Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
|
---|---|
Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Istituzioni |
Titolo: | Disposizioni urgenti in materia di cittadinanza |
Serie: | Progetti di legge Numero: 430 |
Data: | 02/04/2025 |
Servizio Studi
Tel. 06 6706-2451 - * studi1@senato.it – @SR_Studi
Dossier n. 462
Servizio Studi
Dipartimento Istituzioni
Tel. 06 6760-9475 - * st_istituzioni@camera.it – @CD_istituzioni
Progetti di legge n. 430
La documentazione dei Servizi e degli Uffici del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. Si declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.
I N D I C E
CONTENUTO DEL DECRETO-LEGGE:
- Articolo 1, comma 1 (In materia di cittadinanza per i nati all’estero)
- Articolo 2 (Entrata in vigore)
LA CITTADINANZA: QUADRO NORMATIVO VIGENTE
L'unificazione legislativa ed amministrativa conseguente alla proclamazione del Regno d'Italia nel 1861 investì beninteso anche la disciplina della cittadinanza. Il codice civile del 1865 recò disposizioni al riguardo, nei suoi articoli 1-15.
Quella disciplina (mutuata dal codice civile del Regno di Sardegna) risultò presto obsoleta.
Il massiccio flusso migratorio di Italiani verso l'estero era seguito a volte dal rientro in patria, però con vincoli di cittadinanza nel frattempo contratti nel Paese di emigrazione. Né mancavano gli arrivi di persone con cittadinanza straniera, richiedenti la cittadinanza italiana. Sul duplice versante della doppia cittadinanza e della naturalizzazione, in particolare, quella normativa si rivelava non più rispondente ai tempi.
Seguirono alcuni interventi normativi (con la legge del 1901 sull'emigrazione e la legge del 1906 sulle naturalizzazioni).
Ma una disciplina compiuta della materia giunse solo nella XXIII legislatura statutaria, con la legge n. 555 del 1912 (il Parlamento giusto allora approvava la riforma giolittiana di estensione del suffragio).
La legge del 1912 pose una disciplina destinata ad avere solida durata. Pur con inevitabili rimaneggiamenti, essa rimase in vigore fino al 1992.
Indi intervenne la legge n. 91 del 1992, a dettare “Nuove norme sulla cittadinanza”. È la disciplina oggi vigente.
Questa legge segnava, rispetto alla disciplina del 1912, uno sviluppo ed un aggiornamento, non già una rottura. Essa ha ‘innestato’ nel precedente tronco normativo: il riconoscimento dell'uguaglianza tra uomo e donna, recependo indirizzi della giurisprudenza costituzionale (innanzi, le vicende della cittadinanza facevano perno sul pater familias); la doppia cittadinanza (invero presente anche nella legge del 1912, ma per limitate fattispecie); una maggiore rilevanza della manifestazione di volontà dell'interessato, ai fini dell'acquisizione della cittadinanza.
Immutata rimane la preminenza dello ius sanguinis rispetto allo ius soli, riconosciuto quest'ultimo in via residuale, per casi circoscritti (nascita in territorio italiano, ed entrambi i genitori ignoti o apolidi; nascita in territorio italiano, e non acquisto della cittadinanza dei genitori secondo la legge dello Stato cui essi appartengano; permanenza nel territorio italiano, con entrambi i genitori ignoti e non riscontrabile possesso di altra cittadinanza).
Del resto, la legge del 1992 muoveva dal prevalente intento di rispondere ad istanze giungenti dagli Italiani all'estero, posta negli anni Ottanta l'instabilità politica o economica dei Paesi latino-americani di maggior emigrazione italiana.
A finalità diverse rispondono le disposizioni o le proposte approvate o discusse nelle più recenti legislature, in un mutato contesto storico. Esso presenta un’emigrazione italiana assai più contenuta rispetto al flusso di fine Ottocento-primo Novecento, un accresciuto flusso di immigrazione, una maggiore mobilità entro l’Unione europea (e tenendo conto che l’acquisto della cittadinanza presso uno Stato membro comporta ipso iure l’acquisto della cittadinanza europea, secondo l’articolo 20 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea).
Potrebbe dirsi, in estrema sintesi, che gli indirizzi normativi del dibattito parlamentare siano stati tesi o a circoscrivere in qualche misura il perimetro del conferimento di cittadinanza o, di contro, ad ampliarlo a talune fattispecie ulteriori di ius soli e ad altre inedite di ius scholae o culturae.
Al primo tipo di orientamento pare riconducibile il decreto-legge in esame (emanato, si legge nella relazione illustrativa del disegno di conversione, a un tempo con l’approvazione da parte del Governo di un più ampio disegno organico, ed al fine di evitare una correlativa ‘corsa agli sportelli’ da parte degli interessati, rispetto a quella ventura disciplina).
Il decreto-legge, in particolare, mira a rendere più stringente un principio di effettività del vincolo con l’Italia del richiedente la cittadinanza.
Introduce una previsione – come si esaminerà infra – che fa venir meno l’automatismo dell’acquisto della titolarità del diritto alla cittadinanza per discendenza (o adozione o altra causa di legge).
Insieme introduce un limite temporale – generazionale – oltre il quale la mancata effettività del vincolo con la madrepatria renda inazionabile la richiesta di cittadinanza, configurando una originaria non acquisizione (non già perdita) di essa.
Negli anni più recenti, in materia è intervenuto il decreto-legge n. 118 del 2018. Esso intanto ha abrogato la norma (art. 8, co. 2, della legge n. 91 del 1992) che precludeva all'amministrazione il rigetto dell'istanza di cittadinanza per matrimonio decorsi due anni dalla presentazione (la norma abrogata assegnava alla amministrazione pubblica un termine perentorio di due anni per pronunciarsi sulla istanza di cittadinanza, con la precisazione che, una volta decorso tale termine, la domanda non potesse essere rigettata, secondo una sorta di silenzio-assenso). Indi ha aumentato da ventiquattro a quarantotto mesi il termine (decorrente dalla data di presentazione dell’istanza) per la conclusione dei procedimenti di riconoscimento della cittadinanza per matrimonio e per beneficio di legge (cd. naturalizzazione): tale termine è stato successivamente variato in trentasei mesi dal successivo decreto-legge n. 130 del 2020 (cfr. suo art. 4, co. 5-7). Ha subordinato l'acquisto della cittadinanza italiana per matrimonio (art. 5) e per concessione di legge (art. 9) al possesso da parte dell'interessato di un'adeguata conoscenza della lingua italiana (non inferiore al livello B1 del Quadro Comune Europeo di Rifermento per le Lingue: QCER, con esclusione di tale specifico onere di attestazione per coloro che abbiano sottoscritto l'accordo di integrazione - di cui all'articolo 4-bis del Testo unico in materia di immigrazione - e per i titolari di permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, trattandosi di situazioni per le quali la legge già presuppone una valutazione di conoscenza della lingua italiana: cfr. l’articolo 9.1 della legge n. 91 del 1992). Ha aumentato (da 200 a 250 euro) l'importo del contributo richiesto dalla legge per gli atti relativi alla cittadinanza. Ed ha introdotto nell'ordinamento un'ipotesi di revoca della cittadinanza italiana in caso di condanna definitiva per alcuni gravi delitti (terrorismo, eversione dell'ordine costituzionale, ricostituzione di associazioni sovversive, partecipazione a banda armata, assistenza associazioni sovversive o con finalità di terrorismo), secondo misura che può essere disposta nei confronti dei cittadini che abbiano acquistato lo status civitatis per matrimonio ovvero per concessione ovvero per residenza legale fino alla maggiore età.
Merita anche richiamare sul tema disegni di legge giunti ad inoltrato vaglio parlamentare, volti a modificare la normativa vigente mediante una espansione dell'ambito di applicazione dello ius soli e l'introduzione di nuove fattispecie riconducibili allo ius culturae.
Così, per limitarsi alle sole due più recenti legislature, la XVII (2013-2018) e la XVIII (2018-2022), si può ricordare quanto segue.
