Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Istituzioni |
Titolo: | Disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni |
Riferimenti: | AC N.2308/XIX |
Serie: | Progetti di legge Numero: 421 |
Data: | 18/03/2025 |
Organi della Camera: | I Affari costituzionali, XI Lavoro |
Disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni
D.L. 25/2025 – A.C. 2308
Servizio Studi
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Dossier n. 448
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Progetti di legge n. 421
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D25025.docx
I N D I C E
Titolo I – Disposizioni urgenti in materia di reclutamento delle pubbliche amministrazioni
§ Articolo 1 (Misure per l’assunzione di giovani da parte degli enti territoriali)
§ Articolo 2, comma 3 (Stabilizzazione degli assistenti sociali)
§ Capo II – Disposizioni urgenti in materia di svolgimento delle procedure di reclutamento
§ Articolo 4, comma 3 (Assunzioni dirigenti enti locali)
§ Articolo 4, comma 4 (Servizio civile)
§ Articolo 4, comma 5 (Servizio civile universale per i beneficiari del Supporto formazione e lavoro)
§ Articolo 4, comma 8 (Utilizzo graduatorie AFAM per l’anno accademico 2025-2026)
§ Capo III – Misure urgenti in materia di reclutamento di particolari categorie di personale
§ Articolo 5, commi 1-5 (Reclutamento personale Ministero dell’interno)
§ Articolo 5, comma 6 (Sistema informativo del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione)
§ Articolo 6 (Disposizioni relative al Corpo nazionale dei vigili del fuoco)
Titolo II – Disposizioni urgenti in materia di organizzazione della pubblica amministrazione
§ Capo I - Disposizioni urgenti in materia di organizzazione delle amministrazioni centrali
§ Articolo 7, comma 1 (Incremento organico Presidenza del consiglio (funzionalità commissione RIPAM))
§ Articolo 7, comma 2 (Contributo per Formez PA (supporto concorsi nei comuni))
§ Capo II – Disposizioni urgenti in materia di enti locali
§ Articolo 8, comma 6 (Fondo anticipazioni di liquidità degli enti locali in dissesto)
§ Articolo 8, comma 7 (Responsabilità degli amministratori in conseguenza del dissesto)
§ Articolo 8, comma 8 (Risorse per interventi in aree con situazioni di degrado e disagio giovanile)
§ Articolo 9 (Disposizioni urgenti in materia di segretari comunali)
Titolo III – Misure urgenti per la funzionalità e il rafforzamento delle pubbliche amministrazioni
§ Capo I - Disposizioni per il potenziamento delle pubbliche amministrazioni
§ Articolo 12, comma 2 (Compensi dei componenti delle Commissioni VIA-VAS e PNRR-PNIEC).
§ Articolo 12, comma 6 (Indennità Agenzia nazionale per la sicurezza del volo)
§ Articolo 12, comma 7 (Disposizioni in materia di valorizzazione del patrimonio immobiliare)
§ Articolo 12, comma 8 (Disposizioni concernenti la Invimit SGR S.p.a.)
§ Articolo 12, comma 9 (Percorsi formativi di interesse del Ministero della difesa)
§ Articolo 12, comma 10 (Hub per l'Intelligenza Artificiale dello Sviluppo Sostenibile)
§ Articolo 12, comma 13 (Istituzione Institute of Advanced Science for Agricolture)
§ Articolo 12, comma 15, lett. a) (Società Stretto di Messina s.p.a.)
§ Articolo 13, comma 2 (Gruppi sportivi militari e sezione paralimpica Fiamme Gialle)
§ Articolo 14, comma 2 (Misure per l’Agenzia italiana per la gioventù)
§ Articolo 14, comma 3 (Personale ANSFISA)
§ Articolo 18, commi 3 e 4 (Attività della Ragioneria generale dello Stato e nuova governance europea)
§ Articolo 18, comma 5 (Ragionerie territoriali dello Stato)
§ Articolo 19, commi 5-9 (Riversamento spontaneo crediti d’imposta)
§ Articolo 20 (Disposizioni urgenti per la funzionalità del Consiglio superiore dei lavori pubblici)
§ Articolo 22 (Entrata in vigore)
Articolo 1
(Misure per l’assunzione di giovani da parte degli enti territoriali)
L’articolo 1 riconosce ai comuni, alle unioni di comuni, alle province e alle città metropolitane la possibilità, fino al 31 dicembre 2026, di destinare il 10 per cento delle rispettive facoltà assunzionali, al reclutamento a tempo determinato, con contratto di apprendistato di durata massima di trentasei mesi, di soggetti in possesso di diploma di specializzazione per le tecnologie applicate o di diploma di istruzione e formazione tecnica superiore.
Tale percentuale si aggiunge a quella già prevista per i medesimi enti territoriali per l’assunzione, sempre fino al 31 dicembre 2026, di giovani laureati con contratto di apprendistato e di studenti di età inferiore a 24 anni con contratto di formazione e lavoro e pari, rispettivamente, al 20 per cento delle facoltà assunzionali (e, comunque, per almeno una unità).
Ai fini della formazione del personale così assunto, i suddetti enti territoriali e il Dipartimento della funzione pubblica stipulano un protocollo d’intesa per l’applicazione, entro determinati limiti di spesa, del progetto denominato “PA 110 e lode” volto ad incentivare l’istruzione terziaria dei dipendenti pubblici.
Facoltà assunzionali
Più in dettaglio, fino al 31 dicembre 2026, i suddetti enti territoriali possono assumere a tempo determinato, con contratto di apprendistato di durata massima di trentasei mesi e nel limite percentuale già detto, i soggetti in possesso del diploma di specializzazione per le tecnologie applicate, ovvero del diploma di specializzazione superiore per le tecnologie applicate rilasciato dagli Istituti tecnologici superiori (ITS Academy) (di cui all’art. 5, c. 2, L. 99/2022), nonché dei diplomi di istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS) (di cui al DPCM 25 gennaio 2008), ove strettamente conferenti ai profili tecnici banditi.
Quanto agli ITS Academy, si ricorda che la richiamata L. 99/2022 ha introdotto una normativa organica per gli Istituti tecnici superiori, adesso rinominati appunto “Istituti tecnologici superiori (ITS Academy)” la cui riforma rientra negli obiettivi del PNRR (Missione 4, Componente 1, Riforma 1.2). Si ricorda che la costituzione degli ITS Academy rientra nell’ambito dei piani territoriali triennali[1] di programmazione dell’offerta formativa di competenza delle Regioni.[2]
Quanto al sistema dell’Istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS), si ricorda che esso è stato introdotto con la L. 144/1999 (art. 69) per ampliare l'offerta formativa destinata ai giovani e agli adulti, occupati e non occupati, che siano in possesso del diploma di scuola secondaria superiore. Successivamente, sono stati approntati ulteriori interventi normativi che hanno ridisegnato il sistema dell’istruzione superiore e dato impulso all’implementazione della cosiddetta “filiera lunga”. In particolare, viene in rilievo il DPCM 25 gennaio 2008, con cui sono state definite le Linee guida per la riorganizzazione del sistema in oggetto che delinea le caratteristiche comuni e gli standard minimi dei percorsi IFTS[3].
Tale percentuale del 10 per cento si aggiunge a quella già prevista dalla normativa vigente, per i medesimi enti e sempre fino al 31 dicembre 2026, per l’assunzione di giovani laureati con contratto di apprendistato della durata massima di 36 mesi[4] o, attraverso apposite convenzioni, di studenti di età inferiore a 24 anni con contratto di formazione e lavoro e pari, rispettivamente, al 20 per cento delle medesime facoltà assunzionali (in base al combinato disposto dei commi 1, 2 e 4-bis dell’art. 3-ter, del D.L. 44/2023, su cui incide il presente articolo 1).
Si ricorda che tali assunzioni sono in deroga a quanto previsto dalla normativa vigente in materia di ricorso a forme di lavoro flessibile da parte delle P.A. e ai relativi limiti di spesa e che le procedure concorsuali per le medesime assunzioni sono attualmente disciplinate dal DM 26 dicembre 2023.
Si ricorda altresì che il richiamato art. 3-ter, c. 1 e 2, del D.L. 44/2023 riconosce la possibilità di assunzione dei medesimi soggetti anche alle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, c. 2, del D.Lgs. 165/2001, ma, per ciascuna delle due tipologie contrattuali menzionate, fino al 10 per cento delle facoltà assunzionali.
Stabilizzazione
La diposizione prevede altresì che alla scadenza dei contratti, in presenza dei requisiti per l'accesso al pubblico impiego - ivi incluso quello relativo al possesso del titolo di studio - e della valutazione positiva del servizio prestato, il rapporto di lavoro si trasforma in rapporto a tempo indeterminato nei limiti delle facoltà assunzionali già autorizzate.
Si ricorda che il comma 3 del richiamato articolo 3-ter del DL 44/2023 reca una previsione analoga alla novella in oggetto per quanto concerne il profilo della trasformazione del rapporto di lavoro (da rapporto a tempo determinato a rapporto a tempo indeterminato). Tale comma fa riferimento alla scadenza sia dei contratti di apprendistato sia di quelli di formazione di cui ai commi 1 e 2 del medesimo articolo 3-ter. La trasformazione del rapporto di lavoro è prevista ove ricorrano analoghe condizioni, ossia in presenza di una valutazione positiva del servizio prestato e ove vi sia il possesso dei requisiti per l’accesso al pubblico impiego.
Soltanto con riferimento alla previsione del possesso dei requisiti per l’accesso al pubblico impiego, la novella in esame si differenzia rispetto al comma 3, in quanto specifica che tra questi vi sia anche il possesso dei titoli di studio. Conclusivamente, alla luce di tale analogia, si valuti l’opportunità di coordinare la previsione recata dalla novella in commento con quanto disposto dal citato comma 3.
Per quanto riguarda il personale precario delle P.A., si ricorda che l'articolo 20 del D.Lgs. 75/2017 prevedeva in via transitoria sia una specifica procedura di stabilizzazione diretta, sia l'espletamento di specifiche procedure concorsuali riservate.
Sul punto, la Corte costituzionale, con sentenza 250/2021 (vedi infra) ha sottolineato il carattere derogatorio del richiamato articolo 20 rispetto allo strumento ordinario del pubblico concorso contemplato dall’articolo 97 Cost.
Si fa presente che dall'applicazione della disciplina in esame sono esclusi il personale dirigenziale (tale esclusione non concerne gli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale), il personale docente, educativo e amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) presso le istituzioni scolastiche ed educative statali e i comuni che per l'intero quinquennio 2012-2016 non abbiano rispettato i vincoli di finanza pubblica (art. 20, c. 4, 9 e 11, D.Lgs. 75/2017).
Sotto il primo profilo, si prevede, fino al 31 dicembre 2023 (31 dicembre 2026 per gli enti pubblici di ricerca e, in presenza di determinati requisiti, per gli enti territoriali, e 31 dicembre 2024 per gli assistenti sociali), la facoltà di procedere alla stabilizzazione del personale non dirigenziale che possegga tutti i seguenti requisiti:
- risulti in servizio, successivamente al 28 agosto 2015, con contratti a tempo determinato (ad eccezione del contratto di somministrazione) presso l'amministrazione che procede all'assunzione;
- sia stato reclutato a tempo determinato, in relazione alle medesime attività svolte, con procedure concorsuali (anche se espletate presso amministrazioni pubbliche diverse da quella che procede all'assunzione);
- abbia maturato, al 31 dicembre 2022 (31 dicembre 2024 per gli assistenti sociali), alle dipendenze dell'amministrazione che procede all'assunzione, almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi otto anni. Per la stabilizzazione presso gli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale, ai fini di tale requisito, rilevano anche i periodi di servizio prestati presso altre amministrazioni del Servizio sanitario nazionale.
Si fa presente che l’art. 3, c. 5, del D.L. 44/2023 prevede per gli enti territoriali, sino al 31 dicembre 2026, che la stabilizzazione avvenga previo colloquio selettivo e all'esito della valutazione positiva dell'attività lavorativa svolta. Ciò riguarda il personale non dirigenziale già in servizio come dipendente a tempo determinato che abbia maturato almeno trentasei mesi di servizio, anche non continuativi, negli ultimi otto anni, presso l'amministrazione che procede all'assunzione.
Per quanto concerne il secondo profilo, fino al 31 dicembre 2024 (31 dicembre 2026 per gli enti pubblici di ricerca) le medesime amministrazioni potevano bandire procedure concorsuali riservate, in misura non superiore al 50 per cento dei posti disponibili, al personale che possegga tutti i seguenti requisiti:
- risulti titolare, successivamente al 28 agosto 2015, di un contratto di lavoro flessibile (ad eccezione del contratto di somministrazione) presso l'amministrazione che bandisce il concorso;
- abbia maturato al 31 dicembre 2024 almeno tre anni di contratto, anche non continuativi, negli ultimi otto anni, presso l'amministrazione che bandisce il concorso (termine che riguarda anche il personale sanitario).
Le suddette disposizioni incontrano, inoltre, delle limitazioni. In particolare:
- ai fini delle suddette procedure, non rileva il servizio prestato negli uffici di diretta collaborazione dei Ministri o degli organi politici delle regioni, né i servizi prestati presso gli uffici di supporto agli organi di direzione politica degli enti locali;
- le amministrazioni interessate dalla stabilizzazione e dai concorsi riservati non possono instaurare ulteriori rapporti di lavoro flessibile, per le professionalità interessate, fino al termine delle relative procedure, mentre hanno facoltà di prorogare i corrispondenti rapporti di lavoro flessibile con i partecipanti alle procedure richiamate fino alla loro conclusione, nei limiti delle risorse disponibili. Tale divieto non si applica agli enti pubblici di ricerca;
- le procedure richiamate non si applicano al personale dirigenziale (ad eccezione di quello degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale), al personale docente, educativo e amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, ai comuni che per l'intero quinquennio 2012-2016 non abbiano rispettato i vincoli di finanza pubblica, ai contratti di somministrazione di lavoro presso le pubbliche amministrazioni.
Per la stabilizzazione da parte degli enti territoriali del personale non dirigenziale già in servizio come dipendente a tempo determinato, che - come già detto - può avvenire sino al 31 dicembre 2026, è richiesto non solo aver maturato almeno trentasei mesi di servizio, anche non continuativi, negli ultimi otto anni, presso l'amministrazione che procede all'assunzione, ma anche un previo colloquio selettivo e all'esito della valutazione positiva dell'attività lavorativa svolta (art. 3, c. 5, D.L. 44/2023).
Per quanto concerne la stabilizzazione del personale non dirigenziale già assunto a tempo determinato dalle amministrazioni titolari di progetti previsti nel PNRR, dal 1° gennaio 2027 le suddette amministrazioni possono procedere alla stabilizzazione del suddetto personale che ha prestato servizio continuativo per almeno quindici mesi nella qualifica ricoperta, previo colloquio selettivo e in presenza di una valutazione positiva dell’attività svolta (art 35-bis D.L. 115/2022 come modificato da art. 4 D.L. 13/2023).
Giurisprudenza costituzionale
La giurisprudenza costituzionale (vedi infra) ha più volte ribadito la necessità che le procedure di stabilizzazione siano armonizzate con il dettato dell’articolo 97 della Costituzione, che postula l’accesso agli impieghi pubblici mediante concorso pubblico.
In particolare, con la sentenza n. 250 del 2021 – che ha deciso circa una questione di legittimità costituzionale proprio con riferimento al citato art. 20 del D.Lgs. 75/2017 - la Corte ha sottolineato la natura derogatoria di tali procedure rispetto allo strumento ordinario del pubblico concorso “in quanto introducono un percorso riservato ad una platea ristretta di soggetti che risultino in possesso di determinati requisiti e abbiano maturato un determinato periodo di esperienza lavorativa in ambito pubblico, secondo dettagliate disposizioni previste da specifiche leggi”.
La Consulta ha altresì chiarito – con la sentenza n. 99 del 2023 – che “trattandosi di disposizioni derogatorie al predetto principio del concorso pubblico”, esse comportano ‘un giudizio di ponderazione a soluzione aperta tra ragioni diverse e confliggenti, in primo luogo quelle che sorreggono la norma generale e quelle che viceversa sorreggono la norma derogatoria: un giudizio che […] appartiene primariamente al legislatore (sentenza n. 140 del 2009). Tale giudizio è, pertanto, suscettibile di censure di legittimità costituzionale solo nei casi di manifesta irragionevolezza (sentenza n. 207 del 2017)”.
Un altro aspetto da considerare è la necessità di leggere le disposizioni recanti stabilizzazioni del personale precario alla luce del consolidato orientamento della giurisprudenza della Corte costituzionale in materia di riserva di posti nei concorsi pubblici.
Il principio secondo il quale può essere riservata a concorsi interni, in presenza di determinate condizioni, una quota non superiore al 50 per cento dei posti disponibili è rinvenibile in numerose sentenze della Corte costituzionale (cfr., tra le altre, le sentenze n. 194 del 2022, n. 225 del 2010 e n. 90 del 2012).
In particolare, nella sentenza n. 90 del 2012 la Corte ha ricordato che "l'attivazione solo delle procedure riservate agli interni (le quali possono giungere fino al limite del 50 per cento dei posti coperti attraverso prove pubbliche del triennio precedente), congiuntamente alla mancata effettuazione dei concorsi per i candidati esterni, determina la violazione della norma interposta [ai fini della valutazione del rispetto degli articoli 3 e 97 ndr], rappresentata dal comma 1-bis dell'articolo 52 del decreto legislativo n. 165 del 2001, che prevede la "possibilità per l'amministrazione di destinare al personale interno, in possesso dei titoli di studio richiesti per l'accesso dall'esterno, una riserva di posti comunque non superiore al 50 per cento di quelli messi a concorso".
Sul punto, si segnala che il Dipartimento della funzione pubblica, con parere 10 luglio 2022, in linea con quanto affermato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, ribadisce che, una volta determinato in base alla suddetta percentuale del 50 per cento il numero delle posizioni disponibili, esse saranno accessibili solo e soltanto dall’esterno e, quindi, intangibili rispetto a qualsiasi altra procedura a carattere riservato, quantunque volta alla valorizzazione del personale già in servizio presso l’ente.
La Corte costituzionale ha altresì evidenziato che alla quota massima del 50 per cento non si può derogare sulla base della circostanza che determinate categorie di personale abbiano prestato attività a tempo determinato presso l'amministrazione interessata (sentenza n. 205 del 2006), o sulla base della personale aspettativa degli aspiranti ad una misura di stabilizzazione (sentenza n. 81 del 2006), o sulla base della circostanza che il personale suscettibile di essere stabilizzato senza alcuna prova selettiva sia stato a suo tempo assunto con contratto a tempo determinato, sulla base di un pubblico concorso, perché tale circostanza, per effetto della diversità di qualificazione richiesta delle assunzioni a termine rispetto a quelle a tempo indeterminato, non offre adeguata garanzia né della sussistenza della professionalità necessaria per il suo stabile inquadramento nei ruoli degli enti pubblici regionali, né del carattere necessariamente aperto delle procedure selettive (sentenze n. 235 del 2010 e n. 137 del 2013).
Si segnala infine la sentenza n. 110 del 2023 con cui la Corte costituzionale si è pronunciata in merito alla compatibilità delle procedure di stabilizzazione con il principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost. In particolare, la Consulta ha dichiarato costituzionalmente illegittima una disposizione della regione Molise in quanto “introduce una deroga rispetto alla regola generale del pubblico concorso, senza disciplinarla «in modo rigoroso», secondo quanto richiesto dalla giurisprudenza di questa Corte, ed anzi omettendo di articolare una qualsivoglia disciplina, rinviando integralmente a un successivo provvedimento della Giunta. Ciò impedisce, in radice, di valutare se e in che misura una tale deroga, alla luce di un criterio di ragionevolezza, possa essere giustificata in quanto funzionale alla salvaguardia di quelle «peculiari e straordinarie ragioni di interesse pubblico», le quali sole – a prescindere qui dalla diversa questione della compatibilità di una siffatta disciplina derogatoria con i limiti della stessa competenza legislativa regionale – potrebbero assicurarne la compatibilità con l’art. 97, quarto comma, Cost.”
Formazione
Ai fini della formazione del personale reclutato ai sensi del presente articolo 1, i suddetti enti territoriali e il Dipartimento della funzione pubblica stipulano un protocollo d’intesa per l’applicazione - nel limite massimo di 3 milioni di euro per il triennio 2025-2027 – del progetto denominato “PA 110 e lode” volto ad incentivare l’istruzione terziaria dei dipendenti pubblici.
I suddetti oneri sono a valere sul fondo istituito per la formazione digitale, ecologica e amministrativa dei dipendenti della pubblica amministrazione (di cui all’art. 1, c. 613, L. 234/2021).
Si ricorda che l’iniziativa P.A. 110 e lode – strettamente connessa alla Riforma della P.A. prevista dal PNRR (Missione 1, Componente 1, R. 1.9) – ha preso le mosse dal protocollo d’intesa firmato il 7 ottobre 2021 tra il Ministri per la Pubblica amministrazione e dell’Università e della Ricerca, ed è volto a consentire a tutti i dipendenti pubblici che lo vorranno di usufruire di un incentivo per l’accesso all’istruzione terziaria (corsi di laurea, corsi di specializzazione e master) al fine di accrescere il livello di formazione e aggiornamento professionali.
Il protocollo ha ad oggetto le seguenti attività, per la cui realizzazione sono individuate congiuntamente, attraverso bandi ed avvisi, singole Università ed Enti di ricerca:
- Contratti di apprendistato di alta formazione e ricerca
- Contratti a tempo determinato e altre forme contrattuali flessibili nelle PA
- Dottorati di ricerca: monitoraggio dell’offerta ed elaborazione congiunta di programmi di ricerca coerenti con l’interesse specifico delle PA
- Formazione universitaria professionalizzante, in particolare per la finalità di consentire ai dipendenti pubblici diplomati il conseguimento della laurea
- Elaborazione di specifici programmi di studio da diffondere nelle università per la formazione mirata nei settori di interesse delle PA
- Elaborazione di specifici elenchi di ricercatori e tecnologi di università ed enti di ricerca disponibili per posizioni di comando, distacco o mobilità a tempo determinato nelle PA
- Elaborazione congiunta di programmi di studio e lavoro all’estero
- Semplificazione della normativa di settore
La Relazione illustrativa allegata al decreto legge in esame riporta che, secondo i dati del monitoraggio nazionale 2024 realizzato da INDIRE, presi in esame i 349 percorsi terminati al 31 dicembre 2022, erogati da 98 ITS Academy, è emerso che dei predetti percorsi, 153 (43,8%) afferiscono alle Nuove tecnologie per il made in Italy, 57 (16,3%) all'area tecnologica Mobilità sostenibile, 50 (14,3%) alle Tecnologie della informazione e della comunicazione, 41 (11,7%) alle Tecnologie innovative per i beni e le attività culturali- Turismo, 27 (7,7%) all'Efficienza Energetica e 21 (6,0%) alle Nuove Tecnologie della vita.
L’articolo 2, comma 1: consente la stabilizzazione di alcune unità di personale dell’Agenzia industrie difesa e del Ministero dell’interno secondo le modalità e i termini ex articolo 50, comma 17, del decreto-legge n. 13/2023; autorizza l’Agenzia industrie difesa, in via transitoria, a rinnovare alcuni contratti di apprendistato (gli stessi oggetto della stabilizzazione), quantificando i relativi oneri e individuandone le coperture.
Il citato articolo 50, comma 17, del decreto-legge n. 13/2023 interviene con riguardo alla stabilizzazione del personale non dirigenziale assunto con contratto a tempo determinato per un periodo non superiore a 36 mesi – ai sensi dell’art. 1, comma 179, della legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020) – dalle amministrazioni centrali[5] che, nell’ambito degli interventi previsti dalla politica di coesione 2014-2020 e 2021-2027, rivestono ruoli di coordinamento nazionale. La cifra considerata dal comma 179 era indicata in 2.800 unità complessive.
Nello specifico, il comma 17 precisa che le amministrazioni centrali possono procedere, nei limiti dei posti disponibili della dotazione organica, alla stabilizzazione nei propri ruoli del personale anzidetto, che abbia prestato servizio continuativo per almeno ventiquattro mesi nella qualifica ricoperta, previo colloquio selettivo e all’esito della valutazione positiva dell’attività lavorativa svolta.
Con riferimento alla giurisprudenza costituzionale in materia di procedure di stabilizzazione del personale precario e di principio del “pubblico concorso” ai sensi dell’articolo 97 della Costituzione si rinvia alla ricostruzione presente nella scheda relativa all’articolo 1.
Il comma 1 dell’articolo 2 in commento prevede che le modalità e i termini anzidetti si applichino, nei limiti delle dotazioni organiche e delle facoltà assunzionali autorizzate a legislazione vigente, anche all’Agenzia industrie difesa e al Ministero dell’interno nei seguenti modi.
Con riferimento all’Agenzia industrie difesa, la norma si applica alle assunzioni a tempo determinato di assistenti specializzati effettuate sulla base dei concorsi banditi ai sensi dell’articolo 2-bis del decreto legge n. 80/21 (introdotto dall’articolo 1, comma 696, legge n. 234/2021). Tale articolo autorizza l’Agenzia, a decorrere dal 1° marzo 2022 e per la durata massima di due anni, ad attivare 48 contratti di apprendistato da svolgere presso i propri stabilimenti.
Con riferimento alle qualifiche professionali e tecniche dei predetti contratti, il già richiamato articolo 2-bis del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, ne affida l’individuazione ad un decreto del Ministro per la pubblica amministrazione da adottarsi su proposta del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Il citato decreto deve, altresì, stabilire il trattamento economico del personale in esame e la sua distribuzione nell’ambito degli stabilimenti dell’Agenzia.
Tale decreto è stato poi emanato in data 31 maggio 2022. All’esito della procedura ad evidenza pubblica, in data 14 marzo 2023, è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale l’avviso relativo alla pubblicazione della graduatoria finale della selezione pubblica comparativa per l’attivazione dei 48 contratti di apprendistato professionalizzante. Successivamente, l’articolo 10, comma 1-bis del decreto-legge n. 215/2023 ha prorogato per un ulteriore anno i 48 contratti di apprendistato (della durata complessiva di 2 anni) stipulati dall’Agenzia Industrie Difesa.
L’articolo 2-bis del decreto legge 9 giugno 2021, n. 80, precisa, altresì, che i richiamati contratti di apprendistato sono finalizzati a garantire l’efficacia delle capacità tecnico-amministrative dell’Agenzia industrie difesa e dei relativi stabilimenti connesse alle attività derivanti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Il secondo periodo della disposizione in commento autorizza, nelle more dell’attuazione delle procedure anzidette (stabilizzazione del personale secondo il meccanismo previsto all’articolo 50, comma 17, d.l. n. 13/2023), l’Agenzia industrie difesa a rinnovare per ulteriori 12 mesi i già richiamati contratti di apprendistato di cui all’articolo 2-bis, comma 1, del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, nel numero massimo di 44.
Si noti, come anticipato, che il già richiamato articolo 2-bis autorizzava l’Agenzia industrie difesa ad attivare 48 contratti di apprendistato (ma, per quanto emerge dalla relazione illustrativa, risultano esserne attivi attualmente 44).
L’Agenzia Industrie Difesa (AID), Ente di Diritto Pubblico vigilato dal Ministro della Difesa, è stata costituita nel 2001, per gestire con approccio industriale e commerciale e condurre al pareggio di bilancio le Unità Produttive ad essa affidate con la riorganizzazione dell’area tecnico-industriale del Ministero della Difesa. La creazione del valore economico e sociale per lo Stato e la collettività è alla base del lavoro dell’Agenzia che attraverso la valorizzazione del proprio personale e delle sue competenze sviluppa nuovi prodotti e servizi.
Attraverso i nove Stabilimenti in gestione, Agenzia Industrie Difesa opera in diversi settori, che includono la cantieristica navale, la produzione di cordame, il munizionamento e la demilitarizzazione, la digitalizzazione e la dematerializzazione. Unitamente a queste attività vi è la produzione, ricerca e sviluppo nel settore chimico-farmaceutico.
Nella tabella che segue vengono riportati sinteticamente i nove stabilimenti in gestione.
STABILIMENTO |
DESCRIZIONE ATTIVITÀ |
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STABILIMENTO CHIMICO FARMACEUTICO MILITARE (Firenze) |
Attivo nelle esigenze nazionali di carattere emergenziale con una linea di produzione di farmaci orfani, dispositivi medici e prodotti alimentari, e cannabis di tipo terapeutico. |
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Arsenale Militare (Messina)
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Solida esperienza nell’ambito del settore navale, maturata nella lunga tradizione della cantieristica navale. |
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Stabilimento Militare Produzione Cordami (Castellammare di Stabia)
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La più antica Corderia Italiana, in grado di fornire tutti i tipi di cordami, nonché attrezzature navali manifatturiere. |
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Stabilimento Militare Munizionamento Terrestre (Baiano di Spoleto) |
Attività di armamento, controllo di efficienza, alienazione dei manufatti esplosivi e allestimento di giubbetti antiproiettile. |
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Stabilimento Militare Pirotecnico (Capua)
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Produzione di munizionamento militare delle tipologie a salve, a corta gittata, F-AIR e ordinarie di vario calibro. |
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Stabilimento Militare Ripristini e Recuperi del Munizionamento (Noceto – Parma)
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Demilitarizzazione e produzione di manufatti esplosivi a favore di enti nazionali ed internazionali, pubblici e privati. |
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Stabilimento Militare Propellenti (Fontana Liri)
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Vantava impianti per la realizzazione di nitrocellulose, nitroglicerina e polvere sferica, nonché servizi e laboratori per l’effettuazione di test chimico fisici e balistici sui propellenti. |
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Centro di Dematerializzazione e Conservazione Unico della Difesa CEDECU (Gaeta)
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Dematerializzazione e conservazione digitale a favore di soggetti pubblici e privati, unico centro del sistema della Pubblica Amministrazione in grado di offrire un servizio totalmente conforme alle normative. |
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Stabilimento Militare Spolette (Torre Annunziata)
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Ricondizionamento e nella rimessa in efficienza di mezzi leggeri su ruota dismessi dalle Forze Armate e da altre amministrazioni dello Stato. Produzione di mascherine chirurgiche ed FFP2 in risposta alla crisi pandemica. |
Fonte: https://www.agenziaindustriedifesa.it/
Il terzo periodo della disposizione in commento quantifica gli oneri derivanti dal rinnovo per ulteriori 12 mesi dei contratti di apprendistato (pari a 1.174.000 euro per l’anno 2025 e a 235.000 euro per l’anno 2026), provvedendo mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2025-2027, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2025. A tale scopo viene utilizzato parzialmente l’accantonamento relativo al Ministero della difesa.
Con riferimento al Ministero dell’interno, la disposizione in commento (primo periodo) si applica per la stabilizzazione del personale assunto a tempo determinato ai sensi dell’articolo 16 del decreto-legge n. 36/2022. Trova applicazione, quindi, il già richiamato meccanismo ex articolo 50, comma 17, del decreto-legge n. 13/2023.
L’articolo 16 del decreto-legge n. 36/2022 ha autorizzato il Ministero dell’interno per il triennio 2022-2024 ad assumere 30 unità di personale con contratto di lavoro a tempo determinato, da assegnare alle attività di gestione, erogazione, monitoraggio e controllo dei finanziamenti statali agli investimenti comunali e di quelli destinati al Corpo nazionale dei vigili del fuoco relativi ai progetti previsti dal PNRR. La disposizione specifica che le assunzioni di 30 unità di personale sono autorizzate, anche mediante scorrimento di vigenti graduatorie di concorsi pubblici, in deroga ai vincoli assunzionali vigenti, per far fronte alle esigenze del Dipartimento per gli affari interni e territoriali - Direzione centrale per la finanza locale, del Ministero dell’interno, nonché del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile - Direzione centrale per le risorse logistiche e strumentali.
Le suddette trenta unità di personale sono da inquadrare nell’Area III, posizione economica F1, nei profili professionali economico, informatico, giuridico e statistico. La disposizione, inoltre, stabilisce che i contratti di lavoro a tempo determinato avranno durata complessiva anche superiore a 36 mesi ma non eccedente la durata necessaria all’attuazione dei progetti citati e comunque non oltre il 31 dicembre 2026.
Articolo 2, comma 2
(Disposizioni urgenti per il superamento del precariato dei giovani nella pubblica amministrazione - MASE)
L’articolo 2, comma 2, autorizza il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica ad assumere a tempo indeterminato 50 funzionari a elevata specializzazione tecnica, disciplinando i requisiti concorsuali.
Il comma in parola autorizza il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (MASE) ad assumere a tempo indeterminato, mediante procedure concorsuali pubbliche svolte secondo le modalità semplificate di cui all’articolo 35-quater del d.lgs. 165/2001, 50 unità di personale non dirigenziale a elevata specializzazione tecnica, da inquadrare nell’Area Funzionari, in possesso di laurea specialistica o magistrale.
Si ricorda che l’articolo 35-quater del d.lgs. 165/2001 (introdotto dal DL 36/2022, convertito con modificazioni dalla L. 79/2022) disciplina la procedura per lo svolgimento dei concorsi pubblici relativi al reclutamento del personale non dirigenziale delle pubbliche amministrazioni - ad eccezione di quello in regime di diritto pubblico – prevedendo in particolare, al comma 1, per i concorsi banditi successivamente al 1° maggio 2022:
- l’espletamento di almeno una prova scritta e di una prova orale, comprendente l'accertamento della conoscenza di almeno una lingua straniera (lett.a));
- l’utilizzo di strumenti informatici e digitali e, facoltativamente, lo svolgimento in videoconferenza della prova orale (lett. b));
- la possibilità di prevedere forme di preselezione (lett. c));
- la valutazione, per gli alti profili, delle esperienze lavorative pregresse, nonché delle abilità residue per i soggetti disabili nonché la possibile integrazione delle commissioni esaminatrici con esperti in valutazione delle competenze e selezione (lett. d));
- per i profili qualificati ad elevata specializzazione tecnica, una fase di valutazione dei titoli legalmente riconosciuti e strettamente correlati alla natura e alle caratteristiche delle posizioni bandite, ai fini dell'ammissione a successive fasi concorsuali (lett.e));
- la possibilità che i titoli, inclusi i titoli di servizio, e l'eventuale esperienza professionale concorrano alla formazione del punteggio finale in misura non superiore a un terzo (lett.f)).
Il medesimo art. 35-quater, peraltro, al comma 3-bis (aggiunto dal DL 44/2023, convertito, con modificazioni, dalla L. 74/2023), prevede che, fino al 31 dicembre 2026, in deroga al comma 1, lettera a), i bandi di concorso per i profili non apicali possono prevedere lo svolgimento della sola prova scritta.
Il comma in esame dispone poi che i bandi per le procedure concorsuali definiscono i titoli, valorizzando l’esperienza lavorativa in materia ambientale nell’ambito della pubblica amministrazione, come consentito dall’articolo 35-quater, comma 1, lettera f), del d.lgs. 165/2001.
La norma in esame introduce poi una riserva di posti. Si prevede infatti che, nelle procedure concorsuali in parola, il 50% dei posti è riservato a soggetti in possesso dei titoli e dell’esperienza professionale, inclusi i titoli di servizio che, alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame, con riferimento al triennio precedente a tale data, abbiano svolto, alle dipendenze di società a partecipazione pubblica, attività di supporto tecnico specialistico e operativo in materia ambientale presso il MASE, per almeno 2 anni, anche non continuativi, nel triennio anteriore alla predetta data. Per questi candidati la fase preliminare di valutazione consiste nella verifica dell'attività svolta.
Per le finalità di cui al presente comma la dotazione organica del MASE è incrementata di 50 unità di personale dell’area Funzionari. Conseguentemente, a seguito del completamento delle procedure di cui al presente comma, le convenzioni stipulate tra il MASE e la SOGESID S.p.A. sono ridotte in relazione agli oneri riferibili al personale della predetta società eventualmente assunto.
La SOGESID S.p.A., società per azioni interamente controllata dal Ministero dell’economia e delle finanze, per effetto dell’articolo 1, comma 503, della legge di bilancio 2007 (legge 296/2006) è società strumentale alle esigenze e finalità del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica. Tra le attività svolte per il MASE rientrano:
- il supporto alla definizione delle policies e delle normative di settore;
- lo sviluppo di progetti operativi, le attività sui fondi destinati alla tutela dell’ambiente;
- la gestione e implementazione di piani e programmi.
Con riferimento alla giurisprudenza costituzionale in materia di procedure di stabilizzazione del personale precario e di principio del “pubblico concorso” ai sensi dell’articolo 97 della Costituzione si rinvia alla ricostruzione presente nella scheda relativa all’articolo 1.
L’ultimo periodo del comma in esame provvede, infine, alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dal medesimo comma, pari a euro 1.198.363 per l’anno 2025 e euro 2.773.223 annui a decorrere dall’anno 2026, così ripartiti:
- euro 675.806 per l’anno 2025 e euro 2.703.223 annui a decorrere dall'anno 2026 per le assunzioni a tempo indeterminato;
- euro 505.057 per l’anno 2025 per le spese di gestione della procedura concorsuale;
- euro 17.500 per l’anno 2025 e euro 70.000 annui a decorrere dall’anno 2026 per le spese relative ai buoni pasto.
A tali oneri si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2025-2027, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2025, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica.
Si provvede infine alla modifica dell’articolo 1, comma 317, quarto periodo, della legge di bilancio 2019 (L. n. 145/2018), al fine di posticipare di un anno la progressiva riduzione delle convenzioni stipulate per le attività di assistenza e di supporto tecnico-specialistico e operativo in materia ambientale. Si prevede quindi una riduzione:
- fino al 10% nell’anno 2027 (invece che nel 2026);
- fino al 20% nell’anno 2028 (invece che nel 2027);
- fino al 50% nell’anno 2029 (invece che nel 2028);
- fino al 70% nell’anno 2030 (invece che nel 2029);
- del 100% nell’anno 2031 (invece che nel 2030).
Articolo 2, comma 3
(Stabilizzazione degli assistenti sociali)
Il comma 3 dell’articolo 2 differisce, con esclusivo riferimento al personale con profilo di assistente sociale, dal 31 dicembre 2024[6] al 31 dicembre 2025 sia il termine entro il quale il dipendente a tempo determinato può essere stabilizzato ai sensi di una disciplina transitoria sia il termine posto, al fine della medesima possibilità di stabilizzazione, per la maturazione, presso la relativa pubblica amministrazione, del requisito di almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi otto anni.
Il comma in esame reca una modifica specifica, relativa esclusivamente al personale con profilo di assistente sociale, di un termine rientrante in una disciplina transitoria posta per la generalità delle pubbliche amministrazioni (con alcune esclusioni[7]).
Tale disciplina, di cui all'articolo 20 del D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 75, e successive modificazioni, prevede – fino al termine del 31 dicembre 2023, ovvero, per gli assistenti sociali, nella normativa già vigente, fino al termine del 31 dicembre 2024[8] – la facoltà, in conformità con il piano triennale dei fabbisogni e con l'indicazione della relativa copertura finanziaria, di assumere a tempo indeterminato il personale che possegga determinati requisiti. Il differimento di cui al presente articolo 2, comma 3, concerne, per il personale con profilo di assistente sociale, il termine finale per il conseguimento di uno di tali requisiti; tale differimento implica che anche la possibilità di assunzione in oggetto venga differita, per i soggetti in esame, dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025. Si valuti l’opportunità di un chiarimento esplicito di quest’ultimo profilo.
Più in particolare, la disciplina transitoria summenzionata, al fine dell’assunzione a tempo indeterminato, richiede che il soggetto abbia tutti i seguenti requisiti:
- sia in servizio, successivamente al 28 agosto 2015, con contratti di lavoro dipendente a tempo determinato presso l'amministrazione che proceda all'assunzione (ovvero, in caso di amministrazioni comunali che esercitino funzioni in forma associata, presso le amministrazioni con servizi associati);
- sia stato reclutato a tempo determinato, in relazione alle medesime attività svolte, con procedure concorsuali (anche se espletate presso amministrazioni pubbliche diverse da quella che proceda all'assunzione);
- abbia maturato – al 31 dicembre 2022, in base alla norma transitoria generale, e al 31 dicembre 2024, in base alla norma speciale finora vigente per gli assistenti sociali[9] e ora oggetto di differimento al 31 dicembre 2025 –, alle dipendenze dell'amministrazione che proceda all'assunzione, almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi otto anni (con riferimento a tale requisito, per la stabilizzazione presso gli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale, rilevano – in base al comma 11 del citato articolo 20 del D.Lgs. n. 75, e successive modificazioni – anche i periodi di servizio prestati presso altre amministrazioni del Servizio sanitario nazionale).
Con riferimento alla giurisprudenza costituzionale in materia di procedure di stabilizzazione del personale precario e di principio del “pubblico concorso” ai sensi dell’articolo 97 della Costituzione si rinvia alla ricostruzione presente nella scheda relativa all’articolo 1.
Si ricorda che dall'applicazione delle normative transitorie di cui al citato articolo 20 del D.Lgs. n. 75 del 2017 sono esclusi: il personale dirigenziale (tale esclusione non concerne gli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale, in base al comma 11 del citato articolo 20 del D.Lgs. n. 75); il personale docente, educativo e amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) presso le istituzioni scolastiche ed educative statali[10]; i comuni che per l'intero quinquennio 2012-2016 non abbiano rispettato i vincoli di finanza pubblica[11].
Si ricorda altresì che:
- alcuni termini, criteri e modalità specifici per l’applicazione delle norme suddette sono previsti per gli enti pubblici di ricerca[12];
- ai fini delle procedure in esame, non rilevano il servizio prestato negli uffici di diretta collaborazione dei Ministri o degli organi politici delle regioni né i servizi prestati presso gli uffici di supporto agli organi di direzione politica degli enti locali;
- le amministrazioni che esperiscono le procedure in esame non possono instaurare ulteriori rapporti di lavoro flessibile (tra cui i rapporti di lavoro subordinato a termine), per le professionalità interessate, fino al termine delle medesime procedure, mentre hanno facoltà di prorogare i corrispondenti rapporti di lavoro flessibile con i partecipanti alle procedure fino alla conclusione delle stesse, nei limiti delle risorse disponibili.
La modifica di cui al presente articolo 2, comma 3, è posta al fine esplicito di garantire la continuità dei servizi sociali, ivi compresa la continuità nella presa in carico dei beneficiari delle misure attuate dal servizio sociale professionale comunale.
Capo II – Disposizioni urgenti in materia di svolgimento delle procedure di reclutamento
L’articolo 3, comma 1, lettera a), provvede a sostituire nel testo unico sul pubblico impiego le parole: «Scuola superiore della pubblica amministrazione» con: «Scuola nazionale dell’amministrazione».
La lettera b) introduce, tra le modalità di accesso alla dirigenza pubblica statale di seconda fascia menzionate dall’art. 28, comma 1, del testo unico sul pubblico impiego, quella del concorso unico.
La lettera d), nn. 1) e 2), intervenendo sull’art. 35 del testo unico sul pubblico impiego, disciplina i concorsi unici per le assunzioni di dirigenti e per le figure professionali comuni e le elevate professionalità nelle pubbliche amministrazioni, definendo peraltro le competenze attribuite alla Commissione RIPAM.
Il comma 3 esclude l’applicazione delle disposizioni sul concorso unico ai concorsi inseriti nel Piano integrato di attività e organizzazione 2025, nonché a quelli già banditi alla data di entrata in vigore del presente decreto.
L’articolo 3, comma 1, lettera a), con un intervento di carattere formale, aggiorna il testo unico sul pubblico impiego (D.Lgs. 165/2001) sostituendo, ovunque ricorrano, le parole: «Scuola superiore della pubblica amministrazione» con: «Scuola nazionale dell’amministrazione».
Nell’ambito del menzionato testo unico, i riferimenti alla Scuola superiore della pubblica amministrazione sono contenuti nelle disposizioni che disciplinano l’accesso alla dirigenza (artt. 28 e 28-bis).
La Scuola nazionale dell’amministrazione (SNA), originariamente denominata Scuola superiore della pubblica amministrazione (SSPA) è un’istituzione di alta cultura e formazione, posta nell’ambito e sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio. La nuova denominazione è stata assunta in virtù dell’articolo 1 del D.P.R. 70 del 2013 che ha istituito il Sistema unico delle scuole pubbliche di formazione.
Istituita nel 1957, essa è stata soggetta a diverse riorganizzazioni, la più recente delle quali è stata operata con il D.Lgs. 178/2009, che ha integralmente sostituito la disciplina precedente contenuta nel D.Lgs. 287/1999, come modificato dal D.Lgs. 381/2003. Il D.Lgs. 178 è stato modificato dal D.L. 90/2014 (art. 21), che ha soppresso la Scuola superiore dell'economia e delle finanze, l'Istituto diplomatico «Mario Toscano», la Scuola superiore dell'amministrazione dell'interno (SSAI), il Centro di formazione della difesa e la Scuola superiore di statistica e di analisi sociali ed economiche e ne ha trasferito le funzioni alla SNA.
Ulteriori modifiche sono state apportate dal D.L. 80/2021 (art. 5) e dal D.L. 32/2022, n. 36 (art. 12).
La Scuola ha la missione di promuovere il processo di innovazione e riforma della pubblica amministrazione con l'obiettivo generale di fare della pubblica amministrazione un fattore di competitività del sistema economico e produttivo italiano. A questi fini la Scuola svolge attività di formazione post-laurea di eccellenza per i dipendenti pubblici.
Tra i compiti principali della Scuola sono da ricordare:
• il reclutamento dei dirigenti e dei funzionari dello Stato;
• l’attività formativa iniziale dei dirigenti dello Stato;
• la formazione permanente dei dirigenti e dei funzionari dello Stato;
• la formazione, con gli oneri a carico dei committenti, di dipendenti di amministrazioni pubbliche diverse da quelle statali, di soggetti gestori di servizi pubblici e di istituzioni ed imprese private;
• attività di ricerca e di studio per l'individuazione di specifiche tipologie di formazione per il personale delle pubbliche amministrazioni preposto allo sviluppo e all'attuazione delle azioni contenute nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza;
• lo svolgimento di attività di ricerca, analisi e documentazione finalizzata al perseguimento dell'eccellenza nell'attività di formazione legata ai processi di riforma ed innovazione della pubblica amministrazione.
Sono organi della Scuola il presidente, il vicepresidente, il comitato di gestione e segretario generale.
Spetta al presidente, in qualità di vertice dell’istituzione, il compito di assicurare lo svolgimento delle attività istituzionali: egli è responsabile dell’attività didattica e scientifica della Scuola e nomina le commissioni esaminatrici per i concorsi e i corsi.
L’attività di formazione è svolta da un gruppo di docenti stabili, scelti tra dirigenti di amministrazioni pubbliche e private, professori universitari, magistrati ordinari, amministrativi e contabili, avvocati dello Stato e consiglieri parlamentari, esperti - italiani o stranieri - di comprovata professionalità. La Scuola può, inoltre, avvalersi di docenti incaricati, anche temporaneamente, di specifiche attività di insegnamento e conferire a persone di comprovata professionalità specifici incarichi finalizzati alla pubblicazione di ricerche e studi.
L’articolo 3, comma 1, lettera b), modifica l’articolo 28, comma 1, del testo unico sul pubblico impiego che, nel regolare l’accesso alla qualifica iniziale della dirigenza statale (qualifica di dirigente di seconda fascia), contempla espressamente le due modalità del concorso indetto dalle singole amministrazioni e del corso-concorso selettivo di formazione bandito dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione. La novella introduce, all’interno della richiamata disposizione, l’ulteriore modalità di reclutamento del concorso unico, ad oggi già regolata da altre previsioni normative (vedi infra), inserendo la relativa disciplina nel nuovo comma 4-ter dell’articolo 35 del D.Lgs. 165/2001, introdotto anch’esso dal provvedimento in esame (articolo 3, comma 1, lettera d), n. 1, cpv. 4-ter).
Nella tabella che segue si riportano le modifiche apportate all’articolo 28, comma 1, del testo unico sul pubblico impiego.
Testo unico sul pubblico impiego (D.Lgs. 165/2001) |
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Testo previgente |
Modificazioni apportate dall’art. 3, comma 1, lett. b) |
Art. 28 |
Art. 28 |
1. L'accesso alla qualifica di dirigente nelle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, e negli enti pubblici non economici avviene per concorso indetto dalle singole amministrazioni ovvero per corso-concorso selettivo di formazione bandito dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione. |
1. L'accesso alla qualifica di dirigente di seconda fascia nelle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, e negli enti pubblici non economici avviene per corso-concorso selettivo di formazione bandito dalla Scuola nazionale dell’amministrazione, per concorso indetto dalle singole amministrazioni ovvero per concorso unico ai sensi dell’articolo 35, comma 4-ter. |
In base alla normativa vigente, il ruolo dei dirigenti di ogni amministrazione dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, si articola nella prima e nella seconda fascia, nel cui ambito sono definite apposite sezioni in modo da garantire l'eventuale specificità tecnica (art. 23, D.Lgs. 165/2001).
Secondo quanto previsto dal testo unico sul pubblico impiego – nella formulazione vigente anteriormente all’entrata in vigore del decreto-legge in esame –, l'accesso alla qualifica di dirigente di seconda fascia, nelle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, e negli enti pubblici non economici, avviene:
· per concorso indetto dalle singole amministrazioni (per una percentuale non superiore al 50 per cento dei posti da ricoprire);
· per corso-concorso selettivo di formazione bandito dalla Scuola nazionale dell'amministrazione (SNA) (per una percentuale non inferiore al 50 per cento dei posti da ricoprire);
· attraverso procedure comparative rivolte:
o al personale in servizio a tempo indeterminato, in possesso dei titoli di studio previsti a legislazione vigente e che abbia maturato almeno cinque anni di servizio nell'area o categoria apicale, al quale, fatta salva la percentuale dei posti destinata al corso-concorso SNA, è riservata una quota non superiore al 30 per cento dei posti residui disponibili sulla base delle facoltà assunzionali autorizzate. Tali procedure sono bandite dalla SNA e tengono conto della valutazione conseguita nell'attività svolta, dei titoli professionali, di studio o di specializzazione ulteriori rispetto a quelli previsti per l'accesso alla qualifica dirigenziale, e in particolar modo del possesso del dottorato di ricerca, nonché della tipologia degli incarichi rivestiti, con particolare riguardo a quelli inerenti agli incarichi da conferire, e sono volte ad assicurare la valutazione delle capacità, attitudini e motivazioni individuali;
o al personale di cui sopra, in servizio a tempo indeterminato, che abbia ricoperto o ricopra l'incarico di livello dirigenziale di cui all'articolo 19, comma 6, del medesimo testo unico, per una quota aggiuntiva non superiore al 15 per cento. I bandi, che possono essere adottati anche dalle singole amministrazioni, definiscono gli ambiti di competenza da valutare e prevedono prove scritte e orali di esclusivo carattere esperienziale, finalizzate alla valutazione comparativa e definite secondo metodologie e standard riconosciuti.
Quanto alle modalità di organizzazione delle procedure di reclutamento, il decreto-legge 101/2013 ha, poi, imposto alle amministrazioni dello Stato, alle agenzie e agli enti pubblici economici, lo svolgimento di concorsi pubblici unici per il reclutamento dei dirigenti e delle figure professionali comuni (art. 4, comma 3-quinquies, abrogato dal DPR 82/2023. Sul punto si veda infra).
Per la dirigenza di prima fascia sono invece previste le seguenti tipologie di accesso:
· concorso per titoli ed esami a cui possono essere ammessi i dirigenti di ruolo che abbiano maturato almeno cinque anni di servizio nei ruoli dirigenziali e gli altri soggetti in possesso di titoli di studio e professionali individuati nei bandi di concorso (D.lgs. 165/2001, art. 28-bis, comma 3);
· transito dei dirigenti di seconda fascia nella prima fascia qualora abbiano ricoperto incarichi di direzione di uffici dirigenziali generali o equivalenti, per un periodo pari ad almeno cinque anni senza essere incorsi nelle misure previste dall’art. 21 per le ipotesi di responsabilità dirigenziale, nei limiti dei posti disponibili (D.lgs. 165/2001, art. 23, comma 1).
In questo quadro, con riferimento alla giurisprudenza costituzionale in materia, nel richiamare la più generale ricostruzione presente nella scheda relativa all’articolo 1, si ricorda che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 37 del 2015 ha dichiarato illegittimo l’articolo 8, comma 24, del decreto-legge n. 16 del 2012 in quanto consentiva alle Agenzie delle dogane, delle entrate e del territorio di coprire provvisoriamente posizioni dirigenziali, nelle more dell'espletamento delle procedure concorsuali, attraverso l'affidamento di incarichi dirigenziali a tempo determinato a funzionari privi della relativa qualifica, protraendo un'assegnazione asseritamente temporanea di mansioni superiori in maniera indefinita nel tempo in conseguenza delle reiterate proroghe del termine previsto per l'espletamento del concorso per dirigenti. In proposito la sentenza segnala che l'assegnazione di posizioni dirigenziali ad un funzionario può avvenire solo ricorrendo alla reggenza (art. 20, d.P.R. 8 maggio 1987, n. 266), quale istituto che serve a colmare vacanze nell'ufficio determinate da cause imprevedibili ed a cui è possibile ricorrere a condizione che sia stata avviata la procedura per la copertura del posto vacante e nei limiti di tempo previsti per tale copertura. Straordinarietà e temporaneità sono caratteristiche essenziali dell'istituto. Per contro, la norma impugnata, pur avendo cura di esibire il carattere della temporaneità, consentiva il ricorso alla descritta modalità di copertura delle posizioni vacanti sino all'assunzione dei vincitori delle procedure concorsuali. Questo significa che al termine, certo nell'an e nel quando, delle procedure concorsuali si affiancava un diverso termine, certo nella sola attribuzione del diritto all'assunzione, ma incerto nel quando perché tra il completamento delle procedure concorsuali e l'assunzione dei vincitori può trascorrere anche un notevole lasso temporale. In questo senso, il termine finale fissato dalla disposizione impugnata finiva per non essere certo, preciso e sicuro, in contraddizione con l'affermata temporaneità. Inoltre, la regola del pubblico concorso per l'accesso alle pubbliche amministrazioni non era soddisfatta dal rinvio che la norma impugnata opera all'art. 19, comma 1-bis, del d.lgs. n. 165 del 2001, nella parte in cui stabilisce che gli incarichi dirigenziali ai funzionari sono attribuiti con apposita procedura selettiva. La norma di rinvio si limita a prevedere che l'amministrazione renda conoscibili, anche mediante pubblicazione di apposito avviso sul sito istituzionale, il numero e la tipologia di posti che si rendono disponibili nella dotazione organica ed i criteri di scelta, stabilendo, altresì, che siano acquisite e valutate le disponibilità dei funzionari interni interessati. I contratti non sono, dunque, assegnati attraverso il ricorso ad una procedura aperta e pubblica, conformemente a quanto richiesto dagli artt. 3, 51 e 97 Cost.
Le modalità di reclutamento dei dirigenti di seconda fascia
· Concorso indetto dalle singole amministrazioni
Il d.P.R. 272/2004 stabilisce che l'accesso alla qualifica di dirigente avviene per concorso pubblico per titoli ed esami, indetto dalle singole amministrazioni, nella percentuale massima del 50 per cento dei posti da ricoprire. Dei posti messi a concorso, la percentuale dei posti da riservare al personale dipendente dell'amministrazione che indice il concorso è pari al 30 per cento (art. 3).
Con la riforma del 2013 (d.P.R. 70/2013) è stata introdotta nel concorso la valutazione dei titoli (art. 3, comma 2-bis) e con il successivo D.P.C.M. 78/2018 sono stati stabiliti i titoli valutabili nell'ambito del concorso e il valore massimo assegnabile ad ognuno di essi nell'ambito della procedura concorsuale.
La commissione esaminatrice del concorso è nominata con decreto dell'Organo di governo dell'amministrazione che indice il concorso, ed è composta da un numero dispari di membri, di cui uno con funzioni di presidente (art. 4). I componenti sono scelti tra dirigenti di prima fascia delle amministrazioni pubbliche, professori di prima fascia di università pubbliche o private, nonché tra esperti di comprovata qualificazione nelle materie oggetto del concorso. Non possono essere chiamati a fare parte delle commissioni soggetti componenti dell'organo di direzione politica dell'amministrazione che indice il concorso o che ricoprano cariche politiche o che siano rappresentanti sindacali o designati dalle confederazioni od organizzazioni sindacali o dalle associazioni professionali. Almeno un terzo dei posti di componente delle commissioni di concorso è riservato alle donne.
Per quanto concerne le modalità di svolgimento del concorso, si prevede lo svolgimento di due prove scritte e di una prova orale (art. 5). Nel caso di concorsi per l'accesso alla dirigenza tecnica, l'amministrazione può prevedere una terza prova scritta obbligatoria, da indicare nel bando di concorso, volta alla verifica dell'attitudine all'esercizio degli specifici compiti connessi al posto da ricoprire.
I vincitori del concorso sono assunti dall'amministrazione e, prima del conferimento del primo incarico dirigenziale, sono tenuti a frequentare un ciclo di attività formative, organizzato dalla SNA della durata massima di dodici mesi (art. 6). Tale ciclo può comprendere anche un periodo di applicazione presso amministrazioni italiane o straniere, enti o organismi internazionali, aziende pubbliche o private e può svolgersi anche in collaborazione con istituti universitari italiani o stranieri ovvero con primarie istituzioni formative pubbliche o private. La frequenza al ciclo formativo è obbligatoria e a tempo pieno.
Per quanto riguarda i requisiti, l'art. 7 del d.P.R. 70/2013 prevede che al concorso, per titoli ed esami, possono essere ammessi:
- i dipendenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni, muniti di laurea, che abbiano compiuto almeno cinque anni di servizio o, se in possesso del dottorato di ricerca o del diploma di specializzazione conseguito presso le scuole di specializzazione individuate con D.P.C.M. 80/2018, almeno tre anni di servizio, svolti in posizioni funzionali per l'accesso alle quali è richiesto il possesso del dottorato di ricerca o del diploma di laurea. Per i dipendenti delle amministrazioni statali reclutati a seguito di corso-concorso, il periodo di servizio è ridotto a quattro anni;
- i soggetti in possesso della qualifica di dirigente in enti e strutture pubbliche non ricomprese nel campo di applicazione dell'art. 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001, muniti del diploma di laurea, che hanno svolto per almeno due anni le funzioni dirigenziali;
- coloro che hanno ricoperto incarichi dirigenziali o equiparati in amministrazioni pubbliche per un periodo non inferiore a cinque anni, purché muniti di diploma di laurea;
- i cittadini italiani, forniti di idoneo titolo di studio universitario, che hanno maturato, con servizio continuativo per almeno quattro anni presso enti od organismi internazionali, esperienze lavorative in posizioni funzionali apicali per l'accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea.
· Corso-concorso selettivo di formazione dirigenziale
Il d.P.R. 272/2004 prevede che, per una percentuale non inferiore al 50 per cento dei posti da ricoprire, l'accesso alla qualifica di dirigente nelle amministrazioni avviene per corso-concorso selettivo di formazione bandito dalla SNA (art. 7).
Nel 2013 sono stati ridefiniti i requisiti per l'ammissione al corso-concorso (art. 7, d.P.R. 70/2013). Ad oggi, dunque, possono esservi ammessi:
- i soggetti muniti di laurea specialistica o magistrale oppure del diploma di laurea conseguito secondo gli ordinamenti didattici previgenti al D.M. 509/1999, nonché di dottorato di ricerca, o diploma di specializzazione, conseguito presso le scuole di specializzazione individuate con il D.P.C.M. 80/2018, o master di secondo livello conseguito presso università italiane o straniere dopo la laurea magistrale;
- i dipendenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni, muniti di laurea specialistica o magistrale, che abbiano compiuto almeno cinque anni di servizio, svolti in posizioni funzionali per l'accesso alle quali è richiesto il possesso della laurea.
Gli esami per l'ammissione al corso-concorso di formazione dirigenziale consistono in tre prove scritte, di cui una sulla conoscenza della lingua straniera, ed in una prova orale (art. 9). Al corso-concorso di formazione sono ammessi i candidati inseriti nella graduatoria del concorso di ammissione entro il limite dei posti disponibili, maggiorato del venti per cento (anziché del trenta, come era previsto fino al 2013).
Con le modifiche introdotte nel 2013, il periodo di formazione è stato ridotto da 18 mesi a 12 mesi, comprensivo di un periodo di applicazione presso amministrazioni pubbliche, uffici amministrativi di uno Stato dell'Unione europea o di un organismo comunitario o internazionale. Le modifiche consentono di articolare meglio lo svolgimento del corso prevedendo una fase di formazione generale, della durata di otto mesi, svolta dalla SNA, e una fase di formazione specialistica, della durata di quattro mesi.
È stata poi soppressa la disposizione che prevedeva la sottoposizione dei candidati a un esame-concorso finale al termine del periodo di formazione.
Durante la partecipazione al corso e nel periodo di applicazione è corrisposta una borsa di studio a carico della Scuola nazionale dell'amministrazione, il cui importo è stabilito in 1.500 euro netti per gli allievi non dipendenti pubblici. Gli allievi già dipendenti pubblici conservano, invece, il trattamento economico fruito presso l'amministrazione di appartenenza.
· Lo svolgimento di concorsi unici
Con riferimento alle procedure per il reclutamento del personale dipendente delle amministrazioni pubbliche, negli anni più recenti si è manifestata la tendenza legislativa all’aggregazione delle procedure concorsuali e allo svolgimento dei concorsi unici, quantomeno per i dirigenti e le figure professionali comuni, anche al fine di consentire una programmazione complessiva degli accessi alla pubblica amministrazione coerente con le politiche di contenimento delle assunzioni e delle spese di personale.
Come anticipato, con l’art. 4, comma 3-quinquies, del D.L. 101/2013, si era appunto previsto che le amministrazioni dello Stato, le agenzie e gli enti pubblici economici, ai fini del reclutamento dei dirigenti e delle figure professionali comuni, bandissero dei concorsi pubblici unici. Tale disposizione – di seguito abrogata – prevedeva che il concorso pubblico unico fosse organizzato dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, chiamato anche ad effettuare la previa ricognizione dei fabbisogni, il quale poteva avvalersi della Commissione per l'attuazione del progetto di riqualificazione delle pubbliche amministrazioni (Commissione RIPAM) e anche di personale messo a disposizione dall'Associazione Formez PA.
A tale riguardo si segnala che il D.lgs. 75/2017, novellando l’art. 35, comma 5, del D.lgs. 165/2001, ha poi espressamente previsto, seppure in termini di facoltà, che anche tutte le restanti amministrazioni, diverse da quelle centrali, possano rivolgersi al Dipartimento della funzione pubblica e avvalersi della Commissione RIPAM per l’organizzazione di concorsi unici accentrati o aggregati per dirigenti o figure comuni.
Secondo il quadro normativo vigente, dunque, lo svolgimento dei concorsi in forma centralizzata o aggregata costituisce una pratica obbligatoria per il reclutamento di dirigenti e figure professionali comuni nelle amministrazioni centrali e, comunque, consigliata per tutte le restanti amministrazioni, dato che consente un’adeguata partecipazione ed economicità dello svolgimento della procedura concorsuale e l’applicazione di criteri di valutazione oggettivi e uniformi, tali da assicurare omogeneità qualitativa e professionale in tutto il territorio nazionale per funzioni equivalenti (art. 17, comma 1, lett. c), legge 124/ 2015; nello stesso senso si esprimono anche le linee guida di indirizzo sulle procedure concorsuali, adottate in attuazione dell'art. 35, comma 5.2., del testo unico sul pubblico impiego).
Successivamente, il d.P.R. 82/2023 – con il quale è stato modificato il regolamento di cui al d.P.R. 487/1994, concernente norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi – ha abrogato l’art. 4, comma 3-quinquies, del D.L. 101/ 2013, introducendo una nuova disciplina dei concorsi unici.
In particolare, l’art. 19 del d.P.R. 487/1994, come per l’appunto novellato dal d.P.R. 82/2023, stabilisce che il reclutamento dei dirigenti e delle figure professionali comuni alle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, alle agenzie e agli enti pubblici non economici (con esclusione, pertanto, di regioni ed enti locali), si svolge mediante concorsi pubblici unici, i quali sono organizzati dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, previa ricognizione del fabbisogno presso le amministrazioni interessate (art. 21). È prevista la possibilità per le regioni e gli enti locali, le istituzioni universitarie e gli enti pubblici di ricerca, di aderire alla ricognizione dei fabbisogni per l’indizione dei concorsi unici, obbligandosi, in questo caso, ad attingere alle relative graduatorie in caso di fabbisogno.
Il Dipartimento della funzione pubblica, nella ricognizione del fabbisogno, verifica le vacanze riguardanti le sedi delle amministrazioni ricadenti nella medesima regione. Ove tali vacanze risultino riferite ad una singola regione, il concorso unico si svolge in ambito regionale (art. 20).
Le amministrazioni pubbliche possono assumere personale solo attingendo alle nuove graduatorie di concorso predisposte presso il citato Dipartimento, fino al loro esaurimento, provvedendo a programmare le quote annuali di assunzioni.
In base all’articolo 22, le amministrazioni avanzano richiesta per le unità di personale relative ai posti da coprire (distinti per sede di destinazione e profilo professionale) alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica che, entro venti giorni dalla richiesta, assegna il personale richiesto mediante D.P.C.M.
Con le modalità previste dalla normativa vigente, il Dipartimento della funzione pubblica può, tuttavia, autorizzare le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie e gli enti pubblici non economici a svolgere direttamente i concorsi pubblici per specifiche professionalità (art. 19, comma 2).
Secondo il nuovo comma 4-ter dell’articolo 35 del testo unico sul pubblico impiego, il reclutamento dei dirigenti delle amministrazioni dello Stato, delle agenzie e degli enti pubblici non economici, si svolge mediante concorsi pubblici unici organizzati dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
In base a quanto riportato nella relazione illustrativa, l’obiettivo di tale previsione è quello di garantire l’uniformità delle procedure concorsuali, ottimizzando tempi e costi attraverso l’utilizzo di risorse esistenti, senza gravare sulla finanza pubblica.
La novella prevede che a tale modalità di reclutamento si può procedere per la parte dei posti da dirigente di seconda fascia da ricoprire che eccedono (v. supra il box di approfondimento):
- la quota – non inferiore al 50 per cento – destinata al corso-concorso selettivo di formazione bandito dalla Scuola nazionale dell’amministrazione;
- la quota – non superiore al 30 per cento dei posti residui disponibili sulla base delle facoltà assunzionali autorizzate – riservata da ciascuna pubblica amministrazione al personale in servizio a tempo indeterminato, in possesso dei titoli di studio previsti a legislazione vigente e che abbia maturato almeno cinque anni di servizio nell'area o categoria apicale, da selezionare attraverso procedure comparative bandite dalla SNA;
- la quota – non superiore al 15 per cento – riservata al personale di cui al periodo precedente, in servizio a tempo indeterminato, che abbia ricoperto o ricopra l'incarico di livello dirigenziale di cui all'articolo 19, comma 6, del D.lgs. 165/2001, da selezionare attraverso procedure comparative che possono essere bandite anche dalle singole amministrazioni;
Si ricorda, in proposito, che il testo unico sul pubblico impiego consente alle amministrazioni statali di conferire incarichi dirigenziali a soggetti esterni, non appartenenti ai ruoli delle amministrazioni stesse (art. 19, co. 6, D.Lgs. 165/2001), in presenza di alcuni requisiti e nel rispetto di limiti percentuali che si commisurano rispetto al totale della dotazione organica dei dirigenti di prima fascia ovvero di seconda fascia dell'amministrazione che conferisce l'incarico.
- le altre riserve stabilite a legislazione vigente.
La disposizione prevede che, ai fini dell’organizzazione dei concorsi unici, il citato Dipartimento si avvale della Commissione per l’attuazione del progetto di riqualificazione delle pubbliche amministrazioni (RIPAM), previa ricognizione del fabbisogno presso le amministrazioni interessate, nel rispetto dei vincoli finanziari e del regime autorizzatorio in materia di assunzioni a tempo indeterminato.
Ai sensi dell'art 35, comma 5, del D.Lgs. 165/2001, la Commissione RIPAM è nominata con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione ed è composta dal Capo del Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, che la presiede, dall'Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per gli ordinamenti del personale e l'analisi dei costi del lavoro pubblico del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia e delle finanze e dal Capo del Dipartimento per le politiche del personale dell'amministrazione civile e per le risorse strumentali e finanziarie del Ministero dell'interno, o loro delegati.
Quanto alle sue funzioni, la disposizione stabilisce che la Commissione: a) approva i bandi di concorso per il reclutamento di personale a tempo indeterminato; b) indìce i bandi di concorso e nomina le commissioni esaminatrici; c) valida le graduatorie finali di merito delle procedure concorsuali trasmesse dalle commissioni esaminatrici; d) assegna i vincitori e gli idonei delle procedure concorsuali alle amministrazioni pubbliche interessate; e) adotta ogni ulteriore eventuale atto connesso alle procedure concorsuali, fatte salve le competenze proprie delle commissioni esaminatrici.
Si stabilisce, inoltre, che per il reclutamento di specifiche professionalità, le singole amministrazioni possono richiedere al Dipartimento della funzione pubblica di essere autorizzate a procedere autonomamente.
Oltre al menzionato comma 4-ter, l’articolo 3, comma 1, lettera d), n. 1, del provvedimento in esame aggiunge all’articolo 35 del testo unico sul pubblico impiego altri cinque commi (dal 4-quater al 4-octies).
In base al nuovo comma 4-quater, anche il reclutamento delle figure professionali comuni e delle elevate professionalità delle amministrazioni dello Stato (anche ad ordinamento autonomo), delle agenzie e degli enti pubblici non economici si svolge mediante concorsi pubblici unici, con le medesime modalità indicate dal comma 4-ter.
Il nuovo comma 4-quinquies statuisce, poi, che le amministrazioni pubbliche diverse da quelle dello Stato, dalle agenzie e dagli enti pubblici non economici, oltre alla Presidenza del Consiglio dei ministri, per lo svolgimento delle proprie procedure concorsuali – ivi comprese quelle relative al reclutamento delle figure professionali comuni e delle elevate professionalità – possono rivolgersi al Dipartimento della funzione pubblica e avvalersi della Commissione RIPAM.
In conseguenza di tale previsione, il provvedimento in esame – all’articolo 3, comma 2 – sopprime il primo periodo dell’articolo 35, comma 5, del testo unico sul pubblico impiego, che a sua volta riconosceva alle amministrazioni pubbliche diverse da quelle dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, nonché dalle agenzie e dagli enti pubblici non economici, la possibilità di rivolgersi al Dipartimento della funzione pubblica e di avvalersi della Commissione RIPAM per lo svolgimento delle proprie procedure selettive.
Il nuovo comma 4–sexies rimette al Dipartimento della funzione pubblica, mediante la Commissione RIPAM, anche l’organizzazione dei concorsi finalizzati al reclutamento di un’unica figura professionale e per una singola amministrazione. La relazione illustrativa chiarisce che tale previsione è volta a garantire che anche i concorsi di portata ridotta vengano gestiti in modo centralizzato, così da evitare la dispersione di risorse e da rendere più efficienti le relative procedure.
Al fine di rafforzare l’attrattività della pubblica amministrazione e i processi di reclutamento del personale, il nuovo comma 4-septies stabilisce che la Commissione RIPAM, per le amministrazioni dello Stato, delle agenzie e degli enti pubblici non economici, provvede a:
a) organizzare i concorsi di cui ai commi da 4-ter a 4-sexies – vale a dire i concorsi unici per il reclutamento dei dirigenti e delle figure professionali comuni e delle elevate professionalità, ma anche i concorsi volti a reclutare un’unica figura professionale e per una singola amministrazione;
b) organizzare i concorsi unici riservati alla copertura delle quote d’obbligo previste dalla legge n. 68 del 1999 (relativa al collocamento obbligatorio di determinate categorie di lavoratori), previa ricognizione dei fabbisogni;
c) organizzare concorsi unici per il reclutamento di personale per la transizione digitale e la sicurezza informatica delle pubbliche amministrazioni, ai sensi dell’art. 6, comma 2, lett. c-bis), del decreto-legge 80/2021 (introdotta dall’art. 12, comma 5, del presente provvedimento – vedi infra).
d) pubblicare, attraverso il Portale unico del reclutamento di cui all’articolo 35-ter, avvisi per l'individuazione di assessor, specialisti in psicologia del lavoro e risorse umane ed esperti in valutazione delle competenze e selezione del personale, ai fini dello svolgimento dei concorsi unici, nel rispetto di quanto previsto all’art. 35-quater del testo unico sul pubblico a proposito del procedimento per l'assunzione del personale non dirigenziale.
In base al nuovo comma 4-octies, il Dipartimento della funzione pubblica, anche tramite la Commissione RIPAM, è chiamato a riferire ogni anno al Parlamento e al Governo sullo stato del reclutamento mediante concorsi unici attraverso una apposita relazione, da trasmettersi entro il 31 maggio dell’anno successivo a quello di riferimento.
Il comma 3 dell’articolo in commento precisa che le disposizioni di cui al comma 1, lettera d), numero 1), non si applicano:
- ai concorsi inseriti nel Piano integrato di attività e organizzazione (PIAO) relativo all’anno 2025, che può essere presentato entro il 28 febbraio 2025 (per approfondimenti sul PIAO, si rinvia alla scheda di lettura relativa all’articolo 12, comma 5);
- ai concorsi già banditi alla data di entrata in vigore del presente decreto.
Il comma 1, lettera c), dell’articolo 3 reca una revisione della disciplina del rapporto tra la cosiddetta mobilità volontaria nelle pubbliche amministrazioni e le procedure concorsuali per il reclutamento di nuovo personale[13]. Il successivo comma 2 reca alcune norme transitorie, per l’anno 2025, in relazione alla novella di cui alla suddetta lettera c).
Quest’ultima limita al quindici per cento delle facoltà assunzionali delle amministrazioni l’ambito di applicazione del principio che subordina la possibilità di espletamento delle procedure concorsuali al previo ricorso alla mobilità volontaria (in luogo dell’applicazione dello stesso obbligo con riferimento al complessivo numero di posti che si intende ricoprire) ed esclude integralmente dall’obbligo in oggetto la Presidenza del Consiglio dei ministri; resta ferma la possibilità di previo ricorso alla mobilità volontaria per una quota superiore al quindici per cento; vengono stabilite disposizioni specifiche per il caso di mancato ricorso (con riferimento alla suddetta quota percentuale minima) alla mobilità volontaria e per il caso di mancata adesione alla stessa da parte del personale in posizione di comando presso l’amministrazione interessata al reclutamento (con esclusione del personale in comando presso gli uffici di diretta collaborazione o equiparati). Inoltre, si riformula il già vigente criterio di priorità nell’immissione in ruolo, in base alla mobilità volontaria, per i dipendenti provenienti da altre amministrazioni, in posizione di comando o di fuori ruolo, appartenenti alla stessa area funzionale (tra le altre modifiche, si espungono dall’ambito del criterio di priorità le ipotesi di fuori ruolo).
