Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Bilancio
Titolo: Documento di economia e finanza 2023
Riferimenti: DOC N.1 Annesso e All I-VI
Serie: Documentazione di Finanza Pubblica   Numero: 9
Data: 17/04/2023
Organi della Camera: V Bilancio, Assemblea

 


 

 

 

Documento di economia
e finanza 2023

 

Doc. LVII, n. 1

 

17 aprile 2023

 

 

 

 

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Documentazione di finanza pubblica n. 9

 

La documentazione dei Servizi e degli Uffici del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. Si declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.


INDICE

Quadro di sintesi del Documento di economia e finanza 2023. 1

Parte I      Il quadro macroeconomico. 10

1.                  La congiuntura internazionale e l’area dell’euro. 10

2.                  Lo scenario macroeconomico nazionale. 17

2.1         Tendenze recenti: i risultati nel 2022. 17

2.2         Le prospettive dell’economia italiana: il quadro tendenziale. 22

2.2.1  Inflazione. 32

2.2.2  Impatto macroeconomico del PNRR e delle riforme. 35

2.3         Il quadro macroeconomico programmatico. 37

Parte II    La finanza pubblica. 39

1.                  Gli andamenti di finanza pubblica. 39

?         Tavole DEF e confronti con Nota tecnico-illustrativa 2023. 40

1.1.        Il consuntivo 2022. 45

1.1.1. L’indebitamento netto. 45

?          La riclassificazione dei crediti d’imposta per bonus edilizi 46

1.1.2. Le entrate. 48

1.1.3  Le spese. 50

1.2.        Le previsioni tendenziali per il periodo 2023-2026. 53

1.2.1. L’indebitamento netto. 53

1.2.2. Le entrate. 54

1.2.3  Le spese. 56

·          La spesa per interessi 63

2.                  La finanza pubblica nel quadro delle regole europee. 65

2.1         Il quadro di finanza pubblica. 65

2.2         La valutazione delle deviazioni significative e della regola della spesa. 70

2.3         Flessibilità di bilancio ed eventi eccezionali 77

2.4         L’evoluzione del rapporto debito/PIL.. 79

2.5         La regola del debito e gli altri fattori rilevanti 85

2.6         La riforma della governance economica: lo stato dell’arte. 87

3.                  Relazione al Parlamento ex art. 6 L. 243/2012. 92

Parte III PNR e approfondimenti 95

1.            Il PNR nel quadro della governance economica europea. 95

2.            La riforma del sistema giudiziario. 98

3.            Politiche fiscali e di contrasto all’evasione fiscale. 103

4.            Modernizzazione della pubblica amministrazione. 108

5.            Transizione digitale. 116

6.            Il nuovo Codice dei contratti pubblici 123

7.            Politiche per la competitività e la concorrenza. 124

8.            Il mercato del lavoro. 128

9.            Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico italiano. 136

10.         Politiche sociali 138

11.         Istruzione, università e ricerca. 141

12.         Cultura, sport ed editoria. 147

13.         Politiche energetiche. 149

14.         Sanità. 156

15.         Le Politiche di coesione. 161

16.         Agricoltura. 167

17.         Il percorso dell’Italia verso l’attuazione dell’Agenda 2030 e il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile. 171

 



Quadro di sintesi del Documento di economia e finanza 2023

Il Documento di economia e finanza (DEF) costituisce il principale documento di programmazione della politica economica e di bilancio. Esso traccia, in una prospettiva di medio-lungo termine, gli impegni, sul piano del consolidamento delle finanze pubbliche, e gli indirizzi, sul versante delle diverse politiche pubbliche, adottati dall’Italia per il rispetto del Patto di Stabilità e Crescita europeo (PSC).

Il DEF si colloca al centro del processo di coordinamento ex ante delle politiche economiche degli Stati membri dell’UE, il cd. Semestre europeo.

Secondo quanto stabilito dalla legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009), il DEF è trasmesso alle Camere entro il 10 aprile di ogni anno, affinché queste si esprimano sugli obiettivi e sulle strategie di politica economica in esso indicati per il triennio di riferimento.

Le Camere si esprimono sul DEF attraverso la votazione di atti di indirizzo (risoluzioni) in tempo utile per l’invio al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione europea, entro il successivo 30 aprile, del Programma di Stabilità e del Programma Nazionale di Riforma, rispettivamente I e III Sezione del DEF.

 

Struttura, dati più significativi e documenti allegati
nel DEF 2023

 

 

La struttura del DEF è disciplinata dall’articolo 10 della legge di contabilità (legge n. 196 del 2009). Il DEF si compone di tre sezioni e di una serie di allegati. Per ciascuno dei suddetti documenti, si riporta il link di collegamento al relativo documento contenuto all’interno del DEF 2023, nonché i dati più significativi che emergono dalle analisi e dalle previsioni contenute al loro interno.

 

 

I Sezione – Programma di Stabilità

Contiene gli elementi e le informazioni richiesti dai regolamenti dell'Unione europea e, in particolare, dal Codice di condotta sull'attuazione del Patto di stabilità e crescita, con specifico riferimento agli obiettivi di politica economica da conseguire per accelerare la riduzione del debito pubblico.

La sezione espone, in particolare:

- gli obiettivi di politica economica e il quadro delle previsioni economiche e di finanza pubblica per il triennio successivo, evidenziando eventuali scostamenti rispetto al precedente Programma di stabilità;

- l’evoluzione economico-finanziaria internazionale, per l’anno in corso e il triennio di riferimento, nonché, con riguardo all’Italia, il contributo alla crescita dei diversi fattori, dell’evoluzione dei prezzi, del mercato del lavoro e dell’andamento dei conti con l’estero;

- gli obiettivi programmatici relativi al PIL, all'indebitamento netto, al saldo di cassa e al debito delle PA, articolati per i sottosettori della PA, accompagnati anche da un'indicazione di massima delle misure attraverso le quali si prevede di raggiungere gli obiettivi. Ciò anche ai fini di dar conto del rispetto del percorso di avvicinamento all’obiettivo di medio termine (OMT), qualora si sia verificato uno scostamento da quest’ultimo.

- le previsioni di finanza pubblica di lungo periodo e gli interventi che si intende adottare per garantirne la sostenibilità.

 

 

Di seguito si riportano alcuni tra i dati più significativi contenuti all’interno del Programma di Stabilità del DEF 2023, distintamente evidenziati per materia o ambito di afferenza, per tipologia di dati o per parametri macroeconomici e di finanza pubblica analizzati, rinviandosi al dossier per un loro esame e commento più dettagliati.

Dati macroeconomici nei principali Paesi/aree del mondo

 

 

Crescita PIL reale nel
2022
(var. % rispetto al 2021)

Previsioni crescita PIL reale
2023 e 2024

(stime OCSE marzo 2023)

Indice dei prezzi al consumo media
2022

Indice dei prezzi al consumo febbraio 2023 (base a/a)

Inflazione di fondo media 2022

Inflazione di fondo febbraio 2023
(base a/a)

Tasso di disoccupa-zione annuo 2022

Stati Uniti

2,1

1,5

0,9

8,0

6,0

6,1

5,5

n.i.

Cina

3,0

5,3

4,9

2,0

1,0

n.i.

n.i.

n.i.

Giappone

1,0

1,4

1,1

2,5

3,3

n.i.

3,5

2,6

Eurozona

3,5

0,8

1,5

n.i.

8,5*

n.i.

7,5
(dato di marzo 2023)

6,6

Regno Unito

4,1

-0,2

0,9

9,1

10,4

6,3

n.i.

3,7

* secondo quanto riportato nel DEF (pag. 21 Programma di Stabilità) nel mese di marzo 2023 l’inflazione al consumo su base annua dell’Eurozona è decelerata al 6,9 per cento, principalmente in conseguenza del progressivo calo dei prezzi delle materie prime energetiche.

 

 

Economia italiana: quadro macroeconomico tendenziale (consuntivo 2022)

 

Variabili di riferimento

2022

2023

2024

2025

2026

PIL reale

3,7

0,9

1,4

1,3

1,1

Consumi finali nazionali

3,5

0,1

0,6

1,0

1,0

Spesa delle famiglie

4,6

0,6

1,2

1,0

1,1

Spesa della PA

0,0

-1,3

-1,2

0,9

0,4

Produttività (misurato su PIL)

0,2

-0,1

0,4

0,4

0,3

Investimenti fissi lordi

9,4

3,7

3,4

2,1

1,5

Saldo corrente bilancia pagamenti in % PIL

-0,7

0,8

1,3

1,6

1,6

Deflatore PIL

3,0

4,8

2,7

2,0

2,0

Deflatore consumi

7,4

5,7

2,7

2,0

2,0

Occupazione (ULA)

3,5

0,9

1,0

0,9

0,8

Tasso di disoccupazione

8,1

7,7

7,5

7,4

7,2

Tasso di occupazione
(15-64 anni)

60,1

60,9

61,7

62,5

63,4

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Economia italiana: quadro macroeconomico programmatico

 

Variabili di riferimento

2023

2024

2025

2026

PIL reale

1,0

1,5

1,3

1,1

Spesa delle famiglie

0,7

1,3

1,0

1,1

Spesa della PA

-1,3

-1,2

0,9

0,4

Investimenti fissi lordi

3,8

3,4

2,1

1,5

Deflatore PIL

4,8

2,7

2,0

2,0

Tasso di disoccupazione

7,7

7,5

7,4

7,2

Redditi da lavoro dipendente

4,1

3,4

2,9

2,6

Indice dei prezzi al consumo (IPCA)

5,9

2,8

2,1

2,0

 

 

Previsioni di crescita per l’Italia a confronto

 

PIL reale (per cento a/a)

Data previsione

2023

2024

DEF 2023

marzo 2023

0,9

1,4

NADEF 2022/DPB 2023

novembre 2022

0,6

1,9

Ufficio parlamentare di bilancio

febbraio 2023

0,6

1,4

OCSE

marzo 2023

0,6

1,1

FMI (World Economic Outlook)

aprile 2023

0,7

0,8

Commissione europea

febbraio 2023

0,8

1,0

 

 

Effetti sul PIL degli scenari di rischio (impatto sui tassi di crescita rispetto al quadro macroeconomico tendenziale)

 

Scenario di rischio

2023

2024

2025

2026

Commercio mondiale

0,0

-0,2

-0,2

0,3

Prezzi delle materie prime energetiche

-0,3

-0,4

0,4

0,2

Tasso di cambio nominale effettivo

-0,1

-0,3

-0,6

-0,3

Condizioni finanziarie dell’economia

0,0

-0,1

-0,4

-0,5

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Indebitamento netto e debito pubblico: dati di consuntivo e previsioni tendenziali per il 2023 e per il triennio 2024-2026

 

Indebitamento netto/Pil

2021

2022

2023

2024

2025

2026

Programma di Stabilità 2022

-7,2

-5,6

-3,9

-3,3

-2,8

n.d.

NADEF 2022
(programmatico)

-7,2

-5,6

-4,5

-3,7

-3,0

n.d.

Programma di Stabilità 2023

(tendenziale)

-9,0

-8,0

-4,4

-3,5

-3,0

-2,5

Programma di Stabilità 2023

(programmatico)

-9,0

-8,0

-4,5

-3,7

-3,0

-2,5

 

Debito pubblico/Pil

2021

2022

2023

2024

2025

2026

Programma di Stabilità 2022

150,8

147,0

145,2

143,4

141,4

n.d.

NADEF novembre 2022
(programmatico)

150,3

145,7

144,6

142,3

141,2

n.d.

Programma di Stabilità 2023

(tendenziale)

 

144,4

142,0

141,2

140,8

140,4

Programma di Stabilità 2023

(programmatico)

9,0

144,4

142,1

141,4

140,9

140,4

 

 

Evoluzione di alcuni tra i principali aggregati delle amministrazioni pubbliche in % PIL

 

 

2022

2023

2024

2025

2026

Totale entrate

48,8

48,9

47,7

47,6

47,1

Totale spese

56,7

53,2

51,2

50,7

49,6

Spesa per interessi

4,4

3,7

4,1

4,2

4,5

Saldo primario

-3,6

-0,6

0,5

1,2

2,0

Spesa primaria

52,4

49,5

47,2

46,5

45,1

Spesa primaria corrente

44,8

43,9

42,2

41,4

40,8

Redditi da lavoro dipendente

9,8

9,4

8,9

8,6

8,4

Consumi intermedi

6,0

6,0

5,6

5,5

5,5

Totale trasferimenti sociali

24,0

23,6

23,6

23,4

23,3

Investimenti fissi lordi

2,7

3,3

3,8

3,7

3,4

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

II Sezione – Analisi e tendenze della finanza pubblica

Riporta, principalmente:

- l'analisi del conto economico e del conto di cassa delle amministrazioni pubbliche nell'anno precedente e gli eventuali scostamenti rispetto agli obiettivi programmatici;

- le previsioni tendenziali a legislazione vigente, almeno per il triennio successivo, dei flussi di entrata e di uscita del conto economico e del saldo di cassa;

- le previsioni a politiche invariate per i principali aggregati del conto economico della PA riferite almeno al triennio successivo;

- le informazioni di dettaglio sui risultati e sulle previsioni dei conti dei principali settori di spesa, con particolare riferimento a quelli relativi al pubblico impiego, alla protezione sociale e alla sanità, al debito delle amministrazioni pubbliche ed al relativo costo medio, nonché all’ammontare della spesa per interessi del bilancio dello Stato correlata a strumenti finanziari derivati.

- in un’apposita Nota metodologica, allegata alla II Sezione del DEF, sono infine indicati analiticamente i criteri di formulazione delle previsioni tendenziali.

 

 

III Sezione – Programma Nazionale di riforma (PNR)

Espone, in coerenza con il Programma di Stabilità, gli elementi e le informazioni previsti dai regolamenti dell'Unione europea e dalle specifiche linee guida per il Programma nazionale di riforma, indicando, in particolare:

- lo stato di avanzamento delle riforme avviate, con indicazione dell'eventuale scostamento tra i risultati previsti e quelli conseguiti;

- gli squilibri macroeconomici nazionali e i fattori di natura macroeconomica che incidono sulla competitività;

- le priorità del Paese, con le principali riforme da attuare, i tempi previsti per la loro attuazione e la compatibilità con gli obiettivi programmatici indicati nel Programma di stabilità;

- i prevedibili effetti delle riforme proposte in termini di crescita dell'economia, di rafforzamento della competitività del sistema economico e di aumento dell'occupazione.

 

 

Relazione al Parlamento ai sensi dell’articolo 6 della legge n. 243 del 2012

Si tratta di un documento eventuale, che può essere presentato alle Camere come annesso al DEF qualora, nell’imminenza della presentazione di quest’ultimo, si verifichino gli eventi eccezionali di cui all’art. 6 della legge n. 243 del 2012.

Tale disposizione prevede che, in circostanze eccezionali e sentita la Commissione europea, il Governo sottoponga all’approvazione parlamentare una relazione, da approvare a maggioranza assoluta, con cui richiedere l’autorizzazione al ricorso all’indebitamento.

 

 

La Relazione al Parlamento annessa al DEF 2023

Con la Relazione presentata come documento annesso al DEF 2023, il Governo, sentita la Commissione europea, richiede l’autorizzazione a ricorrere all’indebitamento, utilizzando gli spazi finanziari resisi disponibili per effetto dell’andamento tendenziale dei conti pubblici più favorevole, negli anni 2023 e 2024, rispetto agli obiettivi programmatici di indebitamento netto fissati per i medesimi anni, per i quali sono confermati i valori già autorizzati con la NADEF 2022 (vale a dire, -4,5 per cento nel 2023 e -3,7 per cento nel 2024, a fronte di una previsione tendenziale di indebitamento netto in rapporto al PIL pari a -4,35 per cento nel 2023 e -3,5 per cento nel 2024).

In base a quanto riportato nella Relazione, le risorse che si rendono disponibili per effetto dell’autorizzazione al ricorso all’indebitamento – pari a 3,4 miliardi di euro nel 2023 e 4,5 miliardi di euro nel 2024 – saranno utilizzate, per quanto riguarda il 2023, a copertura di un provvedimento normativo, di cui il Governo ha annunciato la prossima adozione, finalizzato a sostenere il reddito disponibile e il potere di acquisto dei lavoratori dipendenti limitando, al contempo, la rincorsa salari-prezzi, in particolare attraverso un taglio dei contributi sociali a carico dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi.

Per quanto riguarda il 2024, invece, le risorse disponibili saranno destinate a interventi di riduzione della pressione fiscale.

 

 

I disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica

In allegato al DEF sono indicati gli eventuali disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica, ciascuno dei quali reca disposizioni omogenee per materia, tenendo conto delle competenze delle amministrazioni, e concorre al raggiungimento degli obiettivi programmatici, nonché all’attuazione del Programma nazionale di riforma, anche attraverso interventi di carattere ordinamentale, organizzatorio o di rilancio e sviluppo dell’economia.

A completamento della manovra di bilancio 2023-2025, il Governo dichiara collegati alla decisione di bilancio i seguenti 21 disegni di legge, 3 dei quali già presentati presso uno dei due rami del Parlamento e 18 non ancora presentati:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Disegni di legge collegati alla decisione di bilancio 2024-2026

già presentati alla Camera o al Senato

 

 

Disegni di legge collegati alla decisione di bilancio 2024-2026
non ancora presentati alla Camera o al Senato

Gli Allegati al DEF

 

In allegato al DEF 2023 il Governo ha presentato, ai sensi dell’articolo 10 della legge n. 196 del 2009, i seguenti documenti:

1)       Rapporto sullo stato di attuazione della riforma della contabilità e finanza;

2)       Relazione sullo stato di attuazione della politica di coesione europea e nazionale – Programmazione 2014-2020 (già presentata al Consiglio dei Ministri del 16 febbraio 2023 e successivamente trasmessa al Parlamento);

3)       Relazione del Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra;

4)       Le spese dello Stato nelle Regioni e nelle province autonome;

5)       Relazione circa l’attuazione della razionalizzazione del sistema degli acquisti di beni e servizi (art. 2, comma 576, legge 244 del 2007 – legge finanziaria 2008);

6)       Strategia per le infrastrutture, la mobilità e la logistica;

7)       Indicatori di benessere equo e sostenibile.

 

Si segnala che l’art. 22-bis, comma 5, della legge di contabilità e finanza pubblica prevede che sia allegata al Documento di economia e finanza una Relazione sul monitoraggio degli obiettivi di spesa dei Ministeri (cd. spending review ministeriale), la quale non risulta al momento presentata.

 

 

 


Parte I
Il quadro macroeconomico

1.      La congiuntura internazionale e l’area dell’euro

Il DEF 2023, nella I Sezione recante il Programma di Stabilità, evidenzia come, a più di un anno dall’inizio della guerra in Ucraina, il quadro economico internazionale resti ancora fortemente condizionato dalle dinamiche del conflitto in corso, malgrado il graduale ritorno alla normalità dopo lo shock pandemico e gli effetti prodotti da quest’ultimo sull’economia mondiale nel triennio 2020-2022.

Guardando al tasso di crescita dell’economia globale, questo è passato, infatti, dal 6 per cento nel 2021 al 3,2 per cento nel 2022. La contrazione del tasso di crescita registratasi lo scorso anno è stata dovuta, principalmente, all’elevata incertezza innescata dal conflitto in Ucraina e dalle dinamiche geopolitiche ad esso connesse, alla crisi energetica, nonché alle crescenti pressioni inflazionistiche, già in atto prima della guerra ma ulteriormente acuite da quest’ultima.

Ciononostante, sul fronte del commercio mondiale – cresciuto del 3,3 per cento nel 2022, rispetto al 10,5 per cento del 2021 – le sanzioni adottate nei confronti della Russia (95 misure restrittive delle esportazioni adottate dall’inizio del conflitto, di cui 67 ancora attive, nei confronti di 1473 individui e 205 unità, secondo quanto riportato in un report dello scorso febbraio dell’Organizzazione mondiale del commercio e in una infografica del Consiglio UE aggiornata a marzo 2023) hanno inciso sul commercio globale in misura inferiore rispetto a quanto atteso nell’immediatezza dello scoppio del conflitto.

L’analisi riportata nel DEF 2023 evidenzia come i principali fattori che hanno consentito agli scambi commerciali di mantenersi su livelli più elevati delle attese siano stati una domanda relativamente sostenuta, la resilienza del mercato del lavoro nelle economie avanzate e l’avvio di un processo di graduale sostituzione della Russia con altri Paesi come fornitori di alcune categorie di beni – in particolare, nel settore energetico. D’altro canto, alla sostituzione operata nell’ambito delle economie più avanzate si è affiancata l’apertura di nuove relazioni commerciali o l’intensificazione di rotte già esistenti tra la Russia e altri Paesi emergenti, quali Cina, India e Turchia.

Sul fronte dei prezzi delle materie prime e dei beni energetici, il DEF sottolinea come le prime abbiano registrato un picco nell’agosto 2022, per poi collocarsi a un livello inferiore del 25 per cento rispetto al suddetto picco, mentre, con riguardo ai secondi, le quotazioni del gas hanno raggiunto il picco dei 320 euro al MWh nell’hub olandese TTF (Title Transfer Facility, principale mercato virtuale di riferimento per lo scambio del gas in Europa con sede ad Amsterdam), per poi subire una progressiva discesa del prezzo fino a poco meno di 44 euro al MWh nella media di marzo 2023.

Il DEF pone in evidenza la riconducibilità della rapida discesa dei prezzi del gas, da un lato, alla strategia di diversificazione delle forniture perseguita dai Paesi europei – la quale ha condotto il livello di importazioni di gas naturale dell’Unione europea dalla Russia da un livello iniziale del 40 per cento all’attuale 7 per cento – dall’altro, al calo della domanda europea di gas registratosi nel 2022 – -13% rispetto al 2021, secondo i dati Eurostat – reso possibile, soprattutto, dalle temperature più miti registratesi nei mesi autunnali e nella prima parte dell’inverno, nonché dal più attento comportamento dei consumatori e dal processo di efficientamento energetico degli edifici.

Sul fronte dei prezzi del petrolio, la dinamica di incremento è risultata più contenuta, se confrontata con quella occorsa in precedenti crisi energetiche. Dopo un picco toccato a giugno 2022, il prezzo è costantemente diminuito fino al 30 per cento a dicembre, per poi ridursi ulteriormente in tempi più recenti, sospinto da un eccesso di offerta che, come riportato nell’Oil Market Report pubblicato dall’International Energy Agency a marzo 2023, ha portato le scorte mondiali di petrolio su valori più elevati di quelli massimi registrati nel 2021.

La dinamica inflattiva, inizialmente originata dall’aumento dei prezzi delle materie prime, si è propagata successivamente sui prezzi alla produzione e su quelli al consumo, dando luogo, nei Paesi dell’area OCSE, a un’inflazione al consumo complessiva del 9,6 per cento in media nel 2022, mentre l’inflazione di fondo (al netto dell’energia e degli alimentari freschi) si è collocata su un livello pari al 6,8 per cento e risulta ancora persistente.

 

Figura 1 – Inflazione al consumo dei maggiori Paesi

Variazioni percentuali anno/anno

Fonte: DEF 2023, Figura II.3

La situazione economica nei principali Paesi del mondo e nell’Eurozona

 

Guardando al quadro macroeconomico dei principali Paesi del mondo e dell’Eurozona, il DEF evidenzia, anzitutto, come gli Stati Uniti siano cresciuti, nel 2022, del 2,1 per cento, subendo una netta decelerazione del tasso di crescita rispetto al 5,9 per cento del 2021. Ciononostante, nel secondo semestre 2022 si è registrato un ritmo di crescita del PIL più elevato, grazie soprattutto ai consumi, alle esportazioni e agli investimenti non residenziali. In questo scenario, la condizione di produttore ed esportatore netto di combustibili fossili ha consentito al Paese di risentire in misura più limitata degli effetti innescati dalla crisi energetica.

Per quanto concerne il mercato del lavoro, negli Stati Uniti si registra una discesa del tasso di disoccupazione al 3,4 per cento a gennaio 2023, con una lieve risalita al 3,6 per cento a febbraio, mentre il tasso di partecipazione e quello di occupazione (rispettivamente, 62,5 e 60,2 per cento a febbraio) rimangono ancora al di sotto dei livelli pre-pandemici.

Il contesto di persistente inflazione ha indotto la Federal Reserve a proseguire la sua politica monetaria restrittiva, finalizzata a frenare l’ascesa dei prezzi determinata, Oltreoceano, soprattutto da un eccesso di domanda. L’inflazione al consumo, dopo il picco dell’8,9 per cento raggiunto a giugno 2022, a febbraio 2023 si è attestata al 6,0 per cento. L’inflazione core, invece, è scesa più lentamente, soprattutto a causa dell’andamento inerziale dei prezzi nel settore dei servizi, attestandosi a una media del 6,1 per cento nel 2022 e al dato del 5,5 per cento a febbraio 2023.

Non si esclude, in prospettiva, una recessione nella seconda metà del 2023, quale conseguenza della stretta monetaria e del venir meno dei sostegni all’economia introdotti nel corso della pandemia. Sotto questo aspetto, il DEF sottolinea, citando dati OCSE, come gli stessi effetti dell’Inflation Reduction Act – approvato dal Congresso USA nell’agosto 2022 al fine di ridurre il deficit e l’inflazione e aumentare la produzione nazionale di energia – potrebbero avere effetti piuttosto lievi sulla domanda aggregata fino al 2024.

 

Con riguardo alla Cina, il DEF pone in luce come l’economia del gigante asiatico abbia risentito più intensamente delle rigide restrizioni introdotte al fine di contrastare le molteplici ondate di Covid-19, registrando nel 2022 una crescita complessiva su base annua del 3,0 per cento. Si registrano, tuttavia, segnali di un ritmo di crescita più sostenuto già nel primo bimestre 2023. A questo riguardo, il DEF rammenta che il governo cinese si è posto un obiettivo di crescita prossimo al 5 per cento per l’anno in corso, che sarà perseguito soprattutto attraverso la prosecuzione della politica di stimoli fiscali già in essere nel 2022.

A fronte dell’orientamento di politica monetaria finora espansivo mantenuto dalla People Bank of China, l’inflazione cinese si è mantenuta su livelli più contenuti, segnando una crescita del 2 per cento dell’indice dei prezzi al consumo nella media del 2022 e un successivo rallentamento all’1 per cento a febbraio 2023. Ciò è da ricollegarsi, soprattutto, alla condizione di relativo isolamento che caratterizza l’economia cinese rispetto agli shock che hanno colpito i mercati energetici e alimentari globali.

 

Quanto al Giappone, nel DEF si dà conto di una crescita nel 2022 pari all’1 per cento, sostenuta dai consumi e, tuttavia, frustrata dal tasso di inflazione al consumo crescente, che nella media del 2022 è risultata pari al 2,5 per cento, con un picco del 4,3 per cento a gennaio 2023 e una discesa al 3,3 per cento a febbraio, e una inflazione core che a febbraio ha segnato il 3,5 per cento su base annua, non raggiungendo ancora, presumibilmente, il picco. Sul fronte del mercato del lavoro, peraltro, la pur debole condizione della crescita economica non ha impedito una discesa del tasso di disoccupazione al 2,6 per cento nel 2022 (-0,2 per cento rispetto all’anno precedente).

 

Nel Regno Unito l’economia ha risentito fortemente dell’aumento globale dei prezzi dei prodotti energetici e della riduzione dei canali commerciali con la Russia. Il tasso di crescita dell’economia nel 2022 ha segnato una decelerazione al 4,1 per cento, rispetto al 7,4 del 2021, mentre il tasso di disoccupazione è sceso al di sotto dei livelli pre-pandemici (3,7 per cento).

Quanto all’inflazione, quella al consumo è stata pari, in media nel 2022, al 9,1 per cento, registrando il picco dell’11,1 per cento a ottobre 2022 e scendendo gradualmente fino al 10,4 per cento a febbraio 2023, mentre la componente di fondo si è attestata nel 2022 al 6,3 per cento.

 

Con riguardo all’Eurozona, infine, la pur sfavorevole congiuntura economica e le tensioni inflazionistiche non hanno impedito all’attività economica di registrare, nel 2022, una crescita pari al 3,5 per cento.

L’inflazione al consumo, risentendo dell’aumento eccezionale dei prezzi dei beni energetici – di cui i Paesi dell’Eurozona hanno risentito in misura maggiore in ragione della situazione di partenza di maggiore dipendenza energetica dalla Russia – ha raggiunto il picco a ottobre 2022, per poi decelerare all’8,5 per cento a febbraio 2023 e al 6,9 per cento a marzo di quest’anno. Se si guarda, invece, all’inflazione di fondo, depurata dall’andamento dei prezzi dei beni energetici e degli alimentari freschi, si nota un ritmo tuttora crescente, che ha raggiunto a marzo 2023 un valore pari al 7,5 per cento su base annua.

In questo contesto, il tasso di disoccupazione dell’Eurozona ha segnato un nuovo minimo storico a gennaio e febbraio 2023, pari al 6,6 per cento, con un aumento del 2,5 per cento del numero di occupati durante il 2022 rispetto all’anno precedente. A fronte degli elevati livelli di inflazione, la crescita dei salari si è mantenuta su ritmi piuttosto moderati, evolvendosi sempre in misura inferiore rispetto alla dinamica dei prezzi delle economie dei Paesi dell’Eurozona.

Figura 2 – PIL reale delle maggiori economie

Variazioni percentuali trimestre/trimestre

Fonte: OCSE

Le politiche monetarie in atto

 

Il DEF 2023 evidenzia come la maggior parte delle autorità di politica monetaria abbia tentato di reagire alla dinamica inflazionistica con cicli molto rapidi di aumento dei tassi di interesse e una moderata riduzione dei propri bilanci, al fine di ridurre l’ammontare di liquidità presente nel mercato e di aumentare, specularmente, l’offerta di titoli sul mercato secondario, soprattutto titoli governativi. Questo orientamento restrittivo di policy monetaria si è tradotto in un inasprimento delle condizioni di finanziamento dell’economia reale.

A seguito della recente crisi di alcuni istituti bancari – in particolare negli Stati Uniti e in Svizzera – gli operatori di mercato hanno orientato le loro aspettative verso una prima riduzione dei tassi nel secondo semestre 2023. In effetti, gli accennati episodi di instabilità e fragilità di istituti di credito hanno spinto le banche centrali ad annunciare, negli ultimi mesi, l’adozione di un approccio data dependent, che tenga conto, cioè, dell’evoluzione della stabilità finanziaria.

Negli Stati Uniti, la Federal Reserve ha innalzato il limite inferiore sui fed funds da zero al 4,75 per cento nell’arco di appena dodici mesi. A seguito della recente crisi di alcune banche regionali (Silicon Valley Bank), la FED ha predisposto un nuovo strumento, il Bank Term Funding Program, finalizzato a consentire agli istituti di credito un accesso a fondi di emergenza attraverso prestiti garantiti a un anno. I titoli a garanzia non saranno valutati a valore di mercato, ma alla pari. Il bilancio della FED ha conseguentemente registrato un incremento nelle ultime settimane, tradottosi in una consistente riduzione del Quantitative Tightening avviato nella primavera 2022.

A seguito delle ultime iniziative, le aspettative degli operatori di mercato sono orientate nel senso di una prima discesa dei tassi a partire dall’estate 2023, fino a giungere a un valore prossimo al 4 per cento per fine anno.

Nell’Eurozona, la politica monetaria della BCE si è orientata in senso progressivamente restrittivo a partire da luglio 2022. Nell’ultima monetary policy decision, pubblicata il 16 marzo 2023, i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamenti principali, su quelle di rifinanziamento marginale e sui depositi sono stati innalzati, a decorrere dal 22 marzo 2023, rispettivamente al 3,50 per cento, al 3,75 per cento e al 3 per cento. Contemporaneamente, il bilancio della BCE è stato gradualmente ridotto di oltre l’11 per cento, attraverso la progressiva riduzione del portafoglio dell’Asset Purchase Program (APP).

La Bank of England, a sua volta, ha innalzato progressivamente il tasso di interesse di riferimento dallo 0,1 per cento di dicembre 2021 al 4,25 per cento di marzo 2023.

Nel contesto asiatico, come già accennato, la politica monetaria delle principali economie del continente è rimasta espansiva. In Giappone la Banca centrale ha mantenuto una politica accomodante, al fine di consolidare le aspettative di inflazione ancorate all’obiettivo del 2 per cento. Da ultimo, sarà probabilmente necessaria una parziale rimodulazione della politica espansiva, in considerazione del raggiungimento del valore del 3,5 per cento dell’inflazione di fondo.

In Cina, invece, la People Bank ha mantenuto i tassi di rifinanziamento sui prestiti a un anno al 3,65 per cento, valore fissato ad agosto 2022, in considerazione dal mantenimento dell’inflazione dei prezzi al consumo al di sotto del 3 per cento.

 

I rischi

 

Lo scenario economico mondiale risulta gravato da un’elevata incertezza. Malgrado la ventura dichiarazione di conclusione dell’emergenza pandemica da Covid-19 da parte dell’OMS, non vi sono al momento attuale prospettive realistiche di tregua nell’ambito del perdurante conflitto tra Russia e Ucraina. Il DEF sottolinea, al riguardo, come i principali fattori di rischio per l’economia potrebbero risiedere nei segnali manifestatisi sul fronte della stabilità del sistema finanziario, negli effetti prodotti dalle politiche monetarie restrittive recentemente adottate, nelle potenziali future tensioni sui prezzi dei beni energetici, soprattutto per quanto riguarda il petrolio.


 

2.      Lo scenario macroeconomico nazionale

Il DEF 2023 espone l’analisi del quadro macroeconomico italiano relativo all’anno 2022 e le previsioni tendenziali e programmatiche per il 2023 e per il triennio successivo.

Le previsioni del quadro tendenziale incorporano gli effetti sull’economia delle azioni di politica economica e di politica fiscale messe in atto precedentemente alla presentazione del Documento stesso. Il quadro programmatico, invece, include l’impatto delle politiche economiche prospettate all’interno del Programma di Stabilità e del Piano Nazionale delle Riforme, che saranno concretamente definite nella Nota di aggiornamento di settembre e adottate con la prossima legge di bilancio.

Nel rispetto dei Regolamenti europei[1], le previsioni macroeconomiche tendenziali e programmatiche presentate nel DEF sono sottoposte alla validazione dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB), secondo quanto previsto dalla legge n. 243/2012 di attuazione del principio del pareggio del bilancio.

Il quadro macroeconomico tendenziale presentato nel DEF 2023 è stato validato dall’UPB il 7 aprile 2023 (cfr. il box in fondo al capitolo).

2.1   Tendenze recenti: i risultati nel 2022

Il DEF, richiamando le stime ufficiali dell’ISTAT, evidenzia che il PIL nel 2022 è cresciuto del 3,7% (dopo il rimbalzo del 7,0% nel 2021), in linea con quanto prospettato nel Documento Programmatico di Bilancio (DPB) del novembre scorso. L’economia italiana si è mantenuta su un sentiero di espansione fino all’estate del 2022, facendo segnare una leggera contrazione del PIL nel trimestre di chiusura.

Secondo i dati forniti dall’ISTAT nei “Conti economici trimestrali” (3 marzo 2023), nel IV trimestre 2022 il PIL è diminuito dello 0,1% rispetto al trimestre precedente ed è cresciuto dell’1,4% nei confronti del quarto trimestre del 2021. Rispetto al trimestre precedente, tra i principali aggregati della domanda interna, i consumi finali nazionali sono diminuiti dell’1,1%, mentre sono in crescita del 2% gli investimenti fissi lordi. Per quanto riguarda i flussi con l’estero, le importazioni di beni e servizi sono diminuite dell’1,7% e le esportazioni sono cresciute del 2,6%.

La crescita del PIL nel biennio 2021-2022, dopo la caduta del 2020, appare evidente nel grafico seguente. L’aumento del 3,7 per cento nel 2022 in termini reali, sulla scia del forte recupero avvenuto nel 2021 (7,0 per cento), ha comportato il superamento del livello pre-pandemico del 2019.


 

Figura 3 – Andamento del PIL in volume

Anni 2007-2022 Valori concatenati in milioni di euro (anno di riferimento 2015) e variazioni percentuali annuali

Fonte: ISTAT, Comunicato “PIL e indebitamento AP” (1 marzo 2023).

La dinamica del PIL – sottolinea il DEF – è stata guidata principalmente dalla ripresa dei servizi, grazie all’allentamento delle misure anti-Covid, e dalla capacità di spesa delle famiglie. La produzione industriale ha invece subìto un graduale indebolimento, a causa della guerra in Ucraina, dell’incremento dei prezzi dei beni energetici e della progressiva normalizzazione della politica monetaria.

Nel complesso, la crescita nel 2022, particolarmente accentuata nei trimestri centrali dell’anno, è stata trainata dalla domanda interna (4,6 punti percentuali), mentre l’apporto delle scorte e della domanda estera netta è risultato negativo (rispettivamente -0,4 e -0,5 punti percentuali).

I consumi delle famiglie, in particolare, hanno registrato una ripresa significativa (4,6 per cento), anche se ancora insufficiente a recuperare i livelli precedenti alla pandemia.

Figura 4 – Spese per consumi finali delle famiglie sul territorio per tipo di prodotto

Anni 2007-2022 Variazioni percentuali annuali, valori concatenati (anno di riferimento 2015)

Fonte: ISTAT, Comunicato “PIL e indebitamento AP” (1 marzo 2023)

Nonostante il reddito disponibile lordo delle famiglie sia cresciuto in termini nominali (6,3 per cento), il robusto aumento dei prezzi, misurato dal deflatore dei consumi (7,4 per cento), ha determinato una riduzione del potere di acquisto pari all’1,1 per cento.

Gli investimenti nel 2022 hanno registrato un aumento notevole (9,4 per cento). Come nel 2021, gli investimenti in costruzioni hanno sperimentato l’incremento più ampio (11,6 per cento), sostenuto anche dai provvedimenti governativi a favore del settore, seguiti da quelli in macchinari e attrezzature (8,6 per cento). L’aumento degli investimenti nelle costruzioni si è accompagnato all’andamento positivo dei volumi di compravendita e alla crescita dei prezzi delle abitazioni.

Tra ottobre e dicembre, il mercato immobiliare ha manifestato segnali di rallentamento dal punto di vista delle compravendite, con i listini delle abitazioni stabili a fronte di un incremento dei prezzi di quelle nuove (+2,7% la variazione congiunturale) e di una flessione di quelli delle abitazioni esistenti (-0,6%). Nella media del 2022, i prezzi delle abitazioni hanno continuato a salire (+3,8 per cento): i prezzi delle abitazioni nuove hanno registrato un aumento del 6,1 per cento, mentre quelli delle abitazioni esistenti sono cresciuti del 3,4 per cento (Comunicato ISTAT, "Prezzi delle abitazioni", 20 marzo 2023).

Con riferimento agli scambi con l’estero, si registra una crescita delle importazioni dell’11,8 per cento (14,2 per cento nel 2021), trainate dalla domanda interna, e l’aumento delle esportazioni del 9,4 per cento (13,3 per cento del 2021).

Tabella 1 – Conto economico delle risorse e degli impieghi - anni 2020-2022

(variazioni percentuali)

 

2020

2021

2022

PIL

-9,0

7,0

3,6

Importazioni

-12,

15,2

11,8

Consumi finali nazionali

-7,9

3,9

3,5

- spesa delle famiglie residenti

-10,3

4,7

4,6

- spesa delle P.A.

0,0

1,5

0,0

- spesa delle I.S.P. (Istituzioni Sociali Private)

-17,9

3,3

9,8

Investimenti fissi lordi

-7,9

18,6

9,4

- costruzioni

-6,5

27,7

11,6

- macchinari, attrezzature*

-9,5

17,6

8,6

- mezzi di trasporto

-26,9

8,6

8,2

Esportazioni

-13,5

14,0

9,4

Fonte: ISTAT, “PIL e indebitamento delle AP - Anni 2020-2022” (1° marzo 2023).

* La voce “macchinari, attrezzature” (che per il 2022 ha un dato più elevato rispetto a quello indicato alla voce “macchinari, attrezzature e beni immateriali” nel DEF a pag. 48), comprende anche Apparecchiature ICT, altri impianti e macchinari, armamenti e risorse biologiche coltivate.

Dal lato dell’offerta, l’industria manifatturiera ha registrato un lieve aumento (0,3 per cento), in linea con la crescita della produzione industriale (0,4 per cento) che ha tuttavia scontato il rincaro delle materie prime energetiche. Il comparto dell’auto, dopo il marcato aumento della produzione nel 2021 (18,7 per cento), ha rallentato vistosamente nel 2022, segnando una crescita dell’1,7 per cento.

Il settore dei servizi ha registrato un incremento notevole di valore aggiunto (4,8 per cento). La ripresa dei flussi turistici ha determinato un notevole aumento (10,4 per cento) del comparto del commercio, trasporto e servizi di alloggio e ristorazione; le attività artistiche e di intrattenimento, pur crescendo significativamente rispetto al 2021 (8,1 per cento), non hanno colmato la perdita registrata nel periodo pandemico.

Nel 2022 l’inflazione, misurata dall’indice dei prezzi al consumo armonizzato (IPCA), è stata pari in media all’8,7 per cento, in notevole aumento rispetto al 2021 (1,9 per cento). L’entità della variazione è riconducibile allo straordinario incremento dei prezzi dei beni energetici, in particolare del gas e dell’elettricità, in ragione dell’elevata dipendenza energetica dell’Italia. L’impulso inflazionistico si è propagato alla generalità delle componenti, interessando in particolar modo i beni alimentari, i trasporti e i servizi ricettivi e di ristorazione. L’inflazione di fondo – depurata dagli energetici e dagli alimentari freschi – ha registrato un incremento notevole (4,0 per cento dallo 0,8 per cento del 2021). A partire dall’ultimo periodo del 2022 l’inflazione ha intrapreso un percorso di graduale rallentamento, tuttavia l’inflazione di fondo è risultata più persistente.

Per quanto riguarda il mercato del lavoro nel 2022 il numero di occupati, rilevato dalla contabilità nazionale, è cresciuto dell’1,7 per cento, ritornando al di sopra dei valori precedenti alla crisi pandemica. Parallelamente sono aumentati il numero di unità di lavoro equivalenti (ULA, 3,5 per cento) e quello delle ore lavorate (3,9 per cento per il monte ore totale). La produttività – calcolata come rapporto tra PIL e ULA – è aumentata dello 0,2 per cento.

In base ai risultati dell’indagine delle forze lavoro, nel 2022 la crescita dell’occupazione ha accelerato (2,4 per cento dallo 0,8 per cento del 2021), portando il numero di occupati a superare la soglia di 23,3 milioni di addetti, il valore massimo in serie storica. Il tasso di occupazione si è collocato al 60,1 per cento, valore massimo dal 2004. Il tasso di partecipazione è salito al 65,5 per cento dal 64,5 per cento del 2021. Il tasso di disoccupazione è sceso all’8,1 per cento (-1,4 punti rispetto al 2021). Nel 2022 i redditi da lavoro dipendente hanno registrato una crescita dell’1,1 per cento.

Tabella 2 - Il mercato del lavoro

(variazioni percentuali)

 

Consuntivo

Previsioni tendenziali

 

2022

2023

2024

2025

2026

Costo del lavoro

3,3

3,1

2,2

2,0

1,8

Produttività (misurato sul PIL)

0,2

-0,1

0,4

0,4

0,3

Occupazione (ULA) *

3,5

0,9

1,0

0,9

0,8

Tasso di disoccupazione

8,1

7,7

7,5

7,4

7,2

Tasso di occupazione (15-64 anni)

60,1

60,9

61,7

62,5

63,4

* Unità di lavoro standard – variazione %

Fonte: DEF 2023, Sezione I: programma di Stabilità, Tavola II.1, pag. 48.

Il DEF stima che nel quadriennio 2023-2026 proseguirà la crescita dell’occupazione, portando il numero di occupati a fine periodo a 23,9 milioni (da 23,1 milioni del 2022). Il tasso di disoccupazione scenderebbe dall’8,1 per cento del 2022 al 7,7 nell’anno in corso per poi attestarsi al 7,2 per cento a fine periodo. La dinamica prevista dell’occupazione in termini di input è più contenuta di quella del PIL; si profila, pertanto, un moderato aumento della produttività nel triennio 2024-2026 (0,4 per cento in media d’anno).

Con riferimento all’andamento del credito, il DEF evidenzia il rallentamento della dinamica dei prestiti a partire dalla metà del 2022, in correlazione all’aumento dei tassi da parte della BCE, per quanto riguarda sia le famiglie sia le imprese.

Dai dati diffusi dalla Banca d’Italia risulta che la qualità del credito alle imprese continua a migliorare: si registra, infatti, una riduzione dell’incidenza dei crediti deteriorati sul totale dei prestiti, con una flessione del tasso di deterioramento[2].

Riguardo al credito, il DEF segnala che nel 2022 l’andamento del credito al settore privato ha risentito degli effetti della normalizzazione della politica monetaria con dati che, dopo una robusta crescita della domanda nel primo semestre, hanno visto una progressiva riduzione della medesima sia per le famiglie che per le imprese nel secondo semestre e in particolare nell’ultimo trimestre dell’anno. Anche i depositi delle famiglie si sono ridimensionati passando dal livello massimo di 160 miliardi di euro di luglio 2022 a 147,5 miliardi di euro a gennaio 2023 (-12,5 miliardi di euro).

I tassi di interesse al pubblico, a seguito dell’andamento della politica monetaria seguito dalla BCE per contrastare l’inflazione, sono progressivamente cresciuti sia per le famiglie (a gennaio 2023, il valore era pari al 3,95% contro l’1,75% del gennaio 2022) sia per le imprese (il tasso medio sulle nuove operazioni è stato del 3,72% rispetto all’1,12% praticato nel gennaio 2022). Le attese per la prima metà dell’anno 2023 lascerebbero prefigurare la prosecuzione della fase di irrigidimento degli standard di credito alle imprese. Risultano invece in miglioramento i dati relativi al deterioramento dei crediti e alla redditività del settore.

Con riferimento al miglioramento dell’accesso al credito per le imprese, nel DEF 2023, Sez. III - Programma Nazionale di riforma, si sottolinea come il mercato dei capitali italiano soffra di un evidente ritardo rispetto ai mercati finanziari più evoluti, in parte dovuto a problemi comuni agli altri Paesi UE, in parte legati a problemi strutturali interni. La Commissione europea nel Country Report 2022 ha sottolineato come il settore finanziario italiano sia ancora prevalentemente “bank-based” con uno sviluppo ancora lento dei canali non bancari.

Per quanto riguarda, infine, il commercio con l’estero il DEF sottolinea che gli scambi commerciali di beni mostrano una crescita delle esportazioni (in valore) del 20 per cento. A tale crescita si affianca a un aumento del 36,4 per cento delle importazioni, spiegato in larga parte dall’aumento dei prezzi, in particolare dei beni energetici. Il deciso peggioramento del saldo della componente energetica si è riflesso nel deterioramento del saldo commerciale, che complessivamente è passato in deficit (-31,0 miliardi, 1,6 per cento del PIL) dopo l’avanzo registrato nel 2021 (40,3 miliardi). Ha contributo al peggioramento del saldo commerciale l’aumento del valore delle importazioni dalla Russia (45,7 per cento), indotto dal forte aumento dei prezzi del gas naturale nonostante la riduzione dei volumi.

2.2   Le prospettive dell’economia italiana: il quadro tendenziale

Lo scenario a legislazione vigente esposto nel DEF 2023 riflette un quadro economico ancora condizionato dall’incertezza, dovuta alle tensioni geopolitiche, che restano elevate, e all’intonazione via via più restrittiva della politica monetaria.

Il DEF sottolinea come l’economia italiana nel corso del 2022 sia tuttavia risultata più resiliente di quanto atteso lo scorso autunno, facendo registrare, nonostante il difficile contesto economico, una crescita del 3,7 per cento nel 2022, che ha fatto tornare il PIL a valori superiori al livello pre-pandemico.

Tuttavia, la contrazione registrata nel IV trimestre 2022 (-0,1 per cento rispetto allo +0,4 del terzo trimestre) ha interrotto la fase di espansione dell’economia italiana, in corso ormai da sette trimestri consecutivi, interessando, in particolare, i consumi delle famiglie, a causa della propagazione della spinta inflazionistica nonostante la marcata riduzione del prezzo del gas.

I dati congiunturali dei primi mesi dell’anno in corso prefigurano peraltro un ritorno del PIL su un sentiero positivo già nel primo trimestre, con una ripresa economica più rapida di quanto non si prevedesse a novembre, beneficiando della discesa dei corsi energetici e dell’allentamento delle strozzature dell’offerta a livello globale lungo le catene di approvvigionamento.

Il DEF 2023 mette in evidenzia che, nonostante il calo della produzione industriale registrato a gennaio, le indicazioni favorevoli derivanti dal clima di fiducia, in particolare del settore manifatturiero, e la fase di discesa dei prezzi alla produzione prefigurano un recupero dell’attività produttiva già nei prossimi mesi. Le indagini presso le imprese segnalano, in particolare, un miglioramento delle attese su ordinativi e produzione e un incremento degli investimenti rispetto allo scorso anno. Particolarmente positive risultano le prospettive per la manifattura, la cui produzione, secondo i dati forniti dalle PMI, dopo essere diminuita per due trimestri consecutivi, è tornata ad espandersi nella media dei primi tre mesi del 2023, grazie alla riduzione delle pressioni sui prezzi e dall’allentamento delle strozzature dal lato dell’offerta. Anche per quanto riguarda il settore delle costruzioni, le prospettive risultano favorevoli. La crescita della produzione del settore si è consolidata tra la fine del 2022 e l’inizio del 2023, portando a marzo l’indice sui livelli più alti dal marzo 2022.

Anche per i servizi, nei primi due mesi dell’anno in corso le vendite al dettaglio, in volume, hanno mostrato nell’insieme un andamento positivo.

Il clima di fiducia delle famiglie e delle imprese, già in ripresa da ottobre scorso, nonostante il contesto di grande incertezza sul fronte geopolitico ed economico si è consolidato nei mesi di febbraio e marzo.

Il DEF 2023 richiama, a conferma dei segnali di miglioramento delle prospettive per l’anno in corso, l’“Indagine sulle aspettative di inflazione e crescita” di Banca d’Italia (6 aprile 2023), riferita al I trimestre 2023, da cui emerge un miglioramento delle aspettative delle imprese italiane dell’industria e dei servizi sull’andamento dell’economia e sulle proprie condizioni operative per i prossimi mesi, sospinte dalla ripresa della domanda e dall’attenuarsi delle difficoltà legate agli elevati prezzi dell’energia e all’approvvigionamento di materie prime, e dalla stabilità delle condizioni di accesso al credito.

Guardando ai dati ISTAT più recenti, l’indice della produzione industriale destagionalizzato ha registrato a febbraio il secondo calo consecutivo, anche se più contenuto rispetto a quello del mese precedente (-0,2% rispetto al -0,5% di gennaio) L’intonazione negativa di febbraio è diffusa ai principali comparti, con l’esclusione dell’energia. Resta, tuttavia, positivo l’andamento congiunturale complessivo nella media degli ultimi tre mesi (Comunicato ISTAT, del 13 aprile 2023). Riguardo all’indice della produzione delle costruzioni, a gennaio ha segnato la terza consecutiva variazione positiva (+1,4%), portando la crescita dell’indice nella media novembre-gennaio al 3,0% rispetto ai tre mesi precedenti e segnando un massimo da marzo 2022 (Comunicato ISTAT del 17 marzo 2023). In particolare, tra i principali paesi europei l’Italia ha mostrato il maggiore dinamismo del comparto. Dopo la forte decelerazione nei primi mesi del 2020, già a inizio 2021 la produzione nelle costruzioni è tornata al livello di gennaio 2020. Nel corso del 2021 il divario nella crescita del settore rispetto a quello degli altri paesi ha continuato ad aumentare, raggiungendo i valori più elevati nei primi mesi del 2022 (Fonte: Nota mensile marzo 2023, ISTAT 13 aprile 2023).

A marzo, il clima di fiducia delle imprese è tornato ad aumentare dopo la stabilità registrata a febbraio. L’indice del clima di fiducia delle imprese, che passa da 109,2 a 110,2, è aumentato in tutti i settori economici, trainato principalmente dall’industria e, in misura minore, dai servizi. Nelle costruzioni, nel commercio e nella manifattura si registrano gli incrementi più marcati (rispettivamente da 157,2 a 159,1, da 114,7 a 116,0 e da 103,0 a 104,2). Nella manifattura sono migliorati inoltre sia i giudizi sugli ordini sia le attese sulla produzione (Comunicato ISTAT del 28 marzo 2023). Per i servizi, dopo il calo congiunturale registrato a febbraio sulle vendite al dettaglio, l’Istat rileva a marzo un miglioramento sugli ordini e sulle vendite per le imprese dei servizi di mercato e del commercio al dettaglio. Il clima di fiducia dei consumatori ha proseguito a marzo la tendenza in crescita, riflettendo valutazioni in deciso miglioramento sulla situazione economica generale e su quella corrente.

Figura 5 – Indici del clima di fiducia dei consumatori e delle imprese italiane (IESI)

Fonte: Istat, Comunicato Istat “Fiducia dei consumatori e delle imprese”, 28 marzo 2023.

Anche per quel che concerne la domanda estera, il DEF 2023 sottolinea le prospettive positive per l’export, grazie alla ripresa della domanda mondiale, nonostante il proseguire della guerra in Ucraina.

Con riferimento agli scambi con l’estero, il Comunicato Istat del 17 marzo evidenzia che le esportazioni hanno mostrato una buona tenuta in gennaio, in misura più ampia verso i Paesi extra-UE (Comunicato Istat sul Commercio estero Extra Ue, del 1° aprile 2023).

 

Sulla base di questi andamenti congiunturali, e in considerazione del miglioramento del contesto internazionale dovuto ad un calo dei prezzi energetici più rapido delle attese (vedi § precedente), le prospettive per l’anno in corso risultano nel DEF 2023 moderatamente più favorevoli rispetto al quadro sottostante le previsioni ufficiali effettuate lo scorso novembre nella NADEF.

Dopo la contrazione congiunturale dello 0,1 per cento registrata nel IV trimestre del 2022, ci si attende ora un moderato aumento del PIL sia nel primo che nel secondo trimestre 2023, sostenuto dal settore manifatturiero e delle costruzioni, seguito da una lieve accelerazione nella seconda parte dell’anno.

Nello scenario tendenziale a legislazione vigente, il PIL per il 2023 è pertanto previsto crescere, in termini reali, dello 0,9 per cento, in rialzo di 0,3 punti percentuali rispetto allo 0,6 per cento prospettato nello scenario programmatico della NADEF del novembre scorso.

Tabella 3 - Confronto sulle previsioni di crescita del PIL 2023-2026

(variazioni percentuali)

 

Consuntivo

NADEF 2022- Programmatico
novembre 2022

DEF 2023
aprile 2023

 

2022

2023

2024

2025

2023

2024

2025

2026

PIL

3,7

0,6

1,9

1,3

0,9

1,4

1,3

1,1

 

Alla revisione al rialzo della crescita per il 2023 contribuisce positivamente il miglioramento del profilo delle esogene internazionali e, in particolare, la riduzione superiore alle attese del prezzo del gas (per una analisi della dinamica decrescente dei prezzi dell’energia si rinvia all’apposito box contenuto nella Parte III del presente dossier, § 13).

Tuttavia - si sottolinea nel DEF - per motivi prudenziali, l’impatto positivo (stimato pari a 0,5 punti percentuali) è stato considerato solo in parte, a causa dell’elevata incertezza che caratterizza lo scenario internazionale.

La crescita del PIL attesa per l’anno in corso sarebbe sostenuta principalmente dalla domanda interna e dalle esportazioni.

