Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Bilancio |
Titolo: | Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2023 |
Riferimenti: | DOC N.1 |
Serie: | Documentazione di Finanza Pubblica Numero: 10 |
Data: | 04/10/2023 |
Organi della Camera: | V Bilancio |
Nota di aggiornamento del Documento di economia
e finanza 2023
Doc. LVII, n. 1-bis
4 ottobre 2023
Servizio Studi - Ufficio per le ricerche nei settori economico e finanziario
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Documentazione di finanza pubblica n. 10
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DFP10.docx
INDICE
Premessa - I contenuti principali e il quadro di sintesi dei dati della Nadef 2023
PARTE I - IL QUADRO MACROECONOMICO
1. La congiuntura internazionale e l’area dell’euro
2. Lo scenario macroeconomico nazionale
2.1 Recenti andamenti dell’economia italiana
2.2 Le prospettive dell’economia italiana: lo scenario tendenziale
2.3 Il quadro macroeconomico programmatico
PARTE II - LA FINANZA PUBBLICA
1. Analisi del consuntivo e delle previsioni a legislazione vigente
• Valutazione delle entrate strutturali derivanti dai miglioramenti della compliance fiscale
2. Percorso programmatico di finanza pubblica
2.1. La relazione ex articolo 6 della L. n. 243 del 2012
2.2. I saldi di finanza pubblica
2.3. Gli aggiustamenti del saldo strutturale e la regola della spesa
3. L’evoluzione del rapporto debito/PIL
4. il debito pubblico nel quadro delle regole di bilancio dell’Unione europea
PARTE III - LE RIFORME E LE RACCOMANDAZIONI DEL CONSIGLIO UE
Raccomandazione 3 - Promuovere la sostenibilità ambientale
1. La Nota illustrativa sulle leggi pluriennali di spesa di carattere non permanente
2. Il rapporto programmatico sulle spese fiscali
L’articolo 7, comma 2, lettera b) della legge di contabilità pubblica, n. 196 del 2009 prevede, tra gli strumenti della programmazione finanziaria e di bilancio, la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, che il Governo è tenuto a presentare alle Camere entro il 27 settembre[1] di ogni anno, per le conseguenti deliberazioni parlamentari.
I contenuti della Nota di aggiornamento del DEF sono disciplinati dall’articolo 10-bis della legge di contabilità pubblica, modificato dalla legge n. 163 del 2016[2] e dal decreto legislativo n. 116 del 2018.
I contenuti della NADEF |
· eventuale aggiornamento degli obiettivi programmatici individuati dal DEF, al fine di prevedere una loro diversa articolazione tra i sottosettori del conto delle amministrazioni pubbliche (amministrazioni centrali, amministrazioni locali, enti di previdenza e assistenza sociale) ovvero di recepire le raccomandazioni eventualmente formulate dal Consiglio UE; |
· eventuale aggiornamento delle previsioni macro-economiche e di finanza pubblica per l’anno in corso e per il restante periodo di riferimento; |
· gli obiettivi, in valore assoluto, di saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato e di saldo di cassa del settore statale; |
· osservazioni ed eventuali modifiche e integrazioni al DEF conseguenti alle raccomandazioni del Consiglio dell’Unione europea relative al Programma di stabilità e al Programma nazionale di riforma (rispettivamente, I Sezione e III Sezione del DEF); |
· indicazione dei principali ambiti di intervento della manovra di finanza pubblica per il triennio successivo, con una sintetica illustrazione degli effetti finanziari attesi dalla manovra stessa in termini di entrata e di spesa, ai fini del raggiungimento degli obiettivi programmatici[3]; |
La Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2023, presentata dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e dal Ministro dell’economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti e approvata dal Consiglio dei ministri del 27 settembre 2023, aggiorna il quadro programmatico di finanza pubblica per il periodo 2024-2026 rispetto a quello contenuto nel Documento di economia e finanza dello scorso aprile (DEF 2023).
La NADEF 2023 presenta, dunque, l’analisi delle tendenze in corso e le previsioni per l’economia e la finanza pubblica italiane, sia per quanto riguarda lo scenario a legislazione vigente, sia per quanto riguarda la definizione degli obiettivi programmatici di finanza pubblica per il triennio 2024-2026 e i principali ambiti di intervento e gli effetti finanziari attesi dalla legge di bilancio 2024.
Conformemente a quanto previsto dalla normativa nazionale e da quella europea[4], il quadro macroeconomico tendenziale contenuto nella NADEF 2023 ha ricevuto la validazione dell’Ufficio parlamentare di bilancio, pubblicata il 30 settembre 2023.
Il presente dossier analizza la Nota di aggiornamento del DEF 2023, ripercorrendone, nei diversi paragrafi, la struttura e i contenuti.
Nella I parte si fornisce un quadro delle analisi formulate dalla NADEF in relazione al quadro macroeconomico. Dopo una ricostruzione dell’analisi dei più recenti dati e delle tendenze emergenti a livello internazionale, si esamina il quadro economico nazionale. A questo riguardo, il dossier analizza le tendenze recenti dell’economia e della finanza pubblica, per poi ricostruire il quadro macroeconomico tendenziale e quello programmatico per il periodo 2023-2026, come presentati dalla NADEF, con un focus sul mercato del lavoro.
Nella II parte, si analizzano i principali profili di rilievo per la finanza pubblica emergenti dai dati contenuti nella NADEF. In particolare, sono esaminati i dati di consuntivo e le previsioni tendenziali sull’indebitamento netto e sull’evoluzione del rapporto debito/PIL, per poi fornire un quadro del percorso programmatico di finanza pubblica delineato dalla Nota di aggiornamento, anche alla luce della richiesta di autorizzazione al ricorso a maggiore indebitamento annessa alla NADEF in esame. Uno specifico focus è dedicato, altresì, all’analisi del percorso di riduzione del debito alla luce delle proposte legislative di riforma della governance economica europea presentate dalla Commissione europea nel mese di aprile del 2023.
Nella III parte si dà conto delle riforme e delle Raccomandazioni specifiche (Country-specific recommendations – CSR) rivolte all’Italia dal Consiglio UE a luglio 2023 nell’ambito del semestre europeo[5] – in materia di politica di bilancio e di crescita sostenibile, di accelerazione dell’attuazione del PNRR, di REPowerEU e dei programmi della politica di coesione, nonché di promozione della sostenibilità ambientale – oltre che delle iniziative e dei principali risultati conseguiti, successivamente alla pubblicazione del DEF 2023, al fine di adempiere alle suddette raccomandazioni.
Le Appendici al dossier forniscono, infine, una sintetica analisi della Nota illustrativa delle leggi pluriennali di spesa in conto capitale a carattere non permanente, del Rapporto programmatico sulle spese fiscali e del Rapporto sui risultati conseguiti in materia di contrasto all’evasione fiscale e contributiva nell’anno 2023, entrambi documenti allegati alla NADEF in esame.
Sulla struttura del semestre europeo e del ciclo di bilancio nazionale, si rinvia alla relativa infografica, idonea a porre in evidenza la collocazione della NADEF nell’ambito della programmazione economica e finanziaria nazionale e nel semestre europeo.
Si ricorda, a tal proposito, che il 26 aprile 2023 la Commissione europea, all’esito di un’ampia e articolata discussione svoltasi a livello europeo sull’opportunità di riformare le regole economiche e di bilancio dell’Unione europea, ha presentato tre proposte legislative per riformare il quadro di regole della governance economica dell’UE. Si tratta, in particolare:
¨ della proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che sostituisce e abroga il regolamento (CE) n. 1466/1997 per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio, nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche (cd. “braccio preventivo” del Patto di stabilità e crescita);
¨ della proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1467/1997 per l’accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi (cd. “braccio correttivo” del Patto di stabilità e crescita);
¨ della proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 2011/85/UE relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri.
Per un approfondimento sui contenuti delle proposte legislative della Commissione, sulle differenze rispetto al quadro normativo esistente della governance economica europea, nonché sui profili di rilievo per la finanza pubblica, si rinvia al dossier “Le proposte legislative della Commissione europea per la riforma della governance economica dell’UE”, a cura degli Uffici rapporti con l’Unione europea di Camera e Senato, dei Servizi Studi di Camera e Senato e dell’Osservatorio sulla finanza pubblica della Camera.
L’esame parlamentare della NADEF e le successive scadenze del ciclo di bilancio
In ciascuna Camera, la NADEF è deferita alla Commissione Bilancio, per l’esame, nonché a tutte le altre Commissioni permanenti, per l’espressione del parere. |
Prima dell’inizio dell’esame del documento, le Commissioni Bilancio possono procedere, anche congiuntamente, all’acquisizione di elementi informativi sulla Nota di aggiornamento del DEF, procedendo a tal fine alla programmazione di audizioni. |
A tal riguardo, i soggetti auditi dalle Commissioni Bilancio di Camera e Senato in sede di esame della NADEF 2023 sono: |
· Corte dei conti |
· CNEL |
· Istat |
· Presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio |
· Banca d’Italia |
· Ministro dell’economia e delle finanze |
Al termine dell’esame, le Commissioni Bilancio di Camera e Senato riferiscono con apposita relazione alle rispettive Assemblee. È sempre ammessa la presentazione di relazioni di minoranza. |
Le Camere sono chiamate a esprimersi sulla Nota di aggiornamento del DEF con l’approvazione di atti di indirizzo (risoluzioni), adottati dalle rispettive Assemblee sulla base delle relazioni presentate dalle rispettive Commissioni bilancio. A fronte di più proposte di risoluzione, si vota per prima, in ciascun ramo del Parlamento, quella accettata dal Governo, alla quale ciascun deputato o senatore può proporre emendamenti. |
All’approvazione della NADEF seguiranno, successivamente, l’aggiornamento del Documento Programmatico di Bilancio (DPB), da presentare alla Commissione europea e all’Eurogruppo entro il 15 ottobre 2023 e da trasmettere alle Camere entro il medesimo termine[6], e la presentazione del disegno legge di bilancio per il 2024, il cui termine di presentazione al ramo del Parlamento che lo esaminerà in prima lettura è il 20 ottobre 2023[7]. |
La legge di contabilità e finanza pubblica prevede che la Nota di aggiornamento del DEF sia corredata da una serie di documenti. Si riporta, nella tabella di seguito, l’elenco dei documenti a corredo della NADEF 2023, accompagnato da una sintetica descrizione del loro contenuto:
Documenti a corredo della NADEF 2023 |
Che cosa contengono |
Nota illustrativa sulle leggi pluriennali di spesa di carattere non permanente[8] (art. 10-bis, comma 3) |
La Nota illustrativa allegata alla NADEF 2023 si compone di due volumi. Nel primo, si offre una visione di insieme sul fenomeno delle leggi pluriennali di spesa in conto capitale a carattere non permanente, seguita da una descrizione del processo di raccolta delle informazioni che ne hanno consentito la redazione e da un approfondimento dedicato alle autorizzazioni di spesa riconducibili ai Fondi investimento e al Fondo complementare al PNRR. Nel secondo volume, denominato “Appendice”, vengono riportati, in apposite sezioni dedicate ai singoli Ministeri, i quadri contabili di ciascuna autorizzazione di spesa pluriennale, organizzati per missione e programma, indicando distintamente le autorizzazioni che rivestono carattere di contributi pluriennali. È presente, inoltre, un paragrafo di guida alla lettura delle informazioni analitiche riportate nei singoli quadri contabili. Per ciascuna autorizzazione pluriennale di spesa, sia essa legge pluriennale o contributo pluriennale, i quadri contabili riportano: - la scadenza dell’autorizzazione; - l’onere complessivo; - eventuali autorizzazioni rifinanzianti o definanzianti; - le somme complessivamente stanziate, quelle impegnate e quelle erogate; - i residui passivi; - la programmazione finanziaria di ciascuna legge. In apposita sezione del quadro contabile è esposta la programmazione finanziaria di ciascuna legge, tenendo conto degli impegni pluriennali ad esigibilità, nonché del piano finanziario pluriennale dei pagamenti. |
Rapporto programmatico recante gli interventi in materia di spese fiscali[9] (art. 10-bis, comma 5-bis) |
Nel Rapporto sono indicati gli interventi volti a ridurre, eliminare o riformare le spese fiscali in tutto o in parte ingiustificate o superate alla luce delle mutate esigenze sociali o economiche ovvero che si sovrappongono a programmi di spesa aventi le stesse finalità, che il Governo intende attuare con la manovra di finanza pubblica. |
Rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto all’evasione fiscale e contributiva – Anno 2023[10] (art. 10-bis.1, comma 1) |
Il Rapporto distingue tra imposte accertate e riscosse nonché tra le diverse tipologie di avvio delle procedure di accertamento, e riporta i risultati del recupero di gettito fiscale e contributivo. Per la redazione del Rapporto, il Governo si avvale della «Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva» predisposta da una Commissione istituita con decreto MEF. Nel recepire i risultati di tale Relazione, il Rapporto dedica particolare attenzione alla valutazione dei risultati dell’attività di contrasto e prevenzione, sia per quanto riguarda il recupero di gettito derivante dall’attività di accertamento, sia in relazione al recupero attribuibile alla maggiore propensione alla tax compliance da parte dei contribuenti. |
Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva – Anno 2023[11] (art. 10-bis.1, comma 3) |
La Relazione riporta i dati relativi all’economia sommersa e le stime del tax gap – fiscale e contributivo – aggiornati al 2020, nonché la quantificazione delle maggiori risorse derivanti dal miglioramento dell’adempimento spontaneo. Sono illustrati, inoltre, i risultati conseguiti nell’azione di contrasto all’evasione fiscale e contributiva nell’anno 2022. Sono presentate, infine, alcune valutazioni di policy e analisi di aree di possibile intervento. La Relazione è corredata da appendici metodologiche che chiariscono le metodologie di stima dei tax gap. |
La Relazione al Parlamento annessa alla NADEF 2023
In aggiunta ai documenti appena menzionati, annessa alla NADEF 2023 vi è, infine, la Relazione al Parlamento presentata ai sensi dell’articolo 6 della legge “rinforzata” n. 243 del 2012, con cui il Governo chiede di essere autorizzato a ricorrere a un maggiore indebitamento[12]. Si tratta della seconda richiesta di autorizzazione presentata dall’inizio della XIX legislatura.
La procedura di autorizzazione al ricorso a maggiore indebitamento |
L’articolo 6 della legge n. 243 del 2012 – legge “rinforzata” adottata in attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’articolo 81, comma 6, Costituzione – prevede che gli scostamenti temporanei dal saldo strutturale dell’obiettivo programmatico sono consentiti esclusivamente in caso di eventi eccezionali. Si intendono per tali: |
a) Periodi di grave recessione economica relativi anche all’area dell’euro o all’intera Unione europea; |
b) Eventi straordinari, al di fuori del controllo dello Stato, ivi incluse le gravi crisi finanziarie nonché le gravi calamità naturali, con rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria generale del Paese. |
Il Governo, qualora, al fine di fronteggiare tali eventi, ritenga indispensabile discostarsi temporaneamente dall’obiettivo programmatico, sentita la Commissione europea, presenta alle Camere, per le conseguenti deliberazioni parlamentari, una relazione con cui aggiorna gli obiettivi programmatici di finanza pubblica e richiede l’autorizzazione allo scostamento, indicandone la misura e la durata e stabilendo le finalità alle quali destinare le risorse disponibili in conseguenza dello stesso. |
La relazione definisce, altresì, il piano di rientro verso l’obiettivo programmatico, commisurandone la durata alla gravità degli eventi eccezionali. Il piano di rientro è attuato a decorrere dall’esercizio successivo a quelli per i quali è autorizzato lo scostamento, tenendo conto dell’andamento del ciclo economico. Il piano può essere aggiornato con le medesime modalità al verificarsi di ulteriori eventi eccezionali o qualora, in relazione all’andamento del ciclo economico, il Governo intenda apportarvi modifiche. |
Ciascuna Camera autorizza lo scostamento e approva il piano di rientro con una deliberazione adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti. |
Le risorse eventualmente reperite sul mercato in conseguenza del ricorso a maggiore indebitamento possono essere utilizzate esclusivamente per le finalità indicate nella richiesta. |
Rinviando sin d’ora allo specifico paragrafo dedicato alla sua trattazione, il Governo ha presentato, annessa alla NADEF 2023, una Relazione al Parlamento ex art. 6 della legge n. 243 del 2012, con cui, sentita la Commissione europea, si chiede l’autorizzazione alla revisione degli obiettivi programmatici di indebitamento netto previsti nel DEF 2023, per un importo in termini percentuali di PIL pari a 0,8 per cento nel 2023, 0,6 per cento nel 2024 e nel 2025 e 0,4 per cento nel 2026.
I presupposti della richiesta di autorizzazione sono individuati dal Governo nei segnali di frenata mostrati dall’economia italiana a partire dalla primavera 2023, legati anche al quadro internazionale di riferimento, segnato dal calo della domanda globale, nonché all’inasprimento delle condizioni monetarie e finanziarie nell’area dell’euro. Il prolungarsi della fase di inflazione, nonché l’acuirsi, a livello geopolitico, delle tensioni internazionali – che potrebbero dar luogo a nuovi shock ai prezzi dell’energia o a restrizioni nell’offerta in settori strategici per l’economia – richiedono, ad avviso del Governo, un intervento volto a dare slancio all’economia e assicurarle un maggiore grado di resilienza.
Per effetto della richiesta di autorizzazione, il nuovo livello programmatico di indebitamento netto in rapporto al PIL è pari a:
Ø -5,3 per cento nel 2023 (rispetto a -4,5 per cento del DEF 2023);
Ø -4,3 per cento nel 2024 (rispetto a -3,7 per cento del DEF 2023);
Ø -3,6 per cento nel 2025 (rispetto a -3 per cento del DEF 2023);
Ø -2,9 per cento nel 2026 (rispetto a -2,5 per cento del DEF 2023).
La Relazione precisa che il nuovo livello programmatico di rapporto deficit/PIL è stabilito alla luce dell’andamento tendenziale di tale rapporto, pari, nella NADEF 2023, a:
Ø -5,2 per cento nel 2023;
Ø -3,6 per cento nel 2024;
Ø -3,4 per cento nel 2025;
Ø -3,1 per cento nel 2026.
Quanto al rapporto debito/PIL programmatico, la Relazione precisa che esso è pari, nel periodo di riferimento, a:
Ø 140,2 per cento nel 2023 (rispetto a 142,1 per cento del DEF 2023);
Ø 140,1 per cento nel 2024 (rispetto a 141,4 per cento del DEF 2023);
Ø 139,9 per cento nel 2025 (rispetto a 140,9 per cento del DEF 2023);
Ø 139,6 per cento nel 2026 (rispetto a 140,4 per cento del DEF 2023).
Per effetto della richiesta di autorizzazione al ricorso a maggiore indebitamento, gli spazi finanziari che si rendono disponibili, quale differenza tra gli andamenti tendenziali e programmatici aggiornati, sono pari a 3,2 miliardi nel 2023; 15,7 miliardi nel 2024 e 4,6 miliardi nel 2025. Nel 2026, invece, il saldo obiettivo implica una correzione di 3,8 miliardi di euro rispetto all’indebitamento netto tendenziale, che consente di riportare lo stesso al di sotto della soglia del 3 per cento.
Secondo quanto affermato nella Relazione, le maggiori risorse disponibili per il 2023 saranno destinate, attraverso un provvedimento d’urgenza:
· al conguaglio anticipato dell’adeguamento Istat per i trattamenti pensionistici previsto per l’anno 2024;
· a misure per il personale delle pubbliche amministrazioni
· alla gestione dei flussi migratori.
Inoltre, per consentire il perfezionamento delle regolazioni contabili del bilancio dello Stato connesse al maggior tiraggio delle agevolazioni fiscali per i bonus edilizi – già scontato nell’aggiornamento dei tendenziali di finanza pubblica – il Governo chiede, con la Relazione, l’autorizzazione a incrementare, per il solo anno 2023, il livello del saldo netto da finanziarie, di competenza e di cassa, per ulteriori 15 miliardi di euro. Il valore programmatico del saldo netto da finanziare per l’anno 2023 è corrispondentemente rideterminato, in considerazione degli effetti delle misure adottate con il menzionato futuro decreto-legge.
Per quanto riguarda, invece, le maggiori risorse disponibili per il 2024 e il 2025, queste saranno utilizzate, nell’ambito del disegno di legge di bilancio per il 2024, per le seguenti finalità:
· taglio al cuneo fiscale sul lavoro anche nel 2024;
· attuazione della prima fase della riforma fiscale, avviata con l’approvazione della legge delega 9 agosto 2023, n. 111;
· misure di sostegno alle famiglie e alla genitorialità;
· prosecuzione dei rinnovi contrattuali del pubblico impiego, con particolare riferimento al settore della sanità;
· potenziamento degli investimenti pubblici, con priorità per quelli previsti nell’ambito del PNRR;
· finanziamento delle politiche invariate.
Il percorso di convergenza verso l’obiettivo di medio termine è definito secondo il profilo indicato nella NADEF 2023.
La precedente Relazione al Parlamento annessa al DEF 2023
|
Si ricorda, a tal proposito, che nel corso della XIX legislatura il Governo aveva già presentato una prima Relazione al Parlamento ex art. 6 legge n. 243 del 2012 annessa al DEF 2023, con cui si richiedeva l’autorizzazione a ricorrere all’indebitamento, utilizzando gli spazi finanziari resisi disponibili per effetto dell’andamento tendenziale dei conti pubblici più favorevole, negli anni 2023 e 2024, rispetto agli obiettivi programmatici di indebitamento netto fissati per i medesimi anni, per i quali venivano confermati i valori già autorizzati con la NADEF 2022 (vale a dire, -4,5 per cento nel 2023 e -3,7 per cento nel 2024, a fronte di una previsione tendenziale di indebitamento netto in rapporto al PIL pari a -4,35 per cento nel 2023 e -3,5 per cento nel 2024). |
Le risorse rese disponibili per effetto dell’autorizzazione al ricorso all’indebitamento – pari a 3,4 miliardi di euro nel 2023 e 4,5 miliardi di euro nel 2024 – sarebbero state utilizzate, per quanto riguarda il 2023, a copertura di un provvedimento normativo finalizzato a sostenere il reddito disponibile e il potere di acquisto dei lavoratori dipendenti limitando, al contempo, la rincorsa salari-prezzi, attraverso un taglio dei contributi sociali a carico dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi. Tali misure sono state successivamente inserite nel decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 luglio 2023, n. 85, recante misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro. |
Per quanto riguarda il 2024, invece, le risorse disponibili sarebbero state destinate a interventi di riduzione della pressione fiscale. Alla Camera, una prima risoluzione presentata dalla maggioranza, di approvazione della Relazione al Parlamento, non è stata approvata dall’Assemblea per mancanza della maggioranza assoluta dei componenti prescritta per l’autorizzazione al ricorso all’indebitamento. Ciò ha precluso la votazione delle risoluzioni riferite al DEF 2023 (seduta del 27 aprile 2023). Il Consiglio dei ministri del 27 aprile 2023 ha quindi approvato una nuova Relazione al Parlamento, la quale ha confermato i saldi di finanza pubblica riportati nel DEF 2023, aggiungendo un riferimento alla destinazione delle risorse disponibili nel 2023 a seguito del ricorso al maggiore indebitamento – 3,4 miliardi – non solo al sostegno del reddito e del potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti, ma anche al sostegno delle famiglie con figli. La nuova Relazione è stata trasmessa ai due rami del Parlamento, esaminata e approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera. Successivamente, sono state approvate anche le risoluzioni di maggioranza riferite al DEF 2023. |
La NADEF 2023 reca, inoltre (pag. 19-20) l’elenco dei disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica 2024-2026, ciascuno dei quali reca disposizioni omogenee per materia, tenendo conto delle competenze delle amministrazioni, e concorre al raggiungimento degli obiettivi programmatici di finanza pubblica. In particolare, sono dichiarati collegati alla manovra di bilancio 32 disegni di legge, 5 dei quali già presentati e in corso d’esame presso uno dei due rami del Parlamento.
Disegni di legge dichiarati collegati alla decisione di bilancio 2024-2026
già presentati alla Camera o al Senato
Disegni di legge collegati alla decisione di bilancio 2024-2026
non ancora presentati alla Camera o al Senato
Si tratta di 27 disegni di legge. Tra questi, 12 erano già presenti nell’elenco dei disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica 2024-2026 contenuto nel DEF 2023 dello scorso aprile (si tratta di quelli con carattere di colore bianco).
Gli altri 15 disegni di legge, invece, non erano presenti nel suddetto elenco, essendo stati inseriti tra i collegati alla manovra 2024-2026 in occasione della NADEF 2023 in esame (si tratta di quelli con carattere di colore nero).
Si fa presente, da ultimo, che l’elenco dei collegati recato dalla NADEF 2023 non include più 3 disegni di legge inclusi nell’elenco dei collegati del DEF 2023. Si tratta, nello specifico, di disegni di legge in materia di: Sviluppo e competitività del settore turistico; Rimodulazione delle piante organiche del personale amministrativo degli uffici giudiziari e ridefinizione dei profili professionali, anche con riferimento al Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie; Interventi di rifunzionalizzazione degli istituti di prevenzione e pena.
I dati economici più significativi della NADEF 2023
Di seguito si riportano alcuni tra i dati macroeconomici e di finanza pubblica più significativi contenuti all’interno della NADEF 2023, distintamente evidenziati per materia o ambito di afferenza, per tipologia di dati o per parametri macroeconomici e di finanza pubblica analizzati, rinviandosi ai successivi paragrafi del presente dossier per un loro esame e commento più dettagliati.
Economia italiana: quadro macroeconomico tendenziale
2022 |
2023 |
2024 |
2025 |
2026 |
||||||
DEF 2023 |
NADEF 2023 |
DEF 2023 |
NADEF 2023 |
DEF 2023 |
NADEF 2023 |
DEF 2023 |
NADEF 2023 |
DEF 2023 |
NADEF 2023 |
|
3,7 |
3,7 |
0,9 |
0,8 |
1,4 |
1,0 |
1,3 |
1,3 |
1,1 |
1,2 |
|
PIL nominale |
6,8 |
6,8 |
5,7 |
5,3 |
4,2 |
3,9 |
3,4 |
3,4 |
3,1 |
3,2 |
Consumi finali nazionali |
3,5 |
3,9 |
0,1 |
1,1 |
0,6 |
0,6 |
1,0 |
0,9 |
1,0 |
1,0 |
Spesa delle famiglie |
4,6 |
|
0,6 |
|
1,2 |
|
1,0 |
|
1,1 |
|
Spesa della PA |
0,0 |
0,7 |
-1,3 |
0,6 |
-1,2 |
0,6 |
0,9 |
0,9 |
0,4 |
0,4 |
Investimenti fissi lordi |
9,4 |
9,7 |
3,7 |
1,0 |
3,4 |
2,8 |
2,1 |
2,3 |
1,5 |
1,9 |
Saldo corrente bilancia pagamenti in % PIL |
-0,7 |
-1,2 |
0,8 |
0,8 |
1,3 |
1,3 |
1,6 |
1,8 |
1,6 |
1,9 |
Importazioni |
11,8 |
12,4 |
2,5 |
0,1 |
3,7 |
3,1 |
3,5 |
4,1 |
2,8 |
3,7 |
Esportazioni |
9,4 |
9,9 |
3,2 |
0,7 |
3,8 |
2,4 |
3,7 |
4,3 |
2,8 |
3,5 |
Deflatore PIL |
3,0 |
3,0 |
4,8 |
4,5 |
2,7 |
2,9 |
2,0 |
2,1 |
2,0 |
2,0 |
Deflatore consumi |
7,4 |
7,2 |
5,7 |
5,6 |
2,7 |
2,4 |
2,0 |
2,0 |
2,0 |
2,0 |
Costo lavoro |
3,3 |
3,2 |
3,1 |
4,0 |
2,2 |
2,3 |
2,0 |
2,1 |
1,8 |
1,8 |
Produttività (misurato su PIL) |
0,2 |
0,2 |
-0,1 |
-0,5 |
0,4 |
0,4 |
0,4 |
0,3 |
0,3 |
0,3 |
Occupazione (ULA) |
3,5 |
3,5 |
0,9 |
1,4 |
1,0 |
0,6 |
0,9 |
1,0 |
0,8 |
0,8 |
Tasso di disoccupazione |
8,1 |
8,1 |
7,7 |
7,6 |
7,5 |
7,4 |
7,4 |
7,3 |
7,2 |
7,2 |
Tasso di occupazione |
60,1 |
60,1 |
60,9 |
61,2 |
61,7 |
61,9 |
62,5 |
62,7 |
63,4 |
63,6 |
Economia italiana: quadro macroeconomico programmatico
Variabili di riferimento |
2023 |
2024 |
2025 |
2026 |
||||
|
DEF 2023 |
NADEF 2023 |
DEF 2023 |
NADEF 2023 |
DEF 2023 |
NADEF 2023 |
DEF 2023 |
NADEF 2023 |
PIL reale |
1,0 |
0,8 |
1,5 |
1,2 |
1,3 |
1,4 |
1,1 |
1,0 |
PIL nominale |
5,8 |
5,3 |
4,3 |
4,1 |
3,4 |
3,6 |
3,1 |
3,1 |
Consumi finali nazionali |
|
1,1 |
|
0,8 |
|
1,0 |
|
0,8 |
Spesa della PA |
-1,3 |
0,6 |
-1,2 |
-1,0 |
0,9 |
0,8 |
0,4 |
0,0 |
Investimenti fissi lordi |
3,8 |
1,0 |
3,4 |
3,0 |
2,1 |
2,4 |
1,5 |
1,9 |
Importazioni |
2,5 |
0,1 |
3,8 |
3,3 |
3,5 |
4,1 |
2,8 |
3,6 |
Esportazioni |
3,2 |
0,7 |
3,8 |
2,4 |
3,7 |
4,3 |
2,8 |
3,5 |
Deflatore PIL |
4,8 |
4,5 |
2,7 |
2,9 |
2,0 |
2,1 |
2,0 |
2,1 |
Deflatore consumi |
5,7 |
5,6 |
2,7 |
2,3 |
2,0 |
2,0 |
2,0 |
2,1 |
Costo del lavoro |
3,1 |
4,0 |
2,2 |
2,3 |
2,0 |
2,1 |
1,8 |
1,8 |
Produttività (misurato su PIL) |
/ |
-0,5 |
/ |
0,5 |
/ |
0,3 |
/ |
0,3 |
Occupazione (ULA) |
1,0 |
1,4 |
1,1 |
0,7 |
0,9 |
1,1 |
0,8 |
0,7 |
Tasso di disoccupazione |
7,7 |
7,6 |
7,5 |
7,3 |
7,4 |
7,2 |
7,2 |
7,1 |
Previsioni di crescita per l’Italia a confronto
Data previsione |
2023 |
2024 |
|
NADEF 2022/DPB 2023 |
novembre 2022 |
0,6 |
1,9 |
DEF 2023 |
marzo 2023 |
0,9 |
1,4 |
NADEF 2023 |
settembre 2023 |
0,8 |
1,0 |
Commissione europea |
settembre 2023 |
0,9 |
0,8 |
OCSE |
settembre 2023 |
0,8 |
0,8 |
Ufficio parlamentare di bilancio |
agosto 2023 |
1,0 |
1,1 |
FMI (World Economic Outlook) |
luglio 2023 |
1,1 |
0,9 |
Effetti sul PIL delle variabili esogene della previsione rispetto
allo scenario del DEF 2023 (impatto sui tassi di crescita)
Variabile esogena |
2023 |
2024 |
2025 |
2026 |
Commercio mondiale |
-0,1 |
-0,4 |
0,1 |
0,1 |
Prezzi del petrolio e del gas |
0,3 |
0,1 |
-0,3 |
-0,1 |
Tasso di cambio nominale effettivo |
-0,2 |
-0,2 |
0,0 |
0,0 |
Ipotesi tassi d’interesse |
0,0 |
-0,6 |
-0,2 |
0,2 |
Effetti sul PIL degli scenari di rischio (impatto sui tassi di crescita)
Variabile esogena |
2023 |
2024 |
2025 |
2026 |
Commercio mondiale |
0,0 |
-0,1 |
-0,2 |
-0,2 |
Prezzi del petrolio |
0,0 |
-0,4 |
0,2 |
0,1 |
Tasso di cambio nominale effettivo |
0,0 |
-0,3 |
-0,5 |
-0,3 |
Condizioni finanziarie (Spread BTP-Bund) |
0,0 |
-0,1 |
-0,4 |
-0,5 |
Indebitamento netto e debito pubblico: dati di consuntivo e previsioni tendenziali e programmatiche
Indebitamento netto/Pil |
2021 |
2022 |
2023 |
2024 |
2025 |
2026 |
|
NADEF 2022 (programmatico) |
-7,2 |
-5,6 |
-4,5 |
-3,7 |
-3,0 |
n.d. |
|
tendenziale |
-9,0 |
-8,0 |
-4,4 |
-3,5 |
-3,0 |
-2,5 |
|
programmatico |
-9,0 |
-8,0 |
-4,5 |
-3,7 |
-3,0 |
-2,5 |
|
NADEF 2023 |
tendenziale |
-8,8 |
-8,0 |
-5,2 |
-3,6 |
-3,4 |
-3,1 |
programmatico |
-8,8 |
-8,0 |
-5,3 |
-4,3 |
-3,6 |
-2,9 |
Debito pubblico/Pil |
2021 |
2022 |
2023 |
2024 |
2025 |
2026 |
|
NADEF 2022 (programmatico) |
150,3 |
145,7 |
144,6 |
142,3 |
141,2 |
n.d. |
|
DEF 2023 |
tendenziale |
149,9 |
144,4 |
142,0 |
141,2 |
140,8 |
140,4 |
programmatico |
149,9 |
144,4 |
142,1 |
141,4 |
140,9 |
140,4 |
|
NADEF 2023 |
tendenziale |
147,1 |
141,7 |
140,0 |
139,7 |
140,1 |
140,1 |
programmatico |
147,1 |
141,7 |
140,2 |
140,1 |
139,9 |
139,6 |
Quadro programmatico sintetico di finanza pubblica (% PIL)
Variabili di riferimento |
2022 |
2023 |
2024 |
2025 |
2026 |
|||||
|
DEF 2023 |
NADEF 2023 |
DEF 2023 |
NADEF 2023 |
DEF 2023 |
NADEF 2023 |
DEF 2023 |
NADEF 2023 |
DEF 2023 |
NADEF 2023 |
Indebitamento netto |
-8,0 |
-8,0 |
-4,5 |
-5,3 |
-3,7 |
-4,3 |
-3,0 |
-3,6 |
-2,5 |
-2,9 |
Indebitamento netto strutturale (al netto di misure una tantum e comp. ciclica) |
-8,5 |
-8,7 |
-4,9 |
-5,9 |
-4,1 |
-4,8 |
-3,7 |
-4,3 |
-3,2 |
-3,5 |
Interessi passivi |
4,4 |
4,3 |
3,7 |
3,8 |
4,1 |
4,2 |
4,2 |
4,3 |
4,5 |
4,6 |
Saldo primario |
-3,6 |
-3,8 |
-0,8 |
-1,5 |
0,3 |
-0,2 |
1,2 |
0,7 |
2,0 |
1,6 |
Debito (lordo sostegni) |
144,4 |
141,7 |
142,1 |
140,2 |
141,4 |
140,1 |
140,9 |
139,9 |
140,4 |
139,6 |
Debito (netto sostegni) |
141,5 |
138,8 |
139,3 |
137,4 |
138,7 |
137,5 |
138,3 |
137,4 |
138,0 |
137,2 |
Saldo settore pubblico |
-3,3 |
-3,3 |
-5,6 |
-5,6 |
-5,1 |
-6,4 |
-4,4 |
-5,6 |
-4,0 |
-4,4 |
Evoluzione di alcuni tra i principali aggregati del conto della PA a legislazione vigente (in percentuale del PIL)
|
2022 |
2023 |
2024 |
2025 |
2026 |
|||||
|
DEF 2023 |
NADEF 2023 |
DEF 2023 |
NADEF 2023 |
DEF 2023 |
NADEF 2023 |
DEF 2023 |
NADEF 2023 |
DEF 2023 |
NADEF 2023 |
Totale entrate |
48,8 |
48,0 |
48,9 |
47,8 |
47,7 |
47,0 |
47,6 |
46,9 |
47,1 |
46,3 |
Totale spese |
56,7 |
56,1 |
53,2 |
53,0 |
51,2 |
50,6 |
50,7 |
50,3 |
49,6 |
49,4 |
Spesa per interessi |
4,4 |
4,3 |
3,7 |
3,8 |
4,1 |
4,2 |
4,2 |
4,3 |
4,5 |
4,6 |
Spesa primaria (al netto degli interessi) |
52,4 |
51,8 |
49,5 |
49,2 |
47,2 |
46,5 |
46,5 |
46,0 |
45,1 |
44,9 |
Spesa primaria corrente (al netto degli interessi) |
44,8 |
44,1 |
43,9 |
42,9 |
42,2 |
42,0 |
41,4 |
41,2 |
40,8 |
40,3 |
Redditi da lavoro dipendente |
9,8 |
9,6 |
9,4 |
9,2 |
8,9 |
8,8 |
8,6 |
8,6 |
8,4 |
8,3 |
Consumi intermedi |
6,0 |
8,6 |
6,0 |
8,3 |
5,6 |
8,0 |
5,5 |
7,9 |
5,5 |
7,6 |
Prestazioni sociali |
24,0 |
20,9 |
23,6 |
20,7 |
23,6 |
21,1 |
23,4 |
20,9 |
23,3 |
20,7 |
Investimenti fissi lordi |
2,7 |
2,7 |
3,3 |
2,9 |
3,8 |
3,2 |
3,7 |
3,4 |
3,4 |
3,2 |
La Nota di aggiornamento riporta come il 2023 abbia segnato, sul fronte dell’inflazione, un progressivo rallentamento rispetto al 2022. I dati più recenti dell’OCSE[13] segnalano, in particolare, come nell’area OCSE l’inflazione si sia ridotta, a luglio di quest’anno, al 5,9 per cento (ma con una lieve risalita rispetto al 5,7 per cento di giugno, causata dall’aumento dell’inflazione in Turchia). Il ritmo discendente dell’inflazione è stato trainato soprattutto dal rientro dei prezzi energetici (-7,5 per cento su base annua), laddove invece la componente dell’inflazione legata ai beni alimentari decelera con maggiore lentezza. L’inflazione di fondo[14] a luglio è stata pari, nell’area OCSE, al 6,7 per cento, in discesa rispetto al picco del 7,8 per cento di ottobre 2022.