La Camera dei deputati approvò il 13 ottobre 2015 (si era dunque nella XVII legislatura), per poi trasmettere al Senato, dove tuttavia l'esame non si concluse, un disegno di legge (A.S. 2092) che prevedeva l’acquisto della cittadinanza per nascita da parte di chi sia nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri, di cui almeno uno titolare del diritto di soggiorno permanente o in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo (cd. ius soli). In tal caso, la cittadinanza si sarebbe acquistata mediante dichiarazione di volontà espressa da un genitore o da chi esercita la responsabilità genitoriale all'ufficiale dello stato civile del Comune di residenza del minore, entro il compimento della maggiore età dell'interessato, il quale avrebbe potuto, entro due anni dal raggiungimento della maggiore età rinunciare alla cittadinanza acquisita, purché in possesso di altra cittadinanza, ovvero fare richiesta all'ufficiale di stato civile di acquistare la cittadinanza italiana, ove non fosse stata espressa dal genitore la dichiarazione di volontà.
Altra innovazione era l’introduzione di una fattispecie di acquisto della cittadinanza a seguito di percorso formativo (c.d. ius culturae), inedita per l’ordinamento italiano. A poter beneficiare di questa possibilità sarebbe stato il minore straniero, che fosse nato in Italia o vi avesse fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età, ed in caso di regolare frequenza di: per almeno cinque anni nel territorio nazionale, uno o più cicli presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione (nel caso in cui la frequenza riguardasse il corso di istruzione primaria, sarebbe stata altresì necessaria la conclusione positiva di tale corso); o percorsi di istruzione e formazione professionale triennali o quadriennali idonei al conseguimento di una qualifica professionale.
Oltre a queste ipotesi, che configuravano un diritto all'acquisto della cittadinanza, il testo introduceva un ulteriore caso di concessione della cittadinanza (cd. naturalizzazione), avente carattere discrezionale, per lo straniero che avesse fatto ingresso nel territorio nazionale prima del compimento della maggiore età, ivi legalmente residente da almeno sei anni, con frequenza regolare, ai sensi della normativa vigente, nel medesimo territorio, di un ciclo scolastico, con il conseguimento del titolo conclusivo, presso gli istituti scolastici appartenenti al sistema nazionale di istruzione, ovvero un percorso di istruzione e formazione professionale con il conseguimento di una qualifica professionale. Tale fattispecie avrebbe dovuto riguardare, in particolare, il minore straniero che avesse fatto ingresso nel territorio italiano tra il dodicesimo ed il diciottesimo anno di età.
Il testo di riforma stabiliva, infine, una disciplina transitoria per coloro che avessero maturato i requisiti per l'acquisto iure culturae prima dell'entrata in vigore della legge e avessero già compiuto i 20 anni di età (termine previsto dalla legge per la dichiarazione di acquisto della cittadinanza).
Nella scorsa XVIII legislatura, si concludeva presso la Camera dei deputati l’esame referente di un disegno di legge (A.C. 105-A), recante previsione di una nuova forma di acquisizione della cittadinanza da parte dei minori previo o svolgimento di corsi di istruzione presso istituti scolastici del sistema nazionale di istruzione o percorsi di formazione professionale per ottenere una qualifica professionale.
Prevedeva l'acquisizione della cittadinanza italiana da parte del minore straniero, che fosse nato in Italia o vi avesse fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età e che risiedesse legalmente in Italia, qualora avesse frequentato regolarmente, per almeno cinque anni nel territorio nazionale, uno o più cicli scolastici presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione o percorsi di istruzione e formazione professionale idonei al conseguimento di una qualifica professionale. Nel caso di frequenza di scuola primaria, sarebbe stato necessario aver concluso positivamente il corso medesimo.
Dell’articolo 1, il comma 1 introduce un articolo 3-bis nella legge 5 febbraio 1992, n. 91, il quale stabilisce una preclusione all’acquisto automatico della cittadinanza per i nati all’estero in possesso di cittadinanza di Stato estero.
Tale novello articolo, in deroga a determinate disposizioni vigenti, stabilisce che debba considerarsi non aver mai acquistato la cittadinanza italiana colui il quale sia nato all’estero e sia in possesso di altra cittadinanza, anche prima dell’entrata in vigore della disposizione in esame.
Di seguito, alle lettere da a) ad e), la norma individua una serie di eccezioni alla suddetta preclusione.
La norma fa salvi, anzitutto, i casi in cui lo stato di cittadino sia riconosciuto o sia accertato giudizialmente in seguito, rispettivamente, a domanda o a domanda giudiziale (presentata entro le 23:59, ora di Roma, del 27 marzo 2025).
Prevede inoltre come eccezione il caso in cui uno dei genitori o degli adottanti sia nato in Italia, o sia stato residente in Italia per almeno due anni continuativi prima della data di nascita o di adozione del figlio.
Nonché prevede come eccezione il caso in cui un ascendente cittadino di primo grado dei genitori o degli adottanti, anch’essi cittadini, sia nato in Italia.
Il comma 1 dell’articolo in esame introduce nella legge 5 febbraio 1992, n. 91 l’articolo 3-bis, il quale stabilisce limitazioni al riconoscimento della cittadinanza per coloro che siano nati all’estero.
Il novello articolo 3-bis, al suo unico comma, dispone che debba essere considerato non aver mai acquistato la cittadinanza italiana colui il quale:
ü sia nato all’estero, e al contempo:
ü sia in possesso della cittadinanza di un altro Stato[1].
La norma dispone espressamente che tale disciplina si applichi anche a coloro che siano nati all’estero prima dell’entrata in vigore del medesimo articolo.
Dunque è introdotta, nei casi anzidetti, una preclusione all’acquisto automatico della cittadinanza italiana.
Al contempo è disposta deroga ad un novero di disposizioni, tra cui gli articoli 1, 2, 3, 14 e 20 della medesima legge n. 91 del 1992 (su questo v. infra).
La disposizione, di seguito, individua alle lettere da a) ad e) (del novello articolo 3-bis introdotto nella legge n. 91 del 1992) una serie di eccezioni alla disciplina introdotta, tra loro alternative.
È dunque sufficiente che ricorra una sola di esse affinché la cittadinanza si trasmetta automaticamente anche a chi sia nato all’estero e sia in possesso di altra cittadinanza.
La lettera a) fa salvo il caso in cui lo stato di cittadino del soggetto interessato sia riconosciuto, a seguito di domanda, corredata della necessaria documentazione, presentata all’ufficio consolare o al sindaco competenti entro le 23:59, ora di Roma, del 27 marzo 2025, nel rispetto della normativa applicabile alla medesima data.
L’eccezione pertanto opera per i riconoscimenti legittimamente effettuati in via amministrativa a seguito di domanda a tal fine presentata entro la data indicata.
Assume così rilievo, rispetto alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, non il fatto della nascita prima o dopo di essa bensì l’intervenuta attivazione (domanda di cittadinanza) da parte dell’interessato.
E la lettera b) fa salvo il caso in cui lo stato di cittadino del soggetto interessato sia accertato giudizialmente, a seguito di domanda giudiziale presentata non oltre le 23:59, ora di Roma, del 27 marzo 2025, nel rispetto della normativa applicabile alla medesima data.
Le lettere c) e d) prevedono due eccezioni riferite ai genitori e agli adottanti, a seconda essi siano nati o residenti da due anni in Italia.
La lettera e) prevede un’eccezione riferita ai nonni (ascendenti di primo grado di genitore o adottante), per il solo caso di loro nascita in Italia.
Più puntualmente: lettere c) e d) prevedono che non operi la preclusione sopra ricordata – circa l’‘automatismo’ di titolarità del diritto alla cittadinanza – allorché uno dei genitori o degli adottanti sia nato in Italia (lettera c)) o sia stato residente in Italia per almeno due anni continuativi prima della data di nascita o di adozione del figlio (lettera d)).
Secondo la relazione illustrativa al disegno di legge di conversione del presente decreto-legge, la previsione di tale residenza “qualificata” (pari ad almeno due anni continuativi), si pone in linea con il quadro normativo internazionale, quale esemplato dall’articolo 7, lettera e), della Convenzione del Consiglio d’Europa del 1997 sulla nazionalità (la quale non è in vigore in Italia, ma pur sempre è stata ratificata da ventuno Stati europei), il quale impiega ai medesimi fini la nozione di “residenza abituale”.
Infine, la lettera e) prevede come ulteriore eccezione il caso in cui un ascendente cittadino di primo grado dei genitori o degli adottanti, anch’essi cittadini, sia nato in Italia.
Dunque, per gli ascendenti di primo grado dei genitori o degli adottanti deve esservi nascita in Italia; per i genitori e adottanti, può esservi in alternativa la continuativa residenza biennale.
Queste tre lettere (c), d) ed e)) introducono saliente innovazione, nell’ordito normativo.
