Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Istituzioni |
Titolo: | Disposizioni urgenti in materia di termini normativi - Vol. I |
Serie: | Progetti di legge Numero: 395/2 - Vol. I |
Data: | 14/02/2025 |
Organi della Camera: | I Affari costituzionali, V Bilancio |
Servizio Studi
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Dossier n. 420/2 Vol. I
Servizio Studi
Dipartimento Istituzioni
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Dipartimento Bilancio
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Progetti di legge n. 395/2 Vol. I
Il presente dossier è articolato in due volumi:
volume I – articoli da 1 a 6;
volume II – articoli da 7 a 22.
Parte II – Profili di carattere finanziario
Servizio Bilancio dello Stato - Verifica delle quantificazioni n. 303
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Servizio Commissioni – Segreteria V Commissione
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File D24202b_Vol.I.docx
I N D I C E
§
Articolo 1, comma 1-bis (Validità delle facoltà assunzionali delle università statali)
§
Articolo 1, commi 2-bis e 2-ter (Delibere relative ad alcuni tributi comunali)
§
Articolo 1, comma 4 (Personale dell’Avvocatura dello Stato)
§
Articolo 1, comma 6-bis (Differimento per la realizzazione di medie opere)
§
Articolo 1, commi 7, 8 e 8-bis (Contrasto alla crisi idrica)
§
Articolo 1, comma 9 (Responsabilità erariale)
§
Articolo 1, comma 10 (Attività del Commissario straordinario per il G7)
§
Articolo 1, comma 10-ter (Proroga del mandato dei componenti dell’ANVUR)
§
Articolo 1, comma 10-quater (Supporto tecnico di CDP per gli interventi europei (PNRR)
§
Articolo 1, comma 10-quinquies (Organismi indipendenti di valutazione)
§
Articolo 1, comma 10-septies (Incarichi dirigenziali e direttivi a soggetti in quiescenza)
§
Articolo 2, commi 2 e 3 (Permessi di soggiorno per sfollati dall’Ucraina)
§
Articolo 2, comma 3-bis (Disposizione relativa ai visti di soggiorno)
§
Articolo 2, comma 4 (Graduatorie di alcuni concorsi per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco)
§
Articolo 2, comma 6-bis (Prevenzione degli incendi da parte di talune strutture ricettive)
§
Articolo 3, comma 4, lettera a) (Disposizioni in materia di locazioni passive)
§
Articolo 3, comma 4, lettera b) e comma 5 (Disposizioni concernenti AMCO S.p.A.)
§
Articolo 3, comma 7 (Proroga inerente al Servizio pubblico di connettività)
§
Articolo 3, comma 8 (Consorzi e cooperative di garanzia collettiva fidi)
§
Articolo 3, comma 9 (Bilanci degli enti del servizio sanitario della regione Calabria)
§
Articolo 3, comma 10 (Proroga del regime di esenzione IVA)
§
Articolo 3, comma 10-bis (Potenziamento della struttura amministrativa della regione Molise)
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Articolo 3, commi 14-bis e 14-ter (Rendicontazione di sostenibilità)
§
Articolo 3, comma 14-quater (Indennità di funzione nei comuni dei crateri sisma 2016)
§
Articolo 3, comma 14-quinquies (Alleggerimento degli oneri da indebitamento degli enti locali)
§
Articolo 3, comma 14-septies (Accertamento e riscossione entrate locali)
§
Articolo 3, commi da 14-octies a 14-decies (Credito d’imposta nelle Zone logistiche semplificate)
§
Articolo 3, comma 14-undecies (Intermediari finanziari non professionali - società cooperative)
§
Articolo 4, comma 1 (Ente Strumentale alla Croce Rossa italiana - Esacri)
§
Articolo 4, comma 2-bis (Crediti formativi per la formazione continua in medicina)
§
Articolo 4, comma 5 (Accesso alla dirigenza del SSN relativa ai servizi di emergenza-urgenza)
§
Articolo 4, comma 9 (Formazione specifica in medicina generale)
§
Articolo 4, comma 11 (Proroghe in materia di misure per l’abbattimento delle liste d’attesa)
§
Articolo 4, comma 11-bis (Fondi per screening regionale per il tumore al seno)
§
Articolo 4, comma 12 (Incarichi a sanitari e operatori socio-sanitari in quiescenza)
§
Articolo 4, comma 12-bis (Proroga di norme in materia di ricetta elettronica)
§
Articolo 4, comma 12-ter (Contributi ai policlinici universitari)
§
Articolo 5, commi 2 e 3 (Incarichi dirigenti tecnici)
§
Articolo 5, comma 4-bis (Valorizzazione dei docenti impegnati nelle attività di tutor)
§
Articolo 5, da comma 4-ter a comma 4-quinquies (Norme antincendio edifici scolastici)
§
Articolo 5, comma 4-septies (Comandi personale ATA)
§
Articolo 5-bis (Validità degli esami sostenuti per gli iscritti a corsi di laurea non abilitanti)
§
Articolo 6, comma 4-ter (Finanziamento di enti e istituzioni culturali)
Articolo 1, comma 1
(Validità delle autorizzazioni alle assunzioni del personale delle amministrazioni dello Stato)
L’articolo 1, comma 1, disciplina, in via transitoria e a regime, il periodo entro cui le amministrazioni dello Stato, le agenzie e gli enti pubblici non economici possono esercitare le facoltà assunzionali, ivi incluse quelle derivanti da speciali disposizioni di legge, da autorizzare, ai sensi della normativa vigente, con apposito DPCM.
Preliminarmente, si ricorda che le suddette facoltà assunzionali sono quelle autorizzate ai sensi dell’art. 35, comma 4 del D.Lgs. 165/2001, il quale prevede che, con decreto del Presidente del consiglio dei ministri (di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze), sono autorizzati - sulla base del Piano triennale dei fabbisogni, approvato da ciascuna amministrazione o ente per l’adozione delle determinazioni relative all'avvio di procedure di reclutamento - l'avvio delle procedure concorsuali e le relative assunzioni del personale delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, delle agenzie e degli enti pubblici non economici.
Il presente articolo 1, comma 1, dispone, in primo luogo, che, a decorrere dal 2025, le predette facoltà assunzionali autorizzate con il suddetto DPCM abbiano una validità non superiore a tre anni, non prorogabili alla scadenza.
La disposizione in commento reca altresì una disciplina transitoria, prorogando al 31 dicembre 2025 il termine, non ulteriormente prorogabile, entro il quale possono essere esercitate le suddette facoltà assunzionali relative ad annualità pregresse al 2025, già autorizzate o da autorizzare con il suddetto decreto, in scadenza alla data del 31 dicembre 2024.
Articolo 1, comma 1-bis
(Validità delle facoltà assunzionali delle università statali)
L’articolo 1, comma 1-bis, introdotto nel corso dell’esame del Senato, stabilisce che, a decorrere dall'anno 2025, le facoltà assunzionali autorizzate in favore delle università statali con decreto del Ministro dell'università e della ricerca hanno una validità non superiore a tre anni e non possono essere ulteriormente prorogate. In via transitoria, alle facoltà assunzionali relative ad annualità pregresse al 2025, autorizzate o da autorizzare con il decreto di cui al primo periodo e non ancora esercitate, si provvede, relativamente alle cessazioni verificatesi negli anni 2017, 2018, 2019 e 2020, entro il 31 dicembre 2025, relativamente alle cessazioni verificatesi negli anni 2021 e 2022, entro il 31 dicembre 2026, relativamente alle cessazioni verificatesi nell'anno 2023, entro il 31 dicembre 2027.
Come sopra anticipato, l’articolo 1, comma 1-bis, stabilisce che, a decorrere dall'anno 2025, le facoltà assunzionali autorizzate in favore delle università statali con decreto del Ministro dell'università e della ricerca ai sensi dell'articolo 66, comma 13-bis, del D.L. n. 112/2008 (L. n. 133/2008), hanno una validità non superiore a tre anni e non possono essere ulteriormente prorogate.
Per quanto qui rileva, si rammenta che l’articolo 66, comma 13-bis, del D.L. n. 112/2008 (L. n. 133/2008), prevede che l'attribuzione a ciascuna università del contingente delle assunzioni è effettuata con decreto del Ministro dell'Università e della Ricerca.
Il primo periodo ha stabilito che per il biennio 2012-2013 il sistema delle università statali, avrebbe potuto procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato e di ricercatori a tempo determinato nel limite di un contingente corrispondente ad una spesa pari al venti per cento di quella relativa al corrispondente personale complessivamente cessato dal servizio nell'anno precedente. Nella previgente formulazione, il secondo periodo del comma citato ha fissato la predetta facoltà nella misura del 50 per cento per gli anni 2014 e 2015, del 60 per cento per il 2016, dell'80 per cento per il 2017 e del 100 per cento a decorrere dal 2018. Con Decreto Ministeriale n. 1560 del 1° dicembre 2023 sono stati stabiliti i criteri e il contingente assunzionale delle università statali, per il 2023.
Successivamente, l’articolo 1, comma 825, lettera b), ha ridotto, per il solo 2025, dal 100 al 75 per cento il limite percentuale, relativo alle risorse concernenti la cessazione dei rapporti di lavoro complessivamente intervenute nell'anno precedente, utile ai fini del calcolo delle assunzioni di personale a tempo indeterminato effettuabili dal sistema delle università statali. Tale riduzione percentuale è stata stabilita per il 2026 per quanto riguarda la categoria dei ricercatori universitari. Tale limite (in precedenza pari al 50 per cento per gli anni 2014 e 2015, al 60 per cento per il 2016 e all'80 per cento per il 2017) rimane fissato al 100 per cento per gli anni dal 2018 al 2024 e, come sopra detto, viene ridotto al 75 per cento nel 2025 per poi tornare ad essere pari al 100 per cento a decorrere dal 2026.
In via transitoria, alle facoltà assunzionali relative ad annualità pregresse al 2025, autorizzate o da autorizzare con il decreto di cui al primo periodo e non ancora esercitate, si provvede, relativamente alle cessazioni verificatesi negli anni 2017, 2018, 2019 e 2020, entro il 31 dicembre 2025, relativamente alle cessazioni verificatesi negli anni 2021 e 2022, entro il 31 dicembre 2026, relativamente alle cessazioni verificatesi nell'anno 2023, entro il 31 dicembre 2027.
Articolo 1, commi 2 e 3
(Disposizioni in materia di versamenti contributivi da parte delle pubbliche amministrazioni)
Il comma 2 dell’articolo 1 modifica i termini di due normative transitorie, relative alla prescrizione temporale delle contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria inerenti ai dipendenti pubblici (lettera a)) e ai soggetti (lettera b)) titolari con pubbliche amministrazioni di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (o di rapporti assimilati a quest’ultima categoria). Il successivo comma 3 prevede, in coordinamento con le novelle di cui al comma 2, un differimento dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025 del termine finale di applicazione della norma transitoria che, per i casi di mancato versamento delle suddette contribuzioni da parte delle pubbliche amministrazioni, esclude l’applicazione delle sanzioni civili e degli interessi di mora.
I commi 2 e 3 riguardano, come accennato, i versamenti contributivi, per i relativi lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni [1] .
Più in particolare, la lettera a) del comma 2 concerne la normativa transitoria [2] relativa alla prescrizione temporale delle contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria inerenti ai dipendenti delle suddette pubbliche amministrazioni. Tale normativa stabilisce che, fino a un termine, prorogato da parte della presente novella dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025, i termini di prescrizione [3] non si applicano per gli obblighi relativi alle contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria [4] , con riferimento ai periodi di competenza compresi entro un determinato termine, prorogato da parte della presente novella dal 31 dicembre 2019 al 31 dicembre 2020 [5] . Restano fermi la salvezza degli effetti di provvedimenti giurisdizionali passati in giudicato nonché il diritto all'integrale trattamento pensionistico del lavoratore [6] .
La lettera b) del medesimo comma 2 prevede un differimento dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025 del termine finale di applicazione della norma transitoria [7] che esclude l’effetto di prescrizione temporale per il mancato versamento delle contribuzioni previdenziali inerenti alla cosiddetta Gestione separata dell’INPS [8] , con riferimento ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (o ai rapporti assimilati a quest’ultima categoria) intercorrenti con le suddette pubbliche amministrazioni. Resta ferma la salvezza degli effetti di provvedimenti giurisdizionali passati in giudicato.
La relazione illustrativa e la relazione tecnica allegate al disegno di legge di conversione del presente decreto [9] osservano che le novelle di cui al comma 2 sono intese a consentire alle pubbliche amministrazioni di portare a termine le necessarie attività di verifica della sussistenza dei rapporti di lavoro in determinati periodi temporali e di evitare le forme di contenzioso inerenti alla mancata o incompleta liquidazione dei trattamenti previdenziali [10] .
Si ricorda che l’intervento di proroga di cui al presente comma 2 è oggetto del messaggio dell’INPS n. 87 del 10 gennaio 2025.
Il comma 3 differisce dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025 il termine finale di applicazione della norma transitoria [11] che esclude le sanzioni civili e gli interessi di mora per il caso di mancato versamento dei suddetti contributi di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria – oggetto delle novelle di cui al precedente comma 2 – da parte delle pubbliche amministrazioni. Resta fermo che non si fa luogo a rimborso delle somme già versate a titolo di sanzione o interesse di mora.
La norma di esclusione prorogata dal presente comma 3 non concerne le fattispecie oggetto di sanzioni penali o amministrative pecuniarie; si ricorda che tali sanzioni sono previste, per i datori di lavoro (nonché per i committenti dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa rientranti nella suddetta Gestione separata dell’INPS), nelle ipotesi in cui le ritenute contributive non siano versate (dal datore di lavoro o committente) entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell'avvenuto accertamento dell’inadempimento contributivo
[12]
.
Anche l’intervento di differimento di cui al presente comma 3 è oggetto del citato messaggio dell’INPS n. 87 del 10 gennaio 2025.
Articolo 1, commi 2-bis e 2-ter
(Delibere relative ad alcuni tributi comunali)
I commi 2-bis e 2-ter dell’articolo 1, inseriti nel corso dell’esame del Senato, prorogano i termini concernenti la tempestività delle delibere regolamentari e di approvazione delle aliquote e delle tariffe concernenti alcuni tributi comunali, tra cui l’IMU e stabiliscono la disciplina applicabile in caso di differenza (positiva o negativa) fra l’IMU versata e quella effettivamente dovuta.
In particolare, il comma 2-bis¸attraverso una modifica dell'articolo 1, comma 72, della legge di bilancio 2024 (legge n. 213 del 2023) consente, anche per il 2024 (oltre che per il 2023 già previsto dal testo vigente) di considerare tempestive le delibere regolamentari e di approvazione delle aliquote e delle tariffe concernenti i tributi comunali diversi dall’imposta di soggiorno, dall’addizionale comunale all’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), purché inserite nel portale federalismo fiscale entro il 30 novembre di ciascuno dei due anni (anziché entro il 30 novembre 2023 previsto dal testo vigente) e pubblicate, ai fini dell’acquisizione della loro efficacia, entro il 15 gennaio 2024 per l'anno 2023 e il 7 febbraio 2025 per l'anno 2024 (il testo vigente fa invece riferimento al solo 15 gennaio 2024 essendo la norma limitata al 2023).
La norma deroga espressamente:
- all’articolo 15-ter del decreto legge 201 del 2011 che stabilisce che, a decorrere dall’anno di imposta 2020 le delibere e i regolamenti concernenti i tributi comunali diversi dall’imposta di soggiorno, dall’addizionale comunale all’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), dall’imposta municipale propria (IMU) e dal tributo per i servizi indivisibili (TASI) acquistano efficacia dalla data della pubblicazione nell’apposita sezione del portale del federalismo fiscale, a condizione che questa avvenga entro il 28 ottobre dell’anno a cui la delibera o il regolamento si riferisce; a tal fine, il comune è tenuto a effettuare l’invio telematico entro il termine perentorio del 14 ottobre dello stesso anno; i versamenti dei tributi di cui al punto precedente, la cui scadenza è fissata dal comune prima del 1°dicembre di ciascun anno devono essere effettuati sulla base degli atti applicabili per l’anno precedente e i versamenti dei medesimi tributi la cui scadenza è fissata dal comune in data successiva al 1°dicembre di ciascun anno devono essere effettuati sulla base degli atti pubblicati entro il 28 ottobre, a saldo dell’imposta dovuta per l’intero anno, con eventuale conguaglio su quanto già versato. In caso di mancata pubblicazione entro il termine del 28 ottobre, si applicano gli atti adottati per l’anno precedente;
- all’articolo 1, commi 762 e 767 della legge 160/2019. Il comma 762 precisa che i soggetti passivi IMU effettuano il versamento dell’imposta dovuta al comune per l’anno in corso in due rate, scadenti la prima il 16 giugno e la seconda il 16 dicembre. Resta in ogni caso nella facoltà del contribuente provvedere al versamento dell’imposta complessivamente dovuta in un’unica soluzione annuale, da corrispondere entro il 16 giugno. Il versamento della prima rata è pari all’imposta dovuta per il primo semestre applicando l’aliquota e la detrazione dei dodici mesi dell’anno precedente. In sede di prima applicazione dell’imposta, la prima rata da corrispondere è pari alla metà di quanto versato a titolo di IMU e TASI per l’anno 2019. Il versamento della rata a saldo dell’imposta dovuta per l’intero anno è eseguito, a conguaglio, sulla base delle aliquote risultanti dal prospetto delle aliquote pubblicato sul sito internet del Dipartimento delle finanze del Ministero dell’economia e delle finanze, alla data del 28 ottobre di ciascun anno. Il comma 767 dispone che le aliquote e i regolamenti hanno effetto per l’anno di riferimento a condizione che siano pubblicati sul sito internet del Dipartimento delle finanze del Ministero dell’economia e delle finanze, entro il 28 ottobre dello stesso anno. Ai fini della pubblicazione, il comune è tenuto a inserire il prospetto delle aliquote e il testo del regolamento, entro il termine perentorio del 14 ottobre dello stesso anno, nell’apposita sezione del Portale del federalismo fiscale. In caso di mancata pubblicazione entro il 28 ottobre, si applicano le aliquote e i regolamenti vigenti nell’anno precedente.
Dal combinato disposto delle due disposizioni derogate si desume che le deroghe al termine per inserire nel portale federalismo fiscale e per pubblicare le delibere riguardanti le aliquote si applichino all’IMU (ai sensi dei commi 762 e 767 della legge n. 160 del 2019) e alle imposte diverse dall’addizionale comunale all’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e dall’imposta di soggiorno.
Si ricorda che l’articolo 15-ter del decreto legge 201 del 2011 menziona anche la TASI, oggi non più esistente.
Con riferimento alla tassa sui rifiuti (TARI) il combinato disposto dell’articolo 1, comma 683 della legge n. 147 del 2013, e dell’articolo 3, comma 5-quinquies del decreto-legge n. 228 del 2021 impone ai comuni di approvare le tariffe della TARI entro il 30 aprile di ciascun anno.
Ne consegue che anche tale tassa risulta essere esclusa dall’ambito applicativo della disposizione in commento.
Il nuovo comma 2-ter, invece, attraverso una modifica dell'articolo 1, comma 73, della legge di bilancio 2024, prevede che l’eventuale differenza positiva tra l’IMU, calcolata sulla base degli atti pubblicati ai sensi del comma 72, come modificato dal comma 2-bis sopra illustrato (entro il 15 gennaio 2024 per l'anno 2023 e al 7 febbraio 2025 per l'anno 2024) e quella versata entro il 18 dicembre 2023 ed entro il 16 dicembre 2024 (in luogo del solo 18 dicembre 2023 previsto dal testo vigente) ai sensi dell’articolo 1, comma 762 della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019), è dovuta senza applicazione di sanzioni e interessi entro il 29 febbraio 2024 per l'anno 2023 ed entro il 28 febbraio 2025 per l'anno 2024 (il testo vigente fa invece riferimento al solo 29 febbraio 2024 in quanto riferito soltanto all’anno 2023). Nel caso in cui emerga una differenza negativa, il rimborso è dovuto secondo le regole ordinarie.
Articolo 1, comma 4
(Personale dell’Avvocatura dello Stato)
L’articolo 1, comma 4, consente fino al 31 dicembre 2025 all’Avvocatura dello Stato di avvalersi di personale non dirigenziale in posizione di comando senza dover ricevere il nulla osta dell’Amministrazione di appartenenza ed in deroga all’attuale limite del 25 per cento.
Più nel dettaglio il comma 4 dell’articolo 1 modifica il comma 18 dell’articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 2023, n. 215 (conv. legge n. 18 del 2024), il quale, nella sua formulazione previgente, prevedeva la possibilità per l’Avvocatura dello Stato, fino al 31 dicembre 2024, di avvalersi di personale in comando ai sensi dell’articolo 17, comma 14, della legge n. 127 del 1997 senza dover ricevere, quindi, il nulla osta dell’Amministrazione di appartenenza ed in deroga all’attuale limite del 25 per cento previsto dall’articolo 6, comma 1-quinquies, del decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36 (conv. legge n. 799 del 2022). Il decreto-legge in esame proroga fino al 31 dicembre 2025 la possibilità per l’Avvocatura dello Stato di avvalersi di personale non dirigenziale in posizione di comando.
L’esigenza nasce – come evidenzia la relazione illustrativa di accompagnamento all’A.S. 1337 – “dalla difficoltà di reclutamento del personale per la copertura di profili soprattutto relativi all’area assistenti. Infatti, con i recenti concorsi Formez non è stato possibile coprire tutti i posti vacanti in dotazione organica per tale area, in quanto i vincitori, spesso laureati, rinunciano, dopo poco tempo dall’assunzione, per accettare posti di area superiore in altre amministrazioni, perché economicamente più favorevoli”. Sempre nella relazione si ricorda che “L’Avvocatura è ricorsa in questi anni anche a procedure di mobilità, non riuscendo però a soddisfare l’intera esigenza. L'impossibilità, quindi, di sostituire in un tempo ragionevole il personale cessato dal servizio per intervenuta quiescenza con nuove assunzioni rende necessario ricorrere a personale in comando, superando i limiti che l’attuale quadro normativo impone, ossia il limite del 25% dei posti vacanti a seguito di mobilità ed il nulla osta delle Amministrazioni di provenienza”. La norma si pone, quindi, “come obiettivo quello di ricorrere al personale in comando nelle more di espletamento delle procedure concorsuali programmate per ricoprire le posizioni cessate e necessarie allo svolgimento delle attività di supporto agli Avvocati dello Stato per garantire una pronta difesa delle Amministrazioni dello Stato e degli enti patrocinati, anche con riguardo all’attività defensionale svolta nell’ambito del significativo contenzioso insorto a seguito delle procedure di attuazione del PNRR che come noto gode di termini processuali molto accelerati”.
Articolo 1, commi 5 e 6
(Proroga di termini delle misure straordinarie per la progettazione e la realizzazione del nuovo complesso ospedaliero di Siracusa)
I commi 5 e 6 dell’articolo 1 in esame dispongono ulteriori proroghe alla normativa vigente riguardante il nuovo complesso ospedaliero della città di Siracusa. In particolare: a) viene differito ulteriormente (dal 31 dicembre 2024) al 31 dicembre 2025, il termine per la realizzazione di tale nuova struttura ospedaliera e b) viene contestualmente estesa al 31 dicembre 2025 la durata dell’incarico del Commissario straordinario nominato allo scopo della realizzazione del complesso ospedaliero. Agli oneri derivanti dalla proroga, quantificati in 100.000 euro per l'anno 2025, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili in corso di gestione.
Più in dettaglio, le proroghe al 31 dicembre 2025, mediante la tecnica della novella ai commi 1 e 2 dell’articolo 42-bis del DL. n. 23/2020 [13] (L. n. 40/2020) dispongono, rispettivamente (comma 5):
a) la proroga di un ulteriore anno del termine di realizzazione del complesso ospedaliero di Siracusa già fissato in tre anni dalla data di entrata in vigore della predetta legge di conversione n. 40 (7 giugno 2020) del D.L. n. 23/2020 – termine scaduto quindi una prima volta il 7 giugno 2023 -, con una conseguente estensione temporale del termine finale inizialmente previsto per i lavori;
Si tratta della terza proroga
[14]
, essendo stata la seconda disposta al 31 dicembre 2024 dall’articolo 15-sexies, comma 1, lett. a), D.L. 29 settembre 2023, n. 132 (L. n. 179/2023) in materia di proroga termini.
b) la contestuale estensione temporale della durata dell’incarico del Commissario straordinario, svolto a titolo gratuito, conferito con decreto del presidente del Consiglio dei Ministri e successivamente prorogato [15] .
Anche in questo caso, il citato articolo 15-sexies del DL. 132/2023 di proroga termini aveva prorogato al 31 dicembre 2024 la durata dell’incarico.
Il comma 6 definisce la copertura gli oneri derivanti dalle proroghe previste, stimati in 100.000 euro per l'anno 2025, esattamente l’importo che era stato quantificato per la precedente proroga a tutto il 2024. La copertura è, anche questa volta, prevista a valere sulla corrispondente riduzione del fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Legge di stabilità 2015). Si tratta del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione (Cap. 3076 nello stato di previsione del MEF).
La RT a corredo della norma sottolinea, per quanto riguarda la struttura di supporto alle attività del Commissario prevista dal comma 5-bis dell'articolo 42-bis, che la stessa è costituita da un contingente massimo di cinque unità di personale, di cui un'unità di livello dirigenziale non generale e quattro unità di personale non dirigenziale, scelto tra il personale delle amministrazioni pubbliche di cui al perimetro delineato dal D.Lgs. n. 165/2001, con esclusione del personale docente, educativo e amministrativo, tecnico e ausiliario delle istituzioni scolastiche, in posizione di comando, fuori ruolo o altro analogo istituto previsto dai rispettivi ordinamenti e mantiene il trattamento economico fondamentale e accessorio dell'amministrazione di appartenenza. Trattandosi esclusivamente di personale proveniente da pubbliche amministrazioni, in posizione di comando o fuori ruolo, posto in una struttura di supporto al Commissario di governo, si applica quanto previsto dall'articolo 9, comma 5-ter, del D. Lgs. n. 303 del 1999, secondo cui gli oneri del personale comandato o fuori ruolo restano a carico dell'amministrazione di appartenenza
[16]
.
Il comma 502, articolo 1, della Legge di bilancio 2021 (L. n. 178/2020) ha previsto, da ultimo, modifiche all’articolo 42-bis del D.L. n. 23/2020 (cd. Decreto Liquidità, L. 40/2020) che aveva introdotto talune misure straordinarie per la progettazione e la realizzazione di un nuovo complesso ospedaliero della città di Siracusa. In particolare, è stata prevista l’aggiunta del comma 5-bis al predetto articolo 42-bis diretto a prevedere una struttura di supporto per la realizzazione dei compiti del Commissario straordinario nominato per la progettazione e la realizzazione del nuovo complesso ospedaliero della città di Siracusa, con la finalità di contrastare gli effetti derivanti dall'emergenza sanitaria da Covid-19.
Il completamento della struttura è stabilito entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del citato decreto-legge n. 23/2020 (7 giugno 2020).
La struttura di supporto posta alle dirette dipendenze del Commissario è costituita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ed è composta da un contingente massimo di 5 unità di personale [17] , di cui 1 unità di livello dirigenziale non generale e 4 unità di personale non dirigenziale.
Tra queste ultime unità del contingente di personale non dirigenziale possono essere nominati fino a due esperti e consulenti, anche tra soggetti estranei alla pubblica amministrazione, in possesso di comprovata esperienza - in base ai presupposti, criteri e modalità operative per l’affidamento di incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, stabiliti all’articolo 7, comma 6 del D.Lgs. 165/2001 -, il cui compenso è definito dal Commissario straordinario, e non può comunque superare i 48.000 euro annui. Il rimborso delle spese di missione sostenute dal personale è corrisposto direttamente dal Commissario straordinario, previa presentazione di documentazione, con obbligo di rendicontazione, mentre le spese di missione sostenute dal Commissario straordinario per lo svolgimento del suo incarico sono rimborsate nei limiti previsti dalla normativa vigente, analogamente corrisposte previa presentazione di documentazione e con obbligo di rendicontazione, con oneri cui è chiamato a provvedere direttamente il Commissario nei limiti delle risorse disponibili che confluiscono nella contabilità speciale indicata dalle disposizioni del medesimo 42-bis, comma 4.
Il Commissario straordinario deve operare nel rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione di cui al D.Lgs. n. 159/2011, oltre ai vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'Unione Europea degli obblighi internazionali e dei principi di cui agli articoli 30, commi 1, 34 e 42 del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 50 del 2016) e in deroga ad ogni altra disposizione di legge diversa da quella penale [18] .
In merito all'affidamento e all'esecuzione di opere, lavori, servizi, forniture e concessioni, il comma 1 dell'art. 30 del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50 2016), oltre a fare riferimento al rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività, correttezza, specifica, altresì, lo specifico rispetto da parte delle stazioni appaltanti dei principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché di pubblicità, al fine evidente anche di non sfavorire o svantaggiare indebitamente taluni operatori economici.
Con riferimento al nuovo ospedale di Siracusa si evidenzia il contratto (qui il testo) per l’affidamento di servizi di supporto tecnico – amministrativo e di committenza ausiliaria al responsabile unico del procedimento (RUP) ai sensi del combinato disposto degli articoli 3, comma 1, lettera m), numeri 1), 2) e 3), 31, commi 7 e 11, e 39, comma 2, del richiamato Codice dei contratti.
Al fine di consentire la massima autonomia finanziaria per la progettazione e realizzazione del complesso ospedaliero in esame, al Commissario straordinario viene intestata un’apposita contabilità speciale aperta presso la tesoreria statale, alla quale sono assegnate le risorse disponibili e su cui possono confluire inoltre le risorse finanziarie a qualsiasi titolo destinate o da destinare alla progettazione e alla realizzazione di tale complesso ospedaliero.
Dal profilo finanziario, peraltro, la progettazione e la realizzazione del complesso ospedaliero risulta finanziata a valere sulle risorse disponibili, assegnate alla Regione Siciliana, ai sensi del programma di edilizia sanitaria previsto di cui all’articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n.67 e, ferma restando la quota minima del finanziamento a carico della medesima regione e previa sottoscrizione dell'Accordo di programma tra il Commissario, il Ministero della salute ed il Ministero dell'Economia e delle Finanze.
In proposito si sottolinea che l’ultimo riparto delle risorse per l'edilizia sanitaria è stato effettuato con Delibera CIPE n. 51 del 24 luglio 2019, per complessivi 4.695 milioni di euro, in base alle disponibilità dell'art. 1 comma 555 della legge 30 dicembre 2018, n. 145 e sulle risorse residue di cui all'art. 2 comma 69, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, attribuendo alla Regione siciliana l’8,36% del totale complessivo, per un ammontare di 334,2 milioni di euro.
Articolo 1, comma 6-bis
(Differimento per la realizzazione di medie opere)
Il comma 6-bis, introdotto nel corso dell’esame del Senato, differisce dal 31 gennaio 2023 al 30 giugno 2023 il termine di affidamento delle opere che hanno usufruito dei contributi disposti per l’anno 2021, a favore dei comuni per la realizzazione di opere pubbliche di messa in sicurezza degli edifici e del territorio (c.d. medie opere).
La proroga prevista dal comma in esame interviene sull'articolo 1, comma 148-ter, secondo periodo, della legge di bilancio del 2019 (L. n. 145 del 2018), che prevede, in particolare, che non sono soggetti a revoca i contributi erogati dal Ministero dell’interno ai comuni per l’anno 2021, a favore di investimenti per opere pubbliche di messa in sicurezza degli edifici e del territorio (cd. medie opere) affidate entro la data del 31 gennaio 2023.
L’intervento in esame provvede a spostare al 30 giugno 2023 il termine temporale previsto per l’affidamento di tali opere, al fine di evitare che ritardi di piccola entità nell'affidamento delle opere indicate all'articolo 1, comma 139, della medesima legge di bilancio 2019, producano provvedimenti di revoca del finanziamento di interventi in corso di attuazione o già completati.
Per investimenti relativi a opere pubbliche di messa in sicurezza degli edifici e del territorio (cd medie opere), per l'annualità 2021, ai sensi del comma 139-ter della legge di bilancio 2019 (introdotto dall'art. 20 del D.L. 152/2021), nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR, missione M2C4I2.2), sono previste le risorse del comma 139, pari a 350 milioni di euro per l'anno 2021, e le risorse del comma 139-bis (introdotto dall'art. 46, comma 1, lett. b, del D.L. 104/2020), che ha incrementato le risorse per l'anno 2021 di 900 milioni e di 1.750 milioni di euro per l'anno 2022, finalizzandole allo scorrimento della graduatoria delle opere ammissibili per l'anno 2021. Di conseguenza, le risorse previste dal comma 139 per l'annualità 2021 risultano pari a 3 miliardi. I comuni beneficiari delle suddette risorse concludono i lavori entro il 31 marzo 2026.
Alle risorse previste dal comma 139 per l'anno 2021, si sono poi aggiunti 600 milioni stanziati dal rifinanziamento per l'anno 2021 ad opera della Sezione II della legge di bilancio 2021 (L. n. 178/2020), portando la dotazione finale per la graduatoria e lo scorrimento dell'annualità 2021 a complessivi 3,6 miliardi, assegnati con i D.M. del 23 febbraio 2021 (1,9 miliardi) e dell'8 novembre 2021 (1,7 miliardi).
Per ulteriori approfondimenti in merito ai contributi ai comuni per interventi sul territorio si rinvia al relativo tema web.
Articolo 1, commi 7, 8 e 8-bis
(Contrasto alla crisi idrica)
Il comma 7 dell’articolo 1 rinnova, anche per l’anno 2025, l’autorizzazione di spesa di 150.000 euro disposta per l’anno 2024 dal comma 10 dell’art. 1 del D.L. 39/2023 (c.d. decreto siccità) per la copertura degli oneri derivanti dai compensi degli esperti o consulenti di cui può avvalersi il Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei ministri (DIPE) per l’esercizio delle funzioni di segreteria tecnica della Cabina di regia per la crisi idrica.
Il comma 8 reca la clausola di copertura finanziaria degli oneri di cui al comma 7.
Il comma 8-bis, introdotto dal Senato, dispone – in riferimento ai commi 7 e 8 – che il DIPE trasmette alle Camere, entro il 30 marzo di ogni anno, una relazione sulle attività svolte e le spese sostenute dalla suddetta Cabina di regia nel corso dell’anno precedente.
Il comma 7 dell’articolo 1, con novella al comma 10 dell’art. 1 del D.L. 39/2023 (c.d. decreto siccità), rinnova anche per l’anno 2025 l’autorizzazione di spesa di 150.000 euro disposta per l’anno 2024 dal citato comma 10 per la copertura degli oneri derivanti dai compensi degli esperti o consulenti di cui può avvalersi il Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei ministri (DIPE) per l’esercizio delle funzioni di segreteria tecnica della Cabina di regia per la crisi idrica istituita dal medesimo art. 1 del D.L. 39/2023.
Si ricorda che l’art. 1 del D.L. 39/2023, al fine di promuovere l’adeguamento della rete infrastrutturale idrica ai nuovi fabbisogni connessi al fenomeno della siccità, ha istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri la Cabina di regia per la crisi idrica alla quale è attribuito l’esercizio di funzioni di impulso e coordinamento in merito alla realizzazione degli interventi, monitoraggio della realizzazione delle infrastrutture idriche già approvate e finanziate (ad esclusione di quelle finanziate dal PNRR e dal PNC), promozione del coordinamento tra i diversi livelli di governo ed enti pubblici e privati e dell’attivazione dei poteri sostitutivi, e monitoraggio sulla corretta utilizzazione delle risorse finanziarie. La Cabina di regia effettua una ricognizione delle opere e degli interventi di urgente realizzazione, individuando quelli che possono essere realizzati da parte del Commissario straordinario. Il comma 10 dell’art. 1 (come sostituito dall’art. 1, comma 2, del D.L. 75/2023) prevede, in particolare, che per l’esercizio delle funzioni di segreteria tecnica della Cabina di regia il Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei ministri può avvalersi del numero massimo di due esperti o consulenti, di cui all'art. 9, comma 2, del D. Lgs. 303/1999, da inserire nell'ambito del Nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici del medesimo Dipartimento, che, pertanto, è riorganizzato mediante apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante anche i criteri di designazione e le modalità di selezione del personale delle professionalità necessarie, cui compete un compenso fino a un importo massimo annuo di euro 75.000 al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico dell'amministrazione per singolo incarico. A tal fine, il medesimo comma 10, nel testo previgente, autorizza la spesa di euro 87.500 per l'anno 2023 e di euro 150.000 per l'anno 2024 e dispone che al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all'art. 1, comma 200, della L. 190/2014. Per la riorganizzazione del Nucleo di valutazione si veda il D.P.C.M. 3 ottobre 2023.
La relazione illustrativa segnala che la previsione in esame è in linea con la possibilità di disporre – ai sensi dell’art. 3, comma 1, del D.L. n. 39/2023 – la proroga al 31 dicembre 2025 del Commissario straordinario per l’adozione di interventi urgenti connessi al fenomeno della scarsità idrica, essendo stata tale prerogativa esercitata nella riunione del Consiglio dei ministri del 29/11/2024, nel corso della quale è stata deliberata la proroga fino al 31 dicembre 2025 dell’incarico del suddetto Commissario straordinario.
Il comma 8 reca la clausola di copertura finanziaria degli oneri di cui al comma 7, pari a 150.000 euro per l’anno 2025, cui si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili di cui all’art. 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015).
Il comma 8-bis, introdotto dal Senato, dispone – in riferimento ai commi 7 e 8 – che il DIPE trasmette alle Camere, entro il 30 marzo di ogni anno, una relazione sulle attività svolte e le spese sostenute dalla Cabina di regia per la crisi idrica nel corso dell’anno precedente.
Articolo 1, comma 9
(Responsabilità erariale)
L’articolo 1, comma 9, proroga di quattro mesi, e precisamente dal 31 dicembre 2024 al 30 aprile 2025, la disposizione del decreto-legge n. 76/2020 che limita la responsabilità erariale di amministratori, dipendenti pubblici e privati cui è affidata la gestione di pubbliche risorse ai danni cagionati dalle sole condotte poste in essere con dolo, escludendo quindi ogni responsabilità per colpa grave.
A tal fine la disposizione in esame modifica l’articolo 21, comma 2, del decreto-legge n. 76 del 2020 (conv. L. n. 120/2020), che ha introdotto tale regime speciale di responsabilità erariale, più volte prorogato.
Nel testo finora vigente, la disposizione limita, con riguardo ai fatti commessi dal 17 luglio 2020 (data di entrata in vigore del citato decreto-legge) al 31 dicembre 2024, la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica per l'azione di responsabilità, ai soli casi in cui la produzione del danno conseguente alla condotta del soggetto agente sia stata compiuta con dolo.
Questa limitazione di responsabilità si applica ai danni cagionati dalle sole condotte attive, mentre nel caso di danni cagionati da omissione o inerzia del soggetto che avrebbe dovuto attivarsi e non lo ha fatto, il soggetto agente continua a risponderne sia a titolo di dolo, sia di colpa grave.
Più in generale è opportuno ricordare che in base al regime ordinario di responsabilità amministrativo-contabile, fissato nella legge 14 gennaio 1994, n. 20 (articolo 1), gli elementi di specifica caratterizzazione di tale tipo di responsabilità sono:
- il rapporto di servizio, che lega l’autore dell’illecito all’amministrazione pubblica che risente della sua negativa condotta;
- l’evento lesivo, che si sostanzia in un danno patrimoniale (illegittimo sacrificio di un bene economico della P.A.) oppure nella violazione di un bene bene-valore fondamentale della contabilità pubblica;
- lo stato soggettivo di dolo o almeno di colpa grave che ha sostenuto la condotta di chi ha agito, stante l’irrilevanza, a seguito dell’intervento riformatore del 1994, della semplice colpa.
I termini di efficacia della disposizione di cui si tratta sono stati più volte prorogati: è utile ricordare che nel testo originario del decreto-legge n. 76, l’esclusione dell’azione di responsabilità erariale per le condotte gravemente colpose trovava applicazione con riguardo ai soli fatti commessi dal 17 luglio 2020 al 31 luglio 2020, termine quest’ultimo esteso al 31 dicembre 2021 in sede di conversione. L’efficacia della disposizione è stata poi ulteriormente prorogata fino al 30 giugno 2023 dal D.L. n. 77 del 2021 (articolo 51, comma 1, lett. h)) e fino al 31 dicembre 2024 dal D.L. n. 44 del 2023 (articolo 1, comma 12-quinquies, lett. a)). La disposizione in esame proroga ulteriormente l’efficacia della disposizione dal 31 dicembre 2024 al 30 aprile 2025.
A tale riguardo, merita ricordare che il regime speciale di responsabilità erariale limitato al dolo per le condotte commissive introdotto dal decreto-legge n. 76 del 2020, con le sue successive proroghe, è stato sottoposto al vaglio della Corte costituzionale che, con la sentenza n. 132 del 2024, ha respinto le censure di illegittimità costituzionale sollevate dalla Corte dei conti, in particolare, per contrasto con gli articoli 3 e 97 della Costituzione.
Per i profili qui di interesse, nella sentenza che in calce si trova sintetizzata, la Corte chiarisce che non è irragionevole una disciplina che limiti al dolo l’elemento soggettivo della responsabilità amministrativa, qualora tale disciplina sia limitata e circoscritta (ad un numero limitato di agenti pubblici o a determinate attività amministrative) e in ogni caso in presenza di particolari o eccezionali ragioni che la giustifichino «al fine di assicurare la maggiore efficacia dell’attività amministrativa e, attraverso essa, la tutela di interessi di rilievo costituzionale».
Nello specifico, la Corte ha argomentato che la disciplina stabilita dall’articolo 21, co. 2, del D.L. 76/2020 è una disciplina provvisoria stabilita in relazione al peculiare contesto economico e sociale determinatosi a seguito della prolungata chiusura delle attività produttive dovuta alla pandemia, che determinava l’esigenza di contribuire al rilancio dell’economia nazionale, inducendo il legislatore a stimolare l’attività degli agenti pubblici riducendo la quantità di rischio in capo agli stessi, contrastando cioè il rischio della “burocrazia difensiva” in ragione della tutela di interessi costituzionalmente rilevanti della società italiana. Tale obiettivo trova conferma, per la Corte, nella limitazione dell’intervento legislativo alle sole condotte attive, «in modo che i pubblici dipendenti abbiano maggiori rischi di incorrere in responsabilità in caso di non fare (omissioni e inerzie) rispetto al fare, dove la responsabilità viene limitata al dolo».
Analogamente, secondo la Consulta, le successive proroghe della disposizione censurata, operate nella fase successiva alla crisi economica provocata dalla pandemia, hanno trovato giustificazione nella necessità di semplificare e agevolare la realizzazione dei traguardi e degli obiettivi stabiliti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), in attesa, peraltro, di una «complessiva revisione della disciplina amministrativo-contabile», come specificato nell’ultima proroga introdotta dal D.L. n. 44 del 2023.
In relazione alla legittimità delle proroghe finora disposte, al punto 6.8 in diritto della richiamata sentenza si legge «(c)ompromettere l’attuazione del PNRR equivale a impedire la ripresa di un sentiero di crescita economica sostenibile e il superamento di alcuni divari economici, sociali e di genere. Con la conseguenza che l’inerzia amministrativa, nel contesto descritto, viene a pregiudicare gravemente interessi di grande rilevanza costituzionale, quali il rispetto degli obblighi assunti in sede UE (artt. 11 e 117, primo comma, Cost.), la tutela dell’ambiente (art. 9 Cost.) e la realizzazione di un’economia sostenibile (art. 41 Cost.), l’equilibrio di bilancio e la sostenibilità del debito pubblico (art. 81 Cost.), gli interessi delle future generazioni (art. 9 Cost.), l’eguaglianza, anche di genere (art. 3 Cost.), e la coesione territoriale (artt. 5 e 119 Cost). Il che, anche per tale fase, rende ragionevole il punto di equilibrio che, limitatamente alle condotte attive, provvisoriamente limita l’elemento soggettivo della responsabilità amministrativa al solo dolo».
Al contempo, la Corte ha segnalato al legislatore la necessità di una complessiva riforma della responsabilità amministrativa per ristabilire un equilibrio tra la sua disciplina e le trasformazioni dell’amministrazione e del contesto istituzionale e sociale in cui essa opera, fornendo in proposito anche alcune rilevanti indicazioni (si v. infra).
A tale riguardo, si ricorda che lo scorso 4 aprile 2024 è stato avviato presso le Commissioni riunite I Affari costituzionali e II Giustizia della Camera l’esame di due proposte di legge di iniziativa parlamentare (C. 1621 e C. 340) che recano rilevanti modifiche alle disposizioni vigenti in materia di funzioni di controllo e consultive della Corte dei Conti, nonché in materia di responsabilità amministrativa. La proposta C. 1621 è stata adottata come testo base, su cui sono state presentate le proposte emendative.
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 132 del 2024, ha respinto le censure di illegittimità costituzionale sollevate nei confronti della disposizione del decreto-legge n. 76 del 2020 (articolo 21, co. 2).
Tale disposizione prevede una disciplina provvisoria, in base alla quale, in deroga al regime ordinario, la responsabilità amministrativa dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti è circoscritta al dolo, lasciando rilevare il profilo soggettivo della colpa grave solo per le condotte omissive. La limitazione di responsabilità, inizialmente introdotta per i fatti commessi successivamente alla sua entrata in vigore e fino al 31 dicembre 2021, nell’ambito delle misure dirette a fronteggiare le ricadute economiche pregiudizievoli conseguenti all’emergenza epidemiologica, è stata successivamente prorogata per consentire la realizzazione dei traguardi e degli obiettivi stabiliti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), fino al 31 dicembre 2024.
Su tale disposizione sono stati sollevati dubbi di legittimità costituzionale dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Campania nell’ambito di un giudizio per responsabilità erariale nei confronti di alcuni funzionari pubblici in conseguenza di un ammanco di cassa dovuto a plurime riscossioni di assegni non autorizzati.
In particolare, la procura regionale era chiamata, nel caso di specie, a distinguere la contestazione nei confronti del cassiere, a titolo di dolo, dalle due contestazioni (commissiva per la firma degli assegni e omissiva per il mancato controllo sulla documentazione contabile e sui conti), a titolo di colpa grave, nei confronti dei capi del servizio amministrativo e della gestione finanziaria. Nel chiedere la condanna dei convenuti, la Procura ha quindi eccepito l’illegittimità costituzionale dell’art. 21, comma 2, del d.l. n. 76 del 2020, come convertito, in riferimento agli artt. 3, 28, 81, 97 e 103 Cost., «in quanto norma di presumibile applicabilità nella vicenda ma irragionevolmente limitatrice della responsabilità amministrativa alle sole ipotesi» di condotte commissive dolose.
Più in particolare, secondo il giudice a quo, la disposizione censurata, che «introduce l’esenzione generalizzata da responsabilità per le condotte commissive connotate dall’elemento soggettivo della colpa grave»:
§ incide su un «punto di equilibrio», quello della imputabilità a titolo di dolo e colpa grave per responsabilità amministrativa, riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale quale «principio generale» e deresponsabilizza l’operato dei pubblici dipendenti medesimi, in violazione degli artt. 3 e 97 Cost.;
§ pur finalizzata a consentire la ripresa dell’economia dopo la pandemia, ricomprende qualsiasi condotta attiva e non solo quelle inerenti alla gestione dell’emergenza o in grado di rilanciare il sistema economico, e non distingue tra attività provvedimentali e materiali, e tra condotte causative di danni verso l’amministrazione e verso terzi, in violazione degli artt. 3 e 97 Cost.;
§ discrimina tra coloro che hanno la gestione attiva e i compiti «di predisporre i provvedimenti amministrativi» e coloro che hanno obblighi di controllo e vigilanza, i quali ultimi continuano a rispondere anche per condotte commissive connotate da colpa grave, nonché discrimina tra i lavoratori del settore privato e quelli del settore pubblico, in violazione dell’art. 3 Cost.;
§ sottrae alla giurisdizione della Corte dei conti «l’assoggettabilità a responsabilità» delle condotte attive gravemente colpose, in violazione dell’art. 103 Cost.;
§ “svuota” la responsabilità del pubblico dipendente e, al contempo, impedisce all’amministrazione di ricevere adeguato ristoro nel caso di condotte attive gravemente colpose e causative di danno, «che non poco contribuiscono ai deficit dei bilanci pubblici», in violazione degli artt. 28 e 81 Cost.
Nel merito, la Corte ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale aventi priorità logica nel ragionamento del ricorrente, ossia quelle riferibili al contrasto della norma impugnata con gli artt. 3 e 97 Cost.
Mentre sono dichiarate inammissibili, per inconferenza dei parametri evocati, le questioni sollevate in riferimento agli artt. 28, 81 e 103 Cost.: infatti, secondo la Consulta, il primo dei parametri evocati concerne esclusivamente la responsabilità del pubblico dipendente verso terzi (art. 28), e non quella amministrativo-contabile, il secondo attiene ai limiti al cui rispetto è vincolato il legislatore nella sua politica finanziaria (art. 81) mentre il terzo riguarda il diverso profilo del riparto di giurisdizione tra il giudice contabile e gli altri giudici (art. 103).
Nella parte in diritto della pronuncia, la Corte ricostruisce i tratti fondamentali della responsabilità amministrativa, sottolineandone il carattere composito, in ragione del concorrere delle funzioni di prevenzione, risarcitoria e sanzionatoria. Tale carattere composito si apprezza, in particolare, con riguardo all’elemento soggettivo della responsabilità, che, a regime, è stato ancorato dal legislatore ai casi di dolo e colpa grave (articolo 1, co. 1, L. n. 20 del 1994, come modificato dal D.L. n. 543/1996). Sul punto, la Corte sottolinea in particolare che la scelta legislativa della limitazione della responsabilità alle ipotesi dolose e gravemente colpose, positivamente scrutinata dalla Corte stessa con la sentenza n. 371 del 1998, si collocava nel processo riformatore degli anni Novanta, che marcavano il passaggio da un’amministrazione che doveva semplicemente dare esecuzione alla legge a quella che è stata definita “amministrazione di risultato”. Infatti, come più volte ribadito (sentenze n. 203 del 2022 e n. 355 del 2010), la disciplina della responsabilità amministrativa in generale e del suo elemento soggettivo in particolare, si sostanzia nella scelta della ripartizione del rischio dell’attività tra l’apparato e l’agente pubblico, al fine di trovare un giusto punto di equilibrio tra due esigenze: da un parte, scoraggiare i comportamenti non solo dolosi ma anche gravemente negligenti dei funzionari pubblici, che pregiudicano il buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.) e gli interessi degli stessi amministrati. Dall’altra parte, impedire che il rischio dell’attività sia percepito dall’agente pubblico come talmente elevato da fungere da disincentivo all’azione, pregiudicando, anche in questo caso, il buon andamento.
In questa prospettiva la Corte rimarca che «il punto di equilibrio (tra le due menzionate esigenze, ndr) può non essere fissato dal legislatore una volta per tutte, ma modulato in funzione del contesto istituzionale, giuridico e storico in cui opera l’agente pubblico», e che tale opera di bilanciamento è rimessa alla discrezionalità del legislatore «con il solo limite della non manifesta irragionevolezza e arbitrarietà della scelta» (sentenza n. 355 del 2010; nello stesso senso, sentenza n. 371 del 1998, ordinanze n. 168 del 2019, n. 219, n. 221 e n. 286 del 2011).
Chiarito che l’imputabilità a titolo di dolo e colpa grave nella responsabilità amministrativa non rappresenta un principio generale dell’ordinamento, ma è frutto di una scelta del legislatore modulata in funzione del contesto storico-istituzionale, la Corte fa presente che nei decenni successivi alla riforma della responsabilità amministrativa del 1994 la scelta a favore di un’amministrazione di risultato si è andata via via consolidando, mentre contemporaneamente «la complessità dell’ambiente in cui operano gli agenti pubblici è divenuta ancora maggiore, sul piano istituzionale, giuridico e fattuale, rendendo più difficili le scelte amministrative in cui si estrinseca la discrezionalità e più facile l’errore, anche grave».
In particolare, alcuni sviluppi dell’ordinamento, tra i quali la Corte richiama la crescente problematicità nell’individuare le norme applicabili in un sistema giuridico multilivello, i costanti tagli alle risorse finanziarie, umane e strumentali delle amministrazioni, i riflessi del pluralismo sociale e istituzionale nei procedimenti amministrativi, avrebbero accentuato la “fatica dell’amministrare”, reso più difficile l’esercizio della discrezionalità amministrativa e stimolato, come reazione al rischio di incorrere in responsabilità, il fenomeno della c.d. “burocrazia difensiva”.
In tale contesto, secondo la Corte, trova giustificazione la ricerca di nuovi punti di equilibrio «che riducano la quantità di rischio dell’attività che grava sull’agente pubblico, in modo che il regime della responsabilità, nel suo complesso, non funga da disincentivo all’azione».
Per la Consulta tale ricerca di una ragionevole distribuzione del rischio non ammetterebbe, in ipotesi, che il legislatore stabilisca un regime ordinario che limitasse la responsabilità amministrativa alla sola ipotesi del dolo, perché in tale modo il rischio (ed il danno cagionato dall’agente) risulterebbe addossato quasi esclusivamente sulla collettività, indebolendo altresì la funzione deterrente della responsabilità amministrativa. Sono invece da ritenersi non irragionevoli due diverse ipotesi esplicitate dalla Corte:
§ una disciplina che circoscriva alle sole ipotesi di dolo l’elemento soggettivo della responsabilità relativamente ad un numero limitato di agenti pubblici o a determinate attività amministrative, allorché esse presentino, per le loro caratteristiche intrinseche, un grado di rischio di danno talmente elevato da scoraggiare sistematicamente l’azione;
§ una disciplina provvisoria che limiti al dolo l’elemento soggettivo della responsabilità amministrativa, avuto riguardo a un contesto particolare che richieda tale limitazione al fine di assicurare la maggiore efficacia dell’attività amministrativa e, attraverso essa, la tutela di interessi di rilievo costituzionale.
È alla luce di questo ampio inquadramento che la Corte esamina la disposizione impugnata, ritenendo che la disciplina stabilita dall’articolo 21, co. 2, del D.L. 76/2020 rientri nella seconda delle due ipotesi prospettate. In particolare, la Corte ha ritenuto che si tratti di una disciplina provvisoria (in vigore fino al 31 dicembre 2024) stabilita in relazione al peculiare contesto economico e sociale determinatosi a seguito della prolungata chiusura delle attività produttive dovuta alla pandemia, che determinava l’esigenza di contribuire al rilancio dell’economia nazionale, inducendo il legislatore a stimolare l’attività degli agenti pubblici riducendo la quantità di rischio in capo agli stessi, contrastando cioè il rischio della “burocrazia difensiva” in ragione della tutela di interessi costituzionalmente rilevanti della società italiana. Tale obiettivo trova conferma, per la Corte, nella limitazione dell’intervento legislativo alle sole condotte attive, «in modo che i pubblici dipendenti abbiano maggiori rischi di incorrere in responsabilità in caso di non fare (omissioni e inerzie) rispetto al fare, dove la responsabilità viene limitata al dolo» (così la relazione illustrativa del d.l. n. 76 del 2020).
Analogamente, secondo la Consulta, le successive proroghe del termine di efficacia di tale disciplina nella fase successiva alla crisi economica provocata dalla pandemia, hanno trovato giustificazione nella necessità di semplificare e agevolare la realizzazione dei traguardi e degli obiettivi stabiliti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).
Da ultimo, la Corte, rivolgendosi al legislatore, osserva che, dopo la scadenza della disciplina provvisoria oggetto della pronuncia, vi sia il rischio di una ri-espansione del fenomeno della burocrazia difensiva e dunque, di un rallentamento complessivo dell’azione amministrativa. Pertanto, si sollecita una complessiva riforma della responsabilità amministrativa, finalizzata a “ristabilire una coerenza” tra la sua disciplina e le trasformazioni dell’amministrazione e del contesto in cui essa deve operare, in modo da rendere più equa la ripartizione del rischio di danno, così alleviando la “fatica dell’amministrare” senza sminuire la funzione deterrente della responsabilità.
In tale attività riformatrice, la Corte precisa che il legislatore, nell’esercizio della sua discrezionalità, non potrà tuttavia, come già richiamato, limitare l’elemento soggettivo della responsabilità al dolo. Si aprono tuttavia altre soluzioni, molte delle quali proposte nelle “numerose analisi scientifiche” che la Corte ricorda esistono della materia.
In particolare, si potrebbero valutare:
§ un’adeguata tipizzazione della colpa grave, già presente in specifici settori dell’ordinamento, così da evitare l’incertezza della sua effettiva declinazione, attualmente affidata ex post al giudice;
§ l’introduzione di un limite massimo oltre il quale addossare il danno, per ragioni di equità nella ripartizione del rischio, non al dipendente pubblico ma all’amministrazione nel cui interesse egli agisce, eventualmente accompagnata dalla previsione della rateizzazione del debito risarcitorio;
§ la previsione, oltre all’attuale ipotesi generale di rateizzazione a discrezione del giudice, di ulteriori fattispecie obbligatorie di riduzione normativamente tipizzate nei presupposti.
La Corte indica altresì ulteriori possibili misure che potrebbero essere considerate dal legislatore, quali il rafforzamento delle funzioni di controllo della Corte dei conti, con il contestuale abbinamento di una esenzione da responsabilità colposa per coloro che si adeguino alle sue indicazioni, l’incentivazione delle polizze assicurative (attualmente non obbligatorie) e l’eccezionale esclusione della responsabilità colposa per specifiche categorie di pubblici dipendenti, anche solo in relazione a determinate tipologie di atti, in ragione della particolare complessità delle loro funzioni o mansioni e/o del connesso elevato rischio patrimoniale. Infine, il legislatore potrebbe intervenire per scongiurare l’eventuale moltiplicazione delle responsabilità per i medesimi fatti materiali, spesso non coordinate tra loro.
Articolo 1, comma 10
(Attività del Commissario straordinario per il G7)
L’articolo 1, comma 10 provvede a prorogare fino al 30 giugno 2025 l’attività del Commissario straordinario per il G7.
La proroga dell’operatività effettuata dal comma 10 in esame è finalizzata a consentire il completamento delle attività di collaudo, rendicontazione e chiusura della contabilità.
Si ricorda che il comma 1 dell’articolo 1 del D.L. 5 del 2024 ha previsto la nomina, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di un Commissario straordinario con il compito di procedere alla urgente realizzazione degli interventi infrastrutturali e manutentivi connessi con la presidenza italiana del G7 nel 2024 e con lo svolgimento in Italia del vertice dei Capi di Stato e di Governo in programma dal 13 al 15 giugno 2024.
Per l’esercizio delle proprie funzioni e per le attività connesse alla realizzazione degli interventi infrastrutturali, il Commissario straordinario può avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica:
· delle strutture delle amministrazioni locali e degli enti territoriali;
· delle strutture periferiche delle amministrazioni centrali dello Stato;
· nel limite di 100.000 euro per il 2024, di società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato, dalle Regioni o da altri soggetti di cui all’art. 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
· delle strutture dell'Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico e Meridionale, con potere di coordinare l'attuazione degli interventi in corso o programmati sulle infrastrutture di interesse.
Con DPCM 23 gennaio 2024 è stato nominato Commissario straordinario l’Ing. Soccodato.
La disposizione precisa che la prosecuzione dell’attività avviene senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che al Commissario non spetta alcun compenso per le attività di cui al presente comma.
Si ricorda infine che l’articolo 2 del richiamato decreto-legge n. 5 autorizzava per l’anno 2024 la spesa di 18.050.000 euro per la realizzazione degli interventi infrastrutturali e manutentivi e per il compenso del Commissario straordinario, provvedendo alla copertura di tali oneri.
Articolo 1, commi 10-bis e 10-decies
(Disposizioni in materia di procedure concorsuali nella PA e stabilizzazioni presso alcuni enti territoriali)
Il comma 10-bis dell’articolo 1 sposta dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025 il termine entro cui è possibile bandire concorsi pubblici in deroga all’obbligo di previo esperimento delle procedure di mobilità volontaria.
Il comma 10-decies consente analoga deroga, fino al 31 dicembre 2026, in riferimento ad alcune assunzioni da parte di enti territoriali finalizzate alla stabilizzazione di personale a tempo determinato in possesso di determinati requisiti.
Il comma 10-bis dell’articolo 1, introdotto a seguito dell’esame al Senato, opera una modifica al comma 8 dell’articolo 3 della legge n. 56 del 2019.
Nello specifico, la norma in esame dispone che le procedure concorsuali, derogatorie rispetto all’ordinario obbligo di svolgere procedure di mobilità volontaria di cui all’art. 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001, previste dall’articolo che viene inciso, possano essere esperite dalle pubbliche amministrazioni fino al 31 dicembre 2025, in luogo del precedente termine posto al 31 dicembre 2024.
Si ricorda che il comma 8 dell’articolo 3 della legge n. 56 del 2019 dispone che, al fine di ridurre i tempi di accesso al pubblico impiego, fin al 31 dicembre 2024 (in luogo dell’originale riferimento al triennio 2019-2021, modificato dall’art. 1, comma 14-ter, del decreto-legge n. 80 del 2021) i concorsi pubblici banditi dalle Amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, nonché le relative assunzioni, possono essere effettuate in deroga all’obbligo di svolgimento delle procedure di mobilità volontaria di cui all’articolo 30 del medesimo decreto. Tuttavia, la norma specifica che resta fermo il disposto di cui all’articolo 1, comma 399, della legge n. 145 del 2018 sui termini dilatori di decorrenza delle assunzioni nel corso del 2019.
Per completezza, si riporta che quest’ultima norma dispone che determinate amministrazioni non possono effettuare assunzioni di personale a tempo indeterminato con decorrenza giuridica ed economica anteriore al 15 novembre 2019.
In tema di mobilità del personale pubblico, si rammenta che la mobilità volontaria (tramite passaggio diretto di personale tra amministrazioni pubbliche) è disciplinata dall'articolo 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001, mentre i successivi articoli 33, 34 e 34-bis pongono la disciplina della mobilità collettiva.
In particolare, l’articolo 30 permette di ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti appartenenti a una qualifica corrispondente e in servizio presso altre amministrazioni, dietro domanda di trasferimento e con assenso dell'amministrazione di appartenenza in determinati casi.
L’art. 3 del D.L. 80/2021 ha infatti modificato parzialmente la suddetta disciplina limitando i casi in cui tale forma di mobilità sia subordinata all'assenso dell'amministrazione di appartenenza. In particolare, la condizione dell'assenso permane qualora ricorra una delle seguenti fattispecie:
§
si tratti di posizioni motivatamente infungibili e tale carattere e la motivazione medesima siano stati dichiarati dall'amministrazione di appartenenza;
§
il richiedente la mobilità sia stato assunto da meno di tre anni;
§
la mobilità determini, per l'amministrazione di appartenenza, una carenza di organico superiore al 20 per cento nella qualifica corrispondente a quella del richiedente;
§
il richiedente sia dipendente di determinate amministrazioni
Inoltre, fino all'introduzione di nuove procedure per la determinazione dei fabbisogni standard di personale delle amministrazioni pubbliche, per il trasferimento tra le sedi centrali di differenti ministeri, agenzie ed enti pubblici non economici nazionali non è richiesto l'assenso dell'amministrazione di appartenenza.
Infine, nell'ambito dei rapporti di lavoro, i dipendenti possono essere trasferiti all'interno della stessa amministrazione o, previo accordo tra le amministrazioni interessate, in altra amministrazione, in sedi collocate nel territorio dello stesso comune, ovvero, a distanza non superiore a 50 chilometri dalla sede in cui il dipendente è adibito.
Analogamente, anche il comma 10-decies, parimenti introdotto durante l’iter al Senato, opera una limitazione all’applicabilità dell’articolo 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001. In particolare, la norma dispone che le assunzioni di cui all’articolo 3, commi 5 e 5-ter del decreto-legge n. 44 del 2023 possono essere effettuate fino al 31 dicembre 2026, senza previamente esperire le procedure di mobilità volontaria di cui all’articolo 30 richiamato.