La revisione in oggetto non ha effetti su: la norma temporanea che esclude l’obbligo di previo ricorso alla mobilità volontaria per le procedure concorsuali bandite dalle pubbliche amministrazioni entro il 31 dicembre 2025[14]; la disciplina che, salvo eccezioni, subordina l’avvio delle procedure concorsuali al previo ricorso agli elenchi dei dipendenti pubblici collocati in disponibilità in base all’istituto della mobilità collettiva di ufficio[15].
Nell’ambito della novella (sopra riassunta) di cui al comma 1, lettera c), vengono confermate le norme secondo le quali: l’inquadramento, conseguente all’adesione alla mobilità volontaria, è operato nell’area funzionale e posizione economica corrispondente a quella posseduta presso l’amministrazione di provenienza; tale inquadramento mediante la mobilità volontaria può essere disposto anche con riferimento ad un’area diversa da quella in cui fosse finora presente la vacanza, nel rispetto del criterio di neutralità finanziaria. A quest’ultimo fine, la novella specifica che è necessaria la previa rimodulazione della dotazione organica, rimodulazione da inserire nella sezione del Piano integrato di attività e organizzazione (PIAO) relativa alla programmazione triennale dei fabbisogni di personale[16].
La novella in esame riformula il già vigente criterio di priorità, nell’immissione in ruolo, in base alla mobilità volontaria, per i dipendenti provenienti da altre amministrazioni, in posizione di comando o di fuori ruolo, appartenenti alla stessa area funzionale; l’applicazione di tale criterio viene limitata, in primo luogo, ai casi di comando (con esclusione delle ipotesi di fuori ruolo) e, nell’ambito di essi, ai casi in cui il personale in comando sia in servizio presso l’amministrazione interessata da almeno dodici mesi e abbia conseguito una valutazione della performance pienamente favorevole; inoltre, dal suddetto criterio di priorità vengono esclusi: la Presidenza del Consiglio dei ministri; il personale comandato presso gli uffici di diretta collaborazione o equiparati.
La novella, nell’introdurre la suddetta quota del quindici per cento, specifica che le posizioni eventualmente non ricoperte nell’ambito di tale quota minima, o nell’ambito del più ampio tentativo di ricorso alla mobilità rispetto a tale limite minimo, sono destinate alle procedure concorsuali. Come detto, la novella non ha effetti su: la norma temporanea che esclude l’obbligo di previo ricorso alla mobilità volontaria per le procedure concorsuali bandite dalle pubbliche amministrazioni entro il 31 dicembre 2025[17]; la disciplina che, salvo eccezioni, subordina l’avvio delle procedure concorsuali al previo ricorso agli elenchi dei dipendenti pubblici collocati in disponibilità in base all’istituto della mobilità collettiva di ufficio[18]. La Presidenza del Consiglio dei ministri viene esclusa del tutto dall’obbligo di previo ricorso alla mobilità volontaria.
La medesima novella di cui alla lettera c), come accennato, introduce alcune norme per il caso di mancato ricorso (con riferimento alla suddetta quota percentuale minima) alla mobilità volontaria e per il caso di mancata adesione alla stessa da parte del personale in posizione di comando presso l’amministrazione interessata al reclutamento.
In particolare, si prevede, per il caso di mancata attivazione delle suddette procedure di mobilità entro l’anno di riferimento, che siano ridotte nella misura del quindici per cento le facoltà assunzionali per l’anno successivo (con conseguente adeguamento della dotazione organica), che i comandi in essere presso l’amministrazione cessino allo scadere del termine di sei mesi dall’avvio (in violazione del previo ricorso alla quota obbligatoria di mobilità volontaria) delle procedure concorsuali e che i comandi non possano essere riattivati (neanche con riferimento a personale diverso da quello cessato) per un periodo di diciotto mesi. Tali disposizioni sulla cessazione e sul divieto di riattivazione dei comandi non si applicano al personale in posizione di comando presso gli uffici di diretta collaborazione o equiparati.
Per i casi in cui il dipendente in posizione di comando presso l’amministrazione interessata al reclutamento non presenti la domanda di mobilità, la novella prevede che il comando cessi alla naturale scadenza e che, nei successivi diciotto mesi, il dipendente non possa essere ulteriormente comandato presso alcuna amministrazione. Si consideri l’opportunità di valutare se anche da quest’ultima previsione dovrebbero essere esclusi, per la loro peculiare natura, i comandi presso gli uffici di diretta collaborazione o equiparati, con riferimento alla possibilità o meno di un successivo comando presso un ufficio di diretta collaborazione, o equiparato, da parte di un dipendente che, durante una precedente posizione di comando presso altri uffici, non abbia presentato una domanda di mobilità. Anche queste disposizioni non si applicano alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
Il comma 2 del presente articolo 3 reca, come accennato, alcune norme transitorie in relazione alla novella di cui alla lettera c) del comma 1.
In particolare, si prevede che, per l’anno 2025, le pubbliche amministrazioni, ad esclusione della Presidenza del Consiglio dei ministri, inquadrino, nell’ambito di un previo ricorso all’istituto della mobilità volontaria e nei limiti delle facoltà assunzionali (autorizzate a legislazione vigente), il personale proveniente da altre amministrazioni che ne abbia fatto richiesta e che: si trovi in posizione di comando; abbia maturato, in tali posizioni, almeno dodici mesi di servizio; abbia conseguito una valutazione della performance pienamente favorevole. Si consideri l’opportunità di chiarire il rapporto tra tale norma transitoria e l’esclusione transitoria già vigente, per le procedure concorsuali bandite dalle pubbliche amministrazioni entro il 31 dicembre 2025, dell’obbligo di previo ricorso alla mobilità volontaria.
Il comma 2 in esame, inoltre, riproduce con riferimento alla norma transitoria in oggetto, relativa al personale in posizione di comando, le norme sulla mobilità volontaria poste o confermate dalla suddetta novella di cui alla lettera c) del comma 1, specificando che, per i casi di mancata attivazione della procedura di mobilità entro l’anno 2025, i comandi in essere cessano il 30 aprile 2026, nell’ipotesi in cui la naturale scadenza sia successiva a tale data. Per i profili concernenti gli uffici di diretta collaborazione o equiparati, si rinvia alla parte della scheda relativa alla suddetta lettera c).
La novella di cui al numero 3.1) dell’articolo 3, comma 1, lettera d), chiarisce che la durata della validità delle graduatorie dei concorsi pubblici per il reclutamento di personale è pari, per quelli relativi agli enti locali, a tre anni, in base al termine già previsto dal relativo testo unico, anziché alle durate inferiori stabilite per le altre pubbliche amministrazioni.
Le novelle poste dai numeri 3.2) e 3.3) e dal numero 4) della medesima lettera d) concernono, con riferimento agli idonei non vincitori, l’utilizzo delle graduatorie dei concorsi pubblici per il reclutamento di personale, ivi compreso l’utilizzo da parte di amministrazioni diverse da quella titolare della procedura concorsuale; il suddetto numero 4) concerne altresì le modalità di redazione delle graduatorie concorsuali (oggetto di pubblicazione); il comma 9 del successivo articolo 4 esclude in via transitoria – in aggiunta ad un’esclusione transitoria già vigente –l’applicazione del limite numerico relativo al reclutamento degli idonei non vincitori, limite la cui applicazione, a regime, è oggetto di ridefinizione da parte delle novelle summenzionate. Queste ultime – confermando che il limite in oggetto è pari al venti per cento dei posti messi a concorso, fermi restando gli ambiti di personale o di pubbliche amministrazioni esclusi dal limite[19] –: sopprimono (numero 3.2) citato della lettera d)) la norma che (con riferimento esclusivo all’ambito di applicazione del suddetto limite) riconosceva la possibilità di reclutamento degli idonei nei soli casi in cui, in numero corrispondente, uno o più vincitori rinunciassero all'assunzione o non superassero il periodo di prova o si dimettessero entro sei mesi dall'assunzione; estendono (capoverso 5-quater del citato numero 4)) l’ambito delle clausole di riserva di posti previste dal bando – clausole finora relative ai soli posti oggetto dei bandi –, prevedendone l’applicazione, nella misura di un quinto del totale degli idonei non vincitori di cui sia possibile l’assunzione, alla quota di graduatoria relativa ai medesimi idonei non vincitori. Le novelle in esame, inoltre, individuano gli atti amministrativi che, al fine del legittimo utilizzo della graduatoria, devono essere adottati entro il termine di validità della medesima (capoverso 5-sexies del citato numero 4)).
La novella di cui al numero 3.1) dell’articolo 3, comma 1, lettera d), chiarisce, in relazione a dubbi e a divergenze interpretative, che la durata della validità delle graduatorie dei concorsi pubblici per il reclutamento di personale è pari, per quelli relativi agli enti locali, a tre anni (decorrenti dalla data di pubblicazione della graduatoria), in base al termine già previsto dal relativo testo unico, anziché alle durate inferiori stabilite per le altre pubbliche amministrazioni[20]. Si ricorda che, in base alla disciplina generale[21], le graduatorie dei concorsi pubblici sono valide per un periodo di due anni dalla data di approvazione, fatti salvi i periodi di vigenza inferiori previsti da leggi regionali.
Come accennato, una disposizione generale, relativa all’individuazione degli atti amministrativi che, al fine del legittimo utilizzo della graduatoria, devono essere adottati entro il termine di validità della medesima, è posta dalla novella di cui al capoverso 5-sexies del successivo numero 4) (cfr. infra, nella presente scheda).
In merito alle novelle, poste dai numeri 3.2), 3.3) e 4), relative all’utilizzo, con riferimento agli idonei non vincitori, delle graduatorie dei concorsi pubblici, ivi compreso l’utilizzo da parte di amministrazioni diverse da quella titolare della procedura concorsuale, nonché alle modalità di redazione delle graduatorie concorsuali (oggetto di pubblicazione), si rileva, in primo luogo, che l’intervento normativo conferma l’applicazione del vigente limite numerico relativo al reclutamento degli idonei non vincitori, fatte salve sia le numerose esclusioni (di personale o di pubbliche amministrazioni) già vigenti[22] sia le norme transitorie, già vigenti o poste dal successivo articolo 4, comma 9, che escludono il medesimo limite (a quest’ultimo riguardo, cfr. infra, nella presente scheda).
La novella di cui al numero 3.2) sopprime[23] la norma che riconosceva la possibilità di reclutamento degli idonei nei soli casi in cui, in numero corrispondente, uno o più vincitori rinunciassero all'assunzione o non superassero il periodo di prova o si dimettessero entro sei mesi dall'assunzione; si ricorda che tale condizione era operante con riferimento esclusivo all’ambito di applicazione del suddetto limite del venti per cento. La medesima novella di cui al numero 3.2) esplicita che lo scorrimento delle graduatorie, al fine dell’assunzione di idonei non vincitori, è ammesso entro il termine di validità delle graduatorie medesime e nei limiti delle facoltà assunzionali autorizzate a legislazione vigente.
La novella di cui al successivo numero 3.3)[24] specifica che (fermo restando il rispetto del limite percentuale summenzionato e della durata di validità della graduatoria[25]) anche altre pubbliche amministrazioni possono avvalersi della quota di graduatoria relativa agli idonei non vincitori, previo accordo con l’amministrazione titolare della procedura concorsuale[26]. La novella specifica altresì – con riferimento sia all’amministrazione titolare sia alle altre – che l’utilizzo della suddetta quota di graduatoria: è ammesso anche per il reclutamento a tempo determinato; è in ogni caso subordinato, oltre che alla sussistenza di ragioni organizzative, alla condizione che i profili professionali della graduatoria siano sovrapponibili a quelli individuati negli atti di programmazione dell’amministrazione, nonché[27], per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, gli enti pubblici non economici nazionali e gli enti di ricerca, alla condizione della verifica[28] della previa immissione in servizio di tutti i vincitori collocati nelle proprie graduatorie vigenti, relative a concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato per qualsiasi qualifica (“salve comprovate non temporanee necessità organizzative adeguatamente motivate”).
La novella di cui al capoverso 5-quater del numero 4)[29] prevede, in primo luogo, che le graduatorie dei concorsi pubblici per il reclutamento di personale siano esposte in termini articolati, con riferimento distinto agli esiti delle prove d’esame, alla somma dei punteggi relativi a queste ultime e di quelli relativi ai titoli e alla graduatoria finale con l’applicazione delle riserve, precedenze e preferenze – per quanto concerne i concorsi relativi al personale educativo e scolastico si prevede esclusivamente l’indicazione distinta delle riserve, precedenze e preferenze applicate (capoverso 5-quinquies dello stesso numero 4) –; la pubblicazione in oggetto è effettuata sia sul Portale unico del reclutamento sia sul sito internet istituzionale dell’amministrazione procedente, in un’area ad accesso riservato ai partecipanti e in base alle funzionalità del suddetto Portale; è esplicitamente richiamato (sia nel capoverso 5-quater sia nel capoverso 5-quinquies) il principio di minimizzazione dei dati personali. Inoltre, la suddetta novella di cui al capoverso 5-quater estende l’ambito delle clausole di riserva di posti previste dal bando – clausole finora relative ai soli posti oggetto dei bandi –, prevedendone l’applicazione, nella misura di un quinto del totale degli idonei non vincitori di cui sia possibile l’assunzione, alla quota di graduatoria relativa ai medesimi idonei non vincitori[30].
La novella di cui al capoverso 5-sexies del numero 4) individua gli atti amministrativi che, al fine del legittimo utilizzo della graduatoria, devono essere adottati entro il termine di validità della medesima[31]. A seconda della fattispecie sottostante, l’atto in questione è costituito dall’individuazione, da parte dell’amministrazione titolare della procedura concorsuale, o dalla cessione da parte di quest’ultima ad amministrazioni terze, di candidati idonei designati nominativamente, in ordine di graduatoria, per la successiva convocazione (da parte dell’amministrazione procedente all’assunzione); la novella specifica che la stipulazione del contratto di assunzione può intervenire successivamente alla scadenza del suddetto termine di validità.
Il comma 9 del successivo articolo 4 esclude in via transitoria – in aggiunta ad un’esclusione transitoria già vigente – l’applicazione del summenzionato limite numerico relativo al reclutamento degli idonei non vincitori. L’esclusione posta dal comma 9 concerne le graduatorie approvate negli anni 2024 e 2025.
In base alla norma transitoria già vigente, il limite numerico relativo al reclutamento degli idonei non vincitori non concerne[32] i concorsi pubblici banditi entro la data del 17 agosto 2023. Considerate la portata di quest’ultima norma e quella della nuova norma transitoria di esclusione, di cui al presente comma 9, si valuti l’opportunità di chiarire se le esclusioni medesime riguardino anche gli eventuali casi in cui le graduatorie di concorsi banditi dopo la suddetta data del 17 agosto 2023 siano state approvate prima del 1° gennaio 2024.
L’articolo 3, comma 1, lettera e), reca una novella nella disciplina del Portale unico del reclutamento, prevedendo che, all’atto della registrazione nel Portale, gli interessati possano chiedere l’invio, da parte del Portale, di notifiche della pubblicazione di bandi e avvisi pubblici corrispondenti alle indicazioni poste nella medesima registrazione.
Si ricorda che l’articolo 35-ter del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, prevede il Portale unico del reclutamento, al fine dello svolgimento dei concorsi pubblici, nonché delle procedure di mobilità volontaria e di altre selezioni previste da norme[33], per le assunzioni, a tempo determinato o indeterminato, nelle amministrazioni pubbliche centrali, di cui all’articolo 1, comma 2, del suddetto D.Lgs. n. 165, e successive modificazioni[34], nelle autorità amministrative indipendenti, nelle regioni e negli enti locali[35]; il Portale è presente all'indirizzo www.InPA.gov.it ed è sviluppato dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Si ricorda che il comma 2 dell’articolo 35-ter prevede che, all’atto della registrazione nel Portale, l'interessato compili il proprio curriculum vitae[36], indicando un indirizzo di posta elettronica certificata o un domicilio digitale a lui intestato, unitamente ad un recapito telefonico, ai quali intende ricevere ogni comunicazione relativa alle procedure cui parteciperà, compresa la comunicazione relativa all’eventuale assunzione in servizio.
L’articolo 3, comma 1, lettera f), dispone che l’istanza di riconoscimento dei titoli di studio esteri ai fini della partecipazione ai concorsi pubblici destinati al reclutamento di personale dipendente, con esclusione dei concorsi per il personale docente di ogni ordine e grado, non deve più essere presentata anteriormente alla partecipazione al concorso bensì in un momento successivo e solo in caso di vittoria del concorso stesso, entro quindici giorni dall’avvenuta pubblicazione della graduatoria finale.
Il comma 1, lettera f), dell’articolo 3 sostituisce il comma 3 dell’articolo 38 del decreto legislativo n. 165 del 2001 stabilendo, nel nuovo testo, che sino all’adozione di una regolamentazione della materia da parte dell’Unione europea, al riconoscimento dei titoli di studio esteri, aventi valore ufficiale nello Stato in cui sono stati conseguiti, ai fini della partecipazione ai concorsi pubblici destinati al reclutamento di personale dipendente, con esclusione dei concorsi per il personale docente di ogni ordine e grado, provvede il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, previo parere conforme del Ministero dell'istruzione e del merito ovvero del Ministero dell'università e della ricerca.
La disposizione in parola prosegue statuendo che i candidati che sono in possesso del titolo di ammissione conseguito all’estero sono ammessi a partecipare con riserva ai concorsi di cui al periodo precedente.
Il Dipartimento della funzione pubblica conclude il procedimento di riconoscimento solo nei confronti dei vincitori del concorso, che hanno l'onere, a pena di decadenza, di presentare istanza di riconoscimento del titolo entro quindici giorni dall’avvenuta pubblicazione della graduatoria finale, al Ministero dell'università e della ricerca ovvero al Ministero dell'istruzione e del merito.
La disposizione in commento introduce una misura di semplificazione procedurale in materia di riconoscimento dei titoli di studio finalizzato alla partecipazione ai concorsi pubblici. In particolare, rispetto alla norma vigente fino alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame, l’istanza di riconoscimento del titolo estero non deve più essere presentata anteriormente alla partecipazione al concorso bensì in un momento successivo e solo in caso di vittoria del concorso stesso, entro quindici giorni dall’avvenuta pubblicazione della graduatoria finale.
Si ricorda, infatti, che il testo previgente dell’articolo 38, comma 3, disponeva che, fino all’adozione di una regolamentazione della materia da parte dell’Unione europea, al riconoscimento dei titoli di studio esteri, aventi valore ufficiale nello Stato in cui sono stati conseguiti, ai fini della partecipazione ai concorsi pubblici destinati al reclutamento di personale dipendente, con esclusione dei concorsi per il personale docente delle scuole di ogni ordine e grado, provvedesse la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica, previo parere conforme del Ministero dell'istruzione ovvero del Ministero dell'università e della ricerca. I candidati che presentavano domanda di riconoscimento del titolo di ammissione al concorso ai sensi del primo periodo erano ammessi a partecipare con riserva. La Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica concludeva il procedimento di riconoscimento di cui al presente comma solo nei confronti dei vincitori del concorso, che avevano l'onere, a pena di decadenza, di dare comunicazione dell'avvenuta pubblicazione della graduatoria, entro quindici giorni, al Ministero dell'università e della ricerca ovvero al Ministero dell'istruzione e del merito.
La relazione illustrativa chiarisce che la disposizione in commento nasce dall’esigenza di continuare l’attività di semplificazione già avviata con il decreto-legge n. 5 del 2012 con il quale sono state apportate le prime modifiche all’articolo 38 del decreto legislativo n. 165 del 2001.
Si rammenta, in proposito, che il testo originario del comma 3 dell’articolo 38 (prima quindi anche della riforma del 2012) stabiliva che all'equiparazione dei titoli di studio e professionali si provvedesse con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta dei Ministri competenti. Con eguale procedura si stabiliva l'equivalenza tra i titoli accademici e di servizio rilevanti ai fini dell'ammissione al concorso e della nomina.
Più in generale, si ricorda che i titoli di studio conseguiti all'estero non hanno valore legale in Italia e, pertanto, qualora i suddetti titoli debbano essere utilizzati nel nostro Paese in vari ambiti (ad esempio per l’esercizio di una professione, la partecipazione a un concorso o la prosecuzione degli studi), è necessario chiederne il riconoscimento.
Il riconoscimento del titolo di studio conseguito in Stati diversi dall’Italia avviene con procedure differenti, gestite da enti diversi, in base allo scopo per cui esso è richiesto.
La prima ipotesi da considerare è quella del riconoscimento finalizzato alla prosecuzione degli studi. In tal caso, l’articolo 2 della legge n. 148 del 2002, di ratifica ed esecuzione della “Convenzione sul riconoscimento dei titoli di studio relativi all’insegnamento superiore nella Regione europea” dell’11 aprile 1997, afferma che la competenza a effettuare il riconoscimento è attribuita alle Università ed agli Istituti di istruzione universitaria, che la esercitano nell'ambito della loro autonomia e in conformità ai rispettivi ordinamenti, fatti salvi gli accordi bilaterali in materia.
L’articolo 3 della legge n. 148 del 2002 prevede che, ai fini dell'esercizio delle competenze di cui all'articolo 2 citato, le Università e gli Istituti di istruzione universitaria si pronunciano sulle domande di riconoscimento, debitamente documentate, presentate ai sensi della richiamata Convenzione.
Ferma l’autonomia delle istituzioni universitarie, il Ministero dell’università e della ricerca, con propria circolare, definisce le procedure, oltre che per l’ingresso, il soggiorno e l’immatricolazione degli studenti internazionali, anche per il riconoscimento dei titoli esteri per l’accesso ai corsi della formazione superiore in Italia. Per quanto non riportato nella circolare richiamata, e nei suoi allegati, rimane ferma l’autonoma valutazione delle Università.
Il riconoscimento dei titoli accademici per finalità diverse dalla prosecuzione degli studi, ai sensi dell’articolo 5 della legge n. 148 del 2002, è operato da amministrazioni dello Stato, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di riconoscimento ai fini professionali e di accesso ai pubblici impieghi, secondo procedure da stabilire con regolamento di esecuzione.
In attuazione di tale norma, l’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 189 del 2009 afferma che sono di competenza del Ministero dell’istruzione e del merito, attraverso le proprie articolazioni regionali, le valutazioni concernenti il riconoscimento dei titoli di studio ai fini:
a) dell'attribuzione di punteggio per la definizione della graduatoria definitiva in caso di pubblici concorsi, nonché ai fini della progressione in carriera;
b) previdenziali;
c) dell'iscrizione ai Centri per l'impiego;
d) dell'accesso al praticantato o al tirocinio successivi al conseguimento della laurea.
Per il riconoscimento dei titoli di studio esteri ai fini dell'accesso ai pubblici concorsi, si applicano le procedure previste dall'articolo 38, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001, su cui interviene la disposizione in commento.
In proposito, l’articolo 2 del decreto del Presidente del consiglio dei ministri n. 189 del 2009 stabilisce che la domanda inviata dagli interessati deve essere corredata dei seguenti documenti:
a) titolo di studio estero, tradotto e legalizzato;
b) certificato analitico degli esami sostenuti, rilasciato dall'istituto ove è stato conseguito il titolo di studio e tradotto;
c) dichiarazione di valore in loco della Rappresentanza diplomatico-consolare italiana competente per territorio nello Stato al cui ordinamento si riferisce il titolo di studio, che specifichi durata del corso, valore del titolo di studio e natura giuridica dell'istituto che lo ha rilasciato nell'ambito del predetto ordinamento;
d) bando del concorso cui si intende partecipare con evidenziati i requisiti previsti per l'accesso.
Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. (D.Lgs. n. 165/2001) |
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Testo previgente |
Testo come modificato dall’art. 3, comma 1, lettera f) |
Art. 38, comma 3 |
Art. 38, comma 3 |
3. Sino all’adozione di una regolamentazione della materia da parte dell'Unione europea, al riconoscimento dei titoli di studio esteri, aventi valore ufficiale nello Stato in cui sono stati conseguiti, ai fini della partecipazione ai concorsi pubblici destinati al reclutamento di personale dipendente, con esclusione dei concorsi per il personale docente delle scuole di ogni ordine e grado, provvede la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica, previo parere conforme del Ministero dell'istruzione ovvero del Ministero dell'università e della ricerca. I candidati che presentano domanda di riconoscimento del titolo di ammissione al concorso ai sensi del primo periodo sono ammessi a partecipare con riserva. |
Sino all'adozione di una regolamentazione della materia da parte dell'Unione europea, al riconoscimento dei titoli di studio esteri, aventi valore ufficiale nello Stato in cui sono stati conseguiti, ai fini della partecipazione ai concorsi pubblici destinati al reclutamento di personale dipendente, con esclusione dei concorsi per il personale docente delle scuole di ogni ordine e grado, provvede il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, previo parere conforme del Ministero dell'istruzione e del merito ovvero del Ministero dell'università e della ricerca. I candidati che sono in possesso del titolo di ammissione conseguito all’estero sono ammessi a partecipare, ai concorsi di cui al primo periodo, con riserva. Il Dipartimento della funzione pubblica conclude il procedimento di riconoscimento di cui al presente comma solo nei confronti dei vincitori del concorso, che hanno l'onere, a pena di decadenza, di presentare istanza di riconoscimento entro quindici giorni dalla pubblicazione della graduatoria finale, al Ministero dell'università e della ricerca ovvero al Ministero dell'istruzione e del merito. |
Il comma 1 dell’articolo 4 reca una norma di interpretazione autentica – avente, quindi, effetto retroattivo – relativa alla disposizione[37] che subordina, per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, gli enti pubblici non economici nazionali e gli enti di ricerca, l’autorizzazione, da parte del Presidente del Consiglio dei ministri (di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze), concernente l'avvio delle procedure concorsuali e le relative assunzioni, alla condizione della verifica della previa immissione in servizio di tutti i vincitori collocati nelle graduatorie vigenti della stessa amministrazione, relative a concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato per qualsiasi qualifica (“salve comprovate non temporanee necessità organizzative adeguatamente motivate”). L’intervento interpretativo è inteso a escludere, superando così un contrario orientamento prevalente nella giurisprudenza, che le nuove procedure concorsuali delle pubbliche amministrazioni[38] necessitino di motivazioni, relativamente alla preferenza per la modalità di reclutamento mediante un nuovo bando concorsuale in luogo del previo scorrimento delle parti di graduatorie ancora vigenti (di precedenti concorsi omologhi) relative agli idonei non vincitori.
Tale intervento interpretativo – avente, come detto, effetto retroattivo – concerne, come prevede il medesimo comma 1, anche i concorsi in corso di svolgimento o per i quali non si siano concluse le procedure assunzionali alla data di entrata in vigore del presente decreto (15 marzo 2025).
Il comma 1 in esame specifica, in relazione all’intervento di interpretazione autentica ivi operato, che il concorso pubblico è lo strumento ordinario e prioritario per il reclutamento di personale da parte delle amministrazioni pubbliche[39].
Come detto, l’intervento di interpretazione autentica è inteso a superare un contrario orientamento prevalente nella giurisprudenza. A quest’ultimo riguardo, cfr., tra le altre, la sentenza del Consiglio di Stato, sezione quinta, del 7 settembre 2022, n. 7780, e le sentenze ivi richiamate, nonché la relazione illustrativa del disegno di legge di conversione del presente decreto[40].
L’articolo 4, comma 2, specifica che i bandi di concorso che, in base alla normativa vigente, prevedono una riserva di posti non superiore al 40 per cento destinata al personale a tempo determinato assunto dalle amministrazioni per l'attuazione dei progetti del PNRR si riferiscono al reclutamento a tempo indeterminato del solo personale non dirigenziale.
In base alla normativa vigente – di cui all’art. 1 del D.L. 80/2021 - le amministrazioni titolari di interventi previsti nel PNRR possono assumere a tempo determinato (nonché conferire incarichi di collaborazione) personale specificamente destinato a realizzare i suddetti progetti.
Tali contratti a tempo determinato, che possono riguardare anche personale di alta specializzazione[41] inserito in appositi elenchi[42], possono essere stipulati per un periodo complessivo anche superiore a trentasei mesi, ma non eccedente la durata di attuazione dei progetti di competenza delle singole amministrazioni e comunque non eccedente il 31 dicembre 2026.
Il comma 3 del richiamato articolo 1 del D.L. 80/2021 dispone che le amministrazioni titolari di interventi previsti nel PNRR prevedono, nei bandi di concorso per il reclutamento a tempo indeterminato di personale non dirigenziale - – come previsto dalla novella in commento -, una riserva di posti non superiore al 40 per cento destinata al predetto personale che, alla data di pubblicazione del bando, abbia svolto servizio per almeno trentasei mesi. Come anticipato, infatti, il presente articolo 4, comma 2, prevede il riferimento al personale non dirigenziale, superando la previgente locuzione generica riferita ai concorsi per il “personale a tempo indeterminato”.
Articolo 4, comma 3
(Assunzioni dirigenti enti locali)
Il comma 3 dell’articolo 4 precisa che la riserva di posti da destinare, nei concorsi per dirigenti degli enti locali, a personale dirigenziale e non dirigenziale degli enti locali assunto a tempo determinato o a personale non dirigenziale assunto a tempo indeterminato in possesso di determinati requisiti, è destinata a personale dirigenziale e non dirigenziale assunto a tempo determinato presso il medesimo ente che bandisce il concorso.
A tal fine si apporta una modifica all’articolo 28, comma 1-bis, del decreto-legge n. 75 del 2023 (cd. DL PA 2).
In base a tale norma, gli enti locali possono prevedere, nei limiti dei posti disponibili della vigente dotazione organica e in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni, nell’ambito dei concorsi pubblici per il reclutamento di personale dirigenziale una riserva di posti non superiore al 50 per cento da destinare al personale:
· Dirigenziale o non dirigenziale che: a) abbia maturato con pieno merito ameno trentasei mesi di servizio anche non continuativi negli ultimi cinque anni; b) sia stato assunto a tempo determinato previo esperimento di procedure selettive e comparative a evidenza pubblica;
· Non dirigenziale che sia in servizio a tempo indeterminato per lo stesso periodo di tempo.
La norma indica anche che le assunzioni saranno effettuate a valere sulle facoltà assunzionali di ciascuna amministrazione disponibili a legislazione vigente.
In questo contesto, la disposizione in commento precisa che il personale “dirigenziale e non dirigenziale” assunto a tempo determinato oggetto della riserva sia quello “in servizio presso i predetti enti” (cfr. anche testo a fronte sotto).
Al riguardo, si valuti l’opportunità di compiere la medesima precisazione con riferimento al personale non dirigenziale in servizio a tempo indeterminato pure oggetto della riserva.
Il piano triennale dei fabbisogni cui l’articolo 28, comma 1-bis del decreto-legge n. 75 del 2023 fa riferimento è quello previsto dall’articolo 6 del decreto legislativo n. 165 del 2001 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni). In base a tale norma, le amministrazioni pubbliche adottano il piano triennale dei fabbisogni di personale allo scopo di ottimizzare l'impiego delle risorse pubbliche disponibili e perseguire obiettivi di performance organizzativa, efficienza, economicità e qualità dei servizi ai cittadini, in coerenza con la pianificazione pluriennale delle attività e della performance e con le linee di indirizzo per la pianificazione dei fabbisogni di personale previste dall’articolo 6-ter del medesimo decreto legislativo n. 165 del 2001.
Il principio secondo il quale può essere riservata a concorsi interni, in presenza di determinate condizioni, una quota non superiore al 50 per cento dei posti disponibili è rinvenibile in numerose sentenze della Corte costituzionale (cfr., tra le altre, le sentenze n. 194 del 2022, n. 225 del 2010 e n. 90 del 2012).
In particolare, nella sentenza n. 90 del 2012 la Corte ha ricordato che "l'attivazione solo delle procedure riservate agli interni (le quali possono giungere fino al limite del 50 per cento dei posti coperti attraverso prove pubbliche del triennio precedente), congiuntamente alla mancata effettuazione dei concorsi per i candidati esterni, determina la violazione della norma interposta [ai fini della valutazione del rispetto degli articoli 3 e 97 ndr], rappresentata dal comma 1-bis dell'articolo 52 del decreto legislativo n. 165 del 2001, che prevede la "possibilità per l'amministrazione di destinare al personale interno, in possesso dei titoli di studio richiesti per l'accesso dall'esterno, una riserva di posti comunque non superiore al 50 per cento di quelli messi a concorso".
La Corte costituzionale ha altresì evidenziato che alla quota massima del 50 per cento non si può derogare sulla base della circostanza che determinate categorie di personale abbiano prestato attività a tempo determinato presso l'amministrazione interessata (sentenza n. 205 del 2006), o sulla base della personale aspettativa degli aspiranti ad una misura di stabilizzazione (sentenza n. 81 del 2006), o sulla base della circostanza che il personale suscettibile di essere stabilizzato senza alcuna prova selettiva sia stato a suo tempo assunto con contratto a tempo determinato, sulla base di un pubblico concorso, perché tale circostanza, per effetto della diversità di qualificazione richiesta delle assunzioni a termine rispetto a quelle a tempo indeterminato, non offre adeguata garanzia né della sussistenza della professionalità necessaria per il suo stabile inquadramento nei ruoli degli enti pubblici regionali, né del carattere necessariamente aperto delle procedure selettive (sentenze n. 235 del 2010 e n. 137 del 2013).
Decreto-legge n. 75 del 2023 |
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Testo previgente |
Modificazioni apportate dall’art. 4, co. 3 |
Art. 28 |
Art. 28 |
1-bis Gli enti locali possono prevedere, nel limite dei posti disponibili della vigente dotazione organica e in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni, di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nell’ambito dei concorsi pubblici per il reclutamento di personale dirigenziale, una riserva di posti non superiore al 50 per cento da destinare al personale, dirigenziale e non dirigenziale, che abbia maturato con pieno merito almeno trentasei mesi di servizio, anche non continuativi, negli ultimi cinque anni e che sia stato assunto a tempo determinato previo esperimento di procedure selettive e comparative a evidenza pubblica, o al personale non dirigenziale che sia in servizio a tempo indeterminato per lo stesso periodo di tempo. Le assunzioni di personale di cui al presente comma sono effettuate a valere sulle facoltà assunzionali di ciascuna amministrazione disponibili a legislazione vigente. |
1-bis Gli enti locali possono prevedere, nel limite dei posti disponibili della vigente dotazione organica e in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni, di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nell’ambito dei concorsi pubblici per il reclutamento di personale dirigenziale, una riserva di posti non superiore al 50 per cento da destinare al personale, dirigenziale e non dirigenziale in servizio presso i predetti enti, che abbia maturato con pieno merito almeno trentasei mesi di servizio, anche non continuativi, negli ultimi cinque anni e che sia stato assunto a tempo determinato previo esperimento di procedure selettive e comparative a evidenza pubblica, o al personale non dirigenziale che sia in servizio a tempo indeterminato per lo stesso periodo di tempo. Le assunzioni di personale di cui al presente comma sono effettuate a valere sulle facoltà assunzionali di ciascuna amministrazione disponibili a legislazione vigente. |
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Articolo 4, comma 4
(Servizio civile)
L’articolo 4, comma 4, include gli operatori volontari che hanno concluso il servizio civile nazionale tra i soggetti beneficiari della riserva di una quota pari al 15 per cento dei posti nei concorsi per l'assunzione di personale non dirigenziale nelle pubbliche amministrazioni, nonché presso le aziende speciali e le istituzioni strumentali all'attività degli enti locali.
L’articolo 4, comma 4, modifica l’articolo 18, comma 4, del decreto legislativo 6 marzo 2017, n. 40 (Istituzione e disciplina del servizio civile universale, a norma dell'articolo 8 della legge 6 giugno 2016, n. 106) che, così come sostituito dal decreto-legge 22 aprile 2023, n. 44, riservava la quota del 15 per cento dei posti nei concorsi pubblici esclusivamente agli operatori volontari che avessero concluso, senza demerito, il servizio civile universale la cui istituzione, nel 2017, ha sostanzialmente sostituito il servizio civile nazionale (v. box infra).
La norma in commento precisa che a tale quota di riserva possono avere accesso anche gli operatori volontari che hanno concluso il preesistente servizio civile nazionale istituito dalla legge 6 marzo 2001, n. 64 e preesistente al servizio civile universale. In base alla relazione illustrativa, l’estensione della platea di beneficiari risponde all’esigenza di evidenziare l’unitarietà delle attività svolte nell’ambito del servizio civile nazione e universale riconducibili in entrambi i casi alla materia della “difesa della Patria” di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera d), della Costituzione.
Si segnala che, l’operatore volontario è lo status con il quale viene identificato colui che ha avviato un percorso di servizio civile attraverso uno dei progetti del Dipartimento per le politiche giovanili e il servizio civile.
Tale riserva, dispone l’articolo 18, comma 4, del d.lgs. citato, si applica nei concorsi per l’assunzione di personale non dirigenziale delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), dalle aziende speciali e dagli enti di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico degli enti locali – TUEL) fermi restando i diritti dei soggetti aventi titolo all'assunzione ai sensi della legge 12 marzo 1999, n. 68 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili).
Sono, altresì, fatti salvi i limiti previsti dall'articolo 5, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3 (testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato) a norma del quale nei concorsi per l'ammissione alle carriere direttive e di concetto le riserve di posti previste da leggi speciali in favore di particolari categorie di cittadini non possono complessivamente superare la metà dei posti messi a concorso e dall'articolo 52, comma 1-bis, del citato d. lgs. n. 165 del 2001 che prevede la possibilità per l'amministrazione di destinare al personale interno, in possesso dei titoli di studio richiesti per l'accesso dall'esterno, una riserva di posti comunque non superiore al 50 per cento di quelli messi a concorso.
Si ricorda che per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, ovvero le strutture che svolgono attività a carattere tecnico-operativo di interesse nazionale operando al servizio delle amministrazioni pubbliche, comprese anche quelle regionali e locali godendo di piena autonomia, nei limiti stabiliti dalla legge, ma sono sottoposte ai poteri di indirizzo e di vigilanza di un ministro.
Le aziende speciali previste dall’articolo 114 del TUEL sono invece organismi strumentali di un ente locale per l'esercizio di servizi sociali e sono dotate di autonomia gestionale.
L’articolo 18, comma 4, prevede infine che se la riserva non può operare integralmente o parzialmente, perché dà luogo a frazioni di posto, tali frazioni si cumulano con le riserve relative ai successivi concorsi per l'assunzione di personale non dirigenziale banditi dalla medesima amministrazione, azienda o ente oppure sono utilizzate nei casi in cui si procede a ulteriori assunzioni attingendo alla graduatoria degli idonei.
La prima disciplina del servizio civile risale ai primi anni Settanta con l'introduzione dell'obiezione di coscienza, riconosciuta già con la legge n. 772 del 1972 per "gli obbligati alla leva che dichiarino di essere contrari in ogni circostanza all'uso personale delle armi per imprescindibili motivi di coscienza" - motivi "attinenti ad una concezione generale della vita basata su profondi convincimenti religiosi o filosofici o morali professati dal soggetto”.
Quella legge affidò la gestione ed organizzazione del servizio civile - sostitutivo del servizio militare e, pertanto, obbligatorio; e prestato per un tempo superiore alla durata del servizio di leva – al Ministero della difesa.
La sentenza n. 470 del 1989 della Corte costituzionale venne a disporre che la durata del servizio civile e di quello militare fossero coincidenti.
La disciplina in materia di obiezione di coscienza e di servizio civile è stata, poi aggiornata, dalla legge n. 230 del 1998 (Nuove norme in materia di obiezione di coscienza) che definiva il servizio civile come "diverso per natura e autonomo dal servizio militare, ma come questo rispondente al dovere costituzionale di difesa della Patria e ordinato ai fini enunciati nei «Principi fondamentali» della Costituzione" e spostava le funzioni di gestione e organizzazione del Servizio civile dal Ministero della difesa alla Presidenza del Consiglio
In correlazione con la sospensione della leva obbligatoria, per opera della legge n. 331 del 2000 (Norme per l'istituzione del servizio militare professionale), a partire dal 2007 - poi anticipata al 1° gennaio 2005 dalla legge n. 226 del 2004 - anche la disciplina del servizio civile è stata interessata ad un aggiornamento.
È stato infatti istituito, con la legge n. 64 del 2001, il Servizio civile nazionale: un servizio volontario aperto ai giovani dai 18 ai 26 anni - uomini e donne - che intendano fra l’altro “promuovere la solidarietà e la cooperazione, a livello nazionale ed internazionale, con particolare riguardo alla tutela dei diritti sociali, ai servizi alla persona ed alla educazione alla pace fra i popoli” nonché partecipare alla salvaguardia e tutela del patrimonio nazionale, con particolare riguardo al settore ambientale.
Tale legge ha definito le aree di intervento nelle quali sia possibile prestare il Servizio civile nazionale (i seguenti settori: assistenza; protezione civile; ambiente; patrimonio artistico e culturale; educazione e promozione culturale; servizio civile all'estero).
Quali enti di servizio civile - che presentano progetti e sono tenuti ad assicurare una efficiente gestione del Servizio civile nazionale ed una corretta realizzazione dello stesso progetto - vi sono previsti le amministrazioni pubbliche, le associazioni non governative (ONG) e le associazioni no profit che operano in quegli ambiti.
Il decreto legislativo n. 77 del 2002 ha dato attuazione alla delega recata dalla legge n. 64, innalzando tra l’altro il limite di età dei volontari a 28 anni. Inoltre, alcune funzioni sono trasferite alle Regioni, che curano l'attuazione degli interventi di servizio civile secondo le rispettive competenze e istituiscono albi su scala regionale, nei quali possono iscriversi gli enti e le organizzazioni che svolgono attività esclusivamente in àmbito regionale e provinciale (art. 5, comma 2). Rimane in capo all’Ufficio del Servizio civile nazionale la tenuta dell’albo nazionale.
In correlazione con tale disciplina, l’articolo 3 della legge n. 3 del 2003 (Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione), di poco successiva, ha soppresso l’Agenzia per il servizio civile (prevista dall’articolo 10, comma 7-9, del decreto legislativo n. 303 del 1999 sulla Presidenza del Consiglio ma di fatto mai istituita), con ciò confermando il mantenimento dei compiti di organizzazione, attuazione e svolgimento del Servizio civile in capo all’Ufficio nazionale per il servizio civile.
Successivamente, l’articolo 1, comma 6, del decreto-legge n. 181 del 2006 in materia di attribuzioni alla Presidenza del Consiglio dei ministri assegnava al neoistituito allora Ministero della solidarietà sociale le funzioni concernenti il Servizio civile nazionale.
L’articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 85 del 2008, finalizzato a dare attuazione al nuovo assetto strutturale del Governo, ha poi nuovamente trasferito le funzioni concernenti il Servizio civile nazionale alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
La Corte costituzionale è intervenuta in materia anche con la sentenza n. 119 del 2015 dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, del decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77 nella parte in cui prevede il requisito della cittadinanza italiana ai fini dell’ammissione allo svolgimento del servizio civile. Di conseguenza, in un primo momento, la norma incostituzionale viene disapplicata dal Dipartimento per la gioventù e il servizio civile nazionale, in via amministrativa, in sede di predisposizione dei bandi.
Su tale questione è intervenuta, altresì, la legge 6 giugno 2016, n. 106 (Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale) introducendo espressamente, tra l’altro, l’accesso al servizio civile anche degli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia, ampliando quanto previsto dalla sentenza della Corte costituzionale che faceva riferimento ai residenti.
In attuazione dell’articolo 8 della legge delega in ultimo citata, e nell'ambito della legge per la riforma del Terzo settore, il decreto legislativo n. 40 del 2017 ha, infine, istituito il servizio civile “universale” (nella precedente normativa il riferimento era al servizio civile "nazionale") finalizzato alla difesa non armata e nonviolenta della Patria, all'educazione alla pace tra i popoli, nonché alla promozione dei valori fondativi della Repubblica modificando la disciplina relativa al servizio civile.
I settori di intervento in cui si realizzano le finalità del servizio civile universale sono: assistenza; protezione civile; patrimonio ambientale e riqualificazione urbana; patrimonio storico, artistico e culturale; educazione e promozione culturale e dello sport; agricoltura in zona di montagna, agricoltura sociale e biodiversità; promozione della pace tra i popoli, della nonviolenza e della difesa non armata; promozione e tutela dei diritti umani; cooperazione allo sviluppo; promozione della cultura italiana all'estero e sostegno alle comunità di italiani all'estero.
Alla base della programmazione del servizio civile universale è collocato il Piano triennale, modulato per Piani annuali; tali Piani sono predisposti dalla Presidenza del Consiglio dei ministri sentite le amministrazioni competenti in base al settore e sono approvati con DPCM, previo parere della Consulta nazionale per il servizio civile universale e della Conferenza Stato-regioni. Il Piano triennale è attuato mediante programmi di intervento proposti dagli enti di servizio civile universale che si articolano, a loro volta, in progetti i quali indicano: le azioni; il numero e la distribuzione degli operatori volontari nelle sedi di attuazione il personale dell'ente coinvolto.
La Presidenza del Consiglio cura l'amministrazione e la programmazione annuale delle risorse del Fondo nazionale per il servizio civile, alimentato con le risorse derivanti dal bilancio dello Stato nonché da altre fonti pubbliche e private, comprese quelle comunitarie.
In ultimo, con il decreto-legge 22 aprile 2023, n. 44 è stata introdotta la riserva parti ad una quota del 15 per cento in favore degli operatori volontari che hanno concluso il servizio civile universale nei concorsi pubblici per la carriera non dirigenziale.
Istituzione e disciplina del servizio civile universale, a norma dell'articolo 8 della legge 6 giugno 2016, n. 106 (D.Lgs. 40/2017) |
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Testo previgente |
Modificazioni apportate dall’art. 4, comma 4 |
Art. 18, comma 4 |
Art. 18, comma 4 |
4. A favore degli operatori volontari che hanno concluso il servizio civile universale senza demerito è riservata una quota pari al 15 per cento dei posti nei concorsi per l'assunzione di personale non dirigenziale indetti dalle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dalle aziende speciali e dagli enti di cui al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, fermi restando i diritti dei soggetti aventi titolo all'assunzione ai sensi della legge 12 marzo 1999, n. 68, e tenuto conto dei limiti previsti dall'articolo 5, primo comma, del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, e dall'articolo 52, comma 1-bis, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001. Se la riserva di cui al primo periodo non può operare integralmente o parzialmente, perché dà luogo a frazioni di posto, tali frazioni si cumulano con le riserve relative ai successivi concorsi per l'assunzione di personale non dirigenziale banditi dalla medesima amministrazione, azienda o ente oppure sono utilizzate nei casi in cui si procede a ulteriori assunzioni attingendo alla graduatoria degli idonei. |
4. A favore degli operatori volontari che hanno concluso il servizio civile universale ovvero il servizio nazionale di cui alla legge 6 marzo 2001, n. 64 senza demerito è riservata una quota pari al 15 per cento dei posti nei concorsi per l'assunzione di personale non dirigenziale indetti dalle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dalle aziende speciali e dagli enti di cui al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, fermi restando i diritti dei soggetti aventi titolo all'assunzione ai sensi della legge 12 marzo 1999, n. 68, e tenuto conto dei limiti previsti dall'articolo 5, primo comma, del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, e dall'articolo 52, comma 1-bis, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001. Se la riserva di cui al primo periodo non può operare integralmente o parzialmente, perché dà luogo a frazioni di posto, tali frazioni si cumulano con le riserve relative ai successivi concorsi per l'assunzione di personale non dirigenziale banditi dalla medesima amministrazione, azienda o ente oppure sono utilizzate nei casi in cui si procede a ulteriori assunzioni attingendo alla graduatoria degli idonei. |
Articolo 4, comma 5
(Servizio civile universale per i beneficiari del Supporto formazione e lavoro)
L’articolo 4, comma 5, dispone che, in relazione alle quote supplementari destinate allo svolgimento del Servizio civile universale al fine dell’erogazione del Supporto formazione e lavoro presenti nei relativi bandi di selezione, non si deroghi più a talune disposizioni vigenti che fissano determinati requisiti di partecipazione.
Quindi in base alla novella in esame possono partecipare i cittadini italiani o di Paesi UE e gli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia che, alla data di presentazione della domanda, abbiano compiuto il diciottesimo e non superato il ventottesimo anno di età, e si escludono coloro che hanno già svolto il servizio civile nazionale o universale.
Preliminarmente, occorre ricordare che il beneficio denominato Supporto formazione e lavoro – ai sensi dell’art. 12 del D.L. 48/2023, su cui interviene il presente articolo 4, comma 2 - consiste in un’indennità mensile di 500 euro riconosciuta in favore dei soggetti di età compresa tra 18 e 59 anni che versano in determinate condizioni economiche e che non hanno i requisiti per accedere all’Assegno di inclusione, a condizione che gli stessi partecipino a progetti di politiche attive del lavoro, ivi compreso il Servizio civile universale.
Per lo svolgimento di tali ultime attività – nonché, come disposto dall’articolo 4, comma 4, del presente provvedimento (alla cui scheda di lettura si rinvia), del Servizio civile nazionale - possono essere riservate quote supplementari nei relativi bandi di selezione, ma, ai sensi della disposizione in commento, non più in deroga a determinate disposizioni, come invece previsto finora.
In particolare, tali bandi non possono più derogare ai requisiti di partecipazione previsti dall’articolo 14, comma 1, del D.Lgs. 40/2017, in base al quale sono ammessi a svolgere il servizio civile universale (su base volontaria e senza distinzioni di sesso) i cittadini italiani o di Paesi appartenenti all'UE e gli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia che, alla data di presentazione della domanda, abbiano compiuto il diciottesimo e non superato il ventottesimo anno di età, e dall’articolo 16, comma 8, del medesimo D.Lgs. 40/2017, in base al quale i soggetti che hanno già svolto il servizio civile nazionale o universale non possono presentare istanze di partecipazione ad ulteriori selezioni.
D.L. n. 48 del 2023 |
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Testo previgente |
Modificazioni apportate dall’art. 4, comma 5. |
Art. 12 |
Art. 12 |
1. Al fine di favorire l'attivazione nel mondo del lavoro delle persone a rischio di esclusione sociale e lavorativa, è istituito, dal 1° settembre 2023, il Supporto per la formazione e il lavoro quale misura di attivazione al lavoro, mediante la partecipazione a progetti di formazione, di qualificazione e riqualificazione professionale, di orientamento, di accompagnamento al lavoro e di politiche attive del lavoro comunque denominate. Nelle misure del Supporto per la formazione e il lavoro rientra il servizio civile universale di cui al decreto legislativo 6 marzo 2017, n. 40, per lo svolgimento del quale gli enti preposti possono riservare quote supplementari in deroga ai requisiti di partecipazione di cui all'articolo 14, comma 1, e alla previsione di cui all'articolo 16, comma 8, del citato decreto legislativo n. 40 del 2017. Nelle misure del Supporto rientrano anche i progetti utili alla collettività definiti ai sensi dell'articolo 6, comma 5-bis, del presente decreto |
1. Al fine di favorire l'attivazione nel mondo del lavoro delle persone a rischio di esclusione sociale e lavorativa, è istituito, dal 1° settembre 2023, il Supporto per la formazione e il lavoro quale misura di attivazione al lavoro, mediante la partecipazione a progetti di formazione, di qualificazione e riqualificazione professionale, di orientamento, di accompagnamento al lavoro e di politiche attive del lavoro comunque denominate. Nelle misure del Supporto per la formazione e il lavoro rientra il servizio civile universale di cui al decreto legislativo 6 marzo 2017, n. 40, per lo svolgimento del quale gli enti preposti possono riservare quote supplementari per l’attuazione di tali misure. Nelle misure del Supporto rientrano anche i progetti utili alla collettività definiti ai sensi dell'articolo 6, comma 5-bis, del presente decreto |
2-14 (Omissis) |
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Il comma 6 dell’articolo 4 prevede, anche al fine del superamento del caso EU Pilot (2021)9915/Empl[43], che le stabilizzazioni e le altre assunzioni, già consentite da norme transitorie, di soggetti già impegnati in lavori socialmente utili o di pubblica utilità possano essere effettuate entro il 31 dicembre 2025.
L’intervento di cui al presente comma 6 si inserisce nel seguente quadro normativo transitorio:
- l’articolo 2, comma 1, del D.L. 22 giugno 2023, n. 75, convertito, con modificazioni, dalla L. 10 agosto 2023, n. 112, consente che le pubbliche amministrazioni assumano a tempo indeterminato, entro il 30 giugno 2026, i soggetti già impegnati in lavori socialmente utili o di pubblica utilità richiamati dal medesimo comma 1, in posizione di lavoratori sovrannumerari e in deroga alla dotazione organica e alla condizione del rispetto del piano di fabbisogno del personale, ma fermi restando i vincoli assunzionali previsti dalla disciplina vigente. Tale termine viene sostituito, da parte del presente comma 6, con quello del 31 dicembre 2025;
- la novella operata dall’articolo 1, comma 6, lettera b), del D.L. 30 dicembre 2023, n. 215, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 febbraio 2024, n. 18[44], prevede che fino al 31 dicembre 2024 i soggetti già impegnati in lavori socialmente utili o in attività di pubblica utilità possano essere assunti – da parte della pubblica amministrazione già utilizzatrice[45] – anche in deroga ai limiti stabiliti per le assunzioni dalla normativa vigente. Con riferimento a quest’ultima fattispecie, il comma 6 consente la conclusione entro il 31 dicembre 2025 delle procedure di stabilizzazione, a condizione che le stesse siano state avviate alla data di entrata in vigore del presente decreto (15 marzo 2025).
Il comma 6 in esame fa riferimento anche alla finalità di esaurire il bacino storico dei lavoratori socialmente utili, impiegati nelle regioni Basilicata, Calabria, Campania e Puglia.
Il suddetto caso EU Pilot (2021)9915/Empl concerne la conformità o meno delle norme relative ai soggetti già impegnati in lavori socialmente utili o di pubblica utilità con la disciplina dell’Unione europea limitativa dell’utilizzo e della durata dei contratti a tempo determinato (disciplina posta dalla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato).
Con riferimento alla giurisprudenza costituzionale in materia di procedure di stabilizzazione del personale precario e di principio del “pubblico concorso” ai sensi dell’articolo 97 della Costituzione si rinvia alla ricostruzione presente nella scheda relativa all’articolo 1.
L’articolo 4, comma 7, prevede che gli enti pubblici di ricerca elencati dall’articolo 1, comma 308, della legge n. 213 del 2023 (legge di bilancio per il 2024), enti vigilati da varie Amministrazioni centrali, possono – al fine del passaggio di ricercatori e tecnologi di ruolo dal terzo al secondo livello, nell’ambito delle risorse già stanziate ai sensi dei commi da 308 a 310 del suddetto articolo 1 e disponibili per il singolo ente – adottare procedure di selezione riservate (come già previsto dalle norme vigenti in oggetto) o avvalersi di quelle già svolte prima del 1° gennaio 2024 (data di entrata in vigore della citata L. n. 213).
Gli enti di ricerca interessati sono i seguenti:
§ Istituto nazionale di statistica (ISTAT); amministrazione competente: Ministero dell’economia e delle finanze;
§ Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA); amministrazione competente: Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica;
§ Istituto superiore di Sanità (ISS); amministrazione competente: Ministero della salute;
§ Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente (ENEA); amministrazione competente: Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica;
§ Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche[46] (INAPP); amministrazione competente: Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
§ Ispettorato Nazionale per la Sicurezza Nucleare e la Radioprotezione (ISIN); amministrazione competente: Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica;
§ Consorzio Laboratorio di monitoraggio e modellistica ambientale per lo sviluppo sostenibile (LAMMA); amministrazione competente: Ministero dell’università e della ricerca;
§ Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), con riferimento al personale ex ISPESL; amministrazione competente: Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
§ Agenzia Spaziale Italiana (ASI); amministrazione competente: Presidenza del Consiglio dei ministri;
§ Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (CREA); amministrazione competente: Ministero dell’agricoltura, della sovranità popolare e delle foreste.
Il comma 309 del citato articolo 1 della legge n. 213 del 2023 assegna:
1. 14,52 milioni di euro per l'accesso al secondo livello dei ricercatori e tecnologi di terzo livello, previo superamento di procedure selettive riservate;
2. 20,80 milioni per la valorizzazione del personale tecnico-amministrativo secondo i criteri ivi posti e quelli definiti dal D.P.C.M. attuativo[47] e dalla contrattazione collettiva integrativa.
Si ricorda che il comma 309 demanda al D.P.C.M. di riparto delle risorse tra gli enti beneficiari (di cui al successivo comma 310) anche l’individuazione dei princìpi generali per la definizione degli obiettivi e l'attribuzione delle predette risorse al personale tecnico-amministrativo.
Il D.P.C.M. 25 giugno 2024 reca nella tabella A il riparto (tra gli enti) delle suddette risorse destinate al passaggio al secondo livello di ricercatori e tecnologi di ruolo di terzo livello e nella tabella B il riparto (tra gli enti) delle risorse destinate alla valorizzazione del personale tecnico-amministrativo.
Il medesimo D.P.C.M. prevede, inoltre, che gli enti beneficiari provvedano all'assegnazione delle risorse al personale tecnico-amministrativo, “tenuto conto del grado di partecipazione offerto, in termini orari e qualitativi, a progetti, attività ed eventi finalizzati al raggiungimento di più elevati obiettivi nell'ambito della ricerca”.
Articolo 4, comma 8
(Utilizzo graduatorie AFAM per l’anno accademico 2025-2026)
Il comma 8 dell’articolo 4, al fine di consentire la prosecuzione del regolare svolgimento delle attività delle AFAM, prevede l’applicazione anche per l’anno accademico 2025-26, delle disposizioni che consentono l’utilizzo delle graduatorie nazionali a esaurimento di cui all'articolo 2-bis del decreto-legge 7 aprile 2004, n. 97, cosiddette graduatorie “143”, utili per l'attribuzione degli incarichi di insegnamento con contratto a tempo indeterminato e determinato.
Il comma 8 dell’articolo 4, al fine di consentire la prosecuzione del regolare svolgimento delle attività delle AFAM, prevede l’applicazione anche per l’anno accademico 2025-26, delle disposizioni di cui all’articolo 19, comma 1 del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104.
Il citato articolo 19 comma 1, al fine di consentire il regolare svolgimento delle attività delle istituzioni AFAM per l'anno accademico 2013-2014, ha trasformato in graduatorie nazionali a esaurimento, utili per l'attribuzione degli incarichi di insegnamento con contratto a tempo indeterminato e determinato, le graduatorie istituite dall'articolo 2-bis del decreto-legge 7 aprile 2004, n. 97 e riservate ai docenti precari che hanno prestato servizio per 360 giorni nelle istituzioni AFAM. Si tratta delle graduatorie note come “143” (dal numero della legge di conversione del decreto-legge n. 97 del 2004 sopra citato, che le ha istituite).
L’applicazione delle disposizioni in parola, originariamente prevista, come si è detto, al fine di consentire il regolare svolgimento delle attività delle istituzioni AFAM per l'anno accademico 2013-2014, è stata poi successivamente estesa agli anni accademici successivi: da ultimo, per l’anno accademico in corso, 2024-2025, dall’articolo 6, comma 6, del decreto-legge n. 215 del 2023.
La disposizione ora in commento estende, dunque la validità delle graduatorie “143” anche per il prossimo anno accademico, 2025-2026.
Si segnala che in materia di programmazione e reclutamento del personale docente e del personale amministrativo e tecnico del comparto AFAM, in attuazione dell’articolo 2, comma 7, lettere a) ed e), e 8, lettere a-bis), l-bis) e l-ter), della legge 21 dicembre 1999, n. 508, è stato adottato il decreto del Presidente della Repubblica n. 83 del 2024.
Il decreto in questione, che ha sostituito il precedente decreto del Presidente della Repubblica n. 143 del 2019, recependo le modifiche imposte delle integrazioni apportate nel corso degli anni 2022 e 2023 alla legge delega originaria, risalente come si è detto al 1999, ha in particolare provveduto ad introdurre l’abilitazione artistica nazionale, a riformare modalità e tempistiche del ciclo del reclutamento e della mobilità e ad introdurre la figura del ricercatore AFAM e l’istituto delle cattedre a tempo definito.
L’articolo 1 del citato decreto, rubricato “definizioni”, reca, al comma 1, lettera i), la definizione di “graduatorie nazionali”, ricomprendendo in tale nozione una serie di graduatorie, tra cui quelle cosiddette “143”.
L’articolo 2, comma 17, prevede che, pur non essendo in possesso dei titoli prescritti (laurea magistrale, diploma accademico di secondo livello, o titoli equiparati o equipollenti) coloro che sono inseriti nelle graduatorie nazionali rientrano tra i soggetti che possono partecipare alla prima procedura per il conseguimento dell’abilitazione artistica nazionale.
L’articolo 17 del citato decreto, recante disposizioni finali e transitorie, prevede, al comma 9, che fino alla conclusione della prima procedura di abilitazione artistica nazionale, coloro che risultano inseriti nelle graduatorie nazionali rientrano tra coloro che possono partecipare alle procedure di reclutamento a tempo indeterminato dei docenti AFAM.
Il comma 11 del medesimo articolo 17 prevede che, fino al loro esaurimento, il reclutamento del personale docente AFAM a tempo indeterminato e a tempo determinato avviene prioritariamente a valere su tali graduatorie, nella misura in cui esse risultano capienti in relazione agli insegnamenti per i quali le istituzioni AFAM intendono reclutare.
La relazione illustrativa informa che il citato regolamento, ancorché entrato in vigore il 5 luglio 2024, all’articolo 17, comma 8, prevede che l’applicazione effettiva delle disposizioni normative decorra a partire dall’anno accademico 2025/2026. Tale differimento temporale è volto a consentire la conclusione delle necessarie attività propedeutiche alla attivazione delle nuove modalità di reclutamento che, si prevede, avranno verosimilmente termine solo nei primi mesi del 2025.
Pertanto, prosegue la medesima relazione, nelle more della effettiva applicazione delle nuove disposizioni normative, “si ritiene necessario utilizzare per un ulteriore anno le graduatorie nazionali non ancora esaurite al fine di consentire di salvaguardare il diritto di coloro che sono inseriti nelle stesse (residuano un posto per “Restauro per la decorazione”, due posti per “Oboe”, uno per “Lingua e letteratura italiana”)”, al fine di non ledere la legittima aspettativa di coloro che, inseriti nelle graduatorie nazionali, attendono di essere individuati, prioritariamente, quali destinatari di contratti di insegnamento.
Più in generale, è opportuno ricordare che il sistema italiano dell’Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica (AFAM) è stato disciplinato dalla legge 508 del 1999.
Ai sensi della predetta legge esso comprende le Accademie di belle arti, dall'Accademia nazionale di arte drammatica, dall'Accademia nazionale di danza, dagli Istituti superiori per le industrie artistiche (ISIA), dai Conservatori di musica e dagli Istituti musicali pareggiati. La maggior parte sono statali, uno è regionale e gli altri sono privati legalmente riconosciuti.
Le istituzioni AFAM sono sedi primarie di alta formazione, di specializzazione e di ricerca nel settore artistico e musicale e svolgono correlate attività di produzione. Sono dotate di personalità giuridica e godono di autonomia statutaria, didattica, scientifica, amministrativa, finanziaria e contabile ai sensi del presente articolo, anche in deroga alle norme dell'ordinamento contabile dello Stato e degli enti pubblici, ma comunque nel rispetto dei relativi principi.
Esse istituiscono e attivano corsi di formazione ai quali si accede con il possesso del diploma di scuola secondaria di secondo grado, nonché corsi di perfezionamento e di specializzazione. Le predette istituzioni rilasciano specifici diplomi accademici di primo e secondo livello, nonché di perfezionamento, di specializzazione e di dottorato di ricerca in campo artistico e musicale.
Dei 105 istituti statali, il gruppo più numeroso è quello dei 73 Conservatori di musica pubblici, presenti in tutte le regioni: 70 sono Conservatori di musica statali, a cui si aggiungono l’Istituto statale superiore di studi musicali e coreutici di Teramo, l’Istituto musicale pareggiato della Valle d’Aosta/Conservatoire de la Vallée d’Aoste (promosso dalla Regione autonoma) e la sezione musicale del Politecnico delle Arti statale di Bergamo, nato dalla fusione a livello locale fra il Conservatorio e l’Accademia di Belle Arti.
Oltre a quest’ultima, le altre 24 Accademie di Belle Arti statali sono presenti in 15 regioni (tutte tranne Basilicata, Friuli-Venezia Giulia, Molise, Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta).
L’Accademia nazionale di Arte drammatica “Silvio D’Amico” e l’Accademia nazionale di danza hanno sede a Roma.
I cinque Istituti Superiori per le Industrie Artistiche (ISIA) si trovano a Faenza (RA), Firenze, Roma, Pescara e Urbino.
A fianco degli istituti pubblici, esistono istituti AFAM privati, autorizzati dal Ministero al rilascio di titoli aventi valore legale per specifici corsi accademici, nei campi delle belle arti, del costume, del design, del lusso, della moda, del teatro e delle nuove tecnologie.
La costituzione di nuovi istituti statali di Alta formazione artistica, musicale e coreutica è possibile esclusivamente per legge. Con la statizzazione AFAM 2022 sono stati inseriti nel circuito pubblico 21 istituti di consolidata tradizione, che hanno acquisito il titolo di Conservatorio o di Accademia di Belle Arti statale.
Soggetti non statali, con consolidata esperienza formativa nel settore AFAM, possono essere autorizzati dal Ministero al rilascio di titoli aventi valore legale, a seguito di valutazione positiva dell’ordinamento didattico da parte del Consiglio Nazionale per l’alta formazione Artistica e Musicale (CNAM) e della certificazione della qualità della docenza impiegata e dei requisiti di sostenibilità economica e strutturale della sede da parte dell’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR). Il possesso di tali requisiti viene verificato periodicamente ai fini della conferma dell'autorizzazione.
Per quanto riguarda il personale delle istituzioni AFAM, dal documento “Focus: il sistema AFAM. Anno accademico 2023-2024”, predisposto dal Ministero dell’università e della ricerca, esso risultava composto, nel citato anno accademico, da circa 18.400 unità di personale docente (di cui circa la metà strutturato, a tempo indeterminato o determinato, e l’altra metà a contratto) e da oltre 4.200 unità di personale tecnico-amministrativo.
Nel corso degli ultimi dieci anni, il personale docente del comparto è cresciuto di circa il 60 per cento: tale crescita si è concentrata in modo assai evidente nel sottoinsieme dei docenti a contratto (cresciuti del 170 per cento) rispetto al sottoinsieme dei docenti strutturati (cresciuti del 12 per cento).
Capo III – Misure urgenti in materia di reclutamento di particolari categorie di personale
Articolo 5, commi 1-5
(Reclutamento personale Ministero dell’interno)
L’articolo 5, commi da 1 a 5, incrementa di 200 unità (nell’area degli assistenti, profilo di assistente amministrativo) la dotazione organica del personale dell’amministrazione civile del Ministero dell’interno “al fine di assicurare la costante funzionalità ed efficienza delle strutture territoriali del Ministero dell’interno, anche con riferimento alla trattazione delle problematiche connesse alla gestione dei flussi migratori”, in aggiunta alle vigenti facoltà assunzionali.
Il comma 1 dell’articolo 5 incrementa di 200 unità la dotazione organica del personale dell’amministrazione civile del Ministero dell’interno “al fine di assicurare la costante funzionalità ed efficienza delle strutture territoriali del Ministero dell’interno, anche con riferimento alla trattazione delle problematiche connesse alla gestione dei flussi migratori”.
Conseguentemente, in base al comma 2, il Ministero dell’interno è autorizzato a reclutare, in aggiunta alle vigenti facoltà assunzionali, e nelle more delle modifiche da apportare alla relativa pianta organica, un corrispondente contingente di personale appartenente all’area degli assistenti, profilo di assistente amministrativo, con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e senza il previo svolgimento delle procedure di mobilità. Il reclutamento avverrà mediante l’indizione di apposite procedure concorsuali pubbliche o lo scorrimento delle vigenti graduatorie.
In questo quadro, il Ministero dell’interno è poi autorizzato ad avvalersi delle seguenti procedure:
· quelle previste dall’articolo 35-quater, comma 3-bis, del decreto legislativo n. 165 del 2001 (cd. Testo unico delle pubbliche amministrazioni);
La disposizione richiamata, introdotta dal decreto-legge n. 36 del 2022, ha individuato i criteri generali di svolgimento delle procedure concorsuali per le assunzioni nelle pubbliche amministrazioni[48]; tra questi: a) l’espletamento di almeno una prova scritta, anche a contenuto teorico-pratico, e di una prova orale, che comprenda anche l’accertamento della conoscenza di almeno una lingua straniera; b) l'utilizzo di strumenti informatici e digitali e, facoltativamente, lo svolgimento in videoconferenza della prova orale, garantendo comunque l'adozione di soluzioni tecniche che ne assicurino la pubblicità, l'identificazione dei partecipanti, la sicurezza delle comunicazioni e la loro tracciabilità; c) che le prove di esame possano essere precedute da forme di preselezione con test predisposti anche da imprese e soggetti specializzati in selezione di personale, nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente.
· quelle previste dall’articolo 1, comma 4, lettera b), del decreto-legge n. 44 del 2023.
Tale disposizione consente al Ministero dell’interno di richiedere alla Commissione per l'attuazione del progetto di riqualificazione delle pubbliche amministrazioni (RIPAM) di avviare procedure di reclutamento per il personale non dirigenziale dell'amministrazione civile dell'interno mediante concorso pubblico per titoli ed esami, bandito su base provinciale e svolto anche mediante l'uso di tecnologie digitali. Ogni candidato può presentare domanda per un solo ambito provinciale e per una sola posizione tra quelle messe a bando. Qualora una graduatoria provinciale risulti incapiente rispetto ai posti messi a concorso, l'amministrazione può coprire i posti ancora vacanti mediante scorrimento delle graduatorie degli idonei non vincitori per la medesima posizione di lavoro in altri ambiti provinciali, previo interpello e acquisito l'assenso degli interessati. Ferme restando, a parità di requisiti, le riserve previste dalla legge, relativamente ai titoli valutabili, il bando può prevedere l'attribuzione di un punteggio doppio per il titolo di studio richiesto per l'accesso, qualora il predetto titolo sia stato conseguito non oltre cinque anni prima del termine previsto per la presentazione della domanda di partecipazione alla procedura di reclutamento. Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 35, comma 5, del decreto legislativo n. 165 del 2001, le amministrazioni pubbliche possono avvalersi per lo svolgimento delle procedure concorsuali della Commissione RIPAM. La Commissione RIPAM è nominata con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione ed è composta dal Capo del Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, che la presiede, dall'Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per gli ordinamenti del personale e l'analisi dei costi del lavoro pubblico del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia e delle finanze e dal Capo del Dipartimento per le politiche del personale dell'amministrazione civile e per le risorse strumentali e finanziarie del Ministero dell'interno, o loro delegati. La Commissione: a) approva i bandi di concorso per il reclutamento di personale a tempo indeterminato; b) indice i bandi di concorso e nomina le commissioni esaminatrici; c) valida le graduatorie finali di merito delle procedure concorsuali trasmesse dalle commissioni esaminatrici; d) assegna i vincitori e gli idonei delle procedure concorsuali alle amministrazioni pubbliche interessate. Si ricorda infine che, in base a quanto previsto dall’articolo 35-quater, comma 3-bis, del decreto legislativo n. 165 i criteri di svolgimento delle procedure concorsuali previsti dal medesimo articolo 35-quater, comma 3-bis (e già sopra richiamati) si applicano anche ai concorsi indetti dalla Commissione RIPAM. Modifiche alle funzioni della Commissione RIPAM sono apportate dall’articolo 3 del decreto-legge in commento, alle cui schede di lettura si rinvia.
Il comma 2 autorizza infine, per l’attuazione del comma la spesa di 3.995.247 euro per l’anno 2025 e di euro 7.990494 (è assente la specificazione: “annui”) a decorrere dall’anno 2026 per gli oneri assunzionali, di euro 202.899 per l’anno 2025 e di euro 405.797 annui a decorrere dall’anno 2026 per il compenso del lavoro straordinario nonché di euro 168.000 per l’anno 2025 e di euro 336.000 (anche in questo caso è assente la specificazione: “annui”) a decorrere dall’anno 2026 per i buoni pasto. È altresì autorizzata la spesa di 448.000 euro per il 2025 per lo svolgimento delle procedure concorsuali.
In relazione alle procedure concorsuali previste dal comma 2, il comma 4 stabilisce che costituisce titolo di preferenza l’avere svolto nell’amministrazione civile del Ministero dell’interno, nell’ultimo quinquennio per almeno un anno entro il 30 aprile 2025 attività lavorativa con contratto a termine, anche per il tramite di agenzie di lavoro interinale in compiti amministrativi connessi alla gestione dei flussi migratori.
Il medesimo titolo di preferenza è previsto per le procedure di reclutamento disposte dall’articolo 4, comma 5, del decreto-legge n. 145 del 2024, oggetto di modifica, come si illustrerà di seguito, da parte del comma 3 dell’articolo in commento.
Il comma 5 reca la copertura finanziaria, a valere sull’accantonamento del fondo speciale di parte corrente relativo al Ministero dell’interno, degli oneri derivanti dal comma 2. Tali oneri sono quantificati in euro 4.814.146 per l’anno 2025 (somma delle distinte autorizzazioni di spesa per tale anno previste dal comma 2: 3.995.247 euro, 202.899 euro, 168.000 euro e 448000 euro) e a euro 8.732.291 annui a decorrere dal 2026 (somma anch’essa delle distinte autorizzazioni di spesa previste a decorrere da tale anno dal comma 2: 7.990.494 euro, 405.797 euro e 336.000 euro).
Il comma 3 modifica l’articolo 4, comma 5, del decreto-legge n. 145 del 2024. Tale disposizione prevede che, al fine di assicurare la costante funzionalità ed efficienza delle strutture territoriali, anche con riferimento alla trattazione delle problematiche connesse alla gestione dei flussi migratori e della protezione internazionale, il Ministero dell'interno, per il triennio 2025-2027, è autorizzato a reclutare, in aggiunta alle vigenti facoltà assunzionali e con corrispondente incremento della dotazione organica, un contingente di personale pari a 200 unità appartenente all'area degli assistenti, con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, senza il previo svolgimento delle procedure di mobilità, mediante l'indizione di apposite procedure concorsuali pubbliche o lo scorrimento delle vigenti graduatorie di concorsi pubblici. Fino al 31 dicembre 2026, il Ministero dell'interno può avvalersi della procedura di cui all'articolo 35-quater, comma 3-bis, del decreto legislativo n. 165 del 2001, nonché delle procedure di cui all'articolo 1, comma 4, lettera b) del decreto-legge n. 44 del 2023.
La modifica apportata dal comma 3 specifica che le unità da assumere nell’area di assistenti avranno il profilo di “assistente amministrativo”.