Pur non facendo venir meno il principio dell’automatismo iure sanguinis nella titolarità del diritto di cittadinanza (da attivare mediante domanda), si introduce un inedito limite temporale all’accertabilità del diritto, come inedita è la scansione generazionale di tale limite.
La tipizzazione di eccezioni alla preclusione dell’automatismo – si è ricordato, per i nati all’estero in possesso di una cittadinanza di Stato estero – mira, come evidenziato dalla relazione illustrativa che correda il disegno di legge di conversione del presente disegno di legge, a dare definito contenuto giuridico ad un principio, quello del legame – o vincolo – effettivo con l’Italia (e contenuto obiettivato, desumibile da atti concreti e attestazioni determinate).
In altri termini, intento dell’intervento normativo è connettere la trasmissione automatica della cittadinanza alla sussistenza di un legame effettivo con l’Italia, sia in capo agli ascendenti cittadini sia al discendente al quale è trasmessa la cittadinanza.
Senza modificare il principio di fondo della trasmissione della cittadinanza, che resta “saldamente ancorato allo jus sanguinis, quale elemento costitutivo della comunità nazionale come si è venuta formando in più di un secolo e mezzo di storia unitaria”, recita la relazione illustrativa, si mira a temperare quel medesimo principio, coniugandolo in maniera espressa con la sussistenza di vincoli effettivi ed attuali con la comunità nazionale, sicché “solo in presenza di tali vincoli oggettivi, perduranti nel tempo ed espressione di un legame formale e sostanziale con la Repubblica, potrà essere garantito l’accesso al complesso indissolubile di diritti e di doveri propri dei cittadini che formano il popolo cui l’articolo 1 della Costituzione attribuisce la sovranità”.
Secondo la relazione illustrativa, la novella trasmissione della cittadinanza darebbe concreta attuazione nel nostro ordinamento al principio internazionale del ‘legame effettivo’ (genuine link), che non consente l’opponibilità di una cittadinanza acquistata senza un vincolo effettivo con il Paese che la conferisce (secondo enunciazione rilevata come riconducibile alla Corte internazionale di giustizia fin dalla sentenza nel caso Nottebohm (Liechtenstein v. Guatemala) del 6 aprile 1955).
In forza di tale impostazione, la disposizione non introdurrebbe un’ipotesi di perdita della cittadinanza (ulteriore rispetto a quelle previste dall’articolo 13 della legge n. 91 del 1992) bensì una specifica preclusione all’acquisto automatico della cittadinanza (ex tunc e dunque operante anche ai nati all’estero prima dell’entrata in vigore della disposizione stessa) per discendenza, per adozione o per altra causa.
Si intende, alla preclusione si sottraggono le fattispecie espressamente previste in via di eccezione.
Si è sopra ricordato come la disposizione, nel porre la novella disciplina in materia di trasmissione del diritto alla cittadinanza, disponga un’espressa deroga a disposizioni fin qui vigenti.
Sono:
· articoli 1, 2, 3, 14 e 20 della legge n. 91 del 1992. Tra questi (v. infra l’apposito riquadro), l’articolo 20 stabilisce che, salvo ove espressamente previsto, lo stato di cittadinanza acquisito anteriormente alla medesima legge n. 91 del 1992 non si modifichi se non per fatti posteriori alla data di entrata in vigore della stessa.
· articolo 5 della legge 21 aprile 1983, n. 123, recante disposizioni in materia di cittadinanza. Prevede che sia cittadino italiano il figlio minorenne, anche adottivo, di padre cittadino o di madre cittadina, specificando che, nel caso di doppia cittadinanza, il figlio dovrà optare per una sola cittadinanza entro un anno dal raggiungimento della maggiore età.
· articoli 1, 2, 7, 10, 12 e 19 della legge 13 giugno 1912, n. 555, recante disposizioni sulla cittadinanza italiana. In conseguenza dell’intervenuta abrogazione integrale della menzionata legge, ad opera dell’articolo 26, comma 1, della legge n. 91 del 1992, le richiamate disposizioni continuano ad applicarsi esclusivamente ai rapporti sorti ai fatti verificatisi prima dell’entrata in vigore della disposizione abrogativa. Un breve riquadro dedicato a tali disposizioni è tratteggiato in fondo alla scheda (si veda infra).
· agli articoli 4, 5, 7, 8 e 9 del codice civile approvato con regio decreto 25 giugno 1865, n. 2358. In conseguenza dell’intervenuta abrogazione integrale della menzionata legge, ad opera dell’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 13 dicembre 2010, n. 212, le richiamate disposizioni continuano ad applicarsi esclusivamente ai rapporti sorti e ai fatti verificatisi prima dell’entrata in vigore della disposizione abrogativa. Un breve riquadro dedicato a tali disposizioni è tratteggiato in fondo alla scheda (si veda infra).
La principale fonte della disciplina vigente in materia di cittadinanza si identifica nella legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme in materia di cittadinanza. |
Il sistema normativo delineato dalla legge n. 91 del 1992 è incardinato sul principio della trasmissione della cittadinanza per discendenza secondo il criterio dello ius sanguinis. Tale principio trova esplicito riconoscimento nell’articolo 1 della legge, in forza del quale acquista lo status di cittadino, per nascita, il figlio di padre o di madre cittadini. |
La medesima legge, in via residuale e nei soli casi tassativamente stabiliti, riconosce anche il principio dello jus soli. Essa limita l’applicazione del menzionato criterio di trasmissione della cittadinanza a: |
ü coloro che nascano nel territorio italiano e i cui genitori siano da considerarsi o ignoti o apolidi (art. 1, co. 1, lett. b)); |
ü coloro che nascano nel territorio italiano e che non possano acquistare la cittadinanza dei genitori, dal momento che la legge dello Stato di origine dei genitori esclude che il figlio nato all'estero possa acquisire la loro cittadinanza (art. 1, co. 1, lett. b)); |
ü i figli di ignoti che vengano trovati, a seguito di abbandono, nel territorio italiano e per i quali non possa essere dimostrato, da parte di qualunque soggetto interessato, il possesso di un'altra cittadinanza (art. 1, co. 2). |
|
L’articolo 2 stabilisce che la cittadinanza italiana possa essere acquistata anche per riconoscimento della filiazione da parte del padre o della madre che siano cittadini italiani, oppure a seguito dell’accertamento giudiziale della sussistenza della filiazione, prevedendo diverse modalità a seconda che il figlio abbia raggiunto o meno la maggiore età. L’articolo 3 stabilisce inoltre che il minore straniero adottato da cittadino italiano acquisti la cittadinanza, estendendo l’efficacia della disposizione anche nei confronti degli adottati prima dell’entrata in vigore della legge. |
La legge prevede modalità agevolate di acquisto della cittadinanza italiana per gli stranieri di origine italiana, disponendo, all’articolo 4, che gli stranieri o apolidi, discendenti (fino al secondo grado) da un cittadino italiano per nascita, possano acquistare la cittadinanza italiana a condizione che facciano un'espressa dichiarazione di volontà e che siano in possesso di almeno uno dei seguenti requisiti alternativi: |
· abbiano svolto effettivamente e integralmente il servizio militare nelle Forze armate italiane, purché abbiano manifestato preventivamente la volontà di acquistare la cittadinanza italiana (lettera a)); |
· assumano un pubblico impiego alle dipendenze, anche all’estero, dello Stato italiano (lettera b)); |
· risiedano legalmente in Italia da almeno due anni al momento del raggiungimento della maggiore età: in tal caso, la volontà di conseguire la cittadinanza deve essere manifestata con una dichiarazione entro l’anno successivo (lett. c)). |
Il menzionato articolo prevede inoltre, al comma 2, che lo straniero che sia nato in Italia possa divenire cittadino italiano a condizione che vi abbia risieduto legalmente e ininterrottamente fino al raggiungimento della maggiore età e dichiari, entro un anno dal compimento della maggiore età, di voler acquistare la cittadinanza italiana. |
Gli articoli da 5 a 8 recano disposizioni particolari con riguardo all’acquisto della cittadinanza da parte di stranieri o apolidi che abbiano contratto matrimonio con cittadini italiani, stabilendo che questi ottengano la cittadinanza dietro apposita richiesta e al ricorrere di precise condizioni. |
Infine la legge, all’articolo 9, riconosce la possibilità di acquisto della cittadinanza per concessione di legge. Stabilisce, difatti, che la cittadinanza italiana possa essere concessa allo straniero, su domanda dello stesso presentata secondo le prescrizioni di legge, con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell’Interno. La concessione è subordinata all’accertamento della sussistenza di specifiche condizioni tra loro alternative (lettere da a) ad f)): in sostanza, il requisito fondamentale ai fini della concessione è individuato nel periodo di residenza legale in Italia, graduato in funzione dello status degli stranieri richiedenti |
L’articolo 9.1, introdotto dal decreto-legge n. 113 del 2008, subordina l'acquisto della cittadinanza italiana per matrimonio (art. 5 e seguenti) e per concessione di legge (art. 9) al possesso da parte dell'interessato di un'adeguata conoscenza della lingua italiana, non inferiore al livello B1 del Quadro Comune Europeo di Rifermento per le Lingue (QCER), stabilendo di seguito gli adempimenti richiesti all’interessato ai fini della dimostrazione di tale conoscenza. |
La legge tratteggia una disciplina in materia di doppia o plurima cittadinanza. L’articolo 11 stabilisce che il cittadino, il quale possieda, acquisti o riacquisti una cittadinanza straniera, conservi comunque quella italiana. La disposizione attribuisce, tuttavia, al predetto soggetto la possibilità di rinunciare alla cittadinanza italiana, qualora risieda o stabilisca la residenza all'estero. |
La legge reca disposizioni specifiche in materia di perdita (articolo 12), di rinuncia (articoli 3 comma 4, 11 e 14) e di revoca (articolo 10-bis) della cittadinanza. Reca, inoltre, disposizioni sul riacquisto della cittadinanza italiana a favore di coloro che l'abbiano perduta e a prescindere dai motivi della perdita (articoli 13, 14 e 17 comma 2). Reca, infine, norme speciali sull’acquisto della cittadinanza da parte delle persone originarie di determinati territori facenti parte dello Stato italiano e successivamente passati sotto la sovranità di altri Stati (articoli 17, 17-bis, 17-ter). |
Disposizioni della legge n. 555 del 1912
Come già ricordato supra, il nuovo articolo 3-bis (introdotto dal comma 1 dell’articolo in esame) della legge n. 91 del 1992 ricomprende, tra le disposizioni oggetto di deroga, gli articoli 1, 2, 7, 10, 12 e 19 della legge 13 giugno 1912, n. 555, recante disposizioni sulla cittadinanza italiana.