Occorre sottolineare che il comma 5 dell’articolo 3 appena menzionato prevede che, fino al 31 dicembre 2026, alcuni enti territoriali (regioni, province autonome, città metropolitane e comuni) possano procedere alla stabilizzazione di personale già in servizio come dipendenti a tempo determinato presso la medesima amministrazione, previo colloquio selettivo e all’esito della valutazione positiva dell’attività lavorativa svolta. Le stabilizzazioni - relative alla qualifica già ricoperta - possono riguardare il personale (non dirigenziale) già in servizio come dipendente a tempo determinato, come sopra riportato, e che rientri in tutte le seguenti condizioni: a) abbia maturato almeno trentasei mesi di servizio, anche non continuativi, negli ultimi otto anni, presso l’amministrazione che procede all’assunzione; b) sia stato reclutato a tempo determinato con procedure concorsuali, conformi ai relativi princìpi (su tali procedure) di cui all’articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni; c) che sia in possesso dei requisiti di cui al comma 1, lettere a) e b), dell’articolo 20 del D.Lgs. n. 75 del 2017; tali lettere richiedono che il lavoratore da stabilizzare risulti in servizio (successivamente al 28 agosto 2015) con contratto di lavoro dipendente a tempo determinato presso l'amministrazione che procede all'assunzione ovvero, in caso di amministrazioni comunali che esercitino funzioni in forma associata, presso le amministrazioni con servizi associati, e che sia stato reclutato a tempo determinato, in relazione alle medesime attività svolte, con procedure concorsuali anche espletate presso amministrazioni pubbliche diverse da quella che procede all'assunzione.
Invece, il comma 5-ter dispone che le regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria possano prevedere, fino al 31 dicembre 2026, nell'ambito dei concorsi pubblici per il reclutamento di personale dirigenziale, una riserva di posti non superiore al 50 per cento in favore del personale che abbia maturato con pieno merito almeno trentasei mesi di servizio, anche non continuativi, negli ultimi otto anni, presso gli Uffici speciali per la ricostruzione, costituiti nell’ambito dei territori delle suddette regioni in relazione ad eventi sismici verificatisi dal 6 aprile 2009.
Articolo 1, comma 10-ter
(Proroga del mandato dei componenti dell’ANVUR)
L’articolo 1, comma 10-ter, introdotto nel corso dell’esame del Senato dispone che l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR) mantiene l'attuale composizione per un anno e il mandato dei componenti degli organi in scadenza è prorogato, al fine di garantire la continuità delle attività dell'Agenzia nelle more della revisione del regolamento concernente la struttura e il funzionamento della stessa.
Il comma 10-ter dispone che, al fine di garantire la continuità delle attività dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR) e di non comprometterne il regolare svolgimento nelle more della revisione del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1° febbraio 2010, n. 76, l’ANVUR mantiene l'attuale composizione per un anno a decorrere dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame. Il mandato dei componenti degli organi in scadenza è prorogato per la medesima durata.
Si ricorda che la disciplina dell’ANVUR, oltre che dalla fonte istitutiva rappresentata dall’articolo 2, commi 138-142, del decreto-legge n. 262 del 2006, è definita a livello regolamentare dal decreto del Presidente della Repubblica 1° febbraio 2010, n. 76 (recante il regolamento concernente la struttura e il funzionamento dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca - ANVUR, adottato ai sensi dell'articolo 2, comma 140, del decreto-legge n. 262 del 2006).
Quanto alla governance dell’Agenzia, sono organi della stessa, ai sensi dell’articolo 6 del regolamento citato, il Presidente, il Consiglio direttivo e il Collegio dei revisori dei conti. Tali organi restano in carica sei anni (in base a una modifica introdotta dal decreto-legge n. 36 del 2022, che ha sostituito la precedete durata del mandato fissata in quattro anni) e non possono essere nuovamente nominati. Se il Presidente o un componente di un organo cessano dalla carica prima della scadenza del proprio mandato, il Presidente o il componente che viene nominato in sostituzione resta in carica per la durata residua del mandato.
L’articolo 7 del regolamento stabilisce che il Presidente, eletto nel proprio ambito dal Consiglio direttivo, a maggioranza di due terzi degli aventi diritto, ha la rappresentanza legale dell'Agenzia, ne assicura il coordinamento e l'unitarietà delle strategie e delle attività, convoca e presiede le sedute del Consiglio direttivo.
L’articolo 8 del regolamento, nel denominare «Consiglio direttivo» quello che l’articolo 2, comma 140, del decreto-legge n. 262 del 2006 indica come organismo direttivo, prevede nel dettaglio – per quanto qui interessa – che:
a)
il Consiglio direttivo determina le attività e gli indirizzi della gestione dell'Agenzia, nonché i criteri e i metodi di valutazione, predispone il programma delle attività, approva il bilancio preventivo, il conto consuntivo e i rapporti di valutazione;
b)
esso è costituito da sette componenti, scelti tra personalità, anche straniere, di alta e riconosciuta qualificazione ed esperienza nel campo dell'istruzione superiore e della ricerca, nonché della valutazione di tali attività, provenienti da una pluralità di ambiti professionali e disciplinari;
c)
riprendendo quanto previsto dalla fonte primaria, i componenti del Consiglio direttivo sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’università e della ricerca, sentite le competenti Commissioni parlamentari.
Nel Consiglio direttivo devono comunque essere presenti almeno due uomini e almeno due donne. Ai fini della proposta, il Ministro sceglie i componenti in un elenco composto da non meno di dieci e non più di quindici persone definito da un comitato di selezione appositamente costituito con decreto del Ministro.
Il Collegio dei revisori dei conti, ai sensi dell’articolo 9 del regolamento, provvede al controllo dell’attività amministrativa e contabile dell’Agenzia. Esso è nominato con decreto del Ministro dell’università e della ricerca ed è costituito da tre componenti, tutti iscritti al registro dei revisori contabili. Due dei componenti del Collegio sono scelti dal Ministro e uno è designato dal Ministro dell'economia e delle finanze. Nella prima riunione del Collegio i componenti eleggono al loro interno il Presidente.
Quanto al mandato degli organi attualmente in carica, su cui interviene la norma in commento disponendo una proroga di quelli in scadenza fino ad un anno dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in commento, si segnala che tale disposizione si applicherà, di fatto, solo all’attuale Presidente, che è membro del Consiglio direttivo dal 19 giugno 2019 (in base al decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio 2019), ed è in carica come Presidente dal 7 gennaio 2020 (decreto del Presidente n. 24 del 20 dicembre 2019). Come si evince dal sito dell’ANVUR, la scadenza del mandato da Presidente è fissata al 18 giugno 2025, e dunque al momento della scadenza del mandato da consigliere.
Gli altri componenti dell’attuale Consiglio direttivo sono stati nominati il 21 aprile 2020 (in base al decreto del Presidente della Repubblica 21 aprile 2020) e, pertanto, il loro mandato scadrà il 20 aprile 2026.
Gli attuali membri del Collegio dei revisori dei conti sono stati nominati con il decreto del Ministro dell’università e della ricerca n. 1260 del 2 dicembre 2021 (per quanto attiene al Presidente del collegio) e con il decreto del Ministro dell’università e della ricerca n. 800 del 28 ottobre 2020 (riguardante gli altri componenti) e di conseguenza scadono dal mandato rispettivamente il 1° dicembre 2027 e il 27 ottobre 2026.
Articolo 1, comma 10-quater
(Supporto tecnico di CDP per gli interventi europei (PNRR)
L’articolo 1, comma 10-quater, inserito nel corso dell’esame presso il Senato, proroga fino al 31 dicembre 2029 la possibilità per le amministrazioni pubbliche di avvalersi direttamente dell’assistenza e del supporto tecnico operativo di Cassa depositi e prestiti S.p.A. e di sue società direttamente o indirettamente controllate, per la realizzazione degli interventi pubblici di investimento previsti nell’ambito di piani o strumenti di programmazione europea (quali Fondi strutturali, React-EU, FSC, Fondo complementare al PNRR), al fine di sostenerne l’efficace e tempestiva attuazione, garantendo la massima sinergia e un’efficiente capacità di spesa delle pubbliche amministrazioni.
Il comma 10-quater dell’articolo 1 interviene sul testo dell’articolo 10 del decreto-legge n. 121 del 2021, modificando il comma 7-novies. Tale comma, inserito a sua volta dall’articolo 27, comma 1-bis, del decreto-legge n. 4 del 2022, ha previsto che, al fine di sostenere e accelerare l’efficace e tempestiva attuazione degli interventi pubblici d’investimento, garantendo al contempo la massima sinergia con gli interventi previsti dal PNRR, le disposizioni di cui al comma 7-quinquies (assistenza e supporto tecnico di CDP per la gestione di fondi) dell’art. 10 del D.L. n. 121 del 2021, si applicano anche agli interventi pubblici previsti: dal programma React-EU (regolamento (UE) 2020/2221); dai Fondi europei di cui al regolamento (UE, EURATOM) 2018/1046; dal Fondo europeo per una transizione giusta (regolamento (UE) 2021/1056); dai Fondi strutturali per il periodo 2021-2027 di cui al regolamento (UE) 2021/1060; dal Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC); Fondo complementare al PNRR di cui al decreto-legge n. 59 del 2021; tale norma si applica, altresì, agli ulteriori interventi pubblici comunque previsti nell’ambito di piani o strumenti di programmazione europea.
Il comma 7-quinquies dell’articolo 10 del decreto-legge n. 121 del 2021 prevede la possibilità, per le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, di avvalersi direttamente, fino al 31 dicembre 2026, di Cassa depositi e prestiti S.p.A. e di sue società direttamente o indirettamente controllate per attività di assistenza e supporto tecnico operativo, per la gestione di fondi e per attività ad esse connesse, strumentali o accessorie. Finalità della previsione di cui al comma 7-quinquies è quella di assicurare l’efficace e tempestiva attuazione degli interventi pubblici previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza di cui al regolamento (UE) 2021/241.
La norma prevede che l’estensione disposta con il comma 7-novies si applica fino al 31 dicembre 2029. Pertanto fino a tale data le amministrazioni pubbliche possono avvalersi direttamente dell’assistenza e del supporto tecnico operativo di CDP S.p.A. e di sue società direttamente o indirettamente controllate, per la realizzazione degli interventi pubblici di investimento previsti dai fondi sopra citati o nell’ambito di piani o strumenti di programmazione europea preesistenti o estranei agli interventi previsti dal PNRR.
Si rammenta che, in base al predetto comma 7-quinquies, i rapporti tra le amministrazioni pubbliche che intendano avvalersi di tale assistenza e supporto operativo e CDP S.p.A. o sue società sono regolati sulla base di apposite convenzioni concluse in conformità con l’accordo quadro stipulato tra il Ministero dell’economia e delle finanze e CDP S.p.A.. Le amministrazioni possono sottoscrivere tali convenzioni nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente nell’ambito dei rispettivi bilanci, anche a valere sui quadri economici degli investimenti che concorrono a realizzare.
Articolo 1, comma 10-quinquies
(Organismi indipendenti di valutazione)
Il comma 10-quinquies, introdotto nel corso dell’esame al Senato, stabilisce la possibilità, per i rapporti in corso alla data di entrata in vigore della disposizione in commento, di prorogare la durata degli incarichi dei componenti degli organismi indipendenti di valutazione della performance delle pubbliche amministrazioni. La proroga non può essere per un periodo superiore alla durata massima dell’incarico. La durata dell’incarico, conferito o rinnovato per effetto della proroga disposta dalla disposizione in commento, non può in ogni caso, superare il 31 dicembre 2027.
La disposizione specifica che si tratta di una proroga “nelle more di una riforma organica del settore”.
Si ricorda che l’articolo 14-bis, comma 3, del decreto legislativo n. 150 del 2009 (in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico in attuazione della legge n. 15 del 2009) prevede che la durata dell'incarico di componente dell'Organismo indipendente di valutazione della performance sia di tre anni, rinnovabile una sola volta presso la stessa amministrazione.
Gli organismi indipendenti di valutazione della performance sono stati istituiti, in sostituzione dei servizi di controllo interno, dall’articolo 14 del medesimo decreto legislativo n. 150 del 2009. Gli organismi indipendenti di valutazione, tra le altre cose, monitorano il funzionamento complessivo del sistema della valutazione, della trasparenza e dell’integrità dei controlli interni ed elaborano una relazione annuale sullo stato del medesimo sistema, comunicano tempestivamente le criticità riscontrate ai competenti organi interni di governo ed amministrazione nonché alla Corte dei conti e al Dipartimento della funzione pubblica e validano la relazione sulla performance prevista dall’articolo 10 del medesimo decreto legislativo.
Il comma 2 del già richiamato articolo 14-bis stabilisce che la nomina dell’organismo indipendente di valutazione sia effettuata dall’organo di indirizzo politico-amministrativo, previa procedura selettiva pubblica, tra gli iscritti nell’elenco nazionale curato dal Dipartimento della funzione pubblica.
I requisiti per l’iscrizione nell’elenco nazionale sono disciplinati dal decreto del Ministro della pubblica amministrazione del 6 agosto 2020. Tra questi rientrano i requisiti di essere in possesso di comprovata esperienza professionale di almeno cinque anni, maturata presso pubbliche amministrazioni o aziende private nella misurazione e valutazione della performance organizzativa e individuale, nella pianificazione, nel controllo di gestione, nella programmazione finanziaria e di bilancio e nel risk management, nonché i requisiti di non essere stati condannati con sentenza irrevocabile, salvi gli effetti della riabilitazione, per un delitto contro la pubblica Amministrazione, contro la fede pubblica, contro il patrimonio, contro l’ambiente, contro l'ordine pubblico, contro l'economia pubblica ovvero per un delitto in materia tributaria e di non essere sottoposti a misure di prevenzione ai sensi del codice delle leggi antimafia (decreto legislativo n. 159 del 2011).
Articolo 1, comma 10-sexies
(Relazione annuale dell’Osservatorio nazionale
per l’assegno unico e universale)
Il comma 10-sexies, dell’articolo 1, inserito nel corso dell’esame in Senato, modifica l’articolo 9, comma 3, lett. b) del D.Lgs. 230/2021 relativo all’istituzione dell’Osservatorio nazionale per l’assegno unico e universale, prevedendo che tale Osservatorio predisponga per l'Autorità politica delegata per la famiglia una relazione non più semestrale, ma annuale.
Il comma 10-sexies dell’articolo 1, inserito in sede referente, modifica l’articolo 9, comma 3, lett. b) del decreto legislativo n. 230 del 2021 relativo all’istituzione dell’Osservatorio nazionale per l’assegno unico e universale, prevedendo che tale Osservatorio predisponga per l'Autorità politica delegata per la famiglia una relazione non più semestrale, ma annuale.
Si ricorda che il decreto legislativo n. 230 del 2021 ha istituito l’assegno unico e universale per i figli a carico, in attuazione della delega conferita al Governo con la Legge n. 46 del 2021.
In particolare, l’art. 9 del medesimo decreto istituisce presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le politiche della famiglia, l'Osservatorio nazionale per l'assegno unico e universale per i figli a carico, con funzioni di supporto tecnico-scientifico per lo svolgimento delle attività di analisi, monitoraggio e valutazione d'impatto dell'assegno unico e universale.
Il comma 2 del predetto articolo precisa che l'Osservatorio, presieduto dal Presidente dell'Osservatorio nazionale sulla famiglia di cui all'articolo l, commi 1250 e 1253, della legge n. 296 del 2006 (Legge finanziaria 2007), è altresì (attualmente l'Autorità politica delegata per la famiglia), composto da:
- un rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze;
- un rappresentante del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
- un rappresentante dell'INPS;
- un rappresentante dell'ISTAT;
- un membro designato dal Presidente dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità;
- un membro designato della Conferenza unificata;
- due rappresentanti associazioni familiari maggiormente rappresentative.
Il comma 3, oggetto della modifica in commento, stabilisce che nello svolgimento delle funzioni, l'Osservatorio:
a)
coordina le proprie attività di ricerca con quelle dell'Osservatorio nazionale sulla famiglia e dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza di cui alla legge 23 dicembre 1997, n. 451;
b)
predispone per l'Autorità politica delegata per la famiglia una relazione sullo stato di implementazione dell'assegno che, fra l’altro, individua, le possibili azioni da realizzare per una maggiore efficacia dell'intervento. A tal fine, l'INPS provvede alla realizzazione di un osservatorio statistico sui beneficiari dell'assegno aggiornato mensilmente e pubblicato sul sito istituzionale dell'Istituto nonché alla trasmissione all'Osservatorio di una relazione trimestrale sugli aspetti amministrativi-gestionali.
Come evidenziato, la modifica in commento prevede che la relazione prodotta dall’Osservatorio in commento e diretta all'Autorità politica delegata per la famiglia non debba essere presentata ogni sei mesi ma annualmente. Si veda il testo a fronte di seguito:
D. Lgs. n. 230 del 2021
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Testo vigente
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Modificazioni apportate dall’art. 1, comma 10-bis
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Art. 9 |
Art. 9, comma 3, lett. b) |
3. Nello svolgimento delle funzioni, l'Osservatorio:
a) coordina le proprie attività di ricerca con quelle dell'Osservatorio nazionale sulla famiglia e dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza di cui alla legge 23 dicembre 1997, n. 451;
b) predispone per l'Autorità politica delegata per la famiglia una relazione semestrale sullo stato di implementazione dell'assegno; a tal fine, l'INPS provvede, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, alla realizzazione di un osservatorio statistico sui beneficiari dell'assegno aggiornato mensilmente e pubblicato sul sito istituzionale dell'Istituto nonché alla trasmissione all'Osservatorio di una relazione trimestrale sugli aspetti amministrativi-gestionali; la relazione semestrale dell'Osservatorio individua, altresì, le possibili azioni da realizzare per una maggiore efficacia dell'intervento.
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3. Nello svolgimento delle funzioni, l'Osservatorio:
a) Identico
b) predispone per l'Autorità politica delegata per la famiglia una relazione annuale sullo stato di implementazione dell'assegno; a tal fine, l'INPS provvede, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, alla realizzazione di un osservatorio statistico sui beneficiari dell'assegno aggiornato mensilmente e pubblicato sul sito istituzionale dell'Istituto nonché alla trasmissione all'Osservatorio di una relazione trimestrale sugli aspetti amministrativi-gestionali; la relazione annuale dell'Osservatorio individua, altresì, le possibili azioni da realizzare per una maggiore efficacia dell'intervento.
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Si può ricordare che l’assegno unico e universale costituisce una delle misure principali in materia di sostegno alla famiglia e alla natalità. Già la legge di bilancio 2020 (art. 1, comma 339, Legge n. 160/2019) era intervenuta a istituire il "Fondo assegno universale e servizi alla famiglia". In seguito, la legge n. 46 del 2021 ha conferito una delega al Governo per riordinare, semplificare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l'introduzione nell'ordinamento nazionale di un Assegno unico e universale (AUU). In attuazione della citata delega è stato emanato il D.Lgs. n. 230/2021 che, all'articolo 13, comma 1, lettera a) ha rideterminato la consistenza e autorizzazione alla spesa del citato Assegno unico.
Attuata a partire dal mese di marzo 2022, la misura costituisce un beneficio economico a favore dei nuclei familiari con figli a carico, attribuito per ogni figlio fino al compimento dei 21 anni – al ricorrere di determinate condizioni – e senza limiti di età per i figli con disabilità, e il cui importo cresce al diminuire dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE).
Poiché si tratta di una misura universale, l'assegno unico può essere richiesto anche in assenza di ISEE o con ISEE superiore alla soglia di 45.939,56 euro (valore aggiornato alla circolare INPS n. 33/2025). In tal caso saranno corrisposti gli importi minimi previsti dalla normativa.
Con l'entrata in vigore dell'AUU, sono state abrogate in quanto assorbite dall'Assegno, le seguenti misure di sostegno alla natalità:
· il premio alla nascita o all'adozione (Bonus mamma domani);
· l'assegno ai nuclei familiari con almeno tre figli minori;
· gli assegni familiari ai nuclei familiari con figli e orfani;
· l'assegno di natalità (cd. Bonus bebè);
· le detrazioni fiscali per figli fino a 21 anni.
L'Assegno unico invece non assorbe né limita gli importi del bonus asilo nido ed è compatibile con la fruizione di eventuali altre misure in denaro a favore dei figli a carico erogate dalle Regioni, dalle Province autonome di Trento e di Bolzano e dagli enti locali.
Circa la consistenza dell'assegno e le modalità per l'attribuzione della misura su base mensile, si evidenzia che l'importo dell'Assegno viene determinato in base all'ISEE eventualmente presentato del nucleo familiare del figlio beneficiario, tenuto conto dell'età dei figli a carico e di numerosi altri elementi.
In particolare, è prevista:
· una quota variabile progressiva (da un massimo di 201 euro per ciascun figlio minore con ISEE fino a 17.227,33 euro a un minimo di 57,5 euro per ciascun figlio minore in assenza di ISEE o con ISEE pari o superiore a 45.939,56 euro).
· gli importi dovuti per ciascun figlio possono essere maggiorati nelle ipotesi di:
o nuclei numerosi (per i figli successivi al secondo);
o madri di età inferiore a 21 anni;
o nuclei con quattro o più figli, genitori entrambi titolari di reddito da lavoro;
o figli affetti da disabilità;
o figli di età inferiore a un anno;
o figli di età compresa tra 1 e 3 anni per nuclei con tre o più figli e ISEE fino a 45.939,56 euro;
o una quota a titolo di maggiorazione per compensare l'eventuale perdita economica subita dal nucleo familiare, se l'importo dell'Assegno risultasse inferiore alla somma dei valori teorici dell'Assegno per il Nucleo Familiare (componente familiare) e delle detrazioni fiscali medie (componente fiscale), percepite nel regime precedente la riforma.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia alla scheda presente sul sito INPS.
Per quanto riguarda le risorse necessarie all'erogazione dell'AUU, si ricorda che gli oneri inizialmente previsti dall'art. 6, comma 8 del D. Lgs. n. 230 del 2021 per il riconoscimento dell'assegno, sono stati valutati in 14.219,5 milioni di euro per il 2022; 18.222,2 milioni di euro per il 2023; 18.694,6 milioni di euro per il 2024; 18.914,8 milioni di euro per il 2025; 19.201,0 milioni di euro per il 2026; 19.316,0 milioni di euro per il 2027; 19.431,0 milioni di euro per il 2028 e 19.547,0 milioni di euro annui a decorrere dal 2029.
In seguito, la legge di bilancio 2023 (L. n. 197/2022) ha provveduto alla riquantificazione degli oneri, resasi necessaria a seguito delle modifiche introdotte (incremento di 409,2 milioni di euro per il 2023, di 525,7 milioni di euro per il 2024, di 542,5 milioni di euro per il 2025, di 550,8 milioni di euro per il 2026, di 554,2 milioni di euro per il 2027, di 557,6 milioni di euro per il 2028 e di 560,9 milioni di euro annui a decorrere dal 2029). A tale quantificazione occorre aggiungere quanto disposto dall'art. 1, comma 320, della medesima legge di bilancio 2023 che ha, a sua volta previsto, in seguito all'abrogazione delle norme istitutive del reddito e della pensione di cittadinanza dal 1° gennaio 2024, un incremento dello stanziamento a favore dell'assegno unico e universale per i figli a carico, per 11 milioni di euro nel 2023, 708,8 milioni di euro nel 2024, 717,2 milioni di euro nel 2025, 727,9 milioni di euro nel 2026, 732,2 milioni di euro nel 2027, 736,5 milioni di euro nel 2028 e 740,8 milioni di euro l'anno dal 2029.
Infine, la legge di bilancio 2024 (L. n.213/2023, commi 183-185), nel prevedere l'esclusione dal calcolo dell'Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), fino al valore complessivo di 50.000 euro, dei titoli di Stato e alcuni prodotti finanziari di raccolta del risparmio, stabilendo l'aggiornamento del Regolamento in materia di revisione dell'Indicatore ai fini della richiesta di prestazioni sociali agevolate, ha previsto un incremento di 44 milioni di euro annui a decorrere dal 2024 delle risorse finanziarie iscritte in bilancio ai fini della copertura degli oneri di cui all'articolo 6, comma 8, del D. Lgs. n. 230/2021 relativo all'Assegno unico universale.
Articolo 1, comma 10-septies
(Incarichi dirigenziali e direttivi a soggetti in quiescenza)
Il comma 10-septies – inserito nel corso dell’esame del Senato – dell’articolo 1 modifica la disciplina restrittiva sulla possibilità, per i soggetti già collocati in quiescenza, di titolarità di incarichi pubblici. La novella concerne l’elevamento da uno a due anni del limite massimo della durata degli incarichi dirigenziali o direttivi conferiti a titolo gratuito.
La disciplina restrittiva in esame, relativa alle pubbliche amministrazioni e altri soggetti [19] , vieta, nella formulazione vigente (ora oggetto della modifica summenzionata):
- il conferimento di incarichi a titolo oneroso [20] a soggetti già lavoratori – pubblici o privati e dipendenti o autonomi [21] – e collocati in quiescenza; tale divieto concerne gli incarichi dirigenziali o direttivi, quelli di studio o consulenza, le cariche in organi di governo delle amministrazioni [22] ;
- il conferimento ai medesimi soggetti in quiescenza di incarichi dirigenziali o direttivi a titolo gratuito [23] aventi durata superiore a un anno; tale limite si commisura con riferimento a “ciascuna amministrazione”; la novella di cui al presente comma 10-septies prevede l’elevamento di tale limite a due anni, ferma restando l’esclusione di ogni possibilità di proroga o di rinnovo. Si ricorda che, in base al suddetto riferimento legislativo a “ciascuna amministrazione”, è possibile, secondo l’interpretazione seguita dal Dipartimento per la funzione pubblica, il conferimento di incarichi – anche contemporanei, se reciprocamente compatibili – da parte di amministrazioni diverse, purché ciascuno di essi rispetti il limite di durata in oggetto [24] .
Articolo 1, comma 10-octies
(Inconferibilità di incarichi di livello regionale
a componenti di consigli comunali)
Il comma in esame, introdotto nel corso dell’esame del Senato, stabilisce che fino al 31 dicembre 2025 non trovi applicazione l’inconferibilità di incarichi amministrativi di vertice o dirigenziali di livello regionale (di cui all'art. 7, comma 1, del D.Lgs. 39/2013) ai componenti dei consigli dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti nonché ai componenti dei consigli di una forma associativa tra comuni che superi i 15.000 abitanti. L’inconferibilità che non trova applicazione riguarda l’assunzione nella medesima regione, nell’anno successivo alla cessazione del mandato comunale, degli incarichi amministrativi di vertice della regione; degli incarichi dirigenziali nell'amministrazione regionale; degli incarichi di amministratore di ente pubblico di livello regionale; degli incarichi di amministratore di ente di diritto privato in controllo pubblico di livello regionale.
Si tratta della proroga di una disposizione, inizialmente limitata al 31 dicembre 2022, introdotta dall’articolo 13-ter del D.L. 4/2022 (sostegni ter) e finalizzata, in base al testo della norma, a non disperdere le competenze e le professionalità acquisite dagli amministratori locali nel corso del loro mandato, specialmente durante la fase emergenziale da Covid-19 (comma 1).
Il medesimo articolo 13-ter (comma 2) dispone che gli incarichi assegnati nel regime transitorio di cui sopra conservino validità fino alla scadenza naturale dell'incarico.
La deroga era stata successivamente prorogata prima al 31 dicembre 2023 dal D.L. 198/2022, articolo 1, comma 20 e poi al 31 dicembre 2024 dal D.L. 215/2023, articolo 1-bis.
Si ricorda che il decreto legislativo 39/2013 ha dettato disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell'articolo 1, commi 49 e 50, della L. 190/2012.
In particolare, l'articolo 7, recante la disciplina della inconferibilità di incarichi a componenti di organo politico di livello regionale e locale, al comma 1, richiamato dall’articolo 13-ter del D.L. 4/2022, prevede che a coloro che nei due anni precedenti siano stati componenti della giunta o del consiglio della regione che conferisce l'incarico, ovvero nell'anno precedente siano stati componenti della giunta o del consiglio di una provincia o di un comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti della medesima regione o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione della medesima regione, oppure siano stati presidente o amministratore delegato di un ente di diritto privato in controllo pubblico da parte della regione ovvero da parte di uno degli enti locali di cui sopra non possano essere conferiti:
· gli incarichi amministrativi di vertice della regione;
· gli incarichi dirigenziali nell'amministrazione regionale;
· gli incarichi di amministratore di ente pubblico di livello regionale;
· gli incarichi di amministratore di ente di diritto privato in controllo pubblico di livello regionale.
La disposizione in esame prevede, dunque che tali incarichi possano essere conferiti, fino al 2025, anche a coloro che nell’anno precedente il conferimento dell’incarico abbiano ricoperto la carica di amministratore di un comune - o di una forma associativa di comuni - con popolazione superiore a 15.000 abitanti, situato nella medesima regione. Il divieto permane, invece, per gli ex amministratori regionali.
Ai sensi del comma 3 dell’articolo 7 citato, le cause di inconferibilità di cui sopra non si applicano ai dipendenti della stessa amministrazione, ente pubblico o ente di diritto privato in controllo pubblico che, all'atto di assunzione della carica politica, erano già titolari di incarichi.
Si segnala che l’articolo 21, comma 5-quinquies, del provvedimento in esame, abroga invece il comma 2 del citato articolo 7 del D.Lgs. 39/2013 che dispone l’inconferibilità degli incarichi di vertice nelle province e nei comuni con più di 15.000 abitanti a coloro che abbiano svolto un mandato di amministratore provinciale o comunale nell’ente locale che conferisce l’incarico o situato nella stessa regione dell’ente locale che conferisce l’incarico.
Articolo 1, comma 10-novies
(Utilizzo delle quote di avanzo di amministrazione svincolate da parte di regioni ed enti locali)
Il comma 10-novies, introdotto nel corso dell’esame del Senato, autorizza le regioni e gli enti locali, nonché gli enti ad essi strumentali, ad utilizzare, in sede di approvazione del rendiconto 2024, le quote di avanzo vincolato di amministrazione, limitatamente alle risorse di parte corrente, oltre che per la copertura del disavanzo della gestione 2024 delle Aziende del servizio sanitario regionale anche per il sostegno degli operatori del settore turistico-ricettivo, termale e della ristorazione, che esercitano la propria attività nei comuni, classificati come montani, della dorsale appenninica in conseguenza delle perdite subite nel periodo dal 1° novembre 2022 al 15 gennaio 2023.
Il comma 10-novies sostituisce il comma 822-bis dell’art.1 della legge n. 197 del 2022, il quale, nella vigente formulazione - inserita dall’art. 3, comma 12-quinquies, del D.L. n. 215 del 2023 (decreto-legge “proroga termini 2023”) - autorizza le regioni e gli enti locali, nonché gli enti ad essi strumentali (di cui all’art. 2 del D.Lgs. n. 118 del 2011), in sede di approvazione del rendiconto 2023, allo svincolo delle quote di avanzo vincolato di amministrazione limitatamente alle risorse di parte corrente, da destinare alla copertura del disavanzo della gestione 2023 delle aziende del servizio sanitario regionale.
Con la disposizione in esame tale facoltà viene estesa anche in sede di approvazione del rendiconto 2024 e finalizzata non solo per la copertura del disavanzo delle aziende del servizio sanitario regionale della gestione del 2023 nonché del 2024, ma anche per il sostegno degli operatori del settore turistico-ricettivo, termale e della ristorazione, che esercitano la propria attività nei comuni, classificati come montani, della dorsale appenninica in conseguenza delle perdite subite di almeno il 30% nel periodo dal 1° novembre 2022 al 15 gennaio 2023.
Con riguardo a tale ultima finalità, si ricorda che già le risorse svincolate in sede di approvazione del rendiconto 2022 sono state utilizzate per il sostegno degli operatori del settore turistico-ricettivo, termale e della ristorazione, che esercitano la propria attività nei comuni, classificati come montani, della dorsale appenninica, a condizione che abbiano subìto una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi nel periodo dal 1° novembre 2022 al 15 gennaio 2023 di almeno il 30 per cento rispetto al medesimo periodo dell'anno precedente.
Si ricorda che il comma 822 della legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio per il 2023) ha autorizzato gli enti territoriali, in sede di approvazione del rendiconto dell’esercizio 2022 nonché del rendiconto 2023 (termine così esteso ai sensi dell’art. 3, comma 12-quinquies, del D.L. n. 215 del 2023), previa comunicazione all’amministrazione statale o regionale che ha erogato le somme, allo svincolo delle quote di avanzo vincolato di amministrazione che ciascun ente individua, riferite ad interventi conclusi o già finanziati negli anni precedenti con risorse proprie, non gravate da obbligazioni sottostanti già contratte e con esclusione delle somme relative alle funzioni fondamentali e ai livelli essenziali delle prestazioni.
Le risorse svincolate in sede di approvazione del rendiconto 2022 possono essere utilizzate da ciascun ente per tre finalità:
a) la copertura dei maggiori costi energetici sostenuti dagli enti territoriali, nonché dalle aziende del servizio sanitario regionale;
b) la copertura del disavanzo della gestione 2022 delle aziende del servizio sanitario regionale derivante dai maggiori costi diretti e indiretti conseguenti alla pandemia di Covid-19 e alla crescita dei costi energetici;
c) contributi per attenuare la crisi delle imprese dovuta ai rincari delle fonti energetiche;
c-bis) il sostegno degli operatori del settore turistico-ricettivo, termale e della ristorazione, che esercitano la propria attività nei comuni, classificati come montani, della dorsale appenninica, a condizione che abbiano subìto una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi nel periodo dal 1° novembre 2022 al 15 gennaio 2023 di almeno il 30 per cento rispetto al medesimo periodo dell'anno precedente (finalità aggiunta dall’art. 16-ter, comma 1, del D.L. n. 198 del 2022).
Il successivo comma 823 della legge n. 197 del 2022 prevede che le somme svincolate in sede di rendiconto 2022 e utilizzate per le finalità di cui al comma 822 sono comunicate al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato e che con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, sono stabilite le modalità applicative delle disposizioni in esame. Al riguardo è stato emanato il D.M. 27 aprile 2023 il quale ha disposto che per quote di avanzo vincolato di amministrazione riferite ad interventi conclusi o già finanziati negli anni precedenti con risorse proprie, non gravate da obbligazioni sottostanti già contratte, si intendono le risorse vincolate del risultato di amministrazione derivanti da trasferimenti erogati a favore dell'ente per una specifica destinazione che residuano a seguito: a) della completa realizzazione dell'intervento cui il trasferimento era destinato, secondo le modalità richieste dall'amministrazione erogante, nel corso degli anni precedenti; b) del pieno finanziamento di interventi in corso di realizzazione disposto negli esercizi precedenti cui hanno concorso risorse proprie dell'ente.
Il D.L. “Proroga termini” dello scorso anno (n. 215 del 2023), che ha esteso la disciplina anche in sede di rendiconto 2023, ha tuttavia limitato lo svincolo delle quote di avanzo vincolato di amministrazione di cui al comma 822 alle sole risorse di parte corrente per la copertura del disavanzo della gestione 2023 delle aziende del servizio sanitario regionale.
Si evidenzia che, a differenza di quanto disposto nel D.L. “Proroga termini” dello scorso anno (n. 215 del 2023), la norma in esame interviene esclusivamente sul comma 822-bis il quale consente lo svincolo delle quote di avanzo vincolato di amministrazione di cui al comma 822 limitatamente alle risorse di parte corrente per la copertura del disavanzo delle aziende del servizio sanitario regionale, estendendone l’applicazione anche in sede di approvazione del rendiconto per l’anno 2024. Non è invece modificato il comma 822, il quale, nel testo vigente, autorizza gli enti territoriali allo svincolo delle quote di avanzo vincolato di amministrazione soltanto in sede di approvazione del rendiconto per gli esercizi 2022 e 2023.
Legge n. 197/2022, articolo 1, comma 822-bis
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Articolo 1, comma 10-bis, decreto-legge n. 202 del 2024 (A.S. 1337-A)
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822. In sede di approvazione del rendiconto per gli esercizi 2022 e 2023 da parte dell'organo esecutivo, gli enti di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, sono autorizzati, previa comunicazione all'amministrazione statale o regionale che ha erogato le somme, allo svincolo delle quote di avanzo vincolato di amministrazione che ciascun ente individua, riferite ad interventi conclusi o già finanziati negli anni precedenti con risorse proprie, non gravate da obbligazioni sottostanti già contratte e con esclusione delle somme relative alle funzioni fondamentali e ai livelli essenziali delle prestazioni. Le risorse svincolate in sede di approvazione del rendiconto 2022 sono utilizzate da ciascun ente per:
a) la copertura dei maggiori costi energetici sostenuti dagli enti territoriali oltre che dalle aziende del servizio sanitario regionale;
b) la copertura del disavanzo della gestione 2022 delle aziende del servizio sanitario regionale derivante dai maggiori costi diretti e indiretti conseguenti alla pandemia di COVID-19 e alla crescita dei costi energetici;
c) contributi per attenuare la crisi delle imprese per i rincari delle fonti energetiche;
c-bis) il sostegno degli operatori del settore turistico-ricettivo, termale e della ristorazione, che esercitano la propria attività nei comuni, classificati come montani, della dorsale appenninica, a condizione che abbiano subìto una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi nel periodo dal 1° novembre 2022 al 15 gennaio 2023 di almeno il 30 per cento rispetto al medesimo periodo dell'anno precedente
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822-bis. In sede di approvazione del rendiconto 2023 lo svincolo delle quote di avanzo vincolato di amministrazione di cui al comma 822 è autorizzato limitatamente alle risorse di parte corrente per la copertura del disavanzo della gestione 2023 delle aziende del servizio sanitario regionale
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822-bis. In sede di approvazione del rendiconto 2023 e del rendiconto 2024 lo svincolo delle quote di avanzo vincolato di amministrazione di cui al comma 822 dell'art. 1 della legge 29 dicembre 2022, n. 197, è consentito, limitatamente alle risorse di parte corrente, oltre che per la copertura del disavanzo della gestione 2023 e 2024 delle aziende del servizio sanitario regionale anche per il sostegno degli operatori del settore turistico-ricettivo, termale e della ristorazione, che esercitano la propria attività nei comuni, classificati come montani, della dorsale appenninica in conseguenza delle perdite subite di almeno il 30% nel periodo dal 1° novembre 2022 al 15 gennaio 2023
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La disposizione in esame fa riferimento ai comuni montani della dorsale appenninica.
Per convenzione, la separazione tra la dorsale montuosa alpina e quella appenninica avviene in Liguria al colle di Cadibona (situato tra valle del Bormida e la Riviera di Ponente). L’Appennino si sviluppa lungo tutta la penisola, proseguendo anche nella Sicilia settentrionale (Peloritani, Nebrodi e Madonie).
Per quanto riguarda la classificazione di comune montano vige tuttora la classificazione definita dall’ISTAT ai sensi della legge n. 991 del 1952 (ora abrogata) che suddivide i comuni in montani e parzialmente montani. Negli ultimi anni, il Dipartimento degli affari regionali e delle autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri, in sede di emanazione di bandi (avvisi pubblici) per programmi di investimento nelle zone montane ha riportato un elenco dei comuni totalmente montani (3.053 comuni in tutta Italia, al netto di quelli delle province di Trento e di Bolzano).
Si segnale che il ddl recante “Disposizioni per il riconoscimento e la promozione delle zone montane” (A.C. 2126), approvato dal Senato e all’esame della V Commissione Bilancio della Camera dei deputati, prevede l’emanazione di un D.P.C.M. contenente i criteri per la classificazione dei comuni montani in base a parametri altimetrici e di pendenza.
Si ricorda inoltre che l’articolo 20 del D.L. 9 agosto 2024, n. 113, al fine di contrastare la crisi causata dalla scarsità di precipitazioni nevose e dalla conseguente diminuzione delle presenze turistiche, nel periodo dal 1° novembre 2023 al 31 marzo 2024, nei comuni montani degli Appennini, ha autorizzato una spesa complessiva di 13 milioni per il 2024, quale contributo a fondo perduto in favore degli esercenti attività di impianti di risalita a fune e di innevamento artificiale, nonché di preparazione delle piste da sci, dei noleggiatori di attrezzature per sport invernali, dei maestri di sci, iscritti negli appositi albi professionali, e delle scuole di sci presso le quali i medesimi maestri di sci risultano operanti, delle agenzie di viaggio, dei tour operator, dei gestori di stabilimenti termali, delle imprese turistico-ricettive e delle imprese di ristorazione, che svolgono la propria attività nei comuni ubicati all'interno dei comprensori e delle aree sciistiche della dorsale appenninica.
Con decreto del 24 ottobre 2024 del Ministro del turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e sentita l'Autorità politica delegata in materia di sport, sono stati individuati i comuni interessati dalla misura e definiti i criteri per la quantificazione del sostegno nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato, le procedure di erogazione, le modalità di ripartizione e di assegnazione, che consentano il rispetto del limite di spesa e l'erogazione delle risorse entro e non oltre il 31 dicembre 2024, nonché le procedure di verifica, di controllo e di revoca connesse all'utilizzo delle risorse. Nello specifico, ai fini dell’individuazione dei comuni montani, il D.M. fa riferimento ai “comuni ubicati all’interno dei comprensori sciistici nelle Regioni con la dorsale appenninica, come individuati dalle medesime regioni con proprio provvedimento”.
Articolo 1, comma 10-undecies
(Norme contabili sull’utilizzo delle quote accantonate e vincolate del risultato di amministrazione per le regioni e le province autonome)
Il comma 10-undecies, introdotto nel corso dell’esame al Senato, estende all’anno 2024 l’applicazione delle norme concernenti l’utilizzo delle quote accantonate e vincolate del risultato di amministrazione recate dalla legge di bilancio per il 2019 per le regioni a statuto ordinario e la possibilità dell’applicazione di tali disposizioni anche per le regioni a statuto speciale e le province autonome.
Il comma 10-undecies interviene sulla disciplina relativa alla possibilità di utilizzo delle quote accantonate e vincolate del risultato di amministrazione da parte delle regioni a statuto ordinario contenuta dalla legge n. 145 del 2018 (art. 1, commi 897-899, legge di bilancio 2019).
In particolare, il comma 897 della citata legge di bilancio prevede la possibilità per gli enti territoriali di applicare al bilancio di previsione la quota vincolata, accantonata e destinata del risultato di amministrazione per un importo non superiore a quello del risultato di amministrazione complessivo, al netto della quota minima obbligatoria accantonata per il fondo crediti di dubbia esigibilità e del fondo anticipazioni di liquidità.
Più in particolare, il comma in esame interviene sulla disposizione di deroga prevista per le regioni, per gli anni 2019 e 2020 dal comma 899 dell’anzidetta legge, che consentiva alle regioni a statuto ordinario l’utilizzo delle quote accantonate e vincolate del risultato di amministrazione, secondo le modalità previste ai precedenti commi 897 e 898, senza operare la nettizzazione del fondo anticipazione di liquidità.
L’applicazione della suddetta deroga è già stata estesa all’anno 2023 dall’articolo 2, comma 6-quater, del D.L. n. 215 del 2023 (precedente DL proroghe) nonché, limitatamente a tale anno, anche alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano.
Il comma 10-undecies in esame – novellando l’articolo 2, comma 6-quater, del D.L. n. 215 del 2023 - estende all’anno 2024 l’applicazione della suddetta deroga per le regioni a statuto ordinario e per le regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano.
La legge n. 145 del 2018, ai commi 897-899, disciplina la possibilità di utilizzo del risultato di amministrazione, anche in caso di disavanzo, per tutti gli enti territoriali soggetti alle norme dell’ordinamento contabile contenute nel decreto legislativo n. 118 del 2011 (le regioni e gli enti locali, nonché i relativi enti strumentali e organismi).
In particolare, il comma 897 prevede la possibilità per tutti gli enti territoriali – compresi quelli in disavanzo - di applicare al bilancio di previsione la quota vincolata, accantonata e destinata del risultato di amministrazione per un importo non superiore a quello del risultato di amministrazione complessivo come risultante dal relativo prospetto al 31 dicembre dell'esercizio precedente.
Tale quota, da applicarsi al netto della quota minima obbligatoria accantonata per il fondo crediti di dubbia esigibilità e del fondo anticipazioni di liquidità, è quindi incrementata dell'importo del disavanzo da recuperare iscritto nel primo esercizio del bilancio di previsione. Viene altresì precisato che tale possibilità non è riconosciuta agli enti in ritardo nell’approvazione dei propri rendiconti.
Il comma 898 disciplina il caso in cui l’importo riportato nel prospetto del risultato di amministrazione risulti negativo o inferiore alla quota minima obbligatoria accantonata per il fondo crediti di dubbia esigibilità e al fondo anticipazioni di liquidità. In tal caso, gli enti possono applicare al bilancio di previsione la quota vincolata, accantonata e destinata del risultato di amministrazione per un importo non superiore a quello del disavanzo da recuperare iscritto nel primo esercizio del bilancio di previsione.
Il comma 899, nel confermare l'applicazione delle modalità di utilizzo delle quote accantonate e vincolate del risultato di amministrazione previste dai commi 897 e 898 alle regioni a statuto ordinario, stabilisce che per gli anni 2019 e 2020 le regioni a statuto ordinario utilizzino le quote accantonate e vincolate del risultato di amministrazione senza operare la nettizzazione del fondo anticipazione di liquidità.
L’applicazione di tale disposizione è stata, da ultimo, estesa all’anno 2023 dall’art. 2, comma 6-quater, D.L. 30 dicembre 2023, n. 215, nonché, per il solo anno 2023, alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano.
Articolo 2, comma 1, lettera a)
(Percorso di carriera del personale dirigente della Polizia di Stato - SOPPRESSO)
Nel corso dell’esame del Senato l’articolo 2, comma 1, lettera a), è stata soppressa.
La norma proroga al 30 giugno 2025 il termine di decorrenza dell’applicazione delle disposizioni concernenti il percorso di carriera necessario per l’ammissione allo scrutinio per la promozione a dirigente superiore e a primo dirigente della Polizia di Stato, di cui all’articolo 10 del decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334, recante l’ordinamento del personale direttivo e dirigente della Polizia di Stato.
Si veda al riguardo l’articolo 21 del presente decreto-legge che, a seguito dell’approvazione della medesima proposta emendativa che ha previsto l’abrogazione della presente lettera, in un suo comma aggiuntivo reca l’abrogazione del citato art. 10 del decreto legislativo n. 334 del 2020.
Articolo 2, comma 1, lettera b)
(Disapplicazione dell’ordinario meccanismo dell’area negoziale per i dirigenti delle Forze di polizia e delle Forze armate)
L’articolo 2, comma 1, lettera b), come modificata dal Senato, proroga a tutto il 2026 la disapplicazione (vigente nell’arco temporale 2018-2024) dell’ordinario meccanismo dell’area negoziale per i dirigenti delle Forze di polizia (ad ordinamento così civile come militare) e delle Forze armate.
La disposizione estende a tutto il 2026 (nel testo originario del decreto-legge era prevista l’estensione a tutto il 2025) la disapplicazione del meccanismo di finanziamento dell’area negoziale relativa ai dirigenti delle Forze di polizia e delle Forze armate previsto dall’articolo 46, commi 5 e 6, del decreto legislativo n. 95 del 2017.
Le aree negoziali di cui si tratta sono state istituite dall’articolo 46 del decreto legislativo n. 95 del 2017, recante disposizioni in materia di revisione dei ruoli delle Forze di polizia.
Siffatte aree negoziali ricomprendono (secondo la norma vigente, comprensiva di modifiche apportate dalla legge n. 46 del 2022) un novero di materie: il trattamento accessorio; le misure per incentivare l'efficienza del servizio; il congedo ordinario, il congedo straordinario o le licenze; l'aspettativa per motivi di salute e di famiglia o l'aspettativa per infermità e per motivi privati; i permessi brevi per esigenze personali; le aspettative i distacchi e i permessi sindacali; il trattamento di missione e di trasferimento; i criteri di massima per la formazione e l'aggiornamento professionale; i criteri di massima per la gestione degli enti di assistenza del personale.
Secondo la previsione del decreto legislativo n. 95 del 2017, l’attuazione (mediante accordo sindacale) delle aree negoziali avrebbe dovuto realizzarsi nei limiti della quota parte di risorse destinata alla rivalutazione del trattamento accessorio del personale dirigente delle Forze di polizia a ordinamento civile e ad ordinamento militare e delle Forze armate.
Tale rivalutazione avrebbe seguito, in particolare, le prescrizioni della legge n. 448 del 1998 (all’articolo 24): dunque adeguamento di diritto, annualmente, in ragione degli incrementi medi calcolati dall'ISTAT, conseguiti nell'anno precedente dalle categorie di pubblici dipendenti contrattualizzati sulle voci retributive (ivi compresa l'indennità integrativa speciale) utilizzate dal medesimo Istituto per l'elaborazione degli indici delle retribuzioni contrattuali.
Tuttavia una deroga disapplicativa di tale meccanismo delle aree negoziali fu disposta, per i dirigenti delle Forze di polizia (ad ordinamento civile come militare) e delle Forze armate, già dal decreto legislativo correttivo n. 126 del 2018 (all’articolo 19, comma 1), dando seguito a previsione dettata dalla legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017: cfr. articolo 1, comma 680) la quale destinava apposite risorse perché confluissero in un Fondo per il personale del comparto sicurezza-difesa e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, cui attingere per i trattamenti economici accessori relativi allo svolgimento dei servizi operativi per la tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica.
Lo stanziamento di quella legge di bilancio valeva per il triennio 2018-2020 (con un incremento di risorse indi disposto dalla successiva legge di bilancio 2019: legge n. 145 del 2018, cfr. articolo 1, comma 442). Correlativamente, la deroga disapplicativa disposta dal decreto legislativo n. 126 del 2018 valeva per il medesimo triennio 2018-2020.
Tale lasso temporale è stato protratto al 2023 dal decreto-legge n. 73 del 2021 (all’articolo 30, comma 7-quinquies, lettera b), n. 1), dando seguito alle disposizioni in materia di trattamenti accessori e istituti normativi per i dirigenti delle Forze di polizia e delle Forze armate, recate dall’articolo 20 del decreto-legge n. 162 del 2019 e dalla legge di bilancio 2022 (legge n. 234 del 2021: cfr. articolo 1, comma 619).
La legge di bilancio 2024 ha esteso ulteriormente tale arco temporale di disapplicazione, a tutto il 2024 - correlativamente autorizzando la spesa di 18 milioni annui a decorrere dall'anno 2024, destinata al personale dirigenziale delle Forze di polizia ad ordinamento civile come militare e delle Forze armate, per le misure previste dal citato articolo 46 del decreto legislativo n. 95 del 2017: risorse aggiuntive rispetto a quelle previste dai provvedimenti sopra richiamati succedutisi nel tempo, e distribuite a ciascuna Forza di polizia e alle Forze armate in misura proporzionale alla ripartizione operata dal decreto del Presidente del Consiglio del 21 marzo 2018 in G.U. n. 107 del 10 maggio 2018, a decorrere dall’anno 2020). Così l’articolo 1, commi 354 e 355 della legge n. 223 del 2023.
Ora nuova proroga si aggiunge, a tutto il 2025, quale arco temporale di disapplicazione.
A leggere la relazione illustrativa del disegno di legge di conversione, “sono da tempo in corso riflessioni circa l’opportunità di introdurre disposizioni finalizzate alla modifica del meccanismo di finanziamento in questione, prevedendo, in via generale, che i trattamenti accessori e gli istituti normativi relativi al personale dirigente del Comparto Sicurezza e Difesa siano finanziati in modo analogo a quanto previsto per il restante personale. Pertanto, nelle more dell’elaborazione di tale intervento normativo, si rende necessaria una proroga della disapplicazione delle modalità di finanziamento della citata area negoziale attualmente previste dall’articolo 46, commi 5 e 6, del decreto legislativo n. 95 del 2017”.
La relazione tecnica aggiunge che “le risorse previste dall’articolo 1, comma 355, della legge n. 213 del 2023, pari a 18 milioni di euro a decorrere dal 2024, sono considerate dalle amministrazioni coinvolte sufficienti per l’attuazione dell’area negoziale dirigenziale con riferimento al triennio 2024-2026 e sono coerenti con gli importi stanziati nei trienni precedenti (2018-2020 e 2021-2023)”. Ne segue la disposizione di proroga non determini nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Articolo 2, commi 2 e 3
(Permessi di soggiorno per sfollati dall’Ucraina)
L’articolo 2 prevede: al comma 2, che possano essere rinnovati (a richiesta) fino al 4 marzo 2026 i permessi di soggiorno in scadenza al 31 dicembre 2024, rilasciati agli sfollati dall'Ucraina; al comma 3, che in occasione di tale rinnovo essi possano essere convertiti in permessi per lavoro, per l’attività effettivamente svolta.
Il comma 2 prevede che i permessi di soggiorno in scadenza al 31 dicembre 2024, rilasciati ai beneficiari di protezione temporanea in quanto sfollati dall'Ucraina, possano essere rinnovati, previa richiesta dell’interessato, fino al 4 marzo 2026.
Tale disposizione si riconnette a quanto deliberato in sede di Unione europea. La decisione di esecuzione (UE) 2024/1836 del Consiglio del 25 giugno 2024 ha infatti statuito la proroga al 4 marzo del 2026 della protezione temporanea accordata agli sfollati provenienti dall’Ucraina.
Sono, complessivamente nell’Unione europea, 4,19 milioni di persone (secondo il dato riportato in quella decisione, la quale altresì riporta la stima di 3,6 milioni di sfollati interni in Ucraina).
La prima deliberazione circa siffatta protezione temporanea fu adottata con decisione di esecuzione (UE) 2022/382 del Consiglio del 4 marzo 2022, che accertava l'esistenza di un afflusso massiccio di sfollati dall'Ucraina.
Quella protezione, avente durata annuale, è stata indi prorogata automaticamente di un altro anno (al 4 marzo 2024; poi di un altro anno ancora (al 4 marzo 2025) con decisione di esecuzione 2023/2409.
Nuova proroga, al 4 marzo 2026, è intervenuta con la ricordata decisione di esecuzione 2024/1836.
La concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati è oggetto di disciplina europea resa dalla direttiva 2001/55/CE del Consiglio.
Si tratta di una procedura di carattere eccezionale che garantisce, nei casi di afflusso massiccio, attuale o imminente, di sfollati provenienti da Paesi terzi che non possano rientrare nel loro Paese d'origine, una tutela immediata e temporanea alle persone sfollate, in particolare qualora vi sia il rischio altresì che il sistema d'asilo non possa far fronte a tale afflusso senza effetti pregiudizievoli per il suo corretto funzionamento.
La protezione temporanea – la quale non pregiudica per l’interessato il riconoscimento della protezione internazionale quale asilo – ha una durata annuale e vale per il caso di un afflusso massiccio di sfollati accertato con decisione del Consiglio (adottata a maggioranza qualificata, su proposta della Commissione). È suscettibile di proroga automatica per un periodo massimo di un ulteriore anno. Qualora persistano i motivi per la sua concessione, la protezione temporanea può essere prorogata di un anno dal Consiglio (a maggioranza qualificata, su proposta della Commissione).
La concessione della protezione temporanea è vincolante per gli Stati membri, nel senso che essi hanno l’obbligo di far sì che le persone beneficiarie dispongano di titoli di soggiorno durante l’intero periodo della protezione, con un contenuto di essa quale trattamento che non può essere meno favorevole di quello sancito dalla citata direttiva europea n. 55 del 2001.
Ancora il comma 2 prevede che i permessi di soggiorno rilasciati ai titolari della protezione temporanea provenienti dall’Ucraina perdano efficacia e siano revocati, anche prima della scadenza, qualora il Consiglio dell’Unione europea assuma la decisione della cessazione della protezione temporanea.
Le previsioni del comma ricalcano quelle recate dall’articolo 1, comma 395 della legge n. 213 del 2023 (in quel caso con riferimento ai permessi in scadenza al 31 dicembre 2023, prorogati allora al 31 dicembre 2024)
Il comma 3 aggiunge che in caso di richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno rilasciato a titolare della protezione temporanea proveniente dall’Ucraina, il permesso possa essere convertito per lavoro, per l’attività effettivamente svolta.
Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 5, comma 2-ter, del Testo unico dell’immigrazione (decreto legislativo n. 286 del 1998) – si intende, il primo periodo di quel comma (come parrebbe preferibile specificare), stando alla relazione tecnica che correda il disegno di legge di conversione, vale a dire il versamento del contributo richiesto per il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno (il cui importo è fissato fra un minimo di 80 e un massimo di 200 euro, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministro dell’interno).
Da tale contributo è invece esente, ricorda ancora la relazione tecnica, il rilascio in formato elettronico del permesso di soggiorno per protezione temporanea - il quale è stato accordato a circa 166.000 persone (sulla base dei dati detenuti dal Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’interno).
La previsione posta dal comma 3 ricalca quella recata dall’articolo 1, comma 396 della legge n. 213 del 2023 (in quel caso con riferimento ai permessi in scadenza al31 dicembre 2023, prorogati allora al 31 dicembre 2024, si è ricordato).
Ulteriori disposizioni relative alle persone provenienti dall’Ucraina, per quanto riguarda in particolare, sono dettate dall’articolo 20 del presente decreto-legge (v. infra l’apposita scheda di lettura).
Articolo 2, comma 3-bis
(Disposizione relativa ai visti di soggiorno)
L’articolo 2, comma 3-bis dispone che, con decreto del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, pubblicato nella Gazzetta ufficiale, si possano prevedere casi di esenzione dall’obbligo di acquisizione degli identificatori biometrici.
La disposizione, introdotta dal Senato, incide sulla previsione – posta dall’articolo 4, comma 4-bis, del decreto legislativo n. 286 del 1998, recante il Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero – che estende ai visti nazionali l’obbligo di acquisizione degli identificatori biometrici (prima previsto per i soli visti Schengen).
Siffatto obbligo riferito ai visti nazionali è stato dettato dal decreto-legge 11 ottobre 2024, n. 145 (all’articolo 1, comma 1, lettera a), n. 1, recante la novella sopra ricordata del Testo unico dell’immigrazione) e convertito, con modificazioni, dalla L. 9 dicembre 2024, n. 187, il quale ne ha disposto, al contempo, l’applicazione alle domande di visto presentate dal novantesimo giorno successivo all’entrata in vigore di quel medesimo decreto-legge.
Con riferimento all’applicazione di tale obbligo, la presente disposizione fa salvi i casi di esenzione che potranno essere previsti con decreto del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale pubblicato nella Gazzetta ufficiale.
Riguardo alla disposizione del decreto-legge n. 145 del 2024 citata, estensiva dell’obbligo di acquisizione degli identificatori biometrici ai visti nazionali, la relazione tecnica posta a corredo del disegno di conversione rilevava che siffatta previsione tesa a dare uniformità ai procedimenti per il rilascio dei visti di ingresso (tra area Schengen e nazionale) e ad accrescere il livello di sicurezza e di affidabilità dei controlli degli ingressi nel territorio nazionale, non avrebbe comportato un apprezzabile aggravio per gli Uffici consolari, trattandosi di un passaggio procedurale di minimo impatto svolto durante l’intervista, pertanto non destinato a creare una diminuzione delle domande di visti nazionali né ad incidere negativamente sul gettito dei diritti consolari dovuti per la presentazione di tali domande.
Per quanto concerne la normativa dell'Unione europea, è il cd. codice dei visti, istituito con il regolamento (CE) n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009 (si veda anche il testo consolidato del regolamento, che tiene conto delle modifiche apportate negli ultimi anni) che stabilisce le procedure e le condizioni per il rilascio dei visti per soggiorni di breve durata (non superiori a 90 giorni su un periodo di 180 giorni) e per il transito aeroportuale nello spazio Schengen, applicabili ai cittadini di paesi terzi che devono essere in possesso di un visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne degli Stati membri.
In particolare, l’articolo 13 del citato regolamento disciplina l’utilizzo degli “identificatori biometrici”.
Secondo quanto previsto da tale articolo, gli Stati membri sono tenuti a rilevare gli identificatori biometrici del richiedente il visto, i quali identificatori dovranno comprendere una fotografia e le impronte delle dieci dita dello stesso, nel rispetto delle garanzie previste dalla convenzione del Consiglio d’Europa per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dalla convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo.
I requisiti tecnici della fotografia devono essere conformi alle norme internazionali stabilite dall’Organizzazione dell’aviazione civile internazionale (ICAO), mentre le impronte digitali devono essere rilevate, oltre che conformemente alle norme ICAO, anche a quanto previsto dalla decisione 2006/648/CE della Commissione, del 22 settembre 2006, che stabilisce le specifiche tecniche in relazione alle norme sulle caratteristiche biometriche per lo sviluppo del Sistema informazione visti.
Il sistema di informazione visti (VIS) è stato istituito con decisione 2004/512/CE del Consiglio per fungere da soluzione tecnologica per scambiare i dati sui visti fra gli Stati membri. Tale sistema – che si basa sul regolamento (CE) n. 767/2008 (si veda anche il testo consolidato, che tiene conto delle successive modifiche) – è una banca dati a livello dell'Unione europea, divenuta operativa a partire dal 2011, la quale collega le guardie di frontiera sulle frontiere esterne dell'Unione ai consolati degli Stati membri in tutto il mondo. Essa fornisce alle autorità competenti in materia di visti, frontiere, asilo e migrazione le informazioni fondamentali relative ai richiedenti un visto Schengen per soggiorni di breve durata, consentendo nel contempo alle guardie di frontiera di individuare cittadini di paesi terzi che potrebbero rappresentare un rischio in termini di sicurezza.
Articolo 2, comma 4
(Graduatorie di alcuni concorsi per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco)
L’articolo 2, comma 4 proroga al 31 dicembre 2025 la validità di graduatorie approvate nel corso del 2023, di concorsi per l’accesso ai ruoli del personale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, nella qualifica di vigile del fuoco o di vice direttore tecnico-scientifico (negli ambiti professionali di biologia, chimica o psicologia).
La disposizione proroga al 31 dicembre 2025 la validità di graduatorie di quattro concorsi, relative a diverse qualifiche dei ruoli del personale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco.
Sono:
a) graduatoria del concorso pubblico a 300 posti nella qualifica di vigile del fuoco del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, approvata con decreto del Capo del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile n. 207 del 17 aprile 2023, modificata con analogo decreto n. 381 del 19 maggio 2023;
b) graduatoria del concorso pubblico a 4 posti nella qualifica di vice direttore tecnico-scientifico, nell’ambito professionale biologia, approvata con decreto del Capo del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile n. 632 del 3 agosto 2023;
c) graduatoria del concorso pubblico a 4 posti nella qualifica di vice direttore tecnico-scientifico, nell’ambito professionale chimica, approvata con decreto del Capo del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile n. 609 del 28 luglio 2023;
d) graduatoria del concorso pubblico a 4 posti nella qualifica di vice direttore tecnico-scientifico, nell’ambito professionale psicologia, approvata con decreto del Capo del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile n. 725 del 29 settembre 2023.
Per quanto concerne la graduatoria del concorso pubblico a 300 posti nella qualifica di vigile del fuoco, la relazione illustrativa ricorda che tale graduatoria presenta circa 500 candidati idonei e costituisce il bacino da cui attingere per assicurare le assunzioni nella qualifica di vigile del fuoco, fino al 31 dicembre 2025, posto che a giugno 2025 è programmato l’inizio del 101° corso di formazione per allievi vigili del fuoco e che per tale data non si ritiene possibile la conclusione del nuovo concorso pubblico a 350 posti per l’accesso alla qualifica di vigile del fuoco, ancora in corso di svolgimento.
Articolo 2, comma 5, lettera a)
(Proroga della validità di una graduatoria di reclutamento di personale volontario del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco)
L’articolo 2, comma 5, lettera a) proroga al 31 dicembre 2025 la validità della graduatoria della procedura speciale di reclutamento nella qualifica di vigile del fuoco, riservata al personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, approvata con decreto ministeriale n. 310 dell’11 giugno 2019.
La disposizione concerne la validità della graduatoria della procedura speciale di reclutamento nella qualifica di vigile del fuoco del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, riservata al personale volontario del medesimo Corpo, approvata con decreto del capo del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile del Ministero dell'interno n. 310 dell'11 giugno 2019.
La validità di tale graduatoria è prorogata (dal 31 dicembre 2024) al 31 dicembre 2025 (a seguito di modifica introdotta dal Senato: la previsione originaria del decreto-legge poneva il nuovo termine al 309 giugno 2025).
Si tratta della graduatoria di stabilizzazione approvata con il richiamato decreto del Ministro dell’interno 11 giugno 2019, n. 310. Esso contiene la graduatoria finale della procedura speciale di reclutamento a domanda, per la copertura di posti, nei limiti stabiliti dell’art. 1, commi 287, 289 e 295 della legge n. 205 del 2017, nella qualifica di vigile del fuoco nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Si ricorda in proposito che il comma 287 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017) ha autorizzato l'assunzione straordinaria (in aggiunta alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente) di un contingente massimo fino a 7.394 unità nei ruoli iniziali delle Forze di polizia e nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco nell’arco del quinquennio 2018-2022 e comunque entro il limite della dotazione organica. Al contempo il comma 289 della medesima legge ha incrementato di 300 unità la dotazione organica della qualifica dei vigili del fuoco del Corpo nazionale (successivamente l’articolo 1, comma 136, della legge di bilancio 2020 - legge n. 160 del 2019 - ha incrementato di ulteriori complessive 500 unità - delle quali 100 unità per ciascuno degli anni dal 2022 al 2025 - la dotazione organica della qualifica di vigile del fuoco del Corpo).
