Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Affari Esteri
Titolo: Il vertice della NATO di Vilnius (11 e 12 luglio 2023)
Serie: Documentazione e ricerche   Numero: 51
Data: 18/07/2023
Organi della Camera: III Affari esteri, IV Difesa

XIX legislatura

 

Il Vertice della Nato di Vilnius

(11-12 luglio 2023)

 

 

18 luglio 2023

 

 

 

 

 

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Dossier n. 110

 

 

 

 

 

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Documentazione e ricerche n. 51

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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INDICE

 

1. Introduzione. 5

2. Le conclusioni del vertice. 7

3. La dichiarazione congiunta del  G7. 11

4. La Nato e l’Ucraina. 12

5. Il processo di adesione alla NATO e l’allargamento all’Europa orientale. 14

6. Il rafforzamento dei dispositivi militari sul fianco est dell'Alleanza. 15

7. Il bilancio della Difesa in ambito Nato. 17

8.Le posizioni di vertice della struttura NATO.. 23

9. Il concetto strategico della NATO del 2022. 24

10. La cooperazione NATO-Unione europea. 27

 

 


1. Introduzione

 

L’adesione dell’Ucraina all’Alleanza è stata al centro del vertice della NATO tenutosi a Vilnius, in Lituania, il 12 e 13 luglio. Pur senza fissare la “chiara tabella di marcia” auspicata da Kyiv, il vertice segna un passo avanti nel percorso di adesione. Il Segretario generale Stoltenberg ha parlato di un pacchetto “in tre parti”: un nuovo e più sostanzioso Programma di assistenza (per aiutare la transizione delle forze armate ucraine verso gli standard NATO); l’istituzione di un Consiglio NATO-Ucraina (che sostituisce il precedente Comitato, e i cui componenti “si riuniranno tra uguali”) e, infine, il superamento del sistema del Membership Action Plan (meccanismo di verifica annuale dei progressi dei paesi candidati, che  è stato alla base dell’allargamento ad est, su cui vedi infra). Eliminando questo requisito, l’adesione è così possibile – come si legge nel comunicato finale - in ogni momento in cui “gli Alleati concordano e le condizioni sono soddisfatte”.

 

Nelle more del processo che consentirà all’Ucraina la protezione dell’art.5 del Trattato NATO (o dall’art. 42.7 del Trattato UE) [1] , adeguate garanzie di sicurezza all’Ucraina verranno assicurate, in base accordi “specifici e a lungo termine”, in via bilaterale, dai Paesi del G7 (tutti membri della NATO, tranne il Giappone).   Questo almeno è quanto prevede l’ambiziosa dichiarazione concordata a Vilnius, che marca un nuovo passo nell’ampliamento del ruolo del G7, ed è stata particolarmente apprezzata dal Presidente ucraino. Resta da vedere come e quando saranno messi in pratica questi impegni. Non varia dunque lo schema prudentemente attivato con l’inizio dell’aggressione russa: evitare il coinvolgimento diretto della NATO nell’assistenza militare, privilegiando il canale bilaterale o formati diversi (G7, appunto, o Unione europea). Anche nei giorni immediatamente precedenti il vertice, non a caso, sono state annunciate una serie di iniziative bilaterali, sia per la fornitura di armamenti che per l’addestramento (in particolare il programma sugli F-16, promosso da Pasi Bassi e Danimarca).  

 

Sul fronte della difesa e deterrenza (che è sempre più il compito principale dell’Alleanza), i leader hanno anche approvato piani militari regionali, che descrivono in dettaglio le risposte dell'alleanza a possibili attacchi russi, anche non convenzionali. I piani prevedono l’assegnazione delle forze disponibili a specifiche regioni, articolate in tre blocchi: atlantico-europeo-artico, basato sul Joint Force Command di Norfolk; Europa centrale, con sede al JFC di Brunssum nei Paesi Bassi; Mediterraneo, Mar Nero e parte sud-orientale del territorio (JFC di Napoli). Ogni blocco stabilirà pianificazioni ed esercitazioni in modo autonomo, sempre però partecipando ai piani a livello di tutta l’Alleanza, se necessario. Si tratta di una misura che ha lo scopo di velocizzare le eventuali operazioni di dispiegamento e anche di responsabilizzare gli alleati sugli obbiettivi assegnati.  In questo modo, come sottolineato da Stoltemberg, "gli alleati sapranno esattamente quali forze e capacità sono necessarie, e anche dove, cosa e come dispiegarle".

 

Il vertice segna anche l’ingresso nell’Alleanza della Finlandia e alcuni progressi per l’adesione della Svezia, grazie alle aperture del presidente turco Erdogan (che, oltre allo sblocco dell’acquisizione di armamenti USA, ha chiesto anche di rilanciare il processo di adesione del suo paese all’Unione europea).  

      

La presenza di Australia, Nuova Zelanda e Corea del Sud, oltre al già citato Giappone, indica l’attenzione della NATO al quadrante Indo-pacifico e al confronto con la Cina. Il comunicato finale contiene però anche corposi riferimenti al Mediterraneo allargato e al Sahel, in vista di una riorganizzazione delle strategie NATO, da adottare però – si legge nelle conclusioni - solo nel vertice del prossimo anno a Washington.

 

Il vertice si è occupato anche dell’industria della difesa, a partire dalle carenze emerse nella produzione di armi e munizioni per tenere il passo delle richieste dell'Ucraina, senza sguarnire eccessivamente gli arsenali nazionali. A tal fine il vertice ha approvato un Piano d'azione per la produzione della difesa, ispirato ai principi di standardizzazione dei materiali e di interoperabilità, per coinvolgere maggiormente le piccole e medie imprese, incoraggiare la cooperazione multinazionale e semplificare il procurement.

 

Il comunicato contiene infine gli abituali riferimenti alla necessità di aumentare le spese per la difesa, “al almeno il 2%” del PIL, anche se- viene chiarito nel comunicato - in “molti casi” saranno necessari investimenti maggiori, per rimediare alle carenze esistenti e rispondere alle nuove sfide di sicurezza.

 

Gli esiti del vertice sono stati al centro della riunione del Consiglio Supremo di Difesa del 13 luglio scorso. Il Consiglio ha anche esaminato la situazione della guerra in Ucraina e “ha ribadito la ferma condanna dell’aggressione operata dalla Federazione Russa e il sostegno all’Ucraina nella sua difesa contro l’invasore”. “Il rispetto della libertà, della sovranità democratica, dell’integrità territoriale e dell’indipendenza degli Stati – prosegue il comunicato - sono valori fondanti dell’Unione europea e condizioni essenziali per l’ordine internazionale e la convivenza pacifica dei popoli. Il Consiglio è stato parimenti concorde sull’importanza di richiedere la massima attenzione verso le iniziative tendenti a individuare sentieri di dialogo tra le parti che permettano di giungere a una pace giusta e duratura, in conformità al diritto internazionale”.

 

 

 

 

 

Il programma del Vertice

 

A livello di Capi di Stato e di governo, il Consiglio Nato si è riunito in due diversi formati: prima (martedì 11) con la sola presenza degli Stati membri più la Svezia e poi (il giorno seguente) in un formato allargato (oltre che alla Svezia) anche ai partner dell’Indo-Pacifico (Australia, Nuova Zelanda, Giappone e Corea del sud) e all’Unione europea (rappresentata dai Presidenti di Commissione e Consiglio).  Mercoledì 12 luglio (dopo un evento riservato alle donne ministre degli esteri e della difesa), sempre a livello di Capi di Stato e di Governo si è anche svolto il neo-costituito Consiglio Nato-Ucraina, (sempre con la presenza della Svezia).

