Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Bilancio
Titolo: Documento programmatico di finanza pubblica 2025
Serie: Documentazione di Finanza Pubblica   Numero: 16
Data: 07/10/2025
Organi della Camera: V Bilancio

 

Documento programmatico di finanza pubblica 2025

 

 

Doc. CCXLIV, n. 1

 

7 ottobre 2025

 

 

 

Servizio Studi - Ufficio per le ricerche nei settori economico e finanziario

Tel. 06 6706-2451 * studi1@senato.it - @SR_Studi

 

Servizio del Bilancio

Tel. 06 6706-5790 * sbilanciocu@senato.it - @SR_Bilancio

 

 

Servizio Studi - Dipartimento Bilancio

Tel. 06 6760-2233 * st_bilancio@camera.it -@CD_bilancio

 

Servizio Bilancio dello Stato

Tel. 06 6760-2174 – 06 6760-9455 * bs_segreteria@camera.it

 

 

 

 

 

Hanno collaborato alla redazione del presente dossier:

 

Servizio per il Controllo parlamentare

Tel.06 6760 3381 - * sgcp@camera.it

 

Servizio per i Rapporti con l’Unione europea

tel. 0667602145 * rue_segreteria@camera.it

 

Osservatorio sulla finanza pubblica e sulle politiche di bilancio e per i rapporti con gli enti, nazionali e internazionali, competenti in materia

Tel.06 6760 5501 * osservatorio.fp@camera.it

 

 

 

 

Documentazione di finanza pubblica n. 16

 

 

 

 

La documentazione dei Servizi e degli Uffici del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. Si declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.

 

 

DFP16.docx

 


INDICE

 

 

Il nuovo documento di programmazione economica.. 5

Parte I – Il quadro macroeconomico e l’economia italiana

1. La congiuntura internazionale e l’area dell’euro.. 13

2. Lo scenario macroeconomico congiunturale nazionale. 17

2.1 Recenti andamenti dell’economia italiana. 17

Andamento del credito. 21

2.2 Lo scenario macroeconomico nazionale. 23

2.3 Quadro macroeconomico programmatico. 34

2.4 Impatto delle riforme e degli investimenti sulla crescita. 37

Parte II – Il quadro di finanza pubblica

3. Quadro di finanza pubblica.. 43

3.1 L’aggiornamento delle stime di consuntivo 2024. 43

3.2 Conto economico delle amministrazioni pubbliche 2025-2028. 44

3.3 La coerenza con il percorso di spesa netta. 53

    Percorso di spesa primaria netta: profili metodologici 56

3.4 Il quadro programmatico di finanza pubblica. 60

    La programmazione delle spese per la difesa: strumenti europei e obiettivi NATO   66

3.5 Coerenza del quadro di finanza pubblica con la procedura per disavanzi eccessivi 74

3.6 Evoluzione del rapporto debito/Pil 76

3.7 Sensitività e sostenibilità del debito pubblico. 80

Parte III – Le riforme e gli investimenti

4. L’attuazione delle riforme e degli investimenti e la risposta alle raccomandazioni specifiche per il Paese. 87

4.1 Misure per l’estensione del periodo di aggiustamento del PSB.. 90

Azioni previste in materia di giustizia. 90

Interventi in materia di tassazione. 92

Ambiente imprenditoriale. 93

Pubblica Amministrazione. 95

Servizi per la prima infanzia e supporto alle famiglie. 97

Controllo e revisione della Spesa pubblica. 103

Razionalizzazione delle imprese pubbliche. 104

4.2 Misure nelle altre aree d’intervento. 106

Istruzione e formazione. 106

Politiche per il lavoro. 111

Politiche di coesione. 112

Infrastrutture e politiche abitative. 115

Potenziamento del Servizio Sanitario Nazionale. 117

Il Piano Mattei e il potenziamento delle infrastrutture energetiche. 126

Strategia per la transizione digitale. 132

Il rafforzamento della capacità di difesa comune. 135

Parte IV – Appendice

5. Elenco dei disegni di legge collegati 145

Parte V – Allegato

6. Indicatori di Benessere Equo e Sostenibile 2025. 149


DOCUMENTO PROGRAMMATICO
DI FINANZA PUBBLICA 2025
Doc. CCXLIV, n. 1

 


Il nuovo documento di programmazione economica

 

A seguito dell’entrata in vigore della riforma della governance economica europea (2024), la programmazione della politica di bilancio e delle politiche economiche dell’Italia è stata definita nell’ambito del Piano strutturale di bilancio a medio termine (Piano strutturale di bilancio - PSB), in coerenza con la Raccomandazione del Consiglio del 21 gennaio 2025 che ha approvato il Piano dell’Italia e il percorso di aggiustamento di bilancio nell’arco di sette anni. Il Piano strutturale di bilancio stabilisce il quadro di riferimento programmatico della finanza pubblica e indica una serie di investimenti e riforme da realizzare considerando l’andamento della spesa netta in un orizzonte pluriennale. Il livello di spesa netta del Piano individua lo spazio di bilancio disponibile per perseguire gli obiettivi di politica fiscale del Governo.

Si ricorda che il Piano strutturale di bilancio pone le basi di una programmazione pluriennale della politica di bilancio, tendente alla sostenibilità delle finanze pubbliche (seguendo un determinato percorso della spesa netta) e all’aumento della crescita potenziale supportata da riforme e investimenti. La programmazione del PSB si propone di affrontare le criticità strutturali del sistema economico e sociale dell’Italia, tra cui quelle riportate nel Country Report e nelle Raccomandazioni specifiche per Paese, oltre a contribuire al raggiungimento degli obiettivi connessi alle priorità comuni dell'UE. Il PSB individua il livello massimo del tasso di crescita della spesa netta, tenendo conto della necessità di ricondurre il rapporto tra indebitamento netto e PIL al di sotto della soglia del 3% nel 2026, in linea con la correzione strutturale minima richiesta dalla procedura per disavanzi eccessivi e i criteri dell’analisi di sostenibilità del debito e le condizioni previste dalla normativa europea vigente.

Nelle more della revisione della disciplina nazionale in materia di contabilità e finanza pubblica, sono stati approvati degli atti di indirizzo parlamentare volti a impegnare il Governo a trasmettere il Documento programmatico di finanza pubblica 2025, specificandone i contenuti. Il 2 ottobre 2025 il Governo ha trasmesso alle Camere il Documento programmatico di finanza pubblica 2025, in attuazione degli impegni previsti dalla risoluzione n. 7-00028 approvata all’unanimità dalla 5ª Commissione (Programmazione economica, bilancio) del Senato della Repubblica il 17 settembre 2025 e dall’Assemblea del Senato della Repubblica il 24 settembre 2025 e dalla risoluzione n. 7-00329 approvata all’unanimità dalla V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione) della Camera dei deputati il 18 settembre 2025.

Per lo svolgimento dell’esame parlamentare del Documento programmatico di finanza pubblica 2025, si applicheranno le procedure attualmente previste per l’esame del DEF, in attuazione, dell’articolo 118-bis del Regolamento della Camera dei deputati e dell’articolo 125-bis del Regolamento del Senato della Repubblica. Il Documento è stato assegnato alle Commissioni Bilancio dei due rami del Parlamento in sede referente, nonché a tutte le altre Commissioni permanenti e alla Commissione parlamentare per le questioni regionali in sede consultiva. Le due Commissioni Bilancio possono quindi procedere, anche congiuntamente, all’acquisizione dei necessari elementi conoscitivi sui contenuti del Documento nell’ambito di un programma di audizioni. A seguito dell’espressione dei pareri delle altre Commissioni, le Commissioni Bilancio procedono all’approvazione della relazione da presentare all’Assemblea. In tale fase è possibile anche la presentazione di eventuali relazioni di minoranza. La deliberazione sul Documento da parte delle Assemblee dei due rami del Parlamento ha luogo con l’approvazione di risoluzioni.

Per il 2025 il DPFP sostituisce il contenuto informativo della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (NADEF), recando dati sulla congiuntura economica internazionale, sulle previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica, sul quadro macroeconomico programmatico e sul piano di riforme e investimenti, in vista della definizione della manovra finanziaria 2026-2028.

I rischi per l’economia globale

La presentazione del Documento programmatico di finanza pubblica si colloca in una fase dell’economia globale ancora interessata da tensioni geopolitiche, incertezza nell’ambito dei flussi commerciali e delle catene globali del valore, volatilità dei mercati finanziari. L’attuale congiuntura economica è stata quindi analizzata dalle principali istituzioni economiche internazionali[1], mettendo in evidenza come tali fattori di rischio possano influenzare negativamente le prospettive di crescita dell’economica globale.

Secondo le recenti stime dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) la crescita del PIL globale potrebbe attestarsi al 3,2% per il 2025, in miglioramento rispetto a quanto riportato nelle previsioni dello scorso giugno. Le stime dell’OCSE confermano le previsioni di crescita del PIL globale del 2,9% per il 2026, considerando l’esaurirsi dell’effetto di anticipazione degli scambi commerciali, la perdurante incertezza geopolitica e l’impatto dei dazi. In base alle previsioni dell’OCSE, nell’area dell’euro, la crescita del PIL dovrebbe attestarsi all'1,2 % nel 2025 e all'1,0 % nel 2026, grazie agli effetti di una politica monetaria meno restrittiva, che potrebbe mitigare le conseguenze delle recenti politiche protezionistiche e dell'incertezza geopolitica. L’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) ha calcolato che lo scambio di beni a livello globale crescerà dello 0,9% nel 2025 e dell’1,8% nel 2026. Entrambi i dati risultano inferiori rispetto a quelli dello scenario elaborato prima delle nuove politiche commerciali protezionistiche e dell’acuirsi dei conflitti bellici in corso.

Il quadro macroeconomico nazionale

Il Documento programmatico di finanza pubblica presenta due scenari di previsioni macroeconomiche, uno tendenziale e l’altro programmatico. Lo scenario programmatico incorpora l’impatto sull’economia delle nuove misure che saranno adottate con la prossima legge di bilancio. Lo scenario macroeconomico di partenza resta pertanto quello a legislazione vigente, secondo l'approccio adottato nei precedenti documenti di programmazione. Relativamente ai recenti andamenti dell’economia nazionale, il Documento programmatico di finanza pubblica mette in rilievo come nel primo semestre del 2025 la dinamica del PIL sia quasi in linea con le previsioni formulate nel DFP dello scorso aprile (con una differenza in termini di aggiornamento delle previsioni tendenziali pari a -0,1%). Sebbene restino fortemente condizionate dall’evoluzione delle variabili esogene internazionali, le prospettive di crescita per la seconda parte del 2025 si manterrebbero, secondo il DPFP, moderatamente positive, in previsione di una accelerazione seppur modesta della dinamica congiunturale del PIL nella seconda parte dell’anno. Tuttavia, in considerazione del mutamento dello scenario internazionale, il Governo ha ritenuto opportuno adottare stime prudenziali circa l’andamento del PIL nei prossimi trimestri e rivedere la stima di crescita per il 2025 al ribasso di un decimo di punto, attestandosi allo 0,5%. Sulla base delle mutate prospettive a livello internazionale, anche la previsione di crescita del PIL nel 2026 e 2027 viene rivista al ribasso di un decimo di punto, allo 0,7% rispetto allo 0,8% previsto dal DFP di aprile. Nel 2028, la crescita del PIL è prevista in lieve accelerazione, allo 0,8%, in linea con quanto previsto nel Piano strutturale di bilancio di medio termine.

Il quadro macroeconomico programmatico include invece gli effetti degli interventi che il Governo intende realizzare nel prossimo triennio prevedendo, con riferimento al quadro macroeconomico tendenziale, che il PIL reale cresca dello 0,7% per il 2026, 0,8% per il 2027 e dello 0,9% per il 2028, con un incremento di 0,1 punti percentuali annui. Tali obiettivi di crescita sarebbero conseguiti mantenendo il livello della spesa netta entro i limiti fissati nel Piano strutturale di bilancio di medio termine.

In relazione all’andamento della spesa netta, secondo quanto riportato nel Documento programmatico di finanza pubblica, nel 2024 e 2025 il tasso di crescita di tale variabile è conforme alle raccomandazioni del Consiglio europeo: nel 2024 si registra una riduzione del 2% (leggermente maggiore rispetto al -1,9% previsto), mentre nel 2025 la crescita stimata è dell’1,3%, in linea con quanto previsto. Nel 2026, la crescita prevista della spesa netta, pari all’1,7%, dovrebbe superare leggermente il limite dell’1,6%. Secondo quanto affermato nel Documento presentato dal Governo, tale variazione sarà comunque compensata mediante gli interventi di politica economica della prossima manovra di bilancio. Per il 2027 e 2028, la crescita della spesa netta rimarrà sotto i limiti previsti. Complessivamente, lo scenario programmatico rispetta gli obiettivi fissati per il periodo 2025-2028.

Il percorso di consolidamento del bilancio pubblico prevede che dal 2026 il deficit scenderà sotto il 3% del PIL e continuerà a ridursi nel 2027 e 2028, grazie al miglioramento del saldo primario. In linea con l’andamento di tali variabili, il rapporto debito/PIL dovrebbe continuare a crescere fino prossimo anno, considerando anche l’effetto dei costi connessi alle misure dei bonus edilizi e della spesa per interessi, per iniziare a ridursi dal 2027.

Il Documento programmatico di finanza pubblica monitora lo stato di attuazione delle riforme e degli investimenti già programmati nell’ambito del Piano strutturale di bilancio. È presente, quindi, un aggiornamento relativo agli interventi del PNRR e alle ulteriori misure che erano state annunciate nel PSB ad ottobre 2024. Si evidenzia che tali riforme e investimenti sono prevalentemente attinenti alle seguenti cinque aree: istruzione e ricerca, politiche attive del mercato del lavoro, Pubblica Amministrazione, giustizia, concorrenza e appalti. La previsione di queste ultime misure, che tiene in considerazione anche gli altri programmi di intervento già avviati dall’Italia (il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima, il Programma strategico per il decennio digitale 2030 e il cosiddetto “Piano Mattei per l’Africa”), è finalizzata all’estensione del periodo di aggiustamento di bilancio a sette anni.

In questo quadro di programmazione economica, occorre ricordare che il PSB descrive anche altre politiche di carattere settoriale per il perseguimento delle priorità strategiche nazionali ed europee, che necessiteranno di forme di coordinamento con gli altri Stati membri dell’UE: la resilienza sociale ed economica, l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali (inclusi i relativi obiettivi in materia di natalità, occupazione, competenze e riduzione della povertà); la transizione verde e quella digitale; lo sviluppo delle filiere produttive compatibile con il contrasto ai cambiamenti climatici; la sicurezza energetica; il contrasto al degrado e all’illegalità. Inoltre, il PSB include anche delle misure per il rafforzamento della capacità di difesa. Infine, tra le misure rientranti in tale programmazione vi sono anche gli interventi in risposta ai rilievi emersi nell’ambito delle Raccomandazioni specifiche del Consiglio dell’UE indirizzate all’Italia dal 2019 ad oggi.

L’impatto sulla crescita di tali riforme e investimenti è stato stimato considerando implementate le misure raggiunte o pianificate entro la fine del 2025, mentre risultano da implementare quelle programmate per il 2026. Nel Documento sono illustrati anche tre scenari di valutazione dell’impatto delle citate misure sull’andamento del PIL reale al 2031, mediante simulazioni che tengono conto di una metodologia, fondata su principi di trasparenza e prudenza, aggiornata alle ipotesi della letteratura scientifica più recente. Secondo tali simulazioni, entro il 2031, il livello del PIL risulterebbe più alto del 9,2% nello scenario favorevole, del 6,6% in quello prudenziale e del 5,1% nello scenario avverso.

Si segnala, infine, che il Governo ha elencato nel Documento una serie di disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica.

 

Proposte di modifica alla governance economica dell’UE presentate dalla Commissione europea

 

Si segnala che lo scorso 2 ottobre la Commissione europea ha presentato tre proposte legislative che prospettano modifiche alle norme della governance economica dell’UE. Si tratta di interventi normativi puntuali volti a garantire la piena coerenza del quadro vigente alla riforma entrata in vigore nell’aprile 2024, riducendo, nel contempo, oneri di comunicazione e amministrativi nonché duplicazioni. La proposta di regolamento COM(2025)591 modifica il regolamento (UE) n. 1173/2011 sulle sanzioni e il regolamento (UE) n. 473/2013 sul documento programmatico di bilancio (DPB) al fine di:

·         allineare le norme per l'imposizione di sanzioni finanziarie al Patto di stabilità e crescita, aggiornando o eliminando disposizioni superate e garantendo un approccio più graduale e proporzionato, compatibile con il regolamento modificato sul braccio correttivo;

·         allineare il regolamento sul DPB al nuovo quadro di governance, eliminando le incoerenze e semplificando le procedure e gli obblighi di comunicazione per migliorare l'efficienza della sorveglianza di bilancio;

·         ridurre l'onere di comunicazione a carico degli Stati membri, generando risparmi nei costi amministrativi.

 

La proposta di regolamento COM(2025)593 modifica il regolamento (UE) n. 472/2013 sulla sorveglianza rafforzata e post-programma per gli Stati membri dell’Eurozona che si trovano o rischiano di trovarsi in gravi difficoltà finanziarie al fine di:

·         chiarire che la sorveglianza rafforzata si applica quando l'assistenza finanziaria precauzionale richiede nuove misure;

·         rafforzare la sorveglianza post-programma, adattandone l’intensità al livello del rischio di rimborso e alla necessità di misure correttive.

Tali modifiche, secondo la Commissione, eviteranno la sovrapposizione con altri processi di sorveglianza, pur mantenendo l'efficacia nella valutazione dei rischi di rimborso.

 

La proposta di regolamento del Consiglio COM(2025)595 modifica il regolamento (CE) n. 332/2002 per semplificare le modalità di finanziamento del meccanismo di sostegno della bilancia dei pagamenti per gli Stati membri non appartenenti alla zona euro che incontrano o rischiano di incontrare sfide significative nella gestione delle loro transazioni internazionali.

 

 


Parte I – Il quadro macroeconomico e l’economia italiana

 


1. La congiuntura internazionale e l’area dell’euro

 

Nel 2025 il quadro macroeconomico internazionale è stato interessato da instabilità geopolitica, dovuta alle tensioni riconducibili ai numerosi conflitti in corso, e da incertezza nei mercati, derivante dalle nuove politiche commerciali protezionistiche. Nell’ambito della transizione in atto nella politica commerciale dei principali attori economici, si assiste alla graduale riorganizzazione delle catene globali di approvvigionamento e degli scambi nei mercati internazionali dove si manifestano gli effetti dei recenti dazi e delle contromisure economiche.

I rapporti commerciali tra Unione europea e USA sono stati rivisti sulla base del patto di Turnberry, siglato in Scozia lo scorso 27 luglio, che prevede una tariffa del 15% sui prodotti esportati verso gli USA, ferme restando alcune esenzioni, e nuovi impegni finanziari per l’UE come l’importazione dagli USA di 700 miliardi di euro di prodotti energetici statunitensi (GNL, petrolio e tecnologia nucleare) entro il 2028, e spese e investimenti nel settore della difesa per 550 miliardi di euro.

Gli scambi di beni e servizi tra UE e USA, che ammontano a circa 1680 miliardi di euro nel 2024, così come gli investimenti tra le due sponde dell’Atlantico, movimentano i principali flussi dell’economia globale, pari al 43% del PIL mondiale del 2024 (Fonte: EUROSTAT). Secondo le stime illustrate nel Documento programmatico di finanza pubblica 2025 (si veda p. 6), le nuove misure tariffarie potrebbero avere un impatto negativo sull’andamento dell’economia globale - rispetto allo scenario controfattuale ­- con una contrazione del tasso di crescita del PIL reale dell’economia statunitense nel 2025 e 2026, mentre nel caso dell’economia dell’UE e di quella italiana simili effetti dovrebbero registrarsi nel 2026 e nel 2027. Risulterebbero contenuti gli effetti sull’andamento del tasso di disoccupazione, mentre più eterogeneo potrebbe rivelarsi l’andamento dei prezzi al consumo. Negli USA potrebbe verificarsi una tendenza inflazionistica, mentre nell’UE si potrebbe osservare una dinamica opposta.

L’attuale scenario globale risente anche delle tensioni che riguardano la competizione strategica tra USA e Cina e della transizione verso nuovi assetti nei rapporti commerciali. Negli ultimi mesi, gli scambi bilaterali tra Cina e Stati Uniti risultano in forte contrazione. In controtendenza rispetto alle politiche protezionistiche, gli Stati dell’area dell’Asia-Pacifico continuano a promuovere l’obiettivo di eliminare i dazi sul 90 % delle merci nell’ambito del partenariato economico regionale globale (RCEP) e sono in corso negoziati tra l’UE e il Mercosur (Brasile, Argentina, Uruguay, Paraguay) per ridurre le barriere commerciali tariffarie e non tariffarie, al fine di aumentare i flussi commerciali e gli investimenti.

L’OCSE rileva come la crescita della produzione si sia mantenuta nella maggior parte dei mercati fino ad agosto, mentre si osservano segnali di un potenziale rallentamento della produzione industriale in diversi Paesi (Corea, Germania e Brasile) e si avverte una flessione della crescita dei consumi negli USA, nell’area euro e in Cina. Parallelamente, anche i dati sulla fiducia dei consumatori mostrano una lieve riduzione rispetto ai livelli osservati alla fine del 2024.

Sulla base di tali condizioni congiunturali risulta particolarmente complessa l’elaborazione delle previsioni degli scenari economici. L’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) ha calcolato che lo scambio di beni a livello globale crescerà dello 0,9% nel 2025. Tale dato, che conferma una crescita inferiore rispetto a quanto stimato prima dell’imposizione dei dazi (crescita del commercio delle merci pari al 2,7%), risulta comunque in miglioramento rispetto alla contrazione prevista lo scorso aprile. Secondo l’Organizzazione mondiale del commercio, il moderato miglioramento del dato dallo 0,2% delle stime iniziali allo 0,9%, delle stime attuali, deriva dall’andamento delle importazioni negli Stati Uniti, in cui le imprese hanno anticipato gli acquisti in vista dell’aumento dei costi dovuto ai dazi (il cosiddetto front-loading). Difatti, nel primo semestre del 2025, il commercio mondiale delle merci ha registrato un considerevole aumento, dovuto al maggiore flusso verso gli USA.

Per il prossimo anno, la crescita del volume degli scambi si prevede pari all'1,8%, anch’essa inferiore rispetto allo scenario elaborato prima dell’introduzione dei dazi che considerava una crescita del 2,5% nel 2026 (Fonte: OMC, WTO trade forecasts, 8 agosto 2025).

A settembre 2025 l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) ha aggiornato a rialzo la previsione sulla crescita del PIL globale per il 2025, dal 2,9% stimato lo scorso giugno al 3,2%, data la maggior resilienza dimostrata dall’economia globale nel primo semestre 2025 dovuta al citato front-loading ma anche agli investimenti nel settore dell'intelligenza artificiale negli USA e alla politica fiscale espansiva messa in pratica dalla Cina.

Per l’OCSE l’effetto dei nuovi dazi potrebbe non essersi ancora esaurito del tutto, come confermato dai primi segnali che si osservano nelle scelte di spesa di consumatori e imprese, nell’andamento del tasso di disoccupazione e del potere d’acquisto. Di conseguenza, le stime dell’OCSE confermano le previsioni di crescita del PIL globale del 2,9% per il 2026, considerando l’esaurirsi dell’effetto di anticipazione degli scambi commerciali, la perdurante incertezza geopolitica e l’impatto dei dazi.

In dettaglio, secondo le stime dell’OCSE, la crescita dell’economia degli USA nel 2025 dovrebbe essere pari all’1,8 % nel 2025 e all'1,5 % nel 2026. La crescita degli investimenti nell’intelligenza artificiale e nei settori tecnologici potrebbe compensare gli effetti dei dazi e sostenere l’andamento dell’economia statunitense. Nell’area euro, la crescita del PIL dovrebbe attestarsi all'1,2 % nel 2025 e all'1,0 % nel 2026, grazie a una politica monetaria meno restrittiva, che potrebbe mitigare gli effetti delle politiche protezionistiche e dell'incertezza geopolitica. Se dovessero essere confermati i dazi, contestualmente alla fine degli aiuti fiscali, la crescita della Cina dovrebbe rallentare, attestandosi al 4,9 % nel 2025 e al 4,4 % nel 2026. (Fonte: OECD (2025) Economic Outlook, Prospettive economiche dell’OCSE, Rapporto intermedio, settembre 2025).

In relazione alla dinamica dei prezzi, nella prima parte del 2025 le aspettative di inflazione risultano progressivamente attenuarsi per effetto della riduzione dei prezzi dell'energia, nonostante le differenti scelte di politica monetaria operate dalle principali banche centrali e i rischi connessi ai dazi e al rialzo dei prezzi finali sulle merci.

Nel 2025, la minore pressione sui prezzi energetici e dei beni ha contribuito alla riduzione dell'inflazione al consumo nei Paesi OCSE, che è scesa al 4,3% nei primi due trimestri, rispetto al 5,3% nel 2024. L'inflazione di fondo è scesa al 4,6% (dal 5,7%). L’area euro ha visto un rallentamento contenuto, mentre negli Stati Uniti l’inflazione è scesa dello 0,4%. In Cina, invece, i prezzi risultano stabili o in lieve calo. Le prospettive future sull'inflazione sono incerte, con rischi al rialzo legati alle politiche commerciali e ai rischi deflazionistici dovuti al calo dei prezzi del petrolio e alla crescita debole. Nell'area euro, una possibile riduzione della domanda per le esportazioni, combinata con una valuta più forte, potrebbe favorire pressioni deflazionistiche. Gli ultimi dati diffusi dalla BCE stimano che l'inflazione nell’area dell’euro sia stata pari al 2,2% a settembre 2025 (Fonte: BCE). Si tratta di un dato prossimo agli obiettivi della BCE, che conferma come le pressioni inflazionistiche si stiano stabilizzando.

I mercati finanziari hanno conseguito risultati generalmente positivi nei primi otto mesi dell’anno, nonostante la volatilità registrata. L’andamento positivo ha riguardato le borse europee, preferite rispetto a quelle USA, dato l’aumento della spesa pubblica nel settore della difesa e delle infrastrutture e la politica monetaria della BCE. Negli USA, invece, dopo le fasi di contrazione iniziale dovute alle nuove politiche commerciali, sia l’indice S&P 500 sia l’indice Nasdaq hanno raggiunto nuovi massimi storici.

In prospettiva, la crescita globale potrebbe contrarsi tra la fine del 2025 e il 2026, per le crisi geopolitiche, le incertezze dovute alle nuove politiche commerciali ed eventuali instabilità finanziarie.

 


2. Lo scenario macroeconomico congiunturale nazionale

 

2.1 Recenti andamenti dell’economia italiana

A seguito della revisione dei conti economici nazionali dell’Istat del 22 settembre 2025, la crescita del PIL nel 2024 è confermata dello 0,7% (per il 2023 è stata operata una revisione al rialzo dallo 0,7 % all’1 %), mentre il Piano Strutturale di bilancio aveva prefigurato una crescita dell’1%. Da quanto emerge dall’ultima rilevazione dell’Istat, nel 2024 gli investimenti fissi lordi sono aumentati in volume dello 0,5%, i consumi finali nazionali dello 0,6%, le esportazioni di beni e servizi sono risultate stazionarie e le importazioni sono scese dello 0,4%. Si sottolinea la lieve contrazione del settore dell’industria, compensata da un avanzamento del settore delle costruzioni, in particolare del comparto non residenziale. L’andamento del PIL è evidenziato nel grafico seguente.

 

Per quanto riguarda i primi due trimestri del 2025 si registra una crescita lievemente inferiore alla previsione dello 0,6 % indicata nel Documento di finanza pubblica di aprile, motivata dall’elevata incertezza dovuta ai conflitti in corso e alle tensioni commerciali. Il PIL è cresciuto dello 0,3 % nel primo trimestre, mentre nel secondo trimestre ha registrato un lieve arretramento dello 0,1 %. La crescita acquisita per il 2025 è pari 0,5 %, secondo la stima preliminare del PIL pubblicata il 30 luglio 2025 dall’ISTAT.

 

I dati congiunturali diffusi dall’ISTAT sull’andamento dei Conti economici trimestrali del secondo trimestre (Comunicato del 3 ottobre 2025), evidenziano che nel secondo trimestre del 2025 il PIL è diminuito dello 0,1 % rispetto al trimestre precedente ed è cresciuto dello 0,4 % nei confronti del secondo trimestre del 2024. Rispetto al trimestre precedente, con riferimento ai principali aggregati della domanda interna, si registra una stabilità dei consumi finali nazionali e una crescita dell’1,6% degli investimenti fissi lordi. Le importazioni sono aumentate dello 0,4% e le esportazioni sono diminuite dell’1,9%.

 

Dal lato della domanda interna, i consumi delle famiglie sono cresciuti al di sotto delle attese nel primo trimestre del 2025, mentre nel secondo trimestre la crescita si è arrestata. La modesta dinamica dei consumi delle famiglie nei primi due trimestri rifletterebbe principalmente l’aumento dell’incertezza del quadro economico internazionale. Al primo trimestre 2025, il tasso di risparmio delle famiglie è stimato al 9,3 %, in aumento di 0,6 punti percentuali rispetto al trimestre precedente.

Nel primo trimestre gli investimenti hanno registrato una espansione nelle principali categorie. Ciò riguarda in particolar modo il settore dei mezzi di trasporto. Nel secondo trimestre è stata osservata, invece, una marcata crescita degli investimenti in macchinari e attrezzature. La crescita degli investimenti nelle costruzioni appare legata anche all’avanzamento dei progetti del PNRR, che potrebbe registrare una ulteriore accelerazione nei prossimi trimestri.

Le esportazioni hanno registrato un’accelerazione nel primo trimestre, mentre nel secondo trimestre si osserva una flessione dovuta in buona parte alla normalizzazione dei livelli degli scambi. Come evidenziato dall’Istat, l’interscambio commerciale italiano tra aprile e giugno, in media, ha registrato una decelerazione, guidata dal calo delle esportazioni verso i mercati extra-UE: oltre al rallentamento dell’export verso gli Stati Uniti forti flessioni si sono verificate nel flusso verso Regno Unito, Cina, Russia e Turchia[2].

Per quanto concerne, invece, il lato dell’offerta, il Documento programmatico di finanza pubblica sottolinea che il settore dei servizi è stato quello meno dinamico: il commercio, il trasporto, gli esercizi ricettivi e le attività finanziarie, continuano a registrare una flessione dalla fine del 2024; le attività professionali e di supporto alle imprese hanno, invece, confermato un’elevata vivacità. L’industria ha registrato un calo congiunturale soltanto nel secondo trimestre, mentre si rileva una crescita del valore aggiunto nel settore delle costruzioni, che si conferma la componente del PIL più vivace sul lato dell’offerta.

 

L’evoluzione del mercato del lavoro nel 2025

 

Il Documento evidenzia che il mercato del lavoro ha continuato a mostrare dinamiche molto favorevoli, sottolineando una crescita dell’occupazione nei primi mesi dell’anno, con dati sugli occupati che si sono mantenuti stabili anche successivamente, nonostante la flessione dell’economia nel secondo trimestre. Nel Documento si rileva, quindi, che proprio nel secondo trimestre il tasso di occupazione ha raggiunto il suo massimo storico, pari a 62,7 % nella fascia di età 15-64 anni, e il tasso di disoccupazione si è mantenuto vicino al minimo storico oscillando intorno a valori di qualche decimale oltre il 6 %.

Secondo le ultime stime riportate nel Documento, riferite al primo semestre del 2025, il protrarsi della crescita dell’occupazione, seppure con intensità minore agli anni più recenti, ha fatto registrare in termini di variazioni congiunturali, un andamento sensibilmente migliore (+0,5 %) di quella degli altri 26 Stati membri dell’UE (+0,1 %) e dell’area euro (+0,2 %).

Il Documento poi evidenzia che, analogamente a quanto rilevato nel 2024, anche nei primi sei mesi del 2025 la crescita dell’occupazione in Italia è trainata dalle costruzioni e dal terziario, in particolare, quello avanzato.

Si segnala, tuttavia, che una quota significativa della popolazione, pur potenzialmente attivabile, non partecipa al mercato del lavoro, tanto che l’Italia registra il più alto tasso di inattività nell’UE27, con divari marcati per donne e giovani. Al riguardo, il Documento rileva che si registrano tassi di inattività femminile ben al di sopra della media europea, nonché tassi di inattività giovanile in crescita negli ultimi 5 anni.

 

Il tasso di mancata partecipazione al lavoro, che costituisce uno dei dodici indicatori di Benessere equo e sostenibile - si veda al riguardo la sezione dedicata all’Allegato BES - è ulteriormente calato nel 2024, raggiungendo il 13,3 %, in riduzione di 1,5 punti percentuali dal 2023. Al suo interno è diminuito anche il gap di genere grazie all’aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro. Si segnala, inoltre, che un altro indicatore monitorato nell’Allegato BES, l’uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione dei giovani nella fascia di età 18-24 anni, ha mostrato un andamento positivo scendendo nel 2024 al 9,8%, consentendo quindi di conseguire in anticipo l’obiettivo previsto dal PNRR (M4C1-25: Riduzione del divario nel tasso di dispersione scolastica nell'istruzione secondaria fino al raggiungimento della media UE del 2019, 10,2%).

 

Il Documento fa notare che il mismatch tra fabbisogno occupazionale e disponibilità di capitale, nonostante qualche segnale di attenuazione, costituisce una delle priorità delle politiche occupazionali del Paese, evidenziando come molte imprese, che manifestano l’esigenza di assumere nuovi profili professionali e di dotarsi di nuove competenze per affrontare le crescenti sfide, incontrino una sempre più diffusa difficoltà nel reperire personale, sia in termini quantitativi che qualitativi.

 

Si evidenzia che tra il 2019 e il 2024, infatti, la percentuale di assunzioni programmate dalle imprese che dichiarano di avere difficoltà di reperimento è cresciuta vertiginosamente, passando dal 25,6 % al 48,2 %. Nei primi otto mesi del 2025, tuttavia, si assiste ad un raffreddamento del fenomeno, con l’incidenza sul totale delle assunzioni scesa di 1,3 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Tra le motivazioni di tali difficoltà dichiarate dalle imprese si segnala, anzitutto, la carenza di manodopera (labour shortage), ossia l’insufficienza di candidati disponibili ad essere assunti per la specifica posizione richiesta (difficoltà riscontratasi in un numero sempre maggiore di casi, dal 12,2 % al 31,7 % delle assunzioni programmate dalle imprese). Viene indicata anche l’inadeguatezza delle competenze dei candidati (skill gap), che è cresciuta in termini di incidenza, anche se a ritmi decisamente inferiori.

 

Il Documento infine ricorda che il Governo - al fine di favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, facendo leva anche sugli investimenti e le riforme del PNRR - ha avviato diverse iniziative, tra cui:

- un intervento di riforma delle politiche attive per promuovere la formazione o riqualificazione dei lavoratori disoccupati o in transizione attuato attraverso: il programma Garanzia di occupabilità dei lavoratori (GOL); il potenziamento dei Centri per l’Impiego; il Piano nazionale e il Fondo Nuove Competenze; il Piano Nuove Competenze-Transizioni, volto proprio a contrastare il mismatch tra domanda e offerta di competenze nel mercato del lavoro;

- la promozione dell’apprendistato giovanile, mediante il potenziamento del Sistema duale;

- il rafforzamento dell’istruzione tecnico-professionale e del suo raccordo con le imprese sul territorio.

Si ricorda, infine, quanto al citato Programma Garanzia occupabilità dei lavoratori (GOL), che esso si inserisce nell'ambito della Missione 5, Componente 1, del PNRR, nella sezione del Piano dedicata alle politiche del lavoro. Il Programma GOL si pone l’obiettivo di migliorare la qualità e le tutele dell’occupazione, in particolar modo quella giovanile e femminile, valorizzando anche i momenti di formazione e riqualificazione professionale e introducendo un’ampia riforma delle politiche attive e della formazione professionale. Questa misura si pone l’obiettivo, entro il 2025, di coinvolgere in percorsi di sostegno 3 milioni di beneficiari alla ricerca di lavoro, di cui 800.000 in attività formativa (300.000 relativi alle competenze digitali).  La sua attuazione è connessa?al Piano di potenziamento dei centri per l’impiego e al Piano nazionale nuove competenze.

Andamento del credito

Il Documento evidenzia come, parallelamente all’espansione dei prestiti alle famiglie, si registra anche per le imprese una ripresa del credito, tornata positiva su base tendenziale a metà del 2025. I tassi sui nuovi finanziamenti alle società non finanziarie risultano in diminuzione rispetto a fine 2024 (3,5% a luglio 2025 contro il 4,4% a dicembre 2024); contestualmente, dalle indagini presso le banche emerge un aumento della domanda di prestiti nel secondo trimestre 2025, con attese di ulteriore crescita nel trimestre successivo. Le richieste riguardano soprattutto investimenti, scorte e fabbisogno di capitale circolante; seguono le operazioni di rifinanziamento.

Per le imprese si osservano indicatori finanziari favorevoli quali la crescita del capitale proprio e la riduzione della leva finanziaria. Il rapporto tra attività finanziarie e passività (al netto del capitale proprio) si colloca su valori elevati nel primo trimestre 2025, pari al 1,21% (dato che rappresenta il massimo in serie storica).

Per il sistema bancario, la qualità del credito rimane complessivamente stabile, con livelli di crediti deteriorati contenuti e in calo presso le istituzioni significative (il dato al netto degli accantonamenti è pari all’1,26 %). Tra le istituzioni meno significative il rapporto di deterioramento risulta più elevato e in crescita nell’ultimo periodo considerato (8,1 % con una crescita di 1,4 % in un anno). Gli indicatori patrimoniali (CET1) si mantengono sopra la media europea.

 

Il Documento sottolinea come, dall’ingresso nell’OMC nel 2001, la Cina abbia conseguito tassi di crescita dell’economia senza precedenti e come, già nel 2009, sia diventata il primo esportatore mondiale di beni.

Nel complesso, nel Documento si descrive la Cina come un’economia in rapida ascesa tecnologica e, al contempo, capace di generare una consistente sovracapacità produttiva - sostenuta da investimenti e ingenti sussidi pubblici.

La combinazione di questi due fattori, innestata nell’attuale cornice delle politiche commerciali globali (tensioni con Washington e nuovi dazi statunitensi che spingono ad una riallocazione delle esportazioni cinesi verso l’area euro), mantiene alta la pressione competitiva sull’industria manifatturiera italiana (il Documento rinvia a stime della BCE che indicano che la Cina è divenuta competitiva in 60 settori in cui l’Italia detiene un vantaggio comparato, contro circa 40 del 2000) e, più in generale, nei settori ad alta tecnologia in cui l’UE detiene tradizionalmente un vantaggio comparato (un esempio fra tutti è quello dell’industria automobilistica).

Per quel che riguarda il commercio con l’Italia, il Documento rileva che negli ultimi cinque anni gli scambi commerciali tra Italia, UE e Cina hanno visto esportazioni costanti verso la Cina e una crescita delle importazioni da Pechino, accentuatasi per l'Italia nel biennio post-pandemico. Più nello specifico, nel 2024 la Cina ha registrato un surplus commerciale verso l'Italia superiore a 34 miliardi di euro, con esportazioni tre volte superiori alle importazioni e picchi di domanda italiana nei comparti del mobilio, del tessile e dell’elettronica.

Nel 2025 le importazioni dalla Cina risultano in aumento sia in Italia (29%) che nel resto dell’Unione (10,1%). L’analisi per categorie tecnologiche riportata nel Documento mostra che l’import italiano di prodotti non high-tech ha registrato un incremento di circa il 15% in tutte le componenti, mentre l’aumento è stato più marcato nel comparto high-tech, trainato quasi esclusivamente dai prodotti farmaceutici di base. Escludendo invece tale segmento, la crescita complessiva dell’import dalla Cina si ridurrebbe a un +11,8%, un valore sostanzialmente in linea con l’andamento medio osservato negli altri Paesi UE. L’export italiano verso la Cina, dall’altra parte, ha registrato una contrazione di circa il 10%, analogamente agli altri Stati dell’UE, comportando un deterioramento del saldo commerciale di oltre 9 miliardi di euro.

Si segnala, a margine, che la III Commissione Affari esteri e comunitari della Camera dei deputati ha deliberato di istituire al proprio interno, il 27 luglio 2023, il Comitato permanente sulla politica estera per l’Indo-pacifico, che ha svolto un’indagine conoscitiva sulla proiezione dell'Italia e dei Paesi europei nell'Indo-pacifico. Nella seduta del 12 marzo 2025 la Commissione ha adottato il Documento conclusivo dell’indagine, che punta ad offrire un quadro di riferimento per il rafforzamento dell'azione italiana nella regione, con particolare riferimento alle relazioni con la Cina. (Per un approfondimento si rinvia all’apposita scheda dell’Osservatorio economico del MAECI. Si veda, inoltre, il capitolo 5 “Relazioni Italia Cina” del Focus “Cina Indo Pacifico”, n. 8 – giugno 2025  a cura dell’Osservatorio di politica internazionale.)


 

2.2 Lo scenario macroeconomico nazionale

Il Documento programmatico di finanza pubblica 2025 presenta due scenari di previsioni macroeconomiche per l’economia italiana, uno tendenziale e l’altro programmatico, coerenti con lo scenario aggiornato riguardante le variabili esogene internazionali. Lo scenario programmatico incorpora l’impatto sull’economia delle nuove misure che saranno adottate con la prossima legge di bilancio per il 2026.

Le due previsioni, che coincidono per l’anno in corso, si differenziano negli anni successivi, in relazione alle future misure di politica fiscale.

Al riguardo, nel DPFP 2025 si precisa che i contenuti del documento sono redatti in linea con gli elementi essenziali delineati con le risoluzioni, di identico contenuto, approvate dalle Commissioni Bilancio del Senato (n. 7-00028) e della Camera (n. 7-00329) rispettivamente il 17 e il 18 settembre, che prevedono l’aggiornamento delle previsioni macroeconomiche a legislazione vigente riportate nel Documento di finanza pubblica 2025 (DFP 2025) dello scorso aprile, nonché la definizione del quadro programmatico macroeconomico e di finanza pubblica coerente con il percorso di spesa netta.

Le nuove previsioni macroeconomiche tendenziali sono state sottoposte alla validazione dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB), secondo quanto previsto dalla legge n. 243 del 2012 e validate dall’UPB con nota del 29 settembre 2025 (cfr. l’approfondimento in fondo al paragrafo).

2.2.1 Le prospettive nell’immediato e le previsioni per il 2025

Il Documento in esame reca uno scenario tendenziale aggiornato, rispetto a quello presentato nel DFP dello scorso aprile, alla luce delle recenti tendenze dell’economia italiana, condizionata dal deterioramento del quadro economico globale, influenzato dai conflitti in corso e dal nuovo regime dei dazi imposto dagli USA.