Ai sensi del comma 295, per le assunzioni straordinarie di cui al comma 287 relative al Corpo nazionale dei vigili del fuoco e al comma 289, è prevista una riserva, fino al 30 per cento dei contingenti annuali, in favore del personale volontario con almeno 120 giorni di servizio iscritto da almeno tre anni nell'apposito elenco per le necessità delle strutture centrali e periferiche del Corpo.
Si tratta di uno dei due elenchi (l'altro è l'elenco per le necessità dei distaccamenti volontari) in cui è iscritto il personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ai sensi del decreto legislativo n. 139 del 2006, recante il riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (articolo 6).
Dalla graduatoria pubblicata nel 2019 devono essere attinte – ricorda la relazione illustrativa – a legislazione vigente le seguenti unità di personale:
• 30 % di n. 100 unità per l’aumento di organico ai sensi della legge 27 dicembre 2019, n. 160, articolo 1, comma 136;
• 30% di 229 unità per il ripianamento di organico ai sensi della legge 30 dicembre 2020, n.178, articolo 1, comma 877;
• 30% delle assunzioni relative al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 dicembre 2023, ai sensi dell’articolo 10-bis del decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63.
La graduatoria pubblicata nel 2019 aveva originariamente validità triennale (secondo la generale previsione posta dall'articolo 1, comma 147, lettera c) della legge n. 160 del 2019), dunque fino al 30 giugno 2022.
Indi è seguita una proroga per un ulteriore semestre (articolo 1, comma 15, del decreto-legge n. 228 del 2021).
Indi si è aggiunta una nuova proroga, a tutto il 2023 (articolo 2, comma 2, lettera a) del decreto-legge n. 198 del 2022).
Ed a tutto il 2024 (articolo 2, comma 4, lettera a) del decreto-legge n. 215 del 2023).
Ed ora si aggiunge proroga a tutto il primo semestre del 2025.
Può valere ricordare come il decreto-legge il decreto-legge n. 69 del 2023 abbia potenziato, all’articolo 12, la dotazione organica (su cui era già intervenuta la rideterminazione operata dall’articolo 15 del decreto-legge n. 44 del 2023) della qualifica di vigile del fuoco di 350 unità, stabilendo che le medesime assunzioni avvengano mediante ricorso alla graduatoria (formata ai sensi dell'articolo 1, comma 295, della legge n. 205 del 2017) relativa al personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Su questo personale, il medesimo decreto-legge ha dettato alcune disposizioni, all’articolo 13.
Indi il decreto-legge n. 63 del 2024, all’articolo 10-bis, ha riservato il 30 per cento delle assunzioni (nell'ambito delle ordinarie facoltà assunzionali previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 4 dicembre 2023) per l'accesso alla qualifica iniziale del ruolo dei vigili del fuoco, limitatamente all'anno 2024, alla graduatoria relativa al personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Per il finanziamento di richiami del personale volontario è intervenuto il decreto-legge n. 131 del 2024, articolo 11-bis.
Articolo 2, comma 5, lettera b)
(Contributo a familiari di personale di Forze di polizia, Vigili del fuoco, Forze armate, deceduto per attività di servizio anti-COVID19)
L’articolo 2, comma 5, lettera b) estende al 30 aprile 2025 la possibilità di utilizzare le risorse non utilizzate nel 2021, destinate al contributo economico per i familiari del personale delle Forze di polizia, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e delle Forze armate, il quale, impegnato nell'azione di contenimento, contrasto e gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, abbia contratto una patologia cui sia conseguito il decesso, in conseguenza dell'attività di servizio prestata.
La disposizione estende al 30 aprile 2025 l'autorizzazione ad impiegare le risorse non utilizzate nel 2021, destinate al contributo economico per i familiari del personale delle Forze di polizia, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e delle Forze armate, il quale, impegnato nell'azione di contenimento, contrasto e gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, abbia contratto, in conseguenza dell'attività di servizio prestata, una patologia cui sia conseguito il decesso, per effetto diretto o come concausa, del contagio da Covid-19.
Le risorse di cui si tratta sono state previste dall'articolo 74-bis - per il personale delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco - e dall'articolo 74-ter - per il personale delle Forze armate - del decreto-legge n. 73 del 2021.
Le medesime disposizioni hanno previsto che con decreto ministeriale (rispettivamente, del Ministro dell'interno e del Ministro della difesa, in ambedue i casi di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze) fossero individuati i soggetti fruitori del contributo, nonché le misure applicative anche al fine del rispetto del limite di spesa, pari a 1,5 milioni per ciascuno dei due Ministeri interessati.
Per l'adozione di tali decreti ministeriali, era previsto un termine di trenta giorni, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 73. Invero, al 31 dicembre 2021 non risultava perfezionato l'iter di adozione dei due decreti ministeriali menzionati. Di qui una disposizione posticipatoria al 2022, onde consentire la messa a punto in via applicativa del procedimento di erogazione del contributo. Quella proroga è stata disposta dal decreto-legge n. 228 del 2021, all'articolo 2, comma 4, che è la disposizione che si viene a novellare.
Altra proroga si è aggiunta, a tutto il 2023, con il decreto-legge n. 198 del 2022 (all’articolo 2, comma 2, lettera c)). E altra ancora, a tutto il 2024, con il decreto-legge n. 215 del 2023 (all’articolo 2, comma 4, lettera b)).
Ed altra ora se ne aggiunge, con la disposizione in esame. Essa si estende a tutto il primo quadrimestre del 2025.
Al termine di tale periodo, parrebbe dover trovare conclusione, sulla base dell’avanzamento delle attività istruttorie, il procedimento di erogazione del contributo agli aventi diritto.
In sede applicativa, con decreto del Ministro dell’interno (di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze) del 19 gennaio 2022 sono state individuate le misure per l’attribuzione del contributo economico ai soggetti beneficiari (determinato in 25.000 euro da corrispondere in un’unica soluzione ai familiari delle vittime, secondo un ordine di priorità fino ad esaurimento delle risorse disponibili per l’anno 2021, salva nuova autorizzazione di spesa).
Analogamente, per i familiari del personale delle Forze armate è intervenuto il decreto del Ministro della difesa del 29 dicembre 2021, di individuazione dei soggetti beneficiari e di determinazione del contributo.
La proroga è volta a consentire la conclusione del procedimento di erogazione del contributo in favore dei soggetti aventi diritto, a fronte delle istanze presentate complessivamente dai familiari.
Gli effetti in termini di fabbisogno e di indebitamento netto sono quantificate in 300.000 euro per l’anno 2025.
Tali somme saranno attinte dalle disponibilità presenti sul Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell’usura e dei reati intenzionali violenti (di cui all’articolo 2, comma 6-sexies, del decreto-legge n. 225 del 2010; l’estensione alle vittime dei reati intenzionali violenti è effetto dell’articolo 14 della legge n. 122 del 2016).
A tal fine, si procede mediante corrispondente riduzione per l’anno 2025 di tale Fondo, per la compensazione degli effetti conseguenti in termini di fabbisogno e indebitamento netto.
“L’utilizzo delle risorse impiegate a copertura non è suscettibile di pregiudicare la realizzazione delle finalità a cui il fondo risulta destinato”, aggiunge la relazione tecnica che correda il disegno di legge di conversione.
Articolo 2, comma 6
(Sperimentazione di armi ad impulsi elettrici da parte
delle Polizie municipali - SOPPRESSO)
Il comma 6 dell’articolo 2, soppresso nel corso dell’esame al Senato, proroga dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025, il termine entro cui anche i comuni con popolazione inferiore ai 20.000 abitanti possono avviare la sperimentazione semestrale dell’uso di armi ad impulsi elettrici (cd. taser) da parte delle Polizie municipali.
L’emendamento soppressivo della disposizione nella sua parte consequenziale ha introdotto un nuovo comma 5-quater nell’articolo 21 che ha reso permanente la possibilità che la disposizione in commento proroga invece al 31 dicembre 2025. Si rinvia per approfondimenti alla relativa scheda di lettura.
Articolo 2, comma 6-bis
(Prevenzione degli incendi da parte di talune strutture ricettive)
Il comma 6-bis, inserito dal Senato, interviene sulla legge 27 dicembre 2017, n. 205, articolo 1, comma 1122, estendendo i termini per il completamento delle procedure di adeguamento alla prevenzione degli incendi da parte delle strutture ricettive turistico alberghiere e dei rifugi alpini con più di venticinque posti letto. Tali termini sono estesi rispettivamente al 31 dicembre 2026 e al 31 dicembre 2025.
La disposizione in esame interviene sulla legge 27 dicembre 2017 (legge di bilancio 2018), modificandone l’articolo 1, comma 1122, lettera i) che disciplina la tempistica e la modalità per il completamento dell’adeguamento alle disposizioni di prevenzione degli incendi da parte delle attività ricettive turistico-alberghiere con oltre venticinque posti letto esistenti alla data di entrata in vigore del Decreto del Ministero dell’interno 9 aprile 1994 (con cui è stata approvata la Regola Tecnica di prevenzione incendi per le attività ricettive turistico-alberghiere) e in possesso dei requisiti per l'ammissione al piano straordinario di adeguamento antincendio, di cui al Decreto del Ministero dell'interno 16 marzo 2012.
Il suddetto decreto disciplina il piano straordinario biennale di adeguamento alle disposizioni di prevenzione degli incendi per le strutture ricettive turistico-alberghiere con oltre venticinque posti letto, esistenti alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro dell'interno 9 aprile 1994, che non hanno completato l'adeguamento alle suddette disposizioni. L’accesso al piano è subordinato al possesso di alcuni requisiti di sicurezza antincendio specificati all’articolo 5.
In base al comma 1122, lettera i) l’adeguamento alle disposizioni di prevenzione degli incendi doveva essere completato entro il 31 dicembre 2024 previa presentazione al comando provinciale dei vigili del fuoco, entro il 30 giugno 2023, della SCIA (segnalazione certificata di inizio attività) parziale, attestante il rispetto di almeno sei delle seguenti prescrizioni, disciplinate della specifiche regole tecniche: resistenza al fuoco delle strutture; reazione al fuoco dei materiali; compartimentazioni; corridoi; scale; ascensori e montacarichi; impianti idrici antincendio; vie di uscita ad uso esclusivo, con esclusione dei punti ove è prevista la reazione al fuoco dei materiali; vie di uscita ad uso promiscuo, con esclusione dei punti ove è prevista la reazione al fuoco dei materiali; locali adibiti a depositi.
In base alla modifica proposta, il termine per completare l'adeguamento alle disposizioni di prevenzione degli incendi è prorogato dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2026 e il termine per la presentazione della SCIA dal 30 giugno 2023 al 31 dicembre 2025. Quanto alle prescrizioni da rispettare queste dovranno essere otto e non più sei.
Per quanto riguarda i rifugi alpini viene prorogato dal 31 dicembre 2023 al 31 dicembre 2025 il termine di presentazione delle istanze preliminari per l’esame dei progetti di nuove costruzioni o di modifiche a quelli esistenti, che peggiorino le preesistenti condizioni di sicurezza antincendio, nonché della SCIA sostitutiva dell’istanza per l’ottenimento del certificato di prevenzione incendi.
La presentazione delle istanze preliminari e della SCIA sostitutiva è disciplinata rispettivamente dagli articoli 3 e 4 del DPR 11 agosto 1011, n. 151, recante il regolamento di semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi.
Articolo 2-bis
(Riserva a favore degli idonei della graduatoria della procedura speciale di reclutamento del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco)
L’articolo 2-bis, introdotto nel corso dell’esame del Senato, prevede una riserva del 30 per cento per il personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nell’ambito delle assunzioni al ruolo iniziale dei vigili del fuoco per l’anno 2025.
La disposizione dispone circa le assunzioni al ruolo iniziale dei vigili del fuoco per l’anno 2025.
In particolare, essa, con riferimento alle assunzioni per l’accesso alla qualifica inziale del ruolo dei vigili del fuoco limitatamente all’anno 2025, prevede una riserva del 30 per cento in favore dei soggetti idonei nell’ambito della graduatoria della procedura speciale di reclutamento a domanda, formata ai sensi dell’articolo 1, comma 295 della legge n. 205 del 2017, per la copertura di posti nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Si tratta, nello specifico, di una riserva in favore del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, che risulti iscritto nell'apposito elenco istituito per le necessità delle strutture centrali e periferiche del Corpo medesimo da almeno tre anni e che abbia effettuato non meno di centoventi giorni di servizio. La riserva opera per tale personale volontario, secondo l’ordine della graduatoria in cui risulta iscritto.
Rimangono ferme le ordinarie facoltà assunzionali, previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 19 dicembre 2024, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 25 del 31 gennaio 2025: l’atto in questione reca, infatti, nel suo ambito, disposizioni che autorizzano ad avviare procedure di reclutamento ed assumere unità di personale a tempo indeterminato appartenente al comparto sicurezza-difesa e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco per l'anno 2024 (sulle risorse da cessazione 2023).
Siffatta riserva del 30 per cento per il personale volontario fu originariamente prevista, si ricorda, dal citato articolo 1, comma 295, della legge n. 205 del 2017, per un novero di assunzioni straordinarie valevoli per il quadriennio 2018-2022, nonché per assunzioni incrementali rispetto alla dotazione organica, con decorrenza dal 2018 (cfr. commi 287 e 289 dell’articolo 1 della citata legge n. 205).
Successivamente è intervenuta, per quelle assunzioni e per altre indi previste, una proroga del termine di effettuazione delle assunzioni, al 31 dicembre 2024. Essa è stata disposta dall’articolo 1, comma 15, del decreto-legge n. 215 del 2023. A questa proroga del termine assunzionale, è seguita, su disposizione dell’articolo 10-bis del decreto-legge n. 63 del 2024, la proroga (al medesimo 31 dicembre 2024) della riserva di posti del 30 per cento a favore del personale volontario.
La disposizione in commento, pertanto, determina l’ulteriore proroga della riserva di posti del 30 per cento a favore del personale volontario al 31 dicembre 2025.
Articolo 3, comma 1
(Proroga dei termini in materia di registrazione degli aiuti di Stato COVID-19 nel Registro nazionale aiuti di Stato)
L’articolo 3, comma 1, dispone che la registrazione nel registro nazionale degli aiuti di Stato delle misure straordinarie adottate per il contrasto al COVID-19 con esclusivo riferimento all’imposta municipale propria (IMU) sia effettuata entro il 30 novembre 2025.
Nello specifico, per garantire una gestione ordinata delle procedure di aggiornamento dei database riguardanti gli aiuti di Stato, il comma 1 dell’articolo 3 fissa il termine del 30 novembre 2025 per provvedere alla registrazione delle misure eccezionali adottate per contrastare l’emergenza COVID-19, limitatamente all’ambito dell’imposta municipale propria (IMU), disciplinata dall’articolo 1, comma 738 ss., della legge di bilancio 2020 (L. n. 160/2019).
Disciplina degli aiuti di Stato e Temporary Frameworks
Si ricorda che per sostenere l’economia europea, colpita dalle conseguenze derivanti dall’epidemia da COVID-19 e, successivamente, dalla crisi energetica, sono state adottate in sede europea diverse misure di sostegno. Tra esse, l’adozione di una maggiore flessibilità nella disciplina sugli aiuti di Stato a favore delle imprese, ai sensi di quanto consentito dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
Il Trattato, infatti, se da un lato vieta, in quanto incompatibili con il mercato interno, gli aiuti pubblici selettivi, che favoriscono talune imprese o talune produzioni e falsano o minacciano di falsare la concorrenza, dall’altro dispone che possano essere considerati compatibili gli aiuti destinati a porre rimedio ad un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro. Su tali basi, attraverso “Quadri di riferimento temporanei” (cd. “Temporary Frameworks”), la Commissione ha individuato, nel contesto pandemico e nel contesto di crisi energetica, le condizioni e le tipologie di aiuti ammissibili previa notifica, di importo e di entità tali da consentire agli Stati membri di supportare settori particolarmente pregiudicati (ad es., le imprese energivore) o di particolare rilevanza pubblica nel contesto di crisi (ad esempio, durante la pandemia, gli aiuti per la ricerca in materia di antivirali o, durante l’attuale contesto di crisi energetica, gli aiuti allo sviluppo delle fonti rinnovabili e alternative). Parallelamente, è proseguito l’aggiornamento della disciplina non emergenziale sugli aiuti di stato, per il nuovo periodo programmatorio 2021-2027. Peraltro, sia a questa disciplina, che a quella transitoria, deve informarsi l’attuazione dei progetti di investimento e delle riforme contenute nei PNRR.
Nel contesto dell’emergenza pandemica, è stata quindi adottata la Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C(2020) 1863 final e ss. mod. e int. «Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’emergenza da COVID-19 (c.d. Temporary framework COVID-19).
Per un approfondimento su tale materia, si rinvia al tema dell’attività parlamentare “Gli aiuti di Stato”.
In ragione dell’emergenza pandemica, numerosi provvedimenti d’urgenza hanno disposto l’abolizione dell’IMU dovuta nel 2020 per le attività produttive particolarmente colpite dalla pandemia.
Inizialmente i provvedimenti emergenziali hanno previsto l’abolizione della prima rata IMU per stabilimenti balneari marittimi, lacuali e fluviali o stabilimenti termali, così come per agriturismi, villaggi turistici, ostelli della gioventù e campeggi, a condizione che i proprietari siano anche gestori delle attività. L’agevolazione è stata estesa anche per gli immobili in uso da parte di imprese esercenti attività di allestimenti di strutture espositive nell’ambito di eventi fieristici o manifestazioni (articolo 177 del D.L. n. 34/2020, cd. “decreto rilancio”).
Successivamente è stata disposta l’esenzione dal pagamento anche della seconda rata IMU (articolo 78 del D.L. n. 104/2020, cd. “decreto agosto”) e, per le pertinenze delle strutture ricettive (categoria D/2), l’incentivo è stato esteso anche alla prima rata.
Il cd. “decreto ristori” (D.L. n. 137/2020 agli articoli 9, 9-bis e 9-ter) ha abolito la seconda rata dell’IMU 2020 per gli immobili e le relative pertinenze in cui si svolgono le attività imprenditoriali interessate dalla sospensione disposta col D.P.C.M. 24 ottobre 2020 in ragione dell’aggravarsi dell’emergenza sanitaria, e cioè dei settori della ricettività alberghiera, della ristorazione e della somministrazione di cibi e bevande, del turismo, dello sport e dello spettacolo, della cultura e dell’organizzazione di fiere e altri eventi; tale abolizione è estesa alla vendita al dettaglio e servizi alla persona nei comuni delle aree con scenario di massima gravità e livello di rischio alto.
L’articolo 5 del D.L. n. 149/2020 (c.d. “ristori-bis”) ha esteso la cancellazione della seconda rata IMU per l’anno 2020 ad ulteriori categorie di immobili, sostanzialmente riconducibili agli immobili nei quali si svolgono attività di vendita al dettaglio e servizi alla persona, a condizione che i relativi proprietari siano anche gestori delle attività esercitate e si trovino nei comuni delle aree con scenario di massima gravità e livello di rischio alto, individuate con ordinanze del Ministro della salute.
Inoltre, l’articolo 8 del D.L. n. 157/2020 (c.d. “ristori-quater”) specifica che l’esenzione dal pagamento dell’IMU 2020, disposta dai decreti-legge emergenziali per alcuni immobili produttivi, trova applicazione nei confronti di tutti i soggetti passivi IMU, a condizione che siano anche gestori delle attività economiche interessate dalle norme di esenzione e non solo, dunque, ai proprietari degli immobili interessati dall’esenzione.
Il comma 599 della legge n. 178 del 2020 (legge di bilancio per il 2021) ha previsto l’esenzione dalla prima rata dell’IMU dovuta nel 2021 gli immobili ove si svolgono specifiche attività connesse ai settori del turismo, della ricettività alberghiera e degli spettacoli.
Si tratta in particolare dei seguenti immobili:
a) stabilimenti balneari marittimi, lacuali e fluviali, stabilimenti termali;
b) alberghi, pensioni e relative pertinenze, agriturismi, villaggi turistici, ostelli della gioventù, rifugi di montagna, colonie marine e montane, affittacamere per brevi soggiorni, case e appartamenti per vacanze, bed & breakfast, residence e campeggi, purché i relativi soggetti passivi siano anche gestori delle attività esercitate;
c) immobili in uso da parte di imprese esercenti attività di allestimenti di strutture espositive nell'ambito di eventi fieristici o manifestazioni;
d) discoteche, sale da ballo, night-club e simili, a condizione che i soggetti passivi siano anche gestori delle attività esercitate.
Con riferimento all’anno 2021, si ricorda l’esenzione dal versamento della prima rata dell’IMU disposta, appunto per l’anno 2021, dall’articolo 6-sexies del D.L. n. 41/2021 (cd. “decreto sostegni”) in favore dei destinatari del contributo a fondo perduto disposto dallo stesso decreto, cioè di alcuni soggetti passivi titolari di partita IVA che svolgono attività d’impresa, arte o professione o producono reddito agrario (qui il dossier del Servizio Studi sul “decreto sostegni”).
Infine, l’articolo 4-ter del D.L. n. 73/2021 (c.d. “sostegni-bis”) ha introdotto l’esenzione dall’IMU dovuta per l’intero anno 2021 con riferimento agli immobili a uso abitativo, posseduti da persone fisiche e concessi in locazione, per cui sia stata emessa una convalida di sfratto per morosità entro il 28 febbraio 2020, la cui esecuzione è sospesa fino al 30 giugno 2021. La medesima esenzione per il 2021 si applica nel caso in cui la convalida di sfratto sia stata emessa dopo il 28 febbraio 2020 e l’esecuzione sia sospesa fino al 30 settembre 2021 o fino al 31 dicembre 2021. I soggetti destinatari dell’agevolazione hanno diritto al rimborso della prima rata pagata per il 2021.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia al tema web sulle misure fiscali e finanziarie per l’emergenza Coronavirus.
Al fine di garantire il rispetto degli obblighi di trasparenza e di pubblicità previsti dalla normativa europea, è stato istituito il Registro nazionale aiuti di Stato (RNA). La normativa nazionale istitutiva del Registro di fatto estende gli obblighi europei di trasparenza a tutti gli aiuti di Stato concessi e vi include anche l’elenco dei soggetti tenuti alla restituzione degli aiuti incompatibili dei quali la Commissione europea abbia ordinato il recupero (cd. elenco Deggendorf).
Il Registro aiuti di Stato costituisce quindi una banca dati completa di tutte le tipologie di sostegno o di erogazione pubblica che costituiscono aiuto di Stato.
Il Registro nazionale degli aiuti di Stato (RNA)
Nel dettaglio, l’articolo 52 della legge n. 234/2012 – come integralmente sostituito dall’articolo 14, co. 1, lett. b) della legge n. 115/2015 e modificato dall’articolo 6, comma 6 de D.L. n. 244/2016 (L. n. 19/2017) – ha istituito il Registro nazionale degli aiuti di Stato.
I soggetti pubblici o privati che concedono o gestiscono gli aiuti sono tenuti a trasmettere le informazioni (già) previste dalla disciplina alla banca dati anagrafica delle agevolazioni, istituita presso l’allora MISE (ora Ministero delle imprese e del made in Italy) dall’articolo 14 della legge n. 57/2011, che ha assunto contestualmente la nuova denominazione di Registro nazionale degli aiuti di Stato. Il Registro costituisce quindi l’evoluzione della Banca dati anagrafica delle agevolazioni.
Per quanto riguarda le informazioni da inserire nel Registro, l’articolo 52 della legge n. 234/2012 dispone che si tratta di tutti gli aiuti di Stato di cui all’articolo 107 TFUE (soggetti o meno all’obbligo di notifica preventiva, ivi inclusi gli aiuti in esenzione dalla notifica) e degli aiuti de minimis. Viene specificato che gli aiuti di Stato oggetto di registrazione includono quelli per la compensazione degli obblighi di servizio pubblico relativi a servizi di interesse economico generale. Il Registro include inoltre l’elenco dei soggetti tenuti alla restituzione degli aiuti incompatibili dei quali la Commissione abbia ordinato il recupero.
L’articolo 52 (comma 3) pone, inoltre, in capo ai soggetti pubblici o privati che concedono o gestiscono gli aiuti, l’obbligo di avvalersi del Registro per espletare le verifiche propedeutiche a queste attività: nei provvedimenti di concessione ed erogazione degli aiuti deve essere dato atto dell’adempimento dell’obbligo e devono essere riportati i codici identificativi rilasciati dalla procedura informatica del Registro.
L’articolo 52 (comma 4) prevede anche l’obbligo di aggiornare i dati nel caso di modifiche intervenute e indica, in linea con la normativa europea, in dieci anni i tempi di conservazione.
Il comma 5 ha previsto che il monitoraggio delle informazioni relative agli aiuti di Stato nei settori agricolo e forestale, ivi compresi gli aiuti nelle zone rurali, e della pesca e acquacoltura continui a essere disciplinato dalla normativa europea di riferimento e venga assicurato attraverso la piena integrazione e interoperabilità del Registro con quelli già esistenti per i settori dell’agricoltura e della pesca: il Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN) e il Sistema italiano della pesca e dell’acquacoltura (SIPA).
L’articolo 52 (comma 6) ha demandato la fissazione delle disposizioni di dettaglio sul funzionamento del Registro a un regolamento, adottato col menzionato D.M. n. 115/2017.
Ai sensi del comma 7 dell’articolo 52, dal 1° luglio 2017, la trasmissione delle informazioni al Registro e l’adempimento degli obblighi di interrogazione del Registro costituiscono condizione legale di efficacia dei provvedimenti che dispongono concessioni ed erogazioni degli aiuti. L’inadempimento di tali obblighi comporta la responsabilità patrimoniale del responsabile della concessione o dell’erogazione dell’aiuto ed è rilevabile anche dall’impresa beneficiaria ai fini del risarcimento del danno.
Con il decreto direttoriale del 28 luglio 2017 sono state adottate le modalità tecniche di funzionamento del Registro e dal 12 agosto 2017 il Registro è divenuto operativo.
Il Registro nazionale aiuti di Stato si presenta come un portale informatico, suddiviso in due aree: un’area pubblica (Sezione Trasparenza, con open data) e un’area il cui accesso è riservato alle autorità responsabili e ai soggetti gestori degli aiuti.
Le Sezioni del Registro sono state implementate ai sensi di quanto previsto dall’articolo 63 del D.L. n. 34/2020 (il citato “decreto rilancio”) che ha assoggettato agli obblighi di registrazione anche gli aiuti concessi ai sensi del Temporary framework COVID 19 e dall’articolo 15, comma 14 del D.L. n. 50/2022, che ha provveduto in modo analogo per le misure adottate a sostegno delle imprese nel contesto di crisi ucraina, alla luce del Temporary framework Crisi Ucraina.
Ciò posto per quanto riguarda la disciplina dell’RNA, si rammenta che i termini di registrazione in via ordinaria previsti dall’articolo 10, comma 2, del citato D.M. n. 115/2017, per gli aiuti non subordinati all’emanazione di provvedimenti di concessione, sono quelli dell’esercizio finanziario successivo a quello della presentazione della dichiarazione fiscale in cui sono dichiarati (nel caso di aiuti fiscali) o all’esercizio finanziario successivo a quello della fruizione (nel caso di forme di aiuto in via diretta).
Come visto, l’articolo 63 del D.L. n. 34/2020 (“decreto rilancio”) ha disposto che gli aiuti concessi in conformità al Temporary framework COVID-19 soggiacciono all’osservanza degli obblighi di registrazione nel Registro nazionale aiuti di Stato (RNA), e, per il settore agricolo e ittico, nel Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN) e nel Sistema italiano della pesca e dell’acquacoltura (SIPA).
Posto dunque tale obbligo anche per gli aiuti COVID-19, l’articolo 3 del D.M. 11 dicembre 2021 (G.U. n.15 del 20 gennaio 2022), sulle modalità di monitoraggio e controllo degli aiuti riconosciuti ai sensi delle Sezioni 3.1 e 3.12 del Temporary framework COVID-19, ha previsto che i soggetti beneficiari degli aiuti in questione (elencati dall’articolo 1 del medesimo D.M., in attuazione dell’articolo 1, commi 13-17 del D.L. n. 41/2021) presentino un’autodichiarazione all’Agenzia delle entrate (soggetto erogatore, in periodo COVID-19, anche dei contributi a fondo perduto autorizzati dalle norme indicate nell’articolo 1, comma 13 D.L. n. 41), nella quale attestare che l’importo complessivo degli aiuti fruiti non supera i massimali di cui alla Sezione 3.1 ovvero alla Sezione 3.12 del Temporary Framework COVID-19.
Le proroghe per la registrazione nell’RNA
In proposito, va rilevato che l’articolo 35, comma 1, del D.L. n. 73/2022, col fine di assicurare l’ordinato svolgimento delle attività di alimentazione degli archivi relativi agli aiuti di Stato, aveva disposto una proroga dei termini per provvedere alla registrazione presso il Registro nazionale degli aiuti di Stato (RNA), nonché alla registrazione, per il settore agricolo, presso il SIAN e, per il settore della pesca, presso il SIPA, di taluni aiuti di Stato COVID-19 non subordinati all’emanazione di provvedimenti di concessione.
Specificamente, l’articolo 35, comma 1, del D.L. n. 73/2022 proroga i termini di registrazione degli aiuti aventi le seguenti caratteristiche (cumulate):
- aiuti non subordinati all’emanazione di provvedimenti di concessione o di autorizzazione alla fruizione comunque denominati, ovvero subordinati all’emanazione di provvedimenti di concessione o autorizzazione alla fruizione, comunque denominati, il cui importo non è determinabile nei predetti provvedimenti, ma solo a seguito della presentazione della dichiarazione resa a fini fiscali nella quale sono dichiarati;
- riconosciuti ai sensi delle Sezioni 3.1 (aiuti di importo limitato, tra i quali aiuti fiscali) e 3.12 (aiuti sotto forma di costi fissi non coperti) del Temporary framework COVID-19.
La proroga dei termini di registrazione degli aiuti contenuta nell’articolo 35, comma 1 del D.L. n. 73/2022 è stata già oggetto di successivi interventi dilatori.
L’articolo 35, comma 1, aveva infatti inizialmente previsto che:
- i termini con scadenza dal 22 giugno 2022 (data di entrata in vigore del D.L. n. 73/2022) al 31 dicembre 2022 fossero prorogati al 30 giugno 2023 (lettera a), dell’articolo 35, comma 1);
- i termini con scadenza dal 1° gennaio al 30 giugno 2023 fossero prorogati al 31 dicembre 2023 (lettera b), dell’articolo 35, comma 1).
Successivamente – ad opera dell’articolo 22, comma 2, del D.L. n. 198/2022 (L. n. 14/2023) – tali termini di registrazione sono stati ulteriormente prorogati, nonché implementati. In particolare, sono stati prorogati:
- al 30 settembre 2023, i termini di registrazione con scadenza dal 22 giugno 2022 al 31 dicembre 2022 (lettera a) del comma 1, dell’articolo 35);
- al 31 marzo 2024, i termini di registrazione con scadenza dal 1° gennaio 2023 al 30 giugno 2023 (lettera b) del comma 1, dell’articolo 35);
- al 31 marzo 2024, i termini di registrazione con scadenza dal 1° luglio 2023 al 31 dicembre 2023 (lettera b-bis) del comma 1, dell’articolo 35);
- al 30 settembre 2024, i termini di registrazione con scadenza dal 1° gennaio 2024 al 30 giugno 2024 (lettera b-ter) del comma 1, dell’articolo 35).
La proroga dei termini di registrazione è stata da ultimo aggiornata dall’articolo 7, comma 4, del D.L. n. 39/2024 nel seguente modo:
- i termini con scadenza 1° gennaio 2023 al 30 giugno 2023 sono prorogati al 30 novembre 2024 (lettera b) del comma 1, dell’articolo 35);
- i termini con scadenza dal 1° luglio 2023 al 31 dicembre 2023 sono prorogati al 30 novembre 2024 (lettera b-bis) del comma 1, dell’articolo 35);
- i termini con scadenza dal 1° gennaio 2024 al 30 giugno 2024 sono prorogati al 30 novembre 2024 (lettera b-ter) del comma 1, dell’articolo 35).
Con riguardo a quest’ultima proroga, si ricorda che la relazione illustrativa di accompagnamento al D.L. n. 39/2024 affermava che l’esigenza di quella ulteriore dilazione dei termini si è posta in ragione dei problemi operativi riscontrati in materia di registrazione nel RNA degli aiuti del regime vigente durante il periodo dell’emergenza da COVID-19 soprattutto per i comuni che devono registrare gli aiuti relativi all’IMU, i cui dati, per ragioni tecniche non saranno stati resi disponibili dall’Agenzia delle entrate in tempo utile per il rispetto del termine del 31 marzo 2024. In particolare, quella relazione sottolineava che, per quanto riguarda i dati IMU relativi all’annualità 2020, questi non erano neppure desumibili dalle dichiarazioni IMU, poiché la dichiarazione di detta annualità non recava l’apposito campo dedicato all’esenzione del quadro temporaneo aiuti di Stato, che è stato introdotto solo successivamente per le dichiarazioni IMU concernenti gli anni 2021 e seguenti. Pertanto, la registrazione degli aiuti in argomento può essere effettuata solo sulla base dei dati che devono essere messi a disposizione dei comuni, in tempo utile, dall’Agenzia delle entrate in virtù di quanto stabilito dal provvedimento dell’Agenzia stessa del 27 aprile 2022, emanato in attuazione dell’art. 3, comma 5, del citato DM 11 dicembre 2021. Allo scopo di rendere più armonica la tempistica relativa alla registrazione in parola, col D.L. n. 39/2024 si è quindi provveduto ad allineare le scadenze contemplate dalla disposizione in un’unica data di scadenza.
La norma introdotta col decreto-legge della cui conversione qui si discute, fissa ora – con esclusivo riferimento alla misura eccezionale dell’esenzione dall’imposta municipale propria (IMU), e ferme restando le ultime e non rinnovate proroghe appena descritte per gli altri aiuti – al 30 novembre 2025 il termine per provvedere alla registrazione nell’RNA, di fatto prorogandolo ulteriormente di un altro anno.
La relazione illustrativa in questo caso si limita a ricordare che il periodo di tempo previsto dalla legge per l’accertamento delle entrate degli enti locali supera il periodo invece concesso per la registrazione sull’RNA, anche in considerazione dei tempi di verifica da parte dei comuni del corretto adempimento dell’imposta gravante sui soggetti passivi che hanno beneficiato delle suddette misure di aiuto, e ciò potrebbe comportare che alcune misure potrebbero non essere state registrate tempestivamente, proprio perché accertate successivamente alla scadenza programmata per la registrazione sul RNA. Alla luce di questo quadro, la relazione illustrativa sembra prospettare un intervento legislativo che risolva a regime tale disallineamento temporale.
Articolo 3, comma 2
(Responsabilità per inadempimento di obblighi riguardanti la registrazione di aiuti di Stato)
L’articolo 3, comma 2, come modificato dal Senato proroga dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025 il periodo transitorio nel quale l’inadempimento degli obblighi di registrazione degli aiuti di Stato, con specifico riferimento alla registrazione delle misure straordinarie relative all’esenzione dall’imposta municipale propria (IMU), non comporta responsabilità patrimoniale del responsabile della concessione o dell’erogazione degli aiuti medesimi.
In particolare, l’articolo 3, al comma 2, interviene sul regime di validità temporale della previsione di cui all’articolo 38-octies, comma 1, del D.L. n. 137/2020, che stabilisce un periodo transitorio nel quale l’inadempimento degli obblighi di registrazione degli aiuti di Stato non comporta responsabilità patrimoniale del responsabile della concessione o dell’erogazione degli aiuti medesimi.
Il citato regime di responsabilità, ai sensi dell’articolo 52, comma 7, della legge n. 234/2012, è connesso al mancato adempimento dei seguenti obblighi legati alla registrazione presso il Registro nazionale degli aiuti di Stato (RNA) (in merito al quale si rimanda al box di approfondimento contenuto nella scheda relativa al comma 1 dell’articolo 3 del decreto-legge in esame):
- obbligo di trasmissione al Registro nazionale degli aiuti di Stato delle informazioni relative agli aiuti concessi;
- obbligo di utilizzazione del Registro nazionale degli aiuti di Stato per espletare le verifiche propedeutiche alla concessione o all’erogazione degli aiuti di Stato e degli aiuti de minimis, comprese quelle relative al rispetto dei massimali di aiuto stabiliti dalle norme europee e dei divieti di concessione di aiuti di Stato a imprese beneficiarie di aiuti di Stato illegali non rimborsati, nonché al fine di consentire il costante aggiornamento dei dati relativi ai medesimi aiuti anche attraverso l’inserimento delle informazioni relative alle vicende modificative degli stessi;
- obbligo di espressa indicazione, nei provvedimenti di concessione e di erogazione di aiuti di Stato, dell’avvenuto inserimento delle informazioni nel Registro nazionale degli aiuti di Stato nonché dell’avvenuta interrogazione dello stesso.
L’articolo 31-octies del D.L. n. 137/2020 ha previsto che – per un periodo transitorio – l’inadempimento di tali obblighi non comporti responsabilità patrimoniale del responsabile della concessione o dell’erogazione degli aiuti medesimi, motivando l’esonero in questione in considerazione dell’incremento del numero di aiuti individuali alle imprese e dei soggetti concedenti gli aiuti, anche per effetto delle misure eccezionali e transitorie attivabili nell’ambito del quadro temporaneo per gli aiuti di Stato a sostegno dell’economia nel corso dell’emergenza da COVID-19 (Temporary Framework COVID-19), e tenuto conto dell’esigenza di procedere al tempestivo utilizzo delle risorse pubbliche per contrastare e mitigare gli effetti della crisi.
La disposizione originaria dell’articolo 31-octies aveva stabilito che il suddetto periodo transitorio fosse compreso fra il 1° gennaio 2020 e il 31 dicembre 2022. Il termine è stato poi posticipato al 31 dicembre 2023 dall’articolo 35, comma 3, del D.L. n. 73/2022, quindi ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2024 dall’articolo 22, comma 1, lettera a) del D.L. n. 198/2022.
Ora, la disposizione in esame, come modificata in sede referente, esclusivamente con riguardo alla registrazione delle misure straordinarie relative all’esenzione dall’imposta municipale propria (IMU) (su cui si v. box ricostruttivo nella scheda sul comma 1 dell’articolo 3 del decreto-legge in esame), proroga tale termine al 31 dicembre 2025.
Articolo 3, comma 3
(Proroga del termine di presentazione della domanda di trasferimento di immobili statali in gestione all’Agenzia del demanio agli enti territoriali)
L’articolo 3, comma 3, proroga al 31 dicembre 2025 il termine di presentazione della richiesta motivata per il trasferimento agli enti territoriali, a titolo gratuito, della proprietà di determinati beni immobili in gestione all’Agenzia del demanio.
L’articolo 3, comma 3, del decreto in esame proroga al 31 dicembre 2025 il termine entro il quale gli enti territoriali (regioni, comuni, province e città metropolitane) possono presentare, ai sensi dell’articolo 15-bis, comma 1, del decreto-legge n. 13 del 2023, richiesta motivata all’Agenzia del demanio ai fini del trasferimento in loro favore, a titolo gratuito, della proprietà di talune categorie di beni immobili, in gestione all’Agenzia medesima.
Sul punto, si rammenta che il sopra citato articolo 15-bis, comma 1, prevede la facoltà per gli enti territoriali, previa richiesta motivata all’Agenzia del demanio, da presentare entro il 31 dicembre 2024, di conseguire, a titolo gratuito, la proprietà di determinati beni immobili, in gestione all’Agenzia del demanio. La domanda presentata dall’ente interessato deve indicare la destinazione finale del bene immobile e la stima dei tempi per la realizzazione degli interventi previsti.
I beni rientranti nel campo di applicazione della suddetta disposizione sono gli immobili appartenenti al demanio storico artistico oppure al patrimonio disponibile dello Stato, interessati da progetti di riqualificazione per scopi istituzionali o sociali, finanziati, o finanziabili, a valere sulle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), del Piano nazionale per gli investimenti complementari (PNC) o del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima 2030 (PNIEC).
La relazione illustrativa del Governo osserva che la proroga in esame è volta a favorire il buon esito degli investimenti da effettuarsi con fondi nella disponibilità dell’ente richiedente il trasferimento ovvero degli interventi finanziati con i suddetti fondi concernenti immobili dello Stato utilizzati dai predetti enti territoriali, per i propri scopi sociali o istituzionali, prevedendo un termine maggiore per la presentazione della richiesta all’Agenzia del demanio, al fine di rispondere alle esigenze degli enti territoriali interessati all’acquisto della proprietà, a titolo gratuito, degli immobili sopra richiamati. Ciò anche in considerazione di alcune specifiche previsioni contenute nei bandi per l’erogazione dei suddetti finanziamenti che, tra le varie condizioni, richiedono anche la titolarità del bene su cui viene realizzato l’intervento.
Si ricorda che è in corso d’esame alla Camera dei deputati la proposta di legge A.C. 981 avente ad oggetto “Modifica all’articolo 56-bis del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, concernente la riapertura dei termini per la richiesta di acquisizione di immobili dello Stato da parte degli enti territoriali” diretta a prorogare per gli enti locali la possibilità di effettuare le richieste di trasferimento in proprietà, a titolo non oneroso, a comuni, province, città metropolitane e regioni dei beni immobili di cui all'articolo 5, comma 1, lettera e), e comma 4, del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, siti nel rispettivo territorio entro, e non oltre, dodici mesi, a decorrere dalla data di entrata in vigore della citata legge (ciò a seguito degli emendamenti approvati nel corso dell’esame in sede referente).
I beni immobili ai quali la proposta di legge fa riferimento sono i beni immobili dello Stato, ad eccezione di quelli esclusi dal trasferimento, diversi dai beni appartenenti al demanio marittimo e dalle relative pertinenze, dai beni del demanio idrico e relative pertinenze, nonché dalle opere idrauliche e di bonifica di competenza statale, dai fiumi e dai laghi di ambito sovraregionale, dagli aeroporti di interesse regionale o locale appartenenti al demanio aeronautico civile statale e le relative pertinenze nonché dagli immobili della difesa in quanto non ricompresi tra quelli utilizzati per le funzioni di difesa e sicurezza nazionale ovvero non funzionali alla realizzazione dei programmi di riorganizzazione dello strumento militare.
Articolo 3, comma 4, lettera a)
(Disposizioni in materia di locazioni passive)
L’articolo 3, comma 4, lettera a), proroga al 31 dicembre 2025 la disciplina transitoria che prevede la disapplicazione della riduzione dei canoni di locazione per i contratti di locazione passiva stipulati dalle amministrazioni pubbliche centrali, dalle Autorità indipendenti e dagli enti nazionali di previdenza e assistenza.
Nel dettaglio, mediante una novella all’articolo 16-sexies, comma 1, del decreto-legge n. 146 del 2021, la lettera a) del comma 4 in esame proroga al 31 dicembre 2025 (dal 31 dicembre 2024) la disciplina transitoria per i contratti di locazione passiva stipulati dalle amministrazioni pubbliche centrali, come individuate dall’ISTAT ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009), dalle Autorità indipendenti e dagli enti nazionali di previdenza e assistenza. Il termine iniziale di tale disciplina transitoria era fissato al 31 dicembre 2023.
Si rammenta che il termine qui prorogato era stato oggetto di proroga al 31 dicembre 2024 (dal 31 dicembre 2023) da parte dell’articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 215 del 2023 (convertito dalla legge 23 n. 18 del 2024)
Il richiamato articolo 16-sexies, comma 1, del decreto-legge n. 146 del 2021 prevede che, in considerazione delle modalità organizzative del lavoro delle pubbliche amministrazioni e avuto riguardo agli obiettivi di digitalizzazione e di transizione ecologica perseguiti dal Piano nazionale di Ripresa e resilienza (PNRR), le amministrazioni centrali come individuate dall'ISTAT (si veda la relativa pagina internet per l'elenco completo) ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009), nonché le Autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob) e gli enti nazionali di previdenza e assistenza, per i contratti di locazione passiva stipulati dalla data di entrata in vigore del decreto-legge e fino al 31 dicembre 2025, non applicano le riduzioni del canone di mercato previste dall'articolo 3, commi 4, 6 e 10, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 135 del 2012, in presenza di una delle seguenti condizioni:
i) classe di efficienza energetica dell'immobile oggetto di locazione non inferiore a B ovvero non inferiore a D per gli immobili sottoposti ai vincoli di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio);
ii) rispetto da parte delle amministrazioni statali di cui all'articolo 2, comma 222, primo periodo, della legge finanziaria 2010 (legge n. 191 del 2009) (si tratta delle amministrazioni dello Stato di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, e successive modificazioni, incluse la Presidenza del Consiglio dei ministri e le agenzie, anche fiscali) di un parametro non superiore a 15 mq/addetto ovvero non superiore a 20 mq/addetto per gli immobili non di nuova costruzione con limitata flessibilità nell'articolazione degli spazi interni;
iii) il nuovo canone di locazione deve essere inferiore rispetto all'ultimo importo corrisposto, fermo restando quanto previsto dall'articolo 2, commi 222 e seguenti, della legge n. 191 del 2009 (previsione di specifici obblighi di comunicazione all’Agenzia del demanio relativi agli immobili utilizzati dalle amministrazioni dello Stato, allo scopo di riunificare in capo alla stessa Agenzia le procedure riguardanti le locazioni passive e di razionalizzare gli spazi utilizzati dalle medesime amministrazioni, nonché obblighi di comunicazione da parte delle altre amministrazioni pubbliche, anche al fine di redigere il conto patrimoniale dello Stato a prezzi di mercato) per le amministrazioni statali.
Si rammenta che il decreto-legge n. 95 del 2012 ha disposto, a decorrere dal 1° luglio 2014, la riduzione del 15% del canone di locazione passiva delle pubbliche amministrazioni e delle autorità indipendenti per gli immobili in uso istituzionale. Qualora si tratti di contratti scaduti o rinnovati dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, la riduzione si applica immediatamente. Per il triennio 2012-2014 è disposto, inoltre, il blocco degli adeguamenti Istat relativamente ai canoni dovuti dagli stessi soggetti. Le regioni e gli enti locali da un lato, e lo Stato dall'altro, possono concedersi reciprocamente l'uso gratuito dei loro beni immobili per fini istituzionali. Gli enti previdenziali devono comunicare all'Agenzia del demanio gli immobili di loro proprietà, al fine di verificare l'idoneità degli stessi ad essere utilizzati in locazione passiva, a canoni ed oneri agevolati, dalle amministrazioni statali per finalità istituzionali. Sono infine previste specifiche e stringenti condizioni per il rinnovo dei rapporti di locazione: disponibilità delle risorse finanziarie necessarie per il periodo di durata del contratto di locazione; permanenza delle esigenze allocative all’esito dei piani di razionalizzazione nonché di quelli di riorganizzazione e accorpamento delle strutture.
In materia di patrimonio immobiliare pubblico si segnala altresì che, secondo quanto emerge dall’ultimo Rapporto sugli immobili pubblici (pubblicato dal MEF nel 2021 ma riferendosi ai dati del 2018), il patrimonio immobiliare pubblico censito si è attestato a circa 2,6 milioni di unità immobiliari (1 milione e 150 mila fabbricati e 1 milione e 440 mila terreni), prevalentemente di proprietà delle amministrazioni locali (circa 806 mila fabbricati e 1 milione e 400 mila terreni). Il valore patrimoniale complessivo dei fabbricati censiti per l’anno 2018 è stimato in 297 miliardi di euro.
Il Rapporto Annuale 2024 dell’Agenzia del Demanio L'Italia e i suoi beni. Creare valore con gli immobili dello Stato illustra le attività svolte e i risultati conseguiti nel corso del 2023 nella gestione e riqualificazione del patrimonio immobiliare dello Stato. Tra questi, sono stati avviati interventi per un miliardo di euro e risparmiati 70 milioni di locazioni passive. Entro il 2026 sono previsti investimenti per 4,7 miliardi e risparmi per 147 milioni l’anno a partire dal 2027.
Articolo 3, comma 4, lettera b) e comma 5
(Disposizioni concernenti AMCO S.p.A.)
L’articolo 3, comma 4, lettera b), numero 1) stabilisce che le disposizioni di contenimento della spesa, previste dalla legislazione vigente a carico dei soggetti inclusi nell’elenco redatto dall’ISTAT delle amministrazioni pubbliche, non si applichino alla società per azioni - operante nel mercato dei crediti deteriorati -AMCO (Asset Management Company) per l’anno 2025, oltre che per ciascuno degli anni dal 2021 al 2024, come già prevedeva la norma finora vigente.
Il numero 2) della lettera b) novella le disposizioni inerenti agli obblighi di comunicazione posti in capo alla medesima società.
Il comma 5 dispone circa la copertura degli oneri, pari a 500.000 euro per l'anno 2025.
L’articolo 3, comma 4, lettera b), numero 1), novella il comma 2 dell’ articolo 16-sexies del decreto-legge n. 146 del 2021 (come convertito dalla legge n. 215 del 2021). Tale comma 2 prevede, nel testo finora vigente, che per ciascuno degli anni 2021, 2022, 2023 e 2024 – ora, con la novella in esame, anche per l’anno 2025 - non si applicano alla società AMCO S.p.A. le norme di contenimento della spesa in materia di gestione, organizzazione, contabilità, finanza, investimenti e disinvestimenti, previste dalla legislazione vigente.
La società rispetta l'obbligo di informazione preventiva al competente Ministero, in relazione alle operazioni finanziarie che comportano la variazione dell'esposizione debitoria della società. Con la novella recata dal numero 2) si introduce l’ulteriore obbligo di comunicazione dei dati e delle informazioni rilevanti in materia di finanza pubblica.
AMCO S.p.A. è una società per azioni il cui capitale sociale - attualmente pari ad euro 655.153.674 - è diviso in 600.000.000 di azioni ordinarie prive dell’indicazione del valore nominale, interamente detenute dal MEF, e da 55.153.674 azioni B prive del valore nominale e senza diritto di voto, detenute dal MEF, da altri azionisti ed inclusive delle azioni proprie. In base all'articolo 3 dello statuto, ha per oggetto principale l'acquisto e la gestione con finalità di realizzo, secondo criteri di economicità, di crediti e rapporti originati da banche, da società appartenenti a gruppi bancari e da intermediari finanziari anche se non appartenenti a un gruppo bancario. La Società, inoltre, può acquistare partecipazioni e altre attività finanziarie, inclusi titoli di cartolarizzazione che hanno come sottostante crediti originati da banche, da società appartenenti a gruppi bancari e da intermediari finanziari anche se non appartenenti a un gruppo bancario nonché quote di fondi di investimento di tipo chiuso, riservati ad investitori professionali, istituiti per la sottoscrizione di azioni emesse da banche o per la sottoscrizione e/o acquisto di titoli emessi da società costituite per finanziare l’acquisto di crediti originati da banche, da società appartenenti a gruppi bancari e da intermediari finanziari anche se non appartenenti a un gruppo bancario, o per l’acquisto diretto di tali crediti.
Il comma 5 dell’articolo 3 prevede che all’onere, pari a 500.000 euro per l’anno 2025, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica (articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 282 del 2004, convertito dalla legge n. 307 del 2024).
Articolo 3, comma 5-bis
(Differimento dell’applicazione delle disposizioni in materia di contenimento della spesa pubblica alla Fondazione Enea Tech e Biomedical)
L’articolo 3, comma 5-bis, introdotto durante l’esame parlamentare, differisce al 1° gennaio 2026 l’applicazione delle disposizioni in materia di contenimento della spesa pubblica per assicurare lo svolgimento da parte della Fondazione Enea Tech e Biomedical delle proprie attività.
La finalità della disposizione in commento è quella di assicurare l’efficace svolgimento delle attività e di agevolare il perseguimento delle finalità attribuite dalla legislazione vigente o delegate dall’amministrazione vigilante alla Fondazione Enea Tech e Biomedical di cui all’articolo 42, comma 5, del D.L. n. 34/2020.
L’articolo 3, comma 5-bis, in particolare, differisce al 1° gennaio 2026 l’applicazione delle disposizioni in materia di contenimento della spesa pubblica previste dalla legislazione vigente per i soggetti inclusi nell’elenco ISTAT rientranti nel perimetro della pubblica amministrazione.
L’articolo 42, comma 5 del D.L. n. 34/2020, come modificato dall’articolo 31 del D.L. n. 73/2021, ha autorizzato l'ENEA alla costituzione della fondazione di diritto privato, denominata Fondazione Enea Tech e Biomedical, sottoposta alla vigilanza del Ministero delle imprese e del Made in Italy.
La costituzione della fondazione è finalizzata al sostegno e all’accelerazione dei processi di innovazione, crescita e ripartenza duratura del sistema produttivo nazionale, attraverso il rafforzamento dei legami e delle sinergie con il sistema della tecnologia e della ricerca applicata, compresi il potenziamento della ricerca, lo sviluppo e la riconversione industriale del settore biomedicale verso la produzione di nuovi farmaci e vaccini per fronteggiare in ambito nazionale le patologie infettive emergenti, oltre a quelle più diffuse, anche attraverso la realizzazione di poli di alta specializzazione. Attraverso la fondazione, si intende realizzare programmi di sviluppo del settore biomedicale e della telemedicina, con particolare riferimento a quelli connessi al rafforzamento del sistema nazionale di produzione di apparecchiature e dispositivi medicali nonché di tecnologie e di servizi finalizzati alla prevenzione delle emergenze sanitarie.
Il vigente statuto della Fondazione Enea Tech e Biomedical è stato approvato, su proposta dell'ENEA, con decreto del Ministro dello sviluppo economico del 24 novembre 2021. Ai fini dell'istituzione e dell'operatività della Fondazione, il D.L. n. 34/2020 ha autorizzato la spesa di 12 milioni di euro per il 2020.
Il patrimonio della Fondazione può essere incrementato, ai sensi del comma 6 del citato articolo 42 del D.L. n. 34/2020 da apporti di soggetti pubblici e privati. Le attività, oltre che dai mezzi propri, sono costituite da contributi di enti pubblici e privati. Alla fondazione possono, inoltre, esser concessi in comodato beni immobili facenti parte del demanio e del patrimonio disponibile e indisponibile dello Stato. La Fondazione promuove investimenti finalizzati all'integrazione e alla convergenza delle iniziative di sostegno in materia di ricerca e sviluppo e trasferimento tecnologico, favorendo la partecipazione anche finanziaria alle stesse da parte di imprese, fondi istituzionali o privati e di organismi e enti pubblici, inclusi quelli territoriali, nonché attraverso l'utilizzo di risorse dell'Unione europea.
Sono organi necessari della Fondazione, nominati con decreto del Presidente del Consiglio (articolo 42, commi 6-bis e 6-ter del D.L. n. 34/2020):
- il Presidente;
- il Consiglio direttivo, formato, oltre che dal Presidente, da due membri nominati su proposta del Ministro delle imprese e del Made in Italy, un membro nominato dal ministro della salute e un membro nominato su proposta del Ministro dell’università e della ricerca;
- il Collegio dei revisori dei conti, composto da tre membri effettivi e da tre supplenti nominati, rispettivamente, su proposta del Fondatore, del Ministro dell’economia e delle finanze, del Ministro delle imprese e del Made in Italy.
La Fondazione Enea Tech e Biomedical fornisce al Ministero delle imprese e del Made in Italy supporto per l’attuazione degli interventi del “Fondo per il trasferimento tecnologico”, istituito dall’articolo 42, comma 1 del D.L. n. 34/2020, con una dotazione di 500 milioni di euro. In particolare, in base all’articolo 3 dello Statuto della Fondazione promuove sul territorio nazionale:
- investimenti e iniziative in materia di ricerca, sviluppo e trasferimento tecnologico a favore delle imprese operanti sul territorio nazionale anche con riferimento alle start-up innovative, con particolare riferimento alla filiera dell’economia verde e circolare, dell’information technology, dell’agri-tech e del deep tech;
- il potenziamento della ricerca, lo sviluppo e la riconversione industriale del settore biomedicale verso la produzione di nuovi farmaci e vaccini, attrezzature e dispositivi biomedicali per fronteggiare in ambito nazionale le emergenti esigenze del settore, anche attraverso la realizzazione di poli di alta specializzazione, anche in partecipazione con altre istituzioni e società private, anche estere, collegando la ricerca accademica, di base e pre-clinica alle fasi successive fino alla produzione industriale con la finalità di rafforzare la risposta ad emergenze sanitarie, la sicurezza nazionale in tema di autonomia produttiva di farmaci e vaccini di fronte a pandemie e altre malattie infettive emergenti, incluse le malattie genetiche, cronico-degenerative e neoplastiche e favorire lo sviluppo di un’industria farmaceutica avanzata e innovativa sul territorio nazionale.
A tal fine, la fondazione può:
- partecipare, concorrere e investire anche in start-up e PMI ad alto potenziale innovativo e spin-off universitari e di centri di ricerca e sviluppo per offrire soluzioni tecnologicamente avanzate, processi o prodotti innovativi, ovvero per rafforzare le attività di ricerca, consulenza e formazione;
- favorire la partecipazione e la contribuzione, anche finanziaria, in favore dei predetti soggetti da parte di imprese, fondi istituzionali o privati nonché organismi ed enti pubblici, inclusi gli enti territoriali, anche mediante la costituzione con gli stessi soggetti di partenariati in qualsiasi forma societaria nonché l’utilizzo di risorse dell’Unione Europea;
- promuovere e sostenere processi di innovazione e trasferimento tecnologico anche collaborando con altre fondazioni, enti pubblici, IRCCS e imprese private, anche costituendo apposite partecipazioni societarie al fine di favorire la creazione di imprese ad alto contenuto tecnologico e condividere con esse il rischio economico di sostegno a fasi dello sviluppo di un farmaco innovativo precedente all’investimento industriale;
- promuovere e accelerare la transizione del sistema imprenditoriale nazionale verso assetti ad alto contenuto tecnologico
- ricevere donazioni.
Articolo 3, comma 6
(Disposizioni di semplificazione in tema di fatturazione elettronica per gli operatori sanitari)
L’articolo 3, comma 6, interamente sostituito nel corso dell’esame del Senato, estende anche all’anno 2025 il divieto di fatturazione elettronica per i soggetti tenuti all’invio dei dati al Sistema tessera sanitaria.
In particolare la disposizione estende anche all’anno 2025 il divieto di fatturazione elettronica previsto, in via transitoria, dall’articolo 10-bis, comma 1, del decreto-legge n. 119 del 2018 per gli operatori sanitari tenuti all’invio dei dati al Sistema tessera sanitaria, con riferimento alle fatture recanti tali dati.
I soggetti tenuti all’invio dei dati delle spese sanitarie al Sistema Tessera Sanitaria per la predisposizione, da parte dell’Agenzia delle entrate della dichiarazione dei redditi precompilata sono quelli indicati all’articolo 3, comma 3, del citato decreto legislativo n. 175 del 2014 (recante disposizioni in materia di semplificazione fiscale e dichiarazione dei redditi precompilata), nonché in appositi decreti del Ministro dell’economia e delle finanze.
Secondo l’articolo 3, comma 3, del decreto legislativo n. 175 del 2014, sono tenuti all’invio dei dati le aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, i policlinici universitari, le farmacie, pubbliche e private, i presidi di specialistica ambulatoriale, le strutture per l'erogazione delle prestazioni di assistenza protesica e di assistenza integrativa, gli altri presidi e strutture accreditati per l’erogazione dei servizi sanitari e gli iscritti all'Albo dei medici chirurghi e degli odontoiatri, le strutture autorizzate per l’erogazione dei servizi sanitari e non accreditate.
Quattro successivi decreti ministeriali hanno esteso l’ambito dei soggetti tenuti all’obbligo di trasmissione dei dati, in particolare:
§
il decreto ministeriale 1° settembre 2016, con riguardo a una serie di soggetti tra i quali psicologi, infermieri, ostetrici, ottici, tecnici sanitari di radiologia medica, nonché alle strutture autorizzate a commercializzare farmaci, ecc.;
§
il decreto ministeriale 22 marzo 2019, relativamente alle strutture sanitarie militari;
§
il decreto ministeriale 22 novembre 2019, relativamente agli esercenti di diverse professioni sanitarie ordinistiche;
§
il decreto ministeriale 16 luglio 2021, con riferimento agli esercenti attività professionali sanitarie iscritti in elenchi speciali ad esaurimento.
Il comma 4 del medesimo articolo 3, demanda a un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze l’individuazione di termini e modalità per la trasmissione telematica all’Agenzia delle entrate dei dati relativi a talune spese che danno diritto a deduzioni dal reddito (diverse da quelle indicate dal comma 3).
Si ricorda, altresì, che le modalità di invio di dati di natura sanitaria nell’ambito del Sistema pubblico di connettività sono state stabilite con il D.P.C.M. 26 marzo 2008. Inoltre, con decreto 27 aprile 2018, emanato dal Ministero dell'economia e delle finanze, sono state fissate le specifiche tecniche e modalità operative del Sistema tessera sanitaria per consentire la compilazione agevolata delle spese sanitarie e veterinarie sul sito dell’Agenzia delle entrate, nonché la consultazione da parte del cittadino dei dati delle proprie spese sanitarie, in attuazione dell’articolo 3, comma 3-bis, del decreto legislativo n. 175 del 2014.
Da ultimo, con decreto ministeriale del 1° febbraio 2024, il MEF ha definito le modalità di utilizzo dei dati fiscali delle fatture trasmessi al Sistema tessera sanitaria in attuazione di quanto disposto dal sopra citato articolo 10-bis.
La norma in esame era stata già prorogata dal decreto-legge n. 124 del 2019, dalla legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020), nonché dai decreti-legge n. 146 del 2021, n. 198 del 2022, n. 215 del 2023 e n. 202 del 2024 (oggetto della presente conversione in legge).
Quest’ultimo aveva disposto la proroga limitatamente al 31 marzo 2025.
In merito, si segnala che la relazione illustrativa di accompagnamento al disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 215 del 2023 (recante disposizioni urgenti in materia di termini normativi) rappresentava che la proroga in esame muoveva dall’esigenza di evitare un aggravio economico per gli operatori sanitari, nonché per l’Amministrazione finanziaria, i quali sarebbero tenuti a effettuare onerosi investimenti infrastrutturali finalizzati all’implementazione di un sistema di gestione delle fatture elettroniche.
Articolo 3, comma 7
(Proroga inerente al Servizio pubblico di connettività)
L’articolo 3, comma 7, estende al 31 dicembre 2025 la durata degli strumenti di acquisto e di negoziazione, realizzati dalla Consip Spa e dai soggetti aggregatori, aventi ad oggetto servizi di connettività del Sistema pubblico di connettività (SPC).
Il comma 7 in esame novella il comma 1-bis dell'articolo 1-ter del decreto-legge n. 198 del 2022 (come convertito dalla legge n. 14 del 2023). Tale comma 1-bis, come modificato, prevede che gli importi e i quantitativi massimi complessivi degli strumenti di acquisto e di negoziazione realizzati dalla Consip Spa e dai soggetti aggregatori, aventi ad oggetto servizi di connettività del Sistema Pubblico di Connettività, sono prorogati al 31 dicembre 2025 (in luogo del 31 dicembre 2024, termine previsto dal testo finora vigente). La disposizione si applica agli strumenti aggregati che risultavano essere al 6 luglio 2023, data di entrata in vigore del citato comma 1-bis dell’art. 1-ter del d.l. n. 198.
Il medesimo comma 1-bis ha stabilito, altresì, un incremento, pari al 50%, dell’importo iniziale del contratto quadro SPC2 stipulato da Consip, al raggiungimento dell'importo complessivo massimo e alle medesime condizioni. È fatta salva la facoltà di recesso da parte dell’aggiudicatario con riferimento al suddetto incremento, da esercitarsi entro quindici giorni dal suddetto termine del 6 luglio 2023.
Il comma 1-bis prevede, infine, che i contratti attuativi degli strumenti di acquisto e di negoziazione realizzati dalla Consip Spa e dai soggetti aggregatori aventi ad oggetto servizi di telefonia fissa, nei limiti dei relativi importi residui complessivi, possono essere prorogati su richiesta della singola amministrazione contraente, alle medesime condizioni, sino al 31 dicembre 2025, come previsto dal comma in esame (in luogo del precedente termine del 31 dicembre 2024). La suddetta proroga degli strumenti di acquisto e negoziazione può essere richiesta dall’amministrazione contraente nella misura strettamente necessaria a dare continuità al sevizio di telefonia in oggetto, fatta salva la facoltà di recesso dell'aggiudicatario da esercitarsi entro quindici giorni dalla richiesta.