A Vilnius si sono anche tenute due  riunioni a livello ministeriale: una con  Ministri degli esteri, presieduta dal Vice Segretario Generale Nato  (e a cui hanno partecipato anche i ministri di Svezia, Bosnia-Erzegovina, Georgia, Moldavia, e il Vice Segretario Generale dell'Unione Europea per la Politica di Sicurezza e Difesa Comune); e l’altra per i Ministri della difesa, presieduta dal Segretario generale aggiunto per la politica e la pianificazione della difesa (su cui vedi infra), con la partecipazione  della sola  Svezia.

In parallelo al vertice governativo, negli stessi giorni a Vilnius si sono tenuti una serie di eventi collaterali, tra cui un Forum organizzato, in collaborazione con la Nato,  da alcuni think thank  europei e americani, in collaborazione con la Nato, con la partecipazione di studiosi e portatori di interessi, oltre che di esponenti politici e di governo (tra cui il ministro Tajani).

 

 

2.     Le conclusioni del vertice

 

Nel comunicato del summit, i Capi di Stato e di Governo dichiarano l’intento di affrontare questo momento critico per la sicurezza, la pace e la stabilità internazionali, restando uniti e solidali, riaffermando il duraturo legame transatlantico tra i Paesi membri. Viene ribadito il carattere difensivo dell’Alleanza, che rimane il fondamento della difesa collettiva e foro essenziale per le consultazioni e le decisioni in materia di sicurezza tra gli alleati.

Il testo completo delle conclusioni del Vertice di Vilnius è consultabile al seguente link.

La Dichiarazione ribadisce la propria condanna nei confronti della guerra di aggressione della Russia verso l'Ucraina, che rappresenta la minaccia più significativa e diretta alla sicurezza degli Alleati e alla pace e alla stabilità nell’area euro-atlantica. A tal riguardo si esortano tutti i Paesi a non fornire alcun tipo di assistenza all’aggressione russa.

Nel dettaglio al punto 5 della Dichiarazione, i Capi di Stato e di Governo affermano che la “Federazione Russa è la minaccia più significativa e diretta alla sicurezza degli Alleati e alla pace e alla stabilità nell’area euro-atlantica. Il terrorismo, in tutte le sue forme e manifestazioni, è la minaccia asimmetrica più diretta alla sicurezza dei nostri cittadini e alla pace e alla prosperità internazionali. Le minacce che dobbiamo affrontare sono globali e interconnesse”.

La NATO esprime, quindi, la massima solidarietà all’Ucraina a cui viene ribadito il sostegno all'indipendenza, alla sovranità e all'integrità territoriale all'interno dei suoi confini internazionalmente riconosciuti. Si sostiene il diritto all'autodifesa dell’Ucraina e si accolgono con favore gli sforzi di tutti gli alleati impegnati a fornire supporto al Paese aggredito.

A questo riguardo i Capi di Stato e di Governo dell’Alleanza annunciano che non verranno riconosciute le annessioni illegali e illegittime della Russia, compresa la Crimea e chiedono alla Russia di porre fine immediatamente alla guerra e di ritirare le proprie forze dall'Ucraina.

Si manifesta poi la disponibilità dell’Alleanza a mantenere aperti i canali di comunicazione con Mosca per gestire e mitigare i rischi, prevenire l’escalation e aumentare la trasparenza. Allo stesso tempo, si ribadisce l’impegno a valutare collegialmente le “implicazioni delle politiche e delle azioni della Russia per la sicurezza e a rispondere alle minacce e alle azioni ostili della Russia in modo unito e responsabile” (cfr. punto 19 del Documento).

Si riafferma l’impegno della NATO alla politica della “porta aperta” e si sottolinea il diritto di ciascun paese di scegliere le proprie disposizioni di sicurezza. "Siamo ansiosi di accogliere la Svezia come membro a pieno titolo dell’Alleanza e, a questo proposito, accogliamo con favore l’accordo raggiunto tra il Segretario Generale della NATO, il Presidente della Turchia e il Primo Ministro della Svezia”, affermano i Capi di Stato e di Governo dell’Alleanza al punto 4 del Comunicato. Con riferimento, poi, all’adesione alla NATO della Finlandia si afferma che tale adesione rende più sicura e più forte la NATO.

Con riferimento alla possibile adesione dell'Ucraina alla NATO nelle Conclusioni del Vertice si richiama l'impegno assunto nel 2008 durante il Summit di Bucarest nei confronti di questo Paese e si ribadisce che gli alleati sostengono “pienamente il diritto dell'Ucraina di scegliere le proprie disposizioni di sicurezza. Il futuro dell'Ucraina è nella NATO".

Nel dettaglio al punto 11 del Documento gli Alleati ribadiscono “l’impegno assunto al Vertice di Bucarest del 2008, secondo cui l’Ucraina diventerà membro della NATO”, e riconoscono che “il percorso dell’Ucraina verso la piena integrazione euro-atlantica è andato oltre la necessità del Piano d’azione per l’adesione. L’Ucraina è diventata sempre più interoperabile e politicamente integrata con l’Alleanza” si legge nella Dichiarazione “e ha compiuto progressi sostanziali nel suo percorso di riforme. In linea con la Carta del 1997 sul Partenariato Distintivo tra la NATO e l’Ucraina e con il Complemento del 2009”. Gli Alleati manifestano, altresì, la propria intenzione di voler continuare a sostenere ed esaminare i progressi dell’Ucraina in materia di interoperabilità e le ulteriori riforme democratiche e del settore della sicurezza necessarie. “I ministri degli Esteri della NATO valuteranno regolarmente i progressi attraverso il Programma nazionale annuale adattato”, si legge nel Documento e si ribadisce che “l’Alleanza sosterrà l’Ucraina nel realizzare queste riforme nel suo percorso verso la futura adesione. Saremo in grado di estendere all’Ucraina l’invito ad aderire all’Alleanza quando gli alleati saranno d’accordo e le condizioni saranno soddisfatte”.

Al fine di sostenere l’ulteriore integrazione dell’Ucraina nella NATO, il Documento dà conto della definizione di un pacchetto “sostanziale di sostegno politico e pratico ampliato” che prevede anche l’istituzione del Consiglio NATO-Ucraina, un nuovo organismo congiunto in cui gli Alleati e l’Ucraina siedono come membri paritari per promuovere il dialogo politico, l’impegno, la cooperazione e le aspirazioni euro-atlantiche dell’Ucraina all’adesione alla NATO. Il Consiglio prevede consultazioni, processi decisionali e attività congiunte e fungerà anche da meccanismo di consultazione in caso di crisi tra la NATO e l’Ucraina

I Capi di Stato e di Governo dell’Alleanza ribadiscono, poi, il continuo sostegno agli sforzi regionali alleati volti a sostenere la sicurezza, l’incolumità, la stabilità e la libertà di navigazione nella regione del Mar Nero. “Continueremo a monitorare e valutare gli sviluppi nella regione e a migliorare la nostra consapevolezza della situazione, con particolare attenzione alle minacce alla nostra sicurezza e alle potenziali opportunità di una più stretta cooperazione con i nostri partner nella regione”, si legge al punto 79 del Documento.

I Capi di Stato e di Governo esprimono, inoltre, la propria preoccupazione per l’incremento della presenza Russa e il suo potenziamento militare multidominio nelle regioni del Mar Baltico, del Mar Nero e del Mar Mediterraneo e per le sue significative capacità militari nell’Artico. “La postura più assertiva della Russia, le sue nuove capacità militari e le sue attività provocatorie, anche in prossimità dei confini della NATO, nonché le sue esercitazioni su larga scala senza preavviso e istantanee, continuano a minacciare la sicurezza dell’area euro-atlantica” si legge al punto 14 del Documento.