Tali prospettive si fondano tuttavia – sottolinea il DEF 2023 - sull’ipotesi che le imprese, grazie alla marcata discesa dei prezzi del petrolio e del gas, e beneficiando anche delle risorse previste nel PNRR, sostengano la domanda d’investimenti, trainati dalla componente dei macchinari e attrezzature e dalle costruzioni, e che, nonostante condizioni di finanziamento meno favorevoli, dovute al rialzo dei tassi di interesse, facciano leva sui recenti margini di profitto accumulati.

La dinamica dei consumi delle famiglie nel 2023, invece, si mantiene ancora inferiore a quella del PIL. Ciò in quanto, nonostante il rallentamento della dinamica dei prezzi, il potere d’acquisto dei consumatori risulta al momento condizionato da un’inflazione ancora complessivamente elevata.

La previsione macroeconomica tendenziale del DEF per il 2023 poggia, infatti, su una stima del tasso di inflazione leggermente più elevata di quanto previsto nella NADEF a novembre. In particolare, il deflatore dei consumi delle famiglie è stimato al 5,7 per cento nel 2023, rispetto al 5,5 ipotizzato nella NADEF, sebbene in decisa decelerazione rispetto al 7,4 per cento osservato nel 2022.

Tabella 4 - L’andamento dei prezzi – Confronto con NADEF

(variazioni percentuali)

 

Consuntivo

NADEF 2022 – programmatico

DEF 2023 - tendenziale

 

2022

2023

2024

2025

2023

2024

2025

2026

Deflatore del PIL

3,0

4,1

2,7

2,0

4,8

2,7

2,0

2,0

Deflatore dei consumi

7,4

5,5

2,6

2,0

5,7

2,7

2,0

2,0

 

La previsione di inflazione del DEF risulta progressivamente in calo nel prossimo triennio, sulla scia della dinamica decrescente dei prezzi dell’energia (cfr. riguardo all’inflazione, il successivo § 2.2.1).

 

Per quanto riguarda gli anni successivi, la previsione di crescita del PIL per il 2024 è prevista all’1,4 per cento, più sostenuta rispetto al 2023, ma al ribasso rispetto all’1,9 per cento previsto a novembre nella NADEF.

La crescita per il 2025 resta invece invariata all’1,3 per cento, come già previsto dalla NADEF.

La previsione per il 2026 viene posta all’1,1 per cento, seguendo l’approccio secondo cui il tasso di crescita su un orizzonte a tre anni tende a convergere verso il tasso di crescita ‘potenziale’ dell’economia italiana, stimato secondo la metodologia definita a livello europeo.

La revisione al ribasso per il 2024 è essenzialmente dovuta al peggioramento delle variabili esogene della previsione.

Tabella 5 –Esogene internazionali

(variazioni percentuali)

 

Consuntivo

DEF 2023

 

2022

2023

2024

2025

2026

Commercio internazionale

5,5

0,5

4,2

4,5

3,7

Prezzo del petrolio (Brent,USD/barile, futures)

101,0

82,3

77,9

73,8

70,5

Cambio dollaro/euro

1,053

1,063

1,060

1,060

1,060

 

Il contesto internazionale, meno favorevole, è principalmente dovuto al pieno dispiegarsi nel 2024 degli effetti negativi della politica monetaria più restrittiva seguita dalle banche centrali, i cui effetti si trasmettono sull’economia con un certo ritardo.

La crescita del tasso di inflazione, comune a tutte le economie avanzate, ha infatti portato le principali banche centrali a rivedere l’orientamento della politica monetaria in direzione restrittiva. Per contrastare le spinte inflattive nell’area dell’euro, lo scorso luglio la Banca Centrale Europea (BCE) ha iniziato un ciclo restrittivo della politica monetaria, che sta avendo i primi sensibili effetti sul mercato del credito e conseguentemente sulla quantità di moneta.

 

Incidono inoltre negativamente sul nuovo quadro previsionale la revisione al ribasso delle previsioni di crescita della domanda mondiale e del commercio internazionale e un apprezzamento del tasso di cambio dell’euro nei confronti del dollaro. Quanto agli effetti dei ribassi dei prezzi del petrolio e gas, che determinano un impatto positivo di 6 decimi di punto sul tasso di variazione del PIL nel 2023, comportano un impatto nullo negli anni successivi.

Tabella 6 – Effetti sul PIL dello scenario internazionale rispetto alla Nadef 2022

 (variazioni percentuali)

 

2023

2024

2025

1. Commercio mondiale

0,0

-0,1

0,1

2. Prezzo del petrolio e gas

0,6

0,0

0,0

3. Tasso di cambio nominale effettivo

-0,1

-0,1

0,0

4. Ipotesi tassi d'interesse

0,0

-0,2

0,0

Totale

0,5

-0,4

0,0

 

Nel complesso, secondo quanto riportato nel DEF, le stime effettuate con il modello ITEM in uso al Tesoro indicano che i cambiamenti delle esogene rispetto a novembre scorso comportano un impatto più favorevole per il 2023. Per il biennio successivo, l’impatto risulta negativo per -0,4 punti percentuali nel 2024 e nullo nel 2025.

 

Alla luce del quadro di incertezza che caratterizza lo scenario internazionale, le previsioni di crescita tendenziali sono indicate nel DEF come prudenziali. Nonostante l’economia mondiale sia infatti risultata più resiliente di quanto previsto lo scorso autunno e gli indicatori ciclici internazionali mostrino una prospettiva di espansione, persistono rischi al ribasso che potrebbero indebolire l’attività economica rispetto al quadro macroeconomico tendenziale del DEF.

Al riguardo, il DEF fornisce una valutazione degli effetti sull’economia italiana di alcuni scenari di rischio, legati agli effetti delle politiche monetarie, che iniziano a influire sulla liquidità, specialmente negli Stati Uniti e in Europa; all’eventuale materializzarsi di un rallentamento del commercio internazionale, in connessione con l’indebolimento dell’economia statunitense; al perdurare di un clima geopolitico di forte tensione, che potrebbe incidere sul percorso di rientro dell’inflazione e sulla discesa dei prezzi delle materie prime energetiche.

 

Nel FocusUn’analisi di rischio (o di sensibilità) sulle variabili esogene” sono analizzati incognite ed elementi di rischio insiti nel quadro economico internazionale, sebbene la previsione di crescita dello scenario tendenziale già incorpori le conseguenze negative sul piano economico del permanere di una elevata inflazione a livello globale e dell’azione di contrasto delle banche centrali nonché il perdurare della crisi internazionale legata al conflitto in Ucraina, sia pure con l’attenuarsi delle tensioni nelle forniture di gas.

Gli scenari alternativi analizzati riguardano ipotesi meno favorevoli circa il profilo della domanda mondiale, i prezzi dei beni energetici, i tassi di cambio e le condizioni dei mercati finanziari. Mediante esercizi di simulazione con il modello econometrico ITEM, sono stati esaminati quattro scenari, il cui effetto sul PIL è sintetizzato nella Tabella che segue (cfr. il riquadro di pag. 51 e segg.).

Tabella 7 - Effetti sul PIL degli scenari di rischio (impatto sui tassi di crescita percentuale rispetto al quadro macroeconomico tendenziale) (variazioni percentuali)

 

2023

2024

2025

2026

1. Commercio mondiale

0,0

-0,2

-0,2

-0,3

2. Prezzi delle materie prime energetiche

-0,3

-0,4

0,4

0,2

3. Tasso di cambio nominale effettivo

-0,1

-0,3

-0,6

-0,3

4. Condizioni finanziarie dell’economia

0,0

-0,1

-0,4

-0,5

Fonte: DEF 2023 – Programma di Stabilità, Tavola R1, riquadro pag. 53.

Aspettative di livelli di crescita maggiori rispetto a quelli prospettati nell’attuale quadro macroeconomico riportato dal DEF 2023 sono legate alla realizzazione del piano di investimenti e di riforme contenute nel PNRR.

Al riguardo il DEF 2023 sottolinea che - per i motivi prudenziali sopra accennati – gli effetti sulla produttività e sull’offerta di lavoro connessi all’attuazione del PNRR sono incorporati solo parzialmente nelle stime di crescita. Per una analisi dell’impatto favorevole sulle finanze pubbliche della maggior crescita economica attribuibile al PNRR, si rinvia al paragrafo successivo 2.2.2.

Le componenti del quadro macroeconomico tendenziale

La tabella che segue riporta il dettaglio della previsione con riferimento ai principali indicatori del quadro macroeconomico tendenziale esposto nel DEF 2023, a raffronto con i dati di consuntivo del 2022.

Tabella 8 - Il quadro macroeconomico tendenziale

(variazioni percentuali)

 

Consuntivo

Previsioni tendenziali

 

2022

2023

2024

2025

2026

PIL

3,7

0,9

1,4

1,3

1,1

Importazioni

11,8

2,5

3,7

3,5

2,8

Consumi finali nazionali

3,5

0,1

0,6

1,0

1,0

- spesa delle famiglie e I.S.P

4,6

0,6

1,2

1,0

1,1

- spesa delle P.A.

0,0

-1,3

-1,2

0,9

0,4

Investimenti fissi lordi

9,4

3,7

3,4

2,1

1,5

- macchinari, attrezzature e beni immateriali

7,2

5,2

3,4

2,1

1,2

- costruzioni

11,6

2,3

3,3

2,0

1,7

Esportazioni

9,4

3,2

3,8

3,7

2,8

 

Occupazione (ULA)

3,5

0,9

1,0

0,9

0,8

Tasso di disoccupazione

8,1

7,7

7,5

7,4

7,2

 

PIL nominale (miliardi di euro)

1.909,2

2.018,0

2.012,8

2.173,3

2.241,2

Fonte: DEF 2023, Sezione I: programma di Stabilità, Tavola II.1, pag. 48.

Per l’anno 2023 tutti gli indicatori macroeconomici sono previsti al ribasso rispetto al 2022, anno di forte recupero dopo la recessione dovuta alla pandemia.

Nel dettaglio della previsione, la crescita del PIL per l’anno in corso è sostenuta essenzialmente dalla domanda interna al netto delle scorte (che il DEF stima contribuire per 0,8 punti percentuali alla crescita economica) e alle esportazioni nette (0,3 punti percentuali).

Guardando alle componenti della domanda, la dinamica dei consumi delle famiglie risulta tuttavia inferiore a quella del PIL (0,6 per cento nel 2023) in quanto, nonostante il rallentamento della dinamica dei prezzi, i redditi delle famiglie continuano ad essere ancora particolarmente gravati dalla spinta inflazionistica, che resta ancora complessivamente elevata. Il deflatore dei consumi, è previsto scendere gradualmente, dal livello del 7,4 per cento raggiunto nel 2022, al 5,7 per cento quest’anno e poi al 2,7 per cento nel 2024 e all’2,0 per cento nel biennio 2025-2026. La crescita dei consumi è prevista consolidarsi nel medio termine, grazie al rafforzamento del reddito disponibile reale, sostenuto dalla resilienza del mercato del lavoro e dalla ripresa dei salari nel settore privato e dal rallentamento dell’inflazione.

Gli investimenti invece manifestano una espansione nel quadriennio dell’orizzonte di previsione, in media di circa il 3,4 per cento all’anno, trainati principalmente dalla componente dei macchinari e attrezzature e dalle costruzioni, beneficiando delle risorse a sostegno degli investimenti pubblici e privati previste nel PNRR. Tuttavia, il DEF sottolinea che la revisione al rialzo dei tassi di interesse rispetto alle previsioni precedenti e l’inasprimento delle condizioni dell'offerta di credito, potrebbero costituire un fattore di freno allo sviluppo degli investimenti.

Si mantiene positiva la dinamica delle esportazioni per l’anno in corso e per il biennio successivo, che crescerebbero a un ritmo superiore rispetto alla domanda mondiale. Il saldo di parte corrente della bilancia dei pagamenti in percentuale del PIL, dopo il deficit registrato nel 2022, tornerebbe in territorio positivo grazie al miglioramento delle ragioni di scambio legate anche alla riduzione dei prezzi dei beni energetici

Dal lato dell’offerta, il DEF sottolinea come l’industria e le costruzioni continuerebbero ad espandersi a ritmi sostenuti grazie all’attuazione dei piani di spesa del PNRR. Anche i servizi proseguirebbero il loro recupero beneficiando della riduzione dei prezzi in corso d’anno.

 

Si ritiene utile riportare un confronto tra le previsioni tendenziali di crescita dell’Italia recate nel DEF 2023 con quelle elaborate dai principali istituti di ricerca nazionali e internazionali a marzo/aprile.

Tabella 9 - Previsioni degli istituti nazionali e internazionali sulla crescita del PIL italiano

(variazioni percentuali)

 

2023

2024

GOVERNO (aprile ’23)

0,9

1,4

CER (aprile ’23)

0,8

1,1

Confindustria (marzo ’23)

0,4

1,2

PROMETEIA (marzo ’23)

0,7

0,6

UPB (febbraio ’23)

0,6

1,4

FMI – WEO (aprile ’23)

0,7

0,8

OCSE – Interim Economic outlook (marzo ’23)

0,6

1,0

Commissione UE – Winter forecasts (febbraio ’23)

0,8

1,0

Fonte: elaborazione Servizio Studi

La validazione delle previsioni macroeconomiche

 

Nel rispetto dei regolamenti europei[3], la previsione macroeconomica tendenziale ha ottenuto la validazione dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio, con nota del 7 aprile 2023, secondo quanto previsto dalla legge n. 243/2012 di attuazione del principio del pareggio del bilancio.

Le previsioni sono validate sulla base delle informazioni congiunturali disponibili al momento e assumendo la piena e tempestiva realizzazione dei progetti del PNRR. Il quadro è tuttavia instabile e incerto, anche per le tensioni geopolitiche e finanziarie. I rischi sono bilanciati nel breve termine ma si orientano al ribasso per i prossimi anni.

L’UPB allega alla validazione una nota esplicativa che illustra tale valutazione. La nota, con specifico riferimento al PIL reale, ricorda che il quadro macroeconomico tendenziale del DEF è fortemente condizionato da fattori esogeni esterni, quali il conflitto russo-ucraino e le turbolenze sui mercati finanziari, oltre che da rilevanti incertezze sull’evoluzione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). Nel complesso i rischi sull’attività economica nel quadriennio della previsione sono orientati al ribasso, sebbene nel brevissimo termine siano meno sfavorevoli.

La previsione del PIL reale nell’orizzonte di validazione, che incorpora una forte spinta proveniente dai programmi di investimento previsti nel PNRR, appare all’interno di un accettabile intervallo di valutazione per tutti gli anni dell’orizzonte di previsione con l’eccezione del 2024, per il quale si osserva un disallineamento comunque marginale rispetto all’estremo superiore delle previsioni del panel UPB.

Si sottolinea che “il venire meno degli investimenti del Piano, o una rimodulazione in avanti, inciderebbe pertanto in misura non trascurabile sui profili di crescita annuali dei quadri macroeconomici”.

2.2.1          Inflazione

Quanto alla dinamica dei prezzi, il quadro previsionale del DEF 2023 si poggia, nonostante il rallentamento della dinamica dei prezzi, sulla previsione di un’inflazione ancora complessivamente elevata nell’anno in corso, più elevata di quanto ipotizzato a novembre scorso. A livello tendenziale, il deflatore dei consumi è previsto scendere da una media del 7,4 per cento registrata nel 2022, al 5,7 per cento quest’anno, contro una previsione del 5,5 per cento indicata nella NADEF di novembre.

Tabella 10 – L’andamento dei prezzi - quadro tendenziale

(variazioni percentuali)

 

Consuntivo

Previsioni tendenziali

 

2022

2023

2024

2025

2026

Deflatore del PIL

3,0

4,8

2,7

2,0

2,0

Deflatore dei consumi

7,4

5,7

2,7

2,0

2,0

Fonte: DEF 2023, Sezione I: programma di Stabilità, Tavola II.1, pag. 48.

La previsione di inflazione del DEF risulta in calo nel prossimo triennio. La stima tiene conto dell’allentamento delle pressioni inflazionistiche manifestatosi già nei primi mesi del 2023, giustificato in larga parte della dinamica decrescente, ormai consolidata, dei prezzi dell’energia (per cui si rinvia all’apposito box contenuto nella Parte III del dossier, § 13).

Il rientro dell’inflazione di fondo è previsto essere più lento e graduale e, sebbene siamo prossimi al picco (i dati Istat evidenziano a marzo una componente di fondo pari al 6,3% tendenziale), si potrà assistere a una fase di stabilizzazione della dinamica prima di un effettivo calo nella seconda parte dell’anno.

I prezzi al consumo, misurati dall’indice NIC, hanno toccato il massimo per cento a ottobre e novembre 2022 (+11,8 per cento), per poi scendere gradualmente. Secondo i dati fornite dall’ISTAT (Comunicato del 17 aprile 2023), a marzo è proseguita la fase di rapido rientro dell’inflazione (scesa a +7,6%), guidata dalla dinamica dei prezzi dei beni energetici. L’inflazione di fondo, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, resta stabile a +6,3%, così come quella al netto dei soli beni energetici, che si attesta a +6,4%. I prezzi del “carrello della spesa” rallentano su base tendenziale a +12,6%

 

Inflazione e dinamica dei prezzi dei beni energetici e alimentari

Un apposito Focus è dedicato del DEF 2023 all’Inflazione e alla dinamica dei prezzi dei beni energetici e alimentari. Il focus entra in dettaglio sulle cause e la modalità con l’aumento dei prezzi delle materie prime energetiche si è successivamente trasmesso all’inflazione di fondo (o inflazione core, cioè all’inflazione al netto degli energetici e degli alimentari freschi). L’approfondimento parte dai dati di consuntivo 2022, che hanno registrato, per i prezzi al consumo, misurati dall’indice NIC (indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività), un incremento dell’8,1 per cento, dall’1,9 per cento del 2021. Come già rimarcato da ISTAT, nel comunicato di gennaio scorso, si tratta dell’aumento più ampio dal 1985 (quando fu +9,2%), e tale aumento è stato principalmente causato dall’andamento dei prezzi degli energetici (+50,9% in media d’anno nel 2022, a fronte del +14,1% del 2021) (ISTAT, comunicato stampa del 17 gennaio 2023, relativo a dicembre 2022).

Il grafico che segue è tratto dal comunicato del 17 aprile 2023, che reca anche i dati congiunturali di marzo.

Figura 6 – Indice dei prezzi al consumo (NIC)

Gennaio 2018 – marzo 2023, variazioni percentuali congiunturali e tendenziali (base 2015=100)

Come evidenzia il grafico, le prime spinte inflazionistiche si sono verificate dalla seconda metà del 2021, quando i prezzi del gas e dell’elettricità hanno iniziato a crescere rapidamente. L’aumento si è accentuato con la guerra in Ucraina, iniziata con l’invasione russa del 24 febbraio 2022, raggiungendo il picco nel corso dei mesi estivi. Ad agosto 2022 i prezzi del gas e dell’energia hanno abbondantemente superato di dieci volte il loro valore medio del periodo 2015-2019, riflettendosi anche sulle bollette energetiche. L’incremento dei prezzi dei beni energetici della componente regolamentata di luce e gas in media d’anno è stato del 65,6 per cento, triplicato rispetto al 2021 (+22,1 per cento). Mentre, la componente non regolamentata dei beni energetici, che comprende, oltre l’energia elettrica e il gas naturale, anche il prezzo dei carburanti, è cresciuta del +44,7 per cento, quattro volte rispetto al 2021 (+9,9 per cento).

In questo contesto, il DEF evidenzia, supportato dalle analisi ISTAT[4], che le famiglie meno abbienti sono state colpite in maniera maggiore, in quanto una quota proporzionalmente più alta del loro reddito è destinata a questa tipologia di acquisti e utilizzi, ma le misure prese nel corso del 2022 volte a ridurre il costo delle bollette e/o a calmierare il livello dei prezzi energetici, quali il bonus sociale, la sterilizzazione degli oneri di sistema e la riduzione dell’IVA sul gas e delle accise sui carburanti, hanno contribuito a contenere l’incremento dei prezzi.

Il conflitto russo-ucraino e le condizioni climatiche avverse hanno anche influito sul settore dei beni alimentari, per il quale nel 2022 la crescita dei prezzi è stata dell’8,8 per cento, in netta accelerazione rispetto al 2021 (0,5 per cento). Ciò è da collegarsi, in primo luogo, alle ripercussioni del conflitto sulle esportazioni di materie prime alimentari (frumento, mais e olio di girasole), di cui Ucraina e Russia sono importanti produttori a livello mondiale. Il loro prezzo è cresciuto, in media d’anno, nel 2022, sui mercati internazionali, del + 20 per cento. Sul settore ha inciso, inoltre, il prezzo dei prodotti chimici e fertilizzanti utilizzati in agricoltura, essendone la Russia uno dei maggiori produttori ed esportatori mondiali; e infine, un fattore non meno rilevante, quello climatico: nel 2022 le basse temperature primaverili, le eccezionali ondate di calore estive, la quasi totale assenza di precipitazioni e il clima asciutto hanno fortemente condizionato diverse produzioni tradizionali del paese. Tutto ciò si è riflesso sui prezzi al consumo. Complessivamente, l’incremento tendenziale dei prezzi dei prodotti alimentari freschi ha raggiunto un picco a ottobre (+12,9 per cento), mentre per i prodotti alimentari lavorati l’accelerazione è stata successiva ma più brusca, e ancora in corso: a febbraio 2023 il tasso di crescita annua era pari al 15,5 per cento.

L’aumento dei prezzi dell’energia e dei beni alimentari si è diffuso progressivamente anche ai principali settori produttivi dell’economia, che hanno trasferito parte dei maggiori costi sui consumatori. Ne è conseguita una continua crescita, a partire dal maggio 2021, dell’inflazione di fondo, pari, nel 2022, al + 3,8 per cento. Il 2022 si è chiuso con un tasso tendenziale, a dicembre scorso, del 5,8 per cento che, secondo gli ultimi dati ISTAT, si è portato al 6,3 per cento nel mese di marzo 2023. La dinamica dell’inflazione di fondo, nonostante questa accelerazione, sembra comunque perdere lo slancio che aveva contraddistinto i mesi precedenti (comunicato del 17 aprile 2023).

Le proiezioni relative all’inflazione per l’anno in corso

Il DEF afferma che ci sono le premesse perché il processo di rientro dei prezzi delle materie prime energetiche, iniziato a fine 2022 e accentuatosi a marzo 2023, prosegua nei prossimi mesi. La considerazione parte dal fatto che i dati congiunturali di Istat registrano una fase di rapido rientro dell’inflazione NIC, scesa a marzo 2023 + 7,6 per cento), guidata appunto dalla dinamica dei beni energetici, sia della componente regolamentata, che non regolamentata (entrambe in netto calo su base congiunturale). A marzo 2023, i prezzi del gas e dell’elettricità sono risultati inferiori, rispettivamente, del 62,5 per cento e del 54 per cento rispetto a marzo 2022. Le più recenti curve dei prezzi a termine di gas, petrolio ed elettricità risultano pressoché stabili per tutto il 2023, con solo un graduale aumento negli ultimi mesi dell’anno. Nel corso delle ultime settimane le quotazioni forward hanno continuato a spostarsi verso il basso.

Sul mercato tutelato dei beni energetici, per il mese di marzo 2023, ARERA ha fissato in calo del 13,4 per cento (46,58€/MWh) le tariffe del gas, mentre rimangono invariate le tariffe dell’elettricità, le quali, aggiornate trimestralmente, registreranno nel II trimestre un calo in bolletta del - 55,3 per cento. Sul mercato non tutelato degli energetici è confermata la tendenza discendente di gas, petrolio ed elettricità, i cui prezzi a termine nel 2023 resterebbero tuttavia a livelli lievemente più alti di quelli medi annui registrati nel 2021.

2.2.2          Impatto macroeconomico del PNRR e delle riforme

Nel Programma Nazionale di Riforma il Governo presenta una stima aggiornata dell’impatto macroeconomico del PNRR che si basa sulle spese effettuate nel triennio 2020-2022, non tenendo conto dell’annunciata prossima ridefinizione del Piano. In precedenza il Governo ha fornito stime dell’impatto macroeconomico del PNRR nel Piano; tali stime sono state aggiornate in occasione del DEF 2022 e della NADEF 2022.

La valutazione dell’impatto macroeconomico del PNRR è stata effettuata considerando solo le risorse che finanziano progetti aggiuntivi, escludendo le misure contenute nel Piano che si sarebbero comunque realizzate anche senza l’introduzione del PNRR. Si tratta di prestiti e sovvenzioni RRF (124,5 miliardi), fondi REACT-EU (13,9 miliardi), le risorse anticipate del Fondo Sviluppo e Coesione (15,6 miliardi) e quelle stanziate attraverso il Fondo complementare (30,6 miliardi), per un totale di circa 184,7 miliardi. La valutazione di impatto è effettuata nell’ipotesi di realizzazione integrale di tutti i progetti del Piano così come attualmente previsti.

Tabella 11 – Impatto macroeconomico del PNRR

(scostamenti percentuali rispetto allo scenario base)

 

2021

2022

2023

2024

2025

2026

PIL

0,1

0,2

1,0

1,8

2,7

3,4

Consumi privati

-0,3

-0,6

-0,8

-0,6

0,0

1,0

Investimenti totali

1,2

3,3

8,0

11,0

13,0

12,4

Importazioni

0,0

0,2

0,9

1,8

2,8

3,7

Esportazioni

-0,1

-0,4

-0,6

-0,3

0,6

1,8

Fonte: DEF – Sez. III PNR. Elaborazione MEF-DT, modello QUEST-III R&D.

 

Per quanto riguarda le previsioni di impatto del PNRR sul PIL, si evidenziano di seguito le diverse stime elaborate dal PNRR del 30 aprile 2021, dal DEF 2022 e da ultimo dal DEF 2023. Rispetto alle prime stime fornite dallo stesso Piano, il DEF 2023 considera un minore impatto del PNRR sulla crescita del PIL.

 

 

Il DEF stima che i settori che contribuiscono maggiormente alla crescita del PIL saranno le Costruzioni (2,4 per cento), l’Industria manifatturiera (1,4 per cento), le Attività immobiliari (1 per cento) e le Attività professionali, scientifiche e tecniche (1 per cento).

 

Il DEF 2023 (PNR) reca anche un aggiornamento della valutazione di impatto macroeconomico delle riforme, con particolare riferimento a: istruzione e ricerca, politiche attive del mercato del lavoro, pubblica amministrazione, giustizia, concorrenza ed appalti. La riforma che è stimata avere il maggiore impatto sul PIL è quella delle politiche attive del mercato del lavoro e della formazione la quale prevede che larga parte dei fondi sia diretta al Programma Nazionale per la Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori (GOL) e all’adozione del Piano Nazionale Nuove Competenze. Si è ipotizzato che questi e altri interventi determineranno un aumento dei tassi di partecipazione al mercato del lavoro. Si stima che la riforma abbia un impatto rilevante sul PIL già nel 2026 (+1,5 per cento) e si rafforzi nel lungo periodo, determinando un aumento del PIL del 3,5 per cento rispetto allo scenario di base.

Tabella 12 – Effetti sul PIL reale delle riforme (scostamenti percentuali rispetto allo scenario base)

Riforme

2026

2030

Lungo periodo

Istruzione e ricerca

0,5

0,9

3,0

Politiche attive del mercato del lavoro

1,5

2,4

3,5

Pubblica amministrazione

0,9

1,6

2,3

Giustizia

0,4

0,6

0,7

Concorrenza e Appalti

0,1

0,2

0,6

Fonte: DEF – PNR. Elaborazione MEF-DT, modello QUEST-III R&D.

 

2.3   Il quadro macroeconomico programmatico

Nel quadro macroeconomico programmatico per gli anni 2023 e successivi, il Governo dichiara di confermare gli obiettivi (previsti dalla NADEF) del deficit pari al 4,5 per cento del PIL nel 2023, 3,7 per cento nel 2024, 3,0 per cento nel 2025. Per il 2026 il nuovo obiettivo di deficit è fissato al 2,5 per cento del PIL.

Le proiezioni più favorevoli del rapporto deficit/PIL (indebitamento netto) a legislazione vigente per il 2023 consentono un margine di oltre 3 miliardi che il Governo dichiara di voler utilizzare per finanziare un nuovo provvedimento d’urgenza volto a ridurre gli oneri contributivi a carico dei lavoratori dipendenti. Inoltre, nello scenario programmatico per il 2024 vengono allocati circa 0,2 punti di PIL (oltre 4 miliardi) a un Fondo destinato alla riduzione della pressione fiscale.

Si prevede che con i suddetti interventi la crescita del PIL reale salirà all’1,0 per cento nel 2023 (+0,1 rispetto al tendenziale) e al 1,5 per cento nel 2024 (+0,1 rispetto al tendenziale). L’aumento del reddito disponibile delle famiglie porterebbe la crescita dei consumi delle famiglie allo 0,7 per cento, +0,1 per cento rispetto allo scenario a legislazione vigente. La maggiore domanda verrebbe accompagnata da una più vivace attività delle imprese, con un impatto positivo sulla produttività e sui fattori di produzione, quali gli investimenti fissi lordi e l’occupazione. La maggiore crescita reale contribuisce a rivedere al rialzo anche il PIL nominale (+0,1 nel 2023).

Nel 2024 le misure di riduzione della pressione fiscale continuerebbero a sostenere la crescita dei consumi delle famiglie e dell’occupazione rispetto alla previsione tendenziale, favorendo l’innalzamento della crescita del PIL. I maggiori consumi delle famiglie si rifletterebbero in un corrispondente aumento della domanda di importazioni (3,8 per cento, +0,1 punti percentuali).

 

Di seguito si riporta il quadro macroeconomico programmatico a raffronto con il quadro tendenziale.

Tabella 13. Confronto quadro macroeconomico tendenziale e programmatico

(variazioni percentuali)

 

Previsioni tendenziali

Previsioni Programmatiche

2023

2024

2025

2026

2023

2024

2025

2026

PIL

0,9

1,4

1,3

1,1

1,0

1,5

1,3

1,1

Importazioni

2,5

3,7

3,5

2,8

2,5

3,8

3,5

2,8

Spesa delle famiglie e I.S.P

0,6

1,2

1,0

1,1

0,7

1,3

1,0

1,1

Spesa delle P.A.

-1,3

-1,2

0,9

0,4

-1,3

-1,2

0,9

0,4

Investimenti fissi lordi

3,7

3,4

2,1

1,5

3,8

3,4

2,1

1,5

Esportazioni

4,4

3,4

3,1

2,9

3,2

3,8

3,7

2,8

 

Deflatore PIL

4,8

2,7

2,0

2,0

4,8

2,7

2,0

2,0

Occupazione (ULA)

0,9

1,0

0,9

0,8

1,0

1,1

0,9

0,8

PIL nominale

5,7

2,7

2,0

2,0

5,8

4,3

3,4

3,1

 


 

Parte II
La finanza pubblica

1.         Gli andamenti di finanza pubblica

Il Documento di economia e finanza riporta l'analisi del conto economico delle amministrazioni pubbliche a legislazione vigente, per il periodo 2023-2026, integrato con le informazioni relative alla chiusura dell'esercizio 2022.

 

Per quanto riguarda i dati riferiti al consuntivo 2022, le informazioni riportate nel Documento tengono conto degli aggiornamenti dei dati diffusi dall’ISTAT con i seguenti comunicati:

·      il comunicato “Pil e indebitamento delle AP”, del 1° marzo 2023;

·      il comunicato “IV trimestre 2021 - Conto trimestrale delle AP”, del 5 aprile 2023.

 

Le tabelle di seguito riportate espongono quindi i dati, inclusi nel DEF, relativi al consuntivo 2022 e alle previsioni 2023-2026.

Sono presentati, inoltre, elementi di raffronto con le precedenti stime formulate nella Nota tecnico illustrativa della legge di bilancio 2023 (NTI)[5], che incorporano gli effetti della legge di bilancio 2023.

 

 


?    Tavole DEF e confronti con Nota tecnico-illustrativa 2023

Tabella 14 - Conto economico della PA a legislazione vigente – Valori assoluti

(importi in milioni di euro)

 

2022

2023

2024

2025

2026

SPESE

 

 

 

 

 

Redditi da lavoro dipendente

186.916

189.237

186.230

187.347

187.747

Consumi intermedi

166.014

173.202

166.632

168.291

172.077

Prestazioni sociali

406.921

424.730

449.060

460.270

472.460

               Pensioni

296.998

317.990

340.700

350.950

361.890

               Altre prestazioni sociali

109.923

106.740

108.360

109.320

110.570

 Altre uscite correnti

95.562

99.107

84.439

83.984

81.975

Totale spese correnti netto interessi

855.413

886.275

886.361

899.892

914.259

  Interessi passivi

83.206

75.643

85.188

91.609

100.604

Totale spese correnti

938.619

961.918

971.549

991.500

1.014.863

      di cui: Spesa sanitaria

131.103

136.043

132.737

135.034

138.399

Totale spese in conto capitale

144.711

112.097

105.263

109.952

97.065

Investimenti fissi lordi

51.465

66.558

78.959

80.804

75.225

Contributi agli investimenti

76.870

40.945

24.392

24.732

17.303

Altre spese in conto capitale

16.376

4.594

1.912

4.416

4.536

Totale spese netto interessi

1.000.124

998.372

991.624

1.009.844

1.011.324

Totale spese finali

1.083.330

1.074.015

1.076.812

1.101.452

1.111.927

ENTRATE

 

 

 

 

 

Tributarie

568.649

600.213

615.411

635.585

651.659

             Imposte dirette

290.397

295.160

299.175

309.725

318.214

            Imposte indirette  

276.543

303.145

314.651

324.263

331.837

            Imposte in c/capitale

1.709

1.908

1.585

1.597

1.608

Contributi sociali

261.004

273.919

288.383

297.134

305.168

             Contributi sociali effettivi

256.932

269.672

284.039

292.695

300.640

             Contributi sociali figurativi

4.072

4.247

4.344

4.439

4.528

Altre entrate correnti

85.869

88.062

88.050

90.006

88.475

Totale entrate correnti

913.813

960.286

990.259

1.021.128

1.043.694

Entrate in conto capitale non tributarie

15.908

23.997

11.039

12.660

9.738

Totale entrate finali

931.430

986.191

1.002.883

1.035.385

1.055.040

       Pressione fiscale

43,5

43,3

43,0

42,9

42,7

Saldo primario

-68.694

-12.181

11.259

25.542

43.718

Saldo di parte corrente

-24.806

-1.632

18.710

29.628

28.831

Indebitamento netto

-151.900

-87.824

-73.929

-66.066

-56.887

PIL nominale

1.909.154

2.018.045

2.102.844

2.173.320

2.241.161

                            Nota: eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti

Tabella 15 - Conto economico della PA a legislazione vigente – Incidenza sul PIL

                                                                                                                                              (% del PIL)

CONTO ECONOMICO DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE  (% del PIL)

 

 

2022

2023

2024

2025

2026

SPESE

 

 

 

 

 

Redditi da lavoro dipendente

9,8

9,4

8,9

8,6

8,4

Consumi intermedi

8,7

8,6

7,9

7,7

7,7

Prestazioni sociali

21,3

21,0

21,4

21,2

21,1

               Pensioni

15,6

15,8

16,2

16,1

16,1

               Altre prestazioni sociali

5,8

5,3

5,2

5,0

4,9

 Altre uscite correnti

5,0

4,9

4,0

3,9

3,7

Totale spese correnti netto interessi

44,8

43,9

42,2

41,4

40,8

  Interessi passivi

4,4

3,7

4,1

4,2

4,5

Totale spese correnti

49,2

47,7

46,2

45,6

45,3

    di cui : Spesa sanitaria

6,9

6,7

6,3

6,2

6,2

Totale spese in conto capitale

7,6

5,6

5,0

5,1

4,3

Investimenti fissi lordi

2,7

3,3

3,8

3,7

3,4

Contributi agli investimenti

4,0

2,0

1,2

1,1

0,8

Altre spese in conto capitale

0,9

0,2

0,1

0,2

0,2

Totale spese netto interessi

52,4

49,5

47,2

46,5

45,1

Totale spese finali

56,7

53,2

51,2

50,7

49,6

ENTRATE

 

 

 

 

 

Tributarie

29,8

29,7

29,3

29,2

29,1

             Imposte dirette

15,2

14,6

14,2

14,3

14,2

            Imposte indirette  

14,5

15,0

15,0

14,9

14,8

            Imposte in c/capitale

0,1

0,1

0,1

0,1

0,1

Contributi sociali

13,7

13,6

13,7

13,7

13,6

             Contributi sociali effettivi

13,5

13,4

13,5

13,5

13,4

             Contributi sociali figurativi

0,2

0,2

0,2

0,2

0,2

Altre entrate correnti

4,5

4,4

4,2

4,1

3,9

Totale entrate correnti

47,9

47,6

47,1

47,0

46,6

Entrate in conto capitale non tributarie

0,8

1,2

0,5

0,6

0,4

Totale entrate finali

48,8

48,9

47,7

47,6

47,1

     Pressione fiscale

43,5

43,3

43,0

42,9

42,7

Saldo primario

-3,6

-0,6

0,5

1,2

2,0

Saldo di parte corrente

-1,3

-0,1

0,9

1,4

1,3

Indebitamento netto

-8,0

-4,4

-3,5

-3,0

-2,5

                                               Nota: eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti

Tabella 16 - Conto economico della PA a legislazione vigente – Variazioni rispetto all’anno precedente

                                                                                                                                                                                                       (importi in milioni di euro)

 

2023

2024

2025

2026

SPESE

 

 

 

 

Redditi da lavoro dipendente

2.321

-3.007

1.117

400

Consumi intermedi

7.188

-6.570

1.659

3.786

Prestazioni sociali

17.809

24.330

11.210

12.190

               Pensioni

20.992

22.710

10.250

10.940

               Altre prestazioni sociali

-3.183

1.620

960

1.250

 Altre uscite correnti

3.545

-14.668

-455

-2.009

Totale spese correnti netto interessi

30.862

86

13.531

14.367

  Interessi passivi

-7.563

9.545

6.421

8.995

Totale spese correnti

23.299

9.631

19.951

23.363

      di cui : Spesa sanitaria

4.940

-3.306

2.297

3.365

Totale spese in conto capitale

-32.614

-6.834

4.689

-12.887

Investimenti fissi lordi

15.093

12.401

1.845

-5.579

Contributi agli investimenti

-35.925

-16.553

340

-7.429

Altre spese in conto capitale

-11.782

-2.682

2.504

120

Totale spese netto interessi

-1.752

-6.748

18.220

1.480

Totale spese finali

-9.315

2.797

24.640

10.475

ENTRATE

 

 

 

 

Tributarie

31.564

15.198

20.174

16.074

             Imposte dirette

4.763

4.015

10.550

8.489

            Imposte indirette  

26.602

11.506

9.612

7.574

            Imposte in c/capitale

199

-323

12

11

Contributi sociali

12.915

14.464

8.751

8.034

             Contributi sociali effettivi

12.740

14.367

8.656

7.945

             Contributi sociali figurativi

175

97

95

89

Altre entrate correnti

2.193

-12

1.956

-1.531

Totale entrate correnti

46.473

29.973

30.869

22.566

Entrate in conto capitale non tributarie

8.089

-12.958

1.621

-2.922

Totale entrate finali

54.761

16.692

32.502

19.655

       Pressione fiscale

-0,1

-0,3

-0,1

-0,2

Saldo primario

56.513

23.440

14.283

18.176

Saldo di parte corrente

23.174

20.342

10.918

-797

Indebitamento netto

64.076

13.895

7.863

9.179

PIL nominale

108.891

84.799

70.476

67.841

                         Nota: eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti

Tabella 17 - Conto economico della PA a legislazione vigente – Variazioni rispetto all’anno precedente

                                                               (variazioni percentuali)

 

2023

2024

2025

2026

SPESE

 

 

 

 

Redditi da lavoro dipendente

1,2

-1,6

0,6

0,2

Consumi intermedi

4,3

-3,8

1,0

2,2

Prestazioni sociali

4,4

5,7

2,5

2,6

               Pensioni

7,1

7,1

3,0

3,1

               Altre prestazioni sociali

-2,9

1,5

0,9

1,1

 Altre uscite correnti

3,7

-14,8

-0,5

-2,4

Totale spese correnti netto interessi

3,6

0,0

1,5

1,6

  Interessi passivi

-9,1

12,6

7,5

9,8

Totale spese correnti

2,5

1,0

2,1

2,4

      di cui : Spesa sanitaria

3,8

-2,4

1,7

2,5

Totale spese in conto capitale

-22,5

-6,1

4,5

-11,7

Investimenti fissi lordi

29,3

18,6

2,3

-6,9

Contributi agli investimenti

-46,7

-40,4

1,4

-30,0

Altre spese in conto capitale

-71,9

-58,4

131,0

2,7

Totale spese netto interessi

-0,2

-0,7

1,8

0,1

Totale spese finali

-0,9

0,3

2,3

1,0

ENTRATE

 

 

 

 

Tributarie

5,6

2,5

3,3

2,5

             Imposte dirette

1,6

1,4

3,5

2,7

            Imposte indirette  

9,6

3,8

3,1

2,3

            Imposte in c/capitale

11,6

-16,9

0,8

0,7

Contributi sociali

4,9

5,3

3,0

2,7

             Contributi sociali effettivi

5,0

5,3

3,0

2,7

             Contributi sociali figurativi

4,3

2,3

2,2

2,0

Altre entrate correnti

2,6

0,0

2,2

-1,7

Totale entrate correnti

5,1

3,1

3,1

2,2

Entrate in conto capitale non tributarie

50,8

-54,0

14,7

-23,1

Totale entrate finali

5,9

1,7

3,2

1,9

       Pressione fiscale

-0,3

-0,8

-0,1

-0,5

Saldo primario

-82,3

-192,4

126,9

71,2

Saldo di parte corrente

-93,4

-1.246,4

58,4

-2,7

Indebitamento netto

-42,2

-15,8

-10,6

-13,9

PIL nominale

5,7

4,2

3,4

3,1

                                                  Nota: eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti


 

Tabella 18 - Conto economico della PA a legislazione vigente – Raffronto fra la Nota tecnico illustrativa (NTI) 2023 e il DEF 2022

      (importi in milioni di euro)

 

Nota tecnico -illustrativa

DEF 2023

Differenza DEF - NTI

 

2022

2023

2024

2025

2022

2023

2024

2025

2022

2023

2024

2025

SPESE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Redditi da lavoro dipendente

188.208

188.958

186.386

187.359

186.916

189.237

186.230

187.347

-1.292

279

-156

-12

Consumi intermedi

167.564

170.524

163.635

163.173

166.014

173.202

166.632

168.291

-1.550

2.678

2.997

5.118

Prestazioni sociali

408.167

425.297

448.130

458.374

406.921

424.730

449.060

460.270

-1.246

-567

930

1.896

               Pensioni

297.350

318.552

339.896

349.184

296.998

317.990

340.700

350.950

-352

-562

804

1.766

               Altre prestazioni sociali

110.817

106.745

108.233

109.191

109.923

106.740

108.360

109.320

-894

-5

127

129

 Altre uscite correnti

109.609

105.975

88.234

86.078

95.562

99.107

84.439

83.984

-14.047

-6.868

-3.795

-2.094

Totale spese correnti netto interessi

873.548

890.754

886.384

894.985

855.413

886.275

886.361

899.892

-18.135

-4.479

-23

4.907

  Interessi passivi

77.234

81.562

80.328

87.098

83.206

75.643

85.188

91.609

5.972

-5.919

4.860

4.511

Totale spese correnti

950.782

972.316

966.712

982.083

938.619

961.918

971.549

991.500

-12.163

-10.398

4.837

9.417

Totale spese in conto capitale

86.791

97.641

96.431

100.537

144.711

112.097

105.263

109.952

57.920

14.456

8.832

9.415

Investimenti fissi lordi

49.120

65.043

73.730

77.587

51.465

66.558

78.959

80.804

2.345

1.515

5.229

3.217

Contributi agli investimenti

23.628

27.078

18.488

18.998

76.870

40.945

24.392

24.732

53.242

13.867

5.904

5.734

Altre spese in conto capitale

14.043

5.519

4.213

3.952

16.376

4.594

1.912

4.416

2.333

-925

-2.301

464

Totale spese netto interessi

960.339

988.395

982.815

995.522

1.000.124

998.372

991.624

1.009.844

39.785

9.977

8.809

14.322

Totale spese finali

1.037.573

1.069.956

1.063.143

1.082.620

1.083.330

1.074.015

1.076.812

1.101.452

45.757

4.059

13.669

18.832

ENTRATE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tributarie

567.231

587.667

594.187

616.255

568.649

600.213

615.411

635.585

1.418

12.546

21.224

19.330

             Imposte dirette

284.231

276.960

277.618

289.851

290.397

295.160

299.175

309.725

6.166

18.200

21.557

19.874

            Imposte indirette  

278.167

306.385

315.115

324.935

276.543

303.145

314.651

324.263

-1.624

-3.240

-464

-672

            Imposte in c/capitale

4.833

4.322

1.454

1.468

1.709

1.908

1.585

1.597

-3.124

-2.414

131

129

Contributi sociali

264.368

273.467

287.490

296.592

261.004

273.919

288.383

297.134

-3.364

452

893

542

             Contributi sociali effettivi

259.588

268.613

282.562

291.562

256.932

269.672

284.039

292.695

-2.656

1.059

1.477

1.133

             Contributi sociali figurativi

4.781

4.855

4.929

5.030

4.072

4.247

4.344

4.439

-709

-608

-585

-591

Altre entrate correnti

89.654

95.345

90.885

91.741

85.869

88.062

88.050

90.006

-3.785

-7.283

-2.835

-1.735

Totale entrate correnti

916.420

952.157

971.108

1.003.119

913.813

960.286

990.259

1.021.128

-2.607

8.129

19.151

18.009

Entrate in conto capitale non tributarie

9.717

24.140

13.019

12.793

15.908

23.997

11.039

12.660

6.191

-143

-1.980

-133

Totale entrate finali

930.970

980.619

985.581

1.017.380

931.430

986.191

1.002.883

1.035.385

460

5.572

17.302

18.005

       Pressione fiscale

43,7

43,2

42,2

42,3

43,5

43,3

43,0

42,9

-0,2

0,1

0,8

0,6

Saldo primario

-29.369

-7.775

2.766

21.858

-68.694

-12.181

11.259

25.542

-39.325

-4.406

8.493

3.684

in percentuale del PIL

-1,5

-0,4

0,1

1,0

-3,6

-0,6

0,5

1,2

 

 

 

 

Saldo di parte corrente

-34.362

-20.158

4.396

21.036

-24.806

-1.632

18.710

29.628

9.556

18.526

14.314

8.592

in percentuale del PIL

-1,8

-1,0

0,2

1,0

-1,3

-0,1

0,9

1,4

 

 

 

 

Indebitamento netto

-106.603

-89.337

-77.562

-65.240

-151.900

-87.824

-73.929

-66.066

-45.297

1.513

3.633

-826

in percentuale del PIL

-5,6

-4,5

-3,7

-3,0

-8,0

-4,4

-3,5

-3,0

 

 

 

 

PIL nominale

1.903.331

1.994.508

2.088.466

2.159.023

1.909.154

2.018.045

2.102.844

2.173.320

5.823

23.537

14.378

14.297

Nota: eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti


1.1.  Il consuntivo 2022

1.1.1.         L’indebitamento netto

I dati riferiti all’ultimo esercizio concluso, resi noti dall’ISTAT[6], attestano un indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni per il 2022 pari, in valore assoluto, a 151,9 miliardi, corrispondente all’8,0 per cento del Pil.

 

Per quanto attiene al confronto con le precedenti stime per il medesimo anno, si evidenzia che la NADEF 2022[7] aveva previsto un indebitamento netto pari al 5,1 per cento in termini di Pil e la NTI 2023 un indebitamento netto pari al 5,6 per cento.

Lo scostamento rispetto alle precedenti stime è attribuibile principalmente alla riclassificazione dei crediti d’imposta per bonus edilizi (sul quale v. l’approfondimento seguente).

In particolare, considerando congiuntamente la predetta riclassificazione e gli altri aggiornamenti e revisioni, lo scostamento è attribuibile, cumulativamente, alla revisione del saldo primario (in peggioramento per circa 39 miliardi) e a quella della spesa per interessi (in peggioramento per circa 6 miliardi).

A sua volta, la revisione del saldo primario rispetto alle precedenti previsioni è attribuibile praticamente per intero a un peggioramento dal lato delle spese al netto degli interessi.

 

Per quanto attiene, invece, al confronto con l’esercizio precedente, il dato evidenzia un miglioramento rispetto all’anno 2021 (esercizio nel quale l’indebitamento netto è infatti risultato pari a circa 161,2 miliardi, corrispondente al 9,0 per cento del Pil). La riduzione del deficit dal 2021 al 2022 – pari a circa 9,3 miliardi – è dovuta al miglioramento del saldo primario (per circa 28,8 miliardi) pur in presenza di un incremento nella spesa per interessi (per circa 19,5 miliardi).

Gli andamenti delle voci di entrata e di spesa sono esaminati distintamente nei successivi paragrafi.

 

?     La riclassificazione dei crediti d’imposta per bonus edilizi

 

La riclassificazione dei principali crediti d’imposta per bonus edilizi, operata con la Nota Istat del 1° marzo 2023, ha avuto un rilevante impatto sulla distribuzione temporale del deficit pubblico (ma non sul debito), sulla pressione fiscale e sulla categorizzazione degli interventi. Nel presente approfondimento, dopo aver esaminato la distinzione fra crediti d’imposta pagabili e non pagabili si considereranno taluni degli effetti.

 

I crediti d’imposta “pagabili” e “non pagabili” – individuazione e trattamento contabile nel SEC 2010

 

Ai sensi del SEC 2010 (nn. 20.167 e 20.168), come interpretato ed applicato da Eurostat (Manual on Government Deficit and Debt, ed. 2022, sottosezione n. 2.2.2.4, num. 26), i crediti d’imposta si suddividono in due categorie:

- sono non pagabili (“non rimborsabili” o “non recuperabili”)[8] i crediti d’imposta limitati all’importo del debito fiscale. In questa categoria l’ammontare del credito d’imposta che eccede il debito fiscale del contribuente è “perduto”;

- sono pagabili (“rimborsabili” o “recuperabili”)[9] i crediti d’imposta per i quali, invece, l'intero ammontare del credito d’imposta viene pagato al beneficiario in ogni caso, ossia si verifica il pagamento della parte eccedente quando l’agevolazione fiscale è maggiore del debito fiscale del contribuente. In questa categoria, dunque, i pagamenti dei crediti d’imposta o l’obbligazione di pagarli sono riconosciuti a prescindere dall’importo del debito fiscale, e dunque anche se il beneficiario non dovesse alcuna imposta. In altri termini, i crediti d'imposta pagabili possono, per definizione, riguardare sia i contribuenti che i non contribuenti. I crediti d’imposta pagabili sono, per la pubblica amministrazione, obbligazioni non condizionate al verificarsi di circostanze eventuali (“non-contingent liabilities”).

 

Si rammenta, comunque, che i criteri del SEC 2010 concernono l’indebitamento netto: al saldo netto da finanziare e al fabbisogno si applicano invece la normativa e la prassi nazionali.

 

Stante la predetta distinzione, secondo il SEC 2010 (20.168):

- i crediti d’imposta non pagabili sono classificati “come una riduzione del gettito fiscale delle amministrazioni pubbliche” e (Manual, cit., num. 67) sono registrati per l’importo effettivamente fruito in ciascuna annualità;

- i crediti d’imposta pagabili “sono classificati come spesa e registrati come tali per il loro importo totale” nell’anno (iniziale) in cui essi vengono riconosciuti.

 

Classificare un credito d’imposta come riduzione del gettito (minori entrate) oppure come spesa (maggiore spesa) non ha effetto sul deficit, che rimane algebricamente invariato, ma comunque rileva sul calcolo della pressione fiscale, del gettito totale e della spesa totale, nonché sui rapporti percentuali fra queste grandezze e il PIL.

 

Neutralità della riclassificazione sul debito pubblico

La classificazione di un credito d’imposta come pagabile o come non pagabile non modifica l’impatto sul debito pubblico, e ciò per ragioni istituzionali, contabili e sostanziali.

Dal punto di vista istituzionale, il debito delle Amministrazioni pubbliche (debito pubblico) rilevante ai fini della Procedura per i disavanzi eccessivi (cosiddetto “debito pubblico di Maastricht”) si compone unicamente di tre strumenti finanziari: le monete e i depositi, i titoli diversi dalle azioni e i prestiti. Non concorrono pertanto a formare l’aggregato del debito rilevante ai fini delle regole europee altre passività delle Amministrazioni pubbliche, quali, appunto i crediti fiscali pagabili, i debiti commerciali, i derivati ecc.

Dal punto di vista contabile, nel SEC 2010, un credito d’imposta pagabile - che, come si è già detto, non concorre a formare il debito pubblico - viene registrato in “altri conti attivi e passivi” (AF.8). Tale conto è impiegato per colmare le differenze fra l’esercizio in cui viene registrata per competenza un’operazione e quello in cui si manifesta il corrispondente flusso di cassa. Nel corso degli anni la differenza fra la registrazione per competenza e quella per cassa decresce fino ad annullarsi: i due criteri di contabilizzazione infatti differiscono solo per il momento della registrazione, non per l’importo contabilizzato.

Dal punto di vista sostanziale, si evidenzia che l’imputazione della spesa per competenza all’anno di ottenimento del credito o agli anni di fruizione del credito stesso non influisce sul fabbisogno di cassa delle pubbliche amministrazioni, che costituisce la componente principale della variazione del debito pubblico, posto che il fabbisogno, a parità di condizioni, si manifesta solo nel momento in cui il credito d’imposta viene effettivamente fruito, per effetto della riduzione delle entrate tributarie dell’anno, e non nell’esercizio in cui, per competenza, il deficit viene contabilmente imputato.

Va peraltro considerato che l’effetto sul fabbisogno, e quindi sul debito, si manifesta solo per la parte in cui l’agevolazione non reca una corrispondente copertura.

I riflessi della riclassificazione dei crediti d’imposta sono trattati nei paragrafi concernenti le grandezze coinvolte.

1.1.2.         Le entrate

Dai dati di consuntivo per il 2022, le entrate totali delle amministrazioni pubbliche sono risultate pari a circa 931 miliardi, in aumento di circa 8 punti percentuali rispetto all’anno precedente (un incremento in valore assoluto di circa 68 miliardi). Anche in rapporto al Pil si registra un incremento dal 48,3 per cento del 2021 al 48,8 per cento del 2022.

In particolare, le entrate tributarie aumentano, in valore assoluto, di circa 39,2 miliardi di euro (da 529,4 miliardi del 2021 a 568,6 miliardi nel 2022). Concorrono a tale incremento tutti i principali aggregati (imposte dirette, imposte indirette e imposte in conto capitale).

In rapporto al Pil, il valore si attesta al 29,8 per cento (rispetto al 29,6 per cento del 2021).

Nel dettaglio, come evidenziato dal comunicato ISTAT di marzo[10], le imposte dirette sono aumentate dell’8,5%, principalmente per l’aumento dell’IRPEF e dell’IRES. Questa dinamica è stata in parte compensata dalla contrazione delle ritenute sugli interessi e sui redditi da capitale e dell’imposta sostitutiva sul risparmio gestito.

A questo riguardo va sottolineato che rispetto alle stime per l’anno 2022 contenute nella NTI, i dati del DEF 2023 rilevano un aumento delle entrate tributarie di 1.418 milioni. Il Documento precisa che lo scostamento positivo è stato determinato proprio dalla riclassificazione in spesa dei crediti d’imposta precedentemente contabilizzati come minori entrate tra le compensazioni dirette. Nel 2022 ciò ha comportato effetti positivi sulle entrate quantificabili in 5.451 milioni, corrispondenti agli effetti di cassa associati all’utilizzo dei crediti in compensazione e in dichiarazione. Al netto della riclassificazione le entrate tributarie della Pubblica Amministrazione presentano invece uno scostamento negativo di 4.033 milioni di euro.

