Le elezioni politiche anticipate in Danimarca 8 novembre 2022 |
Indice |
Assetto istituzionale|Le elezioni del 1° novembre| |
Capitale: Copenhagen
Superficie: 42.9200 kmq
Popolazione: 5.792203 abitanti
Lingua ufficiale: danese
PIL annuo: 355,1 mld di dollari
Valuta:Corona danese
Indice di libertà globale (0-100): 97
Indice di disuguaglianza di genere: 0,038 (2 su 162)
fonte: Atlante geopolitico Treccani 2021
Assetto istituzionaleIl Regno di Danimarca è una monarchia parlamentare con a capo la regina Margrethe II che regna dal 1972. Fonti dell'ordinamento costituzionale danese sono la Costituzione del 1849 così come emendata il 5 giugno 1953, nonché la legge di successione al trono, emanata lo stesso 5 giugno 1953 ed emendata nel 2009, al fine di consentire la parità dei sessi nei diritti di successione al trono. La legge precedente pur non escludendo la possibilità di successione femminile, privilegiava gli eredi maschi, anche se cadetti rispetto alle sorelle. Il monarca è il capo dello Stato ed è titolare del potere esecutivo che di fatto viene esercitato esclusivamente dal Governo composto dal Presidente del Consiglio dei ministri e dai ministri che solo formalmente sono nominati e revocati dal re. Il governo risponde del proprio operato al Parlamento. I ministri non devono essere necessariamente membri del Parlamento, sebbene al giorno d'oggi questa sia una tendenza abbastanza consolidata. La leader socialdemocratica, Mette Frederiksen, già primo ministro dal 2019, a seguito del risultato delle elezioni del 1° novembre scorso, ha ricevuto l'incarico di formare il nuovo esecutivo. Il potere legislativo è esercitato congiuntamente dal Sovrano e dal Parlamento monocamerale (Folketing). Il Folketing, che rimane in carica 4 anni, si compone di 179 membri (di cui 2 eletti in Groenlandia e 2 nelle Isole Faroer, come stabilito da un emendamento costituzionale del 1953). Viene eletto con sistema proporzionale e soglia di sbarramento del 2%. Il rapporto tra Parlamento e Governo è definito dal cosiddetto "parlamentarismo negativo": la fiducia iniziale tra Governo e Parlamento è presunta nel momento della nomina, ma può essere revocata attraverso una mozione di sfiducia approvata dal Parlamento. L'approvazione di una mozione di sfiducia contro il Governo obbliga il Primo Ministro - che in Danimarca assume la denominazione di "Ministro di Stato" - a convocare nuove elezioni. Il Governo rimane in carica per il disbrigo degli affari correnti. Rientra nei poteri del Primo ministro indire, se lo ritiene necessario, elezioni anticipate. Il sistema elettorale, ai sensi dell'articolo 31 della Costituzione, è proporzionale con una soglia di sbarramento del 2%. Tale sistema ha accentuato il multipartitismo che ha favorito un'accentuata tendenza alla formazione di coalizioni fra forze politiche, sia ex ante rispetto alla tornata elettorale sia ex post, nella stessa arena parlamentare. Inoltre il sistema politico danese ha altresì garantito la governabilità e stabilità del Paese mediante "governi di minoranza", facilitati nella sua formazione dal principio di fiducia iniziale che – secondo alcuni studiosi – ha rafforzato il ruolo del Parlamento.
Si ricorda che la Groenlandia e le Isole Faroe
fanno parte integrante della Danimarca, anche se godono di ampia autonomia. La prima, nel 1982, a seguito di un referendum popolare, è uscita dalla Comunità europea per essere quindi inclusa tra
"i paesi e territori d'oltremare che costituiscono oggetto dello speciale regime d'associazione
definito nella parte quarta del Trattato istitutivo della Comunità europea" (art. 299 del Trattato). Le
Isole Faroe, nel 1972, non seguirono la Danimarca nell'adesione all'UE ed In base ad un Protocollo allegato al Trattato di adesione della Danimarca "
i cittadini danesi residenti nelle Faroe non sono considerati cittadini di uno Stato membro dell'UE". Possono tuttavia diventare automaticamente cittadini dell'UE, con passaporti danesi ordinari, qualora decidano di risiedere nel territorio del Regno di Danimarca ma al di fuori delle Isole Faroe.