Altrettanto ferma è la condanna degli Alleati per “l’intenzione annunciata dalla Russia di dispiegare armi nucleari e sistemi a capacità nucleare sul territorio bielorusso, che dimostra ulteriormente come le ripetute azioni della Russia minino la stabilità strategica e la sicurezza complessiva dell’area euro-atlantica”.  A tal riguardo (al punto 16), gli Alleati ricordano “la dichiarazione congiunta dei leader dei cinque Stati dotati di armi nucleari rilasciata il 3 gennaio 2022 sulla prevenzione della guerra nucleare e la prevenzione delle corse agli armamenti” e si chiede “alla Russia di impegnarsi – con parole e fatti – a rispettare i principi sanciti in quella Dichiarazione.

Con riferimento al tema delle armi nucleari al punto 57 della Dichiarazione i Capi di Stato e di Governo dell’Alleanza condannano “con la massima fermezza i programmi di armi di distruzione di massa e di missili balistici della Repubblica Popolare Democratica di Corea, che violano molteplici risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite” e ribadiscono che  la Repubblica Popolare Democratica di Corea deve abbandonare le armi nucleari e i programmi nucleari esistenti, nonché qualsiasi altra arma di distruzione di massa e programma di missili balistici, in modo completo, verificabile e irreversibile”.

Per gli Alleati il Trattato di non proliferazione delle armi nucleari (TNP) rimane il baluardo essenziale contro la diffusione delle armi nucleari. “È la pietra angolare del regime globale di non proliferazione nucleare e dell’architettura del disarmo, l’unico percorso credibile per il disarmo nucleare e il quadro per la cooperazione internazionale nella condivisione degli usi pacifici dell’energia, della scienza e della tecnologia nucleare” si legge al punto 52 del Documento.

A sua volta i Capi di Stato e di Governo dichiarano che la NATO “adotterà tutte le misure necessarie per garantire la credibilità, l’efficacia, la sicurezza della missione di deterrenza nucleare”. A tal riguardo viene precisato che “ciò include la prosecuzione dell’ammodernamento della capacità nucleare della NATO e l’aggiornamento della pianificazione per aumentare la flessibilità e l’adattabilità delle forze nucleari dell’Alleanza, esercitando al contempo un forte controllo politico in ogni momento” (punto 45 del Documento). “La NATO” si legge al punto 46 del Documento “è pronta e in grado di scoraggiare l’aggressione e di gestire i rischi di escalation in una crisi che abbia una dimensione nucleare [2] .

Gli Alleati parlano anche della Cina, sottolineando come le ambizioni dichiarate e le politiche coercitive della Repubblica Popolare Cinese rappresentino una sfida per gli interessi, la sicurezza e i valori della NATO.  "Continueremo a essere aperti a un dialogo costruttivo con la Cina, inclusa una reciproca trasparenza" ribadiscono Capi di Stato e di Governo dell’Alleanza e si chiede alla Cina di condannare l'aggressione russa in qualità di membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, e di non fornire supporto militare alla Russia.

Si invita, inoltre, l’Iran a cessare il suo sostegno militare alla Russia, “in particolare il suo trasferimento di veicoli aerei senza equipaggio (UAV) che sono stati utilizzati per attaccare infrastrutture critiche, causando ampie vittime civili” e si esprime “seria preoccupazione per le attività malevole dell’Iran all’interno del territorio alleato” (cfr. punto 84 del Documento).

Si sottolinea, altresì, l’importanza strategica per la NATO della regione dell’Indo-Pacifico, dato che gli sviluppi in questa area possono influenzare direttamente la sicurezza euro-atlantica. “Accogliamo con favore il contributo dei nostri partner della regione Asia-Pacifico – Australia, Giappone, Nuova Zelanda e Repubblica di Corea – alla sicurezza nell’area euro-atlantica” si legge nel Documento “compreso il loro impegno a sostenere l’Ucraina” (cfr. punto 85 del Documento).

Si ribadisce il sostegno all’integrità territoriale e alla sovranità della Georgia e della Repubblica di Moldova all’interno dei confini internazionalmente riconosciuti. Si ribadisce, altresì, l’importanza strategica del Medio Oriente e dell’Africa e si conferma l’impegno della NATO nel sostegno all’Iraq e nella sua capacità di stabilizzare il Paese

Con riferimento al quadro generale delle minacce il documento illustra il compito di rafforzare in modo significativo la deterrenza e la difesa a lungo termine di tutti gli alleati in linea con un approccio a 360 gradi in tutti i domini terrestre, aereo, marittimo, informatico e spaziale e contro tutte le minacce e le sfide, di cui la lotta al terrorismo è parte integrante.

A questo scopo i Capi di Stato e di Governo dell’Alleanza riaffermano le decisioni assunte nel corso del vertice di Vertice di Madrid di mettere in campo forze aggiuntive robuste e pronte al combattimento sul fianco orientale della NATO, da affiancare agli attuali otto gruppi tattici multinazionali re si esprime apprezzamento per gli sforzi in corso da parte degli alleati per aumentare la loro presenza sul fianco orientale della NATO, che contribuisce ulteriormente a una deterrenza e una difesa credibili. “Tutte queste forze” si legge “dimostrano la nostra determinazione e la nostra disponibilità a difendere ogni centimetro del territorio alleato” cfr. punto 34 del Documento).

I Capi di Stato e di Governo dell’Alleanza concordano, inoltre, nell’obiettivo di migliorare ulteriormente la prontezza, la preparazione e l’interoperabilità della difesa aerea e missilistica integrata della NATO, in particolare attraverso l’addestramento regolare e la presenza a rotazione di moderni sistemi e capacità di difesa aerea in tutta l’area di responsabilità del SACEUR, con un’attenzione iniziale al fianco orientale.

Si ribadisce, inoltre, l’importanza di conseguire l’obiettivo del 2% delle spese per la difesa rispetto al PIL e l’impegno a investire almeno il 20% dei bilanci per la difesa in equipaggiamenti importanti, comprese le relative attività di ricerca e sviluppo (sul tema vedi infra).

L’Alleanza s’impegna anche a rafforzare la propria sicurezza energetica, ad aumentare la resilienza alle minacce informatiche e ibride migliorando l’interoperabilità e impiegando strumenti politici e militari in modo integrato.

Il documento ribadisce l’importanza fondamentale del rapporto NATO–UE (su cui vedi infra) e di una difesa europea più forte e più capace, che contribuisca positivamente alla sicurezza transatlantica e globale e sia complementare e interoperabile con la NATO.  Gli Alleati affermano, inoltre, convintamente l’impegno della NATO con altre organizzazioni internazionali e regionali, tra cui le Nazioni Unite, l’OSCE e l’Unione Africana

Il Documento si conclude affermando che con le decisioni assunte è stata fissata la direzione per il continuo adattamento dell'Alleanza alla mutata situazione internazionale, rimanendo la NATO l'Alleanza più forte della storia volta a salvaguardare la libertà e la sicurezza di tutti gli alleati, così come i valori democratici condivisi, ora e per le generazioni future.

 

3.     La dichiarazione congiunta del G7

 

A margine del vertice, i Paesi del G7 (compreso il Giappone, presente a Vilnius - come ricordato - insieme agli altri tre principali partner dell’Indopacifico)   hanno firmato una dichiarazione congiunta  in cui, tra l’altro:

 

-         si annuncia l’avvio di negoziati con l'Ucraina per formalizzare, attraverso impegni bilaterali, in conformità con i rispettivi principi costituzionali (in particolare quelli del Giappone), il sostegno duraturo all'Ucraina sia nella fase bellica che in quella della ricostruzione, favorendo il suo processo di integrazione nella comunità euro-atlantica (quest’ultimo punto è stato rimarcato dal presidente Zelensky, nel corso della sua conferenza stampa a Vilnius);  

-         si afferma l’impegno di ciascun Paese a definire con l'Ucraina accordi di sicurezza specifici, bilaterali e a lungo termine, per garantirle capacità di difendersi dall’aggressione attuale e scoraggiare eventuali aggressioni future;

-         si sottolinea che il sostegno dei Paesi del G7 prevede la fornitura continua di assistenza alla sicurezza e attrezzature militari; dando priorità alla difesa aerea, all'artiglieria, ai veicoli corazzati e al combattimento aereo, e promuovendo una maggiore interoperabilità con i partner euro-atlantici;

-         si afferma l’impegno a collaborare con l’Ucraina per lo sviluppo della sua base industriale della difesa; a svolgere attività di addestramento; a condividere l'intelligence e cooperare nella ciber-difesa.