Dopo il buon andamento del PIL nei primi mesi del 2025 (+0,3% nel primo trimestre), indotto anche dal c.d. front-loading, la crescita dell’economia italiana ha subìto una lieve flessione, registrando un calo del PIL di un decimo di punto nel secondo trimestre dovuto principalmente al rallentamento dell’export (Comunicato Istat, 29 agosto 2025), che ha interrotto il trend di crescita iniziato nel terzo trimestre del 2023. Tale dato è stato confermato dal successivo Comunicato Istat del 3 ottobre, portando ad una crescita acquisita per l’anno in corso dello 0,5 %.

Il rallentamento è spiegato nel Documento con il deterioramento del quadro internazionale di riferimento, segnato dalla permanente incertezza causata dalle persistenti tensioni geopolitiche e dalle nuove pressioni causate dalla politica dei dazi sul commercio mondiale.

Tuttavia, le prospettive economiche per la seconda parte del 2025, sebbene restino fortemente condizionate dall’evoluzione delle variabili esogene internazionali, sono considerate nel documento moderatamente favorevoli, sulla base dei più recenti dati congiunturali relativi alla produzione industriale e al fatturato del settore, che portano a prefigurare, secondo il DPFP, un ritorno all’espansione del settore industriale. Il settore manifatturiero, in particolare, è atteso in recupero nei prossimi mesi. L’andamento dell’occupazione è risultato positivo, migliorando le prospettive di evoluzione della domanda interna.

Con riferimento al terzo trimestre, il Documento evidenzia l’aumento a luglio della produzione industriale, dello 0,4 % su base mensile e, in particolare la performance registrata dall’attività manifatturiera, cresciuta a luglio dell’1,4 %. Anche il fatturato in volume del settore è cresciuto nello stesso mese dello 0,6 %. Per il settore dei servizi, nonostante la stazionarietà del fatturato in volume registrata a luglio, la variazione acquisita nel terzo trimestre rimane positiva.

 

Guardando ai dati ISTAT, la produzione industriale, dopo l’aumento registrato a giugno (+0,2% in termini congiunturali), ha continuato a crescere anche a luglio (+0,4%). Ad esclusione dell’energia, unico aggregato in diminuzione (-7,8%), l’incremento congiunturale mensile si estende a tutti i principali raggruppamenti di industrie, confermando i segnali di ripresa del settore manifatturiero (+1,4%), trainato principalmente dall'aumento degli investimenti interni e dalla domanda interna (Comunicato 10 settembre 2025). Anche il fatturato dell’industria ha registrato a luglio una dinamica congiunturale positiva, sia in valore (+0,4%) sia in volume (+0,6%), sebbene in attenuazione rispetto al mese precedente (Comunicato 30 settembre 2025).

Con riferimento particolare al settore manifatturiero, il DPFP cita anche i dati dell’indice PMI (Purchasing Managers' Index) di agosto, che segnalavano un miglioramento delle aspettative del settore della manifattura, con l’indicatore che ad agosto ha leggermente superato la soglia di espansione (50,4 punti dai 49,8 punti di luglio). Tale indice è ridisceso a 49 punti a settembre 2025, attestandosi anche al di sotto delle aspettative di mercato di 50, evidenziando una rinnovata debolezza nel settore manifatturiero italiano, alimentata da nuovi cali negli ordini legati all'incertezza economica globale. In particolare, le esportazioni sono diminuite, evidenziando un rallentamento della domanda internazionale.

Le recenti indagini sul clima di fiducia delle imprese forniscono, secondo il DPFP indicazioni positive, mostrando una tendenza al miglioramento, nonostante l’eterogeneità a livello settoriale. Anche l’indicatore di fiducia dei consumatori a settembre ha recuperato parzialmente il calo registrato nel mese precedente, risultando superiore alla media del secondo trimestre.

Nell’indagine di settembre, l’Istat stima un miglioramento del clima di opinione dei consumatori (che cresce da 96,2 a 96,8) e un incremento marginale dell’indicatore composito del clima di fiducia delle imprese (da 93,6 a 93,7), che si mantiene sostanzialmente stazionario dallo scorso luglio. Con riferimento alle imprese, l’indice di fiducia aumenta nelle costruzioni e nei servizi di mercato (da 101,3 a 101,5 e da 95,1 a 95,6, rispettivamente) mentre rimane invariato nella manifattura (a 87,3). In questo quadro, segnali positivi provengono dai giudizi sugli ordini nell’industria e dalle attese su ordini e vendite nei servizi.

Alla luce degli indicatori ad oggi disponibili, le prospettive di crescita per la seconda parte del 2025 si manterrebbero, secondo il DPFP, moderatamente positive, in previsione di una accelerazione seppur modesta della dinamica congiunturale del PIL nella seconda parte dell’anno.

Tuttavia, in considerazione del mutamento dello scenario internazionale, il Governo ha ritenuto opportuno adottare stime prudenziali circa l’andamento del PIL nei prossimi trimestri e rivedere la stima di crescita per il 2025 al ribasso di un decimo di punto.

Nel nuovo scenario tendenziale, dunque, la crescita attesa per il 2025 viene rivista in via prudenziale allo 0,5 % - pari cioè a quella attualmente acquisita secondo i dati Istat del 3 ottobre scorso – rispetto allo 0,6 % previsto dal DFP di aprile.

Rispetto alla previsione programmatica di crescita del PIL nel 2025 dell’1,2 % contenuta nel Piano strutturale di bilancio di medio termine di ottobre 2024, la revisione al ribasso di 0,1 punti percentuali operata dal DPFP in esame si aggiunge alla revisione di 0,6 punti già effettuata ad aprile dal DFP 2025.

Sulla base delle mutate prospettive a livello internazionale, anche la previsione di crescita del PIL nel 2026 e 2027 viene rivista al ribasso di un decimo di punto, allo 0,7% rispetto allo 0,8 previsto dal DFP di aprile.

Nel 2028, la crescita del PIL è prevista in lieve accelerazione allo 0,8%, in linea con quanto previsto nel Piano strutturale di bilancio di medio termine.

Tabella 1 – Confronto sulle previsioni di crescita del PIL per il 2025, 2026 e 2027

(variazioni percentuali)

 

2025

2026

2027

2028

PSBMT 2024 - Previsioni Programmatiche (ottobre 2024)

1,2

1,1

0,8

0,8

DFP 2025 - Previsioni Tendenziali (aprile 2025)

0,6

0,8

0,8

 

DPFP 2025 - Previsioni tendenziali (ottobre 2025)

0,5

0,7

0,7

0,8

Fonte: PSBMT, Tavola R1 Previsioni di crescita per l'Italia (p. 48); DPFP, Tavola I.2.2 Quadro macroeconomico tendenziale (p. 33).

 

Con riferimento all’anno in corso, la revisione al ribasso della stima di crescita del PIL di -0,1 punti percentuali rispetto al DFP è legata essenzialmente ad una considerazione prudenziale circa l’evoluzione del contesto globale, caratterizzato da elevata incertezza.

Tuttavia, le nuove informazioni relative all’andamento dell’economia italiana per l’anno in corso fanno prefigurare una tenuta dell’economia.

Dal lato dell’offerta, nel DPFP si prevede che, in un quadro di ripresa dei livelli produttivi, emerso dai recenti andamenti congiunturali e dalle rilevazioni qualitative, nella seconda parte del 2025 la dinamica del settore industriale dovrebbe risultare positiva. La produzione manifatturiera, in particolare, sarebbe supportata da un migliore andamento dei consumi interni e da una moderata crescita della domanda estera di beni. Il settore delle costruzioni continuerebbe a espandersi, seppur a tassi meno sostenuti.

Dal lato della domanda interna, ci si attende una dinamica più vivace di consumi finali nazionali negli ultimi due trimestri, soprattutto di quelli delle famiglie; tuttavia la previsione annuale viene rivista al ribasso rispetto al DFP di aprile, allo 0,7 %, in considerazione della modesta variazione acquisita per l’anno in corso. Gli investimenti, invece, sono previsti in espansione rispetto a quanto ipotizzato ad aprile, al 2,5 %.

Tabella 4 - Confronto delle previsioni 2025 delle principali variabili macroeconomiche

(variazioni percentuali)

 

Consuntivo

DFP 2025 Tendenziale
aprile 2025

DPFP 2025 Tendenziale
ottobre 2025

 

2024

2025

2025

PIL

0,7

0,6

0,5

Consumi privati

0,6

1,0

0,7

Investimenti

0,5

0,6

2,5

Esportazioni

0,0

0,1

0,1

Importazioni

-0,7

1,2

2,5

Fonte: DFP 2025, Tavola I.2.3.2: Sviluppi Macroeconomici (p. 34); DPFP 2025, Tavola I.2.2 Quadro Macroeconomico Tendenziale (p. 33).

Per quanto riguarda la domanda estera netta, secondo il DPFP il graduale affievolirsi dell’incertezza legata alle politiche sui dazi dovrebbe sostenere il commercio internazionale nel medio periodo (come rilevato nel focus “Una prima valutazione d’impatto dell’accordo preliminare UE-USA sui dazi”). Per le esportazioni italiane si mantiene, pertanto, una previsione di crescita per il 2025 allo 0,1 %, invariata rispetto al DFP di aprile.

Al riguardo, il documento spiega che le previsioni sottostanti al DFP di aprile, circa le dinamiche degli scambi commerciali, erano state formulate in un’ottica molto prudenziale. Le condizioni attuali non sono ritenute tali da far pensare ad un indebolimento permanente della dinamica delle esportazioni; la flessione nel secondo trimestre (-1,9%) è considerata principalmente una conseguenza momentanea dell’anticipazione degli scambi in vista dell’introduzione di dazi da parte degli USA.

La dinamica delle importazioni è prevista sostenuta, al 2,5 per cento. Nel complesso, in base alle tendenze registrate fino al secondo trimestre dell’anno in corso, la domanda estera netta è attesa fornire un contributo maggiormente negativo alla crescita nel 2025, di -0,7 punti percentuali.

 

Per quanto attiene alle tendenze del mercato dal lavoro, nel DPFP si stima per il 2025 una ulteriore riduzione del tasso di disoccupazione in media d’anno, che si assesterebbe intorno al 6,0%; il numero di occupati dovrebbe continuare a espandersi. Nel complesso le forze di lavoro continueranno a crescere marginalmente, decelerando rispetto all’anno passato.

Infine, si segnala una leggera revisione al rialzo del deflatore dei consumi del 2025, la crescita è prevista al 2,1%, dall’1,8% del Piano.

Riguardo, infine, all’inflazione, il DPFP segnala una diminuzione del tasso di inflazione misurato dall’IPCA, che viene rivisto al ribasso all’1,8 per cento, quale conseguenza di una più rapida discesa dei prezzi dei beni energetici, maggiore delle attese. La previsione del deflatore del PIL rimane invece invariata al 2,3 per cento.

2.2.2 Le previsioni tendenziali di crescita per gli anni 2026, 2027 e 2028

L’evoluzione recente dello scenario internazionale ha comportato una revisione al ribasso delle prospettive di crescita anche per gli anni 2026 e 2027, che scendono allo 0,7%, di -0,1 punti percentuali rispetto a quanto previsto dal DFP dell’aprile scorso.

Nel 2028, la previsione di crescita del PIL si mantiene allo 0,8%, in linea con quanto già previsto nel Piano strutturale di bilancio dell’ottobre scorso.

Riguardo alle nuove previsioni tendenziali del PIL per gli anni 2026 e 2027, il DPFP sottolinea che la revisione è legata ai recenti cambiamenti del quadro internazionale, come rilevati dalle variabili macroeconomiche esogene di riferimento sottostanti la previsione.

Nel documento si segnala che sebbene l’effetto complessivo della revisione del PIL rispetto alle previsioni di aprile, a livello aggregato, sia risultata di un solo decimo di punto per entrambi gli anni, i cambiamenti intervenuti nella valutazione dell’impatto delle variabili sulle singole componenti del PIL ha assunto un certo rilevo soprattutto sulla previsione economica per il 2026.

Nel dettaglio della previsione, nel 2026 la crescita sarebbe supportata esclusivamente dalla domanda nazionale al netto delle scorte (che dovrebbe apportare un contributo positivo pari all’1,1 per cento del PIL), mentre il contributo delle esportazioni nette continuerebbe ad essere negativo in relazione al mutato quadro internazionale (-0,4 punti percentuali sulla crescita del PIL), superiore rispetto a quanto previsto ad aprile,

Tale peggioramento della previsione si fonda sull’ipotesi di una riduzione dei ritmi di crescita della domanda mondiale e dei mercati rilevanti per l’Italia, che rallenterebbero la dinamica delle esportazioni italiane, nonché sulla previsione di un apprezzamento del tasso di cambio nominale effettivo, che favorirebbe le importazioni e tenderebbe invece a deprimere ulteriormente le esportazioni (cfr. il Focus “La revisione delle stime di crescita tendenziali per il 2025 e gli anni seguenti” - illustrato più avanti).

Tra le componenti della domanda interna, nel 2026 è previsto un rafforzamento della dinamica dei consumi delle famiglie, che crescerebbero dell’1,2 % rispetto al 2025. Anche per gli investimenti, il tasso di crescita cresce all’1,8 %, grazie alla diminuzione dei tassi di interesse.

Quanto al mercato del lavoro, si attende una dinamica positiva, con una crescita degli occupati pari allo 0,7 % ed un tasso di disoccupazione che scenderebbe portandosi fino al 5,8 % nel 2026.

 

Nel 2027 la crescita del PIL rimarrebbe allo 0,7 %, un decimo al di sotto di quanto previsto nel DFP di aprile. La dinamica positiva del mercato del lavoro dovrebbe rimanere sostanzialmente invariata, con il tasso di disoccupazione stabile al 5,8 %. Infine, nel 2028, il PIL è previsto in lieve accelerazione sull’anno precedente, crescendo dello 0,8 %. La disoccupazione scenderebbe al 5,7 %.

 

Nella tabella che segue è riportato il quadro macroeconomico tendenziale esposto nel DPFP 2025, con l’indicazione delle previsioni per l’anno in corso e per i tre anni successivi dei principali indicatori, a raffronto con i dati di consuntivo del 2024.


 

Tabella 2 - Il quadro macroeconomico tendenziale

(variazioni percentuali)

 

Consuntivo

DPFP 2025 – Tendenziale

 

2024

2025

2026

2027

2028

PIL

0,7

0,5

0,7

0,7

0,8

Consumi privati

0,6

0,7

1,2

1,0

0,9

Spesa per consumi pubblici

1,0

0,6

0,4

0,1

0,0

Investimenti fissi lordi

0,5

2,5

1,8

0,6

0,8

Esportazioni

0,0

0,1

1,2

2,4

2,6

Importazioni

-0,4

2,5

2,6

2,5

2,6

 

 

 

 

 

 

Deflatore del PIL

2,0

2,3

2,0

1,8

1,8

Deflatore dei consumi privati

1,5

1,8

1,7

1,8

1,9

IPCA

1,1

1,8

1,7

1,8

1,9

 

 

 

 

 

 

Occupazione nazionale

1,6

1,0

0,6

0,7

0,6

Tasso di disoccupazione

6,5

6,0

5,8

5,8

5,7

Fonte: DFP 2025, Tavola I.2.3.2: Sviluppi Macroeconomici (p. 34); DPFP 2025, Tavola I.2.2 Quadro Macroeconomico Tendenziale (p. 33).

 

Relativamente al nuovo quadro macroeconomico tendenziale 2026-2028, nel DPFP è riportato un focus in cui viene presentata un’analisi dei principali fattori sottostanti la revisione delle previsioni macroeconomiche rispetto a quelle contenute nel DFP dello scorso aprile.

Come illustrato nel focus “La revisione delle stime di crescita tendenziali per il 2025 e gli anni seguenti”, i cambiamenti intervenuti nella valutazione delle principali variabili esogene dello scenario internazionale, rispetto a quello sottostante il DFP 2025, determinano un effetto cumulato sostanzialmente nullo sulla stima della crescita del PIL per l’intero orizzonte di previsione, rispetto ai valori ipotizzati ad aprile, ad eccezione del 2027, per il quale emergerebbe un impatto positivo pari a 0,2 punti percentuali.

Molto differenziato è l’apporto alla revisione del PIL determinato dalle singole variabili esogene sottostanti il nuovo scenario internazionale, che è risultata invece piuttosto rilevante (anche considerato il breve lasso di tempo trascorso) con impatti di segno contrastante sulle prospettive di crescita del PIL, come indicato nella Tavola contenuta nel focus:

Tabella 3 - Effetti sul PIL delle variabili esogene della previsione rispetto allo scenario del DFP 2025 (impatto sui tassi di crescita)

 (variazioni percentuali)

DPFP: Effetti sul PIL delle variabili esogene della previsione rispetto alla previsione del DFP

 

2025

2026

2027

2028

1. Commercio mondiale

0,1

-0,2

0,0

0,0

2. Prezzo del petrolio e gas

0,1

0,2

0,0

-0,1

3. Tasso di cambio nominale effettivo

-0,2

-0,3

0,0

0,0

4. Ipotesi tassi d'interesse

0,1

0,2

0,2

0,1

Totale

0,0

0,0

0,2

0,0

Fonte: DPFP 2025, Tavola R1: Effetti sul PIL delle variabili esogene della previsione rispetto allo scenario del DFP 2025 (p. 35).

 

In particolare, alla luce della persistente ed elevata incertezza del contesto globale, rispetto alla previsione sottostante il DFP di aprile, le stime sull’andamento della domanda estera (pesata per la composizione geografica dell’export italiano), pur in presenza di un leggero rialzo nel 2025, sono state riviste al ribasso. Nella revisione delle esogene, l’impatto della domanda mondiale sulla dinamica delle esportazioni italiane, e quindi del PIL, risulta positivo nell’anno in corso (0,1 punti percentuali), negativo nel 2026 (-0,2 punti percentuali) e rimane invariato negli anni successivi (0,0 nel 2027 e 0,0 nel 2028).

Sul fronte delle valute, l’apprezzamento dell’euro rispetto alle altre valute, sostenuto prevalentemente dal tasso di cambio meno favorevole con il dollaro, incide negativamente sulla crescita economica, con un impatto negativo pari a -0,2 punti percentuali nel 2025, -0,3 punti percentuali nel 2026 e nullo negli anni successivi.

Incidono invece positivamente sul nuovo quadro previsionale l’effetto del ribasso dei prezzi del petrolio e del prezzo del gas, che determinano un impatto positivo di 1 decimo di punto nel 2025 e di 2 decimi di punto nel 2026, e il profilo più favorevole dei tassi d’interesse, che contribuiscono ad un minor costo del credito bancario lungo l’intero orizzonte considerato, il cui impatto complessivo sulla crescita sarebbe pari a 0,1 punti percentuali nel 2025, 0,2 punti percentuali nel biennio 2026-2027 e 0,1 punti percentuali nel 2028.

 

Sebbene lo scenario tendenziale del DPFP 2025 già incorpori, nel profilo aggiornato, gli effetti del perdurare delle tensioni geo-politiche e della svolta in senso protezionistico delle politiche commerciali in diversi Paesi, l’elevato grado di incertezza associato all’evoluzione del quadro internazionale su vari fronti, rende opportuno considerare alcuni elementi di rischio che pesano sull’economia nazionale.

Nel focus “Un’analisi di rischio (o di sensibilità) sulle variabili esogene” è riportata un’analisi di sensibilità delle previsioni macroeconomiche del DPFP 2025 a fronte di scenari sulle variabili esogene internazionali meno favorevoli rispetto al quadro di riferimento.

Nel FocusUn’analisi di rischio (o di sensibilità) sulle variabili esogene” sono analizzati alcuni elementi di rischio insiti nel quadro economico internazionale, associati all’evoluzione delle variabili sottostanti la previsione del Governo. In particolare: a un inasprirsi delle tensioni geo-politiche in atto e all’indebolimento della domanda mondiale, legata all’ipotesi di una eventuale escalation in termini di dazi, con conseguente indebolimento del commercio mondiale (1); all’evoluzione dei tassi di cambio, con l’eventuale apprezzamento dell’euro nei confronti del dollaro maggiore rispetto a quello dello scenario di base (2); ad un andamento dei prezzi delle materie prime energetiche (petrolio e gas naturale) meno favorevole rispetto a quanto ipotizzato nello scenario di riferimento, con prezzi più elevati sia per il petrolio sia per il gas (3); all’eventuale deterioramento delle condizioni finanziarie dell’economia, con eventuale trasmissione anche al comparto dei titoli sovrano di elementi di tensione (4).

Gli scenari alternativi analizzati riguardano ipotesi meno favorevoli riguardo l’evoluzione delle seguenti variabili: il profilo della domanda mondiale, i prezzi dei beni energetici, i tassi di cambio e le condizioni dei mercati finanziari. Mediante esercizi di simulazione con il modello econometrico ITEM, sono stati esaminati quattro scenari, il cui effetto sul PIL è sintetizzato nella Tabella che segue (cfr. il riquadro di pag. 37 e seg. del Doc. CCXLIV, n. 1).

Tabella 7 - Effetti sul PIL degli scenari di rischio (impatto sui tassi di crescita percentuale rispetto al quadro macroeconomico tendenziale)

 

2025

2026

2027

2027

1. Commercio mondiale

-0,1

-0,3

0,1

0,2

2. Tasso di cambio nominale effettivo

0,0

0,0

-0,1

-0,1

2. Prezzi delle materie prime energetiche

0,0

-0,2

-0,3

0,0

4. Condizioni finanziarie dell’economia

0,0

-0,1

-0,5

-0,6

Fonte: Elaborazioni MEF

 

 

 

 

 

Si ritiene utile, infine, riportare un confronto tra le previsioni tendenziali di crescita dell’Italia formulate dal Governo nel DFP 2025 e quelle elaborate dai principali istituti di ricerca nazionali e internazionali a luglio/settembre, che si attestano, in media, allo 0,5 per cento per l’anno in corso e allo 0,7 per cento per il 2026, in linea con previsioni del Governo, con l’eccezione dell’UPB che nella Nota di agosto prevede una crescita più contenuta nel 2026, allo 0,5 per cento.

L’FMI di luglio presenta invece per il 2026 valori lievemente al di sopra della previsione del Governo, me esse sono state formulate a luglio, prima del rilascio del dato del secondo trimestre e dell’accordo sui dazi con gli Stati Uniti di fine luglio/inizio agosto.

Le stime della Commissione europea non sono state riportate nella tabella in quanto l’ultimo esercizio previsivo risale a maggio scorso.

Tabella 4 - Previsioni istituti nazionali e internazionali sulla crescita del PIL italiano

(variazioni percentuali)

 

2025

2026

GOVERNO (ottobre ’25)

0,5

0,7

OCSE – Interim Economic outlook (settembre ’25) *

0,6

0,6

FMI – WEO Update (luglio ’25)

0,5

0,8

CONFINDUSTRIA (ottobre ’25)

0,5

0,7

PROMETEIA (settembre ’25)

0,5

0,7

UPB (agosto ’25)

0,5

0,5

* Dati corretti per i giorni lavorativi

Fonte: per ulteriori dati, si veda il Rapporto periodico “Indicatori economici e finanziari” elaborato dal Dipartimento bilancio del Servizio Studi della Camera dei deputati.

Come ricordato in precedenza, la nuova previsione macroeconomica tendenziale per il 2026-2028 presentata dal DPFP 2025 è stata validata dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio con nota del 29 settembre 2025.

L’Ufficio parlamentare di bilancio (UPB) il 29 settembre 2025 ha trasmesso la lettera di validazione delle previsioni macroeconomiche tendenziali del Documento programmatico di finanza pubblica (DPFP) 2025, a conclusione di una procedura di confronto con il Ministero dell’economia e delle finanze nell’arco delle scorse settimane..

Nella nota allegata alla lettera di validazione viene precisato che lo scenario macroeconomico tendenziale ha ottenuto la validazione in quanto complessivamente accettabile, sebbene in alcuni casi le previsioni si collochino sull’estremo superiore o appena oltre le stime del panel UPB.

In particolare, la crescita del PIL nel quadro macroeconomico tendenziale non eccede l’intervallo definito dal panel, salvo uno sforamento marginale (dello 0,1 %) nel 2027; la previsione per il 2025 è in linea con quelle dell’UPB e del panel, mentre le differenze sugli anni successivi scontano le incertezze sull’accumulazione di capitale e l’instabilità del contesto internazionale.

La variazione del PIL nominale – variabile direttamente rilevante per la finanza pubblica – non eccede in nessun anno l’intervallo definito dal panel, anche se si colloca sull’estremo superiore ed eccede lievemente le attese dell’UPB; l’incremento cumulato del PIL nominale tra il 2025 e il 2028 è nel complesso coerente con l’intervallo delle stime del panel, sebbene a fronte di un lieve sforamento.

Tali stime sono esposte a molteplici rischi, bilanciati nel breve termine ma prevalentemente orientati al ribasso nel medio termine, in gran parte riconducibili ai conflitti internazionali e alla dinamica degli investimenti.

I principali fattori di rischio sono individuabili in quattro ambiti: il protezionismo, le guerre e i piani di riarmo, quali fonti primarie di incertezza con effetti sull’economia di difficile quantificazione; la dinamica degli investimenti in costruzioni, dati i possibili effetti di concentrazione degli interventi finanziati dal programma NGEU nel prossimo anno, cui si aggiungono attese incerte sugli investimenti residenziali; la volatilità dei mercati e le politiche monetarie, dove il fragile e instabile contesto internazionale rischia di ingenerare rapide reazioni avverse dei mercati finanziari, con effetti sull’economia italiana, caratterizzata da un elevato debito pubblico; il rischio climatico e ambientale, ormai fattore strutturale di vulnerabilità, poiché la crescente frequenza e intensità di eventi meteorologici estremi richiede risorse per la prevenzione e la gestione delle emergenze, con impatti sui prezzi e sulla capacità produttiva.

L’UPB procederà a valutare anche il quadro macroeconomico programmatico del DPFP, che incorpora gli effetti dell’aggiustamento di bilancio, comunicando l’esito durante la prossima audizione parlamentare.

 


 

2.3 Quadro macroeconomico programmatico

 

Il quadro macroeconomico programmatico presentato include gli effetti degli interventi che il Governo intende realizzare nel prossimo triennio prevedendo, con riferimento al quadro macroeconomico tendenziale, una conferma della crescita del PIL reale dello 0,7% per il 2026, seguita da un incremento di 0,1 punti percentuali annui per il 2027 e per il 2028. Tali obiettivi di crescita sarebbero conseguiti mantenendo il livello della spesa netta entro i limiti fissati nel Piano strutturale di bilancio di medio termine, in coerenza con la Raccomandazione del Consiglio del 21 gennaio 2025 che ha approvato il Piano con il percorso di aggiustamento di bilancio nell’arco di sette anni.

Tabella 5 - Confronto sulle previsioni di crescita tendenziali e programmatiche del PIL reale per il 2026, 2027 e 2028

 

 

2026

2027

2028

DPFP 2025 - Previsioni tendenziali (ottobre 2025)

0,7

0,7

0,8

DPFP 2025 - Previsioni Programmatiche (ottobre 2025)

0,7

0,8

0,9

Fonte: DPFP, Tavola I.2.2 Quadro macroeconomico tendenziale (p. 33); DPFP, Tavola I.2.3 Quadro macroeconomico programmatico (p. 40).

 

Lo scenario programmatico tiene conto di alcune variazioni nelle componenti della spesa. In particolare, è presente una rimodulazione nel triennio degli investimenti fissi lordi che contempla una minor spesa, rispetto al valore esposto nello scenario tendenziale di circa 2.200 milioni pari a -0,5% nel 2026, con maggiori spese in conto capitale pianificate per il biennio successivo. La spesa per consumi pubblici, secondo le previsioni, segue una dinamica simile, laddove la spesa per consumi privati si mantiene stabile sui livelli riportati nel quadro tendenziale per il 2026 e il 2027, con un lieve aumento dello 0,1% nel 2028. Complessivamente, lo scenario programmatico conferma, dunque, una crescita del PIL reale in termini percentuali dello 0,7% nel 2026.


 

Tabella 6 - Previsioni tendenziali e programmatiche di crescita delle componenti del PIL per il 2025, 2026, 2027 e 2028 (DPFP 2025)

 

 

Previsioni tendenziali

Previsioni Programmatiche

2025

2026

2027

2028

2025

2026

2027

2028

PIL reale

0,5

0,7

0,7

0,8

0,5

0,7

0,8

0,9

Importazioni

2,5

2,6

2,5

2,6

2,5

2,5

2,8

2,8

Consumi privati

0,7

1,2

1,0

0,9

0,7

1,2

1,0

1,0

Spesa delle P.A.

0,6

0,4

0,1

0,0

0,6

0,3

0,8

0,4

Investimenti fissi lordi

2,5

1,8

0,6

0,8

2,5

1,3

1,0

1,4

Esportazioni

0,1

1,2

2,4

2,6

0,1

1,2

2,4

2,6

 

Deflatore PIL

2,3

2,0

1,8

1,8

2,3

2,1

1,7

1,8

Occupazione

1,0

0,6

0,7

0,6

1,0

0,6

0,7

0,7

Disoccupazione

6,0

5,8

5,8

5,7

6,0

5,8

5,8

5,6

PIL nominale Var. %*

2,8

2,7

2,5

2,6

2,8

2,8

2,5

2,7

* Importo per il 2024: 2.199.619 mld €.

Fonte: DPFP, Tavola I.2.2 Quadro macroeconomico tendenziale (p. 33); DPFP, Tavola I.2.3 Quadro macroeconomico programmatico (p. 40).

 

Per il biennio 2027- 2028 tra le misure previste ai fini del perseguimento di effetti economici espansivi sono segnalate l’alleggerimento della pressione fiscale mediante riduzione delle imposte dirette, il rifinanziamento e l’efficientamento del sistema di incentivi alle imprese e il sostegno alla spesa sanitaria. Il mercato del lavoro dovrebbe beneficiare delle anzidette misure, con il tasso di disoccupazione atteso in diminuzione al 5,8% nel 2027 e al 5,6% nel 2028.

 

Con riferimento alla dinamica dei prezzi, la variazione del deflatore del PIL nel quadro programmatico è pari al 2,1% per il 2026, superiore dello 0,1% rispetto all’andamento tendenziale. La crescita prevista per il 2027 è dell’1,7 % (-0,1% rispetto al tendenziale), laddove per il 2028 viene confermata all’1,8%.  

 

 


 

2.4 Impatto delle riforme e degli investimenti sulla crescita

 

Nel Documento programmatico di finanza pubblica 2025, l’impatto delle riforme e degli investimenti del Piano strutturale di bilancio di medio termine (PSBMT) è valutato mediante stime, ottenute ricorrendo a modelli econometrici, elaborate in correlazione con l’attuazione delle misure PNRR.

Le stime riportate contemplano un periodo di medio-lungo termine, nel quale ci si attende che gli effetti degli interventi possano prodursi pienamente. Le stime esposte nel DPFP 2025 considerano ipotesi di simulazione coerenti con la più recente letteratura scientifica e si fondano sui dati dei documenti ufficiali in ambito PNRR e sul modello macroeconomico QUEST-III R&D elaborato dalla Commissione europea al fine di favorire la comparabilità dei dati nel tempo e di ridurre i margini di arbitrarietà e incertezza.

 

Per quanto concerne le riforme, viene evidenziato come l’incidenza di quelle afferenti al PNRR si sia condensata nelle fasi iniziali del Piano in preparazione degli investimenti, che sono invece maggiormente concentrati nella fase attuale. Pertanto, l’impatto complessivo delle riforme risulta invariato, mentre sono aggiornati i dati sugli effetti prodotti dall’attuazione delle altre misure.

 

Il PNRR dell'Italia è stato approvato il 13 luglio 2021 con Decisione di esecuzione del Consiglio e successivamente modificato più volte. La realizzazione dei traguardi e degli obiettivi, cui è finalizzato ciascuno degli interventi del PNRR, si colloca in una programmazione semestrale, che è iniziata il secondo semestre 2021 e dovrà concludersi il 30 giugno 2026.

 

Sono state effettuate due simulazioni ricorrendo allo scenario di simulazione prudenziale descritto nel Piano strutturale di bilancio (Tavola A.V.4, Appendice V), nelle quali le misure sono state ripartite in cinque aree di intervento:

§  Istruzione e ricerca;

§  Politiche attive del mercato del lavoro;

§  Pubblica Amministrazione;

§  Giustizia;

§  Concorrenza e appalti.

 

     La prima simulazione quantifica l’impatto delle riforme attuate (milestone e target raggiunti o pianificati entro il 2025), laddove la seconda individua quelle ancora da realizzare (programmate per il 2026).

 

A fine 2025 le suddette aree di intervento registrano una percentuale di completamento compresa tra il 73% e l’82%, con un aumento eterogeneo della percentuale di realizzazione rispetto a quanto riportato nel PSBMT con riferimento al 2024 (ad esclusione dell’area giustizia, in cui le misure rimanenti hanno scadenza nel 2026).

 

 

Elaborazione Servizio studi Camera dei deputati. Fonte: Documento programmatico di finanza pubblica, pp. 116-117.

 

Le riforme del PNRR già attuate determinerebbero al 2031 rispetto allo scenario di base (in assenza di interventi) una crescita del PIL reale di 3 punti percentuali a cui sommare un ulteriore 0,9% proveniente dalle misure da implementare. Gli interventi attinenti alle aree istruzione e ricerca e mercato del lavoro offrirebbero a questo riguardo l’apporto più significativo. Il contributo positivo derivante dalle nuove riforme previste per l’estensione del Piano strutturale di bilancio è atteso a partire dal 2028 (+0,1%) fino ad arrivare a un incremento di 0,5 punti percentuali nel 2031.

Elaborazione Servizio studi Camera dei deputati. Fonte: Documento programmatico di finanza pubblica, p. 119 (Tavola III.3.1).

L’impatto positivo stimato sul PIL reale degli investimenti già realizzati entro il 2025 sarebbe pari a 0,9 punti percentuali, a cui sommare un ulteriore 1,2% derivante dagli investimenti previsti a partire dal 2026, in ambito PNRR e Piano strutturale di bilancio. Lo scenario di riferimento, avente carattere prudenziale, valuta gli effetti addizionali degli investimenti rispetto a quanto prodotto dalle riforme. Le tipologie di spesa considerate sono investimenti pubblici, incentivi alle imprese, decontribuzione, spesa corrente e trasferimenti.

 

Tra le ipotesi di simulazione, il DPFP indica che, a fini prudenziali, si valutano effetti di medio periodo ad efficienza media per gli investimenti finanziati, laddove trattandosi prevalentemente di opere infrastrutturali si potrebbero ipotizzare ad elevata efficienza. Viene inoltre considerato, per la stessa ragione, unicamente l’effetto di domanda derivante dalla maggiore spesa, escludendo l’effetto lato offerta di lungo periodo.

Elaborazione Servizio studi Camera dei deputati. Fonte: Documento programmatico di finanza pubblica, p. 119 (Tavola III.3.1).

Rispetto allo scenario di base (in assenza di interventi), nello scenario prudenziale considerato la crescita del PIL reale complessiva determinata dall’impatto di riforme e investimenti, realizzate e da realizzare, sarebbe pertanto del 6,6% al 2031. Si evidenzia che i dati riportati nella Tavola III.3.1 del DPFP 2025 (si veda p. 119), riportano un impatto sul PIL reale al 2031 derivante dagli aggregati delle riforme e degli investimenti rispettivamente pari al 4,4% e al 2,1%. Tuttavia, il totale riferito a riforme e investimenti congiuntamente, riportato nella medesima Tavola III.3.1, stima l’impatto complessivo pari a 6,6 punti percentuali. Una nota apposita riportata nel DPFP precisa che eventuali differenze possono essere determinate dagli arrotondamenti degli importi.

Il Documento programmatico di finanza pubblica, riporta, infine, anche le stime riferite a uno scenario alternativo più favorevole di quello prudenziale, in quanto basato sulle ipotesi più ottimistiche, nonché quelle afferenti a uno scenario avverso, che viceversa riflette le ipotesi più cautelative. Rispetto allo scenario di base, quello più favorevole stimerebbe una crescita del PIL reale al 2031 di 9,2 punti percentuali, in luogo dei 5,1 punti percentuali previsti nello scenario avverso.

 

Per ulteriori approfondimenti sul PNRR si rinvia alla sezione dedicata presente sul sito della Camera dei deputati.

 

 


Parte II – Il quadro di finanza pubblica

 


3. Quadro di finanza pubblica

3.1 L’aggiornamento delle stime di consuntivo 2024

 

I dati riferiti al consuntivo 2024 tengono conto degli aggiornamenti delle stime recentemente diffuse dall’ISTAT[3]. Secondo tali dati, l’indebitamento netto nel 2024 risulta pari al 3,4% del PIL, valore coincidente con la valutazione provvisoria riportata nel DFP ad aprile[4].

Si conferma la riduzione, nel 2024, del rapporto deficit/PIL, nonostante l’incremento dal 3,6% al 3,9% del PIL della spesa per interessi, già scontato e legato alla fase di politica monetaria restrittiva della BCE. La contrazione del deficit è dunque dovuta al miglioramento del saldo primario di 4,1 punti percentuali (da -3,6% a 0,5%, contro la precedente previsione, di cui al DFP, di un miglioramento di 4 punti percentuali, da -3,6% a 0,4%), tornato in positivo (0,5% del PIL, in luogo dello 0,4% di cui al DFP) per la prima volta dall’inizio della pandemia.

Come già illustrato nel DFP, il miglioramento del saldo primario è dovuto sia all’andamento positivo delle entrate tributarie e contributive, sia alla netta riduzione della spesa per contributi agli investimenti, che passa dal 5,6% all’1,4% del PIL (laddove nel DFP si prevedeva un passaggio dal 5,6% all’1,5% del PIL), dovuta alla diminuzione delle spese legate ai bonus edilizi. Questo calo ha ridotto la spesa totale al 50,4% del PIL (valore inferiore alla previsione del 50,6% di cui al DFP) rispetto al 53,6% del 2023, più che compensando gli incrementi osservati in altre voci di spesa, come gli interessi, la spesa primaria corrente e gli investimenti. Questi ultimi, in particolare, hanno registrato un aumento dal 3,1 al 3,6% del PIL (contro la previsione del 3,5% di cui al DFP), sostenuto dalla significativa accelerazione della spesa per progetti legati al PNRR nella seconda metà del 2024.

Per quanto riguarda l’andamento del debito pubblico, le stime più aggiornate risentono positivamente della revisione al rialzo del PIL nominale, rideterminando il rapporto debito/PIL per il 2024 dal 135,3% del DFP al 134,9%, comunque in aumento rispetto all’anno precedente (133,9% secondo le stime più recenti).

Secondo quanto già riportato nel DFP, l’aumento registrato nel 2024 non dipende da nuove scelte di politica di bilancio, ma è dovuto principalmente a due fattori: la crescita della spesa per interessi in termini di cassa (+12%) e l’utilizzo dei crediti d’imposta legati ai bonus edilizi maturati negli anni passati.

 

3.2 Conto economico delle amministrazioni pubbliche 2025-2028

 

Il Documento programmatico di finanza pubblica (DPFP) riporta l'analisi del conto economico delle amministrazioni pubbliche a legislazione vigente per il periodo 2025-2028, integrato con le informazioni relative alla chiusura dell'esercizio 2024. Le informazioni riportate nel Documento tengono conto degli aggiornamenti dei dati recentemente diffusi dall’Istat.

L’aggiornamento delle previsioni nel quadro tendenziale di finanza pubblica si basa, oltre che sulle stime diffuse dall’Istat, sul nuovo quadro macroeconomico, sui più recenti dati di monitoraggio delle voci di entrata e di spesa della PA e sulla valutazione degli effetti dei provvedimenti adottati a partire dalla pubblicazione del DFP. Nell’insieme, le tendenze previste ad aprile sono riviste in un’ottica lievemente più favorevole.

 

La tabella di seguito riportata espone, quindi i dati, inclusi nel DPFP, relativi al consuntivo 2024 e alle previsioni 2025-2028 in valore assoluto con la relativa incidenza sul PIL (45

Tabella 7).

 

 

 


45

Tabella 7 - Conto economico della PA a legislazione vigente – Valori assoluti e incidenza sul PIL

(importi in milioni di euro e % del PIL)

 

2024

2025

2026

2027

2028

SPESE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Redditi da lavoro dipendente

197.169

9,0%

202.163

8,9%

206.142

8,9%

207.909

8,7%

211.412

8,7%

Consumi intermedi

179.406

8,2%

184.810

8,2%

189.210

8,1%

189.602

8,0%

191.598

7,8%

Prestazioni sociali in denaro

445.739

20,3%

460.640

20,4%

471.680

20,3%

482.470

20,3%

494.640

20,2%

               Pensioni

337.006

15,3%

343.910

15,2%

354.140

15,2%

363.500

15,3%

374.470

15,3%

               Altre prestazioni sociali

108.733

4,9%

116.730

5,2%

117.540

5,1%

118.970

5,0%

120.170

4,9%

 Altre uscite correnti

83.913

3,8%

85.734

3,8%

90.864

3,9%

89.859

3,8%

89.565

3,7%

Totale spese correnti netto interessi

906.227

41,2%

933.347

41,3%

957.897

41,2%

969.839

40,7%

987.215

40,4%

  Interessi passivi

85.621

3,9%

88.284

3,9%

91.729

3,9%

98.473

4,1%

104.522

4,3%

Totale spese correnti

991.848

45,1%

1.021.631

45,2%

1.049.626

45,2%

1.068.312

44,9%

1.091.737

44,7%

      di cui: Spesa sanitaria

138.335

6,3%

144.021

6,4%

149.931

6,5%

151.727

6,4%

155.702

6,4%

Totale spese in conto capitale

117.306

5,3%

122.333

5,4%

124.685

5,4%

120.788

5,1%

114.059

4,7%

Investimenti fissi lordi

78.345

3,6%

83.264

3,7%

87.353

3,8%

90.983

3,8%

86.576

3,5%

Contributi agli investimenti

30.959

1,4%

31.705

1,4%

30.229

1,3%

23.641

1,0%

20.827

0,9%

Altre spese in conto capitale

8.002

0,4%

7.364

0,3%

7.103

0,3%

6.164

0,3%

6.656

0,3%

Totale spese netto interessi

1.023.533

46,5%

1.055.680

46,7%

1.082.582

46,6%

1.090.627

45,8%

1.101.274

45,1%

Totale spese finali

1.109.154

50,4%

1.143.964

50,6%

1.174.311

50,6%

1.189.100

49,9%

1.205.796

49,3%

ENTRATE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tributarie

654.411

29,8%

662.065

29,3%

676.099

29,1%

693.160

29,1%

708.864

29,0%

            Imposte dirette

343.466

15,6%

342.215

15,1%

351.312

15,1%

359.640

15,1%

368.668

15,1%

            Imposte indirette  

309.123

14,1%

318.387

14,1%

323.320

13,9%

332.047

13,9%

338.710

13,9%

            Imposte in c/capitale

1.822

0,1%

1.463

0,1%

1.467

0,1%

1.473

0,1%

1.486

0,1%

Contributi sociali

279.705

12,7%

304.611

13,5%

315.215

13,6%

324.350

13,6%

332.712

13,6%

             Contributi sociali effettivi

275.201

12,5%

300.036

13,3%

310.571

13,4%

319.622

13,4%

327.896

13,4%

             Contributi sociali figurativi

4.504

0,2%

4.575

0,2%

4.644

0,2%

4.728

0,2%

4.816

0,2%

Altre entrate correnti

95.731

4,4%

100.614

4,5%

105.566

4,5%

104.080

4,4%

105.333

4,3%

Totale entrate correnti

1.028.024

46,7%

1.065.827

47,1%

1.095.413

47,2%

1.120.117

47,0%

1.145.423

46,9%

Entrate in conto capitale non tributarie

5.371

0,2%

7.891

0,3%

14.464

0,6%

11.400

0,5%

8.742

0,4%

Totale entrate finali

1.035.217

47,1%

1.075.181

47,6%

1.111.344

47,9%

1.132.990

47,6%

1.155.651

47,3%

       Pressione fiscale

42,5%

 

42,8%

 

42,7%

 

42,7%

 

42,6%

 

Saldo primario

11.684

0,5%

19.501

0,9%

28.762

1,2%

42.363

1,8%

54.378

2,2%

Saldo di parte corrente

36.176

1,6%

44.196

2,0%

45.787

2,0%

51.806

2,2%

53.686

2,2%

Indebitamento netto

-73.937

-3,4%

-68.783

-3,0%

-62.967

-2,7%

-56.110

-2,4%

-50.144

-2,1%

PIL nominale

2.199.619

 

2.260.650

 

2.322.536

 

2.381.336

 

2.443.821

 

Nota: eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti

 


Nel presente paragrafo sarà esposto preliminarmente l’andamento delle previsioni tendenziali per il periodo 2025-2028 relative alle entrate e alle spese al netto degli interessi (spesa primaria). Conseguentemente saranno illustrate le previsioni relative al saldo al netto degli interessi (saldo primario), alla spesa per interessi e all’indebitamento netto risultante.