In conseguenza dell’intervenuta abrogazione integrale della menzionata legge, ad opera dell’articolo 26, comma 1 della legge n. 91/1992, le richiamate disposizioni continuano ad applicarsi esclusivamente ai rapporti sorti e ai fatti verificatisi sotto la loro vigenza.
Di seguito, si riporta il testo di tali articoli.
Articolo 1
È cittadino per nascita:
1° il figlio di padre cittadino;
2° il figlio di madre cittadina se il padre è ignoto o non ha la cittadinanza italiana, né quella di altro Stato, ovvero se il figlio non segue la cittadinanza del padre straniero secondo la legge dello Stato al quale questi appartiene;
3° chi è nato nel Regno se entrambi i genitori o sono ignoti o non hanno la cittadinanza italiana, né quella di altro Stato, ovvero se il figlio non segue la cittadinanza dei genitori stranieri secondo la legge dello Stato al quale questi appartengono.
Il figlio di ignoti trovato in Italia si presume fino a prova in contrario nato nel Regno.
Articolo 2
Il riconoscimento o la dichiarazione giudiziale della filiazione durante la minore età del figlio che non sia emancipato, ne determina la cittadinanza secondo le norme della presente legge.
È a tale affetto prevalente la cittadinanza del padre, anche se la paternità sia riconosciuta o dichiarata posteriormente alla maternità.
Se il figlio riconosciuto o dichiarato è maggiorenne o emancipato, conserva il proprio stato di cittadinanza, ma può entro l'anno dal riconoscimento, o dalla dichiarazione giudiziale, dichiarare di eleggere la cittadinanza determinata dalla filiazione.
Le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai figli la cui paternità o maternità consti in uno dei modi dell'art. 193 del Codice civile.
Articolo 7
Salve speciali disposizioni da stipulare con trattati internazionali, il cittadino italiano nato e residente in uno Stato estero, dal quale sia ritenuto proprio cittadino per nascita, conserva la cittadinanza italiana, ma, divenuto maggiorenne o emancipato, può rinunziarvi.
Articolo 10
La donna maritata non può assumere una cittadinanza diversa da quella del marito anche se esista separazione personale fra coniugi.
La donna straniera che si marita ad un cittadino acquista la cittadinanza italiana. La conserva anche vedova salvoché, ritenendo o trasportando all'estero la sua residenza, riacquisti la cittadinanza di origine.
La donna cittadina che si marita a uno straniero perde la cittadinanza italiana, sempreché il marito possieda una cittadinanza che pel fatto del matrimonio a lei si comunichi. In caso di scioglimento del matrimonio ritorna cittadina se risieda nel Regno o vi rientri, e dichiari in ambedue i casi di voler riacquistare la cittadinanza. Alla dichiarazione equivarrà il fatto della residenza nel Regno protratta oltre un biennio dallo scioglimento, qualora non vi siano figli nati dal matrimonio predetto.
Articolo 12
I figli minori non emancipati di chi acquista o ricupera la cittadinanza divengono cittadini, salvo che risiedendo all'estero conservino, secondo la legge dello Stato a cui appartengono, la cittadinanza straniera. Il figlio però dello straniero per nascita, divenuto cittadino, può, entro l'anno dal raggiungimento della maggiore età o dalla conseguita emancipazione, dichiarare di eleggere la cittadinanza di origine.
I figli minori non emancipati di chi perde la cittadinanza divengono stranieri, quando abbiano comune la residenza col genitore esercente la patria potestà o la tutela legale, e acquistino la cittadinanza di uno Stato straniero. Saranno però loro applicabili le disposizioni degli articoli 3 e 9.
Le disposizioni del presente articolo si applicano anche nel caso che la madre esercente la patria potestà o la tutela legale sui figli abbia una cittadinanza diversa da quella del padre premorto.
Non si applicano invece al caso in cui la madre esercente la patria potestà muti cittadinanza in conseguenza del passaggio a nuove nozze, rimanendo allora inalterata la cittadinanza di tutti i figli di primo letto.
Articolo 19
Lo stato di cittadinanza acquisito anteriormente alla presente legge non si modifica, se non pei fatti posteriori all'entrata in vigore di questa.
Ma coloro che, al momento dell'entrata in vigore della presente legge, hanno uno stato di cittadinanza diverso da quello che loro competerebbe secondo le disposizioni degli articoli precedenti, potranno entro l'anno dichiarare di eleggere la qualità di cittadino o di straniero, che sarebbe loro spettata secondo le disposizioni medesime.
Coloro a cui le disposizioni degli articoli precedenti attribuiscono il diritto di eleggere la qualità di cittadino o di straniero, potranno farne la dichiarazione entro un anno dal giorno dell'entrata in vigore della presente legge, anche se i termini siano scaduti, salvo che, potendo fare una dichiarazione analoga in forza della legge anteriore, abbiano omesso di farla.
Disposizioni del codice civile del 1865
Il nuovo articolo 3-bis introdotto dal comma 1 dell’articolo in esame alla legge n. 91 del 1992 ricomprende, tra le disposizioni oggetto di deroga, gli articoli 4, 5, 7, 8 e 9 del codice civile approvato con regio decreto 25 giugno 1865, n. 2358. Tali disposizioni sono collocate sotto il Titolo I (rubricato “Della cittadinanza e del godimento dei diritti civili”) del Libro I (rubricato “Delle persone”) del codice.
In conseguenza dell’intervenuta abrogazione integrale del codice, ad opera dell’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 13 dicembre 2010, n. 212, le richiamate disposizioni continuano ad applicarsi esclusivamente ai rapporti sorti e ai fatti verificatisi sotto la loro vigenza.
Di seguito, si riporta il testo di tali articoli.
Articolo 4
È cittadino il figlio di padre cittadino.
Articolo 5
Se il padre ha perduto la cittadinanza prima del nascimento del figlio, questi è riputato cittadino, ove sia nato nel regno e vi abbia la sua residenza.
Può nondimeno entro l'anno dalla età maggiore determinata secondo le leggi del regno, eleggere la qualità di straniero facendone la dichiarazione davanti l'uffiziale dello stato civile della sua residenza, o se si trova in paese estero, davanti i regi agenti diplomatici o consolari.