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Le elezioni del 1° novembreIl 7 ottobre scorso, con sette mesi di anticipo rispetto alla scadenza naturale della legislatura, la premier Frederiksen ha annunciato la decisione d'indire elezioni anticipate, motivate dal clima di protesta seguite dalla controversa decisione del governo, adottata nel novembre del 2020, di abbattere i 16 milioni di visoni allevati per l'industria della pelliccia, ritenuti un rischio di diffusione di una variante del Sars-Covid. La decisione, contestata dalle opposizioni di centro-destra, aveva portato alla creazione di una Commissione d'inchiesta che ha concluso i suoi lavori nell'estate 2022, con una relazione che ha messo in luce omissioni ed errori di valutazione da parte del Governo. Alla luce dei risultati della Commissione, la Sinistra radicale ha chiesto lo svolgimento di nuove consultazioni politiche. Elemento centrale della campagna elettorale è stata la questione della sicurezza del Paese, a seguito del sabotaggio del gasdotto sottomarino Nord Stream 1 e 2, avvenuto nel settembre scorso attorno all'isola danese di Bornholm, nel Mar Baltico. Come sottolineato dalla Primo Ministra, nel contesto della guerra tra Russia e Ucraina, la Danimarca per la sua posizione strategica si trova in una "situazione di pericolo" in cui "la nuova politica della sicurezza non deve solo considerare le minacce evidenti, ma immaginare quelle meno prevedibili". All'indomani dello scrutinio, svoltosi martedì 1° novembre, con un'affluenza pari all'84,1%. il cosiddetto "blocco rosso", formato dal Partito socialdemocratico della Ministra di Stato uscente, Mette Frederiksen, da socialisti, social-liberali e verdi, ha ottenuto 87 seggi (pari al 27,5% dei suffragi), cui si aggiungono i tre seggi conquistati nei territori autonomi delle Isole Faroe e della Groenlandia), che consentono al blocco di raggiungere la maggioranza parlamentare di 90 seggi. Sia nell'annunciare lo scioglimento anticipato che durante le tre settimane di campagna elettorale, la Prima Ministra aveva aperto alla prospettiva di costituire un esecutivo di larghe intese, motivando tale scenario con la necessità di dare stabilità e sicurezza alle istituzioni nel contesto delle innumerevoli crisi che il Paese deve affrontare. Anche mercoledì, commentando l'esito delle elezioni, la leader dei Socialdemocratici ha parlato dell'esigenza di «compromessi» e di lavorare con spirito di cooperazione su questioni come l'aumento dell'inflazione e il cambiamento climatico. In ogni caso, forte della maggioranza relativa e dei 50 seggi conquistati dal suo partito al Folketing, la Frederiksen si ritroverà al centro di tutte le potenziali combinazioni di Governo. Il "blocco blu" conservatore del Partito liberali (Venstre) del leader Jakob Elemann Jensen, l'Alleanza liberale, Democratici danesi, i liberali, ed altri hanno ottenuto complessivamente 73 seggi. In particolare i liberali della Venstre registrano una perdita di consensi e si attestano al 13,31% dei suffragi con 23 seggi. Particolare rilievo ha assunto il debutto dei "Moderati", partito di orientamento liberale e centrista creato nel 2020 dall'ex primo ministro Lars Løkke Rasmussen dopo avere abbandonato la Venstre, che puntava esplicitamente ad un Esecutivo di centro e che ha ottenuto 16 seggi (9,27%). Sebbene Mette Frederiksen abbia ottenuto la maggioranza necessaria per fondare il Governo, il nuovo partito – terzo gruppo parlamentare dopo i socialdemocratici ed i liberali - potrebbe svolgere un ruolo decisivo nel futuro, forte del sostegno dagli elettori per la sua strategia di convergenza tra gli schieramenti. I moderati potrebbero cercare di dare vita ad una maggioranza centrista, insieme ai socialdemocratici e con il sostegno esterno di altri partiti di centro-sinistra. Gli equilibri di coalizione potrebbero però essere delicati, a causa dei vari argomenti divisivi che già in passato hanno creato attriti tra i due blocchi tradizionali e all'interno degli stessi. Una delle questioni potenzialmente più delicate è quella relativa all'immigrazione, su cui già nel 2019 si era concentrato parte del dibattito politico. Sul tema la Premier ha assunto una linea di restrizione delle misure di accoglienza dei rifugiati e ha lanciato piani di redistribuzione sul modello britannico, coinvolgendo il Governo del Ruanda. Diversi partiti del blocco di centro-sinistra hanno criticato le scelte della Prima Ministra sul tema dei migranti, e anche Løkke Rasmussen nelle settimane di campagna elettorale ha giudicato le iniziative del governo in materia come «simboliche» ma senza un reale fondamento. Per la prima volta in Parlamento siederà, con 14 seggi, anche il partito dei "democratici danesi", che raccoglie un elettorato prevalentemente di destra, contrario alle politiche migratorie e su posizioni euro-scettiche. fondato nel 2021 dall'ex ministra liberale Inger Støjberg che aveva fatto parte dei Governi guidati da Løkke Rasmussen. Fonte: https://www.thedanishparliament.dk/news/2022/election-result-2022 |