 

Le entrate

 

Il DPFP stima un andamento crescente delle entrate finali in valore assoluto per tutto il periodo di previsione, nel corso del quale l’aggregato passa da circa 1.075,2 miliardi nel 2025 a circa 1.155,6 miliardi nel 2028.

In termini di incidenza sul PIL, le stime relative alle entrate della PA registrano un incremento nel 2025 di 0,5 punti percentuali rispetto al 2024, attestandosi al 47,6%, e sono previste in aumento nel 2026 di 0,3 punti percentuali e in diminuzione nel biennio 2027-2028, anni in cui raggiungono rispettivamente il 47,6% e il 47,3%.

 

Secondo il DPFP, l’andamento del gettito tributario e contributivo nel 2025 è stato influenzato dalla dinamica del mercato del lavoro. Infatti, continua il documento, l’aumento dell’occupazione e gli incrementi delle retribuzioni lorde hanno favorito un ampliamento delle basi imponibili, compensando l’impatto delle misure adottate per estendere e rendere permanente il contenimento della pressione fiscale e del costo del lavoro sui lavoratori con fasce di reddito basse e medie. Inoltre, con riferimento al periodo di previsione, il DPFP evidenzia che la dinamica del gettito delle entrate tributarie e contributive, seguendo in media un ritmo di variazione leggermente inferiore alla crescita del PIL nominale, comporta una lieve riduzione della pressione fiscale, che passa dal 42,8% del 2025 al 42,6% del 2028.

 

Concorrono agli andamenti sopra descritti i singoli aggregati che compongono le entrate, con particolare riferimento alle entrate tributarie e contributive.

Nel dettaglio, le entrate tributarie mostrano, in valore assoluto, un andamento crescente dai circa 662,1 miliardi del 2025 ai circa 708,9 miliardi del 2028 (+7% circa). La differenza tra il 2024 e il 2025 (+7,6 miliardi) è ascrivibile ad una crescita per il gettito derivante dalle imposte indirette (+9,3 miliardi), la quale più che compensa la lieve riduzione del gettito derivante dalle imposte dirette  (-1,2 miliardi) e dalle imposte in conto capitale (-0,4 miliardi). Nel triennio 2026-2028, invece, alla dinamica crescente delle entrate tributarie concorrono sia le entrate derivanti dalle imposte dirette, che si attestano a circa 368,7 miliardi nel 2028, sia quelle derivanti dalle imposte indirette, che raggiungono circa 338,7 miliardi nel 2028.

In rapporto al PIL, il gettito delle entrate tributarie è atteso scendere nell’anno in corso rispetto al 2024, passando dal 29,8% al 29,3%; nel biennio 2026-2027 il rapporto scende al 29,1% per attestarsi nel 2028 al 29%.

 

Con riferimento ai contributi sociali, le previsioni, rispetto ai dati di consuntivo 2024 (circa 279,7 miliardi), indicano un incremento dell’8,9% nel 2025 (circa 304,6 miliardi), che prosegue anche nel triennio successivo: 315,2 miliardi nel 2026 (+3,5% rispetto al 2025), 324,3 miliardi nel 2027 (+2,9% rispetto al 2026) e 332,7 miliardi nel 2028 (+2,6% rispetto al 2027).

In rapporto al PIL l’incidenza delle entrate contributive è prevista in crescita nell’anno in corso rispetto al 2024, passando dal 12,7% al 13,5%, mentre risulta sostanzialmente stabile per tutto il triennio di previsione (13,6%).

 

Per quanto riguarda le altre entrate, ossia le entrate diverse da quelle tributarie e contributive, le entrate correnti, sono previste prima in aumento nel biennio 2025-2026 (da circa 95,7 miliardi del 2024 a circa 100,6 miliardi del 2025 e 105,6 miliardi nel 2026), poi in diminuzione nel 2027 (104,1 miliardi) e nuovamente in aumento nel 2028 (105,3 miliardi). In rapporto al PIL, le previsioni mostrano valori sostanzialmente stabili per il biennio 2025-2026 (4,5%) e in diminuzione per il biennio successivo (4,4% nel 2026 e 4,3% nel 2028).

Le entrate in conto capitale non tributarie registrano una dinamica crescente nel biennio 2025-2026, passando, in valore assoluto, da circa 5,3 miliardi nel 2024 a circa 7,9 miliardi nel 2025 e a 14,5 miliardi nel 2026. Il biennio successivo mostra una significativa contrazione dell’aggregato, pari a 3,1 miliardi nel 2027 (-21,2% rispetto al 2026) e 2,7 miliardi nel 2028 (-23,3% rispetto al 2027). Anche in termini di PIL, la predetta dinamica segue un analogo andamento, con un’incidenza che passa dallo 0,3% nel 2025 allo 0,6% nel 2026, per poi diminuire nel 2027 (0,5%) e nel 2028 (0,4%).

Si rammenta che il DFP di aprile precisava che l’evoluzione delle entrate in conto capitale non tributarie è strettamente collegata al progressivo esaurirsi dei contributi del PNRR, dal momento che la relativa erogazione avverrà fino al 2026.

 

La spesa primaria

 

Il documento evidenzia un incremento della spesa primaria (spesa totale al netto degli interessi) in rapporto al PIL per l’anno 2025 (dal 46,5% al 46,7%) e una progressiva riduzione per gli anni successivi, sino ad arrivare al 45,1% nel 2028.

In particolare, per quanto riguarda l’andamento della spesa primaria corrente dal 2025, se ne evidenzia il contenimento dal 41,3% del PIL nel 2025 al 40,4% nel 2028, anche attraverso l’attuazione del programma di revisione della spesa già pianificato e avviato, i cui effetti non sono peraltro evidenziati nel documento.

Per quanto riguarda la spesa in conto capitale, è prevista una sua crescita, in rapporto al PIL, per gli anni 2025 e 2026, prevalentemente per effetto dell’incremento annuo degli investimenti fissi lordi. In particolare, tali spese passeranno dal 3,6% del 2024 al 3,7% del 2025, al 3,8% del 2026 e 2027, per poi diminuire al 3,5% nel 2028.

Il documento chiarisce che le spese finanziate da trasferimenti UE, che includono quelle finanziate con i fondi strutturali dell’UE e con le sovvenzioni della Recovery and Resilience Facility (RRF), si riducono in modo marcato nel 2024 rispetto al 2023 per l’esaurirsi di alcune misure di spesa per contributi agli investimenti finanziate con risorse RRF, per poi tornare ad aumentare nel 2025.

Tuttavia, l’aumento delle spese finanziate da trasferimenti UE previsto per il 2025 (e per il 2026), nello scenario tendenziale della Relazione di aprile sui progressi compiuti è stato ridimensionato, a causa della rimodulazione di parte delle spese finanziate dal PNRR dal 2025 agli anni successivi. Viene precisato che tale rimodulazione considera esclusivamente l’aggiornamento dei cronoprogrammi di spesa dei vari progetti finanziati, mentre il quadro programmatico sconta anche gli effetti derivanti dalla rinegoziazione del Piano, attualmente oggetto di confronto con le autorità UE, che dovrebbe concludersi entro il prossimo mese di novembre.

Per gli anni successivi al 2025, la dinamica attesa sconta l’andamento delle spese legate ai progetti del PNRR, finanziate con fondi di cui viene sottolineata la natura performance-based. In coerenza con questa natura, infatti, parte della spesa in investimenti legata al PNRR sarà sostenuta successivamente al 2026. Anche per questo motivo, secondo il documento, non si verificherà una brusca riduzione di tale voce al termine del programma; oltretutto, uno degli impegni sottostanti all’estensione del periodo di aggiustamento di bilancio richiesta nel Piano prevede il mantenimento di livelli congrui per la spesa d’investimento in rapporto al PIL. Pertanto, come già evidenziato, nel quadro di finanza pubblica tendenziale gli investimenti pubblici sono previsti salire al 3,8% del PIL nel 2026, rimanere invariati nel 2027 e attestarsi al 3,5% nel 2028.

 

Avanzo primario, spesa per interessi e indebitamento netto

 

Il saldo primario nell’anno in corso è atteso allo 0,9% del PIL (19.501 miliardi di euro), superiore rispetto alla previsione del DFP (0,7%), per effetto delle previsioni più favorevoli sia dal lato della spesa, sia da quello delle entrate, come evidenziato in precedenza.

Per gli anni successivi al 2025 si prevede un saldo primario pari all’1,2% del PIL (28.762 miliardi di euro) nel 2026, all’1,8% del PIL (42.363 miliardi di euro) nel 2027, al 2,2% del PIL (54.378 miliardi di euro) nel 2028.

In questo quadro, il documento prevede un graduale aumento della spesa per interessi passivi dal 3,9% nel 2024 al 4,3% nel 2028. Tale aumento è dovuto sia alla dinamica crescente dello stock di titoli governativi, sia all’accumularsi nello stock stesso di titoli emessi negli anni passati che hanno recepito gli effetti della restrizione monetaria attuata dalla BCE dalla seconda metà del 2022 fino a inizio 2024.

Pur considerato che l’impatto di questi due fattori era già scontato nelle previsioni ufficiali, l’incremento della spesa per interessi è stato rivisto al ribasso rispetto alle proiezioni del DFP dello scorso aprile. Tale revisione secondo il documento è dovuta ad una serie di fattori, quali:

-         il miglioramento della percezione del rischio Paese da parte degli investitori istituzionali, con conseguente riduzione dei rendimenti dei titoli di Stato italiani;

-         l’aggiornamento delle stime sull’inflazione, che influisce in modo diretto sulla spesa attraverso i titoli indicizzati al costo della vita, grazie ad una dinamica più moderata rispetto a quanto previsto ad aprile (questo risulta il fattore preponderante che incide sul calo della spesa per interessi fino al 2026);

-         l’accertato miglioramento del rating deliberato da Standard & Poor's, ad aprile, e da Fitch, a settembre.

Al riguardo, viene rilevato che la vita media dello stock di debito (inalterata su valori attorno ai 7 anni), che ha permesso di diluire nel tempo l’impatto prodotto dal precedente rialzo dei tassi di politica monetaria e di contenere quindi l’aumento complessivo della spesa per interessi, comporta che anche il nuovo scenario di mercato inizi ad essere incorporato in maniera graduale nel tempo.

Nonostante l’aumento della spesa per interessi testé descritta, secondo il DPFP, il graduale consolidamento del saldo primario, fino al 2,2% del PIL nel 2028, favorirà il ritorno del rapporto debito/PIL su un sentiero discendente, più che compensando l’effetto snow-ball e la componente relativa all’aggiustamento stock-flussi (SFA).

Per quanto riguarda l’influenza della componente snow-ball sull’evoluzione del rapporto debito/PIL, il DPFP rileva come risulti confermata una tendenza leggermente avversa. Infatti, a fronte di previsioni prudenziali del tasso di crescita del PIL reale e di una stabilizzazione della componente nominale, data dalla dinamica del deflatore del PIL, l’aumento atteso dell’onere del debito nel medio termine (a partire dal biennio 2027-2028) finisce per prevalere.

Tenuto conto dell’andamento del saldo primario e della spesa per interessi, il nuovo quadro previsionale tendenziale prospetta, per il 2025, un miglioramento dell’indebitamento netto (3,0% del PIL, -68.783 miliardi di euro) rispetto alle previsioni di aprile riportate nel DFP (3,3% del PIL, -74.043 miliardi di euro). Il miglioramento delle prospettive di finanza pubblica per il 2025 si riflette anche sulle previsioni a legislazione vigente del successivo triennio. In particolare, si prevede che l’indebitamento netto si attesti al 2,7% del PIL, -62.967 miliardi di euro, nel 2026 (DFP: 2,8% del PIL, -64,6 miliardi di euro), in coerenza con l’obiettivo di uscire dalla Procedura per disavanzi eccessivi entro il 2027, e rispettivamente al 2,4% del PIL, -56.110 miliardi di euro, e al 2,1% del PIL, -50.144 miliardi di euro, nel 2027[5] e nel 2028.

Di seguito si riportano i valori dell’avanzo primario e dell’indebitamento netto per il complesso delle Pubbliche Amministrazioni (Tabella 8), nonché i citati valori per i singoli sottosettori in cui le stesse si articolano (amministrazioni centrali, amministrazioni locali, enti di previdenza), quali risultanti dall’appendice del DPFP (da Tabella 9 a Tabella 11).

Tabella 8 – Saldo primario-Indebitamento netto delle Pubbliche Amministrazioni

                                                                                                           (importi in milioni di euro e % del PIL)

 

2024

2025

2026

2027

2028

Entrate correnti

1.028.024

46,7%

1.065.827

47,1%

1.095.413

47,2%

1.120.117

47,0%

1.145.423

46,9%

Entrate in conto capitale

7.193

0,3%

9.354

0,4%

15.931

0,7%

12.873

0,5%

10.228

0,4%

Totale entrate finali

1.035.217

47,1%

1.075.181

47,6%

1.111.344

47,9%

1.132.990

47,6%

1.155.651

47,3%

Spese correnti netto interesse

906.227

41,2%

933.347

41,3%

957.897

41,2%

969.839

40,7%

987.215

40,4%

Spese in conto capitale

117.306

5,3%

122.333

5,4%

124.685

5,4%

120.788

5,1%

114.059

4,7%

Totale spese netto interessi

1.023.533

46,5%

1.055.680

46,7%

1.082.582

46,6%

1.090.627

45,8%

1.101.274

45,1%

Saldo primario

11.684

0,5%

19.501

0,9%

28.762

1,2%

42.363

1,8%

54.378

2,2%

Spesa interessi

85.621

3,9%

88.284

3,9%

91.729

3,9%

98.473

4,1%

104.522

4,3%

Indebitamento netto

-73.937

-3,4%

-68.783

-3,0%

-62.967

-2,7%

-56.110

-2,4%

-50.144

-2,1%

 

Tabella 9 - Saldo primario-Indebitamento netto delle Amministrazioni centrali

                                                                                                           (importi in milioni di euro e % del PIL)

 

2024

2025

2026

2027

2028

Entrate correnti

623.933

28,4%

633.726

28,0%

651.710

28,1%

664.558

27,9%

678.242

27,8%

Entrate in conto capitale

5.511

0,3%

7.311

0,4%

13.057

0,6%

9.761

0,5%

6.764

0,3%

Totale entrate finali

629.444

28,6%

641.037

28,4%

664.767

28,6%

674.319

28,3%

685.006

28,0%

Spese correnti netto interesse

549.362

25,0%

546.744

24,2%

559.823

24,1%

551.370

23,2%

554.957

22,7%

Spese in conto capitale

81.556

3,7%

84.966

3,8%

84.574

3,6%

85.878

3,6%

82.776

3,4%

Totale spese netto interessi

630.918

28,7%

631.710

28,0%

644.397

27,7%

637.248

26,8%

637.733

26,1%

Saldo primario

-1.474

-0,1%

9.327

0,4%

20.370

0,9%

37.071

1,6%

47.274

1,9%

Spesa interessi

83.874

3,8%

86.807

3,8%

90.474

3,9%

97.424

4,1%

103.776

4,2%

Indebitamento netto

-85.348

3,9%

-77.480

-3,4%

-70.104

-3,0%

-60.353

-2,5%

-56.502

-2,3%

Tabella 10 - Saldo primario-Indebitamento netto delle Amministrazioni locali

                                                                                                           (importi in milioni di euro e % del PIL)

 

2024

2025

2026

2027

2028

Entrate correnti

298.376

13,6%

307.900

13,6%

316.154

13,6%

313.310

13,2%

312.914

12,8%

Entrate in conto capitale

17.692

0,8%

20.548

0,9%

22.514

1,0%

20.728

0,9%

20.172

0,8%

Totale entrate finali

316.068

14,4%

328.448

14,5%

338.668

14,6%

334.038

14,0%

333.086

13,6%

Spese correnti netto interesse

260.478

11,8%

269.441

11,9%

276.275

11,9%

279.109

11,7%

283.076

11,6%

Spese in conto capitale

50.915

2,3%

55.241

2,4%

58.930

2,5%

51.727

2,2%

47.192

1,9%

Totale spese netto interessi

311.393

14,1%

324.682

14,3%

335.205

14,4%

330.836

13,9%

330.268

13,5%

Saldo primario

4.675

0,2%

3.767

0,2%

3.463

0,1%

3.202

0,1%

2.818

0,1%

Spesa interessi

2.882

0,1%

2.585

0,1%

2.356

0,1%

2.105

0,1%

1.771

0,1%

Indebitamento netto

1.793

0,1%

1.182

0,1%

1.107

0,0%

1.097

0,0%

1.047

0,0%

Tabella 11 - Saldo primario-Indebitamento netto degli Enti di previdenza

                                                                                                           (importi in milioni di euro e % del PIL)

 

2024

2025

2026

2027

2028

Entrate correnti

458.839

20,9%

465.548

20,6%

475.736

20,5%

482.435

20,3%

496.046

20,3%

Entrate in conto capitale

0

0,0%

0

0,0%

0

0,0%

0

0,0%

0

0,0%

Totale entrate finali

458.839

20,9%

465.548

20,6%

475.736

20,5%

482.435

20,3%

496.046

20,3%

Spese correnti netto interesse

448.338

20,4%

457.362

20,2%

468.845

20,2%

478.451

20,1%

489.896

20,0%

Spese in conto capitale

845

0,0%

631

0,0%

821

0,0%

799

0,0%

799

0,0%

Totale spese netto interessi

449.183

20,4%

457.993

20,2%

469.666

20,2%

479.250

20,1%

490.695

20,0%

Saldo primario

9.656

0,4%

7.554

0,3%

6.069

0,3%

3.185

0,1%

5.351

0,2%

Spesa interessi

38

0,0%

39

0,0%

39

0,0%

39

0,0%

40

0,0%

Indebitamento netto

9.618

0,4%

7.515

0,3%

6.030

0,3%

3.146

0,1%

5.311

0,2%

 

 

Confronto con le previsioni di finanza pubblica della Commissione europea, dell’OCSE e del FMI

 

Il DPFP fornisce una comparazione tra le previsioni di finanza pubblica a legislazione vigente in esso contenute e le ultime previsioni pubblicate dalla Commissione europea[6] (Spring Forecast del 19 maggio 2025). Inoltre, il documento riporta le stime più recenti dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) e del Fondo monetario internazionale (FMI)[7], come risultanti dalla tabella che segue (Tabella 12).

Tabella 12 - Confronto con le previsioni di finanza pubblica CE, OCSE e FMI

Data previsione

2025

2026

Totale entrate

Totale spese

Saldo primario

Indebitamento netto

Totale entrate

Totale spese

Saldo primario

Indebitamento netto

DPFP

ott-25

47,6

50,6

0,9

-3

47,9

50,6

1,2

-2,7

CE

mag-25

47,7

51

0,6

-3,3

47,9

50,8

1,1

-2,9

OCSE

giu-25

46,7

49,8

0,6

-3,1

47,2

49,9

0,8

-2,8

FMI

apr-25

47,5

50,8

0,6

-3,3

47,2

50

1,1

-2,8

 

Per quanto riguarda le previsioni della Commissione europea, viene evidenziato che, con riferimento all’indebitamento netto e al saldo primario in rapporto al PIL per il 2025, le previsioni del Governo risultano migliori di 0,3 punti percentuali rispetto a quelle della Commissione, per effetto di un valore inferiore di 0,4 punti percentuali per le spese e di 0,1 punti percentuali per le entrate, a parità di incidenza degli interessi (3,9%). Viene sottolineato che nel confronto incide lo scarto temporale nel rilascio delle previsioni, poiché quelle primaverili della Commissione, sostanzialmente in linea con il DFP, non incorporano gli effetti del monitoraggio più recente né dei provvedimenti normativi intervenuti successivamente. Per il 2026 lo scarto, invece, si riduce. Anche per tale anno le previsioni del Governo risultano più favorevoli rispetto a quelle della Commissione: l’indebitamento netto è inferiore di circa 0,2 punti percentuali e il saldo primario di 0,1 punti percentuali, per effetto di una previsione inferiore di 0,2 punti percentuali delle spese, con interessi lievemente maggiori nelle stime della Commissione (4,0%, a fronte del 3,9%), mentre le entrate risultano allineate.

Per quanto concerne le previsioni dell’OCSE viene rilevato che per il 2025 lo scostamento tra l’indebitamento netto previsto dal Governo e la stima dell’OCSE di giugno è più contenuto rispetto a quello che si registra nel confronto con la stima della Commissione, sebbene le differenze tra i valori delle entrate e delle spese risultino sensibilmente superiori.

Per quanto attiene al FMI, viene osservato che per il 2025 le sue previsioni sono invece in linea con quelle della Commissione, sia per l’indebitamento netto sia per il saldo primario.

Per il 2026, infine, viene sottolineato che le stime dell’OCSE e del FMI si collocano su valori intermedi rispetto a quelli del Governo e della Commissione, indicando un indebitamento netto più contenuto rispetto al 2025, ma ancora superiore a quello previsto dal Governo. Nel complesso viene osservato che le previsioni confermano un progressivo miglioramento dei saldi di finanza pubblica, pur evidenziando ipotesi sottostanti differenti, in particolare per quanto riguarda l’andamento di entrate e spese.

 

 


3.3 La coerenza con il percorso di spesa netta

 

La nuova governance economica europea prevede che ogni Stato membro definisca la propria politica di bilancio in linea con una traiettoria della spesa pubblica nominale concordata con le istituzioni europee. Tale traiettoria è stabilita, ai sensi dell’articolo 2 del Regolamento (UE) 2024/1263, in termini di tasso percentuale di variazione, rispetto all’anno precedente, della “spesa primaria netta finanziata a livello nazionale” nominale. Essa consiste nella spesa pubblica nominale finanziata a livello nazionale, al netto della spesa per interessi, delle misure discrezionali sul lato delle entrate, della spesa per i programmi dell’Unione interamente finanziata dai fondi dell’Unione, della spesa nazionale per il cofinanziamento di programmi finanziati dall’Unione, della componente ciclica della spesa per i sussidi di disoccupazione, delle misure una tantum e di altre misure temporanee (per ulteriori dettagli in merito all’indicatore della spesa primaria netta nazionale si veda il box di seguito riportato).

 

La quantificazione delle componenti della spesa netta nel 2023

Nel Piano strutturale di bilancio di ottobre 2024 il Governo ha calcolato la spesa netta dell’anno di riferimento, il 2023 (1.040,3 miliardi di euro). Di seguito, si riporta un confronto con i dati di consuntivo per il 2024 riportati dal DPFP:

 

CALCOLO SPESA PRIMARIA NETTA FINANZIATA A LIVELLO NAZIONALE

2023 (mln euro)*

2024, (mln euro)*

Spesa complessiva dello Stato (spese correnti + c/capitale + rimborso prestiti in scadenza)

1.144.843

1.109.154

Di cui:

1. Spese finanziate da trasferimenti dall'UE

23.424

8.600

2. Cofinanziamento nazionale dei programmi finanziati dall'Unione

2.886

3.043

3. Componente ciclica della spesa per sussidi di disoccupazione**

-1.873

-5.332

4. Spese una tantum incluse nelle proiezioni (escluse le misure finanziate dall'UE)

2.124

656

5. Spesa per interessi sul debito

77.987

85.621

Spesa primaria netta finanziata a livello nazionale (al lordo delle misure sul lato delle entrate – DRM)  (si veda la successiva tabella)

1.040.295

1.016.567

* Fonte: per il 2023, Tavola II.2.4 "Quadro programmatico di finanza pubblica" del PSBMT (pp. 73-74); per il 2024, Tavola II.1.4 “Crescita della spesa netta nello scenario tendenziale” del DPFP (p. 53).

** Come si evince dal DPFP – nota n. 73 di p. 53 – la Commissione europea stima per ciascuno Stato membro un tasso di disoccupazione di equilibrio, definito NAWRU (Non accelerating wage rate of unemployment), e calcola la quota di disoccupazione detta “ciclica” sulla base del divario tra disoccupazione di equilibrio (NAWRU) e disoccupazione effettiva. Qualora, come nella congiuntura attuale, il tasso di disoccupazione effettivo in Italia sia più basso del NAWRU, la minore spesa per sussidi di disoccupazione rispetto al livello di equilibrio (stimata in -5,3 miliardi) rientra nel calcolo livello massimo di spesa nel 2025, riducendo il margine di spesa disponibile.

 

Nel 2024, l’Italia ha dunque ridotto la propria spesa netta di circa 23,7 miliardi rispetto al 2023.

Tuttavia, il volume di spesa netta così calcolato non tiene conto della possibile variazione annua delle entrate di carattere discrezionale (Discretionary Revenue Measures, DRM) ad esclusione di quelle derivanti da entrate una tantum e da misure finanziate dall’UE. Tale aggregato costituisce una importante leva di politica economica in quanto, come riportato anche nel DPFP (si veda p. 52), un aumento delle entrate di carattere discrezionale può finanziare un corrispondente aumento della spesa evitando ripercussioni sul rispetto del percorso di aggiustamento, mentre una riduzione di tali entrate implica un effetto opposto, comprimendo la possibilità di ulteriori spese.

Tabella 13 - Misure discrezionali dal lato delle entrate (DRM)

 (importi in percentuale del PIL annuale)

 

2023 (risultati)

2024 (risultati)

2025 (previsioni)

 

% PIL

Milioni EUR

% PIL

Milioni EUR

% PIL

Milioni EUR

Misure discrezionali sul lato delle entrate (DRM)*

+0,31%

+8.264

-0,47%

-11.637

+0,54%

-

Cui vanno sottratte:

 

 

 

 

 

 

1. Misure sul lato entrate finanziate dall’UE**

0%

-

0%

0

0%

-

2. Entrate una tantum***

+0,10%

8.142

-0,17%

4.437

-0,05%

3.351

Saldo: misure discrezionali sul lato delle entrate al netto delle entrate una tantum e delle misure finanziate dall’UE****

+0,2%

-

-0,4%

-

+0,7%

-

* I dati riferiti al 2023 e al 2025 sono riportati nel DFP di aprile 2025, Sezione II, Tabella I.2-9, p. 17.

* I dati espressi in percentuale di PIL, per gli anni 2023, 2024 e 2025 sono riportati nel DFP di aprile 2025, Sezione I, Tavola II.2.3.2, p. 69. Si noti che nel PSB di ottobre 2024 (Tavola II.2.4, p. 73) le DRM 2023 erano quantificate in +8.264 milioni e pari a circa lo 0,4% del PIL (Tavola II.2.5, p. 77); le stime per le DRM 2024 in milioni (-11.637) sono state quantificate nel DPFP di ottobre 2025 (Tavola II.1.6, p. 57).

** I dati sulle misure di riduzione di entrate finanziate da fondi UE sono riportati nel DPFP di ottobre 2025 (Tavola II.1.6, p. 57).

*** I dati sulle entrate una tantum espressi in milioni di euro (consuntivi per il 2022, 2023 e 2024 e previsionali per 2025, 2026 e 2027) sono riportati nel DFP di aprile 2025, Sezione II, Tabella I.2-9, p. 17; i dati espressi in percentuale di PIL, per gli anni 2023, 2024 e 2025 sono riportati nel DFP di aprile 2025, Sezione I, Tavola II.2.3.2, p. 69. Le entrate una tantum del 2024, previste dal DFP di aprile 2025 in 4.442 milioni di euro, sono state poi riviste in 4.437 milioni di euro dal DPFP di ottobre 2025 (Tavola II.1.6, p. 57).

*** I dati sulle misure discrezionali dal lato delle entrate, espressi in percentuale di PIL, per gli anni 2023, 2024 e 2025 sono riportati nel DPFP di ottobre 2025, Sezione I, Tavola II.2.3.2, p. 69.

**** I dati sulle previsioni delle misure discrezionali sul lato delle entrate (DRM) al netto delle entrate una tantum e di quelle UE sono stati aggiornati rispetto al DFP di aprile 2025 e sono indicati dal Governo nel DPFP di ottobre 2025, Tavola II.1.4 p. 53 solo in percentuale di PIL e non in milioni di euro, e sono stimati al -0,4% del PIL nel 2024 e al +0,7% del PIL nel 2025.

Il Documento di finanza pubblica di aprile 2025 calcolava che le misure discrezionali sul lato delle entrate avessero comportato, per il 2024, minori introiti per il -0,47% del PIL; tuttavia, una quota di queste minori entrate, pari al -0,17% del PIL, era imputabile a minori entrate una tantum. Le minori DRM risultano pari al -0,3% del PIL 2024 circa. Il Documento programmatico di finanza pubblica di ottobre 2025 aggiorna tali dati riportando un’ulteriore diminuzione di entrate pari a 0,1 punti percentuali a consuntivo. Infatti, gli effettivi minori introiti sono stati pari a -11,6 miliardi di euro per il 2024, e poiché 4,4 miliardi di essi sono dovuti a minori entrate una tantum, le effettive minori entrate discrezionali non temporanee risultano pari a circa -7,2 miliardi per il 2024 ovvero, per il Governo, pari a circa il -0,4% del PIL. Tuttavia, non sono forniti dati di dettaglio che spieghino quali componenti delle entrate discrezionali abbiano registrato una variazione a consuntivo.

L’aggiornamento della traiettoria di spesa netta

La traiettoria di spesa netta per l’Italia per il 2025-2029 è stata individuata dal Piano strutturale di bilancio di ottobre 2024 ed approvata dalla Raccomandazione 5019/25 del Consiglio UE del 21 gennaio 2025. Dal Piano ad oggi, la traiettoria di spesa netta è stata rivista come segue:

·      Per il 2024: il DFP (aprile 2025) ha stimato inizialmente una ulteriore riduzione di spesa di 0,2 punti percentuali rispetto alla spesa netta dell’anno precedente (dal -1,9% al -2,1%), poiché si erano registrati circa 0,2 punti percentuali di PIL di entrate discrezionali in più rispetto a quanto stimato originariamente (da -0,5% del PIL al -0,3%), solo parzialmente compensati dalla riduzione di altre voci che hanno comportato un aumento di spesa netta (minore spesa ciclica per disoccupazione per circa -0,07% del PIL e minori spese per programmi UE per circa -0,03% del PIL). Il DPFP di ottobre 2025 stima invece una riduzione della spesa netta di 0,1 punti percentuali (dal -2,1% al -2,0%), in quanto la riduzione delle entrate discrezionali è stata maggiore del previsto (dal -0,3% del PIL al -0,4%).

·      Per il 2025: il DPFP (ottobre 2025) non rileva modifiche, poiché una minore spesa primaria e un aumento delle entrate discrezionali di circa 0,1 punti percentuali di PIL sono compensate, tra l’altro, da minori finanziamenti UE, dovuti al rinvio al 2026 di parte delle spese finanziate dal PNRR a causa della modifica dei cronoprogrammi di spesa e da minore spesa ciclica per disoccupazione.

Tabella 14 - Traiettoria di spesa netta dell’Italia, 2024-2029

 (percentuali di variazione rispetto al livello di spesa netta dell’anno precedente)

 

2024

2025

2026

2027

2028

2029

Spesa netta prevista dal PSB (ottobre 2024) 

-1,9%

+1,3%

+1,6%

+1,9%

+1,7%

+1,5%

Spesa netta aggiornata nel DFP (aprile 2024)

-2,1%

+1,3%

-

-

-

-

Spesa netta tendenziale (DPFP ottobre 2025)

-2,0%

+1,3%

+1,7%

+1,3%

+1,5%

-

Spesa netta programmatica (DPFP ottobre 2025)

-2,0%

+1,3%

+1,6%

+1,9%

+1,6%

-

Fonte: PSB, Tavola II.1.2, p. 26; DFP di aprile 2025, Tavola II.2.2.1 p. 63; DPFP di ottobre 2025, Tavola II.1.4 p. 53 (tendenziale) e Tavola II.1.6 p. 58 (programmatico).

 

Si rammenta che il conto di controllo in cui la Commissione registra le deviazioni dal percorso di spesa netta sarà attivato solo nel 2026.

•   Percorso di spesa primaria netta: profili metodologici

Nel nuovo quadro di governance la riduzione e la sostenibilità del debito sono perseguite attraverso una correzione del saldo primario strutturale, la cui entità è definita sulla base di un’analisi di sostenibilità del debito (DSA) condotta con riferimento a ciascun Paese. Tale obiettivo di correzione viene assicurato attraverso l’individuazione di un unico strumento, consistente nel limite annuo da porre alla crescita dell’aggregato di spesa primaria netta finanziata a livello nazionale, soggetto a monitoraggio nel quadro delle procedure di sorveglianza europee.

Tale aggregato costituisce una variabile posta in larga misura sotto il controllo dei governi e composta dalla spesa finale delle amministrazioni pubbliche al netto delle spese per interessi e di ulteriori voci, quali: la componente ciclica della spesa per disoccupazione, le spese per i programmi dell’Unione interamente finanziati dai trasferimenti provenienti dalla UE e i corrispondenti cofinanziamenti nazionali[8], le misure una tantum e temporanee dal lato delle spese e delle entrate (le quali non hanno, per definizione, un impatto strutturale sul bilancio).

La dinamica dell’aggregato è inoltre calcolata al netto della variazione annua delle entrate di carattere discrezionale (Discretionary Revenue Measures, DRM): pertanto, un aumento di entrate di carattere discrezionale può validamente finanziare un corrispondente aumento di spesa senza influire sul rispetto del percorso di aggiustamento, mentre una riduzione di tali entrate comprime necessariamente lo spazio per incrementi di spesa.

Il limite posto alla crescita della spesa netta rappresenta il vincolo unico a garanzia ex ante del cammino di correzione del saldo primario strutturale e, quindi, del perseguimento dell’obiettivo di sostenibilità del debito: su tale dinamica si basa in via prevalente la fase operativa del braccio preventivo del nuovo Patto di stabilità e la sorveglianza sull’attuazione del Piano strutturale[9].

Sul piano metodologico, il calcolo della dinamica della spesa netta effettuato dalla Commissione europea per la traiettoria di riferimento si basa su un approccio di tipo top down: a partire da una data crescita annua del Pil potenziale nominale, la Commissione determina univocamente la crescita annua della spesa netta in grado di assicurare ex ante la correzione annua del saldo primario strutturale richiesta dall’Analisi di Sostenibilità del Debito (DSA) riferita ai singoli Paesi.

Ai fini della costruzione del percorso di spesa netta confluito poi nel Piano strutturale di medio termine dell’Italia è stato seguito un approccio in parte diverso: per i primi tre anni di programmazione (2025-2027), la crescita annua della spesa netta è stata infatti ricavata, in accordo con la Commissione europea, seguendo un approccio di tipo bottom up.

 

Più in dettaglio, a partire dalle previsioni programmatiche del Piano, sono state sommate le varie voci di spesa del conto economico che compongono l’aggregato di spesa netta secondo la definizione dei regolamenti europei; da tale importo sono state escluse le DRM, secondo l’espressa previsione dalla normativa europea. Per il successivo biennio di programmazione (2028-2029) e per gli ultimi due anni del periodo di aggiustamento (2030-2031), la dinamica della spesa netta contenuta nel Piano è stata invece calcolata seguendo sostanzialmente la metodologia della Commissione basata sulla DSA, con alcune parziali modifiche.

 

Come risultato complessivo, in termini di dinamica dell’aggregato di spesa netta, l’approccio seguito nel Piano ha chiaramente condotto a risultati annui in parte divergenti rispetto alla traiettoria di riferimento originariamente indicata dalla Commissione europea. In particolare, il limite annuo alla crescita della spesa netta indicato nel Piano risulta inferiore a quello della traiettoria di riferimento per il 2025 (1,3% vs. 1,6%), identico per il 2026 (1,6%) e superiore per il 2027 (1,9% vs. 1,7%). Tuttavia, la crescita media dell’aggregato di spesa netta per l’intero periodo di aggiustamento settennale è identica a quella della traiettoria di riferimento (1,5%) e l’obiettivo di saldo primario strutturale da raggiungere al termine del periodo di aggiustamento è molto vicino a quello derivante dalla traiettoria di riferimento (3,2% vs. 3,3% del PIL potenziale).

Il diverso approccio seguito nel Piano rispetto a quello della Commissione europea (basato sulla DSA) ha permesso al Governo, secondo quanto riportato nel Piano stesso, di esercitare un maggiore controllo ed un più elevato grado di ownership sulle grandezze di bilancio oggetto di programmazione – in quanto direttamente ricavabili dalla contabilità nazionale - nonché di assicurare la conformità del sentiero di crescita della spesa netta all’obiettivo di uscita più rapida dalla procedura per disavanzi eccessivi, prevista dal Piano entro il 2027 (mentre la traiettoria della Commissione avrebbe assicurato lo stesso risultato entro il 2031).

In ogni caso, il DPFP in esame afferma (vedi focus ‘Verifica della robustezza della traiettoria di spesa all’aggiornamento delle previsioni macroeconomiche e finanziarie’) che, sulla base di una simulazione DSA che è stata nuovamente effettuata assumendo come anno base il 2025, il limite di spesa netta medio di 1,5 % stabilito nel Piano risulterebbe tuttora robusto e tale da assicurare la sostenibilità delle finanze pubbliche di medio periodo.

Per quanto riguarda il confronto tra il percorso di spesa netta incluso nel Piano e raccomandato dal Consiglio, e il nuovo quadro, tendenziale e programmatico, contenuto nel DPFP in esame (dati di consuntivo 2024 e previsioni 2025-2028), si riporta di seguito una tabella che offre un raffronto tra i diversi valori.

 

Spesa primaria netta 2024-2028

Variazioni % annue

Fonte: elaborazioni dell’Osservatorio sulla finanza pubblica e le politiche di bilancio, su dati DPFP.

 

Rispetto ai limiti definiti nel Piano strutturale e raccomandati dal Consiglio, il dato a consuntivo per il 2024 indicato nel DPFP registra un lieve scostamento (circa un decimo di punto percentuale) ed una corrispondente minore crescita dell’aggregato di spesa netta (-2,0 vs. -1,9 per cento). Per il triennio 2026-2028, dal quadro tendenziale del DPFP si osserva una riduzione media nel triennio del tasso annuo di crescita della spesa netta più accentuata rispetto al sentiero raccomandato dal Consiglio (le cui determinanti non sono esplicitate dal Documento). Per quanto riguarda i singoli esercizi, si osserva che per il 2026 il valore di crescita tendenziale dell’aggregato è più elevato di quello raccomandato dal Consiglio (1,7 vs. 1,6 per cento). Nel 2027 e nel 2028 la crescita tendenziale dell’aggregato è invece inferiore rispetto agli obiettivi europei.

 

Come riportato nel DPFP, il Governo si impegna a ricondurre il quadro programmatico in linea con il sentiero di spesa netta raccomandato dal Consiglio. Pertanto, le differenze tra previsioni tendenziali del tasso di crescita della spesa netta e i valori obiettivo raccomandati costituiscono deviazioni da correggere (per il 2026) e spazi di manovra disponibili (per il 2027 e il 2028) per perseguire le principali finalità di politica economica.

Nella manovra di bilancio 2026-2028 saranno incluse le misure volte a correggere il disallineamento del 2026 tramite ricomposizioni e rimodulazioni di alcune voci e componenti di spesa, in un quadro di complessiva attenuazione della dinamica della spesa; per il biennio successivo, i margini che emergono rispetto agli obiettivi saranno utilizzati (completamente per il 2027 e parzialmente per il 2028) per finanziare gli interventi ritenuti prioritari dal Governo. Con particolare riferimento al 2028, l’obiettivo di crescita della spesa netta è fissato prudenzialmente a un livello inferiore rispetto a quello indicato dal Piano nel medesimo esercizio.

 


 

3.4 Il quadro programmatico di finanza pubblica

Obiettivi di crescita della spesa netta e prossima manovra di bilancio

Secondo il Documento nello scenario programmatico il tasso di crescita della spesa netta rispetterà i limiti[10] fissati nel Piano e raccomandati dal Consiglio[11], coerentemente con l’estensione del periodo di aggiustamento di bilancio a sette anni.

 

 

Come già illustrato nel Piano, la differenza che emerge tra previsioni del tasso di crescita della spesa netta a legislazione vigente e il suo valore obiettivo definisce gli spazi di manovra disponibili per perseguire le principali finalità di politica economica (se negativa) o le deviazioni da correggere (se positiva).

La legge di bilancio per il 2025 ha introdotto misure coerenti con gli obiettivi di spesa netta. Tuttavia, l’evolversi dello scenario economico e l’aggiornamento delle previsioni a legislazione vigente sottostanti questo Documento comportano un lieve disallineamento tra il tasso di crescita della spesa netta previsto per il 2026 (1,7%, v. tavola a pagina 53 del DPFP) e l’obiettivo (1,6%). Al contrario, per gli anni 2027-2028 le proiezioni tendenziali (rispettivamente 1,3 e 1,5%) si collocano al di sotto dei limiti massimi del Piano.