Articolo 7
Quando il padre sia ignoto, è cittadino il figlio nato da madre cittadina.
Ove la madre abbia perduto la cittadinanza prima del nascimento del figlio, si applicano a questo le disposizioni dei due articoli precedenti.
Se neppure la madre è conosciuta, è cittadino il figlio nato nel regno.
Articolo 8
È riputato cittadino il figlio nato nel regno da straniero che vi abbia fissato il suo domicilio (16 ss.) da dieci anni non interrotti: la residenza per causa di commercio non basta a determinare il domicilio.
Egli può tuttavia eleggere la qualità di straniero, purchè ne faccia dichiarazione nel tempo e modo stabilito dall'articolo 5.
Ove lo straniero non abbia fissato da dieci anni il suo domicilio nel regno, il figlio è riputato straniero, ma gli sono applicabili le disposizioni dei due capoversi dell'articolo 6.
Articolo 9
La donna straniera che si marita a un cittadino, acquista la cittadinanza e la conserva anche vedova.
Dell’articolo 1, il comma 2 novella l’articolo 19-bis del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150, intervenendo su taluni profili della disciplina della prova relativa alle controversie in materia di accertamento della cittadinanza italiana.
La norma introduce al richiamato articolo 19-bis i commi 2-bis e 2-ter. La prima disposizione stabilisce che nelle suddette controversie non siano ammessi il giuramento e la prova testimoniale.
La seconda prevede che nelle medesime controversie l’onere di provare l’insussistenza delle cause di mancato acquisto o di perdita della cittadinanza previste dalla legge ricada su colui il quale chiede l’accertamento della cittadinanza.
Il comma 2 novella l’articolo 19-bis del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150, recante disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e di semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, in attuazione della delega prevista dall’articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69.
La novella interviene su taluni profili della vigente disciplina dei mezzi di prova e dell’onere della prova, con riferimento alle controversie in materia di accertamento della cittadinanza italiana.
Il vigente articolo 19-bis, rubricato “controversie in materia di accertamento dello stato di apolidia”, assoggetta le controversie in materia di accertamento dello stato di apolidia e di cittadinanza italiana al rito semplificato di cognizione. Attribuisce, inoltre, la competenza in materia al tribunale sede della sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea del luogo in cui il ricorrente abbia la dimora.
La disposizione prevede che siano aggiunti al richiamato articolo 19-bis il comma 2-bis e il comma 2-ter.
Il comma 2-bis stabilisce che, salvi i casi espressamente previsti dalla legge, nelle controversie in materia di accertamento della cittadinanza italiana non siano ammessi, quali mezzi di prova, il giuramento e la prova testimoniale.
Il giuramento, nel processo civile, costituisce un mezzo di prova legale. Esso può essere decisorio, suppletorio o estimatorio. Tale mezzo di prova trova la sua disciplina fondamentale nelle disposizioni del Capo VI, Titolo II, Libro Sesto del Codice civile, e negli articoli da 233 a 243 del Codice di procedura civile.
La testimonianza, nel processo civile, costituisce un mezzo di prova liberamente valutabile dal giudice, ai sensi dell’articolo 116 del Codice di procedura civile. Tale mezzo di prova trova la sua disciplina fondamentale nelle disposizioni del Capo III, Titolo II, Libro Sesto del Codice civile, e negli articoli da 244 a 257-bis del Codice di procedura civile.
Il comma 2-ter introduce una specifica disciplina dell’onere della prova nell’ambito delle controversie in materia di accertamento della cittadinanza italiana.
Stabilisce che, nelle predette controversie, colui il quale chieda l’accertamento dello stato di cittadino sia tenuto ad allegare e a provare l’insussistenza delle cause di mancato acquisto o di perdita della cittadinanza previste dalla legge.
Dalla relazione illustrativa al disegno di legge di conversione del presente decreto-legge, si evince che l’introduzione di tale disciplina intende superare il principio di diritto affermato dalla sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 25317/2022, in forza del quale chi reclami possesso della cittadinanza iure sanguinis è soggetto esclusivamente all’onere di provare il vincolo di discendenza, essendo assegnato allo Stato l’onere di provare la sussistenza di eventuali cause interruttive ostative all’acquisto o al mantenimento della cittadinanza. Secondo la relazione illustrativa, tale distribuzione dell’onere della prova non sarebbe adeguata alla realtà concreta delle controversie in materia di cittadinanza, dal momento che coloro che chiedono l’accertamento sarebbero gli unici ad avere accesso ai fatti e ai documenti rilevanti. Sicché “la distribuzione dell’onere della prova delineata dalla suddetta pronuncia stabilisce un indebito vantaggio nei confronti dei ricorrenti e un irragionevole onere finanziario a carico dello Stato italiano, premiando in maniera irragionevole situazioni di prolungata inerzia degli interessati”.
La disposizione, consequenzialmente, stabilisce che l’esistente rubrica dell’articolo 19-bis sia sostituita dalla seguente: “Controversie in materia di accertamento dello stato di apolidia e di cittadinanza italiana”.
Articolo 2
(Entrata in vigore)
L'articolo 2 dispone che il decreto-legge entri in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Il decreto-legge è dunque vigente dal 29 marzo 2025.
Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente decreto, quest'ultima legge (insieme con le modifiche apportate al decreto in sede di conversione) entra in vigore il giorno successivo a quello della propria pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
In materia di cittadinanza, può valere ricordare come il 5 settembre 2024 sia stato depositato in Cassazione il quesito referendario per ridurre da 10 a 5 gli anni di residenza legale nel territorio nazionale richiesti al fine di poter presentare l’istanza per l’acquisizione della cittadinanza italiana (alla proposta hanno aderito i partiti: +Europa, Possibile, Partito socialista italiano, Radicali italiani, Rifondazione comunista). Il quesito è stato dichiarato conforme a legge dall'Ufficio Centrale per il referendum presso la Corte di cassazione, con ordinanza del 12 dicembre 2024. Successivamente, nella camera di consiglio del 20 gennaio 2025, è stato dichiarato ammissibile dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 11 del 2025 (depositata il 7 febbraio).
Il quesito depositato è il seguente:
«Volete voi abrogare l'art. 9, comma 1, lettera b), limitatamente alle parole "adottato da cittadino italiano" e "successivamente alla adozione"; nonché la lettera f), recante la seguente disposizione: "f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.", della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza"?».
Legge 5 febbraio 1992, n. 91 Norme sulla cittadinanza |
|
Testo previgente |
Testo risultante dall’approvazione del quesito referendario |
Art. 9 |
Art. 9 |
1. La cittadinanza italiana può essere concessa con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell'interno: a) allo straniero del quale il padre o la madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado sono stati cittadini per nascita, o che è nato nel territorio della Repubblica e, in entrambi i casi, vi risiede legalmente da almeno tre anni, comunque fatto salvo quanto previsto dall'articolo 4, comma 1, lettera c); b) allo straniero maggiorenne adottato da cittadino italiano che risiede legalmente nel territorio della Repubblica da almeno cinque anni successivamente alla adozione; c) allo straniero che ha prestato servizio, anche all'estero, per almeno cinque anni alle dipendenze dello Stato; d) al cittadino di uno Stato membro delle Comunità europee se risiede legalmente da almeno quattro anni nel territorio della Repubblica; e) all'apolide che risiede legalmente da almeno cinque anni nel territorio della Repubblica; f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica. 2. Con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato e previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro degli affari esteri, la cittadinanza può essere concessa allo straniero quando questi abbia reso eminenti servizi all'Italia, ovvero quando ricorra un eccezionale interesse dello Stato.
|
1. La cittadinanza italiana può essere concessa con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell'interno: a) allo straniero del quale il padre o la madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado sono stati cittadini per nascita, o che è nato nel territorio della Repubblica e, in entrambi i casi, vi risiede legalmente da almeno tre anni, comunque fatto salvo quanto previsto dall'articolo 4, comma 1, lettera c); b) allo straniero maggiorenne c) allo straniero che ha prestato servizio, anche all'estero, per almeno cinque anni alle dipendenze dello Stato; d) al cittadino di uno Stato membro delle Comunità europee se risiede legalmente da almeno quattro anni nel territorio della Repubblica; e) all'apolide che risiede legalmente da almeno cinque anni nel territorio della Repubblica;
2. Con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato e previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro degli affari esteri, la cittadinanza può essere concessa allo straniero quando questi abbia reso eminenti servizi all'Italia, ovvero quando ricorra un eccezionale interesse dello Stato. |
Il termine cittadinanza indica il rapporto tra un individuo e lo Stato, ed è in particolare uno status, denominato civitatis, al quale l’ordinamento giuridico ricollega la pienezza dei diritti civili e politici.