Figura 1 – Prezzi al consumo, economie del G7 e area OCSE
Luglio 2023 – Variazioni percentuali anno/anno
Fonte: OCSE, Consumer Price Index, Statistics New Release, 5 settembre 2023
Le più recenti stime OCSE (Interim Report di settembre 2023) prevedono, per il 2024, una discesa dell’inflazione delle economie del G20 al 4,8 per cento, dal 6 per cento del 2023, con una decelerazione più avanzata della componente di fondo dell’inflazione nelle economie avanzate del G20 (2,8 per cento nel 2024 dal 4,3 per cento del 2023).
Con riguardo ai beni energetici, la NADEF riporta un percorso discendente piuttosto marcato delle quotazioni del gas nella prima parte del 2023, con una media del prezzo spot nell’hub olandese TTF[15] pari a 35,2 euro al MWh ad agosto 2023, inferiore dell’85 per cento rispetto alla media del prezzo registrata nell’agosto 2022.
Gli ultimi mesi testimoniano di una interruzione della discesa delle quotazioni del gas, soprattutto a causa dei prezzi dei futures[16]. Si ritiene, tuttavia, che i rischi di nuovi rialzi repentini siano limitati, in ragione del maggiore equilibrio dei fattori che governano domanda e offerta di gas in Europa rispetto alla situazione esistente nel 2022.
La NADEF riporta i più recenti dati Eurostat[17] che evidenziano una riduzione del consumo di gas nell’Unione europea del 13 per cento nei primi 7 mesi del 2023, rispetto al corrispondente periodo del 2022[18].
La quota delle importazioni di gas naturale dalla Russia, a seguito dell’invasione dell’Ucraina e dell’inizio della guerra, si è ridotta da circa il 20 per cento in media nel 2022 a circa l’8 per cento in media nel 2023. Ciononostante, evidenzia la Nota di aggiornamento, la diversificazione delle forniture di gas, nonché la realizzazione di nuovi terminali per lo stoccaggio e la rigassificazione di gas naturale liquefatto (GNL) hanno consentito di sostenere il fabbisogno, pur ridottosi.
Diversamente dal prezzo del gas, il prezzo del petrolio ha subito rialzi nei mesi estivi di quest’anno, dando luogo a un comportamento nel complesso altalenante nel corso del 2023. Secondo quanto riportato dalla NADEF – che menziona, a tal riguardo, i dati dell’Oil Market Report di agosto 2023 – durante i mesi estivi la domanda mondiale ha raggiunto il massimo storico, mentre l’offerta non è aumentata in modo sufficiente a riequilibrare il mercato. In particolare, si è registrato – sulla base dei dati aggiornati della U.S. Energy Information Administration (EIA) – il minimo storico degli ultimi 40 anni nel livello delle riserve strategiche di petrolio degli Stati Uniti. Ciò, unito alla politica di tagli alla produzione messa in atto dai paesi dell’OPEC+[19], fa ritenere che il prezzo del greggio si manterrà su livelli elevati nel prossimo futuro.
Figura 2 - Importazioni mensili di GNL nell’UE per regione di provenienza
Fonte: Bruegel, European natural gas imports, settembre 2023
Per quanto concerne i prezzi delle materie prime non energetiche, invece, nel 2023 l’indice di riferimento del FMI ha registrato una contrazione rispetto al 2022. Esso, tuttavia, si mantiene su livelli più elevati rispetto al periodo precedente alla pandemia Covid-19 – tranne nel caso delle materie prime agricole non alimentari, i cui prezzi sono sostanzialmente allineati a quelli pre-pandemici.
Figura 3 - Indici dei prezzi delle principali commodities (indici 2016=100)
Fonte: FMI, Commodity Data Portal, riportato in NADEF 2023, pag. 23.
Stati Uniti
La NADEF segnala come il PIL reale sia cresciuto, nel secondo trimestre 2023, del 2,1 per cento t/t, in linea con il primo trimestre. I dati del terzo trimestre indicano una sostanziale tenuta dell’economia, malgrado la possibilità di una lieve recessione. La spesa per i consumi ha continuato a registrare dati positivi negli ultimi mesi, malgrado i rischi di un rallentamento nell’ultima parte del 2023, e gli investimenti privati risentono in positivo dei finanziamenti diretti e degli incentivi fiscali introdotti dall’amministrazione Biden (Chips Act, Inflation Reduction Act, Infrastructure Investment and Jobs Act).
L’inflazione al consumo si è attestata sul valore medio dell’8 per cento nel 2022 e nel 2023 ha segnato un percorso in discesa, attestandosi ad agosto di quest’anno al 3,7 per cento su base annua, in leggero rialzo rispetto al minimo toccato a giugno. L’inflazione di fondo, invece, si mantiene su livelli più elevati, pari al 4,3 per cento su base annua ad agosto 2023, comunque in ribasso rispetto al valore medio del 6,2 per cento nel 2022.
Sul fronte della politica monetaria, la NADEF segnala come la FED abbia deciso, nella riunione di settembre 2023, di mantenere invariati i tassi di interesse, dopo l’ultimo rialzo di giugno, al 5,25%-5,50%.
La NADEF segnala come tardino a manifestarsi sul mercato del lavoro gli effetti della politica monetaria restrittiva: il tasso di disoccupazione si è attestato, ad agosto 2023, al 3,8 per cento, pur proseguendo il percorso di disinflazione. Gli aumenti salariali mirano a recuperare il potere d’acquisto perduto in questi ultimi due anni. Poiché la tenuta del mercato del lavoro potrebbe dare nuovo slancio all’inflazione, la FED tiene sotto controllo l’indice supercore, focalizzato sui prezzi dei servizi di base, esclusi gli alloggi, il quale ad agosto ha segnato una flessione a circa il 3 per cento.
La spesa pubblica, uno dei principali fattori di crescita positivi per il 2023, appare avviata verso una riduzione a seguito dell’adozione del Fiscal Responsibility Act, che ha impedito la crisi del tetto del debito pubblico prevedendo una riduzione delle spese discrezionali.
In conclusione, la NADEF riporta che, pur essendovi una possibilità che l’economia statunitense entri in una breve e moderata recessione a fine 2023, questa risulta piuttosto contenuta[20].
Figura 4 - PIL reale delle maggiori economie (variazioni percentuali t/t)
Fonte: OCSE, riportato in NADEF 2023, pag. 27.
Cina
La NADEF evidenzia come il 2023 abbia segnato una progressiva perdita di slancio dell’economia cinese, dopo il rimbalzo positivo dei primi mesi dell’anno legato all’abolizione delle misure restrittive anti-Covid. Il PIL registra una crescita dello 0,8 per cento t/t, un dato ritenuto modesto per gli standard del gigante asiatico.
Il terzo trimestre dell’anno, in particolare, ha segnato difficoltà dell’industria manifatturiera, legate alla flessione della domanda globale, e la situazione instabile del mercato immobiliare, che ha dato luogo al rallentamento degli investimenti fissi delle imprese.
In risposta a questa situazione, le autorità monetarie cinesi hanno tagliato i tassi di riferimento sulle operazioni di rifinanziamento a medio termine e sui prestiti a un anno, rispettivamente, al 2,5 per cento e al 3,45 per cento. Tali tassi sono stati mantenuti invariati a settembre, con margini di manovra per ulteriori tagli, pur limitati dall’indebolimento dello yuan.
Sul fronte dei prezzi, la Cina ha registrato una modesta crescita annuale dei prezzi al consumo ad agosto 2023 (0,1 per cento) e un calo dei prezzi alla produzione del 3 per cento su base annua, comunque più moderato rispetto ai mesi precedenti.
Il mercato del lavoro cinese ha segnato in agosto un tasso di disoccupazione al 5,2 per cento. Il tasso di disoccupazione giovanile, tuttavia, si attesta al valore record del 21,3 per cento nel mese di giugno, dopo il quale – riporta la NADEF – il governo cinese non avrebbe più pubblicato statistiche relative alla disoccupazione giovanile.
Giappone
Nel corso del 2023 il Paese nipponico ha registrato un aumento del PIL dello 0,8 per cento t/t nel primo trimestre e dell’1,2 per cento t/t nel secondo trimestre. Di fronte a un lieve calo della domanda interna – elemento che potrebbe rappresentare, in prospettiva, un fattore di fragilità nel prossimo futuro – tale crescita è stata trainata soprattutto dall’incremento delle esportazioni nette.
Per quanto riguarda il mercato del lavoro, il tasso di disoccupazione medio nella prima metà dell’anno si è attestato al 2,6 per cento, in linea con i dati del 2022, e anche i livelli dell’occupazione segnano una certa stabilità.
Il tasso di inflazione dopo i primi mesi del 2023 si è attestato intorno al 3 per cento. Mentre l’inflazione headline ad agosto di quest’anno è stata pari al 3,1 per cento, quella di fondo ha registrato, nello stesso mese, un tasso pari al 4,3 per cento su base annua, principalmente a causa degli elevati prezzi dei beni alimentari e dei beni di consumo non durevoli.
Eurozona
In Europa la crescita economica ha segnato un rallentamento nella prima metà del 2023. In base a quanto riportato dalla NADEF, il PIL nel secondo trimestre è cresciuto dello 0,1 per cento, come nel primo trimestre. Si registra, in particolare, il contributo nullo dei consumi privati a tale modesta crescita, dovuto soprattutto alla difficoltà delle famiglie e dei privati a fronteggiare la riduzione del potere d’acquisto causata dall’elevata inflazione. Si registrano, inoltre, una crescita dello 0,3 per cento t/t degli investimenti fissi lordi e un calo delle esportazioni.
In base alle più recenti proiezioni della BCE, il tasso di crescita dell’Eurozona è stimato al ribasso allo 0,7 per cento nel 2023, all’1 per cento nel 2024 e all’1,5 per cento nel 2025.
Nell’Eurozona, in particolare, il tasso di disoccupazione registra, a giugno e luglio 2023, il valore del 6,4 per cento, tra i livelli più bassi mai registrati. Tale discesa ha favorito una accelerazione della dinamica salariale in diversi paesi dell’area, la quale si è affiancata al parziale recupero del potere di acquisto perso a causa dell’inflazione.
Il tasso di occupazione – sottolinea la NADEF – risulta molto variegato all’interno dell’area, in ragione del diverso grado di utilizzo della forza lavoro disponibile: in Germania, infatti il tasso di occupazione tra i 20 e i 64 anni si attesta, rispetto alla media del 2022, all’81,6 per cento, mentre in Francia è pari al 74,5 per cento, in Spagna al 70,8 per cento e in Italia al 66 per cento.
La dinamica in discesa dei prezzi energetici – in particolare, del gas – ha determinato un decremento dell’inflazione, la quale ad agosto si è attestata al 5,2 per cento. Tale dinamica è prevista anche per i prossimi mesi, sebbene la componente di fondo si riduca più lentamente, segnando un tasso pari al 6,2 per cento su base annua ad agosto 2023. Nei primi mesi del 2024 si prevede, invece, un lieve aumento dell’inflazione headline, che dovrebbe allineare maggiormente tali tassi a quelli dell’inflazione core.
Figura 5 - Inflazione al consumo (headline e core) dell’Eurozona (variazione percentuale a/a)
Fonte: Eurostat, riportato in NADEF 2023, pag. 29.
Regno Unito
Prosegue, secondo quanto riporta la NADEF, la fase di debolezza dell’economia britannica avviatasi nel 2022. Il PIL è aumentato dello 0,1 per cento su base trimestrale nel primo trimestre 2023 e dello 0,2 per cento nel secondo trimestre 2023.
Il mercato del lavoro ha segnato una risalita del tasso di disoccupazione nel trimestre maggio-luglio 2023 al 4,3 per cento, rispetto al minimo del 3,5 per cento toccato nel trimestre luglio-settembre 2022.
L’inflazione ha subito una decelerazione, attestandosi al valore del 6,7 per cento su base annua ad agosto 2023, dopo il picco dell’ultimo trimestre 2022, mentre la componente di fondo si è ridotta al 7,1 per cento.
A livello di politica monetaria, la Bank of England, conseguentemente, nella riunione del 21 settembre 2023 ha deciso di lasciare invariato il tasso di interesse di riferimento al 5,25 per cento, interrompendo la sequenza di rialzi dei tassi avviata a dicembre 2021.
Le politiche monetarie in atto, con particolare riguardo alla BCE
In generale, le politiche monetarie delle banche centrali hanno manifestato una intonazione restrittiva nel corso del 2023, al fine di riportare la dinamica dei prezzi in linea con gli obiettivi di medio termine relativi all’inflazione.
Ad eccezione delle banche centrali cinese e giapponese, infatti, si è assistito a una rilevante risalita dei tassi di interesse di riferimento da parte delle principali banche centrali. Contestualmente, è proseguita la riduzione degli attivi di bilancio delle autorità monetarie, con una diminuzione della liquidità disponibile per il sistema finanziario e l’aumento dell’offerta netta di titoli, soprattutto governativi, sul mercato secondario.
Ciò ha determinato un generale inasprimento delle condizioni di finanziamento per l’economia reale.
Nell’area euro, in particolare, la BCE ha avviato il proprio ciclo restrittivo a luglio 2022, portando il tasso di interesse sui depositi dal -0,50 per cento al 4 per cento stabilito nell’ultima monetary policy decision del 14 settembre 2023, in conseguenza delle ultime stime dell’inflazione media al 5,6 per cento nel 2023, al 3,2 per cento nel 2024 e al 2,1 per cento nel 2025. Gli altri due tassi di riferimento – quello sulle operazioni di rifinanziamento principali e quello sulle operazioni di rifinanziamento marginale – si sono attestati, rispettivamente, al 4,5 per cento e al 4,75 per cento.
Al contempo, la BCE ha ridotto il proprio bilancio di oltre il 20 per cento, a 7.100 miliardi di euro (52 per cento del PIL dell’Eurozona nel 2022), attraverso il mancato reinvestimento di una parte dei titoli di debito in scadenza nell’ambito dell’Asset Purchase Program (APP) e con la restituzione, da parte delle banche, dei fondi TLTRO III (525,4 miliardi di euro, di cui il 61 per cento entro marzo 2024 e la restante parte entro dicembre 2024).
Il valore complessivo dei titoli detenuti dalla BCE per scopi di politica monetaria si è ridotto, a inizio settembre 2023, a 4.810 miliardi di euro, dai 4.964 miliardi detenuti a giugno 2022.
Per contro, i reinvestimenti dei titoli in scadenza nell’ambito del Pandemic Emergency Purchase Program (PEPP) proseguiranno almeno fino alla fine del 2024. Ciò ha garantito, secondo quanto riporta la NADEF, l’assenza di tensioni sui rendimenti dei titoli sovrani e non ha reso necessario l’utilizzo, da parte della BCE, del recentemente istituito Transmission Protection Instrument.
Le prospettive e i fattori di rischio
Le prospettive dell’economia mondiale appaiono in conclusione condizionate, in base a quanto riportato dalla NADEF 2023, da diversi fattori di rischio, che ricomprendono la persistente elevata inflazione, le condizioni finanziarie più restrittive, le tensioni geopolitiche, le restrizioni agli scambi internazionali, l’insicurezza energetica e quella alimentare, i livelli più elevati di debito e i correlati rischi per la stabilità finanziaria.
Le più recenti stime OCSE – riportate nell’Interim Report di settembre 2023 – hanno previsto una crescita mondiale nel 2023 pari al 3 per cento, in rialzo di 0,3 punti percentuali rispetto alla precedente valutazione di giugno. Tale valutazione è legata alle stime positive sulla crescita dell’economia degli Stati Uniti e del Giappone. Al contrario, l’Eurozona e il Regno Unito vedono una situazione generale dell’economia maggiormente condizionata, in senso negativo, dagli effetti della politica monetaria restrittiva.
Nel 2024, si prevede un rallentamento della crescita del PIL mondiale al 2,7 per cento, lievemente al di sotto delle precedenti stime. Le previsioni sull’inflazione indicano un ulteriore rallentamento rispetto al 2023, trainato dai minori prezzi dei beni energetici e dal calo della domanda di beni, ma al di sopra dei valori-obiettivo perseguiti dalle banche centrali.
Dopo l’incremento congiunturale del primo trimestre (+0,6 per cento), la NADEF riporta, nel secondo trimestre 2023, una contrazione del PIL rispetto al trimestre precedente dello 0,4 per cento, nonché una sua crescita dello 0,4 per cento rispetto allo stesso trimestre del 2022.
Sul risultato negativo, a giudizio del Governo, ha inciso l’orientamento restrittivo delle politiche monetarie e il deterioramento del ciclo internazionale, condizionato dall’inflazione ancora elevata; tali fattori hanno impattato anche sulla domanda interna.
Occorre ricordare che il 22 settembre 2023 l’ISTAT ha rilasciato un aggiornamento dei Conti economici nazionali relativo al triennio 2020-2022. Si conferma la crescita del PIL nel 2022 del 3,7 per cento, ma il livello del PIL a prezzi di mercato è più elevato in considerazione della revisione al rialzo per il 2021 dell’8,3 per cento (in rialzo di 1,3 punti percentuali rispetto alla precedente stima del 7,0 per cento).
I dati congiunturali più recenti diffusi dall’ISTAT sull’andamento dei Conti economici trimestrali del secondo trimestre (Comunicato 3 ottobre 2023), evidenziano che nel secondo trimestre del 2023 il PIL, espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2015, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è diminuito dello 0,4% rispetto al trimestre precedente.
Anche la crescita tendenziale del secondo trimestre rispetto allo stesso trimestre del 2022, che si attesta a +0,3% (dato aggiornato rispetto al +0,4% riportato dalla precedente stima del 1° settembre (Comunicato 1 settembre 2023), risulta in flessione rispetto ai trimestri precedenti, con una revisione anche in questo caso al ribasso rispetto alla stima preliminare, che aveva indicato una crescita dello 0,6%.
La variazione acquisita per il 2023 è pari a +0,7%. A determinare la flessione del Pil è stata soprattutto la domanda interna (incluse le scorte), mentre quella estera ha fornito un contributo nullo. Sul piano interno, l’apporto dei consumi privati è stato anch’esso nullo, mentre sia quello della spesa delle PA sia quello degli investimenti è risultato negativo. Positivo il contributo delle scorte, per 0,3 punti percentuali.
La decelerazione del ritmo di crescita del PIL è stata influenzata dal rallentamento del settore dei servizi nel secondo trimestre, che non è più riuscito a compensare la contrazione del comparto industriale. La NADEF sottolinea che la fase di espansione della domanda interna, e in particolare degli investimenti, si è temporaneamente arrestata.
Dal lato della domanda interna, i consumi delle famiglie, dopo l’incremento nel primo trimestre (+0,8 per cento t/t), sono risultati stazionari nel secondo, condizionati da un’inflazione ancora elevata e dal maggior costo del credito. Con la ripresa del turismo internazionale nei mesi primaverili si è registrata una notevole accelerazione della spesa dei non residente.
La situazione patrimoniale delle famiglie rimane solida: il debito delle famiglie nel primo trimestre del 2023 si è attestato al 61,1 per cento del reddito disponibile (in flessione rispetto al quarto trimestre 2022), un livello nettamente inferiore alla media dell’area dell’euro (92,1 per cento).
L’andamento degli investimenti è risultato positivo ma in discesa nel primo trimestre dell’anno (0,4 per cento t/t, dall’1,2 per cento dell’ultimo trimestre del 2022), per poi contrarsi nel secondo (-1,8 per cento t/t). Nel complesso la spesa per investimenti in rapporto al PIL si attesta al 21,3 per cento. Tra i comparti, si registra un’espansione dei mezzi di trasporto – ritornati al di sopra dei valori pre-Covid – e una riduzione degli investimenti in costruzioni (-3,6 per cento).
Relativamente alla domanda estera, le esportazioni hanno subìto un calo in entrambi i trimestri, riflesso dell’indebolimento della domanda mondiale. Mentre le esportazioni di servizi sono cresciute a ritmi sostenuti, quelle di beni hanno segnato una flessione. La riduzione dei prezzi dei beni energetici importati ha favorito il graduale riassorbimento del disavanzo energetico del conto corrente: nei dodici mesi terminati a luglio, infatti, il deficit di parte corrente si è attestato al -0,2 per cento del PIL.
Dal lato dell’offerta, la Nota sottolinea che la fase ciclica negativa dell’industria in senso stretto continua: il valore aggiunto legato alla produzione industriale ha subito una pronunciata contrazione nel secondo trimestre (-0,9 per cento t/t), tornando al di sotto dei livelli pre-pandemici.
Il settore delle costruzioni, dopo il rilevante incremento rilevato nell’ultimo biennio, ha perso in parte abbrivio già nel primo trimestre e si è contratto nel secondo (-3,2 per cento). Il settore dei servizi, dopo la robusta espansione del primo trimestre (0,9 per cento t/t), nel secondo trimestre si è lievemente ritratto (-0,1 per cento t/t), risentendo della flessione della domanda privata e dell’elevato livello dei prezzi.
Inflazione
La riduzione del prezzo dei beni energetici – in particolare del gas naturale – ha determinato un percorso di graduale discesa dell’inflazione. La NADEF riporta che nel primo trimestre dell’anno l’inflazione al consumo è passata al 9,5 per cento a/a (dal 12,5 per cento del quarto trimestre del 2022). Nel secondo trimestre l’inflazione ha ulteriormente rallentato (7,8 per cento), accompagnandosi alla contrazione dei prezzi all’import e a quella, più contenuta, dei prezzi alla produzione nell’industria.
Secondo stime preliminari dell’Istat (Comunicato del 29 settembre 2023) l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registra nel mese di settembre un aumento dello 0,2% su base mensile e del 5,3% su base annua (da +5,4% del mese precedente). L’inflazione di fondo - al netto degli energetici e degli alimentari freschi - rallenta ancora (da +4,8% a +4,6%), così come quella al netto dei soli beni energetici (da +5,0%, registrato ad agosto, a +4,8%).
In base alle stime preliminari, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) aumenta dell’1,7% su base mensile e del 5,7% su base annua (in accelerazione dal +5,5% di agosto).
La NADEF ricorda in un focus (per la cui analisi si rimanda al paragrafo successivo 2.2) che dopo lo straordinario livello raggiunto dal prezzo del gas naturale e dell’elettricità, durante l’estate scorsa si è assistito ad una graduale diminuzione, divenuta più marcata successivamente all’accordo sul tetto del prezzo del gas raggiunto dalla UE a dicembre 2022.
Nell’ultimo Bollettino economico di luglio 2023, la Banca d’Italia sottolinea come tutta l'attività economica mondiale risulti frenata dall'alta inflazione e da condizioni di finanziamento restrittive. Nel secondo trimestre è proseguito il calo dell’inflazione al consumo nei principali Paesi principalmente per effetto del calo dei prezzi dei prodotti energetici, ma resta elevata quella di fondo.
In primavera l'inflazione al consumo è ulteriormente scesa anche in Italia, grazie alla decisa diminuzione della componente energetica, pur mantenendosi su livelli elevati. Si sono registrati i primi cali dell'inflazione relativa ai beni alimentari e a quelli industriali non energetici, che iniziano a incorporare la forte riduzione dei prezzi degli input energetici. A giugno anche i prezzi dei servizi hanno mostrato alcuni segnali di frenata. Famiglie e imprese si attendono un ulteriore allentamento delle pressioni inflazionistiche.
Credito
Per quanto concerne l’andamento del credito, la Nota evidenzia come nella prima parte del 2023 i ripetuti aumenti dei tassi di interesse da parte della BCE si sono tramessi al settore privato con un aumento dei tassi praticati a famiglie e imprese, determinando una diminuzione del credito concesso. La Nota sottolinea come a giugno di quest’anno i tassi praticati agli operatori alle famiglie per l’acquisto di abitazioni si siano attestati al 4,65 per cento (+0,07 rispetto a maggio), quelli alle società non finanziarie al 5,04 per cento (+0,23). I tassi di interesse applicati sui depositi hanno invece registrato solo un moderato incremento (mediamente allo 0,76 per cento).
La flessione del credito, iniziata nel 2022, si è ulteriormente accentuata nella prima parte del 2023 (-2,3 per cento tendenziale a luglio); i prestiti alle imprese hanno registrato un calo più ampio rispetto a quelli alle famiglie.
Figura 6 - Prestiti bancari al settore privato
Fonte: Banca d’Italia – L’economia italiana in breve, n. 9, settembre 2023
In merito alla qualità del credito, le ultime rilevazioni mostrano un leggero aumento dei crediti in sofferenza in termini assoluti a partire da maggio. In rapporto alle consistenze dei prestiti, l’incidenza delle sofferenze è ancora su livelli storicamente bassi, inferiore all’1,6 per cento per i prestiti alle famiglie e al 2,9 per cento per quelli alle imprese.
Commercio estero
Per quanto riguarda gli scambi con l’estero, la NADEF evidenzia che l’effetto combinato delle politiche monetarie restrittive e dell’elevata inflazione verificatasi negli ultimi due anni sta frenando la domanda globale.
Ne hanno risentito le esportazioni italiane, dopo il forte recupero del biennio 2021-2022 (in cui hanno raggiunto un livello superiore di oltre il 10% a quello pre-pandemia). Nei primi due trimestri dell’anno l’export di beni e servizi si è ridotto in termini congiunturali. Anche le importazioni sono diminuite per effetto del rallentamento della domanda interna.
La decisa attenuazione delle tensioni sul mercato del gas e la flessione dei prezzi delle materie prime in confronto alla prima metà del 2022, unitamente ad un calo dei volumi, hanno poi dato luogo ad un marcato miglioramento del saldo commerciale.
Nei primi sette mesi dell’anno in corso, la bilancia commerciale dell’Italia ha registrato un surplus di 16,2 miliardi, a fronte del disavanzo di poco più di 15 miliardi nello stesso periodo dell’anno scorso.
In linea con il saldo commerciale, nei dodici mesi terminanti a luglio il disavanzo corrente della bilancia dei pagamenti si è attestato a -3,0 miliardi, in evidente miglioramento rispetto al 2022 (-23,3 miliardi).
Secondo il comunicato ISTAT del 15 settembre 2023, i cui dati sono richiamati nella NADEF, a luglio entrambi i flussi commerciali con l’estero registrano una contrazione congiunturale, che riguarda tutti i raggruppamenti, con l’eccezione dell’export di beni strumentali: più intensa per le importazioni (-4,7%) che per le esportazioni (-1,8%). La riduzione su base mensile dell’export è dovuta al calo delle vendite verso entrambe le aree, Ue (-1,5%) ed extra-Ue (-2,2%).
Nel trimestre maggio-luglio 2023, rispetto al precedente, l’export si riduce del 2,5%, l’import del 4,1%. Su base annua, dopo due mesi di crescita, l’export segna una flessione del 7,7% in termini monetari (era +1,0% nei due mesi precedenti) e dell’11,6% in volume. La contrazione dell’export in valore riguarda sia l’area Ue (-8,7%) sia quella extra-Ue (-6,7%). L’import registra una flessione tendenziale del 19,4% in valore – molto più ampia per l’area extra Ue (-31,8%) rispetto all’area Ue (-5,7%) – mentre in volume mostra un calo più contenuto (-3,7%).
Tra i settori che hanno contribuito maggiormente alla riduzione tendenziale dell’export si segnalano: coke e prodotti petroliferi raffinati (-60,2%), articoli farmaceutici, chimico-medicali e botanici (-23,0%), metalli e prodotti in metallo (-13,9%), prodotti chimici (-15,0%), mezzi di trasporto, autoveicoli esclusi (-10,7%). Crescono su base annua le esportazioni di autoveicoli (+31,1%) e macchinari e apparecchi non classificati altrove (n.c.a.) (+5,8%).
Su base annua, i paesi che hanno dato i maggiori contributi alla flessione dell’export sono: Belgio (-52,3%), Stati Uniti (-14,0%%), Germania (-5,8%) e Cina (-14,5%). Crescono le esportazioni verso paesi OPEC (+20,1%) e Turchia (+11,3%).
L’import, in calo da marzo 2023, riporta una contrazione molto più ampia.
Nei primi sette mesi dell’anno, il saldo commerciale è positivo per 16,2 miliardi (era -15,4 miliardi nello stesso periodo del 2022). I prezzi all’import mostrano cali congiunturali diffusi a tutti i raggruppamenti, a esclusione di beni strumentali; la loro flessione tendenziale si amplia per l’accentuarsi delle dinamiche negative dei prezzi di energia e beni intermedi in entrambe le aree, euro e non euro.
Fonte: Istat
Nel più recente comunicato del 29 settembre scorso, relativo all’interscambio con i paesi extra UE, ISTAT stima, ad agosto 2023, un aumento congiunturale per entrambi i flussi, più ampio per le esportazioni (+7,1%) rispetto alle importazioni (+3,8%). Dopo la battuta di arresto di luglio, ad agosto l’export verso i paesi extra-Ue27 torna quindi a crescere in termini sia congiunturali sia tendenziali. La crescita è trainata in particolare dalle maggiori vendite di beni di consumo non durevoli e beni strumentali ed è influenzata da movimentazioni occasionali di elevato impatto (cantieristica navale) verso gli Stati Uniti al netto delle quali il profilo di crescita risulta più contenuto (+4,1% su base mensile, +2,7% su base annua). Su base annua, l’export segna una crescita su base annua dell’8,8% (era -6,7% a luglio), trainata dalle maggiori vendite di beni strumentali (+27,6%) e beni di consumo non durevoli (+8,6%).
L’import, interrompendo la dinamica congiunturale negativa dei tre mesi precedenti, registra un aumento quasi interamente spiegato dai maggiori acquisti di energia e beni di consumo non durevoli; su base annua, si conferma in decisa flessione per l’ottavo mese consecutivo. Rispetto a un anno prima l’avanzo nell’interscambio di prodotti non energetici con i paesi extra Ue27 raddoppia.
Fonte: Istat
La Nota di aggiornamento presenta due scenari di previsioni macroeconomiche, uno tendenziale e l’altro programmatico, coerenti con lo scenario aggiornato riguardante le variabili esogene internazionali. Lo scenario programmatico incorpora l’impatto sull’economia delle nuove misure che saranno adottate con la prossima legge di bilancio per il 2024.
Le due previsioni, che coincidono per l’anno in corso, si differenziano negli anni successivi, in relazione alle future misure di politica fiscale.
Nel rispetto dei regolamenti europei e della normativa nazionale, le previsioni macroeconomiche tendenziali e programmatiche presentate nella Nota di aggiornamento del DEF sono sottoposte alla validazione dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB), costituito nell’aprile 2014 secondo quanto previsto dalla legge n. 243 del 2012, di attuazione del principio del pareggio del bilancio.
La validazione sul quadro programmatico, in particolare, viene comunicata dall’UPB nel corso del ciclo di audizioni presso le Commissioni bilancio di Camera e Senato, in tempo utile per la presentazione del Documento Programmatico di bilancio alla Commissione europea.
Lo scenario macroeconomico tendenziale presentato dalla NADEF 2023 ha ottenuto la validazione dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio il 30 settembre 2023, con nota del 21 settembre 2023 (si rinvia all’approfondimento in fondo al paragrafo).
Lo scenario tendenziale
La Nota di aggiornamento in esame reca uno scenario tendenziale aggiornato rispetto a quello programmatico presentato nel DEF dello scorso aprile, alla luce delle recenti tendenze dell’economia italiana che sono risultate più deboli delle attese, condizionate dal deterioramento del quadro ciclico globale.
Dopo il buon andamento del PIL nei primi mesi del 2023, la crescita dell’economia italiana ha subìto una inversione di tendenza, facendo registrare, a livello congiunturale, una riduzione del PIL pari a 4 decimi di punto nel secondo trimestre (Comunicato Istat, 23 settembre 2023), dovuta principalmente al rallentamento della domanda interna. Tale dato è stato confermato dal successivo Comunicato Istat del 3 ottobre.
Come sottolineato dalla NADEF, questo dato, pur risultando su base tendenziale il decimo incremento consecutivo del prodotto interno lordo, segnala una significativa decelerazione del ritmo di crescita del PIL.
Il rallentamento in atto è spiegato nella Nota innanzitutto con il deterioramento del quadro internazionale di riferimento, segnato dalla permanente incertezza causata dalla guerra in Ucraina e da un calo della domanda globale, e, a livello dell’area euro, dall’inasprimento delle condizioni monetarie e finanziarie conseguenti all’alta inflazione, che rappresentano un freno per la domanda aggregata, già indebolita dalla perdita di potere di acquisto dei consumatori avvenuta negli ultimi due anni.
Anche le prospettive economiche per l’anno in corso e per il triennio successivo restano fortemente condizionate dagli effetti del rialzo dei tassi di interesse, dall’evoluzione dell’inflazione e degli scambi mondiali.