Il comma 2 dell’articolo 1-ter d.l. n. 198 stabilisce che delle suddette disposizioni di proroga degli strumenti aggregatori SPC2 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Il Servizio pubblico di connettività - SPC è definito dall’art. 73 del CAD (Codice dell'amministrazione digitale di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005) quale “insieme di infrastrutture tecnologiche e di regole tecniche che assicura l'interoperabilità tra i sistemi informativi delle pubbliche amministrazioni, permette il coordinamento informativo e informatico dei dati tra le amministrazioni centrali, regionali e locali e tra queste e i sistemi dell'Unione europea ed è aperto all'adesione da parte dei gestori di servizi pubblici e dei soggetti privati”. Le regole tecniche applicabili al SPC sono adottate dall’AgID ai sensi dell’art. 71 del CAD medesimo.
Gli strumenti di acquisto includono le convenzioni e gli accordi-quadro che le Amministrazioni utilizzano per l’acquisto o noleggio di beni e servizi. Le convenzioni sono costituite da contratti aventi una scadenza temporale e un quantitativo o importo massimo (massimale) che il fornitore si impegna a garantire attraverso il contratto; gli accordi-quadro sono contratti quadro che definiscono le modalità di acquisto, in particolare ordine diretto o appalto specifico. Gli strumenti di negoziazione sono resi disponibili alle amministrazioni per la gestione in autonomia delle procedure di acquisto (v. qui).
L’articolo 4, comma 3-quater, del decreto-legge n. 95 del 2012 (come convertito dalla legge n. 135 del 2012) ha previsto che Consip S.p.A. svolga le attività di centrale di committenza relative alle Reti telematiche delle pubbliche amministrazioni, al Sistema pubblico di connettività e alla Rete internazionale delle pubbliche amministrazioni. L’articolo 1, comma 512, della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità per il 2016) ha reso obbligatorio il ricorso ai suddetti strumenti per le pubbliche amministrazioni e le società inserite nel conto consolidato della PA. In tale ambito Consip ha realizzato la gara relativa al contratto quadro SPC2, tuttora attivo. Successivamente, il termine dell’estensione degli strumenti di acquisto e negoziazione SPC è stato oggetto di proroghe: al 31 dicembre 2023 dal citato art. 1-ter, comma 1, del decreto-legge n. 198 del 2022; quindi il decreto-legge n. 51 del 2023 (convertito dalla legge n. 87 del 2023) ha espunto dal comma 1 dell’art. 1-ter il riferimento agli strumenti SPC per introdurre l’ulteriore al 31 dicembre 2024 proroga e la disciplina specifica per l’ambito SPC nel nuovo comma 1-bis, a decorrere dal 6 luglio 2023.
Il contratto per servizi di connettività SPC2 è stato attivato il 23 maggio 2016 subentrando al precedente contratto quadro OPA “SPC 1” che ha cessato di avere efficacia il 25 maggio 2017. Per maggiori informazioni v. la pagina Consip Contratti SPC.
Come rilevato dalla relazione illustrativa, l’ulteriore estensione degli strumenti SPC2 è stata dettata, tra l’altro, dall’opportunità di assicurare alle amministrazioni uno strumento aggregato di acquisizione dei servizi di connettività fino alla disponibilità del nuovo contratto-quadro SPC3, per il quale Consip ha provveduto a pubblicare un avviso di pre-informazione il 25 ottobre 2024. La pubblicazione della procedura per SPC3 è prevista per febbraio 2025 con disponibilità del contratto per le Amministrazioni a fine 2025. La proroga al 31 dicembre 2025, secondo quanto rappresentato dalla relazione illustrativa, consentirebbe quindi di effettuare la migrazione al nuovo SPC3 assicurando la continuità dei servizi oggetto del contratto quadro medesimo.
La relazione illustrativa fornisce, inoltre, indicazioni circa le risorse disponibili: “del contratto di servizi di connettività SPC2 (attivato il 23 maggio 2016, di un massimale previsto di 3.600.000 euro), risultano ancora disponibili, al 30 settembre 2024, 1.422.993 euro. Da stime effettuate dal consumo storico registrato negli anni di vigenza del contratto il massimale residuo risulta tale da consentire una proroga della durata di ulteriori due anni”.
Si rammenta che i commi da 512 a 520 dell’art. 1 della legge n. 208 del 2015 (legge di bilancio per il 2016) dettano disposizioni volte a rafforzare l’acquisizione centralizzata di beni e servizi in materia informatica e di connettività, prevedendo, con la finalità di conseguire specifici obiettivi di risparmio indicati nei commi medesimi, che le amministrazioni pubbliche e le società inserite nel conto consolidato della PA debbano approvvigionarsi tramite Consip o soggetti aggregatori. Solo in casi eccezionali, e con autorizzazione motivata dell’organo di vertice amministrativo, possono procedere ad acquisti autonomi. Viene inoltre previsto un Piano triennale per l’informatica nella pubblica amministrazione, disponendosi altresì la definizione, mediante appositi accordi in sede di Conferenza Stato-Regioni di criteri uniformi per l’acquisto dei beni e servizi medesimi da parte degli enti del SSN.
Più in dettaglio, il comma 512 stabilisce l’obbligo per le amministrazioni pubbliche e le società inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione (come individuate dall’elenco ISTAT, come da ultimo aggiornato sulla GU 30 settembre 2015, n. 227) di procedere ad acquisti di beni e servizi informatici e di connettività, esclusivamente tramite Consip S.p.A. o i soggetti aggregatori, ivi comprese le centrali di committenza regionali, per i beni e servizi disponibili presso gli stessi soggetti.
Articolo 3, comma 8
(Consorzi e cooperative di garanzia collettiva fidi)
L’articolo 3 dispone la sospensione, per 24 mesi, del procedimento per l'adozione del provvedimento di revoca dell’autorizzazione all’iscrizione dei confidi nell’albo degli intermediari finanziari ex articolo 106 del TUB, conseguente al venir medo dei requisiti dimensionali (qualora il volume di attività finanziaria risulti inferiore a 150 milioni di euro). A tal fine, il confidi interessato deve comunicare alla Banca d’Italia, unitamente agli altri confidi coinvolti, l’avvio di un processo di integrazione, comprovato da idonea documentazione dalla quale risulti che, al termine di tale processo, sia rispettato il requisito del volume di attività finanziaria.
L’articolo 3, comma 8, reca la sospensione per 24 mesi del procedimento per l’adozione provvedimento di revoca dell’autorizzazione all’iscrizione dei confidi nell’albo degli intermediari finanziari ex articolo 106 del TUB, previsto dall’articolo 4 del regolamento (di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 2 aprile 2015, n. 53), in conseguenza del venir meno dei requisiti dimensionali ed al ricorrere di determinate condizioni.
Nello specifico, qualora il volume di attività finanziaria risulti inferiore a 150 milioni di euro (situazione che configura la perdita del requisito dimensionale), per poter beneficiare della sospensione del procedimento di revoca dall’iscrizione all’albo ex articolo 106 del TUB, il confidi interessato deve:
§ comunicare alla Banca d’Italia, unitamente agli altri confidi coinvolti, l’avvio di un processo di integrazione;
§ comprovare l’avvio del processo di integrazione con idonea documentazione;
§ al termine del processo di integrazione deve essere garantito il rispetto del requisito dimensionale relativo al volume di attività finanziaria (pari o superiore a 150 milioni di euro).
Si ricorda che l’articolo 3, comma 11-quater, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, al fine di tener conto degli effetti dell’epidemia COVID-19, ha disposto la sospensione fino al 31 dicembre 2021 dei provvedimenti di revoca adottati dalla Banca d’Italia ai sensi dell’articolo 4 del decreto ministeriale n. 53 del 2015. L’articolo 3, comma 6-sexies, del decreto-legge 20 dicembre 2021, n. 228, ha poi prorogato tale sospensione fino al 31 dicembre 2022.
A tale riguardo, la relazione illustrativa chiarisce che l’intervento normativo in argomento sospende, per 24 mesi, i provvedimenti della Banca d’Italia di revoca dell’iscrizione all’albo di cui all’articolo 106 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, recante Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB), conseguente al venir meno di un volume di attività finanziaria pari o superiore a 150 milioni di euro, ai sensi dell'articolo 4 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 2 aprile 2015, n. 53.
La sospensione della revoca dell’iscrizione al predetto albo è finalizzata ad evitare interruzioni di continuità operativa per quei confidi che, pur non avendo ancora raggiunto la soglia di volume di attività finanziaria, hanno comunque avviato processi di integrazione funzionali al raggiungimento di detta soglia.
Si valuti l’opportunità di precisare la decorrenza del termine per il computo del periodo di sospensione di 24 mesi che, nell’attuale formulazione della disposizione contenuta nell’articolo 3, comma 8, del decreto-legge, non viene indicato.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, i consorzi e le cooperative di garanzia collettiva fidi (cd. “confidi”) svolgono l'attività di rilascio di garanzie collettive dei fidi nei confronti di piccole e medie imprese o dei liberi professionisti associati, al fine di favorirne l'accesso al credito di banche e di altri intermediari finanziari.
In relazione al volume di attività finanziaria, i confidi si distinguono in:
(a) confidi minori (con volume di attività finanziaria inferiore a 150 milioni di euro) iscritti nell’elenco previsto dall’articolo 112 del TUB e gestito dall’Organismo dei Confidi Minori. Tali confidi possono svolgere, esclusivamente, l’attività di garanzia collettiva dei fidi e i servizi ad essa connessi o strumentali definiti dal decreto ministeriale n. 53 del 2015, nel rispetto delle riserve di attività previste dalla legge;
(b) confidi iscritti nell’albo di cui all’articolo 106 del TUB (con volume di attività finanziaria pari o superiore a 150 milioni di euro). Tali confidi svolgono, in misura prevalente, l'attività di garanzia collettiva dei fidi nonché le attività connesse e strumentali previste dall’articolo 4 del decreto ministeriale n. 53 del 2015, nel rispetto delle riserve di attività previste dalle vigenti disposizioni.
Possono inoltre svolgere, in via residuale, altre forme di finanziamento di cui all'articolo 106, comma 1, TUB, entro un limite pari al 20 per cento del totale dell'attivo; entro tale limite, possono anche garantire l’emissione di strumenti di debito da parte delle piccole-medie imprese socie. Possono, altresì, svolgere prevalentemente nei confronti di imprese consorziate o soci le attività previste dall’articolo 112, comma 5, TUB, quali a) prestazione di garanzie a favore dell'amministrazione finanziaria dello Stato, al fine dell'esecuzione dei rimborsi di imposte alle imprese consorziate o socie; b) gestione di fondi pubblici di agevolazione; c) stipula di contratti con le banche assegnatarie di fondi pubblici di garanzia per disciplinare i rapporti con le imprese consorziate o socie, al fine di facilitarne la fruizione.
In base alle indicazioni contenute nella Circolare della Banca d’Italia 3 aprile 2015, n. 288, sono tenuti a richiedere l’autorizzazione per l’iscrizione nell’albo i confidi il cui volume di attività finanziaria sia pari o superiore a 150 milioni di euro. A tal fine, si tiene conto dell’aggregato composto da:
a. cassa e disponibilità;
b. crediti verso enti creditizi;
c. crediti verso enti finanziari;
d. crediti verso clientela;
e. crediti impliciti nelle operazioni di locazione finanziaria;
f. obbligazioni e altri titoli a reddito fisso;
g. azioni, quote e altri titoli a reddito variabile;
h. ratei attivi;
i. garanzie rilasciate;
j. altre poste dell’attivo e operazioni “fuori bilancio”.
Ai fini del rispetto della prevalenza dell’attività di garanzia collettiva dei fidi, dall’ultimo bilancio approvato devono risultare verificate, congiuntamente, le seguenti condizioni:
(i) l’ammontare dei ricavi derivanti dall’attività di garanzia collettiva dei fidi e dalle attività connesse e strumentali deve essere superiore al 50 per cento del totale dei ricavi;
(ii) l’ammontare nominale delle garanzie collettive dei fidi deve essere superiore al 50 per cento del totale dell’attivo.
Ai sensi dell’articolo 4, comma 3, del decreto ministeriale n. 53 del 2015, la Banca d’Italia revoca l’autorizzazione per il venir meno dei requisiti dimensionali.
Nella citata Circolare della Banca d’Italia, si precisa che la revoca dell’autorizzazione ricorre quando il volume di attività finanziaria del confidi risulti inferiore a 150 milioni di euro per almeno 3 esercizi consecutivi. Il legale rappresentante del confidi comunica alla Banca d’Italia il verificarsi di tale condizione. Alla comunicazione sono allegati la documentazione necessaria a comprovare la mutata situazione aziendale e un piano di dismissione degli attivi di bilancio, di durata non superiore a 12 mesi, rivenienti da attività non consentite ai confidi iscritti nell’elenco di cui all’articolo 112 TUB.
Rispetto alla sospensione fino al 31 dicembre 2022 dei provvedimenti di revoca adottati dalla Banca d’Italia, ai sensi dell’articolo 4 del decreto ministeriale n. 53 del 2015, disposta dall’articolo 3, comma 11-quater, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183 (e successiva modifica), con interrogazione a risposta immediata in Commissione del 26 febbraio 2024 è stato richiesto, quale chiarimento, se la disposizione in oggetto ha inteso sospendere anche il decorso del termine dei 3 esercizi consecutivi fino al 1° gennaio 2023. Con risposta n. 5-02059, si è esclusa la possibilità di interpretare, in via estensiva, la disposizione di cui all’articolo 3, comma 11-quater, del decreto-legge n. 183 del 2020, in quanto una tale interpretazione avrebbe carattere sostanzialmente innovativo andando ad estendere l’ambito di operatività della sospensione delle revoche adottate dalla Banca d’Italia.
Nell’ambito della relazione illustrativa al decreto-legge de quo sono forniti dei dati sul numero di confidi italiani esistenti al 31 dicembre 2023 e la relativa distribuzione geografica. delle indicazioni
Più precisamente, si rappresenta che, al 31 dicembre 2023, i confidi italiani sono 192, di cui 32 sono confidi maggiori (iscritti nell’albo di cui all’articolo 106 TUB, soggetti alla vigilanza di Banca d’Italia) e 160 confidi minori (di cui all’articolo 112 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, iscritti nell’elenco OCM, soggetti alla vigilanza dell’Organismo Confidi Minori). Il numero è in diminuzione di 8 unità rispetto al 31 dicembre 2022: nel corso del 2023 sono infatti stati cancellati dall’elenco OCM 10 confidi e ne sono stati iscritti 2; il numero dei confidi maggiori è invece rimasto stabile.
Metà dei confidi ha sede legale nell’area del Mezzogiorno (95 confidi sul totale di 190); circa un terzo sono localizzati nelle regioni del Nord (67 confidi) e il restante 15 per cento nelle regioni del Centro Italia (28 confidi).
I confidi maggiori sono presenti soltanto sul territorio di 15 regioni italiane e sono concentrati soprattutto al Nord (63 per cento del totale, 20 confidi su 32); poco più di un terzo dei confidi maggiori è localizzata nelle regioni del Centro e del Mezzogiorno (19 per cento del totale in entrambe le aree, 6 nelle regioni del Centro e 6 nelle regioni del Mezzogiorno). I confidi minori sono invece distribuiti sull’intero territorio nazionale; almeno uno dei 158 confidi minori è presente in ogni regione. Specularmente rispetto alla distribuzione dei confidi maggiori, la maggior parte dei confidi minori è localizzata nelle regioni del Mezzogiorno (56 per cento del totale, 89 confidi su 158); seguono le regioni del Nord (47 confidi minori, 30 per cento del totale) e del Centro (22 confidi minori, 14 per cento del totale).
Analizzando i valori di flusso delle garanzie concesse nel 2022 (ultimo dato disponibile) in base al soggetto erogante si evidenzia che i confidi maggiori hanno concesso l’85 per cento delle garanzie totali nel corso del 2022 (2,4 miliardi su un totale di 2,8), mentre la quota di garanzie erogate dai confidi minori si limita al 15 per cento.
Infine, nella medesima relazione illustrativa si evidenzia che, al fine di dare esecuzione alla comunicazione della Commissione europea COM (2008) 394 definitivo, del 25 giugno 2008, recante «Una corsia preferenziale per la piccola impresa – Alla ricerca di un nuovo quadro fondamentale per la Piccola Impresa (uno “Small Business Act” per l’Europa)», è in corso di predisposizione un disegno di legge il quale reca disposizioni che riguardano, tra l’altro, la semplificazione per l’accesso al credito delle PMI soprattutto con il rilancio dei Confidi, mediante un intervento strutturale dell’intero sistema dei Confidi stessi.
Articolo 3, comma 9
(Bilanci degli enti del servizio sanitario della regione Calabria)
L’articolo 3, comma 9, proroga al 31 marzo 2025 il termine per l’adozione e l’approvazione dei bilanci delle aziende del servizio sanitario della regione Calabria relativi agli anni precedenti all’anno 2022. Prevede, altresì, che l’adozione e l’approvazione dei suddetti bilanci avvenga nel rispetto dei principi generali in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi. Si prevede, inoltre, che nell’esercizio delle citate attività, ai fini della configurabilità di eventuali profili di responsabilità sul piano amministrativo e contabile, rilevano le sole condotte poste in essere con dolo.
L’articolo 3, comma 9, interviene sulla disciplina dettata dall’articolo 12-bis, del decreto-legge n. 51 del 2023, il quale ha autorizzato gli enti del servizio sanitario della regione Calabria ad adottare il bilancio di esercizio 2022 entro il 30 giugno 2023 e a deliberare i bilanci aziendali pregressi, ove non ancora adottati, entro il 31 dicembre 2024. Quest’ultimo termine è ulteriormente prorogato al 31 marzo 2025 dalla norma in esame in considerazione dell’intervenuta approvazione dei bilanci di esercizio 2022 e 2023.
Tali proroghe di termini sono state concesse in considerazione delle attività in corso inerenti alle procedure di circolarizzazione obbligatoria dei fornitori [25] , al monitoraggio e gestione del contenzioso, alle procedure di controllo, liquidazione e pagamento delle fatture, ai sensi dell’articolo 16-septies del decreto-legge n. 146 del 2021, il quale reca misure relative all'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) e al Servizio sanitario della Regione Calabria.
Gli enti del servizio sanitario regionale della regione Calabria sono: Azienda Sanitaria Provinciale-Catanzaro; Azienda Sanitaria Provinciale-Cosenza; Azienda Sanitaria Provinciale-Crotone; Azienda Sanitaria Provinciale-Reggio Calabria; Azienda Sanitaria Provinciale-Vibo Valentia; Azienda Ospedaliera "Pugliese-Ciaccio" Catanzaro; Azienda Ospedaliera "Mater Domini" Catanzaro; Azienda Ospedaliera-Cosenza; Azienda Ospedaliera "Bianchi Melacrino Morelli" Reggio Calabria.
La norma in esame aggiunge che l’adozione e l’approvazione dei bilanci aziendali relativi agli anni precedenti il 2022, avvenga nel rispetto dei principi di cui all’allegato 1 del decreto legislativo n. 118 del 2011, in quanto esigibili con riferimento alla situazione aziendale conoscibile al momento dell’adozione o approvazione degli stessi.
Si prevede, inoltre, che nell’esercizio delle predette attività di adozione e approvazione dei bilanci, ai fini della configurabilità di eventuali profili di responsabilità sul piano amministrativo e contabile rilevano le sole condotte poste in essere con dolo.
Si ricorda che l’Allegato 1 del d.lgs. n. 118 del 2011, in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, contiene i principi generali o postulati a cui le Regioni, gli enti locali e i relativi enti e organismi strumentali si devono conformare nella propria gestione, ai sensi dell’art. 3. In particolare si tratta dei seguenti principi: Principio dell'annualità, Principio dell'unità, Principio dell'universalità, Principio dell'integrità, Principio della veridicità, attendibilità, correttezza e comprensibilità, Principio della significatività e rilevanza, Principio della flessibilità, Principio della congruità, Principio della prudenza, Principio della coerenza, Principio della continuità e della costanza, Principio della comparabilità e della verificabilità, Principio della neutralità, Principio della pubblicità, Principio dell'equilibrio di bilancio, Principio della competenza finanziaria, Principio della competenza economica, Principio della prevalenza della sostanza sulla forma.
Articolo 3, comma 10
(Proroga del regime di esenzione IVA)
L’articolo 3, comma 10, posticipa al 1° gennaio 2026 l’operatività del nuovo regime di esenzione IVA per gli enti del Terzo settore.
L’articolo 3, comma 10, intervenendo sull’articolo 1, comma 683, della legge n. 234 del 2021 (legge di bilancio per il 2022), stabilisce che, nelle more della razionalizzazione della disciplina dell’IVA per gli enti del Terzo settore, in attuazione dell’articolo 7 della legge n. 111 del 2023 (legge delega per la riforma fiscale), il nuovo regime di esenzione IVA, di cui all’articolo 5, comma 15-quater, del decreto-legge n. 146 del 2021, per le operazioni realizzate dagli enti associativi del Terzo settore ha effetto a decorrere dal 1° gennaio 2026.
Sul punto, si rammenta che il sopra citato articolo 7 reca i princìpi e i criteri direttivi per la revisione dell’imposta sul valore aggiunto.
In particolare, con riferimento agli enti del Terzo settore, l’articolo 7, comma 1, lettera g), specifica che il Governo, nel contesto della revisione dell’IVA, è tenuto ad attenersi al principio della razionalizzazione della disciplina IVA degli enti del Terzo settore, anche al fine di semplificare gli adempimenti relativi alle attività di interesse generale.
Per ulteriori approfondimenti sul tema, si rinvia al relativo dossier.
L’applicazione di tale regime, inizialmente differita al 1° gennaio 2024 dal predetto comma 683, è stata successivamente procrastinata al 1° luglio 2024 dall’articolo 4, comma 2-bis, del decreto-legge n. 51 del 2023 e, in seguito, al 1° gennaio 2025 dall’articolo 3, comma 12-sexies, del decreto-legge n. 215 del 2023.
Al riguardo, si evidenzia che il richiamato articolo 5, comma 15-quater, del decreto-legge n. 146 del 2021 ha modificato gli articoli 4 e 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, riconducendo nel campo di applicazione dell’IVA, in regime di esenzione, talune prestazioni di servizi e cessioni di beni rese dagli enti non profit di tipo associativo nei confronti dei propri associati e partecipanti, in precedenza rientranti nel regime di esclusione IVA e, dunque, non soggette a imposta.
Tale regime di esclusione, peraltro, è oggetto della procedura di infrazione ex articolo 258 del TFUE.
In particolare, con la procedura di infrazione 2008/2010, attualmente allo stato di messa in mora complementare (C (2019) 4849 final 2019 del 25 luglio 2019), è stato contestato il non corretto recepimento nell’ordinamento italiano delle esenzioni di pubblico interesse, di cui all’articolo 132 della Direttiva 2006/112/CE; la Commissione europea ha eccepito allo Stato italiano l’impossibilità di considerare escluse dal campo di applicazione dell’IVA le operazioni degli enti non commerciali a favore dei loro associati a fronte dell’aumento della quota associativa o dietro corrispettivo specifico.
Conseguentemente, ai fini dell’archiviazione della citata procedura d’infrazione, si è proceduto all’adeguamento della normativa nazionale mediante l’articolo 5, commi da 15-quater a 15-sexies, del decreto-legge n. 146 del 2021 che rende la disciplina IVA delle operazioni effettuate da enti non commerciali a carattere associativo (enti non profit) conforme alle indicazioni dell’articolo 132 della direttiva IVA, prevedendo che tali operazioni siano rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto sebbene in regime di esenzione.
Specificamente, per effetto di una modifica apportata all’articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, sono state ricondotte al novero delle cessioni di beni e prestazioni di servizi da considerarsi effettuate nell’esercizio di impresa ai fini IVA talune operazioni prima escluse, ovvero le cessioni di beni e le prestazioni di servizi ai soci, associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, o di contributi supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto, effettuate in conformità alle finalità istituzionali da associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona, anche se rese nei confronti di associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, nonché dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali. Inoltre, vengono considerate in ogni caso commerciali, ancorché esercitate da enti pubblici, anche le cessioni di pubblicazioni delle associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona cedute prevalentemente ai propri associati.
Inoltre, mediante una novella all’articolo 10 del medesimo decreto, determinate operazioni rese da enti non profit, fino a quel momento considerate fuori campo IVA, sono state ricomprese nel regime di esenzione. Precisamente, si tratta di:
§
prestazioni di servizi e cessioni di beni ad esse strettamente connesse, effettuate in conformità alle finalità istituzionali da associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona, a fronte del pagamento di corrispettivi specifici, o di contributi supplementari fissati in conformità dello statuto, in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto, nei confronti di soci, associati o partecipanti, di associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, nonché dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali;
§
prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport o dell’educazione fisica rese da associazioni sportive dilettantistiche alle persone che esercitano lo sport o l’educazione fisica ovvero nei confronti di associazioni che svolgono le medesime attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, nonché dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali;
§
cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate in occasione di manifestazioni propagandistiche dagli enti e dagli organismi di cui al primo punto del presente elenco, organizzate a loro esclusivo profitto;
§
somministrazione di alimenti e bevande nei confronti di indigenti da parte delle associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all’articolo 3, comma 6, lettera e), della legge n. 287 del 1991, le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell’interno, sempreché tale attività di somministrazione sia strettamente complementare a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali e sia effettuata presso le sedi in cui viene svolta l’attività.
Il nuovo regime di esenzione IVA sostituisce il regime di esclusione dal campo di applicazione dell’imposta, con la conseguenza che, rispetto alla previgente disciplina, i soggetti sopra richiamati, rientranti nel nuovo regime, sono tenuti all’assolvimento di tutti gli adempimenti previsti dalle disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.
Per ulteriori approfondimenti, si rinvia al dossier relativo al decreto-legge n. 146 del 2021.
Articolo 3, comma 10-bis
(Potenziamento della struttura amministrativa della regione Molise)
L’articolo 3, comma 10-bis introdotto dal Senato prevede che alla regione Molise, fino al 30 giugno 2025, non si applichino i vincoli in materia di assunzione di personale e di stipula di contratti di servizio previsti per gli enti territoriali in caso di mancato rispetto dei termini previsti per l’approvazione dei bilanci di previsione, dei rendiconti e del bilancio consolidato, nonché di mancato invio dei relativi dati alla banca dati delle amministrazioni pubbliche.
L’articolo 3, comma 10-bis, dispone che fino al 30 giugno 2025 la regione Molise possa comunque procedere all’assunzione di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, compresi i processi di stabilizzazione, anche in caso di mancato rispetto dei termini previsti per l’approvazione del bilancio di previsione, del rendiconto, del bilancio consolidato nonché per l’invio dei dati alla banca dati delle amministrazioni pubbliche.
Si ricorda come ai sensi dell’articolo 18, decreto legislativo n. 118 del 2011, le regioni approvano il bilancio di previsione entro il 31 dicembre dell’anno precedente, il rendiconto entro il 31 luglio dell’anno successivo e il bilancio consolidato entro il 30 settembre dell’anno successivo. L’invio dei relativi dati alla banca dati delle amministrazioni pubbliche avviene entro trenta giorni dal termine previsto per l'approvazione.
La norma che stabilisce il limite all’assunzione di personale in caso di mancato rispetto dei termini anzidetti (articolo 9, comma 1-quinquies, del decreto-legge n. 113 del 2016) prevede altresì che gli enti territoriali non possano ricorrere alla stipula di contratti di servizio con soggetti privati a fini elusivi.
Il limite, infine, non si applica alle assunzioni di personale non dirigenziale da inquadrare nel livello iniziale dell'area dei funzionari a tempo indeterminato, di cui all’articolo 19, comma 1, decreto-legge n. 124 del 2019, volte al rafforzamento della capacità amministrativa delle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, delle città metropolitane, delle province, delle unioni dei comuni e dei comuni appartenenti alle predette regioni.
Articolo 3, commi 11-13
(Disposizioni in materia di utilizzo di risorse per la continuità produttiva e aziendale di ILVA)
L’articolo 3, comma 11, modificato nel corso dell’esame del Senato incrementa di 100 milioni di euro il limite massimo complessivo di finanziamenti a titolo oneroso concedibili da parte del Ministero dell’economia e delle finanze alle società, ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria, che gestiscono gli impianti siderurgici di ILVA, al fine di supportarne le indifferibili e urgenti esigenze di continuità produttiva e aziendale, indispensabile per preservarne la funzionalità, e assicurare la salvaguardia dell'ambiente e la sicurezza nei relativi luoghi di lavoro.
Ai sensi del comma 12, i maggiori oneri si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo nazionale del made in Italy.
Ai sensi del comma 13, finanziamento prevede l’applicazione di un tasso di interesse calcolato a condizioni di mercato ed è soggetto a restituzione, per capitale e interessi, in prededuzione rispetto ad ogni altra posizione debitoria della procedura.
Nello specifico, l’articolo 3 al comma 11 innalza da 320 a 420 milioni di euro per il 2024 il limite massimo dei finanziamenti che il Ministero dell’economia e delle finanze (MEF) può concedere, previa richiesta motivata del commissario straordinario, in favore delle società che gestiscono gli impianti siderurgici di ILVA s.p.a., qualora le stesse siano ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria, al fine di supportare le indifferibili e urgenti esigenze di continuità produttiva e aziendale e assicurare la salvaguardia dell’ambiente e la sicurezza nei luoghi di lavoro.
A tale fine, il comma interviene sotto forma di novella al comma 1-sexies dell’articolo 1 del D.L. n. 142/2019 (L. n. 5/2020).
Si segnala che la formulazione originaria del comma 11 dell’articolo 3, nel testo del decreto-legge vigente novella il comma 1 dell’articolo 2 del D.L. n. 4/2024 (L. n. 28/2024). La novella, purtuttavia, non incide sul comma 1 dell’articolo 2 del D.L. n. 4/2024, bensì incide sul comma 1-sexies dell’articolo 1 del D.L. n. 142/2019, come introdotto dall’articolo 2, comma 1 del citato D.L. n. 4/2024. Tale improprio riferimento normativo è stato corretto nel corso dell’esame in sede referente e di conseguenza è stato aggiornato anche il riferimento normativo nel comma 13.
Il comma 12 dispone che ai maggiori oneri derivanti dal comma 11, pari a 100 milioni di euro per l’anno 2024, si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa disposta per l’istituzione del Fondo nazionale del made in Italy.
Si ricorda che il suddetto Fondo, istituito dall’articolo 4, comma 1, della legge n. 206/2023 (cfr. dossier del Servizio Studi), aveva una dotazione iniziale di 700 milioni di euro per l’anno 2023 e di 300 milioni di euro per l’anno 2024. Obiettivo del fondo è sostenere la crescita, il rafforzamento e il rilancio delle filiere strategiche nazionali, anche in riferimento alle attività di approvvigionamento e riuso di materie prime critiche per l’accelerazione dei processi di transizione energetica e allo sviluppo di modelli di economia circolare.
Il Fondo è incrementato con risorse provenienti da soggetti diversi dalle pubbliche amministrazioni ed è autorizzato a investire, a condizioni di mercato e nel rispetto della disciplina sugli aiuti di Stato, nel capitale di società per azioni, anche quotate e anche in forma cooperativa, purché aventi sede legale in Italia e non operanti nel settore bancario, finanziario o assicurativo.
Il metodo di attuazione delle operazioni finanziarie del Fondo, le condizioni di intervento e l’individuazione del veicolo di investimento delle relative risorse sono affidate a un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle imprese e del made in Italy, che allo stato non risulta ancora adottato.
Il comma 13 specifica che tale finanziamento, nell’importo così rideterminato dal comma 11, resta soggetto alle medesime condizioni di restituzione e ai medesimi oneri finanziari a servizio del debito previsti dal comma 1-sexies del medesimo articolo 1 del D.L. n. 142 del 2019. Si ricorda infatti che il finanziamento deve prevedere l’applicazione di un tasso di interesse calcolato a condizioni di mercato ed è soggetto a restituzione, per capitale e interessi, in prededuzione rispetto ad ogni altra posizione debitoria della procedura di amministrazione straordinaria anche in deroga all’articolo 222 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (d.lgs. n. 14 del 2019), recante la disciplina dei crediti prededucibili. Il finanziamento è concesso con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze (MEF), di concerto con il Ministro delle imprese e del made in Italy (MIMIT) previa richiesta motivata del commissario straordinario. Secondo quanto riferisce la relazione illustrativa, il primo decreto interministeriale erogante il finanziamento (cd. “prestito ponte”) è datato 17 luglio 2024.
Si osserva che, mentre il decreto interministeriale del 17 luglio 2024 menzionato dalla relazione illustrativa non risulta pubblicato, preliminare a questo provvedimento deve esser stata la comfort letter della Commissione europea circa il “prestito ponte” di 320 milioni di euro per Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria: secondo quanto riferisce il MIMIT, la lettera esprime una valutazione positiva sui termini del prestito, che prevede un tasso di interesse annuo dell’11,6%.
La relazione illustrativa specifica che l’incremento dell’entità del prestito concedibile, alle condizioni suindicate, si rende necessario per garantire la continuità produttiva ed occupazionale del compendio aziendale di proprietà di ILVA s.p.a., nelle more del completamento dell’aggiudicazione dei compendi da parte dell’amministrazione straordinaria. Tale aggiudicazione sarebbe slittata, secondo quanto riferito dal MIMIT (amministrazione titolare dei poteri di vigilanza sugli organi commissariali) e riportato in relazione illustrativa, al primo quadrimestre del 2025.
ILVA in a.s.
Con decreto del Ministro dello sviluppo economico del 21 gennaio 2015, ILVA s.p.a. è stata ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria a norma dell’articolo 2, comma 2 del D.L. n. 347/2003 (conv. in legge n. 39/2004, cd. “legge Marzano”); ai sensi dell’articolo 4 del medesimo D.L., la società è stata dichiarata insolvente con sentenza del Tribunale di Milano.
Con successivi decreti del Ministero dello sviluppo economico del 20 febbraio 2015 e 17 marzo 2015 e con D.M. 5 dicembre 2016 sono state ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria e dichiarate insolventi con sentenze del Tribunale di Milano ai sensi del citato D.L. n. 347/2003, una serie di società facenti parte del gruppo societario: ILVA Servizi Marittimi s.p.a.; ILVAform s.p.a.; Innse Cilindri s.r.l.; Sanac s.p.a.; Taranto Energia s.r.l.; Socova s.a.s.; Tillet s.a.s. Partecipazioni industriali s.p.a. (già Riva Fire s.p.a. in liquidazione). Sono stati nominati i medesimi commissari straordinari nominati per ILVA s.p.a.
ILVA s.p.a. dunque, in ragione dei suoi requisiti dimensionali occupazionali e di indebitamento, è stata assoggettata, e così le sopra citate altre società del gruppo, alla procedura speciale di ammissione immediata all’amministrazione straordinaria (cd. accesso diretto) di cui al D.L. n. 347/2003 (si rinvia qui, al sito del gruppo ILVA in a.s.).
Secondo quanto poi disposto dall’articolo 2, comma 1 del D.L. n. 1/2015, l’ammissione di ILVA s.p.a. alla procedura concorsuale dell’amministrazione straordinaria ha determinato la cessazione dalla carica del commissario straordinario del governo disposto con D.L. n. 61/2013 per lo svolgimento delle azioni di bonifica ambientale.
L’organo commissariale nominato per la procedura di amministrazione straordinaria è, dunque, subentrato anche nei poteri attribuiti per i piani e le azioni di bonifica previsti dal Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria di ILVA approvato con DPCM 14 marzo 2014 e modificato con DPCM 29 settembre 2017.
In ragione della peculiare situazione di ILVA, le operazioni inerenti la cessione dei beni aziendali di ILVA s.p.a., nell’ambito della procedura di amministrazione straordinaria sono state strettamente connesse, soprattutto a seguito dell’adozione del D.L. n. 98/2016, alla realizzazione delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria contenute nel Piano ambientale. Dicasi al riguardo che – ai sensi della normativa vigente – il termine del programma dei commissari straordinari è stato fatto coincidere con il termine di ultimazione del Piano ambientale di ILVA (da ultimo stabilito al 23 agosto 2023) e comunque fino alla definitiva cessione dei complessi aziendali. Sul punto si rimanda anche a quanto verrà detto infra a commento dell’articolo 15, comma 1, del decreto-legge della cui conversione si discute.
Quanto alla cessione dei beni aziendali, in data 5 giugno 2017, è stato firmato dal Ministro dello sviluppo economico il decreto che ha abilitato i commissari straordinari a procedere alla aggiudicazione dei complessi aziendali del gruppo ILVA s.p.a. ad Am Investco Italy s.r.l, società controllata dalla società indiano lussemburghese ArcelorMittal. L’offerta di Am Investco Italy s.r.l. ha previsto la realizzazione entro il 2023 degli interventi rientranti nel piano ambientale.
AM InvestCo Italy, società controllata da ArcelorMittal, ha quindi sottoscritto, il 28 giugno 2017, un contratto di affitto con obbligo di acquisto dei rami d’azienda ILVA. In seguito, l’investitore ArcelorMittal ha reso nota la propria intenzione di rescindere l’accordo e provvedere al deconsolidamento della partecipazione di AmInvestCo.
Per assicurare la continuità del funzionamento produttivo dell’impianto siderurgico di Taranto della società ILVA s.p.a., il decreto-legge n. 103/2021 ha autorizzato l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa s.p.a. - Invitalia, a sottoscrivere apporti di capitale e ad erogare finanziamenti in conto soci nel limite massimo di 705 milioni di euro (articolo 3, comma 4-bis).
Il 14 aprile 2021, Invitalia, su incarico del Governo italiano, ha quindi sottoscritto, con i contributi assegnati dal Ministero dell’economia e delle finanze, azioni ordinarie per un importo di 400 milioni di euro e, a seguito dell’adesione all’aumento di capitale, ha acquisito una partecipazione del 38% del capitale sociale (cui corrisponde il 50% dei diritti di voto) di AM InvestCo Italy, che ha assunto la denominazione “Acciaierie d’Italia Holding s.p.a.”.
Si rammenta che Acciaierie d’Italia s.p.a è una delle società controllate da Acciaierie d’Italia - ADI Holding. Quest’ultima controlla altre società quali:
- ADI Energia s.r.l.
- ADI Servizi Marittimi s.r.l.
- ADI Tubiforma s.r.l.
- ADI Socova s.a.s.
- ArcelorMittal Italy Services s.r.l. (già in liquidazione).
Con il D.L. n. 115/2022 Invitalia è stata poi autorizzata a sottoscrivere ulteriori aumenti di capitale o diversi strumenti, comunque idonei al rafforzamento patrimoniale, anche nella forma di finanziamento soci in conto aumento di capitale, sino all’importo complessivamente non superiore a 1 miliardo di euro per l’anno 2022 (art. 30, co. 1).
Il closing dell’acquisto (e, dunque, il termine del periodo di affitto) da parte di AM InvestCo poi ADI s.p.a. dei rami d’azienda ILVA, inizialmente previsto al 31 maggio 2022, è stato prorogato al 31 maggio 2024. In vista della scadenza, il 27 maggio 2024 le parti hanno stipulato un nuovo contratto quadro di affitto dei rami d’azienda ricompresi nel complesso aziendale e facenti capo a ILVA e i relativi nuovi contratti di affitto esecutivi, tutti con scadenza al 31 dicembre 2030.
L’articolo 9-bis del D.L. n. 69/2023 ha modificato la disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza di cui all’articolo 2 del D.L. n. 347/2003, prevedendo l’ammissione immediata ai sensi del D.L. n. 347/2003 su iniziativa del socio pubblico con almeno il 30% delle azioni, in caso di inerzia dell’organo amministrativo (art. 2).
Quest’ultima norma è stata modificata dall’articolo 1 del D.L. n. 4/2024. Questo articolo consente, in generale, ai soci (tutti) che detengano almeno il 30 per cento delle quote societarie di ottenere l’ammissione immediata alla procedura di amministrazione straordinaria, in caso di inerzia dell’organo amministrativo (in precedenza, tale facoltà era attribuita nel caso di amministrazioni partecipate dallo Stato, senza specificare se direttamente o anche indirettamente, e al solo socio pubblico detentore di una partecipazione di almeno il 30 per cento).
ADI in a.s.
In data 20 febbraio 2024, il Ministero delle imprese e del made in Italy ha informato (qui il comunicato) che, con decreto del Ministro, Acciaierie di Italia s.p.a. è stata ammessa, con decorrenza immediata, alla procedura di amministrazione straordinaria. È stato nominato commissario straordinario il dott. Giancarlo Quaranta. Il decreto ministeriale segue l’istanza del 18 febbraio 2024, con cui Invitalia, il socio pubblico di AdI titolare del 38% del capitale, ha richiesto al Ministero l’ammissione immediata alla procedura di amministrazione straordinaria della società Acciaierie d’Italia s.p.a. (ADI) ai sensi dell’articolo 1 del decreto-legge n. 4/2023.
In data 29 febbraio 2024, la sezione fallimentare del Tribunale di Milano ha dichiarato lo “stato di insolvenza” per Acciaierie d’Italia s.p.a., aderendo così alla richiesta del socio pubblico di minoranza Invitalia e del commissario straordinario.
Con decreto del Ministro adottato il 1° marzo 2024, le società controllate ADI Energia s.r.l. ADI Servizi Marittimi s.r.l., ADI Tubiforma s.r.l., ADI Socova S.a.s. sono ammesse, in estensione e con decorrenza immediata, alla procedura madre di amministrazione straordinaria aperta nei confronti di ADI, ai sensi di quanto previsto dall’art. 3, comma 3, D.L. 347/2003 (L. n. 39/2004) e dagli articoli 80 e 81 D.lgs. n. 270/1999, ed è stato preposto alle predette società il medesimo organo commissariale nominato per ADI, composto dall’ing. Giancarlo Quaranta, dal prof. Giovanni Fiori e dal prof. Davide Tabarelli (vedasi qui, comunicato MIMIT del 1° marzo 2024).
In data 14 marzo 2024 e 21 marzo 2024, il Tribunale di Milano ha dichiarato lo stato di insolvenza, rispettivamente, di ADI Tubiforma s.r.l., ADI Servizi Marittimi S.r.l., ADI Energia S.r.l. e ADI Socova s.a.s.
Con decreto ministeriale 17 aprile 2024 (in G.U. del 3 maggio 2024) la procedura di amministrazione straordinaria è stata estesa anche alla holding (Acciaierie d’Italia Holding s.p.a.), confermando i commissari straordinari già nominati per le altre società del Gruppo.
In data 26 giugno 2024, i commissari straordinari ADI hanno presentato al MIMIT il programma dell’amministrazione straordinaria di ADI e delle relative controllate che contempla, tra l’altro, condizioni e termini della procedura di vendita.
In data 2 luglio 2024, i commissari straordinari ILVA hanno presentato al MIMIT una modifica al programma dell’amministrazione straordinaria con riferimento ad ILVA ed alle sue controllate, che contempla, tra l’altro, condizioni e termini della procedura di vendita.
Con il successivo invito a manifestare interesse all’acquisto, sottoscritto dai commissari straordinari di ILVA in a.s. (Danovi, Di Ciommo e Savi) e di ADI in a.s. (Fiori, Quaranta e Tabarelli), del 31 luglio 2024, i commissari hanno indicato la volontà di espletare congiuntamente, la procedura di vendita dei beni e complessi aziendali facenti capo a ILVA e alle relative controllate, nonché di taluni specifici beni e rapporti facenti capo ad ADI e alle sue controllate.
Gli investitori hanno potuto manifestare il loro interesse entro il 20 settembre 2024. In date 3 ottobre 2024, il Ministro delle imprese e del made in Italy, Sen. Adolfo Urso, rispondendo ad un question time al Senato, ha informato che “al termine della prima fase della procedura di vendita sono pervenute 15 manifestazioni di interesse da parte di diversi player nazionali e internazionali per l’ex ILVA: tre con riferimento all’intero complesso aziendale, dieci con riferimento a singoli rami di azienda due con riferimento a un singolo bene”. Lo stesso Ministro ha inoltre affermato di confidare che la procedura possa chiudersi con l’assegnazione di tutto l’asset produttivo in blocco ad un unico player. Se non si frappongono ostacoli, l’assegnazione potrebbe avvenire già agli inizi del 2025. Nella stessa sede, il Ministro Urso ha informato che è stato attivato il pagamento dei crediti nei confronti delle aziende dell’indotto.
L’11 gennaio 2025 i commissari straordinari di ADI in a.s. e di ILVA in a.s. hanno comunicato che, entro il termine fissato al 10 gennaio 2025, sono pervenute dieci offerte per l’acquisizione degli stabilimenti ex ILVA, precisando che la scadenza, precedentemente prorogata a dicembre 2024, ha consentito una più ampia partecipazione al processo di presentazione delle offerte.
Come riportato nella relazione illustrativa che accompagna la conversione del decreto-legge n. 202/2024 (cd. proroga termini), il MIMIT avrebbe riferito che il completamento dell’aggiudicazione dei compendi da parte dell’amministrazione straordinaria è slittato al primo quadrimestre del 2025.
In risposta all’interpellanza urgente Bonelli n. 2-00512 (chiarimenti in ordine allo stato delle passività di Acciaierie d’Italia e ai costi a carico dello Stato dal 2012), la Sottosegretaria di Stato per le imprese e il made in Italy, Fausa Bergamotto ha riferito alla Camera dei deputati che, alla data del 24 gennaio 2025, il passivo di ADI, complessivamente ammesso, ammonta a 1.580 milioni. Devono tuttavia essere ancora esaminate domande tardive, già presentate, per 648 milioni. La verifica dei crediti tempestivi di ADI Holding, così come quella delle istanze tardive di ADI Spa, si terrà invece a marzo 2025.
Per quanto riguarda i finanziamenti statali erogati, il Governo sottolinea che ILVA in a.s. ha beneficiato per circa 600 milioni tra il 2012 e il 2015, così distribuiti: 300 milioni erogati con il decreto-legge n. 83 del 2012 e altri 300 milioni con il decreto-legge n. 191 del 2015 per far fronte alle esigenze finanziarie. Vi è poi un finanziamento di ulteriori 400 milioni, ai sensi del decreto-legge n. 1 del 2015 erogato da istituti di credito per garanzie MEF, queste ultime però sono risorse private e non statali. Risorse statali sono state utilizzate per l’ingresso di Invitalia nel capitale sociale della società AM InvestCo Italy, con un aumento di capitale sottoscritto e versato, nell’aprile 2021, pari a 400 milioni – da allora ArcelorMittal ha cambiato la propria denominazione sociale in Acciaierie d’Italia – e, ancora, per il finanziamento soci disposto da Invitalia ad ADI nel 2023 per 680 milioni. Con riferimento al finanziamento ponte disposto a favore di ADI nel 2024 per 320 milioni di euro, il Governo specifica che non si tratta di un costo, ma di un finanziamento erogato a condizioni di mercato.
Infine, la Sottosegretaria ha informato che, il 23 gennaio 2025, il Consiglio dei ministri ha deliberato lo stanziamento di ulteriori 250 milioni per Acciaierie d’Italia, al fine di portare avanti le azioni necessarie, perché l’asset continui a operare fino al completamento delle procedure di assegnazione.
Sostegno alle imprese
Si rammenta che, dall’anno 2015, il legislatore è intervenuto per assicurare alcune forme di sostegno alle imprese fornitrici del gruppo ILVA in amministrazione straordinaria, fortemente in crisi. Tali misure si sono consustanziate, essenzialmente, in un sostegno al credito tramite l’intervento in garanzia del Fondo di garanzia per le PMI con predisposizione di apposita riserva, ovvero in contributi in conto interessi sui finanziamenti così garantiti accesi dalle predette imprese.
In particolare, l’articolo art. 2-bis D.L. n. 1/2015 ha disposto la costituzione di una riserva – fino a 35 milioni di euro – a valere sulle risorse del Fondo di garanzia PMI per sostenere l’accesso al medesimo fondo delle PMI fornitrici di beni o servizi connessi al risanamento ambientale o funzionali alla continuazione dell’attività di società gestrici almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale ai sensi del succitato D.L. n. 207/2012 (cd. D.L. ILVA) assoggettate ad amministrazione straordinaria, ovvero creditrici, per le medesime causali, nei confronti di società rispondenti ai suddetti requisiti. In attuazione, è stato adottato il DM 17 ottobre 2016. La percentuale massima di garanzia diretta e di controgaranzia del Fondo è stata riconosciuta nell’80%, fino all’importo massimo garantito di euro 2,5 milioni, senza oneri o spese e a condizione che sulle operazioni finanziarie assistite dal Fondo non venisse acquisita dai finanziatori nessun’altra garanzia reale, bancaria, personale o assicurativa. Al decreto è seguita la circolare operativa n. 1/2017 del MedioCredito Centrale, che ha dato indicazione dell’entrata in vigore della misura, il 27 gennaio 2017 per un massimo di 12 mesi. La circolare ha specificato che il fatturato delle imprese beneficiarie dovesse essere costituito per almeno il 50%, per due esercizi anche non consecutivi, successivi a quello in corso al 31 dicembre 2010, da forniture di beni e servizi a imprese che gestiscono almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale.
Più recentemente, l’articolo 2-bis del D.L. n. 4/2024, ha riconosciuto condizioni agevolate di accesso al Fondo di garanzia PMI a favore delle PMI che incontrano difficoltà di accesso al credito a causa dell’aggravamento della posizione debitoria di imprese committenti che gestiscono almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale ai sensi dell’articolo 1 del D.L. n. 207/2012, c.d. D.L. ILVA (L. n. 231/2012) in amministrazione straordinaria in data successiva al 3 febbraio 2024.
La garanzia del Fondo di garanzia PMI è riconosciuta a titolo gratuito, su finanziamenti di importo massimo pari ai crediti vantati nei confronti dell’impresa committente, fino alla misura:
a)
dell’80 per cento dell’importo del finanziamento, nel caso di garanzia diretta;
b)
del 90 per cento del finanziamento garantito dal garante di primo livello, nel caso di riassicurazione.
Sono ammesse anche le PMI che, secondo le condizioni di ammissibilità del Fondo, non sarebbero ammesse, in quanto rientranti nella fascia 5 del modello di valutazione. La garanzia del Fondo è concedibile dal 3 febbraio 2024 fino alla chiusura della procedura di amministrazione straordinaria.
Le PMI devono aver prodotto, in un periodo non risalente oltre cinque esercizi precedenti la data di presentazione della richiesta di garanzia, almeno il 35% (anziché il 50%) del fatturato medio complessivo (viene qui specificato) nei confronti del committente sottoposto alle procedure di amministrazione straordinaria
[26]
.
In relazione ai finanziamenti così garantiti dal Fondo, l’articolo 2-ter, comma 1, del medesimo D.L. n. 4/2024, riconosce la possibilità di fruire, nei limiti della disciplina sugli aiuti di Stato de minimis di un contributo a fondo perduto finalizzato ad abbattere il tasso di interesse applicato sulle medesime operazioni. L’effetto del contributo è quello di ridurre della metà il tasso di interesse contrattuale.
Da ultimo, la legge di bilancio 2025 (articolo 1, commi da 201 a 205, legge n. 207/2024) ha istituito, nello stato di previsione del MIMIT, un Fondo a sostegno dell’indotto della società ILVA s.p.a. in a.s., dotato di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2025-2027, specificamente volto a erogare un contributo a fondo perduto da concedere nel rispetto della disciplina europea sugli aiuti di stato di importanza minore (cd. de minimis). Il contributo è riconosciuto alle piccole e medie imprese fornitrici di beni o servizi connessi al risanamento ambientale o funzionali alla continuazione dell’attività degli impianti e il cui fatturato derivi esclusivamente o prevalentemente da rapporti commerciali con le imprese che gestiscono gli impianti siderurgici della società ILVA. Con decreto interministeriale verranno disciplinate le modalità di attuazione del fondo, con particolare riguardo alla individuazione delle imprese interessate e all’importo massimo del contributo concedibile.
Articolo 3, comma 14
(Disposizioni in materia di cessioni di compendi assicurativi e allineamento di valori contabili per le imprese)
L’articolo 3, comma 14, estende da uno a due esercizi la possibilità per le imprese di assicurazione e riassicurazione cessionarie di valutare gli attivi finanziari, non destinati a permanere durevolmente nel loro patrimonio, in base al loro valore di rilevazione iniziale, anziché al minore tra il valore di rilevazione iniziale e il valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato, fatta eccezione per le perdite di carattere durevole (lettera a)). Inoltre, estende al 31 dicembre 2025 (rispetto al 30 marzo 2025) il periodo entro il quale è consentita la medesima facoltà di cui alla lettera precedente alle imprese di assicurazione che redigono il bilancio d’esercizio sulla base dei principi contabili nazionali che acquisiscano un compendio aziendale dalle anzidette imprese cessionarie (lettera b)).
Nel dettaglio, l’articolo 3, comma 14, come modificato in sede referente, apporta due modificazioni all’articolo 5 del decreto-legge n. 131 del 2023, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 169 del 2023, recante disposizioni in materia di cessioni di compendi assicurativi e allineamento di valori contabili per le imprese (specificazione introdotta nel corso dell’esame in Commissione).
In particolare, la lettera a), tramite una modifica del comma 1 dell’articolo 5, estende all’esercizio in corso al 2025 (e quindi non solo a quello in corso al 2024 precedentemente previsto) la facoltà per le imprese di assicurazione e riassicurazione che non utilizzano i principi contabili internazionali che acquisiscono un compendio aziendale da un'impresa di assicurazione posta in liquidazione coatta amministrativa, se non destinato a permanere durevolmente nel patrimonio, di rilevare inizialmente in bilancio gli attivi finanziari riferiti alle gestioni separate al valore di carico, ovvero il valore corrisposto alla data di trasferimento, come risultante dal libro mastro del cedente, anziché al prezzo di cessione.
La lettera b) del comma in esame, inoltre, tramite una modifica del comma 2 del menzionato articolo 5, estende al 31 dicembre 2025 (anziché al 30 marzo 2025) l’applicazione della medesima facoltà di cui al comma 1 agli ulteriori soggetti cessionari di tali compendi aziendali.
Nella relazione illustrativa, il Governo chiarisce che l’estensione di tali termini ha la finalità di consentire ai soggetti potenzialmente interessati di poter beneficiare della norma, in considerazione della complessità - e dei conseguenti tempi richiesti dal compimento – delle operazioni necessarie.
Si ricorda sinteticamente che, nel testo previgente, il menzionato articolo 5 del decreto-legge n. 131 del 2023 consente alle imprese di assicurazione che non utilizzano i principi contabili internazionali, nel caso in cui acquisiscano un compendio aziendale da parte di un’altra impresa di assicurazione in liquidazione coatta amministrativa, di rilevare inizialmente in bilancio gli attivi finanziari riferiti alle gestioni separate al valore di carico, anziché al prezzo di cessione. Tale rilevazione contabile rileva anche ai fini dell’IRES e dell’IRAP. Gli atti relativi a dette cessioni sono sottoposti a imposta di registro e ipocatastali in misura fissa.
L’articolo consente inoltre al cessionario di valutare, nell’esercizio in corso al 30 settembre 2023 e nel successivo (termine esteso dalla disposizione in esame ai due esercizi successivi, cioè a quello in corso nel 2025), i predetti attivi finanziari, se non destinati a permanere durevolmente nel patrimonio, sulla base del loro valore di rilevazione iniziale, in luogo del minore tra il valore di rilevazione iniziale e il valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato, fatta eccezione per le perdite di carattere durevole.
Sono previste disposizioni di analogo tenore – tranne che per alcuni effetti fiscali – anche nei confronti delle imprese assicurative che acquistano, entro il 30 marzo 2025 (termine esteso dalla disposizione in esame al 31 dicembre 2025), compendi aziendali dalle predette imprese cessionarie.
Articolo 3, commi 14-bis e 14-ter
(Rendicontazione di sostenibilità)
L’articolo 3, commi 14-bis e 14-ter, inseriti nel corso dell’esame del Senato, introducono delle proroghe in materia di rendicontazione di sostenibilità.
Nello specifico, i revisori devono aver maturato, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, almeno 5 crediti formativi nelle materie caratterizzanti la rendicontazione e l’attestazione della sostenibilità, ai fini del rilascio dell’attestazione di conformità della rendicontazione di sostenibilità per l’esercizio chiuso al 31 dicembre 2024.
Limitatamente alle violazioni in materia di dichiarazioni non finanziarie concernenti gli esercizi iniziati in data anteriore al 1° gennaio 2024 continua ad applicarsi la disciplina previgente.
L’articolo 3, commi 14-bis e 14-ter, inseriti in sede referente, introducono delle proroghe in materia di rendicontazione di sostenibilità di cui al decreto legislativo 6 settembre 2024, n. 125.
Nello specifico, il comma 14-bis definisce il requisito minimo che i revisori legali devono possedere per l’assunzione di incarichi di attestazione di conformità della rendicontazione di sostenibilità con riferimento all’esercizio chiuso al 31 dicembre 2024.
Più precisamente, nelle more di adozione del decreto del Ministero dell’economia e delle finanze di cui all’articolo 6, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 39 del 2010, i revisori legali - ivi incaricati - possono rilasciare l'attestazione della sostenibilità relativamente all’esercizio chiuso al 31 dicembre 2024, a condizione che abbiano maturato, ai sensi dell'articolo 5 del citato decreto legislativo n. 39 del 2010, almeno cinque crediti formativi nelle materie caratterizzanti la rendicontazione e l'attestazione della sostenibilità. La disposizione de quo precisa che tali crediti formativi debbano essere maturati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge.
Con il successivo comma 14-ter, si precisa che continuano ad applicarsi le disposizioni contenute negli articoli 8 (sanzioni) e 9 (poteri e coordinamento tra le Autorità) del decreto legislativo 30 dicembre 2016, n. 254, ancorché tale decreto sia stato abrogato con l’entrata in vigore del citato decreto legislativo n. 125 del 2024, limitatamente alle violazioni in materia di dichiarazioni non finanziarie concernenti gli esercizi iniziati in data anteriore al 1° gennaio 2024. Si precisa, altresì, che trova applicazione anche la relativa disciplina attuativa (regolamento adottato da CONSOB con deliberazione 18 gennaio 2018, n. 20267).
A tale riguardo, si precisa che il decreto legislativo 30 dicembre 2016 n. 254 recava l’obbligo di pubblicare una dichiarazione (individuale o consolidata) di carattere non finanziario ("Dnf") in capo agli enti di interesse pubblico rilevanti (Eipr) che presentavano determinati requisiti dimensionali.
Più precisamente, per l’individuazione degli enti di interesse pubblico rilevanti si faceva riferimento alla definizione contenuta nell’articolo 16 del decreto legislativo n. 39 del 2010, ovverosia: (i) società italiane emittenti valori mobiliari quotati in un mercato regolamentato italiano o dell'Unione Europea; (ii) banche, (iii) imprese di assicurazione e (iv)imprese di riassicurazione.
L’obbligo di pubblicazione della dichiarazione di carattere non finanziario sussisteva laddove tali enti avessero avuto, in media, durante l'esercizio finanziario: un numero di dipendenti superiore a 500 e, alla data di chiusura del bilancio, avessero superato almeno uno dei due seguenti limiti dimensionali:
a) totale dello stato patrimoniale: 20.000.000 di euro;
b) totale dei ricavi netti delle vendite e delle prestazioni: 40.000.000 di euro.
L'articolo 7 del citato decreto legislativo n. 254 del 2016 prevedeva, inoltre, che anche soggetti diversi dagli Eipr potevano, in via volontaria, pubblicare una dichiarazione di carattere non finanziario, apponendo sulla dichiarazione la "dicitura di conformità" della medesima, qualora la stessa fosse stata redatta attenendosi alle disposizioni del decreto medesimo.
Dal 25 settembre 2024 (data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 125 del 2024) tale decreto legislativo è stato abrogato.
La direttiva (UE) 2022/2464, in vigore dal 1° gennaio 2023, ha modificato una serie di atti legislativi previgenti dell’Unione al fine di rafforzare la normativa sulla rendicontazione non finanziaria, nell’intento di renderla più idonea alla transizione dell’Unione europea verso un’economia sostenibile. In particolare, si introducono requisiti di rendicontazione più dettagliati, garantendo che le grandi società e le PMI quotate siano tenute a pubblicare informazioni su questioni rilevanti ai fini della sostenibilità, quali diritti ambientali, diritti sociali, diritti umani e fattori di governance.
In particolare, l’articolo 1 del documento de quo modifica la direttiva 2013/34/UE introducendo, tra l’altro: una rendicontazione di sostenibilità per le imprese di grandi dimensioni e le piccole e medie imprese che sono enti di interesse pubblico, con l’esclusione delle microimprese (nuovo articolo 19-bis), nonché per le imprese madri di un gruppo di grandi dimensioni (nuovo articolo 29-bis). Questi soggetti dovranno includere, nelle proprie relazioni sulla gestione, informazioni necessarie alla comprensione dell’impatto dell’impresa o del gruppo sulle questioni di sostenibilità, nonché informazioni necessarie alla comprensione del modo in cui le questioni di sostenibilità influiscono sull’andamento dell’impresa o del gruppo, sui suoi risultati e sulla sua situazione.
In Italia tale direttiva è stata recepita con il decreto legislativo 6 settembre 2024, n. 125, in vigore dal 25 settembre 2024.
In particolare, ai sensi dell’articolo 3 del citato decreto legislativo, le imprese classificabili come “imprese di grandi dimensioni” o come “piccole e medie imprese quotate” sono tenute a riportare, in apposita sezione della relazione di gestione, la rendicontazione individuale di sostenibilità, nonché i contenuti e gli obiettivi della rendicontazione. Si prevede che la relazione sulla gestione sia resa nel rispetto degli standard definiti dalla Commissione, in formato elettronico di comunicazione e che la rendicontazione di sostenibilità debba essere marcata al suo interno come tale.
Ai sensi dell’articolo 4, le società madri che redigono il bilancio consolidato, ai sensi del decreto legislativo n. 127 del 1991, di un gruppo di grandi dimensioni sono tenute a riportare, in apposita sezione della relazione consolidata di gestione, la rendicontazione consolidata di sostenibilità. Sono, pertanto, riportati i contenuti e gli obiettivi della rendicontazione, nonché le segnalazioni che la società madre è tenuta a fare qualora una o più società figlie non forniscano informazioni sulla sostenibilità delle loro attività nella relazione consolidata sulla gestione o qualora l’impatto delle loro attività sulle questioni di sostenibilità sia significativamente differente rispetto al gruppo. La relazione consolidata sulla gestione è previsto che venga resa nel rispetto degli standard definiti dalla Commissione, in formato elettronico di comunicazione, e che la rendicontazione di sostenibilità debba essere specificamente marcata al suo interno.
L’articolo 5 stabilisce che le società figlie e le succursali di società madri extra-europee debbano pubblicare e rendere disponibile, se la società madre o il gruppo genera ricavi netti nel territorio dell’Unione superiori a 150 milioni di euro, la relazione di sostenibilità e l’attestazione sulla conformità della rendicontazione di sostenibilità. Qualora non sia fornito dalle società madri extra-europee quanto necessario per adempiere a tale obbligo le società figlie e le succursali redigono con le informazioni in loro possesso la relazione di sostenibilità e rilasciano una dichiarazione su quanto non fornito dalla società madre.
L’articolo 8 dispone che la relazione attestante la conformità della rendicontazione di sostenibilità alle norme del presente decreto sia prodotta da un revisore abilitato ai sensi del decreto legislativo n. 39 del 2010.
Il revisore incaricato può essere:
(a) il medesimo revisore incaricato della revisione legale del bilancio;
(b) una società di revisione legale abilitata ai sensi del decreto legislativo n. 39 del 2010, anche la stessa incaricata della revisione legale del bilancio, purché l’attestazione sulla conformità sia firmata da un revisore della rendicontazione di sostenibilità.
L’incarico di attestazione della conformità della relazione di sostenibilità delle imprese di paesi terzi può essere, altresì, conferito a un revisore della sostenibilità abilitato ai sensi del decreto legislativo n. 39 del 2010, o a un soggetto autorizzato secondo le norme nazionali del diritto della società madre extra-europea.
In tal senso, l’articolo 9 introduce delle modifiche al decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39, che dà attuazione alla direttiva 2006/43/CE, relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati. Tali norme sono volte a recepire, nell’ordinamento nazionale, le novità introdotte dalla direttiva 2022/2464/UE alla direttiva 2006/43/CE (c.d. direttiva Audit) in materia di disciplina dell’attività di attestazione della conformità della rendicontazione di sostenibilità.
In particolare, si introduce la figura del revisore della sostenibilità, ossia del soggetto, iscritto nel Registro dei revisori legali, abilitato allo svolgimento degli incarichi finalizzati alla attestazione della conformità della rendicontazione di sostenibilità, introducendo conseguentemente alcuni nuovi requisiti professionali richiesti per l’iscrizione al Registro medesimo.