Pertanto, nella manovra di bilancio per il triennio 2026-2028 saranno incluse le misure necessarie per correggere il disallineamento nel 2026. I margini che emergono rispetto agli obiettivi nei due anni successivi saranno utilizzati – completamente per il 2027 e parzialmente per il 2028 – per finanziare gli interventi volti ad affrontare le attuali priorità di politica economica. In via prudenziale, infatti, l’obiettivo di crescita della spesa netta per il 2028 è fissato a un livello inferiore (1,6%) rispetto al limite massimo di crescita del Piano (1,7%).

 

Il contenuto aumento del deficit rispetto allo scenario tendenziale consegue al finanziamento di specifiche misure di natura temporanea (cd. one-off), quindi escluse dal calcolo dell’indicatore.

L’impatto della manovra si dispiegherà anche attraverso una rimodulazione delle differenti voci e componenti della spesa, riducendo l’incidenza del carico sui redditi da lavoro, rifinanziando il fondo sanitario nazionale, prevedendo misure volte a stimolare gli investimenti delle imprese, preservando gli investimenti pubblici finanziati con risorse nazionali (i quali sono attesi mantenersi su un livello medio pari al 3,4% del PIL, al di sopra di quello riferito agli anni del PNRR), potenziando gli interventi a sostegno della natalità e della conciliazione vita-lavoro.

Tenuto conto che la manovra dello scorso anno ha reso strutturali misure quali quelle relative alla riduzione del carico fiscale sui redditi da lavoro, le missioni internazionali, il rinnovo dei contratti pubblici e ha accresciuto il livello del finanziamento del fondo sanitario nazionale e ha previsto la costituzione di fondi per gli investimenti e per la ricostruzione, la manovra 2026­-2028 finanzierà interventi (impieghi) per un ammontare medio annuo di circa 0,7 punti percentuali di PIL. Concorrerà al finanziamento (risorse) della manovra una combinazione di misure dal lato delle entrate e, per circa il 60%, di interventi sulla spesa.

 

 

Il Documento evidenzia, infine, che in base ai risultati delle simulazioni DSA aggiornate, il limite di spesa netta medio dell’1,5% stabilito nel Piano risulta “robusto” all’aggiornamento delle ipotesi macroeconomiche e fiscali per l’anno in corso, e continuerebbe ad assicurare la sostenibilità delle finanze pubbliche di medio periodo.

Sentiero del deficit

Il rispetto degli obiettivi di crescita della spesa netta fissati nel Piano consente di confermare il rientro dell’indebitamento netto sotto la soglia del 3% del PIL nel 2026 (2,8%).

Anche per il biennio 2027-2028 la previsione nello scenario programmatico, coerente con il sentiero obiettivo di spesa netta, conferma la tendenza di fondo dello scenario a legislazione vigente.

Lo stanziamento delle risorse che si rendono disponibili dai margini rispetto alla traiettoria obiettivo di spesa netta, utilizzate per finanziare i prossimi interventi di politica economica, comporta una riduzione dell’avanzo primario in rapporto al PIL rispetto allo scenario tendenziale di circa 0,3 punti percentuali l’anno nel 2027 e 2028. L’avanzo continuerà comunque a crescere fino all’1,9% del PIL nel 2028, favorendo la prosecuzione del percorso di graduale discesa dell’indebitamento netto, atteso al 2,3% del PIL nel 2028, in linea con quanto previsto nel Piano.

 

Al di là delle misure previste nel quadro programmatico di finanza pubblica, il Documento segnala una serie di interventi di bilancio che si perfezioneranno nel 2026.

In primo luogo, ricorda che sono in corso le interlocuzioni dell’Italia con la Commissione europea in merito all’approvazione del Piano nazionale Sociale per il Clima recentemente trasmesso alla Commissione europea. Tale Piano ha individuato le azioni da finanziare per il raggiungimento delle finalità previste dal regolamento (UE) 2023/955, ossia sostenere la transizione verso la neutralità climatica, mitigando gli impatti sociali derivanti dall’introduzione della direttiva 2003/87/CE (ETS 2) ai settori dell’edilizia e dei trasporti.

In particolare, il citato regolamento ha previsto l’istituzione del Fondo Sociale per il Clima con una dotazione pari a 65 miliardi complessivi per il periodo 2026-2032.

La quota di spettanza dell’Italia sarà pari a circa 7 miliardi, a cui si aggiunge il cofinanziamento nazionale di 2,3 miliardi, portando le risorse complessivamente disponibili a circa 9,3 miliardi.

 

In secondo luogo, per quanto riguarda il rafforzamento della capacità di difesa comune, anche nell’ottica di favorire il rispetto entro il 2035 dei nuovi obiettivi stabiliti in ambito NATO79, dettagli su diversi aspetti - tra cui il ricorso allo strumento finanziario europeo SAFE (Security Action For Europe) e alla clausola di salvaguardia generale - sono contenuti in un focus specifico.

 

Infine, il DPFP propone una breve ricostruzione della situazione e delle prospettive relative all’Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS), anche nel quadro del cd. Piano Mattei per l’Africa, nel cui ambito nel decennio 2026-2035 l’Italia attuerà un programma di conversione delle scadenze debitorie dei Paesi africani, a fronte di interventi di sviluppo concordati bilateralmente.

Innanzitutto sottolinea che, pur in un contesto che dopo 5 anni ha registrato nel 2024 una diminuzione del livello totale dell’Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS) da parte dei Paesi OCSE, l’Italia ha aumentato l’insieme dei flussi finanziari destinati allo sviluppo economico dei Paesi in via di sviluppo, passati dallo 0,27% del Reddito Nazionale Lordo (RNL) nel 2023 allo 0,29% nel 2024.

Il Governo conferma l’intenzione di un allineamento pluriennale tendenziale dell’Italia agli standard internazionali in materia di APS, impegnandosi in un percorso di avvicinamento graduale all’obiettivo dello 0,7% del RNL, in linea con quanto previsto dall’articolo 30 della legge n. 125 del 2014 e tenuto conto dei vincoli di bilancio.

Aggiornamento dei saldi strutturali programmatici

In base alle stime di consuntivo rilasciate dall’ISTAT il 22 settembre, nel 2024 è stato conseguito un avanzo primario di circa lo 0,5% del PIL, a fronte dello 0,4% stimato ad aprile e dello 0,1% previsto nel Piano strutturale di bilancio di medio termine (PSBMT) e nel DPB 2025. Il risultato non è sufficiente a raggiungere un avanzo primario anche in termini strutturali, ma implica una lieve riduzione della stima del deficit primario strutturale da -0,3% a -0,2% del PIL[12].

Per il 2024 viene inoltre stimato un marcato miglioramento del saldo primario strutturale rispetto al 2023, pari a circa 4,5 punti percentuali (contro i circa 4 punti percentuali attesi nel Piano). La variazione del saldo strutturale complessivo risulta leggermente meno ampia (4,3 punti percentuali del PIL), a causa dell’aumento degli interessi passivi di circa 0,3 punti percentuali sul PIL.

La tendenza al miglioramento dei saldi strutturali è confermata anche negli anni seguenti.

Nel 2025 il miglioramento del saldo primario strutturale sarebbe pari a circa 0,7 punti percentuali del PIL e consentirebbe di passare da un deficit del 2024 a un avanzo primario strutturale pari a circa lo 0,5% del PIL.

Nell’intero periodo 2025-2028 la correzione media del saldo primario strutturale risulta allineata a quella programmata nel Piano (pari a 0,5 punti percentuali) ed è da ritenersi congrua anche in considerazione del fatto che parte della correzione programmata si è già verificata nel 2024 (per un valore pari a 0,5 punti percentuali).

Nel 2028, per effetto dell’aggiustamento previsto, l’avanzo primario strutturale raggiungerebbe un livello pari all’1,7% del PIL (1,6% previsto nel Piano).

Similmente al risultato del 2024, anche lungo l’intero orizzonte di previsione 2025-2028 la correzione annua del saldo strutturale sarebbe più bassa rispetto a quella del saldo primario strutturale, per effetto dell’aumento atteso della spesa per interessi in rapporto al PIL, ma comunque pari a 0,4 punti percentuali del PIL in media[13].

Concludendo, secondo il Documento, nel suo insieme il quadro di finanza pubblica programmatico assicurerebbe una correzione dei saldi strutturali di bilancio congrua e in linea con il percorso di aggiustamento previsto nel Piano.

•   La programmazione delle spese per la difesa: strumenti europei e obiettivi NATO

·        Strumenti europei per le spese di difesa

Il 4 marzo 2025, la Presidente della Commissione europea ha annunciato il Piano ReARM Europe-Readiness 2030 – poi delineato in dettaglio nel Joint White Paper for European Defence Readiness 2030 del 19 marzo 2025 –, finalizzato a rafforzare le capacità difensive dell’Unione Europea attraverso rilevanti investimenti nel settore della difesa.

     I principali pilastri del Piano Readiness 2030 sono la facoltà di ricorso alla clausola di salvaguardia nazionale (National escape clause – NEC), prevista nella nuova disciplina sulla governance economica europea, e l’attivazione di un nuovo strumento di finanziamento dell’UE, per concedere agli Stati membri prestiti per investimenti in difesa mediante lo strumento Security Action For Europe - SAFE. Tali strumenti congiuntamente consentirebbero, secondo le stime della Commissione europea, di incrementare le spese per la difesa a livello unionale di circa 800 miliardi di euro.[14]

 

In particolare, l’attivazione della clausola di salvaguardia nazionale è prevista dall’art. 26 del Regolamento UE 2024/1263, in base al quale uno Stato membro può, previa autorizzazione del Consiglio, temporaneamente deviare dal percorso di spesa netta definito nel proprio piano strutturale di bilancio di medio termine (PSBMT) nel caso in cui circostanze eccezionali, al di fuori del controllo dello Stato, abbiano rilevanti ripercussioni sulle sue finanze pubbliche e a condizione che tale deviazione non comprometta la sostenibilità di bilancio nel medio termine.

La Comunicazione Accomodating increased defence expenditure within the Stability and Growth Pact della Commissione europea del 19 marzo 2025 

(di seguito, “Comunicazione”), ha individuato lo scoppio della guerra in Ucraina nel 2022 come circostanza eccezionale che, imponendo agli Stati membri maggiori spese per la difesa, è suscettibile di ripercuotersi sulle loro finanze pubbliche. Nella Comunicazione, la Commissione ha quindi previsto la possibilità per gli Stati, per un periodo di quattro anni, dal 2025 al 2028, di usufruire di uno spazio di flessibilità rispetto al percorso di spesa netta pari, in ciascun anno, all’eccedenza della spesa per la difesa sostenuta nell’esercizio rispetto al corrispondente livello registrato nel 2021. Tale flessibilità è concessa entro il limite dell’1,5% del PIL.

Pertanto, se uno Stato nel 2021 ha speso l’x% del PIL in difesa, in ciascun anno di validità della NEC, potrà deviare dal proprio sentiero di spesa per un importo massimo pari alla spesa aggiuntiva effettuata rispetto al 2021, purché tale incremento riguardi esclusivamente le spese per la difesa e non risulti superiore all’1,5 % del PIL. L’ammontare cumulato massimo di flessibilità è pertanto pari, nel periodo 2025-2028, al 6% del PIL[15]. In valore assoluto, la Commissione ha stimato che l’attivazione della NEC complessivamente libererà, a livello UE, uno spazio fiscale di 650 miliardi di euro[16]. Sul piano applicativo, gli scostamenti che usufruiscono della flessibilità non sono computati nel conto di controllo gestito dalla Commissione per registrare, per ciascun Paese, la differenza tra il percorso di spesa netta effettivo e quello approvato dal Consiglio. Trattandosi di flessibilità in deroga, l’applicazione della NEC per la difesa non richiederebbe una modifica dei sentieri di spesa netta definiti nei PSBMT e raccomandati dal Consiglio.

La Commissione ha chiarito che la possibilità di deviare dal sentiero di spesa netta vale soltanto per l’aumento delle spese per la difesa, sia correnti che per investimenti, rientranti nella categoria statistica COFOG divisione 02 – Difesa[17].

 

La Commissione europea ha quindi invitato gli Stati membri a presentare la richiesta di attivazione della clausola di salvaguardia nazionale entro il 30 aprile 2025[18], riservandosi di presentare al Consiglio le proprie raccomandazioni entro giugno affinché il Consiglio stesso possa adottare le proprie raccomandazioni per l’accoglimento delle richieste entro luglio 2025.

 

Tra l’aprile e il maggio 2025, 16 Stati membri[19] hanno presentato richiesta di attivazione della clausola di salvaguardia nazionale per le spese per la difesa.

In data 30 giugno 2025 il Consiglio dell’Unione, con propria raccomandazione, ha consentito agli Stati che ne hanno fatto richiesta – ad eccezione della Germania, per la quale il Consiglio non ha ancora adottato la relativa raccomandazione – la deviazione in eccesso rispetto ai tassi massimi consentiti di crescita della spesa netta per il periodo 2025-2028, nella misura in cui tale eccesso non superi l’incremento della spesa per la difesa, in percentuale del PIL, rispetto al 2021 e a condizione che la deviazione in eccesso rispetto ai tassi massimi di crescita della spesa netta non superi l’1,5% del PIL. Per Bulgaria e Grecia la deviazione in eccesso delle spese per la difesa è stata calcolata rispetto al 2024.

 

La tabella di seguito illustra, sulla base delle informazioni contenute nelle raccomandazioni del Consiglio, i dati Eurostat di consuntivo delle spese annue per la difesa per il periodo 2021-2023 e i valori previsti per il biennio 2024-2025, entrambi espressi in percentuale del PIL, per gli Stati membri richiedenti la NEC, unitamente alla differenza, espressa in termini percentuali, tra il valore programmato delle spese per la difesa in rapporto al PIL nel 2025 e il corrispondente livello del 2021.

 

Spese per la difesa dei Paesi Membri UE richiedenti la NEC e variazioni tra il 2021 e il 2025

Valori in % del PIL

Fonte: Raccomandazioni del Consiglio che consentono agli Stati membri di deviare rispetto ai tassi massimi di crescita della spesa netta stabiliti dal Consiglio a norma del regolamento (UE) 2024/1263 (Attivazione della clausola di salvaguardia nazionale).

* Per Bulgaria e Grecia la differenza è calcolata rispetto al corrispondente livello del 2024.

** I dati relativi alla Germania sono riportati nella valutazione del PSBMT tedesco condotta dalla Commissione europea e pubblicata il 16 settembre 2025

 

Per la realizzazione del secondo pilastro del Piano Readiness 2030, lo scorso 27 maggio il Consiglio dell’Unione Europea ha approvato il Regolamento (UE) 2025/1106, per istituire lo strumento Security Action for Europe (SAFE). Il Regolamento SAFE è una misura che si prefigge l’obiettivo di fornire prestiti agli Stati membri che abbiano necessità di effettuare con urgenza cospicui investimenti pubblici a sostegno dell'industria europea della difesa. Nel dettaglio, è prevista l’emissione di titoli di debito della UE sul mercato per reperire le risorse per finanziare gli Stati membri sotto forma di prestiti.[20] L’importo massimo di prestiti complessivamente messo a disposizione dalla UE ammonterebbe a 150 miliardi di euro. Ad oggi, 19 Stati membri hanno manifestato il proprio interesse, tra cui l’Italia[21].

 

Il Regolamento SAFE prevede che gli Stati membri che desiderino accedere ai prestiti devono presentare alla Commissione una richiesta corredata da un dettagliato piano di investimenti nell’industria europea della difesa entro il termine ultimo del 30 novembre 2025. La decisione sull’ammissibilità dell’accesso ai prestiti spetta al Consiglio, previa valutazione tecnica della Commissione.

 

Nella Comunicazione della Commissione europea del 9 settembre 2025, è stata definita la dotazione provvisoria di finanziamenti per ciascuno Stato richiedente, in base alla quale l’Italia dovrebbe ricevere 14,9 miliardi di euro. A seguito della presentazione formale dei Piani di investimento nazionali, entro il 30 novembre 2025, la Commissione esprimerà la propria valutazione definitiva sull’allocazione dei prestiti richiesti entro il termine del 31 dicembre 2025, pertanto il Governo ha chiarito che non saranno definiti puntuali programmi di spesa dei fondi SAFE nella prossima legge di bilancio, ipotizzando tuttavia che, sulla base degli impegni intrapresi, l’incremento della spesa per la difesa rispetto al PIL possa essere di circa 0,5 punti percentuali entro la fine del triennio di riferimento della legge di bilancio.

 

In via teorica, sebbene funzionalmente collegati, l’attivazione della NEC e il SAFE sono due strumenti indipendenti. Di conseguenza, uno Stato potrebbe richiedere i prestiti SAFE pur senza avvalersi della flessibilità di spesa garantita dalla clausola di salvaguardia nazionale. In tal caso, le maggiori spese per la difesa dovrebbero essere finanziate nell’alveo del sentiero di spesa netta incluso nel relativo Piano strutturale di bilancio.

Qualora invece uno Stato si avvalga sia della flessibilità di cui alla NEC sia dei prestiti SAFE, così come indicato dalla Comunicazione della Commissione del 19 marzo 2025, tutte le spese per la difesa finanziate dai prestiti SAFE sono automaticamente eleggibili ai fini della flessibilità NEC, ancorché non rientranti nella categoria COFOG-02, purché nel limite dell’1,5% del PIL annuo[22].

 

Secondo le stime contenute nel Documento Programmatico di finanza pubblica, l’incremento delle spese per la difesa potrebbe portare ad un aumento della spesa in rapporto al PIL di 0,15 punti percentuali nel 2026 e nel 2027, e di 0,2 punti percentuali del 2028. Tale incremento potrebbe condurre la crescita della spesa netta al di sopra della traiettoria obiettivo fissata nel PSB, comportando in tal caso la necessità da parte del Governo di richiedere l’attivazione della NEC. Per tale ragione, il Governo rimanda la decisione sull’eventuale attivazione della clausola di salvaguardia nazionale ad una fase successiva all’attuazione del programma SAFE, in cui se ne valuterà l’effettiva necessità, tenuto anche conto dell’obiettivo di uscire dalla Procedura per disavanzi eccessivi. Come riportato nel DPFP, resta fermo l’impegno a mantenere il deficit sotto il 3 % del PIL nel medio termine e ad evitare che l’incremento delle spese per la difesa possa realizzarsi riducendo voci di spesa come il sostegno alle famiglie e la sanità.

 

Si fa presente, che lo scorso 16 luglio la Commissione europea ha presentato un pacchetto di misure con cui delinea il prossimo Quadro finanziario pluriennale (QFP) dell’UE per il periodo 2028-2034. La Commissione propone un nuovo Fondo per la competitività, per la difesa, la sicurezza e lo spazio con uno stanziamento di 130,7 miliardi di euro a prezzi correnti (ovvero tenendo conto dell’inflazione) a cui si aggiungono 17,6 miliardi di euro per la mobilità militare dal Meccanismo per collegare l'Europa. Propone che gli Stati membri possano utilizzare le dotazioni nazionali loro assegnate nell'ambito dei nuovi piani di partenariato nazionale e regionale – in cui dovrebbero confluire le risorse già destinate alla politica di coesione - per sostenere lo sviluppo locale dell'industria della difesa e la mobilità militare.

Il nuovo strumento di prestito dell’UE “Catalyst Europe” metterà a disposizione degli Stati membri 150 miliardi di euro in prestiti per l'attuazione dei piani di partenariato che potranno anche essere utilizzati per investimenti nell'industria della difesa. Infine, 30,5 miliardi di euro saranno a disposizione del Fondo europeo per la pace, uno strumento che non fa parte del QFP.

 

·      Obiettivi NATO per le spese di difesa

 

Durante il Summit della NATO tenutosi all’Aja nel giugno 2025, i Capi di Stato e di Governo degli Stati aderenti hanno assunto l’impegno di portare, entro il 2035, la spesa per la difesa al 5 per cento del PIL, di cui il 3,5 % per spese strettamente legate alla difesa (core defence spending) e rientranti nell’attuale definizione NATO, e l’1,5 % per spese correlate alla difesa e alla sicurezza (defence-and security-related spending).

     Il Documento programmatico di finanza pubblica chiarisce che la spesa per la difesa dell’Italia, calcolata utilizzando i criteri definiti dalla NATO (vedi infra), dovrebbe raggiungere il 2 % del PIL già nel 2025.

È quanto previsto anche dal documento NATO Press release: Defence Expenditure of NATO Countries (2014-2025)” del 28 agosto 2025. In base a questo documento, l’Italia raggiungerebbe nel 2025 il 2,01 per cento del PIL nelle spese per la difesa.

 

·      Spese per la difesa secondo la classificazione COFOG e la classificazione NATO: dati disponibili e differenze metodologiche

 

La classificazione delle spese per la difesa in ambito europeo segue i criteri COFOG (Classification of the Functions of Government, adottata a livello internazionale da OCSE, FMI ed Eurostat) e presenta differenze sul piano sia metodologico sia delle voci considerate rispetto ai criteri di calcolo dell’aggregato seguiti in ambito NATO.

 

A titolo di esempio, si riporta di seguito un grafico che mostra l’evoluzione per l’Italia dei dati di consuntivo della spesa per la difesa in percentuale del PIL dal 2015 al 2023 sia secondo la metodologia COFOG che secondo la metodologia adottata in ambito NATO. Per quanto riguarda i dati COFOG si utilizzano le rilevazioni Eurostat, mentre per i dati NATO si fa riferimento al documento NATO “Press release: Defence Expenditure of NATO Countries (2014-2025)”del 28 agosto 2025. Per questi ultimi dati sono disponibili anche stime preliminari relative al 2024 e al 2025, evidenziate separatamente nel grafico.

 

Spesa per la difesa in Italia 2015-2025: classificazione COFOG e NATO

Valori in % del PIL

Fonte: elaborazioni su dati NATO reperibili nel documento NATO Press release: Defence Expenditure of NATO Countries (2014-2025)” del 28 agosto 2025 e su dati COFOG reperibili sul sito Eurostat.

 

Le due metodologie di classificazione possono condurre a differenze significative nella determinazione dell’ammontare di spese per la difesa nei diversi esercizi. Le differenze riguardano principalmente le finalità della spesa, la ripartizione interna della stessa, le modalità di registrazione contabile ed alcuni criteri di computo della spesa rispetto al PIL.

 

Si riportano di seguito alcune delle più importanti differenze

-          Quanto alle finalità, la COFOG analizza la spesa delle amministrazioni pubbliche in base ai loro obiettivi socioeconomici e adottando, per gli aggregati di finanza pubblica, le definizioni tipiche della contabilità nazionale. La classificazione NATO risponde invece a criteri direttamente funzionali alla verifica degli impegni assunti dai diversi Paesi dell’Alleanza.

- Riguardo alla ripartizione interna della spesa per la difesa, nella classificazione COFOG il settore della Difesa (divisione 02) ricomprende cinque gruppi (spese militari, civili, aiuti militari all’estero, ricerca e sviluppo, sistemi di difesa non classificati altrove). La NATO include invece nella spesa per la difesa quattro macro-categorie: i) equipaggiamento, che comprende le spese per attività di ricerca e sviluppo (R&S), l'acquisizione di nuovi sistemi d'arma, veicoli terrestri e navali, aeromobili e altri sistemi militari; ii) personale, sia militare sia civile; iii) infrastrutture, comprendenti gli investimenti in basi e installazioni militari, aeroporti ad uso militare, porti navali, nonché sistemi di comunicazione e comando; iv) spese operative, che includono la manutenzione degli equipaggiamenti e dei veicoli, la logistica, i trasporti e altre voci residuali. Pertanto, il perimetro NATO comprende, oltre alle spese legate all’erogazione di servizi in capo al Ministero della Difesa (primariamente, il funzionamento delle Forze armate nazionali, comprendenti le forze terrestri, marittime e aeree, nonché formazioni congiunte come Amministrazione e Comando, Forze per Operazioni Speciali, Servizio Sanitario, Comando Logistico, Comando Spaziale, Comando Cibernetico), voci di costo connesse alla funzione difesa, ma contabilizzate anche negli stati di previsione di altri Ministeri ed enti pubblici. A titolo esemplificativo, rientrano in ambito NATO, tra le altre, le spese per trattamenti di quiescenza del personale militare, che secondo la classificazione COFOG sono invece considerate come spese per la protezione sociale, poiché finalizzate ad assicurare la tutela previdenziale e assistenziale di tutti gli aventi diritto.

-    Quanto alla fase della registrazione contabile delle operazioni, in ambito NATO viene applicato il principio della contabilità finanziaria, in base al quale le transazioni legate alla spesa in esame vengono registrate per cassa, ossia al momento in cui si verifica il pagamento; viceversa, la classificazione COFOG adotta le regole del sistema di contabilità europea SEC 2010, che prevedono la registrazione su base accrual, ossia secondo criteri di competenza economica. Quest’ultima implica che la transazione venga registrata nei conti nazionali al momento in cui si produce o si modifica un valore economico, modificando lo stato degli operatori economici, indipendentemente quindi dall’effettiva regolazione della transazione in termini monetari. Con riferimento, ad esempio, alle spese per armamenti, classificate in base al SEC 2010 quali investimenti fissi lordi, l’impatto sulla spesa e, dunque, sul deficit, viene registrato al momento dell’effettivo trasferimento (ossia della consegna) delle strutture e delle attrezzature all’unità della PA di riferimento.

 

-    Per quanto riguarda le modalità di computo della spesa per la difesa rispetto al PIL, mentre i dati Eurostat utilizzano, sia per la spesa sia per il PIL, valori nominali calcolati a prezzi correnti, in ambito NATO il calcolo è effettuato utilizzando, sia per il numeratore (spesa per la difesa) sia per il denominatore (PIL), valori espressi in termini reali e armonizzati mediante l’impiego della parità di potere d’acquisto (PPA). Tale metodologia consente di neutralizzare gli effetti derivanti dalle dinamiche inflazionistiche nazionali e dalle fluttuazioni dei tassi di cambio, particolarmente rilevanti nel comparto della difesa, data l’elevata eterogeneità sia nella struttura dei prezzi sia nella composizione della spesa tra i diversi Paesi.

In considerazione delle differenze evidenziate, l’ammontare delle spese per la difesa calcolate in ambito NATO può divergere, anche significativamente, da quello COFOG.

 

3.5 Coerenza del quadro di finanza pubblica con la procedura per disavanzi eccessivi

Il Documento ricorda che a Procedura per i Disavanzi Eccessivi (PDE) è stata formalmente attivata per l’Italia il 26 luglio 2024, a seguito della valutazione circa l’esistenza di un deficit eccessivo[23].

Il percorso correttivo rilevante per la procedura PDE è stato adottato dal Consiglio contestualmente all’approvazione del Piano, avvenuta il 21 gennaio 2025.

I tassi di crescita della spesa netta raccomandati all’Italia per porre fine alla situazione di disavanzo eccessivo coincidono con quelli raccomandati per gli anni 2025 e 2026 ai fini delle regole del braccio preventivo.

Il Consiglio ha raccomandato all'Italia di porre fine alla situazione di disavanzo eccessivo entro il 2026: in tale raccomandazione era stato fissato al 30 aprile 2025 il termine affinché il Governo italiano adottasse programmi o misure discrezionali di bilancio efficaci[24] (effective actions) per porre fine in modo duraturo all’eccesso di deficit, rispettando gli obiettivi di crescita della spesa netta indicati nella raccomandazione.

Coerentemente alla logica alla base del nuovo framework europeo, la valutazione delle azioni efficaci è basata esclusivamente sulla conformità dei tassi di crescita della spesa netta rispetto al percorso correttivo stabilito nella raccomandazione PDE, in quanto tale indicatore rappresenta l'indicatore operativo unico da considerare anche ai fini del monitoraggio in questo contesto.

Come già illustrato nella Relazione di aprile sui progressi compiuti nel 2024, nel caso in cui un Paese membro rispettasse il percorso di crescita della spesa netta raccomandato ai fini della procedura PDE, la Commissione europea riterrebbe che lo stesso abbia adottato azioni efficaci, indipendentemente dall’andamento del deficit nominale, del saldo strutturale o del debito pubblico.

Al contrario, se la crescita della spesa netta si discostasse dal percorso correttivo, oltrepassando i limiti massimi di crescita consentiti, allora la Commissione effettuerebbe una valutazione complessiva, in cui si terrebbe conto della dimensione della deviazione, dei fattori rilevanti e delle circostanze eccezionali, ove applicabili.

Anche nel nuovo framework, tuttavia, la chiusura della PDE è vincolata al raggiungimento (verificato ex-post) di un valore del deficit non superiore al 3% del PIL, indipendentemente dalla positiva valutazione dell’efficacia delle azioni adottate: ciò implica che l’evoluzione del ciclo economico continua ad avere un ruolo rilevante nella programmazione degli obiettivi di finanza pubblica per i Paesi in PDE.

La strategia di finanza pubblica delineata in questo documento tiene in adeguata considerazione questo ulteriore vincolo.

In occasione della pubblicazione a giugno del Pacchetto di primavera la Commissione ha valutato la conformità del tasso di crescita della spesa netta nel 2025 (e in maniera cumulata nel periodo 2024-2025) con quello raccomandato dal Consiglio ai fini del rispetto delle regole poste dal braccio preventivo, nonché, per gli Stati soggetti a una PDE, il seguito dato alle raccomandazioni del Consiglio nell'ambito della procedura stessa.

La valutazione della Commissione sulle azioni efficaci ha riguardato esclusivamente il primo anno del percorso di aggiustamento di bilancio, il 2025, per il quale è raccomandato un tasso di crescita massimo annuo dell’1,3% e una riduzione cumulata dello 0,7% nel periodo 2024-2025[25].

L’esito della valutazione è stato positivo[26].

Secondo le previsioni di primavera 2025 della Commissione, infatti, la spesa netta in Italia è stimata essersi ridotta del 2,2% nel 2024 e crescere dell'1,2% nel 2025. Lo stesso indicatore è previsto diminuire cumulativamente dell'1% nel 2024 e 2025.

 

Si fa presente che, sulla base dei dati riportati nella tavola di pagina 53 del DPFP e in quella riproposta anche all’inizio del presente capitolo, la spesa netta avrebbe registrato un andamento diverso rispetto a quello stimato dalla Commissione nella sua appena sintetizzata valutazione. Infatti, la spesa netta si sarebbe ridotta del 2% nel 2024 (e non del 2,2%) e crescerebbe dell’1,3% nel 2025 (in luogo dell’1,2%).

 

Si nota, inoltre, che nelle previsioni di primavera 2025 viene previsto che l’indebitamento netto scenda al di sotto della soglia del 3% nel 2026 (2,9%).

Poiché per il 2025 il tasso di crescita della spesa netta previsto dalla Commissione dovrebbe essere inferiore al tasso massimo stabilito dal percorso correttivo, sia su base annua che considerando cumulativamente gli anni 2024-2025, il Consiglio ha “sospeso” la procedura per disavanzi eccessivi nei confronti dell'Italia, escludendo quindi una escalation della procedura[27].

Il giudizio positivo della Commissione e del Consiglio sulle azioni efficaci attuate dal nostro Paese conferma secondo il Documento che le misure incluse nella manovra di bilancio per il triennio 2025-2027 sono state efficaci nel conseguire gli obiettivi che il Governo italiano si era prefissato.

Nella raccomandazione del 21 gennaio 2025 rivolta all’Italia, il Consiglio ha precisato l’obbligo di riferire sui progressi compiuti nell'attuazione della raccomandazione per la procedura almeno ogni sei mesi fino alla correzione del disavanzo eccessivo. A tal fine evidenza che le previsioni dello scenario programmatico rispettano i tassi di crescita della spesa netta raccomandati ai fini della procedura PDE per il 2025 e 2026, in termini sia annuali sia cumulati, e che risulta confermata la riduzione dell’indebitamento in rapporto al PIL al di sotto del 3% nel 2026 (2,8%)[28].

 

3.6 Evoluzione del rapporto debito/Pil

Il rapporto debito pubblico/PIL è aumentato in media di circa 4,5 punti percentuali (p.p.) all'anno nel periodo 2008-2014 per poi stabilizzarsi al 134,8% nel 2014 e nel 2015[29]. Il rapporto si è mantenuto su un livello medio del 134% (134,2% nel 2016, 133,7% nel 2017, 134,2% nel 2018 e 133,9% nel 2019) prima della pandemia da Covid-19. La lieve diminuzione negli anni 2016-2019 è dovuta in parte alla crescita del PIL nominale che, combinata con gli avanzi del saldo di bilancio primario, ha più che compensato la spinta all'aumento prodotta dalla componente snow-ball[30]. Il leggero aumento nel 2018 è in parte dovuto alla componente dell'aggiustamento stock-flussi[31]. L'avvento della pandemia ha determinato nel 2020 un aumento del rapporto debito/PIL di oltre 20 p.p. fino al 154,4% per effetto del forte peggioramento del saldo di bilancio primario, della componente snow-ball molto sfavorevole e di quella stock-flussi anch’essa sfavorevole (si veda la Figura 2).

Come chiarito dal DPFP 2025, il livello del debito in rapporto al PIL degli ultimi due anni è stato rivisto al ribasso per effetto della revisione al rialzo delle stime del PIL nominale operata dall’Istat[32]. Il rapporto debito/PIL è ora pertanto stimato al 133,9% (anziché 134,6) nel 2023 e al 134,9% (anziché 135,3) nel 2024. L’aumento osservato nel 2024 rispetto all’anno precedente sarebbe determinato da fattori che esulano da recenti decisioni di bilancio, e cioè dall’incremento della spesa per interessi in termini di cassa (+12%) e dall’utilizzo dei crediti di imposta legati ai bonus edilizi maturati negli anni precedenti. Tuttavia, si sottolinea anche che la vita media dello stock di debito (inalterata su valori attorno ai 7 anni), ha permesso di diluire nel tempo l’impatto prodotto dal precedente rialzo dei tassi di politica monetaria e di contenere quindi l’aumento complessivo della spesa per interessi. Ciò comporta che anche il nuovo scenario di mercato inizi ad essere incorporato in maniera graduale nel tempo. Un contributo rilevante al miglioramento delle proiezioni sugli interessi fino al 2026 proviene anche dall’aggiornamento delle stime sull’inflazione, che influisce in modo diretto sulla spesa attraverso i titoli indicizzati al costo della vita.

L’andamento a legislazione vigente del rapporto debito/PIL è specificato nel testo del DPFP – ma non in una tabella – soltanto per l’anno 2025, al 136,2%, e per l’anno 2027, al 137%.

Figura 2 - Determinanti del rapporto debito/PIL

Fonte: DPFP 2025, Figura II.1.3 (Determinanti del rapporto debito/PIL (% del PIL)), pagina 59.

 

Nello scenario programmatico del DPFP 2025 (si veda la Figura 2  e la Tabella 15), il rapporto debito/PIL è previsto in aumento nell’anno corrente al 136,2% e di nuovo nel 2026 al 137,4%, per poi rimanere sostanzialmente stabile nel 2027 al 137,3% e quindi ridursi al 136,4% nel 2028.

Per il 2025 il rapporto, pure in aumento rispetto al 134,9% dell’anno precedente, è previsto al di sotto di quanto atteso nel DFP di aprile (136,6%). Tale differenza sarebbe determinata dal più elevato valore del PIL nominale derivante dalla revisione statistica operata dall’ISTAT e dall’andamento del fabbisogno del settore statale per l’anno in corso migliore delle aspettative (atteso ora al 5,6% del PIL a fine anno contro il 5,8% previsto nel DFP).

Secondo il DPFP, dunque, l’inversione di tendenza del rapporto debito/PIL dovrebbe iniziare nel 2027 e proseguire nel 2028 principalmente a causa del venir meno dell’impatto dei crediti di imposta da bonus edilizi, riflesso nel ridimensionamento della componente relativa all’aggiustamento stock-flusso, attesa variare dall’1,9% del PIL per l’anno in corso allo 0,5% nel 2028. Il DPFP precisa inoltre che di tale ultimo valore, lo 0,2% del PIL sarebbe derivante dall’effetto dei bonus edilizi e che l’impatto sul fabbisogno di cassa dei crediti maturati nel periodo 2020-2023 stimato nel DFP risulta confermato; allo stesso tempo, risulta rafforzata l’evidenza che i nuovi crediti maturati dal 2024, tornati in linea con la media storica, non avranno un impatto significativo sul fabbisogno di cassa.

Per quanto riguarda gli altri elementi della componente stock-flussi, il DPFP stima che deriverà un effetto di riduzione del debito dai proventi del piano di dismissioni e valorizzazione degli asset pubblici e, più in generale, dall’accumulazione netta di attività finanziarie, che comprende, tra l’altro, le giacenze liquide del Tesoro, mentre un effetto negativo deriverà dalla variazione della valutazione del debito connessa agli scarti netti di emissione dei nuovi titoli.

Per quanto riguarda l’influenza della componente snow-ball sull’evoluzione del rapporto debito/PIL, l’effetto negativo derivante dall’aumento atteso dell’onere del debito nel medio termine (a partire dal biennio 2027-2028) dovrebbe prevalere su quello positivo connesso alla crescita del PIL nominale.

L’impatto negativo delle componenti stock-flussi e snow-ball, tuttavia, secondo il DPFP dovrebbe essere più che compensato dal graduale aumento del saldo primario dallo 0,9% del 2025 all’1,9% del 2028.

Tabella 15 - Debito pubblico e contributi alla sua variazione

Fonte: DPFP 2025, Tavola II.1.6 (Quadro programmatico di finanza pubblica), pagina 58.

 

Quanto al ruolo dei sotto-settori delle amministrazioni pubbliche, dalla Tabella 16  appare chiaro che alle amministrazioni centrali è ascrivibile circa il 98% del debito pubblico complessivo, in valore assoluto, della PP.AA., mentre alle amministrazioni locali è riferibile circa il 3-4% e agli enti di previdenza una quota trascurabile.

 

Tabella 16 - Debito delle amministrazioni pubbliche per sottosettore (milioni e %del PIL)(1)

Fonte: DPFP 2025, Tavola II.1.7 (Debito delle amministrazioni pubbliche per sottosettore (milioni e %del PIL)), pagina 60.

3.7 Sensitività e sostenibilità del debito pubblico

 

Il DPFP 2025 illustra alcune analisi di sensitività e sostenibilità del debito pubblico utilizzando lo scenario programmatico quale andamento di base.

In particolare, con l’analisi di sensitività si valuta l’effetto di shock macroeconomici sull’andamento di breve periodo (fino al 2028) del rapporto debito pubblico/PIL programmatico[33].

Il primo scenario sfavorevole considerato è definito ‘rischio commercio mondiale’ e prefigura un andamento più debole del commercio mondiale pesato per l’Italia nella fase iniziale dell’orizzonte di simulazione (2025 e 2026), a seguito di aliquote maggiori dei dazi o di una loro presenza ancor più pervasiva rispetto a quanto già definito nello scenario di base. Lo scenario di riferimento sconta l’assetto globale dei dazi attualmente vigente. La ripresa del commercio mondiale ipotizzata negli anni successivi al 2026 fa sì che il commercio mondiale ritorni ai livelli dello scenario di base intorno alla metà del 2028.

Il secondo scenario sfavorevole è denominato ‘rischio finanziario’ e prevede, in ciascun anno dal 2026 al 2028, un tasso di rendimento del BTP a dieci anni maggiore di 100 punti base rispetto al livello dello scenario di riferimento. A differenza del primo scenario di rischio, in questo si ipotizza quindi uno shock che non viene riassorbito nel tempo[34]. Le previsioni delle principali variabili macroeconomiche e di finanza pubblica nei diversi scenari nell’orizzonte previsionale 2025-2028 sono riportate nella tabella x.

 

Tabella 17 - Sensitività ai tassi di interesse e al commercio internazionale

Fonte: DPFP 2025, Tavola II.3.1 (Sensitività ai tassi di interesse e alla crescita economica (valori percentuali)), pagina 69.

 

La Tabella 17  e la Figura 3  mostrano che la crescita economica subisce il maggiore impatto nello scenario di rischio relativo alle condizioni finanziarie, e di conseguenza anche la crescita potenziale. Pertanto, nello scenario ‘rischio finanziario’ le previsioni del rapporto debito/PIL subiscono l’impatto maggiore. La dinamica crescente del rapporto debito/PIL fino al 2026 viene confermata in entrambi gli scenari di sensitività, mentre la lieve discesa nel 2027 prevista nello scenario di riferimento viene invertita nello scenario di rischio relativo alle condizioni finanziarie. Nel caso dello shock finanziario, l’aumento del rapporto debito/PIL è più marcato a causa dell’ipotesi pessimistica sulla curva dei tassi di interesse, che comporta un aumento del tasso implicito di interesse. Nel caso dello shock sul commercio mondiale, lo scostamento dallo scenario di riferimento sarebbe inferiore e dovuto unicamente all’effetto della minore crescita economica nel 2025 e nel 2026. Nel 2027, la dinamica del rapporto debito/PIL si manterrebbe decrescente, ma su un livello lievemente più alto dello scenario baseline. Tali risultati sarebbero confermati anche per il 2028: nello scenario di rischio finanziario il rapporto debito/PIL continuerebbe a crescere; mentre in quello in cui si ipotizza uno shock sul commercio mondiale il rapporto segnerebbe una riduzione più marcata di quella prevista nello scenario baseline e ciò consentirebbe di ridurre a pochi decimi di punto percentuale il divario rispetto a quest’ultimo. Tali risultati sono in linea con quanto mostrato nel Documento di finanza pubblica 2025.

 

Figura 3 - Dinamica del rapporto debito/PIL negli scenari di sensitività

Fonte: DPFP 2025, Figura II.3.1 (Dinamica del rapporto debito/PIL negli scenari di sensitività), pagina 70.

 

Il DPFP illustra quindi i risultati dell’analisi di sostenibilità del debito (Debt Sustainability Analysis, d’ora in poi DSA) che costituisce il fondamento analitico del nuovo quadro europeo di governance fiscale poiché consente di definire la traiettoria della spesa netta in coerenza con il rispetto dei vincoli di sostenibilità del debito[35].

Alla luce del nuovo quadro macroeconomico e di finanza pubblica descritto in questo Documento, si ritiene opportuno verificare se il tasso di crescita medio dell’1,5 per cento, fissato nel Piano strutturale di bilancio (PSB) presentato dal Governo nell’ottobre scorso e vincolante nei prossimi anni, resti congruo a garantire la sostenibilità del debito pubblico italiano.

A tal fine, diversamente da precedenti documenti che facevano riferimento al 2024, si assume come anno base della DSA il 2025. Tale scelta è motivata dal fatto che il 2025 è ormai concluso e che, in base alle previsioni del presente Documento, i saldi di finanza pubblica risultano sensibilmente migliori rispetto a quelli che emergerebbero utilizzando il 2024 come riferimento e proiettando meccanicamente l’evoluzione dei conti pubblici dal 2025.