Peraltro, le informazioni congiunturali più recenti prefigurano una lieve ripresa dell’attività economica a partire dal terzo trimestre dell’anno, facendo prospettare una graduale recupero della crescita in chiusura d’anno, sostenuta prevalentemente dalla ripresa dell’industria e dai servizi.
In particolare, il settore manifatturiero è atteso in lieve recupero nei prossimi mesi, nonostante il calo registrato in luglio della produzione industriale, favorito anche – si sottolinea nella NADEF - dalle recenti indicazioni sulla produzione elettrica e sui consumi elettrici industriali, in netto recupero negli ultimi mesi grazie anche alla riduzione dei prezzi dell’energia. La Nota riporta inoltre che nel secondo trimestre si è ridotto il numero di imprese che riscontra ostacoli all’export, soprattutto in ragione dei minori costi e della riduzione dei tempi di consegna.
Come ricordato nella NADEF, a luglio sono giunti segnali negativi dal settore manifatturiero. L’indice destagionalizzato della produzione industriale è diminuito dello 0,7% rispetto a giugno, dopo la crescita dei due mesi precedenti.
Fonte: Istat, Nota mensile sull’andamento dell’economia italiana - agosto 2023 (11 settembre 2023)
Anche il clima di fiducia delle imprese manifatturiere ha registrato un calo sia in agosto che a settembre (scendendo a 96,4, da 97,7 di agosto e 99,1 di luglio). Nell’indagine di settembre, la diminuzione dell’indice di fiducia si estende a tutti i settori di attività delle imprese, con l’eccezione delle costruzioni. L’indice complessivo si attesta sullo stesso valore di ottobre 2022.
Le costruzioni sono attese in lieve recupero nella parte finale dell’anno, dopo il calo del II trimestre, sebbene in un quadro di riduzione della produzione –rilevata a luglio (cfr. Comunicato Istat del 21 settembre 2023, in cui l’indice destagionalizzato della produzione nelle costruzioni ha registrato un calo congiunturale dell’1,6% rispetto a giugno, attestandosi ai livelli più bassi da dicembre 2021) e di una possibile diminuzione del volume degli ordini, segnalata dall’indice PMI di agosto.
Il settore dei servizi è atteso in crescita, ma a tassi molto moderati.
Riguardo ai servizi, la NADEF rileva il calo del clima di fiducia delle imprese dei servizi di mercato e del commercio al dettaglio, registrato sia in agosto che a settembre. L’elevata inflazione, seppur in riduzione, continua a pesare, secondo la NADEF, sul commercio al dettaglio: in luglio le vendite in volume hanno registrato una nuova flessione dello 0,2 per cento, a causa della componente non alimentare.
Guardando, infine, al clima di fiducia dei consumatori, nell’indagine di settembre l’indice si riduce per il terzo mese consecutivo (scendendo a 105,4 da 106,5 di agosto e 106,7 di luglio), raggiungendo il valore più basso dallo scorso giugno, sebbene – sottolinea la NADEF – esso permanga su valori superiori ai livelli medi della prima parte dell’anno.
Figura 7 . Clima di fiducia dei consumatori e delle imprese italiane (IESI)
Fonte: ISTAT, Fiducia dei consumatori e delle imprese (28 settembre 2023).
L’espansione inferiore alle attese registrata dal PIL nella prima metà dell’anno e la previsione di un incremento ancora molto modesto dell’attività economica nel secondo semestre, rilevata dai più recenti indicatori, porta a rivedere al ribasso le prospettive economiche per il 2023.
Nel nuovo scenario tendenziale, la previsione di crescita del PIL per il 2023 viene corretta in via prudenziale al ribasso, passando allo 0,8 per cento rispetto all’1,0 per cento riportato nel quadro programmatico del Documento di Economia e Finanza (DEF).
Per il 2024, anche per via dell’effetto di trascinamento del rallentamento in corso, la revisione è più marcata, con la previsione di crescita del PIL ridotta all’1,0 per cento rispetto all’1,5 per cento previsto nel DEF, principalmente per il deterioramento del quadro internazionale.
Nel biennio successivo, invece, la previsione di crescita resta invariata per l’anno 2025, confermando quanto ipotizzato ad aprile nel DEF, ed è rivista marginalmente al rialzo per il 2026 (+0,1 punti percentuali).
Lo scenario si fonda, spiega la NADEF, sull’ipotesi che non vi siano ulteriori difficoltà nell’approvvigionamento di materie prime energetiche.
Tabella 1 - Confronto tra DEF e NADEF sulle previsioni di crescita del PIL 2023-2026
(variazioni percentuali)
|
2023 |
2024 |
2025 |
2026 |
DEF 2023 - Previsioni tendenziali |
0,9 |
1,4 |
1,3 |
1,1 |
DEF 2023 - Previsioni programmatiche |
1,0 |
1,5 |
1,3 |
1,1 |
NADEF settembre 2023 - tendenziali |
0,8 |
1,0 |
1,3 |
1,2 |
La revisione al ribasso della stima di crescita dal PIL per il 2023 di -0,2 punti percentuali rispetto al DEF dipende essenzialmente dall’imprevisto andamento negativo degli ultimi dati congiunturali, peggiore del previsto nella media nel primo semestre rispetto a quanto stimato nel DEF 2023, e dell’incertezza sull’evoluzione del contesto internazionale.
Come illustrato nel Focus ‘La revisione delle stime per il 2023-2024 e gli anni seguenti’, differentemente da quanto stimato ad aprile, nel primo trimestre dell’anno si è registrato un aumento dell’attività economica maggiore del previsto, seguito però da un calo superiore alle attese, delineando una minore crescita acquisita al primo semestre. Il profilo di crescita della seconda parte dell’anno è stato pertanto rivisto al ribasso rispetto al DEF.
In relazione al dato congiunturale del secondo trimestre, molto inferiore alle attese, per il 2023 è stata rivista al ribasso anche la variazione del deflatore del PIL.
La NADEF ricorda peraltro la recente revisione verso l’alto del livello del PIL a partire dal 2021 effettuata dall’Istat il 22 settembre scorso[21] - per incorporare i dati definitivi sui risultati economici delle imprese, non ancora disponibili ad aprile, e quelli completi relativi all’occupazione – che, oltre a testimoniare il forte recupero dell’economia italiana nel periodo post pandemico, costituisce, secondo la NADEF, un segnale incoraggiante in termini di potenziale di crescita.
Ciò comporta – sottolinea la NADEF - un significativo incremento del livello del PIL, sia nominale sia reale, previsto per quest’anno e il prossimo triennio.
Per il 2024 la previsione di crescita del PIL scende all’1,0 per cento rispetto all’1,5 per cento previsto nel DEF.
Nel dettaglio della previsione, il profilo di crescita prospettato dalla NADEF per l’anno in corso riflette una dinamica dell’attività solo lievemente espansiva negli ultimi due trimestri - grazie ad un moderato recupero dell’industria e dei servizi - che permetterebbe di iniziare il 2024 con una crescita acquisita relativamente bassa (0,3 punti percentuali), visto il minore trascinamento dal 2023.
Tuttavia, la ripresa è attesa proseguire nei restanti trimestri, favorita dall’impulso agli investimenti privati fornito dal PNRR e dal rientro dell’inflazione – che la NADEF ipotizza scendere con decisione nel quarto trimestre di quest’anno - fattore che dovrebbe comportare un riassorbimento dell’incertezza di famiglie e imprese sul futuro.
Il ridimensionamento della crescita del PIL nel 2024, di -0,5 punti percentuali rispetto al DEF di aprile, è del tutto imputabile al mutato quadro delle esogene internazionali, sottostanti la previsione, che risultano, infatti, meno favorevoli rispetto a quanto ipotizzato ad aprile nel Documento di Economia e Finanza.
La NADEF, in particolare, spiega che la revisione al ribasso è riconducibile, da un lato, agli effetti della politica monetaria restrittiva, che si traduce in maggiori costi di finanziamento e in una restrizione delle condizioni di accesso al credito per famiglie e imprese, dall’altro, al rallentamento del commercio internazionale e dell’apprezzamento dell’euro. In particolare, la NADEF sottolinea la revisione della previsione di crescita del commercio estero rilevante per l’Italia rispetto al DEF, rivista significativamente al ribasso sia per l’anno in corso che per il 2024.
Nella revisione del quadro tendenziale, i cambiamenti intervenuti nelle principali variabili esogene sottostanti la previsione determinano un delta di previsione di crescita nel 2024 pari a -0,6 punti percentuali rispetto al DEF di aprile, come indicato nella tavola che segue.
Tabella 2 - Effetti sul PIL delle variabili esogene della previsione rispetto allo scenario del DEF 2023 (impatto sui tassi di crescita)
(variazioni percentuali)
NADEF: Effetti sul PIL delle variabili esogene della previsione rispetto alla previsione del DEF |
||||
|
2023 |
2024 |
2025 |
2026 |
1. Commercio mondiale |
-0,1 |
-0,4 |
0,1 |
0,1 |
2. Tasso di cambio nominale effettivo |
-0,2 |
-0,2 |
0,0 |
0,0 |
3. Prezzo del petrolio e gas |
0,3 |
0,1 |
-0,3 |
-0,1 |
4. Ipotesi tassi d'interesse |
0,0 |
-0,1 |
0,0 |
0,1 |
Totale |
0,0 |
-0,6 |
-0,2 |
0,0 |
L’impatto più rilevante della revisione delle esogene sul ridimensionamento della crescita del PIL nel 2024 viene dalla nuova previsione di crescita del commercio mondiale, che è stata rivista nettamente al ribasso, in linea con le più recenti proiezioni fornite da Oxford Economics, e che incide per un ulteriore -0,4 punti percentuali sulla crescita del PIL rispetto alla previsione di aprile. Nel complesso, l’impatto della domanda mondiale sulle esportazioni italiane, e quindi sul PIL, risulta negativo per l’anno in corso (-0,1), negativo nel 2024 (-0,4) e positivo per gli anni successivi (0,1 nel 2025 e 2026).
Il tasso di cambio dell’euro risulta attualmente meno competitivo rispetto al livello utilizzato per le previsioni del DEF, ed incide negativamente sulla previsione di crescita delle esportazioni nel 2024 per via dell’apprezzamento dell’euro. L’impatto macroeconomico che ne deriva è quindi negativo per il 2024 e il 2025.
I tassi di interesse e i rendimenti attesi risultano più elevati già per l’anno in corso e per il 2024, anno in cui è previsto il loro picco massimo, con un ulteriore impatto negativo sul PIL nel 2024 (-0,1 punti rispetto a quanto prefigurato ad aprile), come conseguenza delle decisioni di politica monetaria della BCE.
Per quanto riguarda invece i prezzi energetici, il profilo tracciato dai contratti futures sul gas naturale TTF risulta, ad eccezione del 2023, più elevato dei livelli proiettati nel DEF, analogamente per i prezzi attesi del petrolio Brent. Nella NADEF, cumulando gli effetti dei rincari di petrolio e gas, risulta un impatto positivo di 3 decimi di punto per il PIL nel 2023, di 1 decimo di punto nel 2024 e un impatto negativo cumulato di 4 decimi di punto nel biennio 2025-2026.
Nel complesso, rispetto alla precedente previsione di aprile, tali fattori di revisione esercitano un impatto negativo più ampio sulla crescita, tale da sottrarre complessivamente -0,6 punti percentuali al tasso di espansione del PIL reale nel 2024 e -0,2 punti nel 2025.
Un apporto favorevole alla crescita del PIL nel 2024 verrà invece dal rallentamento dell’inflazione, che la NADEF prefigura già nell’ultimo trimestre del 2023 e che consentirà un recupero dei consumi delle famiglie e del potere di acquisto.
Nella tabella che segue è riportato il quadro macroeconomico tendenziale esposto nella Nota, con l’indicazione delle previsioni per gli anni 2023-2026 dei principali indicatori, a raffronto con i dati di consuntivo del 2022.
Tabella 3 - Il quadro macroeconomico tendenziale
(variazioni percentuali)
|
Consuntivo |
Nota agg. DEF 2023 |
|||
|
2022 |
2023 |
2024 |
2025 |
2026 |
PIL |
3,7 |
0,8 |
1,0 |
1,3 |
1,2 |
Importazioni |
12,4 |
0,1 |
3,1 |
4,1 |
3,7 |
Consumi finali nazionali |
3,9 |
1,1 |
0,6 |
0,9 |
1,0 |
- spesa famiglie e I.S.P |
5,0 |
1,3 |
1,0 |
1,0 |
1,1 |
- spesa P.A. |
0,7 |
0,6 |
-0,6 |
0,9 |
0,4 |
Investimenti |
9,7 |
1,0 |
2,8 |
2,3 |
1,9 |
- macchinari, attrezzature, e vari |
8,1 |
2,0 |
2,5 |
2,4 |
1,8 |
- mezzi di trasporto |
7,4 |
14,0 |
3,3 |
2,4 |
2,4 |
- costruzioni |
11,4 |
-1,3 |
2,9 |
2,2 |
2,0 |
Esportazioni |
9,9 |
0,7 |
2,4 |
4,3 |
3,5 |
|
|
|
|
|
|
Deflatore PIL |
3,0 |
4,5 |
2,9 |
2,1 |
2,0 |
|
|
|
|
|
|
PIL nominale (mld di euro) |
1.946,2 |
2.050,6 |
2.130,5 |
2.203,1 |
2.274,0 |
Per quanto riguarda le componenti della domanda, i consumi delle famiglie sono previsti crescere a tassi contenuti, nonostante il rallentamento dell’inflazione.
Gli investimenti nel breve termine – pur sostenuti dall’utilizzo dei fondi legati al PNRR – sono attesi meno dinamici rispetto a quanto previsto nel DEF (che ipotizzava un tasso di espansione degli investimenti superiore al 3 per cento per gli anni 2023-2024), anche per effetto del peggioramento delle condizioni del credito e dell’aumento dei prezzi.
La frenata del commercio mondiale, insieme all’apprezzamento dell'euro, infine, comportano un rallentamento delle esportazioni specialmente per quest’anno. Tuttavia, assicura la NADEF, la ripresa della domanda estera prevista per gli anni successivi contribuirà a sostenere l’export. Nel complesso, nel biennio 2023-2024 il contributo delle esportazioni nette alla crescita risulta neutrale, mentre nell’ultimo biennio sarebbe invece marginalmente positivo.
Si riporta di seguito un confronto tra le previsioni tendenziali di crescita dell’Italia recate nella NADEF con quelle elaborate dai principali istituti di ricerca nazionali e internazionali, che risultano sostanzialmente in linea con riferimento al 2023 ma meno ottimistiche per il 2024.
Tabella 4 - Previsioni istituti nazionali e internazionali sulla crescita del PIL italiano
(variazioni percentuali)
|
2023 |
2024 |
GOVERNO (settembre ’23) |
0,8 |
1,0 |
Commissione UE – Summer forecasts (settembre ’23) |
0,9 |
0,8 |
OCSE – Interim Economic outlook (settembre ’23) |
0,8 |
0,8 |
FMI – WEO Update (luglio ’23) |
1,1 |
0,9 |
PROMETEIA (settembre ’23) |
0,7 |
0,4 |
UPB (agosto ’23) |
1,0 |
1,1 |
Banca d’Italia (luglio ’23) |
1,3 |
0,9 |
Fonte: elaborazione Servizio Studi
Rischi per la previsione
La Nota sottolinea che il profilo di crescita prefigurato nel nuovo quadro tendenziale è comunque improntato ad un approccio prudenziale, alla luce dei numerosi fattori di incertezza di ordine internazionale e geopolitico che pesano sull’evoluzione del contesto economico italiano. Lo scenario prospettato dalla NADEF tiene infatti conto dei rischi legati alle implicazioni che fattori quali il perdurare del conflitto in Ucraina, il rallentamento del commercio mondiale e l’aumento dei tassi di interesse possono esercitare sulle scelte di famiglie e imprese.
Complessivamente, i rischi della previsione provenienti dal contesto internazionale risultano orientati al ribasso.
Permane infatti l’incertezza sugli sviluppi della guerra in Ucraina, che implica un crescente coinvolgimento finanziario da parte dei Paesi dell’alleanza del Nord-Atlantico, aumentando la potenziale instabilità del ciclo economico e finanziario internazionale, e sulle prospettive della crescita globale, che possono essere influenzate negativamente dal prolungato rallentamento dell’economia cinese e dal modesto andamento del prodotto in Europa.
Restano vivi i rischi legati ad un rallentamento dell’inflazione meno veloce di quanto previsto, in concomitanza alla strategia di offerta dei paesi produttori di petrolio o ad eventi climatici estremi, che spingerebbero al rialzo i prezzi di alcuni beni alimentari e/o di altre materie prime non energetiche, concedendo minor spazio di espansione ai consumi.
Infine, la prolungata restrizione delle condizioni finanziarie, ed in particolare il mantenimento da parte della FED di tassi d’interesse elevati, potrebbe condizionare il ciclo finanziario internazionale, con conseguente impatto negativo sul commercio mondiale e sulla stabilità finanziaria dei Paesi più vulnerabili.
La NADEF fornisce una valutazione degli effetti sull’economia italiana di quattro scenari di rischio per le variabili esogene della previsione, legati:
· all’eventuale materializzarsi, rispetto allo scenario tendenziale, di un ulteriore rallentamento del commercio mondiale, in connessione principalmente con l’indebolimento dell’economia cinese;
· ad una minore competitività dell’Italia, dovuta ad un maggiore apprezzamento dell’euro nei confronti delle altre valute;
· al perdurare di un clima geopolitico di forte tensione, che potrebbe incidere sul percorso di rientro dell’inflazione e sulla discesa dei prezzi delle materie prime energetiche;
· all’ipotesi di una persistenza dell’intonazione restrittiva delle politiche monetarie, con un allargamento del differenziale fra i titoli di Stato italiani e il Bund, che porterebbe ad un inasprimento delle condizioni di finanziamento di famiglie e imprese e al graduale deterioramento dei loro bilanci.
Nel Focus “Un’analisi di rischio (o di sensibilità) sulle variabili esogene” sono analizzati incognite ed elementi di rischio insiti nel quadro economico internazionale, sebbene la previsione di crescita dello scenario tendenziale già incorpori le conseguenze negative sul piano economico dei fattori di incertezza di ordine internazionale e geopolitico.
Gli scenari alternativi analizzati riguardano ipotesi meno favorevoli circa il profilo della domanda mondiale, i tassi di cambio, i prezzi dei beni energetici e le condizioni dei mercati finanziari. Mediante esercizi di simulazione con il modello econometrico ITEM, sono stati esaminati quattro scenari, il cui effetto sul PIL è sintetizzato nella Tabella che segue (cfr. il riquadro di pag. 62 e segg.).
Tabella 5 - Effetti sul PIL degli scenari di rischio (impatto sui tassi di crescita in percentuale rispetto al quadro macroeconomico tendenziale) (Fonte: NADEF 2023 Tavola R1, riquadro pag. 64)
|
2023 |
2024 |
2025 |
2026 |
1. Commercio mondiale |
0,0 |
-0,1 |
-0,2 |
-0,2 |
2. Tasso di cambio nominale effettivo |
0,0 |
-0,3 |
-0,5 |
-0,3 |
3. Prezzo del petrolio |
0,0 |
-0,4 |
0,2 |
0,1 |
4. Condizioni finanziarie (Spread BTP-Bund) |
0,0 |
-0,1 |
-0,4 |
-0,5 |
|
Inflazione
Un apporto favorevole alla crescita del PIL nel 2024 discende, secondo la NADEF, dalla riduzione delle pressioni inflazionistiche, che dovrebbe comportare un riassorbimento dell’incertezza di famiglie e imprese sul futuro.
La NADEF stima un forte calo dell’inflazione headline dell’indice NIC nell’ultimo trimestre del 2023, seguito da un lieve aumento nel corso del 2024 anche per il venir meno del contributo negativo della componente energetica, che invece caratterizza la fine dell’anno in corso.
L’andamento dell’inflazione core registra, invece, un rallentamento meno marcato, a causa della persistenza dei servizi, attesi più dinamici dell’inflazione complessiva.
In particolare, la NADEF stima, per l’indice NIC, un aumento al 5,8 per cento nel 2023 e un assestamento al 2,5 per cento nel 2024. Negli anni a seguire, 2025 e 2026, si attende un rientro dell’inflazione al 2,0 per cento.
La Nota stima, nell’ultimo trimestre 2023, un andamento dei prezzi delle materie prime energetiche in forte calo rispetto all’anno precedente (del -65,2 per cento del prezzo medio del gas, del -19,3 per cento del petrolio e del -58,4 per cento dell’elettricità). Nel 2024, invece, stima una sostanziale stabilità dei prezzi di petrolio ed elettricità, mentre prospetta un aumento del 27,3 per cento del prezzo del gas. Negli ultimi mesi, rileva il Governo, si sono attenuate le forti oscillazioni sul mercato tutelato dei beni energetici. Per quanto riguarda l’elettricità, ARERA ha decretato la sostanziale stabilità delle tariffe nel terzo trimestre del 2023 rispetto al trimestre precedente, mentre si è ridotta la variabilità delle tariffe mensili del gas a partire da maggio. Attualmente, il prezzo del gas sul mercato tutelato è stato fissato pari a 34,07 €/MWh per la bolletta di agosto (in calo del 71 per cento rispetto al picco raggiunto a dicembre 2022, pari a 116,60 €/MWh).
Lo scenario appena descritto non tiene conto, afferma il Governo, di eventi climatici estremi, né di inattese tensioni nel panorama geopolitico internazionale, che potrebbero inasprire i prezzi, soprattutto dei beni energetici e degli alimentari. Sul punto, si rinvia al Focus della NADEF “Un’analisi di rischio (o di sensibilità) sulle variabili esogene”, contenuta nel Cap. II, in cui si contempla il rischio di una maggiore pressione al rialzo sui prezzi del petrolio in concomitanza con la riduzione dell’offerta di greggio da parte dei paesi OPEC+ nel 2023 e a inizio 2024. Questo scenario determinerebbe un impatto sui tassi di crescita tendenziali in termini percentuali di -0,4 punti nel 2024, + 0,2 punti nel 2025 e + 0,1 punti nel 2026.
L’Ufficio Parlamentare di Bilancio, nella Lettera di validazione delle previsioni macroeconomiche tendenziali del 21 settembre 2023, conferma i rischi della previsione.
L’UPB evidenzia, infatti, come “la netta flessione dell’inflazione l’anno prossimo è un cardine su cui poggia l’intero quadro macroeconomico. Tale attesa è condivisibile ma è gravata da diversi rischi. Le variabili esogene sono costruite basandosi su prezzi dei mercati a termine delle materie prime, estremamente volatili; non si possono escludere nuovi shock, ad esempio a seguito delle strategie di offerta dei paesi produttori di petrolio. Inoltre, eventi climatici avversi o nuove tensioni geo-politiche potrebbero spingere al rialzo le quotazioni all’ingrosso dei beni alimentari, che rapidamente si trasmetterebbero ai prezzi al consumo. Eventuali nuovi rincari inciderebbero direttamente sul reddito disponibile e quindi sulle possibilità di spesa delle famiglie”.
Inflazione e attuale dinamica dei prezzi
Secondo quanto rilevato da ISTAT, in una recente audizione parlamentare[22], a partire dai primi mesi del 2023, l’orientamento restrittivo della politica monetaria e il calo sui mercati internazionali delle quotazioni delle materie prime energetiche, hanno determinato una graduale e generalizzata decelerazione dell’inflazione.
Il calo dei listini all’import dei prodotti energetici è iniziato a ottobre 2022, mentre i prezzi all’import al netto dell’energia hanno reagito con un certo ritardo, segnando le prime flessioni all’inizio di quest’anno.
I prezzi alla produzione nell’industria hanno rallentato in termini congiunturali a partire da gennaio 2023 (in termini tendenziali il calo è iniziato e si è accentuato progressivamente da aprile).
I listini dei servizi, che scontano ancora lo slancio delle riaperture del settore del periodo post pandemia, hanno registrato invece una moderata crescita negli ultimi tre trimestri.
Dopo i forti incrementi del 2021 e 2022, l’evoluzione dei prezzi alla produzione nelle costruzioni ha mostrato, per l’indice generale degli edifici non residenziali, una progressiva riduzione delle variazioni tendenziali a partire da gennaio 2023, fino a registrare la prima flessione ad aprile, confermata anche nei dati di maggio e giugno. Analoga dinamica si rileva per i prezzi di “strade e ferrovie” con una prima flessione a maggio, confermata il mese successivo. L’evoluzione degli indici dei costi delle costruzioni nel periodo gennaio-maggio 2023 ha confermato questa tendenza. Nel complesso, i prezzi del settore sono, a giugno 2023, su un livello superiore di circa 12 punti rispetto a quelli di gennaio del 2021.
Dopo l’eccezionale crescita dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività – NIC (al lordo dei tabacchi) del +8,1% nell’anno 2022, i più recenti dati evidenziano per l’inflazione un ulteriore, sebbene lieve, rallentamento, al +5,3% su base annua. La nuova discesa del tasso di inflazione, certificata dalle stime preliminari ISTAT contenute nel comunicato stampa sui prezzi al consumo del 29 settembre u.s., risente dell’andamento dei prezzi dei beni alimentari, la cui crescita in ragione d’anno si riduce sensibilmente, pur restando su valori relativamente marcati (+8,6%).
Per contro, sempre secondo l’Istat, un freno al rientro dell’inflazione si deve al riaccendersi di tensioni sui prezzi dei beni energetici, in particolare nel settore non regolamentato, che riporta la dinamica tendenziale del comparto su valori positivi, ma anche all’accelerazione dei prezzi dei servizi di trasporto.
Nell’ambito degli Energetici non regolamentati, a determinare in misura più rilevante l’accelerazione dell’aggregato sono i prezzi della Benzina (da +6,2% a +13,9%; +2,1% sul mese) e del Gasolio per mezzi di trasporto (da +0,6% a +3,5%; +4,2% il congiunturale). Tali effetti sono stati solo in parte compensati dall’accentuazione della dinamica in flessione dei prezzi di Energia elettrica mercato libero (da -8,1% a -8,7%; -0,4% rispetto al mese precedente), del Gas di città e gas naturale mercato libero (da -3,6% a -5,6%; -0,9% su agosto) e di Altri carburanti (da -19,1% a -23,1%; +0,7% sul mese).
Quanto ai servizi, ad incidere è l’aumento del ritmo di crescita dei prezzi del Trasporto aereo passeggeri (con nuova inversione di tendenza da -9,1% a +7,0%; -18,0% su agosto) e di quelli del Trasporto passeggeri su rotaia (da +4,2% a +7,3%; +1,4% il congiunturale); e l’accelerazione dei prezzi dei Servizi dell’infanzia e istruzione primaria (da +2,5% a +4,0%; +3,6% su agosto).
Si attenua, infine, la crescita annua dei prezzi del “carrello della spesa” (beni alimentari, per la cura della casa e della persona), a settembre attestatasi al +8,3%.
Come ricordato in precedenza, la nuova previsione macroeconomica tendenziale per il 2023 e 2024 presentata dalla NADEF 2023 è stata validata dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio con nota del 21 settembre 2023.
La legge n. 243 del 2012 include tra i compiti dell’Ufficio parlamentare di bilancio (UPB) quello di effettuare analisi, verifiche e valutazioni in merito alle previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica (art. 18, co. 1). In ottemperanza a tale norma – oltre che al Regolamento (UE) n. 473/2013, che richiede che le previsioni macroeconomiche siano validate da un’istituzione nazionale indipendente – l’UPB ha esaminato le previsioni macroeconomiche tendenziali della NADEF 2023, che sono state inviate dal MEF il 20 settembre 2023.
Il quadro macroeconomico tendenziale ha ottenuto la validazione il 21 settembre 2023, in quanto nel biennio oggetto di validazione (2023-24) si colloca in un intervallo accettabile. Le stime, rileva l’UPB, sono comunque circondate da un’incertezza molto ampia, ascrivibile principalmente a fattori esterni o esogeni, oltre che agli sviluppi del PNRR.
Nella nota allegata alla lettera di validazione viene precisato che la previsione tendenziale della NADEF relativa alla dinamica del PIL nel biennio 2023-2024 si colloca all’interno di un accettabile intervallo di valutazione. In particolare, la stima per il 2023 (0,8 per cento), rivista al ribasso di due decimi di punto percentuale rispetto al quadro programmatico del DEF 2023, è sostanzialmente allineata alla mediana delle previsioni del panel UPB e coincide con la previsione dell’UPB. La NADEF sottende un recupero della fase ciclica nella seconda metà di quest’anno; tale evoluzione è qualitativamente condivisa dal panel UPB che, tuttavia, prospetta una dinamica del prodotto lievemente inferiore. I dati congiunturali più recenti indicano che i livelli produttivi restano insoddisfacenti nella manifattura e l’attività nell’edilizia è ancora debole; nei servizi l’attività, meno vivace rispetto allo scorso anno, avrebbe risentito dei rincari dei prezzi.
Per quanto riguarda il 2024 il Governo prevede un PIL in crescita dell’1,0 per cento, 0,5 punti percentuali in meno rispetto a quanto indicato nel DEF 2023; il peggioramento dipende da fattori di matrice prevalentemente esterna, connessi con il deterioramento del commercio internazionale, il rialzo dei tassi di interesse e le più elevate quotazioni delle materie prime energetiche. Tale tasso di crescita per il prossimo anno è appena superiore alla previsione dell’UPB ed è sostanzialmente intermedio tra il valore mediano e l’estremo superiore del panel UPB. Il quadro macroeconomico per il 2024 è comunque contrassegnato da un’elevata incertezza, ascrivibile in massima parte all’instabilità dello scenario economico globale e ai numerosi rischi.
I rischi della previsione, prevalentemente esogeni o di matrice internazionale sono legati, sinteticamente, all’attuazione del PNRR, alla guerra in Ucraina e alle prospettive di crescita di Germania e Cina, alla persistenza dell’inflazione, a nuove possibili tensioni finanziarie globali, alle prossime evoluzioni negli orientamenti di politica monetaria e, infine, ai fattori ambientali e climatici.
Il quadro macroeconomico programmatico per gli anni 2024 e successivi, presentato nella Nota, include l’impatto sull’economia delle misure che saranno adottate con la prossima legge di bilancio per il 2024.
In considerazione dell’elevata incertezza del quadro economico, il Governo ha deciso di richiedere, con la Relazione che accompagna la NADEF 2023, l’autorizzazione del Parlamento a fissare un nuovo sentiero programmatico per l’indebitamento netto della PA rispetto al DEF.
I nuovi obiettivi programmatici di deficit in rapporto al PIL sono posti al 5,3 per cento nel 2023 (+0,1 per cento rispetto all’andamento tendenziale), al 4,3 per cento nel 2024 (+0,7 per cento), al 3,6 per cento nel 2025 (+0,2 per cento) e al 2,9 per cento nel 2026 (-0,2 per cento).
Come esposto nella Relazione presentata ai sensi dell’art. 6 della legge n. 243 del 2012, gli spazi finanziari che si rendono disponibili, quale differenza tra gli andamenti tendenziali e programmatici aggiornati, che includono anche la maggiore spesa per interessi passivi conseguente al maggior disavanzo, sono pari a 3,2 miliardi nel 2023, 15,7 miliardi nel 2024 e 4,6 miliardi nel 2025. Nel 2026, invece, il saldo obiettivo implica una correzione di 3,8 miliardi di euro rispetto all’indebitamento netto tendenziale, che consente di riportare lo stesso al di sotto della soglia del 3 per cento.
Nel 2023 le nuove risorse, saranno destinate, attraverso un provvedimento d’urgenza, al conguaglio anticipato dell’adeguamento Istat per i trattamenti pensionistici previsto per l’anno 2024, a misure per il personale delle pubbliche amministrazioni e alla gestione dei flussi migratori.
Secondo quanto esposto nella Nota, la manovra di finanza pubblica per il 2024-2026 continuerà ad essere orientata a princìpi di prudenza, cercando di contemperare l’obiettivo di fornire sostegno all’economia attraverso misure mirate con l’obiettivo di assicurare il rientro del deficit al di sotto del 3 per cento del PIL e un percorso di riduzione credibile e duraturo del rapporto debito/PIL.
In coerenza con le raccomandazioni del Consiglio dell’UE per l’Italia si intende ritirare gradualmente le misure di sostegno connesse agli aumenti dei prezzi dei beni energetici. Con la prossima manovra di finanza pubblica il Governo continuerà a sostenere la domanda privata e a contrastare il calo del potere di acquisto delle retribuzioni causato dall’inflazione, attraverso interventi mirati.
Gli ambiti principali della prossima politica fiscale prevedono:
§ la conferma per i 2024 del taglio contributivo (riduzione del cuneo fiscale): in termini di impatto sulla finanza pubblica, si tratta della principale misura della legge di bilancio 2024;
§ stanziamenti per l’avvio della riforma del sistema fiscale e per supportare le famiglie più numerose;
§ stanziamenti da destinare al personale del sistema sanitario;
§ incentivi per gli investimenti nel Mezzogiorno;
§ risorse per le politiche invariate, quali i rinnovi contrattuale della PA e le spese necessarie per preservare la continuità dei servizi pubblici.
La NADEF cita anche interventi volti a contrastare l’evasione fiscale e migliorare la tax compliance (quali il potenziamento delle banche dati e della capacità operativa dell’amministrazione finanziaria) e un’attività di revisione della spesa da realizzare nell’ambito del percorso delineato dalla legge di contabilità (art. 22-bis della legge n. 196 del 2009).
Al fine di ridurre il rapporto debito/PIL nel prossimo biennio si preannuncia un parziale utilizzo delle disponibilità liquide del Tesoro e l’avvio di un piano di dismissioni di partecipazioni dello Stato.
Nello scenario programmatico, in virtù degli effetti della manovra di bilancio, la crescita del PIL reale è prevista pari al 1,2 per cento nel 2024, al 1,4 per cento nel 2025 e al 1,0 per cento nel 2026.
Nella tavola che segue è riportato l’impatto macroeconomico delle misure della manovra sull’andamento del PIL, che determinerebbero, rispetto allo scenario tendenziale, un incremento del tasso di crescita del PIL di 0,2 punti percentuali nel 2024 e di 0,1 punti percentuali nel 2025. Il livello più alto del PIL, raggiunto nel 2025, unitamente all’esaurirsi degli effetti espansivi della manovra delineata porterebbero ad una dinamica dell’attività economica meno accentuata nel 2026 (-0,2 per cento).
Tabella 6 - Effetti sul PIL della manovra programmatica rispetto allo scenario tendenziale (impatto sui tassi di crescita)
(variazioni percentuali)
|
2024 |
2025 |
2026 |
Previsione PIL tendenziale |
1,0 |
1,3 |
1,2 |
Previsione PIL programmatico |
1,2 |
1,4 |
1,0 |
Rispetto alla previsione tendenziale, la più elevata crescita nel 2024 (+0,2) è ricondotta soprattutto all’effetto espansivo esercitato dal taglio contributivo sul livello dell’attività economica. In particolare, l’alleggerimento del carico fiscale incrementa il reddito disponibile delle famiglie con un conseguente aumento dei consumi di 0,3 punti percentuali nel 2024. Inoltre, il sostegno ai redditi dei lavoratori può contribuire a mitigare le pressioni salariali e i conseguenti effetti inflazionistici. La maggiore domanda stimolerebbe ulteriormente l’attività delle imprese, con un impatto positivo sugli investimenti fissi lordi (3,0 per cento) e sulla dinamica dell’occupazione. Di conseguenza, ciò si rifletterebbe in un corrispondente aumento della domanda di importazioni (3,3 per cento, +0,2 punti percentuali).