Nello specifico, si modifica la disciplina del tirocinio, finalizzando lo stesso all’acquisizione della capacità di applicare concretamente le conoscenze teoriche necessarie per il superamento dell'esame di idoneità professionale per l’esercizio dell’attività di revisore contabile, sempre al fine di integrarle con la nuova figura del revisore di sostenibilità. Nell’esame di idoneità professionale per l’abilitazione all’esercizio della revisione legale si inseriscono nuove materie, in modo da adeguarlo anche all’attività di attestazione della conformità della rendicontazione di sostenibilità: (a) obblighi legali e principi concernenti la redazione della rendicontazione annuale e consolidata di sostenibilità; (b) analisi della sostenibilità; (c) procedure di dovuta diligenza in relazione alle questioni di sostenibilità; (d) obblighi legali e principi di attestazione della conformità per la rendicontazione di sostenibilità.
In materia di formazione continua di cui all’articolo 5 del legislativo n. 39 del 2010, si stabilisce che il programma di aggiornamento – definito annualmente dal MEF – riguarda anche le materie caratterizzanti l’attestazione di conformità della rendicontazione di sostenibilità e che i revisori abilitati al rilascio all’attestazione della conformità della rendicontazione di sostenibilità devono acquisire almeno venticinque crediti formativi ogni anno solare, di cui almeno dieci caratterizzanti la revisione legale dei conti e almeno dieci caratterizzanti la sostenibilità.
Con specifico riferimento all’iscrizione nel Registro dei revisori legali, all’articolo 6 del citato decreto legislativo n. 39 del 2010 viene inserito il comma 1-bis, secondo il quale il Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministero della giustizia, sentita la CONSOB, definisce, con decreto, il contenuto e le modalità di presentazione della domanda di abilitazione dei revisori e delle società di revisione allo svolgimento dell’attività di attestazione della conformità della rendicontazione di sostenibilità, nonché il contenuto, le modalità e i termini di trasmissione delle informazioni e dei loro aggiornamenti da parte degli iscritti nel Registro.
Per maggiori approfondimenti si rinvia al dossier di documentazione relativo all’A.G. 106.
Articolo 3, comma 14-quater
(Indennità di funzione nei comuni dei crateri sisma 2016)
L’articolo 3, comma 14-quater, introdotto nel corso dell’esame del Senato, proroga di un anno, fino al 31 dicembre 2025, la facoltà per i comuni rientranti nella c.d. zona rossa e con popolazione inferiore a 5.000 abitanti di applicare l’indennità di funzione prevista per la classe di comuni con una popolazione compresa tra 10.001 e 30.000 abitanti.
L’articolo 3, comma 14-quater, interviene sulla validità temporale della deroga contenuta nell’articolo 44, comma 2-bis, del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189 (Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 2016), convertito con modificazioni dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229, estendendola di un anno, fino al 31 dicembre 2025.
Si tratta di una norma che interviene in favore dei comuni con meno di 5.000 abitanti individuati da un’ordinanza sindacale nella c.d. zona rossa ai quali è attribuita la facoltà di applicare l’indennità di funzione per la classe di comuni con una popolazione compresa tra 10.001 e 30.000 abitanti e in deroga a quanto previsto in materia dall’articolo 82 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico degli enti locali-TUEL) e dall'articolo 1, comma 136, della legge 7 aprile 2014, n. 56.
L'articolo 82 del TUEL, in particolare, introduce alcuni parametri relativi al trattamento economico degli amministratori locali, demandando ad un decreto del Ministero dell'interno la determinazione monetaria del trattamento.
Tali indennità sono, infatti, stabilite dal regolamento contenuto dal decreto del Ministro dell'interno 4 aprile 2000, n. 119 ma tengono, altresì, conto delle eventuali riduzioni previste dall’articolo 61, comma 10, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, da applicarsi ai danni di tutti gli enti che non abbiano rispettato nell’anno precedente il patto di stabilità.
Infine, l’articolo 1, comma 136 della sopracitata legge n. 56/2014 contiene disposizioni relative alla composizione e agli oneri derivanti dalle attività svolte dagli amministratori locali per quel che concerne i comuni fino a 3.000 abitanti e quelli dai 3.001 ai 10.000.
Articolo 3, comma 14-quinquies
(Alleggerimento degli oneri da indebitamento degli enti locali)
Il comma in esame, introdotto nel corso dell’esame al Senato, reca una proroga all’anno 2025 di alcune misure specifiche previste per gli anni 2023 e 2024 a favore degli enti locali correlate con le esigenze poste dalle difficoltà determinate dall’emergenza dovuta all'aumento dei costi energetici.
In particolare, si consente agli enti locali, in considerazione dell’emergenza energetica in corso, di poter effettuare, anche nell’anno 2024, operazioni di rinegoziazione o sospensione della quota capitale di mutui e di altre forme di prestito contratto con banche, intermediari finanziari e Cassa depositi e prestiti.
Inoltre, in caso di adesione, da parte dell'ente locale, ad accordi promossi dall'Associazione Bancaria Italiana (Abi) e dalle associazioni degli enti locali che prevedono la sospensione della quota capitale delle rate di ammortamento dei finanziamenti in essere, la eventuale sospensione della quota capitale dei mutui bancari in scadenza nell'anno 2023 e 2024 possa avvenire in deroga alle regole dell’art. 204 del TUEL, fermo restando il pagamento delle quote interessi alle scadenze contrattualmente previste.
Si rammenta che l’articolo 3-ter del decreto-legge n. 198 del 2022 – la cui applicazione è ora estesa all’anno 2024 dalla disposizione in esame – reca disposizioni a favore degli enti locali, correlate con le esigenze poste dalle difficoltà determinate dall’emergenza dovuta all'aumento dei costi energetici.
In particolare, il comma 2 consente agli enti locali nel corso dell'anno 2023, in considerazione dell’emergenza energetica, di rinegoziare o sospendere con deliberazione di giunta, la quota capitale di mutui e altre forme di prestito contratto con le banche, gli intermediari finanziari e la Cassa depositi e prestiti, anche in esercizio provvisorio [27] , fermo restando l’obbligo di provvedere successivamente alle relative iscrizioni nel bilancio di previsione.
Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, mediante deliberazione dell'organo esecutivo, fermo restando l'obbligo di provvedere alle relative iscrizioni nel bilancio di previsione
Sempre in considerazione dei maggiori costi energetici, il comma 3 interviene nella facilitazione dell’attuazione di eventuali accordi siglati tra ABI e le associazioni rappresentative degli enti locali. In particolare, il comma prevede che, in caso di adesione ad accordi promossi dall'Associazione Bancaria Italiana (Abi) e dalle associazioni degli enti locali che prevedono la sospensione delle quote capitale delle rate di ammortamento dei finanziamenti in essere in scadenza nell'anno 2023, con conseguente modifica del relativo piano di ammortamento, tale sospensione può avvenire anche in deroga alle disposizioni di cui all’art. 204, comma 2, del TUEL, riguardanti la disciplina dei piani di ammortamento dei mutui contratti dagli enti locali [28] , e senza la verifica di convenienza di cui all’art. 41, commi 2 e 2-bis, della legge 448 del 2001, prevista per la conversione di mutui, per le operazioni di ammortamento del debito e per le operazioni in strumenti derivati da parte degli enti locali [29] .
Resta fermo in ogni caso il pagamento delle quote interessi alle scadenze contrattualmente previste. Le sospensioni di cui al comma 3 non comportano il rilascio di nuove garanzie, essendo le stesse automaticamente prorogate al fine di recepire la modifica del piano di ammortamento.
Le norme di facilitazione procedurale introdotte dall’articolo 3-ter, commi 2-3, del D.L. n. 198/2022 potranno avere effetti concreti solo in presenza di effettive operazioni di rinegoziazione da parte della Cassa Depositi e Prestiti e/o delle banche.
Articolo 3, comma 14-sexies
(Proroga di termini in materia di svolgimento delle assemblee di società ed enti)
L’articolo 3, comma 14-sexies, introdotto nel corso dell’esame del Senato, estende l'applicabilità delle norme sullo svolgimento delle assemblee ordinarie di società ed enti, disposte dall'articolo 106 del decreto legge n. 18 del 2020, alle assemblee sociali tenute entro il 31 dicembre 2025.
Il comma estende l’applicabilità delle norme disposte dall’articolo 106 del decreto-legge n. 18 del 2020 relative allo svolgimento delle assemblee ordinarie delle S.p.A., delle società in accomandita per azioni, delle società a responsabilità limitata, delle società cooperative e delle mutue assicuratrici, nonché delle associazioni e delle fondazioni. L'applicabilità di tali norme era stata già estesa dal 31 dicembre 2020 al 31 luglio 2021 per effetto dell'articolo 3, comma 6, lettera b) del decreto-legge n. 183 del 2020, quindi al 31 dicembre 2021 dall’articolo 6, comma 1, del decreto-legge n. 105 del 2021, poi al 31 luglio 2022 dall'articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 228 del 2021, in seguito, dall’articolo 3, comma 10-undecies, del decreto legge 198 del 2022, al 31 luglio 2023; successivamente, al 30 aprile 2024 dall’articolo 3, comma 12-duodecies, del decreto-legge n. 215 del 2023. L’ultima proroga è avvenuta con l’approvazione della legge n. 21 del 2024 (Legge sulla competitività dei capitali) che, all’articolo 11, comma 2, dispone che il termine di applicazione delle norme sullo svolgimento delle assemblee ordinarie è spostato al 31 dicembre 2024.
Per effetto della disposizione in esame, il termine di applicabilità delle norme sullo svolgimento delle assemblee ordinarie disposte dall'articolo 106 del decreto legge n. 18 del 2020 viene ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2025.
Si ricorda che il comma 2 del richiamato articolo 106 consente un più ampio ricorso ai mezzi di telecomunicazione per lo svolgimento delle assemblee, anche in deroga alle disposizioni statutarie.
In particolare, viene stabilito che le S.p.A., le società in accomandita per azioni (S.a.p.A.), le s.r.l. e le società cooperative e le mutue assicuratrici, anche in deroga alle diverse disposizioni statutarie, con l’avviso di convocazione delle assemblee ordinarie o straordinarie possono prevedere che:
? il voto venga espresso in via elettronica o per corrispondenza;
? l'intervento all’assemblea avvenga mediante mezzi di telecomunicazione;
? l’assemblea si svolga, anche esclusivamente, mediante mezzi di telecomunicazione che garantiscano l’identificazione dei partecipanti, la loro partecipazione e l’esercizio del diritto di voto, ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 2370, quarto comma, 2479-bis, quarto comma, e 2538, sesto comma, codice civile senza in ogni caso la necessità che si trovino nel medesimo luogo, ove previsti, il presidente, il segretario o il notaio. In aggiunta, con esclusivo riferimento alle s.r.l., il comma 3 consente che l’espressione del voto avvenga mediante consultazione scritta o per consenso espresso per iscritto.
Il comma 6 prevede che anche le banche popolari, le banche di credito cooperativo, le società cooperative e le mutue assicuratrici, in deroga alle disposizioni legislative e statutarie che prevedono limiti al numero di deleghe conferibili ad uno stesso soggetto, possano designare per le assemblee ordinarie o straordinarie il rappresentante previsto dall’articolo 135-undecies del TUF. Le medesime società possono altresì prevedere nell’avviso di convocazione che l’intervento in assemblea si svolga esclusivamente tramite il predetto rappresentante designato. Viene tuttavia esclusa l'applicabilità del comma 5 dell'articolo 135-undecies del TUF, per cui viene esclusa la possibilità di esprimere un voto difforme rispetto alle istruzioni impartite dal delegante. Il termine per il conferimento della delega è fissato al secondo giorno precedente la data di prima convocazione dell’assemblea.
Articolo 3, comma 14-septies
(Accertamento e riscossione entrate locali)
L’articolo 3, comma 14-septies, introdotto nel corso dell’esame del Senato, proroga i termini previsti dall’articolo 18, comma 1, del decreto n. 289 del 2000 e dall’articolo 12, comma 1, lettera a) del decreto n. 101 del 2022 al 30 settembre 2025 e prevede la revisione dei citati decreti in modo da adeguare la disciplina dell’articolo 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997, relativa all’albo per l'accertamento e riscossione delle entrate degli enti locali, alla normativa dell’UE.
Infine, l’articolo in commento, interpreta gli articoli 52, comma 5, lettera b), n. 1 e 53, comma 1, conformemente alla disciplina unionale, nel senso che le società di scopo o di progetto non sono iscritte all’albo se la società aggiudicataria del bando di gara per l’affidamento del servizio di accertamento e di riscossione delle entrate degli enti locali, socia delle società menzionate, sia già iscritta all’albo. Di conseguenza, gli atti emessi dalle società di scopo o di progetto sono ritenuti legittimi, in quanto emessi in luogo dell’aggiudicatario, obbligato in solido all’adempimento di tutte le prestazioni erogate dalle società.
In particolare, il comma 14-sexies, interviene sull’articolo 3 del decreto-legge n. 202 del 2024 recante «Disposizioni urgenti in materia di termini normativi» che disciplina la proroga di termini in materia economica e finanziaria, come segue.
1. L’articolo in commento proroga al 30 settembre 2025 il termine del 31 marzo previsto:
- dall’articolo 18, comma 1, del decreto n. 289 del 2000 recante il «Regolamento relativo all'albo dei soggetti abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni, da emanarsi ai sensi dell'articolo 53, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.»;
- dall’articolo 12, comma 1, lettera a) del decreto n. 101 del 2022 del Ministero dell’economia e delle Finanze recante «Regolamento relativo alla definizione dei criteri di iscrizione obbligatoria in sezione separata dell'albo dei soggetti abilitati ad effettuare attività di accertamento e di riscossione dei tributi e delle altre entrate delle province e dei comuni, per i soggetti che svolgono esclusivamente le funzioni e le attività di supporto propedeutiche all'accertamento e alla riscossione delle entrate degli enti locali e delle società da essi partecipate».
Il menzionato articolo 18, comma 1, del decreto n. 289 del 2000, abrogato dal decreto n. 101 del 2022, continua ad essere applicato ai sensi dell’articolo 23, comma 2, del decreto da ultimo citato il quale stabilisce che “Le iscrizioni nell'albo eseguite ai sensi del citato decreto n. 289 del 2000 continuano a produrre effetti anche a seguito dell'entrata in vigore del presente regolamento. Gli iscritti presentano, entro novanta giorni dall'entrata in vigore del presente regolamento, una dichiarazione, resa ai sensi del citato articolo 47 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000 in cui attestano l'esistenza dei requisiti previsti dal presente regolamento per l'iscrizione nell'albo”.
Nel merito, l’articolo 18, al comma 1, prevede che, ai fini della revisione annuale prevista dall'articolo 3, comma 4, del presente regolamento, gli iscritti nell'albo sono tenuti a far pervenire entro il 31 marzo di ciascun anno alla Direzione centrale per la fiscalità locale, specifica dichiarazione, resa a norma degli articoli 4, 20 e 26 della legge 4 gennaio 1968, n. 15, attestante la permanenza dei requisiti previsti per l'iscrizione.
Il menzionato articolo 12, comma 1, lettera a) del decreto n. 101 del 2022 rubricato «Obblighi degli iscritti in ordine alla revisione annuale» prevede che, ai fini della revisione annuale per la verifica della sussistenza dei requisiti cui è subordinata l'iscrizione nell'albo, gli iscritti sono tenuti a far pervenire alla Direzione legislazione tributaria e federalismo fiscale del Ministero dell'economia e delle finanze, esclusivamente tramite posta elettronica certificata:
a) entro il 31 marzo di ciascun anno una specifica dichiarazione, resa ai sensi del citato articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000 attestante:
1) la permanenza dei requisiti previsti dal presente regolamento per l'iscrizione;
2) il rispetto dell'obbligo previsto dall'articolo 53, comma 1, secondo periodo, del decreto legislativo n. 446 del 1997, il quale prevede che sono escluse le attività di incasso diretto;
3) di non aver effettuato, direttamente o indirettamente, anticipazioni finanziarie comunque onerose nei confronti degli enti locali affidanti, non previste dagli atti di gara o dal contratto;
4) di aver fornito agli enti locali affidanti adeguate cauzioni a garanzia delle gestioni in atto, ove previste dagli atti di gara o dal contratto.
2. l’articolo in commento prevede, poi, di procedere alla revisione dei decreti menzionati, al fine di adeguare la disciplina relativa all’albo prevista dall’articolo 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997 alla normativa dell’Unione europea direttamente applicabile, entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge.
Il menzionato articolo 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997 rubricato «Albo per l'accertamento e riscossione delle entrate degli enti locali» prevede che:
1. Presso il Ministero delle finanze è istituito l'albo dei soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni. Sono escluse le attività di incasso diretto da parte dei soggetti di cui all'articolo 52, comma 5, lettera b), numeri 1), 2) e 4).
2. L'esame delle domande di iscrizione, la revisione periodica, la cancellazione e la sospensione dall'albo, la revoca e la decadenza della gestione sono effettuate da una apposita commissione in cui sia prevista una adeguata rappresentanza dell'ANCI e dell'UPI.
3. Con decreti del Ministro delle finanze, da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, tenuto conto delle esigenze di trasparenza e di tutela del pubblico interesse, sentita la conferenza Stato-città, sono definiti le condizioni ed i requisiti per l'iscrizione nell'albo, al fine di assicurare il possesso di adeguati requisiti tecnici e finanziari, la sussistenza di sufficienti requisiti morali e l'assenza di cause di incompatibilità da parte degli iscritti, ed emanate disposizioni in ordine alla composizione, al funzionamento e alla durata in carica dei componenti della commissione di cui al comma 2, alla tenuta dell'albo, alle modalità per l'iscrizione e la verifica dei presupposti per la sospensione e la cancellazione dall'albo nonché ai casi di revoca e decadenza della gestione. Per i soggetti affidatari di servizi di liquidazione, accertamento e riscossione di tributi e altre entrate degli enti locali, che svolgano i predetti servizi almeno dal 1 gennaio 1997, può essere stabilito un periodo transitorio, non superiore a due anni, per l'adeguamento alle condizioni e ai requisiti per l'iscrizione nell'albo suddetto.
4. Sono abrogati gli articoli da 25 a 34 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, concernenti la gestione del servizio di accertamento e riscossione dell'imposta comunale sulla pubblicità.
3. L’articolo in esame prevede, inoltre, che gli articoli 52, comma 5, lettera b), n. 1 e 53, comma 1, del decreto legislativo n. 446 del 1997, in conformità alla normativa dell’Unione europea direttamente applicabile, si interpretano nel senso che le società di scopo previste dall’articolo 194 del decreto legislativo n. 36 del 2023 e le società di progetto di cui al previgente articolo 184 del decreto legislativo n. 50 del 2016, deputate allo svolgimento di attività di accertamento, di riscossione o attività di supporto ad esse propedeutiche, non sono iscritte all’albo previsto dal citato articolo 53, ove la società aggiudicataria del bando di gara per l’affidamento del servizio di accertamento e di riscossione delle entrate degli enti locali, socia della stessa società di scopo, sia già iscritta all’albo. Pertanto, gli atti di accertamento e di riscossione emessi da dette società di scopo si considerano legittimi in quanto emessi in luogo dell’aggiudicatario il quale è tenuto a garantire in solido l’adempimento di tutte le prestazioni erogate direttamente dalle già menzionate società.
Il menzionato articolo 52 che disciplina la potestà regolamentare generale delle province e dei comuni, al comma 5, lettera b), n. 1 prevede che, per quanto attiene all'accertamento e alla riscossione dei tributi e delle altre entrate, i regolamenti sono informati ad una serie di criteri tra i quali vi è quello per il quale, qualora sia deliberato di affidare a terzi, anche disgiuntamente, l'accertamento e la riscossione dei tributi e di tutte le entrate, le relative attività sono affidate, nel rispetto della normativa dell'Unione europea e delle procedure vigenti in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali, a:
1) i soggetti iscritti nell'albo di cui all'articolo 53, comma 1.
L’articolo 194 del decreto legislativo n. 36 del 2023, in riferimento alle società di scopo stabilisce che:
1. Per gli affidamenti superiori alla soglia di cui all'articolo 14, comma 1, lettera a), il bando di gara per l'affidamento di una concessione nella forma della finanza di progetto prevede che l'aggiudicatario costituisca una società di scopo in forma di società per azioni o a responsabilità limitata, anche consortile.
Il bando di gara indica l'ammontare minimo del capitale sociale della società. In caso di concorrente costituito da più soggetti, nell'offerta è indicata, a pena di esclusione, la quota di partecipazione al capitale sociale di ciascun soggetto.
2. I lavori da eseguire e i servizi da prestare da parte delle società di scopo si intendono realizzati e prestati in proprio anche nel caso in cui siano affidati direttamente dalle suddette società ai propri soci, originari o subentrati, sempre che essi siano in possesso dei requisiti stabiliti dalle vigenti norme legislative e regolamentari.
3. La società di scopo, senza che ciò costituisca cessione di contratto, subentra nel rapporto di concessione senza necessità di approvazione o autorizzazione amministrativa. Essa sostituisce l'aggiudicatario in tutti i rapporti con l'ente concedente. Nel caso di versamento di un prezzo in corso d'opera da parte dell'ente concedente, i soci della società restano solidalmente responsabili con la società di scopo nei confronti dell'amministrazione per l'eventuale rimborso del contributo percepito. In alternativa, la società di scopo può fornire alla pubblica amministrazione garanzie bancarie e assicurative per la restituzione delle somme versate a titolo di prezzo in corso d'opera, liberando in tal modo i soci. Le garanzie cessano alla data di emissione del certificato di collaudo dell'opera. Il contratto di concessione stabilisce le modalità per l'eventuale cessione delle quote della società di scopo, fermo restando che i soci che hanno concorso a formare i requisiti per la qualificazione sono tenuti a partecipare alla società e a garantire, nei limiti di cui sopra, il buon adempimento degli obblighi del concessionario sino alla data di emissione del certificato di collaudo dell'opera. L'ingresso nel capitale sociale della società di scopo e lo smobilizzo delle partecipazioni da parte di banche e altri investitori istituzionali, di cui all'articolo 193, comma 1, quarto periodo, che non abbiano concorso a formare i requisiti per la qualificazione, possono tuttavia avvenire in qualsiasi momento.
4. Il contratto di concessione disciplina altresì le modalità di sostituzione dei soci della società di scopo che, nel corso dell'esecuzione del contratto, perdano i requisiti di qualificazione.
5. Il bando-tipo per l'affidamento di un contratto ai sensi del comma 1 reca anche lo schema della convenzione da allegare agli atti di gara.
Il richiamato articolo 184 del decreto legislativo n. 50 del 2016, interamente abrogato dal decreto legislativo n. 36 del 2023, disciplinava le società di progetto stabilendo che:
1. Il bando di gara per l'affidamento di una concessione per la realizzazione e/o gestione di una infrastruttura o di un nuovo servizio di pubblica utilità deve prevedere che l'aggiudicatario ha la facoltà, dopo l'aggiudicazione, di costituire una società di progetto in forma di società per azioni o a responsabilità limitata, anche consortile. Il bando di gara indica l'ammontare minimo del capitale sociale della società. In caso di concorrente costituito da più soggetti, nell'offerta è indicatala quota di partecipazione al capitale sociale di ciascun soggetto. Le predette disposizioni si applicano anche alla gara di cui all'articolo 183. La società così costituita diventa la concessionaria subentrando nel rapporto di concessione all'aggiudicatario senza necessità di approvazione o autorizzazione. Tale subentro non costituisce cessione di contratto. Il bando di gara può, altresì, prevedere che la costituzione della società sia un obbligo dell'aggiudicatario.
2. I lavori da eseguire e i servizi da prestare da parte delle società disciplinate dal comma 1 si intendono realizzati e prestati in proprio anche nel caso siano affidati direttamente dalle suddette società ai propri soci, sempre che essi siano in possesso dei requisiti stabiliti dalle vigenti norme legislative e regolamentari. Restano ferme le disposizioni legislative, regolamentari e contrattuali che prevedano obblighi di affidamento dei lavori o dei servizi a soggetti terzi.
3. Per effetto del subentro di cui al comma 1, che non costituisce cessione del contratto, la società di progetto diventa la concessionaria a titolo originario e sostituisce l'aggiudicatario in tutti i rapporti con l'amministrazione concedente. Nel caso di versamento di un prezzo in corso d'opera da parte della pubblica amministrazione, i soci della società restano solidalmente responsabili con la società di progetto nei confronti dell'amministrazione per l'eventuale rimborso del contributo percepito. In alternativa, la società di progetto può fornire alla pubblica amministrazione garanzie bancarie e assicurative per la restituzione delle somme versate a titolo di prezzo in corso d'opera, liberando in tal modo i soci. Le suddette garanzie cessano alla data di emissione del certificato di collaudo dell'opera. Il contratto di concessione stabilisce le modalità per l'eventuale cessione delle quote della società di progetto, fermo restando che i soci che hanno concorso a formare i requisiti per la qualificazione sono tenuti a partecipare alla società e a garantire, nei limiti di cui sopra, il buon adempimento degli obblighi del concessionario sino alla data di emissione del certificato di collaudo dell'opera. L'ingresso nel capitale sociale della società di progetto e lo smobilizzo delle partecipazioni da parte di banche e altri investitori istituzionali che non abbiano concorso a formare i requisiti per la qualificazione possono tuttavia avvenire in qualsiasi momento.
Come stabilito dall’articolo 226, comma 2, del decreto legislativo n. 36 del 2023, le disposizioni del decreto legislativo n. 50 del 2016, come l’articolo 184, nel caso di specie, continuano ad applicarsi esclusivamente ai procedimenti in corso, con ciò intendendosi:
a) le procedure e i contratti per i quali i bandi o avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano stati pubblicati prima della data in cui il codice acquista efficacia;
b) in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o avvisi, le procedure e i contratti in relazione ai quali, alla data in cui il codice acquista efficacia, siano stati già inviati gli avvisi a presentare le offerte;
c) per le opere di urbanizzazione a scomputo del contributo di costruzione, oggetto di convenzioni urbanistiche o atti assimilati comunque denominati, i procedimenti in cui le predette convenzioni o atti siano stati stipulati prima della data in cui il codice acquista efficacia;
d) per le procedure di accordo bonario di cui agli articoli 210 e 211, di transazione e di arbitrato, le procedure relative a controversie aventi a oggetto contratti pubblici, per i quali i bandi o gli avvisi siano stati pubblicati prima della data in cui il codice acquista efficacia, ovvero, in caso di mancanza di pubblicazione di bandi o avvisi, gli avvisi a presentare le offerte siano stati inviati prima della suddetta data.
Articolo 3, commi da 14-octies a 14-decies
(Credito d’imposta nelle Zone logistiche semplificate)
I commi da 14-octies a 14-decies, dell’articolo 3, introdotti nel corso dell’esame del Senato, estendono il credito d’imposta per gli investimenti nelle zone logistiche semplificate (ZLS) anche agli investimenti realizzati dal 1° gennaio 2025 al 15 novembre 2025, disciplinandone, altresì, la modalità di accesso e la relativa misura.
Il comma 14-octies estende il riconoscimento del credito d’imposta per gli investimenti nelle zone logistiche semplificate (ZLS) di cui all’articolo 13 del decreto-legge n. 60 del 2024 anche agli investimenti realizzati dal 1° gennaio 2025 al 15 novembre 2025 in beni strumentali di cui all’articolo 16, comma 2, del decreto-legge n. 124 del 2023.
La disposizione prevede, altresì, che tale contributo è concesso nel limite di spesa complessivo di 80 milioni di euro per l’anno 2025 e che agli oneri derivanti dalla presente misura fiscale si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per lo sviluppo e la coesione, periodo di programmazione 2021-2027, di cui all’articolo 1, comma 177, della legge n. 178 del 2020, con imputazione alla quota diversa da quelle afferenti alle regioni e alle amministrazioni centrali ai sensi dell’articolo 1, comma 178, lettera b), numeri 1) e 2), della legge medesima.
Sul punto, si rappresenta che il sopracitato articolo 13 ha istituito un credito di imposta per l’acquisto di beni strumentali da parte delle imprese che operano o si insediano nelle ZLS, limitatamente alle zone ammissibili agli aiuti a finalità regionale. Tale contributo è concesso per gli investimenti realizzati dall’8 maggio 2024 al 15 novembre 2024, nella misura massima consentita dalla Carta degli aiuti a finalità regionale 2022-2027, relativi all’acquisto, anche mediante contratti di locazione finanziaria, di nuovi macchinari, impianti e attrezzature varie destinati a strutture produttive già esistenti o che vengono impiantate nella ZLS, nonché all’acquisto di terreni e all’acquisizione, alla realizzazione ovvero all’ampliamento di immobili strumentali agli investimenti ed effettivamente utilizzati per l’esercizio dell’attività nella struttura produttiva ubicata nella ZLS.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia al seguente dossier.
Il comma 14-novies reca disposizioni sulle modalità di accesso al credito d’imposta in esame.
Specificamente, si prevede che, ai fini della fruizione del beneficio, gli operatori economici comunichino all’Agenzia delle entrate, dal 22 maggio 2025 al 23 giugno 2025, l’ammontare delle spese ammissibili sostenute dal 1° gennaio 2025 e di quelle di cui se ne prevede l’effettuazione fino al 15 novembre 2025. Ai soggetti interessati è, altresì, richiesta, a pena di decadenza dall’agevolazione, la comunicazione, dal 20 novembre 2025 al 2 dicembre 2025, dell’ammontare delle spese ammissibili sostenute dal 1° gennaio 2025 fino al 15 novembre 2025.
Inoltre, si prevede che i modelli di comunicazione da utilizzare sono approvati e le relative modalità di trasmissione telematica definite con provvedimento adottato dal direttore dell’Agenzia delle entrate, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
In merito si rammenta che in data 30 agosto 2024 è stato adottato il decreto ministeriale recante le modalità di accesso al credito d’imposta ZLS.
In particolare, viene disposto, all’articolo 5, comma 1, che, ai fini dell’accesso all’agevolazione, i soggetti interessati sono tenuti alla comunicazione all’Agenzia delle entrate, dal 12 dicembre 2024 al 30 gennaio 2025, dell’ammontare delle spese ammissibili sostenute dall’8 maggio 2024 al 15 novembre 2024.
Infine, il comma 14-decies dispone che, ai fini del rispetto del limite di spesa di 80 milioni di euro per l’anno 2025, l’ammontare massimo del credito d’imposta fruibile da ciascun beneficiario è pari al prodotto tra l’importo del credito d’imposta risultante dalla comunicazione delle spese ammissibili che deve essere resa all’Agenzia delle entrate dal 20 novembre 2025 al 2 dicembre 2025 e la percentuale prevista dal provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, da emanare entro dieci giorni dalla scadenza del termine di presentazione delle comunicazioni medesime. Tale percentuale è il risultato del rapporto tra il limite di spesa e l’ammontare complessivo dei crediti d’imposta indicati nelle predette comunicazioni. Qualora l’ammontare complessivo dei crediti d’imposta richiesti risulti inferiore al sopra citato limite di spesa, la percentuale è pari al cento per cento.
Al riguardo, si ricorda che l’articolo 5, comma 4, del già citato decreto ministeriale del 30 agosto 2024 prevede che, ai fini del rispetto del limite di spesa di 80 milioni di euro per l’anno 2024, l’ammontare massimo del credito d’imposta fruibile è pari al credito d’imposta richiesto moltiplicato per la percentuale resa nota con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, da emanare entro dieci giorni dalla scadenza del termine di presentazione delle comunicazioni delle spese ammissibili sostenute dall’8 maggio 2024 al 15 novembre 2024. Detta percentuale è ottenuta rapportando il limite complessivo di spesa all’ammontare complessivo dei crediti d’imposta richiesti. Nel caso in cui l’ammontare complessivo dei crediti d'imposta richiesti risulti inferiore al limite di spesa, la percentuale è pari al cento per cento.
A tal fine, in data 10 febbraio 2025 è stato adottato dal direttore dell’Agenzia delle entrate il provvedimento prot. n. 39039/2025 che ha fissato la predetta percentuale al 100 per cento.
Articolo 3, comma 14-undecies
(Intermediari finanziari non professionali - società cooperative)
L’articolo 3, comma 14-undecies, inserito nel corso dell’esame del Senato, proroga al 31 maggio 2026 la possibilità prevista dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, a determinate condizioni, per le società cooperative di cui al capo I del titolo VI del libro quinto del codice civile, di continuare a svolgere la propria attività, come intermediari finanziari non professionali esclusivamente nei confronti dei propri soci, senza chiedere la relativa autorizzazione alla Banca d’Italia.
L’articolo 3, comma 14-undecies proroga al 31 maggio 2026 le disposizioni di cui all’articolo 112, comma 7, alinea, ultimo periodo, del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB) di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993, le quali prevedono che, nelle more di un riordino complessivo degli strumenti di intermediazione finanziaria, possano continuare a svolgere la propria attività, senza obbligo di iscrizione nell'albo degli intermediari finanziari di cui all'articolo 106 del medesimo TUB, le società cooperative di cui al capo I del titolo VI del libro quinto del codice civile, esistenti alla data del 1°gennaio 1996 e le cui azioni non siano negoziate in mercati regolamentati, che concedono finanziamenti sotto qualsiasi forma esclusivamente nei confronti dei propri soci, a condizione che:
a)
non raccolgano risparmio sotto qualsivoglia forma tecnica;
b)
il volume complessivo dei finanziamenti a favore dei soci non sia superiore a 15 milioni di euro;
c)
l'importo unitario del finanziamento sia di ammontare non superiore a 20.000 euro;
d)
i finanziamenti siano concessi a condizioni più favorevoli di quelle presenti sul mercato.
Tale facoltà era stata inizialmente concessa dal TUB in attesa di un riordino complessivo degli strumenti di intermediazione finanziaria, e comunque non oltre il 31 dicembre 2014. Il termine è stato successivamente prorogato al 31 dicembre 2016 dall’articolo 1, comma 176, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013), al 31 dicembre 2018 dall’articolo 10, comma 4-bis, del decreto-legge n. 192 del 2014, al 31 dicembre 2023 dall’articolo 1, comma 69, della legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018) e, da ultimo, al 31 dicembre 2024 dall’articolo 3, comma 8, del decreto-legge n. 215 del 2023.
Articolo 3-bis
(Riammissione alla definizione agevolata dei carichi affidati all’agente della riscossione e altri differimenti in materia di dichiarazioni fiscali)
L’articolo 3-bis, introdotto nel corso dell’esame del Senato, prevede la riammissione alla procedura di definizione agevolata dei carichi affidati all’agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022 (c.d. Rottamazione-quater), riconoscendo ai contribuenti la facoltà di adesione entro il 30 aprile 2025.
La norma dispone, altresì, ulteriori differimenti in materia di dichiarazioni fiscali.
Il comma 1 prevede la riammissione alla procedura di definizione agevolata dei carichi affidati all’agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022 (c.d. Rottamazione-quater) per i debitori che, al 31 dicembre 2024, siano incorsi nell’inefficacia della definizione per omesso, insufficiente o tardivo versamento, alle relative scadenze, delle somme da corrispondere per effetto dell’adesione alla procedura medesima. La riammissione in oggetto opera limitatamente ai debiti compresi nelle dichiarazioni rese ai fini della predetta adesione.
In merito, si evidenzia che l’articolo 1, comma 235, della legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio 2023) indica la modalità di adesione alla c.d. Rottamazione-quater. Specificamente, si prevede che la volontà di adesione debba essere manifestata mediante apposita dichiarazione, da rendere entro il 30 giugno 2023, con le modalità, esclusivamente telematiche, pubblicate dall’agente della riscossione sul proprio sito internet.
È possibile beneficiare della riammissione presentando, entro il 30 aprile 2025, la dichiarazione sopra citata con modalità esclusivamente telematiche, pubblicate dall’agente della riscossione nel proprio sito internet entro venti giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Peraltro, nella medesima dichiarazione, il debitore è tenuto a indicare il numero di rate scelto ai fini del pagamento, entro il limite massimo di dieci.
La legge di bilancio 2023 (articolo 1, commi da 231 a 252, della legge n. 197 del 2022) ha introdotto la definizione agevolata dei carichi affidati all’agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022 (cosiddetta Rottamazione-quater).
Tale istituto consente al contribuente di estinguere i debiti relativi ai carichi rientranti nell’ambito applicativo, versando solo le somme dovute a titolo di capitale e quelle maturate a titolo di rimborso spese per le procedure esecutive e per i diritti di notifica. Non sono, invece, da corrispondere le somme dovute a titolo di interessi iscritti a ruolo, sanzioni, interessi di mora e aggio.
Per quanto riguarda i debiti relativi ai carichi riguardanti le sanzioni per violazioni del codice della strada, nonché le altre sanzioni amministrative (diverse da quelle irrogate per violazioni tributarie o per violazione degli obblighi relativi ai contributi e ai premi dovuti agli enti previdenziali), l’accesso alla misura agevolativa prevede, invece, che non sono da corrispondere le somme dovute a titolo di interessi, compresi quelli di cui all’articolo 27, comma 6, della legge n. 689 del 1981 (cosiddette maggiorazioni), quelli di mora di cui all’articolo 30, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 e di rateizzazione, nonché le somme dovute a titolo di aggio.
È possibile effettuare il pagamento in unica soluzione o a rate, con un tasso di interesse pari al 2 per cento. Con il versamento della prima o unica rata delle somme dovute si estinguono le procedure esecutive già avviate.
Il decreto-legge n. 51 del 2023 ha differito al 30 giugno 2023 il termine di presentazione della domanda di adesione alla definizione agevolata, inizialmente previsto al 30 aprile 2023, posticipando, inoltre, i termini per i successivi adempimenti.
In caso di omesso ovvero insufficiente o tardivo versamento, superiore a cinque giorni, dell’unica rata ovvero di una di quelle in cui è stato dilazionato il pagamento, la definizione agevolata risulta inefficace e i versamenti effettuati sono considerati a titolo di acconto sulle somme dovute.
Successivamente, il decreto-legge n. 145 del 2023 ha rimesso in termini i contribuenti che hanno aderito alla definizione agevolata dei carichi affidati all’agente della riscossione, consentendo di effettuare i versamenti con scadenza al 31 ottobre 2023 e al 30 novembre 2023 entro il 18 dicembre 2023.
Infine, il decreto-legge n. 215 del 2023 ha differito al 15 marzo 2024 il termine di pagamento della prima (o unica) e della seconda e terza rata della c.d. Rottamazione-quater.
Per ulteriori approfondimenti sull’istituto in esame, si rinvia al tema web presente sul Portale della documentazione.
Il comma 2 prevede, ai fini di cui sopra, l’applicazione dell’articolo 1, commi da 231 a 233 e da 236 a 252, della legge n. 197 del 2022, con le seguenti deroghe:
§ la dichiarazione può essere integrata, relativamente ai soli debiti sopra citati, entro il 30 aprile 2025;
§ il pagamento delle somme dovute, alle quali sono applicati gli interessi al tasso del 2 per cento annuo a decorrere dal 1° novembre 2023, è effettuato alternativamente:
- in unica soluzione, entro il 31 luglio 2025;
- nel numero massimo di dieci rate consecutive, di pari importo, con scadenza, rispettivamente, le prime due, il 31 luglio e il 30 novembre 2025 e le successive, il 28 febbraio, il 31 maggio, il 31 luglio e il 30 novembre degli anni 2026 e 2027;
§ l’agente della riscossione comunica al debitore entro il 30 giugno 2025 l’ammontare complessivo delle somme dovute ai fini della definizione, ivi incluso quello delle singole rate, nonché il giorno e il mese di scadenza di ciascuna di esse;
§ le dilazioni di pagamento sospese a seguito della presentazione della suddetta dichiarazione saranno revocate alla data del 31 luglio 2025.
Per una compiuta disamina della disciplina della definizione agevolata dei carichi affidati all’agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022 (c.d. Rottamazione-quater), di cui all’articolo 1, commi da 231 a 252, della legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio 2023), si veda il relativo dossier di documentazione.
Il comma 3 stabilisce che, per il solo anno 2025, sono rinviati dal 28 febbraio al 17 marzo i termini per l’approvazione e la messa a disposizione in formato elettronico dei modelli di dichiarazione concernenti le imposte sui redditi e l’imposta regionale sulle attività produttive, nonché delle relative istruzioni e specifiche tecniche di cui agli articoli 1, comma 1, e 2, comma 3-bis, del decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998.
A tale proposito, si rappresenta che gli articoli 1, comma 1, e 2, comma 3-bis sopra richiamati recano disposizioni concernenti i modelli di dichiarazione e le relative istruzioni ai fini della redazione, sottoscrizione e trasmissione telematica delle dichiarazioni in materia di imposte sui redditi e di IRAP.
Conseguentemente, il comma 4 dispone, sempre per l’anno 2025, il rinvio dal 15 al 30 aprile della data a decorrere dalla quale è possibile presentare le dichiarazioni ai fini IRPEF, IRES e IRAP di cui all’articolo 2, commi 1 e 2, del suddetto decreto.
Il comma 5, coerentemente con quanto disposto dal precedente comma 4, differisce, per il solo anno 2025, dal 15 al 30 aprile il termine entro cui devono essere resi disponibili i programmi informatici di ausilio alla compilazione e alla trasmissione dei dati relativi agli indici sintetici di affidabilità fiscale – “ISA” di cui all’articolo 9-bis del decreto-legge n. 50 del 2017 e quelli necessari per l’elaborazione della proposta di concordato preventivo biennale di cui al decreto legislativo n. 13 del 2024.
Al riguardo, si evidenzia che la disciplina del concordato preventivo biennale è contenuta negli articoli da 6 a 9 del decreto legislativo n. 13 del 2024 (si rinvia al relativo dossier).
Nella relazione illustrativa si rappresenta che tali differimenti muovono dall’esigenza di consentire all’Agenzia delle entrate l’adeguamento dei modelli di dichiarazione alle rilevanti novità normative concernenti il regime impositivo dei redditi e il concordato preventivo biennale.
Infine, i commi da 6 a 8 riguardano le conseguenze finanziarie delle disposizioni in esame e la relativa copertura finanziaria.
In particolare, il comma 6 incrementa il fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’attuazione della delega fiscale di 4,92 milioni di euro per l’anno 2025, 32,88 milioni di euro l’anno 2026 e 34,57 milioni di euro per l’anno 2027. Con riferimento a tali oneri, si provvede mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle maggiori entrate e minori spese derivanti dai primi due commi del presente articolo.
Al riguardo, si evidenzia che il fondo suddetto è stato istituito dall’articolo 62 del decreto legislativo n. 209 del 2023 (si rinvia al relativo dossier) ai fini dell’attuazione della delega fiscale in materia di fiscalità internazionale ai sensi del combinato disposto dell’articolo 3 e dell’articolo 22 della legge n. 111 del 2023, la cui dotazione è stata successivamente rideterminata, da ultimo con l’articolo 21 del decreto legislativo n. 192 del 2024.
Il comma 7 incrementa il Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente, anche conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all’articolo 1, comma 511, della legge n. 296 del 2006, di 15,735 milioni di euro per l’anno 2025, 88,774 milioni di euro per l’anno 2026 e 92,565 milioni di euro per l’anno 2027. Anche per tali oneri si provvede mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle maggiori entrate e minori spese derivanti dai primi due commi del presente articolo.
Il comma 8 stabilisce che agli oneri derivanti dalla riammissione alla definizione agevolata (c.d. Rottamazione-quater) di cui ai primi due commi del presente articolo, valutati in 1,02 milioni di euro per l’anno 2025, 0,6 milioni di euro l’anno 2026, 0,34 milioni di euro per l’anno 2027, 13,99 milioni di euro per l’anno 2028, 13,021 milioni di euro per l’anno 2029, 9,975 milioni di euro per l’anno 2030, 9,214 milioni di euro per l’anno 2031, 8,714 milioni di euro per l’anno 2032, 8,025 milioni di euro per l’anno 2033, 4,016 milioni di euro per l’anno 2034 e 1,521 milioni di euro per l’anno 2035, che aumentano, in termini di fabbisogno e indebitamento netto, a 32,27 milioni di euro per l’anno 2028, 30,26 milioni di euro per l’anno 2029, 23,22 milioni di euro per l’anno 2030, 21,46 milioni di euro per l’anno 2031, 20,3 milioni di euro per l’anno 2032, 18,69 milioni di euro per l’anno 2033, 9,35 milioni di euro per l’anno 2034 e 3,55 milioni di euro per l’anno 2035, si provvede:
§ quanto a 32,27 milioni di euro per l’anno 2028, 30,26 milioni di euro per l’anno 2029, 23,22 milioni di euro per l’anno 2030, 21,46 milioni di euro per l’anno 2031, 20,30 milioni di euro per l’anno 2032, 18,69 milioni di euro per l’anno 2033, 9,35 milioni di euro per l’anno 2034 e 3,55 milioni di euro per l’anno 2035, mediante corrispondente riduzione del già citato fondo di cui all’articolo 62, comma 1, del decreto legislativo n. 209 del 2023;
§ quanto a 1,02 milioni di euro per l’anno 2025, 0,6 milioni di euro l’anno 2026, 0,34 milioni di euro per l’anno 2027, mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle maggiori entrate e minori spese derivanti dai primi due commi del presente articolo.
Articolo 4, comma 1
(Ente Strumentale alla Croce Rossa italiana - Esacri)
Il comma 1 dell’articolo 4 sopprime le parole “e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2024” relative al termine massimo di durata in carica del Commissario liquidatore e del Comitato di sorveglianza, organi deputati alla liquidazione dell’Ente Strumentale alla Croce Rossa italiana (Esacri).
L’intervento legislativo di cui al comma 1 è attuato modificando l’art. 8, comma 2, del Decreto legislativo n. 178 del 2012 di riorganizzazione della Croce Rossa [30] , il quale, nella formulazione originaria, prevedeva che, a far data dal 1° gennaio 2018, gli organi liquidatori dell’Esacri (Commissario liquidatore e Comitato di sorveglianza) restassero in carica fino al completamento delle operazioni di liquidazione, e comunque non oltre il 31 dicembre 2024. Con la soppressione del riferimento a tale data non viene più previsto un termine massimo per la loro permanenza in carica – a parte il riferimento al completamento delle operazioni di liquidazione -.
Si ricorda che, prima, con Decreto del Ministro della Salute 8 dicembre 2020 è stata disposta la proroga degli Organi della procedura di liquidazione coatta amministrativa dell’Ente fino al completamento delle operazioni di liquidazione e, comunque non oltre il 28.12.2022. In seguito, con il Decreto-legge n. 198 del 2022
[31]
è stata ulteriormente prorogata la durata massima della permanenza in carica di tali organi liquidatori non oltre il 31 dicembre 2024.
Si può qui brevemente ricordare che ai sensi del comma 1 dell’art. 8-bis del D.Lgs. n. 178 del 2012, dal 2021 sono state trasferite al Ministero della salute le competenze in materia di assegnazione agli enti interessati del finanziamento della CRI. Conseguentemente, a decorrere dall'anno 2021, nello stato di previsione del Ministero della salute è stato istituito un apposito fondo per il finanziamento annuo di tali enti (cap. 3454), con uno stanziamento pari a euro 117.130.194, a valere sul livello del finanziamento corrente standard del Servizio sanitario nazionale a cui concorre annualmente lo Stato. A decorrere dal medesimo anno 2021, le competenze in materia di definizione e sottoscrizione delle convenzioni fra lo Stato e l'Associazione della Croce Rossa italiana, sono riservate al Ministero della salute e al Ministero della difesa. Il decreto di assegnazione delle risorse e la convenzione con l'Associazione della Croce Rossa italiana possono disporre per un periodo massimo di tre anni. Con il Decreto del Ministero della salute 8 agosto 2024 è stato stabilito il rifinanziamento di tale ente per il 2024.
In particolare su tale fondo trovano copertura:
-
-gli oneri (assegnati alle regioni interessate) derivanti dal trattamento economico del personale (autisti/soccorritori) trasferito agli enti del Servizio sanitario nazionale, ai sensi dell'art. 6, comma 7, del D. Lgs. n. 178 del 2012;
-
gli oneri (assegnati all’Esacri) a titolo di finanziamento del trattamento economico del personale assegnato alla gestione liquidatoria, ivi compreso quello effettivamente trasferito a pubbliche amministrazioni diverse dagli enti del Servizio sanitario nazionale;
-
gli oneri derivanti dalle Convenzioni. Infatti, ai sensi dell’art. 8, comma 2, del D. Lgs. n. 178 del 2012, il finanziamento è attribuito mediante convenzioni annuali, da stipularsi l’una con il MEF e il Ministero della salute, l’altra con il Ministero della difesa.
Dalla relazione illustrativa emerge che la soppressione del termine per la conclusione della procedura coatta amministrativa dell’Ente strumentale alla Croce Rossa Italiana si rende necessaria in quanto nella predetta procedura permangono particolari aspetti di criticità, che non permettono di ipotizzare la chiusura della procedura liquidatoria nel breve termine.
L’Associazione della Croce Rossa italiana (di seguito Associazione) è disciplinata dal D. Lgs. n. 178 del 2012 (Decreto di riordino), che ne ha previsto la costituzione, qualificandola come persona giuridica di diritto privato di interesse pubblico ed ausiliaria dei pubblici poteri nel settore umanitario, posta sotto l’Alto patronato del Presidente della Repubblica. A decorrere dal 1° gennaio 2016, l’art. 1 del Decreto di riordino ha trasferito alla costituenda Associazione le funzioni precedentemente esercitate dall’Associazione italiana della Croce Rossa (CRI), la quale ha assunto la nuova denominazione di “Ente Strumentale alla Croce Rossa italiana” (Esacri), mantenendo la personalità giuridica di diritto pubblico come ente non economico, sia pure non più associativo. Ai sensi dell’art. 8 del citato D. Lgs. n. 178 del 2012, l’Esacri è stato posto in liquidazione a far data dal 1° gennaio 2018. L’Ente è soggetto alla vigilanza del Ministero della Salute e del Ministero della Difesa, opera con contingente di personale dipendente pubblico, i cui oneri sono a carico del Fondo sanitario nazionale, e ha il compito di concorrere temporaneamente allo sviluppo della nuova Associazione della Croce Rossa italiana. L’art 8, co. 2, del Decreto di riordino, alla luce delle modifiche introdotte dall’art. 16 del decreto legge n. 148 del 2017
[32]
ha previsto che “a far data dal 1° gennaio 2018 l' Ente è posto in liquidazione coatta amministrativa ai sensi del titolo V del Regio decreto n. 267 del 1942, (Legge Fallimentare)”. Gli organi deputati alla liquidazione, ai sensi dell'art. 2, comma 3, lettere c) e b) del Decreto di riordino sono individuati nell’Amministratore dell'ente, con compiti di rappresentanza legale e di gestione e nel Collegio dei revisori dei conti nominato, costituito da tre componenti, di cui uno magistrato della Corte dei conti con funzioni di Presidente, uno designato dal Ministro dell'economia e delle finanze, uno designato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Con Decreto del 28 dicembre 2017, il Ministro della Salute, al fine di garantire il compimento delle funzioni riconducibili alla fase liquidatoria dell’Esacri, ai sensi e per gli effetti delle disposizioni di cui all’art. 8, co. 2, del Decreto di riordino, ha nominato l’Amministratore dell’Ente “Commissario liquidatore”, e disposto, tra l’altro, che il Collegio dei revisori dei conti dell’Ente svolga le funzioni di Comitato di Sorveglianza. Con decreto del Ministro della Salute del 19 giugno 2023 è stato nominato il Comitato di Sorveglianza dell’Ente in liquidazione coatta amministrativa.
Per approfondimenti si veda:
- Delibera 126/2024 della Corte dei conti sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell’Associazione croce rossa italiana - Organizzazione di volontariato, per l'esercizio 2020.
Articolo 4, comma 2
(Ulteriore proroga della deroga alla disciplina del riconoscimento delle qualifiche professionali sanitarie per medici ucraini)
Il comma 2 dell’articolo 4, modificato dal Senato, proroga al 31 dicembre 2027 (nel testo originario “31 dicembre 2025”) la possibilità dell'esercizio temporaneo sul territorio nazionale delle qualifiche professionali sanitarie e della qualifica di operatore socio-sanitario da parte dei professionisti cittadini ucraini, residenti in Ucraina prima del 24 febbraio 2022, derogando alle previsioni della normativa vigente in materia di esercizio delle professioni sanitarie.
Viene previsto inoltre, che le strutture sanitarie e sociosanitarie interessate possono procedere al reclutamento temporaneo di tali professionisti non solo se muniti del Passaporto europeo delle qualifiche per i rifugiati, ma anche se in possesso della documentazione da cui si evince inequivocabilmente che il soggetto è abilitato nel Paese di origine all'esercizio della professione sanitaria o all'attività riferita agli operatori socio-sanitari (così aggiunto in sede referente).
Il comma 2 dell’articolo 4 interviene sull’art. 34, comma 1, del Decreto-legge n. 21 del 2021 [33] , conv. con modif. dalla Legge n. 51 del 2022, prorogando al 31 dicembre 2027 (nel testo originario “31 dicembre 2025”) la possibilità dell'esercizio temporaneo sul territorio nazionale delle qualifiche professionali sanitarie e della qualifica di operatore socio-sanitario da parte dei professionisti cittadini ucraini, residenti in Ucraina prima del 24 febbraio 2022, derogando alle previsioni della normativa vigente in materia di esercizio delle professioni sanitarie all'articolo 7 del decreto legislativo n. 165 del 2001. Tale esercizio riguarda una professione sanitaria o la professione di operatore socio-sanitario, per la quale si è conseguita una qualifica professionale all'estero secondo quanto previsto da specifiche direttive dell'Unione europea. Ai cittadini ucraini, che comunque devono risultare residenti in Ucraina prima del 24 febbraio 2022, viene pertanto consentito l’esercizio temporaneo sul territorio nazionale, presso strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche o private, di una professione sanitaria o la professione di operatore sociosanitario in base a una qualifica professionale conseguita all'estero regolata da alcune direttive europee.
Viene inoltre previsto che le strutture sanitarie e sociosanitarie interessate possono procedere al reclutamento temporaneo di tali professionisti non solo se muniti del Passaporto europeo delle qualifiche per i rifugiati, ma anche se in possesso della documentazione da cui si evince inequivocabilmente che il soggetto è abilitato nel Paese di origine all'esercizio della professione sanitaria o all'attività riferita agli operatori socio-sanitari (così aggiunto in sede referente).
La proroga in esame in favore dei medici e sanitari ucraini, relativa alla possibilità di derogare alla normativa vigente sui riconoscimenti delle qualifiche professionali sanitarie di cui agli articoli 49 e 50 del Regolamento di cui al DPR 31 agosto 1999, n. 394
[34]
, oltre che alle disposizioni di cui al D. Lgs. 206 del 2007
[35]
, è la terza
[36]
, realizzata con la tecnica della novella all’articolo 34, comma 1, del D.L. n. 21/2022che prevedeva il termine originario del 4 marzo 2023 (dal 22 marzo 2022, data di entrata in vigore del decreto-legge).
Si ricorda che in Italia, l’esercizio della professione medica - e sanitaria più in generale – è praticabile esclusivamente a seguito di abilitazione alla professione stessa, in considerazione della particolare importanza del bene tutelato, cioè la salute dell'individuo; ne consegue pertanto che tale esercizio è consentito solo attraverso l'iscrizione ad Albi professionali, secondo procedure stabilite dalla legge.
La deroga è al dispositivo dell’articolo 49 del DPR n. 394 del 31 agosto 1999 (T.U. delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e la condizione dello straniero), che disciplina il riconoscimento dei titoli abilitanti all'esercizio delle professioni e quindi la possibilità per i cittadini stranieri non residenti di esercitare in Italia come lavoratori autonomi o dipendenti delle professioni corrispondenti (nella fattispecie sanitarie). Pertanto, è tuttora possibile ottenere tale riconoscimento anche in assenza di un titolo abilitante all’esercizio della professione; al riguardo, il successivo articolo 50 del medesimo T.U. specifica quali disposizioni si applicano in particolare agli esercenti le professioni sanitarie, prevedendo che anche il nominativo del professionista con titolo conseguito all’estero deve risultare negli appositi elenchi di cittadini stranieri che abbiano ottenuto il riconoscimento di titoli abilitanti o per i quali non vi è ancora un ordine o un collegio. Tali elenchi sono tenuti presso il Ministero della salute e vengono aggiornati annualmente.
Lo stesso articolo 50 prescrive come presupposti all’iscrizione, oltre che la conoscenza della lingua italiana, la conoscenza delle speciali disposizioni che regolano l'esercizio professionale in Italia in base alle modalità stabilite dal Ministero della salute: verifica preventiva all’iscrizione che è affidata, oltre che al medesimo Ministero, agli ordini e ai collegi professionali, con oneri a carico dei soggetti interessati.
Infine, si ricorda che il D. Lgs 165/2001 (Testo unico sul pubblico impiego) come modificato dalla legge 97/2013 (legge comunitaria 2013) ha esteso l’accesso al pubblico impiego, già previsto per i cittadini dell’Unione Europea, anche ai cittadini stranieri extracomunitari regolarmente soggiornanti (art. 38 del D.Lgs 165/2001), ma non a tutti indistintamente. In particolare la possibilità di svolgere un lavoro presso una pubblica amministrazione e? possibile per i lavoratori stranieri titolari di:
·
permesso di soggiorno UE per soggiornante di lungo periodo (ex carta di soggiorno);
·
status di rifugiato;
·
status di protezione sussidiaria
Possono, inoltre, accedere al pubblico impiego i familiari extracomunitari di cittadini dell’Unione europea, titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente.
L’accesso al pubblico impiego per i cittadini stranieri non e? stato esteso ai ruoli che, nelle amministrazioni pubbliche, implicano esercizio di pubblici poteri, ovvero attengono alla tutela dell’interesse nazionale.
Al riguardo, il Testo unico in materia di immigrazione (D.Lgs. 286/1998) prevede diversi titoli di soggiorno che consentono lo svolgimento di una attività lavorativa, per motivi di lavoro subordinato, anche stagionale, per lavoro autonomo; per attesa occupazione; per motivi familiari; permesso di soggiorno UE per lungo soggiornanti (ex carta di soggiorno); per richiesta asilo; per asilo politico; per protezione sussidiaria; per motivi umanitari (in corso di validità al momento dell’approvazione del DL 113/2018 che lo ha abrogato); per “casi speciali” – regime transitorio (equivalente per la durata del regime transitorio al permesso per “motivi umanitari” abrogato); per “protezione speciale (introdotto dal DL 113/2018); per calamità (introdotto dal DL 113/18); per atti di particolare valore civile (introdotto dal DL113/18); per altri casi speciali e residuali
[37]
;
Alcune categorie di permessi di soggiorno consentono l’attività lavorativa in condizioni particolari, tra i quali motivi di studio / formazione e tirocinio; per assistenza minore; per casi particolari di ingresso ex art. 27 del testo unico immigrazione; per motivi di ricerca scientifica, attività sportiva, lavoro di tipo artistico, vacanza lavoro, missione volontariato, per cure mediche, anche ex art. 19 co. 2 lett. d-bis D.Lgs. n. 286/1998 (introdotto dal DL n. 113/2018), per residenza.
Non consentono in ogni caso attività lavorativa i permessi di soggiorno per: turismo; motivi religiosi; giustizia; attesa cittadinanza; attesa apolidia.
La norma è finalizzata a continuare ad agevolare l’ingresso in Italia dei cittadini ucraini in fuga a causa della situazione bellica in atto e disporre per essi l’autorizzazione all’esercizio temporaneo di una professione sanitaria o della professione di operatore socio-sanitario. Poiché in Ucraina non è prevista l’iscrizione all’albo professionale, la norma in esame si rende necessaria al fine della verifica dell’effettiva qualifica professionale ad opera delle strutture sanitarie interessate. Si sottolinea che i predetti professionisti devono essere comunque muniti del Passaporto europeo delle qualifiche per i rifugiati ovvero, secondo la modifica introdotta in sede referente, della documentazione da cui si evince inequivocabilmente che il soggetto è abilitato nel Paese di origine all'esercizio della professione sanitaria o all'attività riferita agli operatori socio-sanitari.
Al riguardo, si fa riferimento al progetto del Consiglio d’Europa relativo al Passaporto europeo per le qualifiche dei rifugiati (EQPR) e si propone, con la modifica inserita in sede referente, di consentire l’esercizio temporaneo di tali qualifiche anche rifugiati, privi di tale Passaporto, ma in possesso di documentazione da cui si evince inequivocabilmente che il soggetto è abilitato nel Paese di origine all'esercizio della professione sanitaria o all'attività riferita agli operatori socio-sanitari.
Il citato Passaporto è uno strumento internazionale che consente di valutare i titoli di istruzione e le qualifiche dei rifugiati, ottenuti nel Paese di provenienza, anche in caso di documentazione mancante o insufficiente. Consente l’ammissione ad ulteriori studi nei Paesi di arrivo ed accoglienza, agevolando il processo di integrazione e di occupazione dei beneficiari di asilo politico, protezione internazionale e protezione temporanea. Il passaporto indica anche le esperienze lavorative ed il livello linguistico.
Per completezza, si ricorda la Convenzione sul riconoscimento delle qualifiche relative all'insegnamento superiore nella regione europea (nota anche come "Convenzione di Lisbona sul riconoscimento") del Consiglio d'Europa e dell'UNESCO, adottata a Lisbona nel 1997
[38]
. Si tratta del principale strumento giuridico per il riconoscimento delle qualifiche nella regione dell'Europa e dell'America settentrionale dell'UNESCO. Essa consente ai titolari di una qualifica di un paese firmatario di accedere alla valutazione delle sue qualifiche in un altro paese firmatario. Tale valutazione e il successivo riconoscimento possono essere finalizzati ad accedere a un'ulteriore istruzione terziaria; utilizzare titoli accademici; facilitare l'accesso ai mercati del lavoro.
Articolo 4, comma 2-bis
(Crediti formativi per la formazione continua in medicina)
Il comma 2-bis dell’articolo 4, inserito nel corso dell’esame del Senato, modifica la normativa vigente in materia di disciplina transitoria per la maturazione dei crediti formativi in ambito di formazione continua in medicina relativamente al triennio 2020-2022, prorogandola di due anni, dal 31 dicembre 2023 al 31 dicembre 2025 (lettera a); inoltre estende al triennio 2020-2022 la disciplina, già prevista per i trienni 2014-2016 e 2017-2019, sulla certificazione dell’assolvimento dell’obbligo formativo che prevede la possibilità di acquisire tale certificazione attraverso specifici crediti compensativi da definire con provvedimento della Commissione nazionale per la formazione continua (lettera b).
Il comma 2-bis dell’articolo 4 reca due modifiche all’articolo 5-bis del decreto legge n. 34 del 2020 [39] (conv. con mod. dalla Legge n. 14 del 2023):
§
la lettera a) modifica il comma 1-bis
[40]
del citato articolo, prevedendo per il triennio 2020-2022 l’estensione di ulteriori due anni, dal 31 dicembre 2023 al 31 dicembre 2025, del termine per l’assolvimento dell'obbligo formativo - ai sensi dell’articolo 16-bis del decreto legislativo n. 502 del 1992
[41]
(v. infra) - relativo all’acquisizione dei crediti formativi per ECM (attività di formazione continua in medicina);
§
la lettera b) modifica il comma 1-ter
[42]
del citato articolo 5-bis, aggiungendo il triennio 2020-2022 ai già previsti trienni 2014-2016 e 2017-2019, ai periodi per i quali la certificazione dell’assolvimento dell’obbligo formativo può essere conseguita, in caso di mancato raggiungimento degli obblighi formativi nei termini previsti, attraverso crediti compensativi definiti con provvedimento della Commissione nazionale per la formazione continua.
Si ricorda che, come previsto dall’articolo 16-ter del decreto legislativo n. 502 del 1992, tra i compiti assegnati alla predetta Commissione rientrano:
§
la definizione degli obiettivi formativi di interesse nazionale, con particolare riferimento alla elaborazione, diffusione e adozione delle linee guida e dei relativi percorsi diagnostico-terapeutici;
§
la definizione dei crediti formativi che devono essere complessivamente maturati dagli operatori in un determinato arco di tempo e degli indirizzi per la organizzazione dei programmi di formazione predisposti a livello regionale nonché i criteri e gli strumenti per il riconoscimento e la valutazione delle esperienze formative;
§
l’individuazione, in conformità agli accordi e alle intese sancite in sede di Conferenza permanente Stato-Regioni e Province autonome, in relazione alla durata della sperimentazione, dei crediti formativi da riconoscere ai professionisti sanitari che presso le strutture sanitarie e socio-sanitarie sono impegnati nella sperimentazione clinica dei medicinali;
§
la definizione dei requisiti per l'accreditamento delle società scientifiche, nonché dei soggetti pubblici e privati che svolgono attività formative e la verifica della sussistenza dei requisiti stessi.
Si ricorda inoltre che, ai sensi della disciplina prevista all’articolo 16-bis del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, la formazione continua comprende l’aggiornamento professionale e la formazione permanente, successivamente al corso di diploma, laurea, specializzazione, formazione complementare, formazione specifica in medicina generale, diretta ad adeguare per tutto l'arco della vita professionale le conoscenze professionali. Essa consiste in attività di qualificazione specifica per i diversi profili professionali, attraverso la partecipazione a corsi, convegni, seminari, organizzati da istituzioni pubbliche o private accreditate ai sensi del presente decreto, nonché soggiorni di studio e la partecipazione a studi clinici controllati e ad attività di ricerca, di sperimentazione e di sviluppo.