 

Oltre a questi aspetti marcatamente di difesa e sicurezza, la dichiarazione rinnova gli impegni assunti anche in precedenti occasioni: 

 

-         a rafforzare la stabilità economica, la ricostruzione e la ripresa dell'Ucraina, compresa la sua sicurezza energetica;

-         a fornire supporto tecnico e finanziario a Kyiv sia per le esigenze immediate che per attuare il programma di riforme necessario per il percorso euro-atlantico;

-         a chiedere conto dei responsabili di crimini di guerra e altri crimini internazionali commessi in e contro l'Ucraina, compresi quelli che comportano attacchi a infrastrutture civili critiche, anche sostenendo gli sforzi dei meccanismi internazionali, come la Corte penale internazionale;

-         a istituire un meccanismo internazionale per la riparazione dei danni e delle perdite causate dall'aggressione russa, mantenendo comunque gli assetti pubblici russi congelati fino all’indennizzo dei danni.

 

In caso di futuro attacco armato russo, inoltre, i Paesi G7 si impegnano a consultarsi immediatamente con l'Ucraina per determinare i passi successivi appropriati, compresa l’assistenza militare e le sanzioni economiche, valutando insieme le esigenze ucraine per meglio esercitare il suo diritto all'autodifesa, sancito dall'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite.

 

Da parte sua, l'Ucraina si impegna a:

 

-       rafforzare le misure di trasparenza e responsabilità per la gestione delle misure di assistenza;

-       proseguire l'attuazione delle riforme del sistema giudiziario (in particolare la lotta alla corruzione) e del settore della sicurezza, rafforzando stato di diritto, rispetto dei diritti umani e libertà dei media;

-       promuovere le riforme e la modernizzazione della difesa, anche rafforzando il controllo democratico delle forze armate e migliorando l'efficienza e la trasparenza dell’industria della difesa.

 

4. La Nato e l’Ucraina

 

Il dialogo e la cooperazione con la NATO sono iniziati quando l'Ucraina, di recente indipendenza, ha aderito al Consiglio di cooperazione del Nord Atlantico (1991) e, poi, al programma Partenariato per la pace (1994). Le relazioni si sono rafforzate con la firma, nel 1997, della Carta per un Partenariato distintivo, che ha istituito la Commissione NATO-Ucraina (NUC), incaricata di supervisionare il processo di integrazione euro-atlantica, comprese le riforme nell'ambito del programma nazionale annuale. Nel 1998, nell’ambito della NUC, è stato istituito il Gruppo di lavoro congiunto NATO-Ucraina sulla riforma della difesa (JWGDR), con il compito di promuovere la cooperazione nel settore del controllo democratico delle forze armate e di sicurezza, della pianificazione della difesa, e dello sviluppo di strategie di sicurezza nazionale. Dal 2004 è attivo anche il Gruppo di lavoro sulla cooperazione tecnica della difesa (JWGDTC), che opera nello sviluppo delle capacità, nella logistica, nei processi di approvvigionamento e nello sviluppo di standard tecnici.  Al vertice di Bucarest nel 2008, gli Alleati hanno affermato che l'Ucraina (come la Georgia, che aveva appena subito l’aggressione russa) sarebbe diventata nel futuro membro, senza però offrire un vero invito o una tempistica definita. Nel 2009 l’accordo di partenariato del ’97 è stato rafforzato.

 

Il processo di avvicinamento alla NATO è stato interrotto dopo le elezioni ucraine   del 2010, che avevano portato alla presidenza Viktor Yanukovich. La questione rimase in sospeso con il nuovo governo ad interim installatosi a seguito degli eventi di Eromaiden e alla fuga di Yanukovich a Mosca. L’approfondimento delle relazioni con la NATO è diventato di nuovo priorità del nuovo governo insediatosi con le elezioni dell’ottobre 2014.

 

Dopo l’annessione russa della Crimea e la costituzione delle sedicenti repubbliche indipendenti nel Donbass, la NATO ha potenziato i programmi di cooperazione esistenti e ne ha sviluppati di nuovi, allo scopo di rafforzare la capacità dell'Ucraina di provvedere alla propria sicurezza. Dal 2014 sono stati avviati una serie di trust funds per finanziare lo sviluppo delle capacità ucraine in settori come il comando e controllo, la sanitò militare e le comunicazioni.  Nel vertice di Varsavia, nel luglio 2016, le misure esistenti sono state rafforzate e incluse in un Pacchetto di assistenza globale (CAP).  Nel 2019 nella Costituzione dell'Ucraina è stato introdotto il principio della “irreversibilità della scelta europea ed euro-atlantica” del Paese.  Nel giugno 2020, l'Ucraina è diventata un Enhanced Opportunity Partner (EOP), status offerto ai partecipanti all'Iniziativa per l'interoperabilità del partenariato, che hanno dato contributi particolarmente significativi alle operazioni e agli obiettivi dell'Alleanza (lo sono anche Australia, Georgia, Giordania e - fino alla prossima adesione - Svezia). Nel settembre 2020 Kyiv ha approvato la sua nuova strategia di sicurezza nazionale, che prevede lo sviluppo del partenariato distintivo con la NATO, con l'obiettivo dell'adesione. Nel frattempo l’Ucraina ha partecipato ad un serie di altre iniziative e programmi dell’alleanza.

 

L'Ucraina ha anche contribuito ad una serie di operazioni della NATO in diversi quadranti geografici, a cominciare dalle attività a sostegno della pace in Bosnia-Erzegovina e alla missione KFOR in Kosovo. In Afghanistan ha fornito personale medico e istruttori per la missione ISAF e, poi, per Resolute Support.  Dal marzo 2005 ha contribuito con ufficiali alla missione di addestramento in Iraq; ha schierato navi a sostegno dell'operazione antiterrorismo Active Endeavour nel Mediterraneo e poi ha contribuito alle operazioni Ocean Shield e Sea Guardian.

 

5. Il processo di adesione alla NATO e l’allargamento all’Europa orientale

 

Secondo l’art.10 del Trattato, “Le parti possono, con accordo unanime, invitare ad aderire a questo Trattato ogni altro Stato europeo in grado di favorire lo sviluppo dei principi del presente Trattato e di contribuire alla sicurezza della regione dell’Atlantico settentrionale”.

 

 La prima delle cinque fasi necessarie per giungere alla definitiva ammissione di nuovi Paesi nell’Alleanza consiste nello svolgimento di negoziati con ciascun Paese che sia stato formalmente invitato ad aderire. I colloqui tra esperti della NATO e rappresentanti dei Paesi invitati riguardano in primo luogo gli obblighi formali derivanti dallo status di membro dell’Alleanza. Vengono inoltre discussi temi specifici e, in particolare, le riforme che dovranno essere attuate dai singoli Paesi sia prima che dopo la loro ammissione sulla base di un calendario predisposto al termine del ciclo di incontri. Nella seconda fase i Paesi invitati trasmettono alla NATO una lettera di intenti in cui confermano l’interesse, la volontà e la capacità di rispettare gli obblighi e gli impegni politici, giuridici e militari che comporta l’adesione alla NATO. Nella terza fase si procede alla firma dei Protocolli di accesso che, tecnicamente, rappresentano degli emendamenti al Trattato istitutivo del 1949. Essi dovranno poi essere ratificati da tutti gli Stati membri dell’Alleanza in conformità a quanto prescritto dalle rispettive procedure interne. Completata la fase delle ratifiche (quarta fase), il Segretario Generale della NATO rivolge ai Paesi invitato l’invito formale a divenire parte del Trattato Nord Atlantico e membri dell’Organizzazione. La procedura di adesione si conclude con la fase in cui ciascun nuovo membro dell’Alleanza deposita il proprio strumento di accesso presso il governo USA.