In proposito si osserva che, a seguito della novella, il comma 5 dell’articolo 4 del decreto-legge n. 145 del 2024 appare di tenore identico ai commi 1 e 2 del presente articolo, fatta eccezione per il riferimento al triennio 2025-2027 quale arco temporale nel quale svolgere le procedure di reclutamento e per quello al 31 dicembre 2026 come data limite per ricorrere alle procedure dell’articolo 35-quater, comma 3-bis, del decreto legislativo n. 165 del 2001 e dell’articolo 1, comma 4, lettera b), del decreto-legge n. 44 del 2023.
Si valuti quindi l’opportunità di un coordinamento tra le disposizioni.
Si ricorda che il sistema di classificazione del personale non dirigenziale del comparto delle funzioni centrali dei ministeri è articolato in quattro livelli di conoscenze, abilità e competenze professionali (CCNL 2019-2021):
• Area degli operatori;
• Area degli assistenti;
• Area dei funzionari;
• Area delle elevate professionalità.
Appartengono all’area degli assistenti i lavoratori strutturalmente inseriti nel processo produttivo e nei sistemi di erogazione dei servizi e che ne svolgono fasi di processo e/o processi, nell’ambito di direttive di massima e di procedure predeterminate, anche attraverso la gestione di strumentazioni tecnologiche. Tale personale è chiamato a valutare nel merito i casi concreti e ad interpretare le istruzioni operative. Risponde inoltre dei risultati nel proprio contesto di lavoro.
Costoro devono avere le seguenti specifiche professionali:
• conoscenze teoriche esaurienti
• capacità pratiche necessarie a risolvere problemi di media complessità, in un ambito specializzato di lavoro
• responsabilità di risultato su ambiti circoscritti (fasi di processo o processi) ed eventualmente con responsabilità di supervisionare il lavoro di colleghi
Il requisito di base per l’accesso all’area è scuola secondaria di secondo grado.
L’area degli assistenti corrisponde, nella precedente classificazione del comparto ministeri, alla Seconda area, a sua volta articolata nei seguenti profili professionali:
• Contabile;
• Assistente linguistico;
• Assistente informatico;
• Assistente amministrativo;
• Assistente Tecnico.
Gli assistenti amministrativi del Ministero dell’interno provvedono, all’interno di indirizzi definiti, all’espletamento di compiti connessi al proprio settore di competenza nell'ambito di processi gestionali e di organizzazione. Svolgono, secondo il livello di complessità, responsabilità ed autonomia richiesti, attività istruttorie amministrative sulla base di procedure predefinite; assolvono a compiti presso i centri cifra; svolgono, nell'ambito di procedure predefinite, attività di sportello, con capacità di analisi e di risposta alle esigenze dell'utenza interna ed esterna. Svolgono attività di segreteria di commissioni; curano, in generale, i rapporti con il pubblico. Rilasciano copie, estratti e certificati nell'ambito delle proprie attribuzioni (Ministero dell’interno, Dipartimento per l’amministrazione generale, per le politiche del personale dell’amministrazione civile e per le risorse strumentali e finanziarie, Decreto del Capo Dipartimento 21 settembre 2022, n. 2196).
Articolo 5, comma 6
(Sistema informativo del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione)
Il comma 6 dell’articolo 5 prevede che il sistema informativo del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno acquisisca le informazioni concernenti l’ingresso dello straniero sul territorio nazionale dal Centro elaborazione dati della Direzione centrale della polizia criminale.
Il comma specifica che l’acquisizione dei dati è finalizzata alla razionalizzazione del trattamento e dello scambio delle informazioni relative ai procedimenti in capo allo sportello unico dell’immigrazione istituito in ogni provincia presso la prefettura-ufficio territoriale del Governo e responsabile del procedimento relativo all’assunzione di lavoratori subordinati stranieri a tempo determinato e indeterminato (sportello di cui all’articolo 22 del Testo unico in materia di immigrazione, decreto legislativo n. 286 del 1998).
Inoltre, più nel dettaglio, la disposizione specifica che:
· il sistema informativo del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione è quello istituito ai sensi dell’articolo 2, comma 2, del Regolamento per la razionalizzazione e l’interconnessione delle comunicazioni tra amministrazioni pubbliche in materia di immigrazione, adottato con il DPR n. 242 del 2004; tale disposizione prevede che ai fini della razionalizzazione del trattamento e dello scambio delle informazioni relative ai procedimenti di cui al testo unico e al regolamento, sono istituiti e tenuti dal Ministero dell'interno - Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione archivi automatizzati in materia di immigrazione e di asilo; la disposizione prevede anche che a tali archivi accedano le pubbliche amministrazioni interessate, individuate con decreto del Ministro dell'interno;
· il centro elaborazione dati della Direzione centrale della polizia criminale è quello previsto dall’articolo 8 della legge n. 121 del 1981 (nuovo ordinamento dell’Amministrazione della pubblica sicurezza) per la raccolta delle informazioni e dei dati che devono essere forniti anche dalle forze di polizia in materia di tutela dell’ordine, della sicurezza pubblica e di prevenzione e repressione della criminalità (ai sensi dell’articolo 6, primo comma, lettera a) della medesima legge; il successivo articolo 7 specifica anche che informazioni e dati devono riferirsi a notizie risultanti da documenti che comunque siano conservati dalla pubblica amministrazione o da enti pubblici, o risultanti da sentenze o provvedimenti dell'autorità giudiziaria o da atti concernenti l'istruzione penale acquisibili o da indagini di polizia).
L’articolo 7 della legge n. 121 del 1981 specifica anche che in ogni caso è vietato raccogliere informazioni e dati sui cittadini per il solo fatto della loro razza, fede religiosa od opinione politica, o della loro adesione ai principi di movimenti sindacali, cooperativi, assistenziali, culturali, nonché per la legittima attività che svolgano come appartenenti ad organizzazioni legalmente operanti nei settori sopraindicati.
Il comma in esame afferma che il sistema informativo del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno acquisisca le informazioni concernenti l’ingresso dello straniero sul territorio nazionale dal Centro elaborazione dati della Direzione centrale della polizia criminale “comunicandone gli esiti”.
Al riguardo, si valuti l’opportunità di specificare la portata normativa dell’utilizzo dell’espressione “comunicandone gli esiti”.
In proposito, la relazione illustrativa afferma che il sistema informativo del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno dovrebbe in particolare acquisire dal Centro elaborazione dati della Direzione centrale della polizia criminale “che ne riceve gli esiti”, le informazioni relative al primo controllo di polizia effettuato all’ingresso dello straniero sul territorio nazionale; gli “esiti” sarebbero quindi quelli del primo controllo di polizia e a riceverli sarebbe il sistema informativo del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione.
Articolo 6
(Disposizioni relative al Corpo nazionale dei vigili del fuoco)
Il comma 1 prevede che il personale femminile in congedo di maternità, il quale frequenti il corso di formazione iniziale per l’accesso ai ruoli del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, sia sospeso dal servizio per l’intera durata del congedo, fermo restando il diritto alla retribuzione fondamentale ed agli istituti di retribuzione aventi carattere fisso e ricorrente. E stabilisce che al termine del congedo, tale personale sia ammesso a partecipare al primo corso utile ed a ripetere, per una sola volta, il periodo di applicazione pratica, con l’obbligo, nel periodo intercorrente tra la fine del congedo e l’inizio del corso, di prestare servizio presso il comando di residenza con mansioni di supporto.
Il comma 2 prescrive un incremento delle risorse – per 812.000 euro annui dal 2025 - dei fondi di incentivazione del Corpo.
Il comma 3 istituisce un Fondo nello stato di previsione del Ministero dell’interno, per l’emanazione di provvedimenti normativi relativi al personale permanente e volontario (mediante modifica, revisione e semplificazione del decreto legislativo n. 139 del 2006 e del decreto legislativo n. 217 del 2005). Si tratta di una dotazione di 28 milioni nel 2025; 28 milioni nel 2026; 34 milioni a decorrere dal 2027.
Il comma 4 proroga a tutto il 2025 il termine per il perfezionamento dei provvedimenti negoziali relativi al triennio 2022-2024, ai fini dell’erogazione del Fondo da destinare alla disciplina degli istituti normativi nonché ai trattamenti economici accessori del personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Si tratta del Fondo istituito dall’articolo 1, comma 347, della legge 30 dicembre 2023, n. 213 (legge di bilancio 2024).
L’articolo reca disposizioni in materia di reclutamento del personale e funzionalità del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Il comma 1 reca una disciplina relativa al personale femminile del Corpo nazionale dei vigili del fuoco soggetto all’obbligo di astensione dal lavoro per maternità, previsto dal Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità (decreto legislativo n. 151 del 2001) all’articolo 16.
Il decreto legislativo n. 151 del 2006 secondo la lettera dell’articolo 1, disciplina i congedi, i riposi, i permessi e la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori connessi alla maternità e paternità di figli naturali, adottivi e in affidamento, nonché il sostegno economico alla maternità e alla paternità, fatte espressamente salve le condizioni di maggior favore stabilite da leggi, regolamenti, contratti collettivi, e da ogni altra disposizione. Il decreto è stato da ultimo modificato dalla legge di bilancio 2025 (legge 30 dicembre 2024, n. 207).
È opportuno specificare che, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera a), agli effetti di tale decreto, per "congedo di maternità" si intende l'astensione obbligatoria dal lavoro della lavoratrice.
L’articolo 16, comma 1, stabilisce espressamente il divieto di adibire al lavoro le donne nei seguenti casi:
a) durante i due mesi precedenti la data presunta del parto, salvo quanto previsto all'articolo 20 (che, in sintesi, attribuisce alle lavoratrici la facoltà di astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto e nei quattro mesi successivi al parto, a condizione che il medico specialista attesti che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro);
b) ove il parto avvenga oltre tale data, per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto;
c) durante i tre mesi dopo il parto, salvo quanto previsto dal già richiamato articolo 20;
d) durante i giorni non goduti prima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta (la norma prescrive, in tal caso, che tali giorni si aggiungano al periodo di congedo di maternità dopo il parto, anche qualora la somma dei periodi di cui alle lettere a) e c) superi il limite complessivo di cinque mesi).
Le principali disposizioni relative agli istituti a tutela della maternità applicabili ai rapporti di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione sono previste dal già richiamato decreto legislativo n. 151 del 2001, recante il testo unico sulla maternità e la paternità, come da ultimo modificato dalla legge di bilancio 2025. Accanto al già richiamato congedo di maternità, in sintesi, le disposizioni configurano e disciplinano i seguenti istituti: il congedo parentale (disposizioni del Capo V); riposi, permessi e congedi ulteriori a fronte di determinate fattispecie collegate alla maternità (disposizioni del Capo VI); congedi per la malattia del figlio (disposizioni del Capo VII).
Il comma 1 stabilisce che il personale femminile in congedo di maternità, nell’ipotesi in cui frequenti, secondo le vigenti disposizioni, il corso di formazione iniziale per l’accesso ai ruoli del Corpo nazionale, sia sospeso dal servizio per l’intera durata del congedo.
Dispone che nel periodo di sospensione si conservi in capo al suddetto personale il diritto a percepire l’intera retribuzione fondamentale, nonché le componenti della retribuzione aventi carattere fisso e ricorrente, secondo le disposizioni contrattuali disciplinanti il rapporto di lavoro con il Corpo nazionale.
Stabilisce che il personale in questione, al termine del periodo di congedo, sia ammesso a partecipare al primo corso utile ai fini dell’accesso iniziale ai ruoli del Corpo nazionale; e sia ammesso a ripetere, per una sola volta, il periodo di applicazione pratica (adempimenti previsti, come già ricordato, dall’articolo 6 del decreto legislativo n. 217 del 2005).
Prevede che, nel periodo intercorrente tra la fine del congedo e l’inizio del corso, il personale suddetto sia tenuto a prestare servizio presso il relativo comando di residenza con mansioni di supporto, fatto espressamente salvo l’eventuale esercizio del diritto di usufruire degli istituti a tutela della maternità.
Le disposizioni generali in materia di reclutamento e di formazione iniziale del personale del Corpo nazionale dei vigli del fuoco si trovano nel decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217, recante l’ “ordinamento del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”, adottato in attuazione della delega prevista dall’articolo 2 della legge 30 settembre 2004, n. 252 e oggetto di successive modifiche.
In proposito, l’attuale disposto dell’articolo 5 stabilisce che l’accesso alla qualifica di vigile del fuoco avviene mediante concorso pubblico, per titoli ed esami, con facoltà di far precedere le prove di esame da forme di preselezione; i vincitori di tale concorso sono nominati allievi vigili del fuoco ed ammessi alla frequenza al corso di formazione iniziale per l’accesso ai ruoli del Corpo nazionale, istituito e disciplinato dall’articolo successivo. L’articolo 6 stabilisce, infatti, che gli allievi vigili del fuoco frequentino, presso le scuole centrali antincendi o le altre strutture centrali e periferiche del Corpo nazionale, un corso di formazione residenziale della durata di nove mesi, di cui sei mesi di formazione teorico-pratica e tre mesi di applicazione pratica. Durante il periodo dei sei mesi di formazione, gli allievi non possono essere impiegati in servizi operativi, e al termine di tale periodo il direttore centrale per la formazione del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, su proposta del dirigente delle scuole centrali antincendi, formula il giudizio di idoneità al servizio di istituto nei confronti degli allievi che abbiano superato l'esame teorico-pratico. La disposizione stabilisce, poi, che gli allievi riconosciuti idonei sanno nominati allievi vigili del fuoco in prova e avviati all'espletamento del periodo di applicazione pratica, svolta con le modalità previste da specifico decreto del capo del suddetto Dipartimento e al termine della quale gli allievi vigili del fuoco in prova conseguono la nomina a vigile del fuoco, sulla base di un giudizio di idoneità formulato dal dirigente del comando o dell'ufficio presso cui hanno prestato servizio. A mente della disposizione, essi prestano giuramento e sono immessi nel ruolo secondo la graduatoria finale del menzionato periodo di formazione. La norma specifica, inoltre, che gli allievi vigili del fuoco in prova sono ammessi a ripetere, per una sola volta, il periodo di applicazione pratica, su motivata proposta del dirigente del comando o dell'ufficio presso cui hanno prestato servizio.
Le modalità di svolgimento dei periodi di formazione e di applicazione pratica, i criteri per la formulazione dei giudizi di idoneità nonché le modalità di svolgimento dell'esame teorico-pratico sono stabiliti con decreto del capo del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile.
Il comma 1, infine, stabilisce che alle fattispecie non espressamente previste continuino ad applicarsi le disposizioni del già citato decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217 che dettano la disciplina, per ciascun ruolo, dei casi di dimissione e di espulsione dal corso di formazione iniziale.
L’articolo 7 del richiamato decreto n. 217 prevede che siano dimessi dal corso di formazione iniziale gli allievi:
a) che non superino l'esame teorico-pratico al termine del periodo di formazione;
b) che non siano riconosciuti idonei al servizio operativo;
c) che dichiarino la rinuncia al corso;
d) che non superino il periodo di applicazione pratica, salva la possibilità di ripetere, per una sola volta, il periodo in questione;
e) che siano per qualsiasi motivo assenti dal corso per più di quarantacinque giorni, anche non consecutivi, salvi alcuni casi specifici di assenza per malattia e per maternità previsti dalle lettere f) e g).
La disposizione stabilisce, poi, che siano espulsi dal corso di formazione gli allievi responsabili di infrazioni punibili con sanzioni disciplinari pari o più gravi della sanzione pecuniaria.
L’articolo prevede che i provvedimenti di dimissione e di espulsione dal corso siano adottati con decreto del capo del suddetto Dipartimento, su proposta del direttore centrale per la formazione. Ferme le ipotesi di assenza per malattia e per maternità previste rispettivamente dalle lettere f) e g), si dispone, in conclusione, che la dimissione e l'espulsione dal corso comportano la cessazione di ogni rapporto con l'amministrazione.
Il comma 2 reca disposizioni sui fondi di incentivazione del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
L’incremento risulta destinato al perseguimento delle seguenti finalità: potenziare l'efficacia dei servizi istituzionali svolti dal Corpo nazionale; razionalizzare il sistema dei relativi istituti retributivi accessori.
Per quanto attiene alla copertura finanziaria di tali oneri, il comma dispone che vi si provveda mediante la riduzione, per un ammontare corrispondente, dello stanziamento del Fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2025-2027 (in forza delle relative disposizioni della legge di bilancio 2025), nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire», prevista nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2025. La norma conclude prescrivendo che, al suddetto scopo, si utilizzi parzialmente l'accantonamento relativo al Ministero dell'interno (di cui alla Tabella A della legge di bilancio 2025).
Secondo la relazione illustrativa del disegno di conversione del presente decreto-legge, la norma, oltre agli scopi già indicati, punta alla armonizzazione del trattamento retributivo del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco con i livelli previsti per il personale delle Forze di polizia a conclusione delle procedure negoziali relative al triennio 2022-2024. Tale intervento è posto in essere secondo le consuete modalità - a cura del MEF – di definizione delle risorse finanziarie destinate al rinnovo contrattuale, che adottano come riferimento la massa salariale risultante dal conto annuale dell’ultimo anno del triennio contrattuale precedente, ovvero, nel caso, l’anno 2021. La relazione riscontra come precedenti provvedimenti normativi abbiano disposto miglioramenti retributivi a favore del personale del Corpo Nazionale oltre l’annualità 2021, richiamando in proposito il decreto legge n. 76 del 2020 e il decreto legge n. 115 del 2022. Tali provvedimenti hanno incrementato la suddetta massa salariale, attualmente pari a complessivi euro 13.781.171,00 (lordo Stato), la quale costituisce l’effettiva retribuzione corrente del personale del Corpo Nazionale. Pertanto, l’incremento previsto dalla norma in esame fa sì che a tale ulteriore massa corrisponda, in sede di quantificazione delle risorse per il rinnovo contrattuale del triennio 2022-2024, un incremento del 5,89 per cento in qualità di incremento medio contrattuale riferito all’annualità 2024, pari ad euro 811.711,00 (lordo stato).
Il comma 3 prescrive l’istituzione di un Fondo nello stato di previsione del Ministero dell’interno.
La norma prevede che le risorse finanziarie di cui dotare il Fondo siano pari a:
· 28 milioni per il 2025;
· 28 milioni per l’anno 2026;
· 34 milioni a decorrere dall’anno 2027.
Il Fondo è volto al finanziamento dei provvedimenti normativi diretti ad ottimizzare le funzioni e i compiti svolti dal personale permanente e volontario del Corpo nazionale.
Essa specifica che tale riassetto sia realizzato mediante interventi di modifica, revisione e semplificazione del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139 (“Riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”), e, conseguentemente, del già citato decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217 (“Ordinamento del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”).
La norma, nell’istituire il Fondo, stabilendone la relativa dotazione finanziaria, tiene ferma l’armonizzazione del trattamento economico del suddetto personale con quello del personale delle Forze di polizia.
Ai fini della copertura finanziaria del Fondo in esame, la disposizione, al pari del già esaminato comma 2, stabilisce che vi si provveda mediante la riduzione, per un ammontare corrispondente, dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2025-2027 (in forza delle relative disposizioni della legge di bilancio 2025), nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire», prevista nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2025. La norma conclude specificando che la riduzione sia operata utilizzando parzialmente l'accantonamento relativo al Ministero dell'interno (di cui alla Tabella A della legge di bilancio 2025).
Come si apprende dalla relazione illustrativa del disegno di conversione del decreto-legge in esame, l’istituzione del fondo è finalizzata al finanziamento di interventi di riordino delle carriere del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco previsti dall’articolo 12 del disegno di legge A.S. 1053, approvato l’11 novembre 2024 dal Senato della Repubblica e trasmesso il giorno seguente alla Camera dei deputati (ove il corrispondente A.C. 2139 è in corso di esame in Commissione). La citata disposizione, concernente la materia del personale del Corpo nazionale, al comma 1 conferisce una delega al Governo per l’adozione di uno o più decreti legislativi finalizzati al riordino e alla riorganizzazione, anche sotto il profilo ordinamentale, del suddetto Corpo. Essa prevede che entro dodici mesi dall’entrata in vigore della legge delega siano adottati uno o più decreti legislativi recanti disposizioni modificative e integrative dei decreti legislativi 29 maggio 2017, n. 97 e 13 ottobre 2018, n. 127, i quali hanno inciso sull’originario impianto normativo concernente le funzioni e i compiti nonché sull'ordinamento del personale del Corpo. Nella relazione si afferma che, a distanza di cinque anni dal processo di riforma e dalla sua concreta attuazione, sono emerse nuove esigenze, connesse anche ai rischi determinati dai cambiamenti climatici e dalla transizione energetica, tali da imporre la revisione e la semplificazione del vigente sistema ordinamentale, sia sotto il profilo funzionale che sotto il profilo organizzativo. Per tale ragione, il comma 2 stabilisce quale principio e criterio direttivo della delega l’ottimizzazione, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, delle funzioni e dei compiti del Corpo nazionale mediante modifica, revisione e semplificazione dei richiamati decreti legislativi 8 marzo 2006, n. 139 e 13 ottobre 2005, n. 217, anche con soppressione e modifica dei ruoli e delle qualifiche esistenti ed eventuale istituzione di nuovi appositi ruoli e qualifiche.
Si ricorda che il decreto legislativo n. 139 del 2006 reca il “Riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”. Con specifico riferimento alla disciplina del personale del Corpo nazionale, vengono in rilievo le disposizioni di cui al Capo II del decreto. In particolare, ai sensi dell’articolo 6, il personale del Corpo nazionale si distingue in personale di ruolo e volontario (fatta salva la sovra-ordinazione funzionale del personale di ruolo negli interventi di soccorso). Tale norma configura, nei suoi lineamenti essenziali, i distinti regimi giuridici cui sono soggette, rispettivamente, le due categorie, prevedendo quanto segue:
· mentre il rapporto d'impiego del personale di ruolo è disciplinato in regime di diritto pubblico, il personale volontario è iscritto in appositi elenchi, distinti in due tipologie: uno per le necessità dei distaccamenti volontari del Corpo nazionale; l’altro per le necessità delle strutture centrali e periferiche del Corpo nazionale;
· il personale volontario è chiamato a prestare servizio secondo quanto previsto dalla disciplina ad esso dedicata dalle disposizioni della sezione II del Capo II;
· il solo personale volontario iscritto nell'elenco istituito per le necessità delle strutture centrali e periferiche può essere oggetto di eventuali assunzioni in deroga, con conseguente trasformazione del rapporto di servizio in rapporto di impiego con l'amministrazione, salvo il disposto dall'articolo 29, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. Tali assunzioni in deroga, per il 30 per cento dei posti disponibili, avvengono mediante ricorso alla graduatoria formata ai sensi dell'articolo 1, comma 295, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, relativa al personale volontario del Corpo nazionale;
· nell'esercizio delle attività istituzionali, il personale che espleta compiti operativi svolge funzioni di polizia giudiziaria. In particolare, al personale che riveste le qualifiche di vigile del fuoco sono attribuite le funzioni di agente di polizia giudiziaria; mentre al personale appartenente agli altri ruoli e qualifiche della componente operativa del Corpo nazionale sono attribuite le funzioni di ufficiale di polizia giudiziaria.
Il comma 4, infine, prevede una modifica dell’articolo 1, comma 347, della legge 30 dicembre 2023, n. 213 (legge di bilancio 2024).
Quest’ultima disposizione ha istituito un Fondo nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, da destinare alla disciplina degli istituti normativi nonché ai trattamenti economici accessori del personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco.
La modifica consiste nella sostituzione delle parole “10 gennaio 2025” con le parole “31 dicembre 2025”.
In tal modo, la norma in esame determina una proroga del termine finale stabilito dalla disposizione richiamata ai fini del valido perfezionamento dei provvedimenti negoziali relativi al triennio 2022-2024 (a pena, lo si ricorda, della destinazione dell’importo annuale previsto per il citato Fondo all’incremento delle risorse dei Fondi per i servizi istituzionali del personale del comparto sicurezza-difesa e dei Fondi per il trattamento accessorio del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco).
Secondo relazione illustrativa del disegno di conversione del decreto-legge in esame, tale proroga si rende necessaria in conseguenza del mancato perfezionamento dell’ipotesi di accordo negoziale relativa al triennio 2022-2024, concernente il personale delle Forze di polizia. Infatti, sebbene tale ipotesi sia stata sottoscritta il 18 dicembre 2024, essa non è stata perfezionata mediante l’adozione del decreto del Presidente della Repubblica di recepimento – come previsto dalla vigente disciplina pubblicistica per il personale del comparto “sicurezza-difesa” – entro la data del 10 gennaio 2025. Nella relazione si afferma che tale differimento garantisce per tutti i comparti interessati dall’articolo 1, comma 347, della legge di bilancio 2024 il perfezionamento dei provvedimenti negoziali di recepimento degli accordi sindacali e, conseguentemente, l’utilizzo dei fondi stanziati dalla disposizione in parola al primo livello negoziale.
Si ricorda che il Fondo istituito dall’articolo 1, comma 347, della legge di bilancio 2024, è provvisto di una dotazione di 32 milioni per gli anni 2024 e 2025; e di 42 milioni annui a decorrere dal 2026 da destinare, nell'ambito dei rispettivi provvedimenti negoziali relativi al triennio 2022-2024, alla disciplina degli istituti normativi nonché ai trattamenti economici accessori del personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Nell’allocazione delle risorse, sono ‘privilegiati’ istituti normativi e trattamenti accessori tesi a valorizzare i servizi di natura operativa.
La destinazione delle risorse comunque avviene nell’ambito dei provvedimenti negoziali relativi al triennio 2022-2024.
Secondo il disposto attualmente vigente, in caso di mancato perfezionamento di tali provvedimenti negoziali alla data del 10 gennaio 2025, l'importo annuale è destinato (con decreto dei Ministri per la pubblica amministrazione e dell'economia e delle finanze, sentiti i Ministri dell'interno, della difesa e della giustizia) all'incremento delle risorse dei Fondi per i servizi istituzionali del personale del comparto sicurezza-difesa e dei Fondi per il trattamento accessorio del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
La disposizione, lo si ricorda, richiama la specificità e funzione del ruolo del personale sopra menzionato, di cui all'articolo 19 della legge 4 novembre 2010, n. 183.
Capo I - Disposizioni urgenti in materia di organizzazione delle amministrazioni centrali
Articolo 7, comma 1
(Incremento organico Presidenza del consiglio (funzionalità commissione RIPAM))
L’articolo 7, comma 1, demanda alla Presidenza del Consiglio dei ministri la riorganizzazione del Dipartimento della funzione pubblica, per rafforzare le attività della Commissione RIPAM, con conseguente incremento della dotazione organica della Presidenza stessa.
Il comma in esame dispone, al fine di corrispondere alle urgenti necessità di rafforzamento delle attività della Commissione per l’attuazione del Progetto di Riqualificazione delle Pubbliche Amministrazioni (RIPAM), che la Presidenza del Consiglio dei ministri provveda, entro trenta giorni dal 14 marzo 2025 (data di entrata in vigore del presente decreto), e nell’ambito della propria autonomia, alla riorganizzazione del Dipartimento della funzione pubblica.
In particolare, si prevede l’istituzione di un ufficio, articolato in due servizi, con conseguente incremento della dotazione organica della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Inoltre, è prevista l’istituzione di un contingente costituito da non più di trenta unità di personale non dirigenziale che possono essere scelte nell’ambito del personale appartenente ai ruoli della Presidenza del Consiglio dei ministri e di altre pubbliche amministrazioni, collocato in posizione di comando, aspettativa, fuori ruolo o altro analogo istituto previsto dai rispettivi ordinamenti· di appartenenza, con conseguente incremento del personale in prestito.
La norma specifica che il suddetto personale non dirigenziale, scelto dai ruoli di amministrazioni diverse dai Ministeri, debba mantenere il trattamento economico fondamentale dell’amministrazione di appartenenza, con oneri a carico della stessa.
Ciò posto, l’ultimo periodo indica le coperture necessarie a coprire gli oneri derivanti dal presente comma, quantificati in euro 1.269.174 per l’anno 2025 e di euro 1.692.231 a decorrere dall'anno 2026: è prevista una corrispondente riduzione del fondo di cui all’articolo 1, comma 613, della legge n. 234 del 2021 (legge di bilancio 2022).
Si ricorda che il comma 613, dell’articolo 1, della legge di bilancio 2022 ha istituito un fondo per la formazione dei dipendenti pubblici, con una dotazione di 50 milioni di euro annui, a decorrere dal 2022. Il fondo è stato istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, ai fini del successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri.
La finalità della formazione che si prefigge il fondo concerne diversi ambiti, in particolare quello amministrativo generale, nonché quello digitale ed ecologico.
La disposizione in commento non specifica con quale atto si procederà all’istituzione del nuovo ufficio e al conseguente incremento della dotazione organica.
Al riguardo, si valuti l’opportunità di un approfondimento.
Si ricorda che, in via generale, l’articolo 17, comma 4-bis della legge n. 400 del 1988 dispone che all’organizzazione e alla disciplina degli uffici dei Ministeri si proceda con regolamenti adottati con la medesima procedura dei regolamenti di delegificazione di cui al comma 2 del medesimo articolo (vale a dire adozione con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia, che si pronunciano entro trenta giorni dalla richiesta).
Articolo 7, comma 2
(Contributo per Formez PA (supporto concorsi nei comuni))
Il comma 2 dell’articolo 7 prevede che, allo scopo di incrementare le risorse annualmente assegnate a Formez PA – Centro servizi assistenza, studi e formazione per l’ammodernamento della P.A., è autorizzata, a decorrere dall’anno 2025, la spesa ulteriore di 1 milione di euro annui, come contributo a favore del Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, per attività di supporto allo svolgimento dei concorsi pubblici per i medi e piccoli comuni.
Il comma 2 dell’articolo 7 del decreto legge in commento prevede che, allo scopo di incrementare le risorse annualmente assegnate a Formez PA – Centro servizi assistenza, studi e formazione per l’ammodernamento della P.A., è autorizzata, a decorrere dall’anno 2025, la spesa ulteriore di 1 milione di euro annui, come contributo a favore del Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, per attività di supporto allo svolgimento dei concorsi pubblici per i medi e piccoli comuni. Agli oneri relativi si provvede mediante corrispondente riduzione, a decorrere dall’anno 2025, del Fondo relativo alla formazione dei dipendenti pubblici e ai sistemi informativi del Dipartimento della funzione pubblica di cui all’articolo 1, comma 613, della legge 30 dicembre 2021, n. 234.
Il richiamato comma 613 viene contestualmente modificato dal successivo comma 3 dell’articolo 7 in commento stabilendo, tra l’altro, che le risorse del Fondo ivi previsto potranno essere impiegate anche per le finalità di cui all’articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Si rammenta in proposito che l’articolo 4, comma 3-quinquies, del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 ottobre 2013, n. 125, e l’articolo 35, comma 5, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001 prevedono lo svolgimento di concorsi unici per il reclutamento del personale delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, delle agenzie e degli enti pubblici non economici nazionali, fatta salva la possibilità di autorizzazione - da parte del Dipartimento della funzione pubblica (della Presidenza del Consiglio dei ministri) - allo svolgimento diretto dei concorsi pubblici da parte dell’amministrazione o ente, nonché la possibilità di ricorso, da parte delle altre amministrazioni pubbliche, alla formula dei concorsi unici. L’organizzazione dei concorsi unici fa capo al suddetto Dipartimento della funzione pubblica, il quale può al riguardo avvalersi della Commissione per l'attuazione del Progetto di Riqualificazione delle Pubbliche Amministrazioni (Commissione RIPAM), Commissione che a sua volta si avvale di personale messo a disposizione da Formez PA.
L’articolo 7, comma 3, integra le finalità del fondo disciplinato dall’articolo 1, comma 613, della L. 30 dicembre 2021, n. 234, e successive modificazioni, aggiungendo al finanziamento della formazione dei dipendenti pubblici e dei sistemi informativi del Dipartimento della funzione pubblica[49] il finanziamento sia delle spese relative alle procedure di reclutamento del personale pubblico sia di interventi per finalità sociali o culturali, intesi in particolare all'innalzamento della qualità delle azioni di sviluppo della coesione sociale da parte di pubbliche amministrazioni ed enti, pubblici o privati, senza scopo di lucro.
Si ricorda, più in particolare, che, nella disciplina già vigente – oggetto dalla suddetta integrazione –, il fondo è destinato ad una “piena formazione digitale, ecologica e amministrativa” dei dipendenti della pubblica amministrazione nonché alla gestione corrente e all'evoluzione dei sistemi informativi sviluppati e gestiti dal Dipartimento della funzione pubblica, necessari a garantire il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni, anche in materia di reclutamento e formazione, e ad assicurare il completamento del fascicolo elettronico del dipendente.
Si ricorda che la dotazione del fondo è pari a 45,125 milioni di euro annui[50]; il fondo è ricompreso nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, al fine del trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Articolo 7, comma 4
(Rafforzamento del Dipartimento pari opportunità per le misure di prevenzione della tratta degli esseri umani)
L’articolo 7, comma 4 prevede la modifica della struttura organizzativa, nonché il potenziamento dell’organico del Dipartimento delle pari opportunità, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, al fine di rafforzare le attività svolte in materia di prevenzione del fenomeno della tratta degli esseri umani, nonché di assistenza delle relative vittime.
L’articolo 7, comma 4 del decreto-legge interviene in materia di riorganizzazione del Dipartimento delle pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, nell’ambito delle attività di indirizzo e controllo svolte in materia di contrasto al fenomeno della tratta degli esseri umani. Nello specifico, tale riorganizzazione è volta ad implementare gli interventi di:
a) prevenzione del fenomeno della tratta degli esseri umani;
b) assistenza delle relative vittime;
c) programmazione delle risorse finanziarie in ordine ai programmi di assistenza e di integrazione;
d) monitoraggio del fenomeno nel rispetto della normativa europea.
Si ricorda che le attività di prevenzione del fenomeno della tratta di essere umani e di assistenza nei confronti delle vittime sono puntualmente disciplinate all’interno del nostro ordinamento ed il Dipartimento delle pari opportunità riveste un ruolo di primo piano nello svolgimento di tali funzioni.
Un primo intervento in materia si rinviene nella L. n. 228/2003 “Misure contro la tratta di persone”. Nello specifico, l’art. 12 di tale provvedimento ha previsto l’istituzione, presso la Presidenza del Consiglio, del Fondo per le misure anti-tratta. Quest’ultimo è destinato al finanziamento dei programmi di assistenza e di integrazione sociale in favore delle vittime, nonché delle altre finalità di protezione sociale previste dall'articolo 18 del D.Lgs. n. 286/1998 (cd. T.U. Immigrazione).
Successivamente con il D.lgs. n. 24/2014 è stata recepita la Direttiva UE n. 36/2011, concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e alla protezione delle vittime. In particolare, tale Direttiva reca norme comuni di definizione dei reati e delle sanzioni nell’ambito della tratta di esseri umani, nonché di prevenzione di tale fenomeno e di tutela delle vittime. Si segnala che la suddetta Direttiva è stata recentemente modificata dalla Direttiva UE 1712/2024 limitatamente ad alcuni profili come l’ampliamento della nozione di sfruttamento, l’introduzione di nuove circostanze aggravanti, l’estensione della responsabilità delle persone giuridiche e il regime di non punibilità delle vittime di tratta. In particolare l’articolo 19 della citata direttiva impone agli Stati membri di istituire “coordinatori nazionali anti tratta o meccanismi equivalenti e fornire loro le adeguate risorse necessarie per espletare efficacemente le loro funzioni” e ne declina espressamente i compiti, tra i quali la valutazione delle tendenze della tratta di esseri umani, la misurazione dei risultati delle azioni anti-tratta, anche raccogliendo statistiche in stretta collaborazione con le pertinenti organizzazioni della società civile attive nel settore. La predetta direttiva è oggetto di recepimento da parte della legge di delegazione europea 2024.
Per quanto di interesse in questa sede, l’art. 7 del D.lgs. 24/2014 ha devoluto al Dipartimento per le Pari Opportunità i compiti di coordinamento, monitoraggio e valutazione degli esiti delle politiche di prevenzione, contrasto e protezione sociale delle vittime. In questo modo, la suddetta struttura amministrativa ha acquisito un ruolo centrale nello svolgimento di funzioni di indirizzo e coordinamento riguardanti la materia in esame. Peraltro, tra le misure più rilevanti introdotte con il D.Lgs. 24/2014, figura l’art. 9 che dispone l’adozione del Piano d'azione contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani. Il primo Piano Nazionale di contrasto alla tratta (2016-2018) è stato adottato con deliberazione del 26 febbraio 2016 ed era trasversale ai vari livelli di governo, compresi gli Enti territoriali.
In data 19 ottobre 2022 il Consiglio dei Ministri ha adottato un nuovo Piano Nazionale d'Azione contro la tratta e lo sfruttamento per gli anni 2022-2025.
Quest’ultimo è orientato alla definizione di specifiche strategie pluriennali di intervento per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno della tratta e del grave sfruttamento degli esseri umani, unitamente alla predisposizione di una serie di azioni finalizzate alla sensibilizzazione, alla prevenzione, all’emersione e all’integrazione sociale delle vittime di tratta.
Si rammenta, inoltre, che nell'ambito del Dipartimento Pari opportunità della Presidenza del Consiglio di ministri opera un Osservatorio permanente sui fenomeni connessi alla tratta di esseri umani e al grave sfruttamento. Attraverso il sistema SIRIT (Sistema Informatizzato per la raccolta di informazioni sulla tratta), alimentato dagli enti titolari/attuatori dei progetti di assistenza e protezione sociale delle vittime di tratta e sfruttamento co-finanziati dal Dipartimento, l'Osservatorio produce studi e statistiche basate sul genere, la nazionalità, l'età e l'ambito di sfruttamento (sessuale, lavorativo, accattonaggio, ecc.) delle persone vittime di tratta.
Sempre all'interno del Dipartimento Pari opportunità è attivo un Numero Verde Anti tratta (800-290-290), gratuito, anonimo e operativo tutti i giorni tutto il giorno, che consente di entrare in contatto con personale specializzato multilingue. Esso fornisce un servizio di prima assistenza telefonica di orientamento e accompagnamento “guidato” ai servizi competenti sia pubblici che privati presenti sul territorio ed in particolare ai progetti di protezione delle vittime di tratta e di grave sfruttamento finanziati dal Dipartimento per le Pari Opportunità.
Al fine di rafforzare lo svolgimento delle suddette funzioni in materia di tratta, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, è tenuta a provvedere, nel rispetto e nei limiti della propria autonomia, all’istituzione, presso il Dipartimento delle pari opportunità, di un ufficio dirigenziale di livello generale. Quest’ultimo dovrà essere articolato, a sua volta, in due servizi di livello dirigenziale non generale, con conseguente incremento della dotazione organica della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Inoltre, è prevista l’assegnazione in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri di un contingente di non più di 6 unità di personale non dirigenziale, scelte nell'ambito del personale appartenente ai ruoli di altre amministrazioni collocate in posizione di comando, aspettativa, fuori ruolo o altro analogo istituto, con conseguente incremento del personale di prestito.
A tal proposito, si precisa che le unità di personale ulteriori scelte da amministrazioni pubbliche diverse dai Ministeri, mantengono il trattamento economico fisso e continuativo dell'amministrazione di appartenenza con oneri a carico di quest’ultima.
La disposizione in commento non specifica con quale atto si procederà all’istituzione del nuovo ufficio e al conseguente incremento della dotazione organica.
Al riguardo, si valuti l’opportunità di un approfondimento.
Si ricorda che, in via generale, l’articolo 17, comma 4-bis della legge n. 400 del 1988 dispone che all’organizzazione e alla disciplina degli uffici dei Ministeri si proceda con regolamenti adottati con la medesima procedura dei regolamenti di delegificazione di cui al comma 2 del medesimo articolo (vale a dire adozione con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia, che si pronunciano entro trenta giorni dalla richiesta).
Infine, l’articolo 7, comma 4, stabilisce che agli oneri derivanti dalle predette disposizioni, pari a 575.430 euro per l’anno 2025 ed euro 767.239 a decorrere dall’anno 2026, si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all’articolo 1, comma 613, della legge 30 dicembre 2021, n. 234.
Le risorse di tale fondo, istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per il successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, sono destinate al conseguimento dell'obiettivo di una piena formazione digitale, ecologica e amministrativa dei dipendenti della pubblica amministrazione nonché per finanziare la gestione corrente e l'evoluzione dei sistemi informativi sviluppati e gestiti dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri necessari a garantire il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni anche in materia di reclutamento e formazione e ad assicurare il completamento del fascicolo elettronico del dipendente.
Capo II – Disposizioni urgenti in materia di enti locali
Il comma 1 dell’articolo 8 estende agli enti del comparto funzioni locali ricompresi nei crateri sisma 2009 e 2016, a prescindere dalla relativa dimensione demografica, e agli Uffici speciali per la ricostruzione la possibilità di servirsi dell'attività lavorativa di dipendenti a tempo pieno di altre amministrazioni locali.
Il comma 2, invece, esclude i comuni capoluogo di provincia compresi nei medesimi crateri dall’obbligo di prevede la soppressione della figura del direttore generale.
L’articolo 8, comma 1, dispone che anche gli enti del comparto funzioni locali ricompresi nei crateri sisma 2009 e 2016, a prescindere dalla relativa dimensione demografica, e gli Uffici speciali per la ricostruzione del sisma 2009 e 2016 possano servirsi dell’attività lavorativa di dipendenti a tempo pieno di altre amministrazioni locali purché autorizzati dall’amministrazione di provenienza.
I comuni ricompresi nei crateri sisma sono quelli che hanno risentito di un’intensità delle scosse uguale o superiore al sesto grado MCS (scala Mercalli-Cancani-Sieberg) nei terremoti in Abruzzo e nel Centro Italia rispettivamente del 2009 e del 2016/2017. Per quel concerne il sisma del 2009, tali comuni sono stati individuati tramite decreto del Commissario delegato[51]. I comuni del cratere sismico del Centro Italia sono invece elencati nell’allegato al decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189 (decreto terremoti).
Gli uffici speciali per la ricostruzione sono delle strutture istituite dal decreto-legge n. 83 del 2012, nel rispetto dell’articolo 30 del Testo unico degli enti locali (d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267) in materia di convenzioni tra enti locali, inizialmente per la ricostruzione dei comuni colpiti dal terremoto in Abruzzo del 2009. In particolare, sono stati istituiti gli uffici speciali per la ricostruzione dell’Aquila (USRA) e per gli altri 56 comuni abruzzesi del cratere (USRCC).
Per quel che concerne i comuni colpiti dal sisma del 2016, il decreto-terremoti ha previsto che ogni Regione istituisse, unitamente ai Comuni interessati, un Ufficio speciale per la ricostruzione. Tali strutture hanno funzioni essenzialmente di pianificazione urbana connessa alla ricostruzione post-sisma. Le regioni interessate ne regolano l’articolazione territoriale e la dotazione del personale.
In particolare, il comma in commento modifica l’articolo 1, comma 557 della legge finanziaria 2005 (l. 30 dicembre 2004, n. 311) che già prevedeva misure di mobilità dei dipendenti di altre amministrazioni locali in favore dei comuni con popolazione inferiore ai 25.000 abitanti, dei consorzi tra enti locali gerenti servizi a rilevanza non industriale, delle comunità montane e delle unioni di comuni, ampliando appunto tale platea agli enti sopra richiamati.
Si ricorda che, originariamente, la finanziaria 2005 aveva stabilito che potessero servirsi dell’attività lavorativa di dipendenti provenienti da altre amministrazioni locali i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti. L’art. 3, comma 6-bis, del decreto-legge 22 aprile 2023, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla l. 21 giugno 2023, n. 74 era successivamente intervenuto sui requisiti demografici ammettendo i comuni con popolazione fino ai 15.000 abitanti. Infine, il decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75, all’articolo 28, comma 1-ter, così come convertito, con modificazioni, dalla l. 10 agosto 2023, n. 112, ha ulteriormente esteso le misure in questione fino a ricomprendervi tutti i comuni con popolazione inferiore ai 25.000 abitanti.
Il comma 2 dell’articolo 8, aggiunge i comuni capoluogo di provincia compresi nei crateri del sisma 2009 e del sisma 2016 agli enti per i quali non è prevista la soppressione della figura del direttore generale, regolata dall’articolo 2, comma 186, lettera d), della legge finanziaria 2010 (l. 23 dicembre 2009, n. 191), al fine – afferma la disposizione - di gestire la conclusione del processo di ricostruzione per il periodo dal 2025 al 2030.
La figura del direttore generale (noto anche come city manager) è disciplinata dall’articolo 108 del TUEL che lo descrive come una sorta di fiduciario del sindaco incaricato di gestire i collegamenti tra livello politico e livello gestionale.
In particolare, a tale organo compete la predisposizione del piano dettagliato di obiettivi previsto dall'articolo 197, comma 2, lettera a) del TUEL nonché la proposta di piano esecutivo di gestione previsto dall'articolo 169. A tali fini, al direttore generale rispondono, nell'esercizio delle funzioni loro assegnate, i dirigenti dell'ente, ad eccezione del segretario del comune e della provincia.
Il direttore generale si colloca al di fuori della dotazione organica del comune ed assume le sue funzioni con contratto a tempo determinato. È, dunque, nominato direttamente dal sindaco, secondo i criteri stabiliti dal regolamento di organizzazione degli uffici e dei servizi, previa deliberazione del consiglio comunale. Analogamente può essere revocato dal sindaco con l’approvazione del consiglio comunale. Il suo mandato non può, ad ogni modo, eccedere quello del sindaco.
Si specifica, infine, che la legge finanziaria 2010 aveva stabilito la soppressione di tale figura in tutti i comuni al fine del contenimento della spesa pubblica. L’art. 1, comma 1-quater, lett. d), del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 2, convertito con modificazioni, dalla l. 26 marzo 2010, n. 42, aveva, invece, successivamente escluso dall’applicazione della norma i soli comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti.
Legge finanziaria 2005 (L. 311/2004) |
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Testo previgente |
Modificazioni apportate dall’art. 8, comma 1, del D.L. 25/2025 |
Art. 1, comma 557 |
Art. 1, comma 557 |
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I comuni con popolazione inferiore ai 25.000 abitanti, i consorzi tra enti locali gerenti servizi a rilevanza non industriale, le comunità montane e le unioni di comuni possono servirsi dell'attività lavorativa di dipendenti a tempo pieno di altre amministrazioni locali purché autorizzati dall'amministrazione di provenienza. |
I comuni con popolazione inferiore ai 25.000 abitanti, i consorzi tra enti locali gerenti servizi a rilevanza non industriale, le comunità montane e le unioni di comuni nonché gli enti del comparto funzioni locali ricompresi nei crateri sisma 2009 e 2016, a prescindere dalla relativa dimensione demografica e gli Uffici speciali per la ricostruzione del sisma 2009 e 2016 possono servirsi dell'attività lavorativa di dipendenti a tempo pieno di altre amministrazioni locali purché autorizzati dall'amministrazione di provenienza. |
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Legge finanziaria 2010 (L. 191/2009) |
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Testo previgente |
Modificazioni apportate dall’art. 8, comma 2, del D.L. 25/2025 |
Art. 2, comma 186, lettera d) |
Art. 2, comma 186, lettera d) |
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d) soppressione della figura del direttore generale, tranne che nei comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti; |
d) soppressione della figura del direttore generale, tranne che nei comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti e, al fine di gestire la conclusione del processo di ricostruzione, per il periodo dal 2025 al 2030, nei comuni capoluogo di provincia compresi nei crateri del sisma 2009 e del sisma 2016; |
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L’articolo 8, comma 3, consente alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano di assegnare agli uffici di diretta collaborazione proprio personale di ruolo, applicando la disciplina statale in materia.
A tal fine viene aggiunto un periodo all’articolo 3, comma 1, del D.L. 44/2023.
Tale disposizione dà facoltà alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, di assegnare agli uffici di diretta collaborazione proprio personale di ruolo, applicando la disciplina statale in materia (secondo quanto previsto dall’articolo 14, comma 2, del D.lgs. 165/2001) e altri analoghi istituti previsti dall’ordinamento, anche in favore dei propri dipendenti.
Al riguardo si valuti l’opportunità di precisare quali siano gli “altri analoghi istituti previsti dall’ordinamento” ai quali si fa riferimento.
Ciò premesso, si ricorda che il comma 1 del D.L. 44/2023 dispone difatti che le regioni possano applicare quanto stabilito dall’articolo 14 del testo unico del pubblico impiego (D.Lgs. 165/2001).
Di tale disposizione qui rileva principalmente il comma 2 laddove prevede che i ministri, per l’esercizio delle funzioni di indirizzo politico-amministrativo, si avvalgano di uffici di diretta collaborazione (comunemente denominati uffici di staff) istituiti e disciplinati, per ciascuna amministrazione, con regolamenti di delegificazione. Tali uffici hanno esclusivamente competenze di supporto e di raccordo con l’amministrazione. Questa disposizione è ribadita dal comma 1 del D.L. 44/2023, che vieta al personale addetto agli uffici di diretta collaborazione delle regioni di effettuare qualsiasi attività di tipo gestionale anche se il loro trattamento economico è parametrato al personale di livello dirigenziale.
Inoltre, la disposizione in esame stabilisce che l’istituzione degli uffici di staff nelle regioni avvenga senza aggravio di spesa.
Rilevano, a tale ultimo riguardo, i limiti alla spesa delle amministrazioni pubbliche per il personale a tempo determinato e consulenti poste dal D.L. 78/2010. A partire dal 2011 la spesa per tale personale non può essere superiore al 50% della spesa sostenuta nel 2009. Questa disposizione costituisce principio generale ai fini del coordinamento della finanza pubblica e pertanto anche le regioni devono adeguarsi ad essa (art. 9, comma 28).
Secondo la giurisprudenza costituzionale tali limiti si applicano anche agli uffici di diretta collaborazione: “la particolare rilevanza del carattere necessariamente fiduciario nella scelta del personale, a tempo determinato, degli uffici di diretta collaborazione, se può autorizzare deroghe al principio del pubblico concorso nella scelta dei collaboratori, non consente deroghe ai principi fondamentali dettati dal legislatore statale in materia di coordinamento della finanza pubblica” (sentenza 216 del 2021, nel caso in specie si trattava degli uffici di diretta collaborazione dei gruppi consiliari di un consiglio regionale).
La disposizione in commento, in merito all’applicazione della disciplina statale di cui al citato articolo 14 del D.Lgs. 165/2001, fa riferimento ai criteri generali di adeguamento per le regioni ai principi generali che regolano la disciplina della dirigenza statale di cui all’articolo 27 del medesimo D.Lgs. 165/2001. Tale disposizione prevede che le regioni a statuto ordinario si adeguano a tali princìpi, nell'esercizio della propria potestà statutaria, legislativa e regolamentare tenendo conto delle relative peculiarità e trasmettono entro due mesi dalla adozione, le relative deliberazioni, disposizioni i provvedimenti adottati alla Presidenza del Consiglio dei ministri, che ne cura la raccolta e la pubblicazione.
Ai sensi dell’articolo 14, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, ciascun ministro, per l’esercizio delle funzioni, che gli sono proprie, di indirizzo politico-amministrativo e di controllo della rispondenza dei risultati dell’attività amministrativa agli indirizzi impartiti, si avvale di uffici di diretta collaborazione, che hanno esclusive competenze di supporto e di raccordo con l’amministrazione.
A tali uffici sono assegnati:
- dipendenti pubblici anche in posizione di aspettativa, fuori ruolo o comando;
- collaboratori assunti con contratti a tempo determinato disciplinati dalle norme di diritto privato;
- esperti e consulenti per particolari professionalità e specializzazioni con incarichi di collaborazione coordinata e continuativa.
All'atto del giuramento del Ministro, tutte le assegnazioni di personale conferiti nell'ambito degli uffici di diretta collaborazione, decadono automaticamente ove non confermati entro trenta giorni dal giuramento del nuovo Ministro.
Gli uffici di diretta collaborazione sono istituiti e disciplinati con regolamento di delegificazione, adottato ai sensi del comma 4-bis dell’art. 17 della legge 400/1988. Nell’autorizzare in via generale il Governo ad adottare regolamenti di delegificazione per determinare l’organizzazione e la disciplina degli uffici dei Ministeri, il comma 4-bis dell’articolo 17 della legge 400/1988, fissa i contenuti di tali regolamenti prevedendo che mediante tali regolamenti si provveda:
- al riordino degli uffici di diretta collaborazione con i Ministri e i sottosegretari di Stato, stabilendo che tali uffici hanno esclusive competenze di supporto dell’organo di direzione politica e di raccordo tra quest’ultimo e l’amministrazione;
- all’individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale, centrali e periferici; l’individuazione dovrà seguire i criteri dell’omogeneità di funzioni, della flessibilità, dell’eliminazione di duplicazioni funzionali e della diversificazione tra strutture con funzioni finali e strutture con funzioni strumentali;
- alla verifica periodica dell’organizzazione e dei risultati, con previsione di appositi strumenti;
- all’indicazione e alla revisione periodica della consistenza delle piante organiche;
alla previsione di decreti ministeriali di natura non regolamentare per la definizione dei compiti delle unità dirigenziali nell’ambito degli uffici dirigenziali generali.
Ulteriori princìpi e criteri direttivi ai quali devono attenersi i regolamenti di disciplina degli uffici di diretta collaborazione sono contenuti nell’articolo 7 del D.Lgs. 300/1999. Tali princìpi e criteri direttivi prevedono:
- la definizione delle competenze degli uffici di diretta collaborazione secondo criteri che consentano l’efficace e funzionale svolgimento dei compiti di definizione degli obiettivi, di elaborazione delle politiche pubbliche e di valutazione della relativa attuazione e delle connesse attività di comunicazione, nel rispetto del principio di distinzione tra funzioni di indirizzo e compiti di gestione;
- l’assolvimento da parte di detti uffici dei compiti di supporto per l’assegnazione ai dirigenti generali preposti ai centri di responsabilità delle risorse finanziarie, umane e strumentali, ai sensi dell’art. 3 del D.Lgs. 7 agosto 1997, n. 279, anche in vista della verifica della gestione da parte degli uffici competenti, nonché lo svolgimento di compiti di promozione e sviluppo dei sistemi informativi;
- l’organizzazione degli uffici preposti al controllo interno, da ritenersi uffici di diretta collaborazione con il Ministro, in modo da assicurare il corretto ed efficace svolgimento dei compiti ad essi assegnati dalla legge, anche attraverso la provvista di adeguati mezzi finanziari, organizzativi e personali;
- l’organizzazione del settore giuridico-legislativo, in modo da assicurare il raccordo permanente con l’attività normativa del Parlamento; l’elaborazione di testi normativi del Governo garantendo la valutazione dei costi della normazione, la qualità del linguaggio normativo, l’applicabilità delle norme introdotte, lo snellimento e la semplificazione della normativa; la cura dei rapporti con gli altri organi costituzionali, con le autorità indipendenti e con il Consiglio di Stato;
- l’attribuzione dell’incarico di Capo degli uffici di diretta collaborazione ad esperti, anche estranei all’amministrazione, dotati di elevata professionalità.
Articolo 8, comma 4
(Misure urgenti per gli enti locali, le regioni e le province autonome – Lampedusa e Linosa)
L’articolo 8, comma 4, attribuisce a INVITALIA S.p.A. il ruolo di centrale di committenza per gli interventi a favore dei Comuni di Lampedusa e Linosa relativi al fenomeno migratorio.
Il comma in esame modifica l’articolo 8, comma 1, quarto periodo, del decreto-legge 124/2023 che, al fine di fronteggiare la grave situazione socio-economica nell'isola di Lampedusa, determinatasi a seguito dell'eccezionale afflusso di migranti provenienti dai Paesi del Mediterraneo, prevede un piano complessivo di interventi (v. infra).
La modifica in esame è volta a stabilire che l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa - INVITALIA S.p.A. svolge le funzioni di centrale di committenza del citato piano, in luogo di quelle di stazione appaltante già previste dal testo previgente.
Il nuovo codice dei contratti pubblici (d.lgs. 36/2023) definisce le centrali di committenza quali stazioni appaltanti o enti concedenti che forniscono attività di centralizzazione delle committenze in favore di altre stazioni appaltanti o enti concedenti e, se del caso, attività di supporto all’attività di committenza (allegato I.1, articolo 1, comma 1, lettera i). La stazione appaltante, invece, ha una estensione operativa minore, in quanto è definita quale soggetto, sia esso pubblico o privato, che affida contratti di appalto di lavori, servizi e forniture e che è comunque tenuto, nella scelta del contraente, al rispetto del codice (escluse quindi le attività di centralizzazione delle committenze e supporto).
Gli interventi previsti dall’articolo 8 sono finalizzati alla realizzazione e alla manutenzione straordinaria di strade e altre opere di urbanizzazione primaria, alla realizzazione di impianti di depurazione e gestione delle acque reflue e di deposito di carburante e alla realizzazione di nuovi edifici pubblici nonché di interventi di riqualificazione ed efficientamento energetico di quelli esistenti.
L’articolo 8, comma 5, consente alle regioni e alle province autonome di stabilizzare, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge e non oltre il 31 dicembre 2025, il personale non dirigenziale, assunto dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, per la realizzazione degli interventi per il contrasto al dissesto idrogeologico, a valere sulle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).
Il comma 5 consente, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge e non oltre il 31 dicembre 2025, alle regioni e alle province autonome di procedere, nell’ambito delle rispettive dotazioni organiche, alla stabilizzazione del personale non dirigenziale assunto dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, previsto dall’articolo 17-octies, comma 3, del D.L. 80/2021, funzionalmente utilizzato presso i predetti enti, per la realizzazione degli interventi per il contrasto al dissesto idrogeologico, a valere sulle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).
La norma in esame specifica che la prevista stabilizzazione riguarda il personale che abbia prestato servizio per il periodo indicato all’articolo 50, comma 17-bis, del D.L. 13/2023, pari ad almeno ventiquattro mesi, nella qualifica ricoperta, previo colloquio selettivo e all’esito della valutazione positiva dell’attività lavorativa svolta.
Agli oneri del presente articolo, si provvede nei limiti delle facoltà assunzionali autorizzate a legislazione vigente, senza nuovi o ulteriori oneri a carico della finanza pubblica.
Con riferimento alla giurisprudenza costituzionale in materia di procedure di stabilizzazione del personale precario e di principio del “pubblico concorso” ai sensi dell’articolo 97 della Costituzione si rinvia alla ricostruzione presente nella scheda relativa all’articolo 1.
L’articolo 17-octies del D.L. 80/2021 ha previsto diverse misure in favore dei Commissari per la realizzazione di interventi per il contrasto al dissesto idrogeologico.
In particolare, presso ogni Commissario è stato istituito, fino al 31 dicembre 2026, un contingente di personale non dirigenziale nel numero complessivo massimo di 200 unità (art. 17-octies, comma 2, D.L. 80/2021).
A tali fini, il comma 3, dell’articolo 17-octies del D.L. 80/2021 ha autorizzato il MASE per l’anno 2021 a reclutare, con le modalità semplificate previste all’articolo 10 del D.L. 44/2021, nonché anche mediante scorrimento di vigenti graduatorie di concorsi pubblici, con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, di durata complessiva anche superiore a trentasei mesi e comunque non successiva al 31 dicembre 2026, un contingente massimo di 150 unità da inquadrare nell'area III, posizione economica F1 del comparto Funzioni centrali della PA, da assegnare funzionalmente ai suddetti Commissari sulla base della tabella 1 indicata all’allegato IV-bis del medesimo D.L. 80/2021. Successivamente, il richiamato termine temporale è stato differito al biennio 2022-2023 (art. 11, comma 1, del D.L. 198/2022) e poi al 31 dicembre 2024 (art. 1, comma 20, del D.L. 215/2023).
L’articolo 50, comma 17-bis, del D.L. 13/2023 ha previsto che le regioni, le province, le città metropolitane e gli enti locali, incluse le unioni di comuni, assegnatari di personale assunto con rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato, mediante concorso pubblico, possono procedere alla stabilizzazione, nei limiti dei posti disponibili nella propria dotazione organica del personale in servizio per almeno ventiquattro mesi nella qualifica ricoperta, previo colloquio selettivo e all’esito della valutazione positiva dell’attività lavorativa svolta. Ai fini di tali assunzioni, i ventiquattro mesi di servizio possono essere maturati anche computando i periodi di servizio svolti a tempo determinato presso amministrazioni diverse da quella che procede all’assunzione. Le assunzioni sono effettuate a valere sulle facoltà assunzionali di ciascuna amministrazione disponibili a legislazione vigente all’atto della stabilizzazione.
Per approfondimenti sugli interventi disposti in tema di dissesto idrogeologico e in particolare sulle misure previste dal PNRR, si rinvia al tema web “Dissesto idrogeologico”.
Articolo 8, comma 6
(Fondo anticipazioni di liquidità degli enti locali in dissesto)
L’articolo 8, comma 6, interviene sull’applicazione delle disposizioni previste per gli enti locali in stato di dissesto finanziario che hanno eliminato il fondo anticipazioni di liquidità (FAL) accantonato nel risultato di amministrazione, posticipando di un anno – in sede cioè di approvazione del rendiconto 2025, anziché del rendiconto 2024 – l’obbligo di ricostituzione di un apposito fondo, nel risultato di amministrazione al 31 dicembre 2025, nel quale accantonare un importo pari alle anticipazioni di liquidità incassate negli esercizi precedenti e non ancora rimborsate alla chiusura dell’esercizio 2025.
È inoltre spostato dall’esercizio 2026 il termine a decorrere dal quale i comuni sono tenuti a provvedere al ripiano in quote costanti, entro il termine massimo di dieci anni, dell’eventuale maggior disavanzo registrato al 31 dicembre 2025 rispetto all’esercizio precedente, derivante dalla ricostituzione del Fondo.
Si prevede, infine che il meccanismo di ripiano in quote costanti fino a dieci anni si applica anche agli enti che fuoriescono dal dissesto oltre il 31 dicembre 2024 (termine fissato dalla normativa previgente).
La disposizione in esame posticipa i termini previsti dai commi da 6-ter a 6-quinquies dell’articolo 16 del decreto-legge 9 agosto 2022, n. 115 – come già prorogati dall’art. 18, comma 1, del D.L. n. 44 del 2023 e dall’art. 2, comma 6, del D.L. n. 215 del 2023 - i quali hanno introdotto l’obbligo per gli enti locali in stato di dissesto finanziario che avevano eliminato il fondo anticipazioni di liquidità (FAL) accantonato nel risultato di amministrazione, di istituire, in sede di approvazione del rendiconto 2024, un accantonamento in un apposito fondo di importo pari alle anticipazioni di liquidità ricevute negli esercizi precedenti per far fronte al pagamento dei propri debiti commerciali e non ancora rimborsate, al fine di dare attuazione alle conclusioni della delibera della Corte dei conti n. 8 del 2022.
Tali termini, originariamente fissati con riferimento all’approvazione del rendiconto 2022, sono stati posticipati dapprima al rendiconto 2023 dall’art. 18, comma 1, del decreto-legge n. 44 del 2023 e successivamente al rendiconto 2024 dall’art. 2, comma 6, del decreto-legge n. 215 del 2023.
La Relazione illustrativa afferma che la proroga consente agli enti locali in stato di dissesto finanziario di non dover prevedere nel prossimo bilancio di previsione (per gli anni 2025-2027) le risorse economiche da destinare alla Cassa Depositi e Prestiti per il rimborso delle anticipazioni di liquidità di cui trattasi.
Si ricorda che i giudici contabili, nell’individuare la competenza dell’Organo Straordinario di Liquidazione (OSL) in materia di gestione delle anticipazioni di liquidità erogate da Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. prima del dissesto, avevano evidenziato la necessità, per gli enti locali interessati, di accantonare sotto forma di fondo, nel risultato di amministrazione dei futuri bilanci stabilmente riequilibrati, la provvista finanziaria corrispondente alle anticipazioni di liquidità non restituite dall’OSL, sottolineando che, comunque, al termine della procedura di risanamento, l’anticipazione di liquidità ancora da rimborsare alla CDP sarebbe stata ascrivibile nuovamente all’ente locale rientrato in bonis.
I commi dal 6-ter al 6-sexies dell’articolo 16 del decreto-legge n. 115 del 2022 che vengono qui novellati, al fine di dare attuazione alla delibera della Corte dei conti n. 8 del 2022, hanno disposto, l’obbligo, per gli enti locali in dissesto finanziario che alla data del 30 giugno 2022 avevano eliminato il fondo di anticipazioni di liquidità (FAL) accantonato nel risultato di amministrazione, di istituire, in sede di rendiconto 2022, un nuovo apposito fondo nel quale accantonare un importo pari alle anticipazioni di liquidità ricevute ai sensi del D.L. n. 35 del 2013 e del D.L. n. 34 del 2020, e successivi rifinanziamenti, incassate negli esercizi precedenti e non ancora rimborsate alla data del 31 dicembre 2022 (comma 6-ter).
Il fondo così ricostituito nel risultato di amministrazione è utilizzato secondo le modalità di contabilizzazione – descritte di seguito - previste dall’articolo 52, commi 1-ter e 1-quater del decreto-legge n. 73 del 2021 (comma 6-quater).
Il comma 6-quinquies ha inoltre consentito agli enti locali in questione – al fine di garantire il coordinamento della finanza pubblica, nonché l'esercizio delle funzioni fondamentali e l'erogazione dei servizi pubblici essenziali – di ripianare in dieci anni in quote costanti, a decorrere dall'esercizio 2023, l’eventuale maggior deficit al 31 dicembre 2022 rispetto all’esercizio precedente, derivante dalla ricostituzione del predetto Fondo, al netto delle anticipazioni rimborsate nel corso dell'esercizio 2022.
Il comma 6-sexies ha infine esteso il meccanismo di ripiano in quote costanti fino a dieci anni a decorrere dall’esercizio 2023 anche agli enti locali in dissesto finanziario che avevano ricostituito il fondo anticipazioni di liquidità già in sede di rendiconto 2021.
I termini per l’istituzione del nuovo accantonamento sono stati posticipati dapprima al rendiconto 2023 dall’articolo 18, comma 1, del decreto-legge n. 44 del 2023, e successivamente al 2024 dall’articolo 2, comma 6, del decreto-legge n. 215 del 2023, per un importo pari alle anticipazioni di liquidità ricevute ed incassate negli esercizi precedenti e non ancora rimborsate alla data del 31 dicembre 2024.
La disposizione di cui all’art. 18, comma 1, del decreto-legge n. 44 del 2023, ha, inoltre, consentito il ripiano in quote costanti fino a dieci anni anche agli enti locali in occasione del primo conto consuntivo successivo all’approvazione del rendiconto della gestione liquidatoria – che segna la fuoriuscita dalla procedura di dissesto – qualora tale approvazione fosse avvenuta entro il 31 dicembre 2024 (termine ora soppresso dalla norma in esame).
La disposizione in esame, intervenendo sui citati commi 6-ter, 6-quater, 6-quinquies e 6-sexies dell’articolo 16 del decreto-legge n. 115 del 2022:
a) rinvia di un anno, in sede di approvazione del rendiconto 2025 anziché del 2024, l’obbligo per gli enti locali in stato di dissesto finanziario, che hanno eliminato il fondo anticipazioni di liquidità (FAL) accantonato nel risultato di amministrazione, di provvedere ad accantonare un nuovo apposito fondo, per un importo pari all’ammontare complessivo delle anticipazioni di liquidità ricevute ai sensi del decreto-legge n. 35 del 2013 e del decreto-legge n. 34 del 2020[52], e successivi rifinanziamenti, incassate negli esercizi precedenti e non ancora rimborsate alla data del 31 dicembre 2025 (in luogo del 31 dicembre 2024) (comma 6-ter);
b) rinvia al 31 dicembre 2025 la ricostituzione del fondo nel risultato di amministrazione (in luogo del 31 dicembre 2023), mantenendo ferma la disciplina di utilizzo del fondo secondo le modalità di contabilizzazione previste dall’articolo 52, commi 1-ter e 1-quater, del decreto-legge n. 73 del 2021 (comma 6-quater);
Il citato comma 1-ter dell’articolo 52 del D.L. n. 73 del 2021 detta disposizioni per la rappresentazione contabile nei bilanci di previsione e nei rendiconti degli enti locali della gestione del FAL, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 4 del 2020[53]. Nello specifico, dall’esercizio 2021, gli enti locali sono tenuti: i) a iscrivere nel bilancio di previsione il rimborso annuale delle anticipazioni di liquidità nel titolo 4 della spesa (riguardante il rimborso dei prestiti); ii) a ridurre, in sede di rendiconto, per un importo pari alla quota annuale rimborsata con risorse di parte corrente, il FAL accantonato ai sensi del comma 1; iii) ad iscrivere la quota del risultato di amministrazione liberata a seguito della riduzione del FAL nell’entrata del bilancio dell’esercizio successivo come «Utilizzo del fondo anticipazione di liquidità»; iv) a dare evidenza, nella nota integrativa allegata al bilancio di previsione e nella relazione sulla gestione allegata al rendiconto, della copertura delle spese riguardanti le rate di ammortamento delle anticipazioni di liquidità, che non possono essere finanziate dall’utilizzo del FAL stesso.
Il successivo comma 1-quater stabilisce che, a seguito dell'utilizzo del contributo eventualmente ottenuto in sede di riparto dell’apposito fondo per la riduzione del disavanzo eventualmente registrato dagli enti locali (costituito dal comma 1 dell’art. 52 per la riduzione del disavanzo eventualmente registrato dagli enti locali a seguito dell'applicazione della nuova disciplina in materia di contabilizzazione del FAL, introdotta a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 4 del 2020), il maggior ripiano del disavanzo, conseguente alla ricostruzione del FAL, applicato al bilancio di previsione 2021 (primo esercizio del piano decennale) rispetto a quanto previsto dal comma 1-bis (dal piano decennale), non possa essere applicato al bilancio degli esercizi successivi.
c) posticipa, conseguentemente, a decorrere dall’esercizio 2026 (in luogo dell’esercizio 2024), la decorrenza del periodo massimo di dieci anni entro cui gli enti locali devono provvedere al ripiano, in quote costanti, dell’eventuale maggior disavanzo risultante al 31 dicembre 2025 (in luogo del 31 dicembre 2023) rispetto all’esercizio precedente, derivante dalla ricostituzione del fondo a seguito della contabilizzazione delle anticipazioni di liquidità concesse dallo Stato, al netto delle anticipazioni rimborsate alla data del 31 dicembre 2025 (comma 6-quinquies);
d) modifica, infine, il comma 6-sexies consentendo il ripiano in quote costanti fino a dieci anni anche agli enti locali che fuoriescono dal dissesto, in occasione del primo conto consuntivo successivo all’approvazione del rendiconto della gestione liquidatoria, sopprimendo la condizione che tale approvazione debba essere avvenuta entro il termine del 31 dicembre 2024 (comma 6-sexies).
L'approvazione del rendiconto della gestione liquidatoria è disciplinata dall'articolo 256, comma 11, del TUEL, il quale ne dispone l’approvazione da parte dell'organo straordinario della liquidazione entro il termine di sessanta giorni dall'ultimazione delle operazioni di pagamento. Il rendiconto è trasmesso all'organo regionale di controllo ed all'organo di revisione contabile dell'ente, il quale è competente sul riscontro della liquidazione e verifica la rispondenza tra il piano di estinzione e l'effettiva liquidazione.
Si evidenzia, al riguardo, che la Corte dei Conti, nella citata delibera n. 8 del 2022, specifica che al termine della procedura di risanamento e a seguito dell'approvazione del rendiconto della gestione liquidatoria, previsto dall'articolo 256, comma 11, del TUEL le anticipazioni non ancora rimborsate sono ascrivibili nuovamente all’ente locale rientrato in bonis, ed andranno pertanto riportate nella contabilità dell’ente al titolo 4 della spesa, e destinate a confluire nel risultato di amministrazione come quota accantonata nell’apposito FAL, applicando le modalità di contabilizzazione previste dal paragrafo 3.20-bis del principio contabile applicato n. 4/2.
Al termine della procedura di risanamento rivive inoltre la speciale tutela reale del credito del MEF (che agisce tramite Cassa Depositi e Prestiti S.p.A.), per cui le rate di rimborso scadute e non pagate dall’OSL potranno essere oggetto di recupero da parte dell’Agenzia delle Entrate.
La Corte dei conti – Sezione delle Autonomie con la delibera n. 8 del 2022 si è pronunciata sulla competenza al rimborso delle anticipazioni di liquidità nel caso di enti in condizioni di dissesto finanziario, chiarendo in particolare se la stessa competa all’Organismo Straordinario di Liquidazione (OSL) con le risorse della massa attiva ovvero all’ente attraverso il bilancio stabilmente riequilibrato.
La Corte dei conti, nel ricostruire la normativa vigente applicabile, ha dato conto del contrasto giurisprudenziale in essere sulla gestione dei debiti da anticipazione di liquidità di un ente dissestato. Sul piano sostanziale, la Corte ha affermato che “le anticipazioni di liquidità svolgono la funzione di trasformare lo stock di debiti commerciali dell’ente contabilizzati nei residui passivi, ma anche nei debiti fuori bilancio, in un solo debito (o più) verso la CDP. Si tratta di una permutazione patrimoniale che potrebbe per certi versi essere assimilabile ad una cartolarizzazione di debiti, accompagnata da particolari garanzie”.
La Corte è giunta alla conclusione che la gestione delle anticipazioni di liquidità erogate dalla Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. per l’estinzione di debito pregresso ai sensi dell’art. 1 del D.L. n. 35 del 2013 e dei successivi interventi normativi, contratte dall’ente prima del 31 dicembre dell’anno antecedente la dichiarazione di dissesto, ricade nella competenza dell’Organo Straordinario di Liquidazione, in quanto relative ad atti o fatti verificatisi antecedentemente alla dichiarazione di dissesto.
Tuttavia al termine della procedura di risanamento, l’anticipazione di liquidità ancora da rimborsare alla CDP sarà ascrivibile nuovamente all’ente locale rientrato in bonis e tale circostanza determinerà due rilevanti conseguenze: la prima è che l’anticipazione di liquidità non restituita andrà riportata nella contabilità dell’ente ed è destinata a confluire nel risultato di amministrazione, sotto forma di fondo, come quota accantonata e andranno applicate le modalità di contabilizzazione previste al punto 3.20-bis del principio applicato della contabilità finanziaria (All. 4/2 al D.Lgs. n. 118/2011); la seconda è che, al termine della procedura di risanamento rivivrà la speciale tutela reale del credito del MEF (che agisce tramite la CDP) per cui le rate di rimborso scadute e non pagate dall’OSL potranno essere oggetto di recupero da parte dell’Agenzia delle Entrate a valere sull'imposta municipale propria e sull'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile riscosse tramite modello F24.