Nel dettaglio, il DEF sottolinea come tale riduzione delle entrate tributarie sia attribuibile essenzialmente alle imposte dirette e in particolar modo ai minori introiti ascrivibili alle imposte sostitutive sulle rendite finanziarie e sul risparmio amministrato per effetto della dinamica meno favorevole del previsto registrata dai mercati finanziari nel corso del 2022.

 

Un andamento crescente viene riscontrato anche rispetto alle entrate per contributi sociali che registrano, nel 2022, un incremento del 6,1 per cento rispetto al 2021 (261 miliardi di euro rispetto a 246 miliardi del 2021).

Rispetto alle stime per l’anno 2022 contenute nella NTI, il DEF evidenzia anche come le entrate contributive siano risultate inferiori rispetto alle previsioni contenute nella NTI per 3.364 milioni, dei quali 2.656 milioni ascrivibili ai contributi sociali effettivi e 709 milioni ai contributi sociali figurativi. Tale andamento riflette una dinamica delle retribuzioni e del mercato del lavoro più contenuta rispetto a quanto scontato nei profili previsionali, nonché dell’impatto sugli incassi contributivi delle gestioni dei dipendenti pubblici dei minori oneri per redditi da lavoro dipendente delle pubbliche amministrazioni, anche a causa del rallentamento delle procedure concorsuali e dello slittamento delle spese legate alla parte normativa del rinnovo contrattuale 2019-2021 del comparto Istruzione e ricerca, da definirsi nel 2023. Con riferimento alla pressione fiscale, il DEF evidenzia come essa rispetto alle previsioni della NTI sia risultata inferiore di 0,2 punti percentuali nonostante l’effetto positivo sulle entrate (per 0,3 punti percentuali) dovuto alla riclassificazione contabile dei bonus edilizi.

Con riferimento al comparto delle imposte indirette (+6,3 per cento rispetto al 2021), l’ISTAT afferma che il gettito IVA ha registrato un aumento significativo sostenuto dall’incremento dei prezzi al consumo – così come il gettito dell’IRAP e dell’imposta sul Lotto e lotterie. In calo, invece, l’imposta sull’energia elettrica per effetto della riduzione delle aliquote di alcune accise.

Le imposte in conto capitale, indicate in 1.709 milioni nel 2022, registrano un incremento di 111 milioni rispetto al 2021.

In rapporto al Pil, l’aggregato evidenzia una ridotta incidenza (0,1 per cento) che rimane invariata nel 2022 rispetto al 2021.

Un incremento significativo si registra per le altre entrate in conto capitale che passano da 8.328 milioni nel 2021 a 15.908 milioni nel 2022. L’ISTAT sottolinea come la crescita delle entrate in conto capitale (+77,5 per cento) sia dovuto principalmente alla crescita di tale ultima componente e, in particolare, dei contributi agli investimenti dall’Unione europea relativi al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).

 

La pressione fiscale complessiva è risultata pari al 43,5 per cento, in aumento rispetto all’anno precedente (era 43,4 per cento nel 2021), per effetto della crescita delle entrate fiscali e contributive (+7,0 per cento) superiore rispetto a quella del Pil a prezzi correnti (+6,8 per cento).

1.1.3          Le spese

Le spese totali si attestano nel 2022 a 1.083.330 milioni, in aumento del 5,7 per cento rispetto al dato 2021 (pari a 1.024.610 milioni).

 

Il valore registrato a consuntivo è superiore di 45.757 milioni rispetto a quello indicato dalla Nota tecnico-illustrativa (NTI) 2023 che stimava un ammontare complessivo di 1.037.573 milioni di euro: la variazione rispetto alle precedenti stime è determinata da una diminuzione della spesa corrente primaria di 18.135 milioni parzialmente compensata da un incremento e della spesa per interessi di 5.972 milioni e della spesa in conto capitale di 57.920 milioni.

 

Nel complesso le spese totali diminuiscono in termini relativi, dal momento che la loro incidenza rispetto al Pil passa dal 57,3 per cento del 2021 al 56,7 per cento del 2022. La variazione complessiva è dovuta essenzialmente alla riduzione dell’incidenza sul Pil della spesa in conto capitale (che dall’8,2 per cento del 2021 passa al 7,6 per cento del 2022) e della spesa corrente primaria (che passa dal 45,6 per cento del 2021 al 44,8 per cento del 2022). Tale riduzione risulta parzialmente compensata dall’incremento dell’incidenza della spesa per interessi che passa dal 3,6 per cento del 2021 al 4,4 per cento del 2022.

 

Per quanto attiene ai dati di maggior dettaglio, nel 2022 la spesa per prestazioni sociali in denaro (pensioni e altre prestazioni sociali) è risultata pari a circa 406.921 milioni di euro, con un incremento di 9.045 milioni di euro, rispetto al 2021(+2,3 per cento).

 

Rispetto a quanto stimato nella Nota tecnico-illustrativa, la spesa per prestazioni sociali è rivista al ribasso di circa 1.246 milioni, soprattutto in ragione delle minori spese, rispetto agli stanziamenti previsti, per le misure volte a contrastare gli effetti economici degli aumenti dei prezzi conseguenti alla crisi energetica.

 

In rapporto al PIL invece la spesa per prestazioni sociali in denaro nell’anno 2022 risulta in diminuzione rispetto a quella registrata nel 2021: 21,3 per cento del PIL nel 2022 contro il 22,3 per cento nel 2021.

Per quanto concerne la spesa pensionistica l’incremento 2022 rispetto all’esercizio precedente è risultato pari al 3,7 per cento, con un rialzo in termini assoluti di 10.727 milioni di euro. Tra i fattori che hanno contribuito all’incremento vanno ricordati l’indicizzazione ai prezzi e il saldo positivo tra le nuove pensioni liquidate e quelle pensioni eliminate, sia in termini numerici sia di importo, nonché le ricostituzioni di importo delle pensioni in essere e arretrati liquidati.

Con riferimento alle altre prestazioni sociali si registra una diminuzione pari al -1,5 per cento rispetto al 2021, con una riduzione in termini assoluti di 1.682 milioni che risente della riduzione della spesa per ammortizzatori sociali e per altri assegni e sussidi assistenziali, solo parzialmente compensata dall’incremento di spesa per trattamenti di famiglia e da quelli per prestazioni di liquidazioni di fine rapporto.

 

Nel medesimo esercizio 2022 la spesa per redditi da lavoro dipendente registra, rispetto al 2021, un aumento di 10.164 milioni (5,8 per cento) e si attesta su un valore di 186.916 milioni.

 

Con riguardo alle precedenti stime fornite dalla NTI (188.208 milioni) il dato di consuntivo 2022 risulta inferiore di 1.292 milioni rispetto alle attese. Il DEF rileva che ciò è imputabile principalmente al rallentamento delle procedure concorsuali finalizzate al reclutamento del personale e del rinvio al 2023 della definizione di una parte degli oneri relativi al rinnovo del contratto Istruzione e ricerca.

 

L’incidenza dei redditi da lavoro dipendente in termini di Pil si attesta al 9,8 per cento, in lieve riduzione rispetto a quella registrata l’anno precedente (9,9 per cento). Il DEF evidenzia che tale fenomeno è ascrivibile ad un maggior incremento del PIL rispetto alla dinamica di crescita della spesa per redditi da lavoro dipendente.

Il documento rammenta, in particolare, che sul livello della spesa per redditi da lavoro dipendente riferito al 2021 incide il forte incremento di tale spesa registrato a partire dal 2018 (pari a 5,41 miliardi rispetto al 2017), dovuto alla sottoscrizione dei rinnovi contrattuali relativi al triennio 2016-2018. Il DEF riferisce, inoltre, che sul consuntivo dello scorso anno hanno avuto effetto, con riferimento all’avvio del triennio contrattuale 2019/2021, la sottoscrizione definitiva dei rinnovi contrattuali relativi al personale del comparto sicurezza-difesa-soccorso pubblico, della carriera diplomatica, di quella prefettizia e del personale dei comparti Aran, nonché la spesa per l’anticipazione contrattuale decorrente dal mese di aprile 2022 (indennità di vacanza contrattuale-IVC), con riferimento all’avvio del triennio contrattuale 2022/2024. Hanno avuto, altresì, effetti per il 2022, gli ulteriori interventi legislativi[11] di contrasto alla emergenza epidemiologica da COVID-19, nonché talune misure retributive ed interventi che hanno previsto graduali assunzioni in deroga alle ordinarie facoltà assunzionali, previsti dalla legge di bilancio per il 2022 e da ulteriori disposizioni normative[12].

 

L’aggregato dei consumi intermedi ha registrato nel 2022 un rialzo del 5 per cento rispetto al 2021 (+7.931 milioni), raggiungendo un totale di 166.014 milioni[13].

 

Nel confronto con le precedenti stime fornite dalla NTI, il dato di consuntivo 2022 risulta inferiore di 1.550 milioni rispetto alle attese. Il Documento spiega che tale scostamento rispetto alle previsioni è dovuto essenzialmente alla “minore spesa sanitaria per effetto di maggiori entrate da pay-back (registrate a riduzione delle uscite)” e di minori spese del Commissario straordinario per l’emergenza Covid e l’adozione di altre misure di contrasto alla pandemia.

 

L’incidenza dei consumi intermedi in termini di Pil invece diminuisce passando dall’8,8 per cento del 2021 all’8,7 per cento del 2022.

 

La voce di consuntivo per l’anno 2022 delle altre uscite correnti registra un incremento di 13.918 milioni rispetto all’anno precedente, raggiungendo il livello di 95.562 (+ 17 per cento).

 

Rispetto a quanto indicato nella NTI il dato è rivisto al ribasso di 14.047 milioni. Tra le cause principali della revisione al ribasso del dati il DEF segnala la minore spesa per i crediti di imposta per energia, gas e carburanti in relazione al più favorevole andamento dei prezzi energetici rispetto alle quantificazioni delle relazioni tecniche allegate ai provvedimenti (-8.019 milioni) nonché i minori oneri registrati a consuntivo per gli esoneri contributivi di natura selettiva e la riclassificazione della quota di tali misure finanziate dal programma comunitario REACT quali incentivi erogati direttamente dall’Unione europea alle imprese , per un totale di -3.419 milioni.

 

 Anche l’incidenza delle altre uscite correnti in termini di PIL aumenta, passando dal 4,6 per cento del 2021 al 5 per cento nel 2022.

 

Da ultimo, la spesa in conto capitale del 2022 è risultata pari, in valore assoluto, a 144.711 milioni, con un decremento, rispetto al 2021 (146.562 milioni), dell’1,3 per cento, pari in valore assoluto a 1.851 milioni.

 

Rispetto al dato esposto nella NTI risulta invece un aumento di 57.920 milioni soprattutto per effetto dell’aumento dei contributi agli investimenti (+53.242 milioni), mentre crescono in misura inferiore gli investimenti fissi lordi (+2.345 milioni) e le altre spese in conto capitale (+2.333 milioni). La notevole crescita dei contributi agli investimenti, secondo il DEF, è l’effetto dei nuovi principi di contabilizzazione applicati per i bonus edilizi.

 

Anche l’incidenza della spesa in conto capitale rispetto al PIL risulta in diminuzione, passando dall’8,2 per cento del 2021 al 7,6 per cento del 2022.

1.2.  Le previsioni tendenziali per il periodo 2023-2026

Il DEF espone l’andamento previsto dell’indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni nel periodo 2023-2026.

 

Rispetto alle precedenti stime (riferite al triennio 2023-2025) incorporate nella NTI, il DEF formula le nuove previsioni sulla base:

·      delle informazioni relative al consuntivo 2022 diffuse dall’ISTAT;

·      del nuovo quadro macroeconomico rappresentato nella Sezione I del DEF medesimo (che contiene il Programma di stabilità dell’Italia);

·      degli effetti finanziari associati ai provvedimenti legislativi approvati a tutto marzo 2023.

 

Il DEF specifica, in aggiunta, che l’aggiornamento delle previsioni del Conto della PA include anche l’ulteriore riallineamento delle ipotesi relative al profilo temporale delle spese finanziate dal programma Next Generation EU[14].

 

Sono inoltre presentate le previsioni relative all’esercizio 2026, non considerato nell’orizzonte previsionale della NTI.

1.2.1.         L’indebitamento netto

Nel nuovo quadro previsionale tendenziale il DEF prospetta per il 2023 un indebitamento netto pari al 4,4 per cento del Pil (87,8 miliardi).

 

Rispetto al 2023, negli anni successivi si stima un costante decremento dell’indebitamento netto, sia in termini quantitativi sia in rapporto al Pil, nei seguenti termini[15]:

2024: -84,8 miliardi (-3,5 per cento del Pil);

2025: -70,5 miliardi (-3,0 per cento del Pil);

2026: -67,8 miliardi (-2,5 per cento del Pil).

 

L’indicata evoluzione dell’indebitamento netto è determinata dal miglioramento del saldo primario. Il saldo primario, ancora negativo nel 2023, torna ad essere positivo nel 2024 e migliora in tutti gli anni del quadriennio di previsione tendenziale, passando dai -12,2 miliardi del 2023, ai +11,3 miliardi del 2024, ai +25,6 miliardi del 2025 e, conclusivamente, ai +43,7 miliardi del 2026.

A fronte di detti miglioramenti, si riscontra comunque un incremento della spesa per interessi che passa progressivamente dai 75,6 miliardi del 2023 ai 100,6 miliardi del 2026.

Riguardo all’andamento dell’indebitamento netto rispetto al Pil, occorre altresì considerare la crescita del Pil nominale, prevista per ciascuno degli esercizi indicati, che vede tale ultima grandezza passare da 2.018 miliardi nel 2023 a 2.241 miliardi nel 2026.

 

Con riferimento al triennio 2023-2025 è possibile operare un raffronto con le previsioni contenute nella NTI.

 

Relativamente al 2023 l’indebitamento netto (pari, come visto, al 4,4 per cento del Pil) risulta sostanzialmente allineato rispetto a quanto stimato nella NTI (4,5 per cento). Anche per gli esercizi successivi la previsione di indebitamento netto resta sostanzialmente confermata (in rapporto al PIL). In particolare:

- per il 2024 la previsione passa dal 3,7 per cento (NTI) al 3,5 per cento (DEF);

- per il 2025 le previsioni restano invariate, al 3,0 per cento.

1.2.2.         Le entrate

Il Documento di economia e finanza stima un andamento crescente delle entrate totali in valore assoluto per tutto il periodo di previsione, nel corso del quale l’aggregato passa da 986,2 miliardi nel 2023 a 1.055,0 miliardi nel 2026. Tale andamento riflette sia l’evoluzione del quadro congiunturale sia gli effetti differenziali dei provvedimenti legislativi adottati in anni precedenti[16].

In termini di incidenza sul Pil, le stime complessive relative alle entrate totali della p.a. registrano invece un andamento decrescente per tutto il periodo di previsione, passando dal 48,9 per cento nel 2023 al 47,1 per cento nel 2026.

Concorrono agli andamenti sopra descritti i singoli aggregati che compongono le entrate: entrate tributarie, entrate contributive e altre entrate.

 

In particolare, le entrate tributarie mostrano, in valore assoluto, un incremento nelle stime per il 2023, pari a 31.564 milioni, rispetto ai valori 2022. Tale incremento, afferma il DEF, è legato in parte al miglioramento delle principali variabili macroeconomiche che genera effetti positivi sulle entrate e in parte al recupero di gettito su alcune voci d’imposta che nel 2022 erano state oggetto di misure di riduzione volte a mitigare gli effetti degli aumenti del prezzo dell’energia.

L’andamento crescente è confermato anche dalle previsioni riferite a tutto il periodo 2023-2026 (da 600.213 milioni nel 2023 a 651.659 milioni nel 2026).

Contribuiscono a tale andamento sia le imposte dirette che quelle indirette: per le imposte dirette è atteso un incremento nel 2023 rispetto al 2022 di 4.763 milioni; per le imposte indirette l’aumento stimato, che è ancora più marcato, è pari a 26.602 milioni ed è dovuto, come precisato dal DEF, principalmente al ripristino delle aliquote ordinarie di accisa sui prodotti energetici. Negli anni successivi si conferma l’andamento crescente anche se, per quanto riguarda le imposte indirette, con incrementi meno marcati.

Le imposte in conto capitale, invece, registrano un incremento nel 2023 di 199 milioni ed una contrazione di 323 milioni nel 2024, nei due anni successivi si registrano invece lievi incrementi (+12 milioni nel 2025 e +11 milioni nel 2026).

In rapporto al Pil, invece, il gettito delle entrate tributarie è atteso scendere progressivamente nell’anno in corso e nei tre successivi, passando dal 29,7 per cento del 2023 al 29,1 per cento nel 2026.

L’andamento decrescente in rapporto al Pil caratterizza sia le imposte dirette che quelle indirette, durante l’intero periodo di previsione. Infatti, le imposte dirette passano da un’incidenza del 14,6 per cento nel 2023 al 14,2 per cento nel 2026, quelle indirette dal 15 per cento nel 2023 al 14,8 nel 2026.

Le imposte in conto capitale, invece, evidenziano una ridotta incidenza (0,1 per cento del Pil) che rimane invariata per tutto il periodo di previsione.

 

Con riferimento ai contributi sociali, le previsioni rispetto ai dati di consuntivo 2022 (261.004 milioni di euro) indicano un incremento del 4,9 per cento nel 2023 (273.919 milioni di euro), mentre nel 2024 (288.383 milioni di euro) l’incremento stimato in termini percentuali risulta del 5,3 per cento. Il gettito è previsto in ulteriore crescita nel 2025 (297.134 milioni di euro, corrispondente a un +3,0 per cento) e nel 2026 (305.168 milioni di euro, corrispondente a un +2,7).

L’andamento crescente delle entrate contributive per l’intero quadriennio previsionale 2023-2026 riflette gli andamenti ipotizzati per le variabili macroeconomiche, incluso lo sviluppo dei redditi da lavoro dei dipendenti pubblici e le relative ipotesi di rinnovo dei contratti.

In rapporto al PIL, le previsioni indicano una percentuale del 13,6 per cento nel 2023 (in calo di un decimale rispetto al 2022); tale percentuale risalirà al 13,7 negli anni 2024 e 2025, per ritornare al 13,6 nel 2026.

 

Per quanto riguarda le altre entrate, ossia le entrate diverse da quelle tributarie e contributive, le entrate correnti sono previste in aumento di 2.193 milioni nel 2023, per l’effetto combinato, come precisato dal DEF, delle maggiori entrate dall’Unione europea e dei minori introiti per dividendi e altri trasferimenti. Per il 2024, la previsione è in linea con l’anno precedente, mentre per l’ultimo biennio si prevede un aumento di 1.956 milioni nel 2025 e una diminuzione di 1.531 milioni nel 2026. Il DEF evidenzia che tale dinamica riflette sostanzialmente quella dei contributi dall’Unione europea. In rapporto al PIL le previsioni mostrano valori decrescenti per tutto il periodo considerato (dal 4,4 per cento nel 2023 al 3,9 per cento nel 2026).

Le entrate in conto capitale non tributarie registrano, in valore assoluto, un incremento nel 2023 di 8.089 milioni e una riduzione nel 2024 di 12.958 milioni; nel 2025 evidenziano un lieve aumento (1.600 milioni) e nel 2026 una nuova contrazione, pari a 2.922 milioni. Il DEF precisa che l’evoluzione delle entrate in conto capitale è coerente con quella delle sovvenzioni dall’Unione europea, in particolare quelle legate al programma NGEU.

In termini di PIL, l’incidenza passa dall’1,2 per cento nel 2023 allo 0,4 per cento nel 2026.

 

In conseguenza dei descritti andamenti delle entrate nonché dell’andamento del PIL, la pressione fiscale si riduce costantemente durante tutto il periodo di previsione: 43,3 nel 2023 e 43,0 nel 2024, 42,9 nel 2005 e 42,7 nel 2026.

1.2.3          Le spese

Rispetto a quanto considerato in sede di legge di bilancio 2023, le nuove previsioni di spesa scontano il nuovo quadro macroeconomico e considerano gli effetti finanziari associati ai provvedimenti approvati fino a marzo 2023. Il DEF chiarisce che le previsioni tengono conto del profilo temporale delle spese finanziate dell’Unione europea, in forma di sovvenzioni e prestiti, nell’ambito dello strumento Next Generation UE (NGEU), sia per i progetti aggiuntivi sia per quelli che si sarebbero realizzati anche senza l’introduzione del PNRR[17].

 

In valore assoluto i dati stimati per gli anni dal 2023 al 2026 sono rispettivamente pari a: 1.074.015 milioni, 1.076.812 milioni, 1.101.452 milioni e 1.111.927 milioni. Rispetto all’esercizio precedente, l’aggregato mostra una flessione nel 2023: il valore annuo stimato diminuisce dello 0,9 per cento nel 2023 (-9,3 miliardi). Nel triennio 2024-2026 la spesa stimata cresce per tutto il periodo di previsione: dello 0,3 per cento nel 2024 (+2,8 miliardi), del 2,3 per cento nel 2025 (+24,6 miliardi) e dell’1 per cento nel 2026 (+10,5 miliardi).

L’incidenza delle spese rispetto al PIL si riduce di quasi 3,5 punti percentuali nel 2023 rispetto al precedente esercizio, raggiungendo il 53,2 per cento per poi contrarsi ulteriormente di 2 punti percentuali nel 2024, di 0,5 punti percentuali nel 2025 e di 1,1 punti percentuali nel 2026, anno in cui l’incidenza di tale voce di spesa rispetto al PIL si attesta al 49,6 per cento.

 

La riduzione del rapporto che si registra è da porre in relazione soprattutto con l’incremento della previsione relativa al PIL (+332 miliardi nel quadriennio 2023-2026) e solo in misura minore all’andamento della spesa in valore assoluto (che mostra una riduzione solo nel 2023). In generale l’evoluzione delle principali componenti di spesa rispetto al PIL è fortemente influenzata dalla dinamica del denominatore; il PIL nominale stimato per gli anni 2023, 2024, 2025 e 2026 cresce, rispettivamente, del 5,7, del 4,2 del 3,4 e del 3,1 per cento rispetto all’anno precedente.

 

Riguardo alle principali componenti di spesa, si evidenzia che per le spese correnti al netto degli interessi (spese correnti primarie) i dati stimati per gli anni dal 2023 al 2026 sono, rispettivamente, pari a 886.275 milioni, 886.361 milioni, 899.892 milioni e 914.259 milioni, con incrementi su base annua pari al 3,6 per cento nel 2023 (+ 30,9 miliardi), allo 0,01 per cento nel 2024 (+0,9 miliardi), allo 1,5 per cento nel 2025 (+ 13,5 miliardi) e all’1,6 nel 2026 (+14,4 miliardi)[18].

L’incidenza di tali spese rispetto al PIL diminuisce per tutto il periodo di previsione ad un ritmo medio annuo di circa 1 punto percentuale raggiungendo nel 2026 il 40,8 per cento.

 

Più in dettaglio, con riferimento ai diversi aggregati di spesa corrente si fa presente quanto segue.

 

Per la spesa per redditi da lavoro dipendente i dati stimati per gli anni 2023, 2024, 2025 e 2026 sono rispettivamente pari a 189.237 milioni, 186.230 milioni, 187.347 milioni e 187.747 milioni, con un incremento su base annua dell’1,2 per cento nel 2023 (+2,31 miliardi) seguito da una riduzione dell’1,6 per cento nel 2024 (-3,01 miliardi), da un incremento dello 0,6 per cento nel 2025 (+1,12 miliardi) e, infine, da un ulteriore incremento dello 0,2 per cento nel 2026 (+0,40 miliardi)[19].

L’incidenza di tali spese rispetto al PIL è attesa diminuire per tutto il periodo previsionale passando dal 9,4 per cento nel 2023 fino a raggiungere l’8,4 per cento nel 2026.

Il DEF per quanto concerne i fattori sottostanti il summenzionato andamento della spesa segnala che la proiezione degli incrementi/decrementi di spesa risente principalmente della tempistica per i rinnovi contrattuali del triennio 2019-2021. Nel 2023 si ipotizza che verranno siglati i contratti afferenti alle Aree dirigenziali Aran e all’intero personale della Presidenza del Consiglio, con la corresponsione dei relativi arretrati contrattuali, mentre verranno meno gli effetti dovuti agli arretrati inerenti ai rinnovi contrattuali siglati nell’anno precedente. Per quanto concerne la stima degli effetti sui redditi derivanti dalle manovre di finanza pubblica, in merito all’aumento della spesa per redditi per il 2023, incidono gli effetti della legge di bilancio per il 2023 e, in particolare, le disposizioni di cui all’art. 1, commi 330-333, riguardanti l’emolumento accessorio una tantum, per il solo anno 2023, da corrispondere al personale sia del settore Stato sia del settore non statale, e comma 561 riguardante la costituzione di un fondo per la valorizzazione del personale scolastico. Il DEF evidenzia, inoltre, che si tiene conto, anche degli effetti delle precedenti leggi di bilancio che, a partire dal 2018, hanno previsto graduali assunzioni in deroga alle ordinarie facoltà assunzionali e della maggiore spesa per il finanziamento del fondo contratti collettivi pubblici di lavoro in misura tale da coprire gli oneri per l’anticipazione contrattuale relativa al triennio 2022-2024 (e per i relativi effetti indotti). Gli effetti di slittamento salariale sono infine stimati sulla base delle risultanze nell’ultimo quinquennio.

 

Per la spesa per consumi intermedi i dati stimati per gli anni dal 2023 al 2026 sono rispettivamente pari a 173.202 milioni, 166.632 milioni, 168.291 milioni e 172.077 milioni, con un incremento del 4,3 per cento nel 2023 (+7,19 miliardi), seguito da una riduzione del 3,8 per cento nel 2024 (-6,57 miliardi), da un incremento dell’1 per cento nel 2025 (+1,66 miliardi) e, infine, da un incremento del 2,2 per cento nel 2026 (+3,79 miliardi)[20]. L’incidenza di tali spese rispetto al PIL si attesta all’8,6 per cento nel 2023, in riduzione rispetto all’anno precedente (8,7 per cento), per poi ridursi al 7,9 per cento nel 2024 e infine al 7,7 per cento nel 2025 e nel 2026.

Il DEF precisa che l’aumento previsto per il 2023 è dovuto principalmente agli impatti dei progetti NGEU e all’aumento della spesa sanitaria e delle altre amministrazioni locali. La riduzione relativa al 2024 è, altresì, ascrivibile alle spese dello Stato, alla spesa sanitaria e al venir meno delle misure che hanno rafforzato i bonus sociali sulle bollette per l’energia elettrica e il gas. La crescita dell’aggregato prevista nel biennio successivo è determinata, in particolare, dalla spesa sanitaria e delle amministrazioni locali (Cfr. infra).

 

Per l’aggregato relativo alle altre spese correnti i dati stimati per gli anni dal 2023 al 2026 sono, rispettivamente, pari a 99.107 milioni, a 84.439 milioni, a 83.984 milioni e a 81.975 milioni. Per il 2023 è stimato un incremento pari al 3,7 per cento (+3,54 miliardi), mentre nel 2024 la voce di spesa si contrae del 14,8 per cento (-14,67 miliardi), per continuare a ridursi dello 0,5 per cento nel 2025 (-0,45 miliardi) e del 2,4 per cento nel 2026 (+2,01 miliardi)[21].

L’incidenza di tali spese rispetto al PIL è prevista in riduzione per il quadriennio di previsione passando dal 4,9 per cento nel 2023 al 3,7 per cento nel 2026.

Il DEF evidenzia che tale dinamica riflette quasi interamente quella della spesa per contributi alla produzione. Nell’anno in corso, infatti, tale aggregato sconta ancora gli effetti dei crediti di imposta connessi al rialzo dei prezzi energetici, azzerati dal 2024. L’effetto delle misure di esonero contributivo di tipo selettivo è significativamente crescente nell’anno in corso, per poi risultare stabile nel biennio 2024-2025 e registrare una sensibile flessione nel 2026 (Cfr. infra).

 

Relativamente alle prestazioni sociali in denaro (spesa pensionistica e altre prestazioni), le nuove previsioni tendenziali stimano per l’aggregato una crescita del 4,4 per cento nel 2023 rispetto all’anno precedente (circa 17,8 miliardi in valore assoluto): la previsione complessiva di spesa passa infatti da 406.921 a 424.730 milioni di euro. Per il 2024 è stimato un incremento del 5,7 per cento (più 24,3 miliardi di euro in valore assoluto); nel 2025, l’aggregato continuerà a crescere a un tasso del 2,5 per cento (circa 11,2 miliardi in più rispetto al 2024) e ancora del 2,6 per cento nel 2026 (circa 12,1 miliardi in più rispetto al 2025).

 

Per quanto concerne la spesa pensionistica (+7,1 per cento nel 2023, cui seguiranno incrementi stimati al 7,1 per cento nel 2024, al 3,0 per cento nel 2025 e al 3,1 per cento nel 2026), il trend è riconducibile in primo luogo all’indicizzazione delle prestazioni. Vengono altresì considerati gli interventi contenuti nella L. 197/2022 (Legge di bilancio 2023), tra cui la revisione del meccanismo di indicizzazione per il biennio 2023-2024, l’incremento nel biennio 2023-2024 dell’importo relativo alle pensioni minime, nonché la previsione di “Quota 103” e di “Opzione Donna” per quanto attiene alla modifica dei requisiti contributivi.

 

Le altre prestazioni si ridurranno del 2,9 per cento nel 2023 per poi risalire dell’1,5 per cento nel 2024, dello 0,9 per cento nel 2025 e dell’1,1 per cento nel 2026.

Il Documento spiega che tale aggregato nell’anno in corso risentirà del venir meno degli interventi per contrastare gli aumenti dei prezzi per effetto della crisi energetica tramite indennità una tantum per lavoratori e pensionati. Sul piano strutturale rileva invece l’entrata in vigore a regime dell’Assegno unico e universale. La previsione tiene conto inoltre degli interventi previsti dalla legge di bilancio 2023[22]. 

 

Con specifico riferimento alla spesa sanitaria, il DEF reca per il 2023 una previsione di spesa pari a 136.043 milioni, con un tasso di crescita del 3,8 per cento rispetto all’anno precedente come rappresentato nella tabella che segue.

Tabella 19 - Spesa sanitaria 2023-2026

(in milioni di euro - %)

Fonte: DEF 2023- Sez. II

La crescita dell’aggregato nel 2023 riflette l’incremento di tutte le voci di spesa del settore, tra le quali si segnalano le seguenti: redditi da lavoro dipendente in aumento del 4,5 per cento per effetto dell’ipotesi di perfezionamento del rinnovo contrattuale del personale dirigente degli enti del SSN per il triennio 2019-2021; incremento del 3,4 per cento delle prestazioni sociali in natura dei produttori market; crescita del 3,8 per cento dei consumi intermedi imputabile essenzialmente ai prodotti farmaceutici. Per tale ultima voce di spesa il Documento precisa che l’aggregato sconta inoltre l’incasso di pay-back per i dispositivi medici in ragione del superamento dei tetti di spesa nazionali e regionali. La previsione tiene conto dei contenziosi amministrativi da parte delle aziende fornitrici.

Nel 2024 si osserva una riduzione della spesa del 2,4 per cento rispetto al valore previsto nel 2023. Il Documento spiega che la minore spesa è dovuta a due elementi: il venir meno dell’erogazione degli arretrati dovuti ai rinnovi contrattuali del biennio 2019-2021 e la cessazione dell’Unità per il completamento della campagna vaccinale e per l’adozione di altre misure di contrasto alla pandemia (di cui all’articolo 2 del decreto-legge. 24/2022).

Nel biennio 2025-2026, la spesa sanitaria è prevista crescere dell’1,7 per cento nel 2025 e del 2,5 per cento nel 2026. In rapporto al PIL l’andamento dell’aggregato di spesa è invece decrescente e passa dal 6,7 per cento del 2023 al 6,3 per cento del 2024 fino ad arrivare al 6,2 per cento nel 2025 e nel 2026. 

Il Documento precisa che le previsioni scontano gli oneri legati al rinnovo del trattamento economico del personale dipendente e convenzionato[23] con il SSN per il triennio 2022-2024 (solo parzialmente contabilizzati nel 2024), che implicano un incremento della spesa successivamente al perfezionamento degli accordi. La previsione riflette inoltre le spese per l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)[24] nonché gli impegni pianificati per rafforzare la performance del SSN.

 

Per la spesa in conto capitale (investimenti fissi lordi, contributi agli investimenti e altre spese in conto capitale)  i dati stimati per gli anni dal 2023 al 2026 sono rispettivamente pari a 112.097 milioni, 105.263 milioni, 109.952 milioni e 97.065 milioni, con un decremento annuo nel 2023 del 22,5 per cento (-32,6 miliardi), del 6,1 per cento nel 2024 (-6,8 miliardi), un incremento del 4,5 per cento nel 2025 (+4,6 miliardi) e una nuova diminuzione dell’11,7 per cento nel 2026 (-12,9 miliardi)[25].

L’incidenza di tali spese rispetto al PIL si riduce di circa 2 punti percentuali nel 2023 arrivando al 5,6 per cento e si contrae ulteriormente nel 2024 scendendo al 5 per cento, nel 2025 si registra un piccolo aumento portando l’incidenza fino al 5,1 per cento cui segue un arretramento fino al 4,3 per cento nel 2026.

 

Il DEF segnala che, nell’ambito dell’aggregato complessivo delle spese in conto capitale, la spesa per gli investimenti fissi lordi aumenta di 15,1 miliardi nel 2023, di 12,4 miliardi nel 2024, di 1,8 miliardi nel 2025 e diminuisce di 5,6 miliardi nel 2026; l’incidenza, rispetto al PIL, di tale voce di spesa è pari al 3,3 per cento nel 2023, al 3,8 per cento negli anni 2024, al 3,7 per cento nel 2025 e al 3,4 per cento nel 2026.

Su base annua il volume degli investimenti lordi risulta crescente nel primo triennio - in particolare l’incremento registrato nel 2023 è del 29,3 per cento, nel 2024 è del 18,6 per cento, nel 2025 è del 2,3 per cento - mentre decresce nel 2025 del 6,9 per cento.  Il DEF evidenzia che l’andamento della voce è determinato dalla spesa connessa all’attuazione dei progetti PNRR.

 

I contributi agli investimenti si riducono invece sia nel 2023 (-46,7 per cento) che nel 2024 (-40,4 per cento) per incrementarsi dell’1,4 per cento nel 2025. Il dato del 2026 registra una nuova caduta del 30 per cento. Al termine del periodo di previsione l’incidenza rispetto al PIL di tale voce di spesa si riduce dell’1,2 per cento passando dal 2 per cento del 2023 allo 0,8 per cento del 2026.

L’andamento di tale voce di spesa riflette, secondo quanto specificato nel DEF, in larga misura, quello della spesa per crediti di imposta agevolativi, relativa, in particolare, ai bonus edilizi, riclassificati come pagabili. Per questi ultimi, la spesa, concentrata negli anni 2021 e 2022, è prevista in progressivo calo negli anni dal 2023 al 2025, ultimo anno di proroga delle agevolazioni. Le previsioni scontano gli effetti sull’indebitamento netto derivanti dalle nuove regole di contabilizzazione, in attesa di indicazioni delle autorità statistiche che, per gli anni successivi, potrebbero rivederne le modalità di registrazione alla luce dei più recenti interventi normativi. La riduzione della spesa nel 2024 è, altresì, legata alla scadenza delle misure agevolative di Transizione 4.0, finanziate dal PNRR, sostituite da quelle per innovazione tecnologica “green”, a valere su fondi di bilancio, con impatti più contenuti sui saldi di finanza pubblica. Per le restanti componenti dei contributi in conto capitale si prevede una dinamica sostanzialmente stabile.

 

Le altre spese in conto capitale nel corso del quadriennio 2023-2026 risultano, rispettivamente, pari a 4,6 miliardi, a 1,9 miliardi, a 4,4 miliardi e, infine, a 4,5 miliardi. L’incidenza della voce di spesa in questione rispetto al PIL è pari allo 0,2 per cento negli anni 2023, 2025 e 2026 e allo 0,1 per cento nel 2024.

Il DEF esplicita che la stima dell’andamento della voce è legato alle attese sulle vendite del gas acquistato nel 2022 al fine di consentire un approvvigionamento di scorte adeguato a fronteggiare gli effetti della crisi internazionale. A ciò si aggiunge la riduzione, a partire dal 2023, degli accantonamenti previsti per le garanzie standardizzate, in relazione al progressivo esaurirsi delle misure introdotte nel periodo emergenziale; in senso opposto, la stima incorpora le previste escussioni delle altre misure di garanzia, la cui dinamica crescente riflette l’avvio del periodo di ammortamento dei finanziamenti concessi a partire dal 2020.

·        La spesa per interessi

Dai dati di consuntivo per il 2022, la spesa per interessi risulta pari a 83.206 milioni, con un incremento rispetto al dato del 2021, di circa 19,5 miliardi (+30,6 per cento). In termini di PIL la spesa si colloca, nel 2022, al 4,4 per cento in aumento di quasi un punto percentuale rispetto al 2021 (3,6 per cento).

 

Rispetto alle stime per l’anno 2022 contenute nella Nota tecnico illustrativa (NTI), la spesa per interessi è superiore alle attese (+5.972 milioni).

In proposito il Documento precisa che la spesa per interessi risulta in aumento per il secondo anno consecutivo essenzialmente per effetto dei maggiori rendimenti dei titoli indicizzati all’inflazione.

 

Per quanto attiene alle previsioni per gli anni 2023 - 2026, l’andamento stimato indica una riduzione nel 2023 (-7.563 milioni rispetto al 2022) a cui seguiranno progressivi incrementi negli anni 2024, 2025 e 2026, anno nel quale la spesa dovrebbe raggiungere il valore di 100.604 milioni.

In proposito il Documento evidenzia che la riduzione prevista per il 2023 risulta in coerenza con la decelerazione dell’inflazione che riduce la componente indicizzata del rendimento dei titoli di Stato. Per contro, il rialzo della curva dei rendimenti comporta un aggravio di spesa trascurabile nell’anno in corso ma via via più significativo negli anni successivi, nei quali si cumulano gli effetti di emissioni a più alto costo.

In termini di incidenza sul Pil, la spesa presenta il medesimo andamento, con una riduzione nel 2023 (3,7 per cento rispetto al 4,4 per cento del 2022) e progressivi incrementi dal 2024 (4,1 per cento) al 2026 (4,5 per cento)[26].

Nella seguente tabella si riportano i dati forniti dal DEF riferiti alle ipotesi utilizzate riguardo all’andamento dei tassi di interesse a breve e a lungo termine.

Tabella 20 - Ipotesi utilizzate per i tassi di interesse

 

2022

2023

2024

2025

2026

 

 

 

 

 

 

Tasso di interesse a breve termine

n.d.

3,1

3,2

3,5

3,7

Tasso di interesse a lungo termine (media annuale)

3,0

4,2

4,4

4,5

4,7

Fonte: DEF 2023

Nota: Per tasso di interesse a breve termine si intende la media dei tassi previsti sui titoli di Stato a 3 mesi in emissione durante l'anno. Per tasso di interesse a lungo termine si intende la media dei tassi previsti sui titoli di Stato a 10 anni in emissione durante l'anno.

Con riferimento all’andamento dei tassi di interesse si rileva, inoltre, che a marzo 2023[27] il Consiglio direttivo della Banca centrale europea (BCE) ha deciso di innalzare di 50 punti base i tre tassi di interesse di riferimento della BCE. Pertanto, i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale saranno innalzati rispettivamente al 3,50%, al 3,75% e al 3,00%, con effetto dal 22 marzo 2023.


 

2.         La finanza pubblica nel quadro delle regole europee

2.1   Il quadro di finanza pubblica

Oltre alle nuove previsioni tendenziali, il DEF riporta il quadro di finanza pubblica programmatico, rappresentato nella tabella che segue:

Tabella 21 - Indicatori di finanza pubblica in percentuale del PIL

Fonte: DEF 2023, sezione I, tavola I.3, pag. 10.

L’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche (AP) si è ridotto di circa un punto percentuale: 8,0 per cento dal 9,0 per cento registrato nel 2021. L’elevato livello del deficit è imputabile alla revisione contabile dei crediti fiscali legati ai bonus edilizi, senza la quale il dato sarebbe stato pari al 5,4 per cento, inferiore all’obiettivo ufficiale del 5,6 per cento del PIL. Il rapporto debito/PIL è risultato pari al 144,4 per cento, 1,3 punti percentuali inferiore rispetto alla previsione del Documento programmatico di bilancio (DPB) dello scorso novembre. La crescita del PIL nominale (6,8 per cento) e reale (3,7 per cento), oltre a condurre al superamento del livello produttivo del 2019 sulla scia del recupero avvenuto nel 2021, ha contribuito alla riduzione del rapporto debito/PIL, pari a 5,5 punti percentuali rispetto al 2021. Nel biennio 2021-22 il calo è stato pari a 10,5 punti percentuali, riassorbendo più della metà dell’incremento del debito del 2020 dovuto alla crisi pandemica.

 

In questo contesto, alla luce del miglioramento della previsione di indebitamento netto a legislazione vigente, il Governo ha deciso di confermare gli obiettivi programmatici di deficit indicati nel Documento Programmatico di Bilancio dello scorso novembre, pari al 4,5 per cento del PIL nel 2023, 3,7 per cento nel 2024 e 3,0 per cento nel 2025. Per il 2026 il nuovo obiettivo di indebitamento netto è fissato al 2,5 per cento del PIL, in linea con la previsione tendenziale e al di sotto del limite del 3 per cento previsto dal Patto di Stabilità e Crescita.

Il margine di bilancio rispetto alle previsioni tendenziali finanzierà un taglio del cuneo fiscale sul lavoro dipendente nel 2023 (per oltre 3 miliardi in termini di minori oneri contributivi) e l’allocazione sul Fondo per la riduzione della pressione fiscale nel 2024 di una somma superiore ai 4 miliardi. Il finanziamento degli interventi di politica di bilancio avverrà individuando le opportune coperture all’interno del bilancio pubblico, al fine di preservare la sostenibilità delle finanze pubbliche

 

In proposito, pur considerando che le proiezioni di finanza pubblica a legislazione vigente non comprendono le cosiddette politiche "invariate", che come noto coprono una serie di spese cui si dovrà dare corso in considerazione di impegni internazionali o fattori legislativi, ivi compreso il finanziamento di futuri rinnovi contrattuali nella PA, andrebbero forniti elementi quantitativi circa la presumibile entità di tali oneri, al fine di valutare i margini di intervento garantiti dalla differenza fra stime programmatiche e tendenziali.

 

Pertanto, in conseguenza dello spazio di manovra deciso dal Governo, l’indebitamento netto programmatico delle Amministrazioni pubbliche nel 2023 è fissato al 4,5 per cento del PIL, rispetto al 4,4 per cento indicato nella previsione tendenziale. Anche nel 2024 l’indebitamento netto programmatico sconta un peggioramento (di 0.2 p.p.) rispetto al tendenziale, per poi riallinearsi ai valori tendenziali nel biennio successivo. I suddetti valori programmatici, comunque, ricalcano quelli già contenuti nel quadro programmatico definito nella NADEF 2022 e nel DPB 2023.

Beneficiando dell’effetto dei suddetti interventi sulla pressione fiscale, nello scenario programmatico il tasso di crescita del PIL reale risulta pari all’1% nel 2023 e all’1,5% nel 2024. Rispetto alla previsione tendenziale, nel 2023 la più elevata crescita del PIL (+0,1 punti percentuali) è da ascrivere al taglio contributivo.

Alla luce di tale quadro, la politica di bilancio è chiamata ad assicurare la piena sostenibilità della finanza pubblica, pur restando pronta a rispondere a nuove emergenze che dovessero manifestarsi, ispirandosi a principi di prudenza che conducano alla sua normalizzazione e ad un’intonazione sostanzialmente neutrale, anche in vista della disattivazione della clausola di salvaguardia generale.

A fronte del quadro programmatico di finanza pubblica, è necessario richiamare alcuni vincoli istituzionali che sottendono la valutazione della finanza pubblica strutturale che è l’oggetto di questa sezione.

La finanza pubblica è regolata dal cosiddetto braccio preventivo (preventive arm) del Patto di stabilità e crescita (PSC): in base a tale patto, gli Stati membri predispongono e aggiornano periodicamente i rispettivi programmi di stabilità, con i quali presentano il percorso di aggiustamento necessario per il conseguimento dell'obiettivo di medio termine (OMT) della finanza pubblica. Tale obiettivo è espresso in termini di valore del saldo di bilancio strutturale, il quale si calcola sottraendo dal saldo nominale del conto consolidato delle pubbliche amministrazioni (indebitamento/accreditamento netto) la componente dovuta al ciclo economico, le misure temporanee e quelle una tantum[28].

Al fine di valutare la coerenza delle correzioni del saldo strutturale con le regole europee, si tiene conto dell'output gap, che misura la posizione ciclica di un’economia sulla base della differenza tra il tasso di crescita del PIL reale e quello del PIL potenziale. Il percorso di miglioramento progressivo del saldo di bilancio strutturale verso l’OMT si fonda sulle regole di aggiustamento fiscale definite dalla Commissione europea che tengono conto del calcolo effettivo dell’output gap, della crescita potenziale e del livello di debito.

In seguito all’emergenza pandemica, è stata attivata nel 2020 la Clausola Generale di Salvaguardia (CGS), mai prima utilizzata[29]. Nel 2021, l’orientamento della Commissione sulla politica fiscale ha confermato che la CGS sarebbe rimasta attiva anche per il 2021 invitando, allo stesso tempo, il ripristino di regole più prudenziali non appena le condizioni economiche lo avessero permesso. La sospensione formale delle regole fiscali ad opera della CGS è stata confermata anche per il 2022. Per il 2023, sulla base delle previsioni economiche invernali, la Commissione ha ritenuto opportuno passare da un orientamento di bilancio favorevole, tenuto nel periodo 2020-2022, ad uno sostanzialmente neutrale. A livello dei singoli Stati, la Commissione ha invocato, invece, un graduale consolidamento fiscale già a partire dal 2023 per i paesi caratterizzati da un debito elevato; tuttavia, la Commissione ha riconosciuto che un aggiustamento troppo brusco potrebbe avere un impatto negativo sulla crescita economica e, di conseguenza, sulla sostenibilità fiscale. La raccomandazione si è pertanto tradotta nella richiesta di comprimere, mantenendola sotto controllo, la tendenza alla crescita della spesa corrente; al contempo, si è invitato a continuare lo stimolo degli investimenti pubblici, inclusa la componente finanziata con risorse nazionali.

Tale impostazione è stata di recente confermata dalla Commissione.

La più immediata conseguenza dell’attivazione della clausola di salvaguardia comporta la sospensione del percorso di convergenza verso l’OMT. Sotto tale clausola il PSC non è però sospeso. Per tale motivo, la sorveglianza fiscale europea rimane attiva sebbene la Commissione abbia ribadito l’inopportunità di assumere decisioni in merito all’apertura di procedure per i disavanzi eccessivi.

L’orientamento complessivamente rilassato della politica di bilancio ha comunque registrato un punto di svolta con le “Linee guida della Commissione Europea per la politica fiscale 2024”, in occasione della cui predisposizione è stata annunciata per la fine del 2023 la disattivazione della Clausola Generale di salvaguardia e la potenziale reintroduzione (primavera 2024) delle procedure per deficit eccessivo (PDE), anche se la Commissione non ritiene comunque opportuno tornare alla matrice dei requisiti di aggiustamento utilizzata nell’ambito del braccio preventivo del PSC tra il 2015 e il 2020[30].

 

Focus. Linee guida della Commissione europea per la politica fiscale 2024

 

L’8 marzo 2023 la Commissione europea ha enunciato i principi fondamentali che dovranno ispirare la politica fiscale a livello europeo, che prevedono[31]:

·         il rispetto degli obiettivi di bilancio fissati dagli Stati membri nei loro programmi di stabilità e convergenza, con attenzione al saldo strutturale a medio termine, purché tali obiettivi siano coerenti con l'obbligo di garantire che il rapporto debito pubblico/PIL sia avviato su un percorso di riduzione o rimanga a livelli prudenti e che il disavanzo di bilancio sia al di sotto del valore di riferimento del 3% del PIL a medio termine;

·         la differenziazione delle strategie di bilancio sulla base dei problemi di debito pubblico dei singoli Stati membri;

·         la rilevanza della spesa primaria netta, come proposto negli orientamenti della Commissione in materia di riforme,

·         la promozione degli investimenti pubblici, tutelando gli investimenti finanziati a livello nazionale e garantendo l'assorbimento efficace dei fondi erogati nell'ambito del dispositivo per la ripresa e la resilienza e di altri fondi dell'UE, in particolare per le transizioni verde e digitale;

·         l’indicazione di orientamenti sul costo di bilancio delle misure per l'energia.

 

Come si evince dalla Tabella 22, il quadro di finanza pubblica corretto per il ciclo per il 2023 non risente in maniera rilevante delle mutate condizioni esogene. Il saldo di bilancio strutturale (al netto del ciclo e delle misure una tantum e temporanee) per il 2023 si prevede pari al -4,9 per cento del PIL, in netto miglioramento rispetto all’8,5% del 2022. Tuttavia, il miglioramento è leggermente inferiore rispetto a quanto ipotizzato nel DEF 2022 (-4,5%), anche se va rilevato il diverso livello del saldo relativo al 2022 (5,9 per cento ipotizzato nel DEF 2022, a fronte dell’8,5 per cento registrato).

Le misure una tantum sono state riviste al ribasso rispetto al DEF 2022. In particolare per il 2023 le misure in questione ammontano a solo 0,1 p.p. di PIL, a fronte dei 0,3 p.p. previsti l’anno scorso per il 2023. Tendono pertanto a chiudersi le differenze tra i saldi di finanza pubblica corretti per il ciclo e quelli strutturali nel biennio 2023-2024 (in Tabella 22 si confronti la voce 8 con la voce 10 e la voce 9 con la voce 11).

Rispetto alle previsioni contenute nel DEF 2022, l’intonazione più restrittiva della politica monetaria ha condotto ad una revisione in peius delle stime inerenti alla spesa per interessi, abbastanza contenuta per il presente anno (da 3,1 a 3,7 p.p.) per poi attestarsi su differenziali, rispetto alle precedenti stime, fra 1 e 1,5 p.p. nel triennio successivo, sovvertendo la tendenza al declino che si era precedentemente stimata.

Per quanto riguarda l’output gap, il documento registra la sua chiusura già nel 2022 (nel quale la crescita effettiva anzi ha superato di mezzo punto percentuale quella potenziale non inflattiva). Il differenziale rispetto al potenziale è poi previsto in crescita nei prossimi anni, stabilizzandosi infatti intorno all’1 per cento annuo nel triennio 2024-2026.

Tabella 22 - La finanza pubblica corretta per il ciclo (in percentuale del PIL)

Fonte: DEF 2023, sezione I, tavola III.8, pag. 84.

2.2   La valutazione delle deviazioni significative e della regola della spesa

In tempi normali, l’Italia è soggetta al braccio preventivo (preventive arm) del Patto di stabilità e Crescita (PSC). L’articolo 121 del TFUE è la base legale del braccio preventivo del PSC. Stabilisce una procedura di sorveglianza multilaterale basata sugli indirizzi di massima per le politiche economiche, che definiscono il contesto generale di valutazione delle politiche degli Stati membri. Politiche economiche che sono ritenute incoerenti con tali linee guida o che rischiano di compromettere il corretto funzionamento dell'Unione economica e monetaria possono portare a procedure di infrazione secondo l’articolo 121 (4) del TFUE.

In base alle regole del braccio preventivo ciascun paese ha un obiettivo di medio termine. Specificamente, l'Italia deve definire una strategia economico-finanziaria per raggiungere il pareggio di bilancio strutturale che rappresenta l’obiettivo di medio termine (OMT) del Paese. Questo percorso viene valutato sulla base della compliance dello stato membro rispetto a due criteri: la variazione del saldo strutturale e la regola della spesa. Essi variano in funzione della congiuntura economica, della deviazione dalla crescita potenziale e dal livello del debito pubblico. Sono pertanto criteri che possono variare nel tempo e tra paesi.

La valutazione della compliance si basa su un'analisi dei dati presentati nel Patto di Stabilità e Crescita e nei documenti programmatici di bilancio (DPB) e su una valutazione del rischio in base alle previsioni della Commissione Europea.

L’interpretazione dell’andamento degli indicatori legati alla sorveglianza fiscale negli ultimi anni, per altro in un contesto di attivazione della CGS, risulta particolarmente complessa sia in ragione della correzione del saldo per la componente ciclica (di dimensione estremamente rilevante e soggetta a notevole incertezza), sia per la presenza di una componente considerevole di spese (e in misura inferiore di riduzioni di entrate) di natura emergenziale.

La variazione del saldo strutturale: la misura della correzione

Per stabilire la coerenza del percorso che porta al pareggio di bilancio il primo criterio oggetto di valutazione è la variazione del saldo strutturale (correzione) cioè la differenza tra il saldo strutturale dell'anno considerato rispetto al precedente.

La correzione richiesta è determinata attraverso una matrice che tiene conto del rapporto debito/PIL, del rischio di sostenibilità delle finanze pubbliche nel medio periodo e della congiuntura economica del paese[32]. Livelli del rapporto debito/PIL maggiori del 60% impongono correzioni più marcate mentre le fasi congiunturali negative attenuano lo sforzo fiscale richiesto al Paese. A titolo esemplificativo, in presenza di una congiuntura neutrale e di un rapporto debito/PIL superiore al 60% la correzione richiesta è maggiore di 0,5 punti percentuali di PIL. In tal caso, l'indebitamento netto strutturale dovrebbe quindi ridursi rispetto al livello dell'anno precedente di oltre 0,5 p.p. di PIL. In caso di congiuntura negativa un paese con oltre il 60% di rapporto debito/PIL deve attuare una correzione di 0,25 p.p. se la crescita si trova al di sotto del potenziale oppure di 0,5 p.p. se si trova al di sopra del potenziale di crescita.

La correzione richiesta può essere ridotta nel caso in cui le istituzioni europee riconoscano in favore del paese: l'applicazione delle cosiddette "clausole di flessibilità" per tener conto delle riforme strutturali e degli investimenti (che nel medio/lungo termine dovrebbero migliorare le prospettive di crescita del paese che li pone in essere); la presenza di eventi non usuali al di fuori del controllo del paese, quali ad esempio gravi recessioni o calamità naturali, o ancora di fenomeni migratori di portata tale da determinare un aumento involontario della spesa del paese.

La regola della spesa

Tale regola varia in funzione della posizione relativa del paese rispetto all’OMT. Se il paese si trova sul suo OMT, la crescita della spesa annuale non dovrebbe superare il tasso di crescita di riferimento del PIL potenziale a medio termine, a meno che l'eccesso di spesa non sia accompagnato da misure discrezionali di entrate tali da consentire allo Stato Membro di rimanere sul suo OMT. Nel caso di paesi che non hanno ancora raggiunto l’OMT, la crescita della spesa annuale non dovrebbe superare un livello specificatamente individuato e da collocarsi al di sotto del tasso di crescita di riferimento del PIL potenziale a medio termine a meno che l’eccesso non sia compensato da entrate appropriate. In aggiunta ogni riduzione fiscale discrezionale deve essere compensata con eguale riduzione delle spese o incremento di altre entrate.

Per i paesi che non hanno ancora raggiunto il proprio OMT la spesa pubblica[33] dovrebbe crescere a un tasso pari al massimo alla differenza tra il tasso di crescita di medio termine del PIL potenziale[34] e il cosiddetto margine di convergenza[35].

Indebitamento netto strutturale e obiettivo di medio termine

L'indebitamento netto strutturale è definito nel seguente modo: indebitamento netto (la differenza tra entrate e uscite, compresa la spesa per interessi, delle amministrazioni pubbliche), corretto per il ciclo economico (le oscillazioni del PIL attorno a un teorico andamento di lungo periodo) al netto delle misure una tantum e temporanee e al netto delle spese effettuate su programmi di spesa della UE finanziati con fondi della UE stessa. Si noti inoltre che le spese per investimento finanziate con fondi nazionali sono spalmate su 4 anni.