 

Il processo di allargamento della NATO all’Europa orientale ha avuto inizio con l’adozione della Nuova Concezione Strategica (novembre 1991, vertice di Roma).  Nell'ambito del nuovo contesto post-guerra fredda è stato istituito il Consiglio di cooperazione dell'Atlantico del Nord (NACC), un foro multilaterale e sede istituzionale al dialogo con i Paesi dell'Europa centro-orientale e dell'ex Unione sovietica. Tre anni più tardi, a Bruxelles, è stato lanciato il programma Partnership for Peace (PfP), finalizzato ad intensificare la cooperazione politica e militare con i singoli partner. Nel 1995 l’approvazione del documento denominato “Studio sull’allargamento della NATO”, che enuncia i principi su cui si baseranno i successivi allargamenti, segna il rilancio della “Open Door policy” dell’Alleanza.

 

Nel vertice di Washington del 1999 è stato definito il meccanismo del Membership Action Plan (MAP) per definire una roadmap individuale per i Paesi aspiranti all’adesione, sulla base dell’esperienza maturata per preparare il primo allargamento, conclusosi in quell’anno con l’ingresso di Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia.

 

Il MAP prevede la stipula di programma annuali di progresso sulla base di una serie di indicatori relativi sia alla pianificazione militare che a settori ad essa collegati (stato di diritto, contributi alla difesa e alle operazioni dell’Alleanza; disponibilità a risolvere controversie territoriali con mezzi pacifici, controllo politico sulle scelte militari, trasparenza, procurement, ecc.). Il processo prevede consulenza sia politica che tecnica, da parte di esperti civili e miliari della Nato e degli Stati membri, nonché incontri annuali con i Paesi aspiranti.  La NATO valuta i progressi compiuti e una volta che i membri concordano che un paese soddisfa i requisiti, la NATO può inviare a quel paese un invito ad avviare i colloqui di adesione. I piani d’azione hanno contribuito a preparare i sette paesi che hanno aderito alla NATO nel secondo ciclo di allargamento, nel 2004 (Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia e Slovenia), nonché l'Albania e la Croazia, che hanno aderito ad aprile 2009. Il Montenegro, che ha aderito al MAP nel dicembre 2009, è diventato membro dell'Alleanza nel giugno 2017. La Repubblica di Macedonia del Nord, che partecipa al MAP dal 1999, è entrata a far parte della NATO nel marzo 2020. Il processo coinvolge attualmente la Bosnia-Erzegovina, che è stata ammessa al MAP nel 2010. La situazione di questo Paese è particolare, perché nel suo territorio opera l’operazione congiunta UE/NATO, EUFOR Althea (su cui vedi infra).

 

6. Il rafforzamento dei dispositivi militari sul fianco est dell'Alleanza

 

A seguito dell'aggressione russa all'Ucraina dal febbraio 2022, le mutate condizioni di sicurezza ad Est hanno spinto i Paesi membri dell'Alleanza a decidere un progressivo rafforzamento della postura di deterrenza e difesa sul fianco orientale, nei domini terrestre, aereo e marittimo.

L'Italia partecipa alle ulteriori misure di rafforzamento della deterrenza e difesa offrendo un contributo particolarmente qualificato alle c.d. Enhanced Vigilance Activities, ovvero gli ulteriori dispositivi Alleati che, su base rotazionale e sul modello della Enhanced Forward Presence, sono stati dispiegati in Bulgaria, Ungheria, Slovacchia e Romania, ricoprendo il ruolo di Nazione Quadro (Framework Nation) in Bulgaria dall'ottobre 2022 e fornendo uomini e mezzi a quello in Ungheria. L'Italia partecipa inoltre in maniera estensiva alle operazioni di Enhanced Air Policing nello spazio aereo alleato, coprendo – sempre su base rotazionale – un'area che va dall'estremo nord ai Balcani, passando per l'intero fronte orientale. Si ricorda infine che, a seguito dell'attivazione dei piani difensivi dell'Alleanza per il fianco orientale, nel 2022 era stata decisa in ambito NATO la mobilitazione delle forze ad alta prontezza previste nel quadro della cd. "Very High Readiness Joint Task Force" (VJTF), cui l'Italia ha assicurato uno specifico contributo.

 

Nel 2023, sulla base della deliberazione del Consiglio dei ministri del 1° maggio 2023 (per approfondimenti sull’iter parlamentare si veda il relativo tema dell’attività parlamentare), l’Italia partecipa alle 5 missioni NATO sul fianco orientale dell’Alleanza con una presenza massima autorizzata di personale militare di 3.402 unità e una spesa di 314,4 milioni di euro, oltre a mezzi navali, terrestri e aerei.

 

La seguente infografica riepiloga le missioni a partecipazione italiana sul fianco orientale dell'Europa, ovvero 5 missioni NATO e la nuova missione civile UE EUMAM Ucraina.

 


 

7. Il bilancio della difesa in ambito Nato

 

Il "burden sharing"

 

La tematica del burden sharing, ovvero del rispetto degli impegni assunti in occasione del Summit NATO tra Capi di Stato e di Governo, svoltosi in Galles nel settembre 2014, poi ribaditi a Varsavia nel 2016 con il cosiddetto Defence Investment Pledge (DIP), continua a rappresentare una delle questioni politiche centrali del dibattito che si sviluppa in seno all'Alleanza Atlantica.

 

Il Burden sharing richiede, infatti, lo sforzo di ciascuna Nazione Alleata a tendere, entro il 2024, al raggiungimento dei seguenti obiettivi (cd. "le tre C"):

 

Per verificare il raggiungimento dei primi due obiettivi, la Difesa è chiamata a fornire annualmente alla NATO i dati finanziari che rappresentano il proprio bilancio (cd. "Bilancio della Difesa in chiave NATO") elaborato in base a parametri e criteri indicati dall'Alleanza, affinché i dati siano omogenei e quindi comparabili con quelli di tutti i Paesi appartenenti all'Alleanza stessa, nell'ambito della NATO Defence Planning Capability Survey (ossia un questionario con cui la NATO chiede ai Paesi di fornire risposta circa le attività di Policy, sviluppo capacitivo e pianificazione finanziaria associata al conseguimento dei capability target assegnati ai Paesi).

 

Per quanto attiene il complessivo volume finanziario da prendere a riferimento, il bilancio integrato in chiave NATO si discosta dal bilancio integrato della Difesa in quanto, rispetto a quest'ultimo:

 

Si ricorda che del bilancio integrato, sia in chiave NATO che della Difesa, fanno parte:

 

Il rapporto tra spese militari e PIL

 

In relazione all'obiettivo della quota 2% del Pil in spesa per la difesa, i Paesi che secondo le prime stime NATO (report del 7 luglio 2023) riferite al 2023 hanno raggiunto questa soglia sono undici (su 30).

Oltre agli Stati Uniti (3,49%), sono in linea con l'obiettivo del 2% la Polonia (3,9%), la Grecia (3,01%), l’Estonia (2,73%), la Lituania (2,54%), la Finlandia (2,45%), la Romania (2,44%), l’Ungheria (2,43%), la Lettonia (2,27%), il Regno Unito (2,07%) e la Slovacchia (2,03%).

Nel 2022 hanno raggiunto questa soglia sette Paesi e nel 2021 otto.