Nel 2025, le misure di riduzione della pressione fiscale continuerebbero a sostenere la crescita dei consumi delle famiglie (1,1 per cento) e dell’occupazione rispetto alla previsione tendenziale, favorendo l’innalzamento della crescita del PIL all’1,4 per cento.
Con riferimento all’anno 2026, l’obiettivo di riportare il deficit al di sotto del 3,0 per cento del PIL richiederà - si spiega nella Nota - coperture finanziarie rispetto al 2025, il cui impatto sulla crescita sarà moderatamente negativo, portando a prefigurare, in via prudenziale, una minore crescita del PIL nel 2026, pari all’1,0 per cento (-0,2 punti percentuali).
Di seguito si riporta il quadro macroeconomico programmatico a raffronto con il quadro tendenziale.
Tabella 7- Confronto quadro macroeconomico tendenziale e programmatico
(variazioni percentuali)
|
Previsioni tendenziali |
Previsioni Programmatiche |
||||||
2023 |
2024 |
2025 |
2026 |
2023 |
2024 |
2025 |
2026 |
|
PIL |
0,8 |
1,0 |
1,3 |
1,2 |
0,8 |
1,2 |
1,4 |
1,0 |
Importazioni |
0,1 |
3,1 |
4,1 |
3,7 |
0,1 |
3,3 |
4,1 |
3,6 |
Consumi finali nazionali |
1,1 |
0,6 |
0,9 |
1,0 |
1,1 |
0,8 |
1,0 |
0,8 |
- spesa delle famiglie e I.S.P |
1,3 |
1,0 |
1,0 |
1,1 |
1,3 |
1,3 |
1,1 |
1,0 |
- spesa delle P.A. |
0,6 |
-0,6 |
0,9 |
0,4 |
0,6 |
-1,0 |
0,8 |
0,0 |
Investimenti fissi lordi |
1,0 |
2,8 |
2,3 |
1,9 |
1,0 |
3,0 |
2,4 |
1,9 |
- macchinari, attrezzature e vari |
2,0 |
2,5 |
2,4 |
1,8 |
2,0 |
2,8 |
2,6 |
1,8 |
- mezzi di trasporto |
14,0 |
3,3 |
2,4 |
2,4 |
14,0 |
3,3 |
2,4 |
2,4 |
- costruzioni |
-1,3 |
2,9 |
2,2 |
2,0 |
-1,3 |
3,1 |
2,2 |
2,0 |
Esportazioni |
0,7 |
2,4 |
4,3 |
3,5 |
0,7 |
2,4 |
4,3 |
3,5 |
|
||||||||
Deflatore PIL |
4,5 |
2,9 |
2,1 |
2,0 |
4,5 |
2,9 |
2,1 |
2,1 |
Inflazione programmata |
- |
- |
- |
- |
5,6 |
2,3 |
- |
- |
Occupazione (ULA) |
1,4 |
0,6 |
1,0 |
0,8 |
1,4 |
0,7 |
1,1 |
0,7 |
PIL nominale (mld di euro) |
2.050,6 |
2.130,4 |
2.203,1 |
2.274,1 |
2.050,6 |
2.135,2 |
2.212,2 |
2.281,7 |
Tendenze recenti dell’occupazione e delle retribuzioni
La Nota sottolinea, in primo luogo, come, nonostante l’elevata inflazione e il rallentamento del ciclo economico, nella prima parte del 2023 si siano registrati una diminuzione del numero di soggetti disoccupati ed un aumento degli occupati, seppur, con riferimento a questi ultimi, con un divario ancora significativo rispetto al livello della fase pre-pandemica (divario pari, nel secondo trimestre, a 81,2 mila unità).
In particolare, nel secondo trimestre del 2023 il tasso di occupazione ha raggiunto il 61,5 per cento a giugno, diminuendo leggermente al 61,3 per cento a luglio (+0,3 punti rispetto al primo trimestre), con un aumento dei lavoratori autonomi e dei dipendenti a tempo indeterminato e una diminuzione di quelli a termine, e il tasso di disoccupazione è sceso al 7,6 per cento (-0,3 per cento rispetto al primo trimestre), che, come segnalato dalla Nota, rappresenta il valore più basso nell’ultimo decennio, anche in seguito alla riduzione delle persone in cerca di occupazione.
Sul punto, la Nota evidenzia che le dinamiche sottostanti l’andamento del mercato del lavoro sono strettamente connesse al cambiamento della struttura demografica e alla contrazione della popolazione in età lavorativa, caratterizzata in particolare da una diminuzione delle forze di lavoro nella coorte 35-49 anni.
NADEF 2023
Per quanto riguarda le tendenze dei salari, il Governo sottolinea la crescita comunque contenuta delle retribuzioni. In particolare, quelle di fatto per dipendente hanno registrato dapprima un incremento nel primo trimestre (+1,1 per cento rispetto al trimestre precedente) – dovuto alla corresponsione di somme una tantum nel comparto dei servizi – per poi subire un rallentamento (dello 0,3 per cento) nel secondo trimestre. Le retribuzioni contrattuali per dipendente, invece, hanno avuto un leggero incremento nel secondo trimestre (+0,7 per cento rispetto al trimestre precedente). Su base annua, le retribuzioni contrattuali hanno accelerato nel secondo trimestre, al 2,7 per cento (dal 2,2 per cento nel primo trimestre del 2023), in conseguenza dell’effetto del recepimento dei nuovi CCNL[23].
Quadro tendenziale e programmatico
A livello tendenziale, la Nota evidenzia che, malgrado la revisione lievemente al ribasso della previsione di crescita per il 2023 rispetto al DEF (conseguente ad un’espansione del PIL nella prima metà dell’anno inferiore alle attese), grazie al risultato acquisito nei primi sei mesi dell’anno la crescita annuale degli occupati risulterà comunque pari all’1,4 per cento[24]. Tale crescita del numero di occupati proseguirà anche nel triennio successivo, anche se a tassi inferiori rispetto al recente passato, arrivando a circa 24 milioni nel 2026.
Contestualmente ad un aumento dell’offerta di lavoro, nel 2023 il tasso di disoccupazione si attesta in media al 7,6 per cento, per poi diminuire progressivamente nel triennio successivo sino ad arrivare al 7,2 per cento nel 2026.
Per il 2023 la produttività del lavoro (misurata in rapporto al PIL) diminuisce dello 0,5 per cento, per poi tornare a salire a partire dal 2024 e restare lievemente positiva lungo tutto l’arco temporale considerato.
Tabella 8- Mercato del lavoro
(variazioni percentuali)
|
Consuntivo |
Previsioni tendenziali |
Previsioni programmatiche |
||||||
|
2022 |
2023 |
2024 |
2025 |
2026 |
2023 |
2024 |
2025 |
2026 |
Costo del lavoro |
3,2 |
4,0 |
2,3 |
2,1 |
1,8 |
4,0 |
2,3 |
2,1 |
1,8 |
Produttività (misurato sul PIL) |
0,2 |
-0,5 |
0,4 |
0,3 |
0,3 |
-0,5 |
0,5 |
0,3 |
0,3 |
Occupazione (ULA) * |
3,5 |
1,4 |
0,6 |
1,0 |
0,8 |
1,4 |
0,7 |
1,1 |
0,7 |
Tasso di disoccupazione |
8,1 |
7,6 |
7,4 |
7,3 |
7,2 |
7,6 |
7,3 |
7,2 |
7,1 |
Tasso di occupazione (15-64 anni) |
60,1 |
61,2 |
61,9 |
62,7 |
63,7 |
61,2 |
62,0 |
62,9 |
63,7 |
* Unità di lavoro standard – variazione %
Fonte: NADEF 2023, Tavole II.2 e II.3, pagg. 59 e 66.
Con riferimento allo scenario programmatico, la Nota evidenzia che, alla luce della legislazione vigente e della revisione degli obiettivi di deficit programmatico rispetto al DEF (conseguente alla necessità di conciliare la previsione di un sostegno immediato all'economia con gli obiettivi di finanza pubblica, cfr. § precedente), si rendono disponibili risorse per il triennio 2023-2025, soprattutto per il 2024.
Sul punto, la Nota sottolinea che gran parte di tali risorse aggiuntive riferite al 2024 saranno utilizzate nella prossima Legge di bilancio per la prosecuzione, nel medesimo anno, della misura già introdotta ai fini della riduzione del cuneo fiscale e contributivo, attraverso la decontribuzione dei redditi da lavoro dipendente. Relativamente a tale misura, il Governo sottolinea che il sostegno ai redditi dei lavoratori può contribuire a limitare la pressione sui salari e i conseguenti effetti inflazionistici e a sospingere la crescita del PIL prevalentemente tramite l’impulso fornito ai consumi. La maggiore domanda che verrebbe così a crearsi, stimolerebbe ulteriormente l’attività delle imprese, con un impatto positivo non solo sugli investimenti fissi lordi (3,0 per cento), ma anche sulla dinamica dell’occupazione, con una diminuzione del tasso di disoccupazione nel 2026 (7,1 per cento) lievemente maggiore rispetto al quadro tendenziale (7,2 per cento).
Sulla dinamica dell’occupazione influirà anche l’aumento dell’offerta di lavoro, da realizzarsi anche, come previsto nella legge di delega al Governo per la riforma fiscale (in attuazione di quanto disposto dalla Raccomandazione n. 1 del Consiglio dell’UE del 14 luglio 2023) attraverso l’applicazione di un’imposta sostitutiva proporzionale sulla tredicesima mensilità, sui premi di produttività e sulle retribuzioni corrisposte a titolo di straordinario che eccedono una determinata soglia.
Effetti dei principali provvedimenti adottati nel 2023 e dei disegni di legge collegati alla manovra di bilancio 2024-2026
La Nota analizza gli effetti sull’indebitamento netto della P.A. dei principali provvedimenti adottati a partire da marzo 2023. Per quanto riguarda le misure volte a sostenere i lavoratori e a favorire l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro, tali provvedimenti hanno riguardato, in particolare:
§ il rafforzamento dell’esonero parziale dei contributi previdenziali a carico dei lavoratori dipendenti (cuneo fiscale) per i periodi di paga dal 1° luglio 2023 al 31 dicembre 2023;
§ l’innalzamento per il 2023 a 3.000 del valore dei beni ceduti e dei servizi che non concorre a formare il reddito di lavoro dipendente;
§ l’introduzione del Supporto per la formazione e il lavoro e relativi incentivi;
§ interventi sulla disciplina della sicurezza sul lavoro, tutela contro gli infortuni e sostegno alle famiglie delle vittime;
§ l’introduzione, dal 1° gennaio 2024, dell’Assegno di inclusione e relativi incentivi, in sostituzione del Reddito di cittadinanza;
§ la previsione di misure a favore dei lavoratori dipendenti di Alitalia - Società aerea italiana Spa e Alitalia Cityliner Spa;
§ la previsione di interventi urgenti per fronteggiare l'emergenza provocata dagli eventi alluvionali verificatisi a partire dal 1° maggio 2023, tra cui:
- il riconoscimento di un’indennità in favore dei lavoratori subordinati del settore privato impossibilitati a prestare attività lavorativa;
- il riconoscimento di un’indennità una tantum in favore dei lavoratori autonomi che hanno dovuto sospendere l’attività a causa degli eventi alluvionali.
A completamento della manovra di bilancio 2024-2026, il Governo dichiara quali collegati alla decisione di bilancio i seguenti disegni di legge in materia di lavoro:
§ Interventi in materia di disciplina pensionistica;
§ Misure a sostegno delle politiche per il lavoro.
La Nota di aggiornamento presenta una revisione del quadro di finanza pubblica incorporando, per l’esercizio 2022, l’aggiornamento delle stime di consuntivo diffuso dall’Istat con il Comunicato[25] del 22 settembre scorso.
Il Comunicato di settembre incorpora la revisione dei conti nazionali annuali relativa al triennio 2018-2020, effettuata per tenere conto delle informazioni acquisite dall’Istat dopo la stima pubblicata lo scorso marzo. In particolare, il processo di revisione ha fatto registrare un rialzo del PIL nominale di 34,7 miliardi nel 2021 e 37,3 miliardi nel 2022 e, d’altro canto, una revisione al rialzo delle spese in conto capitale del 2022 (per 5,8 miliardi), dovuta principalmente alla revisione (per 4,6 miliardi) delle spese per bonus edilizi.
La stima del deficit 2022 (8,0 per cento del PIL) conferma quella già indicata nel DEF 2023, che a sua volta era in linea con il Comunicato Istat su “PIL e indebitamento AP” pubblicato il 1° marzo 2022.
Il dato del 2022, comunque, registra un miglioramento rispetto al saldo registrato per il 2021 (8,8 per cento) e a quello registrato per il 2020 (9,6 per cento), anno nel quale si sono manifestati per la prima volta gli effetti della crisi pandemica.
Nella NADEF sono quindi presentate le previsioni aggiornate per il periodo 2023-2026, basate sulla legislazione vigente.
Le previsioni tendenziali della NADEF indicano un percorso di costante miglioramento dell’indebitamento netto in rapporto al Pil per ciascuno degli esercizi considerati rispetto al precedente (passando dal 5,2 per cento del 2023 al 3,1 per cento del 2026) ma, allo stesso tempo, un peggioramento delle previsioni rispetto a quelle del DEF 2023.
Infatti, secondo la NADEF le previsioni a legislazione vigente vedranno un miglioramento del rapporto indebitamento netto/PIL che, partendo come detto dall’8,0 per cento del consuntivo 2022, si ridurrà progressivamente passando dal 5,2 per cento dell’anno in corso al 3,6 per cento del 2024, al 3,4 per cento del 2025 e, infine, al 3,1 per cento del 2026, al termine del periodo previsionale.
Tuttavia, rispetto alle previsioni del DEF 2023 il sopraesposto percorso fa segnare un peggioramento per i primi tre esercizi considerati e un miglioramento solo per l’ultimo esercizio. Si rammenta infatti che secondo le stime tendenziali del DEF 2023 il rapporto indebitamento netto/PIL avrebbe avuto il seguente andamento: 4,4 per cento nel 2023, 3,5 per cento nel 2024, 3,0 per cento nel 2025 e 2,5 per cento nel 2026.
L’andamento tendenziale stimato dalla NADEF riflette un costante miglioramento del saldo primario, tale da compensare il peggioramento della spesa per interessi.
Infatti, nel quadriennio in esame, il saldo primario ritorna da un iniziale valore negativo nel 2023 (-1,4 per cento) a valori positivi e crescenti: 0,6 per cento nel 2024; 0,9 per cento nel 2025 per giungere all’1,4 per cento nel 2026.
La spesa per interessi, invece, peggiora progressivamente, sia in valori assoluti sia in rapporto al PIL, facendo registrare un passaggio dal 3,8 per cento nell’anno in corso, al 4,2 per cento nel 2024, al 4,3 per cento nel 2025 per attestarsi, infine, al 4,6 per cento nell’ultimo anno del quadriennio previsionale.
Inoltre, la revisione delle previsioni della NADEF rispetto a quelle del DEF sconta la riclassificazione delle spese per il “Superbonus” per interventi sostenuti negli esercizi 2024 e 2025: in merito alla classificazione dei crediti d’imposta da “Superbonus” si rinvia all’apposito approfondimento.
Infine, si nota che, come evidenzia specificamente la NADEF, all’interno del quadro di finanza pubblica è confermata la piena attuazione dei programmi di spesa finanziati dal Dispositivo per la ripresa e la resilienza (Recovery and Resilience Facility, RRF).
Nei grafici che seguono è evidenziato l’andamento dell’indebitamento netto, in valore assoluto e in percentuale rispetto al PIL.
|
2023 |
2024 |
2025 |
2026 |
Entrate finali |
981.145 |
1.001.873 |
1.032.232 |
1.052.854 |
Entrate tributarie |
601.246 |
611.369 |
627.320 |
643.963 |
Imposte dirette |
309.236 |
305.425 |
313.634 |
322.275 |
Imposte indirette |
290.388 |
304.393 |
312.120 |
320.109 |
Imposte in c/capitale |
1.622 |
1.551 |
1.566 |
1.579 |
Contributi sociali |
269.547 |
289.888 |
298.910 |
307.670 |
Altre entrate correnti |
89.909 |
91.386 |
93.710 |
91.019 |
Entrate in conto capitale non tributarie |
20.443 |
9.230 |
12.292 |
10.202 |
In % del PIL |
|
|
|
|
Entrate finali |
47,8 |
47,0 |
46,9 |
46,3 |
Entrate tributarie |
29,3 |
28,7 |
28,5 |
28,3 |
Imposte dirette |
15,1 |
14,3 |
14,2 |
14,2 |
Imposte indirette |
14,2 |
14,3 |
14,2 |
14,1 |
Imposte in c/capitale |
0,1 |
0,1 |
0,1 |
0,1 |
Contributi sociali |
13,1 |
13,6 |
13,6 |
13,5 |
Altre entrate correnti |
4,4 |
4,3 |
4,3 |
4,0 |
Entrate in conto capitale non tributarie |
1,0 |
0,4 |
0,6 |
0,4 |
Tasso di variazione (%) |
|
|
|
|
Entrate finali |
4,9 |
2,1 |
3,0 |
2,0 |
Entrate tributarie |
5,6 |
1,7 |
2,6 |
2,7 |
Imposte dirette |
6,3 |
-1,2 |
2,7 |
2,8 |
Imposte indirette |
4,9 |
4,8 |
2,5 |
2,6 |
Imposte in c/capitale |
-5,1 |
-4,4 |
1,0 |
0,8 |
Contributi sociali |
3,3 |
7,5 |
3,1 |
2,9 |
Altre entrate correnti |
1,9 |
1,6 |
2,5 |
-2,9 |
Entrate in conto capitale non tributarie |
24,5 |
-54,9 |
33,2 |
-17,0 |
I dati di consuntivo per il 2022, evidenziano entrate totali delle amministrazioni pubbliche pari a circa 935 miliardi, in aumento di circa 8 punti percentuali rispetto all’anno precedente (un incremento in valore assoluto di circa 72 miliardi), con un incidenza sul Pil pari al 48 per cento. Come evidenziato dal comunicato ISTAT di settembre[26], in tale anno, le entrate correnti hanno registrato una crescita del 7,3 per cento, attestandosi al 47,1 per cento del Pil.
In particolare, le imposte dirette sono aumentate del 8,6 per cento, principalmente per il forte aumento dell’IRPEF e dell’IRES. Solo in parte compensato dalla contrazione delle ritenute sugli interessi e sui redditi da capitale e dell’imposta sostitutiva sul risparmio gestito. Anche le imposte indirette hanno registrato una crescita marcata (+6,4%), grazie soprattutto al gettito IVA - sostenuto dall’incremento dei prezzi al consumo - dell’IRAP e dell’imposta sul Lotto e lotterie. In calo, invece, l’imposta sul consumo del gas metano e gli oli minerali per effetto della riduzione delle aliquote di alcune accise. La crescita delle entrate in conto capitale (+57,6%) è spinta principalmente dalla crescite delle “altre entrate in conto capitale” e, in particolare, dai “contributi agli investimenti dall’Unione europea” relativi al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).
La pressione fiscale complessiva è risultata pari al 42,7%, lievemente in rialzo rispetto all’anno precedente (era 42,6% nel 2021), per un aumento delle entrate fiscali e contributive (7,1%) superiore rispetto a quello del Pil a prezzi correnti (+6,8%).
Per quanto attiene alle previsioni per gli anni 2023 - 2026, si evidenzia, in valore assoluto, un andamento crescente del gettito complessivo. Nel 2023 le entrate totali delle Amministrazioni pubbliche risultano pari a circa 981 miliardi, in crescita di circa il 4,9 per cento rispetto all’anno precedente (un incremento in valore assoluto pari a circa 46 miliardi), con un’incidenza sul Pil pari al 47,8 per cento.
Con riferimento al valore delle entrate in rapporto al PIL, l’andamento delle entrate finali risulta, invece, decrescente (da 47,8 per cento nel 2023 a 46,3 per cento nel 2026).
La NADEF 2023 evidenzia come la previsione di rallentamento della crescita economica implica una minore dinamicità del gettito fiscale rispetto alle attese. Il gettito tributario a legislazione vigente è atteso rimanere stabile nell’anno in corso al 29,3 per cento del PIL, per poi scendere nei tre anni successivi fino al 28,3 per cento del PIL del 2026. I contributi sociali in rapporto al PIL scenderanno al 13,1 per cento nell’anno in corso, per effetto degli interventi di riduzione del cuneo fiscale, per poi mantenersi sostanzialmente stabili su un livello medio del 13,6 per cento nei tre anni successivi. Coerentemente agli andamenti descritti, nel 2023 la pressione fiscale è attesa scendere al 42,5 per cento, per poi continuare a diminuire di circa 0,2 punti percentuali del PIL in media all’anno, e raggiungere il 41,8 per cento nel 2026.
I seguenti grafici riportano l’andamento delle entrate finali nel periodo 2023-2026 in valore assoluto e in termini percentuali del PIL.
In valori assoluti, l’andamento positivo è sostenuto prevalentemente dalle imposte indirette che sono previste in aumento di circa il 4,9 per cento nel 2023 e del 4,8 per cento nel 2024 (l’incremento risulta invece più contenuto nel biennio 2025-2026, attestandosi su un valore rispettivamente del 2,5 per cento nel 2025 e del 2,6 per cento nel 2026). Le imposte dirette registrano invece una contrazione nell’anno 2024 di circa 1,2 punti percentuali rispetto all’anno precedente (circa 4 miliardi in valore assoluto). Negli anni successivi, invece, dovrebbero tornare ad aumentare, con un incremento di circa il 2,7 per cento nel 2025 (circa 8 miliardi in valore assoluto) e del 2,8 per cento nel 2026 (circa 8,6 miliardi in valore assoluto).
Per quanto riguarda i contributi sociali, la Nota stima un incremento nel 2023 del 3,3 per cento rispetto al 2022 (269.547 milioni di euro nel 2023 rispetto a 260.941 milioni del 2022, con un differenziale positivo di circa 8,6 miliardi di euro), e quindi un ulteriore incremento del gettito da contributi sociali pari a +7,5 per cento nel 2024 rispetto al 2023 (+20,3 miliardi tra il 2024 e il 2023). A seguire, si prevede una crescita media annua dei contributi più contenuta nel biennio 2025-2026 (+3,1 nel 2025 e +2,9 nel 2026).
In rapporto al PIL, i contributi sociali si assestano al 13,1 per cento nel 2023 (in calo di 0,3 punti rispetto al 13,4 del 2022, per effetto degli interventi di riduzione del cuneo fiscale), per poi risalire al 13,6 per cento nel biennio 2024 e 2025 e flettendo lievemente nel 2026 al 13,5 per cento.
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La Nadef presentata nel settembre 2023, cui si riferisce l’analisi che segue, contiene un apposito approfondimento (di seguito: “focus”), dedicato alla valutazione delle entrate derivanti dalla tax compliance.
Si segnala, preliminarmente, che la legge di bilancio 2021 (articolo 1, commi da 2 a 4) ha sostituito la precedente procedura (di cui all’articolo 1, comma 434, della legge di stabilità 2014) indicando i criteri per la stima delle maggiori entrate derivanti dall’attività di accertamento, che possono essere considerate strutturali ai fini dei tendenziali e destinate quindi al Fondo speciale istituito per dare attuazione a interventi di riforma del sistema fiscale.
Tale Fondo è alimentato dalle risorse, stimate come maggiori entrate permanenti, derivanti dal miglioramento dell’adempimento spontaneo, fermo restando il rispetto degli obiettivi programmatici di finanza pubblica. Conseguentemente, la legge di bilancio per il 2021 ha abrogato i commi da 431 a 435 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, che avevano istituito il precedente Fondo per la riduzione della pressione fiscale.
In base alla nuova procedura introdotta dalla legge di bilancio 2021, per la determinazione delle entrate emerse occorre valutare gli effetti dovuti dall’adempimento spontaneo dei contribuenti nel terzo anno precedente alla predisposizione della legge di bilancio, nella Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva. La NADEF, pertanto, evidenzia che la valutazione di quest’anno deve essere riferita alla variazione della tax compliance nel 2020 rispetto al 2019 (più in dettaglio, si considera il gettito teorico dell’imposta nel 2020 e la variazione della propensione al gap tra il 2019 e il 2020).
Nel focus sono specificate le procedure di calcolo adottate per ottenere l’ammontare delle risorse disponibili per il nuovo Fondo. In particolare, si chiarisce che per ciascun anno si considerano le maggiori entrate derivanti dal miglioramento dell'adempimento spontaneo che sono indicate, con riferimento al terzo anno precedente alla predisposizione della legge di bilancio, nella Relazione sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva. La valutazione di quest’anno deve pertanto fare riferimento alla variazione della tax compliance riferita all’anno d’imposta 2020, tenendo conto anche degli ulteriori aggiornamenti indicati nella Relazione per il 2023. Nel focus si spiega che, sotto il profilo metodologico, la quantificazione della variazione del tax gap dell’IVA e delle imposte dirette (IRPEF e IRES) sul reddito da lavoro autonomo e d’impresa non considera la differenza in termini assoluti tra il tax gap del 2020 rispetto a quello registrato nel 2019, ma tiene in considerazione il prodotto tra la variazione della propensione al gap tra il 2020 e il 2019 e il gettito teorico dell’imposta nel 2020.
A tale proposito, si ricorda che con il termine tax gap si indica il divario tra gettito teorico e gettito effettivo (l’ampiezza dell’inadempimento da parte dei contribuenti), mentre la propensione all’inadempimento da parte dei contribuenti (propensione al gap), utilizzata per monitorare la tax compliance e in generale la performance del sistema tributario, è l‘indicatore del rapporto tra l’ammontare del tax gap e il gettito teorico (l’evasione in percentuale di quanto avrebbe dovuto essere pagato): una riduzione di tale rapporto equivale a un miglioramento della tax compliance, e viceversa.
Per determinare le risorse da destinare al Fondo speciale per gli interventi di riforma del sistema fiscale, sono necessarie le seguenti due condizioni riferite alle entrate derivanti da attività di contrasto all’evasione fiscale:
1. individuazione di maggiori entrate “permanenti”. Le entrate sono considerate tali se, per i tre anni successivi a quello oggetto di quantificazione, la somma algebrica della stima della variazione delle entrate derivanti in ciascun anno dal miglioramento dell’adempimento spontaneo risulti non negativa (in sostanza, il miglioramento nel 2020 non deve risultare annullato da un peggioramento della tax compliance nel triennio 2021-2023);
2. il maggior gettito va determinato rispetto degli obiettivi programmatici di finanza pubblica.
In particolare, il focus evidenzia che, sotto il profilo metodologico, per calcolare la variazione della tax compliance per il triennio successivo al 2020 si sarebbero dovute utilizzare, per il 2021, le stime preliminari riportate nella Relazione 2023, mentre per il biennio successivo si fa riferimento alla stima elaborata dal Dipartimento delle finanze. Si precisa tuttavia, che, avendo l’Istat anticipato già a metà settembre che la revisione del PIL 2021 sarebbe stata particolarmente rilevante, le stime provvisorie relative al tax gap 2021 per le principali imposte non sono state riportate nella Relazione 2023 e saranno inserite nell’Aggiornamento della stessa che verrà pubblicato ad inizio dicembre 2023. La quantificazione della variazione della tax compliance riportata nel focus deve ritenersi, conseguentemente, provvisoria e non tiene conto della revisione dei Conti nazionali effettuata da Istat.
Il focus precisa inoltre che l’ammontare delle risorse potenziali derivanti dalla variazione positiva della tax compliance deve essere opportunamente corretto per tener conto delle risorse derivanti dal miglioramento della tax compliance che sono state già impiegate per finanziare interventi di spesa o di riduzione delle entrate. A fronte di una variazione positiva della compliance di 235 milioni, si osserva che circa 1,2 miliardi, stimati ex-ante come effetto di miglioramento della tax compliance a seguito dell’introduzione nel 2020 dell’obbligo di memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi, delle disposizioni di prevenzione delle frodi nel settore della commercializzazione e distribuzione dei carburanti e del contrasto alle frodi IVA sulle auto, sono stati già impiegati a copertura delle manovre di finanza pubblica. Pertanto, la variazione netta della tax compliance, potenzialmente da destinare al Fondo, risulta negativa di circa un miliardo.
Conseguentemente, per quest’anno non è possibile destinare risorse al Fondo per la riduzione della pressione fiscale.
I dati di consuntivo per l’anno 2022 indicano un incremento delle spese finali di 65,5 miliardi (1.091,5 miliardi) rispetto al 2021 (pari a 1.026 miliardi).
Come precisato dall’Istat[27], le uscite totali delle Amministrazioni pubbliche sono cresciute del 6,4% rispetto al 2021. In rapporto al Pil sono risultate pari al 56,1%. Al loro interno, le uscite correnti sono aumentate del 6,9% principalmente per effetto degli interessi (+30,1%), dei consumi intermedi (+6,5%), delle altre uscite correnti (+16,5%) e dei redditi da lavoro dipendente (+5,9%). Nel 2022, le prestazioni sociali in denaro sono cresciute del 2,3% rispetto all’anno precedente, per effetto di un incremento della spesa pensionistica e di una riduzione della spesa per altre prestazioni sociali in denaro, in buona parte determinata dal significativo decremento degli assegni di integrazione salariale (CIG). Le uscite in conto capitale sono cresciute del 3%, sintesi della sostenuta crescita dei contributi agli investimenti (+41,1%), trainata dai bonus edilizi (Superbonus e Bonus facciate) compensata da cali nelle dinamiche degli investimenti (-0,2%) e delle altre uscite in conto capitale (-53,3%). La caduta di queste ultime rispecchia la riduzione della spesa associata ad alcune delle misure introdotte per fare fronte alla crisi pandemica (come le spese previste a copertura delle garanzie statali a favore delle piccole e medie imprese e i contributi a fondo perduto a supporto dell’attività di impresa).
In particolare, la spesa primaria[28] è cresciuta di circa 46,3 miliardi nel 2022 (1.008,6 miliardi di euro) rispetto al 2021 (963,3 miliardi).
Per quanto attiene alle variazioni intervenute con riguardo alla spesa per interessi, si rinvia al successivo paragrafo di analisi.
Per quanto attiene al periodo di previsione 2023-2026, la spesa primaria, si attesta pari a 1.009,1 miliardi nel 2023 e si contrae fino 989,6 miliardi nel 2024 per poi crescere leggermente nel 2025 (1.013,4 miliardi) e nel 2026 (1.020 miliardi). L’incidenza sul PIL mostra invece una riduzione in tutto il periodo di previsione, passando dal 49,2 per cento del 2023 al 44,9 per cento del 2026. I dati sopra esposti sono riepilogati nelle tabelle che seguono.
(milioni di euro)
(percentuale di PIL)
La spesa primaria corrente
Con riferimento alla spesa corrente primaria[29] si osserva un andamento crescente in valore assoluto, dell’aggregato, che si attesta nel 2023, in termini nominali, ad un livello di circa 880 miliardi. Nel triennio successivo l’aggregato è previsto in crescita per arrivare nel 2026 a circa 917,2 miliardi.
In termini di incidenza sul PIL, si registra una dinamica decrescente per tutto il periodo previsionale, con valori che passano dal 42,9 per cento del 2023 al 40,3 per cento del 2026. I dati sopra esposti sono riepilogati nelle tabelle che seguono.
(milioni di euro)
(percentuale di PIL)
Di seguito sono brevemente illustrati i dati di sintesi e le considerazioni contenute nella NADEF e riferiti alle diverse componenti della spesa primaria corrente.
Spesa per redditi da lavoro dipendente
(milioni di euro - percentuale)
L’aggregato relativo alla spesa per redditi da lavoro dipendente nel quadriennio 2023-2026 si assesta in termini assoluti in 188.709 milioni nel 2023, 186.651 milioni nel 2024, 188.604 milioni nel 2025 e 188.373 milioni nel 2026. Viene, inoltre, riferita la seguente dinamica: l’aggregato aumenta rispetto all’anno precedente dello 0,8 per cento (+1.476 milioni) nel 2023, si riduce dell’1,1 per cento nel 2024 (-2.058 milioni), aumenta dell’1,0 per cento nel 2025 (+1.953 milioni) per diminuire dello 0,1 per cento nel 2026 (-231 milioni). L’incidenza sul PIL di tale aggregato si riduce invece nel 2023 (9,2 per cento) rispetto all’anno precedente (9,6 per cento), registra un’ulteriore flessione nel triennio 2024-2026 passando dall’8,8 per cento del 2024, all’8,6 per cento del 2025, all’8,3 per cento nel 2026.
La spesa per redditi da lavoro dipendente rispetto al DEF 2023 registra le seguenti variazioni: -528 milioni nel 2023, +421 milioni nel 2024, +1.257 milioni nel 2025 e + 626 nel 2026.
I grafici che seguono evidenziano l’andamento della variabile nel periodo 2023-2026 in valore assoluto e in termini percentuali del PIL.
(milioni di euro - percentuale)
(milioni di euro - percentuale)
Spesa per consumi intermedi
(milioni di euro - percentuale)
La spesa per consumi intermedi, in valore assoluto, registra i seguenti valori: 170.871 milioni nel 2023, 171.025 milioni nel 2024, 173.182 milioni nel 2025 e 172.731 milioni nel 2026. Nel 2023 mostra una crescita pari al 2,1 per cento rispetto al valore del 2022 (+3.558 milioni), dello 0,1 per cento nel 2024 rispetto all’esercizio precedente (+154 milioni), dell’1,3 per cento nel 2025 rispetto al 2024 (+2.157 milioni) e quindi una riduzione dello 0,3 per cento nel 2026 (-451 milioni). L’incidenza sul PIL dell’aggregato si riduce invece nel 2023 (8,3 per cento) rispetto all’anno precedente (8,6 per cento) evidenziando una dinamica decrescente anche negli esercizi successivi (8,0 per cento nel 2024, 7,9 per cento nel 2025 e 7,6 per cento nel 2026).
La spesa per consumi intermedi rispetto al DEF 2023 registra le seguenti variazioni: -2.331 milioni nel 2023, +4.393 milioni nel 2024, +4.891 milioni nel 2025 e + 654 milioni nel 2026;
I grafici seguenti riportano l’andamento della variabile nel periodo 2023-2026 in valore assoluto e in termini percentuali del PIL.
(milioni di euro - percentuale)
(milioni di euro - percentuale)
Spesa per prestazioni sociali
La spesa per prestazioni sociali, passa da circa 406,9 miliardi del 2022 a circa 424,0 miliardi del 2023, a 448,8 miliardi nel 2024, a 459,4 nel 2025 e a 471,7 nel 2026. In valore assoluto la previsione stima un incremento su base annua del 4,2 per cento nel 2023. Negli anni seguenti è previsto un ulteriore incremento pari al 5,9 per cento del 2024, incremento ridotto al 2,4 per cento nel 2025 e al 2,7 del 2026.
In termini di PIL, per l’anno 2023 il rapporto si attesta sul 20,7 per cento (rispetto al 21,0 stimato nel DEF), valore che è previsto crescere al 21,1 nel 2024, per scendere invece al 20,9 per cento nel 2025 e al 20,7 per cento nel 2026.
Nel DEF la spesa veniva indicata al 21,4 per cento per il 2024, al 21,2 nel 2025 e al 21,1 nel 2026.
Nei grafici che seguono è evidenziato l’andamento della spesa per prestazioni sociali, in valore assoluto e in percentuale rispetto al PIL.
Considerando le singole componenti che concorrono al predetto andamento, si evidenzia che la spesa pensionistica è pari a 317,4 miliardi del 2023, a 340,6 miliardi nel 2024, a 350,2 nel 2025 e a 361,2 nel 2026.