La correzione per il ciclo economico è coerente con la logica di garantire nel medio-lungo periodo la sostenibilità delle finanze pubbliche. Infatti, si ritiene che un paese che attraversa una fase negativa del ciclo economico potrebbe registrare un indebitamento netto più elevato di quanto desiderabile al fine di sostenere l'economia, viceversa in una fase positiva dovrebbe migliorare lo stato di salute delle proprie finanze più di quanto richiesto in una fase neutrale, per trovarsi così in condizioni più solide laddove il ciclo economico dovesse peggiorare.

L'esclusione delle misure una tantum e temporanee evita di tener conto di entrate e uscite che hanno effetti transitori sul bilancio pubblico (uno o pochi esercizi) e che, dunque, non producono cambiamenti duraturi sui saldi strutturali.

Risultati e obiettivi conseguiti

A beneficio del lettore si richiamano i fatti salienti e le impostazioni adottate in sede di valutazioni sui margini di manovra in materia di bilancio pubblico a partire dal 2018.

Nel luglio del 2018, la Commissione aveva suggerito all’Italia di convergere verso l’OMT (pareggio di bilancio) con un aggiustamento annuo dello 0,6% del saldo strutturale ed un tasso di crescita della spesa non superiore allo 0,1%. Nello stesso anno a causa degli eventi avversi (Ponte Morandi e calamità climatiche) su richiesta del Governo era stata accordata una flessibilità di 0,2 p.p. sull’aggiustamento ridimensionata poi allo 0,175 dalla Commissione. Considerato il percorso verso l’OMT (aggiustamento di 0,6%), la flessibilità (0,175) e dato il miglioramento dell’indebitamento netto di 0,6% l’Italia è risultata pienamente compliant rispetto all’OMT del 2019.

Nelle raccomandazioni specifiche rivolte all’Italia adottate dal Consiglio Europeo a luglio 2019 la programmazione di bilancio per il 2020 avrebbe dovuto assicurare una riduzione in termini nominali della spesa pubblica primaria netta dello 0,1 per cento nel 2020 e un aggiustamento strutturale annuo dello 0,6 per cento del PIL[36].

Rispetto alla valutazione di compliance con gli obiettivi di finanza pubblica, in virtù dell’emergenza sanitaria COVID-19, il DEF 2020 riteneva che fosse formalmente corretto valutare il solo anno 2019 e trattare separatamente il biennio 2020-2021.

Il DEF 2021 confermava tale chiave di lettura. In merito alla consueta valutazione degli obiettivi di finanza pubblica, il DEF 2021 sottolineava che, per quanto riguarda la regola della spesa, valutazioni informate fossero possibili solo a partire dal 2022. L’attivazione della CGS in seguito alla pandemia rendeva i consueti indicatori di finanza strutturale intrinsecamente viziati e sostanzialmente inadatti a fotografare la bontà della finanza pubblica dei paesi soggetti al braccio preventivo del PSC. Nel biennio di emergenza pandemica il tasso di crescita dell’aggregato di spesa è stato ben al di sopra del benchmark cui dovrebbe attenersi la spesa pubblica primaria del paese per convergere verso l’OMT in termini di saldo strutturale (Tabella 23).

Il DEF 2022 ricordava che, nelle more della revisione della governance economica europea, la Commissione aveva aggiornato come prassi l’OMT sulla base dei dati di previsione delle Autumn Forecast 2021 e dell’Ageing Report 2021 indicando per l’Italia un valore minimo dell’OMT dello 0,25 per cento del PIL per il triennio 2023-2025, diversamente da quanto individuato per il triennio 2020-2022 (0.5 per cento del PIL).

Il DEF 2023 conferma la medesima impostazione, sia in termini di presupposti che di valori minimi per l’Italia[37].

Pertanto, con riferimento alla regola europea sulla convergenza all’OMT, a partire dal 2023 le variazioni del saldo strutturale programmatico sono nel loro insieme in linea con le correzioni richieste dalla matrice degli aggiustamenti del PSC. Per il corrente anno si prevede un rilevante miglioramento del saldo strutturale di bilancio (3,6 p. p. del PIL), che riflette il ridursi delle spese emergenziali[38] e gli effetti della riclassificazione statistica di alcuni bonus edilizi, mentre per gli anni successivi si attendono miglioramenti pari a 0,9 p.p. nel 2024, 0,4 p.p. nel 2025 e 0,6 p.p. nel 2026, valori che corrispondono a un’adeguata compliance con la correzione richiesta dalla regola europea e che risentono negativamente del repentino innalzamento dei tassi di interesse.

Nel contesto di sospensione del percorso di convergenza verso l’obbiettivo di medio termine (OMT), la Commissione ha concentrato la sua attenzione sul controllo della dinamica della spesa corrente finanziata con risorse nazionali e incoraggiato, invece, ad espandere la spesa per investimenti pubblici. Un tale approccio è stato promosso già a partire dall’autunno 2020; in base ad esso l'orientamento della politica di bilancio (cd. fiscal stance) è misurato escludendo sia la componente di spesa finanziata attraverso le sovvenzioni del Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza e altri fondi europei, sia le misure temporanee di emergenza connesse alla crisi pandemica.[39] In base al nuovo approccio la Commissione, confermando quanto già espresso a marzo 2022, nella comunicazione dell’8 marzo 2023 ha invitato l’Italia, in quanto paese ad alto debito pubblico, a far crescere la spesa corrente finanziata a livello nazionale più lentamente della crescita del prodotto potenziale a medio termine, in funzione di un graduale percorso di aggiustamento di bilancio (si veda anche il Focus sulle nuove linee guida sulla politica fiscale della Commissione nel precedente paragrafo).

Prima di commentare le nuove stime disponibili sul comportamento dell’aggregato di spesa corrente, e sul suo tasso di crescita, occorre ricordare brevemente, superata la questione delle spese di natura emergenziale legate al Covid-19, i continui cambiamenti della situazione economica e geopolitica conseguenti al sopravvenuto conflitto in Ucraina. Pertanto, se sono state progressivamente eliminate le misure adottate in risposta alla crisi Covid-19, sono state introdotte misure temporanee volte a contrastare l'impatto economico e sociale derivante dall’aumento dei prezzi energetici.

Secondo le attuali valutazioni, considerando le metriche finora adottate per valutare la fiscal stance relativa alla spesa primaria corrente finanziata da risorse nazionali, emergerebbe una tendenza alla moderazione di questa categoria di spesa, come richiesto dalla Commissione.

Per il 2024, continuando a utilizzare gli stessi criteri, si riscontrerebbe poi un contributo espansivo degli investimenti fissi lordi della PA; l’incidenza di questa componente di spesa sul PIL aumenterebbe di circa 0,5 punti percentuali, raggiungendo il valore percentuale di 3,8 punti di PIL.

Tale andamento corrisponde alla necessità, emersa anche in sede europea, di potenziare gli investimenti per la transizione verde e digitale, nonché di rispettare gli impegni internazionali in materia di difesa.

Tabella 23 – Deviazioni significative

Fonte: DEF 2023, sezione I, tavola III. 9, p.84.

La Tabella 24 ha una funzione illustrativa e mostra la variazione annua dell’aggregato di spesa corrente finanziato con risorse nazionali, non corretto per le misure temporanee, e quella del benchmark nominale. Mentre il 2021 e il 2022 sono fortemente influenzati da spese temporanee correlate alla pandemia e alla guerra in Ucraina, il dato relativo al 2023 risente, comunque in misura più contenuta, delle implicazioni economiche delle vicende belliche. I tre anni finali forniscono un’indicazione più affidabile poiché, a partire dal 2024, non esistono partite temporanee che possono alterare le variazioni annue della misura.

 

Nel medio periodo la tendenza di crescita della spesa corrente è dunque abbastanza contenuta e in linea con quanto già emerso in sede di commento dell’indicatore utilizzato per la regola della spesa tradizionale, anche se va osservato comunque che nel 2026 il tasso di crescita previsto è quasi un punto percentuale superiore alla variazione del PIL potenziale.

Tabella 24 – Tendenza dalla spesa corrente rispetto al benchmark di spesa (variazione percentuale)

Fonte: DEF 2023, sezione I, tavola III. 10, p. 85.

2.3   Flessibilità di bilancio ed eventi eccezionali

Con la Comunicazione sulla flessibilità del Patto di stabilità e crescita (PSC) del 13 gennaio 2015[40], la Commissione europea ha chiarito le modalità e le condizioni di utilizzo di margini di flessibilità, che consentono deviazioni temporanee dall’obiettivo a medio termine (OMT) o dal percorso di avvicinamento al medesimo, nell’ambito delle regole vigenti del PSC.

Tale flessibilità è, in particolare, riconosciuta per l’adozione di riforme strutturali e per gli investimenti pubblici (“clausole di flessibilità”). L’aggiustamento di bilancio richiesto è inoltre modulato in relazione all’andamento del ciclo economico, secondo i criteri fissati nella Comunicazione.

La posizione comune formalmente approvata dal Consiglio ECOFIN nel febbraio 2016[41] ha introdotto alcuni elementi di novità rispetto alla Comunicazione della Commissione in materia di flessibilità del gennaio 2015. In particolare:

·      è stata precisata l’applicabilità della clausola per gli investimenti a progetti di investimento cofinanziati dai diversi Fondi strutturali e di investimenti europei;

·      è stata indicata una misura massima dello 0,5 per cento del PIL alla deviazione dal percorso di aggiustamento verso l’obiettivo di medio termine consentita per la clausola degli investimenti, in analogia a quanto previsto per la clausola delle riforme;

·      è stato previsto un limite massimo dello 0,75 per cento alla deviazione complessiva che si ottiene cumulando le due clausole.

 

Il Patto di stabilità e crescita prevede inoltre un’ipotesi di allontanamento temporaneo nel percorso di avvicinamento all’OMT (soggetto ad autorizzazione) in caso di “eventi eccezionali”[42].

Il Vademecum della Commissione europea sul PSC[43] ricorda che questa ipotesi, definita di adeguamento del percorso di consolidamento di bilancio, è stata introdotta dal Six pack nel 2011 e chiarisce che l’attivazione di questa clausola non si traduce in una sospensione a tempo indefinito del consolidamento delle finanze pubbliche, bensì nella riprogettazione del percorso di avvicinamento, su basi specifiche per il singolo Paese, al fine di tener conto delle circostanze eccezionali di una grave crisi economica nell’area euro o nell’Unione, come pure di un evento inconsueto al di fuori del controllo dello Stato. In tali circostanze, dunque, le descritte deviazioni temporanee possono essere consentite ex ante (ai sensi dell’articolo 5) oppure possono non essere prese in considerazione ex post (ai sensi dell’articolo 6).

Per consentire agli Stati di contrastare adeguatamente l’impatto economico e sociale prodotto dalla pandemia del Covid-19, già dalla sua prima comunicazione del 13 marzo 2020 la Commissione Europea affermò di voler fare pienamente uso di tutti gli strumenti messi a disposizione dal Patto di Stabilità e Crescita (PSC). In particolare, la Commissione rassicurò gli Stati che le misure di sostegno, quali quelle necessarie a 1) contenere e trattare la pandemia, 2) garantire liquidità alle imprese e ai settori più colpiti, e 3) proteggere i posti di lavoro e i redditi dei lavoratori interessati, potessero essere considerate spese una tantum e come tali escluse dal calcolo del saldo strutturale. Pertanto, le misure temporanee una tantum adottate in risposta al COVID-19 dovevano essere escluse dal calcolo del saldo strutturale nel 2020. Infine, il Consiglio confermava che la situazione era tale da giustificare la richiesta di flessibilità per far fronte ad eventi eccezionali.

Nella sua comunicazione al Consiglio europeo del 20 marzo 2020 la Commissione chiarì che la clausola di salvaguardia generale non sospende le procedure del PSC e, fornendo una nuova e diversa indicazione rispetto alla comunicazione del 13 marzo, suggerì agli Stati Membri di considerare le misure adottate per rispondere all’emergenza Covid-19 come misure strutturali rientranti nell’ambito di applicazione della clausola generale di salvaguardia[44]. Nella loro dichiarazione congiunta del 23 marzo i Ministri delle finanze degli Stati membri al Consiglio europeo dichiararono di condividere l’analisi della Commissione e sostennero l’attivazione della clausola di salvaguardia generale.

Tali regole sono rimaste invariate nel 2021, confermando che le spese indotte dalla pandemia sono da considerarsi misure discrezionali ma di carattere strutturale. Per tale ragione, le misure adottate per contrastare l’emergenza sanitaria e le ricadute economiche e sociali connesse all’evento sono da considerarsi strutturali e non soggette alla disciplina della flessibilità di bilancio e degli eventi eccezionali. Il medesimo approccio è stato orientativamente adottato anche nel 2022, mentre per il futuro i recenti orientamenti in materia di politica di bilancio delineati dalla Commissione sottolineano la necessità del “tempestivo raggiungimento di un accordo sul futuro quadro di governance economica […] per disporre di un insieme di norme di bilancio dell'UE che tengano pienamente conto della nuova realtà post-pandemia”.

2.4   L’evoluzione del rapporto debito/PIL

Il rapporto debito pubblico/PIL è aumentato in media di oltre 5 punti percentuali (p.p.) all'anno nel periodo 2008-2013 fino al 132,5% del 2013, per poi stabilizzarsi intorno al 135% tra il 2014 e il 2016 (135,4% nel 2014, 135,3% nel 2015, 134,8% nel 2016)[45]. Il rapporto si è mantenuto su un livello medio del 134% (134,2% nel 2017, 134,4% nel 2018 e 134,1% nel 2019) prima della pandemia da Covid-19. La lieve diminuzione del rapporto negli anni 2017-2019 è dovuta in parte alla crescita del PIL nominale che, combinata con gli avanzi del saldo di bilancio primario, ha più che compensato la spinta all'aumento prodotta dalla componente snow-ball[46]. Il leggero aumento del rapporto nel 2018 è in parte dovuto alla componente dell'aggiustamento stock-flussi[47]. L'avvento della pandemia ha determinato nel 2020 un aumento del rapporto debito/PIL di oltre 20 p.p. fino al 154,9% per effetto del forte peggioramento del saldo di bilancio primario, della componente snow-ball molto sfavorevole e di quella stock-flussi anch’essa sfavorevole. Come chiarito dalla NADEF 2022, il miglioramento di circa 4,7 p.p. di PIL del rapporto fino al 150,3% del 2021 è riconducibile alla ripresa economica, a cui si deve un aumento del PIL nominale del 7,3% circa, e alla riduzione del tasso di interesse implicito sul debito mantenutosi stabile al 2,5%. La componente snow-ball ha quindi più che compensato la spinta di segno opposto esercitata dal deficit di bilancio primario, pari a circa 3,7 p.p. (cfr. Figura 7 e Figura 8).

 

Figura 7 – Andamento del rapporto debito/PIL (al lordo e al netto degli aiuti europei) e della sua variazione annua

Fonte: Figura III.3, pagina 91, del DEF 2023

La stima preliminare del livello del rapporto debito/PIL per il 2022 è pari al 144,4% (cfr. Figura 7 e Tabella 25), inferiore di 1,3 punti percentuali (p.p.) rispetto al 145,7% previsto per il medesimo anno dalla Nota di aggiornamento del DEF (NADEF) del novembre 2022. Il risultato migliore rispetto alle stime viene spiegato dal DEF con la maggiore crescita economica e all’andamento dei saldi di cassa migliore delle attese. Il fabbisogno del settore pubblico a fine 2022 si è attestato, infatti, al 3,4% del PIL anziché al 4% atteso a novembre 2022. Il DEF segnala inoltre l’effetto sul rapporto debito/PIL di una revisione del perimetro delle Amministrazioni pubbliche operata dall’Istat e della ristrutturazione di alcune posizioni in derivati delle Amministrazioni centrali.

A tal proposito, sarebbe opportuno avere maggiori informazioni dal Governo.

Il rapporto debito/PIL risulta in riduzione di 5,5 p.p. rispetto al livello del 149,9% raggiunto nel 2021. Per quanto riguarda le determinanti di tale variazione del rapporto debito/PIL (cfr. Figura 8), il DEF evidenzia innanzitutto come il fattore principale del miglioramento sia da rinvenire nella crescita economica nominale sospinta anche dall’inflazione, che ha dato luogo a un contributo della componente snow-ball alla riduzione del rapporto debito/PIL per 7,4 p.p. nel 2021 e 5,2 p.p. nel 2022. Le pressioni inflazionistiche, attraverso i titoli indicizzati all’inflazione, hanno sospinto il costo medio del debito, anche se sono state contenute dalla durata media del debito particolarmente elevata. La componente snow-ball è stata in parte compensata dalla spinta di segno opposto esercitata dal deficit primario, pari a circa il 3,6% del PIL nel 2022. Il DEF sottolinea che la revisione della classificazione contabile dei crediti di imposta relativi ai bonus edilizi (si veda gli approfondimenti in questo dossier) ha riguardato solo il deficit e il saldo primario in quanto espressi in termini di competenza, ma non il debito pubblico, il quale segue l’andamento dei saldi di cassa. Tuttavia, la suddetta revisione contabile ha comportato una analoga revisione della componente di variazione del rapporto debito/PIL relativa all’aggiustamento stock-flussi, che include al suo interno la differenza tra i saldi valutati in termini di competenza e di cassa. La componente relativa all'aggiustamento stock-flussi ha contribuito al calo del rapporto debito/PIL per circa 3,9 p.p.. Oltre alla suddetta revisione, su tale componente ha inciso anche la riduzione, rispetto al 2021, per circa 0,2 p.p., delle disponibilità liquide complessive del Tesoro, ampiamente compensata, però, dall’effetto derivante dagli scarti di emissione positivi dovuti alla fase di forte ascesa dei tassi di interessi negli ultimi mesi del 2022.

Figura 8 – Andamento della variazione annua del rapporto debito/PIL e delle sue determinanti (in %)

Fonte: Figura III.2, pagina 88, del DEF 2023

Quanto alle previsioni (cfr. Figura 7 e Tabella 25), il DEF stima il rapporto debito/PIL in riduzione anche nell'anno corrente e nei tre successivi. Infatti, la componente snow-ball dovrebbe contribuire alla riduzione del debito/PIL per effetto di una sostenuta crescita economica e di un'elevata inflazione che compenserebbero l'aumento dei tassi di interesse. Secondo il DEF, il percorso di rientro del saldo primario, conseguente anche alla rimozione delle misure straordinarie di politica di bilancio adottate per fronteggiare la crisi energetica, contribuirà alla riduzione del rapporto debito/PIL a partire dal 2024, anno in cui si prevede il ritorno ad un avanzo primario programmatico dello 0,3 per cento del PIL, che aumenterà nel biennio successivo fino al 2 per cento nel 2026. Si sottolinea che parte del miglioramento nei prossimi anni del saldo primario dipende dagli effetti, soprattutto in termini di maggiore gettito, derivanti dalla riclassificazione contabile dei bonus edilizi menzionati in precedenza, e non concorre alla riduzione del rapporto debito/PIL poiché la riclassificazione ha un impatto simmetrico sull’aggiustamento stock-flussi, che agisce in direzione opposta al saldo primario neutralizzandone l’impatto positivo sul debito.

In particolare, nel 2023 il DEF prevede un rapporto debito/PIL programmatico pari al 142,1%, in riduzione rispetto al 2022 anche per effetto della riduzione delle giacenze liquide del Tesoro.

Per quanto riguarda gli anni successivi dell’orizzonte di previsione, si stima un rapporto pari al 141,4% per il 2024, al 140,9% per il 2025 e al 140,4% per il 2026. Tali stime tengono conto di una riduzione delle giacenze liquide del Tesoro negli anni 2024 e 2025 e di introiti da dismissioni pari complessivamente a circa lo 0,14% del PIL nel triennio 2024-2026.

Si valuti l’opportunità di acquisire dal Governo maggiori dettagli relativamente alle dismissioni che si intendono operare, dal momento che nel resto del Documento non si trovano ulteriori riferimenti.

Tabella 25 - Debito delle amministrazioni pubbliche al lordo dei sostegni finanziari ai paesi dell'area euro(1)(2)

(in milioni e in percentuale del PIL)

Fonte: DEF 2023, Tavola III.13, pagina 90, e Tavola I.3, pagina 10, e Bollettino Economico della Banca d’Italia, n. 2, aprile 2023

1)       Eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti.

2)  Al lordo delle quote di pertinenza dell’Italia dei prestiti a Stati membri dell'UEM, bilaterali o attraverso l'EFSF, e del contributo al capitale dell'ESM. A tutto il 2022 l'ammontare di tali interventi è stato pari a circa 56,3 miliardi, di cui 42 miliardi per prestiti bilaterali e attraverso l'EFSF e 14,3 miliardi per il programma ESM (cfr. Banca d’Italia, ‘Bollettino statistico Finanza pubblica, fabbisogno e debito del 15 marzo 2023). Si ipotizza una riduzione delle giacenze di liquidità del MEF di circa lo 0,3 per cento del Pil nel 2023, dello 0,2 per cento del PIL nel 2024 e nel 2025 e che rimangano costanti al livello del 2025 nel 2026. Inoltre, le stime tengono conto del riacquisto di SACE, degli impieghi del Patrimonio destinato, delle garanzie BEI, nonché dei prestiti dei programmi SURE e NGEU. Lo scenario dei tassi di interesse utilizzato per le stime si basa sulle previsioni implicite derivanti dai tassi forward sui titoli di Stato italiani del periodo di compilazione del presente documento.

La Tabella 26 riporta il valore del rapporto debito/PIL al netto delle quote di pertinenza dell’Italia dei prestiti a Stati membri dell’UEM, bilaterali o attraverso l’EFSF, e del contributo al capitale del MES.

 

Tabella 26 - Debito delle amministrazioni pubbliche al netto dei sostegni finanziari ai paesi dell'area euro(1)(2)(3)

(in milioni e in percentuale del PIL)

Fonte: DEF 2023, Tavola III.13, pagina 90

1)     Eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti.

2)     Al netto delle quote di pertinenza dell’Italia dei prestiti a Stati membri dell'UEM, bilaterali o attraverso l'EFSF, e del contributo al capitale dell'ESM. A tutto il 2022 l'ammontare di tali interventi è stato pari a circa 56,3 miliardi, di cui 42 miliardi per prestiti bilaterali e attraverso l'EFSF e 14,3 miliardi per il programma ESM (cfr. Banca d’Italia, ‘Bollettino statistico Finanza pubblica, fabbisogno e debito del 15 marzo 2023). Si ipotizza una riduzione delle giacenze di liquidità del MEF di circa lo 0,3 per cento del Pil nel 2023, dello 0,2 per cento del PIL nel 2024 e nel 2025 e che rimangano costanti al livello del 2025 nel 2026. Inoltre, le stime tengono conto del riacquisto di SACE, degli impieghi del Patrimonio destinato, delle garanzie BEI, nonché dei prestiti dei programmi SURE e NGEU. Lo scenario dei tassi di interesse utilizzato per le stime si basa sulle previsioni implicite derivanti dai tassi forward sui titoli di Stato italiani del periodo di compilazione del presente documento.

3)     Al lordo delle passività nei confronti degli altri sotto-settori.

2.5    La regola del debito e gli altri fattori rilevanti

Il processo di riforma della governance economica europea attualmente in corso (cfr. il paragrafo seguente) prevede di abrogare la regola di riduzione del rapporto debito/PIL attualmente vigente (cfr. il box seguente per una sintesi) con l’obiettivo di spostare l’attenzione dal rispetto di un parametro numerico rigidamente determinato alla dinamica del debito di medio periodo.

In questa fase di transizione dalle regole di bilancio attuali a quelle in fase di definizione, la Commissione europea ha invitato gli Stati membri dell’Ue a presentare un programma di bilancio che riconduca il debito pubblico su un sentiero discendente e che consenta il suo mantenimento su livelli prudenti nel medio periodo, assicurando allo stesso tempo che l’indebitamento netto della PA risulti inferiore al 3% del PIL nello stesso orizzonte temporale (si veda la Comunicazione della Commissione europea “Orientamenti sulle politiche di bilancio per il 2024”, COM(2023)141 dell’8 marzo 2023).

Seguendo tale indicazione, e in linea con lo spirito della proposta di riforma delle regole europee, il Governo conferma il percorso di graduale aggiustamento di bilancio programmato nella NADEF 2022 e nel DPB 2023 (si veda la Tabella 25) per continuare a ridurre l’elevato debito pubblico, nel presupposto che un risanamento troppo repentino potrebbe avere un impatto negativo sulla crescita. Il Governo si impegna, quindi, a un consolidamento pluriennale che, combinato con gli investimenti e le riforme strutturali definiti nel PNRR e le altre riforme programmate, mira a sostenere il potenziale di crescita dell’economia e migliorare la sostenibilità del debito pubblico. Il Governo ritiene che sia interesse del Paese proseguire su tale sentiero fino a quando l’analisi di sostenibilità del debito indichi che non siano necessari ulteriori miglioramenti del saldo primario strutturale.

 

La regola del debito attualmente vigente

La governance economica dell'UE adottata nel novembre 2011 (six pack) e richiamata nel Fiscal compact ha introdotto una regola numerica che specifica il ritmo di avvicinamento del rapporto debito/PIL al valore soglia del 60%. La regola è stata recepita nell'ordinamento italiano con la legge n. 243 del 2012 di attuazione del principio dell’equilibrio di bilancio.

In particolare, la regola si considera rispettata se la quota del rapporto debito/PIL in eccesso rispetto al valore del 60%

a)    si è ridotta in media di 1/20 all'anno nei tre anni precedenti quello di riferimento (criterio retrospettivo o backward looking), ovvero

b)   è prevista ridursi, in base alle stime elaborate dalla Commissione europea, in media di 1/20 all'anno nei due anni successivi all'ultimo per il quale si disponga di dati (criterio prospettico o forward-looking).

Nel valutare il rispetto dei due criteri precedenti, la regola prevede che si tenga conto dell'influenza del ciclo economico, depurando il rapporto debito/PIL dell'effetto prodotto dal ciclo sia sul numeratore sia sul denominatore.

Se anche in questo caso la regola non risulta rispettata, possono essere valutati i c.d. fattori rilevanti. In particolare, la Commissione sarà chiamata in questo caso a redigere un rapporto ex articolo 126, comma 3, del TFUE, nel quale esprimere valutazioni “qualitative” in merito agli sviluppi delle condizioni economiche e della finanza pubblica nel medio periodo, oltre che su ogni altro fattore che, nell'opinione dello Stato membro, sia rilevante nel valutare complessivamente il rispetto delle regole di bilancio europee.

 

2.6   La riforma della governance economica: lo stato dell’arte

Il 9 novembre 2022 la Commissione europea ha pubblicato la "Comunicazione sugli orientamenti per una riforma del quadro di governance economica dell'UE" (COM(2022) 583)[48], ultimo passo di un percorso pluriennale di riflessione che dovrebbe sfociare nella riforma delle regole di bilancio europee e nella conseguente disapplicazione, a partire da gennaio 2024, della clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita (PSC).

La riflessione non è ancora conclusa: la citata Comunicazione preannuncia infatti che saranno elaborati ulteriori orientamenti e presentate specifiche proposte legislative, su cui si auspica di registrare il consenso prima dell'inizio del processo di approvazione dei bilanci nazionali per il 2024.

Nella Comunicazione si ipotizza di coordinare le politiche economiche tramite un percorso che - confermando la necessità di rispettare i valori massimi di riferimento del 3 e 60 per cento del PIL rispettivamente per l'indebitamento netto e per il debito delle Pubbliche amministrazioni - si concentri sulle prospettive di medio termine, accresca la titolarità degli Stati membri e introduca una differenziazione dei percorsi di finanza pubblica sulla base del livello effettivo di debito in rapporto al PIL.

La Comunicazione distingue tra gli Stati membri a livello di debito molto alto (maggiore del 90 per cento del PIL, come l'Italia), quelli che si trovano in una situazione intermedia (tra il 60 e il 90 per cento) e quelli il cui livello di debito è inferiore al 60 per cento.

Il percorso ipotizzato si articolerebbe attraverso le seguenti fasi:

1)   la predisposizione, da parte della Commissione europea, di un quadro di finanza pubblica comune. Dovrebbe stabilire i requisiti per far decrescere, o far restare su livelli prudenti, il livello di debito e perché il disavanzo sia mantenuto al di sotto del 3 per cento del PIL. Tale quadro comprenderebbe un percorso pluriennale di aggiustamento per gli Stati membri con sfide di bilancio pubblico sostanziali o moderate. A questi si proporrebbe un percorso in termini di spesa primaria netta della durata di almeno quattro anni, tale che la traiettoria del debito decennale a politiche invariate sia su un percorso di plausibile e continuo calo e il disavanzo sia mantenuto al di sotto del valore di riferimento del 3 per cento del PIL;

2)   l'elaborazione, da parte degli Stati membri previo confronto approfondito con la Commissione europea, di piani di bilancio di medio termine, coerenti con il quadro comune, per garantire un percorso sostenibile di riduzione del debito mediante un consolidamento graduale associato a riforme e investimenti. Vi dovrebbero essere illustrati, per un periodo almeno quadriennale, impegni in termini di bilancio, riforme e investimenti tali da garantire un percorso sostenibile di diminuzione del debito e una crescita sostenibile e inclusiva. Durante tale arco temporale il Piano non potrebbe essere modificato, eccezion fatta per "circostanze oggettive che ne rendano impossibile l'attuazione". In tal caso "dovrebbe essere sottoposto alla stessa procedura di convalida";

3)   valutazione della Commissione europea e, solo a seguito di questa, approvazione del Consiglio;

4)   approvazione dei bilanci nazionali, i quali dovrebbero rispecchiare il contenuto dei piani. In seguito, gli Stati membri dovrebbero riferire annualmente sui progressi raggiunti, sull'attuazione delle riforme e sugli investimenti effettuati;

5)   monitoraggio annuale ad opera di Commissione e Consiglio al fine di verificare che la spesa finanziata a livello nazionale rimanga all'interno del percorso pluriennale di spesa primaria netta concordato. Verrebbe utilizzato un unico indicatore di bilancio ancorato alla sostenibilità del debito, ovvero il percorso della spesa pubblica al netto di quella finanziata da entrate discrezionali, della spesa per interessi sul debito e della componente ciclica della spesa legata alla disoccupazione.

In termini di attuazione, si preannuncia un controllo ex post più stringente: rimarrebbe inalterata la procedura per i disavanzi eccessivi (PDE) basata sulla soglia relativa al 3 per cento del PIL. Quella invece basata sul livello di debito verrebbe rafforzata, concentrandosi sugli spostamenti dal percorso di bilancio concordato. Nel caso degli Stati membri caratterizzati da un elevato rapporto debito-PIL, l'allontanamento dal percorso concordato determinerebbe l'apertura automatica della procedura.

Si preannuncia il mantenimento di una clausola generale di salvaguardia per la disapplicazione delle regole in caso di grave recessione economica, anche applicabile ai singoli Stati membri in caso di "circostanze eccezionali" fuori dal controllo del Governo.

Si prevede di arricchire la gamma di sanzioni, con particolare riferimento a:

1)   la diminuzione dell'ammontare delle sanzioni finanziarie per renderne credibile l’irrogazione;

2)   l'inasprimento di sanzioni che incidono sulla reputazione, prevedendo ad esempio l'obbligo, per i Ministri delle finanze dei paesi soggetti a PDE, di riferire al Parlamento europeo sulle misure che i rispettivi Governi intendono porre in essere;

3)   la previsione di una condizionalità macroeconomica con possibilità di sospendere l’erogazione di fondi unionali.

Si ipotizza, infine, la creazione di un nuovo strumento di attuazione, ancora non individuato nel dettaglio.

Nella propria Comunicazione: “Orientamenti sulle politiche di bilancio per il 2024 (COM(2023) 141 dell’8 marzo 2023) la Commissione ha ipotizzato di applicare in anticipo alcuni elementi della riforma proposta, presentando raccomandazioni specifiche per paese relative al 2024 già “quantificate e differenziate in base ai problemi di debito pubblico degli Stati membri” e formulate sulla base della spesa primaria netta.

Consiglio dell’Unione e Consiglio europeo

 

Un primo confronto sugli intendimenti della Commissione europea ha avuto luogo in sede di Consiglio Ecofin [49] il 14 marzo 2023. In tale occasione i Ministri hanno approvato conclusioni che – come specificato sul sito Internet del Consiglio – costituiscono “orientamenti politici destinati alla Commissione europea per la preparazione delle pertinenti proposte legislative” e che sono state approvate dal Consiglio europeo del 23 marzo 2023. Se dalle Conclusioni emerge la convergenza di opinioni degli Stati membri su alcuni elementi, su altri invece si evidenzia la necessità di ulteriori chiarimenti e discussioni (ad esempio per: definizione della traiettoria della Commissione; requisiti per gli Stati membri con modesti problemi di debito; definizione della spesa aggregata, adeguatezza e assetto di parametri quantitativi comuni a sostegno del quadro riformato; principi per una proroga del percorso di bilancio; ruolo delle raccomandazioni specifiche per Paese, esecuzione dei piani nazionali e incentivi per le riforme e gli investimenti). Il Consiglio ha invitato la Commissione a tenere conto - prima di pubblicare le proposte legislative – delle opinioni convergenti degli Stati membri. Le eventuali tappe successive saranno esaminate in sede di Consiglio al fine di concludere i lavori nel 2023.

 

Si evidenzia che la mancata conclusione dell’iter legislativo entro la fine dell’anno comporterebbe, alla disattivazione della clausola di salvaguardia generale, il ritorno alla normativa attuale.

Posizione degli Stati membri

 

La posizione del Governo italiano è stata illustrata alle Commissioni congiunte bilancio di Camera e Senato dal ministro Giorgetti in occasione di un’audizione in videoconferenza il 2 marzo 2023. Il Ministro ha auspicato che le future regole di bilancio promuovano gli investimenti in settori strategici quali ambiente, digitalizzazione e difesa. Ha riferito dell’intenzione del Governo di sollecitare l’integrazione del dibattito sulla governance con quello relativo alla riforma delle regole sugli aiuti di Stato, così da evitare il configurarsi di un vantaggio competitivo per gli Stati membri con maggiori risorse fiscali. Ha infine sottolineato l’importanza che sia raggiunto un accordo prima della disattivazione della clausola di salvaguardia generale.

Tradizionalmente, in seno al Consiglio dell’Unione, alcuni paesi del Nord Europa (cd. "frugali") promuovono il contenimento del bilancio dell’Unione e, a livello nazionale, il contenimento del rapporto debito/PIL. Nel contesto di questa dialettica si inserisce il documento informale (“non paper”) presentato dal Governo tedesco a inizio aprile, a cui fonti di stampa hanno dato ampio risalto. Il documento avrebbe proposto l’introduzione di:

1)   una regola di spesa (parametro quantitativo comune), tale per cui “la spesa deve aumentare più lentamente rispetto alla crescita potenziale”. Si propone di fissare la differenza tra crescita potenziale e crescita della spesa primaria netta (“margine di convergenza”) ad almeno un punto percentuale per gli Stati con un rapporto debito/PIL elevato;

2)   disposizioni comuni di salvaguardia di una riduzione del rapporto debito/PIL: i Paesi ad alto debito dovrebbero realizzare annualmente una riduzione obbligatoria minima pari almeno all’1 per cento; per quelli a debito moderato la riduzione sarebbe pari almeno allo 0,5 per cento all’anno;

3)   una clausola di revisione, in virtù della quale dopo al massimo quattro anni verrebbe rivisto il quadro di riferimento in caso di mancata, effettiva riduzione dei livelli di debito.

Posizione del Parlamento italiano

 

La "Comunicazione sugli orientamenti per una riforma del quadro di governance economica dell'UE" è stata oggetto di esame da parte della Commissione bilancio sia presso il Senato della Repubblica sia presso la Camera dei deputati. Entrambe le Commissioni hanno indicato precisi impegni al Governo per il prosieguo dei negoziati.

Il 21 marzo 2023, in occasione delle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri al Parlamento in vista della riunione del Consiglio europeo del 23 e 24 marzo 2023, sono state approvate, tra le altre, alla Camera la risoluzione Molinari ed altri (6-00025) e al Senato la risoluzione Terzi Di Sant'Agata ed altri (6-00023). I due testi, di identico contenuto, impegnano il Governo, tra l’altro, a:

1)   sostenere un negoziato sulla riforma della governance economica che promuova l'adozione di regole chiare e semplici e consenta di individuare percorsi credibili e sostenibili di riduzione del debito e controllo della spesa, affrontando la transizione del 2024 in maniera realistica e con obiettivi raggiungibili e favorendo un approccio orientato alla crescita ed agli investimenti strategici;

2)   valorizzare in sede negoziale le indicazioni derivanti dagli atti di indirizzo approvati dal Parlamento;

3)   orientare il negoziato utilizzando un approccio che tenga conto non solo dei paralleli lavori sul nuovo piano industriale del Green Deal e sulla revisione delle regole sugli aiuti di Stato, ma anche del ricorso all'uso flessibile dei fondi europei, adeguando gli obiettivi della politica di coesione al sostegno di tutti i fattori abilitanti la crescita economica e la competitività nazionale e unionale, a partire dal tessuto industriale.

 


 

3.         Relazione al Parlamento ex art. 6 L. 243/2012

La Relazione al Parlamento ai sensi della legge n. 243/2012 allegata al DEF 2023 illustra, come di consueto, l’aggiornamento degli obiettivi programmatici di finanza pubblica e del piano di rientro verso l’Obiettivo di Medio Periodo (OMT).

Lo scenario generale dei primi mesi del 2023 presenta il perdurare della fase di inflazione e di rialzo dei tassi di interesse avviata nel 2022, in un contesto internazionale incerto, che incide sui redditi delle famiglie e sui margini delle imprese.

Anche se nel corso del 2022 l’economia italiana ha continuato il recupero dopo la pesante contrazione registrata nel 2020, conseguendo una confortante crescita del 3,7 per cento, la riduzione dei consumi privati nel IV trimestre del 2022 segnala un’erosione del potere d’acquisto delle famiglie. Tale dato risulta in linea con l’andamento dei redditi reali recentemente diffuso dall’ISTAT, che segnala un loro aumento nominale del 6,3 per cento a fronte di un tasso medio d’inflazione dell’8,7 per cento. Per compensare tale riduzione le famiglie hanno eroso i risparmi, con la relativa propensione scesa nel IV trimestre al 5,3 per cento (8,2 per cento la media del decennio 2010-2019).

Per quanto anche nello scenario tendenziale contenuto all’interno del Programma di Stabilità non si preveda un calo dei consumi su base annua, secondo il Governo occorre intervenire per sostenere la domanda privata, in particolare dei lavoratori a reddito fisso, sui quali si è concentrato il calo di potere d’acquisto. Il Governo sottolinea poi la necessità di sostenere lo slancio nel mercato del lavoro, i cui progressi generatisi nel corso degli ultimi anni vanno preservati.

In quest’ottica, è opinione del Governo che un taglio dei contributi sociali a carico dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi possa contribuire al duplice scopo di incrementare i redditi reali delle famiglie e di limitare la rincorsa salari-prezzi, che renderebbe la vampata inflazionistica causata dai prezzi energetici e alimentari più sostenuta nel tempo, trasformandola in strutturale. Un effetto benefico della conseguente moderazione salariale e del rallentamento dell’inflazione corrente sarebbe anche quello di contenere le aspettative di inflazione degli operatori economici e dei mercati finanziari, riducendo inoltre la probabilità di ulteriori forti rialzi dei tassi da parte della BCE.

Il profilo programmatico degli obiettivi di finanza pubblica, definito con la NADEF 2022 del 4 novembre scorso, prevedeva una progressiva riduzione dell’indebitamento netto dal - 5,6 per cento del PIL nel 2022 al -4,5 per cento nel 2023, al -3,7 per cento nel 2024 e al -3,0 per cento nel 2025. In termini strutturali, il saldo era stato previsto in -6,1 per cento del PIL nel 2022, -4,8 per cento nel 2023, -4,2 per cento nel 2024 e -3,6 per cento nel 2025.

Con il DEF 2023 sono confermati gli obiettivi programmatici di indebitamento netto già autorizzati con la Relazione al Parlamento di novembre 2022 e la NADEF 2022, a fronte di un andamento tendenziale dei conti pubblici più favorevole negli anni 2023 e 2024.

Con la Relazione il Governo, sentita la Commissione europea, richiede quindi l’autorizzazione a ricorrere all’indebitamento, confermando gli obiettivi programmatici di indebitamento netto già autorizzati con i documenti di programmazione dello scorso novembre e secondo quanto indicato nel DEF 2023. In termini strutturali, il saldo risulta pari al -4,9 per cento nel 2023, -4,1 per cento nel 2024, -3,7 per cento nel 2025 e -3,2 per cento nel 2026.

 

Sul punto si osserva che i presupposti della richiesta di autorizzazione al ricorso al maggiore indebitamento, correlati all’obiettivo di tutelare i redditi reali delle famiglie senza avviare una spirale prezzi-salari-prezzi, andrebbero approfonditi per illustrarne la conformità alla previsione di cui all’articolo 6, comma 2, della legge n. 243 del 2012, che richiede, per ottenere l’autorizzazione parlamentare ad uno scostamento temporaneo dall’obiettivo programmatico, il verificarsi (lettera b)) - atteso che l’ipotesi di cui alla lettera a), relativa ad una recessione economica, non risulta chiaramente conferente) - di “eventi straordinari, al di fuori del controllo dello Stato, ivi incluse le gravi crisi finanziarie nonché le gravi calamità naturali, con rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria generale del Paese”. Sul punto, si potrebbe ipotizzare che tale evento straordinario sia rappresentato proprio dalla fiammata inflazionistica, non dipendente da fattori controllabili dallo Stato, ovvero dalle note vicende belliche che, attraverso le sanzioni e l’impatto sul commercio internazionale, hanno inciso negativamente sulla situazione finanziaria nazionale. In ogni caso, esplicitazioni sul punto appaiono necessarie per una verifica della conformità della richiesta di maggiore deficit al dettato normativo.

 

Le risorse che si rendono disponibili saranno utilizzate, come anticipato, con un provvedimento normativo di prossima adozione per sostenere il reddito disponibile e il potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti nel 2023, e saranno destinate, nel 2024, a interventi di riduzione della pressione fiscale.

All’attuazione di questi interventi sono appunto destinati gli spazi finanziari per i quali il Governo chiede l’autorizzazione al ricorso all’indebitamento, comprensivi della spesa per interessi passivi conseguente al maggior disavanzo autorizzato, che ammontano a 3,4 miliardi di euro nel 2023 e a 4,5 miliardi di euro nel 2024. Dal 2025 l’autorizzazione all’indebitamento è destinata alla sola spesa per interessi passivi per un importo fino a 314 milioni di euro nel 2025, destinato a crescere per raggiungere i 520 milioni di euro circa a decorrere dal 2033.

Il valore programmatico del saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato di competenza e di cassa sarà corrispondentemente rideterminato, in considerazione degli effetti delle misure che saranno adottate con il prossimo decreto-legge.

Infine, la Relazione ribadisce che il percorso di convergenza verso l’MTO è definito secondo il profilo indicato nel DEF 2023, che illustra anche il percorso di riduzione del debito pubblico programmato.


 

Parte III
PNR e approfondimenti

1.     Il PNR nel quadro della governance economica europea

Nell’articolazione del semestre europeo, entro il mese di aprile gli Stati membri presentano i propri programmi nazionali di riforma (PNR) e i programmi nazionali di stabilità (per i Paesi della zona euro, PS) o di convergenza (per gli altri Stati UE) [50]. In tale quadro di riferimento, il PNR costituisce un adempimento richiesto dal ciclo del semestre europeo e si configura, al contempo, quale aggiornamento della strategia di riforma, anche alla luce delle mutate condizioni di contesto.

Come evidenziato dal Documento di economia finanza in esame[51], anche per il 2023 il Piano nazionale di riforma si inserisce nel più ampio programma di riforma, innovazione e rilancio degli investimenti rappresentato dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, che potrà arricchirsi del nuovo capitolo concernente REPowerEU.

Con l'entrata in vigore del regolamento (UE) 2023/435 gli Stati membri possono aggiungere un capitolo dedicato al piano REPowerEU (volto a ridurre rapidamente la dipendenza dai combustibili fossili russi, accelerando nel contempo la transizione verde) ai loro PNRR. Per facilitare la rimodulazione dei PNRR in chiave REPowerEU, la Commissione europea ha anche pubblicato, il 1° febbraio 2023, apposite linee guida. Il PNRR modificato con il capitolo REPowerEU deve essere presentato alla Commissione europea entro il 30 aprile 2023.

L’Analisi annuale della crescita sostenibile 2023 (COM(2022) 780 final) e la Raccomandazione sulla politica economica della zona euro (COM(2022) 782 final) sono state presentate dalla Commissione europea il 22 novembre 2022. Insieme agli altri documenti del cosiddetto “pacchetto d’autunno”, hanno avviato il ciclo del Semestre europeo 2023.

L’Analisi annuale è il principale strumento di cui la Commissione dispone per stabilire le priorità economiche e sociali dell'UE per l’anno successivo. Su di essa, il Consiglio Ecofin del 17 gennaio 2023 ha adottato una serie di conclusioni. Sulla base di queste ultime e del contenuto dell’Analisi, le Istituzioni europee sostengono che, dinanzi a uno scenario macroeconomico e geopolitico incerto e complicato come quello attuale, le politiche economiche e sociali dell’UE e degli Stati membri devono essere agili e coordinate e porsi l’obiettivo di affrontare a breve termine le sfide più urgenti (prezzi dell'energia, inflazione, le carenze di approvvigionamento, famiglie e imprese più vulnerabili) e di continuare, nel contempo, a perseguire gli obiettivi dell’UE di medio e lungo termine (crescita sostenibile e sostenibilità delle finanze pubbliche, creazione di posti di lavoro di qualità, transizione verde e digitale, della competitività e autonomia strategica dell'Europa).

La Raccomandazione sulla politica economica della zona euro fornisce orientamenti specifici per gli Stati la cui moneta è l'euro, su questioni legate al funzionamento della zona euro nel suo complesso. Agli Stati membri dell’Eurozona è raccomandato, nel periodo 2023-2024, di adottare misure a livello individuale, anche attraverso l'attuazione dei loro PNRR, e collettivamente, in seno all'Eurogruppo, concernenti: il coordinamento delle politiche di bilancio nazionali; il sostegno agli investimenti pubblici e la promozione degli investimenti privati; il sostegno alle imprese; l'evoluzione salariale che attenui la perdita di potere d'acquisto dei lavoratori; le politiche attive del mercato del lavoro; la partecipazione effettiva delle parti sociali alla definizione delle politiche; il miglioramento del contesto imprenditoriale, preservando la stabilità macrofinanziaria.

 

Secondo quanto prospettato dalla “Tabella di marcia” per il semestre 2023[52], dopo la presentazione dei programmi di stabilità e convergenza e dei rispettivi programmi nazionali di riforma da parte degli Stati membri, la Commissione europea, con il “pacchetto di primavera” (24 maggio 2023) è chiamata a presentare le analisi specifiche per paese (relazioni per paese), le raccomandazioni di raccomandazioni del Consiglio che formulano pareri sui programmi di stabilità e convergenza e sui programmi nazionali di riforma 2023 (raccomandazioni specifiche per paese - CSR) e, se del caso, esami approfonditi nell'ambito delle procedure per gli squilibri macroeconomici. Le raccomandazioni specifiche ed integrate dovranno quindi essere approvate dal Consiglio europeo (29-30 giugno 2023) e adottate dal Consiglio “Economia e finanze” (14 luglio 2023).

 

La raccomandazione specifica per l’Italia 2022 (si veda anche relazione per paese che la accompagnava), formulava tre raccomandazioni.

1) Raccomandazione sulla politica di bilancio: assicurare, nel 2023, una politica di bilancio prudente - ma pronta a reagire all'evoluzione della situazione economica - in particolare limitando la crescita della spesa corrente finanziata a livello nazionale al di sotto della crescita del prodotto potenziale a medio termine, tenendo conto del perdurare del sostegno temporaneo e mirato alle famiglie e alle imprese più vulnerabili agli aumenti dei prezzi dell'energia e alle persone in fuga dall'Ucraina, e aumentare gli investimenti pubblici per la transizione verde e digitale e per la sicurezza energetica, tenendo conto dell'iniziativa REPowerEU, anche avvalendosi del Dispositivo per la ripresa e la resilienza e di altri fondi dell'UE. Per il periodo successivo al 2023, perseguire una politica di bilancio volta a conseguire posizioni di bilancio a medio termine prudenti e ad assicurare una riduzione credibile e graduale del debito e la sostenibilità di bilancio a medio termine attraverso il progressivo risanamento, investimenti e riforme.

Infine, si raccomanda di adottare e di attuare adeguatamente la legge delega sulla riforma fiscale per ridurre ulteriormente le imposte sul lavoro e aumentare l'efficienza del sistema, in particolare mediante una revisione delle aliquote d'imposta marginali effettive, l'allineamento dei valori catastali ai valori di mercato correnti, la razionalizzazione e la riduzione delle spese fiscali, anche per l'IVA, e delle sovvenzioni dannose per l'ambiente, assicurando comunque equità, e la riduzione della complessità del codice tributario.

2) Raccomandazione sull'attuazione del PNRR e dei programmi della politica di coesione: procedere con l'attuazione del PNRR, in linea con i traguardi e gli obiettivi concordati, e concludere rapidamente i negoziati con la Commissione europea sui documenti di programmazione della politica di coesione 2021-2027 al fine di avviare l'attuazione dei programmi;

Nell'agosto 2021 la Commissione ha erogato all'Italia 24,9 miliardi di euro a titolo di prefinanziamento; successivamente, nell'aprile 2022, ha erogato altri 21 miliardi di euro, valutando positivamente la prima richiesta di pagamento dell'Italia.

3) Raccomandazione sulla politica energetica conforme agli obiettivi di REPowerEU: ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e diversificare le importazioni di energia (secondo i dati della Commissione, proviene dalla Russia il 43% del gas e l’11% del petrolio greggio), superare le strozzature per accrescere la capacità di trasporto interno del gas, sviluppare interconnessioni delle reti di energia elettrica, accelerare il dispiegamento di capacità supplementari in materia di energie rinnovabili e adottare misure per aumentare l'efficienza energetica e promuovere la mobilità sostenibile.

 

Il documento specificava che le politiche di bilancio menzionate nella raccomandazione 1 contribuiscono, tra l'altro, a correggere gli squilibri dell’Italia connessi all'elevato debito pubblico, mentre le politiche menzionate nella raccomandazione 2 contribuiscono, tra l'altro, a correggere sia gli squilibri legati all'elevato debito pubblico che al protrarsi di una dinamica della produttività debole, in un contesto caratterizzato da fragilità del mercato del lavoro e del settore bancario.

In merito alla situazione di bilancio dell’Italia, la relazione presentata a norma dell'articolo 126, paragrafo 3, TFUE, pubblicata dalla Commissione nell’ambito del medesimo “pacchetto di primavera”, afferma che l’Italia non soddisfa i criteri del disavanzo e del debito stabiliti dal trattato e non rispetta il parametro per la riduzione del debito; tuttavia - aggiunge la Commissione - le condizioni economiche eccezionali non giustificano il rispetto di quest’ultimo parametro poiché il farlo implicherebbe uno sforzo di bilancio troppo impegnativo e incentrato sul periodo iniziale che rischierebbe a sua volta di compromettere la crescita. La Commissione, peraltro, annunciava di non voler avviare nuove procedure per disavanzi eccessivi, valutando nuovamente l’opportunità di proporne l’avvio nell'autunno 2022.

 

Nel 2021, a seguito della situazione di crisi determinata dall’emergenza da Covid-19, la Commissione europea non ha proposto raccomandazioni specifiche sul programma nazionale di riforma. Conseguentemente, la Raccomandazione del 18 giugno 2021 (2021/C 304/12) formulava un parere del Consiglio sul programma di stabilità 2021 dell'Italia, raccomandando all'Italia di:

1.    utilizzare il dispositivo per la ripresa e la resilienza per finanziare ulteriori investimenti a sostegno della ripresa nel 2022, perseguendo nel contempo una politica di bilancio prudente; preservare gli investimenti finanziati a livello nazionale; limitare l'aumento della spesa corrente finanziata a livello nazionale;

2.    quando le condizioni economiche lo consentano, perseguire una politica di bilancio volta a conseguire posizioni di bilancio prudenti e sostenibilità a medio termine; incrementare nel contempo gli investimenti per stimolare il potenziale di crescita;

3.    prestare particolare attenzione alla composizione delle finanze pubbliche, tanto sul lato delle entrate quanto su quello della spesa, e alla qualità delle misure di bilancio, al fine di garantire una ripresa sostenibile e inclusiva; dare priorità agli investimenti sostenibili e propizi per la crescita, sostenendo in particolare investimenti a favore della transizione verde e digitale; privilegiare le riforme strutturali di bilancio che contribuiranno al finanziamento delle priorità delle politiche pubbliche e alla sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche, anche, se del caso, rafforzando la copertura, l'adeguatezza e la sostenibilità dei sistemi sanitari e di protezione sociale per tutti.

Per quanto concerne le raccomandazioni specifiche (CSR) delle precedenti annualità, si segnala che l’Appendice 2 al Programma nazionale di riforma reca la tavola n. 1 che elenca le misure adottate in relazione alle CSR rivolte all’Italia a decorrere dal 2019. Le medesime CSR sono peraltro poste in relazione alle misure adottate in attuazione del PNRR programmate e conseguite nel corso del 2022.

 

Di seguito si riporta una serie di schede tematiche di approfondimento articolate per politiche pubbliche, anche alla luce dei contenuti del Piano nazionale di riforma (PNR) contenuto del DEF in esame (Sezione III).

2.     La riforma del sistema giudiziario

Con riferimento al settore della giustizia, il DEF 2023 evidenzia lo stato di avanzamento della riforma del sistema giudiziario, che – come anche sottolineato nel Country Report 2022 della Commissione – rappresenta una delle sfide di maggiore rilevo che l’Italia si è impegnata ad affrontare nell’ambito del PNRR. Al riguardo il Governo sottolinea come il PNRR, proprio al fine di migliorare la celerità e l’efficienza del sistema, abbia stanziato circa 3 miliardi.

Quanto alle riforme strutturali, che devono, secondo quanto previsto dal PNRR, affiancarsi agli investimenti, nel 2022 sono state adottate:

·        la riforma del processo civile;

·        la riforma del processo penale;

·        la riforma delle procedure di insolvenza;

·        la riforma della giustizia tributaria.

 

La riforma del processo civile (D. Lgs. 149/2022) mira a realizzare una riforma organica e un riassetto strutturale volti ad accelerare il processo di cognizione, il processo di esecuzione e i procedimenti speciali e a incentivare il ricorso agli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie. La maggior parte delle disposizioni contenute nella riforma sono efficaci a decorrere dal 28 febbraio 2023.

 

Per quanto riguarda i traguardi del PNRR connessi con la riforma del processo civile, si ricorda che sono stati conseguiti quelli relativi all’entrata in vigore della legge delega (la cui scadenza era prevista il 31 dicembre 2021) e dei relativi atti delegati (la cui scadenza era fissata al 31 dicembre 2022). Si tratta, in particolare, della legge 26 novembre 2021, n. 206, che prevede un’ampia delega al Governo per la riforma del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie, nonché misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie e di esecuzione forzata, e del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, pubblicato nella G.U. del 17 ottobre 2022 ed entrato in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione (18 ottobre 2022).