 

Secondo il richiamato report NATO, il rapporto tra spese militari e PIL in Italia nel 2023 è pari all'1,46% del PIL (cfr. infra grafico n. 1). Nel 2022 il rapporto era dell'1,51%.

 

Si segnala che la richiamata percentuale contenuta nel report della Nato non è comparabile con analoghe valutazioni svolte in ambito nazionale, europeo ed internazionale e ciò in quanto, come evidenziato anche nel Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa relativo al periodo 2022/2024, il complessivo volume finanziario preso in considerazione in ambito NATO (ovvero il cosiddetto budget della Difesa in chiave NATO) viene individuato sulla base di parametri e criteri propri dell'Alleanza, affinché, nell'ambito della c.d. Defence Planning Capability Survey, i dati finali siano omogenei e quindi comparabili con quelli di tutti i Paesi appartenenti all'Alleanza stessa.

In tal senso anche la Corte dei Conti nell'ultima Relazione sul rendiconto generale dello Stato 2022, Vol. II (cfr. pag. 177), quando afferma che "ogni anno l'Italia, quale paese dell'Alleanza Atlantica, deve fornire secondo format standardizzati i propri dati finanziari, secondo criteri che vengono indicati perché gli stessi siano comparabili con i dati delle altre Nazioni".

 

Il grafico che segue mostra la serie storica 2014-2022 del rapporto tra spese militari e PIL in Italia in relazione all'obiettivo NATO del 2%.

 


 

Grafico 1: Spese per la difesa in percentuale del PIL in Italia (2014-2023)

Nota: dati 2023 stimati. Fonte: elaborazione Servizio Studi - Dipartimento Difesa su dati tratti dal database pubblicato sul rapporto NATO Defence Expenditure of NATO Countries (2014-2023)- 7 luglio 2023.

 

Il grafico che segue riporta le percentuali delle spese militari sul PIL nei paesi NATO nel 2014 e nel 2023.

 

Grafico 2: Spese per la difesa in percentuale del PIL

Nota: dati 2023 stimati. Fonte: Defence Expenditure of NATO Countries (2014-2023)- 7 luglio 2023.

 

 

Il rapporto tra spese militari e investimenti

 

Con riferimento alla quota del Budget della Difesa destinata in Italia agli investimenti, il report NATO del 7 luglio 2023 stima per l'anno 2023 una percentuale del 23%, superiore al parametro del 20% fissato in occasione del richiamato Summit Nato del 2014 in relazione alla quota del budget della Difesa da destinare agli investimenti ("capabilities").

 

 

Grafico 3: Spese per investimenti in percentuale delle spese per la difesa

Nota: dati 2023 stimati. Fonte: Defence Expenditure of NATO Countries (2014-2023)- 7 luglio 2023.

 

 

Con riferimento alla ripartizione della spesa per la difesa, dalle stime contenute nel report NATO del 7 luglio 2023 emerge che l'Italia destina alla spesa per il personale militare il 60,7% del totale della spesa militare nel 2023, in diminuzione rispetto alla percentuale del 62% del 2022. Le categorie nelle quali la NATO suddivide le spese per la difesa dei vari paesi sono riportate nel grafico seguente.


 

Grafico 4: Spesa totale per la difesa suddivisa in categorie (in %) nel 2023

Nota: dati 2023 stimati. Fonte: Defence Expenditure of NATO Countries (2014-2023)- 7 luglio 2023, ove si trovano anche le specifiche delle singole voci.

 

I contributi operativi

 

Per quanto concerne infine i contributi operativi ("contributions"), nel 2023 le Forze Armate italiane partecipano a 9 missioni della NATO, con una presenza massima autorizzata dal Parlamento di 5.200 unità e un finanziamento di 463,5 milioni di euro.

 

 

 

 

Nello specifico si tratta delle seguenti missioni:


 

 

Fonte: elaborazione su dati tratti dalla deliberazione del Consiglio dei ministri del 1° maggio 2023 (per approfondimenti si veda il relativo tema dell’attività parlamentare).

 

In via generale si ricorda che i Paesi membri della NATO forniscono contributi diretti e indiretti ai costi di gestione della NATO e di attuazione delle sue politiche e attività.

I contributi indiretti - o nazionali - sono i più consistenti e riguardano, ad esempio, la volontaria messa a disposizione di attrezzature o truppe in un'operazione militare da parte di un paese.

I contributi diretti servono per finanziare le operazioni dell'Alleanza come i sistemi di difesa aerea o di comando e controllo della NATO, i cui costi sono sostenuti collettivamente, spesso utilizzando il principio del finanziamento comune, nell'ambito del quale i membri dell'Alleanza contribuiscono secondo una formula basata sul reddito nazionale lordo.

 

 

 

 

Secondo i dati NATO, nel periodo dal 4 aprile 2023 al 31 dicembre 2024 la ripartizione dei costi tra i paesi membri è la seguente:


 

Fonte: Funding NATO , Cost share arrangements for civil budget, military budget and NATO Security Investment Programme (giugno 2023).

 

8.Le posizioni di vertice della struttura NATO

 

Il vertice di Vilnius ha anche formalizzato la decisione, concordata da qualche settimana, di estendere di un ulteriore anno il mandato dell’attuale Segretario generale. L’incarico del norvegese Stoltemberg, assunto nell’ottobre del 2014, e già esteso lo scorso anno, scadrà dunque il 30 settembre 2024. Il vice Segretario generale è l’ex ministro degli esteri rumeno, Mircea Geoan?.

In precedenza, il ruolo di Segretario generale era stato ricoperto per cinque anni ciascuno dal danese Rasmussen, dall’olandese de Hoop Sheffer e dal britannico Robertson. L’ultimo esponente di un Paese mediterraneo ad assumere tale ruolo è stato lo spagnolo Solana, dal 1995 al 1999.

Nell’ultimo anno ci sono stati alcuni importanti avvicendamenti nella struttura di vertice dell’organizzazione, in particolare per quanto riguarda la figura di Assistant Secretary general (ASG). Il funzionario americano (ed ex ufficiale) Tom Goffus è stato nominato ASG per “Operations”; il diplomatico britannico Angus Lapsey per “Defence Policy and Planning”, e la diplomatica canadese Wendy Gilmour per “Defence Investments”. Si tratta di tre portafogli politico-militari di peso, assegnati a Paesi anglosassoni. Completano la squadra degli Assistant Secretary General, alcuni dei quali sono in scadenza, quelli per “Intelligence and Security” (americano), “Political Affairs and Security Policy” (tedesca), “Emerging Security Challenges” (olandese) e “Public Diplomacy” (lettone).

L’unico ASG proveniente da un Paese del Mediterraneo è il manager italiano Carlo Borghini, nominato nel febbraio 2023 per “Executive Management”, con la responsabilità della gestione dei quartier generali NATO. Altra presenza italiana è quella di   Irene Fellin, che dal 2021 è Special Representative del Segretario generale per “Donne, pace e sicurezza. 

 

Tra il 1958 e il 2012, con la sola interruzione tra il 1981 e il 1984, l’Italia è stata sempre rappresentata ai massimi vertici politici dell’Alleanza: Manlio Brosio è stato Segretario generale dal 1964 al 1971; per il restante periodo l’Italia ha sempre ricoperto la carica di vice Segretario Generale (Deputy Secretary general) [3] .

 

Lo scorso 30 maggio il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, ha annunciato la candidatura dell’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone (attuale Capo di Stato maggiore della difesa) alla guida del Comitato Militare della Nato.