Le previsioni di crescita e di finanza pubblica dello scenario programmatico sono utilizzate fino al 2026. Negli anni successivi, invece, si considerano, in coerenza con l’approccio standard adottato a livello europeo, le proiezioni macroeconomiche e finanziarie ottenute con l’approccio DSA utilizzato dalla Commissione per individuare la traiettoria di riferimento della spesa primaria netta.

Secondo il DPFP, i risultati dell’analisi condotta dimostrano che, considerando i progressi compiuti nel 2025 in termini di finanza pubblica, pur in presenza di un peggioramento delle prospettive macroeconomiche, il limite di spesa netta medio stabilito nel Piano continuerebbe ad assicurare la sostenibilità delle finanze pubbliche nel medio periodo, confermando quanto già evidenziato nella Relazione annuale sui progressi compiuti nel 2024 presentata in aprile.

 

 


Parte III – Le riforme e gli investimenti

 


4. L’attuazione delle riforme e degli investimenti e la risposta alle raccomandazioni specifiche per il Paese

 

 

Nel Piano Strutturale di Bilancio di medio termine 2025-2029 è presente un elenco di riforme e di investimenti che l’Italia si è impegnata ad adottare per aumentare il potenziale di crescita e la resilienza economica, oltre a migliorare la sostenibilità di bilancio.

In ottemperanza a quanto richiesto dal Regolamento 1263/2024/UE, per ciascuna misura è collegata a un intervento del PNRR o della politica di coesione e può rispondere ad una Raccomandazione Specifica del Consiglio UE (Country Specific Reccomendation - CSR).

Una prima parte di tale elenco è riferita alle principali riforme e investimenti finalizzate a giustificare una proroga del periodo di aggiustamento di bilancio da 4 a 7 anni (art. 14 del Reg. UE 1263/2024). Tali misure ricadono nelle seguenti aree di intervento:

·        Giustizia;

·        Tassazione;

·        Ambiente imprenditoriale;

·        Pubblica amministrazione;

·        Servizi di cura per la prima infanzia;

·        Spesa pubblica;

·        Razionalizzazione delle imprese a partecipazione pubblica.

 

Una seconda parte dell’elenco riguarda ulteriori riforme e investimenti, non abilitanti all’estensione del periodo di consolidamento di bilancio, ma rivolte a rispondere alle Raccomandazioni specifiche del Consiglio (CSR) e a contribuire al raggiungimento degli obiettivi comuni dell’Unione, ed è suddivisa nelle seguenti aree:

·        Miglioramento della qualità delle istituzioni e dell’ambiente imprenditoriale;

·        Supporto della famiglia, della natalità e della riduzione dei divari sociali e territoriali;

·        Accelerazione della transizione verde;

·        Accelerazione della transizione digitale;

·        Rafforzamento della difesa.

 

Nel Documento di Finanza Pubblica presentato ad aprile 2025 il Governo ha dato conto nella Sezione I dei progressi compiuti nell’attuazione delle riforme e degli investimenti del PSBMT. In Appendice sono state allegate delle tavole di riferimento per le riforme e gli investimenti con l’indicazione per ciascuna voce dello stato di avanzamento. In allegato sono state inoltre presentate delle tavole aggiuntive, richieste dalla Comunicazione CE 2024/3975, con le riforme suddivise per Raccomandazioni specifiche (CSR), le relazioni di sintesi sulle riforme e gli investimenti del PNRR, le informazioni sull’attuazione del Pilastro europeo dei diritti sociali, le principali misure adottate in attuazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile.

Le Raccomandazioni Specifiche per Paese del Semestre europeo 2025 sono state adottate dal Consiglio dell’Unione europea l’8 luglio 2025. Le Raccomandazioni del Consiglio del 2025 sulle politiche economiche, sociali, occupazionali, strutturali e di bilancio dell’Italia sono le seguenti:

1.      Potenziare la spesa complessiva e la prontezza in materia di difesa in linea con le conclusioni del Consiglio europeo del 6 marzo 2025. Rispettare i tassi massimi di crescita della spesa netta raccomandati dal Consiglio il 21 gennaio 2025 al fine di porre fine alla situazione di disavanzo eccessivo. Attuare l'insieme di riforme e investimenti che giustifica la proroga del periodo di aggiustamento come raccomandato dal Consiglio il 21 gennaio 2025. In linea con gli obiettivi di sostenibilità di bilancio, rendere il sistema fiscale più orientato ad agevolare la crescita contrastando ulteriormente l'evasione fiscale, riducendo il cuneo fiscale sul lavoro e le restanti spese fiscali, comprese quelle collegate all'imposta sul valore aggiunto e alle sovvenzioni dannose per l'ambiente, e aggiornando i valori catastali nell'ambito di una più ampia revisione delle politiche abitative, garantendo nel contempo l'equità. Intensificare gli sforzi per migliorare l'efficienza e l'efficacia della spesa pubblica. Attutire gli effetti dell'invecchiamento della popolazione sulla crescita potenziale e sulla sostenibilità di bilancio, tra l'altro limitando il ricorso a regimi di prepensionamento e facendo fronte alle sfide demografiche, anche attirando e trattenendo una forza lavoro qualitativamente valida.

2.      In considerazione dei termini applicabili per il tempestivo completamento delle riforme e degli investimenti a norma del regolamento (UE) 2021/241, accelerare l'attuazione del Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza, compreso il capitolo dedicato al piano REPowerEU. Accelerare l'attuazione dei programmi della politica di coesione (FESR, JTF, FSE+), se del caso sfruttando le possibilità offerte dal riesame intermedio. Usare in modo ottimale gli strumenti dell'UE per migliorare la competitività, sfruttando anche le possibilità offerte da InvestEU e dalla piattaforma per le tecnologie strategiche per l'Europa.

3.      Sostenere l'innovazione rafforzando ulteriormente i collegamenti tra imprese e università, gli appalti per l'innovazione, il capitale di rischio aziendale e le opportunità per i talenti. Potenziare il ruolo delle università nell'innovazione consentendo una maggiore apertura alla commercializzazione dei risultati della ricerca e migliorando il percorso professionale dei ricercatori. Promuovere la crescita e l'aggregazione delle PMI e delle start-up. Attuare una strategia industriale, anche per ridurre le disparità territoriali, razionalizzando le misure politiche vigenti e tenendo conto dei progetti infrastrutturali fondamentali.

4.      Migliorare l'efficienza della Pubblica Amministrazione e rafforzare la capacità amministrativa, in particolare a livello locale. Ridurre ulteriormente l'arretrato e i tempi di esaurimento nel sistema giudiziario. Superare le rimanenti restrizioni alla concorrenza, anche nei servizi pubblici locali, nei servizi alle imprese e nel comparto ferroviario.

5.      Accelerare l'elettrificazione e intensificare le iniziative per la diffusione delle energie rinnovabili, anche riducendo la frammentazione della normativa sulle autorizzazioni e investendo nella rete elettrica. Affrontare il problema dei rischi legati al clima e attutirne l'impatto economico grazie a un maggiore coordinamento istituzionale, a soluzioni basate sulla natura e alla copertura assicurativa contro i rischi climatici. Parare le restanti inefficienze nella gestione delle risorse idriche e dei rifiuti colmando le lacune nell'infrastruttura.

6.      Promuovere la qualità del lavoro e ridurre la segmentazione del mercato del lavoro, anche per sostenere salari adeguati, e aumentare la partecipazione al mercato del lavoro, in particolare dei gruppi sottorappresentati, anche rafforzando ulteriormente le politiche attive del mercato del lavoro e migliorando l'accesso a prezzi abbordabili a un'assistenza di qualità all'infanzia e a lungo termine, tenendo conto delle disparità regionali. Mantenere alto l'impegno per contrastare il lavoro non dichiarato, in particolare nei settori interessati maggiormente dal fenomeno. Continuare a promuovere l'Istruzione e la Formazione Professionale per soddisfare il fabbisogno di competenze a breve termine, rafforzando nel contempo l'apprendimento degli adulti tramite l'espansione dell'apprendimento sul lavoro nei comparti ad alta crescita. Migliorare i risultati nell'istruzione, con particolare attenzione agli studenti svantaggiati, anche rafforzando le competenze di base.

 

Nei paragrafi che seguono si dà conto di quanto delineato dal Governo nel DPFP 2025 circa i progressi compiuti nell’attuazione delle riforme e degli investimenti. Al riguardo il Governo esprime una valutazione positiva considerando sia i risultati raggiunti entro le scadenze, sia le azioni già intraprese in vista degli obiettivi del Piano.

4.1 Misure per l’estensione del periodo di aggiustamento del PSB

Azioni previste in materia di giustizia

 

Gli interventi nel settore della giustizia rientrano tra le principali riforme e investimenti volti ad aumentare il potenziale di crescita e resilienza che l’Italia si impegna ad adottare al fine di giustificare una proroga del periodo di aggiustamento di bilancio da 4 a 7 anni (art. 14 del Reg. UE 1263/2024).

Nello specifico, nel settore della giustizia il Governo intende assicurare il raggiungimento degli obiettivi PNRR relativi alla riduzione dell’arretrato civile e del disposition time sia in ambito civile che penale, tutti in scadenza a giugno 2026[36].

 

Secondo i dati riportati nel Documento in esame, al primo semestre 2025 si è registrata una riduzione dei procedimenti civili pendenti pari all’81 per cento per i tribunali e all’80 per cento per le corti di appello.

Per quanto riguarda il disposition time si è registrata, una riduzione del 27,7 per cento nel settore civile rispetto al 2019 (dati rilevati a giugno 2025) e del 28 per cento in quello penale (dati rilevati a dicembre 2024). Nel Documento si sottolinea che la riduzione nel settore penale è superiore a quella richiesta.

 

Per assicurare il conseguimento degli obiettivi ed al fine di consolidare e proseguire l’azione di riforma del sistema giustizia anche successivamente al termine del PNRR, il Governo ha recentemente adottato misure volte ad accelerare la definizione dei procedimenti civili pendenti.

Ci si riferisce in particolare alle disposizioni contenute nel decreto-legge n. 117 del 2025, in corso di conversione, che ha disposto:

-         l’assegnazione di magistrati, addetti all’ufficio del massimario e del ruolo, alle sezioni della Corte di cassazione per lo svolgimento delle funzioni giurisdizionali di legittimità in materia civile;

-         l’applicazione a distanza di magistrati, su base volontaria, per la definizione da remoto di procedimenti civili,

-         il potenziamento del ruolo organico del personale della magistratura ordinaria.

Per approfondimenti sulle disposizioni contenute nel decreto-legge 117/2025 si rinvia al dossier del Servizio Studi.

 

Con specifico riferimento alla materia concorsuale, nel corso del 2025 l'Osservatorio permanente sull'efficienza degli strumenti e delle misure disciplinate dal Codice della crisi d'impresa ha proceduto alla raccolta e all’elaborazione dei dati e dei contributi che confluiranno nella relazione sull'efficacia degli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza che il Ministro della giustizia deve presentare al Parlamento ai sensi dell’art. 355 del d.lgs. n. 14 del 2019.

Sono inoltre in corso le attività finalizzate all’aggiornamento del decreto dirigenziale previsto dall’art. 13 del codice della crisi e dell’insolvenza (v. decreto 21 marzo 2023), contenente le indicazioni operative per la redazione dei piani di risanamento e per la conduzione dei negoziati, nell'ambito della composizione negoziata e degli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza, e le disposizioni sulla formazione e la costituzione degli elenchi degli esperti indipendenti nella composizione negoziata.

 

Per quanto riguarda il settore penitenziario, il Governo ha adottato, con il d.P.C.M. del 7 luglio 2025, il Programma dettagliato degli interventi di edilizia penitenziaria per gli anni 2025-2027, contenente interventi finalizzati a contrastare il fenomeno del sovraffollamento carcerario e a migliorare le condizioni di vita della popolazione detenuta, aumentando la capienza complessiva del sistema penitenziario e migliorando le condizioni strutturali degli istituti. Il Programma comprende sia interventi sugli istituti penitenziari per adulti che quelli per minorenni.

Altre misure ascrivibili al contrasto al sovraffollamento carcerario e al miglioramento delle condizioni di vita dei detenuti sono di carattere normativo. In particolare si tratta dei seguenti provvedimenti approvati dal Consiglio dei ministri nella seduta del 22 luglio 2025 (v. comunicato):

-         disegno di legge che introduce disposizioni in materia di detenzione domiciliare per il recupero dei detenuti tossicodipendenti o alcoldipendenti, che intendano intraprendere un programma terapeutico socio-riabilitativo;

-         provvedimento, da adottarsi con decreto del Presidente della Repubblica, che apporta modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, in materia di procedimento per la concessione della liberazione anticipata e di corrispondenza telefonica dei detenuti e degli internati.

 

Interventi in materia di tassazione

Il documento riepiloga i progressi recenti nel percorso di riforma del sistema fiscale, orientati a ridurre l’evasione e a rafforzare la compliance, ad abbreviare i tempi di rimborso dell’IVA, a razionalizzare le detrazioni, a ridurre il cuneo fiscale sul lavoro e ad aggiornare il catasto. Le misure adottate sono ricondotte a un disegno unitario di semplificazione, certezza delle regole e migliore rapporto tra amministrazione finanziaria e contribuenti.

Tra gli interventi normativi richiamati figurano:

§  l’adeguamento della disciplina degli acconti IRPEF (decreto-legge n. 55 del 2025) per allineare gli acconti al nuovo assetto di aliquote e detrazioni;

§  gli aggiustamenti al Concordato Preventivo Biennale (CPB) (decreto legislativo n. 81 del 2025), con la definizione dei casi di esclusione o cessazione e delle modalità di formulazione delle proposte;

§  l’introduzione di un regime fiscale agevolato per gli enti del Terzo settore non commerciali che svolgono determinate attività con modalità commerciali e, per le imprese sociali, la detassazione degli utili reinvestiti (decreto-legge n. 84 del 2025);

§  la proroga del termine per l’adozione dei decreti attuativi della legge delega di riforma fiscale, in coordinamento con la riforma della giustizia tributaria.

 

Sul fronte attuativo, vengono descritte:

§  la definizione delle condizioni per l’IRES premiale di cui alla legge di bilancio 2025 (legge n. 207 del 2024) che prevede, per il 2025, la possibilità per le imprese di beneficiare di una riduzione pari al 4 per cento dell’aliquota IRES ordinaria;

§  la messa a punto delle regole del regime opzionale di controllo del rischio fiscale, con ampliamento della platea potenziale nell’ambito della cooperative compliance;

§  il consolidamento degli obiettivi su imposta di registro e altri tributi indiretti, anche tramite l’adozione di un testo unico (decreto legislativo n. 123 del 2025) per cui si rinvia all’apposito dossier;

§  l’emanazione del primo decreto interministeriale (decreto del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica del 14 maggio 2025) per l’allineamento del differenziale di accisa tra benzina e gasolio.

 

Infine, si dà conto delle attività per la mappatura degli immobili non presenti in catasto: avanzamento della ricognizione sul territorio, invio delle prime comunicazioni di invito alla compliance e completamento dei controlli preliminari su una quota significativa dei casi.

Il documento segnala che dal 2019 la prima Raccomandazione è stata dedicata ai temi della politica di bilancio, della sostenibilità del debito pubblico e della revisione del sistema fiscale.

 

In particolare, in materia fiscale, l’obiettivo posto dal Consiglio è stato quello di rendere il sistema fiscale più favorevole alla crescita, facilitare un ulteriore contrasto all’evasione fiscale, ridurre il cuneo fiscale sul lavoro e razionalizzare le detrazioni fiscali, comprese quelle collegate all’IVA e alle sovvenzioni dannose per l’ambiente, nonché aggiornare i valori catastali, nell’ambito di una più ampia revisione delle politiche abitative, garantendo al tempo stesso l’equità.

 

Sulla base di tali Raccomandazioni, viene evidenziato che l’Italia ha avviato già da tempo un processo di riforma così declinato:

§  interventi di attuazione della legge delega per la riforma fiscale;

§  riforme e investimenti del PNRR per ridurre l’evasione fiscale e i sussidi ambientalmente dannosi;

§  riduzione del cuneo fiscale per i redditi medio-bassi;

§  impegni del Piano.

 

Per ulteriori approfondimenti sull’attuazione della riforma fiscale si rinvia al relativo tema web presente sul Portale della Camera dei deputati.

 

Ambiente imprenditoriale

Ai fini del miglioramento dell’ambiente imprenditoriale, il documento segnala che diverse riforme sono in corso di definizione e/o attuazione:

§  il disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza per il 2025 (A.S. 1578), è in corso di discussione presso la nona commissione del Senato;

§  attraverso un emendamento presentato al Senato all’A.S. 1184, il quale introduce misure in materia di semplificazione, è stato prorogato fino al 30 giugno 2027 il termine massimo stabilito per la validità dei titoli ottenuti per l’installazione di dehors ai sensi della normativa emergenziale. La prima commissione del Senato ha terminato il 2 ottobre 2025 i lavori sull’A.S. 1184 e conferito mandato al relatore per riferire all’Assemblea;

§  per quanto riguarda la disciplina sull’equo compenso delle prestazioni professionali è attualmente in via di adozione il decreto attuativo.

 

È stata inoltre pubblicata la relazione di valutazione degli incentivi per le imprese, obiettivo previsto dal PNRR (M1C2-14bis) da conseguire entro il secondo trimestre del 2025. Sempre secondo quanto previsto dal PNRR, entro il 30 giugno 2026 dovrà entrare in vigore la legislazione primaria per la razionalizzazione degli incentivi per le imprese, attuata anche attraverso la ristrutturazione dell’RNA (registro nazionale degli aiuti di Stato) e del portale incentivi.gov.it.

Per quanto riguarda lo sviluppo dell’innovazione imprenditoriale anche tramite la cooperazione con università e centri di ricerca, rilevano:

§  l’adozione della Strategia nazionale per le tecnologie quantistiche, attraverso cui sono state individuate azioni mirate a potenziare la ricerca e l'innovazione, migliorare l’accesso alle infrastrutture e stimolare investimenti privati;

Il 2 luglio 2025 la Commissione europea ha adottato la Strategia per un’Europea quantistica per posizionare l’UE come leader mondiale nel settore entro il 2030, promuovendo un ecosistema quantistico che aiuti le start-up a crescere. Il documento si concentra su cinque settori:

- ricerca e innovazione;

- sviluppo di infrastrutture quantistiche a supporto della produzione, della progettazione e dello sviluppo di applicazioni;

- rafforzamento dell’ecosistema quantistico mediante investimenti in start-up e scale-up e il rafforzamento della sicurezza delle catene di approvvigionamento;

- integrazione delle capacità quantistiche nelle strategie europee in materia di spazio, sicurezza e difesa;

- potenziamento delle abilità quantistiche della forza lavoro.

§  il rafforzamento della misura Brevetti+, Disegni+ e Marchi+ 2025, avente lo scopo di valorizzare i titoli di proprietà industriale delle PMI, con stanziamenti pari a 32 milioni di euro per il 2025. È stato altresì previsto un bando per il finanziamento di progetti di potenziamento e capacity building degli Uffici di trasferimento tecnologico (UTT) delle Università, che ha visto l’approvazione e il finanziamento di 91 progetti per il triennio 2025-2027.

 

Relativamente agli interventi volti a migliorare l’attrattività del Paese, si segnalano:

§  il Piano d’azione per l’export italiano, avente l’obiettivo di rafforzare la diversificazione dei mercati di sbocco delle esportazioni italiane;

§  l’introduzione della disciplina in materia di economia dello spazio, di cui alla L. n. 89/2025: per un’analisi si rimanda al dossier a cura del Servizio studi di Camera e Senato;

§  la revisione della normativa sulla mobilità transfrontaliera europea o internazionale, di cui al d.lgs. n. 88/2025;

§  con il D.L. n. 25/2025 (art. 12, comma 10-novies) è stata estesa anche a progetti nazionali la procedura di autorizzazione unica di cui all’articolo 13 del D.L. n. 104/2023 per la realizzazione di programmi di investimento di interesse strategico nazionale;

§  per quanto riguarda gli stabilimenti di interesse strategico nazionale, si segnala quanto previsto dal D.L. n. 92/2025 sull’area industriale dell’ex ILVA, per un approfondimento del quale si rimanda al dossier a cura del Servizio studi di Camera e Senato.

Pubblica Amministrazione

Semplificazione

Nell’ambito della riforma della Pubblica Amministrazione, il documento indica progressi sulla semplificazione delle procedure critiche in relazione alle riforme e agli investimenti del PNRR. In particolare, si segnala che il processo di semplificazione è stato completato per circa 260 su 600 procedimenti individuati ai fini della reingegnerizzazione. Tali risultati sono stati conseguiti mediante l’attuazione delle norme di semplificazione comprese nei decreti-legge 31 maggio 2021, n. 77 (Governance del PNRR e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure) e 6 novembre 2021, n. 152 (Disposizioni urgenti per l'attuazione del PNRR e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose).

A tal riguardo, si segnala inoltre che è in corso di esame presso il Senato il disegno di legge (A.S. 1184) recante disposizioni per la semplificazione e la digitalizzazione dei procedimenti in materia di attività economiche e di servizi a favore dei cittadini e delle imprese.

 

Mobilità verticale e valutazione della performance

Il documento, in relazione agli impegni del Piano, fa riferimento alla mobilità verticale e alla valutazione della performance per l’avanzamento di carriera. In proposito, si segnala che è in corso di esame, presso la Commissione Affari costituzionali della Camera in sede referente, il disegno di legge A.C. 2511 “Disposizioni in materia di sviluppo della carriera dirigenziale e della valutazione della performance del personale dirigenziale delle pubbliche amministrazioni”. Tra l’altro, con riferimento ai profili menzionati nel documento, il disegno di legge: riconfigura il sistema di valutazione della performance entro il pubblico impiego, con l’obiettivo di valorizzare le capacità manageriali dirigenziali ed il profilo della formazione del personale, nonché di superare una valutazione gerarchica e “unidirezionale”; dispone che il trattamento retributivo legato alla performance sia progressivo e strettamente corrispondente in termini percentuali alla valutazione conseguita; modifica l’accesso alla qualifica di dirigente della seconda fascia, ponendo delle percentuali fisse per le diverse tipologie di accesso (50% per il corso-concorso bandito dalla SNA, 20% per il concorso indetto dalle singole amministrazioni e per il concorso unico, 30% per sviluppo di carriera del personale).

In particolare, si introduce la possibilità di accedere alla qualifica dirigenziale di seconda fascia anche mediante sviluppo di carriera in coerenza con gli obiettivi del disegno di legge volti alla valorizzazione del merito di quanti accedano alla pubblica amministrazione attraverso procedure concorsuali nella carriera non dirigenziale.

Per quel che concerne, invece, i dirigenti di prima fascia il disegno di legge l’articolo 13 modifica le modalità di accesso alla qualifica di dirigente della prima fascia, introducendo, per il 50 per cento dei posti disponibili, la possibilità di accesso per i dirigenti di seconda fascia dopo almeno 5 anni di servizio nel ruolo dirigenziale anziché dopo aver ricoperto per 5 anni incarichi di direzione di uffici dirigenziali generali. L'inserimento nei ruoli della dirigenza di prima fascia consegue all'esito favorevole di una procedura selettiva e comparativa – ma senza svolgimento di prova scritta e orale - e dell'osservazione e valutazione di un incarico dirigenziale generale conferito temporaneamente. A normativa vigente, invece, sempre per il 50 per cento dei posti disponibili, è possibile il transito dei dirigenti di seconda fascia nella prima fascia qualora abbiano ricoperto incarichi di direzione di uffici dirigenziali generali o equivalenti, per un periodo pari ad almeno cinque anni senza essere incorsi nelle misure previste dall’art. 21 del D.Lgs. n. 165 del 2001 per le ipotesi di responsabilità dirigenziale.

 

Merito e nuove competenze nella Pubblica amministrazione

 

Il sistema di reclutamento e il miglioramento della capacità amministrativa.

 

Il Documento fa notare che l’attività del Governo si è concentrata nel completamento della riforma della Pubblica Amministrazione, inclusa nel PNRR (che pone due traguardi, di cui uno raggiunto a giugno 2025 e un altro fissato a giugno 2026).

In primo luogo, in relazione alle riforme e agli investimenti del PNRR, il Documento segnala alcuni progressi, che riguardano in particolare il sistema di reclutamento (Portale inPA), su cui sono accreditate 7.626 Pubbliche Amministrazioni e pubblicati 48.552 bandi di concorso, avvisi di ricerca per esperti e avvisi di mobilità.

 

Si ricorda che la creazione di un Portale unico del reclutamento costituisce uno degli obiettivi previsti dal PNRR (Missione 1, componente 1, investimento 2.1.1-56) con la finalità di centralizzare le procedure di assunzione di tutte le amministrazioni pubbliche, sia centrali che locali, e delle autorità amministrative indipendenti.

In attuazione di tale obiettivo, è stato creato il Portale InPA, che, ai sensi dell’art. 35-ter del D.Lgs. 165/2001, deve essere obbligatoriamente usato dalle amministrazioni pubbliche centrali e dalle autorità amministrative indipendenti per tutte le procedure di assunzione a tempo determinato e indeterminato. Il medesimo art. 35-ter ha esteso l’utilizzo del Portale anche alle Regioni e agli enti locali per le rispettive selezioni di personale. Le relative modalità di utilizzo sono definite con apposito decreto.

 

Inoltre, il Documento segnala il miglioramento della capacità amministrativa attuato anche attraverso il proseguimento del potenziamento delle attività di formazione, con l’erogazione sulla piattaforma Syllabus di oltre 1 milione di iniziative in favore dei dipendenti delle amministrazioni centrali e locali. Viene inoltre ricordato, in materia di contratti pubblici, che è stato raggiunto l’obiettivo di formazione di oltre 60.000 unità di personale previsto dal PNRR.

Il Documento, quindi, ricorda la pubblicazione della relazione finale sul rafforzamento della capacità amministrativa e gestionale e la pubblicazione del terzo report sui Key Performance Indicator, report funzionale a monitorare nel tempo i progressi e l'efficacia delle azioni intraprese nella riforma del mercato del lavoro pubblico.

Servizi per la prima infanzia e supporto alle famiglie

Il Governo sottolinea che prosegue il lavoro per il potenziamento e una maggiore accessibilità dei servizi per la prima infanzia, relativamente agli obiettivi previsti nel PNRR e nel Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029 (PSBMT).

Inoltre, il Documento riporta le misure a sostegno della natalità, dell’infanzia e delle famiglie, adottate dal Governo al di fuori degli impegni previsti per l’estensione del PSBT[37]:

 

In particolare, il Governo evidenzia di aver presentato tre Piani nazionali:

 

§  il nuovo Piano nazionale per la famiglia 2025-2027, in cui viene valorizzato il ruolo del welfare aziendale e che illustra il coinvolgimento degli enti locali e del terzo settore, la valutazione dei bisogni delle famiglie e delle politiche, i servizi di informazione e comunicazione e la promozione di figure di supporto per agevolare la conciliazione tra i tempi di vita e lavoro dei genitori;

Il nuovo Piano è stato adottato il 9 dicembre 2024 dall’Osservatorio nazionale sulla famiglia (il Piano precedente era stato approvato il 10 agosto 2022). La Conferenza Unificata ha sancito l’intesa il 27 marzo 2025. Il Piano si struttura nelle seguenti macroaree di intervento: welfare aziendale integrato; enti locali; terzo settore; azioni di sistema, trasversali ai precedenti tre ambiti di intervento.

L’Osservatorio nazionale sulla famiglia, istituito presso la Presidenza del Consiglio (Dipartimento per le politiche della famiglia), il cui regolamento è stato adottato con il DPCM 10 marzo 2009 n. 43, svolge funzioni di studio, ricerca, documentazione, promozione e consulenza sulle politiche in favore della famiglia e funzioni di supporto al Dipartimento per le politiche della famiglia per la predisposizione del Piano nazionale della famiglia (previsto dall’articolo 1, comma 1250, lett. d), della L. n. 296 del 2006[38]). Con il DM 11 maggio 2023 è stata ricostituita l’Assemblea e il Comitato tecnico-scientifico dell'Osservatorio. Anche al fine di dare supporto a tale Osservatorio, è stato istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri il Fondo per le politiche della famiglia (articolo 19 del D.L. n. 223 del 2006[39]), le cui risorse per l’anno 2025 sono state ripartite con il DM del 27 giugno 2025 (v. infra).

 

§  la sesta edizione del Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva 2025-2027: il Piano si incentra su tre macroaree ritenute fondamentali per l'attuazione efficace delle politiche per l'infanzia e l'adolescenza: la genitorialità, l’educazione e la salute.? All'interno delle macroaree sono state elaborate delle azioni, costruite secondo un modello condiviso di scheda programmatica che individua l’ambito tematico e il problema ad esso legato, l’obiettivo da perseguire per dare una risposta efficace alle problematiche riscontrate e le attività necessarie per realizzarlo;

Il Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva è il principale documento programmatico e di indirizzo delle politiche in favore dell’infanzia e dell’adolescenza a livello nazionale ed è predisposto con cadenza biennale. Si tratta di un documento predisposto dall’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza che ha acquisito i pareri dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, della Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza e della Conferenza unificata. Il Piano 2025-2027 è stato adottato con il D.P.R. 29 luglio 2025.

Si ricorda che l’articolo 1 della L. n. 285 del 1997[40] (modificato dall’articolo 9, comma 1, del D.L. n. 22 del 2021[41]) ha istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Fondo nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, volto alla realizzazione di interventi progettuali che favoriscano la promozione dei diritti, la qualità di vita, lo sviluppo, la realizzazione individuale e la socializzazione dell’infanzia e dell’adolescenza, privilegiando l’ambiente ad esse più confacente, ovvero la famiglia naturale, adottiva o affidataria. Le risorse del Fondo sono ripartite dal Governo secondo i criteri individuati dal citato articolo 1 della L. n. 285 del 1997[42].

 

§  il nuovo Piano nazionale di prevenzione e contrasto dell’abuso e dello sfruttamento sessuale dei minori 2025-2027, in cui sono individuate le azioni finalizzate al contrasto dei fenomeni della pedofilia e della pornografia minorile.

Il Piano, connesso al sesto Piano nazionale infanzia e adolescenza (v. supra), ha l’obiettivo di agevolare l’emersione precoce dei casi abuso, di omogeneizzare gli interventi a livello nazionale e di migliorare il monitoraggio dell’impatto delle azioni previste. Il Piano viene predisposto dall’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile, istituito dall’articolo 17, comma 1-bis, della L. n. 269 del 1998[43], con la funzione di acquisire e monitorare i dati e le informazioni relativi alle attività svolte da tutte le pubbliche amministrazioni per la prevenzione e la repressione dell’abuso e dello sfruttamento sessuale dei minori.

 

Il 6 febbraio 2024 la Commissione europea ha presentato una proposta di modifica alla direttiva relativa alla lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e il materiale pedopornografico.

In particolare, la proposta contiene norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni in materia di abuso e sfruttamento sessuale dei minori, materiale pedopornografico e adescamento di minori per scopi sessuali, nonché disposizioni intese a rafforzare la prevenzione di tali reati e la protezione delle vittime.

Sulla proposta sono attualmente in corso, a livello europeo, i negoziati interistituzionali.

La proposta è stata esaminata, ai fini della verifica di conformità con il principio di sussidiarietà, dalla XIV Commissione “Politiche dell’UE”, che il 23 maggio 2024 ha approvato un documento recante valutazione conforme.

Più risalente, invece, la proposta di regolamento che stabilisce norme per la prevenzione e la lotta dell’abuso sessuale sui minori, presentata l’11 maggio 2022, che ha prospettato, fra l'altro obblighi a carico dei prestatori dei servizi della società dell'informazione interessati di ridurre al minimo il rischio che i loro servizi siano usati impropriamente a fini di abuso sessuale su minori online.

Sulla proposta si è formata la posizione negoziale del Parlamento europeo il 22 novembre 2023. Si è invece in attesa di una posizione comune in seno al Consiglio.

 

Inoltre, il Governo sottolinea i progressi relativi all’attuazione delle seguenti misure di sostegno economico:

 

§  il bonus Asilo Nido: nel 2025 è stato estesa la categoria delle strutture educative compatibili con l’accesso al beneficio e, dal 1° gennaio 2026, è previsto il prolungamento automatico pluriennale della validità delle domande presentate;

Il bonus Asilo Nido, istituito dalla legge di bilancio per il 2017 (articolo 1, comma 355, L. n. 232 del 2016) e disciplinato dal DPCM 17 febbraio 2017, è un contributo per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido, pubblici e privati, e per forme di supporto domiciliare per bambini aventi meno di tre anni di età, affetti da gravi patologie croniche.

La legge di Bilancio per il 2025 (art. 1, commi 209-211, L. n. 207 del 2024) ha previsto alcune modifiche della disciplina del suddetto buono, escludendo dal valore dell’ISEE, rilevante al fine della determinazione della misura del buono, l’importo (corrisposto al nucleo familiare) dell’AUU (Assegno unico e universale per figli a carico), mediante conseguente incremento del limite di spesa di 5 milioni di euro annui. A tale beneficio si aggiunge l’eliminazione, ai fini della corresponsione del buono, della condizione che sia presente, nel nucleo familiare richiedente, almeno un figlio di età inferiore ai dieci anni, oltre che di un figlio nato dopo il 31 dicembre 2023 (questa seconda condizione resta ferma), incrementando conseguentemente la spesa complessiva.

 

Si segnala al riguardo la procedura di infrazione n. 4113/2022, in materia di compatibilità delle condizioni che determinano il diritto all’assegno unico e universale con il diritto dell’UE, in relazione alla quale il 26 settembre 2024 la Commissione europea ha presentato il ricorso alla Corte di Giustizia dell’UE.

 

Con la norma di interpretazione autentica di cui all'art. 6-bis del D.L. n. 95 del 2025[44], il legislatore ha chiarito che, al fine dei benefici in esame, nella nozione di asili nido, pubblici o autorizzati dagli enti locali, rientrano i servizi educativi per l'infanzia di cui all'articolo 2, comma 3, lettere a) e b) e lettera c), numeri 1) e 3), del D.Lgs. n. 65 del 2017[45]. La lettera a) suddetta fa riferimento a: “nidi e micronidi che accolgono le bambine e i bambini tra tre e trentasei mesi di età e concorrono con le famiglie alla loro cura, educazione e socializzazione, promuovendone il benessere e lo sviluppo dell'identità, dell'autonomia e delle competenze. Presentano modalità organizzative e di funzionamento diversificate in relazione ai tempi di apertura del servizio e alla loro capacità ricettiva, assicurando il pasto e il riposo e operano in continuità con la scuola dell'infanzia”. La suddetta lettera b) fa riferimento a: “sezioni primavera, di cui all'articolo 1, comma 630, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, che accolgono bambine e bambini tra ventiquattro e trentasei mesi di età e favoriscono la continuità del percorso educativo da zero a sei anni di età. Esse rispondono a specifiche funzioni di cura, educazione e istruzione con modalità adeguate ai tempi e agli stili di sviluppo e di apprendimento delle bambine e dei bambini nella fascia di età considerata. Esse sono aggregate, di norma, alle scuole per l'infanzia statali o paritarie o inserite nei Poli per l'infanzia”. Nell'ambito dei “servizi integrativi che concorrono all'educazione e alla cura delle bambine e dei bambini e soddisfano i bisogni delle famiglie in modo flessibile e diversificato sotto il profilo strutturale ed organizzativo”, di cui alla suddetta lettera c), il numero 1) fa riferimento a: “spazi gioco, che accolgono bambine e bambini da dodici a trentasei mesi di età affidati a uno o più educatori in modo continuativo in un ambiente organizzato con finalità educative, di cura e di socializzazione, non prevedono il servizio di mensa e consentono una frequenza flessibile, per un massimo di cinque ore giornaliere”. Il successivo numero 3) fa riferimento a: “servizi educativi in contesto domiciliare, comunque denominati e gestiti, che accolgono bambine e bambini da tre a trentasei mesi e concorrono con le famiglie alla loro educazione e cura. Essi sono caratterizzati dal numero ridotto di bambini affidati a uno o più educatori in modo continuativo”.

Il citato articolo 6-bis del D.L. n. 95 del 2025, inoltre, prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2026, la domanda per il bonus, presentata (all’INPS) dal genitore ed accolta, produce effetti anche per gli anni successivi (quindi, con decorrenza dall’anno 2027), previa verifica dei requisiti e prenotazione delle mensilità per ciascun anno solare[46].

 

§  il bonus nuove nascite: con il Messaggio INPS n. 2345 del 24 luglio 2025 il termine per la presentazione della domanda per l’accesso al beneficio è stato ampliato da 60 a 120 giorni dalla data dell’evento (nascita o ingresso in famiglia del minore).

Il bonus nuove nascite, introdotto dalla legge di Bilancio per il 2025 (articolo 1, commi 206-208, L. n. 207 del 2024) è costituito da un assegno una tantum, pari a 1.000 euro, per ogni figlio nato o adottato a decorrere dal 1° gennaio 2025; il beneficio è riconosciuto dall'INPS su domanda ed è subordinato alla condizione di un valore ISEE del nucleo familiare entro il 40.000 euro annui, computato al netto dell’AUU per i figli a carico, per una spesa complessiva di 330 milioni di euro per il 2025 e 360 milioni annui a decorrere dal 2026. Allo scopo, si prevede un’attività di monitoraggio finanziario da parte dell’INPS, oltre che, nel caso in cui si verifichi o si stia per verificare uno scostamento rispetto alle suddette stime, una procedura ministeriale per la rideterminazione della misura dell'assegno una tantum e del limite suddetto del valore dell’ISEE.

 

Infine, il documento illustra le misure adottate a sostegno dei territori:

 

§  sul fronte della conciliazione dei tempi vita-lavoro dei genitori, il Governo segnala di essere intervenuto al fine di ampliare i servizi socioeducativi a favore dei minori offerti dai comuni, erogando, anche nel 2025, risorse apposite pari a 60 milioni di euro. Si tratta delle risorse ripartite, nell’ambito del Fondo per le politiche per la famiglia, dal decreto ministeriale del 25 giugno 2025 (qui l’elenco dei comuni beneficiari);

Sul punto vale la pena ricordare che, con finalità in parte sovrapponibili, i commi da 213 a 216 dell'articolo 1 dell'ultima legge di bilancio (L n. 207 del 2024), hanno altresì istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, per il successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, un Fondo per il sostegno alle attività educative formali e non formali, con una dotazione pari a 3 milioni di euro per l'anno 2025, 3,5 milioni di euro per l'anno 2026 e 4 milioni di euro per l'anno 2027, destinato al finanziamento, nel limite di spesa autorizzato, di iniziative dei comuni, da realizzare anche in collaborazione con enti pubblici e privati, ovvero con le istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione, anche promuovendo le comunità educanti. Si tratta, peraltro, del medesimo ambito materiale su cui verte la proposta di legge AC 1311, attualmente in corso di esame, in sede referente, presso le Commissioni riunite Cultura e Affari sociali della Camera dei deputati.

 

§  per il potenziamento dei servizi, in linea con gli obiettivi del Piano nazionale per la famiglia e il Piano di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva 2025-2027 (v. supra), il Governo evidenzia la ripartizione del Fondo per le politiche della famiglia per l’anno 2025: 32 milioni di euro destinati alle regioni per il rafforzamento dei Centri per la famiglia; 55 milioni di euro, da destinare alle regioni in via sperimentale, sulla base di un avviso pubblico, per la creazione di nuovi Centri per la famiglia, lo sviluppo di quelli esistenti, la loro diffusione omogenea sui territori e la strutturazione delle relative funzioni.

Il Fondo per le politiche della famiglia è stato istituito dall’articolo 19, comma 1, del D.L. n. 223 del 2006[47] ed è disciplinato dall’articolo 1, commi 1250-1252, della legge finanziaria 2007 (L. n. 296 del 2006).

La ripartizione del Fondo per le politiche della famiglia per l’anno 2025 è stata effettuata con il DM del 27 giugno 2025: una parte delle risorse, pari a 32.000.000 euro, è diretta al potenziamento del ruolo dei Centri della famiglia, come previsto dall’articolo 1, comma 1250, lett. e-bis)[48] della citata L. n. 296 del 2006; la restante parte, pari a 55.187.236 euro, diretta a finanziare la realizzazione di ulteriori iniziative del Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, come previsto dall’articolo 1, comma 1251, della citata L. n. 296 del 2006.

In relazione a quest’ultima quota di risorse del Fondo per le politiche della famiglia, è stato pubblicato l’avviso pubblico per l’acquisizione di manifestazioni di interesse da parte delle regioni a partecipare all’iniziativa sperimentale sul “Rafforzamento della rete dei Centri per la famiglia”.

In attuazione dell’articolo 14, comma 2, del D.L. n. 123 del 2023[49], i Centri per la famiglia, oltre ai servizi di base, erogano: consulenza e servizi relativi all’alfabetizzazione mediatica e digitale dei minori, con particolare attenzione alla loro tutela rispetto all’esposizione a contenuti pornografici e violenti; servizi di alfabetizzazione della famiglie sulla prevenzione e sugli effetti dell’assunzione di sostante psicotrope; servizi finalizzati alla valorizzazione pratica dell’invecchiamento attivo.

 

Controllo e revisione della Spesa pubblica

Sul tema il Piano Strutturale di Bilancio di Medio Termine (PSBMT) prevede il completamento della Riforma del quadro di revisione della spesa pubblica prevista dal PNRR (Riforma 1.13) e una serie di interventi volti al miglioramento dei sistemi di monitoraggio e gestione della spesa pubblica.

Con riferimento alla Riforma 1.13 si ricorda che in allegato al DFP di aprile è stato pubblicato il documento che comprende le relazioni dei Ministeri sul grado di raggiungimento degli obiettivi di spesa relativamente all’esercizio 2024, nell’ambito dei due cicli di spending review 2023-2025 e 2024-2026. Successivamente il MEF ha predisposto la propria relazione di verifica, in attuazione del traguardo M1C1-115 della riforma. Tale relazione dà conto del sostanziale raggiungimento dell’obiettivo di contenimento della spesa per il valore complessivo di 1,6 miliardi nell’anno 2024. L’obiettivo di risparmio per il 2025 è di oltre 2 miliardi in termini di indebitamento netto.