     La legge di bilancio 2023 (art. 1, co. 380, legge n. 197/2022) ha peraltro anticipato dal 30 giugno al 28 febbraio 2023 l’efficacia delle disposizioni di riforma, che si applicano pertanto ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Conseguentemente, l’art. 35 del decreto-legge n. 13 del 2023, recante disposizioni urgenti per l'attuazione del PNRR e del Piano nazionale degli investimenti complementari al PNRR, ha disposto l’anticipazione dell’obbligo di deposito telematico degli atti processuali e dei documenti al 1° marzo 2023, ivi compresi i provvedimenti e i verbali di udienza dei magistrati, anche ai procedimenti pendenti alla medesima data.

 

La riforma del processo penale (D. Lgs. 150/2022) – entrata in vigore il 30 dicembre 2022 - persegue l’obiettivo di ridurre i tempi di trattazione del 25 per cento rispetto al 2019 attraverso interventi di razionalizzazione, deflazione e accelerazione dei procedimenti, che incidono su diversi profili (fra cui indagini; notificazioni e comunicazioni; modalità di verbalizzazione; procedibilità, estinzione e non punibilità dei reati; semplificazione e accelerazione dell’accesso al giudizio e dello svolgimento dello stesso).

 

Analogamente a quanto previsto per la riforma del processo civile, in ambito penale sono stati conseguiti i traguardi del PNRR concernenti l’entrata in vigore della legge delega e dei relativi atti delegati (le cui scadenze erano fissate, rispettivamente, al 31 dicembre 2021 e al 31 dicembre 2022). Si tratta della legge 27 settembre 2021, n. 134, che delega il Governo ad operare, entro un anno, una complessiva riforma del processo penale, in linea con le indicazioni del PNRR, e del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, pubblicato nella G.U. del 17 ottobre 2022 ed entrato in vigore il 30 dicembre 2022 (data posticipata dal decreto-legge n. 162/2022 rispetto a quella inizialmente prevista ovvero il quindicesimo giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta).

 

Nel DEF si dà conto di come gli interventi realizzati negli ultimi anni abbiano cominciato a produrre effetti significativi sulla durata dei processi civili e penali: in particolare, nel periodo 1° ottobre 2021 – 30 settembre 2022 la durata dei processi civili è diminuita di circa il 6 per cento presso i tribunali e le corti d’appello e del 26 per cento presso la Corte di cassazione e la durata dei processi penali è diminuita di circa il 7,5 per cento presso i tribunali e la Corte di cassazione e del 26 per cento presso le corti d’appello.

 

Si ricorda che l’obiettivo ultimo delle riforme del processo civile e del processo penale è quello dell’abbattimento della durata dei procedimenti giudiziari in Italia. Tale obiettivo è stato ripetutamente oggetto delle Raccomandazioni rivolte negli ultimi anni dal Consiglio europeo al nostro Paese.

L’obiettivo finale fissato dal PNRR prevede la riduzione del 40% dei tempi di trattazione per le cause civili (e una contestuale riduzione del 90% del numero di cause pendenti nel 2019) e del 25% per i processi penali. In ambito civile sono altresì stabilite alcune tappe intermedie, fissate al 31 dicembre 2024, che prevedono la riduzione del 65% del numero di cause pendenti nel 2019 per i tribunali e del 55% per le Corti di appello.

 

Per quanto riguarda le riforme del processo civile, del processo penale e delle procedure di insolvenza, si rileva come nel corso del 2023 si preveda l’adozione di decreti legislativi correttivi e di atti attuativi.

 

La riforma delle procedure di insolvenza (D. Lgs. 83/2022) è volta a offrire agli imprenditori strumenti più efficaci per sanare le situazioni di squilibrio economico-patrimoniale che appaiono reversibili, quali ad esempio la composizione negoziata delle crisi e meccanismi di allerta precoce. La riforma, inoltre, recepisce la Direttiva (UE) 2019/1023 sulla ristrutturazione preventiva, sull’insolvenza, sull’esdebitazione e sulle interdizioni.

 

Il PNRR colloca la riforma delle procedure di insolvenza tra gli interventi prioritari da effettuare in materia di giustizia. In tale ambito, con il decreto legislativo n. 83 del 2022, il Governo ha provveduto a dare attuazione alla Direttiva (UE) 2019/1023 e ha fatto confluire nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, di cui al d. lgs. n. 14 del 2019, le disposizioni sulla composizione negoziata della crisi, introdotte in via d’urgenza dal decreto-legge n. 118 del 2021.

Il Codice è entrato in vigore il 15 luglio 2022, in anticipo rispetto al traguardo fissato al 31 dicembre 2022.

 

La riforma della giustizia tributaria (L. 130/2022) ha l’obiettivo di rendere più efficiente il processo e ridurre l’elevato numero di ricorsi per cassazione. Sono previste misure ordinamentali e processuali con finalità deflattive e di accelerazione dei giudizi, fra cui la professionalizzazione dei giudici, il potenziamento delle strutture amministrative e il rafforzamento dell’autonomia dell’organo di autogoverno.

 

Tra gli obiettivi fissati dal PNRR è ricompresa anche la riforma della giustizia tributaria.In tale ambito il Parlamento ha approvato la legge 31 agosto 2022, n. 130, che contiene disposizioni volte a professionalizzare il giudice tributario e a ridurre la durata del processo tributario, con particolare riguardo anche al contenzioso di legittimità pendente presso la Corte di Cassazione. La legge è entrata in vigore il 16 settembre 2022, rispettando le tempistiche previste dal PNRR, che richiedevano una riforma delle commissioni tributarie entro il 31 dicembre 2022.

 

Per quanto riguarda i profili organizzativi, si dà conto del reclutamento straordinario al 31 gennaio 2023 di 7.830 funzionari (sui 16.500 previsti) per l’Ufficio per il processo (istituito in via permanente) nonché del reclutamento, sempre al 31 gennaio 2023, di 3.406 figure professionali (sulle 5.410 previste) giuridico-amministrative e tecniche per il supporto delle cancellerie e degli interventi di digitalizzazione e di edilizia giudiziaria. Le attività di reclutamento proseguiranno nel 2023.

 

Le procedure per il reclutamento del personale addetto all’Ufficio per il processo sono state stabilite dal decreto-legge n. 80 del 2021, che ha autorizzato il Ministero della Giustizia a reclutare, con contratti a tempo determinato, un contingente massimo di 16.500 unità di addetti all'ufficio per il processo, (400 unità dovranno essere destinate alla Corte di cassazione) ed un contingente massimo di 5.410 unità di personale amministrativo; il citato decreto legge ha autorizzato altresì il Segretariato generale della Giustizia amministrativa a reclutare un contingente massimo di 326 unità di addetti all'ufficio per il processo amministrativo.

Le procedure hanno avuto avvio con la pubblicazione dei bandi nel 2021, mentre le immissioni in servizio sono iniziate a partire da ottobre 2022. Non tutti i posti messi a concorso risultano finora coperti.

Sul reclutamento è intervenuto da ultimo il decreto-legge n. 13 del 2023 che ha innalzato il limite di durata dei contratti a 36 mesi, precisando comunque che le assunzioni debbano avvenire nei limiti di spesa già previsti.

 

Il Governo ribadisce l’impegno ad adottare diversi strumenti per la digitalizzazione del sistema giudiziario e ricorda al riguardo che tra gli impegni previsti dal PNRR per il 2023 vi sono la gestione elettronica obbligatoria di tutti i documenti, il processo civile telematico, la digitalizzazione dei procedimenti penali di primo grado (esclusa l’udienza preliminare), la creazione di una banca dati delle decisioni civili gratuita e pienamente accessibile e consultabile. Sempre per il 2023 il PNRR prevede, inoltre, la digitalizzazione di 3,5 milioni di fascicoli giudiziari relativi agli ultimi dieci anni.

 

In particolare, la digitalizzazione di 3,5 milioni di fascicoli giudiziari entro il 31 dicembre 2023 si pone quale obiettivo intermedio rispetto al traguardo della digitalizzazione di 10 milioni di fascicoli giudiziari relativi agli ultimi 10 anni di processi civili di tribunali, corti d'appello e Cassazione, da conseguire entro il 30 giugno 2026.

 

Per approfondimenti sugli aspetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza riguardanti la giustizia, si rinvia al relativo tema.

 

Nel DEF si dà conto, inoltre, in materia di adempimento di obblighi internazionali, dell’approvazione da parte del Consiglio dei ministri del disegno di legge sul codice dei crimini internazionali nonché dell’adozione di provvedimenti volti ad adempiere a obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea in materia di operazioni societarie transfrontaliere, whistleblowing, class action, contrasto alla diffusione di materiale terroristico on line.

Il Documento sottolinea altresì che sono in corso di elaborazione disegni di legge in materia di riforma dei reati contro la pubblica amministrazione, di criminalità minorile e di disciplina delle intercettazioni e che, in materia civile, è allo studio un intervento di efficientamento del recupero crediti. Ricorda, infine, come siano allo studio i decreti attuativi della legge delega sulla riforma dell’ordinamento giudiziario nonché misure in materia di edilizia carceraria.

 

Con riguardo alla delega per la riforma dell’ordinamento giudiziario di cui alla legge n. 71 del 2022, si segnala che l’articolo 1, comma 3, del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 13 del 2023 (PNRR, politiche di coesione e politica agricola comune), attualmente all’esame della Camera, prevede il differimento dal 21 giugno 2023 al 31 dicembre 2023 del termine per l’esercizio della delega.

 

Quanto infine ai disegni di legge collegati alla manovra di bilancio, il Documento, nell’ambito della relativa elencazione (v. par. I.6), menziona i seguenti disegni di legge concernenti:

·      la revisione delle circoscrizioni giudiziarie, anche con riferimento al Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie;

·      la rimodulazione delle piante organiche del personale amministrativo degli uffici giudiziari e ridefinizione dei profili professionali, anche con riferimento al Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie;

·      gli interventi di rifunzionalizzazione degli istituti di prevenzione e pena.

3.     Politiche fiscali e di contrasto all’evasione fiscale

Le risorse per l’attuazione delle politiche fiscali

Occorre anzitutto rammentare che, nella Relazione al Parlamento che accompagna il Documento di economia e finanza 2023, l’esecutivo conferma gli obiettivi programmatici di indebitamento netto già autorizzati con la Relazione al Parlamento di novembre 2022 e la NADEF 2022, a fronte di un andamento tendenziale dei conti pubblici più favorevole negli anni 2023 e 2024. Richiede dunque alla Commissione UE l’autorizzazione a ricorrere all’indebitamento, confermando gli obiettivi programmatici di indebitamento netto già autorizzati con i documenti di programmazione dello scorso novembre e secondo quanto indicato nel DEF 2023.

Ciò implica che, in termini strutturali, il saldo risulta pari al -4,9 per cento nel 2023, -4,1 per cento nel 2024, -3,7 per cento nel 2025 e a -3,2 per cento nel 2026. Il Governo al riguardo chiarisce che intende utilizzare le risorse che si rendono disponibili per sostenere il reddito disponibile e il potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti nel 2023 e, nel 2024, a interventi di riduzione della pressione fiscale. Gli spazi finanziari a ciò dedicati - per i quali si chiede l’autorizzazione al ricorso all’indebitamento - ammontano a 3,4 miliardi di euro nel 2023 e a 4,5 miliardi di euro nel 2024.

Al riguardo il Governo fa presente che nel 2022 la pressione fiscale si è attestata al 43,5% per cento del PIL, in crescita di 0,1 punti percentuali dal 2021.

Con riferimento invece agli intenti programmatici, un primo obiettivo del Governo è superare gradualmente alcune delle misure straordinarie di politica fiscale attuate negli ultimi anni, in particolare le misure volte a fronteggiare i rincari energetici, e individuare nuovi interventi per il sostegno ai soggetti più vulnerabili e per il rilancio dell’economia.

Si segnala che, come risulta dalla relazione tecnica al decreto-legge n. 34 del 2023, il costo delle misure di contrasto al caro energia a favore delle imprese è risultato pari 4.907,61 milioni di euro, inferiore di circa 5 miliardi di euro rispetto a quanto previsto della legge di bilancio che, nella relativa relazione tecnica, stimava oneri pari a 9.846,55 milioni di euro.

La liberazione di tali risorse ha consentito di finanziare nuove misure a sostegno delle famiglie, delle imprese, nonché del sistema sanitario nazionale e dei suoi operatori; si tratta in particolare degli interventi contenuti nel decreto-legge n. 34 del 30 marzo 2023 (per dettagli sulle misure si rinvia relativo dossier). Al riguardo il Governo fa presente che l’entità degli interventi di contrasto al caro energia per il 2023 risulta pari all’1,2 per cento del PIL.

La razionalizzazione degli incentivi edilizi

Il Governo rileva che intende procedere ad una normalizzazione della politica di bilancio anche attraverso la revisione degli incentivi edilizi, in particolare del superbonus per l’efficientamento energetico e antisismico e il bonus facciate, rammentando che il tiraggio di queste due misure è stato nettamente superiore alle stime originarie e ricordando che gli interventi degli ultimi mesi (legge di bilancio 2023, decreto-legge n. 11 del 16 febbraio 2023) sono stati volti a ridimensionare la portata ditali interventi e nettamente riducendo la possibilità di optare per la cessione del credito o lo sconto in fattura in luogo della fruizione diretta della detrazione.

Inoltre, l’esecutivo constata la progressiva saturazione della capacità di acquisto del sistema bancario che ha rallentato la cessione dei crediti, comportando una carenza di liquidità per le imprese della filiera delle costruzioni. Allo scopo di far ripartire il mercato dei crediti il Governo rammenta le misure inserite nella legge di conversione del suddetto decreto-legge n. 11 del 2023 (si rinvia per dettagli al sito della documentazione parlamentare).

Il Governo afferma il proprio intento di rivedere l’intera materia degli incentivi edilizi in modo tale da combinare la spinta all’efficientamento energetico e antisismico degli immobili con la sostenibilità dei relativi oneri di finanza pubblica e l’equità distributiva.

La riforma fiscale

Come anticipato supra, il Governo intende destinare il margine di bilancio disponibile, oltre al finanziamento del taglio del cuneo fiscale sul lavoro dipendente nel 2023 all’allocazione del Fondo per la riduzione della pressione fiscale nel 2024, per oltre 4 miliardi. Tale allocazione è coerente con il programma di medio-lungo termine del Governo, che include, in particolare, la riforma complessiva del sistema fiscale.

Al riguardo l’esecutivo rammenta che il disegno di legge di delega per la riforma fiscale è volto a sostenere le famiglie più vulnerabili, a rilanciare la produttività, gli investimenti e le politiche dell’innovazione per promuovere la crescita, nonché il sostegno alle imprese e la sostenibilità ambientale.

Si tratta un provvedimento articolato, che consta di 20 articoli dalla revisione dello statuto del contribuente alla luce dei principi del legittimo affidamento e della certezza del diritto e interviene su tutti i tributi (Irpef, Irap, Ires, Iva, tributi doganali) e sulle accise.

Un aspetto della riforma definito qualificante dall’esecutivo è la riduzione della tassazione sulla classe media attraverso la ridefinizione delle principali deduzioni e detrazioni IRPEF, al fine di promuovere l’equità verticale e orizzontale e migliorare la trasparenza del sistema fiscale. Il riordino delle tax expenditures è anche finalizzato alla riallocazione di una parte del gettito utilizzabile per l’ulteriore razionalizzazione e semplificazione del sistema tributario. La riforma intende poi toccare i meccanismi dei procedimenti, accertativi e di riscossione e i meccanismi sanzionatori, in armonia con la riforma della giustizia tributaria.

I principali lineamenti della riforma dei tributi sono di seguito sintetizzati, rinviando per maggiori dettagli all’apposito capitolo del Programma Nazionale di Riforma dedicato alla delega.

Contrasto all’evasione fiscale

In materia di attività di contrasto all’evasione fiscale, il Governo rappresenta che nel corso del 2022, con riferimento all’attività dell’Agenzia delle entrate, sono stati riscossi complessivamente 20,2 miliardi dall’attività di promozione della compliance (propensione all’adempimento spontaneo dei contribuenti) e dall’attività di controllo, di cui 11,2 miliardi derivano dai versamenti diretti su atti emessi dall’Agenzia, circa 3,2 miliardi sono il risultato dell’attività di promozione della compliance e 5,8 miliardi rappresentano le somme recuperate a seguito di riscossione coattiva.

 

Risultati della lotta all’evasione: entrate tributarie erariali e non erariali (in miliardi di euro)

 

Con riferimento, invece, alle stime dell’evasione fiscale e contributiva, pubblicate nella ‘Relazione sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva – Aggiornamenti per gli anni 2015-2020, si evidenzia una dinamica di netto miglioramento della tax compliance, confermando l’efficacia delle azioni di contrasto all’evasione fiscale adottate negli anni più recenti, soprattutto con riferimento all’introduzione ed estensione del meccanismo di split payment e della fatturazione elettronica obbligatoria. 

Per il periodo 2018-2020, infatti, il valore medio del tax gap complessivo (misurazione del divario - gap - tra le imposte e i contributi effettivamente versati e quelli che i contribuenti avrebbero dovuto versare in un regime di perfetto adempimento degli obblighi tributari e contributivi) si attesta a circa 97,5 miliardi, di cui circa 85,5 miliardi si riferiscono alle entrate tributarie e circa 11,9 miliardi alle entrate contributive. Tra il 2015 e il 2020, il tax gap si è ridotto di circa 16,3 miliardi (circa il 17 per cento), di cui 15,9 miliardi relativi al recupero di entrate tributarie. In particolare, i risultati del biennio 2018-2019 mostrano un notevole miglioramento della tax compliance rispetto al 2017, con una riduzione dell’evasione tributaria pari complessivamente a 8,8 miliardi (-9,2 per cento), di cui circa 5,2 miliardi nel 2018 e circa 3,6 miliardi nel 2019. Il principale contributo a questa riduzione dell’evasione tributaria è dovuto al gap dell’IVA, il quale si è ridotto da 35,6 miliardi nel 2017 a 27,7 miliardi nel 2019 (-22,2 per cento).

Nel 2020, ultimo anno per cui è disponibile la stima, l’evasione tributaria e contributiva si è ridotta di ulteriori 9,8 miliardi (-10 per cento) rispetto al 2019, di cui 8 miliardi di entrate tributarie. Tuttavia, va tenuto in considerazione che i risultati relativi al 2020 riflettono gli effetti correlati allo shock pandemico e, pertanto, come suggerito nel testo, devono necessariamente essere interpretati con cautela.

Lo stesso andamento positivo risulta confermato dalla propensione al gap delle entrate tributarie (ovvero l’indicatore costruito come rapporto tra l’ammontare del tax gap e l’ammontare complessivo del gettito teorico o potenziale). Nel periodo 2015-2020 la propensione al gap è diminuita dal 21,1 per cento al 17,8 per cento (-3,3 punti percentuali), mostrando un significativo miglioramento soprattutto nel triennio finale (la riduzione è stata di 0,2 punti percentuali tra il 2015 e il 2017 e di 3,1 punti tra il 2017 e il 2020). In linea con gli andamenti in termini assoluti, l’andamento della propensione è strettamente legato alla riduzione della propensione al gap IVA, pari a quasi 6 punti percentuali nel periodo considerato.

Nonostante i miglioramenti sopra citati, nel testo del DEF si evidenzia come tuttavia il gap dell’IVA resta comunque elevato nel confronto europeo: ancora nel 2020, l’Italia risulta al terzo posto, dopo Malta e Romania, nella classifica dei Paesi a più alta evasione dell’IVA.

 

Il Governo pone, altresì, in evidenza che è impegnato a perseguire gli obiettivi di riduzione del tax gap previsti dal PNRR, nell’ambito delle misure correlate alla ‘Riforma dell’Amministrazione fiscale’. Questi obiettivi prevedono che la propensione al gap (relativa al complesso delle imposte con l’esclusione delle imposte immobiliari e delle accise) dovrà ridursi almeno al 17,6 per cento entro il 2023 (-0,9 punti percentuali rispetto al valore di riferimento del 2019; Target M1C1-116) e almeno al 15,8 per cento entro il 2024 (-2,8 punti percentuali rispetto al 2019; Target M1C1-121).

 

Nel testo si rappresenta inoltre che lo scenario programmatico in cui si collocano gli orientamenti della politica di contrasto all’evasione fiscale sarà caratterizzato in misura prioritaria dall’attuazione degli interventi previsti dal PNRR. In particolare, nell’ambito della già citata Riforma 1.12, ‘Riforma dell’Amministrazione Fiscale’, si ricorda che sono stati già raggiunti due traguardi:

§  il traguardo M1C1-101, scaduto nel quarto trimestre del 2021, che prevedeva la pubblicazione di una ‘Relazione per orientare le azioni del Governo volte a ridurre l'evasione fiscale dovuta alla omessa fatturazione, in particolare nei settori più esposti all'evasione fiscale, anche attraverso incentivi mirati per i consumatori’;

Si segnala a tale proposito che il traguardo M1C1-101 che prevedeva l’adozione di una Relazione per orientare le azioni del Governo volte a ridurre l’evasione fiscale da omessa fatturazione, in particolare nei settori più esposti all'evasione fiscale, anche attraverso incentivi mirati per i consumatori, è stato raggiunto con la pubblicazione della Relazione stessa il 20 dicembre 2021. Tale Relazione ha individuato alcune possibili misure per ridurre l’evasione da omessa fatturazione che si verifica prevalentemente quando venditore e acquirente si accordano per evadere (cosiddetta evasione con consenso).

§  il traguardo M1C1-103, punto v), scaduto nel secondo trimestre del 2022, che prevedeva atti di diritto primario e derivato in attuazione di azioni complementari efficaci basate sul riesame di eventuali misure per ridurre l'evasione fiscale dovuta alla omessa fatturazione.

Con riferimento al punto v) è stato emanato il D.M. 28 giugno 2022  che dà attuazione alle misure in materia di analisi del rischio, anche attraverso l’interconnessione fra le banche dati, prospettate dalla citata Relazione nonché dall’articolo 1, comma 682, della legge n. 160/2019 (legge di Bilancio 2020).

 

Più in dettaglio, tra le misure adottate nel corso del 2022 che hanno dato attuazione ai due traguardi, il Governo segnala che:

·        è stata anticipata al 30 giugno 2022 l’applicazione delle sanzioni per mancata accettazione di pagamenti effettuati con carte di debito e credito già previste a decorrere dal 1°gennaio 2023;

·        è stato esteso l’ambito soggettivo dell’obbligo della trasmissione telematica all’Agenzia delle entrate, da parte degli operatori finanziari, dei dati identificativi degli strumenti di pagamento elettronico messi a disposizione degli esercenti, nonché l'importo complessivo delle transazioni giornaliere effettuate mediante gli stessi strumenti.

Queste novità, si rileva nel DEF, consentiranno all’Agenzia delle entrate di utilizzare i dati delle fatture elettroniche e dei corrispettivi telematici trasmessi dagli esercenti attività di commercio al dettaglio incrociandoli con i dati dei POS. Eventuali discrepanze potranno essere utilizzate per sviluppare processi di analisi del rischio e predisporre lettere di compliance da inviare agli operatori, segnalando eventuali incoerenze.

4.     Modernizzazione della pubblica amministrazione

Nel Programma nazionale di riforma 2023, il Governo individua tre priorità di azione per proseguire l’azione di modernizzazione ed efficientamento della pubblica amministrazione, anche in risposta alle sfide poste dal PNRR, che ha previsto tale azione quale riforma orizzontale e abilitante. Le tre direttrici di percorso sono:

-     il miglioramento dei meccanismi di accesso e delle procedure di selezione in modo da favorire il ricambio generazionale;

-     la semplificazione di norme e procedure;

-     la qualificazione delle risorse umane.

Accanto a questi obiettivi la modernizzazione della PA passa anche attraverso la digitalizzazione dei processi ed il potenziamento delle competenze digitali (su cui si rinvia al paragrafo “Transizione digitale”).

Si tratta delle riforme a cui, negli ultimi anni, le istituzioni europee hanno invitato l’Italia a dare priorità.

Il Consiglio dell’Unione europea, con le raccomandazioni annuali sul Piano Nazionale di Riforma dell’Italia, ha costantemente invitato il nostro Paese a “migliorare l'efficienza della pubblica amministrazione, in particolare investendo nelle competenze dei dipendenti pubblici, accelerando la digitalizzazione e aumentando l'efficienza e la qualità dei servizi pubblici locali” (si veda la Raccomandazione del Consiglio del 9 luglio 2019 sul PNR 2019 dell’Italia, ed in particolare la Raccomandazione n. 3, che ricalca in gran parte le Raccomandazioni del 2018 e del 2017). Lungo la stessa linea direttrice, nelle Raccomandazioni 2020 il Consiglio aveva invitato l’Italia ad adottare provvedimenti, nel 2020 e nel 2021, volti a realizzare “un'infrastruttura digitale rafforzata per garantire la fornitura di servizi essenziali” (Raccomandazione n. 3) e a “migliorare […] il funzionamento della pubblica amministrazione” (Raccomandazione n. 4), nella considerazione che “un’amministrazione pubblica efficace è cruciale per garantire che le misure adottate per affrontare l'emergenza e sostenere la ripresa economica non siano rallentate nella loro attuazione.”. Nelle raccomandazioni 2021 si segnalava di prestare particolare attenzione alla transizione digitale.

Nelle ultime Raccomandazioni del 12 luglio 2022 il Consiglio dell’Unione europea ha invitato l’Italia a procedere con l’attuazione del PNRR, segnalando tra le principali azioni, il processo di riforma della pubblica amministrazione.

Accesso alla PA 

A seguito della semplificazione e della digitalizzazione delle procedure di reclutamento del personale per la copertura dei fabbisogni strutturali e le esigenze connesse all’attuazione del PNRR – che rappresenta uno degli aspetti della più ampia riforma della P.A. prevista dal Piano – il Governo stima circa 350.000 ingressi, pari al 10,9 per cento dell’attuale forza lavoro (3,2 milioni di dipendenti pubblici) nel biennio 2022-2023, considerando sia le sostituzioni del turnover che le nuove assunzioni.

Tale modernizzazione delle procedure selettive ha consentito, come riportato nel Documento in esame, una riduzione significativa della durata media dei concorsi, passando da 786 giorni delle procedure bandite nel 2019 a 189 giorni nel 2021 e a 169 giorni nel 2022. Il Governo sottolinea che gli ulteriori interventi programmati mirano a contenere la durata dei concorsi al di sotto dei sei mesi.

Il Documento ricorda che la suddetta semplificazione è stata raggiunta anche grazie ad un imponente investimento nelle infrastrutture digitali necessarie all’organizzazione delle procedure selettive, quali il Portale unico del Reclutamento InPA. Sul punto, il Governo ne prevede lo sviluppo anche come App per incrementarne la diffusione.

Si ricorda che il nuovo Portale di reclutamento della Pubblica amministrazione è operativo dal 1° luglio 2022 per tutte le amministrazioni pubbliche centrali e le autorità amministrative indipendenti, le quali, dal 1° novembre 2022, devono obbligatoriamente utilizzare tale Portale per tutte le procedure di assunzione a tempo determinato e indeterminato. Il Portale è altresì esteso anche alle Regioni e agli enti locali per le rispettive selezioni di personale e le relative modalità di utilizzo sono definite con apposito decreto.

La riforma del reclutamento del personale della P.A. coinvolge anche la riforma delle competenze e delle carriere poiché le nuove modalità di selezione si inseriscono nell’ambito della riprogettazione del sistema dei profili professionali, di sviluppo delle carriere e di formazione professionale. Poiché con l’adozione del D.L. 36/2022 è stato definito il quadro normativo di rango primario connesso a tale riforma, il Governo annuncia che entro il 30 giugno 2023 saranno adottati anche gli atti di fonte secondaria, le linee guida e gli indirizzi per l’attuazione e sarà altresì definito il modello di governance della riforma.

 

Di seguito i provvedimenti adottati per la semplificazione e digitalizzazione delle procedure di reclutamento del personale della P.A. prevista dal PNRR (M1C1-53, 56 e 58):

§  il D.L. 80/2021, recante la legislazione attuativa per la riforma del pubblico impiego (accesso alla dirigenza, carriere, valorizzazione del merito e della produttività, eliminazione del tetto al salario accessorio, valorizzazione delle elevate professionalità, rilancio Formez PA e SNA);

§  l’art. 10 del D.L. 44/2021, che ha introdotto a regime una nuova procedura semplificata per lo svolgimento dei concorsi pubblici. Per i concorsi banditi a decorrere dal 1° maggio 2022 la disciplina semplificata è quella dettata dal nuovo art. 35-quater del D.lgs. 165/2001, introdotto dal D.L. 36/2022, che ha parzialmente sostituito il suddetto art. 10;

§  l’art. 10 del D.L. 44/2021, che ha introdotto a regime una nuova procedura semplificata per lo svolgimento dei concorsi pubblici. Per i concorsi banditi a decorrere dal 1° maggio 2022 la disciplina semplificata è quella dettata dal nuovo art. 35-quater del D.lgs. 165/2001, introdotto dal D.L. 36/2022, che ha parzialmente sostituito il suddetto art. 10;

§  l’art. 1 del D.L. 36/2022 che prevede che le nuove linee di indirizzo per le PA relative alla predisposizione dei rispettivi piani triennali dei fabbisogni di personale, adottate con decreto del Dip.to della funzione pubblica del 22 luglio 2022, concernano anche la definizione dei nuovi profili professionali, individuati dalla contrattazione collettiva, con particolare riguardo all’insieme di conoscenze, competenze e capacità del personale da assumere;

§  l’art. 3 del D.L. 36/2022 che integra la procedura semplificata per l’espletamento dei concorsi pubblici prevista dall’art. 10 del DL 44/2021 e che dispone che entro il 31 dicembre 2022 venga adottato il Decreto del Presidente della Repubblica che aggiorni le norme relative allo svolgimento dei concorsi pubblici dettate dal D.P.R. 487/1994. Sul punto, il 5 ottobre 2022 è stato approvato, in esame preliminare, lo schema di regolamento che modifica e aggiorna le disposizioni del DPR 487/1994, recante la disciplina per lo svolgimento dei concorsi pubblici;

§  l’art. 5 del D.L. 36/2022 che introduce criteri di discriminazione positiva in favore del genere meno rappresentato nelle amministrazioni;

§  l’art. 6 del D.L. 36/2022 che ridefinisce il quadro normativo sulla mobilità orizzontale.

Semplificazione amministrativa

La semplificazione amministrativa è considerata una riforma trasversale abilitante l’attuazione del PNRR ed in proposito, nel Programma nazionale di riforma 2023, il Governo ricorda che finora sono stati raggiunti tutti i target e le milestone assegnati sulla base del cronoprogramma.

 

Interventi mirati sono previsti nel secondo asse di intervento della componente 1 della Missione 1, dedicato alle misure di modernizzazione della pubblica amministrazione (M1C1.2). In particolare, alla semplificazione amministrativa il Piano dedica un investimento (M1C1- I 2.2) e un’azione di riforma (M1C1- R.2.2).

In particolare, l'azione di riforma deve in primo luogo semplificare e accelerare le procedure direttamente collegate all'attuazione del PNRR. In secondo luogo, l'obiettivo è adottare misure strutturali volte a ridurre i tempi per la gestione delle procedure, con particolare riferimento a quelle che prevedono l'intervento di una pluralità di soggetti, quale presupposto essenziale per accelerare gli interventi cruciali nei settori chiave per cittadini e imprese, liberalizzare e semplificare, anche mediante l'eliminazione di adempimenti non necessari, reingegnerizzare e uniformare le procedure.

La riforma prevede entro il 2026 la semplificazione e reingegnerizzazione di 600 procedure al fine di creare un catalogo completo dei procedimenti e dei relativi regimi amministrativi, stabilendo a tal fine una serie di traguardi intermedi.

Gli interventi di semplificazione e velocizzazione delle procedure amministrative sono principalmente finanziati con l'investimento Task force digitalizzazione, monitoraggio e performance (M1C1-I 2.2) per complessivi 734,2 milioni di euro, di cui 717,8 milioni riservati ad azioni mirate di semplificazione.

Per quanto riguarda lo stato di attuazione dei progetti del PNRR in materia di semplificazione, la Relazione del Governo del 23 dicembre 2021 ha dato conto dei risultati raggiunti nel primo semestre di attuazione in relazione ai primi 51 obiettivi previsti dal Piano, di cui tre concernenti la semplificazione (M1C1 - 52, 53 e 54), mentre la seconda Relazione del Governo del 5 ottobre 2022 dà conto di un quarto traguardo in materia (M1C1 - 57), nonché di ulteriori dettagli sui progetti in via di realizzazione.

Per approfondimenti e dettagli sui singoli interventi e sul relativo stato di attuazione si rinvia alla specifica sezione del tema web, dedicata alla semplificazione nel PNRR.

 

Per il 2023 il Governo annuncia esclusivamente l’avvio del processo di graduale semplificazione di procedimenti amministrativi che riguardano cittadini e imprese, secondo la tempistica concordata con le istituzioni europee, in base alla quale i prossimi traguardi sono:

§  dicembre 2024: attuazione completa (compresi tutti gli atti delegati) della semplificazione di 200 procedure;

§  giugno 2025: attuazione completa della semplificazione di ulteriori 50 procedure;

§  giugno 2026: completamento dello screening dei regimi procedurali esistenti, unitamente alla loro semplificazione per un totale di 600 procedimenti.

 

In proposito, il PNR sottolinea che con il D.L. n. 13 del 2023, attualmente all’esame del Parlamento per la conversione, sono state avviate le semplificazioni di circa 50 procedure amministrative, in parziale anticipo rispetto alla scadenza fissata nel PNRR per la fine del 2024 (200 procedure).

 

In relazione alla semplificazione delle procedure amministrative, il D.L. n. 13 del 2023, prevede in particolare:

a) semplificazioni delle procedure di gestione finanziaria delle risorse del PNRR (articolo 6);

b) misure di semplificazione in materia di procedimenti amministrativi e di affidamento dei contratti pubblici relativi al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e del Piano Nazionale per gli investimenti complementari (PNC) (articoli 14 e 27-bis);

c) norme di semplificazione, principalmente mediante modifiche al codice delle comunicazioni elettroniche, relative alla realizzazione delle infrastrutture per la banda ultra larga, nonché dei procedimenti autorizzativi relativi all’installazione di infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici (articolo 18, co. 3-10);

d) disposizioni di semplificazione degli interventi di edilizia scolastica a sostegno degli enti locali (articolo 24);

e) semplificazioni delle procedure per la realizzazione degli interventi ferroviari oggetto di commissariamento e ulteriori semplificazione relativi ad interventi di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (articoli 32 e 33);

f) semplificazioni in materia di procedimenti di valutazione di impatto ambientale – VIA degli impianti chimici integrati di produzione, su scala industriale, di idrogeno verde e rinnovabile (articolo 41);

e) norme di semplificazione e liberalizzazione in materia di lavori di manutenzione ordinaria sui beni culturali e paesaggistici (articolo 46);

g) semplificazioni per l’autorizzazione di impianti da fonti rinnovabili e per la concessione di aree per la realizzazione degli impianti a servizio di comunità energetiche rinnovabili, nonché in materia di reti elettriche (articolo 47);

h) norme per la semplificazione dei procedimenti per la gestione delle terre e delle rocce da scavo (articolo 48);

i) semplificazioni in merito alle procedure autorizzative per la realizzazione di impianti di produzione di energie da fonti rinnovabili (articolo 49, co. 1-3).

Capitale umano e capacità amministrativa 

Il Governo descrive le azioni intraprese al fine di investire nelle competenze dei dipendenti pubblici, come richiesto dal Consiglio dell’UE nelle Raccomandazioni del 2019, nonché di perseguire l’obiettivo PNRR di formare, entro il 2026, 750.000 dipendenti della PA, di cui 350.000 delle PA centrali, con la certificazione dei risultati formativi per almeno il 70 per cento dei dipendenti.

Tra tali azioni, il Documento ricorda in particolare:

§  la  Direttiva sulla formazione, adottata a marzo 2023 dal Ministro per la PA che fissa per la prima volta obiettivi quantitativi e qualitativi minimi per la formazione del personale, con la garanzia di un monte ore minimo di 24 ore di formazione l’anno per ogni dipendente, riportando la formazione al centro dei processi di programmazione strategica per la gestione delle risorse umane;

§  la ridefinizione del portale “Syllabus - Nuove competenze per le PA”.

Sul punto, il Governo annuncia che la nuova piattaforma Syllabus, online dal 16 marzo 2023, si pone i seguenti obiettivi:

§  un’adesione da parte di tutte le PA entro il 30 giugno 2023;

§  la formazione di almeno il 30 per cento dei dipendenti sulle competenze digitali entro il 31 dicembre 2023, con attestazione del livello finale di competenza, e obiettivi crescenti per gli anni successivi (fino al 55 per cento dei dipendenti nel 2024 e fino al 75 per cento nel 2025).

Il portale Syllabus costituirà inoltre la base per la creazione del “fascicolo formativo del dipendente”, che confluirà nel fascicolo digitale del dipendente, che sarà reso operativo entro l’estate 2023.

 

In attuazione dell’obiettivo PNRR relativo alle competenze e capacità amministrative sono stati adottati:

§  il Piano strategico "Ri-formare la PA" rivolto ai 3,2 milioni di dipendenti pubblici e articolato in due filoni: il primo,“PA 110 e lode”, inaugurato dal protocollo d'intesa firmato ad ottobre 2021, agevola l'iscrizione dei dipendenti pubblici a corsi di laurea e master presso tutte le Università italiane; il secondo, attivato anche attraverso il programma di assessment e formazione digitale Syllabus, prevede l'avvio di programmi formativi specifici per sostenere le transizioni previste dal PNRR. Sul punto, come detto, il 21 marzo 2023 il Ministro per la PA ha firmato la Direttiva sulla formazione, in attuazione dell’obiettivo del PNRR, che prevede siano offerti corsi di formazione ad almeno 750mila dipendenti pubblici entro il 2026;

§  il DM 23 marzo 2022 che ha istituito i due programmi "Tirocinio InPA" e "Dottorato InPA", volti alla promozione, rispettivamente, dell'orientamento professionale di studenti universitari e di contratti di apprendistato di alta formazione e ricerca presso le PA.

 

Semplificazione normativa

Il Programma nazionale di riforma enuncia la volontà del Governo di procedere, da un lato, a una riduzione della normativa esistente e, dall’altro lato, a una razionalizzazione delle fonti del diritto, a fronte di un sistema, si afferma, “caratterizzato dalla stratificazione del sistema di disposizioni normative, spesso non coordinate fra loro”.

In proposito, il documento riporta i dati dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato in base ai quali dal 1861 al 21 settembre 2021 sono stati adottati 203.893 atti normativi e di questi solo 93.979 sono stati espressamente abrogati.

Il documento ricorda anche che il Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa sta svolgendo un’attività di censimento e di analisi, volta a identificare, insieme alle Amministrazioni di settore, i provvedimenti che hanno esaurito la loro funzione, che sono rimasti privi di effettivo contenuto precettivo o che risultano obsoleti. A tal fine è stata avviata l’analisi dei Regi decreti adottati a partire dal 1861, che saranno oggetto di abrogazioni nel corso dell’anno.

 

In proposito, si ricorda che, nella riunione del 16 marzo 2023, il Consiglio dei ministri ha approvato ha approvato, in esame preliminare, un disegno di legge di abrogazione di norme prerepubblicane relative al periodo 1861-1870.

In base al comunicato stampa, “il provvedimento abroga in maniera espressa norme di rango primario e secondario e provvedimenti amministrativi del periodo pre-repubblicano, al fine di semplificare il quadro normativo e di assicurare una maggiore certezza interpretativa delle disposizioni vigenti”.

Un disegno di legge recante “misure in materia di semplificazione normativa” è anche indicato dal DEF tra i provvedimenti collegati alla manovra di finanza pubblica.

 

Nell’ambito delle misure di semplificazione normativa, il Programma nazionale di riforma annuncia anche l’intenzione di procedere a un riordino del Testo unico degli enti locali (decreto legislativo n. 267 del 2000) – un disegno di legge in materia è anche indicato nel DEF tra i provvedimenti collegati alla manovra di finanza pubblica - e a una revisione del Codice dell’ambiente (decreto legislativo n. 152 del 2006).

4.1 Revisione della spesa dei ministeri (spending review)

La Riforma del quadro di revisione della spesa pubblica (Riforma 1.13 del PNRR) prevede di rafforzare il processo di revisione e valutazione della spesa (spending review) all'interno della programmazione economico-finanziaria e del bilancio annuale e pluriennale, come già previsto dalla legislazione nazionale (articolo 22- bis della legge 31 dicembre 2009, n. 196), con una serie di traguardi fino al 2026.

Alla fine del 2021, in attuazione del primo traguardo, è stato istituito il Comitato scientifico per le attività inerenti alla revisione della spesa. Il DEF 2022 ha stabilito che le amministrazioni centrali dello Stato devono assicurare i seguenti risparmi di spesa nel triennio 2023-2025: 800 milioni per il 2023; 1.200 milioni per il 2024; 1.500 milioni per il 2025. Il D.P.C.M. 4 novembre 2022 ha ripartito per ciascun Ministero l'obiettivo di riduzione di spesa indicato nel DEF 2022. La legge di bilancio per il 2023 ha disposto le riduzioni di spesa per Ministeri sia attraverso specifiche disposizioni normative (sezione I), sia con definanziamenti di spesa disposti nella sezione II della legge.

Il DEF 2023 dispone che la procedura prevista dall’articolo 22-bis della legge di contabilità continuerà ad essere adottata anche per l’anno in corso. Pertanto le amministrazioni centrali dello Stato concorreranno al finanziamento delle politiche invariate (spese ricorrenti ma non finanziate dalla legislazione in essere e che di norma vengono finanziate di anno in anno) e dei nuovi interventi che il Governo deciderà di adottare con la manovra di fine anno. Il DEF stabilisce un ulteriore obiettivo di risparmio che le amministrazioni centrali devono conseguire in termini di indebitamento netto pari a: 300 milioni nel 2024, 500 milioni nel 2025 e 700 milioni dal 2026.

La ripartizione tra i Ministeri e le aree di intervento sarà individuata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro il 31 maggio su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, previa deliberazione del Consiglio dei ministri.

Tali riduzioni di spesa si aggiungono a quanto già previsto con la legge di bilancio 2023, portando la riduzione complessiva a 1,5 miliardi nel 2024, 2 miliardi nel 2025 e 2,2 miliardi a partire dal 2026.

Tabella 27 - Obiettivi di risparmio dei Ministeri (indebitamento netto)

(milioni di euro)

 

2023

2024

2025

dal 2026

DEF 2022

800

1.200

1.500

1.500

DEF 2023

-

300

500

700

TOTALE

800

1.500

2.000

2.200

 

L'articolo 22-bis della legge di contabilità prevede che, dopo l'approvazione della legge di bilancio, entro il 1° marzo successivo, il Ministro dell'economia e ciascun Ministro di spesa provvedono a definire in appositi accordi le modalità e i termini per il monitoraggio del conseguimento degli obiettivi di spesa prefissati nella legge di bilancio. Riguardo al monitoraggio degli obiettivi di spesa, l'articolo 5 del D.P.C.M. 4 novembre 2022 stabilisce che, successivamente agli accordi del 1° marzo 2023, il Ministro dell'economia e finanze, entro il 15 luglio 2023, informa il Consiglio dei ministri sullo stato di attuazione degli interventi oggetto di monitoraggio negli accordi, sulla base di apposite schede trasmesse da ciascun Ministro entro il 30 giugno 2023. Entro il 1° marzo 2024 ciascun Ministro invia al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell'economia e delle finanze una relazione illustrativa del grado di raggiungimento dei risultati previsti negli accordi relativi al periodo 2023-2025 e le motivazioni dell'eventuale mancato raggiungimento degli stessi, da allegare al DEF.

In attuazione del traguardo previsto dal PNRR entro il 31 dicembre 2022 (M1C1-102) la Ragioneria generale dello Stato, in collaborazione con il Ministero della salute e il Ministero della giustizia, ha pubblicato il 30 dicembre 2022 la relazione sull'efficacia delle pratiche utilizzate da amministrazioni selezionate per valutare l'elaborazione e l'attuazione di piani di risparmio: "La revisione della spesa del bilancio dello Stato: valutazione dell'efficacia delle prassi di alcuni ministeri e linee guida per la formulazione e l'implementazione degli interventi per il conseguimento degli obiettivi di revisione della spesa".

Nel DEF 2023 il Governo afferma che la revisione della spesa pubblica e la capacità di intervenire sulle sue determinanti assume un ruolo ancor più rilevante nel contesto della riforma della governance europea che si va definendo. In questo nuovo quadro, infatti, l’allineamento del tasso di crescita della spesa primaria delle amministrazioni pubbliche ad un parametro prestabilito potrebbe assumere un ruolo centrale nella programmazione finanziaria e nella sorveglianza fiscale. Si prevede pertanto un rafforzamento delle attività di analisi e valutazione della spesa e un ulteriore investimento in competenze specialistiche. Al riguardo si rammenta che la legge di bilancio 2023 ha stanziato 20 milioni per il 2023, 25 milioni per il 2024 e 30 milioni dall'anno 2025 per il potenziamento delle competenze dei Ministeri in materia di analisi, valutazione delle politiche pubbliche e revisione della spesa.

5.     Transizione digitale

La trasformazione digitale del Paese è uno degli obiettivi centrali del Programma nazionale di riforma (PNR) 2023. Il Governo intende proseguire nel percorso già intrapreso in questo settore anche attraverso gli ingenti finanziamenti resi disponibili con il PNRR. La sttrategia digitale consentirà di colmare il divario che ancora separa il nostro Paese dai patner europei.

 

Il PNR riporta i dati dell’edizione 2022 del Digital Economy and Society Index37 (DESI), secondo il quale l’Italia, pur avendo compiuto significativi progressi nel processo di transizione digitale, si colloca ancora sotto la media UE in termini di digitalizzazione dell'economia e della società (18° posto nella classifica dei 27 Paesi europei). Se in tema di connettività e di integrazione delle tecnologie digitali, l’Italia ottiene le performance migliori, nel settore dei servizi pubblici digitali, il nostro Paese è molto al di sotto della media europea.

 

In questo quadro un ruolo fondamentale è svolto dalla digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni che a sua volta costituisce uno dei pilastri della più ampio processo di modernizzazione delle funzioni pubbliche anch’esso centrale nel PNR (si veda in proposito il paragrafo Modernizzazione della pubblica amministrazione).

 

Gli strumenti per la transizione digitale recati nel PNR si inseriscono nel solco del percorso programmatico contenuto nella Strategia nazionale per le competenze digitali (2020) volta ad accrescere le competenze digitali dei cittadini in sintonia con il 2030 Digital Compass: the European Way for the Digital Decade, la nuova strategia per la trasformazione digitale dell’Unione Europea.

Il Consiglio dell’Unione europea, nelle Raccomandazioni del 12 luglio 2022, ha raccomandato all’Italia di aumentare gli investimenti pubblici per le transizioni verde e digitale.

Già nelle Raccomandazioni del 2 giugno 2021 il Consiglio dell’Unione europea ha invitato l’Italia a dare priorità agli investimenti sostenibili e propizi per la crescita, sostenendo in particolare la transizione digitale, nonché la transizione verde; a privilegiare le riforme strutturali di bilancio che contribuiranno al finanziamento delle priorità delle politiche pubbliche e alla sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche.

In precedenza, nelle Raccomandazioni specifiche all’Italia del 20 luglio 2020, il Consiglio dell’Unione europea ha invitato l’Italia ad adottare provvedimenti, volti a realizzare “un'infrastruttura digitale rafforzata per garantire la fornitura di servizi essenziali” (Raccomandazione n. 3) e a “migliorare […] il funzionamento della pubblica amministrazione” (Raccomandazione n. 4), nella considerazione che “un'amministrazione pubblica efficace è cruciale per garantire che le misure adottate per affrontare l'emergenza e sostenere la ripresa economica non siano rallentate nella loro attuazione.”

 

Il PNRR, di cui il 27% delle risorse totali sono dedicate alla transizione digitale, rappresenta uno strumento strategico per il raggiungimento dei target digitali europei.

In particolare, il PNR (pag. 13) rileva che la Missione 1 ‘Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo’ offre un contributo rilevante alla crescita del PIL, pari a 2,1 punti percentuali in termini cumulati nel periodo 2021-2026, in particolare per l’apporto delle Componenti 1 ‘Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA’ e 2 ‘Digitalizzazione, innovazione e competitività nel sistema produttivo’ (rispettivamente 0,8 e 0,9 punti).

Il Governo nel PNR si sofferma in particolare su tre assi del PNRR:

§  infrastrutture e connettività a banda ultra-larga;

§  rafforzamento della cyber-security;

§  trasformazione della PA in chiave digitale.

Infine, si sofferma sul progetto di formazione basato sul Fondo per la Repubblica digitale.

Infrastrutture e connettività a banda ultra-larga

Nella Sezione III del DEF (Programma Nazionale di Riforma) una scheda di resoconto è dedicata al potenziamento delle infrastrutture digitali e alla diffusione della banda ultra-larga.

 

Si rammenta che la connettività è un connotato strategico per l’avanzamento della società stessa ed è, pertanto, oggetto di politiche pubbliche in molti Paesi ed è favorito dall’Unione europea.

In tale ottica, l’attenzione del legislatore nazionale è puntata sul raggiungimento di precisi obiettivi di connettività, da attuarsi mediante la realizzazione di una copertura omogenea del territorio con reti pubbliche di wi-fi diffuso, con la diffusione della banda larga e ultralarga e con una connessione Internet collocata entro la gamma da 1G, garantita in ogni parte del territorio, fino a quella ad alta velocità in 5G.

Alcune di queste politiche nazionali derivano direttamente da politiche europee: è il caso della strategia relativa al 5G, le cui linee guida sono state esposte nel "Piano di azione per il 5G" della Commissione europea (COM(2016) 588 final), volto a garantire che l'Unione disponga delle infrastrutture di connettività necessarie per la sua trasformazione digitale a partire dal 2020 e per il dispiegamento completo nelle aree urbane e lungo i principali assi di trasporto entro il 2025. L’obiettivo finale è assicurare a tutte le famiglie europee la copertura con almeno 1 Gigabit entro il 2030, con tutte le aree popolate coperte dal 5G: con tali requisiti l’Europa potrà contare su una buona base di partenza per partire con lo sviluppo del 6G.

Tuttavia, lo scenario europeo non appare soddisfacente. Secondo un audit del 2022 della Corte dei conti europea, infatti, solo 10 Stati europei (tra cui l’Italia) hanno una “alta probabilità” di conseguire i target previsti.

Quanto, più in generale, ai documenti programmatici adottati in sede europea, nel pacchetto presentato il 19 febbraio 2020, e - in particolare - nelle comunicazioni Plasmare il futuro digitale dell'Europa e Una strategia europea per i dati, la Commissione europea ha tracciato l'intervento per raggiungere la transizione digitale dell'UE, con particolare riguardo agli obiettivi:

Ø della digitalizzazione delle imprese e degli esercizi pubblici;

Ø dello sviluppo infrastrutturale volto a velocizzare la connettività negli Stati membri;

Ø del rafforzamento delle competenze digitali (di base e specialistiche), anche al fine di conseguire la piena accessibilità on line di tutti i servizi pubblici fondamentali.

In tale contesto, nella Bussola digitale 2030 e nel Programma strategico per il 2030 “Percorso per il decennio digitale”, la Commissione europea ha posto agli Stati membri i due obiettivi, già visti, da conseguire entro il 2030: il primo consiste nel garantire la connettività di almeno 1 Gbps (Gigabit al secondo) per tutte le famiglie europee; il secondo nell’assicurare la copertura 5G in tutte le aree popolate.

Data l’importanza degli elementi illustrati, la Commissione europea ha anche creato un apposito indice che misura in ciascun Paese il grado di progresso tecnologico e digitale raggiunto, il DESI (Digital Economy and Society Index). Nel ranking 2021, l’Italia si colloca sotto la media degli altri Paesi europei in tutte le voci di riferimento, che misurano l’apporto del capitale umano, il grado di connettività, il livello di integrazione delle tecnologie digitali nelle attività umane e la disponibilità di servizi pubblici digitali.

 

Questi assunti sono riepilogati nel DEF (vedi pag. 31 della Sezione III) e si dà atto del raggiungimento al 30 giugno 2022 del traguardo intermedio del PNRR che prevedeva l’aggiudicazione di tutti i contratti.

A questo proposito occorre rammentare che durante l’esame in Senato del disegno di legge di conversione del decreto legge n. 13 del 2023 sono state approvate disposizioni rilevanti per il tema.

All’articolo 18 sono stati infatti aggiunti i seguenti commi:

Ø il comma 11-ter, teso a estendere l’applicazione dell’anticipo del 20 per cento del prezzo in favore dell’appaltatore (art. 35, comma 18, del vigente codice degli appalti) ai seguenti piani:

·      Italia a 1 Giga;

·      Italia 5G backhauling;

·      Italia 5G densificazione. 

Si rammenta che, per quel che riguarda il Piano Italia a 1 Giga, l'11 ottobre 2021 il Comitato interministeriale per la Transizione Digitale (CiTD) ha affidato a Infratel l'aggiornamento della mappatura della copertura nazionale con reti fisse a banda ultra larga dei civici individuati dal "Piano Aree Bianche" del 2016. La nuova mappatura è tesa a individuare le aree rimaste fuori dall'intervento pubblico avviato nel 2016 e che non sono state ancora raggiunte, né lo saranno nei prossimi 5 anni, da investimenti privati idonei a garantire una velocità di connessione in download di almeno 300 Mbit/s nell'ora di picco del traffico. Queste aree sono dunque oggetto di intervento pubblico volto a garantire la velocità ad almeno 1 Gbit/s in download e 200 Mbit/s in upload, a completamento del Piano.

Già dal 24 novembre 2021 è stata avviata una nuova consultazione pubblica sull'esito della mappatura delle reti fisse "Aree bianche 2016", al fine di integrare il perimetro del Piano "Italia a 1 Giga" con nuovi indirizzi civici presenti in tali aree. I civici coinvolti dai bandi sono quasi 7 milioni in tutta Italia, suddivisi in 15 aree geografiche, i cosiddetti lotti. Al proposito, al 24 maggio 2022, risultano assegnati mediante bando i primi 14 lotti, mentre il 15° lotto è stato bandito il 28 giugno 2022.

Quanto al 5G, nel 2022 si è completata la procedura di riassegnazione (c.d. refarming) delle frequenze della banda dei 700 Mhz - che erano in uso per le televisioni digitali terrestri (broadcasting) - ai sistemi di comunicazione mobile in banda larga senza fili (5G), secondo l'obiettivo stabilito a livello europeo e con conseguente spostamento delle TV su altre frequenze.

La legge di bilancio 2023 (n. 197 del 2022, art. 1, co. 422) è, poi, intervenuta su alcune misure già previste nella legge di bilancio per il 2018 (n. 205 del 2017, articolo 1, commi da 1026 a 1046) per la riassegnazione delle frequenze, onde consentire l'accesso e lo sviluppo del 5G (a tali disposizioni di legge l’AGCOM aveva dato esecuzione con la delibera 231/18/Cons): essa ha rifinanziato per il triennio 2023-2025 tali interventi, con importi pari a 4,5 di euro per il 2023 e 6 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024 e 2025.

Si ricorda altresì che con il vocabolo backhauling si intende il rilegamento in fibra ottica dei siti radiomobili, mentre con densificazione si designa l’intervento per nuove infrastrutture. Al riguardo, lo scorso anno (21 marzo 2022) e in attuazione della Missione 1, Componente 2, Investimenti 3-20 e 21 del PNRR sono stati pubblicati dalla medesima Infratel i bandi per lo sviluppo delle reti 5G in Italia, per un totale di 2 miliardi di euro, prevedendo rispettivamente:

§  incentivi sugli investimenti per il backhauling fino al 90 per cento del costo;

§  contributi per la realizzazione di nuove infrastrutture di rete mobili (fibra, infrastrutture e componenti elettroniche) con velocità di trasmissione di almeno 150 Mbit/s in downlink e 30 Mbit/s in uplink, anch’esse finanziate fino al 90 del costo.  