Nell’ordinamento vigente l’ECM produce i seguenti effetti normativi (art. 16-quater del sopra citato D.Lgs. 502/1992):
§
la partecipazione alle attività di formazione continua costituisce requisito indispensabile per svolgere attività professionale, in qualità di dipendente o libero professionista, per conto delle aziende ospedaliere, delle università, delle aziende sanitarie locali e delle strutture sanitarie private;
§
i contratti collettivi nazionali di lavoro del personale dipendente e convenzionato individuano specifici elementi di penalizzazione, anche di natura economica, per il personale che nel triennio non abbia conseguito il minimo di crediti formativi stabilito dalla Commissione nazionale per la formazione continua;
§
per le strutture sanitarie private l’adempimento, da parte del personale sanitario dipendente o convenzionato che operi nella struttura, dell’obbligo di partecipazione alla formazione continua e la maturazione dei crediti nel triennio costituiscono requisito essenziale per il conseguimento o la conservazione dell'accreditamento da parte del Servizio sanitario nazionale.
L’articolo 5-bis del DL. 34/2020 (L. 77/2020) approvato durante l’emergenza pandemica per COVID-19 ha riconosciuto, al comma 1, che i crediti formativi da conseguire nel triennio 2020-2022 per lo svolgimento di attività ECM siano già maturati nella misura di un terzo per i professionisti sanitari che abbiano continuato a svolgere la propria attività durante l'emergenza epidemiologica da COVID-19.
Rispetto alla disposizione transitoria previgente
[43]
, sostanzialmente assorbita dalla nuova norma, si è esteso l’ambito di applicazione del riconoscimento ai professionisti sanitari diversi dai medici, odontoiatri, infermieri e farmacisti e, per tutte le figure professionali considerate, facendo ora riferimento anche ai rapporti di lavoro con strutture sanitarie private non accreditate.
Si fa riferimento, infatti, alle professioni sanitarie già regolamentate in albi professionali degli ordini
[44]
(come i medici-chirurghi e degli odontoiatri; veterinari; farmacisti; biologi; fisici e chimici; psicologi) ai quali si aggiungono gli albi delle professioni infermieristiche e della professione di ostetricia. Inoltre presso gli Ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, oltre all’albo dei tecnici sanitari di radiologia medica e all’albo degli assistenti sanitari, sono istituti con DM. 13 marzo 2018, i seguenti albi delle professioni sanitarie (fino ad allora regolamentate e non ordinate): albo delle professioni sanitarie di Tecnico sanitario di laboratorio biomedico; Tecnico audiometrista; Tecnico audioprotesista; Tecnico ortopedico; Dietista; Tecnico di neurofisiopatologia; Tecnico fisiopatologia cardiocircolatoria e perfusione cardiovascolare; Igienista dentale; Fisioterapista; Logopedista; Podologo; Ortottista e assistente di oftalmologia; Terapista della neuro e psicomotricità dell'età evolutiva; Tecnico della riabilitazione psichiatrica; Terapista occupazionale; Educatore professionale; Tecnico della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro.
Articolo 4, comma 3
(Proroga della possibilità di conferimento di alcuni tipi di incarichi a tempo determinato nell'ambito del SSN)
Il comma in titolo consente alle aziende e agli enti del Servizio sanitario nazionale (SSN) di utilizzare, anche per l’anno 2025, alcuni strumenti straordinari - previsti nel periodo emergenziale legato al COVID-19 e successivamente prorogati [45] - per far fronte alle carenze di personale sanitario e socio-sanitario che non possono essere risolte con gli ordinari istituti previsti dall’ordinamento. Si tratta del conferimento di incarichi di lavoro autonomo o a tempo determinato a medici specializzandi e del conferimento di incarichi a tempo determinato a personale delle professioni sanitarie e ad operatori socio-sanitari.
In particolare, il comma in esame apporta alcune modifiche testuali all’articolo 1, comma 268, della legge di bilancio 2022 (legge 234/2021).
La disposizione oggetto di novella - ai fini di rafforzare strutturalmente i servizi sanitari regionali, di far fronte alla lunghezza delle liste d’attesa e di consentire la valorizzazione della professionalità acquisita dal personale (anche nello svolgimento del servizio durante l'emergenza epidemiologica da COVID-19) - consentiva che, fino a tutto l’anno 2024, gli enti ed aziende del SSN conferissero incarichi in base ad alcune norme transitorie dalla stessa richiamate [46] , nel rispetto di determinate condizioni (v. infra).
In virtù di una delle modifiche introdotte dalla lettera b) del comma in esame, il conferimento dei predetti incarichi è ammesso anche nell'anno 2025.
In particolare, si consente che gli enti ed aziende succitati continuino in tale anno a conferire incarichi di lavoro autonomo, ivi compresi incarichi di collaborazione coordinata e continuativa, a medici specializzandi iscritti all'ultimo o al penultimo anno di corso delle scuole di specializzazione, nonché, mediante avviso pubblico e selezione per titoli o colloquio orale, ovvero per titoli e colloquio orale , incarichi individuali a tempo determinato al personale delle professioni sanitarie e ad operatori socio-sanitari , oltre che ai medici specializzandi predetti.
Tali facoltà sono esercitabili anche mediante proroga dei rapporti omologhi già in corso (stipulati in base alle suddette norme transitorie), fino ad un termine, in ogni caso, non successivo al 31 dicembre 2025. Detto termine è stato così ampliato da un’altra delle modifiche introdotte dalla lettera b) del comma in esame: in base al testo previgente la proroga dei rapporti in corso non poteva estendersi oltre il 31 dicembre 2024.
Le facoltà anzidette erano, nel testo previgente, subordinate al rispetto dei limiti di spesa di cui all'articolo 11, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35 [47] , e alla condizione della previa verifica dell'impossibilità di utilizzare personale già in servizio o di ricorrere agli idonei di graduatorie concorsuali in corso di validità. Il riferimento specifico al rispetto dei predetti limiti di spesa è stato sostituito, dalla lettera a) del comma in esame, con il riferimento ai limiti di spesa previsti dalla “disciplina vigente in materia”, ferme restando le condizioni sopra riportate.
In sede di relazione illustrativa, il Governo osserva che la proroga di cui al comma in esame “è finalizzata a consentire alle aziende ed enti del SSN di utilizzare, anche per l’anno 2025, alcuni strumenti straordinari per attenuare le carenze di personale, in particolare sanitario, che non possono essere risolte con gli ordinari istituti previsti dall’ordinamento e conseguentemente è diretta a garantire i livelli essenziali assistenza”.
In sede di relazione tecnica, viene evidenziato che “la disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica considerato che la predetta misura straordinaria può essere attivata dagli enti del Servizio sanitario nazionale in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni e nel rispetto della disciplina vigente in materia di spesa di personale”.
Articolo 4, commi 3-bis e 3-ter
(Stabilizzazione di personale precario del Servizio sanitario nazionale)
I commi in titolo, introdotti nel corso dell'iter al Senato, novellano una disciplina transitoria posta in origine dalla legge di bilancio 2022 e successivamente oggetto di diverse modifiche, volta alla stabilizzazione - mediante stipula di contratti di lavoro dipendente a tempo indeterminato - del personale del ruolo sanitario e del ruolo sociosanitario avente, in base a rapporti a termine instaurati a seguito di reclutamento con procedura concorsuale, una determinata anzianità di servizio presso enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale (SSN), ivi compreso il personale non più in servizio. In particolare, il termine per il conseguimento dei requisiti per la predetta stabilizzazione, già fissato al 31 dicembre 2024, è posticipato al 31 dicembre 2025, e sono introdotte alcune modifiche consequenziali e di coordinamento.
In primo luogo, oggetto di modifica è articolo 1, comma 268, lettera b), della legge 30 dicembre 2021, n. 234 [48] (comma 3-bis).
Nel testo vigente, la disposizione oggetto di modifica stabilisce che gli enti del SSN, nei limiti di spesa consentiti per il personale dalla disciplina vigente in materia, dal 1° luglio 2022 e fino al 31 dicembre 2024, possono assumere a tempo indeterminato, in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni di personale, il personale del ruolo sanitario e del ruolo sociosanitario, anche qualora non più in servizio, che sia stato reclutato a tempo determinato con procedure concorsuali e che abbia maturato al 31 dicembre 2023 [49] alle dipendenze di un ente del SSN almeno diciotto mesi di servizio, anche non continuativi, di cui almeno sei mesi nel periodo intercorrente tra il 31 gennaio 2020 e il 31 dicembre 2024, secondo criteri di priorità definiti da ciascuna regione. È specificato che alle iniziative di stabilizzazione del personale assunto mediante procedure diverse da quelle sopra indicate si provvede previo espletamento di prove selettive.
In base alle modifiche introdotte dal comma in esame, il suddetto termine per la maturazione della prescritta anzianità di 18 mesi di servizio è differito al 31 dicembre 2025, ed è conseguentemente ampliato il lasso temporale entro il quale può essere maturato il semestre specifico di servizio richiesto dalla normativa in oggetto.
Il comma 3-ter, inoltre, apporta una modifica testuale all'articolo 4, comma 9-quinquiesdecies, del decreto-legge n. 198/2022 (v. sotto in nota), volta a coordinare il contenuto di quest’ultimo comma con le novelle sopra descritte alla legge di bilancio 2022.
Articolo 4, comma 4
(Conferimento di incarichi di lavoro autonomo a laureati in medicina e chirurgia)
Il comma 4 dell’articolo 4 prevede la proroga, per l’anno 2025, della possibilità per le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale (SSN) di conferimento di incarichi di lavoro autonomo a laureati in medicina e chirurgia abilitati e iscritti agli ordini professionali, anche se privi della specializzazione, nel rispetto della disciplina vigente in materia di spesa di personale per gli enti del Servizio sanitario.
La relazione illustrativa (RI) chiarisce che la finalità della presente misura di proroga è quella di consentire alle aziende ed enti del SSN di utilizzare, anche per l’anno 2025, alcuni strumenti straordinari per attenuare le carenze di personale, in particolare sanitario, che non possono essere risolte con gli ordinari istituti previsti dall’ordinamento. Conseguentemente – rimarca la RI – la misura è diretta a garantire i livelli essenziali assistenza.
La relazione tecnica osserva che dalla norma non derivano oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica, in quanto la predetta possibilità di reclutamento è consentita nel rispetto della disciplina vigente in materia di spesa di personale per gli enti del Servizio sanitario nazionale.
In particolare, la disposizione in esame, intervenendo con la tecnica della novella, apporta modifiche testuali all’articolo 4, comma 3, del decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198 [50] . La predetta disposizione oggetto di novella è a sua volta una norma di proroga, che nel testo previgente stabiliva che le disposizioni di cui all'articolo 2-bis, comma 3, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 [51] , continuassero ad applicarsi fino al 31 dicembre 2024 nel rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 11, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35 [52]
Le modifiche introdotte dal comma in esame consistono nel sostituire il termine finale di applicazione della disciplina transitoria richiamata (31 dicembre 2025 in luogo del 31 dicembre 2024), e nel prescrivere il rispetto della disciplina vigente in materia di spesa di personale per gli enti del Servizio sanitario nazionale, anziché il rispetto di una specifica disposizione in materia (cioè dell'articolo 11, comma 1, del decreto-legge n. 35/2019, cui faceva riferimento il testo previgente).
Le disposizioni oggetto di proroga (ossia quelle di cui al citato articolo 2-bis, comma 3, del decreto-legge n. 18/2020) stabiliscono che alcuni incarichi di lavoro autonomo (ivi compresi incarichi di collaborazione coordinata e continuativa), previsti dalla disciplina transitoria in materia di emergenza epidemiologica da COVID-19, possono essere attribuiti - da parte degli enti ed aziende del SSN - anche a tutti i laureati in medicina e chirurgia abilitati all’esercizio della professione medica e iscritti all'ordine professionale. Gli incarichi in questione devono avere durata non superiore a sei mesi e sono conferibili in deroga all'articolo 7 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 [53] , e all'articolo 6 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 [54] , convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.
Si ricorda che il summenzionato articolo 7 del d. lgs. 165/2001 dispone in ordine alla gestione delle risorse umane delle pubbliche amministrazioni, mentre il succitato articolo 6 del d.l. 78/2010 reca norme sulla riduzione dei costi degli apparati amministrativi.
Articolo 4, comma 5
(Accesso alla dirigenza del SSN relativa
ai servizi di emergenza-urgenza)
Il comma 5 dell’articolo 4 – con una modifica all’articolo 12, comma 1, del D.L. n.34/2023 – incide sulla disciplina che, a determinate condizioni, dà diritto al personale medico, fino al 31 dicembre 2025, in base all’esperienza professionale acquisita, di partecipare ai concorsi per l’accesso alla dirigenza medica del SSN nella disciplina di Medicina d’emergenza-urgenza, anche senza alcun diploma di specializzazione.
Esso in particolare è volto a estendere al 31 dicembre 2024 (in luogo del 30 giugno 2023) il termine finale del periodo di maturazione, da parte del personale medico, di almeno tre anni di servizio, anche non continuativo, con contratti a tempo determinato, di collaborazione coordinata e continuativa o altre forme di lavoro flessibile, quale requisito di partecipazione ai concorsi sopracitati.
Più in dettaglio, il comma 5 in esame, con la tecnica della novella, modifica il termine finale - portandolo al 31 dicembre 2024 in luogo del 30 giugno 2023 -, del periodo decorrente dal 1° gennaio 2013, entro cui, in base al comma 1 dell’articolo 12 del DL. n. 34/2023 [55] si prevede la possibilità – fino al 31 dicembre 2025 - per il personale medico anche non in possesso di idonea specializzazione, che abbia maturato almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, nel settore dell’emergenza-urgenza, di essere ammesso a partecipare ai concorsi per l'accesso alla dirigenza medica del Servizio sanitario nazionale nella disciplina di Medicina d'emergenza-urgenza. Ciò allo scopo di garantire la continuità nell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza e valorizzare l'esperienza professionale acquisita nel settore dell’emergenza-urgenza.
Tale modifica normativa - a carattere ordinamentale, cui non sono perciò ascrivibili effetti onerosi - determina un potenziale ampliamento della platea dei soggetti che potrebbero accedere ai concorsi banditi nei servizi di emergenza– urgenza, stante la perdurante carenza di personale in tale ambito su tutto il territorio nazionale.
Il periodo dei tre anni può essere maturato sia con contratti a tempo determinato, con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, con contratti di convenzione o altre forme di lavoro flessibile, ovvero anche con un documentato numero di ore di attività, equivalente ad almeno tre anni di servizio del personale medico del Servizio sanitario nazionale a tempo pieno, anche non continuative, presso i predetti servizi di emergenza-urgenza.
La modifica normativa sopprime anche il requisito precedentemente previsto – eliminando in tal modo un ulteriore limite - della maturazione in corso del suindicato periodo triennale, calcolata alla data di pubblicazione del medesimo DL. 34/2023, vale a dire il 31 marzo 2023.
L’articolo 12 del sopra citato DL. n. 34/2023 ha definito particolari misure a favore del personale sanitario medico dei servizi di emergenza-urgenza fino al 31 dicembre 2025, sia nei casi in cui lo stesso personale svolga la propria attività presso le strutture ospedaliere di pronto soccorso che in quelli in cui la svolga presso i servizi di emergenza territoriale.
Innanzitutto è stato previsto un regime temporaneo per l’ammissione - di tale personale con determinati requisiti – ai concorsi per l’accesso alla dirigenza medica del SSN nella disciplina di Medicina d’emergenza e urgenza [56] , ancorché non in possesso di alcun diploma di specializzazione [57] .
Il servizio prestato in base alla predetta disciplina deve essere certificato, su istanza dell’interessato, dalla struttura presso la quale è stato svolto, entro 30 giorni dal ricevimento della domanda.
La finalità della norma è quella di far fronte alla carenza delle professionalità mediche nella specializzazione dell’emergenza-urgenza, considerato che, come sottolinea la relazione illustrativa, negli ultimi anni si è registrata su tutto il territorio nazionale una non soddisfacente partecipazione dei medici specialisti alle procedure di reclutamento indette nella disciplina di Medicina d’emergenza e d'urgenza, e non si è riusciti pertanto a coprire gran parte dei posti relativi ai contratti di formazione specialistica in tale ramo, con difficoltà anche nell’assicurare la continuità nell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza.
L’assunzione può avvenire anche in deroga alle incompatibilità previste a legislazione vigente per l’assunzione di incarichi libero-professionali presso i servizi di emergenza-urgenza ospedalieri del SSN – purché in ambiti strettamente correlati alla specializzazione intrapresa-, per un massimo di 8 ore settimanali, con una remunerazione integrativa di 40 euro lordi, valutabile nell’ambito del curriculum formativo e professionale nei concorsi per dirigente medico del SSN. Il servizio prestato, peraltro, deve certificato, su istanza dell'interessato, dalla struttura presso la quale è stato svolto, entro 30 giorni dal ricevimento della domanda.
Il personale medico in formazione può peraltro prestare la propria collaborazione volontaria e occasionale, con contratto libero-professionale, agli enti e alle associazioni che, senza scopo di lucro, svolgono attività di raccolta di sangue ed emocomponenti, purché al di fuori dell’orario dedicato alla formazione specialistica e fermi restando gli obblighi formativi, fino all’adozione di un apposito regolamento in materia.
Si prevede inoltre la possibilità, sempre fino al 31 dicembre 2025, della trasformazione del rapporto di lavoro da impegno orario pieno a impegno orario ridotto o parziale, in deroga ai contingenti previsti dalle disposizioni vigenti, per il personale, dipendente e convenzionato, operante nei servizi di emergenza-urgenza degli enti del SSN in possesso dei requisiti per il pensionamento anticipato previsti dall’ordinamento vigente, comunque entro i limiti d’età già previsti e previa apposita autorizzazione degli enti del SSN interessati.
Peraltro, al personale sanitario per cui il primo accredito contributivo decorre successivamente al 1° gennaio 1996, è riconosciuto, ai fini dell'accesso alla pensione di vecchiaia ed alla pensione anticipata, l'incremento dell'età anagrafica con un coefficiente di trasformazione pari a due mesi per ogni anno di attività effettivamente svolta nei servizi di urgenza ed emergenza presso aziende ed enti del SSN, nel limite massimo di 24 mesi.
Articolo 4, commi 6 e da 12-quater a 12-sexies
(Procedure relative all’eventuale superamento del limite della spesa farmaceutica ospedaliera per acquisti diretti)
Il comma 6 dell’articolo 4 modifica una norma transitoria nell’ambito della disciplina sulle procedure conseguenti all’eventuale superamento del limite annuo della spesa farmaceutica ospedaliera per acquisti diretti, disciplina di cui all'articolo 1, commi da 574 a 584, della L. 30 dicembre 2018, n. 145, e successive modificazioni. La novella differisce dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025 – 30 aprile 2025 nel testo originario, così modificato in sede referente – il termine finale di applicazione del metodo transitorio di rilevazione, da parte dell'AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), del fatturato di ciascuna azienda titolare di autorizzazione all'immissione in commercio (AIC), relativamente agli acquisti diretti ospedalieri dei farmaci di classe A ed H [58] . Tale metodo transitorio si basa sui dati del Nuovo sistema informativo sanitario, riscontrati mensilmente e validati per via telematica dalle aziende farmaceutiche, mentre il metodo previsto a regime si basa sui dati presenti nelle fatture elettroniche [59] .
Il comma 12-quater – inserito nel corso dell’esame del Senato – del presente articolo 4 reca una norma di coordinamento in materia, mentre i successivi commi 12-quinquies e 12-sexies – anch’essi inseriti nel corso dell’esame del Senato – recano norme transitorie in relazione alle quote erogate in favore delle regioni e province autonome a titolo di ripiano del superamento dei limiti in esame nell’anno 2023.
Si ricorda che il limite annuo di spesa per gli acquisti diretti in esame è pari, in percentuale del livello del finanziamento (cui concorre lo Stato) del fabbisogno sanitario nazionale standard e al netto degli acquisti diretti relativi ai gas medicinali, a 8,5 punti percentuali a decorrere dall’anno 2024 [60] ; per i gas medicinali si applica un limite annuo separato, pari a 0,2 punti (in rapporto alla medesima base di calcolo); il computo concerne gli acquisti diretti ospedalieri dei farmaci delle summenzionate classi A ed H, con esclusione delle fattispecie specifiche previste dai commi 577, 578 e 584 del citato articolo 1 della L. n. 145 del 2018, e successive modificazioni.
Per i casi di superamento dei limiti, la disciplina in esame stabilisce i criteri di riparto delle quote di ripiano. La quota complessiva di ripiano a carico delle aziende farmaceutiche (cosiddetto pay back) è pari al cinquanta per cento dell’importo complessivo eccedente il limite di spesa, mentre l’altra metà dell’eccedenza è a carico delle regioni e province autonome in cui si sia verificato il superamento (in proporzione alle medesime eccedenze). Riguardo alla quota di ripiano a carico delle aziende, i relativi versamenti sono attribuiti alle regioni e province autonome secondo i seguenti criteri: per una metà della quota aziendale di ripiano, si applica il criterio dell’attribuzione dei versamenti a ogni ente territoriale in proporzione alla relativa popolazione residente (criterio del pro capite); per l’altra metà, si applica il criterio del riparto dei versamenti in proporzione all’importo eccedente il suddetto limite di spesa, accertato per il rispettivo ente territoriale; l’applicazione di tali criteri non può in ogni caso determinare, per il singolo ente territoriale, l’attribuzione di una quota di risorse superiore al settanta per cento del complessivo importo eccedente, accertato per l’ente territoriale, o inferiore al trenta per cento del medesimo importo
[61]
. La disciplina legislativa in esame demanda a un decreto ministeriale (del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano) la definizione – in base ai criteri sopra esposti – dei termini, delle condizioni e delle modalità per il riparto dei versamenti in favore delle regioni e delle province autonome. In attuazione di tale previsione legislativa, è stato emanato il D.M. 4 febbraio 2025. Il comma 12-quater modifica il termine, di natura ordinatoria, per l’emanazione del suddetto decreto ministeriale – decreto, come detto, già emanato; tenuto conto che il nuovo termine di cinquanta giorni
[62]
comunque non ricomprende (nel periodo temporale così individuato) la suddetta data di emanazione del decreto, si consideri l’opportunità di una valutazione della novella di cui al comma 12-quater.
Riguardo alle motivazioni relative al differimento stabilito dall’articolo 4, comma 6, la relazione illustrativa del disegno di legge di conversione del presente decreto [63] indica alcune criticità e insufficienze che deriverebbero, allo stato attuale, dal riferimento ai dati presenti nelle fatture elettroniche.
I commi 12-quinquies e 12-sexies recano norme transitorie in relazione alle quote erogate in favore delle regioni e province autonome a titolo di ripiano del superamento dei limiti in esame nell’anno 2023 [64] . Si prevede che tali quote possano essere computate dai suddetti enti territoriali con riferimento all’anno 2024, al fine del conseguimento dell’equilibrio finanziario del settore sanitario nel medesimo anno; tale possibilità di imputazione è limitata alle quote effettivamente versate dalle aziende farmaceutiche (come dette, per l’anno 2023) entro il 20 marzo 2025; nell’ipotesi in cui siano effettuati, da parte di aziende farmaceutiche, entro tale data, pagamenti con riserva e l’ammontare definitivo di questi ultimi risulti inferiore, l’importo corrispondente alla differenza in oggetto è posto a valere sul fabbisogno sanitario nazionale standard dell’anno in cui il pagamento in oggetto è stato definito.
Articolo 4, comma 7, lettera a)
(Proroga dei termini di validità dell’iscrizione all’elenco nazionale dei soggetti idonei alla nomina di direttore generale delle ASL e di altri enti del Servizio Sanitario Nazionale)
Il comma 7, lettera a), dell’articolo 4 dispone, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, la proroga del termine di validità dell’iscrizione nell’elenco nazionale dei soggetti idonei alla nomina di direttore generale delle ASL, AO (Aziende ospedaliere) e degli altri enti del SSN per i soggetti iscritti nell’apposito elenco del Ministero della salute, fino alla pubblicazione del nuovo elenco aggiornato e comunque non oltre il 31 dicembre 2025 (in precedenza non oltre il 31 dicembre 2024).
Con la tecnica della novella, la disposizione in esame interviene sul comma 3 dell’articolo 4, del D.L. n. 215/2023 [65] (L. n. 18/2024) in materia di termini normativi, disponendo la proroga del termine di validità dell'iscrizione in tale elenco di direttori generali suscettibili di nomina fino alla pubblicazione del nuovo elenco nazionale aggiornato e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2025 (precedentemente 31 dicembre 2024).
Si tratta dell'elenco nazionale dei soggetti idonei alla nomina di direttore generale delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e degli altri enti del Servizio sanitario nazionale (qui il link), aggiornato su base biennale, di cui all'articolo 1, comma 2, del D. Lgs. 4 agosto 2016, n. 171, già inizialmente pubblicato sul sito internet del Ministero della salute in data 12 febbraio 2018.
In proposito, inizialmente, l'articolo l, comma 2, del D. Lgs. 4 agosto 2016, n. 171
[66]
ha previsto che l’iscrizione al suddetto elenco, fermo restando l’aggiornamento biennale dello stesso, fosse valida per quattro anni: pertanto, per i soggetti iscritti nell'elenco pubblicato sul sito internet del Ministero della salute in data 12 febbraio 2018
[67]
, la validità dell'iscrizione nell'elenco stesso era in scadenza il 12 febbraio 2022
[68]
.
Al fine di non vedere ridotta la platea dei soggetti idonei all'incarico di direttore generale delle Aziende e degli Enti del SSN, anche in ragione delle esigenze straordinarie ed urgenti derivanti dal perdurare dell'emergenza epidemiologica, l’articolo 4, comma 3 del D.L. 228/2021
[69]
ha una prima volta prorogato la predetta iscrizione fino alla pubblicazione, nell'anno 2022, dell'elenco nazionale aggiornato e comunque non oltre il 30 giugno 2022. Il termine è stato successivamente differito al 31 dicembre 2022, dal comma 5-bis dell’articolo 35 del D.L. n. 73/2022 (L. n. 122/2022)
[70]
.
Il D.L. 198/2022
[71]
(art. 4, comma 3 –ter) ha poi consentito l’integrazione fino al 30 aprile 2023 del citato elenco previa riapertura dei termini di presentazione delle domande da parte dei soggetti interessati.
La Commissione (v. box) successivamente nominata con decreto ministeriale 28 gennaio 2022 per la selezione dei soggetti idonei alla nomina di direttore generale delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e degli altri enti del Servizio sanitario nazionale, ha proceduto all’aggiornamento dell’elenco pubblicato in data con determina del 24 maggio 2023, con la validità dell’iscrizione nell’elenco stesso fino al 31 marzo 2024.
L’articolo 4, comma 3, del citato D.L. 215/2023 ha poi prorogato il termine di validità dell'iscrizione nell'elenco nazionale fino alla pubblicazione dell'elenco nazionale aggiornato e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2024 (v. pagina del Ministero della salute aggiornamento al 9 gennaio 2024)-
Per tale termine, con la disposizione in esame, si prevede ora la proroga al massimo entro il 31 dicembre 2025, con la finalità, come spiegato dalla relazione illustrativa alla norma, di provvedere altresì all’attuazione degli obiettivi inscritti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza – PNRR.
In materia di dirigenza pubblica e di valutazione dei rendimenti dei pubblici uffici, si segnala l'attuazione della delega di cui all'articolo 11, comma 1, lettera p) della legge n. 124/2015, da parte del decreto legislativo n. 171/2016 che, nell'ambito di una più ampia disciplina di delega in materia di dirigenza pubblica e di valutazione dei rendimenti dei pubblici uffici, ha disposto la revisione delle norme sul conferimento di incarichi direttoriali negli enti ed aziende del SSN.
La principale novità in proposito è la costituzione di un elenco nazionale, presso il Ministero della Salute, dei soggetti idonei a ricoprire l'incarico di direttore generale delle ASL, delle Aziende ospedaliere e degli altri enti del SSN, policlinici universitari compresi. Vengono anche definite le disposizioni per il conferimento degli incarichi e prevista la decadenza da direttore generale in caso di gravi disavanzi, per violazioni di legge o per il mancato rispetto delle norme in materia di trasparenza. Sono poi previste nuove misure anche per il conferimento degli incarichi di direttore sanitario, amministrativo e sociosanitario. Le disposizioni di attuazione sono in vigore dal 18 settembre 2016, con delega vigente dal 28 agosto 2015.
Più nel dettaglio, l'elenco, istituito presso il Ministero della Salute, è aggiornato con cadenza biennale. Sempre ogni due anni, per la formazione dell'elenco nazionale dei soggetti idonei, deve essere nominata una Commissione composta da cinque esperti di comprovata competenza ed esperienza, in particolare in materia di organizzazione e gestione aziendale, di cui due designati dal Ministro della salute, uno con funzioni di Presidente scelto tra magistrati ordinari, amministrativi, contabili e avvocati dello Stato, uno designato dall'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, e due designati dalla Conferenza Stato-Regioni [72] .
Le Regioni devono procedere a nominare direttori generali esclusivamente coloro che risultano iscritti all'elenco nazionale. Una commissione regionale composta da esperti, indicati da qualificate istituzioni scientifiche indipendenti, ed uno designato dall'AGENAS, procede poi a una valutazione per titoli e colloquio dei candidati, tenendo conto anche di eventuali provvedimenti di accertamento della violazione degli obblighi in materia di trasparenza.
Al riguardo, il presidente della Regione propone una terna di candidati nell'ambito dei quali verrà scelto quello che presenta i requisiti maggiormente coerenti con le caratteristiche dell'incarico da attribuire. Nel decreto viene inoltre specificato che, nella terna proposta, non potranno essere inseriti coloro che abbiano ricoperto l'incarico di direttore generale, per due volte, presso la stessa azienda sanitaria locale, azienda ospedaliera o ente del SSN [73] . Le previsioni appena descritte si applicano anche alle aziende ospedaliero universitarie, ferma restando per la nomina del direttore generale l'intesa del Presidente della Regione con il Rettore.
Con riferimento alle disposizioni per il conferimento dell'incarico di direttore sanitario, direttore amministrativo e di direttore dei servizi socio-sanitari delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e degli altri enti del SSN, la Commissione deve valutare per la scelta i titoli formativi e professionali, scientifici e di carriera presentati dai candidati, secondo specifici criteri indicati nell'avviso pubblico. Anche in questo caso l'elenco regionale viene aggiornato con cadenza biennale, e l'incarico di direttore amministrativo, di direttore sanitario e di direttore dei servizi sociosanitari non potrà avere durata inferiore a tre anni e superiore a cinque anni. Il conferimento di questi incarichi è incompatibile con la sussistenza di altro rapporto di lavoro, dipendente o autonomo, con partecipazione alla Commissione nazionale e alle Commissioni regionali a titolo gratuito.
Articolo 4, comma 7, lettera b)
(Raccolta sangue e emocomponenti da parte di laureati
in medicina e chirurgia)
Il comma 7, lettera b) dell’articolo 4, sospende fino al 31 dicembre 2025 (invece che fino al 31 dicembre 2024, come previsto in precedenza) l’efficacia delle disposizioni del Regolamento recante la disciplina per l'attività di raccolta sangue e emocomponenti da parte di laureati in medicina e chirurgia abilitati, di cui al D.M. 30 agosto 2023 n. 156, al fine di armonizzare le vigenti disposizioni a quelle del comma 5-ter del già citato D.L. n.215/2023.
Il comma 7, lettera b) dell’articolo 4, modificando il comma 5-bis dell’articolo 4 del D.L. 30 dicembre 2023, n. 215, sospende fino al 31 dicembre 2025 (invece che fino al 31 dicembre 2024, come previsto in precedenza) l’efficacia delle disposizioni del Regolamento recante la disciplina per l'attività di raccolta sangue e emocomponenti da parte di laureati in medicina e chirurgia abilitati, di cui al D.M. 30 agosto 2023 n. 156, adottato in attuazione dell’articolo 19, comma 11, secondo periodo della legge finanziaria per il 2002 (Legge 28 dicembre 2001, n. 448. Ciò al fine di armonizzare le vigenti disposizioni a quelle del comma 5-ter del già citato D.L. n.215/2023.
Quest’ultimo, modificando l’articolo 19, comma 11, secondo periodo della legge finanziaria per il 2002 (Legge 28 dicembre 2001, n. 448) specifica che la collaborazione volontaria ed occasionale dei laureati in medicina e chirurgia abilitati all’attività di raccolta di sangue ed emocomponenti sulla base di convenzioni stipulate con le regioni o con gli enti del Servizio sanitario nazionale, possa avvenire non solo a titolo gratuito ma anche con contratto libero-professionale.
A tale proposito va brevemente ricordato che il citato D.M. n. 156/2023, prevede disposizioni di attuazione dell'articolo 19, comma 11, secondo e terzo periodo
[74]
, della legge 28 dicembre 2001 n. 448 (legge di bilancio per il 2002), individuando modalità e limiti per la collaborazione volontaria, gratuita e occasionale di laureati in medicina e chirurgia abilitati, anche iscritti a corsi di specializzazione o ai corsi di formazione specifica in medicina generale, presso gli enti e associazioni che svolgono attività di raccolta di sangue ed emoderivati senza scopo di lucro. I medici citati svolgono la loro attività a supporto del personale operante nei relativi servizi. Vengono poi disciplinate le modalità di svolgimento delle attività, gli specifici adempimenti a carico dei medici in formazione e gli obblighi (anche di copertura assicurativa) degli enti e delle associazioni presso le quali sono svolte le attività di raccolta sangue.
In tal senso la sospensione dell’efficacia del citato D.M. ad opera del comma 9 lettera b) dell’articolo 4 in esame, viene disposta poiché attualmente esso (cfr. art. 1) prevede e disciplina la collaborazione volontaria, gratuita e occasionale di laureati in medicina e chirurgia abilitati, mentre con la modifica recata al comma 11 della legge finanziaria per il 2002 dal descritto comma 5-ter dell’articolo 4 del citato D.L. n. 215/2023 si inserisce anche la collaborazione con contratto libero-professionale.
Articolo 4, comma 7, lettera c)
(Proroga del termine per l’adeguamento alla riforma in materia di accreditamento istituzionale e stipula degli accordi con gli erogatori)
La disposizione in titolo, come modificata nel corso dell’esame del Senato, proroga al 31 dicembre 2026 il termine entro il quale le regioni e le province autonome provvedono ad adeguare il loro ordinamento alle disposizioni di cui agli articoli 8-quater, comma 7, e 8-quinquies, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 502 del 1992 [75] , in tema di accreditamento istituzionale degli erogatori e stipula degli accordi contrattuali. Si specifica che resta ferma la possibilità da parte delle regioni di accreditare nuove strutture sanitarie ai sensi del citato decreto legislativo n. 502.
La lettera c) in esame interviene con la tecnica della novella, modificando l’articolo 4, comma 7-bis, del decreto-legge n. 215 del 2023
[76]
. Nel corso dell’esame in sede referente la lettera in disamina è stata riformulata: si è disposto un termine più ampio per l’adeguamento (31 dicembre 2026, in luogo del 31 dicembre 2025 previsto dal testo originario); è stato specificato che resta ferma la possibilità da parte delle Regioni di accreditare nuove strutture sanitarie ai sensi del decreto legislativo n. 502/1992. Tale possibilità di accreditamento sembra essere prevista nelle more dell’adeguamento e con riferimento alle preesistenti norme del d. lgs. n. 502/1992.
La disposizione oggetto di novella (cioè il suddetto articolo 4, comma 7-bis, del decreto-legge n. 215 del 2023) è a sua volta una norma dilatoria, che nel testo previgente prorogava il termine per l’adeguamento al 31 dicembre 2024.
Si ricorda che la legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021 (L. 118/2022) ha introdotto alcune innovazioni in materia di revisione e trasparenza dell’accreditamento e del convenzionamento delle strutture e dei soggetti privati.
In particolare, ha stabilito che, nel caso di richiesta di accreditamento da parte di nuove strutture o per l'avvio di nuove attività in strutture preesistenti, l'accreditamento può essere concesso in base alla qualità e ai volumi dei servizi da erogare, nonché sulla base dei risultati dell'attività eventualmente già svolta, tenuto altresì conto degli obiettivi di sicurezza delle prestazioni sanitarie e degli esiti delle attività di controllo, vigilanza e monitoraggio per la valutazione delle attività erogate in termini di qualità, sicurezza ed appropriatezza (v. art. 8-quater, comma 7, d. lgs. 502/1992, come modificato dalla legge 118/2022).
La legge 118/2022 ha inoltre inserito nell’articolo 8-quinquies del decreto legislativo n. 502/1992 il comma 1-bis. Tale comma prevede che la stipula degli accordi contrattuali avvenga mediante procedure trasparenti, eque e non discriminatorie, previa pubblicazione da parte delle regioni di un avviso contenente criteri oggettivi di selezione, che valorizzino prioritariamente la qualità delle specifiche prestazioni sanitarie da erogare. La selezione deve essere effettuata periodicamente, tenuto conto della programmazione sanitaria regionale e sulla base di verifiche delle eventuali esigenze di razionalizzazione della rete in convenzionamento e, per i soggetti già titolari di accordi contrattuali, dell'attività svolta; a tali fini si tiene conto altresì dell'effettiva alimentazione in maniera continuativa e tempestiva del fascicolo sanitario elettronico (FSE) ai sensi della normativa vigente in materia, nonché degli esiti delle attività di controllo, vigilanza e monitoraggio per la valutazione delle attività erogate, le cui modalità sono definite con il decreto ministeriale [77] previsto dall'articolo 8-quater, comma 7 dello stesso d. lgs. 502/1992 (comma modificato a sua volta dalla L. 118/2022, come detto).
Si ricorda che nella stessa materia trattata dalla disposizione in esame è recentemente intervenuta la legge per la concorrenza 2023 (L. 193/2024), che all’articolo 36 stabilisce la sospensione dell’efficacia delle citate disposizioni di cui agli articoli 8-quater, comma 7, e 8-quinquies, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 502/1992, nonché del decreto del Ministro della salute 19 dicembre 2022 (su tale provvedimento v. nota in calce). La sospensione è prevista fino agli esiti delle attività del Tavolo di lavoro per lo sviluppo e l’applicazione del sistema di accreditamento nazionale, che saranno sottoposti ad apposita intesa con la Conferenza permanente Stato-regioni e province autonome. Viene specificato, altresì, che la sospensione è destinata a operare, in ogni caso, non oltre il termine del 31 dicembre 2026. La sospensione è espressamente finalizzata a consentire una revisione complessiva della disciplina relativa all’accreditamento istituzionale e alla stipula degli accordi contrattuali per l’erogazione di prestazioni sanitarie e socio-sanitarie in nome e per conto del SSN.
Articolo 4, comma 7, lettera d)
(Limitazione della responsabilità penale per fatti commessi nell'esercizio di una professione sanitaria)
La lettera in titolo, oggetto di una modifica
[78]
nel corso dell’esame del Senato, proroga di un anno l’applicazione di una disciplina transitoria che prevede la limitazione della punibilità per i reati di omicidio colposo e lesioni personali colpose qualora il fatto sia stato commesso nell'esercizio di una professione sanitaria e in situazioni di grave carenza di personale sanitario. Per effetto di tale proroga, fino al 31 dicembre 2025 gli esercenti una professione sanitaria potranno essere chiamati a rispondere per i fatti anzidetti, se commessi in una situazione di grave carenza di personale sanitario, solo in presenza di colpa grave.
La relazione illustrativa del presente provvedimento chiarisce che la proroga in esame si è resa necessaria nelle more del completamento dell’iter di modifica del codice penale avviato dalla Commissione per lo studio e l’approfondimento delle problematiche relative alla colpa professionale medica, istituita presso il Ministero della Giustizia con decreto del Ministro della giustizia del 28 marzo 2023 (c.d. ‘Commissione d’Ippolito’).
Si ricorda che detta Commissione è stata incaricata di: a) esplorare l’attuale quadro normativo e giurisprudenziale in cui si inscrive la responsabilità colposa sanitaria per discuterne i limiti e le criticità e proporre un dibattito in materia di possibili prospettive di riforma; b) proporre un’approfondita riflessione e un accurato studio sul tema della colpa professionale medica ai fini di ogni utile successivo e ponderato intervento, anche normativo.
La lettera in esame interviene con la tecnica della novella sull’articolo 4, comma 8-septies, del decreto-legge 30 dicembre 2023, n. 215 [79] .
Il suddetto comma 8-septies stabilisce che la limitazione della punibilità ai soli casi di colpa grave, già prevista per la durata dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, si applica altresì ai fatti di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale commessi dagli esercenti una professione sanitaria in presenza di situazioni di grave carenza di personale sanitario. Nel testo previgente, tale regime di limitazione della punibilità era previsto per i fatti commessi fino al 31 dicembre 2024. La modifica introdotta dalla lettera in esame rende applicabile tale regime ai fatti commessi fino al 31 dicembre 2025.
Ai fini del regime di limitazione della punibilità in discorso, si tiene conto delle condizioni di lavoro dell'esercente la professione sanitaria, dell'entità delle risorse umane, materiali e finanziarie concretamente disponibili in relazione al numero dei casi da trattare, del contesto organizzativo in cui i fatti sono commessi nonché del minor grado di esperienza e conoscenze tecniche possedute dal personale non specializzato (articolo 4, comma 8-octies, del citato decreto-legge n. 215/2023).
Si ricorda che l’ambito delle professioni sanitarie comprende i soggetti iscritti agli albi professionali degli ordini: dei medici-chirurghi e degli odontoiatri; dei veterinari; dei farmacisti; dei biologi; dei fisici e dei chimici; delle professioni infermieristiche; della professione di ostetrica; dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione; degli psicologi; dei fisioterapisti. Si tratta di circa 1.500.000 professionisti, secondo dati forniti dal Ministero della salute
[80]
.
Articolo 4, comma 8
(Incentivo al processo di riorganizzazione della rete dei laboratori del Servizio sanitario nazionale)
Il comma 8 dell’articolo 4 proroga al 31 dicembre 2025 il termine - in precedenza fissato al 31 dicembre 2024 - entro il quale le strutture sanitarie pubbliche e private accreditate che erogano prestazioni specialistiche e di diagnostica di laboratorio devono approvare gli specifici piani organizzativi per l’adeguamento agli standard di utilizzo di metodiche automatizzate, al fine di incrementare l’efficienza delle soglie minime, sia degli esami di laboratorio sia delle prestazioni specialistiche ovvero dei campioni analizzati con tecnologia NGS (sequenziamento di nuova generazione).
Al riguardo, una prima proroga del sopra indicato termine (dal 31 dicembre 2022) al 31 dicembre 2023 era stata disposta con l’articolo 4, comma 9-quinquies, del D.L. 198/2022 in materia di proroga di termini legislativi (L. n. 14/2023), intervenuto a novellare il comma 1, secondo periodo, dell’articolo 29 del D.L. 73/2021
[81]
(L. n. 106/2021) (v. box), in materia di incentivi al processo di riorganizzazione della rete dei laboratori del Servizio sanitario nazionale. Una seconda proroga al 31 dicembre 2024 era stata prevista dal comma 8 dell’articolo 4 del DL. 215/2023 Disposizioni urgenti in materia di termini normativi (L. n. 18/2024).
La presente proroga, intervenendo sulla medesima disposizione del citato articolo 29, comma 1, sposta al 31 dicembre 2025 – senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica in quanto comporta il mero ampliamento delle scadenze entro cui attuare specifici interventi regionali - il termine entro cui le specifiche strutture sanitarie pubbliche o private accreditate sopra menzionate devono approvare, per conto di ciascuna regione e provincia autonoma, i piani organizzativi per l’efficientamento delle soglie relative al numero di esami di laboratorio previsti per gli 2021 e 2022 (in termini di 200.000 esami di laboratorio o prestazioni specialistiche ovvero 5.000 analisi di campioni in base alla tecnologia NGS
[82]
[2]), già approvate dal Comitato paritetico permanente per la verifica dell'erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza, ma ancora in fase di implementazione in base a nuovi criteri omogenei a livello nazionale.
Si ricorda che per l’attuazione della disposizione è stato già assegnato uno stanziamento pari a 46 milioni di euro per il 2021 ed a 23 milioni per il 2022 (complessivamente 69 milioni di euro), al cui riparto ha provveduto il decreto interministeriale Salute – MEF del 30 dicembre 2021 (qui il link), a seguito d’intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni.
A normativa vigente, il processo di riorganizzazione della rete dei laboratori del Servizio Sanitario Nazionale è stato avviato ai sensi dell’articolo 1, comma 796, lettera o), della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007), e della relativa disciplina attuativa di cui, in particolare, all’Accordo in Conferenza Stato-Regioni del 23 marzo 2011 (rep. atti n. 61/CSR).
Tale disposizione, prevista in materia di piani regionali di riorganizzazione della rete delle strutture pubbliche e private accreditate, ha stabilito che sia favorito il ricorso a modelli di aggregazione anche contrattuali, quali in particolare i contratti di rete, che tengano peraltro conto delle effettive caratteristiche orografiche e demografiche di riferimento, finalizzato al raggiungimento di specifici valori soglia delle prestazioni. A tal fine, ciascuna Regione è chiamata all’adozione di un piano di riorganizzazione della rete delle strutture sanitarie, pubbliche e private accreditate, che erogano prestazioni specialistiche e di diagnostica di laboratorio, allo scopo di adeguarne gli standard organizzativi e di personale coerenti con i processi di incremento dell'efficienza, resi possibili dal ricorso a metodiche automatizzate.
Detto processo di riorganizzazione, come sottolinea la relazione illustrativa a corredo della norma in commento, rappresenta uno degli assi di riferimento all’interno del complessivo disegno del sistema sanitario italiano, con particolare riferimento all’interazione pubblico-privato secondo condizioni di sicurezza, qualità, appropriatezza e sostenibilità delle prestazioni offerte dalle sistema sanitario, alla luce della riforma dell’assistenza territoriale, in termini di potenziale incremento della prossimità del sistema sanitario in favore delle persone assistite, specialmente nei contesti territoriali più decentrati. Pertanto, il sopra richiamato articolo 29 del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73 (L. n. 106/2021) ha inteso raggiungere l’obiettivo di incentivare l’implementazione dei criteri di riorganizzazione della rete laboratoristica da parte delle competenti regioni e province autonome, disponendo a tale fine lo stanziamento di specifiche risorse, destinate a promuovere l’attuazione del riassetto al livello dei singoli ordinamenti regionali e ripartire secondo i criteri definiti dal decreto del Ministro della Salute del 30 dicembre 2021 (v. ante), ancora in corso.
A tal fine, è in fase di approvazione il disegno di legge governativo (A.S. 1241) recante “Misure di garanzia per l’erogazione delle prestazioni sanitarie e altre disposizioni in materia sanitaria”, il cui articolo 9, al fine di favorire la riduzione delle liste di attesa anche attraverso il processo di riorganizzazione della rete dei laboratori del SSN in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale, prevede l’adozione di uno specifico decreto Salute-MEF, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, per l’individuazione di criteri condivisi al livello nazionale per il raggiungimento in forma singola o associata, a pena di decadenza dell’accreditamento con il SSN, dei valori soglia di prestazioni diagnostiche e di laboratorio erogate da strutture sanitarie pubbliche e private accreditate, con l’obiettivo di maggiori livelli di efficienza e sostenibilità. Ciò mediante il ricorso a modelli di aggregazione anche contrattuali, quali in particolare i contratti di rete, che tengano conto anche delle effettive caratteristiche orografiche e demografiche di riferimento, in coerenza con l'assetto dell'assistenza territoriale ai sensi del DM Salute 77 del 2022 (qui approfondimento).
Si prevede inoltre che presso i laboratori di analisi cliniche accreditati sia consentito lo svolgimento dei servizi di telemedicina, con oneri a carico degli utenti e con modalità tecniche e organizzative da stabilirsi con decreto del Ministero della salute, sentita la Conferenza Stato-Regioni. Per tali prestazioni deve essere stata rilasciata idonea autorizzazione all’esercizio in corso di validità, come previsto dall’articolo 8-ter del D. Lgs. n. 502/1992 con cui si prevede il riordino della disciplina in materia sanitaria, in questo caso con specifico riferimento al rilascio di autorizzazioni alla realizzazione di strutture per l'esercizio di attività sanitarie e sociosanitarie. Al riguardo si richiama in particolare il D.M. Salute del 30 settembre 2022 che, da ultimo, ha definito le procedure di selezione delle soluzioni di telemedicina e diffusione sul territorio nazionale, nonché i meccanismi di valutazione delle proposte di fabbisogno regionale per i servizi minimi di telemedicina e l'adozione delle Linee di indirizzo per i servizi di telemedicina.
Articolo 4, comma 9
(Formazione specifica in medicina generale)
L’articolo 4, comma 9, interviene sulla possibilità per i laureati in medicina e chirurgia abilitati all'esercizio professionale, iscritti al corso di formazione specifica in medicina generale, di partecipare all'assegnazione degli incarichi convenzionali, rimessi all'accordo collettivo nazionale nell'ambito della disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale.
In particolare, si intende:
a) escludere la transitorietà della disciplina, espungendo il riferimento alla durata della deroga normativa fissata dal D.L. n. 215/2023 “fino al 31 dicembre 2024”;
b) garantire il mantenimento degli incarichi già assegnati in virtù della deroga prevista dall’originaria formulazione dell’art. 9, comma 1, del D.L. n. 135/2018, come successivamente modificato dal D.L. n. 215/2023;
c) assicurare la partecipazione all'assegnazione degli incarichi convenzionali, ivi inclusi quelli provvisori e di sostituzione.
L’articolo 4, comma 9, modifica il comma 1, primo periodo, dell’articolo 9, del Decreto-legge n. 135 del 2018, conv. con modif. dalla Legge n. 12 del 2019 [83] , relativo alla possibilità per i laureati in medicina e chirurgia abilitati all'esercizio professionale, iscritti al corso di formazione specifica in medicina generale, di partecipare all'assegnazione degli incarichi convenzionali, rimessi all'accordo collettivo nazionale nell'ambito della disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale.
In particolare, con la modifica si intende:
a) escludere la transitorietà della disciplina, espungendo il riferimento alla durata della deroga normativa fissata dal decreto-legge n. 215 del 2023, conv. con modif. dalla Legge n. 18 del 2024 (Proroga termini 2023)
[84]
, “fino al 31 dicembre 2024”. Invero, espunto il riferimento “fino al 31 dicembre 2024”, pare intendersi confermata la deroga, senza alcun termine temporale.
b) garantire il mantenimento degli incarichi già assegnati in virtù della deroga prevista dall’originaria formulazione dell’art. 9, comma 1, del decreto-legge n. 135 del 2018, come successivamente modificato dal decreto-legge. n. 215 del 2023, poc’anzi richiamato.
c) assicurare la partecipazione all'assegnazione degli incarichi convenzionali, ivi inclusi quelli provvisori e di sostituzione.
La relazione illustrativa individua le ragioni di tali modifiche normative nella contingente carenza di medici di medicina generale.
Si ricorda che la disposizione prevista dall’art. 9, comma 1, del decreto-legge n. 135 del 2018, come successivamente modificato dal decreto-legge. n. 215 del 2023, conv. con modif. n. 18 del 2024 (Proroga termini 2023), prevede in via transitoria ai medici abilitati
[85]
, anche durante la loro iscrizione ai corsi di formazione specialistica (presso le scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia) o ai corsi di formazione specifica in medicina generale, l'assunzione di incarichi provvisori o di sostituzione di medici di medicina generale.
Secondo tale disposizione, la loro assegnazione è in ogni caso subordinata rispetto a quella dei medici in possesso del relativo diploma e agli altri medici aventi, a qualsiasi titolo, diritto all'inserimento nella graduatoria regionale, in forza di altra disposizione. Resta fermo, per l'assegnazione degli incarichi per l'emergenza sanitaria territoriale, il requisito del possesso dell'attestato d'idoneità all'esercizio dell'emergenza sanitaria territoriale. Il mancato conseguimento del diploma di formazione specifica in medicina generale entro il termine previsto dal corso di rispettiva frequenza fatti salvi i periodi di sospensione previsti dall'articolo 24, commi 5 e 6 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368
[86]
, comporta la cancellazione dalla graduatoria regionale e la decadenza dall'eventuale incarico assegnato.
Si ricorda che i periodi di sospensione di cui all’art. 24, comma 5, del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, riguardano gli impedimenti temporanei superiori ai quaranta giorni lavorativi consecutivi per servizio militare, gravidanza e malattia; i periodi di sospensione di cui all’art. 24, comma 6, del medesimo decreto legislativo, attengono alle assenze per motivi personali, preventivamente autorizzate salvo causa di forza maggiore, che non superino trenta giorni complessivi nell'anno di formazione e non pregiudichino il raggiungimento degli obiettivi formativi. Con riguardo a quest’ultima tipologia di sospensione, non vi è sospensione della borsa di studio, né vi è interruzione della formazione, non dovendosi pertanto recuperate le assenze.
Si veda anche il seguente testo a fronte.
Decreto-legge n. 135/2018 |
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Testo previgente
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Modifiche apportate dall’art. 4, comma 9
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Art. 9, comma 1 |
Art. 9, comma 1 |
Fino al 31 dicembre 2024, in relazione alla contingente carenza dei medici di medicina generale, nelle more di una revisione complessiva del relativo sistema di formazione specifica i laureati in medicina e chirurgia abilitati all'esercizio professionale, iscritti al corso di formazione specifica in medicina generale, possono partecipare all'assegnazione degli incarichi convenzionali, rimessi all'accordo collettivo nazionale nell'ambito della disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale. |
In relazione alla contingente carenza dei medici di medicina generale, nelle more di una revisione complessiva del relativo sistema di formazione specifica i laureati in medicina e chirurgia abilitati all'esercizio professionale, iscritti al corso di formazione specifica in medicina generale, possono mantenere gli incarichi già assegnati ovvero partecipare all'assegnazione degli incarichi convenzionali, , ivi inclusi quelli provvisori e di sostituzione rimessi all'accordo collettivo nazionale nell'ambito della disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale. |
Articolo 4, comma 10
(Incarichi provvisori o di sostituzione di medici di medicina generale e di pediatri di libera scelta)
Il comma in titolo, modificato nel corso dell’esame del Senato, consente a regime ai laureati in medicina e chirurgia abilitati, anche durante la loro iscrizione ai corsi di specializzazione o ai corsi di formazione in medicina generale, di assumere incarichi provvisori o di sostituzione di medici di medicina generale, nonché ai medici iscritti al corso di specializzazione in pediatria, durante il percorso formativo, di assumere incarichi provvisori o di sostituzione di pediatri di libera scelta convenzionati con il Servizio sanitario nazionale. Prima delle innovazioni introdotte dal comma in esame, tali possibilità di assunzione di incarichi erano previste solo transitoriamente.
Secondo la relazione illustrativa (RI) del presente provvedimento, la disposizione in esame “è giustificata principalmente dalla particolare situazione di carenza di medici di medicina generale e di medici specializzati in pediatria sul territorio e si rende necessaria in quanto consente ai corsisti di proseguire nell’assunzione dei predetti incarichi provvisori o sostituzioni.”.
In base alla relazione tecnica (RT) sul medesimo provvedimento, quella in esame è una norma di carattere ordinamentale, “posto che le sostituzioni e gli incarichi provvisori già vengono conferiti nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente e non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.”.
Il comma in esame interviene con la tecnica della novella sull’articolo 2-quinquies del D.L. 17 marzo 2020, n. 18
[87]
: è ivi sostituito - ai commi 1, 2 e 3 e 4 - il riferimento alla durata dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 con l’espressione “A decorrere dal 1° gennaio 2025”. Sono inoltre introdotte alcune modifiche consequenziali volte a coordinare il testo dei commi novellati, tenuto conto nel nuovo carattere a regime della disciplina in oggetto.
Si ricorda che la disciplina in questione era stata oggetto di diverse proroghe nella fase in cui, anche in epoca post-pandemica, era configurata come disciplina transitoria, l’ultima delle quali disposta dall’art. 4, comma 2, del D.L. 30 dicembre 2023, n. 215 [88] .
Si ricordano di seguito le linee essenziali della disciplina in argomento (ora a regime).
Essa permette ai medici abilitati, anche durante la loro iscrizione ai corsi di formazione specialistica (presso le scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia) o ai corsi di formazione specifica in medicina generale, l'assunzione di incarichi provvisori o di sostituzione di medici di medicina generale.
Per gli iscritti al corso di formazione specifica in medicina generale, le ore di attività svolte devono essere considerate a tutti gli effetti quali attività pratiche, da computare nel monte ore complessivo previsto. In caso di assunzione di incarico provvisorio che comporti l'assegnazione di un numero di assistiti superiore a 800, l'erogazione della borsa di studio è sospesa.
Quanto agli iscritti ai corsi di formazione specialistica, il periodo di attività è riconosciuto ai fini del ciclo di studi che conduce al conseguimento del diploma di specializzazione. Le università, ferma restando la durata legale del corso, assicurano il recupero delle attività formative, teoriche e assistenziali, necessarie al raggiungimento degli obiettivi formativi previsti.
I medici iscritti al corso di specializzazione in pediatria, durante il percorso formativo, possono assumere incarichi provvisori o di sostituzione di pediatri di libera scelta convenzionati con il Servizio sanitario nazionale. Il periodo di attività è riconosciuto ai fini del ciclo di studi che conduce al conseguimento del diploma di specializzazione. Le università, ferma restando la durata legale del corso, assicurano il recupero delle attività formative, teoriche e assistenziali, necessarie al raggiungimento degli obiettivi formativi previsti.
Articolo 4, comma 11
(Proroghe in materia di misure per l’abbattimento delle liste d’attesa)
Il comma 11 dell’articolo 4, per far fronte alla carenza di personale sanitario negli enti e nelle aziende del SSN anche allo scopo di ridurre le liste d’attesa, prevede la possibilità per le Regioni e le Province autonome, relativamente all’anno 2025, di incrementare le prestazioni sanitarie aggiuntive svolte dai dirigenti medici e dal personale sanitario del comparto sanità dipendenti dei medesimi enti e aziende del Servizio sanitario. L’incremento di spesa - a valere sul livello di finanziamento indistinto del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato per l'anno 2025 - è definito entro il tetto di spesa indicato per ciascuna Regione e Provincia autonoma alla Tab. 1 allegata al decreto in esame, che ammonta complessivamente a 143,5 milioni di euro. Restano ferme le altre disposizioni vigenti in materia di incremento delle tariffe orarie aggiuntive.
Più in dettaglio, il comma 11 in esame, con la finalità di ridurre le liste d’attesa, autorizza le Regioni e le Province autonome per il solo anno 2025, in aggiunta a quanto previsto dall’art. 1, comma 220, della legge 30 dicembre 2023, n. 213 (legge di Bilancio 2024) in materia di incremento tariffa oraria prestazioni aggiuntive personale medico e sanitario (v. box), ad incrementare la spesa - a valere sul livello di finanziamento indistinto del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato per l'anno 2025-, per prestazioni aggiuntive dei dirigenti medici e del personale sanitario del comparto sanità che siano dipendenti dei medesimi enti e aziende entro il limite di determinati importi lordi. Tali importi, quale tetto di spesa per ciascuna Regione e Provincia autonoma, sono indicati nella Tabella 1 allegata al presente decreto-legge, pari complessivamente a 143.500.000 euro, di cui 101.885.000 euro per i dirigenti medici e 41.615.000 euro per il personale sanitario del comparto sanità.
La norma precisa che i compensi erogati per lo svolgimento delle prestazioni aggiuntive definite dalla norma in esame sono soggetti ad una imposta sostitutiva - agevolata rispetto al regime ordinario - dell’IRPEF e delle addizionali regionali e comunali pari al 15 per cento.
La norma stabilisce che restano in ogni caso ferme le disposizioni di cui all’articolo 1, commi 218 e 219, della citata legge n. 213 del 2023 in materia di prestazioni aggiuntive e pertanto rimangono vigenti le coperture attualmente previste in materia.
Al riguardo si ricorda che i commi 218-222 della citata legge di Bilancio 2024 hanno disposto, al fine di fronteggiare la carenza di personale sanitario nelle aziende e negli enti del SSN anche per ridurre le liste di attesa ed il ricorso alle esternalizzazioni, l’estensione, fino al 31 dicembre 2026, dell’applicazione dell’autorizzazione agli incrementi delle tariffe orarie delle prestazioni aggiuntive del personale medico - di cui all’articolo 115, comma 2, del contratto collettivo nazionale di lavoro dell’Area Sanità del 19 dicembre 2019
[89]
- prevista, per l’anno 2023, dall’articolo 11, comma 1, del D.L. n. 34/2023
[90]
(pari a 100 euro lordi onnicomprensivi), disponendo, contestualmente, che tale incremento riguardi, dal 2024 al 2026, tutte le prestazioni aggiuntive svolte. Vengono poi espressamente fatte salve le disposizioni vigenti in materia di prestazioni aggiuntive riguardanti il volume di prestazioni erogabili, l’orario massimo di lavoro ed i prescritti riposi.
Per le medesime finalità è prevista l’applicazione fino al 31 dicembre 2026 delle disposizioni richiamate (art. 11, comma 1, D.L. n. 34/2023) anche per le prestazioni aggiuntive svolte - ai sensi dell’articolo 7, comma 1, lettera d) del contratto collettivo nazionale di lavoro 2019-2021 dell’Area sanità
[91]
-, dal personale sanitario operante nelle citate aziende ed enti del SSN, disponendosi, contestualmente, che tale incremento riguardi, dal 2024 al 2026, tutte le prestazioni aggiuntive svolte. Viene poi stabilito che l’aumento della tariffa possa arrivare fino a 60 euro lordi omnicomprensivi (invece dei 50 previsti dal richiamato art. 11 del D.L. n. 34/2023), al netto degli oneri riflessi a carico dell’amministrazione.
Anche in tal caso vengono poi espressamente fatte salve le disposizioni vigenti in materia di prestazioni aggiuntive riguardanti il volume di prestazioni erogabili, l’orario massimo di lavoro ed i prescritti riposi.
Riguardo la tassazione di dette prestazioni aggiuntive, la norma, in materia di imposizione fiscale sui compensi, conferma quanto previsto dall’articolo 7 del D.L. n. 73/2024 (L. n. 107/2024) prevedendo un’imposta sostitutiva agevolata sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali del 15% per le prestazioni in oggetto, in sostituzione di quella marginale del 43% applicabile secondo il regime Irpef ordinario.
Si ricorda che la disposizione del citato articolo 7 assoggetta le prestazioni aggiuntive dei dirigenti sanitari e del personale sanitario del comparto sanità ad una imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali pari al 15%, precisando le modalità di attuazione relative alla data di decorrenza dell’agevolazione, nonché all’accertamento, alla riscossione, alle sanzioni e al contenzioso.
La RT calcola, per quanto concerne i dirigenti medici ai quali si applicherebbe l’aliquota Irap dell’8,5%, un ammontare di reddito imponibile ai fini Irpef, derivante dal compenso per le maggiori prestazioni aggiuntive che potranno essere richieste a valere sulle risorse stanziate sopra indicate, di circa 93,9 milioni di euro. Applicando un’aliquota marginale media Irpef del 43% e applicando l’aliquota dell’imposta sostitutiva del 15%, si stima una perdita di gettito Irpef di competenza annua di circa - 40,4 milioni di euro e di addizionale regionale e comunale rispettivamente di -1,6 e -0,6 milioni di euro. L’imposta sostitutiva è stimata pari a 14,1 milioni di euro.
Analogamente, per quanto concerne le maggiori prestazioni aggiuntive che potranno essere rese dal personale sanitario - considerando l’aliquota dell’Irap dell’8,5%, l’aliquota contributiva ai fini pensionistici complessiva del 33% (di cui 23,80% a carico del datore di lavoro e 9,2% a carico del lavoratore) -, si stima un ammontare di imponibile ai fini Irpef di circa 25,7 milioni di euro. Applicando un’aliquota marginale media Irpef del 35% e applicando l’aliquota dell’imposta sostitutiva del 15%, si stima una perdita di gettito Irpef di competenza annua di circa -9,0 milioni di euro e di addizionale regionale e comunale rispettivamente di -0,4 e -0,2 milioni di euro. L’imposta sostitutiva è stimata pari a 3,9 milioni di euro.
La norma in esame definisce pertanto la copertura degli effettivi oneri, valutati in 31.400.000 euro per l’anno 2025 e in 3.000.000 di euro per l’anno 2026, cui si provvede mediante utilizzo delle risorse iscritte nello stato di previsione della spesa del MEF ai sensi dell’articolo 1, comma 519, della sopra citata legge di Bilancio 2024.
Si tratta del Fondo per la sistemazione contabile delle partite iscritte al conto sospeso, iscritto nello stato di previsione del MEF, come rifinanziato (+2 miliardi di euro) per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026.