In Italia la materia è disciplinata dalla legge n. 91 del 5 febbraio 1992 (e relativi regolamenti di esecuzione: in particolare DPR 12 ottobre 1993, n. 572 e DPR 18 aprile 1994, n. 362).
Acquisto della cittadinanza
Ai sensi della legge 91/1992, acquistano di diritto alla nascita la cittadinanza italiana coloro i cui genitori (anche soltanto il padre o la madre) siano cittadini italiani (legge 91 del 1992, articolo 1, co. 1, lett. a)): si tratta della così detta modalità di acquisizione della cittadinanza jure sanguinis.
Sono previste modalità agevolate di acquisto della cittadinanza per gli stranieri di origine italiana: la cittadinanza italiana può essere acquistata dagli stranieri o apolidi, discendenti (fino al secondo grado) da un cittadino italiano per nascita, a condizione che facciano un'espressa dichiarazione di volontà e che siano in possesso di almeno uno di questi requisiti:
Il regolamento di attuazione della legge 91 del 1992 chiarisce che, ai fini dell'acquisto della cittadinanza italiana, si considera che abbia prestato effettivamente servizio militare chi abbia compiuto la ferma di leva nelle Forze armate italiane o la prestazione di un servizio equiparato a quello militare (ad es. il servizio civile), a condizione che queste siano interamente rese, salvo che il mancato completamento dipenda da sopravvenute cause di forza maggiore riconosciute dalle autorità competenti (D.P.R. 572/1993, art. 1, co. 2, lett. b)).
Per l'acquisto della cittadinanza italiana, viene considerato legalmente residente nel territorio dello Stato chi vi risiede avendo soddisfatto le condizioni e gli adempimenti previsti dalle norme in materia d'ingresso e di soggiorno degli stranieri in Italia e da quelle in materia d'iscrizione anagrafica (D.P.R. 572/1993, art. 1, co. 2, lett. a)).
Cittadinanza per riconoscimento o dichiarazione giudiziale di filiazione o in seguito di adozione nella minore età
La cittadinanza italiana è acquisita anche per riconoscimento della filiazione (da parte del padre o della madre che siano cittadini italiani), oppure a seguito dell'accertamento giudiziale della sussistenza della filiazione. L'acquisto della cittadinanza nelle due ipotesi illustrate è automatico per i figli minorenni (art. 2, co. 1); i figli maggiorenni invece conservano la propria cittadinanza, ma possono eleggere la cittadinanza determinata dalla filiazione con un'apposita dichiarazione da rendere entro un anno dal riconoscimento, o dalla dichiarazione giudiziale di filiazione, o dalla dichiarazione di efficacia in Italia del provvedimento straniero nel caso in cui l'accertamento della filiazione sia avvenuto all'estero (art. 2, co. 2).
Acquista inoltre la cittadinanza il minore straniero adottato da cittadino italiano mediante provvedimento dell’Autorità Giudiziaria italiana ovvero, in caso di adozione pronunciata all’estero, mediante provvedimento dell’Autorità straniera reso efficace in Italia con ordine (emanato dal Tribunale per i minorenni) di trascrizione nei registri dello stato civile (art. 3).
Se l’adottato è maggiorenne, può acquistare la cittadinanza italiana per naturalizzazione trascorsi 5 anni di residenza legale in Italia dopo l’adozione.
Cittadinanza per nascita sul territorio italiano (iure soli)
L'ordinamento italiano riconosce anche il criterio alternativo dello ius soli, pur prevedendolo soltanto in via residuale e per casi limitati a:
Lo straniero che sia nato in Italia può divenire cittadino italiano a condizione che vi abbia risieduto legalmente e ininterrottamente fino al raggiungimento della maggiore età e dichiari, entro un anno dal compimento della maggiore età, di voler acquistare la cittadinanza italiana (art. 4, co. 2).
Il decreto-legge n. 69 del 2013 (art. 33) ha specificato in proposito che nei confronti dell'interessato non sono imputabili eventuali inadempimenti riconducibili ai genitori o agli uffici della Pubblica Amministrazione, ed egli può dimostrare il possesso dei requisiti con ogni idonea documentazione. Inoltre, è prescritto che gli ufficiali di stato civile sono tenuti, nel corso dei sei mesi precedenti il compimento del diciottesimo anno di età, a comunicare all'interessato, nella sede di residenza quale risulta all'ufficio, la possibilità di esercitare il diritto di acquistare la cittadinanza entro il compimento del diciannovesimo anno di età. In mancanza, il diritto può essere esercitato anche oltre tale data.
Cittadinanza per matrimonio o unione civile con cittadino italiano
Disposizioni particolari sono dettate per quanto riguarda l'acquisto della cittadinanza da parte di stranieri o apolidi che hanno contratto matrimonio con cittadini italiani (artt. da 5 a 8). Gli stranieri coniugi di cittadini italiani ottengono la cittadinanza, dietro richiesta presentata al prefetto del luogo di residenza dell'interessato, oppure, se residenti all'estero, all'autorità consolare competente, se possono soddisfare, contemporaneamente, le seguenti condizioni:
I requisiti per l'acquisto della cittadinanza per matrimonio sono stati modificati, nell'ambito del "pacchetto sicurezza", dalla legge n. 94 del 2009 (art. 1, comma 11). La disciplina introdotta nel 2009 è più rigorosa sotto due profili: la residenza nel territorio della Repubblica deve essere biennale, e non semestrale, come previsto nel testo previgente; viene specificato che detta residenza biennale deve essere successiva al matrimonio. Un elemento di novità è stato rappresentato anche dalla previsione di una riduzione della metà dei termini in presenza di figli nati dai coniugi.
A seguito della pubblicazione in Gazzetta ufficiale (n. 22 del 27 gennaio 2017) dei decreti legislativi n. 5, 6 e 7 del 19 gennaio 2017 – adottati ai sensi dell’art. 1, comma 28 della legge n. 76 del 2016 (Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze) – dall’11 febbraio 2017 è possibile inoltrare online le richieste di cittadinanza italiana, ai sensi degli artt. 5 e 7 della legge n. 91 del 1992, anche da parte del cittadino o della cittadina stranieri che hanno costituito un’unione civile con cittadino/a italiano/a trascritta nei registri dello stato civile del Comune italiano.
Si segnala che ai sensi della direttiva del Ministro dell'interno 7 marzo 2012 spetta ai prefetti la competenza ad adottare provvedimenti in materia di concessione o diniego della cittadinanza nei confronti di cittadini stranieri coniugi di cittadini italiani. La competenza sarà, invece, del capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione, qualora il coniuge straniero abbia la residenza all'estero, e del ministro dell'Interno nel caso sussistano ragioni inerenti alla sicurezza della Repubblica.
Il termine per la definizione del procedimento amministrativo per la concessione della cittadinanza per matrimonio era di quarantotto mesi (quattro anni) (art. 9-ter della legge n. 91 del 1992, introdotto dal decreto-legge n. 113 del 2018) dalla data di presentazione della domanda (art. 3, DPR n. 362 del 1994). Il successivo decreto-legge n. 130 del 2020 (art. 4, co. 5) ha ridotto questo temine a ventiquattro mesi (due anni) prorogabili al massimo a trentasei mesi (tre anni), ma solo per le istanze di cittadinanza che sono state presentate a partire dal 19 dicembre 2020 data di entrata in vigore della legge di conversione di tale decreto.
Si ricorda inoltre che con la sentenza n. 195 del 2022 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 5 della legge n. 91 del 1992, che disciplina l'ipotesi di acquisto della cittadinanza per matrimonio con cittadino italiano, nella parte in cui non esclude, dal novero delle cause ostative al riconoscimento del diritto di cittadinanza, la morte del coniuge del richiedente, sopravvenuta in pendenza dei termini previsti per la conclusione del relativo procedimento per l'attribuzione della cittadinanza. In altre parole, la morte del coniuge, dopo la presentazione dell'istanza e mentre è in corso il procedimento amministrativo per l'acquisto della cittadinanza, non può essere più causa di rigetto della domanda.