L’attuale Chair è l’ammiraglio Rob Bauer (Paesi Bassi), che ha assunto le sue funzioni nel giugno del 2021, ed è in scadenza. La scelta del suo successore dovrebbe essere decisa entro la prossima riunione del Comitato a livello di Capi di Stato maggiore, prevista il 15 e 16 settembre. L’estensione del mandato di Stoltemberg potrebbe spingere a prolungare anche l’incarico di Bauer. Oltre a quella di Cavo Dragone, la candidatura più accreditata sembra essere quella del suo omologo polacco.  

 

Il Presidente del Comitato è scelto per tre anni tra i Capi di Stato maggiore dei Paesi membri (o funzione equivalente), con esclusione, per prassi, di quello statunitense. L’Italia ha già riporto questo incarico nel 1956/57 (quando aveva una diversa denominazione) con il generale Giuseppe Mancinelli, nel 1999-2002, con l’ammiraglio Guido Venturoni, e infine nel 2008-2011, con l’ammiraglio Giampaolo Di Paola.

 

 

 

9. Il concetto strategico della NATO del 2022

 

Nel corso del summit NATO di Madrid del 29 giugno 2022 è stato approvato il nuovo concetto strategico dell'Alleanza.

Il nuovo Concetto strategico definisce una visione condivisa delle minacce, delle sfide e delle opportunità che la NATO si trova ad affrontare, posizionando l'Alleanza in modo da continuare ad adattarsi ai cambiamenti in un mondo più pericoloso e competitivo.

Si tratta dell'ottavo concetto strategico dalla fondazione della NATO nel 1949, il quarto reso pubblico, dopo quelli del 1991,1999 e 2010.

Il Nuovo concetto strategico della NATO è un documento di orientamento politico-strategico chiamato a delineare finalità e compiti operativi dell’organizzazione su base decennale. La primo Concetto Strategico è nata immediatamente dopo il crollo del blocco Sovietico, nel novembre 1991, a Roma, in occasione del vertice dei Capi di Stato e Governo dell’Alleanza. Il documento enunciava un insieme coerente di principi politici e militari della dottrina NATO, e si proponeva di lanciare un approccio più ampio alla sicurezza, basato sul dialogo e la cooperazione, cercando il confronto con i Paesi dell’Europa centro-orientale e dell’ex Unione Sovietica. La seconda versione (il primo Nuovo concetto strategico) è stata invece approvata al vertice di Washington del 23-25 aprile 1999. Il testo rifletteva il mutato scenario della sicurezza Euro-Atlantica, con l’intento di regolare la politica della sicurezza e della difesa dell’Alleanza, i suoi concetti operativi, l’assetto delle sue forze convenzionali e nucleari, e le disposizioni della sua difesa collettiva. Nel corso del vertice dei Capi di Stato e di Governo dell’Alleanza tenutosi a Lisbona il 19 e il 20 novembre 2010 è stato definito un ulteriore nuovo concetto strategico.  Con questo documento la NATO ha reinterpretato il suo testo base – il Trattato di Washington del 1949 – alla luce dello scenario geopolitico del XXI secolo.

Il Concetto strategico NATO 2022, adottato nel corso del richiamato Vertice di Madrid è un documento fondamentale per l'Alleanza, poiché riafferma i valori e le finalità dell’Alleanza partendo dalla valutazione dell'ambito di sicurezza in cui si trova a operare, guidandone l'adattamento strategico ai mutamenti della situazione internazionale e il suo futuro sviluppo politico e militare.

Una delle principali differenze tra il Concetto strategico del 2022 al documento strategico del 2010, è l’affermazione che la NATO non considera più Mosca come un potenziale partner, ma al contrario come la minaccia più diretta nei confronti della sicurezza dei Paesi alleati e della pace e stabilità dell’area Euro-atlantica.

Inoltre il nuovo Concetto strategico mette al centro dell’attenzione la tecnologia, promuovendo gli investimenti nell’innovazione, in modo da poter assicurare anche in futuro la supremazia tecnologica delle forze NATO.

La sicurezza euro-atlantica è stata compromessa dalla concorrenza strategica, dall'instabilità pervasiva e dal venire meno della situazione di pace in Europa a causa della brutale guerra di aggressione contro l'Ucraina da parte della Federazione russa che ha violato le norme e i principi che avevano contribuito a creare un ordine di sicurezza europeo stabile e prevedibile, rappresentando la minaccia più significativa e diretta per la sicurezza degli alleati, per la pace e la stabilità nella zona euro-atlantica.

Anche le ambizioni dichiarate dalla Cina e le sue politiche coercitive mettono in discussione gli interessi, la sicurezza e i valori degli alleati che sono chiamati a collaborare per affrontare le sfide sistemiche poste da Pechino alla sicurezza euro-atlantica; un sostanziale cambiamento rispetto a quanto veniva affermato nel precedente documento del 2010.

La Cina è citata per la prima volta nella storia del Concetto Strategico NATO quale “sfida ai nostri interessi, sicurezza e valori”.

Le ambizioni e le politiche coercitive di Pechino sfidano i nostri interessi, la nostra sicurezza e i nostri valori”, si legge nel documento che parla esplicitamente delle “dannose operazioni ibride e informatiche” e della “disinformazione” della Repubblica Popolare cinese nei confronti degli alleati. Per la NATO, Pechino vuole “sovvertire l’ordine internazionale”, anche tramite la partnership strategica con la Federazione russa.

Il paragrafo riguardante la Cina si conclude con l’apertura della NATO ad “un impegno costruttivo con la Repubblica popolare, anche per costruire la trasparenza reciproca”, anche se si sottolinea come gli alleati si proteggeranno “dagli sforzi della Cina di dividere la NATO”. Non si è fatta attendere la reazione di Pechino, che ha replicato duramente accusando a sua volta l’Alleanza di rappresentare una minaccia per la stabilità mondiale e di essere un’organizzazione che scatena guerre in giro per il mondo.

Il terrorismo rimane una minaccia persistente ed è la minaccia asimmetrica più diretta per la sicurezza dei cittadini dei Paesi membri.

Il Patto atlantico si trova inoltre di fronte a una serie di altre minacce e sfide globali e interconnesse, tra cui i cambiamenti climatici, le tecnologie emergenti e dirompenti e l'erosione dell'architettura del controllo degli armamenti, del disarmo e della non proliferazione.

La principale finalità e responsabilità della NATO è garantire la difesa collettiva degli alleati, che si fonda sull'articolo 5 del Trattato del Nord Atlantico, di cui potrebbe avvalersi il Consiglio Atlantico in risposta ad un attacco armato; ma anche per reagire ad un insieme unico o cumulativo di attività informatiche dolose, operazioni ostili verso, da e all'interno dello spazio, operazioni ibride contro gli alleati potrebbero raggiungere il livello di attacchi armati e indurre il Consiglio atlantico ad invocare l'articolo 5.

 

La NATO svolge tre compiti fondamentali: deterrenza e difesa; prevenzione e gestione delle crisi e sicurezza cooperativa. Questi tre compiti fondamentali sono complementari ed essenziali per garantire la difesa collettiva e dei singoli alleati. Garantire la resilienza nazionale e collettiva, rafforzare il vantaggio tecnologico dell'Alleanza e integrare pienamente i cambiamenti climatici, la sicurezza umana e l'agenda sulle donne, la pace e la sicurezza in tutte le attività della NATO rientra nell'adempimento dei citati tre compiti principali dell'Alleanza.

L’Alleanza collabora con nazioni e organizzazioni che condividono i suoi valori e interessi per difendere l'ordine basato sulle norme internazionali. L'Unione europea è un partner unico ed essenziale della NATO nel sostenere la pace e la sicurezza internazionali. L'Alleanza aiuta inoltre i partner a rafforzare e migliorare la propria sicurezza attraverso programmi di sviluppo delle capacità di difesa. L'allargamento della NATO è stato un successo storico e la sua porta rimane aperta alle democrazie europee che vogliono e possono contribuire alla sicurezza collettiva.