Con riferimento alle altre misure, il Piano Strutturale di Bilancio prevede interventi diretti al rafforzamento della capacità di programmazione, monitoraggio e valutazione della spesa pubblica e al potenziamento nelle pubbliche amministrazioni delle strutture dedicate alla valutazione della qualità e dell’impatto dei servizi erogati. Al riguardo il documento in esame riporta che il Governo ha avviato le attività per l’adozione del Piano di monitoraggio e valutazione della spesa con la presentazione da parte di ciascun Ministero di proposte di intervento di politiche di diretta competenza, nell’ambito dei Piani di analisi e valutazione della spesa (PAVS). Le proposte sono formulate con riferimento al successivo triennio al fine di consentire l’adeguata programmazione delle attività da porre in essere. Inoltre è prevista l’immissione in ruolo di nuovo personale nelle amministrazioni centrali dello Stato per il rafforzamento delle strutture destinate alle attività di analisi e valutazione della spesa.

 

Razionalizzazione delle imprese pubbliche

Il DPFP 2025 evidenzia come il Governo abbia portato avanti le attività di monitoraggio delle partecipazioni pubbliche e controllo sull’attuazione della disciplina prevista dal TUSP per la loro razionalizzazione e riduzione.

In coerenza con l’obiettivo, già indicato nel Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029, di rafforzare l’attuazione del quadro giuridico contenuto nel TUSP e di promuovere ulteriormente la razionalizzazione delle partecipazioni pubbliche, il Documento fa presente che sono tuttora in corso gli approfondimenti finalizzati a valutare la coerenza del sistema regolatorio con l’esigenza di dismettere le partecipazioni non funzionali alle finalità istituzionali degli enti, senza pregiudicare l’operatività delle società che erogano effettivi servizi di interesse pubblico, né aggravare inutilmente gli oneri amministrativi a carico dei soci pubblici.

Si ricorda in proposito che l’ultimo Rapporto sulle partecipazioni delle Amministrazioni Pubbliche, aggiornato al 31 dicembre 2022 e pubblicato nel mese di febbraio 2025, ha evidenziato come il numero complessivo degli atti di razionalizzazione – quali ad esempio la cessione di partecipazioni non più rispondenti alle esigenze dell’ente pubblico proprietario ovvero detenute in società che registrano perdite sistematiche – sia cresciuto da 739 (rilevazione conclusa nel 2023), a 803 (rilevazione conclusa nel 2024), con un incremento dell’8,6 per cento. Il Rapporto conferma, inoltre, in linea con le precedenti rilevazioni, come un’alta percentuale di partecipazioni societarie pubbliche siano prive dei requisiti necessari per poter essere mantenute senza interventi di razionalizzazione e come in molti casi le pubbliche amministrazioni abbiano espresso la volontà di mantenimento della partecipazione societaria, nonostante gli obblighi previsti dal TUSP. In linea generale, si registra la persistenza di un basso tasso di adeguamento delle amministrazioni alle prescrizioni del Legislatore di adottare misure di razionalizzazione idonee a ridurre il numero delle partecipazioni societarie non conformi ai parametri dettati dal TUSP.

Il DPFP ricorda, infine, che nel giugno 2025 si è conclusa la rilevazione dei dati relativi alle partecipazioni detenute dalle pubbliche amministrazioni al 31 dicembre 2023, per le quali sono stati approvati i piani di razionalizzazione entro il 31 dicembre 2024. L’attività di rilevazione si è svolta nel corso del primo semestre 2025, mentre le attività di analisi ed elaborazione dei dati, unitamente alla pubblicazione dell’apposito Rapporto, si concluderanno nel secondo semestre dell’anno. Dai dati preliminari emerge una partecipazione alla rilevazione di circa l’85 per cento delle amministrazioni pubbliche; rispetto a quanto comunicato nella precedente rilevazione, sono state rendicontate ulteriori 650 partecipazioni che hanno formato oggetto di dismissione, liquidazione o fusione.

Per approfondimenti si rinvia al tema web concernente le società partecipate pubbliche e l’attuazione del TUSP.

Per una panoramica delle novità relative alla governance delle società a partecipazione statale si veda anche l’ultima edizione del dossier “Società a partecipazione pubblica e ricognizione degli assetti organizzativi – Monitoraggio e controllo”.

 


 

4.2 Misure nelle altre aree d’intervento

Istruzione e formazione

Sul fronte dell’istruzione e della formazione, il Governo ricorda in particolare gli interventi adottati in due grandi ambiti materiali: quello della formazione non superiore, di competenza del Ministero dell’istruzione e del merito, e quello della formazione superiore, di competenza del Ministero dell’università e della ricerca.

 

Il rafforzamento del corpo docente, dei servizi di tutoring e orientamento e della formazione continua dei docenti

 

Per quanto riguarda la formazione non superiore, si ricorda che nelle raccomandazioni rivolte al nostro Paese (CSR 6.3 del 2025) il Consiglio dell’Unione europea ha suggerito di continuare a promuovere la formazione della forza lavoro, potenziando i percorsi di formazione professionale, di formazione sul lavoro nei comparti ad alta domanda e di apprendimento sul lavoro nei comparti ad alta crescita. A tale impegno, secondo il Consiglio, l’Italia dovrebbe affiancare un’azione volta a migliorare i risultati nell'istruzione, con particolare attenzione agli studenti svantaggiati e all’acquisizione delle competenze di base. In merito alle competenze, il Consiglio evidenzia la necessità di elevare il tasso di istruzione superiore tra la popolazione e la partecipazione degli adulti a corsi di apprendimento, nonché favorire l'allineamento delle politiche di formazione e i piani regionali sulle competenze alle priorità industriali.

In questo settore, il Governo riporta di aver concentrato la propria azione, in questi mesi, nel completamento del PNRR, nonché nell’utilizzo dei fondi per i programmi della coesione e dei finanziamenti nazionali.

 

In primo luogo, il Governo cita il cosiddetto decreto “Scuola” (decreto-legge 7 aprile 2025, n. 45).

 

Il decreto-legge 7 aprile 2025, n. 45 reca disposizioni in materia di attuazione delle misure del Piano nazionale di ripresa e resilienza e per l’avvio dell’anno scolastico 2025/2026. Per un approfondimento sui contenuti del decreto, come convertito dalla legge n. 79 del 2025, si rimanda all’apposito dossier predisposto congiuntamente dai Servizi Studi della Camera dei deputati e del Senato e presente sul portale della documentazione della Camera dei deputati.

 

Tra le misure contenute in tale decreto, il Governo ricorda:

- l’intervento, contenuto nell’articolo 2, volto a ridurre il fenomeno della precarietà nel personale docente prevedendo, a partire dall’anno scolastico 2026/2027, l’istituzione di nuovi percorsi abilitanti e di specializzazione per il sostegno, nonché di elenchi regionali degli idonei ai concorsi docenti banditi dal 2020, da utilizzare per le immissioni in ruolo residue;

- gli interventi, contenuti negli articoli 2-bis e 10-bis, volti a promuovere la mobilità interregionale dei dirigenti scolastici e la valorizzazione della performance dirigenziale, con l'incremento di 6 milioni del Fondo unico nazionale per la retribuzione di posizione e risultato relativo al personale dirigenziale;

- gli interventi finalizzati a favorire l’accesso allo studio, contenuti nei commi 1 e 1-bis dell’articolo 10, volti rispettivamente a rinnovare per il 2025 le risorse (pari a 1 milione) per l’ampliamento dell'offerta formativa per i processi di internazionalizzazione degli istituti tecnologici superiori, prevista nell'ambito del Piano Mattei e ad introdurre l’esenzione dall'IRPEF per le borse di studio erogate agli studenti iscritti ai percorsi formativi ITS Academy;

- le misure in materia di edilizia scolastica, ed in particolare quello di cui all’articolo 3-quater, recante misure di semplificazione degli interventi a sostegno degli enti locali, in attuazione del PNRR, e quello di cui ai commi 2-ter e 2-quater dell’articolo 3, recanti l’incremento del Fondo unico per l’edilizia scolastica, con uno stanziamento di ulteriori 10 milioni per ciascuno degli anni 2025 e 2026 finalizzato alla realizzazione di interventi indifferibili e urgenti di messa in sicurezza degli edifici scolastici pubblici; a queste misure, peraltro, si aggiunge quella di cui all’articolo 8-bis del decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25, che stanzia 20 milioni per il completamento degli interventi PNRR di edilizia scolastica in corso e il raggiungimento dei relativi obiettivi (su quest’ultimo intervento, si rimanda alla apposita scheda di lettura presente nell’apposito dossier).

 

Sempre sul fronte dell’istruzione di livello non superiore, il Governo richiama altresì il recente decreto di riforma degli esami di Stato (decreto-legge 9 settembre 2025, n. 127), ancora in fase di conversione.

 

Per un approfondimento sui contenuti del decreto-legge 9 settembre 2025, n. 127, si rimanda all’apposito dossier predisposto congiuntamente dai Servizi Studi della Camera dei deputati e del Senato e presente sul portale della documentazione del Senato.

 

Relativamente a tale veicolo normativo, il Governo cita:

- l’intervento, di cui all’articolo 3, volto ad aumentare le risorse destinate al rinnovo del contratto collettivo nazionale del comparto istruzione e ricerca – Sezione scuola relativo al triennio 2022/2024 (anche con l’aumento delle risorse destinate al fondo della valorizzazione del sistema scolastico), nonché ad incrementare il Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa di 15 milioni a decorrere dall’anno 2030;

- l’intervento, di cui ancora all’articolo 3, finalizzato ad estendere l’assicurazione sanitaria al personale con contratto fino al 30 giugno con uno stanziamento di 15 milioni per ciascuno degli anni dal 2026 al 2029.

 

Infine, il Governo ricorda di aver provveduto, al fine di consentire il regolare avvio dell’anno scolastico 2025/2026 e il raggiungimento degli obiettivi assunzionali del personale docente fissati dal PNRR per l’anno 2025, ad autorizzare la nomina in ruolo, sui posti vacanti e disponibili, per l’anno scolastico 2025/2026, di 347 dirigenti scolastici, 48.504 docenti, 44 unità di personale educativo, 6.022 insegnanti di religione cattolica e 10.348 unità di personale A.T.A.

 

Per quanto attiene al contingente autorizzato per le assunzioni a tempo indeterminato di dirigenti scolastici, da effettuarsi per l’anno scolastico 2025/26, viene in rilievo il decreto ministeriale n. 155 del 1° agosto 2025.

Con riguardo alle immissioni in ruolo del personale docente, viene in rilievo il decreto ministeriale n. 137 dell’11 luglio 2025.

Quanto alle immissioni in ruolo personale educativo, si rimanda al decreto ministeriale n. 143 del 17 luglio 2025.

Per quanto riguarda le immissioni in ruolo insegnanti di religione cattolica, viene in rilievo il decreto ministeriale n. 144 del 18 luglio 2025.

Con riferimento alle immissioni in ruolo del personale amministrativo, tecnico e ausiliario (A.T.A.) per l’anno scolastico 2025/2026, viene in rilievo il decreto ministeriale n. 160 del 6 agosto 2025.

 

Si segnala al riguardo la procedura di infrazione n. 4231/2014, in materia di ricorso abusivo a contratti di lavoro a tempo determinato nel settore pubblico italiano, in relazione alla quale il 21 febbraio 2025 la Commissione europea ha presentato il ricorso alla Corte di Giustizia dell’UE.

Si ricorda altresì l’apertura di un’altra procedura di infrazione contro l’Italia (n. 2277/2024) per violazione del principio di parità di trattamento degli insegnanti scolastici a tempo determinato in materia di progressione salariale.

 

 

Le misure per l’internazionalizzazione e l’attrattività del sistema della formazione superiore

 

Venendo all’ambito dell’istruzione superiore, si ricorda che nelle raccomandazioni rivolte al nostro Paese (in particolare, rilevano qui le CSR 3.1 e 3.2 del 2025) il Consiglio dell’Unione europea ha suggerito di sostenere l'innovazione rafforzando ulteriormente i collegamenti tra imprese e università, gli appalti per l'innovazione, il venture capital aziendale e le opportunità per i talenti. In questo contesto, le università sono chiamate a svolgere un ruolo maggiore, sia facilitando la commercializzazione dei risultati della ricerca, sia migliorando il percorso professionale dei ricercatori.

Il Governo, in tale ambito materiale, sostiene di aver operato lungo diverse direttrici d’azione al fine di attrarre i migliori talenti e di promuovere la ricerca, lo sviluppo e la diffusione di nuove tecnologie tra le imprese.

 

In primo luogo, l’attività del Governo è stata volta al potenziamento della ricerca e della collaborazione sinergica tra università, centri di ricerca e imprese. In merito, sono richiamati i seguenti interventi:

- lo stanziamento, di cui all’articolo 1 del decreto-legge 24 giugno 2025 n. 90, di 160 milioni di euro del Fondo ordinario per gli enti di ricerca per promuovere specifici progetti e programmi, potenziare le infrastrutture di ricerca e le collaborazioni nazionali e internazionali degli enti vigilati dal Ministero dell’università e della ricerca (per un approfondimento sui contenuti di tale decreto-legge, si rimanda all’apposito dossier);

- la destinazione, ad opera dell’articolo 5 del medesimo decreto-legge 24 giugno 2025 n. 90, di 150 milioni di euro alla realizzazione del Piano d’azione “Ricerca Sud”, volto a rendere il Sud Italia un polo d’eccellenza per la ricerca scientifica e tecnologica;

- il rifinanziamento del Fondo a sostegno della filiera nazionale dei semiconduttori, che mira a promuovere la ricerca e lo sviluppo tecnologico del settore, attrarre investimenti per l'insediamento di nuovi stabilimenti o la riconversione di siti industriali esistenti in Italia (in proposito si rimanda al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 13 giugno 2025);

- la prima normativa organica in materia di intelligenza artificiale che mira a favorire la ricerca collaborativa tra imprese, organismi di ricerca e centri di trasferimento tecnologico in materia di intelligenza artificiale (qui il riferimento è alla legge 132 del 23 settembre 2025, per un approfondimento sui contenuti della quale si rimanda all’apposito dossier);

- l’adozione dei Key Performance Indicator” (KPI), con cui è valutata, anche ai fini del finanziamento, la performance dei Centri Nazionali e dei Partenariati Estesi avviati con il PNRR (i citati indicatori sono stati adottati con il decreto ministeriale n. 398 del 19 maggio 2025, in attuazione dell’articolo 1, comma 580, della legge n. 207 del 2024, per ogni approfondimento sul quale si rinvia al relativo dossier).

 

Sul fronte del sistema di reclutamento dei ricercatori e del potenziamento del loro percorso professionale, il Governo cita le seguenti misure adottate:

- il disegno di legge recante la revisione della modalità di accesso, valutazione e reclutamento del personale ricercatore e docente, mirante a superare l’attuale sistema dell’abilitazione scientifica nazionale. Si tratta del disegno di legge AS 1518, attualmente in corso di esame, in sede referente, presso la 7a Commissione del Senato (per un approfondimento sui relativi contenuti, si rimanda all’apposito dossier);

- i decreti con cui è stata conferita la piena operatività, a partire dall’anno accademico 2025/2026, della riforma che ha introdotto nuove modalità di accesso ai corsi di laurea magistrale a ciclo unico in medicina e chirurgia, odontoiatria e protesi dentaria e medicina veterinaria. Il Governo si riferisce al decreto legislativo 15 maggio 2025, n. 71 (per un approfondimento sui cui contenuti si rinvia all’apposito dossier) e ai relativi decreti ministeriali attuativi (i decreti n. 418 del 30 maggio 2025 e n. 431 del 20 giugno 2025);

- l’introduzione, operata dall’articolo 1-bis del già citato decreto-legge 7 aprile 2025, n. 45, di due nuove figure di ricerca, gli “incarichi di ricerca” e gli “incarichi post-doc”, sia nel sistema universitario sia negli enti pubblici di ricerca, con contratto da uno a tre anni;  

- la particolare attenzione data all’attrazione di studenti e ricercatori internazionali (su questo il Governo segnala che è stato possibile potenziare le borse di studio dedicate agli studenti africani, in linea con gli obiettivi del Pilastro Istruzione e Formazione del Piano Mattei).

 

Infine, con riguardo alle misure finalizzate a supportare l’accesso allo studio e la diffusione del titolo di istruzione superiore tra la popolazione, il Governo cita le seguenti misure:

- l’aumento di 9,5 milioni, disposto dall’articolo 6, comma 1-ter, del già più volte citato decreto-legge 7 aprile 2025, n. 45, della dotazione del Fondo affitti per studenti fuori sede, che versino in situazioni economiche svantaggiate e non siano fuori corso da più di un anno;

- l’istituzione, operata dall’articolo 13 del decreto-legge 30 giugno 2025, n. 96, di un fondo destinato all’erogazione di borse di studio universitario per alti meriti sportivi, con una dotazione di 1 milione per il 2025 (per un approfondimento sul quale si rinvia al relativo dossier);

- l’incremento, pari a 11 milioni per il 2025, operato dall’articolo 2, comma 10-bis, del decreto-legge 30 giugno 2025, n. 95, del Fondo per la realizzazione di interventi di edilizia e per l'acquisizione di attrezzature didattiche e strumentali da parte delle istituzioni AFAM (per un approfondimento sul quale si rinvia al relativo dossier).

Politiche per il lavoro

Politiche attive, partecipazione al mercato del lavoro, occupazione e sicurezza sul lavoro

Quanto alle azioni di riforma e di investimento e alle iniziative assunte dal Governo in materia di politiche attive, partecipazione al mercato del lavoro, occupazione e sicurezza sul lavoro, il Documento ricorda che l’interesse negli ultimi mesi si è concentrato sul raggiungimento degli obiettivi previsti nel PNRR, in particolare quelli più sfidanti che riguardano il completamento del programma Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori e il potenziamento dei Centri per l’impiego. Il Documento segnala, nel dettaglio, il lancio di una piattaforma per la diffusione delle competenze digitali di base, nonché l’operatività da settembre di AppLI, un nuovo assistente virtuale per affiancare i giovani in un percorso personalizzato di orientamento, formazione e inserimento lavorativo, integrato con il Sistema Informativo per l'Inclusione Sociale e Lavorativa (SIISL) e sviluppato in collaborazione con l’INPS.

Il Documento, quindi, rileva i progressi conseguiti nel potenziamento del Sistema Duale, i cui obiettivi fissati a fine 2025 sono stati conseguiti e superati con un anno di anticipo.

 

Si ricorda, al riguardo, che l'obiettivo del sistema duale (investimento del PNRR) è sostenere i giovani e gli adulti senza istruzione secondaria nell'accesso alle opportunità di lavoro, aumentando il numero di persone che partecipano all'apprendimento formale e all'istruzione e formazione professionale attraverso il sistema duale, che comprende l'istituto dell'apprendistato. Questo investimento contribuirà a rendere i sistemi di istruzione e formazione più compatibili con i fabbisogni del mercato del lavoro, nonché a promuovere l'occupabilità dei giovani tramite l'acquisizione di nuove competenze, in linea con la transizione digitale e verde, grazie all'apprendimento sul posto di lavoro.

 

 Il Documento si sofferma poi sulle iniziative di supporto alla partecipazione e occupazione femminile, nonché alla crescita della natalità, ricordando che è stata disposta un'integrazione di reddito mensile di 40 euro destinata alle lavoratrici madri nel 2025.

In particolare, si osserva che tale misura – prevista a favore delle lavoratrici dipendenti (a eccezione di quelle occupate nel lavoro domestico) e autonome con un reddito annuo massimo di 40.000 euro, che siano madri di due figli (di cui il secondo non abbia ancora compiuto 10 anni nel mese di riferimento), oppure più di due figli (purché il più giovane non abbia ancora compiuto 18 anni e non sia un lavoratore a tempo indeterminato) - sarà confermata e potenziata.

Il Documento, infine, ricorda le misure assunte dal Governo in materia di salute e sicurezza dei lavoratori, ricordando l’adozione del Protocollo quadro per i rischi lavorativi connessi alle emergenze climatiche - che ha introdotto, tra l’altro, la possibilità di richiedere il trattamento di integrazione salariale nei settori esposti a rischi per temperature sopra i 35 gradi o in condizioni climatiche equivalenti – nonché il rafforzamento dei controlli ispettivi e alla prevenzione degli infortuni sul lavoro, che ci è concretizzato con l’adozione ad agosto di due decreti per il reclutamento di 514 unità aggiuntive nei ruoli di INPS e INAIL. 

Politiche di coesione

Nell’ambito della politica di coesione, nel Documento programmatico di finanza pubblica 2025 si sottolinea l’impegno del Governo volto al rafforzamento e all’accelerazione dell’attuazione dei programmi della politica di coesione e all’attuazione delle misure per la riduzione dei divari economici e sociali tra i territori.

Riforma della politica di coesione

Al fine di accelerare l’attuazione della politica di coesione europea per il periodo 2021-2027 - in applicazione alla riforma 1.9.1 della Missione 1, componente 1 del PNRR - il D.L. n. 60 del 2024 reca disposizioni di riforma volte a rafforzare la realizzazione degli interventi di coesione in determinati settori strategici: risorse idriche; infrastrutture per il rischio idrogeologico e la protezione dell'ambiente; rifiuti; trasporti e mobilità sostenibile; energia; sostegno allo sviluppo e all’attrattività delle imprese, anche per le transizioni digitale e verde.

A gennaio 2025, le Amministrazioni titolari di programmi di politica di coesione europea hanno individuato gli interventi prioritari tra quelli da realizzare, da monitorare sulla base di tempistiche certe. Per incentivarne la tempestiva realizzazione, sono previsti meccanismi di premialità e azioni di supporto per rafforzare la capacità amministrativa degli enti incaricati.

Ad aprile 2025 la Commissione europea ha suggerito l’introduzione di nuove priorità strategiche, tra cui l’accesso ad alloggi sostenibili e a prezzi accessibili, l’accesso all’acqua, la resilienza idrica e la transizione energetica. Sono in corso valutazioni da parte delle Autorità di gestione dei programmi sulla possibilità di indirizzare le risorse verso queste nuove priorità.

Le opere infrastrutturali nella Zona Economica Speciale

Nel Documento si richiamano le opere infrastrutturali nella Zona Economica Speciale (ZES). Il Documento sottolinea l’avanzamento delle opere infrastrutturali, necessarie a ridurre i divari territoriali, con l’avvio dei lavori per 52 interventi nella Zona Economica Speciale (ZES) per cui è stato raggiunto il target del concreto avvio dei lavori entro la scadenza del 31 dicembre 2024. Di essi, 25 interventi sono di cd. ‘ultimo miglio’, 19 interventi attengono alla digitalizzazione della logistica, urbanizzazione ed efficientamento energetico, 8 al rafforzamento della resilienza dei porti.

 

Si tratta di opere che riguardano gli interventi nelle Zone Economiche Speciali (ZES) originariamente previste dal decreto-legge n. 91 del 2017, finalizzate allo sviluppo delle imprese già operanti e all'insediamento di nuove imprese in aree geograficamente delimitate e chiaramente identificate del Mezzogiorno, che comprendessero almeno un'area portuale facente parte della rete globale delle Reti di trasporto transeuropee. Tali aree sono poi confluite nella più ampia ZES Unica per il Mezzogiorno istituita dal D.L. n. 124 del 2023.

Il riconoscimento e la promozione delle zone montane

È stata recentemente pubblicata la legge 12 settembre 2025, n. 131 recante “Disposizioni per il riconoscimento e la promozione delle zone montane”. La legge prevede l’emanazione di un DPCM per una nuova classificazione dei comuni montani in base ai parametri altimetrico e della pendenza. Ulteriori DPCM individueranno i comuni montani che potranno beneficiare delle misure di sostegno contenute nella legge stessa.

Attraverso la Strategia per la montagna italiana (SMI) saranno individuate le priorità e le direttive delle politiche per le zone montane, finanziate a valere sul Fondo per lo sviluppo delle montagne italiane (istituito con la legge di bilancio 2022), per un importo variabile da 100 a 125 milioni annui. Il Fondo provvede a finanziare le agevolazioni fiscali - sotto forma di credito di imposta - per il personale della sanità e per il personale scolastico che si trasferisce in un comune montano, misure di sostegno per gli agricoltori e i silvicoltori di montagna, per le imprese montane esercitate da giovani, nonché per l’acquisto e la ristrutturazione di abitazioni principali in montagna da parte di soggetti di età inferiore a 41 anni. Viene concesso un esonero contributo in caso di lavoro agile in un comune montano al disotto dei 5.000 abitanti (per dipendenti che trasferiscano la propria abitazione principale e domicilio stabile da un comune non montano al comune montano). Al fine di contenere il calo demografico, è previsto un contributo una tantum per la natalità nei comuni montani con meno di 5.000 abitanti.

La dotazione del Fondo per lo sviluppo delle montagne italiane, a legislazione vigente è di 73 milioni per il 2026, 77 milioni per il 2027 e 89 milioni per il 2028.

Il supporto all’occupazione giovanile nel Mezzogiorno

Con il D.L. n. 60 del 2024 sono stati introdotti incentivi e misure per sostenere l’occupazione nel Mezzogiorno. L’articolo 18 ha istituito la misura denominata Resto al Sud 2.0, finalizzata a sostenere l'avvio di attività imprenditoriali e libero-professionali nel Mezzogiorno d’Italia per giovani di età inferiore a 35 anni, nel limite di spesa di 49,5 milioni per l’anno 2024 e di 445,5 milioni per l’anno 2025. La misura è stata attuata con il D.M. Lavoro 11 luglio 2025. A differenza del programma precedente, “Resto al Sud 2.0” non prevede il finanziamento bancario, ma offre un voucher a fondo perduto fino a 40.000 euro, con la possibilità di raggiungere i 50.000 per investimenti innovativi, oppure un contributo a fondo perduto fino al 75 per cento per investimenti più consistenti.

Sostegno all’istruzione nei territori svantaggiati

Il DPFP ricorda che è stata avviata la seconda fase del Piano formativo Agenda Sud, volta a contrastare la dispersione scolastica e a favorire il superamento dei divari territoriali. Si tratta di un investimento che coinvolge 2.164 scuole nelle regioni del Mezzogiorno e che si aggiunge alle risorse già stanziate lo scorso anno per Agenda Sud, determinando un investimento complessivo di oltre 577,4 milioni.

Con il decreto ministeriale n. 176 del 30 agosto 2023 è stata ripartita la spesa di 265,6 milioni in favore di scuole statali primarie, secondarie di primo e di secondo grado delle regioni del Mezzogiorno, provenienti dalla misura M4C1 - Investimento 1.4 del PNRR e dai programmi dedicati all’istruzione nell’ambito della politica di coesione (“Programma operativo nazionale “Per la scuola” 2014-2020 e il Programma nazionale “PN Scuola e competenze 2021-2027). Ad esse, si aggiungono le risorse assegnate con un recente decreto ministeriale del 9 settembre 2025 per ulteriori 252,4 milioni.

Monitoraggio per il contrasto al lavoro sommerso

Il potenziamento di tale attività di monitoraggio è stato perseguito con l’emanazione del decreto Ministro del lavoro e delle politiche sociali n. 60 del 6 maggio 2025, che ha recato la disciplina degli elementi essenziali del trattamento dei dati personali per l’implementazione del Portale nazionale del sommerso. ai fini di una migliore gestione delle verifiche ispettive. I dati saranno conferiti e consultati da INL, INPS, INAIL, Arma dei Carabinieri e Guardia di Finanza.

Federalismo fiscale

Il DPFP ricorda gli atti attualmente all’esame del Parlamento per l’attuazione dell'autonomia differenziata e del federalismo fiscale.

Si tratta: dello schema di decreto legislativo recante “Disposizioni in materia di tributi regionali e locali e di federalismo fiscale regionale” (Atto n. 276), presentato dal Governo alle Camere il 18 giugno 2025, sul quale le competenti Commissioni parlamentari non si sono ancora espresse, in attesa della prescritta intesa da sancire in nell'ambito della Conferenza unificata; e del disegno di legge di delega per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (A.S. 1623), presentato dal Governo al Senato l’11 agosto 2025, il cui esame da parte della 1a Commissione Affari costituzionali non ha ancora avuto luogo.

Il Documento precisa, inoltre, che sono in corso i negoziati con le regioni richiedenti per l’attribuzione di una maggiore autonomia in alcune materie in cui non sono presenti livelli essenziali delle prestazioni (LEP).

Infrastrutture e politiche abitative

Relativamente alle infrastrutture, il documento in esame richiama gli interventi realizzati con il D.L. 73/2025, in particolare quelli volti a garantire la continuità nella realizzazione di infrastrutture strategiche e nella gestione di contratti pubblici, nonché una maggiore efficienza nel funzionamento del sistema di trasporti ferroviari e su strada e del demanio portuale e marittimo, tra i quali segnala i provvedimenti con i quali si è provveduto: 

• alla rimozione degli ostacoli che rallentano opere chiave, come il Ponte sullo stretto di Messina, per il quale è stato istituito un Collegio Consultivo Tecnico incaricato di prevenire e risolvere contenziosi durante la fase esecutiva (art. 1);

Nella seduta del 6 agosto 2025, il Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (CIPESS) ha approvato il progetto definitivo del collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria (Ponte sullo Stretto di Messina), con delibera n. 41/2025, attualmente in fase di controllo di legittimità da parte della Corte dei conti.

Secondo quanto evidenziato nel comunicato stampa del CIPESS, il costo dell'opera è di 13,532 miliardi di euro, interamente coperto con finanziamenti pubblici già disponibili a seguito delle leggi di bilancio 2024 e 2025. 

• al miglioramento della qualità dei servizi e semplificazione delle procedure per appalti e concessioni, in linea con la riforma della concorrenza (art. 2);

• ad una maggiore flessibilità nella gestione dei contratti pubblici, prevedendo un abbassamento della soglia di attivazione per la revisione dei prezzi per i contratti di affidamento di lavori (art. 9).

•  alla stabilizzazione dei canoni e regole più chiare per la gestione della stagione balneare e una maggiore chiarezza in materia di concessioni demaniali marittime.

 

In relazione alla non corretta applicazione dell’articolo 12 della c.d. direttiva servizi (cd. Bolkestein), che prevede l’applicazione di procedure di selezione qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili e il divieto di rinnovo automatico, la Commissione europea ha inviato all’Italia, l’11 novembre 2023, un parere motivato ai sensi dell’articolo 258 TFUE, nell’ambito della procedura di infrazione n. 4118/2020,.

 

Per approfondimenti sui singoli temi si rimanda al relativo dossier.

Con riguardo allo sviluppo della rete ferroviaria regionale e dell’alta velocità, il documento riporta il raggiungimento dei seguenti obiettivi intermedi della Missione 3, Componente 1 “Infrastrutture per una mobilità sostenibile del PNRR:

·        lo sviluppo del sistema europeo di gestione del traffico ferroviario (European Rail Traffic Management System - ERTMS) con contratti in corso di esecuzione per 1900 km.

A tale riguardo, si ricorda che il traguardo intermedio, previsto per dicembre 2025, consisteva nel dotare 1,400 km di linee ferroviarie del sistema ERTMS, mentre il traguardo finale prevede 2,785 km.

·        il completamento dello studio di fattibilità per creare un veicolo permanente e indipendente, di proprietà dello Stato, volto a garantire la disponibilità adeguata di materiale rotabile e servizi di manutenzione per gli operatori.

In questo caso, si tratta di una riforma volta a ridurre le barriere all’ingresso nel settore ferroviario, facilitando la concorrenza e permettendo di valutare le offerte nelle gare principalmente sulla qualità del servizio. Inoltre, garantisce coerenza tecnologica tra rete e treni (es. ERTMS) e assicura disponibilità costante di mezzi affidabili, indipendentemente dalla solidità finanziaria degli operatori.

Per ulteriori approfondimenti in merito ai citati investimenti e riforme del PNRR, si rimanda all’apposito tema nel portale PNRR della Camera dei deputati.

Il documento in esame segnala, inoltre, il raggiungimento dell'obiettivo PNRR relativo al sistema integrato di monitoraggio (SIM) dei rischi idrogeologici.

In proposito, nel dossier "Monitoraggio del Piano nazionale di ripresa e resilienza - I traguardi e gli obiettivi per il conseguimento dell'VIII rata" del 23 luglio scorso viene evidenziato che, alla data del 23 giugno 2025, i sistemi informativi delle regioni meridionali sono stati integrati e resi disponibili attraverso le funzionalità del SIM e che il sistema SIM realizzato "copre ora il 100% del territorio delle regioni meridionali mediante l'integrazione dei sistemi informativi esistenti per il monitoraggio dell'instabilità idrogeologica e la prevenzione degli illeciti ambientali, sia in tempo reale che differito ed è operativo e utilizzabile a partire dal mese di giugno 2025".

Con riferimento alle politiche abitative, il documento evidenzia che nel corso dei lavori del Tavolo Casa, sono stati presentati i recenti sviluppi dell'attuazione del Piano Casa Italia, per il quale sono state stanziate le prime risorse, pari a 660 milioni di euro, da destinare all'avvio di progetti pilota (100 milioni per gli anni 2027-2028) e al finanziamento del Piano Casa (560 milioni per gli anni 2028-2030 - v. art. 1, commi 401-403, legge di bilancio 2025 - Legge 207/2024).

L'iter procedurale finalizzato all'adozione del Piano Casa è in corso di svolgimento. In relazione alle politiche abitative, si prevede un potenziamento degli investimenti, sulla base di quanto previsto dalla revisione intermedia dei programmi della politica di coesione, nazionali e regionali, che assegna priorità strategica all'accesso ad alloggi sostenibili e a prezzi accessibili, nonché nell'ambito del Piano Sociale per il Clima.

Il Piano casa Italia è volto al rilancio delle politiche abitative come risposta coerente ed efficace ai bisogni della persona e della famiglia. Il piano rappresenta uno strumento programmatico finalizzato a definire le strategie di medio e lungo termine per la complessiva riorganizzazione del sistema casa, in sinergia con gli enti territoriali, al fine di fornire risposte ai nuovi fabbisogni abitativi emergenti dal contesto sociale, integrare i programmi di edilizia residenziale e di edilizia sociale, dare nuovo impulso alle iniziative di settore, individuare modelli innovativi di governance e di finanziamento dei progetti, razionalizzare l'utilizzo dell'offerta abitativa disponibile.

Si segnala altresì che presso l'VIII Commissione è in corso l'esame, in sede referente, delle abbinate proposte di legge C. 1169C. 1562 e C.2181- recanti varie disposizioni per l'edilizia residenziale pubblica, nel cui ambito sono state svolte numerose audizioni informali.

Potenziamento del Servizio Sanitario Nazionale

Il Documento programmatico di finanza pubblica fornisce un quadro generale dei seguenti profili relativi al Servizio Sanitario Nazionale: lo stato di attuazione degli investimenti del PNRR in materia di salute; gli interventi in materia di riordino della normativa farmaceutica e la rivisitazione dei criteri di riparto delle risorse per la copertura dei fabbisogni standard nel settore sanitario.

 

Stato di attuazione delle misure

Lo stato di attuazione degli investimenti del PNRR

In particolare, in merito al PNRR-Salute (Missione 6, Componente 2), il Documento dà conto della realizzazione dei due obiettivi relativi all’attribuzione di finanziamenti a programmi o progetti di ricerca Proof of Concept e nel campo delle malattie rare e dei tumori rari, e a programmi e progetti di ricerca sulle malattie altamente invalidanti.

 

Si ricorda in proposito che l’investimento 2.1. della Missione 6, Componente 2, consiste nel rafforzare il sistema della ricerca biomedica tramite due linee di intervento:

a) il finanziamento di progetti Proof of Concept (PoC), sostenendo lo sviluppo di tecnologie con un basso grado di maturità tecnologica e promuovendo il trasferimento di tecnologie verso l'industria;

b) il finanziamento di programmi o progetti di ricerca nel campo delle malattie rare e dei tumori rari e di altre malattie altamente invalidanti.

Con le modifiche approvate con il 20 giugno 2025 al PNRR, è stato anticipato il termine per il conseguimento degli stessi al 30 giugno 2025 (anziché al 31 dicembre 2025) che, secondo i dati Regis, risulta rispettato.

Il riordino della legislazione farmaceutica

Con riguardo al riordino della normativa relativa al settore farmaceutico, il Documento ricorda che il Governo ha approvato un disegno di legge delega per la riforma e il riordino della legislazione in tale materia, prevedendo altresì che i decreti attuativi dovranno essere adottati entro la fine del 2026.

La legge delega, oltre a prevedere la predisposizione di alcuni testi unici in materia, interviene a promuovere:

·        la produzione interna di principi attivi ed eccipienti;

·        il potenziamento del sistema della Tessera Sanitaria, quale pilastro della trasformazione digitale;

·        l’adeguamento o la revisione dei tetti di spesa farmaceutica e dei relativi meccanismi di payback, al fine di un maggiore equilibrio tra sostenibilità economica e accesso alle cure;

·        il ruolo delle farmacie territoriali, quali ‘presidi sanitari di prossimità’, che eroghino attività di televisita e telemonitoraggio, in qualità di centri di servizi sanitari avanzati, così da favorire un decongestionamento degli ospedali e un’assistenza più capillare sul territorio.

 

Con riguardo al potenziamento del Sistema Tessera Sanitaria (TS), si può ricordare che tale sistema, istituito in conformità con l’articolo 50, comma 1, del D.L. n. 269 del 2003[50], è lo strumento volto alla digitalizzazione e semplificazione del sistema sanitario italiano, tramite il monitoraggio della spesa sanitaria e la rilevazione telematica delle prescrizioni e delle prestazioni farmaceutiche e specialistiche erogate dal Sevizio Sanitario Nazionale.

 

Con riguardo alla spesa farmaceutica, si ricorda che la stessa si articola nelle due componenti dedicate, rispettivamente, alla spesa farmaceutica convenzionata (in precedenza definita spesa farmaceutica territoriale) e alla spesa farmaceutica per acquisti diretti (in precedenza definita spesa farmaceutica ospedaliera). La spesa farmaceutica rappresenta una delle più consistenti nell'ambito della spesa sanitaria rientrante nel fabbisogno nazionale standard. A tal fine, è stato introdotto un tetto per la spesa farmaceutica convenzionata e anche per la spesa diretta.

Negli ultimi anni, il tetto della spesa farmaceutica per acquisti diretti è stato modificato nella misura dell’ 8,5% a decorrere dall'anno 2024 (secondo quanto previsto dall'articolo 1, comma 223, della L. 30 dicembre 2023, n. 213[51]), fermi i valori percentuali del tetto per acquisti diretti di gas medicinali pari allo 0,2%. Conseguentemente il tetto della spesa farmaceutica convenzionata è stato rideterminato nel valore del 6,8 per cento a decorrere dal medesimo anno 2024, restando fermi i valori percentuali del tetto per acquisti diretti di gas medicinali pari allo 0,2%. Conseguentemente il valore complessivo della spesa farmaceutica è rideterminato nel 15,30% dal 2024.

Con riguardo al meccanismo del payback farmaceutico, introdotto dal D.L. n. 159/2007[52], si ricorda innanzitutto che tale meccanismo collega la vigenza del tetto nazionale per l’erogazione dell’assistenza farmaceutica territoriale a carico del SSN, ad un procedimento di ripiano a carico delle aziende farmaceutiche, che deve essere attivato in caso di superamento del tetto stesso. A decorrere dell’anno 2013, con il D.L. n. 95/2012[53], tale meccanismo non è più limitato alla spesa farmaceutica convenzionata ma è esteso altresì agli acquisti diretti (per un approfondimento si veda il paragrafo “Farmaci e dispositivi medici” del tema “Tutela della salute”).

 

Infine, il potenziamento del ruolo delle farmacie territoriali si inserisce in un quadro di generale rafforzamento di tali presidi sanitari di prossimità. Invero, con la legge n. 69 del 18 giugno 2009[54] e il successivo il D. Lgs. n. 153/2009[55] attuativo della delega è stato introdotto in Italia il modello della “Farmacia dei servizi”, che ha formalizzato e rafforzato un nuovo ruolo della farmacia, intesa non solo come luogo specifico e privilegiato di erogazione dei farmaci, ma anche come centro socio-sanitario polifunzionale di prestazioni al servizio della comunità dei cittadini.

Al fine di rafforzare ulterioremente il ruolo delle farmacie dei servizi, è stato poi avviata una sperimentazione per la remunerazione delle prestazioni e delle funzioni assistenziali previste dall'articolo 1 del decreto legislativo n. 153 del 2009, con la legge 27 dicembre 2017, n. 205[56]. La sperimentazione, in origine prevista per il triennio 2018-2020 e in relazione solamente a 9 regioni, è stata da ultimo prorogata dall’articolo 1, comma 328, della legge 30 dicembre 2024, n. 207[57], anche per il 2025 e per tutte le regioni a statuto ordinario.

Nuovi criteri di riparto delle risorse per la copertura dei fabbisogni standard nel settore sanitario

Il Documento evidenzia che sono in corso valutazioni circa la rivisitazione dei criteri di riparto delle risorse per la copertura dei fabbisogni standard nel settore sanitario, anche al fine di rendere coerenti gli indicatori utilizzati con quanto previsto nel Nuovo Sistema di Garanzia (NSG), con l’evoluzione intervenuta nei sistemi di monitoraggio dell’assistenza sanitaria garantita dalle regioni e dalle province autonome e con i percorsi di sviluppo dei singoli servizi sanitari regionali.

 

Si ricorda che per quel che attiene al meccanismo di riparto, secondo le disposizioni del decreto legislativo n. 68 del 2011[58], il costo del settore sanitario, che impegna gran parte dei bilanci regionali, deve essere determinato secondo i fabbisogni standard delle regioni.

I fabbisogni standard definiscono i criteri di ripartizione del Fondo sanitario nazionale, in base al livello di finanziamento della spesa sanitaria fissata periodicamente in specifici accordi tra Stato ed enti territoriali, detti Patti per la salute. L’ammontare di risorse necessarie per assicurare i livelli essenziali di assistenza (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017)[59] in condizione di efficienza e appropriatezza, viene definito come “livello di fabbisogno sanitario standard”.

Con l’Intesa in Conferenza Stato-regioni del 21 dicembre 2022 è stato raggiunto l’accordo su un nuovo meccanismo di riparto dei finanziamenti per la sanità tra le regioni, recepito con il decreto del Ministro della Salute del 30 dicembre 2022[60]. In particolare, dal 2023, al criterio capitario, parzialmente pesato per tenere conto dell’influenza dell’età sui consumi sanitari, sono stati affiancati altri parametri, ovvero la mortalità e alcuni indicatori delle condizioni socioeconomiche.

Più in dettaglio, il nuovo meccanismo tiene conto, tra i nuovi criteri di riparto, del tasso di mortalità della popolazione al di sotto dei 75 anni e degli indicatori relativi a particolari situazioni territoriali quali l’incidenza della povertà relativa individuale, il livello di bassa scolarizzazione e il tasso di disoccupazione, aggregati in un unico indice composito di deprivazione attribuendo a ognuno di essi lo stesso valore.