In questa prospettiva temporale, l’ente è tenuto ad eseguire un costante e attento monitoraggio del debito residuo in gestione all’OSL e a verificare se quest’ultimo ha estinto le rate scadute, ovvero ha ridotto o estinto il debito residuo a tale titolo. Al fine di evitare che possano porsi nuove tensioni sugli equilibri, l’ente sarà tenuto ad accantonare la necessaria provvista finanziaria e prevedere un’adeguata copertura delle rate di rimborso, nei bilanci stabilmente riequilibrati futuri, per tutte le annualità ancora dovute.
Da ultimo, la legge di bilancio per il 2023 (art. 1, comma 789, legge n. 197 del 2022), con una modifica al T.U.E.L., ha attribuito alla gestione ordinaria dell'ente locale la competenza sui rimborsi delle anticipazioni di liquidità ricevute anteriormente alla dichiarazione di dissesto dagli enti locali in dissesto finanziario per far fronte al pagamento dei propri debiti commerciali, chiarendo, quindi – in antitesi a quanto indicato dalla delibera n. 8 del 2022 della Corte dei conti – che le anticipazioni di liquidità ricevute da Cassa Depositi e Prestiti per il pagamento dei debiti commerciali debbano essere rimborsate a carico della gestione ordinaria degli enti locali in dissesto, e non della gestione dell’Organo straordinario di liquidazione.
Come precisato nella Relazione illustrativa del disegno di legge di bilancio per il 2023 (A.C. 643), la norma è finalizzata ad includere - analogamente a quanto previsto per le anticipazioni di tesoreria di cui all’art. 222 del TUEL - le anticipazioni di liquidità tra le fattispecie che sono sottratte alla competenza dell’OSL, restituendo certezza al quadro normativo, attraverso, peraltro, l’inclusione, nell’ipotesi di bilancio riequilibrato, del debito derivante dalla restituzione delle quote capitale e dei ratei interessi delle anticipazioni di liquidità contratte dall’ente anche se provengono dalla gestione precedente al dissesto. Ciò anche al fine di superare i rischi di effetti finanziari negativi determinati dal possibile mancato versamento al bilancio dello Stato del rimborso delle rate di ammortamento delle anticipazioni di liquidità da parte degli OSL degli enti locali, per insufficienza della massa attiva.
Articolo 8, comma 7
(Responsabilità degli amministratori in conseguenza del dissesto)
Il comma 7 modifica il TUEL al fine di introdurre una causa di non applicabilità delle sanzioni interdittive previste per gli amministratori locali in caso di dissesto dell’ente locale, ossia l’ineleggibilità e l’inconferibilità di determinati incarichi. Le sanzioni per il dissesto non si applicano agli amministratori, in caso di colpa grave, nel caso in cui sia avviata la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale (c.d. predissesto) dagli stessi amministratori entro due anni dall’insediamento e a seguito di una delibera della Corte dei conti che abbia accertato gravi irregolarità o criticità relative agli esercizi precedenti l’elezione.
A tal fine, l’articolo 8, comma 7, modifica l’articolo 248 del testo unico degli enti locali (TUEL), relativo alle conseguenze della dichiarazione di dissesto, ed in particole il comma 5 che riguarda le sanzioni per gli amministratori degli enti locali in dissesto.
Le sanzioni per gli amministratori degli enti locali in dissesto
Ai sensi del primo periodo del comma 5, gli amministratori che la Corte dei conti ha riconosciuto, anche in primo grado, responsabili di aver contribuito con condotte, dolose o gravemente colpose, sia omissive che commissive, al verificarsi del dissesto finanziario, non possono ricoprire, per 10 anni, i seguenti incarichi:
assessore;
revisore dei conti di enti locali;
rappresentante di enti locali presso altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati.
Secondo quanto previsto dal secondo periodo del medesimo comma, i sindaci e i presidenti di provincia ritenuti responsabili di dissesto non sono candidabili, per 10 anni, alle seguenti cariche:
· sindaco;
· presidente di provincia;
· presidente di Giunta regionale;
· consigliere comunale, provinciale, e regionale;
· deputato e senatore;
· parlamentare europeo.
Le sanzioni vigenti stabiliscono altresì il divieto di ricoprire – sempre per un periodo di 10 anni - la carica di assessore comunale, provinciale o regionale o altri incarichi in enti vigilati o partecipati da enti pubblici (comma 5, terzo periodo).
Ai sensi della disposizione in esame, le citate sanzioni, recate dei primi tre periodi del comma 5, articolo 248, TUEL non si applicano agli amministratori, solamente in caso di colpa grave e non in caso di dolo, nel caso in cui sia avviata la procedura di predissesto dagli stessi amministratori entro due anni dall’insediamento a seguito di delibera della Corte dei conti con cui siano state accertate gravi irregolarità o criticità relative agli esercizi precedenti all’elezione.
Come si legge nella relazione illustrativa, la disposizione “chiarisce e circoscrive la colpa grave per gli amministratori che hanno realmente provocato il dissesto e non a coloro che adottano un piano di riequilibrio approvato dalla Corte dei conti da una precedente gestione che ha causato il dissesto.”
Resta ferma, anche in caso dell’esclusione disposta dalla norma in esame, l’irrogazione della sanzione pecuniaria ai medesimi soggetti di cui, ove riconosciuti responsabili, da parte delle sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti pari ad un minimo di cinque e fino ad un massimo di venti volte la retribuzione mensile lorda dovuta al momento di commissione della violazione (comma 5 quarto periodo).
Parimenti, resta ferma anche la sanzione prevista dal comma 5-bis, del medesimo articolo 248 TUEL, in base alla quale, qualora, a seguito della dichiarazione di dissesto, la Corte dei conti accerti gravi responsabilità nello svolgimento dell'attività del collegio dei revisori, o ritardata o mancata comunicazione, secondo le normative vigenti, delle informazioni, i componenti del collegio riconosciuti responsabili in sede di giudizio della predetta Corte non possono essere nominati nel collegio dei revisori degli enti locali e degli enti ed organismi agli stessi riconducibili fino a dieci anni, in funzione della gravità accertata.
Si ricorda che in materia di responsabilità per danno erariale le Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e II (Giustizia) della Camera stanno esaminando in sede referente la proposta di legge C. 1621 recante “Modifiche alla legge 14 gennaio 1994, n. 20, al codice della giustizia contabile, di cui all’allegato 1 al decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174, e altre disposizioni in materia di funzioni di controllo e consultive della Corte dei conti e di responsabilità per danno erariale”.
Il dissesto finanziario degli enti locali
Il dissesto finanziario dei comuni e delle province è disciplinato Titolo VIII, parte seconda del TUEL (artt. 244-269). Si tratta dello strumento finanziario attivabile laddove l'ente locale non sia più in grado di svolgere le proprie funzioni e di erogare servizi indispensabili ovvero non sia in grado di assolvere a debiti liquidi ed esigibili.
Con la dichiarazione di dissesto da parte dell'ente locale si procede alla nomina dell'organo straordinario di liquidazione (OSL), con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell'interno, e di un'amministrazione straordinaria, con il fine di procedere all'accertamento della massa attiva e passiva (artt. 252-256). Dichiarato il dissesto si ha la netta separazione di compiti e competenze tra la gestione passata e quella corrente. In particolare, viene demandata all'organo straordinario di liquidazione la competenza relativamente ai fatti verificatisi fino al 31 dicembre dell'anno precedente a quella relativa alla predisposizione di un bilancio riequilibrato.
La dichiarazione di dissesto comporta per l'ente, sino alla data di approvazione dell'ipotesi di bilancio riequilibrato: limiti alla contrazione nuovi mutui, (con alcune eccezioni relative ai mutui con oneri a carico dello Stato o delle regioni, nonché mutui per la copertura di spese di investimento strettamente funzionali alla realizzazione di interventi finanziati con risorse provenienti dall'UE o da amministrazioni ed enti nazionali, pubblici o privati) (art. 249); limiti all'impegno delle somme previste nell'ultimo bilancio approvato con riferimento all'esercizio in corso; i pagamenti in conto competenza non possono mensilmente superare un dodicesimo delle rispettive somme impegnabili, con esclusione delle spese non suscettibili di pagamento frazionato in dodicesimi (art. 250); l'aumento, nella misura massima consentita dalla legge, delle aliquote e delle tariffe di base delle imposte e tasse locali, diverse dalla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani; la delibera non è revocabile ed ha efficacia per cinque anni (art. 251).
Il risanamento dell'ente locale dissestato ha la durata di cinque anni, decorrenti da quello per il quale viene redatta l'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato (art. 265). Dall'emanazione del decreto che approva l'ipotesi di bilancio riequilibrato e per la durata del risanamento, gli enti locali dissestati possono procedere all'assunzione di mutui per investimento e all'emissione di prestiti obbligazionari (art. 266). Per la durata del risanamento la pianta organica rideterminata non può essere variata in aumento (art. 267).
La procedura di riequilibrio finanziario pluriennale (c.d. predissesto)
La procedura di riequilibrio finanziario pluriennale (cd. predissesto) è stata introdotta agli articoli 243-bis e seguenti del TUEL, dal D.L. n. 174 del 2012, allo scopo di evitare il dissesto finanziario dei comuni e delle province che versano in una situazione di squilibrio strutturale del bilancio, in grado di provocarne il dissesto finanziario. La procedura di riequilibrio finanziario è finalizzata a responsabilizzare gli organi ordinari dell'ente territoriale nella definizione e nell'assunzione di ogni iniziativa utile al risanamento. Il predissesto, infatti, evitando il ricorso alla gestione commissariale, lascia impregiudicata la gestione in capo all'organo elettivo, anche se gli enti sono sottoposti a penetranti controlli volti ad impedire che la situazione di squilibrio degeneri in dissesto. La peculiarità dell'istituto del predissesto risiede nel fatto che la procedura è avviata autonomamente dell'ente.
La deliberazione di ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale deve essere trasmessa entro 5 giorni alla competente sezione regionale della Corte dei conti e al Ministero dell'interno (art. 243-bis, co. 2). Il consiglio dell'ente locale, entro il termine perentorio di 90 giorni dalla data di esecutività della delibera di ricorso alla procedura di riequilibrio, delibera un piano di riequilibrio finanziario pluriennale di durata compresa tra quattro e venti anni, compreso quello in corso, corredato del parere dell'organo di revisione economico-finanziario. La procedura di riequilibrio può essere avviata fino a quando non siano stati assegnati dalla Corte dei conti i termini per l'adozione delle misure correttive, con cui ha inizio il dissesto guidato, di cui all'articolo 6, comma 2, del D. Lgs. n. 149 del 2011. La durata massima del piano di riequilibrio è determinata sulla base del rapporto tra le passività da ripianare e l'ammontare degli impegni di cui al titolo I della spesa del rendiconto dell'anno precedente a quello di deliberazione del ricorso alla procedura di riequilibrio o dell'ultimo rendiconto approvato.
Una volta deliberato, il piano deve essere trasmesso entro 10 giorni alla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali (art. 155 del TUEL) per l'istruttoria ed alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti, ai fini dell'approvazione o del diniego dello stesso entro 30 giorni, valutandone la congruenza ai fini del riequilibrio secondo le procedure stabilite dall'articolo 243-quater. In caso di approvazione del piano, la Corte dei conti vigila sull'esecuzione dello stesso, adottando in sede di controllo, apposita pronuncia. La delibera di approvazione o di diniego del piano può essere impugnata entro 30 giorni, nelle forme del giudizio ad istanza di parte, innanzi alle Sezioni riunite della Corte dei conti in speciale composizione, che si pronunciano entro 30 giorni.
Controllo della Corte dei conti sulla gestione finanziaria degli enti locali
L'articolo 148-bis, comma 3, del TUEL prevede che, qualora le Sezioni regionali della Corte dei conti accertino la presenza di squilibri economico-finanziari, mancata copertura di spese, violazioni di norme a garanzia della regolarità della gestione finanziaria o mancato rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno, gli enti locali interessati devono adottare, entro sessanta giorni dalla comunicazione della delibera di accertamento, provvedimenti idonei a rimuovere le irregolarità e a ripristinare gli equilibri di bilancio. Successivamente, la Corte dei conti verifica, nei successivi trenta giorni, l'idoneità di tali provvedimenti. In caso di mancata adozione o valutazione negativa, è preclusa l'attuazione dei programmi di spesa per i quali è stata accertata la mancata copertura o l'insussistenza della relativa sostenibilità finanziaria.
Si evidenzia che le delibere della Corte dei conti emesse ai sensi dell’articolo 148-bis, comma 3, del TUEL possono riguardare anche irregolarità o criticità relative a esercizi finanziari precedenti all'elezione dell'amministrazione in carica, la quale è comunque tenuta ad adottare le necessarie misure correttive per sanare le anomalie riscontrate.
Articolo 8, comma 8
(Risorse per interventi in aree con situazioni di degrado e disagio giovanile)
L’articolo 8, comma 8, autorizza il Commissario straordinario incaricato di predisporre ed attuare un piano di interventi infrastrutturali e di riqualificazione in talune aree caratterizzate da situazioni di degrado e disagio giovanile, ad utilizzare, per tali interventi, la somma di 8,3 milioni di euro, allocata presso una contabilità speciale intestata al Prefetto di Napoli.
Il Commissario straordinario nominato ai sensi dell’art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 123 del 2023 (convertito dalla legge n. 159 del 2023) per gli interventi infrastrutturali o di riqualificazione nel territorio del Comune di Caivano è stato incaricato - dall’art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 208 del 2024 - di predisporre ed attuare un ulteriore piano straordinario di interventi infrastrutturali e di progetti di riqualificazione sociale, funzionali ai comuni o alle aree metropolitane ad alta vulnerabilità sociale ivi specificati. Si tratta delle seguenti aree: Rozzano (MI), Roma Quartiere Alessandrino-Quarticciolo, Napoli Quartiere Scampia-Secondigliano, Orta Nova (FG), Rosarno-San Ferdinando (RC), Catania Quartiere San Cristoforo, Palermo - Borgo Nuovo.
Per la realizzazione del piano in questione, il citato art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 208 autorizza la spesa complessiva di 100 milioni di euro per l'anno 2025, 50 milioni per l'anno 2026 e 30 milioni per l'anno 2027, a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione, periodo di programmazione 2021-2027.
Il comma in esame autorizza il suddetto Commissario straordinario ad utilizzare l’ulteriore somma di 8,3 milioni di euro, allocata sulla contabilità speciale intestata al Prefetto di Napoli n. 5142, in favore degli interventi previsti del medesimo articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 208 del 2024.
Tali risorse, lo specifica il comma medesimo, sono versate alla contabilità speciale del Commissario straordinario prevista dal comma 5 dell’art. 1 del citato decreto-legge n. 208 con le modalità fissate da ordinanze del Commissario medesimo. Si rammenta che tale comma 5 prevede che al Commissario straordinario sia intestata apposita contabilità speciale aperta presso la tesoreria dello Stato su cui sono assegnate anche le “eventuali risorse finanziarie a qualsiasi titolo destinate o da destinare alla realizzazione degli interventi di cui al medesimo comma 1” dell’articolo 1.
Per approfondimenti, cfr. la scheda su art. 1 del decreto-legge n. 208 del 2024 (convertito nella legge n. 20 del 2025) nel dossier di documentazione sul disegno di legge di conversione A.S. n. 1384 (ultima lettura parlamentare).
L’articolo 8, comma 9, intervenendo sull’art. 19 del DL 124/2023, convertito con modificazioni dalla L. 13 novembre 2023, n. 162 - ovvero nell’ambito delle assunzioni a tempo indeterminato di personale non dirigenziale, da destinare a determinate regioni meridionali (e agli altri enti locali appartenenti a tali aree) e al Dipartimento per le politiche di coesione, autorizzate, a decorrere dal 2025, al fine di rafforzare la capacità amministrativa di tali enti e delle funzioni di coordinamento nazionale del medesimo Dipartimento per le politiche di coesione - anzitutto, ne modifica il comma 6, secondo e sesto periodo (lettera a)). Si stabilisce, dunque, che il corso di formazione sulle politiche di coesione – di durata non superiore a tre mesi, che, al termine delle procedure selettive previste dal richiamato art. 19, i vincitori del concorso pubblico sono tenuti a frequentare, come stabilito dal primo periodo di tale comma 6 (non modificato dalla novella in esame) - sia erogato dalla Scuola Nazionale dell’Amministrazione – SNA (in luogo del Formez PA o di istituzioni universitarie selezionate dal Dipartimento per le politiche di coesione, sentito il Ministero dell’università e della ricerca, come prevedeva il testo previgente), precisandosi che tale corso sia da frequentare da parte dei vincitori in presenza (come già previsto) ovvero a distanza, secondo le modalità definite con apposita convenzione tra il Dipartimento per le politiche di coesione e per il sud della Presidenza del Consiglio dei ministri e la medesima Scuola Nazionale dell’Amministrazione – SNA, convenzione a cui è affidata la definizione delle modalità organizzative del medesimo corso.
Si prevede, quindi, alla lettera b), una modifica al comma 7 del medesimo art. 19 del DL 124/2023, aggiungendo, in fine, che è fatta salva la possibilità per le amministrazioni assegnatarie di utilizzare detto personale nell’ambito convenzioni che gli enti locali possono stipulare, al fine di svolgere in modo coordinato funzioni e servizi determinati, ai sensi dell’articolo 30 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, in deroga al divieto di utilizzo presso altre amministrazioni previsto dalla medesima disposizione oggetto della presente novella.
L’articolo 8, comma 9, modifica l’articolo 19 del DL 124/2023 - convertito con modificazioni dalla L. 13 novembre 2023, n. 162 - che, a decorrere dal 2025[54], autorizza le regioni Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, le città metropolitane, le province, le unioni dei comuni e i comuni appartenenti a tali regioni, nonché il Dipartimento per le politiche di coesione ad assumere, con contratto di lavoro a tempo indeterminato e in deroga alle vigenti facoltà assunzionali[55], personale non dirigenziale nel limite massimo complessivo di 2.200 unità, di cui 71 unità riservate al Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri, al fine di rafforzare la capacità amministrativa dei predetti enti territoriali e delle funzioni di coordinamento nazionale del Dipartimento per le politiche di coesione.
Si prevedono, nel dettaglio, alla lettera a), modifiche al comma 6 del citato art. 19 - che prevede, al primo periodo (non modificato dalla novella in esame) che al termine della procedura selettiva i vincitori del concorso pubblico frequentino un corso di formazione di durata non superiore di tre mesi sulle politiche di coesione - stabilendo, al punto 1), al secondo periodo di tale comma 6, che questo corso di formazione sia erogato dalla Scuola Nazionale dell’Amministrazione – SNA (in luogo del Formez PA o di istituzioni universitarie selezionate dal Dipartimento per le politiche di coesione, sentito il Ministero dell’università e della ricerca), e precisando che tale corso sia da frequentare in presenza (come già previsto) ovvero a distanza, secondo le modalità definite con apposita convenzione tra il Dipartimento per le politiche di coesione e per il sud della Presidenza del Consiglio dei ministri e la medesima Scuola Nazionale dell’Amministrazione – SNA, convenzione a cui è affidata - con un’altra modifica, al sesto periodo di tale comma 6 dell’art. 19 (punto 2)) - la definizione delle modalità organizzative del medesimo corso.
Come precisato nella relazione illustrativa del provvedimento, La modifica in questione è innanzitutto motivata dall’opportunità di demandare l’erogazione del percorso formativo ad un unico soggetto specializzato nella formazione di funzionari e i dirigenti della Pubblica Amministrazione italiana, rispondendo, con la centralizzazione” dell’organizzazione dei corsi formativi in?capo alla SNA, inoltre, ad esigenze di maggior celerità nella definizione delle modalità organizzative del corso, tenuto conto che la procedura diretta all’assunzione del personale in discorso deve sottostare a specifici target previsti dal Programma Nazionale FESR FSE+?Capacità per la coesione 2021-2027.
Si ricorda più in generale, nel dettaglio, che l’art. 19 del DL 124/202[56] dispone, al comma 1, che il richiamato personale non dirigenziale – la cui assunzione è finalizzata al rafforzamento della capacità amministrativa dei predetti enti territoriali e delle funzioni di coordinamento nazionale del Dipartimento per le politiche di coesione – sia inquadrato nel livello iniziale dell’area dei funzionari prevista dal CCNL 2019-2021 del comparto Funzioni locali, ovvero della categoria A del CCNL della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Le assunzioni delle unità di tale personale sono effettuate nei limiti delle vigenti dotazioni organiche di ciascuna amministrazione, ad eccezione della Presidenza del Consiglio dei ministri la cui dotazione organica è incrementata in misura corrispondente
Al fine di favorire l’acquisizione, il rafforzamento e la verifica delle competenze specifiche in materia di politiche di coesione, in coerenza con le finalità e la titolarità del Programma Nazionale FESR FSE+ Capacità per la coesione 2021-2027[57], tale personale è reclutato attraverso una o più procedure per esami dal Dipartimento per la funzione pubblica della Presidenza del consiglio dei ministri, che si avvale della Commissione RIPAM, la quale adotta gli atti di propria competenza d'intesa con il Dipartimento per le politiche di coesione.
Si ricorda inoltre che l’art. 19, c. 3, del D.L. 124/2023 attribuisce ad apposito DPCM la definizione dei criteri di ripartizione tra le amministrazioni interessate delle risorse finanziarie e delle suddette unità di personale - entro determinati limiti di spesa [58] - sulla base della ricognizione del fabbisogno di personale, effettuata a seguito della manifestazione di interesse da parte dei suddetti enti territoriali (sul punto si segnala che il 19 aprile 2024 sul sito del Dipartimento per le politiche di coesione, con riferimento all’Avviso di manifestazione d’interesse del 21 novembre 2023, è stato pubblicato il Decreto Direttoriale n. 8/2024 di approvazione e pubblicazione degli elenchi relativi agli esiti della ricognizione del fabbisogno di personale proposto dalle amministrazioni). A tal fine si prevede che il Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del consiglio dei ministri pubblichi sul proprio sito istituzionale un avviso finalizzato all’acquisizione di tali manifestazioni d’interesse.
A pena di inammissibilità, tali manifestazioni, oltre ad indicare le unità di personale richieste e i relativi profili professionali in coerenza con l’attuazione delle politiche di coesione, devono contenere l’assunzione dell’obbligo di adibire il personale reclutato esclusivamente allo svolgimento di attività direttamente afferenti alle politiche di coesione.
Si ricorda poi che il comma 6 dell’art. 19 stabilisce che il corso di formazione prevede, altresì, l’espletamento di apposita sessione formativa mediante l’apposita piattaforma di formazione messa a diposizione dal Dipartimento della funzione pubblica. Per la partecipazione ai predetti corsi di formazione è riconosciuta una borsa di studio di mille euro mensili lordi corrisposti, successivamente all’assunzione, da parte dalle Amministrazioni di assegnazione. Per l'erogazione delle borse di studio e per lo svolgimento dei corsi di formazione in oggetto la spesa è quantificata nel limite massimo di 11 milioni di euro per il 2024.
Si ricorda, infine, che il comma 8 del richiamato art 19 reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dal presente articolo, pari a 14.000.000 di euro per l’anno 2024[59] e 97.338.057 annui a decorrere dall’anno 2025.
La Scuola nazionale dell'amministrazione (SNA)
Si ricorda che la Scuola nazionale dell'amministrazione (SNA) (originariamente denominata Scuola superiore della pubblica amministrazione: SSPA) è un'istituzione di alta cultura e formazione, posta nell'ambito e sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio.
Istituita nel 1957, le norme fondamentali della Scuola sono contenute nel decreto legislativo n. 178 del 2009 (che ha integralmente sostituito la disciplina contenuta nel decreto legislativo n. 287 del 1999, come modificato dal n. 381 del 2003).
In base alla normativa vigente (cfr. il decreto legislativo n. 178 del 2009) la Scuola è dotata di autonomia organizzativa e contabile nei limiti delle proprie risorse economico-finanziarie. Tra i compiti primari della Scuola figurano: il reclutamento dei dirigenti e dei funzionari dello Stato; l’attività formativa iniziale dei dirigenti dello Stato; la formazione permanente dei dirigenti e dei funzionari dello Stato; la formazione, con gli oneri a carico dei committenti, di dipendenti di amministrazioni pubbliche diverse da quelle statali, di soggetti gestori di servizi pubblici e di istituzioni ed imprese private; lo svolgimento di attività di ricerca, analisi e documentazione finalizzata al perseguimento dell'eccellenza nell'attività di formazione legata ai processi di riforma ed innovazione della pubblica amministrazione.
Il DL 80/2021, convertito con modificazioni dalla L. 6 agosto 2021, n. 113, ha ridisegnato alcuni compiti della Scuola nazionale dell'amministrazione - onde annoverarvi profili attinenti alla formazione del personale che operi negli uffici di diretta collaborazione dei Ministri nonché del personale delle pubbliche amministrazioni preposto allo sviluppo ed attuazione delle azioni contenute nel Piano nazionale di ripresa e resilienza.
E’ stato introdotto inoltre, nell'organizzazione della Scuola, la figura del Segretario generale, del quale determina le attribuzioni.
Si stabilisce, quindi, alla lettera b) del comma 9 in esame una modifica al comma 7 del medesimo art. 19 del DL 124/2023 - che prevede che, fino al 31 dicembre 2029, il personale reclutato e assegnato alle predette pubbliche amministrazioni non può accedere alle procedure di mobilità previste dalla normativa vigente (di cui all’art. 30 del D.Lgs. 165/2001), né può essere utilizzato presso amministrazioni pubbliche diverse da quelle di prima assegnazione mediante comando, distacco o altro provvedimento di contenuto o effetto analogo - aggiungendo che è fatta salva la possibilità per le amministrazioni assegnatarie di utilizzare detto personale nell’ambito convenzioni che gli enti locali possono stipulare, al fine di svolgere in modo coordinato funzioni e servizi determinati, ai sensi dell’articolo 30 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267[60].
Secondo la relazione illustrativa del provvedimento, tale modifica viene incontro alle amministrazioni assegnatarie del personale reclutato che, in ragione delle mutate condizioni e di mancato assorbimento di risorse, non sono in grado di rispettare il vincolo di destinazione del medesimo personale all’attuazione delle politiche di coesione nel corso del ciclo di programmazione 21-27, offrendo dunque la possibilità di condividere l’impiego di tale personale con altri enti maggiormente coinvolti nell’attuazione di tali politiche.
Si ricorda che l’art.30 del D.Lgs. 165/2001 disciplina il passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse, prevedendo la possibilità di ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti pubblici, appartenenti a una qualifica corrispondente e in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento.
Art. 19, commi 6 e 7 del Decreto-legge 19/09/2023, n. 124, convertito, con modificazioni dalla L. 13 novembre 2023, n. 162 |
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Testo previgente |
Modificazioni apportate dall’art. 8, comma 9 |
Art. 19 |
Art. 19 |
6. Al termine della procedura selettiva i vincitori del concorso pubblico frequentano un corso di formazione sulle politiche di coesione di durata non superiore a tre mesi. Il corso di formazione, da frequentare in presenza, |
6. Al termine della procedura selettiva i vincitori del concorso pubblico frequentano un corso di formazione sulle politiche di coesione di durata non superiore a tre mesi. Il corso di formazione, da frequentare in presenza ovvero a distanza secondo le modalità definite con la convenzione di cui al sesto periodo, è erogato dalla Scuola Nazionale dell’Amministrazione - SNA. Il corso di formazione prevede, altresì, l'espletamento di apposita sessione formativa mediante l'apposita piattaforma di formazione messa a disposizione dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri. Per la partecipazione al corso di formazione è riconosciuta una borsa di studio di mille euro mensili lordi. Il pagamento della borsa di studio di cui al secondo periodo è effettuato, successivamente all'assunzione, da parte dalle Amministrazioni di assegnazione. Con apposita convenzione stipulata tra il Dipartimento per le politiche di coesione e per il sud della Presidenza del Consiglio dei ministri e la Scuola Nazionale dell’Amministrazione – SNA sono stabilite le modalità organizzative del corso di formazione. Per l'erogazione delle borse di studio e per lo svolgimento dei corsi di formazione previsti dal presente comma la spesa è quantificata nel limite massimo di 11.000.000 di euro per l'anno 2024 |
7. Fino al 31 dicembre 2029, il personale reclutato secondo le modalità di cui al comma 5 ed assegnato alle pubbliche amministrazioni di cui al comma 1, non può accedere alle procedure di mobilità di cui all'articolo 30 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, né essere utilizzato presso amministrazioni pubbliche diverse da quelle di prima assegnazione mediante comando, distacco o altro provvedimento di contenuto o effetto analogo. |
7. Fino al 31 dicembre 2029, il personale reclutato secondo le modalità di cui al comma 5 ed assegnato alle pubbliche amministrazioni di cui al comma 1, non può accedere alle procedure di mobilità di cui all'articolo 30 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, né essere utilizzato presso amministrazioni pubbliche diverse da quelle di prima assegnazione mediante comando, distacco o altro provvedimento di contenuto o effetto analogo, fatta salva la possibilità per le amministrazioni assegnatarie di utilizzare detto personale nell’ambito convenzioni di cui all’articolo 30 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267. |
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Articolo 8, comma 10
(Rimborsi alle regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano per le prestazioni sanitarie offerte da comunità terapeutiche in regime di mobilità interregionale)
Il comma 10 dell’articolo 8 aggiunge all’articolo 1, comma 365, della Legge di bilancio 2025 un nuovo periodo, con il quale si prevede l’accesso di tutte le regioni al rimborso derivante dalla quota del fabbisogno sanitario nazionale standard (pari a 15 milioni di euro annui), stanziata per sostenere l’erogazione delle prestazioni sanitarie, rese in ambiti regionali diversi da quelli di residenza di cittadini dipendenti da sostanze.
Il comma 10 dell’articolo 8 aggiunge all’articolo 1, comma 365, della Legge n. 207 del 2024 (Legge di bilancio 2025)[61]un nuovo periodo.
La disposizione in oggetto prevede l’accesso di tutte le regioni, in deroga alle disposizioni legislative che stabiliscono per le autonomie speciali il concorso regionale e provinciale al finanziamento sanitario corrente, al rimborso derivante dalla quota del fabbisogno sanitario nazionale standard, stanziata per sostenere l’erogazione delle prestazioni sanitarie, rese in ambiti regionali diversi da quelli di residenza di cittadini dipendenti da sostanze.
Si ricorda che l’articolo 1, comma 365, della Legge n. 207 del 2024 (Legge di bilancio 2025), modificato dalla disposizione in oggetto, vincola, al fine di sostenere l’erogazione delle prestazioni sanitarie, comprese nei livelli essenziali di assistenza (LEA), offerte dai servizi residenziali specialistici, pedagogico-riabilitativi, terapeutico-riabilitativi, rese in ambiti regionali diversi da quelli di residenza di cittadini dipendenti da sostanze, una quota del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato, pari a 15 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2025, alla remunerazione delle citate prestazioni.
Si ricorda che l’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza è stato previsto con il D.P.C.M 12 gennaio 2017 Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, pubblicato sulla G.U. n. 65 del 18 marzo 2017[62].
In particolare, l’articolo 28 del D.P.C.M citato disciplina, nei livelli essenziali di assistenza, l’assistenza sociosanitaria alle persone con dipendenze patologiche.
L’articolo 35 ha inserito tra i livelli essenziali di assistenza l’assistenza sociosanitaria semiresidenziale e residenziale alle persone con dipendenze patologiche (per un approfondimento v. box infra).
In merito al concetto di mobilità interregionale, si può brevemente ricorda che il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) garantisce l’assistenza ai cittadini iscritti presso le strutture sanitarie della propria Regione di residenza. Il cittadino può comunque esercitare il diritto di essere assistito anche in altre Regioni, concretizzando il fenomeno noto come mobilità sanitaria interregionale che viene distinta in:
a) Mobilità attiva, che identifica l’indice di attrazione di una Regione, ovvero le prestazioni sanitarie erogate a cittadini non residenti.
b) Mobilità passiva, che esprime l’indice di fuga da una Regione, ovvero le prestazioni sanitarie erogate ai cittadini in una Regione diversa da quella di residenza[63].
In merito al concorso regionale e provinciale al finanziamento sanitario corrente per le autonomie speciali, si ricorda che le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono al finanziamento del Servizio sanitario nazionale con risorse provenienti interamente dal proprio bilancio, fatta parzialmente eccezione per la regione Sicilia.
Invero, il sistema di finanziamento delle regioni a statuto speciale prevede che, attraverso le entrate fiscali che ricevono sotto forma di compartecipazioni ai tributi erariali (le cui quote sono stabilite negli statuti speciali e nelle norme di attuazione), esse provvedono al finanziamento integrale dell'esercizio delle funzioni attribuitegli dallo statuto speciale e dalle norme di attuazione. In particolare la regione Valle d'Aosta e le province autonome di Trento e Bolzano - ai sensi dell'articolo 34, comma 3 della legge n. 724 del 1994 -, la Regione Friuli Venezia Giulia - ai sensi dell'articoli 1, comma 144 della legge 662 del 1996 [64], -, e la Regione Sardegna - ai sensi dell'articolo 1, comma 836 della legge 296 del 2006-, provvedono al finanziamento del rispettivo fabbisogno senza alcun apporto a carico del Bilancio dello Stato.
Per la Regione siciliana, invece, ai sensi della legge 296 del 2006, articolo 1 comma 830, l'aliquota di partecipazione alla spesa sanitaria è fissata nella misura del 49,11. La norma, in particolare, dispone l'aumento progressivo della percentuale di spesa sanitaria posta a carico del bilancio della Regione siciliana: 44,85 per cento per l'anno 2007, 47,05 per cento per l'anno 2008 e 49,11 per cento per l'anno 2009. Essa perciò, per la parte restante, rientra nella ripartizione del Fondo sanitario nazionale.
Si ricorda inoltre che, stante il diverso modo di finanziamento dei Servizio sanitario nazionale sul proprio territorio e in ragione del principio di coordinamento della finanza pubblica, tutte le regioni e le province autonome concorrono ad assicurare l'osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea, ai sensi dell’art. 119 Cost.
La norma in commento, pertanto, stabilisce una deroga a tale disposizioni, permettendo anche alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e Bolzano di accedere al rimborso previsto.
Le comunità terapeutiche e le strutture accreditate offrono un insieme di servizi per la cura e la riabilitazione da droghe, abuso di alcol, gioco d’azzardo e nuove dipendenze.
Sono strutture sia a carattere residenziale (con permanenza diurna e notturna) sia semiresidenziale (con la sola permanenza diurna) e si collocano nella rete dei servizi socio sanitari per l’attuazione di programmi terapeutici personalizzati di persone con problematiche di dipendenza da sostanze stupefacenti.
In specie, l'assistenza residenziale si articola nelle seguenti tipologie di trattamento:
a) trattamenti specialistici, destinati a persone con dipendenza patologica che, per la presenza concomitante di disturbi psichiatrici, o dello stato di gravidanza o di gravi patologie fisiche o psichiche necessitano di trattamenti terapeutici specifici, anche con ricorso a terapia farmacologica e relativo monitoraggio. I trattamenti della durata massima di 18 mesi sono erogati in strutture o moduli che garantiscono la presenza di personale sociosanitario sulle 24 ore;
b) trattamenti terapeutico-riabilitativi destinati a persone con dipendenza patologica, finalizzati al superamento della dipendenza, al miglioramento della qualità della vita e al reinserimento sociale. I trattamenti, della durata massima di 18 mesi, eventualmente prorogabili a seguito di rivalutazione multidimensionale da parte dei servizi territoriali delle dipendenze patologiche, sono rivolti a persone che, anche in trattamento farmacologico sostitutivo, non assumono sostanze d'abuso, e sono erogati nell'ambito di strutture che garantiscono la presenza di personale sulle 24 ore;
c) trattamenti pedagogico-riabilitativi finalizzati al recupero dell'autonomia personale e alla integrazione sociale e lavorativa. I trattamenti, della durata massima di 30 mesi, sono rivolti a persone che non assumono sostanze d'abuso e non hanno in corso trattamenti con farmaci sostitutivi, e sono erogati in strutture che garantiscono la presenza di personale socio-sanitario nell'arco della giornata.
Gli specifici programmi per sostenere la disintossicazione e il reinserimento sociale sono elaborati previa valutazione multidimensionale, definizione di un programma terapeutico individualizzato e presa in carico, trattamenti terapeutico-riabilitativi e trattamenti pedagogico-riabilitativi, con programmi differenziati per intensità, complessità e durata.
In particolare, l’attuazione e la verifica del programma terapeutico e riabilitativo personalizzato viene svolto in collaborazione con il servizio per le dipendenze patologiche (SerD) di riferimento, in accordo con la persona e, per i minori, in collaborazione con la famiglia.
Per accedere alle comunità terapeutiche e alle strutture accreditate è necessaria la valutazione e la certificazione di tossicodipendenza o alcoldipendenza rilasciata dai Servizi per le dipendenze patologiche del Sistema Sanitario Nazionale.
Il Servizio per le dipendenze patologiche delle aziende sanitarie locali, dopo aver preso in carico la persona con dipendenza da sostanze psicoattive, può offrirle anche assistenza e accoglienza residenziale e/o semiresidenziale mirata.
Articolo 9
(Disposizioni urgenti in materia di segretari comunali)
L’articolo 9 dispone che al comune di Lampedusa e Linosa possa essere assegnato un segretario comunale di fascia immediatamente superiore rispetto a quella prevista per l’ente, qualora l’ente sia nelle condizioni finanziarie di poterne sostenere le maggiori spese (comma 1).
Il comma 2 interviene sulla disciplina del fondo istituito per il sostegno delle assunzioni per l’attuazione dei progetti previsti dal PNRR nonché dei segretari comunali nei comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, prevedendo la riassegnazione delle risorse non utilizzate e restituite ai comuni già individuati ma non destinatari dei benefici.
Il comma 1 prevede la possibilità per il comune di Lampedusa e Linosa di assegnazione di un segretario comunale di fascia immediatamente superiore a quella prevista per l’ente. La titolarità è assegnata con provvedimento del Ministero dell’interno, su richiesta motivata del sindaco, corredata dalla dimostrazione di condizioni finanziarie tali da poter sostenere le maggiori spese. Il trattamento economico del segretario è a carico del comune di Lampedusa e Linosa. La disposizione è motivata dalla necessità di potenziare la capacità tecnica e operativa dell’amministrazione comunale, a causa del fenomeno dell’immigrazione, delle caratteristiche geografiche e territoriali del comune e della maggior complessità dei compiti e delle funzioni svolti dall’ente locale.
Si ricorda che, in base alla disciplina ordinaria, l’articolo 11, comma 8 del D.P.R. n. 465/1997 dispone che il CCNL che disciplina il rapporto di lavoro dei segretari comunali e provinciali possa stabilire il numero delle fasce professionali e la loro eventuale articolazione interna, nonché i requisiti di appartenenza a ciascuna fascia e il relativo trattamento giuridico ed economico. A tal proposito, il CCNL 16.05.2001 all’articolo 31, comma 1, dispone che agli iscritti nella fascia iniziale di accesso in carriera - fascia professionale C - dell'albo dei segretari comunali e provinciali può essere attribuita la titolarità di sedi di segreteria comunale, singole o convenzionate, aventi una popolazione non superiore a 3.000 abitanti. Nella fascia professionale B sono invece inseriti i segretari idonei alla titolarità di sedi di comuni fino a 65.000 abitanti non capoluogo di provincia, mentre nella fascia professionale A i segretari di comuni con popolazione superiore a 65.000 abitanti, o di comuni capoluogo di provincia nonché di province. L’articolo 12-bis, comma 1, lettere b), c) e d), del D.L. n. 4/2022, e il relativo decreto attuativo del Ministro dell'interno del 29 aprile 2022 hanno previsto che, su richiesta del sindaco (o del sindaco del comune capofila, nel caso di una convenzione di segreteria), previa autorizzazione del Ministero dell'interno, gli iscritti alla suddetta fascia professionale C possano assumere, nel rispetto dei limiti temporali massimi previsti (ventiquattro mesi per effetto delle modifiche da ultimo apportate alla richiamata disposizione dall’articolo 1, comma 20, del decreto legge n. 198 del 2022), la titolarità anche in sedi, singole o convenzionate, di competenza della fascia professionale immediatamente superiore e aventi fino ad un massimo di 5.000 abitanti (con riferimento al singolo comune nel caso di sede singola e alla popolazione complessiva dei comuni nel caso di convenzione di segreteria), nonché fino ad un massimo di 10.000 abitanti nelle sedi singole situate nelle isole minori, qualora la sede sia vacante e la procedura di pubblicizzazione sia andata deserta; dopo il rilascio dell'autorizzazione, l'incarico in oggetto è conferito dal sindaco (anche senza ulteriore pubblicizzazione e previo consenso dell'interessato) tra i segretari iscritti nella suddetta fascia professionale C.
Anche il D.L. n. 123/2019 ha previsto una deroga temporanea alla normativa prevista dalla contrattazione collettiva, disponendo, ai sensi dell’articolo 9-vicies sempties, la possibilità per i comuni con popolazione inferiore ai 3.000 abitanti colpiti dagli eventi sismici[65] di nominare il segretario comunale anche tra gli iscritti alla fascia professionale immediatamente superiore a quella corrispondente all’entità demografica dell’ente locale. Tali disposizioni sono state applicate alle nomine effettuate fino al 31 dicembre 2024, nel caso in cui la procedura di pubblicizzazione finalizzata alla nomina del segretario titolare fosse andata deserta e fermi restando i limiti al contenimento delle spese relative al personale.
Il comune di Lampedusa e Linosa, secondo quanto riportato dall’Istat, ha una popolazione residente pari a 6.522 persone al 1° gennaio 2024. La norma consente quindi la possibilità di assegnare alla sede del comune di Lampedusa e Linosa (attualmente vacante) un segretario comunale di fascia professionale A in via ordinaria.
Al fine di fronteggiare la grave situazione socio-economica nell'isola di Lampedusa, ulteriori disposizioni sono già state introdotte dall’articolo 8 del decreto-legge n. 124 del 2023 il quale ha previsto la predisposizione di un piano di interventi strategici da parte del Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri per l’assegnazione al Comune di Lampedusa e Linosa di risorse nel limite complessivo di 45 milioni di euro, a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione, oltre a specifiche disposizioni per la realizzazione dei punti di crisi c.d. hotspot e dei centri governativi di prima accoglienza
Il comma 2 dispone che il Ministero dell’interno riassegni le risorse finanziarie assegnate ai comuni sulla base del DPCM adottato ai sensi dell’articolo 31-bis, comma 5, del D.L. n. 152/2021 che non siano state utilizzate e restituite, nel corso dello stesso esercizio finanziario, ai comuni già individuati ma non destinatari dei benefici previsti. L’assegnazione avviene nella stessa annualità di riferimento e in ordine di graduatoria.
Il comma 5 dell’articolo 31-bis del D.L. n. 152/2021 ha disposto l’istituzione di un fondo nello stato di previsione del Ministero dell’interno con una dotazione pari a 30 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2026, al fine del concorso alla copertura dell’onere sostenuto dai comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti per le assunzioni di personale a tempo determinato per l’attuazione dei progetti previsti dal PNRR. Le predette risorse sono state ripartite tra i comuni attuatori dei progetti previsti dal PNRR con DPCM 30 dicembre 2022, adottato su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'interno e il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, sulla base del monitoraggio delle esigenze assunzionali. Il comune beneficiario è tenuto a riversare ad apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato l'importo del contributo non utilizzato nell'esercizio finanziario. Successivamente, la legge di bilancio 2023 (L. n. 197/2022, articolo 1, comma 828) ha previsto che le risorse del citato fondo potessero essere destinate anche a sostenere gli oneri relativi al trattamento economico degli incarichi conferiti ai segretari comunali dei comuni fino a 5.000 abitanti, nonché per finanziare iniziative di assistenza tecnica specialistica in favore dei piccoli comuni al fine di superare le criticità nell’espletamento degli adempimenti necessari per garantire una efficace e tempestiva attuazione degli interventi previsti dal PNRR. Si specifica altresì che la durata dei contratti relativi agli incarichi conferiti ai segretari comunali a valere sulle risorse del fondo non potesse eccedere il 31 dicembre 2026. Conseguentemente, con DPCM 1° maggio 2023 sono stati rideterminati gli oneri previsti dal precedente decreto 30 dicembre 2022. In ultimo, il D.L. n. 44/2023 (articolo 3, comma 2) è intervenuto nuovamente sulle risorse del fondo, disponendo che le risorse relative all’annualità 2022 assegnate ai comuni beneficiari possano essere utilizzate per la medesima spesa di personale del 2023 (ad esclusione delle spese effettivamente sostenute nel 2022).
L’articolo 10, adotta misure urgenti finalizzate all’implementazione delle misure in materia di personale a supporto delle attività di ricostruzione nei territori delle regioni Emilia-Romagna, Marche e Toscana colpiti dagli eventi alluvionali verificatisi a partire dal mese di maggio 2023 in particolare per quanto concerne il conferimento di incarichi retribuiti in favore dei soggetti collocati in quiescenza o avvalendosi delle facoltà previste dalla disciplina del conferimento incarichi per il Piano nazionale di ripresa e resilienza o ricorrendo al trattenimento in servizio. Si prevedono inoltre specifiche misure per la bonifica dell'area denominata "Terra dei Fuochi" attraverso il potenziamento del ruolo del commissario unico nominato per fronteggiare le procedure d'infrazione in materia ambientale.
Il comma 1 della disposizione in oggetto prevede che al fine di favorire l’effettiva e tempestiva implementazione delle misure di rafforzamento temporaneo degli enti locali interessati, gli enti locali compresi nei territori delle regioni Emilia-Romagna, Toscana e Marche per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza con le delibere del Consiglio dei ministri del 4 maggio 2023, del 23 maggio 2023 e del 25 maggio 2023, ove risulti maggiormente efficace rispetto alle modalità già oggi previste, sono autorizzati, fermi restando i limiti numerici e finanziari stabiliti con l’ordinanza commissariale n. 18 del 9 gennaio 2024, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 26 gennaio 2024[66], a provvedere, in alternativa all’assunzione delle unità ivi specificate, al conferimento di incarichi retribuiti in favore dei soggetti collocati in quiescenza, ai sensi dell'articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, (che si riferisce alla possibilità per le amministrazioni pubbliche per specifiche esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, di conferire esclusivamente incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, in presenza di specifici presupposti di legittimità) nei limiti delle risorse finanziarie già destinate per tale finalità nei propri bilanci, sulla base della legislazione vigente, ovvero al trattenimento in servizio, entro il termine temporale stabilito, di unità corrispondenti ai sensi di quanto previsto nel limite del 10 per cento delle facoltà assunzionali autorizzate a legislazione vigente.
Il comma 2 prevede che, allo scopo di favorire l’immediata operatività della propria struttura di supporto, valorizzando il bagaglio esperienziale e di competenze maturato dal personale durante i periodi di servizio, il Commissario Straordinario alla ricostruzione, è autorizzato a provvedere, in alternativa alle modalità di individuazione delle unità ivi specificate, al conferimento di incarichi retribuiti avvalendosi delle facoltà previste dalle disposizioni in materia di conferimento di incarichi per il Piano nazionale di ripresa e resilienza ovvero a concordare, nell’ambito delle intese con le Amministrazioni interessate, il trattenimento in servizio, di unità di personale non oltre il compimento del settantesimo anno di età (ai sensi di quanto previsto dall’art. 1, comma 165, della legge 30 dicembre 2024, n. 207).
Il comma 3, in considerazione della variegata articolazione delle funzioni alle quali è preposta la struttura di supporto al Commissario straordinario, allo scopo di assicurare il pronto reperimento delle diverse tipologie di professionalità ed esperienze necessarie, sostituisce al comma 4 dell'articolo 20-ter del decreto-legge 1 giugno 2023, n. 61 (Interventi urgenti per fronteggiare l'emergenza provocata dagli eventi alluvionali verificatisi a partire dal 1° maggio 2023 nonchè disposizioni urgenti per la ricostruzione nei territori colpiti dai medesimi eventi) il riferimento alle pubbliche amministrazioni centrali ed enti territoriali con il riferimento alle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e delle Università.
Quindi il riferimento è da intendersi a tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.
Il comma 4 prevede che 4 fino al 31 dicembre 2026, la conferenza di servizi decisoria di cui all'articolo 14, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241 si svolga attraverso lo strumento della conferenza semplificata di cui all'articolo 14-bis della medesima legge, con ulteriori elementi di semplificazione ed accelerazione del procedimento già sperimentati in via provvisoria durante il periodo Covid dall'art. 13 del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n.120.[67]
Il comma 5 prevede che il Commissario unico nominato per fronteggiare le procedure d'infrazione in materia ambientale provvede, anche alla bonifica dell'area denominata "Terra dei fuochi" mediante lo svolgimento delle seguenti attività: a) ricognizione degli interventi di indagine ambientale, caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica effettuati e programmati, nonché delle iniziative volte a garantire la salubrità dei 15 prodotti agroalimentari, il monitoraggio ambientale e il monitoraggio sanitario delle popolazioni ricadenti nell'area interessata; b) ricognizione delle risorse stanziate e di quelle disponibili per l'attuazione degli interventi e delle iniziative di cui al punto a); e) individuazione degli interventi e delle iniziative ulteriori da porre in essere nel breve, medio e lungo periodo, nonché stima delle risorse finanziarie necessarie e attuazione degli interventi medesimi; d) individuazione e perimetrazione dei siti oggetto di contaminazione; e) realizzazione di interventi di bonifica, ripristino ambientale e messa in sicurezza operativa o permanente; j) comunicazione e informazione pubblica in merito agli interventi e alle iniziative attuate e programmate.
Il comma 6 prevede che entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ciascun soggetto a vario titolo competente per gli interventi e le iniziative di cui alla lettera a) del comma precedente, comunica al Commissario di cui al medesimo comma le informazioni concernenti ogni intervento e iniziativa, attuati o programmati, e i relativi quadri finanziari.
Il comma 7 prevede che il Commissario unico nominato per fronteggiare le procedure d'infrazione in materia ambientale, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, trasmette alla Presidenza del Consiglio dei ministri una relazione avente a oggetto le attività di cui al medesimo comma 5, lettere a), b) e e), nonché un piano di comunicazione e informazione del pubblico e, in particolare, dei cittadini e delle imprese dei territori rientranti nell'area denominata "Terra dei fuochi".
Il comma 8 prevede che la summenzionata relazione è trasmessa anche al Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministero della Salute, alla Regione Campania, nonché a tutti i soggetti a vario titolo competenti per gli interventi e le iniziative di cui alla lettera a) del quinto comma, i quali provvedono, entro i successivi trenta giorni, a trasferire le pertinenti risorse presenti nei propri bilanci alla contabilità speciale intestata al Commissario unico.
Il comma 9 prevede che il Commissario unico presenta alla Presidenza del Consiglio dei ministri una relazione sulle attività svolte e sulle eventuali criticità almeno trimestralmente. Per il primo anno, il Commissario presenta la relazione di cui al primo periodo con cadenza mensile. Ciascuna relazione è resa pubblica in un'apposita sezione del sito istituzionale del Commissario.
Il comma 10 prevede che i soggetti a vario titolo competenti per gli interventi e le iniziative di cui alla lettera a) del quinto comma comunicano altresì al Commissario ogni informazione che quest'ultimo ritenga necessario acquisire e prestano ogni eventuale collaborazione che il medesimo richieda ai fini dello svolgimento delle medesime attività di cui al comma 5.
Il comma 11 prevede che per lo svolgimento delle attività di cui al comma 5, il Commissario unico si avvale altresì di una struttura di supporto composta da non più di 25 unità di personale (prima dell'intervento normativo in commento erano 15) in posizione di comando, fuori ruolo o aspettativa o altro analogo istituto previsto dai rispettivi ordinamenti appartenenti alle amministrazioni pubbliche di cui agli articoli 1, comma 2, e 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Testo unico del pubblico impiego), nominati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, scelti tra soggetti dotati di comprovata esperienza nel settore delle bonifiche e in materia di affidamento dei contratti pubblici in ragione dell'esperienza maturata e dei compiti di tutela ambientale attribuiti dall'ordinamento. Agli oneri derivanti dallo svolgimento delle attività di cui al comma 5 si provvede ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del decreto- legge n. 111 del 2019 secondo cui le risorse finanziarie necessarie per le esigenze operative e per il funzionamento della struttura, ivi compresi gli eventuali oneri per le convenzioni di cui al comma 1, sono poste a valere su una quota, non superiore al 2% annuo, delle risorse assegnate per la realizzazione degli interventi.
Il comma 12 prevede che l''Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) provvede allo svolgimento di attività di monitoraggio sull'espletamento dei compiti di cui al comma 1, lettere a), b) e e), rendendo pubblici i relativi esiti in una apposita sezione del proprio sito istituzionale, che garantisca il più ampio accesso ai dati stessi da parte della società civile e dei soggetti interessati.
Il comma 13 provvede alla copertura finanziaria degli oneri di cui al comma 12.
Capo I - Disposizioni per il potenziamento delle pubbliche amministrazioni
L’articolo 11, comma 1, introduce per il personale di Agenzia delle entrate-Riscossione i requisiti di onorabilità e affidabilità richiesti ai dipendenti pubblici. A tal fine, legittima l’ente citato al trattamento dei dati giudiziari dei dipendenti e di coloro che si candidano agli avvisi di selezione.
L’articolo 11, comma 1 contiene alcune disposizioni sul funzionamento dell’Agenzia delle entrate-Riscossione, ente strumentale dell’Agenzia delle Entrate, che integrano l’attuale disciplina contenuta nell’articolo 1 del decreto-legge n. 193 del 2016.
In tal senso, l’articolo in esame inserisce due commi aggiuntivi (comma 3-bis e comma 3-ter) all’articolo 1 del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193 (rubricato “Misure urgenti in materia di riscossione”).
In particolare, il nuovo comma 3-bis definisce i requisiti di onorabilità e i presupposti di affidabilità che deve possedere il personale dell’Agenzia delle entrate-Riscossione, sia alla data di scadenza del termine stabilito nell’avviso di selezione, sia all’atto della sottoscrizione del contratto di lavoro e per tutta la durata del rapporto di lavoro.
Secondo quanto riportato nella relazione illustrativa, essendo l’Agenzia delle entrate-Riscossione un ente strumentale di Agenzia delle Entrate ed essendo i suoi funzionari qualificati come incaricati di pubblico servizio o pubblici ufficiali, secondo le mansioni, Agenzia delle entrate-Riscossione, esattamente come Agenzia delle entrate, non può assumere personale che non soddisfi particolari requisiti di moralità, non solo afferenti alla qualifica e alla competenza professionale, ma anche e soprattutto in termini di onorabilità e affidabilità, in ragione della particolare delicatezza delle mansioni ad essi attribuite e della particolare rilevanza delle banche dati a cui hanno accesso.
A tal fine, si precisa che è vietata l’assunzione dei condannati in via definitiva per reati che costituiscono un impedimento all’assunzione presso una pubblica amministrazione e si dispone un obbligo di informazione, già al momento della candidatura in risposta a un avviso di selezione, verso Agenzia delle entrate-Riscossione da parte di:
§ quanti sono sottoposti a procedimenti penali o amministrativi per l’applicazione di misure di sicurezza o di prevenzione;
§ coloro ai quali risultano precedenti penali nel casellario giudiziario, ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 313 del 2002.
La comunicazione deve contenere la data del provvedimento e l’autorità giudiziaria che ha emanato il provvedimento, ovvero quella presso la quale pende un eventuale procedimento penale.
Ai sensi dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313, nel casellario giudiziale si iscrivono per estratto:
a) i provvedimenti giudiziari penali di condanna definitivi, anche pronunciati da autorità giudiziarie straniere se riconosciuti ai sensi degli articoli 730 e seguenti, del codice di procedura penale, salvo quelli concernenti contravvenzioni per le quali la legge ammette la definizione in via amministrativa, o l'oblazione limitatamente alle ipotesi di cui all'articolo 162, del codice penale, sempre che per quelli esclusi non sia stata concessa la sospensione condizionale della pena;
b) i provvedimenti giudiziari definitivi concernenti le pene, compresa la sospensione condizionale e la non menzione, le misure di sicurezza personali e patrimoniali, gli effetti penali della condanna, l'amnistia, l'indulto, la grazia, la dichiarazione di abitualità, di professionalità nel reato, di tendenza a delinquere;
c) i provvedimenti giudiziari concernenti le pene accessorie;
d) i provvedimenti giudiziari concernenti le misure alternative alla detenzione;
e) i provvedimenti giudiziari concernenti la liberazione condizionale;
f) i provvedimenti giudiziari definitivi che hanno prosciolto l'imputato o dichiarato non luogo a procedere per difetto di imputabilità, o disposto una misura di sicurezza, nonché quelli che hanno dichiarato la non punibilità ai sensi dell'articolo 131-bis del codice penale;
g) i provvedimenti giudiziari definitivi di condanna alle pene sostitutive e i provvedimenti di conversione di cui agli articoli 66, comma 3, e 72, comma 4, della legge 24 novembre 1981, n. 689;
g-bis) i provvedimenti di conversione di cui agli articoli 71, 102, 103 e 108 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e di cui all'articolo 55 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274;
h) i provvedimenti giudiziari del pubblico ministero previsti dagli articoli 656, comma 5, 657 e 663, del codice di procedura penale;
i) i provvedimenti giudiziari di conversione delle pene pecuniarie;
i-bis) l'ordinanza che ai sensi dell'articolo 464-quater del codice di procedura penale dispone la sospensione del procedimento con messa alla prova, nonché le sentenze che dichiarano estinto il reato per esito positivo della messa alla prova ai sensi dell'articolo 464-septies del codice di procedura penale;
i-ter) i provvedimenti con cui il giudice dispone la sospensione del procedimento ai sensi dell'articolo 420-quater del codice di procedura penale;
l) i provvedimenti giudiziari definitivi concernenti le misure di prevenzione della sorveglianza speciale semplice o con divieto o obbligo di soggiorno;
m) i provvedimenti giudiziari concernenti la riabilitazione;
n) i provvedimenti giudiziari di riabilitazione, di cui all'articolo 15, della legge 3 agosto 1988, n. 327;
o) i provvedimenti giudiziari di riabilitazione speciale relativi ai minori, di cui all'articolo 24, del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n. 835, e successive modificazioni;
p) i provvedimenti giudiziari definitivi di interdizione e inabilitazione e quelli di revoca, nonché i decreti che istituiscono, modificano o revocano l'amministrazione di sostegno;
r) i provvedimenti giudiziari relativi all'espulsione a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione, ai sensi dell'articolo 16, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, come sostituito dall'articolo 15, della legge 30 luglio 2002, n. 189;
s) i provvedimenti amministrativi di espulsione e i provvedimenti giudiziari che decidono il ricorso avverso i primi, ai sensi dell'articolo 13, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, come modificato dall'articolo 12, della legge 30 luglio 2002, n. 189;
t) i provvedimenti di correzione, a norma di legge, dei provvedimenti già iscritti;
u) qualsiasi altro provvedimento che concerne a norma di legge i provvedimenti già iscritti, come individuato con decreto del Presidente della Repubblica, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro della giustizia.
Il nuovo comma 3-ter, invece, definisce gli obblighi in capo all’Agenzia delle entrate-Riscossione con riferimento al trattamento dei dati personali di tipo giudiziario, di cui al sopracitato comma 3-bis.
Infatti, l’Agenzia delle entrate-Riscossione è tenuta a trattare i dati personali dei dipendenti in conformità con il Regolamento (UE) n. 2016/679 del Parlamento e del Consiglio del 27 aprile 2016.
Invero, l’ente strumentale in questione è tenuto:
1) ad attuare adeguate misure di sicurezza, organizzative, tecniche e fisiche per garantire che il trattamento dei dati personali sia eseguito per tutelare i dati dall’alterazione, dalla distruzione, dalla perdita, dal furto e dall’utilizzo improprio o illegittimo, nel rispetto dei principi di minimizzazione, integrità e riservatezza dei dati personali stessi. Il trattamento deve, altresì, essere operato mediante l’ausilio di strumenti manuali, informatici e telematici;
2) ad indicare, nella valutazione di impatto sulla protezione dei dati, tra l’altro, le misure tecniche e organizzative idonee a garantire un livello di sicurezza adeguato al rischio, nonché delle eventuali misure poste a tutela dei diritti e delle libertà degli interessati;
3) a verificare, periodicamente, l’esattezza e l’aggiornamento dei dati personali, nonché adottare tutte le misure ragionevoli per cancellare o rettificare tempestivamente i dati inesatti rispetto alle finalità per le quali sono trattati;
4) a trattare i dati personali per il tempo strettamente necessario allo svolgimento delle finalità indicate nell’informativa sul trattamento dei dati personali ai sensi degli articoli 13 e 14 del citato Regolamento UE n. 2016/679.
La disposizione precisa, infine, che i dati personali raccolti possono essere conservati per finalità di difesa di diritti, anche di terzi, in sede giudiziaria con riferimento a contenziosi in atto o a situazioni precontenziose per il periodo strettamente necessario a tal fine. Tale termine è individuato nel passaggio in giudicato della decisione giudiziaria o nello spirare dei termini di prescrizione. All’avverarsi di una delle due condizioni, i dati personali sono cancellati o anonimizzati in modo da impedire, anche indirettamente, l'identificazione dell'interessato.
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L’articolo 11, commi 2-3, interviene sulla composizione dei comitati di gestione delle agenzie fiscali, specificando che possono essere nominati i dirigenti, anche in servizio, dell’Agenzia fiscale e ricostituisce il Consiglio superiore delle finanze al fine di coadiuvare il riordino del sistema tributario.
La disposizione in esame, al comma 2, precisa la composizione dei comitati di gestione delle agenzie fiscali, integrando l’articolo 67, comma 3, del decreto legislativo n. 300 del 1999 e disponendo che la metà dei componenti del comitato di gestione è scelto fra i dirigenti dell’agenzia anche in servizio. La disposizione aggiunge che la suddetta specificazione si giustifica in ragione delle funzioni di alta consulenza verso il direttore dell’agenzia che il comitato di gestione è chiamato a svolgere.
La vigente formulazione dell’articolo 67, comma 3, del decreto legislativo n. 300 del 1999 stabilisce che il comitato di gestione è nominato per la durata di tre anni con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze. Metà dei componenti sono scelti tra i dipendenti di pubbliche amministrazioni, ferma restando ai fini della scelta la legittimazione già riconosciuta a quelli rientranti nei settori di cui all'articolo 19, comma 6, terzo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ovvero tra soggetti ad esse esterni dotati di specifica competenza professionale attinente ai settori nei quali opera l'agenzia. I restanti componenti sono scelti tra i dirigenti dell'Agenzia.
Il decreto legislativo n. 300 del 1999, attuando la legge-delega n. 59 del 1997, ha riorganizzato la struttura del governo. Tra le innovazioni, vi è stato il trasferimento di funzioni precedentemente svolte da dipartimenti del Ministero dell’economia e delle finanze alle agenzie fiscali: l’Agenzia delle entrate, l’Agenzia delle dogane, l’Agenzia del demanio e l’Agenzia del territorio. Quest’ultima è stata incorporata nell’Agenzia delle entrate con il decreto-legge n. 87 del 2012, poi confluito nella legge di conversione del decreto-legge n. 95 del 2012 (legge n. 135 del 2012) quale articolo 23-quater, mentre l’Agenzia del demanio è stata trasformata in ente pubblico economico con il decreto legislativo n. 173 del 2003.
L’art. 67 del decreto legislativo n. 300 del 1999 disciplina gli organi delle agenzie fiscali (direttore, comitato di gestione e collegio per la revisione dei conti). In particolare, i comitati di gestione sono organi composti per metà dai seguenti soggetti:
§ persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell'amministrazione, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali;
§ persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell'amministrazione, che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l'accesso alla dirigenza;
§ persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell'amministrazione, che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato;
§ oppure da soggetti esterni dotati di specifica competenza professionale nei settori di operatività dell’agenzia.
Per l’altra metà, invece, l’articolo 67 prevede che la nomina riguardi dirigenti interni all’azienda.
Secondo la relazione illustrativa del Governo, l’intervento al comma 2 si inserisce nel quadro di un generale coordinamento ordinamentale, funzionale e organizzativo delle agenzie fiscali. Inoltre, la relazione specifica che la connotazione espressa dell’attività dei comitati di gestione in chiave di alta consulenza al direttore nelle materie di competenza esclude possibili profili di incompatibilità – quanto ai dirigenti in servizio presso le singole agenzie – tra la funzione dirigenziale e il ruolo di componente del comitato di gestione.
Il comma 3 del medesimo articolo ricostituisce l’organo tecnico consultivo denominato Consiglio superiore delle finanze, già previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 646 del 1972.
L’ente è incardinato presso l’Agenzia delle entrate e la sua istituzione avviene nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente. Inoltre, si dispone che le disposizioni, in quanto compatibili, del citato decreto del Presidente della Repubblica acquistano nuovamente efficacia dal giorno di entrata in vigore del decreto-legge in esame. La disposizione specifica che l’organo consultivo citato ha anche la finalità di coadiuvare nell’attuazione della delega, contenuta nell’articolo 21 della legge n. 111 del 2023, per il riordino del sistema tributario.
Il Consiglio superiore delle finanze era un organo di consulenza tecnica istituito con il decreto del Presidente della Repubblica n. 646 del 1972. Il Ministro delle finanze lo consultava, di regola, sulle questioni attinenti al sistema tributario dello Stato ed alle entrate non tributarie di questo, sulle relazioni tra i tributi dello Stato e quelli destinati alle regioni e agli enti locali o da essi istituiti, sui riflessi dell'azione fiscale, sull'andamento economico generale o di singoli settori, con particolare riguardo all'occupazione, nonché su aspetti organizzativi del Ministero. Altresì, il Consiglio portava avanti lo studio di questioni particolari, formulando proposte.
Il Consiglio è stato, poi, soppresso con il decreto del Presidente della Repubblica n. 107 del 2001.
Il comma 1 dell’articolo 12 abroga la norma[68] che prevede, per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni[69], che l’assenza per la malattia denominata COVID-19 sia equiparata, anche sotto il profilo della retribuzione, alle assenze dei dipendenti pubblici per ricovero ospedaliero – con la conseguente applicazione della relativa disciplina, posta dalle norme statali e dai contratti collettivi nazionali di comparto – e che la medesima assenza non sia ricompresa nel computo della durata massima del periodo di comporto (periodo oltre il quale il lavoratore in malattia non ha più diritto alla conservazione del posto di lavoro). In conseguenza di tale abrogazione, per le assenze in oggetto, a decorrere – come specifica il comma 1 – dalla data di entrata in vigore del presente decreto (15 marzo 2025), trovano applicazione le disposizioni ordinarie relative ai periodi di assenza per malattia dei pubblici dipendenti, ivi compresa la disciplina relativa al periodo di comporto.
Si ricorda che i periodi di assenza per malattia per ricovero ospedaliero dei pubblici dipendenti – periodi ai quali, in base alla normativa ora oggetto di abrogazione, erano equiparati quelli di assenza per la malattia denominata COVID-19 – sono esclusi dalle riduzioni temporanee del trattamento economico, previste, per i pubblici dipendenti, dall’articolo 71 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni dalla L. 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni[70]. In base a tali riduzioni, nei primi dieci giorni di assenza è riconosciuto soltanto il trattamento economico fondamentale, con esclusione di ogni indennità o emolumento, comunque denominati, aventi carattere fisso e continuativo, nonché di ogni altro trattamento accessorio, fatte salve le eccezioni ivi previste o richiamate – tra le quali le eventuali disposizioni di maggior favore previste dai contratti collettivi –.
Come detto, l’intervento abrogativo in oggetto decorre, come specifica il comma 1 in esame, dalla data di entrata in vigore del presente decreto (15 marzo 2025); tale specificazione rileva anche al fine dell’applicazione dell’istituto summenzionato del periodo di comporto (in base al suddetto termine di decorrenza, i periodi di assenza antecedenti al medesimo termine restano esclusi dal computo della durata massima del periodo di comporto).
Articolo 12, comma 2
(Compensi dei componenti delle Commissioni VIA-VAS e PNRR-PNIEC)
L’articolo 12, comma 2, modifica la disciplina dei compensi dei membri delle Commissioni VIA-VAS e PNRR-PNIEC, nella parte in cui prevede il riconoscimento integrale dei compensi medesimi in aggiunta al trattamento economico in godimento, al fine di stabilire che il riconoscimento ha inizio dagli importi già percepiti dall'anno 2021 e avviene integralmente in ogni caso, nonché di precisare che l’aggiunta dei compensi al trattamento in godimento riguarda i dipendenti pubblici.
Il comma in esame modifica la disciplina dei compensi dei membri delle Commissioni VIA-VAS e PNRR-PNIEC, in relazione al riconoscimento integrale (previsto dall’art. 8, comma 5, quinto ed ultimo periodo, del D.Lgs. 152/2006) dei compensi medesimi in aggiunta al trattamento economico in godimento.
Mentre il testo previgente prevede che tale riconoscimento avvenga, per tutti i membri, a decorrere dal 2024 e si aggiunga al trattamento eventualmente in godimento ai sensi del quarto periodo (ove si stabilisce che gli oneri relativi al trattamento economico fondamentale restano a carico dell'amministrazione di appartenenza), il nuovo testo risultante dalla novella in esame elimina il riferimento al quarto periodo del comma 5 e prevede che il riconoscimento integrale:
- inizia dagli importi già percepiti dall'anno 2021;
- avviene in ogni caso;
- si aggiunge, per i dipendenti pubblici, al trattamento in godimento (rispetto al testo previgente, la novella precisa quindi che la parte della disposizione che disciplina l’aggiunta dei compensi al trattamento in godimento riguarda i dipendenti pubblici).
Si ricorda che, in base al disposto dei primi due periodi del comma 5 dell’art. 8 del D.Lgs. 152/2006 (c.d. Codice dell'ambiente), i costi di funzionamento delle Commissioni VIA-VAS e PNRR-PNIEC, comprensivi dei compensi per i relativi componenti, sono:
- determinati annualmente con apposito decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
- coperti con i proventi delle tariffe, previste per la copertura degli oneri istruttori del procedimento di valutazione dell’impatto ambientale, versate da parte dei soggetti proponenti. L’art. 33, comma 1, del Codice dell'ambiente prevede che gli importi di tali tariffe siano determinati con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
Il quinto periodo del medesimo comma 5 dispone che, a decorrere dall'anno 2023, per i componenti della Commissione VIA-VAS si applicano i compensi previsti per i membri della Commissione PNRR-PNIEC. Si ricorda, in proposito, che i compensi della Commissione PNRR-PNIEC sono stati definiti con il D.M. 21 gennaio 2022, n. 54. L’articolo 1 di tale decreto dispone (al comma 1) che “gli oneri relativi al trattamento economico fondamentale dei componenti della Commissione tecnica PNRR-PNIEC (…) è erogato dalle Amministrazioni di appartenenza. I compensi previsti dal presente articolo sono erogati a titolo di trattamento accessorio al netto dei rimborsi, se dovuti”. Lo stesso articolo stabilisce che:
- spetta ai componenti della Commissione un compenso accessorio annuo onnicomprensivo, ivi inclusi gli oneri riflessi a carico dell’Amministrazione pubblica, di importo pari al 50% dell’ammontare delle tariffe versate” dai soggetti proponenti (comma 2);
- tale compenso accessorio non può superare l’importo di 6.000 euro mensili (comma 10);
- i compensi erogati non possono in ogni caso superare il limite retributivo di cui all’art. 23-ter del D.L. 201/2011, poi fissato dall’art. 13, comma 1, del D.L. 66/2014, in “euro 240.000 annui al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico del dipendente”[71].
Si ricorda altresì che l’art. 12, comma 1, del D.L. 68/2022, al fine di consentire il corretto funzionamento delle Commissioni VIA-VAS e PNRR-PNIEC, ha autorizzato – ad integrazione delle risorse derivanti dai proventi delle succitate tariffe – la spesa di 8 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2022.
La relazione illustrativa sottolinea che il comma in esame si propone di chiarire “la formulazione dell’articolo 8, comma 5, ultimo periodo, del decreto legislativo n. 152 del 2006, nel senso della cumulabilità in ogni caso, per i componenti delle commissioni ministeriali che si occupano di valutazioni ambientali, dei compensi maturati a valere sulle tariffe versate dalle imprese che richiedono la VIA. Come già riconosciuto, in ragione della natura dei proventi di queste tariffe questi compensi non sono a carico della finanza pubblica”.
La relazione tecnica precisa che “le somme oggetto della disposizione sono state già corrisposte, nelle annualità interessate”.
Articolo 12, comma 3
(Indennità dei magistrati fuori ruolo responsabili del rispetto degli obiettivi relativi ai tempi di pagamento)
L’articolo 12, comma 3, vincola una quota, non inferiore al 30 per cento, dell’indennità di incarico riconosciuta ai magistrati fuori ruolo titolari di incarichi dirigenziali presso il Ministero della giustizia al mancato raggiungimento degli obiettivi di pagamento fissati dall’amministrazione.
La disposizione in commento prevede l’applicazione anche ai magistrati fuori ruolo titolari di incarichi dirigenziali presso il Ministero della giustizia del sistema di valutazione relativo al raggiungimento degli obiettivi annuali relativi al rispetto dei tempi di pagamento, introdotto dall’art. 4-bis del decreto-legge n. 13 del 2023, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 41 del 2023, sistema in base al quale quota parte della retribuzione di risultato (in misura non inferiore al 30 per cento) è direttamente legata al raggiungimento dei suddetti obiettivi.
Il citato articolo 4-bis è volto a dare attuazione alla riforma 1.11 del PNRR, che ha come obiettivo la riduzione dei tempi di pagamento delle pubbliche amministrazioni e delle autorità sanitarie (l’art. 4-bis esclude specificamente gli enti del servizio sanitario dal suo ambito di applicazione). A tal fine è prevista l’adozione di specifiche misure, anche di carattere organizzativo, da parte delle amministrazioni centrali dello Stato per rendere efficienti i processi di spesa. In particolare, tutte le amministrazioni pubbliche, nell’ambito dei sistemi di valutazione della performance previsti dai rispettivi ordinamenti, devono provvedere ad assegnare ai dirigenti responsabili dei pagamenti delle fatture commerciali, nonché ai dirigenti apicali, specifici obiettivi annuali per il rispetto dei tempi di pagamento, individuati con riferimento all’indicatore di ritardo annuale e valutati ai fini del riconoscimento della retribuzione di risultato, in misura non inferiore al 30 per cento. La verifica del raggiungimento degli obiettivi è effettuata dal competente organo di controllo di regolarità amministrativa e contabile.
Nel caso dei magistrati fuori ruolo titolari di incarichi dirigenziali, trattandosi di personale non contrattualizzato in regime di diritto pubblico, il mancato raggiungimento degli obiettivi annuali incide sull’indennità di incarico, prevista dall’articolo 23-ter, comma 2, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, e riconosciuta ai titolari di incarichi dirigenziali, anche apicali, presso il Ministero della giustizia, nelle sue articolazioni centrali o periferiche, che sia responsabile del raggiungimento degli specifici obiettivi annuali relativi al rispetto dei tempi di pagamento.