Tale spesa registra un incremento, su base annua, del 6,8 per cento nel 2023, del 7,3 per cento nel 2024 principalmente in ragione dell’indicizzazione delle pensioni al tasso di inflazione. Infatti, a fronte del rallentamento della crescita dei prezzi a partire dal 2024, la crescita delle prestazioni pensionistiche si riduce sensibilmente fino al 2,8 per cento nel 2025 e al 3,1 nel 2026.
In rapporto al PIL, le pensioni sono previste al 15,5 per cento nel 2023 (+ 0,2 per cento rispetto all’anno precedente), al 16,0 per cento nel 2023 per poi ridursi lievemente al 15,9 negli anni 2025 e 2026.
Le altre prestazioni sociali registrano una spesa pari a pari a 106,5 miliardi del 2023, a 108,3 miliardi nel 2024, a 109,2 nel 2025 e a 110,4 nel 2026.
Su base annua, le prestazioni mostrano un calo del 2,9 per cento nel 2023, per poi incrementarsi dell’1,6 per cento nel 2024, dello 0,9 per cento nel 2025 e dell’1,1 per cento nel 2026. In rapporto al PIL, la spesa è prevista del 5,2 per cento nel 2023 (-0,4 rispetto al 2022), del 5,1 per cento nel 2024, del 5,0 nel 2025 e del 4,9 nel 2026.
Altre uscite correnti
(milioni di euro - percentuale)
Le altre uscite correnti in valore assoluto registrano i seguenti valori assoluti: 96.428 milioni nel 2023, 88.572 milioni nel 2024, 85.854 milioni nel 2025 e 84.394 milioni nel 2026. Nel 2023 mostrano una flessione pari allo 0,3 per cento rispetto al valore del 2022 (-250 milioni). Tale riduzione è confermata anche negli anni successivi con riguardo ai rispettivi anni precedenti secondo il seguente andamento [8,1 per cento nel 2024 (-7.856 milioni), 3,1 per cento nel 2025 (-2.718 milioni) e 1,7 per cento nel 2026 (-1.460 milioni)]. L’incidenza sul PIL nel 2023 è indicata in riduzione (4,7 per cento) rispetto all’anno precedente (5,0 per cento) e la stessa dinamica decrescente è evidenziata anche nel triennio 2024-2026, con valori che si attestano al 4,2 per cento nel 2024, al 3,9 per cento nel 2025 e al 3,7 per cento nel 2026.
Le altre uscite correnti rispetto al DEF 2023 registrano le seguenti variazioni: -2.679 milioni nel 2023, +4.133 milioni nel 2024, +1.870 milioni nel 2025 e +2.419milioni nel 2026.
I seguenti grafici riportano l’andamento della variabile nel periodo 2023-2026 in valore assoluto e in termini percentuali del PIL.
(milioni di euro - percentuale)
(milioni di euro - percentuale)
Spesa in conto capitale
(milioni di euro – percentuale)
La spesa in conto capitale nel quadriennio 2023-2026 è stimata, in termini assoluti, in 129.027 milioni nel 2023, 94.571 milioni nel 2024, 106.335 nel 2025 e 102.830 nel 2026. Confrontando i dati dei singoli anni si rileva che il valore stimato nel 2023 registra una riduzione del 14,3 per cento rispetto all’anno precedente (- 21,5 miliardi), seguita da un’ulteriore riduzione nel successivo anno 2024 dove si ipotizza una minore spesa del 26,7 per cento (-34,5 miliardi), nel 2025 si prevede, invece, una crescita del 12,4 per cento (+ 11,8 miliardi) seguita da una nuova riduzione del 3,3 per cento nel 2026 (- 3,5 miliardi). L’incidenza sul PIL di tale aggregato risulta pari al 6,3 per cento nel 2023, si riduce al 4,4 per cento nel 2024 per poi risalire al 4,8 per cento nel 2025 e diminuire nuovamente al 4,5 per cento nel 2026.
La spesa in conto capitale rispetto al DEF 2023 registra le seguenti variazioni: + 16.930 milioni nel 2023, - 10.692 milioni nel 2024, -3.617 milioni nel 2025 e + 5.765 milioni nel 2026.
Nei grafici che seguono è evidenziato, in valore assoluto, l’andamento complessivo delle spese in conto capitale e quello delle singole componenti.
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I grafici che seguono, invece, mostrano l’andamento delle medesime variabili considerate in precedenza in rapporto al valore del PIL.
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Rispetto a quanto ipotizzato nel DEF, la previsione della spesa sostenuta per gli investimenti fissi lordi risulta in riduzione in tutti gli anni del quadriennio 2023-2026 per un importi rispettivamente pari a 7,8 miliardi, 9,8 miliardi, 6,7 miliardi e, per finire, 3 miliardi nel 2026. Al contrario il dato relativo ai contributi agli investimenti è rivisto al rialzo di 24 miliardi nel 2023, 2,9 miliardi nel 2025 e 8,8 miliardi nel 2026 ed al ribasso 0,8 miliardi nel solo anno 2024. Infine, il dato relativo alle altre spese in conto capitale, rispetto a quanto previsto nel DEF, è sostanzialmente confermato nel triennio 2024-2026, registrando una diminuzione di 0,2 miliardi nel 2024 e di 0,1 miliardi nel 2026 ed un incremento di 0,1 miliardi nel 2025, mentre nel 2023 il dato di previsione è rivisto al ribasso di circa 0,8 miliardi.
La NADEF evidenzia che i contributi agli investimenti scontano anche il maggiore impatto finanziario dei bonus edilizi scaturente dai dati di monitoraggio più recenti. In linea con i nuovi criteri contabili adottati dall’Istat a marzo, in accordo con Eurostat, il maggiore costo emerso è registrato all’interno di questa voce di spesa nel 2023 (che infatti è incrementata di circa 24 miliardi) per l’intero importo. Inoltre, per il biennio successivo viene effettuata una riclassificazione dei crediti d’imposta connessi al superbonus, da crediti pagabili a non pagabili.
(milioni di euro e percentuale di PIL)
|
|
2023 |
2024 |
2025 |
2026 |
Interessi passivi |
DEF |
75.643 |
85.188 |
91.609 |
100.604 |
Interessi passivi |
NADEF |
78.377 |
88.970 |
94.442 |
103.561 |
In % del PIL |
|
3,8 |
4,2 |
4,3 |
4,6 |
Tasso di variazione (%) |
|
-5,4 |
13,5 |
6,2 |
9,7 |
Differenza (NADEF) - (DEF) |
|
2.734 |
3.782 |
2.833 |
2.957 |
Dai dati di consuntivo per il 2022, la spesa per interessi risulta pari a 82.888 milioni, con una variazione in aumento, rispetto al dato del 2021, di circa 19 miliardi. In termini di Pil la spesa si colloca, nel 2022, al 4,3 per cento, rispetto al 3,5 per cento del 2021.
Per quanto attiene alle previsioni per gli anni 2023 - 2026, la spesa per interessi è prevista in diminuzione nel 2023 sia in valore assoluto, risultando pari a 78,4 miliardi, sia in termini di incidenza rispetto al PIL (3,8 per cento).
In proposito, la NADEF evidenzia che nel 2023, il livello della spesa per interessi si ridurrà rispetto al 2022 di 4,5 miliardi per effetto del calo della rivalutazione dei titoli indicizzati all’inflazione, che sconta la progressiva riduzione del tasso di inflazione a livello nazionale e dell’area euro osservata nel corso dell’anno.
Negli anni 2024-2026 si registrano invece progressivi aumenti, la spesa risulta pari infatti a circa 89 miliardi nel 2024 per arrivare a circa 103,6 miliardi nel 2026, con un’incidenza rispetto al PIL che passa dal 4,2 per cento nel 2024 al 4,6 per cento nel 2026.
La NADEF evidenzia che tali aumenti progressivi sono dovuti all’incremento del costo del debito sulle nuove emissioni che risente del rialzo dei tassi di riferimento operato dalla Banca centrale europea. La componente di spesa legata ai titoli indicizzati all’inflazione continuerà a ridursi, invece, per effetto del calo dell’inflazione.
La Nota precisa altresì che la revisione al rialzo rispetto ad aprile (DEF2023) è contenuta e pari a un decimo di punto di PIL all’anno fino al 2026, a conferma del fatto che l’elevata durata media del debito pubblico italiano consente di smussare nel tempo l’impatto dei rialzi dei tassi di interesse sul costo implicito del debito, compresi quelli non previsti in sede di elaborazione del DEF.
I seguenti grafici riportano l’andamento della variabile nel periodo 2023-2026 in valore assoluto e in termini percentuali del PIL.
Con riferimento al possibile andamento dei tassi di interesse si rileva, inoltre, che, a settembre 2023[30] , il Consiglio direttivo della Banca centrale europea (BCE) ha deciso di innalzare di 25 punti base i tre tassi di interesse di riferimento della BCE. Pertanto, i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale saranno innalzati rispettivamente al 4,50 per cento, al 4,75 per cento e al 4,00 per cento, con effetto dal 20 settembre 2023 Il Consiglio direttivo, in base alla sua attuale valutazione, ritiene che i tassi di interesse di riferimento della BCE abbiano raggiunto livelli che, mantenuti per un periodo sufficientemente lungo, forniranno un contributo sostanziale a un ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo. Le decisioni future del Consiglio direttivo assicureranno che i tassi di interesse di riferimento della BCE siano fissati su livelli sufficientemente restrittivi finché necessario.
Con riferimento al Programma di acquisto di attività (PAA) e Programma di acquisto per l’emergenza pandemica (PEPP), il comunicato afferma che il portafoglio del PAA si sta riducendo a un ritmo misurato e prevedibile, dato che l’Eurosistema non reinveste più il capitale rimborsato sui titoli in scadenza.
Per quanto riguarda il PEPP (pandemic emergency purchase programme), il Consiglio direttivo intende reinvestire il capitale rimborsato sui titoli in scadenza nel quadro del programma almeno sino alla fine del 2024. In ogni caso, la futura riduzione graduale del portafoglio del PEPP sarà gestita in modo da evitare interferenze con l’adeguato orientamento di politica monetaria. Il Consiglio direttivo continuerà a reinvestire in modo flessibile il capitale rimborsato sui titoli in scadenza del portafoglio del PEPP, per contrastare i rischi per il meccanismo di trasmissione della politica monetaria riconducibili alla pandemia.
La spesa sanitaria rappresenta quota parte della spesa corrente, in precedenza descritta, e nel conto economico della PA se ne dà separata evidenza.
In particolare, con riferimento alla dinamica della spesa sanitaria, la NADEF stima una spesa per il 2023 pari a circa 134,7 miliardi che si riduce nel 2024 a 132,9 miliardi (- 1,3 per cento) in conseguenza di una riduzione dei costi del personale e alla definitiva cessazione di quelli legati alla struttura commissariale per l'emergenza COVID[31] e risale nel biennio successivo attestandosi a 136,7 miliardi nel 2025 (+2,8 per cento) e a 139,0 miliardi nel 2026 (+1,7 per cento). In rapporto al PIL, dopo un valore del 6,6 per cento nell’anno in corso, si stima nel triennio successivo un valore del 6,2 per cento in ciascuno degli anni 2024 e 2025, che scende infine a 6,1 nel 2026. L’andamento della spesa sanitaria nel periodo di previsione 2023-2026 è sintetizzato nella tabella che segue.
(milioni di euro - %PIL)
I dati sopra esposti sono riepilogati nei grafici che seguono.
(milioni di euro)
(percentuale di PIL)
Di seguito sono riportati dati riepilogativi sulle voci del conto economico delle pubbliche amministrazioni, riferiti al consuntivo 2022 nonché alle stime per il periodo di previsione 2023-2026, formulate seguendo il criterio della legislazione vigente (andamenti tendenziali).
I dati sono espressi nella prima tabella in valore assoluto e nella seconda in percentuale del PIL.
È, altresì, presentata una tabella di raffronto tra i dati di previsione contenuti nel DEF presentato ad aprile 2023 e quelli presenti nella Nota di aggiornamento al DEF.
Tabella 9 - Conto economico della PA a legislazione vigente (valori assoluti)
|
2022 |
2023 |
2024 |
2025 |
2026 |
SPESE |
|
|
|
|
|
Redditi da lavoro dipendente |
187.233 |
188.709 |
186.651 |
188.604 |
188.373 |
Consumi intermedi |
167.313 |
170.871 |
171.025 |
173.182 |
172.731 |
Prestazioni sociali |
406.901 |
424.020 |
448.830 |
459.440 |
471.670 |
Pensioni |
297.190 |
317.490 |
340.560 |
350.240 |
361.240 |
Altre prestazioni sociali |
109.711 |
106.530 |
108.270 |
109.200 |
110.430 |
Altre uscite correnti |
96.678 |
96.428 |
88.572 |
85.854 |
84.394 |
Totale spese correnti netto interessi |
858.125 |
880.029 |
895.078 |
907.080 |
917.168 |
Interessi passivi |
82.888 |
78.377 |
88.970 |
94.442 |
103.561 |
Totale spese correnti |
941.013 |
958.406 |
984.047 |
1.001.522 |
1.020.729 |
di cui: Spesa sanitaria |
131.103 |
134.734 |
132.946 |
136.701 |
138.972 |
Totale spese in conto capitale |
150.517 |
129.027 |
94.571 |
106.335 |
102.830 |
Investimenti fissi lordi |
52.226 |
58.730 |
69.183 |
74.102 |
72.235 |
Contributi agli investimenti |
81.442 |
64.907 |
23.639 |
27.672 |
26.120 |
Altre spese in conto capitale |
16.849 |
5.391 |
1.749 |
4.562 |
4.476 |
Totale spese netto interessi |
1.008.642 |
1.009.056 |
989.648 |
1.013.416 |
1.019.998 |
Totale spese finali |
1.091.530 |
1.087.434 |
1.078.618 |
1.107.857 |
1.123.559 |
ENTRATE |
|
|
|
|
|
Entrate tributarie |
569.507 |
601.246 |
611.369 |
627.320 |
643.963 |
Imposte dirette |
291.037 |
309.236 |
305.425 |
313.634 |
322.275 |
Imposte indirette |
276.760 |
290.388 |
304.393 |
312.120 |
320.109 |
Imposte in c/capitale |
1.710 |
1.622 |
1.551 |
1.566 |
1.579 |
Contributi sociali |
260.941 |
269.547 |
289.888 |
298.910 |
307.670 |
Contributi sociali effettivi |
256.932 |
265.300 |
285.544 |
294.471 |
303.142 |
Contributi sociali figurativi |
4.009 |
4.247 |
4.344 |
4.439 |
4.528 |
Altre entrate correnti |
88.216 |
89.909 |
91.386 |
93.710 |
91.019 |
Totale entrate correnti |
916.954 |
959.080 |
991.092 |
1.018.374 |
1.041.073 |
Entrate in conto capitale non tributarie |
16.424 |
20.443 |
9.230 |
12.292 |
10.202 |
Totale entrate finali |
935.088 |
981.145 |
1.001.873 |
1.032.232 |
1.052.854 |
Pressione fiscale |
42,7 |
42,5 |
42,3 |
42,0 |
41,8 |
Saldo primario |
-73.554 |
-27.911 |
12.225 |
18.816 |
32.856 |
Saldo di parte corrente |
-24.059 |
674 |
7.045 |
16.852 |
20.344 |
Indebitamento netto |
-156.442 |
-106.288 |
-76.745 |
-75.625 |
-70.705 |
PIL nominale |
1.946.479 |
2.050.599 |
2.130.484 |
2.203.066 |
2.274.049 |
Tabella 10 - Conto economico della PA a legislazione vigente (in percentuale del PIL)
|
2022 |
2023 |
2024 |
2025 |
2026 |
SPESE |
|
|
|
|
|
Redditi da lavoro dipendente |
9,6 |
9,2 |
8,8 |
8,6 |
8,3 |
Consumi intermedi |
8,6 |
8,3 |
8,0 |
7,9 |
7,6 |
Prestazioni sociali |
20,9 |
20,7 |
21,1 |
20,9 |
20,7 |
Pensioni |
15,3 |
15,5 |
16,0 |
15,9 |
15,9 |
Altre prestazioni sociali |
5,6 |
5,2 |
5,1 |
5,0 |
4,9 |
Altre uscite correnti |
5,0 |
4,7 |
4,2 |
3,9 |
3,7 |
Totale spese correnti netto interessi |
44,1 |
42,9 |
42,0 |
41,2 |
40,3 |
Interessi passivi |
4,3 |
3,8 |
4,2 |
4,3 |
4,6 |
Totale spese correnti |
48,3 |
46,7 |
46,2 |
45,5 |
44,9 |
di cui : Spesa sanitaria |
6,7 |
6,6 |
6,2 |
6,2 |
6,1 |
Totale spese in conto capitale |
7,7 |
6,3 |
4,4 |
4,8 |
4,5 |
Investimenti fissi lordi |
2,7 |
2,9 |
3,2 |
3,4 |
3,2 |
Contributi agli investimenti |
4,2 |
3,2 |
1,1 |
1,3 |
1,1 |
Altre spese in conto capitale |
0,9 |
0,3 |
0,1 |
0,2 |
0,2 |
Totale spese netto interessi |
51,8 |
49,2 |
46,5 |
46,0 |
44,9 |
Totale spese finali |
56,1 |
53,0 |
50,6 |
50,3 |
49,4 |
ENTRATE |
|
|
|
|
|
Tributarie |
29,3 |
29,3 |
28,7 |
28,5 |
28,3 |
Imposte dirette |
15,0 |
15,1 |
14,3 |
14,2 |
14,2 |
Imposte indirette |
14,2 |
14,2 |
14,3 |
14,2 |
14,1 |
Imposte in c/capitale |
0,1 |
0,1 |
0,1 |
0,1 |
0,1 |
Contributi sociali |
13,4 |
13,1 |
13,6 |
13,6 |
13,5 |
Contributi sociali effettivi |
13,2 |
12,9 |
13,4 |
13,4 |
13,3 |
Contributi sociali figurativi |
0,2 |
0,2 |
0,2 |
0,2 |
0,2 |
Altre entrate correnti |
4,5 |
4,4 |
4,3 |
4,3 |
4,0 |
Totale entrate correnti |
47,1 |
46,8 |
46,5 |
46,2 |
45,8 |
Entrate in conto capitale non tributarie |
0,8 |
1,0 |
0,4 |
0,6 |
0,4 |
Totale entrate finali |
48,0 |
47,8 |
47,0 |
46,9 |
46,3 |
Pressione fiscale |
42,7 |
42,5 |
42,3 |
42,0 |
41,8 |
Saldo primario |
-3,8 |
-1,4 |
0,6 |
0,9 |
1,4 |
Saldo di parte corrente |
-1,2 |
0,0 |
0,3 |
0,8 |
0,9 |
Indebitamento netto |
-8,0 |
-5,2 |
-3,6 |
-3,4 |
-3,1 |
Tabella 11 - Conto economico della PA a legislazione vigente - Raffronto con il DEF 2023
(milioni di euro)
La NADEF 2023 aggiorna il quadro programmatico di finanza pubblica per il periodo 2024-2026. Inoltre, come di consueto, contiene l’analisi del nuovo scenario regolamentare con riguardo al percorso di avvicinamento all'obiettivo di medio periodo.
L'analisi del quadro programmatico del DEF e della relativa Nota di aggiornamento si avvale di un insieme di indicatori che dipende dalle regole europee e si articola nelle variabili rilevanti per la decisione di politica di bilancio. La fissazione degli obiettivi di saldo strutturale riflette l’impegno del paese al raggiungimento dell'obiettivo di medio termine concordato in sede europea; tale obiettivo si affianca alla riduzione programmatica del debito pubblico.
Per saldo strutturale si intende il saldo corretto per il ciclo economico e per le misure una tantum. Preliminarmente si evidenzia che, in relazione ai contenuti obbligatori (ex art. 10-bis della legge n. 196 del 2009), la Nota di aggiornamento del DEF indica, in valore assoluto, gli obiettivi di saldo netto da finanziare (SNF) programmatico del bilancio dello Stato in termini di competenza e di saldo netto da finanziare in termini di cassa.
Il primo saldo è determinato nel limite massimo di:
§ 202,5 miliardi nel 2024;
§ 168 miliardi nel 2025;
§ 134 miliardi nel 2026.
Il corrispondente SNF in termini di cassa è determinato nel limite massimo di:
§ 252 miliardi nel 2024;
§ 212 miliardi nel 2025;
§ 179 miliardi nel 2026.
Con la Relazione al Parlamento redatta ai sensi dell’articolo 6 della legge n. 243 del 2012, il Governo sottolinea la necessità di adottare misure urgenti con cui contrastare il rallentamento del quadro macroeconomico registrato negli ultimi mesi, il deterioramento delle prospettive di crescita a livello globale e una dinamica dei prezzi ancora sostenuta.
Il Governo ricorda che la norma citata prevede che, in circostanze eccezionali e sentita la Commissione europea, il Governo sottoponga all’approvazione parlamentare una relazione, da approvare a maggioranza assoluta, con cui richiedere l’autorizzazione al ricorso all’indebitamento. In ordine alla sussistenza dei previsti presupposti per intervenire si sottolineano i segnali di frenata nella crescita del PIL registrati a partire dai mesi primaverili dell’anno in corso (-0,4% di crescita congiunturale nel II trimestre), che non devono essere trascurati, anche se determinati da fattori esogeni rispetto all’economia nazionale (rallentamento globale e, a livello dell’area dell’euro, inasprimento delle condizioni monetarie e finanziarie).
Inoltre, si teme che lo scenario macro-finanziario possa ulteriormente deteriorarsi a causa dell’eccessivo prolungarsi della fase di inflazione, che indurrebbe le principali banche centrali ad inasprire le politiche monetarie, o di un ulteriore rallentamento delle principali aree economiche che solitamente trainano il commercio mondiale. Incombe anche il rischio, a livello geopolitico, di un acuirsi delle attuali tensioni internazionali, che potrebbe dare luogo a nuovi shock ai prezzi dell’energia oppure a restrizioni nelle catene di offerta in settori strategici per l’economia.
Il Governo presenta quindi la richiesta di un margine di manovra in termini di indebitamento da utilizzare per adottare provvedimenti che si ritengono in grado di fornire un sostegno all’economia nel breve termine, quali la riduzione del cuneo fiscale a carico dei lavoratori e un primo intervento attuativo della delega fiscale, al fine di trasformare in prospettiva il sistema tributario in un fattore di crescita.
Il Governo ricorda che il profilo programmatico degli obiettivi di finanza pubblica, definito con il DEF 2023 dello scorso aprile, prevedeva una progressiva riduzione dell’indebitamento netto programmatico al -4,5 per cento nel 2023, al -3,7 per cento nel 2024, al -3,0 per cento nel 2025 e al -2,5 per cento nel 2026. In termini strutturali, il saldo era stato previsto al -4,9 per cento nel 2023, al -4,1 per cento nel 2024, al -3,7 per cento nel 2025 e al -3,2 per cento nel 2026.
Con la Relazione in oggetto, sentita la Commissione europea, il Governo chiede l’autorizzazione alla revisione degli obiettivi programmatici di indebitamento netto previsti nel Documento di economia e finanza 2023 per un importo in termini percentuali di PIL pari a 0,8 per cento nel 2023, 0,6 per cento nel 2024 e nel 2025 e 0,4 per cento nel 2026.
Il nuovo livello programmatico di indebitamento netto in rapporto al PIL è pertanto pari a -5,3 per cento nel 2023, -4,3 per cento nel 2024, -3,6 per cento nel 2025 e -2,9 per cento nel 2026, a fronte di un andamento tendenziale del rapporto deficit/PIL stimato al -5,2 per cento nel 2023, -3,6 per cento nel 2024, -3,4 per cento nel 2025 e -3,1 per cento nel 2026.
I nuovi obiettivi programmatici assicurano la progressiva riduzione dell’indebitamento netto strutturale, che dovrebbe essere pari al -5,9 per cento del PIL nel 2023, -4,8 per cento nel 2024, -4,3 per cento nel 2025 e -3,5 per cento nel 2026. Il rapporto programmatico debito/PIL è pari al 140,2 per cento nel 2023, 140,1 per cento nel 2024, 139,9 per cento nel 2025 e 139,6 per cento nel 2026.
Sulla base delle percentuali sopra indicate gli spazi finanziari che si rendono disponibili, quale differenza tra gli andamenti tendenziali e programmatici aggiornati, che includono anche la maggiore spesa per interessi passivi conseguente al maggior disavanzo, sono pari a 3,2 miliardi nel 2023, 15,7 miliardi nel 2024 e 4,6 miliardi nel 2025. Nel 2026, invece, il saldo obiettivo implica una correzione di 3,8 miliardi di euro rispetto all’indebitamento netto tendenziale, che consente di riportare lo stesso al di sotto della soglia del 3 per cento.
Dal 2027 l’autorizzazione all’indebitamento è destinata alla sola spesa per interessi passivi per un importo fino a 1.910 milioni di euro nel 2027, 2.040 milioni di euro nel 2028, 2.170 milioni di euro nel 2029, 2.310 milioni di euro nel 2030, 2.450 milioni di euro nel 2031, 2.600 milioni di euro nel 2032, 2.740 milioni di euro nel 2033 e 2.900 milioni di euro dal 2034.
Le risorse relative al 2023 (2,3 miliardi al lordo dei maggiori interessi) saranno destinate, attraverso un provvedimento d’urgenza, al conguaglio anticipato dell’adeguamento Istat per i trattamenti pensionistici previsto per l’anno 2024, a misure per il personale delle pubbliche amministrazioni e alla gestione dei flussi migratori.
Inoltre, al fine di consentire il perfezionamento delle regolazioni contabili del bilancio dello Stato connesse al maggior tiraggio delle agevolazioni per i bonus edilizi (scontato nei tendenziali aggiornati), il Governo chiede anche l’autorizzazione ad incrementare, per il solo anno 2023, il livello del saldo netto da finanziare di competenza e di cassa per ulteriori 15 miliardi di euro.
Nel 2024 e 2025, le risorse saranno utilizzate, nell’ambito del prossimo disegno di legge di bilancio, per il taglio al cuneo fiscale sul lavoro anche nel 2024 e l’attuazione della prima fase della riforma fiscale, il sostegno alle famiglie e alla genitorialità, la prosecuzione dei rinnovi contrattuali del pubblico impiego con particolare riferimento al settore della sanità, il potenziamento degli investimenti pubblici, con priorità per quelli previsti nell’ambito del PNRR, nonché il finanziamento delle politiche invariate.
Il livello del saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato di competenza potrà aumentare fino a 202,5 miliardi nel 2024, a 168 miliardi nel 2025 e a 134 miliardi nel 2026.
Il corrispondente livello del saldo netto da finanziare di cassa potrà aumentare fino a 252 miliardi nel 2024, 212 miliardi nel 2025 e 179 miliardi nel 2026.
La tabella che segue mette a confronto le stime dei principali indicatori di finanza pubblica contenute nella Nota in esame rispetto a quelle prospettate nel DEF dello scorso aprile.
La dinamica degli indicatori di finanza pubblica riflette le stime sui principali saldi del bilancio delle amministrazioni pubbliche, che vanno lette unitamente alle principali variabili macroeconomiche, in particolare rispetto alle più recenti stime sul PIL, che hanno certificato una crescita tendenziale nel secondo trimestre del 2023 pari a 0,6 p.p. (tuttavia in calo congiunturale rispetto al primo).
Tabella 12- Indicatori di finanza pubblica (in percentuale del PIL)
Fonte: NADEF 2023, Tavola I.3, pag. 16.
Di seguito si analizza il quadro programmatico di finanza pubblica come riportato in Tabella 12- Indicatori di finanza pubblica (in percentuale del PIL).
La dinamica degli interessi passivi, prospettata dalla Nota di aggiornamento, mostra un significativo incremento del peso degli interessi sul PIL, che passerebbero dal 3,8% del PIL nel presente anno al 4,2% nel 2024, per raggiungere il livello del 4,6% nel 2026. In rapporto alle stime recate dal DEF 2023 l’aumento è comunque contenuto per ogni anno in 0.1 p.p. di PIL, in virtù dell’elevata durata media del debito pubblico, che consente di smussare nel tempo l’impatto del rialzo dei tassi di interesse.
Il saldo primario (saldo di bilancio al netto degli interessi) mostra un deciso miglioramento per il 2023, attestandosi al -1,5 per cento del PIL, rispetto al 2022 quando il medesimo aggregato si collocava al -3,8 per cento. Nel 2024 si prevede un ulteriore miglioramento che porterebbe il saldo primario al -0,2 per cento. Esso diventerebbe poi positivo a partire dal 2025, per raggiungere l’1,6% nel 2026. Ad un confronto col DEF 2023 i saldi primari per il periodo in esame risultano comunque in riduzione per circa 0,5 p.p. per ogni anno considerato.
Sempre con riferimento alla Tabella 12- Indicatori di finanza pubblica (in percentuale del PIL) il confronto tra il quadro tendenziale e quello programmatico fornito nella presente Nota mostra il maggiore indebitamento netto nel triennio 2023-2025 in virtù dell’impostazione di una politica economica prudentemente espansiva nei prossimi anni (in modo più marcato proprio per il 2024, nel quale l’aumento dell’indebitamento programmatico rispetto al tendenziale arriva a 0.7 p.p di PIL, generando significativi spazi di bilancio), condizionata dal quadro macroeconomico meritevole di un prudente sostegno, che diventa moderatamente restrittiva nell’ultimo anno di riferimento. In linea generale risulta poi più marcato l’incremento rispetto all’indebitamento programmatico definito nel DEF 2023.
Per quanto attiene all’indebitamento netto strutturale (ovvero corretto per il ciclo e le misure una tantum), il quadro programmatico delinea un percorso di riduzione più morbido rispetto a quello programmato nell’ultimo DEF (dal -4,9% al -5,9% per il 2023, dal -4,1% al -4,8% per il 2024, dal ?3,7% al -4,3% per il 2025 e dal -3,2% al -3,5% per il 2026).
Il processo di riduzione del debito pubblico, poi, si dovrebbe collocare lungo una traiettoria leggermente più ripida. Stante la sostanziale stabilità del rapporto debito/PIL intorno al 140% in tutti gli anni di riferimento, il quadro programmatico ora definito lo vede leggermente ridursi dal 140,2% del 2023 al 139,6% del 2026, a fronte della sostanziale stabilità scontata nel quadro tendenziale (dal 140% del 2023 al 140,1% del 2026) e di un calo più pronunciato, ma partendo da valori più elevati, sulla base del quadro programmatico del DEF di aprile (dal 142,1% per il 2023 al 140,4% per il 2024).
Figura 8 - Indebitamento netto: differenza tendenziale e programmatico (2022-¬2026)
Fonte: elaborazioni su NADEF 2023, Sez. I, tavola I.3 (Indicatori di finanza pubblica)
I saldi caratteristici della finanza pubblica strutturale sono presentati in Tabella 13 - La finanza pubblica corretta per il ciclo (in percentuale del PIL) e discussi di seguito.
Tabella 13 - La finanza pubblica corretta per il ciclo (in percentuale del PIL)
Fonte: NADEF 2023, Tavola III.5, p. 83.
Come emerge chiaramente, la crisi prodotta dalla pandemia Covid-19 aveva portato ad un crollo rilevante del PIL ed all’apertura di un enorme divario tra PIL effettivo e potenziale (pari al 9%). Nel 2021 l’output gap si ridusse significativamente in virtù del recupero della crescita, permanendo comunque in territorio negativo (-1,8%). L’ulteriore, successiva crescita ha condotto il PIL effettivo su un sentiero di crescita moderatamente superiore al PIL potenziale non inflazionistico (per valori stimati compresi fra 0,7 e 1,1 p.p. lungo l’arco del quadriennio 2023-2026).
Si ricorda che entrambe le grandezze – output gap e PIL potenziale – sono utilizzate nell’ambito della sorveglianza fiscale per calcolare rispettivamente la correzione ciclica necessaria alla stima del saldo strutturale di finanza pubblica e l’aggregato rilevante ai fini della regola della spesa. Si veda il Focus sulla stima del PIL potenziale e dell’output gap nelle diverse istituzioni internazionali.
L'entità, in rapporto al PIL, delle misure una tantum nel quadriennio 2023-2026 appare trascurabile, raggiungendo il comunque moderato livello dello 0,2% del PIL (in termini di maggiori entrate, quindi con impatto positivo sui saldi) soltanto nel 2023, ascrivibile sostanzialmente al gettito da imposte sostitutive varie. Il decremento delle poste una tantum (dallo 0,4% del 2021 allo 0,3% del 2022 per attingere appunto lo 0,2% nel 2023) dovrebbe proseguire negli anni successivi, nei quali il loro contributo complessivo dovrebbe essere trascurabile (circa 900 milioni di euro annui di introiti da dismissioni immobiliari, circa 1,1 miliardi di euro per spese per calamità naturali, destinate comunque a ridursi intorno ai 400 milioni di euro nel 2026, e importi fra 500 e 1.200 milioni di euro annui in termini di entrate fiscali).
Si ricorda che anche le poste una tantum sono impiegate per il calcolo dell’indebitamento netto strutturale (saldo di bilancio strutturale, v. supra).
Per meglio orientarsi nel quadro della programmazione della finanza pubblica, si riporta un confronto degli indicatori strutturali contenuti nella NADEF con quelli dei precedenti documenti programmatici.