Naturalizzazione
L'acquisto della cittadinanza può avvenire, infine, per concessione (legge n. 91 del 1992, articolo 9): in questo caso, a differenza dei procedimenti finora illustrati, che riservano all'autorità margini di intervento molto ristretti, l'emanazione del provvedimento di concessione della cittadinanza è soggetto ad una valutazione discrezionale di opportunità da parte della pubblica amministrazione che implica l'accertamento di un interesse pubblico accanto al riconoscimento dell'interesse privato del richiedente allo status civitatis, pur attenuata dall'obbligo del parere preventivo del Consiglio di Stato.
Il periodo di residenza legale in Italia, graduato in funzione dello status degli stranieri richiedenti, che costituisce il requisito fondamentale per conseguire la cittadinanza secondo tale modalità, deve essere ininterrotto e attuale al momento della presentazione dell'istanza per la concessione della cittadinanza.
Può presentare domanda per ottenere la concessione della cittadinanza italiana il cittadino straniero che si trova in una delle seguenti condizioni:
La giurisprudenza amministrativa ha indicato alcuni ulteriori requisiti per l'ottenimento della cittadinanza e ha precisato i confini della discrezionalità della pubblica amministrazione con riferimento ai provvedimenti di concessione della cittadinanza, stabilendo inoltre quali siano gli obblighi di motivazione delle decisioni concernenti tali procedimenti.
Secondo l’orientamento giurisprudenziale, nella valutazione articolata che spetta all'amministrazione per concedere o meno la cittadinanza, assumono rilievo tutti gli aspetti da cui è possibile desumere l'integrazione del richiedente nella comunità nazionale sotto il profilo della conoscenza e osservanza delle regole giuridiche, civili e culturali che la connotano. Vengono, perciò, in rilievo tutti quegli aspetti che farebbero dello straniero un buon cittadino, quali la perfetta integrazione nel tessuto sociale italiano, l'assenza di precedenti penali, considerazioni di carattere economico e patrimoniale per cui si possa presumere che egli sia in grado di adempiere ai doveri di solidarietà economica e sociale richiesti a tutti i cittadini (ex multis, Cons. Stato, Sez. III, 20 giugno 2024, n. 5516).
In particolare, l'Amministrazione non si può limitare, nel suo ampio apprezzamento discrezionale, ad un giudizio sommario, superfluo ed incompleto, ristretto alla mera considerazione di fatti risalenti, senza contestualizzarli all'interno di una più ampia e bilanciata disamina che tenga conto dei legami familiari dell'interessato, della sua attività lavorativa, del suo reale radicamento al territorio, della sua complessiva condotta che, per quanto non totalmente irreprensibile sul piano morale, deve comunque mostrare una convinta adesione ai valori fondamentali dell'ordinamento di cui egli chiede di far parte con il riconoscimento della cittadinanza (Cons. Stato, Sez. III, 5 aprile 2024, n. 3178).
La cittadinanza può essere concessa, in casi eccezionali, per merito allo straniero che abbia reso notevoli servigi all'Italia, per elevate necessità di ordine politico connesse all'interesse dello Stato (legge n. 91 del 1992, art. 9, co. 2).
Il termine per la definizione del procedimento amministrativo per la concessione della cittadinanza per naturalizzazione era di quarantotto mesi (quattro anni) (art. 9-ter della legge n.91 del 1992, introdotto dal decreto-legge n. 113 del 2018) dalla data di presentazione della domanda (art. 3, DPR n. 362 del 1994). Il successivo decreto-legge n. 130 del 2020 (art. 4, co. 5) ha ridotto questo temine a ventiquattro mesi (due anni) prorogabili al massimo a trentasei mesi (tre anni), ma solo per le domande di cittadinanza che sono state presentate a partire dal 19 dicembre 2020 data di entrata in vigore della legge di conversione di tale decreto.
Si ricorda infine che il decreto-legge n. 113 del 2018 ha introdotto alla legge sulla cittadinanza l'articolo 9.1, che subordina l'acquisto della cittadinanza italiana per matrimonio (art. 5) e per concessione di legge (art. 9) al possesso da parte dell'interessato di un'adeguata conoscenza della lingua italiana, non inferiore al livello B1 del Quadro Comune Europeo di Rifermento per le Lingue (QCER).
Per dimostrare tale conoscenza, all'atto di presentazione dell'istanza i richiedenti sono tenuti:
Da tale specifico onere di attestazione sono esclusi coloro che hanno sottoscritto l'accordo di integrazione di cui all'art. 4-bis del TU in materia di immigrazione (D.Lgs. n. 286/1998) e i titolari di permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, trattandosi di situazioni per le quali la legge già presuppone una valutazione di conoscenza della lingua italiana.
L'art. 10 subordina l'efficacia del decreto di concessione della cittadinanza alla prestazione da parte dell'interessato (entro sei mesi dalla notifica del decreto medesimo) del giuramento di essere fedele alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi dello Stato.
I decreti di concessione della cittadinanza sono adottati con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell'interno. Come anticipato, il d.P.R. diventa efficace solo dopo il giuramento dinanzi all'Ufficiale di Stato Civile del Comune di residenza. L'interessato diventa cittadino italiano il giorno dopo aver prestato giuramento.
Attribuzione della cittadinanza nella minore età a seguito della naturalizzazione dei genitori
Secondo l’art. 14 della legge 91 del 1992 i figli minori di chi acquista o riacquista la cittadinanza italiana, se convivono con esso, acquistano la cittadinanza italiana, ma, divenuti maggiorenni, possono rinunciarvi, se in possesso di altra cittadinanza.
L’acquisto interviene, quindi, avviene automaticamente alla sola condizione della convivenza e sempre che si tratti di un soggetto minorenne secondo l’ordinamento italiano.
Perché il genitore divenuto italiano possa trasmettere lo status civitatis al figlio, occorrono pertanto che ricorrano tre condizioni:
§ il rapporto di filiazione;
§ la minore età del figlio;
§ la convivenza con il genitore.
L’articolo 12 del D.P.R. n. 572/93 ha specificato che la convivenza deve essere stabile ed effettiva ed attestata con idonea documentazione, deve inoltre sussistere al momento dell’acquisto o del riacquisto della cittadinanza del genitore.
Riconoscimento della cittadinanza in base a leggi speciali
Le persone originarie dei territori italiani facenti parte del cessato impero austro-ungarico, che emigrarono all'estero prima del 16 luglio 1920, e i loro discendenti, possono ottenere il riconoscimento della cittadinanza italiana qualora rendano una dichiarazione in tal senso all'ufficiale dello stato civile del comune in cui risiedono o intendono stabilire la propria residenza, oppure davanti all'autorità diplomatica o consolare del luogo di residenza, se residenti all'estero (legge n. 379 del 2000, art. 1). La dichiarazione va resa entro un termine che, inizialmente fissato al 20 dicembre 2005, è stato differito di cinque anni dall'art. 28-bis del decreto-legge n. 273 del 2005 per gli emigrati dai territori, già austroungarici, oggi appartenenti allo Stato italiano e per i loro discendenti. Si tratta dei:
La legge n. 124 del 2006 ha infine introdotto due articoli nella legge n. 91 del 1992 (17-bis e 17-ter), che consentono il riconoscimento della cittadinanza agli italiani (e ai loro discendenti) che abitavano nei territori dell'Istria, Fiume e Dalmazia, già facenti parti del Regno d'Italia e passati, dopo la seconda guerra mondiale, sotto la sovranità della Repubblica jugoslava e successivamente di Slovenia e Croazia.
Il diritto alla cittadinanza italiana è riconosciuto ai soggetti che siano stati cittadini italiani e che abbiano risieduto nei territori facenti parte dello Stato italiano e successivamente ceduti alla Repubblica jugoslava in forza del Trattato di pace firmato a Parigi il 10 febbraio 1947, reso esecutivo dal decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 28 novembre 1947, n. 1430, ratificato dalla legge n. 3054 del 1952, ovvero in forza del Trattato di Osimo del 10 novembre 1975, reso esecutivo dalla legge n. 73 del 1977. Tale diritto è riconosciuto anche ai figli e ai discendenti in linea retta dei soggetti di cui sopra, purché di lingua e cultura italiana.
La cittadinanza non è acquistata ex lege dai soggetti summenzionati, ma solo a seguito della presentazione (e dell'accoglimento) di una apposita istanza. Ciò differenzia l'ottenimento della cittadinanza prefigurato dalla disposizione in esame da quello in passato disposto dall'art. 17 della legge 91 del 1992, che avveniva automaticamente con la presentazione della apposita dichiarazione.