Ai sensi del comma 2 del citato articolo 23-ter, il personale chiamato all'esercizio di funzioni direttive, dirigenziali o equiparate, anche in posizione di fuori ruolo o di aspettativa, presso Ministeri o enti pubblici nazionali, comprese le autorità amministrative indipendenti, che conserva il trattamento economico riconosciuto dall'amministrazione di appartenenza, non può ricevere, a titolo di retribuzione o di indennità per l'incarico ricoperto, o anche soltanto per il rimborso delle spese, più del 25 per cento dell'ammontare complessivo del trattamento economico percepito.
Secondo quanto previsto dal comma 3 in commento, il mancato raggiungimento degli obiettivi di pagamento dev’essere valutato in misura non inferiore al 30 per cento ai fini dell’erogazione dell’indennità di incarico, analogamente a quanto stabilito dal sopra richiamato art. 4-bis del decreto-legge n. 13 del 2023 per i dirigenti ai quali è riconosciuta la retribuzione di risultato.
Il comma 4 dell’articolo 12 disciplina la determinazione della dotazione del Fondo del trattamento accessorio del personale dell’Ente strumentale alla Croce Rossa Italiana (ESACRI), non ancora costituita alla data di entrata in vigore della norma in commento.
Il comma 4 dell’articolo 12 integra il comma 2 dell’articolo 8 del decreto legislativo n. 178 del 2012[72], concernente la liquidazione dell’Ente strumentale alla Croce Rossa Italiana (ESACRI) (v. box infra). In particolare, il comma in commento disciplina la dotazione del Fondo del trattamento accessorio del personale dell’ESACRI, non ancora costituita alla data di entrata in vigore della norma in commento. Tale dotazione è determinata quale somma del valore medio pro capite per aree riferito alle risorse stabili e variabili - certificate e quindi erogate - nell’anno 2022 riproporzionate al personale in servizio alla data del 1° gennaio dell’anno di riferimento.
Come si evince dalla relazione illustrativa, il comma in commento mira a ad equiparare le condizioni economiche del personale dell’ESACRI passato già ad altre amministrazioni pubbliche e quelle del personale ancora in servizio presso l’Ente.
Si ricorda che il Presidente Nazionale CRI aveva individuato, con provvedimento n. 10 del 22 dicembre 2017, il fabbisogno di personale funzionale alle attività propedeutiche alla gestione liquidatoria dell’Ente Strumentale alla CRI in 189 unità. Per tale personale, come stabilito dall’articolo 8, comma 2 del D: Lgs. n. 178 del 2012, il termine del 1° aprile 2018, previsto per il trasferimento delle risorse dell’ESACRI ad altra amministrazione, non si applica e il termine è differito fino alla dichiarazione di cessata necessità da parte del Commissario Liquidatore.
Il contingente di personale propedeutico alla liquidazione è stato assegnato progressivamente ad altre amministrazioni con Decreti del Dipartimento della Funzione pubblica e tramite dichiarazioni di cessata esigenza da parte del Commissario liquidatore.
Come riportato nel Piano della Performance dell’Ente strumentale alla Croce Rossa Italiana in L.C.A. 2025-2027, alla data del 1° gennaio 2025 il personale in servizio nell’Ente risulta costituito da 7 unità: 6 dipendenti appartenenti al comparto e un Dirigente di Iª fascia.
Si ricorda, infine, che il Commissario Liquidatore, con Provvedimento n. 29 del 22.06.2021, ha adottato il nuovo Regolamento di Organizzazione e Funzionamento dell’Ente, approvato dal Ministero della Salute con nota prot. DGVESC 33424 del 11.11.2021, al fine di adeguare alle nuove esigenze la struttura organizzativa dell’Ente, a seguito della costante riduzione del personale.
L’Associazione della Croce Rossa italiana (di seguito Associazione) è disciplinata dal D. Lgs. n. 178 del 2012 (Decreto di riordino), che ne ha previsto la costituzione, qualificandola come persona giuridica di diritto privato di interesse pubblico ed ausiliaria dei pubblici poteri nel settore umanitario, posta sotto l’Alto patronato del Presidente della Repubblica. A decorrere dal 1° gennaio 2016, l’art. 1 del Decreto di riordino ha trasferito alla costituenda Associazione le funzioni precedentemente esercitate dall’Associazione italiana della Croce Rossa (CRI), la quale ha assunto la nuova denominazione di “Ente Strumentale alla Croce Rossa Italiana” (ESACRI), mantenendo la personalità giuridica di diritto pubblico come ente non economico, sia pure non più associativo. Ai sensi dell’art. 8 del citato D. Lgs. n. 178 del 2012, l’ESACRI è stato posto in liquidazione a far data dal 1° gennaio 2018. L’Ente è soggetto alla vigilanza del Ministero della Salute e del Ministero della Difesa, opera con contingente di personale dipendente pubblico, i cui oneri sono a carico del Fondo sanitario nazionale, e ha il compito di concorrere temporaneamente allo sviluppo della nuova Associazione della Croce Rossa italiana. L’art 8, co. 2, del Decreto di riordino, alla luce delle modifiche introdotte dall’art. 16 del D.L. n. 148 del 2017[73] (conv. con mod. dalla Legge n. 172 del 2017) ha previsto che “a far data dal 1° gennaio 2018 l’Ente è posto in liquidazione coatta amministrativa ai sensi del titolo V del Regio decreto n. 267 del 1942, (Legge Fallimentare)”. Gli organi deputati alla liquidazione, ai sensi dell'art. 2, comma 3, lettere c) e b) del Decreto di riordino sono individuati nell’Amministratore dell’ente, con compiti di rappresentanza legale e di gestione e nel Collegio dei revisori dei conti nominato, costituito da tre componenti, di cui uno magistrato della Corte dei conti con funzioni di Presidente, uno designato dal Ministro dell'economia e delle finanze, uno designato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Con Decreto del 28 dicembre 2017, il Ministro della Salute, al fine di garantire il compimento delle funzioni riconducibili alla fase liquidatoria dell’ESACRI, ai sensi e per gli effetti delle disposizioni di cui all’art. 8, co. 2, del Decreto di riordino, ha nominato l’Amminisatratore dell’Ente “Commisario liquidatore”, e disposto, tra l’altro, che il Collegio dei revisori dei conti dell’Ente svolga le funzioni di Comitato di Sorveglianza. Con il D.L. n. 198 del 2022[74] (conv. con mod. dalla Legge n. 14 del 2023) è stato disposto che i suddetti organi restino in carica fino alla fine della liquidazione e comunque non oltre il 31 dicembre 2024. Successivamente, con il decreto del Ministro della Salute del 7 aprile 2023 sono stati nominati il Commissario liquidatore e il Sub-Commissario liquidatore[75] e con decreto del Ministro della Salute del 19 giugno 2023 il Comitato di Sorveglianza dell’Ente in liquidazione coatta amministrativa. Infine, l’articolo 4, comma 1, del D.L. n. 202 del 2024[76] (conv con mod. dalla Legge n. 15 del 2025), ha stabilito che gli organi supra citati restano in carica fino al completamento delle operazioni di liquidazione, eliminando la data limite del 31 dicembre 2024.
Per approfondimenti si rinvia alla Delibera n. 126/2024 della Corte dei conti sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell’Associazione della Croce Rossa Italiana - Organizzazione di volontariato, per l’esercizio 2022.
L’articolo 12, comma 5 prevede che il Piano integrato di attività e di organizzazione, adottato dalle pubbliche amministrazioni, determini il fabbisogno di personale per la realizzazione della transizione digitale e per la sicurezza informatica.
La disposizione prevede che il Piano integrato di attività e di organizzazione, adottato dalle pubbliche amministrazioni, determini altresì il fabbisogno di personale per la realizzazione della transizione digitale e per assicurare la sicurezza informatica. Questo, in relazione alle caratteristiche e finalità di ciascuna amministrazione.
La previsione è introdotta mediante novella al decreto-legge n. 80 del 2021 (recante “Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per l'efficienza della giustizia”).
Di quel decreto-legge, l’articolo 6 ha disposto per le pubbliche amministrazioni[77] con più di cinquanta dipendenti[78] l'adozione di un Piano integrato di attività e di organizzazione, quale strumento programmatorio che convogli, in un unico atto, una pluralità di piani fino allora previsti.
Tale Piano è di durata triennale (aggiornato annualmente) ed è chiamato a definire più profili: obiettivi della perfomance; gestione del capitale umano; sviluppo organizzativo; obiettivi formativi e valorizzazione delle risorse interne; reclutamento; trasparenza ed anti-corruzione; pianificazione delle attività; individuazione delle procedure da semplificare e ridisegnare; accesso fisico e digitale; parità di genere; monitoraggio degli esiti procedimentali e dell'impatto sugli utenti.
La novella aggiunge, appunto, la determinazione del fabbisogno di personale per la realizzazione della transizione digitale e per assicurare la sicurezza informatica.
Articolo 12, comma 6
(Indennità Agenzia nazionale per la sicurezza del volo)
L’articolo 12, comma 6 indica il regime transitorio retributivo applicabile al personale in servizio dell’Agenzia Nazionale per la sicurezza del volo (ANSV), con riferimento in particolare al profilo dell’indennità. Tale norma prevede che, nelle more del rinnovo del contratto per i dipendenti ENAC con il quale si provvederà alla rideterminazione dei nuovi valori di area, ai dipendenti dell’ANSV continuano ad applicarsi i valori dell’indennità per il personale ENAC attualmente vigenti. Agli oneri derivanti dalla disposizione si provvede nei limiti delle risorse già assegnate all’Agenzia.
L’articolo 12, comma 6 interviene sull’articolo 8 del decreto legislativo n. 66 del 1999, che reca norme relative al personale dell’Agenzia Nazionale per la sicurezza del volo (ANSV) inserendo un nuovo comma 5-bis che detta un regime transitorio relativo all’indennità percepita dal personale in servizio presso l’ANSV.
Si ricorda che il decreto legislativo n. 66 del 1999 ha istituto l’Agenzia nazionale per la sicurezza del volo. L’ANSV è l’autorità investigativa per la sicurezza dell’aviazione civile dello Stato italiano e, in qualità di autorità pubblica, svolge le sue funzioni in modo autonomo e si pone in posizione di terzietà rispetto al sistema dell’aviazione civile. Per questo motivo, è sottoposta a un’attività di vigilanza da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
L’Agenzia svolge sia attività preventiva, tramite strumenti come le inchieste di sicurezza, sia attività di studio e di indagine volta al miglioramento della sicurezza del volo. Occorre precisare, inoltre, che non possiede funzioni di regolazione, controllo e gestione del sistema di aviazione civile.
Per quel che attiene l’aspetto organizzativo, a seguito del riordino avvenuto con il decreto del Presidente della Repubblica n. 189/2010, gli organi dell’Autorità sono il presidente, il collegio e il collegio dei revisori dei conti.
Infine, in merito al profilo finanziario, l’ANSV è sottoposta al controllo della Corte dei conti.
Il comma 5 del citato decreto, ha equiparato, sotto il profilo sia giuridico sia economico, il personale ANSV al personale dell’ENAC stabilendo che al personale ANSV si applica il trattamento giuridico ed economico previsto per le corrispondenti qualifiche dell'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC).
Nell’attesa del rinnovo del contratto relativo ai dipendenti ENAC con il quale verranno rideterminati i nuovi valori di area, il nuovo comma 5-bis, con riferimento alle indennità che spettano ai dipendenti dell’ANSV, stabilisce che per il personale dell’ANSV sono confermati i valori dell’indennità di ente attualmente applicati.
Allo stato, tali valori risultano:
Infine, l’ultimo periodo del comma in esame prevede la clausola di invarianza finanziaria, imponendo il rispetto dei limiti delle risorse già assegnate all’Agenzia per far fronte agli oneri derivanti dall’attuazione della disposizione in esame.
Per quanto riguarda il trattamento giuridico ed economico dei dipendenti dell’ENAC, si segnala che il contratto collettivo di riferimento è quello relativo al Comparto Funzioni Centrali, che riunisce i dipendenti degli organi dello Stato e dei Ministeri, delle Agenzie che svolgono attività e funzioni tecnico-operative, degli Enti Pubblici non Economici e delle casse privatizzate (per un approfondimento sull’ambito soggettivo di applicazione del CCNL, si veda l’art. 3, Comparto Funzioni Centrali, del Contratto Collettivo Nazionale Quadro per la definizione dei comparti e delle aree di contrattazione collettiva nazionale 2022- 2024). A seguito del rinnovo del contratto collettivo nazionale del 9 maggio 2022, sono state introdotte alcune novità, tra le quali la ridefinizione dei minimi tabellari, l’introduzione delle indennità di posizione e responsabilità, il ricalcolo dell’indennità di amministrazione e di bilinguismo, l’adozione di un nuovo sistema di classificazione del personale. Questo sistema di classificazione articola il personale in 4 Aree: Elevate professionalità, Funzionari, Assistenti e Operatori.
L’art. 60 del CCNL si rivolge al personale dell’ENAC e subordina l’applicazione del titolo III del CCNL, relativo all’ordinamento professionale, e delle norme del trattamento economico ad esso collegate alla sottoscrizione di una specifica sequenza contrattuale. A questo aggiunge che, nelle more, si continuino ad applicare una serie di articoli del precedente CCNL 12 febbraio 2018, tra cui l’art. 90 che introduce alcune clausole per il personale dell’Ente.
Per l’appunto, l’art. 90 del CCNL 12 febbraio 2018 prevede che l’ENAC continui a corrispondere al personale alcune indennità, tra cui si annoverano:
- l’indennità di ente per il personale dell’area tecnica, economica e amministrativa e per il personale dell’area operativa;
- l’indennità professionale per il personale dell’area tecnica, economica ed amministrativa;
- l’indennità professionale per il personale dell’area operativa;
- l’indennità aeronautica per gli ispettori di volo;
- l’indennità di mansione ai centralinisti telefonici non vedenti;
- l’indennità di bilinguismo al personale in servizio nelle regioni e nelle province autonome in cui vige istituzionalmente;
- l’indennità sostitutiva dell’indennità aeronautica.
Si segnala che il 27 gennaio 2025 è stato sottoscritto il CCNL del Comparto Funzioni Centrali per il triennio 2022 – 2024. L’art. 36 reca ulteriori clausole speciali per il personale dell’ENAC e, nel dettaglio, dispone degli incrementi per il Fondo risorse decentrate e per il Fondo per le politiche di sviluppo dei professionisti di seconda qualifica professionale.
In data 25 novembre 2024, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (Aran) e le Organizzazioni e Confederazioni sindacali rappresentative del comparto Funzioni Centrali hanno sottoscritto un’ipotesi della sequenza contrattuale ENAC ad integrazione di quanto disposto dal CCNL del 9 maggio 2022.
L’art. 2, comma 1, dell’ipotesi omogeneizza il sistema di classificazione del personale del comparto delle Funzioni centrali al personale dell’area tecnica economica ed amministrativa e al personale dell’area operativa dell’ENAC, prevedendone la decorrenza da circa 3 mesi dall’avvenuta sottoscrizione.
L’art. 4, comma 2, si riferisce alla rideterminazione dei nuovi valori di area. In particolare prevede:
a) per l’area dei funzionari, un’indennità mensile di 204,96€;
b) per l’area degli assistenti, un’indennità mensile di 175,53€;
c) per l’area degli operatori, un’indennità mensile di 158,40 €.
Articolo 12, comma 7
(Disposizioni in materia di valorizzazione del patrimonio immobiliare)
L’articolo 12, comma 7, stabilisce che gli enti pubblici previdenziali o assicurativi sono tenuti a investire, entro il limite del 40 per cento del piano di impiego dei fondi disponibili, in quote di fondi di investimento immobiliare gestiti o partecipati dalla società di gestione del risparmio Invimit S.p.a., la quale, fermo restando il limite suddetto, ha facoltà di proporre una modifica dell’ammontare dell’investimento.
L’articolo 12, comma 7, al fine di rafforzare la capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni e le procedure di reclutamento del personale attraverso l’ottimizzazione della logistica e la razionalizzazione degli spazi, inserisce il nuovo comma 3-bis nell’articolo 33 del decreto-legge n. 98 del 2011, con cui si prevede che, per gli anni 2025, 2026 e 2027, gli enti pubblici di natura assicurativa o previdenziale debbano destinare fino al 40 per cento del piano di impiego dei fondi disponibili, di cui all’articolo 65 della legge n. 153 del 1969, alla sottoscrizione di quote dei fondi di investimento immobiliare previsti dai commi 1, 8-ter e 8-quater del medesimo articolo 33, di cui una quota non superiore al 20 per cento da destinare ai fondi cui al medesimo comma 1.
La disposizione prevede, inoltre, che, fermo restando il limite complessivo del 40 per cento, Invimit S.p.a., la società di gestione del risparmio (SGR) istituita dall’articolo 33, comma 1, possa proporre una rimodulazione della predetta percentuale di investimento riferita ai fondi d’investimento istituiti da Invimit per partecipare a fondi immobiliari chiusi promossi o partecipati da regioni, province, comuni (di cui al comma 1 dell’articolo 33 del decreto-legge n. 98 del 2011), tenuto conto delle esigenze di finanziamento dei diversi fondi.
Il piano di impiego dei fondi disponibili è previsto dall’articolo 65 della legge n. 153 del 1969 ed è obbligatorio per tutti gli enti pubblici e le persone giuridiche private, comunque denominate, che gestiscono forme di previdenza e di assistenza sociale. Più precisamente, per fondi disponibili si intendono le somme eccedenti la normale liquidità di gestione.
Invimit Sgr Spa (Investimenti immobiliari italiani) è una società di gestione del risparmio a capitale interamente pubblico, costituito con D.M. 19 marzo 2013, ai sensi dell’art. 33, comma 1, decreto-legge n. 98 del 2011. Tale società ha l’obiettivo di costituire fondi di investimento per la valorizzazione e la dismissione del patrimonio immobiliare pubblico.
La valorizzazione, consistente nell’adozione di tutte quelle iniziative utili a incrementare il valore degli immobili (cambio di destinazione d’uso, riqualificazione, regolarizzazione edilizia e urbanistica, etc.), anche attraverso l’alienazione degli stessi, può essere realizzata da Invimit SGR S.p.A. attraverso: i) fondi indiretti (art. 33 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, commi 1 e 2) e ii) fondi diretti (art. 33 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, commi 8-bis, 8-ter e 8-quater).
In particolare, il comma 1 autorizza Invimit a istituire uno o più fondi di investimento al fine di partecipare in fondi di investimento immobiliari chiusi promossi o partecipati da regioni, provincie, comuni e consorzi di enti locali oppure da altri enti pubblici o ancora da società interamente partecipate dai predetti enti. I fondi di cui al comma 1 possono, altresì, investire direttamente per acquisire immobili in locazione passiva da destinare alle pubbliche amministrazioni.
Il comma 8-ter, invece, legittima la SGR in questione alla costituzione di uno o più fondi comuni d’investimento immobiliare, a cui trasferire o conferire immobili di proprietà dello Stato non più utilizzati per finalità istituzionali, nonché diritti reali immobiliari. Le risorse derivanti dalla cessione delle quote del Ministero dell’economia e delle finanze sono poi utilizzate per l’ammortamento dei titoli di Stato.
Il comma 8-quater stabilisce che, per la medesima finalità di riduzione del debito pubblico, la società di gestione del risparmio promuove la costituzione di uno o più fondi di investimento immobiliare a cui trasferire o conferire immobili del Ministero della Difesa non più utilizzati per finalità istituzionali e suscettibili di valorizzazione, nonché diritti reali immobiliari.
Articolo 12, comma 8
(Disposizioni concernenti la Invimit SGR S.p.a.)
L’articolo 12, comma 8, prevede che alla società di gestione del risparmio Invimit SGR S.p.a. si applichino le disposizioni concernenti la gestione del personale dettate dall’articolo 19 del testo unico in materia di società a partecipazione pubblica (decreto legislativo n. 175 del 2016).
La norma in esame modifica comma 2-ter dell’articolo 3 del decreto-legge n. 132 del 2023 (come convertito dalla legge n. 170 del 2023). Tale comma 2-ter prevede che alla società di gestione del risparmio Invimit SGR S.p.a. non si applichino i vincoli, divieti e obblighi in materia di contenimento della spesa pubblica previsti per i soggetti presenti nell’elenco ISTAT delle amministrazioni pubbliche incluse nel conto economico consolidato. La finalità dichiarata di tale disposizione è quella di favorire le attività della SGR in parola, finalizzate, tra l’altro, alla valorizzazione e gestione del patrimonio immobiliare pubblico.
Si rammenta che la Invimit SGR S.p.a. è stata costituita ai sensi dell’articolo 33, comma 1, del decreto-legge n. 98 del 2011 (convertito dalla legge n. 111 del 2011). È una società partecipata al 100% direttamente dal Ministero dell’economia e delle finanze. La Società fornisce il servizio di gestione collettiva del risparmio attraverso la promozione, l’organizzazione e la gestione di fondi comuni di investimento immobiliare chiusi, la gestione del patrimonio di fondi comuni di investimento di propria o altrui istituzione, e di altri organismi di investimento collettivo, nonché la gestione di fondi immobiliari per la valorizzazione, trasformazione, gestione e dismissione del patrimonio immobiliare di proprietà dello Stato, delle regioni e degli enti locali.
Per ulteriori informazioni, v. il box, infra.
Il medesimo comma 2-ter manteneva comunque fermi gli obblighi inerenti all’equilibrio dei bilanci e alla sostenibilità del debito, i limiti applicabili alle spese di personale applicabili legislazione vigente e taluni obblighi informativi.
Con la novella in esame viene espunto il riferimento ai “vincoli di spesa in materia di personale previsti dalla normativa vigente”, ove applicabili, e viene inserito il riferimento al mantenimento delle norme in materia di gestione del personale dettate dall’articolo 19 del testo unico sulle società a partecipazione pubblica di cui al decreto legislativo n. 175 del 2016.
L’articolo 19 del decreto legislativo n. 175 del 2016 reca disposizioni in materia di gestione del personale delle società a controllo pubblico. Tali disposizioni stabiliscono che i rapporti di lavoro, salvo specifiche disposizioni recate dal medesimo decreto legislativo n. 175, sono disciplinati dalle norme che si applicano al settore privato, mentre al reclutamento si applicano i principi previsti per l’accesso alle pubbliche amministrazioni. Detta inoltre i criteri in tema di gestione di specifici processi di mobilità.
Il comma 1 dispone che ai rapporti di lavoro dei dipendenti si applicano - per quanto non espressamente disciplinato dal decreto legislativo n.175/2016 in esame - le disposizioni del codice civile (libro V, titolo II, capo I), e delle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, ivi incluse quelle in materia di ammortizzatori sociali, secondo quanto previsto dalla normativa vigente e dai contratti collettivi di riferimento.
Le società in oggetto stabiliscono, con propri provvedimenti (che devono essere pubblicati sul sito istituzionale della società stessa, ai sensi di quanto previsto dal comma 3), criteri e modalità per il reclutamento del personale, nel rispetto dei principi, anche di derivazione europea, di trasparenza, pubblicità e imparzialità, nonché dei principi di cui all'articolo 35, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001. Tale comma 3 detta i criteri a cui le procedure di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni si devono conformare (comma 2). I contratti stipulati in assenza dei predetti provvedimenti o delle richiamate procedure, ai fini retributivi sono nulli, salvo quanto previsto dall'art. 2126 del codice civile (Prestazione di fatto con violazione di legge). Resta ferma la giurisdizione ordinaria sulla validità dei provvedimenti e delle procedure di reclutamento del personale (comma 4).
Il comma 5 dell’art. 19 prevede che le amministrazioni pubbliche titolari delle partecipazioni determinino, con propri provvedimenti, obiettivi specifici, annuali e pluriennali, sul complesso delle spese di funzionamento delle società controllate, ivi comprese le spese per il personale, anche attraverso il contenimento degli oneri contrattuali e delle assunzioni di personale. Dette determinazioni dovranno tener conto, oltre di quanto dispongono le disposizioni transitorie in tema di personale recate dal successivo articolo 25, delle disposizioni vigenti che stabiliscono divieti o limitazioni alle assunzioni di personale da parte delle pubbliche amministrazioni, in considerazione del settore in cui ciascun soggetto opera. I richiamati obiettivi di contenimento dei costi dovranno essere attuati dalle società a controllo pubblico con idonei provvedimenti, che con riferimento al contenimento dei costi del personale dovranno essere recepiti, ove possibile, nella contrattazione di secondo livello (comma 6).
Il comma 7 dispone circa determinati obblighi di pubblicità circa le procedure di reclutamento del personale, fissando le sanzioni in caso di mancato rispetto di tali obblighi.
Il comma 8 introduce uno specifico meccanismo di gestione dei processi di mobilità (con applicazione della procedura di cui all'art. 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001), disponendo che, prima di effettuare nuove assunzioni, le amministrazioni pubbliche che abbiano proceduto a reinternalizzare funzioni o servizi esternalizzati a società partecipate, sono tenute - nei limiti dei posti vacanti nelle dotazioni organiche e nell’ambito delle facoltà assunzionali disponibili - al riassorbimento delle unità di personale già dipendenti a tempo indeterminato da amministrazioni pubbliche e transitate alle dipendenze delle società interessate dal processo di reinternalizzazione. Con la reinternalizzazione di funzioni o servizi occorre pertanto procedere al corrispondente riassorbimento nella pubblica amministrazione, entro determinati limiti, delle unità di personale transitato alle dipendenze della società, ma già dipendenti a tempo indeterminato da amministrazioni pubbliche. Il medesimo comma 8 reca, altresì, un intervento che appare diretto ad evitare possibili effetti distorsivi conseguenti alla decisione di procedere alla internalizzazione delle funzioni, prevedendo che essa abbia un impatto tendenzialmente neutro (e non più negativo) nei confronti delle capacità assunzionali complessive dell’ente e, pertanto, della programmazione del turn over in corso.
Invimit SGR S.p.a.
L'articolo 33 del citato decreto-legge n. 98 del 2011 ha disciplinato la creazione di un sistema integrato di fondi immobiliari, con l'obiettivo di accrescere l'efficienza dei processi di sviluppo e di valorizzazione dei patrimoni immobiliari di proprietà degli enti territoriali, di altri enti pubblici e delle società interamente partecipate dai predetti enti. Il D.L. n. 95 del 2012 ha introdotto ulteriori modalità operative della società di gestione del risparmio, prevedendo la costituzione di altre tipologie di fondi immobiliari, con l'obiettivo esplicito di conseguire la riduzione del debito pubblico.
Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 19 marzo 2013 è stata istituita la Investimenti Immobiliari Italiani Società di Gestione del Risparmio società per azioni (Invimit SGR S.p.a.) con il compito di istituire fondi che partecipano a quelli immobiliari costituiti da enti territoriali, anche tramite società interamente partecipate, a cui conferire immobili oggetto di progetti di valorizzazione (fondi di fondi) (art. 33, comma 1). Al fine di conseguire la riduzione del debito pubblico la Invimit SGR può istituire anche fondi a gestione diretta di asset pubblici, di enti territoriali e previdenziali (fondi diretti) (art. 33, comma 8-ter). Sono previsti, infine, fondi comuni di investimento immobiliare a cui conferire gli immobili di proprietà dello Stato non più utilizzati dal Ministero della difesa per finalità istituzionali e suscettibili di valorizzazione (cd. fondi difesa) (art. 33, comma 8-quater).
Per ulteriori informazioni su Invimit SGR S.p.A e le cariche del Presidente, dell’Amministratore delegato e del Consiglio di Amministrazione, si veda il dossier periodico, curato dal Servizio per il controllo parlamentare della Camera dei deputati, “Società a partecipazione pubblica e ricognizione degli assetti organizzativi – Monitoraggio e controllo – n. 8 – Febbraio 2025”.
Si veda anche il sito internet della Invimit.
Sintesi del contenuto dell’art. 3, comma 2-ter, del decreto-legge n. 132 del 2023
Come già accennato, l’art. 3, comma 2-ter, del decreto-legge n. 132 del 2023 (convertito dalla legge n. 170 del 2023) prevede che a Invimit SGR S.p.a. non si applichino i vincoli, divieti e obblighi in materia di contenimento della spesa pubblica destinati ai soggetti inclusi nell’elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, stilato dall’ISTAT.
Continuano, invece, ad applicarsi: le disposizioni in materia di equilibrio dei bilanci e sostenibilità del debito delle amministrazioni pubbliche e di comunicazione dei dati e delle informazioni rilevanti in materia di finanza pubblica, nonché, secondo la novella in esame, l’art. 19 del testo unico in materia di società a partecipazione pubblica (v. supra).
Per quanto concerne la disciplina in materia di compensi degli amministratori investiti in particolari cariche in conformità allo statuto della società, recata dall’articolo 2389, terzo comma, del codice civile, le disposizioni in esame stabiliscono che non si applichi alla Invimit: l’articolo 11, comma 6, del decreto legislativo n. 175 del 2016 (t.u. in materia di società a partecipazione pubblica); l’articolo 23-bis del decreto-legge n. 201 del 2011 (convertito dalla legge n. 214 del 2011).
Si rammenta che l’art. 2389, terzo comma, c.c. demanda al consiglio di amministrazione, sentito il parere del collegio sindacale, la determinazione della rimunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche in conformità dello statuto. L'assemblea può determinare un importo complessivo per la remunerazione di tutti gli amministratori, inclusi quelli investiti di particolari cariche, ove previsto dallo statuto.
Le ulteriori norme richiamate recano disposizioni concernenti: il limite dei compensi massimi per la determinazione del trattamento economico annuo onnicomprensivo da corrispondere agli amministratori, ai titolari e componenti degli organi di controllo, ai dirigenti e ai dipendenti delle società a controllo pubblico (art. 11, comma 6, t.u. società a partecipazione pubblica); il limite dei compensi massimi al quale i consigli di amministrazione di dette società devono fare riferimento, secondo criteri oggettivi e trasparenti, per la determinazione del trattamento economico annuo onnicomprensivo da corrispondere agli amministratori, ai dirigenti e ai dipendenti delle società direttamente o indirettamente controllate da amministrazioni dello Stato e dalle altre amministrazioni pubbliche (art. 23-bis, d.l. n. 214/2011).
Entrambe le norme richiamate stabiliscono che i trattamenti economici in oggetto non potranno comunque eccedere il limite massimo di 240.000 euro annui al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico del beneficiario, tenuto conto anche dei compensi corrisposti da altre pubbliche amministrazioni o da altre società a controllo pubblico.
Articolo 12, comma 9
(Percorsi formativi di interesse del Ministero della difesa)
L’articolo 12, comma 9, incrementa di otto unità la dotazione organica dei professori ordinari, straordinari, associati e ricercatori del Ministero della Difesa, per soddisfare le esigenze e sviluppare i percorsi formativi che favoriscono l'integrazione interdisciplinare fra il sistema universitario nazionale e quello della ricerca nel settore della difesa del Centro alti studi per la difesa (CASD).
Nell’ambito degli enti e istituti di istruzione interforze, l’articolo 276 del Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare (D.P.R. n. 90 del 2010) individua il Centro alti studi della difesa (CASD).
Il CASD è stato recentemente riconfigurato (con l'articolo 238-bis, del decreto-legge n. 34 del 2020, come modificato dall'art. 4-bis, comma 1, del decreto-legge n. 75 del 2023) in Scuola superiore universitaria ad ordinamento speciale di alta qualificazione e di ricerca nel campo delle scienze della difesa e della sicurezza, promossa dal Ministero della difesa e soggetta all'indirizzo e coordinamento del Ministero dell'università e della ricerca, limitatamente agli aspetti di competenza.
La riconfigurazione ha avuto inizialmente carattere sperimentale per un triennio.
Al termine del periodo sperimentale, in seguito alla valutazione dei risultati da parte dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (delibera ANVUR n. 64 del 4 aprile 2024), la riconfigurazione ha assunto carattere di stabilità, a seguito dell’emanazione del D.M. MIUR 4 luglio 2024, n. 922 recante “Istituzione del Centro alti studi per la difesa (CASD), quale Scuola superiore universitaria ad ordinamento speciale di alta qualificazione e di ricerca nel campo delle scienze della difesa e della sicurezza”, pubblicato nella Gazz. Uff. 11 settembre 2024, n. 213.
Ai sensi dell’articolo 1, comma 4, di tale D.M., “i professori e í ricercatori del CASD reclutati nel rispetto della legge 30 dicembre 2010, n. 240, transitano nei ruoli della Scuola superiore universitaria e acquisiscono lo stato giuridico e il trattamento economico dei professori e dei ricercatori universitari di cui, rispettivamente, agli articoli 6, 8 e 24 della medesima legge n. 240 del 2010”.
Le spese per il funzionamento e per le attività istituzionali del CASD, comprese quelle per il personale docente, ricercatore e non docente, per l'ordinaria e straordinaria manutenzione delle strutture e per la ricerca scientifica, restano a carico del bilancio ordinario del Ministero della difesa e non gravano sui fondi di competenza del Ministero dell'università e della ricerca.
La disposizione specifica che le assunzioni devono avvenire entro i limiti delle ordinarie facoltà assunzionali e nell'ambito del Piano triennale dei fabbisogni del personale.
La relazione illustrativa precisa che il citato art. 238-bis, che ha riconfigurato il CASD quale Scuola Superiore Universitaria ad Ordinamento Speciale – SSUOS (vedi box), prevede valutazione dei risultati da parte dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca. In particolare, già l’ultimo Piano triennale dei fabbisogni del Ministero della difesa prevede l’assunzione delle posizioni organiche ancora vacanti nel numero di 7. La proposta, che consente di assumerne ulteriori n. 8 unità, è indispensabile e urgente per consentire l’avvio a pieno regime dell’offerta formativa universitaria del CASD a partire dall’anno accademico 2025-2026.
Per l'attuazione della disposizione è autorizzata la spesa di euro 465.190 per l'anno 2025 e di euro 930.380 annui a decorrere dall'anno 2026.
La relazione tecnica specifica che, ai fini della quantificazione degli oneri, si l’assunzione a decorrere dal 1° luglio 2025 e si utilizza un costo annuo medio pro-capite per professore di prima fascia pari a euro 116.297,5 come da rilevazione desunta dal decreto n. 36 del 23 gennaio 2025 del Ministero dell’università e della ricerca.
A tali oneri si provvede:
· quanto a euro 126.484 per l’anno 2025, e euro 252.969 annui, a decorrere dall’anno 2026, a compensazione, mediante la riduzione di un numero di posizioni equivalente dal punto di vista finanziario della famiglia professionale degli assistenti. In particolare, la relazione tecnica precisa che, per la parte a compensazione, si prevede la riduzione di otto unità di assistenti il cui costo annuo è pari a euro 31.621,12;
· quanto a euro 338.706 per l’anno 2025, ed euro 677.411 annui a decorrere dall’anno 2026, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del Fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2025-2027, nell’ambito del Programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2025, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della difesa.
Articolo 12, comma 10
(Hub per l'Intelligenza Artificiale dello Sviluppo Sostenibile)
L’articolo 12, comma 10, istituisce il programma «Hub per l'Intelligenza Artificiale dello Sviluppo Sostenibile», in relazione agli obiettivi di cooperazione allo sviluppo previsti dal Piano Mattei, e per la gestione del programma autorizza la spesa complessiva di euro 5.281.400 a decorrere dall'anno 2025.
Lo scopo del programma è la promozione del trasferimento tecnologico in favore dei Paesi di cui al Piano Mattei, attraverso alleanze imprenditoriali, anche in cooperazione con gli organismi internazionali.
Il "Piano Mattei" è "un piano strategico" per la costruzione di un nuovo partenariato tra Italia e Stati Africani, la cui governance è stata con il decreto-legge n. 161 del 2023, mentre le sue linee operative, nella fase iniziale, formano oggetto del DPCM del 7 ottobre 2024, il documento che rappresenta una base programmatica, suscettibile di aggiornamento nel corso dell’attuazione del Piano.
Alla luce della grandezza del Continente africano - che si compone di oltre 50 Nazioni - in una prima fase, salvi progetti transnazionali ritenuti di cruciale importanza per il Continente, il Piano si declina attraverso progetti pilota in nove Nazioni: quattro del quadrante nord africano (Egitto, Tunisia, Marocco e Algeria) e cinque del quadrante subsahariano (Kenya, Etiopia, Mozambico, Repubblica del Congo e Costa d'Avorio).
Fonte: elaborazione Servizio Studi Camera – Dipartimento Affari Esteri
In una seconda fase il Piano si estenderà, secondo una logica incrementale, ad altri Stati del Continente.
Il Piano si sviluppa su sei direttrici d'intervento:
1) In tema di istruzione/formazione, punta a sviluppare nel Continente africano l'acquisizione di competenze, l'occupazione e l'indipendenza economica personale e familiare, con particolare attenzione ad un'istruzione tecnica in linea con i fabbisogni del mercato del lavoro locale, alla diffusione dell'e-learning e alla collaborazione con le imprese;
2) In tema di agricoltura, mira alla diminuzione dei tassi di denutrizione e malnutrizione, al superamento dell'agricoltura di sussistenza e all'aumento del reddito degli agricoltori, soprattutto attraverso partenariati e uso di nuove tecnologie;
3) In tema di salute, persegue il rafforzamento delle strutture sanitarie e del contrasto alle malattie infettive endemiche nel Continente africano, anche avvalendosi della consolidata esperienza italiana in materia di salute e della diffusione delle nuove tecnologie applicate alle esigenze medico-sanitarie;
4) In tema di energia, si prefigge l'obiettivo di ampliare l'accesso all'energia per le popolazioni locali, soprattutto attraverso la promozione degli investimenti nelle energie rinnovabili, la diffusione di nuove tecnologie e lo sviluppo di filiere energetiche sostenibili, come quella dei biocarburanti. Nel quadro di una complementarietà di Europa e Africa dal punto di vista energetico - la prima carente di fonti energetiche e la seconda di risorse finanziarie e competenze tecniche - ad avviso del Governo la fortunata posizione geografica dell'Italia può renderla il naturale hub di approvvigionamento di energia per l'intera Europa;
5) In tema di acqua, si propone di sviluppare il settore idrico nel Continente africano, con riguardo a tutto il ciclo idrico, dall'approvvigionamento della risorsa, alla sua distribuzione e riutilizzo, in particolare attraverso l'avvio di attività di progettazione, costruzione, gestione e manutenzione di infrastrutture idrauliche complesse e di impianti di depurazione e controllo della qualità dell'acqua;
6) Il tema di infrastrutture fisiche e digitali, trasversali a tutte le precedenti cinque direttrici individuate dal Piano, l'obiettivo è potenziare la connettività satellitare, la trasformazione digitale e la modernizzazione dei servizi postali delle Nazioni africane.
Oltre ai citati principali settori di intervento, vengono poi individuate altre aree tematiche all'interno delle quali potranno essere sviluppate iniziative e programmi di formazione, come ad esempio in ambito culturale, spaziale, dello sport e delle politiche giovanili, della gestione del rischio di catastrofi naturali.
Per approfondimenti si rinvia al Tema dell’attività parlamentare Iniziative italiane per l'Africa (piano Mattei).
Le iniziative del programma sono deliberate dal Ministero delle imprese e del made in Italy, d’intesa con il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
Il comma 10 in esame precisa che l’istituzione del programma avviene in attuazione degli obiettivi di cooperazione allo sviluppo previsti dal Piano Mattei, di cui al decreto legge n. 161 del 2023, e della dichiarazione ministeriale relativa ai lavori G7 su industria, tecnologia e digitale del 15 marzo 2024.
Nell’ambito dei lavori G7, i Ministri dell’Industria hanno affermato nella Dichiarazione Ministeriale Industria, Tecnologia e Digitale adottata il 15 marzo scorso, la necessità di rafforzare gli ecosistemi digitali locali e la volontà di collaborare con partner chiave nelle economie emergenti e nei paesi in via di sviluppo per garantire che l’Intelligenza Artificiale (IA) sia inclusiva, responsabile ed equa.
La Presidenza italiana del G7 ha proposto di costituire, in partenariato con United Nations Development Programme (UNDP), un “Artificial Intelligence Hub per lo sviluppo sostenibile” (“AI Hub for Sustainable Development”), quale piattaforma aperta a governi, imprese e centri di ricerca che sia da perno per iniziative internazionali sull’intelligenza artificiale.
Al fine di raccogliere idee ed individuare strumenti a sostegno della collaborazione multistakeholder con i Paesi in via di sviluppo, il Ministero delle imprese e del made in Italy – Dipartimento per il digitale, la connettività e le nuove tecnologie - ha avviato una procedura di consultazione pubblica.
Inoltre, la presidenza italiana del forum del G7, l’UNDP e l’istituto di ricerca Aapti hanno pubblicato il primo report sulla costituzione di un HUB di IA per lo sviluppo sostenibile.
I 3 assi cardine di ricerca e cooperazione su cui il Report fonda la struttura dell’HUB per l’IA in Africa sono:
· Pipeline di dati (l’HUB promuove la costruzione di architetture sicure di dataset pubblici nonché modelli gestionali partenariali, che rappresentano la popolazione, il contesto locale e, per l’effetto, riducono i rischi di errori o i distorsioni. Il fondamento di questo pilastro è il controllo nell’uso dei dati. Difatti solo 36 paesi su 54 hanno adottato una legislazione sulla privacy e una regolazione dei dat);
· Infrastruttura di calcolo (l’HUB mira ad attrarre i player mondiali per investire sulle infrastrutture fondamentali);
· Talenti (l’HUB sostiene l’integrazione delle competenze in intelligenza artificiale a tutti i livelli di istruzione. L’obiettivo ambizioso è quello di formare, da un lato nuovi talenti, nuova forza lavoro, specialisti dei casi d’uso dell’IA in specifici domini, idonea per creare un’offerta del mercato del lavoro sostenibile, in grado di frenare la fuga dei cervelli in IA; dall’altro democratizzare l’IA portando i servizi delle sue applicazioni alle fasce di popolazione meno abbienti e più remote).
Per approfondimenti si rinvia alla pagina “Hub di IA: un ponte tech tra il G7 e l’Africa per lo sviluppo sostenibile” (https://www.agendadigitale.eu/smart-city/hub-di-ia-un-ponte-tech-tra-il-g7-e-lafrica-per-lo-sviluppo-sostenibile).
Per la gestione del programma è autorizzata la spesa complessiva di euro 5.281.400 a decorrere dall'anno 2025.
Ai relativi oneri si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento di fondo speciale in conto corrente, iscritto, ai fini del bilancio triennale 2025-2027, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2025, allo scopo utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero delle imprese e del made in Italy.
La relazione tecnica precisa che l’attività, che verrà svolta anche in cooperazione con organismi internazionali, prevede che nell’ambito del programma ci si avvalga di professionisti ed esperti nelle materie dell’intelligenza artificiale (a titolo esemplificativo la figura del data analyst). Le stime che portano alla quantificazione degli oneri vengono riportate in una tabella di dettaglio che tiene conto, tra l’altro, delle figure professionali e degli stanziamenti necessari.
Il comma 11 del presente articolo introduce, per gli anni 2025 e 2026, la possibilità, per le pubbliche amministrazioni[79], di risolvere in via unilaterale il rapporto di lavoro, dopo un preavviso di almeno sei mesi, con un dipendente che abbia compiuto i 65 anni di età[80] e che possa già fruire della liquidazione del trattamento pensionistico anticipato in base al requisito generale di anzianità contributiva, pari a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e a 41 anni e 10 mesi per le donne[81]. La risoluzione deve essere motivata con riferimento alle esigenze organizzative e può riguardare, per ogni amministrazione, una quota massima pari al quindici per cento (con arrotondamento all’unità superiore) dei dipendenti che, in relazione ai loro dati anagrafici e contributivi, rientrano nell’ambito potenziale di applicazione della risoluzione medesima. L’istituto transitorio in esame non si applica al personale di magistratura, ai professori universitari e ai responsabili di struttura complessa del Servizio sanitario nazionale.
Il successivo comma 12 provvede alla stima degli oneri finanziari derivanti dal comma 11 e alla relativa copertura.
La disciplina transitoria in esame è applicabile, alle suddette condizioni, ai dipendenti che rientrino nelle relative fattispecie di età anagrafica e di anzianità contributiva negli anni 2025 e 2026. Mentre l’atto di risoluzione, con il relativo preavviso, deve intervenire entro l’anno 2026, l’effetto di risoluzione potrebbe avere luogo anche nei primi mesi dell’anno successivo, in quanto, come specifica il comma 11, l’effetto risolutivo non può essere anteriore alla prima decorrenza utile per il summenzionato trattamento pensionistico anticipato[82].
Si ricorda che:
- una precedente disciplina (non transitoria), che consentiva alle pubbliche amministrazioni di risolvere in via unilaterale il rapporto di lavoro con un dipendente che potesse già fruire della liquidazione del trattamento pensionistico anticipato, è stata abrogata dall’articolo 1, comma 164, della L. 30 dicembre 2024, n. 207;
- i commi 162 e 163 dello stesso articolo 1 della L. n. 207 del 2024 prevedono, per i lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni[83], che il limite massimo di età per la prosecuzione del servizio corrisponda al requisito generale anagrafico per la pensione di vecchiaia, pari attualmente a 67 anni[84] – fermi restando sia i limiti ordinamentali più elevati già previsti per alcune categorie sia la possibilità di trattenimento in servizio (fino al settantesimo anno di età) introdotta dal successivo comma 165 –; è venuto di conseguenza meno l’obbligo di collocamento a riposo per i dipendenti pubblici che, al compimento del previgente limite ordinamentale dei 65 anni di età (o successivamente), potessero fruire (se in possesso del relativo requisito contributivo) del trattamento pensionistico anticipato.
Il presente articolo 12, comma 11, fa salvi i trattenimenti in servizio disposti ai sensi dell’articolo 11, commi 1 e 2, del D.L. 10 agosto 2023, n. 105, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 ottobre 2023, n. 137.
Il comma 12 del presente articolo 12 provvede alla stima degli oneri finanziari derivanti dal precedente comma 11 e alla relativa copertura. Più in particolare, la stima degli oneri è operata sia al lordo sia al netto degli effetti fiscali positivi derivanti dal medesimo comma 11 (quindi, sia al lordo sia al netto della tassazione dei ratei di trattamento pensionistico e di fine rapporto o fine servizio computati negli oneri in oggetto). La copertura degli oneri al netto degli effetti fiscali positivi – oneri netti stimati in 1,3 milioni di euro per l’anno 2025, 6,4 milioni per l’anno 2026 e 3 milioni per l’anno 2027 – è reperita mediante identica riduzione, per i relativi anni, del Fondo per interventi strutturali di politica economica[85].
Articolo 12, comma 13
(Istituzione Institute of Advanced Science for Agricolture)
L’articolo 12, comma 13, al fine di conseguire gli obiettivi del Piano Mattei, prevede l’istituzione di una Scuola superiore non statale ad ordinamento speciale, denominata Scuola di alta formazione - Institute of Advanced Science for Agriculture, a carattere residenziale nella provincia di Ferrara. La Scuola è attivata, previo parere favorevole dell’ANVUR, tramite un decreto ministeriale con il quale si provvede all’approvazione dello statuto e del regolamento didattico. Alla promozione della Scuola partecipano soggetti privati con una qualificata e pluriennale esperienza a livello internazionale nell’ambito della formazione e della ricerca, in collaborazione con altre Università.
La norma in commento prosegue stabilendo che la suddetta Scuola è istituita in deroga ai limiti e ai divieti previsti nei decreti di programmazione per il triennio 2024-2026, adottati ai sensi dell’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 27 gennaio 1998, n. 25 e ai sensi dell’articolo 1-ter del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, fermi restando i requisiti e le procedure per l’accreditamento previsti dal decreto legislativo 27 gennaio 2012, n. 19.
Il comma in questione stabilisce inoltre che la Scuola è attivata con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, previo parere favorevole dell’Agenzia nazionale della valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR) in ordine al possesso dei requisiti sopraindicati. Con il decreto ministeriale, oltre a disciplinare le modalità e i tempi di attivazione, si provvede alla approvazione dello statuto e del regolamento didattico.
La disposizione in esame chiarisce, altresì, che alla promozione della Scuola di alta formazione partecipano soggetti privati con una qualificata e pluriennale esperienza a livello internazionale nell’ambito della formazione e della ricerca, in collaborazione con altre università, in ambito agronomico, digitale, di sostenibilità ambientale ed economica, che presentano apposita istanza al Ministero dell’università e della ricerca sulla base delle indicazioni operative pubblicate sul proprio sito istituzionale entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto-legge.
Il comma in commento si conclude disponendo che alla Scuola di alta formazione si applicano le disposizioni concernenti le università non statali legalmente riconosciute, ad eccezione di quanto previsto dall’articolo 2 della legge 29 luglio 1991, n. 243.
Nella relazione illustrativa si precisa che “la Scuola, che si configurerà come scuola superiore a ordinamento speciale, dovrà avere carattere residenziale e non comporterà oneri per lo Stato, atteso che l’iniziativa sarà completamente a carico del privato soggetto promotore”.
Sul punto la relazione tecnica chiarisce che l’istituzione della Scuola non produce effetti a carico della finanza pubblica, non accedendo alla ripartizione del contributo a favore delle Università non statali e tenuto conto che alla promozione della medesima parteciperanno i soggetti privati, con risorse proprie. Questi ultimi dovranno essere caratterizzati da una qualificata esperienza a livello internazionale nell’ambito della formazione e della ricerca, in collaborazione con altri Atenei in ambito agronomico, digitale, di sostenibilità ambientale ed economica per garantire una gestione multidisciplinare degli appezzamenti agricoli nei Paesi Africani.
Si ricorda anzitutto che il Piano Mattei, istituito ai sensi del decreto-legge n. 161 del 2023, è un documento programmatico-strategico di durata quadriennale e aggiornabile anche antecedentemente alla scadenza che persegue la costruzione di un nuovo partenariato tra Italia e Stati del Continente africano volto a promuovere uno sviluppo comune, sostenibile e duraturo, nella dimensione politica, economica, sociale, culturale e di sicurezza e che favorisca la condivisione e la partecipazione degli Stati africani interessati all'individuazione, alla definizione e all'attuazione degli interventi previsti dal piano, nonché l'impegno compartecipato alla stabilità e alla sicurezza regionali e globali.
Come si legge nella relazione illustrativa, “il Piano Mattei per l’Africa prevede, fra le numerose misure poste, lo sviluppo di competenze nell’ambito della formazione superiore finalizzate a colmare il divario tra l’agricoltura tradizionale e le tecnologie moderne. A tale riguardo, nell’ambito della provincia di Ferrara sono già attive consolidate e qualificate esperienze di formazione e di ricerca, in ambito agronomico, digitale, di sostenibilità ambientale ed economica, che costituiscono strumenti fondamentali per una gestione multidisciplinare degli appezzamenti agricoli nei Paesi Africani. L’obiettivo della norma è quello di consolidare e potenziare tale esperienza pervenendo all’istituzione di una scuola superiore a ordinamento speciale, denominata Scuola di alta formazione - Institute of Advanced Science for Agriculture”.
Quanto alla deroga ai limiti e ai divieti previsti nei decreti di programmazione per il triennio 2024-2026, prevista dalla disposizione in commento in relazione all’istituzione della Scuola di alta formazione, si rammenta che l'articolo 1-ter del decreto-legge n. 7 del 2005 (menzionato dalla norma in esame) stabilisce che le università, entro il 30 giugno di ogni anno, adottano programmi triennali coerenti con le linee generali di indirizzo definite con decreto ministeriale, sentiti la Conferenza dei rettori delle università italiane, il Consiglio universitario nazionale e il Consiglio nazionale degli studenti universitari, tenuto altresì conto delle risorse acquisibili autonomamente.
I predetti programmi delle università individuano in particolare: a) i corsi di studio da istituire e attivare nel rispetto dei requisiti minimi essenziali in termini di risorse strutturali ed umane, nonché quelli da sopprimere; b) il programma di sviluppo della ricerca scientifica; c) le azioni per il sostegno ed il potenziamento dei servizi e degli interventi a favore degli studenti; d) i programmi di internazionalizzazione; e) il fabbisogno di personale docente e non docente a tempo sia determinato che indeterminato, ivi compreso il ricorso alla mobilità.
Per quanto attiene alle linee generali di indirizzo esse sono state adottate da ultimo, per il triennio 2024-2026 con il decreto del Ministro dell’università e della ricerca 10 giugno 2024, n. 773.
Il citato decreto, all’articolo 8, comma 1, rubricato “istituzione e accreditamento iniziale e periodico delle sedi e dei corsi”, precisa che, per gli anni in cui trova applicazione il decreto in questione, è fatto divieto di dare corso all’istituzione e all’accreditamento iniziale di nuove Istituzioni universitarie, se non a seguito di processi di fusione di Università già esistenti secondo quanto previsto dall’articolo 3 della legge 30 dicembre 2010, n. 240 (riguardante la federazione e fusione di atenei, e la razionalizzazione dell'offerta formativa).
In merito all’istituzione e alla soppressione di università, viene in rilievo anche l’altra disposizione citata dalla disposizione in commento, l’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 27 gennaio 1998, n. 25, ai sensi del quale esse sono disposte con appositi decreti del Ministro dell’università e della ricerca, che ne disciplinano le modalità attuative e i tempi.
La norma oggetto di odierno esame, quindi, in deroga alle disposizioni sopra descritte, istituisce direttamente con atto di rango primario la nuova scuola di Alta formazione, lasciando al decreto ministeriale attuativo la sola “attivazione” di essa, oltreché la disciplina dei relativi tempi e modalità.
La norma fa espressamente salvo il rispetto dei requisiti e delle procedure per l’accreditamento previsti dal decreto legislativo 27 gennaio 2012, n. 19.
Con riferimento a tale ultimo aspetto, si ricorda che tutte le Università e gli Istituti a ordinamento speciale sono sottoposti a un processo di accreditamento iniziale e periodico di durata pluriennale definito dalla legge 30 dicembre 2010, n. 240 e dal decreto legislativo 27 gennaio 2012, n. 19, nel rispetto degli standard e delle linee guida adottati per lo Spazio Europeo dell’Istruzione Superiore.
La parte attuativa dell’accreditamento delle sedi è definita dal Ministero dell’università e della ricerca su base triennale con un proprio decreto sentita l’ANVUR. I criteri di accreditamento delle sedi si distinguono tra criteri di accreditamento iniziale e di accreditamento periodico.
Per accreditamento iniziale, come previsto dall’articolo 5 del decreto legislativo del 27 gennaio 2012, n. 19, si intende l'autorizzazione all'Università da parte del Ministero ad attivare sedi e corsi di studio. L'accreditamento iniziale comporta l'accertamento della rispondenza delle sedi e dei corsi di studio agli indicatori ex ante definiti dall'ANVUR ai sensi dell'articolo 6 del citato decreto, volti a misurare e verificare i requisiti didattici, strutturali, organizzativi, di qualificazione dei docenti e di qualificazione della ricerca idonei a garantire qualità, efficienza ed efficacia nonché a verificare la sostenibilità economico-finanziaria delle attività.
Per accreditamento periodico delle sedi e dei corsi di studio si intende la verifica dei requisiti di qualità, di efficienza e di efficacia delle attività svolte. L'accreditamento periodico avviene con cadenza almeno quinquennale per le sedi e almeno triennale per i corsi di studio ed è basato sulla verifica della persistenza dei requisiti di cui al comma 2 del citato articolo 5, su ulteriori indicatori definiti ex ante dall'ANVUR e sugli esiti della valutazione. I risultati dell'attività di monitoraggio degli indicatori finalizzata all'accreditamento periodico confluiscono nel rapporto sullo stato del sistema universitario e della ricerca di cui all'articolo 4, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 1° febbraio 2010, n. 76, che viene pubblicato sul sito istituzionale dell'ANVUR e sul sito istituzionale del Ministero (articolo 9, comma 8, del medesimo decreto legislativo).
Si ricorda che la disciplina dell’ANVUR, oltre che dalla fonte istitutiva rappresentata dall’articolo 2, commi 138-142, del decreto-legge n. 262 del 2006, è definita a livello regolamentare dal decreto del Presidente della Repubblica 1° febbraio 2010, n. 76 (recante il regolamento concernente la struttura e il funzionamento dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca - ANVUR, adottato ai sensi dell'articolo 2, comma 140, del decreto-legge n. 262 del 2006).
Quanto, infine, alle disposizioni concernenti le università non statali legalmente riconosciute, che in base alla disposizione in commento si applicano anche alla neo-istituita Scuola di alta formazione, si ricorda che la legge 29 luglio 1991, n. 243 stabilisce che le università e gli istituti superiori non statali legalmente riconosciuti operano nell'ambito delle norme dell'articolo 33, sesto comma, della Costituzione, delle leggi che li riguardano, nonché dei princìpi generali della legislazione in materia universitaria in quanto compatibili.
L’articolo 2 della legge citata – la cui applicazione viene esclusa dalla disposizione in esame – dispone che lo Stato può concedere contributi alle università e agli istituti superiori non statali legalmente riconosciuti che abbiano ottenuto l'autorizzazione a rilasciare titoli di studio universitario aventi valore legale. Come sopra ricordato, la Scuola di Alta Formazione non accede alla ripartizione del contributo a favore delle Università non statali.
L’articolo 12, comma 14, autorizza il Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste ad assumere a tempo pieno e indeterminato 96 unità di personale non dirigenziale.
Il comma in esame autorizza il Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (MASAF), a partire dal 2026, ad assumere a tempo pieno e indeterminato 96 unità di personale non dirigenziale. La disposizione specifica l’inquadramento delle 96 unità nella sezione di ruolo Agricoltura:
§ 68 unità nell’area assistenti;
§ 28 unità nell’area funzionari.
Per tali assunzioni il MASAF è tenuto a rispettare i limiti della dotazione organica e delle facoltà assunzionali stabiliti dalla vigente legislazione e a indire concorsi pubblici.
La disposizione, infine, stabilisce un tetto di spesa per le procedure concorsuali pari a 300 mila euro e ne indica la copertura.
Alla copertura dei 300 mila euro si procede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2025 – 2027 nell’ambito del programma “fondi di riserva e speciali” della missione “fondi da ripartire” dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2025, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste.
La relazione illustrativa del provvedimento in esame precisa che le suddette 96 unità di personale sono state individuate nel rispetto di quanto previsto all’art. 1, comma 823 della legge 30 dicembre 2024 n. 207 che, per l’anno 2025, ha posto un limite alla spesa per le assunzioni di personale a tempo indeterminato delle amministrazioni dello Stato con più di 20 dipendenti pari al 75 per cento di quella relativa al personale di ruolo cessato nell'anno precedente.
Procedure precedentemente autorizzate
Si ricorda che il comma 873 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2021 (L. 178/2020) ha autorizzato il Ministero dell'agricoltura, della sicurezza alimentare e delle foreste (MASAF) a bandire, per il biennio 2021-2022, procedure concorsuali pubbliche per assumere, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, in aggiunta alle vigenti facoltà assunzionali e nei limiti della vigente dotazione organica, un contingente di 140 unità di personale, di cui: n. 58 unità in Area terza, posizione economica F1 e n. 28 unità in Area seconda, posizione economica F2 da assumere nel 2021; n. 30 in Area terza posizione economica F1, n. 21 in Area seconda posizione economica F2 e n. 3 unità di personale dirigenziale di seconda fascia da assumere nel 2022. Tale facoltà è stata prorogata fino al 31 dicembre 2023 (articolo 1, comma 16 del D.L. n. 198/2022).
Si ricorda altresì che l'articolo 6 e 7 del D.P.C.M. 20 agosto 2019 avevano in precedenza autorizzato il MASAF ad indire ulteriori procedure di reclutamento a tempo indeterminato. Questa facoltà assunzionale è stata estesa al 31 dicembre 2024 (da ultimo dall’art. 1, comma 21 del D.L. n. 215/2023).
Infine, il D.P.C.M 17 dicembre 2024 ha autorizzato ad indire procedure di reclutamento e ad assumere a tempo indeterminato, con specifico riferimento all'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF).
Articolo 12, comma 15, lett. a)
(Società Stretto di Messina s.p.a.)
L’articolo 12, comma 15, lettera a), novella il comma 524 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2025 al fine di chiarire che le modalità operative di funzionamento del meccanismo di compensazione per il previsto mancato funzionamento della barriera di Villafranca Tirrena della A20 Messina-Palermo si riferiscono alla sospensione del pedaggio relativo al citato svincolo, allo scopo di agevolare il deflusso del traffico in seguito all’effettivo avvio dei lavori per la realizzazione del Ponte sullo Stretto.
La lettera a) del comma 15 dell’articolo 12 sostituisce il primo periodo del comma 524 dell’articolo 1 della L. n. 207/2024 (legge di bilancio per il 2025) al fine di chiarire le modalità operative di funzionamento del meccanismo di compensazione introdotto dalla disposizione novellata per il previsto mancato funzionamento della barriera di Villafranca Tirrena della A20 Messina-Palermo.
Il comma 524 della legge di bilancio 2025 ha autorizzato la sottoscrizione di un accordo tra Stretto di Messina S.p.A. e Consorzio per le autostrade siciliane (CAS) finalizzato alla definizione di meccanismi di compensazione per la mancata possibilità di utilizzo da parte degli utenti dello svincolo autostradale denominato «Villafranca Tirrena» della A18 Messina-Palermo, nel limite delle risorse allo scopo disponibili, al fine di determinare il contenimento dei costi a favore di utenti, imprese, cittadini, consumatori della città di Messina in compensazione dei disagi legati ai cantieri per l’avvio dei lavori per la costruzione del Ponte sullo Stretto. Per approfondimenti si rinvia al dossier sulla legge di bilancio 2025.
In particolare, in luogo della previgente previsione che faceva riferimento alla mancata possibilità di utilizzo da parte degli utenti dello svincolo autostradale denominato «Villafranca Tirrena», la norma in esame dispone che i meccanismi di compensazione in favore del Consorzio per le autostrade siciliane sono definiti con riferimento alla sospensione del pedaggio relativo al citato svincolo, allo scopo di agevolare il deflusso del traffico in seguito all’effettivo avvio dei lavori per la realizzazione del Ponte sullo Stretto.
La relazione illustrativa segnala che barriera di Villafranca Tirrena della A20 Messina-Palermo “sarà aperta per facilitare il deflusso del traffico in vista dell’inizio dei lavori relativi al Ponte sullo Stretto” e che quindi la norma in esame è finalizzata a “ridurre i disagi per l’utenza, chiarendo che lo stanziamento sarà destinato al Consorzio Autostrade Siciliane che gestisce la tratta a fronte della sospensione del pedaggio alla predetta barriera”.
L’articolo 12, comma 15, reca modifiche al fondo di parte corrente costituito in favore degli enti locali dalla legge di bilancio per il 2025, con dotazione pari a circa 37 milioni per il 2025, 70,5 milioni per il 2026 e 59,8 milioni per il 2027. In particolare, la lettera b) del presente comma dispone che il Fondo, originariamente affidato alla gestione diretta della Presidenza del Consiglio sul proprio bilancio autonomo, sia affidato alla gestione diretta del Ministero dell’economia e delle finanze. La lettera c) sopprime l’obbligo di rendicontazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri da parte della Provincia autonoma di Trento sul contributo ricevuto. Infine, la lettera d) prevede che le risorse del fondo siano assegnate ai Ministeri competenti.
L’articolo 12, comma 15, reca modifiche ai due fondi costituiti in favore degli enti locali dall’articolo 1, commi 898-901 della legge 30 dicembre 2024, n. 207 (legge di bilancio per il 2025).
Il primo fondo, istituito dall’articolo 1, comma 898, è destinato a interventi per gli enti locali. A seguito del rifinanziamento e dell’ampliamento delle finalità di impiego disposte dall’articolo 10, comma 4-bis, del decreto-legge 27 dicembre 2024, n. 201, tale Fondo reca una dotazione pari a 36.967.000,00 euro nel 2025, 70.460.000,00 euro nel 2026 e 59.780.000,00 euro nel 2027.
Le citate risorse sono destinate a misure in favore degli enti locali, alla realizzazione di interventi in materia sociale e socio-sanitaria assistenziale, di infrastrutture, di sport e di cultura da parte di associazioni, fondazioni ed enti operanti nel territorio, di recupero, conservazione e mantenimento del patrimonio storico, artistico e architettonico nonché all'attuazione di investimenti in materia di infrastrutture stradali, sportive, scolastiche, ospedaliere, di mobilità e di riqualificazione ambientale e di interventi riguardanti la messa in sicurezza del territorio, il sostegno economico, il turismo, la celebrazione di eventi, la ricerca e il digitale.
La lettera b) dell’articolo 12, comma 15, dispone che il Fondo, affidato dalla disposizione previgente alla gestione diretta della Presidenza del Consiglio sul proprio bilancio autonomo, sia ora affidato alla gestione diretta del Ministero dell’economia e delle finanze.
Il riparto delle risorse tra i differenti progetti avviene, come in precedenza, tramite decreto del Presidente del consiglio dei ministri, a seguito dell’identificazione delle destinazioni previste con specifici atti di indirizzo delle Camere. Il 20 dicembre 2024, nel corso dell’esame in Assemblea alla Camera dei deputati (seduta n. 402, si veda il Resoconto) sono stati approvati o accolti i seguenti ordini del giorno, relativi agli stanziamenti allora previsti per il Fondo:
· 9/2112-bis-A/146 (riformulato);
· 9/2112-bis-A/168 (riformulato);
· 9/2112-bis-A/211 (riformulato);
· 9/2112-bis-A/213 (riformulato);
· 9/2112-bis-A/223 (riformulato);
· 9/2112-bis-A/235 (riformulato);
· 9/2112-bis-A/239 (riformulato);
· 9/2112-bis-A/241 (riformulato).
Per un approfondimento, il Dossier predisposto dai Servizi studi della Camera dei deputati e del Senato relativamente alla legge 30 dicembre 2024, n. 207.
Inoltre, posto che gli stanziamenti del Fondo sono a favore degli enti locali, la nuova lettera d) prevede ora che le risorse siano assegnate ai Ministeri competenti per l’effettuazione dei singoli interventi come identificati dagli atti di indirizzo riportati sopra.
Infine, il secondo Fondo, istituito dall’articolo 1 comma 899, reca stanziamenti pari a 150.000 euro per il 2025 e 600.000 euro per il 2026. Tale Fondo è destinato alla gestione diretta della Provincia autonoma di Trento per finalità di attuazione di misure collegate alla sicurezza del territorio, alla conciliazione dei tempi di cura della famiglia e dei tempi di lavoro, all’acquisto di arredi per gli istituti scolastici di ogni ordine e grado nonché al recupero e al mantenimento del patrimonio storico, artistico e architettonico.
Si rammenta che il citato articolo 1, comma 899, della legge di bilancio per il 2025 dispone come l’assegnazione delle risorse alla Provincia autonoma di Trento – ovvero il trasferimento alla Provincia e la diretta scelta e gestione dei progetti, all’interno delle finalità delineate dal citato articolo 1, comma 899 – sia disposta ai sensi e per gli effetti dell’articolo 104 del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, di cui al decreto del presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670.
L’articolo 12, comma 15, lettera c), interviene sulla disciplina del citato Fondo, sopprimendo il secondo periodo dell’articolo 1, comma 899, della legge 30 dicembre 2024, n. 207. Conseguentemente, esso sopprime l’obbligo di rendicontazione che, ai sensi della norma previgente, la Provincia autonoma di Trento era tenuta a trasmettere alla Presidenza del Consiglio dei Ministri entro il 31 gennaio 2026 relativamente al contributo pari a 150.000 euro conferiti nel 2025, ed entro il 31 gennaio 2027 relativamente all’impiego dei 600.000 euro conferiti nel 2026.
Il comma 16 dell’articolo 12 interviene in materia di disciplina della composizione della Commissione indipendente per la verifica dell'equilibrio economico e finanziario delle società sportive professionistiche, prevedendo che, ove dipendenti pubblici, il presidente e i commissari diversi da quelli di diritto non debbano più, ma al contrario possano, a domanda, essere collocati fuori ruolo, in aspettativa o in altra analoga posizione e che tale collocamento non valga più, necessariamente, per l’intera durata del mandato. Prevede inoltre che il segretario generale della Commissione, se dipendente pubblico, sia invece obbligatoriamente collocato, secondo l’ordinamento di appartenenza, fuori ruolo, in aspettativa o in altra analoga posizione, in ogni caso per tutta la durata del mandato.
Il comma 16 dell’articolo 12 interviene, con una doppia novella, sul decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 36, recante il riordino e la riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici, nonché di lavoro sportivo, ed in particolare sull’articolo 13-bis di tale decreto legislativo, il quale, inserito dall’articolo 2 del decreto-legge 31 maggio 2024, n. 71, ha istituito la Commissione indipendente per la verifica dell'equilibrio economico e finanziario delle società sportive professionistiche.
Si ricorda che la Commissione indipendente per la verifica dell'equilibrio economico e finanziario delle società sportive professionistiche, con sede in Roma, è l'organismo competente a svolgere, prima e durante le competizioni, attività di controllo e vigilanza sulla legittimità e regolarità della gestione economica e finanziaria delle società sportive professionistiche partecipanti ai campionati relativi a discipline di sport di squadra al fine di verificare il rispetto dei principi di corretta gestione, il mantenimento dell'equilibrio economico e finanziario e il funzionamento dei controlli interni. Essa certifica, nel rispetto del contraddittorio, la regolarità delle gestioni mediante pareri obbligatori che sono trasmessi alle rispettive Federazioni sportive nazionali per l'adozione dei provvedimenti di competenza concernenti l'ammissione, la partecipazione e l'esclusione dalle competizioni professionistiche, e di ogni altro provvedimento conseguente.
Per ogni ulteriore approfondimento sulla Commissione in questione, si consulti la scheda di lettura della norma istitutiva, ossia l’articolo 2 del decreto-legge 31 maggio 2024, n. 71 (qui il dossier).
Le due novelle introdotte dal comma in esame intervengono entrambe sul comma 6 del citato articolo 13-bis, che disciplina la composizione della Commissione e i lineamenti della sua struttura organizzativa.
Si ricorda in proposito che, ai sensi del citato comma 6, la Commissione è organo collegiale, composto da un presidente e sei componenti, nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o dell'Autorità politica delegata in materia di sport, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere favorevole delle competenti Commissioni parlamentari, che si esprimono a maggioranza dei due terzi dei componenti (decorsi trenta giorni dalla richiesta del parere, a maggioranza assoluta).
Ne fanno parte, come componenti di diritto, il presidente dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e il Direttore dell'Agenzia delle entrate, che possono delegare personale di qualifica dirigenziale di livello generale o equivalente appartenente alle relative istituzioni. Il presidente e i restanti quattro componenti sono invece scelti tra magistrati contabili, professori universitari nelle materie economiche, giuridiche e finanziarie, avvocati del libero foro iscritti all'albo dell'ordine territorialmente competente, anche in elenchi speciali, e abilitati al patrocinio innanzi alle magistrature superiori o dottori commercialisti iscritti anche all'elenco dei revisori contabili da almeno 15 anni e con comprovata esperienza nel settore della revisione contabile societaria, e due tra essi sono individuati nell'ambito di una rosa di cinque nominativi, proposti, entro trenta giorni dalla richiesta, dalle Federazioni sportive nazionali interessate, d'intesa con le Leghe professionistiche di riferimento.
La durata del mandato, per il presidente e per i componenti diversi da quelli di diritto, è di sette anni, a decorrere dall'insediamento, senza possibilità di conferma.
Il comma prosegue disciplinando le incompatibilità previste per coloro che ricoprono gli incarichi di presidente e di componente della Commissione.
Ora, la lettera a) della disposizione in commento sostituisce il dodicesimo periodo del comma, che, nel testo previgente, prevedeva che il presidente e i componenti della Commissione diversi da quelli di diritto, se dipendenti pubblici, sono, secondo l'ordinamento di appartenenza, collocati fuori ruolo, in aspettativa o in altra analoga posizione, in ogni caso per tutta la durata del mandato.
La nuova formulazione del periodo:
- da una parte, rende non più obbligatorio, ma facoltativo e a domanda, il collocamento fuori ruolo, in aspettativa o in altra analoga posizione di tali soggetti;
- dall’altra, espunge l’inciso volto a precisare che il collocamento fuori ruolo, in aspettativa o in altra analoga posizione vale in ogni caso per tutta la durata del mandato.
Il tredicesimo periodo del comma, non modificato dalla disposizione in commento, prevede che all'atto del collocamento fuori ruolo è reso indisponibile nella dotazione organica dell'amministrazione di provenienza, per tutta la durata del collocamento fuori ruolo, un numero di posti equivalente dal punto di vista finanziario.
Si segnala che la relazione illustrativa evidenzia che il fine della novella appena descritta è quello di consentire una maggiore flessibilità nella procedura di nomina della commissione, in relazione a cui è emersa la difficoltà di reperire candidati qualificati (in particolare, professori universitari), disponibili ad assumere l’incarico previo collocamento fuori ruolo o in aspettativa.
Il comma 6 dell’articolo 13-bis prosegue disciplinando le modalità di assunzione delle deliberazioni della Commissione ed attribuendo ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o dell'Autorità politica delegata in materia di sport, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il compito di determinare le indennità spettanti al presidente e ai componenti.
Negli ultimi periodi, il comma 6 prevede che al funzionamento dei servizi e degli uffici della Commissione sovraintende il segretario generale, che ne risponde al presidente, che è organo della Commissione e che è nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri o dall'Autorità politica delegata in materia di sport, su proposta del presidente della Commissione, per una durata quadriennale, rinnovabile.
Ora, la lettera b) del comma in esame aggiunge, in fine al medesimo comma 6, due ulteriori periodi ai sensi del quale anche il segretario generale della Commissione, se dipendente pubblico, è collocato, secondo l’ordinamento di appartenenza, fuori ruolo, in aspettativa o in altra analoga posizione, in ogni caso per tutta la durata del mandato e che all'atto del collocamento fuori ruolo è reso indisponibile nella dotazione organica dell'amministrazione di provenienza, per tutta la durata del collocamento fuori ruolo, un posto equivalente dal punto di vista finanziario.
La relazione illustrativa espone che la disciplina in oggetto, differente rispetto ai membri della Commissione che siano dipendenti pubblici, “si giustifica in ragione della peculiarità dell’incarico e della maggiore gravosità dei compiti che incombono sul segretario generale”.
La relazione tecnica informa che dalle due novelle in commento non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, tenuto conto che i costi del presidente e dei componenti della Commissione e quelli del Segretario generale sono già finanziariamente coperti a legislazione vigente.
Articolo 13, comma 1
(Misure urgenti per la funzionalità dell’Unione italiana tiro a segno e dei Gruppi sportivi)
L’articolo 13, comma 1, dispone che l’Unione italiana tiro a segno si avvalga delle risorse umane e strumentali della società Sport e salute S.p.a. sulla base di un contratto di servizio cui è affidata la regolamentazione del relativo rapporto.
Il comma 1 dell’articolo 13 dispone che l'Unione Italiana Tiro a Segno si avvale delle risorse umane e strumentali della società Sport e salute S.p.a.. Dispone inoltre che i rapporti, anche finanziari e di gestione delle risorse umane, tra l’Unione italiana tiro a segno e la società Sport e salute S.p.a., sono disciplinati da un contratto di servizio annuale.