Viene altresì definita la compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e di indebitamento netto derivanti dalla disposizione in esame, pari a 31.400.000 euro per l’anno 2025 e 3.000.000 di euro per l’anno 2026, mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all'articolo 6, co. 2, del D.L. n. 154/2008 (L. n. 189/2008).
La legge di Bilancio 2024 (art. 1, co. 232, L. n. 213/2023) ha autorizzato le Regioni e le Province autonome a potersi avvalere fino al 31 dicembre 2024 delle misure previste ai commi 218-222 (incremento tariffa oraria prestazioni aggiuntive personale medico e sanitario) della medesima legge, potendo coinvolgere anche le strutture private accreditate in deroga alla normativa vigente sui limiti dati dal tetto di spesa per gli acquisti di prestazioni sanitarie da privati, di cui all'articolo 15, comma 14, primo periodo, del D.L. n.95/2012 (L. n. 135/2012), che disciplina la progressiva riduzione annua dell'importo e dei corrispondenti volumi di acquisto delle prestazioni sanitarie da soggetti privati accreditati per l'assistenza specialistica ambulatoriale e per l'assistenza ospedaliera.
Ai sensi di quest’ultima norma, per l'acquisto di prestazioni sanitarie da soggetti privati accreditati, viene applicata una riduzione dell'importo e dei corrispondenti volumi d’acquisto in misura determinata dalla Regione o dalla Provincia autonoma - anche interessate dai piani di rientro dal disavanzo sanitario [92] -, tale da ridurre la spesa complessiva annua, rispetto alla spesa consuntivata per l'anno 2011, dello 0,5 per cento per l'anno 2012, dell'1 per cento per l'anno 2013 e del 2 per cento a decorrere dall'anno 2014. Contestualmente, il comma 233 della richiamata Legge di Bilancio 2024, ha rimodulato il limite del tetto di spesa per gli acquisti di prestazioni sanitarie da privati nel valore della spesa consuntivata per l'anno 2011 che viene incrementata di 1 punto percentuale per l'anno 2024, di 3 punti percentuali per l'anno 2025 e di 4 punti percentuali a decorrere dall'anno 2026, assicurando comunque il rispetto dell'equilibrio economico e finanziario del Servizio sanitario regionale.
Per l'acquisto delle prestazioni sanitarie, il medesimo comma 232 della Legge di Bilancio 2024 ha previsto che, per il solo anno 2024, le Regioni e le Province autonome possono utilizzare una quota non superiore allo 0,4% del livello di finanziamento indistinto del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato per l'anno 2024 (nel 2023, tale quota era dello 0,3%). Ciò al fine di garantire la completa attuazione dei Piani operativi per il recupero delle liste d'attesa anche mediante incremento della tariffa oraria (fino a 100 euro lordi onnicomprensivi, per il personale medico, e fino a 60 euro lordi onnicomprensivi per il personale del comparto) per le prestazioni aggiuntive svolte dal personale medico ed infermieristico presso i servizi di emergenza urgenza ospedalieri, oltre che per le prestazioni aggiuntive previste dalla contrattazione collettiva nazionale del personale medico e del comparto sanitario.
Più in dettaglio, in merito al regime dell’incremento della tariffa oraria delle prestazioni aggiuntive personale medico e sanitario base alla disciplina disposta ai commi 218-222 della legge di Bilancio 2024, si ricorda che tali norme, al fine di fronteggiare la carenza di personale sanitario nelle aziende e negli enti del SSN e di ridurre le liste di attesa ed il ricorso alle esternalizzazioni, ha esteso fino al 31 dicembre 2026 la facoltà di ricorrere agli incrementi delle tariffe orarie delle prestazioni aggiuntive del personale medico - di cui alla contrattazione collettiva nazionale dell’Area sanità - prevista, per l’anno 2023, dall’articolo 11, comma 1, del D.L. n. 34/2023 [93] (pari a 100 euro lordi onnicomprensivi), disponendo, contestualmente, che tale incremento riguardi, dal 2024 al 2026, tutte le prestazioni aggiuntive svolte [94] .
Per le medesime finalità è prevista l’applicazione fino al 31 dicembre 2026 delle disposizioni richiamate (art. 11, comma 1, del D.L. n. 34/2023) anche alle prestazioni aggiuntive svolte - ai sensi della contrattazione collettiva nazionale dell’Area sanità -, dal personale sanitario operante nelle citate aziende ed enti del SSN, disponendosi, contestualmente, che tale incremento riguardi, dal 2024 al 2026, tutte le prestazioni aggiuntive svolte. L’aumento della tariffa può arrivare fino a 60 euro lordi onnicomprensivi, al netto degli oneri riflessi a carico dell’amministrazione [95] . Per tali finalità, è autorizzata, per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026, la spesa di 200 milioni di euro per il personale medico e di 80 milioni di euro per il personale sanitario del comparto. Al relativo finanziamento accedono tutte le Regioni e le province autonome, in deroga alle disposizioni legislative che stabiliscono per le autonomie speciali il concorso regionale e provinciale al finanziamento sanitario corrente.
Si ricorda che, attualmente, il principale strumento per gestire le liste d'attesa è il Piano Nazionale di Governo delle Liste di Attesa (PNGLA) 2019-2021, siglato con Intesa Stato-Regioni del 21 febbraio 2019, il quale va a sostituire e aggiornare il precedente Piano Nazionale di Governo delle Liste di Attesa (PNGLA) 2010-2012 [96] . Va poi ricordato che con Decreto direttoriale del 21 dicembre 2023, è stato istituito presso il Ministero della salute il Tavolo tecnico per l'elaborazione e l'operatività del Piano Nazionale di Governo delle Liste d'Attesa 2024-2026.
Sul punto si segnala inoltre che l'articolo 4, commi 9-septies e 9-octies del DL. 198/2022 (cd. Proroga dei termini legislativi, L. n. 14/2023) ha consentito alle Regioni e Province autonome, rispettivamente, l'utilizzo di risorse correnti non fruite entro il 31 dicembre 2022 allo scopo di avvalersi di strutture private accreditate, e la possibilità, fino al 31 dicembre 2023, di derogare ai regimi tariffari ordinari, utilizzando alcuni istituti già previsti dall'articolo 29 del DL. 104/2020 (cd. Agosto, L. n. 106/2020) per il recupero delle prestazioni di ricovero ospedaliero per acuti in regime di elezione - vale a dire a carattere programmabile e non urgente - e di specialistica ambulatoriale e di screening.
Va infine ricordato che attualmente è all'esame del Senato in sede redigente il disegno di legge del Governo (AS 1241) recante "?Misure di garanzia per l'erogazione delle prestazioni sanitarie e altre disposizioni in materia sanitaria?” che contiene anche alcune previsioni in tema di riduzione delle liste di attesa (qui il dossier di approfondimento).
Articolo 4, comma 11-bis
(Fondi per screening regionale per il tumore al seno)
Agli oneri predetti, si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo finalizzato all'attuazione di misure in favore degli enti locali e alla realizzazione di interventi in materia sociale e di infrastrutture, sport e cultura.
Il comma 11-bis dell’articolo 4 autorizza la spesa di 200 mila euro per l'anno 2025 e di 800 mila euro per l'anno 2026 per avviare progetti di rafforzamento dell'adesione e dell'estensione alle misure di prevenzione per il tumore al seno, mediante campagne di screening regionale per le donne nelle fasce d'età 45-50 anni e 70-74 anni.
Agli oneri predetti, si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all’articolo 1, comma 551, Legge n. 213 del 2023 (Legge di bilancio 2024) [97]
Si ricorda che il fondo summenzionato è stato istituito dall’articolo 1, comma 551, Legge n. 213 del 2023 (Legge di bilancio 2024) e rideterminato dall’art. 15, comma 4-ter del decreto-legge n. 60 del 2024
[98]
, conv. con modif. dalla Legge n. 95 del 2024. In particolare, il fondo è istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, da trasferire al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, con una dotazione di 4.655.172 euro annui per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026.
Tale fondo è finalizzato all'attuazione di misure in favore degli enti locali e alla realizzazione di interventi in materia sociale e di infrastrutture, sport e cultura.
Si ricorda che, nell’ottica contrastare i tumori, la L. n. 29/2019 ha istituito e disciplinato la Rete nazionale dei registri dei tumori e dei sistemi di sorveglianza per una serie di finalità, tra le quali:
· coordinamento dei dati alimentati direttamente dai flussi dei registri delle regioni e delle province autonome;
· messa in atto di misure di controllo epidemiologico delle malattie oncologiche ed infettive tumore-correlate;
· studio dell'incidenza e della prevalenza delle malattie oncologiche e infettive tumore-correlate, per poterne monitorare la diffusione e l'andamento;
· prevenzione, diagnosi e programmazione sanitaria;
· studio e ricerca e di monitoraggio dei fattori di rischio;
· promozione della ricerca scientifica in ambito oncologico, anche nel campo dei tumori rari.
Con la Legge n. 207/2024 ( art. 1, comma 309, Legge di bilancio per il 2025) è stato autorizzato un incremento della spesa per l'istituzione e la disciplina della Rete nazionale dei registri dei tumori pari a 0,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2025 e 2026 e di 1 milione di euro per il 2027, a valere sul Fondo per le esigenze indifferibili dello stato di previsione del MEF.
Riguardo la ricerca sui tumori, si segnala che la stessa L. n. 207/2024 (art. 1, comma 307, Legge di bilancio per il 2025) ha previsto un rifinanziamento anche per il 2025 di 1 milione di euro del “Fondo per i test di Next-Generation Sequencing per la diagnosi delle malattie rare” istituito nello stato di previsione del Ministero della salute dall’art. 1, comma 556 legge n. 213/2023 (legge di Bilancio 2024) con una dotazione di 1 milione di euro per il 2024.
Inoltre, la stessa legge (art. 1, commi 298 e 299, Legge di bilancio per il 2025) ha previsto l'istituzione del Registro unico nazionale delle Breast Unit, con l'obiettivo di raccogliere tutti i dati provenienti dalle Breast Unit sul territorio nazionale e garantire la centralizzazione e l'analisi dei dati sul carcinoma mammario. In particolare, le attività connesse all'istituzione, all'attivazione e al funzionamento di tale Registro unico nazionale devono essere svolte in stretta sinergia e coordinamento con le attività dell'Osservatorio per il monitoraggio e l'implementazione delle Reti delle Breast Unit, istituito presso l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari.
Articolo 4, comma 12
(Incarichi a sanitari e operatori socio-sanitari in quiescenza)
L’articolo 4, comma 12, proroga dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025 la normativa transitoria [99] che consente il conferimento – da parte degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale – di incarichi di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa, a dirigenti medici, veterinari e sanitari e al personale del ruolo sanitario del comparto sanità, collocati in quiescenza (anche se non iscritti al competente albo professionale in conseguenza del collocamento a riposo), nonché agli operatori socio-sanitari collocati in quiescenza.
La durata di ciascun contratto di lavoro in esame non può essere superiore a sei mesi; i medesimi rapporti di lavoro non possono superare il termine ora oggetto di proroga. Resta fermo che il conferimento degli incarichi in esame è subordinato alla verifica dell’impossibilità di assumere personale (la sussistenza di tale impossibilità deve essere verificata anche rispetto all’ipotesi di ricorso agli idonei collocati in graduatorie concorsuali in corso di validità).
Il presente comma 12 specifica che la proroga è disposta nel rispetto dei limiti di spesa vigenti per il personale degli enti ed aziende del Servizio sanitario regionale.
In base alla disciplina oggetto di proroga, per gli incarichi in esame non si applicano le norme
[100]
sul divieto di cumulo degli emolumenti lavorativi con i trattamenti pensionistici liquidati in base ad una delle cosiddette quote 100, 102 e 103
[101]
. Si ricorda che l’esclusione dal divieto non ha riguardato gli incarichi in esame conferiti nel corso dell’anno 2024, in base alla specifica formulazione della disposizione
[102]
di proroga relativa (per i medesimi incarichi) al suddetto anno.
Articolo 4, comma 12-bis
(Proroga di norme in materia di ricetta elettronica)
Il comma 12-bis – inserito nel corso dell’esame del Senato – dell’articolo 4 proroga dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025 [103] l’applicabilità – secondo le disposizioni degli articoli 2 e 3 dell’ordinanza n. 884 del 31 marzo 2022 del Capo del Dipartimento della protezione civile [104] – di strumenti alternativi al promemoria cartaceo della ricetta elettronica, nonché delle modalità di utilizzo presso le farmacie dei medesimi strumenti alternativi.
Si ricorda che, in base all'ordinanza succitata, al momento della generazione della ricetta elettronica da parte del medico prescrittore, l'assistito può chiedere allo stesso medico il rilascio del promemoria dematerializzato (tramite posta elettronica certificata o tramite posta elettronica ordinaria) ovvero l'acquisizione del numero di ricetta elettronica (tramite SMS, tramite applicazione per telefonia mobile che consenta lo scambio di messaggi e immagini o tramite comunicazione telefonica). L'assistito, per comunicare i dati della ricetta elettronica alla farmacia prescelta, può ricorrere alla posta elettronica [105] , ad sms o ad applicazione per telefonia mobile che consenta lo scambio di messaggi e immagini [106] , oppure a mera comunicazione alla farmacia [107] .
Si ricorda che le sopra descritte modalità di utilizzo del promemoria dematerializzato della ricetta elettronica, oggetto di proroga, sono aggiuntive rispetto alle modalità previste a regime dall'articolo 3
[108]
del decreto dirigenziale del 30 dicembre 2020
[109]
.
Articolo 4, comma 12-ter
(Contributi ai policlinici universitari)
Il comma 12-ter dell’articolo 4, inserito nel corso dell’esame del Senato, prevede un finanziamento di 50 milioni di euro a decorrere dall’anno 2028 in favore dei policlinici universitari gestiti direttamente da università non statali, a titolo di concorso statale al finanziamento degli oneri connessi allo svolgimento delle attività strumentali necessarie al perseguimento dei fini istituzionali, che si aggiunge ai finanziamenti già previsti fino al 2027 a normativa vigente (cfr. infra).
Alla copertura del relativo onere si provvede a valere sulle risorse per il perseguimento degli obiettivi sanitari di carattere prioritario e di rilievo nazionale, di cui all’articolo 1, comma 275 della Legge di bilancio per il 2025 (L. n. 207/2024).
Il comma 12-ter dell’articolo 4 con una integrazione al comma 377 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Legge di stabilità 2014), prevede un finanziamento di 50 milioni di euro a decorrere dall’anno 2028 in favore dei policlinici universitari gestiti direttamente da università non statali, a titolo di concorso statale al finanziamento degli oneri connessi allo svolgimento delle attività strumentali necessarie al perseguimento dei fini istituzionali, che si aggiunge ai finanziamenti già previsti fino al 2027 a normativa vigente.
Viene poi disposto che alla copertura del relativo onere si provvede a valere sulle risorse per il perseguimento degli obiettivi sanitari di carattere prioritario e di rilievo nazionale, di cui all’articolo 1, comma 275 della Legge di bilancio per il 2025 (L. n. 207/2024).
Il citato comma 377 nell’attuale formulazione ha previsto un finanziamento di 50 milioni di euro per l’anno 2014 e di 35 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2015 al 2027. A questi si aggiunge l’ulteriore finanziamento previsto dalla disposizione in commento a decorrere dall’anno 2028.
L’erogazione del finanziamento è subordinata alla sottoscrizione dei protocolli di intesa tra le singole università e la regione interessata, comprensivi della definitiva regolazione condivisa di eventuali contenziosi pregressi. Il riparto di tale importo tra i policlinici universitari gestiti direttamente da università non statali è stabilito con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute.
I Policlinici universitari differiscono dalle aziende ospedaliere e dalle ASL, in quanto rappresentano parti integranti delle Università, dotati di autonomia organizzativa, gestionale, patrimoniale e contabile secondo le modalità fissate dallo statuto dell'università di appartenenza
[110]
e rientrano nel perimetro delle pubbliche amministrazioni per l’applicabilità delle norme sugli obblighi di approvvigionamento degli acquisti tramite gli strumenti messi a disposizione da Consip S.p.A., ai sensi dell’art. 1, comma 1, del D.L. n. 95/2012 (L. n. 135/2012), in materia di riduzione della spesa per l’acquisto di beni e servizi e trasparenza delle procedure.
Tra i policlinici facenti capo ad università non statali si segnalano: il Policlinico dell'Università Campus Bio-Medico di Roma; il Policlinico Universitario Agostino Gemelli (della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma); l'Ospedale San Raffaele della Facoltà di Medicina e Chirurgia e della Facoltà di Psicologia dell'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.
Articolo 5, comma 1
(Requisiti di accesso al concorso per il reclutamento degli insegnanti tecnico-pratici)
L’articolo 5, comma 1, stabilisce che i nuovi requisiti di accesso al concorso per il reclutamento degli insegnanti tecnico-pratici introdotti nell’ambito della Riforma del reclutamento prevista dal PNRR saranno richiesti per la partecipazione ai concorsi banditi dopo il 31 dicembre 2025 (e non più dopo il 31 dicembre 2024), rimanendo fermi, sino ad allora, i requisiti attualmente previsti.
La disposizione in esame interviene sull’articolo 22, comma 2, del decreto legislativo n. 59 del 2017, posticipando dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025 il termine oltre il quale saranno richiesti i nuovi requisiti di accesso al concorso per il reclutamento degli insegnanti tecnico-pratici fissati dall’articolo 5, comma 2, del medesimo decreto legislativo.
In proposito, si rammenta che gli insegnanti tecnico-pratici (ITP) sono docenti specializzati nell'insegnamento di materie di natura tecnica o pratica all'interno degli istituti tecnici e professionali.
Per diventare un insegnante ITP è stato sinora necessario possedere un diploma di maturità tecnica o professionale che consentisse l’accesso a una delle classi di concorso specifiche per tali profili come definite della tabella B del decreto del Presidente della Repubblica n. 19 del 2016 (Regolamento recante disposizioni per la razionalizzazione ed accorpamento delle classi di concorso a cattedre e a posti di insegnamento).
Nell’ambito dell’attuazione della riforma 2.1 della M4C1 del PNRR, in materia di reclutamento dei docenti, l’articolo 44 del decreto-legge n. 36 del 2022 (cosiddetto decreto-legge “PNRR 2”) ha modificato, per il futuro, tali requisiti di accesso, sostituendo integralmente l’articolo 5, comma 2, del decreto legislativo n. 59 del 2017, e prevedendo che per la partecipazione ai concorsi per i posti di insegnante tecnico-pratico sarà necessario il possesso della laurea triennale, oppure del diploma dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica di I livello, oppure di titolo equipollente o equiparato, oppure del diploma di specializzazione per le tecnologie applicate e del diploma di specializzazione superiore per le tecnologie applicate (di cui all'articolo 5, comma 1, lettere a) e b), della legge n. 99 del 2022).
Tuttavia, il medesimo articolo 44 del decreto-legge n. 36 del 2022, nel nuovo articolo 18-bis, comma 1, del medesimo decreto-legislativo n. 59 del 2017 ha previsto, in via generale, che, in una fase transitoria rispetto alla piena entrata a regime della riforma del reclutamento, ricompresa tra la sua entrata in vigore (1° maggio 2022) e il 31 dicembre 2024, fermo restando il possesso del titolo di studio necessario con riferimento alla classe di concorso, sono comunque ammessi a partecipare al concorso per i posti comuni di docente di scuola secondaria di primo e secondo grado e per i posti di insegnante tecnico-pratico coloro che abbiano conseguito almeno 30 CFU/CFA del percorso universitario e accademico di formazione iniziale oppure che, entro il 31 ottobre 2022, abbiano conseguito i 24 CFU/CFA previsti quale requisito di accesso al concorso secondo il previgente ordinamento.
Pertanto, in tale fase transitoria, i candidati per i posti di insegnante tecnico-pratico possono partecipare ai concorsi con il solo diploma, purché abbiano conseguito almeno 30 CFU/CFA o 24 CFU/CFA entro il 31 ottobre 2022.
Con la piena operatività della riforma sul reclutamento degli insegnanti in corso di attuazione, il percorso per diventare ITP muterà, invece, nei termini sopra descritti. L’articolo 22, comma 2, del decreto legislativo n. 59 del 2017, nel testo vigente fino all’entrata in vigore della presente disposizione, chiarisce infatti che i nuovi requisiti, previsti a regime dall'articolo 5, comma 2, sono richiesti per la partecipazione ai concorsi banditi solo dopo il 31 dicembre 2024, e che sino ad allora, per i posti di insegnante tecnico pratico, rimangono fermi i requisiti previsti dalla normativa vigente in materia di classi di concorso, ovvero quelli descritti per la cosiddetta fase transitoria.
Con la norma ora in commento si posticipa tale termine di un anno, al 31 dicembre 2025.
La relazione illustrativa afferma che tale proroga è ritenuta necessaria in quanto l’inserimento dei titoli di cui all’articolo 5, comma 2 (laurea, diploma dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica di I livello, titolo equipollente o equiparato), comporta un’articolata attività istruttoria volta a definire il tema dei titoli di accesso alle classi di concorso di cui alla tabella B, allegata al citato decreto del Presidente della Repubblica 14 febbraio 2016, n. 19, come modificato decreto dell’allora Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 9 maggio 2017, n. 259, e quindi a individuare le lauree e i diplomi AFAM di I livello, idonei a costituire requisito di accesso alle classi di concorso del personale ITP, posto che i diplomi ITS Academy sono individuati sulla base della tabella di corrispondenza di cui al decreto interministeriale n. 246 del 2023. La complessità della suddetta istruttoria – prosegue la relazione – consiste nel rintracciare la corrispondenza tra i titoli previsti dalla disposizione normativa e le specifiche competenze richieste per l’insegnamento delle discipline afferenti alle suddette classi di concorso.
Si segnala che su tale impianto legislativo è di recente intervenuto anche l’articolo 9 del decreto-legge n. 160 del 2024, il quale tuttavia si è occupato non già dei requisiti di accesso al concorso per i posti di insegnante tecnico-pratico (come la disposizione in oggetto) bensì del conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento dei medesimi insegnanti tecnico-pratici.
In particolare, il menzionato articolo 9 ha inteso precisare che anche i vincitori di concorso per i posti di insegnante tecnico-pratico, che vi abbiano partecipato, durante la fase transitoria sopra descritta, con il solo possesso del titolo di studio richiesto durante tale fase, sono tenuti, ai sensi dell’articolo 18-bis, comma 4, del decreto legislativo n. 59 del 2017, a conseguire l’abilitazione, nel primo anno di servizio, mediante il conseguimento dei CFU previsti per le altre categorie di docenti.
Si ricorda infatti che il comma 4 dell’articolo 18-bis del decreto legislativo n. 59 del 2017, come recentemente modificato dall’articolo 9 del decreto-legge n. 160 del 2024, prevede che i vincitori del concorso su posto comune e su posto di insegnante tecnico-pratico, che vi abbiano partecipato con i requisiti previsti nella fase transitoria, sottoscrivono un contratto annuale di supplenza con l'Ufficio scolastico regionale a cui afferisce l'istituzione scolastica scelta e integrano i CFU/CFA, ove mancanti, per il completamento del percorso universitario e accademico di formazione iniziale, con oneri a carico dei partecipanti. Con il superamento della prova finale del percorso universitario e accademico di formazione iniziale, i vincitori conseguono l'abilitazione all'insegnamento e sono, conseguentemente, assunti a tempo indeterminato e sottoposti al periodo annuale di prova in servizio, il cui positivo superamento determina la definitiva immissione in ruolo. La prova finale del percorso universitario e accademico, può essere sostenuta per non più di due volte. Il secondo mancato superamento della prova finale determina la cancellazione del vincitore del concorso dalla relativa graduatoria.
Sull’articolo 9 del decreto-legge n. 160 del 2024, si rimanda per un ulteriore approfondimento all’apposito dossier presente sul Portale della documentazione della Camera dei deputati.
Articolo 5, commi 2 e 3
(Incarichi dirigenti tecnici)
L’articolo 5, ai commi 2 e 3, proroga di un anno, al 31 dicembre 2025, il termine di conclusione dei contratti a tempo determinato dei dirigenti tecnici del Ministero dell’istruzione e del merito, stipulati nelle more dell’espletamento del concorso finalizzato all’assunzione a tempo indeterminato di personale inquadrabile nel medesimo profilo.
Il comma 2 dell’articolo 5, nel novellare l’articolo 2, comma 4, del decreto-legge n. 126 del 2019, relativo al reclutamento dei dirigenti con funzioni tecnico-ispettive del Ministero dell’istruzione e del merito, proroga al 31 dicembre 2025 (in luogo del 31 dicembre 2024 previsto dal testo vigente fino all’entrata in vigore della presente disposizione) la durata massima dei contratti a tempo determinato relativi agli incarichi temporanei di livello dirigenziale non generale per le funzioni tecnico-ispettive, di durata non superiore a tre anni, che il Ministero dell’istruzione e del merito è autorizzato a conferire, ai sensi della norma novellata, nelle more dell’espletamento del concorso per dirigenti tecnici di cui al comma 3 del medesimo articolo 2 del decreto-legge n. 126 del 2019.
Il comma 3 dell’articolo in esame, strettamente collegato al precedente, interviene sull’articolo 230-bis, comma 2, del decreto-legge n. 34 del 2020, prorogando anche in tale norma fino al 31 dicembre 2025 la durata massima degli incarichi di dirigente tecnico a tempo determinato di cui al precedente comma 2, che il Ministero è autorizzato a prorogare o conferire. È parimenti prorogata la relativa autorizzazione di spesa, prevedendo che agli oneri conseguentemente derivanti per ciascuno degli anni dal 2021 al 2025 (anziché solo per gli anni 2021, 2022, 2023 e 2024 previsti dal testo vigente fino all’entrata in vigore della presente disposizione) si provveda a valere sulle risorse previste dal citato articolo 2, comma 3, del decreto-legge n. 126 del 2019.
La relazione tecnica chiarisce che gli oneri derivanti dalle predette proroghe sono calcolati tenendo conto del costo lordo Stato annuo del dirigente tecnico pari a 142.431,43 euro, moltiplicato per 89 unità (59 prorogati + 30 aggiuntivi). Dal momento che agli oneri derivanti dalle predette proroghe si provvede a valere sulle facoltà assunzionali già previste a legislazione vigente nell’anno 2025 e, nello specifico, dall’articolo 2, comma 3, del decreto-legge n. 126 del 2019, le disposizioni – chiosa la relazione – non determinano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Al fine di ricostruire il quadro normativo complessivo su cui incidono le novelle di cui ai commi 2 e 3 in commento, si ricorda che, ai sensi dell’articolo 2, comma 3, del decreto-legge n. 126 del 2019, il Ministero dell’istruzione e del merito è autorizzato a bandire, a decorrere dal 1° giugno 2023, nell'ambito della vigente dotazione organica, un concorso pubblico, per titoli ed esami, per l'assunzione a tempo indeterminato, a decorrere dal 2024, di cinquantanove dirigenti tecnici, nonché, a decorrere dal 2025, di ulteriori ottantasette dirigenti tecnici, con conseguenti maggiori oneri per spese di personale pari a euro 7,90 milioni per ciascuno degli anni 2021, 2022, 2023 e 2024 e a euro 19,55 milioni annui a decorrere dall’anno 2025, fermo restando il regime autorizzatorio di cui all'articolo 39, commi 3 e 3-bis, della legge n. 449 del 1997 (con cui si prevede che il Consiglio dei ministri determini ogni anno il numero massimo complessivo delle assunzioni delle amministrazioni), in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 4, commi 3, del decreto-legge n. 101 del 2013 (che subordina l'autorizzazione all'avvio di nuove procedure concorsuali all’immissione in servizio dei vincitori di precedenti concorsi).
Quanto al concorso menzionato, si segnala che a seguito del decreto ministeriale n. 109 del 12 giugno 2024, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 6 agosto 2024, recante il “Regolamento concernente la disciplina dei concorsi per l'assunzione a tempo indeterminato dei dirigenti tecnici con funzioni ispettive del Ministero dell'istruzione e del merito”, è stato bandito con il decreto direttoriale n. 2269 del 09 dicembre 2024 il concorso per 145 dirigenti tecnici di seconda fascia con funzioni ispettive; a questo si aggiunge, inoltre, un posto di dirigente tecnico, da attribuire mediante concorso bandito dall’Ufficio scolastico regionale del Friuli Venezia-Giulia, per le esigenze delle istituzioni scolastiche ed educative con lingua di insegnamento sloveno e con insegnamento bilingue sloveno-italiano.
Il comma 4 dell’articolo 2 del decreto-legge n. 126 del 2019, nelle more dell’espletamento del concorso sopra illustrato, autorizza il conferimento di incarichi temporanei di livello dirigenziale non generale con funzioni tecnico-ispettive: essi avranno termine all’atto dell’immissione in ruolo dei dirigenti tecnici assunti mediante il concorso e comunque entro il 31 dicembre 2024 (che nel testo vigente a seguito della modifica introdotta dalla disposizione in oggetto diventa il 31 dicembre 2025).
L’autorizzazione di spesa relativa al conferimento di tali incarichi è stata disposta dallo stesso articolo 2, comma 4, del decreto-legge n. 126 del 2019, che a tal fine ha rifinanziato, nella misura di 1,98 milioni di euro nel 2019 e di 7,90 milioni di euro nel 2020, l’autorizzazione di spesa già prevista all'articolo 1, comma 94, quinto periodo, della legge n. 107 del 2015, in virtù del quale, per i dirigenti tecnici del Ministero dell’istruzione e del merito, la percentuale di incarichi conferibili a soggetti esterni all’amministrazione (di cui all'articolo 19, commi 5-bis e 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001) era stata rideterminata, nell'ambito della relativa dotazione organica, per il triennio 2016-2018, in misura corrispondente ad una maggiore spesa non superiore a 7 milioni di euro per ciascun anno.
Alla descritta autorizzazione di spesa si è poi aggiunta quella prevista dall’articolo 230-bis, comma 2, del decreto-legge n. 34 del 2020, il quale, dopo aver chiarito che il Ministero dell'istruzione e del merito è autorizzato a prorogare o, qualora non già attribuiti, in tutto o in parte, a conferire, gli incarichi riguardanti i contratti a tempo determinato di cui al comma 4 del citato articolo 2 del decreto-legge n. 126 del 2019, ha previsto che agli oneri derivanti dalla proroga o dal conferimento di tali incarichi, pari a 7,9 milioni di euro annui per gli anni 2021, 2022, 2023 e 2024 (che nel testo vigente a seguito della modifica introdotta dalla disposizione in oggetto si estendono a ciascuno degli anni dal 2021 al 2025), si provveda a valere sulle risorse previste dal citato articolo 2, comma 3, del decreto-legge n. 126 del 2019.
I due commi in esame sono pertanto finalizzati a prorogare al 31 dicembre 2025 la durata massima degli incarichi temporanei conferiti (o prorogati) e conferibili (o prorogabili) in attesa che il concorso che si è sopra descritto venga espletato.
Si segnala che essi erano presenti, in identico testo, nel disegno di legge di bilancio per il 2025 presentato dal Governo alla Camera il 23 ottobre 2024 (AC 2112), di cui costituivano i commi 2 e 3 dell’articolo 84. Essi sono stati poi stralciati dal Presidente della Camera, il 29 ottobre 2024, in sede di verifica sul contenuto proprio del disegno di legge di bilancio ai sensi dell’articolo 120, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati, in quanto ritenuti disposizioni di carattere ordinamentale e organizzatorio.
Articolo 5, comma 4
(Équipe formative territoriali e docenti da porre in esonero dall'esercizio delle attività didattiche)
L’articolo 5, comma 4, proroga anche per l’anno scolastico 2025/2026 la previsione secondo cui sono individuate dal Ministero dell'istruzione e del merito le equipe formative territoriali costituite da 20 docenti da porre in posizione di comando presso gli uffici scolastici regionali e presso l'amministrazione centrale e da 100 docenti da porre in esonero dall'esercizio delle attività didattiche, con il coordinamento funzionale dell'Unità di missione per il PNRR.
Il comma 4 dell’articolo 5, al fine di garantire - come precisato più dettagliatamente con modifica introdotta al Senato - il raggiungimento dei traguardi e degli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, relativi alla missione 4, componente 1, investimento 2.1 "Didattica digitale integrata e formazione sulla transizione digitale del personale scolastico" e investimento 3.2 "Scuola 4.0: scuole innovative, cablaggio, nuovi ambienti di apprendimento e laboratori, interviene sull’articolo 1, comma 725, secondo periodo, della legge n. 145 del 2018, prorogando anche per l’anno scolastico 2025/2026 la previsione che autorizza il Ministero dell'istruzione e del merito ad individuare le equipe formative territoriali poste a supporto alle azioni delle istituzioni scolastiche sulla digitalizzazione.
Si ricorda infatti che l’articolo 1, comma 725, secondo periodo, della legge n. 145 del 2018 stabilisce che, al fine di promuovere misure e progetti di innovazione didattica e digitale nelle scuole, nonché di potenziare le azioni di supporto alle istituzioni scolastiche per l'attuazione degli interventi legati al PNRR relativi alla digitalizzazione delle scuole, negli anni scolastici 2023/2024 e 2024/2025 (ed ora, con l’entrata in vigore della norma in commento, anche 2025/2026) sono individuate dal Ministero dell'istruzione e del merito le equipe formative territoriali, costituite da un numero di docenti pari a 20, da porre in posizione di comando presso gli uffici scolastici regionali e presso l'amministrazione centrale e un numero massimo di 100 docenti da porre in esonero dall'esercizio delle attività didattiche, con il coordinamento funzionale dell'Unità di missione per il PNRR.
La relazione illustrativa chiarisce che la proroga della misura descritta anche all’anno scolastico 2025/2026 garantisce, pertanto, l’attività delle équipe formative fino ad agosto 2026 e, quindi, fino alla conclusione del PNRR.
La disposizione in commento statuisce inoltre che, per l’attuazione delle disposizioni in esame, è autorizzata la spesa di euro 1.684.395 per l’anno 2025 e di euro 2.526.592 per l’anno 2026, cui si provvede mediante corrispondente riduzione, per gli anni 2025 e 2026, dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 62, secondo periodo, della legge n. 107 del 2015.
La relazione tecnica afferma che il calcolo degli oneri è stato effettuato tenendo conto dei parametri stipendiali dei docenti, considerando i docenti fino al termine delle lezioni e, quindi, per 10 mesi. Si è proceduto a calcolare gli importi delle supplenze e a quantificare i relativi oneri per un numero complessivo di 120 docenti.
Per una stima prudenziale – prosegue la relazione – è stato preso in considerazione l’importo mensile dei docenti delle scuole secondarie di secondo grado, più alto rispetto a quello dei docenti delle scuole dell’infanzia e del primo ciclo, nella fascia più bassa che spetta ai supplenti, incrementato con gli ultimi adeguamenti contrattuali previsti per i rinnovi contrattuali 2022-2024 e 2025-2027 pari, rispettivamente, al 5,78% e al 5,40%, che determinano il trattamento economico mensile, da prendere come riferimento, in 3.509,1545 euro. Esso è preso in considerazione per 4 mensilità dell’anno 2025 (1° settembre - 31 dicembre 2025) per 6 mensilità per l’anno 2026 (fino al 30 giugno 2026).
Quanto alla copertura finanziaria, si ricorda che l’articolo 1, comma 62, secondo periodo, della legge n. 107 del 2015 statuisce che, a decorrere dall’anno 2016, è autorizzata la spesa di euro 30 milioni annui al fine di consentire alle istituzioni scolastiche di attuare le attività previste nei commi da 56 a 61 del medesimo articolo. Più nel dettaglio, tali disposizioni perseguono i fini di sviluppare e di migliorare le competenze digitali degli studenti e di rendere la tecnologia digitale uno strumento didattico di costruzione delle competenze in generale, perseguire gli obiettivi del Piano nazionale per la scuola digitale e favorire lo sviluppo della didattica laboratoriale. Tali risorse, come affermato dalla relazione tecnica, sono iscritte sul capitolo 4007, piano gestionale 1, del bilancio del Ministero dell’istruzione e del merito.
Venendo alle misure del PNRR citate dalla norma in commento, si riporta in questa sede quanto segue, rinviando per ogni ulteriore approfondimento all’apposito tema presente sul Portale della documentazione della Camera dei deputati.
L’investimento 3.2 della M4C1, “Scuola 4.0 - scuole innovative, cablaggio, nuovi ambienti di apprendimento e laboratori” mira alla riqualificazione degli spazi scolastici affinché si trasformino in ambienti di apprendimento connessi adattabili, flessibili e digitali, con laboratori tecnologicamente avanzati e un processo di apprendimento orientato al lavoro. Con questa misura si persegue l'accelerazione della transizione digitale del sistema scolastico italiano con quattro iniziative: la trasformazione di circa 100.000 classi tradizionali in ambienti di apprendimento connessi, con l'introduzione dei dispositivi didattici opportuni; la creazione di laboratori per le professioni digitali nel II ciclo; la digitalizzazione delle amministrazioni scolastiche; il cablaggio interno di circa 40.000 edifici scolastici e relativi dispositivi.
La misura stanzia 2,1 miliardi di euro e prevede, entro il 31 dicembre 2025, la trasformazione di almeno 100.000 classi in ambienti di apprendimento innovativi.
Il primo obiettivo da raggiungere nell’ambito della misura in questione era costituito dall’approvazione del Piano Scuola 4.0, che è stato adottato con il decreto del Ministro dell’istruzione n. 161 del 14 giugno 2022. Il Piano costituisce uno strumento di sintesi e accompagnamento all’attuazione delle relative linee di investimento e intende fornire un supporto alle azioni che saranno realizzate dalle istituzioni scolastiche nel rispetto della propria autonomia didattica, gestionale e organizzativa. Esso è diviso in quattro sezioni:
– la prima sezione “Background” definisce il contesto dell’intervento, ripercorrendo brevemente le principali tappe del processo di trasformazione didattica e digitale della scuola italiana e gli scenari europei di riferimento;
– la seconda e la terza sezione “Framework” presentano il quadro di riferimento e i principali orientamenti per la progettazione degli ambienti di apprendimento innovativi (Next Generation Classrooms) e dei laboratori per le professioni digitali del futuro (Next Generation Labs);
– la quarta sezione “Roadmap” illustra e sintetizza gli step di attuazione della linea di investimento “Scuola 4.0”.
L’investimento 2.1 della M4C1, “Didattica digitale integrata e formazione sulla transizione digitale del personale scolastico”, mira a creare un sistema permanente per lo sviluppo della didattica digitale, come pure delle competenze digitali e didattiche del personale scolastico. L'intervento prevede: la creazione di un sistema per la formazione continua dei docenti e del personale scolastico per la transizione digitale; l'adozione di un quadro di riferimento nazionale per la didattica digitale integrata, al fine di promuovere l'adozione di curricula in materia di competenze digitali in tutte le scuole.
La linea d'intervento stanzia 800 milioni di euro e prevede, entro la fine del 2025, la formazione di circa 650.000 tra insegnanti e personale scolastico, l'attivazione di circa 20.000 corsi di formazione nel corso del quinquennio e l'istituzione di centri di formazione locali. Nei progetti di formazione dovranno essere coinvolte tutte le istituzioni educative in Italia, attualmente più di 8.000.
Si noti che la scadenza dell'obiettivo originariamente prevista era per la fine del 2024; essa è stata posticipata di un anno, d’accordo con le istituzioni europee, per allinearla all'obiettivo dell'Investimento 3.2, appena sopra descritto. La formazione del personale scolastico è giudicata infatti strettamente connessa e complementare alla trasformazione in chiave digitale di aule e laboratori.
Articolo 5, comma 4-bis
(Valorizzazione dei docenti impegnati nelle attività di tutor)
Il comma 4-bis dell’articolo 5, introdotto al Senato, proroga all’anno scolastico 2025-2026 la valorizzazione dei docenti impegnati nelle attività di tutor, orientamento, coordinamento e sostegno della ricerca educativo-didattica e valutativa, stanziando a tal fine 50 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2025 e 2026.
Il comma 4-bis dell’articolo 5, inserito al Senato, proroga all’anno scolastico 2025-2026 la valorizzazione dei docenti impegnati nelle attività di tutor, orientamento, coordinamento e sostegno della ricerca educativo-didattica e valutativa, funzionali ai processi di innovazione e al miglioramento dei livelli di apprendimento. Per il perseguimento di tale finalità, è incrementato di 50 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2025 e 2026, il Fondo di cui all’articolo 1, comma 561, della legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio 2023).
Si ricorda che l’articolo 1, comma 561, della legge di bilancio per il 2023 dispone che nello stato di previsione del Ministero dell’istruzione e del merito è istituito un Fondo, con una dotazione iniziale di 150 milioni di euro per l'anno 2023, finalizzato alla valorizzazione del personale scolastico, con particolare riferimento alle attività di orientamento, di inclusione e di contrasto della dispersione scolastica, ivi comprese quelle volte a definire percorsi personalizzati per gli studenti, nonché di quelle svolte in attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. I criteri di utilizzo delle risorse sono stabiliti con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, sentite le organizzazioni sindacali. Il decreto attuativo che ha proceduto in tal senso per l’annualità 2023 è il decreto ministeriale n. 63 del 5 aprile 2023.
L’istituzione e la ripartizione del citato Fondo, assieme all’adozione delle Linee guida per l’orientamento di cui al decreto ministeriale n. 328 del 22 dicembre 2022, costituiscono attuazione della Riforma 1.4 della M4C1 del PNRR, “Riforma del sistema di orientamento”, che mira a introdurre moduli di orientamento (almeno 30 ore annue) rivolti agli studenti delle classi della scuola secondaria di II grado.
La dotazione del Fondo è stata poi incrementata di 42 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024 e 2025 dall’articolo 1, comma 330, della legge n. 213 del 2023 (legge di bilancio 2024). Il decreto ministeriale n. 231 del 15 novembre 2024 ha definito, per l’anno scolastico 2024/2025, i criteri di ripartizione e le modalità di utilizzo delle risorse finanziarie finalizzate alla valorizzazione dei docenti tutor e orientatori per le classi terze, quarte e quinte delle scuole del secondo ciclo, secondo le indicazioni dei paragrafi 8.3 e 10.2 delle citate Linee guida per l’orientamento.
Le risorse relative al Fondo di cui trattasi sono appostate, nello stato di previsione del Ministero dell’istruzione e del merito, al capitolo 2090, nell’ambito del Programma 1.1 “Programmazione e coordinamento dell'istruzione”, Azione “Supporto alla programmazione e al coordinamento dell'istruzione scolastica”, di competenza del Dipartimento per le risorse, l’organizzazione e l’innovazione digitale del Ministero dell’istruzione e del merito.
La dotazione prevista nel vigente stato di previsione del Ministero per il citato capitolo 2090 è di 42 milioni di euro per il 2025, mentre si azzera per gli esercizi finanziari successivi.
Quanto alla copertura degli oneri finanziari connessi all’attuazione del comma in esame, la disposizione in esame stabilisce che agli stessi si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all’articolo 1, comma 565, della legge n. 207 del 2024 (legge di bilancio 2025).
Si ricorda che l’articolo 1, comma 565, della legge di bilancio 2025 dispone che nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione e del merito è istituito un Fondo per la valorizzazione del sistema scolastico.
Nello stato di previsione del Ministero dell’istruzione e del merito, il Fondo in questione è collocato al capitolo 1281, nell’ambito del Programma 1.1 “Programmazione e coordinamento dell'istruzione”, Azione “Supporto alla programmazione e al coordinamento dell'istruzione scolastica”, di competenza del Dipartimento per le risorse, l’organizzazione e l’innovazione digitale.
Il citato capitolo 1281, nello stato di previsione del Ministero attualmente vigente per il triennio 2025-2027, presenta una dotazione di 97 milioni di euro per il 2025 e di 114 milioni di euro per il 2026.
Articolo 5, da comma 4-ter a comma 4-quinquies
(Norme antincendio edifici scolastici)
I commi 4-ter, 4-quater e 4-quinquies, introdotti al Senato, intervengono sulla disciplina per l’adeguamento alla normativa antincendio dell’edilizia scolastica. Nello specifico, il comma 4-ter differisce dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2027 il termine per l'adeguamento alla normativa antincendio di asili, scuole, università, nonché di edifici adibiti ad attività di formazione (IeFP, IFTS e ITS Academy). Il comma 4-quater stabilisce l’emanazione di un decreto interministeriale per la definizione delle misure gestionali di mitigazione del rischio, previste sino al completamento dei lavori di adeguamento, nonché le scadenze differenziate per il completamento dei lavori di adeguamento a fasi successive. Il comma 4-quinquies proroga al 31 dicembre 2025 l'adozione di un decreto interministeriale per la definizione delle modalità di valutazione congiunta dei rischi connessi agli edifici scolastici.
Il comma 4-ter, lettere a) - c) interviene, rispettivamente, sull’art. 4, commi 2, 2-bis e 2-ter, del D.L. 244/2016, al fine di differire dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2027, i termini previsti per l’adeguamento alla normativa antincendio degli:
-
edifici scolastici ed i locali adibiti a scuola, nonché per le strutture nell'ambito delle quali sono erogati percorsi di istruzione e formazione professionale (IeFP) e di istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS) (comma 2 dell’art. 4 del D.L. 244/2016);
-
edifici ed i locali adibiti ad asilo nido (comma 2-bis dell’art. 4 del D.L. 244/2016);
-
edifici, i locali e le strutture delle università e delle istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, nonché per quelli ove si svolgono i percorsi erogati dalle Fondazioni ITS Academy (comma 2-ter dell’art. 4 del D.L. 244/2016).
I termini indicati all’art. 4, commi 2 e 2-bis del D.L. 244/2016, inizialmente fissati al 31 dicembre 2017, sono stati già oggetto di proroghe e modifiche nel corso del tempo, fino ad allineare le previste scadenze temporali al 31 dicembre 2024 ad a opera dell'art. 5, comma 5, lett. a) e b) del D.L. 198/2022. Il comma 2-ter dell’art. 4 del D.L. 244/2016, introdotto più recentemente dal comma 3-bis dell’art. 6 del D.L. 228/2021, che prevedeva come termine il 31 dicembre 2024, è stato successivamente modificato dall'art. 5, comma 5, lett. c), del D.L. 198/2022, al fine di introdurvi anche la categoria degli edifici delle Fondazioni ITS Academy.
Il comma 4-quater stabilisce l’emanazione di un decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'istruzione e del merito e il Ministro dell'università e della ricerca, sentita la Conferenza unificata , da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, al fine di definire le misure gestionali di mitigazione del rischio, previste sino al completamento dei lavori di adeguamento, nonché le scadenze differenziate per il completamento dei lavori di adeguamento a fasi successive.
Il comma 4-quinquies proroga al 31 dicembre 2025 il termine previsto per l'adozione del decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, che definisce le modalità di valutazione congiunta dei rischi connessi agli edifici scolastici, previsto all'articolo 18, comma 3.2, del D. Lgs. 81/2008 (In materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro).
Si ricorda che il richiamato art. 18, c. 3.2, del D.Lgs. 81/2008 prevedeva, per l’adozione del DM in oggetto, un termine di sessanta giorni decorrente dal 21 dicembre 2021 (data di entrata in vigore della L. 215/2021 che ha inserito tale comma 3.2). Tale termine è stato oggetto di successive proroghe, da ultimo quella al 31 gennaio 2024 operata dall’art. 10, c. 2-bis, del D.L. 132/2023.
Articolo 5, comma 4-sexies
(Percorsi universitari e accademici di formazione iniziale del personale docente)
L’articolo 5, comma 4-sexies, estende anche all’anno scolastico 2025/26 la possibilità di svolgere con modalità telematiche (sincrone), fino al 50 per cento del loro totale, i percorsi universitari e accademici di formazione iniziale del personale docente.
Il comma 4-sexies, inserito nel corso dell’esame al Senato, dispone la proroga anche per l'anno scolastico 2025/26 delle disposizioni di cui all'articolo 18-bis, comma 6-bis, del decreto legislativo n. 59 del 2017.
In particolare, il menzionato articolo 18-bis, comma 6-bis, prevede che, per gli anni accademici 2023/2024 e 2024/2025, i percorsi universitari e accademici di formazione iniziale possono essere svolti, a esclusione delle attività di tirocinio e di laboratorio, con modalità telematiche, comunque sincrone, anche in deroga al limite del 20 per cento del totale (limite previsto dall'articolo 2-bis, comma 1, secondo periodo, del medesimo decreto legislativo), ma in ogni caso in misura non superiore al 50 per cento del totale. In ogni caso restano fermi, anche negli anni accademici citati, i requisiti di accreditamento dei percorsi individuati dal decreto di cui all'articolo 2-bis, comma 4 (ossia il decreto Presidente del Consiglio dei Ministri 4 agosto 2023, su cui si dirà infra).
La disposizione in commento intende, quindi, estendere anche all’anno scolastico 2025/26 la deroga all’articolo 2-bis del medesimo decreto legislativo n. 59 del 2017 (su cui si dirà infra) introdotta dall’articolo 18-bis, che comporta la possibilità di svolgere i percorsi universitari e accademici di formazione iniziale con modalità telematiche (sincrone) fino al 50 per cento del loro totale.
Si ricorda che la riforma del sistema di reclutamento dei docenti costituisce un obiettivo del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Missione 4 Componente 1 – Riforma 2.1). In particolare, la riforma mira a istituire un nuovo modello di reclutamento dei docenti, collegato a un ripensamento della loro formazione iniziale e lungo tutto l'arco della loro carriera. Tale misura ha l'obiettivo strategico di comportare un significativo miglioramento della qualità del sistema educativo italiano.
Le norme legislative attuative della menzionata riforma sono l'articolo 59 del decreto-legge n. 73 del 2021, gli articoli 44 e 46 del decreto-legge n. 36 del 2022 e l'articolo 38 del decreto-legge n. 115 del 2022.
Per quanto attiene, nello specifico, alla formazione inziale dei docenti, è stato introdotto un percorso universitario e accademico di formazione iniziale e abilitazione dei docenti di posto comune, compresi gli insegnanti tecnico-pratici, delle scuole secondarie di primo e secondo grado. L’articolo 2 del decreto legislativo n. 59 del 2017, come risultante a seguito dei citati interventi legislativi attuativi della riforma PNRR, prevede un sistema di formazione iniziale e di accesso in ruolo a tempo indeterminato che si articola in: a) un percorso universitario e accademico abilitante di formazione iniziale corrispondente a non meno di 60 crediti formativi universitari o accademici, di seguito denominati CFU/CFA, nel quale sono acquisite dagli aspiranti docenti competenze di cui al Profilo conclusivo delle competenze professionali del docente abilitato, di cui al comma 6 dell'articolo 2-bis; b) un concorso pubblico nazionale, indetto su base regionale o interregionale; c) un periodo di prova in servizio di durata annuale con test finale e valutazione conclusiva.
Quanto al percorso universitario e accademico di formazione iniziale, l’articolo 2-bis del medesimo decreto legislativo prevede che esso abbia frequenza obbligatoria, è sia organizzato e impartito, per le relative classi di concorso, con modalità di erogazione convenzionale, dalle università ovvero dalle istituzioni AFAM attraverso centri individuati dalle istituzioni della formazione superiore, anche in forma aggregata, nell'ambito della rispettiva autonomia statutaria e regolamentare. La medesima disposizione dispone che i percorsi sono svolti interamente in presenza o, esclusivamente per le attività diverse dalle attività di tirocinio e di laboratorio, con modalità telematiche in misura comunque non superiore al 20 per cento del totale.
La disposizione prosegue stabilendo che i requisiti di accreditamento dei percorsi di formazione iniziale, in modo da garantirne l'elevata qualità e la solidità, nonché i criteri e le modalità di coordinamento e di eventuale loro aggregazione sono stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri da dottare ai sensi del comma 4 del medesimo articolo 2-bis.
In attuazione di tale disposizione è stato emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 agosto 2023, recante la definizione del percorso universitario e accademico di formazione iniziale dei docenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado, ai fini del rispetto degli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
In particolare, per quanto riguarda i requisiti di accreditamento dei percorsi (che la disposizione in commento mantiene fermi anche durante la vigenza della deroga), l’articolo 4 del decreto del Presidente del Consiglio menzionato dispone, al comma 2, che ai fini dell'accreditamento dei percorsi di formazione iniziale devono essere verificati i requisiti di cui ai commi 3, 4, 5 e 10 del medesimo articolo.
Più nello specifico, il comma 3 impone, innanzitutto, i seguenti requisiti di sede: a) la delibera di costituzione del centro e la designazione del relativo coordinatore; b) la costituzione della giunta del centro, di cui fanno parte il coordinatore del centro e i direttori di cui al comma 4, lettera c).
Il comma 4 prevede poi i seguenti requisiti dei percorsi di formazione iniziale: a) la delibera di istituzione e la denominazione del percorso formativo; b) il parere favorevole dell'USR, che garantisce la disponibilità delle sedi necessarie allo svolgimento dei tirocini; c) l'individuazione, anche in comune tra più percorsi distinti, del direttore del percorso formativo tra i professori di prima o di seconda fascia dell'Università, o tra i docenti della istituzione AFAM, in possesso di specifiche competenze relative al percorso; d) l'offerta formativa determinata nel rispetto del profilo di cui all'allegato A al medesimo decreto; e) l'indicazione dei docenti del percorso formativo, con compiti di insegnamento e tutoraggio, di cui due docenti di ruolo o a tempo determinato presso l'istituzione della formazione superiore che ha costituito il centro, i quali sono individualmente responsabili di CFU o CFA riservati alla didattica per lo svolgimento dell'insegnamento nelle varie forme previste ivi inclusa quella laboratoriale del percorso formativo. Nel caso di centri di cui al comma 5 (vedi subito infra), l'indicazione dei docenti responsabili degli insegnamenti si basa sull'offerta formativa attiva presso ciascuna sede e sulle competenze culturali generali, disciplinari e professionali previste dal percorso di formazione; f) un'adeguata dotazione di aule e laboratori in cui svolgere le attività di formazione; g) l'indicazione del numero massimo di studenti ammissibili.
Il comma 5 stabilisce che, se il centro è costituito in forma aggregata tra più università o tra più istituzioni AFAM ovvero tra università e istituzioni AFAM, è sottoscritto un protocollo d'intesa contenente l'indicazione dell'istituzione capofila, alla quale spetta di attestare il possesso dei requisiti di cui ai commi 3 e 4.
Il comma 10 dispone che l'ANVUR (Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca), anche avvalendosi dell'attività di controllo dei nuclei di valutazione dei soggetti accreditati, svolge un'attività di monitoraggio e di valutazione periodica, almeno quinquennale, finalizzata all'accreditamento periodico dei percorsi di formazione iniziale. L'attività di cui al presente comma verifica la permanenza dei requisiti di accreditamento iniziale dei percorsi e la coerenza della prova finale con il profilo di cui all'allegato A al medesimo decreto. Tali verifiche possono essere svolte anche con visite in loco a campione effettuate da esperti esterni, in particolare nel corso della prova finale, anche in collaborazione con la scuola di alta formazione dell'istruzione di cui all'articolo 16-bis del decreto legislativo, ovvero nell'ambito dell'accreditamento periodico della sede di cui all'articolo 5, comma 3, del decreto legislativo n. 19 del 2012.
Articolo 5, comma 4-septies
(Comandi personale ATA)
L’articolo 5, comma 4-septies, inserito nel corso dell’esame al Senato, proroga, per l'anno scolastico 2025/26, la possibilità per l’Amministrazione periferica del Ministero dell’istruzione e del merito di avvalersi, in posizione di comando, di un contingente di 242 unità di collaboratori scolastici e di 721 assistenti amministrativi e tecnici.
Il comma 4-septies, inserito nel corso dell’esame al Senato, dispone la proroga per l'anno scolastico 2025/26 delle disposizioni di cui all'articolo 10, comma 3-bis, del decreto-legge n. 71 del 2024 (legge n. 106 del 2024). Conseguentemente il decreto di cui all’articolo 10, comma 3-ter, del medesimo decreto-legge è adottato entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione in commento, e le assegnazioni di cui al comma 3-quater del medesimo articolo 10 sono effettuate con decorrenza 1° settembre 2025.”
In proposito, si segnala che il comma 3-bis dell'articolo 10 del decreto-legge n. 71 del 2024 – su cui interviene la disposizione in commento – dispone che, per l'anno scolastico 2024/2025, al fine di garantire la continuità dell'azione amministrativa e nelle more del completamento del piano assunzionale, l'amministrazione periferica del Ministero dell'istruzione e del merito può avvalersi, mediante l'istituto del comando, di un contingente di 242 unità di collaboratori scolastici e di 721 assistenti amministrativi e tecnici, da accantonare provvisoriamente, in misura corrispondente e senza sostituzione, nell'organico del personale amministrativo, tecnico e ausiliario.
La disposizione chiarisce poi che sui posti accantonati di cui al periodo precedente non possono essere conferite supplenze.
La disciplina posta dal comma 3-bis appena illustrato, e su cui incide la proroga disposta dalla disposizione in commento, è completata dai successivi commi 3-ter e 3-quater del medesimo articolo 10 del decreto-legge n. 71 del 2024.
In particolare, il comma 3-ter demanda a un decreto del Ministro dell'istruzione e del merito il compito di ripartire il predetto contingente tra gli Uffici scolastici regionali, che provvedono mediante procedura selettiva, nei limiti del contingente stabilito con il medesimo decreto, a individuare le unità di ruolo presso le istituzioni scolastiche comprese nel territorio regionale di competenza da assegnare alle proprie strutture. La suddetta ripartizione è stata effettuata dal decreto del Ministro dell’istruzione e del merito n. 166 dell’8 agosto 2024.
Il comma 3-quater prevede che tali assegnazioni sono effettuate con decorrenza dal 1° settembre 2024 e comportano il collocamento in posizione di comando del personale interessato. Il servizio prestato durante il predetto periodo è equiparato a tutti gli effetti, giuridici ed economici, al servizio di ruolo presso le istituzioni scolastiche. Al termine del periodo di assegnazione il personale rientra in servizio nella sede di propria titolarità. Qualora il periodo di collocamento in posizione di comando ecceda, senza soluzione di continuità, il quinquennio, con conseguente perdita della sede di titolarità, al termine del periodo di assegnazione il personale rientra in servizio presso una delle istituzioni scolastiche della regione, con priorità di scelta secondo le modalità definite in sede di contrattazione collettiva nazionale integrativa in materia di mobilità.
La disposizione in commento, in relazione all'anno scolastico 2025/2026, prevede che il decreto di ripartizione del contingente di personale in comando (di cui al comma 3-ter), sia adottato entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in commento, e che le assegnazioni determinate dagli Uffici scolastici regionali (ai sensi del comma 3-quater) siano effettuate con decorrenza 1° settembre 2025.
Articolo 5-bis
(Validità degli esami sostenuti per gli iscritti a corsi di laurea non abilitanti)
L’articolo 5-bis, introdotto al Senato, proroga a dieci anni la validità degli esami sostenuti, senza necessità quindi di rinnovare l’iscrizione ai corsi e ripetere le prove già superate, per gli iscritti a corsi di laurea non abilitanti.
L’unico comma di cui si compone l’articolo in esame, introdotto al Senato, interviene sull’articolo 149 del regio decreto n. 1592 del 1933, inserendo il comma 2-bis, in base al quale la validità degli esami è prorogata ad anni dieci per gli iscritti a corsi di laurea non abilitanti.
La disposizione in commento prevede una deroga alla disciplina di cui al comma 2 del medesimo articolo, il quale dispone che coloro i quali, pure avendo adempiuto all’obbligo previsto dal comma 1, non sostengano esami per otto anni consecutivi, debbono rinnovare l'iscrizione ai corsi universitari e ripetere le prove già superate.
Per completezza, si ricorda che l’obbligo previsto dal comma 1 del medesimo articolo riguarda coloro i quali abbiano compiuto l'intero corso degli studi universitari senza conseguire la laurea o il diploma, o che, per qualsiasi motivo, abbiano interrotto gli studi stessi. La disposizione prevede, in particolare, che tali soggetti, qualora intendano esercitare i diritti derivanti dalla iscrizione, sono tenuti a chiedere ogni anno all'Università o Istituto la ricognizione della loro qualità di studenti e a pagare una tassa speciale.
Quanto alle lauree non abilitanti, si rammenta che tale nozione si ricava in via residuale in tutti i casi in cui la laurea non produce, secondo espressa disposizione di legge, effetto abilitante allo svolgimento di una specifica professione regolamentata.
Tra i corsi di laurea abilitanti si annoverano i seguenti: conservazione e restauro dei beni culturali; farmacia e farmacia industriale; scienze della formazione primaria; medicina e chirurgia; medicina veterinaria; odontoiatria e protesi dentaria; psicologia; professioni sanitarie, infermieristiche e professione sanitaria ostetrica; professioni sanitarie della riabilitazione; professioni sanitarie tecniche); professioni sanitarie della prevenzione; professioni tecniche per l’edilizia e il territorio; professioni tecniche agrarie, alimentari e forestali; professioni tecniche industriali e dell’informazione.
In proposito, si rammenta che la Riforma 1.6 della Missione 4 della Componente 1 del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) ha avviato la “Riforma delle lauree abilitanti per determinate professioni”. In particolare, la riforma prevede la semplificazione delle modalità di accesso all’esercizio delle professioni regolamentate, rendendo l’esame di laurea coincidente con l’esame di Stato, semplificando e velocizzando così l’accesso al mondo del lavoro da parte dei laureati. Il superamento certificato del tirocinio pratico-valutativo interno ai nuovi corsi di studio sarà il presupposto per accedere all’esame di laurea, con il quale si conseguirà il titolo accademico e il titolo di abilitazione, dopo aver superato una prova pratica.
Per un elenco dei decreti attuativi della riforma citata si rimanda all’apposita sezione del sito internet nel Ministero dell’università e della ricerca.
Articolo 6, comma 1
(Disponibilità delle Direzioni regionali Musei trasformate in uffici dotati di autonomia speciale)
L’articolo 6, comma 1, estende dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025 il termine entro il quale le Direzioni regionali musei trasformate in uffici dotati di autonomia speciale nell’ambito della riorganizzazione in corso del Ministero della cultura possono esaurire le disponibilità iscritte nelle contabilità ordinarie loro intestate.
A tal fine, l’articolo 6, comma 1, novella l'articolo 14, comma 3, del D.L. n. 113/2024 (L. n. 143/2024).
Nella sua formulazione previgente, la disposizione qui novellata prevedeva che le Direzioni regionali Musei trasformate in uffici dotati di autonomia speciale, anche mediante accorpamento a uffici già esistenti, ai sensi dell'articolo 24 del regolamento di organizzazione del Ministero della cultura, degli uffici di diretta collaborazione del Ministro e dell'Organismo indipendente di valutazione della performance (DPCM n. 57/2024), potessero esaurire le disponibilità iscritte nelle contabilità ordinarie loro intestate entro il 31 dicembre 2024.
L’articolo 24 del citato DPCM n. 57/2024 è dedicato agli uffici dotati di autonomia speciale: esso, al comma 3, lettera b), reca un elenco di 53 uffici di livello dirigenziale non generale dotati di autonomia speciale, tra cui sono presente le seguenti “Direzioni regionali Musei nazionali”: le Residenze reali sabaude - Direzione regionale Musei nazionali Piemonte; i Musei nazionali di Genova - Direzione regionale Musei nazionali Liguria; il Museo storico e il Parco del Castello di Miramare - Direzione regionale Musei
nazionali Friuli-Venezia Giulia; i Musei nazionali di Bologna - Direzione regionale Musei nazionali Emilia-Romagna; i Musei nazionali di Perugia - Direzione regionale Musei nazionali Umbria; il Palazzo ducale di Urbino - Direzione regionale Musei nazionali Marche; il Pantheon e Castel Sant'Angelo - Direzione Musei nazionali della città di Roma; i Musei archeologici nazionali di Chieti - Direzione regionale Musei nazionali Abruzzo; il Parco archeologico di Sepino e il Museo Sannitico di Campobasso – Direzione regionale Musei nazionali Molise; il Castello Svevo di Bari - Direzione regionale Musei nazionali Puglia; i Musei nazionali di Matera - Direzione regionale Musei nazionali Basilicata; la Direzione regionale Musei nazionali Calabria; la Direzione regionale Musei nazionali Campania; la Direzione regionale Musei nazionali Lazio; la Direzione regionale Musei nazionali Lombardia; la Direzione regionale Musei nazionali Sardegna; la Direzione regionale Musei nazionali Toscana; la Direzione regionale Musei nazionali Veneto.