Tabella 14 - Indicatori di finanza pubblica e obiettivi programmatici
2021 |
2022 |
2023 |
2024 |
2025 |
2026 |
||
Tasso di crescita del PIL a prezzi costanti |
NADEF 2023 |
8,3 |
3,7 |
0,8 |
1,2 |
1,4 |
1,0 |
DEF 2023 |
7,0 |
3,7 |
1,0 |
1,5 |
1,3 |
1,1 |
|
NADEF 2022 |
6,7 |
3,7 |
0,6 |
1,9 |
1,3 |
|
|
DEF 2022 |
6,6 |
3,1 |
2,4 |
1,8 |
1,5 |
|
|
NADEF 2021 |
6,0 |
4,7 |
2,8 |
1,9 |
|
|
|
DEF 2021 |
4,5 |
4,8 |
2,6 |
1,8 |
|
|
|
Tasso di crescita del PIL potenziale |
NADEF 2023 |
0,3 |
1,1 |
0,9 |
1,1 |
1,1 |
1,0 |
DEF 2023 |
-0,1 |
1,0 |
0,9 |
1,1 |
1,1 |
1,1 |
|
NADEF 2022 |
0,1 |
1,1 |
0,8 |
1,1 |
1,1 |
|
|
DEF 2022 |
0,3 |
1,0 |
1,2 |
1,3 |
1,3 |
|
|
NADEF 2021 |
0,5 |
1,1 |
1,4 |
1,5 |
|
|
|
DEF 2021 |
0,1 |
0,9 |
1,2 |
1,3 |
|
|
|
NADEF 2020 |
-0,1 |
1,0 |
1,3 |
|
|
|
|
DEF 2020 |
0,3 |
|
|
|
|
|
|
Output gap |
NADEF 2023 |
-1,8 |
0,8 |
0,7 |
0,7 |
1,1 |
1,0 |
DEF 2023 |
-2,0 |
0,5 |
0,6 |
0,9 |
1,1 |
1,1 |
|
NADEF 2022 |
-2,4 |
0,1 |
0,0 |
0,8 |
1,0 |
|
|
DEF 2022 |
-2,8 |
-0,7 |
0,5 |
1,1 |
1,3 |
|
|
NADEF 2021 |
-4,1 |
-0,7 |
0,6 |
1,0 |
|
|
|
DEF 2021 |
-4,9 |
-1,2 |
0,1 |
0,6 |
|
|
|
Componente ciclica del saldo di bilancio |
NADEF 2023 |
-1,0 |
0,4 |
0,4 |
0,4 |
0,6 |
0,6 |
DEF 2023 |
-1,1 |
0,3 |
0,3 |
0,5 |
0,6 |
0,6 |
|
NADEF 2022 |
-1,3 |
0,1 |
0,0 |
0,4 |
0,6 |
|
|
DEF 2022 |
-1,5 |
-0,4 |
0,3 |
0,6 |
0,7 |
|
|
NADEF 2021 |
-2,2 |
-0,4 |
0,3 |
0,6 |
|
|
|
DEF 2021 |
-2,7 |
-0,6 |
0,1 |
0,3 |
|
|
|
Indebitamento netto |
NADEF 2023 |
-8,8 |
-8,0 |
-5,3 |
-4,3 |
-3,6 |
-2,9 |
DEF 2023 |
-9,0 |
-8,0 |
-4,5 |
-3,7 |
-3,0 |
-2,5 |
|
NADEF 2022 |
-7,2 |
-5,6 |
-4,5 |
-3,7 |
-3,0 |
|
|
DEF 2022 |
-7,2 |
-5,6 |
-3,9 |
-3,3 |
-2,8 |
|
|
NADEF 2021 |
-9,4 |
-5,6 |
-3,9 |
-3,3 |
|
|
|
DEF 2021 |
-11,8 |
-5,9 |
-4,3 |
-3,4 |
|
|
|
Saldo primario |
NADEF 2023 |
-5,3 |
-3,8 |
-1,5 |
-0,2 |
0,7 |
1,6 |
DEF 2023 |
-5,5 |
-3,6 |
-0,8 |
0,3 |
1,2 |
2,0 |
|
NADEF 2022 |
-3,7 |
-1,5 |
-0,4 |
0,2 |
1,1 |
|
|
DEF 2022 |
-3,7 |
-2,1 |
-0,8 |
-0,3 |
0,2 |
|
|
NADEF 2021 |
-6,0 |
-2,7 |
-1,2 |
-0,8 |
|
|
|
DEF 2021 |
-8,5 |
-3,0 |
-1,5 |
-0,8 |
|
|
|
Misure una tantum |
NADEF 2023 |
0,4 |
0,3 |
0,2 |
0,0 |
0,0 |
0,0 |
DEF 2023 |
0,4 |
0,3 |
0,1 |
-0,1 |
0,1 |
0,1 |
|
NADEF 2022 |
0,4 |
0,4 |
0,3 |
0,1 |
0,0 |
|
|
DEF 2022 |
0,4 |
0,7 |
0,3 |
0,1 |
0,1 |
|
|
NADEF 2021 |
0,4 |
0,3 |
0,2 |
0,0 |
|
|
|
DEF 2021 |
0,2 |
0,2 |
0,1 |
0,0 |
|
|
|
Saldo di bilancio corretto per il ciclo al netto delle una tantum |
NADEF 2023 |
-8,3 |
-8,7 |
-5,9 |
-4,8 |
-4,3 |
-3,5 |
DEF 2023 |
-8,3 |
-8,5 |
-4,9 |
-4,1 |
-3,7 |
-3,2 |
|
NADEF 2022 |
-6,3 |
-6,1 |
-4,8 |
-4,2 |
-3,6 |
|
|
DEF 2022 |
-6,1 |
-5,9 |
-4,5 |
-4,0 |
-3,6 |
|
|
NADEF 2021 |
-7,6 |
-5,4 |
-4,4 |
-3,8 |
|
|
|
DEF 2021 |
-9,3 |
-5,4 |
-4,4 |
-3,8 |
|
|
|
Variazione saldo di bilancio corretto per il ciclo al netto delle una tantum |
NADEF 2023 |
-3,5 |
-0,4 |
2,9 |
1,1 |
0,5 |
0,7 |
DEF 2023 |
-3,3 |
-0,2 |
3,6 |
0,9 |
0,4 |
0,6 |
|
NADEF 2022 |
-1,3 |
0,2 |
1,3 |
0,6 |
0,6 |
|
|
DEF 2022 |
-1,1 |
0,2 |
1,4 |
0,5 |
0,4 |
|
|
NADEF 2021 |
-2,9 |
2,1 |
1,0 |
0,6 |
|
|
|
DEF 2021 |
-4,5 |
3,8 |
1,0 |
0,6 |
|
|
|
Avanzo primario corretto per il ciclo al netto delle una tantum |
NADEF 2023 |
-4,8 |
-4,5 |
-2,1 |
-0,6 |
0,0 |
1,0 |
DEF 2023 |
-4,8 |
-4,2 |
-1,2 |
0,0 |
0,5 |
1,3 |
|
NADEF 2022 |
-2,8 |
-2,0 |
-0,6 |
-0,3 |
0,5 |
|
|
DEF 2022 |
-2,6 |
-2,4 |
-1,4 |
-1,0 |
-0,6 |
|
|
NADEF 2021 |
-4,2 |
-2,5 |
-1,8 |
-1,3 |
|
|
|
DEF 2021 |
-6,0 |
-2,5 |
-1,6 |
-1,1 |
|
|
|
Variazione avanzo primario corretto per ciclo e al netto delle una tantum |
NADEF 2023 |
-3,4 |
0,3 |
2,4 |
1,5 |
0,6 |
1,0 |
DEF 2023 |
-3,2 |
0,6 |
3,0 |
1,2 |
0,5 |
0,8 |
|
NADEF 2022 |
-1,2 |
0,7 |
1,4 |
0,3 |
0,8 |
|
|
DEF 2022 |
-1,0 |
0,1 |
1,0 |
0,4 |
0,4 |
|
|
NADEF 2021 |
-2,9 |
1,7 |
0,8 |
0,4 |
|
|
|
DEF 2021 |
-4,7 |
3,5 |
0,9 |
0,5 |
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Il quadro di finanza pubblica strutturale programmatico si completa con la Figura 6- Saldo strutturale programmatico (2017-2026), che illustra gli aggiornamenti del piano di aggiustamento verso l'obiettivo programmatico (OMT) presentati dal Governo e approvati dalle Camere nel corrente anno e negli anni immediatamente precedenti.
Figura 9- Saldo strutturale programmatico (2017-2026)
Fonti: Tavola "Indicatori di finanza pubblica" da: NADEF 2019, DEF 2020, NADEF 2020, DEF 2021, NADEF 2021, DEF 2022, NADEF 2022, DEF 2023, NADEF 2023.
Quadro normativo di riferimento per gli Obiettivi di Medio Termine (OMT) e aggiustamento di bilancio
Gli obiettivi di finanza pubblica, indicati nei documenti di programmazione economico-finanziaria presentati in corso d’anno dal Governo, si inquadrano nel contesto delineato dal Patto di stabilità e crescita e nella c.d. governance economica europea, intesa come un complesso di previsioni, contenute nei trattati e nella normativa europea, tese a definire gli strumenti e le procedure per una più rigorosa politica di bilancio e per il coordinamento delle finanze pubbliche al fine di garantire la solidità finanziaria dei paesi dell’Unione europea.
L’impianto normativo richiamato è costituito principalmente da un insieme di sei atti legislativi (il c.d. Six Pack40), approvati dagli organismi europei nel novembre 2011 tra cui spicca il Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'Unione Economica e Monetaria (cd. Fiscal Compact), ratificato dall’Italia con legge 23 luglio 2012, n. 114. Inoltre, la legislazione di riferimento si avvale di due ulteriori regolamenti del 21 maggio 2013, n. 472 e n. 473 (c.d. Two Pack).
In particolare, nell’ambito del braccio preventivo del Patto di stabilità e crescita, che trova il proprio fondamento normativo nell’Art. 126 del Trattato dell’Unione, gli Stati membri predispongono e aggiornano periodicamente i rispettivi programmi di stabilità, con i quali presentano il percorso di aggiustamento necessario per il conseguimento di un obiettivo di medio termine (OMT).
La prossima disattivazione della clausola di salvaguardia generale del Patto di Stabilità e Crescita
Il 20 marzo 2020 la Commissione ha avanzato la proposta[32] di attivare la clausola di salvaguardia generale del Patto di Stabilità e Crescita (PSC) per meglio coordinare le politiche di bilancio volte ad affrontare la grave recessione economica causata dallo scoppio della pandemia[33] di Covid-19. Pochi giorni dopo, il 23 marzo, i Ministri delle Finanze degli Stati Membri hanno pubblicamente sostenuto la valutazione della Commissione ed espresso il loro favore in merito all’attivazione della clausola. Secondo il Consiglio, il ricorso alla clausola garantisce la flessibilità di bilancio necessaria ad adottare politiche di sostegno al sistema sanitario ed economico, attraverso misure discrezionali di stimolo che devono essere tempestive, temporanee e focalizzate a fronteggiare l’emergenza. L’attivazione della clausola non sospende le procedure del PSC ma consente una deviazione temporanea dal sentiero di aggiustamento fiscale verso l’obiettivo di bilancio a medio termine, facilitando appunto l’adozione delle opportune misure di coordinamento a livello europeo.
Nella sua comunicazione sulla strategia annuale per la crescita sostenibile 2021 del 17 settembre, la Commissione ha poi sostenuto la necessità di mantenere in vigore la clausola di salvaguardia generale, auspicando comunque un graduale passaggio da risposte emergenziali a misure in grado di sostenere la ripresa economica. La visione della Commissione è stata condivisa dagli Stati Membri nelle discussioni avvenute l’11 e 12 settembre 2020 presso l’Eurogruppo e l’ECOFIN. La Commissione ha così potuto comunicare ai Ministri dell’Economia degli Stati Membri le sue linee guida sull’orientamento della politica fiscale per il 2021[34]. Nelle lettere inviate dal Vice presedente esecutivo della Commissione e del Commissario agli affari economici il 19 settembre 2020, si prendeva atto della persistente incertezza attorno allo sviluppo della pandemia e alle conseguenze socio economiche e della priorità di continuare a fornire supporto all’economia.
Come indicato chiaramente nella NADEF di settembre 2022, nella comunicazione del 2 marzo 2022[35] la Commissione ha fornito gli orientamenti generali per la politica di bilancio nel 2023 enfatizzando l’importanza di proseguire il coordinamento delle politiche fiscali ed economiche anche nella fase di superamento dell’emergenza. Alla luce delle prospettive macroeconomiche aggiornate ai primi mesi del 2022, la Commissione suggeriva di passare, a partire dal 2023, ad un orientamento di bilancio aggregato sostanzialmente neutro. La Commissione rammentava comunque che la politica fiscale doveva rimanere pronta a reagire all'evoluzione della situazione economica[36].
Tale orientamento è stato deciso dopo aver constatato che la situazione economica dell’area euro e dell’Unione non era ancora tornata ai livelli pre-pandemia e che la guerra in Ucraina aveva reso più incerte le prospettive di ritorno alla normalità[37].
Successivamente la Commissione Europea ha reso pubblica la sua proposta di revisione delle regole sulla governance economica, recata nei seguenti atti: COM(2023) 240 final, Annexes 1 to 7 COM(2023) 241 final, COM(2023) 242 final. La Commissione si è espressa a favore del mantenimento della CGS fino al 2023 e della sua disattivazione a partire dal 2024. Tale impostazione è stata da ultimo confermata e formalizzata negli “Orientamenti di politica di bilancio per il 2024” dell’8 marzo 2023, nei quali si invita a garantire la sostenibilità del debito a medio termine e ad aumentare la crescita potenziale in modo sostenibile, ponendo in luce la necessità di principi fondamentali che guidino gli Stati membri nella preparazione dei loro programmi di stabilità e convergenza verso l’OMT nel contesto caratterizzato appunto dalla disattivazione della clausola di salvaguardia generale, nonché di politiche di bilancio prudenti.
Focus sulla stima del PIL potenziale e dell’output gap
nelle diverse istituzioni internazionali
Il prodotto potenziale e l’output gap (OG) rivestono un ruolo fondamentale, nell'ambito della legislazione europea (Six Pack) e di quella italiana che la recepisce (L. n. 243/2012). Infatti la stima dell’output gap concorre a determinare la correzione del saldo nominale per gli effetti del ciclo economico, e la sua ampiezza, in ragione di diverse soglie, influenza il percorso di avvicinamento verso l'Obiettivo di Medio Periodo (OMT) dettato dalla matrice di convergenza. L’indicatore che sintetizza la posizione ciclica di un paese, il cosiddetto output gap, è misurato come differenza tra il PIL reale e il PIL potenziale, in percentuale di quest’ultimo. Tuttavia, mentre il livello del PIL reale è un dato che può essere misurato, il PIL potenziale, definito come il massimo output ottenibile senza generare pressioni inflazionistiche, è una variabile non osservabile e che quindi va stimata. Per il calcolo del PIL potenziale si possono usare diverse tecniche statistico-econometriche, i cui risultati risentono sensibilmente delle ipotesi teoriche di base. In questo box si dà conto sinteticamente delle metodologie di stima adottate dalle principali organizzazioni (Commissione europea, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) e il Fondo monetario internazionale (FMI)). La Commissione europea utilizza una metodologia, concordata con i singoli Stati Membri, basata su una funzione di produzione di Tipo Cobb-Douglas con rendimenti di scala costanti. In tale contesto, il prodotto reale viene scomposto nei fattori lavoro, capitale e produttività opportunamente pesati: Y=TFP*L/'?*K/'(1-?); con ? uguale a 0,65 per tutti gli Stati membri. Il fattore lavoro è ottenuto moltiplicando la popolazione attiva, le ore lavorate, il tasso di partecipazione e il complemento a uno del tasso di disoccupazione. Il passaggio dal PIL reale al PIL potenziale si ottiene estraendo le componenti di trend dei fattori della produzione (tranne che per lo stock di capitale, di cui si considera il valore effettivo) utilizzando differenti tecniche statistiche. Nel caso del fattore lavoro, per il tasso di partecipazione e le ore lavorate viene impiegato il filtro di Hodrick-Prescott, mentre il valore di trend del tasso di disoccupazione (NAWRU, tasso di disoccupazione a cui la teoria economica associa assenza di pressioni inflazionistiche) è ottenuto con un filtro di Kalman in cui la scomposizione trend-ciclo è “indirizzata” da una curva di Phillips. Il trend della TFP è anch’esso stimato con un filtro di Kalman attraverso un modello bivariato, che lega il ciclo a un indicatore di capacità utilizzata. La metodologia impiegata dall’OCSE si discosta lievemente da quella della Commissione. Il framework è molto simile, funzione di produzione con fattori di scala costanti e ? pari a 0,67; la differenza principale riguarda le tecniche di filtraggio utilizzate. Per la stima del tasso di disoccupazione strutturale il filtro di Kalman impiegato dall’OCSE incorpora una curva di Phillips in cui l’unemployment gap è messo in relazione con l’inflazione dei prezzi (e non dei salari) e in cui le aspettative di inflazione sono ancorate. Il FMI dispone di una vasta gamma di modelli basati sia sulla funzione di produzione che su filtri multivariati complessi e non utilizza un metodo unico per la stima del PIL potenziale dei diversi paesi. I valori di PIL potenziale e di output gap pubblicati all’interno del World Economic Outlook sono influenzati anche da considerazioni e valutazioni discrezionali da parte di esperti di ciascun paese. Le stime del prodotto potenziale effettuate dal Tesoro seguono la metodologia concordata a livello europeo ma differiscono dalle stime della Commissione europea per via di un diverso quadro macroeconomico, un diverso orizzonte temporale (T+4 vs T+2) e differenti ipotesi a priori sull’andamento del trend della Produttività Totale dei Fattori.
Tuttavia in seguito alla pandemia da Covid-19, il calcolo dell’output gap realizzato dalla Commissione Europea, ha richiesto alcuni aggiustamenti. Già nel 2020 la Commissione aveva ritenuto opportuno apportare alcuni accorgimenti mirati ad aumentare la componente ciclica colta dai filtri statistici e a riportare la componente di trend del PIL potenziale su un profilo non troppo distante da quello precedente la crisi. Per quanto riguarda le stime di output gap, l’intervento aveva portato a un contenimento quasi totale della revisione per gli anni precedenti il 2020 e, per contro, a valori di output gap maggiormente negativi per 2020 e 2021. Di pari passo, le modifiche apportate portano ad una flessione molto meno pronunciata del tasso di crescita potenziale dell’economia.
In sostanza, l’intervento della Commissione ha evitato che le stime del PIL potenziale riflettessero una caduta permanente del livello del PIL e/o del tasso di crescita.
Le migliorate prospettive di crescita emerse nel corso del 2021 hanno prodotto un rapido ridursi dell’output gap, passato dal 9% nel 2020 (quindi con crescita effettiva molto inferiore al potenziale) all’1,8% nel 2021, per poi tornare in terreno positivo (quindi con crescita effettiva leggermente superiore al potenziale non inflazionistico) sia nel 2022 (0,8%) che nel 2023 (0,7%).
L'Italia è sottoposta al braccio preventivo del Patto di stabilità e crescita (PSC). In tale quadro di regole il percorso di avvicinamento all'obiettivo programmatico (OMT) è valutato in base alla variazione del saldo strutturale e alla regola di spesa e viene modulato in funzione delle condizioni cicliche dell'economia (sinteticamente indicate dal livello dell'output gap), del livello del saldo strutturale di partenza e del rapporto debito/PIL, nonché dell'esistenza di rischi di medio periodo sulla sostenibilità delle finanze pubbliche valutati sulla base dell'indicatore S1[38].
Le modifiche del Patto di stabilità e crescita del 2011 hanno introdotto un vincolo sull'evoluzione della spesa, recepito anche nell'ordinamento nazionale con l'articolo 6, comma 5, della legge n. 243 del 2012. Per i paesi che non hanno raggiunto l’OMT (come l'Italia), l'aggregato della spesa di riferimento dovrebbe seguire un'evoluzione commisurata alla differenza tra il tasso di crescita medio del PIL potenziale e il cosiddetto margine di convergenza[39], a sua volta calibrato in relazione alle condizioni cicliche dell'economia[40]. Dal 2015, il percorso verso l’OMT può essere modificato dall’applicazione di clausole di flessibilità sulla base delle direttive della Commissione, normalmente rilasciate nel mese di gennaio.
Dal 2020 e fino al 2022 l’OMT per l’Italia, paese ad elevato debito pubblico (maggiore del 60% rispetto al PIL), è il raggiungimento di un avanzo strutturale di bilancio pari allo 0,5 per cento. Dal 2023 al 2026 l’OMT è fissato allo 0,3 per cento. Per le regole europee di valutazione della politica di bilancio, ciò che è rilevante è il percorso di avvicinamento all’OMT ed i margini di tolleranza fissati rispetto agli obiettivi. Tali margini sono pari a 0,5 p.p. su base annuale e 0,25 p.p. sulla media biennale per entrambi i parametri di valutazione (saldo strutturale e regola della spesa).
Tuttavia, all’indomani dello scoppio dell’emergenza pandemica, la Commissione e il Consiglio hanno concordato sulla necessità di attivare la clausola generale di salvaguardia (CGS) contenuta nel Trattato per affrontare la situazione senza precedenti causata dal Covid-19. L’attivazione della CGS ha permesso agli Stati membri di deviare temporaneamente dal loro percorso di avvicinamento all’OMT, a condizione che la sostenibilità di bilancio nel medio termine non fosse compromessa. Nella sua comunicazione generale del 2 giugno 2021 adottata in occasione del pacchetto di primavera, la Commissione ha ribadito che per sostenere la ripresa rimane fondamentale il coordinamento a livello europeo delle politiche di bilancio nazionali e che quest’ultime devono continuare a sostenere l’economia anche nel 2021 e 2022. Successivamente la Commissione ha ritenuto soddisfatte le condizioni per continuare ad applicare la clausola di salvaguardia generale per il 2022 e il 2023, mentre per il 2024 ha previsto il ritorno del PSC.
Il 26 aprile 2023 la Commissione europea ha presentato la proposta legislativa di riforma della governance economica europea. Tale proposta è attualmente oggetto di negoziato e gli Stati membri hanno confermato di voler concludere l’iter legislativo della riforma entro il 2023. Pertanto, il 2024 viene considerato come un anno di transizione dall’attuale Patto di Stabilità e Crescita (PSC) alla nuova governance economica. Come già accennato, il 2024 sarà caratterizzato dal ritorno del PSC, in quanto alla fine del 2023 sarà disattivata la clausola generale di salvaguardia (CGS), come chiarito dalla Commissione nella sua Comunicazione di marzo contenente gli orientamenti per la politica fiscale 2024. In base a tali orientamenti la Commissione ha richiesto l’adozione della spesa primaria netta[41], quale indicatore operativo principale per la valutazione della politica fiscale 2024. L’aggregato di riferimento per la sorveglianza di bilancio nel prossimo anno è, dunque, più ampio rispetto a quello utilizzato negli anni in cui è stata attiva la CGS (2020-2023), che considerava l’andamento della spesa corrente primaria netta. Lo stesso si differenzia dall’aggregato di spesa attualmente previsto dal PSC (cd. benchmark di spesa) poiché incorpora la spesa per investimenti pubblici finanziata da risorse nazionali. Per l’Italia, il tetto massimo di crescita della spesa primaria netta raccomandato per il 2024 è pari all’1,3 per cento, ed è compatibile con un miglioramento del bilancio strutturale di 0,7 punti percentuali del PIL.
La Commissione[42] ha ribadito il rinvio alla primavera del 2024 della possibilità di avvio della procedura per i deficit eccessivi. In tale sede, la Commissione valuterà l’opportunità di proporre l’apertura di procedure esclusivamente per disavanzi eccessivi realizzati nel 2023 e non anche per le procedure per debiti eccessivi.
Poiché pur in presenza della CGS le procedure previste dal Patto di Stabilità e Crescita (PSC) non sono sospese, la Commissione ha continuato a valutare la conformità della finanza pubblica degli Stati Membri rispetto ai criteri di disavanzo e debito che caratterizzano il braccio preventivo del PSC
Occorre segnalare che, in considerazione della vigenza della CGS e per il sopravvenire a partire dal 2022 di nuovi interventi di natura straordinaria legati ai prezzi dell’energia la consueta lettura delle deviazioni rispetto alla regola del debito e della spesa è da considerarsi con cautela.
Fino a tutto il 2023 l’esigenza di effettuare spese emergenziali e in gran parte di natura straordinaria ha alterato la lettura dell’andamento di fondo della spesa pubblica. Ciò è avvenuto nel biennio 2020-2021 in relazione alla crisi generata dalla pandemia; in seguito, nel 2022 e 2023, è subentrata l’esigenza di compensare le famiglie e le imprese per gli aumenti – assolutamente al di fuori della norma – dei prezzi dell’energia. Le misure di natura programmatica per il 2024, tengono conto del graduale ritiro delle misure di sostegno per contrastare l’aumento dei prezzi dei beni energetici e di una politica fiscale prudente, anche alla luce della disattivazione della CGS.
Tabella 15 - Deviazioni significative
Fonte: NADEF 2023, Tavola III.6 (Deviazioni significative), pag. 84.
La Tabella 15 - Deviazioni significative riporta le deviazioni significative della finanza pubblica rispetto alle regole fiscali Europee, relativamente agli anni di programmazione. A titolo indicativo il documento evidenzia il rispetto della regola del saldo strutturale sia per il corrente anno che per il 2024 secondo le indicazioni fornite dalla Commissione, mentre le proiezioni per gli anni 2025 e 2026 denotano il proseguo nell’aggiustamento in termini di saldo strutturale.
Il rapporto debito pubblico/PIL è aumentato in media di circa 5 punti percentuali (p.p.) all'anno nel periodo 2008-2013 fino al 132,5% del 2013, per poi stabilizzarsi intorno al 135% tra il 2014 e il 2016 (135,4% nel 2014, 135,3% nel 2015, 134,8% nel 2016)[43]. Il rapporto si è mantenuto su un livello medio del 134% (134,2% nel 2017, 134,4% nel 2018 e 134,1% nel 2019) prima della pandemia da Covid-19. La lieve diminuzione del rapporto negli anni 2017-2019 è dovuta in parte alla crescita del PIL nominale che, combinata con gli avanzi del saldo di bilancio primario, ha più che compensato la spinta all'aumento prodotta dalla componente snow-ball[44]. Il leggero aumento del rapporto nel 2018 è in parte dovuto alla componente dell'aggiustamento stock-flussi[45]. L'avvento della pandemia ha determinato nel 2020 un aumento del rapporto debito/PIL di oltre 20 p.p. fino al 154,9% per effetto del forte peggioramento del saldo di bilancio primario, della componente snow-ball molto sfavorevole e di quella stock-flussi anch’essa sfavorevole (si veda la Figura 6 - Andamento del rapporto debito/PIL al lordo e al netto degli aiuti europei.
Come chiarito dalla NADEF 2023, il livello del debito in rapporto al PIL degli ultimi due anni è stato rivisto al ribasso per effetto della revisione delle stime del PIL nominale (maggiore di 2 p.p. a partire dal 2021) da parte dell’Istat[46] e dello stock di debito pubblico da parte della Banca d’Italia[47]. Il rapporto debito/PIL è ora pertanto stimato al 147,1% (anziché 149,9) nel 2021 e al 141,7% (anziché 144,4) nel 2022. La riduzione del rapporto nel 2022, ricorda la NADEF, è riconducibile alla crescita moderata dello stock di debito per effetto di un buon andamento dei saldi di cassa e alla crescita del PIL nominale, quest’ultima dovuta anche all’inflazione. L’incremento dei tassi di interesse registrato nel 2022 non ha prodotto rialzi rilevanti del costo del debito grazie alla durata media elevata del debito complessivo delle PA, pari a circa 7,8 anni. Ciò ha fatto sì che la componente snow-ball si mantenesse negativa, compensando quindi la spinta del deficit primario.
Figura 10 - Andamento del rapporto debito/PIL al lordo e al netto degli aiuti europei
Fonte: NADEF 2023, Figura III.2 (Andamento del rapporto debito/PIL al lordo e al netto degli aiuti europei), pagina 86.
Nello scenario programmatico della NADEF 2023 (si veda la Tabella 14 - Indicatori di finanza pubblica e obiettivi programmatici), il rapporto debito/PIL rimarrebbe sostanzialmente stabile su tutto l’orizzonte di programmazione. Il Governo prevede, infatti, per l’anno corrente un’ulteriore riduzione fino al 140,2%, mentre, per quanto riguarda gli anni successivi, il rapporto debito/PIL programmatico scenderebbe lievemente al 140,1% nel 2024 grazie all’avvio di un programma di valorizzazione e dismissione di asset pubblici e a un parziale utilizzo delle disponibilità liquide del Tesoro, al 139,9% nel 2025 grazie al rafforzamento dell’avanzo primario e al suddetto piano di dismissioni, nonché al 139,6% nel 2026 grazie alla gestione del debito per scadenze ed emissioni e alla programmata dismissione delle partecipate.
La NADEF segnala, peraltro, che la dinamica soltanto lievemente decrescente del rapporto debito/PIL nello scenario programmatico sopra delineato tiene conto di una serie di fattori che verosimilmente eserciteranno una spinta al rialzo del rapporto:
- le prolungate incertezze nel contesto internazionale che influiranno negativamente sulla crescita economica;
- il tasso di inflazione in discesa che attenuerà la spinta al PIL nominale, sebbene andrà anche a ridurre la componente di spesa per interesse legata ai titoli indicizzati all’inflazione;
- il recepimento dei maggiori tassi di rendimento (derivanti dalla politica monetaria restrittiva) da parte di una quota crescente dei titoli di debito che spingerà al rialzo la spesa per interessi complessiva;
- il flusso di crediti di imposta relativi agli incentivi per bonus edilizi utilizzati in compensazione che rilevano, ai fini della contabilizzazione del debito pubblico, in base al profilo di cassa della loro effettiva fruizione.
Per quanto riguarda quest’ultimo fattore, la NADEF spiega che la componente relativa all’aggiustamento stock-flussi cattura l'impatto derivante da tali flussi all’interno della voce relativa al disallineamento tra competenza e cassa. I costi legati ai bonus edilizi emersi dai dati più recenti sul monitoraggio dei conti pubblici presentano un livello medio annuo di circa 1,1 p.p. del PIL nell’orizzonte previsivo 2024-2026, più che compensando il contributo alla riduzione del rapporto debito/PIL derivante dal miglioramento del saldo primario.
Tabella 16 - Debito delle amministrazioni pubbliche per sotto-settore(1)
Fonte: NADEF 2023, Tavola III.8 (Debito delle amministrazioni pubbliche per sotto-settore), pagina 86.
Quanto al ruolo dei sotto-settori delle amministrazioni pubbliche, dalla Tabella 16 - Debito delle amministrazioni pubbliche per sotto-settore(1) appare chiaro che alle amministrazioni centrali è ascrivibile circa il 97-98% del debito pubblico complessivo, in valore assoluto, della PP.AA., mentre alle amministrazioni locali è riferibile circa il 4% e agli enti di previdenza una quota trascurabile.
Nella attuale governance economica europea ? l'insieme delle istituzioni e delle procedure che coordinano le politiche di bilancio autonome dei singoli paesi membri dell'Unione europea[48] ? l’andamento del debito pubblico in rapporto al PIL è sottoposto a una regola introdotta con lo scopo di indurre i governi dei paesi membri a conseguire l'obiettivo di un rapporto debito/PIL pari al 60%.
La regola del debito attualmente vigente
La governance economica dell'UE, adottata nel novembre 2011 (six pack) e richiamata nel Fiscal compact, prevede una regola numerica che specifica il ritmo di avvicinamento del rapporto debito/PIL al valore soglia del 60%. La regola è stata recepita nell'ordinamento italiano con la legge n. 243 del 2012 di attuazione del principio dell’equilibrio di bilancio.
In particolare, la regola si considera rispettata se la quota del rapporto debito/PIL in eccesso rispetto al valore del 60%
a) si è ridotta in media di 1/20 all'anno nei tre anni precedenti quello di riferimento (criterio retrospettivo o backward looking), ovvero
b) è prevista ridursi, in base alle stime elaborate dalla Commissione europea, in media di 1/20 all'anno nei due anni successivi all'ultimo per il quale si disponga di dati (criterio prospettico o forward-looking).
Nel valutare il rispetto dei due criteri precedenti, la regola prevede che si tenga conto dell'influenza del ciclo economico, depurando il rapporto debito/PIL dell'effetto prodotto dal ciclo sia sul numeratore sia sul denominatore.
Se anche in questo caso la regola non risulta rispettata, possono essere valutati i c.d. fattori rilevanti. In particolare, la Commissione sarà chiamata in questo caso a redigere un rapporto ex articolo 126, comma 3, del TFUE, nel quale esprimere valutazioni “qualitative” in merito agli sviluppi delle condizioni economiche e della finanza pubblica nel medio periodo, oltre che su ogni altro fattore che, nell'opinione dello Stato membro, sia rilevante nel valutare complessivamente il rispetto delle regole di bilancio europee.
In occasione della pandemia da Covid-19, su proposta della Commissione europea del 20 marzo 2020 (COM(2020) 123), è stata attivata la clausola di salvaguardia generale prevista dal regolamento (CE) 1466/97 per facilitare il coordinamento delle politiche di bilancio in caso di eventi eccezionali al di fuori del controllo degli Stati membri. Per effetto di tale clausola, i requisiti di bilancio normalmente applicabili, tra cui la regola del debito, sono sospesi. La clausola generale è prevista venir meno a partire da gennaio 2024.
L'insieme delle regole di bilancio della governance economica europea è attualmente in corso di revisione da parte delle istituzioni europee. La mancata conclusione in tempo utile dell’iter legislativo della proposta comporterebbe la disattivazione della clausola di salvaguardia generale e il ritorno alla normativa attuale sulla governance economica[49].
Nella NADEF, il Governo sottolinea che la proposta legislativa di riforma della Commissione europea sposta l’attenzione sulla sostenibilità di medio periodo del debito, con l’obiettivo di assicurare un percorso di riduzione continuo e plausibile. La proposta prevede infatti che gli Stati membri concordino un piano che assicuri, con un aggiustamento di bilancio adeguato, che il debito si collochi su un sentiero di riduzione plausibile nei dieci anni successivi al piano medesimo. Tale riduzione dovrà verificarsi anche negli scenari sfavorevoli.
Il percorso discendente del rapporto debito pubblico/PIL – che rappresenta l’obiettivo della governance proposta – viene garantito operativamente attraverso un tetto alla spesa primaria netta per un orizzonte temporale di quattro anni, con la possibilità di un’eventuale estensione fino a un massimo di sette anni a fronte di impegni assunti su riforme e investimenti. L’aggregato di spesa di riferimento dovrebbe essere composto dalle spese finanziate con risorse nazionali al netto di misure discrezionali in materia di entrate, degli interessi passivi e della componente ciclica della spesa per disoccupazione. L’aggregato esclude anche le spese finanziate con i fondi strutturali dell’UE e le sovvenzioni della Recovery and Resilience Facility (i prestiti RRF sono quindi ricompresi). Gli investimenti pubblici sarebbero inclusi per il loro intero ammontare.
Nella proposta di riforma della Commissione, ricorda la NADEF, qualora si rispetti il percorso di spesa primaria netta indicato nel proprio piano di medio periodo concordato con la Commissione e approvato dal Consiglio, la discesa del rapporto debito/PIL sarebbe ritenuta sufficiente ad avvicinarsi alla soglia di riferimento del 60% con un ritmo adeguato, anche nei casi in cui lo stesso ecceda tale soglia. Ciò escluderebbe l’avvio di una procedura per debito eccessivo. In presenza, invece, di una deviazione dal sentiero di spesa verrebbe meno anche la conformità al criterio della riduzione del debito e potrebbero determinarsi quindi i presupposti per l’avvio della procedura per debito eccessivo. L’avvio della procedura non sarebbe automatico, ma andrebbe in ogni caso subordinato alla considerazione da parte della Commissione dei c.d. fattori rilevanti che, analogamente a quanto previsto nel vigente quadro normativo, influenzano in modo significativo la valutazione dell’osservanza della soglia relativa al debito. Anche nel nuovo quadro, è prevista una ‘clausola di salvaguardia generale’ nonché una clausola di salvaguardia specifica per Paese. Tra i fattori rilevanti nella valutazione dell’andamento del rapporto debito/PIL, rientrano anche l’attuazione di riforme e investimenti, tra cui le politiche per attuare la strategia comune dell’UE per la crescita e l’occupazione. Infine, la Commissione considererà tutti gli altri fattori che, secondo lo Stato membro interessato, sono significativi per valutare complessivamente l’osservanza dei criteri di riferimento del TFUE e che lo stesso ha sottoposto all’attenzione del Consiglio e della Commissione.
La NADEF ricorda che in questa fase di transizione verso la nuova governance gli Stati membri sono stati invitati a presentare un piano di bilancio che conduca il debito pubblico in rapporto al PIL su un sentiero discendente e lo mantenga su livelli prudenti nel medio periodo, assicurando allo stesso tempo che l’indebitamento netto della PA risulti inferiore al 3 per cento di PIL. La Commissione europea ha in particolare raccomandato all’Italia di limitare a non più dell'1,3 % l'aumento nominale della spesa primaria netta finanziata a livello nazionale nel 2024.
Nelle more della approvazione del progetto di riforma della governance europea, il Governo si impegna nella NADEF a un consolidamento pluriennale che, combinato con gli investimenti e le riforme strutturali definiti nel PNRR e le altre riforme programmate, mira a sostenere il potenziale di crescita dell’economia e a migliorare la sostenibilità del debito pubblico. Il Governo ritiene che sia interesse del Paese proseguire su tale sentiero fino a quando l’analisi di sostenibilità del debito indichi che non siano necessari ulteriori miglioramenti del saldo primario strutturale.
In tale contesto, la NADEF segnala, nella nota 49 a pagina 88, che nello scenario programmatico dalla regola del debito (in base alla configurazione backward-looking che risulta essere la più favorevole) emergerebbe un divario del rapporto debito/PIL rispetto al benchmark pari a 1,0 p.p. nel 2023 e 5,3 p.p. nel 2024.