La disposizione in commento prosegue stabilendo che l’Unione italiana tiro a segno provvede all’attuazione del comma in esame nei limiti delle proprie disponibilità di bilancio e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
La relazione illustrativa evidenzia che la ragione alla base della disposizione in commento risiede nel pensionamento di sei unità di personale, a seguito del quale risulta urgente prevedere che, senza oneri ulteriori a carico della finanza pubblica, l’Unione italiana tiro a segno possa avvalersi, attraverso la stipula di un contratto di servizio su base annuale, del supporto della società Sport e salute S.p.a. per quanto riguarda risorse umane, servizi e attività strumentali a quelle istituzionali, secondo un modello organizzativo già vigente per il Comitato Italiano Paralimpico (CIP).
La relazione tecnica, nel dare conto della neutralità finanziaria della norma in esame, effettua una utile ricostruzione sulla situazione finanziaria che sarà regolata dal contratto di servizio, riferendo anzitutto che l’Unione italiana tiro a segno reperisce gli oneri finanziari necessari al proprio funzionamento attraverso i soli proventi derivanti dal tesseramento sportivo, dalle iscrizioni alle gare, dalle quote di iscrizione ai vari campionati, dalle sponsorizzazioni, dalle tasse di gara, dalle quote di affiliazione e dalle quote sugli iscritti, per un flusso totale in entrata pari a circa 3,26 milioni di euro annui, a cui si aggiungono i contributi erogati in favore delle federazioni sportive per il tramite della società Sport e Salute Spa, che ammontano a circa 4,4 milioni di euro annui.
La relazione nota che “nello specifico, una parte dei proventi federali pari a 1 milioni di euro verrebbe destinato al funzionamento e utilizzato a copertura delle esigenze federali che saranno determinate in base alle funzioni affidate tramite il contratto di servizio con assegnazioni di contributi finalizzati alle relative attività programmate annualmente per sostenere le spese per le risorse umane UITS e Sport e Salute Spa.”
Il contratto di servizio, di durata annuale – prosegue la relazione tecnica – sarà attivato “a decorrere dall’esercizio 2025, a copertura del fabbisogno delle risorse umane e strumentali ad oggi in essere, con un costo complessivo di partenza ad oggi stimato pari circa a euro 410.294,12, con risorse che saranno rinvenute nel bilancio della UITS senza che ciò possa compromettere le attività in essere e programmate e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”. Esso inoltre “potrà essere modificato dalla UITS in ragione della variazione in aumento (o decremento) del fabbisogno di risorse umane e strumentali, il tutto sempre nei limiti delle proprie disponibilità di bilancio e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”.
L’Unione Italiana Tiro a Segno, come previsto dal decreto del Presidente della Repubblica del 15 marzo 2010 n. 90, all’articolo 59, è un ente di diritto pubblico, avente finalità di istruzione ed esercizio al tiro con arma da fuoco individuale o con arma o strumento ad aria compressa e di rilascio della relativa certificazione per gli usi di legge, nonché di diffusione e pratica sportiva del tiro a segno.
L'Unione italiana tiro a segno è sottoposta alla vigilanza del Ministero della difesa e realizza i fini istituzionali di istruzione, di addestramento e di certificazione per il tramite delle sezioni di tiro a segno nazionale (TSN) di cui all’articolo 61 del citato decreto del Presidente della Repubblica. Essa è altresì federazione sportiva nazionale riconosciuta dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), sotto la cui vigilanza è posta ai sensi e per gli effetti del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, e successive modificazioni.
L’organizzazione e il funzionamento dell'Unione italiana tiro a segno sono disciplinati con statuto, così come previsto dall’articolo 62 del citato decreto del Presidente della Repubblica. Lo statuto è deliberato dall'assemblea nazionale su proposta del consiglio direttivo; esso è ratificato, a fini sportivi, dal Comitato olimpico nazionale italiano ed è approvato con decreto del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
L’attuale statuto è stato approvato con decreto del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, l'8 marzo 2021.
Secondo quanto previsto dall’articolo 1, comma 3 dello statuto, l’Unione italiana Tiro a Segno informa la propria attività a criteri di efficacia, efficienza e imparzialità, ed è dotata di autonomia tecnica, organizzativa, gestionale e finanziaria nei limiti delle leggi e dei regolamenti che la disciplinano e svolge la propria attività senza scopo di lucro.
Quanto ai fini perseguiti dall’ente, l’articolo 2 dello statuto, sviluppando le funzioni attribuite dal decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010, dispone che esso:
a) promuove l’istruzione, la diffusione e la pratica sportiva del tiro a segno con arma a fuoco o con arma o strumento ad aria compressa, provvedendo a propagandare lo sport del tiro a segno e a disciplinare e regolamentare lo svolgimento dello stesso e delle attività ludiche propedeutiche all'uso delle armi;
b) cura la preparazione degli atleti tiratori per l'attività sportiva nazionale e internazionale e olimpica, con particolare riguardo ai tiratori minorenni;
c) vigila e coordina le attività istituzionali delle Sezioni TSN, in particolare per quel che attiene ai rapporti con i Ministeri vigilanti egli altri enti pubblici, presso i quali rappresenta i loro interessi;
d) promuove l'adozione di regolamenti e di prassi uniformi presso tutte le Sezioni TSN per l'addestramento al tiro di coloro per i quali la legge prevede l'iscrizione obbligatoria e degli iscritti volontari, per la regolamentazione delle operazioni di tiro e dei relativi incarichi o funzioni, nonché per il rilascio delle relative certificazioni per gli usi di legge su specifica modulistica, anche elettronica, predisposta dall'Unione stessa;
e) vigila sull'attività sportiva delle Sezioni TSN, anche ai fini della loro affiliazione al CONI, tramite la stessa UITS, dei Gruppi sportivi propri affiliati e dei rispettivi iscritti.
f) regola l'uso degli impianti per armi e strumenti ad aria compressa e per le armi a fuoco di prima categoria con specifiche direttive tecniche e, d'intesa con il Ministero della difesa, l'uso degli impianti per le armi a fuoco di categoria superiore alla prima. Per una consultazione sull’attuazione dei fini si rimanda all’articolo 3 dello statuto.
Per quanto concerne l’organizzazione, si segnala che l’Unione Italiana Tiro a Segno è composta da una struttura centrale, da comitati regionali e delle province autonome di Trento e Bolzano e da una serie di articolazioni periferiche denominate sezioni TSN (disciplinate dagli articoli 42 e ss. dello statuto). Presso la struttura centrale sono istituiti gli organi di giustizia sportiva.
L’Unione Italiana Tiro a Segno aderisce, in quanto esclusiva organizzatrice dello sport del tiro a segno in Italia, all’Internationol shooting sport federation, ai cui indirizzi conforma la propria attività, accettandone e applicandone i regolamenti in quanto non contrastanti con l'ordinamento giuridico italiano e con le deliberazioni e gli indirizzi del Comitato internazionale olimpico (CIO) e del CONI.
Quanto alla società Sport e salute s.p.a., si rammenta che essa produce e fornisce servizi di interesse generale a favore dello sport, secondo le direttive e gli indirizzi dell'Autorità di Governo competente in materia di sport.
Si ricorda che il decreto-legge n. 138 del 2002 (articolo 8), come modificato dal decreto-legge n. 4 del 2006 (articolo 34-bis), aveva previsto che il CONI - autorità di disciplina, regolazione e gestione delle attività sportive nazionali - per l'espletamento dei suoi compiti, si avvalesse della “CONI Servizi S.p.a.”, previa stipula di un contratto di servizio annuale.
Successivamente, la legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018: articolo 1, commi 629-633) ha disposto che la "CONI Servizi spa" assumesse la denominazione di “Sport e salute S.p.a.” e che, conseguentemente, ogni richiamo alla CONI Servizi S.p.a. contenuto in disposizioni normative vigenti dovesse intendersi riferito alla Sport e salute S.p.a.
Il decreto legge n. 5 del 2021 (articolo 1, commi 1-5, come modificato dal decreto-legge n. 80 del 2021, articolo 17-terdecies), nello stabilire che il CONI, per l'espletamento dei compiti relativi al proprio funzionamento e alle proprie attività istituzionali, è munito di una propria dotazione organica di personale e di beni strumentali, ha eliminato la previsione in base alla quale il CONI si avvale, per l'espletamento dei suoi compiti, della Sport e salute s.p.a., previa stipula del contratto di servizio annuale.
Inoltre, la legge di bilancio 2022 (legge n. 234 del 2021, articolo 1, commi 917-921), al fine di un rafforzamento dell'organico del CONI, ha disposto il trasferimento al CONI di alcuni contratti di lavoro in essere con Sport e salute S.p.a., fermo restando l'assenso del personale interessato. Ha inoltre autorizzato il CONI ad assumere personale a tempo indeterminato, nel rispetto della disciplina assunzionale prevista per il pubblico impiego, sino al completamento della dotazione organica, con riferimento ai posti ancora vacanti a conclusione della procedura relativa alla richiamata cessione di contratti.
Da ultimo, l'articolo 22, commi 2-4 del decreto-legge n. 44 del 2023 ha introdotto alcune modifiche alla governance e alle funzioni di Sport e salute S.p.a.. Innanzitutto, viene modificata la disciplina del consiglio di amministrazione, sotto tre profili: si portano da 3 a 5 i componenti del consiglio (compresi il presidente e l'amministratore delegato); si elimina la coincidenza fra presidente e amministratore delegato, figura che viene contestualmente introdotta e disciplinata; si prevede che i tre componenti restanti del consiglio siano nominati, rispettivamente, dal Ministro della salute, dal Ministro dell'istruzione e del merito e dal Ministro dell'università e della ricerca.
Per quanto riguarda le funzioni, tale disposizione ha autorizzato la società a fornire supporto tecnico operativo alle amministrazioni interessate, nell'ambito dell'attuazione degli investimenti previsti dal PNRR, dal fondo sviluppo e coesione (FSC) e dagli altri fondi nazionali ed europei.
Ad oggi, Sport e salute S.p.a. assolve una pluralità di funzioni, fra cui le principali (cfr. articolo 4 dello statuto) sono:
a) in base a specifici accordi, fornisce servizi e prestazioni a supporto delle attività del CONI, delle Federazioni Sportive Nazionali, delle Discipline Sportive Associate, degli Enti di Promozione Sportiva, dei Gruppi Sportivi Militari, dei Corpi civili dello Stato e delle Associazioni benemerite;
b) fornisce servizi e svolge attività nel campo dello sport, inclusa la promozione e l'organizzazione di eventi, la gestione di centri e impianti sportivi, a favore dei soggetti pubblici o privati che operano nel campo dello sport e della salute e provvede a sviluppare e sostenere la pratica sportiva, i progetti e le altre iniziative finalizzati allo svolgimento di attività a favore dello sport, della salute e dello sviluppo della cultura sportiva;
c) è il soggetto incaricato di attuare le scelte di politica pubblica sportiva, con particolare riferimento all'erogazione dei contributi per l'attività sportiva da destinare alle Federazioni Sportive Nazionali e agli altri soggetti che costituiscono il movimento sportivo nazionale, anche sulla base degli indirizzi generali in materia sportiva adottati dal CONI in armonia con i principi dell'ordinamento sportivo internazionale.
Articolo 13, comma 2
(Gruppi sportivi militari e sezione paralimpica Fiamme Gialle)
L’articolo 13, comma 2, alla lettera a), stabilisce che lo specifico regime autorizzatorio per lo svolgimento di attività sportiva (volontaria o meno) previsto per il personale dei Gruppi sportivi militari e dei Gruppi sportivi dei corpi civili dello Stato, nonché per gli atleti, i tecnici, i direttori di gara e i dirigenti sportivi, appartenenti alle Forze Armate e ai corpi armati e non dello Stato, si applica, secondo le normative speciali già vigenti per ciascuno dei comparti in questione, previo riconoscimento dell’interesse nazionale olimpico o paralimpico da parte degli organismi sportivi preposti, ed indipendentemente dall’inquadramento del personale coinvolto.
La lettera b) prevede che gli atleti aventi disabilità fisiche e sensoriali che abbiano svolto attività sportiva agonistica nella Sezione Paralimpica Fiamme Gialle e che abbiano maturato almeno un triennio di esperienza nei gruppi sportivi militari, ove non più idonei allo svolgimento di attività agonistica, ma al contempo abili allo svolgimento di attività lavorativa compatibile con la propria disabilità, sono collocati nei ruoli del Ministero dell’economia e delle finanze, nei limiti dei posti vacanti e nell’ambito delle facoltà assunzionali disponibili a legislazione vigente.
La disposizione in commento interviene, con una novella, sul decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 36, recante il riordino e la riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici, nonché di lavoro sportivo, modificandone in particolare l’articolo 25, che reca la definizione del concetto di “lavoratore sportivo”, e l’articolo 48, in materia di tesseramento degli atleti con disabilità fisiche e sensoriali con la «Sezione Paralimpica Fiamme Gialle».
In particolare, la lettera a) della disposizione in commento sostituisce l’ultimo periodo dell’articolo 25, comma 6, del citato decreto legislativo n. 36 del 2021.
Il citato comma 6, nei periodi precedenti a quello sostituto dalla disposizione in commento, disciplina, in generale, l’attività sportiva svolta dai lavoratori dipendenti delle amministrazioni pubbliche, prevedendo che essi possono prestare in qualità di volontari la propria attività nell'ambito delle società e associazioni sportive dilettantistiche, delle Federazioni Sportive Nazionali, delle Discipline Sportive Associate, delle associazioni benemerite e degli Enti di Promozione Sportiva, anche paralimpici, e direttamente dalle proprie affiliate se così previsto dai rispettivi organismi affilianti, del CONI, del CIP e della società Sport e salute S.p.a., fuori dall'orario di lavoro, fatti salvi gli obblighi di servizio, previa comunicazione all'amministrazione di appartenenza. In tali casi a essi si applica il regime retributivo e fiscale previsto per le prestazioni sportive dei volontari (di cui all’articolo 29, comma 2, del medesimo decreto legislativo n. 36 del 2021). Nel caso in cui l'attività rientri nell'ambito del lavoro sportivo e preveda il versamento di un corrispettivo superiore all'importo complessivo di euro 5.000 annui, la stessa può essere svolta solo previa autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza che la rilascia o la rigetta entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta, con previsione del silenzio assenso in caso di decorrenza del termine. In tal caso si applicano i regimi, pensionistico e fiscale, previsti per le prestazioni sportive (di cui all'articolo 35, commi 2, 8-bis e 8-ter e all'articolo 36, comma 6, del medesimo decreto legislativo n. 36 del 2021). È fatta salva la possibilità, sia per i volontari che per i lavoratori sportivi, di ricevere i premi erogati dal CONI, dal CIP e dagli altri soggetti ai quali forniscono proprie prestazioni sportive, con il relativo regime fiscale.
L’ultimo periodo del comma in questione, che la lettera in commento sostituisce integralmente, prevedeva, nel testo previgente, che le disposizioni generali sopra descritte non si applicassero al personale in servizio presso i Gruppi sportivi militari e i Gruppi sportivi dei Corpi civili dello Stato quando espleta la propria attività sportiva istituzionale, e a atleti, quadri tecnici, arbitri/giudici e dirigenti sportivi, appartenenti alle Forze Armate e ai Corpi Armati e non dello Stato, prevedendo per tali categorie che il rilascio dell’autorizzazione da parte delle amministrazioni d'appartenenza potesse avvenire in caso di richiesta espressa degli organismi sportivi competenti (il CONI, il CIP, le Federazioni sportive nazionali e le Discipline sportive associate o da soggetti operanti sotto la loro egida).
Ora, la disposizione in esame sostituisce integralmente l’ultimo periodo appena descritto, che, nel nuovo testo, statuisce che le norme generali in materia di autorizzazione all’attività sportiva (volontaria o meno) per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni non si applicano al personale in servizio presso i Gruppi sportivi militari e i Gruppi sportivi dei Corpi civili dello Stato, quando espleta la propria attività sportiva istituzionale, e ad atleti, tecnici, direttori di gara e dirigenti sportivi, appartenenti alle Forze Armate e ai Corpi Armati e non dello Stato ai quali, indipendentemente dall’inquadramento, se riconosciuti di interesse nazionale od olimpico o paralimpico da parte del CONI, del CIP, delle Federazioni sportive nazionali e delle Discipline sportive associate, anche paralimpiche, o sotto la loro egida, si applicano, invece, le disposizioni speciali attualmente vigenti che già regolamentano la materia per ciascuno dei corpi armati in questione.
In particolare, la disposizione in esame rimanda, quanto al personale delle Forze armate, all’articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1995; quanto al personale della Polizia di Stato, del Corpo di polizia penitenziaria e del Corpo forestale dello Stato, all’articolo 24 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 395 del 1995; quanto al personale dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza all’articolo 57 del medesimo decreto da ultimo citato, nonché, quanto al personale del corpo nazionale dei vigili del fuoco, all’articolo 6 della legge n. 246 del 2000.
Le norme richiamate stabiliscono, ciascuna per il personale di riferimento, che i dipendenti inquadrati nei diversi gruppi sportivi o riconosciuti atleti di interesse nazionale od olimpico dalle Federazioni sportive o dal CONI possono essere autorizzati a non presenziare alle attività di servizio ed a quelle previste da corsi di formazione su specifica e motivata richiesta da parte degli organismi sportivi sopra menzionati, sulla base di apposite convenzioni stipulate tra gli organismi sportivi e le amministrazioni di appartenenza.
Per completezza di informazione, si riporta di seguito il contenuto di dettaglio delle singole disposizioni richiamate.
L’articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1995 prevede che il personale delle Forze armate, inquadrato nei diversi gruppi sportivi o riconosciuto atleta di interesse nazionale od olimpico dalle Federazioni sportive o dal CONI, potrà essere autorizzato a non presenziare alle attività di servizio ed a quelle previste da corsi di formazione su specifica e motivata richiesta da parte degli organismi sportivi sopra menzionati, sulla base di apposite convenzioni stipulate tra il CONI o le Federazioni sportive e lo Stato Maggiore della Difesa.
L’articolo 24 del decreto del Presidente della Repubblica n. 395 del 1995 prevede che il personale della Polizia di Stato, del Corpo di polizia penitenziaria e del Corpo forestale dello Stato, inquadrato nei rispettivi gruppi sportivi "Fiamme Oro", "Fiamme Azzurre" e "Centro sportivo del Corpo forestale dello Stato" o riconosciuto atleta di interesse nazionale od olimpico dalle Federazioni sportive o dal CONI, potrà essere autorizzato a non presenziare alle attività di servizio ed a quelle previste dai corsi di formazione, su specifica e motivata richiesta da parte degli organismi sportivi sopra menzionati, sulla base di apposite convenzioni stipulate tra il CONI o le Federazioni Sportive e le rispettive Amministrazioni. Tale autorizzazione potrà essere rilasciata anche nei confronti del personale del Corpo di polizia penitenziaria appartenente al Gruppo sportivo "Astrea", limitatamente al periodo di svolgimento dell’attività calcistica organizzata dalla Federazione italiana gioco calcio.
L’articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica n. 395 del 1995 stabilisce che il personale dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, inquadrato nei rispettivi gruppi sportivi o riconosciuto atleta di interesse nazionale od olimpico dalle Federazioni sportive o dal CONI, potrà essere autorizzato a non presenziare alle attività di servizio ed a quelle previste da corsi di formazione su specifica e motivata richiesta da parte degli organismi sportivi sopra menzionati, sulla base di apposite convenzioni stipulate tra il CONI o le Federazioni sportive ed i rispettivi comandi generali dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza.
L’articolo 6 della legge n. 246 del 2000 stabilisce che il Corpo nazionale dei vigili del fuoco cura e promuove istituzionalmente l'esercizio della pratica sportiva per consentire la preparazione e il ritempramento psico-fisico del personale in servizio, ivi compresa la partecipazione ad attività agonistiche interne ed esterne al Corpo anche attraverso i gruppi sportivi, la cui attività è disciplinata con decreto del Ministro dell'interno. Il comma 2 della medesima disposizione dispone che, fatte salve le esigenze di servizio, l'Amministrazione consente che il personale del Corpo partecipi ai campionati nazionali dei vigili del fuoco, ai campionati agonistici federali nonché alle attività agonistiche organizzate dallo Stato maggiore della difesa. Parimenti, il comma 3 statuisce che l'Amministrazione, salvo particolari esigenze del servizio, consente, inoltre, che il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, riconosciuto atleta o tecnico di interesse nazionale od olimpico dalle federazioni sportive o dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), partecipi, dietro motivata richiesta da parte degli organismi sopraindicati, alle preparazioni individuali o collettive organizzate dalle federazioni sportive nazionali, in vista della partecipazione a gare nazionali o internazionali ufficiali sulla base di apposite convenzioni stipulate tra il CONI o le federazioni sportive e il Ministero dell'interno. Infine, il comma 4 prevede che al personale di cui al precedente comma non competono il trattamento economico di missione ed il compenso per lavoro straordinario.
La disposizione in esame, pertanto, come novellata dal comma in commento, nel definire il regime da applicare ai lavoratori citati, introduce un rinvio esplicito alla normativa speciale che già disciplinava le diverse categorie di personale coinvolte, e che si configura come un regime derogatorio rispetto alla disciplina generale delle autorizzazioni al lavoro sportivo per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche. Nel fare questo, altresì, introduce le seguenti innovazioni rispetto al testo previgente:
- modifica leggermente le denominazioni delle tipologie di soggetti che godono di tale trattamento derogatorio, che mentre nel testo previgente erano “atleti, quadri tecnici, arbitri/giudici e dirigenti sportivi”, adesso sono “atleti, tecnici, direttori di gara e dirigenti sportivi” appartenenti alle Forze Armate e ai corpi armati e non dello Stato;
- esplicita già a livello legislativo che a tali soggetti si applichino le disposizioni speciali già previste per ciascuno dei comparti “se riconosciuti di interesse nazionale od olimpico o paralimpico da parte del CONI, del CIP, delle Federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate”; si tratta però di un requisito che sussisteva già, come si è sopra constatato nel descrivere nel dettaglio ciascuna delle discipline di settore;
- precisa che tali disposizioni speciali si applicano ai lavoratori in questione “indipendentemente dall’inquadramento”.
Nella relazione illustrativa si legge che “l’intervento in esame interviene in materia di personale in servizio presso i Gruppi sportivi militari e i Gruppi sportivi dei Corpi civili dello Stato e si rende necessario al fine di garantire l’osservanza dei principi di parità di trattamento e di non discriminazione in materia di lavoro sportivo”. Esso “provvede infatti a estendere espressamente agli atleti, tecnici, direttori di gara e dirigenti sportivi appartenenti alle Forze armate e ai Corpi Armati e non dello Stato, le disposizioni concernenti il c.d. “distacco sportivo”, di cui agli articoli 20 del d.P.R. 394 del 1995, nonché 24 e 57 del d.P.R. 395 del 1995 e dell’articolo 6 della legge 10 agosto 2000, n. 246” sopra descritti.
La relazione illustrativa prosegue evidenziando che “l’intervento è reso urgente dal fatto che sono già state avviate le attività di preparazione ai prossimi giochi olimpici e paralimpici invernali di “Milano-Cortina 2026”. In particolare, è necessario scongiurare gli impatti negativi che le attuali preclusioni all’utilizzo dei predetti istituti (in modo esteso a tutte le categorie interessate) potrebbero comportare sulle attività di interesse pubblico sottese all'importante contributo offerto, a vario titolo, all’attività sportiva di interesse nazionale e nell’ambito della preparazione olimpica e Paralimpica, dal personale delle Forze armate e dei Corpi Armati e non dello Stato al Comitato Italiano Paralimpico (CIP) e al Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI), alle Federazioni sportive e Discipline sportive associate. Si impone dunque l’urgenza di assicurare che l’intero contingente richiamato possa essere autorizzato a non presenziare alle attività di servizio ed a quelle previste da corsi di formazione, su specifica e motivata richiesta da parte degli organismi sportivi, conformemente alle convenzioni stipulate con le rispettive Amministrazioni d'appartenenza”.
L’attuazione della norma in commento, così come esplicitato nella relazione tecnica, non determina nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Gli enti e le amministrazioni interessate provvedono all’attuazione della disposizione nei limiti delle proprie disponibilità di bilancio e in base alle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Proseguendo nell’analisi della disposizione in commento, la lettera b) interviene anch’essa sul decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 36, sostituendone integralmente l’articolo 48, comma 7.
L’articolo 48 del decreto legislativo n. 36 del 2021 disciplina il tesseramento degli atleti con disabilità fisiche e sensoriali con la «Sezione Paralimpica Fiamme Gialle», all’uopo istituita nell'ambito dei gruppi sportivi «Fiamme Gialle». Essa intrattiene rapporti di lavoro sportivo con atleti con disabilità fisiche e sensoriali tesserati con una Federazione Sportiva riconosciuta dal CIP e con il più alto livello tecnico-agonistico dallo stesso riconosciuto, curandone altresì la direzione operativa e il coordinamento strategico. Gli atleti in questione sono individuati ad esito di apposite procedure selettive, nel limite del 5 per cento dell'organico dei gruppi sportivi «Fiamme Gialle». I contratti sono stipulati secondo le modalità previste dal medesimo decreto legislativo n. 36 del 2021, e all'atleta competono mensilmente, per tutta la durata del rapporto, compensi di entità pari al trattamento economico fisso e continuativo spettante agli appartenenti al ruolo di appuntati e finanzieri del contingente ordinario della Guardia di finanza, con esclusione di qualsiasi emolumento di natura accessoria ed eventuale, secondo la progressione economica prevista per i medesimi.
In particolare, il nuovo comma 7 del citato articolo 48 prevede che, gli atleti con disabilità fisiche e sensoriali appartenenti alla Sezione Paralimpica Fiamme Gialle, che abbiano maturato almeno un triennio di esperienza nei gruppi sportivi militari, qualora non più idonei allo svolgimento dell’attività agonistica per cui è stato instaurato il rapporto di lavoro, se idonei all’attività lavorativa e compatibilmente con il tipo di disabilità, sono collocati nei ruoli del Ministero dell'economia e delle finanze nei limiti dei posti vacanti e nell'ambito delle facoltà assunzionali disponibili a legislazione vigente secondo modalità e procedure da definire con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione.
Al medesimo personale si applica il regime pensionistico e previdenziale dell’amministrazione di destinazione.
Con riferimento alla giurisprudenza costituzionale in materia di procedure di stabilizzazione del personale precario e di principio del “pubblico concorso” ai sensi dell’articolo 97 della Costituzione si rinvia alla ricostruzione presente nella scheda relativa all’articolo 1.
La versione previgente dell’articolo 48, comma 7, si limitava a stabilire che l'esperienza maturata dagli atleti paralimpici non più idonei all'attività agonistica, che avessero maturato almeno un triennio di esperienza nei gruppi sportivi militari, fosse adeguatamente valorizzata nei concorsi banditi per l'accesso nei ruoli del personale civile del Ministero dell'economia e delle finanze.
Sul punto la relazione tecnica precisa che l’intervento normativo “non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica in quanto il collocamento nei ruoli del Ministero dell’economia e delle finanze avviene nei limiti dei posti vacanti e nell’ambito delle facoltà assunzionali disponibili a legislazione vigente”.
Decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 36 (attuazione dell’articolo 5 della legge 8 agosto 2019, n. 86, recante riordino e riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici, nonché di lavoro sportivo). |
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Testo previgente |
Modificazioni apportate dall’art. 13, comma 2, lettera a) |
Art. 25 |
Art. 25 (Lavoratore sportivo) |
Commi da 1 a 5
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Identici |
6. (Ultimo periodo) Le disposizioni del presente comma non si applicano al personale in servizio presso i Gruppi sportivi militari e i Gruppi sportivi dei Corpi civili dello Stato quando espleta la propria attività sportiva istituzionale, e a atleti, quadri tecnici, arbitri/giudici e dirigenti sportivi, appartenenti alle Forze Armate e ai Corpi Armati e non dello Stato che possono essere autorizzati dalle amministrazioni d'appartenenza quando richiesti dal CONI, dal CIP, dalle Federazioni sportive nazionali e dalle Discipline sportive associate o sotto la loro egida. |
6. (Ultimo periodo) Le disposizioni del presente comma non si applicano al personale in servizio presso i Gruppi sportivi militari e i Gruppi sportivi dei Corpi civili dello Stato quando espleta la propria attività sportiva istituzionale, e ad atleti, tecnici, direttori di gara e dirigenti sportivi, appartenenti alle Forze Armate e ai Corpi Armati e non dello Stato ai quali, indipendentemente dall’inquadramento, se riconosciuti di interesse nazionale od olimpico o paralimpico da parte del CONI, del CIP, delle Federazioni sportive nazionali e delle Discipline sportive associate, anche paralimpiche, o sotto la loro egida, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 20 del Decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1995, n. 394 e degli articoli 24 e 57 del Decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1995, n. 395, nonché dell’articolo 6 della legge 10 agosto 2000, n. 246. |
Commi da 6-bis a 8 |
Identici |
Testo previgente |
Modificazioni apportate dall’art. 13, comma 2, lettera b) |
Art. 48 (Tesseramento degli atleti con disabilità fisiche e sensoriali con la «Sezione Paralimpica Fiamme Gialle) |
Art. 48 (Tesseramento degli atleti con disabilità fisiche e sensoriali con la «Sezione Paralimpica Fiamme Gialle) |
Commi da 1 a 6 |
Identici |
7. L'esperienza maturata dagli atleti paralimpici non più idonei all'attività agonistica, che abbiano maturato almeno un triennio di esperienza nei gruppi sportivi militari, è adeguatamente valorizzata nei concorsi banditi per l'accesso nei ruoli del personale civile del Ministero dell'economia e delle finanze. |
7. Qualora non più idonei all’attività agonistica per cui è stato instaurato il rapporto di lavoro sportivo con la Sezione Paralimpica Fiamme Gialle, gli atleti con disabilità fisiche e sensoriali che abbiano maturato almeno un triennio di esperienza nei gruppi sportivi militari, se idonei all’attività lavorativa e compatibilmente con il relativo tipo di disabilità, sono collocati secondo modalità e procedure da definire con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione, nei ruoli del Ministero dell'economia e delle finanze nei limiti dei posti vacanti e nell'ambito delle facoltà assunzionali disponibili a legislazione vigente. Al medesimo personale si applica il regime pensionistico e previdenziale dell'amministrazione di destinazione. |
L’articolo 14, al comma 1, al fine di proseguire il processo di progressiva armonizzazione dei trattamenti economici accessori del personale appartenente alle aree professionali e del personale dirigenziale dei Ministeri e della Presidenza del Consiglio dei ministri, istituisce, a decorrere dall’anno 2025, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un fondo con una dotazione pari a 190 milioni di euro annui destinata all’incremento dei fondi del trattamento economico accessorio destinati alla contrattazione collettiva integrativa.
Si rinvia quindi ad uno o più DPCM, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e del Ministro dell'economia e delle finanze, la ripartizione delle risorse del fondo tra le predette amministrazioni, contemplando altresì la relativa copertura finanziaria.
L’articolo 14, comma 1, primo periodo, al fine di proseguire il processo di progressiva armonizzazione dei trattamenti economici accessori del personale appartenente alle aree professionali[86] e del personale dirigenziale dei Ministeri e della Presidenza del Consiglio dei ministri, istituisce, a decorrere dall’anno 2025, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un fondo con una dotazione pari a 190 milioni di euro annui, destinata all’incremento dei fondi del trattamento economico accessorio destinati alla contrattazione collettiva integrativa.
Il secondo periodo del medesimo comma 1 rinvia ad uno o più DPCM, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e del Ministro dell'economia e delle finanze, la ripartizione delle risorse del fondo, di cui al comma 1, tra le predette amministrazioni.
Il terzo periodo del comma 1 prevede, infine, che agli oneri derivanti dall’attuazione del comma 1 – pari, come detto, a complessivi 190 milioni euro annui a decorrere dal 2025 - si provveda mediante corrispondente riduzione delle somme iscritte nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze di cui all’articolo 1, comma 436, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (si tratta di risorse previste per il triennio 2019-2021 per far fronte agli oneri posti a carico del bilancio statale per la contrattazione collettiva nazionale in applicazione dell'articolo 48, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e per i miglioramenti economici del personale statale in regime di diritto pubblico).
Preliminarmente, occorre ricordare che il trattamento economico dei dirigenti si compone di una parte fissa, lo stipendio tabellare, e di una parte accessoria, costituita dalla retribuzione di posizione e di risultato[87].
Si osserva, in proposito, che, in base al limite generale finora vigente - di cui all’articolo 23, comma 2, del D.Lgs. 75/2017 - e fatte salve le norme specifiche, l'ammontare annuo dei trattamenti accessori del personale, per ciascuna amministrazione e ivi compreso il personale dirigenziale, non può superare il corrispondente importo determinato per l'anno 2016[88].
Si ricorda che l’art. 1, c. 143, della legge di bilancio 2020 (legge 27 dicembre 2019, n. 160) ha previsto l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, di uno specifico fondo da ripartire, al fine di perseguire la progressiva armonizzazione dei trattamenti economici accessori del personale appartenente alle aree professionali e del personale dirigenziale dei Ministeri. Alla ripartizione delle risorse del fondo tra le amministrazioni per il finanziamento del trattamento accessorio di ciascuna di esse, si provvede con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e del Ministro dell'economia e finanze. La ripartizione tiene conto anche del differenziale dei trattamenti.
Con i medesimi decreti si provvede anche alla conseguente rideterminazione delle relative indennità di amministrazione, in deroga all'articolo 45 del D.Lgs. 165/2001, che riserva alla contrattazione collettiva la definizione del trattamento economico fondamentale ed accessorio del personale del pubblico impiego.
La disposizione richiamata prevede che il fondo ha una dotazione pari a 80 milioni di euro annui a decorrere dal 2021 e che, a decorrere dal 2020, esso può essere alimentato con le eventuali somme, da accertarsi con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, che si rendono disponibili a seguito del rinnovo dei contratti del pubblico impiego precedenti al triennio contrattuale 2019-2021. Le risorse del fondo sono destinate, nella misura del 90 per cento, alla graduale armonizzazione delle indennità di amministrazione del personale appartenente alle aree professionali dei Ministeri al fine di ridurne il differenziale e, per la restante parte, all'armonizzazione dei fondi per la retribuzione di posizione e di risultato delle medesime amministrazioni[89].
In attuazione di quanto disposto da tale comma, con D.P.C.M. 23 dicembre 2021 si è provveduto al riparto delle risorse del fondo per la progressiva armonizzazione dei trattamenti economici accessori del personale appartenente alle aree professionali e del personale dirigenziale dei Ministeri.
Si ricorda, inoltre, che il DL 22 aprile 2023, n. 44, all’art.19, comma 1, ha disposto un incremento di 55 milioni di euro, a decorrere dal 2023, del fondo di cui all’articolo 1, comma 143, della legge n. 160 del 2019 (legge di bilancio 2020), destinato a realizzare la progressiva armonizzazione dei trattamenti economici accessori del personale appartenente alle aree professionali e del personale dirigenziale dei Ministeri[90].
Si osserva poi che il DPCM 27 dicembre 2024 ha provveduto, in relazione all'armonizzazione del trattamento accessorio di cui al citato comma 143, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, a destinare:
· complessivi euro 27.476.577 per l'anno 2023 per la rideterminazione, per il medesimo anno, delle indennità di amministrazione del personale dei Ministeri, dell'Agenzia nazionale delle politiche attive del lavoro[91] e dell'Ispettorato nazionale del lavoro;
· complessivi euro 49.387.500 dall'anno 2024 per la ulteriore rideterminazione, con pari decorrenza, delle indennità di amministrazione del personale dei Ministeri e dell'Ispettorato nazionale del lavoro;
· complessivi euro 3.052.953 per l'anno 2023 per l'incremento, per il medesimo anno, dei fondi per il finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato del personale dirigenziale dei Ministeri, dell'Agenzia nazionale delle politiche attive del lavoro e dell'Ispettorato nazionale del lavoro ed euro 5.487.500 a decorrere dall'anno 2024 per l'ulteriore incremento, con pari decorrenza, dei citati fondi relativi al personale dirigenziale dei Ministeri e dell'Ispettorato nazionale del lavoro.
Si rileva, infine, che in data 27 gennaio 2025, concluse le procedure di controllo, l’Aran e le parti sindacali hanno sottoscritto in via definitiva il testo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro – Comparto Funzioni Centrali periodo 2022/2024. Il contratto è quindi entrato definitivamente in vigore ed esplica i suoi effetti nei confronti di tutti i dipendenti rientranti nel comparto delle Funzioni Centrali.
Articolo 14, comma 2
(Misure per l’Agenzia italiana per la gioventù)
Il comma 2 dell’art. 14 incrementa annualmente di 90.000 euro, a decorrere dal 2025, la dotazione finanziaria del Fondo risorse decentrate per rendere l’Agenzia Italiana per la Gioventù più efficiente ed efficace in termini operativi. I fondi necessari a tal fine sono prelevati dal Fondo nazionale per il servizio civile degli obiettori di coscienza.
L’articolo 14, comma 2, al primo periodo prevede l’incremento, a cadenza annuale, decorrente dall’anno in corso e in deroga ai limiti e ai termini finanziari previsti dalla legislazione vigente, di euro 90.000,00 nella dotazione finanziaria del Fondo risorse decentrate, per dare all’Agenzia Italiana per la Gioventù un’operatività maggiormente efficiente ed efficace.
Si ricorda che l’Agenzia in oggetto è stata istituita dall’art. 55 del d.l. n. 13/2023[92] come ente pubblico (non economico) dotato di personalità giuridica e di autonomia regolamentare, organizzativa, gestionale, patrimoniale, finanziaria e contabile[93], in sostituzione dell’Agenzia nazionale per i giovani[94], contestualmente soppressa; essa – che in quanto agenzia è operante al servizio di amministrazioni pubbliche[95] – è subentrata nelle funzioni precedentemente svolte dall'Agenzia nazionale per i giovani nell'ambito degli obiettivi individuati dai programmi europei e in attuazione della decisione del Parlamento europeo e del Consiglio istitutivo del “programma «Gioventù in azione» per il periodo 2007-2013”[96], del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio istitutivo di “Erasmus+: il programma dell'Unione per l'istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport”[97] e del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio istitutivo del “programma «corpo europeo di solidarietà»”[98], e coopera a tali fini con le altre agenzie o autorità delegate competenti nei settori dell’istruzione e della formazione, svolge attività di cooperazione nei settori delle politiche della gioventù e dello sport, anche a livello internazionale e con le comunità degli italiani all'estero d'intesa con il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, nonché attività di coordinamento, promozione e realizzazione di studi e ricerche sulla cittadinanza europea, sulla cittadinanza attiva e sulla partecipazione dei giovani, e funzioni di autorità abilitata alla formazione di animatori socioeducativi; inoltre, è autorizzata a fornire supporto tecnico-operativo al Dipartimento per le politiche giovanili e il servizio civile universale della Presidenza del Consiglio dei ministri, mediante la stipula di apposite convenzioni o protocolli di intesa.
A questo proposito si evidenzia che, ai sensi del predetto art. 55 d.l. n. 13/2023, la dotazione organica dell’Agenzia Italiana per la Gioventù consta di 45 unità: 3 dirigenti di livello non generale, 16 funzionari, 25 assistenti e 1 operatore.
Va inoltre ricordato che l’articolo 40, comma 4-ter, del D.Lgs. 165/2001[99] ha demandato alla contrattazione collettiva il riordino, la razionalizzazione e la semplificazione delle discipline in materia di dotazione ed utilizzo dei fondi destinati alla contrattazione integrativa. In relazione a ciò, per quanto concerne specificamente il comparto Funzioni centrali, l’articolo 76 del CCNL 2016-2018 ha costituito il Fondo risorse decentrate per razionalizzare e semplificare la disciplina dei fondi per la contrattazione decentrata, al fine di far confluire in un unico Fondo (a decorrere dal 2018) in un unico importo consolidato, tutte le risorse delle amministrazioni e degli enti del comparto richiamato destinati alla contrattazione integrativa ed ai trattamenti accessori. Più specificamente, affluiscono al suddetto Fondo tutte le risorse aventi caratteristiche di certezza, stabilità e continuità, nonché gli importi relativi a specifiche voci inerenti a determinati trattamenti economici accessori del personale.
Tali importi sono stati successivamente incrementati di un importo annuo lordo, determinato sulla base delle distinte percentuali per tipologia di amministrazione, definito dall’articolo 49 e dalla Tabella D del CCNL 2019-2021 (a decorrere dal 1° gennaio 2021) e dall’articolo 32 e dalla Tabella 7 del CCNL 2022-2024 (a decorrere dal 1° gennaio 2024). Il Fondo può altresì essere incrementato con importi variabili di anno in anno riferibili a specifiche voci.
La relazione illustrativa al DL in esame sottolinea che, poiché l’Agenzia, a partire dal 2017, non ha proceduto ad effettuare progressioni economiche e che non si dispone, ad oggi, all’interno del Fondo risorse decentrate delle necessarie disponibilità per attivare nuove procedure per le progressioni economiche, si pone l’opportunità di incrementare l’ammontare del fondo stesso al fine di garantire al personale dipendente dell’Agenzia la possibilità di effettuare tali progressioni, e che il ricorso a tale procedura consentirebbe una più efficiente ed efficace operatività dell’Ente, il quale è chiamato a gestire i Programmi europei Erasmus+, con riferimento ai settori Gioventù e sport e Corpo europeo di solidarietà, nonché le attività che derivano dalle nuove finalità istituzionali riconosciute all’Ente, con un’assunzione di responsabilità maggiori e relativo aumento del carico di lavoro in capo al personale dipendente: infatti, il fine istituzionale dell’Ente non è più esclusivamente ravvisabile nella sola attuazione dei Programmi europei, in quanto il D.L. n. 13/2023, come modificato dalla legge di conversione (n. 41/2023), affida ad esso, nel quadro di una visione più organica, un ambito di operatività che include anche, a livello attuativo, le politiche dello sport.
Il secondo periodo del comma in esame stabilisce che agli oneri previsti dal primo periodo si provvede, a decorrere dal 2025, riducendo corrispondentemente il Fondo nazionale per il servizio civile degli obiettori di coscienza, di cui all’art. 19 L. n. 230/1998.
Si ricorda che tale fondo è stato istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri al fine di assolvere ai compiti previsti dalla medesima legge, recante “Nuove norme in materia di obiezione di coscienza”, con una dotazione iniziale di 120 miliardi di lire a decorrere dal 1998, ed è stato rifinanziato più volte nel corso degli anni[100].
Articolo 14, comma 3
(Personale ANSFISA)
Il comma 3 dell’art. 14 regola l’inquadramento giuridico del personale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti trasferito all’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali (ANSFISA) a decorrere dal 1° gennaio 2022.
In dettaglio, il comma 3 dell’articolo 14 disciplina le modalità attraverso cui l’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali (ANSFISA) deve procedere all’inquadramento giuridico del personale proveniente dai ruoli del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, trasferito ad ANSIFA con decreto-legge n. 121 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 156 del 2021.
L’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali è stata istituita dall’articolo 12 del c.d. Decreto c.d. Genova (decreto-legge n. 109/2018, convertito con modificazioni dalla legge n. 130/2018). È una delle autorità nazionali europee (National Safety Authorities, anche NSA) titolari di funzioni di promozione della sicurezza e della vigilanza sulle infrastrutture ferroviarie, stradali e autostradali italiane. Nel complesso, l’ANSFISA svolge attività di natura normativa, autorizzatoria (come esempio si considerino le autorizzazioni concesse ai gestori dell’infrastruttura e alle imprese di trasporto), e di supervisione, tra cui è possibile annotare le ispezioni sui sistemi di gestione dell’infrastruttura e l’analisi degli incidenti ferroviari.
Successivamente, l’articolo 6 del decreto-legge n. 121 del 2021 per assicurare la funzionalità della predetta Agenzia, ha previsto, al comma 5 che gli Uffici speciali trasporti a impianti fissi (USTIF) del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il relativo personale, pari a sei unità di livello dirigenziale non generale e novantadue unità di personale delle aree funzionali, di cui quarantotto di area III, trentotto di area II e sei di area I, fossero trasferiti all'ANSFISA, a decorrere dal 1° gennaio 2022.
Ai fini dell’inquadramento del suddetto personale, il comma 3 dell’articolo 14 prende in considerazione l’area/famiglia professionale di appartenenza al momento del trasferimento stabilito dal già citato art. 6. Si prevede che:
a) al personale di ex area I venga attribuita la corrispondente area A del CCNL comparto Funzioni Centrali, con riferimento alle tabelle dell’Ente nazionale dell’aviazione civile (ENAC);
b) al personale di ex area II venga attribuita la corrispondente area B;
c) al personale di ex area III venga attribuita la corrispondente area C.
Si ricorda che l’Agenzia ha disposto l’inquadramento del personale nei ruoli con provvedimento prot. n. 11879 del 24 marzo 2022 e, a decorrere dal mese di luglio 2024, si è presa carico dei relativi trattamenti economici.
Il comma in esame mira altresì a valorizzare l’esperienza professionale acquisita dal personale presso il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti nell’esercizio delle funzioni trasferite.
Nel dettaglio, si prevede che al personale trasferito vada riconosciuta la posizione economica nell’ambito dell’area professionale di destinazione, sulla base degli anni di servizio svolti nell’esercizio delle funzioni trasferite fino al 31 dicembre 2021, tenendo conto che ogni posizione economica equivale a 5 anni di anzianità di servizio.
Per far fronte agli oneri derivanti dalle disposizioni del comma 3 dell’articolo 14, si dispone che l’Agenzia proceda alla soppressione di un numero di posti nella propria dotazione organica di equivalente valore finanziario, a decorrere dalla data dell’inquadramento del 1° gennaio 2022. Da tale soppressione conseguirà in capo all’Agenzia la corrispondente riduzione delle relative facoltà assunzionali e dei fondi del trattamento accessorio.
Il CCNL comparto Funzioni Centrali si rivolge ai lavoratori e alle lavoratrici degli organi dello Stato e dei Ministeri, delle Agenzie che svolgono attività e funzioni tecnico-operative, degli Enti Pubblici non Economici e delle casse privatizzate (per un approfondimento sull’ambito soggettivo di applicazione del CCNL, si veda l’art. 3, Comparto Funzioni Centrali, del Contratto Collettivo Nazionale Quadro per la definizione dei comparti e delle aree di contrattazione collettiva nazionale 2022- 2024).
In data 27 gennaio 2025, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (Aran) e le parti sindacali hanno sottoscritto in via definitiva il testo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro – Comparto Funzioni Centrali, per il periodo 2022/2024.
Tra le novità, si sottolineano:
o il tentativo di semplificare l’applicazione del sistema di classificazione del personale (come esempio si consideri l’intervento volto a rafforzare l’attribuzione di incarichi di posizione organizzativa e professionale);
o le modifiche alla disciplina del lavoro a distanza, che prevedono la possibilità di aumentare il numero di giornate svolte in modalità agile;
o l’implementazione degli istituti di partecipazione sindacale;
o la sperimentazione dell’articolazione dell’orario lavorativo di 36 ore settimanali su quattro giorni, per cui viene richiesta l’adesione volontaria dei lavoratori e la garanzia della qualità e del livello dei servizi rivolti agli utenti;
o in materia di trattamento economico, il riconoscimento ai dipendenti di un incremento retributivo medio di circa 165 € per tredici mensilità.
Prendendo in considerazione il nuovo sistema di classificazione, consultabile alla tabella n. 2 dell’Allegato A del CCNL Comparto Funzioni Centrali del 2019-2021, si precisa che l’area A del CCNL corrisponde all’area degli operatori, che l’area B corrisponde all’area degli assistenti, e che l’area C corrisponde all’area dei funzionari.
Infine, sulla base di quanto contenuto nella tabella n. 5 del CCNL 2022-2024, si registra dal 1° gennaio 2024 l’entrata in vigore della nuova retribuzione tabellare annua per il personale dell’ENAC, dell’ANSFISA, e dell’ANSV.
L’articolo 14, comma 4, consente la destinazione di una quota, non superiore a 5.455.680 euro per l'anno 2025 e a 5.000.000 euro per l’anno 2026, del bilancio dell’Ispettorato nazionale del lavoro per la corresponsione, entro il 31 dicembre 2026 e con modalità tali da garantire il rispetto dei suddetti limiti massimi, al personale del medesimo Ispettorato della quota non ancora erogata dell’indennità di amministrazione relativa al periodo 1° marzo 2022-31 dicembre 2022. La corresponsione di tale quota di indennità viene prevista in attuazione della sentenza della Corte costituzionale n. 4 dell’11 dicembre 2024-23 gennaio 2025[101]. L’onere derivante dal presente comma 4 è posto dal medesimo comma, per ciascuno degli anni 2025 e 2026, a carico dell’avanzo di amministrazione disponibile (per il relativo anno) del suddetto Ispettorato; il comma provvede altresì alla copertura degli effetti finanziari relativi al fabbisogno di cassa e all’indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni.
Si ricorda che l’articolo 1-bis, comma 1, del D.L. 18 ottobre 2023, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 dicembre 2023, n. 191, aveva disposto, per l’anno 2022, lo scomputo dall’indennità di amministrazione, spettante al personale in oggetto[102], di un’indennità una tantum riconosciuta, nel medesimo anno, allo stesso personale[103]; tuttavia, tale scomputo è stato dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale, con la sentenza n. 4 dell’11 dicembre 2024-23 gennaio 2025[104].
L’intervento finanziario di cui al presente comma 4 è inteso a consentire, in attuazione della suddetta sentenza, l’erogazione, entro il 31 dicembre 2026, delle quote che, nel corso dell’anno 2022, non erano state corrisposte.
La suddetta copertura degli effetti finanziari relativi al fabbisogno di cassa e all’indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni (effetti che sono naturalmente stimati al netto delle maggiori entrate tributarie, derivanti dalla tassazione delle quote di indennità in oggetto) è reperita mediante riduzione, per gli importi indicati nel presente comma 4, del “Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente, anche conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali”[105].
L’articolo 14, comma 5, autorizza la spesa di 2 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2025 per adeguare le retribuzioni del personale assunto a contratto dalle rappresentanze diplomatiche, dagli uffici consolari di prima categoria, dagli istituti italiani di cultura e dalle delegazioni diplomatiche speciali ai parametri specificati dal DPR n. 18 del 1967, recante Ordinamento dell'Amministrazione degli affari esteri.
Più in dettaglio, la disposizione fa riferimento al personale di cui all'articolo 152 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, e autorizza la spesa di 2 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2025 per adeguare le retribuzioni di tale personale ai parametri di riferimento di cui all'articolo 157 del medesimo decreto.
Il Titolo VI (artt. 152-161) del DPR n. 18 del 1967, recante Ordinamento dell'Amministrazione degli affari esteri riguarda gli impiegati assunti a contratto dalle rappresentanze diplomatiche, dagli uffici consolari e dagli istituti di cultura. L’articolo 152 consente alle rappresentanze diplomatiche, agli uffici consolari di prima categoria, agli istituti italiani di cultura e alle delegazioni diplomatiche speciali l’assunzione di personale a contratto per le proprie esigenze di servizio, previa autorizzazione dell'Amministrazione centrale, nel limite di un contingente complessivo pari a 3.200 unità.
I primi 3 commi del citato articolo 157 del DPR n. 18/1967, come sostituiti dall’articolo 1, comma 1, lettera e) della legge n. 62 del 29 aprile 2021, stabiliscono che la retribuzione annua base dei suddetti dipendenti sia fissata dal contratto individuale sulla base del costo della vita, delle retribuzioni, comprensive di tutti i benefici aggiuntivi, corrisposte nella stessa sede da organizzazioni internazionali, rappresentanze diplomatiche, uffici consolari e istituzioni culturali di altri Paesi, in primo luogo dell'Unione europea, nonché delle condizioni del mercato del lavoro locale, pubblico e privato, per mansioni lavorative assimilabili a quelle svolte da tali impiegati. Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale a tale fine si avvale, ove possibile, di agenzie specializzate a livello internazionale, tenendo altresì conto delle indicazioni fornite annualmente dalle organizzazioni sindacali, anche sulla scorta delle risultanze fornite dalle suddette agenzie specializzate, fermo restando che la retribuzione deve comunque essere congrua e adeguata a garantire l'assunzione degli elementi più qualificati. La retribuzione annua base è suscettibile di revisione in relazione alle variazioni dei predetti termini di riferimento ed è determinata in modo uniforme per Paese e per mansioni omogenee, pur potendo essere consentita eccezionalmente, nello stesso Paese, una retribuzione diversa per le sedi che presentino un divario particolarmente sensibile nel costo della vita.
Il quarto comma dell’articolo 157 del DPR n. 18/1967, infine, dispone che la retribuzione sia di norma fissata e corrisposta in valuta locale, salva la possibilità di ricorrere ad altra valuta in presenza di particolari motivi e che il corrispettivo in lire (oggi euro) della retribuzione corrisposta all'estero viene calcolato secondo un tasso di ragguaglio stabilito ai sensi dell'art. 209 del suddetto DPR (e cioè dal Ministero degli affari esteri di concerto con quello dell’Economia e delle finanze).
Si segnala che, per le medesime finalità, il D.L. 44/2023 (articolo 6, comma 1-bis) ha autorizzato per la spesa di euro 1 milione per l'anno 2023 e di euro 1.800.000 annui a decorrere dall'anno 2024 e la legge di bilancio per il triennio 2024-2026 (legge n. 213/2023, articolo 1, comma 397) ha autorizzato la spesa di 2 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2024.
Agli oneri derivanti dal comma in esame, pari a 2 milioni di euro a decorrere dall'anno 2025, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2025-2027, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2025, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
La relazione tecnica precisa che da tale riduzione non verrà pregiudicata l’attività di ratifica degli accordi internazionali.
La medesima relazione fa presente che, pur trattandosi di una spesa per retribuzioni, l’autorizzazione di spesa è stata formulata come un tetto di spesa e alla stessa sarà data attuazione nei limiti espressamente autorizzati dalla norma. La concessione di incrementi retributivi al personale assunto localmente nelle rappresentanze diplomatiche, negli uffici consolari, negli istituti italiani di cultura e nelle delegazioni diplomatiche speciali è infatti soggetta ad una valutazione caso per caso, effettuata dai competenti uffici ministeriali mediante decreti soggetti al controllo preventivo dell’Ufficio centrale del bilancio e subordinati all’effettiva disponibilità nei pertinenti stanziamenti.
L’articolo 14, comma 6, autorizza la spesa di euro 20.000.000 per l’anno 2025, di euro 50.000.000 per l’anno 2026 e di euro 50.000.000 per ciascuno degli anni 2027, 2028, 2029, per l’affidamento del servizio di copertura assicurativa integrativa delle spese sanitarie del personale della scuola. La definizione dei criteri e delle modalità di accesso al sistema di assistenza integrativa per il personale della scuola è demandata alla contrattazione collettiva integrativa a livello nazionale.
Come sopra anticipato, l’articolo 14, comma 6, autorizza la spesa di euro 20.000.000 per l’anno 2025, di euro 50.000.000 per l’anno 2026 e di euro 50.000.000 per ciascuno degli anni 2027, 2028, 2029, per l’affidamento del servizio di copertura assicurativa integrativa delle spese sanitarie del personale della scuola. Esso demanda la definizione dei criteri e delle modalità di accesso al sistema di assistenza integrativa per il personale della scuola alla contrattazione collettiva integrativa a livello nazionale.
Ai relativi oneri si provvede:
- quanto a euro 20.000.000 per l’anno 2025 ed a euro 35.000.000 per l’anno 2026 e quanto a euro 50.000.000 per ciascuno degli anni 2027, 2028, 2029 mediante corrispondente riduzione del «Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche», di cui all’articolo 1, comma 601, della legge finanziaria 2007 (L. n. 296/2006);
Il Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche, iscritto sui distinti capitoli 1194, 1195, 1196, 1204 e 2394 dello stato di previsione del Ministero dell’istruzione e del merito, è stato istituito - insieme con il Fondo per le competenze dovute al personale delle istituzioni scolastiche, con esclusione delle spese per stipendi del personale a tempo indeterminato e determinato - dall’articolo 1, comma 601, della legge finanziaria 2007 (L. n. 296/2006) a decorrere dal 2007, al fine di aumentare l'efficienza e la celerità dei processi di finanziamento a favore delle scuole statali. Si è altresì stabilito che ai predetti fondi affluissero gli stanziamenti dei capitoli iscritti nelle unità previsionali di base dello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione «Strutture scolastiche» e «Interventi integrativi disabili», nonché gli stanziamenti iscritti nel centro di responsabilità «Programmazione ministeriale e gestione ministeriale del bilancio» destinati ad integrare i fondi stessi nonché l’autorizzazione di spesa di cui alla L. 440/1997, relativa al Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa e per gli interventi perequativi, quota parte dei fondi destinati all’attuazione del piano programmatico di interventi sul sistema dell’istruzione e dell’istruzione e formazione professionale previsto dall’art. 1, co. 3, della legge n. 53/2003, pari a 15,7 milioni di euro, e, infine, le risorse previste dall’art. 1, co. 634, della L. 296/2006, finalizzate a supportare una serie di interventi concernenti il sistema dell’istruzione, salvo quanto disposto al co. 875 dell’art. 1 della stessa L. 296/2006, in materia di risorse da destinare al Fondo per l’istruzione e la formazione tecnica superiore. Si è inoltre demandata a un decreto del Ministro della pubblica istruzione la definizione dei criteri e dei parametri per l'assegnazione diretta alle istituzioni scolastiche delle risorse di cui al presente comma nonché la determinazione delle misure nazionali relative al sistema pubblico di istruzione e formazione. Al fine di avere la completa conoscenza delle spese effettuate da parte delle istituzioni scolastiche a valere sulle risorse finanziarie derivanti dalla costituzione dei predetti fondi, il Ministero della pubblica istruzione procede a una specifica attività di monitoraggio.
L’articolo 15, comma 1, dispone che la Struttura commissariale costituita per il Giubileo della Chiesa cattolica 2025, può utilizzare, per garantire il regolare svolgimento del Giubileo dei Giovani e l’accoglienza dei pellegrini, gli edifici scolastici ubicati nella regione Lazio, assumendone la gestione per tutto il periodo di utilizzazione. Il comma 2 esonera i dirigenti scolastici da ogni responsabilità amministrativa e patrimoniale per i danni che dovessero verificarsi alle strutture scolastiche e al materiale didattico durante lo svolgimento del Giubileo dei Giovani.
Il comma 1 dell’articolo 15 prevede che la Struttura commissariale, costituita ai sensi dell’articolo 13 del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, e denominata “Ufficio di supporto al Commissario straordinario di Governo per il Giubileo della Chiesa cattolica 2025”, al fine di consentire il regolare svolgimento del Giubileo dei giovani, per l’accoglienza dei partecipanti, può acquisire la disponibilità degli edifici scolastici situati nella regione Lazio, assumendo il coordinamento della gestione degli stessi edifici, limitatamente al periodo di utilizzazione.
La disposizione in commento si colloca nell’ambito della realizzazione dei Grandi Eventi legati al Giubileo della Chiesa Cattolica 2025, iniziato il 24 dicembre 2024 con l’apertura della Porta Santa della Basilica di San Pietro.
La relazione illustrativa evidenzia che il calendario giubilare pubblicato dalla Santa Sede prevede n. 35 eventi complessivi che si svolgeranno sul territorio di Roma Capitale, ed articolati su varie giornate, di cui n. 7 Grandi Eventi, ossia eventi a potenziale grande dimensione, a forte valenza sociale e simbolica e di assoluto rilievo. Tra i Grandi Eventi assume particolare rilievo, soprattutto dal punto di vista dell’affluenza di pellegrini, il Giubileo dei Giovani 2025, che si svolgerà a Roma, a Tor Vergata, dal 28 luglio al 3 agosto 2025 e per il quale è prevista la partecipazione di circa un milione di ragazzi. In detto contesto, si prevede la possibilità per la Struttura Commissariale di acquisire la disponibilità degli edifici scolastici situati nella Regione Lazio assumendo il coordinamento della gestione limitatamente al periodo di utilizzazione degli stessi edifici, al fine garantire l’accoglienza dell’ingente numero di giovani pellegrini che si attende per la realizzazione dell’evento in questione.
Il Commissario Straordinario di Governo per il Giubileo della Chiesa cattolica 2025 coordina la realizzazione di misure ed interventi per assicurare piena e regolare accoglienza dei pellegrini e dei turisti che convergeranno verso la città di Roma e su tutto il territorio della Regione Lazio in occasione delle celebrazioni giubilari. A tal proposito si ricorda che con decreto del Presidente della Repubblica del 4 febbraio 2022, intervenuto a seguito della deliberazione del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2022, il Sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, è stato nominato, ai sensi dell’art. 1 comma 421 della legge 30 dicembre 2021, n. 234, Commissario Straordinario al fine di assicurare gli interventi funzionali alle celebrazioni del Giubileo della Chiesa cattolica per il 2025 nell’ambito del territorio di Roma Capitale. Il Commissario Straordinario, le cui funzioni decorrono fino al 31 dicembre 2026, per l’espletamento dei suoi compiti si avvale di una struttura commissariale, anche sulla base di apposite convenzioni con le amministrazioni pubbliche, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, così come previsto dall’articolo 13, comma 3 del decreto-legge n. 50 del 17 maggio 2022. Con disposizione commissariale n. 1 del 23 gennaio 2023, è stata costituita la struttura commissariale in avvalimento, denominata “Ufficio di supporto al Commissario Straordinario di Governo per il Giubileo della Chiesa cattolica 2025”, articolata nelle seguenti tre Direzioni:
Direzione 1 “Affari generali e supporto giuridico”, deputata alla gestione amministrativo contabile degli oneri correlati alla gestione commissariale, nonché al supporto giuridico e redazionale dei provvedimenti commissariali;
Direzione 2 “Programmazione e gestione dei rifiuti a Roma”, deputata alla definizione delle azioni e progettualità correlate all’attuazione del Piano Rifiuti di Roma Capitale;
Direzione 3 “Giubileo 2025 e Caput Mundi”, deputata al coordinamento della realizzazione degli interventi del Giubileo 2025 e della realizzazione degli interventi relativi alla Misura M1C3, Investimento 4.3 Caput Mundi – Next Generation EU per grandi eventi turistici del PNRR, secondo quanto previsto dalla legge n. 234/2021, nonché a quelli relativi all’accoglienza e all’organizzazione degli eventi nel periodo giubilare.
Con disposizione commissariale n. 2 del 17 gennaio 2025 è stato disposto l'adeguamento organizzativo-funzionale della struttura commissariale in avvalimento, denominata “Ufficio di supporto al Commissario Straordinario di Governo per il Giubileo della Chiesa cattolica 2025”.
Il comma 2 prosegue stabilendo che i dirigenti scolastici sono esonerati da ogni responsabilità amministrativa e patrimoniale per i danni eventualmente subiti dagli edifici scolastici e dal materiale didattico conseguenti all’utilizzazione da parte dei partecipanti al Giubileo dei giovani nel periodo di gestione degli stessi da parte della Struttura commissariale di cui sopra.
Sul punto la relazione illustrativa rammenta che nell’ambito delle istituzioni scolastiche, i dirigenti scolastici sono i legali rappresentanti dell'istituzione, nonché responsabili della gestione delle risorse finanziarie e strumentali ai sensi dell’art. 25, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 sui quali gravano obblighi di controllo e di custodia. Pertanto, i dirigenti scolastici, considerato il ruolo e le responsabilità legate alla funzione, hanno il dovere di impedire che si compiano atti di danneggiamento sia dei locali scolastici e sia della strumentazione di supporto alla didattica (es. laboratori, palestra, biblioteca, ecc.), in quanto, il nocumento recato ai beni pubblici o il deterioramento degli stessi determina un danno al patrimonio dello Stato. Tuttavia, la norma in commento, nel caso di trasferimento della gestione di edifici scolastici alla Struttura Commissariale, stabilisce espressamente un’ipotesi di esonero del Dirigente scolastico dalla responsabilità amministrativa e patrimoniale per i danni eventualmente subiti dai predetti edifici scolastici e dal materiale didattico che siano conseguenti all’utilizzazione da parte dei partecipanti al Giubileo dei Giovani.
La relazione tecnica segnala il carattere ordinamentale della disposizione in commento e la relativa neutralità finanziaria.
Articolo 15, comma 3
(Potenziamento della struttura regionale di protezione civile per il Giubileo e implementazione NUE 112)
Il comma 3 dell’articolo 15 autorizza la regione Lazio a finalizzare la quota complessiva di euro 2.728.989 per il potenziamento della struttura organizzativa regionale di protezione civile in relazione al Giubileo 2025, attraverso: il conferimento di quattro incarichi dirigenziali; l’assunzione di ulteriori venti unità di personale; il riconoscimento di prestazioni di lavoro straordinario.
Le risorse possono essere finalizzate all’implementazione della dotazione di operatori NUE112 delle Centrali uniche di risposta di Roma e provincia di ulteriori venti unità.
La norma individua le coperture degli oneri derivanti dalla disposizione e precisa che le deroghe relative alla autorizzazione di ore di straordinario possono essere riconosciute, su base convenzionale, anche al personale delle società in house impegnato nelle attività giubilari.
La disposizione in commento autorizza la regione Lazio a finalizzare la quota complessiva di euro 2.728.989 delle risorse di cui all’articolo 1, comma 496, lettera c) della legge n. 207/2024 (legge di bilancio per il 2025), per il potenziamento della struttura organizzativa regionale di protezione civile.
Si ricorda che la richiamata disposizione della legge di bilancio, al fine di contribuire al finanziamento dei costi connessi alle celebrazioni del Giubileo della Chiesa cattolica per il 2025 nella città di Roma, autorizza la spesa di 34,5 milioni di euro, destinati alla regione Lazio, per il finanziamento dei maggiori costi connessi all’accoglienza dei pellegrini in relazione alle attività di competenza dell’ente.
L’autorizzazione alla finalizzazione di cui alla disposizione in commento è volta a garantire l’efficiente risposta del sistema regionale di protezione civile per la gestione degli eventi giubilari.
Possono essere richiamati i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 aprile 2024 e dell’11 giugno 2024.
Il primo d.P.C.m. contiene l’approvazione della proposta di piano delle azioni di intervento connesse con le celebrazioni del Giubileo della Chiesa cattolica dell’anno 2025 (ex articolo 1, comma 422, legge n. 234/2021, nonché articolo 1, comma 488, legge n. 213/2023). Il secondo d.P.C.m. reca l’approvazione del programma dettagliato degli interventi connessi alle celebrazioni del Giubileo della Chiesa Cattolica 2025, nonché l’integrazione del piano delle azioni di cui all’appena richiamato d.P.C.m. 10 aprile 2024.
Il potenziamento della struttura organizzativa regionale di protezione civile è garantito attraverso il conferimento di quattro incarichi dirigenziali per la copertura dei relativi posti vacanti nella struttura regionale di protezione civile per la durata delle attività giubilari, e comunque non oltre il 31 dicembre 2025. Ciò avviene in deroga all’articolo 19, commi 2 e 6, del decreto legislativo n. 165/2001, limitatamente alla durata minima degli incarichi e ai limiti ivi previsti.
I commi 2 e 6 dell’articolo 19 del decreto legislativo n. 165/2001, derogati dalla disposizione in commento, prevedono, rispettivamente:
· quanto al comma 2, che, con il provvedimento di conferimento dell’incarico dirigenziale, ovvero con separato provvedimento del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro competente, sono individuati: l’oggetto dell’incarico e gli obiettivi da conseguire, con riferimento alle priorità, ai piani e ai programmi definiti dall’organo di vertice nei propri atti di indirizzo e alle eventuali modifiche degli stessi che intervengano nel corso del rapporto; la durata dell’incarico, che deve essere correlata agli obiettivi prefissati e che, comunque, non può essere inferiore a tre anni né eccedere il termine di cinque anni[106]. Gli incarichi sono rinnovabili e al provvedimento di conferimento dell’incarico accede un contratto individuale con cui è definito il corrispondente trattamento economico. È sempre ammessa la risoluzione consensuale del rapporto. In caso di primo conferimento ad un dirigente della seconda fascia di incarichi di uffici dirigenziali generali o di funzioni equiparate, la durata dell’incarico è pari a tre anni;
· quanto al comma 6, gli incarichi dirigenziali possono essere conferiti, da ciascuna amministrazione, entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli dei dirigenti e dell’8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia, a tempo determinato, fornendone esplicita motivazione, a persone dotate di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione[107]. La durata di tali incarichi, comunque, non può eccedere, per gli incarichi di funzione dirigenziale di cui ai commi 3[108] e 4[109], art. 19 decreto legislativo n. 165/2001 il termine di tre anni, e, per gli altri incarichi di funzione dirigenziale, il termine di cinque anni.
In sintesi, la disposizione in commento deroga alla durata minima degli incarichi dirigenziali (che, in via generale, non può essere inferiore a tre anni) e ai limiti degli stessi (limite, per i soggetti esterni all’Amministrazione, del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli dei dirigenti e dell’8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia).
Il potenziamento della struttura organizzativa regionale di protezione civile è garantito, altresì, mediante l’assunzione di ulteriori venti unità di personale a tempo determinato, fino al 31 dicembre 2025, di cui:
· cinque unità da inquadrare nell’Area dei Funzionari e dell’Elevata Qualificazione;
· quindici unità da inquadrare nell’Area degli Istruttori.
La disposizione riconosce, altresì, prestazioni di lavoro straordinario entro il limite massimo mensile di 50 ore pro-capite, oltre i limiti previsti dai rispettivi ordinamenti, in favore del personale non dirigenziale facente parte della struttura regionale di protezione civile.
La norma in commento stabilisce che le risorse possono essere inoltre finalizzate al potenziamento del Numero unico di emergenza (NUE) 112, implementando la dotazione di operatori NUE112 delle Centrali uniche di risposta di Roma e provincia di ulteriori 20 unità di personale a tempo determinato. Tali unità di personale sono da inquadrare nell’Area degli Istruttori, attingendo dalla graduatoria dei concorsi espletati.
Con la Decisione 91/396/CEE del 29 luglio 1991 il Consiglio delle Comunità Europee invitava gli Stati Membri ad adottare l’112 (uno-uno-due) come Numero di emergenza Unico Europeo (NUE). Il servizio viene effettivamente introdotto con la successiva Direttiva 2002/22/CE del Parlamento e del Consiglio Europeo del 7 marzo 2002, la quale prevede che, oltre alle esistenti numerazioni di emergenza nazionali (113, 112, 115 e 118), tutti gli utenti “possano chiamare gratuitamente i servizi di soccorso digitando il numero di emergenza unico europeo “112”” e che “le imprese esercenti reti telefoniche pubbliche mettano a disposizione delle autorità incaricate dei servizi di soccorso, nella misura in cui sia tecnicamente fattibile, le informazioni relative all’ubicazione del chiamante”.
Dopo un periodo di sperimentazione, è stata definita con la legge delega 7 agosto 2015 n. 124 – cd. Legge Madia in materia di razionalizzazione delle Pubbliche Amministrazioni – l’istituzione su tutto il territorio nazionale del NUE 112 (uno-uno-due) con centrali operative da realizzare in ambito regionale.
Il modello di funzionamento del Servizio individuato dal legislatore assicura una gestione integrata e coordinata e consente, con il filtraggio delle chiamate “improprie” (ad esempio, quelle effettuate per errore, per informazioni o per scherzo), che gli enti di soccorso si dedichino esclusivamente alle emergenze. L’attuazione del Servizio NUE 112 (uno-uno-due) avviene secondo le modalità definite con i Protocolli d’Intesa di volta in volta sottoscritti tra il Ministero dell’Interno e le Regioni interessate. Al Ministero dell’Interno, di concerto con il Ministero delle imprese e del made in Italy, sono attribuiti poteri di indirizzo e di coordinamento per l’individuazione e l’attuazione delle iniziative per la piena realizzazione del NUE. Il modello prevede la realizzazione di Centrali Uniche di Risposta (CUR), dove confluiscono tutte le chiamate di soccorso, che poi vengono trasferite all’Ente preposto alla gestione della specifica emergenza (Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Vigili del Fuoco, Emergenza Sanitaria).
Si segnala, da ultimo, il decreto ministeriale del 17 gennaio 2025 del Ministro delle imprese e del made in Italy recante “disposizioni relative al servizio numero unico di emergenza europeo «112»”. Il decreto aggiorna la disciplina del Servizio NUE 112, definendo il nuovo contesto tecnologico ed operativo del Servizio NUE 112, sia nell’ottica del servizio attualmente erogato che in quella della sua evoluzione tecnologica.
La norma specifica che gli oneri derivanti dal comma in commento, attuabili in deroga ai vincoli assunzionali e alle previsioni del Piano integrato di attività e organizzazione (PIAO), sono a carico delle risorse di cui all’articolo 1, comma 496, lettera c), della legge 30 dicembre 2024, n. 207.
La disposizione appena richiamata, come anticipato, ha destinato alla regione Lazio 34,5 milioni di euro per il finanziamento dei maggiori costi connessi all’accoglienza dei pellegrini in relazione alle attività di competenza dell’ente. Ciò nell’ambito dell’autorizzazione della spesa complessiva di 88 milioni di euro al fine di contribuire al finanziamento dei costi connessi alle celebrazioni del Giubileo della Chiesa cattolica per il 2025 nella città di Roma.
Si ricorda che il Piano integrato di attività e organizzazione (PIAO) è stato introdotto dall’articolo 6 del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80 (convertito dalla legge 6 agosto 2021, n. 113). Ai sensi di tale disposizione, le pubbliche amministrazioni con più di 50 dipendenti adottano ogni anno tale nuova pianificazione. Con il d.P.R. n. 81/2022 (“Regolamento recante individuazione degli adempimenti relativi ai Piani assorbiti dal Piano integrato di attività e organizzazione”) sono stati soppressi, in quanto assorbiti nelle apposite sezioni del Piano integrato di attività e organizzazione (PIAO), gli adempimenti inerenti:
· al Piano dei fabbisogni;
· al Piano delle azioni concrete;
· al Piano per razionalizzare l’utilizzo delle dotazioni strumentali, anche informatiche, che corredano le stazioni di lavoro nell’automazione d’ufficio;
· al Piano della Performance;
· al Piano di prevenzione della corruzione;
· al Piano organizzativo del lavoro agile;
· ai Piani di azioni positive.
La disposizione in commento specifica, infine, che le già richiamate deroghe relative alla autorizzazione di ore di straordinario possono essere riconosciute, su base convenzionale, anche al personale delle società in house impegnato nelle attività giubilari, a valere sulle risorse disponibili.