Il bando Backhaul è stato aggiudicato il 13 giugno 2022 per un importo di circa 725 milioni di euro, mentre il bando Densificazione è stato aggiudicato il 30 giugno 2022 per un importo di circa 345 milioni e 700 mila euro.

Ø Il comma 11-quater, che consente l’anticipo di spesa per 100 milioni di euro per il 2023 per il «Grande Progetto Nazionale Banda Ultra Larga — Aree Bianche», incluso nei fondi strutturali 2014-2020. Più precisamente la spesa viene autorizzata, onde consentire al Fondo di rotazione di cui all’art. 5 della legge n. 183 del 1987 (sulle politiche riguardanti l'appartenenza dell'Italia all’UE) di anticipare al Ministero delle imprese e del Made in Italy le somme necessarie a proseguire la realizzazione del progetto. In sede rendicontazione con la Commissione europea, il Fondo recupererà la somma.

 

Peraltro, oltre a questi ultimi Piani, dedicati alla popolazione nel suo insieme, il Governo si propone di portare avanti anche gli altri previsti nel PNRR che concernono specifici settori come per esempio il “Piano Scuole Connesse”, il “Piano Sanità Connessa” e il “Piano Isole Minori”. A questo proposito si ricorda che nel PNRR sono stanziati i seguenti importi:

ü Piano "Scuole connesse" (risorse PNRR 261 milioni di euro);

ü Piano "Sanità connessa" (risorse PNRR 501,5 milioni di euro);

ü Piano "Isole Minori" (risorse PNRR 60,5 milioni di euro).

Rafforzamento della cyber-security;

Il Governo sottolinea come il PNRR e la strategia Italia digitale 2026 contengono misure di rafforzamento delle difese cibernetiche dell’Italia, a partire dalla piena attuazione della disciplina in materia di Perimetro di Sicurezza Nazionale Cibernetica. In particolare, gli investimenti, in tale ambito, sono organizzati su quattro aree di intervento:

§  presidi di front-line per la gestione degli alert e degli eventi a rischio intercettati verso la PA e le imprese di interesse nazionale;

§  valutazione e audit della sicurezza di apparati elettronici e applicazioni;

§  immissione di nuovo personale formato per la difesa cibernetica;

§  asset e unità incaricate della protezione della sicurezza nazionale e della risposta alle minacce cyber.

 

L'investimento del PNRR 1.5 Cybersecurity è volto alla creazione ed al rafforzamento delle infrastrutture legate alla protezione cibernetica del Paese a partire dalla attuazione della disciplina prevista dal Perimetro di sicurezza nazionale cibernetica PSNC in linea con i requisiti di sicurezza della direttiva (UE) 2016/1148 sulla sicurezza delle reti e dei sistemi informativi (direttiva NIS).

L'attuazione ha preso avvio con il decreto-legge 14 giugno 2021, n. 82, con il quale si è proceduto alla definizione dell'architettura nazionale di cybersicurezza e all'istituzione dell'Agenzia per la cybersicurezza nazionale (ACN). Successivamente, il 9 dicembre 2021, sono stati adottati i regolamenti di organizzazione dell'ACN (DPCM 223/2021), del personale (DPCM 224/2021) e di contabilità (DPCM 222/2021). Il 14 dicembre 2021 è stato sottoscritto l'accordo tra il Dipartimento per la trasformazione digitale e l'Agenzia per la cybersecurity italiana, quale soggetto attuatore per l'intero investimento. Oltre all'istituzione dell'Agenzia sono stati conseguiti entro il dicembre 2022 ulteriori 4 traguardi:

-       Dispiego iniziale dei servizi nazionali di cybersecurity

-       Avvio della rete dei laboratori di screening e certificazione della cybersecurity

-       Attivazione di un'unità centrale di audit per le misure di sicurezza PSNC e NIS

-       Sostegno al potenziamento delle strutture di sicurezza T1

La legge di bilancio 2023 ha istituito due fondi,  il fondo per l’attuazione della Strategia nazionale di cybersicurezza e il fondo per la gestione della cybersicurezza,  e ha incrementato le risorse per il funzionamento dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale.

Dal 19 gennaio 2023 la qualificazione dei servizi cloud per la Pubblica Amministrazione è diventata di competenza dell'Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale, che subentra all'Agenzia per l'Italia Digitale (AgID).

L'8 febbraio 2023 l'ACN ha adottato  il decreto direttoriale che determina tempi e modi per la transizione delle infrastrutture e servizi digitali gestiti dalle Pubbliche Amministrazioni o dalle Società a controllo pubblico al nuovo quadro regolatorio relativo alla valutazione e verifica di rispondenza ai requisiti di qualità e sicurezza.

Il Governo prevede che entro il 2024 saranno realizzati almeno 50 interventi di potenziamento effettuati nei settori del Perimetro di Sicurezza Nazionale Cibernetica (PSNC) e delle reti e sistemi informativi (NIS). Tra questi:

§  l’attivazione dei centri operativi per la sicurezza (SOC);

§  il miglioramento della difesa dei confini informatici e le capacità interne di monitoraggio in particolare nei settori dell'assistenza sanitaria, dell'energia e dell'ambiente;

§  l’attivazione delle squadre di pronto intervento informatico (CERT);

§  l’integrazione di almeno 5 centri operativi di sicurezza (SOC) con l'HyperSOC nazionale;

§  l’attivazione di almeno 10 laboratori di screening e certificazione, dei due centri di valutazione (CV), e del laboratorio di certificazione UE.

Trasformazione della PA in chiave digitale.

Il Governo rileva come il PNRR prevede importanti riforme e investimenti che mirano a supportare la digitalizzazione della pubblica amministrazione, la semplificazione delle procedure e l’incremento della disponibilità, qualità e utilizzo di servizi pubblici digitali per cittadini e imprese.

In particolare il PNR si sofferma sullo sviluppo della Piattaforma digitale nazionale dati (PDND) che consente l’interoperabilità delle banche dati e abilita lo scambio semplice e sicuro delle informazioni tra le pubbliche amministrazioni attraverso servizi software (API – Application Programming Interface) secondo il principio europeo del “once-only”, secondo il quale le pubbliche amministrazioni non devono richiedere dati di cui sono già in possesso. Il Governo prevede di alimentare la Piattaforma con 90 API entro il 2023, 400 API entro il 2024, 850 API entro il 2025 e almeno 1.000 API entro il giugno 2026, a conclusione del PNRR.

 

In sintesi, il processo di digitalizzazione delle pa previsto dal PNRR prevede in primo luogo la creazione di infrastrutture digitali per la p.a. anche attraverso la realizzazione del Polo strategico nazionale (investimento 1.1). Si tratta di un ambiente cloud destinato ad ospitare la Piattaforma digitale nazionale dati ove confluiranno le informazioni provenienti da tutte le amministrazioni, consentendo l'interoperabilità dei dati (investimento 1.3). L'obiettivo finale è di sviluppare, attraverso la piattaforma, un'offerta integrata e armonizzata di servizi digitali per i cittadini (investimento 1.4). Per il funzionamento del sistema di digitalizzazione delle p.a. è indispensabile, altresì, garantire la sicurezza cibernetica delle infrastrutture e dei dati. Al potenziamento della sicurezza cibernetica  è dedicato un articolato investimento (1.5) che prevede, tra l'altro, l'istituzione della Agenzia per la cybersicurezza nazionale. Completanto il quadro un investimento dedicato alla digitalizzazione delle grandi Amminsitrazioni centrali (1.6) e l'investimento volto a migliorare le competenze digitali di base dei cittadini al fine di superare il digital divide (1.7).

Per approfondire si veda il paragrafo Digitalizzazione della PA nell’ambito del Tema del’attività parlamentare PNRR Pubblica amministrazione.

Fondo per la Repubblica digitale

Il PNR si sofferma sui progressi dell’attività del Fondo per la repubblica digitale, alimentato con risorse non provenienti dal PRRR, volto a sostenere progetti rivolti alla formazione e all’inclusione digitale.

 

Il Fondo per la Repubblica Digitale, istituito dall'articolo 29 del D.L. 152/2021, è alimentato dai versamenti effettuati dalle fondazioni bancarie ed è destinato a sostenere progetti volti ad accrescere le competenze digitali. Pur non rientrando nell’mabito dei progetti compresi neòl PNRR, le sue finalità sono analoghe all'investimento 1.7 della Missione 1 volto a migliorare le competenze digitali di base dei cittadini (vedi sopra).

Il 29 gennaio 2022 il Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale, il Ministro dell'economia e delle finanze e il presidente di Acri, l'organizzazione che rappresenta le Casse di risparmio e le Fondazioni di origine bancaria, hanno siglato un protocollo d'intesa che definisce le modalità d'intervento del Fondo. Con due distinti decreti il Ministro per la trasformazione digitale ha assegnato le risorse del Fondo (D.M. 23.2.2022) e ha individuato le procedure per la concessione del contributo, riconosciuto sotto forma di credito di imposta, in favore delle fondazioni per i versamenti effettuati al Fondo per la Repubblica digitale (D.M. 25 marzo 2022). il 13 ottobre 2022 sono stati pubblicati i primi bandi del Fondo per la Repubblica Digitale, "Futura" e "Onlife": 13 milioni per accrescere le competenze digitali delle donne e dei NEET.

6.     Il nuovo Codice dei contratti pubblici

Il nuovo Codice dei contratti pubblici (D. Lgs. 36/2023), adottato in virtù della legge delega n. 78/2022, recante delega al Governo in materia di contratti pubblici (l'approvazione della quale rappresentava uno specifico traguardo della Missione M1C170 del PNRR da conseguire entro il 30 giugno 2022), è entrato in vigore il 1° aprile 2023, come previsto dal traguardo indicato nella Missione M1C173 del PNRR.

Le disposizioni del Codice, con i relativi allegati, saranno efficaci dal 1° luglio 2023.

La digitalizzazione degli appalti

Al fine di dare  attuazione a quanto previsto nella Missione M1C175  del PNRR ed in linea con i principi e i criteri direttivi della legge delega, le disposizioni del nuovo Codice consentiranno la digitalizzazione dell’intera procedura dei contratti pubblici (artt. 19-36 del Codice), fondandola sull’acquisizione di dati e sulla creazione di documenti nativi digitali, da realizzarsi tramite piattaforme che rendano possibile l’interazione con le banche dati esistenti e consentano, al contempo, un arricchimento delle stesse con i nuovi dati prodotti dalle singole procedure. Un ruolo decisivo per il raggiungimento di tali obiettivi sarà svolto, da un lato, dalla Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici (BDNCP) in connessione con le piattaforme digitali di e-procurement utilizzate dalle stazioni appaltanti (anche mediante l’attuazione delle disposizioni contenute nel regolamento di esecuzione (UE) 2019/1780) e, dall’altro, dal Fascicolo virtuale dell’operatore economico (FVOE) nel quale saranno presenti, per ciascun operatore economico, i dati e le informazioni per la verifica da parte delle stazioni appaltanti dei requisiti generali e speciali necessari per partecipare alla gara.

La riforma dal lato della domanda

Di rilievo risulta, dal lato della domanda, l’adozione di un nuovo meccanismo di qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza (art. 63 del Codice), per l’idoneità allo svolgimento delle procedure di affidamento. La qualificazione delle stazioni appaltanti sarà necessaria per realizzare le procedure di appalti di lavori superiore alla soglia di 500 mila euro e le procedure riferite a servizi e forniture al di sopra della relativa soglia di rilevanza europea (art. 62 del Codice).

Il PNR segnala poi che altre misure rilevanti del nuovo Codice riguardano:

§  la “liberalizzazione” del sub-appalto, il ricorso al quale sarà affidato, caso per caso, alla valutazione della stazione appaltante che non soggiacerà più a alcun vincolo qualitativo e quantitativo prestabilito;

§  la progettazione, i cui livelli sono stati ridotti da tre a due (art. 41 del Codice);

§  il ricorso all’appalto congiunto di progettazione ed esecuzione (art. 44 del Codice) (c.d. appalto integrato);

§  l’intervento in materia di appalti c.d. “sotto soglia”, optando per il principio della libertà nella scelta delle procedure di affidamento, coerentemente con quanto già previsto nel cosiddetto decreto “semplificazioni COVID-19” (art. 1 del D.L. 76/2020, efficace a decorrere dal 1° luglio 2023 ai sensi di quanto disposto dall’art. 229, comma 2, del Codice);

§  l’introduzione di un generale favor per la suddivisione in lotti degli appalti (art. 58 del Codice), che diviene così la regola ordinaria nell’esecuzione degli stessi, con l’obiettivo di favorire la partecipazione alle gare delle micro, piccole e medie imprese, anche di prossimità;

§  la definizione di una corsia preferenziale per la programmazione e la progettazione delle opere strategiche e di preminente interesse nazionale, in stretta sinergia con le Regioni (art. 39 del Codice).

7.     Politiche per la competitività e la concorrenza

Nel Country Report 2022 del 23 maggio 2022, la Commissione europea evidenzia che la debole crescita della produttività rappresenta per l’Italia una sfida di lunga data, dovuta in gran parte allo scarso livello di investimenti e innovazione, agli ostacoli alla concorrenza, alle carenze della pubblica amministrazione abbinate a un contesto imprenditoriale non favorevole e alle carenze di competenze della forza lavoro. La crescita della produttività è necessaria per sostenere la crescita del PIL in termini reali, che a sua volta sarà fondamentale per ridurre in misura sostanziale il rapporto debito pubblico/PIL.

Nell'ambito del PNRR sono stati rafforzati i regimi pubblici di sostegno agli investimenti innovativi (in particolare Transizione 4.0) ed è stato compiuto un importante passo avanti nella riforma della giustizia per migliorare la produttività dei tribunali. Le misure sulla riforma degli appalti pubblici, unitamente alle regole di concorrenza (è stata adottata la L. n. 118/2022 “Legge sulla concorrenza 2021”), dovrebbero, secondo le stime della Commissione, semplificare e accelerare le procedure burocratiche, anche per l'aggiudicazione degli appalti pubblici, e contribuire al miglioramento del contesto imprenditoriale. Le prime fasi della riforma della pubblica amministrazione dovrebbero poi migliorare la capacità amministrativa e l'efficienza del pubblico impiego.

 

Il Governo, nel DEF 2023, condivide la necessità di affrontare in maniera strutturale i nodi della concorrenza e, nella consapevolezza della trasversalità di questo tema, ha previsto una serie di riforme e azioni, da attuare, anche nell’ambito del PNRR, entro il 2026.

Tra le misure a sostegno della competitività delle imprese e della concorrenza per un’economia più dinamica predisposte recentemente dal Governo, vengono indicate:

a)      la revisione e razionalizzazione del sistema di incentivi, il cui disegno di legge delega è in corso di esame in prima lettura al Senato (AS 571). La revisione degli incentivi costituisce, secondo quanto rileva l’Esecutivo, un passaggio necessario per la promozione della politica industriale italiana, che richiede un maggiore efficientamento degli interventi per le imprese. I principi guida sono quattro: i) Programmazione degli interventi e indicazione della loro estensione temporale, anche pluriennale, in modo da assicurare un sostegno tendenzialmente continuativo ed adeguato alle finalità stabilite. ii) Misurabilità dell’impatto “nell’ambito economico oggetto degli incentivi, sulla base della valutazione in itinere ed ex post degli effetti ottenuti”. iii) Riduzione del divario territoriale, rafforzando la coesione sociale, economica e territoriale, nonché promozione della riduzione del gender gap; iv) Incremento della digitalizzazione, maggiore semplicità delle procedure di incentivazione e più efficace coordinamento di strumenti già esistenti, come il Registro nazionale degli aiuti di Stato (RNA) e la piattaforma telematica “incentivi.gov.it”.

§  Il PNRR, tra le riforme abilitanti, ha previsto la revisione delle norme sugli investimenti e gli interventi nel Mezzogiorno come azione indispensabile per supportare la ripresa e la crescita del Paese che contribuisce, in maniera significativa, alla realizzazione della coesione sociale e territoriale[53]. La NADEF 2021 aveva poi indicato quale DDL collegato alla manovra 2021 il DDL di revisione organica degli incentivi alle imprese e potenziamento, razionalizzazione, semplificazione del sistema degli incentivi alle imprese del Mezzogiorno. Il Documento di Economia e Finanza (DEF) approvato il 6 aprile 2022 dal Consiglio dei Ministri, a completamento della manovra di bilancio 2023-2025, ha indicato tra i collegati alla decisione di bilancio, anche il “DDL su revisione organica degli incentivi alle imprese e potenziamento, razionalizzazione, semplificazione del sistema degli incentivi alle imprese del Mezzogiorno".

§  Il DEF 2023 in esame, qualifica l’ AS 571 come provvedimento collegato alla manovra di bilancio 2023-2025;

 

b)     la revisione del Codice della proprietà industriale, il cui disegno di legge è anch’esso all’esame in prima lettura presso il Senato (AS 411)[54]. Il provvedimento si inquadra all’interno della riforma del sistema della proprietà industriale prevista dalla Missione 1 del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). Tra le novità del disegno di legge, evidenziate nel DEF, la maggiore semplificazione amministrativa e la digitalizzazione delle procedure, la protezione temporanea di disegni e modelli nell'ambito delle fiere, la possibilità di posticipare il pagamento delle tasse brevettuali, riconoscendo la protezione fin dalla data di presentazione della domanda, il rafforzamento del controllo preventivo sulle domande di brevetto utili per la difesa dello Stato, nonché il rafforzamento della tutela delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine e dei design dei prodotti rispetto a fenomeni imitativi;

c)      la semplificazione procedurale in materia di investimenti. Il DEF fa in particolare riferimento ad una misura, già introdotta nella scorsa legislatura, con l’articolo 30 del D.L. n. 50/2022 (L. n. 91/2022), e modificata nell’attuale, con il D.L. n. 173/2022 (L. n. 204/2022), in virtù della quale si consente al Ministero delle imprese e del made in italy l’esercizio di poteri sostitutivi in caso di inerzia di pubbliche amministrazioni non territoriali “nei procedimenti aventi ad oggetto investimenti per il sistema produttivo nazionale di valore superiore a 25 milioni di euro e con significative ricadute occupazionali”, “avviato su istanza dell'impresa, dell'ente o della pubblica amministrazione interessati”.

d)     le specifiche norme volte a favorire la concorrenza in molti settori.

§  Con riferimento a tale aspetto, il Governo segnala l’approvazione nel Consiglio dei ministri del 6 aprile 2023, su proposta del Ministro delle imprese e del Made in Italy, il disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza 2022. Il disegno di legge non è ancora stato presentato alle Camere.

§  Come il provvedimento sulla concorrenza 2021 (L. n. 118/2022), anche il provvedimento sulla concorrenza 2022 si inserisce nelle riforme previste dal PNRR: l’approvazione annuale di una “legge sulla concorrenza” rientra tra gli impegni assunti dallo Stato italiano e monitorati dalla Commissione, al cui rispetto risulta subordinato lo stanziamento dei fondi previsti nell’ambito dello stesso PNRR. Per una disamina dei suoi contenuti, concordati con le Istituzioni UE in sede di PNRR, si rinvia qui.

§  Il DEF annuncia che - in una prospettiva di adeguamento agli obblighi derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea, che assicuri al contempo la giusta considerazione degli interessi e delle peculiarità nazionali - si è deciso di affrontare, nel disegno di legge, anche l’annoso tema delle concessioni di posteggio per l’esercizio del commercio al dettaglio. In particolare, si sancisce l’assegnazione tramite procedure di evidenza pubblica, ispirate a principi di par condicio e trasparenza, delle concessioni in discorso, intendendosi salvaguardare, tuttavia, gli interessi degli attuali concessionari e dei lavoratori da questi impiegati. Il disegno di legge prevede, inoltre, norme di dettaglio volte a favorire la diffusione della concorrenza in ulteriori settori. Si prevede, inoltre, l’estensione dei poteri di determinazione tariffaria dell’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA) nel settore del teleriscaldamento, al fine di agevolare la diffusione ulteriore di tale tecnologia ed il contenimento dei relativi prezzi. Si introduce una disciplina del c.d. servizio di cold ironing (elettrificazione delle banchine nei porti) la cui valorizzazione costituisce autonomo obiettivo previsto nel PNRR (Riforma 1.3 “Semplificazione delle procedure di autorizzazione per gli impianti di cold ironing”- M3C2-R 1.3-4, per la quale si rinvia qui). Infine, si introducono disposizioni di rafforzamento e razionalizzazione dei poteri di accertamento e sanzionatori attribuiti all’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM), potenziando al contempo le fondamentali garanzie di difesa dei soggetti interessati dai relativi procedimenti.

§  Il DEF mette in risalto il fatto che le disposizioni contenute nel disegno di legge Concorrenza non prevedono l’emanazione a valle di atti normativi, di rango primario o secondario, o di atti di carattere amministrativo generale ai fini della loro concreta efficacia. Questo aspetto è considerato fondamentale per una pronta attuazione: i destinatari potranno infatti dare immediata attuazione alle disposizioni senza la necessità di attendere atti intermedi di regolazione di dettaglio.

8.     Il mercato del lavoro

Il Documento riporta gli interventi adottati in materia di lavoro nel corso del 2022 e nei primi mesi del 2023 per il miglioramento delle prospettive occupazionali. Tali interventi hanno riguardato l’attuazione e lo sviluppo, in particolare, dei seguenti programmi nazionali, individuati dal PNRR come programmi guida per orientare le politiche future in relazione a specifici target:

§  il programma “Garanzia per l’occupabilità dei lavoratori” (GOL) rivolto ai soggetti privi di occupazione e sostenuto da un piano di investimenti per il rafforzamento dei servizi pubblici per l’impiego;

§  il Programma di investimento nel Sistema duale, relativo ai giovani tra i 15 e i 25 anni e basato in particolare su forme di alternanza tra scuola e lavoro e su contratti di apprendistato;

§  il Fondo nuove competenze, volto a promuovere la formazione dei lavoratori, in particolare in quei contesti maggiormente esposti alla transizione ecologica e digitale. 

Il Governo evidenzia come tali strumenti abbiano contribuito alla diminuzione del tasso di disoccupazione, anche con riferimento a quella giovanile, scesi rispettivamente all’8,1 e al 24 per cento.

 

A.    Riforma delle politiche attive per il lavoro

Il tasso di occupazione ha registrato il suo massimo storico (dal 2004), attestandosi al 60,8 per cento a gennaio 2023. In particolare, si rileva che, in base ai risultati dell’indagine delle forze lavoro, nel 2022 la crescita dell’occupazione ha accelerato (2,4 per cento dallo 0,8 per cento del 2021), portando il numero di occupati a superare la soglia di 23 milioni di addetti, valore massimo in serie storica.

Il Governo ritiene tale tasso ancora insufficiente a garantire la sostenibilità di un sistema di protezione e sicurezza sociale che deve far fronte al costante invecchiamento della popolazione. Il Documento evidenzia, infatti, che il tasso è al di sotto dell’obiettivo nazionale del 73 per cento per la classe 20-64 anni fissato nell’ambito del piano di implementazione del Pilastro Europeo dei Diritti Sociali e che l’Italia è ancora lontana dal raggiungimento di altri obiettivi fissati dal Pilastro (cfr. lo scoreboard sociale che misura i progressi compiuti dai paesi membri della UE nel perseguimento dei principi del Pilastro, pubblicato annualmente nel Rapporto congiunto sull’occupazione adottato dal consiglio europeo dei ministri del lavoro).

In particolare, il Documento ricorda che tra le sfide che il Governo è chiamato ad affrontare nell’ambito delle politiche del lavoro e della formazione, alcune attengono in particolare all’elevato tasso di disoccupazione giovanile, al pronunciato divario nei tassi di occupazione tra uomini e donne, alla elevata quota di giovani che non studiano, non lavorano e non sono impegnati in attività formative (i c.d. Neet), all’alto tasso di abbandono prematuro degli studi e alla bassa quota di laureati tra i giovani in età tra 25 e 34 anni.

In considerazione del basso tasso di partecipazione al mercato del lavoro, il DEF sottolinea la necessità di un potenziamento del sistema delle politiche attive del mercato del lavoro, la cui capacità di attivazione, intermediazione e sviluppo delle competenze appare inadeguata alla luce delle transizioni in atto nell’economia e nella società. Agli operatori pubblici e privati dell’intermediazione e del mercato della formazione - così come alle Parti Sociali attraverso i Fondi Interprofessionali e alle aziende nei loro piani di formazione - è affidato il processo di qualificazione e continuo aggiornamento delle competenze della popolazione italiana in età di lavoro, che, come sottolineato dal Governo, sconta ancora importanti gaps rispetto ai livelli di qualificazione della forza lavoro degli altri Paesi del’UE. Sul punto, l’ultimo rapporto ANPAL-Unioncamere evidenzia una crescente difficoltà da parte degli imprenditori italiani nel reperire le figure professionali richieste per espandere le aziende e competere sul mercato interno e internazionale.

Il DEF sottolinea che, tra gli interventi finalizzati a rendere i sistemi formativi più aderenti alle suddette necessità del mercato del lavoro e a favorire la mobilità dei lavoratori anche nel contesto nazionale, vi è l’adozione del rapporto italiano di referenziazione dei titoli e delle qualifiche al Quadro Europeo – EQF, che rappresenta altresì un intervento complementare al PNRR. Con questa misura si completa un ulteriore passaggio per una piena implementazione di un sistema nazionale di certificazione delle competenze acquisite in contesti formali, non formali e informali, anche a sostegno del diritto dell'individuo all'apprendimento permanente.

Il Documento evidenzia altresì la necessità di prestare particolare attenzione ai gruppi attualmente sottorappresentati nel mercato del lavoro, in particolare. giovani e donne. In tale prospettiva, si ricorda che la legge di bilancio per il 2023 ha rafforzato gli incentivi economici per le assunzioni di soggetti fino a 36 anni di età o di donne in particolari condizioni.

Al fine di migliorare il livello occupazionale e l’inserimento nel mondo del lavoro, il PNRR prevede, in particolare, il Piano nazionale nuove competenze, volto ad incrementare il livello e la qualità delle competenze della forza lavoro, contrastare il fenomeno del c.d. skill mismatch e favorire l’inserimento o il reinserimento degli inattivi e degli inoccupati nel mercato del lavoro in maniera sostenibile.

I Programmi previsti da tale Piano, come anticipato, sono: il Programma di riforma Garanzia per l’Occupabilità dei Lavoratori (GOL); il Programma di investimento nel Sistema Duale; il Fondo Nuove Competenze.

Per quanto concerne l’attuazione dell’investimento nel Sistema duale, con il DM 2 agosto 2022, n. 139, sono state adottate le “Linee Guida per la programmazione e attuazione dei percorsi di Istruzione e Formazione Professionale (IeFP) e di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS) in modalità duale”, in recepimento dell'Accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano del 27 luglio 2022; con il Decreto Direttoriale n. 54 del 22 luglio 2022 sono state assegnate le risorse alle regioni e alle province autonome, per il 2021, come prima rata di una quota del 20% - pari a euro 120 mln di euro - del totale delle risorse del PNRR.

Per quanto concerne il Fondo nuove competenze, questo, con il DM del 22 settembre 2022, è stato rifinanziato per 1 miliardo di euro a valere sulle risorse dell’iniziativa REACT-EU affluite al Programma operativo nazionale Sistemi di Politiche Attive per l’Occupazione (PON SPAO), relativamente agli accordi di rimodulazione sottoscritti entro il 31 dicembre 2022. Conseguentemente, l’ANPAL ha pubblicato l’Avviso pubblico per la seconda edizione del Fondo, che definisce termini e modalità per la presentazione delle istanze da parte delle imprese entro il 27 marzo 2023. Infine, con decreto n. 31 del 24 febbraio 2023 vi è stato un rifinanziamento del FNC per 180 mln di euro, anche in conseguenza di quanto disposto dal DL 198/2022, che ha previsto che il Fondo operi anche per il 2023.

 

Il Governo sottolinea che, sempre nell’ambito del PNRR, a queste riforme si aggiunge il Piano nazionale per il contrasto al lavoro sommerso che mira, tra l’altro, a favorire l’emersione di lavoratori altrimenti esclusi dai percorsi di qualificazione e riqualificazione necessari all’aggiornamento delle loro competenze.

Il Piano nazionale per la lotta al lavoro sommerso per il triennio 2023-2025 (entrato in vigore il 21 dicembre 2022) è stato adottato con DM del 19 dicembre 2022, n. 221, come predisposto dal Tavolo tecnico (istituito dal DM 24 febbraio 2022, n. 32) e successivamente aggiornato con il DM n. 58 del 6 aprile 2023.Il Piano nazionale tiene conto delle sinergie con il Tavolo per la definizione di una strategia di contrasto al caporalato (Tavolo inizialmente costituito per un triennio e i cui lavori sono stati prorogati sino al 3 settembre 2025 dal DM del 17 giugno 2022). In attuazione del suddetto Piano, che prevede, tra l’altro, la definizione di una struttura di governance per garantire l’attuazione delle misure ivi previste, con DM n. 57 del 2023 è stato istituito il Comitato nazionale per la prevenzione e il contrasto del lavoro sommerso.

Garanzia per l’Occupabilità dei Lavoratori (GOL)

Il Documento si sofferma, in particolare, sullo stato di attuazione del Programma GOL, evidenziando che gli obiettivi intermedi sinora raggiunti dal programma sono superiori a quanto concordato con la Commissione europea. Infatti, al 31 gennaio 2023 il numero di partecipanti a GOL era pari a 827.453 (a fronte dei 300.000 programmati), l’85 per cento dei quali appartenente alle categorie vulnerabili.

Il Governo specifica altresì che anche gli interventi complementari all’attuazione del Programma GOL risultano pienamente attuati. Tutte le regioni hanno infatti adottato i previsti piani di potenziamento dei Centri per l’impiego e, a dicembre 2022, 327 di tali CPI hanno attivato programmi di formazione degli operatori, di infrastrutturazione informatica, di comunicazione e di implementazione dell’Osservatorio sul mercato del lavoro.

Occupazione femminile

Nel Documento il Governo sottolinea che le politiche per le pari opportunità costituiscono un importante motore di crescita per il Paese ed evidenzia che anche le premesse delle Raccomandazioni per l’Italia 2022 (Considerando n. 21), adottate dal Consiglio dell’UE il 12 luglio 2022, richiamano l’opportunità di attuare politiche per migliorare le prospettive occupazionali, in particolare delle donne.

In tale prospettiva, il Documento ricorda che uno degli strumenti individuati dal PNRR è il sistema di certificazione della parità di genere per le imprese, divenuto pienamente operativo nel corso del 2022.

Sempre in vista di una maggiore diffusione della certificazione, il Governo segnala l’introduzione di uno sgravio contributivo (nella misura dell'1 per cento dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico del datore di lavoro[55]) per le imprese certificate.

Viene infine ricordato che per la promozione della certificazione delle sole PMI, sono stati stanziati a valere su risorse PNRR 2.500.000 euro per attività di accompagnamento alla certificazione e 5.500.000 euro per la copertura dei costi di certificazione.

Il Governo evidenzia che nel 2023, tramite un Accordo di collaborazione con Unioncamere, si provvederà a promuovere e diffondere il sistema di certificazione.

La certificazione della parità di genere è stata regolata dalla L. 162/2021 e dalla L. 234/2021 e implementata attraverso i seguenti passaggi:

-        il Decreto del Dip.to delle pari opportunità del 1° ottobre 2021 che ha istituito il Tavolo tecnico per la definizione di standard tecnici del sistema di certificazione;

-        i decreti del Dip.to Pari opportunità del 27 gennaio 2022 e del 22 febbraio 2022 che hanno istituito, rispettivamente, la Cabina di regia interistituzionale per la parità di genere e l’Osservatorio nazionale per l'integrazione delle politiche per la parità di genere;

-        l’Accordo del 28 gennaio 2022 tra il Dipartimento per le pari opportunità e SOGEI per la progettazione e implementazione di un sistema informativo sulla certificazione della parità di genere, rilasciato il 21 dicembre 2022

-        il Decreto del Dipartimento delle pari opportunità del 5 aprile 2022 che ha istituito il Tavolo di lavoro permanente sulla certificazione di genere alle imprese;

-        il decreto del Dip.to delle pari opportunità del 29 aprile 2022 che definisce i parametri minimi per  il  conseguimento  della  certificazione della parità di genere alle imprese, parametri di cui  alla  Prassi di  riferimento  UNI/PdR  125:2022 che prevede sei criteri (driver) necessari per stabilire la concessione della certificazione;

-        il decreto del 19 luglio 2022 di nomina dei componenti del Tavolo permanente sulla certificazione della parità di genere;

-        l’Accordo del 15 settembre 2022 di collaborazione tra il Dipartimento per le pari opportunità e Unioncamere per la progettazione e organizzazione delle attività relative all’implementazione del Sistema di certificazione della parità di genere;

-        il DM del 20 ottobre 2022 che definisce i criteri e le modalità per l’accesso all’esonero contributivo previsto dalla L. 162/2021 in favore dei datori di lavoro privati in possesso della certificazione della parità di genere

Il Sistema della certificazione della parità di genere è di fatto già operativo in quanto Accredia, l’ente italiano di accreditamento, ha abilitato 27 organismi di valutazione che a loro volta hanno certificato 264 imprese (dati al 12 aprile 2023, presenti sul sito https://certificazione.pariopportunita.gov.it/public/home ).

 Il Dip.to Pari opportunità ha inoltre pubblicato un Avviso per la formazione di un elenco degli organismi di certificazione accreditati. Le domande d’iscrizione all’elenco potranno essere trasmesse fino al 30 giugno 2026.

 

Inoltre, il Documento segnala che la Ministra per la famiglia, le pari opportunità e la natalità ha recentemente presentato un progetto di Codice di Autodisciplina per le imprese responsabili verso la maternità, uno strumento di moral suasion che avrebbe l’obiettivo di ridurre il fenomeno delle dimissioni per maternità e di creare un clima di collaborazione sulla maternità tra aziende e dipendenti.

Il Governo fa presente infine che il CdM, il 23 febbraio 2023, ha approvato il disegno di legge di revisione del sistema degli incentivi alle imprese, che prevede, tra l’altro, la redazione di un codice degli incentivi che contenga disposizioni per il riconoscimento di una premialità alle imprese che valorizzino la quantità e qualità del lavoro femminile, nonché il sostegno alla natalità.

Divario generazionale

Le politiche per le nuove generazioni costituiscono, insieme alle richiamate politiche di genere, una delle priorità trasversali del PNRR, in piena sintonia con Next Generation EU.

Il Documento evidenzia che, nell’ambito delle Missioni del PNRR che coinvolgono più o meno direttamente i giovani, oltre a quelle relative all’istruzione e alla ricerca e alla digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura, vi è anche la Missione Inclusione e coesione, con gli interventi per il rafforzamento dell’apprendistato duale e il potenziamento del Servizio civile universale, che possono contribuire a ridurre il numero di NEET.

Si ricorda che il Servizio Civile Universale è volto alla promozione e all’acquisizione di competenze chiave per l’apprendimento permanente (soft skills, competenze personali, sociali, competenze di cittadinanza attiva). Al 31 dicembre 2022 il numero di operatori volontari avviati era pari a 45.920.

Nel Documento il Governo rileva che l’impegno per le nuove generazioni si concretizza anche in una serie di disposizioni della legge di bilancio per il 2023, finalizzate, come detto, a supportare i giovani nell’ingresso nel mondo lavoro.

 

Effetti sul PIL reale delle riforme relative al mercato del lavoro

Il Documento ipotizza che la riforma delle politiche attive del mercato del lavoro e della formazione - diretta in larga parte, come detto, al Programma (GOL) e al Piano nazionale nuove competenze – e altri interventi determineranno non solo un aumento dei tassi di partecipazione al mercato del lavoro, ma anche un impatto rilevante sul PIL, comportando un aumento già nel 2026 (+1,5 per cento), che diverrà ancora maggiore nel lungo periodo (+3,5 per cento rispetto allo scenario di base).

 

Riforma del Reddito di cittadinanza

Nel Documento, il Governo sottolinea l’intenzione di procedere alla

riforma del Reddito di cittadinanza, che sarà abrogato a partire dal mese di gennaio 2024 (ex art. 1, c. 318, L. 197/2022).

Il Governo rileva che tale istituto si è mostrato inefficace nel favorire l’attivazione e l’inserimento nel mercato del lavoro dei beneficiari, sottolineando, inoltre, che il relativo meccanismo, sul piano dell’equità, ha penalizzato le famiglie più numerose e verosimilmente maggiormente bisognose di supporto.

La revisione dell’istituto deve essere operata, secondo il Documento, in una prospettiva di inclusione attiva, di piena integrazione della rete dei servizi per il lavoro, pubblici o privati, con il sistema dei servizi sociali presenti sul territorio, di potenziamento dei servizi erogati e della capacità di presa in carico del beneficiario, nonché di rafforzamento del sistema di verifiche e controlli.

 

B.    Occupazione

Quadro attuale e quadro macroeconomico tendenziale

Come detto, a gennaio 2023 il tasso di occupazione era pari al 60,8 per cento e il tasso di disoccupazione generale risultava pari all’8,1 e quello giovanile al 24 per cento.

La previsione tendenziale a legislazione vigente evidenzia, nel quadriennio 2023-2026, il proseguimento della crescita dell’occupazione, portando il numero di occupati a fine periodo a 23,9 milioni (da 23,1 milioni del 2022), accompagnata da una più contenuta espansione dell’offerta di lavoro. Il tasso di disoccupazione scenderebbe dall’8,1 per cento nella media del 2022, al 7,7 nell’anno in corso per poi attestarsi al 7,2 per cento a fine periodo.

 

Rispetto alla suddetta previsione tendenziale determinata a legislazione vigente, lo scenario programmatico evidenzia nel 2023 una più elevata crescita del PIL (+0,1 punti percentuali), con conseguente aumento del reddito disponibile delle famiglie e, quindi, della domanda. Tale maggiore domanda verrebbe accompagnata da un incremento dell’attività delle imprese, con un impatto positivo sulla produttività e sui fattori di produzione, quali anche l’occupazione.

In relazione alla domanda di lavoro, il Documento, nel sottolineare una fase di ripresa della stessa e un incremento occupazionale, evidenzia che tale fase è stata accompagnata da una crescita del tasso di posti vacanti, che nel quarto trimestre del 2022 è risultato pari al 2,4 per cento, il valore più alto dal 2016. I valori più elevati si riscontrano nelle costruzioni e nell’attività di alloggio e ristorazione.

Per quanto concerne le retribuzioni contrattuali, nel 2022 si è rilevata una crescita dell’1,1 per cento. La debole dinamica delle retribuzioni contrattuali riflette l’elevato numero di contratti in attesa di rinnovo, che coinvolge 6,1 milioni di dipendenti (il 49,6 per cento del totale). Per contro, nel 2022 le retribuzioni lorde per dipendente hanno registrato una crescita del 3,7 per cento.

 

C.    Attuazione dell’Agenda 2030

Parità di genere

Il Documento e il Country report mettono in risalto la necessità di incrementare l’occupazione femminile, per ridurre il divario di genere nei livelli occupazionali. Tale divario, pur essendosi leggermente ridotto, rimane tra i più elevati in UE (pari nel 2021, secondo la Commissione europea, a 19,2 punti percentuali rispetto ad una media di 10,8 punti percentuali).

Questo quadro è confermato dal BES, che rileva per il 2021 il progressivo deterioramento (in atto dal 2019) dell’indicatore che mette in relazione il tasso di occupazione delle donne di 25-49 anni con figli in età prescolare e quello delle donne di 25-49 anni senza figli, nonostante il recupero, rispetto all’anno precedente, dei due tassi che compongono il rapporto.

 

Lavoro e crescita economica

Il richiamato Country report mette in risalto la necessità di un miglioramento nelle azioni a supporto dei lavoratori e della crescita economica, evidenziando come la crescita del tasso di occupazione in Italia sia stata inferiore a quella registrata in media nella UE, aumentando quindi la distanza tra l’Italia e gli altri Stati membri.

Questo quadro è confermato nel BES dove viene analizzato l’indicatore “Tasso di mancata partecipazione al lavoro”, in base al quale, nonostante la riduzione registrata nel 2021, non si è ancora riuscito a compensare il peggioramento registrato nel 2020. Nel 2022 si prevede però che l’indicatore tornerà sui minimi dal 2018 e questa tendenza positiva è confermata per il periodo 2023-2025.

 

D.    Disegni di legge collegati alla manovra di bilancio 2023-2025

I collegati alla manovra di bilancio 2023-2025 in materia di lavoro sono:

§  il DDL recante misure a sostegno delle politiche per il lavoro;

§  il DDL recante interventi a favore delle politiche di contrasto alla povertà;

§  il DDL recante interventi in materia di disciplina pensionistica.

9.     Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico italiano

L’analisi delle tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico italiano è operata dal DEF in base alla legislazione vigente[56], e quindi tenendo conto degli istituti transitori solo per l’orizzonte di applicazione vigente (ivi compresi gli istituti che non sono stati più oggetto di proroga, ma che possono ancora trovare applicazione in alcuni casi e determinare effetti finanziari).

Tale impostazione è connessa anche alla circostanza che il DEF non reca indicazioni specifiche sui contenuti delle misure che potrebbero essere adottate nel settore pensionistico (anche in relazione alle scadenze, a legislazione vigente, di alcuni istituti). Si ricorda, tuttavia, che nell’elenco, definito dallo stesso Documento, di disegni di legge da qualificare come collegati alle leggi di bilancio figura un disegno di legge recante interventi in materia di disciplina pensionistica.

Il Documento prende a riferimento, come scenario macroeconomico e demografico per il periodo 2024-2070, quello risultante dal Rapporto sull’Invecchiamento 2021 (Ageing Report 2021) della Commissione europea - redatto insieme con il Working Group on Ageing Populations and Sustainability (WGA) del Comitato di Politica Economica del Consiglio dell’Unione europea -; si introduce, tuttavia, un’ipotesi alternativa, relativa al tasso di crescita del PIL reale, in considerazione dell’aggiornamento dei lavori del suddetto Gruppo (nella predisposizione in corso dell’Ageing Report 2024) e della revisione della stima della dinamica della produttività totale dei fattori. Dunque, il Documento prende in considerazione, per il suddetto periodo 2024-2070, sia l’ipotesi di crescita del PIL reale pari all’1 per cento annuo sia l’ipotesi in cui tale tasso di crescita annuo sia pari all’1,1 per cento.

In entrambe le ipotesi, la crescita del rapporto tra spesa per pensioni e PIL accelera fino a raggiungere un picco nel 2036, con un valore pari al 17,4 per cento nella prima ipotesi e al 17,3 per cento nella seconda ipotesi (si ricorda che il rapporto previsto per il 2023 è pari al 15,8 per cento). Tale andamento crescente, rileva il Documento, è in via principale la conseguenza dell’incremento del rapporto tra il numero di pensioni e il numero degli occupati; tale incremento è dovuto all’ingresso in quiescenza delle generazioni del baby boom e al carattere solo parziale della compensazione mediante l’innalzamento dei requisiti minimi di accesso al pensionamento e mediante il contenimento degli importi pensionistici (derivante dalla graduale applicazione del sistema di calcolo contributivo sull’intera vita lavorativa). Dopo il 2040, il suddetto rapporto percentuale decresce progressivamente, in ragione della graduale uscita delle generazioni del baby boom (oltre che sulla base dell’applicazione in via generale del sistema di calcolo contributivo e dell’adeguamento dei requisiti per il trattamento in relazione all’evoluzione della speranza di vita).

Per un esame dettagliato, si rinvia al primo dei due grafici sottostanti; il secondo grafico opera un confronto, con proiezione fino al 2060, tra gli effetti della normativa vigente (nei termini sopra ricordati) e quelli di alcune discipline previgenti.

 

10.   Politiche sociali

In tema di politiche sociali, nel DEF 2023 si menzionano innanzitutto gli interventi di sostegno alla famiglia, che si inseriscono in un quadro generale caratterizzato da un considerevole calo demografico, come risulta anche dalle più recenti statistiche ufficiali dell’ISTAT (dati a consuntivo fino ai primi 10 mesi del 2022). In Italia, infatti, il record negativo del più basso numero di nascite raggiunto nel 2020 è stato nuovamente superato nel 2021, con 400.249 nati, dato inferiore dell'1,1% rispetto al 2020 e del 30,6% rispetto al 2008, anno del massimo relativo più recente delle nascite. Nel 2022 si stimano circa 8 mila nascite in meno (in tutto il 2021 le minori nascite erano intorno a 5 mila), per un valore complessivo provvisorio di circa 392.600 nuovi nati. Il fenomeno è legato anche alla diminuzione del tasso di fecondità sotto i 30 anni con un rinvio protratto nel tempo che si traduce spesso nella rinuncia definitiva ad avere figli. Cala il numero medio di figli per donna che nel totale è stato di 1,25 nel 2021, di cui 1,18 per le italiane e 1,87 per le straniere (era 1,44 in media nel 2008) ed aumenta l'età media al parto che nel 2021 è stata di 32,4 anni (nel 2008 era in media di 31 anni), di cui 32,8 anni per le italiane e 29,7 anni per le straniere. Emerge un quadro in cui nel corso degli ultimi decenni cala il numero medio dei figli per donna e aumenta l'età media alla nascita del primo figlio, con il conseguente fenomeno della contrazione dei secondi figli e della diminuzione drastica dei terzi figli e oltre.

Il quadro negativo che vede un progressivo abbassamento del tasso di natalità si accompagna all’innalzamento dell’età media della popolazione, che modifica la distribuzione per classi di età e di popolazione attiva, con una riduzione della popolazione residente concentrata nelle classi fra 20 e 64 anni (-10,8 milioni) e un incremento della popolazione con più di 65 anni (+2,3 milioni). Il numero di anziani ogni 100 giovani è al 1° gennaio 2022 pari a 188, mentre nel 1951 erano 31 ogni 100 giovani e pertanto occorrerà agire per contenere la diminuzione delle persone in età da lavoro in Italia.

Per favorire il contenimento della denatalità, come indicato anche nel Country Report 2022, già alla fine del 2021 è stato introdotto l’Assegno unico universale (L. n. 46/2021 e D. lgs. n. 230 del 2021), un sostegno economico attribuito alle famiglie per ogni figlio a carico fino al compimento dei 21 anni e, a seguito di alcune modifiche, senza limiti di età per i figli disabili. Successive modifiche della normativa riguardante tale sostegno hanno introdotto soglie di rivalutazione degli importi e dei limiti di reddito ISEE; si è registrato un totale di circa 6 milioni di domande presentate nel 2022 e un numero di figli per i quali è stato richiesto il beneficio pari a circa 9 milioni. L’importo complessivamente erogato nel 2022 è stato pari a 12.345,6 milioni di euro (qui il documento dell’Osservatorio statistico dell’INPS gennaio 2023).

Ulteriori obiettivi individuati per il sostegno alle famiglie, come dalle specifiche Raccomandazioni Paese, sono il potenziamento dei servizi educativi per l’infanzia e la promozione di iniziative di conciliazione dei tempi lavoro-famiglia incrementando i congedi parentali e attuando la legge n. 32 del 2022[57] (cd. Family Act) e il contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi energetici a favore di famiglie in condizioni di particolare disagio economico.

Ulteriori politiche di intervento in ambito sociale sono individuate con riferimento all’inclusione sociale e contrasto alla povertà.

Il Country Report 2022 evidenzia come in Italia il tasso di persone a rischio di povertà o esclusione sociale resti ancora superiore alla media dell'UE (24,9 per cento contro 21,6 per cento), con una particolare fragilità ed esposizione al rischio di povertà relativa dei bambini e dei ragazzi in età compresa tra 0 e 17 anni. Queste evidenze portano a considerare come area prioritaria di intervento non solo il sostegno economico alle famiglie più vulnerabili, ma anche e soprattutto un complessivo piano di interventi volto ad incrementare la componente di inclusione sociale ed economica delle misure di contrasto alla povertà.

Sui temi dell’inclusione dei soggetti fragili come gli anziani e le persone con disabilità si fa riferimento ai target indicati nel PNRR (Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, Missione 5, componente M5C2, investimento 1.1), con risorse pari a 500 milioni, divise tra i seguenti quattro interventi considerati "livello essenziale di assistenza sociale": i) 84,6 milioni per interventi di 18-24 mesi finalizzati a sostenere le capacità genitoriali e a supportare le famiglie e i minori in condizioni di vulnerabilità (0-17 anni); ii) 307,5 milioni per interventi rivolti agli anziani non autosufficienti per la riconversione delle RSA in gruppi di appartamenti dotati dei servizi necessari alla permanenza in sicurezza degli anziani; iii) 66 milioni per interventi. integrati con il progetto sull'assistenza sanitaria (cure intermedie), volti a rafforzare i servizi sociali a domicilio per gli anziani necessari a garantire la dimissione ospedaliera anticipata e a prevenire i ricoveri in ospedale; iv) 42 milioni, per interventi diretti al rafforzamento dei servizi sociali mediante l'introduzione di meccanismi di condivisione e supervisione per gli assistenti sociali, di cui si intende rafforzare la presenza e sostenere il ruolo;

In attuazione dei citati obbiettivi il Documento ricorda:

-       l’approvazione della legge per il sostegno alle persone vulnerabili e prevenzione dell'istituzionalizzazione degli anziani non autosufficienti, ovvero della legge delega L. n. 33/2023 in materia di politiche del Governo in favore delle persone anziane che prevede al primo trimestre 2024 il traguardo per l'approvazione dei decreti legislativi delegati (qui l'iter), e che  muove dal riconoscimento del diritto delle persone anziane alla continuità di vita e di cure presso il proprio domicilio e dal principio di semplificazione e integrazione delle procedure di valutazione della persona anziana non autosufficiente;

-       l’approvazione della Legge quadro sulla disabilità, entro il quarto trimestre 2021, ovvero della legge n. 227 del 22 dicembre 2021 di delega al Governo in materia di disabilità, con decreti delegati da adottare entro un termine poi legislativamente prorogato al 15 marzo 2024. La legge delega si propone di aggiornare la normativa vigente in materia di disabilità in coerenza con i principi della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità del 2006[58] e con la "Strategia per i diritti delle persone con disabilità 2021-2030" della Commissione Europea, allineando i vigenti sistemi di valutazione della condizione di disabilità al modello bio-psicosociale della Convenzione e garantendo in un’ottica di deistituzionalizzazione, l’autodeterminazione e l’autonomia delle persone con disabilità. I decreti legislativi (alcuni già al concerto interministeriale) prevedono l’istituzione del Garante dei diritti delle persone con disabilità; la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali (LEPS) in favore delle persone con disabilità; la riqualificazione dei servizi pubblici per l’inclusione e l’accessibilità; l’accertamento della condizione di disabilità e la revisione del processo valutativo. Con l’attuazione della delega si procederà poi all'adozione di una disciplina organica mediante un testo unico in materia di disabilità (con incentivi fiscali per l’accompagnamento delle persone disabili, la revisione della legge “Dopo di noi” e forme di sostegno dei caregivers familiari), per ridisegnare e semplificare il sistema di tutela e di inclusione sociale, lavorativa e educativa delle persone con disabilità, e perfezionare il sistema di erogazione dei benefici.

Tra le altre misure sociali attuate per fronteggiare la crisi si segnala infine l’estensione delle agevolazioni fiscali e finanziarie previste dal Codice del Terzo settore ai soggetti che hanno acquisito la qualifica di ente del Terzo Settore (ETS) in virtù delle nuove norme sul Registro Unico[59], oltre che l’istituzione del fondo destinato al finanziamento di contributi in favore degli ETS e degli enti religiosi civilmente riconosciuti che gestiscono servizi sociosanitari e sociali svolti in regime residenziale e semiresidenziale, rivolti a persone con disabilità.

11.   Istruzione, università e ricerca

Si ricorda, preliminarmente, che il Programma di stabilità (Sez. I del presente DEF 2023) indica, tra i disegni di legge collegati alla manovra di bilancio 2023-2025: a) un disegno di legge relativo alle semplificazioni in materia scolastica; b) un altro disegno di legge relativo al rafforzamento della formazione superiore e della ricerca.

Al sistema scolastico e universitario, il Programma nazionale di riforma dedica un’apposita sezione.

In questa, si evidenzia che l’ultimo Rapporto OCSE “Education at a glance” (di ottobre 2022) rappresenta come l’Italia ancora sconta un ritardo nei livelli di istruzione, che negli ultimi 20 anni sono cresciuti più lentamente della media OCSE.

I dati ISTAT (“Report sui livelli di istruzione e ritorni occupazionali – anno 2021”) del 25 ottobre 2022, inoltre, rilevano che, nel 2021, la quota di popolazione tra i 25 e i 64 anni che ha conseguito almeno un titolo di studio secondario superiore – il principale indicatore del livello di istruzione di un Paese – è pari al 62,7 per cento a fronte di una media UE del 79,3 per cento.

Il fenomeno dell’abbandono scolastico resta, poi, un problema rilevante: nonostante i progressi registrati negli ultimi anni, nel 2021 la quota di giovani tra i 18 e i 24 anni con al più un titolo secondario inferiore e non più inseriti in un percorso di istruzione o formazione – cosiddetti ELET (Early Leavers from Education and Training) - è stimata al 12,7 per cento. Nella fascia d’età 25-64 anche la percentuale di laureati è più bassa della media europea (20 per cento contro il 33,4 per cento della UE). Il possesso di un titolo di studio terziario – rileva il DEF – è considerato un obiettivo fondamentale per una “società della conoscenza”, e in questo ambito l’Italia resta ancora lontana dal benchmark del 40 per cento stabilito dalla Strategia Europa 2020. Restringendo l’analisi ai giovani tra i 25 e i 34 anni, in base ai dati Eurostat (Education and Training Monitor 2021, disponibile in italiano), nel 2021, in Italia solo il 28,3 per cento di essi era in possesso di un titolo di studio di livello terziario, contro una media europea del 41,2 per cento.

A ciò va aggiunto il cosiddetto skill mismatch (ossia la discrepanza di competenze tra quelle richieste dal mercato del lavoro e quelle effettivamente in possesso da parte dei lavoratori e/o dei candidati), la cui incidenza in Italia è superiore alla media OCSE. In base alle statistiche OCSE – rileva il testo in esame - nel 2019 in Italia il mismatch si è attestato al 37 per cento, se si fa riferimento al field-of-study mismatch e al 38,5 per cento se si guarda al qualification mismatch, a fronte di una media OCSE rispettivamente del 31,7 e del 34,4 per cento.  Sempre secondo il DEF, “per ridurre entrambi i divari, occorre agire su due piani: accesso e diritto allo studio; orientamento e inserimento nel mondo del lavoro”.

Il Programma indica, quindi, la necessità di riformare il sistema per una scuola “di tutti e per tutti”.

Viene rilevato che, in uno scenario pandemico e post-pandemico, la scuola italiana è stata impegnata in uno sforzo significativo di resilienza e di innovazione, grazie a una forte accelerazione del processo di digitalizzazione, che ha consentito di garantire la continuità didattica in tutte le scuole e l’avvio di un importante programma di riforme nell’ambito del PNRR. Si ricordano poi sei riforme, oggetto di provvedimenti legislativi già varati, oggi entrati in fase di attuazione: la riorganizzazione del sistema scolastico; la formazione del personale; le procedure di reclutamento e di progressione di carriera; il nuovo sistema di orientamento; il riordino degli istituti tecnici e professionali; lo sviluppo della formazione professionale terziaria con il potenziamento degli Istituti Tecnologici Superiori (ITS Academy).

Contestualmente alle riforme – rileva il DEF - sono in corso di realizzazione dieci linee di investimento, con un bilancio complessivo di risorse di oltre 18 miliardi, che riguardano le infrastrutture per l’edilizia scolastica (nuove scuole, asili e scuole dell’infanzia, mense per favorire il tempo pieno, strutture per lo sport, messa in sicurezza degli edifici), l’allestimento di ambienti di apprendimento innovativi con strumenti per la didattica digitale e laboratori formativi per le professioni digitali del futuro e lo sviluppo delle competenze di docenti e studenti.