Il Consiglio dell’Unione europea ha formulato, in data 11 luglio 2023, nell’ambito del semestre europeo, tre Raccomandazioni specifiche (Country-specific recommendations – CSR) rivolte all’Italia. Attraverso tali raccomandazioni, formulate sulla base della Raccomandazione della Commissione europea di maggio 2023 rivolta all’Italia (Country Report), il Consiglio UE ha espresso il parere sul Programma di stabilità 2023 dell’Italia (I Sezione del DEF 2023) e ha rivolto tre raccomandazioni relative al Programma nazionale di riforma 2023 (III Sezione del DEF).
Le tre raccomandazioni del Consiglio UE vertono, rispettivamente su:
- Perseguimento di una politica di bilancio prudente e di supporto alla crescita sostenibile;
- Accelerazione dell’attuazione del PNRR, di REPowerEU e dei programmi della politica di coesione;
- Promozione della sostenibilità ambientale.
All’interno della parte IV della NADEF 2023, il Governo illustra le iniziative politiche, normative e amministrative finora intraprese al fine di adempiere alle suddette raccomandazioni.
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Raccomandazione n. 1: Eliminare gradualmente le vigenti misure di sostegno di emergenza connesse all'energia, usando i relativi risparmi per ridurre il disavanzo pubblico, quanto prima nel 2023 e nel 2024; qualora nuovi aumenti dei prezzi dell'energia dovessero richiedere nuove misure di sostegno o il proseguimento di quelle esistenti, provvedere a che tali misure di sostegno mirino a tutelare le famiglie e le imprese vulnerabili, siano sostenibili a livello di bilancio e preservino gli incentivi al risparmio energetico; Assicurare una politica di bilancio prudente, in particolare limitando a non più dell'1,3 % l'aumento nominale della spesa primaria netta finanziata a livello nazionale nel 2024; Preservare gli investimenti pubblici finanziati a livello nazionale e provvedere all'assorbimento efficace delle sovvenzioni del dispositivo e di altri fondi dell'Unione, in particolare per promuovere le transizioni verde e digitale; Per il periodo successivo al 2024, continuare a perseguire una strategia di bilancio a medio termine di risanamento graduale e sostenibile, combinata con investimenti e riforme atti a migliorare la produttività e ad aumentare la crescita sostenibile, al fine di conseguire una posizione di bilancio prudente a medio termine; Ridurre ulteriormente le imposte sul lavoro e aumentare l'efficienza del sistema fiscale mediante l'adozione e la corretta attuazione della legge delega sulla riforma fiscale, preservando nel contempo la progressività del sistema fiscale e migliorando l'equità, in particolare mediante la razionalizzazione e la riduzione delle spese fiscali, comprese l'IVA e le sovvenzioni dannose per l'ambiente, e la riduzione della complessità del codice tributario; allineare i valori catastali ai valori di mercato correnti.
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Politiche di riduzione del debito
Con riferimento alla necessità di assicurare una politica di bilancio prudente, il Governo rileva che l’aggiornamento delle previsioni nello scenario tendenziale presenta un peggioramento rispetto al DEF di aprile, per effetto di alcuni fattori tra cui la revisione al rialzo dei crediti d’imposta relativi ai bonus edilizi che contribuisce alla crescita del debito nel periodo 2023-2026, una previsione di crescita economica più contenuta nel 2023 e nel 2024 che contribuisce a rendere meno dinamiche le entrate tributarie e l’aumento dei rendimenti dei titoli di Stato che comporta un aggravio aggiuntivo in termini di maggiore spesa per interessi.
Il Governo afferma che la manovra di bilancio per il triennio 2024-2026 continuerà ad essere prudente, perseguendo un giusto equilibrio tra il sostegno all’economia nel breve termine, attraverso misure mirate, e il contenimento del deficit e del rapporto debito/PIL nel medio termine.
Per quanto riguarda l’eliminazione graduale delle misure di sostegno contro il caro-energia, le risorse stanziate nel 2023 risultano più che dimezzate rispetto a quelle allocate nel corso del 2022. Tali misure si sono sempre più caratterizzate per la loro selettività, anche al fine di ridurre la pressione sul fabbisogno del settore pubblico.
Il Consiglio UE europea chiede di limitare la crescita della spesa primaria netta finanziata con risorse nazionali al di sotto dell’1,3 per cento nel 2024, pur preservando gli investimenti pubblici, in particolare quelli destinati a promuovere le transizioni verde e digitale. Si ricorda, peraltro, che la spesa primaria netta (la spesa al netto degli interessi e delle componenti legate direttamente al ciclo economico) costituisce l’indicatore per la sorveglianza fiscale nell’ambito della riforma della governance economica dell’Unione europea proposta dalla Commissione UE ad aprile 2023. Le previsioni dello scenario programmatico della NADEF 2023 indicano il rispetto di tale limite posto alla spesa. Il Governo richiama, inoltre, l’attivazione della procedura per la revisione della spesa disciplinata dall’articolo 22-bis della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009) e richiamata dalla riforma 1.13 del PNRR (Riforma del quadro di revisione della spesa).
Al riguardo si ricorda che in base all'articolo 22-bis, comma 1, della legge n. 196/2009, sulla base degli obiettivi programmatici e dal cronoprogramma delle riforme indicati nel DEF, entro il 31 maggio di ciascun anno con D.P.C.M. sono definiti gli obiettivi di spesa di ciascun Ministero riferiti al successivo triennio. In relazione a tali obiettivi, definiti in termini di limiti di spesa e di risparmi da conseguire, i Ministri definiscono la propria programmazione finanziaria, indicando gli interventi da adottare con il successivo disegno di legge di bilancio. Dopo l'approvazione della legge di bilancio, entro il 1° marzo di ciascun anno, il Ministro dell'economia e delle finanze e ciascun Ministro di spesa stabiliscono in appositi accordi le modalità e i termini per il monitoraggio del conseguimento degli obiettivi di spesa.
Il DEF 2022 ha stabilito che le amministrazioni centrali dello Stato devono assicurare i seguenti risparmi di spesa nel triennio 2023-2025:
- 800 milioni per il 2023;
- 1.200 milioni per il 2024;
- 1.500 milioni per il 2025.
La legge di bilancio per il 2023 ha disposto le riduzioni di spesa per Ministeri in attuazione di quanto previsto dal DEF.
Il DEF 2023 ha posto come ulteriore obiettivo di risparmio che le amministrazioni centrali devono conseguire, in termini di minore indebitamento netto:
- 300 milioni nel 2024;
- 500 milioni nel 2025;
- 700 milioni dal 2026.
La fissazione degli obiettivi di risparmio dei singoli Ministeri e delle relative aree di intervento è stata disposta con il D.P.C.M. 7 agosto 2023.
Le proposte di riduzione da parte dei singoli Ministeri, relative ai settori di spesa di competenza, possono essere formulate con riferimento a voci di spesa di natura corrente e a voci di spesa di natura capitale ad esclusione di quelle relative ai progetti a valere sul PNRR, sul PNC, per la ricostruzione a seguito di calamità naturali e per la transizione 4.0 e devono intervenire prioritariamente sugli investimenti caratterizzati da un minor impatto sulla crescita dell'economia nazionale. Le proposte inerenti la spesa di natura capitale non possono superare la percentuale massima del 30 per cento dell'obiettivo di risparmio assegnato. Il riparto stabilito dal menzionato D.P.C.M. è illustrato nella seguente tabella:
Tali riduzioni di spesa si aggiungono a quanto già previsto con la legge di bilancio 2023, portando la riduzione complessiva a 1,5 miliardi nel 2024, 2 miliardi nel 2025 e 2,2 miliardi a partire dal 2026.
Obiettivi di risparmio dei Ministeri (indebitamento netto)
(milioni di euro)
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2023 |
2024 |
2025 |
dal 2026 |
DEF 2022 |
800 |
1.200 |
1.500 |
1.500 |
DEF 2023 |
- |
300 |
500 |
700 |
TOTALE |
800 |
1.500 |
2.000 |
2.200 |
L’indebitamento netto è previsto tornare sotto la soglia del 3 per cento del PIL entro il 2026, grazie a un progressivo aumento dell’avanzo primario, tale da più che compensare l’aumento della spesa per interessi, dovuta all’aumento dei rendimenti sui titoli di Stato. Il rapporto debito/PIL lungo tutto l’arco temporale della NADEF si colloca su un sentiero di riduzione graduale, pur se contenuta. Si tratta di una fase transitoria che risente della suddetta componente stock-flussi a causa del Superbonus.
La riforma fiscale
Rispetto alla parte della raccomandazione relativa alla riforma fiscale, il Governo riporta la sintetica descrizione dei contenuti della delega fiscale (legge n. 111 del 2023) approvata definitivamente dal Parlamento il 4 agosto 2023, che, con riguardo agli specifici punti citati dalla raccomandazione, prevede quale obiettivo fondamentale la semplificazione del sistema tributario, riducendone distorsioni e complessità, la riduzione delle aliquote IRPEF e dei relativi scaglioni, preservando il principio di progressività al fine di ridurre il carico fiscale sul lavoro e promuovere l’equità orizzontale; l’applicazione di un’imposta sostitutiva proporzionale sulla tredicesima mensilità, sui premi di produttività e sulle retribuzioni corrisposte a titolo di straordinario che eccedono una determinata soglia; il riordino delle tax expenditures; la progressiva rimodulazione o eliminazione di alcune agevolazioni, catalogate come sussidi ambientalmente dannosi.
Viene inoltre ribadito l’intendimento di ridurre nel 2024 il cuneo fiscale sui lavoratori mediante una significativa riduzione dei contributi sociali, mentre non sono indicati specifici interventi di adeguamento con riferimento alla richiesta, formulata all’interno della raccomandazione, di allineare i valori catastali ai valori di mercato correnti.
Preservare gli investimenti pubblici finanziati a livello nazionale e promuovere le transizioni verde e digitale
Nell’ambito della Raccomandazione n. 1, il Consiglio dell’Unione europea chiede all’Italia, tra l’altro, di prendere provvedimenti, nel 2023 e nel 2024, per preservare gli investimenti pubblici finanziati a livello nazionale e provvedere all'assorbimento efficace delle sovvenzioni del Dispositivo di ripresa e resilienza e di altri fondi dell'Unione, in particolare per promuovere le transizioni verde e digitale.
L’indirizzo del Consiglio si inserisce nel solco della comunicazione della Commissione dell’8 marzo 2023 in cui si raccomanda che tutti gli Stati membri continuino a tutelare gli investimenti finanziati a livello nazionale e a garantire l'uso efficace del dispositivo e di altri fondi dell'Unione, soprattutto in considerazione degli obiettivi in materia di transizioni verde e digitale e di resilienza.
Nella NADEF 2023 il Governo evidenzia le iniziative realizzate, soprattutto nell’ambito delle risorse previste dal PNRR (per lo stato di attuazione dei progetti PNRR in materia di transizione digitale si rinvia all’apposito tema dell’attività parlamentare sul sito della Camera).
In particolare, in materia di digitalizzazione della pubbliche amministrazioni, la Nota indica i seguenti progetti:
§ Polo Strategico Nazionale (PSN), struttura cloud destinata a ospitare i sistemi informativi, i dati e le applicazioni delle pubbliche amministrazioni;
§ Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND), infrastruttura tecnologica, ospitata nel cloud, che consentirà l’interoperabilità dei sistemi informativi e delle basi dati delle pubbliche amministrazioni;
§ PagoPA ed AppIO, piattaforme per i pagamenti digitali, che assieme all’identità digitale (SPID e carta di identità eletronica), all'Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR) e alla Piattaforma notifiche digitali, costituiscono i principali strumenti di diffusione dei servizi digitali per cittadini e imprese;
§ diffusione delle competenze digitali di base.
Inoltre, il Governo dà particolare rilievo alla realizzazione, sempre nell’ambito del PNRR, dell'architettura nazionale di cybersicurezza e all'istituzione dell'Agenzia per la cybersicurezza nazionale (ACN).
Anche il settore sanitario è stato oggetto di consistenti finanziamenti. In proposito la NADEF ricorda che nel marzo è stata assegnata la gara per la progettazione, realizzazione e gestione dei servizi abilitanti della Piattaforma Nazionale di Telemedicina.
Infine, la NADEF si sofferma in particolare su due progetti:
§ la fondazione Centro italiano per il design dei circuiti integrati a semiconduttore, in corso di realizzazione, con l’obiettivo di potenziare la catena di approvvigionamento dei semiconduttori, in Italia e in Europa, e allo stesso tempo sostenere le transizioni verde e digitale;
§ il supercomputer LEONARDO inaugurato nel novembre 2022, finanziato dalla Commissione europea e da alcuni Paesi dell’Unione europea, tra cui l’Italia.
Per quanto riguarda la transizione verde si rinvia al paragrafo 2.3 sulla Raccomandazione III – Promuovere la sostenibilità ambientale.
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Raccomandazione n. 2: Garantire una governance efficace e rafforzare la capacità amministrativa, in particolare a livello subnazionale, ai fini dell'attuazione continuativa, rapida e solida del piano per la ripresa e la resilienza; perfezionare celermente il capitolo dedicato al piano REPowerEU al fine di avviarne rapidamente l'attuazione; procedere alla rapida attuazione dei programmi della politica di coesione in stretta complementarità e sinergia con il piano per la ripresa e la resilienza. |
Con riferimento all’efficace governance del PNRR il Governo richiama le novità introdotte con il D.L. n. 13 del 2023 che ha modificato la struttura organizzativa disciplinata dal D.L. n. 77 del 2021. Le modifiche hanno riguardato, in sintesi:
- il rafforzamento del ruolo di coordinamento della Presidenza del Consiglio, con l'istituzione della Struttura di missione PNRR;
- la soppressione del Tavolo permanente per il partenariato economico, sociale e territoriale il coinvolgimento dei rappresentanti delle parti sociali ed economiche all’interno della Cabina di regia per il PNRR;
- la riorganizzazione delle Unità di missione presso le amministrazioni centrali titolari di interventi del Piano.
Per quanto riguarda l’attuazione del PNRR, il relativo cronoprogramma prevede, nel secondo semestre 2023, la realizzazione dei traguardi e degli obiettivi per l’ottenimento della quinta rata, di importo pari a 18 miliardi di euro (7 miliardi di sovvenzioni a fondo perduto e 11 miliardi di prestiti).
Alla data di pubblicazione del presente dossier, la Commissione europea ha erogato all’Italia il prefinanziamento e le prime due rate, per un importo complessivo di 66,9 miliardi di euro.
La terza rata, che ammonta a circa 18,5 miliardi, sarà erogata a breve, considerato il parere positivo del Comitato economico e finanziario del Consiglio UE espresso a settembre.
Si ricorda, al riguardo, che l’importo inizialmente previsto di 19 miliardi di euro della terza rata sarà decurtato di 519,5 milioni di euro, in relazione al fatto che è stato espunto l'obiettivo sui nuovi alloggi per studenti: tale importo sarà trasferito alla quarta rata, collegato ad un nuovo traguardo.
Il Consiglio UE ha adottato il 19 settembre 2019 la decisione di esecuzione che approva le modifiche al PNRR dell'Italia relative a determinati traguardi e obiettivi da raggiungere entro il 30 giugno 2023 per l'ottenimento della quarta rata da 16,5 miliardi di euro. La richiesta di pagamento della quarta rata è stata inoltrata dal Governo alla Commissione europea il 22 settembre.
Si ricorda che il Governo italiano, il 7 agosto 2023, ha presentato alla Commissione europea una richiesta di modifica complessiva del PNRR italiano con la revisione di 144 tra investimenti e riforme, nonché l'inserimento del capitolo riguardante l'attuazione dell'iniziativa REPowerEU. Al fine di rinvenire le risorse volte a finanziare i nuovi investimenti previsti dal capitolo REPowerEU, il Governo ha proposto, tra le altre iniziative di modifica, di definanziare dal PNRR 9 investimenti, finanziati per un importo pari a 15,9 miliardi, provvedendo alla relativa copertura con altre fonti di finanziamento, come il Piano nazionale complementare al PNRR e i fondi europei e nazionali delle politiche di coesione.
Si ricorda che il Regolamento (UE) 2023/435, entrato in vigore il 1° marzo 2023, ha previsto l'inserimento nei Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza del capitolo dedicato al piano REPowerEU. Al Regolamento REPowerEU è collegata la possibilità di utilizzare le risorse della programmazione 2014-2020 per finanziare misure eccezionali per supportare le piccole e medie imprese colpite dall'aumento del prezzo dell'energia e sostenere le famiglie bisognose nell'affrontare le spese energetiche, unitamente ad un uso flessibile del Fondo europeo di sviluppo regionale e del Fondo sociale europeo.
La NADEF rammenta che la dotazione finanziaria complessiva del capitolo REPowerEU consisterà per l’Italia in 2,76 miliardi a fondo perduto (a cui si aggiungono 161 milioni per l’aggiornamento del contributo finanziario massimo RRF), a cui andranno sommate ulteriori risorse liberate dalle modifiche al PNRR, in corso di negoziazione con la Commissione, e, eventualmente, risorse pari a una quota fino al 7,5 per cento della dotazione iniziale dei fondi strutturali europei destinati all’Italia per il ciclo di programmazione 2021-2027. L’Italia non ha richiesto, invece, prestiti aggiuntivi tra quelli non richiesti dagli altri Stati membri nell’ambito del Dispositivo di ripresa e resilienza – facoltà, quest’ultima, prevista dal citato Regolamento europeo 2023/435.
Il Governo afferma che in merito alle proposte trasmesse ad agosto è stata avviata la discussione con la Commissione europea. Per le nuove misure relative a REPowerEU, sono in corso di valutazione, in particolare,:
i) la coerenza con le finalità dello strumento;
ii) l’effettiva possibilità che gli interventi siano completati entro il 2026;
iii) i profili ambientali degli interventi e la compatibilità di deroga al principio del non arrecare danno significativo all’ambiente (c.d. DNSH) per i gasdotti.
Per le modifiche a traguardi e obiettivi originari del Piano, sono invece oggetto di approfondimento gli effettivi impatti dell’aumento dei costi delle materie prime e dell’energia sugli interventi realizzabili e le eventuali soluzioni per soddisfare l’ambizione delle misure del Piano con modifiche al percorso attuativo. La definizione condivisa del capitolo REPowerEU e della riprogrammazione è attesa entro la fine dell’anno.
Per quanto riguarda la parte della raccomandazione rivolta al rafforzamento della capacità amministrativa il Governo evidenzia che con i decreti-legge n. 44 del 2023 (c.d. decreto-legge PA) e n. 75 del 2023 (c.d. decreto-legge PA-bis) sono state introdotte disposizioni volte ad accrescere il capitale umano delle amministrazioni pubbliche impegnate nell’attuazione del PNRR. I richiamati decreti-legge contengono, tra le altre, misure per stabilizzare il personale a tempo determinato (anche dedicato alle valutazioni di impatto ambientale), per accelerare lo svolgimento dei concorsi pubblici, nonché per favorire l’assunzione di giovani.
In particolare:
§ vengono ampliate le possibilità di ricorso ai concorsi unici e di scorrimento delle graduatorie in corso di validità;
§ talune assunzioni vengono consentite anche senza il previo esperimento delle procedure di mobilità;
§ si prevede che gli enti territoriali possano procedere alla stabilizzazione del personale già in servizio sino al 31 dicembre 2026 (in luogo del 31 dicembre 2023 posto dalla normativa generale);
§ si riconosce ad alcune amministrazione pubbliche, fino al 31 dicembre 2026, la possibilità di assumere giovani laureati con contratto di apprendistato o studenti di età inferiore a 24 anni con contratto di formazione e lavoro. Tale rapporto può successivamente trasformarsi a tempo indeterminato, a condizione della sussistenza dei requisiti per l'accesso al pubblico impiego e della valutazione positiva del servizio prestato.
In materia di dirigenza, il decreto-legge n. 44 del 2023, per la copertura di posti delle articolazioni che rivestono la qualifica di soggetti attuatori del PNRR, il decreto consente alle pubbliche amministrazioni, fino al 31 dicembre 2026, di conferire a soggetti estranei ai ruoli dell'amministrazione incarichi dirigenziali generali e non generali nel limite del 12 per cento delle rispettive dotazioni organiche (art. 1, comma 1).
Inoltre, solo per i dipartimenti o strutture che siano attuatori di interventi previsti nel PNRR, le pubbliche amministrazioni sono state autorizzate a disporre, fino al 31 dicembre 2026, il trattenimento in servizio – oltre il limite anagrafico per il collocamento a riposo di ufficio – dei dirigenti generali titolari della direzione di dipartimenti, o di strutture corrispondenti a questi ultimi (secondo i rispettivi ordinamenti)[50].
Con riferimento alle misure relative alle assunzioni di personale a tempo determinato per l'attuazione del PNRR degli enti locali, il decreto legge n. 44 del 2023 prevede inoltre che le risorse del Fondo istituito a tale fine da parte dei comuni con meno di 5.000 abitanti, impegnate e non utilizzate relativamente all'anno 2022, possono essere utilizzate per la stessa finalità anche nel 2023. Il medesimo decreto, inoltre, amplia la platea dei comuni che possono utilizzare personale dipendente a tempo pieno di altre amministrazioni locali, detta disposizioni in materia di segretari e vicesegretari comunali in favore dei piccoli comuni, nonché prevede che gli enti territoriali, previa intesa sancita in sede di Conferenza unificata possano individuare, per l'accesso all'impiego presso il relativo ente, requisiti ulteriori rispetto a quelli stabiliti dalla disciplina generale, al fine di rispondere ad esigenze di specificità territoriale.
Infine, con le previsioni dei decreti nn. 44 e 75 del 2023 sono stati disposti incrementi di organici e assunzioni di personale, ivi inclusi quello di diretta collaborazione, dei singoli Ministeri e di alcune agenzie impegnati nell’attuazione del PNRR.
Per quanto riguarda, infine, l’attuazione dei programmi della politica di coesione in complementarietà con il PNRR, il Governo ricorda che l’esigenza di una piena integrazione tra i fondi europei e nazionali della politica di coesione e il PNRR risulta in linea con il lavoro del Governo che ha accentrato la governance dei due strumenti con la riforma varata dal D.L. n. 13 del 2023. Nella NADEF si sottolinea, inoltre, che il Governo intende assicurare la realizzazione di interventi strategici e qualificanti per i territori, in una prospettiva di integrazione tra fondi nazionali, europei e PNRR, per evitare effetti di spiazzamento e rischi di sovrapposizione tra i diversi programmi di investimento.
Al riguardo, si evidenzia che con il D.L. n. 124 del 2023, attualmente in corso di conversione presso la Camera dei deputati, sono state adottate disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione e per il rilancio dell'economia nelle aree del Mezzogiorno. Il decreto, tra l’altro, modifica l’attuale disciplina in ordine alle modalità di programmazione e di utilizzo delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione stanziate per il ciclo 2021-2027. In particolare, sono ridefiniti i criteri e le modalità di impiego e di gestione delle risorse del FSC per la programmazione 2021-2027, introducendo lo strumento dell’“Accordo per la coesione”, in sostituzione dei “Piani di sviluppo e coesione”, ai fini dell’attuazione degli interventi finanziati con le risorse del Fondo. È prevista la possibilità di finanziare gli interventi e le linee d’azione strategici inseriti negli Accordi per la coesione stipulati con le Amministrazioni centrali e con le Regioni e Province autonome, anche con altre risorse disponibili, quali, in particolare, i Fondi strutturali europei e le risorse destinate ad interventi complementari.
La NADEF rammenta, infine, che è attualmente in discussione la proposta di regolamento europeo presentata dalla Commissione, che istituisce la Piattaforma europea per le tecnologie strategiche (STEP), che introduce rilevanti flessibilità nell’uso dei fondi 2021-2027, inclusa l’estensione dell’ammissibilità ai finanziamenti per le grandi imprese. Per quanto riguarda, invece, la programmazione 2014-2020, in una logica di integrazione tra programmi e valorizzando le flessibilità introdotte dal Regolamento REPowerEU, è stata promossa un’azione volta a massimizzare l’utilizzo della cd. iniziativa SAFE la quale consente agli Stati membri di utilizzare fino al 10 per cento dei fondi strutturali 2014-2020 non spesi per fornire un sostegno diretto alle famiglie vulnerabili e alle piccole e medie imprese per aiutarle a far fronte all'aumento dei costi energetici.
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Raccomandazione n. 3: Ridurre la dipendenza dai combustibili fossili; razionalizzare le procedure di concessione per accelerare la produzione di energie rinnovabili aggiuntive e sviluppare interconnessioni delle reti elettriche per assorbirla; accrescere la capacità di trasporto interno del gas al fine di diversificare le importazioni di energia e rafforzare la sicurezza dell'approvvigionamento; aumentare l'efficienza energetica nei settori residenziale e produttivo, anche attraverso sistemi di incentivi maggiormente mirati, rivolti in particolare alle famiglie più vulnerabili e agli edifici con le prestazioni peggiori; promuovere la mobilità sostenibile, anche eliminando le sovvenzioni dannose per l'ambiente e accelerando l'installazione di stazioni di ricarica; intensificare le iniziative a livello politico a favore dell'offerta e dell'acquisizione delle abilità e competenze necessarie per la transizione verde. |
Secondo la NADEF, alla raccomandazione risponde dettagliatamente la proposta di inserimento di un capitolo REPowerEU nel PNRR, presentata dal Governo alle Istituzioni europee il 7 agosto 2023 (qui il comunicato stampa della Commissione).
Le proposte di investimento e riforme contenute nel REPowerEU italiano sono suddivise in tre capitoli tematici:
· Capitolo 1 – Reti (rafforzamento strategico delle reti di distribuzione, anche riferite al gas, nella prospettiva della conversione degli impianti al trasporto di idrogeno, compreso il GNL) - in cui vengono proposti:
- investimenti per potenziare le linee di trasmissione in alta tensione e di interconnessione elettrica transfrontaliera tra Italia e Paesi confinanti;
- scale up di misure già avviate nell’ambito del PNRR come Smart grid della rete elettrica e interventi su resilienza climatica reti;
· Capitolo 2 – Transizione verde ed efficientamento energetico (produzione di energie rinnovabili e riduzione della domanda di energia e riqualificazione) - in cui vengono proposti crediti d’imposta, contributi a fondo perduto, prestiti agevolati e strumenti analoghi ai contratti di sviluppo per:
- incentivare gli investimenti delle imprese nella produzione di energia da fonti rinnovabili e nella realizzazione di impianti di autoproduzione;
- migliorare le prestazioni e la sostenibilità nei settori agroalimentare e zootecnico.
Inoltre, il capitolo prevede interventi per l’elettrificazione delle banchine portuali per la riduzione delle emissioni delle navi nella fase di stazionamento in porto (c.d. cold ironing).
Sono, infine, previste riforme e investimenti nelle competenze green dei lavoratori del settore privato e della PA. Alcuni degli interventi proposti riguardano le misure per lo sviluppo dell’idrogeno già avviate nell’ambito del PNRR.
· Capitolo 3 – Filiere industriali strategiche (sostegno alle catene del valore, promozione delle filiere dell’energia rinnovabile e dell’idrogeno nella prospettiva dell’economia circolare e del recupero dei materiali rari) - in cui si propongono investimenti per supportare la transizione ecologica in un’ottica di filiera strategica e per l’approvvigionamento sostenibile, circolare e sicuro delle materie prime critiche.
La NADEF, infine, dichiara che sono allo studio le seguenti riforme, previste dal capitolo REPowerEU:
1) le norme volte alla riduzione dei costi di connessione degli impianti per la produzione di biometano e alla mitigazione del rischio finanziario associato ai contratti Power Purchase Agreements (PPA) da fonti rinnovabili;
2) un Testo unico per l’autorizzazione degli impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili;
Si rammenta che la legge sulla concorrenza (L. n. 118/2022, art. 26, comma 4) delega già il Governo all’adozione di uno o più decreti legislativi di riordino e semplificazione della disciplina sulle fonti energetiche rinnovabili e la riduzione degli oneri regolatori gravanti su cittadini e imprese. Il termine per l’esercizio della delega è il 27 dicembre 2023, termine così prorogato dall’articolo 1, comma 9 della L. n. 14/2023, di conversione del D.L. n. 198/2022.
3) la definizione di un percorso per la razionalizzazione dei sussidi inefficienti connessi ai combustibili fossili.
Per una analisi di dettaglio delle proposte di modifica del PNRR, rientranti nel Capitolo RepowerEU, si rinvia al Dossier DFP n. 28/R/1 “Le proposte del Governo per la revisione del PNRR e il capitolo RepowerEU” del 31 luglio 2023.
La legge 31 dicembre 2009 n. 196, di riforma della contabilità e della finanza pubblica, dispone, al terzo comma dell’articolo 10-bis, che l’aggiornamento del Documento di economia e finanza (NADEF), sia corredata dalla Nota illustrativa sulle leggi pluriennali di spesa in conto capitale a carattere non permanente, con indicazione, in apposita sezione, di quelle che rivestono carattere di contributi pluriennali.
L’ambito di indagine della Nota illustrativa, individuato nella circolare RGS n. 17 del 21 aprile 2023, è circoscritto alle autorizzazioni di spesa pluriennali di carattere non permanente relative a spese di investimento, ove per spese di investimento si intendono tutte le spese finalizzate ad incrementare lo stock di capitale fisico o tecnologico a disposizione dell’Amministrazione la cui utilità non si esaurisce nel corso di un solo esercizio finanziario. La spesa inoltre comprende anche eventuali oneri di parte corrente imprescindibilmente connessi alle spese di investimento (come, ad esempio, interessi su rate di ammortamento di eventuali mutui).
Le autorizzazioni di spesa pluriennali non permanenti sono riconducibili a due tipologie:
§ Leggi pluriennali di spesa: corrispondono alle autorizzazioni pluriennali per le quali la norma definisce l’onere complessivo e la sua ripartizione nei vari anni.
§ Contributi pluriennali: sono autorizzazioni pluriennali per le quali la legge autorizzativa stabilisce un importo annuale, sempre identico, ed un periodo di durata pluriennale (di norma non inferiore a 10 anni), che può essere ricondotto ad un piano di ammortamento, attesa la possibilità di attualizzazione di detti contributi, previa apposita autorizzazione. Si tratta di particolari autorizzazioni di spesa pluriennali per le quali la norma specifica le relative modalità di utilizzo. A valere su tali autorizzazioni è infatti possibile stipulare operazioni di mutuo con istituti di credito il cui onere di ammortamento è posto a carico dello Stato oppure provvedere all’erogazione diretta delle risorse a favore del beneficiario.
Le autorizzazioni pluriennali attive relative alla spesa per investimenti, oggetto della Nota illustrativa allegata alla presente NADEF 2023, ammontano complessivamente a 894 autorizzazioni, distribuite tra le diverse amministrazioni. Le amministrazioni che gestiscono il maggior numero di leggi pluriennali sono innanzitutto il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e poi il Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Guadando all’ammontare complessivo delle risorse gestite, il primato passa al Ministero dell’Economia e delle Finanze, cui seguono il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e il Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Quest’ultimo gestisce un minor numero di autorizzazioni, ma con oneri complessivi relativamente più elevati.
Le autorizzazioni di spesa pluriennale a carattere non permanente presentano, nel loro complesso, un ammontare di stanziamenti per il triennio 2023-2025 e il successivo arco pluriennale pari a 604.964,34 milioni di euro di cui 557.301,83 relativi a leggi pluriennali di spesa e 47.662,51 riguardanti contributi pluriennali. I dati relativi alle risorse stanziate sono aggiornati al 18 maggio 2023.
La distribuzione delle leggi pluriennali nelle missioni del bilancio dello Stato mostra che in termini di stanziamenti le risorse a carattere pluriennale sono attribuite prevalentemente alle missioni “Relazioni finanziarie con le autonomie territoriali”, “L'Italia in Europa e nel mondo”, “Sviluppo e riequilibrio territoriale”, “Diritto alla mobilità e sviluppo dei sistemi di trasporto”, “Competitività e sviluppo delle imprese” e “Infrastrutture pubbliche e logistica”, che, nel loro complesso, assorbono oltre l’81% degli stanziamenti delle leggi pluriennali per il complesso del triennio 2023-2025 e il successivo arco di tempo pluriennale.
La distribuzione degli stanziamenti complessivi dei contributi pluriennali per missione evidenzia che circa il 90% degli stessi sono allocati sulle missioni “Relazioni finanziarie con le autonomie territoriali”, “L'Italia in Europa e nel mondo”, “Diritto alla mobilità e sviluppo dei sistemi di trasporto”, “Competitività e sviluppo delle imprese” e Tutela e valorizzazione dei beni e attività culturali e paesaggistici”.
La Nota riporta anche le informazioni contabili relative alla gestione, che riguardano, in particolare, il totale cumulato dei pagamenti (“erogato”), la consistenza dei residui passivi di bilancio e lo stock dei residui passivi perenti presenti nel conto del patrimonio, il totale cumulato delle economie realizzate nel corso delle varie gestioni finanziarie (sia nel conto del bilancio che nel conto del patrimonio nel caso di residui passivi perenti).
Sia le leggi pluriennali che i contributi pluriennali di spesa denotano, secondo quanto riportato dalle amministrazioni competenti, complessivamente, uno stato di avanzamento in linea con quanto programmato. Ritardi o mancati avvii sono individuabili in corrispondenza di alcuni specifici programmi di spesa.
La Nota riserva un capitolo apposito all’analisi delle autorizzazioni di spesa riconducibili ai tre Fondi destinati al finanziamento degli investimenti e allo sviluppo infrastrutturale del Paese, costituiti con tre successive leggi di bilancio:
• Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese, istituito dall’art. 1, comma 140 della Legge di Bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016) con una dotazione iniziale di 47,5 miliardi per gli anni dal 2017 al 2032, e rifinanziato dall’art.1 comma 1072 della Legge di Bilancio per il 2018 (legge n. 145 del 2017) per complessivi 36,1 miliardi di euro per gli anni dal 2018 al 2033, è destinato a finanziare interventi nei settori dei trasporti, delle infrastrutture, della ricerca, della difesa del suolo, dell'edilizia pubblica e della riqualificazione urbana;
• Fondo finalizzato al rilancio degli investimenti delle Amministrazioni centrali dello Stato e allo sviluppo del Paese, istituito dalla Legge di Bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018), con una dotazione complessiva iniziale di circa 43,6 miliardi di euro per gli anni dal 2019 al 2033;
• ulteriore Fondo finalizzato al rilancio degli investimenti delle Amministrazioni centrali dello Stato e allo sviluppo del Paese, istituito dall’art. 1, comma 14 della Legge di Bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019), destinato in particolare all'economia circolare, alla decarbonizzazione dell'economia, alla riduzione delle emissioni, al risparmio energetico, alla sostenibilità ambientale e, in generale, ai programmi di investimento e ai progetti a carattere innovativo, anche attraverso contributi ad imprese, a elevata sostenibilità e che tengano conto degli impatti sociali. La dotazione complessiva iniziale di questo Fondo ammonta a circa 20,8 miliardi di euro per gli anni dal 2020 al 2034.
Si segnala, peraltro, dotazioni finanziarie di alcune autorizzazioni di spesa afferenti le risorse dei citati Fondi investimento, per effetto delle manovre di finanza pubblica attuate con leggi di bilancio, sono state oggetto di successivi definanziamenti, rifinanziamenti e riprogrammazioni nonché oggetto di rimodulazioni compensative con altre autorizzazioni di spesa di fattore legislativo al fine di modulare le risorse assegnate secondo le necessità connesse al raggiungimento degli obiettivi di spesa delle Amministrazioni.