Il comma 4 dell’articolo 15 consente, alle condizioni e con le procedure indicate dal comma medesimo, l’applicazione delle norme tecniche per le costruzioni (NTC) vigenti prima del 22 marzo 2018 (data di entrata in vigore delle vigenti NTC) alle opere inserite nel programma dettagliato degli interventi connessi alle celebrazioni del Giubileo della Chiesa Cattolica per il 2025, nonché alle opere pubbliche o di pubblica utilità i cui progetti definitivi o esecutivi erano già affidati alla data del 22 marzo 2018.
Il comma in esame reca disposizioni applicabili alle seguenti opere:
· opere inserite nel programma dettagliato degli interventi connessi alle celebrazioni del Giubileo della Chiesa Cattolica per il 2025 di cui all’art. 1, comma 422, della legge 234/2021 (legge di bilancio 2022);
Si ricorda che, in attuazione del citato comma 422, con il D.P.C.M. 15 dicembre 2022 è stato approvato il programma dettagliato degli interventi essenziali ed indifferibili connessi alle celebrazioni del Giubileo della Chiesa cattolica per il 2025. Con successivo D.P.C.M. 8 giugno 2023 sono stati modificati e rimodulati alcuni interventi essenziali ed indifferibili approvati con il citato D.P.C.M. 15 dicembre 2022. Con D.P.C.M. 29 gennaio 2024 è stata approvata la proposta di aggiornamento del programma dettagliato degli interventi connessi alle celebrazioni del Giubileo della Chiesa cattolica per il 2025. Con D.P.C.M. 15 febbraio 2024 è stata approvata una integrazione del programma dettagliato degli interventi connessi alle celebrazioni del Giubileo 2025, con riferimento a interventi di competenza della regione Lazio. Con D.P.C.M. 8 marzo 2024 è stato rimodulato l’intervento n. 122, ricompreso nell’Allegato 1 del D.P.C.M. 8 giugno 2023, che assume la denominazione di “Riqualificazione di piazza Risorgimento”. Con D.P.C.M. 10 aprile 2024 è stato approvato il piano delle azioni di intervento connesse con le celebrazioni del Giubileo, da finanziare a titolo di spesa corrente, contenuto nell’Allegato 1, parte integrante del citato D.P.C.M., recante l’“Elenco delle azioni per l’accoglienza dei pellegrini” per il Giubileo 2025. Infine, con il D.P.C.M. 11 giugno 2024 si è proceduto ad una complessiva rimodulazione del programma dettagliato degli interventi al fine di valutare le diverse esigenze in modo coordinato con i circa 330 interventi già inclusi nel programma dettagliato degli interventi. Per il testo dei decreti citati e per ulteriori approfondimenti si rinvia al sito web del Commissario di Governo per il Giubileo della Chiesa cattolica 2025.
· opere pubbliche o di pubblica utilità i cui progetti definitivi o esecutivi erano già affidati alla data del 22 marzo 2018 (data di entrata in vigore delle vigenti NTC, approvate con il D.M. infrastrutture e trasporti 17 gennaio 2018).
Per le opere suddette, il comma in esame stabilisce che possono continuare ad applicarsi, con le procedure di cui all’articolo 5, comma 2-ter, del D.L. 136/2004, le previgenti norme tecniche per le costruzioni (cioè quelle adottate con il D.M. infrastrutture e trasporti 14 gennaio 2008) purché la consegna dei lavori avvenga entro e non oltre il 31 marzo 2026.
Si ricorda che con il D.M. infrastrutture e trasporti 17 gennaio 2018 si è provveduto all’aggiornamento delle NTC (e alla contestuale sostituzione delle precedenti NTC, approvate con il D.M. 14 gennaio 2008).
L’articolo 3 del D.M. 17 gennaio 2018 ne ha disposto l’entrata in vigore entro 30 giorni dopo la pubblicazione. Poiché tale pubblicazione è avvenuta nella G.U. del 20 febbraio 2018, il decreto in questione è entrato in vigore il 22 marzo 2018.
L’articolo 2, comma 1, del D.M. 17 gennaio 2018 dispone tra l’altro che, nell'ambito di applicazione del Codice dei contratti pubblici, per i contratti pubblici di lavori già affidati, nonché per i progetti definitivi o esecutivi già affidati prima del 22 marzo 2018 (data di entrata in vigore delle nuove NTC), si possono continuare ad applicare le previgenti NTC fino all'ultimazione dei lavori ed al collaudo statico degli stessi. Nel secondo periodo di tale comma viene precisato che detta facoltà è esercitabile solo nel caso in cui la consegna dei lavori avvenga entro 7 anni dalla data di entrata in vigore delle nuove NTC, cioè entro il 22 marzo 2025.
In relazione alle “procedure di cui all’articolo 5, comma 2-ter, del decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136”, richiamate dal comma in esame, si ricorda che tale comma 2-ter (introdotto nel testo del D.L. 136/2004 dall’art. 10, comma 7-bis, del D.L. 76/2020, e successivamente modificato dall’art. 9, comma 10-quater, del D.L. 68/2022), al fine di ridurre i tempi di realizzazione dei progetti di lavori pubblici di interesse statale o comunque finanziati per almeno il 50% dallo Stato, ha stabilito, tra l’altro, che la verifica preventiva della progettazione accerta anche la conformità dei progetti:
- alle NTC approvate con il D.M. 17 gennaio 2018;
- o alle norme tecniche per la progettazione e la costruzione degli sbarramenti di ritenuta (dighe e traverse), di cui al D.M. infrastrutture e trasporti 26 giugno 2014.
Ciò premesso, sembrerebbe quindi che la disposizione in esame sia limitata alle sole modalità di espletamento della verifica preventiva della progettazione, prevedendo che per tale attività si faccia riferimento non alle vigenti NTC ma a quelle previgenti, adottate nel 2008.
La relazione illustrativa motiva la disposizione in esame evidenziando che, tenuto conto che allo scadere del succitato termine del 22 marzo 2025 “per alcune delle opere inserite nel programma dettagliato degli interventi connessi alle celebrazioni del Giubileo della Chiesa Cattolica per il 2025 di cui al DPCM 8 giugno 2023 si dovrebbe procedere alla predisposizione di una nuova progettazione con conseguente riacquisizione di tutti i pareri, nulla-osta e autorizzazioni, si rende necessario procrastinare il termine del 22 marzo 2025 al 31 marzo 2026”.
Il comma 2 prevede che il trattamento di fine servizio e di fine rapporto o equipollenti per i soggetti di cui al comma 1 del presente articolo viene erogato nel termine di tre mesi di cui all'articolo 3, comma 5, del decreto-legge 28 marzo 1997 n. 79, convertito con modificazione dalla legge del 28 maggio 1997 n. 140, confermando la disposizione di maggiore favore già prevista nei casi di cessazione dal servizio per inabilità, in deroga ai termini dilatori ordinari.
L’articolo 19, comma 1, prevede, nei confronti dei dipendenti pubblici - nonché degli iscritti a determinate forme di previdenza esclusive dell’Assicurazione Generale Obbligatoria - assunti in data successiva alla data di entrata in vigore del presente decreto, l’applicazione delle norme in materia di invalidità pensionabile di cui alla legge 12 giugno 1984, n. 222, ai fini dell’accertamento dello stato di invalidità, inabilità e inidoneità al lavoro ed al servizio e dei conseguenti effetti previdenziali. I dipendenti interessati dalle norme in oggetto sono, nel dettaglio, gli assunti in data successiva alla data di entrata in vigore del presente decreto per i quali è prevista l’iscrizione
alle seguenti Casse e Fondi (gestiti dall’INPS): gestione separata dei trattamenti pensionistici ai dipendenti dello Stato (CTPS); cassa per le pensioni ai dipendenti degli enti locali (CPDEL); cassa per le pensioni ai sanitari (CPS); cassa per le pensioni agli insegnanti di asilo e di scuole elementari parificate (CPI); cassa per le pensioni agli ufficiali giudiziari, agli aiutanti ufficiali giudiziari ed ai coadiutori (CPUG)[110]; Fondo Pensioni del Personale delle Ferrovie dello Stato e Fondo Quiescenza Poste.
Tale disposizione, dunque, mira a semplificare, razionalizzare e armonizzare complessivamente la disciplina dell’invalidità, di inabilità e di inidoneità per tutti i lavoratori iscritti alle forme di previdenza esclusive dell’Assicurazione Generale Obbligatoria, applicando le norme in materia di invalidità pensionabile di cui alla legge 12 giugno 1984, n. 222, in tal modo omogeneizzando la disciplina dell’invalidità/inabilità per tutti i lavoratori dipendenti del settore pubblico e privato. Come precisato nella relazione tecnica che accompagna il provvedimento, si tratta in sostanza di applicare al pubblico impiego le norme contenute nella disciplina dell’invalidità pensionabile del settore privato, comprese quelle in materia di assegno ordinario di invalidità (finora escluso), in luogo dell’articolato sistema valutativo e procedimentale oggi previsto per i dipendenti pubblici, facendo rientrare, tra i destinatari della proposta normativa, i dipendenti che pur appartenendo ad enti che non hanno natura giuridica pubblica, sono iscritti a forme di previdenza esclusive dell’Assicurazione Generale Obbligatoria (dipendenti iscritti al Fondo speciale Ferrovie e iscritti alla Gestione speciale di previdenza per il personale delle Poste italiane S.p.A.)[111].
LA LEGGE N. 222 DEL 12 GIUGNO 1984
L’assegno ordinario di invalidità.
L’assegno ordinario di invalidità è il trattamento disciplinato dall’articolo 1 della L. 222/1984, spettante al lavoratore la cui capacità lavorativa, in occupazioni confacenti alle sue attitudini (età, sesso, esperienza professionale), è ridotta in modo permanente a meno di un terzo a causa di infermità fisica o mentale[112]. L'A.O.I. ha lo scopo di integrare o sostituire la retribuzione, fino a quando sussiste lo stato invalidante; ha carattere temporaneo in quanto, al compimento dell'età pensionabile ed in presenza degli altri requisiti richiesti, viene trasformato in pensione di vecchiaia. Esso è riconosciuto per un periodo di tre anni ed è confermabile per ulteriori periodi triennali, sempreché la riduzione della capacità di lavoro permanga al di sotto del limite di legge[113]. Esso non è reversibile ai superstiti, ed è integrato nel limite massimo del trattamento minimo (se inferiore ad esso).
Sono richiesti sia requisiti sanitari che requisiti contributivi ai fini della fruizione dell’istituto.
Quanto ai requisiti di assicurazione e di contribuzione è necessario che:
- siano trascorsi non meno di 5 anni dalla data di inizio dell'assicurazione;
- risultino complessivamente versati, accreditati o dovuti in favore dell'assicurato almeno 260 contributi settimanali, ovvero 1.350 contributi giornalieri se lavoratore agricolo dipendente;
- risultino versati, accreditati o dovuti in favore dell'interessato nel quinquennio precedente la domanda di pensione almeno 156 contributi settimanali, ovvero 810 contributi giornalieri se lavoratore agricolo dipendente (art. 4, commi 1, 2 e 3, L. 222/1984).
L’importo dell’A.O.I. viene calcolato allo stesso modo delle pensioni, ossia con il sistema retributivo o contribuivo a seconda di quando è stata presentata la domanda (di solito comunque si calcola con il sistema misto); la prestazione viene concessa per 13 mensilità.
L’assegno ordinario d’invalidità è cumulabile (entro certi limiti) con i redditi da lavoro. Per i titolari si prevede, infatti, una riduzione dell’assegno se il titolare continua a lavorare e supera un determinato limite di reddito[114].
La pensione ordinaria di inabilità
Si ricorda che la pensione ordinaria di inabilità, reversibile ai superstiti, è stata disciplinata dall’art.2 della richiamata L. n. 222 del 12 giugno 1984, che, al comma 1, ha stabilito una nuova definizione di "inabilità", in base alla quale ha diritto alla pensione il lavoratore dipendente che si trovi nell'assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa.
Ai fini della fruizione del diritto, sono richiesti requisiti sia sanitari che contributivi.
Ha diritto alla pensione di inabilità a carico dell'A.G.O. dei lavoratori dipendenti, l'assicurato o il titolare dell'assegno ordinario di invalidità il quale, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, si trovi nell'assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa, vale a dire un'incapacità piena e incondizionata a svolgere un qualsiasi lavoro, precludendo tale situazione la costituzione di un valido rapporto assicurativo, con esclusione quindi del rischio precostituito (art. 1, c. 2, della legge 12 giugno 1984, n. 222; INPS circolare 3 dicembre 1984, n. 262).
Viene in favore dei soggetti che abbiano un'anzianità di iscrizione al regime assicurativo di almeno cinque anni e tre anni di contribuzione nel quinquennio precedente. La pensione di inabilità, reversibile ai superstiti, è costituita dall'importo dell'assegno di invalidità calcolato secondo le norme in vigore nell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti (attualmente contributivo o misto) ovvero nelle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, e da una maggiorazione determinata in base a determinati criteri[115], la cui misura varia a seconda della storia contributiva del lavoratore[116].
Sono fatti salvi, in ogni caso, i trattamenti minimi secondo le norme previste nei singoli ordinamenti.
La pensione di inabilità è incompatibile con i compensi per attività di lavoro autonomo o subordinato in Italia o all'estero svolte successivamente alla concessione della pensione[117].
Si ricorda che, nell’ambito del pubblico impiego, esistono diversi trattamenti pensionistici di inabilità con differenti requisiti di accesso, vari enti e organi preposti ad accertare lo stato di invalidità/inidoneità e diverse modalità di calcolo della prestazione e, come detto, non era previsto l’assegno ordinario di invalidità - previsto invece per i dipendenti del settore privato - prestazione che consente di continuare a lavorare per la residua capacità con una parziale cumulabilità del trattamento di pensione con il reddito di lavoro dipendente.
Il dipendente pubblico, affetto da patologie invalidanti, finora poteva chiedere di essere dispensato dal servizio ed essere collocato in pensione se lo stato invalidante non consentisse la prosecuzione del rapporto di lavoro. In particolare, finora per il personale delle pubbliche amministrazioni di cui al comma 1 hanno trovato applicazione determinate disposizioni in tema di inabilità assoluta e permanente e inidoneità alla mansione, al proficuo lavoro nonché in tema di inidoneità psicofisica[118].
Tali norme, dunque, seppur non disposto espressamente, cesserebbero di avere efficacia, nei confronti dei dipendenti pubblici - nonché degli iscritti a determinate forme di previdenza esclusive dell’Assicurazione Generale Obbligatoria - assunti in data successiva alla data di entrata in vigore del presente decreto, per i quali si applicano le norme della legge 222/1984, in tema di assegno ordinario di invalidità e pensione di inabilità (per assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa). Alla luce di ciò, si valuti l’opportunità di indicare espressamente le norme che cessano di avere efficacia
La relazione tecnica del presente provvedimento, peraltro, ha chiarito che ci sono degli ambiti nei quali l’assimilazione della disciplina dell’invalidità pensionabile del settore pubblico al privato è già avvenuta come nel caso della pensione di inabilità assoluta e permanente a qualsiasi attività lavorativa (art. 2, co. 12, l. n. 335/1995).
Si osserva, infatti, che per il personale delle pubbliche amministrazioni, di cui al comma 1, l’articolo 2, comma 12, della legge 8 agosto 1995, n. 335, già interviene in materia di calcolo della pensione cessati dal servizio per infermità non dipendenti da causa di servizio per le quali gli interessati si trovino nell'assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa[119]. Anche in ambito pubblico, dunque, dal 1° gennaio 1996 la pensione di inabilità[120] viene calcolata aumentando l’anzianità contributiva maturata, incrementando l’anzianità del periodo temporale mancante al raggiungimento del sessantesimo anno di età (secondo il sistema contributivo)[121]. Essa è incompatibile con lo svolgimento di un lavoro dipendente o autonomo.
Al riguardo, si ricorda che a tale disposizione è stata data attuazione con decreto ministeriale n. 187 del 1997 a cui è seguita la circolare Inpdap 57/1997 che ha fornito chiarimenti riguardo le modalità applicative[122]. Per ottenere la prestazione in parola è necessario che l'iscritto abbia maturato un minimo di cinque anni di anzianità contributiva, di cui almeno tre nell'ultimo quinquennio antecedente la decorrenza della prestazione pensionistica[123].
Il comma 2 precisa che il trattamento di fine servizio e di fine rapporto o equipollenti per i soggetti di cui al comma 1 del presente articolo viene erogato nel termine di tre mesi di cui all'articolo 3, comma 5, del decreto-legge 28 marzo 1997 n. 79, convertito con modificazione dalla legge del 28 maggio 1997 n. 140, confermando l’inapplicabilità, nei casi di cessazione dal servizio per inabilità, delle disposizioni riguardanti il termine dilatorio di 24 mesi (nei casi derivanti da cessazioni dal servizio anticipate rispetto ai limiti di età o di servizio) o di 12 mesi (nei casi in cui la cessazione intervenga per raggiungimento dei limiti di età o di servizio previsti dagli ordinamenti di appartenenza e per collocamento a riposo d'ufficio) per la liquidazione dei trattamenti di fine servizio comunque denominati (previste dal richiamato art. 3 del DL 79/1997).
Si ricorda che l’art. 3, comma 2, del DL 79/1997 prevede, per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche, un termine dilatorio per la liquidazione dei trattamenti di fine servizio comunque denominati, di 24 mesi decorrenti dalla cessazione del rapporto di lavoro, nei casi derivanti da cessazioni dal servizio anticipate rispetto ai limiti di età o di servizio, e di 12 mesi, nei casi in cui la cessazione intervenga per raggiungimento dei limiti di età o di servizio previsti dagli ordinamenti di appartenenza e per collocamento a riposo d'ufficio a causa del raggiungimento dell'anzianità massima di servizio prevista dalle norme di legge o di regolamento applicabili nell'amministrazione.
Tali disposizioni, ai sensi del comma 5 di tale art. 3 del richiamato DL 79/1997, non trovano applicazione nei casi di cessazione dal servizio per inabilità derivante o meno da causa di servizio, nonché per decesso del dipendente. Tale comma 5, infatti, prevede che nei predetti casi l'amministrazione competente è tenuta a trasmettere, entro quindici giorni dalla cessazione dal servizio, la necessaria documentazione all'ente previdenziale che dovrà corrispondere il trattamento di fine servizio nei tre mesi successivi alla ricezione della documentazione medesima, decorsi i quali sono dovuti gli interessi.
Alla luce, quindi, di quanto già previsto dal richiamato articolo 3, comma 5, del DL 79/1997, si valuti l’opportunità di chiarire la portata innovativa di tale comma 2.
Il comma 3 esclude l’applicazione di quanto previsto dai commi 1 e 2 nei confronti del personale delle forze armate, delle forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, al fine di salvaguardarne la specificità della funzione.
L’articolo 17 prevede l’istituzione di una nuova direzione generale presso il Ministero dell’economia e delle finanze con funzioni di prevenzione e contrasto dell’utilizzo del sistema finanziario per fini illeciti.
L’articolo medesimo reca, altresì, disposizioni inerenti alle funzioni attribuite alla direzione, nonché alle misure di carattere organizzativo necessarie al suo funzionamento.
Il comma 1 istituisce presso il Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento del tesoro la direzione generale per la prevenzione e il contrasto dell’utilizzo del sistema finanziario per fini illeciti, con funzioni in materia di prevenzione dei reati finanziari, di sicurezza, prevenzione e contrasto all’utilizzo del sistema finanziario per fini illeciti, di vigilanza e controllo sui soggetti obbligati diversi dagli intermediari bancari e finanziari, nonché in materia di di procedimenti sanzionatori.
Sul punto, la relazione illustrativa del Governo osserva che tale direzione viene istituita quale centro organizzativo unitario con lo scopo di assicurare l’efficace ed efficiente adempimento degli obblighi unionali e internazionali in materia di prevenzione dei reati finanziari (riciclaggio, finanziamento del terrorismo e della proliferazione delle armi di massa), anche in ottica dell’imminente entrata in funzione della nuova Autorità europea per la lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo (AMLA), fulcro del c.d. AML package.
Si ricorda che il disegno di legge di delegazione europea 2024 (A.C. 2280), attualmente all’esame, in seconda lettura, della Camera dei deputati, prevede, all’articolo 14, anche la delega al Governo per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2024/1620, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 maggio 2024, che istituisce l’Autorità per la lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo e che modifica i regolamenti (UE)n. 1093/2010, (UE) n. 1094/2010 e (UE) n. 1095/2010.
Inoltre, la medesima disposizione incrementa di una unità dirigenziale di livello generale la dotazione organica dirigenziale del suddetto Ministero, autorizzando, a tal fine, quest’ultimo al conferimento di tale incarico anche a soggetti di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione, ai sensi dell’articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001 (Testo unico pubblico impiego), in deroga ai limiti percentuali ivi previsti.
In merito, si rammenta che il sopra citato articolo 19, comma 6, contempla il conferimento di incarichi dirigenziali a tempo determinato, entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli dirigenziali e dell’8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia, fornendone esplicita motivazione, a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l’accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato.
La disposizione in commento appare quindi derogare, in maniera implicita, a quanto previsto, in via generale, dall’articolo 17, comma 4-bis della legge n. 400 del 1988 in materia di organizzazione e disciplina degli uffici dei Ministeri. Tale disposizione prevede infatti che in questo ambito si proceda con regolamenti adottati con la medesima procedura dei regolamenti di delegificazione di cui al comma 2 del medesimo articolo (vale a dire adozione con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia, che si pronunciano entro trenta giorni dalla richiesta).
Il comma 2 stabilisce che, nelle more del perfezionamento dei conseguenziali provvedimenti di riorganizzazione, la predetta direzione, ai fini del suo immediato funzionamento, si avvale del personale, ivi incluso quello dirigenziale non generale, incardinato presso la direzione V - Regolamentazione e Vigilanza del Sistema Finanziario del Dipartimento del tesoro, la quale espleta le seguenti funzioni:
§ analisi dei rischi di vulnerabilità del sistema finanziario, politiche di sicurezza e di prevenzione e contrasto all’utilizzo dello stesso per fini illeciti;
§ procedimenti sanzionatori per violazioni della normativa di prevenzione del riciclaggio di denaro e in materia valutaria;
§ segreteria del Comitato di sicurezza finanziaria, embarghi finanziari;
§ rapporti con le istituzioni dell’Unione europea e con gli organismi internazionali nelle materie di competenza.
Infine, il comma 3 stabilisce che agli oneri derivanti dall’istituzione della citata direzione generale, pari a 240.989 euro per l’anno 2025 e a 289.187 annui a decorrere dall’anno 2026, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 282 del 2004.
Articolo 18, commi 1 e 2
(Potenziamento delle competenze delle amministrazioni centrali per le attività di analisi e valutazione della spesa)
L’articolo 18, commi 1 e 2, modifica le condizioni alle quali le amministrazioni centrali dello Stato che hanno conseguito determinati obiettivi di spesa procedono - nell’ambito delle risorse già stanziate in un Fondo appositamente istituito dalla normativa vigente - alle assunzioni di personale non dirigenziale a tempo indeterminato e al conferimento di incarichi ad esperti, al fine di potenziare le rispettive competenze in materia di analisi, valutazione delle politiche pubbliche e revisione della spesa.
Viene altresì specificato che il personale non dirigenziale da assumere a tempo indeterminato sia inquadrato, oltre che nell’Area dei funzionari, come già disposto, anche in quella delle elevate professionalità (ai sensi del CCNL funzioni centrali 2019-2021), che i predetti incarichi ad esperti sono volti all'acquisizione di competenze professionali ad elevata specializzazione nelle suddette materie e che tale acquisizione può avvenire anche mediante la stipula di convenzioni con università e centri di ricerca e l'acquisto di servizi di consulenza e di formazione.
Viene infine definita la procedura per il reclutamento, attraverso concorso unico, delle unità di personale non dirigenziale assumibile, da autorizzarsi con apposito DPCM (o con decreto del Ministro delegato).
Preliminarmente, occorre ricordare che l’articolo 1, comma 891, della L. 197/2022 – su cui intervengono i commi 1 e 2 del presente articolo 18 - ha istituito un Fondo per le assunzioni di personale da parte delle amministrazioni centrali dello Stato che hanno conseguito determinati obiettivi di spesa (ex art. 8 del DPCM 4 novembre 2022[124]), con una dotazione pari ad euro 20 milioni per il 2023, 25 milioni per il 2024 e 30 milioni a decorrere dal 2025, al fine del potenziamento delle competenze delle medesime amministrazioni in materia di analisi, valutazione delle politiche pubbliche e revisione della spesa.
In base alla normativa finora vigente, dal 2024 almeno l’80 per cento di tali risorse deve essere destinato alle assunzioni di personale non dirigenziale a tempo indeterminato da inquadrare nell’Area dei funzionari e la eventuale restante quota al conferimento di incarichi a esperti nelle suddette materie.
La disposizione in commento apporta una serie di modifiche alla suddetta disciplina, restando ferma la finalità del potenziamento delle competenze delle amministrazioni centrali in materia di analisi, valutazione delle politiche pubbliche e revisione della spesa. In particolare, a seguito delle modifiche apportate dal comma 1 del presente articolo 18 al richiamato comma 891 della L. 197/2022:
· per quanto riguarda il personale non dirigenziale da assumere a tempo indeterminato si prevede:
- che questo sia inquadrato, oltre che nell’Area dei funzionari, come già disposto, anche in quella delle elevate professionalità, entrambe previste dal CCNL funzioni centrali 2019-2021. (comma 1, n. 1.1);
- che questo sia assunto in aggiunta alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente, non più nei limiti delle vacanze di organico, come previsto finora, ma con corrispondente incremento della dotazione organica;
- la soppressione del riferimento all’art. 30 del D.Lgs. 165/2001[125] che subordina l’espletamento di procedure concorsuali da parte delle amministrazioni al previo esperimento delle procedure di mobilità volontaria che regolano il passaggio diretto di personale tra amministrazioni in caso di posti vacanti in organico (comma 1, n. 1.1). Sul punto, si ricorda che l’articolo 3, comma 1, lettera c), del provvedimento in esame (alla cui scheda di lettura si rimanda), pur modificando il richiamato art. 30 del D.Lgs. 165/2001, conserva l’obbligo per le amministrazioni, per una certa quota percentuale di posti, del previo svolgimento della mobilità volontaria. Alla luce di quanto detto, si valuti l’opportunità di specificare se la prevista soppressione del riferimento all’articolo 30 del D.Lgs. 165/2001 recata dalla presente novella comporti il venir meno dell’obbligo del previo esperimento delle procedure di mobilità volontaria;
- che, dal 2025, la percentuale delle risorse da utilizzare per le relative assunzioni può essere ridotta, anche temporaneamente, dall’80 sino al 70 per cento, destinando le relative risorse all'acquisizione di competenze professionali ad elevata specializzazione nelle suddette materie, accantonando e rendendo indisponibile per la gestione una pari quota, al fine di garantire il rispetto dei saldi di finanza pubblica (comma 1, n. 1.2).
· per quanto riguarda il conferimento di incarichi ad esperti nelle materie suddette si specifica che questo è volto all'acquisizione di competenze professionali ad elevata specializzazione nelle suddette materie e che tale acquisizione può avvenire non solo mediante il suddetto conferimento, ma anche mediante la stipula di convenzioni con università e centri di ricerca e l'acquisto di servizi di consulenza e di formazione (comma 1, n. 2).
La disposizione in commento precisa che, ai suddetti fini, per elevata specializzazione si intende il possesso, da parte delle persone coinvolte nella realizzazione delle attività, dei seguenti requisiti (comma 1, lettera b), cpv 891-bis):
- dottorato di ricerca, o master universitario di secondo livello, in settori scientifici strettamente connessi all'analisi e alla valutazione delle politiche pubbliche e della revisione della spesa;
- documentata e qualificata esperienza professionale in analisi, valutazione delle politiche pubbliche e revisione della spesa di durata almeno triennale, maturata presso università, enti di ricerca e società specializzate, ovvero organismi internazionali
Viene altresì definita la procedura per l’assunzione del suddetto personale non dirigenziale a tempo indeterminato.
In relazione a tali assunzioni, si prevede (comma 1, lettera b), cpv 891-ter) che le amministrazioni interessate comunicano, entro il 30 aprile 2025, al Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato e al Dipartimento della funzione pubblica, il contingente di personale non dirigenziale da inquadrare nell'area dei funzionari e il contingente da inquadrare nell'area delle elevate professionalità. Una quota non superiore al 30 per cento di tale contingente può essere riservata al personale in servizio presso ciascuna delle predette amministrazioni che sia in possesso dei requisiti stabiliti dalla normativa vigente per l'accesso a ciascuna delle due summenzionate Aree.
Sulla base delle comunicazioni ricevute, con apposito DPCM (o con decreto del Ministro delegato) da emanare entro il 30 giugno 2025, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, è autorizzato il numero di unità di personale non dirigenziale assumibile nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili.
Tale personale dovrà essere reclutato attraverso concorso unico svolto avvalendosi della Commissione RIPAM. I componenti delle commissioni esaminatrici sono indicati dal Ministero dell'economia e delle finanze In deroga alla normativa vigente che prevede che le amministrazioni pubblichino sul portale InPA avvisi per la raccolta delle candidature a componente delle commissioni esaminatrici e che queste siano nominate dalla Commissione RIPAM (ex art. 9, c. 2, D.P.R. 487/1994 e art. 35, c. 5, D.Lgs. 165/2001) (comma 1, lettera b), cpv 891-quater).
Per l'espletamento delle suddette procedure concorsuali è autorizzata la spesa di 800.000 euro per il 2025. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2025-2027, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per il 2025, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero (comma 2).
Articolo 18, commi 3 e 4
(Attività della Ragioneria generale dello Stato e
nuova governance europea)
Il comma 3 dell’articolo 18 istituisce presso la Ragioneria generale dello Stato quattro nuove posizioni dirigenziali di livello generale per lo svolgimento di compiti di consulenza, studio e ricerca in relazione all'attuazione della nuova governance europea.
Il comma 4 estende la possibilità per la Ragioneria generale dello Stato di avvalersi di esperti, sulla base di una autorizzazione di spesa già prevista dalla legislazione vigente, anche per il monitoraggio della nuova governance europea.
Il comma 3 istituisce, presso il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del MEF, 4 posizioni dirigenziali di livello generale - con corrispondente incremento della dotazione organica - per lo svolgimento di compiti di consulenza, studio e ricerca in considerazione delle attività connesse all'attuazione della nuova governance europea.
Ai relativi oneri si provvede mediante la soppressione di 7 posizioni di livello dirigenziale non generale complessivamente equivalenti sotto il profilo finanziario assegnate allo stesso Dipartimento, di cui 2 individuate tra quelle destinate ad attività di consulenza, studio e ricerca e 5 tra quelle dedicate a verifiche amministrativo-contabili extra gerarchiche di normale complessità, e di un corrispondente ammontare di facoltà assunzionali disponibili a legislazione vigente.
La Relazione tecnica al riguardo afferma che il costo di quattro posizioni dirigenziali di livello generale per lo svolgimento di compiti di consulenza, studio e ricerca, pari a complessivi euro 1.059.094 annui, è compensato dal costo di sette posizioni dirigenziali di livello non generale, di cui due appartenenti alla II fascia economica e cinque appartenenti alla I fascia economica, pari a complessivi euro 1.177.939,03 annui. Dalla disposizione, pertanto, non discendono nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
La disposizione in commento appare quindi derogare, in maniera implicita, a quanto previsto, in via generale, dall’articolo 17, comma 4-bis della legge n. 400 del 1988 in materia di organizzazione e disciplina degli uffici dei Ministeri, ivi compresa l’indicazione e la revisione periodica della consistenza delle piante organiche. Tale disposizione prevede infatti che in questo ambito si proceda con regolamenti adottati con la medesima procedura dei regolamenti di delegificazione di cui al comma 2 del medesimo articolo (vale a dire adozione con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia, che si pronunciano entro trenta giorni dalla richiesta).
La riforma della governance economica europea
La riforma del coordinamento delle politiche di bilancio degli Stati membri dell'Unione europea (cd. riforma della governance economica europea) è entrata in vigore il 30 aprile 2024 con la pubblicazione di tre atti legislativi: il regolamento (UE) 1263/2024 (cd. "braccio preventivo"), il regolamento (UE) 1264/2024 (cd. "braccio correttivo") e la direttiva (UE) 2024/1265 (recante modifica alla direttiva 2011/85/UE relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri).
La riforma modifica gli strumenti e le procedure del coordinamento delle politiche di bilancio europee, introducendo un documento di programmazione pluriennale, presentato da ciascuno Stato membro e valido per un periodo analogo alla durata della legislatura nazionale: il Piano Strutturale di Bilancio. Esso contiene un unico programma di investimenti e riforme e il livello della spesa netta che dovrà essere osservato secondo un percorso di aggiustamento di bilancio, finalizzato a ridurre il rapporto debito/PIL in modo duraturo e a mantenere il rapporto deficit/PIL sotto il 3%.
La riforma introduce inoltre un indicatore operativo di riferimento, la spesa primaria netta, e modifica le principali condizioni per l'attivazione delle procedure per disavanzo eccessivo. In linea con queste, il Consiglio dell'Unione europea, con la Decisione (UE) 2024/2124 del 26 luglio 2024, ha dichiarato l'esistenza di un disavanzo eccessivo per l'Italia per l'anno 2023 per il criterio del deficit.
Il 27 settembre 2024 il Governo ha trasmesso alle Camere la proposta di Piano strutturale di bilancio a medio termine per l'Italia per il periodo 2025-2029. Il Consiglio dell'Unione europea ha approvato 21 gennaio 2025 il Piano con Raccomandazione. Il tasso annuale medio di crescita della spesa netta previsto dal Piano è pari all'1,6% del PIL per il periodo 2025-2029, e all'1,5% del PIL per il periodo 2025-2031, in linea con la traiettoria di riferimento trasmessa il 21 giugno 2024 dalla Commissione europea. Per un'analisi del contenuto del Piano strutturale di bilancio dell'Italia si rimanda al Dossier predisposto dal Servizio Studi.
Il comma 4 modifica il comma 13-bis dell'articolo 2 del decreto-legge n. 34 del 2020, il quale ha stanziato risorse (elevate dalla legge di bilancio per il 2023 a 280.000 euro a regime a decorrere dal 2023) per consentire alla Ragioneria generale dello Stato di avvalersi di esperti di comprovata professionalità ai fini del monitoraggio delle clausole di flessibilità nell’ambito delle regole del Patto di stabilità e crescita europeo anche con riferimento alle opere infrastrutturali realizzate mediante il ricorso al partenariato pubblico-privato.
Con la disposizione in esame il ricorso agli esperti è consentito anche per il monitoraggio della nuova governance europea.
Il comma 13-bis dell'articolo 2 del decreto-legge n. 34 del 2020 prevede che il potenziamento dell’attività e delle strutture della Ragioneria Generale dello Stato con esperti - individuati all'esito di una selezione comparativa effettuata mediante avviso pubblico tra persone di comprovata esperienza ed elevata professionalità - è funzionale al monitoraggio di cui all’articolo 1, comma 626, della legge n.160 del 2019, anche con riferimento alle opere di riordino della rete ospedaliera in relazione all'emergenza da Covid-19 realizzate mediante il ricorso al partenariato pubblico-privato.
L’articolo 1, comma 626, della legge n.160 del 2019 (legge di bilancio per il 2020) ha introdotto l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di trasmettere alla Ragioneria generale dello Stato le informazioni e i dati relativi alle operazioni di partenariato pubblico-privato, ai fini del loro corretto trattamento statistico e contabile.
Articolo 18, comma 5
(Ragionerie territoriali dello Stato)
L’articolo 18, comma 5, adegua le denominazioni delle articolazioni delle Ragionerie territoriali dello Stato.
Nel dettaglio, il comma in esame modifica la denominazione delle Ragionerie territoriali dello Stato recate dall’articolo 8, comma 1, del decreto-legge n. 80 del 2021, convertito con modificazioni dalla legge n. 113 del 2021: la Ragioneria territoriale di Milano diventa di Milano/Monza, quella di Bologna diventa di Bologna/Ferrara, quella di Bari diventa di Bari/Barletta-Andria-Trani, mentre le altre denominazioni (Venezia, Roma, Napoli e Palermo) rimangono invariate.
Nella relazione illustrativa, il Governo motiva tale modifica con la necessità di superare le criticità connesse alla divergenza di denominazione delle sedi
presso le Ragionerie territoriali dello Stato riscontrate in particolare in fase di conferimento degli incarichi dirigenziali.
Di conseguenza, la tabella di cui all’allegato I al decreto-legge n. 80 del 2021 è sostituita da quella di cui all’allegato I al presente decreto, che ne costituisce parte integrante.
Il menzionato articolo 8, comma 1, del decreto-legge n. 80 del 2021, in considerazione delle maggiori responsabilità connesse con le funzioni di supporto ai compiti di audit del PNRR assegnate alle Ragionerie territoriali dello Stato (RTS) ai sensi dell’articolo 7, del decreto-legge n. 77 del 2021 e del sostegno ai competenti uffici del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato (RGS) per l’attività di monitoraggio e controllo del PNRR, istituisce sette posizioni dirigenziali di livello generale, destinate alla direzione delle Ragionerie territoriali di Milano, Venezia, Bologna, Roma, Napoli, Bari e Palermo, ed una posizione di funzione dirigenziale di livello non generale destinata alla Ragioneria territoriale di Roma, nell’ambito del Dipartimento RGS.
Si rammenta che il citato articolo 7 (Controllo, audit, anticorruzione e trasparenza) del decreto-legge n. 77 del 2021 (c.d. "Semplificazioni e transizione ecologica") definisce il meccanismo dei controlli sull'attuazione del PNRR attraverso: la creazione di un ufficio dirigenziale di livello non generale avente funzioni di audit presso il Dipartimento della RGS - IGRUE (comma 1); la specificazione delle funzioni e dell'articolazione organizzativa dell'Unità di missione istituita dalla legge di bilancio 2021 (commi 2 e 3); l'autorizzazione del MEF - Dipartimento RGS a conferire sette incarichi di livello dirigenziale non generale (comma 4); la previsione della ridefinizione dei compiti degli uffici dirigenziali non generali del MEF, nelle more del perfezionamento del regolamento di organizzazione del predetto Ministero, ivi incluso quello degli uffici di diretta collaborazione (comma 5); l'attribuzione alla Sogei S.p.A. del compito di assicurare il supporto di competenze tecniche e funzionali all'amministrazione economica finanziaria per l'attuazione del PNRR, anche avvalendosi di Studiare Sviluppo s.r.l. (comma 6); l'individuazione della Corte dei Conti come organo istituzionalmente deputato al controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio delle amministrazioni pubbliche, nonché sulle gestioni fuori bilancio e sui fondi di provenienza comunitaria (comma 7); l'attribuzione alle amministrazioni della facoltà di stipulare specifici protocolli d'intesa con la Guardia di finanza per rafforzare le attività di controllo (comma 8). Per l'attuazione di tali disposizioni l'articolo, infine, autorizza la spesa di euro 218.000 per l'anno 2021 e di euro 436.000 a decorrere dall'anno 2022, rinviando all'articolo 16 per la copertura finanziaria (comma 9).
Allegato I - Tabella - Ambiti territoriali
AREA |
RTS DL n. 80 del 2021 |
RTS DL n. 25 del 2025 |
AMBITO TERRITORIALE |
Area Nord-Ovest |
RTS Milano |
RTS Milano/Monza e Brianza |
Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Lombardia |
Area Nord-Est |
RTS Venezia |
RTS Venezia |
Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige |
Area Centro-Nord |
RTS Bologna |
RTS Bologna/Ferrara |
Emilia-Romagna, Toscana e Marche |
Area Centro-Sardegna |
RTS Roma |
RTS Roma |
Lazio, Umbria, Sardegna |
Area Sud-Ovest |
RTS Napoli |
RTS Napoli |
Campania, Basilicata |
Area Sud-Adriatica |
RTS Bari |
RTS Bari/Barletta-Andria-Trani |
Puglia, Abruzzo, Molise |
Area Sud-Sicilia |
RTS Palermo |
RTS Palermo |
Sicilia, Calabria |
L’articolo 19, ai commi 1 e 2, attribuisce al Dipartimento per gli affari europei della Presidenza del Consiglio dei ministri la facoltà di avvalersi, mediante la stipula di apposite convenzioni, della società in house Eutalia s.r.l. per l’attuazione di specifiche progettualità. Agli oneri derivanti dal comma medesimo si provvede a valere sulle risorse del Programma operativo complementare al Programma operativo nazionale «Governance e capacità istituzionale 2014-2020» (comma 1). Con la finalità di garantire una più efficace realizzazione delle attività ad essa demandate, il comma 2 autorizza la trasformazione della società Eutalia s.r.l. in società per azioni.
Nel dettaglio, il comma 1 attribuisce al Dipartimento per gli affari europei della Presidenza del Consiglio dei ministri la facoltà di avvalersi, mediante la stipula di apposite convenzioni, della società in house Eutalia s.r.l. per l’attuazione di specifiche progettualità, ivi compreso lo svolgimento di attività di informazione, di accompagnamento, di supporto tecnico specialistico e di tutoraggio, in relazione alla elaborazione e alla presentazione di proposte, nonché alla partecipazione da parte delle pubbliche amministrazioni italiane a progetti a valere sui programmi a gestione diretta dell’Unione europea.
La finalità esplicita della disposizione consiste nel garantire una maggiore e più efficace partecipazione dell’Italia ai progetti finanziati nell’ambito dei programmi europei a gestione diretta e di favorire la realizzazione di nuovi investimenti, anche di tipo innovativo.
Nella relazione illustrativa, il Governo illustra il contesto da cui origina la disposizione in esame. I programmi europei attuati in regime di gestione diretta rappresentano circa il 20% del bilancio dell’UE per il periodo 2021-2027, pari a oltre 200 miliardi di euro. Nella gestione diretta, la Commissione europea è direttamente responsabile di tutte le fasi dell'attuazione di un programma. I grandi programmi comunitari sono seguiti in via diretta dalle varie DG della Commissione europea - ciascuna responsabile di un determinato ambito tematico – e da alcune Agenzie incaricate della loro gestione esecutiva. Pur nella diversità dei programmi, tutte le DG perseguono un quadro strategico comune, hanno gradualmente uniformato le loro procedure e utilizzano un portale comune di riferimento per la gestione dei loro bandi e progetti. La filiera Politiche/Strategie, Fondi/Programmi, Programmazione, Bandi, Progetti è quella che arriva a tradurre le strategie europee condivise in azioni specifiche di attori europei con l’obiettivo di ottenere un impatto significativo e un “valore aggiunto” valido e apprezzabile per tutta l’Unione europea.
Nel corso dei diversi periodi di programmazione settennali legati ai Quadri Finanziari Pluriennali (QFP), la valenza strategica dei programmi a gestione diretta e di sostegno alle azioni esterne dell’UE è progressivamente aumentata sia in termini quantitativi che qualitativi. I programmi a gestione diretta sono sempre più diventati lo strumento specifico di attuazione di strategie generali (ad es. Europa 2020) piuttosto che di specifiche strategie settoriali (ad es. Pilastro sociale, European Green Deal, etc.). In altri termini, i programmi europei a gestione diretta rappresentano la fase “discendente” (applicativa) delle grandi strategie di lungo periodo concordate e definite dagli Stati membri e dalle istituzioni europee nella fase “ascendente” per adeguare l’azione comune europea alle grandi sfide per il futuro dell’Europa e del mondo.
Tuttavia, la fase di reale partecipazione degli attori nazionali all’attuazione concreta di progetti di respiro europeo sui diversi programmi a gestione diretta e sulle azioni esterne dell’UE, per quanto molto alimentata in termini informativi, non ha visto nel corso del tempo l’attivazione di un efficace coordinamento nazionale, capace di monitorare l’effettiva partecipazione italiana a tali programmi e favorire la promozione a livello di sistema paese di progetti strategici di rilevanza nazionale attivando reti europee di partenariato.
Ciò motiva, secondo il Governo, l’attribuzione al Dipartimento per gli Affari Europei della Presidenza del Consiglio, deputato al coordinamento della partecipazione italiana ai programmi a gestione diretta dell’UE, nonché alle azioni esterne sostenute dal bilancio dell’Unione, della facoltà di avvalersi, mediante la stipula di apposite convenzioni, del supporto tecnico specialistico della società in house Eutalia s.r.l. in relazione all’elaborazione e alla presentazione di proposte progettuali da parte delle pubbliche amministrazioni italiane a valere sui programmi a gestione diretta dell’Unione europea.
Eutalia è una società del Ministero dell’Economia e delle Finanze che svolge attività di assistenza e supporto all’analisi, programmazione, attuazione e valutazione di politiche pubbliche per lo sviluppo, in qualità di in house delle Amministrazioni Centrali dello Stato. La Società supporta, inoltre, le Amministrazioni centrali e le Agenzie pubbliche nazionali nella realizzazione di progetti pilota di capacity building per lo sviluppo territoriale, anche nell’ambito di programmi di cooperazione interregionale e transnazionale.
Il seguito del comma 1 specifica che agli oneri derivanti dal comma medesimo si provvede a valere sulle risorse del Programma operativo complementare al Programma operativo nazionale «Governance e capacità istituzionale 2014-2020», di cui alla delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) n. 47/2016 del 10 agosto 2016, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 39 del 16 febbraio 2017, integrato sul piano finanziario dalla delibera del CIPE n. 36/2020 del 28 luglio 2020, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 2 settembre 2020, nel limite delle risorse che non risultino impegnate ai sensi dell’articolo 6, comma 2, del decreto-legge n. 60 del 2024, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 95 del 2024, nel rispetto delle procedure e dei criteri di ammissibilità del predetto Programma operativo complementare.
Il suddetto articolo 6, comma 2, del decreto-legge n. 60 del 2024 autorizza il Dipartimento per le politiche di coesione e per il Sud a utilizzare le risorse del Programma operativo complementare al Programma operativo nazionale Governance e capacità istituzionale 2014-2020, di cui alla delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica n. 47/2016 del 10 agosto 2016, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 39 del 16 febbraio 2017, integrato sul piano finanziario dalla delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica n. 36/2020 del 28 luglio 2020, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 2 settembre 2020, già destinate alle finalità di cui all’articolo 1, commi 179 e 179-bis, della legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020), ovvero a quelle di cui all’articolo 31-bis, comma 7, del decreto-legge n. 152 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 233 del 2021.
Il Programma Operativo Complementare al PON "Governance e Capacità istituzionale 2014–2020", presentato dall'Agenzia per la coesione territoriale, è stato approvato con la citata deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) n. 47/2016 del 10 agosto 2016. Esso si pone in funzione complementare rispetto al Programma operativo nazionale «Governance e capacità istituzionale» 2014-2020 al fine di integrare e rafforzare gli interventi in esso previsti per assicurare un maggiore impatto ed una più efficiente esecuzione finanziaria degli stessi. La dotazione finanziaria del POC, originariamente pari a circa 247,2 milioni di euro (delibera n. 47/2016), è stata successivamente integrata dapprima con la deliberazione CIPE n. 31/2019, che ha aumentato la dotazione del Programma a 294,2 milioni di euro, e poi con la deliberazione CIPE n. 36/2020 del 28 luglio 2020, che ha portato la dotazione del Programma Complementare a 739,2 milioni di euro, a seguito di una nuova assegnazione di risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2014-2020 (FSC), per complessivi 728,4 milioni, all'Agenzia per la coesione territoriale - in attuazione di quanto previsto dall’articolo 242, commi 2 e 5, del decreto-legge n. 34 del 2020 - di cui 445 milioni sono stati destinati a dare copertura agli interventi riprogrammati sul Programma operativo nazionale (PON) «Governance e capacità istituzionale» 2014-2020[126].
Tali risorse potranno essere utilizzate nei limiti delle risorse che non risultino impegnate dalle amministrazioni beneficiarie alla data del 31 luglio 2024 mediante la sottoscrizione dei contratti con il personale selezionato sulla base delle predette disposizioni, nel rispetto delle procedure e dei criteri di ammissibilità del predetto Programma operativo complementare.
Il comma specifica indica la finalità di tale autorizzazione nelle disposizioni di cui al comma 1, nonché per l’attivazione ovvero per l’implementazione di processi di informatizzazione e di digitalizzazione nell’ambito delle politiche di coesione.
L’articolo 1, comma 179 della citata legge n. 178 del 2020 prevede che, per le finalità e l’attuazione degli interventi ivi indicati, le amministrazioni pubbliche che, nell'ambito di tali interventi, rivestono ruoli di coordinamento nazionale e le autorità di gestione, gli organismi intermedi o i soggetti beneficiari delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia possono assumere, con contratto di lavoro a tempo determinato di durata corrispondente ai programmi operativi complementari e comunque non superiore a 36 mesi, personale non dirigenziale in possesso delle correlate professionalità o di adeguato titolo di studio coerente con i profili da selezionare, nel limite massimo ivi indicati ed entro la spesa massima ivi prevista.
Il successivo comma 179-bis prevede che le risorse finanziarie ripartite tra le amministrazioni interessate e non impegnate in ragione dell'insufficiente numero di idonei, all'esito delle procedure svoltesi in attuazione dell'articolo 10, comma 4, del decreto-legge n. 44 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 76 del 2021, o della mancata accettazione della proposta di assunzione nel termine assegnato dall'amministrazione, comunque non superiore a trenta giorni, possono essere destinate dalle predette amministrazioni alla stipula di contratti di collaborazione, ai sensi dell'articolo 7, commi 6 e 6-bis, del decreto legislativo n. 165 del 2001, con soggetti in possesso di professionalità tecnica analoga a quella del personale non reclutato.
Dal canto suo, l’articolo 31-bis, comma 7 del decreto-legge n. 152 del 2021 prevede che l'Agenzia per la coesione territoriale può stipulare contratti di collaborazione, di durata non superiore a 36 mesi e comunque non oltre il 31 dicembre 2026, con professionisti e personale in possesso di alta specializzazione, da destinare a supporto degli enti locali del Mezzogiorno.
La relazione tecnica stima, per l’attuazione della misura, una spesa di circa 2 milioni di euro per l’anno 2025 e di circa 3,8 milioni di euro per l’anno 2026 (annualità entro la quale è possibile rendicontare spese a valere sul Programma operativo complementare al Programma operativo nazionale Governance e capacità istituzionale 2014-2020).
Inoltre, sempre secondo la relazione tecnica, per effetto di quanto disposto dal citato articolo 6, comma 2, del decreto-legge n. 60 del 2024, gli oneri finanziari discendenti dalle convenzioni, che saranno sottoscritte dal Dipartimento per gli affari europei della Presidenza del Consiglio dei ministri con la società Eutalia s.r.l. troveranno copertura finanziaria a valere sulle risorse del Programma operativo complementare al Programma operativo nazionale Governance e capacità istituzionale 2014-2020 resisi disponibili a seguito dell’applicazione del citato articolo 6, comma 2, del decreto – legge n. 60 del 2024 e che, sulla base della ricognizione effettuata dal Dipartimento per le politiche di coesione e per il sud della Presidenza del Consiglio dei ministri, risultano, alla data del 21 febbraio 2025, pari ad euro 54.369.774,99. Il già menzionato importo, alla data del 21 febbraio 2025, non è stato oggetto di ammissione a finanziamento di altre progettualità a valere sul POC Governance 14-20 e che pertanto le risorse sono certe e disponibili per coprire le spese che deriveranno dal finanziamento del progetto di cui si tratta.
Il comma 2, con la finalità di garantire una più efficace realizzazione delle attività ad essa demandate, autorizza la trasformazione della società Eutalia s.r.l. in società per azioni, sulla base di un progetto approvato dall’amministratore unico, sentito il collegio sindacale, che definisce il programma e il nuovo statuto. Fermo restando quanto previsto dal testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al decreto legislativo n. 175 del 2016, il Consiglio di amministrazione è composto da tre membri e ad essi non si applicano le previsioni di cui all’articolo 4, comma 4, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012. Nelle more dell’attuazione della trasformazione, l’organo di amministrazione della società Eutalia s.r.l. è prorogato fino alla nomina del nuovo organo. All’attuazione del presente comma, si provvede nei limiti delle risorse umane e strumentali disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Ai sensi del suddetto articolo 4, comma 4, del decreto-legge n. 95 del 2012, a decorrere dal 1º gennaio 2015, il costo annuale sostenuto per i compensi degli amministratori di tali società, ivi compresa la remunerazione di quelli investiti di particolari cariche, non può superare l'80% del costo complessivamente sostenuto nell'anno 2013.
L’articolo 19, comma 3 modifica la disciplina relativa all’incarico di Responsabile Unico del Contratto (RUC), per ciascun contratto istituzionale di sviluppo (CIS).
Si prevede una deroga alle disposizioni vigenti consentendo di nominare Responsabile Unico del Contratto (RUC) anche soggetti già dipendenti pubblici o privati attualmente in quiescenza, e di attribuire loro un emolumento, fermi alcuni limiti sulla cumulabilità con i trattamenti pensionistici. Inoltre, si prevede che il decreto di nomina del RUC fissi un compenso annuo lordo in ogni caso compreso tra i 50.000 e i 100.000 euro, definito in base ad alcuni criteri.
Si conferisce ai tavoli istituzionali che supervisionano i contratti istituzionali di sviluppo già stipulati la facoltà di rideterminare i compensi dei RUC, a valere sulle risorse destinate all’attuazione dei contratti stessi.
L’articolo 19, comma 3 introduce due nuovi commi, i commi 3-bis e 3-ter, all’articolo 12 del decreto-legge 7 maggio 2024, n. 60, in materia della disciplina del Responsabile Unico del Contratto (RUC) per i contratti istituzionali di sviluppo (CIS).
Si rammenta che l’articolo 12 del decreto-legge 7 maggio 2024, n. 60 dispone che il Dipartimento per la coesione effettui una ricognizione sullo stato di attuazione dei singoli interventi attuati nell’ambito dei contratti istituzionali di sviluppo già stipulati; nelle more della ricognizione, il Dipartimento esercita le funzioni di responsabile unico del contratto (RUC) per i contratti già stipulati. È previsto, al comma 3, che un decreto del Ministro per la coesione riveda la governance istituzionale e le modalità attuative dei contratti istituzionali di sviluppo. La Relazione illustrativa riporta che tale revisione è disposta dall’articolo 9 del decreto 9 gennaio 2025 del Ministro per gli affari europei, il PNRR e le politiche di coesione, attualmente in fase di registrazione da parte della Corte dei conti.
Si rammenta che i CIS sono strumenti di programmazione negoziata e attuazione principalmente di progetti strategici di rilevanza nazionale, interregionale o regionale, principalmente infrastrutturali, finanziati con risorse europee di coesione, con il Fondo sviluppo e coesione (risorse nazionali italiane) e con eventuali ulteriori risorse nazionali. La stipula di un CIS ha lo scopo di delineare quadro finanziario, cronoprogramma, modalità gestionali, responsabilità dei contraenti, criteri e procedure di monitoraggio e modalità dell’eventuale definanziamento in caso di mancato rispetto delle tempistiche e requisiti delineati, nonché l’individuazione di un Responsabile Unico del Contratto (per un approfondimento sui CIS, si rimanda ai paragrafi di seguito riportati).
Il nuovo comma 3-bis dispone la possibilità di attribuire l’incarico di Responsabile Unico del Contratto (RUC) relativo ai progetti gestiti tramite contratti istituzionali di sviluppo (CIS) anche a persone già collocate in quiescenza come ex lavoratori pubblici o privati, e sia altresì possibile conferire loro un emolumento.
In particolare, la norma prevede la disapplicazione dell’articolo 5, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, che dispone il divieto per le pubbliche amministrazioni (come individuate dall’Istat nella pubblicazione annuale in Gazzetta Ufficiale: l’ultima risale alla G.U. 30 settembre 2024 n. 229) di conferire incarichi remunerati a soggetti in quiescenza, consentendone invece lo svolgimento a titolo gratuito, e limitando in ogni caso la durata degli incarichi dirigenziali e direttivi a un anno, non prorogabile né rinnovabile.
Restano ferme:
- le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 489, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, che prevede come il cumulo tra la retribuzione attribuita al RUC – fissata ai sensi del secondo periodo del nuovo comma 3-bis illustrato infra tra i 50.000 e i 100.000 euro lordi annuali – e ogni altro trattamento pensionistico erogato da gestioni previdenziali pubbliche non possa eccedere il trattamento economico annuale complessivo lordo spettante per la carica al Primo Presidente della Corte di cassazione, attualmente pari a euro 241.080,00 dal 1° gennaio 2022, come rileva anche una nota al bilancio della Corte costituzionale.
- i limiti disposti dagli articoli 14, comma 3, e 14.1, comma 3, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, che implicano che non sia possibile cumulare la fruizione del compenso come responsabile unico del contratto (RUC) con le pensioni anticipate. Rispettivamente, l’articolo 14 comma 3 dispone l’impossibilità di cumulo, in generale, con redditi da lavoro dipendente o autonomo, della pensione anticipata conseguita con i requisiti di “quota 100” entro il 31 dicembre 2021 o con il raggiungimento di 64 anni d’età e 38 anni di anzianità contributiva entro l’anno 2022, mentre l’articolo 14.1 dispone l’impossibilità di cumulo, con redditi da lavoro dipendente o autonomo, della pensione anticipata conseguita con il raggiungimento di 62 anni d’età e 41 anni di anzianità contributiva entro l’anno 2023, 2024, o 2025.
Nel dettaglio, si rammenta che l’articolo 23-ter, comma 1, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, ha stabilito che il trattamento economico annuo onnicomprensivo di chiunque riceva a carico delle finanze pubbliche emolumenti o retribuzioni nell’ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali o in regime di diritto pubblico non possa eccedere il trattamento economico del primo presidente della Corte di cassazione. Il D.P.C.M. 23 marzo 2012 disponeva che tale trattamento fosse pari nell'anno 2011 a euro 293.658,95; successivamente, l’articolo 13, comma 1, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, ha stabilito che, a decorrere dal 1° maggio 2014, tale limite massimo retributivo fosse fissato in euro 240.000,00 annui lordi; infine, l’articolo 1, comma 68, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio per il 2022), ha stabilito una rivalutazione in base alla percentuale stabilita in relazione agli incrementi medi conseguiti nell’anno precedente dalle categorie di dipendenti pubblici contrattualizzati, per cui il limite è stato elevato a 241.080,00 dal 1° gennaio 2022, come rileva anche una nota al bilancio della Corte costituzionale.
Il nuovo comma 3-bis dispone inoltre che al Responsabile Unico del Contratto (RUC) sia riconosciuto un compenso annuo lordo il cui importo è fissato decreto di nomina del RUC ed è in ogni caso compreso tra i 50.000 e i 100.000 euro.
La norma prevede che l’entità del compenso sia fissato in base a due parametri: il valore e la complessità del progetto che il singolo RUC supervisiona; le competenze personali del RUC e le responsabilità ad egli attribuite. Il compenso così fissato è definito per il 50% da una parte fissa, e per il restante 50% da una parte variabile che dipende da due fattori: il raggiungimento degli obiettivi fissati per il CIS che egli supervisiona, ed il rispetto del cronoprogramma fissato.
Infine, con l’introduzione del nuovo comma 3-ter all’articolo 12 del decreto-legge 7 maggio 2024, n. 60, si attribuisce la facoltà, ai tavoli istituzionali previsti come gestori dei contratti istituzionali già in vigore, di rideterminare i compensi che essi attribuiscono ai relativi Responsabili Unici dei contratti secondo la disciplina introdotta dal nuovo comma 3-bis introdotto dal presente articolo 19 comma 3.
Il comma 3-ter dispone altresì che l’attribuzione di tali compensi debba essere disposta a valere sulle risorse destinate all’attuazione del contratto istituzionale di sviluppo che siano ancora disponibili. Pertanto, la Relazione tecnica riporta come non vi siano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica; i compensi dovranno essere pagati utilizzando le risorse già previste dai singoli CIS.
Il contratto istituzionale di sviluppo (CIS), istituito dall'articolo 6 del D. Lgs. n. 88 del 2011, costituisce uno strumento che le amministrazioni competenti possono stipulare sia per accelerare l'utilizzo dei fondi strutturali europei sia per accelerare la realizzazione di nuovi progetti strategici di rilievo nazionale, interregionale e regionale, tra loro funzionalmente connessi in relazione a obiettivi e risultati, finanziati con risorse nazionali, dell'Unione europea e del Fondo per lo sviluppo e la coesione. In particolare, i CIS sono finalizzati all'accelerazione della realizzazione degli interventi speciali che prevedono la realizzazione di opere infrastrutturali, funzionali alla coesione territoriale e a uno sviluppo equilibrato del Paese.
Con i CIS, in sostanza, le risorse sono concentrate per la realizzazione di un'unica grande infrastruttura a valenza nazionale o interregionale (salve eccezioni dettate da specificità territoriali), superando i tradizionali limiti regionali verso una logica per macroaree. Nel contratto vengono definiti i tempi di attuazione (cronoprogramma), le responsabilità dei contraenti, i criteri di valutazione e monitoraggio e le sanzioni per eventuali inadempimenti. Il contratto istituzionale di sviluppo viene stipulato dal Ministro per la coesione o dall’autorità politica con delega alla coesione, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati, dai Presidenti delle Regioni interessate e dalle amministrazioni competenti.
Per valorizzare i contratti istituzionali di sviluppo, il D.L. n. 91/2017, all'articolo 7, ha previsto che, per accelerare l'attuazione di interventi complessi, definiti dalla norma come "aventi natura di grandi progetti" ovvero di "investimenti articolati in singoli interventi tra loro funzionalmente connessi, che richiedano un approccio integrato e l'impiego di fondi strutturali di investimento europei e di fondi nazionali inseriti in piani e programmi operativi finanziati a valere sulle risorse nazionali e europee", sia il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro delegato per la coesione territoriale e il Mezzogiorno ad individuare gli interventi per i quali si procede alla sottoscrizione di appositi contratti istituzionali di sviluppo, su richiesta delle amministrazioni interessate.
L’articolo 14 del D.L. n. 77/2021 ha inoltre esteso anche ai CIS le norme di accelerazione e semplificazione introdotte nell’ordinamento per l'attuazione del PNRR.
Il sito del Dipartimento per le Politiche di coesione riporta una panoramica dei CIS attivi nonché il testo del contratto di ciascun CIS, il piano finanziario e le schede di progetto dei singoli lotti; si rammenta inoltre che l’articolo 6, comma 5, del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88 dispone come sia garantito l’accesso alle informazioni sui flussi finanziari, alla Camera dei deputati, al Senato ed alla Corte dei conti, sulla base di apposite intese.
Per quanto riguarda interventi infrastrutturali sono attualmente operativi i contratti istituzionali di sviluppo relativi alle seguenti opere ferroviarie: CIS Napoli-Bari-Lecce/Taranto; CIS Messina-Catania-Palermo; CIS Salerno-Reggio Calabria, nonché il CIS per l’adeguamento della strada statale Sassari-Olbia.
Ad essi si aggiungono i CIS riferiti ad uno specifico territorio: CIS Taranto (30 dicembre 2015); CIS Matera (26 settembre 2017); CIS Capitanata (Foggia) (13 agosto 2019); CIS Molise (19 ottobre 2019); CIS Cratere sismico del 2016 (14 settembre 2021); CIS Terra dei Fuochi (27 gennaio 2022); CIS per l'area Vesuvio-Pompei-Napoli (17 maggio 2022); CIS Calabria – svelare bellezza (21 giugno 2022); CIS Brindisi-Lecce-Costa Adriatica (28 giugno 2022), il CIS Roma – Scuole verdi (6 luglio 2022); CIS Volare- Aeroporti di Calabria (3 ottobre 2022).
Vanno infine aggiunti i CIS riservati alla rigenerazione e alla valorizzazione del patrimonio culturale che si trova nei centri storici delle città di Cosenza (14 settembre 2020), Napoli (3 dicembre 2020) e Palermo (2 febbraio 2021), il cui Tavolo interistituzionale è presieduto dal Ministero della Cultura, nonché il CIS per il recupero dell’ex carcere borbonico di Ventotene, 3 agosto 2017.
Erano state avviate le procedure per la definizione del CIS “la Grande Salerno” e del CIS nazionale “Acqua Bene Comune”, che tuttavia avevano evidenziato criticità strutturali, come evidenziato dal Ministro Fitto nella risposta al question time della seduta dell’Assemblea della Camera dei deputati del 10 maggio 2023[127].
Informazioni dettagliate sui singoli contratti istituzionali di sviluppo sono, da ultimo, presenti nella “Relazione sugli interventi nelle aree sottoutilizzate”, allegata al Documento di economia e finanza (DEF 2024), Cap. IV, pp. 49-57.
L’articolo 19, comma 4, dispone che la quota non utilizzata delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione della programmazione 2014-2020 destinate al sostegno al Terzo settore nel Mezzogiorno, in Lombardia e nel Veneto, disposto durante la pandemia da Covid-19 ai sensi del D.L. n. 34/2020, pari a 87,9 milioni di euro, è destinata all’imputazione delle riduzioni del FSC 2014-2020, richieste ai sensi del D.L. n. 50/2022.
La disposizione è volta al recupero delle risorse residue del Fondo Sviluppo e Coesione della programmazione 2014-2020 che sono state destinate, dall’articolo 246 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, alla concessione di contributi per il sostegno degli enti del Terzo settore nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia, Lombardia e Veneto per rafforzare l’azione a tutela delle fasce più deboli della popolazione a seguito dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, che risultano non utilizzate.
L’articolo 246, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 ha stabilito il conferimento di un contributo agli enti del Terzo settore nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia, Lombardia e Veneto, con risorse a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione 2014-2020, finalizzato a rafforzare l’azione a tutela delle fasce più deboli della popolazione a seguito dell’emergenza epidemiologica da COVID-19. Per la misura, a titolarità dell’ex Agenzia per la coesione territoriale, è stato autorizzato uno stanziamento pari a 100 milioni di euro per il 2020 (di cui 20 milioni dedicati espressamente al contrasto alla povertà educativa) e a 20 milioni di euro per il 2021.
Tali stanziamenti sono iscritti al capitolo 5247 “Fondo per il finanziamento di progetti e attività di interesse generale nel terzo settore” nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Il contributo è concesso in forma di sovvenzione diretta per il finanziamento dei costi ammissibili e a seguito di selezione pubblica nel rispetto dei principi di trasparenza e parità di trattamento, cumulabile con il sostegno proveniente da altre fonti per gli stessi costi ammissibili.
Al fine di dare attuazione alla normativa di sostegno agli Enti del Terzo settore (ETS) nel contrasto all’epidemia COVID-19, l’ex Agenzia per la coesione territoriale ha avviato procedura di selezione degli ETS impegnati nelle Regioni del Mezzogiorno, in Lombardia e Veneto, con Avviso pubblico (approvato con Decreto del Direttore generale 290/2021 del 20 dicembre 2021), per l’erogazione di fondi pari a 80 milioni (corrispondente alla quota parte dei fondi autorizzati per il 2020 non destinati al contrasto alla povertà educativa), di cui 64 milioni per le Regioni del Mezzogiorno e 16 milioni per le Regioni Lombardia e Veneto. nel rispetto della chiave di riparto, 80% nelle aree del Mezzogiorno e 20% in quelle del centronord, indicata dal comma 6 dell'art. l della legge n. 147/2023. L’avviso consentiva a ciascun ente del Terzo settore una sola richiesta, per un importo massimo finanziabile pari a 10.000 euro.
Con successivo Decreto del Direttore generale 191/2022, l’Agenzia ha rilevato la presentazione di 3.180 istanze di cui 1.903 da parte di organizzazioni di volontariato (ODV) e associazioni di promozione sociale (APS) regionali; 841 da Associazioni di promozione sociale (APS) nazionali e 436 da parte di organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS). Di queste, sono state accolte 2.906 istanze, per un importo totale di contributi da erogare pari a 12,1 milioni di euro. La lista dei beneficiari, la maggior parte dei quali ha ottenuto un importo inferiore ai 10.000 euro, è riportata in allegato al decreto direttoriale n. 191/2022. Dei contributi erogati, circa 20.202 euro sono stati successivamente revocati per mancanza dei requisiti.
La procedura si è conclusa con il Decreto del Direttore generale 571/2023, il quale evidenzia, nel quadro di sintesi finanziario-contabile di chiusura, che le risorse non assegnate sono pari a 67.920.202 euro (comprensivo delle economie) per l'annualità 2020 e a 20.000.000 euro per l'annualità 2021, per un totale di 87.920.202 euro.
Secondo la Relazione illustrativa di accompagnamento al decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25, articolo 19, le procedure avviate dall’Agenzia della coesione relative all’attribuzione dei 20 milioni di euro di fondi destinati al contrasto alla povertà educativa sono state avviate nel 2020 e risultano tuttora in corso di svolgimento.
A fronte dei 100 milioni di euro autorizzati per l’anno 2020 e dei 20 milioni stanziati per l’anno 2021 in favore degli enti del Terzo settore, 87,9 milioni di euro risultano non utilizzati.
La norma in esame è volta, pertanto, a far rientrare nella disponibilità del Fondo per lo sviluppo e la coesione della programmazione 2014-2020 tali risorse residue, non utilizzate, per destinarle alla copertura delle riduzioni del medesimo Fondo sviluppo e coesione 2014-2020, operate ai sensi dell'articolo 58, comma 4, lettera f), del D.L. 17 maggio 2022, n. 50.
Si rammenta, infatti, che il D.L. n. 50 del 2022 (c.d. decreto aiuti), nel recare misure agevolative in materia di politiche energetiche nazionali, produttività delle imprese, nonché in tema di politiche sociali e di crisi ucraina, ha utilizzato a copertura degli oneri finanziari del provvedimento, tra gli altri, le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione della programmazione 2014-2020 (art. 58, comma 4, lett. f)), nell'importo complessivo di 6 miliardi.
L'importo del Fondo per lo sviluppo e la coesione, programmazione 2014-2020 da usare a copertura è stato imputato in via prioritaria a valere sul valore degli interventi definanziati per il mancato rispetto dei termini per l'assunzione delle obbligazioni giuridicamente vincolanti (OGV), secondo la procedura prevista dall’art. 56 comma 2, del medesimo D.L. n. 50/2022.
Con apposite delibere, il CIPESS provvede ad accertare il valore degli interventi definanziati e ad imputare l'eventuale fabbisogno residuo di copertura a valere sulle risorse disponibili della programmazione 2014-2020.
L’articolo 58, comma 4, lettera f), del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50 ha disposto, tra le coperture previste per i nuovi oneri da esso stesso introdotti, una riduzione complessiva di 6 miliardi di euro della dotazione del Fondo di sviluppo e coesione (FSC) della programmazione 2014-2020, di cui 1.000 milioni di euro per ciascun anno 2022, 2023 e 2024, e 3.000 milioni di euro per il 2025.
L’attuazione di tale riduzione dell’FSC è disciplinata dall’articolo 56, comma 2, del medesimo decreto-legge n. 50/2022, il quale stabilisce che le riduzioni disposte a copertura devono essere imputate prioritariamente a valere sulle somme derivanti da interventi definanziati per il mancato rispetto dei termini per l’assunzione delle obbligazioni giuridicamente vincolanti (OGV), la cui scadenza è prevista al 31 dicembre 2022 (secondo quanto previsto dall’articolo 44, comma 7, lettera b), del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34) ovvero al 30 giugno 2023, nel caso di interventi infrastrutturali aventi valore finanziario complessivo superiore a 25 milioni di euro per i quali, pur risultando la mancanza di OGV a giugno 2022, sia intervenuta una apposita delibera del CIPESS, che abbia definito un cronoprogramma finanziario e procedurale, finalizzato proprio ad evitare il definanziamento dell'intervento (articolo 44, comma 7-bis, del D.L. n. 30/2019). Alla ricognizione degli interventi rientranti nelle suddette fattispecie si è provveduto con delibera CIPESS n. 48 del dicembre 2022. Su di essi, il CIPESS, con una o più delibere da adottare entro 90 giorni dalla scadenza dei termini per l'assunzione delle obbligazioni giuridicamente vincolanti (31 dicembre 2022 ovvero 30 giugno 2023), provvede ad accertare il valore degli interventi definanziati da utilizzare a copertura, e, in caso di insufficienza, ad imputare l'eventuale fabbisogno residuo di copertura a valere sulle risorse disponibili della programmazione 2014-2020.
Qualora le risorse recuperate della programmazione 2014-2020 dovessero risultare insufficienti, l’art. 56 del D.L. n. 50/2022 dispone che alla copertura si provveda con la corrispondente riduzione delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione della programmazione 2021-2027. Nelle more della procedura di definanziamento degli interventi 2014-2020, una quota di risorse, pari a 6 miliardi di euro, sono state pertanto rese indisponibili, relativamente alle annualità 2026-2031, sul Fondo per lo sviluppo e la coesione, programmazione 2021-2027.
Solo di recente, sono stati accertati dal CIPESS i primi interventi da definanziare, riferibili ai Piani di Sviluppo e Coesione (PSC) delle amministrazioni regionali e delle città metropolitane nonché del PSC Sport, per un valore complessivo di circa 1.265 milioni di euro.
Le delibere del CIPESS che hanno accertato definanziamenti di interventi che non hanno conseguito obbligazioni giuridicamente vincolanti, da imputare delle riduzioni del FSC 2014-20204 ai sensi dell’art. 58 del D.L. n. 50/2022, sono riportate nella tabella che segue:
Delibera CIPESS |
Importo definanziamenti |
Del. 14/2024 (G.U. del 17 luglio 2024, n.166) |
298.972.070,82 |
Del. 40/2024 (G.U. del 30 ottobre 2024, n. 255) |
338.734.846,51 |
Del. 79/2024 (G.U. del 14 marzo 2025, n. 61 – PSC Sport) |
53.709.866,00 |
Del. 69/2024 (non ancora pubblicata in G.U.) |
135.897.890,27 |
Del. 4/2025 (non ancora pubblicata in G.U.) |
437.460.060,22 |
TOTALE |
1.264.774.733,82 |
In sostanza, con il comma 4 in esame si dispone che i 87,9 milioni di euro di risorse inutilizzate per gli aiuti al Terzo settore siano destinate alla copertura della riduzione di 6.000 milioni di euro disposta sugli stanziamenti del Fondo sviluppo e coesione 2014-2020 ai sensi dell’articolo 58, comma 4, lettera f) del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50.
Il comma 4 in esame dispone altresì che eventuali ulteriori risorse non utilizzate, eccedenti l’importo di 87,9 milioni di euro, rientrano nella disponibilità del medesimo Fondo per lo sviluppo e la coesione, periodo di programmazione 2014-2020, per essere anch’esse destinate, ove necessario, ai fini dell’imputazione dell’eventuale fabbisogno residuo ai sensi dell’articolo 56, comma 2, del decreto-legge n. 50 del 2022
La norma fa riferimento alle eventuali ulteriori risorse residue rivenienti dalla conclusione delle due procedure avviate dall’ex Agenzia per la coesione in relazione agli interventi di contrasto alla povertà educativa, finanziati con un contributo di 20 milioni di euro per il 2021, ai sensi del medesimo articolo 246 del D.L. n. 34 del 2020, attualmente in corso.