La resilienza è alla base di tutti e tre i compiti fondamentali dell’Alleanza. La NATO perseguirà un approccio più solido, integrato e coerente allo sviluppo della resilienza nazionale e a livello di alleanze. La resilienza è una responsabilità nazionale e un impegno collettivo. Le vulnerabilità e le dipendenze strategiche, anche nelle infrastrutture critiche, nelle catene di approvvigionamento e nei sistemi sanitari, possono diventare rischi per la sicurezza.

Gli alleati sono chiamati a collaborare per individuare e attenuare tali vulnerabilità, migliorare la loro sicurezza energetica, investire nella preparazione civile e rafforzare la loro capacità di reagire e riprendersi da eventuali shock o perturbazioni strategiche.

Come accennato, benché deterrenza e difesa collettiva siano stati riaffermati come gli scopi prioritari dell’Alleanza, nel nuovo Concetto strategico viene ribadito l’impegno verso la prevenzione e la gestione delle crisi, dando un risalto significativo all’importanza di salvaguardare la sicurezza e la stabilità in Medio oriente, Nord Africa e Sahel, anche se nell’attuale situazione di guerra in Europa e di crescenti tensioni con la Cina il ruolo del fianco meridionale, fondamentale per il nostro Paese, appare meno prioritario.

 

10. La cooperazione NATO-Unione europea

 

Le conclusioni del Vertice citano in diverse parti l’Unione europea (“a unique and essential partner”) e dedicano due paragrafi specifici alla cooperazione tra le due organizzazioni. 

 

 

 

Il documento, in particolare:

 

-       rileva che nel contesto della guerra di aggressione della Russia la cooperazione è diventata più significativa, e le due organizzazioni hanno dimostrato in modo inequivocabile unità di intenti e determinazione comune nel far leva sui rispettivi ruoli, che si rafforzano a vicenda;

-       riconosce il valore di una difesa europea più forte e più capace, complementare e interoperabile con la NATO (difesa europea in cui si auspica “il più completo coinvolgimento” degli alleati non UE;

-       sottolinea i risultati tangibili nella lotta alla disinformazione, nel contrasto alle minacce ibride e informatiche, nelle capacità di difesa, nell'industria e nella ricerca della difesa, nell'antiterrorismo;

-       rileva che la cooperazione si sta estendendo a resilienza, protezione delle infrastrutture critiche, tecnologie emergenti, spazio, implicazioni per la sicurezza dei cambiamenti climatici e concorrenza geostrategica;

-       sottolinea che NATO e UE continueranno ad affrontare le sfide sistemiche poste dalla Cina alla sicurezza euro-atlantica.

Il 10 gennaio 2023 le due organizzazioni hanno approvato la loro Terza dichiarazione congiunta (dopo quelle del 2016 e del 2028). Nonostante il lungo processo negoziale, il documento non contiene però novità significative (se si escludono i riferimenti alla Cina e alla manipolazione delle informazioni). 

 

La dichiarazione, tra l’altro: riafferma il partenariato strategico NATO-UE, fondato su valori condivisi; condanna con fermezza l'aggressione della Russia, esprimendo  il  sostegno all'indipendenza, sovranità e integrità territoriale dell’Ucraina; rileva che “attori autoritari” sfidano gli interessi e   i valori democratici con mezzi politici, economici, tecnologici e militari, e che   la crescente assertività e le politiche della Cina pongono sfide da affrontare; riconosce il valore di una difesa europea più forte e più capace, complementare alla NATO e interoperabile con essa; impegna le parti a estendere la cooperazione   a nuovi settori,  come la  protezione delle infrastrutture critiche, le tecnologie emergenti, lo spazio, la manipolazione delle informazioni e le ingerenze da parte di attori stranieri; invita gli alleati alla NATO che non sono membri dell'UE a partecipare il più possibile alle iniziative di quest'ultima e viceversa.

 

Proprio in relazione ai nuovi settori di cooperazione citati anche nella dichiarazione di Vilnius,  il 29 giugno 2023 è stato pubblicato il Rapporto sulla protezione delle infrastrutture  critiche, redatto da una task force congiunta.   Il rapporto contiene una serie di raccomandazioni per contrastare il rischio di attacchi, in particolare nei quattro settori chiave dell’energia, trasporti, infrastrutture digitali e spazio.    

 

Il 16 giugno il Consiglio Ue ha preso atto (senza discussione) dell'Ottava relazione sullo stato di avanzamento della cooperazione UE-NATO.

 

Per quanto riguarda la cooperazione strutturata permanente (PESCO), si segnala che Stati uniti, Canada e Norvegia partecipano ad uno dei suoi progetti più ambiziosi, quello sulla mobilità militare (a guida Paesi Bassi), richiamato anche nelle conclusioni di Vilnius.  

 

Il progetto ha l’obiettivo di facilitare la mobilità dei mezzi militari attraverso il continente europeo, per finalità sia belliche che di protezione civile, intervenendo su due pilastri: a) rafforzamento e adeguamento delle infrastrutture; b) semplificazione delle procedure transfrontaliere. Il  "Piano d'azione per la mobilità militare 2.0", presentato lo scorso novembre (per il periodo fino al 2026), si pone gli obiettivi prioritari di: migliorare le catene di rifornimento di carburante; massimizzare le sinergie con il trasporto civile (anche all'interno del piano dei corridoi di mobilità  TEN-T); digitalizzare le procedure frontaliere (con il coinvolgimento dell'Agenzia europea della difesa, e un finanziamento di 9 milioni); migliorare l'efficienza energetica e la "resilienza" della rete di trasporti militari; rafforzare la cooperazione con Balcani occidentali, Ucraina e Moldova. Il progetto vanta una linea di finanziamento autonoma (per 1.5 miliardi) nel bilancio dell'Unione 2021-2027.  La richiesta di partecipazione al progetto della Turchia non è stata finora accolta, mentre sono in corso negoziati per l’ingresso del Regno Unito.

 

Oltre a cooperare in varie forme e con varia intensità nell’ambito delle missioni che le due organizzazioni hanno attivato nei diversi quadranti geografici, UE e NATO sono direttamente coinvolte, da quasi due decenni, nell’operazione comune EUFOR Althea in Bosnia-Erzegovina, sulla base degli accordi cosiddetti “Berlin plus”.

 

L’operazione è stata avviata nel dicembre del 2004 (è quella di più lunga durata in ambito UE), con il mandato di garantire il rispetto degli Accordi di Dayton del 1995.  I compiti dell’operazione sono stati più volte modificati, a seguito dell’assunzione da parte delle autorità statuali di responsabilità sempre maggiori. Vista la sua natura ibrida (è anche la sua unicità come missione Berlin plus, modello che non sembra destinato a ripetersi, specie dopo l’ingresso di Cipro nell’UE), l’operazione non ha una data di scadenza, anche se è fondata su una risoluzione del Consiglio di Sicurezza ONU, soggetta a rinnovo periodico.



[1]        “Qualora uno Stato membro subisca un'aggressione armata nel suo territorio, gli altri Stati membri sono tenuti a prestargli aiuto e assistenza con tutti i mezzi in loro possesso, in conformità dell'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite. Ciò non pregiudica il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di taluni Stati membri”.

[2]        Al riguardo si ricorda che lo scorso 12 luglio la III Commissione della Camera ha approvato la risoluzione (8-00021) sull'impegno dell'Italia a favore del disarmo nucleare.

[3]        Claudio Bisogniero (2007-2012); Alessandro Minuto Rizzo (2001-2007); Sergio Balanzino (1994-2001); Amedeo de Franchis (1989-1994); Marcello Guidi (1985-1989); Rinaldo Petrignani (1978-1981) Paolo Pansa Cedronio (1971-1978), Guido Colonna di Paliano (1962-1964) e Alberico Casardi (1958-1962).