Tale meccanismo risulta semplificato rispetto al precedente, in quanto l’articolo 2 del decreto del Ministro della salute del 30 dicembre 2022 prevede che la ripartizione del fabbisogno sanitario nazionale standard, ai fini della definizione dei fabbisogni sanitari regionali standard, avvenga applicando i seguenti criteri di riparto:

·         il 98,5 per cento delle risorse da ripartire tra le regioni è distribuito sulla base della popolazione residente e della frequenza dei consumi sanitari per età, applicando il procedimento dettato dai commi da 5 a 11 dell’articolo 27 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68;

·         lo 0,75 per cento delle risorse da ripartire tra le regioni è distribuito in base al tasso di mortalità della popolazione (< 75 anni);

·          lo 0,75 per cento delle risorse da ripartire tra le regioni è distribuito in base al dato complessivo risultante dagli indicatori utilizzati per definire particolari situazioni territoriali che impattano sui bisogni sanitari.

Infine, in base al comma 384 dell'articolo 1 della legge di bilancio per l'anno 2025 (L. n. 207 del 2024), a decorrere dall'anno 2025, in sede di riparto tra le regioni del finanziamento della spesa sanitaria corrente, si tiene conto delle caratteristiche territoriali e delle dimensioni delle regioni con popolazione inferiore a 500.000 abitanti, riservando, in favore delle medesime regioni, una quota annuale non inferiore a 20 milioni di euro (per ulteriori approfondimenti si veda il paragrafo “Il livello di finanziamento del Sistema Sanitario Nazionale” del tema sull’Organizzazione SSN).

 

Rete di protezione e inclusione sociale e misure a contrasto della povertà

Il Documento programmatico di finanza pubblica riporta gli interventi più importanti adottati dal Governo per rafforzare il sistema e le risorse per la protezione, l’inclusione sociale e il contrasto della povertà.

La principale misura richiamata è il nuovo Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali per il triennio 2024-2026. Tale piano, adottato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze (D.M. 2 aprile 2025), contiene le indicazioni programmatiche per gli interventi e i servizi sociali finanziati dai Fondi nazionali, da articolare attraverso la programmazione regionale sulla base del confronto con le autonomie locali. In particolare, esso contiene il Piano sociale nazionale e il Piano per gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà, che costituiscono gli atti di programmazione e di riparto, per il triennio interessato, delle risorse afferenti, rispettivamente, al Fondo nazionale per le politiche sociali (FNPS) e al Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale (Fondo povertà).

In particolare, il Piano sociale nazionale individua lo sviluppo degli interventi e dei servizi necessari per la progressiva definizione dei LEPS da garantire su tutto il territorio nazionale, mentre il Piano povertà individua lo sviluppo degli interventi e dei servizi necessari per l'attuazione dell'Assegno di inclusione come livello essenziale delle prestazioni sociali, estesi a nuclei familiari in analoghe condizioni di bisogno, e definisce le priorità per l'utilizzo delle risorse dedicate agli interventi e servizi in favore di persone in condizione di povertà estrema e senza dimora.

Invero, tra le misure di contrasto alla povertà richiamate nel Piano vi sono:

·      L’Assegno di inclusione, istituito con il D.L. 48/2023 e ulteriormente potenziato con il DL 92/2025 (articolo 10-ter, ai commi 1 e 2), che prevede un contributo per contrasto alla povertà, alla fragilità e all'esclusione sociale delle fasce deboli attraverso percorsi di inserimento sociale, nonché di formazione, di lavoro e di politica attiva del lavoro.

·       il potenziamento dei centri servizi;

·      il sostegno abitativo con i programmi Housing First e Housing Led;

·      la garanzia della residenza anagrafica per i senzatetto;

·      l supporto per i neomaggiorenni che lasciano i percorsi di tutela (i c.d. Care Leavers).

Infine, tra le ulteriori azioni intraprese per contrastare la povertà, il Documento evidenzia:

       l’adozione del Fondo nazionale reddito energetico, istituito con D.M. 8 agosto 2023. Il fondo, gestito dal GSE e con risorse finanziarie pari a circa 203 milioni di euro per il biennio 2024-2025, ha come finalità la realizzazione di impianti fotovoltaici a servizio di immobili residenziali nella titolarità di famiglie in condizioni di disagio economico.

·      lo stanziamento di circa 5 milioni all'anno per il periodo 2025-2027 a favore degli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS), con l’articolo 5, commi 1 e 2, del D.L. n. 95/2025[61].

·      il finanziamento di 10 milioni per il 2025 al sostegno delle organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale e le fondazioni del terzo settore, con l’articolo 5, commi 5 e 6, del predetto D.L. n. 95/2025.

Transizione Verde, sicurezza energetica e protezione ambientale

L’attuazione del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima e del PNRR

Il Documento segnala gli ultimi sviluppi relativi alle misure volte al raggiungimento degli obiettivi per l’energia e il clima del PNIEC e del PNRR.

 

PNIEC

Per quanto riguarda la produzione di energia da fonti rinnovabili, il DPFP riporta:

·      l’aggiornamento del DM 30 dicembre 2024, cd. FER-X Transitorio, ad opera del DM 4 agosto 2025 del MASE. Il decreto prevede una nuova procedura competitiva dedicata agli impianti fotovoltaici, dando una prima attuazione ai principi del Net Zero Industry Act (regolamento (UE) 2024/1735); inoltre, il MASE ha aggiornato le regole operative del decreto FER-X Transitorio, con decreto direttoriale n. 36 del 3 settembre 2025. Per un approfondimento sulla disciplina in materia di regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili, di cui al cd. TU FER (d.lgs. n. 190/2024) si rimanda al dossier del Servizio Studi della Camera. L’11 settembre 2025 il Consiglio dei ministri ha approvato, in esame preliminare, uno schema di correttivo al TU FER;

·      la pubblicazione da parte del GSE, in data 21 maggio 2025, della Piattaforma delle aree idonee e della Mappa delle zone di accelerazione. Tali strumenti digitali, costituiscono un supporto per regioni e province autonome nella predisposizione dei rispettivi piani di accelerazione, in attuazione delle previsioni della direttiva RED II. Per un approfondimento, si rimanda tema dell’attività parlamentare curato dal Servizio Studi della Camera sulle aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili.

 

Per quanto attiene all’efficientamento energetico degli edifici, sono stati adottati:

·        il decreto 21 luglio 2025 del MASE, che aggiorna il meccanismo dei cd. Certificati Bianchi per il periodo 2025-2030, fissando obiettivi nazionali di risparmio energetico coerenti con il PNIEC;

·        il decreto 7 agosto 2025 del MASE che disciplina il Conto Termico 3.0, per l’incentivazione di interventi di piccole dimensioni per l’incremento dell’efficienza energetica e per la produzione di energia termica da fonti rinnovabili; il nuovo meccanismo amplia la platea dei beneficiari (includendo gli enti del terzo settore), gli interventi e le spese ammissibili, aggiorna massimali e applica il beneficio anche a edifici privati non residenziali.

 

Per quanto riguarda le tecnologie di Carbon Capture Storage (CCS), idrogeno ed emissioni di metano, il DPFP evidenzia l’avvio del percorso legislativo per disciplinare tali settori, considerati strategici per la decarbonizzazione. Si sottolinea che è in corso l’iter di approvazione dello schema di legge delega in materia.

 

Viene menzionata altresì la stesura della proposta del Piano Sociale per il Clima che, allo stato, prevede, compreso il cofinanziamento nazionale, risorse pari a 9,3 miliardi. Si ricorda che a maggio 2025 il MASE ha dato avvio alla terza e ultima fase della consultazione pubblica per la definizione del documento finale.

 

Per quanto riguarda le misure di supporto alle imprese energivore il documento riporta l’avanzamento dei lavori per la modifica del meccanismo Energy Release, che prevede l’anticipo dell’energia a prezzi calmierati per i comparti energy intensive. Il decreto ministeriale sul cd. Energy Release 2.0, annunciato dal MASE il 29 luglio 2025, prevederebbe una procedura competitiva per selezionare i soggetti incaricati di realizzare nuova capacità di generazione e clausola anti-sovraremunerazione degli investimenti.

 

PNRR

Il DPFP riporta altresì gli ultimi sviluppi relativi all’attuazione del PNRR in materia di transizione verde, sicurezza energetica e protezione ambientale.

Si dà atto del raggiungimento dei target delle seguenti Missioni:

·        Rivoluzione verde e transizione ecologica, fra cui le misure:

-                     il Fondo Contratti di Filiera per il sostegno dei contratti di filiera per i settori agroalimentare, pesca e acquacoltura, silvicoltura, floricoltura e vivaismo. La misura, che vede risorse pari a 2 miliardi di euro, di cui 1,2 derivanti dal Fondo complementare del PNRR, è costituita da un investimento pubblico in uno strumento, il Fondo Rotativo Contratti di Filiera (FCF), al fine di incentivare gli investimenti privati e di migliorare l’accesso ai finanziamenti nei settori agroalimentare, pesca e acquacoltura, silvicoltura, floricoltura e vivaismo in Italia. Lo strumento opera erogando direttamente sovvenzioni e prestiti agevolati attraverso l’ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare);

-                     la realizzazione di un sistema avanzato ed integrato di monitoraggio e previsione per il rischio idrogeologico, il ripristino e la tutela dei fondali e degli habitat marini, nonché gli investimenti in fognatura e depurazione.
In relazione al raggiungimento degli obiettivi previsti dal PNRR per tali misure si rinvia al dossier "Monitoraggio del Piano nazionale di ripresa e resilienza - I traguardi e gli obiettivi per il conseguimento dell'VIII rata" del 23 luglio scorso.

 

·        RePowerEU, al cui tema dedicato si rinvia, in relazione a:

-                     l’approvvigionamento sostenibile, circolare e sicuro delle materie prime critiche (M7 – Investimento 8), con la pubblicazione, in data 23 giugno 2025, da parte del MASE della relazione sul futuro fabbisogno di materie prime critiche e sul potenziale della progettazione ecocompatibile per ridurne la domanda: sul punto si segnala anche la recente definizione a cura di ISPRA del Programma nazionale di esplorazione mineraria (1° luglio 2025);

-                     la semplificazione delle procedure autorizzative per le energie rinnovabili, con l’entrata in vigore del già citato TU FER e con la futura approvazione di correttivi (modificativi e integrativi).

 

Vengono inoltre evidenziati:

·        il decreto 8 agosto 2025 del MASE, che ha definito i requisiti, gli importi e le modalità di accesso agli incentivi a fondo perduto per l’acquisto dei veicoli elettrici da parte dei privati e delle microimprese, rendendo disponibili circa 597 milioni di euro: per maggiori approfondimenti in merito ai contributi ecobonus per l’acquisto di veicoli elettrici, si rimanda all’apposito tema sul portale della documentazione.

Nel Piano d'azione industriale per il settore automobilistico europeo (v. dossier RUE) presentato il 5 marzo 2025, la Commissione europea ha comunicato che entro il 2026 adotterà una raccomandazione sugli incentivi fiscali e non fiscali relativi all’acquisto di veicoli elettrici per promuovere un approccio più coordinato tra gli Stati membri.

·        l’adozione, annunciata dal MASE il 16 maggio 2025, di un decreto ministeriale che introduce modifiche alle modalità attuative alla disciplina per l’incentivazione delle comunità energetiche e delle configurazioni di autoconsumo collettivo: per un approfondimento si rimanda al tema dell’attività parlamentare a cura del Servizio Studi della Camera;

·        l’adozione da parte del MASE del decreto interministeriale del 20 giugno 2025, cd. decreto PPA, attuativo della riforma riguardante la mitigazione del rischio finanziario associato ai contratti a lungo termine per la compravendita di energia da fonti rinnovabili (Power Purchase Agreement – PPA): per un approfondimento si rimanda al tema dell’attività parlamentare curato dal Servizio Studi della Camera sul mercato elettrico nell’UE;

Nel Piano d’azione per un’energia a prezzi accessibili, presentato il  26 febbraio 2025, la Commissione europea ha annunciato l’intenzione di promuovere la sottoscrizione di PPA (Power purchase agreement) al fine di dissociare le bollette dell'energia elettrica dalla volatilità dei prezzi.

In particolare, la Commissione intende ridurre gli ostacoli che impediscono, specie alle industrie ad alta intensità energetica, di concludere contratti di fornitura di energia elettrica a lungo termine sostenendo i regimi nazionali e introducendo strumenti di riduzione dei rischi.

A tal fine ha varato, insieme alla Banca europea per gli investimenti (BEI), un programma pilota (importo indicativo: 500 milioni di euro) per supportare le aziende di medie e grandi dimensioni nella sottoscrizione di garanzie sui contratti di acquisto di energia elettrica con i fornitori di energia rinnovabile.

·        l’apertura di nuovo sportello, tramite il decreto direttoriale 18 luglio 2025 del MIMIT, per l’accesso alle agevolazioni a valere sul Fondo per il sostegno alla transizione industriale – di cui al decreto interministeriale 21 ottobre 2022 – per un valore complessivo di circa 134 milioni, per sostenere l’adeguamento del sistema produttivo italiano alle politiche dell’UE sulla lotta ai cambiamenti climatici.

Il 4 giugno 2025 la Commissione europea ha adottato la strategia europea sulla resilienza idrica volta a ripristinare e proteggere il ciclo dell’acqua, garantire a tutti acqua pulita e a prezzi accessibili e creare un’economia idrica sostenibile, resiliente, intelligente e competitiva, tra l’altro, tramite:

- l’attuazione efficace del quadro dell’UE già esistente in materia di acque dolci, compresa la direttiva quadro sulle acque e la direttiva sulla gestione dei rischi di alluvione, anche attraverso un dialogo strutturato con gli Stati membri e scambi regolari con le regioni, le città e gli enti responsabili;

- una migliore gestione sostenibile delle risorse: a tal fine la Commissione europea il 4 giugno 2025 ha pubblicato anche una raccomandazione sull’efficienza idrica;

- finanziamenti adeguati e investimenti pubblici e privati: tra l’altro, la Commissione europea sosterrà gli Stati membri e le regioni nel riorientare i fondi della politica di coesione a favore della resilienza idrica.

 

Il Piano Mattei e il potenziamento delle infrastrutture energetiche

Il Documento rileva che, per quanto concerne l’attuazione del Piano Mattei per l’Africa, l’anno in corso ha rappresentato un periodo di consolidamento dell’operatività dei diversi strumenti ma anche di ulteriore espansione.

 

Il Piano Mattei

Con Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 ottobre 2024 è stato adottato il documento strategico “Piano Mattei”, finalizzato a rafforzare la collaborazione tra l'Italia e gli Stati del Continente africano secondo la "formula" del fondatore di ENI Enrico Mattei, che punta a coniugare l'esigenza italiana di rendere sostenibile la propria crescita con quella di coinvolgere le Nazioni africane in un processo di sviluppo e progresso.

Per favorire l’integrazione, l’efficienza e la competitività dei mercati energetici dell’UE e contribuire a una maggiore diversificazione e sicurezza degli approvvigionamenti europei, il Piano Mattei si focalizza in particolare su sei direttrici strategiche: i) energia (che costituisce la parte più rilevante); ii) infrastrutture; iii) sanità; iv) risorse idriche; v) agricoltura; vi) formazione e istruzione.

Dal punto di vista operativo, per la definizione e l’attuazione del Piano è stata istituita una Cabina di regia presieduta dal Presidente del Consiglio, dal Ministro degli Affari esteri, da tutti i Ministri coinvolti nei progetti e dai dirigenti delle aziende pubbliche e delle istituzioni che collaborano ai progetti.

Per quanto concerne lo stato di attuazione del Piano Mattei, si segnala che il 9 luglio 2025 il Governo ha trasmesso alle Camere la Seconda relazione sullo stato di attuazione del Piano Mattei, aggiornata al 30 giugno 2025 (Doc. CCXXXIII, n. 2).

La Relazione sottolinea che le linee d'azione del Governo nell'attuazione del Piano si sono ispirate a tre obiettivi prioritari:

·         estendere l'ambito di azione del Piano, con l'ampliamento a cinque nuovi Paesi (Angola, Ghana, Mauritania, Senegal e Tanzania), che si aggiungono ai Paesi già coinvolti (quattro del quadrante nord africano -Egitto, Tunisia, Marocco e Algeria - e cinque del quadrante subsahariano - Kenya, Etiopia, Mozambico, Repubblica del Congo e Costa d'Avorio), arrivando al numero complessivo di quattordici;

·         sviluppare i partenariati e le sinergie internazionali, in particolare con il progetto dell'Unione europea sul "Global Gateway";

·         affrontare la questione del debito dei Paesi africani.

Inoltre, la Relazione dedica ampio spazio agli strumenti finanziari e alla cooperazione con le istituzioni finanziarie internazionali.

 

Tra le iniziative internazionali sono citate:

·         per quanto riguarda la Banca Mondiale: accordo per consultazione reciproca  sui programmi da cofinanziare in Africa, con l'attivazione di una task force di collegamento con l'ufficio di Roma della banca;  aumento del contributo italiano al rifinanziamento dell'International Development Association (IDA), lo strumento di Banca Mondiale per i Paesi più poveri; "numerose iniziative", tra cui quella per il Corridoio di Lobito, in collaborazione con International Finance Corporation, ramo della Banca mondiale per i progetti con privati;

·         per quanto riguarda la Banca Africana di sviluppo; attivazione di un canale multilaterale dedicato (Mattei Plan – Rome Process Financial Facility) per progetti sia nell'ambito del Piano Mattei che del c.d. "Processo di Roma" (avviato nel luglio 2023 per il contrasto della cause profonde delle migrazioni irregolari); il fondo dispone attualmente  di circa 140 milioni euro di contributi italiani (Fondo per il clima, MASE e MAECI) e di 25 milioni di dollari versati  dagli Emirati Arabi Uniti (lo strumento prevede che la Banca Africana di Sviluppo  contribuisca  ai progetti in misura uguale ai fondi impiegati  dai Paesi che vi partecipano).

 

Per quanto riguarda le banche di sviluppo europee, la relazione ricorda il sostegno dell'Italia all'estensione dell'operatività della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, ad alcuni Paesi dell'Africa sub-sahariana; il sostegno ai finanziamenti in Africa e il co-finanziamento di un progetto sulla connessione digitale da parte della Banca europea per gli investimenti.

 

Tra i nuovi strumenti finanziari interni la Relazione indica:

·         per quanto riguarda Cassa Depositi e Prestiti, il c.d. Plafond Africa, con 500 milioni per aziende italiane presenti stabilmente in Africa (lo strumento era citato anche nella relazione del 2024) e il programma TERRA (Transforming and Empowering Resilient and Responsible Agribusiness), in collaborazione con la Commissione europea;

·         per SIMEST la "Misura Africa", con una dotazione di 200 milioni per investimenti per la formazione del personale (50 milioni già impegnati per 90 progetti di aziende italiane in Africa);

·         per SACE, con 2 miliardi a garanzia di investimenti di oltre 200 imprese italiane in diversi settori di intervento del Piano Mattei.

 

La relazione dà conto della definizione della governance per la gestione delle risorse del Fondo italiano per il clima che sono destinate all'attuazione dei progetti del Piano Mattei. Con due DPCM (del 30 luglio e del 30 ottobre 2024), la valutazione di questi progetti è stata affidata a un Comitato tecnico composto di rappresentanti della Presidenza del Consiglio e dei ministri interessati (MAECI, MASE e MEF).

Per quanto riguarda il processo di internazionalizzazione del Piano Mattei, la Relazione si concentra in particolare sulla cooperazione con il Global Gateway, piano dell'Unione europea per il rafforzamento delle infrastrutture digitali e dell'agricoltura sostenibile. Il coordinamento tra le due iniziative è stato sancito nel vertice dello scorso 20 giugno, co-presieduto dalla presidente Meloni e dalla presidente della Commissione europea. La collaborazione riguarda il Corridoio di Lobito (arteria ferroviaria destinata al trasporto dei minerali critici dal nord dello Zambia alle coste angolane, passando per la Repubblica Democratica del Congo), ma anche progetti in materia di infrastrutture digitali ed energetiche. Nell'ambito di questa collaborazione, l'Italia sta poi portando avanti un'iniziativa per sostenere la filiera del caffè.

Sempre in tema di internazionalizzazione, la Relazione ricorda anche le dieci intese per progetti di comune interesse firmate con Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti.

In ambito G7 viene infine  citata l'iniziativa Adaptation Accelerator Hub, in collaborazione con UNDP, per finanziare misure di adattamento al cambiamento climatico (e di cui l'Etiopia sarà il primo beneficiario).

 

Per approfondimenti sullo stato di avanzamento delle singole iniziative si rinvia al dossier.

 

 

Il Fondo Italiano per il Clima si è affermato quale strumento centrale per la cooperazione internazionale e lo sviluppo sostenibile, in sinergia con altri partner internazionali e strumenti finanziari, contribuendo a rafforzare l’internazionalizzazione e la dimensione operativa del Piano Mattei. In particolare, il DFP ricorda che nel 2025 sono stati approvati interventi a supporto del Piano Mattei per oltre 485 milioni, destinati a progetti in ambiti prioritari quali infrastrutture, energia ed agricoltura.

 

In merito alla collaborazione con la Banca Africana di Sviluppo, il Documento evidenzia la piena operatività del canale finanziario multilaterale (Mattei Plan - Rome Process Financial Facility – vedi box sopra), sostenuto da una dotazione di 100 milioni e da un contributo degli Emirati Arabi Uniti pari a 25 milioni.  I primi progetti finanziabili nel 2025 riguardano infrastrutture, trasporti e gestione delle risorse idriche.

 

Con riferimento alla collaborazione con la Banca mondiale, il DFP segnala la firma da parte del Governo italiano dell’accordo quadro di co-finanziamento che ha portato a diverse iniziative, tra cui Accelerating Sustainable and Clean Energy Access Transformation (ASCENT) in Mozambico. Essa prevede un finanziamento sovrano fino a 100 milioni, destinato alla produzione e distribuzione di energia e al rafforzamento delle relative capacità istituzionali.

Con riferimento in particolare al settore dell’energia e della transizione verde, il Documento segnala che nell’ambito del Technical Support Instrument - ‘A Roadmap to Connect Africa to Europe for Clean Energy Production’, sono stati avviati i lavori e proseguono le attività programmate nella roadmap, con un focus preliminare sulla Tunisia. In questo quadro rileva inoltre la realizzazione del progetto ELMED di interconnessione elettrica tra Italia e Tunisia, il cui avvio è previsto entro l’anno, con completamento delle attività entro il 2028.

Inoltre, il DFP evidenzia progressi in relazione all’iniziativa Resilient and Inclusive Supply Chain Enhancement (RISE). In particolare, secondo il Documento una piattaforma locale di investimenti dovrebbe essere lanciata a breve in Zambia, dove una country roadmap relativa al settore estrattivo del rame è stata adottata e pubblicata a maggio 2025, per poi essere estesa su base regionale all’Africa sudorientale.

Nel quadro delle sinergie con l’Unione europea, nell’ambito del Vertice ‘The Mattei Plan for Africa and the Global Gateway’, tenutosi a Roma nel mese di giugno, si è concretizzato l’impegno di Commissione europea, Cassa depositi e prestiti, Banca africana di sviluppo, Africa Finance Corporation e altri partner internazionali per la realizzazione del corridoio di Lobito (vedi box sopra). Tale infrastruttura risulta strategica per l’integrazione regionale e il collegamento efficace ai mercati globali dei paesi interessati (Angola, Repubblica democratica del Congo, Zambia) per la valorizzazione delle rispettive risorse.

Infine, in seguito all’accordo quadro di garanzia tra Cassa depositi e prestiti e la Commissione europea, il DFP segnala l’operatività del programma Transforming and Empowering Resilient and Responsible Agribusiness (TERRA - vedi box sopra), che mira a promuovere la transizione sostenibile della catena del valore agricola nel continente africano e a contribuire alla sicurezza alimentare e alla creazione di opportunità economiche locali.

 

Protezione dell’ambiente

In relazione all'azione per la protezione ambientale, il documento in esame evidenzia che:

• "è stato conseguito l'obiettivo del PNRR che a giugno 2025 prevedeva la realizzazione di 22 interventi su larga scala per il ripristino e la tutela dei fondali e degli habitat marini e dei sistemi di osservazione delle coste";

Nel focus relativo all'implementazione del PNRR (contenuto all'interno del par. III.3.3 del documento in esame) viene altresì ricordato che nell'ambito della succitata missione, l'investimento 1.1 'Realizzazione nuovi impianti di gestione rifiuti e ammodernamento di impianti esistenti' è volto a "ridurre l'obsolescenza degli attuali sistemi di gestione dei rifiuti attraverso il miglioramento e la meccanizzazione della rete di raccolta differenziata e la creazione di strutture di trattamento più efficienti, anche al fine di ridurre il numero di procedure di infrazione europee e le disparità regionali nella gestione dei rifiuti" e che tra gli obiettivi di tale investimento vi è la riduzione delle differenze regionali nei tassi di raccolta differenziata. nonché gli investimenti in fognatura e depurazione.
In relazione al raggiungimento degli obiettivi previsti dal PNRR si rinvia, per approfondimenti, al dossier "Monitoraggio del Piano nazionale di ripresa e resilienza - I traguardi e gli obiettivi per il conseguimento dell'VIII rata" del 23 luglio scorso.

• "sono stati approvati il Rapporto sullo stato del capitale naturale in Italia, essenziale ai fini dell'attuazione e del monitoraggio della Strategia Nazionale per la Biodiversità, e il Piano di Azione Nazionale per il Miglioramento della Qualità dell'Aria (PANQUA) per accelerare la risoluzione del complesso contenzioso aperto con la Commissione europea in materia di inquinamento atmosferico, e alla cui attuazione sono state destinate risorse per circa 2,4 miliardi da investire principalmente nei settori dell'agricoltura, trasporti e mobilità sostenibile, riscaldamento civile e comunicazione ed informazione";

Il PANQUA, previsto e disciplinato dall'art. 14, commi 4 e ss., del D.L. 131/2024 (c.d. decreto-legge salva infrazioni), è stato approvato con la delibera del Consiglio dei ministri 20 giugno 2025, pubblicata sulla G.U. del 2 agosto 2025.

Procedure d’infrazione aperte nei confronti dell’Italia in materia di qualità dell’aria

Il Piano di Azione Nazionale per il Miglioramento della Qualità dell’Aria è stato approvato per accelerare la risoluzione del contenzioso aperto con la Commissione europea in materia di inquinamento atmosferico.

La direttiva 2008/50/CE, relativa alla qualità dell'aria, è infatti oggetto di tre procedure d’infrazione nei confronti dell’Italia, per quanto attiene il livello dei tre inquinanti PM10, PM2,5 e biossido di azoto.

Nell’ambito della prima procedura (2014/2147), il 13 marzo 2024 la Commissione europea ha inviato una lettera di costituzione in mora ex art. 260 TFUE all'Italia  per la persistente mancata esecuzione della sentenza della Corte di giustizia dell'UE del 10 novembre 2020 (causa C-644/18). Con tale sentenza l’Italia è stata dichiarata inadempiente rispetto agli obblighi discendenti dalla normativa UE in quanto dal 2008 ha superato, in maniera sistematica e continuata, nelle zone interessate, i valori limite giornaliero e annuale applicabili alle concentrazioni di particelle PM10. Inoltre, secondo la sentenza, l’Italia non ha adottato misure appropriate per garantire il rispetto dei valori limite fissati per le particelle PM10 nell’insieme delle zone interessate. Le Regioni coinvolte in questa sentenza sono: Campania, Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana, Umbria, Veneto.

Nell’ambito della seconda procedura (2015/2043) la Commissione ha presentato ricorso alla Corte europea di giustizia (causa C-573/19) per il superamento sistematico e continuato dei valori limite del biossido di azoto e per non aver adottato misure appropriate per garantirne il rispetto dei medesimi valori. Le regioni coinvolte sono Lazio, Liguria, Lombardia, Piemonte, Sicilia, Toscana.

Nel 2020 la Commissione ha dato avvio all’ultima procedura di infrazione (2020/2299) relativamente al PM2,5 contestando che, sin dal 2015, il valore limite per il PM2,5 non è stato rispettato in diverse città della valle del Po, tra cui Venezia, Padova e alcune zone nei pressi di Milano. Inoltre, le misure previste dall’Italia, secondo i rilievi della Commissione, non sono sufficienti a mantenere il periodo di superamento il più breve possibile

• "a contrasto degli illeciti associati alle attività di gestione dei rifiuti, sono state introdotte misure urgenti volte ad ampliare le fattispecie dei reati ambientali e inasprire le sanzioni, soprattutto per gli abusi relativi ai rifiuti pericolosi e alle discariche abusive e per i rifiuti gettati dai veicoli, promuovendo al contempo modelli organizzativi più efficaci per la prevenzione dei rischi. Sono stati altresì stanziati fondi e previste misure specifiche per la bonifica della terra dei fuochi". 

Le misure in questione sono contenute nel D.L. 116/2025, la cui legge di conversione è stata approvata definitivamente dalle Camere lo scorso 1° ottobre (A.C. 2623).

 

Strategie e strumenti per la mobilizzazione di capitale pubblico e privato per la transizione energetica ed ecologica

Il documento dà conto del fatto che nel corso del 2025 sono stati emessi titoli sovrani green (BTP Green) per quasi 13,3 miliardi e che lo stock totale di tali titoli è pari a 60,056 miliardi.

Come risulta dal Rapporto di allocazione e impatto 2025 pubblicato dal Ministero dell’economia e delle finanze il 25 giugno 2025 (al quale si rinvia per approfondimenti), e secondo quanto richiamato nel documento in relazione BTP Green emessi nel 2024 la composizione delle spese coperte vede una prevalenza degli interventi destinati al settore dei trasporti e all’efficientamento energetico degli edifici. Le spese finanziate, secondo quanto riportato a pag. 27 del citato Rapporto di Allocazione) sono così distribuite: alle regioni del Nord è assegnato il 46.3 per cento delle risorse (in particolare alle regioni del Nord-Ovest è assegnato il 29,7 per cento delle risorse e alle regioni del Nord-Est il 16,6 per cento); alle regioni del Mezzogiorno è destinato il 20,5 per cento delle risorse mentre a quelle del Centro il 18,7 per cento. Il 14,4 per cento delle risorse è destinato a interventi multi-area sul territorio nazionale e una quota residuale di spesa, pari a circa lo 0,1 per cento delle risorse allocate, risulta destinata all’estero per accordi e convenzioni internazionali per la tutela dell’ambiente, per la prevenzione e il contrasto all’inquinamento Gli interventi ambientalmente ammissibili finanziati hanno prodotto impatti significativi, sia sulla riduzione di emissioni climalteranti (pari a circa 37.000 kton di CO2 evitata), sia da un punto di vista socio-economico, generando circa 17 miliardi, corrispondenti allo 0,8 per cento del PIL italiano del 2024 e ricadute sulla domanda di lavoratori necessari a soddisfare detto incremento di produzione sono quantificabili in oltre 262.000 unità di lavoro.

Il documento riferisce, infine, che tutte le risorse provenienti dalle emissioni 2024 dei BTP Green sono state destinate a settori potenzialmente ecosostenibili, in linea con gli obiettivi della Tassonomia UE (Regolamento (UE) 2020/852), il sistema di classificazione delle attività economiche che possono essere considerate ambientalmente sostenibili.

 

Il 4 luglio 2024 la Commissione europea ha adottato un regolamento delegato che modifica i regolamenti delegati adottati ai sensi del regolamento sulla tassonomia, introducendo misure di semplificazione volte, tra le altre cose, ad esentare le società finanziarie e non finanziarie dal valutare l'ammissibilità alla tassonomia per le attività economiche che non sono finanziariamente rilevanti per la loro attività e a semplificare i modelli di comunicazione della tassonomia.

Il regolamento delegato entrerà in vigore una volta pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. Le misure di semplificazione da esso stabilite si applicheranno a decorrere dal 1° gennaio 2026 e copriranno l'esercizio finanziario 2025. Tuttavia, le imprese hanno la possibilità di applicare le misure a partire dall'esercizio finanziario 2026 se lo ritengono più conveniente.

 

Strategia per la transizione digitale

 

Preliminarmente, si ricorda che nelle raccomandazioni rivolte all’Italia il Consiglio dell’Unione europea ha suggerito di sostenere la competitività e l’innovazione anche attraverso l’accelerazione dell’attuazione del PNRR, con particolare riguardo ai progetti infrastrutturali fondamentali.

A tale proposito, il documento in rassegna riporta i seguenti avanzamenti, aggiornati al 31 agosto 2025, dei progetti infrastrutturali per la messa in opera di reti ultraveloci banda ultra-larga e 5G, finanziati attraverso fondi PNRR:

·         Piano Italia 5G –  volto a garantire la fornitura della diffusione di reti mobili 5G nelle aree a fallimento di mercato, c.d. aree bianche. In particolare, tra gli tra gli obiettivi Piano da conseguire entro giugno 2026, rientra l’abilitazione della copertura 5G per:

o     almeno 12.600 km aggiuntivi di strade e corridoi extra-urbani – obiettivo raggiunto all’85 per cento;

o    almeno 1.400 km2 aggiuntivi di zone abitate a fallimento di mercato abilitati alla copertura 5G, di cui almeno 500 km² dotati di copertura 5G – obiettivo raggiunto all’82 per cento, con oltre il 70 per cento di copertura nei 500 km2 previsti.

·        Piano Italia a 1 Giga –per fornire connettività ad almeno 1 Gbit/s in download e 200 Mbit/s in upload a 3,4 milioni di numeri civici situati in aree a fallimento di mercato – copertura raggiunta per il 64 per cento dei civici.

·        Piano Scuola Connessa – per garantire a tutti gli edifici scolastici pubblici del Paese una connettività ad almeno 1 Gbit/s – attivati il 73 per cento dei servizi, corrispondenti a 6.617 sedi scolastiche rispetto alle 9.000 previste.

·        Piano sanità Connessa – prevede la connessione di almeno 8.700 strutture del servizio sanitario pubblico, con velocità simmetriche di almeno 1 Gbps e fino a 10 Gbps – l’80 per cento degli edifici è stato connesso.

·        Isole minori connesse – per fornire la connettività a banda ultra-larga a minimo 18 isole minori. Il documento evidenzia che sono state collegate 21 isole minori, pertanto l’obiettivo PNRR risulta conseguito e superato.

 

Per ulteriori approfondimenti in merito ai seguenti piani, si rimanda all'apposita sezione  del Portale di Documentazione della Camera dei deputati, mentre per ulteriori dettagli sugli obiettivi di connettività digitale in Italia, e la recente normativa in materia, si rimanda all’apposito tema nel Portale di Documentazione della Camera dei deputati.

 

Nell’ambito del programma strategico per il decennio digitale 2030, la Commissione europea ha presentato, lo scorso 16 giugno, la terza relazione annuale sullo stato del decennio digitale in cui individua alcuni problemi strutturali per l’UE, tra cui la scarsa implementazione di infrastrutture di connettività, come la fibra ottica e le reti 5G stand-alone, e la necessità di prevedere maggiori investimenti, sia pubblici che privati, nonché un migliore accesso al capitale di rischio per le aziende dell'UE. La relazione contiene una sezione specifica sull’Italia.

 

Digitalizzazione della pubblica amministrazione

Il documento provvede a dare conto dei progressi nell’attuazione degli investimenti del PNRR e delle iniziative del Digital Decade anche per quel che concerne il conseguimento degli obiettivi di digitalizzazione della pubblica amministrazione.

Relativamente ai servizi pubblici, si tratta:

§  della migrazione verso una infrastruttura cloud nazionale pubblico-privata, il Polo Strategico Nazionale (PSN), o verso un cloud commerciale disponibile sul mercato (cloud public) al fine di garantire che i sistemi, le serie di dati e le applicazioni della PA siano ospitati in data center affidabili, con elevati standard di qualità per la sicurezza, le prestazioni, la scalabilità, l'interoperabilità europea e l'efficienza energetica secondo il principio del Cloud First; l’investimento è destinato a circa 200 amministrazioni centrali (PAC) e a 80 autorità sanitarie locali (ASL); al 31 agosto 2025, risultano 308 Enti aderenti agli Avvisi (104 PAC e 204 ASL) di cui, 88 Enti hanno completato la migrazione (45 PAC e 33 ASL), 35 Enti sono stati asseverati positivamente (34 PAC e 1 ASL);

§  della migrazione di dati e di applicazioni delle PA verso un'infrastruttura cloud sicura e certificata; al 31 agosto 2025, risultano circa 13.400 candidature di cui oltre 8.700 asseverate positivamente (ovvero il 70 per cento rispetto al target PNRR);

§  della transizione di circa 2.145 Comuni italiani verso l’Archivio nazionale informatizzato dei registri dello stato civile (ANSC), ovvero la piattaforma unica e centralizzata, accessibile a tutti i comuni, che permette di gestire digitalmente le operazioni relative all’iscrizione, trascrizione, annotazione, conservazione e comunicazione degli atti nei registri dello stato civile e che attualmente conta oltre 81.000 atti già registrati;

§  del raggiungimento dell’obiettivo intermedio del PNRR di oltre 3000 interfacce per programmi applicativi (Application Programming Interface - API) per l’interoperabilità delle pubbliche amministrazioni tramite la Piattaforma Digitale Nazionale Dati (istituita dall’art. 50-ter del CAD)  al fine di garantire la piena interoperabilità e la condivisione di informazione tra le PA secondo il principio dell’once only (“una volta per tutte”), evitando al cittadino di dover fornire più volte la stessa informazione a diverse amministrazioni;

§  del superamento degli obiettivi del PNRR (8 per cento al di sopra del target finale PNRR di dicembre 2025) concernenti lo stream identità digitale: relativamente agli e-ID, 18.472 pubbliche amministrazioni hanno attivato SPID e 17.167 pubbliche amministrazioni hanno attivato la Carta di identità elettronica con 45,8 milioni di identità digitali univoche e valide;

§  dei progressi nei seguenti investimenti: la Citizen Experience (Investimento 1.4.1 - Esperienza dei cittadini - Miglioramento della qualità e dell'utilizzabilità dei servizi pubblici digitali) con oltre 11.000 progetti asseverati volti a migliorare l'esperienza dei servizi pubblici digitali, definendo modelli di erogazione dei servizi riutilizzabili che garantiscano requisiti di accessibilità completi, pari all’88 per cento realizzato rispetto al target PNRR; l’Accessibility Improvement, (Investimento 1.4.2 - Inclusione dei cittadini: miglioramento dell'accessibilità dei servizi pubblici digitali) il cui target PNRR è stato raggiunto e superato; la Piattaforma Notifiche (Investimento 1.4.5 - Digitalizzazione degli avvisi pubblici) (v. decreto-legge 77/2021, art. 38, che semplifica alcuni aspetti della notifica digitale degli atti della PA) con oltre 5.800 comuni che hanno integrato almeno un servizio di notifica sulla Piattaforma SEND ovvero l’infrastruttura che abilita il servizio di notificazione degli atti, provvedimenti e comunicazioni a valore legale della Pubblica Amministrazione (legge 160/2019 e art. 26 del decreto-legge 76/2020 raggiungendo l’89 per cento del target PNRR.

 

Il documento evidenzia, altresì, progressi nell’attuazione della Strategia Nazionale per le Competenze Digitali rivolta ai cittadini al fine, tra l’altro, di superare il digital divide attraverso le due seguenti misure:

-     l'istituzione del Servizio Civile Digitale che prevede il reclutamento di giovani per aiutare gli utenti ad acquisire competenze digitali di base e nel cui ambito sono stati completati interventi di facilitazione e educazione digitale sul territorio per una quota rilevante rispetto all’obiettivo fissato a fine 2025;

-     la creazione di Centri di facilitazione digitale, ovvero punti di accesso fisico (presso biblioteche, scuole, centri sociali), che offrono ai cittadini servizi di facilitazione digitale e formazione per l'acquisizione di competenze digitali e che ad agosto 2025 hanno visto il coinvolgimento di oltre 1,7 milioni di cittadini.

 

Nel documento si segnala, poi, che è stato conseguito l’obiettivo previsto per giugno 2025 per la misura ‘Transizione 4.0’ (relativa alla concessione di almeno 111.700 crediti d'imposta alle imprese sulla base delle dichiarazioni dei redditi presentate nel periodo 2021-2023 Transizione 4.0).

Il rafforzamento della capacità di difesa comune

Per contribuire al rafforzamento della capacità di difesa europea e al consolidamento del pilastro europeo della NATO, il DPFP evidenzia il ruolo attivo dell’Italia nell’aumento degli investimenti nel settore della difesa, nella maggiore integrazione industriale e nel sostegno a programmi congiunti di ricerca e sviluppo.

Si ricorda che le istituzioni europee hanno già assunto iniziative significative sul tema della costruzione di una difesa comune: l’istituzione per la prima volta di un Commissario europeo per la Difesa, la creazione in seno al Parlamento europeo di una Commissione Sicurezza e Difesa (SEDE), l’adozione di documenti strategici come la Bussola strategica (2022) e il Libro bianco sulla difesa e la prontezza europea (2024). In quest’ultimo è sottolineata la necessità di rafforzare in modo coordinato le capacità militari degli Stati membri, di ridurre la dipendenza dall’estero in ambito industriale e tecnologico, di garantire interoperabilità ed efficacia delle forze armate degli Stati membri.

Il DPFP rileva la complementarietà tra queste azioni, che rientrano nell’ambito della Bussola Strategica europea (il piano adottato dall’UE, che definisce obiettivi concreti da raggiungere entro il 2030 per rafforzare la sicurezza e la difesa comune, migliorando la capacità di risposta alle crisi, la resilienza dell’Unione e la cooperazione tra gli Stati membri) e gli obiettivi NATO.

Al riguardo, si ricorda che, nel corso del Vertice della NATO tenutosi all’Aja a giugno 2025, i Capi di Stato e di Governo dell’Alleanza hanno approvato, in risposta alle crescenti tensioni nell’area euro-atlantica, un nuovo impegno ad aumentare le spese per la difesa, che prevede di raggiungere entro il 2035 l’obiettivo del 5 % di spesa in rapporto al PIL, suddiviso in:

·        3,5% per finanziare le capacità core della Difesa, di cui almeno il 20 per cento destinato agli investimenti;

·        1,5% per attività relative alla sicurezza, tra cui, a titolo di esempio, la protezione delle infrastrutture critiche, la preparazione e difesa civile, l’innovazione e il rafforzamento della base industriale.

 

Per la Dichiarazione del Vertice dell’Aia, si rinvia alla relativo comunicato della NATO.

 

Secondo il report NATO (rilasciato il 28 agosto 2025), il rapporto tra spese militari e PIL in Italia nel 2025 è pari al 2,01% del PIL.

Nel 2024 tale rapporto si attestava all'1,5%.

 

Spese per la difesa in percentuale del PIL in Italia, annualità 2014-2025 (basati sui prezzi al 2021)

 

*Nota: Dati 2024 e 2025 stimati.

**Fonte: elaborazione Servizio Studi - Dipartimento Difesa su dati tratti dal database pubblicato sul rapporto NATO Defence Expenditure of NATO Countries (2014-2025) - 28 agosto 2025

 

In relazione all'obiettivo della quota 2% del Pil in spesa per la difesa, secondo le prime stime NATO, riferite al 2025, tutti i 31 Paesi hanno raggiunto tale soglia , in netto incremento rispetto ai diciotto dello scorso anno.