Come illustrato nella Relazione tecnica del provvedimento, per gli interventi di contrasto alla povertà educativa, l’ex Agenzia per la coesione ha avviato 2 procedure destinate, la prima, alla selezione di progetti presentati dagli Enti del Terzo settore nelle Regioni Lombardia e Veneto (Decreto Direttoriale n. 191/2020 di approvazione dell’Avviso con dotazione finanziaria pari a 4 milioni) e, la seconda, alla selezione di progetti presentati dagli Enti del Terzo settore nelle Regioni del Mezzogiorno (Decreto Direttoriale n. 192/2020 del 9 novembre 2020 di approvazione dell’Avviso con dotazione finanziaria pari a 16 milioni di euro). Le due procedure risultano al momento ancora in corso.
Articolo 19, commi 5-9
(Riversamento spontaneo crediti d’imposta)
L’articolo 19, commi da 5 a 9, proroga dal 31 ottobre 2024 al 3 giugno 2025 il termine di adesione alla procedura di riversamento spontaneo dei crediti d’imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo indebitamente fruiti, con conseguente modifica dei termini di versamento delle somme dovute a seguito di tale adesione.
L’articolo 19, comma 5, dispone la riapertura del termine per l’adesione alla procedura di riversamento spontaneo, senza applicazione di sanzioni e interessi, dei crediti d’imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo indebitamente utilizzati, di cui all’articolo 5, comma 9, del decreto-legge n. 146 del 2021. In particolare, il nuovo termine è fissato al 3 giugno 2025 (in luogo del previgente 31 ottobre 2024).
Vengono, altresì, stabilite le modalità di versamento delle somme dovute in caso di adesione alla procedura:
§ in un’unica soluzione entro il 3 giugno 2025;
§ ovvero in tre rate di pari importo, di cui la prima da corrispondere entro il 3 giugno 2025 e le successive entro il 16 dicembre 2025 e il 16 dicembre 2026.
La norma in esame prevede, inoltre, l’applicazione, a decorrere dal 4 giugno 2025 (in precedenza 17 dicembre 2024), sulle rate successive alla prima, degli interessi, calcolati al tasso legale, di cui all’articolo 5, comma 11, del menzionato decreto e fa salve le disposizioni di cui ai commi da 7 a 12 dell’articolo medesimo.
In merito, si rammenta che il sopra citato articolo 5, comma 11, rinviando all’articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, fissa la misura degli interessi al tasso del 4 per cento annuo.
Il decreto-legge n. 146 del 2021 (articolo 5, commi da 7 a 12) ha introdotto una procedura per il riversamento spontaneo, senza applicazione di sanzioni e interessi, dei crediti d’imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo di cui all’articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013, da parte di soggetti che li hanno indebitamente utilizzati.
La procedura è destinata ai soggetti che, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019, abbiano svolto, sostenendo le relative spese, attività in tutto o in parte non qualificabili come attività di ricerca e sviluppo ammissibili nell’accezione rilevante ai fini del credito d’imposta di cui all’articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013.
La procedura di riversamento spontaneo può essere utilizzata anche dai soggetti che:
- abbiano commesso errori nella quantificazione o nell’individuazione delle spese ammissibili, in violazione dei principi di pertinenza e congruità, nonché nella determinazione della media storica di riferimento;
- in relazione al periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016, abbiano qualificato l’ambito di applicazione della misura in maniera non conforme a quanto dettato dalla diposizione d’interpretazione autentica recata dall’articolo 1, comma 72, della legge di bilancio 2019.
L’accesso alla procedura, secondo quanto prevede la normativa vigente di cui ai commi da 7 a 12 dell’articolo 5 del decreto-legge n. 146 del 2021, è escluso nei casi di condotte fraudolente, di fattispecie simulate, di false rappresentazioni della realtà basate sull’utilizzo di documenti falsi, nonché nelle ipotesi in cui manchi la documentazione idonea a dimostrare il sostenimento delle spese ammissibili al credito d’imposta. La procedura non può essere, altresì, utilizzata per il riversamento dei crediti il cui indebito utilizzo in compensazione sia già stato accertato con provvedimenti impositivi divenuti definitivi, mentre nel caso di indebito utilizzo constatato con un atto non ancora divenuto definitivo, il versamento deve obbligatoriamente riguardare l’intero importo del credito, senza possibilità di applicare la rateazione.
Antecedentemente alla modifica apportata dal decreto-legge n. 25 del 2025 (oggetto di conversione in legge mediante il disegno di legge in esame), per avvalersi della procedura era necessario inviare apposita richiesta all’Agenzia delle entrate entro il 31 ottobre 2024, specificando il periodo o i periodi d’imposta di maturazione del credito d’imposta per cui è presentata la richiesta, gli importi del credito oggetto di riversamento spontaneo e tutti gli altri dati ed elementi richiesti in relazione alle attività e alle spese ammissibili.
Il comma 9 della medesima disposizione prevedeva, inoltre, che il contenuto e le modalità di trasmissione del modello di comunicazione per la richiesta di applicazione della procedura fossero definiti con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate da emanare entro il 31 maggio 2022. In attuazione di tali disposizioni, l’Agenzia delle entrate ha emanato i provvedimenti del 1° giugno e del 4 luglio 2022 che contengono modello, istruzioni e specifiche tecniche per la trasmissione telematica dei dati relativi al modello di domanda per l’accesso alla procedura. Ai sensi del comma 10, a seguito delle novelle intervenute con l’articolo 5, comma 1, lettera b), nn. 1), 2) e 3), del decreto-legge n. 145 del 2023, il versamento dell’importo del credito indebitamente utilizzato in compensazione, indicato nella comunicazione inviata all’Agenzia delle entrate doveva essere effettuato entro il 16 dicembre 2024. Il versamento poteva, altresì, essere effettuato in tre rate di pari importo, di cui la prima da corrispondere entro il 16 dicembre 2024 e le successive entro il 16 dicembre 2025 e il 16 dicembre 2026. In caso di pagamento rateale erano dovuti, a decorrere dal 17 dicembre 2024, gli interessi calcolati al tasso legale.
Il riversamento degli importi dovuti è effettuato senza avvalersi della compensazione di cui all’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997.
Il comma 11 stabilisce che la procedura si perfeziona con l’integrale versamento di quanto dovuto. In caso di riversamento rateale, il mancato pagamento di una delle rate entro la scadenza prevista comporta il mancato perfezionamento della procedura, l’iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti, nonché l’applicazione di una sanzione pari al 30 per cento degli stessi e degli interessi nella misura prevista dall’articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973. In esito al corretto perfezionamento della procedura di riversamento è esclusa la punibilità per il delitto di indebita compensazione (di cui all’articolo 10-quater del decreto legislativo n. 74 del 2000).
Infine, ai sensi del comma 12, la procedura in oggetto non può essere utilizzata per il riversamento dei crediti il cui utilizzo in compensazione sia già stato accertato con un atto di recupero crediti, ovvero con altri provvedimenti impositivi, divenuti definitivi alla data di entrata in vigore del presente decreto. Nel caso in cui l’utilizzo del credito d'imposta sia già stato constatato con un atto istruttorio, ovvero accertato con un atto di recupero crediti, ovvero con un provvedimento impositivo, non ancora divenuti definitivi alla data di entrata in vigore del presente decreto, il riversamento deve obbligatoriamente riguardare l’intero importo del credito oggetto di recupero, accertamento o constatazione, senza applicazione di sanzioni e interessi e senza possibilità di applicare la suddetta rateazione. Prima dell’ultima modifica, in deroga all’articolo 3, comma 3, della legge n. 212 del 2000, il termine di decadenza per l’emissione degli atti di recupero, ovvero di ogni altro provvedimento impositivo, era prorogato di un anno con riferimento ai crediti d’imposta utilizzati negli anni 2016 e 2017.
Il comma 6 stabilisce che, qualora alla data di presentazione dell’istanza di riversamento, l’atto o il provvedimento impositivo, riferito a crediti oggetto dell’istanza medesima validamente presentata, sia divenuto definitivo, il riversamento deve essere effettuato per l’intero importo del credito utilizzato entro il termine del 3 giugno 2025.
Il comma 7, lettere a) e b), introduce novelle all’articolo 5, comma 12, del decreto-legge n. 146 del 2021.
Nello specifico, la lettera a) prevede che, laddove la procedura di riversamento concerna crediti oggetto di atti di recupero o provvedimenti impositivi per i quali, alla data di presentazione dell’istanza di riversamento, penda un contenzioso, l’adesione alla procedura di riversamento è subordinata alla rinuncia al contenzioso stesso, entro il termine del 3 giugno 2025, con conseguente compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
Peraltro, con riguardo agli atti di recupero o provvedimenti impositivi per i quali alla data del 3 giugno 2025 sia ancora pendente il termine di presentazione del ricorso di cui al decreto legislativo n. 546 del 1992 (sostituito, a decorrere dal 1° gennaio 2026, dall’articolo 67 del decreto legislativo n. 175 del 2024), viene disposto che la dichiarazione di adesione equivale a rinuncia al ricorso medesimo.
A tale proposito, si rappresenta che, ai sensi del sopra citato articolo 21, il ricorso deve essere proposto a pena di inammissibilità entro sessanta giorni dalla data di notificazione dell’atto impugnato.
La lettera b) stabilisce che, in deroga all’articolo 3, comma 3, della legge n. 212 del 2000, con riferimento ai crediti d’imposta utilizzati negli anni 2016 e 2017, il termine di decadenza per l’emissione degli atti di recupero, ovvero di ogni altro provvedimento impositivo, è prorogato di due anni (e non più di un anno).
Al riguardo, si ricorda che il suddetto articolo 3, comma 3, vieta la proroga dei termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti di imposta.
Il comma 8 modifica, a fini di coordinamento normativo, l’articolo 1, comma 458, della legge n. 207 del 2024 (legge di bilancio 2025), sostituendo il temine del 31 ottobre 2024 con quello del 3 giugno 2025.
Sul punto, si rammenta che il suddetto comma 458 riconosce un contributo in conto capitale, commisurato in termini percentuali a quanto riversato, nel limite di spesa di cui comma 460, ai soggetti che hanno fruito del credito d’imposta ricerca e sviluppo, di cui al già citato articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013, e che hanno aderito alla procedura di riversamento dell’importo entro il 31 ottobre 2024.
Infine, il comma 9 prevede la copertura finanziaria, disponendo che agli oneri derivanti dalla riapertura dei termini per la procedura di adesione al riversamento spontaneo, quantificati in 5.773.589 di euro per l’anno 2025 e 2.886.795 di euro per l’anno 2026, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2025-2027, nell’ambito del programma Fondi di riserva e speciali della missione Fondi da ripartire dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2025, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero delle imprese e del made in Italy.
Articolo 20
(Disposizioni urgenti per la funzionalità del Consiglio superiore dei lavori pubblici)
L’articolo 20, introducendo le opportune modifiche nei relativi allegati al Codice degli appalti pubblici, predispone misure la cui finalità dichiarata consiste nel migliorare la funzionalità del Consiglio superiore dei lavori pubblici.
Il comma 1, intervenendo sull’allegato 1.11 del Codice dei Contratti pubblici (decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36) prevede l’aumento da 30 a 33 del numero degli esperti scelti fra docenti universitari ordinari e associati, di chiara e acclarata competenza nelle materie di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 1.
Si interviene inoltre sull’art. 8 introducendo dopo il comma 2, il comma 2-bis che prevede che i soggetti che sottopongono al Consiglio superiore dei lavori pubblici i progetti di opere e documenti di fattibilità delle alternative progettuali di cui all'articolo 47 del Codice dei contratti pubblici (che fa riferimento alle alternative progettuali inseriti nei documenti pluriennali di programmazione dei ministeri competenti), e all'articolo 48, comma 7, del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 108, ( che si riferisce a progetti di fattibilità tecnica ed economica di lavori pubblici di competenza statale, o comunque finanziati per almeno il 50 per cento dallo Stato, di importo pari o superiore ai 100 milioni di euro), sono tenuti al versamento all'entrata del bilancio dello Stato pari allo 0,3 per mille dell'importo complessivo del quadro economico relativo al progetto o della stima sommaria dei costi del documento di fattibilità delle alternative progettuali sottoposto all'esame del Consiglio superiore o della Sezione speciale fino ad un importo massimo di Euro 100.000,00 (centomila/00). L'esame del progetto o dei documenti di fattibilità delle alternative progettuali da sottoporre al Consiglio Superiore o alla Sezione Speciale è subordinato al versamento della predetta somma. Sono esclusi dal versamento di cui al primo periodo le strutture a livello centrale e quelle decentrate in cui si articola il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
Si prevede, infine, che tale versamento dovrà essere detratto dall'importo stabilito dalla voce del quadro economico di cui al comma 1, lettera e), n. 5) relativo alla voce “imprevisti", dell’art. 5 dell'allegato I.7 del Codice dei Contratti pubblici che disciplina il quadro economico dell'opera o del lavoro prevedendo che le voci del quadro economico relative a imprevisti, sono definite entro una soglia compresa tra il 5 e il 10 per cento dell'importo dei lavori a base di gara, comprensivo dei costi della sicurezza.
Articolo 21
(Misure urgenti finalizzate al mantenimento e consolidamento della capacità operativa del Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri)
L’articolo 21 riconosce alcune integrazioni al trattamento economico accessorio al personale non dirigenziale, anche delle Forze Armate e delle Forze di Polizia, impiegato in strutture del Dipartimento della Protezione civile, al fine di garantire la massima operatività delle sale operative nazionali del Servizio nazionale della protezione civile.
È, altresì, previsto un aumento fino al 17% della relativa dotazione organica del limite percentuale entro il quale il Dipartimento della protezione civile può provvedere al conferimento di incarichi dirigenziali di seconda fascia per il triennio 2025-2027 in deroga alla normativa vigente.
L’articolo 21 modifica il comma 7 dell’articolo 3 del decreto-legge 28 gennaio 2014, n. 4 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e contributiva e di rinvio di termini relativi ad adempimenti tributari e contributivi) recante misure a sostegno dei territori colpiti dall’alluvione in Emilia-Romagna del 17-19 gennaio 2014, dal sisma nella medesima regione del 20 e 29 maggio 2012 e dagli eventi atmosferici in alcune aree della regione Veneto nel periodo dal 30 gennaio al 18 febbraio 2014. In particolare, la disposizione in commento interviene al fine di potenziarne e prorogare alcune misure atte ad incrementare la capacità operativa del Dipartimento della Protezione civile.
Il comma 1 attiene alle integrazioni del trattamento economico accessorio per il personale non dirigenziale impiegato nel Dipartimento, tra cui Forze Armate e Forze di Polizia. In primo luogo, alla lettera a), si precisa che tali integrazioni sono consentite per garantire le attività afferenti l’allertamento, il monitoraggio ed il coordinamento operativa del sistema nazionale di protezione civile con particolare riferimento alle attività relative agli interventi a seguito degli eventi di cui sopra.
La lettera b), invece, abroga la parte del comma 7 dell’articolo 3 del decreto-legge sopracitato nella quale il riconoscimento all’integrazione del trattamento economico accessorio veniva consentito limitatamente nelle more del rinnovo della contrattazione integrativa riguardante il personale della Presidenza del Consiglio dei ministri e comunque fino al 2015 per il triennio 2013-2015.
La lettera c), interviene direttamente nel modificare i termini, i beneficiari e le modalità delle integrazioni previste dal medesimo comma 7.
In particolare, al personale non dirigenziale, anche delle Forze Armate e delle Forze di Polizia, impiegato nell'ambito dei Presidi operativi del Dipartimento della protezione civile nonché presso il Centro Funzionale Centrale, la Sala Situazioni Italia e monitoraggio del territorio (SI.STE.MA.) ed emergenze marittime (COEMM), ed il Coordinamento Aereo Unificato (COAU) del Dipartimento medesimo vengono riconosciute le integrazioni al trattamento economico accessorio già previste da:
- dall'articolo 5, comma 1, dell’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri (O.P.C.M.) n. 3967/2011 a norma del quale è aumentata al 100 per cento in caso di impiego in giorni festivi, prefestivi ovvero in orario notturno, l’indennità speciale operativa introdotta dall’articolo 22, lett. b), dell’O.P.C.M. n. 3536/2006 per fronteggiare le numerose emergenze ambientali in atto[128] ed estesa, successivamente, anche al personale del Dipartimento della protezione civile impiegato nei territori interessati da una situazione di allertamento per una situazione d'emergenza attesa o in atto dall’articolo 17, comma 2, dell’O.P.C.M. n. 3721/2008;
Si tratta dell’indennità prevista in caso di emergenze e grandi eventi verificatisi in territorio italiano, omnicomprensiva, al netto del solo trattamento di missione, da corrispondersi al personale impiegato nei territori ove è dichiarato lo stato di emergenza o di grande evento, forfetariamente parametrata su base mensile a 200 ore di straordinario festivo e notturno, commisurata ai giorni di effettivo impiego in loco.
- dall’articolo 17, comma 2, dell’O.P.C.M. n. 3721/2008 di cui sopra;
- dall’articolo 6, comma 3, dell’O.P.C.M. n. 3361/2004 che autorizza l'estensione del fondo unico di Presidenza anche al personale militare di prestito in servizio presso il predetto Dipartimento, con oneri a carico del Fondo della protezione civile; tali integrazioni sono riconosciute, ai sensi della disposizione in commento, limitatamente alle prestazioni rese dal personale non dirigenziale delle Forze Armate e delle Forze di Polizia, per reperibilità, articolazioni dell'orario di lavoro e protrazioni dell'orario di lavoro ordinario fino a "cessate esigenze";
- dall’articolo 2, comma 1, dell’O.P.C.M. n. 3288/2003 per il quale, al fine di assicurare la tempestiva e funzionale attuazione degli adempimenti di competenza del Centro situazioni unificato del Dipartimento della protezione civile, connessi alle situazioni emergenziali in atto sul territorio nazionale, al personale dipendente è riconosciuta, per i turni notturni, festivi e festivi notturni, e per la parte priva di copertura finanziaria del Fondo Unico di amministrazione, un compenso pari a quello previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro nel limite di spesa annuo di 1,5 milioni di euro.
Tale ordinanza provvedeva originariamente ai soli turni prestati nel 2003, il d.l. n. 4/2014 ha esteso la durata agli anni 2014 e 2015 rispettivamente con il tetto di spesa annuo pari a 3 milioni e 1,5 milioni di euro e nei limiti di quanto disposto dall’articolo 3, comma 63, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica) a norma del quale i pubblici dipendenti in comando, fuori ruolo o in altre analoghe posizioni non possono cumulare indennità, compensi o emolumenti, comunque denominati, anche se pensionabili, corrisposti dall'amministrazione di appartenenza con altri analoghi trattamenti economici accessori previsti da specifiche disposizioni di legge a favore del personale dell'amministrazione presso la quale i predetti pubblici dipendenti prestano servizio.
È, altresì disposto che in fase di vigilanza, le integrazioni di cui all'articolo 5, comma 1, dell'O.P.C.M. n. 3967/2011 e di cui all'articolo 17, comma 1, dell'O.P.C.M. n. 3721/2008, sono riconosciute nella misura del 30% e limitatamente al personale non dirigenziale impiegato presso il Centro Funzionale Centrale, la Sala Situazioni Italia e monitoraggio del territorio (SI.STE.MA.) ed emergenze marittime (COEMM), il Coordinamento Aereo Unificato (COAU) e presso gli altri Presidi operativi attivati quali Funzioni di supporto in fase di vigilanza.
La fase di vigilanza si attiva in caso di previsione di allerta gialla e consiste nella verifica e approfondimento delle segnalazioni e di attività di monitoraggio prima del verificarsi di un evento.
Il comma 2, dispone un aumento al 17% della relativa dotazione organica del limite percentuale entro il quale il Dipartimento della protezione civile può provvedere al conferimento di incarichi dirigenziali di seconda fascia per il triennio 2025-2027 in deroga a quanto disposto dal comma 6 dell’articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 a norma del quale tali incarichi possono essere conferiti, da ciascuna amministrazione, entro il limite dell'8 per cento della dotazione organica. Si tratta dei c.d. incarichi diretti il cui conferimento, da motivare esplicitamente, deve essere diretto a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale con un profilo non rinvenibile nei ruoli dell’amministrazione (v. infra).
Si ricorda che il comma 4 dell’articolo 19 del decreto legislativo n. 165 del 2001 stabilisce che gli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale sono conferiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, a dirigenti della prima fascia dei ruoli di cui all’articolo 23 del decreto legislativo n. 165 o, in misura non superiore al 70 per cento della relativa dotazione, agli altri dirigenti appartenenti ai medesimi ruoli ovvero, con contratto a tempo determinato, a persone in possesso delle specifiche qualità professionali richieste dal comma 6 del medesimo articolo.
Il menzionato comma 6 dispone che gli incarichi dirigenziali e di direzione degli uffici di livello dirigenziale di cui sopra possono essere conferiti a tempo determinato da ciascuna amministrazione, entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli e dell’8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia.
Tali incarichi – prosegue la norma – sono conferiti, fornendone esplicita motivazione, a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l'accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato. Il trattamento economico può essere integrato da una indennità commisurata alla specifica qualificazione professionale, tenendo conto della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali. Per il periodo di durata dell'incarico, i dipendenti delle pubbliche amministrazioni sono collocati in aspettativa senza assegni, con riconoscimento dell'anzianità di servizio. La formazione universitaria richiesta dal presente comma non può essere inferiore al possesso della laurea specialistica o magistrale ovvero del diploma di laurea conseguito secondo l'ordinamento didattico previgente al regolamento di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509.
La durata di tali incarichi, comunque, non può eccedere, per gli incarichi di funzione dirigenziale di cui ai commi 3 e 4, il termine di tre anni, e, per gli altri incarichi di funzione dirigenziale, il termine di cinque anni.
Si segnala, altresì, che precedentemente i limiti percentuali delle quote di conferimento di incarichi a soggetti esterni all’amministrazione era stata già oggetto di deroghe. Si ricordano, in particolare, dapprima il decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162 (Disposizioni urgenti in materia di proroga di termini legislativi, di organizzazione delle pubbliche amministrazioni, nonché di innovazione tecnologica), art. 1, comma 6, che ha innalzato la percentuale massima degli incarichi dirigenziali di seconda fascia fissandola al 10 per cento. Successivamente, nell'ambito delle modalità speciali per il reclutamento del personale e il conferimento di incarichi professionali per l'attuazione del PNRR, il decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80 (Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per l'efficienza della giustizia), art. 1, comma 15, ha autorizzato le amministrazioni pubbliche impegnate nell'attuazione del Piano a derogare, fino a raddoppiarli, i limiti percentuali previsti. Tale deroga è consentita solo in quanto funzionale alla copertura delle posizioni dirigenziali vacanti relative a compiti strettamente e direttamente funzionali all'attuazione degli interventi del PNRR. Gli incarichi attribuiti in deroga, in ogni caso, rimangono in vigore fino alla naturale scadenza, ma comunque non oltre il 31 dicembre 2026.
In ultimo, il decreto-legge 17 ottobre 2024, n. 153 (Disposizioni urgenti per la tutela ambientale del Paese, la razionalizzazione dei procedimenti di valutazione e autorizzazione ambientale, la promozione dell'economia circolare, l'attuazione di interventi in materia di bonifiche di siti contaminati e dissesto idrogeologico), art. 10, comma 4, ha previsto la possibilità per il Ministero dell'ambiente della sicurezza energetica di conferire ulteriori quattro incarichi dirigenziali di livello non generale di natura tecnico-specialistica oltre il limite ex articolo 19, comma 6, al fine di rafforzare la capacità amministrativa e di potenziare le attività necessarie per assicurare la piena realizzazione degli obiettivi del PNRR.
Il comma in commento mira a rafforzare la capacità operativa del Dipartimento della protezione civile per quel che concerne sia le sue attività connesse alla gestione delle emergenze sia le sue funzioni istituzionali di coordinamento del Servizio nazionale di protezione civile e di supporto al Presidente del Consiglio dei ministri, in qualità di autorità nazionale di protezione civile e titolare delle politiche in materia nell'esercizio della sua funzione di indirizzo e coordinamento del Servizio nazionale e per assicurare l'unitaria rappresentanza nazionale presso l'Unione europea e gli organismi internazionali in materia di protezione civile, ferme restando le competenze del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, nonché le Prefetture - Uffici Territoriali di Governo ai sensi dell’articolo 3, commi 1, lettera a), e 2, lettera a) del Codice della protezione civile (d. lgs. 2 gennaio 2018, n.1). L’incremento previsto dal comma in commento è finalizzato, altresì, a permettere al Dipartimento della protezione civile di svolgere i compiti di cui all’articolo 8 del Codice con particolare riferimento al coordinamento dell’intervento del Servizio nazionale nel caso di emergenze in atto nel territorio nazionale[129].
Il Servizio nazionale della protezione civile è disciplinato dal Codice di protezione civile ed è il sistema che esercita la funzione di protezione civile costituita dall'insieme delle competenze e delle attività volte a tutelare la vita, l'integrità fisica, i beni, gli insediamenti, gli animali e l'ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall'attività dell'uomo. Fanno parte del Servizio nazionale le autorità di protezione civile che, secondo il principio di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, garantiscono l'unitarietà dell'ordinamento esercitando, in relazione ai rispettivi ambiti di governo, le funzioni di indirizzo politico in materia di protezione civile e che sono: il Presidente del Consiglio dei ministri; i Presidenti delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano; i Sindaci e i Sindaci metropolitani. Il Servizio nazionale si articola in componenti, strutture operative nazionali e regionali che operano con riferimento agli ambiti di governo delle rispettive autorità. Tra queste il Dipartimento della protezione civile è la struttura di cui si avvale il Presidente del Consiglio dei ministri.
Si ricorda, che il Servizio nazionale della protezione civile è stato istituito e disciplinato originariamente dalla legge 24 febbraio 1992, n. 225, oggetto di riforma nel corso della XVI legislatura ad opera dapprima del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, le cui disposizioni (art. 2, commi dal 2-quater al 2-octies) sono state dichiarate parzialmente incostituzionali con la sentenza della Corte costituzionale n. 22/2012. Successivamente è intervenuto in materia il decreto-legge 15 maggio 2012, n. 59 le cui innovazioni principali hanno riguardato l'introduzione di un nuovo meccanismo di finanziamento delle emergenze, la fissazione della durata degli stati di emergenza, la procedura per l'emanazione delle ordinanze di protezione civile, il subentro delle amministrazioni competenti in via ordinaria, le gestioni commissariali e l'esclusione dal patto di stabilità delle spese per fronteggiare calamità per cui sia stato deliberato dal Consiglio dei Ministri lo stato di emergenza.
L’ultimo periodo del comma in commento precisa, infine, che tale misura è a valere sulle facoltà assunzionali disponibili a legislazione vigente del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Disposizioni urgenti in materia tributaria e contributiva e di rinvio di termini relativi ad adempimenti tributari e contributivi. (D.L. 4/2014) |
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Testo previgente |
Modificazioni apportate dall’art. 21 del D.L. 25/2025 |
Art. 3, comma 7 |
Art. 3. Comma 7 |
Per garantire le attività afferenti l'allertamento, il monitoraggio ed il coordinamento operativo del sistema nazionale di protezione civile nonché al fine di assicurare l'adempimento degli impegni di cui al presente articolo è consentito, nelle more del rinnovo della contrattazione integrativa riguardante il personale della Presidenza del Consiglio dei ministri e comunque fino al 2015, il riconoscimento, per il triennio 2013-2015, al personale non dirigenziale, anche delle Forze Armate e delle Forze di Polizia, impiegato nell'ambito dei Presidi operativi del Dipartimento della protezione civile nonché presso il Centro Funzionale Centrale, la Sala Situazioni Italia e monitoraggio del territorio (SI.STE.MA.) ed emergenze marittime (COEMM), ed il Coordinamento Aereo Unificato (COAU) del Dipartimento medesimo, delle integrazioni al trattamento economico accessorio previste dall'articolo 5, comma 1, dell'O.P.C.M. n. 3967/2011, dall'articolo 17, comma 1, dell'O.P.C.M. n. 3721/2008, dall'articolo 6, comma 3, dell'O.P.C.M. n. 3361/2004, dall'articolo 17, commi 1 e 2, dell'O.P.C.M. n. 3536/2006, e dall'articolo 2, comma 1, dell'O.P.C.M. n. 3288/2003, nel limite di spesa di 3 milioni di euro per l'anno 2014 e di 1,5 milioni di euro per l'anno 2015 e fermo restando il disposto di cui all'articolo 3, comma 63, della legge 24 dicembre 1993, n. 537. |
Per garantire le attività afferenti l'allertamento, il monitoraggio ed il coordinamento operativo del sistema nazionale di protezione civile, con particolare riferimento alle esigenze connesse con lo specifico contesto di cui al presente articolo, nonché al fine di assicurare l'adempimento degli impegni di cui al presente articolo |
Articolo 22
(Entrata in vigore)
L’articolo 22 dispone che il decreto-legge in esame entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Il decreto-legge è dunque vigente dal 15 marzo 2025.
Ai sensi dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente decreto, la legge di conversione (insieme con le eventuali modifiche apportate al decreto in sede di conversione) entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
[1] Le linee generali di indirizzo dei piani triennali sono proposte dal Comitato nazionale ITS Academy, previsto dalla legge n. 99 e costituito presso il Ministero dell’istruzione e del merito con decreto ministeriale n. 87 del 17 maggio 2023.
[2] Con riferimento ai decreti attuativi della riforma di cui alla L. 99/2022 si menziona, per quanto di interesse ai presenti fini, il decreto ministeriale n. 203 del 20 ottobre 2023, che reca le disposizioni concernenti le aree tecnologiche, le figure professionali nazionali di riferimento degli ITS Academy e gli standard minimi delle competenze tecnologiche e tecnico-professionali (ai sensi degli articoli 3, comma 1, e 14, comma 6). In particolare, l’articolo 7 di detto decreto, recante la disciplina dei diplomi, stabilisce che al superamento delle prove di verifica finale delle competenze acquisite dalle allieve e dagli allievi dei percorsi formativi ITS Academy di cui all’articolo 5, comma 1, lettere a) e b), della legge n. 99 del 2022 sono rilasciati, rispettivamente, il diploma di specializzazione per le tecnologie applicate, corrispondente al V livello EQF, e il diploma di specializzazione superiore per le tecnologie applicate, corrispondente al VI livello EQF. Il comma 2 del medesimo articolo 7 dispone, inoltre, che detti diplomi, recanti l’area tecnologica, la figura professionale nazionale di riferimento e l’eventuale sua articolazione in profili, declinati a livello regionale, sono rilasciati dal Ministero dell’istruzione e del merito, sono validi su tutto il territorio nazionale e costituiscono titolo valido per l'accesso ai pubblici concorsi.
[3] Il sistema IFTS è articolato in percorsi - programmati dalle regioni - finalizzati a formare figure specializzate coerenti con le richieste provenienti dal mondo del lavoro. In un secondo momento, con il decreto interministeriale n. 91 del 7 febbraio 2013, è stato definito l’attuale “Repertorio nazionale delle specializzazioni IFTS”, comprendente venti specializzazioni tecniche associate alle aree professionali che più connotano il nostro sistema produttivo
[4] Si ricorda che in base alla disciplina generale sui contratti di lavoro dipendente a tempo determinato per i pubblici dipendenti – dettata dall’art. 19 del D.Lgs. 81/2015 nel testo previgente alle modifiche introdotte dal D.L. 87/2018 (testo previgente a cui fanno rinvio, per i pubblici dipendenti, l’art. 36, co. 2, del D.Lgs. 165/2001 e l’art. 1, co. 3, del D.L. 87/2018) - la durata di un contratto o di un complesso di rapporti a termine tra il datore di lavoro pubblico e il dipendente non può superare il limite di trentasei mesi.
[5] Il citato comma 179 prevedeva tale facoltà di assunzione per le amministrazioni pubbliche, le autorità di gestione, gli organismi intermedi e i soggetti beneficiari delle regioni del Mezzogiorno.
[6] Riguardo ai termini già vigenti per gli assistenti sociali, cfr. l’articolo 1, comma 22-ter, del D.L. 30 dicembre 2023, n. 215, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 febbraio 2024, n. 18.
[7] Riguardo alle esclusioni, cfr. infra.
[8] Riguardo ai termini già vigenti per gli assistenti sociali, cfr. supra, in nota.
[9] Riguardo al riferimento normativo, cfr. supra, in nota.
[10] Ai sensi del comma 9 del citato articolo 20 del D.Lgs. n. 75, e successive modificazioni.
[11] Ai sensi del comma 4 del citato articolo 20 del D.Lgs. n. 75, e successive modificazioni.
[12] Cfr. il citato articolo 20 del D.Lgs. n. 75, e successive modificazioni, e gli articoli 12 e 12-bis del D.Lgs. 25 novembre 2016, n. 218, e successive modificazioni.
[13] La revisione è posta in forma di novella dell’articolo 30, comma 2-bis, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni. Si ricorda che, in base all’articolo 1, comma 2, dello stesso D.Lgs. n. 165, e successive modificazioni, per "amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300", nonché (fino ad una revisione organica della disciplina di settore) il CONI.
Riguardo alla disciplina generale dell’istituto della mobilità volontaria, cfr. il medesimo articolo 30. Si ricorda che il D.P.C.M. 30 novembre 2023 reca alcune norme attuative di tale istituto, con riferimento al personale non dirigenziale delle pubbliche amministrazioni.
[14] Norma temporanea di cui all’articolo 3, comma 8, della L. 19 giugno 2019, n. 56, e successive modificazioni.
[15] Cfr., in particolare, l’articolo 34-bis del citato D.Lgs. n. 165 del 2001, e successive modificazioni.
[16] Riguardo al PIAO, cfr. l’articolo 6 del D.L. 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2021, n. 113, e successive modificazioni.
[17] Per il riferimento normativo, cfr. supra, in nota.
[18] Per i riferimenti normativi, cfr. supra, in nota.
[19] Al riguardo, cfr. infra, anche in nota.
[20] Per la nozione di enti locali, cfr. l’articolo 2 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267; per gli enti locali, il termine di durata delle graduatorie in oggetto è posto dall’articolo 91, comma 4, del medesimo testo unico; tale comma esclude dall’applicazione del termine triennale i posti istituiti o trasformati successivamente all'indizione del concorso medesimo.
[21] Cfr. l’articolo 35, comma 5-ter, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.
Tale comma è l’oggetto della novella in esame (di cui al numero 3.1)).
Si ricorda che, in base all’articolo 1, comma 2, dello stesso D.Lgs. n. 165, e successive modificazioni, per "amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300", nonché (fino ad una revisione organica della disciplina di settore) il CONI.
[22] In particolare, ai sensi del citato articolo 35, comma 5-ter, del D.Lgs. n. 165 del 2001, sono esclusi: i concorsi pubblici “banditi per il reclutamento del personale sanitario e socio-sanitario, educativo e scolastico, compreso quello impiegato nei servizi educativo-scolastici gestiti direttamente dai comuni e dalle unioni di comuni, e dei ricercatori”; i concorsi inerenti al personale cosiddetto di diritto pubblico, di cui all'articolo 3 dello stesso D.Lgs. n. 165, e successive modificazioni; i concorsi banditi “dalle regioni, dalle province, dagli enti locali o da enti o agenzie da questi controllati o partecipati che prevedano un numero di posti messi a concorso non superiore a venti unità e per i comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti e per l'effettuazione di assunzioni a tempo determinato”; le eventuali ulteriori fattispecie, individuate con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione, adottato previa intesa in sede di Conferenza unificata Stato-regioni-province autonome-città ed autonomie locali. Sulla base di quest’ultima previsione, è stato emanato il D.M. 13 settembre 2024; quest’ultimo estende l’esclusione ai “concorsi banditi per un numero di posti non superiore a venti unità per il reclutamento: a) di personale del profilo tecnologo e tecnico e di quello amministrativo negli enti di ricerca; b) di personale amministrativo, tecnico e professionale, nelle aziende sanitarie locali; c) di personale amministrativo nelle università; d) di personale negli enti, aziende, agenzie, strumentali e vigilati dalle regioni, dalle province e dagli enti locali; e) di personale negli enti parco”.
Riguardo invece all’ambito delle pubbliche amministrazioni a cui fa riferimento, in via generale, il citato D.Lgs. n. 165 del 2001 (nella nozione ivi posta nel citato articolo 1, comma 2), cfr. supra, in nota.
[23] La novella concerne il citato articolo 35, comma 5-ter, del D.Lgs. n. 165 del 2001.
[24] Anche tale novella concerne il citato articolo 35, comma 5-ter, del D.Lgs. n. 165 del 2001.
[25] Riguardo alla durata della validità, cfr. le parti della presente scheda relative alla novella di cui al numero 3.1) e alla novella di cui al capoverso 5-sexies del numero 4).
[26] Riguardo ai concorsi svolti tramite la Commissione RIPAM, la novella fa riferimento, per l’accordo in esame, alle convenzioni che le amministrazioni centrali e le agenzie possono stipulare, al fine del reclutamento del personale di cui necessitano mediante scorrimento delle graduatorie dei concorsi pubblici, ai sensi del richiamato articolo 1, comma 4, lettera b-bis), del D.L. 22 aprile 2023, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 giugno 2023, n. 74.
[27] Cfr. il richiamato articolo 4, comma 3, lettera a), del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 ottobre 2013, n. 125.
[28] Riguardo a tale verifica, cfr. il suddetto articolo 4, comma 3, lettera a), del D.L. n. 101 del 2013.
[29] Anche tale novella concerne il citato articolo 35, comma 5-ter, del D.Lgs. n. 165 del 2001.
[30] Si ricorda che, con riferimento ai vincitori, le clausole di riserva possono trovare applicazione nel limite massimo del cinquanta per cento dei posti indicati in bando, ai sensi dell’articolo 5 del regolamento di cui al D.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, e successive modificazioni.
[31] Riguardo alla durata della validità, cfr. la parte della presente scheda relativa alla novella di cui al precedente numero 3.1).
[32] Ai sensi dell’articolo 28-ter, comma 2, del D.L. 22 giugno 2023, n. 75, convertito, con modificazioni, dalla L. 10 agosto 2023, n. 112,
[34] Si ricorda che, in base al citato articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165, per "amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300", nonché (fino ad una revisione organica della disciplina di settore) il CONI.
[36] Tale curriculum vitae, completo di tutte le generalità anagrafiche richieste, ha valore di dichiarazione sostitutiva di certificazione, ai sensi dell'articolo 46 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445.
[37] Di cui all’articolo 4, comma 3, lettera a), del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 ottobre 2013, n. 125.
[38] Riguardo all’ambito delle pubbliche amministrazioni, cfr. infra.
[39] La disposizione fa riferimento alle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni. Si ricorda che, in base quest’ultimo comma, per "amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300", nonché (fino ad una revisione organica della disciplina di settore) il CONI.
[40] La relazione illustrativa è reperibile nell’A.C. n. 2308.
[41] Intendendosi per tale, ai sensi dell’art. 1, c. 10, del D.L. 80/2021, il possesso della laurea magistrale o specialistica e di almeno uno dei seguenti titoli: dottorato di ricerca o master universitario di secondo livello; documentata esperienza professionale qualificata e continuativa, di durata almeno triennale, maturata presso enti pubblici nazionali ovvero presso organismi internazionali o dell’Unione europea.
[42] Si ricorda che, ai sensi del DM 14 ottobre 2021, adottato in attuazione di tale previsione, prevede che per le assunzioni a tempo determinato di personale di alta specializzazione il Dipartimento della Funzione pubblica, rediga, a seguito di concorsi, appositi elenchi (anche suddivisi per professionalità e specializzazione) dai quali le amministrazioni attingeranno per procedere alle assunzioni a tempo determinato.
[43] Si ricorda che, con l’eventuale ricorso ad una procedura EU Pilot, la Commissione europea tenta di risolvere rapidamente e in fase iniziale le potenziali violazioni del diritto dell'Unione europea, evitando, per quanto possibile, l'avvio formale di una procedura di infrazione.
Riguardo al caso EU Pilot in oggetto, cfr. infra.
[44] Tale novella ha modificato il suddetto articolo 1, comma 495, della L. n. 160 del 2019; quest’ultimo comma è richiamato dal presente comma 6.
[45] Al fine in oggetto, rientrano nella nozione di precedente utilizzo sia i contratti di lavoro a tempo determinato sia i contratti di collaborazione coordinata e continuativa sia le altre eventuali tipologie contrattuali di utilizzo dei soggetti in esame (cfr. il citato articolo 1, comma 495, della L. n. 160 del 2019, e successive modificazioni).
[46] Comprende il personale dell’ANPAL, ente soppresso dall’articolo 3 del decreto-legge n. 75 del 2023 (convertito dalla legge n. 112 del 2023).
[47] Riguardo a quest’ultimo, cfr. infra.
[48] Con eccezione di quelle previste dall’articolo 3 del decreto legislativo n. 165 del 2001 e cioè le categorie di personale ancora in regime di diritto pubblico: i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati e procuratori dello Stato, il personale militare e delle Forze di polizia di Stato, il personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia, i dipendenti della CONSOB e dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato.
[49] Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei ministri.
[50] Cfr. il capitolo 2159 del programma 22.3 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.
[51] Le funzioni di Commissario delegato sono state assunte per il sisma in Abruzzo originariamente dal Capo del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225, istitutrice del Servizio nazionale della protezione civile e successivamente, con l’entrata in vigore del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195 (), al Presidente della Regione Abruzzo fino alla cessazione fissata al 31 agosto 2012 dal decreto-legge 22 giungo 2012, n. 83.
[52] Si ricorda che il D.L. n. 35 del 2013 reca, all'art. 1, strumenti diretti a garantire la puntualità dei pagamenti dei debiti contratti dalla PA. In particolare, il comma 10 istituisce un Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili con tre distinte sezioni: una relativa agli enti locali, una alle regioni e province autonome e una agli enti del Servizio Sanitario Nazionale. L'obbligo di adempiere con puntualità le obbligazioni scadute della PA è contenuto nella direttiva 2011/7/UE e nel decreto legislativo n. 192 del 2012, che ne recepisce i contenuti. In estrema sintesi, tutte le pubbliche amministrazioni sono tenute a pagare le proprie fatture entro 30 giorni dalla data del loro ricevimento, ad eccezione degli enti del servizio sanitario nazionale (per i quali il termine è di 60 giorni).
L’articolo 116 del D.L. n. 34 del 2020, a seguito della situazione straordinaria di emergenza sanitaria derivante dalla pandemia da Covid-19, ha disciplinato le modalità di attivazione delle anticipazioni di liquidità degli enti locali e delle regioni, che può essere disposta attingendo alle dotazioni di una delle due sezioni (quella per debiti diversi da quelli finanziari e sanitari) di cui si compone il Fondo per il pagamento dei debiti commerciali degli enti territoriali, istituito dall'art.124 dello stesso provvedimento.
Successivamente, per accelerare i pagamenti da parte degli enti territoriali, anche a seguito del protrarsi della situazione straordinaria di emergenza, l’art. 21 del D.L. n. 73 del 2021 ha incrementato le risorse del Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili, al fine di consentire agli enti territoriali, che si trovino in uno stato di carenza di liquidità, di poter far fronte ai debiti commerciali diversi da quelli finanziari e sanitari. La gestione dell'erogazione dell'anticipazione è demandata alla Cassa depositi e prestiti.
[53] La sentenza della Corte costituzionale n. 4 del 2020 ha censurato due disposizioni (l'art. 2, comma 6, del D.L. n. 78/2015 e l’art. 1, comma 814, della legge n. 205/2017) che consentivano agli enti locali di tener conto delle anticipazioni di liquidità nel risultato di amministrazione, in termini di minor accantonamento al Fondo crediti di dubbia esigibilità (FCDE), accrescendone l'entità e in questo modo consentendo indirettamente di rinvenire nuove forme di copertura giuridica fittizia per maggiori spese correnti. A seguito della sentenza, il D.L. n. 73/2021 ha previsto, all'articolo 52, comma 1, la costituzione di un fondo di 660 milioni di euro in favore degli enti locali che avevano registrato un peggioramento del disavanzo di amministrazione al 31 dicembre 2019 rispetto all’esercizio precedente a seguito della ricostituzione del fondo anticipazioni di liquidità (FAL), secondo le nuove regole di contabilizzazione introdotte in conseguenza della richiamata pronuncia del giudice costituzionale. Inoltre, il comma 1-bis, ha introdotto la possibilità per gli enti in questione, di ripianare in dieci anni il maggior deficit generato dalla predetta contabilizzazione delle anticipazioni di liquidità concesse dallo Stato. Per un approfondimento sulla sentenza n. 4 del 2020 si rinvia alla nota breve del Servizio studi del Senato n. 172 del 2020.
[54] Come modificato dal DL 76/2024 (art. 9-terdecies), che ha previsto il differimento al 2025 della decorrenza, al fine di tener conto dei tempi necessari sia all’effettuazione delle procedure di reclutamento, sia all’emanazione del Decreto del Presidente del consiglio che, in base alla normativa vigente, deve individuare i criteri di ripartizione tra le amministrazioni interessate delle risorse finanziarie e delle unità di personale.
[55] Come stabilito dal comma 295 della L- 213/2023, a decorrere dal 1° gennaio 2024
[56] Poi modificato dal comma 295 dellaL 213/2023 e poi dal DL 76/2024, art. 9-terdecies (convertito con modificazioni dalla L. 8 agosto 2024, n. 111)
[57] Si tratta di un Programma nazionale plurifondo, approvato con decisione di esecuzione C(2023) 374 del 12 gennaio 2023 e cofinanziato sia dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) che dal Fondo sociale europeo plus (FSE+), che persegue l’obiettivo “Investimenti a favore dell’occupazione e della crescita”.
[58] Tali limiti di spesa sono stati aggiornati dall’art. 9 terdecies del DL 76/2024 (si veda la scheda del dossier relativa a tale provvedimento).
[59] Come modificato dal DL 76/2024 (art. 9-terdecies)
[60] Si ricorda che l’articolo 30 del d. lgs 267/2000 prevede che, al fine di svolgere in modo coordinato funzioni e servizi determinati, gli enti locali possono stipulare tra loro apposite convenzioni, che devono stabilire i fini, la durata, le forme di consultazione degli enti contraenti, i loro rapporti finanziari ed i reciproci obblighi e garanzie, prevedendosi la possibilità di costituire uffici comuni. Si prevede altresì la possibilità per lo Stato e la regione di prevedere, nelle materia di propria competenza forme di convenzione obbligatoria fra enti locali, previa statuizione di un disciplinare-tipo,
[61] Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2025 e bilancio pluriennale per il triennio 2025-2027.
[62] Un aggiornamento della definizione delle tariffe relative all'assistenza specialistica ambulatoriale e protesica si è avuto con il DM 25 novembre 2024, pubblicato nella G.U. 27 dicembre 2024.
[63] Dal punto di vista economico, visto che per le Regioni la mobilità attiva rappresenta una voce di credito e quella passiva una voce di debito, la Regione che eroga la prestazione viene rimborsata da quella di residenza del cittadino.
[64] Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007).
[65] di cui agli allegati 1, 2 e 2-bis al D.L. n. 189/2016.
[66] L'ordinanza commissariale n. 18 del 9 gennaio 2024, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 26 gennaio 2024 disciplina le modalità mediante le quali provvedere, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 20-septies, comma 8-bis, del decreto-legge 1° giugno 2023, n. 61, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2023, n. 100: - all’assunzione, a tempo determinato, per un periodo non superiore a ventiquattro mesi, mediante lo scorrimento delle graduatorie vigenti di concorsi già banditi, di un numero massimo di 250 unità di personale con professionalità di tipo tecnico o amministrativo, per assicurare il rafforzamento della capacità amministrativa degli enti locali compresi nei territori delle regioni Emilia-Romagna, Toscana e Marche per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza con le delibere del Consiglio dei ministri del 4 maggio 2023, del 23 maggio 2023 e del 25 maggio 2023;
[67] In particolare con finalità acceleratorie si prevede che:
a) tutte le amministrazioni coinvolte rilasciano le determinazioni di competenza entro il termine perentorio di trenta giorni e in caso di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico- territoriale, dei beni culturali o alla tutela della salute il suddetto termine è fissato in quarantacinque giorni, fatti salvi i maggiori termini previsti dalle disposizioni del diritto dell'Unione europea;
b) al di fuori dei casi di cui all'articolo 14-bis, comma 5, l'amministrazione procedente svolge, entro quindici giorni decorrenti dalla scadenza del termine per il rilascio delle determinazioni di competenza delle singole amministrazioni, con le modalità di cui all'articolo 14-ter, comma 4, della legge n. 241 del 1990, una riunione telematica di tutte le amministrazioni coinvolte nella quale prende atto delle rispettive posizioni e procede senza ritardo alla stesura della determinazione motivata conclusiva della conferenza di servizi verso la quale può essere proposta opposizione dalle amministrazioni di cui all'articolo 14-quinquies, della legge n. 241 del 1990, ai sensi e nei termini ivi indicati. Si considera in ogni caso acquisito l'assenso senza condizioni delle amministrazioni che non abbiano partecipato alla riunione ovvero, pur partecipandovi, non abbiano espresso la propria posizione, ovvero abbiano espresso un dissenso non motivato o riferito a questioni che non costituiscono oggetto della conferenza.
b-bis) in caso di dissenso o non completo assenso, le amministrazioni coinvolte indicano le prescrizioni e le misure mitigatrici che rendano possibile l'assenso, quantificando altresì i relativi costi. Tali prescrizioni sono determinate conformemente ai principi di proporzionalità, efficacia e sostenibilità finanziaria dell'intervento risultante dal progetto originariamente presentato.Le disposizioni di cui alla presente lettera si applicano, senza deroghe, a tutte le amministrazioni comunque partecipanti alla conferenza di servizi, comprese quelle competenti in materia urbanistica, paesaggistica, archeologica e di tutela del patrimonio culturale.
[68] La norma oggetto di abrogazione è posta dall’articolo 87, comma 1, primo periodo, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, e successive modificazioni.
[69] Si ricorda che, in base all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, comma al quale fa riferimento la norma ora oggetto di abrogazione, per "amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300", nonché (fino ad una revisione organica della disciplina di settore) il CONI.
[70] Anche il suddetto articolo 71 fa riferimento all’ambito delle pubbliche amministrazioni di cui al citato articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001.
[71] Tale limite retributivo, a decorrere dal 2022, è rideterminato sulla base della percentuale stabilita per l'adeguamento retributivo per il personale non contrattualizzato, a sua volta rapportato agli incrementi medi conseguiti nell'anno precedente dalle categorie di pubblici dipendenti contrattualizzati, come calcolati dall'ISTAT (L. 234/2021, art. 1, comma 68).
[72] Riorganizzazione dell'Associazione italiana della Croce Rossa (C.R.I.), a norma dell'articolo 2 della legge 4 novembre 2010, n. 183.
[73] Disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili.
[74] Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi.
[75] Con il decreto del Ministro della Salute del 16 gennaio 2025 il Commissario liquidatore e il Sub-Commissario liquidatore, nominati con il decreto del Ministro della Salute del 7 aprile 2023, sono stati confermati nel loro ruolo fino alla fine della liquidazione.
[76] Disposizioni urgenti in materia di termini normativi.
[77] Per pubbliche amministrazioni si intendono - ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 - tutte le amministrazioni dello Stato (ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative), le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo n. 300 del 1999 (recante "Riforma dell'organizzazione del Governo").
Sono espressamente escluse dall’adozione del Piano integrato di attività e di organizzazione le scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative.
[78] Per le pubbliche amministrazioni con meno di cinquanta dipendenti, è previsto non già obbligo ma facoltà di adozione del Piano integrato di attività e di organizzazione, anche ricorrendo a forme di gestione associata.
[79] La norma fa riferimento alle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni. Si ricorda che, in base a quest’ultimo comma, per "amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300", nonché (fino ad una revisione organica della disciplina di settore) il CONI.
[80] Tale limite minimo è determinato dalla norma in commento mediante richiamo del requisito anagrafico ordinario per la pensione di vecchiaia, di cui all’articolo 24, comma 6, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214. Si ricorda che il richiamo di tale comma 6 ricomprende, al fine specifico operato da una norma di richiamo (quale quella in esame), anche i casi in cui il soggetto rientri nell’ambito di applicazione di un diverso requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia; cfr., riguardo a tale interpretazione, la circolare dell’INPS n. 27 del 10 marzo 2023.
Attualmente, il requisito anagrafico ordinario summenzionato è pari a 67 anni; rispetto a tale parametro, il presente comma 11 prevede una cessazione anticipata del rapporto di lavoro, in base a risoluzione unilaterale della pubblica amministrazione, non superiore a due anni.
Si ricorda altresì che il requisito anagrafico ordinario summenzionato per la pensione di vecchiaia è suscettibile di futuri adeguamenti in base all’evoluzione della speranza di vita (cfr. il comma 12 del medesimo articolo 24, e successive modificazioni); l’orizzonte temporale di tali adeguamenti, in ogni caso, non concerne gli anni 2025 e 2026, ai quali esclusivamente fa riferimento il presente articolo 12, comma 11.
[81] Ai sensi dell’articolo 24, comma 10, del citato D.L. n. 201 del 2011, e successive modificazioni; si ricorda che anche tali requisiti sono suscettibili di futuri adeguamenti in base all’evoluzione della speranza di vita (cfr. al riguardo supra, in nota).
[82] Riguardo ai termini dilatori intercorrenti tra la maturazione del requisito per il trattamento pensionistico anticipato e la prima decorrenza utile del trattamento medesimo, cfr. il citato articolo 24, comma 10, del D.L. n. 201 del 2011.
[83] Anche tale disciplina fa riferimento all’ambito delle pubbliche amministrazioni di cui al suddetto articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001. Al riguardo, cfr. supra, in nota.
[84] Al riguardo, cfr. supra, in nota.
[85] Fondo di cui all’articolo 10, comma 5, del D.L. 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 dicembre 2004, n. 307.
[86] Si ricorda, inoltre, che le aree professionali sono caratterizzate da competenze professionali omogenee in cui sono ricomprese le attività della singola Amministrazione. A decorrere dal 1° luglio 1995, al personale delle predette aree viene corrisposta l'indennità di amministrazione (di cui all'art. 34 del CCNL del 16 maggio 1995), rientrante nell’ambito del trattamento accessorio, consistente in un assegno tabellare riconosciuto per 12 mensilità e assoggettato alle stesse ritenute contributive (assistenziali e previdenziali) dello stipendio. Ai fini della contrattazione integrativa, annualmente sono rese disponibili le risorse corrispondenti ai differenziali di indennità di amministrazione (laddove previsti) rispetto alla posizione economica iniziale del profilo, del personale cessato dal servizio, anche per effetto di passaggio ad altra area o alla dirigenza.
[87] In particolare, la retribuzione di posizione e quella di risultato del personale dirigenziale dell’Area contrattuale Funzioni centrali (ex Area I Ministeri e Aziende) vengono erogate a carico Fondo per il finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato dei dirigenti di prima fascia e dal Fondo per il finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato per i dirigenti di seconda fascia (si veda da ultimo il CCNL del 12 febbraio 2010, rispettivamente articolo 19 e articolo 22).
[88] Si ricorda, in proposito, che la legge di bilancio 2025 (L. 207/2024) prevede, per le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, c. 2, del D.Lgs. 165/2001 , l’individuazione di una percentuale di incremento rispetto al monte retributivo del 2021 (delle medesime amministrazioni). Gli incrementi dei trattamenti sono stabiliti dalla contrattazione collettiva nazionale relativa al triennio 2022-2024.
Si ricorda che analoga previsione era contenuta nel comma 604 della L. 234/2021 che consentiva un incremento delle risorse per i trattamenti accessori dei dipendenti pubblici rispetto a quelle destinate alla medesima finalità nel 2021. In tale caso la norma prevedeva, per il personale non rientrante nell’ambito di contratti collettivi, che l’incremento fosse stabilito dai provvedimenti di determinazione o autorizzazione dei trattamenti retributivi.
Per le amministrazioni statali l’incremento in oggetto è stato ammesso nel limite di spesa corrispondente alla dotazione di un apposito fondo istituito presso il MEF e pari a 112,1 milioni di euro annui dal 2025.
Per le amministrazioni diverse da quelle statali, l’incremento è stato ammesso a valere sui propri bilanci e secondo gli indirizzi stabiliti dai rispettivi comitati di settore (comitati competenti per la definizione di indirizzi all'ARAN per la stipulazione dei relativi contratti collettivi nazionali); in ogni caso, l'incremento è operato secondo la medesima percentuale e secondo i medesimi criteri definiti per il personale statale.
Si ricorda infine che la disposizione in commento è stata introdotta al fine di dare attuazione all’articolo 3, comma 2, del D.L 80/2021 che reca una disposizione di natura programmatica, prevedendo che con successivi interventi normativi si individuino le risorse in base alle quali i contratti collettivi nazionali di lavoro definiscano i criteri e le modalità di superamento del limite della spesa annua destinata ai trattamenti accessori del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna amministrazione pubblica.
[89] Si prevede inoltre che la Presidenza del Consiglio dei ministri, a decorrere dall'esercizio finanziario 2020, incrementa il fondo per le risorse decentrate del personale non dirigenziale di 5 milioni di euro annui e il fondo per la retribuzione di posizione e per la retribuzione di risultato del personale di livello dirigenziale non generale di 2 milioni di euro annui, a valere sulle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente nel proprio bilancio autonomo.
[90] Si ricorda altresì che i commi da 334 a 337 della Legge di bilancio per il 2023 (L. 197/2022) hanno quindi introdotto disposizioni finalizzate ad armonizzare i trattamenti economici accessori del personale delle aree dell'Ispettorato nazionale del lavoro e dell'Agenzia nazionale delle politiche attive a quelli del personale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Successivamente, i commi 5-ter e 5-quater dell’articolo 1 del DL 22 giugno 2023, n.75 hanno previsto disposizioni dirette ad armonizzare, dal 2023, i trattamenti economici accessori del personale delle aree dell'Agenzia italiana per la gioventù con quelli del personale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
E’ poi intervenuto l’articolo 1-bis del decreto-legge 18 ottobre 2023, n. 145, sempre al fine di armonizzare i trattamenti economici accessori - di cui al richiamato art. 1, commi 334, 335, 336 e 337 della L 197/2022 - del personale dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, dell’ANPAL e dell’Agenzia italiana per la gioventù.
[91] Si ricorda che con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22 novembre 2023, l’Agenzia Nazionale Politiche Attive del Lavoro è soppressa, con decorrenza dal 1° marzo 2024.
[92] “Disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e del Piano nazionale degli investimenti complementari al PNRR (PNC), nonchè per l'attuazione delle politiche di coesione e della politica agricola comune”.
[93] Cfr. l’art. 1 dello statuto, approvato col d.P.R. n. 23/2024.
[94] Il cui statuto era oggetto del regolamento di cui al d.P.R. n. 156/2007.
[95] Riguardo alla categoria generale delle agenzie operanti al servizio delle amministrazioni pubbliche, cfr. l’art. 8 del d.lgs. n. 300/1999.
[97] Regolamento (UE) 2021/817, abrogativo del regolamento (UE) n. 1288/2013.
[98] Regolamento (UE) 2021/888, abrogativo dei regolamenti (UE) 2018/1475 e n. 375/2014.
[99] Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche
[100] Da ultimo, l’articolo 1 co. 3, del D.L. 19 ottobre 2024, n. 155, recante “Misure urgenti in materia economica e fiscale e in favore degli enti territoriali”, conv. con mod. dalla L. n. 189/2024, ne ha incrementato la dotazione di 270 milioni di euro per l’anno 2024.
[101] Riguardo a tale sentenza, cfr. infra.
[102] Si ricorda che gli importi dell’indennità di amministrazione sono pari a quelli riconosciuti – in relazione alle aree corrispondenti – al personale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (cfr. il citato articolo 1-bis, comma 1, del D.L. n. 145 del 2023 e l’articolo 1, comma 334, della L. 29 dicembre 2022, n. 197, e successive modificazioni).
[103] Si ricorda che la suddetta indennità una tantum è stata prevista dall'articolo 32-bis del D.L. 17 maggio 2022, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 luglio 2022, n. 91, al fine di “dare riconoscimento all'impegno straordinario richiesto per il contrasto del lavoro sommerso, per la vigilanza sul rispetto della normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro e per l'attuazione delle misure previste nel PNRR”; il medesimo articolo 32-bis ha demandato la determinazione dell’indennità a un decreto del direttore del medesimo Ispettorato, adottato sentite le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative.
[104] La motivazione della citata sentenza n. 4 si fonda sul principio di eguaglianza di cui all’articolo 3 della Costituzione e sulla base del riconoscimento della sussistenza dei motivi specifici che il citato articolo 32-bis ha posto esplicitamente a giustificazione dell’indennità una tantum.
[105] Fondo di cui all’articolo 1, comma 511, della L. 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni.
[106] La durata dell’incarico può essere inferiore a tre anni se coincide con il conseguimento del limite di età per il collocamento a riposo dell’interessato.
[107] Tali persone devono avere svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l’accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato.
[108] Segretario generale di ministeri, incarichi di direzione di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali e incarichi di livello equivalente.
[109] Dirigenti di livello generale.
[110] Si rileva che: sono iscritti alla CTPS i dipendenti delle amministrazioni statali, compresi, a titolo esemplificativo, i dipendenti civili e militari dello Stato, i dipendenti delle agenzie nazionali (ex decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300), delle autorità indipendenti e delle università statali; sono iscritti alla CPDEL i dipendenti degli enti di diritto pubblico e degli enti locali; sono iscritti alla CPS, a titolo esemplificativo, i medici delle aziende sanitarie, delle aziende ospedaliere del Servizio sanitario nazionale e delle IPAB (Istituto Pubblico di Assistenza e Beneficenza); sono iscritti alla CPI gli insegnanti delle scuole primarie paritarie (pubbliche e private), gli insegnanti degli asili eretti in enti morali e delle scuole dell'infanzia comunali; sono iscritti alla CPUG gli ufficiali giudiziari, i coadiutori ufficiali giudiziari e gli operati UNEP (Ufficio Notificazioni Esecuzione e Protesti)
[111] La relazione illustrativa del provvedimento afferma che la norma rappresenta la naturale evoluzione del processo di razionalizzazione avviato con l'attribuzione all'INPS della fase di accertamento sanitario delle suddette inabilità, dal momento che il comma 3-bis dell’articolo 45 del Decreto legge n. 73 del 2022, convertito con modificazioni dalla legge n. 122 del 2022, ha previsto la soppressione dal 1° gennaio 2023 delle commissioni mediche di verifica, operanti nell’ambito del Ministero dell’economia e delle finanze, trasferendo le relative funzioni all’INPS.
[112] Il diritto sussiste anche nei casi in cui la riduzione della capacità lavorativa a meno di un terzo preesisteva al rapporto assicurativo, purché vi sia stato un successivo aggravamento o siano sopraggiunte nuove infermità (art. 1, comma 2, L. 222/1984).
[113] Non è richiesta la cessazione dell’attività lavorativa, e per il diritto alla fruizione non ci sono limiti di reddito, ed è suscettibile di conferma, di revisione (cioè verifica della persistenza dei requisiti sanitari, in qualsiasi momento, anche dopo il compimento dell'età pensionabile da parte del titolare), di revoca (nel caso in cui cessi lo stato invalidante) o di trasformazione (in pensione di vecchiaia o di inabilità secondo specifiche modalità).
[114] In particolare:
- se il reddito supera 4 volte il trattamento minimo annuo l’assegno d’invalidità si riduce del 25%: in pratica, se il reddito supera 26.385,84 euro annui (che corrispondono al trattamento mensile, 507,42 euro, moltiplicato per 13 mensilità e per 4), l’assegno d’invalidità è ridotto di ¼;
- se il reddito supera 5 volte il trattamento minimo annuo l’assegno d’invalidità si riduce del 50%: in pratica, se il reddito supera 32.982,30 euro annui (che corrispondono al trattamento mensile, 507,42 euro, moltiplicato per 13 mensilità e per 5), l’assegno d’invalidità viene dimezzato.
[115] La pensione di inabilità viene calcolata con un sistema particolare, che prevede la maggiorazione dell’assegno di invalidità, quale risulta dal calcolo dei contributi versati o accreditati secondo le norme comuni, con la differenza tra l’importo dell’assegno stesso e l’importo che sarebbe spettato con un’anzianità contributiva aumentata degli anni compresi tra la data di decorrenza della pensione di inabilità e la data di compimento dell’età pensionabile
[116] In base all’art. 1, comma 15, della L 335/1995, per il calcolo delle pensioni di inabilità, le maggiorazioni di cui all'articolo 2, comma 3, della legge 12 giugno 1984, n. 222, si computano, secondo il sistema contributivo, per l'attribuzione di un'anzianità contributiva complessiva non superiore a 40 anni, aggiungendo al montante individuale, posseduto all'atto dell'ammissione al trattamento, un'ulteriore quota di contribuzione riferita al periodo mancante al raggiungimento del sessantesimo anno di età dell'interessato computata in relazione alla media delle basi annue pensionabili possedute negli ultimi cinque anni e rivalutate ai sensi dell'articolo 3, comma 5, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503.
La contribuzione viene incrementata virtualmente tra l'età alla cessazione dal servizio e il compimento dell'età pensionabile di vecchiaia per chi è nel sistema retributivo (almeno 18 anni di contributi entro il 1995).
[117] E', altresì, incompatibile con l'iscrizione negli elenchi anagrafici degli operai agricoli, con l'iscrizione negli elenchi nominativi dei lavoratori autonomi o in albi professionali e con i trattamenti a carico dell'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione e con ogni altro trattamento sostitutivo o integrativo della retribuzione. La sua concessione è infatti subordinata alla cancellazione dell'interessato dai relativi elenchi anagrafici.
[118] Si tratta, in particolare:
• delle disposizioni sull’inabilità assoluta e permanente alla mansione (inabilità specifica, che dà luogo al trattamento di pensione, senza alcuna maggiorazione, in presenza di 15 anni di anzianità contributiva - 20 anni se iscritti alla cassa enti locali e sanità- , nel caso il dipendente non possa essere adibito a mansioni equivalenti) e sull’inabilità assoluta e permanente al proficuo lavoro (grado di invalidità, che rende impossibile continuare a svolgere un’attività lavorativa continua e remunerativa, che dà luogo al trattamento di pensione, senza alcuna maggiorazione, in presenza di 15 anni di anzianità contributiva), di cui agli articoli 68, 70, 71, 129 del Testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957 (Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato), n. 3, all’art. 42 del DPR 1092/1973 (testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), nonché delle disposizioni, agli articoli 16 e 56, prima comma, del decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761, e all’articolo 13 della legge 8 agosto 1991, n. 274;
• delle disposizioni del comma 12 dell’art. 2 della L 335/1995 nonché delle disposizioni sulla permanente inidoneità psicofisica di cui all’articolo 55-octies, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (attuato con il DPR 27 luglio 2011, n.171 - Regolamento di attuazione in materia di risoluzione del rapporto di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche dello Stato e degli enti pubblici nazionali in caso di permanente inidoneità psicofisica).
[119] Tale disposizione ha previsto, dal 1° gennaio 1996, anche per i dipendenti delle Amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, iscritti alle forme di previdenza esclusive dell'assicurazione generale obbligatoria, nonché per le altre categorie di dipendenti iscritti alle predette forme di previdenza, cessati dal servizio per infermità non dipendenti da causa di servizio per le quali gli interessati si trovino nell'assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa, che la pensione è calcolata in misura pari a quella che sarebbe spettata all'atto del compimento dei limiti di età previsti per il collocamento a riposo. In ogni caso non potrà essere computata un'anzianità utile ai fini del trattamento di pensione superiore a 40 anni e l'importo del trattamento stesso non potrà superare l'80 per cento della base pensionabile, né quello spettante nel caso che l'inabilità sia dipendente da causa di servizio.
[120] La domanda online deve essere inviata all'amministrazione presso la quale si svolge o si è svolta attività lavorativa; l’accertamento è affidato a vari organismi sanitari, in funzione dell’ente o dell’amministrazione di appartenenza
[121] Per il sistema retributivo, si considera un'anzianità posseduta alla data di risoluzione del rapporto di lavoro incrementata del periodo temporale compreso tra la predetta data e quella del compimento del limite di età, o di servizio in assenza del limite di età, previsto per il collocamento a riposo secondo l'ordinamento di appartenenza.
[122] Si veda anche il DPR 29 ottobre 2001, n 461 e il decreto ministeriuale 12 febbraio 2004 riguardanti le procedure di verifica sanitaria dello stato di inabilità assoluta e permanente per i dipendenti di enti pubblici non economici
[123] Come chiarito, i destinatari di tale normativa si applica al personale cessato dal servizio a decorrere dall'1-1- 96 (ultimo giorno di servizio 31-12-95) il cui trattamento di pensione è disciplinato:
dal DPR 29-12-73 n. 1092 e successive modificazioni ed integrazioni (dipendenti civili e militari dello Stato ivi compresi i dipendenti delle Ferrovie dello Stato S.P.A. e dipendenti di altre aziende privatizzate, ma disciplinate dallo stesso D.P.R.) e dalle disposizioni contenute nel Decreto del Presidente della Repubblica 9-8-67 n.1417 e successive modificazioni ed integrazioni (dipendenti dell'Ente Poste Italiano);
dalla Legge 11-4-55 n. 379 e successive modificazioni ed integrazioni (dipendenti degli enti locali, insegnanti di asilo e scuole elementari parificate);
dalla Legge 6-7-39 n. 1035 e successive modificazioni ed integrazioni (personale sanitario);
dalla Legge 27-4-81 n. 167 e successive modificazioni ed integrazioni (Ufficiali giudiziari e coadiutori).
Rientrano tra i destinatari della suddetta norma i dipendenti che, pur appartenendo ad enti che hanno perso la natura giuridica pubblica, hanno comunque mantenuto l'iscrizione a forme di previdenza esclusive dell'Assicurazione Generale Obbligatoria.
[124] Che consentiva al disegno di legge di bilancio 2023-2025 di assegnare risorse, da destinare esclusivamente al potenziamento delle competenze in materia di analisi, valutazione delle politiche pubbliche e revisione della spesa, ai Ministeri che hanno conseguito o conseguiranno, negli anni dal 2023 al 2025, determinati obiettivi di risparmio in termini di indebitamento netto.
[125] In base al richiamato art. 30, salvo determinate eccezioni (che riguardano le aziende e gli enti del SSN e degli enti locali con un numero di dipendenti a tempo indeterminato non superiore a 100), le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti appartenenti ad una qualifica corrispondente e in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento. È richiesto il previo assenso dell'amministrazione di appartenenza nel caso in cui si tratti di posizioni dichiarate motivatamente infungibili dall'amministrazione cedente o di personale assunto da meno di tre anni o qualora la mobilità determini una carenza di organico superiore al 20 per cento nella qualifica corrispondente a quella del richiedente.
[126] In particolare, la delibera CIPE 28 luglio 2020, n. 36 ha disposto, in attuazione di quanto previsto dall’articolo 242, commi 2 e 5, del D.L. n. 34 del 2020, una assegnazione di risorse FSC 2014-2020, per complessivi 728,4 milioni all’Agenzia per la coesione territoriale di cui 283,4 milioni per dare copertura agli interventi riprogrammati sul Programma operativo nazionale (PON) “Città Metropolitane 2014- 2020” e 445 milioni per dare copertura agli interventi riprogrammati sul Programma operativo nazionale (PON) “Governance e capacità istituzionale” 2014-2020.
[127] “Quanto al cosiddetto CIS “Grande Salerno”, si tratta di un'iniziativa assunta nel mese di maggio 2022 dal precedente Governo relativamente al territorio della provincia di Salerno. Gli enti territoriali interessati hanno inviato 221 proposte progettuali, per un fabbisogno finanziario complessivo pari a circa un miliardo e 820 milioni di euro. Il 74 per cento delle proposte inviate sono risultate prive di progetto - pari al 42,7 per cento - oppure corredate da meri progetti di fattibilità - il 26,4 per cento delle proposte inviate - e dunque da un livello di progettazione del tutto preliminare. Sempre nel 2022, alla fine del mese di luglio, veniva assunta dal precedente Esecutivo l'iniziativa CIS “Acqua bene comune”, in risposta alla quale sono pervenute 3.271 proposte di intervento da parte di circa 1.324 enti, per un fabbisogno di investimenti di oltre 25 miliardi di euro. Anche in questo caso, molte delle proposte inviate - il 67 per cento - sono risultate o prive di livello progettuale - il 27 per cento - o corredate da meri progetti di fattibilità - il 35 per cento – e, dunque, da un livello di progettazione del tutto preliminare oppure sprovviste - il 5 per cento - dell'indicazione del livello progettuale disponibile”.
[128] Si tratta, in particolare: dei dissesti idrogeologi che hanno interessato la frazione di Cavallerizzo nel comune di Cerzeto (Cosenza); della grave situazione di inquinamento ambientale che interessava il territorio del comune di Asti; degli eventi alluvionali che il 22 e 23 ottobre 2005 hanno colpito il Comune di Martina Franca in provincia di Taranto; del superamento del contesto critico in materia di risorse idriche in atto nella regione Puglia; dell'approvvigionamento idrico e della gestione delle acque reflue urbane del comune di Lipari; dell’emergenza dei rifiuti nella regione Campania.
[129] In particolare, i compiti previsti dall’articolo 8 sono i seguenti: l'indirizzo, la promozione e il coordinamento delle attività delle amministrazioni dello Stato, centrali e periferiche, delle regioni, dei comuni; l'elaborazione dei provvedimenti finalizzati alla gestione delle situazioni di emergenza di rilievo nazionale previste o in atto; l'elaborazione delle proposte delle direttive del Capo Dipartimento della protezione civile e previa intesa le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano di cui all'articolo 15; l'elaborazione e il coordinamento dell'attuazione dei piani nazionali riferiti a specifici scenari di rischio di rilevanza nazionale e dei programmi nazionali di soccorso; il coordinamento dell'intervento del Servizio nazionale, al verificarsi di emergenze di rilievo nazionale; gli indirizzi generali per le attività di formazione in materia di protezione civile, in raccordo con le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano; la promozione di studi e ricerche sulla previsione e la prevenzione dei rischi naturali o connessi con l'attività dell'uomo; verifiche dei piani nazionali, di esercitazioni di protezione civile, di intesa con le regioni e gli enti locali interessati; la definizione dei criteri generali per l'individuazione delle zone sismiche; il coordinamento della partecipazione del Servizio nazionale alle politiche di protezione civile dell'Unione; la formulazione delle richieste di assistenza internazionale all'Unione europea o alla comunità internazionale per integrare l'intervento del Servizio nazionale; il coordinamento del supporto in qualità di nazione ospitante, conformemente alla decisione n. 1313/2013/UE in materia di meccanismo unionale di protezione civile; elaborazione delle linee di indirizzo nazionali per la definizione delle politiche di prevenzione strutturale dei rischi naturali o derivanti dalle attività dell'uomo e per la loro attuazione.