Nel secondo volume della Nota illustrativa sulle leggi pluriennali di spesa (“Appendice”) sono riportati, in apposite sezioni dedicate ai singoli Ministeri, i quadri contabili di ciascuna autorizzazione di spesa pluriennale, organizzati per missione e programma, indicando distintamente le autorizzazioni che rivestono carattere di contributi pluriennali.
Per ciascuna autorizzazione i quadri contabili riportano:
- la scadenza dell’autorizzazione;
- l’onere complessivo;
- eventuali autorizzazioni rifinanzianti o definanzianti;
- le somme complessivamente stanziate, quelle impegnate e quelle erogate;
- i residui passivi;
- la programmazione finanziaria di ciascuna legge.
Il Governo, in ottemperanza al dettato normativo, ha presentato in allegato alla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2023 (NADEF 2023) il rapporto programmatico recante gli interventi in materia di spese fiscali[51].
Nello specifico, si ricorda che l'articolo 1, comma 1, del D.Lgs. n. 160 del 2015, intervenendo sulla legge di contabilità e finanza pubblica[52], dispone che la NADEF sia corredata da "un rapporto programmatico nel quale sono indicati gli interventi volti a ridurre, eliminare o riformare le spese fiscali in tutto o in parte ingiustificate o superate alla luce delle mutate esigenze sociali o economiche ovvero che si sovrappongono a programmi di spesa aventi le stesse finalità, che il Governo intende attuare con la manovra di finanza pubblica". Nell'indicazione degli interventi resta ferma la priorità della tutela dei redditi di lavoro dipendente e autonomo, dei redditi di imprese minori e dei redditi di pensione, della famiglia, della salute, delle persone economicamente o socialmente svantaggiate, del patrimonio artistico e culturale, della ricerca e dell'istruzione, nonché dell'ambiente e dell'innovazione tecnologica. "Le spese fiscali per le quali sono trascorsi cinque anni dalla entrata in vigore sono oggetto di specifiche proposte di eliminazione, riduzione, modifica o conferma".
L’articolo 1, comma 3, del citato decreto legislativo n. 160 del 2015 ha previsto altresì l'inserimento in allegato allo stato di previsione dell'entrata di un rapporto annuale sulle spese fiscali, che elenca qualunque forma di esenzione, esclusione, riduzione dell'imponibile o dell'imposta ovvero regime di favore, derivante da disposizioni normative vigenti, con separata indicazione di quelle introdotte nell'anno precedente e nei primi sei mesi dell'anno in corso[53].
La procedura di monitoraggio e riordino delle spese fiscali delineata dal citato decreto legislativo prevede dunque due strumenti: da una parte il rapporto programmatico, da allegare alla NADEF, che è atto di natura politica del Governo; dall’altra, il rapporto annuale di ricognizione delle spese fiscali, di natura tecnica, elaborato da una Commissione di esperti[54]. Il rapporto annuale dovrebbe costituire la base informativa per la redazione del rapporto di natura programmatica. Nella procedura delineata dalla legge la pubblicazione del rapporto programmatico precede quella del rapporto annuale, per cui il primo non può che fare riferimento al rapporto dell'anno precedente. La Commissione di esperti chiamata ad elaborare la ricognizione annuale sulle spese fiscali (la c.d. Commissione Marè) ha richiamato l'attenzione sull'opportunità di un intervento normativo che meglio definisca la relazione logico-temporale tra i due strumenti base del monitoraggio delle spese fiscali.
Il rapporto programmatico 2023[55] è articolato in tre paragrafi. Nel primo è illustrato il quadro normativo di riferimento. Nel secondo, si dà conto del lavoro svolto dalla Commissione di esperti sulle tax expenditures. Il terzo paragrafo è infine dedicato alle linee programmatiche per il riordino delle agevolazioni fiscali e alle prospettive di medio termine.
Nello specifico, il rapporto programmatico 2023, dopo aver ricordato il quadro normativo di riferimento, evidenzia che dalla lettura del rapporto annuale sulle spese fiscali (2019) si evince che la Commissione ha deciso di scegliere, come peraltro fatto negli anni precedenti, quale metodo di valutazione degli effetti finanziari derivanti dalle spese fiscali, il metodo del benchmark legale, nel quale il sistema tributario di riferimento è identificato con quello vigente (current tax law)[56]. Pertanto sono stati tralasciati altri metodi di definizione delle spese fiscali[57], sottolineando che il metodo prescelto consiste nel valutare, volta per volta, se una disposizione di natura agevolativa rappresenti una caratteristica strutturale del tributo oppure costituisca una deviazione dalla norma; solo in tale ultimo caso la misura sarà considerata una spesa fiscale[58].
Il rapporto programmatico ricorda quindi i criteri di classificazione prescelti dalla Commissione per il censimento delle spese fiscali ed in particolare il riferimento alle missioni di spesa considerate nel bilancio dello Stato. Una scelta che - si legge nel rapporto programmatico - agevola peraltro "i confronti tra le spese fiscali ed i programmi di spesa destinati alle medesime finalità", previsti dalla norma.
Il rapporto riporta poi, a titolo esemplificativo, alcune tavole riepilogative recanti evidenza delle classificazioni per tributo, per natura dell'agevolazione e per classe di costo utilizzate nel rapporto annuale 2022[59]. Il numero totale delle spese fiscali nel 2022 è di 626 voci, in aumento rispetto al 2021 (592 voci)[60].
Per quanto attiene alle "finalità", cui fa riferimento la disposizione normativa, si legge che "la Commissione ha valutato, anche in questo rapporto 2022, diverse ipotesi di classificazione, ispirandosi anche alle esperienze degli altri paesi[61]".
Ad un primo esame delle citate tavole allegate al rapporto programmatico sulle spese fiscali si evidenzia che circa il 30 per cento delle misure fiscali (192 su 626) interessa l'IRPEF; di queste, poco meno del 30 per cento (52 su 192) hanno un'incidenza sul gettito inferiore a 10 milioni di euro.
Il rapporto tratta infine delle linee programmatiche in materia.
Nel merito viene premesso che:
· il riordino delle spese fiscali è funzionale a promuovere l’efficienza del sistema tributario, ridurne le distorsioni e la complessità, e favorire la semplificazione degli obblighi da parte dei contribuenti;
· la riforma fiscale adottata con la legge delega n. 111 del 2023 pone particolare attenzione alla razionalizzazione e riduzione delle spese fiscali per il conseguimento degli obiettivi di equità verticale e orizzontale, il sostegno della transizione energetica, e per il miglioramento del funzionamento del mercato del lavoro e dei capitali;
· le linee di intervento per la razionalizzazione e la riduzione delle tax expenditures tracciate dalla riforma fiscale pongono particolare attenzione ai seguenti aspetti: composizione del nucleo familiare e costi sostenuti per la crescita dei figli; tutela del bene casa e della salute, dell’istruzione e della previdenza complementare; obiettivi di miglioramento dell’efficienza energetica e della riduzione del rischio sismico del patrimonio esistente.
Il rapporto afferma pertanto che i decreti di attuazione della citata legge delega (in fase di definizione) consentiranno di “incrementare la trasparenza e semplificazione del sistema tributario mediante una riduzione degli adempimenti a carico dei contribuenti e l’eliminazione dei micro-tributi, favorendo una maggiore efficienza della struttura delle imposte e l’alleggerimento del carico fiscale sui redditi derivanti dall’impiego dei fattori di produzione, nel rispetto della progressività del sistema e degli obiettivi di riduzione dell’evasione e dell’elusione fiscale”.
Il Rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto all'evasione fiscale e contributiva riporta i principali risultati ottenuti dell’attività di recupero del gettito fiscale e contributivo. Nel presente Rapporto si sottolinea che particolare attenzione è stata rivolta alla valutazione dei risultati dell’attività di contrasto e prevenzione, con riferimento sia al recupero di gettito derivante da attività di accertamento, sia a quello attribuibile alla maggiore propensione all’adempimento da parte dei contribuenti ovvero alla cosiddetta tax compliance. Sono stati altresì posti in evidenza gli obiettivi di riduzione del tax gap (la differenza tra gettito teorico e gettito effettivo) correlati alla riforma dell’Amministrazione fiscale nell’ambito della Missione 1, Componente 1, del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e la valutazione dell’andamento del tax gap in funzione del raggiungimento di tali obiettivi e traguardi.
I dati presentati si basano sulla Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione contributiva, allegata alla Nota, predisposta dalla Commissione di esperti istituita con DM 28 aprile 2016. In tale documento sono riportati: i dati relativi all’economia sommersa e le stime del tax gap; la quantificazione delle maggiori risorse derivanti dal miglioramento dell’adempimento spontaneo; i risultati conseguiti nell’azione di contrasto dell’evasione fiscale e contributiva; alcuni elementi utili alla valutazione di policy introdotte, nonché alcune possibili linee di intervento coerenti con gli obiettivi futuri che il PNRR prevede in tema di riduzione dell’evasione.
In sintesi dai dati presentati nella Relazione emerge che, in termini assoluti, per il triennio 2018-2020 il gap complessivo risulta essere di circa 96,3 miliardi di euro, di cui 84,4 miliardi di mancate entrate tributarie e 11,9 miliardi di mancate entrate contributive. Nella relazione si sottolinea che tale risultato risente in modo particolare della riduzione significativa del gap in valore assoluto registrata nel 2020.
In particolare, il gap complessivo, tributario e contributivo, risulta in quell’anno pari a 86,9 miliardi di euro, con una riduzione di 12,7 miliardi di euro rispetto al 2019, di cui circa 76 miliardi di sole entrate tributarie, con una riduzione di quasi 11 miliardi di euro rispetto al 2019 e di quasi 20 miliardi rispetto al 2016. Pertanto questi risultati sono fortemente influenzati dalla peculiarità dell’anno d’imposta 2020, caratterizzato dalla crisi pandemica. Infatti, a seguito dello shock derivato dalla suddetta crisi, la previsione normativa di molteplici forme di esenzione e agevolazione fiscale ha contribuito a ridurre in modo significativo il gettito potenziale.
Anche la propensione al gap si riduce di un punto percentuale nel 2020, raggiungendo il picco minimo del 17,3 per cento. Si sottolinea tuttavia, che tale risultato risulta anch’esso profondamente distorto dalla variazione del gettito potenziale osservata nel 2020. La differenza nella propensione al gap tra il 2020 e il 2019 è dovuta quasi totalmente all’IVA, con un contributo alla riduzione di 0,5 punti percentuali, cui corrisponde anche una riduzione della propensione al gap dal 19,9 per cento al 19,2 per cento. Nel caso dell’IVA, quindi, il contributo al gap si è ridotto a causa della riduzione di entrambe le componenti, ovvero la propensione al gap dell’imposta nonché il peso dell’imposta potenziale sul totale.
Invece, per quanto riguarda l’evasione dell’IRPEF sul lavoro autonomo e d’impresa, la riduzione di 0,4 punti percentuali dipende esclusivamente dal fatto che, a fronte di una propensione al gap che aumenta dal 69,2 per cento al 69,7 per cento, il peso dell’imposta potenziale sul totale si riduce.
L’effetto complessivo è, pertanto, dovuto prevalentemente alla variazione dei pesi del gettito potenziale di ciascuna imposta rispetto al totale. In particolare, se il peso dell’imposta potenziale IRPEF di autonomi e imprenditori non si fosse ridotto – a causa dello shock pandemico - di 0,7 punti percentuali, l’incremento della propensione al gap di questa imposta avrebbe avuto un impatto ben maggiore sulla propensione al gap complessiva.
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Per quanto riguarda invece la prevenzione e il contrasto all'evasione, nel 2022 il risultato annuale relativo all’obiettivo di riscossione complessiva svolta dall’Agenzia delle entrate è pari a 20,2 miliardi di euro, di cui:
§ 11,2 miliardi derivanti dai versamenti diretti a seguito dell’attività di accertamento per diversi settori impositivi (II.DD., IVA, IRAP e Registro), di controllo formale delle dichiarazioni dei redditi degli atti e delle dichiarazioni sottoposte a registrazione, nonché di liquidazione automatizzata delle dichiarazioni;
nel Rapporto si evidenzia che 0,3 miliardi sono da attribuirsi ai versamenti conseguenti all’applicazione delle dalle misure che consentono ai contribuenti di regolarizzare la propria posizione con il fisco, versando le imposte dovute senza applicazione di sanzioni e interessi, cd. misure di pace fiscale;
§ 5,8 miliardi di euro dalla riscossione tramite gli Agenti della Riscossione.;
§ 3,2 miliardi derivano dall’attività di promozione della compliance.
In merito alle previsioni indicate nel PNRR si ricorda che tra gli obiettivi quantitativi sottoposti a monitoraggio per tutta la fase di attuazione del PNRR, nell’ambito delle misure correlate alla “Riforma dell’Amministrazione fiscale” (Missione 1, Componente 1 del PNRR, M1C1-121), è stata inclusa la riduzione del tax gap. L’obiettivo prevede che la propensione all'evasione, calcolata per tutte le imposte ad esclusione dell'IMU e delle accise, si riduca nel 2024, del 15 per cento rispetto al valore di riferimento del 2019 riportato nella Relazione. È previsto uno step intermedio (M1C1-116), che assicurerà che la medesima propensione all'evasione si riduca, nel 2023, del 5 per cento del valore di riferimento del 2019.
L’indicatore considerato dal PNRR come valore di riferimento per accertare il raggiungimento degli obiettivi M1C1-116 e M1C1-121 è rappresentato dalla propensione al gap per tutte le imposte al netto delle imposte immobiliari e delle accise che risulta pari, nel 2019, al 18,5 per cento. L’obiettivo quantitativo previsto nel PNRR è definito nel testo come ambizioso: la propensione al gap dovrà ridursi almeno al 15,7 per cento entro il 2024, con una flessione di 2,8 punti percentuali rispetto al valore di riferimento (M1C1-121), e almeno al 17,6 per cento entro il 2023, con una flessione di circa 0,9 punti percentuali (M1C1-116).
A tale proposito, nel Rapporto si legge che sebbene ancora non definitivi, i risultati preliminari per l’anno d’imposta 2021 sono molto incoraggianti ai fini del raggiungimento degli obiettivi previsti dal PNRR. Si sottolinea, altresì, che in generale, nel corso degli ultimi anni, le politiche di contrasto all’evasione sono risultate molto efficaci e si sono concentrate sull’introduzione di due misure specifiche: da un lato, l’introduzione e l’estensione dell’applicazione del meccanismo della scissione dei pagamenti (split payment), dall’altro lato, l’introduzione della fatturazione elettronica obbligatoria, soprattutto con riferimento alle transazioni B2B (business to business ovvero quelle che tra soggetti dotati di partita IVA), e l’invio telematico dei corrispettivi per le transazioni B2C (business to consumer ovvero fatturazione effettuata da un’azienda nei confronti di un consumatore).
[1] Nella formulazione della lettera b) precedente alle modifiche intervenute con la legge 4 agosto 2016, n. 163, il termine per presentare alle Camere la Nota di aggiornamento del DEF era fissato al 20 settembre di ogni anno.
[2] La legge 4 agosto 2016, n. 163, è intervenuta su numerose disposizioni della legge di contabilità e finanza pubblica, al fine di disciplinare il contenuto della legge di bilancio come individuato dalla legge “rinforzata” n. 243 del 2012. In particolare, oltre a spostare dal 20 al 27 settembre il termine di presentazione della NADEF, l’articolo 1 della legge n. 163 del 2016 ha modificato l’articolo 10-bis della legge di contabilità pubblica in ordine al contenuto della Nota medesima.
[3] Tale disposizione, inserita dall’articolo 1, comma 7, lettera b) della legge n. 163 del 2016, costituisce una delle modifiche più significative apportate dalla legge medesima ai contenuti della NADEF, finalizzata ad esporre nel Documento una prima informazione in ordine ai contenuti e alla composizione della manovra di finanza pubblica che verrà poi realizzata con la legge di bilancio.
[4] L’articolo 18, comma 1, lettera a), della legge “rinforzata” n. 243 del 2012 – attuativa del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’articolo 81, comma 6, Costituzione – stabilisce che l’UPB, anche attraverso l’elaborazione di proprie stime, effettua analisi, verifiche e valutazioni in merito alle previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica. L’articolo 10-ter della legge n. 196 del 2009, introdotto dal d. lgs. n. 54 del 2014, stabilisce che tali attività sono svolte dall’UPB tenendo conto anche delle previsioni contenute nei documenti di programmazione economica e finanziaria (DEF e NADEF).
[5] Si ricorda che attraverso le suddette Country Specific Recommendations, formulate sulla base della Raccomandazione della Commissione europea di maggio 2023 rivolta all’Italia, il Consiglio UE ha formulato un parere sul Programma di stabilità 2023 dell’Italia (I Sezione del DEF 2023) e ha rivolto tre raccomandazioni relative al Programma nazionale di riforma 2023 (III Sezione del DEF 2023).
[6] Articolo 9, comma 1-bis, legge n. 196 del 2009.
[7] Articolo 7, comma 2, lettera d), legge n. 196 del 2009.
[8] Il d. lgs. n. 116 del 2018 ha modificato il comma 5 dell’art. 10-bis della legge n. 196 del 2009. Entro il 31 luglio, i Ministeri competenti comunicano al Ministero dell’economia e delle finanze tutti i dati necessari alla predisposizione della nota illustrativa.
[9] Il d. lgs. n. 160 del 2015 ha introdotto il comma 5-bis all’art. 10-bis della legge n. 196 del 2009, ai sensi del quale la Nota di aggiornamento del DEF è corredata, a partire dal 2016, dal suddetto rapporto programmatico. Nell’indicazione degli interventi relativi alle spese fiscali resta ferma la priorità della tutela dei redditi di lavoro dipendente e autonomo, dei redditi di imprese minori e dei redditi di pensione, della famiglia, della salute, delle persone economicamente o socialmente svantaggiate, del patrimonio artistico e culturale, della ricerca e dell’istruzione, nonché dell’ambiente e dell’innovazione tecnologica. Le spese fiscali per le quali siano trascorsi cinque anni dalla entrata in vigore sono oggetto di specifiche proposte di eliminazione, riduzione, modifica o conferma.
[10] Il d. lgs. n. 160 del 2015 ha introdotto nella legge n. 196 del 2009 l’art. 10-bis.1, il quale ha stabilito, al comma 1, che, contestualmente alla NADEF, è presentato un rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto all'evasione fiscale e contributiva, evidenziando i risultati del recupero di somme dichiarate e non versate e della correzione di errori nella liquidazione sulla base delle dichiarazioni, evidenziando, ove possibile, il recupero di gettito fiscale e contributivo attribuibile alla maggiore propensione all'adempimento da parte dei contribuenti. Il Governo indica, altresì, le strategie per il contrasto dell'evasione fiscale e contributiva, l'aggiornamento e il confronto dei risultati con gli obiettivi.
[11] L’art. 10-bis.1, comma 3, della legge n. 196 del 2009, introdotto nel 2015, stabilisce che il Governo, per la redazione del Rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto all’evasione fiscale e contributiva, si avvale, anche con il contributo delle regioni in relazione ai loro tributi e a quelli degli enti locali del proprio territorio, della “Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva”, predisposta da una Commissione istituita con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze. Tale Relazione, ai sensi del successivo comma 4, contiene una nota illustrativa delle metodologie utilizzate per effettuare le stime dell’evasione fiscale e contributiva, nonché, a tal fine, una misurazione del divario tra le imposte e i contributi effettivamente versati e quelli che si sarebbero dovuti versare in un regime di perfetto adempimento.
[12] Si ricorda, a tal proposito, che ai sensi dell’art. 10-bis, comma 6, legge n. 196 del 2009, qualora, nell’imminenza della presentazione della Nota di aggiornamento del DEF, si verifichino gli eventi eccezionali di cui all’art. 6 della legge n. 243 del 2012, la relazione di cui al comma 3 del medesimo art. 6 può essere presentata alle Camere come annesso alla NADEF.
[13] OCSE, Consumer price Index, Statistics News Release, 5 settembre 2023.
[14] Si ricorda che l’inflazione di fondo (core inflation) è quella misurata al netto dei prezzi dei prodotti alimentari ed energetici, generalmente più volatili e soggetti a oscillazioni maggiori rispetto ai prezzi di altri beni e servizi. La sua misura può fornire informazioni per distinguere aumenti o diminuzioni persistenti dei prezzi rispetto a fluttuazioni temporanee.
[15] Si ricorda che il TTF (acronimo di Title Transfer Facility) è il mercato di riferimento europeo per il gas naturale, situato ad Amsterdam, nei Paesi Bassi. Esso riunisce produttori nazionali e internazionali, società di stoccaggio, operatori di rete e società di distribuzione del gas. I prezzi del gas scambiato nel TTF sono ritenuti prezzi di riferimento in Europa.
[16] Sulla piattaforma TTF la vendita del gas può avvenire principalmente attraverso due tipologie di accordi: il prezzo spot o il contratto future. Il primo si riferisce al prezzo per l’approvvigionamento del gas a breve termine. Con il TTF future, invece, viene stabilito lo scambio del gas nel lungo periodo e il prezzo è concordato mediante una previsione a lungo termine. Si tratta, in questo secondo caso, di uno strumento che, da un lato, garantisce una certa stabilità da fluttuazioni nelle quotazioni del gas, dall’altro, è maggiormente esposto alle speculazioni di mercato.
[17] Eurostat, Inland Consumption, dataset.
[18] Si ritiene che ciò debba ricondursi all’efficientamento energetico nelle attività industriali e negli edifici, ai comportamenti più attenti e consapevoli nel consumo domestico e al ricorso a combustibili alternativi. Fattori, questi, che fanno ritenere che tale riduzione della domanda europea sarà permanente e non transitoria.
[19] Opec+ è un gruppo di Paesi produttori di petrolio che comprende i Paesi dell’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (Opec), istituita negli anni ’70 del secolo scorso da 14 Paesi estrattori ed esportatori, a cui se ne sono aggiunti più recentemente altri 10. I 14 Paesi fondatori sono: Algeria, Angola, Congo, Guinea Equatoriale, Gabon, Iran, Iraq, Kuwait, Libia, Nigeria, Arabia Saudita, Ecuador, Emirati Arabi Uniti e Venezuela. I 10 Paesi che si sono successivamente aggiunti sono: Russia, Messico, Kazakistan, Azerbaijan, Bahrein, Brunei, Malesia, Oman, Sudan, Sudan del Sud.
[20] Si vedano, in particolare, le previsioni del Conference Board Economic Forecast for the US Economy, in base alle quali il PIL reale degli Stati Uniti crescerà del 2,2 per cento nel 2023, per poi subire una flessione allo 0,8 per cento nel 2024.
[21] ISTAT, Conti economici nazionali - Anni 2020-2022 (22 settembre 2023). Per l’anno 2022 il Pil ai prezzi di mercato è stato rivisto al rialzo di 37,3 miliardi rispetto alla stima di aprile scorso. Per il 2021 il livello del Pil è rivisto verso l’alto di 34,7 miliardi di euro. La crescita del PIL reale nel 2021 è salita al 8,3 per cento (dal precedente 7,0) mentre è rimasta invariata al 3,7 per cento per il 2022.
[22] Audizione dell’Istituto nazionale di statistica Prof.ssa Monica Pratesi Direttrice del Dipartimento per la produzione statistica - Commissioni congiunte 5a (Programmazione economica, bilancio) 4a (Politiche dell'Unione europea) del Senato della Repubblica 19 settembre 2023 - Esame dell’atto n. 182 “Affare assegnato concernente la Relazione sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), aggiornata al 31 maggio 2023 (Doc. XIII, n. 1)”.
[23] Si ricorda che le retribuzioni di fatto comprendono i salari, gli stipendi e le competenze accessorie e occasionali, in denaro e in natura, al lordo delle trattenute erariali e previdenziali, mentre le retribuzioni contrattuali comprendono solo le competenze determinate dai contratti nazionali di lavoro.
[24] Tale percentuale è indicata come pari all’1,4 per cento nella Tavola II.2 della Nota, e all’1,6 per cento nella parte descrittiva.
[25] https://www.istat.it/it/archivio/288173
[26] Conti economici consolidati nazionali 2020-2022
[27] Istat, Conti economici nazionali, 22 settembre 2023.
[28] Spese finali al netto della spesa per interessi. Per quanto riguarda la spesa per interessi, si rinvia all’apposito paragrafo di approfondimento.
[29] Spesa corrente al netto della spesa per interessi.
[30] Cfr. Comunicato stampa della BCE del 27 ottobre 2022
[31] La cause della riduzione della spesa sostenuta per il 2024 non sono indicate nella NADEF 2023 bensì in quella dell’anno precedente dove si registrava comunque una contrazione del dato stimato per il 2024 rispetto a quello del 2023.
[32] Commissione Europea, Communication from the Commission to the Council on the activation of the general escape clause of the Stability and Growth Pact, 20.3.2020, COM(2020) 123 final.
[33] La clausola di salvaguardia generale è stata introdotta durante la revisione della disciplina fiscale operata dal Six-Pack nel 2011. Il Regolamento 1466/97 che disciplina il braccio preventivo del PSC stabilisce che in periodi di grave recessione economica per l’area dell’euro o l’Unione nel suo insieme, gli Stati membri possano essere autorizzati a deviare temporaneamente dal percorso di aggiustamento verso l'obiettivo di bilancio a medio termine (OMT), a condizione che ciò non comprometta la sostenibilità di bilancio. Il Regolamento 1467/97 che disciplina invece il braccio correttivo del PSC stabilisce che in caso di grave recessione economica nell’area dell’euro o nell’Unione nel suo insieme, il Consiglio possa decidere, su raccomandazione della Commissione, di adottare una revisione del percorso di rientro del disavanzo al di sotto della soglia del 3 % per uno Stato membro che si trovi già in procedura per disavanzo eccessivo.
[34] Le lettere della Commissione a ciascun stato membro sulla predisposizione del DBP 2021 sono disponibili al seguente indirizzo: https://ec.europa.eu/info/business-economy-euro/economic-and-fiscal-policycoordination/eu-economic-governance-monitoring-prevention-correction/stability-and-growth-pact/applyingrules-stability-and-growth-pact_en
[35] Communication from the Commission to the Council: Fiscal policy guidance for 2023, Brussels, 2.3.2022, COM (2022) 85 final.
[36] In linea con quanto già anticipato nella sua comunicazione di marzo 2022, la Commissione ha ritenuto che il rispetto del parametro di riferimento per la riduzione del debito implicherebbe uno sforzo fiscale eccessivo tale da compromettere la ripresa dell’economia. In altre parole, secondo la Commissione, il rispetto del sentiero di riduzione del debito non sarebbe fattibile date le attuali condizioni economiche eccezionali.
[37] Nella sua comunicazione del 3 marzo 2021 (‘Communication from the Commission to the Council on one year since the outbreak of COVID-19: fiscal policy response, Brussels, 3.3.2021, COM (2021) 105 final’) la Commissione aveva affermato che la decisione sulla disattivazione o meno dell'applicazione della clausola sarebbe dipesa da una valutazione globale dello stato dell'economia. In particolare, la Commissione individuava quale criterio rilevante il ritorno dell’attività economica svolta nell'UE o nella zona euro ai livelli registrati a fine 2019, ossia prima dello scoppio dell’emergenza pandemica da COVID-19.
[38] L’indicatore di medio periodo, S1, individua la variazione del saldo primario strutturale in termini cumulati fino al 2020 tale da garantire, se mantenuta costante negli anni successivi, di raggiungere un livello di debito/PIL pari al 60% entro il 2030, e ripagare i costi di invecchiamento.
[39] Si veda la matrice che specifica l’aggiustamento annuale verso l’OMT in base alla situazione del ciclo economico presentata nella Comunicazione della Commissione ‘Making the best use of flexibility within the existing rules of the Stability and Growth Pact’ del 13 gennaio 2015.
[40] Cfr. l'approfondimento sulla regola della spesa nell' ED n. 3, La governance economica europea, giugno 2013, per i dettagli sulle voci da inserire nell'aggregato di riferimento e sulla modalità di determinazione del tasso di crescita limite (benchmark).
[41] Tale indicatore considera la spesa finanziata a livello nazionale al netto di misure discrezionali sul lato delle entrate, delle spese per interessi, delle spese relative ai programmi dell'Unione (interamente coperte dalle entrate provenienti dalla UE) e della componente ciclica della spesa per le indennità di disoccupazione.
[42] Communication from the Commission to the Council: 2022 European Semester – Spring Package, Brussels, 24.5.2023, COM (2023) 600 final.
[43] Il debito pubblico o debito delle Amministrazioni pubbliche è calcolato ufficialmente dalla Banca d’Italia sulla base dei criteri definiti nel Regolamento del Consiglio delle Comunità Europee n. 549 del 2013 (Sistema Europeo di Conti Nazionali e Regionali - SEC 2010). I dati sono pubblicati mensilmente nel rapporto “Finanza pubblica: fabbisogno e debito”.
[44] Il cosiddetto “effetto valanga” (snowball effect) o "differenziale interesse-crescita" rappresenta l’effetto combinato del costo del debito e del tasso di crescita del PIL nominale sul rapporto debito/PIL. Questa componente mostra l'impatto sul debito di fattori non direttamente controllabili dai decisori di politica di bilancio. A parità di altre condizioni, un aumento del tasso di interesse determina un peggioramento del rapporto debito/PIL attraverso una maggiore spesa per interessi e quindi un maggior disavanzo, mentre un aumento del tasso di crescita del PIL nominale determina un miglioramento del rapporto attraverso un aumento del denominatore.
[45] Il raccordo disavanzo-debito, o "aggiustamento stock-flusso" (stock-flow adjustment) indica quella parte della variazione del rapporto debito/PIL che non si riflette nel saldo di bilancio (ad esempio, privatizzazioni, acquisizioni di quote di imprese, prestiti ad altri stati o a istituzioni finanziarie, variazioni della valutazione di debito estero causato da variazioni del tasso di cambio, poste di raccordo contabile tra dati di cassa e di competenza economica e altre operazioni di natura finanziaria che incidono sul debito). A parità di altre condizioni, un valore positivo del raccordo implica che il debito pubblico cresce più di quanto determinato dal deficit del bilancio pubblico (ovvero diminuisce di meno di quanto determinato dal surplus di bilancio).
[46] Istat, “Conti Economici Nazionali”, 22 settembre 2023.
[47] Banca d’Italia, “Finanza pubblica: fabbisogno e debito”, 15 settembre 2023.
[48] Per approfondimenti sul Semestre europeo, cfr. il Dossier n. 1/DE del Servizio studi del Senato "Il Semestre europeo in Senato: procedure e prassi fino alla XVIII legislatura (anni 2011-2022)", ottobre 2022.
[49] Per un’illustrazione della proposta di riforma della governance anche in relazione al quadro vigente, si veda il dossier dei Servizi di documentazione della Camera e del Senato “Le proposte legislative della Commissione europea per la riforma della governance economica dell’UE” del 30 giugno 2023.
[50] Dapprima la disposizione è stata introdotta originariamente con il decreto-legge n. 44/2023 (art. 1, co 4-bis), limitatamente ai soggetti in possesso di specifiche professionalità e titolari di incarichi di livello dirigenziale generale (senza distinzioni ulteriori nell’ambito delle relative strutture). Tale disposizione è stata successivamente abrogata e sostituita con quella descritta dal D.L. n. 105/2023 (art. 11)
[51] Si tratta del settimo rapporto programmatico sulle c.d. spese fiscali.
[52] Inserendo il comma 5-bis all'articolo 10-bis della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
[53] "Ciascuna misura è accompagnata dalla sua descrizione e dall'individuazione della tipologia dei beneficiari e, ove possibile, dalla quantificazione degli effetti finanziari e del numero dei beneficiari. Le misure sono raggruppate in categorie omogenee, contrassegnate da un codice che ne caratterizza la natura e le finalità. Il rapporto individua le spese fiscali e ne valuta gli effetti finanziari prendendo a riferimento modelli economici standard di tassazione, rispetto ai quali considera anche le spese fiscali negative. Ove possibile e, comunque, per le spese fiscali per le quali sono trascorsi cinque anni dalla entrata in vigore, il rapporto effettua confronti tra le spese fiscali e i programmi di spesa destinati alle medesime finalità e analizza gli effetti microeconomici delle singole spese fiscali, comprese le ricadute sul contesto sociale”.
[54] La commissione è stata istituita con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze il 28 aprile 2016.
[55] Senato della Repubblica, Doc. LVII n. 1-bis-AllegatoII.
[56] Già nel precedente rapporto redatto dalla commissione si erano individuate, classificate e stimate le spese fiscali con il metodo del sistema fiscale vigente.
[57] In particolare il benchmark teorico, che risulta essere soggetto ad un ampio margine di discrezionalità, ed il benchmark della spesa equivalente, che avrebbe comportato una definizione di spesa fiscale troppo restrittiva.
[58] La valutazione è basata sia sull'esame di carattere sistematico del tributo, a partire dalle norme istitutive e dalla loro giustificazione, sia sulla considerazione della portata dimensionale della disposizione (tanto sotto il profilo finanziario in termini di gettito, quanto con riferimento al numero di soggetti destinatari della misura).
[59] Come già indicato nel "rapporto sulle spese fiscali 2017", l'elenco delle spese fiscali per missione utilizzato è composto di 20 voci, che possono essere confrontate anche con la classificazione delle spese COFOG in sede UE. Tuttavia, come si legge nel "rapporto sulle spese fiscali 2022", delle 34 missioni del bilancio dello Stato si sono escluse le voci considerate non rilevanti, per cui l'elenco utilizzato è risultato composto di 19 voci per effetto della fusione delle voci 22 e 23 (rispetto al rapporto del 2016, e in accordo con quelli successivi del 2017, 2018, 2019, 2020 e 2021).
Inoltre sottolinea che l'ampiezza delle variabili ai fini della classificazione delle spese fiscali consente l'aggregazione secondo criteri diversi dalle missioni assicurando al bilancio una maggiore trasparenza e leggibilità e fornendo uno strumento efficace per future scelte in termini di spending review.
[60] Il rapporto ha peraltro evidenziato che "il processo di crescita delle spese fiscali in questi ultimi anni è stato continuo e permanente: nel Rapporto del 2016, la Commissione per le spese fiscali evidenziò un numero totale di spese fiscali pari a 444 voci; quindi, in 7 anni, tra il 2016 e il 2022, esse sono cresciute di 182 voci (di oltre il 40 per cento)”.
[61] "Si è riscontrato che, nella generalità dei casi, il contenuto informativo aggiuntivo rispetto alla classificazione per missioni fosse non così rilevante e che, anzi, spesso, nuove classificazioni finivano per rappresentare duplicazioni e sovrapposizioni. Naturalmente la Commissione sta preparando altre elaborazioni e classificazioni che si renderanno via via disponibili. Si consideri, peraltro, che la scelta della Commissione di utilizzare un benchmark legale già di per sé esclude la possibilità di riconoscere alle spese fiscali una serie di obiettivi, per così dire, “strutturali”, che sono stati proposti e utilizzati in altri contesti, quali promuovere l’equità del sistema tributario, assicurare la neutralità dell’imposizione, evitare doppie imposizioni, realizzare una semplificazione del sistema, attuare norme internazionali, ecc. – obiettivi che appunto ritenendoli strutturali, hanno portato ad escludere dal computo delle spese fiscali diverse voci di spesa. In questo Rapporto tali finalità sono richiamate solo nell’allegato al paragrafo 4, per agevolare il confronto tra spese fiscali e programmi di spesa. Al di là di questo, la Commissione ha ritenuto di non effettuare, anche in questo settimo Rapporto (2022), altre classificazioni particolari delle spese fiscali rispetto alle missioni del bilancio dello Stato".