli operatori di rete di infrastruttura attiva. Ciò, a giudizio del Governo, può creare in alcuni casi elementi distorsivi come nel caso dell'articolo 3 per quanto riguarda la determinazione dei prezzi. Tale approccio regolamentare appare non adeguatamente giustificato, sostiene la relazione. In particolare, non risultano elementi tali da suggerire che il settore dell'affitto degli elementi infrastrutturali di rete passive (cioè quelli gestiti dalle tower companies) sia caratterizzato da fallimenti di mercato, e che questi ultimi siano tali da richiedere addirittura la fissazione imperativa del prezzo;
  • il tema della responsabilità nell'attuazione e nel monitoraggio della misura: secondo il Governo il tema va approfondito in quanto le competenze/responsabilità potrebbero essere suddivise tra diverse autorità competenti all'interno di ciascun Stato membro, come nel caso dell'Italia nel riparto di competenze tra il Ministero delle Imprese e del Made in Italy e l'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM). Si sottolinea inoltre che gli obblighi di reporting alla Commissione europea che la proposta di regolamento impone agli Stati membri sono particolarmente onerosi e comportano un consistente sforzo amministrativo e di coordinamento delle amministrazioni (nazionali e locali) che dispongono dei dati necessari;
  • il tema dei costi e dell'impatto su Stati membri, regioni ed autonomie locali: la relazione ritiene opportuno affrontare in maniera più approfondita il tema dell'impatto su Stati membri, regioni e autonomie locali, non solo in tema di riparto delle competenze nella gestione delle procedure di autorizzazione e nelle gestione del SIP, ma anche per quanto riguarda i costi, nonché l'effettiva realizzazione delle misure prescelte, al fine di tarare la proposta sull'effettiva possibilità di implementazione.

Esame presso le Istituzioni dell'UE

La proposta sarà esaminata dal Parlamento europeo e dal Consiglio secondo la procedura legislativa ordinaria. Al Parlamento europeo la proposta è stata assegnata alla Commissione per l'industria, la ricerca e l'energia (ITRE). In Consiglio se ne occupa il Consiglio "Trasporti, telecomunicazioni e energia" (Telecomunicazioni).
Per quanto riguarda le prime reazioni dei portatori d'interesse, secondo fonti informali, l'associazione che rappresenta i principali operatori di telecomunicazioni in Europa (ETNO) sembrerebbe aver accolto con favore il tentativo della Commissione europea di proporre un'iniziativa volta ad accelerare la diffusione delle reti 5G e in fibra, sottolineando l'urgenza di tale provvedimento. Secondo l'ETNO, l'UE rischierebbe altrimenti di lasciare 45 milioni di cittadini non raggiunti dalle reti ad alta capacità VHCN nel 2030. Al contrario, l'associazione europea degli operatori alternativi delle telecomunicazioni (ECTA) sembrerebbe molto critica nei confronti del pacchetto connettività e in particolare riguardo alla bozza di raccomandazione in quanto danneggerebbe i principi di promozione della concorrenza e porterebbe ad un aumento dei prezzi al dettaglio e a una diminuzione della scelta per consumatori e imprese europee.
 

Esame presso altri Parlamenti nazionali

In base alle informazioni disponibili sul sito IPEX, l'esame dell'atto è stato avviato dal Senato ceco e dal Bundesrat tedesco, nonché dai Parlamenti danese, finlandese, lettone, lituano, maltese, slovacco e svedese, mentre è stato concluso presso la Camera dei deputati ceca.