Ai sensi del medesimo articolo 24, gli uffici del Ministero dotati di autonomia speciale hanno autonomia scientifica, finanziaria, organizzativa e contabile. Con decreti ministeriali di natura non regolamentare saranno definiti l'organizzazione e il funzionamento degli uffici dotati di autonomia speciale, nonché i relativi compiti e funzioni. Gli incarichi di direzione dei musei sopra citati sono conferiti dal Direttore generale Musei ai dirigenti assegnati al suo ufficio o, con procedure di selezione pubblica, per una durata da tre a cinque anni, ad esperti esterni. Ai Direttori degli istituti e musei, con l'atto di conferimento dei relativi incarichi, possono essere altresì conferite le funzioni di direttore regionale Musei, senza ulteriori emolumenti accessori.
Secondo la relazione illustrativa, il comma 1 intende agevolare la gestione contabile delle risorse erogate in favore degli istituti e luoghi della cultura afferenti alle 17 Direzioni regionali museali divenute – a seguito della riforma organizzativa del Ministero della cultura operata il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 marzo 2024, n. 57 – Uffici dotati di autonomia speciale, anche mediante accorpamento a Uffici già esistenti, al fine di assicurare la continuità dell’operatività delle contabilità ordinarie a esse intestate, seppur temporaneamente. Le suddette risorse sono, infatti, legate all’esistenza di obbligazioni giuridiche assunte anche a valere su finanziamenti già approvati a favore di interventi di tutela del patrimonio culturale nazionale.
Prima dell’entrata in vigore del nuovo assetto dipartimentale, le Direzioni regionali Musei (DRM) erano individuate nel numero massimo di venti dal comma 5 dell’articolo 42 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 169 del 2019, poi sostituto per effetto dell’articolo 1, comma 1, lettera f), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 17 ottobre 2023, n. 167.
La disposizione da ultimo citata, in particolare, ha ridotto a tredici il numero massimo di Direzioni regionali Musei, inclusa la Direzione musei statali città di Roma, prevedendo, altresì, nelle Regioni Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Marche, Molise e Umbria, l’accorpamento delle DRM ai musei e agli altri luoghi della cultura individuati nell’articolo 33, comma 3, lettera b), del citato d.P.C.M. n. 169 del 2019.
L’articolo 7 del decreto-legge 30 dicembre 2023, n. 215, al comma 6-quater (inserito dalla legge di conversione 23 febbraio 2024, n. 18), ha consentito l’operatività, sino al 31 dicembre 2024, delle contabilità ordinarie intestate alle DRM accorpate ai sensi del comma 5 dell’articolo 42 del d.P.C.M. n. 169 del 2019 ratione temporis vigente, al fine di consentire l’esaurimento delle disponibilità residue accertate alla data di entrata in vigore del citato d.P.C.M. n. 167 del 2023 (7 dicembre 2023).
Il riassetto organizzativo avviato con il d.P.C.M. n. 169 del 2019, come modificato nel 2023, complessivamente teso a trasformare le DRM da uffici di livello dirigenziale non generale periferici della Direzione generale musei in uffici dotati di autonomia speciale, è stato recentemente completato con il Regolamento di organizzazione del Ministero della cultura di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 marzo 2024, n. 57.
A tal fine, in particolare, l’articolo 24 del Regolamento da ultimo citato, in primo luogo dispone 6 nuovi accorpamenti (relativamente alle Direzioni di Piemonte, Emilia-Romagna, Abruzzo, Puglia, Basilicata e alla Direzione Musei statali della città di Roma, equiparata a Direzione regionale) e, in secondo luogo, provvede nei restanti 7 casi (Calabria, Campania, Lazio, Lombardia, Toscana, Veneto e Sardegna) ad una trasformazione diretta delle Direzioni regionali musei in uffici dotati di autonomia speciale.
Per i profili d’interesse, si segnala che il precedente assetto organizzativo di cui al d.P.C.M. n. 169 del 2019 risulta, ad oggi, superato per effetto dell’adozione del decreto del Ministro della cultura 5 settembre 2024, n. 270, in considerazione di quanto espressamente disposto dall’articolo 41 del d.P.C.M. n. 57 del 2024 («Dalla data di entrata in vigore del presente regolamento sono abrogati il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 2 dicembre 2019, n. 169, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri24 giugno 2021, n. 123, e il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 17 ottobre 2023, n.167. Fino all'adozione dei corrispondenti decreti di cui all'articolo 40, comma 2, continuano ad applicarsi, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli … 42 … del d. P.C.M. n. 169 del 2019.»).
In considerazione del nuovo assetto organizzativo, l’articolo 14, comma 3, del decreto-legge 9 agosto 2024, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 ottobre 2024, n. 143, ha disposto che le Direzioni regionali Musei trasformate in uffici dotati di autonomia speciale, anche mediante accorpamento a uffici già esistenti, ai sensi dell'articolo 24 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 marzo 2024, n. 57, possono esaurire le disponibilità iscritte nelle contabilità ordinarie loro intestate entro il 31 dicembre 2024.
A tal fine, dunque, la presente disposizione normativa mira a prorogare di un ulteriore anno, al 31 dicembre 2025, il termine previsto dall’articolo 14, comma 3, del citato decreto-legge 9 agosto 2024, n. 113, al fine di garantire l’operatività delle contabilità ordinarie delle Direzioni regionali musei nazionali individuate dall’articolo 24 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 57 del 2024.
Articolo 6, commi 2-4
(Durata e incardinamento della segreteria tecnica di progettazione per gli interventi di tutela del patrimonio culturale nei territori colpiti dagli eventi sismici del 2016)
L’articolo 6, comma 2, proroga da otto a nove anni la durata della segreteria tecnica di progettazione, creata allo scopo di rendere più celere la realizzazione degli interventi di tutela del patrimonio culturale nei territori colpiti dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016. Inoltre, viene modificato anche l’incardinamento di tale organo tecnico, in quanto esso non è più costituito «presso il Segretariato generale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo» bensì «presso il Dipartimento per la tutela del patrimonio culturale del Ministero della cultura». Il comma 3 provvede corrispondentemente a prorogare dal 2024 al 2025 l'incremento di unità di personale facente capo alla segreteria, disposto in origine fino al 2021. Il comma 4 autorizza la spesa complessiva di 1,5 milioni di euro per il 2025, individuando la relativa copertura.
Come sopra anticipato, l’articolo 6, comma 2, proroga da otto a nove anni la durata della segreteria tecnica di progettazione, costituita presso il Segretariato generale del Ministero della cultura, ex art.15-bis, comma 6, lett. a), del D.L. 189/2016, creata allo scopo di rendere più celere la realizzazione degli interventi di tutela del patrimonio culturale nei territori colpiti dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016.
Inoltre, viene modificato anche l’incardinamento di tale organo tecnico, in quanto esso non è più costituito «presso il Segretariato generale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo» bensì «presso il Dipartimento per la tutela del patrimonio culturale del Ministero della cultura».
Con riguardo a tale profilo organizzativo, la relazione illustrativa ricorda che si tratta di modifiche necessarie ad allineare la predetta disposizione al nuovo Regolamento di organizzazione del Ministero della cultura di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 marzo 2024, n. 57, che ha comportato il passaggio dal modello organizzativo del segretariato generale a quello dipartimentale. In particolare, l’articolo 5, comma 10, del Regolamento ha previsto che l’Ufficio del Soprintendente speciale per le aree colpite dal sisma del 24 agosto 2016 operi nell’ambito del Dipartimento per la tutela del patrimonio culturale.
A tal fine, la disposizione in esame novella l'articolo 15-bis, comma 6, lettera a), del D.L. n. 189/2016 (L. n. 229/2016).
La disposizione qui novellata prevede che, per accelerare la realizzazione degli interventi di tutela del patrimonio culturale nei territori colpiti dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016, nei territori delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria (con riguardo ai Comuni indicati negli allegati 1, 2 e 2-bis dello stesso decreto-legge n. 189/2016), l'ufficio del Soprintendente speciale di cui al decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo 24 ottobre 2016:
- si avvale di una apposita segreteria tecnica di progettazione, inizialmente costituita per la durata di cinque anni a far data dal 2017, ora prorogati a 9 in virtù del comma 2 della disposizione in commento, presso il Dipartimento per la tutela del patrimonio culturale del Ministero della cultura (originariamente presso il Segretariato generale del MIC), e composta da non più di venti unità di personale, alle quali possono essere conferiti, in deroga ai limiti finanziari previsti dalla legislazione vigente, incarichi di collaborazione per la durata massima di ventiquattro mesi, entro il limite di spesa di 500.000 euro annui; ai componenti della segreteria tecnica possono essere altresì affidate le funzioni di responsabile unico del procedimento. Rispetto al profilo delle unità di personale che compongono la segreteria tecnica, l’art. 18, comma 2, del D.L. 8/2017 ha stabilito che esse possono essere incrementate fino a ulteriori venti unità, nel limite dell'ulteriore importo di un milione di euro annui per ciascuno degli anni dal 2017 al 2023, che ora si estendono al 2025 in virtù di quanto previsto dal comma 3 della disposizione in commento;
- può reclutare personale di supporto, fino a un massimo di venti unità mediante le modalità previste dagli articoli 50, comma 3, e 50-bis, comma 3, del medesimo D.L. 189/2016 entro il limite di spesa di 800.000 euro annui; tale personale è assunto dal MIC a tempo indeterminato e, decorsi cinque anni a far data dal 2017, può essere assegnato ad altro ufficio del medesimo Ministero;
- per le attività connesse alla messa in sicurezza, recupero e ricostruzione del patrimonio culturale, nell'ambito della ricostruzione post-sisma, è autorizzato ad operare attraverso apposita contabilità speciale dedicata alla gestione dei fondi finalizzati esclusivamente alla realizzazione dei relativi interventi in conto capitale. Sulla contabilità speciale confluiscono altresì le somme assegnate allo scopo dal Commissario straordinario previo versamento all'entrata del bilancio dello Stato e riassegnazione su apposito capitolo dello stato di previsione del MIC.
Il comma 3 proroga dal 2024 al 2025 l'incremento di unità di personale – disposto in origine fino al 2021 - facente capo alla segreteria tecnica di progettazione di cui si avvale l'ufficio del Soprintendente speciale per le aree colpite dal sisma del 24 agosto 2016.
A tal fine novella l'articolo 18, comma 2, del D.L. n. 8/2017 (L., n. 45/2017).
Con riferimento al comma 3, la relazione illustrativa ricorda che tale struttura tecnica si compone di figure altamente qualificate (architetti, ingegneri, commercialisti) che forniscono al citato Ufficio del Soprintendente un supporto specialistico in attività fondamentali per la ricostruzione dei beni immobili e mobili presenti nei territori colpiti dagli eventi sismici, ivi compresi lavori di ricerca, attività di rilievo del danno attraverso sopralluoghi e verifiche e attività di supporto al RUP.
La proroga in questione, dunque, risponde all’esigenza di consentire il completamento degli interventi di tutela del patrimonio culturale nei territori colpiti dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016, allineando la durata della segreteria tecnica di progettazione a quella dell’Ufficio Sisma del 2016, anch’essa oggetto di proroga annuale in vista della finalizzazione dei lavori nei territori interessati dalla ricostruzione. In tali contesti, infatti, il processo di restauro dei beni culturali appare di particolare complessità, necessitando, altresì, di un coordinamento continuo con le esigenze di altre importanti iniziative governative, tra cui il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e il Piano Nazionale Complementare.
L’estensione della durata della segreteria tecnica di progettazione, pertanto, appare necessaria al fine di garantire all’Ufficio del Soprintendente il supporto necessario al completamento dei progetti di cui il medesimo è soggetto attuatore, la cui realizzazione sarebbe inevitabilmente pregiudicata dalla scadenza del termine del 31 dicembre 2024 attualmente previsto.
Inoltre, in base alla RT, l’impegno economico dedicato alla Segreteria Tecnica di Progettazione è sintetizzato di seguito:
- Gruppo A per un totale di € 1.370.304,00 - RAPPORTI CONCLUSI;
- Gruppo B per un totale di € 380.640,00 - RAPPORTI CONCLUSI;
-
Gruppo C: si tratta di un gruppo costituito inizialmente da 31 professionisti (ingegneri e architetti) di cui attualmente sono in corso solamente 16 contratti. In relazione al gruppo C si precisa che ad oggi sono state rendicontate somme per un totale di € 951.787,75 corrispondenti complessivamente a 3139 giornate.
Il comma 4 autorizza la spesa complessiva di 1.500.000 euro per il 2025 per l'attuazione delle disposizioni di cui ai commi 2 e 3, rispettivamente pari a euro 500.000 e a euro 1.000.000, alla quale si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2024-2026, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2024, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della cultura.
Articolo 6, comma 3-bis
(Proroga della facoltà di conferire incarichi dirigenziali non generali presso il Ministero della cultura)
L’articolo 6, comma 3-bis, inserito nel corso dell’esame al Senato, modifica alcuni aspetti della vigente disciplina in materia di incarichi dirigenziali non generali del Ministero della cultura. Rispetto alla disciplina attualmente vigente la lettera a):
- stabilisce che il Ministero della cultura può esercitare la facoltà di conferire incarichi dirigenziali non generali (di seconda fascia) fino al 15% del totale della dotazione organica, non più nelle more delle procedure concorsuali per il reclutamento del personale dirigenziale tecnico, bensì nelle more del perfezionamento delle procedure per il conferimento degli incarichi dirigenziali di seconda fascia relativi alla nuova organizzazione del Ministero della cultura;
- proroga il termine di esercizio della predetta facoltà dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025.
La lettera b) modifica la disciplina relativa al conferimento dei contratti relativi agli incarichi dirigenziali non generali limitatamente alle Soprintendenze archeologia, belle arti e paesaggio. Rispetto al testo attualmente vigente:
- resta ferma la previsione della deroga alla disposizione per cui i contratti relativi a detti incarichi prevedono una clausola risolutiva espressa che stabilisce la cessazione dall'incarico all'atto dell'assunzione in servizio, nei ruoli del personale del Ministero della cultura, dei vincitori del corso concorso, per il reclutamento dei dirigenti della professionalità tecnica;
- si riduce da sette a sei il numero massimo dei contratti conferibili;
- si differisce, dal 31 dicembre 2023 al 31 dicembre 2024, il riferimento alla data in cui tali contratti sono già conferiti e sono ancora in essere;
- conseguentemente, si differisce dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025 il termine finale di detti contratti;
- s’introduce espressamente la possibilità di un nuovo conferimento di tali incarichi;
- si espunge la previsione per cui essi cessano di avere efficacia decorsi tre anni dal conferimento;
- si stabilisce al contrario che cessano di avere efficacia all'atto del conferimento dei corrispondenti incarichi dirigenziali di seconda fascia relativi alla nuova organizzazione del Ministero della cultura.
Il comma 3-bis dell’articolo 6 modifica l'articolo 24, comma 3, del D.L. n. 104/2020 (L. n. 126/2020), in materia di incarichi dirigenziali non generali del Ministero della cultura.
La lettera a) novella il primo periodo.
Rispetto al testo attualmente vigente:
- si stabilisce che il Ministero della cultura può esercitare la facoltà di conferire incarichi dirigenziali non generali (di seconda fascia) ex art. 19, comma 6, del d.lgs. 165/2001 fino al 15% del totale della dotazione organica, anziché nel limite generale del 10% previsto dall’art. 1, comma 6, secondo periodo, del D.L. 162/2019, non più nelle more delle procedure concorsuali per il reclutamento del personale dirigenziale tecnico di cui al comma 5 del medesimo articolo 24 del D.L. n. 104/2020 (L. n. 126/2020), bensì nelle more del perfezionamento delle procedure per il conferimento degli incarichi dirigenziali di seconda fascia relativi alla nuova organizzazione del Ministero della cultura in attuazione del DPCM n. 57/2024 (Regolamento di organizzazione del Ministero della cultura, degli uffici di diretta collaborazione del Ministro e dell'Organismo indipendente di valutazione della performance); peraltro, a norma dell'art. 1-bis, comma 7, del D.L. 80/2021, la misura massima del 15% può essere incrementata fino a 1/3, tenuto conto della necessità di dare attuazione al PNRR;
Si ricorda che, in base all’art. 41, comma 3, del predetto regolamento, fino all'adozione dei corrispondenti decreti del Ministro della cultura (previsti dall'articolo 40, comma 2), con i quali si provvede all'individuazione degli uffici di livello dirigenziale non generale, centrali e periferici, del Ministero, alla distribuzione dei predetti uffici tra le strutture di livello dirigenziale generale, alla definizione dei relativi compiti e funzioni, all'organizzazione, al funzionamento e alla definizione dei compiti e delle funzioni degli uffici dotati di autonomia speciale e alla definizione delle procedure di conferimento degli incarichi dirigenziali di seconda fascia relativi alla nuova organizzazione del Ministero, continuano ad operare i preesistenti uffici di livello dirigenziale non generale e ciascun nuovo ufficio di livello dirigenziale generale si avvale dei preesistenti uffici.
- si proroga il termine di esercizio della predetta facoltà dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025.
Si ricorda che, nel testo vigente, l’art. 24, comma 3, del D.L. 104/2020 pone dei limiti alle modalità d’esercizio di tale facoltà:
gli incarichi dirigenziali non generali in questione possono essere conferiti esclusivamente per le direzioni periferiche di Soprintendenze archeologia, belle arti e paesaggio, archivistiche e bibliografiche, nonché per istituti e uffici periferici diversi dagli istituti di rilevante interesse nazionale dotati di autonomia speciale. Tali incarichi dirigenziali possono essere conferiti esclusivamente al personale delle aree funzionali del medesimo Ministero, già in servizio a tempo indeterminato e comunque in possesso dei requisiti di cui all'art. 19, comma 6, del D.LGS. 165/2001. Quest’ultimo consente il conferimento d’incarichi dirigenziali a tempo determinato a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell'Amministrazione, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l'accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato;
i contratti relativi a detti incarichi devono prevedere una clausola risolutiva espressa che stabilisce la cessazione dall'incarico all'atto dell'assunzione in servizio, nei ruoli del personale del MIC, dei vincitori del concorso per il reclutamento del personale dirigenziale tecnico di cui al comma 5 del medesimo art. 24 del D.L. 104/2020. In deroga alla suddetta previsione i contratti relativi a detti incarichi, limitatamente alle Soprintendenze archeologia, belle arti e paesaggio nel numero massimo di 7, già conferiti e in essere al 31 dicembre 2023, cessano di avere efficacia decorsi tre anni dal conferimento o, in ogni caso, il 31 dicembre 2024;
l’utilizzo della quota eccedente la soglia generale del 10% previsto dall’art. 1, comma 6, secondo periodo, del D.L. 162/2019, è comunque subordinato alla previa autorizzazione del Ministro per la pubblica amministrazione, a valere sulle facoltà assunzionali del MIC.
Come anticipato, l’esercizio della facoltà qui oggetto di proroga può avvenire solo nelle more delle procedure per il reclutamento dei dirigenti della professionalità tecnica di cui all’art. 24, comma 5, del D.L. 104/2020, il quale disciplina un corso-concorso selettivo di formazione bandito dalla Scuola Nazionale dell'Amministrazione, che si avvale, mediante apposita convenzione, della Scuola dei beni e delle attività culturali, per gli aspetti relativi alle materie specialistiche, nonché per i profili organizzativi e logistici del concorso e del corso-concorso.
La disposizione di cui all’art. 24 del decreto-legge n. 104 del 2020 fissava originariamente il termine ultimo per l’esercizio della facoltà di cui sopra al 31 dicembre 2022.
Rispetto al testo attualmente vigente:
- resta ferma la previsione della deroga a quanto previsto dal quarto periodo, ossia alla disposizione per cui i contratti relativi a detti incarichi prevedono una clausola risolutiva espressa che stabilisce la cessazione dall'incarico all'atto dell'assunzione in servizio, nei ruoli del personale del Ministero della cultura, dei vincitori del corso concorso, di cui ai commi 5 e 9, per il reclutamento dei dirigenti della professionalità tecnica;
- si riduce da sette a sei il numero massimo dei contratti conferibili;
- si differisce, dal 31 dicembre 2023 al 31 dicembre 2024, il riferimento alla data in cui tali contratti sono già conferiti e sono ancora in essere;
- conseguentemente, si differisce dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025 il termine finale di detti contratti;
- s’introduce espressamente la possibilità di un nuovo conferimento di tali incarichi;
- si espunge la previsione per cui essi cessano di avere efficacia decorsi tre anni dal conferimento;
- si stabilisce al contrario che cessano di avere efficacia all'atto del conferimento dei corrispondenti incarichi dirigenziali di seconda fascia relativi alla nuova organizzazione del Ministero della cultura in attuazione del DPCM n. 57/2024.
Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell'economia (D.L. n. 104/2020 - L. n. 126/2020)
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Testo vigente
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Modificazioni apportate dall’art. 6, comma 3-bis, del D.L. 202/2024
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Art. 24 |
Art. 24 |
3. Nelle more |
3. Nelle more del perfezionamento delle procedure per il conferimento degli incarichi dirigenziali di seconda fascia relativi alla nuova organizzazione del Ministero della cultura in attuazione del regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 marzo 2024, n. 57, e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2025, per il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo la misura massima di cui all'articolo 1, comma 6, secondo periodo, del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8, può essere elevata fino al 15 per cento. Gli incarichi dirigenziali non generali di cui al presente comma possono essere conferiti esclusivamente per le direzioni periferiche di Soprintendenze archeologia, belle arti e paesaggio, archivistiche e bibliografiche, nonché per istituti e uffici periferici diversi dagli istituti di rilevante interesse nazionale dotati di autonomia speciale. Ai fini di cui al presente comma i predetti incarichi dirigenziali possono essere conferiti esclusivamente al personale delle aree funzionali del medesimo Ministero, già in servizio a tempo indeterminato e comunque in possesso dei requisiti di cui all'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. I contratti relativi a detti incarichi prevedono una clausola risolutiva espressa che stabilisce la cessazione dall'incarico all'atto dell'assunzione in servizio, nei ruoli del personale del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, dei vincitori del concorso di cui al comma 5, previo espletamento del corso di cui al comma 9. In deroga a quanto previsto dal quarto periodo, i contratti relativi a detti incarichi, limitatamente alle Soprintendenze archeologia, belle arti e paesaggio nel numero massimo di sei, conferiti e in essere al 31 dicembre 2024, possono essere nuovamente conferiti e cessano di avere efficacia all'atto del conferimento dei corrispondenti incarichi dirigenziali di seconda fascia relativi alla nuova organizzazione del Ministero della cultura in attuazione del regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 marzo 2024, n. 57, o, in ogni caso, il 31 dicembre 2025. La quota di utilizzo eccedente la misura di cui all'articolo 1, comma 6, secondo periodo del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8, è comunque previamente autorizzata dal Ministro per la pubblica amministrazione. All'attuazione del presente comma si provvede comunque a valere sulle facoltà assunzionali del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo. .
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Articolo 6, comma 4-bis
(Termine per la revisione del regolamento di individuazione degli interventi esclusi dall'autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata)
Il comma 4-bis dell’articolo 6, introdotto al Senato, differisce al 27 agosto 2026 il termine per la revisione del regolamento – recato dal D.P.R. 31/2017 – che ha individuato gli interventi esclusi dall'autorizzazione paesaggistica o sottoposti ad autorizzazione paesaggistica semplificata.
Il comma in esame prevede il differimento da 24 a 48 mesi (quindi di due anni) del termine – previsto dall’art. 26, comma 13, della legge 5 agosto 2022, n. 118, e scaduto il 27 agosto 2024 – per l’adozione di disposizioni modificative e integrative del D.P.R. 31/2017 (“Regolamento recante individuazione degli interventi esclusi dall'autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata”).
L’art. 26, comma 13, della L. 118/2022 (legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021), ha fissato un termine – decorrente dalla data di entrata in vigore della medesima legge, quindi dal 27 agosto 2022 dato che tale legge è stata pubblicata nella G.U. del 12 agosto 2022 – per l’adozione di disposizioni modificative e integrative del D.P.R. 31/2017 “al fine di ampliare e precisare le categorie di interventi e opere di lieve entità e di operare altre semplificazioni procedimentali, individuando ulteriori tipologie di interventi non soggetti ad autorizzazione paesaggistica oppure sottoposti ad autorizzazione paesaggistica semplificata, nonché al fine di riordinare, introducendo la relativa disciplina nell'ambito del predetto regolamento, le fattispecie di interventi soggetti a regimi semplificati introdotte mediante norme di legge”.
Il termine di 180 giorni inizialmente fissato è stato differito al 27 agosto 2024 (vale a dire 24 mesi dalla data di entrata in vigore della succitata legge 118/2022) dall’art. 21 della legge annuale per il mercato e la concorrenza 2022 (L. 214/2023). Tale termine viene ora differito di ulteriori 24 mesi (vale a dire due anni, quindi fino al 27 agosto 2026) dal comma in esame.
Articolo 6, comma 4-ter
(Finanziamento di enti e istituzioni culturali)
L’articolo 6, comma 4-ter, inserito nel corso dell’esame al Senato, proroga per ciascuno degli anni 2028 e 2029 lo stanziamento di 2,7 milioni di euro, attualmente previsto fino al 2027, al fine di garantire la prosecuzione delle attività dell’Accademia internazionale di Imola, dell’Accademia musicale Chigiana di Siena e della Fondazione Scuola di musica di Fiesole.
Come sopra anticipato, il comma 4-ter dell’articolo 6, proroga per ciascuno degli anni 2028 e 2029 l’incremento – attualmente previsto fino al 2027 - di 2,7 milioni di euro dell'autorizzazione di spesa per interventi a favore di enti ed istituzioni culturali disposta in via generale dall'articolo 1, comma 1, lettera c), del D.L. n. 34/2011 (L. n. 75/2011), al fine di garantire la prosecuzione delle attività dell'Accademia internazionale di Imola, dell'Accademia musicale Chigiana di Siena e della Fondazione Scuola di musica di Fiesole di cui all'articolo 1, comma 781, della legge di bilancio per il 2022 (L. n. 234/2021).
Si rammenta in proposito che l’art. 14, comma 5-bis, del D.L. n. 113/2024 (L. n. 143/2024), ha incrementato di 2,7 milioni di euro per l’anno 2027 l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto-legge n. 34 del 2011 (legge n. 75 del 2011) al fine di garantire la prosecuzione delle attività dell’Accademia internazionale di Imola, dell’Accademia musicale Chigiana di Siena e della Fondazione Scuola di musica di Fiesole, di cui all'articolo 1, comma 781, della legge 30 dicembre 2021, n. 234. Si prevede che alla ripartizione dell’importo sopra citato, in parti eguali, in favore dei tre predetti enti, si provveda con decreto del Ministro della cultura, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. n. 113/2024. Ai relativi oneri, pari a 2,7 milioni di euro per l’anno 2027, si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all’articolo 1, comma 632, della legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio 2023).
Il richiamato articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto-legge n. 34 del 2011 ha autorizzato la spesa di 7 milioni di euro annui, a decorrere dal 2011, per interventi a favore di enti e istituzioni culturali. Successivamente, l'art. 1, comma 346, della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio 2018) ha disposto l’incremento di tale autorizzazione di spesa di un milione di euro per l'anno 2018, destinato all'erogazione di contributi in favore delle scuole di eccellenza nazionale operanti nell'ambito dell'altissima formazione musicale, di rilevante interesse culturale, al fine di garantire il proseguimento della loro attività.
In seguito, l'articolo 1, comma 383, della legge n. 160 del 2019 (legge di bilancio 2020) ha previsto un ulteriore incremento della suddetta autorizzazione di spesa di un milione di euro annui a decorrere dall'anno 2020, destinati all'erogazione di contributi in favore delle scuole di eccellenza nazionale operanti nell'ambito dell'altissima formazione musicale, di rilevante interesse culturale, al fine di garantire il proseguimento della loro attività.
L'articolo 1, comma 781, della legge n. 234 del 2021 (legge di bilancio 2022) ha statuito che la medesima autorizzazione di spesa sia incrementata di 2,1 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023, destinati all'erogazione, in parti eguali, di contributi in favore dell'Accademia internazionale di Imola, dell'Accademia musicale Chigiana e della Scuola di musica di Fiesole, per il proseguimento della loro attività.
Da ultimo, l’articolo 7, comma 7-ter, del decreto-legge 198 del 2022 (legge n. 14 del 2023) ha ulteriormente incrementato di 0,6 milioni di euro per l'anno 2023 e di 2,7 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026 la medesima autorizzazione di spesa, al fine di garantire la prosecuzione delle attività dell'Accademia internazionale di Imola, dell'Accademia musicale Chigiana di Siena e della Fondazione Scuola di musica di Fiesole.
La disposizione oggetto della presente scheda demanda quindi a un decreto del Ministro della cultura, da emanare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, la ripartizione, in parti eguali, del suddetto importo in favore dell'Accademia internazionale di Imola, dell'Accademia musicale Chigiana di Siena e della Fondazione Scuola di musica di Fiesole.
Ai relativi oneri, pari a 2,7 milioni di euro per ciascuno degli anni 2028 e 2029, si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all'articolo 1, comma 632, della legge di bilancio per il 2023 (L. n. 197/2022).
L’articolo 1, comma 632, della legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio 2023) ha istituito nello stato di previsione del Ministero della cultura un fondo - più volte rideterminato - con una dotazione di 100 milioni di euro per l'anno 2023, di 34 milioni di euro per l'anno 2024, di 32 milioni di euro per l'anno 2025 e di 40 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2026, da ripartire secondo i criteri stabiliti con decreto del Ministro della cultura, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. In attuazione di tale norma è stato emanato il decreto interministeriale n. 189 del 4 maggio 2023, recante la definizione dei criteri di riparto e di attribuzione delle risorse del fondo menzionato.
[1] Si ricorda che, in base al suddetto articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165, per "amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300", nonché (fino ad una revisione organica della disciplina di settore) il CONI.
[2] Di cui all’articolo 3, comma 10-bis, della L. 8 agosto 1995, n. 335, e successive modificazioni.
[3] Riguardo ai termini temporali di prescrizione dei contributi di previdenza e assistenza sociale obbligatori, cfr. i commi 9 e 10 del citato articolo 3 della L. n. 335 del 1995.
[4] La norma fa riferimento, oltre che alla contribuzione pensionistica, a quella relativa ai trattamenti di previdenza e ai trattamenti di fine rapporto o di fine servizio amministrati dall'INPS e relativi ai dipendenti suddetti.
[5] Si ricorda altresì che l’articolo 1, commi da 131 a 133, della L. 30 dicembre 2023, n. 213, prevede che le pubbliche amministrazioni, al fine dell’estinzione delle eventuali pendenze in materia di versamento dei contributi previdenziali relativi a dipendenti pubblici e concernenti i periodi di paga fino al 31 dicembre 2004, trasmettano all’INPS le denunce retributive mensili inerenti al periodo suddetto. L’invio delle denunce determina l’estinzione degli eventuali debiti contributivi non ancora oggetto di prescrizione temporale.
[6] A quest’ultimo riguardo, cfr. infra, in nota.
[7] Di cui all’articolo 3, comma 10-ter, della citata L. n. 335 del 1995, e successive modificazioni.
[8] Gestione istituita dall’articolo 2, comma 26, della citata L. n. 335 del 1995.
[9] Le suddette relazione illustrativa e relazione tecnica sono reperibili nell’A.S. n. 1337. Si rinvia alle medesime relazioni per ulteriori indicazioni tecniche.
[10] Si ricorda che per i dipendenti pubblici trova applicazione la disciplina di cui all’articolo 31 della L. 24 maggio 1952, n. 610, che garantisce il computo integrale, ai fini pensionistici, dei periodi per i quali risulti la sussistenza del rapporto e per i quali i contributi siano caduti in prescrizione; da tale disciplina più favorevole sono tuttavia esclusi, ai sensi del medesimo articolo 31, gli iscritti alla Cassa (gestita dall’INPS) per le pensioni degli insegnanti (CPI, che concerne gli insegnanti delle scuole primarie paritarie, pubbliche e private, degli asili eretti in enti morali e delle scuole dell'infanzia comunali); questi ultimi iscritti (così come i lavoratori dipendenti privati, nonché i collaboratori in forma coordinata e continuativa, aventi rapporti in ambito pubblico o privato e iscritti alla suddetta Gestione separata dell’INPS) rientrano nell’ambito dell’articolo 13 della L. 12 agosto 1962, n. 1338, e successive modificazioni, che prevede la possibilità di costituzione di una rendita vitalizia, in relazione ai contributi previdenziali prescritti. Riguardo a tali distinzioni, cfr. le circolari dell’INPS n. 169 del 15 novembre 2017 e n. 25 del 13 febbraio 2020. Riguardo ad altre figure lavorative specifiche che rientrano nell’ambito del medesimo articolo 13 della L. n. 1338, cfr. la circolare dell’INPS n. 78 del 29 maggio 2019.
[11] Di cui all’articolo 9, comma 4, del D.L. 30 dicembre 2021, n. 228, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 febbraio 2022, n. 15, e successive modificazioni.
[12] Ai sensi dell’articolo 2, comma 1-bis, del D.L. 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 1983, n. 638, e successive modificazioni; in tale ambito rientrano anche i datori di lavoro del settore agricolo e, come detto, i committenti dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa rientranti nella Gestione separata dell’INPS (ai sensi, rispettivamente, dell’articolo 1, comma 1172, della L. 27 dicembre 2006, n. 296, e dell’articolo 39 della L. 4 novembre 2010, n. 183).
[13] Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali.
[14] Infatti, l’articolo 18, comma 1, lett. a) D.L. n. 198/2022 (L. n. 14/2023 – Proroga termini legislativi) aveva disposto la proroga triennale, in luogo di quella biennale, alla realizzazione del polo ospedaliero, considerato che a quella data risultavano avviate le sole procedure espropriative e completato l’affidamento dell’incarico della redazione del Progetto definitivo. In particolare, il nuovo complesso ospedaliero rappresenta un DEA (Dipartimento di emergenza e accettazione) di II livello con una dotazione di posti letto fino ad un massino di 420 ed un investimento stimato fino a 200 milioni di euro.
[15] Anche in questo caso, il sopra richiamato articolo 18 del D.L. n. 198/2022 aveva fissato a due anni, in luogo di uno, la possibile estensione dell’incarico del Commissario straordinario nominato per la realizzazione del complesso ospedaliero della città di Siracusa. Tale nomina all’incarico, esclusivamente a titolo gratuito, è avvenuta per la prima volta con DPCM 22 settembre 2020 (qui il comunicato con cui il Prefetto della città di Siracusa, dr.ssa Scaduto, è stata nominata Commissario straordinario per la progettazione e realizzazione del nuovo complesso ospedaliero). Con DPCM del 23 novembre 2021, l’incarico è stato pertanto prorogato di un ulteriore anno senza soluzione di continuità. Successivamente, con D.P.C.M del 19 febbraio 2024 è stato nominato, sempre a titolo gratuito, il nuovo Commissario, Ing. Guido Monteforte Specchi.
[16] Oltre al predetto personale, possono essere nominati fino a due esperti o consulenti, scelti anche tra soggetti estranei alla pubblica amministrazione il cui compenso è definito con provvedimento del Commissario straordinario e comunque non è superiore a 48.000 euro annui. Agli oneri relativi agli esperti o consulenti e a quelli relativi alle spese di missione del personale della struttura, complessivamente quantificabili in 100.000 euro per l’anno 2025, si provvede mediante corrispondente riduzione del sopra citato Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Fondo per le esigenze urgenti e indifferibili).
[17] La scelta deve avvenire tra il personale delle amministrazioni pubbliche, escludendo da questi il personale docente, educativo e amministrativo, tecnico e ausiliario delle istituzioni scolastiche. Il personale pubblico della struttura commissariale è collocato, ai sensi dell’articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127, in posizione di comando, fuori ruolo o altro analogo istituto previsto dai rispettivi ordinamenti e mantiene il trattamento economico fondamentale e accessorio dell’amministrazione di appartenenza.
L'articolo 17, comma 14 della legge 127 del 1997 ha previsto misure per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo: nel caso in cui disposizioni di legge o regolamentari stabiliscano l'utilizzazione presso le amministrazioni pubbliche di un contingente di personale in posizione di fuori ruolo o di comando, le amministrazioni di appartenenza sono tenute ad adottare il provvedimento di fuori ruolo o di comando entro 15 giorni dalla richiesta.
[18] Si ricorda che analoga disposizione è presente all'art. 1, comma 5, del decreto-legge n. 109 del 2018 (L. n. 130/2018) riguardante la nomina del Commissario straordinario per la ricostruzione del ponte noto come Morandi nel Comune di Genova. Anche in quella circostanza è stato previsto che il Commissario straordinario per la ricostruzione operi in deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, nonché dei vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'Unione europea. In merito alle norme sopra richiamate, più in dettaglio, l'art. 34 del Codice disciplina l'applicazione dei criteri ambientali minimi (CAM), per l'affidamento di lavori e forniture nella pubblica amministrazione (cd. green public procuramene - GPP). Nello specifico, è stabilito il principio di obbligatorietà per le stazioni appaltanti di inserire, nella documentazione progettuale e di gara, quanto meno le specifiche tecniche e le clausole contrattuali contenute nei CAM, approvati con decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, per tutti gli appalti, indipendentemente dal loro importo. L'art. 42 del Codice, che si applica alle procedure di gara sopra e sotto soglia, disciplina l’ipotesi particolare in cui il conflitto di interesse insorga nell’ambito di una procedura di gara. Le situazioni di conflitto di interesse non sono individuate dalla norma in modo tassativo, ma possono essere rinvenute volta per volta, anche solo potenziali, fra il soggetto e le funzioni che gli vengono attribuite. In merito, l'Anac ha emanato le linee guida n. 15 (delibera n. 494 del 5 giugno 2019).
[19] La disciplina restrittiva in esame è posta dall'articolo 5, comma 9, del D.L. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 135, e successive modificazioni. Essa concerne le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, nonché quelle inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'ISTAT, e le autorità amministrative indipendenti.
Riguardo agli incarichi dirigenziali o direttivi e alle cariche in organi di governo delle amministrazioni, rientrano nel divieto anche gli enti e società controllati dalle amministrazioni summenzionate; il divieto non si applica con riferimento alle giunte degli enti territoriali e agli organi elettivi degli ordini o collegi professionali (o dei relativi organismi nazionali) e degli enti aventi natura associativa. La normativa prevede altre esclusioni o deroghe rispetto alla disciplina restrittiva in oggetto. Riguardo ad esse, si ricorda che l'articolo 19-ter del D.L. 16 ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 dicembre 2017, n. 172, esclude dai divieti in esame gli enti di previdenza di diritto privato i cui organi di governo siano eletti in via diretta o indiretta da parte degli iscritti.
Il citato articolo 5, comma 9, specifica che gli organi costituzionali si adeguano alle disposizioni dello stesso comma nell'ambito della propria autonomia.
[20] Il divieto di cui al citato articolo 5, comma 9, del D.L. n. 95 del 2012 non concerne eventuali rimborsi di spese, a condizione che essi siano corrisposti nei limiti fissati dall'organo competente dell'amministrazione interessata. Tali rimborsi devono essere rendicontati.
[21] Riguardo all’interpretazione che include anche i soggetti titolari di un trattamento pensionistico conseguito in regimi previdenziali relativi a lavoratori autonomi, cfr. la nota del 20 luglio 2020, prot. n. 47871, del Capo del Dipartimento della funzione pubblica (nota che aderisce al relativo indirizzo interpretativo della Corte dei conti).
[22] Riguardo alle tipologie di incarichi comprese nel divieto, il parere della Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la regione Lazio, formulato con deliberazione n. 80 del 2-22 maggio 2024, rileva, anche sulla base di precedenti pronunce di altre sezioni regionali di controllo della medesima Corte, che l’elenco dei divieti in oggetto è tassativo e non suscettibile di estensione mediante analogia, fermo restando che essi comprendono anche lo svolgimento, in concreto, di funzioni riconducibili agli incarichi normativamente vietati. Il parere ricorda altresì che il conferimento dell’incarico deve in ogni caso essere conforme alle disposizioni limitative (quali quelle poste dall’articolo 7 del citato D.Lgs. n. 165 del 2001, e successive modificazioni) della possibilità di conferimento di incarichi pubblici a soggetti diversi dai lavoratori dipendenti pubblici.
[23] Riguardo alla possibilità di rimborsi di spese, cfr. supra, in nota.
[24] Cfr. la circolare n. 6 del 4 dicembre 2014 del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione.
[25] La circolarizzazione è una procedura di revisione contabile che consiste nell’invio di lettere di conferma ai fornitori per acquisire elementi attendibili per il revisore al fine di confermare i saldi e le transazioni registrate nei libri contabili dell'azienda.
[26] Alla copertura degli oneri derivanti dall’attuazione dalla misura di sostegno, si provvede, in prima istanza, a valere sulle risorse, libere da impegni al 3 febbraio 2024, assegnate alla riserva del Fondo di garanzia già istituita ai sensi del succitato D.M. 17 ottobre 2016. Eventuali maggiori oneri sono posti a carico della dotazione del Fondo di garanzia a legislazione vigente, nel limite delle risorse libere da impegni e fino all’importo massimo di 30 milioni.
[27] La disciplina dell’esercizio provvisorio è recata dall’articolo 163 del TUEL (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267).
[28] Il richiamato comma 2 dell’articolo 204 del TUEL stabilisce i contratti di mutuo con enti diversi dalla Cassa depositi e prestiti, e dall'Istituto per il credito sportivo, devono, a pena di nullità, essere stipulati in forma pubblica e contenere le seguenti clausole e condizioni:
a) l'ammortamento non può avere durata inferiore ai cinque anni;
b) la decorrenza dell'ammortamento deve essere fissata al 1º gennaio dell'anno successivo a quello della stipula del contratto. In alternativa, la decorrenza dell'ammortamento può essere posticipata al 1º luglio seguente o al 1º gennaio dell'anno successivo e, per i contratti stipulati nel primo semestre dell'anno, può essere anticipata al 1º luglio dello stesso anno»;
c) la rata di ammortamento deve essere comprensiva, sin dal primo anno, della quota capitale e della quota interessi;
d) unitamente alla prima rata di ammortamento del mutuo cui si riferiscono devono essere corrisposti gli eventuali interessi di preammortamento, gravati degli ulteriori interessi, al medesimo tasso, decorrenti dalla data di inizio dell'ammortamento e sino alla scadenza della prima rata. Qualora l'ammortamento del mutuo decorra dal primo gennaio del secondo anno successivo a quello in cui è avvenuta la stipula del contratto, gli interessi di preammortamento sono calcolati allo stesso tasso del mutuo dalla data di valuta della somministrazione al 31 dicembre successivo e dovranno essere versati dall'ente mutuatario con la medesima valuta 31 dicembre successivo;
e) deve essere indicata la natura della spesa da finanziare con il mutuo e, ove necessario, avuto riguardo alla tipologia dell'investimento, dato atto dell'intervenuta approvazione del progetto definitivo o esecutivo, secondo le norme vigenti;
f) deve essere rispettata la misura massima del tasso di interesse applicabile ai mutui, determinato periodicamente dal Ministro dell'economia e delle finanze con proprio decreto.
[29] I richiamati commi 2 e 2-bis della legge 448 del 2001 stabiliscono che gli enti possono provvedere alla conversione dei mutui contratti successivamente al 31 dicembre 1996, anche mediante il collocamento di titoli obbligazionari di nuova emissione o rinegoziazioni, anche con altri istituti, dei mutui, in presenza di condizioni di rifinanziamento che consentano una riduzione del valore finanziario delle passività totali a carico degli enti stessi, al netto delle commissioni e dell'eventuale retrocessione del gettito dell'imposta sostitutiva (comma 2). Nel quadro di coordinamento della finanza pubblica, i contratti con cui le regioni e gli enti pongono in essere le operazioni di ammortamento del debito con rimborso unico a scadenza e le operazioni in strumenti derivati devono essere trasmessi, a cura degli enti contraenti, al Ministero dell'economia e finanze - Dipartimento del tesoro. La trasmissione, che deve avvenire prima della sottoscrizione dei contratti medesimi, è elemento costitutivo dell'efficacia degli stessi.
[30] Riorganizzazione dell'Associazione italiana della Croce Rossa (C.R.I.), a norma dell'articolo 2 della legge 4 novembre 2010, n. 183.
[31]
Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi.
[32] Disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili.
[33] Misure urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina.
[34]
Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell'articolo 1, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
[35] Attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, nonché della direttiva 2006/100/CE che adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle persone a seguito dell'adesione di Bulgaria e Romania. Questo decreto dà attuazione alla direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, al Capo IV, detta, con riferimento alle diverse professioni, il regime specialistico del riconoscimento delle esperienze professionali e dei periodi di formazione, per quanto qui interessa, dei medici chirurghi, infermieri, odontoiatri, veterinari, specialisti ostetricia, farmacisti. La direttiva inoltre è volta ad istituire un sistema generale di riconoscimento per altre professioni regolamentate, oltre agli esercenti le professioni sanitarie e gli architetti, quali gli insegnanti, i traduttori e gli agenti immobiliari ed un sistema di riconoscimento basato sull'esperienza professionale, ad esempio per falegnami, tappezzieri ed estetisti. Al riguardo si sottolinea che l’UE ha regolamentato la Tessera professionale europea – EPC, una procedura elettronica diretta ad ottenere il riconoscimento di una professione regolamentata in un altro paese dell'UE, con particolare riferimento al riconoscimento delle qualifiche di cinque professioni specifiche (infermieri responsabili dell'assistenza generale, fisioterapisti, farmacisti, agenti immobiliari e guide alpine).
[36] Una prima volta al 31 dicembre 2023 dall’art. 2-bis, comma 1, D.L. 2 marzo 2023, n. 16 (L. n. 46/2023) e una seconda volta al 31 dicembre 2024 dall'art. 4, comma 6-ter, D.L. 30 dicembre 2023, n. 215 (L. n. 18/2024).
[37] Protezione sociale ai sensi dell’art. 18 D.Lgs. 286/1998; particolare sfruttamento lavorativo ai sensi dell’art 22 co. 12-quater D.Lgs 286/1998; vittime di violenza domestica ai sensi dell’art. 18-bis D.Lgs. 286/1998; permesso di soggiorno per apolidia.
[38] Ai fini della presente scheda di lettura, rileva il fatto che i Paesi firmatari della suddetta Convenzione si sono inoltre impegnati a istituire procedure nazionali per valutare le qualifiche dei rifugiati e degli sfollati, anche quando non esistono documenti ufficiali.
[39] “Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonchè di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19”.
[40] Comma aggiunto all’articolo 5-bis del decreto legge n. 34 del 2020 dall’articolo 4, comma 5, del decreto legge n. 198 del 2022 recante “Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi”.
[41] Decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502: “Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421”.
[42] Comma aggiunto all’articolo 5-bis del decreto legge n. 34 del 2020 dall’articolo 4, comma 5, del decreto legge n. 198 del 2022 recante “Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi”.
[43]
Di cui all’articolo 6, comma 2-ter, del D.L. 8 aprile 2020, n. 22, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 giugno 2020, n. 41.
[44]
Per l’individuazione di essi, cfr. l’articolo 1, comma 1, del D.Lgs.C.P.S. 13 settembre 1946, n. 233, e successive modificazioni, nonché, per l'ordine degli psicologi, l’articolo 01 della L. 18 febbraio 1989, n. 56.
[45] Dall’art. 4, comma 3-bis, D.L. 29 dicembre 2022, n. 198, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 febbraio 2023, n. 14, e, successivamente, dall’art. 4, comma 4, D.L. 30 dicembre 2023, n. 215, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 febbraio 2024, n. 18.
[46] Le norme richiamate sono l'articolo 2-bis e l'articolo 2-ter, commi 1 e 5, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, e successive modificazioni; tuttavia, riguardo all'articolo 2-bis, il richiamo viene circoscritto ai medici specializzandi di cui al comma 1, lettera a), di quest'ultimo articolo.
[47] Convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2019, n. 60, come modificato dal comma 269 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2022. Si ricorda che tale disciplina sui limiti di spesa è applicabile fino all'adozione della metodologia per la definizione del fabbisogno del personale degli enti del SSN e in quanto compatibile con le norme sul superamento del tetto di spesa per l'assunzione di personale sanitario (v. art. 5 del d.l. 7 giugno 2024, n. 73, convertito con modificazioni dalla legge di conversione 29 luglio 2024, n. 107).
[48] Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024.
[49] Termine prorogato al 31 dicembre 2024 dall’art. 4, comma 9-quinquiesdecies, del D.L. 29 dicembre 2022, n. 198 convertito, con modificazioni, dalla L. 24 febbraio 2023, n. 14.
[50] Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2023, n. 14.
[51] Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27. La disciplina recata dall'articolo 2-bis, comma 3, del decreto-legge n. 18/2020 era stato oggetto in precedenza di diversi interventi di proroga: v. l’art. 19, comma 1, D.L. 31 dicembre 2020, n. 183, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 2021, n. 21 , l’art. 11, comma 1, D.L. 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 giugno 2021, n. 87, l’art. 16, comma 1, D.L. 24 dicembre 2021, n. 221, convertito, con modificazioni, dalla L. 18 febbraio 2022, n. 11, e, successivamente, l’art. 10, comma 1, D.L. 24 marzo 2022, n. 24, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 maggio 2022, n. 52.
[52] Convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2019, n. 60.
[53] Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.
[54] Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.
[55] Misure urgenti a sostegno delle famiglie e delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale, nonché in materia di salute e adempimenti fiscali (L. n. 56/2023)
[56] In proposito si sottolinea che la modifica introdotta dalla Camera dei deputati inserendo la dicitura “Medicina d’Emergenza e Urgenza” tiene conto delle recenti modifiche ai decreti ministeriali 30 e 31 gennaio 1998 sulle tabelle relative alle discipline, rispettivamente, equipollenti del ruolo sanitario del SSN e affini per il personale dirigenziale del SSN, considerato il parere favorevole del Consiglio superiore di Sanità che nella seduta del 20 settembre 2011 in ordine al riconoscimento dell’equipollenza della specializzazione in Medicina d’emergenza urgenza con la disciplina di Medicina e Chirurgia d’accettazione e d’urgenza. In conseguenza di tale parere, si è convenuto sulla successiva modifica della denominazione della disciplina “Medicina e Chirurgia d’Accettazione e d’Urgenza” con la denominazione “Medicina d’Emergenza-Urgenza” (v. Decreto MdS 11 agosto 2020).
[57]
Va infatti ricordato che, in generale, per l'accesso alle procedure concorsuali della dirigenza del Servizio sanitario nazionale, ai sensi del regolamento di cui al DPR n. 483/1997
[57]
, è necessaria la specializzazione nella disciplina oggetto del concorso o in disciplina equipollente o affine.
[58] Si ricorda che la classe A concerne i medicinali rimborsabili dal Servizio sanitario nazionale, mentre la classe H concerne i medicinali la cui somministrazione, oltre ad essere a carico del Servizio sanitario nazionale, è riservata alle strutture ospedaliere o è subordinata ad altre particolari condizioni.
[59] Cfr. a quest’ultimo riguardo, in particolare, il comma 578 del citato articolo 1 della L. n. 145 del 2018.
[60] Cfr. l’articolo 1, comma 223, della L. 30 dicembre 2023, n. 213. Il limite relativo all’anno 2023 era pari a 8,15 punti (cfr. l’articolo 1, comma 281, della L. 30 dicembre 2021, n. 234).
[61] Si ricorda inoltre che, ai sensi del comma 581 del citato articolo 1 della L. n. 145 del 2018, qualora le aziende farmaceutiche non effettuino i versamenti dovuti alle regioni e alle province autonome in base alle suddette quote di ripiano, i debiti delle singole regioni e province autonome per gli acquisti diretti in oggetto – ivi comprese le somme relative agli acquisti effettuati dagli enti e aziende del Servizio sanitario regionale (o della provincia autonoma) – nei confronti delle aziende inadempienti sono compensati fino a concorrenza dell’intero ammontare delle somme oggetto di inadempimento.
[62] Il nuovo termine suddetto – così come quello vigente di dieci giorni – decorre dal 13 dicembre 2024.
[63] La relazione illustrativa è reperibile nell’A.S. n. 1337.
[64] Riguardo alle quote di ripiano relative a tale anno, cfr. il comunicato dell’AIFA pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 36 del 13 febbraio 2025.
[65] Disposizioni urgenti in materia di termini normativi
[66]
Attuazione della delega di cui all'articolo 11, comma 1, lettera p), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di dirigenza sanitaria.
[67] All'esito della selezione avviata con Avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - IV serie speciale 3 ottobre 2017, n. 75.
[68] In data 1° aprile 2020, si è proceduto alla ripubblicazione sul sito internet del Ministero della salute del prescritto aggiornamento biennale dell’elenco nazionale, successivamente integrato all’esito della riapertura dei termini di partecipazione alla selezione, con validità dell’iscrizione fino al 31 marzo 2024.
[69] Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 15/2022.
[70] Quanto agli aggiornamenti precedenti, con determina 30 marzo 2021 è stata disposta la pubblicazione dell’integrazione dell'Elenco nazionale dei soggetti idonei alla nomina di Direttore generale delle Aziende sanitarie locali, delle Aziende ospedaliere e degli altri enti del Servizio sanitario nazionale, nonché dei soggetti idonei alla nomina di Direttore generale presso gli Istituti Zooproflattici Sperimentali. Ciò in quanto l’articolo 4, comma 8, del D.L. n. 183/2020 [70] allo scopo di garantire l’ampliamento della platea dei soggetti idonei all’incarico di direttore generale degli enti e delle aziende del SSN, anche in ragione delle esigenze straordinarie derivanti dalla diffusione del COVID-19, ha previsto che l’elenco nazionale citato potesse essere integrato entro il 21 marzo 2021, previa riapertura dei termini di presentazione delle domande da parte dei soggetti interessati. Con determina del 4 novembre 2021, infine, è stata disposta la pubblicazione dell’aggiornamento all’integrazione dell'Elenco nazionale sopracitato, all’esito della seduta della commissione del 27 ottobre 2021 (cfr. anche successiva determina del 10 febbraio 2022).
[71] Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi (L.n. 14/2023).
[72]
I componenti della Commissione possono essere nominati una sola volta e restano in carica per il tempo necessario alla formazione dell'elenco. La Commissione procede alla formazione dell'elenco nazionale entro 120 giorni dalla data di insediamento. Alla selezione sono ammessi i candidati che non abbiano compiuto 65 anni di età in possesso di: a) diploma di laurea; b) comprovata esperienza dirigenziale, almeno quinquennale, nel settore sanitario o settennale in altri settori, con autonomia gestionale e diretta responsabilità delle risorse umane, tecniche e o finanziarie, maturata nel settore pubblico o nel settore privato; c) attestato rilasciato all'esito del corso di formazione in materia di sanità pubblica e di organizzazione e gestione sanitaria. Il punteggio massimo complessivamente attribuibile dalla Commissione a ciascun candidato è di 100 punti e possono essere inseriti nell'elenco nazionale i candidati che abbiano conseguito un punteggio minimo non inferiore a 75 punti. Non possono essere reinseriti nell'elenco nazionale coloro che siano stati dichiarati decaduti dal precedente incarico di direttore generale per violazione degli obblighi di trasparenza di cui al decreto legislativo 24 marzo 2013, n. 33, come modificato dal decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97.
Il Decreto Fiscale (decreto-legge 124/2019, art. 45, co. 1-quater), con una modifica al comma 7 dell'articolo 3 del D.Lgs n. 502/1992, ha disposo che il requisito del mancato compimento del sessantacinquesimo anno di età debba sussistere soltanto all'atto del conferimento dell'incarico.
[73] All'atto della nomina di ciascun direttore generale, le Regioni devono definire e assegnare, aggiornandoli periodicamente, gli obiettivi di salute e di funzionamento dei servizi con riferimento alle relative risorse, gli obiettivi di trasparenza, finalizzati a rendere i dati pubblicati di immediata comprensione e consultazione per il cittadino. La durata dell'incarico di direttore generale non potrà essere inferiore a tre anni e superiore a cinque. In caso di commissariamento delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e degli altri enti del Servizio sanitario nazionale, il commissario viene scelto tra i soggetti inseriti nell'elenco nazionale. Trascorsi 24 mesi dalla nomina di ciascun direttore generale, la Regione, entro 60 giorni, deve verificare i risultati aziendali conseguiti e il raggiungimento degli obiettivi e, in caso di esito negativo, dichiarare la decadenza immediata dall'incarico con risoluzione del relativo contratto. L'immediata decadenza del direttore generale potrà avvenire, inoltre, in caso di gravi e comprovati motivi o nel caso in cui la gestione dovesse presentare una situazione di grave disavanzo o ancora in caso di manifesta violazione di legge o regolamenti o del principio di buon andamento e di imparzialità dell'amministrazione, nonché per violazione degli obblighi in materia di trasparenza. I provvedimenti di decadenza dovranno essere comunicati al Ministero della salute per la cancellazione dall'elenco nazionale del soggetto decaduto dall'incarico.
[74] Nel testo precedente alla modifica introdotta dal comma 5-ter dell’articolo 4 del D.L. proroghe 2024.
[75] Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421.
[76] Disposizioni urgenti in materia di termini normativi, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 febbraio 2024, n. 18.
[77] D.M. 19 dicembre 2022, recante “Valutazione in termini di qualità, sicurezza ed appropriatezza delle attività erogate per l'accreditamento e per gli accordi contrattuali con le strutture sanitarie”, pubblicato nella G.U. n. 305 del 31 dicembre 2022.
[78] La modifica ha espunto il riferimento ai casi di dolo, in conformità al parere del Comitato per la legislazione:https://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=SommComm&leg=19&id=1441915&part=doc_dc-allegato_a
[79] Disposizioni urgenti in materia di termini normativi, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 febbraio 2024, n. 18.
[80] https://www.salute.gov.it/portale/professioniSanitarie/dettaglioContenutiProfessioniSanitarie.jsp?lingua=italiano&id=808&area=professioni-sanitarie&menu=vuoto
[81] Misure urgenti connesse all’emergenza da Covid-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute ed i servizi territoriali, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106/2021.
[82] [ Sequenziamento di seconda generazione per esaminare simultaneamente frammenti di DNA.
[83]
Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e la pubblica amministrazione.
[84]
[ Disposizioni urgenti in materia di termini normativi.
[85] Si ricorda che, in base alla normativa vigente, i laureati in medicina in possesso di giudizio di idoneità del tirocinio pratico valutativo sono da ritenersi abilitati alla professione: cfr. art. 102 del d.l. n. 18/2020 (convertito con modificazioni dalla legge n. 27/2020) e circolare del 25 marzo 2020 del Ministero dell’Università e della ricerca. In particolare, al comma 1 dell’art.102 del predetto d.l., “il legislatore ha introdotto nel panorama italiano della formazione superiore la laurea magistrale a ciclo unico in Medicina e Chirurgia abilitante all’esercizio della professione di Medico Chirurgo” (così la summenzionata circolare).
[86] Attuazione della direttiva 93/16/CEE in materia di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli e delle direttive 97/50/CE, 98/21/CE, 98/63/CE e 99/46/CE che modificano la direttiva 93/16/CEE.
[87] Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27
[88] Disposizioni urgenti in materia di termini normativi, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 febbraio 2024, n. 18.
[89] L’articolo 115 del CCNL dell’Area sanità del 19 dicembre 2019 disciplina le tipologie di attività libero professionale intramuraria, includendo (comma 2) nell’ambito di disciplina delle stesse (e più in particolare in quelle di cui alla lettera d) [89] del comma 1) le prestazioni richieste, in via eccezionale e temporanea, ad integrazione dell’attività istituzionale, dalle Aziende o Enti ai propri dirigenti allo scopo di ridurre le liste di attesa o di acquisire prestazioni aggiuntive, soprattutto in presenza di carenza di organico od impossibilità anche momentanea di coprire i relativi posti con personale in possesso dei requisiti di legge, in accordo con le équipes interessate e nel rispetto delle direttive nazionali e regionali in materia. Più in dettaglio, la lettera d) del citato comma 1 riguarda la “partecipazione a proventi di attività professionali a pagamento richieste da terzi (utenti singoli, associati, aziende o enti) all’Azienda o Ente anche al fine di consentire la riduzione dei tempi di attesa, secondo programmi predisposti dall’azienda stessa, d’intesa con le équipes dei servizi interessati.
[90] Misure urgenti a sostegno delle famiglie e delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale, nonché in materia di salute e adempimenti fiscali, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 56/2023.
[91] L’articolo 7 del citato CCNL prevede che le Regioni possano emanare linee generali di indirizzo per lo svolgimento della contrattazione integrativa, in una serie di ambiti tra i quali, alla lettera d) richiamata dalla disposizione in commento, quello delle prestazioni aggiuntive del personale.
[92] In base agli ultimi aggiornamenti dal sito del Ministero della salute (giugno 2022) risultano ancora sottoposte alla disciplina dei piani di rientro 7 Regioni: Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Puglia, Sicilia).
[93] Misure urgenti a sostegno delle famiglie e delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale, nonché in materia di salute e adempimenti fiscali, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 56/2023.
[94] Vengono espressamente fatte salve le disposizioni vigenti in materia di prestazioni aggiuntive riguardanti il volume di prestazioni erogabili, l’orario massimo di lavoro ed i prescritti riposi.
[95] Anche in tal caso vengono poi espressamente fatte salve le disposizioni vigenti in materia di prestazioni aggiuntive riguardanti il volume di prestazioni erogabili, l’orario massimo di lavoro ed i prescritti riposi.
[96] Il PNGLA più recente ha a sua volta determinato l'emanazione dei Piani Regionali di Governo delle Liste di Attesa, con cui le Regioni e le Province Autonome hanno dovuto recepire (entro 60 giorni dalla pubblicazione del PNGLA) le indicazioni contenute nel Piano Nazionale, declinandole secondo le proprie caratteristiche ed esigenze specifiche. Sempre secondo quanto stabilito dal Piano Nazionale, quanto contenuto da tali Piani Regionali è stato poi ripreso e ulteriormente adattato dai Piani Attuativi Aziendali che le Aziende Sanitarie sono state chiamate a elaborare. Sul punto: SDA Bocconi - Novartis, Liste e tempi di attesa in sanità. Innovazioni, soluzioni e sfide per le regioni e le aziende sanitarie italiane, marzo 2022.
[97]
Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026.
[98]
Ulteriori disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione
[99] Normativa di cui all’articolo 2-bis, comma 5, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, e di cui all'articolo 36, comma 4-bis, del D.L. 21 giugno 2022, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2022, n. 122, e successive modificazioni.
[100] Norme di cui all’articolo 14, comma 3, e all’articolo 14.1, comma 3, del D.L. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 marzo 2019, n. 26, e successive modificazioni.
[101] Cfr., riguardo all’esclusione dal divieto, il paragrafo 6 della circolare dell’INPS n. 27 del 10 marzo 2023. Riguardo ad un'ipotesi in cui il cumulo non è in ogni caso ammesso (ipotesi rappresentata dal trattamento pensionistico liquidato in base ai requisiti inerenti ai cosiddetti lavoratori precoci), cfr. il messaggio dell'INPS n. 3287 del 6 settembre 2022.
[102]
Disposizione di cui all’articolo 4, comma 6, del D.L. 30 dicembre 2023, n. 215, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 febbraio 2024, n. 18.
[103] L’intervento di proroga è posto in forma di novella dell’articolo 4, comma 6, del D.L. 29 dicembre 2022, n. 198, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 febbraio 2023, n. 14.
[104] Ordinanza di protezione civile (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 83 dell’8 aprile 2022) “per favorire e regolare il subentro del Ministero della salute nelle iniziative finalizzate al superamento della situazione di criticità determinatasi in relazione all'emergenza relativa al rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili ed altre disposizioni di protezione civile, ai sensi dell'articolo 1 del decreto-legge n. 24 del 24 marzo 2022”.
Le predette modalità di utilizzo, in base all'ordinanza succitata, erano valevoli fino al 31 dicembre 2022, termine poi prorogato dal citato articolo 4, comma 6, del D.L. n. 198 del 2022.
[105] Inviando in allegato il promemoria, ricevuto dal medico tramite e-mail oppure estratto dal proprio fascicolo sanitario elettronico, ovvero inviando il numero di ricetta elettronica unitamente al codice fiscale riportato sulla tessera sanitaria dell'assistito a cui la ricetta stessa è intestata.
[106] Inoltrando il messaggio, ricevuto dal medico, recante il numero di ricetta elettronica.
[107] Laddove abbia ricevuto telefonicamente dal medico il numero di ricetta elettronica.
[108] In base a tale articolo, l'assistito può accedere al Sistema di accoglienza centrale (SAC) del Ministero dell'economia e delle finanze per consultare e scaricare le proprie ricette elettroniche e i relativi promemoria dematerializzati e per richiedere l'utilizzo del promemoria dematerializzato recante prescrizioni di farmaci, selezionando la farmacia presso la quale utilizzare il medesimo promemoria. Le suddette funzionalità del SAC sono state estese alle parafarmacie (con riferimento alle ricette di cui è ammessa la loro competenza) da parte della novella di cui al decreto dirigenziale del 1° dicembre 2022 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 287 del 9 dicembre 2022).
[109] Decreto del Ragioniere generale dello Stato, emanato di concerto con il Segretario generale del Ministero della salute e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 11 del 15 gennaio 2021.