Gli interventi strutturali e organizzativi hanno l’obiettivo di favorire la piena inclusione scolastica degli studenti con maggiori fragilità, contrastando la dispersione scolastica, grazie anche all’attivazione di strumenti per l’estensione del tempo pieno ad un numero più ampio di scuole e a programmi ed iniziative di mentoring, tutoraggio, orientamento personalizzato. L’apertura delle scuole al pomeriggio permette, inoltre, di rafforzare la funzione della scuola rispetto ai territori. A tale obiettivo concorrerà anche l’attuazione del nuovo Programma Nazionale FESR-FSE+ 2021-2027 “Scuola e competenze”, approvato dalla Commissione europea a dicembre 2022. Sempre in questo ambito, sono previste azioni per il rilancio dell’attività motoria e sportiva scolastica (potenziamento delle infrastrutture per lo sport a scuola e dell’apprendimento delle discipline sportive già dalla scuola primaria). Si punta, inoltre, a implementare le misure di contrasto al fenomeno del bullismo e del cyberbullismo, garantendo agli studenti spazi sicuri e idonei agli apprendimenti.

Il Programma rileva inoltre che, per consentire una maggiore personalizzazione dei processi di apprendimento degli studenti, sono state implementate le attività laboratoriali mediante l’investimento in ambienti innovativi e la diffusione di nuove pratiche didattiche, nel quadro del Piano “Scuola 4.0”. Si intende favorire il cambiamento delle metodologie di insegnamento e apprendimento, nonché per lo sviluppo di competenze digitali e STEM, fondamentali per l’accesso al lavoro nel campo della digitalizzazione e dell’intelligenza artificiale. Si sottolinea, inoltre, come l’orientamento sia cruciale per ridurre il tasso della dispersione scolastica.

In particolare, con l’adozione della riforma prevista dal PNRR sull’orientamento (M4C1-R.1.4) e con l’approvazione delle relative linee guida (DM n. 328 del 22 dicembre 2022), si intendono intraprendere azioni orientative sistematiche nelle scuole secondarie del primo e del secondo grado, anche attraverso la figura del docente tutor, contrastando la crescita dei cosiddetti NEET (Not in Education, Employment or Training).

Si ricorda, poi, l’attuazione della riforma dell’istruzione tecnica e professionale (attuata per mezzo degli articoli 26, 27 e 28 del DL  n. 144 del 2022), attraverso la costruzione di curricula flessibili, articolati in percorsi di apprendimento ed esperienze formative coerenti con le realtà produttive dei territori di appartenenza delle singole istituzioni scolastiche e il sistema della formazione professionale terziaria con particolare riferimento alla riforma degli ITS (L. 15 luglio 2022, n. 99). In tale contesto, si inserisce la promozione della riforma del sistema di “alternanza” scuola lavoro (che ha portato ai “percorsi per le competenze trasversali e l'orientamento” – PCTO, in base alla legge 145/2018: art. 1, commi 784-787), anche per l’introduzione di maggiori garanzie di sicurezza a tutela degli studenti coinvolti.

Il Programma nazionale di riforma indica, inoltre, la finalità del rafforzamento del sistema universitario, teso all’inclusione, alla meritocrazia e all’inserimento nel mondo del lavoro, rilevando che scuola e università sono due componenti essenziali e complementari della stessa strategia, “che è quella di riportare la conoscenza e il merito al centro della crescita del Paese”.

Si ricorda, quindi, che il PNRR contiene linee progettuali finalizzate al miglioramento dell’offerta formativa, al rafforzamento dei dottorati e della ricerca universitaria e che esso mira a promuovere pari opportunità di istruzione, riducendo le disparità regionali, rafforzando le tecnologie digitali e contrastando il divario di genere. Si sottolinea l’importanza di coinvolgere maggiormente le imprese e di stimolare la ricerca applicata, al fine di introdurre maggiore di flessibilità nei percorsi curriculari, nonché di semplificare e velocizzare l'accesso all'esercizio delle professioni.

Inoltre, in linea con gli standard europei, risulta necessario accrescere il numero di giovani che accedono al sistema della formazione superiore e che conseguono il titolo di studio e il dottorato, al fine di assicurare concretamente il diritto allo studio. Il DEF ricorda che sono stati recentemente stanziati (in attuazione del PNRR) circa 400 milioni per i dottorati innovativi (da ultimo, si veda il DM n. 117 del 2 marzo 2023), di cui il 40 per cento è destinato alle università del Mezzogiorno.

Si rileva inoltre che, sempre in attuazione del PNRR (M4C1 – Investimento 1.7), nella legge di bilancio 2023 si incrementa di 250 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024 e 2025 il Fondo integrativo statale (FIS) per la concessione di borse di studio per studenti universitari e AFAM (art. 1, comma 566 della legge n. 197 del 2022).

In relazione alla creazione di nuove strutture di edilizia universitaria, al fine di ridurre il divario del Paese rispetto alla media UE (gli studenti serviti in Italia sono pari al 3 per cento del totale, rispetto all’8 per cento registrato nella UE) è stato istituto il Fondo per l’housing universitario (art. 25 del DL n. 144 del 2022), ed è prevista l’apertura della partecipazione al finanziamento anche a investitori privati, definendo gli standard minimi qualitativi degli alloggi o delle residenze e degli ulteriori servizi offerti e disciplinando il credito di imposta relativo agli interventi ad esso finalizzati. “I primi bandi per 7500 posti sono stati pubblicati e conclusi per rispettare la scadenza con la Commissione europea di dicembre 2022”. Con la legge di bilancio 2023 (seconda sezione) si è provveduto a stanziare ulteriori risorse per l’housing universitario (pari a complessivi 300 milioni di euro tra il 2023 e il 2026).

Al fine, inoltre, di un rapido inserimento nel mondo del lavoro, si sta attuando la riforma delle lauree abilitanti, delle classi di laurea e dei dottorati.

In tale contesto, si evidenzia la riforma del sistema di accesso programmato per l’accesso ai corsi di laurea di medicina e chirurgia, volta a realizzare un sistema più efficace e soprattutto sostenibile di accesso, alla luce delle tendenze demografiche e del fabbisogno del personale sanitario.

In relazione alla settore della ricerca, il Programma ricorda che l’edizione 2022 dello European Innovation Scoreboard classifica l’Italia tra gli “innovatori moderati”, sottolineando che le prestazioni del Paese nel periodo 2015-2022 sono migliorate a un ritmo più sostenuto rispetto alla media UE (17,4 per cento, a fronte di una media del 9,9 per cento). “Nel 2022, infatti, l’Italia ha totalizzato un risultato pari al 91,6 per cento, superiore a quello medio della categoria degli innovatori moderati (pari all’89,7 per cento). Lo Scoreboard identifica tra i punti di forza dell’Italia la produttività delle risorse, la presenza di innovatori dei processi aziendali e il sostegno del Governo alle attività di R&S, mentre la quota di popolazione con un’istruzione terziaria, il livello di spesa in R&S del settore privato e le spese in venture capital rappresentano alcune delle maggiori debolezze del Paese”.

Il DEF 2023 afferma che il Governo intende utilizzare una parte rilevante delle risorse del PNRR e degli altri strumenti a disposizione per colmare questi divari, investendo sempre più risorse finanziarie e capitale umano per valorizzare il ruolo strategico della ricerca e dell’innovazione nel percorso di rilancio del Paese. Si sottolinea, quindi, che la Componente 2 “Dalla ricerca all'impresa” della Missione 4 “Istruzione e Ricerca” del PNRR si inserisce nel percorso tracciato dal Programma nazionale per la ricerca, stanziando circa 11,4 miliardi per una serie di investimenti da realizzarsi tra il 2022 e il 2026. Gli obiettivi sono il rafforzamento della ricerca, la diffusione di modelli innovativi per la ricerca di base e applicata, il supporto ai centri per l’innovazione, il trasferimento tecnologico, il potenziamento delle infrastrutture di ricerca del capitale e delle competenze di supporto all’innovazione.

Tra i progetti in corso di attuazione, viene segnalato l’investimento del PNRR relativo al “Fondo per la realizzazione di un sistema integrato di infrastrutture di ricerca e innovazione”, che mira alla costruzione di infrastrutture che garantiscano il trasferimento nell'economia della conoscenza sviluppata in istituti di ricerca di alta qualità, stimolando l'innovazione. In relazione a tale investimento, dopo il completamento delle procedure di gara nel 2022, si prevede di assumere 30 manager di ricerca e di finanziare almeno 30 infrastrutture entro giugno 2023.

Si segnala, inoltre, l’investimento del PNRR sugli IPCEI (Importanti Progetti di Interesse Comune Europeo), un progetto con un ambito temporale ampio (2021-2025), che ha l’obiettivo di aumentare la dotazione del relativo fondo per finanziare imprese e centri di ricerca per progetti su sviluppo, innovazione e produzione industriale, anche in collaborazione con centri e aziende europee. In relazione a questo investimento, dopo il conseguimento dei traguardi previsti nel 2021 e nel 2022, il Governo sta lavorando per pubblicare, entro il prossimo giugno, la lista dei soggetti che avranno accesso al fondo. Inoltre, si ricorda il traguardo, sempre nell’ambito del PNRR, da raggiungere entro la fine del 2023, che riguarda l’aggiudicazione di oltre 3000 progetti di ricerca di interesse nazionale (PRIN) da finanziarsi con il Fondo del Programma Nazionale della Ricerca (PNR).

Gli investimenti in corso devono essere accompagnati da un’attenzione specifica ai processi di internazionalizzazione e di valutazione, anche in coerenza con quanto ribadito dal Consiglio dell’Unione europea nella “Raccomandazione su un patto per la ricerca e l'innovazione in Europa” del 19 novembre 2021.

Al di là dei confini del PNRR – rileva il DEF - è da segnalare che, in virtù del mutato contesto nazionale e internazionale, che vede un crescente rilievo delle tecnologie critiche nella competizione geopolitica e la riorganizzazione delle filiere produttive, è in corso di aggiornamento il Programma Nazionale della Ricerca (PNR) 2021-2027. Per il 2023, il Piano si concentrerà sul tema della valutazione, con l’istituzione di un Nucleo Dati permanente presso il Segretariato Generale del Ministero per l’università e la ricerca, al fine di coordinare e potenziare le attività di analisi economica e statistica, studio e ricerca finalizzate alla valutazione dell’impatto delle politiche e degli investimenti pubblici. Il Ministero dell’università e della ricerca è impegnato, inoltre, nell’elaborazione delle Linee guida per l’esercizio “Valutazione della qualità della ricerca” VQR 2020-2024, in stretta collaborazione con l’Agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR) per rendere più efficaci e rapidi i processi di valutazione.

Il Governo promuove, inoltre, sul territorio nazionale la realizzazione di progetti di ricerca, rivolti allo sviluppo di prodotti, processi, servizi o modelli di business e organizzativi relativi alle tecnologie emergenti, quali, ad esempio, blockchain, intelligenza artificiale (AI), internet delle cose (IoT), realtà aumentata e virtuale, grazie all’uso ed allo sviluppo delle reti mobili ultraveloci (5G). In particolare, nell’alveo del “Programma di supporto alle tecnologie emergenti 5G”, già dal 2019 sono stati istituite sul territorio nazionale le “Case delle tecnologie emergenti”, centri di trasferimento tecnologico che hanno l’obiettivo di supportare progetti di ricerca e sperimentazione, sostenere la creazione di startup e favorire il trasferimento tecnologico verso le PMI.

Si ricorda, infine, che la Raccomandazione del Consiglio dell’Unione europea sul programma nazionale di riforma 2022 dell’Italia, del 12 luglio 2022 sottolinea, tra le sue premesse, che le riforme e gli investimenti previsti nei settori dell'istruzione, dello sviluppo delle competenze e della ricerca sono potenzialmente in grado di rafforzare a lungo termine le capacità in termini di capitale umano e ricerca.

12.   Cultura, sport ed editoria

Con riguardo alla cultura, a livello di quadro macro-economico, la Sezione I, recante il Programma di Stabilità, riferisce (a p. 29) che nel 2022, i consumi delle famiglie hanno registrato una ripresa significativa (4,6%), anche se ancora insufficiente a recuperare i livelli precedenti alla pandemia. Tale evoluzione – sempre secondo il Documento – è stata determinata dalla robusta ripresa dei consumi in quei settori dei servizi che erano stati maggiormente colpiti dalle restrizioni introdotte a seguito della pandemia da Covid-19, come quelli in ricreazione e cultura (19,6%). La stessa Sezione I, nell’elenco dei collegati alla manovra di bilancio 2023-2025, menziona, per quanto d’interesse, l’adozione di misure organiche per la promozione, la valorizzazione e la tutela del Made in Italy. Sempre a livello macro-economico, la Sezione III, recante il Programma Nazionale di Riforma, stima un impatto percentuale del PNRR - M1C3: turismo e cultura 4.0, sul PIL rispetto allo scenario base pari allo 0,1% per il triennio 2021-2023 e allo 0,4% per il triennio 2024-2026 (p. 13). 

Nel tracciare, poi, le risposte di policy alle sfide da affrontare, la Sezione III rimarca il ruolo trainante – sia in termini di posti di lavoro, sia per il contributo alla crescita del PIL – del patrimonio storico e artistico del nostro Paese e delle elevate professionalità presenti nei relativi settori (p. 6).

In questa prospettiva, la quota più significativa degli interventi nel settore è stata operata, sinergicamente, nell’ambito dell’attuazione del PNRR e nella legge di bilancio 2023.

Partendo dalla legge di bilancio 2023, la Sezione III (p. 75) ribadisce l’impegno del Governo per le nuove generazioni, specie in alcuni momenti e aspetti chiave del loro sviluppo, quali le attività sportive e culturali. A tal proposito viene sottolineata l’istituzione di due nuovi strumenti, a opera dell’art. 1, comma 630, della L. 197/2022: la Carta della cultura giovani e la Carta del merito, che sostituiscono la Carta elettronica, legata al bonus cultura per i diciottenni. La prima è destinata a tutti i residenti nel territorio nazionale in possesso di permesso di soggiorno in corso di validità e appartenenti a nuclei familiari con ISEE non superiore a 35.000 euro ed è utilizzabile nell’anno successivo a quello del compimento del diciottesimo anno di età, mentre la seconda è destinata agli studenti che hanno conseguito il diploma con una votazione di almeno 100 centesimi ed è utilizzabile nell’anno successivo a quello del conseguimento del diploma (cfr. l’apposito dossier del Servizio Studi).

Fra le misure più recenti viene ricordata (a p. 27) anche la semplificazione dei procedimenti amministrativi in materia di beni culturali, di cui all’art. 46 del D.L. 13/2023 (cfr. l’apposito dossier del Servizio Studi), operata in attuazione del PNRR. 

In linea con il Piano di Azione del Pilastro Europeo dei Diritti Sociali e le priorità indicate dal Piano Nazionale di Riforma, il Documento (p. 105) richiama l’Obiettivo Strategico 4 “Un’Europa più sociale e inclusiva”, sottolineando come in materia di turismo e cultura, la politica di coesione individua interventi rivolti, fra l’altro, alla prevenzione e gestione dei rischi naturali nei luoghi della cultura e al miglioramento dell’efficienza energetica (cfr. l’apposito dossier del Servizio Studi).

Per ogni necessario approfondimento, si rinvia ai dossier predisposti dal Servizio Studi inerenti, rispettivamente, agli interventi in materia di cultura previsti, rispettivamente, dal PNRR e dalla legge di bilancio 2023

Fra gli altri punti d’interesse per la cultura richiamati dalla Sezione III del DEF (p. 40) si ricorda poi, in materia di tutela della proprietà industriale, il disegno di legge di revisione del Codice della proprietà industriale, approvato nel Consiglio dei ministri del 1° dicembre 2022, il quale si inserisce all’interno del Piano strategico di riforma del sistema della proprietà industriale (Piano di azione sulla proprietà intellettuale per il triennio 2021-2023, adottato dalla Commissione europea il 25 novembre 2020). Tra le novità introdotte il Documento menziona la semplificazione amministrativa e la digitalizzazione delle procedure, la protezione temporanea di disegni e modelli nell'ambito delle fiere, la possibilità di posticipare il pagamento delle tasse brevettuali, riconoscendo la protezione fin dalla data di presentazione della domanda, il rafforzamento del controllo preventivo sulle domande di brevetto utili per la difesa dello Stato, nonché il rafforzamento della tutela delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine e dei design dei prodotti rispetto a fenomeni imitativi. L’obiettivo – dichiarato nel Documento – è la promozione della cultura dell’innovazione e degli strumenti a difesa dei diritti di proprietà industriale, i quali, attraverso la protezione delle idee e delle invenzioni, assicurano alle imprese nazionali un vantaggio competitivo sui mercati.

Infine, con riguardo ai temi demografici, si richiama in più passaggi la finalizzazione di varie linee di riforma a creare “un contesto culturale [oltreché socioeconomico] favorevole alla famiglia e alla maternità” (pp. 7 e 47).

Venendo al settore dello sport, la Sezione III, nel descrivere gli interventi realizzati in attuazione del PNRR e con la legge di bilancio 2023, valorizza in più punti la connessione fra scuola e sport: ciò avviene, in particolare, tramite gli investimenti per le infrastrutture e l’edilizia scolastica, per la realizzazione o il recupero di locali da adibire alla pratica sportiva. Il Documento sottolinea come il rilancio dell’attività motoria e sportiva scolastica, e la realizzazione dei connessi impianti e palestre, sia anche un “investimento per le comunità, consentendo di aprire le scuole ai territori oltre l’orario scolastico”; spazi sicuri e idonei agli apprendimenti consentono peraltro – secondo il Documento – anche di “implementare le misure di contrasto al fenomeno del bullismo e del cyberbullismo” (pp. 49-50).

Vengono poi espressamente ricordati l’incremento del Fondo unico a sostegno del movimento sportivo italiano, che prevede anche un sostegno alla maternità delle atlete non professioniste, e l’incremento delle risorse del Fondo sport e periferie (cfr., rispettivamente, art. 1, commi 613, 616 e 617 della L. 197/2022: per approfondimenti, si rinvia all’apposito dossier del Servizio Studi).

Infine, le diverse policies adottate in ambito sportivo vengono inquadrate anche alla luce della necessità di migliorare gli indicatori di Benessere Equo e Sostenibile (BES). Con specifico riguardo all’indicatore “eccesso di peso (assunto come proporzione standardizzata di persone di 18 anni e più in sovrappeso o obese sul totale delle persone di 18 anni e più) si attesta, nell’ultimo rapporto ISTAT, una riduzione nel 2021 e si prevede un progressivo miglioramento nel periodo 2022-2025; anche verso tale obiettivo convergono le azioni a sostegno delle attività sportive.

 

Con riguardo all’editoria, la Sezione I del DEF menziona fra i collegati alla manovra di bilancio un disegno di legge recante misure di sostegno alla filiera dell'editoria libraria.

13.   Politiche energetiche

Il DEF evidenzia che l'azione del Governo in ambito ambientale ed energetico per il triennio 2023-2025 impone un’accelerazione del processo di decarbonizzazione, limitando, allo stesso tempo, l’impatto negativo del caro energia sui bilanci delle famiglie, specialmente quelle più fragili.

Il rientro dai picchi del 2022 dei prezzi delle materie prime energetiche (la caduta del prezzo del gas naturale che si è registrata dalla fine della scorsa estate ha trainato al ribasso anche il prezzo dell’energia elettrica) sta inducendo ad allentare gradualmente alcune misure di contenimento dei prezzi, sebbene restino attivi diversi interventi di sostegno alle famiglie e alle imprese[60] che si potenzierebbero – secondo quanto evidenziato dal DEF - in caso di nuovi improvvisi aumenti di prezzo. La riduzione dell’inflazione, cui le misure di contenimento del caro energia hanno fornito un contributo determinante da metà 2021 in poi, costituisce uno degli obiettivi prioritari da perseguire nell’azione di Governo.

Focus: verso il phasing out delle misure contro il caro-energia

Un apposito focus del Capitolo III, della Sezione I del DEF riassume le recenti iniziative adottate in risposta al caro energia, focalizzandosi in particolare sulla fase attuale, in cui si evince come i prezzi dell’energia abbiano iniziato una fase di deciso rientro. Tuttavia, nel medio periodo, essi rimarranno ancora su livelli storicamente elevati ed esposti ai rischi e alle incertezze anche connessi al contesto geopolitico internazionale (si rinvia, sul punto, all’apposito approfondimento, contenuto nella Sez. 1 del DEF, sull’inflazione e la dinamica dei prezzi energetici e alimentari, richiamato nella Parte I del presente dossier, § 2.2.1).

In questo scenario, il DEF indica come la politica fiscale dovrebbe orientarsi verso un processo di graduale rimozione (cd. phasing-out) delle misure emergenziali, volto a: i) continuare a fornire supporto a famiglie e imprese, in particolare quelle più vulnerabili; ii) superare la natura emergenziale degli interventi e delineare strumenti strutturali efficaci nel contrastare tempestivamente eventuali rialzi eccezionali dei prezzi; iii) rimuovere le misure che generano distorsioni in termini di segnali di prezzo o che sono in contrasto con gli obiettivi di risparmio ed efficientamento energetici; iv) alleggerire la pressione sulla finanza pubblica.

Il Documento evidenzia che gli Stati membri stanno lavorando per un maggior coordinamento e per la definizione di un approccio comune sulle politiche di supporto, anche per assicurare alle imprese di competere a condizioni paritarie. Il DEF richiama in proposito la proposta della Commissione europea di modello di tariffazione energetica su due livelli (cd. modello two-tier)[61], rilevando che è comunque opportuno che l’armonizzazione delle politiche tenga conto delle peculiarità dei singoli Stati membri e delle esperienze positive maturate finora.

I provvedimenti legislativi recentemente adottati, quali il D.L. n. 34 del 30 marzo 2023, in corso di esame parlamentare ai fini della sua conversione in legge (A.C. 1060), segnano, secondo l’Esecutivo, un percorso progressivo di riduzione dei sussidi che accompagna la normalizzazione dei prezzi del gas e dell’elettricità. In prospettiva, l’obiettivo di medio termine è quello di superare i sussidi resisi finora necessari e ridurre la dipendenza dal gas russo a favore dell’elettrico in linea con la transizione verde, pur mantenendo la protezione dei consumatori più vulnerabili. È stata già predisposta una misura, operativa nella seconda parte dell’anno (in vista di possibili rincari dei prezzi energetici nei mesi autunnali), ispirata al modello two-tier, mentre per le imprese sono allo studio misure strutturali.

Il DEF rileva che, da un punto di vista qualitativo, per il 2023, le misure mirate alle famiglie e alle imprese più vulnerabili agli aumenti dei prezzi dell'energia (c.d. misure targeted) rappresentano circa il 57 per cento del totale, rispetto a un valore pari a circa il 46 per cento per il 2022. Il marcato aumento della quota delle misure targeted sul totale nel 2023 è ascrivibile, in buona parte, alla mancata proroga di misure generalizzate come la riduzione delle accise e dell’IVA sui carburanti, e l’azzeramento degli oneri di sistema sull’energia elettrica.

La quota di misure targeted in Italia è indicata come sensibilmente più alta rispetto agli altri Paesi europei: per il 2022 la Commissione europea e il FMI stimavano una quota di misure targeted per l’UE nel suo complesso pari a circa il 30 per cento; la quota per l’UE è stimata scendere a un valore inferiore al 20 per cento nel 2023.

La politica energetica nazionale è finalizzata, nelle intenzioni dell’Esecutivo, al raggiungimento dei target di decarbonizzazione al 2030 e di neutralità climatica al 2050, attraverso elevati livelli di indipendenza energetica, basati su un percorso di crescita esponenziale delle fonti rinnovabili e di forte promozione del risparmio e dell’efficienza energetica.

Gli obiettivi appaiono conformi alla Raccomandazione del 12 luglio 2022, in cui il Consiglio dell’UE ha raccomandato all’Italia di prendere provvedimenti nell’anno 2022 e nell’anno 2023, al fine di “ridurre la dipendenza complessiva dai combustibili fossili e diversificare le importazioni di energia; superare le strozzature per accrescere la capacità di trasporto interno del gas, sviluppare interconnessioni delle reti di energia elettrica, accelerare il dispiegamento di capacità supplementari in materia di energie rinnovabili e adottare misure per aumentare l'efficienza energetica e promuovere la mobilità sostenibile”.

Circa le azioni intraprese, finalizzate all’ottenimento di elevati livelli di efficienza energetica, quali la diversificazione degli approvvigionamenti energetici, l’aumento della capacità di rigassificazione, il potenziamento della produzione nazionale di gas, si rinvia al dossier predisposto dal Servizio Studi della Camera dei deputati su Il sistema gas italiano, del 7 marzo 2023. Nel DEF vengono evidenziate tali iniziative, ed, in particolare, l’ottimizzazione dell’utilizzo delle infrastrutture di importazione esistenti (Transmed, TAP, Greenstream e terminali di rigassificazione GNL) l’accelerazione nella realizzazione degli investimenti necessari per garantire il trasporto del gas dal Sud Italia al Nord e al resto degli Stati a cui siamo interconnessi (linea adriatica, raddoppio del TAP, rigassificatori), gli accordi siglati con diversi Paesi per garantire maggiori import sotto forma di GNL, per oltre 10 miliardi di metri cubi, che hanno reso fondamentale l'installazione di 2 nuovi terminali, nei porti di Piombino e Ravenna, oltre i tre già operativi al massimo della capacità.

Nell'ottica di accrescere la sicurezza e di favorire la transizione energetica, il DEF richiama l’impegno del Governo nella realizzazione di progetti infrastrutturali – a livello nazionale e transfrontaliero – sia in materia di trasporto di idrogeno (come l’Hydrogen Backbone con Germania e Austria) e in materia di cattura, trasporto e stoccaggio di biossido di carbonio (Piano regionale della CCS nel bacino del Mediterraneo assieme alla Francia e alla Grecia).

Con riferimento alle infrastrutture elettriche, l’obiettivo indicato è sviluppare nuovi elettrodotti e potenziare quelli esistenti. La riconversione delle raffinerie petrolifere e dei relativi depositi in bioraffinerie è considerata poi azione essenziale.

Viene illustrata nel DEF una doppia strategia per il processo di decarbonizzazione, basata su:

·        l'adozione di politiche attive di riduzione della domanda di energia, volte a incentivare l'efficienza energetica.

§  Viene in tal senso annunciato l’avvio di una riforma complessiva delle detrazioni fiscali per gli interventi di riqualificazione degli edifici residenziali, nell’ottica della semplificazione e della sostenibilità per i conti pubblici. Congiuntamente, saranno potenziati gli incentivi in favore del terziario, pubblico e privato;

·        la differenziazione delle fonti energetiche privilegiando, anche attraverso specifiche politiche di incentivazione, lo sviluppo delle rinnovabili, dei biocombustibili, del biometano e dell'idrogeno.

§  Il Governo intende dare rapida e compiuta attuazione al D.lgs. n. 199/2021, di recepimento della Direttiva europea sull'uso dell'energia da fonti rinnovabili, richiamando in tal senso la definizione - non ancora avvenuta - dei criteri per l'individuazione, da parte di Regioni e Province Autonome delle aree idonee all'installazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Viene poi considerato prioritario finalizzare il Decreto cd. FER2, che disciplina gli incentivi alle fonti e alle tecnologie non ancora pienamente mature o con costi elevati di esercizio, come la geotermia, il solare termodinamico e il biogas. Viene poi annunciato un nuovo decreto FER per le tecnologie più mature e con costi fissi bassi o comunque suscettibili di sensibile riduzione, come eolico e solare.

§  È poi necessario garantire un quadro autorizzativo omogeneo e rapido che consenta lo sviluppo dei progetti in un arco temporale ben definito. Al riguardo, appare opportuno rammentare come sia pendente la delega legislativa al Governo per adeguare al diritto europeo, razionalizzare, riordinare e semplificare la disciplina in materia di fonti energetiche rinnovabili, da esercitare entro il 27 dicembre 2023[62].

§  Il Governo intende poi puntare al progressivo aumento dello dell’utilizzo dell’energie rinnovabili nel settore agricolo e alla contestuale riduzione dell’impatto emissivo, rafforzando gli investimenti in innovazione, nell’efficace gestione degli scambi e nell’utilizzo di macchinari di nuova generazione (e con l’introduzione di tecniche di agricoltura di precisione). Ed in tal senso, un ruolo determinante è svolto dal sostegno derivante dagli investimenti contenuti nel PNRR (sui quali si rinvia, nel dettaglio, qui).

§  Infine, quanto alle comunità energetiche, il cui sviluppo a livello locale sarà favorito anche grazie a importanti risorse del PNRR (sulle quali si rinvia, nel dettaglio, qui), il DEF informa che si è conclusa la consultazione pubblica sul contenuto del decreto di incentivazione, che sarà presto emanato.

 

Altro obiettivo rilevante, che rientra nell’ambito degli adempimenti della Governance europea dell’energia e del clima, è la revisione dei principali documenti programmatici in materia, quali il PNIEC e la Strategia di Lungo Termine sulla riduzione dei gas ad effetto serra.

La proposta di aggiornamento del Piano, nella sua versione "draft" alla Commissione entro il 30 giugno 2023, mentre, la versione finale dovrà essere presentata a giugno 2024[63].

IL DEF evidenzia che l’aggiornamento sarà predisposto alla luce dei nuovi obiettivi europei in materia di clima ed energia derivanti dal "Pacchetto FIT for 55%" e in linea con il Piano REPowerEU.

Ulteriori obiettivi di politica energetica riguardano il mercato dell’elettricità e del gas, con l’implementazione degli strumenti informativi a disposizione dei consumatori, attraverso l'azione di supporto svolta da Acquirente Unico S.p.A. e in coordinamento con l'Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente (ARERA), e le misure normative per il mantenimento delle condizioni di concorrenza nella fase di superamento del regime di maggior tutela.

Allo stesso modo, saranno promosse le possibilità di autoproduzione, singola o collettiva o sotto forma di comunità energetiche rinnovabili.

Inoltre, sarà avviata la definizione della Strategia nazionale per la Povertà Energetica, attraverso l’operatività dell’Osservatorio nazionale (OIPE) recentemente costituito.

Costituiscono poi oggetto di investimenti nel PNRR lo sviluppo dell’idrogeno verde (M2C2- I 5.2 “Idrogeno” e M2C2- I 3.1 “Hydrogen valleys”, M2C2- I 3.2 “Utilizzo dell’idrogeno in settori hard-to-abate” sui quali si rinvia, nel dettaglio, qui) e del biometano (M2C2- I 1.4 “Biometano”, su cui si rinvia, nel dettaglio, qui).

Quanto all’idrogeno verde, il DEF annuncia che è in fase di finalizzazione la creazione di una filiera industriale nazionale - elettrolizzatori e componentistica di supporto -, mentre è in fase di avvio la definizione di un meccanismo tariffario, oltre al decreto sullo sgravio degli oneri di sistema per gli impianti rinnovabili a servizio della produzione di idrogeno rinnovabile. Entro il 2023, inoltre, saranno concesse le prime agevolazioni nell’ambito delle misure PNRR destinate alla promozione di “Hydrogen Valley" e all’impiego dell’idrogeno a basso contenuto di carbonio nei settori industriali cosiddetti hard to abate.

Proseguirà, inoltre, la partecipazione dell’Italia nello sviluppo delle tecnologie per la fusione nucleare nell'ambito del Programma internazionale ITER (International Thermonuclear Experimental Reactor) e del Programma europeo Eurofusion, così come sarà rafforzato il presidio scientifico nel campo degli impianti nucleari di quarta generazione e dei reattori modulari SMR (Small Modular Reactors).

Continuerà poi lo sforzo per dare soluzioni efficienti e sicure ai temi dei rifiuti radioattivi, questione ancora aperta in Italia nonostante siano trascorsi decenni dalla cessazione della produzione elettronucleare.

Allo stesso tempo, per quanto riguarda la ricerca, è considerato necessario porre attenzione alle ricadute dei programmi di competenza del MASE quali il Piano della ricerca di sistema elettrico nazionale 2022-2024 e il programma Mission Innovation, iniziativa di cooperazione multilaterale globale il cui scopo primario è quello di accelerare i processi di innovazione delle tecnologie pulite.

Le politiche per l’economia circolare

Il PNR sottolinea che le sfide di medio termine per la realizzazione di una competitività sostenibile passano attraverso l’attuazione della Strategia nazionale per l’economia circolare, presupposto indispensabile per l’approvvigionamento di materia e la decarbonizzazione del paese, per attuare gli obiettivi del Green Deal e raggiungere quindi la neutralità climatica in Europa entro il 2050, in attuazione degli obiettivi globali (definiti dall’Agenda 2030 e dall’Accordo di Parigi) ed europei (questi ultimi resi vincolanti con l’entrata in viogre, avvenuta il 29 luglio 2021, del regolamento 2018/1999, c.d. legge europea sul clima, che “stabilisce l'obiettivo vincolante della neutralità climatica nell'Unione entro il 2050”).

In linea con l’obiettivo di neutralità climatica entro il 2050 previsto dal Green Deal, nel marzo 2020 la Commissione europea ha proposto il primo pacchetto di misure per accelerare la transizione verso un'economia circolare, in linea con quanto annunciato nel Piano d'azione per l'economia circolare. Le proposte includono il potenziamento dei prodotti sostenibili, la responsabilizzazione dei consumatori verso la transizione verde, la revisione del regolamento sui materiali da costruzione e una strategia sui tessili sostenibili.

Per raggiungere tali obiettivi l’Italia ha adottatto la Strategia nazionale per l’economia circolare (SEC), approvata, in attuazione di quanto previsto dal PNRR (ob. M2C1.1-R.1.1-1), con il D.M. 24 giugno 2022, n. 259.

Nel PNR viene evidenziato che tale Strategia si propone di: i) creare le condizioni per un mercato delle materie prime seconde in sostituzione delle materie prime tradizionali; ii) rafforzare e consolidare il principio di Responsabilità Estesa del Produttore; iii) sviluppare una fiscalità favorevole alla transizione verso l’economia circolare; iv) rafforzare le azioni mirate all’upstream della circolarità (ecodesign, estensione della durata dei prodotti, riparabilità e riuso, etc.); v) sviluppare e diffondere metodi e modelli di valutazione del ciclo di vita dei prodotti e dei sistemi di gestione dei rifiuti e dei relativi effetti ambientali complessivi; vi) migliorare la tracciabilità dei flussi di rifiuti; vii) educare e creare competenze, nell’ambito pubblico e privato, in materia di economia circolare come volano di sviluppo dell’occupazione giovanile e femminile.

Un ruolo chiave per l’attuazione della SEC è svolto dal Programma Nazionale di Gestione dei Rifiuti (PNGR) approvato, in attuazione di quanto previsto dal PNRR (ob. M2C1.1-R.1.2-13), con il D.M. 24 giugno 2022, n. 257. L’obiettivo del PNGR è colmare il gap impiantistico tra Nord e Centro-Sud, aumentare il tasso di raccolta differenziata e di riciclaggio al fine di sviluppare nuove catene di approvvigionamento di materie prime seconde dal ciclo dei rifiuti, in sostituzione di quelle tradizionali, e contribuire alla transizione energetica.

Altri obiettivi ricordati nel PNR sono: l’implementazione del nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti (RENTRI); il pieno utilizzo dei Criteri Ambientali Minimi (CAM) negli appalti pubblici e della regolamentazione End of Waste per lo sviluppo di un mercato circolare; la disincentivazione del conferimento in discarica attraverso un’idonea revisione del sistema di tassazione; la riduzione della dipendenza dall’estero per le materie prime critiche.

Nel PNR viene inoltre ricordato che, con riferimento al settore delle plastiche, nell’ambito della SEC, si sta definendo una vera e propria strategia nazionale, per garantire il raggiungimento degli obiettivi europei di riciclo.

Per il raggiungimento degli obiettivi citati il PNRR ha previsto, accanto al PNGR, due investimenti per l’economia circolare, uno da 1,5 miliardi per la realizzazione nuovi impianti di gestione rifiuti e ammodernamento di impianti esistenti (M2C1.1-I.1.1) e l’altro, per i c.d. progetti faro (M2C1.1-I.1.2) da 600 milioni di euro[64].

Il PNGR fissa inoltre i macro-obiettivi e le macro-azioni, e definisce i criteri e le linee strategiche a cui le Regioni e le Province autonome dovranno attenersi nell’elaborazione dei Piani di gestione dei rifiuti.

14.   Sanità

Il Documento evidenzia che la spesa sanitaria nazionale è stata per lungo tempo inferiore alla media dell’UE, ma gli interventi posti in essere durante la crisi pandemica hanno contribuito a un consistente incremento del livello del finanziamento del sistema sanitario nazionale. I dati Eurostat mostrano che l’Italia è passata da un rapporto spesa pubblica/Pil del 6,8 per cento per cento nel 2019 al 7,9 per cento del 2020, collocandosi quindi quasi in linea con la media UE (8 per cento), ma facendo registrare un incremento leggermente superiore (+1,1 per cento contro l’1 per cento medio europeo). Gli ultimi sviluppi - rileva il Documento - confermano l’inversione di rotta: la legge di bilancio per il 2023 ha previsto un importante incremento del FSN, con un incremento pari a 2,15 miliardi per l'anno 2023, 2,3 miliardi per l'anno 2024 e 2,6 miliardi a decorrere dall'anno 2025[65].

In particolare, riguardo alla spesa sanitaria corrente, il Documento prevede, per l'anno in corso, un livello pari a 136.043 milioni di euro (con un tasso di crescita pari al 3,8% rispetto all'anno precedente); per il 2024, si prevede una riduzione del livello di spesa, la quale ammonterebbe a 132.737 milioni (riduzione, in termini percentuali, pari al 2,4% rispetto al 2023); per gli anni 2025 e 2026, si prevede una progressiva ricrescita, con un livello di spesa sanitaria corrente pari nel 2025 a 135.034 milioni (con un incremento pari all’1,7% rispetto al 2024) e pari nel 2026 a 138.399 milioni (con un incremento pari al 2,5% rispetto al 2025). Il rapporto tra la spesa in oggetto e il PIL nominale (rapporto che riflette naturalmente anche la crescita del medesimo PIL) decrescerebbe progressivamente, dal 6,7% previsto per l’anno in corso al 6,2% previsto per ciascuno degli anni 2025 e 2026. Riguardo alla summenzionata riduzione della spesa sanitaria per il 2024, il Documento osserva che tale previsione riflette anche la presumibile cessazione di spese connesse alla pandemia da COVID-19 e la cessazione delle spese consistenti in arretrati relativi al personale dirigente e a quello convenzionato con il Servizio sanitario nazionale.

Quanto al quadro programmatico, una prima priorità evidenziata dal Documento, nell’ambito del Programma nazionale di riforma (PNR)[66], è quella di rafforzare l’assistenza sanitaria, riducendo le asimmetrie territoriali e raggiungendo un assetto complessivo più omogeneo sul territorio nazionale, in termini di proporzioni tra i macro-livelli di assistenza (prevenzione, territoriale, ospedaliera). Si evidenzia che è in corso il completamento del percorso di razionalizzazione del Programma Nazionale degli Esiti, che risale al 2015, al fine di promuovere una più stretta integrazione tra ospedale e territorio alla luce dei nuovi modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale previsti dal DM 77/2022 e degli obiettivi previsti dalla Missione 6 del PNRR.

Viene inoltre sottolineato che, in Italia, i settori della salute esprimono grande valore economico. Nel 2022 il primo settore per crescita dell’export, al netto degli energetici, è la farmaceutica (+43 per cento), con saldo estero di +9 miliardi. La salute è ritenuta una filiera strategica con significative esternalità positive (ricerca pubblica, investimenti nei centri clinici, produttività di popolazione in migliore salute) e una valenza importante di sicurezza nazionale. In questo comparto, rileva il Documento, il perseguimento di un’elevata qualità della spesa pubblica richiede il coordinamento tra politiche sanitarie e industriali.

Tra i temi specifici affrontati dal Documento vi sono la riorganizzazione e il potenziamento della medicina territoriale e gli interventi in materia di edilizia sanitaria.

Viene ricordato, in proposito, che è stata avviato un percorso di modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale. In tale ambito, le Case della comunità e l’Ospedale di comunità sono reputate due strumenti strategici dell’assistenza territoriale di prossimità. Le prime hanno la finalità di promuovere e realizzare progetti di salute, con particolare attenzione alle condizioni legate alla cronicità e alla fragilità del paziente, agevolando la assistenza domiciliare; i secondi si rivolgono ai pazienti che necessitano di interventi sanitari a media-bassa intensità clinica e degenze di breve durata. Al riguardo, il Documento sottolinea che il PNRR ha stanziato 3 miliardi per le Case di Comunità, con l’obiettivo di realizzarne entro il 2026 almeno 1.350.

Sempre in tema di riorganizzazione della medicina territoriale, al fine di una compiuta e uniforme attuazione della stessa sul territorio nazionale, è previsto un potenziamento della funzione dei medici del Ruolo Unico di Assistenza Primaria a ciclo di scelta (MMG), convenzionati con il SSN, con un rafforzamento del loro ruolo nei nuovi modelli di assistenza territoriale. Altro aspetto ritenuto qualificante della medicina territoriale è l’attività di assistenza sanitaria posta in essere dalle farmacie dei servizi, quali presidi di prossimità per i cittadini; in questa direzione - segnala il Documento - va il finanziamento previsto dall’articolo 1, comma 532, della legge di bilancio 2023, che per salvaguardare la rete di prossimità rappresentata dalle farmacie ha previsto, a decorrere dal 1° marzo 2023, una remunerazione aggiuntiva in favore delle stesse, per il rimborso dei medicinali erogati in regime di Servizio sanitario nazionale, nel limite di 150 milioni annui.

Inoltre, viene ricordato che, per garantire l’assistenza domiciliare, il Governo sta investendo sulla diffusione della telemedicina durante tutto il percorso di cura, prevedendo anche l’integrazione delle soluzioni di telemedicina con avanzati sistemi digitali sanitari, quale il fascicolo sanitario elettronico, ciò anche al fine di misurare le modalità di erogazione dell’assistenza sanitaria, con particolare riferimento ai casi in cui la stessa richiede, per il medesimo soggetto, interventi in Regioni differenti. Il PNRR al riguardo prevede 4 miliardi ripartiti tra diversi i sub-investimenti. I target finali sono: per il 2024, almeno 600 Centrali Operative Territoriali (COT); per il 2025, almeno 200mila persone assistite attraverso gli strumenti della telemedicina; per il 2026, almeno altre 800 mila persone over 65 trattate in assistenza domiciliare con un incremento di almeno il 10 per cento della popolazione over 65 e, nello stesso anno, completamento del progetto per l’implementazione degli strumenti di intelligenza artificiale a supporto dell'assistenza primaria e il “Potenziamento del Portale della Trasparenza”.

In tema di edilizia sanitaria, il Documento preannuncia modifiche, anche di carattere normativo, per dare nuovo slancio agli investimenti, tenuto conto del fatto che negli ultimi anni si è registrata una difficoltà da parte delle singole regioni nel programmare i relativi investimenti e nell’avviare le procedure amministrative propedeutiche alla realizzazione delle opere e per l’ammodernamento tecnologico.

Il Documento sottolinea, poi, la connotazione strategica della digitalizzazione dei sistemi sanitari, quale rilevante sfida per gli Stati dell’UE, ed evidenzia l’esigenza di implementare l’infrastruttura tecnologica e gli strumenti per la raccolta sistematica, l’elaborazione e l’analisi dei dati sanitari da parte del Ministero della salute.

Al riguardo, sono ricordati i seguenti investimenti del PNRR: Ammodernamento tecnologico degli ospedali (4,05 miliardi, finalizzati all’ammodernamento del parco tecnologico ospedaliero, al potenziamento della digitalizzazione di 280 strutture sanitarie sedi di Dipartimenti di Emergenza e Accettazione (DEA), al rafforzamento strutturale degli ospedali del SSN, attraverso l’adozione di un piano specifico di potenziamento dell’offerta); Ecosistema innovativo della salute (437 milioni, finalizzati tra l’altro alla creazione di un Hub anti-pandemia, inteso come infrastruttura strategica per affrontare future pandemie); Rafforzamento dell’infrastruttura tecnologica e degli strumenti per la raccolta, l’elaborazione, l’analisi dei dati e la simulazione (1,67 miliardi, finalizzati a potenziare il fascicolo sanitario elettronico, per garantirne la diffusione su tutto il territorio nazionale, e rafforzare il Nuovo Sistema Informativo Sanitario, l’infrastruttura e gli strumenti con cui il Ministero della salute monitora i Livelli Essenziali di Assistenza e programma i servizi sanitari.)

Con specifico riferimento al fascicolo sanitario elettronico (FSE), il Documento segnala che, al fine di garantire che l’UE consegua i suoi obiettivi di trasformazione digitale, gli Stati membri hanno concordato un mandato negoziale relativo al programma strategico per il 2030: tra gli indicatori di digitalizzazione da raggiungere, è previsto il 100 per cento di disponibilità online dei FSE per tutti i cittadini dell’Unione; è in questo contesto che si inserisce l’investimento PNRR per il potenziamento del FSE.

Viene poi evidenziato che è in corso la riorganizzazione dei processi di gestione delle liste d’attesa dei ricoveri programmati mediante l’introduzione di modelli e standard per il monitoraggio sistemico e strutturato, a livello nazionale, del percorso del paziente, dal momento della presa in carico fino alla dimissione.

Altro tema affrontato dal Documento, nell’ambito del PNR, è quello del potenziamento del personale.

A tal proposito, viene premesso che la pandemia ha reso maggiormente evidente la perdurante carenza dei medici e degli altri operatori sanitari, e che i professionisti del SSN si trovano oggi ad operare in un contesto sempre più difficile a causa dei vincoli assunzionali reiterati nel tempo e dei limiti “all’ingresso”; le limitazioni al turn-over hanno, poi, ostacolato la trasmissione delle conoscenze tra generazioni, incrementando varie forme di precariato. Negli ultimi anni - rileva ancora il Documento -, si è registrata una vera e propria “fuga” da alcune specialità, rese sempre meno attrattive.

Ciò posto, è indicato l’obiettivo di procedere ad una concreta ed effettiva rivalutazione del trattamento economico di tutto il personale del SSN, incentivando in modo adeguato le qualificate risorse professionali per realizzare un sistema sanitario in grado di raccogliere, in modo efficiente e resiliente, le sfide del futuro. In tale direzione - si evidenzia nel Documento - vanno le previsioni della legge di bilancio 2023 finalizzate a riconoscere, per le particolari condizioni di lavoro del personale operante presso i servizi di pronto soccorso, un incremento dell’indennità, con un impegno di spesa di 200 milioni annui.

Passando al tema della prevenzione, il Documento ricorda il Piano nazionale di prevenzione vaccinale, approvato il 26 gennaio 2023 dalla Conferenza Stato-Regioni, e il Piano per le emergenze sanitarie, a cui si ricollegano anche i finanziamenti per il Piano strategico-operativo nazionale di preparazione e risposta a una pandemia influenzale (PanFlu). Menziona, altresì, il Piano Nazionale oncologico, finanziato per l’intero periodo di vigenza (2022-2027).

Nella parte dedicata all’attuazione dell’Agenda 2030[67] e al raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (sezione III, cap. IV), il Documento si sofferma anche sull’Obiettivo 3 (Salute e benessere).

Al riguardo, dal Country Report ad essa dedicato, emerge che l’Italia deve ancora impegnarsi per garantire una vita sana a tutti i suoi cittadini e residenti, sebbene si tratti di uno degli indicatori nei quali il Paese mostra la performance migliore: per l’Obiettivo 3 l’Italia presenta uno stato migliore rispetto alla media UE e sta realizzando dei progressi verso il raggiungimento di questo obiettivo. Viene riportato che, nel 2021, l’eccesso di mortalità rispetto alla media 2015-2019 è rimasto elevato, risentendo soprattutto della bassa copertura vaccinale nel primo quadrimestre dell’anno, mentre il numero di persone che ha dovuto rinunciare a visite specialistiche o esami diagnostici è stato pari all’11 per cento della popolazione. Nel secondo semestre del 2021, inoltre, il numero di incidenti e infortunati risulta tornato ai livelli precedenti la pandemia.

Il Documento aggiunge che tale quadro è confermato dal BES[68], che considera la speranza di vita in buona salute alla nascita come misura sintetica della qualità complessiva della salute degli individui. Nel 2021, l’indicatore è risultato solo lievemente inferiore rispetto al 2020, ma in aumento di 1,9 anni rispetto al 2019, e questo andamento positivo è confermato fino al 2025. Assumono rilevanza centrale ai fini del raggiungimento dell’Obiettivo – rileva ancora il Documento - le misure previste nel PNRR in ambito sanitario, alle quali sono stati assegnati oltre 25 miliardi, nonché gli interventi disposti con la legge di bilancio per il 2023, come l’estensione dei contributi ai policlinici universitari e l’adeguamento del livello di finanziamento del SSN, oltre ad alcune disposizioni per il potenziamento del personale.

Quanto infine ai disegni di legge collegati alla manovra di bilancio, il Documento, nell’ambito della relativa elencazione (v. par. I.6), non menziona provvedimenti specifici inerenti alla materia sanitaria.

15.   Le Politiche di coesione

Nella Sezione II del DEF 2023 (Analisi e tendenze della finanza pubblica) vengono presentati i dati relativi alle risorse destinate dalla programmazione nazionale e da quella comunitaria allo sviluppo regionale e alla coesione territoriale, che vengono così esposte:

 

Milioni di euro

2022

2023

2024

2025

2026

Fondo sviluppo e coesione

13.953

9.579

13.828

15.416

45.438

Ciclo 2014-2020

6.658

6.638

5.251

5.186

-

Ciclo 2021-2027

7.295

2.941

8.577

10.230

45.438

 

 

 

 

 

 

Programmazione UE

 

 

 

 

 

Risorse UE

4.596

13.800

3.760

3.860

3.860

- FESR (Sviluppo regionale)

1.733

7.000

1.200

2.300

2.500

- FSE (Fondo sociale)

1.259

5.000

900

1.500

1.300

- FEASR (Sviluppo rurale)

1.558

1.600

1.600

1.600

0

- FEAMP (Pesca)

46

200

60

60

60

Cofinanziamento nazionale

2.118

7.190

3.155

4.555

2.955

- FESR (Sviluppo regionale)

339

3.000

800

1.600

1.700

- FSE (Fondo sociale)

272

2.500

800

1.400

1.200

- FEASR (Sviluppo rurale)

1.469

1.500

1.500

1.500

0

- FEAMP (Pesca)

38

190

55

55

55

Ulteriori risorse nazionali (Piano Azione Coesione)

400

400

400

500

500

Il Fondo per lo sviluppo e la coesione

Per quanto riguarda il Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC), la legge di bilancio 2023 espone, in competenza, una dotazione complessiva, relativa a entrambi i cicli 2014-2020 e 2021-2027, pari a 84,3 miliardi.

 

FSC (cap. 8000/MEF)

2023

2024

2025

2026 e ss

TOT.

FSC 2014-2020

6.638,4

5.251,3

5.186,3

-

17.076,0

FSC 2021-2027

2.941,1

8.577,3

10.230,3

45.437,5

67.186,2

Legge di bilancio

9.579,5

13.828,6

15.416,6

45.437,5

84.262,2

 

Nella legge di bilancio, tuttavia, a fronte della dotazione di competenza di 9,6 miliardi, le autorizzazioni di cassa per il 2023 sono pari a 3,4 miliardi.

I residui al 1° gennaio 2023 sono stimati in 46,2 miliardi.

Programmazione 2014-2020

Per il ciclo FSC 2014-2020 diverse leggi di bilancio hanno autorizzato stanziamenti per complessivi 68,8 miliardi. Tali risorse risultano ad oggi pressoché interamente programmate mediante delibere del CIPE/CIPESS o disposizioni legislative, con una disponibilità residua ancora da assegnare di circa 300 milioni.

I ritardi nella realizzazione di alcuni programmi e interventi, hanno portato nel 2019 ad un intervento di semplificazione della programmazione del Fondo per lo sviluppo e la coesione, ad opera del D.L. n. 34 (D.L. crescita), che ha comportato:

-     una riclassificazione di tutti i documenti di programmazione delle risorse del Fondo sviluppo e coesione afferenti ai vari cicli di programmazione 2000-2006, 2007-2013, 2014-2020 ancora attivi, ad opera dell'Agenzia per la coesione;

-     la predisposizione di un unico Piano operativo, denominato «Piano sviluppo e coesione» per ciascuna Amministrazione titolare di risorse del Fondo (in sostituzione della pluralità dei precedenti documenti programmatori).

Sono stati adottati. 43 Piani di sviluppo e coesione (PSC) di cui:

- n. 21 a titolarità delle Amministrazioni regionali e Province autonome;

- n. 10 a titolarità delle Amministrazioni Centrali;

- n. 12 a titolarità delle Città metropolitane.

Nel PSC finora approvati risultano consolidati oltre 79 miliardi rivenienti dai vari cicli di programmazione, di cui 17,6 miliardi afferenti al ciclo 2000-2006, 15,6 miliardi al ciclo 2007-2013 e 45,9 miliardi al ciclo 2014-2020.

Nei PSC sono state altresì consolidate le assegnazioni effettuate nel 2020-2021 in ragione dell'emergenza Covid-19, circa 2,8 miliardi, che costituiscono le Sezioni speciali dei PSC: in tutto, le disponibilità dei PSC ammontano a circa 81,9 miliardi.

Nonostante le risorse del FSC 2014-2020 risultassero già interamente programmate, il D.L. n. 50 del 2022 (c.d. decreto aiuti), nel recare misure in materia di politiche energetiche nazionali, produttività delle imprese, nonché in materia di politiche sociali e di crisi ucraina, ne ha utilizzato a copertura degli oneri finanziari del provvedimento un importo di 6 miliardi, di cui, 1 miliardo di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2024 e 3 miliardi di euro per l'anno 2025.

Tali coperture sono imputate principalmente sugli interventi definanziati per il mancato rispetto dei termini per l'assunzione delle obbligazioni giuridicamente vincolanti (OGV), la cui scadenza è indicata al 31 dicembre 2022 (ai sensi dell'art. 44, comma 7, lett. b), del D.L. n. 34/2019, come modificato dal D.L. n. 52/2021).

Il termine per l'assunzione delle obbligazioni giuridiche vincolanti (OGV) è stato esteso fino al 30 giugno 2023 dall'articolo 56 del D.L. n. 50/2022 solo nel caso di interventi infrastrutturali aventi valore finanziario complessivo superiore a 25 milioni di euro per i quali, pur risultando la mancanza di OGV a giugno 2022, fosse intervenuta entro il 30 novembre 2022 una apposita delibera del CIPESS, volta a definire un cronoprogramma finanziario e procedurale, finalizzato ad evitare il definanziamento dell'intervento.

Qualora le risorse definanziate della programmazione 2014-2020 dovessero risultare insufficienti, la norma prevede la corrispondente riduzione delle risorse del Fondo sviluppo e coesione della programmazione 2021-2027, le quali – nelle more della procedura di definanziamento – vengono rese indisponibili, sino a concorrenza delle riduzioni operate sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, programmazione 2014-2020.

Nella seduta del 27 dicembre 2022, il CIPESS ha approvato una prima ricognizione degli interventi da salvaguardare (delibera n. 48/2022, non ancora pubblicata in Gazzetta Ufficiale).

Programmazione 2021-2027

Per quanto riguarda le risorse FSC 2021-2027 sono stati autorizzati finanziamenti per oltre 91,4 miliardi, di cui tuttavia una quota di 15,6 miliardi è stata vincolata per il finanziamento di iniziative progettuali inserite nel PNRR: conseguentemente, le effettive disponibilità del Fondo 2021-2027 sono pari a 75,8 miliardi.