Il report NATO specifica, tuttavia, che per gli Alleati che hanno leggi nazionali o accordi politici che prevedono una spesa annua pari al 2% del PIL o più per la difesa, ma che non hanno dichiarato cifre per il 2025, si è ipotizzato che abbiano speso il 2% del PIL per la difesa.

 

Spese per la difesa in percentuale al PIL (basato su prezzi e tassi di cambio 2021)

*Nota: Dati 2025 stimati

**Fonte :  Defence Expenditure of NATO Countries (2014-2025)  - 28 agosto 2025

 

Oltre alla Polonia, che spende in difesa il 4,48% del proprio PIL, anche la Lituania è sopra il 4%. Seguono Lettonia, Estonia, Norvegia, Stati Uniti e Danimarca con una quota compresa tra il 3% e il 4%. Dal grafico riportato nel report NATO, tutti i Paesi hanno comunque raggiunto l'obiettivo del 2% di spesa militare.

 

Il report NATO contiene anche la tabella relativa al personale militare. Da questa tabella emerge come l'Italia abbia ridotto leggermente il numero complessivo di personale militare, passando dalle 183.500 unità nel 2014 alle 171.200 unità nel 2025. Di rilievo appare la dinamica della Polonia, che a partire dal 2020 ha incrementato notevolmente il proprio personale militare complessivo, passando dalle 116.000 unità alle 233.800 unità nel 2025. I restanti Paesi indicati nel grafico seguente mantengono una relativa stabilità numerica con la Francia a 204.700 unità (dato 2024), la Germania a 186.400 unità, il Regno Unito a 138.100 unità (dato 2024) e la Spagna a 118.200 unità.

 

Personale militare dei principali Paesi europei (in migliaia)

*Nota: Dati 2024 e 2025 stimati.

**Fonte: elaborazione Servizio Studi - Dipartimento Difesa su dati tratti dal database pubblicato sul rapporto NATO  Defence Expenditure of NATO Countries (2014-2025) - 28 agosto 2025

 

Il DPFP segnala che – anche in linea i nuovi obiettivi NATO – il Governo ha espresso l’interesse a fare ricorso ai prestiti del fondo europeo Security Action For Europe (SAFE), dedicato al rafforzamento dell’industria europea della difesa (Regolamento UE 2025/1106 del Consiglio che istituisce lo strumento di azione per la sicurezza dell'Europa – SAFE -mediante il rafforzamento dell'industria europea della difesa), e che disporrà di una allocazione complessiva massima di 150 miliardi.

Il documento programmatico di finanza pubblica evidenzia inoltre che il Governo è attualmente impegnato nella stesura del Piano di investimento nella difesa europea, in base al quale la Commissione deciderà sull’allocazione dei prestiti richiesti (stimati provvisoriamente pari a 14,9 miliardi per quanto riguarda l’Italia).

 

L’attuazione del regolamento SAFE

Al 29 luglio scorso la Commissione europea ha ricevuto richieste di finanziamento nell’ambito del nuovo strumento SAFE da 19 Stati membri (Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Grecia, Italia, Spagna, Francia, Croazia, Cipro, Lettonia, Lituania, Ungheria, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia, Finlandia).

Il 9 settembre la Commissione europea ha quindi definito provvisoriamente la dotazione disponibile per ogni Stato membro, assegnando all’Italia 14,9 miliardi di euro.

Fonte: Commissione europea

Immagine che contiene testo, schermata

Il contenuto generato dall'IA potrebbe non essere corretto.Allocazione provvisoria delle risorse SAFE

*Fonte: Commissione europea

 

Per approfondimenti relativi allo strumento SAFE, si rinvia alla relativa pagina del Consiglio dell’Unione europea.

 

Sul piano strettamente operativo, il Documento prevede un incremento degli interventi nelle operazioni fuori dai confini nazionali, anche in cornici più ampie rispetto a quella bilaterale, da sostenere con opportuni rifinanziamenti del Fondo missioni internazionali e del Fondo per le forze ad alta ed altissima prontezza operativa, al fine di assicurare il rispetto degli impegni assunti dall'Italia connessi con il mantenimento della pace e della sicurezza internazionali e garantire l’approntamento e l'impiego degli assetti per una più rapida risposta al verificarsi di crisi o situazioni di emergenza.

 

Per quanto concerne gli aspetti finanziari, relativamente al Fondo missioni internazionali si segnala che nello stato di previsione del Ministero dell’Economia e delle Finanze, sul capitolo 3006 programma 5.8 (Fondo per le missioni internazionali di cui all’ articolo 4, comma 1 della legge n. 145 del 2016) sono appostati fondi: per il 2025 pari a 1.465. milioni di euro, per il 2026 e per il 2027 pari a 1.570 milioni di euro.

 

Per quanto concerne il Fondo per le forze ad alta ed altissima prontezza operativa, si segnala che, nel stato di previsione 2025-2027 del Ministero della difesa, il capitolo 1420 presenta stanziamenti per 156 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio di riferimento.

Si segnala inoltre che, con l’approvazione della risoluzione relativamente alla deliberazione del Consiglio dei ministri del 19 febbraio 2025 - presentata al Parlamento - che prevede la partecipazione dell'Italia ad una nuova missione internazionale (Doc. XXV n. 3) e la prosecuzione delle missioni in corso e delle iniziative di cooperazione allo sviluppo per il sostegno ai  ?processi di pace e di stabilizzazione (Doc. XXVI n. 3), è stata autorizzata la costituzione di un contingente di forze ad alta e altissima prontezza operativa, da impiegare, con una procedura accelerata, al verificarsi di crisi o situazioni di emergenza (scheda 15bis/2025 della delibera missioni internazionali 2025).

 

La sopraccitata scheda precisa che gli scopi principali delle forze in prontezza sono:

- reagire rapidamente a crisi e minacce, in qualsiasi punto del territorio alleato o in zone di crisi al di fuori del territorio NATO;

- dimostrare la solidarietà e la determinazione dell'Alleanza: la rapidità di reazione e la forza dell'ARF sono un chiaro segnale agli avversari potenziali che un attacco a un membro della NATO avrà come conseguenza una risposta immediata e coordinata da parte di tutti gli alleati;

- sostenere le operazioni di mantenimento della pace e di gestione delle crisi: l'ARF (ovvero le Forze di reazione alleate della Nato – Allied Reaction Forces) può essere utilizzata anche per fornire assistenza umanitaria, evacuare civili e stabilizzare situazioni di crisi.

Le forze in esame sono costituite da un contingente massimo di 2.867 unità, con 359 mezzi terrestri, 4 mezzi navali e 15 mezzi aerei.

L’impegno finanziario della missione, con esigibilità 2026, in caso di effettivo impiego delle forze, è fissato in poco meno di 30 milioni di euro (Euro 29.973.204).

 

Per approfondimenti relativi alle missioni internazionali, si rinvia al relativo tema e al dossier.

 


Parte IV – Appendice

 


5. Elenco dei disegni di legge collegati

 

Il Documento programmatico di finanza pubblica 2025 presenta il seguente elenco di disegni di legge collegati alla prossima manovra di bilancio (sono indicati tra parentesi i disegni di legge già presentati):

 

§  Revisione del Testo Unico degli Enti locali;

§  Interventi in materia di disciplina pensionistica;

§  Misure a sostegno delle politiche per il lavoro e delle politiche sociali; 

§  Interventi a favore delle politiche di contrasto alla povertà;  

§  Misure per il sostegno alle famiglie numerose;  

§  Delega al Governo per l’adozione di misure in materia di riorganizzazione dell’assistenza territoriale e revisione del modello organizzativo del Servizio Sanitario Nazionale;

§  Delega al Governo in materia di riordino delle professioni sanitarie e disposizioni relative alla responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie (testo approvato dal Consiglio dei ministri del 4 settembre 2025);

§  Delega al Governo in materia di riordino degli enti vigilati dal Ministero della salute;  

§  Misure per il rilancio degli investimenti strategici, per la realizzazione delle infrastrutture di preminente interesse nazionale e di altri interventi strategici in materia di lavori pubblici nonché per il potenziamento del sistema di trasporto e della logistica nella prospettiva di bilancio strutturale;

§  Valorizzazione della risorsa mare (A.S. 1624); 

§  Misure di sostegno alla filiera dell'editoria libraria;

§  Revisione delle circoscrizioni giudiziarie;

§  Disposizioni in materia di giovani e servizio civile universale e deleghe al Governo per il riordino della materia; 

§  Disposizioni in materia di sviluppo della carriera dirigenziale e della valutazione della performance del personale dirigenziale e non dirigenziale delle pubbliche amministrazioni (A.C. 2511); 

§  Delega per la revisione della gestione dei diritti audiovisivi, connessi agli eventi e ai contenuti, e per lo sviluppo delle infrastrutture in ambito sportivo;

§  Semplificazione e digitalizzazione dei procedimenti in materia di attività economiche e di servizi a favore dei cittadini e delle imprese (A.S. 1184);

§  Disposizioni per la revisione dei servizi per i cittadini e le imprese all'estero (A.C. 2369);

§  Misure di consolidamento e sviluppo del settore agricolo;

§  Disposizioni in materia di riforma del settore ippico;

§  Disposizioni sanzionatorie a tutela dei prodotti alimentari italiani (A.S. 1519);

§  Disposizioni in materia di semplificazione ed efficientamento del sistema nazionale di istruzione;

§  Disposizioni in materia di valorizzazione del patrimonio edilizio scolastico;

§  Delega al Governo per la riforma delle amministrazioni straordinarie e per la riforma della vigilanza sugli enti cooperativi e mutualistici (A.C. 2577);

§  Delega a introdurre un quadro legislativo di riferimento per la filiera carbon capture and storage (CCS), nonché disciplina dello sviluppo dell'idrogeno, dell’assetto regolatorio del settore e delle relative infrastrutture di rete, e del sistema di governo per l’adempimento agli obblighi di riduzione delle emissioni di metano nel settore dell’energia;

§  Misure per la semplificazione normativa e il miglioramento della qualità della normazione e deleghe al Governo per la semplificazione, il riordino e il riassetto in determinate materie (A.C. 2393 - A.S. 1192);

§  Delega al Governo per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (A.S. 1623);

§  Disposizioni per l’attuazione del Patto dell’Unione europea sulla migrazione e l’asilo del 14 maggio 2024;

§  Revisione delle modalità di accesso, di valutazione e di reclutamento del personale ricercatore e docente universitario (A.S. 1518).

§  Disposizioni per il rafforzamento e l’adeguamento della capacità di difesa nazionale e delega al Governo per il rinnovamento, l’ammodernamento e l’adeguamento dello strumento militare;

§  Delega al Governo per la riforma e il riordino della legislazione farmaceutica in materia di accesso al farmaco, monitoraggio e controllo della spesa farmaceutica, prestazione di servizi sanitari sul territorio da parte delle farmacie, rafforzamento della rete assistenziale farmaceutica;

§  Interventi per la semplificazione e la competitività dei settori dell’agricoltura, della pesca e delle foreste;

§  Delega al Governo per la riforma della disciplina dell'Ordinamento della professione di dottore commercialista e di esperto contabile;

§  Nuove disposizioni in materia di magistratura onoraria;

§  Disposizioni di interesse del Ministero della giustizia per l’attuazione del Patto dell’Unione europea sulla migrazione e l’asilo del 14 maggio 2024;

§  Stabilizzazione del personale assunto dal Ministero della giustizia nell'ambito dell'attuazione del PNRR;

§  Sperimentazione, sviluppo, adozione e applicazione di sistemi e modelli di intelligenza artificiale applicati alla giustizia;

§  Disegni di legge di approvazione delle intese di cui all’articolo 2 della legge 26 giugno 2024, n. 86;

§  Delega al Governo per la riforma dell'Ordinamento forense (A.C. 2629).


Parte V – Allegato

 


6. Indicatori di Benessere Equo e Sostenibile 2025

 

Nelle more della revisione della disciplina nazionale in materia di contabilità e finanza pubblica, sono stati approvati degli atti di indirizzo volti a impegnare il Governo a trasmettere il Documento programmatico di finanza pubblica 2025, specificandone i contenuti.

 

Al Documento programmatico di finanza pubblica 2025 è allegato - in attuazione degli impegni previsti nei citati atti di indirizzo - il rapporto sugli indicatori di benessere equo e sostenibile (BES) con l’aggiornamento dell'andamento nell'ultimo triennio degli indicatori e la previsione per il periodo 2025-2028. In precedenza, il rapporto BES era presentato in allegato al DEF (art. 10, comma 10-bis, della legge n. 196 del 2009 ad aprile di ogni anno.

Si ricorda che entro il 15 febbraio di ciascun anno il Ministero dell'economia e delle finanze presenta inoltre una Relazione annuale al Parlamento con la stima degli effetti dell'ultima manovra economica sull'andamento degli indicatori BES (art. 10, comma 10-ter, della legge n. 196 del 2009).

 

L’allegato, basandosi sui più recenti dati forniti dall’ISTAT, aggiorna al 2024 l’andamento dei 12 indicatori BES, individuati con decreto del MEF 16 ottobre 2017 dal Comitato a tale scopo istituito, e le relative previsioni per il periodo 2025-2028 (per i nove indicatori per i quali è stato possibile effettuare tali valutazioni) rispetto a quanto riportato nell’ultima Relazione annuale sull’andamento degli indicatori BES di marzo 2025 la quale aveva dato conto degli effetti delle misure contenute nella legge n. 207 del 2024 (legge di bilancio per il 2025).

 

Nell’allegato si evidenzia come le previsioni tengano conto esclusivamente degli effetti macroeconomici delle misure comprese nel quadro macroeconomico e di finanza pubblica, rinviando alla prossima Relazione annuale la quantificazione puntuale degli effetti prodotti.


 

Indicatori BES – Variazione dal 2023 al 2024

(In verde le variazioni che indicano un miglioramento, in rosso un peggioramento)

Fonte dei dati: Allegato BES al DPFP 2025. Eventuali differenze sono dovute ad arrotondamenti.

Indicatore

Valore 2023

Variazione 2023-2024

Valore 2024

 

Reddito disponibile lordo corretto pro capite (€)

27.288

+3%

28.109

Disuguaglianza del reddito netto (rapporto S80/S20)

5,5

+0,2

5,7*

Indice di povertà assoluta (individuale)

9,7%

n.d.

n.d.

Indice di povertà assoluta (familiare)

8,4%

-

8,4%*

Speranza di vita in buona salute alla nascita (anni)

59,1

-1

58,1

Eccesso di peso

44,6%

+0,5%

45,1%

Uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione

10,5%

-0,7%

9,8%

Tasso di mancata partecipazione al lavoro

14,8%

-1,5%

13,3%

Occupazione Relativa delle Madri – ORM

73%

+2,4%

75,4%

Indice di criminalità predatoria (n. vittime per 1000 abitanti)

14,6

-

14,6*

Indice di efficienza della giustizia civile (giorni)

460

-14

446

Disposition time (giorni)

325

+17

342

Emissioni di CO2 e altri gas clima alteranti (tonn.eq. pro capite)

6,8*

-0,1

6,7*

Consumo di suolo

+0,30%

+0,07%

+0,37%

* Dato provvisorio da stima ISTAT.

 

Indicatori BES – Variazione dal 2024 al 2028

(In verde le variazioni che indicano un miglioramento, in rosso un peggioramento)

Fonte dei dati: Allegato BES al DPFP 2025. Eventuali differenze sono dovute ad arrotondamenti.

Indicatore

Valore 2024

Variazione cumulata prevista al 2028 (termine del periodo previsionale)

Valore 2028

 

Reddito disponibile lordo corretto pro capite (€)

28.109

+11,5%

31.345

Disuguaglianza del reddito netto (rapporto S80/S20)

5,7*

-

5,7

Indice di povertà assoluta (individuale)

n.d.

n.d.

n.d.

Indice di povertà assoluta (familiare)

8,4%*

-

8,4%

Speranza di vita in buona salute alla nascita (anni)

58,1

+0,1

58,2

Eccesso di peso

45,1%

-0,8%

44,4%

Uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione

9,8%

-0,1%

9,7%

Tasso di mancata partecipazione al lavoro

13,3%

-0,9%

11,4%

Occupazione Relativa delle Madri – ORM

75,4%

n.d.

n.d.

Indice di criminalità predatoria (n. vittime per 1000 abitanti)

14,6*

n.d.

n.d.

Indice di efficienza della giustizia civile (giorni)

446

n.d.

n.d.

Disposition time (giorni)

342

+28

370

Emissioni di CO2 e altri gas clima alteranti (tonn.eq. pro capite)

6,7*

-0,4

6,3

Consumo di suolo

+0,37%

n.d.

n.d.

* Dato provvisorio da stima ISTAT.

 

 

Si riporta a seguire una breve descrizione dei dodici indicatori BES considerati con i risultati esposti dall’Allegato. Per quanto concerne le previsioni è evidenziato come siano state effettuate in termini prudenziali.

 

Il reddito disponibile lordo corretto pro capite nominale tiene conto del reddito (monetario e in natura) effettivamente a disposizione delle famiglie. Nel 2024 si è registrata una variazione annuale rilevante (+3 % a/a), cui ha contribuito in particolar modo l'aumento dei redditi nominali (+3 %) e l’aumento dei trasferimenti in natura (in kind), forniti dalle Amministrazioni Pubbliche (AP) e dalle Istituzioni Sociali Private senza scopo di lucro (ISP). Nel quadriennio di previsione il RDLC pro capite nominale prosegue su un sentiero di crescita, più marcata nel 2025, arrivando a segnare un +11,5% a fine periodo rispetto al 2024.

È altresì indicato come il medesimo indicatore in termini di reddito reale, considerando quindi anche la dinamica dei prezzi, registra un incremento del 5,2% nel 2025 e del 8,0 %, in termini cumulati, nel triennio successivo.

 

La disuguaglianza del reddito netto (S80/S20) considera la distribuzione del reddito misurando le disparità esistenti all'interno della popolazione come rapporto fra l’ammontare del reddito disponibile equivalente del quinto di popolazione con il reddito più alto e quello del quinto con il reddito più basso.

Il dato definitivo per il 2023 si attesta a 5,5 punti (+0,2 punti rispetto al 2022) e anche la stima aggiornata per il 2024, fornita dall'ISTAT, prospetta un lieve peggioramento dell'indicatore (+0,2 punti) che lo riporterebbe ai valori del 2019. L’andamento previsionale è stimato stabile nel periodo considerato.

 

L'indice di povertà assoluta affianca alle prime due misure basate sui redditi, una misura basata sui consumi, che risulta particolarmente importante per definire politiche di contrasto all'esclusione sociale. Per il 2023 l’indicatore si confermerebbe stabile rispetto al 2022 (8,5 % dei nuclei familiari residenti, +0,2% a/a; 9,8 % della popolazione residente, +0,1% a/a), anno nel quale l'aumento del livello generale dei prezzi, e in particolare dei prezzi dei beni caratterizzati da una maggiore volatilità, aveva spinto l'indicatore a raggiungere il valore più elevato dal 2014. Le proiezioni nel periodo 2024-2028, confermerebbero una stabilità della povertà assoluta familiare, con alcuni strumenti come l’Assegno di inclusione e il Supporto per la formazione e il lavoro che permetterebbero soprattutto con riferimento al 2024 di contrastare un’ulteriore crescita, laddove per il 2025 la conferma per l’anno in corso di alcune misure previste dalla legge di bilancio 2024 non impatterebbe significativamente sull’indicatore.

 

La speranza di vita in buona salute alla nascita prosegue nella dinamica discendente partita nel 2020, mostrando per il 2024 una contrazione di 1,0 anni rispetto alla rilevazione precedente, attestandosi a 58,1 anni. Per quanto concerne le proiezioni si stima una variazione cumulata al 2028 pari a 0,1 anni attribuibile agli individui maschi, laddove per le femmine il valore dell’indicatore dovrebbe mantenersi immutato, stante a indicare una sostanziale stabilità nel periodo.

 

L'eccesso di peso standardizzato rileva un incremento per il 2024 raggiungendo come valore il 45,1 % della popolazione standardizzata. Per il periodo 2025-2028 si prefigura un progressivo miglioramento dell'indicatore rispetto al 2024, con una variazione negativa cumulata di -0,8 punti percentuali, dovuto alla stabilità delle varianti non economiche e alle variazioni positive previste per il reddito disponibile (parametro inversamente proporzionale all’eccesso di peso).

 

L'uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione continua a registrare una tendenza positiva: nel 2024 si è posizionato al 9,8 %, con una riduzione cumulata di 4,4 punti percentuali rispetto al picco rilevato nel 2020. Si rileva una riduzione del differenziale di genere che scende da 5,5 punti percentuali del 2023 a 5,1 punti percentuali nel 2024 (con un tasso maggiore di uscita riferito al genere maschile). Con riferimento alle previsioni 2025-2028 si prevede una sostanziale conferma dei valori raggiunti, con un lieve miglioramento cumulato nel periodo (-0,1 punti percentuali). È evidenziato inoltre che il valore raggiunto dall’indicatore, previsto stabile al 2026, permette il raggiungimento del target PNRR fissato al 10,2%.

 

Il tasso di mancata partecipazione al lavoro restituisce una misura più ampia e comprensiva del tasso di disoccupazione, in quanto considera nel suo calcolo anche gli inattivi disponibili, con riferimento alla popolazione tra 15 e 74 anni. Nel 2024 è proseguito il trend particolarmente positivo già registrato nel biennio 2022-2023, raggiungendo il 13,3 %, con una riduzione di 1,5 punti percentuali (la variazione cumulata dal 2021 è pari a -6,1 punti percentuali). Tale risultato è stato determinato sia dall’aumento degli occupati e che dalla diminuzione degli inattivi disponibili.

Le previsioni per il quadriennio 2025-2028 indicano la prosecuzione di una dinamica positiva per il mercato del lavoro; con una riduzione dello 0,2% del tasso di disoccupazione e dello 0,9% del tasso di mancata partecipazione al lavoro.

Per quanto concerne il gap di genere il dato al 2024 è pari al 4,6% e si rileva una contrazione rispetto al 2023 (-1,1%), mentre a livello previsionale si stima al 2028 un ulteriore miglioramento fino a raggiungere il livello del 3,7%.

 

Il rapporto tra il tasso di occupazione delle donne tra i 25 e i 49 anni con almeno un figlio in età prescolare e l'occupazione delle donne senza figli (Occupazione relativa delle madri, ORM) rappresenta una misura del dominio "lavoro e conciliazione tempi di vita" che permette di analizzare in maniera trasversale la dinamica occupazionale del mercato del lavoro.

L’Allegato riporta che nel 2024 l’indicatore migliora (+2,4%), tornando ai livelli pre-Covid. L'occupazione delle donne con figli in età prescolare segna inoltre un nuovo record, con un aumento di 1,7 punti percentuali rispetto al 2023, mentre quella delle donne senza figli resta stabile (-0,1 punti percentuali).

 

L'indice di criminalità predatoria, indicatore calcolato a partire dai dati relativi ai reati predatori (numero di vittime di furti in abitazione, rapine e borseggi ogni 1000 abitanti), nel 2024 sulla base dei dati provvisori ISTAT si mantiene sui valori del 2023 (14,6%), inferiori a quelli osservati prima della pandemia. Dopo la forte contrazione osservata nel 2020 (valore dell’indicatore pari a 10,7%), si arresta la tendenza crescente osservata dal 2021 al 2023 (variazione cumulata nel periodo pari a +4,3%).

 

L'indice di efficienza della giustizia civile rappresenta la durata media effettiva in giorni dei procedimenti civili definiti nei tribunali ordinari. Dopo un progressivo peggioramento nel triennio 2021-2023 (+3,3 % nel biennio 2021-2022 e +6,2 % nel 2023), nel 2024 si registra un miglioramento con l’indicatore che scende a 446 giorni dai precedenti 460 (-3,14%). Positivo anche il dato relativo all’anzianità dei procedimenti pendenti, in calo a 634 giorni (-14%).

Viene altresì riportato l’andamento di segno opposto dell’indicatore Disposition time, misura del tempo atteso per il completo smaltimento dei procedimenti ancora pendenti a fine anno (in assenza di nuovi iscritti), che rileva per il 2024 come valore 342 giorni (17 giorni in più rispetto al 2023).

Lo scenario previsionale prevede un lieve peggioramento del Disposition time al 2028, con un aumento cumulato nel periodo pari a 28 giorni.

 

Le emissioni di CO2 e altri gas clima alteranti permettono di monitorare il benessere dei cittadini in relazione ai fattori ambientali nonché di valutare il livello di raggiungimento degli obiettivi connessi alla transizione ecologica. Nel 2023, sulla base delle stime provvisorie ISTAT, si è registrata una riduzione nelle emissioni totali (-0,3 tonnellate equivalenti pro capite). Nel livello rilevato diminuisce l’incidenza della componente industriale (-2,6%) e del riscaldamento delle famiglie (-0,4%) mentre aumenta quella dell’agricoltura (+0,5%), dei servizi (+1,7%) e dei trasporti delle famiglie (+1%). Si prevede che il percorso di riduzione delle emissioni totali prosegua anche nel periodo 2024-2028, con una variazione cumulata pari a -0,5 milioni di tonnellate equivalenti. La stima delle emissioni totali al 2028 si attesterebbe conseguentemente a 6,3 milioni di tonnellate equivalenti pro capite.

 

L'indice di consumo di suolo rappresenta la variazione percentuale annua del suolo consumato (variazione della copertura artificiale del suolo, al netto delle aree in cui è avvenuto un cambiamento da una copertura artificiale a una copertura non artificiale). Dal 2020 al 2022 l’indice ha registrato valori in crescita, con una riduzione nel 2023. La tendenza crescente è ripresa nel 2024 (+0,07 punti percentuali a/a), con valori più elevati rilevati nelle isole.

Ad oggi, dall’inizio della relativa serie storica (2016, primo anno della serie storica riportata dall'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale – ISPRA), il valore del 2024 è quello più elevato raggiunto dall’indicatore (+0,37%)

Come indicato nell’Allegato valori elevati sono stati registrati altresì con riferimento alle fasce costiere entro un chilometro dal mare, alle aree di pianura, alle città e alle zone urbane e periurbane dei principali poli e dei comuni di cintura della frangia urbana. Il valore 2024 è il più elevato della relativa serie storica che parte dal 2016, primo anno della serie storica riportata dall'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale – ISPRA.

 

 



[1]     Per maggiori informazioni si veda: OMC, trade forecasts, 8 agosto 2025.

[2]      ISTAT, Nota sull’andamento dell’economia italiana - Luglio - Agosto 2025 (10 settembre 2025). Nel secondo trimestre 2025, si stima una flessione congiunturale delle esportazioni per tutte le ripartizioni territoriali, a esclusione del Centro (+4,6%). La riduzione è più ampia per il Sud e Isole (-3,6%) e per il Nord-est (-2,4%), più contenuta per il Nord-ovest (-0,6%)

(ISTAT, Le esportazioni delle Regioni italiane - II trimestre 2025 – 17 settembre 2025). 

[3]     In particolare, i “Conti economici nazionali - Anni 2023- 2024” pubblicati dall’Istat il 22 settembre 2025.

[4]     Il DPFP precisa che il consueto arrotondamento alla prima cifra decimale non consente di evidenziare un lieve miglioramento, pari a 0,08 punti percentuali, rispetto alle previsioni. Tale miglioramento deriva da una revisione al ribasso del deficit nominale e, soprattutto, da una revisione al rialzo del PIL nominale.

[5]     Il DFP stimava il deficit per l’anno 2027 al 2,6% del PIL (-63,1 miliardi di euro).

[6]     La comparazione tra le previsioni di finanza pubblica a legislazione vigente con le ultime previsioni pubblicate dalla Commissione europea viene fornita in ottemperanza alla Direttiva (UE) 2011/85, come modificata dalla Direttiva (UE) 2024/1265.

[7]     OCSE, Economic Outlook, del 3 giugno 2025 e FMI, World Economic Outlook (WEO) database, del 14 aprile 2025.

[8]     Si tratta delle spese finanziate con i fondi strutturali dell’UE e con le sovvenzioni della Recovery and Resilience Facility (RRF). Le spese finanziate dai prestiti RRF sono invece ricomprese nell’aggregato di spesa soggetto a sorveglianza.

[9]     Nel caso in cui la dinamica effettiva dell’aggregato di spesa netta si discosti dalla crescita prevista dal sentiero di aggiustamento, l’eccedenza in più o in meno viene contabilizzata in un conto di controllo. Tale eccedenza, se positiva, (ovvero in caso di crescita della spesa netta superiore rispetto al limite massimo definito dal sentiero di aggiustamento) non deve superare le soglie previste dal braccio correttivo del nuovo Patto di stabilità, pari a 0,3 punti di PIL su base annua e0,6 su base cumulata. In caso contrario, la Commissione procederà alla predisposizione di un Rapporto ex art. 126.3 del TFUE per l’eventuale apertura di una Procedura per disavanzo eccessivo (PDE) basata sul criterio del debito.

[10]     I limiti alla crescita della spesa netta sono espressi in tassi di crescita sia annui sia cumulati. Denominando il tasso di crescita annuo della spesa netta nel 2025 con ‘tassoSN2025’ e il tasso di crescita cumulato nel 2024 con ‘tassoSNC2024’, allora il tasso di crescita cumulato nel 2025 è calcolato utilizzando la seguente formula: tassoSNC2025 = [(1+ tassoSNC2024/100)*(1+ tassoSN2025/100)-1]*100. Pertanto, il tasso di crescita cumulato nel 2025 è così calcolato: [(1-1,9/100)*(1+ 1,3/100)-1]*100. L’incongruenza tra il tasso di crescita cumulato raccomandato, pari a -0,7 per cento, e il risultato della formula è dovuta agli arrotondamenti alla prima cifra decimale dei tassi di crescita.

[11]     Tali obiettivi sono stati oggetto della Raccomandazione del Consiglio del 21 gennaio 2025, che ha approvato il Piano nazionale strutturale di bilancio di medio termine dell’Italia, pubblicata nella GU dell’UE il 10 febbraio 2025 (C/2025/651).

[12]     Nel Piano strutturale di bilancio di medio termine e nel DPB 2025 era previsto un deficit primario strutturale di circa lo 0,5% del PIL nel 2024. I saldi strutturali sono calcolati considerando le stime di crescita potenziale elaborate utilizzando la metodologia comune concordata dai Paesi membri (EUCAM) nel Potential Output Working Group del CPE. Nell’aggiornamento effettuato in questo Documento le stime considerano le previsioni del quadro macroeconomico fino al 2026 in analogia a quanto fatto dalla Commissione europea nelle Autumn Forecast 2024.

[13]     I livelli e le variazioni dei saldi strutturali tengono conto del profilo aggiornato dell’output gap, che rimarrebbe positivo lungo tutto l’orizzonte di previsione, e si collocherebbe su un livello pari a circa l’1,1% nel 2024 e allo 0,4% del PIL in media nel periodo 2025-2028, suggerendo la presenza di condizioni cicliche normali, secondo l’accezione tradizionalmente utilizzata nella matrice degli aggiustamenti di bilancio in vigore prima dell’ultima riforma del PSC. Conseguentemente, la componente ciclica del saldo di bilancio sarebbe anch’essa positiva e comporterebbe un livello dei saldi strutturali peggiore rispetto ai corrispondenti espressi in termini nominali. Rispetto a quanto presentato nel DFP di aprile, la crescita potenziale nel quadriennio 2025-2028 risulta lievemente più elevata, per effetto combinato della revisione storica per il 2023 emersa con il rilascio dei conti nazionali di settembre e della revisione al ribasso della crescita reale nello stesso orizzonte.

[14]   Di cui 650 miliardi di euro riferibili al primo pilastro e 150 miliardi di euro al secondo, in base a quanto chiarito dalla Commissione nelle Questions and answers on ReArm Europe Plan/Readiness 2030.

[15]   Il valore cumulato del 6% del PIL corrisponde all’ipotesi di attivazione della NEC da parte di uno Stato membro nel 2025, ai fini del pieno utilizzo, in tale anno, del massimo spazio fiscale disponibile, e del mantenimento della flessibilità, da parte del Paese, per gli anni successivi al 2025 (e fino al 2028). In tal caso, la flessibilità concessa per gli anni 2026-2028 avrebbe lo scopo di finanziare in deficit gli scostamenti annui rispetto al sentiero di spesa netta, nel limite annuo massimo dell’1,5% del PIL al fine di mantenere, per tali anni, il più elevato livello di spesa per la difesa raggiunto nel 2025 rispetto al livello registrato nel 2021.

[16]   Tale stima si basa sull’ipotesi che tutti gli Stati membri aumentino gradualmente e in modo costante la spesa per la difesa, raggiungendo il limite di incremento dell’1,5% del PIL entro il 2028. Tuttavia, se l’aumento delle spese per la difesa avvenisse in maniera più rapida, l’importo potrebbe essere superiore a 650 miliardi di euro.

[17]   Nella Comunicazione si afferma inoltre che le consegne successive al quadriennio (2025-2028) di vigenza della NEC, ma riferibili a contratti di spesa stipulati nel medesimo periodo, potranno comunque beneficiare della flessibilità purché si tratti di spese addizionali rispetto al livello del 2021 e nel limite, per ogni anno, dell’1,5% del PIL.

[18]   La richiesta di attivazione della clausola di salvaguardia nazionale e il relativo termine di presentazione non sono configurati come obbligatori.

[19]   Belgio, Bulgaria, Rep. Ceca, Danimarca, Germania, Estonia, Grecia, Croazia, Lettonia, Lituania, Ungheria, Polonia, Portogallo, Slovenia, Slovacchia, Finlandia.

[20]   In base al Regolamento SAFE, l’accesso ai finanziamenti è vincolato a gare d’appalto comuni, che coinvolgano uno Stato membro insieme a un altro Stato membro, ad uno Stato membro dell'Associazione europea di libero scambio facente parte dello Spazio economico europeo («Stato EFTA-SEE», ossia Islanda, Liechtenstein, Svizzera e Norvegia) o all’Ucraina. Inoltre, i Paesi in via di adesione, gli altri Paesi candidati e potenziali candidati e i Paesi terzi con cui l'Unione ha stipulato un partenariato per la sicurezza e la difesa possono essere autorizzati a partecipare agli appalti comuni conclusi con uno Stato membro. I contratti di approvvigionamento devono inoltre prevedere l'obbligo che il costo dei componenti non originari dell'Unione, degli Stati EFTA-SEE e dell'Ucraina non sia superiore al 35 % del costo stimato dei componenti del prodotto finale.

[21]   Oltre all’Italia: Belgio, Bulgaria, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Grecia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia e Spagna.

[22]   Pertanto, spese come trasferimenti in conto capitale a imprese operanti nel settore della difesa, pur non ascrivibili strettamente alla funzione COFOG-02, se finanziate con i fondi del SAFE, beneficerebbero della flessibilità della NEC.

[23]     Decisione (UE) 2024/2124 del Consiglio, del 26 luglio 2024, sull’esistenza di un disavanzo eccessivo in Italia.

[24]     Le regole del braccio correttivo del Patto di Stabilità e Crescita prevedono che i Paesi trasmettano alla Commissione delle informative sulle azioni efficaci con cadenza semestrale per consentire un monitoraggio rafforzato dei conti pubblici.

[25]     La crescita cumulata è calcolata applicando il tasso annuo dell’1,3% alla crescita cumulata dell’anno precedente, pari a -1,9%, come previsto nel Piano.

[26]     Raccomandazione del Consiglio sulle politiche economiche, sociali, occupazionali, strutturali e di bilancio dell’Italia, 1° luglio 2025.

[27]     L’iter previsto nella procedura PDE prevede che se, entro il termine stabilito, non sono state adottate misure efficaci o lo Stato membro non si conforma alla raccomandazione, il Consiglio possa imporre sanzioni, tra cui, per gli Stati membri dell'area euro, un’ammenda fino allo 0,05% del PIL dell'anno precedente.

[28]     Informativa sulle azioni efficaci intraprese dal Governo italiano (ex art. 3 c. 5 del Regolamento n. 1467/97).

[29] Il debito pubblico o debito delle Amministrazioni pubbliche è calcolato ufficialmente dalla Banca d’Italia sulla base dei criteri definiti nel Regolamento del Consiglio delle Comunità Europee n. 549 del 2013 (Sistema Europeo di Conti Nazionali e Regionali - SEC 2010). I dati sono pubblicati mensilmente nel rapporto “Finanza pubblica: fabbisogno e debito”.

[30] Il cosiddetto “effetto valanga” (snow-ball effect) o "differenziale interesse-crescita" rappresenta l’effetto combinato del costo del debito e del tasso di crescita del PIL nominale sul rapporto debito/PIL. Questa componente mostra l'impatto sul debito di fattori non direttamente controllabili dai decisori di politica di bilancio. A parità di altre condizioni, un aumento del tasso di interesse determina un peggioramento del rapporto debito/PIL attraverso una maggiore spesa per interessi e quindi un maggior disavanzo, mentre un aumento del tasso di crescita del PIL nominale determina un miglioramento del rapporto attraverso un aumento del denominatore. 

[31] Il raccordo disavanzo-debito, o "aggiustamento stock-flusso" (stock-flow adjustment) indica quella parte della variazione del rapporto debito/PIL che non si riflette nel saldo di bilancio (ad esempio, privatizzazioni, acquisizioni di quote di imprese, prestiti ad altri stati o a istituzioni finanziarie, variazioni della valutazione di debito estero causato da variazioni del tasso di cambio, poste di raccordo contabile tra dati di cassa e di competenza economica e altre operazioni di natura finanziaria che incidono sul debito). A parità di altre condizioni, un valore positivo del raccordo implica che il debito pubblico cresce più di quanto determinato dal deficit del bilancio pubblico (ovvero diminuisce di meno di quanto determinato dal surplus di bilancio). 

[32] Istat, “Conti economici nazionali”, 22 settembre 2025.

[33]  L’analisi di sensitività rappresenta una forma di stress test di tipo deterministico, cioè un esercizio di simulazione con cui si stima l’andamento della variabile di interesse (in questo caso, il rapporto debito/PIL) in scenari alternativi rispetto a quello di base (definito come baseline – in questo caso l’andamento programmatico) in cui si ipotizza il verificarsi di eventi (shock) avversi al fine di considerare l’impatto dell’incertezza macroeconomica e finanziaria sulle previsioni. L’uso dell’aggettivo deterministico deriva dal fatto che a tali eventi non è associata una probabilità di verificarsi.

[34]  Gli effetti sul PIL e sulle sue componenti sono stimati utilizzando il modello econometrico ITEM del Ministero dell’economia e delle finanze. La risposta dell’economia a questi shock modifica, sia pur marginalmente, le stime del prodotto potenziale e dell’output gap, variabili alla base delle ipotesi standard di sensitività. Le risposte sui tassi di interesse e la variazione della spesa per interessi per lo scenario ‘rischio finanziario’ sono calcolati con il modello SAPE del Dipartimento del Tesoro, che è alimentato dalla base dati dello stock dei titoli di Stato attuale e previsionale.

[35] La DSA costituisce una forma di simulazione stocastica. Nelle simulazioni stocastiche, le proiezioni del rapporto debito/PIL sono effettuate associando una determinata probabilità (da cui l’uso del termine “stocastiche”) al verificarsi di variazioni nel tasso di crescita nominale, nei tassi di interessi (a breve e lungo termine), nel saldo primario e nel tasso di cambio (per i Paesi non appartenenti all’area euro). Questo approccio consente di proiettare le possibili traiettorie del rapporto debito/PIL al manifestarsi di shock stocastici sulle relative variabili economiche, finanziarie e fiscali, e di stimare la probabilità che tale rapporto segua un percorso sostenibile.

[36]   Più nel dettaglio, si tratta di:

          un abbattimento del 90% del numero delle cause pendenti aperte tra il 1° gennaio 2017 e il 31 dicembre 2022 e ancora aperte al 31 dicembre 2022 (1.197.786) presso i tribunali;

          un abbattimento del 90% del numero delle cause pendenti aperte tra il 1° gennaio 2018 e il 31 dicembre 2022 e ancora aperte al 31 dicembre 2022 (179.306) presso le corti di appello;

          una riduzione del 40% della durata dei procedimenti civili;

          una riduzione del 25% della durata dei procedimenti penali.

[37]   Si tratta di misure che non rientrano nell’insieme delle riforme e degli investimenti che giustificano l’estensione del periodo di aggiustamento del Piano.

[38]   Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007).

[39]   Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonchè interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale (conv. con mod. dalla L. n. 248 del 2006).

[40]   Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza.

[41]   Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni dei Ministeri (conv. con mod. dalla L. n. 55 del 2021).

[42]   Nella seduta del 2 ottobre 2025 la Conferenza Unificata ha sancito l’intesa sullo schema di decreto della Ministra per la famiglia, la natalità e le pari opportunità di riparto del Fondo a favore dei 15 comuni “riservatari”, per l’anno 2025. Per la ripartizione delle risorse relative all’anno 2024, si consulti il dossier dei Servizi Studi della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

[43]   Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù.

[44]   Disposizioni urgenti per il finanziamento di attività economiche e imprese, nonché interventi di carattere sociale e in materia di infrastrutture, trasporti ed enti territoriali (conv. con mod. dalla L. n. 118 del 2025).

[45]   Istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera e), della legge 13 luglio 2025, n. 107.

[46]   Per l’illustrazione delle novità introdotte dall’articolo 6-bis del D.L. n. 95 del 2025, v. circolare INPS n. 123 del 5 settembre 2025.

[47]   Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale (conv. con mod. dalla L. n. 248 del 2006).

[48]   Lettera aggiunta dall’articolo 33, comma 1, della L. n. 203 del 2024 (Disposizioni in materia di lavoro).

[49]   Misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile, nonché per la sicurezza dei minori in ambito digitale (conv. con mod. dalla L. n. 159 del 2023).

[50]   Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici (con. con mod. dalla L. n. 326 del 2003).

[51]   Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026.

[52]   Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale

[53]   Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini 

[54]   Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile.

[55]   Individuazione di nuovi servizi erogati dalle farmacie nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, nonchè disposizioni in materia di indennità di residenza per i titolari di farmacie rurali, a norma dell'articolo 11 della legge 18 giugno 2009, n. 69.

[56]   Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020. 

[57]   Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2025 e bilancio pluriennale per il triennio 2025-2027.

[58]   Come rivisto dalla legge n. 190 del 2014.

[59]   “Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502”.

[60]   “Definizione dei nuovi criteri e dei pesi relativi per la ripartizione del fabbisogno sanitario nazionale standard”.

[61]   Disposizioni urgenti per il finanziamento di attività economiche e imprese, nonché interventi di carattere sociale e in materia di infrastrutture, trasporti ed enti territoriali.