L'opzione per la cittadinanza italiana prevista dall'art. 17 della legge 91 del 1992 avrebbe dovuto essere esercitata entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge. Questo termine fu prorogato una prima volta, sino al 15 agosto 1995, dall'art. 1 della legge n. 736 del 1994; un'ulteriore proroga al 31 dicembre 1997 intervenne ad opera dell'art. 2, co. 195, della legge n. 662 del 1996 (legge collegata alla manovra finanziaria per il 1997).
Doppia (o plurima) cittadinanza
La legge ammette espressamente la possibilità di conservare la cittadinanza italiana pur essendo già in possesso di una cittadinanza straniera ovvero dopo averla acquistata o riacquistata. Chi risiede o stabilisce la residenza all'estero può tuttavia rinunciare alla cittadinanza italiana (legge 91 del 1992, art. 11). La disposizione consente, in particolare, il mantenimento della cittadinanza italiana agli italiani emigrati all'estero che acquistano volontariamente la cittadinanza dello Stato in cui risiedono per potersi inserire pienamente nel contesto sociale ed economico del Paese e usufruire del trattamento favorevole riservato ai cittadini.
Non è consentito il possesso di una doppia (o plurima) cittadinanza se vi sono norme internazionali pattizie o norme statali straniere che lo vietino (v. paragrafo successivo).
Perdita e revoca della cittadinanza
La legge n. 91 del 1992 contempla tre ipotesi di perdita automatica della cittadinanza italiana, nei seguenti casi:
Per quanto riguarda gli effetti delle norme internazionali pattizie sull'ordinamento italiano, l'art. 26, co. 3, della legge 91 del 1992 fa salve, in via generale, le disposizioni previste dagli accordi internazionali, affermandone pertanto la prevalenza sulla disciplina interna.
Inoltre, i cittadini italiani possono rinunciare volontariamente alla cittadinanza italiana purché si trasferiscano, o abbiano trasferito, la propria residenza all'estero e siano titolari di un'altra o di altre cittadinanze (legge 91 del 1992, art. 11). La facoltà di rinuncia alla cittadinanza italiana in questo caso può essere esercitata soltanto dai cittadini maggiorenni.
Coloro che hanno ottenuto la cittadinanza italiana durante la minore età, in quanto figli conviventi con il genitore che ha acquistato o riacquistato la cittadinanza, hanno la facoltà di rinunciare ad essa (senza limiti di tempo), una volta divenuti maggiorenni, sempre che siano in possesso di un'altra cittadinanza (art. 14).
Può inoltre rinunciare alla cittadinanza italiana il soggetto maggiorenne in possesso di un'altra cittadinanza – anche se risiede in Italia – a seguito di revoca dell'adozione per fatti imputabili all'adottante. La rinuncia deve essere resa entro un anno dalla revoca (art. 3, co. 4).
Inoltre, l'articolo 10-bis della legge n. 91 del 1992, introdotto dal decreto-legge n. 113 del 2018 (articolo 14), prevede un'ipotesi di revoca della cittadinanza in caso di condanna definitiva per i seguenti reati:
Tale fattispecie di revoca sono applicabili solo nel caso in cui la cittadinanza italiana sia stata acquisita per matrimonio (art. 5, legge n. 91 del 1992), per naturalizzazione (art. 9), ovvero ai sensi dell'articolo 4, co. 2, della medesima legge. Tale ultima ipotesi riguarda i casi di acquisto della cittadinanza dello straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età.
La revoca della cittadinanza è adottata con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno, entro tre anni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna.
Si segnala da ultimo che sulla disciplina della revoca della cittadinanza in caso di condanna definitiva per i reati di terrorismo ed eversione ed altri gravi reati, introdotta nel 2018 (art. 10-bis, legge n. 91 del 1992), interviene l’articolo 9 del disegno di legge di iniziativa governativa in materia di sicurezza pubblica (A.S. 1236-A, già approvato in prima lettura dalla Camera dei deputati) stabilendo che non si può procedere alla revoca ove l’interessato non possieda un’altra cittadinanza ovvero non ne possa acquisire altra. Al contempo, si estende da tre a dieci anni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna il termine per poter adottare il provvedimento di revoca.
Riacquisto della cittadinanza
La legge disciplina le modalità per il riacquisto della cittadinanza a favore di coloro che l'hanno perduta e a prescindere dai motivi della perdita.
Il riacquisto avviene con condizioni di particolare favore rispetto a quelle stabilite dall'art. 9 della legge n. 91 del 1992 per l'acquisto della cittadinanza per naturalizzazione e, per alcuni aspetti, analoghe a quelle dettate dall'art. 4, co. 1, della legge 91 del 1992, le quali consentono allo straniero di origine italiana l'acquisto della cittadinanza per beneficio di legge. Il riacquisto è subordinato, in via generale, alla sussistenza di un legame con l'Italia, che può concretizzarsi in un rapporto di servizio (civile o militare) con lo Stato o nello stabilire la residenza nel Paese.
Può riacquistare la cittadinanza italiana:
La legge permette il riacquisto della cittadinanza, su loro dichiarazione in tal senso, alle donne italiane che l'hanno perduta al momento del matrimonio con uno straniero, avvenuto prima del 1° gennaio 1948, o del cambiamento di cittadinanza del marito (art. 17, co. 2).
Autorità competenti all’accertamento dei presupposti di legge
Nei casi in cui sia prevista la dichiarazione dell’interessato, volta all'acquisto, alla perdita o al riacquisto o al mancato riacquisto della cittadinanza, l’autorità competente ad accertare la sussistenza delle condizioni che la legge stabilisce per il prodursi degli effetti non è sempre la stessa, ma è determinata come prevede il regolamento di esecuzione della legge (d.P.R. 12 ottobre 1993, n. 572, articolo 16).
Nelle ipotesi previste dagli articoli 2, commi 2 e 3 (cittadinanza a seguito riconoscimento di figlio naturale riconosciuto o giudizialmente dichiarato); 3, comma 4 (dichiarazione di rinuncia in caso di revoca dell’adozione); 4, comma 1, lettera c) (dichiarazione di acquisto della cittadinanza italiana da parte dello straniero di origine italiana, alla maggiore età con due anni di residenza in Italia); 4, comma 2 (dichiarazione di acquisto della cittadinanza italiana da parte dello straniero nato e residente legalmente in Italia, al compimento dei 18 anni e con istanza prima del 19° anno); 11 (rinuncia in caso di residenza all’estero); 13, comma 1, lettere c) e d) (dichiarazione di riacquisto della cittadinanza in alcuni casi); 14 (attribuzione della cittadinanza nella minore età a seguito della naturalizzazione dei genitori) e 17 (dichiarazione di riacquisto della cittadinanza in alcuni casi) della legge n. 91 del 1992 è competente il sindaco del comune in cui la dichiarazione è stata iscritta.
Nelle medesime ipotesi, ove la dichiarazione, con la documentazione che la correda, è stata ricevuta dall'autorità diplomatica o consolare, è questa competente ad operare l'accertamento della sussistenza delle condizioni stabilite dalla legge.
In ogni altra ipotesi, in cui pure sia prevista una dichiarazione dell'interessato, competente all'accertamento è il Ministero dell'interno, al quale l'ufficiale dello stato civile o l'autorità diplomatica o consolare trasmettono copia della dichiarazione ricevuta dall'interessato e della documentazione da questi prodotta.
Contributo per gli atti relativi alla cittadinanza
La legge n. 94 del 2009 (art. 1, comma 12), nell'ambito del cd. "pacchetto sicurezza", ha introdotto il pagamento di un contributo di 200 euro per le istanze o dichiarazioni di elezione, acquisto, riacquisto, rinuncia o concessione della cittadinanza (art. 9-bis, comma 2, L 91/1992). Il decreto-legge n. 113 del 2018 ha aumentato il contributo a 250 euro.
Il gettito derivante dal contributo è destinato (art. 9-bis, comma 3, L 91/1992):
La legge prevede infine che alle istanze o dichiarazioni relative alla cittadinanza debba essere comunque allegata la certificazione comprovante il possesso dei requisiti richiesti per legge (art. 9-bis, comma 1, legge n. 91 del 1992).
[1] Si ricorda che l’assenza di altra cittadinanza importerebbe di ricadere nella disciplina della Convenzione delle Nazioni Unite sulla prevenzione dei casi di apolidia (ratificata e resa esecutiva in Italia ai sensi della legge 29 settembre 2015, n. 162).