Nelle more della definizione dei singoli Piani di sviluppo e coesione 2021-2027, una quota parte delle risorse per il ciclo 2021-2027 è peraltro già stata utilizzata per il finanziamento di interventi introdotti da specifiche disposizioni di legge, con corrispondente riduzione dell'importo del Fondo (per complessivi 14,3 miliardi) o mediante "preallocazioni" di risorse, rinviandone l'assegnazione effettiva a successive delibere del CIPESS (per un totale di 2,1 miliardi). Con delibere del CIPESS, sono state disposte ulteriori assegnazioni del FSC 2021-27 per complessivi 11,1 miliardi.

Conseguentemente le disponibilità del FSC 2021-2027 ancora da programmare risultano attualmente pari a circa 48,3 miliardi (al lordo dei 6 miliardi da considerarsi indisponibili ai sensi dell'art. 56, comma 2, del D.L. n. 50/2022).

I fondi europei e l’integrazione con il PNRR

Nella Sezione III del DEF 2023 (Programma Nazionale di Riforma), nel paragrafo V, si analizzano i Fondi europei, con particolare riferimento alla complementarità tra le priorità sostenute dai Fondi di coesione e il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).

Una prima riflessione viene effettuata con rifermento al ciclo di programmazione dei fondi 2021-2027, come definiti dall’Accordo di partenariato, approvato con la Decisione di esecuzione della Commissione C (2022) 4787.

Il complesso delle risorse europee (42,2 miliardi) derivano:

·         dai due Fondi principali per la coesione – Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e al Fondo sociale europeo plus (FSE+), per 41,1 miliardi;

·         dal Fondo per la giusta transizione (JTF), quale nuovo strumento della politica di coesione 2021-2027, per circa 1 miliardo.

All'obiettivo Cooperazione Territoriale Europea (CTE) sono dedicati circa 1 miliardo; al Fondo Europeo per gli Affari Marittimi, la Pesca e l'Acquacoltura (FEAMPA), sono assegnati 518 milioni.

Ai contributi europei si aggiungono le risorse derivanti dal cofinanziamento nazionale che ammontano a circa 32,4 miliardi, per un totale di risorse finanziarie programmate nell'Accordo di Partenariato per il periodo di programmazione 2021-2027 pari a oltre 75 miliardi complessivi.

 

Il DEF 2023 sottolinea come “le scelte strategiche e i contenuti operativi della programmazione 2021-2027 devono tener conto dell’esigenza di integrazione con altre politiche di sviluppo e riforma, e segnatamente con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)” e pertanto “è necessario che i relativi investimenti siano programmati ed attuati in modo tale che si integrino a vicenda anziché sovrapporsi”.

“Considerato il disallineamento temporale che ha caratterizzato la definizione dei rispettivi quadri programmatori, l’integrazione tra politica di coesione e PNRR richiede un ulteriore e sostanziale rafforzamento man mano che il quadro di programmazione e attuazione dei due strumenti andrà consolidandosi, dovendosi prevedere un sistema di governance nazionale dell’Accordo particolarmente rigoroso e stringente, che permetta la sinergia e la complementarietà tra le due programmazioni”.

Tuttavia “la concomitante attuazione del PNRR, con scadenza al 2026, e degli investimenti della politica di coesione 2021-2027, che invece si estendono su un orizzonte attuativo più ampio, consente un margine di flessibilità nell’impiego delle risorse disponibili nei due ambiti”.

Una seconda riflessione riguarda l’integrazione tra il PNRR e i fondi di coesione nell’iniziativa REPowerEU.

Il Piano REPowerEU rappresenta la risposta dell’Unione europea per fronteggiare gli incrementi dei prezzi delle materie prime sul mercato globale causati dalla guerra in Ucraina e incentivare il contenimento dei consumi di energia. a di prestiti già disponibili attraverso il Dispositivo di ripresa e resilienza. La quota di risorse a fondo perduto che potranno essere destinate all’Italia ammonta a 2,76 miliardi, a cui potrebbero aggiungersi le somme a titolo di prestito non ancora utilizzate dagli altri Paesi a valere sul PNRR, nonché le eventuali risorse che si renderanno disponibili all’esito della revisione del PNRR.

Il Regolamento (UE) 2023/435, entrato in vigore il 1° marzo 2023, dà la possibilità di allineare il nuovo capitolo REPowerEU del PNRR con i programmi della politica di coesione 2021-2027. Infatti i Paesi membri, su base volontaria, potranno destinare per le finalità del Piano fino ad un massimo del 7,5 per cento delle risorse della loro dotazione nazionale iniziale nell'ambito del FESR e del FSE+.

Gli Stati membri sono incoraggiati a presentare i capitoli del PNRR dedicati al piano REPower entro il 30 aprile 2023. La Commissione europea il 3 marzo 2023 ha pubblicato gli Orientamenti sui piani per la ripresa e la resilienza nel contesto di REPowerEU che illustrano la procedura di modifica dei piani vigenti e le modalità di redazione dei capitoli relativi al piano REPowerEU.

Il PNRR e le politiche di coesione

Nella Sezione III del DEF 2023 (Programma Nazionale di Riforma) sono riportate alcune considerazioni in merito alla c.d. “quota Mezzogiorno” delle risorse del PNRR (pag. 76).

Si sottolinea come “la coesione territoriale è uno degli obiettivi identificati dal Regolamento RRF e rappresenta una delle “priorità trasversali” del PNRR italiano” e che l’articolo 2, comma 6-bis, del D.L. n. 77 del 2021 ha previsto un obbligo per le amministrazioni centrali titolari di interventi previsti nel PNRR di destinare almeno il 40 per cento delle risorse “allocabili territorialmente” alle regioni del Mezzogiorno. Si tratta di una quota maggiore rispetto al criterio del 34% delle risorse ordinarie assegnate a tali regioni utilizzando quale criterio di riferimento quello della popolazione.

Il Dipartimento per le politiche di coesione ha stimato in 75,1 miliardi l’ammontare delle risorse del PNRR destinate al Mezzogiorno, importo pari al 41 per cento del complesso delle risorse del solo PNRR con destinazione territoriale. Tale percentuale risulterebbe sostanzialmente confermata anche per le risorse “territorializzabili”. Pertanto, “considerando l’insieme delle risorse PNRR e PNC, la quantificazione delle risorse destinate al Mezzogiorno si attesta invece su 86,9 miliardi”.

Oltre alla quota trasversale Mezzogiorno, la Missione 5 del PNRR “Inclusione e coesione” presenta la Componente 3 Interventi speciali per la coesione territoriale”, prevedendo interventi diretti specifici sul territorio per ridurre le disuguaglianze e favorire lo sviluppo delle aree interne, per un importo complessivo di poco più di 1,3 miliardi.

Il DEF pone altresì la sua attenzione sulla riforma della governance, recentemente disposta dall’art. 50 del D.L. n. 13 del 2023, che, sopprimendo l’Agenzia per la coesione territoriale, ha individuato del Dipartimento per le politiche di coesione la struttura centrale di coordinamento, atta a garantire l’azione di presidio a livello centrale sulla programmazione e attuazione della politica di coesione e il coordinamento con il PNRR.

Infatti, “trasversale a tutti gli ambiti di intervento della politica di coesione è l’azione di rafforzamento della capacità amministrativa degli attori istituzionali coinvolti nella programmazione e gestione degli investimenti cofinanziati, con una particolare attenzione agli enti locali responsabili della realizzazione di rilevanti investimenti da attivare sui territori”.

Lo stato di attuazione dei Fondi 20214-2020

Per quanto riguarda i fondi del ciclo di programmazione 2014-2020 il DEF sottolinea che “l’anno 2022 è stato segnato dal nuovo contesto straordinario determinatosi a seguito dello scoppio della guerra in Ucraina, oltre al protrarsi dell’epidemia Covid-19, che ha comportato notevoli ritardi nell'attuazione degli interventi. Nonostante il contesto sfavorevole, sono stati registrati significativi avanzamenti nei Programmi Operativi (PO) cofinanziati dal FESR e dal FSE. Per quanto attiene gli obiettivi di spesa 2022, infatti, i risultati raggiunti hanno consentito di superare le soglie di spesa previste al 31 dicembre per tutti gli 83 programmi operativi. Al 31 dicembre 2022, la spesa complessivamente certificata alla Commissione europea è pari a 35,02 miliardi di euro con un incremento di 6,42 miliardi di euro, rispetto all’importo di 28,6 miliardi di euro conseguito al 31 dicembre 2021, e raggiunge il 52,03% del totale delle risorse programmate, pari a 67,3 miliardi”.

Per quanto riguarda, in particolare, i programmi del FEASR il DEF ricorda che con l’approvazione del Regolamento (UE) 2020/2220 è stata disposta l’estensione, anche per le annualità finanziarie 2021 e 2022, della normativa vigente per lo sviluppo rurale nell’ambito della PAC. Per il periodo 2014-2020 sono stati assegnati ai programmi di sviluppo rurale risorse UE per circa 14,4 miliardi, alle quali si aggiungono 13,5 miliardi di cofinanziamento nazionale.

Alla fine 2022 l'avanzamento della spesa effettivamente sostenuta risulta pari a 66,30%, a cui è necessario aggiungere gli importi versati a titolo di prefinanziamento pari al 3,0% del budget totale di ciascun PSR. Da inizio programmazione ad oggi sono stati spesi complessivamente 18,5 miliardi di euro, pari a 9,3 miliardi di euro di quota FEASR.

Va ricordato che per il quadriennio 2023-2027, è stato approvato il Piano Strategico Nazionale della PAC (PSP), con una dotazione totale di circa 10,7 miliardi di euro tra il primo e secondo pilastro (FEAGA + FEASR). Il PSP è incentrato sulla transizione ecologica del settore agricolo, alimentare e forestale, stabilendo interventi con chiare finalità climatico-ambientali.

Si segnala, infine, che nel DEF 2023 è presente l’Allegato II relativo alla “Relazione sullo stato di attuazione della politica di coesione europea e nazionale - programmazione 2014-2020”, presentato ai sensi dell'articolo 10, comma 7, della legge n. 196 del 2009.

Tale relazione risulta identica a quella già presentata il 16 febbraio 2023 al Parlamento dal Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, Raffaele Fitto (Doc. XXVII, n. 4) ed oggetto di una audizione in data 15 marzo 2023 di fronte alle Commissioni Riunite V-XIV della Camera dei deputati e 4a-5a del Senato della Repubblica.

Tuttavia, la Relazione riporta i dati sul monitoraggio dei fondi europei alla data del 31 ottobre 2022.

Si riportano di seguito i dati tratti dal Bollettino IGRUE sul monitoraggio dei fondi SIE 2014-2020, aggiornato alla più recente data del 31 dicembre 2022, recentemente pubblicato.

 

Stato attuazione per fondo strutturale
al 31 dicembre 2022

(In milioni di euro)

Fondo

Risorse programmate
(A)

Di cui

contributo UE

Impegni
(B)

Pagamenti
(C)

% Avanzamento
(B/A)

% Avanzamento
(C/A)

FESR

38.407,4

28.577,7

36.378,6

24.207,2

94,72

63,03

FSE

27.450,2

20.152,2

19.764,2

14.159,7

72,00

51,58

Totale

65.857,6

48.729,9

56.142,8

38.366,9

85,25

58,26

FEASR

27.904,4

14.365,5

18.500,8

18.500,8

66,30

66,30

FEAMP

979,5

537,3

706,3

546,8

72,11

55,83

Totale

94.741,5

63.632,7

75.349,9

57.414,6

79,53

60,60

 

Stato attuazione Fondi strutturali (FESR e FSE) per categoria di regione e tipologia di Programma
al 31 dicembre 2022

(In milioni di euro)

Categoria

 

Risorse programmate
(A)

Impegni
(B)

Pagamenti
(C)

% Avanzamento
(B/A)

% Avanzamento
(C/A)

In transizione

PON

951,0

866,6

625,9

91,13

65,81

POR

1.918,8

1.680,7

1.254,9

87,59

65,40

Meno sviluppate

PON

13.130,7

12.457,5

8.663,2

94,87

65,98

POR

17.595,3

17.829,1

11.601,9

101,33

65,94

Più sviluppate

PON

2.760,5

2.460,3

1.914,9

89,13

69,37

POR

13.194,9

13.193,6

10.845,6

99,99

82,20

Totale Fondo IOG

940,1

745,2

634,4

79,26

67,48

Totale REACT EU

14.374,8

6.061,5

2.212,4

42,17

15,39

Totale PO CTE

991,5

848,3

613,7

85,56

61,90

Totale Generale

65.857,6

56.142,8

38.366,9

85,25

58,26

16.   Agricoltura

Il settore agricolo nel 2022 ha registrato un rilevante incremento dei prezzi - circa dell’8,8 per cento e in netta accelerazione rispetto al 2021 (0,5 per cento) - dovuto principalmente al conflitto russo-ucraino - con ripercussioni sulle esportazioni di materie prime alimentari, quali il frumento, il mais e l’olio di girasole, di cui l’Ucraina e la stessa Russia sono importanti produttori a livello mondiale - e alle condizioni climatiche avverse.

Più nel dettaglio, i maggiori incrementi dei prezzi durante il 2022 hanno riguardato i prodotti alimentari non lavorati (freschi), il cui indice è cresciuto del 9,1 per cento, mentre i prezzi dei prodotti alimentari lavorati sono cresciuti dell’8,5 per cento. Sul settore ha inciso, inoltre, il prezzo dei prodotti chimici e fertilizzanti utilizzati in agricoltura, i cui costi di produzione sono stati spinti in alto dallo shock energetico.

Riguardo ai costi di produzione dei beni alimentari, va considerato l’aumento dei prezzi di macchine per l’agricoltura e la silvicoltura, il cui indice dei prezzi alla produzione ha registrato negli ultimi mesi aumenti tendenziali di poco sotto al 10 per cento.

Infine una notevole incidenza, ma fattore non meno rilevante, è stato quello climatico: le basse temperature primaverili, le eccezionali ondate di calore del periodo estivo, la quasi totale assenza di precipitazioni e il clima asciutto hanno fortemente condizionato diverse produzioni tradizionali del nostro Paese.

Secondo l’ISTAT, al netto delle variazioni dei prezzi, nel 2022 la produzione agricola italiana si è ridotta dello 0,7 per cento, mentre le coltivazioni sono diminuite del 2,2 per cento.

In particolare, hanno subito una notevole contrazione le produzioni dell’olio d’oliva (-17 per cento), cereali (-10,4 per cento), piante foraggere (-5,5 per cento), piante industriali (-4,5 per cento), patate (-1,9 per cento) e ortaggi freschi (-1,8 per cento).

È invece cresciuta in volume la produzione delle colture frutticole (+6,8 per cento) e florovivaismo (+1,1 per cento). I prezzi dei prodotti delle coltivazioni sono cresciuti mediamente del 17,8 per cento, con punte del 40,3 per cento per i foraggi, 39,9 per cento per i cereali, 21,2 per cento per gli ortaggi freschi, 14,7 per cento per gli agrumi, 13,5 per cento per le piante industriali, 10,1 per cento per il vino e 6,6 per cento per la frutta fresca. Il prezzo del riso a febbraio ha raggiunto un aumento su base annua del 41,8 per cento.

 

Con riguardo al settore agricolo il PNR (Programma nazionale di riforma), rileva soprattutto su alcune tematiche specifiche, tra cui, la “Rivoluzione verde” che procede di pari passo e in stretta sinergia con la transizione energetica. Anche le politiche di sviluppo sostenibile, l’innovazione e il ricambio intergenerazionale sono elementi fondamentali rilevanti per il processo di crescita del settore agricolo e, di conseguenza, del Paese. Infatti tra le priorità trasversali del PNRR vi è anche la valorizzazione dei giovani e delle donne. Oltre a colmare i divari di genere e intergenerazionali, il Governo si è impegnato a colmare i divari che separano il Nord dal Sud del Paese: almeno il 40 per cento delle “risorse territorializzabili” sono infatti dedicate alle Regioni del Mezzogiorno.

Il PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza), che si chiuderà nel 2026, rappresenta il primo impulso all'avvio di implementazione di queste politiche, e ad esso si aggiungono anche ulteriori contributi di politica nazionale intraprese dal Governo.

Nel 2026 l’impatto macroeconomico complessivo delle misure di spesa del PNRR, sul PIL risulterebbe del 3,4 per cento rispetto allo scenario base (che non considera tali spese). Per quanto riguarda gli impatti a livello settoriale, quello dell’agricoltura, silvicoltura e pesca contribuirebbe alla crescita del PIL rispettivamente per 0,2 punti percentuali su un totale di 11 punti. In termini di Missioni del PNRR, l’apporto più rilevante alla crescita del PIL viene dalla Missione 2 ‘Rivoluzione verde e transizione ecologica’, con un contributo all’incremento del PIL di 3,3 punti percentuali, di cui l’agricoltura sostenibile ed economia circolare (M2C1) contribuirebbe per 0,4 punti; lo stesso apporto in termini di punti percentuali viene fornito dalla tutela del territorio e della risorsa idrica (M2C4).

Tra le politiche generali del Governo che rilevano anche sul settore agricolo si segnala la politica fiscale e la politica energetica.

Nell’ambito della politica fiscale si evidenzia la ridefinizione delle aliquote attualmente vigenti sui prodotti energetici (carburanti e combustibili). Il governo intende intervenire, tenendo conto dell’impatto ambientale con l’obiettivo di contribuire alla riduzione delle emissioni di gas climalteranti e di promuovere la transizione energetica e l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili ed ecocompatibili, in particolare, incrementando la produzione di energia elettrica, di gas metano o gas naturale ottenuti da biomassa o altre risorse rinnovabili, anche attraverso l’introduzione di meccanismi di rilascio di titoli per la cessione di energia elettrica, di gas metano o gas naturale a consumatori finali ai fini del riconoscimento dell’accisa agevolata o esente.

Nell’ambito della politica energetica nazionale - volta al raggiungimento dei target di decarbonizzazione al 2030 e di neutralità climatica al 2050 – il Governo intende pervenire ad elevati livelli di indipendenza energetica, anche basati su un percorso di crescita esponenziale delle fonti rinnovabili.

Il processo di decarbonizzazione intrapreso si baserà anche sulla differenziazione delle fonti energetiche privilegiando, anche attraverso specifiche politiche di incentivazione, lo sviluppo delle rinnovabili, dei biocombustibili e del biometano.

Il Governo ha inoltre intenzione di sostenere la tecnologia dall’agrivoltaico, che, come gli impianti di produzione di biometano, può costituire una importante alternativa al gas naturale nel mix energetico nazionale. Con i progetti previsti dal PNRR dedicati allo sviluppo del Parco agrisolare (1,5 miliardi di euro), alla logistica agroalimentare (800 milioni) e alla meccanizzazione di sistema (500 milioni) si intende puntare al progressivo aumento dell’utilizzo dell’energie rinnovabili anche nel settore agricolo e alla contestuale riduzione dell’impatto emissivo, rafforzando gli investimenti in innovazione, nell’efficace gestione degli scambi e nell’utilizzo di macchinari di nuova generazione (e introduzione di tecniche di agricoltura di precisione).

Nell’ambito dell’Agenda 2030 l’obiettivo n. 2 intitolatoSconfiggere la fame rappresenta uno dei goal più rilevanti da conseguire; esso ha importanti risvolti per il settore agricolo. I dati ISTAT confermano che il percorso verso l’eliminazione di ogni forma di difficoltà alimentare e malnutrizione è ancora lungo. Sebbene produzione e margine operativo lordo delle piccole aziende agricole abbiano registrato un miglioramento nel 2020, l’allontanamento dai valori medi del settore segnalano un deterioramento della loro sostenibilità economica, in contrasto con l’obiettivo fissato dall’Agenda 2030.

Nel 2021, a fronte di un aumento della quota di superficie agricola utilizzata (SAU) destinata a coltivazioni biologiche, sono aumentate le quantità distribuite di fertilizzanti e fitofarmaci. Si conferma, infine, l’ampio ricorso al lavoro irregolare in agricoltura (24,1 per cento nel 2019, a fronte di un valore medio nazionale del 12,6 per cento).

Nel percorso di avvicinamento agli obiettive PNRR rientrano alcuni interventi previsti nella legge di bilancio, con misure che spaziano dagli interventi fiscali a favore delle imprese del settore agricolo e a quelle di sostegno all’imprenditoria giovanile in agricoltura, fino ad alcuni interventi di supporto alle famiglie come la sperimentazione del reddito alimentare e l’istituzione di un fondo per la tutela della biodiversità di interesse agricolo e alimentare.

Oltre ai fondi del PNRR e alle politiche nazionali, nell’ambito della programmazione euronitaria si ricorda che l’Unione europea ha disposto l’estensione, anche per le annualità finanziarie 2021 e 2022, della normativa vigente per lo sviluppo rurale nell’ambito della PAC, dotando di risorse aggiuntive il relativo fondo FEASR. L’importo assegnato all’Italia allo sviluppo rurale per le annualità 2021 e 2022 è pari a 2.998,5 milioni di euro (risorse ordinarie). A causa dagli effetti procurati dalla pandemia da Covid-19 all’Italia sono state assegnate risorse aggiuntive per gli anni 2021 e 2022 pari a 910,58 milioni di euro. Nel contempo, ulteriori risorse aggiuntive per il biennio in esame, pari a 12 milioni di euro, sono state assegnate allo sviluppo rurale dalla riduzione dei pagamenti diretti italiani.

Riassumendo, per il periodo di programmazione 2014-2022 sono state assegnate per i programmi di sviluppo rurale (21 PSR Regionali + 1 PSR Nazionale +PSR Rete Rurale), finanziati dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR + NGUE) risorse per circa 14,4 miliardi, con copertura di cofinanziamento nazionale per circa 13,5 miliardi, per un totale di circa 27,9 miliardi di euro. Ammontano ad oltre 3,4 miliardi di euro i finanziamenti erogati nell'esercizio 2021 in favore del settore agricolo attraverso i Programmi di sviluppo rurale, cofinanziati dall'Unione europea grazie al FEASR (Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale).

Per il quadriennio 2023-2027, è stato approvato il Piano Strategico Nazionale della PAC (PSP), con una dotazione totale di circa 10,7 miliardi di euro tra il primo e secondo pilastro (FEAGA + FEASR). Il PSP è incentrato sulla transizione ecologica del settore agricolo, alimentare e forestale, stabilendo interventi con chiare finalità climatico-ambientali.

Per il periodo di programmazione 2021-2027 sono state, infine, assegnate al Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca e l’acquacoltura (FEAMPA) risorse comunitarie complessive per circa 518 milioni e una quota di cofinanziamento nazionale di circa 469 milioni, per un ammontare complessivo di 987 milioni di euro. Le norme e le regole di utilizzo del FEAMPA, per la programmazione 2021/2027 sono contenute nel Reg. (UE) 2021/1139 approvato in data 7 luglio 2021.

17.   Il percorso dell’Italia verso l’attuazione dell’Agenda 2030 e il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile

Nel PNR viene ricordato che “anche per il 2023 l’Annual Sustainable Growth Survey (ASGS) conferma la necessità di integrare il processo relativo agli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) con il semestre europeo. Le linee Guida della Commissione invitano pertanto gli Stati membri a descrivere nei rispettivi PNR i progressi compiuti nel raggiungimento degli SDGs, focalizzando l’attenzione sugli obiettivi che (… appaiono ancora difficili da realizzare”.

Il PNR quindi – basandosi sui dati del Rapporto SDGs 2022 dell’Istat e sulla Relazione sugli indicatori di Benessere Equo e Sostenibile (BES) 2023 – fornisce un’analisi dello stato di attuazione degli obiettivi che presentano maggiori criticità (obiettivi 1-5, 8-10, 15, 17), raggruppati secondo le “quattro dimensioni” dell’ASGS (sostenibilità ambientale, produttività, equità e stabilità macroeconomica).

Il seguente grafico, tratto dalla Relazione per paese 2022 per l’Italia, sintetizza i progressi rispetto agli SDGs compiuti dall’Italia negli ultimi cinque anni[69].


Dimensione Sostenibilità ambientale

 

In base all’analisi contenuta nella citata Relazione per paese 2022 per l’Italia, il nostro Paese ha raggiunto risultati molto positivi per la maggior parte degli obiettivi collegati alla sostenibilità ambientale sebbene siano necessari ancora degli sforzi per raggiungere gli obiettivi 9 e 15.

In relazione all’obiettivo 9 (Infrastrutture, innovazione e industrializzazione equa), secondo la citata relazione i risultati conseguiti dall’Italia per la costruzione di infrastrutture resilienti, la promozione dell’innovazione, l’industrializzazione equa, responsabile e sostenibile e per favorire la crescita economica, la creazione di posti di lavoro e il benessere degli individui sono ancora insufficienti.

In proposito il PNR evidenzia, oltre agli effetti del COVID sui dati del 2020, che “nel 2021 si è assistito alla ripresa della crescita dell’industria manifatturiera, ma anche al calo della quota di investimenti in ricerca e sviluppo, software e beni di proprietà intellettuale” e che “il Governo, nella consapevolezza della necessità di migliorare il posizionamento dell’Italia nel raggiungimento di questo obiettivo, ha assegnato nel PNRR notevoli risorse alla digitalizzazione, alla ricerca e innovazione e alla mobilità sostenibile”.

In relazione all’obiettivo 15 (La vita sulla Terra) la Relazione per paese 2022 per l’Italia sottolinea che la necessità di accelerare le azioni per il raggiungimento di tale obiettivo. Il PNR evidenzia, in particolare, che i dati Istat mostrano che nel 2021 il consumo di suolo e il conseguente degrado del territorio hanno ripreso ad accelerare e l’estensione complessiva del suolo reso impermeabile dalle coperture artificiali si è attestato al 7,2% del territorio nazionale. Viene altresì evidenziato che “l’impegno del Governo verso il raggiungimento di questo obiettivo si sostanzia nell’adozione di numerose misure sia nel campo della transizione verde, sia in quello dell’economia circolare e della lotta all’inquinamento atmosferico. Inoltre, la legge di bilancio per il 2023 ha istituito un apposito fondo per il contrasto al consumo di suolo con risorse per 160 milioni per gli anni 2023-2027”.

 

Dimensione Equità

 

Nella Relazione per paese 2022 per l’Italia, la Commissione europea sottolinea che l’Italia ha compiuto progressi limitati nel raggiungimento degli obiettivi collegati a questa dimensione ed è necessario intervenire sugli obiettivi 1, 2, 3, 4, 5, 8 e 10 (per gli obiettivi 4 e 8, comuni alla dimensione ‘Produttività’, v. infra).

In relazione all’obiettivo 1 (Sconfiggere la povertà) la citata relazione avverte che in Italia, nel 2020, la percentuale di persone a rischio di povertà e di esclusione sociale è ancora superiore alla media UE (24,9 per cento rispetto a 21,6 nella UE). I dati Istat documentano una sostanziale stabilità nel 2021. Il BES conferma questo quadro e, pur prevedendo un miglioramento per il 2022, sottolinea che esso non sarà sufficiente a compensare il dato negativo registrato nel 2020.

Il PNR evidenzia che “il Governo intende perseguire con fermezza un percorso di contrasto alla povertà e all'esclusione sociale. Un significativo impegno in questa direzione è rappresentato dalle numerose misure di sostegno al reddito adottate per far fronte al caro bollette che si sommano a quelle previste nella legge di bilancio per il 2023 che dispone, tra l’altro, il riordino di alcune misure di sostegno alla povertà e all’inclusione lavorativa come il Reddito di Cittadinanza e l’assegno unico e universale”.

In relazione all’obiettivo 2 (Sconfiggere la fame), la citata relazione evidenzia che l’Italia ha compiuto progressi limitati e il PNR sottolinea che “i dati Istat confermano che il percorso verso l’eliminazione di ogni forma di difficoltà alimentare e malnutrizione è ancora lungo. Nel 2020 è cresciuta per il secondo anno consecutivo la quota delle famiglie con segnali di insicurezza alimentare ed è peggiorato il dato riferito ai bambini sovrappeso o obesi che per la fascia dai 3 ai 5 anni ha raggiunto il 33,2%” e ricorda gli interventi previsti dalla legge di bilancio 2023 (quali interventi a favore delle imprese agricole, interventi di supporto alle famiglie come la sperimentazione del reddito alimentare, le azioni a sostegno delle attività sportive e l’istituzione di un fondo per la tutela della biodiversità di interesse agricolo e alimentare) e dal PNRR “per lo sviluppo dell’agrivoltaico, che rappresenta una rilevante alternativa al gas naturale”.

In relazione all’obiettivo 3 (Salute e benessere) la Relazione per paese 2022 per l’Italia, rimarca che l’Italia deve ancora impegnarsi per garantire una vita sana a tutti i suoi cittadini e residenti, sebbene il Paese mostri una performance migliore rispetto alla media UE.

Il PNR ricorda che nel 2021: l’eccesso di mortalità rispetto alla media 2015-2019 è rimasto elevato, risentendo soprattutto della bassa copertura vaccinale nel primo quadrimestre dell’anno; il numero di persone che ha dovuto rinunciare a visite specialistiche o esami diagnostici è stato pari all’11% della popolazione; la speranza di vita in buona salute alla nascita è risultata in aumento di 1,9 anni rispetto al 2019 e questo andamento positivo è confermato fino al 2025. Lo stesso PNR ricorda inoltre “le misure previste nel PNRR in ambito sanitario alle quali sono stati assegnati oltre 25 miliardi. Numerosi interventi sono stati disposti anche con la legge di bilancio per il 2023 come l’estensione dei contributi ai policlinici universitari e l’adeguamento del livello di finanziamento del SSN”.

In relazione all’obiettivo 5 (Parità di genere) la citata relazione sottolinea che il divario di genere nei livelli occupazionali, pur essendosi leggermente ridotto, rimane tra i più elevati nella UE. Il PNR sottolinea che i dati fotografano una situazione negativa per quanto riguarda gli episodi di violenza, ma anche in relazione alla difficoltà di conciliare lavoro e vita familiare come testimonia la diminuzione rispetto al 2020 del rapporto tra il tasso di occupazione delle donne di 25-49 anni con figli in età prescolare e il tasso di occupazione di quelle senza figli. Sono altresì ricordate le misure della legge di bilancio 2023 “come il rafforzamento degli sgravi contributivi per le assunzioni di donne in particolari condizioni, l'incremento dei congedi parentali e alcune misure a favore delle donne vittime di violenza” e rammentato che “il PNRR dedica molte risorse alle iniziative di conciliazione dei tempi lavoro-famiglia con diversi interventi, tra i quali rientra il potenziamento dei servizi educativi per l’infanzia”.

In relazione all’obiettivo 10 (Ridurre le disuguaglianze), la Relazione per paese 2022 per l’Italia sottolinea che l’aumento delle disuguaglianze in Italia è imputabile principalmente al peggioramento delle pari opportunità per i cittadini di Paesi terzi, soprattutto per quanto riguarda l'abbandono precoce dell'istruzione e della formazione. Il PNR evidenzia che per il 2020 i dati confermano l’aumento delle disuguaglianze, una significativa riduzione dei permessi di soggiorno rilasciati (-39,9% rispetto al 2019) e un aumento dell’indicatore di disuguaglianza del reddito. Viene però ricordato che “grazie ad alcune misure adottate dal Governo come l’introduzione dell’Assegno unico e la revisione dell’Irpef, nel 2022 si prevede una diminuzione delle disuguaglianze di oltre 3 punti percentuali”. Sono altresì richiamate le misure della legge di bilancio 2023 (“interventi contro il caro bollette e (…) incremento delle borse di studio per gli studenti universitari e AFAM”) e alcune norme della legge delega per la riforma fiscale “pensate proprio per rendere il sistema fiscale più equo e per favorire la diminuzione del carico fiscale sui redditi medi”.

Dimensione Produttività

 

La Commissione UE riconosce che l’Italia sta migliorando in tutti gli indicatori ma questo sta avvenendo in modo disomogeneo e quindi sono necessari sforzi per raggiungere gli obiettivi 4, 8 e 9 (v. supra).

In relazione all’obiettivo 4 (Istruzione di qualità) la Relazione per Paese sottolinea che l’Italia registra ancora risultati insufficienti in termini di istruzione terziaria e di prevenzione dell'abbandono precoce dell'istruzione e della formazione. Il PNR ricorda che: i posti nei servizi educativi per la fascia d’età 0-2 anni sono insufficienti; nel 2021 la quota di giovani che non ha conseguito un diploma è il 12,7% e la percentuale di laureati il 26,8% a fronte di un obiettivo europeo del 40%; l’indicatore di abbandono scolastico registra un recupero nel 2021, confermato anche nel 2022.

Sono inoltre ricordate le misure del PNRR (“gli interventi in questo ambito toccano numerosi ambiti dalle competenze di docenti e studenti all’edilizia scolastica e universitaria, passando per il potenziamento dei dottorati di ricerca”) e dalla legge di bilancio (quali “l’istituzione di un fondo per la valorizzazione del personale scolastico che riguarda tra l’altro, le attività di contrasto alla dispersione scolastica” e “il rifinanziamento del fondo per la copertura dei fabbisogni alloggiativi degli studenti universitari fuori sede”).

In relazione all’obiettivo 8 (Lavoro dignitoso e crescita economica), la Relazione per Paese ritiene necessario un miglioramento delle azioni a supporto dei lavoratori e della crescita economica: sebbene il 2021 sia stato un anno di ripresa, la crescita del tasso di occupazione è stata inferiore alla media UE, aumentando quindi la distanza tra l’Italia e gli altri Stati membri (-10,4 punti percentuali). Anche il tasso di disoccupazione (9,5%) rimane al di sopra della media europea (7%). Il PNR ricorda che le numerose misure adottate nel 2020 per far fronte alla pandemia hanno determinato un aumento della spesa pubblica per la protezione sociale dei disoccupati che si è attestata intorno ai 46 miliardi rispetto ai 22,6 dell’anno precedente. Le previsioni per l’indicatore BES “Tasso di mancata partecipazione al lavoro” indicano però che lo stesso tornerà sui minimi dal 2018 “e questa tendenza positiva è confermata per il periodo 2023-2025”.

Sono altresì ricordate le misure previste dal PNRR (relative al rafforzamento delle politiche attive del lavoro, al potenziamento delle competenze e alla lotta al lavoro sommerso, nonché la riforma della PA e del sistema giudiziario) e dalla legge di bilancio 2023 (volte a rafforzare il mercato del lavoro come la proroga dell’esonero contributivo al 100 per cento per le assunzioni di alcune categorie).

Dimensione Stabilità Macroeconomica

La Relazione per Paese sottolinea che l’Italia, pur essendo migliorata per alcuni obiettivi, presenta risultati poco soddisfacenti in relazione all’obiettivo 8 (v. supra) ed è rimasta stabile in relazione al percorso di rilancio del partenariato globale per lo sviluppo sostenibile - obiettivo 17 (Partnership per gli obiettivi).

Il PNR ricorda che i dati Istat mostrano, nel 2021, una sostanziale stabilità o un lieve miglioramento di tutte le misure utilizzate per analizzare i progressi verso questo obiettivo: “sono aumentati le entrate delle Amministrazioni Pubbliche (+0,7% rispetto al 2020) (…), il numero di utenti regolari di Internet (+3,8%), con un aumento particolarmente rilevante di coloro che ricorrono al web per acquistare merci o servizi online (8,4% in più rispetto al 2020), e le rimesse verso l’estero (+14,3% rispetto al 2020)”.

Viene inoltre ricordato che “il PNRR potrà dare un contributo significativo per accelerare questo percorso, attraverso ad esempio, il rafforzamento delle infrastrutture digitali e le misure nel campo dell’innovazione. Per la creazione di un sistema improntato all’equità è infatti necessario rafforzare la collaborazione internazionale nei settori della scienza, della tecnologia e dell’innovazione e negli scambi commerciali. L’obiettivo 17 mira anche alla promozione della stabilità macroeconomica quindi per il suo raggiungimento, rilevano anche la legge delega per la riforma fiscale e alcune delle riforme che accompagnano il Piano che promuovono l’efficienza e la competitività del Paese”.

 



[1]     Si veda, in particolare, il Reg. (EU) 473/2013, facente parte del c.d. Two-Pack.

[2]     Banca d’Italia, ‘Banche e istituzioni finanziarie: condizioni e rischiosità del credito per settori e territori - IV trimestre 2022’ (31 marzo 2023).

[3]     Si veda, in particolare, il Reg. (EU) 473/2013, facente parte del c.d. Two-Pack.

[4]     Si rinvia a ISTAT, comunicato stampa del 17 gennaio 2023, relativo a dicembre 2022, pag. 16, in cui è riportata un’analisi indici dei prezzi al consumo (indici IPCA) per classi di spesa delle famiglie.

[5]     Ai fini delle analisi contenute nel presente dossier si utilizza la NTI aggiornata in base al testo approvato della legge di bilancio per il 2023, resa disponibile sul sito della Ragioneria Generale dello Stato.

[6]     Comunicati “Pil e indebitamento AP”, del 1° marzo 2023; “IV trimestre 2022 - Conto trimestrale delle AP”, del 5 aprile 2023.

[7]     Versione rivista e integrata, di novembre 2022.

[8]     ‘non-payable’ tax credits (also known as non-refundable or ‘wastable’)

[9]     ‘payable’ tax credits (also known as refundable or ‘non-wastable’),

[10]   Pil e Indebitamento delle AP – Anni 2020-2022

[11]   Il DEF segnala il DL n. 4/2022, il DL n. 21/2022 e il DL n. 24/2022.

[12]   Il DL 36/2022 e il DL n. 68/2022.

[13]   Nel confronto con le precedenti stime fornite dalla NTI, il dato di consuntivo 2022 risulta inferiore di 1.550 milioni rispetto alle attese. Il Documento spiega che tale scostamento rispetto alle previsioni è dovuto essenzialmente alla “minore spesa sanitaria per effetto di maggiori entrate da pay-back (registrate a riduzione delle uscite)” e di minori spese del Commissario straordinario per l’emergenza Covid e l’adozione di altre misure di contrasto alla pandemia

[14]   Cfr. p. 7 della Sez. I

[15]   Nei valori indicati, il segno negativo indica l’indebitamento netto delle pp. aa.

[16]   Rispetto alle previsioni della NTI, l’aggiornamento delle stime delle entrate totali evidenzia una generale revisione al rialzo per il periodo 2023-2026 (+460 milioni nel 2023, +5.572 milioni nel 2024, +17.302 milioni nel 2025 e +18.005 milioni nel 2026).

[17]   Le spese totali sono riviste al rialzo di 4,1 miliardi per il 2023 e di 13,7 miliardi per il 2024 e di 18,8 miliardi nel 2025 rispetto alle valutazioni contenute nella Nota tecnico-illustrativa. 

[18]   Le spese correnti al netto degli interessi (spese correnti primarie) sono riviste in diminuzione di 4.479 milioni nel 2023, di 23 milioni nel 2024 e in aumento di 4.907 milioni nel 2025 rispetto alle valutazioni contenute nella Nota tecnico-illustrativa. La revisione del dato 2023 è dovuta alla riduzione di 6.868 milioni delle altre uscite correnti e di 567 milioni delle prestazioni sociali, solo parzialmente compensata da un incremento di 2.678 milioni dei consumi intermedi e di 279 milioni dei redditi da lavoro.

[19]   La spesa per redditi da lavoro dipendente è prevista in aumento rispetto al dato indicato dalla Nota tecnico-illustrativa (NTI) per il 2023 (+279 milioni), è quindi rivista in lieve riduzione per il 2024 (-156 milioni) ed è complessivamente confermata per il 2025 (-12 milioni).

[20]   La spesa per consumi intermedi, rispetto alle previsioni della Nota tecnico-illustrativa (NTI), è rivista in rialzo per 2,68 miliardi nel 2023, per 3,00 miliardi nel 2024 e per 5,12 miliardi nel 2025.

[21]   Per l’aggregato relativo altre spese correnti è rivisto in riduzione, rispetto alla NTI, di 6,87 miliardi nel 2023, 3,79 miliardi nel 2024 e di 2,09 miliardi nel 2025.

[22]   La revisione dei limiti di durata del Reddito di cittadinanza per l’anno 2023 e la revisione del limite di spesa dal 2024 per l’introduzione di nuove misure di contrasto alla povertà; l’incremento dell’indennità per congedo parentale (dal 30 per cento all’80 per cento); la proroga della cosiddetta “Ape sociale”; il rifinanziamento del Fondo sociale per occupazione e formazione; la conferma della Card-18 per l’anno 2023 e la revisione della stessa dal 2024, le misure di incremento del cosiddetto assegno unico e universale

[23]   Si tratta del personale che garantisce l’assistenza medico-generica e l’assistenza medico-specialistica ambulatoriale interna

[24]   Nello specifico, precisa il DEF, vengono incluse le risorse afferenti alla ‘Missione 6: Salute’.

[25]   La spesa in conto capitale è rivista al rialzo per circa 14,5 miliardi per il 2023, 8,8 miliardi nel 2024 e di 9,4 miliardi nel 2025 rispetto a quanto previsto dalla Nota tecnico-illustrativa per il 2023. Rispetto alla NTI, nel 2023 lo scostamento più rilevante nella nuova previsione riguarda la voce dei contributi agli investimenti (+13,9 miliardi) mentre variazioni di minor peso riguardano le altre spese in conto capitale (-0,9 miliardi) e gli investimenti fissi lordi (+1,5 miliardi).

[26]   Rispetto alle previsioni della NTI 2023, l’aggiornamento delle stime della spesa per interessi evidenzia una riduzione del valore nel 2023 (-5.919 milioni rispetto al valore della NTI) per poi registrare valori superiori negli anni successivi (+4.860 milioni nel 2024 e +4.511 milioni nel 2025). Lo stesso andamento si registra in termini di incidenza rispetto al PIL.

[27]   Comunicato stampa della BCE del 16 marzo 2023.

[28]   Per maggiori dettagli, cfr. Servizio del bilancio e Servizio studi del Senato della Repubblica e Servizio bilancio dello Stato della Camera dei Deputati, Finanza pubblica e regole europee: guida alla lettura e sintesi dei dati principali - Documentazione di inizio legislatura, Documentazione di finanza pubblica n. 1, aprile 2018.

[29]   Commissione europea, Comunicazione della Commissione al Consiglio sull’attivazione della clausola di salvaguardia generale del patto di stabilità e crescita, del 20/03/2020, COM(2020) 123 final.

[30]   Communication from the Commission to the Council.

[31]   Vedi COM(2023) 141 final.

[32]   Il rischio di sostenibilità di medio periodo è valutato attraverso l'indicatore S1 e le condizioni congiunturali (cicliche) dell’economia sono sintetizzate dall’output gap. L’indicatore di medio periodo S1 misura l’aggiustamento del saldo primario strutturale da realizzare in termini cumulati nei cinque anni successivi all’ultimo anno di previsione, in modo da garantire, se mantenuto costante negli anni successivi, il raggiungimento di un livello di debito/PIL pari al 60 per cento entro quindici anni sostenendo anche i maggiori costi legati all’invecchiamento. A motivo della sua costruzione, l’indicatore S1 è parametrizzato rispetto all’obiettivo di debito pubblico sancito nel Patto di Stabilità e Crescita. Si veda a tal proposito Commissione europea, Vade Mecum on the Stability and Growth Pact, 2019 edition, Institutional Paper 101, aprile 2019, p. 15.

[33]   Più precisamente l’aggregato di spesa riferimento è calcolato sottraendo, in ciascun anno, dalla spesa pubblica totale la spesa per interessi; la spesa per investimenti dell’anno in corso corretta per la dinamica dei precedenti quattro anni; la spesa per programmi europei finanziata dal bilancio comunitario; la componente ciclica dei sussidi di disoccupazione e la variazione delle misure discrezionali di entrata.

[34]   Il tasso di crescita medio del potenziale è calcolato applicando una metodologia della funzione di produzione concordata a livello europeo che considera la media decennale delle previsioni della Commissione Europea centrata sull’anno in cui si esercita la valutazione. I dieci anni su cui viene calcolata la media sono quindi i quattro anni precedenti a quello della valutazione e i cinque anni successivi.

[35]   La differenza tra il tasso di crescita appropriato per la spesa netta e il tasso di riferimento a medio termine della crescita potenziale del PIL viene indicato come margine di convergenza ed è impostato al fine di garantire un appropriato aggiustamento verso l'obiettivo a medio termine. Il margine di convergenza è calcolato per essere coerente con le richieste restrizioni del bilancio strutturale. Si veda Commissione europea, Vade Mecum on the Stability and Growth Pact, 2019 edition, Institutional Paper 101, aprile 2019, p. 28.

[36]   Raccomandazione del Consiglio del 9 luglio 2019 sul programma nazionale di riforma 2019 dell’Italia e che formula un parere del Consiglio sul programma di stabilità 2019 dell’Italia (2019/C 301/12).

[37]   Si noti che in Tabella 23 l’OMT per il 2023-2025 è pari a 0,3, per effetto di un arrotondamento.

[38]   Comunque pari all’1,2% del PIL per fronteggiare l’emergenza energetica.

[39]   Per una descrizione completa dell’aggregato di spesa oggetto di analisi e del calcolo dell’orientamento della politica fiscale si veda il “L’orientamento della politica di bilancio e proposte di misurazione” a pag. 78 della NADEF 2021 e la Documentazione di finanza pubblica n. 29 pag. 80 Box 3.

[40]   La Comunicazione riguarda l’utilizzo di margini di flessibilità nel perseguimento dell’OMT per “tenere conto in modo ottimale di tre dimensioni politiche specifiche, concernenti rispettivamente: i) gli investimenti, in particolare riguardo all’istituzione del nuovo Fondo europeo per gli investimenti strategici nel quadro del piano di investimenti per l’Europa; ii) le riforme strutturali e iii) la situazione congiunturale”. Cfr. Commissione europea, Sfruttare al meglio la flessibilità consentita dalle norme vigenti del Patto di stabilità e crescita, COM(2015) 12 final, 13.1.2015.

[41]   Cfr. Economic and Financial Committee, A Commonly Agreed Position of Flexibility within the Stability and Growth Pact, 27 novembre 2015.

[42]   L’articolo 5, par. 1, del Reg. (CE) n. 1466/97 dispone che: “Qualora si produca un evento inconsueto al di fuori del controllo dello Stato membro interessato che abbia rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria generale di detto Stato o in caso di grave recessione economica della zona euro o dell'intera Unione, gli Stati membri possono essere autorizzati ad allontanarsi temporaneamente dal percorso di aggiustamento all'obiettivo di bilancio a medio termine […], a condizione che la sostenibilità di bilancio a medio termine non ne risulti compromessa.” Corrispondentemente, l’articolo 6, par. 3, del medesimo Regolamento, nel disciplinare la valutazione delle deviazioni dall'MTO o dal relativo percorso di avvicinamento, e le circostanze in presenza delle quali tali deviazioni risultino “significative” dispone che: “… la deviazione può non essere considerata significativa qualora sia determinata da un evento inconsueto che non sia soggetto al controllo dello Stato membro interessato e che abbia rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria generale dello Stato membro o in caso di grave recessione economica della zona euro o dell'intera Unione, a condizione che la sostenibilità di bilancio a medio termine non ne risulti compromessa.”

[43]   Commissione europea, Vade Mecum on the Stability and Growth Pact, 2019 edition, Institutional Paper 101, aprile 2019, capitolo 2.

[44]   Sebbene tali misure siano classificabili come una tantum secondo la definizione ufficiale del Report on Public Finances in EMU 2015, si riconosce che i provvedimenti adottati saranno: 1) difficilmente soggetti ad una rendicontazione dettagliata come avviene normalmente per le misure una tantum, 2) di importo anche inferiore a 0,1 per cento del PIL (soglia convenzionalmente adottata per le one-offs); 3) probabilmente articolati su un orizzonte temporale non solo annuale; 4) difficilmente quantificabili ex ante.

[45]   Il debito pubblico o debito delle Amministrazioni pubbliche è calcolato ufficialmente dalla Banca d’Italia sulla base dei criteri definiti nel Regolamento del Consiglio delle Comunità Europee n. 549 del 2013 (Sistema Europeo di Conti Nazionali e Regionali - SEC 2010). I dati sono pubblicati mensilmente nel rapporto “Finanza pubblica: fabbisogno e debito”.

[46]   Il cosiddetto “effetto valanga” (snowball effect) o "differenziale interesse-crescita" rappresenta l’effetto combinato del costo del debito e del tasso di crescita del PIL nominale sul rapporto debito/PIL. Questa componente mostra l'impatto sul debito di fattori non direttamente controllabili dai decisori di politica di bilancio. A parità di altre condizioni, un aumento del tasso di interesse determina un peggioramento del rapporto debito/PIL attraverso una maggiore spesa per interessi e quindi un maggior disavanzo, mentre un aumento del tasso di crescita del PIL nominale determina un miglioramento del rapporto attraverso un aumento del denominatore. 

[47]   Il raccordo disavanzo-debito, o "aggiustamento stock-flusso" (stock-flow adjustment) indica quella parte della variazione del rapporto debito/PIL che non si riflette nel saldo di bilancio (ad esempio, privatizzazioni, acquisizioni di quote di imprese, prestiti ad altri stati o a istituzioni finanziarie, variazioni della valutazione di debito estero causato da variazioni del tasso di cambio, poste di raccordo contabile tra dati di cassa e di competenza economica e altre operazioni di natura finanziaria che incidono sul debito). A parità di altre condizioni, un valore positivo del raccordo implica che il debito pubblico cresce più di quanto determinato dal deficit del bilancio pubblico (ovvero diminuisce di meno di quanto determinato dal surplus di bilancio). 

[48]   Si veda, per maggiori dettagli, il Dossier n. 5/1 dei Servizi affari internazionali e Studi, febbraio 2023.

[49]   Si vedano, per maggiori dettagli, la Nota su atti dell’Unione europea n. 9, “Attività delle istituzioni dell’Unione europea, marzo 2023”, aprile 2023, curata dai Servizi studi e affari internazionali del Senato, e il Dossier, curato dall’Ufficio Rapporti con l’Unione europea della Camera dei deputati, “La riforma della governance economica dell'UE”, aprile 2023.

[50]   In termini generali, le fasi in cui si articola il ciclo del semestre europeo possono essere sintetizzate come segue:

§  da novembre a dicembre dell'anno precedente a quello di riferimento si analizza la situazione economica e di finanza pubblica dell'Unione europea, della zona euro e degli Stati membri;

§  da gennaio a marzo si discutono e adottano gli indirizzi di politica economica e di bilancio a livello UE;

§  da aprile a giugno si delineano gli obiettivi e le politiche specifici a ciascun paese.

Per un approfondimento si veda il dossier n. 1/DE del Servizio studi del Senato.

[51]   Cfr. l’introduzione alla Sezione III, dedicata al PNR.

[52]   Tabella di marcia aggiornata per il semestre europeo 2023 presentata nel corso della riunione del Consiglio affari generali del 21 marzo 2023, alla quale si rinvia per ulteriori dettagli.

[53]   Più in generale, il PNRR afferma che “le norme sulle incentivazioni alle imprese localizzate nel Mezzogiorno, attualmente assai minuziose quanto ai requisiti e ai presupposti, vanno semplificate anche tenuto conto del negoziato (..) sulla Carta degli aiuti a finalità regionale e devono limitarsi alle previsioni generali rinviando a decreti del Ministro per il Sud e la coesione territoriale per la definizione degli aspetti di dettaglio. La loro semplificazione – e la conseguente velocizzazione delle procedure di agevolazione – potrà assicurare vantaggi notevoli soprattutto alle piccole e medie imprese insediate nelle aree meno sviluppate o depresse”. Il PNRR afferma che “l’intervento riformatore va collegato con la riforma di riordino normativo di tutte le incentivazioni alle imprese, che richiede un apposito provvedimento legislativo”.

[54]   Per avviare l'iter di riforma del sistema della proprietà industriale, il Consiglio dei ministri aveva deliberato il relativo schema di disegno di legge il 6 aprile del 2022. Lo schema, corredato di parere favorevole nella Conferenza unificata del 6 luglio 2022, era stato successivamente presentato al Senato della Repubblica (A.S. n. 2631 della XVIII legislatura) ma era decaduto a seguito del termine della legislatura. Il testo, nella medesima formulazione, stato ripresentato in data 16 dicembre 2022 e, il successivo 11 gennaio 2023, è stato assegnato alla 9ª Commissione permanente (Industria, commercio, turismo, agricoltura e produzione agroalimentare).

[55]   Cfr. art. 5 L. 162/2021 e DM 20 ottobre 2022.

[56]   Riguardo ad un grafico relativo anche a normative previgenti, cfr. alla fine del presente paragrafo.

[57]   Deleghe al Governo per il sostegno e la valorizzazione della famiglia

[58]   Ratificata dall’Italia con la legge n. 18 del 3 marzo 2009

[59]   Cfr, D.Lgs 3 luglio 2017, n. 117, Codice del terzo settore a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera b) della legge 6 giugno 2016, n. 106

[60]   Per una ricognizione delle misure si rinvia al tema dell’attività parlamentare su “Le misure adottate contro i rincari energetici”.

[61]   Il DEF afferma la proposta della Commissione UE è analoga a quella recentemente adottato in Germania: un prezzo calmierato viene applicato su un predefinito volume di consumo, mentre lo scaglione di consumo eccedente è sottoposto al prezzo di mercato La norma tedesca che ha ispirato la proposta è però classificata dalla stessa Commissione come misura non targeted, evidenzia il DEF, e il modello two-tier proposto necessita di affinamenti. Inoltre, ci sono altre rilevanti criticità legate all’equità della misura, alla sostenibilità per la finanza pubblica e soprattutto ai tempi di implementazione.

[62]   La legge sulla concorrenza 2021 (articolo 26, comma 4) ha delegato il Governo all'adozione di uno o più decreti legislativi per adeguare al diritto europeo, razionalizzare, riordinare e semplificare la disciplina in materia di fonti energetiche rinnovabili. Il termine di esercizio della delega, inizialmente fissato al 27 agosto 2023 è stato prorogato dall’articolo 1 della Legge n. 14/2023, di conversione del decreto legge cd. “milleproroghe” al 27 agosto 2023

[63]   L’articolo 14 del Regolamento 2018/1999/UE prevede che, entro il 30 giugno 2023, ciascuno Stato membro presenti alla Commissione una proposta di aggiornamento del PNIEC, oppure fornisca alla Commissione le ragioni che giustificano perché il piano non necessita aggiornamento. Entro il 30 giugno 2024 dovrà poi essere presentato, dopo una interlocuzione con le Istituzioni, la versione finale di tale aggiornamento.

[64]   Tutta la documentazione relativa a tali investimenti è disponibile nella pagina “PNRR - Pubblicazione Decreti Economia Circolare” del sito web del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica (MASE).

[65]   Viene menzionata anche un’ulteriore integrazione del FSN, per una cifra pari a 1,4 miliardi, ad opera della “legge n. 34 del 30 marzo 2023”. Probabilmente ci si intende riferire al decreto-legge 30 marzo 2023, n. 34, attualmente in fase di conversione.

[66]   V. in particolare Paragrafo “Un sistema sanitario più efficiente, resiliente e inclusivo” del Capitolo III.

[67]   L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU. Essa ingloba 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile – Sustainable Development Goals, SDGs – in un grande programma d’azione per un totale di 169 traguardi.

[68]https://www.dt.mef.gov.it/export/sites/sitodt/modules/documenti_it/analisi_progammazione/documenti_programmatici/Relazione-BES-2023.pdf, Relazione sugli indicatori di benessere equo e sostenibile (2023).

[69]   Nel PNR viene ricordato l’importante ruolo svolto dalla Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile (SNSvS) “che rappresenta il quadro programmatico per la trasposizione a livello nazionale degli SDGs e dei principi che li reggono... La SNSvS collega le misure che la compongono agli SDGs e alle Missioni del PNRR, con l’ambizione di rendere sempre più diretta e immediata la valutazione circa il contributo di una misura al raggiungimento del SDGs di riferimento, anche attraverso la definizione di un sistema di monitoraggio integrato a livello territoriale”. L’iter di aggiornamento della SNSvS, approvata il 22 dicembre 2017, non si è ancora concluso.